ANNO XXVIII -N. 3 MAGGIO-GIUGNO 1976 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1976 




ABBONAMENTI 

ANNO L. 12.750 
UN NUMERO SEPARATO ............... . � 2.250 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia � �Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu11!0 1966 


(6219051) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 
del/'avv. Giuseppe Angelihi-Rota) pag. 309 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Arturo Marzano) � 349 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura del/'avv. Benedetto Baccari 
e del/'avv. Carlo Carbone) � � � 384 

Sezione qu.arta: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura de/l'avvocato 
Adriano Rossi) . , � � . , � � � 398 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura 
del/'avv. Ugo Gargiulo) � , � . � � , � , � � . � � � 408 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTAR~A (a cura de/l'avvocato 
Carlo Bafile) � � � 415 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo 
Marzano, per gli appalti e dell'.avv. Paolo Vittoria, 
per le acque pubbliche) � 426 

Sezione ottava: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura dell'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) � � , � � � . � � � 444 

'~rte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE � INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

'NE pag. 53 
"'ULT AZIONI � 71 
NOTIZIARIO . � 78 
INDICE BIBLIOGRAFICO � I04 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni 
CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL 
SASSO, Catanzaro; Raffaele TAMrozzo, Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; 
Adriano Rossr, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; 
Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANCUSO, 
Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto 
GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo Scorrr, Trieste; Giancarlo 
MAND�, Venezia. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


LA REDAZIONE, Congresso giuridico internazionale in occasione del 
centenario dell'Avvocatura dello Stato . . . .� . . . . . . . I, 444 
LAMBERTI C., Cenni sull'applicabilit� della proroga delle locazioni 
agli immobili urbani di cui sia conduttrice la Pubblica Amministrazione 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . II, 77 
MARZANO A., Politica commerciale e competenze della CEE I, 401 
PAJNO A., Ancora in tema di giurisdizione . . . . . . . . I, 349 
TAMIOZZO R., Elaborazione giurisprudenziale del Consiglio di Stato 
in tema di competenza e giurisdizione dei Tribunali Amministrativi 
Regionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 390 

TAMIOZZO R., Il sistema sanzionatorio nella tutela dei beni culturali 
e ambientali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 408 


PARTE PRIMA 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Acque sott�rranee -Contrasto del� 
l'art. 1 t.u. 11 dicembre 1933, numero 
1775 con gli artt. 41, 42 e 43 
Cost. -Questione di costituzionalit� 
manifestamente infondata, 437. 

-Acque sotterranee -Idoneit� ed usi 
di pubblico generale interesse -Effetto 
dell'opera dell'uomo -Preclusione 
della pubblicit� -Non sussiste, 
437. 

-Elenchi delle acque pubbliche -Natura 
ed effetti, 437. 

-Elenchi delle acque pubbliche -Ricorso 
avverso l'iscrizione -Oggetto 
del giudizio � Accertamento della 
demanialit� -Vincolo delle :c:agioni 
dell'iscrizione -Non sussiste, 437. 

-Natura pubblica dell'acqua -Accertamento 
giudiziale -Giudizio di 
fatto, 437. 

-Natura pubblica dell'acqua -Ac-. 
certamento giudiziale -Motivazione 
-Congruit� -Fattispecie, 437. 

ANTICHIT� E BELLE ARTI 

-Tutela del patrimonio archeologico 
� Danni -Costituzione di parte civile 
del Ministero per i beni culturali 
e ambientali -Ammissibilit� 
� Tutela amministrativa, con nota 
di R. TAMIOZZO, 444. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche � Risoluzione 
del rapporto per frode dell'appaltatore 
� Indipendenza dall'accertamento 
penale della colpevolezza 
dell'appaltatore � Contrasto con 

l'art. 27 della Costituzione -Questione 
di legittimit� costituzionale Manifesta 
infondatezza, 426. � 

-Appalto di opere pubbliche -Risoluzione 
di ufficio � Contestazioni 
dell'appaltatore � Giurisdizione del 
giudice ordinario, 426. 

-Appalto di opere pubbliche � Risoluzione 
di ufficio per frode dell'appaltatore 
� Riferimento della frode 
alla persona dell'appaltatore e non 
alle vicende del contratto -Effetti � 
Rilevanza della frode nei rapporti 
di appalto diversi da quello cui la 
frode si riferisce -Preventivo accertamento 
penale della colpevolezza 
dell'appaltatore � Necessit� -Esclusione, 
426. 

-Appalto di opere pubbliche -Risoluzione 
per frode dell'appaltatore Preventiva 
contestazione -Necessit� 
-Esclusione, 426. 

-Appalto di opere pubbliche -Situazione 
soggettiva dell'appaltatore Controversie 
-Giurisdizione del giudice 
ordinario, 426. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Competenza territoriale dei T.A.R. � 
Impiego pubblico � Criteri. di individuazione 
della competenza -Sede 
centrale dell'Ente -Rilevanza, con 
nota di R. TAMIOZZO, 413. 

-Competenza territoriale dei T.A.R. 
in tema di atti plurimi � Annullamento 
di provvedimenti di collocamento 
a riposo di dipendenti l.N. 

P.S. ex combattenti -Competenza 
territoriale del T.A.R. della circoscrizione 
in cui rientra la sede dell'Ente 
nella quale il dipendente prestava 
e prester� servizio dopo il richiamo 
� Sussiste, con nota di R. 
TAMIOZZO, 412. 

INDICE VII 

-Fallimento -Foro fallimentare Vis 
attractiva -Ambito di operativit� 
-Limiti -Fattispecie, 426. 

-Ferrovie in concessione: gestione 
governativa -Instaurazione di rapporti 
di pubblico impiego fra il personale 
ed il Ministero dei Trasporti 
� Domanda per la cessazione della 
condotta antisindacale -Improponibilit� 
assoluta, 388. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Atti di attribuzione da 
parte della P.A. dei diritti patrimoniali 
del dipendente -Mancata esecuzione 
-Giurisdizione del giudice 
amministrativo, con nota di A. PAJ� 
NO, 390. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Cancelliere: diritto alle 
percentuali sui proventi costituiti 
dai crediti recuperati all'erario Giurisdizione 
esclusiva d�l giudice 
amministrativo, 384. 

-Impiego pubblico -Controversie per 
licenziamenti individuali -Giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 312., 

-Impiego pubblico � Esodo volontario 
dei dirigenti dello Stato � Giurisdizione 
del giudice amministrativo 
-Sussiste, con nota di R. TA� 
MIOZZO, 408. 

-Limiti della competenza territoriale 
del T.A.R. -Efficacia diretta e 
indiretta dell'atto � Criteri di individuazione, 
con nota di R. TAMIOZZO, 

410. 
-Provvedimento di espropriazione Criterio 
di individuazione del T .A.R. 
competente -Circoscrizione in cui 
si trova il bene � Competenza -Sussiste, 
con�nota di R. TAMIOZZO, 410. 

-T.A.R. per la Regione Siciliana -Sfe. 
ra cli competenza in relazione alla 
dee. n. 61/1975 della Corte Costituzionale, 
con nota di R. TAMrozzo, 

410. 
-Tribunali amministrativi regionali Competenza 
territoriale e competenza 
funzionale � Applicabilit� -Effetti 
e limiti, con nota di R. TAMrozzo, 
408. 

-Tribunali amministrativi regionali Ricorsi 
in materia di giurisdizione 
esclusiva proposti prima del decorso 
del termine di tre mesi di cui 
all'art. 38 I. n. 1034/1971 -Inammissibilit� 
del ricorso -Sussiste, con 
nota di R. TAMIOZZO, 408. 

COMUNIT� EUROPEE 

-Agricoltura � Organizzazioni comu. 
ni dei mercati -Cereali -Regime 
delle cauzioni all'importazione -Perdita 
della cauzione -Criterio di determinazione 
della somma da incamerare, 
378. 

-Norme comunitarie -Interpretazione 
-Obbligo del giudice nazionale 
di ultima istanza -Portata e limiti, 
378. 

-Politica commerciale ~ Autorizzazione 
della Commissione CEE ad adottare 
misure di protezione -Deroghe 
al divieto di restrizioni quantitative 
-Ammissibilit�, con nota di A. 
MARZANO, 349. 

-Politica commerciale -Autorizzazione 
della Commissione CEE ad adottare 
misure di protezione -Deroghe 
al divieto di restrizioni quantitative 
-Interpretazione ed applicazione 

�restrittiva, con nota di A. MARZANO, 
349. 
-Politica commerciale -Autorizzazione 
della Commissione CEE ad adottare 
misure di protezione -Obblighi 
della Commissione CEE, con nota 
di k MARZANO, 349. 

-Politica sociale -Principio della parit� 
di retribuzione -Art. 119 del 
trattato CEE -Diretta applicabili


. t� -Decorrenza, 356. 

-Politica sociale -Principio della parit� 
di retribuzione -Art. 119 del 
trattato CEE -Diretta applicabilit� 
-Decorrenza -Diversi termini 
previsti in direttiva del Consiglio � 
Irrilevanza, 356. 

-Politica sociale -Principio della parit� 
di retribuzione -Art. 119 del 
trattato CEE -Efficacia diretta � 
Deducibilit� � Limiti, 356. 


VIII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Politica sociale -Principio della parit� 
di retribuzione -Attuazione Competenza 
esclusiva del legislatore 
nazionale -Esclusione, 356. 

-Politica sociale -Principio della 
parit� di retribuzione -Diretta applicabilit� 
dell'art. 119 del trattato 
CEE, 356. 

CONCESSIONI 

-Concessioni -Contratto -Negozio 
bilaterale -Funzione -Disciplina privatistica 
-Inapplicabilit� -Diritto 
di prelazione -Ex articolo 2, legge 

n. 13 del 1963 -Inammissibilit�, 328. 
CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzioni -Interesse 
a ricorrere -Requisito dell'attualit�, 

329. 
IMPIEGO PUBBLICO 

-Dipendenti da enti pubblici non economici 
-Licenziamenti individuali 
-Applicabilit� dell'art. 1 legge numero 
604 del 1966, 312. 

-lmpignorabilit� ed incedibilit� della 
retribuzione -Legittimit� costituzionale, 
318. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazione per le case di abitazione 
non di lusso -Villa con costruzioni 
separate di carattere accessorio 
-Unico complesso -Determinazione 
del rapporto di superficie 
in relazione a singole costruzioni 
-Esclusione, 419. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Successione per rappresentazione 
dei figli legittimi dell'adottato -Applicabilit� 
delle aliquote previste 
per gli estranei -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 344. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Imposte indirette -Condono di cui 
al d.l. 5 novembre 1973, n. 660 -Rigetto 
della domanda in sede amministrativa 
-Decisione da parte 
del giudice adito della legittimit� 
del provvedimento di rigetto -Ricorso 
del contribuente alla Commissione 
-Irrilevanza, 415. 

-Imposte indirette -Condono di cui 
al d.l. 5 novembre 1973, n. 660 -Sospensione 
del giudizio a seguito di 
presentazione dell'istanza -Rigetto 
della istanza di sospensione -Pronunzia 
da parte del giudice innanzi 
al quale pende il giudizio, 415. 

LAVORO 

-Agenti e rappresentanti di commercio 
-Requisito della iscrizione in 
ruolo -� costituzionalmente legittimo, 
335. 

LOCAZIONE DI IMMOBILI URBANI 

-Proroga -Applicabilit� della P.A. Ammissibilit�, 
con nota di C. LAM� 
BERTI, 401. 

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO 

-Ufficio del pubblico ministero e 
componenti di detto ufficio -Rapporti 
interni e garanzia costituzionale, 
322. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Impugnazioni -Restituzione in termini 
-Non anche per la presentazione 
dei motivi -Legittimit� costituzionale, 
317. 

-Posizione del pubblico ministero Raffronto 
alla posizione delle par� 
ti, 321. 

-Variazioni della competenza penale 
-Applicabilit� ai processi pendenti Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
345. 



INDICE IX 

PROPRIET� 

-Esercizio della caccia e ripresa di 
fotografie di animali -Possibilit� di 
ingresso nei fondi altrui -Solo per 
l'esercizio della caccia, 327. 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 

-Ricorso principale -Errore scusabile 
-Mancanza di obiettiva dubbiezza 
-Applicabilit� dell'istituto 
della rimessione in termini -Non 
sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 
.408. 

REATO 

-Falsit� in atti -Falsit� ideologica 
in atti pubblici -Bolletta doganale Natura 
di atto pubblico -Obbligo 
del privato di attestare fatti veri, 

460. 
-Reati comessi e giudicati all'estero � 
Rinnovamento del giudizio -Deroga 
al divieto del ne bis in idem -Illeggittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
338. 

-Sanit� pubblica -In genere -Provvedimenti 
urgenti del medico provinciale 
-Inosservanza -Violazione 
dell'art. 650 cod. pen. -Configurabilit�, 
461. 

REATI FINANZIARI 

-Militari della Guardia di finanza Collusione 
~on estranei per frodare 
la finanza � Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 342. 

REATI MILITARI 

-Processo penale militare -Sospensione 
feriale -Inapplicabilit�, 321. 

REGIONI 

-Tranvie e autolinee di interesse regionale 
� Distinzione di tale materia 
da quella dei trasporti ferroviari, 
329. 

-Tranvie e autolinee di interesse regionale 
-Navigazione e Regioni Porti 
lacuali -Distinzione di tali materie 
dalla materia della sicurezza 
pubblica, 329. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Insegnamento dello sci -Regolamento 
per l'esecuzione del t.u. delle 
leggi di P.S. -Insindacabilit� ad 
opera della Corte Costituzionale, 326. 

STAMPA 

-Diffusione del pensiero -Diritto di 
autore -Inibitoria e sequestro a protezione 
di detto diritto -Legittimit� 
costituzionale, 336. 

TRENTINO-ALTO ADIGE 

-Coordinamento tra finanza statale 
e finanza locale -Cessazione della 
materia del contendere, 311. 

-Provvedimenti contingibili ed urgenti 
-Presidente della Giunta provinciale 
e Sindaco -Sono ufficiali 
di Governo, 309. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

16 marzo 1976, n. 45 
16 marzo 1976, n. 46 
16 marzo 1976, n. 47 
16 marzo 1976, n. 48 
16 marzo 1976, n. 49 
16 marzo 1976, n. SO 
16 marzo 1976, n. 51 
16 marzo 1976, n. 52 
25 marzo 1976, n. 57 
25 marzo 1976, n. 58 
25 marzo 1976, n. 59 
�25 marzo 1976, n. 60 
8 aprile 1976, n. 69 
8 aprile 1976, n. 70 
8 aprile 1976, n. 71 
8 aprile 1976, n. 72 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

8 aprile 1976, nella causa 29/75 

8 aprile 1976, nella causa 43/75 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 18 dicembre 1975, n. 4162 
Sez. Un., 18 dicembre 1975, n. 4163 
Sez. I, 10 marzo 1976, n. 824 
Sez. I, 13 marzo 1976, n. 909 
Sez. Un., 8 aprile 1976, n. 1224 
Sez. I, 12 aprile 1976, n. 1271 
Sez. Un., 22 aprile 1976, n. 1445 
Sez~ Un., 28 aprile 1976, n. 1507 
Sez. I, 14 maggio 1976, n. 1702 ' 

PRETURA 

PALERMO, 16 maggio 1974 

BARI, 30 aprile 1976 

pag. 309 
� 311 
� 312 
� 317 
� 318 
� 321 
� 326 
� 322 
� 327 
� 329 
� 335 
� 336 
� 338 
� 342 
� 344 
� 345 

pag. 349 
� 356 

pag. 384 
� 388 
� 415 
� 419 
� 426 
� 415 
� 378 
� 437 
� 398 

pag. 390 
� 401 


Xl

INDICE 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 9 dicembre 1975, n. 1203 pag. 408 
Sez. VI, 2 dicembre 1975, n. 657 

� 410 
Sez. VI, 5 dicembre 1975, n. 674 412

� 

� 413

Sez. VI, 19 dicembre 1975, n. 707 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 20 dicembre 1974, n. 9733 pag. 444 
Sez. III, 24 gennaio 1975, n. 176 )) 460 
Sez. VI, 30 settembre 1975, n. 1586 � 461 


PARTE SECONDA 

ll'v7JICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 

ACQUE PUBBLICHE 

-Nuova concessione di derivazione Compenso 
a carico del nuovo utente 
-Determinazione -Posizione del 
precedente concessionario -Natura, 

71. 
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

-Societ� -Partecipazione statale -Liquidazione 
-Poteri del Ministro del 
Tesoro -Liquidatore, 71. 

APPALTO 

-Riserve -Determinazioni dell'Amministrazione 
-Dichiarazione adesiva 
dell'appaltatore -Transazione -Configurabilit�, 
71. 

ASSICURAZIONE 

-Imposta di pubblicit� -Targhe assicurazione 
incendi -Mancata denuncia 
-Esonero dal tributo, 71. 

ATTI AMMINISTRATIVI 

-Ente pubblico soggetto a controllo 
-Provvedimento -Ricorso giurisdizionale 
-Amministrazione vigilante 
-Posizione di controinteressato Esclusione, 
72. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Concessione di autoservizi di linea 
-Contributi -Criteri di liquidazione 
-Diversit� di linee con unica 
concessione -Costi di esercizio diversi 
-Determinazione, 72. 

CONSIGLIO DI STATO 

-Ente pubblico soggetto a controllo 
-Provvedimento -Ricorso giurisdizionale 
-Amministrazione vigilante 
-Posizione di controinteressato Esclusione, 
72. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Contabilit� Generale dello Stato: 
Contratti della P.A. -Licitazione privata: 
invito alla gara: modalit�, 72. 

-Locazioni di complessi elettronici Possibilit� 
per l'Amministrazione 
conduttrice di corrispondere in via 
anticipata quota parte dei canoni 
annuali: esclusione, 72. 

DANNI DI GUERRA 

-Danni di guerra; indennizzo, aziende 
comunali, 73. 

-Indennizzo, Comuni beni delle aziende 
municipalizzate, 73. 

DAZI DOGANALI 

-Spedizioniere doganale -Solidariet� 
tributaria -Debitore principale Preventiva 
escussione -Obbligo, 73. 

DEMANIO 

-Chiesa di propriet� dello Stato Uso 
pubblico a fini di culto -Ente 
ecclesiastico titolare -Concessione Possibilit� 
limiti, 73. 

-Demanio marittimo -Occupazione 
abusiva -Invasione di terreni o edifici 
altrui -Applicabilit�, 73. 



INDICE 
Xlll 

-Demanio marittimo -Occupazione 
abusiva -Invasione di terreni o edifici 
altrui -Applicabilit�, 73. 

-Demanio marittimo -Occupazione 
abusiva -Invasione di terreni o edi: 
fici altrui -Applicabilit�, 73. 

-Strade statali � Tratti compresi nei 
centri abitati minori -Autotutela 
amministrativa -Riduzione in pristino 
-Competenza, 74. 

DIFESA DELLO STATO 

-Camere di commercio -Avvocatura 
dello Stato � Patrocinio, 74. 

-Enti diversi dallo Stato � Opera Nazionale 
di Assistenza per il Personale 
dei Servizi Antincendi e della 
Protezione Civile � Patrocinio erariale 
-Spettanza -Limiti, 74. 

-Istituti professionali di Stato � Patrocinio 
dell'Avvocatura � Esclusione, 
74. 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

-Alloggi F.S. -Cessione in propriet� 
� Danneggiamento o distruzione ripristino 
-Mutuo agevolato -Accensione 
di ipoteca, 74. 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

-Elettrodotto a servizio di ferrovia 
-Concessione d'uso della linea elettrica 
� Prescrizione estintiva � Decorrenza, 
75. 

ENTI E �BENI ECCLESIASTICI 

-Chiesa di propriet� dello Stato � 
Uso pubblico a fini di culto -Ente 
ecclesiastico titolare -Concessione � 
Possibilit� limiti, 75. 

ESECUZIONE FORZATA 

-Esecuzione forzata � Pignoramento � 
Beni successivamente dichiarati impignorabili 
� Ius superveniens, 75. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Espropriazione parziale � Immobile 
aziendale � Determinazione dell'in� 
dennit� Deprezzamento valore 
commerciale -Computo, 75. 

-Espropriazione per pubblica utilit� 
� � Espropriazione parziale -In� 
dennit� aggiuntiva per �coltivatore 
diretto e fittavolo, 75. 

FERROVIE 

-Alloggi F.S. -Cessione in propriet� Danneggiamento 
o distruzione ripristino 
-Mutuo agevolato -Accensione 
di ipoteca, 76. 

-Autostrade -Distanze per l'edificazione 
-Costruzione di linee ferroviarie, 
76. 

-Elettrodotto a servizio 'di ferrovia 
� Cessazione d'uso della linea elettrica 
-Prescrizione estintiva -Decorrenza, 
76. 

-Ferrovie -Condizioni per l'immatricolazione 
e la circolazione dei carri 
privati F.S. -Accordo internazionale 
U .I.C. (Unione Internazionale 
delle Ferrovie) UIAP (Unione internazionale 
associazione propriet� 
carri privati) -Sviamento carro privato 
-Rimessa in efficienza -Oneri, 
76. 

-Imposte e tasse -Imposta sul valore 
aggiunto -Azienda Autonoma 

F.S. -Vendita a terzi di beni mobili 
e immobili, 76. 
- 
Responsabilit� civile -Obbligo dell'ente 
proprietario �di approntare difese 
per una protezione laterale delle 
strade � Limiti, 76. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

LEGISLAZIONE 

QUESTIONI DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 
I) Norme dichiarate incostituzionali 
Il) Questioni dichiarate non fondate 

III) Questioni proposte . . . . . 
INDICE BIBLIOGRAFICO 
NOTIZIARIO 

pag. 53 
ll> 54 
� 58 

pag. 104 

pag. 77 


PARTE PRIMA 



310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


attribuita al Presidente della giunta provinciale sarebbe esclusiva e, quindi, 
non consentirebbe il potere di sostituzione del Commissario del Governo 
nel caso di inadempienza del Presidente della Provincia. 

Alle Province di Trento e di Bolzano�sono attribuite forme e condizioni 
particolari di autonomia secondo lo Statuto della Regione (art. 3, terzo 
comma, t.u. Statuto 31 agosto 1972, n. 670 cit.) e l'art. 87 dello stesso t.u. 
stabilisce, nel n. 1, che al Commissario del Governo spetta di coordinare, 
in conformit� alle direttive del Governo, lo svolgimento delle attribuzioni 
dello Stato e, nel n. 3, di compiere atti gi� demandati al Prefetto in quanto 
non siano stati affidati dallo statuto o da altre leggi ad organi della Regione 
e delle Province o ad altri organi dello Stato. 

Non � giustificato il riferimento, nel ricorso, all'art. 46, secondo comma, 
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5 (testo originario dello Statuto) 
-che attribuisce al Presidente della giunta provinciale il potere di 
adottare i provvedimenti contingibili e urgenti -e all'art. 6, nn. 1 e 10, 
legge costituzionale n. 1 del 1971, che conferisce alle Province il potere di 
emanare norme legislative in materia di polizia locale e di igiene e sanit�. 

Invero i provvedimenti contingibili ed urgenti sono disciplinati dall'art. 
55 r.d. 3 marzo 1934, n. 383, testo unico della legge comunale e provinciale, 
richiamato in vigore dall'art. 25 legge 9 giugno 1947, n. 530, per 
quanto concerne le attribuzioni dei Consigli e delle giunte comunali. Il 
citato art. 55 attribuisce al sindaco il potere di emanarli nelle materie di 
sicurezza pubblica e di igiene, come � pacifico in dottrina e in giurisprudenza, 
in considerazione della esigenza dell'urgenza. Deve ritenersi -nel 
caso che la situazione di pericolo riguardi due comuni della stessa provincia 
-giustificata, nell'interesse preminente dello Stato, l'attribuzione della 
competenza al Presidente della giunta provinciale, quale ufficiale del Governo, 
senza escludere quella del sindaco in caso di situazione di pericolo 
per un solo comune. E come il sindaco, in tale qualit�, non pu� essere 
considerato in senso tecnico-giuridico funzionario del comune, come � pure 
pacifico in dottrina e in giurisprudenza, cos� nemmeno pu� essere considerato 
tale il Presidente della giunta provinciale quando adotta i provvedimenti 
contingibili e urgenti a termine dell'art. 46, secondo comma, dello 
Statuto del 1948 e del secondo comma dell'art. 52 t.u. citato del 1972. E, 
poich� i provvedimenti del sindaco non hanno carattere definitivo, in considerazione 
dei loro stessi presupposti, non lo hanno nemmeno i provvedimenti 
del Presidente della giunta provinciale. 

Ci� posto, l'urgenza e la temporaneit� connesse alla situazione di pericolo 
escludono che possa essere vulnerata la post� legislativa di cui trattasi 
(art. 8 e 9 t.u. citato del 1972). 

Consegue che l'art. 12 impugnato ha, conformemente alla sua funzione 
di norma di attuazione, integrato la norma del secondo comma dell'art..46 
e del secondo comma dell'art. 52 citati, nei limiti consentiti dal loro contenuto. 
-(Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 marzo 1976, n. 46 -Pres. Oggioni -Rel. Ros


sano -Provincia di Bolzano (Avv. Coronas) c. Presidente Consiglio dei 

Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Zagari). 

Trentino-Alto Adige -Coordinamento tra finanza statale e finanza locale � 
Cessazione della materia del contendere. 

(I. cost. 10 novembre 1971, n. 1, art. 68 ter; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 651). 
Il sopravvenire del d.P.R. 28 marza 1975, n. 473, contenente norme di 
attuazione dello Statuto locale, ha fatto venir meno l'interesse a ricorrere 
avverso il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 651, istitutivo di un fondo speciale per 
il risanamento dei bilanci dei comuni <; delle province. 

(Omissis). -Il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 651, impugnato, ha istituito 
un fondo speciale -da impiegare per il graduale e proporzionale risanamento 
dei bilanci dei comuni e delle province che non sono in pareggio 
economico -fondo amministrato da un comitato, che ha sede presso il 
Ministero delle finanze, Direzione generale per la finanza locale (art. 1); � 
presieduto dal Ministro per le finanze o dal Sottosegretario di Stato da lui 
delegato ed � composto: da funzionari dei Ministeri delle finanze, dell'interno, 
del tesoro, del bilancio; da quattro amministratori provinciali e otto 
amministratori comunali (art. 8). 

Lo stesso decreto prescrive, negli artt. 4, 5, 6 e 7, che i comuni e le 
province predispongono un piano di risanamento e, con istanza motivata, 
lo sottopongono all'esame del comitato; e che l'integrazione del bilancio 
dei comuni e delle province, deliberata dal comitato, � disposta con decreto 
del Ministro per le finanze. 

Secondo la Provincia di Bolzano, ricorrente, le disposizioni del decreto 

impugnato violerebbero le norme richiamate nel ricorso ed i princ�pi della 

autonomia costituzionale della stessa Provincia e non rispetterebbero l'ob


bligo di adeguare i metodi della legislazione nazionale alle esigenze d~lla 

autonomia perch�: a) non riservano, in base a parametri oggettivi, una 

quota del fondo nazionale ai comuni delle Regioni a statuto speciale; b) 

non affidano la distribuzione di tale quota alle autorit� regionali e provin


ciali competenti; c) non prevedono il conferimento dei mezzi necessari 

alle Province autonome attraverso l'accordo tra Governo e province per 

la determinazione annua della quota variabile dei tributi, ai sensi dell'art. 68 

ter legge costituzionale n. 1 del 1971. 

La Corte osserva che nel corso del presente giudizio � sopravvenuto il 

d.P.R. 28 marzo 1975, n. 473, contenente norme di attuazione dello statuto 
per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di finanza locale. Questo 
decreto prescrive, nell'art. l, che� le attribuzioni dell'Amministrazione dello 
Stato in ordine alle autorizzazioni in materia di finanza locale e alle integrazioni, 
anche ai fini del risanamento, dei bilanci dei comuni, esercitate 

312 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sia direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato, sia per il 

tramite di enti e di istituti pubblici a carattere nazionale o sopraprovin


ciale e quelle gi� spettanti alla Regione Trentino-Alto Adige nelle stesse 

materie, sono esercitate, per il rispettivo territorio, dalle province di Tren


to e di Bolzano, con l'osservanza delle norme del presente decreto�. 

Lo stesso deereto, poi, prescrive, nell'art. 2 che � nella vigilanza e tutela 
di cui all'art. 54, n. 5, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (T.U. delle leggi 
costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) si 
intendono compresi tutti i provvedimenti di controllo in materia di finanza 
locale �; e, nell'art. 6, che � al fine del coordinamento, le province di Trento 
e di Bolzano comunicano annualmente i propri programmi, nei settori della 
finanza locale, dei lavori pubblici e dell'edHizia comunque sovvenzionata, 
al Ministro per il tesoro che, sentiti i competenti organi della Cassa depositi 
e prestiti, indica il limite dei mezzi che la Cassa sar� presumibilmente 
in grado di destinare nelle rispettive province in base ai criteri generali 
stabiliti per i propri interventi �. 

Per effetto della emanazione del d.P.R. n. 473 del 1975 -che risponde 
positivamente alle esigenze fatte valere dalla Provincia di Bolzano con il 
ricorso in epigrafe, come ha espressamente dichiarato il difensore della 
stessa Provincia all'udienza del 26 novembre 1975 -� venuto meno l'interesse 
a ricorrere e deve, quindi, procedersi alla conseguente declaratoria. 

{Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 marzo 1976, n. 47 -Pres. Oggioni -Rel. De 
Stefano Agostini ed altri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dell� Stato Angelini Rota). 

Impiego pubblico � Dipendenti da enti pubblici non economici -Licenziamenti 
individuali �Applicabilit� dell'art. 1 legge n. 604 del 1966. 
(cost., artt. 3, 4, 35; 1. 15 luglio 1966, n. 604, art. 1). 

Competenza e giurisdizione � Impiego pubblico -Controversie per licen


ziamenti individuali -Giurisdizione esclusiva del giudice amministra


tivo � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 

(cost., artt. 3, 4, 24 e 35; I. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6, ultimo comma). 

L'art. 1 della l. 15 luglio 1966, n. 604 sui licenziamenti individuali usa 
l'espressione "enti pubblici" nel significato pi� ampio, e generalizza il principio 
del licenziamento causale estendendolo anche a quei dipendenti da 
enti pubblici non economici ai quali non fossero in precedenza state riconosciute 
garanzie di stabilit� o semi-stabilit� del rapporto di lavoro. 

Disciplina sostanziale dei rapporti di lavoro e riparto tra le giurisdizioni 
ordinaria e amministrativa operano su piani distinti. La applicabi




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 313 

lit� a pubblici dipendenti (da enti pubblici non economici) della disciplina 
sostanziale dei licenziamenti individuali dettata dall'art. 1 della legge n. 604 
del 1966 non porta necessariamente con s� l'applicabilit� per le relative 
controversie dell'art. 6, ultimo comma, della stessa legge, ove � attribuita 
al pret�re una competenza per materia; al contrario, dette controversie 
rientrano nella giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi (1). 

La giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi in materia di pubblico 
impiego garantisce una tutela giurisdizionale non meno appagante e 
penetrante della tutela giurisdizionale offerta in materia di impiego privato, 
dai giudici ordinari; e l'istituto della sospensione dell'esecuzione dell'atto 
impugnato � rimedio di efficacia sostanzialmente pari alle possibilit� 
di intervento cautelare di urgenza riconosciute ai giudici ordinari (2). 

(Omissis). -3. -Innanzi tutto, in ordine logico, la Corte prende in 
esame l'art. 1 della legge n. 604 del 1966, che traccia l'�mbito di operativit� 
del divieto di licenziamento ad nutum del prestatore di lavoro, disponendo 
che nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, intercedente con datori 
di lavoro privati o con enti pubblici, ove la stabilit� non sia assicurata da 
norme di legg:e, di regolamento e di contratto collettivo o individuale, il 
licenziamento del prestatore di lavoro non pu� avvenire che per giusta 
causa ai sensi dell'art. 2119 del codice civile o per giustificato motivo. 

La questione proposta dal pretore di Cagliari non � fondata. Essa pone 
a sua base una interpretazione che non pu� essere condivisa: e cio� l'assunto 
che con la espressione � enti pubblici � non siasi inteso comprendere 
tutti gli enti pubblici, ma soltanto gli � enti pubblici economici �. In .aggiunta 
al profilo letterale (che _pur merita la dovuta attenzione, se � vero 
che il lessico legislativo ben riconosce_ ed applica, la ormai consueta dicotomia, 
s� che resterebbe inspiegabile il ricorso in questa occasione all'uso 
del genus in luogo di una delle due species), la mens legis, a sostegno del 
pi� ampio significato, pu� desumersi dal concorso di altri elementi. Dai 
lavori parlamentari, dove fu esplicitamente emendato l'originario testo 
(che prescriveva la giustificazione del licenziamento solo rispetto al contratto 
di lavoro �inerente all'esercizio dell'impresa�) e fu poi respinta la 
proposta del ritorno alla primitiva dizione. Nella quale erano gi� per 

(1-3) Le ordinanze di rimessione dei pretori di Tagliacozzo, di Cagliari e di 
Asti sono pubblicate in Gazzetta Ufficiale, rispettivamente del 29 agosto 1973, 

n. 223 del 10 ottobre 1973, n. 263 e del 3 gennaio 1975, n. 3. 
Nel senso che la competenza attribuita dall'art. 6 della legige n. 604 del 1966 
non pu� esorbitare dai limiti della giurisdizione ordinaria, per cui tale competenza 
sussiste solo per le controversie per le quali sia parte un datore di lavoro 
privato o un ente pubblico economico, e non anche un ente pubblico non eco




314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

implicito compresi gli enti pubblici economici, di tal che superflua sarebbe 
stata la introdotta modifica, se solo a questo fine preordinata. Ma soprattutto 
pu� desumersi dalla linea evolutiva della vigente normativa posta a 
tutela del rapporto di lavoro. 


Giova in proposito ricordare che la Corte aveva gi� avuto occasione 
di rilevare (sentenza n. 7 del 1958 e n. 45 del 1965) come il potere illimitato 
del datore di lavoro di recedere dal rapporto a tempo indeterminato non 
costituisce pi� un principio generale del nostro ordinamento; e di affermare 
che l'indirizzo politico di prog.ressiva garanzia del diritto al lavoro, 
dettato dall'art. 4 Cost. nell'interesse di tutti i cittadini, esigeva che il legislatore 
adeguasse la disciplina dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato 
al fine ultimo di assicurare a tutti la continuit� del lavoro, circondando di 
doverose garanzie e di opportuni temperamenti i casi in cui si rendesse 
necessario far luogo a licenziamenti. Ora, nel settore dell'impiego pubblico, 
la garanzia della stabilit� o semi-stabilit� del rapporto, pur essendone un 
aspetto caratterizzante, non trovava, anteriormente alla legge n. 604 del 
1966, onnicomprensiva applicazione. Elemento un tempo differenziatore tra 
il personale � di ruolo >>, che ne godeva, e quello � avventizio �, che ne era 

privo, si era poi propagato a quest'ultimo, nell'�mbito delle amministrazioni 
dello Stato, mediante. la trasformazione del licenziamento ad nutum 
in licenziamento causale, sancita dal r.d.l. 4 febbraio 1937, n. 100 (convertito 
nella legge 7 giugno 1937, n. 1108) e ribadita dal d.lgt.c.p.s. 4 aprile 1947, 

n. 207. Era stato poi esteso al personale non di ruolo degli enti pubblici 
locali (comuni, province, consorzi, istituzioni pubbliche di _assistenza e di 
I 
I 
,,

beneficenza, nonch� istituti ed aziende in gestione diretta da essi dipendenti), 
per effetto del d.lg.vo 5 febbraio 1948, n. 61, che faceva loro obbligo 
di introdurre nei regolamenti organici norme conformi a quelle disciplinatrici 
dello status del personale non di ruolo statale. Rimanevano, peraltro, 
ancora licenziabili ad nutum, non soltanto i dipendenti dagli e!lti pub-

I 

I 

nomico, era gi� in precedenza la giurisprudenza della Corte di Cassazione (S.U., 
23 maggio 1969, n. 1811, in Cons. St., 1970, II, 243; S.U., 22 agosto 1972, n. 2702, 
ivi, 1972, Il, 1295; e S.U. 21 agosto 1973, n. 2373). 


I

La sentenza in esame si rivela invece � interpretativa di rigetto � per quanto i 
attiene all'enunciazione di cui alla prima massima. ! 
In senso contrario, infatti, in precedenza la giurisprudenza del Consiglio 
di Stato (VI, 14 novembre 1969, n. 714), in Cons. St., 1969, I, 2303; V, 9 febbraio 1971, ! 

n. 48, ivi, 1971, I, 237; IV, 4 luglio 1972, n. 438, ivi, 1972, I, 1442; C. si., 14 novembre 
1974 n. 440, ivi, 1974, I, 1573; V, 12 ottobre 1973, n. 679, in Foro it., 1974, III, 
I 

74; ed altre). 

In dottrina cfr. CANFORA, Pubblico impiego, legge 15 luglio 1966, n. 604 e 
Statuto dei lavoratori, in Dir. lav., 1970, I, 297, e PIRANI, Rapporto di pubblico 
impiego e limiti di applicabilit� della legge 15 luglio 1966, n. 604, in Riv. giur. lav., 


1969, I, 353. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

blici economici, per i quali non si fosse provveduto in sede di contrattazione 
collettiva, ma anche i dipendenti da enti pubblici non territoriali, a 
cui non fossero state estese, con decreto presidenziale, le norme del citato 
decreto n. 207 del 1947, e che continuavano, quindi, ad essere regolati dalle 
norme sull'impiego privato. 

Una volta che il principio del licenziamento causale -mutuato dal 
rapporto d'impiego e di lavoro pubblico ed esteso al rapporto d'impiego e 
di lavoro privato, per effetto della �sm�si in corso tra le ~ue discipline � 
assurto, con la legge n. 604 del 1966, a principio di carattere generale, il 
riferimento agli �enti pubblici� contenuto nell'art, 1 di detta legge non pu� 
non essere inteso nel senso che gli � proprio, immune, cio�, dall'asserita 
restrizione, che lascerebbe ingiustificatamente scoperta l'area innanzi indicata 
dei dipendenti dagli enti pubblici non territoriali. 

N� a ci� ostano conclamate imperfezioni tecnico-giuridiche della legge 
in questione, della quale alcune disposizioni -per effetto del laborioso 
iter parlamentare -non appaiono in armonia con le modifiche apportate 
al testo originario dell'art. 1, facendo esclusivo riferimento al rapporto di 
lavoro inerente all'esercizio di una impresa, essendo compito dell'interprete 
(ove la normativa non sia opportunamente coordinata dal legislatore) 
valutare secondo la definitiva mens legis se la loro applicazion~ resti in 
tal senso circoscritta o debbasi intendere estesa al pi� ampio �mbito tracciato 
dall'art. 1. 

4. -La sfera di operativit� del principio sancito dall'art. 1 della legge 
n. 604 del 1966, non comporta, dunque, necessariamente che eguale dimensione 
debba riconoscersi a tutte le altre norme della stessa legge, ed in particolare 
-per ci� che interessa i presenti giudizi -all'art. 6, ultimo comma, 
che dichiara competente il pretore a conoscere delle controversie derivanti 
dalla sua applicazione. Esatta appare la interpretazione che ne ha 
fornito la Corte di cassazione, affermando che la competenza attribuita al 
pretore dalla norma in esame non esorbita dai limiti della giurisdizione ordinaria, 
di cui il pretore stesso fa parte, e non deroga alla giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo nella materia del pubblico impiego. 
Da ci� hanno preso le mosse i pretori di Tagliacozzo e di Asti per inferire 
il dubbio di costituzionalit� innanzi puntualizzato. 
Il dubbio non ha per� ragion d'essere. 

Va preliminarmente precisato che tra gli argomenti addotti a sostegno 

dell'asserita violazione del principio di eguaglianza, alcuni (maggiore one


rosit� del ricorso al Consiglio di Stato, perdita di un grado di giurisdizione) 

appaiono superati per effetto della istituzione e del concreto funzionamento 

dei tribunali amministrativi regionali, previsti dal secondo comma dell'ar


ticolo 125 della Costituzione. 

Si assume, nondimeno, che la norma de qua, e correlativamente (per i 
soli dipendenti degli enti locali) l'art. 2, primo comma, lettera a) della 


316 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 6 dicembre 1971, n. 1034, sulla istituzione dei detti tribunali, violerebbero 
un complesso di princ�pi, desumibili dagli artt. 3, 4, 24 e 35 della 
Costituzione. Sarebbe soprattutto leso il principio di � effettivit��, cui devono 
essere informati le azioni ed i poteri giudiziari riconosciuti al lavoratore 
licenziato, e risulterebbe non soddisfatta la esigenza di �specialit�� 
delle azioni e degl'interventi d'urgenza predisposti a tutela della conservazione 
del posto di lavoro. In altri termini, mentre ai lavoratori dipendenti 
da privati o da enti pubblici economici il procedimento innanzi al pretore 
offrirebbe strumenti processuali contrassegnati da una particolare spedi� 
tezza, tempestivit� ed efficacia, di analoghi strumenti non potrebbe giov�rsi 
il lavoratore dipendente da ente pubblico non economico, costretto 
ad adire il giudice amministrativo. 

Trattasi di argomentazioni che n�n trovano conferma nel vigente ordinamento, 
nel quale, per effetto del rinvio operato dal secondo comma dell'art. 
7 della citata legge n. 1034 del 1971, all'art. 29 del t.u. 26 giugno 1924, 

n. 1054, ed all'art. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1058, e successive modificazioni, 
i tribunali amministrativi regionali esercitano giurisdizione esclusiva, 
tra l'altro, nei casi di ricorsi relativi al rapporto di impiego, prodotti 
dagl'impiegati dello Stato, degli enti od istituti pubblici sottoposti a tutela 
o anche a sola vigilanza dell'amministrazione centrale dello Stato, e dagli 
impiegati dipendenti dai comuni, dalle provincie, dalle� istituzioni pubbliche 
di beneficenza o da qualsiasi altro ente o istituto pubblico sottoposto . a 
tutela o anche a sola vigilanza dell'amministrazione pubblica locale. Tale 
giurisdizione esclusiva, mediante il sindacato esercitabile sotto il profilo 
non solo della incompetenza e della violazione di legge, ma altres� dell'eccesso 
di potere, ed in virt� del potere di annullamento dell'atto impugnato, 
garantisce ai dipendenti dagli ent(pubblici non economici, avverso 
l'illegittimo licenziamento, appagante e penetrante tutela. In proposito va 
ricordato che pu� ascriversi a suo merito proprio l'aver precorso ed orientato 
la legislazione volta a garantire agli avventizi dipendenti dello Stato 
e dagli enti pubblici locali un rapporto di lavoro meno precario. 
N� � esatto manchi la possibilit� di far luogo ad interventi di urgenza, 
onde soddisfare la giusta esigenza di consentire al lavoratore l'attesa del 
risultato dell'azione da lui esperita per la reintegrazione nel rapporto di 
lavoro, senza incorrere nella necessit� di fatto di trovare altra occupazione 
per ricavare il suo sostentamento; l'istituto della sospensione della esecuzione 
dell'atto impugnato, mediante ordinanza emessa in camera di consiglio, 
previsto dall'art. 21, ultimo comma, della legge istitutiva dei tribunali 
amministrativi regionali, consente, infatti, di porre sollecito rimedio alla 
svantaggiosa posizione del ricorrente sino alla definitiva pronuncia. 

In conclusione, la esclusione dall'�mbito della giurisdizione ordinaria 
(e in seno a questa dalla competenza del pretore) delle controversie inerenti 
alla validit� dei licenziamenti dei dipendenti degli enti pubblici non 
economici, la cui cognizione resta affidata al giudice amministrativo, per 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 317 

effetto degli artt. 2, primo comma, lett. a, 3, primo comma, e 7, secondo 
comma, della legge n. 1034 del 1971, e dell'art. 6, ultimo comma, della--legge 

n. 604 del 1966, interpretato nei sensi dianzi esposti, non contrasta con i 
principi desumibili dai citati articoli della Costituzione; s� che non fondate 
sono le proposte questioni. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 marzo 1976, n. 48 -Pres. Oggioni -Rel. Rossi 
-Commatteo (n. c.). 

Procedimento penale -Impugnazioni -Restituzione in termini -Non anche 
per la presentazione dei motivi -Legittimit� costituzionale. 
(cost. art. 3 e 24; c.p.p., art. 183 bis). 

La limitazione della restituzione in termini solo alla presentazione della 
dichiarazione di impugnazione e non anche alla presentazione dei motivi non 
contrasta con gli artt. 3 e 24 della Costituzione (1). 

(Omissis). -La Corte costituzionale deve decidere se l'art. 183 bis, 
terzo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui ammette 
la restituzione in termini per proporre il gravame, e non anche per presentare 
i motivi, contrasti o meno con gli artt. 24, secondo comma, e 3, 
primo comma, della Costituzione. 

Non sussiste anzitutto la denunciata violazione del diritto di difesa. Il 
legislatore del 1955, n!;l reintrodurre un istituto eccezionale, come � quello 
della restituzione nei termini prescritti a pena di decadenza, pur ampliando 
la tutela sostanziale del diritto di difesa rispetto alla disciplina del codice 
di procedura del 1913, ha tenuto conto di altri interessi, parimenti rilevanti, 
i quali esigono che i processi siano portati a compimento entro 
congrui tempi perch� la giurisdizione penale assolva alla sua fondamentale 
funzione. 

La limitazione della restituzione in termini all'impugnativa va considerata 
in riferimento alla circostanza che i motivi, quando non siano enunciati 
nello stesso atto di impugnazione, possono venir presentati dal difensore 
nominato, dal difensore del dibattimento di primo grado, ed infine 
trasmessi, anche dallo stesso interessato, a mezzo di rac_comandata postale 
(art. 201 c.p.p. ed art. 151 del testo vigente a seguito della sentenza n. 96 
del 1971). 

La pluralit� degli strumenti esistenti a tufela della parte che abbia 

proposto gravame dimostra che non v'� lesione del diritto di difesa e giu


stifica pienamente la norma impugnata. -(Omissis). 

(1) L'ordinanza di rimessione del Tribunale di Campobasso � pubblicata in 
Gazzetta Ufficiale 17 luglio 1974, n. 187. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

318 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 marzo 1976, n. 49 -Pres. Oggioni -Rel. Reale 
-Bigi ed altri (n. c.). 

Impiego pubblico -Impignorabilit� ed incedibilit� della retribuzione 


Legittimit� costituzionale. 

(cost., artt. 3, 24 e 28; c.p.c., art. 545; d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1). 

Non sono fondate, con riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 
28 della Costituzione, le questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 545, 
quarto e ultimo comma c.p.c. e dell'art. 1 d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, 
sulla impignorabilit� delle retribuzioni dei pubblici dipendenti, dato che, 
nonostante il processo di osmosi tra disciplina del rapporto di pubblico 
impiego e disciplina del rapporto di lavoro privato, permangono fra di esse 
sensibili divergenze e dato che detta impignorabilit� (come la 11.mitata cedibilit�) 
� posta a garanzia del buon andamento degli uffici e della continuit� 
dei servizi pubblici (1). 

(Omissis). -4. -I giudici a quibus, pur dando atto che le suddette 
questioni sono state gi� dichi�rate da questa Corte non fondate con la 
sentenza n. 88 del 1963 e manifestamente infondate con le ordinanze n. 131 
del 1967, 37 del 1970 e 189 del 1973, le ritengono tuttavia meritevoli di un 
nuovo esame in quanto sussisterebbero elementi di valutazione tali da renderle, 
oltre che pregiudizialmente rilevanti, non manifestamente infondate. 

Con speciale riferimento all'art. 3 Cost., si assume che le differenze 

tra i due tipi di rapporto di lavoro, di diritto pubblico e di ,diritto privato, 

sono attualmente molto attenuate rispetto alla situazione cui hanno avuto 

riguardo le precedenti pronunzie di questa Corte sopra richiamate, in quan


to gli aspetti vantaggiosi per i lavoratori cos� del rapporto di pubblico im


piego (stabilit�, trattamento pensionistico, garanzie cosiddette �giusti


ziali�) come di lavoro privato (indennit� di liquidazione, tutela sindacale, 

diritto di sciopero etc.) sono andate progressivamente trasfondendosi dal


l'uno all'altro tipo di rapporto. Questa evoluzione sarebbe particolarmente 

evidente nella determinazione della retribuzione, sia per l'orma~ incontro


versa applicabilit�, anche ai pubblici dipendenti, dei princ�pi enunciati nel


l'art. 36 Cost., sia e soprattutto, per l'estensione, al. pubblico impiego, del 

sistema, caratteristico del rapporto di lavoro privato, di trarre il contenuto 

delle disposizioni sul trattamento economico dagli accordi collettivi (arti


colo 24 legge 28 ottobre 1970, n. 775, ora sostituito dall'art. 9 della legge 

22 luglio 1975, n. 382). 

(1) Le ordinanze di rimessione sono pubblicate in Gazzetta Ufficiale 6 novembre 
1974, n. 289 e 9 luglio 1975, n. 181. Le sentenze n. 88 del 1963 e n. 209 del 1975 
richiamate in motivazione sono pubblicate in Foro it., 1963, 1, 1093 e 1975, 1, 1573. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Di qui l'irragionevolezza delle disparit� di trattamento che, in ordine 
alla pignorabilit� delle retribuzioni, le norme impugnate cr�ano, da un lato, 
tra pubblici e privati dipendenti e, dall'altro, tra i titolari di diritti di 
credito (diversi da quelli, sopra ricordati, per i quali � ammessa dall'art. 2 

d.P.R. citato una limitata pignorabilit�) nei confronti di pubblici dipendenti 
e i titolari di analoghi diritti� di credito verso privati dipendenti. Secondo 
il tribunale di Vicenza, poi, come si � gi� accennato, dette norme sarebbero 
da ritenersi in contrasto anche con l'art. 24, primo comma, Cost. (avuto 
riguardo alle difficolt� che il creditore di soggetto cui � concesso opporre 
l'impignorabilit� della retribuzione, potrebbe incontrare nella realizzazione 
dei propri diritti) e con l'art. 28 Cost., poich� esse consentirebbero restrizioni, 
in ordine alla responsabilit� dei pubblici dipendenti, tali da eluder~ 
concretamente la responsabilit� medesima. 
5. -La parziale novit� delle argomentazioni e gli innegabili mutamenti, 
nel frattempo intervenuti circa la disciplina dei rapporti di lavoro, 
inducono la Corte a riprendere in esame le questioni. 
Esse, peraltro, risultano tuttora infondate. 

� certo esatto che le differenze tra il rapporto di pubblico impiego e 

quello di lavoro privato sono oggi molto ridotte rispetto al passato. 

Basti pensare aHa stabilit� nel posto di lavoro che in conseguenza delle 
leggi 15 luglio 1966, n. 604, e 20 maggio 1970, n. 300, � venuta a informare 
-sia pure entro certi limiti -anche il rapp�rto di lavoro privato o, per 
converso, al riconoscimento della possibilit� di un'attivit� sindacale in seno 
alla amministrazione statale (artt. 45 e segg. legge 18 marzo 1968, n. 249) 
e all'applicazione a dipendenti civili dello Stato o di aziende autonome statali 
del sistema di far precedere qualsiasi regolamentazione sul loro trattamento 
economico da accordi tra pubblica Amministrazione e organizzazioni 
sindacali (art. 9, legge 22 luglio 1975, n. 382, che ha sostituito l'art. 24, legge 
28 ottobre 1970, n. 775). 

Ma da ci� sarebbe arbitrar~o dedurre che le norme impugnate difet


tino di ragionevolezza e siano conseguentemente lesive del principio di 

uguaglianza. 

Non solo perch�, nonostante il processo di osmosi cui si � precedentemente 
accennato, permangono ancor oggi sensibili divergenze tra la disciplina 
del rapporto di impiego pubblico e quello di diritto privato (vedi 
anche la sentenza n.. 209-75) ma soprattutto perch�, come � fatto palese 
dalla evoluzione storica della normativa concernente l'impignorabilit� delle 
retribuzioni dei pubblici dipendenti e dalla stessa formulazione dell'art. 1 
del d.P.R. n. 180 del 1950, la ratio di quest'ultima disposizione, pi� che 
nelle differenze di disciplina dei due rapporti, va individuata nell'�sigenza 
di garantire il buon andamento degli uffici e la continuit� dei servizi della 
pubblica Amministrazione. In effetti, l'impignorabilit� non � che l'aspetto 
particolare di una normativa volta ad assicurare, nell'interesse precipuo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della p.a., l'indisponibilit� giuridica -sia pure non assoluta -delle retribuzioni 
dei pubblici dipendenti e di coloro che comunque sono addetti a 
taluni pubblici servizi, il cui regolare funzionamento � stato ritenuto di 
primaria �importanza. La legge, infatti, non si limita a sancire l'impignorabilit� 
degli stipendi ma ne vieta, altres�, come si � ricordato, oltre che 
il sequestro, la cessione, salvo che agli istituti indicati nell'art. 15 del d.P.R. 
citato, e con i limiti e le modalit� in esso d.P.R. specificati. In passato, 
anzi, il divieto di cessione fu assoluto e solo in un secondo momento, per 
venire incontro alle esigenze dei dipendenti, i quali altrimenti sarebbero 
venuti a trovarsi nell'impossibilit� di contrarre mutui per far fronte a 
gravi esigenze anche di carattere familiare, fu introdotta la possibilit� di 
una limitata cessione, dando vita a provvidenze che nel tempo hanno poi 
assunto i caratteri di una vera e propria assistenza creditizia nei confronti 
dei dipendenti delle pubbliche Amministrazioni. 

Il che conferma che il legislatore, pi� che alla natura del rapporto, ha 
avuto riguardo al carattere pubblico (o, comunque, di interesse generale) 
della funzione o del servizio esplicati attraverso il med('!simo, preoccupandosi 
di escludere, salvo talune eccezioni tassativamente previste, la possibilit� 
di sottrazione o di distrazione, anche legittima, della retribuzione 
dovuta ai dipendenti, nell'intento che ci� valga ad assicurare il regolare 
svolgimento della loro attivit� nell'espletamento dell'ufficio o del servizio 
cui sono preposti. 

Premessi questi rilievi, appare evidente che la progressiva convergenza 
della disciplina dei rapporti di lavoro pubblico e privato non vale ad inficiare 
di irragionevolezza la denunciata disparit� di trattamento tra i dipendenti 
privati"ed i dipendenti degli enti e delle imprese elencate nell'art. 
1 del d.P.R. n. 180 del 1950. 

Le due situazioni non sono infatti identiche poich�, come si � gi� osservato, 
nel secondo caso ricorre -a differenza che nel primo -un interesse 
pubblico a garantire il buon andamento di taluni uffici o servizi. E 
tanto basta ad escludere, secondo i princ�pi costantemente enunciati da 
questa Corte, che le norme impugnate concretino una violazione del principio 
di uguaglianza, in s� considerato e nella specificazione che di esso 
� fatta nell'art. 24, comma primo, della Costituzione. 

6. -Ad escludere l'esistenza di ogni contrasto con l'art. 28 della Costituzione 
� poi sufficiente osservare che detta norma se, da un lato, 
enuncia il principio della responsabilit� personale dei dipendenti pubblici 
verso i danneggiati, dall'altro non esclude la possibilit� che per quella dei 
medesimi vengano introdotte regole particolari e diverse rispetto ai princ�pi 
comuni in materia (sentenze n. 123 del 1972 e n. 2 del 1968), sempre 
che la disciplina adottata non sia tale da comportare un'esclusione pi� o 
meno manifesta di ogni responsabilit� (sentenza n. 4 del 1965). Il che non 
pu� dirsi delle disposizioni impugnate, le quali non toccano n� esplicita

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 321 

mente n� implicitamente il principio della diretta responsabilit� del pubblico 
dipendente verso i danneggiati per gli atti compiuti in violazione dei 
diritti, limitandosi a sottrarre al~'�!;zione esecutiva dei creditori, e per validi 
motivi, la retribuzione ed ogni altra indennit� da essi percepita per effetto 
ed in conseguenza dell'opera prestata. Del resto, come questa Corte ha gi� 
posto in rilievo nella gi� ricordata sentenza n. 88 del 1963, la responsabilit� 
patrimoniale del pubblico dipendente ben pu� trovare attuazione rispetto 
ad altri beni e crediti esistenti nel patrimonio del debitore. -(Omissis). 

I. 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 marzo 1976, n. 50 � Pres. e Rel. Oggioni -
Bertin (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 
Stato Gozzi). 

Procedimento penale -Posizione del pubblico ministero -Raffronto alla 
posizione delle parti. 
(cost., artt. 3 e 24; c.p.p., artt. 76 e 423 e segg.). 

Reati militari -Processo penale militare -Sospensione feriale -Inapplicabilit�. 
(cost., artt. 3 e 24; I. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1). 

La garanzia costituzionale del diritto di difesa opera anche a favore 
del pubblico ministero, la cui posizione nel processo deve essere considerata 
pari a quella delle altre parti (1). 

La speciale composizione dei tribunali militari, la sollecitudine delle 
relative procedure, e le altre peculiari connotazioni del processo penale 
militare, quali la esclusione della possibilit� di costituzione di parte civile 
e la mancanza del giudizio di appello, sono giustificate dalla esigenza di 
garantire l'osservanza dell'ordine giuridico militare. Dal pari � giustificata 
la non applicabilit�, al processo penale militare, della sospensione dei termini 
durante le ferie (2). 

(1-3) Le ordinanze di rimessione del Tribunale supremo militare e del Tribunale 
di Milano sono pubblicate in Gazzetta Ufficiale, 30 aprile 1975, n. 114 e 
14 novembre 1973, n. 294. 

Le sentenze in rassegna (e sopratutto la n. 52) .risultano significative, per la 
problematica sulla collocazione costituzionale e sull'organizzazione degli uffici 
del Pubblico Ministero. Con la sentenza 9 aprile 1963, n. 40 (in Foro It., 1963, 
I, 1043), la Corte ha negato al P,M. la facolt� di promuovere il processo di 
legittimit� costituzionale. E con la sentenza 27 novembre 1963, n. 148 (ivi, 2265) 
ha precisato che nella nozione di giudice naturale di cui all'art. 25 Cost. non 
deve ritenersi compreso il Procuratore della Repubblica, e che l'art. 108 Cost. 

�. �ha separato la figura del P.M. da quella degli altri magistrati�; nello stesso 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II. 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 marzo 1957, n. 52 -Pres. Rossi -Rel. Capalozza 
-Balugani ed altro (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Ordinamento giudiziario -Ufficio del pubblico ministero e componenti di 
detto ufficio -Rapporti interni e garanzia costituzionale. 

(cost., artt. 101, 107 e 108; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 70). 

Le garanzie a tutela del pubblico ministero si riferiscono all'Ufficio 
unitariamente inteso e non ai singoli componenti di esso; la determinazione 
del contenuto di tali garanzie � rimessa al legislatore ordinario. Deve 
distinguersi tra fasi istruttoria e predibattimentale e fase dibattimentale: 
in quelle prime fasi vi sono, tra il titolare dell'Ufficio e i dipendenti magistrati, 
rapporti di carattere amministrativo e ,non giurisdizionale. Non � 
fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 70 dell'ordinamento 
giudiziario (3). 

I. 
(Omissis) -1. -Con la suindicata ordinanza di rimessione a questa 
Corte, il tribunale supremo militare ha sollevato, di ufficio, questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, sulla 
sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. 

L'ordinanza premette che, in relazione a sentenza assolutoria emessa, 
nel luglio 1974, dal tribunale militare territoriale di Padova nei confronti 
del.brigadiere di p.s. Bertin Egidio, il Procuratore militare aveva proposto 
tempestivo ricorso, notificato tuttavia fuori termine. Ci� posto, il tribunale 
supremo ha osservato che la inapplicabilit�, al caso, del computo 

senso anche la sentenza 2 aprile 1964 n. 32 (ivi, 1964, I, 689) in tema di avocazione 
da parte del Procuratore Generale. 

Nella sentenza 16 dicembre 1970, n. 190 (ivi, 1971, I, 8) la Corte ha definit\) 
la posizione del PM. come quella di un magistrato appartenente all'ordine giudiziario, 
collocato in posizione di istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro 
potere, e che � non fa valere interessi particolari ma agisce esclusivamente a 
tutela dell'interesse 1generale dell'osservanza della legge, perseguendo fini di 
giustizia�. Nella stessa sentenza � stato peraltro confermato per il P.M. il ruolo 
di � parte � nel processo penale; � per� stato affermato che � la peculiare posizione 
istituzionale e la funzione assegnata al primo (al P.M.) ovvero esigenze 
connesse alla corretta amministrazione della giustizia e di rilievo costituzionale 
possono giustificare una disparit�� tra parte privata e P.M., purch� giustificata 
e ragionevole. 

Sono seguite le sentenze 17 novembre 1971, n. 177 (ivi, 1971, I, 2918), sulla 
illegittimit� costituzionale dell'appello incidentale del P .M., e 17 febbraio 1972, 

. ' 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 323 

della sospensione di diritto dei termini processuali, riservato soltanto alle 
giurisdizioni ordinarie e amministrative dalla citata legge del 1969 e non 
alla giurisdizione militare, che ha carattere speciale, condurrebbe al riconoscimento 
che il predetto sistema normativo sarebbe viziato da illegittimit�, 
sia in relazione all'art. 3 Cost. (non razionale diversit� di trattamento) 
sia in relazione all'art. 24 Cost. (difficolt� di esercizio del diritto 
di difesa dell'imputato durante il decorso del periodo feriale). 

2. � L'Avvocatura dello Stato eccepisce preliminarmente la inammissibilit� 
della questione perch� irrilevante, in quanto nel processo a quo 
sarebbe oggetto di esame soltanto la tempestivit� del ricorso del pubblico 
ministero, mentre �le norme costituzionali in discussione riguarderebbero 
soltanto le posizioni dei cittadini e non degli organi giurisdizionali �, 
L'eccezione non � fondata. 

Basti ricordare che questa Corte ha pi� volte avuto occasione di raffrontare 
la posizione giuridica del pubblico ministero e quella delle parti, 
ai fini del controllo sulla tutela del principio di eguaglianza, considerando 
parimenti l'uno e le altre, nella dialettica del processo, come parti (sentenza 
n. 190 del 1970, n. 177 del 1971, n. 27 del 1972). 

Pertanto, sono da escludere l'asserita dualit� di posizioni e la conseguenza 
che se ne vorrebbe trarre, ai fini della rilevanza. 

3. � Nel merito, la questione non � fondata. 
La dedotta differenziazione di disciplina non comporta violazione del 
principio di uguaglianza. 
Questa Corte ha costantemente affermato che, in tanto pu� ritenersi 
sussistente tale violazione, in quanto si tratti di giudicare di regolamentazioni 
diverse di situazioni obbiettivamente omogenee, e in quanto non 
possa rilevarsi una razionale giustificazione per, la detta differenziazione. 
Il limite alla discrezionalit� del legislatore �, quindi, segnato esclusiva-

n. 27 (in questa Rassegna, 1972, I, 29), sulla illegittimit� costituzionale della 
presenza del P.M. alle deliberazioni del Consiglio nazionale forense in sede 
disciplinare, sentenze entrambe basate sul ruolo di �parte� dell'ufficio del P.M. 
Particolarmente importante la sentenza 29 aprile 1975, n. 96 (in questa Rassegna, 
1975, I, 299), ove � stato enunciato che nell'attivit� giurisdizionale �deve 
intendersi compresa non solo l'attivit� decisoria, che � peculiare e propria del 
giudice, ma anche l'attivit� di esercizio dell'azione penale, che con la prima si 
coordina in un rapporto di compenetrazione organica�. 

La sentenza n. 52, che qui si commenta, afferma che le garanzie di indipendenza 
previste dall'art. 101 Cost. � si riferiscono all'Ufficio unitariamente inteso 
e non ai singoli componenti di esso '" e nel pervenire a tale affermazione trae 
argomento a contrario dall'art. 1, n. 61, della legge 3 aprile 1974, n. 108, ove si 
detta al legislatore delegato il principio della � eliminazione dell'incidenza gerar� 
chica nell'esercizio della funzione di accusa nella fase dibattimentale >>. 

Sulle garanzie riconosciute ai magistrati del P.M., cfr. anche SPAGNA Musso, 
Problemi costituzionali del pubblico ministero, in Riv. It. dir. proc. pen. 1963, 
pp. 407-408; DE MATTIA, Ipotesi di lavoro per la riforma del pubblico ministero, 



324 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente dalla ragionevolezza della differenziazione, limite che, nella specie, 
� certamente salvo in vista delle peculiari caratteristiche del processo 
penale militare nel quale si inserisce la figura di quel pubblico ministero, 
ripetendone ovviamente la peculiarit�. 

La legge processuale penale militare, invero, tende a garantire l'osservanza 
dell'ordine giuridico militare, cio� di uno dei dati salienti della 
funzionalit� delle Forze armate, strumento di attuazione del principio 
proclamato con forza tutta particolare dell'art. 52 Cost., secondo cui � La 
difesa della Patria � sacro dovere del cittadino�. E la portata di tale principio 
non si limita alla conservazione dell'organismo militare come tale, 
bens� si estende alla garanzia dell'intera comunit� statuale dalle offese 
che, coi;nunque, possano esserle arrecate. Risponde, fra l'altro, all'importanza 
tutta particolare della funzione cos� garantita, la speciale composizione 
dei tribunali militari, in relazione alla quale � sancita l'investitura 
di ufficiali ordinari come giudici, nonch� la sollecitudine delle relative 
procedure, la cui pecualiarit� �, d'altra parte, caratterizzata da alcune 
fondamentali connotazioni, quali la esclusione della possibilit� di costituzione 
di parte civile e la mancanza del giudizio di appello. 

Le descritte caratteristiche, unitamente al fatto che le norme penali 
militari sono contenute in un codice diverso dal codice penale comune 
e sono intese a disciplinare la condotta di persone che rivestono la particolare 
qualit� di militari, sono sufficienti per ritenere la specialit� del 
diritto penale militare, ed esdudono, quindi, l'applicabilit� al processo 
penale militare della sospensione dei termini durante il periodo feriale. 

D'altra parte, il legislatore stesso, pur seguendo lo scopo di tutelare 
il riposo feriale, ci� intese fare � non in modo totalitario ed incondizionato 
ma tenendo anche conto dell'esigenza di non sacrificare a tali fini 
anche situazioni che pi� gravemente avrebbero inciso sui diritti delle parti � 
(sent. n. 130 del 1974), ed all'uopo ha sancito una serie di eccezioni �alla 

e CARABBA F., Il pubblico ministero nell'ordine costituzionale, negli A.tti del 
citato convegno. 

Non affrontato � stato il problema della compatibilit� con la Costituzione 
dell'art. 39 del regio d�creto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, ove � disposto 
che � il pubblico ministero esercita, sotto la vigilanza del Ministro per la grazia 
e la giustizia, le funzioni che la legge gli attribuisce �. Connesso a tale problema 
� il tema delle attribuzioni deigli uffici del P.M. nel processo civile, attribuzioni 
che non sono previste da disposizioni costituzionali. In proposito, cfr. VIGORITI, 
Il P.M. nel processo civile italiano, in Riv. dir. proc. 1974, I, 296, ove tra l'altro 
si osserva che �� semplice fatto della proposizione della domanda al giudice 
fa acquistare al p.m. la qualifica di parte, qualifica che la dottrina ha cercato di 
precisare ulteriormente facendola seguire da espressioni come �sui generis�, 
� meramente formale �, � artificiale�, � imparziale �, ecc. Resta comunque che, 
proponendo la domanda, il p.m. si pone in una relazione dialettica e antagonistica 
con i titolari (o almeno con alcuni di essi) del rapporto sostanziale dedotto 
in giudizio; diventa contradditore delle parti private; al pari di questo ricorre a 
tutti i mezzi previsti dalla legge per fare valere l'interesse che egli deve tutelare�. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sospensione (artt. 2 e 3 legge 7 ottobre 1969, n. 742). E', quindi, del pari, 
ed anzi a maggior ragione, giustificabile l'esclusione della sospensione per 
i processi penali militari, la cui peculiarit� �, appunto, segnata da riflessi 
su interessi di ordine generale, di quella penetrante portata ed incisivit� 
sopra indicate. -(Omissis). 

II. 
(Omissis). -2. -La questione, ritualmente proposta, �, tuttavia, infondata. 


E' da premettere che la Costituzione, nell'art. 108, secondo comma, ha 
distinto gli organi del pubblico ministero da quelli della giuris9-izione e, 
nell'art. 112, ha attribuito al pubblico ministero la titolarit� dell'azione 
penale, che � ben diversa dalla potest� di giudicare (vedansi le sentenze 
nn. 40 e 148 del 1963), pur coordinandosi con l'attivit� decisoria �in un 
rapporto di compenetrazione organica a fine di giustizia� (vedasi la motivazione 
della sentenza n. 96 deL1975). 

Orbene, se � pur vero che questa Corte, con sentenza n. 190 del 1970, 
ha definito la posizione del pubblico ministero come quella di un magistrato 
appartenente all'ordine giudiziario, che, fornito di istituzionale indipendenza 
rispetto ad ogni altro potere, � non fa valere interessi particolari, 
ma agisce esclusivamente a tutela dell'interesse generale all'osservanza 
della legge, perseguendo fini di giustizia�; � altrettanto vero che le garanzie 
di indipendenza del pubblico ministero sancite, a livello costituzionale, 
dall'art. 107, vengono rimesse, per la determinazione del loro contenuto, 
alla legge ordinaria sull'ordinamento giudiziario. Le cui disposizioni non 
possono essere ritenute illegittime se per alclini momenti processuali, in 
cui � pi� pronunciato il carattere impersonale della funzione, atteggiano 
a criteri gerarchici l'attivit� dell'organo. 

Infatti, a differenza delle garanzie di indipendenza previste dall'articolo 
101 Cast. a presidio del singolo giudice, quelle che riguardano il pubblico 
ministero si riferiscono all'ufficio unitariamente inteso e non ai singoli 
componenti di esso. 

Del resto, nella fase istruttoria e predibattimentale, vi sono rapporti, 
tra il titolare dell'ufficio e i � dipendenti magistrati �, di carattere amministrativo 
e non giurisdizionale ben diversi da quelli che coinvolgono la 
sfera di compentenza del giudice (vedansi le sentenze n. 110 del 1963 e 

n. 32 del 1964, che hanno dichiarato illegittimi, in riferimento all'art. 25 
Cost., rispettivamente agli artt. 234, secondo comma, e 392, terzo comma, 
ultima parte, del codice di procedura penale). 
Mette conto far presente che la legge delega per la riforma del codice 
di procedura penale, col sancire l'autonomia gerarchica e la insostituibilit� 
del pubblico ministero d'udienza, implicitamente questa e quella esclude 
nelle altre fasi: legge 3 aprile 1974, n. 108, art. l, n. 61. -(Omissis). 


326 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 marzo 1976, n. 51 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni 

-Rulfi ed altri (avv. Comba) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 

avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Sicurezza pubblica -Insegnamento dello sci -Regolamento per l'esecuzione 
del t.u. delle leggi di p.s. -Insindacabilit� ad opera della Corte 
Costituzionale. 
tcost., art. 33; I. 1� dicembre 1971, n. 1051). 

L'applicazione che di una disposizione legislativa � d�ta ad opera di 
un regolamento di esecuzione non ha rilevanza ai fini del giudizio di legittimit� 
costituzionale (1). 

(Omissis) -Con la suindicata ordinanza di rimessione, viene solle-. 
vata questione di legittimit� costituzionale dell'art. 123 del testo unico 

n. 773 del 1931 della legge p.s., nonch� dell'articolo unico della legge n. 1051 
del 1971, modificativo e integrativo del prece'dente art. 123, dai quali risulta 
che, per l'abilitazione all'insegnamento dello sci, � necessario ottenere la 
licenza del Questore. 
Si assume in ordinanza che, poich� trattasi di licenza subordinata� all'accertamento 
della capacit� tecnica del richiedente (citato art. 123, terzo 
comma) e poich� tale accertamento �, a sua volta, subordinato al rilascio di 
un certificato di idoneit� da rilasciarsi dalla Federazione italiana sport 
invernali (F.I.S.I.) come previsto dall'art. 238 del Regolamento n. 635 del 
1940 per l'esecuzione delle leggi di p.s., ne conseguirebbe l'illegittimit� della 
normativa in quanto condizionata all'intervento di detta Federazione, organo 
non dotato dei necessari crismi di ufficialit� e imparzialit�, che, per 
l'abilitazione ad un esercizio professionale, potrebbero essere garantiti soltanto 
da un esame di Stato. -(Omissis). 

L'ordinanza, nel porre la questione di legittimit� dell'articolo, in s� 

considerato, non solleva dubbi circa la sua legittimit�, sia per quanto ri


guarda l'esigenza del rilascio di licenza da parte del Questore, sia per quan


to riguarda l'esigenza di un previo accert.amento di capacit� tecnica del ri


chiedente: ossia (ed esattamente), non disconosce la legittimit� del conte


nuto normativo, quale posto in questione. 

Tuttavia, l'ordinanza, al di l� dei limiti di questa normativa, aggiunge 
rilievi critici sul punto riguardante le modalit� regolamentari di accertamento 
delle dette capacit� tecniche, sotto il profilo di una loro non rispondenza 
ai richiamati principi fondamentali di raffronto, ci� come assunto 

(1) L'ordinanza di rimessione � pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 25 giugno 
1975, n. 166. Pu� risultare interessante rilevare che, mf'.ntre � rilevante l'interpretazione 
giurisprudenziale delle norme primarie, non ha rilvanza l'applicazione 
e l'interpretazione delle norme stesse ad opera di disposizioni regolamentari. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 327 

che valga, di riflesso, a coonestare la sollevata questione di legittimit�. 
Ma questa prospettazione, a parte che, secondo giurisprudenza (sentenze 
nn. 38 del 1961; 49 del 1962; 121 del 1963; 66 del 1966; 102 del 1972), disposizioni 
regolamentari, anche integrative .ed esecutive, di una disposizione di 
legge, non possono attrarre nell'ambito della competenza di questa Corte 
atti che, per loro natura, sono sottratti al controllo di costituzionalit�, non 
vale a modificare i termini della sollevata questione. La modificazione aggiuntiva 
� tanto pi� evidente, laddove, col dispositivo della ordinanza, si 
precisa di voler sollevare la questione di legittimit� dell'articolo di legge 
� nella parte in cui si subordina la licenza al rilascio del certificato della 
Federazione � mentre questa � parte � nell'articolo non si rinviene, se non 

come palese forzatura del testo. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1976, n. 57 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni 
-Caruso ed altri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. dello Stato Zagari). 

' 

Propriet� � Esercizio della caccia e ripresa di fotografie di animali -Possi� 
bilit� di ingresso nei fondi altrui -Solo per l'esercizio della caccia. 
(cast., artt. 3, 33 e 42; cod. civ., art. 842). 

Per l'esercizio della caccia, la quale � attivit� sportiva non priva di positivo 
rilievo, � essenziale la possibilit� di ingresso nei fondi altrui; tale possibilit� 
non � invece essenziale per la ripresa di fotografie di animali vaganti. 
Pertanto, costituzionalmente legittimo � l'art. 842 cod. civ., che consente 
e delimita la facolt� di accesso nei fondi altrui (1). 

(Omissis) -Seguendo q~est'ordine di esame, si rileva che il giudice 

a quo, dopo aver negato il valore sociale della caccia, afferma che l'impo


sizione, al proprietario di fondi, dell'obbligo sancito dall'art. 842 cod. civ. 

di consentire l'ingresso a terzi a scopo v�natorio, costituirebbe violazione 

dell'art. 42 Cost. perch� si risolverebbe in una limitazione della propriet� 

privata, imposta in difetto dei fini, previsti, invece, al riguardo, dalla norma 

costituzionale predetta. 

