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ANNO XXII -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1970 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

I 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1970 


I 

ABBONAMENTI 

ANNO . . � . . � . � � � . . � � . .. � � � � . . � . . � � � . . . � L. 7.500 
UN NUMERO SEPARATO .... , .. .. .. .. .. .. . � 1.300 


Per abbonanJenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia � Printed in Itaty 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(9212294) Roma, 1970 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 



INDICE 

Parte prima: GJUR,ISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 339 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURI� 
del/'avv. Benedetto Baccari) � 377 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura 
tro de Francisci) . � 
del/'avv. Pie
� 386 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Ugo Gargiulo) . � � 408 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura del/'avv. 
Giuseppe Angelini Rota e de//'avv. Carlo Bafile) � 411 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. 
Franco Carusi) . � 477 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a 
tonino Terranova) 
cura de/l'avv. An
� 493 

Parte seconda: QUESTIONI -R�ASSEGNE � CONSULTAZIONI � NOnZIARIO 

RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'ovv. Luigi Mazze/la) . pag. 77 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura de/l'avv. Arturo Marzano) � 82 
CONSULTAZIONI � 11 O 
NOTIZIARIO � I 17 


La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 




ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


BAFILE C., Sull'incensurabilit� innanzi all'a.g..o. dei vizi 
procedimento in materia di estimazione semplice . 
del 
pag. 436 
FAVARA F., La nozione di� industria� e le agevolazioni fiscali 
per le localit� depresse . . . . . . . . . . . . . . . . 413 
ROSSI A., Brevi osservazioni a margine dell'i_nterpretazione giurisprudenziale 
su.lle agevolazioni fiscali per le concentrazioni 
di aziende sociali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 446 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-1Com.missario straordinario -Trattamento 
economico -Omessa determinazione 
nell'atto di nomina Obbligo 
dell'Autorit� di provvedere 
-Sussiste, 409. 

-Legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla, 
giusta causa nei licenziamenti individuali 
-Inapplicabilit�, 377. 

-V. anche Competenza e giurisdisdizione. 


APPALTO 

-Appalti di opere pubbliche -Appalto 
disciplinato dal Capitolato 
generale della Gestione INACasa 
-Richiamo (contrattuale) 
delle norme del r.d. 25 maggio 
1896, n. 350 -Onere della tempestiva 
riserva da parte dell'appaltatore 
sotto consumatori di decadenza 
-Carattere vessatorio della 
clausola -Esclusione, 483. 

-Appalto di opere della gestione 
INA-Casa eseguite a mezzo incarico 
a stazione appaltante ai 
sensi dell'art. 11 I. 28 febbraio 
1949, n. 43 -Capitolato generale 
d'appalto della Gestione INACasa 
-Rinvio alle norme del r.d. 
25 maggio 1895, n. 350 -Valore 
contratuale -Sussiste, 483. 

-Appalto di opere pubbliche Contratto 
di appalto stipulato in 
f'orma amministrativa a seguito 
di licitazione privata -Necessit� 
di specifica approvazione scritta 
dell'e condizioni generali del contratto 
predisposte dall'Ente pubblico 
-Esclusione, 481. 

-Appalto di opere pubbliche -Onere 
dell'immediata riserva dell'appaltatore 
-Carattere generale Sussiste, 
482. 

-Appalto di opere pubbliche Onere 
della tempestiva riserva da 
parte dell'appaltatore -Fonda


menti e portata dell'istituto Momento 
in cui l'onere diventa 
attuale -Applicazioni, 483. 

-Appalto di opere pubbliche -Regolamento 
25 maggio 1895, n. 350 Applicabilit� 
delle sue norme a 
tutti gli appalti di opere pubbliche 
statali, 483; 

-Gestione di uno spaccio della 

� Provvida � -Qualificazione Appalto 
di un servizio -Sussiste, 
con nota di A. FRENI, �477, 
--. V. anche Contratti pubblici. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Circolari Istruzioni ministeriali Efficacia, 
401. 

CINEMATOGRAFIA 

-V. Obbligazioni e contratti. 

COMPETENZA .E GIURISDIZIONE 

-C.N.E.N. -Ente pubblico non 
economico -Rapporto di impiego 
-Controversie -Giurisdizione . 
del giudice amministrativo, 377. 

-Diritti sanitari spettanti a veterinario 
condotto -Natura -Giurisdizione 
ordinaria -Sussistenza, 

380. 
-Ente pubblico -Commissario 
straordinario -Trattamento economico 
-Controversia -Giurisdizione 
generale di legittimit� e 
non esclusiva del C.d.s. 

-Enti pubblici -Legge 15 luglio 
1966, n. 604 sulla giusta causa 
nei licenziamenti individual,i Competenza 
del Pretore -Non 
sussiste, 377. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

'CONTRATTI PUBBLICI 

-Appalto-concorso -Determinazione 
della spesa massima -Rilevanza 
ai fini dell'aggiudicazione, 

408. 
-Applicabi~it� dell'art. 1341 c. c. Esclusione, 
483. 
-Locazione di apparecchiature Competenza, 
408. 
-V. anche Appalto. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Sentenza di accoglimento -Applicabilit� 
anche ai rapporti in 
corso -Norme sul funzionamento 
della Corte -Illegittimit� costi-tuzionale 
-Esclusione, 339. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Corte Costituzfonale, Espropriazione 
per p.u., Filiazione, Imposta 
di registro, Imposte e tasse 
in genere, Istruzione pubblica, 
Leggi, decreti e regolamenti, Ordinamento 
giudiziario, Procedimento 
civile, Procedimento penale, 
Propriet�, Sicurezza pubblica. 


DEMANIO E PATRIMONIO 

-Demanio storico e artistico -Vincolo 
storico e artistico -Cose 
e notificate � -Conservazione e 
custodia -Controllo ed ispezioni Competenza 
del Soprintendente 
ai monumenti, 408. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Competenza territoriale -Domanda 
di risarcimento danni da 
occupazione -� Forum rei sitae � 

405. 
- 
Determinazione della indennit� Dissociazione 
fra data di esproprio 
e data di riferimento del valore 
-Leggi sostituite da diversa 

normativa -Insussistenza della 
alea -!legittimit� costituzionale Esclusione, 
365. 

FALLIMENTO 

� -V. Filiazione. 

FILIAZIONE 

-Divieto di' attribuzione da parte 
del fallito -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 352. 

IMPOSTA DI FABBRICAZIONE 

.. -Imposta sugli spiriti -Aumento 
disposto con d.l. 29 luglio 1964, 

n. 610 -Estensione a tutte le soluzioni 
idroalcoliche, 455. 
- 
Imposta sugli spir1ti -D.L. 29 luglio 
1964, n. 610 -Istituzione di 
nuovo tributo -Esclusione -Precedenti 
agevolazioni -Si esten-dono, 
455. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni per la costruzione 
di �case per abitazione -Legge 
Reg. Siciliana 28 aprile 1954, 

n. 11 -Acquisto dell'area -Utilizzazione 
parziale -Decadenza 
dall'agevolazione, 463. 
_:. Cessione di credito verso la pubblica 
amministrazione ,in relazione 
a finanziamenti connessi da 
aziende ed enti di credito a 1avore 
di ditte commerciali e industriali 
-Aliquota ridotta -Correlazione 
fra i due negozi -Estremi 
-Criteri di determinazione� Interpretazione 
del negozio -Apprezzamento 
del giudice di merito 
-Incensurabilit� in Cassazione, 
468. 

- 
Concentrazione di aziende sociali 
-Apporto di beni non costituenti 
un nucleo organizzato Agevolazione 
contenuta nell'articolo 
2 d.l. 7 maggio 1948, n. 1057 Applicabilit�, 
con nota di A. Rossi, 
446. 



INDICE 
VII 

-Disposizioni necessariamente connesse 
e derivanti per loro natura 
le une dalle altre -Fattispecie Esclusione, 
427. 

-Enunciazione -Cessione di credito 
di garanzia di somma messa 
a disposizione del cedente della 
banca cessionaria -Enunciazione 
di negozio atipico di finanziamento 
-Sussiste -Estinzione 
della convenzione enunciata con 
l'atto enunciante -Esclusione, 

427. 
- 
Vendita tra parenti -Presunzione 
di liberalit� -Prova della provenienza 
del prezzo -Necessit�, 

471. 
- 
Vendite coatte promosse in base 
a mutui in danaro -Procedimento 
di valutazione -Differenze rispetto 
alle ordinarie vendite 
coatte -Illegittimit� costituzio-, 
nale, 359. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Esenzione decennale per le localit� 
depresse dell'Italia setten-trionale 
e centrale -Appli�azione 
a Comuni con popolazione superiore 
ai diecimila e inferiore ai 
ventimila abitanti -Carattere innovativo 
della legge 13 giugno 
1961, n. 526, con nota di F. FAVARA, 
413. 1 

-Esenzione decennale per le localit� 
depresse dell'Italia settentrionale 
e centrale -Nuove impres� 
di trasporto a mezzo di 
funi -Applicabilit� dell'esenzione 
-Carattere interpretativo della 
legge 13 giugno 1961, n. 526, 

413. 
- 
Societ� ed enti tassabili in base 
a bilancio -Libro dei compensi 
a terzi� -Inammissibilit� di equipollenti 
-Mancanza di regolare 
tenuta -Indeducibilit� delle spese 
relative, 453. 


IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Presunzione per gioielli, denaro 
e mobilia -Inventario di eredit� 
beneficiata -Termine, �142. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Rimborso dell'imposta sulle merci 
esportate -Domanda proposta 
con azione ordinaria -Formalit� 
stabilite per il ricorso in via amministrativa 
-Non si applicano Esibizione 
della bolletta -Non � 
necessaria, 433. 

-V. ancl::\e Imposte e tasse in genere. 


IIVWOSTA SULLE SOCIETA' 

-Non � tributo diretto sul reddito Esenzione 
decennale per le localit� 
depresse dell'Italia settentrionale 
e centrale -Non � applicabile, 
413. 

IMPOSTE DOGANALI 

-Agevolazioni per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Importazione 
di macchine per l'edilizia Rapporto 
strumentale con lo stabilimento 
industriale -Necessit�, 

473. IMPOSTE 
E TASSE IN GENERE. 

-Imposta generale sull'entrata Responsabilit� 
del liquidatore di 
societ� -Limiti -Dolo o colpa Privilegio 
generale sui mobili Irrilevanza, 
�451, 

-Imposta sui contratti di borsa Inammissibilit� 
di azione senza i1 
previo soddisfacimento dell'imposta 
-Illeg)ttimit� costitm..ionale 
-Esclusione, 363. 

-Imposte indirette -Ingiuzione Azione 
riconvenzionale della Finanza 
-Forme, con nota di C. BA:FILE, 
431. 

-Notificazioni -N otificazloni ad 
opera dell'Ufficiale Giudiziario 
Sottoscrizione dell'originale 
Non � richiesta -Mancanza Nullit� 
-Inesistenza, 444. 

-Notificazioni per affissione 
Omessa ricerca' anche anagrafica 


VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'abitazione del destinatario Nullit�, 
422. 

-Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Appello -Enunciazione 
dei motivi -Necessit� -Limiti, 
466. 

-Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Impugnazione della 
Finanza -Forme e termini, 420. 

_.: 
Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Impugnazione ,della 
Finanz::i. -Notificazione della decisione 
-Valore preclusivo Nullit� 
-Sanatoria -Irtammissibilit�, 
422. 

-Procedimento dinanzi aHe Commissioni 
-Partecipazione alla deliberazione 
della decisione de~ 

�Procuratore delle Imposte -Nullit�, 
411. 

-Procedimento-dinanzi alle Commissioni 
-Vizi del procedimento 
-Censurabilit� innanzi alla 

A.G.O. -Ammissibilit� -Limiti, 
con nota di C. BAFILE, 436. 
ISTRUZIONE PUBBLICA 

-Ordinamento della Scuola popolare 
-Criteri di nomina degli insegnanti 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 355. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


-Regolamenti ministeriali -Leggi 
autorizzative anteriori alla Costituzione 
-Illegittimit� costituzionale 
-Irrilevanza della questione, 
374. 

MEZZOGIORNO 

- 
V. Imposte doganali. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Cinematografia -Premi e contributi 
governativi -Appartenenza Cessione 
-Rinunzia -Effetti, 397. 

- 
V. anche Responsabilit� civile. 

OPERE PUBBLICHE 

- 
V. Appalto. 

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO 

Sezioni specializzate agrarie -Designazione 
degli esperti da parte 
dell'Ispettorato agrario -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 

348. 
PIANO REGOLATORE 

-Approvazione -Introduzione di 
modifiche da parte dell'Autorit� 
governativa -Omessa deliberazione 
del Comune -Illegittimit� Presupposti, 
410. 

-Prescrizioni e vincoli -Annullamento 
di .prescrizione -Limitata 
ad una parte della zona -Non 
implica annullamento totale della 
destinazione di zona -Effetti, 
41(). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

-Conto corrente postale -Assegni Natura 
-Vidimazione -Spedizione 
-Revoca -Limiti, 401. 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

-ENPAS ,.. Malattia dell'assistito Surrogazione 
legale verso il terzo 
responsabile -Sussistenza, 386. 

PROCEDIMENTO CIVILE. 

-Separazione personale dei coniugi 
-Comparizione davanti al 
Presidente del Tribunale senza 
ministero del difensore -Inammissibilit� 
della questione, 361. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Carcerazione preventiva -Ipotesi 
di obbligatoriet� -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 369. 

-Carcerazione preventiva -Obbligo 
di motivazione dei relativi 
provvedimenti Scarcerazione 
automatica limitata alla fase 

::::: 

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INDICE 
IX 

istruttoria -Illegittimit� costituzionale, 
369. 

-Contestazione dell'accusa -Relazione 
tra sentenza ed accusa contestata 
-Fatto diverso -� Fatto 
noto all'imputato -Possibilit� di 
difesa -Obbligo di nuova contestazione 
-Esclusione, con nota di 

A. 
FRENI, 494. 
-Contestazione dell'a�cusa -Relazione 
tra sentenza ed accusa contestata 
-Fatto diverso -Nozione 
-Limiti, 493. 

- 
Decreto di citazione a giudizio Omessa 
indicazione della generalit� 
della parte civile -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 

347. 
-Giudizio di rinvio -Divieto del 
giudice di rinvio di discutere 
sulla competenza fissata nella 
sentenza di annullamento -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
344. 

- 
Giudizio di rinvio-Obbligo del 
giudice di osservare il principio 
di diritto della Cassazione -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
343. 

-Repressione frodi agrarie -Obbligo 
del sequestro della merce 
dopo le analisi del campione -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
339. 

PRIVATIVE PER INVENZIONI INDUSTRIALI 


- 
V. Propriet�. 

PROPRIETA' 

-Protezione delle opere dell'ingegno 
di carattere creativo -Norma 
di tutela del diritto demaniale 
sulle opere di pubblico dominio Violazio.
ne della riserva di legge Esclusione, 
354. 

RESPONSABILITA' CIVILE 

-Azienda Autonoma F.S. -Dipendente 
-Risarcimento danni Pensione 
in dipendenza da infortunio 
-Compensatio lucri cum 
damno -Inammissibilit�, 394. 

-Risarcimento del danno -Costituzione 
di rendita vitalizia -Principio 
nominalistico, 391. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Riunioni in luogo aperto al pubblico 
-Licenza del Questore Illegittimit� 
costituzionale parziale 
della normativa, 351. 

SOCIETA' 

-V. Imposta di ricchezza mobile; 
Imposta sulle societ�. 

VENDITA 

- 
V. Imposta di registro. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 
2 aprile 1970, n. 48 . 

pag. 339 

2 aprile 1970, n: 49 . 

339 

2 aprile 1970, n. 50 . 

343 

2 aprile 1970, n. 51 . 

344 

2 aprile 1970, n. 52.. 

347 

2 aprile 1970, n. 53 . 

�' 348 

15 aprile 1970, n. 56 . 

351 

15 aprile 1970, n. 57 . 

352 

15 aprile 1970, n. 58 . 

354 

28 aprile 1970, n. 59 . 

359 

28 aprile 1970, n. 60 . 

361 

28 aprile 1970, n. 61 . 

363 

28 aprile 1970, n. 62 . 

355 

28 aprile 1970, n. 63 . 

� 365 
4 maggio 1970, n. 64 

369 

4 maggio 1970, n. 67 

374 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 
Sez. III, 22 giugno 1968, n. 2102 

pag. 386 
Sez. V, 23 maggio 1969, n. 1811 

377 

Sez. II, 8 ottobre 1969, n. 3217 . . 

477 
Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3948 . 

481 
Sez. III, 29 dicembre 1969, n. 4046 

482 
Sez. III, 6 febbbi:aio 1970, n. 265 . 

391 

Sez. I, 17 febbraio 1970, n. 374 . 

411 
Sez. I, 24 febbraio 1970, n. 430 . 

412 
Sez. I, 4 marzo 1970, n. 512 . 

420 
Sez. I, 6 marzo 1970, n. 551 . 

422 
Sez. I, 6 marzo 1970, n. 555 . 

427 
Sez. I, 10 marzo 1970, n. 609 . 

431 
Sez. I, 13 marzo 1970, n. 637 . 

433 
Sez. I, 13 marzo 1970, n. 641 . 

436 
Sez. Un., 16 marzo 1970, n. 681 . 

380 
Sez. I, 17 marzo 1970, n. 694 . 

442 
Sez. I, 17 marzo 1970, n. 701 . 

444. 
Sez. I, 17 marzo 1970, n. 702 . 
446 
Sez. I, 17 marzo 1970, n. 704 . 

453 
Sez. I, 25 marzo 1970, n. 788 . 

455 
Sez. I, 25 marzo 1970, n. 792 . 461 
Sez. III, 25 marzo 1970, n. 817 . 394 



, 


I


f.@ 

I

I 


SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

I

RASSEGNA DI DOTTRINA 

I@ 

GIACOBBE G., La frode alla legge, Giuffr�, Milano, 1968 . pag. 80 

VADE H. W. R., Administrative law (2� ed.), Clarendon Press., 
London, 1967 (Diritto Amministrativo inglese), trad. C. Geraci 
-Ed. Giuffr�, Milano, 1969 . . . . . . . . 77 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Leggi e decr�ti . . . . . . . . 
....... pag. 82 


NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZLONALE 

-Norme dichiarate incostituzionali: 
codice penale, art. 164, secondo comma, n. 1 e art. 168 pag. 82 
codice di procedura penale, art. 253, art. 272, primo 
comma, e terzo comma, art. 273, secondo comma, 
art. 375, secondo comma . . . ._ . . . . . . . 83 
codice di procedura penale, art. 630, primo comma . 83 
� r.d. 11 marzo 1923, n. 560, art. 3, ultimo comma, e 
artt. r; ultimo comma, 2, 9, secondo comma, e 10 
della convenzione annessa . . . . . . . . . . . 84 


r.d.I. 26 febbraio 1930, n. 105,. legge 1� maggio 1930, 

n. 611, artt. 2, 3, 4, 6, 7 e 9, e artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 
7, 8, 9, 10 e 11 della convenzione annessa 84 


r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo comma . . 84 

r.d. 
18 gennaio 1932, n. 14, legge 7 aprile 1932, n. 356, 
articolo unico . . . . . . . 84 

r.d. 19 agosto 1943, n. 737, art. 4 . . . . . . . . . 85 
d.lg.lgt. 12 ottobre 1944, n. 317, art. 4 . . . . . 85 
d.lg. 17 aprile 1948, n. 525, art. 12 delle norme di 
esecuzione allegate al decreto . . . . . 85 

d.I. 11 
gennaio 1956, n. 2, legge 16 marzo 1956, n. 109, 
�art. 8 .................... . 85 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, secondo 
comma ................... . 85 

d.p.r. 9 maggio 1961, n. 715, articolo unico . . . . 86 
legge reg. sarda appr. 5 dicembre 1968 e riappr. 6 novembre 
1969 . . . . . . . . . . . . . . . . 86 

-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la 
questione di legittimit� costituzionale: 


codice civile, art. 1751, primo comma 
86 


INDICE 
XIII 

codice di procedura civile, disp. att., art. 159, terzo 

comma .......... . pag. 86 
codice penale, art. 414, ultimo comma 87 
codice di procedura penale, �art. 242 87 
codice di procedura penale, art. 277, secondo comma 87 
legge 20 marzo 1913, n. 272, art. 51 . . . . 87 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278, art. 19 . . . . 87 
legge 
16 giugno 1927, n. 1766, artt. 27, primo comma, 
e 29, secondo comma . . . . . 87 

r.d. 
30 gennaio 1941, n. 12, artt. 4, 31, 34, primo 
comma, e 39, primo comma . . . . ..... 87 
r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368, art. 159, terzo comma 88 
d.lg.lgt. 9 aprile 1946, n. 212, art. 4 . . . . . . . 88 
d.lg.C.p.S. 17 dicembre 1947, n. 1599, articolo unico, 
della legge 16 aprile 1953, n. 326, art. 4 88 
legge 22 ottobre 1954, n. 1041, art. 25 88 
legge 1� dicembre 1956, n. 1426, artt. 2, 3 e 4 88 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 1 e 2 89 
legge 29 settembre 1962, n. 1462; art. 2, ultimo comma 89 

d.p.r. 18 marzo 1965, n. 342, art. 3 89 
legge 26 maggio 1965, n.. 595, artt. 4 e 5 89 
-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . 89 

-Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di estinzione di 
inammissibilit�, di manifesta infondatezza, o di restituzione 
degli atti al giudice di merito . . . . . . . 106 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Amministrazione pubblica 
. 
Appalto .... . 
Borsa ..... . 
Circolazione stradale 
Concessioni amminitive 
... . 
Concorsi ... . 
Contenzioso tributario 
Contributi . . . . 
Demanio . . ... 
Elettricit� ed Elettropag. 
110 
110 
110 
110 
111 
111 
111 
111 
111 
Fallimento . . . . . 
Impiego pubblico 
Importazione ed Esportazione 
. . ... 
Imposta di registro . 
Imposte e tasse . 
Imposte varie . . 
Locazioni di cose . 
Piani regolatori . 
Pignoramento . . . . 
Poste e telecomunicazioni 
. . . 
Prescrizione . 
pag, 113 
113 
113 
114 
114 
115 
11::> 
115 
115 
116 
116 
dotti . . . . . . . 112 Servit� 116 
Enfiteusi . . . . . . 112 Societ� 116 
Espropriazione per p.u. 112 Strade 116 
NOTIZIARIO . ..... pag. 117 


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PARTE PRIMA 




SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

E INTERNAZIONALE * 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 48 -Pres. Branca -Rel. 
Bonifacio -Giri (n.c.). 

Procedimento penale -Repressione frodi agrarie -Obbligo del sequestro 
della merce dopo le analisi del campione -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

{Cost., art. 3, 24, 27; r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033, art. 44). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 44 

r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033, sulla repressione delle frodi nella preparazione 
deLle sostanze agrarie. nella parte in cui prevede l'obbligatoriet� 
del sequestro della merce dovo la compilazione delle analisi dei 
campioni (1). 
CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 49 -Pres. Branca -Rel. 
Crisafulli -Picchioni (n.c.). 

Corte Costituzionale -Sentenza di accoglimento -Applicabilit� anche 
ai rapporti in corso -Norme sul funzionamento della Corte -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 136; legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; legge 11 marzo 1953, 

n. 87, art. 30). 
Poich� aile sentenze di accoglimento pronunciate dalla Corte Costituzionale 
deve riconoscersi non effetto di abrogazione, ma effetto di 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha 
collaborato anche l'avv. Raffaele Canauzi. 

(1) La questione era stata proposta dal Pretore di Recanati con ordinanza 
5 ottobre 1968 (Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1969, n. 6). 
La precedente sentenza della Corte 3 dicembre 1969, n. 149, richiamata 
in motivazione, � pubblicata in questa Rassegna, 1969, 1014. 

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340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO 

ann:ullamento, con la conseguenza che dal giorno successivo alla loro 
pubblicazione nessun giudice pu� fare applicazione delle norme dichiarate 
illegittime, nessun'altra autorit� pu� darvi esecuzione e nessun pri, 
vato potrebbe avvalersene, non � fondata la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 30 della iegge 11 marzo 1953, n. 87 che � pienamente 
conforme ai predetti principt, enunciati nell'art. 136 della Costituzione 
e nell'art. l della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l (1). 

(Omissis). -2. -Entrambe le ordinanze denunciano anzitutto 
l'art. 30, terzo comma, della leg.ge n. 87 del 1953, in quanto limiterebbe, 
in contrasto con l'art..136 della Costituzione, l'efficacia cosiddetta retroattiva 
delle decisioni della Corte costituzionale che dichia;t'ino la 
illegittimit� costituzionale d� una legge o di norme di legge. Ma la 
questione � infondata, perch�, come gi� questa Corte ebbe ad affermare 
con la sentenza n. 127 del 1966, una siffatta interpretazione �restrittiva 
� del terzo comma dell'art. 30 � palesemente i'nsostenibile, di fronte 
alla chiara formulazione testuale della norma, che es:i:>rime, con altre 
parole e con specifico riferimento all'applicazione giudiziale, lo stesso 
principio pi� generale ricavabile da una corretta lettura dell'art. 136 
della Costituzione, quale risulta ulteriormente r.ib�.dito coordinando il 
.medesimo art. 136 con l'art.� 1 della legge costituzionale 9' febbraio 
1948, n. 1. 

~ .Giova, richiamare, in proposito, la differenza tra l'effetto di abrogazione, 
prodotto dal sopravvenire di nuove leggi, e l'effetto di annullamento, 
derivante dalle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale. 
L'abrogazione non tanto estingue le norme, quanto piuttosto 
ne delimita la sfera materiale di efficacia, e quindi l'applicabilit�, ai 
fatti verificatisi sino ad un certo momento del tempo: che coincide,� 

(1) La questione era stata proposta con ordinanze 12 dicembre 1967 
� del Tribunale di Ferrara (Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1968, n. 275) e 1� 
aprile 1969 del Tribunale di Napoli (Gazzetta Ufficiale 23 luglio 1969, 

n. 186) e decisa con procedimento in camera di Consiglio in mancanza di 
costituzione di parti. 
La sentenza, conformemente alla precedente decisione della Corte 29 
dic�mbre 1966, n. 127 (in questa Rassegna, 1966, 1185), ribadisce il principio 
dell'efficacia di annullamento e non �di abrogazione, delle decisioni 
della �Corte. 

Quanto, poi, alla loro applicazione giurisprudenziale, in relazione al 
principio che tempus regit actum, la Corte precisa che si tratta di problema 
di interpretazione, demandato ai giudici di merito, tenuti anch'essi, peraltro, 

�alla pi� rigorosa osservanza dei principi costituzionali che presiedono al 
sindacato di legittimit� costituztonale delle leggi. 
In dottrina, a commento della sentenza n. 127 del 1966, cfr. ELIA, Sentenze 
interpretative di norme costituzionali e vincolo dei giudici, in Giur. 
cost., 1966, 1715. 



PARTE I, S_EZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 341 

per solito e salvo � sia diversamente disposto dalla nuova legge, con 
l'entrata in vigore di quest'ultima. , 

La declaratoria di illegittimit� costituzionale, determinando la cessazione 
di efficacia delle norme che ne sono oggetto, impedisce, invece, 
dopo la pubblicazione della sentenza, che le norme stesse siano comunque 
applicabili anche ad oggetti ai quali sarebbero' state applicabili 
alla stregua dei comuni principi sull� successione delle leggi nel 
tempo. Altro �, infatti, il mutamento di disciplina attuato per motivi 
di opportunit� politica, liberamente valutata dal .legislatore, altro l'accertamento, 
ad opera dell'organo a ci� competente, della illegittimit� 
costituzionale di una certa disciplina legislativa: in questa seconda ipotesi, 
a differenza che nella prima, � perfettamente logico che sia vietato 
a tutti, a cominciare dagli organi giurisdizionali, di assumere le norme 
dichiarate incostituzionali a canoni di valutazione di qualsivoglia fatto 

o rapporto, pur se venuto in essere anteriormente alla pronuncia della 
Corte. 
I

L'obbligatoriet� delle decisioni della Corte, cui si richiama in particolare 
l'ordinanza del tribunale di Ferrara, si esplica a partire dal 

i 

giorno successivo alla loro pubbli~azione, �come stabilito dall'art. 136 
della Costituzione, nel senso -precisamente -che da quella data 

I

n�ssun giudice pu� fare applicazione delle norme dichiarate illegittime, 

nessun'altra autorit� pu� darvi esecuzione o i;ssumerle comunque a base 

��I 

di propri atti, e nessun privato potrebbe avvalersene, perch� gli atti e 

i 
i comportamenti che pretendessero trovare in quelle la propria regola ! 
sarebbero privi di fondamento legale. Si spiega cos� come anche que~ 


i

I

stioni di legittimit� costituzionale di norme abrogate da leggi ordinarie 

fra~tanto sopravvenute possano essere rilevanti, e come tali avere in! 


l I 

gresso alla Corte, qualora si tratti di norme di cui si dovrebbe fare 

ancora applicazione in �base ai principi di diritto intertemporale. i 

I

3. -Tale � ,.senza dubbio, il .sistema delineato dagli artt. 136 della I 
Costituzione e 1 della legge costituzionale del 1948, al quale � pienaI 
I

mente conforme, nella lettera e nella ratio, il terzo comma dell'art. 30 

della legge n. 87 del 1953. N� si pu� dire sussistano al riguardo serie 

I 

,divergenze nella dottrina e nella prevalente giurisprudenza ordinaria 

I 

ed amministrativa, motivi di dubbio e di dissenso manifestandosi solI 
tanto in ordine ai limiti che, per effetto di altre norme dell'ordina


II

mento, si oppongano, nei singoli casi, alla cosiddetta retroattivit� delle 

I

decisioni di accoglimento della Corte costituzionale. Ma i problemi che 

I 

possono sorgere in quest'ordine di idee sono, evidentemente, probl~mi 

I 

di interpretazione, e devono pertanto essere risolti dai giudici comuni, I 
l 

nell'ambito delle rispettive competenze istituzionali: nella pi� rigorosa 

osservanza, beninteso, dei principi costituzionali che presiedono al sin


dacato di legittimit� costituzionale delle leggi; ai quali come sopra 


342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rilevato -nulla toglie e nulla aggiunge il terzo comma dell'art. 30 
della leg.ge n. 87. 

Con particolare riguardo all'applicazione giudiziale, il sistema positivamente 
adottato implica, per logica necessit�, che le norme colpite 
da pronuncia di illegittimit�, e alle quali � pertanto vietato fare riferimento, 
sarebbero altrimenti applicabili, poich� il divieto non avrebbe 
senso con riguard� a norme che gi� fossero di per s� insuscettibili di 
applicazione per ragioni diverse dalla loro dichiarata illegittimit�. In 
altri termini, il terzo comma dell'art. 30 della legge n. 87, in perfetta 
coerenza con quanto disposto dagli artt. 136 della Costituzione e 1 legge 
costituzionale n. 1 del 1948, implicitamente rinvia alle norme che regolano 
nel nostro ordinamento l'applicazione del diritto oggettivo ai casi 
concreti, allo stesso modo come alle medesime norme rinvia l'art. 23 
della legge n, 87, quando richiede che la questione di legittimit� costituzionale, 
.sollevata in un giudizio e rimessa a questa Corte, sia rilevante 
per la definizione del giudizio, demandandone il relativo apprezzamento 
al giudice davanti al quale pende la causa. 

Come anche la Cassazione penale ha in varie occasioni riconosciuto, 
rilevanza della questione e divieto di applicazione di norme dichiarate 
costituzionalmente illegittime sono termini inscindibili. Ed infatti, come 
ai giudici � fatto obbligo di sospendere il giudizio provocando una pronuncia 
della Corte, ogni qual volta dovrebbero applicare norme di 
du}>bia costituzionalit�, cos�, simmetricamente, � ad essi proibito applicare 
norme che siano ormai state dichiarate costituzionalmente i1:1egittime. 
Quel che -prima -era obbligo di sospendere e adire la Corte, 
diventa, -dopo -divieto di applicare: in entrambi i casi presupponendosi 
l'applicabilit� delle norme in questione. 

4. -Alla luce delle considerazioni che precedono, risulta altresl 
l'infondatezza della ulteriore questione sollevata, quasi in linea accessoria, 
dal tribunale di Ferrara, in relazione al principio che si suole 
esprimere con il brocarde tempus regit actum, ricavabile dall'art. 11 
delle disposizioni preliminari al codice civile e dagli artt. 65 del r.d. 
28 maggio 1931, n. 602, e 16 d.P.R. 8 ago.sto 1955, n. 666, in quanto, 
combinandosi con il terzo comma dell'art. 30 della legge n. 87, concorrerebbe 
a limitare l'efficacia �retroattiva � delle sentenze della Corte. 
Anche se l'assunto dell'ordinanza fosse esatto, non ne seguirebbe afoun 
vizio di legittimit� del principio denunciato, che si pone sopra un piano 
diverso. Certo, ogni norma che impedisce, com'� ovvio, la disapplicazione 
conseguente alla dichiarazione di illegittimit� costituzionale, eventualmente 
intervenuta ad opera della Corte; ma non per questo pu� 
considerarsi in contrasto con l'art. 136 .della Costituzione. A ritenere 
diversamente, illegittimo dovrebbe dirsi il principio del giudicato, sol 
perch� -con l'eccezione della materia penale -si risolve a sua volta 
in un limite alla retroattivit� delle dichiarazioni di illegittimit� costi

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 343 

tuzionale delle norme di cui la sentenza passata in giudicato -ebbe a 
fare applicazione. 

Ma � da soggiungere che il vero significato del principio censurato 
nell'ordinanza � tutt'altro: tempus regit actum vuol dire che la validit� 
degli.atti � e rimane regolata dalla legge yigente al momento della 
loro formazione e perci�, lungi dall'escludere, postula al �contrario che 
a� tale legge gli operatori giuridici debbano fare riferimento quando 
siano da valutare atti anteriormente compiuti. Postula, in altre parole, 
che, se non fosse intervenuta pronuncia di illegittimit� costituzionale 
di norme disciplinanti la formazione di determinati atti, proprio alla 
stregua di tali norme dovrebbe in prosieguo operarsi, se e quando 
tuttora possibile, la valutazione degli atti posti in essere nel tempo 
in cui qu�lle erano in vigore: ci� che, invece, � vietato dopo la pub-� 
blicazione della sentenza di questa Corte, che delle norme stesse abbia 
accertato erga omnes la incostituzionalit�. -(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 50 -Pres. Branca -Rel. 
Fragali .: Ven� (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. 
gen. dello Sta�to Chiarotti). 

Procedimento penale "' Giudizio di rinvio -Obbligo del giudice di osser


vare il principio di diritto della Cassazione -Illegittimit� costitu


zionale -Esclusione. 

(Cost., art. 101, 107; c.p,p. art. 546, primo comma). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale' dell'art. 546, 
primo comma, c.p.p., che fa obbligo al giudice di rinvio di osservare 
il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, perch� tale 
o'bpligo non incide sulla libert� strutturale e funzionale del giudice, 
indicata da.gli artt. 101 e 107 della Costituzione (1). 

(1-2) La questione di cui alla prima sentenza era stata proposta con 
ordinanza 20 giugno 1968 del Pretore di Massa (Gazzetta Ufficiale 4 dicembre 
1968, n. 318). 

La questione di cui alla seconda sentenza e'fa stata proposta con ordinanza 
21 ottobre 1968 del Tribunale di Benevento (Gazzetta Ufficiale 28 
dicembre 1968, n. 329). 

Sui .poteri di nomofilachia della Corte di Cassazione, si veda la pre:.. ~ 

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344 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 51 -Pres. Branca -Rel. 
Reale -Porfido (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 

I 

avv. dello Stato Fanelli). 

Procedimento penale -Giudizio di rinvio -Divieto del giudice di rinvio 
di discutere sulla competenza fissata nella sentenza di annullamento 
-Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 24, 25; c.p.p. art. 544). 

JYon � fondata, con rifl?rimento ai principi costituzionali del giudice 
naturale e del diritto di difesa, la questione di� legittimit� costituzionale 
deWart. 544 c.p.p. che, nel giudizio di rinvio, preclude ogni discussione 
suUa competenza fissata dalla sentenza di annulla.mento della Corte di 
Cassazione (2). 

I 

(Omissis). -1. -Le quattro cause possono essere decise con unica 
sentenza, implicando una identica questione: la legittimit� costituzionale 
dell'art. 546, primo comma, c.p.p., che impone al giudice di merito 
di uniformarsi alla sentenza di cassazione per d� c~e concerne ogni 
questione di diritto con essa decisa. 

2. -L'assunto del pretore di Massa, e cio� che la disposizione pre~ 
detta distrae il giiudice dal sottostare alla volont� della legge, come 
esige l'art. 101, secondo comma, della Costituzione, e lo obbliga invece 
a conformarsi alla volont� di altro giudice, coinvolge anche l'art. 384, 
primo comma, c.p.c., il quale �contiene una regola identica a quella 
denunciata. La questione proposta va esaminata quindi in una prospettiva 
non franupentaria; e no.n � appoggiata a ragioni convincenti. 
La Costituzione, legando� il giudice� alla leg.ge, vuole assoggettarlo, 
non solo al vincolo di una norma che specificatamente contempli la 
fattispecie da decidere, ma altres� alle valutazioni che la legge d� dei 
rapporti,, degli atti e dei .fatti, e al rispetto degli effetti che ne desume; 
in tal caso, � seinJ;Jre alla legge �che il giudice si collega quando armonizza 
la sua decisione alle dette valutazioni. Non � perci� un. sofh;ma, 
come invece crede il giudice a quo, affermare che la pronunzia giudiziaria 
si mantiene sotto l'imperio della legge anche. se questa dispone 

cedente sentenza della Corte 20 dicembre 1968, n. 134, in Giur. cost., 1968, 
2249, con nota di ANDRIOLI, Quis su:per Mediolani praet�rem? 
Sul giudizio di rinvio in generale, cfr. MARTUCCI, Il giudizio di rinvio, 
Napoli. 

Per una eccezione alla vincolativit� della sentenza di Cassazione, 
quando questa non abbia potuto esaminare la questione di competenza perch� 
sorta successivamente alla sua sentenza, per effetto di decisione della 

Corte Costituzionale, cfr. in giurisprudenza, Trib. Rovigo, 22 novembre 
1962, Giust. pen., 1963, III, 419. ~.:.., 


. L 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 345 

che il giudice formi il suo convincimento avendo riguardo a ci� che 
ha deciso altra sentenza emessa nella stessa causa, �come � oggi nel 
sistema del rinvio dalla Cassazione; ogni limite posto dalla legge all'esercizio 
di poteri o di funzioni � legittimo fino a quando non vulneri 
un pr�cetto costituzionale. 

Un precetto del genere non pu� rinvenirsi nell'art. 101, secondo 
comma, della Costituzione, invocato dal giudice a quo, perch�. l'efficacia 
della sentenza che dispone il rinvio � determinata dalla regola del 
non bis in idem, che porta, di necessit� e a seconda: dei casi, ad un 
punto fermo nel processo di graduale formazione logica della pronunzia 
finale. 

3. -Il vincolo che la sentenza di cassazion~ determina per il giudice 
di rinvio consegue perci� al fatto che la legge ha ritenuto conchiusa 
una fase del processo e immutabilm,ente fissato il punto di diritto 
deciso, con effetto limitato alla.causa. 
Al di l� della lettera della norma di cui si discorre, questa, nella 
sua sostanza e nelle sue conseguenze, altro non fa che determinare l'oggetto 
del processo di rinvio; vuole .cio� ch_e tale processo, riguardo �a1 
punto risoluto dalla Cassazione, si svolga per riportare al fatto la regola 
che � stata rilevata, in modo che la sentenza della Corte suprema abbia 
un suo effetto concreto; e necessariamente ne risulta che la materia del 
giiudiiio di rinvio, sul punto predetto, si restringe al trarz:e le conseguenze 
della intervenuta rescissione. Assolve ad un'esigenza logica prima 
che giuridica la legge che traccia le linee del procedimento in modo che 
esso abbia a progredire verso la soluzione finale attraverso la concatenazione 
di atti di valore_ definitivo, cosi da impedire la perpetuazione dei 
giudizi; e la scelta che all'uopo fa la legge, quando chiude una fase processuale 
e ne fa proseguire un'altra che poggia sui risultati della prima, 
attiene a criteri di politica giudiziaria, dj per s� insindacabili nella sede 
di legittimit� costituzionale. 

4. -Il pretore di Massa giudica -conforme all'art. 101, secondo comma, 
della Costituzione unicamente il criterio del doppio rinvio che vigeva 
nel sistema processuale abrogato; m� egli non avverte che pure in 
base a quel �criterio il giudizio sul punto di diritto si esauriva con una 
� sentenza di cassazione, la seconda; la quale impegnava il giudice di 
rinvio cosi come lo impegna oggi il sistema del rinvio unico. Il doppio 
processo rescissorio non eli~ina dunque l'asserta compre�sione del libero 
�convincimento del giudice di rinvio; e non conta che nel sistema 
anteriore la sentenza vincolante era delle sezioni unite della Cassazione 
e oggi pu� essere invece la sentenza della sezione semplice, perch� ci� 
che il pretore pone in discusssione � la legittimit� di una norma che d� 
effetto definitivo alla decisione di cassazione con rinvio; 

Sono note le ragioni che spinsero alla modificazione del criterio del 
doppio rinvio. Anzitutto si tenne presente l'esigenza di sollecitare il 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

346 

risultato del processo, e l'esigenza non si pu� svalutare oggi che si recla-� 
mano misure ai.te a ridurre la durata dei procedimenti: il duplice processo 
di dnvio apparve un mezzo per ritardare la decisione, nella prospettiva 
soltanto ipotetica di un dissenso delle sezioni unite dal principio 
che aveva adottato quella semplice, quindi in piena� aleatoriet�. Ma fu 
addotta anche una ragione sistematica: se il giudice di rinvio si � urli-
formato alla sentenza di cassazione, il ricorso alle sezioni unite per gli 
stessi motivi proposti alla sezione semplice viene inconcepibilmente 
diretto, non tanto contro la decisione del giudice del primo rinvio, che 
non ha fatto altro che attenersi� alla pronunzia della sezione semplice, 
quanto contro la sentenza di tale sezione. E si pu� soggiungere che il 
giudizio di rinvio, nel quale siano possibili valutazioni di diritto difformi 
da quelle che ha espresse la sezione semplice della cassazione, si 
risolve in un processo di impugnazione avverso tale sentenza; che non � 
configurabile data la posizione fatta alla Corte suprema dall'art. 11 della 
Costituzione, per il quale solo essa � giudice ultimo della legittimit�. 
-�(Omissis). 

II 

(Omissis). -3. -Lia norma denunziata riflette il principio, fondamentale 
nel sistema delle impugnazioni mediante ricorso per cassazione, 
secondo il qual~ la cognizione del giudice di rinvio trova base nella sentenza 
della Corte di cassazione: giudice investito, conseguentemente, 
della competenza funzionale e inderogabile a conoscere del merito della 
causa. 

La pronunzia della Corte �, infatti, sul punto della competenza, 
definitiva e la preclusione che ne discende, ai sensi dell'art. 544, primp 
comma, in relazione al disposto del precedente articolo 543, � intesa a 
rendere operante la irrevocabilit� e la incensurabilit� da parte di altro 
giudice delle decisioni della Corte di cassazione. Decisioni emanate dal1'
organo, cui la Costituzione (art. 111) e l'ordinamento processuale attribuiscono 
la funzione di giudice ultimo della legittimit� (sent. n. 50 in pari 
data) ed, in particolare, come questa Corte ha affermato in altre sue 
precedenti pronunzie (sent. n. 50 e 109 del 1963), la funzione regolatrice 
della giurisdizione nonch� delle competenze degli organi giudiziari. 

N� la normativa in esame � in contrasto con il principio della garanzia 
del giudice naturale. 

La sentenza della Corte di cassazione costituisce, infatti, il titolo 
della legittimazione dell'organo giudiziario a conoscere della causa nel 
caso concreto, in sostituzione di altro giudice. La competenza di quest'ultimo, 
pur. determinabile, per ciascun precedente grado del giudizio, 
secondo i criteri legali �ll'uopo dettati nel codice di rito, rimane disattesa, 
secondo l'ordinamento, per finalit� di giustizia connesse ad esigenze di 
imparzialit� e di indipendenza nell'esercizio della giurisdizione; esigenze 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 347 

valutate con procedimento g'iwrisd.izionaile, che si svolge nel pieno 
rispetto della garanzia del diritto di difesa. 


Il principio del giudice naturale, invero, dettato anche per finalit� 
di garanzia di imparzialit� del giudizio, esclude che norme ordinarie 
deferiscaQo al giudice, pure avente cognizione di .grado superiore, la 
potest� di distogliere discrezionalmente l'imputato dal giudice precostituito 
secondo le norme sulla competenza. Ma non vieta che, per giudicare 
sull'imputazione, sia designato altro organo giurisdizionale, dopoch� 
la competenza di quella originariamente indicato sia venuta meno, in 
applicazione di norme di legge ed in contemplazione di obiettive esigenze 
processuali. -(Omissis). 


CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 52 -Pres. Branca -Rel. 
Verz� -Rosati (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Chiarotti). 


Procedimento penale -Decreto di citazione a giudizio -Omessa indicazione 
della generalit� della parte civile -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 
(Cost., art. 24; c.p.p., art. 412). 


Non � fondata, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 412 c.p.p., in quanto questo 
non comprenda, fra le ipotesi di nullit� del decreto di citazione a giudizio, 
anche la mancata indicazione delle generalit� della parte civile o 
delle altre parti private (1). 


(Omissis). -La questione non � fondata. 

L'art. 407 dello stesso codice pone, fra i requisiti del decreto di 
citazione, anche le generalit� e le altre indicazioni atte ad identificare 
l'imputato, nonch� le generalit� � delle altri parti � cio� della parte civile, 
del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per 
l'ammenda. Ma l'indicazione di tali generalit� non � in nessun caso 
prescritta a. pena di nullit�: il decreto � nullo, infatti, solo qualora vi 
sia incertezza assoluta sulla persona dell'imputato, oppure se siano state 
violate le disposizioni sulla citazione della parte civile o delle parti, 
ond'� a ritenersi che la mancanza delle generalit� della parte civile pu� 
produrre nullit� nel solo caso in cui si risolva in un vizio della citazione.� 
Per di. pi�, l'impossibilit� di identificare l'imputato col suo vero nome 
e cognome e con le altre generalit� non ritarda n� sospense l'istruzione, 


(1) La questione era stata proposta con ordinanza del Tribunale di 
Lanciano, 24 giugno 1968 (Gazzetta Ufficiaie 28 settembre 1968, n. 248). 
La giurisprudenza della Cassazione ha costantemente escluso la nullit� 
de! decreto di citazione per l'omessa citazione della parte civile (Cass., 2 
marzo 1964, rie. La Franchina, Giust. pen. 1964, III, 426); il principio vale, 
a maggior ragione, per l'omessa indicazione della parte civile nel decreto 
di citazione. 


. JI 



348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il giudizio e l'esecuzione, quando � certa l'identit� fisica della persona 
(art. 81 c.p.p.). 

Ponendo a fondamento dell.a denunziata illegittimit� la mancanza 
di conoscenza delle generalit� della parte t:ivile, l'ordinanza afferma che 
la difesa �potrebbe essere pregiudicata dal fatto di non essere messa 
tempestivamente in condizioni di -conoscere' le generalit� delle altre 
parti�, ma non esamina 13e e quale rapporto esista fra tale conoscenza 
e l'esercizio del diritto. Va invece considerato che le indicazioni delle 
generalit� sia dell'.imputato, �sia delle altre parti, costitu,iscono un mezzo 
di identificazione utile agli effetti delle citazioni o di altri atti processuali, 
o comunque collegati al processo (quali, per esempio., le iscrizioni 
nel �Casellario giudiziale): mezzo utile; ma non necessario ai fini dell'esercizio 
del diritto di difesa, per� il quale ci� che conta non sono le 
generalit� delle altre parti ma la possibilit� di identificarle. 

Per altro, le norme che regolano la partecipazione della parte civile 
al processo consentono all'imputato di conoscere, indipendemente 
dal decreto di citazione, le generalit� della parte stessa e di avere tutte 
le altre indicazioni atte alla identificazione. Infatti, la dichiarazione di 
costituzione di parte civile, se fatta prima del dibattimento, deve essere 
not~ficata. a cura della parte stessa, all'imputato ed al pubblico ministero; 
e deve contenere, a pena di inammissibilit�, le generalit� di 
chi si costituisce, la elezione di domicilio e l'esposizione sommaria dei 
motivi che la giustifican_o (artt. 94 e 95 c.p.p.). Qualora non vi sia stata� 
costituzione prima del dibattimento, � evidente che il decreto di citazione 
non pu� contenere le generalit� sopraindicate, dal momento che 
la persona offesa dal reato, non ancora costituita parte civile, non � 
parte ~el processo. 

Lo stesso deve dirsi per il responsabile civile e per la persona civilmente 
obbligata per l'ammenda, la citazione dei quali deve essere notificata 
all'imputato (art. 107 e 122 c.p.p.) senza tener conte del fatto che 
trattisi di persone note a lui. -{Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 53 -Pres. Branca -Rel. 
Mortati -De Angelis (avv. Piccardi, De Feo, Noulian) Fiorentini 
(avv. Zappal�) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 
dello Stato Donadio). 

Ordinamento giudiziario -Sezioni specializzate ~grarie -Designazione 

degli esperti da parte dell'Ispettorato agrario -� Illegittimit� co


stituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 104, 105, 108; legge 2 marzo 1963, n. 320, art. 3, quarto comma, e 4). 

Non � fondata. con riferimento ai principi costituzionali dell'auto-� 
governo e dell'indipendenza dei giudici, la questione di legittimitd costi-� 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 349 

tuzionale degli artt. 3, quarto comma. e 4 della legge 2 marzo 1963, 

n. 320, che disciplinano i modi di provvista deLle Sezioni specializzate 
agrarie con membri laici, designati dalt'Ispettorato agrario (1). 
(Omissis). -1. -Le ordinanze imputano agli articoli che si sono 
prima ricordati della legge 2 marzo 1963, n. 320, la violazione degli 
artt. 104, 105, 108 della Costituzione, nella considerazione che le modalit� 
dai medesimi fissate. per la nomina degli esperti i quali entrano a 
comporre le sezioni specializzate agrarie non garantiscono n� l'indipendenza, 
n� l'imparzialit� dei loro giudizi. Deve anzitutto essere osservato 
come del tutto estraneo e inconferente alla questione sollevata sia il 
richiamo fatto dalle ordinanze stesse agli artt. 104 e 105 della Costituzione, 
dato che questi hanno riguardo esclusivamente ai componenti 
la magistratura, intesa questa nel nucleo ben delimitato risultante solo 
da quella parte degli appartenenti all'ordine giudiziario costituita dai 
giudici ordinari, rispetto ai quali solamente sono previste particolari 
forme di garanzie, come quella che affida i provve�iimenti di stato ad 


I 

essi relativi ad uno speciale organo, qual'� il Consiglio superiore dell� ' 
magistratura. E poich� nella specie � in contestazione il rispetto delle 

� condizioni di i~di:pendenza di � estranei partecipanti all'amministrazione 
della giustizia �, alle quali si riferisce l'art. 108, l'indagine deve essere 
compiuta (contrariamente a quanto ritien~ l'ordinanza del tribunale di 
Roma, secondo cui sarebbe da riservare all'esclusiva competenza del 
Consiglio superiore della magistratura l'accertamento dei requisiti oltre 
che la nomina degli esperti medesimi) alla stregua solo di quest'ultima 
disposizione. 

2. -Da essa risulta che il costituente si � limitato a disporre solamente 
un rinvio alla legge, sicch� il giudizio di costituzionalit� deve 
essere circoscritto ad accertare se la disciplina stabilita da quella denunciata 
prescriva almeno un minimo di requisiti che rendano ragionevole 
la presunzione della loro corrispondenza all'imperativo della Costituzione. 
Ci� non diversamente da quanto prescritto per i componenti le 
giurisdizioni speciali: dal che si desume la infondatezza della tesi secondo 
cui sussisterebbe l'obbligo pel legislatore di differenziare le ga(
1) La questione era stata proposta con varie ordinanze di giudici di 
merito. 
Sulla questione, cfr. i precedenti conformi della Corte 30 dicembre 1961, 


n. 76 e 20 dicembre 1962, n. 108, pubblicati, rispettivamente, in Giur. it., 
1962, I, 1, 945 e 1963, I, 1, 305. 
In dottrina, cfr. ABBAMONTE, Giurisdizioni speciali e Sezioni specializzate 
ag'l'arie, Giur. it., 1962, I, 1, 945; BARTOLI, Sezioni specializzate e magistratura 
ordinaria, Giur. Cost., 1961, 1343; ANDRIOLI, Requisiti di costituzionalit� 
delle Sezioni specializzate, Riv. dir. proc., '1963, 295. 



350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ranzie in parola secondo che si riferiscano ai componenti dell'una o 

dell'altra delle due categorie di organi ora menzionati. 

Nella specie le garanzie predisposte con la legge denunciata sono 
.da ritenere sufficienti. Infatti indubbiamente garanzie siffatte sono offerte 
dall'intervento, nella nomina e revoca degli esperti, del Consiglio 
superiore della magistratura, che, pure non imposto, come si � detto, 
dalla Costituzione � stato tuttavia richiesto, con disposizione di carattere 
generale, dall'art. 10 n. 2 della legge 24 marzo 1958, n. 195, che ha 
trovato poi applicazione specifica nell'art. 3 della legge in esame, il 
quale ha fatto applicazione del potere di delegare l'esel'cizio delle funzioni 
stesse ai presidenti delle Corti di appello, gi� consentito dal citato 
art. 10 e dall'art. 30 delle norme di attuazione approvate con d.p. n. 916 
del 1958. 

L'interpretazione che di quest'ultimo articolo danno le ordinanze, 
nel senso che competa agli Ispettorati compartimentali dell'agricoltura 
la potest� di operare una preselezione fra coloro che hanno i requisiti 
per l'iscrizione nell'albo, cos� da limitare le indicazioni da presentare 
al Consiglio �superiore agli otto nomi da includere in ciascuno degli 
albi speciali, lasciando al Consiglio stesso il solo compito di sorteggiare 
i nomi dei quattro destinati (quali titolari o supplenti) a comporre il 

l 
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collegio giudicante, non trova nessun sostegno nella legge, sia che si 
interpreti sotto l'aspetto letterale che sotto quello sistematico. 

Si desume infatti chiaramente dall'art. 3 che la funzione degli 
Ispettorati predetti non riveste carattere di arbitrariet� poich� si concreta 
nella predisposizione (dopo �Che .siano state sentite le organizzazioni 
sindacali pi� rappresentative ed i competenti consigli degli ordini 
professionali) di un elenco comprensivo di coloro che gli Ispettorati 

I 
stessi ritengano in possesso dei requisiti richiesti, rimanendo poi riser


vato al presidente della Corte di appello di prescegliere (previ i neces


sari controlli circa il modo di formazione degli elenchi) gli otto nomi 

da inserire in ogni albo. 

Cosi precisato l'iter formativo dell'elemento laico nelle sezioni specializzate, 
vengono a cadere anche le censure formulate con riferimento 
tanto al procedimento sostitutivo che si renda necessario in dipendenza 
della cessazione dalla carica di un membro durante il biennio, quanto 
alla possibilit� che la legge consente, della rinnovazione del mandato 
degli iscritti negli albi dopo la sua scadenza. Infatti che tale possibilit� 
(giustificata anche da considerazioni di convenienza, data l'eventuale 
difficolt� di disporre di un numero sufficiente di esperti che eccellano 
per capacit� tecniche e doti morali, e siano disposti ad accettare una 
carica suscettibile di distrarre dall'esercizio professionale) non incida 
sull'imparzialit� nell'esplicamento della funzione si desume dalla natura 
dell'organo cui compete disporre, oltre alla nomina, tale conferma nella 
carica.

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 351 

3. -Accertato cos� che agli ispettorati compartimentali � demandata 
una funzione esclusivamente preparatoria e non gi� decisionale 
per quanto attiene alla preposizione degli esperti, diviene irrilevante 
indagare -se le sezioni siano, come' si assume, chiamate effettivamente 
. a giudicare su atti predisposti dagli ispettorati medesimi. 

Pertanto deve ritenersi che la legge denunci:ata abbia pienamente 
soddisfatto quelle esigenze di assicurare tanto l'idoneit� degli esperti 
alle funzioni loro attribuite quanto la loro indipendenza dalle parti e 
dalla pubblica amministrazione, secondo quanto era stato richiesto con 
le prec'edenti pronuncie di questa Corte n. 76 del 1961 e 108 del 1962, 
anche per quanto riguarda quel particolare aspetto dell'imparzialit�, 
che trova soddisfazione nella possibilit� del ricorso, nei congrui casi, 
agli istituti dell'astensione e della ricusazione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 aprile 1970, n. 56. -Pres. Branca -
Rel. Rocchetti -Carena (n.c.). 

Sicurezza pubblica -Riunioni in luogo aperto al pubblico -Licenza del 

Questore -Illegittimit� costituzionale parziale della normativa. 

(Cost., art. 17; r.d. 18 giugno 1931, n. 773; c.p. art. 666). 

Sono costituzionalmente illegittimi, con riferimento al diritto costituzionale 
di riunione, l'art. 68 t.u. delle leggi di P. S. 18 giugno 1931, 

n. 773 e l'a'rt. 666 c.p. che, rispettivamente, prescrivono, e sanzionano 
penalmente, l'obbligo della licenza del Q.uestore per i trattenimenti da 
tenersi in luoghi aperti al pubblico, che non siano indetti nell'esercizio 
di attivitd imprenditoriali (1). 
(Omissis). -2. -La questione � fondata, ma solo parzialmente. 

Dispone l'art. 17 della Costituzione che i cittadini hanno diritto 

di riunirsi pacificamente e senz'armi e che per le (loro) riunioni, anche 

in luogo aperto al pubblico, non � richiesto preavviso. 

II diritto di riunione � quindi tutelato nei confronti della genera


lit� dei cittadini, che, riunendosi, possono dedicarsi a quelle attivit� 

lecite, anche se per scopo di comune divertimento o passatempo (sen


tenza n. 142 del 1967) e quindi a quei trattenimenti cui si riferiscono 

(1) La questione era stata proposta dal Pretore di Racconigi con ordinanze 
5 dicembre 1968 (Gazzetta Ufficiale 26 febbraio 1969, n. 52) e decisa 
con procedimento in camera di consiglio, in mancanza di costituzione di 
parti. 
Sul diritto di riunione, cfr. da ultimo, nella giurisprudenza della Corte, 
la sentenza 15 dicembre 1967, n. 142, in questa Rassegna, 1967, 949. 

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352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i due articoli in rapporto ai quali � stata sollevata la questione di 
costituzionalit�. 

Se, dunque, la riunione � indetta anche in luogo aperto al pubblico 
da persone che intendono riunirsi per attuare gli scopi anzidetti, fra 
i quali trattenimenti di cui parlano le citate disposizioni, nessuna autorizzazione 
e nessun preavviso occorre. 

Gli articoli denunziati, in ~uanto, per tale fattispecie, richiedono 
in ogni caso e da parte di tutti una licenza,_ sono da ritenersi perci� 
contrari alla norma costituzionale. 

3. -Diversamente � a dirsi se la riunione, avente per �oggetto un 
trattenimento di danza, di giuoco, di sport, ecc., � invece indetta in 
un pubblico locale da parte del titolare nell'esercizio della sua attivit� 
imprenditoriale. 
In tal caso non � il diritt6 di riunione Quello �Che egli intende 
esercitare, bensi il diritto di libera iniziativa economica che gli consente 
di org~nizzare la propria azienda e di svolgervi le attivit� lecite 
inerenti alla sua impresa. 

Si, �, cio�, non pi� nella sfera dei diritti dell'art. 17 della Costituzione, 
ma di quelli tutelati dall'art. 41, che, peraltro, ammettono 
limiti e controlli ne'l pubblico interesse. Ad ogni modo, ,poich� tale 
ultima norma non � stata invocata, la Cqrte deve astenersi dall'esame 
della questione relativa. ~ (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 apr�le 1970, n. 57 -Pr�s. Branca -
Rel. Benedetti -Di Prima (avv. Urbani) e Presidente del Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Filiazione -Divieto di affiliazione da parte del fallito -Illegittimit� 

costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 30; e.e. art. 407, 35,0, n. 5). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 30 della Costituzi9'ne, la 
questione di legittimitd costituzionale degli artt. 407 e 350 n. 5 e.e. 
nella parte in cui escludono la possibilitd di affiliazione di minori da 
parte del fallito che non sia stato cancellato dal registro dei falliti (1). 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 27 luglio 1968 del 
Giudice tutelare presso la Pretura di Milano (Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 
1968, n. 318). 
La sentenza costituisce la trasposizione, sul piano dei rapporti di fami-. 
glia, di quanto gi� ritenuto dalla Corte a proposito della limitaziol)e personale 
del fallito, con le precedenti sentenze 20 febbraio 1969, n. 24 (in 
questa Rassegna, 1969,, 195) e 8 marzo 1962, n. 20 (Foro it., 1962, I, 597). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 353 

(Omissis). -1. -Il giudice tutelare presso la pretura di fVIilano 
ha sollevato la-questione di legittimit� costituz�onale del combinato 
disposto degli artt. 407 e 350 n. 5 e.e., concernente il divieto di accoglimento 
dell'istanza di affiliazione del fallito che non sia stato cancellato 
dal registro dei falliti, in riferimento ai commi primo e terzo dell'art. 
30 della Costituzione, muovendo dal presupposto che l'affiliazione 
sia ammissibile anche nei confronti dei figli adulterini dell'affiliante. 

Non � di competenza della Corte accertare se tale presupposto sia 

o meno fondato. I/ammissibilit� dell'affiliazione dei figli adulterini attiene 
al giudizio di rilevanza della questione di legittimit� costituzionale, 
giudizio che nella specie risulta pronunciato dal giudice a quo. 
2. -La questione, nei termini nei quali � stata P,rorposta, non � 
fondata. 
L'istituto dell'affiliazione, cos� come regolato nel nostro ordinamento, 
ha carattere prevalentemente assistenziale; con esso il legislatore 
ha inteso mettere in moto quella attivit� privata capace, per il 
suo apporto, oltre che materiale dell'allevamento, anche morale dei 
legami affettivi, di alleviare la grave situazione di bisogno di un cbn~
iderevole numero di minori dei quali non si conoscono i genitori, ovvero 
i figli riconosciuti dalla sola madre i!llpossibilitata a provvedere 
al loro allevamento, o in stato di abbandono, o ricoverati in un istituto 
di pubblica assistenza (art. 401'). Funzione primaria dell'affiliazione � 
quindi il conseguimento di un fine assistenziale nei confronti di minori, 
moralmente e materialmente abbandonati. Di siffatto "precipuo scopo 
dell'istituto in esame � dato trarre sicura conferma. dalle disposizioni 
relative alla revoca ed alla estinzione dell'affiliazione. La prima infatti, 
pu� aver luogo per sopravvenuta impossibilit� dell'affiliante �di continuare 
a provvedere all'allevamento del minore� (art. 410, n. 2); 
mentre la seconda consegue necessariamente alla reintegrazione nella 
patria potest� del genitore legittimo o naturale dell'affiliato, decaduto 
da tale potest� o impedito di esercitarla (art. 411, comma primo). 

La funzione esplicata dall'affiliazione 1� di interesse pubblico ed � 
per tal motivo che questo istituto, che non d� luogo ad un rapporto 
di natura familiare sebbene attribuisca all'affiliante i poteri inerenti 
alla patria potest� (art. 409),, si ricollega a quello della tutela pur non 
rivestendo n carattere officios� proprio di questa. Si giustificano cosi 
le limitazioni di capacit� stabilite per l'affiliante dall'art. 407 del codice 
civile. Tali limitazioni sono state disposte a tutela degli interessi dei 
minori, e, per quanto riguarda in particolare il fallito non cancellato 
dall'albo, il legislatore ha evidentemente ritenuto che non ricorrano 
in tal -caso quei requisiti morali che sono necessari per poter essere 
dffiliante. 

Orbene � chiaro che, date Je finalit� in vista delle quali l'istituto 
� sorto ed � stato disciplinato, non � possibile porre a raffronto la di




I 

354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l

spos1z1one impugnata con le norme di cui all'art. 30, primo e terzo I 

I

comma, della Costituzione le quali basandosi su un rapporto di filiazione 

!

naturale, affermano rispettivamente il diritto-dovere dei genitori di 

I

mantenere, istruire ed educare i figli an,che se nati fuori del matriI 


monio, ed il diritto di questi ultimi a vedersi assicurata legislativamente 'i 
ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della 
famiglia legittima. 

N� giova addurre che si possono affiliare i figli nati fuori del matrimonio 
anche se adulterini. � agevole osservare che facendo ci� si 
utilizza l'affiliazione per uno scopo che pu� essere realizzato solo adottando 
le norme che regolano l'istituto compresa quella che sancisce il 
divieto, di affiliazione per chi si trova nelle condizioni di incapacit� ad 
assumere l'ufficio tutelare. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 aprile 1970, n. 58 -Pres. Branca -
Rel. De Marco -Russo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 

Propriet� -Protezione delle opere dell'inge~o di carattere creativo 


j

Norma di tutela del diritto demaniale sulle opere di pubblico do


*-l

minio -Violazione della riserva di legge -Esclusione. 

(Cost., art. 23; legge 22 aprile 1941, n. 633; art. 12, 15, 61 n. 3, 171, 175; 

legg 6 febbraio 1942, n. 95, art. 5). l 

Non � fondata, con riferimento al principio della riserva di legge 
in materia tributaria, Za questione di legittimit� costituzionale delle I 
norme della legge sul diritto di autore (l. 22 aprile 1941, n. 633) tute


1 
Zatrici del diritto �demaniale� dello Stato suZZ'utiZizzazione deZZe opere 
divenute di pubblico dominio, perch� a mente della successiva legge 
6 febbraio 1942, n. 95, esso � stato tassativamente determinato nella 
misura del cinque per cento (1). 

(Omissis). -Si deve, dunque, ritenere che l'ordinanza di rinvio 
abbia denunciato gli artt. 12, 15, 61 n. 3, 171 e 175 della legge n. 633 
del 1941 e che lo abbia fatto solo perch� il citato art. 175, ritenuto 

(1) La questione era stata proposta dal Pretore di Borra con ordinanza 
15 giugno 1969 (Gazzetta Ufficiale 14 settembre 1968, n. 235). 
Con la precedente sentenza 17 aprile 1968, n. 25 (in questa Rassegna-, 
1968, 179) la Corte aveva ritenuto non fondata la questione dell'art. 180 
della legge sul diritto di autore, che riserva alla S.I.A.E. in via esclusiva 
l'attivit� di intermediaria per le opere protette. 

In dottrina, cfr. PIOLA-CASELLI, Voce, Diritto d'autore, Noviss. Dig. it. 



.~ 

~ 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 355 

applicabile in ogni caso, violerebbe la riserva di legge preivsta dall'art. 
23 della Costituzione. 
Cosi chiariti i termini della controversia � facile rilevare innanzi 
tutto che l'art. 175, come risulta chiaramente dal suo testo, concerne 

non il diritto soggettivo dell'autore sulla propria opera (di cui qui si 
discute), ma il �diritto d~maniale > spettante allo Stato sull'utilizzazione 
delle opere divenute per qualsiasi motivo di pubblico dominio; 
e che ad ogni modo (come ha esattamente osservato l'Avvocatura generale.
dello Stato), non �con decreto reale, emanato a norma della legge 
31 gennaio 1926, n. 100, ma con l'art. 5 della legge 6 febbraio 1942, 

n. 95, l'ammontare del diritto demaniale � stato tassativamente determinato 
nella misura del 5 per cento: quindi non � pi� a parlare di 
illegittimit� costituzionale del citato art. 175 poich� 'questa� norma si 
deve oramai interpretare con l'ausilio della legge citata. ~ (Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1970, n. 62 -Pres. Branca -Rel. 
De Marco -Fussone (n..c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 

I~truzione pubblica -Ordinamento della scuola popolare -Criteri di 
nomina degli insegnanti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione~ 
(Cost., art. .3, 4, 33; d.l.C.p.S. 17 dicembr 1947, n. 1599, art. 4). 

Non � fondata, n� con riferimento al principio costituzionale di 
uguaglianza, n� con queUo del diritto al lavoro, n� con quello deila 
esclusione di oneri dello Stato per la scuola privata, la questione di 
legittimitd costituzionale dell'�rt. 4 d.l.C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599, 
recante i criteri di nomina degli insegnanti delle scuole popolari gestite 
da enti o associazioni .(1). 

(Omissis). -1. -Per una migliore identificazione delle questioni 
sottoposte all'esame della Corte � bene premettere alcuni richiami al 
sistema normativo nel q�ale trova �Collocamento l'articolo di legge . 

(1) La questione era stata proposta dal Pretore di NiCosia con ordinanza 
22 gennaio 1969 (Gazzetta Ufficiale 12 marzo 1969, n. 66). 
La giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva ritenuto conformemente 
alla sentenza in rassgena, la valutabilit� dell'insegnamento nei corsi di 
scuola popolare, ai fini degli incarichi e supplenze (Cons. St., 17 aprile 1957, 

n. 
163, in Cons. St., 1957, I, 501). 
In dottrina, sui profili costituzionali dell'istruzione pubblica, PoTOTSCHIG, 
Insegnamento, istruzione, scuola, Giur. cost., 1964, 361; CRISAFULLI, La 
scuola nella costituzione, Studi in onore di De Francesco, 'Milano, II, 284. 
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356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(art. 4 del d.l.C.P,S. 17 dicembre 1947, n. 1599 e successive modificazioni), 
la cui legittimit� costituzionale � posta in dubbio con l'ordinanza 
di rinvio. 

Come risulta dal suo titolo e dall'art. 1, con tale decreto legislativo 
venne istituita� una scuola popolare� per combattere l'analfabetismo, per 
completare l'istruzione elementare e per orientare all'istruzione media 

o professionale: scuola gratuita, diurna o serale, per giovani e adulti, 
da istituire presso le scuole elementari, le fabbriche, le aziende agricole, 
le istituzioni per emigranti, le caserme, gli ospedali, le carceri ed in 
ogni ambiente popolare, specie in zone rurali, in cui se ne avverta il 
bisogno. 
Dal primo comma dell'art. 4 si desume, altresi, che fra gli scopi 
della istituzione di questo nuovo tipo di scuola rientra anche. quello di 
combattere la disoccupazione intellettuale. 

ajI corsi di tale scuola sono ,poi, istituiti dal provveditore agli studi -~ 

o di sua iniziativa o su richiesta di enti, associazioni o privati che dimostrino 
di possedere i mezzi per ol'ganizzare ed .assicurare il regolare 
funzionamento dei corsi stessi, con l'eventuale concorso dello Stato, 
mentre la spesa per il personale i:osegnante grava, in ogni caso, su 
apposito �capitolo del bilancio del Ministero della pubblica istruzione 
(artt. 3, quale risulta modificato dalla, legge 16 aprile 1953, n. 326, 
11 e 12). 
Infine, per il contestato art. 4, quale risulta modificato dalla citata 
legge n. 326 del 1953 : 1:::::: 

a) l'insegnamento nei. corsi della scuola popolare � affidato per 
incarico provvisorio, con nomina del provveditore agli studi a persone iiii! 
che siano fornite dei titoli richiesti per ottenere incarichi di insegnamento 
nelle scuole elementari e non abbiano altra occupazione retri-

I

buita; 
b) l'insegnamento � valutato ad ogni effetto come servizio di 1::::: 
incarico o supplenza; 

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c) nel caso di scuole organizzate da enti o da associazioni, la :::~ 

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nomina ha luogo su proposta e di intesa con questi; =-=~ 
d) l'insegnante deve essere prescelto fra quelli compresi .nella 
graduatoria provinciale di incarico e supplenza. 

2, -Quanto sopra chiarito, in ordine logico deve essere accertato 

in primo luogo se sussiste il denunziato contrasto con l'art. 33 della 

Costituzione, secondo cui le scuole e istituti di educazione possono es


sere istituiti da enti e privati ma �senza oneri per lo Stato�. 

Dall'esame del sistema normativo sopra richiamato nelle sue linee 

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essenziali risulta peraltro in modo evidente che la scuola 
contro l'analfabetismo � scuola esclusivamente statale. 

popolare 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 357 

Evidenti esigenze funzionali, dato che istituzionalmente tale scuola 
deve svolgere la sua attivit� in qualsiasi ambiente popolare, in cui se 
ne manifesti il bisogno -ed � molto significativa, al riguardo, l'elencazione
� esemplificativa contenuta nell'art. 1 della legge -rendono, pi� 
che opportuna, necessaria l'utiJ,�zzazione di qualsiasi mezzo che appaia 
idoneo per la sua sempre maggiore diffusione. 

L'affidamento della semplice gestione di alcuni corsi ad enti ed 
associazioni pi� vicini a quell'ambiente popolare che ne deve ritrarre 
i benefici e che di quell'ambiente meglio conoscono le esigenze e, nella 
maggior parte dei casi, per i loro fini istituzionali ne difendono e patrocinano 
gli interessi, costituisce, evidentemente, uno dei mezzi pi� efficaci 
agli scopi suddetti. 

Ma enti, associazioni e perfino privati cos� utilizzati costituiscono 
soltanto organi o strumenti dei quali lo Stato, che tale scuola ha istituita 
e che la diri.ge, la controlla e la finanzia, si avvale per la migl!Qre 
realizzazione d�i fini che ~on la scuola stessa si � prefisso di raggiungere. 

Perci� il precetto di cui al terzo comma dell'art. 33 della Costitu


zione � stato male invocato. 

3. -Se, come si � dimostrato, anche i corsi, �1a cui gestione sia 
affidata, con finanziamento statale, ad enti ed associazioni, debbono considerarsi 
statali, evidentemente l'inse.gnamento impartito in tali corsi 
non pu� non essere valutato, ad ogni effetto, come servizio prestato 
nelle scuole statali. 
Pertanto, il secondo comma del denunziato art. 4 � del d.l.C.P.S. 

n. 1599 del 1947, quale risulta modificato dall'articolo unico della legge 
n. 326 del 1953, non contrasta con il principio di uguaglianza sancito 
dall'art. 3 della Costituzione. 
4. -Non pu� contestarsi ~he, per effetto del terzo comma del ripetuto 
art.' 4, in forza del quale. nel caso di scuole organizzate da enti 
o da associazioni, la nomina degli insegnanti (sempre da parte del provveditore 
agli studi) ha luogo su proposta e di intesa con gli enti o associazioni 
stessi, si pu� derogare, nell'effettuare tale nomina, dall'ordine 
della graduatoria provinciale di incarico e supplenza. 
Se, al riguardo, non fossero sufficientemente eloquenti le espressioni 
�su proposta � e �di intesa � contenute nel citato terzo comma, 
basterebbe ad eliminare ogni dubbio il successivo quarto comma, in 
forza del quale l'insegnante da nominare deve essere � prescelto � fra 
quelli �compresi nella suddetta graduatoria. 

