I I ANNO XXII -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1970 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA I ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1970 I ABBONAMENTI ANNO . . � . . � . � � � . . � � . .. � � � � . . � . . � � � . . . � L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO .... , .. .. .. .. .. .. . � 1.300 Per abbonanJenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia � Printed in Itaty Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (9212294) Roma, 1970 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. INDICE Parte prima: GJUR,ISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 339 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURI� del/'avv. Benedetto Baccari) � 377 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura tro de Francisci) . � del/'avv. Pie � 386 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo) . � � 408 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura del/'avv. Giuseppe Angelini Rota e de//'avv. Carlo Bafile) � 411 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi) . � 477 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a tonino Terranova) cura de/l'avv. An � 493 Parte seconda: QUESTIONI -R�ASSEGNE � CONSULTAZIONI � NOnZIARIO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'ovv. Luigi Mazze/la) . pag. 77 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura de/l'avv. Arturo Marzano) � 82 CONSULTAZIONI � 11 O NOTIZIARIO � I 17 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BAFILE C., Sull'incensurabilit� innanzi all'a.g..o. dei vizi procedimento in materia di estimazione semplice . del pag. 436 FAVARA F., La nozione di� industria� e le agevolazioni fiscali per le localit� depresse . . . . . . . . . . . . . . . . 413 ROSSI A., Brevi osservazioni a margine dell'i_nterpretazione giurisprudenziale su.lle agevolazioni fiscali per le concentrazioni di aziende sociali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 446 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -1Com.missario straordinario -Trattamento economico -Omessa determinazione nell'atto di nomina Obbligo dell'Autorit� di provvedere -Sussiste, 409. -Legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla, giusta causa nei licenziamenti individuali -Inapplicabilit�, 377. -V. anche Competenza e giurisdisdizione. APPALTO -Appalti di opere pubbliche -Appalto disciplinato dal Capitolato generale della Gestione INACasa -Richiamo (contrattuale) delle norme del r.d. 25 maggio 1896, n. 350 -Onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore sotto consumatori di decadenza -Carattere vessatorio della clausola -Esclusione, 483. -Appalto di opere della gestione INA-Casa eseguite a mezzo incarico a stazione appaltante ai sensi dell'art. 11 I. 28 febbraio 1949, n. 43 -Capitolato generale d'appalto della Gestione INACasa -Rinvio alle norme del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 -Valore contratuale -Sussiste, 483. -Appalto di opere pubbliche Contratto di appalto stipulato in f'orma amministrativa a seguito di licitazione privata -Necessit� di specifica approvazione scritta dell'e condizioni generali del contratto predisposte dall'Ente pubblico -Esclusione, 481. -Appalto di opere pubbliche -Onere dell'immediata riserva dell'appaltatore -Carattere generale Sussiste, 482. -Appalto di opere pubbliche Onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore -Fonda menti e portata dell'istituto Momento in cui l'onere diventa attuale -Applicazioni, 483. -Appalto di opere pubbliche -Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 Applicabilit� delle sue norme a tutti gli appalti di opere pubbliche statali, 483; -Gestione di uno spaccio della � Provvida � -Qualificazione Appalto di un servizio -Sussiste, con nota di A. FRENI, �477, --. V. anche Contratti pubblici. ATTO AMMINISTRATIVO -Circolari Istruzioni ministeriali Efficacia, 401. CINEMATOGRAFIA -V. Obbligazioni e contratti. COMPETENZA .E GIURISDIZIONE -C.N.E.N. -Ente pubblico non economico -Rapporto di impiego -Controversie -Giurisdizione . del giudice amministrativo, 377. -Diritti sanitari spettanti a veterinario condotto -Natura -Giurisdizione ordinaria -Sussistenza, 380. -Ente pubblico -Commissario straordinario -Trattamento economico -Controversia -Giurisdizione generale di legittimit� e non esclusiva del C.d.s. -Enti pubblici -Legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti individual,i Competenza del Pretore -Non sussiste, 377. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 'CONTRATTI PUBBLICI -Appalto-concorso -Determinazione della spesa massima -Rilevanza ai fini dell'aggiudicazione, 408. -Applicabi~it� dell'art. 1341 c. c. Esclusione, 483. -Locazione di apparecchiature Competenza, 408. -V. anche Appalto. CORTE COSTITUZIONALE -Sentenza di accoglimento -Applicabilit� anche ai rapporti in corso -Norme sul funzionamento della Corte -Illegittimit� costi-tuzionale -Esclusione, 339. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Corte Costituzfonale, Espropriazione per p.u., Filiazione, Imposta di registro, Imposte e tasse in genere, Istruzione pubblica, Leggi, decreti e regolamenti, Ordinamento giudiziario, Procedimento civile, Procedimento penale, Propriet�, Sicurezza pubblica. DEMANIO E PATRIMONIO -Demanio storico e artistico -Vincolo storico e artistico -Cose e notificate � -Conservazione e custodia -Controllo ed ispezioni Competenza del Soprintendente ai monumenti, 408. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Competenza territoriale -Domanda di risarcimento danni da occupazione -� Forum rei sitae � 405. - Determinazione della indennit� Dissociazione fra data di esproprio e data di riferimento del valore -Leggi sostituite da diversa normativa -Insussistenza della alea -!legittimit� costituzionale Esclusione, 365. FALLIMENTO � -V. Filiazione. FILIAZIONE -Divieto di' attribuzione da parte del fallito -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 352. IMPOSTA DI FABBRICAZIONE .. -Imposta sugli spiriti -Aumento disposto con d.l. 29 luglio 1964, n. 610 -Estensione a tutte le soluzioni idroalcoliche, 455. - Imposta sugli spir1ti -D.L. 29 luglio 1964, n. 610 -Istituzione di nuovo tributo -Esclusione -Precedenti agevolazioni -Si esten-dono, 455. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per la costruzione di �case per abitazione -Legge Reg. Siciliana 28 aprile 1954, n. 11 -Acquisto dell'area -Utilizzazione parziale -Decadenza dall'agevolazione, 463. _:. Cessione di credito verso la pubblica amministrazione ,in relazione a finanziamenti connessi da aziende ed enti di credito a 1avore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta -Correlazione fra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione� Interpretazione del negozio -Apprezzamento del giudice di merito -Incensurabilit� in Cassazione, 468. - Concentrazione di aziende sociali -Apporto di beni non costituenti un nucleo organizzato Agevolazione contenuta nell'articolo 2 d.l. 7 maggio 1948, n. 1057 Applicabilit�, con nota di A. Rossi, 446. INDICE VII -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Fattispecie Esclusione, 427. -Enunciazione -Cessione di credito di garanzia di somma messa a disposizione del cedente della banca cessionaria -Enunciazione di negozio atipico di finanziamento -Sussiste -Estinzione della convenzione enunciata con l'atto enunciante -Esclusione, 427. - Vendita tra parenti -Presunzione di liberalit� -Prova della provenienza del prezzo -Necessit�, 471. - Vendite coatte promosse in base a mutui in danaro -Procedimento di valutazione -Differenze rispetto alle ordinarie vendite coatte -Illegittimit� costituzio-, nale, 359. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Esenzione decennale per le localit� depresse dell'Italia setten-trionale e centrale -Appli�azione a Comuni con popolazione superiore ai diecimila e inferiore ai ventimila abitanti -Carattere innovativo della legge 13 giugno 1961, n. 526, con nota di F. FAVARA, 413. 1 -Esenzione decennale per le localit� depresse dell'Italia settentrionale e centrale -Nuove impres� di trasporto a mezzo di funi -Applicabilit� dell'esenzione -Carattere interpretativo della legge 13 giugno 1961, n. 526, 413. - Societ� ed enti tassabili in base a bilancio -Libro dei compensi a terzi� -Inammissibilit� di equipollenti -Mancanza di regolare tenuta -Indeducibilit� delle spese relative, 453. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Presunzione per gioielli, denaro e mobilia -Inventario di eredit� beneficiata -Termine, �142. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Rimborso dell'imposta sulle merci esportate -Domanda proposta con azione ordinaria -Formalit� stabilite per il ricorso in via amministrativa -Non si applicano Esibizione della bolletta -Non � necessaria, 433. -V. ancl::\e Imposte e tasse in genere. IIVWOSTA SULLE SOCIETA' -Non � tributo diretto sul reddito Esenzione decennale per le localit� depresse dell'Italia settentrionale e centrale -Non � applicabile, 413. IMPOSTE DOGANALI -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Importazione di macchine per l'edilizia Rapporto strumentale con lo stabilimento industriale -Necessit�, 473. IMPOSTE E TASSE IN GENERE. -Imposta generale sull'entrata Responsabilit� del liquidatore di societ� -Limiti -Dolo o colpa Privilegio generale sui mobili Irrilevanza, �451, -Imposta sui contratti di borsa Inammissibilit� di azione senza i1 previo soddisfacimento dell'imposta -Illeg)ttimit� costitm..ionale -Esclusione, 363. -Imposte indirette -Ingiuzione Azione riconvenzionale della Finanza -Forme, con nota di C. BA:FILE, 431. -Notificazioni -N otificazloni ad opera dell'Ufficiale Giudiziario Sottoscrizione dell'originale Non � richiesta -Mancanza Nullit� -Inesistenza, 444. -Notificazioni per affissione Omessa ricerca' anche anagrafica VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'abitazione del destinatario Nullit�, 422. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Appello -Enunciazione dei motivi -Necessit� -Limiti, 466. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Impugnazione della Finanza -Forme e termini, 420. _.: Procedimento dinanzi alle Commissioni -Impugnazione ,della Finanz::i. -Notificazione della decisione -Valore preclusivo Nullit� -Sanatoria -Irtammissibilit�, 422. -Procedimento dinanzi aHe Commissioni -Partecipazione alla deliberazione della decisione de~ �Procuratore delle Imposte -Nullit�, 411. -Procedimento-dinanzi alle Commissioni -Vizi del procedimento -Censurabilit� innanzi alla A.G.O. -Ammissibilit� -Limiti, con nota di C. BAFILE, 436. ISTRUZIONE PUBBLICA -Ordinamento della Scuola popolare -Criteri di nomina degli insegnanti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 355. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Regolamenti ministeriali -Leggi autorizzative anteriori alla Costituzione -Illegittimit� costituzionale -Irrilevanza della questione, 374. MEZZOGIORNO - V. Imposte doganali. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Cinematografia -Premi e contributi governativi -Appartenenza Cessione -Rinunzia -Effetti, 397. - V. anche Responsabilit� civile. OPERE PUBBLICHE - V. Appalto. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO Sezioni specializzate agrarie -Designazione degli esperti da parte dell'Ispettorato agrario -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 348. PIANO REGOLATORE -Approvazione -Introduzione di modifiche da parte dell'Autorit� governativa -Omessa deliberazione del Comune -Illegittimit� Presupposti, 410. -Prescrizioni e vincoli -Annullamento di .prescrizione -Limitata ad una parte della zona -Non implica annullamento totale della destinazione di zona -Effetti, 41(). POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Conto corrente postale -Assegni Natura -Vidimazione -Spedizione -Revoca -Limiti, 401. PREVIDENZA ED ASSISTENZA -ENPAS ,.. Malattia dell'assistito Surrogazione legale verso il terzo responsabile -Sussistenza, 386. PROCEDIMENTO CIVILE. -Separazione personale dei coniugi -Comparizione davanti al Presidente del Tribunale senza ministero del difensore -Inammissibilit� della questione, 361. PROCEDIMENTO PENALE -Carcerazione preventiva -Ipotesi di obbligatoriet� -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 369. -Carcerazione preventiva -Obbligo di motivazione dei relativi provvedimenti Scarcerazione automatica limitata alla fase ::::: ww=r@t&Jr&wH!ffr~&rflwwrmrwrJ:mrw0w1;rrnmmrnrrmrnrn~tirtJr0wmmmmrnw0r0fftr:~r0rrw1:rrft11:~=mx~mmrn~~w&w&~======nr1l INDICE IX istruttoria -Illegittimit� costituzionale, 369. -Contestazione dell'accusa -Relazione tra sentenza ed accusa contestata -Fatto diverso -� Fatto noto all'imputato -Possibilit� di difesa -Obbligo di nuova contestazione -Esclusione, con nota di A. FRENI, 494. -Contestazione dell'a�cusa -Relazione tra sentenza ed accusa contestata -Fatto diverso -Nozione -Limiti, 493. - Decreto di citazione a giudizio Omessa indicazione della generalit� della parte civile -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 347. -Giudizio di rinvio -Divieto del giudice di rinvio di discutere sulla competenza fissata nella sentenza di annullamento -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 344. - Giudizio di rinvio-Obbligo del giudice di osservare il principio di diritto della Cassazione -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 343. -Repressione frodi agrarie -Obbligo del sequestro della merce dopo le analisi del campione -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 339. PRIVATIVE PER INVENZIONI INDUSTRIALI - V. Propriet�. PROPRIETA' -Protezione delle opere dell'ingegno di carattere creativo -Norma di tutela del diritto demaniale sulle opere di pubblico dominio Violazio. ne della riserva di legge Esclusione, 354. RESPONSABILITA' CIVILE -Azienda Autonoma F.S. -Dipendente -Risarcimento danni Pensione in dipendenza da infortunio -Compensatio lucri cum damno -Inammissibilit�, 394. -Risarcimento del danno -Costituzione di rendita vitalizia -Principio nominalistico, 391. SICUREZZA PUBBLICA -Riunioni in luogo aperto al pubblico -Licenza del Questore Illegittimit� costituzionale parziale della normativa, 351. SOCIETA' -V. Imposta di ricchezza mobile; Imposta sulle societ�. VENDITA - V. Imposta di registro. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 2 aprile 1970, n. 48 . pag. 339 2 aprile 1970, n: 49 . 339 2 aprile 1970, n. 50 . 343 2 aprile 1970, n. 51 . 344 2 aprile 1970, n. 52.. 347 2 aprile 1970, n. 53 . �' 348 15 aprile 1970, n. 56 . 351 15 aprile 1970, n. 57 . 352 15 aprile 1970, n. 58 . 354 28 aprile 1970, n. 59 . 359 28 aprile 1970, n. 60 . 361 28 aprile 1970, n. 61 . 363 28 aprile 1970, n. 62 . 355 28 aprile 1970, n. 63 . � 365 4 maggio 1970, n. 64 369 4 maggio 1970, n. 67 374 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 22 giugno 1968, n. 2102 pag. 386 Sez. V, 23 maggio 1969, n. 1811 377 Sez. II, 8 ottobre 1969, n. 3217 . . 477 Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3948 . 481 Sez. III, 29 dicembre 1969, n. 4046 482 Sez. III, 6 febbbi:aio 1970, n. 265 . 391 Sez. I, 17 febbraio 1970, n. 374 . 411 Sez. I, 24 febbraio 1970, n. 430 . 412 Sez. I, 4 marzo 1970, n. 512 . 420 Sez. I, 6 marzo 1970, n. 551 . 422 Sez. I, 6 marzo 1970, n. 555 . 427 Sez. I, 10 marzo 1970, n. 609 . 431 Sez. I, 13 marzo 1970, n. 637 . 433 Sez. I, 13 marzo 1970, n. 641 . 436 Sez. Un., 16 marzo 1970, n. 681 . 380 Sez. I, 17 marzo 1970, n. 694 . 442 Sez. I, 17 marzo 1970, n. 701 . 444. Sez. I, 17 marzo 1970, n. 702 . 446 Sez. I, 17 marzo 1970, n. 704 . 453 Sez. I, 25 marzo 1970, n. 788 . 455 Sez. I, 25 marzo 1970, n. 792 . 461 Sez. III, 25 marzo 1970, n. 817 . 394 , I f.@ I I SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA I RASSEGNA DI DOTTRINA I@ GIACOBBE G., La frode alla legge, Giuffr�, Milano, 1968 . pag. 80 VADE H. W. R., Administrative law (2� ed.), Clarendon Press., London, 1967 (Diritto Amministrativo inglese), trad. C. Geraci -Ed. Giuffr�, Milano, 1969 . . . . . . . . 77 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decr�ti . . . . . . . . ....... pag. 82 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZLONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice penale, art. 164, secondo comma, n. 1 e art. 168 pag. 82 codice di procedura penale, art. 253, art. 272, primo comma, e terzo comma, art. 273, secondo comma, art. 375, secondo comma . . . ._ . . . . . . . 83 codice di procedura penale, art. 630, primo comma . 83 � r.d. 11 marzo 1923, n. 560, art. 3, ultimo comma, e artt. r; ultimo comma, 2, 9, secondo comma, e 10 della convenzione annessa . . . . . . . . . . . 84 r.d.I. 26 febbraio 1930, n. 105,. legge 1� maggio 1930, n. 611, artt. 2, 3, 4, 6, 7 e 9, e artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 della convenzione annessa 84 r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo comma . . 84 r.d. 18 gennaio 1932, n. 14, legge 7 aprile 1932, n. 356, articolo unico . . . . . . . 84 r.d. 19 agosto 1943, n. 737, art. 4 . . . . . . . . . 85 d.lg.lgt. 12 ottobre 1944, n. 317, art. 4 . . . . . 85 d.lg. 17 aprile 1948, n. 525, art. 12 delle norme di esecuzione allegate al decreto . . . . . 85 d.I. 11 gennaio 1956, n. 2, legge 16 marzo 1956, n. 109, �art. 8 .................... . 85 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, secondo comma ................... . 85 d.p.r. 9 maggio 1961, n. 715, articolo unico . . . . 86 legge reg. sarda appr. 5 dicembre 1968 e riappr. 6 novembre 1969 . . . . . . . . . . . . . . . . 86 -Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale: codice civile, art. 1751, primo comma 86 INDICE XIII codice di procedura civile, disp. att., art. 159, terzo comma .......... . pag. 86 codice penale, art. 414, ultimo comma 87 codice di procedura penale, �art. 242 87 codice di procedura penale, art. 277, secondo comma 87 legge 20 marzo 1913, n. 272, art. 51 . . . . 87 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278, art. 19 . . . . 87 legge 16 giugno 1927, n. 1766, artt. 27, primo comma, e 29, secondo comma . . . . . 87 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, artt. 4, 31, 34, primo comma, e 39, primo comma . . . . ..... 87 r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368, art. 159, terzo comma 88 d.lg.lgt. 9 aprile 1946, n. 212, art. 4 . . . . . . . 88 d.lg.C.p.S. 17 dicembre 1947, n. 1599, articolo unico, della legge 16 aprile 1953, n. 326, art. 4 88 legge 22 ottobre 1954, n. 1041, art. 25 88 legge 1� dicembre 1956, n. 1426, artt. 2, 3 e 4 88 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 1 e 2 89 legge 29 settembre 1962, n. 1462; art. 2, ultimo comma 89 d.p.r. 18 marzo 1965, n. 342, art. 3 89 legge 26 maggio 1965, n.. 595, artt. 4 e 5 89 -Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� costituzionale . 89 -Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale � stato definito con pronunce di estinzione di inammissibilit�, di manifesta infondatezza, o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . 106 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Amministrazione pubblica . Appalto .... . Borsa ..... . Circolazione stradale Concessioni amminitive ... . Concorsi ... . Contenzioso tributario Contributi . . . . Demanio . . ... Elettricit� ed Elettropag. 110 110 110 110 111 111 111 111 111 Fallimento . . . . . Impiego pubblico Importazione ed Esportazione . . ... Imposta di registro . Imposte e tasse . Imposte varie . . Locazioni di cose . Piani regolatori . Pignoramento . . . . Poste e telecomunicazioni . . . Prescrizione . pag, 113 113 113 114 114 115 11::> 115 115 116 116 dotti . . . . . . . 112 Servit� 116 Enfiteusi . . . . . . 112 Societ� 116 Espropriazione per p.u. 112 Strade 116 NOTIZIARIO . ..... pag. 117 �:� !: r�rWfffff;ff@mf[fffffHffffff@fWff@if:mHMillmmrnrrmmiEHffffrnft'&MffffffMlfNf@MWfffffiHfffaf@fjff@i%ff:tFfi@i!tffiffEl~ PARTE PRIMA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE * CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 48 -Pres. Branca -Rel. Bonifacio -Giri (n.c.). Procedimento penale -Repressione frodi agrarie -Obbligo del sequestro della merce dopo le analisi del campione -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. {Cost., art. 3, 24, 27; r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033, art. 44). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 44 r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033, sulla repressione delle frodi nella preparazione deLle sostanze agrarie. nella parte in cui prevede l'obbligatoriet� del sequestro della merce dovo la compilazione delle analisi dei campioni (1). CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 49 -Pres. Branca -Rel. Crisafulli -Picchioni (n.c.). Corte Costituzionale -Sentenza di accoglimento -Applicabilit� anche ai rapporti in corso -Norme sul funzionamento della Corte -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 136; legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 30). Poich� aile sentenze di accoglimento pronunciate dalla Corte Costituzionale deve riconoscersi non effetto di abrogazione, ma effetto di (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. Raffaele Canauzi. (1) La questione era stata proposta dal Pretore di Recanati con ordinanza 5 ottobre 1968 (Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1969, n. 6). La precedente sentenza della Corte 3 dicembre 1969, n. 149, richiamata in motivazione, � pubblicata in questa Rassegna, 1969, 1014. 2 f lft%MtEl'mW@llff%%fK@i�miJIWff1ffffffH%W~f{ififfffilff:iffffrrffff%1ffffiif:JWfff�fffffflfffff&mfrfffff]f@iiffiffWfffd 340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ann:ullamento, con la conseguenza che dal giorno successivo alla loro pubblicazione nessun giudice pu� fare applicazione delle norme dichiarate illegittime, nessun'altra autorit� pu� darvi esecuzione e nessun pri, vato potrebbe avvalersene, non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 30 della iegge 11 marzo 1953, n. 87 che � pienamente conforme ai predetti principt, enunciati nell'art. 136 della Costituzione e nell'art. l della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l (1). (Omissis). -2. -Entrambe le ordinanze denunciano anzitutto l'art. 30, terzo comma, della leg.ge n. 87 del 1953, in quanto limiterebbe, in contrasto con l'art..136 della Costituzione, l'efficacia cosiddetta retroattiva delle decisioni della Corte costituzionale che dichia;t'ino la illegittimit� costituzionale d� una legge o di norme di legge. Ma la questione � infondata, perch�, come gi� questa Corte ebbe ad affermare con la sentenza n. 127 del 1966, una siffatta interpretazione �restrittiva � del terzo comma dell'art. 30 � palesemente i'nsostenibile, di fronte alla chiara formulazione testuale della norma, che es:i:>rime, con altre parole e con specifico riferimento all'applicazione giudiziale, lo stesso principio pi� generale ricavabile da una corretta lettura dell'art. 136 della Costituzione, quale risulta ulteriormente r.ib�.dito coordinando il .medesimo art. 136 con l'art.� 1 della legge costituzionale 9' febbraio 1948, n. 1. ~ .Giova, richiamare, in proposito, la differenza tra l'effetto di abrogazione, prodotto dal sopravvenire di nuove leggi, e l'effetto di annullamento, derivante dalle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale. L'abrogazione non tanto estingue le norme, quanto piuttosto ne delimita la sfera materiale di efficacia, e quindi l'applicabilit�, ai fatti verificatisi sino ad un certo momento del tempo: che coincide,� (1) La questione era stata proposta con ordinanze 12 dicembre 1967 � del Tribunale di Ferrara (Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1968, n. 275) e 1� aprile 1969 del Tribunale di Napoli (Gazzetta Ufficiale 23 luglio 1969, n. 186) e decisa con procedimento in camera di Consiglio in mancanza di costituzione di parti. La sentenza, conformemente alla precedente decisione della Corte 29 dic�mbre 1966, n. 127 (in questa Rassegna, 1966, 1185), ribadisce il principio dell'efficacia di annullamento e non �di abrogazione, delle decisioni della �Corte. Quanto, poi, alla loro applicazione giurisprudenziale, in relazione al principio che tempus regit actum, la Corte precisa che si tratta di problema di interpretazione, demandato ai giudici di merito, tenuti anch'essi, peraltro, �alla pi� rigorosa osservanza dei principi costituzionali che presiedono al sindacato di legittimit� costituztonale delle leggi. In dottrina, a commento della sentenza n. 127 del 1966, cfr. ELIA, Sentenze interpretative di norme costituzionali e vincolo dei giudici, in Giur. cost., 1966, 1715. PARTE I, S_EZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 341 per solito e salvo � sia diversamente disposto dalla nuova legge, con l'entrata in vigore di quest'ultima. , La declaratoria di illegittimit� costituzionale, determinando la cessazione di efficacia delle norme che ne sono oggetto, impedisce, invece, dopo la pubblicazione della sentenza, che le norme stesse siano comunque applicabili anche ad oggetti ai quali sarebbero' state applicabili alla stregua dei comuni principi sull� successione delle leggi nel tempo. Altro �, infatti, il mutamento di disciplina attuato per motivi di opportunit� politica, liberamente valutata dal .legislatore, altro l'accertamento, ad opera dell'organo a ci� competente, della illegittimit� costituzionale di una certa disciplina legislativa: in questa seconda ipotesi, a differenza che nella prima, � perfettamente logico che sia vietato a tutti, a cominciare dagli organi giurisdizionali, di assumere le norme dichiarate incostituzionali a canoni di valutazione di qualsivoglia fatto o rapporto, pur se venuto in essere anteriormente alla pronuncia della Corte. I L'obbligatoriet� delle decisioni della Corte, cui si richiama in particolare l'ordinanza del tribunale di Ferrara, si esplica a partire dal i giorno successivo alla loro pubbli~azione, �come stabilito dall'art. 136 della Costituzione, nel senso -precisamente -che da quella data I n�ssun giudice pu� fare applicazione delle norme dichiarate illegittime, nessun'altra autorit� pu� darvi esecuzione o i;ssumerle comunque a base ��I di propri atti, e nessun privato potrebbe avvalersene, perch� gli atti e i i comportamenti che pretendessero trovare in quelle la propria regola ! sarebbero privi di fondamento legale. Si spiega cos� come anche que~ i I stioni di legittimit� costituzionale di norme abrogate da leggi ordinarie fra~tanto sopravvenute possano essere rilevanti, e come tali avere in! l I gresso alla Corte, qualora si tratti di norme di cui si dovrebbe fare ancora applicazione in �base ai principi di diritto intertemporale. i I 3. -Tale � ,.senza dubbio, il .sistema delineato dagli artt. 136 della I Costituzione e 1 della legge costituzionale del 1948, al quale � pienaI I mente conforme, nella lettera e nella ratio, il terzo comma dell'art. 30 della legge n. 87 del 1953. N� si pu� dire sussistano al riguardo serie I ,divergenze nella dottrina e nella prevalente giurisprudenza ordinaria I ed amministrativa, motivi di dubbio e di dissenso manifestandosi solI tanto in ordine ai limiti che, per effetto di altre norme dell'ordina II mento, si oppongano, nei singoli casi, alla cosiddetta retroattivit� delle I decisioni di accoglimento della Corte costituzionale. Ma i problemi che I possono sorgere in quest'ordine di idee sono, evidentemente, probl~mi I di interpretazione, e devono pertanto essere risolti dai giudici comuni, I l nell'ambito delle rispettive competenze istituzionali: nella pi� rigorosa osservanza, beninteso, dei principi costituzionali che presiedono al sin dacato di legittimit� costituzionale delle leggi; ai quali come sopra 342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rilevato -nulla toglie e nulla aggiunge il terzo comma dell'art. 30 della leg.ge n. 87. Con particolare riguardo all'applicazione giudiziale, il sistema positivamente adottato implica, per logica necessit�, che le norme colpite da pronuncia di illegittimit�, e alle quali � pertanto vietato fare riferimento, sarebbero altrimenti applicabili, poich� il divieto non avrebbe senso con riguard� a norme che gi� fossero di per s� insuscettibili di applicazione per ragioni diverse dalla loro dichiarata illegittimit�. In altri termini, il terzo comma dell'art. 30 della legge n. 87, in perfetta coerenza con quanto disposto dagli artt. 136 della Costituzione e 1 legge costituzionale n. 1 del 1948, implicitamente rinvia alle norme che regolano nel nostro ordinamento l'applicazione del diritto oggettivo ai casi concreti, allo stesso modo come alle medesime norme rinvia l'art. 23 della legge n, 87, quando richiede che la questione di legittimit� costituzionale, .sollevata in un giudizio e rimessa a questa Corte, sia rilevante per la definizione del giudizio, demandandone il relativo apprezzamento al giudice davanti al quale pende la causa. Come anche la Cassazione penale ha in varie occasioni riconosciuto, rilevanza della questione e divieto di applicazione di norme dichiarate costituzionalmente illegittime sono termini inscindibili. Ed infatti, come ai giudici � fatto obbligo di sospendere il giudizio provocando una pronuncia della Corte, ogni qual volta dovrebbero applicare norme di du}>bia costituzionalit�, cos�, simmetricamente, � ad essi proibito applicare norme che siano ormai state dichiarate costituzionalmente i1:1egittime. Quel che -prima -era obbligo di sospendere e adire la Corte, diventa, -dopo -divieto di applicare: in entrambi i casi presupponendosi l'applicabilit� delle norme in questione. 4. -Alla luce delle considerazioni che precedono, risulta altresl l'infondatezza della ulteriore questione sollevata, quasi in linea accessoria, dal tribunale di Ferrara, in relazione al principio che si suole esprimere con il brocarde tempus regit actum, ricavabile dall'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile e dagli artt. 65 del r.d. 28 maggio 1931, n. 602, e 16 d.P.R. 8 ago.sto 1955, n. 666, in quanto, combinandosi con il terzo comma dell'art. 30 della legge n. 87, concorrerebbe a limitare l'efficacia �retroattiva � delle sentenze della Corte. Anche se l'assunto dell'ordinanza fosse esatto, non ne seguirebbe afoun vizio di legittimit� del principio denunciato, che si pone sopra un piano diverso. Certo, ogni norma che impedisce, com'� ovvio, la disapplicazione conseguente alla dichiarazione di illegittimit� costituzionale, eventualmente intervenuta ad opera della Corte; ma non per questo pu� considerarsi in contrasto con l'art. 136 .della Costituzione. A ritenere diversamente, illegittimo dovrebbe dirsi il principio del giudicato, sol perch� -con l'eccezione della materia penale -si risolve a sua volta in un limite alla retroattivit� delle dichiarazioni di illegittimit� costi PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 343 tuzionale delle norme di cui la sentenza passata in giudicato -ebbe a fare applicazione. Ma � da soggiungere che il vero significato del principio censurato nell'ordinanza � tutt'altro: tempus regit actum vuol dire che la validit� degli.atti � e rimane regolata dalla legge yigente al momento della loro formazione e perci�, lungi dall'escludere, postula al �contrario che a� tale legge gli operatori giuridici debbano fare riferimento quando siano da valutare atti anteriormente compiuti. Postula, in altre parole, che, se non fosse intervenuta pronuncia di illegittimit� costituzionale di norme disciplinanti la formazione di determinati atti, proprio alla stregua di tali norme dovrebbe in prosieguo operarsi, se e quando tuttora possibile, la valutazione degli atti posti in essere nel tempo in cui qu�lle erano in vigore: ci� che, invece, � vietato dopo la pub-� blicazione della sentenza di questa Corte, che delle norme stesse abbia accertato erga omnes la incostituzionalit�. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 50 -Pres. Branca -Rel. Fragali .: Ven� (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Sta�to Chiarotti). Procedimento penale "' Giudizio di rinvio -Obbligo del giudice di osser vare il principio di diritto della Cassazione -Illegittimit� costitu zionale -Esclusione. (Cost., art. 101, 107; c.p,p. art. 546, primo comma). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale' dell'art. 546, primo comma, c.p.p., che fa obbligo al giudice di rinvio di osservare il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, perch� tale o'bpligo non incide sulla libert� strutturale e funzionale del giudice, indicata da.gli artt. 101 e 107 della Costituzione (1). (1-2) La questione di cui alla prima sentenza era stata proposta con ordinanza 20 giugno 1968 del Pretore di Massa (Gazzetta Ufficiale 4 dicembre 1968, n. 318). La questione di cui alla seconda sentenza e'fa stata proposta con ordinanza 21 ottobre 1968 del Tribunale di Benevento (Gazzetta Ufficiale 28 dicembre 1968, n. 329). Sui .poteri di nomofilachia della Corte di Cassazione, si veda la pre:.. ~ ! ! f �~ ! i ! ' I r@rnHffillMfiiflilffffffMtffffffffflMff&frnrrnmrgmrrrmmrnrmr0r@lliIWa11;;r�1111mrffi:IfW&1wawrvwcrrmrr11m.-1fffff~ ~ 344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 51 -Pres. Branca -Rel. Reale -Porfido (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. I avv. dello Stato Fanelli). Procedimento penale -Giudizio di rinvio -Divieto del giudice di rinvio di discutere sulla competenza fissata nella sentenza di annullamento -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 24, 25; c.p.p. art. 544). JYon � fondata, con rifl?rimento ai principi costituzionali del giudice naturale e del diritto di difesa, la questione di� legittimit� costituzionale deWart. 544 c.p.p. che, nel giudizio di rinvio, preclude ogni discussione suUa competenza fissata dalla sentenza di annulla.mento della Corte di Cassazione (2). I (Omissis). -1. -Le quattro cause possono essere decise con unica sentenza, implicando una identica questione: la legittimit� costituzionale dell'art. 546, primo comma, c.p.p., che impone al giudice di merito di uniformarsi alla sentenza di cassazione per d� c~e concerne ogni questione di diritto con essa decisa. 2. -L'assunto del pretore di Massa, e cio� che la disposizione pre~ detta distrae il giiudice dal sottostare alla volont� della legge, come esige l'art. 101, secondo comma, della Costituzione, e lo obbliga invece a conformarsi alla volont� di altro giudice, coinvolge anche l'art. 384, primo comma, c.p.c., il quale �contiene una regola identica a quella denunciata. La questione proposta va esaminata quindi in una prospettiva non franupentaria; e no.n � appoggiata a ragioni convincenti. La Costituzione, legando� il giudice� alla leg.ge, vuole assoggettarlo, non solo al vincolo di una norma che specificatamente contempli la fattispecie da decidere, ma altres� alle valutazioni che la legge d� dei rapporti,, degli atti e dei .fatti, e al rispetto degli effetti che ne desume; in tal caso, � seinJ;Jre alla legge �che il giudice si collega quando armonizza la sua decisione alle dette valutazioni. Non � perci� un. sofh;ma, come invece crede il giudice a quo, affermare che la pronunzia giudiziaria si mantiene sotto l'imperio della legge anche. se questa dispone cedente sentenza della Corte 20 dicembre 1968, n. 134, in Giur. cost., 1968, 2249, con nota di ANDRIOLI, Quis su:per Mediolani praet�rem? Sul giudizio di rinvio in generale, cfr. MARTUCCI, Il giudizio di rinvio, Napoli. Per una eccezione alla vincolativit� della sentenza di Cassazione, quando questa non abbia potuto esaminare la questione di competenza perch� sorta successivamente alla sua sentenza, per effetto di decisione della Corte Costituzionale, cfr. in giurisprudenza, Trib. Rovigo, 22 novembre 1962, Giust. pen., 1963, III, 419. ~.:.., . L PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 345 che il giudice formi il suo convincimento avendo riguardo a ci� che ha deciso altra sentenza emessa nella stessa causa, �come � oggi nel sistema del rinvio dalla Cassazione; ogni limite posto dalla legge all'esercizio di poteri o di funzioni � legittimo fino a quando non vulneri un pr�cetto costituzionale. Un precetto del genere non pu� rinvenirsi nell'art. 101, secondo comma, della Costituzione, invocato dal giudice a quo, perch�. l'efficacia della sentenza che dispone il rinvio � determinata dalla regola del non bis in idem, che porta, di necessit� e a seconda: dei casi, ad un punto fermo nel processo di graduale formazione logica della pronunzia finale. 3. -Il vincolo che la sentenza di cassazion~ determina per il giudice di rinvio consegue perci� al fatto che la legge ha ritenuto conchiusa una fase del processo e immutabilm,ente fissato il punto di diritto deciso, con effetto limitato alla.causa. Al di l� della lettera della norma di cui si discorre, questa, nella sua sostanza e nelle sue conseguenze, altro non fa che determinare l'oggetto del processo di rinvio; vuole .cio� ch_e tale processo, riguardo �a1 punto risoluto dalla Cassazione, si svolga per riportare al fatto la regola che � stata rilevata, in modo che la sentenza della Corte suprema abbia un suo effetto concreto; e necessariamente ne risulta che la materia del giiudiiio di rinvio, sul punto predetto, si restringe al trarz:e le conseguenze della intervenuta rescissione. Assolve ad un'esigenza logica prima che giuridica la legge che traccia le linee del procedimento in modo che esso abbia a progredire verso la soluzione finale attraverso la concatenazione di atti di valore_ definitivo, cosi da impedire la perpetuazione dei giudizi; e la scelta che all'uopo fa la legge, quando chiude una fase processuale e ne fa proseguire un'altra che poggia sui risultati della prima, attiene a criteri di politica giudiziaria, dj per s� insindacabili nella sede di legittimit� costituzionale. 4. -Il pretore di Massa giudica -conforme all'art. 101, secondo comma, della Costituzione unicamente il criterio del doppio rinvio che vigeva nel sistema processuale abrogato; m� egli non avverte che pure in base a quel �criterio il giudizio sul punto di diritto si esauriva con una � sentenza di cassazione, la seconda; la quale impegnava il giudice di rinvio cosi come lo impegna oggi il sistema del rinvio unico. Il doppio processo rescissorio non eli~ina dunque l'asserta compre�sione del libero �convincimento del giudice di rinvio; e non conta che nel sistema anteriore la sentenza vincolante era delle sezioni unite della Cassazione e oggi pu� essere invece la sentenza della sezione semplice, perch� ci� che il pretore pone in discusssione � la legittimit� di una norma che d� effetto definitivo alla decisione di cassazione con rinvio; Sono note le ragioni che spinsero alla modificazione del criterio del doppio rinvio. Anzitutto si tenne presente l'esigenza di sollecitare il RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 346 risultato del processo, e l'esigenza non si pu� svalutare oggi che si recla-� mano misure ai.te a ridurre la durata dei procedimenti: il duplice processo di dnvio apparve un mezzo per ritardare la decisione, nella prospettiva soltanto ipotetica di un dissenso delle sezioni unite dal principio che aveva adottato quella semplice, quindi in piena� aleatoriet�. Ma fu addotta anche una ragione sistematica: se il giudice di rinvio si � urli- formato alla sentenza di cassazione, il ricorso alle sezioni unite per gli stessi motivi proposti alla sezione semplice viene inconcepibilmente diretto, non tanto contro la decisione del giudice del primo rinvio, che non ha fatto altro che attenersi� alla pronunzia della sezione semplice, quanto contro la sentenza di tale sezione. E si pu� soggiungere che il giudizio di rinvio, nel quale siano possibili valutazioni di diritto difformi da quelle che ha espresse la sezione semplice della cassazione, si risolve in un processo di impugnazione avverso tale sentenza; che non � configurabile data la posizione fatta alla Corte suprema dall'art. 11 della Costituzione, per il quale solo essa � giudice ultimo della legittimit�. -�(Omissis). II (Omissis). -3. -Lia norma denunziata riflette il principio, fondamentale nel sistema delle impugnazioni mediante ricorso per cassazione, secondo il qual~ la cognizione del giudice di rinvio trova base nella sentenza della Corte di cassazione: giudice investito, conseguentemente, della competenza funzionale e inderogabile a conoscere del merito della causa. La pronunzia della Corte �, infatti, sul punto della competenza, definitiva e la preclusione che ne discende, ai sensi dell'art. 544, primp comma, in relazione al disposto del precedente articolo 543, � intesa a rendere operante la irrevocabilit� e la incensurabilit� da parte di altro giudice delle decisioni della Corte di cassazione. Decisioni emanate dal1' organo, cui la Costituzione (art. 111) e l'ordinamento processuale attribuiscono la funzione di giudice ultimo della legittimit� (sent. n. 50 in pari data) ed, in particolare, come questa Corte ha affermato in altre sue precedenti pronunzie (sent. n. 50 e 109 del 1963), la funzione regolatrice della giurisdizione nonch� delle competenze degli organi giudiziari. N� la normativa in esame � in contrasto con il principio della garanzia del giudice naturale. La sentenza della Corte di cassazione costituisce, infatti, il titolo della legittimazione dell'organo giudiziario a conoscere della causa nel caso concreto, in sostituzione di altro giudice. La competenza di quest'ultimo, pur. determinabile, per ciascun precedente grado del giudizio, secondo i criteri legali �ll'uopo dettati nel codice di rito, rimane disattesa, secondo l'ordinamento, per finalit� di giustizia connesse ad esigenze di imparzialit� e di indipendenza nell'esercizio della giurisdizione; esigenze PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 347 valutate con procedimento g'iwrisd.izionaile, che si svolge nel pieno rispetto della garanzia del diritto di difesa. Il principio del giudice naturale, invero, dettato anche per finalit� di garanzia di imparzialit� del giudizio, esclude che norme ordinarie deferiscaQo al giudice, pure avente cognizione di .grado superiore, la potest� di distogliere discrezionalmente l'imputato dal giudice precostituito secondo le norme sulla competenza. Ma non vieta che, per giudicare sull'imputazione, sia designato altro organo giurisdizionale, dopoch� la competenza di quella originariamente indicato sia venuta meno, in applicazione di norme di legge ed in contemplazione di obiettive esigenze processuali. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 52 -Pres. Branca -Rel. Verz� -Rosati (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Decreto di citazione a giudizio -Omessa indicazione della generalit� della parte civile -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 24; c.p.p., art. 412). Non � fondata, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 412 c.p.p., in quanto questo non comprenda, fra le ipotesi di nullit� del decreto di citazione a giudizio, anche la mancata indicazione delle generalit� della parte civile o delle altre parti private (1). (Omissis). -La questione non � fondata. L'art. 407 dello stesso codice pone, fra i requisiti del decreto di citazione, anche le generalit� e le altre indicazioni atte ad identificare l'imputato, nonch� le generalit� � delle altri parti � cio� della parte civile, del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per l'ammenda. Ma l'indicazione di tali generalit� non � in nessun caso prescritta a. pena di nullit�: il decreto � nullo, infatti, solo qualora vi sia incertezza assoluta sulla persona dell'imputato, oppure se siano state violate le disposizioni sulla citazione della parte civile o delle parti, ond'� a ritenersi che la mancanza delle generalit� della parte civile pu� produrre nullit� nel solo caso in cui si risolva in un vizio della citazione.� Per di. pi�, l'impossibilit� di identificare l'imputato col suo vero nome e cognome e con le altre generalit� non ritarda n� sospense l'istruzione, (1) La questione era stata proposta con ordinanza del Tribunale di Lanciano, 24 giugno 1968 (Gazzetta Ufficiaie 28 settembre 1968, n. 248). La giurisprudenza della Cassazione ha costantemente escluso la nullit� de! decreto di citazione per l'omessa citazione della parte civile (Cass., 2 marzo 1964, rie. La Franchina, Giust. pen. 1964, III, 426); il principio vale, a maggior ragione, per l'omessa indicazione della parte civile nel decreto di citazione. . JI 348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il giudizio e l'esecuzione, quando � certa l'identit� fisica della persona (art. 81 c.p.p.). Ponendo a fondamento dell.a denunziata illegittimit� la mancanza di conoscenza delle generalit� della parte t:ivile, l'ordinanza afferma che la difesa �potrebbe essere pregiudicata dal fatto di non essere messa tempestivamente in condizioni di -conoscere' le generalit� delle altre parti�, ma non esamina 13e e quale rapporto esista fra tale conoscenza e l'esercizio del diritto. Va invece considerato che le indicazioni delle generalit� sia dell'.imputato, �sia delle altre parti, costitu,iscono un mezzo di identificazione utile agli effetti delle citazioni o di altri atti processuali, o comunque collegati al processo (quali, per esempio., le iscrizioni nel �Casellario giudiziale): mezzo utile; ma non necessario ai fini dell'esercizio del diritto di difesa, per� il quale ci� che conta non sono le generalit� delle altre parti ma la possibilit� di identificarle. Per altro, le norme che regolano la partecipazione della parte civile al processo consentono all'imputato di conoscere, indipendemente dal decreto di citazione, le generalit� della parte stessa e di avere tutte le altre indicazioni atte alla identificazione. Infatti, la dichiarazione di costituzione di parte civile, se fatta prima del dibattimento, deve essere not~ficata. a cura della parte stessa, all'imputato ed al pubblico ministero; e deve contenere, a pena di inammissibilit�, le generalit� di chi si costituisce, la elezione di domicilio e l'esposizione sommaria dei motivi che la giustifican_o (artt. 94 e 95 c.p.p.). Qualora non vi sia stata� costituzione prima del dibattimento, � evidente che il decreto di citazione non pu� contenere le generalit� sopraindicate, dal momento che la persona offesa dal reato, non ancora costituita parte civile, non � parte ~el processo. Lo stesso deve dirsi per il responsabile civile e per la persona civilmente obbligata per l'ammenda, la citazione dei quali deve essere notificata all'imputato (art. 107 e 122 c.p.p.) senza tener conte del fatto che trattisi di persone note a lui. -{Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1970, n. 53 -Pres. Branca -Rel. Mortati -De Angelis (avv. Piccardi, De Feo, Noulian) Fiorentini (avv. Zappal�) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Donadio). Ordinamento giudiziario -Sezioni specializzate ~grarie -Designazione degli esperti da parte dell'Ispettorato agrario -� Illegittimit� co stituzionale -Esclusione. (Cost., art. 104, 105, 108; legge 2 marzo 1963, n. 320, art. 3, quarto comma, e 4). Non � fondata. con riferimento ai principi costituzionali dell'auto-� governo e dell'indipendenza dei giudici, la questione di legittimitd costi-� PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 349 tuzionale degli artt. 3, quarto comma. e 4 della legge 2 marzo 1963, n. 320, che disciplinano i modi di provvista deLle Sezioni specializzate agrarie con membri laici, designati dalt'Ispettorato agrario (1). (Omissis). -1. -Le ordinanze imputano agli articoli che si sono prima ricordati della legge 2 marzo 1963, n. 320, la violazione degli artt. 104, 105, 108 della Costituzione, nella considerazione che le modalit� dai medesimi fissate. per la nomina degli esperti i quali entrano a comporre le sezioni specializzate agrarie non garantiscono n� l'indipendenza, n� l'imparzialit� dei loro giudizi. Deve anzitutto essere osservato come del tutto estraneo e inconferente alla questione sollevata sia il richiamo fatto dalle ordinanze stesse agli artt. 104 e 105 della Costituzione, dato che questi hanno riguardo esclusivamente ai componenti la magistratura, intesa questa nel nucleo ben delimitato risultante solo da quella parte degli appartenenti all'ordine giudiziario costituita dai giudici ordinari, rispetto ai quali solamente sono previste particolari forme di garanzie, come quella che affida i provve�iimenti di stato ad I essi relativi ad uno speciale organo, qual'� il Consiglio superiore dell� ' magistratura. E poich� nella specie � in contestazione il rispetto delle � condizioni di i~di:pendenza di � estranei partecipanti all'amministrazione della giustizia �, alle quali si riferisce l'art. 108, l'indagine deve essere compiuta (contrariamente a quanto ritien~ l'ordinanza del tribunale di Roma, secondo cui sarebbe da riservare all'esclusiva competenza del Consiglio superiore della magistratura l'accertamento dei requisiti oltre che la nomina degli esperti medesimi) alla stregua solo di quest'ultima disposizione. 