Deve osservarsi che il fenomf1!1o della caccia, pur se indubbiamente pre


senta oggi caratteri socialmente diversi da quelli originari, non per questo 

pu� essere considerato privo di positivo rilievo s� da essere ritenuto non 

idoneo a giustificare eventuali limitazioni della propriet� che il legislatore 

(1) Le due ordinanze di rimessione, entrambe del Pretore di Civitanova 
Marche, sono pubblicate su Gazzetta Ufficiale del 12 febbraio 1975, n. 41 e del 
18 giugno 1975, n. 159. La sentenza 27 giugno 1973, n. 93, menzionata in motivazione, 
� pubblicata in questa Rassegna, 1973, I, 1048, con nota di richiami. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ritenga di imporre per renderne possibile l'esercizio, a norma dell'art. 42, 
secondo comma, della Costituzione. 

Se pu� ammettersi, invero, che non sono pi� attuali le finalit� e gli 
scopi primordiali di ordine essenzialmente economico e di difesa che caratterizzarono 
l'attivit� venatoria nelle sue origini, come esercizio di un diritto 
naturale, deve altres� darsi atto che, successivamente, ne � stata sempre 
riconosciuta la rilevanza sociale, pur se progressivamente restringendone e 
condizionandone l'ambito in vista della necessaria coordinazione con altre 
esigenze ed altri diritti. Si � cos� giunti alla precisazione della sua natura di 
diritto di libert� individuale, opportunamente disciplinato, come � reso 
palese dall'analitica regolamentazione posta in essere a cominciare dalla 
legge 24 giugno 1923 n. 1420 fino al testo unico n. 1016 del 1939, modificato 
dalla legge n. 799 del 1967, con cui si � progressivamente pubblicizzato il 
settore, inserendp definitivamente la caccia fra le libere manifestazioni 
sportivo-agonistiche ad interesse nazionale (sentenze nn. 69 del 1962, 59 del� 
1965, 93 del 1973) salvi il rispetto dell'incolumit� delle persone, la doverosa 
protezione della fauna e dell'ambiente nonch� la tutela dei prodotti e delle 
coltivazioni agricole. E mentre � noto che lo sport � un'attivit� umana cui 
si riconosce un interesse pubblico tale da richiederne la protezione e l'incoraggiamento 
da� parte dello Stato, deve ricordarsi che l'ingresso nei fondi 
altrui regolato dall'art. 842 cod. civ. � elemento essenziale per l'esercizio 
del diritto di caccia, costituendone un necessario presupposto, giacch� � 
evidente che non ,sarebbe possibile cacciare senza la facolt� di spostarsi 
alla ricerca della selvaggina. Trattasi, d'altra parte, di una facolt� limitata 
ai fondi non recintati, esercitabile cio� solo nei confronti di quei proprietari 
i quali non abbiano ritenuto di avvalersi dello jus prohibendi, connaturale 
al diritto di.propriet�, e manifestato, qualora si tratti di terreni �in 
attualit� di coltivazione �, mediante l'apposizione di particolari tabelle di 
divieto (art. 30 r.d. n. 1016 del 1939 modificato dall'art. 9 legge n. 799 del 
1967); il che costituisce espressione di un ragionevole contemperamento fra 
la tutela del diritto dominicale di cui viene lasciata la piena disponibilit� 
al titolare, a condizione che manifesti la sua volont� in un determinato 
modo, e la garanzia del diritto di libert� di cacciare. 

Tutto ci� premesso, � lecito ravvisare la presenza di giustificati motivi 
di ordine sociale alla limitazione a carico del proppetario prevista dall'art. 
842 cod. civ., il che esclude il lamentato contrasto con l'art. 42 Cost. sotto 
il profilo delineato nell'ordinanza di rinvio del 25 gennaio 1975. 

3. -. Vanno ora esaminate le censure sollevate dal giudice a quo nell'ordinanza 
del 6 novembre 1974 con riferimento agli artt. 2, 3, 9, 33 e 42 Cost., 
nel presupposto che la implicita esclusione della facolt� di introdursi nei 
fondi altrui da parte di chi intenda svolgervi attivit� artistico-culturali (fotografie 
di animali vaganti) costituisca violazione dei diritti dell'uomo, della 
parit� di trattamento, del promovimento della ricerca scientifica, della 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

libert� dell'arte e d~lla scienza, nonch� del contenuto del diritto di propriet�. 

Sotto tali profili, deve anzitutto osservarsi che le libert� invocate, 
come tutti i diritti di libert�, nascono limitate, essendo il concetto di limite 
insito nel concetto di diritto, come questa Corte ha affermato fin dalla 
sent. n. 1 del 1956. Il che, appunto, sta a significare la possibilit� della determinazione 
della sfera di azione dei vari soggetti entro condizioni tali che ne 
risultino garantiti i diritti altrui egualmente meritevoli di protezione costituzionale. 


Richiamando a questo punto la gi� illustrata essenzialit� della facolt� 
di spostamento ai fini dell'esercizio effettivo del diritto di caccia e-la riconosciuta 
utilit� sociale che all'esercizio stesso � connaturata, � evidente 
che, mentre la facolt� suddetta si palesa razionalmente insopprimibile, 
l'eventuale facolt� di ingresso in un fondo altrui per esercitarvi, invece, le 
attivit� artistico-culturali in esame, non investe un parallelo carattere di 
essenzialit�, restando pur sempre le libert� invocate suscettibili di attuazione 
con diverse modalit�, data la loro complessa e multiforme sostanza 
di ricerca ed elaborazione scientifica, mista all'esercizio di attivit� tendenti 
al raggiungimento di fini di carattere prevalentemente estetico. L'esclusione 
lamentata trova indubbio fondamento nel rispetto del diritto di propriet�, 
quale costituzionalmente garantito. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1976, n. 58 -Pres. Rossi -Rel. Astuti 
-Regione Calabria (avv. Sorrentino) c. Ministero dei Trasporti (sost. 
avv. gen. dello Stato Giorgio Azzaritti). 

Regioni -Tranvie e autolinee di interesse regionale -Navigazione e Regio


ni -Porti lacuali -Distinzione di tali materie dalla materia della sicu


rezza pubblica. 

(cost., artt. 117 e 118; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5, artt; 3 e 9; d.P.R. 18 ottobre 1957, 

n. 1367, art. 33). 
Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzioni -Interesse a ricorrere Requisito 
dell'attualit�. 
(cost., art. 134). 

Regioni -Tranvie e autolinee di interesse regionale -Distinzione di tale 

materia da quella dei trasporti ferroviari. 

(cost., artt. 117 e 118; d.P.R. 28 giugno 1955, n. 771, art. 46; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5, 

artt. 1, 2 e 9; I. 23 dicembre 1963, n. 1855, art. 3, e I. 18 marzo 1968, n. 368). 

In materia di tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale 
nonch� di navigazione e porti lacuali, spettano allo Stato attribuzioni in 
tema di �sicurezza� degli impianti dei veicoli e dei natanti e di accertamento 
dell'idoneit� tecnica del personale addetto, attribuzioni che vanno ri



330 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

condotte alla materia della �pubblica sicurezza�, concernente l'interesse 
generale alla incolumit� dei cittadini; parimenti spettano allo Stato le attri� 
buzioni di vigilanza sulla sicurezza dei trasporti, e in particolare i poteri di 
accert�mento delle contravvenzioni previste dalle leggi relative ai diversi 
me�i di trasporto (1). 

L'interesse a ricorrere per conflitto di attribuzione deve presentare il 
requisito della attualit�. N_on � attuale l'interesse a ricorrere avverso una 
circolare amministrativa, per la parte di essa che non incide sull'attivit� 
amministrativa (2). 

Spettano allo Stato le attribuzioni amministrative per il coordinamento 
tra strada e rotaia, in quanto funzionalmente collegate alla materia delle 
linee ferroviarie, e per la gestione dei servizi automobilistici integrativi delle 
ferrovie calabro-lucane, per avere il legislatore ordinario assoggettato tali 
servizi al regime giuridico delle linee ferroviarie e comunque per il loro 
carattere interregionale (3). 

' (Omissis). -4. �L'art. 2 del d.P.R. n. 5 del 1972 dichiara che le linee ferroviarie 
in concessione, o in gestione commissariale governativa, nonch� 
le ferrovie secondarie gestite dall'azienda autonoma FF.SS., che a giudizio 
del Governo dl?lla Repubblica non siano pi� utili alla integrazione della rete 
primaria nazionale � possono essere trasferite, con legge dello Stato, alla 
Regione nel cui territorio si svolgono �. La Regione ricorrente lamenta che 
la circolare ministeriale abbia affermato, in conformit� al parere espresso 
dal Consiglio di Stato, che la norma dell'art. 2, non rientrando le ferrovie 
tra le materie elencate nell'art. 117 della Costituzione, �deve essere intesa 
come diretta ad indicare al legislatore un orientamento di preferenza per 
l'ulteriore delega alle Regioni (anzich� per il trasferimento) di funzioni sta� 
tali in materia. di ferrovie in concessione e in gestione governativa �. E poi


(1-3) La distinzione tra.� interessi regionalmente localizzati� e �interessi 

unitari ... non suscettibili di frazionamento territoriale� (Corte Cost., 24 lu


glio 1972, n. 138, in questa Rassegna, 1972, I, 955) e il principio, pi� volte affer


mato, secondo cui � una volta individuato con criteri obbiettivi il contenuto delle 

singole materie assegnate alle Regioni, ia connessione teleologica con la cura degli 

interessi pubblicistici ad esse inerenti non giustifica un ampliamento della com


petenza fino a comprendervi materie o settori obbiettivamente diversi� (cos�, 

ad esempio, Corte Cost., 27 luglio 1972, n. 154, ivi, 1041) sono i criteri di fondo 

cui si � ispirata la sentenza in rassegna. 

In motivazione, a � materie � attribuite alle Regioni vengono dialetticamente 

contrapposte � materie� rimaste attribuite allo Stato (la � materia� della sicu


rezza pubblica e quella dei trasporti ferroviari). E' questo un modo di argomen


tare dei cui limiti � bene avere consapevolezza, posto che, com'� ovvio, di � ma


terie ,, obbiettivamente individuate e delimitate pu� parlarsi solo con riguardo 

alle attribuzioni regionali. 

Significativo � peraltro il riconoscimento al legislatore ordinario statale del 

potere di determinare quali autolinee siano di interesse regionale e quali.invece 



PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 331 

ch� l'art. 2 parla cli trasferimento e non cli delega, si assume che la circolare 
ministeriale � si risolve in una inammissibile critica al decreto delegato �, 
con violazione dell'art. 117 della Costituzione. 

La difesa dello Stato ha posto in dubbio l'interesse della Regione a 
sollevare la questione in ordine a tale interpretazione dell'art. 2, contenuta 
in una circolare, e quindi priva cli qualsiasi efficacia vincolante, anche 
come mero orientamento, nei confronti del legislatore, unico destinatario 
della norma. Deve riconoscersi che questo punto della circolare non presenta 
materia attuale cli conflitto, non avendo nessuna incidenza sulla attribuzione 
delle funzioni amministrative prevista dal d.P.R. n. 5 del 1972, oggetto 
del ricorso, e non pu� conseguentemente dar luogo, allo stato, ad 
alcuna pronuncia di questa Corte. 

5. -La Regione ricorrente contesta l'applicabilit� nei suoi confronti 
della disposizione dell'art. 46, ultimo comma, del d.P.R. 28 giugno 1955, 
n. 771, per cui la concessione di linee automobilistiche il cui percorso interferisca 
comunque con servizi pubblici cli trasporto ad impianti fissi gestiti 
o concessi c).allo Stato � subordinata al preventivo assenso del Ministero 
dei trasporti. Questa disposizione, tuttora vigente per le autolinee di concessione 
comunale, non potrebbe pi� applicarsi nei confronti delle Regioni 
per effetto dell'avvenuto trasferimento delle funzioni amministrative esercitate 
dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di linee automobilistiche 
di interesse regionale, a norma dell'art.1 del d.P.R. n. 5 del 1972. 
L'assenso ministeriale dovrebbe ritenersi incompatibile con la autonomia 
amministrativa delle Regioni in tema cli concessione delle linee automobi-
G 
listiche cli loro competenza, e le esigenze di coordinamento delle attivit� 
amministrative regionali con quello dello Stato, o di altre Regioni, dovrebbero 
comunque attuarsi, ai sensi dell'art. 17 della legge 16 maggio 1970, 

si integrino con il sistema ferroviario; il che altro non � se non una conferma 
del riconoscimento al legislatore ordinario statale del potere di distinguere interessi 
regionalmente localizzati da interessi nazionali unitari. 

Un altro profilo della sentenza sembra opportuno evidenziare: impugnata 
dalla Regione con ricorso per conflitto di attribuzioni una circolare statale interpretativa 
di atti di legislazione primaria (il decreto del Presidente della Repubblica 
n. 5 del 1972, l'art. 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 giugno 
1955, n. 771) non impugnati dalla� Regione stessa, la Corte ha finito per 
sottoporre al proprio giudizio, congiuntamente e indistintqmente, sia la circolare 
che i provvedimenti legislativi da essa interpretati. Il che pu�, sotto certi aspetti, 
essere considerato un superamento dell'orientamento in forza del quale la Corte 
pu� -alla stregua di giudice a quo -introdurre davanti a se stessa questioni 
di legittimit� costituzionale in via incidentale. In sostanza, per tale via si pu� 
pervenire .a riconoscere uno speciale trattamento alle disposizioni legislative 
incidenti sulle attribuzioni regionali e statali, disposizioni queste sindacabili in 
ogni tempo nell'ambito dei giudizi sui conflitti di attribuzione. 



332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO� 

n. 281 (ora dell'art. 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382), solo mediante direttive 
di carattere generale, e non con provvedimenti di assenso caso per caso, 
lesivi della competenza delle Regioni. La circolare ministeriale, in cui si 
afferma l'ulteriore vigenza del disposto dell'art. 46 anche nei confronti delle 
Regioni, confligerebbe con l'art. 117 della Costituzione, in relazione agli 
artt. 3 e 9 del d.P.R. n. 5 del 1972. 
Anche questa censura non appare fondata, perch�, come ha osservato 
la difesa dello Stato, il decreto delegato di trasferimento nulla ha innovato 


I 

rispetto ai poteri proprii dello Stato, e per esso del Ministero dei trasporti, t 
in materia di coordinamento tra strada e rotaia. Bench� detto decreto non. ~ 
contenga un'espressa riserva allo Stato dell'attribuzione relativa al rilascio ! 
dell'assenso previsto dall'art. 46 del d.P.R. n. 771 del 1955, il Consiglio di I 
Stato ha giustamente rilevato che essa � � funzionalmente ricollegata alla 1

1 

materia delle linee ferroviarie, che non rientra tra quelle demandate alla �

1

potest� legislativa ed amministrativa regionale�. Occorre d'altra parte ricorf 


dare che l'art. 9, primo comma, del d.P.R. n. 5 ha mantenuto ferme, in linea 

generale, tutte le attribuzioni degli organi statali � che, pur essendo eser


I 

i:
citate in relazione alle attivit� di cui al presente decreto, riguardano ma


(.f. 

terie non comprese nell'art. 117 della Costituzione�. ;: 

i~ 

Non sussiste nemmeno la denunciata violazione del bisogno dell'art. 3 I: 

" 

del decreto delegato, col quale sono state trasferite alle Regioni le funzio1 
t= 
ni riguardanti la concessione all'impianto ed esercizio delle linee automobil 
listiche, gi� attribuite ad organi statali: altro � la concessione, ed altro il 

l'

controllo della compatibilit� di una nuova linea automobilistica il cui per


~~ 

corso interferisca con servizi ferroviari di competenza dello Stato. E si pu� r 
infine osservare che nell'ipotesi in cui il Ministro dei trasporti rifiutasse f:

f 

senza giusti motivi l'assenso alla istituzione di una linea automobilistica � f: 

di interesse regionale, la Regione avrebbe ogni possibilit� di tutela nella != 

i 

competente sede giurisdizionale amministrativa. 

l 

6. -La Regione denuncia la lesione della propria competenza ammini~ 
~ 

strativa anche per quanto concerne la riserva agli organi statali dell'accer1 


�

.tamento delle contravvenzioni previste dalle leggi speciali relative ai vari f 

~

modi di trasporto. L'accertamento di dette contravvenzioni non rientre)' 


~ 

rebbe nelle funzioni di polizia giudiziaria in senso proprio, n� avrebbe ad f 
f. 
oggetto reati, trattandosi pi� semplicemente di attivit� di polizia amminif 
f. 
f. 
strativa, � funzio~almente connessa con il rapporto di concessione, onde si ~ 

i

reprimono per tale via le infrazioni alle regole circa la sicurezza e la regof 
larit� dei trasporti �. La competenza ad accertare infrazioni di carattere 
penale non potrebbe essere attribuita ad organi amministrativi n� regionali 
n� statali, come invece dispongono le leggi speciali in questione, ad esempio 
l'art. 36, terzo comma, della legge 28 settembre 1939, n. 1822, per cui 
� l'accertamento delle contravvenzioni spetta esclusivamente ai funzionari 
dell'Ispettorato generale MCTC �, i quali, se fossero agenti di polizia giudi


1 

1 

I 


PARTE I, SEZ., I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

ziaria dovrebbero essere a disposizione dell'autorit� giudiziaria, ai sensi 
dell'art. 109 della Costituzione, � il ehe non � �. 

Anche questa censura � priva di fondamento: come ha esattamente di� 
chiarato il Consiglio di Stato, �l'accertamento delle contravvenzioni alle 
leggi speciali riguardanti i servizi di trasporto e l'iniziativa dei relativi procedimenti 
penali costituiscono tipiche funzioni di polizia giudiziaria�, e 
come tali sono espressamente riservate agli organi dello Stato dal primo 
comma dell'art. 9 del d.P.R. n. 5 del 1972. 

Inesattamente la difesa della Regione fa richiamo all'articolo 36, terzo 
comma, della legge n. 1822 del 1939 sulla disciplina degli autoservizi di 
linea (ora abrogato e sostituito dall'art. 1, terzo comma, della legge 29 ottobre 
1949, n. 826), per sostenere che tutte le contravvenzioni, il cui accertamento 
� ivi attribuito alla competenza esclusiva dei funzionari dell'ispettorato 
MCTC, hanno natura di mera polizia amministrativa. L'art. 36, come 
risulta anche dagli artt. 20 e seguenti della stessa legge, ha ad oggetto le infrazioni 
alle disposizioni dirette a garantire � la regolarit� e la sicurezza 
dell'esercizio dei servizi pubblici automobilistici �, e pertanto, mentre deve 
riconoscersi che la vigilanza sulla regolarit� dell'esercizio � stata trasferita 
alle Regioni a norma dell'art. 3, lett. e, del decreto delegato n. 5, si deve 
invece ritenere che la vigilanza sulla sicurezza spetta alla competenza degli 
organi statali, i quali, nell'esercizio di detta funzione, svolgono attivit� di 
polizia giudiziaria, ed assumono la qualifica di ufficiali o agenti di polizia 

giudiziaria ai sensi dell'art. 221, ultimo comma, del codice di procedura pe


nale, in posizione di dipendenza funzionale rispetto all'autorit� giudiziaria. 

Nei limiti sopra indicati, -e la circolare ministeriale fa espresso rife


rimento proprio e soltanto �all'accertamento dei reati previsti nelle leggi 

speciali relative ai vari modi di trasporto�-, deve escludersi che sussista1 

alcuna lesione della competenza attribuita alle Regioni dal ricordato art. 3, 

lett. e, del decreto n. 5 del 1972. Occorre del resto aggiungere che la riserva 

di competenza degli organi statali quanto alle funzioni di polizia giudizia


ria non esclude n� impedisce che l'accertamento delle contravvenzioni possa 

avvenire anche su rapporto degli organi regionali cos� come di altri organi 

di polizia statale, spettando peraltro all'autorit� giudiziaria di richiedere 

agli ispettorati MCTC i necessari e dovuti accertamenti a premessa del 

promovimento dell'azione penale, cos� come questa Corte ha avuto occa


sione di precisare con sentenza n. 218 del 1975. 

7. -La Regione denuncia infine la violazione dell'art. 117 della Costituzione 
in relazione agli artt. 1 e 2 del d.P.R. n. 5 del 1972, in quanto la circolare 
ministeriale esclude dal trasferimento le autolinee integrative delle 
ferrovie calabro-lucane. Poich� l'art. l, lett. b, del decreto delegato ha disposto 
il trasferimento alle Regioni di tutte le linee automobilistiche di servizio 
pubblico, � anche se sostitutive di linee tranviarie e ferroviarie in concessione 
e di linee delle ferrovie dello Stato definitivamente soppresse�, e 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ci� sebbene le autolinee sostitutive siano assoggettate in via di principio 
alla disciplina propria dei servizi ferroviari, la Regione osserva che non 
vi sarebbe motivo di imporre un diverso trattamento per le cosiddette autolinee 
integrative di servizi ferroviari, le quali non esistono come categoria 
a s� stante, ma sono ordinari servizi automobilistici, disciplinati dalla legge 
generale sulle autolinee del 28 settembre 1939, n. 1822; e appunto per questo 
il decreto di trasferimento non ne avrebbe fatto espressa menzione, comprendendole 
nella categoria generale delle � linee automobilistiche di servizio 
pubblico �. 

Nella specie, si tratterebbe di una vasta rete di linee automobilistiche 
d'interesse esclusivamente regionale, di sviluppo incomparabilmente superiore 
a quello delle ferrovie calabro-lucane, la cli assunzione da parte dello 
Stato avrebbe avuto origini del tutto contingenti, per essere state rilevate 
in base a titolo diverso dal riscatto delle anzidette ferrovie, e con carattere 
provvisorio. Non vi sarebbe quindi plausibile ragione per sottrarre alla 
competenza regionale tanta parte dei servizi automobilistici locali, conservando 
una gestione governativa in aperto contrasto con il disposto dell'ar� 
1 del decreto di trasferii:;nento. 

Occorre precisare al riguardo che le ferrovie calabro-lucane furono 
oggetto di riscatto e gestione commissariale a norma della legge 23 dicembre 
1963, n. 1855, la quale prevedeva all'art. 3 il contemporaneo rilievo, 
dalla stessa data del 10 gennaio 1964, degli autoservizi di linea integrativi 
di dette ferrovie; e che con successiva legge 18 marzo 1968, n. 368, il Ministero 
dei trasporti � stato autorizzato a procedere al rinnovamento, ammodernamento 
e potenziamento di tutti i � 'servizi di trasporto esercitati per 
mezzo della gestione governativa delle ferrovie calabro-lucane ed autoservizi 
integrativi�, al fine di porli in grado di soddisfare nella maniera pi� 
razionale e conveniente, secondo un piano quadriennale e per l'importo di 
sedici miliardi di lire � le esigenze del traffico nel quadro dello sviluppo 
economico e sociale delle Regioni interessate �. L'art. 6 di questa legge ha 
inoltre autorizzato il Ministero dei trasporti ad esercitare per mezzo della 
stessa gestione governativa anche altri autoservizi. integrativi del!a rete 
ferroviaria o servizi di trasporto filoviario, � al fine di realizzare il coordinamento 
della rete delle ferrovie calabro-lucane con altri servizi di trasporto, 
eliminando situazioni concorrenziali e servizi superflui �. 

Con riferimento a questa speciale situazione, il Consiglio di Stato nel 
gi� ricordato parere l�a osservato che se in via generale le cosiddette autolinee 
integrative dei servizi ferroviari sono soggette alla medesima disciplina 
giuridica delle autolinee ordinarie, � tale regola non pu� essere, perattro, 
considerata valida per le autolinee integrative delle ferrovie calabrolucane 
�, in quanto, come risulta chiaramente dalla lettera e dalla ratio 
delle citate leggi del 1963 e del 1968, esse sono state assunte direttamente 
dallo Stato a me~zo della gestione governativa �alla pari delle linee ferroviarie; 
sono state, cio�, inserite in un contesto unitario, soggetto al diverso 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 335 

regime giuridico delle linee ferroviarie in gestione commissariale, e che, 
comunque, per il suo carattere interregionale, trascende gli interessi di una 
singola Regione �. 

Queste argomentazioni appaiono ineccepibili, specie in considerazione 
del fatto che la legge n. 368 del 1968 ha disposto l'attuazione di un piano 
organico di rinnovamento, ammodernamento e potenziamento dell'intero 
complesso di servizi affidato alla gestione governativa, talch� lo scorporo 
delle linee auto~obilistiche aventi carattere integrativo della rete ferroviaria 
in questione potrebbe compromettere il conseguimento delle finalit� 
di interesse pubblico, statale e regionale, anzi interregionale, volute dal legislatore. 
Non sussiste dunque la prospettata violazione dell'art. 117 della 
Costituzione, in relazione all'art. 1 del decreto delegato n. 5, cos� come non 
� violato il disposto dell'art. 2 del decreto stesso, dato che spetta proprio 
al legislatore, e ad esso soltanto, di provvedere, se e quando lo ritenesse 
opportuno, all'eventuale trasferimento alle Regioni Calabria e Lucania delrintera 
rete ferroviaria e autotranviaria in discorso, secondo quanto � stato 
suggerito dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali, al 

n. 4, lett. b, del suo gi� ricordato parere. 
Devesi infine osservare che qualora sussistessero in Calabria singole 
linee automobilistiche d'interesse regionale, in gestione governativa ma 
non aventi carattere integrativo rispetto alla rete delle ferrovie calabrolucane, 
di fronte ad eventuali situazioni anomale e prive di giustificazione 
la Regione potrebbe sempre rivendicare il proprio titolo ad ottenere il 
trasferimento a' sensi dell'art. 1, lett. b, del d.P.R. n. 5 del 1972 nella 
competente sede giurisdizionale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1976, n. 59 -Pres. Rossi -Rel. Gionfrida 
-Soc. Ass. Sutoria (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Angeli:ni Rota). 

Lavoro -Agenti e rappresentanti di commercio -Requisito della iscrizione 
in ruolo -� costituzionalmente legittimo. 
(cost., artt. 4, 35 e 41; 1. 12 marzo 1968, n. 316 artt. 1 e 9). 

L'iscrizione,. in un �ruolo �.aperto, degli agenti e rappresentanti di commercio 
non contrasta con il diritto al lavoro e con la libert� di iniziativa 
economica (1). 

(1) L'ordinanza di rimessione 4 luglio 1973 del Tribunale di Milano � pubblicata, 
in Gazzetta Ufficiale, 6 marzo 1974, n. 62. La sentenza 21 maggio 1970, n. 82, 
richiamata in motivazione � pubblicata in questa Rassegna, 1970, I, 523. Cfr. anche 
le sentenze 26 gennaio 1957, n. 3, per i dottori commercialisti, 16 giugno 1968, 
n. 102 e 29 aprile 1971, n. 89, per i consulenti del lavoro, 15 marzo 1972, n. 43, 
per i geometri e i ragionieri, 23 marzo\1968, n. 11 e 10 luglio 1%8, n. 98 per i 
giornalisti, e 10 luglio 1973, n. 120, per i tecnici di radiologia medica. 

336 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omi$sis). -2. -La questione non � fondata. 

La normativa denunziata non ostacola, invero, n� comprime in modo alcuno 
la libera esplicazione dell'attivit� di agente o rappresentante di commercio, 
bens� si limita a disciplinarne l'esercizio: prescrivendo (al duplice 
fine di dare pubblica notizia dei soggetti che svolgono la detta attivit� e di 
accertare i requisiti di idoneit� morale e tecnica degli stessi) I'� iscrizione� 
in un apposito ruolo aperto a tutti coloro che �siano cittadini italiani, di 
uno Stato membro della CEE o stranieri residenti, abbiano il godimento 
dei diritti civili, non siano interdetti, inabilitati, falliti o incorsi in condanne 
per determinati reati e siano in possesso del titolo di scuola secondaria di 
primo grado �. 

La rispondenza di tale disciplina ad esigenze di tutela (nell'un tempo) 
degli interessi professionali degli stessi agenti e rappresentanti e degli 
interessi, altres�, di quanti, in genere, partecipano ai settori della produ� 
zione e dello scambio, � evidente; ed � stata, comunque, gi� ritenuta, da 
questa Corte, anche �in considerazione sia del carattere fiduciario dell'attivit� 
(dagli agenti e rappresentanti) svolta nell'interesse degli imprenditori 
e della pubblica fede, sia delle esigenze del mercato internazionale, in particolar 
modo di quello della Comunit� economica europea, nei cui confronti 
vigono per lo Stato italiano speciali impegni�. (Cfr. la sentenza della Corte 
costituzionale 21 maggio 1970 n. 82). -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1976, n. 60 -Pres. Rossi � Rel. Volterra 
-Soc. Newton Compton, editori ed altri (n. c.) e Presidente Consi� 
glio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Stampa � Diffusione del pensiero � Diritto d'autore -Inibitoria e sequestro 
a protezione di detto diritto -Legittimit� costituzionale. 
(cost., art. 21; I. 22 aprile 1941, n. 633, artt. 156 e 161). 

Con la dizione � legge sulla stampq. � (art. 21, comma terza Cast.) il legislatore 
costituzionale ha indicato il complesso delle norme primarie riguardanti 
la materia della stampa e, in genere, della diffusione del pensiero,� pertanto, 
non v'� alcuna esclusione costituzionale per l'applicabilit� delle misure 
di interdizione e di sequestro previste negli artt. 156 e 161 della legge 
sul diritto d'autore (1). 

(1) Le ordinanze di rimessione sono pubblicate in Gazzetta Ufficiale del1'
8 maggio 1974, n. 119 e del 9 aprile 1975, n. 95. 
La sentenza 9 luglio 1970, n. 122, della Corte � pubblicata in Foro it., 1970, 
I, 2294; in essa � stato affermato che � la norma contenuta nel 3o comma 
dell'art. 21 Cost. copre l'intera area del sequestro, qualunque sia il contrapposto 
interesse col quale la stampa entra in collisione �. 

Le sentenze 19 gennaio 1972, n. 4 e 12 aprile 1973, n. 38 sono pubblicate in 
questa Rassegna, rispettivamente 1972, I, 4 e 1973, I, 655, con note di richiami. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

(Omissis) -Fondamento dell'una e dell'altra questione � l'interpretazione 
restrittiva che il giudice a quo d� al comma terzo dell'art. 21 della Costituzione 
e pi� precisamente all'espressione � legge sulla stampa �, ritenendo 
che costituisca fonte abilitante ad autorizzare il provvedimento previsto 
nel comma citato non un qualunque atto legislativo, ma soltanto una 
legge disciplinante espressamente questa materia, la quale sotto quella 
speciale intitolazione raccolga ogni disposizione regolativa attinente alla 
stampa. Tale, secondo il medesimo giudice, non sarebbe la legge 22 aprile 
1941, n. 633, intitolata � protezione del diritto d'autore e di altri diritti 
connessi al suo esercizio�, alla quale appartengono gli articoli denunziati. 

3. � L'esposta interpretazione dell'art. 21, comma terzo, si appalesa 
errata. 
Essa condurrebbe infatti implicitamente e conseguentemente a ritenere 
che la legge indicata nel detto articolo dovesse essere regolatrice esclusiva 
della stampa nel senso di non ammettere che altri atti legislativi possano 
introdurre modifiche o disposizioni diverse rispetto alla medesima 
materia. 

Il significato e la portata dell'art. 21, comma terzo, della Costituzione 
sono stati chiaramente�indicati da questa Corte nella sentenza n. 4 del 1972, 
escludendosi che con la dizione � legge sulla stampa � il legislatore costituzionale 
abbia voluto dar vita ad un tipo speciale di riserva di legge, risultando 
anzi agli stessi lavori preparatori la piena equivalenza fra la dizione 
� legge � e quella di � legge sulla stampa �. 

�Ed invero�, ha aggiunto la Corte, �obbiettivamente considerata, la 
formula dell'art. 21 non � cos� univoca da potersene argomentare la volont� 
di introdurre una riserva qualificata di legge, potendo invece venire interpretata 
come indicativa del complesso delle norme riguardanti la materia, 
anche all'infuori della loro riunione formale in unica sede �. 

Non sussiste pertanto nessuna esclusione costituzionale per l'applicabilit� 
delle misure di interdizione e di sequestro previste negli artt. 156 e 161 
della legge n. 633 del 1941, ove ricorrano entrambi i presupposti costituzionali 
previsti per il sequestro di stampati o per altre misure cautelari analoghe 
e cio� l'espressa previsione di legge e la qualificazione dell'ipotesi 
come delittuosa. 

4. -E' superfluo per la risoluzione della questione di legittimit� costituzionale 
sollevata dal giudice a quo indagare se l'art. 21 che tutela la liber-. 
t� di manifestare liberamente il proprio pensiero, sia anche rivolto a tutelare 
la manifestazione del pensiero altrui sotto il profilo dell'informazione 
la quale abbia luogo senza o contro la volont� dell'autore. -(Omissis). 

338 RASSE~NA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 8 aprile 1976, n. 69 -Pres. Rossi -Rel. Astuti -
Zennaro (n. c.). 

Reato -Reati commessi e giudicati all'estero -Rinnovamento del giudizio � 
Deroga al divieto del � ne bis in idem � -Illegittimit� costituzionale � 
Esclusione. 
(cost., artt. 10 e 24; c.p., art. 11, secondo comma). 

Non � fondata,' con riferimento all'art. 10, primo comma, e all'art. 24, 
secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 11, secondo comma, del codice penale, in base al quale, nei casi 
di reati commessi all'estero indicati negli articoli 7, 8, 9 e 10 dello stesso 
codice, il cittadino o lo straniero, che sia stato giudicato all'estero, � giudicato 
nuovamente nello Stato, qualora il Ministro della giustizia ne faccia 
richiesta (1). 

(Omissis) 1. -Con l'ordinanza di rimessione viene sollevata, in riferimento 
agli artt. 10; primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 11, secondo comma, del 
codice penale. Questa disposizione, per cui nei casi di reati commessi all'estero 
indicati negli artt. 7, 8, 9 e 10 dello stesso codice, �il cittadino o lo 
straniero, che sia stato giudicato all'estero, � giudicato nuovamente nello 
Stato, qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta �, violerebbe 
-secondo il giudice a quo -sia il principio del ne bis in idem, facente 
parte delle norme internazionali generalmente riconosciute la cui osservanza 
� imposta dall'art. 10, primo comma, della Costituzione, sia �anche 
i princ�pi del �processo giusto�, da considerarsi tra i diritti inviolabili 
dell'uomo ai sensi degli artt. 2 e 24, secondo comma, della Costitu.zione. 

L'ordinanza osserva al riguardo che � da una parte il Patto internazionale 
dei diritti civili e politici del 1966, all'art. 14/7, prevede il divieto del 
bis in idem come norma di carattere internazionale e pone detto divieto 
tra le garanzie fondamentali dell'uomo quale requisito del � pro�esso giusto 
�, dall'altra parte la Convenzione europea sul valore internazionale delle 
sentenze penali, all'art. 53, prevede espressamente la stessa garanzia, come 
� noto pi� pregnante quando la previa sentenza irrevocabile sia -come 
nel caso in esame -di assoluzione�; ed aggiunge che non dovrebbe attribuirsi 
rilievo alla circostanza che dette convenzioni non sono ancora operanti 
per non essere stati perfezionati i relativi strumenti di ratifica, dal 
momento che i princ�pi del � processo giusto � sono stati recepiti dalla 
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� 
fondamentali del 1950, ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848. 

(1) La sentenza 18 aprile 1967, n. 48, richiamata in motivazione � pubblicata 
in questa Rassegna 1967, 1, 344 con nota. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

2. � La questione non � fondata. Questa Corte ha gi� avuto occasione 
di pronunciarsi sulla questione di legittimit� del primo comma dell'art. 11 
del codice penale, per cui nel caso di reati commessi nel territorio dello 
Stato � il cittadino o lo straniero � giudicato nello Stato, anche se sia stato 
giudicato all'estero �. Anche per tale analoga ipotesi di rinnovamento del 
giudizio in Italia, era stata proposta la questione di costituzionalit� in riferimento 
all'art. 10 della Costituzione; questione di cui fu ritenuta la non fondatezza 
con sentenza n. 48 del 1967, sulla base di motivi interamente validi 
ed applicabili anche in relazione al disposto del secondo comma dell'art. 11, 
che la Corte giudica meritevoli di piena conferma. 
Fu osservato nella ricordata sentenza che il divieto del bis in idem 
con riferimento alle sentenze pronunciate all'estero non ha il valore di 

,principio comune alla generalit� degli ordinamenti statuali moderni, e non 
pu� pertanto considerarsi come una delle � norme del diritto internazionale 
generalmente riconosciute �, a cui l'ordinamento,italiano si conforma 
giusta il disposto dell'art. 10 della Costituzione. Per vero, la adozione del 
ne bis in idem come principio regolatore delle relazioni tra due giudizi di 
organi giurisdizionali appartenenti al medesimo ordinamento statuale, e 
il riconoscimento della sua validit� anche nell'ordinamento internazionale 
per le sentenze dei tribunali internazionali (� come � richiesto, per i rapporti 
giuridici internaziona�i, dalle medesime esigenze che sono a fondamento 
del principio nei rapporti interni�), non comporta affatto quale logica 
conseguenza l'applicabilit� del medesimo principio come norma generale 
regolatrice delle relazioni tra le competenze giurisdizionali e le decisioni 
in materia penale di organi giudiziari appartenenti ad ordinamenti. diversi. 

Al contrario, l'ordinamento italiano, come quelli della maggior parte 
degli Stati moderni, si ispira ai principi della territorialit� ed obbligatoriet� 
generale della legge penale, secondo i criteri stabiliti dagli artt. 6 e seguenti 
del codice penale; e in particolare prevede la punibilit� anche dei 
delitti comuni commessi all'estero, sia da cittadini sia da stranieri, quando 
il reo sia presente nel territorio italiano, nei casi e alle condizioni indicate 
negli artt. 9 e 10, con la possibilit� di rinnovamento del giudizio, indipendentemente 
dall'esito del processo gi� svoltosi all'estero, la cui sentenza, 
anche di proscioglimento, non ha efficacia preclusiva all'applicazione della 
legge penale italiana. 

Questi prirtc�pi, a cui si informano entrambe le disposizioni del primo 
e del secondo comma dell'art. 11, hanno una obbiettiva giustificazione nella 
difforme realt� della disciplina penale e processuale penale nei diversi ordinamenti 
giuridici positivi, nei quali � la valutazione sociale e politica dei 
fatti umani, in ispecie nel campo penale, si manifesta con variazioni molteplici 
e spesso profonde da Stato a Stato�, con la conseguente tendenza a 
mantenere come regola, nell'autonomia dei singoli ordinamenti, il principio 
della territorialit�. � Una efficacia preclusiva della sentenza penale in campo 
internazionale presupporrebbe d'altronde, oltre la gi� rilevata identit� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di riflessi sociali e politici, anche una assai larga uniformit� di previsione 
delle varie fattispecie penali, e una pressoch� identica valutazione, nella 
coscienza dei popoli, delle varie forme delittuose e della entit� e pericolosit� 
della delinquenza in ciascuno Stato: condizioni che non sussistono o non 
sussist�no in misura adeguata. Il che spiega e d� fondamento attuale al 
permanere del principio della territorialit� nelle varie legislazioni� (sentenza 
n. 48 del 1967). 

3. -Il principio ne bis in idem non pu� dunque considerarsi, rispetto 
alle sentenze straniere, come principio generale di dirjtto riconducibile alla 
categoria delle norme del diritto internazionale generalmente riconosciuto, 
oggetto di recezione automatica ai sensi dell'art. 10 della Costituzione. Ci� 
� confermato dal fatto che solo ai nostri giorni questo principio � divenuto 
oggetto di accordi internazionali, e che la sua affermazione anche in via 
convenzionale ha finora incontrato difficolt� molteplici, pur nell'applicazione 
circoscritta alle sentenze in materia penale. 
L'ordinanza di rimessione ricorda l'art. 1417 del Patto internazionale 
sui diritti civili e politici di New York del 1966: ma il richiamo non � pertinente 
perch� l'enunciativa di principio ivi contenuta concerne il divieto 
del bis in idem con riferimento ai rapporti tra le decisioni giudiziarie di 
un medesimo Stato, e non fra quelle di Stati diversi. Il principio non si 
rinviene n� nella Convenzione di Roma per la salvaguardia dei diritti dell'uomo 
e delle libert� fondamentali del 1950, n� nel Protocollo addizionale 
alla Convenzione stessa, stipulato a Parigi nel 1952, e nemmeno nella Convenzione 
europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a 
Strasburgo nel 1959. 

Solo la Convenzione cmropea sul valore internazionale delle sentenze 
penali, firmata all'Aja nel 1970, regola nelle due sezi�ni del tit. III l'applicazione 
del principio ne bis in id~m (artt. 53-55), e la presa in considerazione 
delle sentenze penali straniere (artt. 56-57), riconoscendo alfart. 53, 
sotto precise condizioni e riserve, l'efficacia preclusiva del giudizio svoltosi 
in altro degli Stati contraenti. 

Ma, a parte la circostanza che quest'ultima Convenzione non � stata 
ancora ratificata dall'Italia, e che l'Annesso I/f prevede la facolt� dei singoli 
Stati di accettare l'applicazione del tit. III solo per una delle due sezioni, 
occorre qui ricordare che queste convenzioni sono fonte di obblighi 
e responsabilit� internazionali per gli Stati contraenti, ma non possono 
acquistare efficacia nell'ordinamento int~rno senza le necessarie norme di 
adattamento, la cui mancanza non comporta violazione n� dell'art. 10, n� di 
altri precetti costituzionali. 

Questa Corte, nella ricordata sentenza n. 48 del 1967, ebbe gi� a dichiarare 
che � ponendosi in una prospettiva ideale, che gi� trova fervide iniziative 
e convinti sostenitori, si pu� auspicare per il futuro l'avvento di una 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

forma talmente progredita di societ� di Stati da rendere possibile, almeno 
per i fondamentali rapporti della vita, una certa unit� di disciplina giuridica 
e con essa una unit�, e una comune efficacia, di decisioni giudiziarie �. 
Ed � certo degna del migliore apprezzamento la sempre pi� chiara e sicura 
tendenza verso queste mete ideali di armonizzazione degli ordinamenti della 
giustizia penale, sostanziale e processuale, di cui offrono testimonianza 
le convenzioni internazionali dianzi ricordate, ed in particolare l'ultima 
dell'Aja del 1970. Si deve peraltro rilevare che alle enunciative di principio 
sull'efficacia delle sentenze penali straniere dovrebbero accompagnarsi, 
nell'assoluta mancanza di principi generali di diritto consuetudinario comunemente 
riconosciuti ed accettati, precise norme convenzionali regolatrici 
della competenza giurisdizionale dei diversi Stati in materia di repressione 
penale. In difetto di tali norme, e di criteri uniformi nella legislazione dei 
singoli Stati, appare evidente che non potrebbe ritenersi appagante, n� 
sufficiente, il mero criterio temporale della prevenzione, collegata al fatto 
casuale che l'imputato si trovi in uno Stato o in un altro. 

4. -A giudizio di questa Corte, non appare nemmeno giustificata l'affermazione 
dell'ordinanza di rimessione che la inosservanza del principio ne 
bis in idem, garanzia di processo giusto, lederebbe in ogni caso i diritti 
inviolabili dell'uomo, riconosciuti dall'art. 2 della Costituzione, e il diritto 
di difesa, sancito dall'art. 24. Le considerazioni gi� svolte consentono di 
escludere che quel principio, con riferimento all'efficacia delle sentenze 
penali straniere, debba essere riconosciuto come inerente ai diritti inviolabili 
della persona umana in base alla Convenzione europea del 1950 per la 
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali, ratificata 
dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848. 
Non sembra nemmeno possibile considerare detto principio quale 
espressione di una insopprimibile esigenza di giustizia, in senso assoluto, 
s� da ravvisare nella sua inapplicabilit� in determinate situazioni una violazione 
della garanzia costituzionale del diritto di difesa. E' infatti necessario 
tener presente, di l� dal fondamento sostanziale del principio, per 
cui non � giusto che uno stesso fatto possa essere punito due volte, il suo 
valore processuale, in _funzione di esigenze non solo di giustizia ma anche 
di certezza giuridica: il ne bis in idem si ricollega infatti essenzialmente 
all'efficacia preclusiva del giudicato in senso formale o processuale. Le disposizioni 
dell'articolo 11, primo e secondo comma, del codice penale contengono 
solo una circoscritta deroga al principio processuale nei riguardi 
delle sentenze straniere concernenti determinate ipotesi di reati pi� rilevanti 
e, per i reati commessi all'estero, con l'ulteriore garanzia della richiesta 
di procedimento da parte del Ministro per la giustizia; mentre l'art. 138 
dello stesso codice limita opportunamente gli effetti sostanziali di tale 
deroga, prescriyendo il computo della eventuale carcerazione preventiva o 
della pena gi� scontata all'estero. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non sussiste comunque la pretesa violazione del diritto di difesa. Al 
proposito, non sar� superfluo ricordare come analogamente, nel nostro 
ordinamento, la preclusione sancita dall'art. 90 del codice di procedura 
penale non trovi appli�azione, secondo l'interpretazione comunemente accolta, 
nell'ipotesi di concorso formale di reati, e come anche in tale ipotesi 
la reiterazione del processo in ordine ad uno stesso episodio, ma con riguardo 
ai diversi � fatti � in cui esso possa scindersi, non confligga con il diritto 
di difesa dell'imputato, � perch�, nel caso, la tutela che a quel diritto � 
riservata, non viene limitata o esclusa in alcun modo�, come questa Corte 
ha dichiarato con la sentenza n. 6 di quest'anno 1976. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 8 aprile 1976, n. 70 -Pres. Rossi -Rel. Reale -
Ciaramitaro, Busiello, Di Gaspero (n.c.) e Presidente Consiglio dei Mi. 
nistri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Reati finanziari -Militari della Guardia di finanza -Collusione con estranei 
per frodare la finanza -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(cost., art. 3; I. 9 dicembre 1941, n. 1383, art. 3). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 3 legge 9 dicembre 1941 n. 1383 il quale 
punisce �on particolare rigore il reato di collusione con estranei per frodare 
la finanza commesso dagli appartenenti al Corpo della Guardia di 
finanza. Costoro, difatti, in considerazione della caratterizzazione militare 
del Corpo cui appartengono e dei compiti specifici di polizia tributaria 
ad essi affidati, hanno una posizione diversa da quella del dipendente civile 
dell'Amministrazione finanziaria e da quella del pubblico ufficiale appartenente 
ad altri corpi di pubblica sicurezza. 

(Omissis). -3. -La questione non � fondata. 

E' certo esatto che la violazione delle leggi finanziarie compiuta 

dagli appartenenti al Corpo della guardia di finanza � punita con parti


colare rigore. Questi militari per il solo fatto di essersi accordati con 

estranei per frodare la finanza rispondono, come si � rilevato, del delitto 

di collusione, previsto dalla norma impugnata, oltre che del reato finan


ziario eventualmente commesso. Se poi a tal fine ricevono o concordano 

un compenso incorrono, altres�, nel reato di corruzione (art. 319 cod. pen.). 

Invece i dipendenti civili dell'Amministrazione finanziaria o altri militari 

(quali gli appartenenti all'Arma dei carabinieri o al Corpo delle guardie 

di P.S.) che concorrano con un estraneo nella violazione di una legge finan


ziaria non sono soggetti alle gravi sanzioni comminate per il delitto di 

collusione ma, tutt'al pi�, solo all'aumento di pena (nel massimo 1/3), stabi


lito per la circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 9, cod. pen. e appli


cabile per i diversi reati di cui essi siano dichiarati responsabili. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

La maggior gravit� della normativa concernente gli appartenenti al 
Corpo della guardia di finanza � indubbia e tale � rimasta anche dopo la 
recente riforma della disciplina del concorso formale dei reati, attuata con 
il decreto legge 11 aprile 1974, n. 99 (convertito nella legge 7 giugno 1974, 

n. 220). 
4. -Ci� non basta tuttavia a far ritenere la norma impugnata inficiata 
d'irragionevolezza e quindi lesiva del principio di uguaglianza, il quale non 
esclude che il legislatore possa dettare norme diverse per regolare situaz~
oni che egli ritenga diverse, entro un margine di discrezionalit� che giustifichi 
razionalmente il criterio adottato. 
Orbene, il Corpo della guardia di finanza, pur essendo funzionalmente 
lnquadrato nell'Amministrazione finanziaria (il Comandante del Corpo dipende 
dal Ministro delle finanze) presenta una spiccata caratterizzazione 
militare di vero e proprio corpo armato, che di per s� gi� pu� giustificare 
l'applicazione di una disciplina pi� rigorosa di quella riservata ai funzionari 
civili dello Stato. 

A ci� si aggiunga che compito specifico, anche se non esclusivo, degli 
appartenenti al Corpo della guardia di finanza � proprio quello di prevenire, 
ricercare e denunziare le violazioni delle leggi finaziarie (art. 1 legge 
23 aprile 1959: n. 189). I suddetti militari, inoltre, accentrando nella 
loro azione le facolt� della polizia tributaria e della polizia giudiziaria 
dispongono di un complesso di poteri che non ha riscontro negli altri 
Corpi di polizia, come quello di accedere negli esercizi pubblici ed in ogni 
locale adibito ad un'azienda commerciale o industriale, al fine di eseguire 
verificazioni e ric;erche (art. 35, legge 7 gennaio 1929, n. 4, e -in riferimento 
alle recenti innovazioni in materia tributaria -gli artt. 33, d.P.R. 
29 settembre 1973, n. 600 e 63, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). 

5. -La posizione del componente il Corpo della guardia di finanza � 
pertanto diver~a da quella del pubblico ufficiale appartenente agli altri 
Corpi di pubblica sicurezza e del dipendente civile dell'Amministrazione 
finanziaria. 
Ci� spiega perch� la violazione delle leggi finanziarie compiuta dagli 
appartenenti alla guardia di finanza sia valutata con maggiore severit�. 
In tal caso, infatti, si viene meno non soltanto al vincolo di fedelt� che 
incombe su tutti coloro 'che esercitano pubbliche funzioni (v. art. 54, comma 
secondo, Cost.) ma anche a quei particolari doveri inerenti alla tutela 
degli interessi finanziari dello Stato, la cui cura, come si � visto, � istituzionalmente 
affidata al Corpo della guardia di finanza. D'altra parte, nel 
diritto penale non mancano casi nei quali colui che viola i doveri inerenti 
alla funzione a lui specificamente affidata in relazione all'ufficio o al servizio 
cui � preposto, � assoggettato a sanzioni penali speciali e pi� gravi, 
come ad esempio nell'ipotesi prevista dall'art. 619 del codice penale. 


344 

RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEILO STATO 

E' perci� da escludere che la norma impugnata contrasti con il principio 
di uguaglianza garantito dall'art. 3 della Costituzione. 

6. -Come si � gi� accennato, la violazione dell'art. 3 � prospettata dal 
giudice istruttore presso il tribunale di Tolmezzo, anche sotto il profilo 
che la norma impugnata non prevede un trattamento di minore rigore 
nel caso di collusione effettuata non per fine di lucro personale ma per 
consentire al Corpo della guardia di finanza un risparmio di spesa ovvero 
per conferire ad esso un particolare lustro. 
Tale censura, per�, oltre a non avere precisa relazione con i fatti 
commessi dagli imputati, involge, come esattamente � rilevato dall'Avvocatura, 
profili generali di politica criminale riguardanti l'opportunit� di 
attribuire per un singolo reato speciale rilievo ai motivi a delinguere 

o quella di evitare la previsione di un minimo di pena morto elevato. 
Ma � ovvio che la scelta fatta dal legislatore nell'ambito della propria 
discrezionalit� non risulta sindacabile sotto il profilo del principio di 
uguaglianza rettamente inteso. E tanto basta per ritenere la infondatezza 
della questione sotto quest'ultimo aspetto. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 8 aprile 1976, n. 71 -Pres. Rossi -Rel. Gionfrida 
-Amministrazione delle finanze c. Bongiomo (n.c.). 

Imposta di successione � Successione per rappresentazione dei figli legittimi 
dell'adottato -Applicabilit� delle aliquote previste per gli estranei Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(cast., art. 3; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 10; d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, art. 1, 

ultimo comma; 1. 20 novembre 1955, n. 1123, articolo unico). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. l, ultimo comma, d.l.l. 8 marzo 1945, 

n. 90 in base alquale, nel caso in cui all'addottante succedano per rappresentazione 
i figli leg�ttimi dell'adottato, le aliquote da applicare per la 
liquidazione dell'imposta di successione sono quelle previste per gli estranei. 
Ci� in quanto fra l'adottante e la famiglia dell'adottato non esiste 
alcun rapporto civile, onde la posizione dei discendenti del figlio adottivo 
nei confronti dell'adottante non � omogenea rispetto alla situazione che 
intercorre fra genitore e discendenti del proprio figlio, la quale si incentra 
su di un vero e proprio rapporto di parentela in linea retta (1). 
(1) Nel senso che il favore della legge tributaria per le successioni fra adottante 
e figlio adottivo non possa estendersi alle successioni fra adottante e discendenti 
del figlio adottivo cfr. SERRANO: Le imposte sulle successioni, Torino, 
1968, pag. 292. 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 

A norma dell'art. 300 cpv. del codice civile -la legittimit� del quale 
non � posta in discussione -deve, infatti, escludersi che sussista (al di 
fuori delle eccezioni di cui agli artt. 87, lett. a, 468 del codice civile, che,' 
per�, non riguardano la fattispecie disciplinat~ �dalla normativa impugnata) 
�alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato�. 

La posizione, in particolare, dei discendenti dell'adottivo nei confronti 
dell'adottante risulta quindi -proprio per l'inesistenza tra tali soggetti 
di un qualsiasi vincolo familiare -evidentemente non omogenea rispetto 
alla situazione che intercorre tra genitore e discendenti del proprio figlio, 
la quale, invece, si incentra su un vero e proprio rapporto di parentela 
in linea retta (ex art. 74 cod. civ.). 

Epper� deve conseguentemente allora ritenersi che non irrazionalmente 
-sul presupposto di tale rilevata diversit� di situazione -ha 
operato il legislatore tributario, stabilendo, ai fini del pagamento della 
imposta successoria, aliquote differenziate per i discendenti, rispettivamente, 
dei figli legittimi e degli adottivi, che succedano al de cuius per 
rappresentazione. 

N� tale disciplina viene, d'altra parte, in contraddizione con la assimilazione 
(disposta dalla sopravvenuta legge n. 1123 del 1955) del trattamento 
fiscale degli adottivi a quello dei figli legittimi, nel caso di successione 
diretta; giacch� l'unificazione delle aliquote si giustifica, in tale ultimo 
caso, in considerazione proprio dell'esistenza, tra adottante ed adottato, 
di una relazione -equivalente a quella di parentela (che intercorre tra 
genitore e figlio) -dipendente dal vincolo appunto (di natura civile) della 
adozione: vincolo che, come gi� detto, non si estende, per�, ai discendenti 

�(ed alla famiglia in genere) dell'adottato. ~ (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 8 aprile 1976, n. 72 -Pres. Rossi -Rel. Amadei -
Marotta ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. d�llo Stato Giorgio Azzariti). 

Procedimento penale -Variazioni della competenza penale -Applicabilit� 

ai processi pendenti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(cost., art. 25, primo comma, e 24, secondo comma; I. 14 ottobre 1974, n. 497, art. 1; 

r.d. 15 ll!arzo 1942, n. 262, artt. 10 e 11; d.l. 10 ge�lilaio 1975, n. 2, artt. 1, 2 e 3). 
Non sono fondate, con riferimento agli articoli 25, primo comma, e 24, 
secondo comma, della Costituzione, le questioni di legittimit� costituzionale 
dell'art. 1 l. 14 ottobre 1974 n. 497 il quale, abrogando il primo capoverso 
dell'art. 29 del codice di procedura penale, ha sottratto alla competenza 
della Corte di assise la cognizione dei delitti di rapina aggravata, di 
estorsione aggravata, di sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione. 
Tale variazione di competenza, bench� applicabile anche ai processi 


346 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in corso alla data di entrata in vigore della relativa legge, non viola il principio 
del giudice naturale perch� la designazione a posteriori del giudice 
non � operata in relazione ad una determinata controversia, ma in via 
generale e per effetto di un nuovo ordinamento che il legislatore, nell'esercizio 
del suo insindacabile potere di merito, sostituisce a quello vigente. 
La stessa variazione non viola il diritto di difesa perch� questo non muta 
da giudice a giudice e da tipo a tipo di procedimento (1). 

(Omissis). -3. -In ordine alla violazione del principio sancito nell'art. 
25, primo comma, della Costituzione, tutte le ordinanze assumono 
come presupposto che la norma costituzionale non consentirebbe una 
mutazione a posteriori della comp�tenza per materia e funzionale in quanto 
questa, una volta radicata nei confronti di un soggetto che ha )commesso 
un reato, non sarebbe pi� suscettibile di modifica avendo gi� acquisito 
l'imputato il diritto ad essere giudicato dal giudice che l'ordinamento giuridico 
prestabiliva al momento in cui � stata violata la norma penale. Ci� 
rientrerebbe nel quadro di quelle garanzie poste dalla Costituzione a tutela 
del cittadino e che troverebbe il suo fondamento nella acquisizione da parte 
dello stesso della certezza a priori del giudice che dovr� giudicarlo. 

4. -La tesi secondo la quale la mutazione della compentenza con norma 
generale, senza che il legislatore tenga conto della posizione processuale 
acquisita da chi abbia commesso il fatto reato anteriormente all'entrata 
in vigore della legge di modifica, sarebbe in contraddizione con il principio 
costituzionale che vieta di distrarre dal giudice naturale prestabilito 
per legge, non pu� essere accolta. 
Moltissime le decisioni della Corte in tema di garanzia di precostituzione 
del giudice. Gi� con la sentenza n. 29 del 1958 sono stati fissati 
i limiti e la portata della locuzione�� giudice naturale� ritenuta corrispondente 
a quella di � giudice precostituito per legge �, e riferibile al giudice 
istituito in anticipo in base a criteri generali e non in vista di determinate 
controversie, e ci� al fine di dare al cittadino la certezza circa il giudice 
che lo deve giudicare. 

Detti limiti sono stati ribaditi, applicabili e sviluppati dalla Corte 
in ulteriori decisioni in relazione a fattispecie diverse. Particolare rilevanza 
assume, nei casi sottoposti all'attuale giudizio, la sentenza n. 56 del 1967. 
Secondo l'ordinanza del pretore di Salerno, che aveva posto la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 9 del d.P.R. 31 dicembre 1963, n. 2105 
-Modificazioni delle circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari -, 
in riferimento proprio all'art. 25, primo comma, della Costituzione, qualsiasi 
innovazione in tema di competenza avrebbe dovuto lasciare ferma 

' 

(1) Le sentenze 5 maggio 1967, n. 56 e 3 dicembre 1969, n. 146 richiamate in 
motivazione sono pubblicate in questa Rassegna 1967, l, 357 e 1969, 1, 1006. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

la disciplina in vigore sia per i procedimenti pendenti, sia per quelli che 
potessero sorgere in futuro p�r fatti verificatisi prima dell'entrata in vigore 
della nuova disciplina. 

La Corte, nel ritenere non fondata la questione, ha stabilito che � l'articolo 
25 della Costituzione, implica la necessit� che la competenza giudiziaria, 
individuabile in base a criteri generali direttamente posti dalla 
legge, non venga derogata da atti insindacabili dei pubblici poteri e vuole 
che la stessa legge debba uniformarsi, nel regolare la materia, ad una 
esigenza fondamentalmente unitaria, quella, cio� che la competenza degli 
organi giudiziari venga sottratta, al fine di una rigorosa garanzia della loro 
imparzialit�, ad ogni possibilit� di arbitrio �. Ha, altres�, precisato che 
illegittima sottrazione della regiudicanda al giudice naturale precostituito 
per legge si verifica � tutte le volte in cui il giudice venga designato 
a posteriori in relazione ad una determinata controversia o dal legislatore 
in via di eccezione singolare alle regole generali, ovvero attraverso atti di 
altri soggetti .ai quali la legge attribuisce tali poteri al di l� dei limiti che 
la riserva impone �. 

Sulla base dei princ�pi di carattere generale sopra enunciati, la Corte, 
con la ricordata sentenza, ha ritenuto .che tale diritto viene rispettato 
quando la legge, sia pure con effetto anche sui processi in corso, modifica 
in generale i presupposti o i criteri diretti ad individuare il giudice competente, 
poich� in tali casi lo spostamento della competenza non avviene � in 
conseguenza di una deroga alla disciplina generale, che sia adottata in vista 
di una determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un 
nuovo ordinamento -e, dunque, della designazione di un nuovo giudice 
naturale -che il legislatore, nell'esercizio del suo insindacabile potere di 
merito, sostituisce a quello vigente�. 

Con la legge 14 ottobre 1974, n. 497, il legislatore ha operato una riforma 
dell'art. 29, secondo comma, del codice penale, trasferendo la competenza 
per determinati reati da un giudice ad un altro giudice, ossia dalla Corte 
di assiste al tribunale, e ci� per una esigenza intimamente legata alla necessit� 
di una pi� sollecita definizione giudiziaria dei procedimenti relativi 
a fenomeni delinquenziali particolarmente gravi e con preoccupante ricorrenza. 
E' in questa prospettiva che deve essere esaminato il problema sul 
quale la Corte � chiamata a decidere in quanto la ratio legis colora di ragionevolezza 
l'intervento del legislatore e il buon uso da .esso fatto di quel 
potere di discrezionalit� politica che gli � proprio. La legge che modifica 
la competenza oltre ad operare in termini g~nerali e per interessi generali 
e ad avere per oggetto fatti penali di una notevole rilevanza sociale, si 
collega, anche, ad una insopprimibile esigenza di giustizia, che l'attuale ordinamento 
giuridico stenta a soddisfare, quella, cio�, della rapidit� di giudizio, 
che oltre a salvaguardare la societ� dagli aspetti pi� gravi della criminalit�, 
concorre inoltre a tutelare anche l'imputato incolpevole, per cui il 
suo operare retroattivamente non lede nella sostanza quelle garanzie che 


~48 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

stanno alla base dell'art. 25, primo comma, della Costituzione. Non ha 
d'altra parte rilevanza che la legge 1974 non si dia carico di enunciare norme 
transitorie in ordine ai procedimenti in corso alla sua entrata in vigore, in 
quanto in tal caso subentrano i princ�pi generali enunciati dagli artt. 10 e 11 
delle disposizioni sulla legge in generale, dei qual{ le norme di attuazione 
di singole leggi non costituiscono che un aspetto particolare di logica e 
armonica applicazione. 

5. -Quanto sopra � pienamente riferibile anche alla questione di legittimit� 
costituzionale delle disposizioni transitorie (d.l. 10 gennaio 1975, n. 2) 
alla legge n. 497 del 1974, prospettata in riferimento all'art. 25, primo comma, 
della Costituzione. Tale decreto legge costituisce, nella sostanza, una 
deroga agli artt. 10 e 11 delle disposizioni sulla legge in generale limitando 
l'estensione delle nuove norme sulla competenza ai casi in cui la regiudicanda 
si trovi, all'entrata in vigore della legge, in una predeterminata fase 
processuale. 
In ordine alla asserita violazione del diritto di difesa (articolo 24, secon


do comm�, Cost.), alla quale le ordinanze precisate nella premessa fanno 

generico riferimento, � da rilevare che esso non muta -e, d'altra parte, 

non pu� mutare -da giudice a giudice, da tipo a tipo di procedimento. 

Non si pu� sostenere che, in linea di principio, il procedimento davanti 

alla �Corte di assise, per la diversa composizione del giudice, assicuri una 

maggiore e incisiva garanzia di quella che possa offrire il giudizio davanti 

al tribunale. 

La difesa si svolge e sviluppa in un complesso di presenze attive ed 
efficaci delle parti e, in particolare, per quanto attiene al processo penale, 
dell'imputato che lo accompagnano in ogni stato o fase del procedimento, 
qualunque sia il giudice chiamato a decidere secondo la ripartizione della 
competenza nei suoi vari aspetti. Se, poi, norme specifiche proprie di questa 

o quella fase, di questo .o di quel grado, di questo o di quel tipo di procedimento 
si presentino come suscettibili di violazione del diritto, saranno 
le singole norme a dover essere impugnate e non gi� la composizione del 
giudice, come tale, che a quelle norme sia eventualmente soggetto. 
Per quanto riguarda l'aspetto della questione che investe il procedimento 
direttissimo la Corte non ha che da riportarsi alla decisione di cui 
alla sentenza n. 146 del 1969 che tale giudizio ha ritenuto compatibile tanto 
con l'art. 25, comma primo, quanto con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione. 


Infine, quanto detto in ordine alla caratterizzazione del giudice naturale 
quale giudice precostituito, .si estende a quell'aspetto della ordinanza n. 113 
del 1974, emessa dalla Corte di assise di Venezia, diretta ad allargare la 
questione di legittimit� costituzionale, sotto il profilo della distrazione dal 
� giudice naturale �, anche ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore della 
legge modificatrice della competenza: funzionale. -(Omissis). 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 8 aprile 1976, 
nella causa 29175 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Warner -Kaufhof AG 
(avv. Ehle, Feldmann e Wiedmann) c. Commissione delle Comunit� 
europee (ag. Al?recht). 

Comunit� europee -Politica commerciale -Autorizzazione della Commissione 
CEE ad adottare misure di protezione -Deroghe al divieto di 
restrizioni quantitative -Ammissibilit�. 

(Trattato CEE, artt. 9, 30 e 115, primo comma). 

Comunit� europee -Politica commerciale -Autorizzazione della Commissione 
CEE ad adottare misure di protezione -Deroghe al divieto di 
restrizioni quantitative -Interpretazione ed applicazione restrittiva. 

(Trattato CEE, artt. 9, 30 e 115, primo comma). 

Comunit� europee -Politica commerciale -Autorizzazione della Commissione 
CEE ad adottare misure di protezione -Obblighi della Commissione 
CEE. 

(Trattato CEE, art. 115, primo comma; decisioni della Commissione CEE 12 maggio 1971, 

n. 202, 9 marzo 1973, n. 55, e 20 gennaio 1975, n. 71). 
L'autorizzatione di cui all'art. 115, primo comma, ultima parte, del 
trattato CEE pu�, in ispecie, derogare al combinato disposto degli articoli 
9 e 30 del Trattato, dai quali si desume che il divieto di restrizioni 
quantitative all'importazione e di qualsiasi provvedimento di effetto equivalente 
vale, non solo per i prodotti originari degli Stati membri, ma 
anche per quelli provenienti da Paesi terzi che si trovino in libera pratica 
negli Stati membri (1). 

(1-3) Politica commerciale e competenze della CEE. 

1. -Le prime due massime confermano princ�pi gi� enunciati, e negli 
stessi termini, nella sentenza 23 novembre 1971, resa nella causa 62/70, BOCK 
(Racc., 897) e relativa a controversia del tutto analoga a quella decisa con la 
sentenza in rassegna; e proprio con riferimento a tale precedente sentenza (con 
la quale era stato espressamente affermato che il singolo che abbia gi� presentato 
domanda di importazione � legittimato ad impugnare la decisione con 
la quale lo Stato membro sia autorizzato a rifiutare anche le importazioni chieste 
prima dell'istanza di autorizzazione) la Commissione CEE ha ritenuto di non 
contestare la ricevibilit� del ricorso. 
Al principio di cui alla terza massima, desunto dall'ultima parte della 
motivazione, e che avrebbe dovuto comportare, nella specie, l'annullamento 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

350 

Le deroghe al combinato disposto degli artt. 9 e 30 del trattato CEE 
ammesse dall'art. 115, dato che costituiscono non solo un'eccezione a 
detti articoli, i quali sono d'importanza fondamentale per il mercato 
comune, ma anche un ostacolo per l'instaurazione della politica commerciale 
comune contemplata dall'art. 113 del Trattato, vanno interpretate 
ed applicate in modo restrittivo (2). 

Ai fini dell'autorizzazione prevista dall'art. 115, primo comma, seconda 
parte, del trattato CEE la Commissione delle Comunit� europee 
ha l'obbligo di sindacare le ragioni addotte dallo Stato membro per 
giustificare i provvedimenti di politica commerciale che esso desidera 
adottare, e non pu� estendere l'autorizzazione alle domande gi� presentate, 
senza tener conto della rilevanza o irrilevanza delle partite oggetto 
delle domande (3). 

(Omissis). -In diritto. -Con atto depositato nella cancelleria di 
questa Corte il 17 marzo 1975 (il procedimento � stato temporaneamente 

dell'intera decisione impugnata (come del resto chiesto dalla societ� ricorrente 
nelle sue conclusioni), non sembra del tutto conseguenziale il dispositivo della 
sentenza, con il quale la decisione � stata annullata � nella parte relativa alle 
merci per le quali, al momento della presentazione della richiesta di autorizza~ 
zione, le domande di licenza erano pendenti dinanzi all'amministrazione tedesca �: 
limitazione essa stessa, del resto, priva di conseguenze pratiche, considerato che 
la decisione impugnata (conforme alle precedenti del 14 gennaio 1974, n. 54, e 
del 7 agosto 1974 n. 427, e, tranne che nel preambolo, alla successiva del 17 aprile 
1975) aveva gi� esaurito i suoi effetti, che la ricorrente era stata medio tempore 
autorizzata ad importare le merci di cui si discuteva, e che alla definizione 
giudiziale della controversia si � in effetti pervenuti, come risulta dalle conclusioni 
dell'avv. gen. Warner, per non aver le parti in causa raggiunto un accordo 
sulle spese del procedimento. 

2. ::...._ La sentenza in rassegna va segnalata, peraltro, per quanto se ne desume 
in ordine all'applicabilit� dell'art. 115, primo comma, seconda parte, del trattato 
CEE anche dopo la scadenza del periodo transitorio ed anche relativamente 
ai prodotti agricoli per i quali non risulta sviluppata una politica agricola comune: 
applicabilit� che deve invero ritenersi affermata quantomeno per implicito, dovendosi 
escludere che la Corte di giustizia abbia potuto considerare i riscontrati 
vizi della decisione di rilevanza assorbente anche rispetto alla stessa eventuale 
carenza di potere della Commissione, e. dovendosi escludere, di conseguenza, che 
la ritenuta superfluit� di � esaminare i restanti mezzi dedotti � possa assumersi 
riferita alla stessa contestata applicabilit� dell'art. 115, primo comma, del Trattato. 
Tra le parti in causa, invero, si era discusso soprattutto della efficacia 

dell'art. 115 del Trattato dopo la scadenza del periodo transitorio. 

La societ� ricorrente aveva sostenuto, infatti, che la scadenza del termine 

stabilito nel Trattato per l'attuazi0ne di una politica agricola comune avrebbe 

privato la Commissione CEE dei poteri ad essa attribuiti dall'art. 115 del Trat


tato, fosse stata o no tale politica comune in concreto attuata: impostazione 

fondata, evidentemente, sul criterio in base al quale la Corte di giustizia ha 

com'� noto pi� volte affermato che la scadenza dei termini stabiliti nel Trattato 

�per il conseguimento di determinate finalit� rende le disposizioni riferite a tali 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 351 

sospeso ad istanza delle parti) la ricorrente ha chiesto l'annullamento 
della decisione 20 gennaio 1975 (75171/CEE) con cui la Commissione ha 
autorizzato la Repubblica Federale di Germania ad escludere dal trattamento 
comunitario le preparazioni e conserve di fagiolini (voce 20.02 
ex G della tariffa doganale comune) originari della Repubblica Popolare 
di 'Cina e messe in libera pratica negli altri Stati membri, per le quali 
le licenze d'importazione erano state chieste dopo il 10 gennaio 1975. 

Il 2 gennaio 1975, la ricorrente presentava al Bundesamt filr Ernfillrung 
und Forstwirtschaft (Ufficio Federale per l'Alimentazione e la Silvicoltura) 
una domanda di licenza d'importazione per 5.000 cartoni di 
dette conserve, che erano state messe in libera pratica nei Paesi Bassi. 
Il Governo della Repubblica Federale di Germania, avendo ricevuto due 
altre domande di licenza -l'una del 2 gennaio 1975 e relativa a 39.803 DM 

termini direttamente operanti allorquando, alla scadenza del termine, l'obbligo 
imposto agli Stati membri o alle Istituzioni comunitarie non sia stato adempiuto 
(cfr., per tutte, sent. 21 giugno 1974, nella causa 2/74, Racc., 631, e in 
questa Rassegna, 1974, I, 881, con nota di commento e richiamo ai precedenti a 
pag. 886). 

Come risulta ricordato nella parte espositiva della sentenza in rassegna, la 
Commissione CEE aveva peraltro rilevato che � alcuni provvedimenti nazionali 
possono richiedere l'applicazione dell'art. 115, primo comma, anche dopo il 
termine del periodo di transizione, finch� cio� i "princ�pi uniformi" di cui all'art. 
113 non hanno avuto pratica realizzazione, in quanto la Comunit� non ha 
ancora esercitato la propria competenza in tutti i settori �. 

:�opo aver rilevato che � nel settore non esiste ancora una politica commerciale 
comune � e che la complessit� della materia aveva impedito di rispettare 
il termine al riguardo stabilito all'art. 7 del regolamento del Consiglio 
28 giugno 1968, n. 865 (�quindi restano in vigore le disposizioni nazionali�), la 
Commissione CEE aveva in definitiva sostenuto che � la competenza della Comunit� 
non � di per s� sufficiente, perch� si giunga ad un regime comune in 
materia di politica commerciale, ma per di pi� dovrebbe venir esercitata. 
L'automatismo � impossibile. Il contenuto di detto regime deve anzitutto venir 
determinato dalle istituzioni comunitarie e finch� non saranno' stati adottati 
provvedimenti comunitari, gli Stati membri devono aver facolt� di mantenere in 
vigore i provvedimenti nazionali. Questo � pure l'orientamento della sentenza 
13 dicembre 1973 (Sociaal Fonds voor de Diamantarbeiders c. Jndiamex e de 
Belder, 37 e 38/73, Racc. 1973, pag. 1609) che verte sulle tasse nazionali di effetto 
equivalente a dazi doganali. Finch� -senza contravvenire al Trattato -sono 
applicabili nei confronti dei Paesi terzi provvedimenti nl!zionali di politica 
commerciale, resta applicabile l'art. 115 �. 

3. -A tale impostazione di principio risultano ispirate anche le conclusioni 
dell'avv. gen. Warner, nelle quali viene escluso sia che l'art. 115, primo comma, 
del trattato CEE abbia esaurito i suoi effetti con la fine del periodo transitorio, 
sia che a tale conclusione debba pervenirsi relativamente ai prodotti 
agricoli. 
�Certamente -aveva infatti osservato l'avv. gen. Warner, quanto alla questione 
di fondo, e dopo aver sottolineato il letterale argomento desumibile dal 
secondo comma della disposizione (espressamente riferito al periodo transitorio) 
-il Trattato prescrive agli Stati membri di realizzare, entro la fine del periodo 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

352 

di conserve che si trovavano in libera pratica nei Paesi Bassi, e l'altra 
del 7 gennaio 1975 e relativa a 36.349 DM di conserve che si trovavano 
in libera pratica nel Belgio -si valeva dell'art. 115 del Trattato per 
chiedere alla convenuta, con telex 14 gennaio 1975, di essere autorizzata 
� ad escludere dal trattamento comunitario le preparazioni e conserve 
di fagiolini di cui alla voce 20.02 ex G ii della tariffa doganale comune, 

n. 2002-65 della nomenclatura delle merci delle statistiche del commercio 
estero, Nimexe n. 2002-95, originarie della Repubblica Popolare di Cina 
e messe in libera pratica negli altri Stati membri, nel caso in cui le 
domande siano posteriori al 1� gennaio 1974 (sic)�. 
La Repubblica Federale di Germania motivava la richiesta col fatto 
che dette tre domande erano gi� state presentate al detto Ufficio e che 
ci si doveva aspettare che ne venissero presentate delle altre. 

transitorio, una situazione in cui fosse possibile adottare una politica commerciale 
comune, ma gli autori del Trattato erano uomini pratici e, secondo me, 
sarebbe assurdo ritenere �he essi si aspettassero che, alla fine di tale periodo, 

. tutti gli Stati membri avrebbero trattato nello stesso preciso modo le importazioni 
di qualsiasi merce da qualsiasi paese terzo. Dopo tutto, la realizzazione 
di una siffatta situazione implicava, se non altro, la modifica di molti accordi 
commerciali ed intese con numerosi paesi terzi, nessuno dei quali era vincolato 
dal termine contenuto nel Trattato. In realt� va osservato che l'art. 111, n. 5, 
del Trattato prescrive soltanto che gli Stati membri "si prefiggono come obiettivo 
di uniformare tra loro i propri elenchi di liberazione nei confronti di paesi 
terzi o di gruppi di paesi terzi al livello pi� elevato possibile". N�, a mio avviso, 
va sottovalutata la questione sollevata dalla Commissione, secondo cui il risultato 
inevitabile, in pratica, dell'intempestiva scomparsa dei poteri conferiti dall'art. 
115 sarebbe l'allineamento dell'intera Comunit�, in ciascun caso, sulla 
politica dello Stato membro pi� liberale con conseguente indebolimento della 
posizione della Comunit� nei negoziati con i paesi terzi �. 