P�ich� per le nomine nelle scuole organizzate e gestite direttamente 
dallo Stato, attraverso i provveditorati agli studi, .l'ordine della graduatoria 
provinciale deve, di regola, essere tassativamente osservato, l'ordinanza 
di rinvio ravvisa nella possibilit� di deroga sopra illustrata 
violazione. degli artt. 3 e :1 della Costituzione: infatti, da un lato porrebbe 
in essere una disparit� di trattamento tra insegnanti da nominare 


358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per le scuole organizzate e gestite direttamente dai provveditorati agli 
studi e insegnanti da nominare per le scuole organizzate e gestite da 
enti ed associazioni; dall'altro eluderebbe, per quest'ultima categoria 
di insegnanti, il diritto o, quanto meno, la legittima aspettativa al collocamento 
loro derivanti dall'ordine di graduatoria. 

Senza che occorra stabilire se l'ordine di graduatoria ponga in 
essere un vero e proprio diritto. o una semplice legittima aspettativa 
alla nomina, non pu� certo contestarsi la potest� del legislatore di derogarvi, 
sempre che la deroga sia determinata da motivi funzionali e 
comunque razionali. 

Intanto, anche per i corsi organizzati direttamente dai provveditori 
agli studi, pur restando fermo, in astratto, il principio della osservapza 
dell'ordine della graduatoria provinciale degli incarichi e supplenze, in 
concreto -ed ecco per:ch� sopra si � usato l'inciso �di regbla � .,;;_quel 
principio subisce deroghe imposte da ragioni oggettive (preferenza per 
gli insegnanti di sesso maschile o di sesso femminile a seconda che si 
tratti di scuole maschili o femminili ed assegnazione alternativa in caso 
di scuole miste) oppure da ragioni soggettive (limitazione posta dall'interessato 
nella domanda di inclusione nella graduatoria circa le ~edi 
cui intende essere destinato o non accettazione di sede dis.ponibile). 

Pu�, cosi, legittimamente accadere che, o per mancanza di vacanze 
nei tipi di scuole cui pu� essere destinato o per �nancanza di vacanze 
nelle sedi indicate nella domanda di incarico o supplenza, un insegnante 
meglio classificato nella graduatoria provinciale non consegua alcun 
incarico o supplenza e lo consegua, invece, altro insegnante che lo 
segua, anche di molti posti in quella graduatoria (pu� perfino verificarsi 
il caso limite del primo in graduatoria non occupatoe dell'ultimo 
occupato). 

Ma ben diversa si presenta la situazione per quanto attiene ai corsi 
affidati ad enti o associazioni. 

Come sopra si � rilevato, gli enti o associazioni che si assumono 
il compito della organizzazione e gestione di scuole popolari costituiscono 
organi e strumenti dei quali lo Stato si avvale per meglio realizzare 
i suoi fini d'interesse pubblico in questo particolare e delicato 
settore della pubblica is.truzione. Ma organi e strumenti che hanno, 
peraltro, proprie e peculiari caratteristiche ed esigenze, che si assumono 
il compito di organizzare ed assicurare il regolare funzionamento 
dei corsi loro affidati e che, per giunta, tranne la spesa per il personale 
insegnante, hanno a loro carico tutte le altre spese di organizzazione, 
di gestione e di funzionament� di detti corsi. 

Di qui la necessit� di un personale insegnante, che, a parte i requisiti 
generici di capacit�, del possesso dei quali si ha la prova per il 
fatto stesso della inclusione nella graduatoria provinciale, possegga 
anche requisiti specifici di conoscenza dell'ambiente nel quale � chia




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 359 

mato a svolgere la sua attivit� e di idoneit� all'insegnamento per la 

particolare scolaresca e del modo come si svolgono i corsi. 

Necessit� avvertita dal legislatore in modo tale da porre la desi


gnazione dell'inse.gnante non come una mera facolt�, ma come un vero 

e proprio obbligo per l'ente, associazione o privato che intenda ottenere 

l'assegnazione di un corso di scuola popolare, salvo quell'intesa con il 

provveditore agli studi, al quale in definitiva .spetta sempre la nomina, 

intesa evidentemente richiesta per il controllo della capacit� partico


lare alla qu'ale � preordinata la designazione (art. 6, comma secondo, 

lett. f) della ordinanza ministeriale 8 ,maggio 1967, n. 8040/22/SP 

pubbl. nel B. U. del Ministero della P. I. n. 19 dellll maggio 1967), 

Non potest� arbitraria, dunque, ma semplice potest� discrezionale 

di scelta, informata, peraltro, a quei criteri oggettivi delle necessit� 

funzionali di questo particolare tipo di scuola, che risultano dalle con


siderazioni che precedono. 

Dagli stessi criteri risultano i fini ed i limiti di quella potest�, ogni 

deviamento dai quali im-plica eccesso di potere e rende la nomina, che 

ne sia viziata, annullabile nei modi e forme di legge. 

Ci si trova, pertanto, di fronte ad una di quelle discipline diffe


renziate per situazioni differenziate, che, secondo la �costante giurispru~ 

denza di questa Corte. non violano il principio di uguaglianza. 

Le stesse considerazioni valgono, dato che ammettono la legittimit�, 
nei limiti sopra enunciati, della deroga all'ordine di graduatoria, anche 
a dimostrare �Che non sussiste nemmeno la denunziata violazione dell'art. 
4 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1970, n. 59 -Pres. Branca -
Rel. Rocchetti -Mangano ed altri (n.c.) c. Amministrazione F�nanze 
dello Stato (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Imposta di registro -Vendite coatte promosse in base a mutui in danaro 

-Procedimento di valutazione -Differenze rispetto alle ordinarie 

vendite coatte -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3; r.d.I. 19 agosto 1943, n. 737,art. 4; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
art. 50). 

� costituzionalmente illegittimo, con riferimento al principio di 
eguaglianza, l'art. 4 del r.d.l. 19 agosto 1943, n. 737, il quale, d.erogW11;do 
alla ordinaria disciplina stabilita dall'art. 50 della legge di registro per 


360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

le vendite coatte, assoggetta a procedimento di valutazione le vendite 
coatte promosse in base a mutui in danaro (1). 

(Omissis}. -;:-Viene proposto il dubbio che l'art. 4 del r.dJ. 19 agosto 
1943, n.. 737, allorch� prescrive che, nelle vendite coatte promosse 
in base a mutui in danaro, il valore del bene trasferito debba determinarsi 
mediante il comune procediment,o fiscale di accertamento di 
valore, violi, secondo il tribunale di Caltanissetta, l'art. 3 e, secondo 
il tribunale di Bologna, anche l'art. 53 della Costituzione: e ci� per 
il motivo che quell'articolo si discosta, senza apprezzabili ragioni, dal 
principio a�ccolto nell'art. 50, comma secondo. del r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 32619, il quale dispone invece ch�, nelle vendite coatte in genere, si 
debba assumere come valore tassabile lo stesso ;prezzo cii vendita risultante 
dal verbale di aggiudicazione, e quindi non si debba procedere 
ad alcun accertami:mto. 
2. -u-'dubbio, cosi formulato, � fondato. 
Principio generale in materia di imposte sul trasferimento della 
ricchezza � quello enunciato nell'art. 30 della legge del registro r.d. 
30 dicembre 1923, n ..3269), secondo il quale � assunto come tassabile 
il valore venale dei beni in comune commercio da determinarsi in base 
al procedimento di valutazione previsto dalla stessa legge. 

Questa per�, nell'art. 50, comma secondo, ha ritenuto di derogare 

a t�le principio generale per quanto concerne i trasferimenti effettuati 

mediante aggiudicazione ai pubblici incanti, che vengono invece tassati 

sulla base del prezzo della vendita risultante dal verbale di aggiudi


cazione. 

Avendo pertanto il legislator~. con valutazione discrezionale che 
� stata ritenuta non costituzionalmente illegittima da 'questa Corte 
(sentenza n. 62 del 1965), operato una differenziazione fra le vendite 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 4 giugno 1968 del 
Tribunale di Caltanissetta (Gazzetta Ufficiale 28 settembre 1968, n. 248) e 
con ordinanza 25 marzo 1969 del Tribunale di Bologna (Gazzetta Ufficiale 
6 agosto 1969, n. 200). 
Con questa sentenza, e con l'interpretazione dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria sul trattamento fiscale delle vendite all'incanto, resta definitivamente 
unificato il sistema dell'esclusione dal procedimento di valutazione ai 
fini dell'imposta di registro giusta rart. 50 della relativa legge. ,,, 

Con la precedente sentenza 6 luglio 1965, n. 62, infatti, richiamata in 
motivazione (in questa Rassegna, 1965, n. 625) la Corte Costituzionale aveva 
escluso che la normativa posta dall'art. 50 della legge di registro fosse sperequata 
rispetto all'ordinario trattamento valutativo delle vendite consensuali. 
A sua volta, la Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza 25 ottobre 
1968, n. 3493 (in questa Rassegna, 1969, 1111), ha ritenuto che l'art. 50 
dell� legge di registro si applichi a tutte le vendite coatte, sia con incanto, 
che senza incanto. � 



, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 361 

all'incanto e quelle consensuali, per esonerare le prime dal procedimento 
di accertamento, non pu� considerarsi legittima la norma dell'art. 
4 del d.l. n. 737 del 1943, che, in. deroga alla deroga, ripristina, 
solo per le vendite all'incanto promosse su mutui .in dan�ro, 
la regola generale relativa all'accertamento di valore. Tale disposizione, 
sancita per la prima volta nel nostro ordinamento col d.l. 18 
agosto 1942, n. 946, si inquadrava nel sistema della imposta sul plusvalore 
introdotta durante la guerra al fine di ostacolare i trasferimenti 


'immobiliari. Conservata nel complesso delle norme che hanno sostanzialmente 
ripristinato la le.gislazione anteriore, la norma dell'art. 4 
citato � rimasta priva di ogni valida giustificazione e non si regge al 
confronto con quella dell'art. 50 che, nel sistema, contiene una regola 
valida per tutti i trasferimenti avvenuti mediante aggiudicazione ai 
pubblici incanti. Una sottodistinzione che, per le vendite coa�tte promosse 
in dipendenza di mutui, ripristini il pi� generale sistema dell'accertamento 
del valore venale del bene trasferito. non trovando 
alcuna ragione che la gilllstifichi, lede il principio costituzionale di 
eguaglianza, in forza del quale situazioni eguali debbono essere regolate 
nello stesso modo. Tale, principio, espresso in via generale dall'art. 
3, ispira anche, in materia attinente ai tributi, l'art. 53 della 
Costituzione che a buon titolo � stato pertanto anch'esso invocato. 

3. -Non pu� infatti dubitarsi che le vendite coatte i.n genere e 
quelle promosse in dipendenza di mutui, per essere �assistite dalle stesse 
garanzie formali e sostanziali, non presentano fra loro alcuna differenza 
I I! 

che possa giustificare una diversit� di trattamento legislativo relativa 
all'accertamento dell'imposta sul valore del bene trasferito, �con effetti, 
per altro, nei confronti di un terzo, qual � l'aggiudicatario, il quale non 
�l nemmeno tenuto a conoscere il titolo e la causa per cui l'espropriazione 
avviene. -(Omissis). 


I 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1970, n. 60 -Pres. Branca -
Rel. Capalozza -Pellis ed altri (avv. Bandini, Pogliani) e Pres�dente 
Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 


Procedimento civile -Separazione personale dei coniugi -Comparizione 
davanti al Presidente del Tribunale senza ministero del difensore Inammissibilit� 
della questione. 
(Cost., art. 24; lgge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; c.p.c. art. 707, primo comma). 


� inammissibile, perch� irrilevante, la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 707 primo comma, c.p.c., con riferimento all'art. 24 



362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

' I 

della Costituzione, sulla mancata assistenza del difensore nella fase di 
comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale, se la 
questione sia piroposta non dal Presidente,' ma dal Giudice istruttore (1). 

(Omissis). -1. -� stata sollevata dal giudice istruttore del tribunale 
di Milano la questione di legittimit� costituzionale dell'art 707, 
primo comma, del codice di procedura civile: la norma violerebbe il 
diritto di difesa poic~ non consente alle parti di presentarsi al presidente 
del tribunale con �'assistenza dei difensori. 

L'Avvocatura dello Stato ha sollevato eccezione di inammissibilit�: 
il giudice istruttore non potrebbe proporre questioni di legittimit� 
costituzionale. 

L'eccezione � fondata nei limiti di cui si dir�. 

2. -Le pi� recenti sentenze di questa Corte affermano che, allorch� 
la le.gge prevede l'emanazione di un provvedimento decisorio 
attribuito alla diretta competenza del giudice istruttore, a questo spetta 
il potere di promuovere questioni di legittimit� costituzionale (da ultimo, 
sent. n. � 62 del 1966 e sent. n. 45 del 1969). , 
Tuttavia, la norma denunziata (l'art. 707, primo �Comma, c.p.c.) 
viene applicata dal presidente del tribunale e non dal giudice istruttore; 
al quale ultimo, invece, competono i poteri di (condizionata) modifica 
dei prevvedimenti presidenziali secondo il dettato del successivo art. 708, 
quarto comma: in una fase, cio�, nella quale la difesa tecnica � garantita. 

� perci� al presidente, essendo la sua competenza di natura giurisdizionale, 
che spetta di sollevare la questione di legittimit�, ove egli 
ritenga che dinanzi a lui l'assenza del difensore non soddisfi le garanzie 
dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione. 

Come dire che su tale materia il giudice istruttore non pu� sollevare 
questioni, poicb� non ha su di essa potere decisorio, essendo questo 
limitato alla .modificazione, per fatti nuovi, dei provvedimenti presi'
denziali. 

Perci� la questione � inammissibile. -(Omissis). _,,, 

(1) La' questione era stata proposta con due ordinanze del giudice 
istru~tore presso il Tribunale di Milano, 12 febbraio 1968 (Gazzetta Ufficiale 
13 luglio 1968, n. 177) e 26 aprile 1968 (Gazzetta Ufficiale 18 settembre 
1968, n. 248). 
Le precedenti sentenze della Corte richiamate in motivazione, 10 giugno 
1966, n. 62 e 26 marzo 1969, n. 45 sui limiti della legittimazione del giudice 
istn,.ttore a proporre questioni di legittimit� costituzionale, si leggono 
in questa Rassegna, 1966, 755, 1969, 377. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 363 

CORTE COSTITUZION,ALE, 28 aprile 1970, n. 61 -Pres. Branca -
Rel. Reale -De Giorgi (avv. Cattaneo) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Imposte e tasse in genere -Imposta sui contratti di borsa -Inammissibilit� 
di azione senza il previo soddisfacimento dell'imposta Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 24; legge 20 marzo 1913, n. 272, art. 51; r.d. 30 dicembre 1923, 
n.3278, art. 19). 

Quando non si tratti di contestare la legittimit� den'imposizione 
tributaria, la norma che subor�lina aU'adempimento del. dovere di contribuente 
l'esercizio del diritto di cittadino alla tuteia giurisdizionale 

. non appare in contrasto con il suddetto precetto costituzionale; pertanto, 
non � fondata, con riferimento all'art. 24 Cost., la Qu~stione di 
legittimit� costituzionale deli'art. 51 l. 20 marzo 1913. n. 272 e dell'art. 
19 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278 sulle tasse di borsa (1). 

(Omis~is). -2. -In entrambe le controversie l'attore, agente di 
cambio in Milano, ha proposto, nei confronti dei convenuti, domande 
di pagamento di varie somme ,assumendo esserne, creditore a titolo di 
saldo per operazioni di borsa compiute per incarieo degli stessi. Ci� 
senza dare preventivamente la prova dell'adempimento delle obbligazioni 
tributarie afferenti alle operazioni predette, e limitandosi ad asserire, 
nel solo giudizio pendente davanti al pretore di Milano, di aver 
tempestivamente redatto, ma di non ess~re in grado di esibire i prescritti 
foglietti bollati, perch� �quasi mai� aveva ricevuto in restituzione 
dal convenuto la parte gi� a suo tempo inviatagli per la sottoscrizione. 


Ricorreva, quindi, il caso dell'improcedibilit� delle domande giudiziali 
girusta il disposto dei gi� citati art. 51 della legge 20 marzo 1913, 

n. 272, e� art. 19 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278, per cui �non � 
ammessa alcuna azione in giudizio, nemmeno nei, rapporti fra commissionario 
e committente, n� veruna liquidazione pu� eseguirsi� dal 
comitato direttivo degli agenti di cambio (che ha sostituito in tale attribuzione 
il sindacato dei mediatori) � in dipendenza delle operazioni 
contemplate � dalle stesse leggi, � se non viene previamente provato 
il soddisfacimento delle tasse ed ammende dovute�. 
(1) La questione era stata proposta con due ordinanze, rispettivamente 
del Tribunale di Milano 3 giugno 1968 (Gazzetta Ufficiale 12 ottobre 1968, 
n. 261) e del Pretore di Milano 8 maggio 1969 (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 
1970, n. 24). 
Il precedente della Corte richiamata in motivazione, sent. 22 dicembre 
1969, n. 157, � pubblicato in questa Rassegna, 1969, 1034 e nota. 



364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nelle ordinanze di rimessione si osserva che tali norme importano 
impedimento all'esercizio anche di quei diritti sulla cui esistenza non 
sorge contestazioni, e condizionano la procedibilit� della domanda al 
pagamento dei tributi sui contratti di borsa indipendentemente dall'uso 
in giudizio dei foglietti bollati, con l'impiego dei quali il tributo va 
normalmente assolto. Da ci� la violazione del precetto dell'art. 24, 
primo comma, della Costituzione. 

Le disposizioni predette, in aderenza al giudizio di rilevanza, svolto 
dai giudici del merito in rapporto di necessaria congruenza con la 
causa peteii,di dedotta davanti ad essi, devono ritenersi, peraltro, impugnate 
limitatamente alla proposizione normativa concernente l'esercizio 
dell'azione, restandone esclusa, invece, l'altra parte degli articoli 
in questione che condiziona all'adempimento del debito tributario l'ammissibilit� 
della procedura di liquidazione coattiva a cura del comitato 
degli agenti di campio. 

3. -Ai sensi degli artt. 34 e seguenti della citata legge n. 272 del 
1913 e degli artt. 1 e seguenti del r.d. n. 3278 del 1923, e suc�cessive 
modificazioni, il tributo gravante sui contratti di borsa (indicati nell'art. 
3 di quest'ultimo decreto) � corrisposto mediante l'impiego di 
appositi foglietti bollati, posti ih vendita dall'amministrazione finanziaria 
o (secondo il disposto dell'art. 4) con l'uso di fogli stampati su 
carta non filigranata, muniti preventivamente di bollo a punzone appostovi 
dagli uffici del registro, per importo corrispondente alle tabelle 
all'uopo approvate e infine, in casi speciali, mediante l'apposizione di 
marche da annullarsi direttamente dalle parti. 
Il pagamento del tributo, ove non segua immediatamente la conclusione 
del contratto, deve essere effettuato non oltre il primo giorno 
festivo .ad essa posteriore, nello stesso termine fissato per la eonsegna 
all'interessato del foglietto bollato (art. 42 della legge del 1913 e art. 7 
del decreto del 1923). 

4. -La questione circa la legittimit� costituzionale delle Q.isposizioni 
impugnate, in riferimento al precetto che garantisce al cittadino 
la tutela giurisdizionale dei suoi diritti (art. 24, primo comma), non 
� fondata. 
Quando non si tratti, invero, di contestare la legittimit� dell'imposizione 
tributaria, e nella specie risulta appunto non contestata la 
legittimit� dell'imposta relativa ai contratti di borsa dedotti in giudizio 
(ipotesi del salve et repete), la norma ehe subordina all'adempimento 
del dovere di contribuente l'esercizio del diritto del cittadino alla tutela 
giurisdizionale, non appare in contrasto col suddetto precetto costituzionale. 


La Corte ritiene che occorra al riguardo riaffermare il principio, 
gi� da essa enunciato (da ultimo con la sentenza n. 157 dell'll dicembre 
1969), per cui nell'ordinamento giuridico posto in essere dalla Co


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PARTE I, SEZ; I, GIURIS�.COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 365 

stituzione repubblicana i diritti individuali dei cittadini sono armonicamente 
coordinati con quelli della collettivit�. In particolare il diritto 
di adire gli organi giurisdiziop.ali, sancito nell'art. 24, primo comma, 
deve essere contemperato con l'interesse generale alla riscossione dei 
tributi, che pure � affermato nell'art. 53, primo comma, della Costituzione. 


N� pu� ritenersi �he, per effetto del previo adempimento dell'imposta 
sui contratti di borsa, l'esercizio dell'azione risulti, in concreto, 
eccessivamente oneroso, sia dal punto di vista economico, sia con riferimento 
alle modalit� della prova, che di detto adempimento � richiesta, 
a carico di chi abbia interesse a proporre o a' proseguire il giudizio. 

Tale prova, infatti, non � necessariamente vincolata alla esibizione 
del foglietto bollato o di quella parte di esso che � previsto venga 
inviata al committente del negozio di borsa, ma � resa agevole, in 
ispecie nei rapporti di cui siano parte gli agenti di cambio, da un complesso 
di disposizioni concernenti la redazione dei foglietti bollati o 
di documenti equipollenti. Basti accennare al caso in cui, per la consegna 
del foglietto al cliente, l'agente si avvalga del servizio postale. 
Al riguardo sono prevedute dettagliate modalit� (art. 88 del regolamento 
di esecuzione della legge del 1913, approvato con r.d. 4 agosto 
1913, n. 10�68), fra le quali, in particolare, il rilascio da parte dell'uffi.
cio postale di una copia, esattamente rispondente al foglietto bollato, 
con ricevuta in margine. Ci� .che � sufficient� per escludere che l'interessato, 
al fine di costituire la prova dell'adempiuto onere fis.cale, di 
cui alle norme in questione, debba reiterare il pagamento quando dal 
convenuto, cui era stato trasmesso per la sottoscrizione, non gli venga 
restituita la parte del foglietto di sua spettanza. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 2�8 aprile 1970, n. 63 -Pres. Branca -Rel. 
Bonifacio -Guaccero (avv. Abbamonte, Troceoli) c. Consorzio per 
l'area di sviluppo industriale di Bari (avv. Lucifredi). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Determinazione della indennit� 


Dissociazione fra data di esproprio e data di riferimento del valore 
-Le~~i sostituite da diversa normativa Insussistenza 
dell'idea -
Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 3, 42; legge 29 settembre 1962, n. 1462, art. 2). 
Nella determinazione della indennit� di esproprio, la scissione fra 
la data di esproprio e quella di riferimento dei valori viola l'art. 42 
della Costituzione solo se riduca l'indennit� ad un valore irrisorio; poich� 
tale evenienza deve escludersi ex post relativamente all'art. 2 della 

366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 29 settembre 1962, n. 1462, sostituito dall'art. 31 della legge 26 
giugno 1965, n. 717 che detta altri criteri per la determinazione della 
indennit�, deve dichiararsi non fondata la relativa questione con .riferimento 
agli artt. 3 e 42 deila Costituzione (1). 

(Omissis). -2. -L'art. 2, ultimo comma, della legge 29 settembre 
1962, n. 1462, stabilisce che per le espropriazioni disposte a favore dei 
consorzi per le aree di sviluppo industriale (previsti dalla legge n. 634 
del 1957, in parte modificata dalla legge n. 555 del 1959) l'indennizzo 
sia determinato, entro i pri,Jni dieci anni dall'approvazione dello statuto 
consortile, sul valore che i beni avevano due anni prima della data 
di tale approvazione. 

Le ordinanze di rimessione assumono che la dissociazione fra il 
momento dell'esproprio, ed il momento -cui occorre far riferimento per 
la valutazione dell'immobile espropriato, considerato il lungo arco di 
tempo (fino ad un massimo di dodici anni) che pu� intercorrere fra 
l'uno e�l'altro, � tale da poter essere causa di liquidazione di un indennizzo 
meramente simbolico e da consentire una disparit� di trattamento 
delle singole espropriazioni, differenziate solo in base alla mera accidentalit� 
della data in cui esse vengono disposte. Questi, in sintesi, 
sono i due profili sotto i quali viene denunciata la violazione degli 
artt. 42 e 3 della Costituzione. 

3. -Questa Corte ha gi� affermato (cfr. part. sent. n. 22 del 1965) 
che il fatto che una legge imponga la determinazfone del valore dei 
beni con riferimento ad una data anteriore a quella dell'espropriazione 
non costituisce, di per s�, violazione del terzo comma dell'art. 42. della 
Costituzione. Ed in effetti -essendo pacifico che tale norma costituzionale 
non garantisce la corresponsione di un indennizzo equivalente 
al valore del bene espropriato, ma solo il massimo di contributo e di 
riparazione che, nell'ambito degli scopi di generale interesse, la pubblica 
amministrazione pu� offrire a soddisfazione dell'interesse dei privati 
(cfr. sent. n. 61 del 1957) -la scissione fra le due date non pu� 
essere, da sola, ragione di illegittimit� costituzionale. Deve anzi aggiungersi 
che essa, quando, come nella specie, venga disposta allo scopo di 
impedire�che 11espropriando si avvanta.ggi di un supervalore derivante 
dalla esecuzione o dal preannunzio di esecuzione di opere pubbliche, 
(1) La questione era stata proposta con numerose ordinanze del Tribunale 
di Bari. 
La sentenza 9 aprile 1965, n. 22, ri�hiamata in motivazione, leggesi in 
questa Rassegna, 1965, 425, e nota di TRACANNA. 
Con la presente sentenza la Corte, con una decisione ispirata ad un 
sano pragmatismo, convalida una norma i cui effetti applicativi escludono, 
in base ad un giudizio di certezza, non di probabilit� (cio� ex post, non 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 367 

non solo non � ill~gittima, ma, come strumento che preclude ingiustificabili 
arricchimenti a spese della collettivit�, � espressione di un indirizzo 
politico fondato su basilari principi della Costituzione. 

In verit�, come le stesse ordinanze non mancano di mettere in 
rilievo, quella scissione viola l'art. 42 solo se, valutata nel complesso 
della disciplina legislativa in cui si inserisce e delle situazioni di fatto 
in cui � chiamata ad operare, riduca l'indennizzo ad una misura irrisoria 
ovvero renda possibile che, nel concorso di eventuali sfavorevoli 
evenienze, tale riduzione abbia a verificarsi. E fu proprio in applicazione 
di tali principi che questa Corte una volta dichiar� l'illegittimit� 

, costituzionale di una legge che prevedeva la liquidazione di un indennizzo 
rapportato al valore monetario che i beni avevano in epoca anteriore 
all'inflazione conseguente alla seconda guerra mondiale (sent. n. 67 
del 1959), ed altra volta analoga pronuncia adott� a proposito di una 
disposizione che faceva apparire incerta, nelle sue aipplicazioni al futuro, 
la garanzia di una indennit� non irrisoria (sent. n. 22 del 1965). 

4. -Per una puntuale definizione dei termini dell'attuale questione 
di legittimit� costituzionale � da tener presente che il tribunale di Bari 
ne motiva la non manifesta infondatezza non gi� in riferimento agli 
effett che la disposizione impugnata ha prodotto sulle espropriazioni 
gi� 'disposte, ma in previsione dei possibili effetti sulle espropriazioni 
future. In altri termini -come le ordinanze testualmente affermano il 
problema da risolvere non � se l'indennizzo calcolato in base alla 
legge impugnata �sia mera parvenza�, ma se �abbia la possibilit� 
di esserlo � in relazione all'ipotesi che nell'arco del dodicennio � si verifichino 
elementi perturbatori tali da condurre ad una liquidazione 
dell'indennit� in misura irrisoria, se non addirittura simbolica �. 
Ci� posto, assume decisivo rilievo la circostanza che l'art. 2. ultimo 
comma, della legge n. 1462 del 1962 (gi� parzialmente modificato 
dall'art. 6 della legge 6 luglio 1964, n. 608) � stato abrogato dalla'rt. 31 
della legge 26 giugno 1965, n. 717, che per la determinazione dell'indennizzo 
rinvia alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni 
(poi intervenute con la legge 21 luglio 1965, n. 904, in forza 
della quale alla materia de qua � applicabile la disciplina prevista dall'art. 
13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892). 

ex ante) la riduzione dell'indennit� di esproprio ad un valore meramente 
simbolico. 

Se questo metro dovesse essere adottato relativamente a tutte le 
norme abrogate, il sindacato di legittimit� costituzionale sulle norme stesse 
ne risulterel;lbe notevolmente ridimensionato. 

Per l'estensione senza riserve del sindacato di legittimit� costituzionale 
anche alle norme abrogate cfr., da ultimo, le sentenze 24 maggio 1963, n. 77 
(Giur. cost., 1963, 0000) e 23 gennaio 1962, n. 1 (Giur. cost., 1962, 2). 


368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� vero che, secondo i principi costantemente affermati da questa 

. Corte, l'abrogazione ex nunc di una legge non fa venir meno la rilevanza 
della questione di legittimit� costituzionale .. tutte le volte in cui 
il giudice sia chiamato a decidere cvontroversie su fatti che, in base 
alle regole sulla successione delle leggi nel tempo, continuano a cadere 
sotto il regime della legge abrogata : e d� perch� il perdurare di questa 
sia pur limitata efficacia pu� essere eliminato solo attraverso la dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale (cfr. sent. n. 49 del 1970). � al


trettanto vero, tuttavia, che l'abrogazione, limitando ai fatti verificatisi 
fino ad un certo momento la sfera di operativit�.della legge� abrogata, 
incide su questa nel senso che, originariamente fonte di una norma 
riferibile ad una serie indefinita di fatti futuri, essa � oramai fonte di 
una norma riferibile solo ad una serie definita di fatti ;passati. 
Nel caso in esame, dall'impugnato art. 2, ultimo comma, l'interprete, 
prima dell'abrogazione, doveva trarre una norma che nella sua 
sfera di efficacia abbracciava tutte le espropriazioni che dal momento 
della sua entrata in vigore sarebbero state disposte in favore dei consorzi; 
sopravvenuta l'abrogazione, dallo stesso testo legislativo egli non 
pu� trarre se non una norma caratterizzata ed individuata dal suo riferimento 
ad espropriazioni passate. 
Con ci� non si esercita un sindacato sulla rilevanza della questione 
n�, come ritengono le ordinanze di rimessione, si affronta il problema 
se un_ vizio originario di illegittimit� costituzionale possa essere sanato, 
ed in quali limiti, da una legge sopravvenuta. Si risolve, invece, il ben 
diverso problema della interpretazione del testo legislativo (certamente 
preliminare rispetto alla verifica della conformit� della norma alla 
Costituzione), a proposito del quale non si pu� certo prescindere <;Ial 
complesso normativo entro il quale la legge abrogata, nei limiti innanzi 
precisati, continua ad operare. 
5. -Poich�, per le cose dette, dall'art. 2, ultimo comma, della legge 
n. 1462 del 1962 non si pu� ricavare una disciplina di future espropriazioni 
e manca quindi il presupposto perch� si possa discutere del-
l'alea che, verificandosi gravi perturbazioni nel mercato dei beni, il 
meccanismo della scissione fra data di esproprio e data di riferimento 
del valore degli immobili possa vanificare la garanzia di un indennizzo 
non simbolico n� irrisorio, si deve concludere che la norma che forma 
oggetto .del presente giudizio non viola l'art. 42 della Costituzione. 
Ad analoga conclusione si deve pervenire per quanto riguarda la 
supposta violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.). Ed in 
effetti anche questa denuncia, valutata nel contesto delle motivazioni 
esposte nelle ordinanze, si riferisce al pericolo di cui innanzi si � fatto 
cenno: pericolo insussistente, dal momento che la disciplina in esame 
si applica esclusivamente ad espropriazioni gi� intervenute. (
Omissis). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 369 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 64 -Pres. Branca -Rel. 
Capalozza -Garombo (avv. Chiusano, Conso), Romiti (avv. Summa, 
Ventura) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Carcerazione preventiva -Ipotesi di obbligatoriet� 
-Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 13, 27; c.p.p. n. 277; legge 22 ottobre 1954, n. 1041, art. 25). 

Procedimento penale -Carcerazione preventiva -Obbligo di rn.otivazione 
dei relativi provvedimenti -Scarcerazione automatica limitata 
alla fase istruttoria -!~legittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 13; c.p.p. art. 253, 272, 375). 

Non � fondata, con riferimento agii artt. 13 e 27 della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale delle norme del codice di procedura 
penale (art. 277) o di leggi speciali, quale l'art. 25 della legge 
22 ottobre 1954, n. 1041 sulla repressione dei delitti per gli stupefacenti, 
che prescrivono L'emissione obbligatoria def mandato o dell'ordine di 
cattura per delitti di particolare gravit� (1). 

Sono costituzionalmente illegittime le disposizioni del Codice di 
procedura penale (art. 253) nella parte in cui non prescrivono una adeguata 
motivazione dei procedimenti restrittivi della libert� personale in 
ordine alla esistenza di sufficienti indizi di colpevolezza; e quelle che 
'limitano l'applicabilit� della scarcerazione automatica, per il decorso 
del termine massimo (artt. 272, 273), o consentono una nuova cattura 
dell'imputato cos� scarcerato (art. 375), alla sola fase istruttoria del 
processo (2). 

(Omissis). -2. -La prima questione da affrontare in ordine logico 
� quella sollevata dal giudice istruttore del tribunale di Ascoli Piceno 


sulla legittimit� dell'obbligatoriet� del mandato di cattura (art. 253 
c.p.p.), e qui collegata al capovers� dell'art. 277 (il quale fa divieto di 
concedere la libert� provvisoria nei casi in cui � obbligatorio il mandato 
di cattura) ed all'art. 375, primo capoverso (il quale impone al 
giudice istruttore di emettere il mandato di cattura con la sentenza di 

(1) La questione era stata introdotta con varie ordinanze di giudici di 
merito. 
� superfluo sottolineare l'importanza della decisione che ha trovato 
immediata rispondenza sul piano dell'adeguamento della legislazione nel 
decreto-legge 1� maggio 1970, n. 192 (conv. nella legge 1� luglio 1970, 

n. 406). 
Per l'inquadramento dell'istituto della scarcerazione automatica, cfr. 
SABATINI, Trattato di procedimenti incidentali nel processo penale, Torino, 
1953, 420. 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rinvio a giudizio, quando si tratti di reato per il quale la cattura sia 
obbligatoria). 

'Ad avviso del giudice a quo, le norme denunziate contr'asterebbero 
con il principio secondo cui � l'imputato non � considerato co1pevole 
sino alla condanna definitiva � (art. 27 cpv. Cost.) e violerebbe il precetto 
(art. 13 �cpv. e art. 111 Cost.) che ammette la detenzione, nei casi 
e modi previsti dalla legge, solo �per atto motivato dell'autorit� giudiziaria 
�. 

3. -In linea di principio, si deve riconoscere che la detenzione 
preventiva -esplicitamente prevista (nei limiti che pi� innanzi saranno 
precisati) dalla Costituzione (art. 13, ultimo comma) -va disciplinata 
in modo da non contrastare con una delle fondamentali 
garanzie della libert� del cittadino: la presunzione di non colpevolezza 
dell'imputato. Il rigoroso rispetto di tale garanzia ~ che vincola, per 
altro, non il solo legislatore, ma anche le pubbliche autorit� (polizia 
giudiziaria, pubblico ministero e giudice), alle quali sono affidate le 
attivit� processuali -ne�essariamente comporta che la detenzione preventiva 
in, nessun caso possa avere la funzione di anticipare la pena 
da infliggersi solo dopo l'accertamento della colpevolezza: essa, pertanto, 
pu� essere predisposta unicamente in vista della soddisfazione 
di esigenze di carattere cautelare o strettamente inerenti al processo. 
Da questa premessa, tuttavia, non consegue �Che, nell'ambito di una 
valutazione politica discrezionale, la legge non po:ssa stabilire ipotesi 
nelle quali, sussistendo sufficienti indizi di colpevolezza, al giudice sia 
fatto obbligo di emettere il mandato di cattura. Se ed in quanto si 
tratti di una ragionevole valutazione dell'esistenza di un pericolo derivante 
dalla libert� di chi sia indiziato di particolari reati, il legislatore 
ha la facolt� di disporre che, entro predeterminati limiti temporali, 
egli ne sia privato. Ed infatti -a prescindere cialla preferibilit� di 
un sistema che demandi sempre al giudice il potere di valutare di volta 
in volta se il lasciare in libert� l'imputato determini un pericolo di 
entit� tale da giustificarne la cattura e la dete.nzione -non si pu� 
escludere che la legge possa (entro i limiti, non insindacabili, di ragionevolezza) 
presumere che la persona accusata di reato particolarmente 
grave e co1pita da sufficienti indizi di colpevolezza, sia in condizione 
di porre in pericolo quei beni a tutela dei quali la qetenzione preventiva 
viene predisposta. 

Mette conto, del resto, rilevare che la stessa Costituzione ,prevede . 
esplicitamente l'esistenza di casi nei quali la legge rende obbligatoria 
Femissione di mandati o ordini di cattura (art. 68, secondo comma): 
l'aver stabilito che vi sono ipotesi in cui, per la privazione della libert� 
personale di un membro del Parlamento, viene meno l'es~genza di una 
preventiva autorizzazione della Camera alla quale egli appartiene, costituisce 
argomento decisivo per concludere che il legislatore costituente 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 371 

non ha affatto escluso la compatibilit� delle suddette misure detentive 
obbligatorie con i principi che assistono e garantiscono la libert� di 
ogni cittadino. 

N� potrebbe assumersi che le esigenze di prevenzione, in relazione 
alle quali il legislatore pu� l~~ittimamente imporre al giudice l'emissione 
del mandato, sussistano solo nel corso della fase istruttoria del 
processo: anche qui deve affermarsi che rientra nella discrezionale 
valutazione della legge fissare la concreta disciplina della carcerazione 
preventiva, non potendosi escludere che le esigenze �Cautelari da essa 
soddisfatte permangano dopo la chiusura dell'istruzione. 

4. -Quanto fin qui si � detto vale anche a dimostrare che l'obbligatoriet� 
del mandato di cattura non contrasta col principio secondo 
il quale i provvedimenti restrittivi della libert� personale devono essere 
adottati �per atto motivato dell'autorit� giudiziaria�. Richiamandosi 
ad un principio gi� affermato nella sentenza n. 68 del 1967, la 
Corte ritiene che, se in relazione a certe ipotesi tipiche il legislatore 
pu� presumere l'esistenza di un pericolo e rudere obbligatorie misure 
restrittive idonee a farlo venir meno, ci� necessariamente comporta che 
la motivazione dell'autorit� giudiziaria deve cadere solo sull'esistenza 
dei presupposti . ai quali la legge collega l'emissione obbligatoria del 
provvedimento. 
A tale proposito va rilevato che, per quanto riguarda il mandato 
di cattura previsto dall'art. 253 c.p.p., il giudice deve non solo verificare 
che si tratti di uno dei casi in tale disposizione previsti, ma deve altresi 
accertare, conformemente al principio enunciato dall'art. 252 per tutte 
le misure di detenzione preyentiva (siano esse obbligatorie o facoltative), 
l'esistenza in concreto di �sufficienti indizi di colpevolezza�. 
Dall'obbligo della motivazione -imposto in via generale dall'art. 111 
e specificamente, per la materia ora in esame, dall'art. 13 capoverso 
della Costituzione -scaturisce che il mandato di cattura deve essere, 
su tale punto, adeguatamente motivato. 

La Corte non dubita che dal sistei:.a vigente, correttamente interpretato, 
sia da ricavarsi il principio generale in forza del quale tutte 
le volte in cui la legge affida al giudice il potere di valutare determinate 
circostanze, al fine della emissione di un provvedimento processuale, 
tale valutazione debba esse:�e oggetto di motivazione; n� la Corte 
ignora che il .secondo comma dell'art. 264 c.p.p. espressamente impone 
che i mandati di cattura, di arresto o di accompagnamento contengano 
l'enunciazione, sia pure nei limiti compatibili col segreto istruttorio, 
dei motivi che ne giustificano l'emissione. Nondimeno, occorre tener 
conto del fatto che nella prassi e nella giurisprudenza ordinaria tale 
obbligo viene .sostanzialmente eluso e che si � venuta affermando una 
interprtazione (non conforme ai testi legislativi . e, com�nque, contrastante 
con i principi costituzionali) secondo la quale la motivazione 

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RASSEGNA DELL'A:VVOCATURA DELLO' STAT.O 

sulla sussistenza dei sufficienti indizi di colpevolezza -vale a dire 
sul presupposto al quale la legge subordina la legittima emissione di 
un mandato di ,cattura -dovrebbe obbedire a criteri pi� o meno rigorosi 
secondo che si tratti di mandato obbligatorio o facoltativo. Ond'� 
che, al fine di una effettiva salvaguardia del principio enunciato dall'art. 
13, secondo comma, della Costituzione, si impone la necessit� di 
dichiarare la illegittimit� dell'art. 253 c.p.p. nella parte in cui esso 
non fa obbligo al giudice di motivare sulla esistenza di sufficienti indizi 
di colpevolezza. 

5. -Alla stregua di ci� che si � detto, deve essere dichiarata non 
fondata la question di legittimit� costituzionale sollevata dal tribunale 
di Roma a proposito dell'art. 25 della legge 22 ottobre 19<54, n. 1041 
(concernente l:a disciplina della produzione, del commercio e dell'impiego 
degli stupefacenti), �Che per le ~potesi previste dagli artt. 5, 6. e 18 
prescrive come obbligatorio il mandato di cattura. 
In relaizone a questa specifica disposizione valgono, per quanto si 
riferisce all'asserita violazione dell'art. 27, secondo comma,, della Costituzione, 
le ragfoni esposte al n. 3. 

Circa l'obbligo di motivazione imposto dall'art. 13 della Costituzione 
� da osservare che la dichiarazione di parziale illegittimit� costituzionale 
dell'art. 2~53 c.p.p. � sufficiente ad imporne l'osservanza in 
tutti i casi nei quali la� legge __:_ si tratti del codice processuale o di 
legge speciale -impone l'emissione del mandato di cattura. 

6. -In ordine alla questione di legittimit� costituzionale dell'art. 375, 
secondo co~ma, c.p.p., in relazione all'art. 13 della Costituzione, nell'ipotesi 
in cui s.ia stato gi� consumato, in periodo istruttorio o preistruttorio 
(art. 271 c.p.p.), il termine massimo della carcerazione preventiva 
quale � prevista dall'art. 272 c.p.p., la questione � fondat1;1 nei termini 
d:j. cui si dir�. 
A differenza di altre forme di restrizione della libert� personale, 
quali le misure di sicurezza detentive, dettate da esigenze diverse da 
quella tipicamente processuale della custodia preventiva, la Costituzione 
ha inteso evitare che il sacrificio della libert� che quella comporta 
sia interamente subbrdinato alle vicende del procedimento; ed ha, pertanto, 
voluto ,che, con la legislazione ordinaria, si determinassero i 
limiti temporali massimi della carcerazione preventiva, al di l� dei 
quali verrebbe compromesso il bene della libert� personale, che, come 
questa Corte ha avuto occasione di affermare, ,costituisce una delle basi 
della convivenza civile. 

� proprio per il periodo successivo alla fase istruttoria, rispetto 
al quale il sistema non prevede limiti certi per �la durata della carcerazione 
preventiva, che il precetto costituzionale risulta violato; invero, 
non � limite certo quello che l'Avvocatura desume dal disposto del



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 373 

l'art. 275, secondo co~a, c.p.p., cio� quello� dell'emanazione della 
sentenza. 
Non pu� essere condiviso neppure l'altro assufito dell'Avvocatura, 

�secondo il quale, dopo l'istruzione, la durata della custodia preventiva 
troverebbe una sua delimitazione temporale nell'art. 20 delle disposizioni 
regolamentari per la esecuzione del codice di procedura ,penale, 
sulla preferenza da dare alle iscrizioni nei ruoli dei pr�cedimenti riguardanti 
i detenuti o. aventi, in genere, carattere di urgenza. Infatti, questa 
disposizione, ai fini che qui interessano, non offre una garanzia maggiore 
di quella gi� contenuta nel testo originario dell'art. 272 c.p.:p., 
che prevedeva �un semplice controllo gerarchico e disciplinare. sulla 
durata dell'istruzione, e che � stato ritenuto talmente inadeguato rispetto 
all'osservanza del disposto �costituzionale da essere eliminato con 
la legge 18 giugno 1955, n._ 517, e sostituito con il testo attualmente 
in vigore. 

D'altronde, il riferimento alla carcerazione preventiva, contenuto 
nell'art. 275~ secondo comma, c.p.p. -richiamat� dall'Avvocatura vale 
ai soli fini della_ detrazione dalla pena discrezionalmente inflitta 
nel caso concreto: detrazione che � consentita anche per la custodia 
preventiva sofferta per un reato diverso o un distinto procedimento 
(artt. 137 c.p. e 271, ultimo comma, c.p.p.: c.d. principio della fungibilit� 
della detrazione). Ne consegue che nessun argomento se ne pu� 
trare circa la determinazione di un limite temporale massimo, e per 
di .pi� a posteriori. Tutto ci� a prescindere dalla gravit� delle ipotesi 
di custodia preventiva inutilmente sofferta. 

7. -Per le ragioni esposte nel numero precedente, deve essere 
dichiarata la parziale illegittimit� costituzionale del primo comma dell'art. 
272 e del secondo comma dell'art. 375 c.p.p. 
L.'art. 272 fissa (variamente determinandola in relazione a diverse 
ipotesi) la durata massima della detenzione preventiva: la illegittimit� 
costituzionale colpisce gli incisi �quando si procede con istruzione formale
� e �non sia stata depositata in cancelleria la sentenza di rinvio 
a giudizio�, i quali, riservando la chiusura <!i questa, la durata della 
detenzione non sia soggetta a liniiti predeterminati. 

L'art. 375, .secondo comma, a sua volta, deve essere dichiarato illegittimo_ 
nella parte in cui impone o consente che. con la sente�nza di 
rinvio a giudizio, sia emesso mandato di cattura anche nell'ipotesi in 
cui l'imputato sia stato scarcerato a .seguito della decorrenza dei termini 
massimi fissati nelrart. 272. 

Ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, ?� 87, deve essere, 
infine, dichiara~a la illegittimit� costituzionale: a) dell'art. 272, terzo 
comma, relativamente alle parole � e non � .stato emess'o. il decreto di 
citazione a giudizio �; b) dell'art. 273, nella parte in cui prescrive la 

' . 



374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

emissione del mandato di cattura anche nell'ipotesi in cui l'imputato 
sia stato scarcerato a seguito della decorrenza dei termini massimi 
fissati nell'art. 272. 

8. -In conseguenza della pronunzia di parziale illegittimit� costituzionale 
degli artt. 272, primo e terzo comma, 273 e 375, secondo 
comma, c.p.p., i termini fissati nell'art. 2~2 limitano la durata massim� 
della detenzione preventiva, indipendentemente dalle vicende delle 
varie fasi del processo penale. 
Le statuizioni della presente�sentenza non precludono al legislatore 
una nuova discipiina della materia, eventualmente differenziata non 
solo in relazione ai vari tipi di reato, ma anche in relazione alle varie 
fasi del procedimento, purch�, in conformit� con l'ultimo comma dell'art. 
13 della Costituzione, si assicuri in ogni caso la predeterminazione 
d'un ragionevole limite di durata della detenzione preventiva. 

9. -L'ordinanza del giudice istruttore del tribunale di Ascoli Pi<;~
no ha denunziato anche il contrasto fra l'art. 277, secondo comma, 
che esclude l'ammissibilit� della libert� provvisoria nei casi nei quali 
� obbligatoria l'emissione del mandato di cattura, e gli artt. 13, 27 
e 111 della Costituzione. 
I principi esposti in questa sentenza a proposito dell'art. 253 c.p.p. 
e le statuizioni concernenti le disposizioni relative alla durata massima 
della detenzione preventiva dimostrano che la relativa questione sollevata 
in relazione al combinato disposto dell'art. 277 e degli artt. 253 
e 375 -non � fondata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 67 -Pres. Brapca -
Rel. Benedetti -Scalese (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Leggi, decreti e regolamenti -Regolamenti ministeriali -Leggi autorizzative 
anteriori alla Costituzione -Illegittimit� costituzionale Irrilevanza 
della questione. 

(Cost., art. 87~ 70 e 82, 25; t.u. 18 giugno 1931, n. 773, art. 63). 

� inammissib~le per manifesta irrilevanza la questione di legittimit� 
costituzionale deLl'art. 63 t.u. delle leggi di P. S. 18 giugno 1931, 

n. 773, nella parte in cui demanda al Ministro dell'Interno di stabilire 
norme regolamentari speciali per il trasporto di sostanze infiammabili, 
perch� l'eventuale dichiarazione di incostituzionaiit� non avrebbe inci:-:
�'.; 

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~ 



PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 375 

denza sull'atto regolamentare posto in essere anteriormente all'entrata 
in vigore della Costituzione (1). 

(Omissis), -1. -Con l'ordinanza di cui in epigrafe viene sollevata 
la qruest�one di legittimit� costituzionale dell'art. 63 del t.u. delle leggi 
di pubblica sicurezza, approvata con r.d. 18 giugno 1931, n. 773�, nella 
parte in cui dispone ,che con un regolamento speciale da approvarsi 
con decreto del Ministro per l'interno saranno stabilite le norme d~ 
osservarsi per il trasporto delle sostanze presentanti pericolo di incendio. 
Riti.ene il pretore .che la delega della potest� regolamentare ad 
un ministro contenuta in detta norma -in virt� della �quale sarepbe 
poi stato emanato il regolamento approvato con d.m. 31 luglio 1934 sia 
in contrasto con l'art. '87, comma quinto, della Costituzione che 
prevede l'emanazione di regolamenti solo da parte del Presidente della 
Repubblica e con �gli altri precetti costituzionali (artt. 70 a 82) che 
disciplinano le fonti di produzione normat.iva senza far menzione dei 
ministri, nonch� con l'art.� 2.5, comma secondo,. che sancisce il principio 
secondo il quale solo la legge pu� validamente disporre in materia 
penale. 

Nel sollevare detta questione il pretore rileva che nel giudizio dinanzi 
ad esso pendente deve trovare applicazione un precetto penale 
contenuto nell'art. 78 lett. a, commi nono e decimo, del citato regolamento 
ministeriale 31 !ruglio 1934 e che tale precetto diverrebbe invalido 
e conseguentemente inapplicabile qualora fosse dichiarata l'incostituzionalit� 
dell'art, 63 della legge di pubblica sicurezza dal quale 
esso trarrebbe origine. 

2. -Ad avviso della Corte la presente questione, al pari di altre 
analoghe precedentemente decise (sentenze nn. 73 del 1968 e 117 del 
1969), � manifestamente irrilevante poich� l'eventuale dichiarazione di 
illegittimit� costituzionale della norma di legge denunciata non avrebbe 
alcuna conseguenza sulla validit� delle norme penali contenute nel 
regolamento del 1934 la cui trasgressione forma oggetto del giudiz.io 
vertente davanti al pretore. 
Sia la legge autorizzativa che il regolamento' in forza di essa emanato 
sono di epoca anteriore all'entrata in vigore della Costituzione, 
di tal che quand'anche la Corte, in ac;coglimento delle eccezioni for


(1) La questione era stata proposta con ordinanza 31 ottobre 1968 del 
Pretore di Recanati (Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1969, n. 6). 
Le precedenti sentenze della Corte contenenti analoghe statuizione 27 
gi.gno 1968, n. 73 e 8 lugl�o 1969, n. 117', sono pubblicate, rispettivamente, 
in Giur. cost., 1968, 1052, con note di PECORARO-ALBONI, Legge penale e rego


lamento di polizia ferroviaria, e Fms, Norme anteriori e riserva di legge, 
ed in questa Rassegna, 1969, 709. 



376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mulate, rit�nesse incostituzionale l'�rt. 63 della legge di pubblica sicurezza 
per essersi con esso conferito al Ministro per l'interno un potere 
normativo in 'violazione del sistema di competenze previsto dalla vigente 
Carta costituzionale, o con una ampiezza incompatibile col principio 
della riserva di legge in materia penale, gli effetti di siffatta 
pronuncia d'incostituzionalit� sopravvenuta potrebbero ricadere solo su 
atti che in virt� della stessa delega fossero stati emessi dopo l'entrata 
in vigore della Costituzione. Nessuna incidenza avrebbe, invece,, la dichiarazione 
d'incostituzionalit� sulla validit� di atti che -come il 
regolamento del 1934 -sono stati posti in essere in un momento anteriore 
a quello in cui la legge che ne autorizzava l'emanazione � 
divenuta incompatibile con i precetti della nuova Costituzione. 


(Omissis). 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 maggfo 1969, n. 1811 -Pres. 
Tavolaro -Est. La Farina -P. M. Criscuoli (conf.) -I.N.P.S. (avv.ti 
Abati, Cannella e Lor�) c. Ciardo (avv.ti Trimi e Ventura). 

Competenza e giurisdizione -Enti pubblici -Legge 15 luglio 1966, n. 604 
sulla giusta causa nei licenziamenti individuali -Competenza del 
Pretore -Non sussiste. 

La competenza funzionale, attribuita al pretore dall'art. () della 
legge n. 604 del 1966, in ordine alle controversie sull'applicazione della 
legge stessa, concerne le sole controversie attribuite alla giurisdizione 
del giudice ordinario (ossia quelle relative ai rapporti di lavoro aei 
dipendenti da privati datori di lavoro o da enti pubblici economici); 
non riguarda invece le controversie riservate alla giurisdizione del giudice 
amministrativo, come quelle dei dipendenti da enti pubblici non 
economici (1). 

II 

CONSIGLIO DI STATO, Sez; VI, 14 novembre 1969, n. 714 -Pres. Lugo Est. 
Schinaia -Grandinetti (av.v. Fornario) c. C.N.E.N. (avv. Stato 
Freni). 

Competenza e giurisdizione -C.N.E.N. -Ente pubblico non economico Rapporto 
di impiego -Controversie -Giurisdizione del giudice 
amministrativo. 

Enti pubblici -Legge 15 luglio 1966 n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti 
individuali -Inapplicabilit�. 

Il Comitato Nazionale per �L'Energia Nucleare � un ente pubbLico 
non economico e pertanto� le controversie relative ai rapporti di impiego 

(1-3) Le due sentenze in �rassegna si integrano a vicenda. 

La sentenza delle Sezioni Unite (la cui motivazione pu� leggersi in 
Foro it., 1969, I, 2546), lasciando dichiaratamente impregiudicata la questione 
circa l'applicabilit� o non della legge n. 604 del 1966 ai rapporti di 


R.,.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei suoi dipendenti appartengono alla giurisdizione del giudice amministaritvo 
(2). 

La legge 15 luglio 1966 n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti 
individuali non si applica ai rapporti di impiego dei dipendenti da enti 
pubblici non economici (3). 

(Omissis). -Il secondo e terzo motivo del ricorso postulano che 
il rappo.rto di lavoro de quo sia soggetto alle disposizioni dettate dalla 
legge 15 luglio 1966, n. 604 (recante norme sui licenziamenti individuali) 
di alcune delle quali, artt. 1, 3 e 5, viene denunciata la violazione. 

Il Collegio preliminarmente deve verificare se le disposizioni suddette 
siano _!tpplicabili al rapporto di esame. 

L'assunto del ricorrente (il qu~le non contesta, m.a anzi invoca la 
giurisdizione di questo Consiglio) si basa al riguardo sul disposto dell'art. 
1 dell'anzidetta legge, che f� riferimento al � rapporto di lavoro a 
tempo indeterminato, intercedente con datori di lavoro privati o con enti 
pubblici, ove la stabilit� non sia assicurata da norme di legge, di rego1: 
lamento e di contratto collettivo o individuale �. 

n Collegio per�, nonostante l'apparente ampiezza del dettato dalla 

i

norma, riti�ne che la legge stessa non sia applicabile indiscriminatamente 
a tuttii rapporti di lavoro intercedenti �Con un Ente pubblico, a prescindere 
cio� dalla natura dell'attivit� da questo esercitata. 

Come � noto il sistema vigente, in tema di rapporto di lavoro, � 
imperni�to sulla fondamentale distinzione tra lavoro pubblico e privato, 
la quale rileva, sopratutto, sotto l'aspetto processuale, atteso che la cognizione 
delle controversie di lavoro privato spetta alla giurisdizione 
ordinaria, mentre quella delle controversie di lavoro pubblico compete 
alla giurisdizione amministrativa. Orbene, ~saminandosi pi� approfonditamente 
il citato articolo, la genericit� del rife:t;imento agli enti pubblici 
risulta in primo luogo delimitata dal con~emporaneo accostamento 

w.:~ 

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�' 

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impiego dei dipendenti da enti pubblici non econom1c1, riconosce la giu


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risdizione del giudice amministrativo anche nelle controversie :nelle quali ~ 

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venga dedotta la suddetta questione. � 

La elaborata e pregevole decisione del Consiglio di Stato fornisce � la ~iii 
compiuta dimostrazione... dell'inapplicabilit� della nuova disciplina sostanw 
ziale ai rapporti intercorrenti con enti pubblici non economici ., che le 

w

Sezioni Unite, pur avvertendo come una siffatta dimostrazione avrebbe sem


rt

plificato il problema della portata dell'art. 6, terzo comma ( � non essendo 
concepibile che si ponga una cosi grave deroga alla giurisdizione per cate


I 11'1gorie di diritti nemmeno astrattamente configurabili alla stregua della stessa 
legge, e dovendo, d'altra parte, far sussistere un giudice avente potest� r 
giurisdizionale a pronunciarsi sulla controversia, sia pul'e per negare il 
diritto �), avevano riservato: cio�, appunto al Consiglio di Stato. 

In argomento cfr. A. FRENI, Disciplina dei licenziamenti indh,idnali e 
rapporti di impiego dei dipendenti da enti pnbblici, in nota a Pret. Roma, 
Sez. Lav. 31 maggio 1968, n. 572, in questa Rassegna, 1968, I, 2546. 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 379 

ai rapporti di lavoro con datori privati. Ci�, oltre che significativo, � 
indicativo del rispetto di una stessa ratio nell'ambito del sistema: vale 
a dire che intanto sono stati accomunati ai rapporti di lavoro dei dipendenti 
da privati quelli dei dipenti da enti pubblici, in quanto questi 
ultimi avessero esercitato le stesse attivit� di carattere economico dei 
primi. D'altra parte, come � stato esattamente osservato dalla difesa 
dell'amministrazione, la legge in esame ha trovato il suo presupposto 
politico negli a�ccordi sindacali interconfederali sui licenziamenti, applicabili 
ai rapporti di )avoro privati e a quelli con gli enti pubblici economici. 


Non � poi inutile soggiungere, coordinandosi l'art. 1 ed il successivo 
art. 8, che la ragione della legge � stata quella di consentire un controllo 
giurisdizionale del potere di recesso dell'imprenditore. Per� la necessit� 
di introdurre un siffatto controllo rispetto �l rapporto di pubblico impiego 
a,nche rispetto ai rapporti privi di stabilit�, non sussisteva. Infatti 
su questo la giurisdizione del Consiglio di Stato, non limitata alla verifica 
del Consiglio di Stato, non limitata alla verifica della violazione 
di legge, ma estesa a quella dell'eccesso di potere in tutte le sue molteplici 
forme, ha sempre assicrurato una tutela pi� penetrante di quella 
accordata agli altri rapporti di lavoro, anche con quest'ultima legge. 

A queste considerazioni, che inducono a far ritenere che con la 
locuzione � enti rpubblici � il legislatore magis dixit quam voluit, soccorrono 
numerosi altri indici ricavabili dalla legge stessa. 

L'art. 2 della legge qualifica onnicomprensivamente imprenditori e 
i datori di lavoro privati e gli enti pubblici indicati nell'art. 1, locuzione 
questa che non pu� anche riferirsi agli enti .pubblici che non esercitino 
una attivit� economica. Contrastano inoltre con l'essenza stessa del pubblico 
impiego tanto le procedure conciliative prevedute dall'art. 7, quanto 
il riferimento alla salvezza delle �disposizioni di contratti collettivi e 
di accordi sindacali�, conteI11Uto nell'art. 12. 

A questi indici della voluntas legis si aggiunge un ulteriore argomento, 
che � decisivo, desumibile dall'art. 6 della stessa legge, il quale, 
all'ultimo comma, recita: � a conoscere delle controversie derivanti dall'applicazione 
della presente legge � competente il pretore�. 

Tale norma, si osserva, concerne chiaramente la competenza, poich� 
fissa un mero criterio di ripartizione dell� cause fra i vari giudici ordinari, 
in deroga a quello stabilito, in via generale in tema di controversie 
di lavoro dall'art. 434 �con riferimento al .successivo art. 429 c.p.c. 

Perci� essa norma presuppone, non contenendo il minimo accenno 
alla giurisdizione, che si tratti di controversie che gi� a�ppartenevano 
all'A.G.O.: vale a dire quelle relative ai rapporti privati di lavoro o a 
quelli dei dipendenti da enti pubblici economici. 

Infatti � impensabile che il legislatore abbia inteso sconvolgere radicalmente 
il sistema sopra delineato senza fare il minimo accenno alla 



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380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. @ 

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giurisdizione. Indicativo � in' proposito il disposto dell'art. 13 della legge ft 
6 dicembre 1962, n. 1643, istitutiva dell'ENEL �con il quale, pure essendosi 
stabilito che i rapporti di lavoro posti in essere da detto Ente erano 
da qualificarsi come privati, si i� voluto ribadire, ad eliminare ogni equivoco, 
ponendosi perci� una norma sulla giurisdizione, che � in sede 
giurisdizionale la competenza a conoscere le relative controversie � attribuita 
all'autorit� giudiziario ordinaria�. 

Ritenuto perci� che la legge'in esame si riferisce solo agli Enti pubblici 
economici, resta da qualifi.care il rapporto in esame. I

(.jNon v'� dubbio che il CNEN sia persona giuridica pubblica, poich� 

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cos� � espressamente qualificato dall'art. 1 della citata legge istitutiva; 

~ 

cosi come � del pari indubbio che lo stesso Ente, attese le finalit� che w

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~=-::::

deve realizzare, analiticamente indicate nell'art. 2 della stessa legge 

(effettuare e promuovere studi e sperimentazioni, curandone l'opportuno 

I

coordinamento, nel campo della fisica, della chimica, della matematica, ID: 
della biologia, della medicina e della ingegneria nucleare e relative 00

~=]

applicazioni, esercitare l'alta sorveglianza scientifica e tecnica sulle attif,'-� 
vit� connessa all'impiego delle materie simili speciali, all;i produzione IA 

I@

dell'energia nucleare, ecc...; esercitare il controllo e la vigilanza tecnica 
sulla costruzione e sull'esercizio degli impianti d� produzione dell'energia 
nucleare, ecc ... , di .,promuovere ed incoraggiare la preparazione tecnica 
di esperti in materia di energia nucleare, ecc ... : di dare parere e prestare 
collaborazione alle Amministrazioni dello Stato ecc., di mantenere e di 

l=:l:i 

sviluppare la collaborazione tecnico-scientifica con gli Enti internazionali 
e stranieri che operano nel campo nucleare), non esercita affatto una 
attivit� economica organizzata per la produzione di .beni o servizi, ma 
piuttosto, per quelli che .sono i riflessi dell'attivit� dell'Ente nel campo 
economico, assolve funzioni pubbliche autoritative. Perci� il rapporto 
di lavoro intel'corrente fra il CNEN e i suoi impiegati per la realizzazione 
dei suoi fini istituzionali, come quello in esame, ha carattere pubblicistico. 
Deriva quindi che, essendo inapplicabili al rapporto di c�i si discute 

le norme invocate dal ricorrente, le relative.doglianze, basate sulla loro 

�&

violazione, debbono essere disattese. -(Omissis). 

.I 

m::~ 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 marzo 1970, n. 681 -Pres. 

t~ 

Flore -Est. Pratillo -P. M. Trotta (conf.) -Ministero Sanit� (avv. [i 
Stato Dallari) c. Boccolari Segolini Armando (avv. Amorth). 

Competenza e giurisdizione -.Diritti sanitari spettanti a veterinario 

~ 

condotto -Natura -Lesione -Giurisdizione ordinaria -Sussistenza. 

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I c. d. diritti sanitm�~, spettanti al veterinario condotto per la vigir
��� 
lanza da lui spjegata ex lege sui laboratori di carni preparate, costi


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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 381 

tuiscono un diritto soggettivo trattandosi di emolumenti connessi all'ufficio; 
pertanto, quando sia stato annullato, in sede di giustizia amministrativa, 
iL provvedimento prefettizio con il quale si sia disposta 
la sostituzione del veterinario, la giurisdizione a giudicare della lesione 
degli anzidetti diritti spetta al giudice ordinario (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo si" denuncia, in riferimento all'art. 
360 nn. 3 e 5 c.p.c., la violazione dell'art. 242 del t.u. n. 1265 del 
27 luglio 1934, in relazione agli articoli 57 e 60 del medesimo t.u. ed 
aglui artt. 5 e 50 del r.d. n. 3298 del 20 dicembre 1928. Si sostiene che 
quest'ultima norma ha lo scopo non di prbteggere, in modo immediato 
e diretto, l'inter,esse del veterinario comunale, sibbene di assicurare 
una facile e pronta vigilanza igienica sui laboratori di carni insaccate, 
e che un generale potere di direzione e di vigilanza al riguardo q riconosciuto 
al Prefetto dall'art. 60 del t.u. sulle leggi sanitarie. Nell'esercizio 
di tale potere il Prefetto di Modena aveva emessi i provvedimenti 
poi annullati per illegittimit� del Consiglio di Stato, facendo cos� cattivo 
uso del potere stesso in quanto aveva violate norme di azione amministrativa 
rivolte a tutelare, in modo diretto, un interesse generale; mentre 
la violazione degli interessi e�onomici del dott. Boccolari sarebbe 
soltanto una conseguenza riflessa dell'illegittimit� degli atti amministrativi. 
.Si aggiunge che neppure �nei confronti dell'autorit� statale di 
controllo la riscossione dei diritti di �certificazione da parte del veterinario 
comunale costituirebbe un diritto patrimoniale perfetto preclusivo 
del potere di controllo di quell'autorit�. la circostanza che una 
quota della tassa riscossa dal Comune debba essere devoLuta al veterinario 
a titolo di compenso non implicherebbe che gli introiti assumano 
carattere di emolumento gi� prima della loro riscossione; gli artt. �51 e 
62 del t.u. n. 1265 del 1934 conferirebbero, in quanto regolano i rapporti 
tra Comune e veterinario, un diritto soggettivo di questo soltanto 
nell'ambito del rapporto .di pubblico impiego, non direttamente tutelato 
nei confronti con i terzi. Tali norme non stabilirebbero, dunque, un 
particolare rapporto di immediatezza tra la funzione svolta dal veterinariQ 
comunale e l'interesse patrimoniale a percepire il compenso. 

Con il secondo mezzo si lamenta, in riferimento agli artt. 360 n. 3, 
374 c.p.c., la violazione degli artt. 19 e 338 del t.u. n. 383 del 3 marzo 
1934. Posto che l'atto lesivo dell'interesse del dott. Boccolari sarebbe 

(1) Sulla prima parte della massima v. in senso conforme Cons. Stato, 
Sez. V, 26 gennaio 1963, n. 28, Il Consiglio di Stato, 1963, 41; cos� pure -ma 
limitatamente agli emolumenti percepiti dai veterinari per le� visite effettuate 
nel solo interesset privato -Cons. Stato, Sez. V, 27 settembre 1958, 
n. 
735, Il Consiglio di Stato, 1958, 992. 
Nulla in termini, a quanto ~onsta, sulla seconda parte della massima. 

382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la delibera del Commissario prefettizio in data 12 novembre 1948 (che 
� .stata dal veterinario, infatti, impugnata) si sostiene che tale atto, 
promanante da un'amministrazione straordinario del Oomune, era a 
questo riferibile, cosicch� della sua illegittimit� sarebbe responsabile 
lo stesso Comune, a nulla rilevando che questo, attraverso i suoi organi 
ordinari, abbia fatto annullare i provvedimenti viziati. Pertanto l'attore 
avrebbe dovuto rivolgersi non contro il Ministro della Sanit�, sibbene 
contro il Comune (salvi i diritti di rivalsa di quest'ultimo verso l'amministrazione 
.centrale per la nomina illegittima di un amministratore 
straordinario al Comune). 

Il ricorso � infondato. Innanzi tutto l'art. 50 del regofamento 

n. 32'98 del 20 dicembre 1928 stabilisce che i lavoratori di carni insaccate, 
salate o comunque preparate debbono funzionare sotto la vigilanza 
del veterinario comu,nale (sottoposto al controllo del veterinario 
provinciale: art. 26 del t.u. delle leggi sanitarie n. 1265 del 27 luglio 
1934). Trattasi di norma specifica rispetto l'art. 2.42 del t.u. n. 1265 del 
1934, il quale dispone, genericamente, doversi sottoporre a vigila:D?a, 
per la tutela della sanit� pubblica, la produzione e il commerdo di 
sostanze alimentari, mediante ispezioni e visite ai locali �dove avvengono 
le menzionate attivit� relative alle sostanze suddette; mentre nessuna 
disposizione di legge prevede che il servizio di cui al suddetto 
art. 50 venga affidato a veterinari liberi professionisti, appositamente 
designati. Il Prefetto ha soltanto (art. 60 t.u. cit.) la facolt� di provvedere 
al servizio di assistenza e vigilanza veterinaria nei Comuni, nei 
quali non possa essere altrimenti assicu;rato con le norme dell'art. 57 
del t.u., incaricandone, per il tempo strettamente necessario,. uno o pi� 
veterinari condotti o liberi professionisti. Si tratta, dunque, di un intervento 
transitorio, consentito spio in determinate circostanze che, nel 
caso concreto, � pacifico, non ricorrevano, come risulta dalla decisione 
del Consiglio di Stato innanzi accennata. La riprova � data dall'art. 7 
del d.P. n. 264 oell'll febbraio 1961 (che ha modificato l'art. 50 del 
regol. n. 3298 del 1928), sulla � disciplina dei servizi e degli organi che 
esercitano la loro attivit� nel campo dell'igiene e della sanit� pubblica 
� (non applicabile alla fattispecie) secondo il quale soltanto per 
gli stabilimenti di produzione di carni lavorate destinate all'esportazione 
I servizio di vigilanza e d'ispezione veterinaria pu� essere affidata, 
dal Ministro della Sanit�, a veterinari provinciali o liberi professionisti 
che abbano �determinati requisiti; riconfermandosi (art. 6) che solo in 
caso di riconosciuta necessit� pu� provvedersi alla nomina di veterinari 
coadiutori, non condotti, per la vigilanza e l'ispezione su stabilimenti 
che non esportano i loro prodotti. Del resto ogni consider�zione � superflua 
perch� non pu�, ormai comunque discutersi sull'illegittimit� 
del decreto prefettizio. del 1� settembre 1948, data la decisione del 
Consiglio di Stato n. 976 del 21 giugno 1962 -in conformit� a prin

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 383 

cipio altra volta enunciato (decis. n. 880 del 15 luglio 1950) secondo 
oui il servizio di cui si discute � di �competenza del veterinario comunale 
� -afferm�ndo che, nel caso di specie, il Prefetto non poteva 
far uso, in quanto non ne ricorrevano gli estremi, del potere straordinario 
concessogli dall'art. 60 del t.u. n. 1285 del 1934, cosicch�, illegittimamente, 
al veterinario .condotto dott. Boccolari era stato inibito 
un servizio, inerente al suo ufficio, espUcitamente commessogli dalla 
onde l'anullamento dei decreti pref~ttizi e del provvedimento del commissario 
prefettizio. Tuttavia � notd (cfr. Sez. Un. sent. n. 1109 del 
3 maggio 1966) che, in tema di atti amministrativi illegittimi, per la 
proponibilit� contro la pubblica amministrazione dell'azione di risarcimento 
dei danni non � sufficiente che il giudice amministrativo abbia 
annullato l'atto, ma � necessario che questo abbia inciso .su posizioni, 
in origine, costituenti diritto soggettivo. 

Senonch�, nel �caso di specie, -ed ha finito ,per convenirne, in 
udienza, lo stesso Avvocato dello Stato -non pu� mettersi in dubbio 
che i c.d. diritti sanitari, spetanti al veterinario condotto per la vigilanza 
da lui spiegata ex lege sui laboratori di carni preparate, costituiscano 
un diritto soggettivo, trattandosi di emolumenti connessi all'ufficio. 


Invero gli artt. 67 e 62 del t.u. n. 1285 del 1934 stabiliscono che, 
per il rilascio dei certificati �Concernenti gli accertamenti che le vigenti 
disposizioni demandano al veterinario condotto, � dovuto al Comune 
un compenso a carico dei richiedenti, quando tali certificati sono domandati 
nell'esclusivo interesse privato, e che sulle somme cos� riscosse 
il 50 % � devoluto al veterinario condotto: tuttavia tale quota non pu� 
superare, durante l'anno, la met� dell'ammontare anuo dello stipendio, 
esclusa dal computo qualsiasi indennit� accessoria. Una retribuzione, 
dunque, collegata allo stipendio, dovuta in una predeterminata misura 
per �l'espletamento di attivit� connessa all'ufficio: non una elargizione 
discrezionale del Comune. 

In tal senso, peraltro, si � gi� pronunciato il Consiglio di Stato, 
Sez. V (dee. n. 735 del 27 settembre 1958) affermando che i veterinari 
condotti hanno � diritto � a percepire, ed in misura intera, gli emolumenti 
relativi alle visite effettuate nel solo interesse privato, e che 
(dee. n. 28 del 26 gennaio 1963, sez. V) si tratta di accessori dello 
stipendio e della stessa natura di questo. 

Tuttavia, se gli atti amministrativi del :Prefetto e del commissario 
prefettizio, fossero stati emessi sull'esercizio legittimo del potere amministrativo, 
il dott. Boccolari non avrebbe avuto di che dolersi, perch� 
questo suo particolare diritto sarebbe stato affievolito. Ma come )li � 
detto, l'atto fu annullato perch� illegittimo: ~osicch� il diritto del Boecolari 
si � riespanso nella sua pienezza. N� si pu� dire, come adombra 
l'Amministrazione ricorrente, che si tratterebbe, comune, di rapporto 


384 R�SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di pubblico impiego, sicch� la �Competenza giurisdizionale a giudicare 
dalla lesione del diritto, spetterebbe pur -sempre al giudice amministrativo: 
il rapporto di impiego sussisteva con il Comune, mentre l'atto 
lesivo provenne dall'Alto Commissario per la Sanit�, cio� da u.n terzo. 
Quindi la causa petendi. della pretesa fatta valere in giudizio non ha 
la sua radice nel rapporto di pubblico impiego. Infatti (cfr. Sez. un., 
sent. n. 223-0 del 28 luglio 1962) va negata la giurisdizione del giudice 
amministrativo allorch'�i la pretesa dedotta in giudizio trova nel rapporto. 
d'impiego pubblico soltanto la sua occasione. 

� Convinto, probabilmente, di ci�, lAvvocato dello Stato in udienza 
ha accentrato la discussione sul secondo mezzo, cio� sul difetto.��di 
legittimazione ,passiva del Ministero della Sanit� (il Comune, secondo 
tale tesi, dovrebbe pagare due volte, a due distinti veterinari, gli stessi 
�emolumenti, salvo rivalsa verso il Ministro suddetto). 