2. -Da essa risulta che il costituente si � limitato a disporre solamente un rinvio alla legge, sicch� il giudizio di costituzionalit� deve essere circoscritto ad accertare se la disciplina stabilita da quella denunciata prescriva almeno un minimo di requisiti che rendano ragionevole la presunzione della loro corrispondenza all'imperativo della Costituzione. Ci� non diversamente da quanto prescritto per i componenti le giurisdizioni speciali: dal che si desume la infondatezza della tesi secondo cui sussisterebbe l'obbligo pel legislatore di differenziare le ga( 1) La questione era stata proposta con varie ordinanze di giudici di merito. Sulla questione, cfr. i precedenti conformi della Corte 30 dicembre 1961, n. 76 e 20 dicembre 1962, n. 108, pubblicati, rispettivamente, in Giur. it., 1962, I, 1, 945 e 1963, I, 1, 305. In dottrina, cfr. ABBAMONTE, Giurisdizioni speciali e Sezioni specializzate ag'l'arie, Giur. it., 1962, I, 1, 945; BARTOLI, Sezioni specializzate e magistratura ordinaria, Giur. Cost., 1961, 1343; ANDRIOLI, Requisiti di costituzionalit� delle Sezioni specializzate, Riv. dir. proc., '1963, 295. 350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ranzie in parola secondo che si riferiscano ai componenti dell'una o dell'altra delle due categorie di organi ora menzionati. Nella specie le garanzie predisposte con la legge denunciata sono .da ritenere sufficienti. Infatti indubbiamente garanzie siffatte sono offerte dall'intervento, nella nomina e revoca degli esperti, del Consiglio superiore della magistratura, che, pure non imposto, come si � detto, dalla Costituzione � stato tuttavia richiesto, con disposizione di carattere generale, dall'art. 10 n. 2 della legge 24 marzo 1958, n. 195, che ha trovato poi applicazione specifica nell'art. 3 della legge in esame, il quale ha fatto applicazione del potere di delegare l'esel'cizio delle funzioni stesse ai presidenti delle Corti di appello, gi� consentito dal citato art. 10 e dall'art. 30 delle norme di attuazione approvate con d.p. n. 916 del 1958. L'interpretazione che di quest'ultimo articolo danno le ordinanze, nel senso che competa agli Ispettorati compartimentali dell'agricoltura la potest� di operare una preselezione fra coloro che hanno i requisiti per l'iscrizione nell'albo, cos� da limitare le indicazioni da presentare al Consiglio �superiore agli otto nomi da includere in ciascuno degli albi speciali, lasciando al Consiglio stesso il solo compito di sorteggiare i nomi dei quattro destinati (quali titolari o supplenti) a comporre il l t collegio giudicante, non trova nessun sostegno nella legge, sia che si interpreti sotto l'aspetto letterale che sotto quello sistematico. Si desume infatti chiaramente dall'art. 3 che la funzione degli Ispettorati predetti non riveste carattere di arbitrariet� poich� si concreta nella predisposizione (dopo �Che .siano state sentite le organizzazioni sindacali pi� rappresentative ed i competenti consigli degli ordini professionali) di un elenco comprensivo di coloro che gli Ispettorati I stessi ritengano in possesso dei requisiti richiesti, rimanendo poi riser vato al presidente della Corte di appello di prescegliere (previ i neces sari controlli circa il modo di formazione degli elenchi) gli otto nomi da inserire in ogni albo. Cosi precisato l'iter formativo dell'elemento laico nelle sezioni specializzate, vengono a cadere anche le censure formulate con riferimento tanto al procedimento sostitutivo che si renda necessario in dipendenza della cessazione dalla carica di un membro durante il biennio, quanto alla possibilit� che la legge consente, della rinnovazione del mandato degli iscritti negli albi dopo la sua scadenza. Infatti che tale possibilit� (giustificata anche da considerazioni di convenienza, data l'eventuale difficolt� di disporre di un numero sufficiente di esperti che eccellano per capacit� tecniche e doti morali, e siano disposti ad accettare una carica suscettibile di distrarre dall'esercizio professionale) non incida sull'imparzialit� nell'esplicamento della funzione si desume dalla natura dell'organo cui compete disporre, oltre alla nomina, tale conferma nella carica. ,, t imrrwttKrm11mEttrHrt1:H1mmm=mf:w11lrnHm:Immmimrifttfm::1m1::;;f;:mm@;1:===mmmmilim\r~mmrr&rnm1mt1nrrrm11@ffff~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 351 3. -Accertato cos� che agli ispettorati compartimentali � demandata una funzione esclusivamente preparatoria e non gi� decisionale per quanto attiene alla preposizione degli esperti, diviene irrilevante indagare -se le sezioni siano, come' si assume, chiamate effettivamente . a giudicare su atti predisposti dagli ispettorati medesimi. Pertanto deve ritenersi che la legge denunci:ata abbia pienamente soddisfatto quelle esigenze di assicurare tanto l'idoneit� degli esperti alle funzioni loro attribuite quanto la loro indipendenza dalle parti e dalla pubblica amministrazione, secondo quanto era stato richiesto con le prec'edenti pronuncie di questa Corte n. 76 del 1961 e 108 del 1962, anche per quanto riguarda quel particolare aspetto dell'imparzialit�, che trova soddisfazione nella possibilit� del ricorso, nei congrui casi, agli istituti dell'astensione e della ricusazione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 aprile 1970, n. 56. -Pres. Branca - Rel. Rocchetti -Carena (n.c.). Sicurezza pubblica -Riunioni in luogo aperto al pubblico -Licenza del Questore -Illegittimit� costituzionale parziale della normativa. (Cost., art. 17; r.d. 18 giugno 1931, n. 773; c.p. art. 666). Sono costituzionalmente illegittimi, con riferimento al diritto costituzionale di riunione, l'art. 68 t.u. delle leggi di P. S. 18 giugno 1931, n. 773 e l'a'rt. 666 c.p. che, rispettivamente, prescrivono, e sanzionano penalmente, l'obbligo della licenza del Q.uestore per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, che non siano indetti nell'esercizio di attivitd imprenditoriali (1). (Omissis). -2. -La questione � fondata, ma solo parzialmente. Dispone l'art. 17 della Costituzione che i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi e che per le (loro) riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non � richiesto preavviso. II diritto di riunione � quindi tutelato nei confronti della genera lit� dei cittadini, che, riunendosi, possono dedicarsi a quelle attivit� lecite, anche se per scopo di comune divertimento o passatempo (sen tenza n. 142 del 1967) e quindi a quei trattenimenti cui si riferiscono (1) La questione era stata proposta dal Pretore di Racconigi con ordinanze 5 dicembre 1968 (Gazzetta Ufficiale 26 febbraio 1969, n. 52) e decisa con procedimento in camera di consiglio, in mancanza di costituzione di parti. Sul diritto di riunione, cfr. da ultimo, nella giurisprudenza della Corte, la sentenza 15 dicembre 1967, n. 142, in questa Rassegna, 1967, 949. . E 11r111mnrmr11111mtmir1tt.IBT&nt1111rrnmm1Mrntr1111rnr1rwzf:f1fil1r�E1twfff!lillrffitfiltt111�r1rrr�rw1ffiffil~ 352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i due articoli in rapporto ai quali � stata sollevata la questione di costituzionalit�. Se, dunque, la riunione � indetta anche in luogo aperto al pubblico da persone che intendono riunirsi per attuare gli scopi anzidetti, fra i quali trattenimenti di cui parlano le citate disposizioni, nessuna autorizzazione e nessun preavviso occorre. Gli articoli denunziati, in ~uanto, per tale fattispecie, richiedono in ogni caso e da parte di tutti una licenza,_ sono da ritenersi perci� contrari alla norma costituzionale. 3. -Diversamente � a dirsi se la riunione, avente per �oggetto un trattenimento di danza, di giuoco, di sport, ecc., � invece indetta in un pubblico locale da parte del titolare nell'esercizio della sua attivit� imprenditoriale. In tal caso non � il diritt6 di riunione Quello �Che egli intende esercitare, bensi il diritto di libera iniziativa economica che gli consente di org~nizzare la propria azienda e di svolgervi le attivit� lecite inerenti alla sua impresa. Si, �, cio�, non pi� nella sfera dei diritti dell'art. 17 della Costituzione, ma di quelli tutelati dall'art. 41, che, peraltro, ammettono limiti e controlli ne'l pubblico interesse. Ad ogni modo, ,poich� tale ultima norma non � stata invocata, la Cqrte deve astenersi dall'esame della questione relativa. ~ (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 apr�le 1970, n. 57 -Pr�s. Branca - Rel. Benedetti -Di Prima (avv. Urbani) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Filiazione -Divieto di affiliazione da parte del fallito -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 30; e.e. art. 407, 35,0, n. 5). Non � fondata, con riferimento all'art. 30 della Costituzi9'ne, la questione di legittimitd costituzionale degli artt. 407 e 350 n. 5 e.e. nella parte in cui escludono la possibilitd di affiliazione di minori da parte del fallito che non sia stato cancellato dal registro dei falliti (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 27 luglio 1968 del Giudice tutelare presso la Pretura di Milano (Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 1968, n. 318). La sentenza costituisce la trasposizione, sul piano dei rapporti di fami-. glia, di quanto gi� ritenuto dalla Corte a proposito della limitaziol)e personale del fallito, con le precedenti sentenze 20 febbraio 1969, n. 24 (in questa Rassegna, 1969,, 195) e 8 marzo 1962, n. 20 (Foro it., 1962, I, 597). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 353 (Omissis). -1. -Il giudice tutelare presso la pretura di fVIilano ha sollevato la-questione di legittimit� costituz�onale del combinato disposto degli artt. 407 e 350 n. 5 e.e., concernente il divieto di accoglimento dell'istanza di affiliazione del fallito che non sia stato cancellato dal registro dei falliti, in riferimento ai commi primo e terzo dell'art. 30 della Costituzione, muovendo dal presupposto che l'affiliazione sia ammissibile anche nei confronti dei figli adulterini dell'affiliante. Non � di competenza della Corte accertare se tale presupposto sia o meno fondato. I/ammissibilit� dell'affiliazione dei figli adulterini attiene al giudizio di rilevanza della questione di legittimit� costituzionale, giudizio che nella specie risulta pronunciato dal giudice a quo. 2. -La questione, nei termini nei quali � stata P,rorposta, non � fondata. L'istituto dell'affiliazione, cos� come regolato nel nostro ordinamento, ha carattere prevalentemente assistenziale; con esso il legislatore ha inteso mettere in moto quella attivit� privata capace, per il suo apporto, oltre che materiale dell'allevamento, anche morale dei legami affettivi, di alleviare la grave situazione di bisogno di un cbn~ iderevole numero di minori dei quali non si conoscono i genitori, ovvero i figli riconosciuti dalla sola madre i!llpossibilitata a provvedere al loro allevamento, o in stato di abbandono, o ricoverati in un istituto di pubblica assistenza (art. 401'). Funzione primaria dell'affiliazione � quindi il conseguimento di un fine assistenziale nei confronti di minori, moralmente e materialmente abbandonati. Di siffatto "precipuo scopo dell'istituto in esame � dato trarre sicura conferma. dalle disposizioni relative alla revoca ed alla estinzione dell'affiliazione. La prima infatti, pu� aver luogo per sopravvenuta impossibilit� dell'affiliante �di continuare a provvedere all'allevamento del minore� (art. 410, n. 2); mentre la seconda consegue necessariamente alla reintegrazione nella patria potest� del genitore legittimo o naturale dell'affiliato, decaduto da tale potest� o impedito di esercitarla (art. 411, comma primo). La funzione esplicata dall'affiliazione 1� di interesse pubblico ed � per tal motivo che questo istituto, che non d� luogo ad un rapporto di natura familiare sebbene attribuisca all'affiliante i poteri inerenti alla patria potest� (art. 409),, si ricollega a quello della tutela pur non rivestendo n carattere officios� proprio di questa. Si giustificano cosi le limitazioni di capacit� stabilite per l'affiliante dall'art. 407 del codice civile. Tali limitazioni sono state disposte a tutela degli interessi dei minori, e, per quanto riguarda in particolare il fallito non cancellato dall'albo, il legislatore ha evidentemente ritenuto che non ricorrano in tal -caso quei requisiti morali che sono necessari per poter essere dffiliante. Orbene � chiaro che, date Je finalit� in vista delle quali l'istituto � sorto ed � stato disciplinato, non � possibile porre a raffronto la di I 354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l spos1z1one impugnata con le norme di cui all'art. 30, primo e terzo I I comma, della Costituzione le quali basandosi su un rapporto di filiazione ! naturale, affermano rispettivamente il diritto-dovere dei genitori di I mantenere, istruire ed educare i figli an,che se nati fuori del matriI monio, ed il diritto di questi ultimi a vedersi assicurata legislativamente 'i ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. N� giova addurre che si possono affiliare i figli nati fuori del matrimonio anche se adulterini. � agevole osservare che facendo ci� si utilizza l'affiliazione per uno scopo che pu� essere realizzato solo adottando le norme che regolano l'istituto compresa quella che sancisce il divieto, di affiliazione per chi si trova nelle condizioni di incapacit� ad assumere l'ufficio tutelare. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 aprile 1970, n. 58 -Pres. Branca - Rel. De Marco -Russo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Propriet� -Protezione delle opere dell'inge~o di carattere creativo j Norma di tutela del diritto demaniale sulle opere di pubblico do *-l minio -Violazione della riserva di legge -Esclusione. (Cost., art. 23; legge 22 aprile 1941, n. 633; art. 12, 15, 61 n. 3, 171, 175; legg 6 febbraio 1942, n. 95, art. 5). l Non � fondata, con riferimento al principio della riserva di legge in materia tributaria, Za questione di legittimit� costituzionale delle I norme della legge sul diritto di autore (l. 22 aprile 1941, n. 633) tute 1 Zatrici del diritto �demaniale� dello Stato suZZ'utiZizzazione deZZe opere divenute di pubblico dominio, perch� a mente della successiva legge 6 febbraio 1942, n. 95, esso � stato tassativamente determinato nella misura del cinque per cento (1). (Omissis). -Si deve, dunque, ritenere che l'ordinanza di rinvio abbia denunciato gli artt. 12, 15, 61 n. 3, 171 e 175 della legge n. 633 del 1941 e che lo abbia fatto solo perch� il citato art. 175, ritenuto (1) La questione era stata proposta dal Pretore di Borra con ordinanza 15 giugno 1969 (Gazzetta Ufficiale 14 settembre 1968, n. 235). Con la precedente sentenza 17 aprile 1968, n. 25 (in questa Rassegna-, 1968, 179) la Corte aveva ritenuto non fondata la questione dell'art. 180 della legge sul diritto di autore, che riserva alla S.I.A.E. in via esclusiva l'attivit� di intermediaria per le opere protette. In dottrina, cfr. PIOLA-CASELLI, Voce, Diritto d'autore, Noviss. Dig. it. .~ ~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 355 applicabile in ogni caso, violerebbe la riserva di legge preivsta dall'art. 23 della Costituzione. Cosi chiariti i termini della controversia � facile rilevare innanzi tutto che l'art. 175, come risulta chiaramente dal suo testo, concerne non il diritto soggettivo dell'autore sulla propria opera (di cui qui si discute), ma il �diritto d~maniale > spettante allo Stato sull'utilizzazione delle opere divenute per qualsiasi motivo di pubblico dominio; e che ad ogni modo (come ha esattamente osservato l'Avvocatura generale. dello Stato), non �con decreto reale, emanato a norma della legge 31 gennaio 1926, n. 100, ma con l'art. 5 della legge 6 febbraio 1942, n. 95, l'ammontare del diritto demaniale � stato tassativamente determinato nella misura del 5 per cento: quindi non � pi� a parlare di illegittimit� costituzionale del citato art. 175 poich� 'questa� norma si deve oramai interpretare con l'ausilio della legge citata. ~ (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1970, n. 62 -Pres. Branca -Rel. De Marco -Fussone (n..c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). I~truzione pubblica -Ordinamento della scuola popolare -Criteri di nomina degli insegnanti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione~ (Cost., art. .3, 4, 33; d.l.C.p.S. 17 dicembr 1947, n. 1599, art. 4). Non � fondata, n� con riferimento al principio costituzionale di uguaglianza, n� con queUo del diritto al lavoro, n� con quello deila esclusione di oneri dello Stato per la scuola privata, la questione di legittimitd costituzionale dell'�rt. 4 d.l.C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599, recante i criteri di nomina degli insegnanti delle scuole popolari gestite da enti o associazioni .(1). (Omissis). -1. -Per una migliore identificazione delle questioni sottoposte all'esame della Corte � bene premettere alcuni richiami al sistema normativo nel q�ale trova �Collocamento l'articolo di legge . (1) La questione era stata proposta dal Pretore di NiCosia con ordinanza 22 gennaio 1969 (Gazzetta Ufficiale 12 marzo 1969, n. 66). La giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva ritenuto conformemente alla sentenza in rassgena, la valutabilit� dell'insegnamento nei corsi di scuola popolare, ai fini degli incarichi e supplenze (Cons. St., 17 aprile 1957, n. 163, in Cons. St., 1957, I, 501). In dottrina, sui profili costituzionali dell'istruzione pubblica, PoTOTSCHIG, Insegnamento, istruzione, scuola, Giur. cost., 1964, 361; CRISAFULLI, La scuola nella costituzione, Studi in onore di De Francesco, 'Milano, II, 284. ,3 r.z@Jf'f.fWf?yJ.ffil{ffif#}ffiJ'WdWf.ifft@if:WflMWNfiMWeffaWHilift.l .. =� ....,,,.~ �' 356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (art. 4 del d.l.C.P,S. 17 dicembre 1947, n. 1599 e successive modificazioni), la cui legittimit� costituzionale � posta in dubbio con l'ordinanza di rinvio. Come risulta dal suo titolo e dall'art. 1, con tale decreto legislativo venne istituita� una scuola popolare� per combattere l'analfabetismo, per completare l'istruzione elementare e per orientare all'istruzione media o professionale: scuola gratuita, diurna o serale, per giovani e adulti, da istituire presso le scuole elementari, le fabbriche, le aziende agricole, le istituzioni per emigranti, le caserme, gli ospedali, le carceri ed in ogni ambiente popolare, specie in zone rurali, in cui se ne avverta il bisogno. Dal primo comma dell'art. 4 si desume, altresi, che fra gli scopi della istituzione di questo nuovo tipo di scuola rientra anche. quello di combattere la disoccupazione intellettuale. ajI corsi di tale scuola sono ,poi, istituiti dal provveditore agli studi -~ o di sua iniziativa o su richiesta di enti, associazioni o privati che dimostrino di possedere i mezzi per ol'ganizzare ed .assicurare il regolare funzionamento dei corsi stessi, con l'eventuale concorso dello Stato, mentre la spesa per il personale i:osegnante grava, in ogni caso, su apposito �capitolo del bilancio del Ministero della pubblica istruzione (artt. 3, quale risulta modificato dalla, legge 16 aprile 1953, n. 326, 11 e 12). Infine, per il contestato art. 4, quale risulta modificato dalla citata legge n. 326 del 1953 : 1:::::: a) l'insegnamento nei. corsi della scuola popolare � affidato per incarico provvisorio, con nomina del provveditore agli studi a persone iiii! che siano fornite dei titoli richiesti per ottenere incarichi di insegnamento nelle scuole elementari e non abbiano altra occupazione retri- I buita; b) l'insegnamento � valutato ad ogni effetto come servizio di 1::::: incarico o supplenza; ~ t t �.;i c) nel caso di scuole organizzate da enti o da associazioni, la :::~ ::~ nomina ha luogo su proposta e di intesa con questi; =-=~ d) l'insegnante deve essere prescelto fra quelli compresi .nella graduatoria provinciale di incarico e supplenza. 2, -Quanto sopra chiarito, in ordine logico deve essere accertato in primo luogo se sussiste il denunziato contrasto con l'art. 33 della Costituzione, secondo cui le scuole e istituti di educazione possono es sere istituiti da enti e privati ma �senza oneri per lo Stato�. Dall'esame del sistema normativo sopra richiamato nelle sue linee r essenziali risulta peraltro in modo evidente che la scuola contro l'analfabetismo � scuola esclusivamente statale. popolare ,,,, ~~ii 'I 11:: ::; I 11111rrrrtrr11mrrfrmmrrrg1m:ilim�ff11ffffflmmmrni=:1rm~mm=nf:if1:M01;rm:m=mr:mmmmmw~m;m:1:12r@Ir111imr:mrmw1m=:::rn:1m1@01~, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 357 Evidenti esigenze funzionali, dato che istituzionalmente tale scuola deve svolgere la sua attivit� in qualsiasi ambiente popolare, in cui se ne manifesti il bisogno -ed � molto significativa, al riguardo, l'elencazione � esemplificativa contenuta nell'art. 1 della legge -rendono, pi� che opportuna, necessaria l'utiJ,�zzazione di qualsiasi mezzo che appaia idoneo per la sua sempre maggiore diffusione. L'affidamento della semplice gestione di alcuni corsi ad enti ed associazioni pi� vicini a quell'ambiente popolare che ne deve ritrarre i benefici e che di quell'ambiente meglio conoscono le esigenze e, nella maggior parte dei casi, per i loro fini istituzionali ne difendono e patrocinano gli interessi, costituisce, evidentemente, uno dei mezzi pi� efficaci agli scopi suddetti. Ma enti, associazioni e perfino privati cos� utilizzati costituiscono soltanto organi o strumenti dei quali lo Stato, che tale scuola ha istituita e che la diri.ge, la controlla e la finanzia, si avvale per la migl!Qre realizzazione d�i fini che ~on la scuola stessa si � prefisso di raggiungere. Perci� il precetto di cui al terzo comma dell'art. 33 della Costitu zione � stato male invocato. 3. -Se, come si � dimostrato, anche i corsi, �1a cui gestione sia affidata, con finanziamento statale, ad enti ed associazioni, debbono considerarsi statali, evidentemente l'inse.gnamento impartito in tali corsi non pu� non essere valutato, ad ogni effetto, come servizio prestato nelle scuole statali. Pertanto, il secondo comma del denunziato art. 4 � del d.l.C.P.S. n. 1599 del 1947, quale risulta modificato dall'articolo unico della legge n. 326 del 1953, non contrasta con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. 4. -Non pu� contestarsi ~he, per effetto del terzo comma del ripetuto art.' 4, in forza del quale. nel caso di scuole organizzate da enti o da associazioni, la nomina degli insegnanti (sempre da parte del provveditore agli studi) ha luogo su proposta e di intesa con gli enti o associazioni stessi, si pu� derogare, nell'effettuare tale nomina, dall'ordine della graduatoria provinciale di incarico e supplenza. Se, al riguardo, non fossero sufficientemente eloquenti le espressioni �su proposta � e �di intesa � contenute nel citato terzo comma, basterebbe ad eliminare ogni dubbio il successivo quarto comma, in forza del quale l'insegnante da nominare deve essere � prescelto � fra quelli �compresi nella suddetta graduatoria. P�ich� per le nomine nelle scuole organizzate e gestite direttamente dallo Stato, attraverso i provveditorati agli studi, .l'ordine della graduatoria provinciale deve, di regola, essere tassativamente osservato, l'ordinanza di rinvio ravvisa nella possibilit� di deroga sopra illustrata violazione. degli artt. 3 e :1 della Costituzione: infatti, da un lato porrebbe in essere una disparit� di trattamento tra insegnanti da nominare 358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per le scuole organizzate e gestite direttamente dai provveditorati agli studi e insegnanti da nominare per le scuole organizzate e gestite da enti ed associazioni; dall'altro eluderebbe, per quest'ultima categoria di insegnanti, il diritto o, quanto meno, la legittima aspettativa al collocamento loro derivanti dall'ordine di graduatoria. Senza che occorra stabilire se l'ordine di graduatoria ponga in essere un vero e proprio diritto. o una semplice legittima aspettativa alla nomina, non pu� certo contestarsi la potest� del legislatore di derogarvi, sempre che la deroga sia determinata da motivi funzionali e comunque razionali. Intanto, anche per i corsi organizzati direttamente dai provveditori agli studi, pur restando fermo, in astratto, il principio della osservapza dell'ordine della graduatoria provinciale degli incarichi e supplenze, in concreto -ed ecco per:ch� sopra si � usato l'inciso �di regbla � .,;;_quel principio subisce deroghe imposte da ragioni oggettive (preferenza per gli insegnanti di sesso maschile o di sesso femminile a seconda che si tratti di scuole maschili o femminili ed assegnazione alternativa in caso di scuole miste) oppure da ragioni soggettive (limitazione posta dall'interessato nella domanda di inclusione nella graduatoria circa le ~edi cui intende essere destinato o non accettazione di sede dis.ponibile). Pu�, cosi, legittimamente accadere che, o per mancanza di vacanze nei tipi di scuole cui pu� essere destinato o per �nancanza di vacanze nelle sedi indicate nella domanda di incarico o supplenza, un insegnante meglio classificato nella graduatoria provinciale non consegua alcun incarico o supplenza e lo consegua, invece, altro insegnante che lo segua, anche di molti posti in quella graduatoria (pu� perfino verificarsi il caso limite del primo in graduatoria non occupatoe dell'ultimo occupato). Ma ben diversa si presenta la situazione per quanto attiene ai corsi affidati ad enti o associazioni. Come sopra si � rilevato, gli enti o associazioni che si assumono il compito della organizzazione e gestione di scuole popolari costituiscono organi e strumenti dei quali lo Stato si avvale per meglio realizzare i suoi fini d'interesse pubblico in questo particolare e delicato settore della pubblica is.truzione. Ma organi e strumenti che hanno, peraltro, proprie e peculiari caratteristiche ed esigenze, che si assumono il compito di organizzare ed assicurare il regolare funzionamento dei corsi loro affidati e che, per giunta, tranne la spesa per il personale insegnante, hanno a loro carico tutte le altre spese di organizzazione, di gestione e di funzionament� di detti corsi. Di qui la necessit� di un personale insegnante, che, a parte i requisiti generici di capacit�, del possesso dei quali si ha la prova per il fatto stesso della inclusione nella graduatoria provinciale, possegga anche requisiti specifici di conoscenza dell'ambiente nel quale � chia PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 359 mato a svolgere la sua attivit� e di idoneit� all'insegnamento per la particolare scolaresca e del modo come si svolgono i corsi. Necessit� avvertita dal legislatore in modo tale da porre la desi gnazione dell'inse.gnante non come una mera facolt�, ma come un vero e proprio obbligo per l'ente, associazione o privato che intenda ottenere l'assegnazione di un corso di scuola popolare, salvo quell'intesa con il provveditore agli studi, al quale in definitiva .spetta sempre la nomina, intesa evidentemente richiesta per il controllo della capacit� partico lare alla qu'ale � preordinata la designazione (art. 6, comma secondo, lett. f) della ordinanza ministeriale 8 ,maggio 1967, n. 8040/22/SP pubbl. nel B. U. del Ministero della P. I. n. 19 dellll maggio 1967), Non potest� arbitraria, dunque, ma semplice potest� discrezionale di scelta, informata, peraltro, a quei criteri oggettivi delle necessit� funzionali di questo particolare tipo di scuola, che risultano dalle con siderazioni che precedono. Dagli stessi criteri risultano i fini ed i limiti di quella potest�, ogni deviamento dai quali im-plica eccesso di potere e rende la nomina, che ne sia viziata, annullabile nei modi e forme di legge. Ci si trova, pertanto, di fronte ad una di quelle discipline diffe renziate per situazioni differenziate, che, secondo la �costante giurispru~ denza di questa Corte. non violano il principio di uguaglianza. Le stesse considerazioni valgono, dato che ammettono la legittimit�, nei limiti sopra enunciati, della deroga all'ordine di graduatoria, anche a dimostrare �Che non sussiste nemmeno la denunziata violazione dell'art. 4 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1970, n. 59 -Pres. Branca - Rel. Rocchetti -Mangano ed altri (n.c.) c. Amministrazione F�nanze dello Stato (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Imposta di registro -Vendite coatte promosse in base a mutui in danaro -Procedimento di valutazione -Differenze rispetto alle ordinarie vendite coatte -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; r.d.I. 19 agosto 1943, n. 737,art. 4; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 50). � costituzionalmente illegittimo, con riferimento al principio di eguaglianza, l'art. 4 del r.d.l. 19 agosto 1943, n. 737, il quale, d.erogW11;do alla ordinaria disciplina stabilita dall'art. 50 della legge di registro per 360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le vendite coatte, assoggetta a procedimento di valutazione le vendite coatte promosse in base a mutui in danaro (1). (Omissis}. -;:-Viene proposto il dubbio che l'art. 4 del r.dJ. 19 agosto 1943, n.. 737, allorch� prescrive che, nelle vendite coatte promosse in base a mutui in danaro, il valore del bene trasferito debba determinarsi mediante il comune procediment,o fiscale di accertamento di valore, violi, secondo il tribunale di Caltanissetta, l'art. 3 e, secondo il tribunale di Bologna, anche l'art. 53 della Costituzione: e ci� per il motivo che quell'articolo si discosta, senza apprezzabili ragioni, dal principio a�ccolto nell'art. 50, comma secondo. del r.d. 30 dicembre 1923, n. 32619, il quale dispone invece ch�, nelle vendite coatte in genere, si debba assumere come valore tassabile lo stesso ;prezzo cii vendita risultante dal verbale di aggiudicazione, e quindi non si debba procedere ad alcun accertami:mto. 2. -u-'dubbio, cosi formulato, � fondato. Principio generale in materia di imposte sul trasferimento della ricchezza � quello enunciato nell'art. 30 della legge del registro r.d. 30 dicembre 1923, n ..3269), secondo il quale � assunto come tassabile il valore venale dei beni in comune commercio da determinarsi in base al procedimento di valutazione previsto dalla stessa legge. Questa per�, nell'art. 50, comma secondo, ha ritenuto di derogare a t�le principio generale per quanto concerne i trasferimenti effettuati mediante aggiudicazione ai pubblici incanti, che vengono invece tassati sulla base del prezzo della vendita risultante dal verbale di aggiudi cazione. Avendo pertanto il legislator~. con valutazione discrezionale che � stata ritenuta non costituzionalmente illegittima da 'questa Corte (sentenza n. 62 del 1965), operato una differenziazione fra le vendite (1) La questione era stata proposta con ordinanza 4 giugno 1968 del Tribunale di Caltanissetta (Gazzetta Ufficiale 28 settembre 1968, n. 248) e con ordinanza 25 marzo 1969 del Tribunale di Bologna (Gazzetta Ufficiale 6 agosto 1969, n. 200). Con questa sentenza, e con l'interpretazione dell'autorit� giudiziaria ordinaria sul trattamento fiscale delle vendite all'incanto, resta definitivamente unificato il sistema dell'esclusione dal procedimento di valutazione ai fini dell'imposta di registro giusta rart. 50 della relativa legge. ,,, Con la precedente sentenza 6 luglio 1965, n. 62, infatti, richiamata in motivazione (in questa Rassegna, 1965, n. 625) la Corte Costituzionale aveva escluso che la normativa posta dall'art. 50 della legge di registro fosse sperequata rispetto all'ordinario trattamento valutativo delle vendite consensuali. A sua volta, la Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza 25 ottobre 1968, n. 3493 (in questa Rassegna, 1969, 1111), ha ritenuto che l'art. 50 dell� legge di registro si applichi a tutte le vendite coatte, sia con incanto, che senza incanto. � , PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 361 all'incanto e quelle consensuali, per esonerare le prime dal procedimento di accertamento, non pu� considerarsi legittima la norma dell'art. 4 del d.l. n. 737 del 1943, che, in. deroga alla deroga, ripristina, solo per le vendite all'incanto promosse su mutui .in dan�ro, la regola generale relativa all'accertamento di valore. Tale disposizione, sancita per la prima volta nel nostro ordinamento col d.l. 18 agosto 1942, n. 946, si inquadrava nel sistema della imposta sul plusvalore introdotta durante la guerra al fine di ostacolare i trasferimenti 'immobiliari. Conservata nel complesso delle norme che hanno sostanzialmente ripristinato la le.gislazione anteriore, la norma dell'art. 4 citato � rimasta priva di ogni valida giustificazione e non si regge al confronto con quella dell'art. 50 che, nel sistema, contiene una regola valida per tutti i trasferimenti avvenuti mediante aggiudicazione ai pubblici incanti. Una sottodistinzione che, per le vendite coa�tte promosse in dipendenza di mutui, ripristini il pi� generale sistema dell'accertamento del valore venale del bene trasferito. non trovando alcuna ragione che la gilllstifichi, lede il principio costituzionale di eguaglianza, in forza del quale situazioni eguali debbono essere regolate nello stesso modo. Tale, principio, espresso in via generale dall'art. 3, ispira anche, in materia attinente ai tributi, l'art. 53 della Costituzione che a buon titolo � stato pertanto anch'esso invocato. 3. -Non pu� infatti dubitarsi che le vendite coatte i.n genere e quelle promosse in dipendenza di mutui, per essere �assistite dalle stesse garanzie formali e sostanziali, non presentano fra loro alcuna differenza I I! che possa giustificare una diversit� di trattamento legislativo relativa all'accertamento dell'imposta sul valore del bene trasferito, �con effetti, per altro, nei confronti di un terzo, qual � l'aggiudicatario, il quale non �l nemmeno tenuto a conoscere il titolo e la causa per cui l'espropriazione avviene. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1970, n. 60 -Pres. Branca - Rel. Capalozza -Pellis ed altri (avv. Bandini, Pogliani) e Pres�dente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento civile -Separazione personale dei coniugi -Comparizione davanti al Presidente del Tribunale senza ministero del difensore Inammissibilit� della questione. (Cost., art. 24; lgge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; c.p.c. art. 707, primo comma). � inammissibile, perch� irrilevante, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 707 primo comma, c.p.c., con riferimento all'art. 24 362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' I della Costituzione, sulla mancata assistenza del difensore nella fase di comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale, se la questione sia piroposta non dal Presidente,' ma dal Giudice istruttore (1). (Omissis). -1. -� stata sollevata dal giudice istruttore del tribunale di Milano la questione di legittimit� costituzionale dell'art 707, primo comma, del codice di procedura civile: la norma violerebbe il diritto di difesa poic~ non consente alle parti di presentarsi al presidente del tribunale con �'assistenza dei difensori. L'Avvocatura dello Stato ha sollevato eccezione di inammissibilit�: il giudice istruttore non potrebbe proporre questioni di legittimit� costituzionale. L'eccezione � fondata nei limiti di cui si dir�. 2. -Le pi� recenti sentenze di questa Corte affermano che, allorch� la le.gge prevede l'emanazione di un provvedimento decisorio attribuito alla diretta competenza del giudice istruttore, a questo spetta il potere di promuovere questioni di legittimit� costituzionale (da ultimo, sent. n. � 62 del 1966 e sent. n. 45 del 1969). , Tuttavia, la norma denunziata (l'art. 707, primo �Comma, c.p.c.) viene applicata dal presidente del tribunale e non dal giudice istruttore; al quale ultimo, invece, competono i poteri di (condizionata) modifica dei prevvedimenti presidenziali secondo il dettato del successivo art. 708, quarto comma: in una fase, cio�, nella quale la difesa tecnica � garantita. � perci� al presidente, essendo la sua competenza di natura giurisdizionale, che spetta di sollevare la questione di legittimit�, ove egli ritenga che dinanzi a lui l'assenza del difensore non soddisfi le garanzie dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Come dire che su tale materia il giudice istruttore non pu� sollevare questioni, poicb� non ha su di essa potere decisorio, essendo questo limitato alla .modificazione, per fatti nuovi, dei provvedimenti presi' denziali. Perci� la questione � inammissibile. -(Omissis). _,,, (1) La' questione era stata proposta con due ordinanze del giudice istru~tore presso il Tribunale di Milano, 12 febbraio 1968 (Gazzetta Ufficiale 13 luglio 1968, n. 177) e 26 aprile 1968 (Gazzetta Ufficiale 18 settembre 1968, n. 248). Le precedenti sentenze della Corte richiamate in motivazione, 10 giugno 1966, n. 62 e 26 marzo 1969, n. 45 sui limiti della legittimazione del giudice istn,.ttore a proporre questioni di legittimit� costituzionale, si leggono in questa Rassegna, 1966, 755, 1969, 377. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 363 CORTE COSTITUZION,ALE, 28 aprile 1970, n. 61 -Pres. Branca - Rel. Reale -De Giorgi (avv. Cattaneo) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Imposte e tasse in genere -Imposta sui contratti di borsa -Inammissibilit� di azione senza il previo soddisfacimento dell'imposta Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 24; legge 20 marzo 1913, n. 272, art. 51; r.d. 30 dicembre 1923, n.3278, art. 19). Quando non si tratti di contestare la legittimit� den'imposizione tributaria, la norma che subor�lina aU'adempimento del. dovere di contribuente l'esercizio del diritto di cittadino alla tuteia giurisdizionale . non appare in contrasto con il suddetto precetto costituzionale; pertanto, non � fondata, con riferimento all'art. 24 Cost., la Qu~stione di legittimit� costituzionale deli'art. 51 l. 20 marzo 1913. n. 272 e dell'art. 19 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278 sulle tasse di borsa (1). (Omis~is). -2. -In entrambe le controversie l'attore, agente di cambio in Milano, ha proposto, nei confronti dei convenuti, domande di pagamento di varie somme ,assumendo esserne, creditore a titolo di saldo per operazioni di borsa compiute per incarieo degli stessi. Ci� senza dare preventivamente la prova dell'adempimento delle obbligazioni tributarie afferenti alle operazioni predette, e limitandosi ad asserire, nel solo giudizio pendente davanti al pretore di Milano, di aver tempestivamente redatto, ma di non ess~re in grado di esibire i prescritti foglietti bollati, perch� �quasi mai� aveva ricevuto in restituzione dal convenuto la parte gi� a suo tempo inviatagli per la sottoscrizione. Ricorreva, quindi, il caso dell'improcedibilit� delle domande giudiziali girusta il disposto dei gi� citati art. 51 della legge 20 marzo 1913, n. 272, e� art. 19 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278, per cui �non � ammessa alcuna azione in giudizio, nemmeno nei, rapporti fra commissionario e committente, n� veruna liquidazione pu� eseguirsi� dal comitato direttivo degli agenti di cambio (che ha sostituito in tale attribuzione il sindacato dei mediatori) � in dipendenza delle operazioni contemplate � dalle stesse leggi, � se non viene previamente provato il soddisfacimento delle tasse ed ammende dovute�. (1) La questione era stata proposta con due ordinanze, rispettivamente del Tribunale di Milano 3 giugno 1968 (Gazzetta Ufficiale 12 ottobre 1968, n. 261) e del Pretore di Milano 8 maggio 1969 (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1970, n. 24). Il precedente della Corte richiamata in motivazione, sent. 22 dicembre 1969, n. 157, � pubblicato in questa Rassegna, 1969, 1034 e nota. 364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nelle ordinanze di rimessione si osserva che tali norme importano impedimento all'esercizio anche di quei diritti sulla cui esistenza non sorge contestazioni, e condizionano la procedibilit� della domanda al pagamento dei tributi sui contratti di borsa indipendentemente dall'uso in giudizio dei foglietti bollati, con l'impiego dei quali il tributo va normalmente assolto. Da ci� la violazione del precetto dell'art. 24, primo comma, della Costituzione. Le disposizioni predette, in aderenza al giudizio di rilevanza, svolto dai giudici del merito in rapporto di necessaria congruenza con la causa peteii,di dedotta davanti ad essi, devono ritenersi, peraltro, impugnate limitatamente alla proposizione normativa concernente l'esercizio dell'azione, restandone esclusa, invece, l'altra parte degli articoli in questione che condiziona all'adempimento del debito tributario l'ammissibilit� della procedura di liquidazione coattiva a cura del comitato degli agenti di campio. 3. -Ai sensi degli artt. 34 e seguenti della citata legge n. 272 del 1913 e degli artt. 1 e seguenti del r.d. n. 3278 del 1923, e suc�cessive modificazioni, il tributo gravante sui contratti di borsa (indicati nell'art. 3 di quest'ultimo decreto) � corrisposto mediante l'impiego di appositi foglietti bollati, posti ih vendita dall'amministrazione finanziaria o (secondo il disposto dell'art. 4) con l'uso di fogli stampati su carta non filigranata, muniti preventivamente di bollo a punzone appostovi dagli uffici del registro, per importo corrispondente alle tabelle all'uopo approvate e infine, in casi speciali, mediante l'apposizione di marche da annullarsi direttamente dalle parti. Il pagamento del tributo, ove non segua immediatamente la conclusione del contratto, deve essere effettuato non oltre il primo giorno festivo .ad essa posteriore, nello stesso termine fissato per la eonsegna all'interessato del foglietto bollato (art. 42 della legge del 1913 e art. 7 del decreto del 1923). 4. -La questione circa la legittimit� costituzionale delle Q.isposizioni impugnate, in riferimento al precetto che garantisce al cittadino la tutela giurisdizionale dei suoi diritti (art. 24, primo comma), non � fondata. Quando non si tratti, invero, di contestare la legittimit� dell'imposizione tributaria, e nella specie risulta appunto non contestata la legittimit� dell'imposta relativa ai contratti di borsa dedotti in giudizio (ipotesi del salve et repete), la norma ehe subordina all'adempimento del dovere di contribuente l'esercizio del diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale, non appare in contrasto col suddetto precetto costituzionale. La Corte ritiene che occorra al riguardo riaffermare il principio, gi� da essa enunciato (da ultimo con la sentenza n. 157 dell'll dicembre 1969), per cui nell'ordinamento giuridico posto in essere dalla Co . .. -.. ! rr11r��mmftrBirffiliillfilmITfffiITfil1fff%WrmtKimrmuffifi))m]Kurffffifffiffiif&mwrntr1m10~ilift:Wlliffmm&Jrflfflffwr111r1J wr~~ . . PARTE I, SEZ; I, GIURIS�.COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 365 stituzione repubblicana i diritti individuali dei cittadini sono armonicamente coordinati con quelli della collettivit�. In particolare il diritto di adire gli organi giurisdiziop.ali, sancito nell'art. 24, primo comma, deve essere contemperato con l'interesse generale alla riscossione dei tributi, che pure � affermato nell'art. 53, primo comma, della Costituzione. N� pu� ritenersi �he, per effetto del previo adempimento dell'imposta sui contratti di borsa, l'esercizio dell'azione risulti, in concreto, eccessivamente oneroso, sia dal punto di vista economico, sia con riferimento alle modalit� della prova, che di detto adempimento � richiesta, a carico di chi abbia interesse a proporre o a' proseguire il giudizio. Tale prova, infatti, non � necessariamente vincolata alla esibizione del foglietto bollato o di quella parte di esso che � previsto venga inviata al committente del negozio di borsa, ma � resa agevole, in ispecie nei rapporti di cui siano parte gli agenti di cambio, da un complesso di disposizioni concernenti la redazione dei foglietti bollati o di documenti equipollenti. Basti accennare al caso in cui, per la consegna del foglietto al cliente, l'agente si avvalga del servizio postale. Al riguardo sono prevedute dettagliate modalit� (art. 88 del regolamento di esecuzione della legge del 1913, approvato con r.d. 4 agosto 1913, n. 10�68), fra le quali, in particolare, il rilascio da parte dell'uffi. cio postale di una copia, esattamente rispondente al foglietto bollato, con ricevuta in margine. Ci� .che � sufficient� per escludere che l'interessato, al fine di costituire la prova dell'adempiuto onere fis.cale, di cui alle norme in questione, debba reiterare il pagamento quando dal convenuto, cui era stato trasmesso per la sottoscrizione, non gli venga restituita la parte del foglietto di sua spettanza. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 2�8 aprile 1970, n. 63 -Pres. Branca -Rel. Bonifacio -Guaccero (avv. Abbamonte, Troceoli) c. Consorzio per l'area di sviluppo industriale di Bari (avv. Lucifredi). Espropriazione per pubblica utilit� -Determinazione della indennit� Dissociazione fra data di esproprio e data di riferimento del valore -Le~~i sostituite da diversa normativa Insussistenza dell'idea - Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3, 42; legge 29 settembre 1962, n. 1462, art. 2). Nella determinazione della indennit� di esproprio, la scissione fra la data di esproprio e quella di riferimento dei valori viola l'art. 42 della Costituzione solo se riduca l'indennit� ad un valore irrisorio; poich� tale evenienza deve escludersi ex post relativamente all'art. 2 della 366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 29 settembre 1962, n. 1462, sostituito dall'art. 31 della legge 26 giugno 1965, n. 717 che detta altri criteri per la determinazione della indennit�, deve dichiararsi non fondata la relativa questione con .riferimento agli artt. 3 e 42 deila Costituzione (1). (Omissis). -2. -L'art. 2, ultimo comma, della legge 29 settembre 1962, n. 1462, stabilisce che per le espropriazioni disposte a favore dei consorzi per le aree di sviluppo industriale (previsti dalla legge n. 634 del 1957, in parte modificata dalla legge n. 555 del 1959) l'indennizzo sia determinato, entro i pri,Jni dieci anni dall'approvazione dello statuto consortile, sul valore che i beni avevano due anni prima della data di tale approvazione. Le ordinanze di rimessione assumono che la dissociazione fra il momento dell'esproprio, ed il momento -cui occorre far riferimento per la valutazione dell'immobile espropriato, considerato il lungo arco di tempo (fino ad un massimo di dodici anni) che pu� intercorrere fra l'uno e�l'altro, � tale da poter essere causa di liquidazione di un indennizzo meramente simbolico e da consentire una disparit� di trattamento delle singole espropriazioni, differenziate solo in base alla mera accidentalit� della data in cui esse vengono disposte. Questi, in sintesi, sono i due profili sotto i quali viene denunciata la violazione degli artt. 42 e 3 della Costituzione. 3. -Questa Corte ha gi� affermato (cfr. part. sent. n. 22 del 1965) che il fatto che una legge imponga la determinazfone del valore dei beni con riferimento ad una data anteriore a quella dell'espropriazione non costituisce, di per s�, violazione del terzo comma dell'art. 42. della Costituzione. Ed in effetti -essendo pacifico che tale norma costituzionale non garantisce la corresponsione di un indennizzo equivalente al valore del bene espropriato, ma solo il massimo di contributo e di riparazione che, nell'ambito degli scopi di generale interesse, la pubblica amministrazione pu� offrire a soddisfazione dell'interesse dei privati (cfr. sent. n. 61 del 1957) -la scissione fra le due date non pu� essere, da sola, ragione di illegittimit� costituzionale. Deve anzi aggiungersi che essa, quando, come nella specie, venga disposta allo scopo di impedire�che 11espropriando si avvanta.ggi di un supervalore derivante dalla esecuzione o dal preannunzio di esecuzione di opere pubbliche, (1) La questione era stata proposta con numerose ordinanze del Tribunale di Bari. La sentenza 9 aprile 1965, n. 22, ri�hiamata in motivazione, leggesi in questa Rassegna, 1965, 425, e nota di TRACANNA. Con la presente sentenza la Corte, con una decisione ispirata ad un sano pragmatismo, convalida una norma i cui effetti applicativi escludono, in base ad un giudizio di certezza, non di probabilit� (cio� ex post, non ~.� �. r 11� ~~j~ ~~~:=:.'."""""'.