Quanto al secondo aspetto della questione, l'avv. gen. Warner, contestando 
la rilevanza degli argomenti prospettati dalla societ� ricorrenti con riferimento 
all'art. 40, n. 1, del trattato CEE ed ai princ�pi enunciati dalla Corte di giustizia 
nella sentenza 10 dicembre 1974, resa nella causa 48/74, CHARMASSON (Racc., 
1383), aveva rilevato che �una volta ammesso che l'art. 111 del Trattato, stanti 
i suoi termini e la realt� degli scambi internazionali, non pu� venir interpretato 
nel senso che, dalla fine del periodo transitorio, tutti gli Stati membri avrebbero 
applicato esattamente il medesimo trattamento alle importazioni di tutti i prodotti 
da tutti i paesi terzi, e che l'art. 115, n. l, deve quindi rimanerne ulteriormente 
in vigore nei settori in cui non sia stata ancora raggiunta la perfetta 
uniformit�, non vi � motivo, a mio avviso, di fare una distinzione tra prodotti 
agricoli ed altri prodotti �. 

4. -Certamente, la tesi sostenuta dalla Commissione CEE e dall'avv. gen. 
Warner, aderente alla �realt� degli scambi commerciali>>, ed implicitamente 
avallata dalla stessa Corte di giustizia, non pu� non essere condivisa; e ci� 
nonostante i contrari argomenti desumibili dall'art. 40, n. 1, del trattato CEE 
(che impone agli Stati membri di instaurare la politica agricola comune �al pi� 
tardi alla fine� del periodo transitorio), dal regolamento del Consiglio 28 giugno 
1968, n. 865 e dalle decisioni del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 455 e 2 dicembre 
1974, n. 652 (che secondo l'avv. gen. Warner, invece, �mostrano che il 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 353 

In ysito a detta richiesta, con decisione 20 gennaio 1975 la convenuta 
autorizzava la Repubblica Federale di Germania ad escludere dal trattamento 
comunitario le merci di cui trattasi. Basandosi su tale autorizzazione, 
il giorno stesso l'Ufficio respingeva la domanda di licenza presentata 
dalla ricorrente. 

Questa si duole che la convenuta abbia esorbitato dai poteri attribuitile 
dall'art. 115 del Trattato CEE ed abbia quindi violato il .principio 
della proporzionalit� degli atti amministrativi. Data l'irrilevanza delle 
partite di fagiolini che la ricorrente aveva chiesto d'importare, non 
sarebbe stato necessario estendere l'autorizzazione alle domande di 
licenza pendenti nel momento in cui ci si era rivolti alla Commissione. 

Dal 1�0 luglio 1968, data di entrata in vigore del regolamento del 
Consiglio 865/68 CEE (G.U. n. L 153/68, pag. 8), per qu~nto riguarda le 
merci di cui trattasi sono vietate nel commercio interno della Comunit� 
le restrizioni quantitative e le misure di effetto equivalente. A norma 

Consiglio si sforzava di raggiungere l'uniformit� tra gli Stati membri, senza 
tuttavia pervenirvi�), dalla sentenza resa nella causa 48/74, CHARMASSON (secondo 
cui una organizzazione nazionale di mercato nel settore agricolo non pu� 
essere conservata oltre la fine del periodo transitorio), e dallo stesso art. 111 
del trattato CEE (la cui applicabilit� risulta espressamente limitata al periodo 
transitorio). 

La immediata operativit�, alla scadenza dei termini entro i quali le Istituzioni 
comunitarie o gli Stati membri avrebbero dovuto provvedere, dei princ�pi 
stabiliti dal trattato �CEE, e quindi l'applicazione del criterio giurisprudenziale 
sopra ricordato potranno essere ammesse, infatti, relativamente a norme suscettibili 
di esplicare concreti effetti indipendentemente dalle iniziative adottate (o 
non adottate) dalle Istituzioni comunitarie o dagli Stati membri per la loro attuazione; 
e ci� pu� invero essere riconosciuto per gli artt. 9, 13, n. 2, 16, 37, 

n. 1, 52, 53, 59, e 95, n. 1, del trattato CEE, ai quali � appunto riferibile il principio 
secondo cui le disposizioni che contemplano un obbligo che gli Stati membri 
o le Istituzioni comunitarie devono adempiere entro un prestabilito termine 
divengono direttamente efficaci allorquando, alla scadenza del termine, l'obbligo 
non sia stato adempiuto. 
Quando per� il conseg�imento di un determinato fine costituisca il presupposto 
di applicabilit� di una norma (o come nella specie per il venir meno 
della sua efficacia) � evidente che la sola scadenza del termine preventivato per 
la realizzazione del fine non pu� assumersi sufficiente, se tale fine non sia stato 
in concreto conseguito; ed � evidente, perci�, che le norme volte ad operare in 
difetto di una politica commerciale comune vanno riconosciute rilevanti ed 
applicabili fin quando tale politica commerciale comune non risulti di fatto 
instaurata, e non certo� nei soli limiti temporali entro i quali si sarebbe l'indicato 
obiettivo dovuto conseguire. 

5. -Se deve riconoscersi che la Commissione CEE pu� tuttora esercitare, 
in difetto di una politica commerciale comune, ed anche in tema di prodotti 
agricoli, i poteri ad essa conferiti dall'art. 115, primo comma, del Trattato (ed 
� la stessa Commissione CEE ad ammettere che � quindi restano in vigore le 
disposizioni nazionali �), lo stesso criterio logico che tale conclusione impone 
dovrebbe assumere rilievo, peraltro, anche relativamente alle norme che presup

354 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'art. 115, primo comma, del Trattato, �per assicurare che l'esecu� 
zione delle misure di politica commerciale adottate dagli Stati membri... 
non sia impedita da deviazioni di traffico, ovvero qualora delle disparit� 
nelle misure stesse provochino difficolt� economiche in uno o pi� Stati �, 
la Commissione pu�, fra l'altro, autorizzare � gli Stati membri ad adottare 
le� misure di protezione necessarie definendone le condizioni e le 
modalit� �, restando tuttavia inteso che -come dice il terzo comma 
dello stesso articolo -� in ordine di priorit�, devono essere scelte le 
misure capaci di provocare il minore turbamento possibile nel funzionamento 
del mercato comune �. 

Detta autorizzazione pu�, in ispecie, derogare al combinato disposto 
degli artt. 9 e 30 del Trattato, dai quali si desume che il divieto di restri� 
zioni quantitative all'importazione e di qualsiasi provvedimento di effetto 
equivalente vale, non solo per i prodotti originari degli Stati membri, 
ma anche per quelli provenienti da Paesi terzi che si trovino in libera 
pratica negli Stati membri. Le deroghe ammesse dall'art. 115, dato che 

pongono la ( tempestiva) realizzazione delle condizioni necessarie all'attuazione 
di una politica commerciale comune, dovendosi anche in tal caso ritenere che 
la sola scadenza dei termini al riguardo stabiliti dal Trattato � irrilevante se le 
condizioni necessarie per 'tale politica commerciale comune non risultino ancora 
in concreto sussistenti. 

Con l'impostazione di principio sopra commentata, e condivisa, appare quindi 
incompatibile, in effetti, la tesi con la quale la Commissione CEE rivendica, 
sulla base della lettera dell'art. 113 del Trattato, e cio� a decorrere dalla sca� 
denza del periodo transitorio, la esclusiva competenza a negoziare accordi con 
i Paesi terzi: esclusiva competenza che � stata peraltro gi� riconosciuta, in sede 
consultiva, dalla Corte di giustizia. 

La Commissione CEE invero, con riferimento ad una convenzione internazionale 
da stipulare in seno all'O.C.S.E. in tema di crediti all'esportazione, e 
poich� taluni Stati membri avevano affermato la propria esclusiva competenza al 
riguardo (ed uno escludeva anche la stessa partecipazione della Comunit� CEE), 
ha ritenuto di investire della questione la Corte di giustizia, ai sensi dell'art. 228, 
secondo com.ma, del Trattato. 

In effetti, la richiesta di parere, in quanto volta a conoscere non se l'accordo 
in discussione fosse compatibile con le disposizioni del Trattato, quanto 
piuttosto se i singoli Stati membri o la Comunit� fossero competenti a stipularlo, 
� stato fondato non sull'art. 228, secondo comma, del Trattato, ma sull'art. 
106, � 2, del regolamento di procedi.Ira della Corte di giustizia (secondo 
cui � il parere pu� riguardare tanto la compatibilit� con le disposizioni del 
Trattato CEE di un accordo progettato, quanto la competenza della Comunit� 

o delle sue Istituzioni a concludere tale accordo�), e qUindi su norma della 
cui stessa legittimit� sembra potersi quantomeno discutere, considerato che a 
suo mezzo sono state ampliate, in contrasto con il criterio stabilito dall'art. 4, 
secondo comma, del Trattato (e secondo ratio e finalit� diverse da quelle 
considerate dall'art. 228, secondo comma, del Trattato), le attribuzioni conferite 
alla Corte di giustizia con l'art. 228, secondo comma, del Trattato); e gi� in via 
�li principio, del resto, sembrerebbe doversi escludere a priori, ed in base agli 
stessi caratteri essenziali della funzione giurisdizionale, che la Corte di giustizia 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 355 

costituiscono non solo un'eccezione a detti articoli -i quali sono d'importanza 
fondamentale per il mercato comune -ma anche un ostacolo 
per l'instaurazione della politica commerciale comune contemplata dall'art. 
113, vanno interpretate ed applicate in modo restrittivo. 

Dalle dichiarazioni fatte dall'agente della convenuta nel corso della 
discussione orale si desume ch'essa ritiene di dover concedere l'autorizzazione 
richiestale se il provvedimento di politica commerciale adottato 
dallo Stato membro � compatibile col Trattato, senza dover tener 
conto delle ragioni che giustificano detto provvedimento e, quando si 
tratta di un divieto assoluto d'importare, senza dover tener conto della 
quantit�, rilevante o trascurabile, delle domande gi� presentate. � 

Omettendo di sindacare le ragioni addotte dallo Stato membro per 
giustificare i provvedimenti di politica commerciale che esso desidera 

, possa essere investita, in sede consultiva, di questione in merito alla quale potrebbe 
essere chiamata poi a pronunciarsi in sede contenziosa. 
La Corte di giustizia comunque, nonostante le contrarie argomentazioni 
prospettate, anche relativamente all'ammissibilit� stessa della richiesta di parere, 
dai vari Stati membri interessati, ha ritenuto di affermare, nella materia, 
la esclusiva competenza della Comunit� economica europea, con il parere 1/75 
dell'll novembre 1975 (Racc., 1355). 
Certamente, il parere espresso in argomento dalla Corte di giustizia (per 
la prima volta interessata in sede consultiva) risulter� determinante al fine di 
accelerare il processo di instaurazione di una politica commerciale comune, in 
ritardo rispetto ai termini preventivati nel Trattato. 
Anche a prescindere dal fatto che una convenzione internazionale stipulata 
dalla Comunit� in tema di politica commerciale potrebbe assumersi vincolante 
per tutti gli Stati membri nei confronti dei Paesi terzi contraenti, ma non nei 
reciproci rapporti (ipotesi teoricamente possibile, proprio per la mancata realizzazione 
di una effettiva politica commerciale comune, e proprio in quanto 
i singoli Stati membri potrebbero considerarsi parti contraenti nei confronti 
dei Paesi terzi, ma non nei rapporti reciproci), non pu� non essere considerato, 
tuttavia, che l'impostazione di principio sopra commentata, ed argomentazioni 
del tutto analoghe a quelle con le quali � stata sostenuta l'attuale applicabilit� 
dell'art. 115, primo comma, del Trattato potrebbero indurre invece a ritenere 
che la reale sussistenza delle condizioni necessarie all'attuazione di una politica 
� commerciale comune, e non la sola scadenza del termine al riguardo preventivato, 
costituisca condizione necessaria per ammettere la esclusiva competenza 
della Comunit� a negoziare e stipulare accordi con i Paesi terzi in tema di 
politica commerciale: criterio la cui validit� appare implicitamente confermata, 
del resto, dalla prassi in argomento formatasi (sia pur per una mancata precisa 
definizione dei rapporti tra diritto comunitario e diritto internazionale), ed 
in particolare dal fatto che le convenzioni internazionali sono state di norma 
stipulate dalla Comunit�, anche dopo la fine del periodo transitorio, con la 
partecipazione dei singoli Stati membri, e con entrata in vigore condizionata 
alla ratifica, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti costituzionali, da 
parte di ciascuno degli Stati membri. 

A. M. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

adottare, la Commissione ha violato l'obbligo, impostole dall'art. 115, di 
controllare se si tratti di provvedimenti �adottati conformemente al 
Trattato � e se i provvedimenti protettivi richiesti siano necessari ai 
sensi dello stesso articolo. Estendendo l'autorizzazione alle domande 
gi� presentate, senza tener conto della rilevanza o irrilevanza delle partite 
oggetto delle domande, la Commissione � del pari uscita dai limiti 
del suo potere discrezionale. La decisione impugnata va pertanto annullata, 
senza che sia necessario esaminare i restanti mezzi dedotti. 


(Omissis). 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 8 aprile 1976, 
nella causa 43/75 -Pres. Leocurt -Avv. gen. Trabucchi -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dalla e.orte del lavoro di Bruxelles 
nella causa Defrenne (avv. Cuvelliez) c. soc. SABENA (avv. de 
Keyser) -Interv.: Commissione delle Comunit� europee (ag. Jonczy), 
Governo inglese (avv. Scott), e Governo irlandese (ag. Lysaght). 

Comunit� europee -Politica sociale � Principio della parit� di retribuzione Diretta 
applicabilit� dell'art. 119 del trattato CEE. 

(Trattato CEE, art. 119). 

Comunit� europee � Politica sociale -Principio della parit� di retribuzione Art. 
119 del trattato CEE � Diretta applicabilit� � Decorrenza. 

(Trattato CEE, art. 119). 

Comunit� europee � Politica sociale � Principio della parit� di retribuzione � 
Art. 119 del trattato CEE -'Diretta applicabilit� -Decorrenza � Diversi 
termini preVisti in direttiva del Consiglio � Irrilevanza. 

(Trattato CEE, art. 119; direttiva del Consiglio 10 febbraio 1975, n. 117). 

Comunit� europee � Politica sociale � Principio della parit� di retribuzione Attuazione 
� Competenza esclusiva del legislatore nazionale � Esclusione. 

(Trattato CEE, art. 119). 

Comunit� europee -Politica sociale � Principio della parit� di retribuzione � 
Art. 119 del trattato CEE -Efficacia diretta � Deducibilit� � Limiti. 

(Trattato CEE, art. 119). 

Il principio della parit� di retribuzione, di cui all'art. 119 del trattato 
CEE, pu� essere fatto valere dinanzi ai giudici nazionali e questi 
devono garantire la tutela dei diritti che detta disposizione attribuisce 
ai singoli, in particolare nel caso di discriminazioni che traggano direttamente 
origine da norme di legge <Y da contratti collettivi di lavoro, 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 357 

come pure nel caso di retribuzione diversa di lavoratori di sesso femminile 
e di lavoratori di sesso maschile per lo stesso lavoro, qualora questo 
venga s11olto nella stessa azienda .o ufficio, privato o pubblico (1). 

L'applicazione dell'art. 119 del trattato CEE doveva essere pienamente 
garantita dai vecchi Stati membri a partire dal 10 gennaio 1962, 
inizio della seconda tappa del periodo transitorio, e dai nuovi Stati 
membri a partire dal 1� gennaio 1973, data di entrata in vigore del Trattato 
d'adesione. Il primo di questi termini non � stato modificato dalla 
risoluzione degli Stati membri in data 30 dicembre 1961 (2). 

(1-5) Non occorre certo sottolineare l'importanza della decisione in ras� 
segna, gi� da taluni definita � rivoluzionaria� (Comunit� Europee, maggio 1976, 
pag. 19). 

Anche rispetto all'affermata diretta efficacia dell'art. 119 del trattato CEE 
(sulla quale, del resto, non sembra che la formula stessa della norma consentisse 
dubbi) assume peraltro particolare rilevanza l'affermazione di principio 
contenuta nell'ultima parte del dispositivo, riprodotta nella quinta massima, 
quella, cio�, con la quale la Corte di giustizia ha ritenuto di escludere, nonostante 
la portata necessariamente dichiarativa della sua pronuncia, la possibilit� 
di far valere la diretta efficacia dell'art. 119 del trattato CEE � a sostegno 
di rivendicazioni relative a periodi di retribuzione anteriori alla data della 
presente sentenza �. 

Certamente, non pu� negarsi la rilevanza di fatto delle considerazioni che 
hanno indotto la Corte di giustizia a limitare la possibilit� di invocare la diretta 
efficacia dell'art. 119 del trattato CEE. 

Piuttosto che in base a tali considerazioni (la cui rilevanza � in diritto quantomeno 
discutibile) l'adottata soluzione sembra peraltro potersi fondare sul particolare 
contenuto che I'� inadempimento � assume nell'ambito dell'ordinamento 
comunitario e sulla assorbente preminenza della necessit� di garantire l'equilibrio 
dei rapporti ed il concreto conseguimento delle finalit� istituzionali, che 
pu� risultare invero compromesso da una retroattiva eliminazione di effetti 
dannosi, proprio per il contrasto in cui tale soluzione risulterebbe con i fini 
da conseguire. 

Anche se risulta adottata � in via eccezionale �, quindi, la soluzione di cui 
all'ultima parte della sentenza in rassegna sembra rispondere ad esigenze di 
pubblico interesse che dovrebbero farla riconoscere rilevante anche relativamente 
ad altre situazioni, ed in particolare in quella concernente l'obbligo degli 
Stati membri di restituire o di recuperare somme riscosse o corrisposte in 
violazione alla normativa comunitaria. 

Con riserva di riprendere quanto prima in esame la questione, si ritiene 
opportuno pubblicare qui di seguito, per il rilevante interesse delle questioni 
discusse, anche la prima parte della decisione, relativa alle osservazioni presentate 
dalle parti interessate. 

Omissis. -II. Osservazioni scritte presentate alla Corte 

A. Sulla prima questione 
La Defrenne, appellante nella causa principale, ritiene che le spetti un diritto 
soggettivo a percepire pari stipendio in forza dell'efficacia immediata 
dell'art. 119 del Trattato, indipendentemente dall'art. 14 del D.R. n. 40 del 24 

5 



358 

RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO 

La direttiva del Consiglio 10 febbraio 1975, n. 117, non osta all'efficacia 
diretta dell'art. 119 del trattato CEE e il termine stabilito da detta 
direttiva non influisce affatto sui termini fissati dall'art. 119 del trattato 
CEE e, rispettivamente, dal trattato d'adesione (3). 

Nemmeno nei campi in cui l'art. 119 del trattato CEE non ha efficacia 
diretta, detta disposizione pu� essere interpretata nel senso che 
essa riservi al legislatore nazionale la competenza esclusiva per l'attuazione 
del principio della parit� di retribuzione, dato che tale attuazione 
pu� risultare, in quanto occorra, dalla concomitanza di norme comunitarie 
e nazionali (4). 

ottobre 1967, sul lavoro del personale femminile, a norma del quale �ogni lavoratrice 
pu� adire il giudice competente per far rispettare il principio della 
parit� retributiva tra i lavoratori dei due sessi�. 

a) L'art. 119 impone indistintamente a tutti gli Stati membri di osservare, 
nel campo retributivo, il principio di non discriminazione tra i sessi. Gli 
Stati dovevano adeguare a tale principio i loro ordinamenti fin dalla prima 
tappa del periodo transitorio, adottando una disciplina che doveva venire in 
seguito mantenuta in vigore. 

L'articolo non implica, ma nemmeno esclude, l'intervento delle autorit� comunitarie 
o di quelle nazionali per la messa in atto del principio della parit� 
di remunerazione per lo stesso lavoro. 

b) L'art. 119 � redatto in modo chiaro e semplice: esso impone un obbligo 
di fare, di senso non equivoco. 

e) Gli Stati membri sono tenuti a rispettare il principio della parit� di 
retribuzione; il fatto che essi possano adottare le disposizioni d'indole giuridica, 
economica o amministrativa atte ad adempiere il loro obbligo non implica 
affatto che i singoli, ed in particolare le lavoratrici, debbano attendere l'adozione 
di provvedimenti nazionali per poter fruire di quanto loro spetta in 
forza dell'art. 119. Secondo i criteri elaborati dalla Corte di Giustizia, l'art. 119 
esplica infatti un'afficacia diretta nei rapporti tra lo Stato e le lavoratrici. 

d) Quanto al tenore letterale dell'art. 119, � opportuno ricordare che la 
Corte di Giustizia ha ritenuto che la designazione degli Stati membri a destinatari 
della norma non esclude che i singoli non ne possano trarre vantaggio. 

L'obbligo � inequivoco: il principio della parit� di retribuzione � chiaro 
e non lascia adito a dubbi; gli Stati membri non dispongono a questo proposito 
di alcun potere discrezionale. Esso corrisponde d'altronde all'applicazione 
di un principio generale di eguaglianza che rientra nel comune patrimonio 
ideologico degli Stati membri. 

Quanto all'efficacia concreta dell'art. 119, si deve ritenere che esso � efficace 
solo se i cittadini degli Stati membri possono fruire della parit� di retribuzione. 
E' evidente l'interesse delle lavoratrici ad invocare tale articolo, che 
rappresenta una delle applicazioni del principio della parit� di trattamento su 
cui si fonda il Trattato CEE. 

L'art. 119 ha inevitabilmente efficacia diretta; il giudice nazionale deve applicarlo 
nell'amministrare la giustizia e gli organi esecutivi devono rispettarlo, 
specie nell'attivit� amministrativa diretta. 

Tenuto conto dei principi posti dalla Corte di Giustizia, l'art. 119 deve dunque 
avere efficacia diretta; di conseguenza, il giudice nazionale deve garantirne 
il rispetto nell'ambito delle cause di cui deve conoscere ed i singoli ne 
traggono dei diritti soggettivi che possono far valere dinanzi ai giudici competenti. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 359 

Eccezion fatta per i lavoratori che abbiano gi� promosso un'azione 
giudiziaria o proposto un reclamo equipollente, l'efficacia diretta dell'art. 
119 del trattato CEE non pu� essere fatta valere a sostegno di 
rivendicazioni relative a periodi di retribuzione anteriori alla data della 
presente sentenza (5). 

(Omissis). -In diritto. -Con sentenza 23 aprile 1975, pervenuta in 
cancelleria il 2 maggio seguente, la Cour du Travail di Bruxelles ha 
sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, due 
questioni relative all'efficacia ed all'attuazione dell'art. 119 del 'Trattato, 
:riguardante il principio della parit� di retribuzione tra lavoratori di 

e) Fin dall'inizio della prima tappa, gli Stati membri sono tenuti ad 
applicare il principio della parit� di retribuzione. Si tratta di un obbligo inerente 
al risultato: il tenore dell'art. 119 � troppo chiaro per poterlo interpretare 
in senso diverso. L'obbligo � quindi entrato a far parte del diritto belga 
dal momento in cui il Parlamento ha ratificato il Trattato e da questo momento 
il giudice nazionale � tenuto a garantirne il rispetto. 

Nemmeno la risoluzione della conferenza degli Stati membri, in data 30 
dicembre 1961, con cui sono state stabilite varie scadenze per la parificazione 
degli stipendi al personale dei due sessi, con termine ultimo al 31 dicembre 
1964, pu� scalfire tale conclusione: una decisione politica o diplomatica, adottata 
di comwie accordo tra gli Stati, ma non contemplata dal Trattato non 
pu� modificare le disposizioni del Trattato stesso. 

Il Governo britannico ritiene che il problema vada risolto informandosi 
ai criteri elaborati dalla Corte di, Giustizia per stabilire se una disposizione 
del Trattato abbia efficacia diretta o meno, cio� se conferisca ai singoli diritti 
soggettivi che il giudice nazionale deve tutelare. 

a) L'obbligo imposto agli Stati membri dall'art. 119 non possiede i requisiti 
di chiarezza e precisione richiesti dalla Corte. 

Esso non definisce in modo complessivo il principio della parit� di retribuzione 
per lo stesso lavoro. Il fatto stesso che venga definito �principio � 
indica che esso si riferisce ad una nozione molto ampia; per questo motivo 
l'art. 1 della direttiva del Consiglio 75/117 del 10 febbraio 1975, concernente il 
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del 
principio della parit� delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e 
quelli di sesso femminile (G.U. n. L 45, pag. 19), contiene una definizione del 
principio, che illustra e precisa alquanto il testo dello stesso articolo, ritenuto 
inadeguato. 

La nozione di remunerazione e pi� particolarmente quella di � vantaggi 
pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di 
lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo � richiede un'interpretazione 
sotto vari aspetti. 

Il terzo comma dell'art. 119 contem'.pla � la parit� di retribuzione, senza 

discriminazione fondata sul sesso �, espressione che non compare nel primo 

comma, in cui si enuncia il principio generale, e si riferisce soltanto alla remu


nerazione corrisposta per lo stesso lavoro retribuito a cottimo o a tempo; sono 

quindi necessarie le precisazioni fornite all'art. 1 della direttiva 75/117. 

Tale direttiva ha lasciato liberi gli Stati di determinare, mediante norme 

di diritto nazionale, le modalit� per la messa in atto del principio. Comun




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

360 

sesso maschile e lavoratori di sesso femminile per lo stesso lavoro. Le 
questioni sono state sollevate in una causa tra una hostess aeronautica 
e il suo datore di lavoro, la S.A. SABENA, causa vertente sull'indennit� 
pretesa dall'attrice nel!a causa principale per il fatto di aver assertivamente 
subito, dal 15 febbraio 1963 al 1� febbraio 1966 e in quanto lavoratrice 
di sesso femminile, una discriminazione in fatto di retribuzione 
rispetto a dei colleghi di sesso maschile che svolgevano lo stesso lavoro 
in qualit� di � commessi di bordo �. Secondo la sentenza di rinvio, le 
parti concordano sul fatto che il lavoro dell'hostess aeronautica � identico 
a quello del commesso di bordo ed � pure pacifico �he, durante 
il periodo di cui trattasi, vi � stata una discriminazione in fatto di 
retribuzione a danno della hostess. 

Sulla prima questione (efficacia diretta dell'art. 119). 

Con la prima questione si chiede se l'art. 119 del Trattato � introduca 
di per s� direttamente, nell'ordinamento interno di ciascuno Stato 
membro..., il principio della parit� di retribuzione fra i due sessi per 

que, sotto questo aspetto � ipotizzabile solo un determinato tipo di legislazione, 
ma non una soluzione giurisdizionale. 

D'altro canto, l'art. 119 non precisa se il raffronto tra la remunerazione 
ai lavoratori e quella alle lavoratrici debba farsi nell'ambito di un impiego 
determinato o per il complesso di una determinata attivit�; analogamente esso 
non risolve il problema del se le prestazioni speciali che il personale femminile 
pu� ottenere dal datore di lavoro a motivo del rapporto di impiego, 
come nel caso di gravidanza, debbano escludersi dall'applicazione del principio 
della parit� di retribuzione, o se, in determinate circostanze, tali prestazioni 
rientrino nella nozione di � altri vantaggi�. 

b) E' pacifico che l'art. 119 � una disposizione incondizionata, senza alcuna 
riserva, ai sensi del secondo criterio sancito dalla Corte. 

e) La necessit� di un intervento statale sul piano legislativo � rivelata 
dalla formula con cui viene imposto l'obbligo agli Stati membri: l'art. 119 
li vincola con una dichiarazione di carattere generale. La direttiva 75/117 ha 
riconosciuto tale necessit�: l'art. 8 impone agli Stati l'obbligo di elaborare i 
provvedimenti necessari per conformarsi alla direttiva stessa nel termine di un 
anno a decorrere dalla sua notifica, e di garantire cos� che il principio generale 
sancito dall'art. 119 avr� applicazione pratica. Senza provvedimenti interni 
di esecuzione un obbligo come quello enunciato dall'art. 119 � incompleto e a 
poco servirebbero sentenze interpretative. 

d) La soluzione della prima questione deve dunque essere negativa. 

e) E' opportuno, nell'ambito della presente controversia, tener conto del 
fatto che l'ammissione dell'efficacia diretta dell'art. 119 pu� aver conseguenze 
nocive per il diritto in generale, giacch� pu� ingenerare incertezze o confusioni 
negli ordinamenti nazionali e creare conflitti tra gli ordinamenti giuridici 
interni e quello comunitario. Nonostante il miglior impegno di uno Stato a 
mettere in pratica un principio cos� generale come quello di cui all'art. 119, 
� sempre possibile reperire imperfezioni nell'ambito della sua legislazione. Inoltre, 
le incertezze giuridiche possono venir dissipate solo tramite sentenze della 



PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 361 

lo stesso lavoro � e se � attribuisca quindi ai lavoratori -a prescindere 
da qualsiasi normativa nazionale -il diritto di agire legalmente dinanzi 
ai giudici nazionali per: ottenere che tale principio sia osservato �. Per 
il caso affermativo, si chiede inoltre a partire da quale data esso abbia 
tale efficacia. Quest'ultima parte della prima questione verr� risolta unitamente 
alla seconda questione. 

La questione dell'efficacia diretta dell'art. 119 va esaminata alla luce 
della natura del principio della parit� di retribuzione, dello scopo perseguito 
da detta disposizione e della sua collocazione nel sistema del 
Trattato. L'art. 119 si propone un duplice scopo. In primo luogo, tenuto 
conto del diverso grado di sviluppo della legislazione sociale nei vari 
Stati membri, esso serve ad evitare che, nella competizione intracomu-

Corte di Giustizia e -nel frattempo -il comportamento dei singoli si � 
ispirato a norme di diritto interno. D'altro canto, una disposizione del Trattato, 
dopo la dichiarazione della sua efficacia diretta, espleta tale efficacia in tutti 
gli Stati membri e dal momento della sua entrata in vigore. La retroattivit� 
di tale efficada potrebbe avere ripercussioni sul diritto interno. La modifica 
della legge con effetto retroattivo � per� contraria a certi princ�pi generali 
fatti propri dall'ordinamento giuridico comunitario. 

f) Il riconoscimento dell'efficacia diretta dell'art. 119, con effetto retroattivo, 
pu� avere, nella situazione dei datori di lavoro, ripercussioni tali da 
pregiudicare l'economia degli Stati membri. Alcuni accordi che risalgono �al 
lo gennaio 1973 e, per i primi sei Stati membri, al l�o gennaio 1962, potrebbero 
venir rimessi in forse, alcuni rapporti a lungo termine dovrebbero venir riveduti. 
L'� Equa! Pay Act 1970 � prevede che nel Regno Unito la parit� dei salari 
venga realizzata entro il 1975: una decisione circa l'efficacia diretta dell'art. 119 
potrebbe sconvolgere la situazione sociale ed economica di quel paese. 

g) In ogni caso, i diritti conferiti dall'art. 119 possono essere fatti valere 
solo nei rapporti tra singoli e Stati membri e non nei� rapporti tra singoli. 
Se essi fossero azionabili nei rapporti tra singoli, ne potrebbero scaturire 
obbligazioni incombenti ai singoli per effetto dell'inadempienza di uno Stato 
membro. Questa situazione sarebbe non solo in contrasto con il tipo di obbligo 
imposto dal Trattato, che si rivolge agli Stati membri, ma anche incompatibile 
con i princ�pi di equit�. 

Il Governo irlandese osserva che l'art. 119 non instaura direttamente negli 
ordinamenti interni il principio secondo cui maschi e femmine devono essere 
retribuiti nello stesso modo a parit� di lavoro, cosicch� i dipendenti, prescindendo 
da ogni tipo di disciplina nazionale, sarebbero legittimati a convenire 
in giudizio i datori di lavoro dinanzi ai giudici nazionali per far loro rispettare 
tale principio. 

a) Lo stesso tenore dell'art. 119 non consente di interpretarlo nel senso 
che esso eserciti un effetto diretto nell'ordinamento interno, dal quale scaturiscono 
obblighi e doveri reciproci tra dipendenti e datori di lavoro. Se il 
legislatore avesse voluto disporre altrimenti, non avrebbe scelto gli Stati come 
destinatari dell'art. 119; sarebbe stato sufficiente stabilire che, dalla prima 
tappa, vi era l'obbligo di parit� di remunerazione tra i sessi per lavoro uguale 
e, se mai fossero stati imposti obblighi agli Stati membri per effetto di questo 
articolo, quest'obbligo si sarebbe limitato all'obbligo implicito di adottare i 
necessari provvedimenti di attuazione. 



362 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nitaria, le aziende degli Stati che hanno dato pratica attuazione al principio 
della parit� di retribuzione siano svantaggiate, dal punto di vista 
della concorrenza, rispetto alle aziende degli Stati che non hanno ancora 
eliminato la discriminazione retributiva a danno della mano d'opera 
femminile. In secondo luogo, detta disposizione rientra negli scopi sociali 
della Comunit�, dato che questa non si limita all'unione economica, ma 
deve garantire al tempo stesso, mediante un'azione comune, il progresso 
sociale e promuovere il costante miglioramento delle condizioni di vita 
e di lavoro dei popoli europei, come viene posto in rilievo nel preambolo 
del Trattato. Questo scopo � posto in evidenza dal fatto che l'art. 119 
si trova nel capo dedicato alla politica sociale, il cui primo articolo (117) 
rileva la �necessit� di promuovere il miglioramento delle condizioni di 
vita e di lavoro della mano d'opera, che consenta la loro parificazione 
nel progresso �. 

b) Dall'analisi della giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia, 
si rileva che la Corte in sostanza ha ritenuto direttamente efficaci le disposizioni 
del Trattato che hanno lo scopo di garantire, mediante la soppressione 
delle restrizioni o il divieto di nuove restrizioni, la realizzazione delle � libert� 
fondamentali � contemplate dal Trattato, specie la libera circolazione delle merci, 
delle persone e dei servizi. Loro scopo � quello di arrecare beneficio alla Comunit� 
come complesso, piuttosto che ad una speciale categoria di persone; la 
loro messa in atto � strettamente connessa con il compito e con le attivit� 
fondamentali della Comunit� stabilite dagli artt. 2 e 3 e ampliate dall'art. 7 
del Trattato. Esse non implicano, comunque, mai un intervento diretto nei 
rapporti contrattuali tra singoli. 

� Se al contrario fosse dichiarata l'efficacia diretta dell'art. 119 nei rapporti 
tra i singoli, ci� avrebbe ripercussioni nel diritto privato, specie per quel che 
riguarda gli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, piuttosto che nella 
sfera del diritto pubblico. Vi � dunque una differenza fondamentale tra l'art. 119 
e le altre disposizioni che la Corte ha dichiarato direttamente applicabili. 

Contrariamente a queste ultime, l'art. 119 ha un obiettivo sociale limitato 
ad una classe di persone ben determinata, cio� le lavoratrici. Questo obiettivo, 
pur se di tutto riguardo, va considerato alla luce e nella prospettiva dei compiti 
e dell'attivit� fondamentale della Comunit� elencati negli artt. 2 e 3 del 
Trattato. 

Poich�� quindi l'art. 119 si differenzia completamente dagli articoli che la 
giurisprudenza ha dichiarato direttamente applicabili, la giurisprudenza della 
Corte non offre alcun aiuto nella soluzione della prima questione. 

e) La direttiva del Consiglio n. 75/117, specie gli artt. 6 e 8, confermano 
che l'art. 119 richiede, per la sua attuazion,e, provvedimenti speciali e diversi 
nei vari Stati membri, nonch� un periodo di adeguamento, specie per i nuovi 
Stati membri. La possibilit� di applicare direttamente l'art. 119 ai rapporti tra 
dipendenti e datori di lavoro � stata respinta dagli a�tori del Trattato CEE 
e del Trattato di adesione; l'art. 119 � stato redatto scegliendo a ragion veduta 
una formula che non gli conferisce efficacia diretta. 

d) L'opinione � corroborata dalle conseguenze che scaturirebbero da una 
diversa interpretazione. Se dal l�o gennaio 1973, data di adesione dell'Irlanda 
alla Comunit�, in quel paese si dovesse ammettere l'efficacia diretta dell'art. 119, 
l'onere finanziario conseguente per alcuni datori di lavoro sarebbe insostenibile. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 363 

Da questo duplice scopo, economico e sociale, deriva che il principio 
della parit� di retribuzione � uno dei princ�pi fondamentali della 
Comunit�. Questa considerazione spiega del resto perch� il Trattato 
abbia voluto che questo principio fosse interamente applicato sin dalla 
prima tappa del periodo transitorio. Nell'interpretare detta disposizione 
non si pu� quindi trarre argomento dagli indugi e dalle resistenze che 
hanno ritardato, in determinati Stati membri, l'applicazione effettiva di 
detto principio essenziale. Pi� particolarmente, il fatto che l'art. 119 si 
trovi in un contesto in cui si parla nella parificazione delle condizioni 
di lavoro nel senso del progresso toglie ogni valore all'obiezione secondo 
la quale detto articolo potrebbe essere osservato anche qualora non 
venissero aumentate le retribuzioni pi� modeste. 

A norma dell'art. 110, primo comma, gli Stati membri devono garantire 
e tener ferma � l'applicazione del principio della parit� delle 
retribuzioni fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile 

La parit� di retribuzione'nel settore del pubblico impiego in Irlanda, dal 1� gennaio 
1973, implicherebbe per lo Stato un onere superiore al totale delle sovvenzioni 
concesse all'Irianda dal Fondo regionale comunitario per gli anni 1975/1977. 

e) )';'. opportuno ricordare che l'� anti-discrimination (pay) Act 1974 � che 
instaura nell'ordinamento irlandese il principio della parit� di stipendio a parit� 
di lavoro, entrava in vigore il 31 dicembre 1975. 

La Commissione delle Comunit� Europee ritiene si debba distinguere tra 
l'efficacia immediata dell'art. 119 e la sua applicazione diretta. 

a) Prescindendo da ogni apprezzamento sull'applicazione diretta del� 
l'art. 119, non � possibile attribuirgli efficacia immediata dal momento della 
ratifica del Trattato CEE da parte degli Stati membri: lo stesso articolo stabiliva 
un termine entro il quale gli Stati dovevano mantenere l'impegno cos� 
assunto, vale a dire la prima tappa del periodo transitorio; gli Stati membri 
avrebbero quindi avuto tempo fino al lo gennaio 1962 per provvedere ad istituire 
la parit� delle retribuzioni. La risoluzione della conferenza degli Stati 
membri del 30 dicembre 1961, sull'allineamento delle retribuzioni a lavoratori 
e lavoratrici ha prorogato al 31 dicembre 1964 il termine per l'equiparazione 
assoluta delle retribuzioni maschili e femminili. 

b) Il Trattato CEE contiene due categorie di norme; la prima attribuisce 
ai singoli dei diritti che i giudici nazionali devono tutelare, la seconda impone 
soltanto degli obblighi agli Stati membri. Le disposizioni del primo tipo devono 
essere di per s� complete, senza riserve e non equivoche: ogni complemento 
di legislazione nazionale d'attuazione dev'essere superfluo. Visto alla luce di 
tali criteri, l'art. 119 rientra nella seconda categoria e quindi non � una norma 
direttamente applicabile. Il tenore della norma lascia intendere che si prevede 
un'iniziativa degli Stati membri per mettere in atto il principio della parit� di 
retribuzione. Sia la raccomandazione della Commissione del 20 luglio 1960 che 
la risoluzione della Conferenza degli Stati membri del 30 dicembre 1961 si 
basano su questa interpretazione. 

L'art. 119 ha imposto agli Stati membri un duplice obbligo: il primo -da 
assolversi entro la scadenza della prima tappa del periodo transitorio, scadenza 
poi prorogata, con la risoluzione del 30 dicembre 1961, al 31 dicembre 1964 era 
quello di realizzare la parit� salariale; il secondo -che insorge al mo




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

364 

per uno stesso lavoro �. Il secondo e il terzo comma dello stesso articolo 
aggiungono un certo numero_ di precisazioni relative alle nozioni di retribuzione 
e di lavoro, di cui al primo comma. Ai fini dell'applicazione 
di queste disposizioni, si deve fare una distinzione, nell'ambito dell'applicazione 
complessiva dell'art. 119, fra le discriminazioni dirette e palesi, 
che si possono accertare con l'ausilio dei soli criteri di identit� del lavoro 
e parit� di retribuzione indicati da detto articolo, da un lato, e, d'altro 
lato, le discriminazioni indirette e dissimulate, che possono essere messe 
in luce solo valendosi di disposizioni d'attuazione pi� precise, di carattere 
comunitario o nazionale. 

Non si pu� infatti negare che la realizzazione integrale dello scopo 
perseguito dall'art. 119, mediante l'eliminazione di qualsiasi discrimina-

mento dell'assolvimento del primo -� quello di conservare detta parit� salariale, 
cio� di impedire ogni regresso verso la differenziazione. 

Tuttavia l'impossibilit� di applicare direttamente la norma riguarda solo 
i rapporti tra singoli; si pu� ritenere che, dopo la scadenza del termine concesso 
agli Stati per adeguarsi alle disposizioni dell'art. 119, questo � direttamente 
applicabile nei rapporti tra Stati e singoli. 

Nella causa principale si tratta di un rapporto tra singoli, quindi � possibile 
attenersi alla dottrina tradizionale. I criteri generali sanciti dalla Corte 
di Giustizia nella sua pi� recente giurisprudenza in materia di applicabilit� 
diretta non modificano affatto tale rilievo e non consentono di attribuire all'art. 
119 un'efficacia diretta nei rapporti tra singoli. 

D'altro canto, l'art. 119 presenta una differenza fondamentale rispetto agli 
artt. 48 e 52, che la Corte ha dichiarato direttamente applicabili: in materia 
di libera circolazione o di diritto di stabilimento entra in gioco la responsabilit� 
diretta dello Stato, che deve riservare lo stesso trattamento ai propri 
cittadini e a quelli degli altri Stati membri; nel campo della parit� salariale 
tra i due sessi, invece, nei rapporti tra singoli non entra in gioco la responsabilit� 
diretta dello Stato, giacch� non sussiste un analogo richiamo a disposizioni 
legislative effettivamente applicate al personale maschile. L'obbligo imposto 
agli Stati membri dall'art. 119 non si concreta in un divieto chiaro e incondizionato 
di fare qualcosa, ma nell'obbligo di garantire l'applicazione di un principio; 
in altri termini, non si tratta di sopprimere una disposizione, ma di 
istituirne una. Nei rapporti tra singoli, l'art. 119 non va quindi considerato 
come una disposizione direttamente applicabile nell'ordinamento interno di 
ciascuno Stato membro che possa attribuire ai singoli dei diritti tutelabili d� 
parte della magistratura nazionale. Per contro, detto articolo � direttamente 
applicabile nelle relazioni tra Stati membri e singoli, dopo la scadenza del 
termine concesso agli Stati per garantirne l'applicazione. 

B. Sulla seconda questione. 
La De/renne deduce che la se�onda questione manca di chiarezza. 

a) Se essa � stata posta solo in subordine rispetto alla prima, si deve 

quanto meno dubitare della sua ricevibilit�: essa infatti non solleva una vera 

questione d'interpretazione. 

b) Se invece essa � stata sollevata in considerazione della direttiva 75/117, 

si deve rilevare che quest'ultima rappresenta essenzialmente un monito velato 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 365 

zione fra lavoratori di sesso femminile e lavoratori di sesso maschile, 
tanto diretta quanto indiretta, nell'ambito non solo delle singole aziende, 
ma anche d'interi settori industriali o persino dell'economia nel suo 
complesso, pu� richiedere in determinati casi l'adozione di criteri da 
determinarsi mediante opportuni provvedimenti comunitari o nazionali. 
Questo modo di vedere � tanto pi� irrefutabile in quanto gli atti comunitari 
in materia, che saranno indicati a proposito della seconda questione, 
danno attuazione all'art. 119 ampliando il criterio di � stesso 
lavoro�, in conformit� fra l'altro con le disposizion� della Convenzione 

n. 100 sulla parit� di retribuzione dell'Organizzazione Internazionale del 
Lavoro (1951), il cui art. 2 parla di parit� di retribuzione per un lavoro 
� di uguale valore �. 
Fra le discriminazioni dirette, che si possono accertare con l'ausilio 
dei soli criteri indicati dall'art. 119, vanno annoverate in ispecie quelle 

nei confronti degli Stati membri; essa non istituisce alcuna norma nuova di 
diritto positivo comunitario. La disciplina comunitaria relativa al principio 
della parit� di remunerazioni � concentrata nell'art. 119. La direttiva illustrerebbe 
solo alcune modalit� di un diritto gi� costituito, definito con chiarezza 
e precisione nel Trattato. 

I principi messi in evidenza dalla Corte di Giustizia nella sentenza 21 giugno 
1974 (causa 2/74 Reyners c. Stato Belga, pag. 631) si applicano pure al 
settore disciplinato dall'art. 119. La direttiva costituisce solo una delle possibili 
modalit� di attuazione di detta disposizione, ma non � indispensabile per la 
sua applicazione. L'efficacia diretta dell'art. 119 �, per eccellenza, la modalit� 
principale per la sua applicazione. 

Se quindi si deve dare �una soluzione alla seconda questione, questa dovrebbe 
essere doppiamente negativa. 

Il Governo del Regno Unito ritiene che l'unica norma comunitaria da applicarsi 
nella fattispecie sia la direttiva 75/117, che non pu� conferire efficacia 
diretta all'art. 119. 

La direttiva mette in rilievo che spetta anzitutto agli Stati membri garantire 
l'applicazione del principio della parit� di retribuzione mediante norme di 
legge, regolamenti e disposizioni amministrative adeguati e che le disparit� 
esistenti tra i vari Stati membri rendano necessario un ravvicinamento delle 
norme interne. 

La soluzione della seconda questione deve quindi essere che solo il legislatore 
nazionale � competente in questa materia. 

Il Governo irlandese ritiene che il Consiglio fosse competente ad adottare 
la direttiva 75/117. Ci� implica che, entro l'anno successivo alla notifica della 
direttiva, gli Stati membri avrebbero dovuto prendere, a seconda della situazione 
interna e del loro ordinamento giuridico, i provvedimenti necessari per 
garantire l'applicazione del principio dell'eguaglianza di retrib)lzione e per 
conformarsi alle altre disposizioni della direttiva. Non si pu� sostenere che 
l'art. 119 conferisca ai dipendenti diritti che essi possano opporre ai datori di 
lavoro anche se gli. Stati membri non hanno ancora adottato provvedimenti 
per mettere in atto la direttiva. 

�\ dunque opportuno risolvere la seconda questione rilevando che i legislatori 
nazionali sono gli unici competenti a conferire ai lavoratori dipendenti 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

366 

che traggono ongme da disposizioni di natura legislativa o dai contratti 
collettivi di lavoro, dato che esse possono essere poste in luce mediante 
un esame puramente giuridico. Lo stesso dicasi della diversa retribuzione 
di lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile per lo stesso 
lavoro, svolto nella stessa azienda o ufficio, privato o pubblico. In casi 
del genere -come si evince dalle stesse considerazioni della sentenza 
di rinvio -il giudice � in grado di procurarsi tutti gli elementi di fatto 
che gli consentano di accertare se un lavoratore di sesso femminile sia 
retribuito meno di un lavoratore maschile avente le stesse mansioni. 

Almeno in tali casi, l'art. 119 pu� essere applicato direttamente e 
pu� quindi attribuire ai singoli dei diritti che i giudici nazionali devono 
tutelare. D'altro canto, le norme nazionali adottate per l'attuazione del 

il diritto di convenire in giudizio i datori di lavoro che non rispettino il principio 
della parit� di retribuzione tra i sessi per un lavoro uguale. 

La Commissione giudica che la seconda questione trae la propria ragion 
d'essere solo in caso di soluzione negativa della prima. La soluzione negativa 
per� vale solo per quel che riguarda i rapporti tra singoli. La seconda questione 
si pone quindi unicamente sotto questo profilo. 

a) Si deve constatare anzitutto. che il tenore dell'art. 119 non subordina 
la messa in atto del principio della parit� di retribuzione ad alcun atto ulteriore 
di diritto derivato da adottarsi dalle istituzioni comunitarie. Esso impone 
obblighi ai singoli Stati membri. La soluzione della prima parte della questione 
deve quindi essere negativa. 

b) Poich� l'art. 119 non � direttamente applicabile nei rapporti tra singoli 
e gli obblighi che ne derivano incombono agli Stati membri, � incontestabile 
la competenza del legislatore nazionale ad adottare disposizioni ad hoc nell'ordinamento 
interno. Detta competenza � esclusiva, ma non discrezionale: l'autonomia 
del legislatore nazionale � limitata -sia per quel che riguarda il ris�ltato 
da perseguire, sia per quel che riguarda i termini -dall'art. 119 stesso 
e dalla direttiva 75/117. 

III. Risposte alle domande fatte dalla Corte. 
Dopo la presentazione delle osservazioni scritte, la Corte, su relazione del 
giudice relatore, sentito. l'avvocato generale, ha deciso di iniziare la fase orale 
senza procedere ad istruttoria. 

Tuttavia la Commissione, il Governo del Regno Unito ed il Governo Irlandese 
sono stati invitati a rispondere per iscritto a varie domande prima dell'inizio 
della fase orale. 

Circa le ripercussioni sull'equilibrio finanziario delle imprese, in caso di 
attribuzione di efficacia diretta all'art. 119, il Governo britannico osserva che 
l'effetto cumulativo dell'aumento dei costi di manodopera che ne conseguirebbe 
aggraverebbe notevolmente il problema del controllo dell'inflazione. Le conseguenze 
finanziarie sarebbero direttamente proporzionali all'entit� del personale 
femminile chiamato ad eseguire lavori che potrebbero essere anche affidati a 
personale maschile, alla differenza tra i due tipi di remunerazione a parit� di 
lavoro, ai problemi di liquidit� e all'incidenza dei costi della manodopera in 
relazione al totale dei costi aziendali nell'impresa in questione. L'industria calzaturiera, 
il settore alimentare, le lavanderie, gli spacci di vendita al minuto 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 367 

princ1p10 di parit� di retribuzione si limitano in generale al ripetere in 
sostanza il tenore dell'art. 119 per quanto riguarda le discriminazioni 
dirette, qualora il lavoro sia lo stesso. In proposito, la legislazione belga 
� particolarmente istruttiva, dato che l'art. 14 del regio decreto 24 ottobre 
1967, n. 40, sul lavoro delle donne, si limita ad attribuire ai lavoratori 
di sesso femminile il diritto di agire, dinanzi al giudice competente, 
per l'osservanza del principio di parit� di retribuzione di cui all'art. 119, 
al quale ci si limita a far richiamo. 

Contro questa conclusione non si pu� trarre argomento dai termini 
usati dall'art. 119. In primo luogo non si pu� invocare, contro l'efficacia 
diretta, l'uso del termine �principio�, giacch� il Trattato usa questa 
espressione proprio per porre in rilievo l'importanza fondamentale di 
determinate disposizioni, come si desume ad esempio dall'intestazione 
della prima parte del Trattato, dedicata ai � princ�pi �, e dall'art. 113, 

e il settore dell'abbigliamento fanno registrare un gran numero di lavoratrici 
che compiono un lavoro uguale a quello maschile. I maggiori scompensi di 
remunerazione sussistono nell'industria tessile, nel settore abbigliamento, nel 
ramo calzature, nei biscottifici e nell'industria meccanica. Molte imprese, in 
vari settori, devono risolvere gravi problemi di liquidit�, i costi globali della 
manodopera sono alti, specie nei cantieri navali, nell'industria degli strumenti 
di precisione, nel settore abbigliamento, nel settore cartario, in quello editoriale 
e in quello della ceramica. Maggiormente minacciata � l'industria dell'abbigliamento; 
la discriminazione tra le remunerazioni maschili e femminili non � 
limitata ad uno speciale tipo di lavoro. L'aumento complessivo dei costi della 
manodopera conseguente alla messa in atto del principio della parit� retributiva 
ammonta a circa il 3,5% dell'importo delle retribuzioni nazionali, da ripartire 
su 5 anni, fino cio� a tutto il 1975. 

La risoluzione della conferenza degli Stati membri del 30 dicembre 1961 
non rappresenta una decisione o un accordo ai sensi dell'art. 3, n. 1 dell'atto 
di adesione: esso rientra -nell'ipotesi in cui fosse gi� in vigore il 1<> gennaio 
1973 -nelle disposizioni dell'art. 3, n. 3, di detto atto. Il problema del 
se e in quali limiti i sei Stati della vecchia Comunit� la considerassero sempre 
in vigore �a questa data resta aperto, poich� l'accordo non � mai stato messo 
in atto integralmente. � evidente che il Regno Unito, nel 1973, non poteva mettere 
in atto il testo letterale della risoluzione: nel provvedimento si raccomandava 
di prendere taluni provvedimenti entro il 1964, ma gli stessi Stati membri 
che hanno adottato la risoluzione non li hanno presi. Dopo il 1973 il Regno 
Unito ha partecipato ufficialmente alle trattative condotte nell'ambito delle 
istituzioni comunitarie circa l'applicazione dell'art. 119, sfociate nella direttiva 
del Consiglio 75/117, cui il Regno Unito si conforma pienamente. 

Secondo il Governo irlandese l'attribuzione di efficacia immediata all'art. 119, 
con effetto retroattivo al 1<> gennaio 1973 implicherebbe un insostenibile onere 
finanziario per lo Stato irlandese. Anche se l'efficacia diretta fosse ammessa 
solo per quel che riguarda i rapporti tra singoli e Stato, l'onere finanziario 
'per l'Irlanda sarebbe sempre estremamente pesante. Nel settore privato non 
� possibile calcolare a priori l'entit� dell'onere; comunque le pi� colpite dovrebbero 
essere le societ� di capitali private e le piccole imprese, le attivit� 
professionali nei settori tessile, abbigliamento, calzature, alimentare, piccole 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

368 


a n�rma del quale la politica commerciale della Comunit� � basata su 
� princ�pi uniformi �. Se si attenuasse questa nozione, fino al punto di 
ridurla al rango di indicazione vaga, si metterebbero quindi indirettamente 
in forse le basi stesse della Comunit� e la coerenza delle sue 
relazioni esterne. 

Nemmeno � dato trarre argomento dal fatto che l'art. 119 menziona 
espressamente solo gli � Stati membri �. Come questa Corte ha gi� affermato 
in altre occasioni, infatti, la circostanza che determinate disposizioni 
del Trattato si rivolgano formalmente agli Stati membri non esclude 
affatto che, al tempo stesso, vengano attribuiti dei diritti ai singoli interessati 
all'osservanza degli obblighi cos� precisati. Dallo stesso tenore 
dell'art. 119 si evince che questo impone agli Stati un risultato obbliga-

officine meccaniche, cartario, editoria ed alcuni commercianti al minuto, c10e 
i settori in cui la maggior parte della manodopera potrebbe rivendicare l'adeguamento 
delle retribuzioni. L'aumento medio della massa salariale conseguente 
all'immediata applicazione del principio della parit� di remunerazione tra personale 
maschile e femminile nell'industria si potrebbe valutare al 5%; nei settori 
pi� vulnerabili potrebbe essere, ancora maggiore. L'art.� 6 del Trattato CEE 
impone a tutte le istituzioni della Comunit�, compresa la Corte, di vegliare a 
che non sia compromessa la stabilit� finanziaria interna degli Stati membri. 

Quanto all'efficacia diretta, � opportuno rilevare che n� la nozione di 
� parit� di retribuzione � n� quella di � identico lavoro � sono sufficientemente 
precisate perch� l'art. 119 possa considerarsi direttamente applicabile. Il fatto 
che la disposizione possa applicarsi nel settore pubblico non cambia nulla 
quanto alla sua interpretazione: una norma non pu� essere chiara e precisa 
in un settore e non esserlo in un altro. D'altro canto, una simile differenziazione 
creerebbe una patente discriminazione a favore del settore pubblico: 
ai pubblici dipendenti l'art. 119 conferirebbe diritti, mentre ai dipendenti del 
settore privato i diritti sarebbero attribuiti solo dalle norme interne d'esecuzione. 
Gli Stati membri, come datori di lavoro, non sono soggetti a maggiori 
vincoli dei datori di lavoro privati. 

L'Irlanda considera estranei al presente procedimento gli obblighi che 
potrebbero derivarle dalla risoluzione del 30 dicembre 1961 e dall'Atto di adesione. 
Comunque essa ritiene che la risoluzione dovesse considerarsi ormai 
priva di efficacia al momento dell'adesione ed ogni eventuale obbligo che avrebbe 
potuto scaturirne � stato eliminato dalla direttiva 75/117. 

La Commissione, in risposta alle varie domande postele dalla Corte, ha 
sostanzialmente osservato quanto segue: 

a) Il principio della parit� di retribuzione tra i due sessi per chi svolge 
lo stesso lavoro, per la sua natura ed il suo contenuto, non pu� venir invocato 
dinanzi al giudice, quanto meno dai lavoratori del settore privato. Nel settore 
pubblico, le nozioni di retribuzione e di identit� del lavoro non sono difficili 
da determinare, giacch� gli stipendi corrispondono a speciali classificazioni 
degli impieghi (gradi, classi, scatti) stabilite per lo pi� dalla legge, indipendentemente 
dal sesso di chi svolge dette mansioni. Nel settore privato la situazione 
� diversa. 

La nozione di � salario o trattamento normale di base o minimo � di cui 
all'art. 119 � sufficientemente chiara. I suoi riflessi pongono per� molte diffi




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 369 

torio da conseguirsi entro un termine tassativamente indicato. L'efficacia 
di questa disposizione non pu� essere affievolita dalla circostanza che 
l'obbligo imposto dal Trattato non � stato osservato in determinati Stati 
membri e che le istituzioni comuni non hanno adeguatamente reagito 
contro tale inadempienza. L'ammettere il contrario rischierebbe di fare 
della violazione del diritto un canone interpretativo, atteggiamento che 
la Corte non potrebbe assumere senza porsi in contrasto con il compito 
assegnatole dall'art. 164 del Trattato. 

Infine, nel riferirsi agli �Stati membri�, l'art. 119 considera questi 
Stati nell'esercizio di tutti i poteri che possono contribuire all'attuazione 
del principio della parit� di retribuzione. Contrariamente a quanto � stato 
sostenuto nel corso del procedimento, detta disposizione � ben lungi 
dall'esaurirsi in un rinvio alla competenza dei poteri legislativi nazionali. 
Il fatto che l'art. 119 si riferisca agli � Stati membri � non pu� 
quindi essere interpretato nel senso di escludere l'intervento dell'autorit� 
giudiziaria, per l'applicazione diretta del Trattato. 

colt�, connesse da un lato all'autonomia delle parti contraenti ed alla loro 
libert� di trattativa nel settore salariale, dall'altro alla diversit� dei sistemi 
tradizionali di formazione delle retribuzioni e alla grande diversit� nei regimi 
di classificazione professionale. L'art. 119 lascia pure irrisolta la questione del 
se i fattori che influiscono sul costo dei singoli posti o sul rendimento della 
manodopera femminile possano o meno venir presi in considerazione. 

La nozione di �tutti gli altri vantaggi pagati... dal datore di lavoro al 
lavoratore �n ragione dell'impiego di quest'ultimo � � tanto pi� difficile da 
delimitare in quanto la recente evoluzione della nozione di � retribuzione � � 
caratterizzata dalla sempre maggiore complessit� delle prestazioni di cui fruiscono 
i dipendenti per effetto della loro prestazione di lavoro e per il fatto 
che il diritto contemporaneo tiene anche conto degli aspetti sociali ed economici 
della remunerazione dei lavoratori subordinati nel senso di una � socializzazione 
� della retribuzione. 

La nozione di �identit� di lavoro � nel settore privato � ancor pi� difficile 
da delimitare e si presta difficilmente a raffronti. Essa fa pure sorgere il problema 
del se l'applicazione del principio della parit� retributiva debba venir 
limitato alle �funzioni miste� svolte simultaneamente, nella stessa impresa ed 
alle stesse condizioni, da uomini e donne o se, in una visione pi� ampia della 
portata dell'art. 119, sia opportuno che i livelli delle retribuzioni siano fissati 
in rapporto alla funzione o al posto di lavoro ed indipendenti non solo dal 
sesso di chi occupa il posto, ma anche (per i lavori remunerati a tempo) dal 
risultato del lavoro svolto. 

Nella raccomandazione del 20 luglio 1960, la Commissione ha precisato che, 
se � stabilita una retribuzione minima obbligatoria, per legge o per convenzione, 
essa deve essere identica per maschi e femmine, e che se le retribuzioni 
sono fissate secondo un qualsiasi criterio di classificazione professionale, le 
categorie devono essere uguali per entrambi i sessi ed i criteri di classificazione 
devono applicarsi nello stesso modo ai dipendenti maschi ed alle dipendenti 
femmine. Tuttavia, anche con questa visione ampia, illustrata dalla risoluzione 
del 30 dicembre 1961, il principio dell'art. 119 non consente ad una 
dipendente, che svolge un determinato lavoro in un'impresa di un certo settore, 



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370 

RASSEGNA DELL'AWOCATUP.A DELLO STATO 

Neppure pu� essere accolta l'obiezione tratta dal fatto che l'applicazione, 
da parte dei giudici nazionali, del principio della parit� di retr~buzione, 
avrebbe la conseguenza di modificare quanto le parti hanno 
convenuto con atti rientranti nell'autonomia privata o professionale, 
quali i contratti individuali e i contratti collettivi di lavoro. Dato che 
l'art. 119 � di natura imperativa, il divieto di discriminazione tra lavoratori 
di sesso maschile e di sesso femminile riguarda infatti non solo 
le pubbliche autorit� ma vale del pari per tutte le convenzioni che disciplinano 
in modo collettivo il lavoro subordinato, come pure per i contratti 
fra singoli. 

La prima questione va quindi risolta nel senso che il principio della 
parit� di retribuzione, di cui all'art. 119, pu� essere fatto valere dinanzi ai 

avente sede in una certa localit� di un certo paese, di reclamare la parit� di 
stipendio rispetto ai colleghi maschi che svolgono eventualmente lo stesso 
lavoro od un lavoro equivalente o di pari valore in un'altra impresa di un 
altro settore di attivit� in una regione diversa o in un altro paese. Questo 
optimum di parit� salariale (ugual lavoro, ugual retribuzione) non sussiste 
nemmeno tra i posti occupati dagli uomini. 

Una posizione realistica e abbastanza soddisfacente � quella degli artt. 3 e 4 
della legge olandese del 20 marzo 1975, che riflettono l'art. 1 della direttiva 75/117 
il cui tenore � il, seguente: 

� Il principio della parit� delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile 
e quelli di sesso femminile... implica, per uno stesso lavoro o per un 
lavoro al quale � attribuito un valore uguale, l'eliminazione di qualsiasi discriminazione 
basata sul sesso in tutti gli elementi e le condizioni delle retribuzioni. . 

In particolare, qualora si utilizzi un sistema di classificazione professionale 
per determinare le retribuzioni, questo deve basarsi su princ�pi comuni per 
i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile ed essere elaborato 
in modo da eliminare le discriminazioni basate sul sesso �. 

b) Trascorso il termine concesso agli Stati membri per dare pratica 
applicazione 'all'art. 119, esso ha acquisito efficacia immediata nei rapporti 
tra Stati e singoli. Esso contiene tutti gli elementi di diritto sostanziale necessari 
alla sua applicazione da parte del giudice, per quanto riguarda il rapporto 
di pubblico impiego, giacch� in questo settore non sussistono problemi interpretativi 
o di raffronto delle nazioni di remunerazione e di identit� di lavoro. 

Per le imprese pubbliche, semipubbliche o parastatali, il criterio da seguire 
per stabilire l'applicabilit� diretta dell'art. 119 nei rapporti tra Stato e singoli, 
� quello del grado di partecipazione della pubblica autorit� alla gestione di 
dette imprese e, pi� particolarmente, alla determinazione della loro politica 
salariale. Si deve cio� stabilire se gli accordi sulle retribuzioni nell'ambito 
dell'impresa o del settore economico siano discussi ed applicati liberamente; 
se tali accordi, pur se liberamente discussi, possano venir applicati solo previa 
autorizzazione, approvazione o omologazione da parte della pubblica autorit� 
che esercita il sindacato o se i lavoratori delle imprese di cui trattasi siano 
disciplinati da uno statuto pi� o meno analogo a quello che disciplina i rapporti 
di pubblico impiego. 

e) La risoluzione della conferenza degli Stati membri del 30 dicembre 1961 

non poteva validamente modificare un termine stabilito dal Trattato senza 

seguire il procedimento contemplato per la revisione del Trattato stesso. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 371 

giudici nazionali e che questi devono garantire la tutela dei diritti che 
detta disposizione attribuisce ai singoli, in particolare nel caso di discriminazioni 
che traggano direttamente origine da norme di legge o da contratti 
collettivi di lavoro, come pure nel caso di retribuzione diversa di 
lavoratori di sesso femminile e di lavoratori di sesso maschile per lo 
stesso lavoro, qualora questo venga svolto nella stessa azienda o ufficio, 
privato o pubblico. 

Sulla seconda questione (attuazione dell'art. 119 e competenze rispettive 
della Comunit� e degli Stati membri). 

Con la seconda questione si chiede se l'art. 119 sia divenuto � applicabile 
nel diritto interno degli Stati membri in forza di atti adottati da 
organi della CEE� ovvero si debba �ammettere in materia la competenza 
esclusiva del legislatore nazionale �. Come detto sopra, � opportuno esaminare 
insieme a detta questione il problema della data a partire dalla quale 
l'art. 119 deve ritenersi direttamente efficace. 

Le circostanze che hanno indotto gli Stati membri ad adottare tale risoluzione, 
mette in luce il fatto che essa comportava una soluzione di compromesso, 
che consentiva sia il passaggio alla seconda tappa, sia l'applicazione 
dell'art. 119 nella sua interpretazione ampia, stabilendo un nuovo calendario 
per la realizzazione progressiva del principio della parit� retributiva. 

d) Per quel che riguarda l'attuazione del diritto alla parit� di retribuzione 
da parte delle legislazioni o discipline nazionali, la situazione nei vari 
Stati membri � la seguente; 

-In Germania, l'art. 3 della legge fondamentale afferma che � maschi e 
femmine hanno pari diritti � e �nessuno pu� essere svantaggiato o favorito 
a motivo d�l suo sesso �. Il principio del divieto di discriminazioni riaffiora 
nella legge sull'organizzazione delle imprese, entrata in vigore il 19 gennaio 1972 
e nella legge 5 agosto 1955 sulla rappresentanza del personale. 

-In Italia l'art. 37 della Costituzione stabilisce che �la donna lavoratrice 
ha gli stessi diritti e, a parit� di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al 
lavoratore�. Da tale disposizione scaturisce un diritto soggettivo alla parit� 
retributiva, tutelabile da parte del giudice. Disposizioni specifiche esistono per 
le pubbliche dipendenti, per le operaie delle imprese statali e per alcune categorie 
professionali. 

-Nel Belgio il Regio Decreto n. 40 del 24 ottobre 1967, sostituito dalla 
legge 16 marzo 1971, all,'art. 14 dispone che �conformemente all'art. 119 del 
Trattato CEE... ogni lavoratrice ha facolt� di adire il giudice competente per 
far applicare il principio �della parit� retributiva tra lavoratori e lavoratrici �. 
Una legge del 5 dicembre 1968 consente al Ministro dell'Impiego e del Lavoro 
di negare �l'efficacia vincolante di una convenzione collettiva discriminatoria. 

-In Francia, il preambolo della Costituzione del 1946, confermato da 
quello della Costituzione del 1958, stabilisce, in termini generali, che � la legge 
garantisce alla donna, in tutti i campi, la parit� di diritti rispetto all'uomo �. 
In applicazione della legge 13 luglio 1971, gli accordi collettivi che possono 
venir estesi devono includere clausole ~he determinano le modalit� d'applica




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372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Di fronte a questo complesso di problemi, si deve anzitutto considerare 
la cronologia degli atti adottati nell'ambito comunitario per garantire 
l'attuazione della disposizione da interpretare. A norma dello stesso articolo 
119, l'applicazione del principio della parit� di retribuzione doveva 
essere uniformemente garantita, al pi� tardi entro la fine della prima 
tappa del periodo transitorio. Dai dati forniti dalla Commissione emerge 
che la realizzazione di questo principio mostra tuttavia divergenze e disparit� 
temporali rilevanti fra i vari Stati. Mentre in determinati Stati 
membri il principio era gi� in gran parte applicato prima ancora dell'entrata 
in vigore del Trattato, in forza vuoi di espresse disposizioni costituzionali 
e legislative, vuoi di prassi -sanzionate dai contratti collettivi di 
lavoro, in altri Stati la sua piena realizzazione � stata a lungo ritardata. 

Di fronte a questa situazione, il 30 dicembre 1961, alla vigilia della 
scadenza stabilita dall'art. 119, gfi Stati membri adottavano una risoluzione 
relativa alla parificazione delle retribuzioni maschili e femminili, 
avente lo scopo di precisare, sotto determinati profili, il contenuto del 
principio della parit� di retribuzione, pur rinviandone l'attuazione secondo 
un programma scaglionato nel tempo. A norma di questa risoluzione, 
qualsiasi discriminazione, diretta o indiretta, avrebbe dovuto essere completamente 
eliminata entro il 31 dicembre 1964. Dai dati forniti dalla 

zione del principio � a lavoro uguale, retribuzione uguale �. La legge 22 dicembre 
1972 sulla parit� retributiva tra i sessi a parit� o a equivalenza di lavoro 
costituisce un valido fondamento giuridico della facolt� di adire il giudice 
competente, consente di irrogare sanzioni in caso di infrazione e dichiara nulle 
tutte le disposizioni di un contratto di lavoro, di una convenzione collettiva, 
di un accordo salariale, di un regolamento o di una tariffa salariale contrari 
al principio di uguaglianza. Un decreto del Consiglio di Stato, del 27 marzo 1973, 
determina il procedimento da seguire in caso di contestazioni. 

-Nel Lussemburgo, fu applicazione dell'art. 4 della legge 12 giugno 1965, 
ogni accordo collettivo in materia di lavoro deve stabilire le modalit� d'applicazione 
del principio della parit� retributiva. La legge 26 giugno 1963, che 
determina il sistema di stipendi per i pubblici dipendenti, sancisce il principio 
di non discriminazione nei rapporti di pubblico impiego. La legge 12 marzo 1973, 
che riforma il sistema di retribuzione sociale minima ha ribadito tale principio, 
generalizzato dal regolamento granducale del 10 luglio 1974 relativo alla parit� 
retributiva tra i sessi. 

-Nei Paesi Bassi non vi erano leggi o regolamenti di portata generale 
prima dell'approvazione della legge 20 marzo 1975 sulla parit� retributiva tra 
i due sessi. Fino all'entrata in vigore di detta legge, il diritto alla parit� retributiva 
poteva venir conferito solo da una convenzione collettiva o da un contratto 
singolo di lavoro. 

-In Danimarca una legge del 1921 sancisce la parit� retributiva tra i 
due sessi nei rapporti di pubblico impiego. Una legge del 7 giugno 1958 ha 
soppresso una differenza di trattamento per quel che riguarda l'assegno di 
capo-famiglia. 

Nel settore privato, il livello degli stipendi contrattuali per lavoratori e 
lavoratrici si � vieppi� unificato negli ultimi dieci anni nell'ambito dei contratti 
collettivi stipulati nella maggior parte dei settori d'attivit�. Il principio 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 373 

Commissione risulta tuttavia che vari vecchi Stati membri non osservavano 
detta risoluzione e che per questo motivo la Commissione veniva 
indotta, nell'espletamento dei compiti affidatile dall'art. 155 del Trattato, 
a riunire i rappresentanti dei governi e i rappresentanti dei datori di 
lavoro e dei lavoratori allo scopo di esaminare la situazione e di concordare 
i provvedimenti atti a favorire la marcia verso il pieno consegui


. mento dello scopo fissato dall'art. 119. 

Questi lavori davano luogo alla stesura successiva di relazioni sulla 
situazione negli Stati membri originari, la pi� recente delle quali porta la 
data del 18 luglio 1973 e riassume i dati nei loro complesso. In esito a 
questa relazfone la Commissione rendeva nota l'intenzione di iniziare, in 
forza dell'art. 169 del Trattato, dei procedimenti per infrazione contro gli 
Stati membri che adetta data non avevano ancora adempiuto gli obblighi 
imposti dall'art. 119, senza che tuttavia questo avvertimento avesse delle 
conseguenze. In seguito ad analoghi contatti con le competenti autorit� 
dei nuovi Stati membri, nella relazione 17 luglio 1974 la Commissione dichiarava 
che, dal 1�0 gennaio 1973, l'art. 119 era pienamente efficace per 
quanto riguarda questi Stati e che questi si trovavano quindi, a partire 
da tale data, nella stessa situazione degli Stati membri originari. 

della parit� retributiva con efficacia immediata � stato ammesso e posto in 
atto sia nel settore privato che in quello pubblico, dopo la stipulazione dell'accordo 
nazionale dell'aprile 1973. 

-In Irlanda, specie nel settore del pubblico impiego e dell'insegnamento, 
il personale femminile � meno retribuito, sia in considerazione del matrimonio 
che del sesso. 

Nel settore privato le discriminazioni salariali sono molto praticate nei 
contratti collettivi di tutti i settori. 

Il 25 giugno 1974 il Parlamento ha adottato l'� Anti-discrimination (Pay) 
Act 1974 >>, che � entrato in vigore il 31 dicembre 1975, il cui art. 2 stabilisce 
che, se una lavoratrice svolge, presso lo stesso datore di lavoro, un lavoro 
simile a quello svolto da un uomo, nella stessa sede di lavoro, ha diritto ad 
una retribuzione pari a quella del collega maschio. 

-Nel Regno Unito la maggior parte dei contratti collettivi del settore 
pubblico hanno abolito le discriminazioni salariali. 

Nel settore privato, la legge del 1970 sulla parit� retributiva (equal pay 
Act 1970) ha. disposto la soppressione di ogni discriminazione nei contratti 
collettivi entro la fine del 1975. Essa stabilisce la parit� retributiva per le donne 
che svolgono lavori uguali o all'incirca equivalenti a quelli svolti dagli uomini 
oppure che -pur essendo diversi -risultino � di pari valore � secondo il 
parametro adottato nel sistema di valutazione delle mansioni (job evaluation). 
La legge vieta altres� ogni discriminazione nei contratti collettivi, e nelle decisioni 
con cui i datori di lavoro mutualmente stabiliscono i livelli remunerativi 

o i criteri per la determinazione degli stipendi. Dal lo gennaio 1976 le lavoratrici 
possono rivendicare i loro diritti in materia retributiva dinanzi al giudice, 
ma non possono richiedere arretrati di stipendio. 
e) Dal tenore dell'art. 119 risulta che gli obblighi che da esso scaturiscono 
incombono agli Stati membri e spetta al legislatore nazionale adeguare 
l'ordinamento interno alle disposizioni di detto articolo. 

6 



374 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Il Consiglio dal canto suo, onde affrettare l'integrale attuazione dell'art. 
119, il 10 febbraio 1975 adottava la direttiva n. 75/117 sul ravvicinamento 
delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del 
principio della parit� di retribuzione fra i lavoratori di sesso maschile 
e quelli di sesso femminile (G.U. L n. 45, pag. 19). 