Senonch� deve sottolinearsi che il Prefetto di Modena non si limit�, 
con il suo decreto del 1� settembre 1948, ad aggiungere, genericamente, 
al Comune di Castelnuovo Rangone di provvedere, come per 
legge, alla vigilanza sullo stabilimento Vellani di �produzione di carni 
suine lavorat�, ma specific� �Che detta vigilanza doveva .essere esercitata 
non dal veterinario condotto (come :Rer legge), sibbene da un veterinario 
libero professionista, da lui direttamente' designato nel dott. Bonfiglio 
Corsini. Inoltre che ,essendosi a ci� �il Comune rifiutato, impu~ 
gnando per illegittimit� il decreto prefettizio, innanzi il Consiglio di 
Stato, il Prefetto, con altro decreto dell'll novembre 1948, nomin� al 
Comune un Commissario prefettizio all'unico scopo di d�re esecuzione 
al suo decreto procedente, cio� esclusivamente per nominare il dottor 
Corsini a veterinario incaricato della vigilanza sul laboratorio Vellani. 

Ma l'argomento si risolve in un mero sofisma. L'atto del Commissario 
prefettizio fu annullafo perch� la nomina di questo aveva inv�so 
la sfera dei poteri spettanti agli organi normali del Comune. Con tale 
premessa diventava impossibile importare al Comune l'atto del Commissario. 


Del resto,� il provvedimento del Commissario prefettizio, in data 

12 novembre 1948, fu soltanto la causa ultima ed indiretta della sottra


zione del servizio di vigilanza al dott. Boccolari (che lo impugn�), e 

servi semplicemente a determinare la data in cui il veterinario con


dotto venne illegalmente esonerato dall'incarico che gli competeva, in 

quanto il provvedimento stesso, pur emesso per conto del Comune non 

lo fu anche in suo nome: fu il mezzo necessario e indispensabile al 

Prefetto per attuare la sua volont� manifestata con i suoi decreti, tant'� 

che fu un atto amministrativo isolato, che non si inseriva, cio�, in 

un'attivit� amministrativa del Comune espletata dal Commissario 'pre


fettizio. Invero, se l'ente territoriale aveva reagito al decreto prefettizio 

del 1� settembre 1948 rifiutandone l'esecuzione -onde il controllo 

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�0110wtMf~&;mmm;r;:rnmri101m1mmm@r01m11=rnr:En1mm=mrnr;rrr:mmrnmmm1110@1mwtrwrw1wI1rnm@~1;rfm11wm@IWf:1m:;f~m~ 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI G�URISDIZIONE 385 

sostitutivo -e l'impugn� (come, poi, quello dell'll novembre 1948) 
innanzi il Consiglio di Stato, perch� ledeva la sua autonomia in materia 
di servizi veterinari, anche se non gli produceva danno patrimoniale 
alcuno., ovviamente il CommissariQ prefettizio, . nel provvedere, non 
manifest� la volont� del Comune di esonerare il dott. Boccolari dal 
servizio di vigilanza che gli competeva per sostituirlo �con il libero 
professionista dott. Corsini, sibbene mani~est� soltanto la vol�nt� del 
Prefetto, onde gli effetti dell'illegittimit� del provvedimento non potevano 
riversarsi sul Comune, sibbene, e tutti, su �chi aveva effettivamente 
voluto il provvedimento stesso e ne aveva imposto l'esecuzione, 
cio� sul Prefetto, quindi sul Ministro della Sanit�. Ne consegue che� il 
dott. Boccolari non poteva convenire in giudizio il Comune per il risarcimento 
del danno subito a �causa della lesione di un suo diritto sog. 
gettivo, perch� il ,danno trovava la sua causa, diretta ed immediata, 
tutt'intera, negli atti .amministrativi illegittimi del Prefetto, dai quali 
n Comune fu apertamente dissenziente e contro i quali, infatti, reag�, 
in modo da sottrarsi alle conseguenti responsabilit�. In conclusione i 
decreti prefettizi cumulavano in s� le due qualifiche di illegittimit� 
-in quanto invadevano arbitrariamente la sfera di autonomia del Comune 
privandolo, pur non ricorrendone gli estremi, di un servizio veterinario 
che il Comune stesso doveva svolgere direttamente, per legge 


I 

e di illiceit� -in quanto sottraevano contestualmente al dott. Boccolari 
i benefici patrimoniali direttamente derivanti da un'attivit� di servizio 
a lui riservata dalla legge per essere veterinario �condotto di ruolo. 
I decreti prefettizi, dunque, violavano essi, in via diretta ed immediata, 
il diritto sog.gettivo del dott. Boccolari, poich� la p;ronuncia del Consiglio 
di Stato esclude ch'essi potessero incidere su di esso e sacrificarlo. 
Ma in tal caso a1la �declaratoria d'illegittimit� degli 'atti amministrativi 
ben pu� seguire la condanna al risarcimento del danno da parte del 
giudice ordinario ' (cfr. Cass., sent. n. 1217 del 15 aprile 1958). 


~Omissis). 


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SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 22 giugno 1968, n. 2102 -Pres. 
Marletti -Est. Bartolomei -P. M. Sdarraffi.a (conf.) -Vagnetti 
(avv. Pizzicannella e Carbone) c. E.N.P.A.S. (avv. Di Gobbi e 

I

Rossi). 

Previdenza e assistenza -ENPAS -Malattia dell'assistito -Surroga


-1;

zione legale verso il terzo responsabile -Sussistenza. 

m

~~ 

(:j; 

L'E.N.P.A.S., come ente assicuratore, per le prestazioni erogate 

jdM 

all'assistito in dipendenza di .malattia cagionata dall'altrui fatto illecito, 
� surrogato nei diritti dell'assistito verso i terzi responsabili (1). 

(Omissis). -Il Tribunale ritenne che l'E.N.P.A.S., avendo indennizzato 
il dipendente statale da esso assistito� (Angelo Agosti), rimborsandogli 
l'accennata somma di danaro, da lui erogata per pagare le 
prestazioni sanitarie, di cui aveva avuto bisogno, a seguito dell'incidente 
stradale subito per colpa del Vognetti, si fosse surrogato, ai sensi dell'art. 
1916, e.e., nel diritto dell'assicurato �l risarcimento d�l danno 
sofferto nei confronti del responsabile dell'evento dannoso. Conseguen-. 
temente� statul che l'E.N.P.A.S. potesse pretendere, in via di surrogazione, 
ex art. 1916, dal Vagnetti, quale responsabile dell'evento dannoso, 
il rimborso della somma in danaro, versata al proprio assistito, a titolo 
di indennit� risarcitoria. 

I 
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.. I w 

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(1) La sentenza pu� leggersi in Foro it. 1968, I; 2500. Si ritiene utile ' 
.

riprodurre la massima pe�r segnalare l'importanza che rivestono sia la qua-


,

lificazione dell'E.N.P.A.S. come ente assicuratore sia il riconoscimento 

<ti

all'E.N.P.A.S. del diritto di surrogazione ex art. 1916 cod. civ. per le pre"-"' 
stazioni erogate all'assistito-assicurato in dipendenza di malattia originata 
dall'aultrui fatti illeciti. ti da notare che negli -stessi sensi la giurisprudenza 

'ii'

:;:;:

si era da tempo e ripetuttamente pronunciata con riguardo ad altri enti che i'
~ 
gestiscono analoghe forme di assicurazione sociale di malattia. In arg. cfr. t:�:: 
CHIAPPELLI, L'assicurazione sociale di malattia, pag. 129, Milano, Giuffr� 
1964. Tuttavia per l'E.N.P.A.S. permanevano dubbi (sui quali cfr. CHIAPPELLI, 
op. cit., pag. 315) in considerazione della disposizione dell'art. 13, secondo 
comma, r.d. 26 luglio 1952, n. 917. Di qui il particolare interesse della sentenza 
in esame, che fornisce il .necessario chiarimento. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 387 

Con una prima censura del terzo mezzo, avente carattere preliminare, 
si sostiene che l'E.N.P.A.S. non sia un ente assicuratore, avendo 
compiti meramente assistenziali, e che perci� esso non possa beneficiare 
del diritto di surrogazione, previsto dall'art. 19'16 e.e. unicamente a 
favore degli assicuratori. Si censura, di conseguenza, il Tribunale per 
avere ritenuto che l'ente, avendo indennizzato il proprio assistito, per 
risarcirlo delle conseguenze dannose del patito infortunio, potesse al 
medesimo surrogarsi, ex art. 1916, nella pretesa risarcitoria da lui vantata 
verso l'autore del danno. 

Ci� premesso, � da notare che la legge .istitutiva dell'E.N.P.A.S. 
19 gennaio 1942, n. 22 stabilisce un sistema previdenziale ed assistenziale 
a favore dei �personali civili, compresi i salariati, dipendenti 
dalle amministrazioni dello Stato e dalle aziende autonome statali� 
(art. 3 lett. a della le.gge, ribadito dall'art. 4 del d.l. 12 febbraio 1948, 

n. 147): sistema esteso a benefi.cio dei familiari dei predetti dipendenti 
nonch� ai pensionati dello Stato (leggi 30 ottobre 1953, n. 841 e 29 novembre 
1957, n. 1177). Agli assistiti dell'Ente le prestazioni indennitarie, 
nei modi e nei limiti precisati da un complesso di norme, sono 
dovute, giusta l'art. 5 comma 1� della legge istitutiva, per il caso di 
malattia di durata superiore ai cinque giorni, la quale �richieda l'assistenza 
medico-chirurgica o la somministrazione di mezzi terapeutici�. 
Per l'attuazione del piano previdenziale un complesso di disposizioni 
legislative (d.l. n. 722 del 1945, 1. n. 747 del 195�2, 1. n. 841 del 1953, 
d.P.R. n. 19 del 1956) disciplina il finanziamento dell'ente mediante 
contributi pecuniari, gravanti sia sulla Pubblica Amministrazione sia 
sugli stipendi e sulle pensioni dei beneficiari, i quali versano le dovute 
contribuzioni in via indiretta, attraverso trattenute di aliquote dei loro 
emolumenti da parte dello Stato, che provvede a rimetterle all'Istituto. 
Cosi sommariamente tracciata, nelle sole linee fondamentali, che 
interessano la causa, la normativa della soggetta materia, non pare 
dubbio che tra l'E.N.P.A.S. ed i suoi assistiti si costituisce, ope legis, 
un rapporto di natura prettamente assicurativa, come rileva la presenza 
dei due elementi caratterizzanti.di simile configurazione negoziale, quali 
sono il rischio ed il premio. Invero il rischio, cio� l'evento protetto dal 
sistema previdenziale, � da ravvisarsi nella malattia del beneficiario 
dell'assistenza dell'E.N.P.A.S., che gli d� diritto di pretendere la prestazione 
assistenziale dell'Ente prevista dalla legge. D'altro �Canto il 
premio, cio� il corrispettivo della prestazione assistenziale, � costituito 
dai contributi pecun~ari, da cui l'Istituto viene finanziato per poter 
assolvere ai suoi compiti previdenziali. 

Deve pertanto ritenersi che l'E.N.P.A.S. non esaurisca la propria 
funzione in una attivit� di mera assistenza o beneficenza (che caratterizza, 
ad esempio, gli E.C.A., gli orfanofrofi, i brefotrofi, ecc.), ma che 
possa essere inquadrato fra gli Istituti, i quali esercitano l'assicurazione 

s 

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~ILl411llllflr�JmFLd�!WBLf'ffe'Jil1NIWl~~l~d�!WJfflFA?j 



388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEL.LO STATO 

sociale, anche se le sue prestazioni previdenziali possano risultare di 
misura. ridotta rispetto a quelle dei maggiori Enti del genere (quali, 
ad es. l'I.N.P.S. o l'I.N.A.I.L.). Sicch� l'E.N.P.A.S., come Ente assicuratore, 
qualora abbia indennizzato un proprio assicurato, rimborsandogli 
la spesa da lui� erogata, per pagare prestazioni sanitarie necessitate 
dallo stato d'infermit� derivatogli dall'altrui fatto illecito, ha diritto 
di surrogarsi, ai sensi dell'art. 1916 e.e., nella pretesa risarcitoria vantata 
dall'assicurato medesimo verso il responsabile dell'evento dannoso, 
allo scopo di ripetere da quest'ultimo la somma di danaro corrisposta 
a titolo d'indennit� assicurativa. 

Replica tuttavia il ricorrente che la possibilit� dell'E.N.P.A.S. di 
surrogarsi, nel caso .concreto, nei diritti dell'assicurato danneggiato, 
contro l'aut�re del danno, ai sensi dell'art. 1916 e.e., sarebbe preclusa 
dall'art. 13 comma 3� del r.d. 26 luglio 1942, n.. 917, che approva H 
regolamento di esecuzione della legge istitutiva, in virt� del quale 
�nei casi in cui l'assistito abbia diritto ad indennizzo da parte di terzi, 

. � infacolt� dell'Ente di concedere l'assistenza, a condizione che l'assistito 
stesso assuma l'obbligo di rimborsarlo nei limiti delle somme 
eventualmente recurperate per il medesimo titolo�. 

Se1::ondo il Vagnetti, nell'ipotesi prevista dalla richiamata norma 
regolamentare (ricorrente, a suo dire, nella fattispecie), l'Ente potrebbe 
pretendere soltanto dall'assicurato il rimborso dell'indennizzo versatogli, 
onde gli sarebbe preclusa la possibilit� di far valere la stessa pretesa, 
in via surrogatoria, verso il soggetto tenuto a risarcire l'assicurato 
medesimo del danno arrecatogli. 

Senonch�, alla stregua de1 chiaro disp:osto regolamentare, l'obbligo 

. 
dell'assicurato di rimborsare l'Ente dell'indennizzo ricevuto sorge unicamente
� nell'eventualit� che egli abbia ottenuto dal terzo, autore del 
danno indennizzatogli dall'Istituto, il risarcimento del pregiudizio economico 
sofferto, ed � �contenuto nei limiti del risarcimento conseguito. 
Se perci� l'assistito, il quale abbia beneficiato della prestazione previdenziale 
dell'E.N.P.A.S., nulla abbia ottenuto, a titolo risarcitorio, dal 
responsabile del ,danno indennizzato (come nella specie), non sorge il 
suo obbligo di rimborsare l'Ente dell'indennit� ricevuta. Non pu� essere 
perci�, in tal caso (in concreto verificatori), addotto dal responsabile 
del danno indennizzato, l'obbligo dell'assicurato di rimborsare l'Ente 
dell'indennit� ricevuta, come fatto g!uridico preclusivo del diritto dell'Istituto 
assicuratore di far valere, in via di surrogazione, ai sensi del 
menzionato art. 1916, la ipretesa risarcitoria spettante al suo assistito 
nei confronti del danneggiante. 

Rettamente, dunque, il Tribunale ritenne che l'E.N.P.A.S., avendo 
eseguito la prestazione indennitaria a favore del dipendente statale, 
danneggiato, �nella incolumit� fisica, dal fatto illecito del Vagnetti 
(odierno ricorrente) potesse agire verso costui, per conseguire il re-

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PARTE I, SEZ. llI, GIURISPRUDENZA CIVILE 

cupero della somma corrisposta all'assicurato, a titolo d'indennizzo, 
surrogandosi, ez art, 1916, nei diritti dell'assicurato stesso verso il 
danneg.gfante. 

Con ulteriore censura del terzo mezzo (che rinnova ed amplifica 
quella gi� esposta nel secondo motivo, che va perci� congiuntamente 
esaminato) il ricorrente si duoie che il Tribunale non abbia esaminato 
la tesi difensiva, prospettata dal resistente Istituto a sostegno della 
spiegata azione di pagamento, nel senso che il dipendente statale infortunato, 
fa corrispettivo della prestazione indennitaria dell'Ente, gli 
avrebbe ceduto il credito da lui vantato, a titolo risarcitorio, verso 
il Vagnetti, quale responsabile dell'evento dannoso. Se tale sistema 
difensivo dell'E.N.P.A.S. fosse stato esaminato dal Tribunale, i giudici 
a�appello, a dire del ricorrente, non avrebbero potuto ritenere che, in 
virt� del predetto giudicato penale (che condann� il Vagnetti, oltre 
che alla pena per il reato di lesioni colpose, al .risarcimento dei danni 
da liquidarsi in separata sede, a favore dell'Agosti, costituitosi parte 
civile), il diritto, fatto valere nel presente giudizio dall'Istituto a titolo 
risarcitorio, fosse soggetto alla prescrizione lunga (decennale), di cui 
all'art. 2953 �e.e., anzich� alla prescrizione breve (biennale) prevista 
dal precedente art. 2947 comma 2�. Ci� perch�, secondo n Vagnetti, 
essendo stata la cessione del credito, dall'Agosti dall'E.N.P.A,S., stipulata 
prima, dell'instaurazione del processo penale (onde l'Ente non aveva 
potuto costituirsi parte .civile), il �credito ceduto, attualmente azionato 
dall'Istituto, dovrebbe considerarsi soggetto, nonostante il sopravvenuto 
giudicato penale, alla prescrizione breve. Sicch� il Tribunale, ad avviso 
del ricorrente, ove non avesse trascurato l'esame della predetta tesi 
difensiva dell'E.N.P.A.S., avrE:lbbe dovuto dichiarare prescritta, in luogo 
di accoglierla, l'azione risarcitoria spiegata dall'Ente, dato che la prescrizione 
breve si era gi� compiuta al momento della citazione introduttiva 
della lite. 

In proposito � da notare �Che la denunziata sentenza, avendo accolto 
l'azione di pagamento spiegata dall'E.N.P.A.S., sotto il profilo della 
surrogazione dell'Ente, ex art, 1916 precitato, nei diritti dell'assicurato 
verso l'autore del danno, non esamin� (ritenendolo evidentemente, 
bench� implicitamente assorbito) l'ulteriore profilo giuridico,. prospettato 
dall'Istituto a fondamento della proposta azione, nel senso che esso 
si fosse reso cessionario della pretesa risarcitoria, vantata da_l dipendente 
statale indennizzato nei confronti del Vagnetti, quale responsabile 
dell'evento dannoso. 

Tale essendo la situazione processuale, deve escludersi che il ricorrente 
sia legittimato a proporre l'esposta censura. 

Dato, infatti, che il necessario presupposto processuale della legittimazione 
a proporre un gravame � la soccombenza, � da escludersi 
che una parte sia legittimata ad impugnare la sentenza, sotto l'aspetto 


390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del v1z10 di attivit� (carne fa il ricorrente), per non aver esaminato 
un sistema difensivo prospettato dalla controparte (nella specie, dall'E.
N.P.A.S.), no.n essendo, a tal riguardo, ovviamente configurabile una 
soccombenza dell'impugnante. 

N� pu� dirsi che il Tribunale abbia errato nel ritenere soggetta 
alla prescrizione lunga, anzich� a quella breve, l'azione spiegata dall'E.
N.P.A.S., in surrogazione dell'assicurato, ai sensi dell'art. 1916 e.e. 

Invero il diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione 
dei veicoli, soggetto, ai sensi dell'art. 2947 comma 2� e.e., alla 
breve prescrizione biennale, viene a beneficiare della lunga prescrizione 
decennale, giusta il successivo art. 2953. allorch� sia stato riconosciuto 
da sentenza di condanna generica, pass!'lta in giudicato che pu� essere 
pronunciata, a �carico del responsabile dell'evento dannoso, o nel giudizio 
dvile, promosso .contro di lui, dal danneggiato, �oppure nel processo 
penale, instaurato contro il medesimo, qualora il danneggiato si sia 
costituito parte civile per conseguire la riparazione del pregiudizio 
economico sofferto. 

Non v'ha ;perci� dubbio �che, essendo stato il Vagnetti condannato, 
nel predetto processo penale -oltre che alla pena per il reato ascrittogli 
di lesioni colpose -al risarcimento dei danni, da liquidarsi in 
separata sede, a favore dell'Agosti, costituitosi parte civile, il diritto 
di �Costui alla liquidazione dei danni sia presc~ittibile, in virt� della 
cosa giudicata, non in due ma Jn dieci anni. 

D'altro canto la s.rrogazione dell'assicuratore, che abbia pagato 
l'indennit� all'assicurato, colpito da un evento. dannoso, nella posizione 
giuridica di costui verso il danneggiante, a mente del menzionato 
art. 1916, si risolve in una peculiare forma di successione a titolo 
particolare nel diritto di credito alla prestazione risarcitoria, spettante 
all'assicurato nei �confronti dell'autore del danno: nel senso che l'assicuratore 
viene ad essere, in via surrogatoria, legittimato ad esercitare, 
contro il responsabile dell'evento dannoso, lo stesso diritto, che avrebbe 
potuto far valere l'assicurato qualora egli non gli avesse corrisposto 
l'indennizzo. Pertanto se, per effetto del giudicato penale, recante la 
condanna generica del danneggiante al risarcimento dei danni verso 
l'assicurato, costituitosi parte civile, il diritto di costui alla prestazione 
risarcitoria, da liq.idare, ,gi� soggetto a prescrizione breve, viene a 
beneficiare, ex art. 29�53 e.e., della prescrizione lunga, non pu� non 
fruire dell'analoga prescrizione l'assicuratore, nell'esperimento della 
azione surrogatoria, prevista dall'art. 1916, esercitando egli, contro il 
responsabile dell'evento dannoso, lo stesso diritto originariamente �spettante 
all'assicurato (Cass. n. 421 del 19 7). 

Esattamente, dunque, il Tribunale ritenne che l'azione, esperita 
dall'E.N.P.A.S. �contro il Vagnetti, in surrogazione del dipendente statale 
indennizzato, fosse soggetta non alla prescrizione biennale ma a quella 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 391 

decennale, escludendo, di conseguenza, che il decorso del termine prescrizionale, 
iniziato dalla data del giudicato penale (22 gennaio 1959), 
potesse essersi compiuto alla data della citazione introduttiva della lite 
(25 novembre 1961). 

Pertanto � palese l'infondatezza del secondo e del terzo mezzo, 
congiuntamente esaminati. 

N� .pu�, d'altro canto, consentirsi con l'assunto del ricorrente (.primo 
mezzo) che la denunziata sentenza sia incorsa nel vizio dell'ultrapctiziOne 
per il fatto che, mentre l'E.N.P.A.S. �chiese U rigetto p.ell'eccezione 
di prescrizione della domanda, sollevata dal Vagnetti, richiamandosi 
all'art. 2947 ult. comma e.e. (come si rileva dalla suesposta narrativa), 
i giudici d'appello rigettarono l'eccezione in applicazione del successivo 
art. 2953, cio� sul riflesso clie il diritto dell'infortunato dipendente statale 
al risarcimento �dei danni nei confronti del Vagnetti, esercitato 
dall'Ente in via surrogatoria, potesse fruire, in,vl.rt� del predetto giudicato 
penale, della prescrizione lunga. 

In proposito � da notare che, alla stregua dell'ius receptum, il 
vizio di ultrapetizione � conf�guraj;>ile solo quando la pronunzia giudiziale 
trascenda i limiti oggettivi della controversia, quali risultano dalle 
contrapposte domande ed eccezioni delle parti, ma non quando il giudice, 
contenendo l'adottata decisione entro tali limiti, ponga a base del 
provvedimento ragioni giuridiche diverse da quelle prospettate dalle 
parti, da lui ritenute erronee, nell'esercizio del potere-dovere di fare 
esatta applicazione della legge al caso concreto. 

Sicch� il Tribunale. avendo deciso la controversia senza esorbitare 
dai suoi limiti oggettivi (il che non si contesta), non incorse nel lamentato 
errore procedurale per aver rigettato l'eccezione di prescrizione 
sotto un profilo giuridico diverso da quello prospettato dall'E.N.P.A.S., 
con conseguente applicazione al caso concreto di una norma diversa 
da quella invocata dall'Istituto. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 265 -Pres. 
Vinci-Orlando -Est. Minerbi -P. M. _Antoci (conf.) -Iacono Caruso 
(avv. Fulci) c. Azienda F. S. (avv. Stato De Francisci). 

Responsabilit� civile -Risarcimento del danno -Costituzione �di rendita 
vitalizia -PJ,"incipio nominalistico. 

(e.e. artt. 1277, 2057). 
In tema di responsabilit� civile da illecito l'obbligo del risarcimento 
del danno, che d� luogo ad un debito di valore, si converte con la sentenza 
definitiva di liquidazione in obbligazione pecuniaria assoggettata 



392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al principio nominalistico, anche nel caso che sia stata costituita una 

rendita vitalizia a favore dell'infortunato (1). 

(Omissis). -Denunziando 1a violazione e l'errata interpretazione 
ed applicazione degli artt. 2.057, 2058, 1277, 2909 �e.e., 112 c.p.c., in 
relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p,c., la ricorrente censura la sentenza 
impugnata: 1) per avere' negato la rivalutazione della rendita vitalizia 
in base al presupposto, non pacifico in dottrina e in giurisprudenza, 
secondo �cui la liquidaz�one dei danni, compiuta con sentenza passata 
in giudicato, converte il credito di risarcimento in credito di valuta, 
assoggettato al principio nominalistico e quindi insensibile alla svalutazione 
monetaria, e per aver mancato di considerare che, nell'ipotesi 
di aggravamento del danno, � legittima una seconda domanda di liquidazione, 
in quanto, costituendo il danno ulteriore un diverso petitum, 
la revisione non trova ostacolo nell'ec�cezione di cosa giudicata; 2) per 
essersi la Corte di merito limitato a stabilire un rapporto di equivalenza 
tra il bene perduto (lucro cessante) e la moneta, mentre ufficio del 
giudice � di dirimere la controversia, adeguando il risarcimento alla 
completa realizzazione del diritto offeso; 3) ,per aver omesso di considerare 
che il giudicato non pu� spiegare i .suoi effetti in presenza di 
fatti sopravvenuti e imprevedibili (nella specie, il mutato costo della 
vita, gli aumenti di stipendio e delle pensioni degli insegnanti); 4) per 
aver disatteso il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, 
per aver ritenuto domande nuove le richieste di pagamento 

, di tutte le indennit� attribuite con provvedimenti legislativi agli im-' 
piegati, nonch� l'istanza di corresponsione della pensione di maestra 
elementare. . 

(1) Giurisprudenza pacifica; cfr. Cass. 15 ottobre 1963, n. 2765; Cass. 12 
giugno 1958, n. 1964, Riv. circ. e trasp., 1958, n. 703; Cass. 23 gennaio 1958, 
n. 155; Cass. 27 giugno 1953, 'n. 1988. 
In ordine alla rivalutazione delle rendite vitalizie ai sensi della I. 24 
febbraio 1953, n. 90, di cui in motivazione, cfr. Cass. 2 settembre 1963, 

n. 2412, Gist. civ., 1963, I, 2300; Cass. 22 maggio 1963, n. 1346, ibidem. 1834. 
Sul principio che in tema di responsabilit� aquilana, seppure l'obbligo 
del risarcimento si estende a tutto il danno, purch� collegato con nesso di 
causalit� al fatto lesivo, tuttavia � bene ammissibile una seconda domanda 
di liquidazione nel caso di ulteriore aggravamento conseguente al fatto 
originario ma di cui non si sia potuto tener conto al momento della prima 
liquidazione (cfr. Cass. 31 luglio 1948, n. 1325; 19 aprile 1955, n. 1087, 
Riv. circ. e trasp.; 1955, 1457). � 

In ordine al giudicato in tema di alimenti, limitato di contro alla situazione 
di fatto esistente al momento della pronunzia, di talch� il suo effetto 
preclusivo non impedisce il riesame della situazione cosi da consentire di 

. variare ed eventualmente elidere il debito alimentare cfr. Cass. 17 giugno 
1953, n. 1797, Giur. it., 1954, I, 772 con nota di E. FAVARA; cfr. altresi Cass. 28 
giugno 1961, 'Il. 1562, Giust. civ., 1961, I, 2095. 

':::: 




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 393 

Il ricorso non pu� essere accolto. 

A sostegno del gravame, la ricorrente si ric~iama alla sentenza di 
questo S.C. in data 28 giugno 1950, n. 1568 in causa Siciliano-Tione, 
ma il riferimento non � concludente, stante la diversit� della fattispecie 
decisa, per essere sopravvenuta la syalutazione monetaria durante la 
mora del debitore, H quale, ancor dopo molti anni dalla definitiva liquidazione 
giudiziale della somma dovuta una tantum per danni da fatto 
illecito, non aveva ancora soddisfatto il �credito del danneggiato, al contrario, 
la possibilit� di rivalutazione di una rendita vitalizia liquidata 
con sentenza passata in giudicato a titolo di risarcimento di danni da 


n. 1966, in causa Morina-Ente .Autonomo Volturno, e da questa decisione 
non vi � motivo di discostarsi. 
illecito, � stata gi� esclusa da questo S.C. con sentenza 12 giugno 1958, 
Il principio d'ella sopravvenienza, o della clausola rebus sic stantibus, 
inapplicabile ai contratti aleatori, � statO introdotto dal vigente 
codice civile solo nell'ambito� ~el contratto di vitalizio oneroso, e solo 
limitatamente alle rendite vitalizie in denaro, costituite prima del 31 dicembre 
1945, mediante trasferimenti �di immobili e dichiarati rivalutabili 
in determinata misura e in determinate condizioni, a norma della 


..I 

legge 24 febbraio 1953; n. 90; ma quel principio non pu� estendersi, 
in forza di procedimento analo.gico, alle s�entenze emesse in applicazione 
della legge, n� esiste nell'ordinamento processuale vigente una norma 


I 

che possa giustificare la risohibilit� del vincolo creato per entrambe 

'���~

*


le parti dalla sentenza passata in giudicato. L'unica eccezione � <�lita 
dalle sentenze condizionali aventi carattere provvisorio, come le deci
��~ 
sioni ~ tema di debiti di alimenti o di legati disposti in funzione alimentare, 
per l'implicita esigenza di un mutamento, ove si siano modificate 
le condizioni che ebbero a determinarne la costituzione; in tali� 
casi l'autorit� della cosa giudicata cede alla necessit� di una nuova 
pronuncia, intesa a modificare o a estinguere n rapporto alimentare, 
precedente. 


Ma la sentenza ex lege con cui il giudice dopo aver accertato la 
entit� del danno, ne stabilisce l'equivalente in una somma di denaro 


o in una rendita vitalizia in denaro, � sentenza determinativa, che provvede 
in favore del danneggiato alla completa reintegrazione patrimo�
niale, valutata in modo definitivo al momento della sentenza, che converte 
il debito di valore in debito di valuta, su cui non pu� incidere 
il deprezzamento della moneta nazionale. 
N� pu� chiedere la Iacono Caruso, di fronte al giudicato, che sia 

I 

� ristabilito l'equilibrio tra il risarcimento per equivalente e l'utilit� perduta 
in conseguenza del fatto illecito mediante la maggiorazione della 

I

rendita vitalizia sino a corriS,Pondere al valore odierno dell'interesse 

~ 

leso. Nelle leggi sull'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul la-t 
voro e delle malattie professionali, � stato ac�colto e disciplinato'l'istituto w. 

.. I


---. I 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della revisione delle rendite di inabiiit� in caso di peggioramento delle 
condizioni fisiche del titolare della rendita, a condizione, per�, che il 
peggioramento sia pur sempre in rapporto di derivazione dall'infortunio, 
che ha dato ,luogo alla liquidazione della rendita; ed anche nella specie 
la ricorrente ~vrebbe potuto ottenere la revisione dell'indennit� in conseguenza 
di aggravamenti di natura patologica di cui, peraltro, la Corte 
di merito non pot� occuparsi,. perch� formanti oggetto di domanda 
nuova. Ma sino a che la ricorrente riferisce il deterioramento della sua 
situazione economica al mutato costo� della vita, anzioch� far risalire 
il maggior danno con nesso d� causalit� al sinistro di cui fu vittima, 
ovvero fa presente la inadeguatezza della rendita vitalizia rispetto al 
migliorato trattamento economico riservato attualmente agli insegnanti 
elementari, l'irrevocabile autorit� della cosa giudicata � d'ostacolo all'accoglimento 
delle sue richieste; invero, il regolamento della situazione 
di fatto, attuato nella sentenza del 1957. non potrebbe rima,nere immutato 
ove si adducesse un fatto giuridico nuovo, sempre nell'ambito della 
controversia per il risarcimento dei danni da fatto illecito, mentre il 
mutamento delle �condizioni economiche .generali, ancorch� si ripercuota 
in via indiretta sull'entit� economica� della prestazione, costituisce un 
fatto semplice in concorso �del quale la sentenza non pu� non rimanere 
ferma. 

Poich� la sentenza denunciata, debitamente motivata, ha fatto buon 
governo della legge, il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 25 marzo 1970, n. 817 -Pres. Boccia 
-Est. Cusani -P. M. Gentile (parz. diff.) -Amministrazione 
delle F. S. (avv. Stato De Francisci) c. Gugliotta (avv. Pucillo). 

Responsabilit� civile -Azienda Autonoma F. S. -Dipendente -Risarci


mento danni -Pensione in dipendenza da infortunio -Compensatio 

lucri cum damno -Inammissibilit�. 

(legge 26 marzo 1958, n. 425, art. 91). 

Nel determinare il risarcimento dei danni dovuti. dalla Azienda 

F. S. ai superstiti del proprio dipendente deceduto in servizio, non si 
deve tenere conto di quanto a costoro spettante per il medesimo incidente 
a titolo di pensione, ai sensi deila legge 26 marzo 1958, n. 425 
art. 91 sullo stato giuridico del personale ferroviario (1). 
(1) Non constano precedenti in termini: la decisione, che pur si richiama 
ad un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. 29 gennaio 
.1965, n. 119, Foro amm., 1965, I, 49; 29 luglio 1955, n. 2442, Giur. it., 1955, I, 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 395 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento la ricorrente prin


cipale denuncia �violazione degli artt. 2056, u~23,, 1226~ 1227, 1916 e.e. 

in relazione--agli a:rtt. 56 e 91 I. 425 del 1958 e 1054 del 1938 in relazione 

all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. �. 

Si duole l'amministrazione che sia stato ritenuto ammissibile il 

cumulo del trattamento :i;>ensionistico con il risarcimento del danno e 

non si sia, invece, applicato il principio della compensatio lucri cum 

damno. E deduce che la pensione � eccezionale � prevista per i casi 

di morte o invalidit� permanente del personale delle FF. SS. -diffe


renziandosi dalle pensioni ordinarie e privilegiate per la natura e la 

funzione di rendita infortunistica -costituisce effetto del medesimo 

fatto che ha prodotto il danno, posto che �il diritto alla prestazione 

assicurativa non pu� sorgere se non per il verificarsi dell'infortunio 

alla persona cosicch� da questo medesimo fatto discendono come con


seguenza immediata e diretta oltre il danno anche l'effetto vantaggioso�. 

La censura non � fondata. 

La natura assicurativa del particolare rapporto che si istituisce tra 

lAmministrazione Ferroviaria ed i suoi dipendenti in ordine� al rischio 

di infortuni e la conseguente funzione indennitaria degli emolumenti 

attribuiti a questo titolo, non hanno alcuna incidenza nella proble


matica relativa al nesso di �causalit� tra l'illecito e l'effetto vantaggioso 

ed il carattere lucrativo di questo, che entrambi condizionano l'appli


cabilit� del principio della compensatio lucri cum damno, ,sul quale fa 

unico affidamento la ricorrente per l'annullamento della sentenza. 

� noto, infatti, che -secondo la dottrina prevalente ed il costante 
orientamento giurisprudenziale di questa Corte Suprema -l'invocato 
principio postula un pr:eciso rapporto causale tra l'illecito ed il lucro 
e quindi la normale idoneit� del fatto illecito, in s� stesso considerato, 


1, ,926), d� luogo tuttavia a qualche perplessit�, in relazione alla peculiare 
�disciplina dettata dall'art. 91, comma terzo, legge 1958, n. 425 sullo stato 
.giuridico del personale delle F.S. � 
L'insegnamento della Corte di Cassazione (cfr. sent. 25 ottobre 1965, 

n. 2248, in questa Rassegna, 1966, I, 76) � nel senso che il principio della 
compensatio lucri cum damno non possa invocarsi ove al danneggiato competa 
una pensione, sia essa ordinaria o privilegiata, in quanto la fonte e la 
ragione di questa riposano su di un titolo diverso ed indipendente dal fatto 
illecito, che si pone solo com~ condizione per la sua efficacia. 
Alla compensazione invece pu� farsi luogo solo quando vantaggio e 
danno si ricolleghino in via specifica e diretta al fatte;> illecito del terzo, s� 
da costituire due aspetti contrapposti di un medesimo evento e tale che l'uno 
non avrebbe potuto verificarsi indipendentemente dall'altro. 


La qual . cosa avverrebbe appunto, siccome sottolineato nella richiamata 
sentenza 1966, n. 2248, in presenza di una assicurazione (volontaria 
od obbligatoria) contro i danni alla persona, ove il diritto alla prestazione 


~ 

assicurativa (versamento di una somma di denaro o attribuzione di una pen



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a determinare l'_effetto vantaggioso. Esso cio� non pu� trovare applicazione 
se il lucro ripete fonte e ragione giuridica da un titolo (qualunque 
sia la sua natura ed in particolare se risulti comunque oneroso 
per il danneggiato) diverso ed indipendente dall'illecito,_ e se perci� 
questo realizza esclusivamente l'occasione perch� quel titolo possa esplicare 
la sua efficacia e produrre la giuridica conseguenza che si risolve 
in un vantaggio �contrapposto al danno (cfr. ad es.: 119 e 2248/65, 
2441/55). 

Questo indirizzo ha trovato conferma nella giurisprudenza del Supremo 
Collegio proprio per ci� che concerne in particolare l'indennit� 
assicurativa, la cui riscossione non � stata ritenuta di per s� preclusiva 
dell'azione verso il danneggiante (v. 279/61, 476/60, 3770/56). 

Il ricorso principale va pertanto rigettato. con la �conseguente condanna 
alla perdita del deposito. 

Col primo mezzo del ricorso incidentale si denunzia violazione 
degli artt. 167, 324, 342, 345 e 360 n. 3 e 5 �c.p.c.; omessa denunzia su 
un punto decisivo della lite. 

La Gugliotta assume che lAmministrazione in primo grado aveva 
abbandonato l'eccezione della compensatio lucri cu damno e che pertanto 
la Corte d'Appello non avrebbe dovuto prenderla in esame. 

Col rigetto del ricorso principale � _venuto meno l'interesse della 
Gugliotta di dolersi della sua soccombenza in ordine alla �questione 
pregiudiziale di rito, soc�ombenza che per effetto della vittoria ormai 
irrevocabilmente da lei riportata nella questione di merito, risulta mearmente 
teorica. La �censura deve, quindi, ritenersi divenuta .inammissibile. 


Col secondo mezzo la ricorrente incidentale denunzia � violazione 
degli artt. 1223 n. 1224, e 2056 e.e. in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.; 

sione) non pu� sorgere se non per il verificarsi di un infortunio alla 
persona. 

Ora non sembra che tali concetti siano stati mantenuti fermi con la 
sentenza �he si annota, ove si consideri che il trattamento pensionistico 
disposto dall'art. 91 1. 1958, n. 425, si pone su di un piano diverso da quello 
previsto per la pensione ordinaria e privilegiata dei pubblici dipendenti, in 
quanto concreta un pi� favorevole trattamento infortunistico per essere 
corriSposta dall'Azienda F.S., nella veste di istituto assicuratore, �in sostituzione 
del trattamento previsto dalle norme sugli infortuni e quando 
risulti pi� favorevole �. 

Sussisterebbe pertanto quello specifico e diretto collegamento del vantaggio 
pensionistico e del danno con il fatto illecito, che si richiede perch� 
nella determinazione del risarcimento si tenga conto dell'incremento patri-. 
moniale conseguito. 

Per il problema in generale cfr. in dottrina DE Cu:P1s, Risarcimento del 
danno e diritto a pensione, in Foro it., 1956, I, 28; MAND�, Cumulabilitd del 
risarcimento del danno e della pensione privilegiata, in questa Rassegna, 
1966, I, 76 ed autori ivi citati. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 397 
motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica sul punto 

della svalutazione monetaria. Essa cio~ si duole ,che la Corte di merito, 
dopo aver riconosciuto espressru;nente l'incidenza della svalutazione monetaria 
che il primo giudice aveva escluso, abbia ugualmente confermata 
la misura del danno da questo determinata ed abbia all'uopo osservato 
che il mancato computo della svalutazione trovava compenso nell'altro 
contrapposto errore della stessa sentenza appellata, consistente nella 
assunzione dell'et� dell'attrice, in luogo di Quella del defunto marito 
di lei, quale elemento del calcolo per la ,capitalizzazione del danno 
futuro. Ed in sostanza deduce che una tale compensazione, oltre ad 
essere inammissibile, risulta nella .specie irrazionale a causa della sproporzione 
tra le conseguenze dell'uno e dell'altro errore. 

Neanche questa cesura pu� trovare accoglimento, posto che la Corte 
di merito si � espressamente richiamata �ai criteri equitativi che necessarj.
amente debbono imperare in .siffatta materia� e ,ch,e perci� i 
censurati rilievi successivi non tendevano ad impostare un rigoroso calco! 
omatematico ma ad evidenziare che nella determinazione della misura 
del danno n� l'uno n� l'altro elemento era stato trascurato. 

Col terzo ed ultimo mezzo si denunzia ancora violazione delle 
medesime disposizioni di legge, assumendosi che ai fini dello scorto tra 
vita J�sica e vita lavorativa la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare 
essere normale per un operaio specializzato trovare altro lavoro 
dopo il collocamento a riposo e che ai fini della liquidazione avrebbe 
dovuto tener �conto della 13" mensilit�, che fa parte della retribuzione, 
nonch� degli aumenti di carriera. 

Anche questa censura va disattesa perch� non tiene conto della 
natura equitativa del metodo prescelto dal Giudice di merito per la 
liquidazione del danno, metodo che non postula un astratto rigore 
matematico. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 marzo 1'970, n. 825 -Pres. Stella 
Richter -Est. Miele -P. M. Chir� (conf.) -Ministero del Turismo 
e dello Spettacolo (avv. Stato Terranova) c. Istituto di Credito delle 
Casse di Risparmio Italiane (avv. Palandri) e Fallimento �della 
S.p.Az. Diana Cinematografica; S.r.l. Omega Film in liquidazione. 

Obbligazioni e contratti -Cinematografia -Pre;mi e contributi governativi 
-Appartenenza -Cessione -Rinunzia -Effetti. 
(legge 2 ottobre 1940, n. 1491, art. 2; l~gge 19 dicembre 1949, n. 958; e.e., 
art. 1260). 

' 

Il diritto ai premi ed ai contributi governativi in cinematografia 
si appartiene, in base alla vigente disciplina legislativa (art. 13 r.d.l. 

! 

r&tffffr�rtf�Jrrrirstr1m1mmlfilfmrrnmrnmr10mE&m~mmrnrKtffrnilKmfaffllilrtrilitmmfffillffiliFfllimmJ1ffmmffrnNr1rr1fi 



398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

16 giugno 1938, n. 1061 mod. ,daH'art. 1 l. 2 ottobre 1940, n. 1491), al 
produttore ovvero, in caso di cessione, o costituzione di pegno, a chi dal 
registro cinematografico risulti cessionario o creditore pignoratizio. 

Qualora siano intervenute successive cessioni di tal diritto di credito, 
l'atto unilaterale di rinunzia abdicativa a taluna di queste esplica 
i suoi effetti nelL'ambito del rapporto giuridico che aveva dato luogo al 
trasferimento del diritto stesso, determinandone il rientro nella sfera 
patrimoniale del cedente (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo il ricorrente Ministero del Turismo 
e spettacolo denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1260 
e 1188 e.e. e dei principi relativi alla rinunzia; degli artt. 13 del r.d,l. 
16 giugno 1938, n. 1061, modificato dalla legge 2 ottobre 1940, n. 1491 
e dell'art. 17 ultimo comma del t.d. 28 ottobre 1939, n. 2237 e della 

I. 29 dicembre 1949, n. 958, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p,c. e 
per difetto assoluto di motivazione ed afferma che la Corte di merito 
ha erroneamente ritenuto che nella serie di cessioni da un soggetto ad 
un altro, cedente sia sempre da considerarsi colui che ha effettuato la 
cessione per primo. Al contrario, invece, afferma il ricorrente, se la 
cessione determina la modificazione del lato soggettivo del rapporto 
obbligatorio e quindi la sostituzione di un soggetto ad un altro, il primo 
cedente esaurisce la facolt� di cessione nel momento stesso in cui pone 
in essere il relativo negozio. 
D'altronde -osserva sempre il ricorrente -le leggi speciali disciplinanti 
la materia della �cessione dei contributi dei film prevedono 
espressamente la ipotesi che il contributo debba essere pagato al produttore, 
a meno .che non risultino annotati atti di vendita del film 
ovvero atti di cessione del contributo, indicando ope legis il soggetto 
legittimato a ricevere il pagamento del contributo, specificandolo se


(1) La sentenza ha esattamente applicato i principi generali elaborati 
in tema di rinunzia, con riferimento alla peculiare disciplina legislativa 
concernente l'attribuzione dei premi e contributi governativi in cinematografi.
a. 
Secondo la comune opinione l'atto di rinunzia, che non si indirizza alla 
circolazione dei beni per il cui fine � predisposto invece il contratto, limita 
i suoi effetti immediati e diretti alla sfera giuridica del rinunziante, dalla 
cui sola volont� promana (cfr. Cass. 26 ottobre 1955, n. 3513; 26 giugno 1961, 

n. 1531; 22 marzo 1962, n. 592). 
L'incremento patrimoniale del terzo, per un profilo giuridico, non consegue 
quindi immeditamente dalla riunzia la quale, seppure ne realizzi la 
condizione necessaria, si pone solo come fonte mediata non sufficiente al 
verificarsi dell'acquisto, la cui diretta causa risiede invece nella legge <ll 
nel negozio giuridico che attribuiscono al terzo la potest� dell'acquisto. 

Costui, dalla legge 2 ottobre 1940, n. 1491, viene identificato, per i contributi 
ed i premi governativi disposti in favore della cinematografia, 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 399 

condo un ordine di ipotesi, nel produttore nell'acquirente o nel cessionario. 
Pertanto, ove il produttore o l'acquirente abbia ceduto il contributo, 
soggetto legittimato a ricevere il pagamento � soltanto il cessionario. 
ConsegUe ancora che la rinunzia dell'ultimo cessionario, non facendo 
assumere al diritto ceduto la condizione giuridica di res numwi 
opera il rientro del diritto nella sfera giuridica dell'immediato cedente 
e non invece, come ritiene erroneamente la sentenza impugnata, �n 
quella del primo cedente. 

D'altra parte, avendo la sentenza affermato che l'acquirente di un 
diritto ceduto non pu� ritrasferirlo nella sfera del suo dante causa con. 
un negozio unilaterale abdkativo, ma solo con un negozio avente efficacia 
traslativa, la Corte di merito non poteva accogliere il principio 
del rientro del diritto ceduto nella sfera giuridica del cedente se non 
attraverso una manifesta perplessit� della motivazione ovvero opinando 
che l'atto di rinunzia non debba essere qualificato come negozio traslativo 
operante. il ritrasferimentO del diritto ceduto. 

Infine, osserva la ricorrente Amministrazione, essendo stata la ces� 
sione dalla CIRIAC alla ITALCASSE anteriore all'atto di rinunzia della 
Banca di S. Spirito, nel momento in cui si perfezio,nava la cessione tra 
la CIRIAC e la ITALCASSE non esisteva ancora nel patrimonio del 
cedente il diritto, essendone tuttora titolare il Banco di S. Spirito e 
non poteva essa trasferirlo con la cessione all'ITALCASSE. Pertanto 
l'ITALCASSE non era legittimata alla riscossione di un credito non 
trasferitole. 

La censura � fondata. Si controverte tra le parti sugli effetti della 
rinunzia da parte del Banco di S. Spirito al diritto di riscuotere i premi 
e contributi in questione, se cio�, �come ha ritenuto la sentenza impugnata, 
questa profitti all'originario titol~re del diritto al contributo e 
al premio (e cio� la CIRIAC produttrice del film) o piuttosto alla 
�Diana cinematografi.ca�, che aveva ceduto a ,sua volta tale diritto al 
Banco di S. Spirito, come sostiene invece la ricorrente amministrazione. 

secondo un bene specificato ordine, nel produttore o nel cessionario rispetto 
ai .quali, di volta in volta, si verifica pertanto l'acquisto del rinunziato 
diritto di credito. 

Per la validit� della rinunzia ad un diritto certo nella sua esistenza ma 
tutt'ora incerto nella concreta entit� cfr. Cass. 26 giugno 1967, n. 1582, e pi� 
specificamente Cass. 11 giugno 1968, n. 1843 con la quale viene sottolineata 
la necessit� della conoscenza, da parte del rinunziante ad un diritto futuro 
non determinato nella sua estensione, di ci� che ,si abbandona onde apprezzare 
convenientemene l'importanza della rinunzia. 

In ordine alla cessione di crediti futuri cfr. Cass. 10 maggio 1966, 

n. 1209, Giur. it., 1967, I, 1, 540; in particolare, per la cessi-One dei contributi 
cinematografici, cfr. Cass. 25 maggio 1960, n. 1364, Foro it., 1960, I, 925. 
In dottrina M. FABIANI, In tema di cessioni di contributi statali ecc., Rass. 
dir. cinematografico, 1958, 175. 



400 RASSEGNA D,ELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non sembra dubbio che questa ultima sia la soluzione da dare 
alla questione. 

Invero, avendo il Banco di S. Spirito con l'atto del 18 gennaio 1955, 
annotato nel registro cinematografieo il 24 gennaio successivo e cio� 
prima della liquidazione �aa parte del Ministero dei premi e contributi, 
come risulta dalla sentenza impugnata, rinunziato alla cessione effettuata 
a suo favore dalla predetta societ�, gli effetti di tale rinunzia non 
possono verificarsi e valutarsi c~e nell'ambito del rapporto giuridico dal 
quale er;;i derivato il trasferimento del diritto stesso. Ci� in quanto il 
Banco di S. Spirito � stato estraneo al rapporto di cessione intervenuto 
tra la CIRIAC e la �Diana Cinematografica � onde la rinunzia, la quale 
non portava alla estinzione del diritto avendo per oggetto solo la posizione 
di cessionario del credito futuro per contributi e premi, opera il 
rientro del diritto ceduto nella sfera patrimoniale del cedente. Perch� 
tale effetto si verificasse invece a favore dell'originario cedente (la 
CIRIAC) anche la �Diana Cinematografica�, cessi9naria della CIRIAC, 
avrebbe dovuto rinunziare agli effetti della cessione a suo favore da 
parte della CIRIAC stessa, il ;che �co�:rie riferisce la sentenza impugnata, 
� avvenuto solo successivamente al pagamento del premio a favore della 
�Diana Cinematografica�. A tale effetto non � poi di ostacolo la natura 
contrattuale del diritto, come ritiene la sentenza impugnata, nel 
senso che, nascendo il diritto del Banco di S. Spirito da un negozio 
bilaterale di cessione; anche la rinunzia per produrre i suoi effetti in 
capo al cedente, debba avere tale natura. Invero nella fattispecie la 
rinunzia riguarda una posizione esclusivamente attiva (diritto alla riscossione 
dei� premi e �contributi), non anche, o soltanto, una posizione 
passiva, nel qual caso indubbiamente il debitore non potrebbe svincolarsi 
se con l'accordo del creditore. Onde, avendo la rinunzia ad oggetto 
un diritto di credito, essa ha natura di atto unilaterale (Cass. 22 marzo 
1962, n. 592) e non richiede pertanto per la sua efficacia l'accordo del 
cedente e del cessionario. Altra questione � quella se il �cedente ,possa 
non ac.cettare il rientro del diritto rinunziato e quali siano gli effetti 
di un tale rifiuto, ma di questo problema � superflu� ora occuparsi, 
essendo sufficiente rilevare che la rinunzia in oggetto non ha n� potere 
spiegare i suoi effetti a ~avore dell'originario titolare (la CIRIAC) ma 
sblo nell'ambito del rapporto di cessione tra � Diana Cinematografica � 
e Banco di S. Spirito. 

Tale effetto poteva essere modificato solo se la rinunzia del Banco 
di S. Spirito avesse riguardato specificatamente la CIRIAC, nel qual 
caso, per� non si sarebbe neppure trattato di rinunzia abidicativa, quale 
� indiscutibilmente quella in questione, secondo quanto viene affermato 
nella sentenza impugnata. 

La conclusione ora esposta non contrasta ma anzi trova conferma, 

nella concreta disciplina legislativa dei premi e contributi in cinema


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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 401 

tografia. Invero, l'art. 13 del r.d.l. 16 giugno 1938, n. 1061 (mod. dall'art. 
1 della 1. ,2 ottobre 1940, n. 1491) stabilisce che il pi;igamento dei 
premi e dei contributi venga fatto al produttore, a meno che non risultino 
annotati nel registro �inematografico, atti .di vendita, atti di cessione 
o di costituzione in pegno. In questi casi il pagamE}IltO � fatto a 
coloro che risultano �concessionari o creditori pignoratizi�. Quindi, 
alla stregua di tali norme, poich� come risulta .dalla sentenza impugnata, 
al momento del pagamento del premio risultava annotata la 
rinunzia del Banco di S. Spirito, ma non quella della � Diana Cinematografica 
> (intervenuta. successivamente), appariva cessionaria dei 
premi e dei contributi, e quindi legittimata a ricevere il pagamento 
solo, tal~ societ�, essendo tuttora efficace la cessione a suo favore da 
parte della CIRIAC. L'argomentazione della sentenza impugnata che, 
con la formula adopera nell'atto di cessione, doveva ritenersi che la 
� J?iana cinematografica� si fosse spogliata definitivament.e del credito 
a favore del Banco di S. Spirito e �che pertanto doveva escludersi �un 
rientro del diritto � a suo favore, � argomentazione inconferente in 
quanto la Corte non ha accettato che la detta formula oltre che gli 
ordinari effetti di una cessione, e, cio� la perdit~ della titolarit� del 
credito ceduto, contenesse un quid pluris, e cio� anche una rinunzia 
ad ogni eventuale rientro del diritto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 aprile 1970, n. 908 -Pres. Rossano Est. 
Milano -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Poste e 
Telecomunicazioni (avv. Stato Bronzini) c. S.p.Az. Banco d'Imperia 
(avv. Santelli e Gazzani). 

Poste e telecomunicazioni -Conto corrente postale -Assegni -Natura Vidimazione 
-Spedizione -Revoca -Limiti. 

{r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, artt. 118 e segg.; r.d. 30 maggio 1940, n. 775, 
artt. 119 e 11egg.). 
Atto amministrativo -Circolari� Istruzioni ministeriali -Efficacia 
Ambito. 

{disp. sulla legge in generale, art. 12). 

L'assegno di conto corrente postale, al pari di queito bancario, non 
ha mera funzione probatoria ma incorpora il credito in esso menzionato, 
costituendone titolare il legittimo possessore; pertanto l'Ufficio postale 
detentore del conto corrente, cui l'assegno � sottooosto per il �visto� 
dovrd rimetterlo al beneficiario o, se reca girate, all'ultimo giratmio, 
cos� nel caso che vi apponga il visto che in quello in cui io rifiuti per 
mancanza di fondi. 



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~ 


402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATq Il,' 

. 

A garanzia deLla circolazione. del titolo, la facolt� di revoca del-
l'assegno postale pu� essere utilmente esercitata soltanto per i n?rmali 
assegni all'ordine, fin quando non siano stati addebitati sui relativi 
conti (1). 

Le istruzioni ministeriali sul servizio dei conti correnti postali, emanate 
al di fuori di delega legislativa o di potest� regoLamentare, hanno 
efficacia .vincolante soitanto per il personale dipendente dall'Am11l:inistrazione 
da cui promanano, semprecch� non si pongano contra legem (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione, 
denunciando la violazione degli artt. 118 e 119 r.d. 27 febbraio 1936, 

n. 645, 119, 120, 123 r.d. 30 maggio 1940, n. 775, 37 e 39 Istruzioni sul 
servfaio dei conti. correnti postali, 115 c,p.c. nonch� difetto di motivazione, 
lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto incontestate le 
circostanze che l'assegno de quo portasse gi� scritto il nome del prenditore 
Banco d'Imperia, e che l'assegno medesimo fosse stato inviato 
per il visto all'Ufficio dei conti �correnti postali con busta portante la 
indicazione del Banco medesimo, mentre tali �circostanze, non soltanto 
erano controverse tanto che avevano formato oggetto di indagine probatoria 
in primo irado, ma erano anche irrilevanti, ai fini della dimostrazione 
del preteso errore, perch� l'obbligo dell'Amministrazione postale 
di restituire l'assegno anzich� alla traente Barabino, al Banco 
d'Imperia avrebbe potuto essere affermato solo se l'assegno stesso avesse 
portato impresso il timbro del Banco d'Imperia ed, inoltre, fosse stato 
trasmesso per il visto con �lettera di accompagno > come previsto dal!'
art. 37 delle r~chiamate Istruzi�ni di servizio. 
(1) Non constano precedenti in termini. 
La disciplina dettata con il r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 111 e segg. e 
con il successivo regolamento 30 maggio 1940, n. 775, artt. 123 e segg., ha 
risolto quei dubbi cui aveva dato luogo l'art. 75 del r.d. 14 giugno 1928, 

n. 1390, sicch� � opinione comune che l'assegno postale costituisce un vero 
e proprio titolo di credito, circondato da peculiari garanzie, in conseguenza 
del visto dell'ufficio detentore del conto corrente, con il quale l'Amministrazione 
assume (ex art. 121 cod. postale) una diretta obbligazione verso 
il portatore del titolo -cfr. Cass. 13 dicembre 1969, n. 3943, in questa Rassegna 
1969, I, 1073). 
In dottrina cfr. BIGIAVI, La natura giuridica dei nuovi assegno postali, 
in Riv. dir. comm., 1929, I, 162-285 e segg:; DE SEMo, Sulla legittimazione 
del prenditore di assegno postale non trasferibile, in Banca, borsa e titolo 
di credito, 1953, II, 491; TONNI, I Servizi bancari dell'Amministrazione 
postale it., ivi, 1961, 89-113. 

(2) Principio pacifico; cfr. Cass. 28 ottobre 1966, n. 2693, in Giust civ., 
1967, I, 14; pi� in generale Cass. 16 maggio 196.8, n. 1526, in Giust. civ., 
1968, I, 2018. 
In dottrina, ROMANO, In tema di circolari amministrative, Riv. dir. 
finanz., 1959, II, 109. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 4�3 

Il motivo � infondato .. 

La Corte del merito, attraverso l'accurata disamina delle risultanze 
di causa, ha posto in risalto che l'assegno di cui si discute era un assegno 
fiduciario, in quanto emesso dalla traente Barabino e dalla stessa consegnato 
al prenditore Banco d'Imperia prima dell'apposizione del �visto� 
prima, cio� che l'Ufficio detentore del conto ne garantisse la copertura, 
e che l'assegno stesso era stato trasmesso per il visto con lettera di 
servizio mod. oh. 42/c in forma raccomandata portante� l'indicazione 
del mittente Banco d'Imperia. 

Sulla base di tali presupposti di fatto la Corte ha ritenuto che, 
trattandosi di un asse.gno fiduciario regolarmente riempito con il nome 
del beneficiario e risultante certa la provenienza per l'indicazi,one esistente 
sulla busta �che lo �conteneva, l'Ufficio detentore del conto, una 
volta accertata l'insufficienza della provvista, anzich� trattenerlo per 
cinque giorni per poi, rimetterlo alla traente Barabino,. avrebbe dovuto 
immediatamente restituirlo al beneficiario Banco d'Imperia, cosi come, 
del resto, prescritto dall'art. 120 del regolamento postale approvato con 

r.d. 30 maggio 1940, n. n5. 
Ragionamento questo ineccepibile sotto il p~ofilo giuridico e che 
per la parte in cui importa apprezzamenti di fatto � incensurabile in 
questa sede in quanto sorretto da adeguata motivazione contro la quale 
la ricorrente si limita ad apporre le proprie affermazioni e considerazioni 
che contrastano con i detti apprezzamenti, ovvero da essi pre


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scindono. 

In particolare non hanno pregio i rilievi che la sentenza impugnata 
avrebbe dato per pacifico il fatto che l'assegno era stato consegnato al 
Banco d'Imperia completo �nella indicazione del prenditore mentre la 
circostanza era controversa e che dalla prova testimoniale non era 

emerso che la busta, con la quale il titolo era stato trasmesso all'Ufficio 
dei conti, portasse l'indicazione del predetto prenditore. 

\ 

In ordine al primo di essi >� sufficiente ricordare che � costante 
giurisprudenza di questa Corte Suprema che l'apprezzamento del giudice 
di merito circa la mancata contestazione di un fatto di causa non 
� sindacabile in sede di legittimit�, anche se tale apprezzamento si 
deduca essere affetto di un travisamento dei fatti, potendo tale vizio 
dare luogo, se mai, all'impugnativa per revocazione. 

Quanto al secondo rilievo, non va considerato che non pu� considerarsi 
vizio di motivazione l'apprezzamento della prova compiuto dal 
giudice di merito in modo difforme� da quello sostenuto dalla parte. 
L'art. 360 n. 5 c.p.c. in vero ammette il sindacato per insufficiente o 
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della �controversia ! 

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prosp�ttato dalle parti o rilevabili di ufficio. Occorre quindi che sia 
�specificato dal ricorrente la circostanza di fatto, dedotta dalla parte o 
che avrebbe dovuto essere considerata dal .giudice di ufficio e che 

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404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

avrebbe potuto indurla a diversa decisione (vizio di insufficiente motivaz~
one) o che � stata considerata dal giudice con violazione dei principi 
logici di tal che sussiste contraddizione logica tra motivazione e 
decisione. N� sussiste, la dedotta violazione dell'art. 120 del citato regolamento, 
giacch�, disponendo la predetta norma che dopo l'apposizione 
del visto gli �ssegni debbono essere restituiti al beneficiario, o se recano 
girate, all'ultimo giratario, bene a ragione devesi ritenere che la detta 
prescrizione valga anche nell'ipotesi che un, assegno gi� negoziato, non 
venga vistato per mancanza di fondi, se si considera �che l'assegno postale, 
come il normale assegno bancario, non ha soltanto .la funzione 
probatoria del credito in esso menzionato, ma lo incorpora in s� nel 
senso che chi ne � legittimamente in possesso � anche titolare del credito 
che il titolo documenta. 

N� vale il richiamo della ricorrente all'art. 37 delle Istruzioni del 
servizio dei conti correnti postali per dedurne le necessit�, ai fini dell'obbligo 
della restituzione al beneficiario deWassegno vistato e non 
vistato per mancanza di fondi, che la provenienza di esso risulti da 
�lettera di accompagno� o da �altre indicazioni sui titoli�. 

Le Istruzioni ministeriali, qualora, come nella specie, non siano 
emanate con la forma del decreto nell'esercizio di una delega legislativ� 

o di un potere regolamentare, sono obbligatorie, se non sono contra 
legem, soltanto per gli uffici dipendenti dal Ministero che le impartisce 
e non hanno forza cogente nei confronti dei praviti e del giudice. 
Quelle richiamate poi impongono anche al dipendente impiegato 
l'obbligo di apporre subito dopo l'apertura della busta �in modo appariscente 
con matita colorata sul recto della contromatrice l'avvertenza 
presentata dal beneficiario e 'ci� ai fini della restituzione degli assegni 
non potuti addebitare per insufficienza del credito..� �, prescrizione 
questa che, come accertato dai giudici di merito, non veniva osservata 
dal personale dell'Ufficio dei conti� di Torino. 

Il primo motivo va, quindi, rigettato. 

Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 2043, 
2056, 1218, 1223, 1225, 1227 e.e., 118, 119, 125 e 126 codice postale, 
123, 124 e 127 del relativo regolamento, nonch� difetto di motivazione 
su punto decisivo della controversia, e si deduce che il preteso errore 
non poteva essere ,causa del lamentato danno: 1) perch�, l'avvenuto 
rifiuto del visto, esauriva ogni rapporto tra l'Ufficio detentore del conto 
ed il beneficiario, per cui quest'ultimo non poteva pi� ripresentare il 
titolo per il visto, anche nell'ipotesi, in effetto avveratasi, di reintegrazione 
della provvista; 2.) perchi�, l'assegno non poteva pi� essere 
pagato al beneficiario per avere la Barabino revocato l'ordine di pagamento, 
prima ancora di reintegrare la provvista; 3) perch� il Banco 
di Imperia avrebbe potuto agire tempestivamente nei confronti della 
propria debitrice, prima che ne fos~e stato dichiarato il fallimento. 

1 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 405 

Anche tale censure sono infondate. 

Lo � la prima pevcp.�, ai sensi dell'art. '119 del codice postale, il 
possessore di un assegno ha tempo fino al sessantesimo giorno dalla 
emissione dell'assegno. per ottenerne il pagamento e perch�, d'altra 
parte, la prescrizione dell'art. 120 del citat.o regolamento dell'immediata 
restituzione al beneficiario dell'assegno non vistato non avrebbe 
senso se lo stesso perdesse la sua efficacia come assegno. 

Per disattendere la seconda censura � sufficiente richiamare il disposto 
dell'art. 126 del codice postale, dal quale si evince la facolt� di 
revoca dell'assegno puq essere utilmente esercitata soltanto per un normale 
assegno all'ordine ed, in ogni .caso, sempre prima del suo addebitamento 
nel conto, ma non per un assegno gi� negoziato, l� cui revoca 
equivarrebbe a disporre che la somma portata dal titolo resti depositata 
sul proprio conto, in contrasto, oltre che con la funzione di pagamento 
dell'assegno, anche con le esigenze di una circolazione sicura del titolo, 
e renderebbe il traente responsabile del delitto di emissione di assegno 
a vuoto per distrazione della somma portata dal titolo. 

Infatti, nonostante l'avvenuta revoca, di tale reato la Barabino 
venne ritenuta responsabile a seguito di procedimento penale iniziatosi 
proprio su denuncia dell'odierna ricorrente. 

La terza ,censura infine incide su di un apprezzamento di fatto dei 
giudici di merito scondo cui il Banco d'Imperia aveva usato l'ordinaria 
diligenza per evitare il danno con il chiedere, d'accordo con la stessa 
Amministrazione postale, il sequestro conservativo penale sulle somme 
del conto corrente ed astenendosi, poi, dall'instaurare altre azioni giudiziarie 
per la realizzazione del credito soltanto dopo aver constatato 
che il fallimento s.i era chiuso per mancanza di attivo. 

Contro questi apprezzamenti' di fatto non � sufficiente lamentare, 
come si lamenta dalla ricorrente, che essi sarebbero frutto di ipotesi 
non dimostrate, ma sarebbe stato necessario che si indicassero a norma 
dell'art. 360 n. 4 citato, gli elementi concreti e decisivi che la Corte 
avrebbe omesso di considerare o avrebbe valutato con criteri erronei 

o illogici.' ~ (Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 aprile 1970. n. 977 -Pres. Giannattasio 
-Est. Berarducci -P. M. Pedace (conf.) -A.N.A.S. (avv. 
Stato Albisinni) c. Martuscelli (avv. Vipacelli). 

Espropriazione per p. u. -Competenza territoriale -Domanda di risarcimento 
danni da occupazione -�Forum rei sitae�. 

(c.p.c. art. 21). 
Le qomande dirette al pagamento di somme di denaro in dipendenza 
d~lL'ilZegittima occupazione di immobili non seguite dal decreto 


406' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di espropriazio-ne, ba.sandosi su di una medesima causa petendi, si risolvono 
tutte in un'azione di risarcimento danni per la violazione del dir~
tto dominicale sulle zone occupate o danneggiate e pertanto, quale 
che sia la quaiificazione attribuita dall'attore, riveste carattere reale ed 
� demandata alla competenza del giudice del luogo ov'� situato l'immobile 
(1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di :ricorso, a sostegno della tesi 
secondo cui al Tribunale di Potenza apparterrebbe, non solo la competenza 
a conoscere della domanda di condanna dell'A.N.A.S. alla restituzione 
degli itnmobliil ilegittimamente occupati e non utilizzati, cos� 
come affermato dal Tribunale di Napoli, ma altresi la competenza a 
conoscere delle domande di condanna dell'A.N.A.S. al pagamento delle 
so:inme dovute a titolo di indennit� di occupazione e di risarcimento 
del danno, si assume che il Martuscelli, con tali ultime domande, ha, 
in sostanza, proposto, un'azione di risarcimento danni per occupazione 
ultrabiennale di immobili, e che 'tale azione, sia che la si voglia qualificare 
azione personale di restituzione di beni immobili, sia che la si 
voglia qualificare azione di rivendicazione, � pur sempre devoluta, ai 
sensi degli artt. 21 e 2,5 c.p.c. alla competenza del giudice del luog� in 
cui si trova la cosa mobile od immobile oggetto della domanda. Si rileva 
che anche la diminuzione di valore, che sarebbe stata determinata alle 
zone residue, rientrava nel quadro del risarcimento del danno per occupazione 
ultrabiennale, �cosicch� nemmeno .per detto danno alle zone 
residue si pu� ipotizzare una distinta azione personale di credito. 

Il motivo � fondato. 

Devesi rilevare che le domande proposte dal Martuscelli nei confronti 
dell'A.N.A.S. ed aventi ad oggetto il pagamento di somme di 
denaro, hanno tutte, qualunque sia la qualificazione ad esse attribuita 
dallo stesso istante, un'unica causa -petendi, ossia l'occupazione da parte 

(1) Con sentenza 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1315 la 
Corte di Cassazione aveva gi� puntualizzato che � secondo la pi� autorevole 
dottrina chi detiene arbitrariamente la cosa altrui nega di fatto il diritto di 
propriet�, sebbene non lo contesti espressamente, perch� trae a s� quell'utilit� 
che il diritto vuole attribuire al legittimo titolare onde l'azione che 
la legge appresta per ristabilire l'ordine giuridico turbato si concreta nel 
diritto (reale) di vedersi riconosciuto il bene od il suo equivalente, oggetto 
della controversia �. 
Sul principio che per attribuire natura reale ad un'azione si deve aver 
riguardo oltre che all'oggetto anche alla causa petendi su cui l'azione � fondata 
cfr. Cass. 17 marzo 1967, n. 607, Giust civ. 1967, I, 1052; 9 agosto 1962, 

n. 2396; 10 giugno 1961, n. 1362; 26 ottobre 1959, n. 3105, Gius civ., 1959, I, 
2074. 
In dottrina cfr. MONTESANO, La natura del risarcimento dei danni, Foro 
it., 1962, I, 544. 


PARTE' I, SEZ. III, GIURISPRUDE~ZA CIVILE 407 

dell'A.N.A.S., non seguita dal decreto prefettizio di espropriazione, delle 
aree di propriet� del medesimo Martuscelli. Dette domande si risolvono, 
pertanto, in un'azione di risarcimento danni per illegittima occupazione 
di beni immobiliari di propriet� dell'istante, e ci�, in considerazione 
del fatto �Che a fondamento dell'azione 1�l dedotta la violazione di un 
diritto reale, vale a dire del diritto dominicale del Martuscelli sulle 
aree occupate,� o danneggiate comporta che l'azione stessa ha, non carattere 
personale, ma sibb�ne, in quanto diretta a tl.ltelare l'anzidetto 
diritto, carattere reale, con la conseguenza che, ai fini della competenza 
territoriale, la disposizione applicabile � quella dell'art. 21 c.p.c., secondo 
la quale, per le caus~ relative a diritti reali,�su beni immobili, 
� competente il giudice del luogo dove � posto l'immobile (cfr. Cass. 

n. 607 del 1967, n. 1362 e n. 1440 del 1961, n. 490 del 1957). 
L'immobile, nel caso particolare, � posto, invero, nel Comune di 
Vibonati, compreso nella circoscrizione del Tribunale di Lagonegro, e, 
pertanto, per effetto della norma d�ll'art, 25 c.p.c., la competenza a 
conoscere delle domande in questione appartiene al tribunale di Potenza, 
in quanto � questo il giudice del luogo dove ha sede l'Ufficio 
dell'Avvocatura dello Stato,, nel cui distretto si trova il Tribunale di 
Lagonegro, che, a sensi dell'art. 21 del detto codi-ce.. sarebbe stato com.
petente quale giudice del luogo in cui � posto l'immobile. 

L'istanza va, pertanto, accolta, e, conseguentemente, cassandosi la 
sentenza denunciata, nel capo in cui dichiara la competenza del Tribunale 
di Napoli, in ordine alle domande di condanna dell'A.N.A.S. al 
pagamento di somme di denaro dovute per il fatto dell'illegittima occupazione 
dell'immobile di propriet� del Martus�elli, va dichiarata la 
competenza del Tribunale di Potenza a conoscere di dette domande. 


.. (Omissis). 



SEZIONE QUARTA SEZIONE QUARTA 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 febbraio 1970, n. 83 -Pres. Potenza 
-Est. Paleologo -Soc. Sperri Rand. Italia (avv. Guarino) 

c. Provveditorato Generale dello Stato e Ministero del Tesoro e 
delle Finanze (avv. Stato Caraifa). 
Contratti pubblici -Locazione di apparecchiature -Competenza. 

Contratti pubblici -Appalto concorso -Determinazione della spesa 
massima -Rilevanza ai fini dell'aggiudicazione. 

� competente il Ministero delle Finanze e non il Provveditorato 

il~ 

m

Generale a decidere sull'aggiudi.cazione della gara che si riferisca a :-; 
una locazione delle apparecchiature, qualora tJaZi beni debbano servire 
al predetto .Ministero:, obbligato ad esborsare il relativo corrispettivo 
(1). 


n riferimento al costo di un corltratto n<>?t pu� essere tralasciato 
nella valutazione sulla convenienzra di stipulare il contratto stesso; pertanto 
l'Amministrazione legit!:imamente in un procedimento di aggiudicazione 
di una gara, stabilisce limiti ,di spesa massima orientandosi 
verso una data precis�ione, senza peraltro essere alla stessa vincolata, 
qualora sia impossibile ottenere il servizio coi limiti della spesa preventivata 
(2). 

(1-2) Massime esatte. Non risultano precedenti. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 febbraio 1970, n. 123 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Bruno -Parteli (avv. Sorrentino) c. Ministero Pubblica 
Istruzione (avv. Stato Peronaci). 

Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo sto[
rico e artistico -Cose � notificate � -Conservazion,e e custodia 
-Controllo ed ispezioni -Competenza del Sopraintendente ai 
. 
monumenti. 
.

I 

Ai sensi dell'art. 9 legge 10 giugno 1939, n. 1089, spetta al Soprin


t

tendente ai monumenti di accertare, in ogni tempo, anche me,diante 

-:= 



446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la consegna avvenga a mani del portiere di un vicino e non anche 
quando avvenga, come si verific� nel caso di specie, a mani di persona 
di famiglia o addetta alla casa. 