=:::'25:';':~='.:'~"'~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 367 non solo non � ill~gittima, ma, come strumento che preclude ingiustificabili arricchimenti a spese della collettivit�, � espressione di un indirizzo politico fondato su basilari principi della Costituzione. In verit�, come le stesse ordinanze non mancano di mettere in rilievo, quella scissione viola l'art. 42 solo se, valutata nel complesso della disciplina legislativa in cui si inserisce e delle situazioni di fatto in cui � chiamata ad operare, riduca l'indennizzo ad una misura irrisoria ovvero renda possibile che, nel concorso di eventuali sfavorevoli evenienze, tale riduzione abbia a verificarsi. E fu proprio in applicazione di tali principi che questa Corte una volta dichiar� l'illegittimit� , costituzionale di una legge che prevedeva la liquidazione di un indennizzo rapportato al valore monetario che i beni avevano in epoca anteriore all'inflazione conseguente alla seconda guerra mondiale (sent. n. 67 del 1959), ed altra volta analoga pronuncia adott� a proposito di una disposizione che faceva apparire incerta, nelle sue aipplicazioni al futuro, la garanzia di una indennit� non irrisoria (sent. n. 22 del 1965). 4. -Per una puntuale definizione dei termini dell'attuale questione di legittimit� costituzionale � da tener presente che il tribunale di Bari ne motiva la non manifesta infondatezza non gi� in riferimento agli effett che la disposizione impugnata ha prodotto sulle espropriazioni gi� 'disposte, ma in previsione dei possibili effetti sulle espropriazioni future. In altri termini -come le ordinanze testualmente affermano il problema da risolvere non � se l'indennizzo calcolato in base alla legge impugnata �sia mera parvenza�, ma se �abbia la possibilit� di esserlo � in relazione all'ipotesi che nell'arco del dodicennio � si verifichino elementi perturbatori tali da condurre ad una liquidazione dell'indennit� in misura irrisoria, se non addirittura simbolica �. Ci� posto, assume decisivo rilievo la circostanza che l'art. 2. ultimo comma, della legge n. 1462 del 1962 (gi� parzialmente modificato dall'art. 6 della legge 6 luglio 1964, n. 608) � stato abrogato dalla'rt. 31 della legge 26 giugno 1965, n. 717, che per la determinazione dell'indennizzo rinvia alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni (poi intervenute con la legge 21 luglio 1965, n. 904, in forza della quale alla materia de qua � applicabile la disciplina prevista dall'art. 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892). ex ante) la riduzione dell'indennit� di esproprio ad un valore meramente simbolico. Se questo metro dovesse essere adottato relativamente a tutte le norme abrogate, il sindacato di legittimit� costituzionale sulle norme stesse ne risulterel;lbe notevolmente ridimensionato. Per l'estensione senza riserve del sindacato di legittimit� costituzionale anche alle norme abrogate cfr., da ultimo, le sentenze 24 maggio 1963, n. 77 (Giur. cost., 1963, 0000) e 23 gennaio 1962, n. 1 (Giur. cost., 1962, 2). 368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � vero che, secondo i principi costantemente affermati da questa . Corte, l'abrogazione ex nunc di una legge non fa venir meno la rilevanza della questione di legittimit� costituzionale .. tutte le volte in cui il giudice sia chiamato a decidere cvontroversie su fatti che, in base alle regole sulla successione delle leggi nel tempo, continuano a cadere sotto il regime della legge abrogata : e d� perch� il perdurare di questa sia pur limitata efficacia pu� essere eliminato solo attraverso la dichiarazione di illegittimit� costituzionale (cfr. sent. n. 49 del 1970). � al trettanto vero, tuttavia, che l'abrogazione, limitando ai fatti verificatisi fino ad un certo momento la sfera di operativit�.della legge� abrogata, incide su questa nel senso che, originariamente fonte di una norma riferibile ad una serie indefinita di fatti futuri, essa � oramai fonte di una norma riferibile solo ad una serie definita di fatti ;passati. Nel caso in esame, dall'impugnato art. 2, ultimo comma, l'interprete, prima dell'abrogazione, doveva trarre una norma che nella sua sfera di efficacia abbracciava tutte le espropriazioni che dal momento della sua entrata in vigore sarebbero state disposte in favore dei consorzi; sopravvenuta l'abrogazione, dallo stesso testo legislativo egli non pu� trarre se non una norma caratterizzata ed individuata dal suo riferimento ad espropriazioni passate. Con ci� non si esercita un sindacato sulla rilevanza della questione n�, come ritengono le ordinanze di rimessione, si affronta il problema se un_ vizio originario di illegittimit� costituzionale possa essere sanato, ed in quali limiti, da una legge sopravvenuta. Si risolve, invece, il ben diverso problema della interpretazione del testo legislativo (certamente preliminare rispetto alla verifica della conformit� della norma alla Costituzione), a proposito del quale non si pu� certo prescindere <;Ial complesso normativo entro il quale la legge abrogata, nei limiti innanzi precisati, continua ad operare. 5. -Poich�, per le cose dette, dall'art. 2, ultimo comma, della legge n. 1462 del 1962 non si pu� ricavare una disciplina di future espropriazioni e manca quindi il presupposto perch� si possa discutere del- l'alea che, verificandosi gravi perturbazioni nel mercato dei beni, il meccanismo della scissione fra data di esproprio e data di riferimento del valore degli immobili possa vanificare la garanzia di un indennizzo non simbolico n� irrisorio, si deve concludere che la norma che forma oggetto .del presente giudizio non viola l'art. 42 della Costituzione. Ad analoga conclusione si deve pervenire per quanto riguarda la supposta violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.). Ed in effetti anche questa denuncia, valutata nel contesto delle motivazioni esposte nelle ordinanze, si riferisce al pericolo di cui innanzi si � fatto cenno: pericolo insussistente, dal momento che la disciplina in esame si applica esclusivamente ad espropriazioni gi� intervenute. ( Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 369 CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 64 -Pres. Branca -Rel. Capalozza -Garombo (avv. Chiusano, Conso), Romiti (avv. Summa, Ventura) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Carcerazione preventiva -Ipotesi di obbligatoriet� -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 13, 27; c.p.p. n. 277; legge 22 ottobre 1954, n. 1041, art. 25). Procedimento penale -Carcerazione preventiva -Obbligo di rn.otivazione dei relativi provvedimenti -Scarcerazione automatica limitata alla fase istruttoria -!~legittimit� costituzionale. (Cost., art. 13; c.p.p. art. 253, 272, 375). Non � fondata, con riferimento agii artt. 13 e 27 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale delle norme del codice di procedura penale (art. 277) o di leggi speciali, quale l'art. 25 della legge 22 ottobre 1954, n. 1041 sulla repressione dei delitti per gli stupefacenti, che prescrivono L'emissione obbligatoria def mandato o dell'ordine di cattura per delitti di particolare gravit� (1). Sono costituzionalmente illegittime le disposizioni del Codice di procedura penale (art. 253) nella parte in cui non prescrivono una adeguata motivazione dei procedimenti restrittivi della libert� personale in ordine alla esistenza di sufficienti indizi di colpevolezza; e quelle che 'limitano l'applicabilit� della scarcerazione automatica, per il decorso del termine massimo (artt. 272, 273), o consentono una nuova cattura dell'imputato cos� scarcerato (art. 375), alla sola fase istruttoria del processo (2). (Omissis). -2. -La prima questione da affrontare in ordine logico � quella sollevata dal giudice istruttore del tribunale di Ascoli Piceno sulla legittimit� dell'obbligatoriet� del mandato di cattura (art. 253 c.p.p.), e qui collegata al capovers� dell'art. 277 (il quale fa divieto di concedere la libert� provvisoria nei casi in cui � obbligatorio il mandato di cattura) ed all'art. 375, primo capoverso (il quale impone al giudice istruttore di emettere il mandato di cattura con la sentenza di (1) La questione era stata introdotta con varie ordinanze di giudici di merito. � superfluo sottolineare l'importanza della decisione che ha trovato immediata rispondenza sul piano dell'adeguamento della legislazione nel decreto-legge 1� maggio 1970, n. 192 (conv. nella legge 1� luglio 1970, n. 406). Per l'inquadramento dell'istituto della scarcerazione automatica, cfr. SABATINI, Trattato di procedimenti incidentali nel processo penale, Torino, 1953, 420. I I ~~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rinvio a giudizio, quando si tratti di reato per il quale la cattura sia obbligatoria). 'Ad avviso del giudice a quo, le norme denunziate contr'asterebbero con il principio secondo cui � l'imputato non � considerato co1pevole sino alla condanna definitiva � (art. 27 cpv. Cost.) e violerebbe il precetto (art. 13 �cpv. e art. 111 Cost.) che ammette la detenzione, nei casi e modi previsti dalla legge, solo �per atto motivato dell'autorit� giudiziaria �. 3. -In linea di principio, si deve riconoscere che la detenzione preventiva -esplicitamente prevista (nei limiti che pi� innanzi saranno precisati) dalla Costituzione (art. 13, ultimo comma) -va disciplinata in modo da non contrastare con una delle fondamentali garanzie della libert� del cittadino: la presunzione di non colpevolezza dell'imputato. Il rigoroso rispetto di tale garanzia ~ che vincola, per altro, non il solo legislatore, ma anche le pubbliche autorit� (polizia giudiziaria, pubblico ministero e giudice), alle quali sono affidate le attivit� processuali -ne�essariamente comporta che la detenzione preventiva in, nessun caso possa avere la funzione di anticipare la pena da infliggersi solo dopo l'accertamento della colpevolezza: essa, pertanto, pu� essere predisposta unicamente in vista della soddisfazione di esigenze di carattere cautelare o strettamente inerenti al processo. Da questa premessa, tuttavia, non consegue �Che, nell'ambito di una valutazione politica discrezionale, la legge non po:ssa stabilire ipotesi nelle quali, sussistendo sufficienti indizi di colpevolezza, al giudice sia fatto obbligo di emettere il mandato di cattura. Se ed in quanto si tratti di una ragionevole valutazione dell'esistenza di un pericolo derivante dalla libert� di chi sia indiziato di particolari reati, il legislatore ha la facolt� di disporre che, entro predeterminati limiti temporali, egli ne sia privato. Ed infatti -a prescindere cialla preferibilit� di un sistema che demandi sempre al giudice il potere di valutare di volta in volta se il lasciare in libert� l'imputato determini un pericolo di entit� tale da giustificarne la cattura e la dete.nzione -non si pu� escludere che la legge possa (entro i limiti, non insindacabili, di ragionevolezza) presumere che la persona accusata di reato particolarmente grave e co1pita da sufficienti indizi di colpevolezza, sia in condizione di porre in pericolo quei beni a tutela dei quali la qetenzione preventiva viene predisposta. Mette conto, del resto, rilevare che la stessa Costituzione ,prevede . esplicitamente l'esistenza di casi nei quali la legge rende obbligatoria Femissione di mandati o ordini di cattura (art. 68, secondo comma): l'aver stabilito che vi sono ipotesi in cui, per la privazione della libert� personale di un membro del Parlamento, viene meno l'es~genza di una preventiva autorizzazione della Camera alla quale egli appartiene, costituisce argomento decisivo per concludere che il legislatore costituente PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 371 non ha affatto escluso la compatibilit� delle suddette misure detentive obbligatorie con i principi che assistono e garantiscono la libert� di ogni cittadino. N� potrebbe assumersi che le esigenze di prevenzione, in relazione alle quali il legislatore pu� l~~ittimamente imporre al giudice l'emissione del mandato, sussistano solo nel corso della fase istruttoria del processo: anche qui deve affermarsi che rientra nella discrezionale valutazione della legge fissare la concreta disciplina della carcerazione preventiva, non potendosi escludere che le esigenze �Cautelari da essa soddisfatte permangano dopo la chiusura dell'istruzione. 4. -Quanto fin qui si � detto vale anche a dimostrare che l'obbligatoriet� del mandato di cattura non contrasta col principio secondo il quale i provvedimenti restrittivi della libert� personale devono essere adottati �per atto motivato dell'autorit� giudiziaria�. Richiamandosi ad un principio gi� affermato nella sentenza n. 68 del 1967, la Corte ritiene che, se in relazione a certe ipotesi tipiche il legislatore pu� presumere l'esistenza di un pericolo e rudere obbligatorie misure restrittive idonee a farlo venir meno, ci� necessariamente comporta che la motivazione dell'autorit� giudiziaria deve cadere solo sull'esistenza dei presupposti . ai quali la legge collega l'emissione obbligatoria del provvedimento. A tale proposito va rilevato che, per quanto riguarda il mandato di cattura previsto dall'art. 253 c.p.p., il giudice deve non solo verificare che si tratti di uno dei casi in tale disposizione previsti, ma deve altresi accertare, conformemente al principio enunciato dall'art. 252 per tutte le misure di detenzione preyentiva (siano esse obbligatorie o facoltative), l'esistenza in concreto di �sufficienti indizi di colpevolezza�. Dall'obbligo della motivazione -imposto in via generale dall'art. 111 e specificamente, per la materia ora in esame, dall'art. 13 capoverso della Costituzione -scaturisce che il mandato di cattura deve essere, su tale punto, adeguatamente motivato. La Corte non dubita che dal sistei:.a vigente, correttamente interpretato, sia da ricavarsi il principio generale in forza del quale tutte le volte in cui la legge affida al giudice il potere di valutare determinate circostanze, al fine della emissione di un provvedimento processuale, tale valutazione debba esse:�e oggetto di motivazione; n� la Corte ignora che il .secondo comma dell'art. 264 c.p.p. espressamente impone che i mandati di cattura, di arresto o di accompagnamento contengano l'enunciazione, sia pure nei limiti compatibili col segreto istruttorio, dei motivi che ne giustificano l'emissione. Nondimeno, occorre tener conto del fatto che nella prassi e nella giurisprudenza ordinaria tale obbligo viene .sostanzialmente eluso e che si � venuta affermando una interprtazione (non conforme ai testi legislativi . e, com�nque, contrastante con i principi costituzionali) secondo la quale la motivazione I ! I I ! ! RASSEGNA DELL'A:VVOCATURA DELLO' STAT.O sulla sussistenza dei sufficienti indizi di colpevolezza -vale a dire sul presupposto al quale la legge subordina la legittima emissione di un mandato di ,cattura -dovrebbe obbedire a criteri pi� o meno rigorosi secondo che si tratti di mandato obbligatorio o facoltativo. Ond'� che, al fine di una effettiva salvaguardia del principio enunciato dall'art. 13, secondo comma, della Costituzione, si impone la necessit� di dichiarare la illegittimit� dell'art. 253 c.p.p. nella parte in cui esso non fa obbligo al giudice di motivare sulla esistenza di sufficienti indizi di colpevolezza. 5. -Alla stregua di ci� che si � detto, deve essere dichiarata non fondata la question di legittimit� costituzionale sollevata dal tribunale di Roma a proposito dell'art. 25 della legge 22 ottobre 19<54, n. 1041 (concernente l:a disciplina della produzione, del commercio e dell'impiego degli stupefacenti), �Che per le ~potesi previste dagli artt. 5, 6. e 18 prescrive come obbligatorio il mandato di cattura. In relaizone a questa specifica disposizione valgono, per quanto si riferisce all'asserita violazione dell'art. 27, secondo comma,, della Costituzione, le ragfoni esposte al n. 3. Circa l'obbligo di motivazione imposto dall'art. 13 della Costituzione � da osservare che la dichiarazione di parziale illegittimit� costituzionale dell'art. 2~53 c.p.p. � sufficiente ad imporne l'osservanza in tutti i casi nei quali la� legge __:_ si tratti del codice processuale o di legge speciale -impone l'emissione del mandato di cattura. 6. -In ordine alla questione di legittimit� costituzionale dell'art. 375, secondo co~ma, c.p.p., in relazione all'art. 13 della Costituzione, nell'ipotesi in cui s.ia stato gi� consumato, in periodo istruttorio o preistruttorio (art. 271 c.p.p.), il termine massimo della carcerazione preventiva quale � prevista dall'art. 272 c.p.p., la questione � fondat1;1 nei termini d:j. cui si dir�. A differenza di altre forme di restrizione della libert� personale, quali le misure di sicurezza detentive, dettate da esigenze diverse da quella tipicamente processuale della custodia preventiva, la Costituzione ha inteso evitare che il sacrificio della libert� che quella comporta sia interamente subbrdinato alle vicende del procedimento; ed ha, pertanto, voluto ,che, con la legislazione ordinaria, si determinassero i limiti temporali massimi della carcerazione preventiva, al di l� dei quali verrebbe compromesso il bene della libert� personale, che, come questa Corte ha avuto occasione di affermare, ,costituisce una delle basi della convivenza civile. � proprio per il periodo successivo alla fase istruttoria, rispetto al quale il sistema non prevede limiti certi per �la durata della carcerazione preventiva, che il precetto costituzionale risulta violato; invero, non � limite certo quello che l'Avvocatura desume dal disposto del PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 373 l'art. 275, secondo co~a, c.p.p., cio� quello� dell'emanazione della sentenza. Non pu� essere condiviso neppure l'altro assufito dell'Avvocatura, �secondo il quale, dopo l'istruzione, la durata della custodia preventiva troverebbe una sua delimitazione temporale nell'art. 20 delle disposizioni regolamentari per la esecuzione del codice di procedura ,penale, sulla preferenza da dare alle iscrizioni nei ruoli dei pr�cedimenti riguardanti i detenuti o. aventi, in genere, carattere di urgenza. Infatti, questa disposizione, ai fini che qui interessano, non offre una garanzia maggiore di quella gi� contenuta nel testo originario dell'art. 272 c.p.:p., che prevedeva �un semplice controllo gerarchico e disciplinare. sulla durata dell'istruzione, e che � stato ritenuto talmente inadeguato rispetto all'osservanza del disposto �costituzionale da essere eliminato con la legge 18 giugno 1955, n._ 517, e sostituito con il testo attualmente in vigore. D'altronde, il riferimento alla carcerazione preventiva, contenuto nell'art. 275~ secondo comma, c.p.p. -richiamat� dall'Avvocatura vale ai soli fini della_ detrazione dalla pena discrezionalmente inflitta nel caso concreto: detrazione che � consentita anche per la custodia preventiva sofferta per un reato diverso o un distinto procedimento (artt. 137 c.p. e 271, ultimo comma, c.p.p.: c.d. principio della fungibilit� della detrazione). Ne consegue che nessun argomento se ne pu� trare circa la determinazione di un limite temporale massimo, e per di .pi� a posteriori. Tutto ci� a prescindere dalla gravit� delle ipotesi di custodia preventiva inutilmente sofferta. 7. -Per le ragioni esposte nel numero precedente, deve essere dichiarata la parziale illegittimit� costituzionale del primo comma dell'art. 272 e del secondo comma dell'art. 375 c.p.p. L.'art. 272 fissa (variamente determinandola in relazione a diverse ipotesi) la durata massima della detenzione preventiva: la illegittimit� costituzionale colpisce gli incisi �quando si procede con istruzione formale � e �non sia stata depositata in cancelleria la sentenza di rinvio a giudizio�, i quali, riservando la chiusura <!i questa, la durata della detenzione non sia soggetta a liniiti predeterminati. L'art. 375, .secondo comma, a sua volta, deve essere dichiarato illegittimo_ nella parte in cui impone o consente che. con la sente�nza di rinvio a giudizio, sia emesso mandato di cattura anche nell'ipotesi in cui l'imputato sia stato scarcerato a .seguito della decorrenza dei termini massimi fissati nelrart. 272. Ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, ?� 87, deve essere, infine, dichiara~a la illegittimit� costituzionale: a) dell'art. 272, terzo comma, relativamente alle parole � e non � .stato emess'o. il decreto di citazione a giudizio �; b) dell'art. 273, nella parte in cui prescrive la ' . 374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO emissione del mandato di cattura anche nell'ipotesi in cui l'imputato sia stato scarcerato a seguito della decorrenza dei termini massimi fissati nell'art. 272. 8. -In conseguenza della pronunzia di parziale illegittimit� costituzionale degli artt. 272, primo e terzo comma, 273 e 375, secondo comma, c.p.p., i termini fissati nell'art. 2~2 limitano la durata massim� della detenzione preventiva, indipendentemente dalle vicende delle varie fasi del processo penale. Le statuizioni della presente�sentenza non precludono al legislatore una nuova discipiina della materia, eventualmente differenziata non solo in relazione ai vari tipi di reato, ma anche in relazione alle varie fasi del procedimento, purch�, in conformit� con l'ultimo comma dell'art. 13 della Costituzione, si assicuri in ogni caso la predeterminazione d'un ragionevole limite di durata della detenzione preventiva. 9. -L'ordinanza del giudice istruttore del tribunale di Ascoli Pi<;~ no ha denunziato anche il contrasto fra l'art. 277, secondo comma, che esclude l'ammissibilit� della libert� provvisoria nei casi nei quali � obbligatoria l'emissione del mandato di cattura, e gli artt. 13, 27 e 111 della Costituzione. I principi esposti in questa sentenza a proposito dell'art. 253 c.p.p. e le statuizioni concernenti le disposizioni relative alla durata massima della detenzione preventiva dimostrano che la relativa questione sollevata in relazione al combinato disposto dell'art. 277 e degli artt. 253 e 375 -non � fondata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 67 -Pres. Brapca - Rel. Benedetti -Scalese (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Leggi, decreti e regolamenti -Regolamenti ministeriali -Leggi autorizzative anteriori alla Costituzione -Illegittimit� costituzionale Irrilevanza della questione. (Cost., art. 87~ 70 e 82, 25; t.u. 18 giugno 1931, n. 773, art. 63). � inammissib~le per manifesta irrilevanza la questione di legittimit� costituzionale deLl'art. 63 t.u. delle leggi di P. S. 18 giugno 1931, n. 773, nella parte in cui demanda al Ministro dell'Interno di stabilire norme regolamentari speciali per il trasporto di sostanze infiammabili, perch� l'eventuale dichiarazione di incostituzionaiit� non avrebbe inci:-: �'.; i:::: ~ PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 375 denza sull'atto regolamentare posto in essere anteriormente all'entrata in vigore della Costituzione (1). (Omissis), -1. -Con l'ordinanza di cui in epigrafe viene sollevata la qruest�one di legittimit� costituzionale dell'art. 63 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, approvata con r.d. 18 giugno 1931, n. 773�, nella parte in cui dispone ,che con un regolamento speciale da approvarsi con decreto del Ministro per l'interno saranno stabilite le norme d~ osservarsi per il trasporto delle sostanze presentanti pericolo di incendio. Riti.ene il pretore .che la delega della potest� regolamentare ad un ministro contenuta in detta norma -in virt� della �quale sarepbe poi stato emanato il regolamento approvato con d.m. 31 luglio 1934 sia in contrasto con l'art. '87, comma quinto, della Costituzione che prevede l'emanazione di regolamenti solo da parte del Presidente della Repubblica e con �gli altri precetti costituzionali (artt. 70 a 82) che disciplinano le fonti di produzione normat.iva senza far menzione dei ministri, nonch� con l'art.� 2.5, comma secondo,. che sancisce il principio secondo il quale solo la legge pu� validamente disporre in materia penale. Nel sollevare detta questione il pretore rileva che nel giudizio dinanzi ad esso pendente deve trovare applicazione un precetto penale contenuto nell'art. 78 lett. a, commi nono e decimo, del citato regolamento ministeriale 31 !ruglio 1934 e che tale precetto diverrebbe invalido e conseguentemente inapplicabile qualora fosse dichiarata l'incostituzionalit� dell'art, 63 della legge di pubblica sicurezza dal quale esso trarrebbe origine. 2. -Ad avviso della Corte la presente questione, al pari di altre analoghe precedentemente decise (sentenze nn. 73 del 1968 e 117 del 1969), � manifestamente irrilevante poich� l'eventuale dichiarazione di illegittimit� costituzionale della norma di legge denunciata non avrebbe alcuna conseguenza sulla validit� delle norme penali contenute nel regolamento del 1934 la cui trasgressione forma oggetto del giudiz.io vertente davanti al pretore. Sia la legge autorizzativa che il regolamento' in forza di essa emanato sono di epoca anteriore all'entrata in vigore della Costituzione, di tal che quand'anche la Corte, in ac;coglimento delle eccezioni for (1) La questione era stata proposta con ordinanza 31 ottobre 1968 del Pretore di Recanati (Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1969, n. 6). Le precedenti sentenze della Corte contenenti analoghe statuizione 27 gi.gno 1968, n. 73 e 8 lugl�o 1969, n. 117', sono pubblicate, rispettivamente, in Giur. cost., 1968, 1052, con note di PECORARO-ALBONI, Legge penale e rego lamento di polizia ferroviaria, e Fms, Norme anteriori e riserva di legge, ed in questa Rassegna, 1969, 709. 376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mulate, rit�nesse incostituzionale l'�rt. 63 della legge di pubblica sicurezza per essersi con esso conferito al Ministro per l'interno un potere normativo in 'violazione del sistema di competenze previsto dalla vigente Carta costituzionale, o con una ampiezza incompatibile col principio della riserva di legge in materia penale, gli effetti di siffatta pronuncia d'incostituzionalit� sopravvenuta potrebbero ricadere solo su atti che in virt� della stessa delega fossero stati emessi dopo l'entrata in vigore della Costituzione. Nessuna incidenza avrebbe, invece,, la dichiarazione d'incostituzionalit� sulla validit� di atti che -come il regolamento del 1934 -sono stati posti in essere in un momento anteriore a quello in cui la legge che ne autorizzava l'emanazione � divenuta incompatibile con i precetti della nuova Costituzione. (Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 maggfo 1969, n. 1811 -Pres. Tavolaro -Est. La Farina -P. M. Criscuoli (conf.) -I.N.P.S. (avv.ti Abati, Cannella e Lor�) c. Ciardo (avv.ti Trimi e Ventura). Competenza e giurisdizione -Enti pubblici -Legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti individuali -Competenza del Pretore -Non sussiste. La competenza funzionale, attribuita al pretore dall'art. () della legge n. 604 del 1966, in ordine alle controversie sull'applicazione della legge stessa, concerne le sole controversie attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario (ossia quelle relative ai rapporti di lavoro aei dipendenti da privati datori di lavoro o da enti pubblici economici); non riguarda invece le controversie riservate alla giurisdizione del giudice amministrativo, come quelle dei dipendenti da enti pubblici non economici (1). II CONSIGLIO DI STATO, Sez; VI, 14 novembre 1969, n. 714 -Pres. Lugo Est. Schinaia -Grandinetti (av.v. Fornario) c. C.N.E.N. (avv. Stato Freni). Competenza e giurisdizione -C.N.E.N. -Ente pubblico non economico Rapporto di impiego -Controversie -Giurisdizione del giudice amministrativo. Enti pubblici -Legge 15 luglio 1966 n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti individuali -Inapplicabilit�. Il Comitato Nazionale per �L'Energia Nucleare � un ente pubbLico non economico e pertanto� le controversie relative ai rapporti di impiego (1-3) Le due sentenze in �rassegna si integrano a vicenda. La sentenza delle Sezioni Unite (la cui motivazione pu� leggersi in Foro it., 1969, I, 2546), lasciando dichiaratamente impregiudicata la questione circa l'applicabilit� o non della legge n. 604 del 1966 ai rapporti di R.,.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei suoi dipendenti appartengono alla giurisdizione del giudice amministaritvo (2). La legge 15 luglio 1966 n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti individuali non si applica ai rapporti di impiego dei dipendenti da enti pubblici non economici (3). (Omissis). -Il secondo e terzo motivo del ricorso postulano che il rappo.rto di lavoro de quo sia soggetto alle disposizioni dettate dalla legge 15 luglio 1966, n. 604 (recante norme sui licenziamenti individuali) di alcune delle quali, artt. 1, 3 e 5, viene denunciata la violazione. Il Collegio preliminarmente deve verificare se le disposizioni suddette siano _!tpplicabili al rapporto di esame. L'assunto del ricorrente (il qu~le non contesta, m.a anzi invoca la giurisdizione di questo Consiglio) si basa al riguardo sul disposto dell'art. 1 dell'anzidetta legge, che f� riferimento al � rapporto di lavoro a tempo indeterminato, intercedente con datori di lavoro privati o con enti pubblici, ove la stabilit� non sia assicurata da norme di legge, di rego1: lamento e di contratto collettivo o individuale �. n Collegio per�, nonostante l'apparente ampiezza del dettato dalla i norma, riti�ne che la legge stessa non sia applicabile indiscriminatamente a tuttii rapporti di lavoro intercedenti �Con un Ente pubblico, a prescindere cio� dalla natura dell'attivit� da questo esercitata. Come � noto il sistema vigente, in tema di rapporto di lavoro, � imperni�to sulla fondamentale distinzione tra lavoro pubblico e privato, la quale rileva, sopratutto, sotto l'aspetto processuale, atteso che la cognizione delle controversie di lavoro privato spetta alla giurisdizione ordinaria, mentre quella delle controversie di lavoro pubblico compete alla giurisdizione amministrativa. Orbene, ~saminandosi pi� approfonditamente il citato articolo, la genericit� del rife:t;imento agli enti pubblici risulta in primo luogo delimitata dal con~emporaneo accostamento w.:~ lf~:~ �' "I impiego dei dipendenti da enti pubblici non econom1c1, riconosce la giu ~ risdizione del giudice amministrativo anche nelle controversie :nelle quali ~ ::::; venga dedotta la suddetta questione. � La elaborata e pregevole decisione del Consiglio di Stato fornisce � la ~iii compiuta dimostrazione... dell'inapplicabilit� della nuova disciplina sostanw ziale ai rapporti intercorrenti con enti pubblici non economici ., che le w Sezioni Unite, pur avvertendo come una siffatta dimostrazione avrebbe sem rt plificato il problema della portata dell'art. 6, terzo comma ( � non essendo concepibile che si ponga una cosi grave deroga alla giurisdizione per cate I 11'1gorie di diritti nemmeno astrattamente configurabili alla stregua della stessa legge, e dovendo, d'altra parte, far sussistere un giudice avente potest� r giurisdizionale a pronunciarsi sulla controversia, sia pul'e per negare il diritto �), avevano riservato: cio�, appunto al Consiglio di Stato. In argomento cfr. A. FRENI, Disciplina dei licenziamenti indh,idnali e rapporti di impiego dei dipendenti da enti pnbblici, in nota a Pret. Roma, Sez. Lav. 31 maggio 1968, n. 572, in questa Rassegna, 1968, I, 2546. I .Jr PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 379 ai rapporti di lavoro con datori privati. Ci�, oltre che significativo, � indicativo del rispetto di una stessa ratio nell'ambito del sistema: vale a dire che intanto sono stati accomunati ai rapporti di lavoro dei dipendenti da privati quelli dei dipenti da enti pubblici, in quanto questi ultimi avessero esercitato le stesse attivit� di carattere economico dei primi. D'altra parte, come � stato esattamente osservato dalla difesa dell'amministrazione, la legge in esame ha trovato il suo presupposto politico negli a�ccordi sindacali interconfederali sui licenziamenti, applicabili ai rapporti di )avoro privati e a quelli con gli enti pubblici economici. Non � poi inutile soggiungere, coordinandosi l'art. 1 ed il successivo art. 8, che la ragione della legge � stata quella di consentire un controllo giurisdizionale del potere di recesso dell'imprenditore. Per� la necessit� di introdurre un siffatto controllo rispetto �l rapporto di pubblico impiego a,nche rispetto ai rapporti privi di stabilit�, non sussisteva. Infatti su questo la giurisdizione del Consiglio di Stato, non limitata alla verifica del Consiglio di Stato, non limitata alla verifica della violazione di legge, ma estesa a quella dell'eccesso di potere in tutte le sue molteplici forme, ha sempre assicrurato una tutela pi� penetrante di quella accordata agli altri rapporti di lavoro, anche con quest'ultima legge. A queste considerazioni, che inducono a far ritenere che con la locuzione � enti rpubblici � il legislatore magis dixit quam voluit, soccorrono numerosi altri indici ricavabili dalla legge stessa. L'art. 2 della legge qualifica onnicomprensivamente imprenditori e i datori di lavoro privati e gli enti pubblici indicati nell'art. 1, locuzione questa che non pu� anche riferirsi agli enti .pubblici che non esercitino una attivit� economica. Contrastano inoltre con l'essenza stessa del pubblico impiego tanto le procedure conciliative prevedute dall'art. 7, quanto il riferimento alla salvezza delle �disposizioni di contratti collettivi e di accordi sindacali�, conteI11Uto nell'art. 12. A questi indici della voluntas legis si aggiunge un ulteriore argomento, che � decisivo, desumibile dall'art. 6 della stessa legge, il quale, all'ultimo comma, recita: � a conoscere delle controversie derivanti dall'applicazione della presente legge � competente il pretore�. Tale norma, si osserva, concerne chiaramente la competenza, poich� fissa un mero criterio di ripartizione dell� cause fra i vari giudici ordinari, in deroga a quello stabilito, in via generale in tema di controversie di lavoro dall'art. 434 �con riferimento al .successivo art. 429 c.p.c. Perci� essa norma presuppone, non contenendo il minimo accenno alla giurisdizione, che si tratti di controversie che gi� a�ppartenevano all'A.G.O.: vale a dire quelle relative ai rapporti privati di lavoro o a quelli dei dipendenti da enti pubblici economici. Infatti � impensabile che il legislatore abbia inteso sconvolgere radicalmente il sistema sopra delineato senza fare il minimo accenno alla =--..:� =--..:� mi':i2\fW;,JW.tgyw=���;w��~r�=:r1�:11'.?~'.'.tilft.--11t~~ .. :-: ~Aif"k�=-=:::.::-w.::::/~:::.::-;.;:::W:::~�.@"iill]:-..mf#A:-i::=.f;:::i;@-�.z::=w-.ffe".#""~::;:::x;::.:::;::A;:.;;:=..;~ :-: ~ !:='= I ~ ~ 380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. @ ~=~ f@ giurisdizione. Indicativo � in' proposito il disposto dell'art. 13 della legge ft 6 dicembre 1962, n. 1643, istitutiva dell'ENEL �con il quale, pure essendosi stabilito che i rapporti di lavoro posti in essere da detto Ente erano da qualificarsi come privati, si i� voluto ribadire, ad eliminare ogni equivoco, ponendosi perci� una norma sulla giurisdizione, che � in sede giurisdizionale la competenza a conoscere le relative controversie � attribuita all'autorit� giudiziario ordinaria�. Ritenuto perci� che la legge'in esame si riferisce solo agli Enti pubblici economici, resta da qualifi.care il rapporto in esame. I (.jNon v'� dubbio che il CNEN sia persona giuridica pubblica, poich� ~ cos� � espressamente qualificato dall'art. 1 della citata legge istitutiva; ~ cosi come � del pari indubbio che lo stesso Ente, attese le finalit� che w 00 ~=-:::: deve realizzare, analiticamente indicate nell'art. 2 della stessa legge (effettuare e promuovere studi e sperimentazioni, curandone l'opportuno I coordinamento, nel campo della fisica, della chimica, della matematica, ID: della biologia, della medicina e della ingegneria nucleare e relative 00 ~=] applicazioni, esercitare l'alta sorveglianza scientifica e tecnica sulle attif,'-� vit� connessa all'impiego delle materie simili speciali, all;i produzione IA I@ dell'energia nucleare, ecc...; esercitare il controllo e la vigilanza tecnica sulla costruzione e sull'esercizio degli impianti d� produzione dell'energia nucleare, ecc ... , di .,promuovere ed incoraggiare la preparazione tecnica di esperti in materia di energia nucleare, ecc ... : di dare parere e prestare collaborazione alle Amministrazioni dello Stato ecc., di mantenere e di l=:l:i sviluppare la collaborazione tecnico-scientifica con gli Enti internazionali e stranieri che operano nel campo nucleare), non esercita affatto una attivit� economica organizzata per la produzione di .beni o servizi, ma piuttosto, per quelli che .sono i riflessi dell'attivit� dell'Ente nel campo economico, assolve funzioni pubbliche autoritative. Perci� il rapporto di lavoro intel'corrente fra il CNEN e i suoi impiegati per la realizzazione dei suoi fini istituzionali, come quello in esame, ha carattere pubblicistico. Deriva quindi che, essendo inapplicabili al rapporto di c�i si discute le norme invocate dal ricorrente, le relative.doglianze, basate sulla loro �& violazione, debbono essere disattese. -(Omissis). .I m::~ CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 marzo 1970, n. 681 -Pres. t~ Flore -Est. Pratillo -P. M. Trotta (conf.) -Ministero Sanit� (avv. [i Stato Dallari) c. Boccolari Segolini Armando (avv. Amorth). Competenza e giurisdizione -.Diritti sanitari spettanti a veterinario ~ condotto -Natura -Lesione -Giurisdizione ordinaria -Sussistenza. b> t~~? I c. d. diritti sanitm�~, spettanti al veterinario condotto per la vigir ��� lanza da lui spjegata ex lege sui laboratori di carni preparate, costi ~ ::~ .. ~f ~~~~~~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 381 tuiscono un diritto soggettivo trattandosi di emolumenti connessi all'ufficio; pertanto, quando sia stato annullato, in sede di giustizia amministrativa, iL provvedimento prefettizio con il quale si sia disposta la sostituzione del veterinario, la giurisdizione a giudicare della lesione degli anzidetti diritti spetta al giudice ordinario (1). (Omissis). -Con il primo mezzo si" denuncia, in riferimento all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., la violazione dell'art. 242 del t.u. n. 1265 del 27 luglio 1934, in relazione agli articoli 57 e 60 del medesimo t.u. ed aglui artt. 5 e 50 del r.d. n. 3298 del 20 dicembre 1928. Si sostiene che quest'ultima norma ha lo scopo non di prbteggere, in modo immediato e diretto, l'inter,esse del veterinario comunale, sibbene di assicurare una facile e pronta vigilanza igienica sui laboratori di carni insaccate, e che un generale potere di direzione e di vigilanza al riguardo q riconosciuto al Prefetto dall'art. 60 del t.u. sulle leggi sanitarie. Nell'esercizio di tale potere il Prefetto di Modena aveva emessi i provvedimenti poi annullati per illegittimit� del Consiglio di Stato, facendo cos� cattivo uso del potere stesso in quanto aveva violate norme di azione amministrativa rivolte a tutelare, in modo diretto, un interesse generale; mentre la violazione degli interessi e�onomici del dott. Boccolari sarebbe soltanto una conseguenza riflessa dell'illegittimit� degli atti amministrativi. .Si aggiunge che neppure �nei confronti dell'autorit� statale di controllo la riscossione dei diritti di �certificazione da parte del veterinario comunale costituirebbe un diritto patrimoniale perfetto preclusivo del potere di controllo di quell'autorit�. la circostanza che una quota della tassa riscossa dal Comune debba essere devoLuta al veterinario a titolo di compenso non implicherebbe che gli introiti assumano carattere di emolumento gi� prima della loro riscossione; gli artt. �51 e 62 del t.u. n. 1265 del 1934 conferirebbero, in quanto regolano i rapporti tra Comune e veterinario, un diritto soggettivo di questo soltanto nell'ambito del rapporto .di pubblico impiego, non direttamente tutelato nei confronti con i terzi. Tali norme non stabilirebbero, dunque, un particolare rapporto di immediatezza tra la funzione svolta dal veterinariQ comunale e l'interesse patrimoniale a percepire il compenso. Con il secondo mezzo si lamenta, in riferimento agli artt. 360 n. 3, 374 c.p.c., la violazione degli artt. 19 e 338 del t.u. n. 383 del 3 marzo 1934. Posto che l'atto lesivo dell'interesse del dott. Boccolari sarebbe (1) Sulla prima parte della massima v. in senso conforme Cons. Stato, Sez. V, 26 gennaio 1963, n. 28, Il Consiglio di Stato, 1963, 41; cos� pure -ma limitatamente agli emolumenti percepiti dai veterinari per le� visite effettuate nel solo interesset privato -Cons. Stato, Sez. V, 27 settembre 1958, n. 735, Il Consiglio di Stato, 1958, 992. Nulla in termini, a quanto ~onsta, sulla seconda parte della massima. 382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la delibera del Commissario prefettizio in data 12 novembre 1948 (che � .stata dal veterinario, infatti, impugnata) si sostiene che tale atto, promanante da un'amministrazione straordinario del Oomune, era a questo riferibile, cosicch� della sua illegittimit� sarebbe responsabile lo stesso Comune, a nulla rilevando che questo, attraverso i suoi organi ordinari, abbia fatto annullare i provvedimenti viziati. Pertanto l'attore avrebbe dovuto rivolgersi non contro il Ministro della Sanit�, sibbene contro il Comune (salvi i diritti di rivalsa di quest'ultimo verso l'amministrazione .centrale per la nomina illegittima di un amministratore straordinario al Comune). Il ricorso � infondato. Innanzi tutto l'art. 50 del regofamento n. 32'98 del 20 dicembre 1928 stabilisce che i lavoratori di carni insaccate, salate o comunque preparate debbono funzionare sotto la vigilanza del veterinario comu,nale (sottoposto al controllo del veterinario provinciale: art. 26 del t.u. delle leggi sanitarie n. 1265 del 27 luglio 1934). Trattasi di norma specifica rispetto l'art. 2.42 del t.u. n. 1265 del 1934, il quale dispone, genericamente, doversi sottoporre a vigila:D?a, per la tutela della sanit� pubblica, la produzione e il commerdo di sostanze alimentari, mediante ispezioni e visite ai locali �dove avvengono le menzionate attivit� relative alle sostanze suddette; mentre nessuna disposizione di legge prevede che il servizio di cui al suddetto art. 50 venga affidato a veterinari liberi professionisti, appositamente designati. Il Prefetto ha soltanto (art. 60 t.u. cit.) la facolt� di provvedere al servizio di assistenza e vigilanza veterinaria nei Comuni, nei quali non possa essere altrimenti assicu;rato con le norme dell'art. 57 del t.u., incaricandone, per il tempo strettamente necessario,. uno o pi� veterinari condotti o liberi professionisti. Si tratta, dunque, di un intervento transitorio, consentito spio in determinate circostanze che, nel caso concreto, � pacifico, non ricorrevano, come risulta dalla decisione del Consiglio di Stato innanzi accennata. La riprova � data dall'art. 7 del d.P. n. 264 oell'll febbraio 1961 (che ha modificato l'art. 50 del regol. n. 3298 del 1928), sulla � disciplina dei servizi e degli organi che esercitano la loro attivit� nel campo dell'igiene e della sanit� pubblica � (non applicabile alla fattispecie) secondo il quale soltanto per gli stabilimenti di produzione di carni lavorate destinate all'esportazione I servizio di vigilanza e d'ispezione veterinaria pu� essere affidata, dal Ministro della Sanit�, a veterinari provinciali o liberi professionisti che abbano �determinati requisiti; riconfermandosi (art. 6) che solo in caso di riconosciuta necessit� pu� provvedersi alla nomina di veterinari coadiutori, non condotti, per la vigilanza e l'ispezione su stabilimenti che non esportano i loro prodotti. Del resto ogni consider�zione � superflua perch� non pu�, ormai comunque discutersi sull'illegittimit� del decreto prefettizio. del 1� settembre 1948, data la decisione del Consiglio di Stato n. 976 del 21 giugno 1962 -in conformit� a prin PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 383 cipio altra volta enunciato (decis. n. 880 del 15 luglio 1950) secondo oui il servizio di cui si discute � di �competenza del veterinario comunale � -afferm�ndo che, nel caso di specie, il Prefetto non poteva far uso, in quanto non ne ricorrevano gli estremi, del potere straordinario concessogli dall'art. 60 del t.u. n. 1285 del 1934, cosicch�, illegittimamente, al veterinario .condotto dott. Boccolari era stato inibito un servizio, inerente al suo ufficio, espUcitamente commessogli dalla onde l'anullamento dei decreti pref~ttizi e del provvedimento del commissario prefettizio. Tuttavia � notd (cfr. Sez. Un. sent. n. 1109 del 3 maggio 1966) che, in tema di atti amministrativi illegittimi, per la proponibilit� contro la pubblica amministrazione dell'azione di risarcimento dei danni non � sufficiente che il giudice amministrativo abbia annullato l'atto, ma � necessario che questo abbia inciso .su posizioni, in origine, costituenti diritto soggettivo. Senonch�, nel �caso di specie, -ed ha finito ,per convenirne, in udienza, lo stesso Avvocato dello Stato -non pu� mettersi in dubbio che i c.d. diritti sanitari, spetanti al veterinario condotto per la vigilanza da lui spiegata ex lege sui laboratori di carni preparate, costituiscano un diritto soggettivo, trattandosi di emolumenti connessi all'ufficio. Invero gli artt. 67 e 62 del t.u. n. 1285 del 1934 stabiliscono che, per il rilascio dei certificati �Concernenti gli accertamenti che le vigenti disposizioni demandano al veterinario condotto, � dovuto al Comune un compenso a carico dei richiedenti, quando tali certificati sono domandati nell'esclusivo interesse privato, e che sulle somme cos� riscosse il 50 % � devoluto al veterinario condotto: tuttavia tale quota non pu� superare, durante l'anno, la met� dell'ammontare anuo dello stipendio, esclusa dal computo qualsiasi indennit� accessoria. Una retribuzione, dunque, collegata allo stipendio, dovuta in una predeterminata misura per �l'espletamento di attivit� connessa all'ufficio: non una elargizione discrezionale del Comune. In tal senso, peraltro, si � gi� pronunciato il Consiglio di Stato, Sez. V (dee. n. 735 del 27 settembre 1958) affermando che i veterinari condotti hanno � diritto � a percepire, ed in misura intera, gli emolumenti relativi alle visite effettuate nel solo interesse privato, e che (dee. n. 28 del 26 gennaio 1963, sez. V) si tratta di accessori dello stipendio e della stessa natura di questo. Tuttavia, se gli atti amministrativi del :Prefetto e del commissario prefettizio, fossero stati emessi sull'esercizio legittimo del potere amministrativo, il dott. Boccolari non avrebbe avuto di che dolersi, perch� questo suo particolare diritto sarebbe stato affievolito. Ma come )li � detto, l'atto fu annullato perch� illegittimo: ~osicch� il diritto del Boecolari si � riespanso nella sua pienezza. N� si pu� dire, come adombra l'Amministrazione ricorrente, che si tratterebbe, comune, di rapporto 384 R�SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di pubblico impiego, sicch� la �Competenza giurisdizionale a giudicare dalla lesione del diritto, spetterebbe pur -sempre al giudice amministrativo: il rapporto di impiego sussisteva con il Comune, mentre l'atto lesivo provenne dall'Alto Commissario per la Sanit�, cio� da u.n terzo. Quindi la causa petendi. della pretesa fatta valere in giudizio non ha la sua radice nel rapporto di pubblico impiego. Infatti (cfr. Sez. un., sent. n. 223-0 del 28 luglio 1962) va negata la giurisdizione del giudice amministrativo allorch'�i la pretesa dedotta in giudizio trova nel rapporto. d'impiego pubblico soltanto la sua occasione. � Convinto, probabilmente, di ci�, lAvvocato dello Stato in udienza ha accentrato la discussione sul secondo mezzo, cio� sul difetto.