Questa direttiva precisa sotto determinati aspetti la portata dell'articolo 
119 e contiene inoltre varie disposizioni miranti essenzialmente a rafforzare 
la tutela giurisdizionale dei lavoratori che fossero lesi dalla mancata 
applicazione del prindpio della parit� di retribuzione stabilita dall'art. 
119. L'art. 8 di detta direttiva concedeva agli Stati membri il termine 
di un anno per emanare le leggi, i regolamenti e i provvedimenti 
amministrativi del caso. 

Dal preciso tenore dell'art. 119 emerge che l'applicazione del principio 
della parit� di retribuzione fra lavoratori di sesso maschile e lavoratori 
di sesso femminile doveva.essere garantita in modo pieno e definitivo alla 
fine della prima tappa del periodo transitorio, cio� il 1�0 gennaio 1962. La 
risoluzione degli Stati membri in data 31 dicembre 1961, salvi restando gli 

Ci� per� non significa che la Commissione sia dispensata dall'applicare 
l'art. 169 se uno Stato membro non rispetta gli obblighi impostigli dall'art. 119. 

Il fatto che l'attuazione dell'art. 119 sia di competenza degli Stati membri, 
non rende per nulla superfluo il ravvicinamento delle legislazioni, delle dispo-. 
sizioni regolamentari ed amministrative onde garantire, nell'ambito della Comunit� 
allargata, un'applicazione armonica dei principio della parit� retributiva. 
Il Consiglio � quindi competente ad adottare, in forza dell'art. 100 del Trattato, 
una direttiva per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, qualora 
le divergenze tra dette legislazioni rallentino l'instaurazione o il funzionamento 
del mercato comune. Su questo � stata adottata la direttiva 75/117. 

Il provvedimento non intende solo garantire la parit� retributiva per uno 
stesso lavoro, ma anche il rispetto delle disposizioni della convenzione n. 100 
dell'organizzazione internazionale del lavoro; la nozione di � lavoro di pari valore>>, 
secondo la Commissione, ha portata pi� ampia del tenore dell'art. 119. 
La direttiva riguarda d'altro canto il problema delle classificazioni professionali, 
precisando che il sistema va fondato su criteri comuni per lavoratori e 
lavoratrici. Infine, la direttiva impone agli Stati membri degli obblighi di informazione 
e di tutela dei lavoratori che non sono espressamente citati dall'art. 119. 
Era quindi giusto concedere agli Stati membri il termine di un anno per fare 
quanto era necessario onde adeguarsi alla direttiva. 

La Defrenne commenta le risposte fornite alla Corte dalla Commissione 
e dai Governi del Regno Unito e dell'Irlanda. 

a) La nozione di remunerazione riaffiora anche nell'art. 48 del Trattato 
CEE; non si capisce perch� questa nozione, precisata e delimitata nell'art. 119, 
possa far sorgere problemi di definizione allorch� si tratta delle lavoratrici, 
mentre � chiara per quel che riguarda i lavoratori migranti. 

Nella fattispecie l'identit� di lavoro non crea problemi: � pacifico che non 
vi � differenza di mansioni tra hostess e steward-di bordo. 

b) Il rigore giuridico dell'iter logico della Commissione appare dubbio: 
la distinzione che essa opera tra settore pubblico e privato si risolve, in diritto, 
in una confusione tra il fatto e la sua prova. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 375 

effetti che essa ha potuto avere per quanto riguarda il favorire e l'accelerare 
la piena attuazione dell'art. 119, non poteva modificare il termine 
stabilito dal Trattato. Il Trattato non pu� infatti essere modificato salve 
restando le disposizioni specifiche -se non mediante una revisione 
da effettuarsi ai sensi dell'art. 236. 

Se ci� non bastasse, da quanto precede discende che, in mancanza di 
disposizioni transitorie, il principio di cui all'art. 119 � pienamente efficace 
per i nuovi Stati membri a partire dall'entrata in vigore del Trattato di 
adesione, cio� dal 1� gennaio 1973. Questa situazione giuridica non poteva 
essere modificata dalla direttiva n. 75/117 la quale, adottata in forza dell'art. 
100 relativo all'armonizzazione delle legislazioni, si propone di favorire, 
mediante un complesso di provvedimenti da adottarsi nell'ambito 
nazionale, la corretta applicazione dell'art. 119, specialmente onde eliminare 
le discriminazioni indirette, ma non pu� diminuire l'efficacia di 
detto articolo n� modificarne l'effetto nel tempo. 

Bench� l'art. 119 si rivolga espressamente agli Stati membri imponendo 
loro l'obbligo di garantire, entro un determinato termine, e di tenere 
in seguito ferma l'applicazione del principio della parit� di retri-

Per di pi� tale distinzione crea una nuova discriminazione, in quanto le 
pubbliche dipendenti fruiscono dell'efficacia immediata dell'art. 119, mentre 
quelle del settore privato non hanno tale garanzia finch� gli Stati non abbiano 
introdotto nell'ordinamento interno il principio della parit� remunerativa. 

e) :�!. opportuno trarre conseguenze giuridiche dal fatto che la risoluzione 
della conferenza degli Stati membri del 30 dicembre 1961 non ha potuto validamente 
modificare il Trattato. Essa non ha solo inteso modificare le tappe 
di cui all'art. 8 del Trattato, ma, se fosse considerata valida, implicherebbe 
la soppressione dei sistemi di controllo e di sanzione previsti dal Trattato. 

d) Quanto ai provvedimenti di attuazione adottati dagli Stati membri 
per mettere in atto l'art. 119, non si possono definire tali le norme della Costituzione, 
le leggi e i regolamenti gi� in vigore anteriormente al Trattato. Nel 
Belgio possono considerarsi, in linea generale, norme di attuazione dell'art. 119 
solo l'art. 14'del D.R. n. 40 del 24 ottobre 1967 e la convenzione collettiva elaborata 
nell'ambito del Consiglio nazionale del lavoro. 

e) Quanto alle iniziative della Commissione, restano da spiegare la sua 
timidezza e il suo ritardo nell'avvalersi dei poteri che le conferiscono gli 
artt. 155 e 169. 

f) Nel valutare l'onere relativo all'applicazione del principio della parit� 

retributiva in Irlanda e nel Regno Unito, si deve tener conto anche della neces


sit� di salvaguardare l'equilibrio rispetto alla Danimarca, che in materia di 

parit� retributiva � molto progredita e opera in questo senso da vari anni. 

I dati relativi al costo di, un riconoscimento con effetto retroattivo del


l'efficacia immediata dell'art. 119 si prestano a riserve: essi nascondono d'al


tronde il problema reale. In Danimarca si � visto che non � la migliore remu


nerazione delle lavoratrici quella che mette in pericolo l'economia di uno Stato. 

g) La Corte di Giustizia pu� reperire nella propria giurisprudenza lo 

spunto per fornire una soluzione semplice e chiara, che ristabilisca la certezza 

del diritto per l'amministrato europeo. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

buzione, questo obbligo assunto dagli Stati non esclude la competenza in 
materia della Comunit�.' Al contrario, la 'competenza della Comunit� si 
desume dal fatto che l'art. 119 fa parte degli scopi del Trattato nell'ambito 
della �politica sociale�, oggetto del titolo III il quale a sua volta � 
collocato nella t~rza parte, dedicata alla �politica della Comunit��. In 
mancanza di qualsiasi espresso richiamo, nell'art. 119, ai compiti eventualmente 
spettanti alla Comunit� per la realizzazione della politica sociale, 
conviene rifarsi al sistema generale del Trattato ed agli strumenti 
che esso ha creato, agli artt. 100, 155 e, se del caso, 235. Nessuna norma 
d'attuazione, sia essa adottata dalle istituzioni della Comunit� o dalle 
autorit� nazionali, pu� tuttavia menomare l'efficacia diretta dell'art. 119, 
indicata nella soluzione della prima questione. 

La seconda questione va quindi risolta nel senso che l'applicazione 
dell'art. 119 doveva essere pienamente garantita dai vecchi Stati membri 
a partire dal 1�0 gennaio 1962, inizio della seconda tappa del periodo transitorio, 
e dai nuovi Stati membri a partire dal 1� gennaio 1973, data di 
entrata in vigore del Trattato d'adesione. Il primo di questi termini non 
� stato modificato dalla risoluzione degli Stati: membri in data 30 dicem-

IV. Procedimento orale. 
La Defrenne, appellante nella causa principale, con l'avv. Marie-Th�r�se 
Cuvelliez, del foro di Bruxelles; la societ� SABENA, appellata, con l'avv. Philippe 
de Keyser, del foro di Bruxelles; il Governo del Regno Unito, rappresentato 
dall'avv. Denys Scott; il Governo Irlandese, rappresentato dal sig. Liam 

J. Lysaght, Chief State Solicitor; e la Commissione, rappresentata dal proprio 
consigliere giuridico, sig.na Marie-Jos�e Jonczy, hanno svolto osservazioni orali 
all'udienza del 3 dicembre 1975. � 
La Societ� SABENA ha sostenuto che l'art. 119 costituisce chiaramente un 
obbligo assunto da ciascuno Stato membro, ma non conferisce diritti, n� impone 
obblighi, direttamente ai singoli, datori di lavoro e lavoratori, cittadini 
degli Stati membri. Questo assunto � dettato sia dal tenore dell'art. 119 che 
dal fatto che l'art. 119, da un lato, consente agli Stati membri di adeguare il 
loro ordinamento entro un certo termine, poi prorogato al 31 dicembre 1964, 
d'altro lato impone loro di mantenere � in seguito � il principio della parit� 
retributiva. Quest'obbligo non avrebbe senso se l'art. 119 conferisse automaticamente 
un diritto ai lavoratori che, indipendentemente dalla legislazione 
interna, potrebbero adire il giudice nazionale per far rispettare il principio 
della parit� di retribuzione. Lo Stato belg'a, per ottemperare ai dettami dell'art. 
119, doveva emanare una norma che sancisse il rispetto della parit� retributiva; 
questa � stata una delle finalit� perseguite dal D.R. n. 40 del 24 ottobre 
1967. 

Circa il prop~io stato giuridico, essa osserva di essere una societ� anonima 
di diritto privato, disciplinata dalla legge belga sulle societ� commerciali. Essa 
gestisce in concessione un servizio pubblico ed il suo capitale sociale � in gran 
parte detenuto dallo Stato belga. Ci� non toglie che essa sia una societ� privata 
ed i rapporti con i suoi dipendenti siano disciplinati non gi� da uno statuto 
ad indole regolamentare, emanato unilateralmente, bens� da contratti di diritto 
privato. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

bre 1961. La direttiva del Consiglio n. 75/117 non osta all'efficacia diretta 
dell'art. 119, come indicata nella soluzione della prima questione, e il 
termine stabilito da detta direttiva non influisce affatto sui termini fissati 
dall'art. 119 del Trattato CEE e, rispettivamente, dal Trattato d'adesione. 
Nemmeno nei campi in cui l'art. 119 non ha efficacia diretta, 
detta disposizione pu� essere interpretata nel senso che essa riservi al 
legislatore nazionale la competenza esclusiva per l'attuazione del principio 
della parit� di retribuzione, dato che tale attuazione pu� risultare, in 
quanto occorra, dalla concomitanza di norme comunitarie e nazionali. 

,Sull'efficacia nel tempo della pr~sente sentenza. 

I governi irlandese e del Regno Unito hanno posto in rilievo le con


seguenze di carattere economico che potrebbero derivare dall'afferma


zione, da parte della Corte, dell'efficacia diretta dell'art. 119, per il fatto 

che una siffatta pronunzia potrebbe dare origine, in numerosi settori 

economici, a rivendicazioni con effetto retroattivo alla data a partire dalla 

quale tale efficacia sarebbe insorta. Tenuto conto del numero rilevante 

delle persone interessate, siffatte rivendicazioni, che le aziende non pote


vano prevedere, potrebbero avere gravi conseguenze per la situazione fi,
nanziaria di queste, al punto di portarne alcune al fallimento. 

Bench� le conseguenze pratiche di ogni pronunzia giurisdizionale va


dano accuratamente soppesate, non si pu� tuttavia spingersi fino a di


storcere l'obiettivit� del diritto od a comprometterne la futura applica


zione, per tener conto delle ripercussioni che un provvedimento giurisdi


zionale pu� avere per il passato. Cionondimeno, di fronte al comporta


mento di vari Stati membri ed agli atteggiamenti assunti dalla Commis


sione e portati ripetutamente a conoscenza degli ambienti interessati, � 

opportuno tener conto, in via eccezionale, del fatto che gli interessati sono 

stati indotti, per un lungo periodo, a tener ferme pratiche in contrasto 

con l'art. 119, bench� non ancora vietate dal rispettivo diritto nazionale. 

Il fatto che la Commissione non abbia promosso, nei confronti di deter


minati Stati membri, dei ricorsi per infrazione ai sensi dell'art. 169, nono


stante gli avvertimenti da essa dati, � stato atto a corroborare un'opi


nione erronea circa l'efficacia dell'art. 119. Stando cos� le cose, si, deve 

ammettere che, nell'ignoranza del livello complessivo al quale le retribu


zioni sarebbero state fissate, considerazioni imprescindibili di certezza del 

diritto riguardanti il complesso degli interessi in gioco, tanto pubblici 

quanto privati, ostano in modo assoluto a che vengano rimesse in discus


sione le retribuzioni relative al passato., Di conseguenza, l'efficacia diretta 

dell'art. 119 non pu� essere fatta valere a sostegno di rivendicazioni rela


tive a periodi di retribuzione anteriori alla data della presente sentenza, 

eccezion fatta per i lavoratori che abbiano gi� promosso un'azione giudi


ziaria o proposto un reclamo equipollente. -(Omissis). 


378 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 aprile 1976, n. 1445 -Pres. Stella 
Richter -Rel. Bile -P. M. Berri (conf.) -Soc. I.C.I.C. (avv. Catalano) 

c. Ministero del commercio con l'estero (avv. Stato Braguglia). 
Comunit� europee -Norme comunitarie -Interpretazione -Obbligo del 
giudice nazionale di ultima istanza -Portata e limiti. 

(Trattato CEE, art. 177, terzo comma). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati -
Cere�li -Regime delle cauzioni all'importazione -Perdita della cauzione 
-Criterio di determinazione della somma da incamerare. 

(Regolamenti del Consiglio 13 luglio 1967, n. 120, e 21 agosto 1967, n. 473; regolamento 
della Commisione 7 aprile 1970, n. 638). 

L'obbligo previsto dall'art. 177, terzo comma, del trattato CEE per 
le giurisdizioni nazionali di ultima istanza pu� considerarsi senza contenuto 
quando la questione di interpretazione sia identica ad altra, sollevata 
in relazione ad analoga fattispecie, che sia stata gi� decisa in via 
pregiudiziale, in virt� dell'autorit� dell'interpretazione in tal modo gi� 
fornita dalla Corte di giustizia delle Comunit� europee, e salvo comunque 
il potere del giudice nazionale, ove lo ritenga opportuno, di deferire 
nuovamente la questione alla Corte di giustizia, per ottenere una diversa 
decisione (1). 

L'entit� della somma da incamerare ai danni di un importatore italiano, 
nella ipotesi di mancata importazione di cereali nella CEE entro 
il periodo di validit� del titolo all'uopo rilasciata (anteriormente all' entrata 
in vigore del regolamento del Consiglio 7 aprile 1970, n. 638) ai 
sensi dell'art. 12 del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, � 
determinata dall'art. 8, paragrafo 3, lett. b, del regolamento del Consiglio 
21 agosto 1967, n. 473, nel quale l'espressione �prelievo fissato in 
anticipo � va riferita al prelievo relativo al mese indicato per l'importazione 
dal richiedente (2). 

(l-2) La decisione si riferisce alla controversia che ha dato ongme alla 
questione di legittimit� costituzionale decisa dalla Corte costituzionale con la 
nota sentenza 30 ottobre 1975, n. 232 (in questa Rassegna, 1975, I, 812); ed � aderente 
all'interpretazione della norma fornita dalla Corte di giustizia con la 
sentenza 10 marzo 1971, resa nella causa 58/70, COMPAGNIE CONTINENTALE, 
Racc. 163, e Foro lt., 197, IV, 137). 

Come risulta dalla mo'fivazione della sentenza, la questione in discussione 
tra le parti in causa � stata poi differentemente risolta, in sede legislativa, 
ma con norma ritenuta non interpretativa, con il regolamento della Commissione 
7 aprile 1970, n. 638, con il quale � stato fatto riferimento (secondo il 
criterio gi� affermato dai giudici di merito con riferimento all'art. 3, lett. b, 
del d.m. 28 maggio 1968) al � prelievo fissato in anticipo applicabile nell'ultimo 
mese di validit� del titolo di importazione �. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

(Omissis). -1. -Con il primo motivo -deducendo omessa pronuncia 
su punto decisivo della controversia, nonch� violazione e falsa 
applicazione dell'art. 4 dell'allegato E alla legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
e dell'art. 134 Cost. -la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata 
non abbia esaminato il motivo di appello secondo cui il Tribunale aveva 
errato nel dichiarare non disapplicabile il d.m. 28 maggio 1968, ritenendolo 
quindi implicitamente infondato, malgrado l'evidente illegittimit� 
del provvedimento per contrasto con i regolamenti comunitari n. 120 e 

n. 473 del 1967. 
Con il secondo motivo -deducendo violazione e falsa applicazione 
degli artt. 177 e 189 del trattato istitutivo della C.E.E. -la ricorrente 
critica poi la sentenza impugnata per non aver rimesso alla Corte di 
giustizia delle Comunit� europee l'interpretazione delle citate norme comunitarie. 


Con il terzo motivo -deducendo sotto altro aspetto violazione delle 
stesse norme prima citate -la ricorrente afferma che la Corte di Appello 
ha interpretato il regolamento comunitario n. 473 del 1967 in senso 
difforme rispetto alla decisione resa dalla Corte di giustizia nella causa 

n. 58170. 
Infine con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e la 
falsa applicazione del regolamento comunitario n. 638 del 1970, cui la 
Corte di Appello ha erroneamente riconosciuto natura interpretativa e non 
innovativa, senza rimettere la relativa questione alla Corte di giustizia. 

2. -I quattro motivi di ricorso propongono tutti, sotto diverse angolazioni, 
una sola questione di fondo, circa l'errore in cui i giudici del 
merito sarebbero incorsi identificando le norme da applicare ai fini della 
decisione nel d.I. 20 febbraio 1968, n. 59, e nel d.m. 28 maggio 1968, anzich� 
nei regolamenti comunitari n. 120 e n. 473 del 1967. 
Siffatta censura � fondata. 

A seguito dell'ordinanza pronunziata dalle ~ezioni Unite nel corso del 
presente giudizio, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 232 del 1975, 
ha ribadito i princ�pi gi� affermati nella precedente decisione n. 183 del 
1973, in ordine: a) alla possibilit� di fondare l'attribuzione di potest� normativa 
agli organi delle Comunit� europee e la corrispondente limitazione 
di quella propria dello Stato italiano, sul precetto di cui all'art. 11 Cost.; 
b) ai rapporti fra il diritto delle Comunit� e il diritto interno d~i singoli 
Stati membri, configurati come sistemi giuridici autonomi e distinti ancorch� 
coordinati secondo la ripartizione di competenze .stabilita dai trattati 
istitutivi; c) alla piena efficacia obbligatoria ed alla diretta applicazione 
delle norme comunitarie negli Stati membri, senza alcuna necessit� 
di leggi di ricezione e adattamento; d) all'idoneit� dei regolamenti comunitari 
aventi completezza di contenuto dispositivo a porsi come fonte immediata 
di diritti e di obblighi per gli Stati e per i loro cittadini, senza 


380 

RASSEGNA� DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

bisogno di provvedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo e 
esecutivo, salva beninteso la necessit� di emanare norme esecutive di organizzazione 
richieste dai regolamenti o comunque indispensabili o di 
provvedere alla copertura finanziaria. 

Sulla base di queste premesse -e condividendo l'impostazione data 
al problema dell'ordinanza di rimessione -la Corte costituzionale ha poi 
affermato che, per quanto concerne in particolare le norme interne successive, 
il giudice italiano non solo non ha il potere di dichiararne la nullit� 
(in: quanto il trasferimento della potest� legislativa agli organi comunitari 
fa sorgere il diverso problema della legittimit� costituzionale degli atti 
normativi interni), ma neppure pu� disapplicare la legge statale a seguito 
di una scelta tra fonte comunitaria e fonte interna (in quanto nel vigente 
ordinamento esula dalle attribuzioni giurisdizionali l'a�certamento di una 
incompetenza assoluta del legislatore statuale); e pertanto il giudice, di 
fronte ad una legge o ad un atto .avente forza di legge riproduttivi di 
regolamenti comunitari direttamente applicabili, � tenuto a sollevare la 
questione della loro legittimit� costituzionale. 

Nel merito la Corte ha riconosciuto fondato il rilievo formulato dalle 
Sezioni Unite, secondo cui le disposizioni dei regolamenti comuntari n. 120 
e n. 477 del 1967, concernenti (l'imposizione della cauzione per l'importazione 
dei cereali e) la determinazione della misura del suo incameramento 
nell'ipotesi di mancata tempestiva importazione, hanno evidente completezza 
di contenuto dispositivo, onde la riproduzione del primo regolamento 
nel d.l. 20 febbraio 1968, n. 59 e del secondo nel d.m. 28 maggio 1968 
� dovuta soltanto al disconoscimento dell'efficacia immediata e diretta 
delle norme comunitarie in Italia, in contrasto con i princ�pi sanciti dal 
trattato istitutivo della C.E.E., nell'ambito della previsione dell'art. 11 Cost. 

E conseguentemente la Corte ha dichiarato l'illegittimit� �ostituzionale 
del secondo comma dell'art. 13 del decreto legge n. 59 del 1968, 
nonch� del terzo comma dello stesso articolo, limitatamente alla parte in 
cui ha reso possibile al Governo di emanare norme regolamentari non 
necessarie per l'applicazione dei regolamenti comunitari n. 120 e n. 473 
del 1967; ed ha esplicitamente precisato che spetta all'autorit� giudiziaria 
accertare quali norme regolamentari interne abbiano contenuto riproduttivo 
e debbano quindi essere disapplicate ai sensi dell'art. 5 dell'allegato 
E alla legge 20 marzo 1865, n. 2248, in quanto illegittimamente autorizzate 
e quali invece continuino ad avere piena validit� ed efficacia, in quanto 
effettivamente necessarie per l'applicazione dei regolamenti della C.E.E. 

3. -L'illegittimit� cost~tuzionale dell'art. 13, comma 3 del decreto 
legge n. 59 del 1968 -per la parte in cui ha demandato al Ministro per 
il commercio con l'estero la determinazione dell'entit� della cauzione da 
incamerare per il caso di mancata importazione, malgrado essa fosse puntualmente 
contenuta nell'art. 8, paragrafo 3, punto b), del regolamento 

.PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 381 

comunitario n. 473167 -incide certamente sul decreto 28 maggio 1968 
(con cui il ministro ha provveduto in concreto a quella determinazione), 
implicando la caducazione della norma primaria attributiva alla pubblica 
amministrazione del potere di emanare in materia provvedimenti amministrativi 
generali di natura regolamentare. Per effetto della sentenza 
quindi � cessata (ex art. 136 Cost.) l'efficacia del titolo normativo sul quale 
il decreto ministeriale era fondato e nel vigore del quale esso era stato 
emesso. 

D'altro canto dall'ipotesi in esame esula assolutamente la problematica 
relativa ai limiti che l'incidenza della decisione di incostituzionalit� 
sull'atto amministrativo emanato in virt� della horma illegittima incontra 
nell'eventuale esaurimento, in epoca anteriore alla pubblicazione della pronunzia 
della Corte costituzionale, degli effetti dell'atto medesimo. 

Pertanto nella specie dopo l'intervento della Corte residuano -da 
un lato -una posizione di diritto soggettivo dell'importatore, disciplinata 
direttamente dal regolamento comunitario, avente come contenuto la pretesa 
di subire l'incameramento soltanto nei precisi limiti da questo fissati 
e -dall'altro -un comportamento dell'amministrazione che deve 
ormai ritenersi qualificato dalla carenza di potere. 

In una situazione del genere, � evidente che -ai fini dell'identificazione 
delle norme alla stregua delle quali la controversia deve essere decisa 
-occorre negare ogni rilevanza al decreto ministeriale in questione e 
fare esclusivo riferimento alle disposizioni contenute nei citati regolamenti 
comunitari. 

4. -Il problema interpretativo dibattuto nel presente giudizio si risolve 
nel dilemma se l'art. 8, paragrafo 3, lettera b), del regolamento della 
Commissione della C.E.E. n. 473 del 21 agosto 1967 -nel porre, fra gli 
elementi da considerare nel complesso calcolo per la determinazione della 
misura della cauzione che deve essere incamerata, �nell'ipotesi di mancata 
importazione entro il termine previsto dal titolo, anche il �prelievo fissato 
in anticipo � -abbia inteso riferirsi al prelievo indicato per il mese 
designato dall'importatore come quello nel quale l'importazione sarebbe 
avvenuta, ovvero quelle indicate per l'ultimo mese di validit� del titolo, 
che � pi� alto rispetto al primo, essendo maggiorato dei cd. � scatti di 
soglia�, aumenti automatici mensili collegati al progressivo allontanamento 
dell'operazione dall'epoca della campagna di raccolta dei cereali. Ove 
dovesse accogliersi la prima alternativa, si porrebbe un ulteriore problema, 
circa la portata del regolamento della Commissione della C.E.E. n. 638 del 
7 aprile 1970 -perci� successivo ai fatti di causa -che ha modificato 
la lettera b) del paragrafo 3 dell'art. 8 del regolamento n. 473/67, parlando 
esplicitamente .di �prelievo fissato in anticipo applicabile nell'ultimo mese 
di validit� del titolo di importazione�: l'eventuale riconoscimento della 

382 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

natura meramente interpretativa di questo regolamento avrebbe evidentemente 
un'incidenza determinante ai fini della decisione. 

Trattandosi di � questioni � relative all' � interpretazione di atti compiuti 
da istituzioni della Comunit�>>, la Corte di cassazione deve fare applicazione 
dell'art. 177 del trattato istitutivo della C.E.E., reso esecutivo in 
Italia con I. 14 ottobre 1957, n. 1203, che in casi del genere prevede, al 
terzo comma, l'obbligo delle �giurisdizioni nazionali avverso le cui decisioni 
non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno� di 
rivolgersi alla Corte di giustizia delle Comunit� europee per ottenere da 
essa, in via pregiudiziale, una pronunzia di carattere interpretativo degli 
atti medesimi. 

Ma da tempo la Corte di giustizia ha affermato che l'obbligo previsto 
dall'art. 177 del trattato per le giurisdizioni nazionali di ultima istanza 
pu� essere considerato � senza contenuto � quando la questione sia identica 
ad altra, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, che sia stata 
gi� decisa in via pregiudiziale, in virt� dell'autorit� dell'interpretazione in 
tal modo gi� fornita dalla Corte -cui dal trattato � commesso il compito 
di garantire l'unit� dell'interpretazione del diritto comunitario in tutti 
gli Stati membri, mentre l'applicazione alla fattispecie delle norme interpretate 
rimane riservata al giudice nazionale -salvo comunque il potere 
di quest'ultimo, ove lo ritenga opportuno, di deferire nuovamente la questione 
alla Corte, per ottenere una diversa decisione (cfr. sentenza 27 marzo 
1963, in cause n. 28, 29 30/62). 

Secondo la lettura propostane dalla Corte di giustizia quindi, l'art. 177 
del trattato conferisce all'organo giurisdizionale nazionale le cui pronunzie 
non siano ulteriormente impugnabili il potere di procedere ad un'autonoma 
delibazione sul punto se l'esistenza di una precedente decisione in termini 
della Corte consenta di escludere che il dubbio interpretativo raggiunga la 
soglia di opinabilit� necessaria per assurgere al rango di �questione�. 

Relativamente alle importazioni di cereali, in epoca non lontana la 

Corte di giustizia ha avuto occasione di affermare esplicitamente che nel


l'art. 8, paragrafo 3, lett. b), del regolamento n. 473167, nella versione in 

vigore fino all'adozione del regolamento n. 638170, l'espressione � prelievo 

fissato in anticipo � deve intendersi riferita al prelievo del mese previsto 

per l'importazione indicato nel titolo e non a quello dell'ultimo mese 

di validit� del titolo stesso (sentenza del 10 marzo 1971, in causa n. 58/70). 

Una tale decisione elimina ogni possibile dubbio, anche perch� la 

stringente motivazione che la sorregge confuta efficacemente l'unico argo


mento che la Corte di appello di Roma -pur risolvendo il problema 

esclusivamente sulla base della normativa statale -aveva, ad abundan


tiam, ritenuto di poter trarre, senza peraltro nominarlo, dall'art. 9 del rego


lamento comunitario n. 140 del 1967, che si riferisce ad un'ipotesi (prelievo 

dovuto per un'importazione effettuata non nel mese indicato) affatto 

distinta da quella in esame (incameramento della cauzione per un'impor




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

tazione non avvenuta, interamente o parzialmente, entro il termine). N� si 
pone il quesito della natura interpretativa o innovativa del regolamento 

n. 638/70, in quanto, come si � detto, la Corte di giustizia ha espressamente 
avvertito che oggetto della sua decisione � la disciplina applicabile 
nel periodo anteriore all'entrata in vigore del regolamento stesso, onde 
la situazione di fatto e di diritto da essa allora considerata � assolutamente 
identica a quella che ha dato luogo alla presente controversia. 
Pertanto le Sezioni Unite -escluso che nella specie si ponga, in senso 
tecnico, una �questione� di interpretazione di un atto di autorit� comunitario 
-si. ritengono esonerate dall'obbligo di rivolgersi alla Corte di 
giustizia, ai sensi dell'art. 177, comma 3, del trattato istitutivo della C.E.E. 
(cfr. la sentenza n. 1773 del 1972). 

5. -In conclusione, la Corte di Appello di Roma ha erroneamente 
deciso la controversia alla stregua di norme statali riproduttive di disposizioni 
comunitaril:!, senza avvertire che il decreto legge n. 59 del 1968 si 
poneva in contrasto con la Costituzione e che tale contrasto si riverberava 
conseguenzialmente sul d.m. 28 maggio 1968. La sentenza impugnata quindi, 
in accoglimento del ricorso, deve essere cassata con rinvio ad altra 
sezione della stessa Corte, la quale si uniformer� al seguente principio di 
diritto: l'entit� delle somme da incamerare ai danni di un importatore 
italiano, nella ipotesi di mancata importazione di cereali nella C.E.E. entro 
il periodo di validit� del titolo all'uopo rilasciato (anteriormente all'entrata 
in vigore dal regolamento e.E.E. n. 638170), ai sensi dell'art. 12 del regolamento 
n. 180/67, � determinata dall'art. 8, paragrafo 3, lett. b), del regolamento 
n. 473/67, nel quale l'espressione �prelievo fissato in anticipo� va 
riferita al prelievo relativo al mese indicato per l'importazione del richiedente
�. -(Omissis). 

SEZIONE TERZA 
GIURISPRUDENZA 
SEZIONE TERZA 
GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 dicembre 1975, n. 4162 -Pres. Caporaso 
-Rel. Persico -P. M. Trotta (concl. conf.) -Ministeri di Grazia e 
Giustizia e Finanze (avv. Stato Conti) c. Rositani Gabriele ed altri 
(avv. del Castillo). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Cancelliere: 
diritto alle percentuali sui proventi costituiti dai crediti 
recuperati all'�rario -Giurisdizone esclusiva del giudice amministrativo. 

(r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 29, 30; I. 9 aprile 1948, n. 6; I. 6 dicembre 1971, n. 1034, 
art. 7; I. 15 novembre 1973, n. 734). 
Appartiene alla materia del pubblico impiego con conseguente giurisdizione 
del giudice amministrativo, la controversia con la quale un cancelliere 
chieda l'accertamento del diritto a percepire le percentuali sui 
proventi costituiti dai crediti recuperati all'erario, assumendo che esse 
non sono assorbite dall'assegno perequativo istituito in sostituzione di ogni 
altro compenso dalla legge 11� 734 del 1973 (1). 

(Omissis). -Nel merito l'istanza � fondata e deve essere dichiarata 
la giurisdizione del giudice amministrativo sulla causa. 

Anzitutto (contro la tesi del resistente ed in conformit� della recentissima 
sentenza n. 3311/75 di queste Sezioni Unite) va ribadito che la 
legge n. 533/73, con la disposizione di .cui all'art. 409 n. 5, non ha operato 
modificazioni innovative in materia di giurisdizione, bens� in materia 
di competenza dei giudici ordinara entro l'ambito della loro preesistente 
giurisdizione: trattasi di riproduzione testuale delle locuzioni gi� 
adoperate nell'art. 429 n. 4 c.p.c. e la sostituzione dell'espressione � semprecch� 
� all'altra � che � manifesta univocamente la volont� di non 
innovare nel detto campo. Pu�, inoltre, aggiungersi che tale volont� 
� in consonanza con l'intenzione del legislatore, quale si evince dalla reiezione 
degli emendamenti intesi ad attrarre nella giurisdizione del giudice 

(1) Si pubblica integralmente l'interessante decisione che risolve una questione 
con particolari caratteristiche di novit�. 
Anche in questo caso � stato. correttamente applicato il consolidato principio 
secondo cui la giurisdizione esclusiva in materia di pubblico impiego si 
estende a tutte le controversie derivanti dal rapporto di lavoro con l'ente pubblico 
ogni volta che la pretesa dedotta in giudizio abbia per titolo il rapporto di 
pubblico impiego nel senso che questo, considerato nella sua costituzione o nel 
suo svolgimento, funzioni da momento genetico ed immediato della pretesa. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 385 

ordinario le controversie di lavoro e di impiego degli Enti pubblici anche 
non economici e dalle dichiarazioni di rammarico per la mancata estensione 
(Atti VI legislatura: Camera sedute 18-10 e25 ottobre 1972, pag. 7/8; 21:40 
e 46; Senato: sedute 28 luglio 1973 pag. 8670 e 8689; 30 luglio 1973 pag. 8707; 
1 agosto 1973 pag. 8824 e 8829). 

La questione da risolvere consiste, quindi, nello stabilire se la materia 
controversa rientri in quella di cui agli artt. 29 e 30 1. 26 giugno 1924 n. 1054, 
se vi sia, cio�, un collega)llento causale fra la pretesa dedotta ed. il rapporto 
di pubblico impiego o, viceversa, una relazione meramente formale 
che nulla tolga alla sostanziale autonomia dell'interesse oggetto di tutela; 
con l'avvertenza che, al detto fine, la nozione di �rapporto di impiego� � 
d� intendersi (come � stata sempre intesa) in senso lato (per la confluenza 
di posizioni di diritto e di interesse nell'orbita della giurisdizione esclusiva) 
e che essa � sicuramente coinvolta quando la controversia concerne la stessa 
estensione del rapporto e dei diritti, anche patrimoniali, dal medesimo 
derivanti, che si assumono disconosciuti con atto o comportamento omissivo 
della pubblica amministrazione (sent. 2124/74; 6/73; 2297/72). 

Il resistente, onde affermare l'esistenza di un nesso meramente occasionale 
e non causale, fa leva da un lato su un'asserita estraneit� al servizio 
di istituto delle mansioni oggetto della pretesa (estraneit� che dovrebbe 
emergere dall'essere l'Erario il titolare delle somme recuperate, dal provvedere 
esso solitamente a mezzo di propri organi-Uffici del registro od 
incaricati Esattori -, dal potere di concedere il servizio in appalto 


1. 29 giugno 1882, Il� 825 -, dall'uso di registri e moduli predisposti, intestati 
e vidimati dal Ministero delle Finanze, nonch� dai controlli a mezzo 
degli ispettori demaniali), dall'altro su un'asserita natura del compenso 
(ad aggio -art. 232 e.d. 23 dicembre 1865, n. 2701 -sul prelievo del corrispettivo 
pel servizio di riscossione dovuto al Ministero di Grazia e Giustizia 
quale sgravio delle corrispondenti spese di ufficio, cos� come previsto 
�anche da circolari -es. n. 40 del 9 ottobre 1974 del Ministero Finanze; 
n. 3972 del 27' luglio 1974 della Procura Generale Palermo -successivo alla 
legge n. 734/73, de qua e sui criteri di ripartizione dei proventi (per quote 
capitarie uguali nell'ambito di ciascuna Corte di appello e disuguali tra 
le varie Corti): e ne desume che, trattandosi di incarico suscettibile di cessare 
in qualsiasi momento, esso � coevo ma non inerente al rapporto di 
impiego (del tipo di quelli .assumibili presso seggi elettorali o commissioni 
tributarie, epperci� da devolvere nelle controversie, alla giurisdizione ordinaria. 
Queste Sezioni Unite ritengono che la questione vada risolta (in conformit� 
dell'ormai remota pronunzia n. 1896 del 1933), nel senso della 
dipendenza non occasionale della domanda dal rapporto di impiego, con 
conseguente giurisdizione del giudice amministrativo; non valendo a far 
mutare avviso n� gli argomenti sviluppati dal resistente, n� l'asserita evoluzione 
giurisdizionale nei sensi dal medesimo caldeggiati. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In ordine a quest'ultima sar� sufficiente rilevare che l'unica pronunzia 
richiamata (sent. n. 1422/66) non tanto non � pertinente (attesa la diversit� 
di ratio decidendi: insussistenza di qualsivoglia rapporto di impiego tra 
Vigile urbano -attributario, perch� agente di P.S. di nomina prefettizia, 
di proventi sulle contravvenzioni punibili con pena pecuniaria -e Stato), 
quanto espressamente ribadisce che le controversie tra Cancellerie e Segreterie 
giudiziarie e Stato in tema di proventi c.d. di cancelleria pongono 
in discussione proprio le norme che regolano, sotto l'aspetto patrimoniale, 
il rapporto d'impiego; mentre dalle altre rinvenibili, una (sent. n. 785/42) 
coordina l'affermata giurisdizione ordinaria al venir meno della condizione 
per l'attivabilit� di quella speciale esclusiva (e cio� alla mancanza di questioni 
tanto sulla inerenza al rapporto di impiego del diritto ai proventi 
di cancelleria, quanto sulla esigibilit� dei medesimi (S.U.: sent. n. 712/67) 
quale emergente dall'oggetto del giudizio (applicabilit� a quei proventi dei 
provvedimenti di riduzione emanati nel 1930 e 1934 con r.d. rispettivamente 

n. 1491 e 561), un'altra risolve bens� soltanto censure (le uniche) sul merito 
di un giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale (pel recupero di proventi 
indebitamente incamerati da Ufficiali giudiziari) ma senza che sia 
dato verificare l'eventuale preclusione da giudicato formale della questione 
di giurisdizione, e la pi� recente (la gi� richiamata sent. n. 3311/75) ribadisce, 
relativamente alle questioni sui proventi spettanti agli Ufficiali giudiziari, 
la giurisdizione speciale esclusiva del giudice amministrativo. 
In ordne, poi, ai nuovi argomenti sviluppati dal resistente, deve affermarsene 
l'inaccettabilit� o non risolutivit�, tanto se riguardanti nell'angolazione 
delle competenze del Ministero di dipendenza, quanto se in 
quella del contenuto del rapporto col medesimo. 

Sotto il primo punto di vista, la stessa esaltazione in senso autonomistico 
dell'articolazione dell'Amministrazione statale per branche operative 
differenziate per funzioni (-della quale � espressione la teocirca, forse 
qu� presupposta, della c.d. � individualit� giuridica� dei vari Dicasteri -) 
non varrebbe a risolvere l'unica soggettivit� giuridica dello Stato, al quale 
� immediatamente ed unitariamente riferibile il complesso degli interessi 
positivamente attesi dai singoli dicasteri; sicch�, pur configurandosi i 
Ministeri (al pari _di ogni altro Ufficio statale) come centri di competenze 

(insieme di mansioni, poteri e funzioni), la identificazione concreta dei compiti 
assegnati a c�ascuno di essi non pu� che farsi per rilevazione positiva 
delle ripartizioni e non per riferimento aprioristico a modelli organizzativi 
ideali, sicch� rientrano nei compiti istituzionali anche quelle attivit� che, 
correlate ad un interesse proprio di altro dicastero, vi siano state comprese 
per esigenze di pratica operativa. (Rimanendo vicenda interna al!'
Amministrazione il sistema di sgravio per le spese di ufficio e il modo di 
retribuzioni particolari del personale dipendente abidito all'espletamento 
del servizio). 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

In una tale angolazione, mentre � da riconoscere che l'attivit� di riscossione 
delle pene pecuniarie e delle spese giudiziarie rientra positivamente 
nei compiti di istituto dell'Amministrazione di grazia e giustizia (del 
resto anche per ragioni di continuit� storica (-mai essendosi fatto ricorso 
all'appalto del servizio -) e perch� si inserisce organicamente nell'attivit� 
amministrativa di esecuzione delle sentenze di condanna, pur 
refluendo nel risultato all'Erario: ci� che spiega le interferenze del dica


stero deputato all'amministrazione del patrimonio pubblico), �, viceversa, 
da escludere la stessa configurabilit� di un rapporto (collaterale a quello 
di pubblico impiego del Cancelliere o Segretario) del tipo ipotizzato dai resistenti, 
attesa l'impossibilit� di distinguere, sulla base della natura dell'interesse 
amministrato (in tesi pertinente al dicastero delle finanze), una 
doppia veste dell'Amministrazione di grazia e giustizia, l'una delle quali 
indossata da una distinta soggettivit�. 

Ma anche dal secondo punto di vista l'ipotetica esclusione dell'attivit� 
di riscossione richiesta al Cancelliere da quella istituzionale del Ministero 
di dipendenza, non sarebbe valsa ad eliminarne l'inerenza al rapporto di 
impiego, poich�, come esattamente hanno sottolineato le Amministrazioni 
ricorrenti, quell'attivit� integra pur sempre (anche, ed a volte in via esclusiva) 
ad un tempo il contenuto del rapporto ed il titolo per la prestazione 
del corrispettivo. 

Ch�, anzi, le stesse note caratterizzanti delineate dai resistenti servono 
ad ulteriormente accentuare tale inerenza: come le modalit� di ripartizione 
della quota di proventi, per ci� che prescindono da criteri rigorosamente 
economici 'di corrispettivit� ed assicurano la compartecipazione di tutti i 
Cancellieri e Segretari, anche di quelli che non svolgono in concreto alcuna 
attivit� di recupero e finanche dei fuori ruolo (tramite il Fondo nazionale, 
alimentato proporzionalmente da tutti i Distretti); o come la dipendenza 
funzionale, dal Ministero delle Finanze, limitatamente all'attivit� in esame, e 
la responsabilit� personale (coordinate, peraltro, ad analoga responsabilit� 
od all'ingerenza del detto Ministero per tutti i funzionari incaricati della 
riscossione e del maneggio del danaro pubblico). 

Assolutamente non Pyrtinente, infine, � il riferimento a situazioni ri


spetto alle quali l'esistenza del rapporto di pubblico impiego costituisce 

soltanto il titolo di legittimazione per il conferimento di pubbliche fun


zioni (Uff. elettorali; Comm.ni tributarie, ecc.) assolutamente estranee a] 

~ontenuto del rapporto, che si svolgono al di fuori di esso e che trovano 

la fonte della loro disciplina, anche patrimoniale, nell'atto di nomina; o 

che, riconducendosi allo schema delle imprese esercitate da enti pubblici 

ex art. 2093 e.e. (scuole private gestite fuori dei propri fini istituzionali), 

difettano dello stesso rapporto di impiego pubblico e del conseguente in


serimento organico. 

In accoglimento del ricorso, va, quindi, dichiarata la giurisdizione del 

giudice amministrativo. -(Omissis). 


388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 dicembre 1975, n. 4163 -Pres. Maccarone 
-Rel. Vela -P. M. Di Majo (concl. conf.) -Unione Provinciale 
CISNAL di Pescara (avv. Antico) c. Gestione Governativa della Ferrovia 
Penne-Pescara (avv. Stato Savarese). 

Competenza e giurisdizione � Ferrovie in concessione: gestione governa� 
tiva � Instaurazione di rapporti di pubblico impiego fra il personale 
ed il Ministero dei Trasporti � Domanda per la cessazione della condotta 
antisindacale � Improponibilit� assoluta. 
(cod. proc. civ. art. 37; r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 184; r.d. 4 giugno 1936, n. 1336, 

art. 1; 1. 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 e 37). 

L'art. 28 della legge n. 300 del 1970 non si applica a tutela delle organizzazioni 
sindacali costituite nell'ambito dell'impiego statale; pertanto deve 
essere dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda proposta per 
ottenere la cessazione della condotta antisindacale della gestione governativa 
di una linea ferroviaria in concessione. 

(Omissis). -A seguito di ricorso proposto il 21 aprile 1973 della Unione 
provinciale della Confederazione Italiana Sindacati Nazionali Lavoratori 
(Cisnal), la quale si doleva che la Gestione Governativa della ferrovia 
Pescara-Penne aveva omesso di indire le elezioni per il rinnovo della commissione 
interna aziendale, il Pretore di Pescara, applicando l'art. 28 della 
legge 20 maggio 1970 n. 300, ordinava alla predettta Gestione di cessare dalla 
denunciata condotta antisindacale e discriminatoria e dava disposizioni 
per le elezioni. 

La Gestione, in persona del Ministro dei trasporti difesa dall'Avvocatura 
distrettuale dello Stato, proponeva opposizione innanzi al Tribunale 
dell'Aquila ritenuto territorialmente competente in base alle disposizioni 
sul foro erariale. E quel Giudice, rigettata un'eccezione pregiudiziale 
della CISNAL, tendente a far affermare la competenza del Tribunale 
di Pescara, accoglieva l'opposizione, dichiarando inefficace il decreto 
pretorile. 

(1) L'importante decisione risolve esattamente il problema della natura giu� 
ridica del rapporto d'impif~go che si instaura con la cessazione della concessione 
di pubblico servizio e con l'assunzione da parte dello Stato della gestione 
governativa. 
Le SS.UU., a parte il caso -qui non ricorrente -di c.d. �gestione governativa 
provvisoria in danno� (art. 184 t.u. n. 1147 del 1917) attuata dallo Stato, 
hanno deciso per la natura d'impiego pubblico statale ribadendo le precedenti 
decisioni 3 novembre 1975 n. 2853 e 2854, in questa Rassegna 1975, 1, 3. 

Da ci� deriva l'inapplicabilit� dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori che, 
secondo consolidata giurisprudenza, non � applicabile a tutela delle organizzazioni 
sindacali costituite nell'ambito dell'impiego statale. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

Con particolare riguardo alla questione di competenza, il Tribunale, 
dopo aver ricordato che la Corte Costituzionale aveva respinto, con la 
sentenza 22 dicembre 1964, n. 118, il dubbio sulla legittimit� degli artt. 6 e 7 
del testo unico relativo alla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio, 
avvertiva di dover prescindere dalla nuova disciplina delle controversie 
di lavoro e di previdehza ed assistenza obbligatorie, recata dalla legge 11 
agosto 1973, n. 533, perch� essa n� espressamente, n� implicitamente ha 
modificato il procedimento predisposto a tutela della libert� sindacale 
dall'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300. E proseguiva osservando 
che, in tale procedimento, la fase pretorile e quella, eventuale, di opposizione 
innanzi al tribunale danno luogo a due autonomi giudizi, cosicch� 
non v'� ragione per negare l'applicabilit� nel secondo dell'art. 6 (e non 
dell'art. 7) del sopra citato testo unico, rivolto a concentrare presso un 
ristretto numero di sedi giudiziarie la trattazione delle cause in cui � parte 
lo Stato, a vantaggio dell'intera collettivit�. 

Contro la sola statuizione sulla competenza insorge la CISNAL, con 
istanza di regolamento a norma dell'art. 43 c.p.c. 

Il ricorso � stato rimesso a queste Sezioni Unite dopo che in sede di 
esame da parte della prima Sezione civile � stata rilevata la proponibilit� 
d'ufficio di una questione di giurisdizione. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Nella sentenza denunciata, la qualit� di organo dell'Amministrazione 

statale, propria della Gestione Governativa, � stata considerata unicamente 

per la sua incidenza sulla disputa sorta in ordine all'individuazione del 

Tribunale competente a pronunciarsi sull'opposizione al decreto pretorile. 

Invece essa pone, anzitutto, un problema di giurisdizione, il quale, essendo 

rilevabile d'ufficio in qgni stato e grado del processo (art. 37, primo comma, 

cod. proc. civ.) e condizionando la stessa questione di competenza, deve ora 

essere risolto prima di ogni altro (Sez. Un. 17 aprile 1971, n. 1106). 

L'origine del problema � data dalla giurisprudenza ormai consolidata 

di queste Sezioni Unite, secondo cui l'art. 28 1. 20 maggio 1970, n. 300 non 

� applicabile a tutela delle organizzazioni sindacali costituite nell'ambito 

dell'impiego statale, sia perch� lo Stato non risulta menzionato, n� lo si 

volle menzionare, nell'art. 37 della legge, fra gli enti ai cui rapporti d'im


piego questa si dirige, sia perch�, e sopratutto, fra la legge ed il vigente 

ordinamento sostanziale e processuale dell'impiego statale manca ogni 

coordinazione (sentt. 6 maggio 1972, n. 1380; 3 novembre 1973, n. 2853; 

9 novembre 1974, n. 3476; 27 novembre 1974, n. 3872; 8 aprile 1975, n. 1267; 

27 aprile 1975, n. 1158; 6 agosto 1975, n. 2992). 

Peraltro, di-tale orientamento non pu� valutarsi la rilevanza nel caso 

in esame, senza prima verificare se, a seguito della assunzione dell'eser



390 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

c1z10 della ferrovia Pescara-Penne da parte del Ministero dei trasporti, i 
rapporti di lavoro del personale addetto al servizio abbiano conservato il 
carattere privato che indubbiamente avevano quando la gestione era affidata 
al concessionario, oppure siano divenuti pubblici. 

Ed al riguardo o~corre richiamare le sentenze 3 novembre 1975, n. 2853 
e 2854, con le quali queste Sezioni Unite hanno gi� rilevato che, a parte il 
caso particolare -e non riscontrabile nella specie -di gestione gover� 
nativa provvisoria in danno attuata dallo Stato a norma dell'art. 184 t.u. 
9 maggio 1912, n. 1147, modific. dall'art. 1 r.d. 4 giugno 1936, n. 1336, la 
gestione governativa, che sopravvenga al cessare della concessione, implica 
l'instaurazione di rapporti di pubblico impiego, fra il Ministero dei trasporti 
ed il personale della ferrovia, ancorch� inizialmente assunto da un 
privato concessionario. Questo essenzialmente in base al rilievo che il ca
�rattere peculiare dell'ente gestore del servizio ferroviario si ripercuote in 
modo diretto e con effetti qualificanti, sulla natura dei rapporti di lavoro, 
indipendentemente dalla disciplina sostanziale cui sono sottoposti. 

L'applicazione di questi concetti alla fattispecie concreta, induce a 
concludere che la CISNAL, chiedendo di essere tutelata nei confronti di 
un'amministrazione dello Stato a norma dell'art. 28 dello statuto dei lavoratori, 
ha avanzato una pretesa non azionabile in sede giudiziaria. Ci� 
realizza l'ipotesi di difetto di giurisdizione delineata nell'art. 382 terzo 
comma, prima parte, c.p.c. ed impone la dichiarazione di tale difetto e la 
cassazione senza rinvio della sentenza impugnata. -(Omissis). 

PRETURA DI PALERMO, 16 maggio 1974 -Est. Criscuoli -Scir� ed altri 
(avv. Fundar�) c. Presidenza Regionale Siciliana (avv. Stato Pajno). 

Competenza e giurisdizione � Giurisdizione ordinaria ed amininistrativa . 
Atti di attribuzione da parte della P.A. dei diritti patrimoniali del dipendente 
� Mancata esecuzione -Giurisdizione del giudice amministrativo. 

Nell'ipotesi in cui la P.A. emetta un provvedimento con il quale attribuisca 
al dipendente pubb~ico un beneficio economico e poi non esegua 
tale provvedimento, non pu� ipotizzarsi esplicito riconoscimento del diritto; 
pertanto la relativa controversia rientra nella giurisdizione del giudice 
amminis,trativo. � 

ANCORA IN TEMA DI GIURISDIZIONE 

(1) La sentenza che si annota merita di essere segnalata per l'interesse notevole 
che riveste. 
Essa � infatti una delle prime che viene emanata dal giudice del lavoro secondo 
i� nuovo rito, introdotto con la legge 11 agosto 1973, n. 533, tenden~e a 
realizzare, secondo i dettami di Chiovenda, gli obiettivi della concentrazione, del




PARTE I, SEZ. !Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 391 

(Omissis) -Con ricorso depositato il 29 gennaio 1974, Scir� Alessandro 
Gestivo Giuseppe, Lo Verso Girolamo e Renna Giuseppe, premettendo di 
essere impiegati presso la Regione Siciliana, esponevano, che, in seguito 
alla entrata in vigore dei d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077 e 1099, avevano 
chiesto che la Regione Siciliana estendesse loro i benefici previsti per gli 
impiegati statali con i citati decreti. Precisavano che tale loro richiesta 
era stata rigettata con delibera del 23 marzo 1971, della Giunta Regionale 
(da loro impugnata qinanzi al Consiglio di Giustizia amministrativa della 
Regione Siciliana), ma che successivamente, nelle more del giudizio dinanzi 
al detto Consiglio l'Assessore delegato dal Presidente della Regione Siciliana, 
con decreti del 30 marzo 1973, e registrati alla Corte dei Conti il 23 giugno 
1973, aveva riconosciuto loro il diritto a beneficiare delle particolari ricostruzioni 
di carriera previsti dai decreti :presidenziali sopra richiamati. 

Aggiungevano che la Regione Siciliana, bench� sollecitata, non aveva 
provveduto a notificare i decreti assessoriali ai singoli interessi n� a corrispondere 
i benefici economici che da detti provvedimenti scaturivano. 

Chiedevano, pertanto, che la medesima, in persona del suo presidente 
pro-tempore, venisse condannata al pagamento nei confronti di ciascuno 
di essi della somma di L. 2.391.225 per differenza stipendio dal 1� luglio 

l'immediatezza e dell'oralit�, ed affronta problemi peculiari in materia di giu


risdizione. 

E' opportuno, a questo punto, al fine di meglio evidenziare tali aspetti, ricor


dare brevemente i fatti che hanno dato origine alla controversia. 

Con ricorso al giudice del lavoro alcuni dipendenti dell'amministrazione r~gio


nale siciliana, appartenenti alla carriera direttiva, chiedevano che l'Ammini


strazione venisse condannata a pagare determinate somme quali differenze 

di stipendio dall'l luglio 1970 al 31 dicembre 1973. I ricorrenti, infatti, avevano, 

precedentemente al giudizio, sollecitato che nei loro confronti venissero ricono


sciuti i benefici previsti per gli impiegati statali dai decreti del Presidente della 

Repubblica n. 1077 -1079 del 1970. Con delibera in data 23 marzo 1971, n. 59, 

la Giunta Regionale aveva per� rilevato che, di seguito all'entrata in vigore 

della legge 21 marzo 1971, n. 7, i decreti invocati non potevano trovare appli� 

cazione nei confronti degli impiegati regionali. Tale delibera era stata dai ricor


renti impugnata dinanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regio� 

ne Siciliana. 

Durante il giudizio amministrativo erano per� intervenuti dei decreti dell'As


sessore delegato dal Presidente della Regione, con i quali veniva (erroneamente) 

riconosciuto, per i ricorrenti, il diritto a beneficiare delle particolari disposi


zioni di carriera ed economiche previste dai succitati decreti del �apo dello 

Stato. Ai provvedimenti assessoriali, regolarmente registrati dalla Corte dei 

Conti, appunto perch� fondati su un erroneo convincimento, l'Amministrazione 

regionale non aveva per� mai dato esecuzione. 

Convenuta in giudizio, secondo il nuovo rito sul processo del lavoro, per il 

pagamento delle differenze di stipendio formalmente attribuite dai decreti as


sessoriali, l'Amministrazione eccepiva, fra l'altro, il difetto di giurisdizione del 

giudice del lavoro, costituendo quello dedotto in giudizio un rapporto di pub




392 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

1970 al 31 dicembre 1973, oltre alla differenza maturanda nel corso del 
giudizio, gli interessi e salvi i maggiori danni. 

Disposta la comparizione delle parti, la Regione Siciliana, regolarmente 
costituitasi, preliminarmente eccepiva la estinzione del processo, in quanto 
il ricorso introduttivo, entro il termine parentorio di dieci giorni prescritto 
dall'art. 415 c.p.c., anzicch� essere notificato presso gli Uffici dell'Avvocatura 
Distrettuale, era stato notificato presso gli uffici della Regione 
Siciliana. Eccepiva, altres�, il difetto di giurisdizione del giudice 
adito, poich�, trattandosi di materia concernenti il rapporto di pubblico 
impiego, la competenza a conoscere della stessa spettava al giudice amministrativo. 
Nel merito, infine, deduceva la legittimit� dei decreti assessoriali, 
del marzo 1973, sia perch� il contrasto con la legge regionale del 
7 dicembre 1973, n. 45, sia perch� la normativa ~ontenuta nei d.f.R. 

n. 1077 e 1079 del 1970 non era applicabile agli impiegati regionali. 
All'udienza del 10 aprile 1974, precisate le conclusioni nei termini trascritti 
in epigrafe, veniva data lettura del dispositivo della sentenza. 

blico im.!,'iego, riservato alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo; 
e tale eccezione veniva accolta con la decisione che qui si annota. 

La narrazione dei fatti che hanno dato origine alla controversia, ed il 
tenore della sentenza in questione evidenziano gli aspetti pi� interessanti della 
decisione annotata. 

Anzitutto ci sembra che la vicenda si manifesti come elemento sintomatico 
di una tendenza; quella di utilizzare il nuovo rito del processo del lavoro, con 
tutti i vantaggi che lo stesso presenta rispetto agli altri giudizi ordinari, civili 

o amministrativi, per tentare di sottrarre taluni rapporti giuridici (come quello 
di pubblico. impiego), alla cognizione del giudice che la legge per essi prevede. 
Il successo di tale tentativo raggiungerebbe un duplice scopo: quello di 
svuotare di contenuto l'ambito di applicazione del processo giurisdizionale am 
ministrativo, con la garanzia che esso offre sia al privato che alla amministrazione 
(e ci� assume un valore particolarmente pregnante quando, come nel caso 
in cui si riferisce la decisione commentata, la pretesa del privato � palesemente 
priva di fondamento); e quella di sfruttare la particolare struttura del rito 
del lavoro, per vedere pi� celermente riconosciute pretese la cui natura non 
giustifica il ricorso a tale tipo di processo, funzionalmente orientato alla tutela 
di ben altri e diversi interessi. � 

Sotto questo profilo, occorre dire che la nuova legge sul processo del lavoro, 
soprattutto per �l'assoluta indeterminatezza di certe disposizioni, contribuisce 
in qualche modo ad incoraggiare iniziative di tal fatta. Se infatti � indubbio 
che il legislatore, con il n. 5 del nuovo testo dell'art. 409 c.p.c., non ha voluto 
innovare nel sistema della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in 
materia di impiego pubblico, � altres� vero, peraltro, che ha attribuito alla competenza 
pretorile, i rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri 
rapporti di lavoro pubblico (art. 429, n. 5). Ora, se si considera che la legge ha 
jnteso far salva la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia 
di pubblico impiego, risulta veramente difficile riempire di contenuto concreto 
i �rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici� e soprattutto gli � altri 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 393 

MOTIVI 

E' perfettamente giudiziale e va subito esaminata la prima eccezione 
proposta dal resistente nella memoria difensiva di costituzione. 

Rileva, con essa, il Presidente della Regione Siciliana, che la mancata 
notifica del ricorso in esame all'Avvocatura Distrettuale dello Stato di 
Palermo entro il termine perentorio di 10 giorni, prescritto dall'art. 415 

c.p.c. importa la estinzione del processo. 
Detta eccezione non ha pregio e va disattesa. Appare opportuno al riguardo 
chiarire che per la notifica della complessa vacatio in jus, prevista 
dal nuovo art. 415 c.p.c. da effettuarsi a cura dell'attore, vale la disciplina 
generale del codice sulla notifica e sulla sua nullit� sanatoria. 

La notifica successiva ai dieci giorni dalla data di pronuncia del decreto 
non sar� causa n� di vizi n� di irregolarit�, ma solo di una procedura 

rapporti di lavoro pubblico � che il nuovo testo dell'art. 409 c.p.c. ha attribuito 
al nuovo giudice. 

Non si pu� dire che le rapide note di commento e le frettolose interpretazioni 
che hanno accompagnato l'entrata in vigore della legge .n. 533 del 1973, 
hanno contribuito sostanzialmente a chiarire la questione. 

Si � ad esempio, recentemente sostenuto (Montesano -Mazziotti, Le controversie 
del lavoro e della sicurezza sociale, Napoli 1974, f. 39 e segg.) che 
nell'ambito della dizione �rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici� 
di cui al n. 5 dell'art. 409 c.p.c. potrebbero farsi rientrare i rapporti di lavoro 
subordinato non costituiti con un formale atto di nomina, e ci� in relazione all'orientamento 
giurisprudenziale secondo il quale � necessario, perch� possa 
aversi un rapporto di pubblico impiego, un atto formale di nomina; mentre, negli 
� altri rapporti di lavoro pubblico � di cui al citato art. 409 n. 5, potrebbero 
farsi rientrare i rapporti, genericamente di lavoro autonomo, del privato con gli 
enti pubblici. 

Senonch�, ad una riflessione pi� approfondita, non sfugge_ la portata discutibile, 
di siffatti tentativi di interpretazione; cos�, per quanto riguarda le situazioni 
che si fanno rientrare nei c.d. � rapporti di lavoro dei dipendenti di enti 
pubblici� di cui al n. 5 dell'art. 409, (e che evidentemente non sono quelli intercorrentj 
con gli enti pubblici economici, che sono dallo stesso articolo previsti 
al n. 4) � facile replicare che, a prescindere da quell'altro orientamento giurisprudenziale 
che ravvisa l'esistenza di un atto di nomina nello stesso comportamento 
concludente delle parti, alla loro identificazione nei c.d. � rapporti di 
lavoro dei dipendenti di enti pubblici >>, osta l'impossibilit� concettuale di ipotizzare 
l'esistenza di rapporti di lavoro subordinato con enti pubblici, impossibilit�, 
questa, peraltro avvalorata dall'insegnamento del Consiglio di Stato che 
ha sempre escluso la possibilit� dell'esistenza di un rapporto di lavoro con un 
ente pubblico non qualificabile come pubblico impiego (si veda, per tutto, da 
ultimo Cons. Stato, Sez. VI, 30 maggio 1972, n. 277, in Cons. Stato 1972, I, 1148). 

Per quanto riguarda i rapporti, che si fanno rientrare negli � altri rapporti 
di lavoro pubblico� di cui al n. 5 dell'art. 409 c.p.c. cit. che consisterebbero, come 
si � innanzi detto, nei rapporti genericamente di lavoro autonomo con gli enti 
pubblici�, � facile in primo luogo notare che non basta l'esistenza di un rappor




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

394 

meno celere. La chiamata in causa � viziata soltanto quando non vengono 
rispettati i termini in cui al comma quinto dell'art.. 415. A tale vizio va 
applicata con interpretazione sistematica la norma dell'art. 164 c.p.c. 

Ora, nel caso in esame, non vi � vizio nella chiamata in causa giacch� 
� stato rispettato il termine non minore di trenta giorni disposto dal 
quinto comma dell'art. in esame bens� un mero ritardo non produttivo di 
vizi dai quali se ne possa fare conseguire l'estinzione del processo. 

Va ora esaminata la seconda eccezione con la quale si � rilevato il difetto 
� di giurisdizione � del giudice ordinario a conoscere la presente 
controversia relativa a rapporti di pubblico impiego. 

Come risulta, dall'esposizione del fatto ed � incontroverso fra le parti, 
a seguito di reiterate richieste dei ricorrenti sono stati emessi il 30 marzo 
1973 dall'Assessore delegato dal Presidente della Regione Siciliana provvedimenti 
amministrativi con i quali si estendevano agli stessi odierni ricorrenti 
i benefici previsti dai d.P.R. 1077 e 1079 del 1970. Di detti decreti per� 
l'amministrazione regionale ometteva di notificarli agli interessati e di 
darne concreta attuazione. Lamentano ora, in questa sede, i ricorrenti la 
lesione del loro diritto ad avere corrisposto le differenze di stipendi e di 
indennit� loro attribuiti con i decreti emessi e non eseguiti e, in conse


to di lavoro autonomo con un ente pubblico, o con una pubblica amministra


zione, per far qualificare lo stesso come � lavoro pubblico �, consistendo sem


mai la �pubblicit��. del lavoro, se cos� pu� dirsi (il carattere pubblico del la


voro), in tutte quelle caratteristiche quali l'inserzione nella pianta organica 

dell'ente pubblico, la destinazione della prestazione fornita ai fini istituzionali 

dell'ente, ecc., che in concreto possono riscontrarsi soltanto nel rapporto di 

pubblico impiego, e mai, in un rapporto di lavoro autonomo con un ente pub� 

blico, dal momento che i casi, che di quest� possono darsi, e per alcuni dei quali 

esiste addirittura una esplicita previsione legislativa (si pensi, ad esempio, a 

quanto disposto dall'art. 5 t.u. n. 1611 del 1933), mai possono avere caratteristiche 

tali da farli definire � pubblici �. 

Quanto precede, ancora, � avvalorato da� un'altra considerazione; e cio� che 

una attivit� di lavoro pu� considerarsi pubblica solo quanto essa entri a far 

parte della stessa organizzazione dell'ente pubblico; il che appunto, in concreto, 

avviene solo per il pubblico impiego e mai per il lavoro autonomo. 

Tali considerazioni sottolineano l'importanza e al contempo l'incertezza del


le questioni relative alla determinazione della sfera di competenza attribuita 

al Giudice del lavoro, in relazione a rapporti di lavoro con le amministrazioni 

pubbliche. 

Ma maggiormente interessa, nel caso di specie, un altro aspetto, che co


stituisce forse il risvolto pi� significativo della decisione che si annota. Con 

essa, il pretore in funzione di giudice del lavoro ha dichiarato il proprio difetto 

di giurisdizione, ed ha ritenuto non essere, quelle dedotte in giudizio, questioni 

attinenti ai c.d. � diritti patrimoniali conseguenziali �, in quanto tali rientranti 

nelle attribuzioni del giudice ordinario: . e ci� perch� in discussione era diret


tamente la legittimit� o meno dei provvedimenti amministrativi che riconosce


vano ai ricorrenti i miglioramenti economici previsti dai decreti del Presidente 

della Repubblica 1077 -1079 del 1970. E, la decisione � particolarmente interes


sante in relazione a tale particolare situazione di fatto ad essa preesistente e 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE , 395 

guenza, chiedono che venga condannata l'Amministrazione Regionale a corrispondere 
quanto indicato nei decreti e gli arretrati maturatisi. 

Ci� posto nella controversia in esame, a seguito dell'eccezione di difetto 
di giurisdizione deve accertarsi se, trattandosi di questione comunque 
relativa a rapporti di pubblico impiego, come assume la resistente, si verte 
in materia di giurisdizione esclusiva del� giudice amministrativo ai sensi 
dell'art. 29 del T.U. sul Consiglio di Stato, ovvero se, come asseriscono i 
ricorrenti, a seguito dell'emanazione degli atti amministrativi che hanno 
riconosciuto il diritto dei pubblici impiegati, non si verte pi� in materia di 
pubblico impiego bens� di diritti patrimoniali di competenza del giudice 
ordinario. 

Non � inutile, a questo punto, rilevare che la giurisprudenza ormai pacifica 
afferma che la giurisdizione del Consiglio di Stato in materia di 
pubblico impiego si estende a tutte le controversie attinenti a situazioni di 
diritto soggettivo o interesse legittimo, comprese quelle aventi contenuto 
patrimoniale e sussiste ogni qual volta vi sia un collegamento causale fra 
il rapporto di pubblico impiego e la pretesa dedotta in giudizio; il che si 
verifica quando tale rapporto, nella sua consistenza e nel suo svolgimento, 
operi quale momento genetico diretto ed immediato della pretesa stessa, 

all'orientamento della precedente giurisprudenza dlla S.C. in relazione alle questioni 
relative ai cosiddetti diritti patrimoniali cons~guenziali. 

Come � noto, l'art. 30 del t.u. delle Leggi sul Consiglio di Stato, nel ribadire 
che nelle materie deferite �alla esclusiva giurisdizione del giudice amministrativo, 
questo conosce di tutte le questioni relative a diritti, precisa, al secondo comma, 
che rimangono sempre riservate all'A.G.O. le questioni attinenti a diritti 
patrimoniali conseguenziali alla pronunzia di legittimit� dell'atto o provvedimento 
contro cui si ricorre. S'intende, � ovvio, che tale pronunzia di legittimit� 
rimane riservata al Consiglio di Stato (o ad altro giudice amministrativo). La 
giurisprudenza della Suprema Corte ha in seguito ampliato, con un procedimento 
di interpretazione estensiva, l'originaria previsione legislativa, e pur ribadendo 
il principio generale che la giurisdizione del Consiglio di Stato in materia di 
pubblico impiego si estende a tutte le controversie attinenti a situazioni di dirit� 
to soggettivo o di interesse legittimo, compresa quelle aventi contenuto patrimoniale, 
ha statuito, a proposito delle questioni attinenti ai diritti patrimoniali 
conseguenziali, che, qualora la P.A. abbia riconosciuto il diritto reclamato dal 
pubblico in:ipiegato, vien meno il presupposto della giurisdizione esclusiva, 
ed il riconoscimento, tenendo luogo della pronuncia di legittimit�, costituisce il 
presupposto di ogni altra pronuncia sui diritti patrimoniali conseguenti, spettante 
al giudice ordinario (Cass. 20 febbraio 1962, n. 346; Cass., Sez. Un. 3 giugno 
1969, n. 1667). 

Ora, � proprio a proposito del � riconoscimento �, di cui parla la giurisprudenza 
sopra citata, e dalla cui esistenza si fa dipendere la sussistenza della giurisdizione 
del giudice ordinario, che la sentenza annotata, tenendo conto dei fatti 
precedenti l'istaurazione del giudizio, assume una particolare rilevanza. E' la 
prima volta, infatti, se non si va errati, che per determinare la sussistenza o 
meno del riconoscimento, il giudice non si limita a considerare se, in merito 
alle pretese vantate, l'Amministrazione abbia o meno emanato provvedimenti 
in senso ricognitivo, ma si fa riferimento al comportamento dell'amministra




396 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

quando cio� si controverta sulla sussistenza di tale rapporto, sulla sua 
estenzione o su diritti da esso derivanti che si assumano non essere stati 
in tutto o in parte riconosciuti. 

Alla luce di questa valida giurisprudenza � chiaro che non pu� farsi 
derivare la competenza del giudice ordinario da una mera sussistenza di 
diritti ad una maggiore retribuzione e ad altre indennit� e ci� data la 
tutela che la giurisdizione esclusiva offre a situazioni giuridiche, relative 
sia a diritti che ad interessi legittimi, direttamente ed immediatamente 
collegate con il rapporto di pubblico impiego. N� la diversa prospettazione 
della domanda pu� influire sulla determinazione ed individuazione della 
giurisdizione e della competenza. 

L'unica ipotesi in cui la giurisprudenza, pur trattandosi di questioni patrimoniali 
relative a rapporti di pubblico impiego, ammette la competenza 
del giudice ordinario � quella in cui sia stato interrotto il collegamento 
cau.sale e diretto tra il rapporto di pubblico impiego e la pretesa dedotta 
in giudizio. 

Ci� quando vi sia stato un riconoscimento da parte dell'amministra


zione del diritto del pubblico impiegato: quando, quindi, il riconoscimento 

zione successivo all'emanazione dei provvedimenti stessi, attribuendo un valore 

determinante al comportamento complessivo tenuto dall'amministrazione. 

Due sembrano, a questo proposito, gli elementi significativi che possono 

trarsi dalla decisione annotata. 

Anzitutto, una definizione ben precisa del �riconoscimento�, che viene , 

descritto come �la risultante indubbia di una coerente serie di atti comporta


mentali�, il che vale ad attribuire ad esso un contenuto concreto. Il � riconosci


mento � della pretesa non viene pi� apoditticamente identificato in un singolo 

atto, ma in una serie di atti, costituenti un comportamento univoco. 

E ci�, indubbiamente, costituisce una seria garanzia sia per l'amministra


zione che per il pubblico impiegato. 

In secondo luogo -e ci� � un corollario della definizione sopra menzio


nata -assai importante � l'affermazione di quello che potrebbe definirsi il prin


cipio della rilevanza del comportamento conseguente all'emanazione dei prov� 

vedimenti dell'amministrazione. 

La decisione � infatti importante proprio perch� stabilisce che il comporta


mento dell'Amministrazione, susseguente all'emanazione del provvedimento, non 

� indifferente, privo di effetti giuridici, ma anzi significativo, idoneo cio� a pale


sare la volont� della Amministrazione stessa, e come tale capace di produrre 

effetti, addirittura in senso opposto e preclusivo rispetto a quelli del prece


dente atto formale. 

Naturalmente, perch� tale comportamento possa essere considerato rilevan


te, � necessario che esso manifesti una propria logica interna, di segno opposto 

a quella manifestata in precedenza. 

E' owio che, perch� sussista un comportamento di tal fatto, non sar� certo 

sufficiente una semplice omissione dell'amministrazione nell'attuare l'atto for


male di �ricognizione�, ma ci si deve trovare di fronte ad una serie di atti 

che siano idonei a manifestare inequivocabilmente la volont� opposta. 

ALESSANDRO PAJNO 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 397 

abbia interrotto il collegamento tra la pretesa e rapporto di pubblico 
impiego e, a sua volta, sia divenuto esso stesso la causa petendi della 
domanda. 

Sicch�, soltanto in questa ipotesi viene ad escludersi la competenza 
del giudice amministrativo giacch� viene a mancare il presupposto di detta 
giurisdizione mentre il riconoscim_ento tenendo luogo della pronuncia di 
legittimit� costituisce il presupposto di ogni altra pronuncia sui diritti 
patrimoniali di competenza del giudice ordinario. 

Resta da esaminare quindi, se nel caso che ci occupa vi sia stato da 
parte dell'Amministrazione regionale un riconoscimento dei diritti asseriti 
dai ricorrenti e, particolare, se un simile riconoscimento possa riscontrarsi 
nei decreti c.d. paritetici sui quali i ricorrenti fondano la loro pretesa. 
Orbene, pur apparendo ad un primo esame che detti atti amministrativi 
possano importare un riconoscimento della pretesa dei ricorrenti e ci� per 
la loro stessa formazione, la registrazione della Corte dei Conti e la presunzione 
di legittimit� di cui sono dotati, non si ritiene che possa pervenirsi 
ad una analoga definitiva conclusione. 

Non � superfluo rilevare che il i-iconoscimento da parte di un soggetto 
di un diritto altrui deve essere pieno, valido e univoco e deve essere la 
risultante indubbia di una coerente serie di atti comportamentali. 

Ora, nel caso in esame, non v'� chi non veda che nel comportamento 
della Regione Siciliana, ed in particolare negli atti che hanno proceduto 
ed hanno eseguito l'emissione di detti decreti del 30 marzo 1973, non vi sia 
nulla di coerente e di conseguente dal quale possa desumersi un univoco ed 
irrevocabile riconoscimento dei diritti dei ricorrenti. 

Infatti oltre a evidenziarsi che il comportamento dell'amministrazione 

non si � manifestato soltanto nell'emissione dei detti atti ma si � con


cretato in concreti atti precedenti e susseguenti deve affermarsi che la 

omissione, nonostante le diffide, della notifica agli interessati degli atti e 

la mancata esecuzione degli stessi, per un notevole lasso di tempo, nonch� 

la resistenza in questo giudizio alle domande dei ricorrenti fanno chiara


mente desumere una volont� del tutto contraria al riconoscimento del di


ritto che d'altra parte potrebbe dedursi dalla lettera dei decreti di cui ci 

si occupa. Un tale contraddittorio comportamento dell'amministrazione 

(nella coerente condotta contraddittoria) che conseguentemente culmina con 

l'eccezione di illegittimit� degli stessi provvedimenti avanzata nel � pre


sente� giudizio 'non pu� far di certo ritenere che la Regione Siciliana 

abbia inteso pienamente riconoscere i diritti dei ricorrenti. 