Non sussiste, pertanto, la lamentata nullit� della notificazione degli 
avvisi di accertamento di valore, tal:ch� il primo motivo di ricorso deve 
essere rigettato, non omettendosi di sottolineare che il vizio addotto 
a sostegno di tale nullit�, non rientrando tra i requisiti formali indispensabili 
per il raggiungimento dello scopo dell'atto di notificazione, 
non avrebbe potuto, in mancanza di una espressa comminatoria di legge, 
dar luogo giammai a nullit� ma a semplice irregolarit� attinente al 
modo di censegna dell'atto, secono il principiQ al riguardo affermato 
da questa Suprema Corte (sentenza 8 lu~io 1967, n. 1699). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1970, n. 702 -Pres. Giannattasio 
-Est. Boselli -P. M.. Gentile (conf.) -Soc. RIV-SKF (avv. 
Fr� e Biamonti) c-:-Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni). 

Imposta di registro -Concentr;lzione di aziende sociali -~pporto 

di beni non costituenti un nucleo organizzato -Agevolazione 

contenuta nell'art. 2 d. 1. 7 maggio 1948, n. 1057 -Applicabilit�. 

(legge 7 maggio 1948, n. 1057 e art. 81 Tariffa all. A; legge 30 dicembre 1923 

n. 3269). 
Ai fini dell'applicazione dell'agevolazione prevista daWart. 2 della . 

l. 7 m.aggio 1948, n. 1057,� contenente provvedimenti a favore della concentrazione 
~i aziende sociali, � sufficiente anche l'apporto di singoli 
beni da parte cl.ella societ� concentrante (1). 
(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso la Societ� RIV denunzia 
violazione dell'art. 2 del d.l. 7 maggio 1948, n. 1057 e falsa applicazione 
dell'art. 81 della tariffa all. A alla legge di registro, in 

(1) Brevi osservazioni a margine dell'interpret~zione giurisprudenziale 
sulle agevolazioni fiscali per l,e concentrazioni di aziende sociali. 
1. -Con la decisione in rassegna la S.C. ribadisce ulteriormente l'interpretazione 
�la tempo accolta in ordine alle varie leggi succedutesi nel 
tempo, ma aventi identico contenuto (art. 1, legge 13 novembre 1931, n. 1434; 
art. 1, legge 5 marzo 1942, n. 192; art. 2,Jegge 7 maggio 1948, n. 1057 (disposizione 
applicabile nella fattispecie in esame); art. 41, legge 11 gennaio 
1951, n. 25; art. 29, legge 6 agosto 1954, n. 603) riguardanti l'agevolazione 
dell'imposta fissa di registro relativa alle concentrazioni di aziende sociali. 
Nello stesso senso, infatti, la stessa Corte si era gi� pronunciata con le 
sentenze 26 aprile 1968, n. 1272, in Gius. civ., 1968, I, 639; 24 febbraio 1968, 
n. 635, in Giust. civ., 1968, I, 1715; 15 luglio 19.65, n. 1560, in Foro it., 1966, 

PARTE t, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 

e.dell'art. 38 lett. b) del t.u. delle leggi sulle imposte dirette approvato 
con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, lamentano la nullit� della notifica 
degli avvisi di accertamento di valore per avere il messo notificatore 
trascurato di far sottoscrivere l'originale degli avvisi stessi alle persone 
dei� consegnatari, diverse da quelle dei destinatari, e di indicarne i 
motivi. 
Al riguardo i ricorrenti affermano che, per effetto di tale asserita 
nullit� c()nseguente alla omissione di una specifica formalit� prevista 
dal citata, a'tt .. 38 del t.u. 1958, n. 645, l'Amministrazione sarebbe incorsa 
nella decadenza del relativo potere di accertamento e. che, quanto 

�� 11'.le:no; i reclami alla Commissione distrettuale,, anche se proposti fuori 
t�rmine, dovevano considerarsi tempestivi. 
.Il .iotivo � infondato. 

Come � noto, questa Suprema Corte, occupandosi specificatamente 
d�lla mate.ria relativa alle n?tificazioni degli atti tributari, siano essi 
di natura sostanziale o processuale, ha, pi� volte, anche di recente, 
ribadito i� principio che I'Amministrazione finanziaria pu� avvalersi 
tanto de~l'<:>pera dei messi comunali o dei messi all'uopo autorizzati, 
qtJ;anto di quella degli ufficiali giudiziari o loro equiparati. Con riferi:
rnento a tale duplice possibilit� questa Corte ha affermato che solo 
nell'ipotesi, in cui la notificazione avvenga a mezzo dei messi comunali 

o dei messi all'uopo autorizzati, trovano applicazione le forme previste 
dagli artt. 38 qel t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, e 89 del r.d. 11 luglio 
1:907, .n. 560, mentre nel caso in cui avvenga a 1p:ezzo degli ufficiali 
giudiziari e dei loro equiparati, tra i quali � il messo di conciliazione, 
devono osservarsi le norme ordinarie del codice di pro�edura civile, 
� le quali non prevedono le formalit� della sottoscrizione dell'originale 
dell'atto se non quando la consegna avvenga a mani del portiere o di 
un vicino (sentenze 26 aprile 1968, n. 12.66, e 7 dicembi:e 1'968, n. 3923). 
Ora, nella fattispecie, le notificazioni degli avvisi di accertamento 
di valore ai ricorrenti, Catap.ia Antonino e Catania Francesco, furono 
effettuate, come risulta/ dalle rispettive telate in atti, da un messo di 
conciliazione mediante consegna degli avvisi stessi a persone di famiglia 
o addette alla casa dei destinatari, 17 precisamente a mani della 
cameriera per il� primo e della moglie convivente per il secondo. Ne 

. consegue che, essendosi l'Amministrazione avvalsa, per tali notificazioni, 
dell'opera di un soggetto equiparato (ai fini dell'attivit� di notificazione) 
all'ufficiale giudiziario, quale � il messo di conciliazione, non dovevano � 
applicarsi, secondo i principi giurisprudenziali sopra richiamati, le formalit� 
previste dal citato art. 38 del d.P.R. 1958, n. 645, che prescrive, 

_ alla lett. a), la sottoscrizione dell'origi,nale da parte del consegnatario 
e, in caso di mancata sottoscrizione, la indicazione dei relativi motivi; 
do.vevano invece, essere osservate �e formalit� previste dall'art. 139 
c.p.c,, che prescrive la sottoscrizione dell'originale solo nel caso-in cui 



RASSEGNA DELL'AvyocATURA DELLO STATO 

dispone pi� rigorose formalit� o consente alcuna prevalenza alla cautela 
del credito fiscale rispetto al rischio cui si trovano soggetti gli� altri 
crediti, durante l'attesa di un inventario che non possa esigersi redatto 
entro il termine dell'art. 485 e.e..cosfoch� debba ritenerlsi �tardivo� 
per '.l'applicazione dell'art. 31 r.d. 1923, n. 3270 e senz'altro � incompleto
� o intrinsecamente inidoneo (come sostiene la ricorrente), un 
inventario che nell'ipotesi e in conformit� al disposto dell'art. 469 e.e. 
ottenga viceversa il riconoscimento di una redazione ancora tempestiva 
e regolare. Ed anzi, essendo ribadita nell'art. 70 del r.d. citato la regola 
secondo cui � l'erede beneficiato � tenuto a pagare la tassa di successione 
soltanto con le attivit� a lui pervenute �, se ne pu� desumere, 
in senso positivo ed assoluto, che di questa disposizione pu� giovarsi 
anche l'erede il quale abbia accettato nei termini dell'art. 489 e.e. poich� 
egli pure, entro il sistema della legge (civile e tributaria) � un erede 
beneficiato. -(Omissis). 

i

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1970, n. 701 -Pres. Pece 


Est. Spadaro -P. M. Toro (conf.) -Catania c. Ministero delle Fi


nanze (avv. Stato Cavalli). 

I 

Imposte e tasse in genere -Notificazioni -Notificazioni ad opera del


I

l'Ufficiale Giudiziario -Sottoscrizione dell'originale -Non � richiesta 
-Mancanza -Nullit� -Inesistenza. I 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38; c.p.c. art. 139). 
Per le notificazioni eseguite dall'Ufficiale giudiziario, o dal messo 
di conciliazione ad esso equiparato, non sono awlicabili le norme stabilite 
dan'art. 38 del t.u. sulle imposte dirette valevoli per le notificazioni 
ad opera dei messi comunali e degli agenti autorizzati, ma debbono 
osservarsi le norme comuni del rito civile; non � quindi richiesta la sottoscrizione 
dell'originale da parte del consegnatario, formalit� questa 
che non � peraltro prescritta a pena di nullit� (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo, i ricorrenti, denunciando la 
violazione dell'art. 31, comma quarto, del r.d. 7 luglio 1936, n. 1639, 

(1) Giurisprudenza pacifica. Le sent. 26 aprile 1968, n. 1266 e 7 dicembre 
1968, n. 3923, citate nel testo, sono pubblicate in Riv. leg. fisc., 1968, 1934 
e 1969, 1148; v. anche 14 ottobre 1966, n. 2455, in questa Rassegna, 1.966, I, 
1297. Sull'esclusione della nullit� della notifica eseguita dal messo comunale 
mancante della sottoscrizione del consegnatario v. Cass. 8 luglio 1967, 
n. 1699, Giust. civ., 1967, I, 1601; 25 maggio 1966, n. 1330, in questa Rassegna, 
1966, I, 1299, con nota di richiami. 
.. . . .... J 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 443 

sunzione stabilita dall'art. 31 cit. e dimostrare l'inesistenza o la minore 
esistenza nell'asse di denaro, gioielli e mobilia, occorre che l'inventario 
sia redatto entro il termine previsto dall'art. 485 e.e., come requisito 
tipico e �assolutamente uniforme della fattispecie fiscale, entro cui non 
possono assumere rilevanza le disposizioni particolari della legge civile, 
riguardanti speciali condizioni soggettive o aventi diversa finalit�: erroneame11te 
perci� la Corte d'appello ha ritenuto che nei riguardi della 
minore Nicoletta Malvezzi fosse applicabile l'art. 489 e.e. e che il termine 
per la redazione dell'inventario (non compiuto entro tre mesi 

dall'apertura della successione) restasse tuttavia aperto fino ad un anno 
dal raggiungimento della maggiore et�. 

Il ricorso non � fondato. La tesi che l'inventario redatto entro il 
termine di cui all'art. 485 e.e. sia l'ipotesi� � tipica � dell'inventario di 
eredit� beneficiata, l'unico intrinse�camente idoneo a garantire la propria 
attendibilit� e quindi l'unico essenzialmente necessario ed efficace, in 
sede trib�taria, a vincere la presunzio11~ stabilita dall'art. 31 cit. non 
corrisponde al sistema della legge. Non � controverso e non c'� dubbio 
che l'art. 31, nel menzion?re gli �inventari di eredit� beneficiate� 
(come documenti da �cui risulti un'entit� minore o l'inesistenza dei valori 
altrimenti presunti), si riferisce alla definizione .. e al regolamento 
civilistico dell'istituto, nella sua struttura, requisiti e formalit� (artt. 484 
e segg. e.e., artt. 769 e segg. c.p.c.). Orbene queste norme non prevedono 
soltanto l'ipotesi dell'inventario quale deve redigersi, nel termine appunto 
dell'art. 485 e.e. dal chiamato all'eredit� che � nel possesso dei 
beni; ma prevedono anche l'ipotesi dell'inventario redatto dal chiamato 
che non � nel possesso dei beni (art. 487 e.e.), e l'ipotesi dei successibili 
incapaci (per minore et�, interdizione e inabilitazione, art. 489 e.e.) . 
.In queste altre ipotesi il termine per la redazione dell'inventario ammette 
l'eventualit� d'una protrazio.ne sempre pi� lontana dal momento 
e dalla circostan,za (apertura d~lla. successione) che segnano obiettivamente 
la decorrenza del termine breve nell'ipotesi prevista dall'arti


colo 485 e.e. 

E� tuttavia, nonostante l'inconveniente che quanto pi� si dilunghi 

il termine, tanto pi� cresca il pericolo di possibili alterazioni nella 

consistenza dell'asse (un pericolo non eliminabile peraltro neppure nel 

caso dell'art. 485), ciascun inventario, nelle rispettive ipotesi del suo 

corretto adempimento, non esce dalla sua propria normalit� e ciascuno 

� . tipico nell'ambito della sua propria fattispecie: L'inventario deve 

sempre essere attuato regolarmente, secondo le prescritte formalit� di 

tempo e di modo; ma come tale, non pu� subire a priori un discono


scimento di attendibilit� e di efficacia che significherebbe la negazione 

della stessa legge che pure sancisce l'equivalente concetto ed effetto 

delle sue varie e giustificate occorrenze. N� la legge introduce, ai fini 

tributari, alcuna distinzione tra l'uno e l'altro � tipo � d'inventario; n� 

I 

i ! 

. . . J 


442 RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stesso tempo, per�, � stato spiegato che un sindacato del giudice ordinario 
sulla regolarit� del procedimento tributario � rilevante e, quindi, 
ammissibile, se le irregolarit� in cui siano incorsi gli organi del contenzioso 
tributario implichino una lesione del diritto soggettivo del� 
contribuente a che l'accertamento del suo obbligo. d'imposta abbia luogo 
secondo le norme all'uopo dettate dalla legge, � e tale lesione non sia 
altrimenti riparabile mediante l'esercizio dell'azione giudiziaria. Ci� si 
verifica quando al giudice ordinario � precluso l'esame della questione 
sostanziale irregolarmente decisa� dalla Commissione tributari�, trattandosi 
ad esempio, come, per l'appunto, nella fattispecie, di una questione 
di e~timazione semplice del valore imponibi~e. In tal caso, mediante 
l'azione giudiziaria che l'ar.t. 146 legge organica di registro, in armonia 
con l'art. 2 della legge 20 marzo 1865, n.� 2248, ali. E), concede, in tutte 
le controversie le quali abbiano formato oggetto di decisione amministrativa, 
ai fini della tutela dei diritti soggettivi, � possibile otte~ere 
la,dichiarazione della violazione di legge affinch� si proceda ad un nuovo 
e regolare accertan:iento; ed, all'uopo, per.tanto, il giudice ordinario pu�, 

e deve, esaminare se le deduzi�ni della parte siano, o meno, fondate. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1970, n. 694 -Pres. Stella 
Richter -Est. Falletti -P. M. Pascalino (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Conti) c. Rodighiero. 

Imposta di successione -Presunzione per gioielli, denaro e mobilia Inventario 
di eredit� beneficiata -Termine. 

(r.d. 30 dicembre 1923., n. 3270, art. 31 e 56; e.e. art. 485 e 489). 
Per vincere l(L presunzione per gioielli, denaro e mobilia di cui 
all'art. 31 della legge suLle successioni � idoneo L'inventario dell'eredit� 
beneficiata che, ove. gli eredi accettanti siano minori, pu� essere redatto, 
a norma deU'art. 489 e.e., fino ad un anno dopo il compimento della 
maggiore et� (1). 

(Omissis). -La ricorrente, lamentando la violazione dell'art. 31 
del r.d. 30 dicembre 19213, n. 3270, in relazione agli artt. 485 e 489 e.e. 
sostiene che in ogni ipotesi di eredit� beneficiata, per vincere la pre


(1) Cfr. Cass., 11 novembre 1969, n. 3673, con la quale si � anche 
affermata l'idoneit� a vincere la presumione dell'inventario redatto, nel 
caso di eredi minori, pri:r;ria del raggiungimento della mag.giore et�. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 

volte esse si risolvano in una' lesione del diritto soggettivo del contribuente 
al rispetto delle norme, anche procedurali, che disciplinano 
l'accertamento fiscale (primo motivo, con il quale denunzia la violazione 
dell'art. 2 I. 2IO marzo 1865, n. 2248, all. E); 

b) che la Corte di merito avrebbe erroneamente negato il diritto 
del contribuente di far valere le proprie ragioni nel giudizio ordinario, 
anche indipendentemente dalle impugnazioni delle decisioni delle commissioni 
tributarie di prima e di seconda istanza (secondo motivo, con 
il quale denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 22 

� e 29 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639); 
c) che la Corte di merito avrebbe erroneamente affermato che 
le nullit� del procedimento tributario possano farsi valere nel giudizio 
ordinario soltanto nel caso del ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. 
contro le decisioni della Commissione centraie (terzo motivo); 

d) �che la Corte di merito ha, senza motivazione adeguata, ritenuto, 
al pari delle altre, improponibile, nel giudizio ord�nario, a:q.che 
la nullit� verificatasi nella notificazione della decisione della Commissione 
di;;;trettuale (quarto motivo con il quale denunzia vizi di motivazione 
ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c.). 

� da premettere che la questione concernente la legittimit� della 
ingiunzione in base' ad un titolo diverso dalla decisione della Commissione 
distrettuale,' cio� in base al mancato reclamo, da parte del Curto, 
contro l'avviso di accertamento di valore, ed in virt� della �cosiddetta 
solidariet� processuale fra i coobbligati al pagamento dell'imposta, affermata 
dalla Commissione centrale, � rimasta completamente estranea 
alle fasi di merito del presente giudizio, e non pu�, quindi, essere esaminata 
in questa sede, nella quale, peraltro, non � stata neppure 
proposta. 

Ci� premesso, questa Suprema Corte rileva che la tesi sostenuta 
dal Chiarelli nel primo motivo del suo ricorso � conforme a ci� che 
essa ha avuto, pi� volte, modo di affermare (v., fra le altre, le sentenze 
218 novembre 1961, n. 2745; 16 luglio 1963, n. 1941; 25 novembre 1963, 

n. 3042), indicando entro quali limiti debba trovare applicazione la 
regola dell'indeducibilit� nel giudizio ordinario delle irregolarit� procedurali 
verificatesi davanti alle Commissioni tributarie. L'autonomia 
del procedimento tributario rispetto a quello giudiziario e la conseguente 
esclusione che questo sia, rispetto a quello, un giudizio di gravame nel 
quale possano fl[lrsi valere i vizi di procedura in cui siano incorsi gli 
organi del contenzioso tributario (salvo, naturalmente, che .si tratti di 
vizi talmente gravi da rendere la decisione delle Commissioni giuridicamente 
insesistente, e salvo che si tratti del ricorso per Cassazione, 
ammissibile, a norma dell'art. 111 Cost. contro le decisioni della Commissione 
centrale) sono state confermate dalle ricordate sentenze. Nello 

44-0 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Alla dichiarazione d'improponibilit� dell'opposizione in base alle 
irregolarit� formali dedotte dal Chiarelli, i giudici di merito pervennero 
attraverso la considerazione che -non essendo l'azione giudiziaria 
del contribuente un mezzo d'impugnazione delle decisioni delle commissioni 
tributarie -non possano farsi valere, davanti al giudice ordinario, 
le irregolarit� dei procedimenti svoltisi davanti a quelle. 

Il Chiarelli ha proposto ricorso per Cassazione, con atto del 21 dicembre 
1968, in base a quattro motivi, illustrati con memoria. 
L'Amministrazione delle Finanze resiste �con controricorso. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il Chiarelli deduce: 

a) che le nullit� verificatesi nel corso dei procedimenti davanti 
alle commissioni tributarie sono rilevabili dal giudice ordinario quante 

bilit� nelle decisioni di valutazione col ricorso per violazione di legge 
processuale alla Commissione Centrale (Sez. Un. 19 settembre 1967, n. 2184, 
ivi 1967, I, 1053 con richiami), sicch� sembra poco ragionevole andare a 
ricercare altro mezzo di impugnazione al di fuori del sistema. Le sentenze 
28 novembre� 1961 n. 2745, 16 luglio 1963, n. 1941 e 25 novembre 1963, 

n. 3042, invocate come precedenti, hanno peraltro enunciato il principio 
ora applicato per escludere la sindacabilit� dei vizi del procedimento nella 
fattispecie decisa ed hanno fatto cenno del problema in via meramente 
ipotetica; esse non hanno quindi un grande valore giurisprudenziale (v. Relazione 
Avv. Stato, 1961-65, II, 340). 
Potrebbe forse risalirsi all'art. 2� della legge del 1865 nei casi del tutto 
anormali in cui per errore del procedimento amministrativo (non di quello 
giurisdizionale innanzi alle Commissioni) per singolari contingenze, da atti 
amministrativi possa derivare la violazione di diritti soggettivi non altrimenti 
tutelabili; solo in questi limiti il principio ora affermato potrebbe 
essere preso in considerazione come rimedio eccezionale di completamento, 
sempre che l'impossibilit� di rimozione del vizio dipenda da situazioni 
oggettive e non dal non avere esperito i gravami dalla legge predisposti; 
si tratta quindi di una ipotesi pi� teorica che concreta di cui non si saprebbero 
fornire degli esempi. 

Nel caso di specie l'impugnazione proposta dopo aver adito la Commissione 
Provinciale per le questioni di diritto, oltretutto senza l'osservanza 
del termine rispetto alla decisione della Commissione distrettuale di valutazione, 
era rivolta contro l'ingiunzione, non contro il procedimento di 
valutazione; si assumeva cio� che la Finanza non avesse il potere, in man


.canza di una decisione della Commissione di valutazione opponibile al 
contribuente non ricorrente, di pretendere l'imposta complementare, dimenticando 
che il potere dell'Amministrazione nasce dall'accertamento sicch� 
l'eventuale nullit� della decisione che pronuncia sul ricorso del contribuente 
giova e non pu� mai nuocere alla validit� dell'acc�ertamento stesso. 
Si proponeva cio� una questione di diritto sul potere della finanza di pretendere 
l'imposta, che era in-�realt� conoscibile dall'A.G.O., ma palesemente 
infondata. 

C. BAFILE 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

sione distrettuale, l'accertamento del valore dell'immobile. era divenuto 
definitivo nei confronti del Curto, che nessun reclamo aveva prop�sto 
contro il relativo avviso, e che tale era divenuto �nche �nei -confronti 
del Chiarelli, in virt� della cosiddetta solidariet� .processuale fra coobbligati 
al pagamento dell'imposta. 

Con citazione del 24 maggio 1965 il Chiarelli convenne in giuaizio, 
davanti al Tribunale di Lecce, l'Amministrazione delle Finanze dello 
Stato, proponendo opposizione contro l'ingiunzione, e deducendo che la 
medesima era stata emessa in base ad una decisione -quella della 
Conunissione tributaria di prima istanza -nulla perch� pronunziata 
senza che egli fosse stato sentito personalmente, e, comunque, non definitiva 
nei suoi confronti, non essendogli mai stata notificata. 

Con sentenza 13 gennaio 1967 il Tribunale dichiar� l'opposizione 
all'ingiunzione, impropon~bile, e condann� l'opponente nelle spese; e 
l'appello del Chiarelli fu rigettato, con sentenza 2�8 giugno 1968, dalla 
Corte d'Appello di Lecce, che lo condann� nelle spese di secondo grado. 

zione dell'A.G.0.; ma ci� ammettendo, sulla base della norma generalissima 
della legge di abolizione del contenzioso amministrativo, bisognerebl>e estendere 
il principio per tutte le giurisdizioni speciali, il che sarebbe assurdo 
e si risolverebbe in un conflitto di giurisdizione. 

La sent. 20 gennaio 1970, n. 111 cit., ha escluso l'impugnazione dinanzi 
all'A.G.O. per la decisione viziata per l'omessa comunicazione dell'avviso 
di comparizione dinanzi alla Commissione; dovrebbe per� affermarsi secondo 
il principio seguito nella sentenza in nota, che una tale impugnazione 
sarebbe ammissibile in quanto la nullit� lede il diritto di difesa in un 
procedimento sottratto alla giurisdizione dell'A.G.O .. �Cosicch� per le decisioni 
delle Commissioni sulla semplice estimazione oltre il ricorso per 
Cassazione ex art. 111 e oltre l'impugnazione ex art. 29 del �'r.d. 7 agosto 
1936, n. 1639, per difetto di calcolo ed errore di apprezzamento, sarebbe 
ammissibile anche l'impugnazione dinanzi al tribunale per violazione della 
legge processuale; conclusione evidentemente assurda per molteplici ragioni. 

La sent. 6 dicembre 1963, n. 3111 cit., partendo dallo stesso principio 
aveva ammesso, in sede di impugnazione ex art. 29 per difetto di calcolo 
ed errore di apprezzamento, il controllo dell'A.G.0. sulla adozione dei 
criteri di valutazione sotto forma di violazione di legge; in questo C!lSO non 
venivano in discussione v�eri e propri errori del procedimento ma piuttosto 
errori sulla sostanza della valutazione. Tuttavia questo indirizzo non 
� stato pi� seguito dalla Corte Suprema che in numerose successive 
pronuncie ha affermato che spetta alla Commissione la scelta del criterio 
pi� appropriato di valutazione sia o non conforme agli art. 15 e segg. del 

r.d. n. 1639 del 1936 e che il giudice ordinario pu� sindacare soltanto la 
adeguatezza della motivazione s�lla scelta di uno o di altro criterio, senza 
poter statuire se la valutazione sia conforme ai criteri di legge (Cass. 26 
ottobre 1968, n. 3568 in .questa Rassegna, 1968, I, 831 e precedenti ivi 
citati). 
� quindi senz'altro da disattendere l'affermazione generalizzata, fatta 
nella sentenza in rassegna, riferita 'ai vizi del procedimento dinanzi a:lle 
Commissi0ni..�.peraltro concorde la giurisprudenza che'esclude l'impugna



438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Commissione distrettuale delle imposte di Lecce decise il reclamo 
nella sua adunanza del 31 ottobre 1953, rigettandolo. Avviso di 
tale adunanza era stato notificato il 15 di detto m~se all'avv. D'Ercole, 
che� non vi comparve. Sempre all'avv. D'Ercole venne, in data 15 gennaio 
1955, notificata l� decisione. Ed, in base alla decisione, l'Ufficio 
del registr� fece notificare al Chiarelli ed al Curto, il 24 settembre 1959, 
ingiunzione di pagamento dell'imposta complementare di L. 418.500. 

Gli intimati Chiarelli e Curto proposero ricorso alla Commissione 
provinciale -Sezione di diritto ---;-la quale -considerato che l'ingiunzione 
era stata emessa in base ad una decisione che. era stata proni:
inziata n�i confronti dell'avv. D'Ercole, curatore del fallimento gi� 
chiuso; ed era, perci�, priva di ogni efficacia nei confronti del Chia';:!'!lli 
e, di conseguenza, del Curto -accolse i ricorsi. La decisione della 
Commissione provinciale venne, per�, annullata dalla Commissione 
centrate, con decisione del 1�2 novembre 1964, in base alla �considerazione 
che, prima ed indipendentemente dalla pronunzia della Commis


sia sufficientemente garrantita dal giudizio delle Commissioni, non si vede 
perch� si debba assicurare un ulteriore gravame soltanto per le questioni 
attinenti ai vizi del procedimento. Ancor meno utile pu� essere al riguardo 
l'art. 146 della legge di registro che si limita a fissare il termine per la 
proposizion� della domanda innanzi all'A.G.O., riferendosi, ovviamente, ai 
casi in cui la domanda � ammissibile. 

Il sindacato dell'A.G.0. che si vorrebbe affermare si concretizzerebbe 
in una vera e propria impugnazione delle decisioni delle Commissioni 
sull'estimazione semplice, non potendosi evidentemente parlare di un autonomo 
potere dell'A.G.O. di conoscere la sostanza della controversia; e di 
ci� non fa mistero la sentenza annotata che �esplicitamente parla della 

� dichiarazione della violazione di legge affinch� si proceda' ad un nuovo 
accertamento � ossia dell'annullamento della decisione. Ma un tale potere di 
giudicare in grado di impugnazione su una decisione giurisdizionale che 
la legge dichiara definitiva (art. 29 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639) pu� 
. essere fondato soltanto un una norma espressa quale lo stesso art. 29 
terzo comma o l'art. 111 Cost.; e non pu� individuarsi una tale norma 
nell'art. 2 della legge del 1865 che assicura la tutela dei diritti soggettivi 
violati da un atto amministrativo, e giammai da un provvedimento giurisdizionale. 
Riferire invece la norma dell'art. 2 della legge del 1865, che ammette 
l'azione ordinaria ��per tutte le controversie che abbiano formato oggetto 
di decisione amministrativa >, alle pronunce delle Commissioni significa 
negare la loro efficacia giurisdizionale tanto autorevolmente affermata di 
recente dal~e Sez. Unite (Sent. 20 giugno 1969, n. 2175 in questa Rassegna, 
1969, I, 538). 

Non � chiaro, d'altra parte, quali possano essere i diritti soggettivi a 
che l'accertamento dell'obbligo tributario abbia luogo secondo le norme 
all'uopo dettate dall� legge con riferimento ai vizi del procedimento; se 
si ritiene che ogni norma processuale, intesa a garanzia del diritto di 
difesa, salvj:lguarda un diritto soggettivo, bisognerebbe ammettere che in 


ogni caso sia data azione innanzi al tribunale per qualunque violatzione di 
legge processuale in procedimenti inerenti a materie sottratte alla giurisdi



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

(Omissis). -Con atto per Notar Bernardini del 19 settembre 1949, 
registrato a Lecce il 10 del mese successivo, Chiarelli Pietro vendette 
a Curto Renato, per il prezzo di L. 2.100,000, l'immobile sito in Lecce, 
al n. 15 di Via Leuca. 

Con ~entenza 14 luglio 1950 del Tribunale di Lecce il Chiarelli fu 
dichiarato fal�ito e l'immobile suddetto -acquisito, senza opposizione 
del Curto, all'attivo fallimentare -fu venduto ai pubblici incanti. 
Esaurite le operazioni relative, il fallimento fu, con decreto 18 novembre 
1952 del Tribunale, dichiarato chiuso. 

Intanfo l'Ufficio del registro di Lecce aveva, in data 13 dicembre 
1950, notificato, al Chiarelli ed al Curto, avviso di accertamento del 
valore del suddetto immobile nella maggior somma di L. 4.700.000, e 
contro. l'accertamento era stato proposto reclamo, con atto del 27 dicembre 
1952, dal curatore del fallimento Chiarelli, avv. Ercole D'Ercole. 
Nel reclamo il curatore aveva chiesto di essere sentiti> personalmente. 

1963, 2448 e 1964, 622; v. anche 6 dicembre 1963, n. 3111, in questa Rassegna, 
1963, I, 168 con nota critica di L. CoRREALE; per un fugace accenno cfr. 13 
dicembre 1969, n. 3950, ivi, 19!70, I, 95. 

Con assai scarna motivazione viene risolta una questione di grande 
importanza. Si afferma che l'insindacabilit� da parte dell'A.G.O. dei vizi 
del procedimento dinanzi alle Commissioni (fondata sul principio dell'autonomia 
del giudizio ordinario rispetto al procedimento dinanzi alle Commissioni 
e sull'altro principio che per le decisioni giurisdizionali delle Commissioni 
le nullit� p�r vizio del procedimento devono convertirsi in motivi di 
impugnazione a norma dell'art. 161 c.p.c. per evitare che con il giudicato 
ogni irregolarit� venga eliminata, -cfr. da ultimo Cass. 20 gennaio 1970, 

n. 111 in questa Rassegna, 1970, I, 128 con nota di richiami) incontri un limite, 
desumibile dall'art. 2 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo 
e dall'art. 146 della legge di registro, nelle situazioni in cui 
all'A.G.0. non � ri�onosciuta la giurisdizione sul merito della questione 
decisa dalle Commissioni. Sembrerebbe che si voglia affermare il principio 
pi� generale che l'autonomia fra i due procedimenti sussista soltanto quando 
il giudizio innanzi alle Commissioni sia solo eventuale (per le imposte 
indirette) o comunque integralmente riproducibile (per le imposte dirette) 
innanzi all'A.G.O., mentre non vi sarebbe pi� autonomia ma subordinazione 
quando l'A.G.O. non pu� riesaminare nel merito la questione decisa dalla 
Commissione, come se la giurisdizione delle Commissioni fosse di second'ordine 
e bisognevole di una verifica. 
Una tale affermazione � senz'altro da respingere perch� le decisioni 
delle Commissioni sono a tutti gli effetti di portata giurisdizionale e sono 
assistite da tutte le garanzie di gravame, anche per gli errori in procedendo, 
fino al ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost., sicch� non si ravvisa in 
alcun modo la necessit� di assicurare un controllo da parte dell'A.G.O. E 
nessun argomento pu�.trarsi dall'art. 2 della legge di abolizione del contezioso 
amministrativo che garantisce la tutela dei diritti soggettivi ma non 
necessariamente innanzi alla giurisdizione ordinaria, se norme espresse 
hanno devoluto ad altri giudici speciali la giurisdizione sui diritti sogettivi; 
e se si ammette che la giurisdizone sui merito della estimazione semplice 


436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rit� medesima, nel silenzio della legge per la quale � necessario soltanto 
il fatto della eseguita esportazione (art. 1 1. 570 del 1954), prescrizioni 
limitative dettate esclusivamente per le esigenze proprie del procedimento 
amministrativo. 

Infine, non giova alla tesi dell'Amministrazione ricorrente, il richiamo 
all'art. 21, secondo comma della legge doganale 25 settembre 
1940, per il quale la bolletta doganale consegnata al proprietario � 
il solo documento che prova il pagamento dei diritti e l'adempimento 
delle condizioni e formalit� menzionate nel primo comma, e all'art. 260 
del regolamento doganale 13 febbraio 1896, n. 96; per il quale la bolletta 
dj. esportazione originale deve essere allegata alla domanda diretta 
alla Intendenza di Finanza per ottenere la restituzione di diritti spettanti 
su merci esportate. 

Invero tali disposizioni non �sono applicabili nella fattispecie, poich� 

questa � compiutamente disciplinata, quanto alla sussistenza ed alle 

condizioni del diritto, dalla 1. 31 luglio 1954, n. 570. 

Il ricorso deve essere pertanto rigettato con la condanna dell'Am


ministrazione ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio. 

-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 marzo 1970, n. 641 -Pres. Stella 
Richter -Est. Sposato -P. M. Pascali:no (conf.) -Chiarelli (avv. 
Ermetes) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposte e tasse in ~enere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Vizi 
del procedimento -Censurabilit� innanzi all'A,.G.O. -Ammissibilit� 
-Limiti. 

Normalmente gLi errores in procedendo che viziano il procedimento 
dinanzi alle Commissioni non sono censurabili innanzi all'A.G.O.; tuttavia 
un sindacato del giudice ordinario sulla regolarit� del procedimento 
tributario � ammissibile se i vizi implichino la lesione di un 
diritto soggettivo del contribuente a che l'accertamento del suo obbLigo 
d'imposta abbia luogo secondo le norme a'Ll'uopo dettate dalla legge e 
tale lesione non sia altrimenti riparabile mediante l'esercizio deU'azione 
giudiziaria, come nel caso dell'estimazione semplice� in cui � precluso 
all'A.G.0. l'esame della questione sostanziale decisa irregolarmente dalla 
Commissione (1). 

(1) Sull'incensurabilit� �innanzi all'A.G.O. dei vizi del procedimento in 
materia di estimazione semplice. 
Le sent. 28 novembre 1961, n. 2745, 16 luglio 1963, n. 1941 e 25 novembre 
1963, n. 3042, citate nel testo, sono pubblicate in Riv. leg. fisc., 1962, 727, 

~ 

~f:fffifill'W':fP%ftsfft!i�r1t1r:11t?f3:!f:!filffffmrf:%%%rtw1wr:rtrt~!rztrf:;1w1=~rtrrrr~ltirttm;r1;r~1rNffttr~1rm;Bwfilfttrilirrt�ilifr&t 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 

richiesto con l'originario atto di citazione del 26 luglio 1965) portava. 
la dichiarazione della Sezione doganale di Brescia, datata e sottoscritta 
dal competente funzionario, attestante che i prodotti in essa indicati 
erano stati esportati con una determinata bolla doganale di uscita, di 
cui erano stati anche precisati tutti gli estremi, ed ha quindi ritenuto 
che la soc. Cotonificio Olcese avesse dato idonea dimostrazione del fatto 
dell'avvenuta esportazione. 

La Corte del merito, poi ha esattamente respinto la tesi, "":riproposta 
con il ricorso dell'Amministrazione finanziaria, secondo cui la prova 
delle esportazioni eseguite avrebbe dovuto essere necessariamente integrata, 
dinanzi al giudice adito, con la esibizione delle originali bollette 
doganali di esportazione, a norma del regolamento di esecuzione della 
legge n. 5'?0 del 1954, emanato con d,P.R. 27 febbraio 1955, n. 192. 

L'art. 1 del d.P.R. n. 192 del 1955 :prevede che all'atto delle singole 
esportazioni deve e.ssere prodotto alle dogane un duplo (della fat-' 
tura di vendita destinata all'acquirente estero) sul quale gli uffici 
doganali, eseguiti gli opportuni controlli, dovranno apporre la loro 
attestazione. 

L'art. 2, dopo aver stabilito che l'imposta viene restituita mensilmente 
con riferimento al mese solare in cui hanno avuto luogo. le 
esportazioni e che le domande di restituzione (dirette alla �competente 
Intendenza di Finanza) sono presentate� ad ogni Dogana per il tramite 
della quale. sono state effettuate le operazioni di esportazione, dispone 
ancora che ciascuna istanza deve essere corredata: a) di uno stato riassuntivo, 
in duplice esemplare, delle esportazioni effettuate nel mese cui 

��ciascuna istanza si riferisce, con la indicazione degli estremi delle singole 
bollette doganali di esportazione, dei quantitativi delle merci esportate 
per ogni qualit� e specie e ciell'I.G.E. di cui si chiede la restituzione; 
b) delle originali bollette doganaH di esportazione e dei dupli -delle 
relative fatture� emesse nel mese nei confronti degli acquirenti esteri, 
munite dell'attestazione di cui all'art. 1. L'art. 5 dispone infine che alla 
restituzione della imposta sulla entrata provvede la competente Intendenza 
di Finanza. 

Le minuziose disposizioni del d.P. del 1955 sono dirette a disciplinare 
il procedimento che l'esportatore deve seguire per ottenere, 

'dalle Intendenze di Finanza, la restituzione della imposta generale sulla 
entrata di cui al primo comma dell'art. 1 della legge n. 570 del 1954. 
Il procedimento predisposto ha lo scopo di assicurare, attraverso rigorosi 
controlli,� la regolarit� delle operazioni di pagamento, eseguite a 
titolo di rimborso dai competenti organi finantiari. 

Lo scopo del procedimento delinea i suoi limiti: se l'esportatore 
adisce direttamente l'autorit� giudiziaria per il riconoscimento del diritto 
preteso,� (in difetto jli ogni norma che imponga il previo esperimento 
del procedimento predetto) non possono valere dinanzi all'auto




434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

plicano le particolari forme stabilite negli artt. 1, 2 e 5 del d.p. 27 febbraio 
1955, n. 192 per i procedimenti in via amministrativa ed in particolare 
non � richiesta l'esibizione della bolletta di esportazione (1). 

(Omissis). _, L'Amministrazione Finanziaria, con l'unico mezzo 
proposto, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 5 
del d.P.R. 27 febbraio 1955, n. 192, .dell'art: 21, comma secondo della 
legge doganale 2:5 settembre 1940, n. 1424, dell'art. 260 del regolamento 
doganale 13 febbraio 1896, n. 65, nonch� la insufficiente e .contradittoria 
motivazione della sentenza impugnata, in relazione all'art. 360 

n. 3 e n.. 5 c.p.c, Sostiene che il Regolamento n. 192 del 1955 condiziona 
il diritto alla restituzione dell'I.G.E., nei casi previsti dalla legge n. 570 
del 1954, alla esibizione delle originali bollette doganali di esportazione; 
che l'esigenza di tali documenti, per il ric9noscimento �del diritto pre-� 
teso, � confermata dall'art. 21, secondo comma della legge doganale 
25 settembre 1940, n. 1424 e dall'art. 260 del regolamento doganale 
13 febbraio 1896, n. 65. 
I.a censura � infondata. 
Per l'art. 1, primo comma, della 1. 31 luglio 1954, n. 570, gli esportatori 
dei prodotti industriali elencati in apposita tabella approvata .con 
�d.P.R. �sono ammessi alla restituzione� (nella misura indicata dal 

successivo art. 2) �dell'imposta .generale sull'entrata in relazione alle 

merci esportate ed alle materie prime ed agli altri prodotti impiegati 

nella loro fabbricazione�. 

La prima condizione (natura della m~rce esportata in relazione 

alla classificazione ad essa data nella tabella), cui la legge subordina 

il diritto alla restituzione, non � �contestata. 

Quanto alla seconda �Condizione (la effettuata esportazione) la Corte 
del merito ha rilevato che ognuna delle fatture (relative all'import~ 

(1) Non constano precedenti specifici. La decisione suscita qualche 
perplessit�. � un principio generale che il pagamento dell'imposta pu� 
essere dimostrato soltanto con l'esibizione della,bolletta e, ancor pi�, che 
non possa procedersi al rimborso di un tributo se non dietro presentazione 
della bolletta medesima. Ai fini del salve et repete fu sempre ritenuta 
necessaria l'esibizione della bolletta (come espressamente previsto nell'articolo 
6 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, nell'art. 149 della legge di registro, 
ecc.). Anche per le istanze di rimborso l'esibizione della bolletta �. 
stabilita in norme di portata generale (art. 141 della legge di registro, 
art. 90 legge di sqccessione, art. 21 della legge doganale 25 settembre 1940, 
n. 1424 e art. 260 del reg. 13 febbraio 1896, n. 96); e ci� non manca di una 
ragione sostanziale perch� il possesso della bolletta, oltre all'eseguito paga, 
mento, serve a dimostrare la legittimazione al rimborso. L'imposta pu� 
essere stata infatti versata da uno dei contribuenti per conto di molti, o da 
un terzo o comunque da persona diversa da quella che risulta nell'intestazio:
r;i.e, cosi�ch� il possesso della bolletta serve a garantire che il rimborso 
si esegua in favore della persona che vi ha diritto. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 

diretta ad pttenere dal giudice un accertamento positivo in luogo di 

quello negativo richiesto a loro favore dagli opponenti. 

La proposizione di una simile riconvenzionale non abbisognava 

di parole o di fohne particolari, essendo sufficiente che essa fosse stata 

espressa nella comparsa di risposta (art. 167 c.p.c.). 

Nella presente controversia, si � verificato pertanto che, mentre,, 

da un lc;ito, gli opponenti 'avevano, nell'atto di citazione, richiesto che il 

tribunale oltre che a denunciare l'illegittimit� dell'ingiunzione, proce


desse anche all'accertamento negativo del loro debito d'imposta, la con


venuta nella comparsa di risposta, aveva per contro, esplicitamente de


dotto nel merito nel senso che gli opponenti non avevano fornita la 

prova delle condizioni per ottenere l'agevolazione pretesa, per cui doveva 

essere riconosciuto il diritto della stessa amministrazione alla perce


zione del tributo. 

Essendosi pertanto da un lato, esteso il tema del dibattito alla con


testazione del diritto dell'amministrazione e dall'altro, alla richiesta di 

affermazione di un tale diritto, il tribunale e poi la Corte d'appello che 

ne era stata� investita �mediante specifica doglianza (quinto motivo) non 

potevano contenere la decisione nei limiti della dichiarata illeggittimit� 

della ingiunzione, ma dovevano esaminare, nel merito, la dedotta esi


stenza o inesistenza del diritto dell'Amministrazione alla percezione del 

tributo. 

Cos� non avendo fatto, i giudici di merito hanno violato il principio 

secondo cui l'opposizione ad ingiunzione fiscale instaura -come si � 

detto ~un vero e proprio giudizio di cognizione in ordine alla fonda~ 

tezza della pretesa tributaria, per cui la decisione � viziata dalla omis


sione di pronuncia sulle richieste come innanzi identificate e pertanto 
. essa deve essere cassata con 'rinvio ad altro giudizio affinch� provveda 
all'esame del merito ed anche sulle spes� di questo grado del giudizio. 
(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 marzo 1970, n. 637 -Pres. Rossano 
-Est. Mazzacane -P. M. Chir� (conf.) -Ministero delle Finanze 
(a".v. Stato� Coronas) c. Soc. Cotonificio Vittorio Olcese (avv. 
Scarpa). 

Imposta generale sull'entrata -Rimborso dell'imposta sulle merci 
esportate -Domanda proposta con azione ordinaria -Formalit� 
stabilite per il ricorso in via amministrativa -Non si applicano Esibizione 
della bolletta -Non � necessaria. 

(d.p. 27 febbraio 1955, n. 192, art. 1, 2 e 5). 
Quando il rimborso dell'imJ;'osta generale sull'entrata pagata sulle 
merci esportate � domandato con l'azione in sede ordinaria, non si ap



432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Infatti, l'ingiunzione fiscale -come questa Corte suprema gi� varie 
volte ha avuto occasione di affermare -cumula le caratteristiche del 
titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa che l'opposizione 


I

del debitore �Costituisce domanda giudiziale che apre un ordinario pro


cesso cognitivo nel quale l'opponente, oltre che contestare la legittimit� 

dell'esecuzione, pu� anche contestare il diritto dell'amministrazione alla 

percezione del tributo, ossia domandare un accertamento negativo a pro


prio favore, per cui viene ad assumere vera e propria veste di attore, 

(sent. n. 2356 del 12 novembre 1965: n. 2339 del 9 ottobre 1967; n. 582 

del 21 febbraio 1969, n. 2019 del 9 giugno 1969). 

Conseguentemente l'Amministrazione, venendo ad assumere ;veste 

di convenuta, ha diritto di proporre non soltanto eccezioni dirette a ren


dere inefficace l'azione ma anche a proporre una riconvenzione per far 

affermare anche indipendentemente, se necessario, dalla domanda del


l'attore, l'esistenza del proprio diritto alla percezione del tributo, negatQ 

dal contribuente mediante l'opposizione; nel caso la riconvenzionale era 

domanda riconvenzionale. Si trattava della abnorme ma non infrequente 

ipotesi dell'ingiunzione intimata con la clausola � l'accertamento ha scopo 

cautelativo non essendo ancora possibile stabilire se competono le agevo


lazioni �. Si deduceva quindi la nullit� di un tale atto iniziale della riscos


sione coattiva mancante dell'affermazione del credito di imposta; ma la 

Fnanza convenuta eccepiva che la pretesa tributaria era fondata perch� i 

fatti presupposto dell'agevolazione che l'Ufficio si era� riservato di accertare 

dovevano invece essere provati dal contribuente. 

L'ingiunzione a scopo cautelativo o � un'ingiunzione o non lo �; non 

pu� essere invece, come sosteneva l'opponente, un'ingiunzione necessaria


mente nulla. Se la clausola cautelativa trasforma l'ingiunzione in un sem


plice atto stragiudiziale di interruzione della prescrizione, viene meno l'inte


resse all'opposizione che andrebbe dichiarata inammissibile; se invece 

llingiunzione � capace dei suoi normali effetti, nonostante l'esortazione a1 

debitore di non temere un'immediata esecuzione, contro di essa pu� essere 

ammessa soltanto l'opposizione di merito alla quale la Finanza dovr� sol


tanto resistere come convenuta. senza nulla domandare in via ricon


venzionale. 

Potrebbe ipotizzarsi ancora che la domanda del contribuente,. sul presupposto 
della inesistenza di una valida ingiunzione si presenti come una 
domanda di accertamento negativo, ed anche in questo caso la Finanza 
deve solo resistere senza agire in riconvenzione. il dubbio invece che la 
Finanza possa proporre come attore in via riconvenzionale una domanda 
(vera e propria) di accertamento positivo, cio� una domanda indipendente 
.dalla domanda dell'attore con la quale, sulla premessa dell'inesistenza della 
valida ingiunzione si estrinsechi, per la. prima volta in giudizio, la pretesa 

tributaria. 

Pertanto nel caso di specie si sarebbe potuto affermare, ove la domanda 

dell'attore fosse, stata ritenuta ammissibile, che la domanda riconvenzionale 

della Finanza non era necessaria per far decidere dal Tribunale la que


stione di merito. 

C. BAFILE i 
I 
I 

II 

I

I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 431 

del 1� agosto 1952, compiuto dalla Commissione centrale. Questa, invero, 
ha stabilito, attraverso, l'interpretazione della volont� delle parti 
manif�stata nell'atto suindicato, che l'operazione di continuativo rapporto 
bancario, avente per oggetto la messa a disposizione della societ� 
cedente di somma pari all'importo del debito scaduto, lungi dall'estinguersi, 
esplicava i suoi effetti anche per l'avvenire. Ci� esclude l'applicabilit� 
della surrichl.amata norma del terzo comma dell'art. 62, 
perdurando gli effetti dell'enunziato rapporto bancario atipico (messa 
a disposizione di somme) anche dopo la stipula dell'atto a rogito del 
notaio Smiderle della cui tassazione si controverte. E ancora una volta 
� da dire che trattasi di accertamento di fatto il quale, per essere sorretto 
da adeguata e corretta motivazione, non pu� essere sindacato in 
que.sto giudizio di legittimit�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 marzo 1970, n. 609 -Pres. Pece Est. 
Pascasio -P. M. Chir� (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Savarese) c. Dragoni (avv. Dallari). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione -Azione 
riconvenzionale della Finanza -Forme. 

(t.u. 14 aprle 1910, n. 639; c.p.c. art. 112). 
Poich� l'opposizione contro l'ingiunzione fiscale istaura un vero e 
proprio giudizio di cognizione, la Finanza convenuta pu� in via riconvenzionale 
far affermare l'esistenza del proprio diritto alla percezione 
del tributo e tale domanda pu� senza forme o espressioni particolari 
essere contenuta nena comparsa di risposta (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo l'Amministrazione denuncia la 
violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sul merito della controversia, 
che pure era stata richiesta sia dagli opponenti sia dall'Amministrazione 
convenuta. 

La censura � fondata. 

(1) Un'ulteriore pronuncia sull'azione riconvenzionale della Finanza; 
v. sull'argomento C. BAFILE, Note sull'azione riconvenzionale della Finanza 
nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale, in questa Rassegna, 1969, 
I, 527 e Ancora sull'azione riconvenzionale deLla Finanza nel giudizio di 
opposizione all'ingiunzione fiscale, ivi, 1969, I, ,916. � senz'altro corretta la 
decisione che ha riconosciuto il diritto della Finanza a far dichiarare fondata 
la pretesa tributaria nel giudizio in cui l'attore tale fondamento negava. 
� tuttavia dubbia, anehe in queoto "'''"la neoo,.it� della pwpo�lrione della 

I 
~~ 



430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gozio. Se, invece, in unico atto siano contenuti pi� negozi ins�indibilmente 
connessi, per norma di legge o per loro intrinseca natura, non 
gi� per volont� delle parti, in questa ipotesi si ha, ai fini fiscali, un 
unico negozio complesso ed unica � la tassazione. Da ci� si desume, 
come anche di recente ha rilevato questa suprema Corte, pronunziando 
a Sezioni Unite, che pur essendo quella di registro tassa di titolo, la 
u,nicit� o la molteplicit� della tassazione � conseguente, nella fattispecie 
legale di cui all'art. 9, rispettivami:!nte, alla unicit� del negozio o alla 
molteplicit� dei negozi che non siano, per�, inscindibilmente connessi 
in virt� di legge o per loro intrinseca natura (sent. 24, marzo 1969, 

n. 933). 
Nella specie, la Commissione centrale ha correttamente escluso la 
di�pendenza delle due �disposizioni � (cio� dei due negozi giuridici) che 
vengono in discussione -quella relativa alla cessione di credito e 
quella concernente il rapporto bancario atipico -dopo aver stabilito, 
con accertamento di fatto non censurabile in questa sede, che tra le 
due suindicate disposizioni non ricorreva quel rapporto di corrispettivit� 
prospettato dalla contribuente. 

Con il secondo motivo del ricorso la Banca_ Unione, denunziando 
violazione e falsa applicazione dell'art. 62 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c,, deduce che a seguito della cessione 
del credito, con efficacia solutoria, era venuta ad estinguersi la convenzione 
verbale, relativa al rapporto bancario di anticipazione, enunciata 
nell'atto registrato. Pertanto ~-sostiene la ricorrente -su tale 
convenzione, estintasi p~r effetto dell'atto enunciante, l'imposta di registro 
non poteva essere richiesta, secondo quanto dispone il terzo 
comma del citato art. 62. 

Anche questo motivo non � fondato. 

Nel sistema della legge sull'imposta di registro, se una conven'zione 
verbale � enunciata in un atto scritto resta soggetta anch'essa all'imposta 
(c.d. tassa di enunciazione) quando presenti una diretta connessione 
c�n il c_ontenuto dell'atto enunciante. Questa norma -che, come 
� noto, trae il suo fondamento da un principio gi� espressamente formulato 
dal codice civile del i865 (art. 1318), secondo cui l'atto scritto 
fornisce la prova anche della convenzione verbale in esso enunciata non 
� applicabile allorquando quest'ultima sia gi� estinta o si estingua 
per effetto dell'atto stesso che la �nuncia (art. 62, comma terzo, legge 
organica di registro). 

Ora, nel caso di specie, la censura mossa dalla ricorrente nel mezzo 
che si esamina poggia sul presupposto che per effetto della cessione 
del credito di L. 25.000.000, operata dalla Soc. Idroxa a favore della 
Banca Unione, si sarebbe verificata la estinzione della enunciata convenzione 
verbale di cui sopra � parola. Tale presupposto,, per�, � contraddetto 
dall'a�certamento del contenuto negoziale dell'atto notarile 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 429 

Anche nel punto in cui la Commissione ha escluso rilevanza alla 
prospettata distinzione tra cessio per soluto e cessio pro solvendo, la 
decisione va esente dalla. censura mossale, perch� adeguatamente chiarisce 
come sia nell'una sia nell'altra forma di cessione, da questa restava, 
in ogni caso, indipendente l'enunciato rapporto bancario �di anticipazione 
di somme.-

N� la doglianza della Banca Unione pu� ritenersi fondata sotto 
il profilo della falsa applicazione dell'art. 8 della legge organica di 
registro, del quale la ricorrente denunzia la violazione. Va premesso 
che il primo comma dell'art. 8, disponendo che �le tasse sono applicate 
secondo l'intrinseca natura� e gli effetti degli atti o ct,ei trasferimenti, 
se anche non vi corrisponde il titolo o la forma apparente�, contiene 
una regola che disciplina i frequenti casi di difformit� tra lo scriptum 
ed il gestum. La norma,� come ha p\� volte affermato questo supremo 
Collegio, afferma il principio che, nelrapplicazione dell'imposta di registro, 
deve aversi riguardo unicamente all'esistenza di un negozio giuridico 
che, considerato in s� e per s�, sia capa�ce di produrre quei 
determin~ti effetti -indicati in forma sin~etica dall'art. 1 della legge 
fondamentale di registro -i quali importano il pagamento del tributo 
(sent. 14 ottobre 1966, n. 2453 e sent. 4 febbraio 1969, n. 342). 

In aderenza a questo fondamentale principio, rettamente la Commissione 
centrale si � riferita alla natura ed agli effetti del contratto 
bancario atipico di cui dianzi si � detto, considerandone gli effetti giuridici 
e la realt� economica che si concretavano nel potere di disposizione 
della societ� cedente, essendo a questa accordata la facolt� di 
utilizzare, senza limitazioni di tempo, somme poste a sua disposizione, 
sia pure per importo complessivo non ec�edente quello del credito 
ceduto (L. 25.000.000). 

E tali effetti la decisione impugnata ha ritenuto diversi, sul piano 
giuridico e su quello economico, da quelli che il negozio di �Cessione 
del credito produce nei confronti del cedente e del cessionario (artt. 1260 
e segg. e.e.). 

Neppure � fondata la censura che, anche nel mezzo in esame, la 
ricorrente muove alla decisione impugnata per ci� che attiene alla 
ritenuta indipendenza tra la cessione di credito ed il contratto bancario 
di anticipazione, donde la loro assoggettabilit� ad autonome e distinte 
tassazioni agli effetti della imposta di registro. Va invero, rilevato, in 
via generale, che l'art. 9 della legge sull'imposta di registro, disponendo 
che ogr:ii negozio giuridico sconta la tassa sua' propria anche quando 
pi� negozi ~ in tal senso, per consolidata giurisprudenza di questo 
supremo Collegio, va inteso il termine �disposizioni � dell'art. 9, comma 
primo, in esame -siano consacrati in unico atto, in senso materiale, 
preclude all~ parti la possibilit� di eludere, attraverso l'espediente della 
unicit� del documento, la tassazione separata per ciascun .singolo ne



428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bancario indipendente dalla cesstone ed avente per oggetto la messa a 
disposizione della societ� cedente di somma di importo pari a quello 
del credito ceduto. Deduce la ricorrente, nel lamentare l'erronea valutazione 
del contenuto dell'atto suindicato da parte della Commissione, 
che l'unica operazione posta in essere dai contraenti � stata quella di 
cessione pro soluto da parte della Soc. Idroxa del credito nei confronti 
della S.I.F.I., mentre la supposta apertura di credito (o altro contratto 
bancario a questa assimilabile) altro non costituiva, malgrado l'imprecisa 
dizione dell'atto, che i~ prezzo della cessione suddetta, onde soltanto 
questo negozio avrebbe dovuto essere tassato, a norma dell'art. 4 
della tariffa all. A alla legge di registro, e non anche l'altro, rispetto 
al quale la decisione impugnata aveva ritenuto legittimo il supplemento 
d'imposta, a norma dell'art. 28 della summenzionata tariffa. 

Il motivo non � fondato. 

La Commissione centrale, attraverso la svolta indagine per accertare 
e ricostruire la comune volont<� delle parti contraenti, ha ritenuto 
che queste, usando l'espressione � messa a disposizione � in luogo de] 
termine �versamento�, abbiano enunciato un'operazione distinta ed 

I 

indipendente dalla cessione� di credito,� cio� un continuativo rapporto 
bancario, non meglio precisato, svincolato da riferimenti temporali, sia 

I

per il pass�to e sia per l'avvenire. Di tale apprezzamento del contenuto 

I ~ pattizio dell'atto la Commissione ha, �poi, rinvenuto puntuale conferma 
nella clausola relativa alla obbligazione assunta dalla societ� cedente 
di rimborsare ogni anticipazione all'istituto bancario. Tale obbligazione 
infatti, presuppondendo la reiterazione di anticipazioni di somma da 
parte dell'istituto cessionario, �dava origine ad una fattispecie diversa 
da quella della cessione, per cui doveva escludersi un rapporto di cor


I 
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rispettivit� tra quest'ultima ed il contratto bancario atipico, enunciato 
nell'atto sottoposto a registrazfone. 
Questo risultato interpretativo, cui la Commissione centrale � pervenuta, 
costituisce evidente apprezzamento di fatto, risolvendosi ip un 

I 

accertamento di tale natura quello dei giudici di merito in ordine al 
contenuto negoziale di un contratto. E trattasi di accertamento insindacabile 
da parte della Corte Suprema, non solo per i limiti che istit�zionalmente 
circoscrivono l'ambito di questo giudizio di legittimit�, 
ma anche per la natura del rimedio esperito dalla Banca Unione (ricorso 
�li Cassazione per violazione di le.gge, ex art. 111, comma secondo Cost.). 

N� l'apprezzamento espresso, nella specie, dall'organo di giustizia 

tributaria pu� ritenersi censurabile per difetto dei motivi addotti a suo 

sostegno. Invero, la decisione impugnata, lungi dall'essere immotivata, 

come a torto lamenta la ricorrente, si basa su un'approfondita attivit� 

ermeneutica del contenuto negoziale dell'atto notarile in data 1� agosto 

1952, ricercando la comune intenzione delle parti ed interpretando le 

varie clausole le une per mezzo delle altre .<artt. 1362 e 1363 e.e.). 



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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 

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cato, quando ricorrente contro una decisione delle Commissioni tribuw: 
tarie sia 1'Amministrazione finanziaria e .si tratti di un vizio della !Ii 
notificazione della decisione impugnata e non gi� del gravame. 

Il ricorso deve conseguentemente essere rigettato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1970, n. 555 -Pres. Pece 


I

Est. Alibrandi -P. M. Toro (conf.) -Banca Unione (avv. Avezza) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 
I 

lmposta di registro -Enunciazione -Cessione di credito a garanzia di 

I

somma messa a disposizione del cedente dalla banca cessionaria Enunciazione 
di negozio atipico di finanziamento -Sussiste 


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Estinzione della convenzione enunciata con l'atto enunciante 


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(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62 e tariffa A, art. 28). 
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Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivati 

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per loro natura le une dalle alt1;'e -Fattispecie -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923; n. 3269, art. 9). 
La cessione di credito stipulata per garantire� la somma � messa a 
disposizione del cliente� dalia banca cessionaria contiene l'enunciazione 
di un negozio di finanziamento. tassabile a norma dell'art. 28 tariffa A 
deUa legge di registro anche se il negozio enunciato non risulta altrimenti 
precisato e determinato; n� la cessione a garanzia di un debito 
pu� ritenersi tale da estinguere il negozio di finanziamento enunciato 

Ir

agli effetti del terzo comma dell'art. 62 deUa legge di registro (1). 

Per potersi applicare un'unica imposta, a norma dell'art. 9 della 
legge di registro, a diverse convenzioni contenute in: miico atto, deve 
sussistere fra esse un'inscindibile connessione per norma di legge o per 
loro intrinseca natura; non si rinviene tale connessione tra la cessione 


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di credito e il negozio di finanziamento da essa garantito (2). 

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(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso la Banca Unione, 
denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 8 r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che la Commissione 
centrale abbia ritenuto che l'atto del 1� agosto 1952, oltre la 
cessione del credito, contenesse, per enunciazione, anche un rapporto 


(1-2) La prima massima � da condividere pienamente. Sulla seconda 
massima, del pari esatta, cfr. Cass. 6 febbraio 1970, n. 255, in questa Rassegna, 
1970, I, 292, con nota di richiami alla quale si rinvia. 



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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 

cato, quando ricorrente contro una decisione delle Commissioni tributarie 
sia l'Amministrazione finanziaria e si tratti di un vizio della 
notificazione della decisione impugnata e non gi� del gravame. ' 

Il ricorso deve conseguentemente essere rigettato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1970, n. 55.5 -Pres. Pece Est. 
Alibrandi -P. M. Toro (conf.) -� Banca Unione (avv. Avezza) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 
lmposta di registro -Enunciazione -Cessione di credito a garanzia di 
somma messa a disposizione del cedente dalla banca cessionaria Enunciazione 
di negozio atipico di finanziamento -Sussiste Estinzione 
della convenzione enunciata con l'atto enunciante Esclusione. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62 e tariffa A, art. 28). 
Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivati 
per loro natura le une dalle alt~e -Fattispecie -Esclusione. �tfil

(r.d. 30 dicembre 1923; n. 3269, art. 9). 
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La cessione di credito stipulata per garantire� la somma � messa a 
disposizione del cliente� dalla banca cessionaria contiene l'enunciazione ~~t: 

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di un negozio di finanziamento .. tassabile a norma dell'art. 28 tariffa A 
della l�gge di registro anche se il negozio enunciato non risulta altrimenti 
precisato e determinato; n� la cessione a garanzia di un debito 

I

pu� ritenersi tale da estinguere il negozio di finanziamento enunciato 
agli effetti del terzo comma dell'a1�t. 62 della legge di registro (1). 

Per potersi applicare un'unica imposta, a norma dell'art. 9 della 
legge di registro, a diverse convenzioni contenute i1t unico atto, deve 
sussistere fra esse un'inscindibile connessione per norma di legge o per 

II

loro intrinseca natura; non si rinviene tale connessione tra la cessione 
di credito e il negozio di finanziamento da essa garantito (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso la Banca Unione, 
denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 8 r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che la Com


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missione centrale abbia ritenuto che l'atto del 1� agosto 1952, oltre la 
cessione del credito, contenesse, per enunciazione, anche un rapporto 


(1-2) La prima massima � da condividere pienamente. Sulla seconda 
massima, del pari esatta, cfr. Cass. 6 febbraio 1970, n. 255, in questa Rassegna, 
1970, I, 292, con nota di richiami alla quale si rinvia. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 
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stare neHa relata, anche attraverso l'anagrafe, che il destinatario non 
ha abitazione, ufficio o azienda nel comune in cui deve essere eseguita 
la notifica; ove ci� non sia stato accertato la notificazione per affissione 
� priva di ogni effetto giuridico (1). 

]\Tell'impugnazione deHa Finanza la notifica della decisione da impugnare 
costituisce un presupposto necessario della distinta, anche se 
contestuale, vacatio in jus che si realizza con la comunicazione del 
gravame (artt. 35, 38 e 45 del r.d. 8 lugiio 1937, n. 1516); conseguentemente 
la nullit� della notifica della decisione, non sanabile ex art. 291 
c.p.c., essendo questa norma applicabile solo per la notifica degli atti 
introduttivi del giudizio contenenti la vocatio in jus e non per la notifica 
delle sentenze, comporta la nullit� dell'impugnazione (2). 

(Omissis). -Li'Amministrazione finanziaria sostiene nel primo 
motivo, che l'art. 38 lett. c) del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 sulle imposte 
dirette sarebbe applicabile al caso e derogherebbe al sistema ordinario 
delle notificazioni, stabilendo che se il contribuente abbia 
omesso la comunicazione relativa alla variazione del proprio domicilio 
fiscale, gli atti possono essere notificati per affi~ione. 

Tale sarebbe il caso di specie, poich� i contribuenti non avevano 
comunicato la variazione da via Schipa, 43 -Napoli, donde risultavano 
sloggiati. 

Occorre precisare a proposito di questa prima censura del ricorso 
che, mentre all'atto dell'acquisto del fabbricato e del ricorso alla Commissione 
provinciale la Suridi aveva pacifica residenza e domicilio in 
Napoli via Michelangelo Schipa, nella relata di notifica per affissione 
della decisione della Commissione provinciale in data 17 luglio 1963 
si dice che la Suridi � sconosciuta all'indirizzo di via Schipa e sloggiata 
a quello di Via Generale Orsini n. 30. 

(1-2) La prima massima � conforme .a Cass. 24 febbraio 1970, n. 427, 
in questa Rassegna, 1970, I, 309 e 13 febbraio 1969, n. 499, ivi, 1969, I, 127 con 
note di dissenso alle quali si rinvia. Con la sent. 30 ottobre 1969 n. 3586, 
ivi, 1969, I, 1157, � stato opportunamente affermato che � regolare la notificazione 
di un atto (nella specie di citazione) ad una persona giuridica nel 
luogo da essa indicato in una precedente dichiarazione, anche se non 
corrispondente alla sede legale risultante dal registro delle societ�; una 
volta costituito il rapporto processuale le notifiche possono e debbono farsi 
nella residenza dichiarata; sarebbe diversamente quasi impossibile per gli 
uffici tenersi aggiornati sulle variazioni dello stato soggettivo di tutti i 
contribuenti nei ristretti limiti dei termini di decadenza. E non sembra 
sostenibile che la garanzia del contraddittorio nel procedimento tributario 
debba essere pi� severa che nel procedimento civile ordinario. 

La seconda massim;:i pur partendo da premesse esattissime sui modi 
di introduzione dell'impugnazione della Finanza (v. Cass. 4 marzo 1970, 

n. 512, in questo stesso fascicolo pag.... con richiami), segue un formalismo 
esasperante in contrasto con numerosi precedenti. � stato ripetutamente 

422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

notifica della decisione impugnata, purch� detto atto venga depositato 
presso la Commissione centrale entro trenta giorni da tale notifica e 
purch� della impugnazione e relativi motivi s1 dia comunicazione al 
contribuente entro lo stesso termine (sent. n. 1127 del 1969). Laddove 
� evidente che il fatto che l'Amministrazione possa avvalersi della procedura 
abbreviata di cui all'ultima parte dell'art. 38 del citato d.l. 

n. 1516 del 1937, comunicando, insieme, al contribuente la decisione 
impugnata e l'appello con i relativi motivi, e presentando poi alla 
Commissione il tutto con il cosiddetto �Modello 108 � come atto di 
appello, non significa che tale procedura sia obbligatoria a pena di 
inammissibilit� dell'appello, perch�, altrimenti, si convertirebbe in un 
obbligo, accompagnato da grave sanzione; quella 'che il legislatore ha 
previsto come una semplice facolt� del!'Amministrazione, allo scopo di 
facilitarne il compito. 
Or nella specie, l'appello dell'Ufficio, proposto ccin atto separato, 
pervenne alla Commissione centrale il 3�0 dicembre 1963, e cio�, entro 
il termine di trenta giorni dalla notifica della decisione impugnata 
(art. 38, primo comma) avvenuta in data 19 dicembre precedente, vale 
a dire entro il prescritto termine di giorni 60 dal ricevimento della 
decisione (art. 35, primo comma), mentre la comunicazione al contribuente 
dell'interposto gravame e dei relativi motivi fu effettuata contestualmente 
alla notifica d�lla decisione servendosi dello stesso modello 
108 (art. 38, secondo comma). 

Conseguentemente, dovendosi ritenere rituale e tempestiva la proposizione 
dell'appello dichiarato inammissibile �a parte della Commissione 
centrale, la decisione ora impugnata deve ssere cassata e la controversia 
rinviata alla stessa Commissione centrale per la decisione sul 
merito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1970, n. 551 -Pres. Rossano 
-Est. Geri -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Suridi. 

Imposte e tasse in genere -Notificazioni -Notificazioni per affissione Omessa 
ricerca anche anagrafica dell'abitazione del destinatario Nullit�. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. .38). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazione 
della Finanza -Notificazione della decisione -Valore 
preclusivo -Nullit� -Sanatoria -Inammissibilit� 

(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 35, 38 e 45). 
Per poter eseguire le notificazioni per affissione a norma dell'art. 38 
lett. f) del t.u. sulle imposte dirette � necessario accertare, e far con




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 4:.!l 

dell'organo a cui spetta di decidere entro trenta giorni dalla notifica 
della decisione; dell'impugnazione e dei motivi su cui si fonda deve 
darsi comunicazione al contribuente entro lo stesso termine. La procedura 
abbreviata dell'ultima parte dell'art. 38 del r.d. 8 luglio 1937, 

n. 1516 (comunicazione deU'avviso di impugnazione contemporaneamente 
alla notifica della decisione impugnata) � yteramente facoltativa 
ed il ricorso ad essa non riduce il termine assegnato alla Finanza per 
l'impugnazione nei modi normali (1). 
(Omissis). -Con il secondo motivo di gravame la rico~rente, denunciando 
la violazione degli artt. 45, 35 e 38 del citato d.l. n. 1516 
del 1937, sostiene che la Commissione centrale avrebbe errato nel dichiarare 
inammissibile l'appello il qual~, invece, sarebbe regolarmente 
pervenuto ad essa Commissione non solo entro i trenta giorni dalla 
notifica della decisione impugnata, ma addirittura prima della stessa. 

Tale motivo di ricorso � fondato. 

Invero dall'esame diretto degli atti del giudizio davanti alla Commissione 
centrale -esame che questa Suprema Corte � abilitata a 
compiere, dovendo giudicare sulla esistenza o meno di un vizio in 
procedendo (quale quello riguardante l'ammissibilit� del gravame), rispetto 
al quale il Supremo Collegio � giudice anche del fatto sulla 
base degli elementi acquisiti al processo -emerge in modo inequivocabile 
che: a) la decisione della Commissione provinciale di Torino 
pervenne all'Ufficio del registro della stessa citt� il 12 novembre 1963; 
b) quest'ultimo propose appello alla Commissione centrale con nota 
del 16 dicembre 1963, contenente una sommaria esposizione del motivo 
di gravame, la quale nota pervenne alla segreteria di detta Commissione 
il 30 dicembre successivo, come risulta da timbro di protocollo apposto 
sull'originale; c) lo stesso Ufficio, in data 19 dicembre 1963 notific� al 
contribu~nte, mediante il cosi detto modello 108, la decisione della 
Commissione provincia!~ impugnata nonch� l'avvjso di avere interposto 
appello alla Commissione centrale per il motivo di gravame dedotto 
nella nota contenente l'appello. 

Cosi precisata la progressione delle date degli atti compiuti dall'Ufficio 
del registro, inesattamente indicate anche dall'Amministrazione 
ricorrente, va ancora una volta riaffermata la giurisprudenza di questa 
Suprema Corte, secondo la quale l'atto essenziale che costituisce l'esercizio 
del diritto di impugnazione � la presentazione del ricorso presso 
l'organo cui .�spetta deciderlo (sent. n. 1623 del 1966), mentre l'Ufficio 
finanziario ben pu� proporre l'impugnazione con atto separato dalla 

(1) V. la sent. 6 marzo 1970, n. 551 in questo stesso fascicolo pag. 422; 
v. anche Cass., 30 gennaio 1970, n. 212 in questa Rassegna, 1970, I, 287 
e Cass., 30 dttobre 1968, n. 3065, ivi, 1968, I, 816. 

420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

economicamente depresse, � senza la deliberazione � del Comitato dei 

Ministri. 

Appare dunque chiaro che il riconoscimento �di diritto� � soltanto 
una delle due condizioni indispensabili per ottenere l'esenzione 
tributaria; cosi che mancando l'altra �;I vano invocare l'esenzione. 

Con un secondo ordine di argomentazioni gli attori sostengono che 
comunque la Ditta Biagi ha diritto all'esenzione perch� la nuova disciplina 
stabilita dall'articolo unico. della legge n. 526 del 1961 � sostitutiva 
di quella stabilita dall'art: 8 cit., cosi che essa si applicherebbe 
con decorrenza dall'entrata in vigore della legge n. 635 del 1957. 

Anche questa proposizione non pu� essere condivisa. Essa argomenta 
sostanzialmente che la legge n. 526 del 1961 ha natura interpretativa 
e invoca la sentenza Cass.,: Sez. I, 24 maggio 196'8, n. 1570 
che tale natura avrebbe riconosciuto; ma l'errore � manifesto e duplice. 

La citata giurisprudenza di legittimit� si limita a riconoscere natura 
interpretativa a quella parte dell'articolo che s~ riferisce alle imprese 
alberghiere, osservando che nell'espressione � nuove piccole industrie 
� contenuta nel primo comma dell'art. 8 citato erano gi� comprese 
le industrie alberghiere; ed entro questi limiti ha (esattamente) 
affermato che la norma ha natura interpretativa. 

Ma la legge del 1961 contiene anche una disposizione (che � quella 
che qui interessa) diretta ad estendere l'ambito di applicazione della 
legge del 1957, perch� concede il riconoscimento ex lege di localit� 
economicamente depresse (quindi senza necessit� di deliberazione discrezionale 
del Comitato dei Ministri) non solo ai territori classificati 
montani ex lege 215 luglio 1952, n. 991 (v. comma terzo, art. 8 citato) 

.ma altresi ai territori interclusi tra questi ed ai comprensori di bonifiea 
montana situati in Comuni con popolazione non superiore ai 20.000 
abitanti. 

L'estensione del beneficio a zone non comprese nella precedente 
disciplina costituisce senza dubbio innovazione rispetto a tale disciplina 
e non gi� intel'JPretazione autentica di questa. 

La co95eguenza � che la nuova disciplina si applica alle imprese

, 

costituite dopo l'entrata in vigore della legge del 1961. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 marzo 1970, n. 512 -Pres. Pece Est. 
Caputo -P. M. Toro (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Soprano) c. Soc. Fausto Careno. 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazione 
della Finan~a -Forme e termini. 