��di legittimazione ,passiva del Ministero della Sanit� (il Comune, secondo tale tesi, dovrebbe pagare due volte, a due distinti veterinari, gli stessi �emolumenti, salvo rivalsa verso il Ministro suddetto). Senonch� deve sottolinearsi che il Prefetto di Modena non si limit�, con il suo decreto del 1� settembre 1948, ad aggiungere, genericamente, al Comune di Castelnuovo Rangone di provvedere, come per legge, alla vigilanza sullo stabilimento Vellani di �produzione di carni suine lavorat�, ma specific� �Che detta vigilanza doveva .essere esercitata non dal veterinario condotto (come :Rer legge), sibbene da un veterinario libero professionista, da lui direttamente' designato nel dott. Bonfiglio Corsini. Inoltre che ,essendosi a ci� �il Comune rifiutato, impu~ gnando per illegittimit� il decreto prefettizio, innanzi il Consiglio di Stato, il Prefetto, con altro decreto dell'll novembre 1948, nomin� al Comune un Commissario prefettizio all'unico scopo di d�re esecuzione al suo decreto procedente, cio� esclusivamente per nominare il dottor Corsini a veterinario incaricato della vigilanza sul laboratorio Vellani. Ma l'argomento si risolve in un mero sofisma. L'atto del Commissario prefettizio fu annullafo perch� la nomina di questo aveva inv�so la sfera dei poteri spettanti agli organi normali del Comune. Con tale premessa diventava impossibile importare al Comune l'atto del Commissario. Del resto,� il provvedimento del Commissario prefettizio, in data 12 novembre 1948, fu soltanto la causa ultima ed indiretta della sottra zione del servizio di vigilanza al dott. Boccolari (che lo impugn�), e servi semplicemente a determinare la data in cui il veterinario con dotto venne illegalmente esonerato dall'incarico che gli competeva, in quanto il provvedimento stesso, pur emesso per conto del Comune non lo fu anche in suo nome: fu il mezzo necessario e indispensabile al Prefetto per attuare la sua volont� manifestata con i suoi decreti, tant'� che fu un atto amministrativo isolato, che non si inseriva, cio�, in un'attivit� amministrativa del Comune espletata dal Commissario 'pre fettizio. Invero, se l'ente territoriale aveva reagito al decreto prefettizio del 1� settembre 1948 rifiutandone l'esecuzione -onde il controllo ,j: �0110wtMf~&;mmm;r;:rnmri101m1mmm@r01m11=rnr:En1mm=mrnr;rrr:mmrnmmm1110@1mwtrwrw1wI1rnm@~1;rfm11wm@IWf:1m:;f~m~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI G�URISDIZIONE 385 sostitutivo -e l'impugn� (come, poi, quello dell'll novembre 1948) innanzi il Consiglio di Stato, perch� ledeva la sua autonomia in materia di servizi veterinari, anche se non gli produceva danno patrimoniale alcuno., ovviamente il CommissariQ prefettizio, . nel provvedere, non manifest� la volont� del Comune di esonerare il dott. Boccolari dal servizio di vigilanza che gli competeva per sostituirlo �con il libero professionista dott. Corsini, sibbene mani~est� soltanto la vol�nt� del Prefetto, onde gli effetti dell'illegittimit� del provvedimento non potevano riversarsi sul Comune, sibbene, e tutti, su �chi aveva effettivamente voluto il provvedimento stesso e ne aveva imposto l'esecuzione, cio� sul Prefetto, quindi sul Ministro della Sanit�. Ne consegue che� il dott. Boccolari non poteva convenire in giudizio il Comune per il risarcimento del danno subito a �causa della lesione di un suo diritto sog. gettivo, perch� il ,danno trovava la sua causa, diretta ed immediata, tutt'intera, negli atti .amministrativi illegittimi del Prefetto, dai quali n Comune fu apertamente dissenziente e contro i quali, infatti, reag�, in modo da sottrarsi alle conseguenti responsabilit�. In conclusione i decreti prefettizi cumulavano in s� le due qualifiche di illegittimit� -in quanto invadevano arbitrariamente la sfera di autonomia del Comune privandolo, pur non ricorrendone gli estremi, di un servizio veterinario che il Comune stesso doveva svolgere direttamente, per legge I e di illiceit� -in quanto sottraevano contestualmente al dott. Boccolari i benefici patrimoniali direttamente derivanti da un'attivit� di servizio a lui riservata dalla legge per essere veterinario �condotto di ruolo. I decreti prefettizi, dunque, violavano essi, in via diretta ed immediata, il diritto sog.gettivo del dott. Boccolari, poich� la p;ronuncia del Consiglio di Stato esclude ch'essi potessero incidere su di esso e sacrificarlo. Ma in tal caso a1la �declaratoria d'illegittimit� degli 'atti amministrativi ben pu� seguire la condanna al risarcimento del danno da parte del giudice ordinario ' (cfr. Cass., sent. n. 1217 del 15 aprile 1958). ~Omissis). ~ . ~ .�� ..�� � WfA JA.� '.gf.�fu})iffe.':%~,w .. ~ . .::::.-.~t.WYJ'il.w%if0 rw�fFf[Q=f;Wf&fifilWf'.~?J#.JJtff.eA ili ~/. . �. % WAU.tf.-6..J W.::#'.dmWd..W.& .-rN& x.... 'P-" .X. X l��2 -��x�� -==i�V-�'''x��----., ' , l l i ' ----. ~ //.j 'l��m ~ t:m 1':~ ~...... SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 22 giugno 1968, n. 2102 -Pres. Marletti -Est. Bartolomei -P. M. Sdarraffi.a (conf.) -Vagnetti (avv. Pizzicannella e Carbone) c. E.N.P.A.S. (avv. Di Gobbi e I Rossi). Previdenza e assistenza -ENPAS -Malattia dell'assistito -Surroga -1; zione legale verso il terzo responsabile -Sussistenza. m ~~ (:j; L'E.N.P.A.S., come ente assicuratore, per le prestazioni erogate jdM all'assistito in dipendenza di .malattia cagionata dall'altrui fatto illecito, � surrogato nei diritti dell'assistito verso i terzi responsabili (1). (Omissis). -Il Tribunale ritenne che l'E.N.P.A.S., avendo indennizzato il dipendente statale da esso assistito� (Angelo Agosti), rimborsandogli l'accennata somma di danaro, da lui erogata per pagare le prestazioni sanitarie, di cui aveva avuto bisogno, a seguito dell'incidente stradale subito per colpa del Vognetti, si fosse surrogato, ai sensi dell'art. 1916, e.e., nel diritto dell'assicurato �l risarcimento d�l danno sofferto nei confronti del responsabile dell'evento dannoso. Conseguen-. temente� statul che l'E.N.P.A.S. potesse pretendere, in via di surrogazione, ex art. 1916, dal Vagnetti, quale responsabile dell'evento dannoso, il rimborso della somma in danaro, versata al proprio assistito, a titolo di indennit� risarcitoria. I m ' .. I w " (1) La sentenza pu� leggersi in Foro it. 1968, I; 2500. Si ritiene utile ' . riprodurre la massima pe�r segnalare l'importanza che rivestono sia la qua- , lificazione dell'E.N.P.A.S. come ente assicuratore sia il riconoscimento <ti all'E.N.P.A.S. del diritto di surrogazione ex art. 1916 cod. civ. per le pre"-"' stazioni erogate all'assistito-assicurato in dipendenza di malattia originata dall'aultrui fatti illeciti. ti da notare che negli -stessi sensi la giurisprudenza 'ii' :;:;: si era da tempo e ripetuttamente pronunciata con riguardo ad altri enti che i' ~ gestiscono analoghe forme di assicurazione sociale di malattia. In arg. cfr. t:�:: CHIAPPELLI, L'assicurazione sociale di malattia, pag. 129, Milano, Giuffr� 1964. Tuttavia per l'E.N.P.A.S. permanevano dubbi (sui quali cfr. CHIAPPELLI, op. cit., pag. 315) in considerazione della disposizione dell'art. 13, secondo comma, r.d. 26 luglio 1952, n. 917. Di qui il particolare interesse della sentenza in esame, che fornisce il .necessario chiarimento. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 387 Con una prima censura del terzo mezzo, avente carattere preliminare, si sostiene che l'E.N.P.A.S. non sia un ente assicuratore, avendo compiti meramente assistenziali, e che perci� esso non possa beneficiare del diritto di surrogazione, previsto dall'art. 19'16 e.e. unicamente a favore degli assicuratori. Si censura, di conseguenza, il Tribunale per avere ritenuto che l'ente, avendo indennizzato il proprio assistito, per risarcirlo delle conseguenze dannose del patito infortunio, potesse al medesimo surrogarsi, ex art. 1916, nella pretesa risarcitoria da lui vantata verso l'autore del danno. Ci� premesso, � da notare che la legge .istitutiva dell'E.N.P.A.S. 19 gennaio 1942, n. 22 stabilisce un sistema previdenziale ed assistenziale a favore dei �personali civili, compresi i salariati, dipendenti dalle amministrazioni dello Stato e dalle aziende autonome statali� (art. 3 lett. a della le.gge, ribadito dall'art. 4 del d.l. 12 febbraio 1948, n. 147): sistema esteso a benefi.cio dei familiari dei predetti dipendenti nonch� ai pensionati dello Stato (leggi 30 ottobre 1953, n. 841 e 29 novembre 1957, n. 1177). Agli assistiti dell'Ente le prestazioni indennitarie, nei modi e nei limiti precisati da un complesso di norme, sono dovute, giusta l'art. 5 comma 1� della legge istitutiva, per il caso di malattia di durata superiore ai cinque giorni, la quale �richieda l'assistenza medico-chirurgica o la somministrazione di mezzi terapeutici�. Per l'attuazione del piano previdenziale un complesso di disposizioni legislative (d.l. n. 722 del 1945, 1. n. 747 del 195�2, 1. n. 841 del 1953, d.P.R. n. 19 del 1956) disciplina il finanziamento dell'ente mediante contributi pecuniari, gravanti sia sulla Pubblica Amministrazione sia sugli stipendi e sulle pensioni dei beneficiari, i quali versano le dovute contribuzioni in via indiretta, attraverso trattenute di aliquote dei loro emolumenti da parte dello Stato, che provvede a rimetterle all'Istituto. Cosi sommariamente tracciata, nelle sole linee fondamentali, che interessano la causa, la normativa della soggetta materia, non pare dubbio che tra l'E.N.P.A.S. ed i suoi assistiti si costituisce, ope legis, un rapporto di natura prettamente assicurativa, come rileva la presenza dei due elementi caratterizzanti.di simile configurazione negoziale, quali sono il rischio ed il premio. Invero il rischio, cio� l'evento protetto dal sistema previdenziale, � da ravvisarsi nella malattia del beneficiario dell'assistenza dell'E.N.P.A.S., che gli d� diritto di pretendere la prestazione assistenziale dell'Ente prevista dalla legge. D'altro �Canto il premio, cio� il corrispettivo della prestazione assistenziale, � costituito dai contributi pecun~ari, da cui l'Istituto viene finanziato per poter assolvere ai suoi compiti previdenziali. Deve pertanto ritenersi che l'E.N.P.A.S. non esaurisca la propria funzione in una attivit� di mera assistenza o beneficenza (che caratterizza, ad esempio, gli E.C.A., gli orfanofrofi, i brefotrofi, ecc.), ma che possa essere inquadrato fra gli Istituti, i quali esercitano l'assicurazione s .. ~ILl411llllflr�JmFLd�!WBLf'ffe'Jil1NIWl~~l~d�!WJfflFA?j 388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEL.LO STATO sociale, anche se le sue prestazioni previdenziali possano risultare di misura. ridotta rispetto a quelle dei maggiori Enti del genere (quali, ad es. l'I.N.P.S. o l'I.N.A.I.L.). Sicch� l'E.N.P.A.S., come Ente assicuratore, qualora abbia indennizzato un proprio assicurato, rimborsandogli la spesa da lui� erogata, per pagare prestazioni sanitarie necessitate dallo stato d'infermit� derivatogli dall'altrui fatto illecito, ha diritto di surrogarsi, ai sensi dell'art. 1916 e.e., nella pretesa risarcitoria vantata dall'assicurato medesimo verso il responsabile dell'evento dannoso, allo scopo di ripetere da quest'ultimo la somma di danaro corrisposta a titolo d'indennit� assicurativa. Replica tuttavia il ricorrente che la possibilit� dell'E.N.P.A.S. di surrogarsi, nel caso .concreto, nei diritti dell'assicurato danneggiato, contro l'aut�re del danno, ai sensi dell'art. 1916 e.e., sarebbe preclusa dall'art. 13 comma 3� del r.d. 26 luglio 1942, n.. 917, che approva H regolamento di esecuzione della legge istitutiva, in virt� del quale �nei casi in cui l'assistito abbia diritto ad indennizzo da parte di terzi, . � infacolt� dell'Ente di concedere l'assistenza, a condizione che l'assistito stesso assuma l'obbligo di rimborsarlo nei limiti delle somme eventualmente recurperate per il medesimo titolo�. Se1::ondo il Vagnetti, nell'ipotesi prevista dalla richiamata norma regolamentare (ricorrente, a suo dire, nella fattispecie), l'Ente potrebbe pretendere soltanto dall'assicurato il rimborso dell'indennizzo versatogli, onde gli sarebbe preclusa la possibilit� di far valere la stessa pretesa, in via surrogatoria, verso il soggetto tenuto a risarcire l'assicurato medesimo del danno arrecatogli. Senonch�, alla stregua de1 chiaro disp:osto regolamentare, l'obbligo . dell'assicurato di rimborsare l'Ente dell'indennizzo ricevuto sorge unicamente � nell'eventualit� che egli abbia ottenuto dal terzo, autore del danno indennizzatogli dall'Istituto, il risarcimento del pregiudizio economico sofferto, ed � �contenuto nei limiti del risarcimento conseguito. Se perci� l'assistito, il quale abbia beneficiato della prestazione previdenziale dell'E.N.P.A.S., nulla abbia ottenuto, a titolo risarcitorio, dal responsabile del ,danno indennizzato (come nella specie), non sorge il suo obbligo di rimborsare l'Ente dell'indennit� ricevuta. Non pu� essere perci�, in tal caso (in concreto verificatori), addotto dal responsabile del danno indennizzato, l'obbligo dell'assicurato di rimborsare l'Ente dell'indennit� ricevuta, come fatto g!uridico preclusivo del diritto dell'Istituto assicuratore di far valere, in via di surrogazione, ai sensi del menzionato art. 1916, la ipretesa risarcitoria spettante al suo assistito nei confronti del danneggiante. Rettamente, dunque, il Tribunale ritenne che l'E.N.P.A.S., avendo eseguito la prestazione indennitaria a favore del dipendente statale, danneggiato, �nella incolumit� fisica, dal fatto illecito del Vagnetti (odierno ricorrente) potesse agire verso costui, per conseguire il re- l�. r-::: tL r f} 11:1: liJ~ -__.,.,,~~---~ PARTE I, SEZ. llI, GIURISPRUDENZA CIVILE cupero della somma corrisposta all'assicurato, a titolo d'indennizzo, surrogandosi, ez art, 1916, nei diritti dell'assicurato stesso verso il danneg.gfante. Con ulteriore censura del terzo mezzo (che rinnova ed amplifica quella gi� esposta nel secondo motivo, che va perci� congiuntamente esaminato) il ricorrente si duoie che il Tribunale non abbia esaminato la tesi difensiva, prospettata dal resistente Istituto a sostegno della spiegata azione di pagamento, nel senso che il dipendente statale infortunato, fa corrispettivo della prestazione indennitaria dell'Ente, gli avrebbe ceduto il credito da lui vantato, a titolo risarcitorio, verso il Vagnetti, quale responsabile dell'evento dannoso. Se tale sistema difensivo dell'E.N.P.A.S. fosse stato esaminato dal Tribunale, i giudici a�appello, a dire del ricorrente, non avrebbero potuto ritenere che, in virt� del predetto giudicato penale (che condann� il Vagnetti, oltre che alla pena per il reato di lesioni colpose, al .risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede, a favore dell'Agosti, costituitosi parte civile), il diritto, fatto valere nel presente giudizio dall'Istituto a titolo risarcitorio, fosse soggetto alla prescrizione lunga (decennale), di cui all'art. 2953 �e.e., anzich� alla prescrizione breve (biennale) prevista dal precedente art. 2947 comma 2�. Ci� perch�, secondo n Vagnetti, essendo stata la cessione del credito, dall'Agosti dall'E.N.P.A,S., stipulata prima, dell'instaurazione del processo penale (onde l'Ente non aveva potuto costituirsi parte .civile), il �credito ceduto, attualmente azionato dall'Istituto, dovrebbe considerarsi soggetto, nonostante il sopravvenuto giudicato penale, alla prescrizione breve. Sicch� il Tribunale, ad avviso del ricorrente, ove non avesse trascurato l'esame della predetta tesi difensiva dell'E.N.P.A.S., avrE:lbbe dovuto dichiarare prescritta, in luogo di accoglierla, l'azione risarcitoria spiegata dall'Ente, dato che la prescrizione breve si era gi� compiuta al momento della citazione introduttiva della lite. In proposito � da notare �Che la denunziata sentenza, avendo accolto l'azione di pagamento spiegata dall'E.N.P.A.S., sotto il profilo della surrogazione dell'Ente, ex art, 1916 precitato, nei diritti dell'assicurato verso l'autore del danno, non esamin� (ritenendolo evidentemente, bench� implicitamente assorbito) l'ulteriore profilo giuridico,. prospettato dall'Istituto a fondamento della proposta azione, nel senso che esso si fosse reso cessionario della pretesa risarcitoria, vantata da_l dipendente statale indennizzato nei confronti del Vagnetti, quale responsabile dell'evento dannoso. Tale essendo la situazione processuale, deve escludersi che il ricorrente sia legittimato a proporre l'esposta censura. Dato, infatti, che il necessario presupposto processuale della legittimazione a proporre un gravame � la soccombenza, � da escludersi che una parte sia legittimata ad impugnare la sentenza, sotto l'aspetto 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del v1z10 di attivit� (carne fa il ricorrente), per non aver esaminato un sistema difensivo prospettato dalla controparte (nella specie, dall'E. N.P.A.S.), no.n essendo, a tal riguardo, ovviamente configurabile una soccombenza dell'impugnante. N� pu� dirsi che il Tribunale abbia errato nel ritenere soggetta alla prescrizione lunga, anzich� a quella breve, l'azione spiegata dall'E. N.P.A.S., in surrogazione dell'assicurato, ai sensi dell'art. 1916 e.e. Invero il diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli, soggetto, ai sensi dell'art. 2947 comma 2� e.e., alla breve prescrizione biennale, viene a beneficiare della lunga prescrizione decennale, giusta il successivo art. 2953. allorch� sia stato riconosciuto da sentenza di condanna generica, pass!'lta in giudicato che pu� essere pronunciata, a �carico del responsabile dell'evento dannoso, o nel giudizio dvile, promosso .contro di lui, dal danneggiato, �oppure nel processo penale, instaurato contro il medesimo, qualora il danneggiato si sia costituito parte civile per conseguire la riparazione del pregiudizio economico sofferto. Non v'ha ;perci� dubbio �che, essendo stato il Vagnetti condannato, nel predetto processo penale -oltre che alla pena per il reato ascrittogli di lesioni colpose -al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, a favore dell'Agosti, costituitosi parte civile, il diritto di �Costui alla liquidazione dei danni sia presc~ittibile, in virt� della cosa giudicata, non in due ma Jn dieci anni. D'altro canto la s.rrogazione dell'assicuratore, che abbia pagato l'indennit� all'assicurato, colpito da un evento. dannoso, nella posizione giuridica di costui verso il danneggiante, a mente del menzionato art. 1916, si risolve in una peculiare forma di successione a titolo particolare nel diritto di credito alla prestazione risarcitoria, spettante all'assicurato nei �confronti dell'autore del danno: nel senso che l'assicuratore viene ad essere, in via surrogatoria, legittimato ad esercitare, contro il responsabile dell'evento dannoso, lo stesso diritto, che avrebbe potuto far valere l'assicurato qualora egli non gli avesse corrisposto l'indennizzo. Pertanto se, per effetto del giudicato penale, recante la condanna generica del danneggiante al risarcimento dei danni verso l'assicurato, costituitosi parte civile, il diritto di costui alla prestazione risarcitoria, da liq.idare, ,gi� soggetto a prescrizione breve, viene a beneficiare, ex art. 29�53 e.e., della prescrizione lunga, non pu� non fruire dell'analoga prescrizione l'assicuratore, nell'esperimento della azione surrogatoria, prevista dall'art. 1916, esercitando egli, contro il responsabile dell'evento dannoso, lo stesso diritto originariamente �spettante all'assicurato (Cass. n. 421 del 19 7). Esattamente, dunque, il Tribunale ritenne che l'azione, esperita dall'E.N.P.A.S. �contro il Vagnetti, in surrogazione del dipendente statale indennizzato, fosse soggetta non alla prescrizione biennale ma a quella PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 391 decennale, escludendo, di conseguenza, che il decorso del termine prescrizionale, iniziato dalla data del giudicato penale (22 gennaio 1959), potesse essersi compiuto alla data della citazione introduttiva della lite (25 novembre 1961). Pertanto � palese l'infondatezza del secondo e del terzo mezzo, congiuntamente esaminati. N� .pu�, d'altro canto, consentirsi con l'assunto del ricorrente (.primo mezzo) che la denunziata sentenza sia incorsa nel vizio dell'ultrapctiziOne per il fatto che, mentre l'E.N.P.A.S. �chiese U rigetto p.ell'eccezione di prescrizione della domanda, sollevata dal Vagnetti, richiamandosi all'art. 2947 ult. comma e.e. (come si rileva dalla suesposta narrativa), i giudici d'appello rigettarono l'eccezione in applicazione del successivo art. 2953, cio� sul riflesso clie il diritto dell'infortunato dipendente statale al risarcimento �dei danni nei confronti del Vagnetti, esercitato dall'Ente in via surrogatoria, potesse fruire, in,vl.rt� del predetto giudicato penale, della prescrizione lunga. In proposito � da notare che, alla stregua dell'ius receptum, il vizio di ultrapetizione � conf�guraj;>ile solo quando la pronunzia giudiziale trascenda i limiti oggettivi della controversia, quali risultano dalle contrapposte domande ed eccezioni delle parti, ma non quando il giudice, contenendo l'adottata decisione entro tali limiti, ponga a base del provvedimento ragioni giuridiche diverse da quelle prospettate dalle parti, da lui ritenute erronee, nell'esercizio del potere-dovere di fare esatta applicazione della legge al caso concreto. Sicch� il Tribunale. avendo deciso la controversia senza esorbitare dai suoi limiti oggettivi (il che non si contesta), non incorse nel lamentato errore procedurale per aver rigettato l'eccezione di prescrizione sotto un profilo giuridico diverso da quello prospettato dall'E.N.P.A.S., con conseguente applicazione al caso concreto di una norma diversa da quella invocata dall'Istituto. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 265 -Pres. Vinci-Orlando -Est. Minerbi -P. M. _Antoci (conf.) -Iacono Caruso (avv. Fulci) c. Azienda F. S. (avv. Stato De Francisci). Responsabilit� civile -Risarcimento del danno -Costituzione �di rendita vitalizia -PJ,"incipio nominalistico. (e.e. artt. 1277, 2057). In tema di responsabilit� civile da illecito l'obbligo del risarcimento del danno, che d� luogo ad un debito di valore, si converte con la sentenza definitiva di liquidazione in obbligazione pecuniaria assoggettata 392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al principio nominalistico, anche nel caso che sia stata costituita una rendita vitalizia a favore dell'infortunato (1). (Omissis). -Denunziando 1a violazione e l'errata interpretazione ed applicazione degli artt. 2.057, 2058, 1277, 2909 �e.e., 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p,c., la ricorrente censura la sentenza impugnata: 1) per avere' negato la rivalutazione della rendita vitalizia in base al presupposto, non pacifico in dottrina e in giurisprudenza, secondo �cui la liquidaz�one dei danni, compiuta con sentenza passata in giudicato, converte il credito di risarcimento in credito di valuta, assoggettato al principio nominalistico e quindi insensibile alla svalutazione monetaria, e per aver mancato di considerare che, nell'ipotesi di aggravamento del danno, � legittima una seconda domanda di liquidazione, in quanto, costituendo il danno ulteriore un diverso petitum, la revisione non trova ostacolo nell'ec�cezione di cosa giudicata; 2) per essersi la Corte di merito limitato a stabilire un rapporto di equivalenza tra il bene perduto (lucro cessante) e la moneta, mentre ufficio del giudice � di dirimere la controversia, adeguando il risarcimento alla completa realizzazione del diritto offeso; 3) ,per aver omesso di considerare che il giudicato non pu� spiegare i .suoi effetti in presenza di fatti sopravvenuti e imprevedibili (nella specie, il mutato costo della vita, gli aumenti di stipendio e delle pensioni degli insegnanti); 4) per aver disatteso il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, per aver ritenuto domande nuove le richieste di pagamento , di tutte le indennit� attribuite con provvedimenti legislativi agli im-' piegati, nonch� l'istanza di corresponsione della pensione di maestra elementare. . (1) Giurisprudenza pacifica; cfr. Cass. 15 ottobre 1963, n. 2765; Cass. 12 giugno 1958, n. 1964, Riv. circ. e trasp., 1958, n. 703; Cass. 23 gennaio 1958, n. 155; Cass. 27 giugno 1953, 'n. 1988. In ordine alla rivalutazione delle rendite vitalizie ai sensi della I. 24 febbraio 1953, n. 90, di cui in motivazione, cfr. Cass. 2 settembre 1963, n. 2412, Gist. civ., 1963, I, 2300; Cass. 22 maggio 1963, n. 1346, ibidem. 1834. Sul principio che in tema di responsabilit� aquilana, seppure l'obbligo del risarcimento si estende a tutto il danno, purch� collegato con nesso di causalit� al fatto lesivo, tuttavia � bene ammissibile una seconda domanda di liquidazione nel caso di ulteriore aggravamento conseguente al fatto originario ma di cui non si sia potuto tener conto al momento della prima liquidazione (cfr. Cass. 31 luglio 1948, n. 1325; 19 aprile 1955, n. 1087, Riv. circ. e trasp.; 1955, 1457). � In ordine al giudicato in tema di alimenti, limitato di contro alla situazione di fatto esistente al momento della pronunzia, di talch� il suo effetto preclusivo non impedisce il riesame della situazione cosi da consentire di . variare ed eventualmente elidere il debito alimentare cfr. Cass. 17 giugno 1953, n. 1797, Giur. it., 1954, I, 772 con nota di E. FAVARA; cfr. altresi Cass. 28 giugno 1961, 'Il. 1562, Giust. civ., 1961, I, 2095. ':::: PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 393 Il ricorso non pu� essere accolto. A sostegno del gravame, la ricorrente si ric~iama alla sentenza di questo S.C. in data 28 giugno 1950, n. 1568 in causa Siciliano-Tione, ma il riferimento non � concludente, stante la diversit� della fattispecie decisa, per essere sopravvenuta la syalutazione monetaria durante la mora del debitore, H quale, ancor dopo molti anni dalla definitiva liquidazione giudiziale della somma dovuta una tantum per danni da fatto illecito, non aveva ancora soddisfatto il �credito del danneggiato, al contrario, la possibilit� di rivalutazione di una rendita vitalizia liquidata con sentenza passata in giudicato a titolo di risarcimento di danni da n. 1966, in causa Morina-Ente .Autonomo Volturno, e da questa decisione non vi � motivo di discostarsi. illecito, � stata gi� esclusa da questo S.C. con sentenza 12 giugno 1958, Il principio d'ella sopravvenienza, o della clausola rebus sic stantibus, inapplicabile ai contratti aleatori, � statO introdotto dal vigente codice civile solo nell'ambito� ~el contratto di vitalizio oneroso, e solo limitatamente alle rendite vitalizie in denaro, costituite prima del 31 dicembre 1945, mediante trasferimenti �di immobili e dichiarati rivalutabili in determinata misura e in determinate condizioni, a norma della ..I legge 24 febbraio 1953; n. 90; ma quel principio non pu� estendersi, in forza di procedimento analo.gico, alle s�entenze emesse in applicazione della legge, n� esiste nell'ordinamento processuale vigente una norma I che possa giustificare la risohibilit� del vincolo creato per entrambe '���~ * le parti dalla sentenza passata in giudicato. L'unica eccezione � <�lita dalle sentenze condizionali aventi carattere provvisorio, come le deci ��~ sioni ~ tema di debiti di alimenti o di legati disposti in funzione alimentare, per l'implicita esigenza di un mutamento, ove si siano modificate le condizioni che ebbero a determinarne la costituzione; in tali� casi l'autorit� della cosa giudicata cede alla necessit� di una nuova pronuncia, intesa a modificare o a estinguere n rapporto alimentare, precedente. Ma la sentenza ex lege con cui il giudice dopo aver accertato la entit� del danno, ne stabilisce l'equivalente in una somma di denaro o in una rendita vitalizia in denaro, � sentenza determinativa, che provvede in favore del danneggiato alla completa reintegrazione patrimo� niale, valutata in modo definitivo al momento della sentenza, che converte il debito di valore in debito di valuta, su cui non pu� incidere il deprezzamento della moneta nazionale. N� pu� chiedere la Iacono Caruso, di fronte al giudicato, che sia I � ristabilito l'equilibrio tra il risarcimento per equivalente e l'utilit� perduta in conseguenza del fatto illecito mediante la maggiorazione della I rendita vitalizia sino a corriS,Pondere al valore odierno dell'interesse ~ leso. Nelle leggi sull'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul la-t voro e delle malattie professionali, � stato ac�colto e disciplinato'l'istituto w. .. I ---. I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della revisione delle rendite di inabiiit� in caso di peggioramento delle condizioni fisiche del titolare della rendita, a condizione, per�, che il peggioramento sia pur sempre in rapporto di derivazione dall'infortunio, che ha dato ,luogo alla liquidazione della rendita; ed anche nella specie la ricorrente ~vrebbe potuto ottenere la revisione dell'indennit� in conseguenza di aggravamenti di natura patologica di cui, peraltro, la Corte di merito non pot� occuparsi,. perch� formanti oggetto di domanda nuova. Ma sino a che la ricorrente riferisce il deterioramento della sua situazione economica al mutato costo� della vita, anzioch� far risalire il maggior danno con nesso d� causalit� al sinistro di cui fu vittima, ovvero fa presente la inadeguatezza della rendita vitalizia rispetto al migliorato trattamento economico riservato attualmente agli insegnanti elementari, l'irrevocabile autorit� della cosa giudicata � d'ostacolo all'accoglimento delle sue richieste; invero, il regolamento della situazione di fatto, attuato nella sentenza del 1957. non potrebbe rima,nere immutato ove si adducesse un fatto giuridico nuovo, sempre nell'ambito della controversia per il risarcimento dei danni da fatto illecito, mentre il mutamento delle �condizioni economiche .generali, ancorch� si ripercuota in via indiretta sull'entit� economica� della prestazione, costituisce un fatto semplice in concorso �del quale la sentenza non pu� non rimanere ferma. Poich� la sentenza denunciata, debitamente motivata, ha fatto buon governo della legge, il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 25 marzo 1970, n. 817 -Pres. Boccia -Est. Cusani -P. M. Gentile (parz. diff.) -Amministrazione delle F. S. (avv. Stato De Francisci) c. Gugliotta (avv. Pucillo). Responsabilit� civile -Azienda Autonoma F. S. -Dipendente -Risarci mento danni -Pensione in dipendenza da infortunio -Compensatio lucri cum damno -Inammissibilit�. (legge 26 marzo 1958, n. 425, art. 91). Nel determinare il risarcimento dei danni dovuti. dalla Azienda F. S. ai superstiti del proprio dipendente deceduto in servizio, non si deve tenere conto di quanto a costoro spettante per il medesimo incidente a titolo di pensione, ai sensi deila legge 26 marzo 1958, n. 425 art. 91 sullo stato giuridico del personale ferroviario (1). (1) Non constano precedenti in termini: la decisione, che pur si richiama ad un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. 29 gennaio .1965, n. 119, Foro amm., 1965, I, 49; 29 luglio 1955, n. 2442, Giur. it., 1955, I, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 395 (Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento la ricorrente prin cipale denuncia �violazione degli artt. 2056, u~23,, 1226~ 1227, 1916 e.e. in relazione--agli a:rtt. 56 e 91 I. 425 del 1958 e 1054 del 1938 in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. �. Si duole l'amministrazione che sia stato ritenuto ammissibile il cumulo del trattamento :i;>ensionistico con il risarcimento del danno e non si sia, invece, applicato il principio della compensatio lucri cum damno. E deduce che la pensione � eccezionale � prevista per i casi di morte o invalidit� permanente del personale delle FF. SS. -diffe renziandosi dalle pensioni ordinarie e privilegiate per la natura e la funzione di rendita infortunistica -costituisce effetto del medesimo fatto che ha prodotto il danno, posto che �il diritto alla prestazione assicurativa non pu� sorgere se non per il verificarsi dell'infortunio alla persona cosicch� da questo medesimo fatto discendono come con seguenza immediata e diretta oltre il danno anche l'effetto vantaggioso�. La censura non � fondata. La natura assicurativa del particolare rapporto che si istituisce tra lAmministrazione Ferroviaria ed i suoi dipendenti in ordine� al rischio di infortuni e la conseguente funzione indennitaria degli emolumenti attribuiti a questo titolo, non hanno alcuna incidenza nella proble matica relativa al nesso di �causalit� tra l'illecito e l'effetto vantaggioso ed il carattere lucrativo di questo, che entrambi condizionano l'appli cabilit� del principio della compensatio lucri cum damno, ,sul quale fa unico affidamento la ricorrente per l'annullamento della sentenza. � noto, infatti, che -secondo la dottrina prevalente ed il costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte Suprema -l'invocato principio postula un pr:eciso rapporto causale tra l'illecito ed il lucro e quindi la normale idoneit� del fatto illecito, in s� stesso considerato, 1, ,926), d� luogo tuttavia a qualche perplessit�, in relazione alla peculiare �disciplina dettata dall'art. 91, comma terzo, legge 1958, n. 425 sullo stato .giuridico del personale delle F.S. � L'insegnamento della Corte di Cassazione (cfr. sent. 25 ottobre 1965, n. 2248, in questa Rassegna, 1966, I, 76) � nel senso che il principio della compensatio lucri cum damno non possa invocarsi ove al danneggiato competa una pensione, sia essa ordinaria o privilegiata, in quanto la fonte e la ragione di questa riposano su di un titolo diverso ed indipendente dal fatto illecito, che si pone solo com~ condizione per la sua efficacia. Alla compensazione invece pu� farsi luogo solo quando vantaggio e danno si ricolleghino in via specifica e diretta al fatte;> illecito del terzo, s� da costituire due aspetti contrapposti di un medesimo evento e tale che l'uno non avrebbe potuto verificarsi indipendentemente dall'altro. La qual . cosa avverrebbe appunto, siccome sottolineato nella richiamata sentenza 1966, n. 2248, in presenza di una assicurazione (volontaria od obbligatoria) contro i danni alla persona, ove il diritto alla prestazione ~ assicurativa (versamento di una somma di denaro o attribuzione di una pen RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a determinare l'_effetto vantaggioso. Esso cio� non pu� trovare applicazione se il lucro ripete fonte e ragione giuridica da un titolo (qualunque sia la sua natura ed in particolare se risulti comunque oneroso per il danneggiato) diverso ed indipendente dall'illecito,_ e se perci� questo realizza esclusivamente l'occasione perch� quel titolo possa esplicare la sua efficacia e produrre la giuridica conseguenza che si risolve in un vantaggio �contrapposto al danno (cfr. ad es.: 119 e 2248/65, 2441/55). Questo indirizzo ha trovato conferma nella giurisprudenza del Supremo Collegio proprio per ci� che concerne in particolare l'indennit� assicurativa, la cui riscossione non � stata ritenuta di per s� preclusiva dell'azione verso il danneggiante (v. 279/61, 476/60, 3770/56). Il ricorso principale va pertanto rigettato. con la �conseguente condanna alla perdita del deposito. Col primo mezzo del ricorso incidentale si denunzia violazione degli artt. 167, 324, 342, 345 e 360 n. 3 e 5 �c.p.c.; omessa denunzia su un punto decisivo della lite. La Gugliotta assume che lAmministrazione in primo grado aveva abbandonato l'eccezione della compensatio lucri cu damno e che pertanto la Corte d'Appello non avrebbe dovuto prenderla in esame. Col rigetto del ricorso principale � _venuto meno l'interesse della Gugliotta di dolersi della sua soccombenza in ordine alla �questione pregiudiziale di rito, soc�ombenza che per effetto della vittoria ormai irrevocabilmente da lei riportata nella questione di merito, risulta mearmente teorica. La �censura deve, quindi, ritenersi divenuta .inammissibile. Col secondo mezzo la ricorrente incidentale denunzia � violazione degli artt. 1223 n. 1224, e 2056 e.e. in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.; sione) non pu� sorgere se non per il verificarsi di un infortunio alla persona. Ora non sembra che tali concetti siano stati mantenuti fermi con la sentenza �he si annota, ove si consideri che il trattamento pensionistico disposto dall'art. 91 1. 1958, n. 425, si pone su di un piano diverso da quello previsto per la pensione ordinaria e privilegiata dei pubblici dipendenti, in quanto concreta un pi� favorevole trattamento infortunistico per essere corriSposta dall'Azienda F.S., nella veste di istituto assicuratore, �in sostituzione del trattamento previsto dalle norme sugli infortuni e quando risulti pi� favorevole �. Sussisterebbe pertanto quello specifico e diretto collegamento del vantaggio pensionistico e del danno con il fatto illecito, che si richiede perch� nella determinazione del risarcimento si tenga conto dell'incremento patri-. moniale conseguito. Per il problema in generale cfr. in dottrina DE Cu:P1s, Risarcimento del danno e diritto a pensione, in Foro it., 1956, I, 28; MAND�, Cumulabilitd del risarcimento del danno e della pensione privilegiata, in questa Rassegna, 1966, I, 76 ed autori ivi citati. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 397 motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica sul punto della svalutazione monetaria. Essa cio~ si duole ,che la Corte di merito, dopo aver riconosciuto espressru;nente l'incidenza della svalutazione monetaria che il primo giudice aveva escluso, abbia ugualmente confermata la misura del danno da questo determinata ed abbia all'uopo osservato che il mancato computo della svalutazione trovava compenso nell'altro contrapposto errore della stessa sentenza appellata, consistente nella assunzione dell'et� dell'attrice, in luogo di Quella del defunto marito di lei, quale elemento del calcolo per la ,capitalizzazione del danno futuro. Ed in sostanza deduce che una tale compensazione, oltre ad essere inammissibile, risulta nella .specie irrazionale a causa della sproporzione tra le conseguenze dell'uno e dell'altro errore. Neanche questa cesura pu� trovare accoglimento, posto che la Corte di merito si � espressamente richiamata �ai criteri equitativi che necessarj. amente debbono imperare in .siffatta materia� e ,ch,e perci� i censurati rilievi successivi non tendevano ad impostare un rigoroso calco! omatematico ma ad evidenziare che nella determinazione della misura del danno n� l'uno n� l'altro elemento era stato trascurato. Col terzo ed ultimo mezzo si denunzia ancora violazione delle medesime disposizioni di legge, assumendosi che ai fini dello scorto tra vita J�sica e vita lavorativa la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare essere normale per un operaio specializzato trovare altro lavoro dopo il collocamento a riposo e che ai fini della liquidazione avrebbe dovuto tener �conto della 13" mensilit�, che fa parte della retribuzione, nonch� degli aumenti di carriera. Anche questa censura va disattesa perch� non tiene conto della natura equitativa del metodo prescelto dal Giudice di merito per la liquidazione del danno, metodo che non postula un astratto rigore matematico. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 marzo 1'970, n. 825 -Pres. Stella Richter -Est. Miele -P. M. Chir� (conf.) -Ministero del Turismo e dello Spettacolo (avv. Stato Terranova) c. Istituto di Credito delle Casse di Risparmio Italiane (avv. Palandri) e Fallimento �della S.p.Az. Diana Cinematografica; S.r.l. Omega Film in liquidazione. Obbligazioni e contratti -Cinematografia -Pre;mi e contributi governativi -Appartenenza -Cessione -Rinunzia -Effetti. (legge 2 ottobre 1940, n. 1491, art. 2; l~gge 19 dicembre 1949, n. 958; e.e., art. 1260). ' Il diritto ai premi ed ai contributi governativi in cinematografia si appartiene, in base alla vigente disciplina legislativa (art. 13 r.d.l. ! r&tffffr�rtf�Jrrrirstr1m1mmlfilfmrrnmrnmr10mE&m~mmrnrKtffrnilKmfaffllilrtrilitmmfffillffiliFfllimmJ1ffmmffrnNr1rr1fi 398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 16 giugno 1938, n. 1061 mod. ,daH'art. 1 l. 2 ottobre 1940, n. 1491), al produttore ovvero, in caso di cessione, o costituzione di pegno, a chi dal registro cinematografico risulti cessionario o creditore pignoratizio. Qualora siano intervenute successive cessioni di tal diritto di credito, l'atto unilaterale di rinunzia abdicativa a taluna di queste esplica i suoi effetti nelL'ambito del rapporto giuridico che aveva dato luogo al trasferimento del diritto stesso, determinandone il rientro nella sfera patrimoniale del cedente (1). (Omissis). -Con l'unico motivo il ricorrente Ministero del Turismo e spettacolo denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1260 e 1188 e.e. e dei principi relativi alla rinunzia; degli artt. 13 del r.d,l. 16 giugno 1938, n. 1061, modificato dalla legge 2 ottobre 1940, n. 1491 e dell'art. 17 ultimo comma del t.d. 28 ottobre 1939, n. 2237 e della I. 29 dicembre 1949, n. 958, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p,c. e per difetto assoluto di motivazione ed afferma che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che nella serie di cessioni da un soggetto ad un altro, cedente sia sempre da considerarsi colui che ha effettuato la cessione per primo. Al contrario, invece, afferma il ricorrente, se la cessione determina la modificazione del lato soggettivo del rapporto obbligatorio e quindi la sostituzione di un soggetto ad un altro, il primo cedente esaurisce la facolt� di cessione nel momento stesso in cui pone in essere il relativo negozio. D'altronde -osserva sempre il ricorrente -le leggi speciali disciplinanti la materia della �cessione dei contributi dei film prevedono espressamente la ipotesi che il contributo debba essere pagato al produttore, a meno .che non risultino annotati atti di vendita del film ovvero atti di cessione del contributo, indicando ope legis il soggetto legittimato a ricevere il pagamento del contributo, specificandolo se (1) La sentenza ha esattamente applicato i principi generali elaborati in tema di rinunzia, con riferimento alla peculiare disciplina legislativa concernente l'attribuzione dei premi e contributi governativi in cinematografi. a. Secondo la comune opinione l'atto di rinunzia, che non si indirizza alla circolazione dei beni per il cui fine � predisposto invece il contratto, limita i suoi effetti immediati e diretti alla sfera giuridica del rinunziante, dalla cui sola volont� promana (cfr. Cass. 26 ottobre 1955, n. 3513; 26 giugno 1961, n. 1531; 22 marzo 1962, n. 592). L'incremento patrimoniale del terzo, per un profilo giuridico, non consegue quindi immeditamente dalla riunzia la quale, seppure ne realizzi la condizione necessaria, si pone solo come fonte mediata non sufficiente al verificarsi dell'acquisto, la cui diretta causa risiede invece nella legge <ll nel negozio giuridico che attribuiscono al terzo la potest� dell'acquisto. Costui, dalla legge 2 ottobre 1940, n. 1491, viene identificato, per i contributi ed i premi governativi disposti in favore della cinematografia, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 399 condo un ordine di ipotesi, nel produttore nell'acquirente o nel cessionario. Pertanto, ove il produttore o l'acquirente abbia ceduto il contributo, soggetto legittimato a ricevere il pagamento � soltanto il cessionario. ConsegUe ancora che la rinunzia dell'ultimo cessionario, non facendo assumere al diritto ceduto la condizione giuridica di res numwi opera il rientro del diritto nella sfera giuridica dell'immediato cedente e non invece, come ritiene erroneamente la sentenza impugnata, �n quella del primo cedente. D'altra parte, avendo la sentenza affermato che l'acquirente di un diritto ceduto non pu� ritrasferirlo nella sfera del suo dante causa con. un negozio unilaterale abdkativo, ma solo con un negozio avente efficacia traslativa, la Corte di merito non poteva accogliere il principio del rientro del diritto ceduto nella sfera giuridica del cedente se non attraverso una manifesta perplessit� della motivazione ovvero opinando che l'atto di rinunzia non debba essere qualificato come negozio traslativo operante. il ritrasferimentO del diritto ceduto. Infine, osserva la ricorrente Amministrazione, essendo stata la ces� sione dalla CIRIAC alla ITALCASSE anteriore all'atto di rinunzia della Banca di S. Spirito, nel momento in cui si perfezio,nava la cessione tra la CIRIAC e la ITALCASSE non esisteva ancora nel patrimonio del cedente il diritto, essendone tuttora titolare il Banco di S. Spirito e non poteva essa trasferirlo con la cessione all'ITALCASSE. Pertanto l'ITALCASSE non era legittimata alla riscossione di un credito non trasferitole. La censura � fondata. Si controverte tra le parti sugli effetti della rinunzia da parte del Banco di S. Spirito al diritto di riscuotere i premi e contributi in questione, se cio�, �come ha ritenuto la sentenza impugnata, questa profitti all'originario titol~re del diritto al contributo e al premio (e cio� la CIRIAC produttrice del film) o piuttosto alla �Diana cinematografi.ca�, che aveva ceduto a ,sua volta tale diritto al Banco di S. Spirito, come sostiene invece la ricorrente amministrazione. secondo un bene specificato ordine, nel produttore o nel cessionario rispetto ai .quali, di volta in volta, si verifica pertanto l'acquisto del rinunziato diritto di credito. Per la validit� della rinunzia ad un diritto certo nella sua esistenza ma tutt'ora incerto nella concreta entit� cfr. Cass. 26 giugno 1967, n. 1582, e pi� specificamente Cass. 11 giugno 1968, n. 1843 con la quale viene sottolineata la necessit� della conoscenza, da parte del rinunziante ad un diritto futuro non determinato nella sua estensione, di ci� che ,si abbandona onde apprezzare convenientemene l'importanza della rinunzia. In ordine alla cessione di crediti futuri cfr. Cass. 10 maggio 1966, n. 1209, Giur. it., 1967, I, 1, 540; in particolare, per la cessi-One dei contributi cinematografici, cfr. Cass. 25 maggio 1960, n. 1364, Foro it., 1960, I, 925. In dottrina M. FABIANI, In tema di cessioni di contributi statali ecc., Rass. dir. cinematografico, 1958, 175. 400 RASSEGNA D,ELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non sembra dubbio che questa ultima sia la soluzione da dare alla questione. Invero, avendo il Banco di S. Spirito con l'atto del 18 gennaio 1955, annotato nel registro cinematografieo il 24 gennaio successivo e cio� prima della liquidazione �aa parte del Ministero dei premi e contributi, come risulta dalla sentenza impugnata, rinunziato alla cessione effettuata a suo favore dalla predetta societ�, gli effetti di tale rinunzia non possono verificarsi e valutarsi c~e nell'ambito del rapporto giuridico dal quale er;;i derivato il trasferimento del diritto stesso. Ci� in quanto il Banco di S. Spirito � stato estraneo al rapporto di cessione intervenuto tra la CIRIAC e la �Diana Cinematografica � onde la rinunzia, la quale non portava alla estinzione del diritto avendo per oggetto solo la posizione di cessionario del credito futuro per contributi e premi, opera il rientro del diritto ceduto nella sfera patrimoniale del cedente. Perch� tale effetto si verificasse invece a favore dell'originario cedente (la CIRIAC) anche la �Diana Cinematografica�, cessi9naria della CIRIAC, avrebbe dovuto rinunziare agli effetti della cessione a suo favore da parte della CIRIAC stessa, il ;che �co�:rie riferisce la sentenza impugnata, � avvenuto solo successivamente al pagamento del premio a favore della �Diana Cinematografica�. A tale effetto non � poi di ostacolo la natura contrattuale del diritto, come ritiene la sentenza impugnata, nel senso che, nascendo il diritto del Banco di S. Spirito da un negozio bilaterale di cessione; anche la rinunzia per produrre i suoi effetti in capo al cedente, debba avere tale natura. Invero nella fattispecie la rinunzia riguarda una posizione esclusivamente attiva (diritto alla riscossione dei� premi e �contributi), non anche, o soltanto, una posizione passiva, nel qual caso indubbiamente il debitore non potrebbe svincolarsi se con l'accordo del creditore. Onde, avendo la rinunzia ad oggetto un diritto di credito, essa ha natura di atto unilaterale (Cass. 22 marzo 1962, n. 592) e non richiede pertanto per la sua efficacia l'accordo del cedente e del cessionario. Altra questione � quella se il �cedente ,possa non ac.cettare il rientro del diritto rinunziato e quali siano gli effetti di un tale rifiuto, ma di questo problema � superflu� ora occuparsi, essendo sufficiente rilevare che la rinunzia in oggetto non ha n� potere spiegare i suoi effetti a ~avore dell'originario titolare (la CIRIAC) ma sblo nell'ambito del rapporto di cessione tra � Diana Cinematografica � e Banco di S. Spirito. Tale effetto poteva essere modificato solo se la rinunzia del Banco di S. Spirito avesse riguardato specificatamente la CIRIAC, nel qual caso, per� non si sarebbe neppure trattato di rinunzia abidicativa, quale � indiscutibilmente quella in questione, secondo quanto viene affermato nella sentenza impugnata. La conclusione ora esposta non contrasta ma anzi trova conferma, nella concreta disciplina legislativa dei premi e contributi in cinema --~ ru llfl 1:i=: I �1: 1 m I'� 0. ili �i ~:; i11: ~r M f} !��: ' ~ f�fuifffffffffjffifjftfffff@fflITfmWttJffff@j]W1fsrn:;;mn1mm:::rfftfffffJ1f@f@ifrf%f@&ffff:::;f@f(:f:1Mf@Hmf"wKHIHFffffffff\ITf:f~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 401 tografia. Invero, l'art. 13 del r.d.l. 16 giugno 1938, n. 1061 (mod. dall'art. 1 della 1. ,2 ottobre 1940, n. 1491) stabilisce che il pi;igamento dei premi e dei contributi venga fatto al produttore, a meno che non risultino annotati nel registro �inematografico, atti .di vendita, atti di cessione o di costituzione in pegno. In questi casi il pagamE}IltO � fatto a coloro che risultano �concessionari o creditori pignoratizi�. Quindi, alla stregua di tali norme, poich� come risulta .dalla sentenza impugnata, al momento del pagamento del premio risultava annotata la rinunzia del Banco di S. Spirito, ma non quella della � Diana Cinematografica > (intervenuta. successivamente), appariva cessionaria dei premi e dei contributi, e quindi legittimata a ricevere il pagamento solo, tal~ societ�, essendo tuttora efficace la cessione a suo favore da parte della CIRIAC. L'argomentazione della sentenza impugnata che, con la formula adopera nell'atto di cessione, doveva ritenersi che la � J?iana cinematografica� si fosse spogliata definitivament.e del credito a favore del Banco di S. Spirito e �che pertanto doveva escludersi �un rientro del diritto � a suo favore, � argomentazione inconferente in quanto la Corte non ha accettato che la detta formula oltre che gli ordinari effetti di una cessione, e, cio� la perdit~ della titolarit� del credito ceduto, contenesse un quid pluris, e cio� anche una rinunzia ad ogni eventuale rientro del diritto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 aprile 1970, n. 908 -Pres. Rossano Est. Milano -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (avv. Stato Bronzini) c. S.p.Az. Banco d'Imperia (avv. Santelli e Gazzani). Poste e telecomunicazioni -Conto corrente postale -Assegni -Natura Vidimazione -Spedizione -Revoca -Limiti. {r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, artt. 118 e segg.; r.d. 30 maggio 1940, n. 775, artt. 119 e 11egg.). Atto amministrativo -Circolari� Istruzioni ministeriali -Efficacia Ambito. {disp. sulla legge in generale, art. 12). L'assegno di conto corrente postale, al pari di queito bancario, non ha mera funzione probatoria ma incorpora il credito in esso menzionato, costituendone titolare il legittimo possessore; pertanto l'Ufficio postale detentore del conto corrente, cui l'assegno � sottooosto per il �visto� dovrd rimetterlo al beneficiario o, se reca girate, all'ultimo giratmio, cos� nel caso che vi apponga il visto che in quello in cui io rifiuti per mancanza di fondi. &illfff.