Da ci� consegue, non ritenendosi esistente detto riconoscimento, che 

la questione patrimoniale prospettata in ricorso � in diretto collegamento 

col rapporto di pubblico impiego e rientra quindi nella giurisdizione del 

giudice amministrativo. 

Pertanto deve dichiararsi il difetto di giurisdizione di questo giudice 

-(Omissis). 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 maggio 1976, n. 1702 -Pres. Rossi Este. 
Scanzano -P. M. Raya (conf.) -SARF (avv. Santini) c. Ministero 
dei Trasporti (avv. Stato de Francisci). 

Concessioni � Concessioni � Contratto -Negozio bilaterale � Funzione 


Disciplina privatistica � Inapplicabilit� � Diritto di prelazione : Ex arti


colo 2, legge n. 13 del 1963 -Inammissibilit�. 

Nella concessione-contratto il negozio bilaterale, pur essendo autonomo 
nel processo formativo e nel contenuto rispetto alla concessione, 
ha la funzione di dare attuazione alla deliberazione della p.a. inerente 
all'esplicazione del pubblico servizio, in quanto realizza un intimo collegamento 
che unifica le due entit�, in uno strumento giuridico complesso. 
Di consegue7Jza, l'u.so dei locali, oggetto del contratto, � funzionalmente 
collegato all'attivit� svolta per il soddisfacimento delle esigenze pubbliche 
(servizio ferroviario) e non pu� essere disciplinato dai principi privatistici, 
tra i quali rientra, verificatasi la scadenza della concessione, il diritto 
di prelazione ai sensi dell'art. 2 della legge 27 gennaio 1963, n. 13 (1). 

(Omissis). -La ricorrente non contesta che il presupposto necessario 
per l'applicabilit� della legge n. 19 del 1963 sia l'esistenza di un contratto 
di locazione di immobile: cio� che del resto risulta in termini testuali 
dai limiti che a detta legge sono assegnati dal suo art. 1. 

Orbene I~ Corte di merito, dopo avere identificato il contenuto materiale 
del rapporto controverso (in termini che in verit� non sono neppure 
oggetto di censura), ha fatto esatta applicazione di principi giuridici 
quando ne ha negato, la natura di locazione e Io ha ricondotto allo schema 
della concessione, pur se in un passaggio della motivazione (non decisivo 

(1) La sentenza � conforme a un indirizzo� giurisprudenziale ormai costante 
cfr. SS.UU. 25 maggio 1968, n. 1604,-in Giust. Civ. Mass., 1968, 811 con richiami, 
nonch� Cass. 9 gennaio 1973, n. 8, Foro lt. 1973, I, 1098, con nota di riferimenti 
anche in dottrina; ed in questa Rassegna, 1973, 833. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

rispetto alla portata globale di essa) ha parlato di � un negozio � come 
� oggetto della concessione �, con un accenno di cui la ricorrente ha 
colto l'impropriet�. 

Secondo la sentenza impugnata, l'Amministrazione delle Ferrovie 
dello Stato, a seguito di trattativa p~ivata, concesse alla SARF. l'esercizio 
del pubblico servizio di caff�-ristorante nella Stazione di Milano 
Centrale, ed in attuazione del relativo provvedimento amministrativo 
stipul� con la stessa, il 21 giugno 1954, una convenzione che richiamava 
il capitolato generale emanato dal Ministero dei Trasporti per la disciplina 
uniforme dei rapporti del genere: i quali sono riconducibili allo 
schema della concessione-contratto, traendo appunto origine da un atto 
unilaterale �on cui la P.�. delibera di affidare ad un privato l'esercizio 
di un'attivit� a s� riservata, e da un negozio bilaterale che attraverso 
la determinazione dei diritti ed obblighi reciproci, stabilisce le modalit� 
di esecuzione del servizio. 

Tale negozio � bens� autonomo quanto a processo formativo (che 
richiede la partecipazione di entrambi i soggetti) e quanto a contenuto 
(che di norma � autosufficiente ai fini della determinazione della rispettiva 
posizione delle parti), ma la funzione che lo distingue, costituita 
dalla finalit� di dare attuazione alla deliberazione della P.A. (Cass., 1894/67 
e 902/66) realizza, rispetto a questa, un intimo collegamento che unifica 
le due entit� in uno stmmento giuridico complesso. Da ci� deriva che, 
nell'ambito di ques.to, il negozio bilaterale non pu� essere isolato per' 
essere assoggettato in toto alla disciplina del diritto privato, perch� se 
anche esso ricalchi lo schema di un analogo contratto di diritto privato, 
la causa (che � necessario identificare ai fini della qualificazione e del 
trattamento giuridico) non pu� essere svincolata dall'atto di concessione.�. 


Ora, avendo riguardo agli elementi di fatto evidenziati dall'impugnata 

sentenza e considerando che al pubblico servizio ferroviario � consen


ziale il funzionamento di stazioni organizzate anche per le esigenze per


sonali dei viaggiatori, appare chiaro: 

a) che la P.A., affidando ad un privato l'attivit� svolta al soddisfa


cimento di una di tali esigenze, ha agito in funzione del pubblico ser


vizio e (trattandosi di attivit� a s� riservata per legge) ha posto in essere 

una concessione (appunto di servizio); 

b) che l'uso da parte del concessionario di locali funzionalmente 

destinati all'esercizio di detta attivit� � strumentale rispetto a questa e 

non pu� perci� essere retto da una causa indipendente. In altri termini, 

� chiaro che la causa di quell'uso non � lo scambio del godimento di 

beni verso un corrispettivo (ci� che nella locazione caratterizza appunto 

il tipo negoziale ed esaurisce le fondamentali reciproche aspettative delle 


400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

parti) ma la sostituzione, da parte della P.A., di un privato a se stessa 
nella cura di uno degli aspetti inerenti ad un pubblico servizio,. necessariamente 
implicante come mezzo al fine l'uso di detti locali. Non si volle, 
cio�, far luogo alla concessione per consentire tale uso (e non si tratt� 
quindi neanche di concessione di beni), ma questo uso si consent� per 
realizzare la finalit� primaria della concessione, costituit� dallo svolgimento 
di un p�bblico servizio. Se, inoltre, si considera che oggetto di 
un negozio di mero diritto privato possono essere solo i beni del patrimonio 
disponibile dello Stato (e tali certamente non sono le pertinenze 
del demanio ferroviario, come i locali di cui si discute) mentre l'uso 
dei beni demaniali e patrimoniali indisponibili ricade sotto la disciplina 
del diritto pubblico (Cass., 9 gennaio 1973, n. 8; 25 maggio 1968, n. 1604; 
12 febbraio 1963, n. 269) appare pienamente corretta l'opinione del giudice 
di merito che, con riferimento all'uso di quei locali, ha negato 
potersi isolare una locazione di natura privatistica. 

Che nell'ambito di tale uso possano emergere aspetti e modalit� in 
tutto simili a quelli propri del contratto di locazione, e che riguardo 
ad essi la convenzione od il capitolato possano ricalcare la disciplina 
del predetto contratto od addirittura richiamare quella che per esso 

I

detta il codice civile, � un dato tanto possibile quanto irrilevante. Esso 
dimostra solo che, sul piano della valutazione economica di quei particolari 
aspetti, viene -tra l'altro -in evidenza un interesse che coincide 

1 

con quello che giustifica la disciplina dei corrispondenti profili della w 
locazione, ma non � sufficiente a giustificare l'identificazione dei due 
rapporti sul piano della causa giuridica, la quale -� bene ripetere non 
pu� prescindere, nel caso considerato, dall'obiettivo finale che si 
volle perseguire, cio� lo svolgimento di un pubblico servizio mediante 
affidamento della relativa gestione ad un soggetto privato. 

L'opinione in tal senso espressa dalla Corte di merito riceve con


forto dagli ulteriori rilievi da essa svolti circa la facolt� dell'Ammini


strazione ferroviaria di modificare la consistenza ed ubicazione dei locali 

(che � estranea quanto meno agli schemi usuali della locazione) ed i 

penetranti poteri d'ingerenza dell'Amministrazione stessa sulla condizione 

dell'esercizio: poteri che, consentendo ad essa di esercitare controlli sulla 

qualit� dei 'prodotti smerciati e sui loro prezzi ed esprimere .apprezza


menti sulla condotta in genere della gestione, dimostrano la persistenza 

di una posizione preminente della P.A. anche al di l� dell'atto autori


tativo di concessione, e dimostrano soprattutto che la causa dell'intero 

rapporto era permeata dall'esigenza che quella gestione, lungi dall'essere 

un fatto di esclusivo interesse della SARF, realizzasse un ordinato ed 

efficiente servizio di ristoro, quale elemento integrativo della funzionalit� 

dello scalo ferroviario. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 401 

PRETURA DI BARI, 30 aprile 1976 -Est. D'Innella -Scivittaro (avv. Tonzo� 
rella) c. Ente Sviluppo Puglia e Lucania (avv. Stato Carino). 

Locazione di immobili urbani -Proroga � Applicabilit� della P.A. � Am� 
missibilit�. 

La proroga dei contratti di locazione immobili urbani disposta dai 
provvedimenti legislativi in materia, � applicabile anche ai contratti di 
cui sia parte la pubblica Amministrazione in qualit� di conduttrice (1). 

(Omissis). -La controversia ha un solo punto di discussione: se il 
contratto di locazione in questione vada o meno ricompreso tra quelli 
che beneficiano �della proroga legale. 

(1) Cenni sull'applicabilit� della proroga delle locazioni agli immobili 
urbani di cui sia conduttrice la Pubblica Amministrazione. 
L'interesse per la sentenza che si annota, discende dalla circostanza di 
essere la prima in cui un giudice di merito si sia pronunciato sulla difficile 
questione dell'applicabilit� delle leggi di proroga alla P.A.: nota essendo la 
difficolt� con cui tali problemi giungono all'esame della Corte di Cassazione, 
preferendo le parti raggiungere un accordo in sede stragiudiziale, dopo magari 
esperito il primo grado di giudizio, con l'acconciarsi il conduttore al rilascio 
dell'immobile, oppure ad un accordo pi� o meno coartante con il proprio locatore. 

Per la P.A. il problema assume toni particolarmente impegnativi, sia per 
la nota difficolt� che le singole amministrazioni incontrano nella corresponsione 
dei canoni per le more cui � soggetto il relativo procedimento (che spesso 
induce il locatore a chiedere il rilascio dell'immobile su cui v. peraltro l'ordinanza 
del Pretore di Roma del 16 febbraio 1976 est. Natale), sia per le incertezze 
che un'evenienza di tal fatta comporta sull'attivit� di uffici che si trovano, 
per quanto riguarda la sede, a volte esposti alla opinione quanto mai oscillante 
della giurisprudenza pretorile, mancando, nel silenzio della Corte di Cassazione, 
una sicura guida nel sistema normativo in materia. 

Volendo tracciare, in via di prima approssimazione, uno scheletrico schema 
delle disposizioni in vigore, baster� porre in evidenza che l'ultima normativa 
�organica� risale oramai al dl. 24 luglio 1973, n. 426 (conv. in 1. 22 dicembre 1973, 

n. 841); nonch� al d.l. 19 giugno 1974, n. 236 (conv. in l. 12 agosto 1974, n. 351), 
prorogato con d.l. 25 giugno 1975, n. 255 (conv. 1. 31 luglio 1975, n. 363), prorogato, 
a sua volta, sino al 31 dicembre 1976 con d.l. 13 maggio 1976, n. 228. 
L'art. 1 del dl. n. 236 del 1974, nel disporre che i �contratti di locazione 
e di sublocazione degli immobili urbani in corso dalla data in vigore del provvedimento 
sono prorogati... � opera in materia con valore di clausola generale, 
rendendo la. proroga applicabile a qualsiasi soggetto purch� -come specificato 
dallo stessa legislatore -la locazione riguardi un immobile urbano (per 
la definizione cfr. LAZZARO, PREDEN VARRONE, Le locazioni in regime vincolistico, 
Milano, 1975, 31) e risulti in corso (cfr. per la definizione di locazione �in corso� 
Cass. 21 novembre 1972, n. 3463, in Foro it. Rep. 1972, 1766). 

Di qui l'illazione, che sinora risulta chiara in dottrina, ed affermata dalla 
sentenza che si riporta, dall'applicabilit� del beneficio anche alla P.A. in veste 
di conduttrice di immobili urbani in propriet� di privati: operando infatti 
l'Amministrazione jure privatorum, non si vede il motivo per cui la tutela ad 



402 
RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

La tesi negativa di parte attrice trae spunto da un parere del Consiglio 
di Stato (n. 1218 dell'll maggio 1973), il quale, rifacendosi alla relazione 
al disegno di legge di iniziativa governativa (atto n. 1806 Camera 
dei deputati) e relativi lavori parlamentari, poneva l'accento sul preminente 
interesse pubblico della legge vincolistica, tesa a tutelare le classi 
meno abbienti sulle quali ricadono i disagi derivanti dalla precaria situazione 
dell'edilizia del nostro paese. Sicch�, logica appare la escl.sione 
da questa tutela per quelle C(;\tegorie di persone che non versino in disagiate 
condizioni economiche, ricomprese in queste quelle giuridiche e 
tra queste certamente gli enti pubblici. 

essa accordata dovrebbe manifestarsi inferiore da quella spettante a qualsiasi 
altro privato conduttore. 

Detto avviso, espresso per la prima volta in sentenza dal Pretore di Bari, 
aveva trovato gi� conforto in opinioni di dottrina, che consideravano nei provvedimenti 
in vigore un'estensione indiscriminata della proroga a qualsiasi 
immobile destinato ad uso diverso dall'abitazione, a prescindere dal reddito 
del conduttore (cfr. Annunziata, M. La proroga delle locazioni al 30 giugno 1975, 
in Giust. Civ. IV, 1975, pag. 1972 e segg.). 

Del resto, completamente superato dalla normativa attuale � apparso anche 
il parere del Consiglio di Stato n. 1218 dell'll maggio 1975, volto ad escludere 
dal beneficio in parola gli Enti Pubblici perch� la legge in materia tutelerebbe 
solo il locatore poco abbiente (per una critica del richiamato parere cfr. 
BIANCHI, L.: Pu� un Ente pubblico fruire del blocco dei canoni? Riv. Giur. Ed, 
1975). 

Infatti, a parte il vizio logico sito in principio in un simile ragionamento 
perch� il vincolo delle locazioni esteso agli enti pubblici ed alla P.A. giova 
anche ai conduttori poco abbienti, eliminando uno dei motivi di lievitazione 
dei prezzi dei beni e dei servizi, � da osservare che detto avviso venne espresso 
dal Consiglio di Stato sotto l'imperio della legge 26 novembre 1969, n. 833, la 
cui ratio, come � noto, si fonda su motivi ben diversi dagli attuali. 

La disciplina delle proroghe delle locazioni stabilite con il d.l. n. 426 del 
1973 e successive si muove infatti su binari completamente differenti, essendo 
il beneficio regolato alla stregua di principio generale e le limitazioni ridotte 
al rango di eccezioni, con il palese fine di tutelare non tanto il conduttore 
quale contraente pi� debole, ma le condizioni complessive della economia, 
inserendo la proroga delle locazioni nel quadro di una politica antinflazionistica 
diretta a contenere le lievitazioni di prezzi dovute a qualunque causa: 
e non c'� dubbio che nell'attuale momento economico il libero gioco delle 
contrattazioni nel campo dell'edilizia, accrescendo la rendita cosiddetta _� parassitaria
� si presenta uno dei fattori pi� rilevanti della spinta dei prezzi verso 
l'alto (cfr. sul punto, Pretura Bassano del Grappa, 2 novembre 1974, in Giust. 

civ. 
1975, e Cass. 9 dicembre 1974, n. 4173, ivi, 611 e segg.). 
In questo ambito, due quindi possono considerarsi le eccezioni alla generalissima 
regola della proroga dei contratti di locazioni degli immobili urbani: 
-l'una -gi� sopra accennata -che concerne quelli adibiti ad uso di 
abitazione, ove il conduttore non rientri nelle condizioni di cui al secondo 
inciso dell'art. 1, dl. n. 426 del 1973 (e cio� inquilini iscritti per una somma 
superiore ai 4 milioni nei ruoli dell'imposta complementare nel 1973 -cifra 
che attualmente -si presenta alquanto inadeguata a tutelare efficacemente il 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 403 

Di contro a questa tesi vi ha quella di parte convenuta, che individua 
la ratio della legge nella volont� politica di introdurre misure contro la 
lievitazione dei prezzi, al fine di evitare spinte inflazionistiche che finirebbero 
per danneggiare le classi con minori disponibilit� economiche 
in r~lazione al problema della casa e del locale di lavoro. Trattasi, com'� 
evidente, di argomenti validissimi che lasciano insoluto il problema, per 
la cui soluzione non resta che rifarsi al dettato della legge. 

Orbene, la lettura di questa fa ritenere l'applicabilit� del beneficio 
anche alle persone giuridiche,' private o pubbliche, non potendosi conte


� medio� redditiere che percepisce un'entrata uguale oppure �marginalmente� 
superiore); 

-l'altra prevista dalla I. 23 maggio 1950, n. 253 (che, al contrario della 
precedente, pu� colpire anche la P.A.), il cui art. 4 dispone la decadenza dalla 
proroga qualora si verifichi l'urgente e improrogabile necessit� del locatore 
di destinare l'immobile stesso, a qualunque uso adibito (e pertanto anche a 
pubblico ufficio) ad abitazione propria o a quella dei propri congiunti. 

Dubbia rimane poi la fattispecie in cui la P.A., contrattando jure privatorum 
sia conduttrice di un alloggio da destinare ad un pubblico dipendente 
in relazione alle funzioni da esso esercitate (ad es. alloggio di servizio). 

La soluzione sar� diversa (cfr. LAZZARO, le locazioni, cit., 71) a seconda che 
si dia preminente importanza all'uso effettivo dell'immobile (abitazione della 
persona fisica); nel qual caso il beneficio � subordinato alla prova che l'occupante 
rientri nei limiti di reddito richiesti dal d.l. n. 426 del 1973. Ovvero si 
valuti la destinazione ad alloggio di servizio quale strumento per il perseguimento 
dei fini dell'ente, ove la locazione va considerata per uso diverso dalla 
abitazione, e di conseguenza assoggettata a proroga in quanto rientrante nella 
regola qi applicabilit� generale. 

L'ipotesi di specie offre inoltre l'occasione per trattare di due ulteriori 
temi oggetto di attenzione in ordine ad un rapporto di locazione di �ui sia 
parte una pubblica Amministrazione: l'uno, particolare, e relativo all'inapplicabilit� 
di un diverso canone di locazione in caso in cui la P.A. succeda ad 
altro conduttore, e l'altro, pi� generale, relativo alla immutabilit� dei canoni, 
in persistenza del rapporto di locazione. � 

Relativamente alla prima di tali questioni, occorre far richiamo all'art. 1, 
quarto comma, della 1. 22 dicembre 1973, n. 841, che -rimanendo nei precedenti 
canoni ermeneutici -dovrebbe essere interpretato nel senso della generalizzazione 
del divieto di aumento del canone di locazione qualora l'immobile 
venga dato ad altro conduttore, persona fisica o giuridica che esso sia, ad uso 
non abitativo e abitativo, con la sola limitazione, in quest'ultima ipotesi, che 
il conduttore incontri le condizioni di cui all'art. 1 del dl. n. 426 del 1973. 

Non v'� pertanto da dubitare che in tal caso la P.A. pu� usufruire di tal 
sorta di � novazione soggettiva� del rapporto locatizio, che rimane per il 
resto -e pertanto anche per il canone -immutato, con il solo limite del1'
�identit� dell'oggetto dedotto in contratto�, nel senso che ove questo dovesse 
variare in maniera apprezzabile, o comunque risultare addirittura diverso, non 
opererebbe la appena ricordata disciplina. 

Di difficile interpretazione � poi la questione relativa alla specificazione 
dell'identit� dell'oggetto, anche qui in mancanza di precisi orientamenti della 
giurisprudenza (per due casi di specie, cfr. Cass. 15 giugno 1965, n. 1231, in 
Foro it. Rep. 1965, 1790 e Cass. 4 gennaio 1966, n. 81, in Giust. civ., 1966, I, 916): 



404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stare la generalizzazione della proroga disposta dagli ultimi decreti-legge. 
Ed in vero, l'art. 1, 1. 31 luglio 1975, n. 363, cos� come l'art. 1 della 1. 12 agosto 
1974, n. 351, parla genericamente di contratti di locazione e di sublocazione 
di immobili urbani, ricompresi in questi quelli adibiti e non ad 
abitazione, tant'� che, quando la legge fa riferimento ad immobili adibiti 
ad uso di abitazione, lo dice espressamente per indicare, solo per questi, 

non pare comunque che la destinazione dell'immobile dall'uso primitivo di abi� 
tazione a quello successivo di ufficio ad uso della P.A. possa apportare modifi� 
cazioni dell'oggetto del rapporto che rimane sempre e comunque di locazione. 

Pi� grave appare invece l'altro problema relativo all'applicabilit� del cosiddetto 
�blocco degli affitti� alla P.A., affrontato sinora da diverse pronunzie 
di merito ed oggetto di esame anche da parte della Corte Costituzionale (cfr. 
Sent. citate n. 3 e n. 4 del 1976). 

Per una corretta impostazione della tematica, importa innanzitutto stabilire 
se il � blocco � in questione sia collegato intimamente con la proroga 
delle locazioni, nel senso che debbano ritenersi � bloccati � i fitti degli immobili 
le cui locazioni siano prorogate a sensi dei provvedimenti sopra menzionati; 
e poi esaminare i limiti eventuali cui il blocco stesso sia soggetto, in specie 
riguardo alle diverse clausole (la pi� frequente � quella dell'aggancio dei canoni 
all'indice prezzi l.S.T.A.T.) con cui si � sinora tentato di eluderlo. 

Relativamente al primo dei due quesiti, deve osservarsi che la stessa impostazione 
concettuale offerta dal legislatore lascerebbe postulare per l'autonomia 
dei menzionati benefici: infatti se la legge avesse. voluto collegare la proroga 
delle locazioni col blocco dei canoni, non avrebbe previsto -come � 
invece dato rilevare nella legge 26 novembre 1969, n. 633 e successive -una 
normativa ad hoc. 

Del resto, il concetto di proroga del contratto, postula gi�, di per se stesso, 
un perdurare nel tempo del rapporto, immutato in tutti i suoi elementi, soggettivo 
ed oggettivo; in pratica un � divieto legale di novazione del negozio � 
da cui ha origine del rapporto locatizio, sia per quanto riguarda il contenuto, 
nel senso che i soggetti non sono abilitati ne unilateralmente (n�, si noti (!) 
bilateralmente (stante l'inefficacia delle pattuizioni di cui all'art. 8 della legge 

n. 833 del 1969) ad alterare il canone di locazione; sia per ci� che concerne i 
soggetti, in quanto non � consentito (salvo volont� del conduttore) l'applicazione 
unilaterale da parte del locatore del meccanismo di cui all'art. 1596, 
secondo comma, del Codice civile. 
Ciq postula pertanto un'autonomia concettuale del blocco dei canoni rispetto 
alla proroga, nello specifico senso che sono da ritenere immutabili ape legis 
tutti i canoni di locazione, sia degli immobili prorogati che di quelli non 
soggetti a proroga: in quest'ultimo caso il locatore potr� dare per� disdetta 
al proprio conduttore e rinnovare alla scadenza il contratto con un diverso 
soggetto, sempre che si tratti di locazione � abitativa � e che il reddito del 
conduttore superi i 4 milioni al 1973. In caso contrario riprende vigore la 
regola del divieto legale di novazione. 

Detta conseguenza -che a prima vista appare (ed � effettivamente) aberrante 
-dimostra con quanta fretta ed imperfezioni sul piano tecnico-giuridico 
siano strutturate le attuali norme in materia. 

Per quanto concerne le Pubbliche Amministrazioni, comunque, il problema 
non riveste eccessiva rilevanza in quanto, dovendosi considerare prorogate le 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 405 

il limite di applicabilit� della proroga (reddito netto non superiore a 
4 milioni). Sicch�, la prima considerazione � che tutti i contratti sono 
prorogati, la seconda che il limite di applicabilit� della proroga riguarda 
solo le persone fisiche e non anche quelle giuridiche. Questa esclusione, 
che per parte attrice sta a significare la non applicabilit� del beneficio 
alle persone giuridiche per l'ovvia considerazione che i bilanci di queste 
sono di gran lunga superiore al limite previsto dalla legge per le persone 
fisiche, trova invece un'altra giustificazione. Interpretando � storicamente � 
le varie leggi vincolistiche che si sono succedute, dall'art. 6, quarto comma, 
della 1. 26 novembre 1969, n. 833 si rileva come il legislatore un tempo 

locazioni in cui la P.A. conduca l'immobile ad uso diverso dall'abitazione, 
insieme al blocco dovr� considerarsi (anche se distintamente) operante la 
proroga. 

Un qualche concreto significato verr� ad assumerlo invece qualora l'immobile 
risulti condotto � per motivi di servizio � della P.A. a favore di un 
agente, nell'ipotesi in cui la giurisprudenza finisca per orientarsi nel primo 
dei sensi sopra accennati (cio� considerando la locazione ad uso di sola abitazione): 
in questo caso o la amministrazione conduttrice si orienter� a �novare 
� il contratto ad un canone maggiorato (rivelandosi elusivo il blocco) o 
sar� costretta a rilasciare l'immobile salvo naturalmente il caso in cui l'occupante 
abbia percepito un reddito iscritto nel 1973 nei ruoli della imposta complementare 
per una somma inferiore ai 4 milioni. 

Peraltro, sempre in aderenza alla interpretazione dei � motivi di servizio � 
riportata al capoverso precedente, rimane da notare che la P.A. potr� comunque 
agevolarsi nel caso di � nuova locazione � del disposto di cui all'art. 2 della 

l. n. 833 del 1969, nei limiti in cui sancisce il divieto di aumento dei canoni 
per gli immobili urbani adibiti ad uso di abitazione qualora il contratto sia 
rinnovato con altro conduttore. 
Ci� significa che la P.A., in qualit� di conduttrice di un immobile destinato 
ad alloggio di servizio per un proprio funzionario, potr� sempre opporre al 
locatore il canone pattuito al precedente contratto, riducendone autonomamente 
ed unilateralmente l'importo, senza incorrere in alcuna sanzione. 

Veniamo infine a trattare della problematica relativa all'aumento dei 
canoni, facendo anzitutto presente come il punto sia tra i pi� controversi 
nella giurisprudenza di merito, presentandosi come uno dei tentativi pi� ricorrenti 
di eludere il blocco e la proroga. Di frequente infatti il locatore -in 
specie se proprietario di un solo appartamento, non �ha interesse a concederlo 
a questo o a quel conduttore (e perci� anche alla P.A.) ma soltanto di trarvi 
il maggior reddito possibile. 

Di qui l'alta percentuale di litigiosit�, congiunta al frequente uso di strumenti, 
giuridici e non, tutti tendenti ad adeguare il canone �nominale� al 
prezzo �reale� di mercato degli immobili. Vale a dire al potere di acquisto 
della moneta, che ha assunto negli ultimi tempi oscillazioni imprevedibili. 

Questo comporta l'inserzione in numerosissimi contratti di locazione -di 
cui � parte anche la P.A. -delle cosiddette �clausole di salvaguardia�, che 
agganciano il canone al prezzo di un determinato bene o servizio a fattori 
oppure altri beni il cui valore � suscettibile di rimanere inalterato. Delle numerosissime 
(baster� ricordare le clausole oro-valore o moneta estera-valore), la 

8 



406 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

si � anche preoccupato di dare disposizioni per quei contratti nei quali 
conduttore fosse una societ� costituita secondo il libro V del codice civile, 
escludendo queste ed altre imprese commerciali, iscritte nei ruoli di 
imposta di ricchezza mobile per una somma superiore ai dieci milioni, 
dal beneficio della proroga. Il silenzio delle leggi successive in ordine a 
queste categorie di persone non pu� essere interpretato come esclusione 
totale dal beneficio senza espresso riferimento della legge, bens� come 
abolizione di quella previsione con applicabilit� del beneficio a tutte le 
persone giuridiche, private e pubbliche. 

pi� diffusa attualmente consiste nel prendere a parametro l'indice dei prezzi 
al consumo risultante dalla media rilevata periodicamente dall'Istituto Centrale 
di Statistica (cd. clausola I.S.T.A.T.). 

� La giurisprudenza si presenta sul punto divisa. La tendenza che, nel 
puntuale momento, pare debba considerarsi prevalente, � quella espressa efficacemente 
da due pronuncie del Tribunale di Roma (v. conf. Cass. 3 marzo 
1976, n. 711, in Foro it. 1976, I, 970, Trib. Roma, sez. III, Est. Cherubini 29 settembre 
1975, in Foro it. 1976, I, 226; e sez. III, Est. Pafundi, 21 ottobre 1975, in 
Nuovo diritto, 1976, 44), secondo le quali: 

�la legge 26 novembre 1969, n. 833 non ha reso inefficaci le clausole di 
adeguamento del canone al costo della vita, apposte ad un rapporto locativo 
preesistente anche se destinate ad operare in caso di rinnovazione del contratto, 
successiva alla sua entrata in vigore �. 

�Le cosiddette clausole numero indice ISTAT, vanno ricomprese tra le 
clausole di adeguamento dei canoni di locazione, dirett< a compensare gli 
effetti della svalutazione monetaria, di cui all'art. 1, quai to comma, del d.l. 
24 luglio 1973, n. 426 prevede l'inefficacia a far tempo dalla sua entrata in 
vigore�. 

�La clausola di adeguamento ISTAT, stipulata per mantenere costante il 
valore della prestazione del locatario non costituisce aumento del canone e 
rimane, perci�, valida ed efficace nel periodo di blocco dei canoni sino all'entrata 
in vigore del d.l. 24 luglio 1973, n. 426, che ne ha sospeso l'efficacia�. 

Si pu�, da quanto riportato, costatare la tendenza, da parte della giurisprudenza, 
a � salvare � per quanto possibile il contenuto delle clausole di 
salvaguardia monetaria, anche col distinguere I'� aumento� dall'� adeguamento� 
del canone, travalicando cos� il dettato ed il fine delle leggi di blocco, ove 
gi� all'art. 8, primo comma, del d.l. 833 del 1960, si stabiliva la nullit� di ogni aumento 
del canone di locazione... � qualunque ne fosse il contenuto apparente �. 

La perentoriet� del dettato legislativ�' non sarebbe pertanto suscettibile 
di incertezze: eppure l'espediente della distinzione formale tra aumento (vietato 
dalla legge) ed adeguamento (consentito) ha permesso ad una certa giurisprudenza, 
che al momento attuale � da considerarsi prevalente, di estendere 
la legittimit� dell'aumento dei canoni locatizi connessi all'apposizione sul contratto 
della clausola ISTAT sino all'entrata in vigore della d.l. n. 426 del 1973, 
che ne ha definitivamente stabilito l'inefficacia con espressa normativa di interpretazione 
autentica. 

La decorrenza degli effetti della disposizione surricordata �dall'entrata 
in vigore del decreto>>, fondata sull'evidente proposito di non turbare eccessivamente 
l'andamento del mercato delle locazioni -delicatissimo a quell'epoca 
-ha purtroppo sancito la � legittimit� � di siffatta interpretazione, che 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 407 

Il fondamento di questa interpretazione consiste nella tutela di queste 
persone giuridiche che, agendo in un mercato con limitate disponibilit� 
di immobili a libera contrattazione, finirebbero per dover sottostare 
inevitabilmente a contratti �strozzati, soprattutto se si tien conto delle 
difficolt� di organizzazione e di sistemazione che queste persone incontrano 
per la loro attivit�, per cui un trasferimento in altra sede creerebbe 
problemi non facilmente risolvibili; e ci� eancor pi� vero per gli 
enti pubblici (per tutti valga l'esempio delle scuole pubbliche sistemate 
in immobili privati). 

La tutela � quindi duplice; evitare che queste persone, che svolgono 
attivit� comme,rciali e che forniscono servizi sociali si trovino nella condizione 
di dover sborsare ingenti somme a beneficio di alcuni privilegiati 
proprietari, e nel contempo contenere, attravers9 la limitata contratta.zione 
degli immobili liberi, la spinta inflazionistica. 

Alla stregua di queste considerazioni si ritiene di rigettare la domanda 
proposta dall'attrice. -(Omissis). 

aveva peraltro incontrato diversi consensi m dottrina (cfr. la nota redazionale 
ne Il nuovo diritto 1976, pagg. 46, nonch� in Foro it. 1976, cit. 226; ed anche 
Clausole di salvaguardia monetaria ed aumenti del canone di locazione in 
Temi romana, 1972) oltre che nella giurisprudenza del Pretore (cfr, Pretura 
Milano 12 aprile 1973, Est. Stassavo e 21 marzo 1975, Est. Laudati, Monitore 
dei Tribunali 1975, 373). 

Non sono peraltro mancate comunque voci discordi ed orientate in senso 
favorevole ai conduttori: argomentando infatti che nel d.I. n. 833 del 1969, il 
legislatore ha inteso eminentemente sacrificare in via eccezionale l'interesse 
che mira a realizzare l'immutabilit� del contenuto economico del rapporto 
tra prestazione e controprestazione, dinanzi al preminente interesse pubblico 
consistente nella necessit�, per salvaguardare il sistema economico-sociale di 
evitare le conseguenze negative connesse con l'aggravarsi del fenomeno inflazionistico, 
la giurisprudenza di merito si � pronunziata per la nullit� ab origine 
di dette clausole (cfr. Pret. Milano, 21 marzo 1974, Est. Motta; Pret. Roma, 
30 luglio 1973, Est. Pivetti, entrambe in Riv. Giur. 'Edil. 1975, 46, segg. e la 
giur. cit. in Monitore dei Tribunali, 1975, 373). 

Mette conto rilevare in tale contesto, come, la Corte Costituzionale, che 
con sentenze n. 3 e 4 dell'anno 1976 ha avuto occasione di pronunziarsi sull'argomento 
-in seguito alla denunciata illegittimit� del blocco dei canoni 
per supposta violazione dell'art. 42 della Costituzione -ha posto esattamente 
in luce come il Costituente avesse riservato alla legge -e, tra l'altro all'impugnata 
norma dell'art. 8 del dJ. n. 833 del 1969 -il potere di determinarne 
i limiti al fine di realizzarne la funzione sociale. 

Tutto ci�, interpretato in riferimento della tendenza giurisprudenziale � sfavorevole 
� al� conduttore, dovrebbe indurre i giudici a recedere dalla prima 
delle opinioni sopraricordate, equiparando il regime di blocco dei fitti antecedente 
alla dJ. n. 426 del 1973 a quello successivo, per ci� che concerne il 
divieto di aumento dei canoni. 

CESARE LAMBERTI 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA(*) 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 dicembre 1975, n. 1203 -Pres. De Capua� 
Est. Giovannini -Asta (avv. Andrioli) c. Ministero lavori pubblici (avv. 
Stato Ferri) e Regione Lazio (avv.ti Amata e Lagonegro) � (Appello, 

T.A.R. Lazio I Sez. 19 luglio 1974 n. 29: conferma). 
Competenza e giurisdizione � Impiego pubblico � Esodo volontario dei diri� 
genti dello Stato � Giurisdizione del giudice amministrativo -Sussiste. 

Competenza e giurisdizione � Tribunali amministrativi regionali � Ricorsi 
in materia di giurisdizione esclusiva proposti prima del decorso del 
termine di tre mesi di cui all'art. 38 L. n. 1034/1971 -Inammissibilit� 
del ricorso -Sussiste. 

Competenza e giurisdizione � Tribunali amministrativi regionali � Competenza 
territoriale e competenza funzionale -Applicabilit� � Effetti e 
limiti. 

Pubblica amministrazione -Ricorso principale -Errore scusabile � Mancanza
� di obiettiva dubbiezza � Applicabilit� dell'istituto della rimessione 
in termini -Nort sussiste. 

Ai sensi d�gli artt. 67 d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 e 2 e 3 della legge 
24 maggio 1970, n. 336 i provvedimenti amministrativi relativi al collocamento 
a riposo anticipato non involgono solo il diritto a pensione ma incidono 
altres� sul diritto alla liquidazione della indennit� di buonuscita che 
rientra nella gi�risdizione esclusiva del Consiglio di Stato ai sensi dell'art. 
29 n. 1 del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054 (1). 

(1-9) 
Elaborazione giurisprudenziale del Consiglio .di Stato in tema di competenza 
e giurisdizione dei Tribunali Amministrativi Regionali. 

Le quattro decisioni che si annotano costituiscono espressione e, in parte, 
conferma dei principi e canoni interpretativi degli articoli 2, 3 e 4 della legge 
6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei Tribunali Amministrativi . Regionali; la 
prima, in particolare, con il sancito collegamento fra l'art. 38 e l'art. 4 pone, 
risolvendolo, un ulteriore problema di diritto transitorio. 

Invero, della particolare disciplina transitoria della legge istitutiva dei T A.R. 
e dei vari aspetti trattati in sede giurisprudenziale amministrativa si � gi� occupata 
questa Rassegna (si rinvia, in particolare, alle decisioni annotate IV Sez. 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato 
l'avv. R. TAMIOZZO. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 409 

Gli artt. 2 e 3 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 comprendono anche 
tutti gli atti e i provvedimenti amministrativi rientranti nella giurisdizione 
esclusiva dei giudici amministrativi; n� pu� sostenersi che il legislatore 
abbia voluto attribuire ai T.A.R. competenza immediata in materia di giurisdizione 
esclusiva e competenza differita in materia di giurisdizione genet:
ale di legittimit�, perch� altrimenti l'art. 38 l. 1034/1971 avrebbe richiamato 
non solo gli artt. 2 e 3, ma anche l'art. 4 nella parte in cui, attraverso il riferimento 
alla tutela di � interessi di persone fisiche o giuridiche � quest'ultimo 
tipo di giurisdizione trova in principio la sua definizione: di contra, 
il criterio adottato � stato quello della fissazione di regole in relazione alla 
diversa provenienza degli atti e provvedimenti amministrativi, quale che 
sia il tipo di giurisdizione (amministrativa) cui questi siano assoggettati. Ne 
consegue la incompetenza del T.A.R. a decidere un ricorso in materia di 

giurisdizione esclusiva, proposto prima del l� aprile 1974 (2). 

23 aprile 1974, n. 315 e V Sez. 29 novembre 1974, n. 567, rispettivamente 1974, I, 
1428, e 1975, I, 537). 
Vediamo ora i nuovi profili, meritevoli di interesse, offerti dalle presenti 
decisioni. 
La prima (1203 della Sez. IV) risolve, pregiudizialmente, la questione della 
natura dei diritti scaturenti dagli artt. 67 d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 e 2 e 3 

I. 24 maggio 1970, n. 336, sull'esodo volontario dei dirigenti statali, confermando 
la sottoposizione al Consiglio di Stato, o meglio alla giurisdizione amministrativa, 
del diritto alla liquidazione dell'indennit� di buonuscita in quanto diritto 
compreso nell'ambito della giurisdizione esclusiva dei medesimi organi giurisdizionali 
amministrativi. 
Tale soluzione, del resto, trova conferma anche in una precedente decisione 
della stessa Sezione (19 febbraio 1974, n. 194, in Il Consiglio di Stato 1974, I, 214), 
secondo la quale, qualora si verta in tema di pretese patrimoniali che non si 
riferiscono solo all'ammontare del trattamento pensionistico ma anche all'indennit� 
di buonuscita, e precisamente al suo ammontare (di cui il ricorrente lamenti 
una errata, pregiudizievole determinazione), la relativa controversia rientra nella 
giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato e non in quella della Corte dei 
Conti. 

A tale riguardo aggiungiamo che, a nostro avviso, le controversie concernenti 
l'equo indennizzo e l'indennit� di buonuscita di dipendenti statali dopo la 
cessazione dal servizio debbono essere sempre attribuite alla competenza del 

T.A.R. nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio in cui l'impiegato prestava servizio 
al momento della cessazione, e ci� in relazione al 2o comma dell'art. 3 che, 
come � noto, individua il foro speciale del pubblico impiego e che, mentre non 
pu� trovare applicazione con riferimento agli atti ~ provvedimenti relativi alle 
operazioni anteriori alla costituzione del rapporto di servizio (come, ad esempio, 
per i procedimenti di concorso ecc.), non potendosi configurare la qualifica 
di impiegato prima della nomina, non altrettanto sembra giustificare una interpretazione 
in senso cos� rigido della norma, tale da escludere la applicabilit� 
di detto foro speciale proprio in ordine ai provvedimenti relativi alla buonuscita 
(o all'equo indennizzo), che non solo postulano necessariamente il riferimento 
all'� impiegato>>, ma altres� rappresentano il corrispettivo di un diritto 
maturato � in servizio� dallo stesso impiegato, e quindi direttamente e inscin

410 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

L'appello.proposto al Consiglio di Stato contro la decisione di un T.A.R. 
che abbia dichiarato la inammissibilit� del ricorso per incompetenza funzionale 
(in quanto la controversia rientrava nella competenza prorogata del 
Consiglio di Stato ex art. 38 l. 1034/1971) non pu� essere considerato alla 
stregua di una semplice riproposizione dell'originario ricorso e ci� in relazione 
al principio secondo cui le norme fissate dall'art. 50 c.p.c. e dall'art. 31 

l. 1034/1971 non sono suscettibili di interpretazione analogica (3). 
L'istituto della rimessione in termini pu� trovare applicazione solo laddove 
sussista una' situazione di obiettiva dubbiezza, la sola idonea a giusti� 
ficare il riconoscimento della scusabilit� dell'errore (4). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 2 dicembre 1975, n. 657 � Pres. Aru, Est. 
Iannelli � Soc. Esercizi Elettrici (avv. Sorrentino) c. Ministero industria, 
commercio ed artigianato (avv. Stato Lancia) ed ENEL (avv. Guarino). 

Competenza e giurisdizione � T.A.R. per la Regione Siciliana � Sfera di 
competenza in relazione alla dee. n. 61/1975 della Corte Costituzionale. 

Competenza e giurisdizione � Limiti della competenza territoriale dei 

T.A.R. � Efficacia diretta e indiretta dell'atto -Criteri di individuazione. 
Competenza e giurisdizione � Provvedimento di espropriazione . Criterio 
di individuazione del T .A.R. competente � Circoscrizione in cui si trova 
il bene � Competenza -Sussiste. 

La Corte Costituzionale con sentenza n. 61 del 12 marzo 1975 ha dichiarato 
la illegittimit� costituzionale dell'art. 40 l. 1034/1971 nella parte in cui 

dibilmente collegato alla prestazione del serv1z10 medesimo e solo cronologi


camente rinviato, quanto all'effettivo godimento., ad epoca successiva alla ces


sazione (contra Andreani, La competenza per territorio dei Tribunali Ammini


strativi Regionali, Milano 1974, 136 e segg.). 

L'indagine sulla natura del diritto alla indennit� di buonuscita fornisce l'oc


casione per un esam�, ex professo, della questione se la materia assogettata 

alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sia compresa o meno ne_lle 

materie a competenza differita, previste dall'art. 38, lo comma, della citata legge 

1034/1971. 

Con una motivazione di tutta chiarezza (che costituisce, del resto, pregi�> 

ricorrente dell'estensore della decisione) la IV Sezione precisa la funzione degli 

artt. 2 e 3 della legge in esame, volti per l'appunto non gi� a circoscrivere l'am


bito della giurisdizione di legittimit� dei T.A.R., ma pi� propriamente a deter


minare i criteri di individuazone della sfera di competenza territoriale di tali 

organi giurisdizionali. 

Il criterio onnicomprensivo degli artt. 2 e 3 spiega, cos�, il perch� del 

richiamo ai medesimi limitato da parte dell'art. 38, il quale, infatti, non cita 

anche l'art. 4, e non gi� perch� quest'ultimo contempli, in ipotesi, gli atti e i 

provvedimenti amministrativi rientranti nella giurisdizione esclusiva laddove gli 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMJNIS~RATIVA 411 

limit� la competenza del T.A.R. per la Regione Siciliana alle materie indicate 
nell'art. 2 lett. a) e nell'art. 6 della legge medesima; pertanto attualmente 
il T.A.R. per la Regione Siciliana ha la stessa competenza generalizzata 
di tutti gli altri T.A.R. (5). 

Per gli atti emanati da organi centrali dello Stato, la cui efficacia sia 
peraltro limitata territorialmente alla circoscrizione di un solo Tribunale 
Amministrativo Regionale la competenza � del T.A.R. medesimo: l'efficacia 
cui fa riferimento la legge (art. 3 l. 1034/1971) � l'efficacia diretta, essendo 
irrilevanti, ai fini d ella ripartizione d�lle competenze, gli eventuali effetti 
indiretti del provvedimento in esame (6). 

In tema di provvedimenti di espropriazione diretto destinatario dell'atto 
ablatorio � il titolare del bene che viene espropriato, non gi� il soggetto a 
favore del quale l'espropriazione viene pronunciata (7). 

artt. 2 e 3 andrebbero limitati ai soli atti compresi nella giurisdizione di legittimit�. 


N� potrebbe sorreggere una diversa conclusione l'evidente impropriet� dell'espressione 
iniziale dell'art. 4 �nelle materie indicate... �, e ci� in relazione alla 
indiscussa e gi� sottolineata clausola generale sulla competenza, contenuta nella 
normativa di cui agli artt. 2 lett. b) e 3 (l'impropriet� in parola venne evidenziata 
gi� in sede di prima applicazione della I. 1034/1971 da CANNADA�BARTOp, 
�Diritti edl interessi� nell'art. 4 della legge sui .Tribunali Amministrativi Regionali, 
in Foro Amm.vo 1972, Ili, 9, il quale, fra l'altro, esclude che l'art. 4 preveda 
la giurisdizione esclusiva, espressamente contemplata al 20 comma del successivo 
art. 7; cfr. al riguardo anche SEPE-PEs; Le nuove leggi di giustizia amministrativa, 
Milano 1972, 112 e segg.). 

L'art. 4 non va, comunque, esente da critiche anche laddove pretende di 

individuare nei � diritti � e negli � interessi � l'oggetto dei ricorsi giurisdizionali 

amministrativi: invero, oggetto del ricorso � normalmente l'accertamento del 

vizio dell'atto impugnato, con il suo conseguente annullamento; il diritto e l'in


teresse costituiscono, pi� propriamente, le condizioni dell'azione (cfr. VIRGA, La 

tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione, Milano 1966, 

153 e segg.). 

Anche l'art. 7 della I. 1034/1971 viene qualificato dalla prima delle decisioni 

annotate per quello che effettivamente esso rappresenta, e cio� quale concreta 

delimitazione della riserva prevista dall'art. 4 della l~gg, non gi� norma che con


templi e disciplini una categoria di atti e provvedimenti non ricompresi nei 

precedenti artt. 2 e 3. 

Sostanzialmente anche l'art. 38 costituisce una ulteriore conferma del cri


terio adottato dal legislatore in sede di disciplina della competenza territoriale, 

criterio che fa riferimento solo alla diversa provenienza degli atti e dei provve


dimenti, con l'esclusione, di conseguenza, dalla competenza immediata di tutti, 

indistintamente, gli atti e i provvedimenti emanati dagli organi centrali dello 

Stato. 

Merita, inoltre piena adesione la 1203 anche in ordine al mancato ricono


scimento dell'errore scusabile, che conferma, sia pure sotto il limitato aspetto 

della gi� intervenuta emanazione, all'epoca della presentazione del ricorso, di 

molteplici decisioni, da parte del Consiglio di Stato, su ricorsi relativi alla giu


risdizione esclusiva, presentati dopo l'entrata in vigore della I. 1034/1971) la 



412 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 5 dicembre 1975, n. 674 � Pres. Daniele �Est. 
Roselli -I.N.P.S. (avv.ti Loi, Coccopani e Sacerdoti) c. Campus (avv. 
Tarello) -(Regolamento di competenza). 
Competenza e giurisdizione -Competenza territoriale dei T.A.R. in tema 
di atti plurimi -Annullamento di provvedimenti di collocamento a 
riposo di dipendenti I.N.P.S. ex combattenti -Competenza territoriale 
del T.A.R. della circoscrizione in cui rientra la sede dell'Ente nella 
quale il dipendente prestava e prester� servizio dopo il richiamo -
Sussiste. 
Il provvedimento con cui il Comitato esecutivo dell'I.N.P.S. dispone 
l'annullamento dei provvedimenti di collocamento a riposo di dipendenti 
ex combattenti, adottati con decorrenza posteriore al 30 giugno 1974, costituisce 
atto plurimo che incide sulla posizione dei vari impiegati, il cui rapporto 
di impiego non ha peraltro subito -sotto il profilo giuridico -al-
restrittiva interpretazione dell'istituto de quo in altra sede da noi gi� sostenuta 
(cfr. in questa Rassegna, 1974, I, 1437 in nota; una ipotesi di riconosciuta applicabilit� 
dell'errore scusabile nella disciplina transitoria ex art. 38 I. 1034/1971 
cfr. Sez. V, 4 luglio 1975, n. 990, in Il Consiglio di Stato 1975, I, 864); giover�, 
a tale proposito, ricordare, altres�, che il Consiglio di Stato ha costantemente 
ritenuto infondata la questione di costituzionalit�, in relazione agli artt. 3, 24, 
Io e 2o comma; e 113, 20 comma, Costituzione, dell'art. 38 cpv., il quale, disponendo 
la perpetuatio competentiae del Consiglio di Stato per i giudizi ivi previsti, 
esclude il �_loppio grado di giurisdizione (cfr. ad es. IV Sez., 8 luglio 1975, n. 675, 
in Il Consiglio di Stato 1975, I, 771; VI Sez. 9 maggio 1975, n. 158, ivi 1975, I, 647; 
Sez. V, 10 aprile 1973, n. 363, ivi, 1973, I, 569; Sez. V, 14 novembre 1972, n. 
ivi, 1972, I, 2032; Sez. V, 26 maggio 1972, n. 409, ivi, 1972, I, 1015; in dottrina cfr. 
LUBRANO, Aspetti interpretativi e costituzionali dell'attuazione &ella legge sui 
T.A.R., in Riv. Amm. 1972, 1). 
Quanto alla decisione 657/1975 della Sez. \TI, giova anzitutto rilevare che 
essa costituisce una delle prime applicazioni della nuova normativa connessa alla 
declaratoria di incostituzionalit� dell'art. 40, to comma, della legge 1034/1971 nella 
parte in cui limitava la competenza del T .A.R. per la Regione Siciliana, pronunciata 
dalla Corte. Costituzionale con sentenza 12 marzo 1975, n. 61, per violazione 
degli artt. 3 e 125 della Costituzione (in Foro lt. 1975, I, 785; in dottrina cfr. GIALWMBARDO, 
In margine alla sentenza della Corte Costituzionale 12 marzo 1975, n. 61, 
sulla competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, in Foro 
Amm.vo 1975, Il, 198; GIANNINI, Il Tribunale regionale amministratfvo della 
Sicilia feliciter restitutum, in Giur. Cost. 1975, 1070). 
Tale seconda decisione pone, poi, un criterio di individuazione della particolare 
natura della efficacia dell'atto, contemplata dall'art. 3, 2o comma, I. 1034/1971: 
l'efficacia eia prendere in considerazione, ai fini della individuazione della competenza 
territoriale, � solo la efficacia � diretta�, essendo esclusa ogni rilevanza 
degli eventuali effetti indiretti del provvedimento. 
E' cos� sostanzialmente accolta la tesi del VIRGA (I Tribunali Amministrativi 
Regionali, Milano 1972, 31); in dottrina � stato peraltro rilevato lo scarso approfondimento 
teorico della nozione dell'efficacia diretta dell'atto (cfr., per una 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 413 

cun mutamento anche in relazione al luogo di ~volgimento del servizio; di 
tal che competente a conoscere dell'impugnativa di detta deliberazione in 
sede giurisdizionale amministrativa di detta deliberazione in sede giurisdizionale 
amministrativa � il T.A.R. della circoscrizione in cui � compresa la 
sede dell'Ente nella quale l'impiegato prestava e prester� servizio dopo il 
richiamo (8). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 19 dicembre 1975, n. 707 � Pres. Aru � Est. 
Coraggio -I.N.A.I.L. (avv.ti Cataldi, Schillaci e Sircasso) c. Mitri (avv. 
Vinciguerra) � (Regolamento di competenza). 

Competenza e giurisdizione � Competenza territoriale dei T.A.R. -Impiego 
pubblico � Criteri di individuazione della competenza . Sede centrale 
dell'Ente � Rilevanza. 

Ai sensi del 2 comma dell'art. 3 l. 1034/1971, la competenza territoriale 
spetta al T.A.R. della circoscrizione in cui il pubblico dipendente presta ser


approfondita analisi critica del problema, ANDREANI, op. cit., 117 e segg.; sui 
limiti del concetto di efficacia spaziale del provvedimento cfr. GIANNINI, Corso 
di Diritto Amministrativo, Milano, 1970, I, 592; sul rapporto fra i concetti di 
�efficacia� e di �validit�� del provvedimento cfr. VIRGA, Il Provvedimento Amministrativo, 
Milano 1972, 367 e segg.; _sulla riferibilit� dell'� efficacia� al concreto 
rapporto amministrativo disciplinato dall'atto cfr. STELLA RICHTER, La competenza 
territoriale nel giudizio amministrativo, Milano 1975, 19 e segg.) e pertanto � 
auspicabile che, in un prossimo futuro, una pi� approfondita meditazione, anche 
in sede giurisprudenziale, del concetto in esame possa offrire validi e pi� consi� 
stenti argomenti di ermeneutica. 

Con ben pi� convincente motivazione la decisione della VI Sezione n. 674 
fissa i limiti di competenza territoriale in tema di atto plurimo che incida sulla 
posizione di vari impiegati specificamente elencati, dei quali sia stato annullato 
il provvedimento di collocamento a riposo; viene riconosciuto competente il 

T.A.R. nella cui circoscrizione rientra la sede dell'Ente nella quale il dipendente 
richiamato in servizio prestava e presta, dopo il richi11mo, la propria attivit�: 
� questa una puntuale applicazione della normativa in tema di atti plurimi, 
ipotesi che ricorre quando, sotto forma di un unico atto formale, sussistano vari 
atti di un unico agente e di contenuto identico, ma rivolti a destinatari diversi, 
sicch� il provvedimento pu� concettualmente scindersi in una somma di atti 
particolari: da ci� la qualificazione di atto scindibile in via esclusiva riservata 
all'atto plurimo, in contrapposizione all'atto generale (con destinatari non determinati 
e non determinabili) e all'atto collettivo (che provvede. in forma unitaria 
e indivisibile nei confronti di un complesso di soggetti legati da un rapporto 
necessario di interdipendenza), quale, ad esempio, la graduatoria di un concorso, 
fattispecie sottoposta all'esame della VI Sezione nell'ultima delle decisioni annotate 
(n. 707), la quale ha cosi fatto esatta e puntuale applicazione, a sua volta, 
dei principi elaborati in subiecta materia, proprio con riferimento all'ambito 
soggettivo di efficacia del provvedimento impugnato il quale, esplicando � i suoi 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

414 

vizzo: tale norma, risolvendosi in una disposizione di particolare favore per 
i pubblici dipendenti, non solo esige una interpretazione rigorosa ma-va 
altres� disattesa, con conseguente applicabilit� della disciplina prevista 
dall'ultimo comma dell'art. 3 legge citata, qualora interessati al ricorso 
siano pi� dipendenti di un Ente residente in circoscrizioni diverse; in tale 
ipotesi, infatti, competente per territorio sar� il T.A.R. della circoscrizione 
nella quale si trova la sede centrale dell'Ente (9). 

effetti in modo unitario e inscindibile nei confronti di una pluralit� di destinatari 
�, impiegati in servizio presso uffici compresi nella circoscrizione di T.A.R. 
. diversi, non pu� che comportare, di necessit�, la applicazione, ai fini della determinazione 
della competenza territoriale ex art. 3 I. 1034/1971, non del secondo, 
bensi del terz�> comma di detto articolo, con esclusione, quindi, in siffatta ipotesi, 
del foro speciale del pubblico impiego. � 

RAFFAELE TAMIOZZO 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 marzo 1976, n. 824 -Pres. Rossi Est. 
Lipari -P. M. Minetti (conf.) -Viotto c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Tomasicchio). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Condono di cui al d.l. 

� 5 novembre 1973, n. 660 -Sospensione del giudizio a seguito di presentazione 
dell'istanza -Controversia non rientrante nella previsione della 
norma -Rigetto della istanza di sospensione -Pronunzia da parte del 
giudice innanzi al quale pende il giudizio. 

(d.!. 5 novembre 1973, n. 660 convertito nella legge 19 dicembre 1973, n. 823, art. 11). 

Spetta al giudice innanzi al quale pende il giudizio stabilire se esso 
debba essere sospeso quando sia stata presentata domanda di condono, 
non essendo la sospensione una conseguenza automatica della presentazione 
della domanda; pertanto il giudice legittimamente rigetta la domanda 
di sospensione, senza con ci� invadere la sfera di attribuzione 
della Amministrazione sulla applicazione del beneficio, quando la controversia 
(nella specie di imposta successione non attinente alla estimazione) 
non rientra fra quelle che possono beneficiare del condono (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 aprile 1976, n. 1271 -Pres. Giannattasio 
� Est. Sposato -P. M. Trotta (diff. in parte) -Parisi (avv. Aureli) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Condono di cui al d.l. 
5 novembre 1973, n. 660 -Rigetto della domanda in sede amministrativa 
-Decisione da parte .del giudice adito della legittimit� del provvedimento 
di rigetto -Ricorso del contribuente alla Commissione Irrilevanza. 
(d.!. S novembre 1973, n. 660 convertito nella legge 19 dicembre 1973, n. 823, art. 11). 

(1-2) Le due sentenze hanno apportato un importante chiarimento al dubbio, 
recentemente sorto, sull'individuazione �del giudice che deve pronunciarsi sulla 
spettanza del condono, quando non sia stato riconosciuto in sede amministrativa 
(Cass. 20 gennaio 1976, n. 159, in questa Rassegna, 1976, I, 116). La prima 
sentenza esattamente precisa che il giudice non � vincolato rigorosamente a 



416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
.Spetta al giudice investito della decisione sulla fondatezza di un 
416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
.Spetta al giudice investito della decisione sulla fondatezza di un 
diritto conoscere i fatti modificativi �e estintivi di quel diritto e quindi 
se il condono che influirebbe sul diritto controverso sia stato a ragione 

o a torto negato; di conseguenza dopo che sia stata rigettata la domanda 
di condono in sede amministrativa, il giudice innanzi al quale la causa 
� pendente (ed anche la Corte di Cassazione) deve decidere incidentalmente 
sulla legittimit� del provvedimento di rigetto, aY1,che se il contribuente 
abbia proposto ricorso alla Commissione di primo grado (2). 
I 

(Omissis). -Nel corso del presente giudizio di cassazione il ricorrente 
ha chiesto, ai sensi dell'art. 11 del d.l. 5 novembre 1973, n. 660, 
convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973, n. 823, la sospensione 
del giudizio medesimo a seguito della presentazione di richiesta 
dell'applicazione di condono all'Ufficio tributario competente; e nella memoria 
insiste nella richiesta, alla quale si oppone l'Avvocatura dello Stato, 
osservando che la causa non riguarda una questione di estimazione, ma 
la risoluzione di questioni giuridiche, trattandosi di conoscere della pretesa 
dell'erede di escludere dall'asse parte di un fabbricato di cui assume 
di essere proprietario e quindi di non dovere corrispondere il tributo 
all'uopo richisto senza che ne venga in considerazione l'adeguatezza in 
termini di corrispondenza alla base imponibile. Il rilievo dell'Avvocatura 
coglie la effettiva portata della controversia. 

Su un fondo di propriet� esclusiva della moglie � stato costruito, 
a cura e spese del marito, un edificio, catastalmente intestato ad entrambi. 
Venuta a mancare ai vivi la donna, in sede successoria il coniuge 
superstite ha denunciato solo met� d�lla casa, pretendendo di essere 
ab origine proprietario dell'�ltra met�. La finanza ha richiesto il pagamento 
del tributo sull'intero cespite, ma il marito, agendo anche per i 
figli minori, ha contestato l'operativit� dell'accessione, invocando il divieto 
di donazioJ;J.e fra coniugi, e sostenendo di aver diritto, comunque, 
a portare in detrazione il proprio credito ex art. 936 e.e. E rimasto soc


sospendere il giudizio quando sia presentata domanda di condono; se infatti 
spetta incontestabilmente alla Amministrazione applicare il condono, il giudice 
certamente pu� accertare che non sussistono i presupposti della sospensione 
valutando se la controversia � astrattamente suscettibile di essere definita 
con condono. La seconda pronunzia si lega alla prima; spetta sempre al giudice 
adito verificare se sul diritto fatto valere vengano ad incidere fatti modificativi 

o estintivi e quindi lo stesso giudice deve giudicare della legittimit� del provvedimento 
che rigetta l'istanza di condono, perch� ci� attiene alla estinzione del 
processo che deve pronunciare il giudice di quel processo (e quindi anche la 
Corte di Cassazione se in quella sede � sopravvenuta la legge di condono) e 
non un giudice diverso (la Commissione adita con un nuovo ricorso). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

combente ha impugnato in proprio la sentenza, ed ha invocato la necessaria 
partecipazione anche dei figli minori al giudizio, previa nomina di 
un curatore speciale. 

In questa sede di legittimit�, abbandonata la richiesta di restituzione 
della stessa imposta principale, quale esclusivo proprietario dell'intero 
edificio, il Viotto ripropone le restanti tesi gi� sostenute senza 
fortu,na davanti alla Corte di appello. 

Cos� individuata la materia del contendere appare evidente che la 
controversia non rientra fra quelle per le quali la legge ammette il condono, 
in quanto non si discute della valutazione di cespiti, ma si deve 
stabilire principalmente se un determinato cespite rientri o meno nell'asse 
ereditario. 

Si � quindi al di fuori _della previsione dell'art. 6, primo comma, 
secondo periodo,. del d.l. n. 660, introdotto dalla legge di conversione 
19 dicembre 1973, n. 823, secondo la quale � le controversie di valutazione 
pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto e relative 
a successioni apertesi o donazioni pattuite ant~riormente al 1� gennaio 
1973 sono definite, su richiesta del contribuente, con la riduzione 
del 60% del valore presunto dall'ufficio... senza applicazioni di sopratasse 

o pene pecuniarie �. 
Di fronte al chiarissimo dettato normativo non ha fondamento la 
tesi difensiva del Viotto che vorrebbe precludere all'autorit� giudiziaria 
di delibare la congruenza della� richiesta di condono con la astratta 
fattispecie della legge, postulando l'automaticit� della sospensione per 
il mero fatto della presentazione della richiesta, e fino alla reiezione 
di questa da parte della amministrazione finanziaria. 

Nel giudicare dei limiti del condono, ristretto alle sole questioni 
di valutazione, l'autorit� giudiziaria non invade la sfera di attribuzioni 
spettante alla amministrazione poich� non provvede, in sua vece, 
ad applicare il beneficio, ma esercita i propri poteri di qualificazione 
della controversia in termini non riconducibili alla mera estimazione. E 
dell'esattezza di tale qualificazione nella specie non pu� dubitarsi alla 
stregua delle considerazioni che precedono, contro le quali non giova il 
richiamo alla narrativa contenuta nella domanda di condono che non 
pu� evidentemente spostare i termini della materia del contendere risultanti 
dalla effettuata puntualizzazione e che saranno sviluppati pi� innanzi 
nella confutazione dei motivi. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -I) -I ricorrenti hanno fatto presente nella loro memoria 
-ed hanno esibito in proposito idonea documentazione -di 
aver chiesto l'applicazione del condono di cui nel d.l. 5 novembre 1973, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

418 

n. 660, convertito con modificazioni nella I. 19 dicembre 1973, n. 823; che 
il competente Ufficio ha respinto la loro istanza per l'addotta ragione 
che il condono non si applica agli interessi relativi ad imposte a suo 
tempo pagate; e che contro tale provvedimento di diniego hanno pro� 
posto, in data 20 gennaio 1975, ricorso alla Commissione Tributaria di 
primo grado. E ci� avendo esposto, hanno chiesto che il presente giudizio 
venga sospeso in attesa della definizione di quello iniziato davanti 
alla detta Commissione. 
L'istanza di sospensione � carente di giuridico fondamento. Secondo 
la previgente normativa sul contenzioso tributario le opposizioni alle 
ingiunzioni sono state ritualmente proposte davanti alla autorit� giudiziaria 
ordinaria, che nei due gradi di merito ed ora in sede di legittimit�, 
ha deciso, e deve decidere, sulla loro ammissibilit� e sulla loro fonda� 
tezza. Costituendo il condono un fatto modificativo del diritto fatto valere, 
dalla Finanza con le ingiunzioni, � ovvio che della sussistenza di tale 
fatto -come di qualsiasi altro fatto che estingua o modifichi i diritti 
per i quali si fa questione davanti ad esso -competente a conoscere, 
per affermarlo o negarlo, � lo stesso giudice che deve affermare o negare 

J.a sussistenza di quel diritto. Di conseguenza � in questa sede che bisogna 
accertare, per trarne le dovute conclusioni in ordine al giudizio sulla 
legittimit� delle ingiunzioni, se il condono chiesto dai ricorrenti sia stato 
a ragione o a torto negato. 
II) . Questa Corte Suprema ritiene che l'applicazione del condono 
sia stata negata legittimamente dall'Ufficio finanziario. Come si � gi� 
avuto occasione di affermare (v. la sentenza 15 marzo 1975, n. 1015) la 
esclusione dell'applicabilit� del condono fiscale previsto dalla citata legge 
del 1973 al debito degli interessi moratori deriva dalle disposizioni degli 
artt. 6 e 10 di codesta legge. Difatti l'art. 6, per quanto riguarda le im� 
poste indirette, circoscrive la possibilit� di fruire del condono alle sole 
controversie, pendenti alla data di entrata in vigore del decreto n. 660 
del 1973, in ordine all'applicazione del tributo; e, pi� in generale, l'art. 10 
esonera il contribuente dal pagamento degli interessi moratori limitatamente 
a quelli che sarebbero dovuti sulle imposte da corrispondere in 
applicazione del condono. Invero, come � stato osservato (nella ricordata 
sentenza), il provvedimento di condono fiscale ha una duplice finalit�, 
cio� l'eliminazione delle controversie e l'immediata riscossione dei tributi, 
sia pure in misura ridotta. L'intrinseco collegamento fra le due finalit� 
� evidente giacch� la rinunzia da parte dell'Erario a far valere per intero 
i diritti che formano oggetto delle controversie pendenti trova, nel meccanismo 
del provvedimento di condono, un compenso nella pronta, bench� 
parziale, realizzazione di quei diritti. E s'intende che il detto collegamento 
verrebbe del tutto a mancare se il condono, contro la lettera e la ratio 

! i: 

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~~~dh0~~~J 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

della legge, dovesse trovare applicazione rispetto ai tributi gi� riscossi, 
sia pure ai soli effetti dell'esonero dal pagamento degli interessi moratori 
ad essi relativi. 

III) -I ricorrenti sostengono, in via subordinata, che, se interpretate 
nella maniera dianzi esposta, le norme della legge di condono contrasterebbero 
con il principio di eguaglianza enunciato dall'art. 3 della 
Costituzione, in quanto porrebbero il contribuente che abbia gi� pagato 
il tributo in una posizione addirittura deteriore rispetto a quello di chi 
abbia preferito rimandarne il pagamento mediante l'instaurazione di una 
lite, spesso del tutto ingiustificata, con la Finanza. Ma la questione d'incostituzionalit� 
cos� formulata si manifesta del tutto priva di fondamento 
giacch� sostanzialmente diversa � la posizione della Finanza rispetto al 
contribuente ~l cui obbligo tributario, comunque definito, non pu� essere 
pi� oggetto di discussione, da quella che essa ha nei confronti del contribuente 
la cui contestazione sia ancora sub iudice. Naturalmente, prima 
che la controversia sia definita, nessuno � in grado di affermare se la 
pretesa del contribuente sia avventata oppure meritevole di riconoscimento, 
e tanto meno un'affermazione siffatta pu� essere assunta, in un 
senso o nell'altro, in via generale, dal legislatore come presupposto dei 
suoi provvedimenti. � pertanto da escludere che un trattamento diverso 
sia stato previsto per un'identica situazione, e che il legislatore abbia 
predisposto una normativa pi� favorevole per chi � meno meritevole di 
favore. Si aggiunga che una questione analoga a quella ora prospettata 
dai ricorrenti � stata gi� esaminata e risolta, nel senso della infondatezza, 
in relazione ad altro provvedimento di condono fiscale, dalla Corte Costituzionale 
con la sentenza 15 dicembre 1967, n. 148. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 marzo 1976, n. 909 -Pres. Giannattasio 
-Est. Lipari -P. M. Minetti (conf.) -Wagner (avv. Asquini) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Tomasicchio). 

Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso Villa 
con costruzioni separate di carattere accessorio -Unico complesso 
-Determinazione del rapporto di superficie in relazione a singole 
costruzioni � Esclusione. 

(I. 2 luglio 1969, n. 408, art. 13 e 14). 
Per la determinazione della caratteristica di lusso in base al rapporto 
tra superficie utile della costruzione e superficie del circostante giardino 

o parco, una villa padronale con costruzioni separate di carattere pertinenziale 
(nella specie casa del custode) va considerata come unico complesso 
(nel quale le superfici delle abitazioni vanno sommate) e non come 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

separate case di abitazione per ognuna delle quali valga un distinto rapporto 
con la superficie circostante (1). 

(Omissis). -1. -In base all'art. 14 della I. 2 luglio 1949, n. 408, 
contenente disposizioni per l'incremento delle costruzioni edilizie �sono 
concessi il beneficio dell'imposta ipotecaria per gli acquisti di aree edifi


� 

cabili e per i contratti di appalto quando abbiano per oggetto la 'costru~=~ 
zione delle case di cui al precedente art. 13 � vale a dire � le case di 
abitazione, anche se comprendano uffici e negozi che non al;>biano il 
carattere di abitazioni di lusso �, le quali, nel concorso di altre condi


< 

1"' 

zioni circa i tempi dell'edificazione, erano ammesse a godere dell'esen


' 

zione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati, mentre i materiali im


I

piegati nella loro costruzione restavano esenti da imposta di consumo. ~ 

I ~ 

Il complesso di agevolazioni previste dalla legge n. 408, sulla quale 
successivamente si andranno ad innestare ulteriori disposizioni i_n tema 
di edilizia (e, per quel che qui .specificamente interessa, la I. 2 feb~ 


I0

braio 1960, n. 35), si impernia, dunque, sul concetto di �case di abitazione 
non di lusso �. La legge non definisce la nozione di casa di abitazione, 
ma si preoccupa di stabilire il concetto di � case di lusso � stabihl 
lendo, al secondo comma del citato art. 13, che �nel termine di sei mesi 


~:

dalla pubblicazione della presente legge, con decreto del Ministero per i 

;::

f:'.

lavori pubblici, saranno fissate le caratteristiche per la classifica delle ;:: 
abitazioni di lusso �. 

Fu cos� emanato il decreto ministeriale 7 gennaio 1950, sostituito 111 
dopo un decennio, dal decreto 4 dicembre 1961 applicabile alle fattiV 
specie. 

lii 

� facile cogliere la ratio dell'agevolazione e del suo limite rappresentato 
dalle �case di lusso�: si voleva sopperire con nuove costruzioni 

l!

alla deficienza di abitazioni, determinata sia dagli eventi bellici, per le (:'. 

t:
avvenute distruzioni e la correlativa stasi del settore edilizio; sia dal


I i: 

l'incremento della popolazione, e dal fenomeno dell'urbanismo, per assicurare 
ai cittadini il bene primario della casa; ma tale essenziale primariet� 
veniva meno quando l'abitazione considerata, per essere appunto ili 
di lusso, rispondeva alla ulteriore esigenza di fornire qualcosa di pi� 
di un idoneo ed igienico appartamento, secondo una particolare misura 

I 

di comodit� e di pregio indice di prosperit� economica, sicch� non appa


I ~ 

riva giustificata in alcun modo al riguardo l'adozione di misure tributarie 
in favore. 
Nasce cos� -come regolamento delegato -il decreto ministeriale 

li 

chiamato a dettare, con specificazioni prevalentemente tecniche, le carat


\' 

teristiche proprie delle case di lusso, e che assume pregnante rilievo in ' 

~ 

r 

1 

(1) Massima di evidente esattezza. Non constano precedenti. ! 
-I 
I f 
! 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

tema di locazioni vincolistiche (essendo stato recepito dall'art. 2, lett. a), 
della 1. 21 dicembre 1960, n. 1521, sulla disciplina transitoria delle locazioni 
degli immobili urbani che prevede appunto la cessazione dei vincoli 
rispetto agli immobili considerati di lusso ai sensi del decreto 7 genna}
o 1950; ed in tale direzione si sono avuti i pi� numerosi interventi 
della gi4risprudenza di questa Corte volti a fissare i concetti di superficie 
utile e superficie coperta, nonch� quello della Corte Costituzionale, che 
con sentenza n. 23 del 1965, ha dichiarato infondata la questione di legittimit� 
della citata norma della legge n. 1521). Al decreto del 1950 ha 
fatto seguito, abrogandolo esplicitamente, quello del 4 dicembre 1961 il 
quale enuclea con maggiore rigorosit� i caratteri della casa di lusso 
motivando il mutamento con l'opportunit� di. �rivedere le disposizioni 
contenute nel decreto stesso, in considerazione della intervenuta evoluzione 
della tecnica costruttiva, del pi� elevato tenore di vita della popolazione, 
e delle mutate condizioni del mercato dei materiali�; ed in effetti 
gli anni dal 1950 al 1960 rappresentano un periodo di sensibile espansione 
dell'economia nazionale sicch� appare giustificato, con l'elevarsi del tenore 
medio di vita degli italiani, il corrispondente aggravamento di requisiti 
richiesti per qualificare un'abitazione come casa di lusso, in quanto corredata 
di pregi chiaramente esorbitanti dal migliorato standard abitativo. 

2. -La risoluzione della controversia sottoposta all'esame di questa 
Suprema Corte comportava la verifica della esattezza della inclusione 
fra le case di lusso -indipendentemente dalle risultanze catastali della 
villa edificata dai ricorrenti Wagner in �n terreno panoramico che 
si affaccia sulla baia di Grignano presso Trieste, alla stregua del n. 2 
del decreto ministeriale 4 dicembre 1961 che comprende, secondo la formula 
testualmente riprodotta nella narrativa che precede le case di abitazione 
costituenti un unico alloggio padronale di superficie utile complessiva 
superiore ai 200 mq., circondata da giardino, o parco, o area 
scoperta, dalla superficie di oltre sei volte l'area coperta. 
Le commissioni tributarie ed i giudici di primo e di secondo grado 
hanno univocamente ritenuto di poter annoverare l'atto della cui tassazione 
si controverte, in relazione alla sistemazione costruttiva realizzata, 
fra gli acquisti di aree edificabili per la. realizzazione di case di lusso ed 
hanno conseguentemente riconosciuto legittima la pretesa della finanza 
di imposta suppletiva per decadenza dai benefici medesimi. 

I contribuenti ripropongono in questa sede il loro assunto, particolarmente 
insistendo nella memoria sul mancato accatastamento dei fabbricati. 
Ma la sentenza denunciata, nonostante talune oscurit� di forma 
che ne rendono a tratti difficile l'intelligenza, nell'essenziale nucleo argomentativo, 
messo in evidenza e riassunto pi� sopra, resiste alle critiche 
dei ricorrenti. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Per l'esatto inquadramento di queste occorre tenere distinto il momento 
ricognitivo della situazione dei luoghi, da quello valutativo dei 
fatti cos� accertati. 