(r.d. 8 �uglio 1937, n. 1516, art. 35, 38 e 45). 
L'atto essenziale che costituisce l'esercizio del diritto di impugnazione 
della Finanza � la presentazione del ricorso presso la segreteria 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 419 

sificati montani ai fini della legge 25 luglio 1952, n. 991 �; e poich� 
ai fini di quest'ultima legge il Comune di Massa Marittima � stato 
classificato montano (deliberazione Comm. Censuaria Centrale n. 2527 
del 9 settembre 1952), ne consegue che la ditta D. & E. Biagi-, costituita 
il 6 agosto 1959, deve beneficiare dell'esenzione. -(Omissis). 

Orbene, non � necessaria una particolare insistenza di motivazione 
per dimostrare che ai fini dell'esenzione tributaria in esame � richiesto 
il concorso delle seguenti condizioni oggettive: a) che si tratti di localit� 
riconosciute economicamente depresse; b) che si tratti di Comuni 
con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti. 

Il riconoscimento di localit� economicamente depressa di regola 
� attribuito con deliberazione del Comitato dei Ministri, ed ha quindi 
natura discrezionale; invece i territori classificati montani ai fini della 
legge 25 luglio 1952, n. 991, sono riconosciuti �di diritto� localit� 

legge 29 luglio 1957, al d.1.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598 sopra citato; ed 
� espressamente confermata dall'art. 8 della legge 22 luglio 1966, n. 614, 
ove si chiarisce, con norma interpretativa, che sono industrie le imprese 

� aventi per oggetto la produzione di beni �. 
Che quest'ultima norma abbia carattere interpretativo si desume, oltre 
che da tutto quanto si � sin qui scritto, dalla considerazione che essa (articoli 
8, 9 e 12) riproduce la contrapposizione tra imprese industriali, esentate 
in tutte le localit� economicamente depresse, e imprese del settore turistico, 
esentate solo nei territori montani e negli altri territori previsti dalla legge 
13 giugno ~961, n. 561, contrapposizione gi� esistente nella precedente (e 
qui menzionata) legislazione per le aree depresse del centro-nord; come, del 
resto, confermato dal secondo comma dell'art. 17 della legge n. 614 del 1966, 
ove si prevede un �periodo tran,sitorio � di tre anni, con riguardo alle 
modificazioni apportate dalla legge stessa soltanto ai limiti territoriali delle 
esenzioni. 

Del resto, la distinzione delle attivit� industriali dalle altre attivit� 
economiche (commercio, turismo, agricoltura, pesca, ecc.) � costante in 
tutta la legislazione per le zone depresse, ed appare in tutta evidenza nel 
testo unico delle leggi sul Mezzogiorno approvato con d.P.R. 30 giugno 1967, 

n. 1523. Espressioni come �aree e nuclei di sviluppo industriale�, �iniziative 
industriali �, � impianti industriali ., �processi o� cicli di lavorazione 
ad elevato contenuto tecnologico�, e altre analoghe, sono state recepite 
dal linguaggio legislativo e sono utilizzate con un significato ben preciso 
e delimitato; e non soltanto per regolare la materia delle agevolazioni 
fiscali, ma anche per la disciplina di molte altre materie (contributi pubblici, 
finanziamenti, espropriazioni, tariffe elettriche ferroviarie e marittime, 
riserve sulle forniture a pubbl�che amministrazioni, ecc.). 
Appare quindi ragionevole auspicare che l'approccio della giurisprudenza 
al compito di definire la nozione di � industria � non sia episodico 

o superficiale, ma parta dall'acquisizione di una visione globale delle 
esigenze di disciplina normativa del fenomeno da definire. 
F. FAVARA 
7 



418 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stesso, a nulla rilevando �che quest'ultimo concorra, quando vi sia, a 
determinarne la misura. 

Data questa sua particolare indole l'imposta in questione non pu� 
considerarsi compresa fra quelle previste, ai fini della agevolazione 
fiscale, nell'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, onde esattamente 
la Commissione Centrale l'escluse dal beneficio. -(Omissis). 

II 

(OmiSsis). -Nel merito, la domanda � infondata. Essa procede su 
due linee di argomentazioni, nessuna delle quali pu� essere condivisa. 
La prima muove dal rilievo che il terzo comma dell'art. 8 legge 

n. 625 del 1957 riconobbe � di diritto localit� economicamente depresse, 
senza la deliperazione prevista dal comma precedente, i territori classtato 
preceduto da un adeguato approfondimento. In particolare non si � 
considerato che, una volta abbandonata la pi� rigorosa nozione tradizionale 
di � industria �, non era pi� posibile trovare un criterio di delimitazione 
dell'attivit� propriamente industriale che risulti utilizzabile in quanto 
dotato di un sufficiente grado di oggettivit� e di evidenza: � palese che, in 
qualche misura, una cosidetta � produzione di serv~zi �, e cio�, opportunamente 
tornando �d una terminologia pi� giuridi�a, una prestazione di 
facere, � rinvenibile in quasi tutte le attivit� economiche (si pensi ad un 
bar o ristorante di dimensioni non artigianali, a un cinematografo, ad una 
�genzia finanziaria o immobiliare, ecc.). Sicch�, considerato che anche 
l'impiego di macchinari non pu� essere qualificante in quanto ormai diffuso 
in tutte le attivit� economiche, non resterebbe che :il ricorso a criteri quantitativi, 
o parimenti discutibili, criteri per i quali certamente non si rinviene 
una propensione del legislatore tributario. 

Del resto; la prima pronuncia della Corte di Cassazione nel senso della 
inclusione delle imprese produttrici di servizi tra le imprese industriali 
(Cass., S.U., 27 gennaio 1959, n. 221, Foro it., 1959, I, 216) � stata emessa 
in una lite non in materia di imposte ma concernente l'interpretazione di 
una disposizione di piano regolatore. In tale sentenza l'equiparazione di un 
cinematografo agli opifici industriali � stata giustificata da considerazioni 
di igiene delle costruzioni; non � tuttavia escluso che, impropriamente massimata, 
essa sia divenuta un � precedente � per le successive pronuncie in 
materia tributaria. 

D'altro canto, pu� avere operato la suggestione di una apparente simiglianza 
tra le imprese industriali denominate dal codice di commercio abrogato 
�di somministrazione� (ad esempio di energia elettrica, di gas, di 
energia elettrica per uso telefonico, ecc.) e le imprese organizzate per la 
cosiddetta �produzione di servizi�. Simiglianza solo apparente, ove si consideri 
!'abbastanza netta diversit� del � prodotto � vuoi sotto l'aspetto econcimico 
vuoi sotto quello giuridico. � 

La nozione di � industria ., come attivit� di trasformazione della materia 
per la produzione di cose o en.ergie, non �.contraddetta dall'art. 13 comma 
primo lettera b della legge 26 giugno 1965, n. 717, ove per la definizione 

dei � redditi industriali � si rinvia, attraverso il richiamo all'art. 29 della 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 417 

L'art. 145 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 sulle imposte dirette stabilisce 
che presupposto dell'imposta sulle societ� � il '.!)ossesso di un 
patrimonio o di un reddito da parte di soggetti tassabili in base al 
bilancio. 

Il successivo art. 146 fissa l'aliquota in relazione al patrimonio 
(7,50 per mille del patrimonio imponibile) ed alla parte del reddito 
complessivo ec�cedente il 6 % di detto patrimonio (aliquota 15 % ). 

Mentre dunque � manifesto che il patrimonio ed il reddito costituiscono 
semplicemente dei parametri di commisurazione del tributo, 
quest'ultimo ha carattere ,personale e soggettivo e trae la sua fondamentale 
ragion d'essere unitaria dall'esistenza stessa, in un determinato 
modo e momento, dei' soggetto tassabile ~Cass.. 12 gennaio 1967, n. 125). 

Non � dunque un tributo diretto sul reddito, se per tale si intende 
l'imposta nascente dalla realizzazione di un provento, appunto perch� 
quella sulle societ� ben pu� "Sussistere anche in difetto del reddito 

detto significato affermando, nella sentenza del 19~2, che � � industria in 
senso proprio l'attivit� intesa ad elaborare la materia prima o grezza ovvero 
a rielaborarla per successive trasformazioni a fine di produrre cose � e 
che � opificio in senso proprio � il mezzo all'uopo, e dicesi tecnicamente 
organizzato per far intendere la necessit� di un complesso di apprestamenti 
meccanici implicanti carattere di stabilit� per loro stessi e in riferimento al 
territorio cui la legge circoscrive il privilegio �; e, nella sentenza del 1961, 
che sono industrie � quelle che si dedicano alla produzione ed elaborazione 
delle materie prime, ovvero alla loro trasformazione in nuovi prodotti, 
anche con aggiunta di nuovi valori, conservandoli, condizionandoli o rendendoli 
idonei al commercio �. E di recente, lo stesso orientamento � stato 
manifestato in alcune sentenze penali della Corte di Cassazione (cosi, la 
sentenza 18 febbraio 1966, Riv. giur. ed., 1967, I, 528, e 30 novembre 1964, 
Giust finanziaria, 1965, 135), e dalla prevalente giurisprudenza di merito 

(tra le molte, la sentenza 8 gennaio 1969, n. 148 della Corte d'appello di 
Napoli, Dir. prat. trib., 1969, II, 661, e la sentenza 10 marzo 1967 della Corte 
di appello di Bologna, Riv. trib. loc., 1967, 120). 

� Industria � in senso proprio �, appunto, l'attivit� di trasformazione 
della materia per la produzione di cose o di � energie � (art. 814 cod. civ.): 
con questo significato la parole �' stata utilizzata dal legislatore tributario, 
in tutte le norme fin qui menzionate (cfr. sostanzialmente conforme la sentenza 
Corte Cost. 12 luglio 1965, n. 65, Foro it., 1965, ~574). N� in contrario 
pu� essere invocato (come � stato fatto nella sentenza Cass. 6 settembre 
1968, n. 2879, Dir. prat. trib., 1969, 650, e nello scritto di D'AMATI, Sulla 
applicabilitd delle agevolazioni tributarie per il Mezzogiorno agli alberghi, 
Dir. prat. trib., 1968, 229) il com.ma terzo dell'art. 8 della legge 8 giugno 
1936, n. 1231; da questa norma nessuna definizione di �industria� pu� 
essere desunta, dal momento che esso esclude dall'imposizione sui fabbricati 
gli edifici destinati non solo alle attivit� industriali ma anche alle attivit� 
commerciali. 
Lo slittamento della giurisprudenza della Cassazione civile nell'ultimo 

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quinquennio verso una diversa accezione della parola � industria � non � 

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416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

13 giugno 1961, n. 526, non pu� avere carattere innovativo ma semplicemente 
interpretativo, assolvendo alla funzione di meglio ,precisare la 
portata della p;recedente disposizione ed eliminare ogni dubbio esegetico. 

Questo peraltro i�i l'indirizzo giurisprudenziale della Cassazione 
(sent. 24 maggio 1968, n. 1570) che merita d'essere condiviso, perch� 
pienamente rispondente alla ratio degli accennati provvedimenti legislativi. 


Il carattere interpretativo della legge n. 526 del 1961 ne fa retroagire 
gli effetti al tempo della entrata in vigore della legge precedente, 
quella n. 635 del 1957, coprendo ampiamente la data di costituzione 
della societ� ricorrente (28 febbraio 1961). 

Nel ricorso principale la Garber e Pavarin censura la denunziata 
decisione P'er aver negato alla imposta sulle societ� la natura di triJ::>uto 
diretto sul reddito, escludendo per conseguenza il beneficio della esenzione 
decennale da tale imposizione. 

An�he questo mezzo � destituito di fondamento. 

provvedimenti legislativi � anche essa tutt'altro che soddisfacente in relazione 
alle anzidette esigenze politico-legi~lative. Tale espressione risale 
all'inizio di questo secolo, quando la � organizzazione tecnica � intesa come 
utilizzazione di macchinari organizzati in un processo produttivo costituiva 
un evento non frequente e facilmente individuabile. La stessa espressione � 
scarsamente significativa oggi, dopo che, sopratutto per effetto del diffondersi 
dell'energia elettrica e delle sue applicazioni, il macchinario interviene 
praticamente in tutte le attivit� economiche, persino non propriamente 
produttive; sicch� in pratica il compito di definire l'ambito delle esenzioni 
� lasciato prevalentemente all'aggettivo � industriale >. 

Ed infatti, nelle sentenze 27 ottobre 1966, n. 2645 (Foro it., 1967, I, 1559, 

e Riv. leg. fisc., 1967, 358), e 24 maggio 1967, n. 1134 (in questa Rassegna, 

1967, 1033, e Giust. civ., 1967, I, 1220, con nota di MILITERNI), la Corte di 

Cassazione � pervenuta ad applicare l'esenziope decennale prevista per 

l'industrializzazione del Mezzogiorno nei casi di una seggiovia e di un 

albergo, dopo avere reso un ossequio in realt� solo formale al principio 

secondo cui l'esistenza di una � organizzazione tecnica rispondente al pro


g;resso raggiunto dall'attivit�... esercitata � costituisce requisito per il rico


noscimento dei benefici. Per non dire della decisione Cons. Stato, IV sez., 

17 marzo 1965, n. 293 (Cons. Stato, 1965, 429) ove si � asserito che con la 

espressione � stabilimenti industriali tecnicamente organizzati � si son voluti 

�escludere dai benefici (per il Mezzogiorno) le aziende a tipo artigianale, 
che nessun concreto apporto possono dare alla soluzione del problema economico 
di quelle regioni �. 
A questo punto � evidente la ne~essit� di mantenere ferma una nozione 
di � industria � pi� rigorosa e pi� esatta di quella, pervero con sca11so approfondimento, 
formulata nelle pi� recenti citate sentenze della Corte di Cassazione. 
Si � detto mantenere ferma (e non reperire) una pi� rigorosa nozion 
di e industria � in quanto a tale parola � sempre stato attribuito in passato 
un significato specifico e abbastanza ben delimitato. La stessa Corte di 
Cassazione, nelle sentenze 5 luglio 1932, n. 2530 (Giust. Trib., 1933, 188) e 
21 ottobre 1961, n. 2288 (Foro it., 1962, 830), aveva avuto modo di 1ar proprio 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 415 

quello incidentale dell'Amministrazione, perch� il suo eventuale accoglimento 
avrebbe carattere assorbente. 

Sostiene, in esso, la Finanza, la violazione dell'art. 8 legge 29 luglio 

1957, n. 635 modificata dalla legge 13 giugno 1961, n. 526, in quanto 

il beneficio fiscale dell'esenzione' da imposta di R.M. non potrebbe �essere 

concesso ad imprese costituite anteriormente all'entrata in vigore della 

legge n. !;26 del 1961. 

La censura � infondata. 

L'intento del legislatore, con la <prima legge del 1957, �fu quello 

di agevolare le imprese artigiane e le nuove �piccole industrie�, fra 

le quali ben potevano ritenersi comprese quelle alberghiere e quelle 

esercenti impianti di trasporto a mezzo di funi (seggiovie, funivie, 

teleferiche, ecc.), 

Pertanto la successiva specifica inclusione fra le piccole industrie 

delle predette (alberghiere �e di trasporto con funi), in virt� della legge 

imprese di trasporto (cosi, il trasporto mediante funi) e di parte delle im


prese � ausiliarie �. Peraltro, va subito precisato, l'art. 2195 codice civile � 

stato redatto non per distinguere le attivit� industriali tra le attivit� latu 

sensu. commerciali, ma per distinguere queste dalle attivit� agricole; sicch� 

l'elencazione in esso contenuta � solo esemplificativa e non anche clas


sificativa. 

Una cosi ampia nozione di �industria� non soddisfa le esigenze di una 

legislazione che, essendo rivolta ad incentivare alcune specifiche attivit� 

economiche, ha bisogno di tracciare un confine tra imposizione ed esenzione 

non solo chiaro ma anche coerente con le finalit� di politica economica 

perseguite. Tanto pi� che la nozione anzidetta va coordinata con quella 

desumibile da altre norme/ anteriori al 1957, che direttamente o indiretta


mente hanno definito, agli effetti tributari, quale attivit� debba qualificarsi 

specificamente industriale, quali tra gli altri, l'art. 5 della legge 26 gen


naio 1865, n. 2136, l0art. 3 del r.d. 24 agosto 1877, n. 4024 (regolamento 

per l'imposta di ricchezza mobile), l'art. 40 del r.d. 30 aprile 1936, n. 1138 

(regolamento sulle imposte di consumo), I.'.art. 6 e segg. della legge 8 luglio 

1904, n. 351, l'art. 3 della legge 15 luglio 1906, n. 382 e l'art. 3 del decreto 

legislativo C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598 (per l'industrializzazione del 

Mezzogiorno), i provvedimenti legislativi per Trieste, per Pola, per la zona 

franca del Carnaro, per Livorno, l'art. 2 della legge reg. sic. 20 marzo 1950, 

n. 29 e l'art. 1 della legge reg. sic. 7 dicembre 1953, n. 61. 
� N� dalla considerazione che l'art. 8 della legge n. 635 del 1957 persegue 
non la specifica finalit� dell'industrializzazione ma la pi� generale finalit� 
dello sviluppo economico dei territori cui si riferisce, pu� trarsi (come 
in sostanza � stato fatto nella decisione Comm.ne Centrale, sez. II, 18 dicembre 
1963, n. 62741, Dir. prat. trib., 1965, 315, con nota adesiva di Bomx) la 
� conseguenza che la parola � industria � � usata da detto art. 8 con un 
significato diverso da quello ricavabile dagli altri menzionati provvedimenti 
legislativi. Invero, quel criterio di coerenza che � alla base di ogni interpretazione 
sistematica �onduce a ritenere che il legislatore tributario abbia 

attribuito alla parola � industria � un significato costante. 

Del resto -va osservato -la espressione �opifici (o stabilimenti) 
industriali tecnicamente organizzati � ricorrente in molti dei menzionati 


414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

con popolazione superiore ai diecimila e inferiore ai ventimila 

abitanti -Carattere innovativo della legge 13 giugno 1961, n. 526. 

(legge 29 luglio 1957, n. 635, art. 8; legge 13 giugno 1961, n. 526}. 

L'esenzione decennale da ogni tributo diretto sul reddito prevista 
dall'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, � applicabile soltanto ai 
comuni con popoLazione inferiore ai diecimila abitanti quaLificati come 
localit� economicamente depresse ai sensi deLla legge citata. L'estensione 
della esenzione anzidetta ai comuni con popol�zione non superiore ai 
ventimila abitanti siti in territori classificati montani (o interclusi tra 
questi o compresi nei comprensori di bonifica montana) � stata intro~ 
dotta con la legge 13 giugno 1961, n. 526, che, per tale disposizione, 
� innovativa (3). 

I 

(OmissiS). -Dei due ricorsi, proposti contro la decisione della 
Commissione Centrale occorre esaminare, in via di precedenza logica, 


(3) La nozione di �industria� e'1e agevolazioni fiscali per le localit� 
I

depresse. 

L'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, ha esentato �da ogni tributo 
diretto sul reddito ., per dieci anni dalla data di inizio della loro ~ttivit�, 

I 

� le nuove imprese artigiane e le nuove piccole industrie � che vengano a 
costituirsi, nell'Italia settentrionale e centrale, su �territori� dichiarati 
� localit� economicamente depresse >. Successivamente, con l'articolo unico 
I della legge 13 giugno 1961, n. 526, � stato, tra l'altro, disposto che nei territori 
classificati montani, o interclusi tra questi, o compresi in comprensori 

I 

di bonifica montana, !"esenzione anzidetta � si applica altres� alle nuove i;
imprese alberghiere e alle nuove imprese esercenti impianti di trasporto 
per mezzo di funi comunque denominati �. 

Sono sorte questioni sul punto se imprese alberghiere oppure esercenti 
impianti di trasporto mediante funi potessero beneficiare dell'esenzione in 
quanto e picc<>le industrie., in forza dell'art.'8 citato e quindi .anche al di 
fuori dei territori cui� si riferisce la legge n. 526 del 1961. La Corte di Cassazione 
con la sentenza 24 maggio 1968, n. 1570 (in questa Rassegna 1968, 
I, 483), in tema di imprese alberghiere, e con la sentenza che si annota, in 
tema di imprese esercenti impianti di trasporto mediante funi, ha affermato 
che dette imprese er�no gi� agevolate dalla legge del 1957 e che, perci�, la 
legge del 1961 doveva necessariamente essere qualificata come interpretativa. 


Le due pronuncie sono basate su una interpretazione della parola 

� industria � secondo il pi� ampio dei possibili significati della parola 
stessa: sarebbero � industrie � non soltanto le imprese che il codice di 
commercio abrogato indicava come � imprese di manifatture � e � imprese 
di somministrazione �, ma in sostanza tutte le imprese non commerciali 
strictu sensu e non agricole. Una nozione, a ben vedere, soltanto � residuale 
., e pi� ampia anche di quella posta dal comma primo (n. 1) dell'articolo 
2191! cod. civ.; essa infatti finisce per risultare comprensiva anche delle 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 

sporto a mezzo di funi -Applicabilit� dell'esenzione -Carattere 
interpretativo della legge 13 giugno 1961, n. 526. 

Imposta sulla societ� -Non � tributo diretto sul reddito -Esenzione 

decennale per le localit� depresse dell'Italia settentrionale e cen


trale -Non � applicabile. 

(legge 29 luglio 1957, n. 635, art. 8; legge 13 giugno 1961, n. 526). 

L'esenzione decennale da ogni tributo 4iretto sul reddito, prevista 
dall'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635 per le �nuove piccole industrie
� che vengano a sorgere nelle localitd economicamente depresse 
di cui alla dett� legge, � applicabile anche a favore deLle imprese esercenti 
impianti di trasporto a mezzo di funi. Ha perci� carattere -interpretativo 
la norma in materia dettata con l'articolo unico della legge 
13 giugno 1961, n. 526 (1). 

L'imposta sulle societd non pu� essere compresa tra i tributi diretti 
sul reddito. Ad essa quitidi non si estende l'esenzione decennale anzidetta 
(2). 

II 

TRIBUNALE DI FIRENZE, Sez. I, 3 aprile 1969, n. 546 -Pres. Caccavale 
-Est. Fusaro -Biagi Danilo e Biagi Etrusco (avv. Salmoia) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). 
Imposta di ricchezza mobile -Esenzione decennale per le localit� depresse 
dell'Italia settentrionale e centrale -Applicazione a Comuni 

(1) Non constano precedenti in termini. La sentenza del Tribunale di 
Firenze conferma, sia pure rispetto ad altra disposizione, il carattere innovativo 
della legge 13 giugno 1961, n. 526. 
(2) La massima � palesemente esatta. In aggiunta a quanto, sul 
punto, argomentato nella motivazione della sentenza in .rassegna, va 
osservato: a) l'art. 5 secondo comma della legge 6 agosto 1954, n. 603, istitutiva 
dell'imposta sulle societ� ha espressamente disposto che nella determinazione 
deWimponibile di detto tributo e si computano anche i redditi 
che in forza di leggi speciali sono esenti dalle imposte relative� (cfr. anche 
art. 24 stessa legge); b) tale norma � stata riprodotta nell'art. 148 comma 
primo lettera g del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645); c) per derogare alla norma 
anzidetta in favore delle societ� che si costituiscono nel Mezzogiorno, il 
legislatore ha dovuto emanare una disposizione speciale (l'art. 17 della legge 
26 giugno 1965, n. 717). _ 
Parallelamente, per l'imposta complementare progressiva sul reddito 
complessivo hanno disposto l'art. 7 ultimo comma r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3062, e l'art. 135 comma secondo lettera b del testo unico citato. 
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412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

naio 1956, n. 1 (per la quale, dopo la discussione innanzi la commissione, 
�il contribuente ed il Procuratore delle Imposte si ritirano dall'aula 
� e solo dopo la commissione decide sul ricorso), sia causa o 
meno della nullit� della deliberazione, non � nuova essendo stata gi� 
risolta in senso positivo da questo Supremo Collegio (Cass., 12 gennaio 
1961, n. 2S02; 24 gennaio 1962, n. 113). 

La nullit� della deliberazione presa alla presenza del Procuratore 
delle Imposte, pur non essendo comminata espressamente dalla legge, 
deriva dalla violazione di uno dei principi fondamentali su cui si regge 
il processo civile ~principi che devono essere osservati anche' nel procedimento 
innanzi alle commissioni tributarie: Cass., 19 luglio 1965, 

n. 1621), il principio del contraddittorio, formulato nell'art. 101 c.p.c. 
Codesto principio ~ rispettato solo quando � data a tutte le parti nel 
processo uguale possibilit� di difendersi, esso � l'attuazione di una 
fondamentale garanzia di giustizia, consacrata oggi anche nella Costituzione 
(art. 24, secondo comma). 
� Ora � evidente che non � garantita alla contro.parte (cio� al contribuente) 
eguale possibilit� di difesa nella fase decisoria del giudizio 
della commissione, se viene consentito al Procuratore delle Imposte, 
che rappres�nta l'altra parte (l'Amministrazione finanziaria) la possibilit� 
di -assistere alla deliberazione della controversia e di esporre 
quindi, ulteriori ragioni che il contribuente non � in grado di controllare 
e rettificare. 

La legge n. 1 del 1956 ha soppresso la disposizione dell'art. 29 del 
decreto n. 1516 del 1937 (che faceva al Procuratore delle Imposte una 
ingiustificata condizione di favore nei confronti del contribuente, coni:;
entendo solo al primo, e non al secondo di assistere alla deliberazione) 
e con la'rt. 50 ha disposto in conformit� di q�anto, per il procedimento 
ordinario, prevede l'art. 276, primo comma, �C.p.c. (che, cio�, la decisi0ne 
� deliberata in segreto in camera di consiglio, con la partecipazione 
dei soli giudici che hanno assistito alla discussione). In entrambi 
i casi non � comminata una esplicita sanzione di nullit�, ma non pu� 
dubitarsi che nell'una e 'nell'altra ipotesi, l'inosservanza delle disposizioni 
citate concreti una violazione del principio del contraddittorio; 
cardine e fondamento sia del processo civile che di quello tributario. (
Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2.4 febbraio 1970, n. 430 -Pres. Rossano 
-Est. Geri -~� M. Del Grosso (conf.) -S.p.A. Garber e Pavarin 
(avv. Vison�) c. Ministero delle J!'inanze (avv. Stato Masi). 

llnposta di ricchezza mobile -Esenzione decennale per le localit� depresse 
dell'Italia settentrionale e centrale -Nuove imprese di tra




SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 febbraio 1970,. n. 374 -Pres. Marletta 
-Est. Valore -P. M. Caccioppoli (conf.) -Morandi c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Buda). 

Imposte � tasse in genere -Pr~cedimento dinanzi alle Commissioni -

Part�cipazione alla deliberazione della decisione del Procuratore 

delle Imposte -Nullit�. 

� nuZla la decisione deZle Commissioni Tributarie nella quale, in 
violazione deZl'art. 50 della l. 5 gennaio 1956, n. 1, aUa deliberazione 
abbia partedpato il Procuratore delle Imposte; sebbene tale nullit� non 
sia espressamente comminata, come non lo � dall'art 276 c.p.c. per il 
Tito ordinario, essa deriva dal .principio del contraddittorio che � un 
cardine sia del processo civile che di quello tributario (1). 

(Omissis). -Il ricorrente, denunciando la violazione dell'art. 50 
della legge 5 gennaio 1956, n. 1, in relazione all'art. 360 nn. 4 e 5 �c.p.c., 
sostiene la nullit� della �lecisione per aver partecipato alla sua deliberazione 
il Procuratore delle Imposte e per non essere avvenuta tale 
deliberazione subito dopo la discussione del ricorso, ma al termine 
della seduta. 

Sull'ammissibilit� del ricorso non � il caso di Jndugiare, in quanto, 
come questo Supremo Collegio ha gi� ripetutamente stabilito (Sez. Un., 
7 ottobre 1963, n. 2087; Cass., 22 dicembre 1964, n. 2949), contro le 
decisioni della Commissione provinciale delle imposte, emesse in grado 
di appello in tema di determinazi�ni del valore imponibile ai fini delle 
imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, � consentito il ricorso 
alla Corte Suprema per violazione di legge, ai sensi dell'art. 111 della 
Costituzione. 

La questione se l'inosservanza, da parte delle commissioni tribu


tarie, della norma introdotta dall'art. 50, terzo comma della legge 5. gen


(1) Sul presupposto della natura giurisdizionale del procedimento innanzi 
alle Commissioni (Cass. 20 giugno 1969, n. 2175, in questa Rassegna, 
1969, I, 538), l'affermazione della nuliit� � ineccepibile; v. in senso conforme 
Cass. 24 gennaio 1962, n. 113, ivi, 1962, 90; v. anche Relazione Avv. Stato, 
1961-65, II, 315. 

410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� CO_NSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 marzo 1970, n. 166 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Battara -Bellini ed altri (avv. Pallottino) c. Ministero 
Lavori Pubblicij Pubblica istruzione e Trasporti �e Aviazione 
Civile (arvv. Stato Agr�) e Comune di Roma (avy. Rago). 

Piano regolatore -Prescrizioni e vincoli -Annullamento di prescrizione 
limitata ad una parte della zona -Non implica annullamento 
total� della destinazione di .zona -Effetti. 

Piano regolatore -Approvazione -Introduzione di modifiche da parte 
dell'Autorit� governativa -Omessa,deliberazione del Comune 
-Illegittimit� -Presupposti. 

UM volta 'annullata una prescrizione. del piano regolato'l"e generale 
limitatamente ad una parte della zona, in sede di rinnovazione 
del procedimento t'Amministrazione pu� rego,larsi in modi diversi in 
base aWinteresse p!i,bbtico che intende persegttire e tutelare; pertanto, 
non incidendo le tilegittimit� parziali rilevate nei piani regolatori sull'insieme 
dei piani stessi, in quanto suscettibili di essere sanate da un 
nuovo provvedimento di coo,ten�to legittimo, dall'annullamento parziale 
di una precisione di zona non deriva l'annullamento to�tale de.ZZa 
destinazione prevista per la zona stessa, sulla base di una p'l"etesa indivisibilit� 
delt'atto di imposizione del vincolo .dovuta alla comune destinazione 
delle propriet� comprese nei perimetrri deile zone' delimitate 
al detto vincolo. 

� Sebbene la tutela del paesaggio e delle cose di interesse storieo, 
artistico ed archeologico spetti istituzionalmente allo Stato, da ci� non 
consegue� che l'Autorit� �governativa posS1a, da sola ed in sede di approvazione, 
introdurre nel piano regolatJore modifiche non deiiberate 
dal Comune, a meno �he si tratti di modifiche di lievissima entit�, 
che non incidano su interessi �P'T'.opri del Comune o di terzi; pertanto, 
�� illegittimo il decreto presidenziale che impone unilateralmente a 
tutta 'una zona il vincolo a parco pubblico che il piano regolatore generale 
adottato dal Comune interessato aveva previsto per una parte 
soltanto. della zana medesima. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 409 

ispezioni, lo stato di conservazione o di custodia delle cose, appartenenti 
a privati, che abbiano formato oggetto di � notificazione � ai 
sensi della citata legge, sulla tutela delle cose di interesse storico e 
artistico; pertanto, rioo,tra nella competenza di detto organo e non gid 
del Ministro deZLa pubblica istruzione, nella esplicazione della attribuzione 
predetta~ di impartire disposizioni ed adottare i provvedimenti 
che, in relazione agli acce1Ttamenti espletati, si rendano di volta in 
volta necessari per la conservazione e la custodia delle co,se suddette. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 febbraio 1970, n. 127 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Felici -Mammola (avv. Pischedda) c. Ministero agricoltura 
e foreste (arvv. Stato Dallari) U.N.I.R.E. e E.N.C.I. (n.c.). 

Competenza e giurisdizione -Ente pubblico -Commissario straordinario 
-Trattamento economico -Controversia -Giurisdizio, 
ne gene:rale di legittimit� e non esclusiva del C. d. s. 

Amministrazione �dello Stato e degli Enti pubblici -Commissario 
straordinario -Trattamento economico -Omessa determina


I' 

zione nell'atto di nomina<. Obbligo dell'Autorit� di provvedere 

-Sussiste. 

r 

La controversia concernente la determinazione del trattamento 
economico relativa aLl'attivitd esplicata quale Commissario straordi


~ 

nario di un Ente pubblico (nella specie, Commissari& governativo dell'Ente 
nazionale per il cavallo �trnliano) rientra nella g~urisdizione ger 
nerale di legitbimitd e non in quella esclusiva, del Consiglio di Stato 
ove l'interessato abbia mosso delle' doglianze sull'esplicazione del potere 
esercitato dalla P. A. (1). 


I 

La norma dell'art. 1709 e.e. non si applica allorch� il tito-Lo al-m. 
l'esercizio delle funzioni non consiste in un contratto di mandato, bensi 
,

�.

:--.... 

in un atto autoritativo deila P. A., -in virt� del quale l'interessa,to sia 

m 

legittimato aa' esercitare le attribuzioni demandate aU'organo straor~~ 


w

dinario di Ente pubbUco; pertanto ia P. A. � obbligaba a determinare 

I ~ 

nel decreto di nomina il wattamento economico dell'interessato, non 

esistendo in via generale il divieto di remunerare i Commissari go


vernativi degli Enti pubblici (2). 

111:: 

n:
(1-2) Entrambe le massime, che sono applicazione di principi generali, 
sembrano esatte. 


1:~ 
1mEm:rrg~1wrnmmrMrr1mrnI;:rmn1rr1nr;mmm@11Em1m:rtz1wiFM11:Mm111&mm1mrnmrmm:=mmmmmr1rnmm1ff&&rd~ 


PARTE I, SE.Z. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 447 

relazione all'art. 360 c.p.c., e censura la decisic>ne impugnata per avere 
escluso che lo scorporo che essa ricorrente aveva operato di un intero 
settore del proprio complesso aziendale (quello patrimoniale) e l'apporto 
che .ne aveva fatto a favore della ~ociet� SITOR fosse idoneo 
ad> attuare la � concentrazione aziendale � di cui all'art. 2 del citato 
d.1. n. 10.57 del 1948 e potesse perci� fruire dell'agevolazione fiscale 
ivi prevista, basandosi sull'erroneo supposto che l'apporto a tal fine 
'necessario, anche se non costituito da interi complessi aziendali, debba 
-per lo meno -consistere in attivit� e beni fra loro funzionalmente 
connessi in modo da costituire un �ramo dell'azienda� che viene in 
tal guisa trasferito dall'una all'altra societ�, e giammai in beni singoli. 

Il motivo � fondato. 

I, 762; 30 gennaio 1964, n. 257, in questa Rassegna, 1964, I, 373 ove in nota 

richiami agli altri� precedenti giurisprudenziali. 

Il contrasto tra la tesi giurisprudenziale e quella sostenuta dalla Finan


za, fatta propria dalla Commissione centrale delle imposte, trova una sua 

giustificazione nella lettera della stessa legge. � 

Stabilisce, infatti, l'art. 2 della legge n. 1057 del 1948 (disposizione della 

cui applicazione si trattava nel caso in es�me, ma che, come si � detto � 

presso che identica a quelle delle leggi anteriori) che l'imposta fissa di 

registro e si applica, altresi, alle concentrazioni di aziende sociali effettuate 

mediante apporto di attivit� in societ� esistenti o da costituire, quando 

anche, in conseguenza di tali apporti, l'oggetto della societ� apportante 

venga limitato, per essersi l'esercizio del ramo di commercio che vi si rife


risce, in tutto o in parte trasferito alle �altre societ� >. 

Ora mentre la Finanza, nel tentativo di limitare l'estensione dell'age


volazione, fa perno sull'espressione � concentrazioni di aziende sociali � 

per dedurne che l'operazione per giovarsi dell'agevolazione fiscale deve 

riflettere l'apporto' di una azienda o almeno di un nucleo aziendale organiz


zato (nello stesso senso oltre la giurisprudenza della Commissione Centrale, 

in dottrina PERRICONE, Azienda e societ� nella imposta di registro, Milano 

1950, p. 291 ss.) la S.C. rileva che, sempre secondo la lettera della legge, la 

concentrazione pu� avvenire anche mediante � apporto di attivit� � e quindi 

di singoli beni non organizzati per l'esercizio dell'impresa. 

A sostegno della propria interpre~azione la s:c. adduce anche l,ln elemento 
sistematico: poich� scopo della normativa agevolatrice � � la formazione 
di organismi sani potenziando la capacit� produttiva delle aziende 
concentratarie > tale scopo pu� essere raggiunto anche mediante apporto di 
un singolo bene (in senso conforme ANTONINI, Considerazioni intorno ad 
alcuni aspetti della concentrazione aziendale, in Giur. it., 1960, IV, 57 ss., 
ROMANI A., Agevolazioni tributarie agli effetti dell'imposta di registro e 
concentrazioni aziendali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1959, 711 ss. Per la 
nozione di concentrazione v. RAGUSA MAGGIORE, Successione della societ� 
concentrante in contratti della societ� concentrata, in Riv. soc., 1969, 35 ss.). 

Non � certo il caso, attesa l'uniformit� dell'indirizzo giurisprudenziale 

che non lascia adito a ripensamenti, di ridiscutere sulla bont� della tesi 

accolta dal S.C.. 

Si tratta, invece, di prendere atto di tale indirizzo ed esaminare le con


seguenze che ne derivano. 



448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Fermo e pacifico il punto che la c�ncentrazione aziendale cui ha 
riguardo la disposizione di legge in esame � quella che si attua mediante 
il conferimento operato da una societ� (concentrante) a favore 'di un'altra 
(concentrataria); il problema che, in forza del motivo di impugnazione 
ora riferito, viene proposto a questo Supremo Collegio �, ancora 
una volta, quello relativo alla individuazio:ne dell'oggetto di un tale 
conferimento: se cio�, per attuare la previsione della norma, sia necessario 
-come pretende l'Amministrazione finanziaria (e come ha r~tenuto 
la impugnata decisione della Commissione centrale) -che l'apporto 
concerna per lo meno un ramo dell'azienda della societ� concentrante 
o se invece possa ritenersi sufficiente -come sostiene la societ� 
ricorrente -anche un appotto di singoli beni. 


Sembra opport..no, tuttavia, sottolineare, per il rilievo che tale osservazione 
avr� nell'ulteriore sviluppo delle considerazioni che verranno svolte, 
che la tesi dell'amm.ne finanziaria, ancorata all'elemento obbiettivo della 
necessit� che l'apporto, attraverso cui si attua la concentrazione, sia costituito 
d� un'azienda o da un ramo di essa, non contrasta in alcun modo con 
la ratio, sopra indicata della norma agevolatrice che anzi, essa lo attua pienamente, 
atteso che lo scorporo� di un complesso aziendale da una societ� 
ed il trasferimento ad un'altra determina nella societ� concentrataria non 
solo un potenziamento, ma anche una migliore sistemazione e struttura del-


I

l'impresa sociale (conf. �ANTONELLI, op. cit., p. 63). In tal senso ha disposto 
poi l'art. 1 della legge 18 marzo 1965, n. 170, riflettente le agevolazioni fiscali 
alle trasfol'I)lazioni, fusioni e concentrazioni di societ� commerciali che ha 
ormai risolto ogni controversia al riguai:do. 


2. -Come si � detto, l'oggetto di queste brevi note riflette le conseguenze 
che derivano dall'interpretazione delle disposizioni agevolatrici che 
la S.C. ha accolto. � 
Si potrebbe, peraltro, subito chiedere se non sia . del tutto ultraneo 

discutere al riguardo, una volta che la S.C. ha riconosciuto (e di ci� si � gi�. 

preso atto), in modo che non consente di sperare in revirement, che non � 

necessario, per potersi giovare dell'agevolazione tributaria di cui si tratta, 

che l'apporto della societ� concentrante sia costituito da un compiesso di 

beni organizzati (azienda o ramo di esso) essendo agevolato anche l'apporto 

di singoli beni, dovendosi, quindi, ritenere che ogni conferimento da una 

societ� ad un'altra venga a giovarsi della imposta fissa di registro. 

Una tale conclusione non potrebbe, tuttavia, non lasciare perplessi. 

Se essa fosse esatta vorrebbe dire che la norma che agevola la con


centrazione di aziende sociali ha completamente abrogato l'art. 81 ali. A 

della legge di registro, che appunto regola la tassazione dei conferimenti 

in societ�, almeno per la parte che riflette i �conferimenti di .una societ� in 

un'altra societ�. 


Ma questo non pu� certamente essere stata l'intenzione del legislatore. ~ 

� stato esattamente notato in dottrina (v. ROMANI, op. cit., p. 716. Conf. ~ 

A.NTONINI, op. cit., 63) che � all'atto della delimitazione della fattispecie age-] 

volata, il legislatore si � preoccupato che la concentrazione -concretandosi 

� in un apporto di beni tra due societ� che sono e restano giuridicamente 1 
distinte -�potesse determinare una eccessiva dilatazione dell'ambito di 
applicazione del beneficio sino al punto di ricomprendervi qualsiasi trasfe



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 449 

Il problema non � nuovo, essendo gi� stato risolto, in senso favorevole 
alla tesi della ricorrente, da una serie di pronuncie uniformi di 
questa Suprema Corte (cfr., oltre alla sentenza n. 3384 del 1956, citata 
nella decisione della Commissione centrale: Cass., 24 febbraio 1968, 

n. 635; id., 30 gennaio 1964, n. 257; id., 26 ottobre 1959, n.. 3086), 
attraverso le quali si � consolidato un indirizzo interpretativo da cui 
questo Supremo Collegio non trova ragionevole motivo di discostarsi 
nella odierna controversia. 
L'interpretazione restrittiva, sostenuta con riguardo alla norma in 
esame dall'Amministrazione finanziaria, prima con la circolare Ininisteriale 
n. 17855 del 17 agosto 1949 recante istruzioni al citato d.l. 

rimento anche se del tutto indipendente rispetto a quelle finalit� di risanamento 
e di potenziamento delle imprese societarie che costituiscono lo 
scopo del provvedimento e ad evitare tale pericolo, ha specificato che deve 
trattarsi di concentrazioni di aziende sociali, nel .senso che l'apporto (che 
pu� avere ad oggetto anche un solo bene) in tanto � agevolato, in quanto 
concorra al rafforzamento dell'aziende della societ� destinataria del conferimento�. 


In sostanza, perch� .si realizzi la fattispecie agevolativa voluta dal legi-: 
slatore � necessario, non solo che vi sia un apporto da una societ� ad 
un'altra, ma anche che tale apporto sia destinato a determinare un rafforzamento 
dell'azienda della societ� nei cui confronti esso si opera. 

Due sono, dunque, le condizioni per giovarsi dell'agevolazione di cui 
si discute: una di carattere oggettivo (conferimento da una societ� ad 
un'altra) ed una di carattere finalistico (che deve per� essere oggettivamente 
accertabile) e cio� la destinazione dell'apporto a realizzare un rafforzamento 
dell'azienda della societ� concentrataria (per un cenno in questo 
senso v. Cass., n. 1560 del 1965 cit.). 

Ora nel caso deciso nella Sentenza che si annota il �S.C..ha stabilito 
che non � necessario l'apporto di un nucleo organizzato di beni per l'applicazione 
'dell'agevolazione, ma nessun accertamento � stato svolto in 
ordine all'esistenza del secondo presupposto, necessario anch'esso per l'applicazione 
dell'agevolazione. 

Di quiria necessit� di un'indagine sul punto da parte della Commissione 
Centrale a cui la Cassazione ha opportunamente rimesso la controversia per 
un nuovo esame. 

3. -A questo punto il discorso non pu�, per�, ritenersi concluso. 
L'aver stabilito che per aversi conferimento agevolato � necessario, 
oltre che un apporto di una societ� ad un'altra, anche che esso sia destinato 
a rafforzare l'azienda della societ� concentrataria, induce a precisare quando 
possa affermarsi che il fine voluto dalla legge � stato realizzato. 

A tale quesito non sarebbe certo risposta soddisfacente quella che 

indicasse come sufficiente che l'apporto realizzi un semplice � potenzia


mento � della societ� concentrataria. 

� chiaro che se alla parola � potenziamento � si attrib.isce il signi


ficato di incremento del patrimonio di detta societ�, lo scopo di � limitazione 

della fattispecie agevolata � che il requisito finalistico voluto dal legislatore 

dovrebbe realizzare, sarebbe integralmente annullato. 

Invero � certo che ogni conferimento determina un incremento patrimoniale 
e, quindi, un potenziamento (in senso economico) della societ� 


450 RASSEGNA 'DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 1(}57 del 1948, e poi con la normale n. 76 del B.U. Tasse del 1932 
(interpretazione qui condivisa, sia pure con qualche attenuazione, dalla 
Commissione centrale), secondo cui la concentrazione voluta dalla legge 
di favore � quella che opera il trapasso di un ramo di attivit� in esercizio 
da una so'ciet� ad un'altra, in modo che la .Prima (concentrata) 
venga a ridurre il proprio esercizio a beneficio della seconda (concentrataria), 
non trova rispondenza alcuna n� nella lettera n� nella volont� 
della legge. 
Questa, invero, disponend� che le agevolazioni stabilite dall'art. 1 
(per .gli �tti di fusione delle societ� nazionali) si applicano �nche �alle 
concentrazioni di aziende sociali effettuate, anzich� mediante fusione, 

concentrataria, dal che si dovrebbe necessariamente dedurre che ogni 
conferimento verrebbe agevolato, risultato questo che, come si � visto, 
il legislatore ha certamente escluso. . 

Si tratta, dunque, di individuare le caratteristiche che l'apporto della 
societ� concentrante alla concentrataria deve presentare perch� possa ritenersi 
realizzato il fine voluto dalla legge. 

La prima e pi� facile risposta al quesito come sopra posto sembrerebbe 
quella di ritenere come sufficiente per realizzare la fattispecie prevista 
dalla legge che l'apporto effettuato dalla societ� concentrante si ponga 
in posizione strumentale all'attivit� indicata nell'oggetto soci�ale della 
societ� concentrataria (in questo senso sembrerebbe orientata la sentenza 
del S.C, 15 luglio 1965, n. 1560 cit.). 

Nori pare, per�, che tale soluzione sia accettabile. 

� stato autorevolmente notat� (v. FERRI, Manuale di diritto commerciale, 
'Torino 1960, p. 244) che ogni atto della societ� pu� porsi, in via 
astratta, in posizione strumentale al perseguimento dell'oggetto sociale, dal 
che sembra lecito dedurre che anche qualsiasi bene che forma oggetto di 
conferimneto pu� ritenersi su un piano generale in posizione strumentale 
all'attivit� indicata nell'oggetto della societ� concentrataria. 

La rilevata indeterminatezza della nozione di strumentalit� tra apporto 
e ogget,to sociale dimostrano come tale criterio non possa accettarsi non 
potendosi, come si � ripetutamente sottolineato, ammettere che l'agevolazione 
per le concentrazioni possa estendersi a tutti i casi di conferimento 
di societ� in altre societ�. � 

Sembra, quindi, in conformit� della lettera della legge, la quale espressamente 
si riferisce e �alle concentrazioni di aziende mediante apporto 
di attivit� >, che il legislatore abbia inteso agevolare esclusivamente quegli 
apporti che in concreto siano idonei a realizzare un effettivo, migliore rendimento 
della azienda della societ� concentratari�a o una sua pi� razionale 
utilizzazione. 

Occorre, in altre parole, che l'apporto che si intende agevolare (sia " 
costituito da un'azienda, da un ramo, di essa o anche, secondo l'interpretazione 
del S.C., da un singolo cespite) sia idoneo effettivamente a determinare 
una migliore ristrutturazione dell'azienda: della societ� che lo riceve. 

Deve, insomma, trattarsi di un elemento funzionale all'azienda di 
quest.'ultima societ�, cosi come nella sua realt� si presenta. 
Una conferma ulteriore che tale sia l'intenti.o legis pu� ricavarsi dalla 
legge 11 gennaio 1951, n. 25, che, prorogando le agevol�azioni previste dalla 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 451 

mediante apporto di attivit� in societ� esistenti o da eostituire... �, non 
esclude affatto �che ad attuare la prevista concentrazione possa, in ipotesi, 
essere sufficiente anche l'apporto di un solo bene, posto che costituiscono 
� attivit� � tutti indistintamente gli elementi attivi del patrimonio 
sociale (quali: i beni materiali, i beni immateriali, i rapporti 
giuridici, le energie, e via dicendo) anche singolarmente considerati, e 
non soltanto dunque quei complessi di beni che siano fra loro funzionalmente 
�collegati in modo da formare un ramo particolare dell'azienda. 

N�j la necessit� della limitazione del contenuto della espressione 
legislativa (�attivit��) a codesti ultimi complessi potrebbe farsi scaturire, 
per via logica, dalla considerazione delle concrete finalit� perseguite 
dal legislatore. 

Essendo invero scopo del provvedimento legislativo quello di favorire 
�la formazione di organismi sani�, potenziando la capacit� pro-

i 

legge n. 1057 del 1948, ha disposto che il beneficio compete solo nelle ipotesi 
in cui l'operazione sia autorizzata dal Ministero dell'industria e commercio, 
sentito quello del Tesoro, autorizzazione che presuppone, evidentemente, 
un esame concreto ed effettivo circa la vantaggiosit� per l'econo-� 
mia aziendale e nazionale dell'operazione agevolata. 

Aggiungasi che la legge 18 marzo 1965, n. 170, la quale pur attribuendo 
nell'art. 1 l'agevolazione solo alle � concentrazioni di aziende !lOCiali 
mediante apporto di u.n complesso aziendale in un'�altra societ� (ipotesi, 
nella quale, come si � gi� sottolineato, si realizza sicuramente il fine voluto 
dal legislatore), all'art. 3 dispone che, nel caso che per effetto della concentrazione 
il capitale della societ� concentrataria superi il miliardo le agevolazioni 
si applicano solo se sia stato accertato, con decreto del Ministro 
dell'industria e commercio di concerto con quelli del bilancio, tesoro e 
finanza �che le societ� operano nell'ambito di un unico ciclo produttivo 
industriale e commerciale e le operazioni di concentrazione hanno per 
scopo la riduzione dei costi attraverso l'ammodernamento degli impianti e 
delle attrezzature e l'aumento della capacit� produttiva �. 

4. -Se, dunque, perch� l'agevolazione di cui si discute competa, � 
. necessario che l'operazione di concentrazione realizzi un concreto incremento 
o miglioramento dell'azienda della societ� che riceve l'apporto, 
occorre da ultimo stabilire come tale requisito debba essere accertato. 

La legge in esame non prevede, a differenza di quella del 1951 ed in 
parte del 1965, alcun particolare onere di documentazione a carico d� contribuente. 
� 

Non pare possa da ci� trarsi la conseguenza che nessun onere incombe 
al contribuentle e spetti solo alla Finanza svolgere indagini in proposito. 

Al contrario sembra doversi affermare che il contribuente, che intenda 
avvalersi dell'agevol~zione, abbia l'onere di far risultare dall'atto sottoposto 
a registrazione (o, nel caso che la richiesta di agevolazione sia formulata 
in via di rimborso, mediante altra documentazione) la sussistenza delle condizioni 
richieste dalla legge per giovarsi del beneficio tributario. Naturalmente 
deve ritersi in ogni caso salvo, il diritto della Finanza di accertare 
d'ufficio la sussistenza delle condizioni volute dalla legge. 

A. ROSSI 
9 


I 


I i 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

duttiva delle aziende concentratarie, una tale ratio non potrebbe ovviamente 
che indurre l'interprete a valutare la utilit� e funzionalit� 
dell'apporto maggiormente con riguardo agli effetti �che esso determina 
nell'organizzazione dell'impresa concentrataria che non con riguardo a 
quelli che si determinano nell'organismo di provenienza. 

E, sotto un tal profilo, non � dato comprendere per qual mai ragione 
si debba escludere che, in ipotesi, le finalit� ora accennate possano 
essere raggiunte anche mediante apporto di un solo bene. 

Meno che mai fornisce poi argomento ad una tale limitazi�ne la 
ulteriore proposizione con la quale si conclude il testo della norma 
esaminata: � ... quand'anche, in conseguenza di tale apporto, l'oggetto 
della �Societ� apportante venga limitato per essersi l'esercizio del ramo 
di commercio che vi si riferisce in tutto o in parte trasferito all'�ltra 
societ��. 

Intendendo la superiore proposizione come se dicesse: � ... quando, 
anche in conseguenza di tali apporti, l'oggetto della societ� apportante 
venga limitato., ecc., ecc.�, l'Amministrazione finanziaria ne ha tratto 
motivo per ritenere richiesta addirittura, come ulteriore condizione 
della concentrazione aziendale considerata dal legislatore, che l'apporto 
sia tale da provocare una limitazione o riduzione detl'oggetto della 
societ� concentrante. 

Senonch�, questa Suprema Corte .(con la citata sentenza n. 2'57 
del 1964) ha ,gi� posto in guardia l'interprete contro l'equivoc� che si 
annida in un tale ragionamento, avvertendo che nell'inciso (�quando 
anche, in conseguenza di tale apporto, ecc.�) � ... v'� una proposizione 
concessiva ed una proposizione caus.ale successiva (�per essersi l'eser'
cizio del ramo di commercio, che vi si riferisce, in tutto o in parte 
trasferito alle altre societ��), �le quali, lungi dal ~estringere l'ambito 
di applicazione della norma, hanno, al contrarfo, finalit� di ampliamento 
della fattispeci~ astratta�. 

Il che vuol dire che, contrariamente a quanto viene affermato dalla 

resistente, quello della limitazione dell'oggetto della societ� concen


trante viene considerato come effetto del tutto eventuale e che con.se


guenteniente il caso in cui' l'apporto non determini alcuna limitazione 

dell'attivit� .sociale apportante, non esorbita affatto ma rientra invece 

nella previsione normale della legge. 

Quanto infine al � diverso testo � della norma di agevolazione re


cato dal pi� recente provvedimento legislativo in materia (art. 1, lett. c 

della I. 18 agosto 196'5, n. 170), in forza del quale il beneficio in parola 

viene accordato unicamente alle concentrazioni operate mediante ap


porto di �complessi aziendali�, ritiene questa Corte che l'argomento 

che da esso si intende desumere militi maggiormente in favore che 

noh contro la tesi .sostenuta dalla ricorrente: essendo ragionevole rite


nere che la limitazione in parola fosse estranea al sistema della pre



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

cedente disciplina se, per introdurvela, si � resa necessaria la adozione 
di una nuova e diversa formula legislativa. 

Accogliendosi pertanto il ricorso, la impugnata decisione deve essere 
cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla stessa Commissione 
centrale. -. (Omissis). i 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1970, n. 704 -Pres. Giannattasio 
-Est. Boselli -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Angelini Rota) c. Soc. Sagena (avv. Bondei). 

Imposta di ricchezza mobile -Societ� ed enti tassabili in base a bilancio 

-Libro dei compensi a terzi -Inammissibilit� di equipollenti 


Mancanza di re~olare tenuta -Indeducibilit� delle spese relative. 

(legge 5 gennaio 1956, n. 1, art. 8; e.e. art. 2215, 2216, 2220). 

L'art. 8 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, oitre a stabilire che le 
societd e gli enti tassabili in base a bilancio devono tenere a disposizione 
degli uffici finanziari una registrazione cronologica di tutte le somme 
pagate a terzi, aggiunge che a tale registrazione si applicano le dispo~ 
sizioeni di cui aglii artt. 2215, 2216 e 2220 e.e., .e prescrive infine che le 
spese non risultanti da tale registrazione non sono ammesse in deduzione. 
Di fronte a tale esplicito precetto legislativo, alla mancata regolare 
tenuta del �libro compensi a terzi � non � possibile ovviare mediante 
equipollenti, quale il libro giornale in cui detti pagamenti di 
compensi siano stati registrati (1). 

(Omissis). -Col primo motivo del ricorso l'Amministrazfone Finanziaria 
denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 8 della legge 
5 gennaio 19�56, n.� 1, nonch� motivazione contraddittoria su un punto 
decisivo della controversia, a sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. e censura 
la deci~ione impugnata per avere ammesso in deduzione -in contrasto 
con la citata disposizione di legge -spese che non risultavano 
dalla prescritta registrazione �Crono!~ica, sull'erroneo supposto che il 
loro trasferim~mto a reddito costitufa'� effetto di un �accertamento induttivo 
� che nella specie dovevasi ritenere non consentito. 

Il motivo � fondato. 

(1) Sentenza di evidente esattezza, di cui non risultano precedenti, 
che ha decisamente rispinto il tentativo di eludere il chiaro precetto della 
della legge attraverso una non dimostrata consider�zione dei relativi scopi 
e di rendere estremamente difficoltoso, per gli uffici finanziari, il controllo 
della regolarit� dei bilanci delle societ� per quanto riguarda la indicazione 
delle passivit�. 


454 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Dispone l'art. 8 della I. 5 gennaio 1956, n. 1 che le societ� e gli 
enti tassabili in base a bilancio debbono tenere a disposizione degli 
uffici finanziari una registrazione cronologica di tutte le somme pagate: 
a) .....; b) .....; e) a chiunque, a titolo di intere_ssi, commissioni, 
compensi, prepii o sotto qualunque altra denominazione, in relazione 
a fondi accettati in deposito sotto qualsiasi forma o denominazione, a 
prestito, in cauzione, in conto �corrente con o senza termine, ecc. 

La norma soggiunge poi (al penultimo comma) che alla predetta 
registrazione si applicano le disposizioni di cui agli artt. 2215, 2216 
e 2220 e.e. 

E prescrive infine (ultimo� comma) che le spese non risultanti dalla 
registrazione cronologica di cui aUe prec�denti disposizioni non sono 
ammesse in deduzione. 

Di fronte a cosi esplicito precetto legislativo, essendo rimasto accertato 
in fatto che la Sagena, pur essendo in possesso di un libro 
�compensi a terzi�, non aveva tuttavia tenuto detta scrittura in conformit� 
delle disposizioni degli artt. 2215, 2216 e 22'20 e.e.: non solo, 
ma non aveva neppure provveduto a registrarvi le somme corrisposte 
a titolo di interessi ai propri finanziatori ed incluse fra le poste passive 
del bilancio relativo all'esercizio 1958, legittimamente l'Ufficio, in applicazione 
dell'ultimo comma -ora riferito ~ dell'art. 8 della legge 

n. 1 del 1956, ne aveva�escluso la deducibilit� ai fini della determinazione 
del reddito tassabile per l'esercizio considerato. 
Il contrario avviso della Commissione centrale non appare giuridicamente 
fondato. 
Non giova, invero, al fine di rendere inoperante la sanzione comminata 
dalla norma ora ricordata, addurre che nella specie le poste 
passive di cui si tratta, quantunque non registrate nel � libro compensi 
a terzi �, risultavano egualmente contabilizzate nel � libro giornale � 
e che tanto bastava a soddisfare l'esigenza della norma, ispirata al fine 
di consentire al fisco la individuazione dei beneficiari dei pagamenti 
eseguiti dalla societ� ed il conseguente esercizio nei loro confronti delle 
eventuali azioni. 

Essendo invero richiesta dalla legge una specifica scrittura per la 
contabilizzazione delle spese in ::pestione, non potrebbe l'interprete, 
sia pure con ricorso alla ratio della disposizione, istituire a sua discrezione 
degli equipollenti, senza contravvenire al fondamentale divieto 
di cui all'art. l4 delle preleggi. 

Ed � poi perfino inconseguente affermare che il trasferimento a 
reddito delle poste passive non riconosciute �costituiva frutto di un 
accertamento induttivo precluso all'Ufficio in presenza di altre scritture 
contabili idonee a giustificare le varie voci dell'attivo e del passivo: 
essendo evidente, al contrario, che il corrispondente aumento dell'attivo 
(e quindi del reddito) costituiva qui effetto automatico ed inevitabile 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 455 

I 

I

della pura e semplice eliminazione dal passivo delle poste non ricof 
nosciute. 1

�

r

Il secondo motivo del ricorso �col quale, denunziando violazione delf 
l'art. 23 della stessa legge, nonch� omessa motivazione sopra altro punto f:
f 
decisiv6 della controversia (a sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), l'Am;:ministrazione 
finanziaria censura inoltre l'impugnata decisione per avere 
implicitamente respinto, o comunque per avere omesso di esaminare, 
il punto relativo alla dedotta violazione del principio dell'autonomia 

I 

del bilancio in ordine alla contabilizzazione, a carico dell'esercitzio in 
contestazione, di interessi passivi afferenti ad esercizi precedenti, rimane 
necessariamente assorbito dall'accoglimento del primo motivo 

I 

che, aprendo l'adito al riesame del merito della controversia, consentir� 
indubbiamente� alla parte di riproporre nella competente sede la 

1 

censura di cui si tratta. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZ-IONE, Sez. I, 25 marzo 1970, n. 788 -Pres. Pece Est. 
Alibrandi -P. M. Trotta (coni.) -Ministero delle Finanze (avv. 

I 

Stato Albisinni) c. Soc. Ferrero (avv. Gr_ande Stevens). 

I 

Imposta di fabbricazione -Imposta sugli spiriti -D. L. 29 luglio 1964, ~ 

n. 610 -Istituzione di nuovo tributo -Esclusione -Precedenti age~ 
f.
volazioni -Si estendono. 

t 

(d.l. 29 luglio 1964, n. 610, art. 1; d.l. 28 aprile 1960 n. 342, art. 1). t 
Imposta di fabbricazione -Imposta sugli spiriti -Aumento disposto 

I

cori d. 1. 29 luglio 1964, n. 610 -Estensione a tutte le soluzio:1,1i idroalcoliche. 


I

~

(d.l. 29 luglio 1964, n. 610, art. 1; legge 15 settembre 1964, n. 76:,l). 
~ 

n d.l. 29 lugUo 1964, n. 610 ha semplicemente elevato la misura, I 
ferme rimanendo la struttura e i presupposti, dell'imposta di fabbricazione 
sugli spiriti, e non ha invece istituito un nuovo tributo; di conseguenza 
all'intera imposta elevata nell'aliquota si estendono le agevolazioni 
stabilite neU'art. 1 della l. 28 aprile 1960, n. 342 alle condizioni 
in questa norma previste (1). 

L'aumento dell'aliquota dell'imposta di fabbricazione sugli spiriti 
disposto con d.l. 29 luglio 1964, n. 610, convertito con modificazioni 
nella l. 15 settembre 1964, n. 763, si estende a tutte le soluzioni idroalcoliche 
di qualsiasi gradazione quale che sia la natum dei prodotti e 
il settore industriale nel quale siano utilizzate e tanto per i semilavorati 
che per i prodotti finiti (2). 

(1-2) Non constano precedenti. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo mezzo del ricorso l'Amministrazione 
delle Finanze, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 12 

t.u. sulla imposta di fabbricazione degli spiriti, approvato con d.m. 8 luglio 
1924; dell'art. 1 del d.l. 28 aprile 1960, n. 342, convertito, con 
modificazioni, nella legge 24 giugno 1960, n. 584; dell'art. 1 della legge 
29 luglio 1963, n. 1004; dell'art. 1 della legge 24 febbraio 1964, n. 610 
con le modificazioni di cui alla legge 15 settembre 1964, n. 763, nonch� 
omessa e insufficiente motivazione, in relazione all'art. 36�0 nn. 3 e 5 
Cip.e., si duole che la Corte del merito aibbia ritenuto applicabile al 
supplemento di L. 14.000 ad ettanitro, che colpiva la partita .Cii 1.a. 
30.096 di alcool puro, gi� libera da i~posta, l'abbuono del 92 % di cui 
al d.l. n. 342 del 1960. Deduce, in particolare, la ricorrente �he dal 
sistema delle norme sull'imposta di fabbricazione degli spiriti 'emerge 
che, rispetto ai prodotti gi� liberi da imposta per avvenuto pagamento 
del tributo al momento in cui � entrato in viiore il provvedimento 
legislativo n. 610 del 1964 (20 luglio 1964), non pu� parlarsi di un 
aumento, non configurabile rispetto ad imposta gi� assolta, ma di una 
imposta nuova, sia pure a carattere suppletivo. Aggiunge l'Amministrazione 
ricorrente che comunque la percentuale d'abbuono suddetta non 
poteva essere applicata, mancando la condizione di legge del deposito 
dello spirito nei magazzini fiduciari e, infine, censura la sentenza imPl,
lgnata per non aver preso nella dovuta considerazione la circostanza 
che i 500 ettanitri di alcool erano stati ii� estratti �dai magazzini fiduciari 
di Reggio Emilia e trasferiti negli stabilimenti della stessa Soc. 
Ferrero in Al�. 
II motivo di ricorso non si ravvisa fondato. 

Premesso che � circostanza incontroversa gi� nelle pregresse fasi 

di merito del processo che la partita di 30.096 litri anidri di alcool, 

denunziata dalla Soc. Ferrero 1'8 agosto 1964, .proveniva dai magazzini 

fiduciari di Reggio Emilia, dai quali era stata prelevata prima della 

entrata in vigore del d.1. 29 luglio 1964, n. 610 -e da tale circostanza 

non pu�, ovviamente, decamparsi nell'esame che segue delle ragioni 

giuridiche sollevate col presente ricorso -la prima questione sollevata 

�con il mezzo in esame � quella di stabilire se il predetto provvedimento 

legislativo n. 610 del 1964 abbia introdotto o non, rispetto ai ;prodotti 

gi� .liberi d~ imposta, una nuova i:�nrposta di fabbricazione sullo spirito, 

sia pure a carattere suppletivo, come sostiene l'Amministrazione ricor


rente. E, ai fini del decidere, la rilevanza della soluzione del. problema 

� di tutta evidenza ove si consideri che se in effetti si trattasse di tri


buto nuovo e diverso da quello gi� assolto dalla Soc. Ferrero per la 

menzionata partita di I.a. 30.096, noi;i sarebbe ovviamente applicabile 

l'abbuono del 9.2 % , accordato con il citato d.l. n. 342 del 1960. 

$ 
Ma la tesi del nuovo tributo, a caratt!'!re suppletivo sia pure limitato 
ai prodotti liberi da imposta, non pu� condividersi. Gi� l'elemento 


PARTE I, SEZ. VT GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 

letterale del provvedimento legislativo n. 604 del 1964 rivela all'interprete 
che esso, mentre tiene fermi i presupposti delle imposte, prevede 
solo l'aumento dell'imposta di fabbricazione sullo spirito e della sovraimposta 
di confine, non una nuova imposta. Invero, la dizione dell'art. 
1, comma primo, rende manifesto che l'innovazione introdotta 
con il decreto non riguarda i tributi (imposta interna di fabbricazione 
sullo spirito e la corrispondente sovrimposta di confine) nella loro str_uttura 
e nei loro presupposti, ma soltanto per ci� che attiehe alla loro 
misura, stabilita in L. 60.000 per ogni ettanitro dalla data di entrata 
in vigore de,l decreto medesimo; cio� dal 30 luglio 1964 (art. 6), Infatti, 
se fosse stata istituita un'imposta ex novo di L. 14.000 ad ettanitro, 
oome sostiene la ricorrente, il provvedimento legislativo ne avrebbe, 
come � ovvio, iI�dicato la misura in modo autonomo, mentre l'averla 
.determinata,in misura globale, cio� comprensiva della misura in precedenza 
in vigore (L. 46.000), elevando questa fino alla nuova misura 

(L. 60.000), sta a significare che il legislatore del 1964 ha voluto soltanto 
introdurre, mediante ritocco della relativa aliquota, un aumento 
della misura dell'imposta interna di fabbrfoazione sullo spirito e della 
corrispondente sovrimp�sta di confine. 
Il successivo art. 3, comma 1, parla poi espressamente di �aumento 
dell'imposta e sovrimposta di confine, derivante dall'applicazione della 
aliquota, di cui al precedente art. 1 � . e, quel che pi� interessa sottolineare, 
anche ad � aumento dei tributi � si riferisce il secondo comma 
dello stesso art. 3, relativo appunto a quei prodotti liberi da imposta, 
nei cui confronti la ricorrente prospetta la tesi della nuova imposta. 
E la portata precettiva del citato art. 3 � confermata puntualmente 
dal successivo art. 4 che, facendo riferimento alle norme degli artt. 2 
e 3, parla non di nuova, ma di � maggiore imposta >. 

Ora, ove si pongano in relazione le norme dei citati artt. 1, 3 e 4 
e si attribuisca alle espressioni in esse usate il senso fatto palese dal 
significato proprio delle parole, secondo la loro connessione (art. 12 

. disp. sulla legge in generale), ben �chiara si ravvisa la portata precettiva, 
limitata ad aumentare la misura di imposte gi� esistenti, del decreto 
in esame. E il suo oggetto � peraltro chiarito dallo stesso suo titolo 
( � Modificazioni al regime fiscale sugli spiriti �), il quale pu� utilmente 
esser tenuto presente nell'interpretazione esegetica delle norme che il 
decreto contiene. 

A risultato non diverso conduce l'interpretazione logica, tratta 
dall'intenzione del legislatore. Invero, che questo abbia voluto soltanto 
modificare l'aliquota, nel senso di aumentarla, per assicurare un pi� 
elevato gettito tributario della imposta di fabbricazione sullo spirito, 
si evince dal complesso normativo del decreto in esame, incluse le 
previste sanzioni pecuniarie e l'immediata obbligatoriet� del decretolegge 
(art. 6). Inoltre, non ~ inutile ricordare che lo specifico fine per



458 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

seguito dal legislatore con l'emanazione del provvedimento legislativo 

n. 610 � ampiamente chiarito dai lavori preparatori -nella specie, 
utilizzabili non essendo in contrasto con il testo legislativo (v. Cass., 
13 febbraio 1961, n. 318) -i quali confermano nel modo pi� evidente 
l'intel'IJretazione letterale. Infatti,, nella relazione presentata al Parlamento, 
in occasione della conversione in legge del decreto in esame, 
espressamente si chiarisce che il fine del legislatore era quello di � contenere 
!'�eccedenza della domanda ed infrenare l'aumento dei prezzi�, 
e si aggiunse esplicitamente � nel quadro delle direttive di politica 
economica anticongiunturale, si � ravvisata la necessit� di un ritocco 
dell'aliquota dell'imposta di fabbricazione sull'alcool..:�). Ed anche di 
aumento puro e semplice di imposta si parla sia nella relazione di 
maggioranza (on. Zugno), sia in quella di minoranza (on. Trombetta), 
mentre in tali lavori, che hanno preceduto l'emanazione della legge 
di conversione, nulla si dice in ordine alla distinzione, prospettata dalla 
ricorrente, tra prodotti gravati da imposta e prodotti liberi da imposta, 
per sostenere, rispetto a questi ultimi, che trattasi di nuovo tributo a 
carattere suppletivo, con l'implicazione di escludere -sempre secondo 
la tesi della ricorrente -l'applicabilit� dell'abbuono. 
Ii::lfine, estendendo l'indagine ai precedenti legislativi in materia, 
non � fuori di luogo aggiungere che il decreto n. 610 del 1964 adotta 
la stessa formula in precedenza usata in provvedimenti legislativi che 
si limitav;mo a variare la misura della imposta di fabbricazione dello 
spirito (d.l. 3 dicembre 1953, n. 879, convertito, con modificazioni, nella 
legge 31 gennaio 1954, n. 3 e d.l. l6 settembre 1955, n. 836, convertito, 
con modificazioni, nella legge 15 novembre 19�55, n. 1037), senza che 
l'introdotta modificazione della misura dell'aliquota comportasse istituzione 
di nuova imposta e, di conseguenza, inapplicabilit� delle agevolazioni 
tributarie allora in vigore. 


La seconda questione sollevata con il mezzo in esame concerne 
l'applicabilit� dell'abbuono del 92 % previsto dal d.l. 28 aprile 1960, 


n. 342, convertito, con modificazioni, nella legge 24 giugno 1960, n. 584, 
applicabilit� negata dalla ricorrente sul rilievo che mancava la �condi. 
zione necessaria cui � subordinata, cio� quella che lo spirito, alla data 
del 30 luglio 1964, si trovasse depositato presso magazzini fiduciari 
(art. 1, comma secondo, d.l. 28 aprile 1960, n. 342 e art. 1, comma 
secondo, legge 29 luglio 1963, n. 1004). 

Ma anche su tale questione la tesi della ricorrente non pu� essere 
condivisa. Giova premettere, per chiarire l'origine e la ragione giustificatrice 
della riduzione d'imposta in esame (c.d. �abbuono�), che il 
legislatore, nel quadro delle agevolazioni disposte per incentivare la 
distillazione del vino, apport� con l'art. 3 d,l. 18 aprile 1950, n. 142, 
convertito nella legge 16 giugno 1950, n. 331, un abbuono d'imposta, 

tt

nella mIBu'" del 70 % pe' lo ,pll-ito ottenuto dal 18 apdle 1950 al 

I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 459 

30 settembre dello stesso anno dalla distillazione di vini genuini. Tale 
agevolazione, temporanea e strao�rdinaria, fu ripristinata per lo spirito 
ottenuto dal 18 marzo 1952 al 30 settembre dello stesso anno (d.l. 18 
marzo 1952, n. 118) .e, poi, per quello ottenuto dal 18 marzo 1957 al 
31 agosto dello stesso anno (d.l. 16 marzo 1957, n. 69, convertito, con 
modificazioni, nella legge 12 maggio 1957, n. 807). 

Successivamente l'abbuono � stato elevato alla misura dell'80 % 
per lo spirito e del �90 % per l'acquavite prodotti dal 10 luglio 1959 
al 15 ottobre dello stesso anno (legge 1� luglio 1959, n. 458, modificata 
poi con la legge 30 luglio 1959, n. 560) ed infine, portato alla misura 
del 92 % per lo spirito e del 98 % per l'acquavite prodotti dal 12 aprile 
1960 al 15 luglio dello stesso anno (dJ. n. 342 del 1960 com�ertito, con 
modificazioni, nella legge n. 589 del 1960, dianzi citata). 

Dall'esame di tali leggi, � possibile dedurre che l'abbuono si ricollega 
all'origine del prodotto, cio� alla materia prima dalla quale lo 
spirito � stato ottenuto, mentre la condizione del suo deposito in magazzini 
fiduciari � stabilita ai fini di accertare la provenienza agevolata, 
cio� che lo spirito tragga origine dalla distillazione dei vini nel periodo 
stabilito dalla legge (rispetto al caso in esame, dal 12 aprile 1960 al 
15 luglio dello stesso anno). In altre parole, la condizione del deposito 
nei magazzini generali attiene al problema dell'individuazione del prodotto, 
in relazione alla sua provenienza, cio� ad un problema di ordine 
probatorio, per cui l'onere di dimostrare l'origine dello spirito grava, 
ovviamente, sul contribuente che invoca l'applicazione dell'abbuono. 

Ma, nella specie, un problema siffatto � superato perch�, come � 
stato premesso,. � circostanza non controversa gi� nei precedenti giudizi 
di merito che la partita di alcool de qua proveniva dai magazzini fiduciari 
di Reggio Emilia e che, all'atto della sua estrazione da tali magazzini, 
la Soc. Ferrere aveva corrisposto l'imposta di fabbricazione 
sullo spirito con l'abbuono del 92 % . 

Inoltre, non pu� non rilevarsi che la discriminazione tra prodotti 
gravati da imposta (e, quindi, ancora depositati presso magazzini fiduciari) 
e prodotti liberi da imposta, per essere gi� stato assolto l'obbligo 
tributario, prospettata dalla ricorrente per negare a questi ultimi l'applicabUit� 
dell'abbuono, darebbe luogo, come del resto ha gi� appropriatamente 
osservato la Corte del merito, ad un differenziato trattamento 
fiscale, non ,giustificato da valide ragioni ed anzi in aperto 
contrasto con quelle finalit� di perequazione proprie della legislazione 
tributaria e dalle quali il dato normativo non autorizza a ritenere 'che 
gli esaminati provvedimenti legislativi del 1964 abbiano inteso allontanarsi. 