%$".:W""ff.@:"o/#fffa��;-.:=::Wy.ffeff).f.='W././N:::::.:/.:.::--g�>".;::: ~ 402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATq Il,' . A garanzia deLla circolazione. del titolo, la facolt� di revoca del- l'assegno postale pu� essere utilmente esercitata soltanto per i n?rmali assegni all'ordine, fin quando non siano stati addebitati sui relativi conti (1). Le istruzioni ministeriali sul servizio dei conti correnti postali, emanate al di fuori di delega legislativa o di potest� regoLamentare, hanno efficacia .vincolante soitanto per il personale dipendente dall'Am11l:inistrazione da cui promanano, semprecch� non si pongano contra legem (2). (Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione, denunciando la violazione degli artt. 118 e 119 r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, 119, 120, 123 r.d. 30 maggio 1940, n. 775, 37 e 39 Istruzioni sul servfaio dei conti. correnti postali, 115 c,p.c. nonch� difetto di motivazione, lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto incontestate le circostanze che l'assegno de quo portasse gi� scritto il nome del prenditore Banco d'Imperia, e che l'assegno medesimo fosse stato inviato per il visto all'Ufficio dei conti �correnti postali con busta portante la indicazione del Banco medesimo, mentre tali �circostanze, non soltanto erano controverse tanto che avevano formato oggetto di indagine probatoria in primo irado, ma erano anche irrilevanti, ai fini della dimostrazione del preteso errore, perch� l'obbligo dell'Amministrazione postale di restituire l'assegno anzich� alla traente Barabino, al Banco d'Imperia avrebbe potuto essere affermato solo se l'assegno stesso avesse portato impresso il timbro del Banco d'Imperia ed, inoltre, fosse stato trasmesso per il visto con �lettera di accompagno > come previsto dal!' art. 37 delle r~chiamate Istruzi�ni di servizio. (1) Non constano precedenti in termini. La disciplina dettata con il r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 111 e segg. e con il successivo regolamento 30 maggio 1940, n. 775, artt. 123 e segg., ha risolto quei dubbi cui aveva dato luogo l'art. 75 del r.d. 14 giugno 1928, n. 1390, sicch� � opinione comune che l'assegno postale costituisce un vero e proprio titolo di credito, circondato da peculiari garanzie, in conseguenza del visto dell'ufficio detentore del conto corrente, con il quale l'Amministrazione assume (ex art. 121 cod. postale) una diretta obbligazione verso il portatore del titolo -cfr. Cass. 13 dicembre 1969, n. 3943, in questa Rassegna 1969, I, 1073). In dottrina cfr. BIGIAVI, La natura giuridica dei nuovi assegno postali, in Riv. dir. comm., 1929, I, 162-285 e segg:; DE SEMo, Sulla legittimazione del prenditore di assegno postale non trasferibile, in Banca, borsa e titolo di credito, 1953, II, 491; TONNI, I Servizi bancari dell'Amministrazione postale it., ivi, 1961, 89-113. (2) Principio pacifico; cfr. Cass. 28 ottobre 1966, n. 2693, in Giust civ., 1967, I, 14; pi� in generale Cass. 16 maggio 196.8, n. 1526, in Giust. civ., 1968, I, 2018. In dottrina, ROMANO, In tema di circolari amministrative, Riv. dir. finanz., 1959, II, 109. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 4�3 Il motivo � infondato .. La Corte del merito, attraverso l'accurata disamina delle risultanze di causa, ha posto in risalto che l'assegno di cui si discute era un assegno fiduciario, in quanto emesso dalla traente Barabino e dalla stessa consegnato al prenditore Banco d'Imperia prima dell'apposizione del �visto� prima, cio� che l'Ufficio detentore del conto ne garantisse la copertura, e che l'assegno stesso era stato trasmesso per il visto con lettera di servizio mod. oh. 42/c in forma raccomandata portante� l'indicazione del mittente Banco d'Imperia. Sulla base di tali presupposti di fatto la Corte ha ritenuto che, trattandosi di un asse.gno fiduciario regolarmente riempito con il nome del beneficiario e risultante certa la provenienza per l'indicazi,one esistente sulla busta �che lo �conteneva, l'Ufficio detentore del conto, una volta accertata l'insufficienza della provvista, anzich� trattenerlo per cinque giorni per poi, rimetterlo alla traente Barabino,. avrebbe dovuto immediatamente restituirlo al beneficiario Banco d'Imperia, cosi come, del resto, prescritto dall'art. 120 del regolamento postale approvato con r.d. 30 maggio 1940, n. n5. Ragionamento questo ineccepibile sotto il p~ofilo giuridico e che per la parte in cui importa apprezzamenti di fatto � incensurabile in questa sede in quanto sorretto da adeguata motivazione contro la quale la ricorrente si limita ad apporre le proprie affermazioni e considerazioni che contrastano con i detti apprezzamenti, ovvero da essi pre , ' scindono. In particolare non hanno pregio i rilievi che la sentenza impugnata avrebbe dato per pacifico il fatto che l'assegno era stato consegnato al Banco d'Imperia completo �nella indicazione del prenditore mentre la circostanza era controversa e che dalla prova testimoniale non era emerso che la busta, con la quale il titolo era stato trasmesso all'Ufficio dei conti, portasse l'indicazione del predetto prenditore. \ In ordine al primo di essi >� sufficiente ricordare che � costante giurisprudenza di questa Corte Suprema che l'apprezzamento del giudice di merito circa la mancata contestazione di un fatto di causa non � sindacabile in sede di legittimit�, anche se tale apprezzamento si deduca essere affetto di un travisamento dei fatti, potendo tale vizio dare luogo, se mai, all'impugnativa per revocazione. Quanto al secondo rilievo, non va considerato che non pu� considerarsi vizio di motivazione l'apprezzamento della prova compiuto dal giudice di merito in modo difforme� da quello sostenuto dalla parte. L'art. 360 n. 5 c.p.c. in vero ammette il sindacato per insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della �controversia ! j prosp�ttato dalle parti o rilevabili di ufficio. Occorre quindi che sia �specificato dal ricorrente la circostanza di fatto, dedotta dalla parte o che avrebbe dovuto essere considerata dal .giudice di ufficio e che 6 I I . . I 404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO avrebbe potuto indurla a diversa decisione (vizio di insufficiente motivaz~ one) o che � stata considerata dal giudice con violazione dei principi logici di tal che sussiste contraddizione logica tra motivazione e decisione. N� sussiste, la dedotta violazione dell'art. 120 del citato regolamento, giacch�, disponendo la predetta norma che dopo l'apposizione del visto gli �ssegni debbono essere restituiti al beneficiario, o se recano girate, all'ultimo giratario, bene a ragione devesi ritenere che la detta prescrizione valga anche nell'ipotesi che un, assegno gi� negoziato, non venga vistato per mancanza di fondi, se si considera �che l'assegno postale, come il normale assegno bancario, non ha soltanto .la funzione probatoria del credito in esso menzionato, ma lo incorpora in s� nel senso che chi ne � legittimamente in possesso � anche titolare del credito che il titolo documenta. N� vale il richiamo della ricorrente all'art. 37 delle Istruzioni del servizio dei conti correnti postali per dedurne le necessit�, ai fini dell'obbligo della restituzione al beneficiario deWassegno vistato e non vistato per mancanza di fondi, che la provenienza di esso risulti da �lettera di accompagno� o da �altre indicazioni sui titoli�. Le Istruzioni ministeriali, qualora, come nella specie, non siano emanate con la forma del decreto nell'esercizio di una delega legislativ� o di un potere regolamentare, sono obbligatorie, se non sono contra legem, soltanto per gli uffici dipendenti dal Ministero che le impartisce e non hanno forza cogente nei confronti dei praviti e del giudice. Quelle richiamate poi impongono anche al dipendente impiegato l'obbligo di apporre subito dopo l'apertura della busta �in modo appariscente con matita colorata sul recto della contromatrice l'avvertenza presentata dal beneficiario e 'ci� ai fini della restituzione degli assegni non potuti addebitare per insufficienza del credito..� �, prescrizione questa che, come accertato dai giudici di merito, non veniva osservata dal personale dell'Ufficio dei conti� di Torino. Il primo motivo va, quindi, rigettato. Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 2043, 2056, 1218, 1223, 1225, 1227 e.e., 118, 119, 125 e 126 codice postale, 123, 124 e 127 del relativo regolamento, nonch� difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, e si deduce che il preteso errore non poteva essere ,causa del lamentato danno: 1) perch�, l'avvenuto rifiuto del visto, esauriva ogni rapporto tra l'Ufficio detentore del conto ed il beneficiario, per cui quest'ultimo non poteva pi� ripresentare il titolo per il visto, anche nell'ipotesi, in effetto avveratasi, di reintegrazione della provvista; 2.) perchi�, l'assegno non poteva pi� essere pagato al beneficiario per avere la Barabino revocato l'ordine di pagamento, prima ancora di reintegrare la provvista; 3) perch� il Banco di Imperia avrebbe potuto agire tempestivamente nei confronti della propria debitrice, prima che ne fos~e stato dichiarato il fallimento. 1 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 405 Anche tale censure sono infondate. Lo � la prima pevcp.�, ai sensi dell'art. '119 del codice postale, il possessore di un assegno ha tempo fino al sessantesimo giorno dalla emissione dell'assegno. per ottenerne il pagamento e perch�, d'altra parte, la prescrizione dell'art. 120 del citat.o regolamento dell'immediata restituzione al beneficiario dell'assegno non vistato non avrebbe senso se lo stesso perdesse la sua efficacia come assegno. Per disattendere la seconda censura � sufficiente richiamare il disposto dell'art. 126 del codice postale, dal quale si evince la facolt� di revoca dell'assegno puq essere utilmente esercitata soltanto per un normale assegno all'ordine ed, in ogni .caso, sempre prima del suo addebitamento nel conto, ma non per un assegno gi� negoziato, l� cui revoca equivarrebbe a disporre che la somma portata dal titolo resti depositata sul proprio conto, in contrasto, oltre che con la funzione di pagamento dell'assegno, anche con le esigenze di una circolazione sicura del titolo, e renderebbe il traente responsabile del delitto di emissione di assegno a vuoto per distrazione della somma portata dal titolo. Infatti, nonostante l'avvenuta revoca, di tale reato la Barabino venne ritenuta responsabile a seguito di procedimento penale iniziatosi proprio su denuncia dell'odierna ricorrente. La terza ,censura infine incide su di un apprezzamento di fatto dei giudici di merito scondo cui il Banco d'Imperia aveva usato l'ordinaria diligenza per evitare il danno con il chiedere, d'accordo con la stessa Amministrazione postale, il sequestro conservativo penale sulle somme del conto corrente ed astenendosi, poi, dall'instaurare altre azioni giudiziarie per la realizzazione del credito soltanto dopo aver constatato che il fallimento s.i era chiuso per mancanza di attivo. Contro questi apprezzamenti' di fatto non � sufficiente lamentare, come si lamenta dalla ricorrente, che essi sarebbero frutto di ipotesi non dimostrate, ma sarebbe stato necessario che si indicassero a norma dell'art. 360 n. 4 citato, gli elementi concreti e decisivi che la Corte avrebbe omesso di considerare o avrebbe valutato con criteri erronei o illogici.' ~ (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 aprile 1970. n. 977 -Pres. Giannattasio -Est. Berarducci -P. M. Pedace (conf.) -A.N.A.S. (avv. Stato Albisinni) c. Martuscelli (avv. Vipacelli). Espropriazione per p. u. -Competenza territoriale -Domanda di risarcimento danni da occupazione -�Forum rei sitae�. (c.p.c. art. 21). Le qomande dirette al pagamento di somme di denaro in dipendenza d~lL'ilZegittima occupazione di immobili non seguite dal decreto 406' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di espropriazio-ne, ba.sandosi su di una medesima causa petendi, si risolvono tutte in un'azione di risarcimento danni per la violazione del dir~ tto dominicale sulle zone occupate o danneggiate e pertanto, quale che sia la quaiificazione attribuita dall'attore, riveste carattere reale ed � demandata alla competenza del giudice del luogo ov'� situato l'immobile (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di :ricorso, a sostegno della tesi secondo cui al Tribunale di Potenza apparterrebbe, non solo la competenza a conoscere della domanda di condanna dell'A.N.A.S. alla restituzione degli itnmobliil ilegittimamente occupati e non utilizzati, cos� come affermato dal Tribunale di Napoli, ma altresi la competenza a conoscere delle domande di condanna dell'A.N.A.S. al pagamento delle so:inme dovute a titolo di indennit� di occupazione e di risarcimento del danno, si assume che il Martuscelli, con tali ultime domande, ha, in sostanza, proposto, un'azione di risarcimento danni per occupazione ultrabiennale di immobili, e che 'tale azione, sia che la si voglia qualificare azione personale di restituzione di beni immobili, sia che la si voglia qualificare azione di rivendicazione, � pur sempre devoluta, ai sensi degli artt. 21 e 2,5 c.p.c. alla competenza del giudice del luog� in cui si trova la cosa mobile od immobile oggetto della domanda. Si rileva che anche la diminuzione di valore, che sarebbe stata determinata alle zone residue, rientrava nel quadro del risarcimento del danno per occupazione ultrabiennale, �cosicch� nemmeno .per detto danno alle zone residue si pu� ipotizzare una distinta azione personale di credito. Il motivo � fondato. Devesi rilevare che le domande proposte dal Martuscelli nei confronti dell'A.N.A.S. ed aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, hanno tutte, qualunque sia la qualificazione ad esse attribuita dallo stesso istante, un'unica causa -petendi, ossia l'occupazione da parte (1) Con sentenza 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1315 la Corte di Cassazione aveva gi� puntualizzato che � secondo la pi� autorevole dottrina chi detiene arbitrariamente la cosa altrui nega di fatto il diritto di propriet�, sebbene non lo contesti espressamente, perch� trae a s� quell'utilit� che il diritto vuole attribuire al legittimo titolare onde l'azione che la legge appresta per ristabilire l'ordine giuridico turbato si concreta nel diritto (reale) di vedersi riconosciuto il bene od il suo equivalente, oggetto della controversia �. Sul principio che per attribuire natura reale ad un'azione si deve aver riguardo oltre che all'oggetto anche alla causa petendi su cui l'azione � fondata cfr. Cass. 17 marzo 1967, n. 607, Giust civ. 1967, I, 1052; 9 agosto 1962, n. 2396; 10 giugno 1961, n. 1362; 26 ottobre 1959, n. 3105, Gius civ., 1959, I, 2074. In dottrina cfr. MONTESANO, La natura del risarcimento dei danni, Foro it., 1962, I, 544. PARTE' I, SEZ. III, GIURISPRUDE~ZA CIVILE 407 dell'A.N.A.S., non seguita dal decreto prefettizio di espropriazione, delle aree di propriet� del medesimo Martuscelli. Dette domande si risolvono, pertanto, in un'azione di risarcimento danni per illegittima occupazione di beni immobiliari di propriet� dell'istante, e ci�, in considerazione del fatto �Che a fondamento dell'azione 1�l dedotta la violazione di un diritto reale, vale a dire del diritto dominicale del Martuscelli sulle aree occupate,� o danneggiate comporta che l'azione stessa ha, non carattere personale, ma sibb�ne, in quanto diretta a tl.ltelare l'anzidetto diritto, carattere reale, con la conseguenza che, ai fini della competenza territoriale, la disposizione applicabile � quella dell'art. 21 c.p.c., secondo la quale, per le caus~ relative a diritti reali,�su beni immobili, � competente il giudice del luogo dove � posto l'immobile (cfr. Cass. n. 607 del 1967, n. 1362 e n. 1440 del 1961, n. 490 del 1957). L'immobile, nel caso particolare, � posto, invero, nel Comune di Vibonati, compreso nella circoscrizione del Tribunale di Lagonegro, e, pertanto, per effetto della norma d�ll'art, 25 c.p.c., la competenza a conoscere delle domande in questione appartiene al tribunale di Potenza, in quanto � questo il giudice del luogo dove ha sede l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato,, nel cui distretto si trova il Tribunale di Lagonegro, che, a sensi dell'art. 21 del detto codi-ce.. sarebbe stato com. petente quale giudice del luogo in cui � posto l'immobile. L'istanza va, pertanto, accolta, e, conseguentemente, cassandosi la sentenza denunciata, nel capo in cui dichiara la competenza del Tribunale di Napoli, in ordine alle domande di condanna dell'A.N.A.S. al pagamento di somme di denaro dovute per il fatto dell'illegittima occupazione dell'immobile di propriet� del Martus�elli, va dichiarata la competenza del Tribunale di Potenza a conoscere di dette domande. .. (Omissis). SEZIONE QUARTA SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 febbraio 1970, n. 83 -Pres. Potenza -Est. Paleologo -Soc. Sperri Rand. Italia (avv. Guarino) c. Provveditorato Generale dello Stato e Ministero del Tesoro e delle Finanze (avv. Stato Caraifa). Contratti pubblici -Locazione di apparecchiature -Competenza. Contratti pubblici -Appalto concorso -Determinazione della spesa massima -Rilevanza ai fini dell'aggiudicazione. � competente il Ministero delle Finanze e non il Provveditorato il~ m Generale a decidere sull'aggiudi.cazione della gara che si riferisca a :-; una locazione delle apparecchiature, qualora tJaZi beni debbano servire al predetto .Ministero:, obbligato ad esborsare il relativo corrispettivo (1). n riferimento al costo di un corltratto n<>?t pu� essere tralasciato nella valutazione sulla convenienzra di stipulare il contratto stesso; pertanto l'Amministrazione legit!:imamente in un procedimento di aggiudicazione di una gara, stabilisce limiti ,di spesa massima orientandosi verso una data precis�ione, senza peraltro essere alla stessa vincolata, qualora sia impossibile ottenere il servizio coi limiti della spesa preventivata (2). (1-2) Massime esatte. Non risultano precedenti. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 febbraio 1970, n. 123 -Pres. Mezzanotte -Est. Bruno -Parteli (avv. Sorrentino) c. Ministero Pubblica Istruzione (avv. Stato Peronaci). Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo sto[ rico e artistico -Cose � notificate � -Conservazion,e e custodia -Controllo ed ispezioni -Competenza del Sopraintendente ai . monumenti. . I Ai sensi dell'art. 9 legge 10 giugno 1939, n. 1089, spetta al Soprin t tendente ai monumenti di accertare, in ogni tempo, anche me,diante -:= 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la consegna avvenga a mani del portiere di un vicino e non anche quando avvenga, come si verific� nel caso di specie, a mani di persona di famiglia o addetta alla casa. Non sussiste, pertanto, la lamentata nullit� della notificazione degli avvisi di accertamento di valore, tal:ch� il primo motivo di ricorso deve essere rigettato, non omettendosi di sottolineare che il vizio addotto a sostegno di tale nullit�, non rientrando tra i requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto di notificazione, non avrebbe potuto, in mancanza di una espressa comminatoria di legge, dar luogo giammai a nullit� ma a semplice irregolarit� attinente al modo di censegna dell'atto, secono il principiQ al riguardo affermato da questa Suprema Corte (sentenza 8 lu~io 1967, n. 1699). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1970, n. 702 -Pres. Giannattasio -Est. Boselli -P. M.. Gentile (conf.) -Soc. RIV-SKF (avv. Fr� e Biamonti) c-:-Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni). Imposta di registro -Concentr;lzione di aziende sociali -~pporto di beni non costituenti un nucleo organizzato -Agevolazione contenuta nell'art. 2 d. 1. 7 maggio 1948, n. 1057 -Applicabilit�. (legge 7 maggio 1948, n. 1057 e art. 81 Tariffa all. A; legge 30 dicembre 1923 n. 3269). Ai fini dell'applicazione dell'agevolazione prevista daWart. 2 della . l. 7 m.aggio 1948, n. 1057,� contenente provvedimenti a favore della concentrazione ~i aziende sociali, � sufficiente anche l'apporto di singoli beni da parte cl.ella societ� concentrante (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso la Societ� RIV denunzia violazione dell'art. 2 del d.l. 7 maggio 1948, n. 1057 e falsa applicazione dell'art. 81 della tariffa all. A alla legge di registro, in (1) Brevi osservazioni a margine dell'interpret~zione giurisprudenziale sulle agevolazioni fiscali per l,e concentrazioni di aziende sociali. 1. -Con la decisione in rassegna la S.C. ribadisce ulteriormente l'interpretazione �la tempo accolta in ordine alle varie leggi succedutesi nel tempo, ma aventi identico contenuto (art. 1, legge 13 novembre 1931, n. 1434; art. 1, legge 5 marzo 1942, n. 192; art. 2,Jegge 7 maggio 1948, n. 1057 (disposizione applicabile nella fattispecie in esame); art. 41, legge 11 gennaio 1951, n. 25; art. 29, legge 6 agosto 1954, n. 603) riguardanti l'agevolazione dell'imposta fissa di registro relativa alle concentrazioni di aziende sociali. Nello stesso senso, infatti, la stessa Corte si era gi� pronunciata con le sentenze 26 aprile 1968, n. 1272, in Gius. civ., 1968, I, 639; 24 febbraio 1968, n. 635, in Giust. civ., 1968, I, 1715; 15 luglio 19.65, n. 1560, in Foro it., 1966, PARTE t, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 e.dell'art. 38 lett. b) del t.u. delle leggi sulle imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, lamentano la nullit� della notifica degli avvisi di accertamento di valore per avere il messo notificatore trascurato di far sottoscrivere l'originale degli avvisi stessi alle persone dei� consegnatari, diverse da quelle dei destinatari, e di indicarne i motivi. Al riguardo i ricorrenti affermano che, per effetto di tale asserita nullit� c()nseguente alla omissione di una specifica formalit� prevista dal citata, a'tt .. 38 del t.u. 1958, n. 645, l'Amministrazione sarebbe incorsa nella decadenza del relativo potere di accertamento e. che, quanto �� 11'.le:no; i reclami alla Commissione distrettuale,, anche se proposti fuori t�rmine, dovevano considerarsi tempestivi. .Il .iotivo � infondato. Come � noto, questa Suprema Corte, occupandosi specificatamente d�lla mate.ria relativa alle n?tificazioni degli atti tributari, siano essi di natura sostanziale o processuale, ha, pi� volte, anche di recente, ribadito i� principio che I'Amministrazione finanziaria pu� avvalersi tanto de~l'<:>pera dei messi comunali o dei messi all'uopo autorizzati, qtJ;anto di quella degli ufficiali giudiziari o loro equiparati. Con riferi: rnento a tale duplice possibilit� questa Corte ha affermato che solo nell'ipotesi, in cui la notificazione avvenga a mezzo dei messi comunali o dei messi all'uopo autorizzati, trovano applicazione le forme previste dagli artt. 38 qel t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, e 89 del r.d. 11 luglio 1:907, .n. 560, mentre nel caso in cui avvenga a 1p:ezzo degli ufficiali giudiziari e dei loro equiparati, tra i quali � il messo di conciliazione, devono osservarsi le norme ordinarie del codice di pro�edura civile, � le quali non prevedono le formalit� della sottoscrizione dell'originale dell'atto se non quando la consegna avvenga a mani del portiere o di un vicino (sentenze 26 aprile 1968, n. 12.66, e 7 dicembi:e 1'968, n. 3923). Ora, nella fattispecie, le notificazioni degli avvisi di accertamento di valore ai ricorrenti, Catap.ia Antonino e Catania Francesco, furono effettuate, come risulta/ dalle rispettive telate in atti, da un messo di conciliazione mediante consegna degli avvisi stessi a persone di famiglia o addette alla casa dei destinatari, 17 precisamente a mani della cameriera per il� primo e della moglie convivente per il secondo. Ne . consegue che, essendosi l'Amministrazione avvalsa, per tali notificazioni, dell'opera di un soggetto equiparato (ai fini dell'attivit� di notificazione) all'ufficiale giudiziario, quale � il messo di conciliazione, non dovevano � applicarsi, secondo i principi giurisprudenziali sopra richiamati, le formalit� previste dal citato art. 38 del d.P.R. 1958, n. 645, che prescrive, _ alla lett. a), la sottoscrizione dell'origi,nale da parte del consegnatario e, in caso di mancata sottoscrizione, la indicazione dei relativi motivi; do.vevano invece, essere osservate �e formalit� previste dall'art. 139 c.p.c,, che prescrive la sottoscrizione dell'originale solo nel caso-in cui RASSEGNA DELL'AvyocATURA DELLO STATO dispone pi� rigorose formalit� o consente alcuna prevalenza alla cautela del credito fiscale rispetto al rischio cui si trovano soggetti gli� altri crediti, durante l'attesa di un inventario che non possa esigersi redatto entro il termine dell'art. 485 e.e..cosfoch� debba ritenerlsi �tardivo� per '.l'applicazione dell'art. 31 r.d. 1923, n. 3270 e senz'altro � incompleto � o intrinsecamente inidoneo (come sostiene la ricorrente), un inventario che nell'ipotesi e in conformit� al disposto dell'art. 469 e.e. ottenga viceversa il riconoscimento di una redazione ancora tempestiva e regolare. Ed anzi, essendo ribadita nell'art. 70 del r.d. citato la regola secondo cui � l'erede beneficiato � tenuto a pagare la tassa di successione soltanto con le attivit� a lui pervenute �, se ne pu� desumere, in senso positivo ed assoluto, che di questa disposizione pu� giovarsi anche l'erede il quale abbia accettato nei termini dell'art. 489 e.e. poich� egli pure, entro il sistema della legge (civile e tributaria) � un erede beneficiato. -(Omissis). i CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1970, n. 701 -Pres. Pece Est. Spadaro -P. M. Toro (conf.) -Catania c. Ministero delle Fi nanze (avv. Stato Cavalli). I Imposte e tasse in genere -Notificazioni -Notificazioni ad opera del I l'Ufficiale Giudiziario -Sottoscrizione dell'originale -Non � richiesta -Mancanza -Nullit� -Inesistenza. I (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38; c.p.c. art. 139). Per le notificazioni eseguite dall'Ufficiale giudiziario, o dal messo di conciliazione ad esso equiparato, non sono awlicabili le norme stabilite dan'art. 38 del t.u. sulle imposte dirette valevoli per le notificazioni ad opera dei messi comunali e degli agenti autorizzati, ma debbono osservarsi le norme comuni del rito civile; non � quindi richiesta la sottoscrizione dell'originale da parte del consegnatario, formalit� questa che non � peraltro prescritta a pena di nullit� (1). (Omissis). -Con il primo motivo, i ricorrenti, denunciando la violazione dell'art. 31, comma quarto, del r.d. 7 luglio 1936, n. 1639, (1) Giurisprudenza pacifica. Le sent. 26 aprile 1968, n. 1266 e 7 dicembre 1968, n. 3923, citate nel testo, sono pubblicate in Riv. leg. fisc., 1968, 1934 e 1969, 1148; v. anche 14 ottobre 1966, n. 2455, in questa Rassegna, 1.966, I, 1297. Sull'esclusione della nullit� della notifica eseguita dal messo comunale mancante della sottoscrizione del consegnatario v. Cass. 8 luglio 1967, n. 1699, Giust. civ., 1967, I, 1601; 25 maggio 1966, n. 1330, in questa Rassegna, 1966, I, 1299, con nota di richiami. .. . . .... J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 443 sunzione stabilita dall'art. 31 cit. e dimostrare l'inesistenza o la minore esistenza nell'asse di denaro, gioielli e mobilia, occorre che l'inventario sia redatto entro il termine previsto dall'art. 485 e.e., come requisito tipico e �assolutamente uniforme della fattispecie fiscale, entro cui non possono assumere rilevanza le disposizioni particolari della legge civile, riguardanti speciali condizioni soggettive o aventi diversa finalit�: erroneame11te perci� la Corte d'appello ha ritenuto che nei riguardi della minore Nicoletta Malvezzi fosse applicabile l'art. 489 e.e. e che il termine per la redazione dell'inventario (non compiuto entro tre mesi dall'apertura della successione) restasse tuttavia aperto fino ad un anno dal raggiungimento della maggiore et�. Il ricorso non � fondato. La tesi che l'inventario redatto entro il termine di cui all'art. 485 e.e. sia l'ipotesi� � tipica � dell'inventario di eredit� beneficiata, l'unico intrinse�camente idoneo a garantire la propria attendibilit� e quindi l'unico essenzialmente necessario ed efficace, in sede trib�taria, a vincere la presunzio11~ stabilita dall'art. 31 cit. non corrisponde al sistema della legge. Non � controverso e non c'� dubbio che l'art. 31, nel menzion?re gli �inventari di eredit� beneficiate� (come documenti da �cui risulti un'entit� minore o l'inesistenza dei valori altrimenti presunti), si riferisce alla definizione .. e al regolamento civilistico dell'istituto, nella sua struttura, requisiti e formalit� (artt. 484 e segg. e.e., artt. 769 e segg. c.p.c.). Orbene queste norme non prevedono soltanto l'ipotesi dell'inventario quale deve redigersi, nel termine appunto dell'art. 485 e.e. dal chiamato all'eredit� che � nel possesso dei beni; ma prevedono anche l'ipotesi dell'inventario redatto dal chiamato che non � nel possesso dei beni (art. 487 e.e.), e l'ipotesi dei successibili incapaci (per minore et�, interdizione e inabilitazione, art. 489 e.e.) . .In queste altre ipotesi il termine per la redazione dell'inventario ammette l'eventualit� d'una protrazio.ne sempre pi� lontana dal momento e dalla circostan,za (apertura d~lla. successione) che segnano obiettivamente la decorrenza del termine breve nell'ipotesi prevista dall'arti colo 485 e.e. E� tuttavia, nonostante l'inconveniente che quanto pi� si dilunghi il termine, tanto pi� cresca il pericolo di possibili alterazioni nella consistenza dell'asse (un pericolo non eliminabile peraltro neppure nel caso dell'art. 485), ciascun inventario, nelle rispettive ipotesi del suo corretto adempimento, non esce dalla sua propria normalit� e ciascuno � . tipico nell'ambito della sua propria fattispecie: L'inventario deve sempre essere attuato regolarmente, secondo le prescritte formalit� di tempo e di modo; ma come tale, non pu� subire a priori un discono scimento di attendibilit� e di efficacia che significherebbe la negazione della stessa legge che pure sancisce l'equivalente concetto ed effetto delle sue varie e giustificate occorrenze. N� la legge introduce, ai fini tributari, alcuna distinzione tra l'uno e l'altro � tipo � d'inventario; n� I i ! . . . J 442 RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stesso tempo, per�, � stato spiegato che un sindacato del giudice ordinario sulla regolarit� del procedimento tributario � rilevante e, quindi, ammissibile, se le irregolarit� in cui siano incorsi gli organi del contenzioso tributario implichino una lesione del diritto soggettivo del� contribuente a che l'accertamento del suo obbligo. d'imposta abbia luogo secondo le norme all'uopo dettate dalla legge, � e tale lesione non sia altrimenti riparabile mediante l'esercizio dell'azione giudiziaria. Ci� si verifica quando al giudice ordinario � precluso l'esame della questione sostanziale irregolarmente decisa� dalla Commissione tributari�, trattandosi ad esempio, come, per l'appunto, nella fattispecie, di una questione di e~timazione semplice del valore imponibi~e. In tal caso, mediante l'azione giudiziaria che l'ar.t. 146 legge organica di registro, in armonia con l'art. 2 della legge 20 marzo 1865, n.� 2248, ali. E), concede, in tutte le controversie le quali abbiano formato oggetto di decisione amministrativa, ai fini della tutela dei diritti soggettivi, � possibile otte~ere la,dichiarazione della violazione di legge affinch� si proceda ad un nuovo e regolare accertan:iento; ed, all'uopo, per.tanto, il giudice ordinario pu�, e deve, esaminare se le deduzi�ni della parte siano, o meno, fondate. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1970, n. 694 -Pres. Stella Richter -Est. Falletti -P. M. Pascalino (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Conti) c. Rodighiero. Imposta di successione -Presunzione per gioielli, denaro e mobilia Inventario di eredit� beneficiata -Termine. (r.d. 30 dicembre 1923., n. 3270, art. 31 e 56; e.e. art. 485 e 489). Per vincere l(L presunzione per gioielli, denaro e mobilia di cui all'art. 31 della legge suLle successioni � idoneo L'inventario dell'eredit� beneficiata che, ove. gli eredi accettanti siano minori, pu� essere redatto, a norma deU'art. 489 e.e., fino ad un anno dopo il compimento della maggiore et� (1). (Omissis). -La ricorrente, lamentando la violazione dell'art. 31 del r.d. 30 dicembre 19213, n. 3270, in relazione agli artt. 485 e 489 e.e. sostiene che in ogni ipotesi di eredit� beneficiata, per vincere la pre (1) Cfr. Cass., 11 novembre 1969, n. 3673, con la quale si � anche affermata l'idoneit� a vincere la presumione dell'inventario redatto, nel caso di eredi minori, pri:r;ria del raggiungimento della mag.giore et�. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 volte esse si risolvano in una' lesione del diritto soggettivo del contribuente al rispetto delle norme, anche procedurali, che disciplinano l'accertamento fiscale (primo motivo, con il quale denunzia la violazione dell'art. 2 I. 2IO marzo 1865, n. 2248, all. E); b) che la Corte di merito avrebbe erroneamente negato il diritto del contribuente di far valere le proprie ragioni nel giudizio ordinario, anche indipendentemente dalle impugnazioni delle decisioni delle commissioni tributarie di prima e di seconda istanza (secondo motivo, con il quale denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 22 � e 29 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639); c) che la Corte di merito avrebbe erroneamente affermato che le nullit� del procedimento tributario possano farsi valere nel giudizio ordinario soltanto nel caso del ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. contro le decisioni della Commissione centraie (terzo motivo); d) �che la Corte di merito ha, senza motivazione adeguata, ritenuto, al pari delle altre, improponibile, nel giudizio ord�nario, a:q.che la nullit� verificatasi nella notificazione della decisione della Commissione di;;;trettuale (quarto motivo con il quale denunzia vizi di motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c.). � da premettere che la questione concernente la legittimit� della ingiunzione in base' ad un titolo diverso dalla decisione della Commissione distrettuale,' cio� in base al mancato reclamo, da parte del Curto, contro l'avviso di accertamento di valore, ed in virt� della �cosiddetta solidariet� processuale fra i coobbligati al pagamento dell'imposta, affermata dalla Commissione centrale, � rimasta completamente estranea alle fasi di merito del presente giudizio, e non pu�, quindi, essere esaminata in questa sede, nella quale, peraltro, non � stata neppure proposta. Ci� premesso, questa Suprema Corte rileva che la tesi sostenuta dal Chiarelli nel primo motivo del suo ricorso � conforme a ci� che essa ha avuto, pi� volte, modo di affermare (v., fra le altre, le sentenze 218 novembre 1961, n. 2745; 16 luglio 1963, n. 1941; 25 novembre 1963, n. 3042), indicando entro quali limiti debba trovare applicazione la regola dell'indeducibilit� nel giudizio ordinario delle irregolarit� procedurali verificatesi davanti alle Commissioni tributarie. L'autonomia del procedimento tributario rispetto a quello giudiziario e la conseguente esclusione che questo sia, rispetto a quello, un giudizio di gravame nel quale possano fl[lrsi valere i vizi di procedura in cui siano incorsi gli organi del contenzioso tributario (salvo, naturalmente, che .si tratti di vizi talmente gravi da rendere la decisione delle Commissioni giuridicamente insesistente, e salvo che si tratti del ricorso per Cassazione, ammissibile, a norma dell'art. 111 Cost. contro le decisioni della Commissione centrale) sono state confermate dalle ricordate sentenze. Nello 44-0 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Alla dichiarazione d'improponibilit� dell'opposizione in base alle irregolarit� formali dedotte dal Chiarelli, i giudici di merito pervennero attraverso la considerazione che -non essendo l'azione giudiziaria del contribuente un mezzo d'impugnazione delle decisioni delle commissioni tributarie -non possano farsi valere, davanti al giudice ordinario, le irregolarit� dei procedimenti svoltisi davanti a quelle. Il Chiarelli ha proposto ricorso per Cassazione, con atto del 21 dicembre 1968, in base a quattro motivi, illustrati con memoria. L'Amministrazione delle Finanze resiste �con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Il Chiarelli deduce: a) che le nullit� verificatesi nel corso dei procedimenti davanti alle commissioni tributarie sono rilevabili dal giudice ordinario quante bilit� nelle decisioni di valutazione col ricorso per violazione di legge processuale alla Commissione Centrale (Sez. Un. 19 settembre 1967, n. 2184, ivi 1967, I, 1053 con richiami), sicch� sembra poco ragionevole andare a ricercare altro mezzo di impugnazione al di fuori del sistema. Le sentenze 28 novembre� 1961 n. 2745, 16 luglio 1963, n. 1941 e 25 novembre 1963, n. 3042, invocate come precedenti, hanno peraltro enunciato il principio ora applicato per escludere la sindacabilit� dei vizi del procedimento nella fattispecie decisa ed hanno fatto cenno del problema in via meramente ipotetica; esse non hanno quindi un grande valore giurisprudenziale (v. Relazione Avv. Stato, 1961-65, II, 340). Potrebbe forse risalirsi all'art. 2� della legge del 1865 nei casi del tutto anormali in cui per errore del procedimento amministrativo (non di quello giurisdizionale innanzi alle Commissioni) per singolari contingenze, da atti amministrativi possa derivare la violazione di diritti soggettivi non altrimenti tutelabili; solo in questi limiti il principio ora affermato potrebbe essere preso in considerazione come rimedio eccezionale di completamento, sempre che l'impossibilit� di rimozione del vizio dipenda da situazioni oggettive e non dal non avere esperito i gravami dalla legge predisposti; si tratta quindi di una ipotesi pi� teorica che concreta di cui non si saprebbero fornire degli esempi. Nel caso di specie l'impugnazione proposta dopo aver adito la Commissione Provinciale per le questioni di diritto, oltretutto senza l'osservanza del termine rispetto alla decisione della Commissione distrettuale di valutazione, era rivolta contro l'ingiunzione, non contro il procedimento di valutazione; si assumeva cio� che la Finanza non avesse il potere, in man .canza di una decisione della Commissione di valutazione opponibile al contribuente non ricorrente, di pretendere l'imposta complementare, dimenticando che il potere dell'Amministrazione nasce dall'accertamento sicch� l'eventuale nullit� della decisione che pronuncia sul ricorso del contribuente giova e non pu� mai nuocere alla validit� dell'acc�ertamento stesso. Si proponeva cio� una questione di diritto sul potere della finanza di pretendere l'imposta, che era in-�realt� conoscibile dall'A.G.O., ma palesemente infondata. C. BAFILE PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sione distrettuale, l'accertamento del valore dell'immobile. era divenuto definitivo nei confronti del Curto, che nessun reclamo aveva prop�sto contro il relativo avviso, e che tale era divenuto �nche �nei -confronti del Chiarelli, in virt� della cosiddetta solidariet� .processuale fra coobbligati al pagamento dell'imposta. Con citazione del 24 maggio 1965 il Chiarelli convenne in giuaizio, davanti al Tribunale di Lecce, l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, proponendo opposizione contro l'ingiunzione, e deducendo che la medesima era stata emessa in base ad una decisione -quella della Conunissione tributaria di prima istanza -nulla perch� pronunziata senza che egli fosse stato sentito personalmente, e, comunque, non definitiva nei suoi confronti, non essendogli mai stata notificata. Con sentenza 13 gennaio 1967 il Tribunale dichiar� l'opposizione all'ingiunzione, impropon~bile, e condann� l'opponente nelle spese; e l'appello del Chiarelli fu rigettato, con sentenza 2�8 giugno 1968, dalla Corte d'Appello di Lecce, che lo condann� nelle spese di secondo grado. zione dell'A.G.0.; ma ci� ammettendo, sulla base della norma generalissima della legge di abolizione del contenzioso amministrativo, bisognerebl>e estendere il principio per tutte le giurisdizioni speciali, il che sarebbe assurdo e si risolverebbe in un conflitto di giurisdizione. La sent. 20 gennaio 1970, n. 111 cit., ha escluso l'impugnazione dinanzi all'A.G.O. per la decisione viziata per l'omessa comunicazione dell'avviso di comparizione dinanzi alla Commissione; dovrebbe per� affermarsi secondo il principio seguito nella sentenza in nota, che una tale impugnazione sarebbe ammissibile in quanto la nullit� lede il diritto di difesa in un procedimento sottratto alla giurisdizione dell'A.G.O .. �Cosicch� per le decisioni delle Commissioni sulla semplice estimazione oltre il ricorso per Cassazione ex art. 111 e oltre l'impugnazione ex art. 29 del �'r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, per difetto di calcolo ed errore di apprezzamento, sarebbe ammissibile anche l'impugnazione dinanzi al tribunale per violazione della legge processuale; conclusione evidentemente assurda per molteplici ragioni. La sent. 6 dicembre 1963, n. 3111 cit., partendo dallo stesso principio aveva ammesso, in sede di impugnazione ex art. 29 per difetto di calcolo ed errore di apprezzamento, il controllo dell'A.G.0. sulla adozione dei criteri di valutazione sotto forma di violazione di legge; in questo C!lSO non venivano in discussione v�eri e propri errori del procedimento ma piuttosto errori sulla sostanza della valutazione. Tuttavia questo indirizzo non � stato pi� seguito dalla Corte Suprema che in numerose successive pronuncie ha affermato che spetta alla Commissione la scelta del criterio pi� appropriato di valutazione sia o non conforme agli art. 15 e segg. del r.d. n. 1639 del 1936 e che il giudice ordinario pu� sindacare soltanto la adeguatezza della motivazione s�lla scelta di uno o di altro criterio, senza poter statuire se la valutazione sia conforme ai criteri di legge (Cass. 26 ottobre 1968, n. 3568 in .questa Rassegna, 1968, I, 831 e precedenti ivi citati). � quindi senz'altro da disattendere l'affermazione generalizzata, fatta nella sentenza in rassegna, riferita 'ai vizi del procedimento dinanzi a:lle Commissi0ni..�.peraltro concorde la giurisprudenza che'esclude l'impugna 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Commissione distrettuale delle imposte di Lecce decise il reclamo nella sua adunanza del 31 ottobre 1953, rigettandolo. Avviso di tale adunanza era stato notificato il 15 di detto m~se all'avv. D'Ercole, che� non vi comparve. Sempre all'avv. D'Ercole venne, in data 15 gennaio 1955, notificata l� decisione. Ed, in base alla decisione, l'Ufficio del registr� fece notificare al Chiarelli ed al Curto, il 24 settembre 1959, ingiunzione di pagamento dell'imposta complementare di L. 418.500. Gli intimati Chiarelli e Curto proposero ricorso alla Commissione provinciale -Sezione di diritto ---;-la quale -considerato che l'ingiunzione era stata emessa in base ad una decisione che. era stata proni: inziata n�i confronti dell'avv. D'Ercole, curatore del fallimento gi� chiuso; ed era, perci�, priva di ogni efficacia nei confronti del Chia';:!'!lli e, di conseguenza, del Curto -accolse i ricorsi. La decisione della Commissione provinciale venne, per�, annullata dalla Commissione centrate, con decisione del 1�2 novembre 1964, in base alla �considerazione che, prima ed indipendentemente dalla pronunzia della Commis sia sufficientemente garrantita dal giudizio delle Commissioni, non si vede perch� si debba assicurare un ulteriore gravame soltanto per le questioni attinenti ai vizi del procedimento. Ancor meno utile pu� essere al riguardo l'art. 146 della legge di registro che si limita a fissare il termine per la proposizion� della domanda innanzi all'A.G.O., riferendosi, ovviamente, ai casi in cui la domanda � ammissibile. Il sindacato dell'A.G.0. che si vorrebbe affermare si concretizzerebbe in una vera e propria impugnazione delle decisioni delle Commissioni sull'estimazione semplice, non potendosi evidentemente parlare di un autonomo potere dell'A.G.O. di conoscere la sostanza della controversia; e di ci� non fa mistero la sentenza annotata che �esplicitamente parla della � dichiarazione della violazione di legge affinch� si proceda' ad un nuovo accertamento � ossia dell'annullamento della decisione. Ma un tale potere di giudicare in grado di impugnazione su una decisione giurisdizionale che la legge dichiara definitiva (art. 29 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639) pu� . essere fondato soltanto un una norma espressa quale lo stesso art. 29 terzo comma o l'art. 111 Cost.; e non pu� individuarsi una tale norma nell'art. 2 della legge del 1865 che assicura la tutela dei diritti soggettivi violati da un atto amministrativo, e giammai da un provvedimento giurisdizionale. Riferire invece la norma dell'art. 2 della legge del 1865, che ammette l'azione ordinaria ��per tutte le controversie che abbiano formato oggetto di decisione amministrativa >, alle pronunce delle Commissioni significa negare la loro efficacia giurisdizionale tanto autorevolmente affermata di recente dal~e Sez. Unite (Sent. 20 giugno 1969, n. 2175 in questa Rassegna, 1969, I, 538). Non � chiaro, d'altra parte, quali possano essere i diritti soggettivi a che l'accertamento dell'obbligo tributario abbia luogo secondo le norme all'uopo dettate dall� legge con riferimento ai vizi del procedimento; se si ritiene che ogni norma processuale, intesa a garanzia del diritto di difesa, salvj:lguarda un diritto soggettivo, bisognerebbe ammettere che in ogni caso sia data azione innanzi al tribunale per qualunque violatzione di legge processuale in procedimenti inerenti a materie sottratte alla giurisdi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (Omissis). -Con atto per Notar Bernardini del 19 settembre 1949, registrato a Lecce il 10 del mese successivo, Chiarelli Pietro vendette a Curto Renato, per il prezzo di L. 2.100,000, l'immobile sito in Lecce, al n. 15 di Via Leuca. Con ~entenza 14 luglio 1950 del Tribunale di Lecce il Chiarelli fu dichiarato fal�ito e l'immobile suddetto -acquisito, senza opposizione del Curto, all'attivo fallimentare -fu venduto ai pubblici incanti. Esaurite le operazioni relative, il fallimento fu, con decreto 18 novembre 1952 del Tribunale, dichiarato chiuso. Intanfo l'Ufficio del registro di Lecce aveva, in data 13 dicembre 1950, notificato, al Chiarelli ed al Curto, avviso di accertamento del valore del suddetto immobile nella maggior somma di L. 4.700.000, e contro. l'accertamento era stato proposto reclamo, con atto del 27 dicembre 1952, dal curatore del fallimento Chiarelli, avv. Ercole D'Ercole. Nel reclamo il curatore aveva chiesto di essere sentiti> personalmente. 