Sotto il primo profilo la Corte d'appello, prendendo le mosse dalle 
note esibite dall'amministrazione, redatte dall'ufficio tecnico erariale, del 
19 settembre, 2 e 29 novembre 1962 e dalla stessa relazione tecnica stra


I

giudiziale esibita dai contribuenti, ha accertato: 
a) che sul fondo continuo risultante dalla giustapposizione delle I 

I!

aree trasferite con i due atti di compravendita (rispettivamente dell'8 aprile 
e del 14 giugno 1960) complessivamente della superficie di mq. 6.055, 
sorgevano costruzioni coperte per soli mq. 316, secondo una proporzione 
di uno a diciannove; 

b) che le costruzioni �coperte� risultavano da tre addendi: la 

Ii

villa padronale, la casa del custode e le cabine in muratura; 
e) che non concorreva alla determinazione dell'area coperta la 
strada che si snodava nel fondo per mq. 1.830; 

I 

d) che, invece, andavano inclusi nella misura dell'area scoperta i 
sia i terreni a destinazione agricola sia la parte del fondo scoscesa a I 
{ 
digradante verso il mare; \ 

e) che era superfluo soffermarsi a qualificate come area scoperta 1 
la serra ed i letti di concime, la cui considerazione non avrebbe com' 
f 

i

portato in alcun modo il ridimensionamento della proporzione al disotto 

I

del sesto. 

l 
! 

I ricordati dati rappresentativi non sono contestati dai ricorrenti i f 
quali si limitano a rilevare l'arbitrariet� della collocazione della cas~ 
del custode accanto al cancello di ingresso della villa, e sostanzialmente 
fanno leva sulla duplicit� delle costruzioni (villa padronale e casa del 
custode) e sul mancato censimento dei fabbricati, adombrando la tesi 

I 

i

di fondo che in mancanza di accatastamento n� l'amministrazione finan


ziaria n� i giudici potrebbero accertare la sussistenza dei requisiti delle 

I 

case non di lusso. 

I 

Ma poich� l'articolazione dei motivi ha un ambito pi� vasto, il Col


l

i

legio non pu� esimersi dalla analitica confutazione di tutt~ le censure I

I 

dedotte. I 

3. -Con il primo mezzo si lamenta � una assoluta ed insanabile contraddizione 
fra quanto trovarsi affermato nella ordinanza collegiale 27 no1 
vembre 1970 ed al contrario avviso a cui la sentenza definitiva � pervenuta� ! 
sul valore documentale attribuito alla informativa dell'UTE di data 29 novembre 
1962, n. 20181 � (ed a quella del 19 settembre). 
Con detta ordinanza, come specifica l'impugnati;t sentenza, � la Corte, 
sulla premessa della difettosa documentazione della situazione obiettiva ... 
consentendo alla richiesta istruttoria degli appellanti, ordinava ali'ammi



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 

nistrazione di produrre in giudizio atti e documenti relativi agli accertamenti 
fatti dai suoi organi tecnici, in relazione alle costruzioni ed al ter


� feno di cui � causa�; e l'amministrazione provvedeva al relativo deposito, 
'~ntre a loro volta i contribuenti integravano la documentazione di con\~
rte, risultando agli atti, fra l'altro, la nota 19 settembre 1962 richia
�."m motivazione e da cui sono tratti i dati di base. 
'\~lldono i ricorr�nti di cogliere in fallo la Corte per avere con-.,,~
ente .ritenuto, nell'emettere l'ordinanza, la inidoneit� proba-.\~
enti che le sono invece apparsi sufficienti per fissare i 
.\fatto al momento di stendere la motivazione della impu


��=-'\::.: 


'\imlta del tutto sfuocata e non producente: sia perch� 
�---~itoriet� fra ordinanza istruttoria e sentenza defi\~
o di applicazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. (� noto, 
\,~asto fra un'ordinanza, comunque motivata, e 
"\~ solo che la pronuncia di merito costituisce 
...,_'\~ll'ordinanza, e non d� luogo perci� ad 
��vione; e che la contraddittoriet� argo
�,~unciabile in cassazione deve emer
�����~a: Cass. nn. 2453 e 1305 del 1974; 
'~-sia perch� la pretesa contrad\~ 
non essendo dubbia la non 
"\.iomento della emanazione 
''\ il giudice pot� disporre 
'\tutto perch� una pro\:~!
a specie in assenza 
"''i. della fattispecie 

.azioni, la seconda delle quali adibita a casa 
,.:tlttura di tre, ove si considerino anche le cabine 
_.Jagni). 
~a Corte (senza occuparsi delle cabine il cui carattere 
della villa appare indiscutibile, e su cui del resto i ricor



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

renti non si soffermano) ha ritenuto, alla stregua del concetto di globalit� 
funzionale, che la casa del custode fosse a servizio della villa padronale, 
e ne ha addizionato la superficie coperta a quella della villa constatando 
un'enorme sproporzione (da 1 a 19) fra area coperta e scoperta. 

Secondo i ricorrenti la Corte cos� argomentando avrebbe errato perch� 
�l'interprete deve limitarsi a constatare e giudicare se le costruzioni 
erette sul terreno de quo sono costituite da una o pi� case, uno o pi� 
fabbricati indipendenti ed autonomi�, senza che possa venire in evidenza 
il richiamo alla � globalit� funzionale�. Ritiene, invece, il Collegio eh.e, 
attraverso questa espressione, i giudici di merito hanno adottato una 
interpretazione del tutto coerente con lo scopo della norma sottolineando 
che la villa dei ricorrenti deve considerarsi come un complesso unitario 
il cui carattere di abitazione di lusso viene ad essere corroborato dagli 
elementi accessori che concorrono a dar pregio al complesso in chiave 
di maggiore COJilOdit� e sicurezza, ubicando le cabine in riva al mare per 
agevolare i bagni, e prevedendo un appbsito edificio per la custodia della 
casa padronale e del circostante parco. 

E nella prospettiva di diritto tributario non � necessario cogliere la 
qualificazione civilistica che sottende tale unitariet�, incensurabilmente 
accertata, attraverso una valutazione di fatto, rispondente alla nozione 
di casa di lusso tenuta presente dal legislatore. 

La giurisprudenza di questa Corte non � stata aliena dal configurare 
non meramente � pertinenziale � la relazione che si instaura fra il garage 
e la casa cui il medesimo accede considerando talvolta � garages � addirittura 
parti integranti delle costruzioni (Cass. 1899 del 1974, n. 245 del 
1971, 2947 del 1964). Ed un nesso di pertinenza, o se si vuole, di accessoriet� 
in senso lato, va ravvisato fra il giardino che la circonda e la villa. 
Appunto da questo legame fra un'area scoperta, specie se adibita a giardino 
o parco, e la casa di abitazione muove il decreto nel fissare la qualifica 
di lusso per i vantaggi che ne conseguono all'abitazione di una certa 
consistenza (superficie complessiva utile superiore a mq. 200); d'altra 
parte la circostanza che l'unico alloggio padronale risulti scorporato in 
distinti elementi strutturali, secondo moduli costruttivi suggeriti da un 
certo progetto architettonico non fa venir meno l'unitariet� del complesso 
ravvisabile secondo una valutazione funzionale; e correlativamente il fatto 
che certi servizi siano decentrati rappresenta un elemento che sottolinea 
se mai il carattere di pregio della costruzione. Sarebbe aberrante escludere 
la qualificazione di lusso di una villa con parco solo perch� si rinvengono 
nel complesso talune aree edificate non facenti corpo con l'edificio 
principale, ma chiaramente coordinate al servizio di quello (scuderie, 
garages, sale per giochi, piscina coperta, padiglione di caccia, alloggi per 
la servit� o per custode etc.). Se ci� fosse vero, sarebbe sufficiente erigere 
una costruzione aggiuntiva purchessia, anche minima, per paralizzare la 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRI~UTARIA 

operativit� della norma, la quale, invece, deve ritenersi pienamente applicabile 
anche se, accanto alla villa padronale, sussistano nel compendio 
considerato costruzioni da ritenere accessorie, secondo l'incensurabile 
apprezzamento del giudice di merito, fra cui specificamente un alloggio 
per il custode, fermo restando che anche dell'area coperta dalle costruzioni 
accessorie e si deve tener conto per verificare il rispetto dell'indice 
di proporzionalit� di almeno un sesto fra area coperta e scoperta. 

Risulta perci� giuridicamente ineccepibile il ragionamento del giudice 
di merito il cui apprezzamento non � censurabile laddove ritiene sussistente 
l'accessoriet� per la destinazione e la ridotta estensione della seconda 
costruzione (che non sono contestate), mentre non sembra decisivo 
l'eventuale errore circa l'ubicazione della casa del custode a ridosso 
del cancello, poich� quella collocazione non riveste essenziale e determinante 
rilievo nell'espresso giudizio in termini di unitariet� del complesso 
e di accessoriet� della casa 'medesima quale elemento concorrente alla 
valorizzazione della villa con parco che i contribuenti hanno realizzato 
su terreno il cui acquisto � stato inizialmente registrato con i benefici 
della I. n. 408 del 1949. 

Ed in questa prospettiva non pare centrata l'obiezione che fa leva 
sul mancato accatastamento dei fabbricati per ipotizzarne la possibile 
duplicit� ed autonomia, in quanto un'eventuale separata considerazione 
degli immobili ai fini catastali non potrebbe in alcun modo incidere sul 
giudizio espresso dai giudici di merito che hanno escluso l'equivalenza, 
sul piano funzionale, dei due edifici e subordinato la casa del custode 
alla villa padronale, ravvisandovi una componente che accresce il tono 
del complesso e ne sottolinea il carattere privilegiato come residenza di 
persone largamente abbienti che se ne avvalgono per soggiorni sporadici 
di vacanza e si preoccupano di tenere in loco personale che custodisca 
la villa disabitata o accudisca al parco. L'utilizzazione a questo fine di 
un'unit� immobiliare autonoma, anzich� di parte non dell'unica villa � 
scelta che non vale certo a qualificare il complesso, ma anzi tendenzialmente 
appare indice di maggiore disponibilit� economica dei proprietari, 
implicando una soluzione di maggiore costo. 

Comunque il margine di opinabilit� delle considerazioni espresse dalla 
sentenza, e qui sopra riprese ed avallate, attiene all'apprezzamento di� 
screzionale del giudice di merito, di cui si � verificata la ragionevolezza 
per escludere il vizio di m�tivazione, ferma restando l'esattezza del punto 
di diritto che si risolve nel postulare la sussistenza delle caratteristiche 
di lusso di una villa con parco che rispetti i dati numerici di cui al citato 
decreto anche se accanto all'edificio principale di superficie superiore a 
200 metri vi sia una ulteriore costruzione di carattere accessorio (tale 
accessoriet� ravvisando in concreto rispetto all'alloggio del custode). -� 
(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 aprile 1976, n. 1224 � Pres. Stella 
Richter � Rel. Valore � P. M. Di Majo (diff.) � Fallimento Calcaterra 
(avv. De Notaris) c. I.S.E.S. (avv. Stato Di Tarzia di Belmonte). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Situazione soggettiva dell'appaltatore 
� Controversie � Giurisdizione del giudice ordinario. 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Risoluzione di ufficio � Co11testazioni 
dell'appaltatore � Giurisdizione del giudice ordinario. 

(L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 340). 
Competenza e giurisdizione � Fallin1ento � Foro fallimentare � � Vis attrae� 
tiva � � Ambito di operativit� � Limiti � Fattis:(>ecie. 

(R.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 24). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Risoluzione di ufficio per frode 
dell'appaltatore � Riferimento della frode alla persona dell'appaltatore 
e non alle vicende del contratto � Effetti � Rilevanza della frode 
nei rapporti di appalto diversi da quello cui la frode si riferisce � Preventivo 
accertamento penale della colpevolezza dell'appaltatore � Necessit� 
� Esclusione. � 

(L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 340; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 26). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Risoluzione del rapporto per frode 
dell'appaltatore � Indipendenza dall'accertamento penale della colpevolezza 
dell'appaltatore � Contrasto con l'art. 27 della Costituzione . 
Questione di legittimit� costituzionale � Manifesta infondatezza. 
(Cost., art. 27; legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F, art. 340; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, 

art. 26). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Risol�Zione per frode dell'appaltatore 
� Preventiva contestazione � Necessit� � Esclusione. 

(L. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F, art. 340; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 26, 27 e 28). 
Dal contratto di appalto di opere pubbliche, salvo le particolari ipotesi 
in cui la legg.e conferisca espressamente alla pubblica amministrazione 
appaltante un potere di supremazia, nascono rapporti dai quali scaturiscono 
diritti e doveri tra le parti, come nell'appalto stipulato tra privati, 
per cui, in genere, le situazioni giuridiche favorevoli di cui � titolare 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 427 

l'appaltatore assumono la natura di veri e propri diritti soggettivi, ai 
quali corrispondono doveri per l'amministrazione committente, e che sono 
suscettibili di tutela dinanzi al giudice ordinario (1). 

Nel caso in cui l'amministrazione committente abbia di autorit� 
risolto il contratto di appalto nelle ipotesi previste dall'art. 340 della legge 
20 marzo 1865, n. 2248, all. F, l'appaltatore pu� dedurre davanti al giudice 
ordinario la illegittimit� del provvedimento, sia per ragioni sostanziali 
(mancanza dei presupposti previsti dalla legge), sia per ragioni procedu. 
rali (mancato rispetto dell'iter stabilito dalla legge), ma soltanto al fine 
dl ottenere il risarcimento del danno, e non anche per l'annullamento o 
la revoca del provvedimento amministrativo di risoluzione del rapporto (2). 

Poich� nell'ambito di operativit� dell'art. 24 del r.d. 16 marzo 1942, 

n. 267, vanno incluse soltanto le azioni che hanno nel fallimento la loro 
causa determinante, e non quelle in rapporto di mera occasionalit� con 
le finalit� e le operazioni fallimentari, non sono soggette alla vis attractiva 
del foro fallimentare le azioni promosse dal curatore sulla base di diritti 
gi� spettanti al fallito (nella specie � stata esclusa dalla competenza del 
foro fallimentare l'azione di risarcimento danni con la quale si contesti 
la legittimit� del provvedimento di risoluzione di ufficio del rapporto di 
appalto di opera pubblica) (3). 
Nel contratto di appalto di opere pubbliche, nel quale l'intuitus personae 
gioca un ruolo molto pi� marcato che negli appalti di diritto privato 
e deve persistere in ogni momento del rapporto o dei rapporti contrattuali, 
la frode dell'appaltatore, collegata non alle vicende del contratto 
ma alla persona dell'appaltatore, e tale da far venir meno la credibilit� 
dell'appaltatore e da rompere il rapporto fiduciario, legittima la risolu


(1) Principio consolidato. Da ultimo, cfr.: Cass., Sez. Un., 5 novembre 1973, 
n. 2856, Cons. Stato, 1974, II, 115; Sez. Un., 7 luglio 1969, n. 2498, in questa 
Rassegna, 1969, I, 744; Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2317, ibidem, 743. In argomento, 
cfr.: Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, pag. 206 e seguenti. 
(2) Conf.: Cass., 19 maggio 1972, n. 1531, Giur. it., 1973, I, 1, 424. Sulle varie 
questioni in tema di risoluzione di ufficio del rapporto di appalto di opere 
pubbliche cfr.: Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, 274-286. Va in argomento rilevato, 
in particolare, che la legittimit� del provvedimento di risoluzione non pu� 
essere esclusa per vizi diversi da quelli dedotti dall'appaltatore (Cass., 19 � maggio 
1972, n. 1531, cit.), e pu� essere invece riconosciuta, com'� ribadito anche 
nella decisione in rassegna, anche per motivi diversi da quelli considerati 
dall'amministrazione committente (Cass., 17 maggio 1974, n. 1470, in questa 
Rassegna, 1974, I, 1468). 
(3) Il principio costituisce espressione del pi� recente indirizzo giurisprudenziale, 
orientato ad una restrittiva interpretazione dell'art. 24 del r.d. 16 marzo 
1942, n. 26~, e che riceve con la decisione in rassegna l'autorevole e motivato 
avallo delle Sezioni Unite. Da ultimo: Cass., 19 novembre 1974, n. 3719; 5 gennaio 
1972, n. 4. 

428 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione del rapporto, a norma dell'art. 340 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. F, anche quando si riferisca ad altri rapporti di appalto, e senza necessit� 
del suo preventivo accertamento in sede penale (4). 

� manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
degli artt. 340 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, e 26 
del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, in riferimento all'art. 27 della Costituzione, 
trattandosi di norme che non inibiscono al soggetto passivo 
del" provvedimento di risoluzione di promuovere, nella opportuna sede, 
il controllo autonomo del provvedimento e di chiedere il risarcimento 
dei danni subiti per effetto della risoluzione nel caso in cui la pubblica 
amministrazione abbia agito fuori delle ipotesi previste dalla legge, ovvero 
senza osservare le formalit� essenziali (5). � 

La risoluzione del rapporto di appalto di opere pubbliche per frode 
dell'appaltatore non � condizionata alla preventiva contestazione degli 
addebiti (6). 


(Omissis). -Atteso il suo carattere assorbente, va esaminata con 
priorit� l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere 
della domanda, sollevata dal resistente I.S.E.S., il quale sostiene 
che l'atto con il quale si decreta la risoluzione del contratto a norma 
del citato art. 340 della legge n. 2248 del 1865 � un atto amministtativo, 
preso dalla P.A. a tutela dell'interesse pubblico. Una volta che ricorrano 
le circostanze previste da detta norma, cessa la posizio~e paritetica del 
rapporto contrattuale fra appaltatore e Amministrazione concedente e 
subentra un potere di imperio di quest'ultima, che agisce applicando una 
norma di azione. L'illegittimit� dell'atto amministrativo avrebbe dovuto, 
quindi, essere fatta valere, nei termini previsti, innanzi al giudice ammi


(4) L'affermazione di princ1p10, gi� enunciata dalla decisione di appello 
(App. Napoli, 23 settembre 1972, Dir. giur., 1974, 134), � fondata sulla rilevanza 
che assume, nell'appalto di opere pubbliche, I'intuitus personae: rilevanza che 
indurrebbe invero anche a dubitare, come si � gi� altre volte osservato (Rel. 
Avv. Stato, 1971-1975, III, 224), dell'applicabilit� dell'art. 81, primo comma, del 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267 al contratto di appalto di opere pubbliche. 
(5) Valutazione di indubbia esattezza, specialmente se considerata in correlazione 
ai principi sull'autonomia dell'accertamento consentito, in argomento, 
al giudice ordinario e sulla rilevanza della frode dell'appaltatore, comunque, 
indipendentemente dal suo accertamento in sede penale, � talch� non � necessaria 
un'affermazione di colpevolezza, e tanto meno � necessaria una sentenza 
di condanna divenuta definitiva�. Nella specie, l'appaltatore, condannato in 
primo grado, era stato assolto in appello per insufficienza di prove, con sentenza 
impugnata sia dall'imputato sia dal pubblico ministero. 
(6) Principio imposto dalla chiara norma dell'art. 27 del r.d. 25 maggio 1895, 
n. 350, che prescrive la preventiva contestazione degli addebiti per il (solo) 
caso di risoluzione per inadempimento. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

nistrativo, talch� una azione del genere � improponibile innanzi all'A.G.O., 
sia pure al solo fine di chiedere la condanna dell'amministrazione appal


tante al risarcimento dei danni. 

L'eccezione � priva di fondamento. 

� principio pacifico che, al fine di accertare se sussista la giurisdizione 
del giudice ordinario, bisogna aver riguardo, pi� che al petitum, 
alla causa petendi, al cosiddetto petitum sostanziale, cio� all'intrinseca 
consistenza dell'interesse dedotto in lite in relazione alla reale protezione 
accordata dall'ordinamento giuridico alla posizione soggettiva dell'attore 
prescindendo, qufo.di, dalla prospettazione fattane dallo stesso, onde stabilire 
se detta protezione sia diretta alla tutela di un diritto soggettivo, 
mentre, se la stessa protezione � diretta alla tutela di un interesse legittimo, 
la controversia rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo 
(Cass., Sez. Un., 5 novembre 1973, n. 2856; 4 dicembre 1971, n. 3519; 
29 marzo 1971, n. 900 ed altre precedenti). 

Orbene, in tema di �contratto di appalto di opere pubbliche, pur dovendosi 
convenire che l'Amministrazione si riserva, in relazione alle fina.
lit� per le quali agisce, una posizione preminente e direttiva, non viene 
con ci� alterata la corrispettivit� delle prestazioni, n� viene mutata la 
funzione, cio� la causa in senso giuridico del negozio, che � quella di 
conseguire un opus, funzione questa essenzialmente privatistica anche se 
l'opera appaltata sia destinata alla realizzazione di fini pubblici (Cass., 
Sez. Un., 5 novembre 1973, n. 2856; 13 maggio 1963, n. 1178). Da tale contratto, 
salvo le particolari ipotesi in cui la legge conferisca espressamente 
alla P.A. appaltante un potere di supremazia. nascono, quindi, rapporti 
dai quali scaturiscono diritti e doveri tra le parti, come nell'appalto stipulato 
tra privati, per cui, in genere, le situazioni giuridiche favorevoli di 
cui � titolare l'appaltatore assumono la natura di veri e propri diritti 
soggettivi, ai quali corrispondono doveri per l'Amministrazione. Ne consegue 
che le relative controversie rientrano normalmente nella giurisdi


zione del giudice ordinario. 

E poich� i poteri attribuiti (dal Capitolato Generale per le opere 

dipendenti dal Ministero dei LL.PP. approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063) all'ente appaltante diverso dallo Stato (nella specie l'I.S.E.S.) 
trovano la loro radice nella volont� contrattuale (Cass., n. 2856 del 1973, 
cit~ta; 12 dicembre 1967, n. 2928), l'illegittimo esercizio dei poteri stessi, 
risolvendosi in una lesione del diritto nascente dal contratto di appalto 
di opere pubbliche, il quale ha, come si � detto, natura di negozio di 
diritto privato, � soggetto al sindacato dell'Autorit� giudiziaria ordinaria. 
Pertanto, nel caso in cui la P.A. abbia di autorit� risolto il contratto di 
appalto nelle ipotesi previste dall'art. 340 citato, l'appaltatore pu� dedurre 
davanti al giudice ordinario la illegittimit� del provvedimento, sia per 
ragioni sostanziali (mancanza dei presupposti previsti dalla legge), sia 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per ragioni procedurali (mancato rispetto dell'iter stabilito dalla legge), 
ma soltanto al fine di ottenere il risarcimento del danno, e non anche 
per l'annullamento o la revoca del provvedimento amministrativo di risoluzione 
del rapporto (Cass., 19 maggio 1972, n. 1531). 

Nel caso in esame, l'appaltatore ha in effetti attaccato il provvedimento 
di rescissione sotto entrambi i profili, negando, sul piano sostanziale, 
la sussistenza degli elementi addotti ad integrare la frode prevista 
dall'art. 340 e contestando che alla risoluzione in via di autotutela si fosse 
giunti attraverso un iter procedimentale rispettoso della vigente normativa; 
ed ha chiesto, di conseguenza, il risarcimento dei danni. 

L'eccepito difetto di giurisdizione, quindi,� non sussiste. 

Con il primo mezzo il ricorrente -lamentando la violazione dell'art. 
24 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 -sostiene, per la prima volta in 
questa fase del giudizio, che, sopravvenuto, in primo grado, il fallimento 
dell'attore Calcaterra, fa competenza a conoscere della controversia spettava 
ormai al Tribunale fallimentare, ai sensi del citato art. 24. Invoca, 
a suffragio del motivo, alcune pronunce di questa Suprema Corte, secondo 
le quali tutte le azioni che incidono sull'attivo o sul passivo appartengono 
alla competenza funzionale del Tribunale fallimentar� (Cass. nn. 225 e 2279 
del 1969; 3935 del 1974). 

La censura non si ravvisa fondata. 

Non vi � dubbio che una corrente giurisprudenziale ha manifestato 
la tendenza ad ampliare la portata del citato art. 24 (� Il Tribunale che 
ha dichiarato il fallimento � competente a conoscere di tutte le azioni 
che ne derivano... eccettuate le azioni reali immobiliari... �), ricomprendendovi 
non gi� le sole azioni che si originano dal dissesto e dall'insolvenza, 
ma anche quelle che influiscono sulla procedura concorsuale, nella 
quale si realizzano l'unit� dell'esecuzione sul patrimonio del fallito e la 
par condicio creditorum, ma � del pari innegabile che la pi� autorevole 
dottrina e la pi� recente giurisprudenza hanno criticato siffatta tendenza, 
includendo nell'ambito dell'art. 24 solo le azioni che hanno nel fallimento 
la loro causa determinante, e non quindi quelle in rapporto di mera occasionalit� 
con le finalit� e le operazioni fallimentari. Espressione di quest'ultimo 
orientamento sono, tra le altre, le decisioni della Corte Suprema 
30 giugno 1969, n. 2403, 22 dicembre 1969, n. 4032, 6 dicembre 1971, n. 3528, 
5 gennaio 1972, n. 4, 19 novembre 1974, n. 3719. 

Queste Sezioni Unite sono d'avviso che il primo dei due orientamenti 
non sia conforme allo spirito delle disposizioni legislative (anche se ispirato 
alla r_agione funzionale di garantire la par condicio creditorum) per 
quanto riguarda quelle azioni, nei confronti dei terzi, che il fallimento 
trova gi� nel patrimonio del fallito. 

Emerge dalla Relazione alla legge fallimentare che il legislatore del 

1942 ritenne opportuno non modificare la formula generale dell'art. 685 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

del codice di commercio, ma solo risolvere in concreto i casi pi� dubbi, 
e perci� mantenne la competenza del Tribunale fallimentare per le azioni 
che derivano dal fallimento e cio� per tutte le azioni che sono promosse 
contro il fallimento relative ad atti della procedura fallimentare, o dirette 
a far valere un diritto nei confronti della massa creditoria, e per quelle 
azioni per le quali sono previsti particolari procedimenti (artt. 93-103), 
aggiunge le azioni relative a rapporti di lavoro e la revocatoria ordinaria 
(artt. 66 cpv.), escluse le azioni reali immobiliari e afferm� che tutte le 
altre azioni promosse dal fallimento, sia reali che personali, seguono le 
ordinarie norme di competenza. 

Orbene il concetto di � azioni che derivano dal fallimento � non pu� 
avere la latitudine che talvolta, come si � detto, gli � stata attribuita, in 
quanto -a prescindere dal manifestato intento del legislatore di non 
distogliere i terzi etranei al fallimento dal loro giudice naturale -relativamente 
ai rapporti giuridici attivi che preesistevano al fallimento, non 
:iiu� fondatamente sostenersi che l'azione esercitata �derivi� dal fallimento, 
giacch� tale azione � quella stessa che spettava al fallito e che 
viene dal fallimento recepita, n� i rapporti suddetti subiscono, a seguito 
del fallimento, alcuna modifica sostanziale, salva la sostituzione della 
curatela nella legittimazione prima spettante al fallito. La connessione 
col fallimento � puramente storica ed occasionale, giacch� le azioni in 
questione sono indipendenti dal dissesto e dalla .preceduta concorsuale 
ed avrebbero potuto essere esercitate indipendentemente dall'apertura 

del fallimento. 

Conferma ulteriore della validit� di siffatta interpretazione � desumibile 
dal citato� art. 66 cpv. L'azione revocatoria ordinaria � un'azione che 
non deriva dal fallimento del debitore e il legislatore non avrebbe avuto 
necessit� di riservarla espressamente alla competenza del Tribunale fallimentare, 
se tale competenza fosse gi� derivata dalla regola generale 
dell'art. 24 per il solo fatto che trattasi di azione eserciti:J,ta dal curatore 
al fine di incrementare e realizzare interamente l'attivo fallimentare. La 
specifica disposizione dell'art. 66 va considerata, quindi, come eccezione 
al principio della disciplina processuale di tutte le altre azioni che, esercitate 
dal curatore, non derivino dal fallimento nel senso anzidetto. 

A conclusione di siffatte considerazioni, devono pertanto escludersi 

dalla vis attractiva le azioni promosse dal curatore sulla base di diritti 

gi� 'spettanti al fallito, come nel caso di specie, e deve conseguentemente 

rigettarsi il primo mezzo del ricorso. 

Con il secondo, terzo e quinto mezzo -�he possono essere esami


nati congiuntamente perch� connessi -il ricorrente denuncia la viola


zione dei citati artt. 340 della legge e 26 del Regolamento, dell'art. 1321 e 

segg. e.e. e dei principi generali sui contratti, nonch� insufficiente e con



432 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

traddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (articolo 
360, nn. 3 e 5, c.p.c.). 

In particolare sostiene che le vicende attinenti ad un contratto di 
appalto (quello relativo ai lavori da eseguire in Calabria) non potevano 
influire su altro contratto (quello relativo ai lavori di Secondigliano); e 
ci� sia per la formulazione delle norme suddette (artt. 340 e 26) che fanno 
riferimento ad un determinato contratto, sia perch� trattavasi di contratti 
autonomi, sia ancora perch�, diversamente opinando, si confonderebbero 
due istituti diversi, e cio� quello della rescissione del contratto, fondato, 
appunto, su vicende inerenti allo stesso, e quello della cancellazione dell'appaltatore 
dall'Albo delle imprese (art. 7, legge 10 giugno 1937, n. 1139), 
fondato sul comportamento complessivo dell'appaltatore. In ogni caso, 
comunque, la rescissione deve essere fondata su elementi obiettivi -e 
non su qualit� negative dell'appaltatore -elementi che la Corte del 
merito non ha indicato e che non potevano essere tratti dalle sentenze 
penali emesse nei confronti del Calcaterra che non avevano efficacia di 
giudicato. Da esse, poi, non si potevano trarre solo gli elementi sfavorevoli 
all'imputato trascurando quelli favorevoli. Infine il ricorrente deduce 
che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto dell'art. 27 della Costituzione, 
considerando colpevole degli addebiti mossigli colui che aveva 
la qualit� di imputato e non di condannato. 

Anche queste cerisure sono prive di consistenza, in quanto la Corte 
napoletana � pervenuta alla decisione impugnata attraverso una motivazione 
ampia e limpida, scevra da vizi logici e giuridici. 

Dispone l'art. 340 della legge sui lavori pubblici del 1865 che � l'Amministrazione 
� in diritto di rescindere il contratto quando l'appaltatore si 
renda colpevole di frode o di grave negligenza e contravvenga agli obblighi 
e alle condizioni stipulate �. 

� In questi casi l'appaltatore avr�� ragione soltanto al pagamento dei 
lavori eseguiti regolarmente, e sar� passibile del danno �che provenisse 
all'Amministrazione dalla stipulazione di un nuovo contratto o dalla esecuzione 
d'ufficio �. 

L'art. 26 del Regolamento per la direzione, contabilit� e collaudazione 
dei lavori (r.d. n. 350 del 1895) stabilisce che � ogni qualvolta si verifichi 
un fatto a carico dell'appaltatore che possa dar luogo ad un procedimento 
penale per frode, oppure quando consti ~he questo procedimento sia stato 
iniziato dall'autorit� giudiziaria per denuncia di terzi, se ne dovr� riferire, 
dall'ingegnere capo, per mezzo dell'Ispettore del compartimento, al 
Ministero affinch� esamini se convenga dichiarare la rescissione del contratto 
a termini dell'art. 340 della legge sui lavori pubblici�. 

L'autotutela della P.A., che � intesa a risolvere autoritativamente i 
conflitti potenziali o attuai~ insorgenti con gli altri soggetti in relazione 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

ai suoi provvedimenti od alle sue pretese, si manifesta come autotutela 
decisoria, quando la pretesa dell'Amministrazione viene ad essere soddisfatta 
mediante l'esplicazione di un'attivit� decisoria, implicante la produzione 
di un dato effetto giuridico, o come autotutela esecutiva, quando 
si concreta in un comportamento materiale o in una operazione, che realizza 
un'attivit� volta alla produzione di un effetto materiale. 

Esempio tipico di autotutela decisoria, � in tema di appalto di opere 
pubbliche, la risoluzione di autorit� del rapporto da parte dell'Amministrazione 
committente. 

Orbene, il caso di risoluzione per frode presenta delle caratteristiche 
peculiari che lo differenziano da ogni altra ipotesi di risoluzione autoritativa. 
Invero il fatto che l'art. 26 del Regolamento autorizzi la risoluzione 
sol che �si verifichi un fatto a carico dell'appaltatore che possa dar luogo 
ad un procedimento penale per frode� (ed anche nel caso in cui l'atto 
fraudolento sia stato perpetrato a danno di terzi) mostra chiaramente 
-come ben ha inteso la Corte di merito -che la legge, non solo non 
ha collegato la frode all'inadempienza, ma non richiede neppure alcun 
collegamento tra la frode ed il singolo contratto. Come anche la dottrin~ 
ha posto in evidenza, il bene che la norma vuol tutelare con la sanzione 
della rescissione, � quello del corretto svolgimento del rapporto di appalto, 
corretto svolgimento ch� qualsiasi frode commessa dall'appaltatore (in 
danno dell'Amministrazione o di terzi) incrina, non gi� per una soggettiva 
valutazione dell'Amministrazione medesima, ma per la obiettiva esistenza 
di un fatto che vale ad interrompere il rapporto fiduciario sul 
quale essenzialmente si basa il rapporto di appalto. Nei contratti di 
appalto dr opere pubbliche, infatti, l'intuitus personae gioca un ruolo 
molto pi� marcato che negli appalti di diritto privato. Oltre che nell'idoneit� 
tecnica dell'impresa di cui l'appaltatore � titolare, la P.A. ripone 
un particolare affidamento nelle qualit� personali dell'appaltatore, affidamento 
che, se esiste in tutti i contratti nei quali predomina un'obbligazione 
di fare, speciale considerazione assume negli appalti pubblici, in 
relazione alle finalit� ed agli interessi che vi sono connessi. 

N� � esatto che l'intuitus personae abbia rilevanza solo ai fini della 
iscrizione nell'Albo nazionale degli appaltatori di �pere pubbliche, essendo 
vero, invece, che esso deve persistere in ogni momento del rapporto o 
dei rapporti contrattuali. Aderendo alla tesi del ricorrente, si perverrebbe 
all'assurdo che unico rimedio, di fronte al verificarsi di fatti anche gravissimi 
ma inerenti ad un separato contratto di appalto, sarebbe la cancellazione 
dall'Albo, mentre alla P.A. sarebbe inibito di prendere tempestivamente 
il provvedimento che l'art. 340 prevede. 

Ne consegue che, a differenza dell'ipotesi dell'inadempimento dell'appaltatore 
nel singolo contratto (che impone di attenersi, nel deliberare i 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

conseguenti provvedimenti, a quel contratto e non agli eventi che si riferiscono 
ad altri eventuali contratti), l'ipotesi della frode, non essendo 
collegata alle vicende del contratto, ma alla persona dell'appaltatore, fa 
venir meno la credibilit� di quest'ultimo e, pi� che incrinare, rompe il 
rapporto fiduciario. 

Dovendosi, quindi, escludere che possa farsi riferimento ai principi 
e alle norme del codice civile che regolano i contratti nella loro autonomia 
-onde desumerne l'illegittimit� di un provvedimento amministrativo 
preso in relazione al complesso della gestione dei contratti stipulati 
dal Calcaterra -correttamente la Corte napoletana, in aderenza alla lettera 
ed alla ratio dei ripetutamente citati artt. 240 e 26, ha ritenuto che 
le vicende attinenti al contratto di appalto relativo ai lavori da ese_guire 
in Calabria influissero sul contratto relativo ai lavori di Secondigliano. 

La doglianza, poi, che comunque, la rescissione sarebbe stata fondata 
non su elementi obiettivi, ma su apprezzamenti soggettivi della P.A., � 

, pur essa priva di pregio, in quanto si fonda su un errato presupposto, 
e cio� che il provvedimento di risoluzione per frode possa essere adottato 
dall'Amministrazione solo dopo che la frode medesima sia stata penalmente 
accertata, o, quanto meno, a seguito della condanna dell'imputato. 
La lettera della legge � abbastanza chiara perch� occorra immorare su 
tale censura. Invero ogni eventuale dubbio interpretativo cui potrebbe dar 
luogo la formulazione dell'art. 340 (� quando l'appaltatore si renda colpevole
�), viene fugato dall'art. 26, secondo il quale, perch� possa farsi 
luogo all'indagine amministrativa che pu� culminare nel provvedimento 
di rescissione, � sufficiente che � si verifichi un fatto che possa dar luogo 
ad un procedimento, penale per frode, oppure che consti che questo procedimento 
sia stato iniziato dall'Autorit� giudiziaria per denuncia di 
terzi�; talch� non � rtecessai;ia un'affe.rmazione di colpevolezza, e tanto 
meno � necessaria una sentenza di condanna divenuta irrevocabile. 

Ci� posto, se � vero, come questa Suprema Corte ha di recente affermato 
(Cass. 17 maggio 1974, n. 1470), che in tema di risoluzione del contratto 
di appalto ai sensi del citato art. 340 e dell'art. 27 del regolamento, 
l'accertamento, da parte del giudice del merito, dei presupposti stabiliti 
da dette norme per l'esercizio del diritto di autotutela della P.A., � autonomo, 
e non vincolato alle risultanze sulle quali l'Amministrazione si � 
basata per far valere il suo diritto potestativo di risoluzione -il che 
conferma l'ampia portata del giudizio sulla legittimit� della risoluzione � 
del pari innegabile che la Corte del merito ha correttamente proceduto 
all'indagine che le era demandata, ravvisando la sussistenza dei presupposti 
necessari per farsi luogo al provvedimento di risoluzione -espressione 
del potere di autotutela adottato in via autoritativa e non nella 
q_ualit� di parte contraente __:_ nella denuncia del Calcaterra per i reati 


PARTE I, SBZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

di truffa e falso ideologico, nell'emissione a suo carico di ordine di cattura 
e nello stato di carcerazione preventiva. N� ha fondamento la dedotta 
mancata valutazione della rilevanza del provvedimento di concessione 
della libert� provvisoria (disposta ancor prima che fossero state approvate 
dagli organi tutori e notificate all'interessato le delibere di risoluzione), 
in quanto, sul punto, la Corte ha argomentato che detta concessione 
non poteva incrinare la legittimit� del provvedimento di risoluzione, 
sia perch� inidonea a porre nel nulla la contestazione originaria dei reati 
e sia per la revocabilit� della concessione medesima, non precludente 
quest'ultima la emissione di nuovi ordini o mandati restrittivi della libert� 
personale; talch� detta concessione non era di per s� sufficiente a sanare 
la situazione determinatasi nel rapporto negoziale per effetto dell'azione 
penale iniziata contro il Calcaterra per reati di indubbia gravit�. 

La Corte stessa ha, poi, con logiche argomentazioni, negato che dalle 
sentenza penale potessero trarsi elementi di suffragio alla tesi dell'odierno 
ricorrente circa l'insussistenza della frode, considerando: che la sentenza 
della Sezione Istruttoria della Corte di Appello di Catanzaro dell'll dicembre 
1967 aveva prosciolto il Calcaterra dal delitto di truffa perch� il 
fatto non costituisce reato, sul riflesso che, pur sussistendo tutti i requisiti 
obiettivi (ossia i fatti materiali relativi alla formazione e all'emissione 
�l.i falsi stati di avanzamento dei lavori) mancava l'elemento subiettivo 
del dolo in ordine alla realizzazione del profitto; che la sentenza di assoluzione 
per insufficienza di prove dal reato di falsit� ideologica, pronunziata 
dalla Corte di Appello di Catap.zaro il 19 febbraio 1971 (in riforma 
della sentenza di condanna emessa dal Tribunale) e non ancora irrevocabile 
(in quanto gravata di ricorso per Cassazion�, sia da parte dell'imputato 
che del P.M.), non consentiva di attingere elementi tali .da svalutare 
quelli di accusa e di escludere il dubbio sulla responsabilit� del~ 
l'imputato. 

Infine, la Corte ha giustamente disatteso la ventilata incostituzionalit� 
degli artt. 340 e 26 sotto il profilo dell'art. 27 della Costituzione, se si 
considera che le suddette norme della legge sui lavori pubblici, che stabi� 
liscono i presupposti necessari per consentire alla P.A. l'esercizio .del 
potere di autotutela -non inibendo al soggetto passivo del provvedi� 
mento di rescissione di promuovere, nella opportuna sede,~ il controllo 
autonomo del provvedimento stesso e di chiedere il risarcimento dei 
danni, subiti per effetto della rescissione, nel caso in cui la P.A. abbi3: 
agito fuori delle ipotesi previste dalla legge, ovvero senza osservare le 
formalit� essenziali -non contrastano con il citato art. 27 della Costituz~
one, che enuncia soltanto il principio fondamentale di civilt� che 
vieta di considerare colpevole, ad ogni effetto, l'imputato prima della 
condanna definitiva. 


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436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Maggior fondamento non ha il quarto mezzo, con il quale, diffusa


mente, il ricorrente -lamentando la violazione di numerose norme del 

Regolamento citato e denunciando l'omessa motivazione su fatti deci


sivi -sostiene che la Corte non ha rilevato che egli non �poteva aver 

commesso la falsificazione dei documenti relativi agli stati di avanza


mento, in quanto tal.i stati dovevano essere redatti dal direttore dei lavori 

e dai suoi assistenti. Al riguardo basta rilevare che il reato in questione 

� stato addebitato anche ai funzionari dell'I.S.E.S. e che -come esatta


mente osserva il resistente -la Corte ha basato il suo convincimento 

della partecipazione del Calcaterra al falso su argomentazioni di fatto, 

desunte dal principio del cui prodest. 

Anche l'ultimo mezzo di impugnazione, con cui si denuncia la viola


zione degli artt. 340 e 26 citati, sostenendo che la procedura prevista 

dagli artt. 27 e 28 del regolamento, ivi compresa la contestazione degli 

addebiti, avrebbe dovuto essere applicata anche alla .rescissione per frode, 

non ha maggior pregio dei precedenti. 

Come la sentenza impugnata ha correttamente posto in rilievo, dalle , 
. norme in esame si desume la netta differenza tra l'ipotesi della risolu


zione per frode e quella della risoluzione per inadempimento (contravven


zione agli obblighi e alle condizioni stipulate, tale da compromettere la 

buona riuscita dell'opera; irregolarit� o negligenza nel progresso dei lavori, 

tale da determinare ritardo nella loro ultimazione), spiegabile col fatto 

che, in quest'ultima, l'obbligo della contestazione ha una ragione funzio


nale, non potendo l'appaltatore venire a conoscenza delle inadempienze 

che gli si addebitano se non attraverso le specifiche contestazioni. Nella 

prima, invece, basta l'atto di frode per la risoluzione del contratto. 

Lo stesso ricorrente finisce per riconoscere che la legge prevede 

l'obbligo della contestazione solo per l'ipotesi dell'inadempienza prevista 

dagli artt. 340 e 341 della legge sui lavori pubblici, quando sostiene che 

gli artt. 27 e 28 del Regolament9 dovrebbero trovare applicazione per 

analogia nel caso di frode. Peraltro anche la dottrina pi� qualificata rico


nosce non necessaria la previa contestazione nella fattispecie in esame. 

La questione di costituzionalit�, infine, dedotta in subordine con la 

memoria, sotto il profilo della menomazione del diritto di difesa, garan


tito dall'art. 24, secondo comma, della Costit~ione, � priva di rilevanza 

nella specie, in quanto il Calcaterra ebbe piena conoscenza degli addebiti 

con la notificazione del mandato di cattura. 

E poich� la sentenza impugnata � correttamente e congruamente mo


tivata in ordine alla sussisten;za dei presupposti idonei alla legittima ado


zione dell'atto amministrativo di risoluzione, il ricorso va rigettato con 

le pronunce conseguenziali. -(Omissis). 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 437 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 aprile 1976, n. 1507 -Pres. Boccia Est. 
Carotenuto -P. M. Pedace (conf.) -Patern� Castello di Carcaci 
ed altri (avv. Gazzoni e Pacelli) c. Ministero dei lavori pubblici (avv. 
Stato Albisinni). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Elenchi delle acque pubbliche -Natura 

ed ~ffetti. 

(T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1; r.d. 14 agosto 1920, n. 1285, artt. 1, 2 e 3). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Elenchi delle acque pubbliche -Ricorso 
avverso l'iscrizione -Oggetto del giudizio -Accertamento della demanialit� 
-Vincolo delle ragioni dell'iscrizione � Non sussiste. 

(T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 1 comma quarto, e 140, lett. a). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Natura pubblica dell'acqua -Accertamento 
giudiziale � Giudizio di fatto. 

Acque pubbliche ed elettricit� -Natura pubblica dell'acqua -Accertamento 
giudiziale � Motivazione -Congruit� -Fattispecie. 

(T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. l, comma primo). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Acque sotterranee -Idoneit� ed usi di 
pubblico generale interesse -Effetto dell'opera dell'uomo -Preclusione 
della pubblicit� -Non sussiste. 

(T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. l, comma primo, e 103, comma secondo). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Acque sotterranee -Contrasto dell'art. 1 

t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 con gli artt. 41, 42 e 43 Cost. -Questione 
di costituzionalit� manifestamente infondata. 
(Cost., artt. 41, 42 e 43; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 1, 103 e 104). 
L'atto col quale la P.A. iscrive un'acqua nell'elenco delle acque pubbliche 
costituisce atto terminale di un procedimento dichiarativo che pu� 
essere inquadrato nella figura delle certazioni e la sua funzione � quella 
di rendere conoscibile alla collettivit� che l'acqua viene considerata pubblica 
ed � quindi soggetta al correlativo regime amministrativo (1). 

(1-2) La qualificazione dell'elenco delle acque pubbliche come certazione, 
la funzione assegnata all'atto e le conseguenze desuntene con riguardo all'oggetto 
del giudizio derivano dall'ordine di concetti elaborato da GIANNINI M. S. 
in tema di procedimenti dichiarativi, funzione degli atti creativi di certezze 
pubbliche e relative misure di verificazione (Diritto amministrativo, Milano, 
1970, II, cap. V, passim, e in particolare, pagg. 962 ss., 994 ss., 1013 ss.; Accertamento 
(dir. cost. e amm.), Encicl. del diritto, Milano, 1958, I, pag. 219 ss.; Certezza 
pubblica, Encicl. del diritto, Milano, 1960, I, pag. 769 ss.). 

10 



438 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il ricorso contro l'iscrizione di un'acqua nell'elenco delle acque pubbliche 
introduce un giudizio, il cui oggetto � l'accertamento della qualit� 
dell'acqua con riferimento ai requisiti stabiliti dalla legge e non quello 
della legittimit� dell'atto amministrativo d'iscrizione. Ne deriva che il 
giudice specializzato pu� ritenere sussistente la natura pubblicq dell'acqua 
anche in base ad elementi di fatto ulteriori rispetto a quelli considerati 
rilevanti dall'Amministrazione (2). 

L'accertamento circa la sussistenza delle condizioni stabilite dalla 
legge per il riconoscimento del carattere demaniale di un'acqua costituisce 
l'oggetto di un'indagine di fatto, che � riservata ai giudici di merito 
(3). 

� congrua la motivazione della sentenza che dichiari pubblica un'acqua 
tenendo conto della sua portata complessiva con riguardo alle particolari 
necessit� idriche della zona e dando rilievo all'appartenenza al bacino di 
un fiume ed alla utilizzazione in atto per la irrigazione di un vasto comprensorio 
e l'approvvigionamento idrico della popolazione di un comune 
(4). 

Anche per le acque sotterranee vale il principio che la demanialit� � 
collegata alla utilizzabilit� delle acque per fini di pubblico interesse, mentre 
� indifferente che questa sia riconducibile ad un'attivit� umana di 

Le argomentazioni confutate dalla Corte di cassazione relativamente all'oggetto 
del giudizio ed ai poteri del tribunale delle acque traggono sostanzialmente 
spunto da affermazioni contenute nella sentenza confermata (Trib. sup. 
acque, 18 gennaio 1973, n. 2, in questa Rassegna, 1973, I, 466) che aveva respinto 
per altro verso le istanze dei ricorrenti osservando che � la competenza tecnica 
del Tribunale superiore delle acque pubbliche non comporta il potere di questo 
di sostituirsi alla P.A. nell'esercizio della sua discrezionalit� tecnica, conducendo 
indagini per proprio conto e sostituendo alla motivazione del provvedimento 
una motivazione opposta... La competenza tecnica del giudice ordinario 
specializzato, intanto � attribuita e voluta dal legislatore, in quanto detto giudice 
� stato posto in grado di vagliare la fondatezza tecnica delle ragioni addotte 
a sostegno della motivazione dell'atto amministrativo, e non gi� per l'esercizio 
di un inesistente potere sostitutivo, insanabilmente in contrasto col principio 
delle ben differenziate attribuzioni, rispettivamente, del potere amministrativo 
e del potere giudiziario... �. 

Problemi analoghi s'erano posti ed hanno per� trovato soluzione opposta 
in tema di controllo sugli atti di delimitazione dei bacini imbriferi montani 
a norma dell'art. l, comma primo, 1. 27 dicembre 1953, n. 959 (cfr. Cass., Sez. Un., 
15 gennaio 1966, n. 216, in questa Rassegna, 1966, I, 90 con nota di ALBISINNI; 
Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1966, n. 222, Giust. civ., 1966, I, 667). 

In tema di elenchi di acque pubbliche, cfr. poi la giurisprudenza richiamata 
in nota a Trib. sup. acque, 1 ottobre 1974, n. 16, in questa Rassegna, 1975, I, 599. 

(3) In termini, Cass., Sez. Un., 25 maggio 1971, n. 1534, Giust. civ. 1971, I, 
1384 e in questa Rassegna, 1971, I, 1252. 
(4) Cfr. sul punto la giurisprudenza richiamata in nota a Trib. sup. acque, 
1 �ottobre 1974, n. 16, in questa Rassegna, 1975, I, 599. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 439 

estrazione, di sistemazione e di incremento, anzich� ad una condizione 
naturale (5). 

Nel giudizio introdotto dal ricorso avverso l'iscrizione di acque sotterranee 
in un elenco di acque pubbliche ed in cui l'unica norma di cui 
si debba fare applicazione � l'art. 1 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, non 
pu� dare luogo ad una questione di legittimit� costituzionale di tale 
norma per contrasto con gli artt. 41, 42 e 43 Cost. l'assunto -per cui la 
disciplina della situazione soggettiva dello scopritore non assicurerebbe 
sufficiente tutela all'impresa estrattiva potendosi risolvere in una sua 
espropriazione o acquisizione od in un trasferimento senza indennizza; tale 
profilo � infatti estraneo all'ambito dell'efficacia normativa della disposizione 
dettata dall'art. 1 del t.u. 1775 del 1933 che attiene unicamente 
alla disciplina 'dei requisiti che l'acqua deve possedere per essere considerata 
pubblica (6). 

(Omissis). -Col primo motivo i ricorrenti denunciano violazione 
delle norme sulle attribuzioni dei tribunali delle acque pubblich~ (art. 140 
e seg. del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775), in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, 

c.p.c. e deducono che, avendo l'Amministrazione dei LL.PP. motivato il 
provvedimento di iscrizione delle sorgenti Ficarazza e Acquanova nell'elenco 
delle acque pubbliche esclusivamente con la considerazione della 
loro appartenenza al bacino del fiume Simeto, il Tribunale regionale di 
Palermo e, successivamente, il Tribunale Superiore non potevano ritenere 
il carattere .pubblico delle acque in base alla diversa motivazione che 
esse, derivanti dalla riunione e dal convogliamento in superficie di numerose 
scaturigini sotterranee, tutte di modesta entit�, avevano, a seguito 
dell'opera dei ricorrenti, acquistato l'idoneit� a soddisfare pubblici, generali 
interessi. L'insufficiente motivazione dell'atto amministrativo comportava 
-secondo i ricorrenti -la declaratoria d'illegittimit� dello stesso, 
salvi gli ulteriori provvedimenti dell'autorit� amministrativa, ma non 
consentiva l'adozione, da parte del Tribunale delle acque, di una diversa 
motivazione, al fine di ritenerlo ugualmente legittimo. 
La censura � priva di fondamento in quanto � basata su una erronea 
opinione circa la natura dell'atto di iscrizione negli elenchi delle acque 

(5) In termini, Cass., Sez. Un., 25 gennaio 1952, n. 217 (richiamata in motivazione), 
Acque bonif. costruz., 1952, I, 215 ed ivi le conclusioni del P.G. EuLA, 
Demanialit� delle acque sotterranee; Cass., Sez. Un., 25 maggio 1971, n. 1534, cit.; 
Trib. sup. acque, 18 gennaio 1973, n. 2, cit. 
(6) Sulla questione di costituzionalit�, dichiarata manifestamente infondata 
e che avrebbe peraltro dovuto pi� correttamente definirsi come non rilevante, 
cfr. le sentenze richiamate alla nota 5. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pubbliche e circa i poteri dei tribunali delle acque in materia di accer


tamento della demanialit� delle acque. 

L'atto col quale la P.A. iscrive un'acqua nell'elenco delle acque pubbliche 
(art. 1, secondo comma, del t.u. n. 1775 del 1933) non � un provvedimento 
che abbia natura dispositiva (nel senso che implichi l'esercizio 
di una facolt� di disposizione dell'Amministrazione circa la propriet� 
delle acque) o costitutiva (nel senso che attribuisca alle acque che ne 
formano oggetto una qualit� giuridica che esse prima non avevano). Esso 
� l'atto terminale di un procedimento dichiarativo, che pu� essere inquadrato 
nella figura delle certazioni, la cui funzione � quella di rendere 
conoscibile alla collettivit� che l'acqua viene considerata come pubblica 
e che quindi � soggetta al correlativo regime amministrativo. 

Pertanto, poich� l<! natura pubblica dell'acqua non deriva dall'atto 
di iscrizione negli appositi elenchi ma dall'esistenza dei requisiti stabiliti 
dalla legge (art. 1, primo comma, del citato t.u. del 1933), l'atto medesimo 
non richiede una motivazi�ne, la quale � tipica dei provvedimenti mediante 
i quali l'Amministrazione manifesta una sua volont� produttiva di determinati 
effetti che modificano la preesistente situazione giuridica sostanziale. 


In correlazione con la rilevata natura dichiarativa dell'atto di iscrizione 
negli elenchi � da porre il potere di decisione delle controversie 
in materia di demanialit� delle acque, attribuito ai tribunali delle acque 
dall'art. 140, lett. a), del t.u. 

I tribunali in questione, in quanto sono chiamati ad accertare la 
qualit� (pubblica o privata) delle acque, con riferimento ai requisiti oggettivi 
stabiliti dalla legge, decidono controversie che riguardano diritti soggettivi 
e non pongono, ad oggetto del loro giudizio, l'atto amministrativo 
d'iscrizione negli elenchi al fine di controllarne la legittimit�. Poich� � 
la stessa natura dell'acqua che forma oggetto del giudizio, l'eventuale . 
accertamento dell'inesistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la 
demanialit� si configura come un presupposto della cancellazione dell'acqua 
dagli elenchi. 

Il Tribunale Superiore ben poteva, pertanto, al fine dell'accertamento 
della demanialit� delle acque in contestazione, fare riferimento ad elementi 
di fatto non evidenziati dall'Amministrazione. Ben poteva, in particolare, 
aggiungere, alla constatazione (gi� fatta dalla P.A.) che le sorgenti 
facevano parte del bacino del fiume Simeto, la considerazione che 
esse, per la loro portata, erano idonee a soddisfare pubblici bisogni, 
quali l'irrigazione di un vasto territorio e l'approvvigionamento idrico di 
un comune. 

Col secondo motivo i ricorrenti, denunciando omessa e insufficiente 
motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.), 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED ~PALTI PUBBLICI 441 

deducono che la demanialit� delle sorgenti in contestazione � stata affermata: 
a) considerando la sola portata delle acque, senza riferimento al 
sistema idrografico della zona; 

b) avendo riguardo alla soddisfazione di interessi (irrigazione di 
un agrumeto e approvvigionamento idrico di un comune) in relazione 
ai quali non era stato accertato il carattere pubblico anzich� meramente 
privato. 

Anche questa censura � infondata. 

Premesso che l'accertamento circa la sussistenza delle condizioni 
stabilite dalla legge per il riconoscimento del carattere demaniale di 
un'acqua costituisce l'oggetto di un'indagine di fatto, che � riservata ai 
giudici di merito, � da considerare, quanto al caso di specie, che il Tribunale 
Superiore ha motivato il suo convincimento circa la natura pubblica 
delle sorgenti Ficarazza e Acquanova, non solo in considerazione della 
loro portata complessiva (300 litri al secondo), ma anche: a) per la loro 
appartenenza al bacino del fiume Simeto;, b) per l'accertata loro utilizzazione 
sia per l'irrigazione di un vasto comprensorio di circa mille ettari, 
sia per l'approvvigionamento idrico della popolazione d\'!l comune di Regalbuto. 


Ora, mentre il riferimento al bacino imbrifero del fiume Simeto dimostra 
che le sorgenti non sono state considerate esclusivamente per la 
loro portata, ma in relazione all'importanza del sistema idrografico di 
cui fanno parte, l'accertata utilizzazione delle acque per gli scopi indicati 
costituisce elemento sufficiente, sul piano della congruit� della motivazione, 
per far ritenere che l'interesse soddisfatto abbia carattere pubblico, 
secondo la previsione dell'art. 1 del t.u. sulle acque pubbliche, anche 
in considerazione delle particolari necessit� idriche della zona, la quale, 
secondo l'accertamento contenuto nell'impugnata sentenza, non � caratterizzata 
da abbondanza d'acqua. 

Col terzo motivo si denuncia violazione dell'art. 1 del t.u. 11 dicem


bre 1933, n. 1775, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Deducono i 

ricorrenti che il Tribunale Superiore ha erroneamente ritenuto che pos


sano qualificarsi come pubbliche le acque sotterranee che l'opera -del


l'uomo non si limita a fare affiorare in superficie, ma che -come nel caso 

di specie -vengono rese economicamente utilizzabili solo attraverso 

un'attivit� imprenditoriale, complessa e costante, che, operando la riu


nione delle numerose, piccole sorgenti sotterranee (di per s� prive di 

utilit�), viene a creare un bene, inesistente allo stato naturale. 

La censura � infondata. 

L'art. 1 del t.u. del 1933 stabilisce che sono pubbliche, quando sono 

idonee a soddisfare un pubblico e generale interesse, tutte le acque sor



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

genti, fluenti e lacuali � anche se artificialmente estratte dal sottosuolo, 

sistemate o incrementate�. 

La dizione usata dal legislatore rende chiaro, secondo quanto gi� 

affermato da queste S.U. (sent. 24 gennaio 1952, n. 217), che, essendo la 

demanialit� collegata alla utilizzabilit� delle acque per fini di pubblico 

interesse, � al fatto obiettive;> della utilizzabilit� che deve aversi essen


ziale riguardo, mentre � indifferente che essa sia riconducibile ad un'atti


vit� umana di estrazione, di sistemazione e di incremento, anzich� ad 

una con.dizione naturale. 

Invero la stessa condizione naturale non � determinata da fattori 
statici, non modificabili nel corso del tempo, dal momento che anche 
eventi materiali non riconducibili al fatto dell'uomo (movimenti geologici 
�di assestamento, fenomeni vulcanici ed altro) possono determinare delle 
modificazioni per effetto delle quali vengono a rendersi utilizzabili delle 
acque che prima non lo erano. E, sia nell'ipotesi di opera dell'uomo, sia 
nell'ipotesi di mutamenti naturali, non pu� affermarsi che l'acqua sia 
creata, come bene economico, da tali fattori, trovando in questi elementi 
dinamici solo l'occasione per manifestare la sua originaria attitudine. 

Deve pertanto concludersi che, una volta accertata l'idoneit� di acque 

determinate a soddisfare pubblici interessi, il carattere demaniale di esse 

non pu� essere fatto dipendere dalla natura della causa immediata (natu


rale oppur no) che ha rivelato quella idoneit�. 

Con l'ultimo motivo i ricorrenti, denunciando violazione degli artt. 41, 

42 e 43 Cost. in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., deducono che l'inter


pretazione dell'art. 1 del t.u. del 1933 nel senso sopra indicato contrasta 

con le norme costituzionali che garantiscono l'iniziativa e la propriet� 

privata, dal momento che, attraverso essa, si perviene ad una espropria


zione o requisizione o trasferimento di impresa senza indennizzo. Non 

pu� infatti -secondo i ricorrenti -essere considerata come indennizzo 

(contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale Superiore) la previsione 

degli artt. 103 e 104 dello stesso t.u. circa la preferenza, da accordare 

allo scopritore, nella concessione per l'utilizzazione dell'acqua e circa il 

rimborso delle spese sostenute per la ricerca e l'attribuzione allo scopri


tore di un adeguato compenso nell'ipotesi che la concessione non venga 

effettuata a suo favore. 

La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 del t.u. sulle 

acque pubbliche, che, col motivo in esame, viene sollevata, � manifesta


mente infondata. 

Gli stessi ricorrenti precisano, nella memoria, che la pretesa espro


priazione ad opera della P.A. �non riguarda l'acqua, di cui non si � pro


prietari, ma le strutture destinate agli incessanti lavori di scavo e di 

convogliamento nonch� di estra;done, le quali non possono configurarsi 

altrimenti se non come beni aziendali .della impresa di estrazione�. E 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

invero l'accertamento della demanialit� delle acque, in quanto � dichiarativa 
dell'originaria appartenenza di esse allo Stato, non pu� configurarsi 
come un atto espropriativo. Ma l'art. 1 del t.u. in esame -del quale soltanto 
il Tribunale Superiore ha fatto applicazione -concerne esclusivamente 
l'accertamento della demanialit� delle acque, sicch� qualsiasi problema 
che si ponga al di fuori di tale accertamento (come quello sollevato 
dai ricorrenti in relazione alla propriet� delle attrezzature di estrazione, 
che � estraneo all'oggetto dell'opposizione all'iscrizione delle sorgenti Ficarazza 
e Acquanova nell'elenco delle acque pubbliche) non rientra nell'ambito 
dell'efficacia normativa di tale disposizione di legge e non pu�, 
pertanto, dare luogo ad una questione di legittimit� costituzionale della 
stessa. 

Ancl:J,e ammesso, pertanto, che le attrezzature in questione siano assolutamente 
necessarie per l'utilizzazione delle acque, l'accertamento della 
demanialit� di queste non coinvolge (n� pregiudica) il problema del diritto 
di propriet� sulle stesse attrezzature. -(Omissis). 


SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 20 dicembre 1974, n. 9733 -Pres. 
�Marmo -Rel. Lombardo -P. M. Sangiorgio (conf.) -Rie. Ver�ni 
Luigi. 

Antichit� e belle arti . Tutela del patrimonio archeologico � Danni � �osti� 

tuzione di parte civile del Ministero per i beni culturali e ambientali � 

Ammissibilit� � Tutela amministrativa. 

(art. 59, I. 1 giugno 1939, n. 1089). 

La previsione di una tutela amministrativa mediante la speciale procedura 
di liquidazione dei danni subiti dal patrimonio storico e archeologico, 
prevista dql precitato art. 59 della legge n. 1089 del� 1939, non � 
di ostacolo alla proposizione davanti al giudice ordinario dell'azione di 
risarcimento del danno (1). 

(Omissis). -In ordine al motivo (n. 1) che censura l'avvenuta ammissione 
della costituzione di parte civile del Presidente della Regione 

II sistema sanzionatorio nella tutela dei beni culturali e ambientali. 

(1) Nella decisione che si annota vi~ne anzitutto valutato criticamente 
l'assunto del ricorrente secondo cui nessun danno deriverebbe allo Stato dalla 
violazione delle norme contemplate dall'art. 59 1. 1 giugno 1939, n. 1089 sulla 
tutela delle cose di interesse artistico o storico, in quanto lo Stato gi� provvede 
alla tutela dei beni di interesse archeologico, storico ed artistico per mezzo 
dei suoi organi amministrativi e di quelli preposti all'esercizio dell'azione 
penale. 
Secondo la Corte, la tesi contrasterebbe con la stessa norma contenuta 
nel citato art. 59 in quanto detto articolo, oltre a prevedere sanzioni penali 
per il trasgressore, pone a carico di costui l'esecuzione di quei lavori ritenuti 
occorrenti per la riduzione in pristino e la riparazione dei danni, o, in mancanza, 
e cio� quando la riduzione in pristino non sia possibile, l'obbligo del 
pagamento allo Stato di una somma pari al valore della cosa perduta o alla 
diminuzione del valore subita dalla cosa in conseguenza della violazione di 
legge compiuta. 

Si tratterebbe -sempre secondo la Corte -di una obbligazione civile 
del trasgressore, cui corrisponderebbe un diritto soggettivo dello Stato alla 
prestazione dell'oggetto, che pu� essere fatto valere nel processo penale mediante 
costituzione di parte civile della stessa Amministrazione. 

Precisa ancora la Corte che � la previsione di una tutela amministrativa 
mediante la speciale procedura di liquidazione dei danni subiti dal patrimonio 
storico e archeologico, prevista dal precitato art. 59... non � di ostacolo alla 
proposizione davanti al giudice ordinario dell'azione di risarcimento del danno �, 



PARTE I,. SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 445 

siciliana quale organo decentrato del Ministero della P.I., la Corte osserva 
che il provvedimento che ammette o esclude la costituzione di parte 
civile non � impugnabile, ma il giudice conserva il potere di verificare 
l'esistenza del diritto sotto il profilo oggettivo e soggettivo e altres� l'esistenza 
della connessione materiale tra l'azione penale ed azione civile 
(artt. 100 e 190 c.p.p.) vedi in tal esenso da ult. massime (125.013-1~4.497). 

Rileva la Corte che sostanzialmente il ricorrente col motivo mira a 
far valere il difetto di legitimatio ad causam contro la condanna al risarcimento 
dei danni, eccezione che, peraltro, non ha fondamento. 

Invero assume il ricorrente che nessun danno deriverebbe allo Stato 
il quale gi� provvede alla tutela dei beni di interesse archeologico, storico 
ed artistico per mezzo dei suoi organi amministrativi e di quello preposti 
all'esercizio dell'azione penale. 

Tale tesi contrasta con la norma di cui all'art. 59 della legge 1� giugno 
1939, n. 1089 sulla tutela delle cose d'interesse artistico o storico. 
Essa, oltre a prevedere sanzioni penali per il trasgressore, pone a 
carico di costui l'esecuzione di quei lavori ritenuti occorrenti per la ripa-

Viene quindi fissata la esclusione del cumulo della tutela giurisdizionale ordinaria 
di cui all'art. 2, l. 20 marzo 1865, n. 2248; all. E, con l'autotutela amministrativa, 
nel senso che una volta accertato il fatto lesivo in sede giudiziaria, 
la determinazione del quantum debeatur non potrebbe poi avvenire anche in 
via amministrativa. 

Le considerazioni svolte dalla Corte sul punto suscitano alcune perplessit�, 
a superare le quali sembra necessario un breve approfondimento della materia, 
che costituisce uno dei numerosi aspetti -e non fra quelli di pi� agevole 
soluzione -.della tutela dei beni culturali (secondo la pi� moderna e acquisita 
accezione, sostitutiva della categoria dei beni di interesse artistico o storico). 

E poich� la tutela dei beni culturali non pu� ritenersi disgiunta da quella 
dei beni ambientali (accezione questa sostitutiva delle bellezze naturali e panoramiche), 
proprio da questi ultimi prenderemo le mosse, per poi tentare i 
possibili raffronti. � � 

Per consolidato insegnamento dottrinario e giurisprudenziale, la sanzione 
pecuniaria prevista dall'art. 15, l. 29 giugno 1939, n. 1497 sulla protezione delle 
bellezze panoramiche e naturali ha carattere amministrativo e non penale, con 
la conseguenza che l'impugnativa contro il provvedimento che la irroga va 
proposta innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa. 

Per le infrazioni alla legge per la tutela delle bellezze naturali la sanzione 
pecuniaria � alternativa rispetto all'ordine di demolizione delle opere e la scelta 
dipende esclusivamente da quello che il Ministro per i beni culturali e ambientali 
reputer� pi� opportuno nell'interesse della protezione di detti beni: nell;
operare tale scelta appare indubbio che ci si trovi di fronte alfa esplicazione 
di un potere discrezion�le, in funzione della valutazione di uno specifico interesse 
pubblico. 

Le sanzioni di carattere riparatorio (cosiddette, ma impropriamente, sanzioni 
civili), previste dall'art. 15, l. 1497/1939, integrano le sanzioni penali: esse 
vanno qualificate pi� propriamente come sanzioni amministrative con carattere 
alternativo, e cio� o una sanzione pecuniaria o la demolizione a spese dell'ina




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

446 

razione dei danni e la riduzione in pristino, o in mancanza, quando la 

riduzione in pristino non sia possibile, l'obbligo del pagamento allo Stato 

di una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione del 

valore subito dalla cosa in conseguenza della violazione di legge com


piuta. 

A tale ~bbligazione civile del trasgressore corrisponde un diritto sog


gettivo dello Stato alla prestazione dell'oggetto che pu� essere fatto 

valere nel processo penale mediante costituzione di p.c. (cfr. Cass., Sez. III, 

13 dicembre 1965, rie. Perrone in Giust. pen. 1966, II, 825). E con valuta


zione incensurabile delle risultanze probatorie il giudice di merito pro


nunziando la condanna generica al risarcimento dei danni, s'� limitato 

ad una mera declaratoria iuris di un fatto potenzialmente produttivo 

di conseguenze dannose. 

La previsione di una tutela amministrativa mediante la speciale pro


cedura di liquidazione dei danni subiti dal patrimonio storico e archeo


logico, prevista dal precitato art. 59 della legge n. 1089 del 1939, non � 

dempiente delle opere abusivamente eseguite (cfr. Grisolia, Voce Bellezze natu


rali, Enc. Dir. Giuffr� V, 90). 

Nella decisione, 24 ottobre 1972, n. 591 della Sezione VI del Consiglio di 

Stato (in Il �onsiglio di Stato, 1972, I, 1755) si ribadisce esplicitamente che la 

sanzione del pagamento della indennit� inflitta ai sensi dell'art. 15, quale 

� forma di repressione di un illecito avente efficacia privativa >>, ha natura 

amministrativa ed � nettamente distinta dalle sanzioni previste nel codice pe


nale e nelle altre leggi di natura penale; pertanto, poich� la garanzia del citta


dino prevista dall'art. 24 della Costituzione (diritto alla difesa) concerne unica


mente i procedimenti giurisdizionali, � manifestamente infondata l'eccezione 

di illegittimit� costituzionale dell'art. 15 citato sotto il profilo dell'art. 24 della 

Costituzione. 

Infatti, trattandosi di sanzioni amministrative irrogate nell'ambito di un 

procedimento amministrativo, contro di esse il cittadino ben pu� tutelarsi me


diante la proposizione dei rimedi giuridici previsti dall'ordinamento. 

Invero, il provvedimento ministeriale con il quale viene ordinato, ai sensi 

dell'art. 15, il pagamento di una somma di danaro quale sanzione per il danno 

recato alle bellezze naturali di una localit� implica un apprezzamento necessa


riamente discrezionale, quantomeno in ordine alla effettiva ricorrenza di circo


stanze turbative della bellezza naturale vincolata, alla imputabilit� di tale tur


bativa al soggetto destinatario del vincolo, alla possibilit� di un ripristino, alla 

convenienza di un indennizzo o risarcimento, nonch�, da ultimo, ai criteri di 

determinazione quantitativa dell'indennizzo in relazione alla valutazione del 

danno inferto alla bellezza naturale che l'interesse pubblico voleva incontami


nata: valutazioni queste di carattere squisitamente discrezionale, le cui relative 

controversie rientrano per l'appunto nella giurisdizione -amministrativa (cfr. 

Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 novembre 1972, n. 1034 in Il Consiglio di Stato 

1972, I, 1947). 

L'ampiezza della sfera di discrezionalit� riservata all'Amministrazione in 
subiecta materia trova ulteriore conferma nella decisione della Sez. VI del 
�Consiglio di Stato n. 888 del 22 novembre 1966 (in Foro Amministrativo 1966, 
I, 2, 1929), con la quale sono stati ritenuti inammissibili -in quanto attinenti 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 447 

di ostacolo alla proposizione davanti al giudice ordinario dell'azione di 
risarcimento del danno. Al riguardo sembra opportuno puntualizzare che 
nelle conclusioni presentate dal rappresentante della p.c. al dibattimento 
di primo grado, l'avvocato dello Stato chiese esplicitamente la liquidazione 
del danno da risarcire in separata sede; il che esclude il cumulo 
della tutela giurisdizionale ordinaria di cui all'art. 2, 1. 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. 2, con l'autotutela amministrativa che, peraltro, sotto il 
profilo di una eventuale questione di illegittimit� costituzionale, potrebbe 
far sorgere serie perplessit�, demandando l'art. 59 suddetto alla P.A. 
quale parte offesa di stabilire � insindacabilmente e in modo irrevocabile � 
la somma dovuta dal trasgressore a titolo di risarcimento danni. Chiarito 
quanto sopra, ovviamente non regge l'argomento avanzato dall'Avvocatura 
di Stato che la determinazione del quantum debeatur, una volta 
accertato il fatto lesivo in sede giudiziaria, potrebbe poi avvenire in 
seguito anche in via amministrativa. 
Passando all'esame delle questioni di illegittimit� costituzionale, gi� 
dichiarate manifestamente infondate dai giudici di merito e riproposte 

al merito -i motivi del ricorso giurisdizionale diretto contro il provvedimento 
sanzionaforio previsto dall'art. 15 per violazione degli obblighi imposti dal vincolo 
di bellezza naturale, motivi con i quali si pretendeva sostenere che le 
opere realizzate erano inidonee ad arrecare un danno estetico alla zona vincolata. 


Cos� chiarito l'ambito di applicazione dell'art. 15, esso andr� quindi correlato 
alle sanzioni comminate dal codice penale. 

Per la sussistenza degli estremi del reato previsto dall'art. 734 c.p. � necessaria 
la preesistenza dell'atto amministrativo ed � sufficiente che l'immobile 
sia incluso negli elenchi di cui all'art. 3, I. 1497/1939, approvati dal Ministro 
per i beni culturali e per l'ambiente (cfr. Cass., Sez. III, 5 dicembre 1968, Bucci, 
in Giust. Pen. 1969, II, 838; Cass. Pen. Mass. 1969, 1483; Cass. 3 febbraio 1%8, 
Fittabile, ivi, 1968, 340): ci� sta a significare che la disposizione dell'art. 734 c.p. 
ha carattere meramente sanzionatorio, perch� essa non stabilisce direttamente 
l'obbligo giuridico del soggetto di non distruggere o alterare le bellezze naturali, 
ma fornisce soltanto la sanzione penale per la violazione di tale obbligo, 
imposto dall'Autorit� Amministrativa in base alla legge 29 giugno 1939, n. 1497; 
in virt� di tale legge � proprio e solo l'Autorit� Amministrativa (Ministro per 
i beni culturali e per l'ambiente) che notifica ai privati proprietari, possessori 

o detentori a qualsiasi titolo (art. 3) che le cose loro appartenenti sono state 
sottoposte a vincolo in quanto ritenute di notevole interesse pubblico (art. 1). 
L'art. 734 costituisce dunque una norma penale in bianco in quanto, per 
la sua applicabilit�, presuppone l'atto amministrativo di riconoscimento dell'immobile 
come bellezza della natura e come tale meritevole di speciale protezione 
giuridica (cfr. in dottrina Manzini, Trattato di diritto penale, X, Torino, 
1952, 1031; Cantucci, La tutela giuridica delle cose di interesse artistico o storico, 
Padova, 1953, 332; Grisolia, voce Bellezze naturali in Enc. Dir. Giuffr� V, 91). 

Per la concreta applicabilit� dell'art. 734 c.p. si rende necessaria o la 
distruzione o la alterazione, quest'ultima poi non necessariamente grave posto 
che, allorquando il mezzo impiegato cagioni l'evento indicato nella norma, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

448 

in modo pi� approfondito, in questa sede, la Corte osserva che ragioni 
di opportunit� consigliano di procedere ad una trattazione globale delle 
stesse questioni di legittimit� costituzionale, come sopra rias.sunte nella 
parte relativa allo svolgimento del processo. 