La conclusione cui questa Corte suprema perviene sulla questione 
fin qui considerata � peraltro coerente con quella raggiunta sulla prima 
questione, perch�, una volta ritenuto che la legge del 1964 non abbia 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

creato un nuovo tributo di fabbricazione per i prodotti liberi da im


posta, ne discende quale logi�a implicazione che il solo aumento della 

precedent~ aliquota come lascia fermi i presupposti del tributo, cos� 

non incide sulle riduzioni in viiore al momento della modificazione 

dell'aliquota. 

Con il secondo mezzo del ricorso I'Amministrazion,e delle Finanze, 

denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 del d.l. 

29 luglio 1964, n. 610 e dell'articolo unico della ,legge 15 settembre 

1964, n. 773, in relazione all'art. 360 n. 3, �c.p.c., si duole che la Corte 

del merito abbia considerato che la soluzione idroalcoolica a 75� e la 

c.d. bagna per ciliege a 27� non siano soggetti all'aumento dell'imposta. 
Sostiene, in particolare,, la, ricorrente che il d.l. n. 610, parlando di 
spirito, si riferisce a tutti gli alcoli di qualsiasi gradazione ed aggiunge 
che la legge di conversione, contrariamente a quanto ha inesattamente 
ritenuto la .sentenza impugnata, ha inteso tassare non i singoli prodotti 
elencati nell'art. 3, ma lo spirito in essi contenuto. 
Questo mezzo di ricorso � fondato. 

La Corte del merito per escludere che la soluzione idroalcoolica 

a 75� e la c.d. bagna per ciliegie a 27� fossero incluse tra i prodotti ai 
quali si estende l'aumento dell'aliquota dell'imposta di fabbricazione 
da L. 46.000 a L. 60.000 per ettanitro, ha tratto argomento dalla dizione 
dell'art. 3, comma secondo, del d.l. n. 610 del 1964, che � diversa rispetto 
a quella del corrispondente art. 3, comma secondo, della legge 
di conversione n. 76�3 del 1964, giungendo alla conclusione che questa 
ultima, elencando alcuni determinati prodotti, specificamente indicati, 
�abbia escluso quelli non menzionati, limitando in tal modo l'applica


bilit� dell'aumento di soli prodotti richiamati. 

Ma l'argomento non pu� essere condiviso. Nel. d.l. n. 610 l'�rt. 3, 
comma secondo, statuisce che l'aumento si applica �alle acqueviti, agli 
spiriti, ed ai prodotti con essi fabbricati�. Nella legge/ di conversione 

n. 763 il precedente testo della norma � modificato nel senso che l'aumento 
si applica �agli spiriti, alle acqueviti, ai liquori, agli estratti 
alcoolici, alle profumerie alcooliche, nonch� ai marsala, ai vermut ed 
agli altri vini aromatizzati ed alle specialit� medicinali�. 
L'e~ame del testo della norma, cos� come si legge nella legge di 
conversione, consente di stabilire che questa ha inteso meglio precisare 
il concetto di prodotti fabbricati con gli spiriti, enunciando, in via esemplificativa, 
alcune specificazioni, atte a chiarirlo, non ha per� voluto 
restringere l'originario ambito della previsione normativa. Infatti, l'univoca 
portata precettiva della disposizione che si esamina � quella di 
estendere l'applicabilit� dell'aumento agli spiriti non solo allo stato 
anidro (o assoluto), ma anche quando concorrano a comporre prodotti 
che siano il risultato della mescolanza di pi� sostanze, tanto vero che. 
nella previsione che si esamina sono perfino incluse sia preparazioni 


PAR.TE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 461 

farmaceutiche, come gli estratti alcoolici, e sia gpecialit� medicinali 
nelle quali una delle componenti sia l'alcool come, per esempio (sciroppi, 
elisir, alcoolati, linimenti, balsami, ecc.). 

In altre parole, � allo spirito contenuto nei prodotti che la legge 
ha inteso applicare l'aumento, indipendentemente sia dalla natura dei 
prodotti o dal settore industriale dal quale gli stessi provengano o 
siano utilizzati, sia dalla �ircostanza che si tratti di semilavorati oppure 
di prodotti finiti. �' 

Ci� posto, non pu� dubitarsi che l'esaminata elencazione, di cui 
al citato art. 3, comma secondo -elencazione di manifesto carattere 
esemplificativo, stante la sua funzione di chiarire, non: di limitare, il 
concetto di �prodotti fabbricati 'con gli spiriti � �-includa anche le 
so1uzioni idroalcooHche, comprese quelle di gradazione inferiore a 95�, 
perch� anche in queste lo spirito � una componente del prodotto, corne 
del pari � una componente 'dei prodotti specificamente indicati nella 
disposizione di legge dianzi richiamata (art. 3, comma secondo). 

Individuato con le premesse considerazioni l'oggetto che l'aumento 
introdotto con il d.l. n. 610 del 1964 colpisce, si rivela del tutto irrilevante 
l'argomento che la difesa della societ� resistente trae dalla 
legge 3 ottobre 1957, n. 1029 per negare che la soluzione idroalcoolica 
a 75� e la bagna per ciliegie a 27� possano considerar.si spiriti o acqueviti, 
soggetti all'aumento della relativa imposta di fabbricazione. Inv�ro, 
� da. osservare che la citata legge n. 1029 del 1957 � stata emanata per 
risolvere problemi -quelli relativi alla dis�iplina della produzione 
e del commercio dell'alcool etilico -del tutto diversi dalla questione 
in esame, perch� il gi� citato art. 3, comma secondo, della legge n. 763 
del 1964 fa riferimento alla detenzione di qualsiasi natura e forma 
(�da chiunque e comunque detenuti, anche se viaggianti�) di spirito 

o di prodotti nei quali }o spirito � una componente, indipendentemente 
dalla circostanza che essi siano, oppur no, nelle condizioni stabilite 
dalla legge. per la loro immissione in commercio, dalla quale pres'Cinde. 
-(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1970, n. 792 -Pres. Giannattasio 
-Est. Virgilio -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Petrullo (avv. Paola). 

Imposte e tasse in genere -Imposta generale sull'entrata -Responsabilit� 
del liquidatore di societ� -Limiti -Dolo � colpa -Privilegio 
generale sui mobili -Irrilevanza. 

(e.e. art. 1176, 1710, 2260, 2266, 2279, 2312, 2324, 2456). 
La liquidazione ordinaria della societ� non ha L� scopo di tutelare 
La par condicio creditorum, ma queiio di, definire i rapporti in corso, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sottoponendo indistintamente tutti i creditori, privilegiati o chirografari, 
al medesimo trattamento e mettendoli in grado di essere pagati entro 
i limiti delle concrete disponibilit� patrimoniali, via via che si presentano 
ad esigere quanto � dovuto. Conseguentemente il liquidatore non 
risponde (salvo it caso di colpa grave o violazione del divieto di compiere 
nuove operazioni) per 1),0n aver accertato la regolarit� fiscale delle 
operazioni compiute prima dello scioglimento e non \aver provveduto 
al pagamento dei crediti tributari anche se assistiti da privilegio generale 
(1). 

(Omissis) . .:..___ Con il primo motivo l'Amministrazione delle Finanze 

denuncia la violazione dell'art. 45 del r.d.l. 17 settembre 1931, n. 1608 

in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte del merito erro


neamente ritenuto che anche in tema di mancato pagamento delle im


poste gravanti sulle societ�, la personale responsabilit� del liquidatore, 

prevista dal citato art. 45; sia configurabile solo se risulti dipendente 

da colpa del liquidatore stesso, ai sensi della disposizione generale di 

cui all'art. 2456 e.e. 

La censura � infondata, 

Questa Corte Suprema ha recentemente avuto occasione di pronun


ciarsi sulla questione prospettata dalla Finanza, ritenendo inconsistente 

le argomentazioni addotte a sostegno della tesi della ricorrente. 

Con la sentenza n. 1273 del 24 aprile 1968 � stato, infatti, precisato 

che la liquidazione ordinaria della societ� non ha lo scopo di tutelare 

la par condicio creditorum, ma quello di definire, i rapporti in corso, 

sottoponendo indistintamente tutti i creditori, privilegiati e chirografari, 

al medesimo trattamento, e mettendoli in grado di essere pagati, entro 

i limiti delle �concrete disponibilit� patrimoniali, via via che si presen


tano ad esigere quanto � dovuto. � 

In coerenza con tale premessa � stato altres� affermato �Che i prin


cipi relativi al soddisfacimento dei creditori in sede di liquidazione 

ordinaria, ed alla responsabilit� personale dei liquidatori per i debiti 

della gestione sociale rimasti insoddisfatti, non subiscono deroga in or


dine ai crediti assistiti da privilegio generale sui mobili; e che il liqui


datore non ha l'obbligo di verificare le singole operazioni commerciali 

compiute dalla societ� prima del suo scioglimento, al fine di accertare 

(1) La sent. n., 1273 del 1968, citata nel testo, e pubblicata in questa 
Rassegna, 1969, I, 79 con nota critica alla quale si rinvia. La sentenza ora 
intervenuta non esamina affatto la rilevanza particolare della norma denunciata 
(�rt. 45 r.d. 17 settembre 1931, n. 1608), mentre la precedente aveva 
espressamente affermato il diverso regolamento della responsabilit� dei 
.liquidatori contenuto nell'art. 265 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 dichiarato 
per� applicabile soltanto per le imposte dirette. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 463 

e di eliminare le eventuali irregolarit� fiscali che in occasione di esse 
l'ente abbia commesso. 
Come logico corollario dei suddetti criteri la citata sentenza ha 
quindi ritenuto che al di fuori della ipotesi contemplata nell'art. 2279 

e.e. (riguardante il divieto di nuove operazioni imposto al liquidatore), ~; 
questi � responsabile dei debiti sociali non soddisfatti solo quando il 
mancato pagamento dipende �da dolo o da colpa, la cui sussistenza il 
creditore ha l'onere di provare. 

L'enunciazione di tali .principi (affermati proprio con riferimento 

I al mancato pagamento dell'imposta generale sull'entrata) esclude il 
fondamento della censura mossa dalla ricorrente alla sentenza impu


I gnata, in quanto non sono stati prospettati validi argomenti per indurre 
questa Corte a discostarsi dal precedente orientamento giul'.isprudenzial_
e sulla medesima questione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 marzo 1970, n. 843 -Pres. Pece Est. 
Berarducci -P. M, Pascalino (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Avella) c. Soc. Giuseppe Marzano. 

Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di case per abi


tazione -Legge Reg. Siciliana 28 aprile 1954, n. 11 -Acquisto 

dell'area -Utilizzazione parziale -Decadenza dell'agevolazione. 

(legge Reg. Sic. 28 aprile 1954, n. 11, art. 2 e 9). 

L'agevolazione prevista nell'art. 2 deHa legge reg. siciliana .28 aprile 
1954, n. 11 � limitata alla parte dell'area compravenduta che, in base 
al rapporto di edificabilit� volume-superficie stabilito neile norme edi-_ 
lizie, � indispensabile per la costruzione in vista della quale l'atto � 
stato stipulato; si incorre pertanto nella decadenza prevista dall'art. 9 
qualora la potenzialit� e capa�it� edificatoria deil'area non sia utilizzata 
nella sua interezza sia. in senso superficiario sia in senso volumetrico (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si lamenta la violazione 
e la falsa applicazione de.gli artt. 1, 2 e 9 della legge reg. siciliana 
28 aprile 1954, n. 11 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la 
Corte di merito erroneamente ritenuto che gli artt. 2 e 9 della predetta 
legge prevedano la parziale decadenza dal beneficio dell'agevolazione 
fiscale solo nella ipotesi di mancata utilizzazione dell'intera superficie 
utile, senza alcun riferimento alla utilizzazione della Clfbatura. 

(1) Massima di evidente esattezza. 

464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si deduce che l'argomentazione non ha consistenza neppure da 
un punto di vista esclusivamente letterale, posto che l'art. 2 citato fa 
riferimento non solo alla superficie minima occorrente, ma anc~e e 
come alternativa -all'unit� edificabile, la quale ultima locuzione sembra 
svincolare il concetto di edificabilit� dell'elemento �superficie � 
per ricondurlo al pi� ampio e raziortale concetto di potenzialit� edificatoria. 


Il motivo merita accoglimento, perch� la tesi accolta dalla Corte 
del merito non trova :fondamento n� nel testo n� nella ratio degli artt. 2 
e 9 della legge reg. siciliana 28 aprile 1954, n. 11. 

L'errore della Corte trae origine dal fatto che la medesima Corte, 
nel ritenere che la norma dell'ultimo comma dell'art. 2, sopra citato, 
ai fini della concessione del be:p.eficio tributario della registrazione a 
tassa fissa degli atti di compravendita delle aree edificabili, prenda in 
considerazione unicamente le aree che vengano utilizzate, in senso superficiario 
(estensione in lunghezza e in larghezza) e non anche in senso 

I ~ 

volumetrico <estensione anche in altezza), non ha considerato che detta 
norma, ai fini della determinazione della superficie dell'area alla quale 

m

� limitato l'anzidetto beneficio, fa espresso riferimento alla unit� edificabile 
o superficie minima occorrente per la costruzione dell'edificio 
per cui l'area � stata acquistata. 

r1~ 

Infatti la le.gge sopra citata, dopo avere, nel primo comma del-
l'art. 2, previsto la concessione del beneficio della imposta fissa di registro 
(e di trascrizione) per gli atti di acquisto di aree destinate alla 
costruzione di edifici per abitazione civile o albergo, nell'ultimo comma 
dello stesso articolo dispone che l'anzidetto beneficio � limitato � alla 
superficie che, per effetto dei regolamenti edilizi in vigore, dei piani 
regolatori o di ricostruzione e dei piani di lottizzazion~, costituisce la 

~fil

unit� edificabile o la superficie minima occorrente per la costruzione 
dell'edificio in base al prescritto rapporto di edificabilit��. 

1;1;, 

Tale formulazione legislativa, in considerazione del fatto che, come ~:::;

~:::%

� noto, l'unit� edificabile � una unit� di misura derivata dal rapporto 

li~ 

volume-superficie e rappresenta, pertanto, la consistenza volumetrica 
dell'edificio costruibile su una determinata superficie (vale a dire tanti 
metri cubi per tanti metri quadrati), dimostra chiaramente che la superficie 
presa in considerazione ai fini della concessione del beneficio � in ~ 
stretta, necessaria relazione con il volume dell'edificio per la cui costruzione 
l'area � stata acquistata. In altre parole, il legislatore, nell'intento 
di non estendere la concessione del beneficio tributario alla 


I~11 

II mparte dell'area compravenduta non destinata ai fini perseguiti dalla 
legge, ha, con la n.orma in esame, limitato il beneficio anzidetto unicamente 
alla estensione dell'area che, in base al rapporto di edificabilit� 
volume-super.ficie, stabilito dalle norme edilizie, � indispensabile ai fini V 
della eo"ru'ione dell'edifieio por eui l'atto di eamp,.vendita dell'ma 
~� . 

D"!IJK��imr~_,,~....,,,~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 465 

� stato posto in ess~re; di guisa che se, ad esempio, oggetto del contratto 
di compravendita � un'area della superficie di 1500 metri quadrati, 
mentre per il volume dell'edificio per la cui costruzione l'area 
� stata acquistata, le norme edilizie richiedono una superficie di 100 
metri quadrati, la. concessione del beneficio tributario compete unicamente 
i11 riferimento a quest'ultima superficie, con esclusione, quindi, 
dal benefido medesimo, della superficie esuberante ai fini dell'anzidetta 
costruzione. 

Tutto ci� comporta che, posta in relazione con la norma esaminata, 
la disposizione del .terzo comma dell'art. 9 della stessa legge -con 
cui praticamente si prevede la decadenza dal beneficio tributario nei 
casi 'in cui l'area� acquistata non sia effettivamente destinata alla costruzione 
dell'edificio per. cui l'atto di compravendita � stato posto in 
essere -non pu� essere interpretata se non nel senso che nella previsione 
della decadenza dal beneficio rientrano tutti i casi in cui la 

� potenzialit� o capacit� edificatoria dell'area, in riferimento alla quale 
il beneficio � stato concesso, non sia utilizzata nella sua interezza, sia 
in :senso superficiario che in senso volumetrico, fra cui, ovviamente, 
il caso� in cui su un'area atta alla costruzione di un edificio di dieci 
piani, si costruisce, come nella fattispecie, un edificio di soli quattro 
piani. Anche in tal caso, invero, pur essendo stato il beneficio tributario 
concesso in riferimento alla intesa potenzialit� edificatoria dell'area, 
vale a dire in riferimento alla costruzione di un edificio delle dimensioni 
di dieci piani, tale potenzialit� non viene ad essere utilizzata che 
solo in parte dall'acquirente, con la conseguenza che in ordine alla 
rimanente parte non utilizzata, viene a mancare qualsiasi giustificazione 
alla concessione del beneficio. � di particolare importanza a questo 
proposito, il rilievo che lo scopo della �concessione del beneficio tributario 
� quello di agevolare l'in~remento della costruzione degli edifici� 
destinati ad abitazione civile o ad albergo, e che tale scopo viene ad 
essere in parte frustrato allorquando essendo il beneficio concesso in 
riferimento ad un'area su cui poteva essere costruito un edificio di 
determinate dimensioni volumetriche, tale area venga, invece, utilizzata 
per la costruzione di un edificio di dimensioni minori. N� meno 
importante �r l'ulteriore rilievo che.la norma del te.rzo comma dell'art. 9 
della legge in _questione, oltre ad essere il logico �omplemento della 
norma dell'ultimo comma del precedente art. 2, ha il fine di evitare 
che l'agevolazione dell'incremento di costruzioni edilizie si presti ad 
illecite speculazioni, come potrebbe verificarsi nel caso in cui si seguisse 
la tesi accolta dalla Corte del merito, che importerebbe l'applicabilit� 
del beneficio tributario, non solo in ordine al primo, ma in ordine anche 
ai successivi atti di trasferimento della stessa area, essendo a ci� sufficiente 
una sia pur minima utilizzazione della potenzialit� edificatoria 
di tale area da parte di ogni successivo acquirente. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tutto ci� non � stato considerato dalla sentenza denunciata, la 
quale pertanto, non pu� non essere cassata, con rinvio della causa ad 
altra Corte di merito, �che dovr� riesaminare la controversia alla stregua 
dei principi sopra affermati. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 marzo 1970, n. 847 -Pres. Giannattasio 
-Est. Valore -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Corsini) c. Soc. Immobiliare Milano. 

Imposte e tasse in ~enere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Appello 
-Enunciazione dei motivi -Necessit� -Limiti. 

(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 38, e 41; c.p.c., art. 342). 
La specifica formulazione dei motivi di gravame � richiesta diall'art. 
342 c.p.c., applicabile anche al procedimento tributario, aUo scopo 
di individuare l'ambito del riesame della controversia ed � qui'fl:di sufficiente, 
perch� il precetto di legge possa ritenersi adempiuto, che le 
censure mosse siano esposte in modo da non ingenerare incertezza sulla 
portata e sui limiti del chiesto riesame.: in materia di valutazione � 
sufficientemente motivato l'appello aUa Commissione provinciale con la 
formula � il valore determinato si manifesta di gran lunga inferiore a 
quello corrente in comune commercio� (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente 
denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 342 c.p:c. in relazione 
agli artt. 38, 25 e 41 del r.d. n. 1526 del 1937 ed ai principi generali 
che regolano il processo innanzi alle Commissioni tributarie (art. 360 

n. 3 c.p.c.) e, premesso che la specificazione dei motivi di appello richiesta 
dal citato art. 342 non deve essere intesa in senso rigoroso ed 
assoluto, essendo sufficiente che le dedotte censure siano idonee a delimitare 
esattamente l'oggetto del riesame invocato dall'appellante, sostiene 
�che, con riferimento anclie alla natura, ai limiti ed alle esigenze 
del processo tributario, nella specie il precetto della norma in questione 
doveva ritenersi soddisfatto con la� semplice enunciazione della 
volont� di non acquietarsi al valore stabilito dalla Commissione di primo 
grado e del convincimento che il prezzo fissato non rispondesse a quello 
corrente nel commercio. 
.La censura � fondata. 

(1) Giurisprudenza ormai pacifica. Sulla motivazione del ricorso, con 
le differenziazioni per quello diretto alla Commissione Centrale e anche con 
riferimento al ricorso interruttivo cfr. Cass. 6 febbraio 1969, n. 395 e 396 in 
questa Rassegna, 1969, I, 113 e precedenit ivi citati. ' 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 467 

Per giurisprudenza ormai consolidata di questo Supremo Collegio, 
la specifica formulazione dei motivi di gravame � richiesta dall'art. 342 

'c.p.c. allo scopo di individlolare l'ambito del riesame della controversia, 
talch� non � necessaria una minuziosa e completa rassegna degli elementi 
diretti a sostenere l'impugnazione essendo sufficiente, perch� il 
precetto di legge possa ritenersi adempiuto, che le censure mosse alla 
sentenza impugnata siano esposte in modo da non ingenerare incertezza 
sulla portata. e sui limiti del chiesto riesame (tra. le decisioni pi� recenti: 
Sez. Un., 2'1 giugno 1968, n. 2060; Cass., 9 giugno 1969, n. 2021; 
22 ottobre 1968, n. 3046; 5 febbraio 1968, n. 347). 

Ci� pre,messo e considerato che le norme ed i prindpi del diritto 
processuale comune vanno applicati al processo tributario, in quanto 
compatibili con le norme ed i principi da cui questo � . retto (Cass:, 
29 ottobre 1966, n. 2706; 19 giugno 1965, n. 1621) e che, in particolare, 
la disposizione'dell'art. 38 del r.d! 8 luglio 1937, n. 1526 -nella parte. 
in cui dichiara che l'ufficio il quale non intenda accettare la. decisione 
della Commissione distrettuale, pu� impugnarla davanti alla Commissione 
provinciale, dando al contribuente, nei termini all'uopo prev.isti, 
comunicazione dell'appello e dei motivi s~ cui esso si fonda ~va interpretata, 
quanto a quest'ultima proposizion~, con riferimento alla 
norma di cui all'art. 3412 citato (Cass., 17 luglio 1968, n. 21580), appare 
evidente come la Commissione provinciale di Milano non abbia fatto, 
nel caso di specie, corretta appUcazione dei suddetti principi, dichiarando 
l'appello � nullo ed improcedibile �. 

Il motivo enunciato nell'atto di impugnazione (�il valore deter-' 
minato si manifesta di gran lunga inferiore a quello corrente in comun� 
commercio�), infatti, era sufficiente per invocare il riesame del merito 
specie considerando che, trattandosi di una questione di estimazione, 
la competenza stessa del giudice di appello (sezione valutazione della 
Commissione provinciale) delimitava ed esauriva il campo della controversia; 
onde la esigenza della specificazione avrebbe dovuto essere 
valutata.con minor rigore. 

A seguito dell'accoglimento del primo mezzo rimane assorbito il 
secondo, con il quale si deduce che, comunque la comparizio~e dell'appellato 
avrebbe sanato l'eventuale nullit� derivante dalla� genericit� 
dei motivi. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 .aprile 1970, n. 881 -Pres. Stella 
Richter -Est. Leone -P. M. Raja (conf.) -Istituto di credito delle 
Casse di risparmio italiane c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Abbignente). 

Imposta di registro -Cessione. di credito verso la pubblica amministrazione 
in relazione a finanziamenti connessi da aziende ed enti 
10 


468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota 
ridotta -Correlazione fra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione 
-Interpretazione del negozio -Apprezzamento del 
giudice di merito -Incensurabilit� in Cassazione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8 e tarifta A, art. 4 lett. e e nota aggiunta, 
art. 28 lett. e; legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). 
� incensurabile in Cassazione la decisione del giudice di merito 
che, con motivazione adeguata e in conformit� dei criteri stabHiti nell'art. 
8 della legge di registro, ha interpretato le clausole del contratto 
ai fini di a�certare la rispondenza di esso ai requisiti ( correlazion.e fra 
il negozio di cessione di credito e queLlo di finanziamento bancario) 
voluti dalla legge tributaria di agevolazione (1). 

(Omissis). -L'Istituto ricorrente denuncia la violazione degli articoli 
4 e 28 della J.egge di registro modificati dalla legge 4 aprile 1953, 

n. 261, degli artt. 1842, 1843 e segg., 1852 e segg. e.e., dell'art. 126-0 e.e., 
del principio generale espresso dagli artt. 2741, 2794 e 2'872, n. 3 e.e.; 
degli artt. 1362, primo comma, 1363, 1364, 1365, 1368, e.e. nonch� vizi 
logici di motivazione su punti decisivi in relazione all'art. 360, n. 5 c.p.c. 
La Corte di merito sarebbe pervenuta al rigetto dell'appello sulla 
base di tre considerazioni, che ad avviso del ricorrente si rivelano chiaramente 
erronee, perch�: 

a) :posta la unicit� del rapporto giuridico nascente dall'apertura 
di credito, regolata in conto corrente, i prelevamenti ed i versamenti 
eseguiti dall'accreditato costituiscono soltanto atti di utilizzazione di 
un contratto di durata ad esecuzione ripetuta, sicch� non rappresentano 

(1) Sull'argomento cfr. C. BAFILE: Considerazioni sul trattamento 
fiscale delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento, 
in questa Rassegna, 1966, I, 1308 e Nuove considerazioni sul trattamento 
fiscale delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di 
finanziamento, ivi, 1969, I, 273 con numerose citazioni di giurisprudenza; 
v. anche Cass., 19 dicembre 1969, n. 4007, ivi, 1969, I, 1175. Questa volta la 
S.C. ha convalidato la decisione del giudice di merito (Corte di Appello di 
Roma) che ha interpretato l'atto tassabile con giusto rigore ed ha applicato 
in modo non elusivo i principi, ormai pacifici nell'enunciazione generale ma 
assai diversamente intesi nelle singole ipotesi, tante volte riaffermati in 
materia. Viene cos� ribadito che la rotativit� del finanziamento, la non 
esplicita limitazione degli effetti della cessione e l'indeterminato riferimento 
della garanzia ai crediti della banca verso il suo� cliente sono incompatibili 
con le agevolazioni. Ancora una volt�, per�, si deve constatare che 
il contrasto di indirizzi fra i vari giudici di merito non viene eliminato 
della Corte regolatrice; assai eloquente a questo� riguardo � il raffronto tra 
la sentenza in rassegna e quella 19 dicembre 1969, n. 4007. 
&l'lffmrtfiliiffii!Eiliim11ff1ilimmmnmrmmmrnmrmwrrrriilimrmm1trilifili*iilirimr:mi1m:;=;1m1m=Emmmmmmrr11rrr1rrrr1�rrl1 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 469 

distinti finanziamenti a s�,> stanti, ma ripetuti atti di esecuzione di quell'unitario 
rapporto; 

b) la mancata pattuizione del venir meno degli effetti della cessione 
in concomitanza dell'eventuale revoca dell'apertura di credito 
non .significava che il credito ceduto sarebbe servito per regolare obbligazioni 
diverse, ma invece che, revocata l'apertura di credito, �la 
cessione restava a garanzia dell'ammontare del debito dell'accreditato 
al momento della revoca; 

c) l'espressione secondo la quale la cessione si intendeva fatta 
ed accettata a garanzia di ogni credito dell'Istituto verso la ditta Brunetti, 
� stata interpretata dalla Corte considerandola avulsa dal contesto 
del contratto, e non � stata intesa, come prescrivono le norme 
sull'interpretazione dei contratti, secondo le intenzioni delle parti e 
sulla sua �connessione con le altre clausole del contratto. 

La censura � priva di giuridico fondamento. Questa Suprema Corte, 
in ordine alla questione di merito controversa tra le attuali parti, ha 
stabilito e ribadito, con numerose decisioni, il principio che, alla stregua 
della nota aggiunta all'art. 4 lett. e) della tariffa all. A alla legge sull'imposta 
di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3'2:69, nel testo modificato 
dagli artt. 1 e 2 1. 4 aprile 1953, n. 261) alle cessioni pro solvendo 
di annualit�. di contributi governativi e di enti pubblici, nonch� di crediti 
verso pubblice amministrazioni, stipulate in relazione alle operi;tzioni 
�di aperture� di' credito o di finanziamenti di cui .all'art. 28 lett. e) 
della medesima tariffa, modificato dall'art. 2 della legge n. 261 del 
1'953, si applica l'aliquota ridotta, a� condizione che nell'atto di cessione 
siano specificamente indicate le operazioni in relazione alle quali esso 
� .stipulato e che l'efficacia della cessione �stessa non sia estensibile ad 
altre operazioni; per fruire, quindi, della detta agevolazione, il negozio 
dev'essere concepito ed espresso in modo da escludere ab origine che 
esso possa �Comunque servire ad operazioni diverse da quelle specificate 
nell'atto di cessione: e tale accertamento dev'essere condotto, in applicazione 
del disposto dell'art. 8 legge registro, ricercando non gi� la 
comune intenzione dei contraenti, bensi quale sia oggettivamente il potenziale 
valore strumentale dell'atto, onde escludere che le sue clausole, 
considerate individualmente e nel loro complesso, siano capaci di consentire 
che il negozio possa deviare dalla sua originaria ed apparente 
destinazione e possa estendersi a nuove operazioni, che si avvantaggerebbero 
indebitamente del t:r;;attamento tributario di favore (Cass., 10 
novembre 1965, n. 2353; 20 agosto 1966, n. '2263; 25 ottobre 1966,' 
ri. 2605; 5 settembre 1968, n. 2866). � 

L'Istituto ricorrente non contesta in radice l'esattezza del riferito 
principio giuridico, ma, sul piano dell'interpretazione dell'atto sottoposto 
a registrazione, ritiene applicabili in genere le regole ermeneu




470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tiche dei contratti e sostiene che l'interpretazione obiettiva dell'atto 
medesimo non pu� prescindere dai canoni fondamentali stabiliti negli 
artt. 1362, .primo comma, e.e. (ricerca d�lla comune intenzione delle 
parti), 1363 (interpretazione complessiva delle clausole), 1364 (espressioni 
generali), 1365 (indicazioni esemplificative), 1368 (clausole ambigue) 
e.e.: con l'applicazione di tali regole, sostiene l'Istituto, la clausola 
contrattuale � la cessione si intende fatta ed accettata a favore e nel-
l'esclusivo interesse dell'Istituto quale garanzia di ogni suo credito ve~so 
la ditta� manifesterebbe il suo riferimento esclusivo alla garanzia del 
rimborso delle somme anticipate, degli interessi e delle spese anche 
se irripetibili. 

Oz:bene, in tesi, sulla scorta di quanto dispone in particolare l'art. 8 
della legge organica di registro, deve affermarsi che, nel valutare le 
dichiarazioni .delle parti, contenute nell'atto qa registrare, l'ufficio del .�} 
, 
registro prima, poi il giudice in caso di controversia, debbono attenersi 
';: 

11

;]

al significato letterale e logico del testo, senza poter ricavare da fattori 
estranei quale sia stata la reale volont� dei dichiaranti: do� l'intrinseca �!I 
natura e� gli effetti degli atti debbono essere st�biliti in relazione a 

I

quanto risulta dalle dichiarazioni delle parti, cosi come sono riportate 
nell'atto e per quello che esse significano nella comune accezione tec


f] 

nico-giuridica dei t.ermini usati e nel collegamento logico tra essi\rav


j'.,,; 

~,.,

visabile. Di conseguenza, mentre deve ammettersi che in questo esame 

M

essi debbono adottare i criteri ermeneutici di pura logica (come la 
regola dell'interpretazione complessiva delle clausole, art. 1363 e.e.) o 
di carattere obiettivo (come le regole stabilite negli artt. 13>65, 1367, 
1368 e 1369) deve invece escludersi l'applicabilit� dei criteri ermeneutici 
riferibili alla ricerca della pi� o meno effettiva intenzione delle 
parti, �he non sia espressa nel cennato significato obiettivo delle dichiarazioni 
(Cass., 19 maggio 1969, n. 1728 e, per i criteri ermeneutici di 
pura logica, Cass., 8 gennaio 1968, n. 32). 

Ma, con riferimento alla specie, deve dirsi che i cennati mezzi 
ermeneutici sono stati rettamente applicati. "In~atti, la Corte d'appello, 

w 

dopo aver esplicitamente premesso che le clausole dell'atto registrato @. 

1=::=;

dovevano essere considerate in modo . oggettivo, sia singolarmente che 
nel loro complesso, ha svolto in effetti con tali criteri un penetrante ~i

f::.-~ 

esame del contenuto dell'atto, quale si ricava dalle dichiarazioni delle 

m

parti: ed ha rilevato, fra l'altro, che la facolt� concessa all'Istituto di 
revocare il finanziamento, senza che sia stabilita la contemporanea cessazione 
degli effetti della cessione (art. 1 del contratto), assume rilievo 
nell'interpretazione del successivo art. 2 (relativo all'esser fatta la cessione 
a favore! e nell'esclusivo interesse dell'Istituto, quale garanzia di 
ogni suo credito verso la ditta), nel senso di attribuire all'espressione 

I

un significato omnicomprensivo, riferibile a qualsiasi altro credito vanI 
i_ 

tato dall'Istituto nei confronti della ditta, anche se collegato a rapporto 

('.-'.�'. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 471 

diverso da quello di finanziamento disciplinato nell'atto; il quale riferimento 
all'estensibilit� della garanzia (in senso lato) a �crediti nascenti 
da altri rapporti ,pendenti assume specifico contenuto, essendo pac,ifico 
che il finanziamento e la cessione per cui � causa sono complementari 
ad u_n maggior finanziamento stipulato in precedenza tra J.e medesime 
parti, sia pure con proprie garanzie ed ancora in svolgimento alla data 
della stipula del finanziamento complementare. 

L'interpretazione dell'atto registrato � stata, pertanto, condotta 
dalla Corte d'appello secondo esatti criteri giuridici e collegamenti logici 
ed essa, perci�, si sottrae ad ogni censura in questa sede di legittimit�. 


Consegue che costituisce un accertamento di fatto ormai irrevocabile 
l'apprezzamento che il negozio di cessione di credito, nella specie, 
� tale da cop.sentire l'estehsione della garanzia ravvisabile nella cessione 
stessa anche a finanziamenti e crediti in genere, diversi da quello di 
di L. 25.000.000 espressamente -regolato nel contratto. E tale accertamento, 
in virt� del principio :giuridico esposto innanzi, comporta l'inapplicabilit� 
dell'imposta di registro ridotta, secondo la pretesa dell'Istituto 
ricorrente. 

Tale fondamento della decisione � assorbente, sicch� non � il caso 
di indugiare nell'esame della censura relativa all'altra ragione concorrente 
(reale indeterminatezza del finanziamento come. contratto), addotta 
dalla Corte d'appello a. sostegno del proprio convincimento. 


(Omissi~). 

CORTE D! CASSAZIONE, Sez: I, 10 aprile 1970, n. 983 -Pres. Pece Est. 
Elia -P. M. Chir� (conf.) -Fontana (avv. Avezza) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di registro -Vendita tra parenti ~ Presunzi�ne di liberalit� Prova 
della provenienza del prezzo -_ Necessit�. 

(d.l. 8 marzo 1945 n. 90, art. 5). ,_ 
Per vincere ia presunzione stabilita nell'art. 5 .del d.l. 8 marzo 1945, 

n. 90 � necessario che il compratore dia la dimostrazione, con atto -di 
data certa, non solo della disponibilit�. della somma pagata come P'Tezzo, 
ma anche della sua provenienza; non � quindi sufficiente per superare 
la presunzione un verbale nQtarile di data certa anteriore alla vendita 
attestante il preventivo deposito della somma, giacch� tale atto d� la 
dimostrazione della disponibilit� ma non della provenienza di essa (1). 
(1) Massima da condividere pienamente. Cfr. pi� in generale Cass. 23 
luglio 1969, n. 2777, in questa Rassegna, 1969, I, 914 con nota di richiami. 
Le sent. 8 novembre i967, n. 2698 e 20 giugno 1968, n. 2045, citate nel testo, 
sono pubblicate ivi, 1968, I, 291 e 626. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento denunciano le 
ricorrenti violazione dell'art. 5 dJ. 8 marzo 1945, n. 90 deducendo. che 
nella specie era stata data la prova della provenienza del danaro pagato 
� titolo di prezzo dell'acquisto, in quanto la somma proveniva da deposito 
anteriormente eseguito presso il notaio rogante e tale prova era 
sufficiente a vincere la presunzione di gratuit�, stabilita dal citato art. 5. 

La censura � infondata. L'art. 5 del d.1.1. n. 90 del 1945 dispone 
che le trasmissioni di immobili a titolo oneroso fra parenti entro il 
terzo grado si presumono liberalit�, come tali soggette all'imposta, 
quando �la provenienza � del danaro pagato a titolo, di prezzo, e del 
quale, dunque, si aveva la disponibilit�, da parte dell'acquirente, non 
sia dimostrata in base a titoli aventi data certa ai sensi del codice civile. 

Non basta, cio�, dimostrare la disponibilit� della somma, insita nel 
fatto stesso di averla erogata a titolo di pagamento del prezzo dell'immobile 
trasferito, ma occorre anche dimostrare con atto di data certa 
la provenienza del danaro, cio� l'acquisizione della somma di cui si 
aveva il possesso e la disponibilit�. Infatti la ratio della disposizione 
del citato art. 5, ~che stabilisce una presunzione juris tantum .di gratuit�, 
valida ai fini fiscali, per i trasferimenti di immobili fra parenti 
entro il terzo grado, consiste nell'evitare che, al fine di eludere la pi� 
alta aliquota d'imposta, stabilita per le donazioni, la effettiva liberalit� 
venga dissimulata attraverso una compravendita; tale finalit� di tutela 
del diritto fiscale non pu� essere raggiunta se l'acquirente non dia la 
dimostrazione non solo del possesso e della disponibilit� della somma, 
ma altres� del modo in cui il danaro pervenne ad esso acquirente, con 
titoli di data certa ai sensi del codice dvile (Cass., I sez. dv., 20 giugno 
1968, n. 2'045 e Cass., Sez. I, 8 novembre 1967, n. 2698). Il titolo di data 
certa richiesto 'per vincere la presunzione � quello che contenga la 
prova delle modalit� in cui l'acquirente ebbe la disponibilit� del danaro, 
e non quello che dimostri tale disponibilit�, pacifica, per il fatto stesso 
del pagamento all'alienante. 

Proprio in vista di tali finalit� della norma la Corte Costituzionale 
ne affermava la piena legittimit� costituzionale (Corte Cost., 16 luglio 
1969, n. 99). 

Applicando i ;principi sopra esposti, se ne deve �ricavare che il ver


bale notarile di data certa attestante il preventivo deposito, da parte 

dell'acquirente, della somma successivamente pagata per l'acquisto di 

un immobile, trasferito da un parente entro il terzo grado del medesimo 

compratore, non � valido a vincere la presunzione di liberalit� del 

trasferimento, stabilita dall'art. 5 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90. Infatti, 

come sopra si � precisato, per vincere tale presunzione, juris tantum, 

occorre la prova, mediante atto di data certa, non solo del possesso e 

della disponi):>ilit�� della somma suddetta, da parte dell'acquirente, ma, 

anche, della provenienza di detta somma, e, do�, delle modalit� con 


PARTE I, SEZ. V; GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 473 

cui pervenne nella disponibilit� del compratore dell'immobile. In mancanza 
di prova, mediante titolo di data certa, della provenienza della 
somma pagata a titolo di prezzo dell'immobile, il trasferimento si presume 
gratuito e soggiace alla maggiore aliquota d'imposta stabilita per 
le donazioni. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, rn aprile 1970, n. 1042 -Pres. Rossano 
-Est. Alibrandi -P. M. Secco (conf.) -Cilento (avv. Cavalieri) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). 

Imposte doganali -Agevolazio~i per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
-Importazione di macehine per l'edilizia -Rapporto strumentale 
con lo stabilimento industriale -N�cessit�. 

(d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 2; legge 29 ciicembre 1948, n. 1482, art. 1). 
Agli effetti dell'agevolazione dell�'art. 2� del dJ. 14 dicembre 1947, 

n. 1598, nel testo .modificato con ia legge 29 dicembre 1948, n. 1482, 
le macchine che possono beneficare deii'esenzione dai pagamento dei 
dazi doganali, devono trovarsi in un rapporto strumentale con lo stabilimento 
tecnicamente organizzato:, nei senso che arrechino incremento 
ai lavoro svolto nello stabilimento medesimo, rapporto che deve essere 
continuativo per tutto il periodo di attivit� industriale. Non possono 
pertanto beneficiare dell'agevolazione le macchine per l'edilizia impi�gate 
in modo occasionale e temporaneo soltanto per ia costruzione dello 
stabilimento (1). 
(Omissis). -Con i due motivi del ricorso -che si esaminano 
congiuntamente, svolgendo censure strettamente connesse -il Cilento, 
denunziando violazione dell'art. 2 d.l.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, 
modificato dalla legge di ratifica del 29 dicembre 1948, n. 1482 e prorogato 
da~le leggi successive, nonch� dell'art. 360 n. 5 c.p.c., si duole 
che la Corte del merito abbia erroneamente interpretato la citata norma 
di agevolazione fiscale, attribuendole una portata inesatta. Deduce il 
ri�orrente che l'esenzione doganale �de qua mira ad incrementare la 
costruzione ed il primo impianto di nuovi stabilimenti industriali, non 

(1) Massima di evidente esattezza. Non risultano precedenti specifici. 
.Le sent. 21 ottobre 1961, n. 2288 e 7 maggio 1963, n. 1111 citate nel testo, 
sono pubblicate in Riv. leg. fisc., 1962, 580 e 1963, 1885; sul punto che l'agevolazione 
per l'industrializzazione del Mez~ogiorno presuppone un iQcremento 
stabile del patrimonio industriale, v. Cass. 15 luglio 1965, n. 1548, in 
questa Rassegna, 1965, I, 1051; 28 giugno 1966, n. 1674, ivi, 1967, I, 430. 

474 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il loro successivo funzionamento, per il quale sono previste provvidenze 
diverse, onde la sentenza impugnata � incorsa in errore per aver ritenuto 
che l'accennata esenzione doganale si riferirebbe all'importazione 
delle sole m�cchine destinate alla normale produzione dell'a:,i:ienda. Ag


, giugne il ricorrente che l'errore dell'accolta interpretazione ~ res9 evidente 
dalla disposizione del citato art. 2 che estende l'esenzione alle 
macchine per l'edilizia, onde la Corte d'appello avrebbe dovuto dare 
ingresso alla dedotta prova per testimoni, diretta a dimostrare l'impiego 
dell'impo;rtato trattore-escavatore con pala meccanica nei lavori di 
sbancamento e di sistemazione del terreno sul quale fu poi eretto lo 
stabilimento industriale dell'ATA Samnius e la successiva utilizzazione, 
limitatamente al trattore, per lo spostamento nell'interno dello stabilimento 
dei veicoli in riparazione. 
L'Amministrazione delle Finanze ha preliminarmente eccepito, con 
riferimento all'art. 366 n. 4 c.p.c., l'inammissibilit� della censura perch� 
mentre � stata denunziata violazione e falsa applicazione di legge, la 
cassazione della sentenza �' chiesta in relazione ad un diverso motivo 
(art. 360 n. 5 c.p.c.). 
L'eccezione non pu� essere accolta. Come ha pi� volte affermato 
questa Corte suprema, l'art. 366 n. 4 c.p.c. non prevede l'esistenza di 
due requisiti autonomi e cio� la specificazione dei motivi e l'indicazione 
espressa delle norme di diritto, ma va int_erpretato nel senso che quest'ultima
� indicazione -costituisce solo un �elemento per chiarire il i!Ontenuto 
dei motivi (v. Cass. 15 maggio 1967, n. 1018 e Cass. 6 giugno 
1968, n. 1707). Nel -caso in esame, l'inesatto richiamo all'art. 360 n. 5 
c.p.c, non incide �sull'intelligenza dei motivi di ricorso, esposti con i 
prescritti requisiti di specificit�, in quanto svolgono precise censure 
che si appuntano sull'interpretazione che la Corte del merito ha dato 
dell'art. 2 d.l.C.P.S. n. 1598 del 1947, onde non sussiste il dedotto vizio 
di forma del rie.orso. 
Questo per�, anche se ammissibile, non pu� essere accolto, non 
essendo fondate le censure nelle quali si articola. 
I primi due commi dell'art. 2 del d.l.C.P.S. 14 dicembre 1947, 

n. 1598, contenente disposizioni per l'industrializzazione dell'Italia meridionale 
eci insulare, nel testo modificato dalla legge di ratifica 29 dicembre 
194'8, n. 1482, sono del seguente tenore: 
� I materiali da costruzione, le macchine e tutto quanto pu� occorrere 
per il primo impianto di stabilimenti industriali tecnicamente 
organizzati e nelle costruzioni annesse che, entro dieci anni dalla data 
di pubblicazione del presente decreto, sorgeranno nei territori di cui 
al precedente articolo, sono esenti dal pagamento dei dazi doganali e 
dal diritto di licenza�. 

�Parimenti sono esenti da detto pagamento le macchine ed i materiali 
di ogni specie che .saranno destinati, entro il termine sopra men



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUJARIA 475 

zionato, all'ampliamento, alla trasformazione, alla ricostruzione, ed alla 

riattivazione degli stabilimenti gi� esistenti nei territori stessi�. 

Il termine �macchine�, usato dalla norma in esame, si ricollega 

direttamente a quello di �stabilimenti industriali� i quali devono pre


sentare il requisito della loro organizzazione tecnica. Ci� risulta non 

solo da ragioni grammaticali, ma anche dal rilievo �che la parola � mac


chine �, nella accezione che le � propria, sta a significare la combina


zione di forze destinate ,ad ac�crescere la produttivit� del lavoro. E le 

macchine, cos� intese, concorrono appunto ad elevare il liveilo della 

organizzazione tecnica dei nuovi stabilimenti. 

L'argomento testuale dimostra la necessit� di un rapporto, in senso 

strumentale, tra la macchina e lo stabilimento industriale, in quanto. 

la prima, il?er ~e sue caratteristiche funzionali, arrechi incremento al 

lavoro svolto n'ello stabilimento medesimo. Infatti, solo ove ricorre tale 

nesso di mezzo a fine, pu� parlarsi di un utile apporto della macchina 

all'organizzazione tecnica dello stabilimento industriale, che viene ad 

essere dotato di pi� efficienti mezzi di produzione. E, va aggiunto, il 

rapporto macchina-,stabilime11to deve essere non solo genetico, ma anche 

funzionale, perch� il concetto. di organizzazione tecnica postula l'esi


stenza di un nesso continuativo nel tempo, che accompagni cio� l'opi


ficio durante tutto il periodo della sua attivit� industriale. Pertanto la 

previsione dell'art. 2 -attribuendo a questa norma il senso fatto 

palese dal significato proprio delle parole, secondo la loro connessione 

(art. 12 preleggi) -si riferisce soltanto a quelle macchine che possano 

essere impiegate in modo organico e stabile in quel genere di attivit� 

industriale che si svolge negli stabilimenti di cui alla norma medesima. 

La conclusione cui induce il significato letterale della disposizione 

esaminata � sorretta dalla ratio legis. Come gi� questa Corte suprema 

ha ritenuto (sent. n. 2288 del 1961 e seni. n. 1111 del 1963), le agevo


lazioni fiscali previste per l'industrializzazione dell'Italia meridionale 

ed 'insulare (legge 29 dicembre 1948, n. 1482 e successivi provvedimenti 

legislativi) sono accordate in considerazione dell'incremento che si 

-vuole arrecare al patrimonio industriale delle zone menzionate nel


l'art. 1 del decreto n. 1598 del 1947, successivamente estese (v. art. 1 

d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523). E poich� il fine della legge � quello di 
incentivare un incremento industriale che, lungi dall'essere occ~sionale 
� o momentaneo, dovr� protrarsi nel tempo, per poter realizzare quel pi� 
elevato livello di industrializzazione voluto dal legislatore, � fuori di 
tale intento agevolare l'importazione di macchine che, per la loro struttura 
e funzione, possano avere un impiego solo momentaneo ed occasionale. 


Il ricorrente per sostenere il suo assunto difensivo, secondo cui 
l'esenzione doganale mira ad incrementare il sorgere di nuovi stabilimenti 
industriali e non anche il successivo funzionamento degli stabi



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

limenti stessi, d� particolare risalto all'espressione �primo impianto di 
stabilimenti industriali � che si legge nell'art. 2 dianzi trascritto. Ma 
l'argomento letterale non � rilevante perch� l'aggettivo �primo � si. 
riferisce solo a quanto pu� occorrere per l'impianto di stabilimenti e 
non anche ai materiali da costruzione ed alle macchine, menzionate 
dalla norma in esame, come chiaramente risulta dal testo della legge. 

N� � fondato l'argomento che il ricorrente trae dal secondo comma 
dell'art. 2 in esame, perch� tale norma .si riferisce alle macchine destinate 
all'ampliamento, alla trasformazione, alla ricostruzione ed alla 
riattivazione di stabilimenti gi� esistenti, cio� ad ipotesi estranee a 
quella di causa, che � relativa alla costruzione di un nuovo stabilimento. 

Neppure fondata � l'ulteriore deduzione difensiva, svolta d;al ricorrente 
nella memoria, perch� dai successivi articoli del provvedimento 
legislativo n. 1598 del 1947, che si riferiscono ad altri tributi (artt. 3, 
4, 5) e ad agevolazioni non di carattere fiscale (artt. 6 e .segg.) non � 
possibile trarre alcun argomento a favore della tesi del ricorrente. 

La sentenza impugnata va, infine, esente dalla censura mossale per 
non aver dato ingresso alla dedotta prova per testimoni perch� la denegata 
ammissione � stata motivata in modo adeguato dalla Corte del 
merito. Questa, infatti, ha o.sservato che l'asserito impiego del trattore 
per lo spostamento dei veicoli in riparazione nell'interno dello stabilimento, 
oltre che antieconomico, non era conforme alla normale destinazione 
della macchina. -(Omissis). 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E F~RNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 8 ottobre 1969, n. 3217 -Pres. Gentile 
-Est. Bivona ~ P. M. Silocchi (conf.) -Gatti (avv. Becca) c. 
Min. Trasporti (avv. Stato Ricci). 

Appalto -Gestione di uno spaccio della� Provvida� -Qualificazione Appalto 
di servizio -Sussiste. 
(e.e., art. 1655). 

Deve qualificarsi come contratto d'appalto il contratto col quale 
una persona si obbliga a gestire, con l'organizzazione dei mezzi necessari 
e a proprio rischio, uno spaccio della Provvida (1). 

(Omissis). -Questo Supremo Collegio, nel delineare i criteri distintivi 
fra le predette figure di contr~tto, ha ripetutamente precisato che 
oggetto del contratto di appalto � la prestazione, mediante corrispettivo 
di un determinato risultato di lavoro, con gestione e rischio propri dell'imprenditore 
che assume di �compiere l'opera o il servizio; laddove nel 
contratto d'opera oggetto del rapporto � la prestazione, da parte del lavoratore 
della propria opera intellettuale, artistica o artigiana con attivit� 

(1) Sull'individuazione dei criteri distintivi del contratto d'appalto dal 
contratto d'opera e dal contratto di lavoro subordinato la giurisprudenza 
� cons�lidata nei sensi precisati nella sentenza in esame; cos� pure � pacifico 
che, mentre sono sindacabili in Cassazione i criteri generali ed astratti 
adottati dal giudice di merito per l'individuazione di cias�una figura contrattuale, 
inSindacabile �, invece, la valutazione della sussistenza in concreto 
degli elementi propri dell'una o dell'altra delle figure contrattuali 
considerate. In arg. cfr. FRENI, Lavoro autonomo (contratto di), in Enciclopedia 
forense, IV, Milano, 1959, 669 e segg., ed ivi bibliografia e giurisprudenza. 
Partic�ilare segnalazione la senten,za merita per l'ampia e corretta disamina 
degli elementi caratterizzanti i contratti, del tipo di quello considerato, 
stipulati dalla � Provvida � per la gestione dei propri spacci. 

A.FRENI 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esclusivamente o prevalentemente propria. Bench� siano entrambi contratti 
di risultato, ed abbiano, perci�, in comune l'elemento dell'indipendenza 
rispetto al committente e della assunzione del rischio, il con-. 
tratto d'opera si differenzia dall'appalto in quanto quest'ultimo contratto 
presuppone nell'appaltatore una organizzazione a carattere di impresa, 
con prevalente impiego di lavoro altrui. Dall'uno e dall'altro schema 
contrattuale, poi, nettamente si differenzia il rapporto di lavoro subordinato, 
nel quale oggetto della prestazione � l'energia lavorativa che 
il lavoratore stabilmente e sistematicamente pone a disposizione dell'altrui 
impresa, erogandola attraverso l'inserimento nella organizzazione 
tecnica ed amministrativa della stessa e secondo le direttive e 
sotto la vigilanza del datore di lavoro, chiamato, di regola, a sopportare 
i rischi della gestione. 

Ebbene, la Corte di merito, per nulla ripudiando gli anzidetti criteri 
distintivi tradizionali, ha, con ampia motivazione, riconosciuto la 
esistenza, nel contratto stipulato dall'Amministrazione con il Gatti, di 
tutti gli elementi essenziali del rapporto di appalto, quale � definito 
dall'art. 1655 e.e. e cio�, la prestazione di un servizio a favore. del committente, 
l'organizzazione da parte dell'appaltatore dei mezzi necessari 
per il �compimento dello stesso e la gestione a rischio dell'appaltatore 
medesimo; ed al tempo stesso, ha confutato le varie obiezioni che avverso 
tale qualificazione giuridica del rapporto erano state avanzate 
dall'odierno ricorrente, dimostrando, in particolare, l'assenza degli 
~stremi della collaborazione e della subordinazione, che sono caratteristi'ci 
del rapporto di lavoro subordinato. 

Premesso che dall'insieme delle clausole contrattuali era emerso 
che le parti avevano dato vita ad un rapporto che, oltre alla denominazione, 
aveva anche la sostanza del contratto di appalto la Corte di 
merito ha posto in particolare rilievo che se erano rimaste a carico 
dell'Amministrazione le spese per l'acquisto delle merci, per l'affitto 
dei locali e per l'energia elettrica, il Gatti, per�, doveva provvedere 
con mezzi propri all'organizzazione del servizio, alla assunzione ed alla 
retribuzione del pers~nale occorrente, ed all'adempimento degli oneri; 
tutti derivanti dalle assicurazioni sociali. Ha, quindi, considerato che 
tale organizzazione di mezzi, di per s�, postulava una certa spesa e 
l'assunzione del correlativo rischio, stante la possibilit� che gli oneri 
di natura economica assunti dal Gatti non venissero coperti dalla partecipazione 
agli utili sulle vendite e dal minimo garentito di L. 30.000 
mensili. Ha, infine, sottolineato la Corte che era da escludersi che il 
Gatti fbsse stato un semplice nudus minister dell'Amministrazione, considerando: 
1) che oggetto del contratto era stata non gi� la sua diretta 
attivit� di lavoro, bensi il servizio da lui assunto a proprio rischio e 
con una propria organizzazi.one aziendale; 2) che l'orario di vendita 
non andava riferito all'attivit� diretta del Gatti, ma all'apertura ed 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 479 

alla chiusura dello spaccio; 3) che l'ingerenza dell'Amministrazione ed 
i successivi controlli ispettivi non intaccavano l'autonomia del gestore, 
essendo unicamente rivolti ad assicurare il buon andamento del servizio, 
in armonia con le finalit� sociali che con esso l'Amministrazione 
medesima intendeva perseguire; 4) che le penalit� che la committente 
si era riservata il diritto di applicare, �come era reso ,palese dal fatto 
che le stesse. erano previste anche in relazione all'attivit� dei dipendenti 
del Gatti (dell'operato dai quali egli, quale appaltatore era tenuto 
a rispondere verso l'Amministrazione), lungi dal rivelare l'esistenza di 
una supremazia gerarchica e costituire esercizio di un potere discipli


.nare incompatibile con la natura del contratto di appalto, altro scopo 
non avevano .se non quello di garenti.re che il servizio si svolgesse 
secondo i patti contrattuali. 

Orbene, ove si �onsideri che l'indagine del giudice di merito, diretta 
ad accertare la volont� dei contraenti. costituisce giudizio di fatto, 
incensurabile 'in Cassazione, quando, come nella specie il giudice stesso 

. abbia giustificato il proprio convincimento �coh un processo logico interpretativo 
�condotto in conformit� delle norme giuridiche, non possono 
non apparire vane le critiche che si appuntano contro la decisione della 
Corte di Roma. In primo� luogo, � la stessa motivazione della sentenza 
impugnata a smentire il ricorrente quando afferma che i giudici di 
appello avrebbero indicato nel rischio l'unico elemento distintivo fra 
contratto di appalto e contratto di. lavoro subordinato; e, d'altro canto, 
non si pu� davvero contestare che qualora il prestatore di lavoro abbia, 
come nel �caso concreto, �ssunto a proprio carico oneri e rischi, i quali 
per la loro natura ed entit�, lungi dall'incidere �soltanto sulla misura 
concreta della retribuzione, implichino una diretta assunzione di rischi 
propri dell'impresa, ricorra una situazione che � giuridicamente incompatibile 
con l'essenza stessa del rapporto di lavoro subordinato. N� la � 
esclusione �dell'elemento rischio� poteva farsi discendere dall'essersi 
fatto il Gatti coadiuvare nello svolgimento della sua attivit�, dai fami' 
liari anzich� da persone -estranee, sia perch�, come ha giustamente osservato 
la sentenza impugnata, tale sua unilaterale determinazione non 
avrebbe potuto, da sola, snaturare la portata e l'oggetto del contratto, 
sia pe'rch� le prestazioni dei familiari non sono� necessa~iamente gra-. 
tuite, sia perch� soltanto in previsione di un utile economico il .Gatti 
aveva impiegato nella gestione dello spaccio della �Provvida la moglii'l 
ed il figlio, i quali nell'interesse proprio e di tutta .la famiglia avrebbero 
potuto svolgere in altri campi proficuo e redditizio lavoro. Ed � 
appena il caso di ricordare che la gestione a proprio rischio che caratterizza 
l'appalto non si riferisce al rischio o pericolo in senso tecnico, 
cio� alla sopportazione dei casi fortuiti, ma al cosiddetto rischio economico, 
derivante dalla i~possibilit� di determinare, al momento della 
conclusione del c�mtratto, il preciso costo dell'opera o del servizio pro




480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

messo dall'appaltatore, il quale potr� quindi guadagnare o perdere nell'affare 
a seconda che detto costo sia inferiore o meno al corrispettivo 
inizialmente pattuito e che, una volta determinato, � destinato a rimanere 
per lo pi� fisso ed ad essere modificato solo nel concorso di determinate 
condizioni. Dalle cose fin qui dette discende anche l'inconsistenza 
della censura con cui si addebita alla sentenza impugnata di avere trascurato 
le risultanze della prova testimoniale e di avere omesso di 
valutare il comportamento tenuto dalle parti successivamente alla conclusione 
del rapporto: comportamento che, a detta del ricorrente, di 
fronte alla imprecisione, alle lacune ed alla insufficienza delle espressioni 
adoperate dai contraenti, sarebbe servito a chiarire la loro comune 
intenzione. Al contrario, la Corte di merito' ha valutato minuziosamente 
i risultati della prova per testi, anche se poi � giunta a conclusioni 
diveriie da quelle proposte al ricorrente; ed � noto che non pu� essere 
ricondotto sotto l'ipotesi di omesso esame di fatto decisivo l'interpretazione 
e la valutazione di 'Circostanze fatte dal �giudice di merito in 
senso difforme da quello propugnato dalle parti. 

Nessun pregio, pu�, da ultimo, attribuirsi all'addebito mosso ai 
giudici di appello di non avere, nel dubbio, interpretato le clausole contrattuali, 
di cui agli artt. 8, 9 e 11, in senso favorevole al Gatti. Al riguardo 
� sufficiente rilevare che il principio della interpretazione delle 
clausole �contrattuali contro l'autore di esse, sancito dall'art. 1370 e.e. 
non pu� trovare applicazione se non nell'ipotesi di clausole contrattuali 
formulate in termini oscuri ed anche ambigui, si da far sorgere dubbi 
sul loro effettivo significato. Ma tale ipotesi nel caso concreto non ricorre. 
Per altro, il ricorrente non attribuisce alle clausole in discorso 
un significato diverso da quello ad esse attribuito dalla sentenza impugnata, 
e reso, d'altronde, palese dalla chiarezza delle espressioni 
adoeprate e dalla loro logica connessione; soltanto, insistendo, ancora 
in questa sede, nel negare l'esistenza di un contratto di appalto, ed 
assumendo di essere titolare di un rapporto di lavoro subordinato, egli 
sostiene, in relazione al disposto dell'art. 127 e.e., che i ropporti da 
lui posti in essere con il suo personale dovrebbero far capo direttamente 
ali'Amministrazione. Tale questione, per�, che inerisce non gi� alla 
interpretazione di singole clausole contrattuali, ma alla interpret~zione 
ed alla qualificazione giuridica del contratto, non si pone nemmeno, 
dal momento che la Corte di merito, dall'esame in via unitaria del �contratto 
e dall'apprezzamento del comportamento complessivo delle parti, 
anche posteriore alla conclusione del rapporto, � giunta esattamente 
alla �conclusione di ravvisare nel rapporto de quo gli elementi propri 
del contratto di appalto di un servizio. 

Le considerazioni che precedono giustificano il rigetto del ricorso. 

-(Omissis). 

lil 

%1mf%fff:ffwffNWff:01ff@Iffiliriliiitlfiiff@\mlf@\Kiliillt�ff@f{@f%1@Wf@Im@ttfif@@}iff11ff�\ItffBmmtfill@ff&fJi~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 481 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 c,iicembre 1969, n. 3948 -Pres. 
Favara -Est. Ferrone-Capano -P. M. Pedaee (conf.) -Badalamenti 
(avv. Rizzo) c. Amministrazione provinciale di Palermo (avv. Ghia, 
Wolleb). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contratto di appalto stipulato 
in forma amministrativa a seguito di licitazione privata -Necessit� 
di specifica approvazione scritta delle condizioni generali del contratto 
predisposte dall'Ente pubblico -Esclusione. 

(e.e., art. 1341). 

� da escludere che possa configurarsi un contratto per adesione, 
soggetto alla specifica approvazione prevista daH'art. 1341 e.e. nel caso 
che l'appalto sia stato aggiudicato a seguito di licitazione privata e 
quindi l'appaltatore, partecipando alla gara, abbia avuto la possibilit� 
di esaminare e conoscere tutte le clausole e condizioni dell'appalto e 
vi sia stato peraltro il rinvio ad un complesso di norme neppure predisposte 
dall'Ente pubblico (nella specie, il Capitolato generale statale 
oo.pp.): in questo caso si ha un contratto per relationem perfectam, il 
cui contenuto � determinato, nella parte che rinvia allo schema gi� predisposto, 
con riferimento ad una disciplina negoziale nota alle parti e 
da esse voluta e adottata con libera cooperazione (1). 

(1) Sul contrapposto fra contratti per adesione e contratti per relationem 
perfectam, v. gi� Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 
1969, I, 762, sub 5. Dalla prima parte della massima della sentenza in rassegna,. 
sembra emergere che gi� la formazione del contratto mediante licitazione 
privata (e, quindi, a fortiori mediante pubblico incanto) dovrebbe 
costituire, a prescindere dalla relatio perfecta (a schema contrattuale alieno), 
garanzia di svolgimento di un'effettiva contrattazione. Ma, in senso pi� 
radicale, Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, cit., in questa Rassegna, 1969, I, 768, 
nella motivazione, ~embra prescindere anche dalla gara ufficiale poich� a 
proposito del capoverso dell'art. 1341 e.e., avverte che � l'unico modo attraverso 
il quale questa norma appresta una tutela al contraente pi� debole 
� precisamente quello di metterlo in grado di contrattare con libera e consapevole 
determinazione, preservandolo dal pericolo di dover subire clausole 
vessatorie, derette a sorprendere la sua buona .fede o, comunque, da 
lui non perfettamente conosciute. E tale pericolo non � ipotizzabile allorch� 
le clausole contrattuali siano state predisposte dagli organi della P.A., il cui 
operato si pr�esume ispirato a finalit� d'int~resse generale e, perci�, ad imparzialit� 
e giustizia� (v. anche in questa� Rassegna 1969, I, 764, nota 4 ed 
ivi riferimenti). In proposito il Lodo arbitrale 21' maggio 1969, n. 21 -Roma 
(in questa Rassegna, 1970, I, 154) ha ribadito tale concetto, affermando che 

� d'altra parte l'Impresa che concorre ad un appalto d'opera pubblica non �, 
di certo, nella situazione del contraente debole che deve essere tutelato 
avverso i possibili abusi ed i possibili inganni della parte pi� forte �. 

482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLQ STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 dicembre 1969,' n. 4046 -Pres. 
Maccarone -Est. Cusani -P. M. Pandolfelli (parz. diff.) -Cancemi 
(avv. Lama, Amico) c. Amm. prov. Caltanissetta (avv. Pignatore) 
e Assessorato LL. PP. Regione siciliana (avv. Stato Del Greco). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere dell'immediata riserva 
dell'appaltatore -Carattere generale -Sussiste. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 36 e segg.). 
In base al r. d. 25 maggio 1895, n. 350 sulla direzione, contabilit� e 
collaudo delle opere pubbliche, e in particolare in base agli artt. 36 e 37 di 
tale decreto, l'onere di denunzia di fatt!i o situazioni che causino aume-rito 
di spes,a neU'esecuzione delle opere � generale e nessuna ragion di 
compenso pretermessa nella contabilit� pu� ritenervisi sottrfLtta (1). 

(1) Gi� Cass. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 220, 
nell'accettare la ricostruzioe della ratio dell'istituto della riserva offerta 
dalla nota giurisprudenza della Corte d'appello di Roma (v. sent. 19 aprile 
1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712; 28 settembre 1968, n. 2301, ivi, 
1968, I, 1110; 30 novembre 1968, n. 2790, i1'i, 1968, I, 1111; 23 gennaio 1969, 
n. 113, ivi, 1969, I, 350), ha insegnato che �non � ... l'Amministrazione che 
deve, per prima,. adottare e far conoscere all'appaltatore le proprie determinazioni 
sui fatti che nel corso del rapporto si verificano, salvo il diritto 
di quest'ultimo di formulare la riserva, bens� all'appaltatore, ove intenda 
far valere il diritto ad un equo compenso per l'eccessiva onerosita dell'impegno 
assunto incombe l'oner,e di formulare la richjesta tempestivamente �. 
Nella giurisprudenza arbitrale, accettandosi la stessa anzidetta ricostruzione, 
si sottolinea che il sistema normati'll'o vigente in materia � informato 
e al duplice criterio della coordinazione documentale tra accertamento della 
siutazione dannosa e denuncia e della immediatezza temporale della medesima 
traducentesi, per l'appaltatore, nell'onere di formulare le proprie 
rise'l've in occasione della prima sottoscrizione del registro di contabilit� 
successiva al rilevamento del fatto che le d� causa� (cosi Lodo art. 17 
marzo l967, n. 18 -Roma, in questa Rassegna, 1967, I, 328, nella motivazione). 
Sulla immediatezza dell'�nere della riserva anche quando triattisi 
di c.d. fatti continuativi v. gi� Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, 
I, 204; e cos�, nella stessa giurisprudenza arbitrale, si ritrova gi� affermata 
l'arbitrariet� della distruzione fra riserve d'ordine particolare e riserve 
d'ordine generale, � :restando vero in ogni caso che dal momento in cui � 
sorto un fatto che d1a origine ad una maggiUre pretesa esso deve essere portata 
perch� la pretesa possa farsi valere, a conoscenza appena � possibile 
dell'Amministrazione mediante l'iscrizione della riserva� (cosi Lodo arb. 
15 gennaio 1957, in Acque, bon., costr., 1957, 541). Tale concetto alla 
stregua della massima sopra riportata e di quanto avvertito all'inizio della 
presente nota, pu� dirsi ormai accolto dalla Corte di cassazione. La sentenza 
in rassegna, peraltro, ha escluso che anche la richiesta di interessi moratori 
sia soggetta all'onere della riserv�, trattandosi � cl.i situazione estranea 
e posteriore all'attivit� soggetta a registra:l!ione, che � quella svolta dall'appaltatore 
per l'esecuzione dell'opera�. Viceversa, sulla portata dell'articolo 
36 r.d. n. 350 'del 1895, v. nota, in questa Rassegna, 1969, I, 1187 segg. 
e per i ritardi nella compilazione dello stato finale o del collaudo v. artt. 64 
e 107 r.d. n. 350 del 1895. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 483 

LODO ARBITRALE, 21 maggio 1969, n. 21 (Roma) -Pres. Laschena Impresa 
Belladonna (avv. Rossini) c. Ministero Agricoltura e Foreste 
(avv. Stato Zagari). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Regolamento 25 maggio 1895, 

n. 350 -Applicabilit� delle sue norme a tutti gli appalti di opere 
pubbliche statali -Sussiste. 
(r.d. 25 maggio 1895, n. 350). 
Appalto -Appalto di opere della gestione INA-Casa eseguite a mezzo 
incarico a stazione appaltante ai sensi dell'art. 11 1. 28 febbraio 
1949, n. 43. -Capitolato generale d'appalto della Gestione INA-Casa 
-Rinvio alle norme del r. d. 25 maggio 1895, n. 350 -Valore contrattuale 
-Sussiste. 

(Cap. gen. app. Gestione I.N.A.-Casa ed. 1958, art. 23). 

Contratti pubblici -Appicabilit� dell'art. 1341 c. c. -Esclusione. 
(e.e., art. 1341). 

Appalto -Appalti di opere pubbliche -Appalto disciplinato dal Capitolato 
generale della Gestione INA-Casa -Richiamo (contrattuale) 
delle norme del r. d. 25 maggio 1895, n. 350 -Onere della tempestiva 
riserva da parte dell'appaltatore sotto comminatoria di 
decadenza -Carattere vessatorio della clausola -Esclusione. 

(Cap. gen. app. Gestione I.N.A.-Casa, art. 23; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, 
art. 54). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva 
da parte dell'appaltatore -Fondamento e portata dell'istituto Momento 
in cui l'onere diventa attuale -Applicazioni. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 360, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 
89, 107). 
�Il Rego'lamento 25 maggio 18.95, n. 350 dispone per gli appalti delle 

opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici ed in genere per ie 

opere pubbliche dello Stato (1). 
Il richiamo alle norme del Regolamento 25 maggio 18.95, n. 350 
fatto dal Capitolato generale d'appalto della Gestione INA-Casa ha 

(1) Trattasi, infatti, di regolamento emanato in virt� degli artt. 346 e 
364 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. F sulle opere pubbliche � che stanno a 
carico dello Stato �. Sulle fonti normative dell'appalto di opere pubbliche, 
v. C1At~TFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 168 segg. 
11 



484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
natura di rinvio recettizio e conferisce a quelle norme valore negozia.le, 
.facendo loro perdere quello originario di precetti regolamentari (2). 
� da escludere che i'art. 1341 e.e. possa trovare appiicazione nei 
contratti con la Pubbiica Amministrazione, poich� sarebbe da escludere 
a priori un intento jugulatorio di questa nei rapporti con i privati e 
d'altra parte l'impresa c'lte concorre ad un appalto di opera pubblica 
. non �, di certo, nella situazione del contraente debote che deve essere 
tuteiato d�i possibili ab'USi ed inganni della parte pi� forte (3). 
La cl'a'IJ,Sola relativa alla tempestiva iscrizione deUe riserve nei registri 
contabi.ii, a pena di decadenza, non � particoiarmente onerosa 
per l'appaltatore, poich� ne.sS'Una Limitazione delle S'Ue facolt� e dei suoi 
diritti deriva daWonere di iscrivere� la .riserva appena egli risenta un 
danno, accertato e determinabile, ca~ato direttamente da un fatto 
obiettivamente apprezzabile (4). � 
L'onere della riserva negli appalti di opere pubbliche trova fondamento 
neU'esigenza di fornire a:ii'Amministrazione un mezzo idoneo 
al costante controllo che il costo den'opera rientri nel previsto limite 
di spesa e diventa operante nel momento in C'Ui si rende manifesta la 
rilevanza ca'USale del fatto dannoso, secondo una valutazione da effettuare 
non gi� retrospettivamente, ex post, sibbene ex ante, da �n appaltatore 
di media diligenza. Na'f;u.ralmente, il detto onere di iscrizione 
immediata va riferito soltanto alle pretese che trovano la loro fonte 
in fatti registrati sia nel registro di contabilit� che nel libretto delle 
misure regolarmente tenuti dall' Amministrazi�ne, ossia concernenti mag(
2) Sul valore contrattuale delle norme del Capitolato generale d'appalto 
della Gestione INA-Casa v. Cass., 2 dicembre 1969, n. 3850, in questa 
Rassegna, 1970, I, 180. Sull'incarico di costruzione di case �per lavoratori, di 
cui all'art. 11 1. .28 febbraio 1949, n. 43, v. Cass., 14 ottobre 1969, n. 3296, in 
questa Rass�gna, 1969, I, 970, ed ivi nota critica rec;lazionale. 
(3) Cfr. Cass., 13 dicembre 1969, n. 3948, in questa Rassegna, 1970, I, 
481, nonch� Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, id., 1969, I, 762, sub 4, ove nota 
di ulteriori riferimenti. 
(4) L'onere, infatti, si inquadra nella stessa btiona fede contrattuale: 
v., infatti, Corte App. Roma, 10 marzo 1966, n. 666, in questa Rr,,ssegna, 
1966, I, 712, nonch� Lodo arb. 17 marzo 1967, n. 18, id., 1967, I, 324 segg. 
nella motivazione, con� le specificazioni che essa assume in relazione alla 
peculiare figura del contratto di appalto di opere pubbliche, la cui disciplina 
non pu� non restare influenzata dalla natura pubblica del soggetto 
appaltante e degli interessi. che quello persegue con tale strumento : v. Cass. 
30 ottobre 1954, n. 4190, Foro pad., 1955, I, 1023; v. anche Corte App. Roma, 
30 novembre 1968, n. 2790, in questa Rassegna, 1968, I, 1125, nella motiva~ 
zione. Da qui anche l'incombenza al privato e non gi� all'Ammin. dell'onere 
di iniziativa e denuncia, su cui Cass., 30 giugno 1969, n. 2393, in 
questa Rassegna, 1969, I, 578, nonch� Cass., 29 dicembre 1969, n. 4046; 
id., 1970, I, 482. 
Peraltro, sulla perfetta legittimit� dell'art. 54 Reg. n. 350 del 1895, 
v. Cass., 12' giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963, 537-538. 
484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
natura di rinvio recettizio e conferisce a quelle norme valore negozia.le, 
.facendo loro perdere quello originario di precetti regolamentari (2). 
� da escludere che i'art. 1341 e.e. possa trovare appiicazione nei 
contratti con la Pubbiica Amministrazione, poich� sarebbe da escludere 
a priori un intento jugulatorio di questa nei rapporti con i privati e 
d'altra parte l'impresa c'lte concorre ad un appalto di opera pubblica 
. non �, di certo, nella situazione del contraente debote che deve essere 
tuteiato d�i possibili ab'USi ed inganni della parte pi� forte (3). 
La cl'a'IJ,Sola relativa alla tempestiva iscrizione deUe riserve nei registri 
contabi.ii, a pena di decadenza, non � particoiarmente onerosa 
per l'appaltatore, poich� ne.sS'Una Limitazione delle S'Ue facolt� e dei suoi 
diritti deriva daWonere di iscrivere� la .riserva appena egli risenta un 
danno, accertato e determinabile, ca~ato direttamente da un fatto 
obiettivamente apprezzabile (4). � 
L'onere della riserva negli appalti di opere pubbliche trova fondamento 
neU'esigenza di fornire a:ii'Amministrazione un mezzo idoneo 
al costante controllo che il costo den'opera rientri nel previsto limite 
di spesa e diventa operante nel momento in C'Ui si rende manifesta la 
rilevanza ca'USale del fatto dannoso, secondo una valutazione da effettuare 
non gi� retrospettivamente, ex post, sibbene ex ante, da �n appaltatore 
di media diligenza. Na'f;u.ralmente, il detto onere di iscrizione 
immediata va riferito soltanto alle pretese che trovano la loro fonte 
in fatti registrati sia nel registro di contabilit� che nel libretto delle 
misure regolarmente tenuti dall' Amministrazi�ne, ossia concernenti mag(
2) Sul valore contrattuale delle norme del Capitolato generale d'appalto 
della Gestione INA-Casa v. Cass., 2 dicembre 1969, n. 3850, in questa 
Rassegna, 1970, I, 180. Sull'incarico di costruzione di case �per lavoratori, di 
cui all'art. 11 1. .28 febbraio 1949, n. 43, v. Cass., 14 ottobre 1969, n. 3296, in 
questa Rass�gna, 1969, I, 970, ed ivi nota critica rec;lazionale. 
(3) Cfr. Cass., 13 dicembre 1969, n. 3948, in questa Rassegna, 1970, I, 
481, nonch� Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, id., 1969, I, 762, sub 4, ove nota 
di ulteriori riferimenti. 
(4) L'onere, infatti, si inquadra nella stessa btiona fede contrattuale: 
v., infatti, Corte App. Roma, 10 marzo 1966, n. 666, in questa Rr,,ssegna, 
1966, I, 712, nonch� Lodo arb. 17 marzo 1967, n. 18, id., 1967, I, 324 segg. 
nella motivazione, con� le specificazioni che essa assume in relazione alla 
peculiare figura del contratto di appalto di opere pubbliche, la cui disciplina 
non pu� non restare influenzata dalla natura pubblica del soggetto 
appaltante e degli interessi. che quello persegue con tale strumento : v. Cass. 
30 ottobre 1954, n. 4190, Foro pad., 1955, I, 1023; v. anche Corte App. Roma, 
30 novembre 1968, n. 2790, in questa Rassegna, 1968, I, 1125, nella motiva~ 
zione. Da qui anche l'incombenza al privato e non gi� all'Ammin. dell'onere 
di iniziativa e denuncia, su cui Cass., 30 giugno 1969, n. 2393, in 
questa Rassegna, 1969, I, 578, nonch� Cass., 29 dicembre 1969, n. 4046; 
id., 1970, I, 482. 
Peraltro, sulla perfetta legittimit� dell'art. 54 Reg. n. 350 del 1895, 
v. Cass., 12' giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963, 537-538. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 485 

giori oneri relativi a partite di lavoro registrate. poich� negli aitri casi, 
come quello deL differimento nel tempo dell'esecuzione delle opere e 
della liberazione deU'awaitatore a segu~to di sospensione per fatto dell'Amministrazione, 
la rilevanza dannosa deL fatto si rende manifesta, 
cio� obiettivamente apprezzabile, non _nelle singole unitd di lavoro, ma 
soitanto neL conto, finale, quando s� IYU� calcolare la differenza tra L'importo 
contrattuale dei lavori e quello effettivamente sostenuto in base 
a tutta la documentazione contabile (5). 