1963, 2448 e 1964, 622; v. anche 6 dicembre 1963, n. 3111, in questa Rassegna, 1963, I, 168 con nota critica di L. CoRREALE; per un fugace accenno cfr. 13 dicembre 1969, n. 3950, ivi, 19!70, I, 95. Con assai scarna motivazione viene risolta una questione di grande importanza. Si afferma che l'insindacabilit� da parte dell'A.G.O. dei vizi del procedimento dinanzi alle Commissioni (fondata sul principio dell'autonomia del giudizio ordinario rispetto al procedimento dinanzi alle Commissioni e sull'altro principio che per le decisioni giurisdizionali delle Commissioni le nullit� p�r vizio del procedimento devono convertirsi in motivi di impugnazione a norma dell'art. 161 c.p.c. per evitare che con il giudicato ogni irregolarit� venga eliminata, -cfr. da ultimo Cass. 20 gennaio 1970, n. 111 in questa Rassegna, 1970, I, 128 con nota di richiami) incontri un limite, desumibile dall'art. 2 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo e dall'art. 146 della legge di registro, nelle situazioni in cui all'A.G.0. non � ri�onosciuta la giurisdizione sul merito della questione decisa dalle Commissioni. Sembrerebbe che si voglia affermare il principio pi� generale che l'autonomia fra i due procedimenti sussista soltanto quando il giudizio innanzi alle Commissioni sia solo eventuale (per le imposte indirette) o comunque integralmente riproducibile (per le imposte dirette) innanzi all'A.G.O., mentre non vi sarebbe pi� autonomia ma subordinazione quando l'A.G.O. non pu� riesaminare nel merito la questione decisa dalla Commissione, come se la giurisdizione delle Commissioni fosse di second'ordine e bisognevole di una verifica. Una tale affermazione � senz'altro da respingere perch� le decisioni delle Commissioni sono a tutti gli effetti di portata giurisdizionale e sono assistite da tutte le garanzie di gravame, anche per gli errori in procedendo, fino al ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost., sicch� non si ravvisa in alcun modo la necessit� di assicurare un controllo da parte dell'A.G.O. E nessun argomento pu�.trarsi dall'art. 2 della legge di abolizione del contezioso amministrativo che garantisce la tutela dei diritti soggettivi ma non necessariamente innanzi alla giurisdizione ordinaria, se norme espresse hanno devoluto ad altri giudici speciali la giurisdizione sui diritti sogettivi; e se si ammette che la giurisdizone sui merito della estimazione semplice 436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rit� medesima, nel silenzio della legge per la quale � necessario soltanto il fatto della eseguita esportazione (art. 1 1. 570 del 1954), prescrizioni limitative dettate esclusivamente per le esigenze proprie del procedimento amministrativo. Infine, non giova alla tesi dell'Amministrazione ricorrente, il richiamo all'art. 21, secondo comma della legge doganale 25 settembre 1940, per il quale la bolletta doganale consegnata al proprietario � il solo documento che prova il pagamento dei diritti e l'adempimento delle condizioni e formalit� menzionate nel primo comma, e all'art. 260 del regolamento doganale 13 febbraio 1896, n. 96; per il quale la bolletta dj. esportazione originale deve essere allegata alla domanda diretta alla Intendenza di Finanza per ottenere la restituzione di diritti spettanti su merci esportate. Invero tali disposizioni non �sono applicabili nella fattispecie, poich� questa � compiutamente disciplinata, quanto alla sussistenza ed alle condizioni del diritto, dalla 1. 31 luglio 1954, n. 570. Il ricorso deve essere pertanto rigettato con la condanna dell'Am ministrazione ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 marzo 1970, n. 641 -Pres. Stella Richter -Est. Sposato -P. M. Pascali:no (conf.) -Chiarelli (avv. Ermetes) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in ~enere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Vizi del procedimento -Censurabilit� innanzi all'A,.G.O. -Ammissibilit� -Limiti. Normalmente gLi errores in procedendo che viziano il procedimento dinanzi alle Commissioni non sono censurabili innanzi all'A.G.O.; tuttavia un sindacato del giudice ordinario sulla regolarit� del procedimento tributario � ammissibile se i vizi implichino la lesione di un diritto soggettivo del contribuente a che l'accertamento del suo obbLigo d'imposta abbia luogo secondo le norme a'Ll'uopo dettate dalla legge e tale lesione non sia altrimenti riparabile mediante l'esercizio deU'azione giudiziaria, come nel caso dell'estimazione semplice� in cui � precluso all'A.G.0. l'esame della questione sostanziale decisa irregolarmente dalla Commissione (1). (1) Sull'incensurabilit� �innanzi all'A.G.O. dei vizi del procedimento in materia di estimazione semplice. Le sent. 28 novembre 1961, n. 2745, 16 luglio 1963, n. 1941 e 25 novembre 1963, n. 3042, citate nel testo, sono pubblicate in Riv. leg. fisc., 1962, 727, ~ ~f:fffifill'W':fP%ftsfft!i�r1t1r:11t?f3:!f:!filffffmrf:%%%rtw1wr:rtrt~!rztrf:;1w1=~rtrrrr~ltirttm;r1;r~1rNffttr~1rm;Bwfilfttrilirrt�ilifr&t PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 richiesto con l'originario atto di citazione del 26 luglio 1965) portava. la dichiarazione della Sezione doganale di Brescia, datata e sottoscritta dal competente funzionario, attestante che i prodotti in essa indicati erano stati esportati con una determinata bolla doganale di uscita, di cui erano stati anche precisati tutti gli estremi, ed ha quindi ritenuto che la soc. Cotonificio Olcese avesse dato idonea dimostrazione del fatto dell'avvenuta esportazione. La Corte del merito, poi ha esattamente respinto la tesi, "":riproposta con il ricorso dell'Amministrazione finanziaria, secondo cui la prova delle esportazioni eseguite avrebbe dovuto essere necessariamente integrata, dinanzi al giudice adito, con la esibizione delle originali bollette doganali di esportazione, a norma del regolamento di esecuzione della legge n. 5'?0 del 1954, emanato con d,P.R. 27 febbraio 1955, n. 192. L'art. 1 del d.P.R. n. 192 del 1955 :prevede che all'atto delle singole esportazioni deve e.ssere prodotto alle dogane un duplo (della fat-' tura di vendita destinata all'acquirente estero) sul quale gli uffici doganali, eseguiti gli opportuni controlli, dovranno apporre la loro attestazione. L'art. 2, dopo aver stabilito che l'imposta viene restituita mensilmente con riferimento al mese solare in cui hanno avuto luogo. le esportazioni e che le domande di restituzione (dirette alla �competente Intendenza di Finanza) sono presentate� ad ogni Dogana per il tramite della quale. sono state effettuate le operazioni di esportazione, dispone ancora che ciascuna istanza deve essere corredata: a) di uno stato riassuntivo, in duplice esemplare, delle esportazioni effettuate nel mese cui ��ciascuna istanza si riferisce, con la indicazione degli estremi delle singole bollette doganali di esportazione, dei quantitativi delle merci esportate per ogni qualit� e specie e ciell'I.G.E. di cui si chiede la restituzione; b) delle originali bollette doganaH di esportazione e dei dupli -delle relative fatture� emesse nel mese nei confronti degli acquirenti esteri, munite dell'attestazione di cui all'art. 1. L'art. 5 dispone infine che alla restituzione della imposta sulla entrata provvede la competente Intendenza di Finanza. Le minuziose disposizioni del d.P. del 1955 sono dirette a disciplinare il procedimento che l'esportatore deve seguire per ottenere, 'dalle Intendenze di Finanza, la restituzione della imposta generale sulla entrata di cui al primo comma dell'art. 1 della legge n. 570 del 1954. Il procedimento predisposto ha lo scopo di assicurare, attraverso rigorosi controlli,� la regolarit� delle operazioni di pagamento, eseguite a titolo di rimborso dai competenti organi finantiari. Lo scopo del procedimento delinea i suoi limiti: se l'esportatore adisce direttamente l'autorit� giudiziaria per il riconoscimento del diritto preteso,� (in difetto jli ogni norma che imponga il previo esperimento del procedimento predetto) non possono valere dinanzi all'auto 434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO plicano le particolari forme stabilite negli artt. 1, 2 e 5 del d.p. 27 febbraio 1955, n. 192 per i procedimenti in via amministrativa ed in particolare non � richiesta l'esibizione della bolletta di esportazione (1). (Omissis). _, L'Amministrazione Finanziaria, con l'unico mezzo proposto, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 5 del d.P.R. 27 febbraio 1955, n. 192, .dell'art: 21, comma secondo della legge doganale 2:5 settembre 1940, n. 1424, dell'art. 260 del regolamento doganale 13 febbraio 1896, n. 65, nonch� la insufficiente e .contradittoria motivazione della sentenza impugnata, in relazione all'art. 360 n. 3 e n.. 5 c.p.c, Sostiene che il Regolamento n. 192 del 1955 condiziona il diritto alla restituzione dell'I.G.E., nei casi previsti dalla legge n. 570 del 1954, alla esibizione delle originali bollette doganali di esportazione; che l'esigenza di tali documenti, per il ric9noscimento �del diritto pre-� teso, � confermata dall'art. 21, secondo comma della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 e dall'art. 260 del regolamento doganale 13 febbraio 1896, n. 65. I.a censura � infondata. Per l'art. 1, primo comma, della 1. 31 luglio 1954, n. 570, gli esportatori dei prodotti industriali elencati in apposita tabella approvata .con �d.P.R. �sono ammessi alla restituzione� (nella misura indicata dal successivo art. 2) �dell'imposta .generale sull'entrata in relazione alle merci esportate ed alle materie prime ed agli altri prodotti impiegati nella loro fabbricazione�. La prima condizione (natura della m~rce esportata in relazione alla classificazione ad essa data nella tabella), cui la legge subordina il diritto alla restituzione, non � �contestata. Quanto alla seconda �Condizione (la effettuata esportazione) la Corte del merito ha rilevato che ognuna delle fatture (relative all'import~ (1) Non constano precedenti specifici. La decisione suscita qualche perplessit�. � un principio generale che il pagamento dell'imposta pu� essere dimostrato soltanto con l'esibizione della,bolletta e, ancor pi�, che non possa procedersi al rimborso di un tributo se non dietro presentazione della bolletta medesima. Ai fini del salve et repete fu sempre ritenuta necessaria l'esibizione della bolletta (come espressamente previsto nell'articolo 6 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, nell'art. 149 della legge di registro, ecc.). Anche per le istanze di rimborso l'esibizione della bolletta �. stabilita in norme di portata generale (art. 141 della legge di registro, art. 90 legge di sqccessione, art. 21 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 e art. 260 del reg. 13 febbraio 1896, n. 96); e ci� non manca di una ragione sostanziale perch� il possesso della bolletta, oltre all'eseguito paga, mento, serve a dimostrare la legittimazione al rimborso. L'imposta pu� essere stata infatti versata da uno dei contribuenti per conto di molti, o da un terzo o comunque da persona diversa da quella che risulta nell'intestazio: r;i.e, cosi�ch� il possesso della bolletta serve a garantire che il rimborso si esegua in favore della persona che vi ha diritto. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 diretta ad pttenere dal giudice un accertamento positivo in luogo di quello negativo richiesto a loro favore dagli opponenti. La proposizione di una simile riconvenzionale non abbisognava di parole o di fohne particolari, essendo sufficiente che essa fosse stata espressa nella comparsa di risposta (art. 167 c.p.c.). Nella presente controversia, si � verificato pertanto che, mentre,, da un lc;ito, gli opponenti 'avevano, nell'atto di citazione, richiesto che il tribunale oltre che a denunciare l'illegittimit� dell'ingiunzione, proce desse anche all'accertamento negativo del loro debito d'imposta, la con venuta nella comparsa di risposta, aveva per contro, esplicitamente de dotto nel merito nel senso che gli opponenti non avevano fornita la prova delle condizioni per ottenere l'agevolazione pretesa, per cui doveva essere riconosciuto il diritto della stessa amministrazione alla perce zione del tributo. Essendosi pertanto da un lato, esteso il tema del dibattito alla con testazione del diritto dell'amministrazione e dall'altro, alla richiesta di affermazione di un tale diritto, il tribunale e poi la Corte d'appello che ne era stata� investita �mediante specifica doglianza (quinto motivo) non potevano contenere la decisione nei limiti della dichiarata illeggittimit� della ingiunzione, ma dovevano esaminare, nel merito, la dedotta esi stenza o inesistenza del diritto dell'Amministrazione alla percezione del tributo. Cos� non avendo fatto, i giudici di merito hanno violato il principio secondo cui l'opposizione ad ingiunzione fiscale instaura -come si � detto ~un vero e proprio giudizio di cognizione in ordine alla fonda~ tezza della pretesa tributaria, per cui la decisione � viziata dalla omis sione di pronuncia sulle richieste come innanzi identificate e pertanto . essa deve essere cassata con 'rinvio ad altro giudizio affinch� provveda all'esame del merito ed anche sulle spes� di questo grado del giudizio. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 marzo 1970, n. 637 -Pres. Rossano -Est. Mazzacane -P. M. Chir� (conf.) -Ministero delle Finanze (a".v. Stato� Coronas) c. Soc. Cotonificio Vittorio Olcese (avv. Scarpa). Imposta generale sull'entrata -Rimborso dell'imposta sulle merci esportate -Domanda proposta con azione ordinaria -Formalit� stabilite per il ricorso in via amministrativa -Non si applicano Esibizione della bolletta -Non � necessaria. (d.p. 27 febbraio 1955, n. 192, art. 1, 2 e 5). Quando il rimborso dell'imJ;'osta generale sull'entrata pagata sulle merci esportate � domandato con l'azione in sede ordinaria, non si ap 432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infatti, l'ingiunzione fiscale -come questa Corte suprema gi� varie volte ha avuto occasione di affermare -cumula le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa che l'opposizione I del debitore �Costituisce domanda giudiziale che apre un ordinario pro cesso cognitivo nel quale l'opponente, oltre che contestare la legittimit� dell'esecuzione, pu� anche contestare il diritto dell'amministrazione alla percezione del tributo, ossia domandare un accertamento negativo a pro prio favore, per cui viene ad assumere vera e propria veste di attore, (sent. n. 2356 del 12 novembre 1965: n. 2339 del 9 ottobre 1967; n. 582 del 21 febbraio 1969, n. 2019 del 9 giugno 1969). Conseguentemente l'Amministrazione, venendo ad assumere ;veste di convenuta, ha diritto di proporre non soltanto eccezioni dirette a ren dere inefficace l'azione ma anche a proporre una riconvenzione per far affermare anche indipendentemente, se necessario, dalla domanda del l'attore, l'esistenza del proprio diritto alla percezione del tributo, negatQ dal contribuente mediante l'opposizione; nel caso la riconvenzionale era domanda riconvenzionale. Si trattava della abnorme ma non infrequente ipotesi dell'ingiunzione intimata con la clausola � l'accertamento ha scopo cautelativo non essendo ancora possibile stabilire se competono le agevo lazioni �. Si deduceva quindi la nullit� di un tale atto iniziale della riscos sione coattiva mancante dell'affermazione del credito di imposta; ma la Fnanza convenuta eccepiva che la pretesa tributaria era fondata perch� i fatti presupposto dell'agevolazione che l'Ufficio si era� riservato di accertare dovevano invece essere provati dal contribuente. L'ingiunzione a scopo cautelativo o � un'ingiunzione o non lo �; non pu� essere invece, come sosteneva l'opponente, un'ingiunzione necessaria mente nulla. Se la clausola cautelativa trasforma l'ingiunzione in un sem plice atto stragiudiziale di interruzione della prescrizione, viene meno l'inte resse all'opposizione che andrebbe dichiarata inammissibile; se invece llingiunzione � capace dei suoi normali effetti, nonostante l'esortazione a1 debitore di non temere un'immediata esecuzione, contro di essa pu� essere ammessa soltanto l'opposizione di merito alla quale la Finanza dovr� sol tanto resistere come convenuta. senza nulla domandare in via ricon venzionale. Potrebbe ipotizzarsi ancora che la domanda del contribuente,. sul presupposto della inesistenza di una valida ingiunzione si presenti come una domanda di accertamento negativo, ed anche in questo caso la Finanza deve solo resistere senza agire in riconvenzione. il dubbio invece che la Finanza possa proporre come attore in via riconvenzionale una domanda (vera e propria) di accertamento positivo, cio� una domanda indipendente .dalla domanda dell'attore con la quale, sulla premessa dell'inesistenza della valida ingiunzione si estrinsechi, per la. prima volta in giudizio, la pretesa tributaria. Pertanto nel caso di specie si sarebbe potuto affermare, ove la domanda dell'attore fosse, stata ritenuta ammissibile, che la domanda riconvenzionale della Finanza non era necessaria per far decidere dal Tribunale la que stione di merito. C. BAFILE i I I II I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 431 del 1� agosto 1952, compiuto dalla Commissione centrale. Questa, invero, ha stabilito, attraverso, l'interpretazione della volont� delle parti manif�stata nell'atto suindicato, che l'operazione di continuativo rapporto bancario, avente per oggetto la messa a disposizione della societ� cedente di somma pari all'importo del debito scaduto, lungi dall'estinguersi, esplicava i suoi effetti anche per l'avvenire. Ci� esclude l'applicabilit� della surrichl.amata norma del terzo comma dell'art. 62, perdurando gli effetti dell'enunziato rapporto bancario atipico (messa a disposizione di somme) anche dopo la stipula dell'atto a rogito del notaio Smiderle della cui tassazione si controverte. E ancora una volta � da dire che trattasi di accertamento di fatto il quale, per essere sorretto da adeguata e corretta motivazione, non pu� essere sindacato in que.sto giudizio di legittimit�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 marzo 1970, n. 609 -Pres. Pece Est. Pascasio -P. M. Chir� (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese) c. Dragoni (avv. Dallari). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione -Azione riconvenzionale della Finanza -Forme. (t.u. 14 aprle 1910, n. 639; c.p.c. art. 112). Poich� l'opposizione contro l'ingiunzione fiscale istaura un vero e proprio giudizio di cognizione, la Finanza convenuta pu� in via riconvenzionale far affermare l'esistenza del proprio diritto alla percezione del tributo e tale domanda pu� senza forme o espressioni particolari essere contenuta nena comparsa di risposta (1). (Omissis). -Con l'unico motivo l'Amministrazione denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sul merito della controversia, che pure era stata richiesta sia dagli opponenti sia dall'Amministrazione convenuta. La censura � fondata. (1) Un'ulteriore pronuncia sull'azione riconvenzionale della Finanza; v. sull'argomento C. BAFILE, Note sull'azione riconvenzionale della Finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale, in questa Rassegna, 1969, I, 527 e Ancora sull'azione riconvenzionale deLla Finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale, ivi, 1969, I, ,916. � senz'altro corretta la decisione che ha riconosciuto il diritto della Finanza a far dichiarare fondata la pretesa tributaria nel giudizio in cui l'attore tale fondamento negava. � tuttavia dubbia, anehe in queoto "'''"la neoo,.it� della pwpo�lrione della I ~~ 430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gozio. Se, invece, in unico atto siano contenuti pi� negozi ins�indibilmente connessi, per norma di legge o per loro intrinseca natura, non gi� per volont� delle parti, in questa ipotesi si ha, ai fini fiscali, un unico negozio complesso ed unica � la tassazione. Da ci� si desume, come anche di recente ha rilevato questa suprema Corte, pronunziando a Sezioni Unite, che pur essendo quella di registro tassa di titolo, la u,nicit� o la molteplicit� della tassazione � conseguente, nella fattispecie legale di cui all'art. 9, rispettivami:!nte, alla unicit� del negozio o alla molteplicit� dei negozi che non siano, per�, inscindibilmente connessi in virt� di legge o per loro intrinseca natura (sent. 24, marzo 1969, n. 933). Nella specie, la Commissione centrale ha correttamente escluso la di�pendenza delle due �disposizioni � (cio� dei due negozi giuridici) che vengono in discussione -quella relativa alla cessione di credito e quella concernente il rapporto bancario atipico -dopo aver stabilito, con accertamento di fatto non censurabile in questa sede, che tra le due suindicate disposizioni non ricorreva quel rapporto di corrispettivit� prospettato dalla contribuente. Con il secondo motivo del ricorso la Banca_ Unione, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 62 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c,, deduce che a seguito della cessione del credito, con efficacia solutoria, era venuta ad estinguersi la convenzione verbale, relativa al rapporto bancario di anticipazione, enunciata nell'atto registrato. Pertanto ~-sostiene la ricorrente -su tale convenzione, estintasi p~r effetto dell'atto enunciante, l'imposta di registro non poteva essere richiesta, secondo quanto dispone il terzo comma del citato art. 62. Anche questo motivo non � fondato. Nel sistema della legge sull'imposta di registro, se una conven'zione verbale � enunciata in un atto scritto resta soggetta anch'essa all'imposta (c.d. tassa di enunciazione) quando presenti una diretta connessione c�n il c_ontenuto dell'atto enunciante. Questa norma -che, come � noto, trae il suo fondamento da un principio gi� espressamente formulato dal codice civile del i865 (art. 1318), secondo cui l'atto scritto fornisce la prova anche della convenzione verbale in esso enunciata non � applicabile allorquando quest'ultima sia gi� estinta o si estingua per effetto dell'atto stesso che la �nuncia (art. 62, comma terzo, legge organica di registro). Ora, nel caso di specie, la censura mossa dalla ricorrente nel mezzo che si esamina poggia sul presupposto che per effetto della cessione del credito di L. 25.000.000, operata dalla Soc. Idroxa a favore della Banca Unione, si sarebbe verificata la estinzione della enunciata convenzione verbale di cui sopra � parola. Tale presupposto,, per�, � contraddetto dall'a�certamento del contenuto negoziale dell'atto notarile PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 429 Anche nel punto in cui la Commissione ha escluso rilevanza alla prospettata distinzione tra cessio per soluto e cessio pro solvendo, la decisione va esente dalla. censura mossale, perch� adeguatamente chiarisce come sia nell'una sia nell'altra forma di cessione, da questa restava, in ogni caso, indipendente l'enunciato rapporto bancario �di anticipazione di somme.- N� la doglianza della Banca Unione pu� ritenersi fondata sotto il profilo della falsa applicazione dell'art. 8 della legge organica di registro, del quale la ricorrente denunzia la violazione. Va premesso che il primo comma dell'art. 8, disponendo che �le tasse sono applicate secondo l'intrinseca natura� e gli effetti degli atti o ct,ei trasferimenti, se anche non vi corrisponde il titolo o la forma apparente�, contiene una regola che disciplina i frequenti casi di difformit� tra lo scriptum ed il gestum. La norma,� come ha p\� volte affermato questo supremo Collegio, afferma il principio che, nelrapplicazione dell'imposta di registro, deve aversi riguardo unicamente all'esistenza di un negozio giuridico che, considerato in s� e per s�, sia capa�ce di produrre quei determin~ti effetti -indicati in forma sin~etica dall'art. 1 della legge fondamentale di registro -i quali importano il pagamento del tributo (sent. 14 ottobre 1966, n. 2453 e sent. 4 febbraio 1969, n. 342). In aderenza a questo fondamentale principio, rettamente la Commissione centrale si � riferita alla natura ed agli effetti del contratto bancario atipico di cui dianzi si � detto, considerandone gli effetti giuridici e la realt� economica che si concretavano nel potere di disposizione della societ� cedente, essendo a questa accordata la facolt� di utilizzare, senza limitazioni di tempo, somme poste a sua disposizione, sia pure per importo complessivo non ec�edente quello del credito ceduto (L. 25.000.000). E tali effetti la decisione impugnata ha ritenuto diversi, sul piano giuridico e su quello economico, da quelli che il negozio di �Cessione del credito produce nei confronti del cedente e del cessionario (artt. 1260 e segg. e.e.). Neppure � fondata la censura che, anche nel mezzo in esame, la ricorrente muove alla decisione impugnata per ci� che attiene alla ritenuta indipendenza tra la cessione di credito ed il contratto bancario di anticipazione, donde la loro assoggettabilit� ad autonome e distinte tassazioni agli effetti della imposta di registro. Va invero, rilevato, in via generale, che l'art. 9 della legge sull'imposta di registro, disponendo che ogr:ii negozio giuridico sconta la tassa sua' propria anche quando pi� negozi ~ in tal senso, per consolidata giurisprudenza di questo supremo Collegio, va inteso il termine �disposizioni � dell'art. 9, comma primo, in esame -siano consacrati in unico atto, in senso materiale, preclude all~ parti la possibilit� di eludere, attraverso l'espediente della unicit� del documento, la tassazione separata per ciascun .singolo ne 428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bancario indipendente dalla cesstone ed avente per oggetto la messa a disposizione della societ� cedente di somma di importo pari a quello del credito ceduto. Deduce la ricorrente, nel lamentare l'erronea valutazione del contenuto dell'atto suindicato da parte della Commissione, che l'unica operazione posta in essere dai contraenti � stata quella di cessione pro soluto da parte della Soc. Idroxa del credito nei confronti della S.I.F.I., mentre la supposta apertura di credito (o altro contratto bancario a questa assimilabile) altro non costituiva, malgrado l'imprecisa dizione dell'atto, che i~ prezzo della cessione suddetta, onde soltanto questo negozio avrebbe dovuto essere tassato, a norma dell'art. 4 della tariffa all. A alla legge di registro, e non anche l'altro, rispetto al quale la decisione impugnata aveva ritenuto legittimo il supplemento d'imposta, a norma dell'art. 28 della summenzionata tariffa. Il motivo non � fondato. La Commissione centrale, attraverso la svolta indagine per accertare e ricostruire la comune volont<� delle parti contraenti, ha ritenuto che queste, usando l'espressione � messa a disposizione � in luogo de] termine �versamento�, abbiano enunciato un'operazione distinta ed I indipendente dalla cessione� di credito,� cio� un continuativo rapporto bancario, non meglio precisato, svincolato da riferimenti temporali, sia I per il pass�to e sia per l'avvenire. Di tale apprezzamento del contenuto I ~ pattizio dell'atto la Commissione ha, �poi, rinvenuto puntuale conferma nella clausola relativa alla obbligazione assunta dalla societ� cedente di rimborsare ogni anticipazione all'istituto bancario. Tale obbligazione infatti, presuppondendo la reiterazione di anticipazioni di somma da parte dell'istituto cessionario, �dava origine ad una fattispecie diversa da quella della cessione, per cui doveva escludersi un rapporto di cor I I \ rispettivit� tra quest'ultima ed il contratto bancario atipico, enunciato nell'atto sottoposto a registrazfone. Questo risultato interpretativo, cui la Commissione centrale � pervenuta, costituisce evidente apprezzamento di fatto, risolvendosi ip un I accertamento di tale natura quello dei giudici di merito in ordine al contenuto negoziale di un contratto. E trattasi di accertamento insindacabile da parte della Corte Suprema, non solo per i limiti che istit�zionalmente circoscrivono l'ambito di questo giudizio di legittimit�, ma anche per la natura del rimedio esperito dalla Banca Unione (ricorso �li Cassazione per violazione di le.gge, ex art. 111, comma secondo Cost.). N� l'apprezzamento espresso, nella specie, dall'organo di giustizia tributaria pu� ritenersi censurabile per difetto dei motivi addotti a suo sostegno. Invero, la decisione impugnata, lungi dall'essere immotivata, come a torto lamenta la ricorrente, si basa su un'approfondita attivit� ermeneutica del contenuto negoziale dell'atto notarile in data 1� agosto 1952, ricercando la comune intenzione delle parti ed interpretando le varie clausole le une per mezzo delle altre .<artt. 1362 e 1363 e.e.). ..�.x�-0,x,ill ..'�g'.#Nf.$. )illtl.�W@WM�Yffi�᪥��������� , �&.\i� � .. ~ ����"V . i;� [f.@" -"w;ffef:'�<w�Jlf�1Jf-6J@fk ll'@t(K4tfl.l'IH~ SJ?...ffrdWff.ill.,: rn . ~ i] M PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 Iw fil cato, quando ricorrente contro una decisione delle Commissioni tribuw: tarie sia 1'Amministrazione finanziaria e .si tratti di un vizio della !Ii notificazione della decisione impugnata e non gi� del gravame. Il ricorso deve conseguentemente essere rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1970, n. 555 -Pres. Pece I Est. Alibrandi -P. M. Toro (conf.) -Banca Unione (avv. Avezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). I lmposta di registro -Enunciazione -Cessione di credito a garanzia di I somma messa a disposizione del cedente dalla banca cessionaria Enunciazione di negozio atipico di finanziamento -Sussiste I Estinzione della convenzione enunciata con l'atto enunciante 00 Esclusione. w ~~ (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62 e tariffa A, art. 28). lli' ~ Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivati w per loro natura le une dalle alt1;'e -Fattispecie -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923; n. 3269, art. 9). La cessione di credito stipulata per garantire� la somma � messa a disposizione del cliente� dalia banca cessionaria contiene l'enunciazione di un negozio di finanziamento. tassabile a norma dell'art. 28 tariffa A deUa legge di registro anche se il negozio enunciato non risulta altrimenti precisato e determinato; n� la cessione a garanzia di un debito pu� ritenersi tale da estinguere il negozio di finanziamento enunciato Ir agli effetti del terzo comma dell'art. 62 deUa legge di registro (1). Per potersi applicare un'unica imposta, a norma dell'art. 9 della legge di registro, a diverse convenzioni contenute in: miico atto, deve sussistere fra esse un'inscindibile connessione per norma di legge o per loro intrinseca natura; non si rinviene tale connessione tra la cessione I di credito e il negozio di finanziamento da essa garantito (2). m :~~ .�� (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso la Banca Unione, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 8 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che la Commissione centrale abbia ritenuto che l'atto del 1� agosto 1952, oltre la cessione del credito, contenesse, per enunciazione, anche un rapporto (1-2) La prima massima � da condividere pienamente. Sulla seconda massima, del pari esatta, cfr. Cass. 6 febbraio 1970, n. 255, in questa Rassegna, 1970, I, 292, con nota di richiami alla quale si rinvia. <DEUO l I . i e r1cerchq del ricor4 l ii della nl 1u:qicare ~! tento esp mente li ne, lo' st rale, �che 'e segue artt. 142, plica.bile ~ ! alla no~ io e far1 I una conl 38 t.u. 1 che l'im; appunto~ 1be dovutd iel quale j non vi ~ 1 ario aved ~a~o .contzi 1r10 m quj 645 del j1 nella cu I o (il mod.I Ua notificj bilit� d.ell' mato sia n c.p.c., g 24 febb~' n. 1330, i che la no l'atto di � !, nell'unicl convalidai so di notit dzione all'l della seni contradditt i. ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 cato, quando ricorrente contro una decisione delle Commissioni tributarie sia l'Amministrazione finanziaria e si tratti di un vizio della notificazione della decisione impugnata e non gi� del gravame. ' Il ricorso deve conseguentemente essere rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1970, n. 55.5 -Pres. Pece Est. Alibrandi -P. M. Toro (conf.) -� Banca Unione (avv. Avezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). lmposta di registro -Enunciazione -Cessione di credito a garanzia di somma messa a disposizione del cedente dalla banca cessionaria Enunciazione di negozio atipico di finanziamento -Sussiste Estinzione della convenzione enunciata con l'atto enunciante Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62 e tariffa A, art. 28). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivati per loro natura le une dalle alt~e -Fattispecie -Esclusione. �tfil (r.d. 30 dicembre 1923; n. 3269, art. 9). I f.%r:x= La cessione di credito stipulata per garantire� la somma � messa a disposizione del cliente� dalla banca cessionaria contiene l'enunciazione ~~t: ~::=z di un negozio di finanziamento .. tassabile a norma dell'art. 28 tariffa A della l�gge di registro anche se il negozio enunciato non risulta altrimenti precisato e determinato; n� la cessione a garanzia di un debito I pu� ritenersi tale da estinguere il negozio di finanziamento enunciato agli effetti del terzo comma dell'a1�t. 62 della legge di registro (1). Per potersi applicare un'unica imposta, a norma dell'art. 9 della legge di registro, a diverse convenzioni contenute i1t unico atto, deve sussistere fra esse un'inscindibile connessione per norma di legge o per II loro intrinseca natura; non si rinviene tale connessione tra la cessione di credito e il negozio di finanziamento da essa garantito (2). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso la Banca Unione, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 8 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che la Com I I ~ missione centrale abbia ritenuto che l'atto del 1� agosto 1952, oltre la cessione del credito, contenesse, per enunciazione, anche un rapporto (1-2) La prima massima � da condividere pienamente. Sulla seconda massima, del pari esatta, cfr. Cass. 6 febbraio 1970, n. 255, in questa Rassegna, 1970, I, 292, con nota di richiami alla quale si rinvia. .:::: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 :� :~ stare neHa relata, anche attraverso l'anagrafe, che il destinatario non ha abitazione, ufficio o azienda nel comune in cui deve essere eseguita la notifica; ove ci� non sia stato accertato la notificazione per affissione � priva di ogni effetto giuridico (1). ]\Tell'impugnazione deHa Finanza la notifica della decisione da impugnare costituisce un presupposto necessario della distinta, anche se contestuale, vacatio in jus che si realizza con la comunicazione del gravame (artt. 35, 38 e 45 del r.d. 8 lugiio 1937, n. 1516); conseguentemente la nullit� della notifica della decisione, non sanabile ex art. 291 c.p.c., essendo questa norma applicabile solo per la notifica degli atti introduttivi del giudizio contenenti la vocatio in jus e non per la notifica delle sentenze, comporta la nullit� dell'impugnazione (2). (Omissis). -Li'Amministrazione finanziaria sostiene nel primo motivo, che l'art. 38 lett. c) del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 sulle imposte dirette sarebbe applicabile al caso e derogherebbe al sistema ordinario delle notificazioni, stabilendo che se il contribuente abbia omesso la comunicazione relativa alla variazione del proprio domicilio fiscale, gli atti possono essere notificati per affi~ione. Tale sarebbe il caso di specie, poich� i contribuenti non avevano comunicato la variazione da via Schipa, 43 -Napoli, donde risultavano sloggiati. Occorre precisare a proposito di questa prima censura del ricorso che, mentre all'atto dell'acquisto del fabbricato e del ricorso alla Commissione provinciale la Suridi aveva pacifica residenza e domicilio in Napoli via Michelangelo Schipa, nella relata di notifica per affissione della decisione della Commissione provinciale in data 17 luglio 1963 si dice che la Suridi � sconosciuta all'indirizzo di via Schipa e sloggiata a quello di Via Generale Orsini n. 30. (1-2) La prima massima � conforme .a Cass. 24 febbraio 1970, n. 427, in questa Rassegna, 1970, I, 309 e 13 febbraio 1969, n. 499, ivi, 1969, I, 127 con note di dissenso alle quali si rinvia. Con la sent. 30 ottobre 1969 n. 3586, ivi, 1969, I, 1157, � stato opportunamente affermato che � regolare la notificazione di un atto (nella specie di citazione) ad una persona giuridica nel luogo da essa indicato in una precedente dichiarazione, anche se non corrispondente alla sede legale risultante dal registro delle societ�; una volta costituito il rapporto processuale le notifiche possono e debbono farsi nella residenza dichiarata; sarebbe diversamente quasi impossibile per gli uffici tenersi aggiornati sulle variazioni dello stato soggettivo di tutti i contribuenti nei ristretti limiti dei termini di decadenza. E non sembra sostenibile che la garanzia del contraddittorio nel procedimento tributario debba essere pi� severa che nel procedimento civile ordinario. La seconda massim;:i pur partendo da premesse esattissime sui modi di introduzione dell'impugnazione della Finanza (v. Cass. 4 marzo 1970, n. 512, in questo stesso fascicolo pag.... con richiami), segue un formalismo esasperante in contrasto con numerosi precedenti. � stato ripetutamente 422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO notifica della decisione impugnata, purch� detto atto venga depositato presso la Commissione centrale entro trenta giorni da tale notifica e purch� della impugnazione e relativi motivi s1 dia comunicazione al contribuente entro lo stesso termine (sent. n. 1127 del 1969). Laddove � evidente che il fatto che l'Amministrazione possa avvalersi della procedura abbreviata di cui all'ultima parte dell'art. 38 del citato d.l. n. 1516 del 1937, comunicando, insieme, al contribuente la decisione impugnata e l'appello con i relativi motivi, e presentando poi alla Commissione il tutto con il cosiddetto �Modello 108 � come atto di appello, non significa che tale procedura sia obbligatoria a pena di inammissibilit� dell'appello, perch�, altrimenti, si convertirebbe in un obbligo, accompagnato da grave sanzione; quella 'che il legislatore ha previsto come una semplice facolt� del!'Amministrazione, allo scopo di facilitarne il compito. Or nella specie, l'appello dell'Ufficio, proposto ccin atto separato, pervenne alla Commissione centrale il 3�0 dicembre 1963, e cio�, entro il termine di trenta giorni dalla notifica della decisione impugnata (art. 38, primo comma) avvenuta in data 19 dicembre precedente, vale a dire entro il prescritto termine di giorni 60 dal ricevimento della decisione (art. 35, primo comma), mentre la comunicazione al contribuente dell'interposto gravame e dei relativi motivi fu effettuata contestualmente alla notifica d�lla decisione servendosi dello stesso modello 108 (art. 38, secondo comma). Conseguentemente, dovendosi ritenere rituale e tempestiva la proposizione dell'appello dichiarato inammissibile �a parte della Commissione centrale, la decisione ora impugnata deve ssere cassata e la controversia rinviata alla stessa Commissione centrale per la decisione sul merito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1970, n. 551 -Pres. Rossano -Est. Geri -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Suridi. Imposte e tasse in genere -Notificazioni -Notificazioni per affissione Omessa ricerca anche anagrafica dell'abitazione del destinatario Nullit�. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. .38). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazione della Finanza -Notificazione della decisione -Valore preclusivo -Nullit� -Sanatoria -Inammissibilit� (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 35, 38 e 45). Per poter eseguire le notificazioni per affissione a norma dell'art. 38 lett. f) del t.u. sulle imposte dirette � necessario accertare, e far con PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 4:.!l dell'organo a cui spetta di decidere entro trenta giorni dalla notifica della decisione; dell'impugnazione e dei motivi su cui si fonda deve darsi comunicazione al contribuente entro lo stesso termine. La procedura abbreviata dell'ultima parte dell'art. 38 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (comunicazione deU'avviso di impugnazione contemporaneamente alla notifica della decisione impugnata) � yteramente facoltativa ed il ricorso ad essa non riduce il termine assegnato alla Finanza per l'impugnazione nei modi normali (1). (Omissis). -Con il secondo motivo di gravame la rico~rente, denunciando la violazione degli artt. 45, 35 e 38 del citato d.l. n. 1516 del 1937, sostiene che la Commissione centrale avrebbe errato nel dichiarare inammissibile l'appello il qual~, invece, sarebbe regolarmente pervenuto ad essa Commissione non solo entro i trenta giorni dalla notifica della decisione impugnata, ma addirittura prima della stessa. Tale motivo di ricorso � fondato. Invero dall'esame diretto degli atti del giudizio davanti alla Commissione centrale -esame che questa Suprema Corte � abilitata a compiere, dovendo giudicare sulla esistenza o meno di un vizio in procedendo (quale quello riguardante l'ammissibilit� del gravame), rispetto al quale il Supremo Collegio � giudice anche del fatto sulla base degli elementi acquisiti al processo -emerge in modo inequivocabile che: a) la decisione della Commissione provinciale di Torino pervenne all'Ufficio del registro della stessa citt� il 12 novembre 1963; b) quest'ultimo propose appello alla Commissione centrale con nota del 16 dicembre 1963, contenente una sommaria esposizione del motivo di gravame, la quale nota pervenne alla segreteria di detta Commissione il 30 dicembre successivo, come risulta da timbro di protocollo apposto sull'originale; c) lo stesso Ufficio, in data 19 dicembre 1963 notific� al contribu~nte, mediante il cosi detto modello 108, la decisione della Commissione provincia!~ impugnata nonch� l'avvjso di avere interposto appello alla Commissione centrale per il motivo di gravame dedotto nella nota contenente l'appello. Cosi precisata la progressione delle date degli atti compiuti dall'Ufficio del registro, inesattamente indicate anche dall'Amministrazione ricorrente, va ancora una volta riaffermata la giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo la quale l'atto essenziale che costituisce l'esercizio del diritto di impugnazione � la presentazione del ricorso presso l'organo cui .�spetta deciderlo (sent. n. 1623 del 1966), mentre l'Ufficio finanziario ben pu� proporre l'impugnazione con atto separato dalla (1) V. la sent. 6 marzo 1970, n. 551 in questo stesso fascicolo pag. 422; v. anche Cass., 30 gennaio 1970, n. 212 in questa Rassegna, 1970, I, 287 e Cass., 30 dttobre 1968, n. 3065, ivi, 1968, I, 816. 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO economicamente depresse, � senza la deliberazione � del Comitato dei Ministri. Appare dunque chiaro che il riconoscimento �di diritto� � soltanto una delle due condizioni indispensabili per ottenere l'esenzione tributaria; cosi che mancando l'altra �;I vano invocare l'esenzione. Con un secondo ordine di argomentazioni gli attori sostengono che comunque la Ditta Biagi ha diritto all'esenzione perch� la nuova disciplina stabilita dall'articolo unico. della legge n. 526 del 1961 � sostitutiva di quella stabilita dall'art: 8 cit., cosi che essa si applicherebbe con decorrenza dall'entrata in vigore della legge n. 635 del 1957. Anche questa proposizione non pu� essere condivisa. Essa argomenta sostanzialmente che la legge n. 526 del 1961 ha natura interpretativa e invoca la sentenza Cass.,: Sez. I, 24 maggio 196'8, n. 1570 che tale natura avrebbe riconosciuto; ma l'errore � manifesto e duplice. La citata giurisprudenza di legittimit� si limita a riconoscere natura interpretativa a quella parte dell'articolo che s~ riferisce alle imprese alberghiere, osservando che nell'espressione � nuove piccole industrie � contenuta nel primo comma dell'art. 8 citato erano gi� comprese le industrie alberghiere; ed entro questi limiti ha (esattamente) affermato che la norma ha natura interpretativa. Ma la legge del 1961 contiene anche una disposizione (che � quella che qui interessa) diretta ad estendere l'ambito di applicazione della legge del 1957, perch� concede il riconoscimento ex lege di localit� economicamente depresse (quindi senza necessit� di deliberazione discrezionale del Comitato dei Ministri) non solo ai territori classificati montani ex lege 215 luglio 1952, n. 991 (v. comma terzo, art. 8 citato) .ma altresi ai territori interclusi tra questi ed ai comprensori di bonifiea montana situati in Comuni con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti. L'estensione del beneficio a zone non comprese nella precedente disciplina costituisce senza dubbio innovazione rispetto a tale disciplina e non gi� intel'JPretazione autentica di questa. La co95eguenza � che la nuova disciplina si applica alle imprese , costituite dopo l'entrata in vigore della legge del 1961. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 marzo 1970, n. 512 -Pres. Pece Est. Caputo -P. M. Toro (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. Fausto Careno. Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazione della Finan~a -Forme e termini. (r.d. 8 �uglio 1937, n. 1516, art. 35, 38 e 45). L'atto essenziale che costituisce l'esercizio del diritto di impugnazione della Finanza � la presentazione del ricorso presso la segreteria PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 419 sificati montani ai fini della legge 25 luglio 1952, n. 991 �; e poich� ai fini di quest'ultima legge il Comune di Massa Marittima � stato classificato montano (deliberazione Comm. Censuaria Centrale n. 2527 del 9 settembre 1952), ne consegue che la ditta D. & E. Biagi-, costituita il 6 agosto 1959, deve beneficiare dell'esenzione. -(Omissis). Orbene, non � necessaria una particolare insistenza di motivazione per dimostrare che ai fini dell'esenzione tributaria in esame � richiesto il concorso delle seguenti condizioni oggettive: a) che si tratti di localit� riconosciute economicamente depresse; b) che si tratti di Comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti. Il riconoscimento di localit� economicamente depressa di regola � attribuito con deliberazione del Comitato dei Ministri, ed ha quindi natura discrezionale; invece i territori classificati montani ai fini della legge 25 luglio 1952, n. 991, sono riconosciuti �di diritto� localit� legge 29 luglio 1957, al d.1.