In effetti le censure del ricorrente si riducono a lamentare il VIZIO 
d'incostituzionalit� dell'art. 2-bis della I. 28 settembre 1966, n. 749, sia 
pure sotto diversi profili. 

Da parte del ricorrente si assume in primo luogo che la norma 
denunciata sarebbe costituzionalmente illegittima per essere in contrasto 
con gli artt. 20 e 14, lett. n), dello Statuto siciliano che conferiscono 
alla Regione i poteri legislativo ed amministrativo in materia di tutela 
del paesaggio, conservazione delle antichit� e delle opere artistiche. Rileva 
la Corte in proposito che, in sede di conflitto di attribuzioni sollevato 
dalla Regione siciliana nei confronti della Presidenza del Consiglio 
dei Ministri, la Corte costituzionale con sentenza dell'll aprile 1969, n. 74, 
pur riconoscendo che la Regione siciliana ha, per l'art. 14, lett. n), dello 
Statuto, speciale competenza legislativa esclusiva in materia di �tutela 
del paesaggio � e di � conservazione delle antichit� e delle opere arti-

nulla importa che la visione della bellezza naturale sia pi� o meno sensibilmente 
alterata. 

Valterazione -sulla quale giover� indugiare brevemente, poich� la � distruzione
� non comporta una grossa problematica essendo intuitivamente di 
ben pi� agevole indagine -ricorre principalmente (se non esclusivamente) 
proprio quando il godimento estetico viene ad essere limitato; in particolare, 
il reato pu� sussistere �nche per il solo fatto della alterazione dell'equilibrio 
fra natura e area coperta, cio� edificata, e il danno si verifica anche quando 
l'opera pu� essere rimossa e la bellezza ripristinata, e cio� in quanto pu� 
escludersi alterazione, e quindi danno, solo quando la alterazione stessa si 
risolva in un fatto decisamente momentaneo o, comunque, di una durata tale 
da non nuocere sensibilmente all'interesse tutelato. 

La contravvenzione di cui all'art. 734 in esame ha natura di reato di danno; 
pertanto, ai fini della sussistenza dello stesso non � sufficiente n� la esecuzione 
di opere senza l'autorizzazione del Soprintendente, n� la semplice alterazione 
momentanea dello stato delle cose soggette a vincolo: occorre che tale alterazione 
abbia determinato distruzione o deturpamento della bellezza naturale, 
ed � al giudice penale che spetta l'obbligo di accertare se sussista in concreto 
la� distruzione o il deturpamento della bellezza naturale. 

Il. reato di cui all'art. 734 c.p. esige, infatti, fra gli altri elementi costitutivi 
l'evento (la dichiarazione della autorit� che sottopone a vincolo determinati 
luoghi costituisce un �presupposto>>, non un �elemento essenziale� del reato), 
che si sostanzia nella distruzione o nella alterazione reale ed effettiva della 
bellezza naturale del luogo soggetto a vincolo; si impone, pertanto, il preciso 
obbligo per il giudice di accertare in concreto la sussistenza o meno di siffatto 
evento, che deve essere di danno e non di mero pericolo (cfr. Cass. 20 febbraio 
1960 in Giust. Pen. 1962, II, 559). 

In relazione alle modalit� e al comportamento del trasgressore, nonch� 
alle conseguenze dannose, il reato di cui all'art. 734 c.p. � un reato commissivo, 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

.o 

,u.\
e 
11iP.


stiche �, ha tuttavia escluso che attualmente si siano realizzate le condizioni 
per l'esercizio di tale competenza in quanto la norma statutaria 
.on contiene una puntuale precisazione della sfera delle attribuzioni 

'egionali. 

Invero secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato 
�lella Corte costituzionale il passaggio dei poteri amministrativi dello 
\to alla Regione, nelle materie di competenza esclusiva di quest'ultima, 
\avviene automaticamente per effetto della entrata in vigore dello 
\ito, ma soltan'to dopo che siano state emanate le apposite norme 
~uazione. Tali norme sono espressamente previste dalla VIII Dispo.'
f transitoria della Costituzione che si applica a tutte le regioni, 
\~to ordinario o speciale. Ci� � stato chiarito dalla Corte costitu. 
con la sentenza 18 maggio 1959, n. 30. Al riguardo essa rileva 
porme di semplici regolamenti (amministrativi) sia per la loro 
\ sia per la forma rivestita, n� sono di mera esecuzione degli 
\>ich� costituiscono atti con carattere e veste legislativa, e quindi 
'�>re di legge; si pongono su un piano diverso e superiore rispetto 
'~a emanare nelle materie da essa regolate, ma non per questo 

\ttere di legge costituzionale . 

.,___ 

\iona nel momento in cui sono state compiute le demolizioni, 
~!tre opere, quando cio� � cessata l'attivit� che la legge proibisce; 
�:peo nell'ipotesi di distruzione di bellezze naturali; � invece reato 

\effetti permanenti nell'ipotesi di alterazione. 

\ natura del giudizio tecnico dell'organo amministrativo e alla 
'~r il giudice penale, la Corte di Cassazione, con la decisione 
l (Basile, in Giurisprudenza lt. 1969, II, 577) ha stabilito che, 
)lsabilit� penale ex art. 734 c.p., il giudizio tecnico del Soprin\
rnenti circa il deturpamento delle bellezze naturali non � 
\udice il quale, sulla base degli accertamenti svolti nel proce~
sprirnere un. diverso giudizio, che � censurabile in Cassa~
rofilo della mancanza di motivazione o della motivazione 
ko-giuridici, ma nan per quanto attiene alla discrezionalit� 
"'tanto il giudice penale pu� escludere l'elerntmto del danno 
'~ssere vincolato dall'accertamento della Soprintendenza 

ando che il reato in esame � -come si � detto -reato 
\e citata ha suscitato non poche perplessit� sulle conset>
ossibilit� che il giudic� penale esprima un giudizio 
-~tto a quello della Amministrazione: se, infatti, a que\'
ultirna � r~servato il riconoscimento della bellezza 
'1:0 luogo, ad essa e solo ad essa dovrebbero essere 
\;ioni concrete che, ad integrazione di quell'iniziale 
'~tabilire caso per caso quali azioni vanno impedite 
\a bellezza naturale (cfr. al riguardo I Giudizi di 
~oso dello Stato anni 1966-1970 -A.G.S. -Poligrafico 

\g.). 
.ento della questione potr� forse contribuire a 
o,sistenza delle due pronunzie (dell'Autorit� Aromi



450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Gi� in precedenza la questione specifica sottoposta all'esame di questo 
450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Gi� in precedenza la questione specifica sottoposta all'esame di questo 
Supremo Collegio ha formato oggetto di altra decisione della Corte costituzionale 
(sentenza 16 dicembre 1959, n. 65) con riferimento allo Statuto 
siciliano in cui ebbe ad escludere che potesse ritenersi realizzato il trasferimento 
dei poteri dello Stato alla Regione in materia di pubblica istruzione. 


Essa, infatti, osserv� che �in materia di protezione delle bellezze 
naturali non essendo intervenute norme di attuazione delle disposizioni 
statutarie (art. 14, lett. n), e 20 st.si.) il Ministro per la P.I. ha la potest� 
di emanare i provvedimenti previsti dalla 1. 29 giugno 1939, n. 1497, anche 
nel territorio della Regione siciliana; detto potere rimar.r� al Ministro 
per la P.I. fino a quando non vi sia il trasferimento con il procedimento 
stabilito dall'art. 43 st.si. o in altra guisa giuridicamente efficace, d'intesa 
con la Regione siciliana �. E tale indirizzo la stessa Corte lo ha ribadito, 
di recente, con la sentenza dell'll maggio 1971, n. 94, dichiarando manifestamente 
infondata -in riferimento all'art. 14, lett. n), dello st. si. la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2-bis, 1. 28 settembre 1966, 

n. 749, sollevata dal Pretore di Agrigento -secondo il quale la norma 
violerebbe l'art. 14 precitato in materia di conservazione delle antichit� 
e delle opere artistiche, provvedendo a dichiarare la Valle dei Templi 
nistrativa e del Giudice Penale) e offrir� spunti per l'indagine da cui siamo 
partiti. 

In effetti la difformit� di valutazione fra il giudice penale e l'organo amministrativo 
determina sostanzialmente la coesistenza di due provvedimenti logicamente 
contrastanti: ad esempio, da un lato la sentenza di proscioglimento 
emessa in sede penale, dall'altro il provvedimento ex art. 15 con il quale il 
Ministro dei beni culturali ingiunge di demolire l'opera abusivamente eseguita 
(e se il trasgressore non demolisce nei termini, il Ministro pu� procedere d'ufficio 
ai S(!nsi del secondo comma dell'art. 15) o di pagare una indennit� equivalente 
alla maggior somma fra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante 
la commessa trasgressione. 

La coesistenza dei due provvedimenti � ammessa come possibilit� dallo 
stesso art. 15, il quale dispone per l'appunto che la sanzione pu� essere inflitta 
� indipendentemente � dalle sanzioni comminate dal codice penale. 

Che si possa parlare di contrasto logico fra due pronunzie e che esso 
costituisca certo un inconveniente del sistema � fuori discussione (cfr. ad� es. 
in dottrina BAROSIO, Distruzione o deturpamento di bellezze naturali: discrezionalit� 
del giudice nella valutazione dell'elemento materiale, in Giur. It. 1969, II, 
577); tali considerazioni, peraltro, non possono indurre a ritenere possibile una 
dipendenza del giudice penale dal provvedimento amministrativo, e ci� in quanto 
il processo penale � dominato dai noti principi della ricerca della verit� reale, 
della subordinazione del giudice solo alla legge (e non ad un provvedimento 
amministrativo), della garanzia del contraddittorio e, non ultimo, del� diritto 
della difesa: e abbiamo gi� visto che il Consiglio di Stato ha ritenuto manifestamente 
infondata l'eccezione di illegittimit� costituzionale dell'art. 15 in relazione 
all'art. 24 della Costituzione, proprio perch� contro la sanzione � amministrativa
� esistono i rimedi giurisdizionali specifici, e ci� in quanto la sanzione 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 451 

di Agrigento zona archeologica di interesse nazionale in quanto nell'ordinanza 
di rinvio non erano stati addotti nuovi motivi rispetto a 
quelli ritenuti infondati con la sopra cennata sentenza 11 aprile 1969, 

n. 74. 
Pu� dirsi pacifico, quindi, allo stato attuale della legislazione, di 
fronte al ripetuto esame del problema da parte della Corte costituzionale, 
che nel settore di cui trattasi alcun trasferimento dei poteri dello 
Stato � stato operato. 

Ed � significativo che il Presidente della Regione siciliana, costituendosi 
parte civile nel procedimento penale� a carico di Vermi Luigi, � 
intervenuto quale organo decentrato dello Stato, cio�, in termini pi� 
precisi, dell'Amministrazione della Pubblica Istruzione, respingendo quanto 
enunciato dal ricorrente nelle proprie deduzioni. 

Difatti, egli esercita in virt� del d.l.c.p.s. n. 567 del 1947 di decentramento 
burocratico dello Stato, le attribuzioni� del Ministero per la P.I. 
in materia di tutela del paesaggio e delle cose di interesse storico e artistico 
in Sicilia (in tale senso Corte cost., 7 luglio 1962, n. 83 e Cons. di 
Stato, Sez. VI, 29 novembre 1961, n. 1024), cio� i poteri gi� spettanti 

amministrativa pu� ben coesistere insieme e indipendentemente dalla sanzione . 
penale. 

Ma se il giudice penale non � vincolato all'acceFtamento della Soprintendenza 
circa la sussistenza del danno al paesaggio (cfr. Cass., Sez. VI, 22 giugno 
1968, P.M. c. Russo, in Cass. pen. Mass. 1969, 1483, n. 2274; Sez. VI, 28 novembre 
1968 P. M. c. Basile, in Riv. Pen. 1969, II, 585; Giur. It. 1969, II, 577 gi� 
citata), non altrettanto pu� dirsi libera l'autorit� amministrativa rispetto all'accertamento 
operato in sede penale, nel senso cio� che anche il Soprintendente 
dovr� ritenersi vincolato all'accertamento del giudice penale che abbia escluso 
non solo l'effetto dannoso (alterazione o distruzione della bellezza naturale) 
ma anche il fatto nella sua materialit�. 

Al di fuori di detta ipotesi, invece, la sussistenza degli estremi della sanzione 
amministrativa sembra senz'altro possibile anche in presenza di una 
sentenza assolutoria in sede penale, che abbia in ipotesi escluso solo l'elemento 
psicologico o l'evento dannoso e non il fatto della modificazione dello stato 
di un luogo soggetto a vincolo panoramico senza la prescritta autorizzazione 
della Soprintendenza: in tali ipotesi, infatti, non operer� la previsione di cui 
all'art. 734 c.p. con le conseguenti sanzioni, ma ben potr� e dovr� ritener�i 
operante il disposto di cui all'art. 15 della legge 1497. 

Da tali considerazioni scaturisce l'ulteriore conseguenza che la Soprintendenza, 
chiamata a valutare preventivamente se procedere all'inoltro del rapporto 
alla Autorit� Giudiziaria ai sensi dell'art. 2 c.p.p. o infliggere la semplice 
sanzione amministrativa -in relazione al prudente accertamento della situa. 
zione concreta e particolarmente in ordine all'evento dannoso, in ipotesi non 
ricorrente -ben� potr� limitarsi ad adottare la misura della sanzione, salva 
beninteso rimanendo una diversa valutazione del fatto da parte del giudice 
penale, qualora il medesimo ne venga per altra via investito. 

Concludendo questa prima parte dell'indagine, quando i privati effettuano 

in zone vincolate lavori che danneggiano il paesaggio, non vi � dubbio che 

agli stessi possano essere applicate le sanzioni previste sia dalla legge 1497/1939 



452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

all'Alto Commissario per la Sicilia, istituito con decreto luogotenenziale 
25 giugno 1944. 

Posto ci�, ne deriva, cos� come ha statuito la Corte costituzionale 
(da ultimo nella precitata decisione dell'll maggio 1971, n. 94, Ferlisi) 
che � manifestamente infondata la qu�stione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 2-bis, 1. 28 settembre 1966, n. 749 (che converte in legge, 
con modificazioni, il d.l. 30 luglio 1966, n. 590, recante provvedimenti a 
favore della citt� di Agrigento, in conseguenza del movimento franoso 
verificatosi il 19 luglio 1966) secondo cui la Valle dei Templi di Agrigento 
� dichiarata zona archeologica di interesse nazionale, restando affidata 
ad un decreto, da emanarsi dal Ministro per la P.I., di concerto con 
quello per i lavori pubblici, la determinazione del perimetro della zona, 
delle prescrizioni d'uso e dei vincoli di inedificabilit�. 

Ed in virt� della delega legislativa i predetti Ministri ebbero ad 
emanare il d.m. 16 maggio 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della 
Repubblica Italiana n. 131 del 24 maggio successivo, previa accurate 
indagini della Commissione costituita con decreto del Ministro dei Lavori 

che dall'art. 734 c.p. Qualora, poi, la Soprintendenza segnali all'Autorit� Giudiziaria 
le infrazioni che, a suo parere discrezionale, hanno comportato distruzione 
o deturpamento del paesaggio, non pu� ritenersi precluso al Giudice 
Penale di giudicare -contrariamente all'organo amministrativo -che nella 
concreta fattispecie non sussista penale responsabilit� (si pensi all'esclusione 
dell'elemento psicologico, basato sulla falsa presupposizi�ne della esistenza 
della autorizzazione). 

Al limite, non potrebbe neppure escludersi che, pur in presenza del nulla 
osta della Soprintendenza, e quindi in difetto di rapporto della medesima 
all'Autorit� Giudiziaria, il giudice penale -che abbia avuto comunque notizia 
di un fatto che costituisca distruzione o deturpamento di belleza naturale pronunci 
sentenza di condanna a carico del trasgressore, in assoluto difetto 
quindi di ogni valutazione dell'organo amministrativo in merito al fatto concreto 
e sul solo presupposto (necessario -come gi� detto -ai fini della 
configurabilit� del reato ex art. 734 c.p.) della esistenza del provvedimento di 
vincolo: tale ipotesi peraltro appare decisamente difficile a realizzarsi, e sembra 
limitata ai casi in cui il privato sia riuscito ad ottenere fraudolentemente il 
nulla osta. 


Anche l'ultima fattispecie ipotizzata altro non � che una ulteriore conferma 
della enucleata possibilit� di coesistenza delle due diverse valutazioni. 

Che il legislatore abbia voluto escludere la pregiudizialit� fra l'accertamento 
compiuto dall'Amministrazione nell'atto amministrativo e quello compiuto 
dal giudice nell'atto giurisdizionale si desume, del resto, proprio dal pi� 
volte citato art. 15, il quale conferisce alla Pubblica Amministrazione la facolt� 
di disporre la demolizione o il pagamento di una indennit� indipendentemente 
dalle sanzioni del codice penale. 

� dunque lo stesso legislatore a dichiarare la sussistenza di una diarchia, 
amministrativa e giudiziaria, con previsione di autonome facolt� e autonomi 
poteri (cfr. la gi� citata decisione della Cassazione 28 novembre 1968). 

Sembra cos� potersi affermare che per le ipotesi per le quali, tratt�ndosi 

di semplici infrazioni amministrative, non possa ritenersi sussistente, secondo 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 453 
Pubblici, 3 agosto 1966, n. 12795 � con il compito di effettuare indagini, 
PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 453 
Pubblici, 3 agosto 1966, n. 12795 � con il compito di effettuare indagini, 
in dipendenza del movimento' franoso verificatosi nell'abitato di Agri


gento il 19 luglio 1966, in merito alla situazione urbanistico-edilizia della 

predetta citt� e di avanzare concrete proposte in' ordine ai provvedimenti 

da adottare �. 

Va rilevato, poi, che nella normativa dello Stato sulla �Tutela delle 

cose di interesse artistico e storico� di cui alla legge 1� giugno 1939, 

n. 1089, la �conservazione� di queste, cio� la sola materia attribuita 
nello Statuto alla Regione siciliana, forma oggetto, unicamente, di una 
parte delle disposizioni, cio� quelle di cui al capo Il, mentre i capi successivi 
della predetta legge riguardano l'alienazione gli altri modi di 
trasmissione delle cose, l'esportazione e l'importazione, i ritrovamenti e 
le scoperte, le riproduzioni e il godimento pubblico e, infine, le sanzioni. 
Pertanto non si pu� non convenire che la conservazione � delle cose 
artistiche e storiche � solo un aspetto della loro tutela �. Ne deriva 
dunque �la necessit� che siano precisati i limiti della competenza regio-

i criteri tecnici e le valutazioni discrezionali dell'organo amministrativo pre


posto, n� la alterazione n� tantomeno la distruzione della bellezza naturale 

vincolata, non sussista neppure alcun obbligo di rapporto all'Autorit� Giu


diziaria. 

Altrettanto fondatamente sembra potersi affermare che sussiste senz'altro 
la possibilit� che venga applicata la sanzione alternativa minore del pagamento 
della indennit� prevista dall'art. 15, 1. 1497/ 1939 in dette ipotesi, posto che tale 
. indennit� ha natura esclusivamente amministrativa e non penale e che per 
essa -ripetesi -l'ordinamento contempla specifici mezzi di impugnativa da 
proporsi innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa (cfr. Cass. 

SS.UU., 14 giugno 1971, n. 1824, in Foro It. 1971, I, 1857). 

Il giudizio sulla scelta fra la possibilit� di infliggere una sanzione pecu


niaria o di ordinare la demolizione dell'opera � del tutto insindacabile. in 

quanto impinge nel merito della valutazione; per la legittimit� del provvedi


mento adottato, nell'uno o nell'altro senso, � sufficiente che da esso risulti che 

la possibilit� di scelta � stata tenuta presente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 lu


glio 1968 n. 447, in Il Consiglio di Stato 1968, I, 1165; La Settimana Giuridica 

1968, I, 408; Foro Amm. 1968, I, 2, 947). 

Dopo aver tentato di chiarire i rapporti fra l'art .15, 1. 1497 e l'art. 734 c.p., 

vediamo brevemente quali rapporti intercorrano fra l'art. 59, 1. 1 giugno 1939, 

n. 1089 e l'art. 733 c.p. 
Giover� anzitutto premettere che� il reato contemplato nell'art. 733 c.p. 
non si pone affatto in un rapporto di genere a specie rispetto a quello di 
cui all'art. 59 legge speciale, ostandovi sostanziali diversit� sotto il profilo dell'elemento 
psicologico, dell'oggetto, dei presupposti, delle condizioni obiettive 
di punibilit�, nonch�, infine, della condotta (cfr. in dottrina, fusius, Grisolia, 
La Tutela delle Cose d'Arte, Soc. Ed. Foro It., Roma 1952, 424 e segg.; Caramazza, 
In tema di repressione penale dei danneggiamenti recati al patrimonio 
sotrico, artistico ed archeologico nazionale, in R.A.S. 1966, I, 744 e segg.). 

L'art. 59 della legge speciale non richiede affatto come condizione necessaria 
il danneggiamento, ma si limita ben pi� semplicemente a colpire la non 

11 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

454 

nale, anche in riferimento al suo oggetto, e che sia stabilit�> un coordi� 
namento della funzione di conservazione, attribuita alla Regione, con le 
altre forme di tutela delle cose artistiche e storiche, prevista dalla legislazione 
dello Stato� (vedi sent. n. 74!69 Corte cost.). 

Giova ricordare che questa Suprema Corte, con sentenza n. 1475172 
(ud. 12 ottobre 1972) rie. Riccioli ed altri, ha riaffermato il principio 
enunciato nella decisione 26 gennaio 1952 (Commissario dello Stato -Presidente 
della Regione Siciliana) dell'Alta Corte Siciliana per cui le leggi 
della Repubblica hanno immediata efficacia in tutto il territorio dello 
Stato, compreso la Sicilia, pure nei casi in cui la potest� legislativa sia 
attribuita in modo esclusivo alla Regione, senza che occorra una legge 
regionale, cos� detta di ricezione. 

Il Supremo Collegio nella menzionata pronunzia ha altres� sottoli~ 
neato che �il legislatore regionale � vincolato, anche nelle materie che 
lo Statuto per la Regione siciliana attribuisce alla competenza legislativa 
esclusiva della Regione medesima, al rispetto delle norme costituzionali 

osservanza degli obblighi dalla stessa legge speciale contemplati (preventiva 
autorizzazione, approvazione, etc.); inoltre esso punisce chiunque incorra nelle 
violazioni dal medesimo contemplate, e non i soli proprietari (si ricordi che 
al danneggiamento di cose altrui in sede di tutela penale generale trova comunque 
applicazione non il 733 c.p. ma il 635 dello stesso codice, che contempla 
fra l'altro una ipotesi di delitto e non di contravvenzione, quindi una 
ipotesi pi� grave del 733). 

Mentre l'art. 734 c.p. costituisce una integrazione, in ultima analisi, delle 
sanzioni di tipo diverso, previste dall'art. 15, 1. 1497, pur con le particolari 
caratteristiche e qualificazioni sopra evidenziate, l'art. 733 c.p. non si ricollega 
affatto esplicitamente alla normativa speciale, non � una norma penale in 
bianco, ma configura direttamente ed espressamente la fattispecie legale sanzionata, 
caratterizzandosi cos� con una duplice funzione (costitutiva e sanzionatoria) 
in relazione al divieto imposto. 

L'esclusione di un diretto collegamento con !a normativa speciale comporta 
anzitutto una indubbia, maggiore ampiezza della sfera di applicazione 
dell'art. 733: esso invero pu� (e deve) essere utilizzato anche �a fini di tutela 
diretta e immediata di opere d'arte contemporanea, intesa quest'ultima accezione 
nel senso di opere non contemplate dall'art. 1, ultimo comma, 1. 1089, 
bastando allo scopo da un Iato che l'opera danneggiata sia di propriet� dell'autore 
del danno e dall'altro che al proprietario sia noto il rilevante pregio 
dell'opera (e, come esattamente rileva il Grisolia nella voce Arte Enc. Dir. 
II, 110 e segg., l'art. 733 � introduce nel campo della tutela pubblica il criterio 
della notoriet� dell'interesse artistico o storico del bene protetto, criterio che 
non trova riscontro nella legge speciale n. 1089 �). 

Quando il reato ex art. 733 si sia verificato nei suoi presupposti soggettivi 

e oggettivi, l'avvenuto danneggiamento sia stato in effetti accertato, e benin


teso non si tratti di opera d'arte contemporanea (nel senso chiarito test�) e 

non sia stata ordinata la confisca contemplata dal secondo comma dell'art. 733, 

appare indubbia la applicabilit� anche dell'art. 59 legge speciale (si ricordi, a 

tale proposito che il primo comma dell'art. 59 in esame, ai sensi dell'art. 16 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 455 

e dei princ1p1 dell'ordinamento giuridico dello Stato�, in conformit� di 
quanto sancito dalla Corte cost. con la sent. n. 13 del 2 marzo 1962. 

Incontestabilmente l'interesse nazionale alla protezione della zona 
archeologica della Valle dei Templi � gi� riconosciuto -Protezione delle 
bellezze panoramiche naturali -dall'art. 70 del Regofamento edilizio 
del Comune di Agrigento, approvato con decreto n. 4261 del 18 marzo 1958 
dell'Assessore regionale ai Lavori pubblici il cui testo integrale � contenuto 
nella relazione al Ministro dei LL.PP. del tempo, on. Giacomo Mancini, 
della Commissione di indagine sulla situazione urbanistico-edilizia 
di Agrigento, presentata 1'8 ottobre 1966 (comunemente denominata �relazione 
Martuscelli �, prendendo nome dal Presidente della Commissione 
stessa dr. Michele Martuscelli, direttore generale dell'Urbanistica). 

Detta norma subordina alle autorizzazioni del Ministero della P.I. su 
parere favorevole della Soprintendenza ai Monumenti del Sindaco del 
Comune -su conforme parere della Commissione edilizia -tra l'altro 
�i lavori all'interno e all'esterno dei fabbricati e ville di speciale pregio 
artistico che ne modifichino la disposizione di parti di essi e ne alterino 
la forma, le linee architettoniche e le parti ornamentali, quali nuove 

della legge lo marzo 1975, n. 44, concernente misure intese alla protezione del 
patrimonio archeologico, artistico e storico nazionale, � del seguente testuale 
tenore: �Chiunque trasgredisca le disposizioni contenute negli artt. 11, 12, 13, 
18, 19, 20 e 21 della presente legge � punito con l'arresto da sei mesi ad un 
anno e con l'ammenda da L. 750.000 a L. 37.500.000 �: con tale riforma � stata 
solo in parte, quantomeno sotto il profilo della gravit� delle sanzioni, sanata 
la � notevole discordanza � che aveva rilevato, fin dal 1952, il Grisol�a, op. cit. 
1952, 430 in nota, fra l'art. 59 della legge speciale e l'art. 733 c.p. laddove, configurandosi 
il reato previsto dall'art. 59 come delitto, veniva ritenuto il danneggiamento 
compiuto meno dannoso della mancata autorizzazione ed approvazione: 
attualmente permane la distinzione sotto il profilo quantitativo della 
misura massima e minima delle pene, ma i reati sono unificati entrambi nella 
categoria contravvenzionale; inoltre, la nuova e ben pi� intensa forza cogente 
dell'art. 59 legge speciale si porr� senz'altro quale sicuro -sia pure indiretto deterrente 
anche in relazione al reato di cui all'art. 733 c.p.: ed � questo l'auspicio 
di tutti coloro che hanno a cuore le sorti del nostro patrimonio culturale). 

Passiamo ad un altro aspetto che pure ha formato specifico oggetto di 

indagine nella decisione che si annota: quello, cio�, del coordinamento fra 

la tutela ordinaria giurisdizionale ex art. 2, I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E e 

l'autotutela amministrativa. 

� questo il terzo problema di coordinamento che ci si pone e che sostan


zialmente si identifi~a nel coordinamento fra l'art. 59 legge speciale da un lato 

e i mezzi a disposizione anche della pubblica amministrazione per l'azione 

ordinaria di risarcimento dall'altro. 

Esaminiamo l'art. 59, I. 1089/1939. 

Fermo restando che il primo comma di detto articolo pu� e deve essere 

applicato solo dal giudice penale con le garanzie del processo, il secondo comma 

sembra, invece, aprire la strada alla determinazione, a mezzo degli strumenti 

di autotutela amministrativa, delle modalit� � riparatorie o risarcitorie ,, con 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

456 

costruzioni, sopraelevazioni, chiusure e spostamenti di vani, variazioni 
di cornici e di altre membrature architettoniche, nuove tinteggiature e 
simile, avuto anche riguardo all'interesse riflesso nei rapporti di prossimi 
edifici monumentali e del paesaggio �. 

Come risulta dalla �relazione Martuscelli (Appendice p. XIV)� sin dal 
28 dicembre 1964 il Ministero della P.I. invit� il Presidente della Regione 
� a convalidare il vincolo apposto con d.m. 12 giugno 1957 �, con decreto 
controfirmato dall'Assessore al Turismo, e di tener conto del deliberato 

' della Commissione Provinciale in -data 8 gennaio 1964, mostrandosi �vivamente 
preoccupato della situazione denunziata anche dalla �stampa, che 
si va creando in Agrigento, in seguito a sorgere di iniziative edilizie che ' 
determinano grave, irreparabile pregiudizio all'interesse paesistico e archeologico
�, tanto pi� che lo stesso Ministero della P.I. con nota 1051 
in data 20 febbraio 1964 aveva impartito al Presidente della Regione siciliana 
le direttive in materia di tutela artistica e paesistica (vedi Appendice 
� Rei. M. � p. XII). 
Anche tali precedenti suffragano la legittimit� dell'intervento dello 
Stato per la finalit� di tutelare la zona archeologica nell'interesse nazionale 
contro l'insorgenza di costruzioni abusive insediatesi nell'area vin


l'avverbio � inoltre � (Il trasgressore � tenuto inoltre ad eseguire quei lavori 
che il Ministro ... etc.�). 

Come rettamente si rileva in sentenza, il giudice di merito pronunziando 
(in sede penale) la � condanna generica al risarcimento dei danni si � limitato 
ad una mera declaratoria iuris di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze 
dannose �. 

Peraltro, se la norma speciale rimette all'Amministrazione la determinazione 
dei lavori necessari per � riparare ai danni � prodotti dal responsabile 
alla cosa, non per questo sembra doversi escludere la possibilit� per l'Amministrazione 
stessa di ricorrere anche all'A.G.O. in sede civile, sia pure al solo 
limitato scopo di determinare concretamente la misura e l'entit� dei danni: 
da un lato, infatti, vi sono i danni che devono essere riparati, dall'altro i lavori 
destinati a riparare quei danni; e se � l'Amministrazione a determinare questi 
ultimi, ben pu� invece l'Amministrazione voler rimettere la determinazione 
dei primi al giudice ordinario civile: l'art. 59 non preclude affatto tale possibilit�. 


Se rileggiamo ora il secondo comma dell'art. 59, noteremo l'esattezza della 
distinzione: sono solo i lavori l'entit� da determinarsi, laddove i danni debbono 
essere gi� determinati; pi� precisamente, solo una volta determinati i secondi, 
potr� intervenire l'Amministrazione ad imporre, con la particolare procedura 
prevista nel secondo comma e seguenti, l'esecuzione dei primi. 

:E! vero che i danni ben possono essere determinati gi� in sede penale, 
ma -come la stessa esperienza insegna -non sempre ci� avviene, essendo 
precipua preoccupazione del giudice p�nale accertare la sussistenza degli estremi 
del reato ai fini della dichiarazione di colpevolezza e della determinazione della 
misura ed entit� della sanzione (penale); la misura e la entit� della sanzione 
amministrativa sono invece necessariamente collegate ad una preventiva, pre




PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 457 

colata della Valle dei Templi, per l'inerzia delle autorit� comunali e regionali 
(vedi pag. 118 rel. citata). 

� appena il caso di ricordare che la Repubblica Italiana, aderente 
a far parte di Organizzazioni internazionali intergovernative come le 
Nazioni Unite, l'U.N.E.S.C.O. ed il Consiglio d'Europa nell'intento di salvaguardare 
i diritti culturali dell'uomo, ha assunto l'obbligo giuridico e 
morale di provvedere alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio 
storico, archeologico, artistico e del paesaggio del nostro Paese. E di 
recente, in data 16 settembre 1974, in base ad autorizzazione disposta 
con 1. 12 apriie 1973, n. 202, ha provveduto al deposito dello strumento 
di ratifica della Convenzione europea per la protezione del patrimonio 
archeologico, firmata a Londra il 6 maggio 1969 ed entrata in vigore per 
l'Italia, ai sensi dell'art. 10, par. 3, il 17 dicembre 1974 (vedi Gazzetta Ufficiale 
21 novembre 1974). Detta Convenzione nel Preambolo riconosce che �la 
responsabilit� morale della protezione del patrimonio archeologico europeo, 
prima fonte della storia d'Europa, seriamente minacciato dalla distru


cisa e definitiva determinazione dell'entit� dei riflessi dannosi, che ne costituiscono 
il necessario presupposto logico e ontologico. � una siffatta determinazione 
che, a nostro avviso, pu� e deve essere rimessa, ove non risulti gi� 
determinata o determinabile sulla base delle risultanze acquisite in sede penale, 
dalla P.A. al giudice in sede civile, sia pure sotto il limitato e lumeggiato 
profilo del solo accertamento, che altro non � che un accertamento costitutivo 
del quantum damni, del tutto indipendente dal problema concernente le modalit� 
dell'intervento riparatorio, questo s� rimesso alla valutazione discrezionale 
dell'Amministrazione. 

Tuttavia, anche sotto quest'ultimo profilo, non � neppur vero che l'art. 59 
demandi alla P.A., quale parte offesa, di stabilire insindacabilmente e in modo 
irrevocabile la somma dovuta dal trasgressore a titolo di risarcimento. 

Infatti, il quarto comma dell'art. 59 conferisce tale facolt� insindacabilmente 
e irrevocabilmente non alla P.A. (come leggesi nella decisione che si 
annota), ma ad una Commissione composta di tre membri, da nominarsi uno 
dal Ministro, l'altro dal trasgressore ed il terzo dal presidente del tribunale: 
trattasi di un organo con caratteristiche obiettive di imparzialit� e con attribuzioni 
giurisdizionali insindacabili dall'A.G.O. (cfr. Cass. Pen. 8 marzo 1940, in 
Giur. Jt. Rep. 1940, 32 e Riv. Dir. Pubbl. 1942, fase. 2o), il quale viene chiamato 
a decidere sulla determinazione non del quantum damni, ma del quantum 
debeatur da parte del trasgressore quando la riduzione in pristino sia preclusa 
(sulla natura di tali commissioni cfr. Grisolia, op. cit. 1952, 444 e segg.): solo 
in tali limiti, pertanto, pu� essere condivisa l'opinione del Manzini (op. cit. X, 
1049, 1029) secondo il quale dovrebbe essere escluso l'intervento dell'Autorit� 
Giudiziaria a mezzo della proposizione di azione riparatoria allorch� si adotta 
il procedimento amministrativo di cui si � trattato per la riparazione dei danni 
previsti dalla 1. 1089/1939 (cfr. in dottrina anche Cantucci, op. cit., 317-334; per 
una contestazione della tesi, anche con riferimento all'art. 15, I. 1497/1939 cfr. 
Grisolia, voce Bellezze naturali in Enc. Dir. Giuffr�, 92). 

RAFFAELE TAMIOZZO 



458 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione, pur rientrando in primo luogo fra i doveri dello Stato interessato, 

incombe sull'insieme degli Stati europei�. 

Perci� anche sotto il profilo di una responsabilit� internazionale dello 

Stato per la protezione dei beni culturali si appalesa doveroso il suo 

intervento nell'ambito di tutto il territorio della Repubblica allo scopo 
-di assicurare la tutela del patrimonio archeologico, in modo adeguato 
agli impegni assunti in sede internazionale. 
Premesso quanto sopra, rimane da esaminare la doglianza relativa 
alla violazione dell'art. 21, ultimo comma, st.si. 

La mancata partecipazione del Presidente della Regione siciliana al 

Consiglio dei Ministri che deliber� l'adozione del d.I. 30 luglio 1966, n. 748, 

convertito nella legge 28 settembre 1966, ed alle successive sedute parla


mentari, renderebbe costituzionalmente illegittimo l'art. 2-bis della legge 

di conversione precitata. 

Palesemente l'eccezione non ha alcun fondamento. 

Tutti gli atti legislativi sono assistiti dalla presunzione di legittimit�. 
,Incombeva. quindi al ricorrente di f�rnire la prova del suo assunto, a 

prescindere poi dal rilievo che l'art. 2-bis di cui trattasi fu introdotto 

ex novo dal Parlamento nel corso dell'iter legislativo, mancando nel testo 

del d.I. emanato dal Governo. 

Si soggiunga che l'art. 21 riguarda solo le riunioni del Consiglio dei 

Ministri e non le sedute del Parlamento alla cui attivit� i Presidenti delle 

Regioni non partecipano. 

Osserva la Corte che deve essere disatteso il terzo motivo col quale 

si denunzia l'illegittimit� per eccesso di potere del d.I. 16 maggio 1968 

(detto comunemente � Gui-Mancini �) sulla delimitazione del perimetro 

della Valle dei Templi per un preteso contrasto tra le premesse ed il 

dispositivo del decreto che includerebbe nel comprensorio vincolato zone 

estranee alla descrizione contenuta nelle premesse medesime e tra esse 

terreni -come quello del ricorrente -che non sono visibili dai �templi 

o dagli altri monumenti archeologici della Valle. 
Ne deriva, a giudizio del Vermi, la disapplicazione dell'atto amm1m


strativo da parte dell'autorit� giudiziaria con la conseguente assoluzione 

dell'imputato. 

Rileva la Corte che il sindacato di legittimit� del giudice ordinario 

penale sull'atto amministrativo non pu� estendersi al merito fino alla 

valutazione intrinseca del potere discrezionale riservato alla P.A. 

Esso pu� e deve esercitarsi in ordine ai tre vizi che possono determinare 
l'illegittimit� dell'atto e, quindi, non concerne solo la incompetenza 
e la violazione di legge, ma si estende anche all'eccesso di, potere, 
col lin:iite del divieto di rivalutare l'atteggiamento concreto dell'esercizio 
del potere discrezionale inerente all'apprezzamento delle esigenze di necessit�, 
convenienza ed opportunit� precluse al giudice ordinario dal




PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

l'art. 5, I. 20 marzo 1965, n. 2248, all. E (Cass., Sez. III, 8 febbraio 1972, 
Rie. P. M. in proc. Belpusi -Mass. (120.084). 

Ora nel caso in esame � intuitivo che l'Amm.ne Pubblica aveva il 
potere discrezionale di stabilire in concreto quali fossero le aree che 
costituiscono � cornice insostituibile ed ambiente integrante � della zona 
archeologica. 

Le esigenze di tutela ambientale di un vasto complesso come quello 
della Valle dei Templi di Agrigento possono rendere opportuno -e la 
relazione della Commissione di indagine sulla situazione urbanistico-edilizia 
di Agrigento, con ampia documentazione lo comprova -di estendere 
il vincolo anche ad aree non immediatamente adi�centi ai templi o visibili 
da essi, misura ritenuta � indispensabile per la salvaguardia integrale di 
quanto ancora resta dell'antica A-kragas e del paesaggio naturale circostante
�. 

Pertanto non pu� considerarsi viziato di eccesso di potere l'imposizione 
del vincolo su aree che, secondo l'apprezzamento discrezionale 
della P.A., devono essere incluse per la protezione del comprensorio vincolato 
ai fini della conservazione dei famosi Templi di Agrigento e degli 
altri monumenti archeologici dell'antica citt� di Agrigento. 

Osserva la Corte_ che neppure ha pregio il quarto motivo col quale 
si deduce che il d.m. 16 maggio 1968 non sarebbe operante in quanto 
non venne notificato ai proprietari interessati, come prescritto dalla 
legge 1089 del 1939, omettendosi pure di trascriverlo nei registri immobiliari 
come sancisce l'art. 19 stessa legge. 

Considera la Corte che il vincolo imposto ai privati proprietari o 

possessori dei terreni trovantisi nella zona dei Templi non deriva dalla 

legge 19 giugno 1939, n. 1089, ma si fonda direttamente sull'art. 2-bis della 

legge 28 settembre 1966, n. 749, per cui non sono applicabili nella fatti


specie le norme della legge n. 1089 del 1939 riguardanti la notifica dei 

provvedimenti del Ministero della P.I. istitutivi dei vincoli di tutela archeo


logica. 

Oggetto della protezione � costituito dall'intero comprensorio delimi


tato dal d.m. 16 maggio 1968 e, trattandosi di atto amministrativo gene


rale emanato in base alla legge n. 749 del 1966, devesi ritenere sufficiente 

ai fini della pubblicit�, come di norma per gli altri atti amministrativi 

a carattere generale -la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Re


pubblica che � avvenuta nel n. 131 del 24 maggio 1968. 

Rivolgendosi questa alla generalit� dei soggetti, per presunzione di 

legge, la normativa si ritiene conosciuta, sia dai cittadini in genere che 

dagli abitanti della Regione siciliana, non necessitando, per l'osservanza 

della stessa, alcuna pubblicazione sulla Gazzetta della Regione siciliana. 

Rileva la Corte che nemmeno il quinto motivo col quale il Vermi 

si duole della mancata applicazione del d.P.R. 22 maggio 1970, n.-283, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nonch� di un difetto di motivazione sulla richiesta di concessione delle 
attenuanti generiche e della riduzione della pena al minimo, ha fon� 
damento. 

Con motivazione incensurabile il Tribunale ha escluso l'assunto dell'imputato 
che la costruzione abusiva sarebbe stata completata, e quindi 
la permanenz~ del reato cessato, anteriormente al 6 aprile 1970, termine 
di efficacia del provvedimento di clemenza in quanto l'affermazione non 
era sorretta da idonea prova ed addirittura smentito dal riscontro obiettivo 
delle prove assunte. Al riguardo la impugnata pronunzia s'� riferita 
alle risultanze del sopralluogo eseguito alla data del 7 luglio 1970 dal 
tecnico accertatore del Comune di Agrigento. Essendo la contestazione 
dei reati ascritti al Vermi avvenuta con decreto di citazione del Pretore 
della citt� in data 3 maggio 1971, da tale data deve ritenersi cessata la 
permanenza dei reati di cui trattasi -non essendo stata fornita la 
prova che l'attivit� edilizia abbia avuto termine alla data del 7 luglio 1970 
con la volontaria interruzione. 

Quanto alla misura della pena inflitta ed �llla mancata concessione 
delle attenuanti generiche, il Tribunale ha ritenuto manif~stamente infondato 
le censure rivolte all'operato del primo giudice. 

Invero risulta dal verbale di dibattimento di primo grado che alcuna 
richi�sta venne formulata in tale senso e con motivazione implicita, riferendosi 
al comportamento processuale dell'imputato, ha ritenuto congrua 
la pena irrogata al Vermi che ebbe gi� a beneficiare della sospensione 
condizionale della pena per entrambi i reati e della non menzione della 
condanna nel certificato del casellario giudiziale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 24 gennaio 1975, n. 176 -Pres. Marmo -
Rel. Clemente di San Luca -P. M. Sevorino (conf.) Rie. Cellieri ed altri; 

Reato � Falsit� in atti � Falsit� ideologica in atti pubblici � Bolletta doga


nale -Natura di atto pubblico � Obbligo del privato di attestare fatti 

veri; 

(cod. pen., art. 483). 

(I. 25 settembre 1940, n. 1424). 
La bolletta doganale ha natura di atto pubblico, per la qualit� dei 
soggetti che la formano, per la sua struttura, il contenuto e la sua causa 
tipica. 

�Si tratta di fattispecie documentale a formazione progressiva, in relazione 
alla quale il privato ha l'obbligo giuridico di attestare veridicamente 
i fatti dichiarati, che vengono enunciati nel provvedimento. 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 461 

(Fattispecie relativa a reato di falsit� ideologica commessa da privato 
in atto pubblico) (1). 

(1) V. nello stesso senso, Cass. 23 giugno 1971 in Cass. pen. mass. annotato 
1972, p. 1570, n. 2248, che ha affermato la natura di atto pubblico facente fede fino 
a querela di falso della bolletta doganale per quanto concerne il suo contenuto 
mentre, per quanto concerne le falsit� che cadono sulle girate della bolletta, 
che sono puniti a norma dell'art. 491 c.p. V. arn:;he Cass. 17 ottobre 1967, 
ivi 1968, p. 1658, n. 1076. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 30 settembre 1975, n. 1586 -Pres. Ugazzi 
-Rel. Fornari -P. M.-Capecelatro (conf.). Rie. Pasquali ed altro. 

Reato -Sanit� pubblica -In genere � Provvedimenti urgenti del medico 
provinciale -Inosservanza � Violazione dell'art. 650 cod. pen. � Configurabilit�. 
(cod. pen., art. 650). 

(r.d. 27 Iuglio 1934, n. 1265, art. 24). 
In virt� delle attribuzioni a lui demandate per motivi di igiene e sanit� 
dall' 24 t.u. leggi sanitarie (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265), il medico provinciale 
pu� emettere legalmente provvedimenti di divieto di immissione nelle 
acque pubbliche di rifiuti industriali fintantoch� la competente autorit� 
sanitaria comunale non abbia verificato ed approvato un idoneo impianto 
di depurazione dei rifiuti stessi. 

(Applicazione in tema di inosservanza dell'art. 650 cod. pen.) (1). 

(1) La decisione � applicazione del principio, pacifico in giurisprudenza, che 
l'art. 630 c.p. �. norma surrogatoria di carattere generale, applicabile in talune 
ipotesi di intervento autoritativo e in particolare in materia di igiene, ogni volta 
che l'inosservanza di un ordine legalmente dato dalla pubblica autorit� non 
risulta gi� sanzionata da una specifica disposizione penale. V. in questo senso 
Cass. 9 dicembre 1970, in Cass. pen. mass. annotato, 1972, p. 858, m. 1143; 26 novembre 
1971 ivi p. 1622, m. 2318. 

PARTE SECONDA 



LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice di procedura civile, art. 650, primo comma, nella parte in cui non 
consente l'opposizione tardiva �lell'intimato che, pur avendo avuto conoscenza 
del decreto ingiuntivo, non abbia potuto, per caso fortuito o forza maggiore, 
fare opposizione entro il termine fissato nel decreto. 

Sentenza 20 maggio 1976, n. 130, G. V. 26 maggio 1976, n. 139. 

codice penale, art. 164, ultimo comma. 

Sentenza 28 aprile 1976, n. 97, G. V. 5 maggio 1976, n. 118. 

d.l.C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 9, primo e secondo comma, nella parte 
in cui dispone che l'indennit� dovuta in caso di cessazione del rapporto � 
commisurata alla sola retribuzione e nella parte in cui prevede la correspon� 
sione dell'indennit� di preavviso per il solo caso di licenziamento per motivi 
non disciplinari e non anche per quello di decesso del dipendente. 
Sentenza 20 maggio 1976, n. 116, G. V. 26 maggio 1976, n. 139. 

d.P.R. 22 settembre '1950, n. 768, limitatamente alla parte in cui dispone 
il trasferimento dei terreni di cui alle particelle 34, 35 del foglio di mappa 25 
ed il fabbricato ivi esistente, in quanto risultino rispettivamente la destinazione 
industriale e il carattere urbano .dei detti beni. 
Sentenza 26 maggio 1976, n. 136, G. V. 3 giugno 1976, n. 145. 

legge 21 marzo 11953, n. 161, art. 5, nella parte in cui non esteride ai 
giudizi in m�teria di pensioni privilegiate militari l'esenzione del pagamento 
della tassa fissa, istituita con il primo comma dello stesso art. 5, della legge 

n. 
161. 
Sentenza 6 maggio 1976, n. 103, G. V. 12 maggio 1976, n. 125. 
legge 21 marzo 1953, n. 161, art. 5, terzo comma, nella parte in cui non 
estende l'esenzione dal pagamento della tassa fissa a tutti i giudizi in genere 
in materia di pensioni civili e militari. 

Sentenza 6 maggio 1976, n. 103, G. V. 12 maggio 1976, n. 125. 

d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 20, primo comma lettera cJ. 
Sentenza 28 aprile 1976, n. 97, G. V. 5 maggio 1976, n. 118. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

legge reg. Campania 6 marzo 1974. 

Sentenza 22 giugno 1976, n. 140, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 

legge reg. Abruzzo, riappr. 25 luglio 1974. 

Sentenza 28 aprile 1976, n. 92, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

legge reg. Piemonte appr. 5 febbraio 1975 e riap.pr. 27 marzo 1975. 

Sentenza 20 maggio 1976, n. 126, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

legge reg. Molise appr. 5 marzo 1975 e riappr. 23 aprile 1975. 

Sentenza 20 maggio 1976, n. 127, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

legge reg. Sicilia appr. z,1 maggio 11975. 

Sentenza 6 maggio 1976, n. 107, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 

II � QUE;STIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice civile, art. 1886 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1976, n. 91, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

codice civile, art. 2054, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1976, n. 93, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

codice di procedura civile, art. 647 (art. 24, secondo comma, della Co� 
stituzione). 

Sentenza 22 giugno 1976, n. 141, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 

codice di procedura civile, art. 651 (artt. 24, primo comma, e 3, primo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 22 giugno 1976, n. 142, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 

codice penale, artt. 102 e 109, secondo comma (art. 111, primo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 22 giugno 1976, n. 143, G. U. 30 ~ugno 1976, n. 170. 

codice penale, art. 162 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 26 maggio 1976, n. 135, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 


codice penale, art. 224, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 20 maggio 1976, n. 119, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 



PARTE II, LEGISLAZIONE JJ 

codice penale, art. 495, terzo comma, n. 2 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 6 maggio 1976, n. 108, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 

codice penale, art. 501 (art. 21 della Costituzione). 

Sentenza 20 maggio 1976, n. 123, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

codice di .procedura penale, arff. 226 bis, 226 ter e 226 quater e 339 

(artt. 3, primo comma, 101, 102, 107, terzo e quarto comma, 108, secondo comma 
109 e 112 della Costituzione). 

Sentenza 28 apriile 1976, n. 98, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

codice di procedura penale, art. 372 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Sentenza 6 maggio 1976, n. 112, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 

codice di procedura penale, art. 596, terzo cpv. (artt. 3 e 87, penultimo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 26 maggio 1976, n. 134, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

codice della navigazione, art. 345 (artt. 3, 4, 18, 35, 39 e 76 della Costituzione). 


Sentenza 26 maggio 1976, n. 129, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

r.d. 28 maggio 193;1, n. 602, art. 25 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 6 maggio 1976, n. 108, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 41 (artt. 14 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 6 maggio 1976, n. 110, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 
legge 22 febbraio 1934, n. 370, art. 3, terzo comma (art. 36, terzo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 28 aprile 1976, n. 102, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

r.d. 16 maggio 1942, n. 267, artt. 42 e 44 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 26 maggio 1976, n. 135, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 
r.d.I. 31 maggio 1'946, n. 511 (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, 
e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 22 giugno 1976, n. 145, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 


56 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.I. C.p.S. 16 dicembre 1947, n. 1434, artt. 627 (artt. 21, 23, 41 e 42 della 
Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1976, n. 96, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068, art. 47 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 22 giugno 1976, n. 139, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 
d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 205 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1976, n. 100, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 
legge 24 marzo 1958, n. 195 (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, 
e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 22 giugno 1976, n. 145, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 

legge 2 aprile 1958, n. 339, artt. 1O, secondo comma, lettere aJ e bJ; 16, 
primo comma, lettere aJ e bJ; 17, lettere aJ e bJ (artt. 3 della Costituzione). 

Sentenza 20 maggio 1976, n. 117, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

d.P.~. 16 settembre 1958, n. 916 (artt. 101, secondo comma, 104, primo 
comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 22 gfogno 1976, n. 145, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 

d.P.R. 15 dicembre 1959, 11, 1229, artt. 140, 142, secondo comma, e 143, 
primo e secondo comma {art. 36, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 26 maggio 1976, n. 131, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

legge prov. Bolzano 1 O luglio 1960, n. �8, art. 32 (artt. 42, terzo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 6 maggio 1976, n. 106, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 

legge prov. Bolze1no 3 gennaio 1964, n. 1, art. 2:1 (art. 42, terzo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 6 maggio 1976, n. 106, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, artt. 1. e 1 O (artt. 3, 4, 18, 35, 39 e 76 della 
Costituzione). 

Sentenza 26 maggio 1976, n. 129, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

legge 20 marzo 1968, n. 304 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 6 maggio 1976, n. 104, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 




PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 10, terzo comma (art. 24, primo e secondo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 20 maggio 1976, n. 124, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 18 e 35 (artt. 3, 4, 18, 35, 39 e 76 della 
Costittizione). 

Sentenza 26 maggio 1976, n. 129, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 37 (!lrtt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 20 maggio 1976, n. 118, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

legge 1� dicembre 11970, n. 898, art. 3, primo comma, ultima parte (art. 42 
della Costituzione). 

Sentenza 28 aprile 1976, n. 99, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

legge 11 febbraio '1971, n. 1'1, art. 17 (artt. 41, 42 e 44 della Costituzione). 
Sentenza 20 maggio 1976, n. 121, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

legge 28 luglio 1971, n. 558, artt. 1 e 9 (artt. 4 e 41 della Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1976, n. 94, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

d.P.R. 20 gennaio 1973, n. H 6, art. 7 (artt. 2, 4, 9 e 98 della statp.to spe� 
ciale della regione Trentino Alto Adige). 
Sentenza 28 aprile 1976, n. 101, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

legge 4 agosto 1n3, n. 495, art. 1 (artt. 41 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 6 maggio 1976, n. 109, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 

legge 22 dicembre 1973, n. 841, art. (art. 41 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 6 maggio 1976, n. 109, G. U. 12. maggio 1976, n. 125. 

d.P.R. 29 dicembre 11973, n. 1082, art. 129, secondo e terzo comma (art. 3 
della Costituzione). 
Sentenza 22 giugno 1976, n. 144, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 

legge 8 aprile 1974, n. 98, art. 5 (artt. 3, primo comma, 101, 102, 107, 
terzo e quarto comma, 108, secondo comma, 109 e 112 della Costituzione). 

Sentenza 28 aprile 1976, n. 98, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

III � QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. ~096, terzo comma (artt. 3, 4, 35 e 41, secondo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 12 febbraio 1976, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 

codice civile, (art. 2948, n. 4 (art. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 12 gennaio 1976, G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 

codice di procedura civile, art. 292, primo comma (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Salerno, ordinanza 2 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

codice di procedura civile, art. 395 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Salerno, ordinanza 15 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

codice di .procedura civile, art. 665 (artt. 2, 3, primo comma, e 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 13 febbraio 1976, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

codice penale, art. 124 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Chiavenna, ordinanza 3 febbraio 1976, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 


codice penale, art. 176 (art. 27, secondo comma, della Costituzione). 
Giudice di sorveglianza del Tribunale di Firenze, ordinanza 14 marzo 1976, 


G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 
codice penale, art. 290 (artt. 3 e 21 della Costituzione). 

Giudice istruttore del Tribunale di Torino, ordinanza 18 marzo 1976, G. U. 
23 giugno 1976, n. 164. 

codice penale, art. 598, primo comma Cartt. 3 e 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 9 dicembre 1975, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

codice penale, art. 707 (art. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 27, 
secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 3 ottobre 1975, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice della navigazione, artt. da 591 a 598 e 603 (art. 3, primo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Capri 26 gennaio 1976, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

c�odice penale militare di pace, art. 264 (artt. 3, 25, primo comma, e 103, 
ultimo comma, della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 26 febbraio 1976, G. U. 16 giugno 
1976, n. 158. 

t.u. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 184, secondo e terzo comma (artt. 3 e 
36 della Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 29 novembre 1973, 

G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 
r.d. 16 marzo 1912, n. 267, art. 209, ultimo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 23 ottobre 1975, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

r.d.I. 9 maggio 1920, n. 749, artt. 1 e 2 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Arezzo, ordinanza 21 gennaio 1976, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 
r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93, n. 1 (art. 53, primo comma, della 
Costituzione). 
Tribunale di Cagliari, ordinanza 7 febbraio 1975, G. U. 19 maggio 1976, n. 132. 

legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Como, ordinanze (sessanta) 1� ottobre 1975, n. 132; 9 giugno 
1976, n. 151; 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 17 (artt. 2, 3, 7, 24, 25, 29, 101 e 102 
della Costituzione). 

Corte d'appello di Roma, ordinanze 12 e 13 febbraio 1976, G. U. 30 giugno 
1976, n. 170, e 23 giugno 1976, n. 164. 

r.d. 12 ottobre 1933, �n. 1364, art. 29 (artt. 3, 24, 101, secondo comma, 107, 
terzo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). 
Corte dei conti, sezioni riunite, ordinanza 10 dicembre 1975, G. U. 12 maggio 
1976, n. 125. 

t.u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 252 (artt. 3, 24 e 97 della Costituzione). 
Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale, ordinanza 18 ottobre 1975, 
G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 7 marzo 1938, n. 141, art. 78, secondo e ultimo c�omma (artt. 3 e 24 
della Costituzione) .. 

Tribunale di Milano, ordinanza 23 ottobre 1975, G. U. 23 giugno 1976, n. 164, 
e 13 novembre 1975 (due), G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 13 (art. 3, primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Trento, ordinanza 26 febbraio 1976, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 13 (artt. 3 e 29, secondo comma, 31, 
primo comma, 37, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Ravenna, ordinanza 18 marzo 1976, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

legge 6 luglio 1939, n. 1035, art. 26, lettera dJ (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza, 16 gennaio 1974, 

G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 
legge 19 gennaio 1942, n. 22, art. 5 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Pretore di Rovigo, ordinanza 24 febbraio 1976, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 209 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 13 novembre 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 17 luglio 1942, n. 907 (art. 43 della Costituzione). 

Corte d'appello di Venezia, ordinanza 29 settembre 1975, G. U. 9 giugno 1976, 

n. 151. 
legge 17 luglio '1942, -n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 32, 41 e 43 della 
Costituzione). 

Corte d'appello di Bologna, ordinanza 17 gennaio 1976, G. U. 9 giugno 1976, 

n. 151. 
legge 17 �luglio 1942, :n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). 


Corte di Cassazione, ordinanze 28 febbraio e 16 maggio 1975, G. U. 3 giugno 
1976, n. 145, e 9 giugno 1976, n. 151. 
Corte d'Appello di Bari, ordinanze (sette) 19 maggio, 19 settembre, 12, 21 
e 26 novembre 1975, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 
Corte d'Appello� di Milano, ordinanza 27 ottobre 1975, G. U. 19 maggio 1976, 

n. 132. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

Corte d'Appello di Campobasso, ordinanza 4 dicembre 1975, G. U. 23 giugno 
1976, n. 164. 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 31 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, 

n. 
164. 
Tribunale di Roma, ordinanza 5 dicembre 1974, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 
Tribunale di Trani, ordinanze (nove) 30 settembre, 3, 6, 10 e 17 ottobre, 
7 novembre 
1975, G. U. 3 giugno 1976, n. 145 e 9 giugno 1976 n. 151. 
Tribunale di Como, ordinanze (sessanta) 1� ottobre 1975, G. U. 5 maggio 1976, 

n. 118; 19 maggio 1976, n. 132; 9 giugno 1976, n. 151, e 23 giugno 1976, n. 164. 
d.I. C,p.S. 1� aprile 1947, n. 273, art. 1, lettera a) (artt. 43 e 44 della Costituzione). 
Tribunale di Brescia, ordinanza 23 gennaio 1976, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

d.I. C.p.S. 4 aprile 1947, n. ,207, art. '18, prima parte (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione giurisdizionale, ordinanza 15 ottobre 1975, 

G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 
d'.I. 12 febbraio 1948, n. 147, art. 11, terzo comma, ultima parte (artt. 3, 
primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Rovigo, ordinanza 13 febbraio 1976, d: U. 12 maggio 1976, n. 125. 

legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 8, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Rovereto, ordinanza 10 marzo 1976, G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 

legge 10 agosto 1950, n. 648, art. 61, primo c�omma, (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale, ordinanza 5 marzo 1976, 

G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 
legge 8 marzo '1951, n. 122 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 27 settembre 1975, G. U. 5 maggio 
1976, n. 118. 

Pretore di Viareggio, ordinanza 25 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 30 ottobre '1953, n. 841, art. 7 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Rovigo, ordinanza 24 febbraio 1976, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 73 (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). 
� Pretore di Bergamo, ordinanza 2 febbraio 1976, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 


62 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 20, artt. 2, primo �. secondo e terzo comma, 5 e 6, 
primo comma (artt. 3, 36, primo comma, e 38, primo e secondo comma, della 
Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione pensioni civili, ordinanza 18 aprile 1973, G. U. 
19 maggio 1976, n. 132. 

d:P.R. 30 marz�o 1957, n. 361 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di San Miniato, ordinanza 21 gennaio 1976, G. U. 19 maggio 1976, 

n. 132. 
d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (artt. 3, 51 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 27 settembre 1975, G. U. 5 maggio 
1976, n. 118. 

d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. H9 (artt. 3, primo comma, e 53, primo 
comma, della Costituzione). 
Pretore di Viareggio, ordinanza 25 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 15 febbraio 1958, n. 46, artt. 11, secondo comma, e 19 (artt. 3, 29, 
primo comma, 31, primo comma, 36, primo comma, e 38 della Costituzione). 

Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 10 aprile 1974, G. U. 
9 giugno 1976, n. 151. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 87, settimo comma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Grosseto, ordinanza 10 marzo 1976, G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 343, art. 91. (art. 35 della Costituzione). 
Pretore di Misilmeri, ordinanza 3 dicembre 1975, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 343, art. 91, secondo comma (artt. 3 e 4 della 
Costituzione). 
Pretore di Prato, ordinanza 26 febbraio 1976, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

d.P.R. 15 giu~no 1959, n. 393, art. 83, quinto comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 6 febbraio 1976, G. U. 3 giugno 
1976, n. 145. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Viareggio, ordinanza 25 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164 
Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 27 settembre 1975, G. U. S maggio 
1976, n. 118. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 14 marzo 1961, n. 132, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, terza sezione pensioni civili, ordinanza 18 dicembre 1974, 

G. U. 19 maggio 1976, n. 132. 
legge reg. Sardegna 23 marzo 1961, n. 4, art. 79 (artt. 3, 51 e 53 della Co� 
stituzione). 

Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 27 settembre 1975, G. U. 5 mag� 
gio 1976, n. 118. 

legge reg. Valle d'Aosta 5 agosto 1962, n. 1257, art. 2 (artt. 3, 51 e 53 della 
Costituzione). 
Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 27 settembre 1975, G. U. 5 mag� 
gio 1976, n. 118. 

legge reg. Sicilia 5 marzo 1963, n. 16 (artt. 103, secondo comma, 97, primo 
comma, e 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione siciliana, ordinanza 
17 gennaio 1976, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

legge 3 febbraio 1964, n. 3, art. 3 (artt. 3, 51 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 27 settembre 1975, G. U. 5 mag� 
gio 1976, n. 118. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di La Spezia, ordinanza 13 ottobre 1975, G. U. 30 giugno 1976, n. 17Q. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 28 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Bergamo, ordinanza 31 marzo 1976, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 89, secondo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 
Tribunale di Cagliari, ordinanza 13 febbraio 1976, G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 

legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Trieste, ordinanze (due) 14 febbraio e 5 marzo 1976, G. U. 3 giugno 
1976, n. 145, e 16 giugno 1976, n. 158. 

legge 15 luglio 1966, n. 604,. art. 1 O (artt. 3, 4, 35 e 41, secondo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 12 febbraio 1976, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 


64 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 13 luglio 1967, n. 583, art. 22 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 30 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 43 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanze (due) 
26 novembre e 11 dicembre 1975, G. U. 16 giugno 1976, n. 158, e 30 giugno 1976, 

n. 170. 
legge 17 febbraio 1968, n. '108 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 27 settembre 1975, G. U. 5 maggio 
1976, n. 118. 
Pretore di Vjareggio, ordinanza 25 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 17 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 23 gennaio 1976, 

G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 
legge 18 marzo 1968, n. 3'13, art. 49, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale, ordinanza 5 marzo 1976, 

G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 
legge 20 marzo 1968, n. 369, art. unico (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 30 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge reg. Frlull�Yenezla Giulia 27 marzo 1968, n. 20, art. 49 (artt. 3, 51 
e 53 della Costituzione). 

Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 27 settembre 1975, G. U. 5 maggio 
1976, n. 118. 

d.P.R. 27 marzo 1969, n. 129, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 11 dicembre 
1975, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, artt. 24 e 133 (art. 3 della.Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 11 dicembre 
1975, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 24 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Trieste, ordinanze (due) 14 febbraio e 5 marzo 1976, G. U. 3 giugno 
1976, n. 145, e 16 giugno 1976, n. 158. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 1 O ottobre 1969, n. 69,1, art. 4 (artt. 3, 24, 101, secondo comma, 107, 
terzo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). 

Corte dei conti, sezioni riunite, ordinanza 10 dicembre 1975, G. U. 12 maggio 
1976, n. 125. 

legge 15 ottobre 1969, n. 746, art. unico (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 23 gennaio 1976, 

G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 
legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21, primo, secondo e terzo comma 

(art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Pinerolo, ordinanza 5 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 32, secondo comma (artt. 51, primo e 
terzo comma, 3, primo e secondo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). 


Pretore di Firenze, ordinanza 28 gennaio 1976, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 

legge 24 maggio 1970, n. 336, artt. 1 e 4 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Sampierdarena, ordinanza 4 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, 

n. 164. 
legge 25 maggio 1970, n. 352, art. 50 (artt. 3, 51 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 27 settembre 1975, G. U. 5 maggio 
1976, n. 118. 

legge 10 novembre 1970, n. 869, art. 1 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 10 novembre 1975, 

G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 
d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, artt. 115, tabella XV e nota (a), e 118, 
tabella XVI (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione giurisdizionale, ordinanza 9 dicembre 1975, 

G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 
legge 14 ag�osto 1971, n. 817, art. 3, secondo comma, n. 2 (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Pinerolo, ordinanza 5 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16 (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). 


Corte d'appello di Bologna, ordinanza 23 gennaio 1976, G. U. 3 giugno 1976, 

n. 145. 
Corte d'appello degli Abruzzi, ordinanza 11 febbraio 1976, G. U. 9 giugno 
1976, n. 15L 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge ,22 ottobre 1971, n. 865, artt. 16 e 17 (artt. 3 e 42, terzo comma, della 
Costituzione). 

Corte d'appello di Torino, ordinanza 16 gennaio 1976, G. U. 19 maggio 1976, 

n. 132. 
legge 6 dicembre 1971, n. 1044, art. 6 (a~tt. 97, 117 e 128 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 novembre 1975, 

G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 
legge 6 dice~bre 1971, n. 1053 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Rovigo, ordinanza 24 febbraio 1976, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, art. 5 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 26 gennaio 1976, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 2, 3, 9 e 35 (artt. 3, 24 e 108, secondo 
comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna, ordinanze (quattro) 
3 dicembre 1975, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 25, 26 e 40 (artt. 3, 24, 76, 102, secondo 
comma, 111, secondo comma, e VI disp. trans. della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna, ordinanze (quattro) 
3 dicembre 1975, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 35 e 39 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Avezzano, ordinanza 12 febbraio 
1976, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44, primo, secondo, terzo e quarto 
comma (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di Trani, ordinanza 29 novembre 1975, 

G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 53, primo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Ancona, ordinanza 22 gennaio 
1976, G. U. 19 maggio 1976, n. 132. 

d.P.R. 26 �ottobre 1972, n. 643, artt. 14 e 15 (artt. 3, 53 e 42 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 22 gennaio 
1976, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 296 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Como, ordinanza 1� ottobre 1975, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183 e 195 (artt. 3, 21, 41 e 43 della 
Costituzione). 
Pretore di Udine, ordinanza 19 gennaio 1976, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 
Pretore di Ravenna, ordinanza 11 febbraio 1976, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. ,156, artt. 1, 183, primo comma, e 195, primo comma 
(artt. 3, 21, primo comma, 41, primo comma e 43 della Costituzione). 
Pretore di Bari, ordinanza 13 gennaio 1976, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 304 (artt. 3, 23, 41, secondo e terzo comma, 
e 53, primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Sampierdarena, ordinanza 4 marzo 1976, G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 304 (art. 23 della Costituzione). 
Pretore di Gallarate, ordinanza 23 febbraio 1976, G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 304 (artt. 23 e 53, primo comma, della 
Costituzione). 
Pretore di Lodi, ordinanza 2 marzo 1976, G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 

legge reg. Trentino-Alto Adige 23 luglio 1973, n. 9 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 27 settembre 1975, G. U. 5 maggio 
1976, n. 118. 

d.P.R. 23 settembre 1973, n. 602, art. 23 (art. 24 della Costituzione). 
Pretore di Abbiategrasso, ordinanza 14 gennaio 1976, G. U. 26 maggio 1976, 
n. 139. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 69, primo comma (artt. 3 e 38 della 
Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 2 ottobre 1974, G. U. 
9 giugno 1976, n. 151. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, artt. 112 e 118, secondo comma (artt. 3 
e 36 della Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 11 dicembre 1974, 

G. U. 19 maggio 1976, n. 132. 
d.I. 19 gi!19nc 1974, n. 236, art. 1-bis, primo c,omma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Chiavenna, ordinanza 3 gennaio 1976, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 


68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, art. 55, primo comma (artt. 3, 5, 
.., 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, art. 55, primo comma (artt. 3, 5, 
.., 
f. .. 
C�:

25, secondo comma, 117 e 118 della Costituzione). 

t 

~== 

Pretore di Orbetello, ordinanza 14 novembre 1975, G. U. 12 maggio 1976, 

j� 

n. 125. 
i: 
I 
~ . 

? 

d.I. 8 luglio 1974, n. 261, art. 6, secondo e terzo comma (artt. 4, 13 e 35 
della Costituzione). 
Pretore di Agrigento, ordinanza 15 gennaio 1976, G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 

I 

m 

I i; 

legge reg. Lazio 17 agosto 1974, n. 41, -art+. 3, 4, 8, 13 e 14 (artt. 97, 117 
e 128 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 novembre 1975, 

G. U. 3 giugno 1976; n. 145. 
legge reg. Lazio 17 agosto 1974, n. 41, artt. 4, 8 e 13 (artt. 97, 117 e 12~ 

I

della Costituzione). 
� 

(-: 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 16 novembre 1975, 
~ 
~~�

G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 
i: 
~= 

m 
legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 14, 10 e 12 (art. 3 della Costituzione). f:j 

i=: 

Tribunale di Varese, ordinanza 24 novembre 1975, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

i:: 

r.::

~� 

i i:, 

legge 14 aprile 1975, n. 103 (artt. 3, secondo comma, 10 e 21 della Costitu� 
zione). 

>"� 

r== 

Pretore di Cuneo, ordinanza 26 gennaio 1976, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 
~ 

m 

r:l
,. 

~~ 

)-'.

legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 1 (artt. 21, 41 e 43 della Costituzione). 

~i

Pretore di Ravenna, ordinanza 11 febbraio 1976, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 
! ~: 

legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1 e 2 (artt. 2, 3, 10, 21, 41, 43 della Costir:
i= 
tuzione). 

I 1: 

Tribunale di Firenze, ordinanza 20 ottobre 1975, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

legge 14 aprile 1975, n. 103, art+. 1, 2 e seguenti (artt. 2, 21, 41 e 43 della 

,f:,.

Costituzione). 
1= 

~ 

Pretore di Bra, ordinanza 19 novembre 1975, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 
(: 
{:' 

legge 14 aprile 1975, n. 103, art+. 1, .2, 3, 4, 45, 46, 47, 48 e collegati 

(artt. 1, 2, 3 cpv., 9, 11, 16, 21, 33, 49, 138 della. Costituzione). 

Pretore di Ancona, ordinanza 23 dicembre 1975, G. U. 5 maggio 1976, n. 118: 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 14 a.prile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Napoli, ordinanza 27 novembre 1975, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 21, 41 e 43 della Costituzione). 


Pretore di Pontedera, ordinanza 19 novembre 1975, G. U. 26 maggio 1976, 

n. 
139. 
Pretore di Enna, ordinanza 26 marzo 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 
legge 14 aprile 1915, n. 103, art. 45 (artt. 3, 21, primo comma, 41, primo 
comma e 43 della Costituzione). 
Pretore di Bari, ordinanza 13 gennaio 1976, G. U. 12 maggio 1976, n. 125. 

legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 36 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 13 febbraio 1976, G. U. 19 maggio 1976, n. 132. 


legge 22 maggi�o 1975, n. 152, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale per i minorenni di Torino, ordinanza 9 dicembre 1975, G. U. 
3 giugno 1976, n. 145. 

legge 22 maggio 1975, n. 152, art. 1, teno comma (artt. 13, secondo comma, 
e 27, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 23 gennaio 1976, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 3 giugno 19751 n. 160, art. 24 (art. 38, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Pistoia, ordinanza 20 dicembre 1975, G. U. 5 maggio 1976, n. 118. 

legge 17 luglio 1975, n. 355, art. unico (artt. 3, 21, ultimo comma, e 31 
della Costituzione). 
Pretore di Palermo, ordinanza 6 marzo 1976, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

legge 22 luglio 1975, n. 319, art. 9 e tabella. F (artt. 3, 4 e 38 della Costituzione). 
� 

Pretore di Roma, ordinanza 3 febbraio 1976, G. U. 3 giugno 1976, n. 145. 

legge 31 luglio 1975, n. 363, art. 1 (art. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 13 dicembre 1975, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 98 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Venezia, ordinanza 12 febbraio 1976, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 24 dicembre 1975, n. 706, art. 16 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 1� marzo 1976, G. U. 16 giugno 1976, n. 158. 

legge 12 febbraio 1976, n. 2, art. 1 (art. 24 della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza del Tribunale di Firenze, ordinanza 14 marzo 1976, 

G. U. 9 giugno 1976, n. 151. 

legge 16 aprile 1976, n. 1~6 (artt. 3, lettera i, 4, lettera i, e 6 dello statuto 
regionale). 

Presidente della giunta regionale della Sardegna, ricorso depositato il 31 
maggio 1976, n. 19, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge prov. Bolzano 21 aprile 1976. 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso ciepositato il 17 maggio 1976, 

n. 18, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

legge reg. Sicilia appr. 28 aprile 1976. 

Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso depositato il 15 
maggio 1976, n. 16, G. U. 26 maggio 1976, n. 139. 

legge reg. sic. 29 aprile 1976, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 13. 

Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso. depositato il 15 
maggio 1976, n. 17, G. U. 25 maggio 1976, n. 139. 

legge reg. Lazio 30 aprile 1976 (artt. 117 e 128 della Costituzione). 
Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 7 giugno 1976, 

n. 20, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 2 maggio 1976, n. 183, artt. 3, 15 e 16, primo, secondo e terzo comma 

(art. 4, n. 6, dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia). 

Presidente della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, ricorso deposi� 
tato il 14 giugno 1976, n. 22, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 

legge 2 maggio 1976, n. 183, art. 6, quinto, ottavo, nono e sedicesimo comma 

(artt. 3, 4, 6 e 56 dello statuto regionale). 

Presidente della Giunta regionale della Sardegna, ricorso depositato 16 giugno 
1976, n. 23, G. U. 30 giugno 1976, n. 170. 

legge 2 maggio 1976, n. 183, artt. 6, ottavo comma, e 16 (artt. 3 e 116 
della Costituzione). 
Presidente della giunta regionale siciliana, ricorso depositato 1'11 giugno 
1976, n. 21, G. U. 23 giugno 1976, n. 164. 


CONSULTAZIONI 


ACQUE PUBBLICHE 

Nuova concessione di derivazione -Compenso a carico del nuovo utente Determinazione 
-Posizione del precedente concessionario -Natura -(r.d. 
11 dicembre 1933, n. 1775, art. 47}. 