(Omissis). -L'Impresa ing. Nicola Belladonna deduce che, nel 
corso dei lavori, si sono verificati alcuni fatti nuovi, assoluta.mente 
estranei alle previsioni delle parti, quali potevano essere ragionevolmente 
fatte in sede di procedimento pre-contrattuale e di gara di appalto;
�fatti nuovi che hanno costretto essa Impresa a sopportare maggiori 
oneri (primo, secondo e terzo quesito). Conseguentemente; afferma, 
il proprio. diritto ad essere ristorata dei detti oneri. Richiede, poi, il 
riaccredito delle somme detratte dal collaudatore in fase di collaudo 
(quarto, quinto, sesto e settimo quesito). 

La convenuta Amministrazione contesta il fondamento della pretesa 
creditoria e, in limine, eccepisce l'inammissibilit� dei primi tre 
quesiti per tardiva iscrizione delle relative riserv� nei registri contabili, 
in particolare per quanto riguarda le pretese relative alla prima 
sospensione dei lavori: 

Nell'ordine logico, il problema relativo alla tardivit� di alcune riserve 
va esaminato per primo, dato che esso importa la soluzione di 
una questione sostanzialmente unitaria e di natura squisitamente pregiudiziale, 
salvo poi, esaminare la concreta ques~ione di ammissibilit� 
dei quesiti nella sede propria di questi. 

Il Ministero dell'agricoltura e delle Foreste basa l'eccezione sul 
disposto dell'art. 23, primo comma, del Capitolato generale d'appalto 
INA-Casa, nel quale � testualmente stabilito che �le domande di re


(5) La prima parte della massima si adegua alla nota giurisprudenza 
della Corte d'Appello romana ed afferma concetti ormai accettati anche 
dalla Suprema Corte regolatrice (cfr. Cass., 30 giugno 1969, n. 2393, in 
questa Rassegna, 1969, I, 578, sub 2). La seconda parte della massima pretende 
di essere una illazione dell'insegnamento giurisp,_-udenziale, che si 
dice accolto con la prima parte della massima, ma, in effetti, costituisca 
un tentativo di minimizzarne la portata. Negli stessi sensi, v. gi� Lodo arb. 
4 ottobre 1969, n. 56 -Roma, in questa Rassegna, 1969, I, 1184. Per la confutazione 
dell'assunto, v. le stringenti considerazioni, viceversa, contenute 
nel Lodo arb. 17 marzo 1967, n. 18 -Roma (in questa Rassegna, 1967, I, 320, 
in particolare 323 e segg., nella motivazione), nonch� nella sentenza 23 
gennaio 1969, n. 113 della Corte d'Appello di Roma (in questa Rassegna, 
1969, I, 350 segg., in part. 355); v. anche nota critica, in questa Rassegna, 
1969, I, 1185 segg. 

486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA'DELLO STATO 

clamo dell'appaltatore dovranno essere presentate ed iscritte nei documenti 
contabili, nei modi e nei termini tassativamente stabiliti dal 
Regolamento per la direzione, contabilit� e collaudazione dei lavori 
dello Stato, senza di che non potranno essere prese in considerazione�. 
Ci�, con riferimento agli artt. 36, 53 e 54 del detto I.tegolamento, approvato 
con il d.P.R. 25 maggio 1895, n. 350. 

L'Impresa contesta la proponibilit� dell'eccezione sotto un duplice 
profilo. 

Obietta, in primo luogo, che lai dottrina e la giurisprudenza hanno 
definito eccezioni in senso impr<?prio i mezzi di difesa, che tendono a 
far dkhiarare l'inesistenza del diritto vantato dall'attore; ed accezioni 
in senso proprio quelle, riservate al potere dispositivo delle parti e che, 
senza escludere il diritto dell'attore, portano al suo annullamento. Queste 
ultime -tra le quali l'eccezione di decadenza sono .soggette alle 
norme sulle preclusioni; esse -assume l'Impresa devono considerarsi 
precluse, ove siano dedotte, come nella specie, soltanto in sede di 
replica. 

Il Collegio non condivide la tesi che l'eccezione di decadenza sia 
soggetta alla detta preclusione. Trattasi, infatti, di questione che, in 
quanto attinente alla .stessa ammissibilit� dell'azione, potrebbe essere 
rilevata anche di ufficio e che ritualmente pu� essere sollevata in qualsiasi 
stato del giudizio. 

In secondo luogo, l'Im!>resa, assume che la cennata disposizione 
dell'art. 3, primo comma, del Capitolato generale d'appalto INA-Casa 
non sarebbe valida ed operante, non essendo stata da essa specificatamente 
approvata per iscritto in ossequio all'art. 1341, secondo 
camma, e.e. 

Premesso che il Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 dispone soltanto 
per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori 
Pubblici, e, in genere, per le opere pubbliche dello Stato, il Collegio 
osserva che il richiamo alle relative norme, contenute nel Capitolato 
generale d'appalto INA-Casa, ha natura di rinvio recettizio e conferisce 
a quelle norme indubbio valore negoziale, facendo loro perdere quello 
originario di precetto regolamentare. 

Ora � nota la ratio cui si informa la disposizione dell'art. 1341, 
secondo comma, e.e. 

Si vuole porre al riparo il contraente pi� debole, quale � il con


traente per adesione, dalla sorpresa di oneri troppo gravosi, non pre


visti dalla legge, che possano derivargli dal contratto, senza che egli 

li abbia sufficientemente ponderati. Senonch�, nel settore che interessa, 

sembrerebbe far difetto quella pressione dell'offerta e quel bisogno di 

contrarre che sono a base della norma. Un consolidato indirizzo giuri


sprudenziale ha escluso che la norma possa trovare applicazione nei 

contratti con la Pubblica Amministrazione, poich� sarebbe da escludere 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 487 

a priori un intento 'iugulatorio di questa nei rapporti conclusi con il 

privato. D'altra parte, l'Impresa che concorre ad un appalto di opera 

pubblica non �, di certo, nella situazione del contraente debole che 

deve essere tutelato avverso i possibili abusi ed i possibili inganni della 

parte pi� forte. 

Si aggiunge che il richiamo alle disposizioni, che disciplinano le 

opere pubbliche, non concretano per la pubblicit� e, quindi, per la 

notoriet� di dette disposizioni, la fattispecie prevista nel secondo com


:ina dell'art. 1341 e.e. Le varie clausole sono predisposte e fissate o 

richiamate in appositi Capitolati generali e speciali, di cui � dato pre


sumere che le parti private abbiano avuto piena �conoscenza prima della 

gara e della sottoscrizione del contratto. 

Il Collegio ritiene, comunque, che la clausola relativa alla tempe


stiva iscrizione delle riserve nei registri contabili non sia particolar


mente onerosa per l'appaltatore, poich� non si ravvisa alcuna limita


zione delle sue facolt� e dei suoi diritti dell'onere, che gli viene im


posto, di iscrivere la riserva appena egli risenta un danno, accertato 

e determinabile, causato direttamente da un fatto obiettivamente ap


prezzabile. 

Passando, quindi, ad esaminare il �contenuto e la portata degli 
artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 350� del 1895, sui quali l'Amministrazione 
convenuta basa l'eccezione di inammissibilit� delle riserve relative ai 
primi tre quesiti, si osserva che, secondo l'orientamento affermatosi 
nella giurisprudenza onoraria e giudiziaria, il fondamento razionale del 
sistema si ritrovava nell'esigenza di consentire alla p.a. appaltante 
di esercitare un immed~ato .controllo sul fatto, in contesa, al fine di 
impedire che il trascorrere del tempo ne rendesse pi�. difficile, se non 
impossibile, l'accertamento. Un pi� recente indirizzo ha per� ritenuto 
di individuare la ratio fondamentale, se non unica, dell'onere di riserva 
nell'esigenza �di fornire all'Amministrazione un mezzo idoneo per controllare 
costantemente il costo dell'opera, allo scopo di mantenerlo nel 
previsto limite di spesa e, comunque, per approntare tempestivamente 
le misure atte ad evitare che i fondi disponibili si rivelino insufficienti, 
con la conseguenza che, al pi� tardi, nel momento in cui il fatto produttivo 
di conseguenze dannose per l'appaltatore manifesti, in modo 
percepibile da persona di media diligenza, la sua potenzialit� causale, 
in quello stesso momento scatta l'onere della riserva. 

E il Collegio, a maggioranza dei suoi componenti, ritiene di aderire, 
in linea di massima, a quest'ultimo indirizzo. 

Alla stregua delle dette �considerazioni, non pu� escludersi di per 
s� l'onere della tempestiva registrazione per i c.d. fatti continuativi o 
per quelle questioni di carattere generale direttamente incidenti sulle 
.singole unit� di lavoro, salvo decidere, caso per caso, se tra � questione. 
sollevata e �fatto � oggetto di registrazione esista almeno un rapporto 



488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di incidenza diretta e, comunque, il momento in cui tale incidenza pu� 
e deve essere rilevata e, quindi, il termine temporale massimo nel quale 
l'onere della riserva pu�� e deve scattare. 

Naturalmente, il detto onere di iscrizione immediata va riferito 
soltanto alle pretese che trovano la loro fonte in :fatti registrati sia nel 
registro di contabilit� �che nel libr~tto delle misure. Esso, poi, presuppone 
pur sempre la scrupolosa osservanza, da� part~ del committente, 
delle precise norme regolamentari dettate in materia di redazione della 
contabilit�, senza la quale mancano le stesse condizioni essenziali per 
farsi luogo all'iscrizione. 

L'Impresa contesta che le richieste relative ai primi tre quesiti si 
riferiscano a fatti registrati o registrabili nei registri di .contabilit� ed 
assume, in conseguenza, che le richieste stesse ritualmente si sarebbero 
potute iscrivere anche soltanto nel conto finale. � sufficiente, in conti:
ario, osservare che le medesime attengono a maggiori on&i relativi 
a partite di lavoro registrate; rimane, da accertare quando il fatto dannoso 
si sia evidenziato nella sua potenzialit� causale e si sia precisato 
nelle sue componenti. 

L'impresa nega la sussistenza dell'onere della riserva immediata 
anche sotto altro profilo, deducendo la irregolare tenuta della contabilit� 
dei lavori�. per mancata tenuta' del libretto delle misure. 

In effetti, dalla Relazione di collaudo risulta che il detto libretto, 
�per quanto richiesto pi� volte � non � stato mai inviato al collaudatore. 
Ora, pure a voler ritenere che esso non sia stato mai apprestato, 
tale mancanza non sarebbe idonea, di per s�, ad inficiare l'attendibilit� 
delle registrazioni effettuate sul registro di contabilit�, nel qual caso 
soltanto potrebbe:: ritenersi il difetto dei presupposti stessi della iscrizione 
delle riserve. N� l'Impresa ha allegato precisi elementi in tal 
senso, validi a confermare il suo assunto. 

Ci� premesso in linea generale, � da esaminare il problema concreto 
della tempestivit� delle riserve corrispondenti ai primi tre quesiti. 
Il Collegio provvede alla relativa indagine, in sede di esame di eiascuna 
di essi. 

�QUESITO N. 1. -Dica il Collegio se spetti all'Impresa la somma di 

L. 1.845.000 per oneri di guardania subiti in dipendenza della maggior 
durata dei lavori per gg. 614. 
Il detto quesito attiene alla eStPosizione di maggiori oneri per spese 
di guardania durante i quattro periodi di sospensione dei lavori. 

Il Ministero dell'agricoltura e foreste eccepisce, in rito, l'inammis_sibilit� 
del quesito per tardiva iscrizione della relativa riserva nei registri 
contabili, in particolare per quanto riguarda le pretese inerenti 
alla prima sospensione dei lavori. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 489 

L'eccezione � destituita di fondamento in punto di fatto per le 
richieste formulate in ordine alla seconda, alla terza e alla quarta sospensione, 
poich� risulta dai documenti versati che l'Impresa ha firmato 
con riserva i verbali relativi e che la riserva stessa� � stata, poi, regolarmente 
esplicata nei registri contabili. 

Nessuna riserva � stata, invece, formulata dall'Impresa in occasione 
della sottoscrizione del verbale della prima sospensione o del verbale 
di ripresa dei lavori: la relativa pretesa � stata iscritta soltanto nei 
registri contabili. Il. Collegio, considerate la natura e la portata della 
detta sospensione, ritiene che neppure p1:ir il detto titolo si sia verificata 
la decadenza, opposta dall'Amministraz�one. 

Poich� la consegna dei lavori � avvenuta il 23 gennaio 196-0, la 
prima sospensione, che � stata ordinata il giorno successivo, ha concretato, 
in effetti, il rinvio, puro e semplice, della data di inizio delle 
opere. Ci� � �confermato non soltanto dal suindicato elemento temporale, 
di per s� gi� qualificante, ma anche e soprattutto dai motivi addotti 
a fondamento dell'ordine di sospensione, che consistevano nella 
mancanza del progetto esecutivo delle strutture in e.a. e nella mancanza 
del prescritto nulla osta all'inizio dei lavori da parte dell'Ufficio del 
Genio Civile di Cosenza, in conformit� agli artt. 40 e 41 del r.d.l. 22 
novembre 1937, n. 2105, nonch� della licenza edilizia comunale. 

Ora, tenuto conto, in base alle precedenti considerazioni, che l'onei:e 
della riserva diventa attuale solo nel momento in cui la rilevanza causale 
del fatto dannoso si rende manifesta e che tale valutazione non 
va effettuata ex post, cio� con una valutazione retrospettiva della vicenda, 
ma ez ante, � da escludersi che, nella suesposta situazione di 
fatto, la potenzialit� causale della prima sospensione -anzi, in effetti, 
del differimento della data di inizio dei lavori -fosse immediatamente 
apprezzabile. La rilevanza del fatto si � evidenziata soltanto quando 
l'incidenza del differimento stesso � divenuta apprezzabile nel quadro 
dell'intera economia del contratto; e non pu� contestarsi che ci� sia 
avvenuto soltanto con l'ultimazione dei lavori. 

Nel merito, l'Amministrazione assume l'infondatezza del quesito, 

invocando l'art. 194 del Capitolato generale d'appalto INA-Casa, a norma 

del quale . (primo comma) �quando circostanze speciali impediscono 

temporaneamente che i lavori procedano utilmente a regola d'arte, la 

stazione appaltante avr� facolt� di ordinarne la sospensione, salvo a 

farli riprendere, 'non �ppena cessate le ragioni che hanno determinato 

tale provvedimento � e (secondo �comma) �nessun diritto per compensi 

o indennizzi spetter� all'appaltatore in conseguenza delle qrdinate sospensioni 
�. 
Per la notevole incidenza che la sospensione dei lavori pu� avere 
-maggiormente se prolungata -sui costi dell'opera, i limiti di applicazione 
della detta norma, sono stati segnati rigorosamente dalla 



490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giurisprudenza, individuandosi �le circostanze speciali�, in presenza 

delle quali � concessa all'Amministrazione la facolt� di ordinare la 

sospensione, nei soli fatti obbiettivi o, comunque, indipendenti dalla 

volont� del committente che non siano. ascrivibili ad un comportamento, 

commissivo od omissivo, del medesimo. 

Nel caso in esame, la seconda e la quarta sospensione furono dovute 
ad avversit� atmosferiche stagionali, cio� ad una di quelle cause 
di fotta maggiore -o �circostanze speciali� -che escludono ogni 
responsabilit� della stazione appaltante e ogni compenso o indennizzo 
dell'appaltatore. La prima sospensione durata 243 giorni dal 24 gennaio 
al 23 settembre 1960, �, invece, imputabile a responsabilit� della committente 
per mancata predisposizione di atti progettuali e, in conseguenza, 
per difetto del nulla osta del Genio Civile all'Amministrazione 
la terza sospensione durata 184 .giorni dal 12 agosto 1961 all'll febbraio 
1962, determinata essenzialmente dall'esigenza di attendere � le 
decisioni della Gestione in ordine alla richiesta di varianti alle tramezzature 
avanzate dagli assegnatari�. 

Passando, quindi all'esame delle richieste per maggiori oneri di 

I 

guardania che si assumono sostenuti durante i periodi di queste due 
ultime, il Collegio non ritiene fondata la domanda relativa alla prima 

I

sospensione. Come � stato sopra osservato, la detta sospensione ha concretato, 
in effetti un differimento dell� data di inizio dei lavori. Si ag


I 

giunga l'incertezza allora esistente sulla precisa sede del costruendo 
edificio. Risulta di tutta evidenza che non pu� ritenersi provato, in 

I

difetto di specifici ed univoci elementi, che l'Impresa abbia, tuttavia, 

I m 

installato il cantiere e che, quindi, abbia sopportato alcun onere di 
guardania. 
�, invece, giustificata la domanda riguardante il periodo della terza 

I

sospensione. La spesa indicata dall'Impresa in ragione di lire 3.889,32 
giornaliere -in base alla �tabella dei salari�, edite a cura dell'Associazione 
degli industriali della provincia di Cosenza -e, quindi, in 
complessive L. 715.634 in cifra tonda (lire 3.889,32 x gg. 1S4 = lire 
715.634,88), e non contestata dalla committente, � attendibile. 

Pertanto, per il primo quesito, va riconosciuta all'Impresa la somma 
di L. 715.634. 

QuE.sITO N. 2. -Dica il Collegio se spetti all'Impresa la somma di 

L. 5.370.499 per il maggior onere sofferto a causa del protratto vincolo 
delle attrezzature e dei macchinari del cantiere (per il loro immobilizzo) 
nonch� per il costo del capo �cantiere durante la maggiore durata dei 
lavori di gg. 615. 
Lia stazione appaltante ha dedotto le stesse difese di rito (inammissibilit� 
delle riserve) e di merito (infondatezza della domanda stessa 
in relazione all'art. 94 del cap. gen. INA-Casa), svolta in ordine al primo 


PARTE: I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 491 

quesito: al riguardo si richiamano le considerazioni ivi svolte. Pertanto, 
vanno esaminate nel merito .soltanto le richieste relative ai maggiori 
oneri che si assumono sofferti durante i periodi della prima e della 
terza sospensione. 

La maggiore spesa asserita iper il costo del capo cantiere non pu� 
essere riconosciuta, in difetto di precisi elementi probatori, poich�, in 
base a criteri di comune esperienza, l'impiego del medesimo non � 
necessaria durante i periodi di stasi dell'attivit� costruttiva. �, invece, 
attendibili la richiesta di compenso per il ,protratto vincolo delle attrezzature 
dei macchinari: ci� vale anche per il periodo della prima 
sospensione, in quanto, anche se, in concreto, il cantiere stesso, come 
sopra � detto non era stato ancora impiantato, non pu� escludersi, tuttavia, 
che l'attrezzatura tecnico-amministr�tiva dell'Impresa fosse gi� 
impegnata. 

Le analisi esposte dall'Impresa non sono per� comprovate in atti 
nei loro stessi presupposti (mezzi impiegati, efficienza, producibilit� 
teorica, importo spese generali, ecc.) e, quindi, non possono essere assunte 
a fondamento del calcolo della maggior spesa. 

Il Collegio ritiene, pertanto, di procedere alla liquidazione della 
maggiore spesa sostenuta dall'Impresa con valutazione equitativa ai 
sensi dell'art. 1226 e.e. 

I maggiori oneri sostenuti dall'Impresa devono essere valutati con 
riferimento: 1) alla maggior durata dei lavori; 2) ad una quota di 
spese ,generali, di fermo dei mezzi e di immobilizzazione del cantiere. 

La maggior durata dei lavori ammonta a giorni 427 (gg. 243 + 
gg. 184). Il secondo elemento, giusta costante giurisprudenza, pu� 
valutarsi per ogni giorno di maggior durata in una quota del 6 % dell'importo 
g~ornaliero netto dei lavori. depurato cio� dalle spese generali, 
calcolate mediatamente nella misura del 10 % , e dell'utile della 
Impresa, calcolato anch'esso nella misura del 10 % . 

L'importo complessivo dei lavori era, al netto del ribasso d'asta, 
di L. 26.197.215, che, divise per il numero (360) dei giorni del periodo 
ordinario previsto in contratto, danno l'importo giornaliero dei medesimi 
in L. 72. 770 (in cifra tonda). Detta somma, al netto delle spese 
generali (10 %) e dell'utile (10 %) risulta definitivamente fissata in 

L. 58.216. La maggior spesa giornaliera, pari ad una quota del 6 % 
dell'importo netto giornaliero (L. 58.216) '� di L. 3.493. La maggiore 
spesa riconosciuta (L. 3.493 x gg. 427) �, quindi, di L. 1.491.511. 
QUESITO N. 3. -Dica il Collegio se spetti all'Impresa la somma di 

L. 1.309.8,90 per maggior costo delle opere eseguite in epoca diversa da 
quella prevista. 
L'eccezione di inammissibilit�, sollevata dalla stazione appaltante 
per tardiva iscrizione della riserva nei registri contabili, non pu� essere 



942 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO' 

attesa, proprio in base all'indirizzo giurisprudenziale, invocato dalla 
difesa dell'Amministrazione e condiviso dal Collegio, pertil quale I'onere 
della riserva diventa attuale solo nel momento in cui la rilevanza del 
fatto nei confronti della spesa si rende manifesta, cio� obbiettivamente 
apprezzabile. Tale rilev~nza, unitamente ai suoi effetti, viene in evidenza 
non nelle singole unit� di lavoro, ma soltanto nel conto finale, 
quando si pu� calcolare la differenza tra l'importo contrattuale dei 
lavori e quello effettivamente sostenuto in base a tutta la documentazione
� contabile. In �ffetti, neppure al termine dei singoli periodi di 
sospensione gli effetti di questi fenomeni erano prevedibili nell'an 
e nel quantum: l'Impresa non aveva, infatti, la possibilit� di prevedere 
se e quali oneri le sarebbero derivati nell'ulteriore corso dei lavori. 

(Omissis). 

I 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 27 agosto 1969, n. 1637 -Pres. 
Rosso -Rel. Del Pozzo -P. M. Lenzi -Rie. Dainotto ed altri. 

Procedimento Penale -Contestazione dell'accusa -Relazione tra sentenza 
ed accusa contestata -Fatto diverso -Nozione -Limiti. 

(c.p.p. art. 477, comma 2()). 
L'arJ:_ 477, secondo comma, c.p.p., ipotizza iL caso che in dibattimento 
il fatto risulti � diverso da quello enunciato � negli atti fondamentali 
di contestazione dell'accusa. 

Essendo le regole deLla correlazione dettate dait'esigenza di una 
chiara informazione dell'imputato perch� lo stesso possa difendersi su 
di un circoscritto terreno di accuse e di contestazioni, non ogni nuova 
insorgenza che si verifichi rispetto ail'accusa originaria entra nell'ambito 
riferimenti, che risponda ai seguenti caratteri: sia un mutamento 
�essenziale� e nello stesso tempo �significativo�, tale da immutare la 
config:urazione giuridica del.la 'fattispecie. 

Pertanto, poich� non ogni mutamento del fatto, ma solo queito che 
sia di tale rilievo da mutare i confini della contestazione e pregiudicare, 
quindi, i diritti e gli interessi della difesa, pu� essere compreso nella 
previsione dell'art. 477, deve ritenersi che la mutazione dell'organo titolare 
del diritto di disporre deLle somme (Presidente del consiglio di amministrazione 
secondo la imputazione e Ministro secondo la sentenza di 
appello) non rappresenta affatto una mutazione del �fatto� o, quanto 
meno, non una immutazione essenziale e significativa (1). 

(1) La giurisprudenza della Suprema Corte � costante nel ritenere che 
la violazione dell'art. 677 c.p.p. sussiste soltanto quando la modificazione 
dell'accusa contestata comporti un concreto pregiudizio ai diritti di difesa 
dell'imputato: v. in questo senso, Cass. s.U., 31 gennaio 1969, rie. Turchiano 
in Cass. pen. Mass. annotato, 1969, 302, m. 383; 31 maggio 1968, rie. Varese 
ivi, 699, m. 1041; 13 ottobre 1967, rie. Apolito, ivi, 172, m. 207. Precisando 
il concetto � stato affermato, e l'affermazione costituisce anch'essa jus 
receptum, che occorre far riferimento al fatto storico portato a conoscenza 
dell'imputato, al fatto cio� inteso come episodio della vita umana (Cass., 

494 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 9 dicembre 1969, n. 1143 -Pres. 
D'Aniello -Rel. Manca-Bitti -P. M. De Andreis -Rie. P. M. in 
proc. Maggiulli ed altri. 

Procedimento Penale -Contestazione dell'accusa -Relazione tra sentenza 
ed accusa contestata -Fatto diverso -Fatto noto all'imputato 
Possibilit� di difesa -Obbligo di nuova contestazione -Esclusione. 

(c.p.p. art. 477). 
Il principio della necessaria correlazione tra sentenza ed accusa 
contestata � ispirato aUa esigenza di tutelare il diritto di difesa dell'imputato, 
in quanto tende ad evitare che quest'ultimo possa essere condannato 
per un fatto condotta, evento, nesso causale rispetto al quale 
egli non ha avuto modo di difendersi. 

19 dicembre 1967, rie. Politi, in Cass. pen. Mass. annotato, 1968, 1328, 

m. 2134; 11 dicembre 1967, rie. Tondelli, ivi, 1328, m. 2135) sicch� � legittima 
ad esempio: 
-la definizione di un delitto contestato come concussione (Cass., 
19 dicembre 1967, cit.); 
-la condanna per appropriazione indebita ove sia stato contestato il 
reato di truffa (Cass VI ( 15 febbraio 1969 rie. Santoro in Cass. pen. Mass. 
annotato 1970, 566, m. 779); 

-la contestazione per furto e la condanna invece per ricettazione 
(Cass. II, 4 dicembre 1968, ivi, 566 m. 781). 

� stato altres� affermato che, ove il fatto risulti di intensit� o di contenuto 
minore rispetto a quello contestato, non v'� violazione del principio 
di correlazione; cos� ad esempio: 

-� stata ritenuta legittima la condanna per il delitto di resistenza 
mediante minaccia rispetto alla contestazione del delitto di resistenza mediante 
violenza (Cass. V�, 30 gennaio 1967 in Cass. pen. Mass. annotato 
1968, 360, m. 534); 

-� stato affermato che non si verifica mutamento dell'accusa se il 
fatto accertato e quello contestato si trovano in rapporto di minus a maius 
come nel caso in cui i reati siano in rapporto .di progressione o complessit� 
(Cass. III, 12 maggio 1967, ivi, 186, m. 250) pu.rch� non si peggiori lo 
status poenalis del soggetto, come quando si passi ad esempio dalla abitualit� 
alla professionalit� del reato, che, costituendo pi� grave forma di peri..: 
colosit�, va espressamente contestata� (Cass. V, 29 novembre 1968, ivi, 1970, 
566, m. 780). 

Per quanto concerne gli elementi essenziali del fatto, non � ritenuta 
violazione del principi� di correlazione il passaggio dalla contestata esecuzione 
monosoggettiva del reato ad un'ipotesi di responsabilit� per concorso 
(Cass. I, 3 dicembre 1968, ivi, 1970, 567, m. 783; V, 5 maggio 1967, ivi, 1968, 
361, m. 535), n� la ritenuta consumazione all'estero di reato contestato come 
commesso nello Stato (Cass. I, 24 gennaio 1969, ivi, 1970, 569, m. 786), n� 
la divergenza tra la data di consumazione del reato ritenuta in sentenza da 
quella indicata nel capo d'imputazione (Cass. V, 31 gennaio 1969, ivi, 1970, 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 495 

Tale principio non pu�, pertanto, ritenersi violato quando risulti 
che il fatto, cos� come ritenuto nella sentenza, era noto all'imputato 
nella sua sostanza, per averne egli avuto conoscenza nel corso degli 
interrogatori, in istruttoria e in dibattimento, e nessun pregiudizio si 
� in conseguenza verificato per iL diritto di difesa (2). 

302, m. 383). Peraltro la dottrina avverte, in proposito e giustamente, che 
l'indagine sulla diversit� del fatto che importa violazione dell'art. 477 c.p.p. 
va condotta caso per caso, potendo lo stesso elemento determinare o meno 
cambiamento del fatto come quando alla data di consumazione del reato sia 
collegata una prova di alibi (v. LEONE; Trattato, vol. II, p. 391; VANNINI, Manuale, 
1965, p. 319). 

Per i reati colposi e per le varie posizioni giurisprudenziali, v. in questa 
Rassegna, 1969, 359 l'articolo di PALATIELLo, Il principio di correlazione 
tra l'accusa e la sentenza con particolare riguardo ai reati colposi. 

La giurisprudenza �, infine, costante nel ritenere il carettere relativo 
della nullit� concernente la mancanza di correlazione con la conseguenza 
che essa non pu� essere rilevata d'ufficio n� formare oggetto di ricorso per 
cassazione, quando non sia stato dedotto come specifico motivo d'appello: 

v. Cass. I, 27 gennaio 1969, in Cass. pen., Mass. annotato, 1970, 568, m. 784; 
VI, 13 marzo 1969, ivi, 570, m. 788. In senso contrario � la dottrina: v. CoNso, 
Questioni nuove di procedura penale, 1959, p. 114; CoRDERO, Riflessioni 
in tema di nullit� assoluta, in Riv. it. dir. proc. pen., 1958, p. 238. 
(2) L'affermazione giurisprudenziale della seconda sentenza � coerente 
applicazione del principio ispiratore della norma di cui all'art. 477 c.p.p. 
come l'altra, con la quale si � ritenuto che non v'� violazione della norma 
quando l'immutazione del fatto dipenda dall'accoglimento delle tesi prospettate 
dall'imputato a propria discolpa (Cass. V, 5 maggio 1969, in Mass. 
uff., 1969, p. 625, n. 111268). 
V. nello stesso senso della massima in nota, Cass. V, 5 luglio 1968, in 
Mass. uff., 1968, p. 995, n. 108.507; Cass. VI, 23 gennaio 1969, ivi, 1969, p. 74, 
n. 110.035. 
P. D. T. 

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PARTE SECONDA 




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RASSEGNA DI DOTTRINA 


H. 
W. R. VADE, Administrative law (2 ed.), Clarendon Pre.ss., London, 1967. 
(Diritto Amministrativo inglese, trad. C. Geraci -Ed. Giuffr�, Milano, 
1969). 
Si pone da decenni l'interrogativo dottrinario; circa l'esistenza o non di 
un �diritto amministrativo� inglese e dei paesi ad ordinamento similare. 
Si prende, di solito, come punto di partenza, la nozione scolastica di scienza 
del diritto amministrativo, come complesso di norme giuridiche, da cui sia 
astrette la p.a. -concepita come istituzione la cui attivit� � svincolata dal 
sindacato giudiziario (sistema francese) o come organizzazione la cui attivit� 
�, almeno in parte, sottratta a detto sindacato (sistema italiano) -che 
presentino una particolare individualit�, ed una propria elaborazione scientifica 
e giurisprudenziale. 

E si rHiene che, ad escludere nel sistema sassone l'esistenza di un 

. 
diritto proprio ,della p.a., sia decisiva l'appartenenza delle norme afferenti 
l'anziano delle pubbliche autorit�� al diritto costituzionale, da un lato; l'assenza 
di tribunali amministrativi -nel senso di giurisdizioni speciali sottratti 
al controllo giudiziario dall'altro. � 

Gli � che la nota caratterizzante del diritto amministrativo non va 
colta nell'elemento subiettivo della disciplina delle autorit� amministrative, 
in quanto potere esecutivo, ma non costituenti un'organizzazione indipendente 
(questo dato �, per�, di fondamentale importanza per concentrare nel 
potere esecutivo tutta la vita della p.a.); o in quanto organi istituzionalizzati; 
o infine, nella struttura degli organi di giustizia amministrativa; 
sibbene nell'elemento oggettivo dell'azione amministrativa. 

Tanto che, ancor prima che sorgesse la necessit� i istituire tribunali 
amministrativi -si vedr� con quali connotati -nei paesi di diritto sassone, 
si parlava di un diritto amministrativo, per le reazioni .che l'azione amministrativa 
poteva incontrare nell'applicazione del � rule of law �. Ne sono 
testimonianza gli scritti della Scuola di Londra, che si appuntavano contro 
le opinioni del Dicey e seguaci, gli uni e le altre cosi bene delineate nel 
lavoro di TREVEs, Lo sviluppo del Diritto Amministrativo Inglese in Rass. 
d.p., 1946, I, 177�. 

, In questo studio -che si potrebbe definire classico, per la conoscenza 
del diritto amministrativo inglese, in Italia, e con riferimento �l tempo 
in cui fu scritto' (l'anno successivo, il � Crown Proceeding Act � del 1947 
introdurr� una nuova disciplina per le azioni dl �responsabilit� contro la 
Corona e)'esecutivo, in sostituzione dell'antico sistema della � Petition of 
rights �) .:__ si ricorda che all'opinione del DICEY, Introduction to the Study 
of the Law of the Constitution, ed. 1885 (IX ed. 1939): che i~ diritto amministrativo 
non esiste in Gran Bretagna, poich� Governo ed agenti non 
godono di diritti e prerogative o particolare protezione per le azioni illegali, 
n� sono sottratti ai Tribunali ordinari; o dello SLESSER, The Law, ed. 
1936;. che non sussiste divario tra diritto pubblico e privato -si obiettava 
dal RoBSON, Iustice Administrative Law, ed. 1928, p. 20-33; WADE, Appendix, 
a Dicey, op. cit. ed. 1939, p. 475 ss.; IENNINGS, The Law and the Constitution, 
ed. 1944, pp. 210 ss.: 285 ss., trattarsi di idee personali (wighs) del 
Dicey, in contrasto con la realt� del sistema legale inglese, che riconosce 
certe prerogative e poteri discrezionali delle pubbliche autorit�, e crea 
nuovi istituti (sotto la spinta del collettivismo) come ammetter� poi lo stes


. 12 



nlssEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

so DICEY, in � Droit administratif in modern French Law � in Law Querterly 
Rewue (XII) 1901, p. 302 ss.; The developpement of administrative Law in 
England, ivi (XXI) 1915, p. 149. (Quest'ultimo orientamento �, forse, 
sfuggito all'ENDEN, allorch� attribuiva, ancora, al Dicey la negazione 
che � The public authorities Protection Act � del 1893 potesse costituire 
un esempio circa l'esistenza del diritto amministrativo, in Gran Bretagna., 
come osserva EMDEN, The scope of the public Authorities Protection Act, 
1893, in Law Luast. Rev., 1923, p. 341). 

Che poi si possa configurare un diritto amministrativo autonomo o non 
dal costituzionale -distinto sostanzialmente dal diritto privato -� questione 
cui la Scuola inglese ha annesso sempre scarsa importanza (LAwsoN, 
Stepher�s Commentaires of the Law of England, ed. 1841-45 -Commentaires 
de Stephen sur le droit de l'Angleterre, trad. Dessextaux, Giard, 
Paris, 1933 -Introduction) che non � di ostacolo ad una trattazione di tale 
disciplina, come mostra la fioritura di opere di GRIFFITH, DE SMTH, PHILLIPS, 
WADE, e altri. 

Indipendentemente da questo profilo teoretico, si riconosce l'esistenza 
di un diritto amministrativo ormai, ufficialmente: CENTRAL OFFICE oF INFORMATION 
FOR. BRITISH INFORMATION SERVICES, The English legal system, M. M. 
Stationery Office, London 1968. p. 8. 

Infine l'istituzione di Tribunali amministrativi -per quanto con particolari 
connotati -ha saldato il sistema (The English Legal system, cit., 

p. 19-20). 
In effetti, qualcosa differenzia, ancora, questo sistema di giustizia che 
ha saputo adattare istituti di diritto comune (oltre le azioni ordinarie, 
certi :rimedi speciali'; writ -dal lat. breve -di � certiorari � o annullamento 
e di � prohibition �; injunctiori; declaration; rispetto a pronuncie di 
giudici inferiori) alle fattispecie afferenti l'azione delle pubbliche autorit� 
(dall'antico writ di � habeas corpus ., ai writs -sostitutivi delle injunctions 
-detti � prerogative writs � o � prerogative remedies � secondo un Act del 
1938, ora � declaratory orders � secondo il Proceding Act del 1947, nelle 
figure di ordini di fare o � mandamus ., non fare o � prohibition ., e di 

� certiorari �) raggiungendo risultati che altrove, hanno richiesto peculiari 
strumenti di giustizia amministrativa. Tale caratteristica -lungi dal 
piattificare la normativa riguardante posizione ed azione degli organi dei 
pubblici poteri, per via dell'applicazione del diritto comune (per quanto, 
ora, inquinato dalle legislazioni spedali), come crede di sottolineare Giannini 
nella sua brillante prefazione a questa edizione italiana del Wade, 
quasi auspicando l'ora in cui la specialit� del diritto delle autorit� amministrative 
venga a cadere, restando diritto ordinario applicato da �Corti 
ordinarie, costitutsce il punto di partenza per cui Wade definisce l'azione 
amministrativa come problema di potere (p. 9) e il diritto amministrativo 
come branca dell'o.g -nel quadro del diritto costituzionale (pp. 10-11) 
-afferente, per l'appunto, un aspetto del problema del potere, incrementata 
oggidi .dall'ampliamento dei compiti dello Stato, con corrispondenti 
nuovi poteri. 
Sicch� pu� concludere che il diritto amministrativo, pur restando diritto 
ordinario applicato da Corti ordinarie (p. 147), ha per oggetto l'attivit� 
dell'Autorit� amministrativa, come funzione di Governo, e il controllo 
dell'esercizio dei loro poteri. 

�con che si arriva a dover concludere che l'esecutivo non subisce, per 
effetto del � rule of law � uno sdoppiamento tra potere governativo e pubblica 
amministrazione. 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA , 79 

Le autorit� amministrative restano permeate del loro crisma di costituzionalit� 
ancorch� la loro azione possa venir giudicata dalle Corti. 
Non per questo si esclude un'autonomia normativa in ordine all'esercizio 
della funzione. 

Quando il Giannini afferma che il diritto inglese ha, cosi, bioccato il 
diaframma: Governo (potere pubblico)-cittadino (p. XI) (onde, l'esempio 
potrebbe segnare il tempo della distruzione del diritto amministrativo 

� continentale �), posto che esso concerne la funzione di governo delle 
Autorit� Amministrative, onde pu� dirsi soltanto diritto costituzionale, in 
contrapposto a diritto privato (p. VIII ss.); che la sua vera essenza � soltanto 
il diritto giurisprudenziale (con esclusione di giudici speciali, tali non 
essendo -structu sensu -i c.d. Tribunali Amministrativi); porta, da un 
lato, ar,gomenti a favore della concezione pubblicistica dei rapporti fra 
organi dell'esecutivo e cittadini, oggetto di una tormentata tematica (al 
limite: in materia di qualificazione della posizione dello Stato in giudizio); 
dall'altro non porta argomenti atti ad escludere un'autonomia normativa del 
diritto amministrativa, della quale sono testimonianza 1 edisposizioni in 
tema di pubblico impiego, pubblici servizi, igiene, sanit�, strade, lavori 
pubblici, assicurazioni ,sociali, pubblica istruzione, ecc.). 
Che sia poi il nucleo di esso, rappresentato dal diritto giurisprudenziale 
(sistema impostato sull'assenza di giudici speciali); che sia questo la 
fonte, e che esso abbia elaborato delle figure di (controllo) sindacato sugli 
atti delle autorit� amministrative (come atti di diritto comune) (rule of 
law), e per di pi� costruito privilegi (sia pure pratici e non formalistici, 
come quelli del nec ultra vires, del procedimento amministrativo, ,ecc.), o 
siano, invece intervenute, e in itinere, fonti normative scritte, come quelle 
sulle Commissioni amministrative (sorta di organi decisori) e sui procedimenti 
contro la Corona; appare certo che si � venuta creando una branca . 
di giustizia che basterebbe a legittimare un'autonomia anche scientifica di 
tale complessa struttura istituzionale. , 

2. -L'opera del Wade giunge fra noi -in ottima traduzione -in un 
momento in cui fiiorisce l'interesse per il sistema britannico di protezione 
dei diritti fondamentali dell'uomo nei confronti della P.A. (Al riguardo 
va ricordato il recente contributo del VARANO �Problemi attuali della tutela 
del cittadino nei confronti della Pubblica Amm.ne in Inghilterra > in R.t.d.p. 
1969, p. 913 ss.), e in genere l'niteresse per la ricerca, attraverso istituti 
similari, di principi comuni. 
La singolare figura dell'Ombudsman o Parliamentary Commissioner 

o Commissario parlamentare o difensore civico (v. MoRTATI, Istituzioni 
di diritto pubblico, Giuffr�, Milano, 1969, p. 674; CANNATA, � L'ombudsman� 
in Italia. 
In margine alle proposte di legge per l'istituzione del difensore civico 
-in Riv. A'llim. 1969, nn. 2, 3, 4, 5) segna, gi�, un punto di incontro. 

� �i.ppunto a questa istituzione che il Wade dedica le prime parole 

della sua prefazione: � L'epoca dei Franks Committee � ormai passata alla 

storia ed � giunta quella dell'� l'Ombudsman �. 

3. -L'opera in rassegna spicca per la sua organicit�. 
Essa pone anz~tutto la disamina dell'azione amministrativa come problema 
di � potere �; e del diritto amministrativo come scienza che studia un 
aspetto del problema del potere ossia l'attivit� delle Autorit� Amministrative 
come funzione di Governo e i sistemi di controllo dei loro poteri sicch� 
assurge a parte del diritto costituzionale. 

Muove infatti dai principi costituzionali del � rule of law � e della sovranit� 
parlamentare (1) per discendere alla classificazione delle autorit� 




80 ,RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

amministrative (II); del controllo giurisdizionale (III); dei mezzi di tutela 

(Remedies} (IV); dei principi di giustizia naturale (V); degli Statutory 

Inquiries (VI); dei �Tribunali Speciali (VII); dei giudizi contro la Corona 

(VIII); e delle leggi delegate (IX). 

Le parti pi� interessanti per uno studio comparatistica sono, indubbia


IQ,ente, quelle dedicate al controllo giurisdizionale e ai mezzi di tutela, nel 

cui sistema di giustizia secondo la Common Law si inquadrano talune figure 

particolari, utilizzate,, attraverso l'elaborazione' giurisprudenziale, .come ri


medi speciali contro l'attivit� dei pubblici poteri. 

Cosi accanto alle ordinarie azioni di responsabilit� extra contrattuale 

e contrattuale, ed'accanto all'azione generale riservata all'Attorney Genera! 

quando presta il nome alle liti di pubblico interesse, ai singoli cittadini (Re


lator action) si pongono i rimedi dell'� Habeas corpus � e delle procedure 

di � Certiorari � (per gli atti ultra vires), � prohibition � (un interdetto per 

paralizzare atti giudiziari e amministrativi) e � mandamus � (per attivare 

l'amministrazione od obblighi di fare o all'esercizio di pubblici doveri). 

Correlativo a questo sistema � il procedimento (descritto nel capo VIII) 

relativo ai giudizi contro il potere esecutivo, disciplinato, come si � detto 

dal Proceeding Act del 1947. 

In questo complesso sistema emergono i caratteri differenziali con il 

nostro ordinamento giuridico per l'assenza di distinzione fra diritto sog


gettivo ed interesse legittimo (a meno che non si voglia isolare il presup


posto della Relator action); l'assenza di qualsiasi limitazione, per il giu


dice, di esaminare la legittimit� del provvedimento impugnato che costitui


sce oggetto del giudizio principaliter e non incidenter tantum. 

In questo sistema, ovviamente, l'istituzione dei tribunali Amministrativi 

si colloca in un'area assolutamente diversa da quella delle giurisdizioni spe


ciali di tipo continentale, soggette al controllo unificatore della Corte di 

Cassazione, con i ben noti limiti. I loro giudizi sono bensi, di carattere giu


risdizionale, ma questi trbunali sono inseriti nell'apparato amministrativo 

e 'soggetti, al pari di questo, al controllo delle Corti. 

Nell'opera, di cosi vasto respiro, non trova trattazione il sistema di rap


presentanza (legittimazione processuale) e quello di difesa (funzione postu


latoria) dei pubblici poteri in giudizio, salvo un breve cenno in ordine alla 
�rappresentanza della Corona in persona dell'Attorney General. 

In un prossimo numero della Rassegna sar� pubblicato un contributo 

sulla rappresentanza e difesa dello Stato inglese in giudizio, redatto di con


certo con l'Ufficio del Treasuryy Solicitor. 

DARIO FOLIGNO 

GIOVANNI GIACOBBE, La f.rode �lla legge, Giuffr�, Milano 1968. 

Il lavoro, che si segnala alla attenzione dei lettori, � caratterizzato da 

una impostazione in termini di teoria generale, che, estendendo l'indagine 

ben oltre i consueti limiti privatistici, conferisce alla ricerca un respiro 

inconsueto. , 

Il problema della frode �, infatti, studiato in relazione ad una molte


plicit� di ipotesi che comprendono, oltre ovviamente alla fattispecie nego


ziale dell'art. 1344 e.e. -anche il caso della legge in frode alla legge, della 

frode nell'attivit� amministrativa, della frode nel processo civile, e, infine, 

della frode nei rapporti di diritto internazionale privato. 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 81 

In una simile prospettiva l'ipotesi negoziale, come � intuitivo, costituisce 
tuttavia pur sempre il punto di riferimento pi� notevole -non fosse 
altro per l'esistenza di una esplicita normazione di cui l'autore si avvale per 
la ricostruzione della categoria di teoria generale. In particolare, la determinazione 
della fraus legi come caso di illiceit� .della causa del negozio vale ad 
impostare in termini funzionali tutti gli ulteriori esiti del discorso. Cosi nel 
caso della legge -anche se viene correttamente esclusa la configurabilit� 
di una nozione di causa in senso privatistico -l'ipotizzabilit� della frode si 
risolve nel ricorso ad uno strumento legislativo adottato per conseguire 
indirettamente un fine vietato dalla costituzione (fraus costitutioni); e cos� 
pure ��per l'attivit� amministrativa, la frode alla legge, in quanto � esprime 
paradgmaticamente la diversione dello strumento rispetto al fine tipico, 
attuata per persegui.re un fine diverso, vietato �, incide sull'atto sotto il 
profilo dell'eccesso di potere. N� sembra diversa la prospettiva per le ipotesi 
di frode processuale o di diritto internazionale che sono caratterizzate 
rispettivamente: a) dal fatto che mediante il processo le parti rendono 
disponibile una situazione sostanziale indisponibile; b) dall'uso di una serie 
procedimentale di atti, il cui risultato ultimo � la realzzazone d uno scopo 
vietato dall'ordinamento nazionale (delibazione di divorzi di cittadini 
italiani temporaneamente naturalizzati all'estero). 

Peraltro, se sul piano strutturale sotto. il profilo fin. qui accennato � 
possibile affermare l'ipotizzabilit� di una teoria unitaria della frode alla 
legge, diversamente dovr� dirsi per quanto concerne il piano effettuale. 
Mentre, infatti, in diritto privato e in diritto amministrativo l'illeicit� della 
causa e il vizio di eccesso di potere determinano rispettivamente l'invalidit� 
del contratto e dell'atto amministrativo, nessun effetto giuridico dello� stesso 
tipo � concepibile nel caso di legge fraudolenta (in cui rilever� semmai, a 
diverso titolo, un problema di legittimit� costituzionale) e, men che mai, 
nel caso di frode processuale (in cui � concepibile _tutt'al pi� una possibilit� 
di azione del pubblico ministero a' sensi dell'art. 397, n. 2 c.p.c.) ovvero nel 
caso del diritto internazionale (nel quale la frode della serie procedimentale 
non ha alcuna conseguenza giuridicamente apprezzabile). � allora evidente 
che, sulla base di un criterio metodologico quale � quella cui l'autore 
espressamente dichiara di aderire -e cio� quello che individua l'oggetto 
e gli strumenti della ricerca nell'ambito non di una astratta logica formale 
bens� di una logicizzazione aderente al concreto contenuto del sistema normativo 
-la conclusione dovr� necessariamente essere che allo stato attuale 
della legislazione non possa configurarsi una teoria unitaria della frode alla 
legge, quale fattispecie tipicamente e normativamente prevista. 

Si tratta, in definitiva, di un lavoro. che al rigore scientifico della trattazione, 
sempre sorretta da un ampio apparato bibliografico, unisce una 
impeccabile concretezza metodologica e una felice scelta delle soluzioni di 
merito. Per questa strada l'autore ha realizzato un importante contributo in 
una materia che per il passato non aveva avuto tutto l'approfondimento 
desiderabile, particolarmente nell'ampia prospettiva di teoria generale di 
cui si � gi� accennato agli inizi. 

TOMMASO ALIBRANDI 



RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 



LEGGI E DECRETI * 

D. I. 1� maggio 1970, n. 192 -Sostituisce gli artt. 272 e 275 del codice 
di procedura penale, determinando la durata della custodia preventiva 
nella fase del giudizio e nei suoi vari gradi (G. U. 4 maggio 
1970, .n. 110). 
legge 16 maggio 1970, n. 281 -Attribuisce alle Regioni a statuto 
ordinario propri tributi, contemplando vari provvedimenti finanziari e 
delegando il Governo alla emanazione di decreti per il passaggio delle 
funzioni e del personale statali alle Regioni (G. U. 22 maggio 1970, 

n. 127). 
d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283 -Concede l'amnistia e l'indulto, 
anche per reati in materia tributaria in genere (art. 2) ed in materia 
di dogane, di imposta di fabbricazione � di monopolio (art. 3) (G. U. 
22 maggio 1970, n. 127). 
I

legge 25 maggio 1970, n. 352 -Disciplina i referendum previsti 
dagli artt. 138, 75, e 132 della Costituzione e l'iniziativa del popolo 
nella formazione delle leggi (G. U. 15 giugno 1970, n. 147). 

I 

I

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE** 


I 

NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

I 

Codice penale, art. 164 (Limiti entro i quali � ammessa la. sospen


I

sione condizionale della pena), secondo comma, n. 1 e art. 168 (Revoca 
della sospensione), nella parte in cui dispongono che il giudice non 
possa esercitare il potere di concedere o negare, per la pena da comminare, 
il beneficio della sospensione condizionale o debba revocare 
di diritto la sospensione gi� concessa quando il secondo reato si lega 
con il vincolo della continuit� a quello punito con pena sospesa; art. 168 
(Revoca della sospensione), nella parte in cui, per l'ipotesi di successiva 
irrogazione di pena pecuniaria, non conferisce al giudice il potere 

C') Si segnalano quelli ritenuti di maggior interesse. 

(**) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento 
ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 83 

di subordinare la revoca della sospensione della pena detentiva al mancato 
pagamento della pena pecuniaria. 

Sentenza 10 giugno 1970, n. 86, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. 

Ordinanze di rimessione 8 novembre 1968 del pretore di Caltagirone 
(G. U. 29 gennaio 1969, n. 25), 2 dicembre 1968 del tribunale 
di Livorno (G. U. 29 gennaio 1968, n. 25), e 16 giugno 1969 del pretore 
di Torino (G. U. 5 novembre 1969, n. 280). 

codice di procedura penale, art. 253 (Casi nei quali ii mandato di 
cattura � obbligatorio), nella parte in cui esclude l'obbligo della motivazione 
in ordine alla sussistenza di sufficienti indizi di colpevolezza; 

art. 272 (Provvedimenti sulla scarcerazione. Impugnazioni), .prim�o comma, 
limitatamente alle parole � quando si procede con istruzione formale 
� e �non sia stata depositata in cancelleria la sentenza di rinvio 
a giudizio �, e terzo comma, limitatamente alle parole � e non � 
stato emesso il decreto di citazione a giudizio �; art. 273 (Mandato di 
cattura dopo il rinvio a giudizio), secondo comma, nella parte in cui 
prescrive l'emissione del mandato di cattura anche nell'ipotesi in cui 
l'imputato sia stato scarcerato a seguito della decorrenza dei limiti fissati 
nell'art. 272; art. 375 (Condiziol/1,i per il rinvio a giudizio o per il 
proscioglimento), second�o comma, nella parte in �cui impone o consente 
l'emissione del provvedimento di cattura dell'imputato anche quando 
questi sia stato scarcerato a seguito della decorrenza dei limiti fissati 
nell'art. 272 (1). 

Sentenza 4 maggio 1970, n. 64, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Ordinanze di rimessione 31 maggio 1968 del tribunale di Torino 


(G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 12 dicembre 1968 del tribunale di 
Roma (G. U. 11 giugno 1969, n. 145), e 7 febbraio 1969 del giudice 
istruttore del Trtbunale di Ascoli Piceno (G. U. 23 aprile 1969, n. 105). 
codice di procedura penale, art. 630 (Pro�cedimento per gli incidenti 
di esecuzione), primo comma, nella rparte in cui non prevede che all'interessato 
nel procedimento per incidenti �di esecuzione, anche se non 
ammesso a gratuito patrocinio, sia nominato d'ufficio un difensore, ove 
egli non provveda a nominarne uno di fiducia (2); e nella parte in cui 
non prevede che l'avviso del giorno della deUberazione sull'incidente 
vada notificato anche al difensore dell'imputato (3). 

Sentenza 18 maggio 1970, n. 69, G. U. 20 maggio 1970; n. 125. 

(1) La illegittimit� costituzionale, nei limiti sopra indicati, dagli artt. 272, 
terzo comma e 273 � stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, 
n. 87. L'art. 272, secondo comma, del codice di procedura penale � stato gi� 
dichiarato incostituzionale, con sentenza 2 aprile 1964, n. 32, in quanto consente 
al procuratore generale che ha assunto o avocato a s� l'istruzione sommaria della 
causa di rimettere gli atti del processo alla sezione istruttoria. 
(2) Questione dichiarata invece non fondata con sentenza 27 marzo 1962, n. 29. 
(3), Nella seconda parte la illegittimit� costituzionale della disposizione � 
stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

:: 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ordinanza di rimessione 16 ottobre 1968 della corte di assise di 
Milano, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. 

r. d. 11 marzo 1923, n. 560 (Abolizione, a decorrere dal 1� giugno 
1923, del monopo�lio dei fiammiferi ed ?istituzione d.i una imposta di produzione), 
art. �3, ultimo comma, e artt. 1, ultimo comma, 2, 9, secondo comma, 
e 1 O della convenzione annessa, nella parte in cui impediscono ad altri 
imprenditori la partecipazione al Consorzio quando essa non sia in 
contrasto con fini di utilit� sociale. 
Sentenza 3 giugno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 
Ordinanza di rimessione 29 aprile 1969 della sesta sezione del Consiglio 
di Stato, G. U.� 24 settembre 1969, n.. 243. 

r. d. I. 26 febbraio 1930, n. 105 (Aumento dei diritti erariali sugli apparecchi 
automatici di accensione), convertito con legge 1� maggio 1930, 
n. 611, artt. 2, 3, 4, 6, 7 e 9, e artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 'l, 8, 9, 10 e 11 della 
convenzione annessa (4). 
Sentenza 3 giugno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 

Ordinanze �di rimessione 14 novembre 1968 del tribunale di Milano 
(G. U. 26 marzo 1969, n. 78) e 29 aprile 1969 della sesta sezione 
del Consiglio di Stato, .G. U. 24 settembre 1969, n. 243: 

r. d. lfl giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 18, terzo comma, nella parte in cui non limita la ;previsione 
punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza della 
omissione di preavviso previsto dal primo comma (5). 
Sentenza 10 giugno 1970, n. 90, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. 
Ordinanze di rimessione 10 giugno 1968 del pretore di Brindisi 

(G. U. 28 settembre 1968, n. 248) e 8 �ottobre 1969 del pretore di Verona 
(G. U. 10 dicembre 1969, n. 311). 
r. d. I. 18 gennaio 1932, n. 14 (Rinnovazione delle convenzioni tra 
lo Stato ed il Consorzio deLle fabbriche di fiammiferi), convertito con 
legge 7 aprile 1932, n. 356, artic�olo unico (6). 
Sentenza 3 giugno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 

(4) La illegittimit� degli artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 11 della convenzione annessa 
ai' r. d. 1. 26 febbraio 1930, n. 105 � stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 
11 marzo 1953, n. 87. 
(5) L'art. 18 del r. d. 18 giugno 1931, n. 773 � stato dichiarato incostittizionale, 
e.on sentenza 8 aprile 1958, n. 27, nella parte relativa ane riunioni non tenute 
in luogo pubblico. Altra questione � stata invece di.chiarata non fondata, in riferimento 
all'art. 27 della Costituzione, con sentenza 3 luglio 1956, n. 9. Sull'implicita 
declaratoria di illegittimit� costituzionale contenuta, per il richiamo alla sentenza 
3 luglio 1956, n. 9, ;nell'ordinanza 7 giugno 1957, n. 91, cfr. Ret. Avv. Stato, 19561960, 
I, 178 ss. 
(6) Illegittimit� costituzionale dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 
11 marzo 1953, n. 87. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 85 

(Ordinanze di rimessione 14 nove:r;n:bre 1968 del tribunale di Milano, 
G. U. 26 marzo 1969, n. 78, e 29 aprile 1969 della sesta sezione 
del Consiglio di Stato, G. U. 24 settembre 1969, n. 243). 

r.d. I. 19 agosto 1943, n. 737 (Nuovi provvedimenti in materia. di 
imposta di registro), art. 4 (7). 
Sentenza 28 aprile 1970, n. 59, G. U. 6. maggio 1970, n. 113. 

Ordinanze di rimessione 4 giugno 1968 del tribunale di Caltanissetta 
(G. U. 28 settembre 1968, n. 248) e 25 marzo 1969 del tribunale di 
Bologna (G. U. 6 agosto 1969, n. 200). 

d. lg. lgt. 12 ottobre 1944, n. 317 (Proroga delle convenzioni stipulate 
fra lo Stato e il Conso1Tzio industrie fiammiferi), art. 4 (8). 
Sentenza. 3 gfogno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 

(Ordinanze di rimessione 14 novembre 1968 del tribunale di Milano, 
G. U. 26 marzo 1969, n. 78, e 29 aprile 1969 della sesta sezipne 
del Consiglio di Stato, G. U. 24 settembre 1969, n. 243). 

d. lg. 17 aprile 1948, n. 525 (Rinnovazione delia Convenzione fra lo 
Stato ed il � Consorzio Industrie Fiammiferi � ), art. 12 delle norme di 
esecuzione allegate al decreto. 
Sentenza 3 giugno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 
Ordinanza di rimessione 29 aprile 1969 della sesta sezione del Consiglfo 
di Stato, G. U. 24 settembre 1969, n. 243. 

d. I. 11 gennaio 1956, n. 2 (Diritto fisso dovuto allo Stato per la detenzione 
di .apparecchi di accensione), �convertito con legge 16 marzo 
1956., n. 109, art. 8. 
Sentenza 3 giugno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 
Ordinanze di rimessione 14 novembre 1968 del tribunale di Milano 

(G. U. 26 marzo 1969, n. 78) e 29 aprile 1969 della sesta sezione del 
Consiglio di Stato (G. U. 24 settembre 1969, n. 243). 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzioine nei coinfronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), 
art. 4, secondo comma, nella parte in cui �non prevede l'assistenza obbligatoria 
del difensore. 

Sentenza 25 maggio 1H70, n. 76, G. U, 3 giugno 1970, n. 136. 

Ordinanze di rimessione 13 novembre 1968 e 10 luglio 1969 (due) 
del tribunale di Torino (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52, 5 novembre 1969, 

n. 280 e 11 febbraio 1970, n. 37) e 19 dicembre 1968 del pretore ,di 
Torino (G. U. 12 marzo 1969, n. 66). 

(7) Questione dichiarata inammissibile, in 
ministrativa delle commissioni tributarie che 
10 febbraio 1969, n. 10. 
(8) Illegittimit� costituzionale dichiarata 
11 �marzo 1953, n. 87. 
ragione dell'affermata natura aml'avevano 
proposta, con sentenza 

ai , sensi dell'art. 27 della legge 

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86 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 9. 

I 

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, 

d. P. R. 9 maggio 1961, n. 715 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai dipendmti dalle imprese edili ed affini delle 
provincie di Genova, Imperia, La Spezia e Savona), articolo unico, nella 
parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 12 del contratto collettivo 
di lavoro 1� settembre 1959 per gli operai edili ed affini della 
provincia di Genova (9). 

Sentenza 18 maggio 1970, n. 71, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. 
Ordinanza di rimessione 23 dicembre 1968 del pretore di Genova, ' 


G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
I

legge reg. sarda appr. 5 dicembre 1968 e rlappr. 6 novembre 1969 (Autorizzazione 
al trasporto all'ese1�cizio successivo degli ordini di accreditamento 
emessi dall'Amministrazione regionale per spese in conto 
capitale), nella parte in cui, mediante rinvio alla legge statale 12 dicembre 
1966, n. 1078, pone a carico degli enti o aziende locali gli as


I

segni e relativi obblighi di trattenuta di cui all'art. 3, primo' comma, 

wl)

n. 2, e commi secondo, terzo e quarto, della legge s1;essa. 
r, 

.x.

Sentenza 25 maggio 1970, n. 77, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. 
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 1� 
dicembre 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311. 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

I~}~: 

Codice civile, art� .1751 (Indennitd per lo scioglimento del contratto), 

M 

primo comma (artt. 3, .4 e 36 della Costituzione). ;I 
Sentenza 25 maggio 1970, n. 75, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. 
Ordinanze di rimessione 3 luglio 1968 e 19 novembre 1968 della 

I 
I 
~~ 

terza sezione della Corte di cassazione (G. U. 28 settembre 1968, numero 
248 e 26 marzo 1969, n. 78), 7 febbraio 1969 della corte di appello 
di Milano (G. U. 23 �aprile 1969, n. 105), 9 e 11 aprile 1969 del tribunale 
di Bologna (G. U. 16 luglio 1969, n. 179 e 23 luglio 1969, n. 186), , 


. 

" 

.

e 24 giugno 1969 del tribunale di Padova (G. U. 5 novembre 1969, nu.


IM

mero 280). 

codice di procedura civile, disp. att. (r. d. 18 dicembre 1941, n. 1368), ~ 

[fil

art. 159, terzo comma (artt. 87, quinto comma, e 70-82 della Costituzione). 


I 1:1 

Sentenza 3 giugno 1970, n. 79, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 
Ordinanza di rimessione 15 novembre 1968 del pretore di Recanati, 
G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. 

~1:1: 

(9) Sotto un differente, duplice profilo il d. P. R. 9 maggio 1961, n. 715 � 
' 

stato gi� dichiarato incostituzionale con sentenza 4 aprile 1967, n ..41. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 87 

codice penale, art. 414 (Istigazione a delinquere), ultimo comma, �nei 
sensi di cui in motivazione � (art. 21, primo comma, della Costituzione). 


Sentenza 4 maggio 1970, n. 65, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Ordinanza di rimessione 23 novembre 1968 del giudice istruttore 
del tribunale di Rovigo, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. 

codice di procedura penale, art. 242 (Facolt� di arresto da parte dei 
privati) (art. 13, terzo comma, della Costituzione). 

Sentenza 10 giugno 1970, n. 89, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. 
Ordinanza di rimessione 3 febbraio 1969 del pretore di Monopoli, 

G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
codice di procedura penale, art. 277 (Casi nei quali la libert� provvisoria 
� ammessa o vietata), secondo c~mma (artt. 13, 27 e 111 della 
Costituzione). 

Sentenza 4 maggio 1970, n. 64, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Ordinanza di rimessione 7 febbraio 1969 del giudice istruttore del 
tribunale di Ascoli Piceno, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 

legge 20 marzo 1913, n. 272 (Sull'ordinamento delle Borse di comme1
�cio, della mediazione e tassa sui contratti di Borsa), art. 51 (art. 24, 
primo comma, della Costituzione). 

Sentenza'"'28 aprile 1970, n. 61, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Ordinanze di rimessione 3 giugno 1968 del tribunale di Milano 

(G: U. 12 ottobre 1968, n. 261) e 8 maggio 1969 del pretore di Milano 
(G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). 
r. d. 30 dicembre 1923, n. 3278 (Legge deUe tasse sui contratti di 
borsa), art. 19 (art. 24, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1970, n; 61, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Ordinanze di rimessione 3 giugno 1968 del tribunale di Milano 

(G. U. 12 ottobre 1968, n. 261) e 8 maggio 1969 del pretore di Milano 
(G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). 
legge 16 giugno 1�921, n. 1766 (Riordinamento degli usi civici), artt. 27, 
primo comma, e 29, secondo comma in relazione al primo (artt. 25 e 108, 
secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 25 maggio 1970, n. 73, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. 

Ordinanze di rimessione 27 marzo 1969 (tre) e 9 luglio 1969 della 
sezione speciale per gli usi civici della corte di appello di Roma, G. U. 
16 luglio 1969, n. 179 e 5 novembre 1969, n. 280. 

r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (O'l'dinamento giudiziario), artt. 4, 31, 34, 
primo c:omma, e 39, primo comma (artt. 25, primo comma, 101 e 107, terzo 
comma, della Costituzione). 
Sentenza 3 giugno 1970, n. 80, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 



88 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ordinanze di rimessione 14 novembre 1~68 del pretore di Bologna 

(G. U. 12 marzo 1969, n. 66) e 26 giugno 1969 del pretore di Torino 
(G. U. 5 novembre 1969, n. 280). 
r. d. 18 dicembre 1941, n. 1368 (Disposizioni per l'attuazione del codice 
di procedura civile), art. 159, terzo comma (artt. 87, quinto comma, 
e 70-82 della Costituzione). ' ' 
Sentenza 3 giugno 1970, n.. 79, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 
Ordinanza di rimessione 15 novembre 1968 del pretore di Recanati, 
G. U. 29 gennaio 1969, n. �2'5. , 

d. lg. lgt. 9 aprile 1946, n. 212 (Modificazioni delle vigenti disposizioni 
sulla assicurazione di malattia pe1� i .lavoratori in agricoltura), 
art. 4 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 10 giugno 1970, n. 87, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. 
Ordinanza di rimessione 12 novembre 1968 del tribunale di Terni, 

G. V>; 12 :febbraio 1969, n. 38. 
d. lg. C. P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599 (Istituzione della Scuola popolare 
contro l'analfabetismo), ratificato e modificato dall'articolo unico 
della legge 16 aprile 1953, n. 326, art. 4 (artt. 3, 4 e 33 della CostitUzione). 
Sentenza 28 aprile 1970, n. 62, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Ordinanza di rimessione 22 gennaio 1969 del pretore di Nicosia, 

G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 
legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produzione, del commercio 
e dell'impiego degli stupefacenti), art. 25 (artt. 13 e 27 della 
Costituzione) (10). 

Sentenza 4 maggio 1970, n. 64, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Ordinanza di rimessione 12 dicembre 1968 del tribunale di Roma, 

G. U. 11 giugno 1969, n. 145. 
legge 1� dicembre 1956, n. 1426 (Compensi spettanti ai perriti, consulenti 
tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta 
dell'autoll'it� giudiziaria), artt. 2, 3 e 4 (art. 36, ,Primo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 10 giugno 1970, n. 88, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. 
Ordinanza di rimessione 30 giugno 1968 del giudice istruttore del 
tribunale di Ferrara, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose pe1� la sicurezza e per la pubblica moiralit�), 

(10) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata dichiarata 
non fondata con sentenza 19 maggio 1964, n. 36. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 89 

artt. 1 e 2 (artt. 3, 13, secondo comma, e 24, secondo comma, della 
Costituzione) (11). 

1Sentenza 25 maggio 1970, n. 76, .G. U. 3 giugno 1970, n. 136. 
Ordinanza di rimessione 10 luglio 1969 del pretore di Legnano 

(G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). 
legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione 
delle leggi 10 agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 
1959, n. 555 recanti provvedimenti per il Mezzogiorno), art. 2, ultimo 
comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Sentenza 28 aprile 1970, n. 63, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Diciannove ordinanze �di rimessione del tribunale di Bari, G. U. 
26 ottobre 1968, n. 275, 30 novembre 1968, n. 305, 26 febbraio 1969, 

n. 52, 26 marzo 1969, n. 78, 18 giugno 1969, n. 152, 2 luglio 1969, 
n. 165 e 5 novembre 1969, n. 280. 
d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342 (Norme invegrative della legge 6 dicembre 
1962, n. 164'3 e norme relative al coo'!'dinamento e all'esercizio 
delle attivit� elettriche esercitate� da enti ed impre�se diversi dall'Ente 
Nazionale per l'Energia Elettrioa), art. 3 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 4 maggio 1970, n. 66, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Ordinanza di rimessione 2 aprile 1968 della quarta sezione del 
Consiglio di Stato, G. U. 26 ottobre 1968, n. 275. 

legge 26 maggio 1965, n. 595 (Caratteristiche tecniche e requisiti dei 
leganti idraulici), artt. 4 e 5 (art. 24 della Costituzione). 

Sentenza 4 maggio 1970, n. 68, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Ordinanza di rimessione 18 giugno 1968 del tribunale di Pistoia, 

G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. 
NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice civile, art. 2122 (Indennitd �in caso di morte), terzo comma, 
in quanto impedisce al prestatore di lavoro di disporre per testamento 
delle indennit� di preavviso e di anzianit� (art. 3 della Costituzione), 

(11) Per altre declaratorie di infondatezza cfr. sentenze della Corte costituzionale 
5 maggio 1959, n. 27, 30 giugno 1960, n. 45, 28 settembre 1962, n. 126, 
23 marzo 1964, n. 23, 30 giugno 1964, n. 68, 21 giugno 1966, n. 75 e 17 marzo 1969, 
n. 32. � 

90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

consentendo, quando erede sia lo Stato, una espropriazione senza indennizzo 
(art. 42 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 14 novembre 1969, G. U. 6 maggio 
1970, n. 113. 

codice di procedura civile, art. 663 (Mancata comparizione o mancata 
op.posizione deU'intimato), in quanto equipara la mancata comparizione 
alla mancata opposizione, subordinando la convalida dello sfratto 
in caso di mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato, 
alla mera dichiarazione del locatore che la morosit� persiste, ed escludendo 
in concreto, per il �caso di mancata comparizione, la necessit� di 
motivare il provvedimento di convalida (artt. 3, 24 e 111 della Costituzione); 
art. 668 (Op.posizione dopo la convalida), in quanto non consente 
i normali mezzi di impugnazione avverso il provvedimento di 
convalida e legittima l'esclusione del ricorso per� cassazione (art. 111, 
secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Rho, ordinanza 23 febbraio 1970, G. U. 3 giugno 1970, 

n. 136. 
codice penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero 
.preordinata), .primo comma, in quanto esclude ogni indagine sulla capacit� 
di intendere e di volere del soggetto che abbia commesso il fatto 
in stato di ubriachezza (artt. 3 e 27 della Costituzione) (12). 

Pretore di .Seneghe, ordinanza 25 febbraio 1970, G. U. 6 maggio 
1970, n. 113. 
Tribunale di Bassano del Grappa, ordinanza 26 febbraio 1970, 

G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 
codice penale, art. 164 (Limiti entro i quali � ammessa La sospensione 
condizionale della pena), prim�o comma, n. 2, in quanto impone la 
revoca della sospensione �Condizionale di rpena detentiva anche quando 
la rpena successivamente comminata sia solo pecuniaria, subordinando 
il godimento del beneficio a mere accidentalit�, quale l� priorit� del 

processo definito con condanna a pena detentiva rispetto a quello definito 
con condanna e pena pecuniaria (art. 3, primo comma, della 
Costituzione) (13). 