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598 sopra citato; ed � espressamente confermata dall'art. 8 della legge 22 luglio 1966, n. 614, ove si chiarisce, con norma interpretativa, che sono industrie le imprese � aventi per oggetto la produzione di beni �. Che quest'ultima norma abbia carattere interpretativo si desume, oltre che da tutto quanto si � sin qui scritto, dalla considerazione che essa (articoli 8, 9 e 12) riproduce la contrapposizione tra imprese industriali, esentate in tutte le localit� economicamente depresse, e imprese del settore turistico, esentate solo nei territori montani e negli altri territori previsti dalla legge 13 giugno ~961, n. 561, contrapposizione gi� esistente nella precedente (e qui menzionata) legislazione per le aree depresse del centro-nord; come, del resto, confermato dal secondo comma dell'art. 17 della legge n. 614 del 1966, ove si prevede un �periodo tran,sitorio � di tre anni, con riguardo alle modificazioni apportate dalla legge stessa soltanto ai limiti territoriali delle esenzioni. Del resto, la distinzione delle attivit� industriali dalle altre attivit� economiche (commercio, turismo, agricoltura, pesca, ecc.) � costante in tutta la legislazione per le zone depresse, ed appare in tutta evidenza nel testo unico delle leggi sul Mezzogiorno approvato con d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523. Espressioni come �aree e nuclei di sviluppo industriale�, �iniziative industriali �, � impianti industriali ., �processi o� cicli di lavorazione ad elevato contenuto tecnologico�, e altre analoghe, sono state recepite dal linguaggio legislativo e sono utilizzate con un significato ben preciso e delimitato; e non soltanto per regolare la materia delle agevolazioni fiscali, ma anche per la disciplina di molte altre materie (contributi pubblici, finanziamenti, espropriazioni, tariffe elettriche ferroviarie e marittime, riserve sulle forniture a pubbl�che amministrazioni, ecc.). Appare quindi ragionevole auspicare che l'approccio della giurisprudenza al compito di definire la nozione di � industria � non sia episodico o superficiale, ma parta dall'acquisizione di una visione globale delle esigenze di disciplina normativa del fenomeno da definire. F. FAVARA 7 418 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stesso, a nulla rilevando �che quest'ultimo concorra, quando vi sia, a determinarne la misura. Data questa sua particolare indole l'imposta in questione non pu� considerarsi compresa fra quelle previste, ai fini della agevolazione fiscale, nell'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, onde esattamente la Commissione Centrale l'escluse dal beneficio. -(Omissis). II (OmiSsis). -Nel merito, la domanda � infondata. Essa procede su due linee di argomentazioni, nessuna delle quali pu� essere condivisa. La prima muove dal rilievo che il terzo comma dell'art. 8 legge n. 625 del 1957 riconobbe � di diritto localit� economicamente depresse, senza la deliperazione prevista dal comma precedente, i territori classtato preceduto da un adeguato approfondimento. In particolare non si � considerato che, una volta abbandonata la pi� rigorosa nozione tradizionale di � industria �, non era pi� posibile trovare un criterio di delimitazione dell'attivit� propriamente industriale che risulti utilizzabile in quanto dotato di un sufficiente grado di oggettivit� e di evidenza: � palese che, in qualche misura, una cosidetta � produzione di serv~zi �, e cio�, opportunamente tornando �d una terminologia pi� giuridi�a, una prestazione di facere, � rinvenibile in quasi tutte le attivit� economiche (si pensi ad un bar o ristorante di dimensioni non artigianali, a un cinematografo, ad una �genzia finanziaria o immobiliare, ecc.). Sicch�, considerato che anche l'impiego di macchinari non pu� essere qualificante in quanto ormai diffuso in tutte le attivit� economiche, non resterebbe che :il ricorso a criteri quantitativi, o parimenti discutibili, criteri per i quali certamente non si rinviene una propensione del legislatore tributario. Del resto; la prima pronuncia della Corte di Cassazione nel senso della inclusione delle imprese produttrici di servizi tra le imprese industriali (Cass., S.U., 27 gennaio 1959, n. 221, Foro it., 1959, I, 216) � stata emessa in una lite non in materia di imposte ma concernente l'interpretazione di una disposizione di piano regolatore. In tale sentenza l'equiparazione di un cinematografo agli opifici industriali � stata giustificata da considerazioni di igiene delle costruzioni; non � tuttavia escluso che, impropriamente massimata, essa sia divenuta un � precedente � per le successive pronuncie in materia tributaria. D'altro canto, pu� avere operato la suggestione di una apparente simiglianza tra le imprese industriali denominate dal codice di commercio abrogato �di somministrazione� (ad esempio di energia elettrica, di gas, di energia elettrica per uso telefonico, ecc.) e le imprese organizzate per la cosiddetta �produzione di servizi�. Simiglianza solo apparente, ove si consideri !'abbastanza netta diversit� del � prodotto � vuoi sotto l'aspetto econcimico vuoi sotto quello giuridico. � La nozione di � industria ., come attivit� di trasformazione della materia per la produzione di cose o en.ergie, non �.contraddetta dall'art. 13 comma primo lettera b della legge 26 giugno 1965, n. 717, ove per la definizione dei � redditi industriali � si rinvia, attraverso il richiamo all'art. 29 della i ! I ~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 417 L'art. 145 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 sulle imposte dirette stabilisce che presupposto dell'imposta sulle societ� � il '.!)ossesso di un patrimonio o di un reddito da parte di soggetti tassabili in base al bilancio. Il successivo art. 146 fissa l'aliquota in relazione al patrimonio (7,50 per mille del patrimonio imponibile) ed alla parte del reddito complessivo ec�cedente il 6 % di detto patrimonio (aliquota 15 % ). Mentre dunque � manifesto che il patrimonio ed il reddito costituiscono semplicemente dei parametri di commisurazione del tributo, quest'ultimo ha carattere ,personale e soggettivo e trae la sua fondamentale ragion d'essere unitaria dall'esistenza stessa, in un determinato modo e momento, dei' soggetto tassabile ~Cass.. 12 gennaio 1967, n. 125). Non � dunque un tributo diretto sul reddito, se per tale si intende l'imposta nascente dalla realizzazione di un provento, appunto perch� quella sulle societ� ben pu� "Sussistere anche in difetto del reddito detto significato affermando, nella sentenza del 19~2, che � � industria in senso proprio l'attivit� intesa ad elaborare la materia prima o grezza ovvero a rielaborarla per successive trasformazioni a fine di produrre cose � e che � opificio in senso proprio � il mezzo all'uopo, e dicesi tecnicamente organizzato per far intendere la necessit� di un complesso di apprestamenti meccanici implicanti carattere di stabilit� per loro stessi e in riferimento al territorio cui la legge circoscrive il privilegio �; e, nella sentenza del 1961, che sono industrie � quelle che si dedicano alla produzione ed elaborazione delle materie prime, ovvero alla loro trasformazione in nuovi prodotti, anche con aggiunta di nuovi valori, conservandoli, condizionandoli o rendendoli idonei al commercio �. E di recente, lo stesso orientamento � stato manifestato in alcune sentenze penali della Corte di Cassazione (cosi, la sentenza 18 febbraio 1966, Riv. giur. ed., 1967, I, 528, e 30 novembre 1964, Giust finanziaria, 1965, 135), e dalla prevalente giurisprudenza di merito (tra le molte, la sentenza 8 gennaio 1969, n. 148 della Corte d'appello di Napoli, Dir. prat. trib., 1969, II, 661, e la sentenza 10 marzo 1967 della Corte di appello di Bologna, Riv. trib. loc., 1967, 120). � Industria � in senso proprio �, appunto, l'attivit� di trasformazione della materia per la produzione di cose o di � energie � (art. 814 cod. civ.): con questo significato la parole �' stata utilizzata dal legislatore tributario, in tutte le norme fin qui menzionate (cfr. sostanzialmente conforme la sentenza Corte Cost. 12 luglio 1965, n. 65, Foro it., 1965, ~574). N� in contrario pu� essere invocato (come � stato fatto nella sentenza Cass. 6 settembre 1968, n. 2879, Dir. prat. trib., 1969, 650, e nello scritto di D'AMATI, Sulla applicabilitd delle agevolazioni tributarie per il Mezzogiorno agli alberghi, Dir. prat. trib., 1968, 229) il com.ma terzo dell'art. 8 della legge 8 giugno 1936, n. 1231; da questa norma nessuna definizione di �industria� pu� essere desunta, dal momento che esso esclude dall'imposizione sui fabbricati gli edifici destinati non solo alle attivit� industriali ma anche alle attivit� commerciali. Lo slittamento della giurisprudenza della Cassazione civile nell'ultimo I i quinquennio verso una diversa accezione della parola � industria � non � B2762tltliWA\'fZ'!=;t;;::;:;::'"=;;;=;;;;;;r:;rg:;J'iWzil:Jk%"';~~J ~ �� -. If 416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 13 giugno 1961, n. 526, non pu� avere carattere innovativo ma semplicemente interpretativo, assolvendo alla funzione di meglio ,precisare la portata della p;recedente disposizione ed eliminare ogni dubbio esegetico. Questo peraltro i�i l'indirizzo giurisprudenziale della Cassazione (sent. 24 maggio 1968, n. 1570) che merita d'essere condiviso, perch� pienamente rispondente alla ratio degli accennati provvedimenti legislativi. Il carattere interpretativo della legge n. 526 del 1961 ne fa retroagire gli effetti al tempo della entrata in vigore della legge precedente, quella n. 635 del 1957, coprendo ampiamente la data di costituzione della societ� ricorrente (28 febbraio 1961). Nel ricorso principale la Garber e Pavarin censura la denunziata decisione P'er aver negato alla imposta sulle societ� la natura di triJ::>uto diretto sul reddito, escludendo per conseguenza il beneficio della esenzione decennale da tale imposizione. An�he questo mezzo � destituito di fondamento. provvedimenti legislativi � anche essa tutt'altro che soddisfacente in relazione alle anzidette esigenze politico-legi~lative. Tale espressione risale all'inizio di questo secolo, quando la � organizzazione tecnica � intesa come utilizzazione di macchinari organizzati in un processo produttivo costituiva un evento non frequente e facilmente individuabile. La stessa espressione � scarsamente significativa oggi, dopo che, sopratutto per effetto del diffondersi dell'energia elettrica e delle sue applicazioni, il macchinario interviene praticamente in tutte le attivit� economiche, persino non propriamente produttive; sicch� in pratica il compito di definire l'ambito delle esenzioni � lasciato prevalentemente all'aggettivo � industriale >. Ed infatti, nelle sentenze 27 ottobre 1966, n. 2645 (Foro it., 1967, I, 1559, e Riv. leg. fisc., 1967, 358), e 24 maggio 1967, n. 1134 (in questa Rassegna, 1967, 1033, e Giust. civ., 1967, I, 1220, con nota di MILITERNI), la Corte di Cassazione � pervenuta ad applicare l'esenziope decennale prevista per l'industrializzazione del Mezzogiorno nei casi di una seggiovia e di un albergo, dopo avere reso un ossequio in realt� solo formale al principio secondo cui l'esistenza di una � organizzazione tecnica rispondente al pro g;resso raggiunto dall'attivit�... esercitata � costituisce requisito per il rico noscimento dei benefici. Per non dire della decisione Cons. Stato, IV sez., 17 marzo 1965, n. 293 (Cons. Stato, 1965, 429) ove si � asserito che con la espressione � stabilimenti industriali tecnicamente organizzati � si son voluti �escludere dai benefici (per il Mezzogiorno) le aziende a tipo artigianale, che nessun concreto apporto possono dare alla soluzione del problema economico di quelle regioni �. A questo punto � evidente la ne~essit� di mantenere ferma una nozione di � industria � pi� rigorosa e pi� esatta di quella, pervero con sca11so approfondimento, formulata nelle pi� recenti citate sentenze della Corte di Cassazione. Si � detto mantenere ferma (e non reperire) una pi� rigorosa nozion di e industria � in quanto a tale parola � sempre stato attribuito in passato un significato specifico e abbastanza ben delimitato. La stessa Corte di Cassazione, nelle sentenze 5 luglio 1932, n. 2530 (Giust. Trib., 1933, 188) e 21 ottobre 1961, n. 2288 (Foro it., 1962, 830), aveva avuto modo di 1ar proprio PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 415 quello incidentale dell'Amministrazione, perch� il suo eventuale accoglimento avrebbe carattere assorbente. Sostiene, in esso, la Finanza, la violazione dell'art. 8 legge 29 luglio 1957, n. 635 modificata dalla legge 13 giugno 1961, n. 526, in quanto il beneficio fiscale dell'esenzione' da imposta di R.M. non potrebbe �essere concesso ad imprese costituite anteriormente all'entrata in vigore della legge n. !;26 del 1961. La censura � infondata. L'intento del legislatore, con la <prima legge del 1957, �fu quello di agevolare le imprese artigiane e le nuove �piccole industrie�, fra le quali ben potevano ritenersi comprese quelle alberghiere e quelle esercenti impianti di trasporto a mezzo di funi (seggiovie, funivie, teleferiche, ecc.), Pertanto la successiva specifica inclusione fra le piccole industrie delle predette (alberghiere �e di trasporto con funi), in virt� della legge imprese di trasporto (cosi, il trasporto mediante funi) e di parte delle im prese � ausiliarie �. Peraltro, va subito precisato, l'art. 2195 codice civile � stato redatto non per distinguere le attivit� industriali tra le attivit� latu sensu. commerciali, ma per distinguere queste dalle attivit� agricole; sicch� l'elencazione in esso contenuta � solo esemplificativa e non anche clas sificativa. Una cosi ampia nozione di �industria� non soddisfa le esigenze di una legislazione che, essendo rivolta ad incentivare alcune specifiche attivit� economiche, ha bisogno di tracciare un confine tra imposizione ed esenzione non solo chiaro ma anche coerente con le finalit� di politica economica perseguite. Tanto pi� che la nozione anzidetta va coordinata con quella desumibile da altre norme/ anteriori al 1957, che direttamente o indiretta mente hanno definito, agli effetti tributari, quale attivit� debba qualificarsi specificamente industriale, quali tra gli altri, l'art. 5 della legge 26 gen naio 1865, n. 2136, l0art. 3 del r.d. 24 agosto 1877, n. 4024 (regolamento per l'imposta di ricchezza mobile), l'art. 40 del r.d. 30 aprile 1936, n. 1138 (regolamento sulle imposte di consumo), I.'.art. 6 e segg. della legge 8 luglio 1904, n. 351, l'art. 3 della legge 15 luglio 1906, n. 382 e l'art. 3 del decreto legislativo C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598 (per l'industrializzazione del Mezzogiorno), i provvedimenti legislativi per Trieste, per Pola, per la zona franca del Carnaro, per Livorno, l'art. 2 della legge reg. sic. 20 marzo 1950, n. 29 e l'art. 1 della legge reg. sic. 7 dicembre 1953, n. 61. � N� dalla considerazione che l'art. 8 della legge n. 635 del 1957 persegue non la specifica finalit� dell'industrializzazione ma la pi� generale finalit� dello sviluppo economico dei territori cui si riferisce, pu� trarsi (come in sostanza � stato fatto nella decisione Comm.ne Centrale, sez. II, 18 dicembre 1963, n. 62741, Dir. prat. trib., 1965, 315, con nota adesiva di Bomx) la � conseguenza che la parola � industria � � usata da detto art. 8 con un significato diverso da quello ricavabile dagli altri menzionati provvedimenti legislativi. Invero, quel criterio di coerenza che � alla base di ogni interpretazione sistematica �onduce a ritenere che il legislatore tributario abbia attribuito alla parola � industria � un significato costante. Del resto -va osservato -la espressione �opifici (o stabilimenti) industriali tecnicamente organizzati � ricorrente in molti dei menzionati 414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con popolazione superiore ai diecimila e inferiore ai ventimila abitanti -Carattere innovativo della legge 13 giugno 1961, n. 526. (legge 29 luglio 1957, n. 635, art. 8; legge 13 giugno 1961, n. 526}. L'esenzione decennale da ogni tributo diretto sul reddito prevista dall'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, � applicabile soltanto ai comuni con popoLazione inferiore ai diecimila abitanti quaLificati come localit� economicamente depresse ai sensi deLla legge citata. L'estensione della esenzione anzidetta ai comuni con popol�zione non superiore ai ventimila abitanti siti in territori classificati montani (o interclusi tra questi o compresi nei comprensori di bonifica montana) � stata intro~ dotta con la legge 13 giugno 1961, n. 526, che, per tale disposizione, � innovativa (3). I (OmissiS). -Dei due ricorsi, proposti contro la decisione della Commissione Centrale occorre esaminare, in via di precedenza logica, (3) La nozione di �industria� e'1e agevolazioni fiscali per le localit� I depresse. L'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, ha esentato �da ogni tributo diretto sul reddito ., per dieci anni dalla data di inizio della loro ~ttivit�, I � le nuove imprese artigiane e le nuove piccole industrie � che vengano a costituirsi, nell'Italia settentrionale e centrale, su �territori� dichiarati � localit� economicamente depresse >. Successivamente, con l'articolo unico I della legge 13 giugno 1961, n. 526, � stato, tra l'altro, disposto che nei territori classificati montani, o interclusi tra questi, o compresi in comprensori I di bonifica montana, !"esenzione anzidetta � si applica altres� alle nuove i; imprese alberghiere e alle nuove imprese esercenti impianti di trasporto per mezzo di funi comunque denominati �. Sono sorte questioni sul punto se imprese alberghiere oppure esercenti impianti di trasporto mediante funi potessero beneficiare dell'esenzione in quanto e picc<>le industrie., in forza dell'art.'8 citato e quindi .anche al di fuori dei territori cui� si riferisce la legge n. 526 del 1961. La Corte di Cassazione con la sentenza 24 maggio 1968, n. 1570 (in questa Rassegna 1968, I, 483), in tema di imprese alberghiere, e con la sentenza che si annota, in tema di imprese esercenti impianti di trasporto mediante funi, ha affermato che dette imprese er�no gi� agevolate dalla legge del 1957 e che, perci�, la legge del 1961 doveva necessariamente essere qualificata come interpretativa. Le due pronuncie sono basate su una interpretazione della parola � industria � secondo il pi� ampio dei possibili significati della parola stessa: sarebbero � industrie � non soltanto le imprese che il codice di commercio abrogato indicava come � imprese di manifatture � e � imprese di somministrazione �, ma in sostanza tutte le imprese non commerciali strictu sensu e non agricole. Una nozione, a ben vedere, soltanto � residuale ., e pi� ampia anche di quella posta dal comma primo (n. 1) dell'articolo 2191! cod. civ.; essa infatti finisce per risultare comprensiva anche delle PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 sporto a mezzo di funi -Applicabilit� dell'esenzione -Carattere interpretativo della legge 13 giugno 1961, n. 526. Imposta sulla societ� -Non � tributo diretto sul reddito -Esenzione decennale per le localit� depresse dell'Italia settentrionale e cen trale -Non � applicabile. (legge 29 luglio 1957, n. 635, art. 8; legge 13 giugno 1961, n. 526). L'esenzione decennale da ogni tributo 4iretto sul reddito, prevista dall'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635 per le �nuove piccole industrie � che vengano a sorgere nelle localitd economicamente depresse di cui alla dett� legge, � applicabile anche a favore deLle imprese esercenti impianti di trasporto a mezzo di funi. Ha perci� carattere -interpretativo la norma in materia dettata con l'articolo unico della legge 13 giugno 1961, n. 526 (1). L'imposta sulle societd non pu� essere compresa tra i tributi diretti sul reddito. Ad essa quitidi non si estende l'esenzione decennale anzidetta (2). II TRIBUNALE DI FIRENZE, Sez. I, 3 aprile 1969, n. 546 -Pres. Caccavale -Est. Fusaro -Biagi Danilo e Biagi Etrusco (avv. Salmoia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). Imposta di ricchezza mobile -Esenzione decennale per le localit� depresse dell'Italia settentrionale e centrale -Applicazione a Comuni (1) Non constano precedenti in termini. La sentenza del Tribunale di Firenze conferma, sia pure rispetto ad altra disposizione, il carattere innovativo della legge 13 giugno 1961, n. 526. (2) La massima � palesemente esatta. In aggiunta a quanto, sul punto, argomentato nella motivazione della sentenza in .rassegna, va osservato: a) l'art. 5 secondo comma della legge 6 agosto 1954, n. 603, istitutiva dell'imposta sulle societ� ha espressamente disposto che nella determinazione deWimponibile di detto tributo e si computano anche i redditi che in forza di leggi speciali sono esenti dalle imposte relative� (cfr. anche art. 24 stessa legge); b) tale norma � stata riprodotta nell'art. 148 comma primo lettera g del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645); c) per derogare alla norma anzidetta in favore delle societ� che si costituiscono nel Mezzogiorno, il legislatore ha dovuto emanare una disposizione speciale (l'art. 17 della legge 26 giugno 1965, n. 717). _ Parallelamente, per l'imposta complementare progressiva sul reddito complessivo hanno disposto l'art. 7 ultimo comma r.d. 30 dicembre 1923, n. 3062, e l'art. 135 comma secondo lettera b del testo unico citato. iJ (::::' I ~{; I.���. i:::::: l� 412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO naio 1956, n. 1 (per la quale, dopo la discussione innanzi la commissione, �il contribuente ed il Procuratore delle Imposte si ritirano dall'aula � e solo dopo la commissione decide sul ricorso), sia causa o meno della nullit� della deliberazione, non � nuova essendo stata gi� risolta in senso positivo da questo Supremo Collegio (Cass., 12 gennaio 1961, n. 2S02; 24 gennaio 1962, n. 113). La nullit� della deliberazione presa alla presenza del Procuratore delle Imposte, pur non essendo comminata espressamente dalla legge, deriva dalla violazione di uno dei principi fondamentali su cui si regge il processo civile ~principi che devono essere osservati anche' nel procedimento innanzi alle commissioni tributarie: Cass., 19 luglio 1965, n. 1621), il principio del contraddittorio, formulato nell'art. 101 c.p.c. Codesto principio ~ rispettato solo quando � data a tutte le parti nel processo uguale possibilit� di difendersi, esso � l'attuazione di una fondamentale garanzia di giustizia, consacrata oggi anche nella Costituzione (art. 24, secondo comma). � Ora � evidente che non � garantita alla contro.parte (cio� al contribuente) eguale possibilit� di difesa nella fase decisoria del giudizio della commissione, se viene consentito al Procuratore delle Imposte, che rappres�nta l'altra parte (l'Amministrazione finanziaria) la possibilit� di -assistere alla deliberazione della controversia e di esporre quindi, ulteriori ragioni che il contribuente non � in grado di controllare e rettificare. La legge n. 1 del 1956 ha soppresso la disposizione dell'art. 29 del decreto n. 1516 del 1937 (che faceva al Procuratore delle Imposte una ingiustificata condizione di favore nei confronti del contribuente, coni:; entendo solo al primo, e non al secondo di assistere alla deliberazione) e con la'rt. 50 ha disposto in conformit� di q�anto, per il procedimento ordinario, prevede l'art. 276, primo comma, �C.p.c. (che, cio�, la decisi0ne � deliberata in segreto in camera di consiglio, con la partecipazione dei soli giudici che hanno assistito alla discussione). In entrambi i casi non � comminata una esplicita sanzione di nullit�, ma non pu� dubitarsi che nell'una e 'nell'altra ipotesi, l'inosservanza delle disposizioni citate concreti una violazione del principio del contraddittorio; cardine e fondamento sia del processo civile che di quello tributario. ( Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2.4 febbraio 1970, n. 430 -Pres. Rossano -Est. Geri -~� M. Del Grosso (conf.) -S.p.A. Garber e Pavarin (avv. Vison�) c. Ministero delle J!'inanze (avv. Stato Masi). llnposta di ricchezza mobile -Esenzione decennale per le localit� depresse dell'Italia settentrionale e centrale -Nuove imprese di tra SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 febbraio 1970,. n. 374 -Pres. Marletta -Est. Valore -P. M. Caccioppoli (conf.) -Morandi c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Buda). Imposte � tasse in genere -Pr~cedimento dinanzi alle Commissioni - Part�cipazione alla deliberazione della decisione del Procuratore delle Imposte -Nullit�. � nuZla la decisione deZle Commissioni Tributarie nella quale, in violazione deZl'art. 50 della l. 5 gennaio 1956, n. 1, aUa deliberazione abbia partedpato il Procuratore delle Imposte; sebbene tale nullit� non sia espressamente comminata, come non lo � dall'art 276 c.p.c. per il Tito ordinario, essa deriva dal .principio del contraddittorio che � un cardine sia del processo civile che di quello tributario (1). (Omissis). -Il ricorrente, denunciando la violazione dell'art. 50 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, in relazione all'art. 360 nn. 4 e 5 �c.p.c., sostiene la nullit� della �lecisione per aver partecipato alla sua deliberazione il Procuratore delle Imposte e per non essere avvenuta tale deliberazione subito dopo la discussione del ricorso, ma al termine della seduta. Sull'ammissibilit� del ricorso non � il caso di Jndugiare, in quanto, come questo Supremo Collegio ha gi� ripetutamente stabilito (Sez. Un., 7 ottobre 1963, n. 2087; Cass., 22 dicembre 1964, n. 2949), contro le decisioni della Commissione provinciale delle imposte, emesse in grado di appello in tema di determinazi�ni del valore imponibile ai fini delle imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, � consentito il ricorso alla Corte Suprema per violazione di legge, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. La questione se l'inosservanza, da parte delle commissioni tribu tarie, della norma introdotta dall'art. 50, terzo comma della legge 5. gen (1) Sul presupposto della natura giurisdizionale del procedimento innanzi alle Commissioni (Cass. 20 giugno 1969, n. 2175, in questa Rassegna, 1969, I, 538), l'affermazione della nuliit� � ineccepibile; v. in senso conforme Cass. 24 gennaio 1962, n. 113, ivi, 1962, 90; v. anche Relazione Avv. Stato, 1961-65, II, 315. 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � CO_NSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 marzo 1970, n. 166 -Pres. Mezzanotte -Est. Battara -Bellini ed altri (avv. Pallottino) c. Ministero Lavori Pubblicij Pubblica istruzione e Trasporti �e Aviazione Civile (arvv. Stato Agr�) e Comune di Roma (avy. Rago). Piano regolatore -Prescrizioni e vincoli -Annullamento di prescrizione limitata ad una parte della zona -Non implica annullamento total� della destinazione di .zona -Effetti. Piano regolatore -Approvazione -Introduzione di modifiche da parte dell'Autorit� governativa -Omessa,deliberazione del Comune -Illegittimit� -Presupposti. UM volta 'annullata una prescrizione. del piano regolato'l"e generale limitatamente ad una parte della zona, in sede di rinnovazione del procedimento t'Amministrazione pu� rego,larsi in modi diversi in base aWinteresse p!i,bbtico che intende persegttire e tutelare; pertanto, non incidendo le tilegittimit� parziali rilevate nei piani regolatori sull'insieme dei piani stessi, in quanto suscettibili di essere sanate da un nuovo provvedimento di coo,ten�to legittimo, dall'annullamento parziale di una precisione di zona non deriva l'annullamento to�tale de.ZZa destinazione prevista per la zona stessa, sulla base di una p'l"etesa indivisibilit� delt'atto di imposizione del vincolo .dovuta alla comune destinazione delle propriet� comprese nei perimetrri deile zone' delimitate al detto vincolo. � Sebbene la tutela del paesaggio e delle cose di interesse storieo, artistico ed archeologico spetti istituzionalmente allo Stato, da ci� non consegue� che l'Autorit� �governativa posS1a, da sola ed in sede di approvazione, introdurre nel piano regolatJore modifiche non deiiberate dal Comune, a meno �he si tratti di modifiche di lievissima entit�, che non incidano su interessi �P'T'.opri del Comune o di terzi; pertanto, �� illegittimo il decreto presidenziale che impone unilateralmente a tutta 'una zona il vincolo a parco pubblico che il piano regolatore generale adottato dal Comune interessato aveva previsto per una parte soltanto. della zana medesima. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 409 ispezioni, lo stato di conservazione o di custodia delle cose, appartenenti a privati, che abbiano formato oggetto di � notificazione � ai sensi della citata legge, sulla tutela delle cose di interesse storico e artistico; pertanto, rioo,tra nella competenza di detto organo e non gid del Ministro deZLa pubblica istruzione, nella esplicazione della attribuzione predetta~ di impartire disposizioni ed adottare i provvedimenti che, in relazione agli acce1Ttamenti espletati, si rendano di volta in volta necessari per la conservazione e la custodia delle co,se suddette. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 febbraio 1970, n. 127 -Pres. Mezzanotte -Est. Felici -Mammola (avv. Pischedda) c. Ministero agricoltura e foreste (arvv. Stato Dallari) U.N.I.R.E. e E.N.C.I. (n.c.). Competenza e giurisdizione -Ente pubblico -Commissario straordinario -Trattamento economico -Controversia -Giurisdizio, ne gene:rale di legittimit� e non esclusiva del C. d. s. Amministrazione �dello Stato e degli Enti pubblici -Commissario straordinario -Trattamento economico -Omessa determina I' zione nell'atto di nomina<. Obbligo dell'Autorit� di provvedere -Sussiste. r La controversia concernente la determinazione del trattamento economico relativa aLl'attivitd esplicata quale Commissario straordi ~ nario di un Ente pubblico (nella specie, Commissari& governativo dell'Ente nazionale per il cavallo �trnliano) rientra nella g~urisdizione ger nerale di legitbimitd e non in quella esclusiva, del Consiglio di Stato ove l'interessato abbia mosso delle' doglianze sull'esplicazione del potere esercitato dalla P. A. (1). I La norma dell'art. 1709 e.e. non si applica allorch� il tito-Lo al-m. l'esercizio delle funzioni non consiste in un contratto di mandato, bensi , �. :--.... in un atto autoritativo deila P. A., -in virt� del quale l'interessa,to sia m legittimato aa' esercitare le attribuzioni demandate aU'organo straor~~ w dinario di Ente pubbUco; pertanto ia P. A. � obbligaba a determinare I ~ nel decreto di nomina il wattamento economico dell'interessato, non esistendo in via generale il divieto di remunerare i Commissari go vernativi degli Enti pubblici (2). 111:: n: (1-2) Entrambe le massime, che sono applicazione di principi generali, sembrano esatte. 1:~ 1mEm:rrg~1wrnmmrMrr1mrnI;:rmn1rr1nr;mmm@11Em1m:rtz1wiFM11:Mm111&mm1mrnmrmm:=mmmmmr1rnmm1ff&&rd~ PARTE I, SE.Z. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 447 relazione all'art. 360 c.p.c., e censura la decisic>ne impugnata per avere escluso che lo scorporo che essa ricorrente aveva operato di un intero settore del proprio complesso aziendale (quello patrimoniale) e l'apporto che .ne aveva fatto a favore della ~ociet� SITOR fosse idoneo ad> attuare la � concentrazione aziendale � di cui all'art. 2 del citato d.1. n. 10.57 del 1948 e potesse perci� fruire dell'agevolazione fiscale ivi prevista, basandosi sull'erroneo supposto che l'apporto a tal fine 'necessario, anche se non costituito da interi complessi aziendali, debba -per lo meno -consistere in attivit� e beni fra loro funzionalmente connessi in modo da costituire un �ramo dell'azienda� che viene in tal guisa trasferito dall'una all'altra societ�, e giammai in beni singoli. Il motivo � fondato. I, 762; 30 gennaio 1964, n. 257, in questa Rassegna, 1964, I, 373 ove in nota richiami agli altri� precedenti giurisprudenziali. Il contrasto tra la tesi giurisprudenziale e quella sostenuta dalla Finan za, fatta propria dalla Commissione centrale delle imposte, trova una sua giustificazione nella lettera della stessa legge. � Stabilisce, infatti, l'art. 2 della legge n. 1057 del 1948 (disposizione della cui applicazione si trattava nel caso in es�me, ma che, come si � detto � presso che identica a quelle delle leggi anteriori) che l'imposta fissa di registro e si applica, altresi, alle concentrazioni di aziende sociali effettuate mediante apporto di attivit� in societ� esistenti o da costituire, quando anche, in conseguenza di tali apporti, l'oggetto della societ� apportante venga limitato, per essersi l'esercizio del ramo di commercio che vi si rife risce, in tutto o in parte trasferito alle �altre societ� >. Ora mentre la Finanza, nel tentativo di limitare l'estensione dell'age volazione, fa perno sull'espressione � concentrazioni di aziende sociali � per dedurne che l'operazione per giovarsi dell'agevolazione fiscale deve riflettere l'apporto' di una azienda o almeno di un nucleo aziendale organiz zato (nello stesso senso oltre la giurisprudenza della Commissione Centrale, in dottrina PERRICONE, Azienda e societ� nella imposta di registro, Milano 1950, p. 291 ss.) la S.C. rileva che, sempre secondo la lettera della legge, la concentrazione pu� avvenire anche mediante � apporto di attivit� � e quindi di singoli beni non organizzati per l'esercizio dell'impresa. A sostegno della propria interpre~azione la s:c. adduce anche l,ln elemento sistematico: poich� scopo della normativa agevolatrice � � la formazione di organismi sani potenziando la capacit� produttiva delle aziende concentratarie > tale scopo pu� essere raggiunto anche mediante apporto di un singolo bene (in senso conforme ANTONINI, Considerazioni intorno ad alcuni aspetti della concentrazione aziendale, in Giur. it., 1960, IV, 57 ss., ROMANI A., Agevolazioni tributarie agli effetti dell'imposta di registro e concentrazioni aziendali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1959, 711 ss. Per la nozione di concentrazione v. RAGUSA MAGGIORE, Successione della societ� concentrante in contratti della societ� concentrata, in Riv. soc., 1969, 35 ss.). Non � certo il caso, attesa l'uniformit� dell'indirizzo giurisprudenziale che non lascia adito a ripensamenti, di ridiscutere sulla bont� della tesi accolta dal S.C.. Si tratta, invece, di prendere atto di tale indirizzo ed esaminare le con seguenze che ne derivano. 448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Fermo e pacifico il punto che la c�ncentrazione aziendale cui ha riguardo la disposizione di legge in esame � quella che si attua mediante il conferimento operato da una societ� (concentrante) a favore 'di un'altra (concentrataria); il problema che, in forza del motivo di impugnazione ora riferito, viene proposto a questo Supremo Collegio �, ancora una volta, quello relativo alla individuazio:ne dell'oggetto di un tale conferimento: se cio�, per attuare la previsione della norma, sia necessario -come pretende l'Amministrazione finanziaria (e come ha r~tenuto la impugnata decisione della Commissione centrale) -che l'apporto concerna per lo meno un ramo dell'azienda della societ� concentrante o se invece possa ritenersi sufficiente -come sostiene la societ� ricorrente -anche un appotto di singoli beni. Sembra opport..no, tuttavia, sottolineare, per il rilievo che tale osservazione avr� nell'ulteriore sviluppo delle considerazioni che verranno svolte, che la tesi dell'amm.ne finanziaria, ancorata all'elemento obbiettivo della necessit� che l'apporto, attraverso cui si attua la concentrazione, sia costituito d� un'azienda o da un ramo di essa, non contrasta in alcun modo con la ratio, sopra indicata della norma agevolatrice che anzi, essa lo attua pienamente, atteso che lo scorporo� di un complesso aziendale da una societ� ed il trasferimento ad un'altra determina nella societ� concentrataria non solo un potenziamento, ma anche una migliore sistemazione e struttura del- I l'impresa sociale (conf. �ANTONELLI, op. cit., p. 63). In tal senso ha disposto poi l'art. 1 della legge 18 marzo 1965, n. 170, riflettente le agevolazioni fiscali alle trasfol'I)lazioni, fusioni e concentrazioni di societ� commerciali che ha ormai risolto ogni controversia al riguai:do. 2. -Come si � detto, l'oggetto di queste brevi note riflette le conseguenze che derivano dall'interpretazione delle disposizioni agevolatrici che la S.C. ha accolto. � Si potrebbe, peraltro, subito chiedere se non sia . del tutto ultraneo discutere al riguardo, una volta che la S.C. ha riconosciuto (e di ci� si � gi�. preso atto), in modo che non consente di sperare in revirement, che non � necessario, per potersi giovare dell'agevolazione tributaria di cui si tratta, che l'apporto della societ� concentrante sia costituito da un compiesso di beni organizzati (azienda o ramo di esso) essendo agevolato anche l'apporto di singoli beni, dovendosi, quindi, ritenere che ogni conferimento da una societ� ad un'altra venga a giovarsi della imposta fissa di registro. Una tale conclusione non potrebbe, tuttavia, non lasciare perplessi. Se essa fosse esatta vorrebbe dire che la norma che agevola la con centrazione di aziende sociali ha completamente abrogato l'art. 81 ali. A della legge di registro, che appunto regola la tassazione dei conferimenti in societ�, almeno per la parte che riflette i �conferimenti di .una societ� in un'altra societ�. Ma questo non pu� certamente essere stata l'intenzione del legislatore. ~ � stato esattamente notato in dottrina (v. ROMANI, op. cit., p. 716. Conf. ~ A.NTONINI, op. cit., 63) che � all'atto della delimitazione della fattispecie age-] volata, il legislatore si � preoccupato che la concentrazione -concretandosi � in un apporto di beni tra due societ� che sono e restano giuridicamente 1 distinte -�potesse determinare una eccessiva dilatazione dell'ambito di applicazione del beneficio sino al punto di ricomprendervi qualsiasi trasfe PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 449 Il problema non � nuovo, essendo gi� stato risolto, in senso favorevole alla tesi della ricorrente, da una serie di pronuncie uniformi di questa Suprema Corte (cfr., oltre alla sentenza n. 3384 del 1956, citata nella decisione della Commissione centrale: Cass., 24 febbraio 1968, n. 635; id., 30 gennaio 1964, n. 257; id., 26 ottobre 1959, n.. 3086), attraverso le quali si � consolidato un indirizzo interpretativo da cui questo Supremo Collegio non trova ragionevole motivo di discostarsi nella odierna controversia. L'interpretazione restrittiva, sostenuta con riguardo alla norma in esame dall'Amministrazione finanziaria, prima con la circolare Ininisteriale n. 17855 del 17 agosto 1949 recante istruzioni al citato d.l. rimento anche se del tutto indipendente rispetto a quelle finalit� di risanamento e di potenziamento delle imprese societarie che costituiscono lo scopo del provvedimento e ad evitare tale pericolo, ha specificato che deve trattarsi di concentrazioni di aziende sociali, nel .senso che l'apporto (che pu� avere ad oggetto anche un solo bene) in tanto � agevolato, in quanto concorra al rafforzamento dell'aziende della societ� destinataria del conferimento�. In sostanza, perch� .si realizzi la fattispecie agevolativa voluta dal legi-: slatore � necessario, non solo che vi sia un apporto da una societ� ad un'altra, ma anche che tale apporto sia destinato a determinare un rafforzamento dell'azienda della societ� nei cui confronti esso si opera. Due sono, dunque, le condizioni per giovarsi dell'agevolazione di cui si discute: una di carattere oggettivo (conferimento da una societ� ad un'altra) ed una di carattere finalistico (che deve per� essere oggettivamente accertabile) e cio� la destinazione dell'apporto a realizzare un rafforzamento dell'azienda della societ� concentrataria (per un cenno in questo senso v. Cass., n. 1560 del 1965 cit.). Ora nel caso deciso nella Sentenza che si annota il �S.C..ha stabilito che non � necessario l'apporto di un nucleo organizzato di beni per l'applicazione 'dell'agevolazione, ma nessun accertamento � stato svolto in ordine all'esistenza del secondo presupposto, necessario anch'esso per l'applicazione dell'agevolazione. Di quiria necessit� di un'indagine sul punto da parte della Commissione Centrale a cui la Cassazione ha opportunamente rimesso la controversia per un nuovo esame. 3. -A questo punto il discorso non pu�, per�, ritenersi concluso. L'aver stabilito che per aversi conferimento agevolato � necessario, oltre che un apporto di una societ� ad un'altra, anche che esso sia destinato a rafforzare l'azienda della societ� concentrataria, induce a precisare quando possa affermarsi che il fine voluto dalla legge � stato realizzato. A tale quesito non sarebbe certo risposta soddisfacente quella che indicasse come sufficiente che l'apporto realizzi un semplice � potenzia mento � della societ� concentrataria. � chiaro che se alla parola � potenziamento � si attrib.isce il signi ficato di incremento del patrimonio di detta societ�, lo scopo di � limitazione della fattispecie agevolata � che il requisito finalistico voluto dal legislatore dovrebbe realizzare, sarebbe integralmente annullato. Invero � certo che ogni conferimento determina un incremento patrimoniale e, quindi, un potenziamento (in senso economico) della societ� 450 RASSEGNA 'DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 1(}57 del 1948, e poi con la normale n. 76 del B.U. Tasse del 1932 (interpretazione qui condivisa, sia pure con qualche attenuazione, dalla Commissione centrale), secondo cui la concentrazione voluta dalla legge di favore � quella che opera il trapasso di un ramo di attivit� in esercizio da una so'ciet� ad un'altra, in modo che la .Prima (concentrata) venga a ridurre il proprio esercizio a beneficio della seconda (concentrataria), non trova rispondenza alcuna n� nella lettera n� nella volont� della legge. Questa, invero, disponend� che le agevolazioni stabilite dall'art. 1 (per .gli �tti di fusione delle societ� nazionali) si applicano �nche �alle concentrazioni di aziende sociali effettuate, anzich� mediante fusione, concentrataria, dal che si dovrebbe necessariamente dedurre che ogni conferimento verrebbe agevolato, risultato questo che, come si � visto, il legislatore ha certamente escluso. . Si tratta, dunque, di individuare le caratteristiche che l'apporto della societ� concentrante alla concentrataria deve presentare perch� possa ritenersi realizzato il fine voluto dalla legge. La prima e pi� facile risposta al quesito come sopra posto sembrerebbe quella di ritenere come sufficiente per realizzare la fattispecie prevista dalla legge che l'apporto effettuato dalla societ� concentrante si ponga in posizione strumentale all'attivit� indicata nell'oggetto soci�ale della societ� concentrataria (in questo senso sembrerebbe orientata la sentenza del S.C, 15 luglio 1965, n. 1560 cit.). Nori pare, per�, che tale soluzione sia accettabile. � stato autorevolmente notat� (v. FERRI, Manuale di diritto commerciale, 'Torino 1960, p. 244) che ogni atto della societ� pu� porsi, in via astratta, in posizione strumentale al perseguimento dell'oggetto sociale, dal che sembra lecito dedurre che anche qualsiasi bene che forma oggetto di conferimneto pu� ritenersi su un piano generale in posizione strumentale all'attivit� indicata nell'oggetto della societ� concentrataria. La rilevata indeterminatezza della nozione di strumentalit� tra apporto e ogget,to sociale dimostrano come tale criterio non possa accettarsi non potendosi, come si � ripetutamente sottolineato, ammettere che l'agevolazione per le concentrazioni possa estendersi a tutti i casi di conferimento di societ� in altre societ�. � Sembra, quindi, in conformit� della lettera della legge, la quale espressamente si riferisce e �alle concentrazioni di aziende mediante apporto di attivit� >, che il legislatore abbia inteso agevolare esclusivamente quegli apporti che in concreto siano idonei a realizzare un effettivo, migliore rendimento della azienda della societ� concentratari�a o una sua pi� razionale utilizzazione. Occorre, in altre parole, che l'apporto che si intende agevolare (sia " costituito da un'azienda, da un ramo, di essa o anche, secondo l'interpretazione del S.C., da un singolo cespite) sia idoneo effettivamente a determinare una migliore ristrutturazione dell'azienda: della societ� che lo riceve. Deve, insomma, trattarsi di un elemento funzionale all'azienda di quest.'ultima societ�, cosi come nella sua realt� si presenta. Una conferma ulteriore che tale sia l'intenti.o legis pu� ricavarsi dalla legge 11 gennaio 1951, n. 25, che, prorogando le agevol�azioni previste dalla PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 451 mediante apporto di attivit� in societ� esistenti o da eostituire... �, non esclude affatto �che ad attuare la prevista concentrazione possa, in ipotesi, essere sufficiente anche l'apporto di un solo bene, posto che costituiscono � attivit� � tutti indistintamente gli elementi attivi del patrimonio sociale (quali: i beni materiali, i beni immateriali, i rapporti giuridici, le energie, e via dicendo) anche singolarmente considerati, e non soltanto dunque quei complessi di beni che siano fra loro funzionalmente �collegati in modo da formare un ramo particolare dell'azienda. N�j la necessit� della limitazione del contenuto della espressione legislativa (�attivit��) a codesti ultimi complessi potrebbe farsi scaturire, per via logica, dalla considerazione delle concrete finalit� perseguite dal legislatore. Essendo invero scopo del provvedimento legislativo quello di favorire �la formazione di organismi sani�, potenziando la capacit� pro- i legge n. 1057 del 1948, ha disposto che il beneficio compete solo nelle ipotesi in cui l'operazione sia autorizzata dal Ministero dell'industria e commercio, sentito quello del Tesoro, autorizzazione che presuppone, evidentemente, un esame concreto ed effettivo circa la vantaggiosit� per l'econo-� mia aziendale e nazionale dell'operazione agevolata. Aggiungasi che la legge 18 marzo 1965, n. 170, la quale pur attribuendo nell'art. 1 l'agevolazione solo alle � concentrazioni di aziende !lOCiali mediante apporto di u.n complesso aziendale in un'�altra societ� (ipotesi, nella quale, come si � gi� sottolineato, si realizza sicuramente il fine voluto dal legislatore), all'art. 3 dispone che, nel caso che per effetto della concentrazione il capitale della societ� concentrataria superi il miliardo le agevolazioni si applicano solo se sia stato accertato, con decreto del Ministro dell'industria e commercio di concerto con quelli del bilancio, tesoro e finanza �che le societ� operano nell'ambito di un unico ciclo produttivo industriale e commerciale e le operazioni di concentrazione hanno per scopo la riduzione dei costi attraverso l'ammodernamento degli impianti e delle attrezzature e l'aumento della capacit� produttiva �. 4. -Se, dunque, perch� l'agevolazione di cui si discute competa, � . necessario che l'operazione di concentrazione realizzi un concreto incremento o miglioramento dell'azienda della societ� che riceve l'apporto, occorre da ultimo stabilire come tale requisito debba essere accertato. La legge in esame non prevede, a differenza di quella del 1951 ed in parte del 1965, alcun particolare onere di documentazione a carico d� contribuente. � Non pare possa da ci� trarsi la conseguenza che nessun onere incombe al contribuentle e spetti solo alla Finanza svolgere indagini in proposito. Al contrario sembra doversi affermare che il contribuente, che intenda avvalersi dell'agevol~zione, abbia l'onere di far risultare dall'atto sottoposto a registrazione (o, nel caso che la richiesta di agevolazione sia formulata in via di rimborso, mediante altra documentazione) la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per giovarsi del beneficio tributario. Naturalmente deve ritersi in ogni caso salvo, il diritto della Finanza di accertare d'ufficio la sussistenza delle condizioni volute dalla legge. A. ROSSI 9 I I i RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO duttiva delle aziende concentratarie, una tale ratio non potrebbe ovviamente che indurre l'interprete a valutare la utilit� e funzionalit� dell'apporto maggiormente con riguardo agli effetti �che esso determina nell'organizzazione dell'impresa concentrataria che non con riguardo a quelli che si determinano nell'organismo di provenienza. E, sotto un tal profilo, non � dato comprendere per qual mai ragione si debba escludere che, in ipotesi, le finalit� ora accennate possano essere raggiunte anche mediante apporto di un solo bene. Meno che mai fornisce poi argomento ad una tale limitazi�ne la ulteriore proposizione con la quale si conclude il testo della norma esaminata: � ... quand'anche, in conseguenza di tale apporto, l'oggetto della �Societ� apportante venga limitato per essersi l'esercizio del ramo di commercio che vi si riferisce in tutto o in parte trasferito all'�ltra societ��. Intendendo la superiore proposizione come se dicesse: � ... quando, anche in conseguenza di tali apporti, l'oggetto della societ� apportante venga limitato., ecc., ecc.�, l'Amministrazione finanziaria ne ha tratto motivo per ritenere richiesta addirittura, come ulteriore condizione della concentrazione aziendale considerata dal legislatore, che l'apporto sia tale da provocare una limitazione o riduzione detl'oggetto della societ� concentrante. Senonch�, questa Suprema Corte .(con la citata sentenza n. 2'57 del 1964) ha ,gi� posto in guardia l'interprete contro l'equivoc� che si annida in un tale ragionamento, avvertendo che nell'inciso (�quando anche, in conseguenza di tale apporto, ecc.�) � ... v'� una proposizione concessiva ed una proposizione caus.ale successiva (�per essersi l'eser' cizio del ramo di commercio, che vi si riferisce, in tutto o in parte trasferito alle altre societ��), �le quali, lungi dal ~estringere l'ambito di applicazione della norma, hanno, al contrarfo, finalit� di ampliamento della fattispeci~ astratta�. Il che vuol dire che, contrariamente a quanto viene affermato dalla resistente, quello della limitazione dell'oggetto della societ� concen trante viene considerato come effetto del tutto eventuale e che con.se guenteniente il caso in cui' l'apporto non determini alcuna limitazione dell'attivit� .sociale apportante, non esorbita affatto ma rientra invece nella previsione normale della legge. Quanto infine al � diverso testo � della norma di agevolazione re cato dal pi� recente provvedimento legislativo in materia (art. 1, lett. c della I. 18 agosto 196'5, n. 170), in forza del quale il beneficio in parola viene accordato unicamente alle concentrazioni operate mediante ap porto di �complessi aziendali�, ritiene questa Corte che l'argomento che da esso si intende desumere militi maggiormente in favore che noh contro la tesi .sostenuta dalla ricorrente: essendo ragionevole rite nere che la limitazione in parola fosse estranea al sistema della pre PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA cedente disciplina se, per introdurvela, si � resa necessaria la adozione di una nuova e diversa formula legislativa. Accogliendosi pertanto il ricorso, la impugnata decisione deve essere cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla stessa Commissione centrale. -. (Omissis). i CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1970, n. 704 -Pres. Giannattasio -Est. Boselli -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota) c. Soc. Sagena (avv. Bondei). Imposta di ricchezza mobile -Societ� ed enti tassabili in base a bilancio -Libro dei compensi a terzi -Inammissibilit� di equipollenti Mancanza di re~olare tenuta -Indeducibilit� delle spese relative. (legge 5 gennaio 1956, n. 1, art. 8; e.e. art. 2215, 2216, 2220). L'art. 8 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, oitre a stabilire che le societd e gli enti tassabili in base a bilancio devono tenere a disposizione degli uffici finanziari una registrazione cronologica di tutte le somme pagate a terzi, aggiunge che a tale registrazione si applicano le dispo~ sizioeni di cui aglii artt. 2215, 2216 e 2220 e.e., .e prescrive infine che le spese non risultanti da tale registrazione non sono ammesse in deduzione. Di fronte a tale esplicito precetto legislativo, alla mancata regolare tenuta del �libro compensi a terzi � non � possibile ovviare mediante equipollenti, quale il libro giornale in cui detti pagamenti di compensi siano stati registrati (1). (Omissis). -Col primo motivo del ricorso l'Amministrazfone Finanziaria denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 8 della legge 5 gennaio 19�56, n.