Se, ai sensi dell'art. 47 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, sulle acque pubbliche, 
che dispone la corresponsione di un compenso da parte del nuovo 
utente di una �concessione di derivazione di acque a favore degli utenti precedenti, 
da determinarsi secondo la valutazione discrezionale dei Ministeri competenti, 
la posizione del precedente concessionario sia da configurare come di 
interesse legittimo o di diritto soggettivo (n. 114). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Societ� -Partecipazione statale -Liquidazione -Poteri del Ministro del Tesoro 
-Liquidatore -(l. 4 dicembre 1956, n. 1404, artt. 1 e 6). 

Quali siano i poteri attribuiti al Ministro del Tesoro nel caso di liquidazione 
di societ� di diritto privato nella quale lo Stato abbia la propriet� 
dell'intero capitale sociale o della maggioranza di esso, e .se, nel suddetto caso, 
le funzioni di liquidatore debbano essere necessariamente attribuite a funzionari 
dell'Ufficio liquidazione previsto dall'art. 1 della legge 4 dicembre 1956, 

n. 1404 (n. 381). 
APPALTO 

Riserve -Determinazioni dell'Amministrazione -Dichiarazione-adesiva dell'appaltatore 
-Transazione -Configurabilit� -(cod. civ., art. 1965; circ. min. 
LL.PP. 13 marzo 1953, n. 616). 

Se possa riconoscersi carattere di transazione a una dichiarazione liberatoria 
rilasciata alla Amministrazione da parte della ditta appaltatrice quale 
mero atto di adesione della ditta stessa alla determinazione precedentemente 
adottata dall'Amministrazione sulle riserve avanzate dalla ditta (n. 384). 

ASSICURAZIONE 

Imposta di pubblicit� -Targhe assicurazione incendi -Mancata denuncia Esonero 
dal tributo -(d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, art. 7; d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 633, art. 90). 

Se debbano essere esonerate dal pagamento dell'imposta di pubblicit� per 
le targhe delle assicurazioni contro gli incendi quelle imprese assicuratrici 
che, oltre a non distribuire targhe, non abbiano presentato la prescritta 
denuncia volontaria o l'abbiano presentata solo a seguito di specifico invito 
dell'Ufficio finanziari<Y (n. 90). 



72 RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 
ATTI AMMINISTRATIVI 
72 RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 
ATTI AMMINISTRATIVI 
Ente pubblico soggetto a controllo -Provvedimento -Ricorso giurisdizionale Amministrazione 
vigilante -Posizione di controinteressato -Esclusione. 

" Se siano controinteressati al ricorso giurisdizionale proposto contro un 
provvedimento emesso dal commissario dell'E.N.A.L.C. i Ministeri del Lavoro 
e Previdenza Sociale e del Tesoro che hanno approvato il provvedimento stesso 
quali Amministrazioni vigilanti (n. 27). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Concessione di autoservizi di linea -Contributi -Criteri di liquidazione -Diversit� 
di linee con unica concessione -Costi di esercizio diversi -Determinazione 
-(l. 25 febbraio 1971, n. 94; d. Interm. 10 maggio 1971, artf. 3 e 5; 
circ. Min. Trasporti 4 giugno 1971, n. 32). 

Se, agli effetti della determinazione del costo di esercizio e della liquidazione 
dei relativi contributi alle ditte concessionarie di autoservizi di linea 
per viaggiatori, che versino in stato di disavanzo, la linea principale e le sue 
diramazioni, aventi percorsi e caratteristiche diverse ma disciplinate da un 
unico foglio di concessione, debbano essere considerate unitariamente o separatamente 
(n. 27). 

CONSIGLIO DI STATO 

Ente pubblico soggetto a controllo -Provvedimento -Ricorso giurisdizionale Amministrazione 
vigilante -Posizione di controinteressato -Esclusione. 

Se siano controinteressati al ricorso giurisdizionale proposto contro un 
provvedimento emesso dal commissario dell'E.N.A.L.C. i Ministeri del Lavoro e 
Previdenza Sociale e del Tesoro che hanno approvato il provvedimento stesso 
quali Amministrazioni vigilanti (n. 8). 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

Contabilit� Generale dello� Stato: Contratti della P.A. -Licitazione privata: invito 
alla gara: modalit� -(art. 89 r.d. 23 maggio 1924, n. 827). 

Se, invitate alcune ditte ad una licitazione privata con lettera circolare, sia 
legittimo estendere successivamente l'invito ad altra ditta con lettera solo a 
questa indirizzata (n. 305). 

Locazioni di complessi elettronici -Possibilit� per l'Amministrazione conduttrice 
di corrispondere in via anticipata quota parte dei canoni annuali: 
esclusione -(art. 12, quarto comma, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; art. 2 

d.P.R. 30 giugno 1972, n. 6271. 
Se i contratti di locazione passiva rientrino nella previsione del quarto 
comma dell'art. 12 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 concernente la possibilit� per 
l'Amministrazione di obbligarsi a pagamenti in conto in favore dell'altra parte 
contraente (n. 306). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 73 

DANNI DI GUERRA 

Danni di guerra; indennizzo, aziende comunali -(art. 27, l. 26 ottobre 1940, 

n. 1513,� art. 7, l. 27 dicembre 1953, n. 968; art. 4, l. 29 settembre 967, n. 955). 
Se le aziende comunali abbiano titolo di legittimazione all'indennizzo o ai 
contributi per danni di guerra subiti dal patrimonio aziendale (n. 148). 

Indennizzo, Comuni beni delle aziende municipalizzate -(art. 27, l. 26 ottobre .1940, 

n. 1543; ar-t. 7, l. 27 dicembre 1953, n. 968; art. 4, l. 29 settembre 1967, n. 955). 
Se i Comuni abbiano diritto all'indennizzo dei danni di guerra subiti dai 
compendi patrimoniali delle aziende municipalizzate (n. 149). 

DAZI DOGANALI 

Spedizioniere doganale -Solidariet� tributaria -Debitore principale -Preventiva 
escussione -Obbligo -(l. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 17). 

Se, ai sensi dell'art. 17 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, la 
solidariet� dell'obbligazione tributaria dello spedizioniere doganale con il debitore 
principale d'imposta comporti anche che lo spedizioniere possa essere 
escusso senza la preventiva escussione a carico del debitore principale d'imposta 
(n. 88). 

DEMANIO 

Chiesa di propriet� dello Stato -Uso pubblico a fini di culto -Ente ecclesiastico 
titolare -Concessione -Possibilit� limiti -( cod. civ. art. 831; l. 21 dicembre 
1961, n. 1501, art. 4, primo comma). 

Se sia legittimo imporre all'ente ecclesiastico (parrocchia), titolare di un 
libero diritto di uso pubblico, per fini di culto, su un'antica chiesa di propriet� 
dello Stato, un atto di concessione contenente condizioni onerose (canone di 
concessione sia pure ricognitorio, obbligo di manutenzione e connesse responsabilit�) 
(n. 270). 

Demanio marittimo -Occupazione abusiva -Invasione di terreni o edifici altrui Applicabilit� 
-(cod. pen. artt. 631 e 632,� cod. nav. art. 1161). 

Se nel caso di costruzione abusiva su spazio del demanio marittimo, anche 
se soltanto iniziata, qualora la costruzione non sia qualificata dal dolo specifico 
di cui agli artt. 631 e 632 cod. pen., sia configurabile solo la contravvenzione 
di cui all'art. 1161 cod. nav. 

Demanio marittimo -Occupazione abusiva -Invasione di terreni o edifici altrui Applicabilit� 
-(cod. pen. art. 633; cod. nav. art. 1161). 

Se nel caso di occupazione abusiva di aree demaniali marittime sia applicabile 
il disposto dell'art. 633 cod. pen. che punisce l'arbitraria invasione di 
terreni o edifici altrui pubblici o privati. 

Demanio marittimo -Occupazione abusiva -Invasione di terreni o edifici altrui Applicabilit� 
-(cod. pen. artt. 631 e 632; cod. nav. art. 1161). 

Se nel caso di costruzione abusiva su spazio del demanio marittimo, anche 
se soltanto iniziata, qualora sussista il dolo specifico di cui agli artt. 631 e 632 

13 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cod. pen., la contravvenzione prevista dall'art. 1161 cod. nav. concorra con le 
predette pi� gravi fattispecie delittuose ovvero, quale norma sussidiaria, essa 
si applichi soltanto quando, per difetto del dolo specifico, non risultino integrate 
le fattispecie pi� gravemente incriminate dalle citate norme primarie 

(n. 269). 
Strade statali Tratti compresi nei centri abitati minori -Autotutela amministrativa 
-Riduzione in pristino -Competenza -(l. 20 marzo 1965, n. 2248 
all. F., art. 378; r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, artt. 20 e 23; l. 12 febbraio 1958 

n. 126, art. 7; cod. strad., artt. 3 e 4). 
Se spetti al Prefetto ovvero al Sindaco la competenza ad emettere i provvedimenti 
di riduzione in pristino che riguardino tratti di strade statali compresi 
nei centri abitati non superiori a 20.000 abitanti (n. 271). 

DIFESA DELLO STATO 

Camere di commercio -Avvocatura dello Stato -Patrocinio -(r.d. 30 ottobre 
1933, n. 1611, art. 43). 

Se le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura siano ammess~ 
a godere del patrocinio dell'Avvocatura dello Stat.o sia pure in relazione 
a vertenze concernenti l'esercizio di funzioni in materia forestale ad esse attribuite 
dalla legislazione in vigore (n. 33). 

Enti diversi dallo Stato -Opera Nazionale di Assistenza per il Personale dei 
Servizi Antincendi e della Protez.ione Civile -Patrocinio erariale -Spettanza 
-Limiti -(r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; r.d. 5 febbraio 1891, 

n. 99, art. 123, terzo comma). 
Se. l'Opera Nazionale di Assistenza per il Personale dei Servizi Antincendi 
e della Protezfone Civile goda del patrocinio legale, anche solo facoltativo, 
dell'Avvocatura dello Stato (n. 32). 

Istituti professionali di Stato -Patrocinio dell'Avvocatura -Esclusione -(r.d. 
30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; l. 16 novembre 1939, n. 1889, art. 1; r.d. 
8 giugno 1940, n. 779; r.d.l. 21 settembre 1938, n. 2038, art. 9; l. 2 giugno 1939, 

n. 739). 
Se gli Istituti professionali di Stato siano ammessi alla assistenza � al 
patrocinio legale dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 43 del t.u. 30 ottobre 
1933, n. 1611. 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alloggi F.S. -Cessione in propriet� -Danneggiamento o distruzione ripristino Mutuo 
agevolato -Accensione di ipoteca -(d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 18; 

l. 27 aprile 1962, n. 231, art. 9; d.l. 6 ottobre 1972, n. 552, art. 4; l. 2 dicembre 
1972, n. 734). 
Se l'assegnatario di alloggio delle Ferrovie dello Stato, che abbia stipulato 
contratto di cessione in propriet� ai sensi del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, possa 
accendere ipoteca sull'immobile al fine di godere del mutuo agevolato per il 
ripristino di abitazioni danneggiate o distrutte dal terremoto, ai sensi dell'art. 4 
del d.!. 6 ottobre 1972, n. 552 (convertito in legge ~2 dicembre 1972, n. 734) 

(n. 261). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 75 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Elettrodotto a servizio di ferrovia -Concessione d'uso della linea elettrica Prescrizione 
estintiva -Decorrenza -(cod. civ. artt. 625, 1073 e 1074; r.d. 
11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 123, quarto comma, e 129). 

Se, nella ipotesi di elettrodotti posti a servizio della ferrovia, ai fini della 
decorrenza della prescrizione di cui all'art. 1073 cod. civ. in relazione alla 
norma dell'art. 1074 stesso codice, per il venir meno dell'utilit� della servit�, 
occorra una parziale o tot~le demo�izione dell'elettrodotto ovvero la decorrenza 
stessa debba determinarsi gi� con riferimento al momento in cui si verifica 
la cessazione dell'uso della linea elettrica posta al servizio della ferrovia (n. 55). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

Chiesa di propriet� dello Stato -Uso pubblico a fini di culto -Ente ecclesiastico 
titolare -Concessione -Possibilit� limiti -(cod. civ. art. 831;' l. 21 dicembre 
1961, n. 1501, art. 4, primo comma). 

Se sia legittimo imporre all'ente ecclesiastico (parrocchia), titolare di un 
libero diritto di uso pubblico, per fini di culto, su un'antica chiesa di propriet� 
dello Stato, un atto di concessione contenente condizioni onerose (canone di 
concessione sia pure ricognitorio, obbligo di manutenzione e connesse responsabilit�) 
(n. 50). 

ESECUZIONE FORZATA 

Esecuzione forzata -Pignoramento -Beni successivamente dichiarati impignorabili 
-Ius superveniens -(c.p.c. art. 514 n. ; I. 8 maggio 1971, n. 302). 

Se, qualora dopo il pignoramento e nel corso del processo esecutivo sopravvenga 
una legge che dichiara assolutamente impignorabili i beni pignorati, 
di questi possa o meno legittimamente disporsi la vendita (n. 59). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Espropriazione parziale -Immobile aziendale -Determinazione dell'indennit� Deprezzamento 
valore commerciale -Computo -(l. 25 giugno 1865, n. 2359, 
a_rt. 39). 

Se nel caso di espropriazione parziale di un immobile aziendale possa 
applicarsi il criterio di determinazione dell'indennizzo di cui all'art. 39 della 
legge 25 giugno 1865, n. 2359 e conseguentemente possa tenersi conto, nella 
detta determinazione, del deprezzamento del valore commerciale dell'azienda 
quale componente della differenza tra valore originario dell'immobile e valore 
della parte dello stesso residuato dopo la parziale espropriazione (n. 349). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione parziale -Indennit� aggiuntiva 
per coltivatore diretto e fittavolo -(art. 17 l. 22 ottobre 1971, n. 865). 

Se anche nel caso di espropriazione parziale sia dovuta al proprietario 
coltivatore diretto e al fittavolo l'indennit� aggiuntiva prevista dall'art. 17 
della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (n. 350). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

FERROVIE 

Alloggi F.S . . Cessione in propriet� � Danneggiamento o distruzione ripristino � 
Mutuo agevolato . Accensione di ipoteca � (d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, 
art. 18; 1. 27 aprile 1962, n. 231, art. 9; d.l. 6 ottobre 1972, n. 552, art. 4; 

1. 2 dicembre 1972, n. 734). 
Se l'assegnatario di alloggio delle Ferrovie dello Stato, che abbia stipulato 
contratto di cessione in propriet� ai sensi del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, 
possa accende;re ipoteca sull'immobile al fine di godere del mutuo agevolato 
per il ripristino di abitazioni danneggiate o distrutte dal terremoto, ai sensi 
dell'art. 4 del d.l. 6 ottobre 1972, n. 552 (convertito in legge 2 dicembre 1972, 

n. 734) (n. 439). 
Autostrade . Distanze per l'edificazione � Costruzione di linee ferroviarie � (1. 
6 agosto 1967, n. 765, art. 12; 1. 24 luglio 1961, n. 279, art. 9; d.m. 1 aprile 1968). 

Se le distanze di rispetto stabilite a protezione del nastro autostradale 
con il d.m. 1 aprile 1968, n. 1404, emanato in applicazione dell'art. 19 della legge 
6 agosto 1967, n. 765, e che vanno osservate nella edificazione fuori del perimetro 
dei centri abitati e degli insediamenti previsti dai piani regolatori generali 
e dai programmi di fabbricazione,' siano applicabili anche per la costruzione 
di nuove linee ferroviarie (n. 438). 

Elettrodotto a servizio di ferrovia � Cessazione d'uso della linea elettrica � 
Prescrizione estintiva � Decorrenza (cod. civ. artt. 1073 e 1074; r.d. 11 dicembre 
1933, n. 1773, artt. 123, quarto comma, e 129). 

Se, nella ipotesi di elettrodotti posti a servizio della ferrovia, ai fini della 
decorrenza della prescrizione di cui all'art. 1073 cod. civ. in relazione alla norma 
dell'art. 1074 stesso codice, per il venir meno dell'utilit� della servit�, occorra 
una parziale o totale demolizione dell'elettrodotto ovvero la decorrenza stessa 
debba determinarsi gi� con riferimento al momento in cui si verifica la cessa� 
zione dell'uso della linea elettrica posta al servizio della ferrovia (n. 440). 

Ferrovie � Condizioni per l'immatricolazione e la circolazione dei carri privati 

F.S. . Accordo internazionale U.I.C. (Unione Internazionale delle Ferrovie) 
UIAP (Unione internazionale associazione propriet� carri privati) � Svia. 
mento carro privato � Rimessa in efficienza � Oneri � (art. 57 d.m. 13 settembre 
1966; art. 58 d.m. 13 settembre 1966). 

Se le spese sostenute dall'Azienda Autonoma delle ferrovie' dello Stato per 
rimuovere e rimettere in linea un carro privato sviato per cause rion imputabili 
all'Azienda medesima debbano essere poste a. carico del proprietario (n. 435). 

Imposte e tasse . Imposta sul valore aggiunto � Azienda Autonoma F.S. � Vendita 
a terzi di beni mobili e immobili � (art. 1 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; 
art. 4 d.P.R. 26 �ttobre 1972, n. 633). 

Se le vendite a terzi di mobili e immobili effettuate dalla Azienda Autonoma 
delle Ferrovie dello Stato debbano soggiacere all'imposta sul valore aggiunto 
di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (n. 436). 

Responsabilit� civile � Obbligo dell'ente proprietario di approntare difese per 
una protezione laterale delle strade � Limiti � (art. 11, 1. 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. F; art. 2, r.d. 31 ottobre 1873, n. 1687). 
Se sussista un obbligo generale dell'Amministrazione di apprestare difese 
per una protezione laterale delle strade ordinarie (parapetti etc.) preordinato 
ad impedire danni a terzi che possano eventualmente essere cagionati dal 
comportamento degli utenti (n. 437). 


NOTIZIARIO 


Congresso giuridico internazionale in occasione del centenario del� 
l'Avvocatura dello Stato. 

, Si � tenuto nei giorni dal 10 al 14 maggio 1976, presso il moderno 
Auditorium della Tecnica all'EUR, in Roma, il 1� Congresso giuridico 
internazionale sul tema �La difesa delle Amministrazioni dello Stato nei 
procedimenti giudiziari�, indetto nel quadro delle celebrazioni del centenario 
dell'Avvocatura dello Stato, al quale hanno partecipato delegazioni 
di oltre cinquanta Istituzioni estere investite nei rispettivi Paesi dei compiti 
di consulenza legale e dj rappresentanza delle Amministrazioni dello 
Stato in giudizio. 

Per la prima volta si sono trovati insieme giuristi di tutte le parti 
del mondo, che ricoprono, nell'ambito delle rispettive strutture costitu
�zionali nazionali, incarichi di preminente responsabilit� ed ai quali sono 
affidate funzioni essenziali per la tutela degli interessi della collettivit� 
e per l'attuazione pratica, nel quotidiano confronto delle istanze pubbliche 
e private ,dello � Stato di diritto � . 

Le singole delegazioni presenti ai lavori congressuali erano, infatti, 
cos� composte: 

AUSTRIA 

Wilhelm TRIMMEL 
Prasident Finanzprokuratur. 
Gerard K�:icKEIS 
Stellvertreter des Prasident der Finanzprokuratur. 
Winfried BAUERNFEIND 
Oberprokuratursrat Finanzprokuratur. 
Gerhard KUBICZEK 
Prokuratursrat Finanzprokuratur. 

BULGARIA 

Goleminov TCHOUDOMIR 
Membre du Conseil Scientifique et Methodologique Prof. de Droit 
Civil -Minist�re de la Justice. 



78 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CIPRO 

Criton G. ToRNARITIS 
Attorney General -Attorney General's Office. 
George LADAS 
Chairman Bar Council. 
Lefcos CLERIDES 
Secretary General -Bar Association Council. 
Costantinos INDIANOS 
Advocate M.A. Private Practice. 

COLOMBIA 

Jaime SERRANO RUEDA 

1 
Procurador General -Procuradur�a General de la Naci�n. 
Rodolfo GARCIA 0RDONES 
Procurador Delegado para el Ministerio Publico -Procuradur�a Generai 
de la Naci�n. 

COMUNIT� EUROPEE -SERVIZIO GIURIDICO 

Giancarlo OLMI 
Direttore Generale ad interim Servizio Giuridico Commissione Comunit� 
Eilropee. 

George CLOSE 
Principal Legal Adviser Legai Service of the Commission of the European 
Communities. 

Peter KARPENSTEIN 
Conseiller J uridique Service J uridique de la Commission des Communaut�s 
Europ�ennes 

Bernard PAULIN 
Conseiller Juridique Service Juridique de la Commission des Communaut�s 
Europ�ennes. 

GOMUNIT� EUROPEE -CORTE. DI GIUSTIZIA 

Robert LECOURT 
Presidente della Corte di Giustizia Commissione delle Comunit� 
Europee. 

Francesco CAPOTORTI 
Giudice della Corte di Giustizia Commissione delle Comu,nit� Europee. 
Paolo GoRI. 
Referendario -Corte d� Giustizia Commissione delle Comunit� Europee. 



P,ARTE II, Jl!OTIZIARIO 

CUBA 

Santiago CUBA FERNANDEZ 
Fiscal Genera! -Fiscal�a Genera! de la Rep�blica. 
Ren� BURGUET FLORES 
Vice Fiscal Genera! -Fiscal�a Genera! de la Rep�blica. 

DANIMARCA 

Poul ScHMITH 
Kammeradvokat Kammeradvokaturen. 
Jesper LETT 
Advocat -Kammeradvokaturen. 
Gregers LARSEN 
Advokat -Kammeradvokaturen. 

ECUADOR 

Mario ERAZO DEL CASTILLO 
Procurador Genera! -Procuradur�a Genera! de la Naci�n. 

EGITTO 

Moustafa Mahmoud ABu ALAlVI 
President Legal Dept. of the State. 
Mohamed E. ZAHRAN 
Vice President Legal Dept. of the State. 
Said Ahmed RosHDI 
Vice President Legal Dept. of the State. 
Ahmed EL BAGOURI 
Councellor Legal Dept. of the State. 

FILIPPINE 

Estelito P. MENDOZA 
Solicitor Genera! -Solicitor General's Office. 
Reynato S. PuNo 
Assistent Solicitor Genera! -Solicitor General's Office. 
Santiago M. KAPUNAN 
Assistent Solicitor Genera! -Solicitor General's Office. 

FINLANDIA 

Risto LESKINEN 
Chancellor of Justice Oikeuskanslerinvirasto. 



/ 

80 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Mikael HIDEN 
Professor of Constitutional Law University of Helsinki. 
Olli SALORANTA. 
Master of Law Office of Chancellor Justice. 


FRANCIA 

Pierre LIMOUZINEAU 
Chef du Service Juridique et Agent Jud. du Tr�sor Public -Minist�re 
de l'Economie et des Finances. 

GERMANIA FEDERALE 

Kurt NEIS 
Oberbundesanwalt beim Bundesverwaltungsgericht. 
Wilfried ZIELKE 
Oberstaatsanwalt beim Bundesverwaltungsgericht. 
Dietrich LODEN 
Richter am Verwaltungsgericht Bundesministerium der Justiz. 


GRAN BRETAGNA 

. Gordon SLYNN, Q. C. 

Leading Treasury Counsel. 

Roger MuNROW 

Solicitor -Trasury Solicitor Department. 

Michael DE WINTON 

Deputy Legal Secretary -Attorney General's Chambers. 

SCOZIA 

John Herbert Mc CLUSKEY, Q. C. 
Solicitor General for Scotland Lord Advocate's Chambers. 
William G. CHALMERS 
Crown Agent Lord Advocate's Chambers. 
Anna POLLOCK 
Private Secretary to the Scottish law Officers. 


GRECIA 

Costantin TSAGARAKIS 
Pr�sident du Conseil Juridique de l'Etat -Conseil Juridique de l'Etat. 
Jean MISAILIDIS 
Assesseur pr�s le Conseil Juridique de l'Etat -Conseil Juridique de 

l'Etat. 



PARTE II~ NOTIZIARIO 81 
GUATEMALA 
Jos� Maria Moscoso ESPINO 
Procurador Generai -Procuradur�a Generai de la Naci�n. 
Jos� Maria Moscoso DuARTE 
Abogado y Notario Ministerio Publico. 
INDIA 
Niren DEY 
Attorney Generai -Attorney's Generai Office. 
N. K. SHARMA 
Attach� Embassy in Rome. 
IRAN 
Al� SEDARATE 
Pr�sident de section de la Cour de Cassation. 
IRAQ 
Munthir ALSHAWI 
Minister of Justice -Ministry of Justice. 
Abdul RAZZAQ MUBARAQ 
Generai Manager of Justice -Ministry of Justice. 
Ghassan ALAALOUSI 
Generai Public Prosecutor -Ministry of Justice. 
IRLANDA 
Declan COSTELLO, S.C., T.D. 
Attorney Generai -Attorney General's Office. 
Liam LYSAGHT, LL. B. 
Chief State Solicitor -Attorney General's Office. 
ISRAELE 
Michael CHESHIN 
Deputy Attorney Generai -Ministry of Justice. 
JUGOSLAVIA 
Mirko BESAROVIC 
Substitut de l'Avocat G�n�ral F�d�ral -Office 
F�d�ral de la Republic de Yougoslavie. 
de l'Avocat G�n�ral 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Gabriel JuG 
Avocat G�n�ral de la R.S. de Croatie -Office de l'Avocat G�n�ral de 
Croatie. 
Ramiz CRNISANIN 
Substitut de l'Avocat G�n�ral F�d�ral -Office de l'Avocat G�n�ral 
F�d�ral. 

MALTA 

Edgar M1zz1 
Attorney Genera! -Attorney General's Office. 
J oe SCHEMBRI 
Embassy Counsellor -Malta Embassy in Roma. 

MAROCCO 

Hassan EL OUFIR 
Avocat G�neral pr�s la Cour Supr�me Min�st�re de la Justice. 

MESSICO 

Socrates HUERTA GRADOS 
Director Generai Jur�dico y Consultivo -Procuradur�a Generai de la 
Republica. 

NORVEGIA 

Bjorn HAUG 
Attorney General-civil affairs Regjeringsadvokatembetet. 
Sverre OsTEN~VIK 
Assistant Attorney Generai -civil affairs Regjeringsadvoketembetet. 
Agnes HAUG 
Deputy Director Ministry of Justice. 

PAESI BASSI 

J;:duard DROOGLEEVER FORTUYN 
Landsadvocaat Private Law Firm. 
Johan Van der DoES 
Deputy Landsadvocaat Private Law Firm. 

PARAGUAY 

Clotildo JIMENEZ BENITEZ 
Fiscal Generai del Estado -Ministerio P�blico. 


PARTE II, NOTIZIARIO 83 

PER� 

Alfonso ELIAS 

Procurador General de la Rep�blico -Consejo de Defensa Judicial del 

Estado. 
Juan ZEA 

Procurador General de la Rep�blico -Consejo de Defensa Judicial del 

Estado. 
Antero ASPILLAGA 
Economista Consejo de Defensa Judicial del Estado. 

POLONIA 

Fran�ois� SADURSKI 
Avocat -Vice Pr�sident Association des Juristes Polonais. 
Mieczyslaw TYCZKA 
Professeur de droit civil Universit� de Pozn�n. 

PORTOGALLO 

Guilherme Federico DIAS PEREIRA DA FONSECA 
Adjoint du Procureur G�n�ral de la R�publique -Procurador�a General 
da Republica. 

ROMANIA 

Gheorghe CEAUSESCU 
Seful Oficiului Juridic -Ministerul Justitiei. 
Dumitru HOGEA 
Consilier Juridic -Ministerul Justitiei. 

SENEGAL 

Amadou Louis GUEYE 
Conseiller � la Cour Supr�me Minist�re de la Justice. 
Jean MAROUN 
Agent Judiciaire de l'Etat Minist�re de la Justice. 

SIRIA 

Mazhar AJLANI 
Conseiller � la Haute Cour Administrative -Haute Cour Administrative. 
Ghazi RouJOULEH 
Conseiller -Adjoint Conseil d'Etat. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

SOMALIA 

Mohamed AWES AFRAH 
Sostituto Avvocato Generale dello Stato -Avvocatura Generale dello 
Stato. 

Iaslam ABDALLA SAID 
Sostituto Avvocato Generale dello Stato -Avvocatura Generale dello 
Stato. 

SPAGNA 

Alvaro SIERRA RUIZ 
Subdirector Generai de lo Contencioso -Direcci6n Generai de lo Contencioso. 


Manuel PEREZ TEJEDOR 
Subdirector Contencioso -Direcci6n . Generai de lo Contencioso. 
Jos�-Luis LLORENTE BRAGULAT 
Subdirector Contencioso -Direcci6n Generai de lo Contencioso. 
Jos� Maria AMUSATEGUI DE LA CIERVA 
Secretario Generai -Direcci6n Generai de lo Contencioso. 
Arturo ROMANI BIESCAS 
Jefe del Servicio de Estudios -Direcci6n Generai de lo Contencioso. 

SRI LANKA 

Shivakumaran PASUPATI 
Attomey General -Attorney General's Department. 

SUDAN 

Suliman IBRAHIM 
Advocate Generai -Attorney General's Chamber. 

SVEZIA 

Ingvar GuLLNAS 
Chancellor of Justice -Chancellor of Justice Office. 

Bengt LAMBE 
Head Department of the Chancellor of Justice -Chancellor of Justice 
Office. 

SVIZZERA 

Bernhard MiiLLER 
Vice Direttore Servizio Guiridico Amministrazione Federale delle 
Finanze. 


PARTE II, NOTIZIARIO 

THAILANDIA 

Utis VIRAVATANA 
Senior Public Prosecutor Dept. of Public Prosecution -Ministry of 
lnterior. 

Komain BHATARABHIROMYA 
Department of Public Prosecution. 

TUNISIA 

Ahmed EL ANNABI 
Chef du Contentieux de l'Etat -Minist�re des Finances. 
Kalifa KAHLOUL 
Substitut du Procureur de la R�publique -Minist�re de la Justice. 

TURCHIA 

Sahir KIN�MAN 
Chief Juridical Counsellor & Generai Director of Contentious Affaires 
Ministry of Finance. 

Ilhan KuTAY 
Juridical Counsellor -Ministry of Finance. 
Ismet BILGIN 
Director Contentious Affairs -Ministry of Finance. 

UGANDA 

Joseph KAKOOZA 
Judge of the High Court -Ministry of Justice. 

UNGHERIA 

Gyula FooOR 
Direttore del Gruppo Affari Legali -Ministero della Giustizia. 
"Edith RODER 
Vice Presidente Consiglio Naz. Avvocati -Ministero della Giustizia. 

U.S.A. 
Antonin ScALIA 
Assistant Attorney Generai -Office of Legai Counsel U.S. Department 
of Justice. 

Rex E. LEE 
Assistant Attorney Generai -Civil Division U.S. Department of Justice. 
Bruno A. RISTAU 
Chief Foreign Litigation, Civil Division U.S. Department of Justice. 


RASSEGNA DELL'AWQCATURA DELLO STATO 

VENEZUELA 

Eduardo RAMIREZ LOPEZ 
Procurador General -Procuradoria General de la Republica. 
Clemencia LARA DE RAMos 
Director de Asesoria del Estado -Procuradoria General de la Republica. 
Dimas URDANETA 

Director de Personeria de la Naci�n � Procuraduria General de la Re


publica. 

Della delegazione italiana, presieduta dallo stesso Avvocato Generale 
Giovanni Zappal�, facevano parte i vice avvocati generali Rocco Di Ciommo, 
Francesco Agr� e Giuseppe Azzariti. 

Onde giungere ad una pi� approfondita conoscenza comparativa dei 
vari sistemi esistenti nei diversi ordinamenti e consentire, quindi, un 
pi� fruttuoso scambio di esperienze e di opinioni sui problemi e sulle 
questioni di comune interesse, in vista delle finalit� del Congresso, ciascuna 
delle Istituzioni aderenti all'iniziativa aveva in precedenza fatto 
pervenire -dietro richiesta del Segretariato del Congresso -un proprio 
rapporto illustrativo del sistema in cui nel rispettivo Stato si provvede 
alla difesa in giudizio degli interessi delle amministrazioni statali nelle 
controversie con i privati o con altri enti pubblici,�della propria struttura 
organizzativa, della propria posizione nell'ordinamento giuridico, dei propri 
compiti e dei modi concreti di esplicazione della propria attivit� istituzionale, 
affrontando inoltre le questioni di particolare attualit� e di pi� 
rilevante interesse emergenti nella concreta esperienza dell'Istituzione (ad 
esempio negli Stati federativi o regionali i riflessi che derivano sull'attivit� 
delle Istituzioni da eventuali controversie con Stati membri o regioni; 
i problemi che sorgono negli Stati facenti parte di strutture sovranazionali, 
come la Comunit� economica europea o la Comunit� Andina; le 
questioni relative alla difesa di particolari enti pubblici ovvero degli enti 
attraverso cui lo Stato opera come imprenditore economico, e�c.). 

Sulla base dei rapporti nazionali sono state quindi elaborate tre 

relazioni generali di sintesi, in modo di agevolare una valutazione '�om


parativa ed un comune discorso, sui seguenti profili del tema generale: 

1) �gli ordinamenti e sistemi per la difesa e consulenza legale delle 

Amministrazioni dello Stato �; 

2) � la difesa della Pubblica Amministrazione davanti ai giudici �; 

3) � i rapporti tra le Istituzioni e la Pubblica Amministrazione �. 

La predisposizione delle anzidette tre relazioni, volendosi tener conto 

di esperienze differenziate, � stata rispettivamente affidata: all'avv. Rocco 

Di Ciommo, vice avvocato generale dell'Avvocatura dello Stato, all'avvo� 


PARTE II, NOTIZIARIO 

cato Giancarlo Olmi, Direttore Generale aggiunto del Servizio Giuridico 
della Commissione delle Comunit� Europee. al dr. Gerard Kockeis, stellvertreter 
des Prasidente der Finanzprokuratur dell'Austria. 

Tale accurata preparazione � risultata determinante per la produttivit� 
ed il successo dei successivi lavori congressuali. 

Nella giornata inaugurale del 10 maggio alla presenza di autorit� 
civili e militari, dei rappresentanti del Corpo Diplomatico e di insigni 
esponenti del mondo del diritto, il Ministro di Grazia e Giustizia prof. Francesco 
Paolo Bonifacio, a nome del Governo italiano, ha cos� salutato i 
congressisti: 

� Sono lieto di porgere, a nome del Governo della Repubblica, il saluto 
di benvenuto alle Delegazioni nazionali partecipanti al Congresso Giuridico 
Internazionale sulla difesa delle Amministrazioni dello Stato nei procedimenti 
giudiziari. 

� un saluto particolarmente caloroso, che vorrei rivolgere anche a 
titolo personale di colleganza, quale uomo di legge, a tanti e tanto eminenti 
giuristi convenuti da ogni parte del mondo. 

L'occasione del centenario dell'Avvocatura dello Stato � stata per 
certo assai felic_emente colta per l'organizzazione di un Congresso dell'interesse 
di quello alla cui apertura ho oggi l'onore di partecipare ed a 
cui desidero augurare un successo che, date le premesse, non potr� che 
realizzarsi pienamente. 

L'Avvocatura dello Stato italiano, che gi� tanti meriti ha saputo 
acquistarsi nella sua costante opera di consulenza e di difesa in giudizio, 
si accredita ora, con la promozione e l'organizzazione di questo Congresso, 
di una ulteriore non piccola benemerenza di fronte al Governo che ho 
l'onore di rappresentare. 

Il tema posto al Congresso, la difesa dello Stato in giudizio, non � 
certo nuovo: come bene ha ricordato nel suo discorso d'apertura l'Avvocato 
Generale dello Stato, esso si pose in embrione fin dai tempi della 
Roma augusta e si present� in tutta la sua importanza, con l'onda di 
rinnovamento dei movimenti culturali che nutrirono la Rivoluzione francese, 
come corollario del principio dello Stato di diritto e di quello di 
legalit� dell'azione amministrativa. 

Se il tema non � nuovo, certo �, per�, che esso acquista oggi una 
importanza nuova. I primi sistemi di difesa giudiziaria della Pubblica 
Amministrazione furoI1o, infatti, astretti in anguste dimensioni patrimonialistiche, 
proporzionate alla concezione paleoliberale dello Stato puro 
� guardiano �. Il tumultuoso sviluppo della civilt� moderna e l'ampliarsi 
dei suoi orizzonti, l'emergere della necessit� di un indirizzo politico volto 
al progresso ed alla giustizia sociale, hanno determinato un progressivo 


90 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sorto in embrione con l'Impero quando, separatosi il fiscus dall'aerarium, 
si venne a concepire una personalit� patrimoniale autonoma dello 
Stato, l'istituto del difensore dello Stato in giudizio non ebbe, nella prima 
et� imperiale, una precisa fisionomia, cumulando in s� anche competenze 
giurisdizionali. 

La riforma dell'imperatore Adriano, chiara ed organica, deline� per 
la prima volta nettamente la figura dell'advocatus fisci: difensore di tutti 
gli interessi patrimoniali dello Stato, sia in sede consultiva che in sede 
contenziosa, dinanzi ai giudici tributari, che presero il nome di � procuratores 
caesaris �. La carica divenne prestigiosa e Papiniano fu, indubbiamente, 
il pi� grande fra gli advocati fisci, svolgendo la sua opera nei 
tempi felici di Settimio Severo imperatore che, legibus solutus, soleva 
proclamare nei rescritti il suo profondo rispetto per le leggi. 

D'altronde non pu� stupire che un istituto giuridico, che corrisponde 
a ben precise esigenze di una societ� giunta ad un certo livello di sviluppo 
e di articolazione, affondi le sue radici nella tradizione romana. Ogni 
grande civilt� ha una sua precisa inclinazione, eccelle in uno od altro 
campo di elezione, ha un suo � genio �. 

Cos�, se i greci eccelsero nel sentimento del bello, i romani non 
ebbero rivali nel sentimento del � giusto �. Il loro genio fu quello del 
diritto e ben pu� dirsi che ancora oggi la scienza del diritto -e lo stesso 
diritto positivo -utilizzano i frutti di un millennio di esperienza giuridica 
romana. Ad essa dobbiamo il linguaggio comune che permette ai 
giuristi di ogni parte del mondo, al di l� di ogni differenza di �sistema�, 
un proficuo scambio di esperienze e di opinioni, cos� come la universalit� 
del simbolismo matematico consente una comunicazione immediata fra 
i cultori di quella scienza. 

Come � stato, giustamente, osservato dal Rheinstein -e per fare 
un solo esempio di riduzione delle diversit� all'unit� romana della matrice 
-il giudice anglosassone che rende giustizia in sistema di � common 
law � non � meno figlio dei giureconsulti di Roma di quanto non 
lo sia il suo collega francese o tedesco, interpreti di una codificazione, 
perch� cos� l'antico pretore come Giuliano e Giustiniano fanno parte, 
ad ugual titolo, della storia del diritto romano. 

Non � un caso che l'et� di mezzo segni la scomparsa non solo del 
difensore dello Stato ma, addirittura, del problema della difesa dello 
Stato in giudizio; e non � certo un caso che il problema si sia riproposto 
solo nel tardo settecento, sollecitando il pi� illuminato e progressista 
degli ultimi sovrani assoluti, Pietro Leopoldo di Toscana, ad assoggettare 
i suoi beni e la sua Amministrazione al giudizio dei suoi giudici, provvedendosi 
di un adeguato difensore con il richiamare, all'uopo, in vita l'antico 
istituto romano. 



PARTE II, NOTIZIARIO 

Anche Pietro .Leopoldo, legibus solutus al pari di Settimio Severo, 
soleva proclamarsi, come l'imperatore romano, � primo servitore delle 
leggi�. La coincidenza trascende la mera curiosit� storica di una identit� 
di vedute tra sovrani � progressisti � a distanza di millecinquecento anni. 
e permette di tenere per fermo che il problema della difesa dello Stato 
in giudizio �, in primo luogo, problema che sorge -quale che sia la 
soluzione adottata -in civilt� avanzate ed articolate; � problema che 
sorge, i:. secondo luogo, quando nella valutazione dell'operare pubblico, 
l'esigenza di giustizia comincia a condizionare il principio di autorit�. 

Tanto c.i� � vero che, per il periodo anteriore della storia d'Europa, 
solo nell'Inghilterra della Magna Charta -tanto pi� avanzata sul piano 
delle libert� civili rispetto agli Stati continentali -si � da taluno riconosciuto 
un erede dell'advocatus fisci, in Bacone di Verulamio, che, solo 
degno continuatore dell'opera di Papiniano, nella sua attivit� si era 
sempre attenuto al principio ermeneutico: � in dubiis quaestionibus 
contra fiscum �. 

La storia, dunque, ci autorizza a riconoscere in Papinian:o l'antesignano 
e l'alto patrono del difensore dello Stato in giudizio. In pi�, come 
accennavamo all'inizio, l'avvocato dello Stato italiano � legato all'antico 
giureconsulto da un ulteriore sottile legame di carattere sentimentale, 
piuttosto che storico o giuridico. 

Il fondatore del nostro Istituto, Giuseppe Mantellini -che gi� era 
stato Avvocato Regio del Granduca di Toscana -scriveva ai suoi colleghi 
e collaboratori: � bene lo scegliersi un esemplare di qualche grande 
uomo, da vivere con gli occhi sempre a lui e operare come sotto ai suoi 
occhi. Avvocato di Casa Imperiale e dei Sacri Erari: Papiniano � il nostro 
precursore, o giureconsulti di Stato... ecco il modello nostro�. Al di l� 
delle parole, riflesso di uno stile ancora in uso in pieno meriggio romantico, 
occorre cogliere nel messaggio del Mantellini una precisa e felice 
intuizione che ha informato, fin dall'inizio, il nostro Istituto e che ne 
costituisce ormai patrimonio ideale. L'intuizione -che gi� era stata del 
giureconsulto romano -del collegamento fisiologico tra istituzioni della 
difesa dello Stato in giudizio ed esigenza dell'affermazione di un principio 
di giustizia a scapito del principio di autorit�: � eodem foro utuntur 
principatus et libertas �. 

In definitiva, solo i tiranni non hanno bisogno di avvocati ed uno 
stato libero e democratico, quanto pi� rifugge da moduli autoritari, 
tanto pi� deve premunirsi di adeguata difesa per tutelare i propri interessi 
dinanzi ai suoi giudici, tenendo presenti due parametri assai precisi 
e non derogabili per lo svolgimento di tale difesa: il tecnicismo dell'attivit� 
necessaria e l'autonomia della corrispondente funzione. 


Per vero, l'assoggettamento dell'esecutivo al giudiziario � solo uno 
dei tanti modi in cui pu� realizzarsi il fine dello Stato di diritto e attuarsi 


92 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il principio di legalit� dell'azione amministrativa o, se si preferisce, la 
giustizia nell'amministrazione. La logica non vieta -come ci conferma 
anche l'esperienza storica -che lo stesso' risultato possa essere raggiunto 
con strumenti diversi. Certo �, per�, che il meccanismo dialettico 
del processo, con lo sdoppiamento dello Stato nelle due persone dell'esecutivo-
giudicato e del giudiziario-giudicante costituisce il sistema formalmente 
pi� garantistico e di gran lunga il pi� diffuso. 

Esso comporta, per� -accanto all'indefettibile presupposto di un 
giudice in veste neutra ed imparziale -la risoluzione di un problema 
tecnico e di un problema istituzionale. Appare, in primo luogo, evidente, 
infatti, che l'uguaglianza fra Stato e cittadino di fronte al processo deve 
comportare anche la necessit� che, sul piano dei requisiti di ordine tecnico, 
le difese dell'uno e dell'altro siano, in astratto, assicurate con 
strumenti di pari validit�. Quale che sia il sistema di difesa dello Stato 
in giudizio prescelto e quale che sia il sistema di reclutamento dei patrocinatori, 
cui quella difesa � affidata, appare, dunque, essenziale garanzia 
di buon funzionamento del sistema l'alto loro livello di preparazione 
tecnico-professionale. 

Sul piano istituzionale, poi, occorre rilevare che la funzione difensiva 
� largamente condizionata dall'indipendenza del difensore, indipendenza 
che costituisce, d'altronde, una delle garanzie di imparzialit� della magistratura. 


La necessaria indipendenza dell'avvocato si muove, d'altronde, su 
due piani distinti, quello del rapporto con le autorit� pubbliche e quello 
del rapporto con il cliente, caratterizzato l'uno da un principio di � indifferenza 
�, informato l'altro all'autonomia critica. 

Identica situazione si presenta in un'avvocatura-organo, composta di 
avvocati-funzionari, in quanto le differenze con i liberi professionisti 
attengono, per questo profilo del problema, non alla natura esterna delle 
funzioni esercitate, sebbene soltanto al momento contenutistico interno 
del rapporto di prestazione d'opera. 

La particolare natura del �cliente,, -lo Stato -determina peraltro, 
ferma la essenziale indipendenza politica e tecnica della avvocatura 
organo pubblico, un arricchimento. delle funzioni rispetto a quelle dell'avvocato 
libero professionista, costituendola in veste � giustiziale � con 
il compito di fornire -in vista dello scopo ultimo per cui � istituita un 
primo controllo di legalit� dell'azione amministrativa. 

�Potrebbe forse arrivare a dirsi che, come la libera professione dell'avvocatura 
assurge a livello di funzione di pubblico interesse nella 
misura in cui l'onest� intellettuale dell'avvocato modera lo spirito di 
litigiosit� del privato, cos� l'avvocatura-organo dello Stato, costituita per 



PARTE II, NOTIZIARIO 

il perseguimento dell'interesse pubblico, vede istituzionalizzata tale opera 
di moderazione sub specie di primo controllo di legalit� dell'opera dell'Amministrazione, 
la cui difesa in giudizio deve essere assunta solo nella 
convinzione di sostenere la legittimit� di un comportamento dei pubblici 
poteri effettivamente conforme a legge. 

Questo �, comunque, solo uno dei temi di discussione e di approfondimento 
che potranno attirare l'attenzione dei sigg.ri cong:ressisti. Altri 
\_ ne emergono e ne emergeranno dall'ampia documentazione raccolta attra\\_ 
verso gli' ampi rapporti naziohali che hanno offerto un completo pano


�==,-,\. rama delle diverse soluzioni e dei diversi sistemi adottati negli Stati le 

'\\_ cui rappresentanze abbiano l'onore di ospitare. 

""\_ Basti ricordare in proposito le interessantissime relazioni generali 
.,\predisposte dalla� Commissione delle Comunit� Europee e dalla Finanz-,
c'�rokuratur austriaca, a cui ci lega il particolare rapporto che corre fra 

\'Juzioni.affini. 

\~ono certo che il Congresso che si apre oggi porter� ulteriori con\
l\e porr� nuovi stimolanti interrogativi sui grandi temi della quoti"'"
erienza di lavoro di noi tutti,. esperienza che �, in definitiva, 
\~cinante di chi opera sulla linea di demarcazione fra l'autorit� 

-.. 

\~ la libert� dei singoli all'insegna di un principio di ugua\
1ome della giustizia. � facile, in casi come questo, essere 
.\';revedere che questo Congresso internazionale dar� frntti 
\,~ccezionale livello delle personalit� e delle istituzioni 

\;ci, 

"�r. 

'''1,tre vada, anche a nome di tutti gli avvocati e 
\ltaliani, il mio pi� caloroso ringraziamento per 
\,~ e l'augurio che questo nostro incontro possa 
'\_creazione di .-un organismo per.manente . di 
��c\p.i e di comunicazioni per il pi� attento, 
,db delle nostre funzioni, che, tutti, pur nella 
_,p-�ndono alla vitale esigenza di garantire, attra_. 
.:tfuministrazione della giustizia, l'attuazione di un.a 

..�framministrazione �,

.���� 

.. tl'ella giornata inaugurale i congressisti hanno provveduto a 
-~ �Comitato di Presidenza nelle persone del dr. Wilhelm Trimmel 

_.sident der Finanzprokuratur -Austria), di Mr. Gheorghe Ceausescu 
(Seful Of�ciului Juridic Ministerul Iustitiei -Romania), del dr. Niren Dey 
(Attorney Genera} -India), di Mr. Amadou Louis Gueye (Conseiller � la 
Cour Supr�me -Senegal), di Mr. Ingvar Gullnas (Chancellor of Justice Svezia), 
del dr. Eduardo Ramirez Lopez (Procurador General de la Republica 
-Venezuela). 


94 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Chiamato a presiedere il Comitato di Presidenza, il dr. Trimmel, 
prima di introdurre i .lavori, ha rivolto alle delegazioni il seguente 
mes.'.'aggio: 

�Il Congresso Giuridico Internazionale in occasione del centenario 
dell'Avvocatura dello Stato italiana riunisce i rappresentanti di 50 Stati 
partecipanti e delle Comunit� Europee. Si sono dati qui convegno, provenienti 
da tutto il mondo, i funzionari delle Istituzioni preposte alla 
tutela giuridica dello Stato. 

Si pu� dunque parlare di un vero e proprio consesso di eminenti 
personalit� del mondo giuridico, che hanno voluto onorare me ed i miei 
cinque colleghi eleggendoci membri del Comitato di Presidenza. Considero 
inoltre un onore particolare la mia elezione a Presidente di tale 
Comitato, ed in questa veste vorrei rivolgere ora alcune parole a questa 
Assemblea, prima ancora dell'apertura dei lavori. 

L'occasione del centenario dell'Avvocatura dello Stato riveste una importanza 
tale da suscitare il palese interesse dei pi� eminenti rappresentanti 
della vita giuridica italiana. Vorrei, anche a nome delle singole 
Istituzioni, porgere quindi a Voi, rappresentanti dei Ministeri, della giurisdizione 
e dell'amministrazione, della giurisprudenza, come anche ai 
colleghi esponenti della libera professione legale, il nostro cordiale saluto. 

Tuttavia, festeggiandosi appunto il giubileo dell'Avvocatura dello 
Stato, � a questa illustre Istituzione che vorrei ora rivolgermi direttamente. 


Abbiamo tutti accolto con piacere l'invito a partecipare al Congresso. 
Siamo a conoscenza delle difficolt� che la preparazione di un tale Congresso 
comporta. Vorrei quindi rivolgermi a Sua Eccellenza l'Avvocato 
Generale dello Stato Giovanni Zappal�, considerandoLo uno degli artefici 
principali di questo incontr? a livello mondiale dei giuristi appartenenti 
alle varie Istituzioni che presentano affinit� con l'Avvocatura dello Stato. 
Sento quindi la necessit�, stimatissimo Signor Avvocato Generale dello 
Stato, di esprimerLe, anche a nome del mondo giuridico, rappresentato 
in questo Congresso, la gratitudine ma anche l'ammirazione che la riuscita 
di questo incontro ci ispira. Il materiale raccolto per i lavori, ormai 
imminenti, del Congresso � molto promettente. Le .relazioni pervenute 
dai singoli Stati ed illustranti le loro rispettive Istituzioni, come anche 
le relazioni generali che ne sono risultate, offrono gi� di per s� un'abbondante 
materiale scientifico per la storia dell'amministrazione e del diritto. 

Di conseguenza il Congresso, ancor prima di iniziare, ha gi� raggiunto 
uno scopo molto importante. Non ho alcun dubbio che gli ulteriori lavori 
che si svolgeranno in seno a questo Congresso saranno coronati da pieno 
successo, facendo s� che il Congresso stesso rimarr� negli annali, o meglio 
nei fasti trionfali, di Roma quale memorabile opera dell'Avvocatura dello 
Stato sotto la direzione di Sua Eccellenza~l'Avvocato Generale dello Stato. 



PARTE II, NOTIZIARIO 

II mio ringraziamento sia altres� rivolto agli .autori delle singole relazioni, 
che ci hanno fornito un quadro cos� chiaro e sintetico della situazione 
organizzativa e giuridica delle loro rispettive Istituzioni. 

Vorrei inoltre esprimere agli autori dei rapporti generali le mie felicitazioni 
per essere riusciti a fornire in sintesi la materia e le basi generali 
per i lavori che il Congresso dovr� svolgere. 

A questo proposito il rp.io pensiero va in primo luogo ad un altro 
artefice del presente Congresso, e cio� al Vice Avvocato Rocco Di Ciommo, 
autore del primo rapporto generale, al quale esprimiamo la nostra gratitudine. 
Avendo avuto la possibilit� di seguire da vicino i lavori preparatori 
del Convegno, vorrei anche ricordare il Segretario. Generale, Avvocato 
Giorgio Zagari, che ha svolto un lavoro, direi, degno di Ercole: 
anche a lui, quindi, i migliori auguri per un brillante esito del Congresso. 

Prima di introdurre le relazioni generali quali documenti di base per 
il nostro lavoro, vorrei fare una breve osservazione relativa all'Istituzione 
dell'Avvocatura dello Stato. 

Essa, come gi� saprete, venne creata con un decreto del 16 gennaio 
1876. Prima dell'unificazione dell'Italia esistevano al Sud le Agenzie 
del Contenzioso, e negli altri Stati italiani l'avvocato patrimoniale, il procuratore 
fiscale ed erariale e l'avvocato regio. Dopo l'unificazione, furono 
create le Direzioni Generali del Contenzioso Finanziario e finalmente, 
sulla base delle esperienze maturate, l'Avvocatura dello Stato. Questa si 
ri�llaccia per t:r;adizione all'avvocato regio di Toscana, istituito nel 1777 
nel corso della riorganizzazione amministrativa compiuta dal Gtanduca 
Leopoldo (che pi� tardi divenne Imperatore Romano con il nome di Leopoldo 
Il). Anche nella Lombardia, amministrata fino al 1859 dalla monarchia 
austriaca, e nel Veneto, che rimase sotto l'Austria fino al 1866, 
esistevano istituzioni simili alle Finanzprokuraturen austriache gi� istituite 
nella forma odierna sin dal 1851 ed alla Finanzprokuratur di Vienna. 

Quale conoscitore della struttura organizzativa, tuttavia, vorrei affermare 
con sicurezza che sia l'istituzione austriaca sia quella italiana hanno 
una matrice comune nella tradizione latina che qui si era sviluppata in 
senso pi� stretto nei confronti della tradizione romanico-germanico. Vorrei 
soprattutto sottolineare il fatto che dobbiamo presupporre una autonomia 
storico-giuridica dell'Avvocatura dello Stato che festeggia il suo 
qmtenario: essa infatti, come ho gi� avuto occasione di dire ai nostri 
ospiti, gi� nel suo modello leopoldino era permeata di spirito it�liano e 
non di quello dell'amministrazione austriaca. 

Il nostro lavoro, se i colleghi sono d'accordo, si baser� sulle relazioni 

generali e� sulle relazioni particolari finora pervenuteci, che daranno luogo 

a prese di posizione e ad ulteriori chiarimenti ed interventi. Sar� com


pito del Congresso ampliare, completare o rettificare le relazioni scritte, 

cos� ricche di informazioni e di idee. 


RASSEGNA D.ELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I temi trattati dalle relazioni generali mostrano un quadro stimolante 
degli aspetti organizzativi e di diritto sostanziale dell'attivit� delle 
Istituzioni dei singoli paesi, quali risultano dalle relazioni particolari. 

Mi sembra opportun� accennare, tra il gran numero di descrizioni e 
di analisi, ad alcuni concetti essenziali, relativi alle nostre Istituzioni, 
che compaiono in modo sorprendente seppure non inaspettato nelle relazioni 
generali elaborate indipendentemente l'una dall'altra. Consideriamo 
innanzitutto gli attributi della persona del funzionario nelle Istitu:z:ioni. 
Se Olmi afferma -riferendosi alla condotta del processo -che la sua 
attivit�, a differenza di quella degli altri funzionari, richiede elasticit� e 
dinamismo, Kockeis fa presente. che egli, anche in casi di ordinamento 
monocratico dell'Istituzione, deve poter agire di propria iniziativa. Il rappresentante 
della Istituzione di cui si celebra il centenario, Di Ciommo, 
constatando la posizione del funzionario quale anello di congiunzione fra 
l'amministrazione ed i giudici -e quindi tra il mandante e l'autorit� 
giudicante nel procedimento -riconosce la sua autonomia e la sua indipendenza. 
Pur nella diversit� dei regolamenti delle varie istituzioni, sussiste 
sempre il concetto dell'autonomia nell'azione concreta e quindi dell'indipendenza 
spirituale dell'agente stesso. Quest'ultima, quindi, dovrebbe 
essere considerata una delle principali caratteristiche della nostra attivit�. 

Vi � ancora un altro aspetto che caratterizza in special modo la 
nostra attivit�. Esso � implicito nella relazione del nostro egregio collega 
Olmi e viene indicato nella conclusione della relazione del collega 
Di Ciommo. Si tratta della fondamentale importanza del concetto della I 
legalit�. Il compito essenziale delle nostre istituzioni infatti � proprio 
la tutela giuridica dello Stato sulla base di questa legalit�. In questo 
consiste la nostra importanz� e la nostra ragion d'essere. 

Sarebbe auspicabile che il concetto della legalit� coincidesse con 
quello della giustizia. La giustizia, tuttavia, � in primo luogo un concetto 
di filosofia del diritto, di cui � nota la definizione data da Ulpiano: iustitia 
est constans. et perpetua voluntas jus suum cuique tribuendi, ovvero la 
giustizia � la volont� costante e duratura di garantire a ciascuno il suo 
diritto. Potremmo, a questo proposito, citare i pensieri espressi da Gareis, 
da Coing nel 1947, da Kelsen nel 1935 e da Perelman nel 1967 nei loro 
rispettivi scritti sulla giustizia; oppure potremmo citare Ilmar Tammelo, 
che esercita la sua attivit� a Salisburgo e che in un lavoro pubblicato 
nel 1975 afferma che � la giustizia � il valore etico sociale positivo per 
cui in situazioni bilaterali secondo la legge a ciascuno viene assegnato 
ci� che gli spetta �. Ma non dobbiamo dimenticare che la giustizia � una 
m�ta a cui tendere, mentre il nostro compito si esaurisce nel quadro 
della legalit�. Sia che il diritto venga considerato alla stregua di un ordinamento 
pragmatico �oercitivo o di una funzione sociale astratta, sia 
che venga determinato dalle pi� disparate concezioni del mondo, il vero 


PARTE II, NOTIZIARIO 

cardine su cui poggia l'attivit� di tutti noi � il princ1p10 incrollabile 
dell'agire in conformit� con le norme dei nostri rispettivi Stati. 

Di conseguenza per noi, rappresentanti convenuti da ogni parte del 
mondo, esiste una formula comune: gli organi, le cui multiformi istituzioni 
sono simili all'Avvocatura dello Stato, sono preposti alla tutela 
giuridica dello Stato sul piano del proprio ordinamento giuridico; essi 
rappresentano lo Stato nella sua veste di parte nella propria sfera giuridica 
ed in conformit� con le proprie leggi ed a tutela delle medesime. 

Il significato dell'espressione �agire in conformit� con le leggi del 
proprio Stato� si concretizza non in. alati idealismi, ma nella scarna 
precisione della nostra scienza: prestiamo la nostra opera al servizio 
della legalit� per un cliente particolarmente importante: lo Stato. La 
nostra attivit�, quindi, � una nobile arte. Mi � sembrata universalmente 
valida una definizione contenuta nella relazione generale austriaca, citata 
a sua volta da una fonte italiana: �L'avvocato dello Stato deve considerare 
le .sue attivit� svolgersi sul piano strategico, cio� sempre nella considerazione 
degli interessi unitari dello Stato, e non quindi sul piano 
tattico delle singole cause �. 

Domani inizieremo i nostri lavori. Vorrei ripetere ancora una volta: 
credo che ci troviamo al cospetto di una Avvocatura dello Stato non 
soltanto � jubilans �, ma anche � ad multos annos triumphans �. 

I lavori congressuali hanno avuto inizio il giorno 11 con l'esposizione 
dell'avv. Di Ciommo, il quale, a nome del Comitato di Coordinamento 
costituito dai tre relatori generali, ha illustrato gli aspetti fondamentali 
del tema congressuale: l'organizzazione che nei singoli paesi � stata data 
agli organi incaricati di esercitare la funzione dell'assistenza legale, e 
quindi l'ordinamento delle Istituzioni presenti al Congresso; i rapporti 
realizzati tra tali Organi legali e le Amministrazioni nell'esercizio e per 
l'esercizio della funzione di assistenza legale; l'attivit� che gli organi 
legali svolgono per �la difesa dello Stato in giudizio. 

Sui molteplici profili nei quali si articola l'accennata problematica 
sono quindi seguiti gli interventi (tradotti in simultanea nelle sei lingue 
ufficiali del Congresso), che, per tutto il periodo congressuale, hanno 
visto impegnata la quasi totalit� delle delegazioni presenti. 

Nella stessa giornata dell'll, i delegati presenti al congresso sono 
stati�ricevuti al Quirinale dal Presidente della Repubblica. 

Nel presentare i con~ressisti al Capo dello Stato l'Avvocato Generale 
Zappal� ha sottolineato come per la prima volta nella storia sia stata 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

assunta l'iniziativa di indire un congresso che permettesse un utile confronto 
fra tutti i vari sistemi di difesa dello Stato in giudizio operanti 
nel mondo, e come la riprova della validit� di tale iniziativa -per il 
carattere tutt'altro che astratto dei problemi inerenti al tema congressuale 
-sia stata offerta dalla calorosa e massiccia adesione ottenuta; 
ha altres� considerato l'Avvocato Generale come il sereno e pacato linguaggio 
del diritto, patrimonio di tutto il mondo civile, abbia offerto 
ancora una volta, in Roma, gi� artefice di tanti progressi della civilt� 
del giure, l'occasione di portare un piccolo ma non insignificante contributo 
alla comprensione, all'avvicinamento, all'amicizia tra i popoli. 

Nel suo discorso il Presidente della Repubblica Leone ha rilevato 
che non si sarebbe potuto pensare ad un modo pi� adatto, per celebrare 
il centenario dell'Avvocatura dello Stato Italiano, del congresso, che ha 
visto riuniti delegati in rappresentanza di paesi di tutti i continenti e 
di tutte le tradizioni giuridiche, a testimonianza dell'attualit� e dell'importanza 
che ovunque assume il concreto problema della difesa dello 
Stato. Anche se non pu� sperarsi nella creazione di un sistema uniforme, 
ha affermato il Presidente, la comparazione ed il confronto tra i vari 
sistemi vigenti pu� portare ad estendere i punti in comune gi� esistenti, 
valendosi delle rispettive esperienze; significativa al riguardo, per i comuni 
interessi, si rivela la presenza al Congresso della. Commissione e 
della Corte di Giustizia delle Comunit� Europee. 

Il Capo dello Stato ha quindi voluto ricordare di avere personale 
esperienza, per l'attivit� forense da Egli stesso lungamente esercitata, 
della competenza, della energia e dell'efficacia con le quali l'Avvocatura 
dello Stato Italiano svolge le sue delicate funzioni al servizio della giustizia. 


Nel rendere infine omaggio ai delegati esteri presenti, li ha pregati 

di portare, al ritorno, il Suo. saluto ai loro paesi. 

L'ampiezza dei temi �del dibattito. congressuale ed il gran numero 

degli interventi non rendono agevole, in questa sede, dar conto neppure 

sommariamente di tutti gli interessanti e preziosi apporti offerti dalle 

varie delegazioni, e tracciarne una sia pur approssimativa linea , rias


suntiva. 

Le diverse esperienze storiche e culturali, riflettentesi nelle positive 

strutture nazionali messe a confronto, hanno inevitabilmente portato 

il dibattito sul piano della politica delle istituzioni. 

Evidente � apparso il pregiudiziale rilievo che, ai fini dell'apprezza


mento delle rispettive esperienze, ha assunto il problema della identifica


zione dell'inte~esse pubblico la cui salvaguardia � affidata alle stesse 

istituzioni. 


PARTE II, NOTIZIARIO 

Il delegato della Repubblica federale tedesca, nel sott<:>lineare la difficolt� 
di svincolarsi dalla soggettivit� derivante dal contesto nel quale 
ogni singola istituzione nazionale opera, per impostare il discorso in 
termini generali, ha affermato che il concetto -di per s� relativo di 
interesse pubblico, quale specificamente considerato nella realt� di 
ogni singolo ordinamento, si riflette in modo immediato sulla struttura 
organizzativa degli organi legali. 

Nei limiti in cui tale interesse non debba individuarsi con quello 
soggettivizzato nell'apparato amministrativo appare indispensabile una 
adeguata garanzia della posizione di autonomia dell'istituzione rispetto 
alla stessa Amministrazione. Tale autonomia non potrebbe discendere, 
infatti, come effetto naturale, dal carattere della funzione espletato n� 
potrebbe essere semplicemente salvaguardata, in astratto, dalla capacit� 
dialettica dell'organo legale, ma deve invece realizzarsi positivamente 
attraverso appropriate misure organizzative normativamente definite. 

Come ha poi sottolineato il delegato della Tunisia, il collegamento 
esistente tra interesse tutelato e la posizione dell'istituzione si rivela 
nella collocazione costituzionale-amministrativa di questa, che, nei vari 
paesi,� risulta inserita nell'organizzazione del Ministero della Giustizia, 
ovvero in quella del Ministero delle finanze, ovvero in quella dell'organo 
di vertice dell'esecutivo quale la Presidenza del Consiglio. 

Ci�, appunto, in funzione della specifica angolazione sotto la quale 

viene apprezzato, nei vari ordinamenti l'interesse pubblico del quale l'isti


tuzione � tutrice. 

In numerosi interventi � stata ribadita l'esigenza dell'autonomia del


l'organo legale, spesso affermata con definizioni tassative di quelli che 

ne dovrebbero essere i connotati essenziali. 

Una sicura garanzia di autonomia � stata ravvisata, secondo l'espe


rienza anglosassone, nell'abito mentale professionale dei membri dell'is�


tuzione. In particolare, i delegati dell'Irlanda, della Gran Bretagna e 

degli Stati Uniti, oltre a porre l'accento sull'importanza che nella strut


tura organizzativa della difesa dello Stato assumono fattori diversi dallo 

stesso ordinamento costituzionale, quale, ad esempio, l'esistenza di una 

stampa libera, che svolga un ruolo fondamentale nel controllo dell'ese


cutivo, hanno posto in rilievo come un marcato carattere professionale 

dell'attivit� dell'organo legale risulti garantito, nei loro paesi, dell'appar


tenenza dei membri delle istituzioni, al pari dei magistrati investiti delle 

pi� <1;lte funzioni, ad una classe forense di elevato livello il cui affinamento 

e prestigio � assicurato dal costante interscambio tra settore scientifico 

e settore pratico professionale. 

Proprio nella carenza di una classe forense esperta, alla quale poter 

attingere per l'affidamento delle� funzioni di consulenza e difesa degli 

organismi pubblici, � stato individuato uno dei maggiori problemi del 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

suo paese dal delegato dell'Uganda, il quale ha ricordato come lo Stato 
sia per ora costretto a reclutare in blocco, per un periodo minimo di 
cinque anni, tutti coloro che annualmente si laureano in giurisprudenza. 

L'Avv. Olmi, Direttore Generale Aggiunto del Servizio Giuridico della 
Commissione delle Comunit� Europee, facente parte del Comitato di 
Coordinamento, ha posto in rilievo come l'apparente contrapposizione 
tra le grandi famiglie dei sistemi di common law ed ibero-americani da 
un lato, nei quali il ruolo di difesa della collettivit� viene svolto in funzione 
dell'obiettiva attuazione della legge, ed i sistemi nei quali l'organo 
di difesa dello Stato si pone come -tutore degli interessi particolari dell'Amministrazione 
trovi il punto di raccordo nell'espletamento della funzione 
consultiva, che in questi ultimi sistemi si pone come momento 
(logicamente e cronologicamente pregiudiziale) dell'attuazione della giustizia 
nell'Amministrazione. 

Di qui l'importanza che il personale prestigio dei membri dell'Istituzione, 
� dotati di adeguato senso dello Stato � e del � giusto spirito di 
indipendenza�, assume ai fini della garanzia di un efficace espletamento 
della funzione ed in particolare dell'attivit� di consulenza, dallo stesso 
Olmi accostata ad una forma di controllo (o di collaborazione all'autocontrollo) 
che costituisce una fase essenziale per l'attuazione del diritto 
da parte degli organi dello Stato. Ha ribadito Olmi quanto gi� affermato 
dal �lelegato d'Israele: affiancare all'Amministratore e, in gene!e ai pubblici 
poteri, il giurista, significa, in definitiva, consentire l'inserimento 
nell'area del potere del � living spirit of the law �, garanzia dei diritti 
di tutti e dell'autentico spirito democratico dell'Ordinamento. 

L'accentuazione della funzione consultiva come forma di controllo 
sugli atti e sull'attivit� � stata operata dai delegati della Colombia e 
dell'Equador con specifico riferimento al settore dell'attivit� contrattuale. 

Una funzione di controllo, esercitata peraltro in modo generalizzato 
e capillare, in una con l'attivit� di orientamento dei vari organismi anche 
locali, � quella assolta dai membri delle Istituzioni nei paesi di democrazia 
popolare, nei quali il concetto di interesse pubblico dalle stesse 
Istituzioni perseguito viene identificato in quello dell'attuazione della 
� legalit� socialista �. 

Particolare interesse hanno presentato, al riguardo, gli interventi dei 
delegati dei paesi dell'Est Europa e di Cuba (la cui riuova legge costituzionale, 
approvata dal Referendum 15 febbraio 1976, entrer� in vigore il 
2 dicembre 1976, ventesimo anniversario dello sbarco per la liberazione). 

L'esigenza di assicurare la stabile affermazione dei principi sociali 
dei quali sono� portatrici le forze politiche al potere � stata espressa in 
modo pi� marcato dai delegati dei paesi di recente pervenuti ad ordinamenti 
democratici (come il Portogallo, il cui rappresentante si � soffermato 
nell'illustrazione della minuziosa articolazione dei principi codificati 


PARTE II, NOTIZIARIO 

nella recentissima Carta Costituzionale) e dei paesi del cosiddetto terzo 
mondo, i quali ultimi, per la massima parte, si trovano impegnati nella 
trasformazione in senso socialista delle loro strutture. 

Indicativa al riguardo � la funzione attribuita, in Somalia, al Consiglio 
della Rivoluzione (dalla cui Presidenza dipende l'Avvocatura Generale), 
di sindacare le stesse pronunzie di ultima� istanza degli organi giudiziari 
interessanti l'Amministrazione, per. disporne l'eventuale annullamento 
ove non ritenute rispondenti ai principi della rivoluzione. 

Particolare interesse ha suscitato l'intervento del delegato dell'India, 
il quale ha co~testato quella che a suo avviso appariva una eccessiva 
esaltazione di un astratto principio di legalit�, connessa con una esasperata 
rilevanza del potere di revisione giudiziale, possibile causa di soffocamento 
del concreto principio di socialit� ispiratore dell'azione amministrativa 
dello Stato. Contro precedenti affermazioni di principio circa 
l'indispensabilit� dell'uguaglianza delle parti pubblica e privata nel processo 
come condizione prima di una vera giustizia (sostenuta con veemenza, 
tra gli altri, dal delegato della Grecia) e disconoscendo l'esigenza 
di assicurare in modo sostanziale e non meramente formale una tale 
uguaglianza (sulla quale si era soffermato in particolare il delegato della 
Repubblica Federale tedesca), l'Attorney Generai dell'India ha dichiarato 
di non comprendere l'anzidetto concetto di uguaglianza in giudizio tra 
Stato e cittadino, portatori di interessi qualitativamente e quantitativamente 
diversi, ed ha sottolineato la peculiare significazione che assume 
la funzione dell'Avvocato chiamato a difendere avanti agli organi della 
giustizia l'attivit� legislativa e l'attivit� amministrativa per evitare che 
rimanga frustrato da una azione conservatrice dei giudici lo slancio delle 
riforme volte a riscattare milioni di persone da �condizioni nelle quali 
l'esistenza umana non ha nessuna importanza �. 

Proprio cogliendo il valore relativo dei concetti, da pi� parti espressi, 
di giustizia, legalit�, socialit�, ha osservato il delegato del Marocco che 
il � giusto equilibrio tra tirannia ed impotenza � deve ricercarsi, nel momento 
dell'organizzazione, in relazione alle finalit� perseguende da ciascuna 
societ� nazionale e tenendo conto della concreta situazione socioeconomica 
di ogni paese. 

Pu� quindi dubitarsi dell'esistenza di un'unica formula universale per 
il raggiungimento di tale equilibrio. 

In sostanziale sintonia con tali affermazioni si � posto l'intervento 
del delegato dell'Iraq, il quale peraltro, prese l!'! mosse dal carattere 
relativo del concetto di Stato, ha fatto presente che le forze politiche 
attualmente al potere nel paese sono impegnate nella riforma totale 
della legislazione ed ha quindi invitato i delegati delle varie Istituzioni 
ad esporre non soltanto gli aspetti positivi dei rispettivi sistemi ma 


102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
anche e soprattutto le lacune. di questi, onde offrire un panorama con102 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
anche e soprattutto le lacune. di questi, onde offrire un panorama concreto 
delle effettive esperienze. 

Il problema della compatibilit� della funzione di difesa dello Stato� 
con un'autonoma tutela da parte del medesimo organo legale degli interessi 
degli organismi decentrati nei quali la stessa struttura statale pu� 
risultare articolata � venuto particolarmente in rilievo nell'intervento 
del delegato jugoslavo, il quale si � soffermato sulla tutela assicurata 
dall'organo legale, oltre che allo Stato federale, ai vari Stati federati 
anche nei confronti di Stati ed istituzi~ni estere. 

Al termine del dibattito congressuale � stata votata all'unanimit� 
la seguente mozione: 

I delegati delle Istituzioni partecipanti al Congresso . internazionale 
organizzato dall'Avvocatura dello Stato che si � tenuto a Roma dal 10 al 
14 maggio 1976 sul tema �La difesa in giudizio delle Amministrazioni 
dello Stato �, 

rilevano 
che le discussioni sulla base delle relazioni generali e dei rapporti nazionali 
presentati dalle Istituzioni hanno illustrato molti aspetti del tema 
congressuale mettendo, in particolare, in evidenza la posizione di responsabilit� 
che le Istituzioni occupano nei diversi ordinamenti giuridici e 
sociali. 
affermano 
l'importanza del ruolo delle Istituzioni al fine di assicurare che l'Amministrazione 
persegua i suoi fini nel pieno rispetto della legge 

auspicano 
che i vari aspetti e la posizione delle Istituzioni nei rispettivi ordinamenti 
giuridici siano esaminati in modo approfondito attraverso scambi 
di informazione con particolare riguardo alle pi� importanti funzioni 
esercitate dalle Istituzioni 
dichiarano 
che i lavori del Congresso giuridico internazionale hanno dimostrato 
l'importanza di mantenere su una base permanente i contatti stabiliti 
tra le Istituzioni 
ritengono 
che sarebbe utile a tal fine stabilire un centro permanente di collegamento 
invitano 
l'Avvocatura dello Stato Italiana a realizzare nell'ambito della propria 
organizzazione il Centro e i membri del Comitato di presidenza del Congresso 
ad assistere a tal fine l'Avvocatura dello Stato nei modi opportuni. 



PARTE II, NOTIZIARIO 

A conclusione della manifestazione il dott. Trimmel, Presidente del 
Comitato di Presidenza, ha voluto esprimere, a nome dello stesso Comitato 
e di tutti i partecipanti, compiacimento ed apprezzamento per i 
risultl;lti conseguiti, rivolgendo un caloroso ringraziamento all'Avvocatura 
dello Stato, all'Avvocato Generale Zappal�, al Segretariato del Congresso, 
del quale ha particolarmente sottolineato il meritorio sforzo 
organizzativo; ad esso ha risposto l'Avvocato Generale ringraziando a 
sua volta il dott. Trimmel per l'egregia opera svolta e tutte le delegazioni 
per l'adesione e l'entusiasmo della partecipazione, auspicando che il Congresso 
celebrato sia destinato ad essere solo il primo di fecondi incontri 
a livello mondiale tra le istituzioni, ed impegnandosi a pubblicare gli 
atti del Congresso stesso. 


INDICE BIBLIOGRAFICO 

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