Pretore di Manduria, ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 6 maggio 
1970, n. 113. 

(12) Questione dichiarata non fondata con sentenza 4 marzo 1970, n. 33. 
(13) L'art. 164, primo comma, n. 1, del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, 
con sentenza 10 giugno 1970, n. 86, nella parte in cui dispone che 
il giudice non possa esercitare il rpotere di concedere .o negare, per la pena da 
comminare, il beneficio della sospensione condizionale. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 91 

codice penale, art. 344 (Oltraggio a un pubblico impiegato), in quanto. 
riconosce al prestatore d'opera con pubblico impieigo una dignit� 
sociale e una posizione diversa da quella riconosciuta agli altri cittadini 
(art. 3 della Costituzione) (14). 

Pretore di Bologna, ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 3 giugno 
1970, n. 136. 

codice penale, art. 371 (Falso giuramento della parte), in quanto 
dichiara non punibile in seguito a: ritrattazione l'imputato che abbia 
prestato giuramento suppletorio e non anche quello che abbia prestato 
giuramento decisorio (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 26 novembre 1969, G. U. 20 maggio 
1970, n. 125. 

codice penale, art. 522 (Ratto a fine di matrimonio), prima parte, in 
quanto prevede per l'autore di un ratto, a fine di matrimonio, di una 
donna non coniugata un trattamento diverso e pi� favorevole di quello 
cui� sarebbe sottoposto l'agente, a norma dell'art. 605 del codice penale, 
nel caso in cui l'azione delittuosa avesse ad pggetto un uomo (art. 3 
della Costituzione). 

Pretore di Otta'!iano, ordinanza 18 febbraio 1970, G. U. 3 giugno 
1970, n. 136. 

codice penale, art. 635 (Danneggiamento), secondo comma, n. 2, in 
quanto assume come fondamento dell'a1ggravante speciale, con ingiustificata 
discriminazione a danno dei lavoratori, il nesso di occasionalit� 
con l'esercizio del diritto di sciopero (artt. 3 e , 40 della Costituzio-, 
ne) (15). 

Pretore di Roma, ordinanza 14 marzo 1970, G. U. 17 giugno 1970, 

n. 150. 
codice penale, art. 654 (Grida e manifestaziooi sediziose), e art. 655 
(Radunata sediziosa), in quanto, dettati a finalit� incompatibili con la 
lettera e lo spunto della vigente Carta costituzionale (art. 21 della 
Costituzione), ,puniscono comportamenti anche non dannosi (art. 17 
della Costituzione) e comunque non sufficientemente determinati (articolo 
25, secondo comma della Costituzione) (16). 

Pretore di Recanati, ordinanza 8 aprile 1970, G. U. 10 giugno 1970, 

n. 143. 
(14) Amaloga questione, proposta per l'art. 341 del codice penale, � stata 
dichiarata non fondata con sentenza 19 luglio 1968, n. 109. 
(15) Questione dichiarata non fondata con Sentenza 8 luglio 1957, n. 110 e gi� 
riproposta dal pretore di Brescia (ordinanza 2 ottobre 1969, G. U. 24 dicembre 1969, 
n. 324) e dal pretore di San M~niato (ordinanza 4 dicembre 1969, G. U. 25 febbraio 
1970, n. 50). 
(16) Per l'art. 654 la questione � stata dichiarata non fondata, in riferimento 
all'art. 21 della Costituzione, con sentenza 8 luglio 1957, n. 120. 

92 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 656 (Pubbiicazione o diffusione di notizie false, 
esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico), in quanto punisce 
la diffusione di notizie tendenziose (art. 21 della Costituzione) (17). 

Pretore di Firenze, ordinanza 9 marzo 1970, G. U. 10 giugno 1970, 

n. 143. � 
codice penale, art. 666 (Spettacoli e trattenimenti pubblici senza 
licenza), in �quanto prescrive la licenza del questore per le feste da 
ballo date in luogo aperto al pubblico (art. 17 della Costituzione) (18). 

Pretore di Varallo Sesia, ordinanza 12 agosto 1969, G. U. 10 giugno 
1970, n. 143. 
Pretore di San Valentino in .A:bruzzo, ordinanza 2�4 febbraio 1970, 

G. U. 20 maggio 1970, n. 125. 
� Tribunale di Trento, ordinan~a 6 marzo 1970, G. U. 17 giugno 
1970, n. 150. 

codice penale, art. 723 (Esercizio abusivo di un giuoco non di azzardo), 
in quanto rimette all'autorit� amministrativa di determinare 
la fattispecie criminosa (art. 2'5, secondo comma, della Costituzione) e 
con valutazione variabile per ciascuna provincia (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Livorno, ordinanza 27 novembre 1969, G. U. 10 giugno 
1970, n. 143. 

codice penale, art. 724 (Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso 
i defunti), in quanto tutela il sentimento religioso solo del cittadino 
cattolico (art. 3 della Costituzione) (19). 

Pretore di ,Frosinone, ordinanza 20 marzo 1970, G. U. 17 giugno 
1970, n. 150. 

codice di procedura penale, art. 46 (Effetti deUa connessione sulla 
competenza per' materia), secondo comma, in quanto rimette alla discrezionale 
ed insindacabile valutazione del giudice di separare i procedi


(17) Questione dichiarata non fondata, ma secondo una interpretazione �della 
norma diversa da quella giurisdizionale, con sentenza 16 marzo 1962, n. 19 (artt. 21, 
18 e 49 della Costituzione) e gi� riproposta dal pretore di Recanati (ordinanza 18 
febbraio 1970, G. U. 8 aprile 1970, n. 89). 
(18) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 15 aprile 1970, 
n. 56, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi 
aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriali, occorre 
la licenza del questore. 
(19) Questione dichiarata infondata, in riferimento agli artt. 7 e 8 della Costituzione, 
con sentenza 30 dicembre i958, n. 79. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 93 

menti connessi e di far rivivere quindi per i singoli procedimenti l'originaria 
competenza (art. 25 della Costituzione) (20). 

Pretore di Salerno, ordinanza l9 gennaio 1970, G. U. 3 giugno 
1970, n. 136. 

codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazione costitutiva di parte 
civile) e art. 94 (Formalit� della costituzione di parte civile), in quanto 
consentono alla persona offesa dal reato di introdurre l'azione civile 
nel processo penale direttamente al dibattimento e senza necessit� di 
precisare l'oggetto della domanda (artt. 3 e 24 della Costituzione) (21). 

Pretore di Sant'Agata di Militello, ordinanza 12 febbraio 1970, 

G. U. 10 giugno 1970, n. 143 (22). 
Pretore di Sampierdarena, ordinanza 24 febbraio 1970, G. U. 3 
giugno 1970, n. 136. 

codice di procedura penale, art. 151 (Deposito in cancelleria dei provvedimenti 
del giudice e relativo avviso), in quanto limita la notificazione 
dell'avviso dell'avvenuto deposito nel caso previsto nella prima 
parte dell'articolo soitanto al� difensore che abbia proposto l'impugnazione 
e a quello che sia stato designato dall'imputato nella dichiarazione 
di impugnazione (art. 24 della Costituzione) (23). 

Pretore di Milano, ordinanza 16 ottobre 1969, G. U. 3 giugno 1970, 

n. 136. 
codice di procedura penale, art. 169 (Prima notificazione all'imputato 
non detenuto), ultimo comma, in quanto fa decor�'ere i termini stabiliti 
dalla legge con riferimento alla notificazione dalla data di spedizione 
della raccomandata e non dalla ricezione da parte del destinatario 
(art. �24, secondo comma, della Costituzione). � 

Tribunale di Sondrio, ordinanza 23 marzo 1970, G. U. 3 giugno 
1970, n. 136. 

(20) Questione gi� proposta dal pretore di Nocera Inferiore (ordinanza 12 
maggio 1969, G. U. 5 novembre 1969, n. 280). Altra questione di legittimit� dell'art. 
46 del codice penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25, 
primo comma, della Costituzioi;ie, con sentenza 13 luglio 1963, n. 130. 
(21) Questione gi� proposta dal pretore di San Giovanni Valdarno (ordinanza 
30 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78), dal tribunale di Areii;zo (ordinanza 
7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78),,e dal pretore di Postiglione (ordinanza 
9 luglio 1969, G. U. 5 novembre 1969, n. 280). 
(22) Dal pretore di Sant'Agata di Militello la questione � stata proposta solo 
per l'art. 93, secondo comma, ed in riferimento al solo art. 24, secondo comma 
della Costituzione. 
(23) Questione gi� proposta, sotto analoghi profili, dal tribunale di Marsala 
(ordinanza 15 aprile 1969, G. U. 24 settembre 1969, n. 243) e dal pretore di Alessandria 
(ordinanza :J.4 ottobre 1969, G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). 

13 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 170 (No�tificazioni all'imputato irreperibile), 
in quanto consente di notificare la sentenza mediante deposito 
in cancelleria senza prima disporre nuove ricerche e, condizionatamente 
all'esito negativo, la emissione di nuovo decreto di irreperibilit� 
(art. 24, secondo comma, della Costituzione) (24). 


Pretore di Livorno, ordinanza 9 marzo 1970, G. U. 20 maggio 
1970, n. 125. 

codice di procedura penale, art. 223 (Ausitiari deUa polizia giudizia1
�ia), secondo comma,. in quanto non prevede per l'attivit� prestata 
dall'interprete a richiesta della polizia giudiziaria garanzie analoghe a 
quelle stabilite dagli artt. 326 e 329 del codice di procedura penale per 
l'assistenza prestata dall'interprete nella istruzione (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 21 marzo 1970, G. U. 3 giugno 1970, 

n. 136. 
codice di �procedura penale, art. 510 (Giudizio conseguente an'o'J)posizione), 
in quanto non consente all'imputato di essere giudicato in contumacia 
'(art. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (25). 


Pretore di Conegliano, ordinanza 9 febbraio 1970, G. U. 17 giugno 
1970, n. 150. 


codice di procedura penale, art. 515 (Cognizione del giudice di appello. 
Appello incidentale del pubblico ministero), ultimo comma, in 
quanto consente al pubblico ministero di impugnare la sentenza in via 
incidentale, senza che analoiga facolt� sia prevista per le a�tre parti del 
processo (art. 3 della Costituzione) (26). 


Tribunale di Lecce, ordinanze 25 febbraio 1970 e 11 marzo 1970 

(G. U. 3 giugno 1970, n. 136 e 10 giugno 1970, n. 143). 
(24) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, � nei sensi indicati 
in motivazione �� con sentenza 18 giugno 1963, n. 90. La questione � stata gi� 
riproposta, sotto differenti profili, dal pretore di Iseo (ordinanza 15 ottobre 1968, 
G. U. 11 giugno 1969, n. 145), dal pretore di Sannicandro Garganico (ordinanza 21 
marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). e dal giudice istruttore del tribunale\ 
di Milano (ordinanz;i 5 febbraio 1970, G. U. 1� aprile 1970, n. 82). 
(25) Questione gi� proposta dal pretore di Torino (ordinanza 1,3 giugno 1969, 
G. U. 24 dicembre 1969, n. 324) dal pretore di Roma (ordinanza 17 ottobre 1969, 
G. U. 11 marzo 1970, n. 64), e dal pretore di Poggibonsi (ordinanza 2 febbraio 1970, 
G. U. 1� aprile 1970, n. 82). Analoghe questioni sono state dichiarate non fondate 
con sentenze 8 marzo 1957, n. 46, 23 dicembre 1963, n. 170 e 26 marzo 1969, n. 48. 
Differente questione, proposta per il secondo comma, ultima parte, della disposizione, 
� stata dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1969, n. 119. 
(26) Questione gi� proposta, in riferimento anche all'art. 24 della Costituzione, 
dalla corte di appello di Genova (ordinanza 28 gennaio 1970, G. U. 1� aprile 
1970, n. 82). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 95 

codice di procedura penale, art. 546 (Impugnabilit� deUa sentenza del 
giudice di rinvio), primo comma, in quanto vincola il giudice di rinvio 
al giudizio espresso dalla Corte di cassazione nella risoluzione delle 
questioni di diritto (art. 101, secondo comma, della Costituzione) e determina 
una distinzione tra magistrati non fondata sola sulla diversit� 
delle funzioni (art. 107, terzo comma, della Costituzione) (27). 

Pretore di Ozieri, ordinanza 15 marzo 1970, G. U. 10 giugno 1970, 

n. 143. 
codice di procedura penale, art. 630 (Procedimento per gli incidenti 
di esecuzione), primo comma, in quanto prevede la nomina di un difensore 
di ufficio soltanto per il caso che l'interessato sia ammesso al patrocinio 
gratuito (art. 24 della Costituzione) (28). 

Pretore di Milano, ordinanza 12 novembre 1969, G. U. 3 giugno 
1970, n. 136. 

codice di procedura .penale, art. 630 (Proceidimento per gli incidenti 
di esecuzione), prim�o comma, in quanto non prevede che l'avviso di deliberazione 
dell'incidente debba essere notificato al difensore (artt. 24, 
secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione) (29). 

Pretore di Tagliacozzo, ordinanza 16 marzo 1970, G. U. 17 giugno 
1970, n. 150. 

codice di procedura penale, art. 633 (Atti. iniziaU), ultimo comma, in 
quanto, in relazione all'art. 266, secondo comma, seconda parte, del 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, consente di trattenere nello stabilimento 
carcerario, a disposizione dell'autorit� di pubblica sicurezza e in pratica 
senza limiti di tempo, il condannato che dopo aver scontato la pena in 
carcere debba iniziare un .periodo di internamento per misura di sicurezza 
(art. 13 della Costituzione). 
Pretore di Voltri, ordinanza 31 marzo 1970, G. U. 10 giugno 1970, 

n. 143. 
codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 (Competenza 
per le contravvenzioni), art. 1240 (Competenza per territorio), 
art. 1242 (Decreto di condanna), art. 1'243 (Dichiarazione di opposizione 
e d'impugnazione), art. 1245 (Letture permesse di deposizioni testimo


(27) Questione dichi.arata non fondata con sentenza 2 aprile 1970, n. 50. 
(28) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 18 maggio 1970, 
n. 69, nella parte in cui non prevede che all'interessato nel procedimento di esecuzione, 
anche se non ammesso a gratuito patrocinio, sia nominato un difensore, 
ove egli non provveda a nominarne uno di fiducia, e nella parte in cui non prevede 
che l'avviso del giorno della deliberazione sull'incidente vada notificato anche al 
difensore dell'imputato. 
(29) Disposizione dichiarata incostituzionale, ai sensi dell'art. 27 della legge 
11 marzo 1953, n. 87, con sentenza 18 maggio 1970, n. 69. 
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96 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

niali), e art. 1247 (Conversione deUe pene pecuniarie), in quanto attribuisce 
!funzioni giurisdizionali all'autorit� amministrativa (artt. 101, 
secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione) (30). 

Corte di cassazione, sezioni unite penali, ordinanza 20 dicembre 
1969, G. U. 3 gi�gno 1970, n. 136. 
Pretore di Trieste, ordinanza 8 aprile 1970, G. U. 3 giugno 1970, 

n. 136 (31). 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E (Sui contenzioso amministrativo), 
art. 6, in quanto esclude dalla cognizione dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria le controversie relative alla estimazione dei redditi e del 
valore imponibile (art. 113, primo e secondo comma, della Costituzione) 
(32) (33). 

Corte di appello di Torino, ordinanza 27 febbraio 1970, G. U. 20 
maggio 1970, n. 125. 

r. d. 22 aprile 1909, n. 229 (Testo unico deUe disposizioni per ie 
pensioni dei personale de.Ile ferrovie deUo Stato), art. 16, primo comma, 
lett. b, nel testo sostituito dall'art. 1 del d.lg.lgt. 8 giugno 1945, n. 915, 
in quanto prevede la perdita della pensione in ipotesi di destituzione 
dal servizio a -seguito di condanna penale (artt. 3 e 36 della Costituzione) 
(34). 
Corte dei conti, terza sezione giuris,dizionale per le pensioni civili, 
ordinanza 17 gennaio 1970, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 

r. d. I. 8 febbraio 1923, n. 501 (Disposizioni per l'industria e iL <mmmercio 
deUe conserve alimentari preparate con sostanze vegetaii), ,convertito 
con legge 17 aprile 1925, n. 473, artt. 1O e 11 in quanto, rper la 
revisione delle analisi, escludono l'applicazione degli artt. 225, 390, 
(30) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 luglio 1960, n. 41 
(art. 102 della Costituzione), 3 luglio 1967, n. 79 (art. 104, primo comma, della 
Costituzione) e 19 dicembre 1968, n. 128 (disp. trans. VI e artt. 25 e 102 della 
Costituzione), e gi� riproposta da varie autorit� giudiziarie (v. retro, Il, 12 e 53 
ed ivi nota 19). 
(31) Dal pretore di Trieste la questione � stata sollevata solo per l'art. 1238. 
(32) La stessa questione � stata gi� proposta, e con analogo riferimento all'affermata 
natura amministrativa delle commissioni tributarie, per l'art. 22, terzo 
comma, del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (ordinanza 18 aprile 1969 del tribunale di 
Milano, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311) e per l'art. 285, primo comma, del r.d. 14 
settembre 1931, n. 1175 (ordinanza 4 dicembre 1969 del tribunale di Rimini, G. U. 4 
marzo 1970, n. 57). 
(,33) Il secondo comma della disposizione � stato dichiarato incostituzionale 
con sentenza 31 marzo 1961, n. 21. 

(34) Questione proposta (con richiamo alle sentenze 13 gennaio 1966, n. 3, 
3 luglio 1967, n. 78 e 19 luglio 1968, n. 112 dalla Corte costituzionale) nel rilievo 
che l'abrogazione effettuata dall'art. 1 della legge 8 giugno 1966, n. 424 opera solo 
dal 1� agosto 1966. 

PA'RTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 97 

304 bis, ter e quater del codice di procedura penale (artt. 24, secondo 
comma, e 3, primo comma, della Costituzione) (35). 

Pretore di Recanati, ordinanza 4 marzo 1970, G. U. 3 giugno 

1970, n. 136. 1 

r. d. 15 settembre 1923, n. 2090 (RegoLamento per l'esecuzfone delia 
legge sulla riscossione delle imposte dirette), art. 98, in quanto esclude 
dal rimborso l'indennit� di mora (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione) 
(36). 
Corte di Appello di Napoli, ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 3 giugno 
1970, n. 136. ' 

r. d. 18 novembre 192,3, n. 2440 (Norme sull'amministrrazione dd patrimonio 
e sulla contabilitd generale dello Stato), art. 69, ultimo comma, 
in quanto consente all'amministrazione del�o Stato di disporre una 
misura cautelare che per essere attuata con provvedimento amministrativo 
non revocabile n� annullabile dall'autorit� giudiziaria paralizza, 
con atto di imperio del debitore, il �diritto del privato creditore 
alla esazione di un credito liquido ed esigibile (artt. 3,, 25, primo 
comma, e 102, primo comma, della Costituzione). 
I 

Corte d'appello di Trieste, ordinanza 6 febbraio 1970, G. U. 10 
giugno 1970, n. 143. 

I

' r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 (Testo unico delle leggi sul Consiglio fil 
di Stato), art. 26, secondo comma, in quanto sottrae all'autorit� giudilli 
ziaria ordinaria le cause concernenti questioni sulla leva militare 
(art. 113, secondo comma, della Costituzione) (37). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 5 marzo 1970, G. U. 3 �giugno 
1970, n. 136. 

I 

legge 27 maggio 1929, n. 810 (Esecuzione del Trattato, dei quattro 
allegati annessi e del Concordato sottoscritti in Roma tra la S. Sede 
e l'Italia l'l 1 febbraio 1929), art. 34 del Concordato, quarto, quinto e 
sesto c-omma, in quanto sottrae . ai giudici italiani la cognizione delle 
cause concernenti la valida sussistenza ed il permanere dei vincoli 

Imatrimoniali (artt. 1, secondo comma, 102, primq e secondo comma, 
24, primo e secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione), 
con disciplina per i matrimoni concordatari diversa da quella stabilita 

(35) In argomento, cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 della Corte costituzionale. 
(36) Sotto Io stesso profilo � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 4 
febbraio 1970, n. 13, l'art. 198, secondo comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645. 
(37) L'art. 26 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 � stato dichiarato incostituIzionale, 
con sentenza 27 giugno 1958, n, 40, nella parte in cui esenta da ogni sindaV 
cato che non sia per incompetenza od eccesso di potere le determinazioni ministeriali 
sulle controversie doganali. 



98 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per i matrimoni celebrati in forma civile (art. 3, primo comma, della 
Costituzione) ed impedimento alla esecuzione in Italia delle sentenze 
di divorzio pronunciate �nei confronti di cittadini stranieri (art. 10, 
secondo comma, della Costituzione). 

Corte d'appello di Bologna, ordinanza 31 ottobre 1969, G. U. 6 
maggio 1970, n. 113. 

legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni pe1� l'applicazione del 
CO'I�cordato deW11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella 
parte relativa al matrimonio), art. 17, in quanto sottrae al giudice 
italiano la cognizione delle cause 'concernenti la valida sussistenza ed 
il permanere dei vincoli matrimoniali (artt. 1, secondo comma, 102, 
primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma, e 25, primo 
comma, della Costituzione), con disciplina per i matrimoni concordatari 
diversa da quella stabilita ,per i matrimoni celebrati in forma 
civile (art. 3, primo comma, della Costituzione) ed impedimento alla 
esecuzione in Italia di sentenze di divorzio pronunciate nei confronti 

~J

di cittadini stranieri (art. 10, secondo comma, della Costituzione). 

r::::~ 

Corte d'appello di Bologna, ordinanza 31 ottobre 1969, G. U. 6 w

w

maggio 1970, n. 113. 

rff 

r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coo'l'dinamento deLle norme sulla disciplina 
giuridica dei rappo1"ti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento 
giuridico-economico del personale deUe ferrovie, tranvie e linee 
di navigazione interna in l/"egime di concessione), art. 10, nella sua 
formulazione anteriore alla riforma disposta con l'articolo unico della 
legge 24 luglio 1957, n. 633, in quanto condiziona la proponibilit� 
dell'azione giudiziaria al preventivo reclamo in via gerarchica nei quindici 
giorni dalla comunicazione del provvedimento lesivo di diritti 
(artt. 36, 3 e 24 della Costituzione) (38). 
im 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 10 aprile 1970, G. U. 17 giugno 

!iij

1970, n. 150. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicuII


rezza), art. 18, terzo comma, in quanto consente di punire chi sia inter


w.
venuto a riunione non preavvisata per il solo fatto che prenda la 

K~ 

parola (art. 21 della Costituzione) (39). fj

w

Pretore di Trento, ordinanza 14 febbraio 1970, G. U. 6 maggio @ 
1970, n. 113. ~=i 

(31:1) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 10 del r.d. 8 gennaio ~ 
~:":'

1931, n. 148, ma nel testo modificato dalla legge 24 luglio 1957, n. 6.33, � stata dichiarata 
non fondata con sentenza 21 marzo 1969, n. 39. 


(39) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 10 giugno 1970, jiji 
n. 90, nella parte in cui non limita la previsione punitiva a coloro che prendono 
la parola essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso prevista dal primo 
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comma. 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 99 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deile leggi di pubblica 
sicurezza), art. 68, in quanto prescrive la licenza del questore per le 
feste da ballo date in luogo aperto al pubblico (art. 17 della Costituzione) 
(40). 
Pretore di Varano Sesia, ordinanza 12 agosto 1969, G. U. 10 giugno 
1970, n. 143. 

Pretore di San Valentino in Abruzzo, ordinanza 24 febbraio 1970, 

G. U. 20 maggio 1970, n. 125. 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deUe leggi di pubblica sicurezza), 
art. 110, in quanto rimette all'autorit� amministrativa di determinare 
la fattispecie criminosa (art. 2'5, secondo comma, della Costituzione) 
e con valutazione variabile per ciascuna provincia (art. 3 
della Costituzione) (41). 
Pretore di Livorno, ordinanza 27 novembre 1969, G. U. 10 giugno 
1970, n. 143. 

r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (Disposizioni suU'assegno bancario, 
suffassegno circolare e su akuni titoli speciali dell'Istituto di emissione, 
del Banco di NapoH e del Banco di Sicilia), art. 116, nn. 2 e 3, 
limitatamente all'inciso � e nei casi pi� gravi anche la reclusione sino 
a sei mesi., in quanto rimette al discrezionale potere del giudice di 
ravvisare gli estremi della maggiore gravit� del reato (artt. 24, secondo 
comma, e 25, secondo comma, della Costituzione) (42). 
Tribunale di Pisa, ordinanze 30 gennaio 1970 (due), G. U. 20 maggio 
1970, n. 125. 

r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli ordinamenti tributari), 
artt. 22, terzo comma (43), e 29, in quanto sottraggono alla giurisdizione 
(40) Disposizione dichiarata incostituzionale nella parte in cui vieta di dare 
festa da ballo in luogo esposto al pubblico senza la licenza del questore (sentenza 
12 dicembre 1967, n. 142), e nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da 
tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriali, 
occorre la licenza del questore (sentenza 15 aprile 1970, n. 56). 
(41) Il terzo ed il quarto comma della disposizione sono stati dichiarat~ 
Incostituzionali, con sentenza 9 luglio 1963, n. 125, nella parte in cui fanno divieto 
di concedere licenze per l'uso, nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, di apparecchi 
o di congegni automatici di puro trattenimento, senza cio� alcuna possibilit� 
di dar luogo a giuoco o a scommesse. Altra questione � stata dichiarata non 
fondata, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 
5 luglio 1968, n. 88. 
(42) Questione gi� proposta dal pretore di Bologna (ordinanza 22 gennaio 
1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85) e, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, 
della Costituzione, dal pretore di Nuoro (ordinanza 1� dicembre 1969, G. U. 25 
marzo 1970, n. 76). Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione 
sono state dichiarate non fondate con sentenze 11 luglio 1961, n. 53 e 7 giugno 
1962, n. 47. 
(43) Questione gi� proposta dal tribunale di Milano (ordinanza 18 aprile 1969, 
G. U. 10 dicembre 1969, n. 311). 

100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'autorit� giudiziaria ordinaria le controversie relative alla determinazione 
del valore imponibile (art. 113, primo e secondo comma, 
della Costituzione) ( 44). 

Corte d'appello di Torino, ordinanza 27 febbraio 1970, G. U. 20 
maggio 1970, n. 125. 

r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico deUe leggi sulla protezione 
deUa selvaggina e per l'esercizio della caccia), art. 12 bis, aggiunto 
con l'art. 3 della legge 2 agosto 1967, n. 799, in quanto, nel punire 
la mancata osservanza delle condizioni stabilite dal regolamento� per 
l'esercizio della caccia, consente all'autorit� amministrativa di determinare 
il contenuto di precetti rpenalmente sanzionati (art. 25, secondo 
comma, della Costituzione) (45). 
Pretore di Conegliano, ordinanze 4 febbraio 1970 (cinque), G. U. 
10 giugno 1970, n. 143. 

legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di 
altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 15, 171, lett. b, e 180, primo 
e secondo comma, in� quanto attribuiscono alla S.I.A.E. l'esclusiva per 
l'intermediazione nella concessione delle licenze (artt. 41, primo comma, 
3, 24 e 113 della Costituzione) (46). 

Pretore di Chioggia, ordinanza 2 aprile 1970, G. U. 17 giugno 
1970, n. 150. 

legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto� d'autore e di 
altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 87-92, in quanto non consentono 
al cittadino italiano autore di fotografia realizzata in Italia 
di opporsi alle modificazioni della fotografia pregiudizievoli alla sua 
reputazione, con disciplina diversa da quella stabilita dall'art. 20 della 
legge per le altre opere dell'ingegno e da quella prevista, anche per 
le fotografie, dall'art. 6 bis, primo comma, della Convenzione internazionale, 
di Berna 9 settembre 1886, nel testo riveduto a Bruxelles 
il 26 giugno 1948, resa esecutiva in Italia con legge 16 febbraio 1953, 

n. 247 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 11 dicembre 1969, G. U. 10 giugno 
1970, n. 143. 

(44) La stessa questione � stata proposta per l'art. 285, primo comma, del r.d. 
14 settembre 1931, n. 1175 (ordinanza 4 dicembre 1969 del tribunale di Rimini, 
G. U. 4 marzo 1970, n. 57) e, con la stessa ordinanza indicata nel testo, per l'art. 6 
della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E. 
(45) Questione gi� proposta dallo stesso pretore con ordinanza 30 giugno 
1969, G. U. 22 ottobre 1969; n. 269. 
(46) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, per l'art. 180, con 
sentenza 3 aprile 1968, n. 25 (art. 18 della Costituzione). 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 101 

r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fa.Uimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), artt. 15, 16 e 18, in quanto consentono la declaratoria 
di fallimento senza preventiva audizione dell'interessato (art. 24 della 
Costituzione) (47). 

I 

Tribunale di Roma, ordinanza 13 fehbraio 1970, G. U. 20 maggio 
1970, n. 125. 
Pretore di Roma, ordinanza 21 febbraio 1970, G. U. 17 giugno 
1970, h. 150 (48). 

r. d. I. 19 ac.;osto 1943, n. 737 (Nuovi provvedimenti in materia. di 
imposta di registro), art. 4, in quanto, con disciplina diversa da quella 
prevista dall'art. 50 ,del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 per le vendite 
di beni ai pubblici incanti (49), consente all'Amministrazione finanziaria 
di procedere all'accertamento del valore dei beni aggiudicati in 
seguito a vendite promosse in dipendenza di mutui in danaro (artt. 3 
e 53 della Costituzione) (50). 
Tribun�le di Roma, ol'dinanza 20 gennaio 1970, G. U. 3 giugno 
1970, n. 136. 

d. lg. lgt. 8 9iugno 1945, n. 915 (Norme sulle pensioni per il personale 
destituito delle Ferrovie dello Stato), art. 2, nel testo sostituito 
dall'art. 2 della legge 2 marzo 1954, n. 32, in quanto, disciplinando la 
procedura da seguire per la riammissione al diritto a pensione di coloro 
che abbiano ottenuto la riabilitazione dal giudice penale, presuppone 
la possibilit� di perdere la pensione in ipotesi di destituzione dal servizio
� a seguito di condanna penale, quale prevista dall'art. 16, primo 
comma, lett. b, del r.d. 22 aprile 1909, n. 229 (artt. 3 e 36 della 
Costituzione) (51). 
Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale per le pensioni civili, 
ordinanza 1"7 gennaio 1970, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 

(47) Questione gi� proposta (per l'art. 15) con ordinanze di varie autorit� 
giudiziarie. Cfr. retro, II, 16 ed ivi nota 44. Altre questioni di legittimit� costi-. 
tuzionale dell'art. 18 della legge fallimentare (una delle quali, peraltro, dichiarata 
non fondata con sentenza 22 novembre 1962, n. 93) sono state proposte dal tribunale 
di Venezia (ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78) e dal tribunale 
di Roma (ordinanze 12 marzo 1969 e 19 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, 
n. 172). 
(48) Dal pretore di Roma la questione � stata proposta, in riferimento anche 
all'art. 3 della Costituzione, solo per l'art. 15. 
(49) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 50, secondo comma, del 
r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli 
artt. 
3 e 53 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1965, n. 62. (
50)1 DispoSizione diichiarata incostiltuzionale con sentenza 28 aprile 1970, 

n. 59. 
(51) V. supra nota 34. 

102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. lg. C. P. S. 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico e�d economico 
del personale non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni 
dello Stato), art. 3, primo comma, in quanto esclude del tutto il diritto 
all'assenza per causa di malattia per l'impiegato non di ruolo in servizio 
nelle amministrazioni dello Stato da meno di un anno (artt. 3 
e 36 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 27 magg�o 1969, G. U. 
20 maggio 1970, n. 125. 

legge 20 giugno 1952, n. 645 (Norme di attuazione della XII disposizione 
tr.ansitoria e finale, comma primo, deUa Costituzione), art. 5, 
in quanto punisce le manifestazioni fasciste senza alcun riferimento 
alla loro potenzialit� riorganizzativa del partito fascista (artt. 21, 25, 
secondo comma, e XII disp. trans. della Costituzione) (52). 

Pretore di Recanati, ordinanza 8 aprile 1970, G. U. 10 giugno 1970, 

n. 143. 
legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento 
della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma, se ed in quanto 
escluda la retroattivit� della declaratoria di illegittimit� costituzionale 
di norme processuali (art. 136 della Costituzione) (53). 

Tribunale di Livorno, ordinanza 20 febbraio 1970, G. U. 6 maggio 
1970, n. 113. 

d. P. R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione e di coordinamento 
della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni 
al codice di procedura penale), art. 3, in quanto conserva efficacia al 
decreto di irreperibilit� ai fini della notificazione della sentenza (art. 24, 
secondo comma, della Costituzione) (54). 
Pretore di Livorno, ordinanza 9 marzo 1970, G. U.; 20 maggio 
1970, n. 125. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), 

art. 4, secondo comma, in quanto prevede come facoltativa l'assistenza 
di un difensore (art. 24, secondo comma, della Costituzione) ('55). 

Corte d'appello di Torino, ordinanza 7 novembre 1969, G. U. 3 
giugno 1970, n. 136. 

(52) Questione dichiarata non fondata con sentenza 6 dicembre 1958, n. 74. 
(53) Questione dichiarata non fondata con sentenze 29 dicembre 1966, n. 127 
(artt. 24, secondo comma, e 136, primo comma, della Costituzione) e 2 aprile 1970, 
n. 49 (art. 136 della Costituzione). 
(54) Questione proposta unitamente a quella relativa all'art. 170 del codice 
di procedura penale. 
(55) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 25 maggio 1970, 
n. 76, nella parte in cui non prevede l'assistenza obbligatoria del difensore. 

PARTE II, RASSEGNA DI I EGISLAZIONE 103 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico deUe leggi sulle imposte 
dirette), art. 198, in quanto esclude dal rimborso l'indennit� di mora 
(artt. 3, 24 e 113 della Costituzione) (56). 

Corte d'appello di Napoli, ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 3 giugno 
1970, n. 136. 

legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme suLle pensioni ordinarie 
a carico dello Stato), art. 12, in quanto, �on discriminazione basata 
unicamente sulla diversit� di sesso, limita il beneficio pensionistico 
alle sole orfane � nubili.� o � vedove... che risultino conviventi a carico 
del dipendente civile di ruolo o del pensioriato da almeno cinque 
anni dopo la morte del marito�, senza prevedere limitazioni o esclusioni 
nei confronti dell'orfano di sesso maschile coniugato (art. 3 della 
Costituzione) (57). 

Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale per le pensioni civili, 
ordinanza 21 gennaio 1969, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. 

d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico 
e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie 
ed affini), artic:olo unic:o, in quanto rende obbligatori erga omnes 
gli artt. 34 e 62 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 
1959 per gli addetti all'edilizia (artt. 76 e 77, primo comma, della 
Costituzione) (58). 
Pretore di Genova, ordinanza 8 aprile 1970, G. U. 3 giugno 1970, 

n. 136. 
d. P. R. 9 maggi,o 196l. n. 715 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle 
provincie di Genova, Imperia, La Spezia e Savona), artic:olo unic:o, per 
la parte che concerne le casse edili (artt. 76 e 77, primo comma, della 
Costituzione) (59). 
Pretore di Genova, ordinanza 8 aprile 1970, G. U. 3 giugno 1970, 

n. 136. 
(56) Disposizione dichiarata incostituzionale, sotto l'indicato profilo, con sentenza 
4 febbraio 1970, n. 13. 
(57) Analoga questione � stata proposta, dalla stessa autorit� giudiziaria, per 
l'art. 18 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (ordinanza 25 novembre 1969, G. U. 4 
marzo 1970, n. 57). 
(58) Con riferimento alle due disposizioni sopra indicate del contratto collettivo 
nazionale 24 luglio 1959 il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato gi� dichiarato 
incostituzionale con sentenza 13 luglio 1963, n. 129. Per altre declaratorie di 
illegittimit� costituzionale del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032, v. in questa Rassegna, 
1969, II, 103, nota 68. 
(59) Sotto tale profilo, e precisamente nella parte in cui rende obbligatorio 
erga omnes l'art. 12 del contratto collettivo di lavoro 1� settembre 1959 per gli 

104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione 
delle leggi 10 .agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 
1959, n. 555, recanti provvedimenti per il Me�zzogiorno), art. 2, ultimo 
comma, in quanto consente di determinare le indennit� di espropriazione 
se.condo valori calcolati con riferimento ad epoca fino a dodici 
anni anteriore al provvedimento espropriativo (art. 42, terzo comma, 
e 3 della Costituzione) (60). 

Tribunale di Bari, ordinanza 6 ottobre 1969, G. U. 10 giugno 1970, 

n. 143. 
legge 29 dicembre 1962, n. 1744 (Nuove disposizioni per l'applicazione 
:delle �leggi di registro, deil'imposta generale sull'enbrata e del 
bollo ai contra,tti di locazione di beni immobili urbani), in quanto 
consente di pretendere il pagamento dell'imposta, per la parte relativa 
all'imposta generale sull'entrata, anche in ipotesi di risoluzione anticipata 
del contratto di locazione (art. 53 della Costituzione) (61). 

Commissione provinciale delle imposte di Gorizia, ordinanza 14 
marzo 1968, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 

legge 12 ottobre 1964, n. 1081 (Istituzione dell'aLbo dei consulenti 
del lavoro), art. 4, secondo comma, in quanto impedisce al consulente 
del lavoro di esercitare la professione per la presenza, nella stessa 
provincia, di un suo parente o affine alle dipendenze del Ministero 
del lavoro e della previdenza sociale (art. 4 della Costituzione) (62). 

Pretore di Cagli, ordinanza 9 febbraio 1970, G. U. 10 giugno 1970, 

n. 143; 
d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repre�ssione delle 
frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), 
art. 76, .primo comma, per eccesso d�i limiti della delega conferita dall'art. 
2, nn. 1 e 2 della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto pone 
operai edili ed affini della provincia di Genova, il d.P.R. 9 maggio 1961, n. 715 � stato 
dichiarato incostituzionale con sentenza 18 maggio 1970, n. 71. Sotto un differente, 
duplice profilo il d.P.R. 9 maggio 1961, n. 715 � stato dichiarato incostituzionale, 
inoltre, con sentenza 4 aprile 1967, n. 41. 

(60) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 aprile 1970, n. 63. 
(61) L'art. 2, secondo comma, della legge 29 dicembre 1962, n. 1744 � stato 
dichiarato incostituzionale, con sentenza 26 marzo 1969, n. 49, nella parte in cui 
consente, per i contratti di locazione di durata pluriennale, la percezione annuale 
dell'imposta generale sull'entrata anche nell'ipotesi di intervenuta risoluzione del 
contratto nell'anno precedente. Diversa questione � stata proposta dal tribunale di 
Roma con ordinanza ,3, dicembre 1969, G. U. 22 aprile 1970, n. 102. 
(62) Questione gi� proposta, in riferimento anche agli artt. 3 e 41 della Costituzione, 
dal pretore di Recanati (ordinanza 1� maggio 1969, G. U. 6 agosto 1969, 
:n. 200). 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISJ,AZIONE 105 

divieti non previsti dalla disciplina legislativa degli Stati aderenti alla ! 

C.E.E. (art. 76 della Costituzione) (63). ! 
Tribunale di Alba, ordinanza 13 giugno 1969, G. U. 6 maggio 

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1970, n. 113. 

d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342 (Norme integrative detla fogge 6 dicembre 
1962, n. 1643 e noirme relative al cooTidinamento e all'esercizio 
delle attivit� elettriche esercitate da enti .ed imJprese diversi dall'Ente 
Nazionale per l'Energia Elettrica), art. 6, in quanto disciplina la corresponsione 
dell'indennizzo e degli interessi secondo criterio diverso 
da quello stabilito dall'art. 6 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, 
senza che la possibilit� di tale diversa normativa sia consentita dalla 
delega conferita con l'art. 2 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 e 
violando il principio della indifferenza della data dei trasferimenti 
adottato nei primi tre commi dell'art. 6 della legge 6 dicembre �962, 
n. 1643 (art. 77, .primo comma, della Costituzione). 
Corte d'appello di Napoli, ordinanza 11 marzo 1970, G. U. 10 giugno 
1970, n. 143. 

legge 28 settembre 1966, n. 749 (Conversione in legge, con modificazioni, 
del decreto-legge 30 luglio 1966, n. 590, recante� pirovvedimenti 
a favoire della citt� di Agrigeinto in conseguenza del movimento franoso 
verificatosi il 19 luglio 1966), art. 2 bis, in quant� rimette al Ministro 
della pubblica istruzione, senza indicazione di criteri direttivi, 
di determinare il perimetro della valle dei Te:IT)lpli, le prescrizioni 
d'uso ed i vincoli di inedificabilit� (art. 42 della Costituzione e art. 14 
dello Statuto della Regione siciliana). 

Pretore di Agrigento, ordinanza 20 marzo 1970, G. U. 17 giugno 
1970, n. 150. 

legge 2 agosto 1967, n. 799 (Modifiche al testo unico delle norme 
per la protezione della se�lvaggina e per l'esercizio della caccia appirovato 
con r. d. 5 giugno 1939, n. 1016), art. 3, che aggiunge l'art. 12 bis 
al r. d. 5 giugno 1939, n. 1016, in quanto, nel punire la mancata osservanza 
delle condizioni stabilite dal regolamento per l'esercizio della 
caccia, consente all'autorit� amministrativa di determinare il contenuto 
di precetti penalmente sanzionati (art. 25, secondo comma, della Costituzione) 
(64). 

Pretore di Conegliano, ordinanze 4 febbraio 1970 (cinque), G. U. 
10 giugno 1970, n. 143. 

(63) Questione gi� proposta dal tribunale di Vicenza (ordinanza 26 febbraio 
1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128), dal tribunale di Trani (ordinanza 16 aprile 
1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). e pi� recentemente dal tribunale di Firenze 
(ordinanza 14 novembre 1969 (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5). 

(64) Questione gi� proposta dallo stesso pretore con ordinanza 30 giugno 
1969, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. 

106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. I. 3 febbraio 1970, n. 7 (Norme in materia di co.ZZocamento e accertamento 
dei lavoratori agricoli), convertito con legge 11 marzci 1970, 
n. 83, ed in particolare artt. 3, 4 e 1O, se ed in quanto a,broigativa della 
legge 29 marzo 1949, n. 264 anche per l'assunzione da parte delle 
aziende rurali con meno di sei dipendenti nei comuni mistilingui (articoli 
2, 6, 11, 13, 18 e seguenti dello Statuto per la Regione Trentino-
Alto Adige e artt. 3, 6 e 41 della Costituzione). ' 
Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige depositato il 24 aprile 
1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. 

NORME DELLE QUALI IL. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DE~INITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, 
DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA, O DI 
RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 


Codfoe di procedura civile, art. 707 (Comparizione personale delle 
parti), primo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione) 
Inammissibilit� per difetto di rilevanza. 

Sentenza 28 aprile 1970, n. 60, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 

Ordinanze di rimessione 12 febbraio 1968 e 26 aprile 1968 del 
giudice istruttore del tribunale di Milano, G. U. 13 luglio 1968, n. 177 
e 28 settembre 1968, n. 248. 

codice di procedura penale, art. 222 (Atti concernenti l'arresto; assicurazione 
del corpo del reato), secondo comma Manifesta infondatezza 
(65). 

1 

Ordinanza 18 maggio 1970, n. 72, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. 
Ordinanza di rimessione 28 maggio 1969 del pretore di Chieri, G. U. 
13 agosto 1969, n. 207. 

r. d. 23 dicembre 1865, n. 2701 (Tariffa giudiziaria in materia penale), 
artt. 237 e 238 (art. 3 della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 3 giugno 1970, n. 81, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 
Ordinanza di rimessione 6 dicembre 1968 del pretore di Guastalla, 

G. U, 26 febbraio 1969, n. 52. 
legge 16 giugno 19,27, n. 1766 (RiolJ"ldinamento degli usi civici), art. 27, 
ultimo cqmma (artt. 25, e 108, secondo comma, della Costituzione) 
Inammissibilit� per difetto di rilevanza (66). 

(65) Sotto il profilo proposto nell'ordinanza di rimessione l'art. 222, secondo 
comma, del codice di procedura penale � stato dichiarato incostituzionale con 
sentenza 3 dicembre 1969, n. 148. 
(66) Con la stessa sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata, 
in riferimento agli art. 25 e 108 della Costituzione, la questione di legittimit� 
I

V 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 107 

Sentenza 25 maggio 1970, n. 73, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. 

Ordinanze di rimessione 27 marzo 1969 (tre) e 9 luglio 1969 della 
sezione speciale per gli usi civici della corte di appello di Roma, G. U. 
16 luglio 1969, n. 179 e 5 novembre 1969, n. 280. 

legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Riordinamento degli itsi civici), art. 27, 
ultimo comma -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla 
rilevanza. 

Ordinanza 25 maggio 1970, n. 74, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. 
Ordinanza di rimessione 22 ottobre 1969 del commissario regionale 
pE;!r la liquidazione degli usi civici di Roma, G. U. 7 gennaio 1970, 

n. 5. 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Tesvo unico delle Leggi suHa pubblica 
sicurezza), art. 63 (artt. 87, quinto comma, 70 a 82, e 25, secondo 
comma, della Costituzione) -Inammissiibilit�. 
Sentenza 4 maggio 1970, n. 67, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 
Ordinanza di rimessione 31 ottobre 1968 del pretore di Recanati, 

G. U. 8 gennaio 1969, n. 6. 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deHe leggi di pubblica sicurezza), 
art. 220, nella parte in cui richiama l'art. 85 -Manifesta infondatezza 
(67). 
Ordinanza 10 giugno 1970, n. 93, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. 
Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1969 del pretore di Genova, 

G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infort>Uni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4, 
quinto comma (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(68). 
Ordinanza 10 giugno 1970, n. 91, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. 
Ordinanza di rimessione 14 luglio 1969 del tribunale di Genova, 

G. U. 5 novembre 1969, n. 280. 
costituzionale degli artt. 27, primo comma, e 29, secondo comma in relazione al 
primo, della legge 16 giugno 1927, n. 1766. 

(67) Disposizdone dichiarata incostituzionale con sentenza 20 marzo 1970, 
n. 39. 
(68)Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 gennaio 1970, n. 10. 
L'art. 4, quinto comma, del r.d. 17 agosto 1935. n. 1765 � stato dichiarato incostituzionale, 
con sentenza 9 marzo 1967, n. 22, � in quanto consente che i1 giudice possa 
accertare che ii fatto che ha provocato t'infortunio costituisca reato soitanto neUa 
ipotesi di estinzione deU'azione penaie per morte deU'imputato o per amnistia, senza 
menzionare t'ipotesi di prescrizione dei reato�. La disposizione � stata riprodotta 
all'art. 10, quinto comma, del d.P.'.R. 30 giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, 
con la stessa sentenza e negli stessi limiti, in applicazione dell'art. 27, ultima 
parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico delle dispooizioni s1.1-ll'edilizia 
popolare ed -e�conomica), art. 32 -Manifesta infondatezza (69). 
Ordinanza 3 giugno 1970, n. 85, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 
Ordinanza di rimessione 18 novembre 1969 del pretore di Nocera 
Inferiore, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 

d. lg. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione 
siciliana), artt. 26 e .27 -Manifesta infondatezza (70). 
Ordinanza 3 giugno 1970, n. 84, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 
Ordinanza di rimessione 11 marzo 1969 del giudice istruttore presso 
il tribunale di Palermo, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prepenzione nei confronti 
deile persone perico.ZOse per la sicurezza e per la pubblica moralit�), 

artt. 1, 2, 3, 5 e 9 � (artt. 2, 3, 13, 16; 17, 18, 25 e 25, secondo e terzo 
comma, della. Costituzione) -Manifesta infondatezza (71). 

Sentenza 25 maggio 1970, n. 76, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. 
Or�dinanze di rimessione 19 dicembre 1968 del pretore di Torino 

(G. U. 12 marzo 1969, n. 66), 31 gennaio 1969 del tribunale di Vibo 
Valentia (G. U. 9 aprile 1969, n. 91), 21 aprile 1969 del tribunale di 
Milano (G. U. 13 agosto 1969, n. 207), e 18 settembre 1969 del pretore 
di Novi Ligure (G. U. 26 novembre 1969, n. 299). 
d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie 
ed affini), articolo unico, nella parte in cui rende efficace erga omnes 
l'art. 34 del contratto collettivo nazionale di lavo:ro 24 luglio 1959 per 
gli addetti all'edilizia. (art. 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(72). 
Sentenza 18 maggio 1970, n. 71, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. 
Ordinanza di rimessione 23 dicembre 1968 del pretore di Genova, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78\ 
(69) Il terzo ed il settimo comma della disposizione sono stati dichiarati incostituzionali, 
con sentenza 22 dicembre 1969, n. 159, nella parte in cui per il pagamento 
dei canoni scaduti e per l'opposizione al decreto ingiuntivo fissano termini 
diversi da quelli previsti dalrart. 641 del codice di procedura civile per l'ordinario 
procedimento ingiuntivo. 
(70) Disposizioni dichiarate incostituzionali con sentenza 22 gennaio 1970, n. 6. 
(71) Cfr. sentenze della Corte costituzionale 5 maggio 1959, .n. 27, 30 giugno 
1960, n. 45, 28 settembre 1962, n. 126, 23 marzo 1964, n. 23, 30 giugno 1964, n. 68, 
21 giugno 1966, n. 75 e 17 marzo 1969, n. 32. 
(72) Nei termini sopra indicati il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato gi� 
dichiarato incostituzionale con sentenza 13 luglio 1963, n. 129. Per le altre declarazioni 
di illegittimit� costituzionale del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 v. in questa 
Rassegna, 1969, II, 103, nota 68. 

I 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 

legge 2 marzo 1963, n. 320 (Disciplina delle controversie innanzi alle 
Sezioni specializzate agrarie), art+. 3, 4 e 8 (artt. 104, 105 e 108 della 
Costituzione) -Manifesta infondatezza (73). 

Ordinanza 10 giugno 1970, n. 92, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. 

Ordinanze di rimessione 20 ottobre 1969 della sezione specializzata 
agraria del tribunale di Bologna (G. U. 4 marzo 1970, n. 57) e 11 novembre 
1969 (tre) della sezione specializzata agraria del tribunale di 
Terni (G. U. 4 marzo 1970, n. 57). 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione� delle� frodi 
nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) (artt. 73 
e 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (74).. 
Ordinanza 3 giugno 1970, n. 83, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Pordenone, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
(73) Questione dichiarata non fondata, per gli artt. 3, quarto comma, e 4, con 
sentenza 2 aprile 1970, n. 53. 
(74) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenze 9 febbraio 1967, n. 13 
(art. 73 della Costituzione) e 22 marzo 1967.. n. 32 e n. 33 (art. 76 della Costituzione). 


14 



CONSULTAZIONI 

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AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Comitato di coordinamento dei procedimenti straordinari per la Calabria Costituzione 
di parte civile. 

Se legittimato a costituirsi parte civile per i danni subiti dal Comitato 
di coordinamento dei Provvedimenti straordinari per la Calabria previsto 
dalla L. n. 1177 del 1955 e dalla L. n. 437 del 1968 sia il Presidente della 
Cassa per il Mezzogiorno (n. 349). 

Fondo di previdenza del personale delle dogane. 

Se il prelevamento di una quota delle indennit� commerciali spettanti 
al personale delle Dogane, disposto dal d.m. 8 agosto 1947 a favore del Fondo 
di Previdenza, debba applicarsi anche a carico del personale non iscritto 
al Fondo stesso e, in particolare, a carico del personale del ruolo speciale 
ad esaurimento istituito con 1. 22 dicembre 1960, n. 166 (n. 350). 

Se il fondo di Previdenza per il Personale delle Dogane possa avvalersi 
del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 350). 

APPALTO 

Revisione dei prezzi -Decorrenza della revisione nei vari tipi di appalto. 

Se la decorrenza della revisione dei prezzi sia, per ogni tipo di appalto, 
da individuare nel momento dell'offerta (n. 333). 

Se la revisione dei prezzi decorra dalal data del contratto, negli appalti 
concessi a trattativa privata, e della data dell'offerta, negli appalti concessi 
a seguito di licitazione privata o di appalto concorso (n. 333). 

BORSA 

Agenti di cambio -Incompatibilit� della professione di agente di cambio 
con l'attivit� di procacciatore d'affari. 

Se, a norma dell'art. 10 del r.d.1. 30 giugno 1932, n. 815, sia incompatibile, 
con la professione di agente di cambio, l'attivit� di procacciatore d'affari 
per conto di ditte che svolgono prevalentemente la propria attivit� in 
operazioni di borsa (n. 27). 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

Danneggiamento a seguito di incidente stradale. 

Se in caso di danneggiamento di strade ed opere, a seguito di un incidente 
stradale, debbasi elevare verbale di contravvenzione ai <Sensi dell'art. 
1 (1� e 2� comma) del r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740 (n. 20). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 111 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Contratto -Caff� ristoratori di stazioni feroviarie -Norme sulla tutela del


l'avviamento commerciale -Inapplicabilit� (l. 27 gennaio 1963, n. 19, 

art. 10). 

Se le norme della legge 27 gennaio 1963, n. 19 sulla tutela dell'avviamento 
commerciale concernenti i rapporti di locazione, e la cui disciplina 
si estende anche ai contratti di locazione d'immobili di propriet� dello Stato 

o d altri enti pubblici (art. 10), si applichino nell'ambito delle concessioni 
contratto, come quelle relative all'esercizio di caff� ristoratori delle stazioni 
ferroviarie (n. 98). 
CONCORSI 

Termini di scadenza della. presentazione delle domande -Inesistenza di un 
termine specifico generalmente predeterminato. 

S il penultimo comma dell'art. 3 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ponga 
un principio avente valore generalmente e indistintamente per tutti i concorsi 
dello Stato e degli altri Enti pubblici (nella specie concorso per l'assegnazione 
di borse di studio per un corso di specializzazione post-universitario 
bandito dall'I.C.E. (n. 16). 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

Commissioni censuarie -Atti emessi prima del giuramento del Presidente Invalidit�. 


Se siano validi gli atti giurisdizionali emanati dalle Commissioni censuarie 
anteriormente al giuramento di fedelt� del Presidente del Collegio 
(n. 6). 

CONTRIBUTI 

Concessione di contributi ad imprese alberghiere. 

Se le agevolazioni di cui alla legge 26 giugno 1965, n. 717, siano concedibili 
ad imprese alberghiere per opere iniziate anteriormente al 28 gennaio 
1965 (n. 86). 

Concessione di contributi ad imprese industriali. 

Se le agevolazioni di cui all'art. 12 della legge 26 giugno 1965, n. 717 
siano concedibili alle imprese indusrtiali le quali abbiano gi� ottenuto la 
concessione di contributo in conto capitale (n. 87). 

DEMANIO 

Distanza fra le costruzioni e per l'apertura di vedute. 

Se la destinazione a strada pubblica della zona demaniale marittima 
consenta ai proprietari confinanti con la zona stessa di costruire senza tenere 



112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

conto delle limitazioni concernenti la tutela del demanio marittimo (n. 230). 

Se la costruzione di sporti e vedute costruite da un privato, a distanza 
minore di mt. 1,50 dal confine marittimo, importando la violazione dell'obbligo 
imposto dall'art. 905, pur se autorizzata ai sensi dell'art. 55 del codice 
della Navigazione, possa legittimarsi solo in virt� di atto concessivo 

(n. 230). 
ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Se nella realizzazione degli elettrodotti ferroviari, le cui opere di apoggio, 
palificazione, cabine, sistemazione condutture ecc. sono regolate da 
norme tecniche ai sensi del r.d. 25 novembre 1940, n. 1969 sostituito dal 
d.P. 21 giugno 1968, n. 1062 contenente il regolamento di esecuzione della 
legge 13 dicembre 1964, n. 1341, incomba all'Amministrazion edi adottare 
in ogni caso le necessarie cautele dirette a graantire la sicurezza e la incolumit� 
dei terzi, per i quali sussiste soltanto l'obbligo di astenersi da attivit� 
che possano incidere sugli impianti elettrici (n. 46). 
J I i!1 
Imposta erariale suU'energia elettrica -Territorio libero di Trieste. �1 
Se l'art. 2, ultimo comma della I. 31 ottobre 1966, n. 940 (recante modificazioni 
all'imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica) abbia abrogato 
l'art. del Decreto del Commissario Generale del Governo per il Territorio 
libero di Trieste emesso in data 23 dicembre 1995, n. 53 (n. 47). 

ENFITEUSI 

Legge 22 luglio 1966, n. 607 -Altre prestazioni fondiarie perpetue -Se nella 
categoria rientrino anche i censi. 

Se i censi, costituiti sotto la vigenza delle legislazioni preunitarie, abbiano 
oggi natura obbligatoria o rappresentino invece delle forme di onere 
reale (n. 31). 

Se ogni forma di prestazione censistcia, a parte l'originaria specificazione 
(es. censo riservativo, censo conservativo, censo bollare) debba oggi ~ considerardi prestazione fondiaria perpetua, ai sensi e per gli effetti delle ~=~ 

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norme sull'affrancazione contenute nella legge del 1966, n. 607 (n. 31). 
Se possa dirsi pertua la prestazione fondiaria che vada, nei suoi effetti, 
oltre la terza_ generazione (n. 31). 

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ESPROPRIAZIONE PERPUBBLICA UTILIT� 

Occupazione d'urgenza per lavori dichiarati urgenti e indifferibili -Possibilit� 
di demolizione di fabbricato preesistente. 

Se, autorizzata l'occupazione d'urgenza di un terreno con sovrastante 
fabbricato, si possa senz'altro procedere alla demolizione di quest'ultimo, 
qualora tale demolizione sia richiesta dalla costruenda opera (n. 291). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 113 

FALLIMENTO 

Ammissione tardiva di crediti sorti dopo la dichiarazione di faUimento. 

Se i crediti, sorti dopo la dichiarazione del fallimento, afferenti la 
gestione del patrimonio fallimentare siano da ammettersi in prededuzione 

(n. 121). 
Se i crediti, sorti dopo la dichiarazione del fallimento, facenti capo al 
fallito, siano da posporre, nel piano di riparto finale, a quelli sorti antecedentemente 
alla dichiarazione del fallimento (n. 121). 

Insinuazione al passivo fallimentare di cr'edito per multa -Iscrizione di 
ipoteca legale anteriore al fallimento. 

Se possa ~nsinuarsi al passivo fallimentare un credito dello Stato per 
multa, conseguente ad evasione fiscale, inflitta dopo la dichiarazione di fallimento, 
ma assistito da ipoteca legale iscritta in epoca anteriore (Jl. 122). 

I ~ 

IMPIEGO PUBBLICO 

Legge 10 marzo 1955, n. 96. Condizioni per l'applicabilitd dei benefici di 

I

cui all'art. 4 -Limiti. 

~= 

Se l'art. 4 delal legge 10 marzo 1955, n. 96 sia applicabile anche nei 
confronti di coloro i quali, essendo stati allontanati dal servizio per motivi 
politici o razziali prima 'del 1945, siano stati, successivamente, riassunti in 
vrt� delle norme emnate nell'immediato dopoguerra (n. 705). 

Se i suddetti benefici siano applicabili anche nei confronti di chi, pur 
avendo la qualifica di perseguitato politico o razziale, sia stato assunto senza 

I

concorso e mediante contratto individuale (n. 705). 

Recupero credito erariale per pena pecuniaria a carico di dipendente statale. 

I 

Se possa compensarsi un credito dell'Amministrazione delle Finanze 
per pena pecuniaria irrogata a seguito di violazioni di leggi tributarie con 
un credito del contribuente, dipendente statale, verso lo Stato per stipendio, 
salario o pensione, sia pure nei limiti del quinto (n. 706). 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

Albi Nazionali Esportatori di prodotti ortoflorofrutticoli ed agrumari. 

Se il termine entro cui le domande di iscritti ortoflorofrutticoli, ed 
agrumari debbono essere esaminate e trasmesse dalle Commissioni Provinciali 
(artt. 6 e 12 della legge 25 gennaio 1966, n. 31 ) sia semplicimente ordinatorio 
(n. 56). 



114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Convenzione avente ad oggetto il ricovero di ammalati -Natura giuridica 
ai fini e pei� gli effetti della legge di registro. 
' 

Se la convenzione avente ad oggetto il ricovero di infermi abbia natura 
atipica o invece di contratto d'appalto, con le conseguenze che ne derivano 
in ordine all'applicazione della legge di registro (n. 322). 

Soggetti passivi -Parti contraenti. 

Se ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro sui trasferimenti 
per causa di espropriazione di pubblica utilit� gli espropriati possano consderarsi 
parti contraenti (n. 323). 

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I ru

IMPOSTE E TASSE 

Azione giudiziaria -Ricorso in Cassazione -Termini -Irregolare funzionamento 
degli uffici finanziari. 

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Se le� disposizioni del d.1. 21 giugno 1961 n. 498, convertito nella legge 
28 luglio 1961, n. 770, concernenti la proroga dei termini di prescrizione e 
di decadenza nei casi di accertato irregolare funzionamento degli uffici 
finanziari, siario applicabili ai termini di decadenza per la proposizione di 
azione giudiziaria in relazione a decisioni di commissioni tributarie o in 
impugnazione delle medesime (n. 520). 

Imposta c.d. cedolare -Rmborso delle ritenute d'acconto -Interessi moratori 
-Legittimit�. 

Se siano dovuti ed in quale misura gli interessi di mora per ritardata 
esecuzione dello sgravio delle ritenute d'acconto ex art. 128 t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645 -nella nuova formulazione di cui all'art. 1 della legge 21 aprile 
1962, n. 226 -risultanti non dovute (n. 521). 

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'Recupero credito erariale per pena pecuniaria a carico di dipendente 

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statale. 

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Se possa compensarsi un credito dell'Amministrazione delle Finanze per 
pena pecuniaria irrogata a seguito di violazioni di leggi tributarie con un fil 
credito del contribuente, dipendente statale, verso lo Stato per stipendio, 
salario o pensione, sia pure nei limiti del quinto (n. 522). 

� Terratici� -Natura tributaria. 
i

Se possa riconoscersi ai �terratici� (corrispettivi imposti agli utenti 

!:,.:,.

pe rgli usi consentiti) natura d'imposta (n. 523). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 115 

IMPOSTE VARIE 

Formalit� ipotecarie -Diritti di scritturato. 

Se per le formalit� eseguite nell'interesse di amministratori statali 
siano dovuti i diritti di scritturato alle Consearvatorie dei registri mmobiliari( 
n. 29). 

Petrolio greggio trasformato in acetilene e per produzione di energia elettrica. 


Se il petrolio greggio impiegato per la produzione di acetilene, a mezzo 
del procedimento di cracking e il successivo impiego di solventi selettivi � 
esente dall'imposta di fabbricazione, rientrando nella previsione legislativa 
di cui al d.1. 23 ottobre 1964, n. 989 tab. A lett. M. n. 1 (n. 30). 

Se il petrolio greggio impiegato per generare indirettamente energia 
elettrica, a mezzo del procedimento di cracking a fiamme sommerse e successiva 
utilizzazione dei gas di risulta in centrale termoelettrica, � soggetto 
alla riduzione dell'aliquota dell'imposta di fabbricazione a L. 250 per quintale, 
ai sensi del d.1. del 1964, n. 989 tabella B lett. I, n. 2 (n. 30). 

LOCAZIONI DI COSE 

Art. 7 della legge 26 novembre 1969, n. 833 -Non si applica alle locazioni a 
favore di enti pubblici. 

Se l'art. 7 della legge 26 novembre 1969, n. 833 sulle locazioni di immobili 
urbani sia applicabile alle locazioni stipulate a favore di enti pubblici 
(n. 139). 

PIANI REGOLATORI 

Applicazione delle misure di salvaguardia -L. 3 novembre 1952, n. 1902. 

Se, in presenza dell'adozione, da parte del Comune, di un nuovo piano 
regolatore per adeguarlo alle previsioni urbanistiche della legge e ponte > 
del 1967, il Prefetot possa, a norma dell'articolo unico della legge 3 novembre 
1952, n. 1902 e succ. mod., emettere un nuovo provvedimento di sospensione 
che tenga luogo di uno precedente relativo al vecchio piano regolatore 
e gi� caducato per il decorso del termine di efficacia della misura 
di salvaguardia (n. 20). 

PIGNORAMENTO 

Recupero credito erariale per pena pecuniaria a carico di dipendente statale. 

Se possa compensarsi un credito dell'Amministrazione delle Finanze 
per pena pecuniaria irrogata a seguito di violazioni di leggi tributarie con 
un credito del contribuente, dipendente statale, verso lo Stato per stipendio, 
salario o pensione, sia pure nei limiti del quinto (n. 17). 



116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Invio all'A. G. di plichi chiusi. 

Se l'art. 13 del cod. post. (modif. con legge 20 dicembre 1966, n. 1114) 
che legittima l'ufficio postale ad inviare la corrispondenza all'Autorit� Giudiziaria 
sia applicabile anche ai plichi chiusi, quando sorga comunque 
sospetto che il loro contenuto ricada nelle previsioni di detta norma, nonch� 
ai pacchi postali (n. 133). 

PRESCRIZIONE 

Rette ospedaliere per ricovero in ospedali psichiatrici di detenuti per 
perizie. 

ESe ai crediti per le rette ospedaliere dovute per il ricovero in ospedali 
psichiatrici di detenuti per perizie sia applicabile il termine ordinario 
di prescrizione, di ,cui all'art. 2946 e.e. (n. 71). 

SERVITU' 

Servit� prediale a favore del demanio -Forma dell'atto costitutivo. 

Se l'atto costitutivo di servit� prediale in favore del demanio e a carico 
di immobile privato debba essere di preferenza stipulato per atto pubblico e 
in particolare per ministero di notaio (n. 50). 

SOCIET� 

Rapporto di lavoro -Configu.rabilit� di un rapporto di lavoro fra societ� in 
nome collettivo e soci. 

Se sia configurabile un rapporto di lavoro subordinato fra una societ� 
in nome collettivo e le persone dei soci (n. 125). 

STRADE 

Compentenza all'installazione di impianti semaforici sulle strade statali nei 
centri abitati. 


Se spetti ai Comuni la competenza ad installare impianti semaforici 
su strade statali nell'ambito dei centri abitati (n. 78). 

Costruzione di varianti -Provvedimento di declassij�cazione -Quando 
occorra -Diritti e doveri dell'ANAS medio tempore. 

Se risultando, a seguito di costruzione di varianti, un tratto di strada 
ancora utilizzabile come strada provinciale o comunale, il provvedimento di 
dismessione del detto tratto da parte del demanio dello Stato si risolva in 
una vera e propria declassificazione (n. 79). 

Se, durante il procedimento di declassificazione, l'ANAS resti titolare 
di tutti i diritti, i doveri, gli oneri ecc. relativi al tratto in questone, fino 
al momento in cui il detto tratto non venga assunto dalla Provincia o dal 
Comune (n. 79). 


NOTIZIARIO 


Nei giorni 15-16-17 maggio 1970 'Si � tenuto a Vietri sul Mare un Convegno 
di Studi promosso dall'Istituto Nazionale Incremento Produttivit� 
(I.N.I.P.) sul tema e L'automazione, nuova dimensione degli strumenti di 
lavoro nella Pubblica Amministrazione. Aspetti organizzativi e strutturali �. 

I lavori sono stati presieduti dall'on. Roberto Tremelloni, Presidente 
_d della Commissione bilancio della Camera dei Deputati, e dal sen. Paolo 
Cavezzali, sottosegretario alla Marina mercantile. 

Sono intervenuti rappresentanti della Camera dei Deputati, del Senato 
della Repubblica, della Corte Costituzionale, della Corte di Cassazione, 
della Corte dei Conti, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di numerosi 
Ministeri, quali quello degli affari esteri, dell'interno, di grazi;:i, e giustizia, 
del bilancio e della programmazione economica, del tesoro, della 
pubblica istruzione, delle poste e delle telecomunicazioni e di altre amministrazioni 
statali, nonch� rappresentanti di numerosi Enti, quali l'Istituto 
centrale di statistica, l'Enpas, l'Inps, la Cassa per il mezzogiorno. 

Hanno partecipato, in rappresentanza dell'Avvocatura dello Stato, il 
segretario generale avv. Rocco di Ciommo e l'avv. Antonino Terranova. 
Le relazioni svolte da docenti ed amministratori hanno riguardato : 

a) Riflessi della costituzione di un sistema informativo di un grande 
Ente, sulle strutture, sulle decisioni e sugli uomini (relatore -prof. ing. Giovanni 
Billia -direttore dei servizi EAD dell'Inps); 

b) La Banca dei Dati (relatore -prof. Gastone Bersanti; lettore dr. 
L. Pinto dell'Istituto centrale di statistica); 
c) Il servizio trasmissione dati (relatore -ing. Bruno Mascoli -v. Direttore 
centrale della SIP); 

d) I problemi di pianificazione a lungo termine della meccanizzazione 
di un ent e(relatore -dr. Michele Principe -Direttore dell'Azienda di Stato 
per i servizi telefonici); 

e) Strumenti tecnici, specializzazioni professionali per il trattamento 
automatico delle informazioni (relatore -dr. Luciano Russi -docente e consulente 
dell'I.N.I.P.); 

f) Il sistema informativo della Cassa per il Mezzogiorno (relatore prof. 
ing. Alessandro Petriccione, componente del Consiglio di Amministrazione 
della Cassa per il Mezzogiorno); 

g) Problemi generali di organiz:tazione connessi con la meccanizzazione 
dei servizi (relatore -dr. Renato De Mattia -Direttore centrale 
della Banca d'Italia). 

Le relazioni e gli interventi hanno riguardato il problema dell'informazione, 
oggetto di studio della nuova scienza dell'informazione nei suoi 
aspetti applicativi con riferimento alla pubblica Amministrazione. 

L'esigenza avvertita a tutti i livelli produttivi, ed ora anche nella pubblica 
Amministrazione, di predisporre sistemi rapidi e precisi di informazione, 
ha impresso una notevole spinta agli studi relativi all'Informatica, 
quale scienza della informazione. 

Presso l'Universit� di Pisa � stato istituito un apposito corso di laurea, e 
nello schema di Progetto 80, predisposto dal Ministero del bilancio e della 

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118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

programmazione economica, vi � un programma _promozionale riguardante 
l'Informatica, come settore di intervento pubblico da tenere ormai distinto 
da quello concernente il progetto per gli interventi nel settore dell'elettronica. 


Precisate cosi, in termini di moderna funzionalit�, l'acquisizione, l'elaborazione 
e la distribuzione delle informazioni, si � posto nel contempo 
il problema della qualificazione del personale che gi� alcune Amministrazioni 
dello Stato hanno risolto o sono in via di soluzione. 

In particolare, con il d.m. 30 giugno 1969, il Ministero dell'Interno ha 
istituito un Centr� di addestramento dell'informazione, l'Azienda di Stato 
per i servizi telefonici provvede alla qualificazione profession,ale dei dipendenti 
per la utilizzazione nel settore organizzativo dell'informazione; la Ragioneria 
Generale dello Stato si sta provvedendo, per la scelta del personale 
occorrente ai propri servizi di informazione, attraverso i nuovi assunti nella 
carriera direttiva proveniente dall'ultimo concorso. 

In sede internazionale, il problema dell'Informatica ha gi� trovato 
idonei strumenti per la realizzazione della nuova esigenza dell'informazione, 
anche nel campo della pubblica Amministrazione. 

Negli Stati Uniti � stato predisposto un programma nazionale per l'insegnamento 
della Informatica nelle scuole, e la Comunit� Economica Europea 
ha gi� eleborato un progetto per la creazione di un Istituto europeo 
per la Informatica. 

Nel settore che pi� da vicino interessa l'attivit� dell'Avvocatura dello 
Stato, va notato che l'Ufficio Massimario della Corte di cassazione ha elaborato 
da tempo un sistema per la ricerca automatica dei precedenti giurisprudenziali, 
e fino ad oggi sono stati inseriti nell'elaboratore circa �otto 
annate di giurisprudenza. 

La Corte dei Conti ha gi� in funzione un Centro elettronico utilizzato 
per i procedimenti in materia di pensioni e per il reperimento dei dati 
occorrenti al controllo di legittimit�. 

Il Ministero dell'interno utilizza un centro elettronico per i servizi 
di pubblica sicurezza. 

Il Ministero della Difesa ha istituito un Servizio pubblico per il trattamento 
delle informazioni tecnico-scientifiche, a cui pu� attingere qualsiasi 
cittadino. 

Il Consiglio nazionale delle ricerche, l'Istituto centrale di Statistica, 
la Banca d'Italia e vari altri Istituti hanno predisposto sistemi per la ricerca 
automatica dei dati, per la loro elaborazione e per l'utilizzazione nell'ambito 
dell'attivit� di loro competenza. 

In particolare, la Ragioneria generale dello Stato utilizza il Centro elettronico 
anche per l'elaporazione dei dati relativi alle entrate e alle spese 
delle pubbliche Amministrazioni, al fine di ottenere una coordinata politica 
dell'impegno e della spesa pubblica. 

Con riferimento alle esigenze relative all'attivit� dell'Avvocatura dello 
Stato, l'applicazione dei sistemi di ricerca e di elaborazione dei dati relativi 
al con~ultivo ed al contenzioso consentir� di valutare, con maggiore aderenza 
alla concreta realt�, l'effettivo andamento dell'opera di consulenza e 
di difesa e di indirizzare, in modo pi� ido�neo, l'attivit� stessa, avendo a 
disposizione, in modo rapido ed esauriente, ed in tempo reale, la natura 
delle questioni trattate, l'impostazione delle linee difensive per ogni singola 
questione, le decisioni anche delle Corti di merito, intervenute sulle analoghe 
questioni gi� trattate, la pi� organica, razionale ed efficiente riparti


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PARTE II, NOTIZIARIO 119 

zione fra gli avvocati della complessa attivit� svolta dall'Avvocatura dello 
Stato. 
Ed infatti l'utilizzazione di un sistema centralizzato di informazioni e 

di distribuzione anche periferica di esse consente: 

a) facilit� nell'aggiornamento delle cognizioni necessarie per l'esame 
e la soluzione delle questioni; 

b) la rapida reperibilit� dei dati occorrenti e, quindi, 

c) un decisivo apporto al lavoro intellettuale. 

Sulla base delle esperienze acquisite nei settori in cui hanno trovato 
applicazione i nuovi sistemi di informazione, compreso quello della pubblica 
Amministrazione, si � determinato non una diminuzione del personale, ma 
un pi� alto grado di qualificazione, a tutti i livelli, di esso, con l'elimi


nazione di tutto il lavoro c.d. di routine, e 
di attivit� lavorativa e con il risultato di 
produttivit�. 

quindi, con minore dispendio 
un accrescimento del tasso di 

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