� 1, nonch� motivazione contraddittoria su un punto decisivo della controversia, a sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. e censura la deci~ione impugnata per avere ammesso in deduzione -in contrasto con la citata disposizione di legge -spese che non risultavano dalla prescritta registrazione �Crono!~ica, sull'erroneo supposto che il loro trasferim~mto a reddito costitufa'� effetto di un �accertamento induttivo � che nella specie dovevasi ritenere non consentito. Il motivo � fondato. (1) Sentenza di evidente esattezza, di cui non risultano precedenti, che ha decisamente rispinto il tentativo di eludere il chiaro precetto della della legge attraverso una non dimostrata consider�zione dei relativi scopi e di rendere estremamente difficoltoso, per gli uffici finanziari, il controllo della regolarit� dei bilanci delle societ� per quanto riguarda la indicazione delle passivit�. 454 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Dispone l'art. 8 della I. 5 gennaio 1956, n. 1 che le societ� e gli enti tassabili in base a bilancio debbono tenere a disposizione degli uffici finanziari una registrazione cronologica di tutte le somme pagate: a) .....; b) .....; e) a chiunque, a titolo di intere_ssi, commissioni, compensi, prepii o sotto qualunque altra denominazione, in relazione a fondi accettati in deposito sotto qualsiasi forma o denominazione, a prestito, in cauzione, in conto �corrente con o senza termine, ecc. La norma soggiunge poi (al penultimo comma) che alla predetta registrazione si applicano le disposizioni di cui agli artt. 2215, 2216 e 2220 e.e. E prescrive infine (ultimo� comma) che le spese non risultanti dalla registrazione cronologica di cui aUe prec�denti disposizioni non sono ammesse in deduzione. Di fronte a cosi esplicito precetto legislativo, essendo rimasto accertato in fatto che la Sagena, pur essendo in possesso di un libro �compensi a terzi�, non aveva tuttavia tenuto detta scrittura in conformit� delle disposizioni degli artt. 2215, 2216 e 22'20 e.e.: non solo, ma non aveva neppure provveduto a registrarvi le somme corrisposte a titolo di interessi ai propri finanziatori ed incluse fra le poste passive del bilancio relativo all'esercizio 1958, legittimamente l'Ufficio, in applicazione dell'ultimo comma -ora riferito ~ dell'art. 8 della legge n. 1 del 1956, ne aveva�escluso la deducibilit� ai fini della determinazione del reddito tassabile per l'esercizio considerato. Il contrario avviso della Commissione centrale non appare giuridicamente fondato. Non giova, invero, al fine di rendere inoperante la sanzione comminata dalla norma ora ricordata, addurre che nella specie le poste passive di cui si tratta, quantunque non registrate nel � libro compensi a terzi �, risultavano egualmente contabilizzate nel � libro giornale � e che tanto bastava a soddisfare l'esigenza della norma, ispirata al fine di consentire al fisco la individuazione dei beneficiari dei pagamenti eseguiti dalla societ� ed il conseguente esercizio nei loro confronti delle eventuali azioni. Essendo invero richiesta dalla legge una specifica scrittura per la contabilizzazione delle spese in ::pestione, non potrebbe l'interprete, sia pure con ricorso alla ratio della disposizione, istituire a sua discrezione degli equipollenti, senza contravvenire al fondamentale divieto di cui all'art. l4 delle preleggi. Ed � poi perfino inconseguente affermare che il trasferimento a reddito delle poste passive non riconosciute �costituiva frutto di un accertamento induttivo precluso all'Ufficio in presenza di altre scritture contabili idonee a giustificare le varie voci dell'attivo e del passivo: essendo evidente, al contrario, che il corrispondente aumento dell'attivo (e quindi del reddito) costituiva qui effetto automatico ed inevitabile PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 455 I I della pura e semplice eliminazione dal passivo delle poste non ricof nosciute. 1 � r Il secondo motivo del ricorso �col quale, denunziando violazione delf l'art. 23 della stessa legge, nonch� omessa motivazione sopra altro punto f: f decisiv6 della controversia (a sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), l'Am;:ministrazione finanziaria censura inoltre l'impugnata decisione per avere implicitamente respinto, o comunque per avere omesso di esaminare, il punto relativo alla dedotta violazione del principio dell'autonomia I del bilancio in ordine alla contabilizzazione, a carico dell'esercitzio in contestazione, di interessi passivi afferenti ad esercizi precedenti, rimane necessariamente assorbito dall'accoglimento del primo motivo I che, aprendo l'adito al riesame del merito della controversia, consentir� indubbiamente� alla parte di riproporre nella competente sede la 1 censura di cui si tratta. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZ-IONE, Sez. I, 25 marzo 1970, n. 788 -Pres. Pece Est. Alibrandi -P. M. Trotta (coni.) -Ministero delle Finanze (avv. I Stato Albisinni) c. Soc. Ferrero (avv. Gr_ande Stevens). I Imposta di fabbricazione -Imposta sugli spiriti -D. L. 29 luglio 1964, ~ n. 610 -Istituzione di nuovo tributo -Esclusione -Precedenti age~ f. volazioni -Si estendono. t (d.l. 29 luglio 1964, n. 610, art. 1; d.l. 28 aprile 1960 n. 342, art. 1). t Imposta di fabbricazione -Imposta sugli spiriti -Aumento disposto I cori d. 1. 29 luglio 1964, n. 610 -Estensione a tutte le soluzio:1,1i idroalcoliche. I ~ (d.l. 29 luglio 1964, n. 610, art. 1; legge 15 settembre 1964, n. 76:,l). ~ n d.l. 29 lugUo 1964, n. 610 ha semplicemente elevato la misura, I ferme rimanendo la struttura e i presupposti, dell'imposta di fabbricazione sugli spiriti, e non ha invece istituito un nuovo tributo; di conseguenza all'intera imposta elevata nell'aliquota si estendono le agevolazioni stabilite neU'art. 1 della l. 28 aprile 1960, n. 342 alle condizioni in questa norma previste (1). L'aumento dell'aliquota dell'imposta di fabbricazione sugli spiriti disposto con d.l. 29 luglio 1964, n. 610, convertito con modificazioni nella l. 15 settembre 1964, n. 763, si estende a tutte le soluzioni idroalcoliche di qualsiasi gradazione quale che sia la natum dei prodotti e il settore industriale nel quale siano utilizzate e tanto per i semilavorati che per i prodotti finiti (2). (1-2) Non constano precedenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo mezzo del ricorso l'Amministrazione delle Finanze, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 12 t.u. sulla imposta di fabbricazione degli spiriti, approvato con d.m. 8 luglio 1924; dell'art. 1 del d.l. 28 aprile 1960, n. 342, convertito, con modificazioni, nella legge 24 giugno 1960, n. 584; dell'art. 1 della legge 29 luglio 1963, n. 1004; dell'art. 1 della legge 24 febbraio 1964, n. 610 con le modificazioni di cui alla legge 15 settembre 1964, n. 763, nonch� omessa e insufficiente motivazione, in relazione all'art. 36�0 nn. 3 e 5 Cip.e., si duole che la Corte del merito aibbia ritenuto applicabile al supplemento di L. 14.000 ad ettanitro, che colpiva la partita .Cii 1.a. 30.096 di alcool puro, gi� libera da i~posta, l'abbuono del 92 % di cui al d.l. n. 342 del 1960. Deduce, in particolare, la ricorrente �he dal sistema delle norme sull'imposta di fabbricazione degli spiriti 'emerge che, rispetto ai prodotti gi� liberi da imposta per avvenuto pagamento del tributo al momento in cui � entrato in viiore il provvedimento legislativo n. 610 del 1964 (20 luglio 1964), non pu� parlarsi di un aumento, non configurabile rispetto ad imposta gi� assolta, ma di una imposta nuova, sia pure a carattere suppletivo. Aggiunge l'Amministrazione ricorrente che comunque la percentuale d'abbuono suddetta non poteva essere applicata, mancando la condizione di legge del deposito dello spirito nei magazzini fiduciari e, infine, censura la sentenza imPl, lgnata per non aver preso nella dovuta considerazione la circostanza che i 500 ettanitri di alcool erano stati ii� estratti �dai magazzini fiduciari di Reggio Emilia e trasferiti negli stabilimenti della stessa Soc. Ferrero in Al�. II motivo di ricorso non si ravvisa fondato. Premesso che � circostanza incontroversa gi� nelle pregresse fasi di merito del processo che la partita di 30.096 litri anidri di alcool, denunziata dalla Soc. Ferrero 1'8 agosto 1964, .proveniva dai magazzini fiduciari di Reggio Emilia, dai quali era stata prelevata prima della entrata in vigore del d.1. 29 luglio 1964, n. 610 -e da tale circostanza non pu�, ovviamente, decamparsi nell'esame che segue delle ragioni giuridiche sollevate col presente ricorso -la prima questione sollevata �con il mezzo in esame � quella di stabilire se il predetto provvedimento legislativo n. 610 del 1964 abbia introdotto o non, rispetto ai ;prodotti gi� .liberi d~ imposta, una nuova i:�nrposta di fabbricazione sullo spirito, sia pure a carattere suppletivo, come sostiene l'Amministrazione ricor rente. E, ai fini del decidere, la rilevanza della soluzione del. problema � di tutta evidenza ove si consideri che se in effetti si trattasse di tri buto nuovo e diverso da quello gi� assolto dalla Soc. Ferrero per la menzionata partita di I.a. 30.096, noi;i sarebbe ovviamente applicabile l'abbuono del 9.2 % , accordato con il citato d.l. n. 342 del 1960. $ Ma la tesi del nuovo tributo, a caratt!'!re suppletivo sia pure limitato ai prodotti liberi da imposta, non pu� condividersi. Gi� l'elemento PARTE I, SEZ. VT GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 letterale del provvedimento legislativo n. 604 del 1964 rivela all'interprete che esso, mentre tiene fermi i presupposti delle imposte, prevede solo l'aumento dell'imposta di fabbricazione sullo spirito e della sovraimposta di confine, non una nuova imposta. Invero, la dizione dell'art. 1, comma primo, rende manifesto che l'innovazione introdotta con il decreto non riguarda i tributi (imposta interna di fabbricazione sullo spirito e la corrispondente sovrimposta di confine) nella loro str_uttura e nei loro presupposti, ma soltanto per ci� che attiehe alla loro misura, stabilita in L. 60.000 per ogni ettanitro dalla data di entrata in vigore de,l decreto medesimo; cio� dal 30 luglio 1964 (art. 6), Infatti, se fosse stata istituita un'imposta ex novo di L. 14.000 ad ettanitro, oome sostiene la ricorrente, il provvedimento legislativo ne avrebbe, come � ovvio, iI�dicato la misura in modo autonomo, mentre l'averla .determinata,in misura globale, cio� comprensiva della misura in precedenza in vigore (L. 46.000), elevando questa fino alla nuova misura (L. 60.000), sta a significare che il legislatore del 1964 ha voluto soltanto introdurre, mediante ritocco della relativa aliquota, un aumento della misura dell'imposta interna di fabbrfoazione sullo spirito e della corrispondente sovrimp�sta di confine. Il successivo art. 3, comma 1, parla poi espressamente di �aumento dell'imposta e sovrimposta di confine, derivante dall'applicazione della aliquota, di cui al precedente art. 1 � . e, quel che pi� interessa sottolineare, anche ad � aumento dei tributi � si riferisce il secondo comma dello stesso art. 3, relativo appunto a quei prodotti liberi da imposta, nei cui confronti la ricorrente prospetta la tesi della nuova imposta. E la portata precettiva del citato art. 3 � confermata puntualmente dal successivo art. 4 che, facendo riferimento alle norme degli artt. 2 e 3, parla non di nuova, ma di � maggiore imposta >. Ora, ove si pongano in relazione le norme dei citati artt. 1, 3 e 4 e si attribuisca alle espressioni in esse usate il senso fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la loro connessione (art. 12 . disp. sulla legge in generale), ben �chiara si ravvisa la portata precettiva, limitata ad aumentare la misura di imposte gi� esistenti, del decreto in esame. E il suo oggetto � peraltro chiarito dallo stesso suo titolo ( � Modificazioni al regime fiscale sugli spiriti �), il quale pu� utilmente esser tenuto presente nell'interpretazione esegetica delle norme che il decreto contiene. A risultato non diverso conduce l'interpretazione logica, tratta dall'intenzione del legislatore. Invero, che questo abbia voluto soltanto modificare l'aliquota, nel senso di aumentarla, per assicurare un pi� elevato gettito tributario della imposta di fabbricazione sullo spirito, si evince dal complesso normativo del decreto in esame, incluse le previste sanzioni pecuniarie e l'immediata obbligatoriet� del decretolegge (art. 6). Inoltre, non ~ inutile ricordare che lo specifico fine per 458 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO seguito dal legislatore con l'emanazione del provvedimento legislativo n. 610 � ampiamente chiarito dai lavori preparatori -nella specie, utilizzabili non essendo in contrasto con il testo legislativo (v. Cass., 13 febbraio 1961, n. 318) -i quali confermano nel modo pi� evidente l'intel'IJretazione letterale. Infatti,, nella relazione presentata al Parlamento, in occasione della conversione in legge del decreto in esame, espressamente si chiarisce che il fine del legislatore era quello di � contenere !'�eccedenza della domanda ed infrenare l'aumento dei prezzi�, e si aggiunse esplicitamente � nel quadro delle direttive di politica economica anticongiunturale, si � ravvisata la necessit� di un ritocco dell'aliquota dell'imposta di fabbricazione sull'alcool..:�). Ed anche di aumento puro e semplice di imposta si parla sia nella relazione di maggioranza (on. Zugno), sia in quella di minoranza (on. Trombetta), mentre in tali lavori, che hanno preceduto l'emanazione della legge di conversione, nulla si dice in ordine alla distinzione, prospettata dalla ricorrente, tra prodotti gravati da imposta e prodotti liberi da imposta, per sostenere, rispetto a questi ultimi, che trattasi di nuovo tributo a carattere suppletivo, con l'implicazione di escludere -sempre secondo la tesi della ricorrente -l'applicabilit� dell'abbuono. Ii::lfine, estendendo l'indagine ai precedenti legislativi in materia, non � fuori di luogo aggiungere che il decreto n. 610 del 1964 adotta la stessa formula in precedenza usata in provvedimenti legislativi che si limitav;mo a variare la misura della imposta di fabbricazione dello spirito (d.l. 3 dicembre 1953, n. 879, convertito, con modificazioni, nella legge 31 gennaio 1954, n. 3 e d.l. l6 settembre 1955, n. 836, convertito, con modificazioni, nella legge 15 novembre 19�55, n. 1037), senza che l'introdotta modificazione della misura dell'aliquota comportasse istituzione di nuova imposta e, di conseguenza, inapplicabilit� delle agevolazioni tributarie allora in vigore. La seconda questione sollevata con il mezzo in esame concerne l'applicabilit� dell'abbuono del 92 % previsto dal d.l. 28 aprile 1960, n. 342, convertito, con modificazioni, nella legge 24 giugno 1960, n. 584, applicabilit� negata dalla ricorrente sul rilievo che mancava la �condi. zione necessaria cui � subordinata, cio� quella che lo spirito, alla data del 30 luglio 1964, si trovasse depositato presso magazzini fiduciari (art. 1, comma secondo, d.l. 28 aprile 1960, n. 342 e art. 1, comma secondo, legge 29 luglio 1963, n. 1004). Ma anche su tale questione la tesi della ricorrente non pu� essere condivisa. Giova premettere, per chiarire l'origine e la ragione giustificatrice della riduzione d'imposta in esame (c.d. �abbuono�), che il legislatore, nel quadro delle agevolazioni disposte per incentivare la distillazione del vino, apport� con l'art. 3 d,l. 18 aprile 1950, n. 142, convertito nella legge 16 giugno 1950, n. 331, un abbuono d'imposta, tt nella mIBu'" del 70 % pe' lo ,pll-ito ottenuto dal 18 apdle 1950 al I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 459 30 settembre dello stesso anno dalla distillazione di vini genuini. Tale agevolazione, temporanea e strao�rdinaria, fu ripristinata per lo spirito ottenuto dal 18 marzo 1952 al 30 settembre dello stesso anno (d.l. 18 marzo 1952, n. 118) .e, poi, per quello ottenuto dal 18 marzo 1957 al 31 agosto dello stesso anno (d.l. 16 marzo 1957, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 12 maggio 1957, n. 807). Successivamente l'abbuono � stato elevato alla misura dell'80 % per lo spirito e del �90 % per l'acquavite prodotti dal 10 luglio 1959 al 15 ottobre dello stesso anno (legge 1� luglio 1959, n. 458, modificata poi con la legge 30 luglio 1959, n. 560) ed infine, portato alla misura del 92 % per lo spirito e del 98 % per l'acquavite prodotti dal 12 aprile 1960 al 15 luglio dello stesso anno (dJ. n. 342 del 1960 com�ertito, con modificazioni, nella legge n. 589 del 1960, dianzi citata). Dall'esame di tali leggi, � possibile dedurre che l'abbuono si ricollega all'origine del prodotto, cio� alla materia prima dalla quale lo spirito � stato ottenuto, mentre la condizione del suo deposito in magazzini fiduciari � stabilita ai fini di accertare la provenienza agevolata, cio� che lo spirito tragga origine dalla distillazione dei vini nel periodo stabilito dalla legge (rispetto al caso in esame, dal 12 aprile 1960 al 15 luglio dello stesso anno). In altre parole, la condizione del deposito nei magazzini generali attiene al problema dell'individuazione del prodotto, in relazione alla sua provenienza, cio� ad un problema di ordine probatorio, per cui l'onere di dimostrare l'origine dello spirito grava, ovviamente, sul contribuente che invoca l'applicazione dell'abbuono. Ma, nella specie, un problema siffatto � superato perch�, come � stato premesso,. � circostanza non controversa gi� nei precedenti giudizi di merito che la partita di alcool de qua proveniva dai magazzini fiduciari di Reggio Emilia e che, all'atto della sua estrazione da tali magazzini, la Soc. Ferrere aveva corrisposto l'imposta di fabbricazione sullo spirito con l'abbuono del 92 % . Inoltre, non pu� non rilevarsi che la discriminazione tra prodotti gravati da imposta (e, quindi, ancora depositati presso magazzini fiduciari) e prodotti liberi da imposta, per essere gi� stato assolto l'obbligo tributario, prospettata dalla ricorrente per negare a questi ultimi l'applicabUit� dell'abbuono, darebbe luogo, come del resto ha gi� appropriatamente osservato la Corte del merito, ad un differenziato trattamento fiscale, non ,giustificato da valide ragioni ed anzi in aperto contrasto con quelle finalit� di perequazione proprie della legislazione tributaria e dalle quali il dato normativo non autorizza a ritenere 'che gli esaminati provvedimenti legislativi del 1964 abbiano inteso allontanarsi. La conclusione cui questa Corte suprema perviene sulla questione fin qui considerata � peraltro coerente con quella raggiunta sulla prima questione, perch�, una volta ritenuto che la legge del 1964 non abbia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO creato un nuovo tributo di fabbricazione per i prodotti liberi da im posta, ne discende quale logi�a implicazione che il solo aumento della precedent~ aliquota come lascia fermi i presupposti del tributo, cos� non incide sulle riduzioni in viiore al momento della modificazione dell'aliquota. Con il secondo mezzo del ricorso I'Amministrazion,e delle Finanze, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 del d.l. 29 luglio 1964, n. 610 e dell'articolo unico della ,legge 15 settembre 1964, n. 773, in relazione all'art. 360 n. 3, �c.p.c., si duole che la Corte del merito abbia considerato che la soluzione idroalcoolica a 75� e la c.d. bagna per ciliege a 27� non siano soggetti all'aumento dell'imposta. Sostiene, in particolare,, la, ricorrente che il d.l. n. 610, parlando di spirito, si riferisce a tutti gli alcoli di qualsiasi gradazione ed aggiunge che la legge di conversione, contrariamente a quanto ha inesattamente ritenuto la .sentenza impugnata, ha inteso tassare non i singoli prodotti elencati nell'art. 3, ma lo spirito in essi contenuto. Questo mezzo di ricorso � fondato. La Corte del merito per escludere che la soluzione idroalcoolica a 75� e la c.d. bagna per ciliegie a 27� fossero incluse tra i prodotti ai quali si estende l'aumento dell'aliquota dell'imposta di fabbricazione da L. 46.000 a L. 60.000 per ettanitro, ha tratto argomento dalla dizione dell'art. 3, comma secondo, del d.l. n. 610 del 1964, che � diversa rispetto a quella del corrispondente art. 3, comma secondo, della legge di conversione n. 76�3 del 1964, giungendo alla conclusione che questa ultima, elencando alcuni determinati prodotti, specificamente indicati, �abbia escluso quelli non menzionati, limitando in tal modo l'applica bilit� dell'aumento di soli prodotti richiamati. Ma l'argomento non pu� essere condiviso. Nel. d.l. n. 610 l'�rt. 3, comma secondo, statuisce che l'aumento si applica �alle acqueviti, agli spiriti, ed ai prodotti con essi fabbricati�. Nella legge/ di conversione n. 763 il precedente testo della norma � modificato nel senso che l'aumento si applica �agli spiriti, alle acqueviti, ai liquori, agli estratti alcoolici, alle profumerie alcooliche, nonch� ai marsala, ai vermut ed agli altri vini aromatizzati ed alle specialit� medicinali�. L'e~ame del testo della norma, cos� come si legge nella legge di conversione, consente di stabilire che questa ha inteso meglio precisare il concetto di prodotti fabbricati con gli spiriti, enunciando, in via esemplificativa, alcune specificazioni, atte a chiarirlo, non ha per� voluto restringere l'originario ambito della previsione normativa. Infatti, l'univoca portata precettiva della disposizione che si esamina � quella di estendere l'applicabilit� dell'aumento agli spiriti non solo allo stato anidro (o assoluto), ma anche quando concorrano a comporre prodotti che siano il risultato della mescolanza di pi� sostanze, tanto vero che. nella previsione che si esamina sono perfino incluse sia preparazioni PAR.TE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 461 farmaceutiche, come gli estratti alcoolici, e sia gpecialit� medicinali nelle quali una delle componenti sia l'alcool come, per esempio (sciroppi, elisir, alcoolati, linimenti, balsami, ecc.). In altre parole, � allo spirito contenuto nei prodotti che la legge ha inteso applicare l'aumento, indipendentemente sia dalla natura dei prodotti o dal settore industriale dal quale gli stessi provengano o siano utilizzati, sia dalla �ircostanza che si tratti di semilavorati oppure di prodotti finiti. �' Ci� posto, non pu� dubitarsi che l'esaminata elencazione, di cui al citato art. 3, comma secondo -elencazione di manifesto carattere esemplificativo, stante la sua funzione di chiarire, non: di limitare, il concetto di �prodotti fabbricati 'con gli spiriti � �-includa anche le so1uzioni idroalcooHche, comprese quelle di gradazione inferiore a 95�, perch� anche in queste lo spirito � una componente del prodotto, corne del pari � una componente 'dei prodotti specificamente indicati nella disposizione di legge dianzi richiamata (art. 3, comma secondo). Individuato con le premesse considerazioni l'oggetto che l'aumento introdotto con il d.l. n. 610 del 1964 colpisce, si rivela del tutto irrilevante l'argomento che la difesa della societ� resistente trae dalla legge 3 ottobre 1957, n. 1029 per negare che la soluzione idroalcoolica a 75� e la bagna per ciliegie a 27� possano considerar.si spiriti o acqueviti, soggetti all'aumento della relativa imposta di fabbricazione. Inv�ro, � da. osservare che la citata legge n. 1029 del 1957 � stata emanata per risolvere problemi -quelli relativi alla dis�iplina della produzione e del commercio dell'alcool etilico -del tutto diversi dalla questione in esame, perch� il gi� citato art. 3, comma secondo, della legge n. 763 del 1964 fa riferimento alla detenzione di qualsiasi natura e forma (�da chiunque e comunque detenuti, anche se viaggianti�) di spirito o di prodotti nei quali }o spirito � una componente, indipendentemente dalla circostanza che essi siano, oppur no, nelle condizioni stabilite dalla legge. per la loro immissione in commercio, dalla quale pres'Cinde. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1970, n. 792 -Pres. Giannattasio -Est. Virgilio -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Petrullo (avv. Paola). Imposte e tasse in genere -Imposta generale sull'entrata -Responsabilit� del liquidatore di societ� -Limiti -Dolo � colpa -Privilegio generale sui mobili -Irrilevanza. (e.e. art. 1176, 1710, 2260, 2266, 2279, 2312, 2324, 2456). La liquidazione ordinaria della societ� non ha L� scopo di tutelare La par condicio creditorum, ma queiio di, definire i rapporti in corso, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sottoponendo indistintamente tutti i creditori, privilegiati o chirografari, al medesimo trattamento e mettendoli in grado di essere pagati entro i limiti delle concrete disponibilit� patrimoniali, via via che si presentano ad esigere quanto � dovuto. Conseguentemente il liquidatore non risponde (salvo it caso di colpa grave o violazione del divieto di compiere nuove operazioni) per 1),0n aver accertato la regolarit� fiscale delle operazioni compiute prima dello scioglimento e non \aver provveduto al pagamento dei crediti tributari anche se assistiti da privilegio generale (1). (Omissis) . .:..___ Con il primo motivo l'Amministrazione delle Finanze denuncia la violazione dell'art. 45 del r.d.l. 17 settembre 1931, n. 1608 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte del merito erro neamente ritenuto che anche in tema di mancato pagamento delle im poste gravanti sulle societ�, la personale responsabilit� del liquidatore, prevista dal citato art. 45; sia configurabile solo se risulti dipendente da colpa del liquidatore stesso, ai sensi della disposizione generale di cui all'art. 2456 e.e. La censura � infondata, Questa Corte Suprema ha recentemente avuto occasione di pronun ciarsi sulla questione prospettata dalla Finanza, ritenendo inconsistente le argomentazioni addotte a sostegno della tesi della ricorrente. Con la sentenza n. 1273 del 24 aprile 1968 � stato, infatti, precisato che la liquidazione ordinaria della societ� non ha lo scopo di tutelare la par condicio creditorum, ma quello di definire, i rapporti in corso, sottoponendo indistintamente tutti i creditori, privilegiati e chirografari, al medesimo trattamento, e mettendoli in grado di essere pagati, entro i limiti delle �concrete disponibilit� patrimoniali, via via che si presen tano ad esigere quanto � dovuto. � In coerenza con tale premessa � stato altres� affermato �Che i prin cipi relativi al soddisfacimento dei creditori in sede di liquidazione ordinaria, ed alla responsabilit� personale dei liquidatori per i debiti della gestione sociale rimasti insoddisfatti, non subiscono deroga in or dine ai crediti assistiti da privilegio generale sui mobili; e che il liqui datore non ha l'obbligo di verificare le singole operazioni commerciali compiute dalla societ� prima del suo scioglimento, al fine di accertare (1) La sent. n., 1273 del 1968, citata nel testo, e pubblicata in questa Rassegna, 1969, I, 79 con nota critica alla quale si rinvia. La sentenza ora intervenuta non esamina affatto la rilevanza particolare della norma denunciata (�rt. 45 r.d. 17 settembre 1931, n. 1608), mentre la precedente aveva espressamente affermato il diverso regolamento della responsabilit� dei .liquidatori contenuto nell'art. 265 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 dichiarato per� applicabile soltanto per le imposte dirette. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 463 e di eliminare le eventuali irregolarit� fiscali che in occasione di esse l'ente abbia commesso. Come logico corollario dei suddetti criteri la citata sentenza ha quindi ritenuto che al di fuori della ipotesi contemplata nell'art. 2279 e.e. (riguardante il divieto di nuove operazioni imposto al liquidatore), ~; questi � responsabile dei debiti sociali non soddisfatti solo quando il mancato pagamento dipende �da dolo o da colpa, la cui sussistenza il creditore ha l'onere di provare. L'enunciazione di tali .principi (affermati proprio con riferimento I al mancato pagamento dell'imposta generale sull'entrata) esclude il fondamento della censura mossa dalla ricorrente alla sentenza impu I gnata, in quanto non sono stati prospettati validi argomenti per indurre questa Corte a discostarsi dal precedente orientamento giul'.isprudenzial_ e sulla medesima questione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 marzo 1970, n. 843 -Pres. Pece Est. Berarducci -P. M, Pascalino (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella) c. Soc. Giuseppe Marzano. Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di case per abi tazione -Legge Reg. Siciliana 28 aprile 1954, n. 11 -Acquisto dell'area -Utilizzazione parziale -Decadenza dell'agevolazione. (legge Reg. Sic. 28 aprile 1954, n. 11, art. 2 e 9). L'agevolazione prevista nell'art. 2 deHa legge reg. siciliana .28 aprile 1954, n. 11 � limitata alla parte dell'area compravenduta che, in base al rapporto di edificabilit� volume-superficie stabilito neile norme edi-_ lizie, � indispensabile per la costruzione in vista della quale l'atto � stato stipulato; si incorre pertanto nella decadenza prevista dall'art. 9 qualora la potenzialit� e capa�it� edificatoria deil'area non sia utilizzata nella sua interezza sia. in senso superficiario sia in senso volumetrico (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si lamenta la violazione e la falsa applicazione de.gli artt. 1, 2 e 9 della legge reg. siciliana 28 aprile 1954, n. 11 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto che gli artt. 2 e 9 della predetta legge prevedano la parziale decadenza dal beneficio dell'agevolazione fiscale solo nella ipotesi di mancata utilizzazione dell'intera superficie utile, senza alcun riferimento alla utilizzazione della Clfbatura. (1) Massima di evidente esattezza. 464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si deduce che l'argomentazione non ha consistenza neppure da un punto di vista esclusivamente letterale, posto che l'art. 2 citato fa riferimento non solo alla superficie minima occorrente, ma anc~e e come alternativa -all'unit� edificabile, la quale ultima locuzione sembra svincolare il concetto di edificabilit� dell'elemento �superficie � per ricondurlo al pi� ampio e raziortale concetto di potenzialit� edificatoria. Il motivo merita accoglimento, perch� la tesi accolta dalla Corte del merito non trova :fondamento n� nel testo n� nella ratio degli artt. 2 e 9 della legge reg. siciliana 28 aprile 1954, n. 11. L'errore della Corte trae origine dal fatto che la medesima Corte, nel ritenere che la norma dell'ultimo comma dell'art. 2, sopra citato, ai fini della concessione del be:p.eficio tributario della registrazione a tassa fissa degli atti di compravendita delle aree edificabili, prenda in considerazione unicamente le aree che vengano utilizzate, in senso superficiario (estensione in lunghezza e in larghezza) e non anche in senso I ~ volumetrico <estensione anche in altezza), non ha considerato che detta norma, ai fini della determinazione della superficie dell'area alla quale m � limitato l'anzidetto beneficio, fa espresso riferimento alla unit� edificabile o superficie minima occorrente per la costruzione dell'edificio per cui l'area � stata acquistata. r1~ Infatti la le.gge sopra citata, dopo avere, nel primo comma del- l'art. 2, previsto la concessione del beneficio della imposta fissa di registro (e di trascrizione) per gli atti di acquisto di aree destinate alla costruzione di edifici per abitazione civile o albergo, nell'ultimo comma dello stesso articolo dispone che l'anzidetto beneficio � limitato � alla superficie che, per effetto dei regolamenti edilizi in vigore, dei piani regolatori o di ricostruzione e dei piani di lottizzazion~, costituisce la ~fil unit� edificabile o la superficie minima occorrente per la costruzione dell'edificio in base al prescritto rapporto di edificabilit��. 1;1;, Tale formulazione legislativa, in considerazione del fatto che, come ~:::; ~:::% � noto, l'unit� edificabile � una unit� di misura derivata dal rapporto li~ volume-superficie e rappresenta, pertanto, la consistenza volumetrica dell'edificio costruibile su una determinata superficie (vale a dire tanti metri cubi per tanti metri quadrati), dimostra chiaramente che la superficie presa in considerazione ai fini della concessione del beneficio � in ~ stretta, necessaria relazione con il volume dell'edificio per la cui costruzione l'area � stata acquistata. In altre parole, il legislatore, nell'intento di non estendere la concessione del beneficio tributario alla I~11 II mparte dell'area compravenduta non destinata ai fini perseguiti dalla legge, ha, con la n.orma in esame, limitato il beneficio anzidetto unicamente alla estensione dell'area che, in base al rapporto di edificabilit� volume-super.ficie, stabilito dalle norme edilizie, � indispensabile ai fini V della eo"ru'ione dell'edifieio por eui l'atto di eamp,.vendita dell'ma ~� . D"!IJK��imr~_,,~....,,,~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 465 � stato posto in ess~re; di guisa che se, ad esempio, oggetto del contratto di compravendita � un'area della superficie di 1500 metri quadrati, mentre per il volume dell'edificio per la cui costruzione l'area � stata acquistata, le norme edilizie richiedono una superficie di 100 metri quadrati, la. concessione del beneficio tributario compete unicamente i11 riferimento a quest'ultima superficie, con esclusione, quindi, dal benefido medesimo, della superficie esuberante ai fini dell'anzidetta costruzione. Tutto ci� comporta che, posta in relazione con la norma esaminata, la disposizione del .terzo comma dell'art. 9 della stessa legge -con cui praticamente si prevede la decadenza dal beneficio tributario nei casi 'in cui l'area� acquistata non sia effettivamente destinata alla costruzione dell'edificio per. cui l'atto di compravendita � stato posto in essere -non pu� essere interpretata se non nel senso che nella previsione della decadenza dal beneficio rientrano tutti i casi in cui la � potenzialit� o capacit� edificatoria dell'area, in riferimento alla quale il beneficio � stato concesso, non sia utilizzata nella sua interezza, sia in :senso superficiario che in senso volumetrico, fra cui, ovviamente, il caso� in cui su un'area atta alla costruzione di un edificio di dieci piani, si costruisce, come nella fattispecie, un edificio di soli quattro piani. Anche in tal caso, invero, pur essendo stato il beneficio tributario concesso in riferimento alla intesa potenzialit� edificatoria dell'area, vale a dire in riferimento alla costruzione di un edificio delle dimensioni di dieci piani, tale potenzialit� non viene ad essere utilizzata che solo in parte dall'acquirente, con la conseguenza che in ordine alla rimanente parte non utilizzata, viene a mancare qualsiasi giustificazione alla concessione del beneficio. � di particolare importanza a questo proposito, il rilievo che lo scopo della �concessione del beneficio tributario � quello di agevolare l'in~remento della costruzione degli edifici� destinati ad abitazione civile o ad albergo, e che tale scopo viene ad essere in parte frustrato allorquando essendo il beneficio concesso in riferimento ad un'area su cui poteva essere costruito un edificio di determinate dimensioni volumetriche, tale area venga, invece, utilizzata per la costruzione di un edificio di dimensioni minori. N� meno importante �r l'ulteriore rilievo che.la norma del te.rzo comma dell'art. 9 della legge in _questione, oltre ad essere il logico �omplemento della norma dell'ultimo comma del precedente art. 2, ha il fine di evitare che l'agevolazione dell'incremento di costruzioni edilizie si presti ad illecite speculazioni, come potrebbe verificarsi nel caso in cui si seguisse la tesi accolta dalla Corte del merito, che importerebbe l'applicabilit� del beneficio tributario, non solo in ordine al primo, ma in ordine anche ai successivi atti di trasferimento della stessa area, essendo a ci� sufficiente una sia pur minima utilizzazione della potenzialit� edificatoria di tale area da parte di ogni successivo acquirente. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tutto ci� non � stato considerato dalla sentenza denunciata, la quale pertanto, non pu� non essere cassata, con rinvio della causa ad altra Corte di merito, �che dovr� riesaminare la controversia alla stregua dei principi sopra affermati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 marzo 1970, n. 847 -Pres. Giannattasio -Est. Valore -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini) c. Soc. Immobiliare Milano. Imposte e tasse in ~enere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Appello -Enunciazione dei motivi -Necessit� -Limiti. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 38, e 41; c.p.c., art. 342). La specifica formulazione dei motivi di gravame � richiesta diall'art. 342 c.p.c., applicabile anche al procedimento tributario, aUo scopo di individuare l'ambito del riesame della controversia ed � qui'fl:di sufficiente, perch� il precetto di legge possa ritenersi adempiuto, che le censure mosse siano esposte in modo da non ingenerare incertezza sulla portata e sui limiti del chiesto riesame.: in materia di valutazione � sufficientemente motivato l'appello aUa Commissione provinciale con la formula � il valore determinato si manifesta di gran lunga inferiore a quello corrente in comune commercio� (1). (Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 342 c.p:c. in relazione agli artt. 38, 25 e 41 del r.d. n. 1526 del 1937 ed ai principi generali che regolano il processo innanzi alle Commissioni tributarie (art. 360 n. 3 c.p.c.) e, premesso che la specificazione dei motivi di appello richiesta dal citato art. 342 non deve essere intesa in senso rigoroso ed assoluto, essendo sufficiente che le dedotte censure siano idonee a delimitare esattamente l'oggetto del riesame invocato dall'appellante, sostiene �che, con riferimento anclie alla natura, ai limiti ed alle esigenze del processo tributario, nella specie il precetto della norma in questione doveva ritenersi soddisfatto con la� semplice enunciazione della volont� di non acquietarsi al valore stabilito dalla Commissione di primo grado e del convincimento che il prezzo fissato non rispondesse a quello corrente nel commercio. .La censura � fondata. (1) Giurisprudenza ormai pacifica. Sulla motivazione del ricorso, con le differenziazioni per quello diretto alla Commissione Centrale e anche con riferimento al ricorso interruttivo cfr. Cass. 6 febbraio 1969, n. 395 e 396 in questa Rassegna, 1969, I, 113 e precedenit ivi citati. ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 467 Per giurisprudenza ormai consolidata di questo Supremo Collegio, la specifica formulazione dei motivi di gravame � richiesta dall'art. 342 'c.p.c. allo scopo di individlolare l'ambito del riesame della controversia, talch� non � necessaria una minuziosa e completa rassegna degli elementi diretti a sostenere l'impugnazione essendo sufficiente, perch� il precetto di legge possa ritenersi adempiuto, che le censure mosse alla sentenza impugnata siano esposte in modo da non ingenerare incertezza sulla portata. e sui limiti del chiesto riesame (tra. le decisioni pi� recenti: Sez. Un., 2'1 giugno 1968, n. 2060; Cass., 9 giugno 1969, n. 2021; 22 ottobre 1968, n. 3046; 5 febbraio 1968, n. 347). Ci� pre,messo e considerato che le norme ed i prindpi del diritto processuale comune vanno applicati al processo tributario, in quanto compatibili con le norme ed i principi da cui questo � . retto (Cass:, 29 ottobre 1966, n. 2706; 19 giugno 1965, n. 1621) e che, in particolare, la disposizione'dell'art. 38 del r.d! 8 luglio 1937, n. 1526 -nella parte. in cui dichiara che l'ufficio il quale non intenda accettare la. decisione della Commissione distrettuale, pu� impugnarla davanti alla Commissione provinciale, dando al contribuente, nei termini all'uopo prev.isti, comunicazione dell'appello e dei motivi s~ cui esso si fonda ~va interpretata, quanto a quest'ultima proposizion~, con riferimento alla norma di cui all'art. 3412 citato (Cass., 17 luglio 1968, n. 21580), appare evidente come la Commissione provinciale di Milano non abbia fatto, nel caso di specie, corretta appUcazione dei suddetti principi, dichiarando l'appello � nullo ed improcedibile �. Il motivo enunciato nell'atto di impugnazione (�il valore deter-' minato si manifesta di gran lunga inferiore a quello corrente in comun� commercio�), infatti, era sufficiente per invocare il riesame del merito specie considerando che, trattandosi di una questione di estimazione, la competenza stessa del giudice di appello (sezione valutazione della Commissione provinciale) delimitava ed esauriva il campo della controversia; onde la esigenza della specificazione avrebbe dovuto essere valutata.con minor rigore. A seguito dell'accoglimento del primo mezzo rimane assorbito il secondo, con il quale si deduce che, comunque la comparizio~e dell'appellato avrebbe sanato l'eventuale nullit� derivante dalla� genericit� dei motivi. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 .aprile 1970, n. 881 -Pres. Stella Richter -Est. Leone -P. M. Raja (conf.) -Istituto di credito delle Casse di risparmio italiane c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Abbignente). Imposta di registro -Cessione. di credito verso la pubblica amministrazione in relazione a finanziamenti connessi da aziende ed enti 10 468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta -Correlazione fra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione -Interpretazione del negozio -Apprezzamento del giudice di merito -Incensurabilit� in Cassazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8 e tarifta A, art. 4 lett. e e nota aggiunta, art. 28 lett. e; legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). � incensurabile in Cassazione la decisione del giudice di merito che, con motivazione adeguata e in conformit� dei criteri stabHiti nell'art. 8 della legge di registro, ha interpretato le clausole del contratto ai fini di a�certare la rispondenza di esso ai requisiti ( correlazion.e fra il negozio di cessione di credito e queLlo di finanziamento bancario) voluti dalla legge tributaria di agevolazione (1). (Omissis). -L'Istituto ricorrente denuncia la violazione degli articoli 4 e 28 della J.egge di registro modificati dalla legge 4 aprile 1953, n. 261, degli artt. 1842, 1843 e segg., 1852 e segg. e.e., dell'art. 126-0 e.e., del principio generale espresso dagli artt. 2741, 2794 e 2'872, n. 3 e.e.; degli artt. 1362, primo comma, 1363, 1364, 1365, 1368, e.e. nonch� vizi logici di motivazione su punti decisivi in relazione all'art. 360, n. 5 c.p.c. La Corte di merito sarebbe pervenuta al rigetto dell'appello sulla base di tre considerazioni, che ad avviso del ricorrente si rivelano chiaramente erronee, perch�: a) :posta la unicit� del rapporto giuridico nascente dall'apertura di credito, regolata in conto corrente, i prelevamenti ed i versamenti eseguiti dall'accreditato costituiscono soltanto atti di utilizzazione di un contratto di durata ad esecuzione ripetuta, sicch� non rappresentano (1) Sull'argomento cfr. C. BAFILE: Considerazioni sul trattamento fiscale delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento, in questa Rassegna, 1966, I, 1308 e Nuove considerazioni sul trattamento fiscale delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento, ivi, 1969, I, 273 con numerose citazioni di giurisprudenza; v. anche Cass., 19 dicembre 1969, n. 4007, ivi, 1969, I, 1175. Questa volta la S.C. ha convalidato la decisione del giudice di merito (Corte di Appello di Roma) che ha interpretato l'atto tassabile con giusto rigore ed ha applicato in modo non elusivo i principi, ormai pacifici nell'enunciazione generale ma assai diversamente intesi nelle singole ipotesi, tante volte riaffermati in materia. Viene cos� ribadito che la rotativit� del finanziamento, la non esplicita limitazione degli effetti della cessione e l'indeterminato riferimento della garanzia ai crediti della banca verso il suo� cliente sono incompatibili con le agevolazioni. Ancora una volt�, per�, si deve constatare che il contrasto di indirizzi fra i vari giudici di merito non viene eliminato della Corte regolatrice; assai eloquente a questo� riguardo � il raffronto tra la sentenza in rassegna e quella 19 dicembre 1969, n. 4007. &l'lffmrtfiliiffii!Eiliim11ff1ilimmmnmrmmmrnmrmwrrrriilimrmm1trilifili*iilirimr:mi1m:;=;1m1m=Emmmmmmrr11rrr1rrrr1�rrl1 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 469 distinti finanziamenti a s�,> stanti, ma ripetuti atti di esecuzione di quell'unitario rapporto; b) la mancata pattuizione del venir meno degli effetti della cessione in concomitanza dell'eventuale revoca dell'apertura di credito non .significava che il credito ceduto sarebbe servito per regolare obbligazioni diverse, ma invece che, revocata l'apertura di credito, �la cessione restava a garanzia dell'ammontare del debito dell'accreditato al momento della revoca; c) l'espressione secondo la quale la cessione si intendeva fatta ed accettata a garanzia di ogni credito dell'Istituto verso la ditta Brunetti, � stata interpretata dalla Corte considerandola avulsa dal contesto del contratto, e non � stata intesa, come prescrivono le norme sull'interpretazione dei contratti, secondo le intenzioni delle parti e sulla sua �connessione con le altre clausole del contratto. La censura � priva di giuridico fondamento. Questa Suprema Corte, in ordine alla questione di merito controversa tra le attuali parti, ha stabilito e ribadito, con numerose decisioni, il principio che, alla stregua della nota aggiunta all'art. 4 lett. e) della tariffa all. A alla legge sull'imposta di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3'2:69, nel testo modificato dagli artt. 1 e 2 1. 4 aprile 1953, n. 261) alle cessioni pro solvendo di annualit�. di contributi governativi e di enti pubblici, nonch� di crediti verso pubblice amministrazioni, stipulate in relazione alle operi;tzioni �di aperture� di' credito o di finanziamenti di cui .all'art. 28 lett. e) della medesima tariffa, modificato dall'art. 2 della legge n. 261 del 1'953, si applica l'aliquota ridotta, a� condizione che nell'atto di cessione siano specificamente indicate le operazioni in relazione alle quali esso � .stipulato e che l'efficacia della cessione �stessa non sia estensibile ad altre operazioni; per fruire, quindi, della detta agevolazione, il negozio dev'essere concepito ed espresso in modo da escludere ab origine che esso possa �Comunque servire ad operazioni diverse da quelle specificate nell'atto di cessione: e tale accertamento dev'essere condotto, in applicazione del disposto dell'art. 8 legge registro, ricercando non gi� la comune intenzione dei contraenti, bensi quale sia oggettivamente il potenziale valore strumentale dell'atto, onde escludere che le sue clausole, considerate individualmente e nel loro complesso, siano capaci di consentire che il negozio possa deviare dalla sua originaria ed apparente destinazione e possa estendersi a nuove operazioni, che si avvantaggerebbero indebitamente del t:r;;attamento tributario di favore (Cass., 10 novembre 1965, n. 2353; 20 agosto 1966, n. '2263; 25 ottobre 1966,' ri. 2605; 5 settembre 1968, n. 2866). � L'Istituto ricorrente non contesta in radice l'esattezza del riferito principio giuridico, ma, sul piano dell'interpretazione dell'atto sottoposto a registrazione, ritiene applicabili in genere le regole ermeneu 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tiche dei contratti e sostiene che l'interpretazione obiettiva dell'atto medesimo non pu� prescindere dai canoni fondamentali stabiliti negli artt. 1362, .primo comma, e.e. (ricerca d�lla comune intenzione delle parti), 1363 (interpretazione complessiva delle clausole), 1364 (espressioni generali), 1365 (indicazioni esemplificative), 1368 (clausole ambigue) e.e.: con l'applicazione di tali regole, sostiene l'Istituto, la clausola contrattuale � la cessione si intende fatta ed accettata a favore e nel- l'esclusivo interesse dell'Istituto quale garanzia di ogni suo credito ve~so la ditta� manifesterebbe il suo riferimento esclusivo alla garanzia del rimborso delle somme anticipate, degli interessi e delle spese anche se irripetibili. Oz:bene, in tesi, sulla scorta di quanto dispone in particolare l'art. 8 della legge organica di registro, deve affermarsi che, nel valutare le dichiarazioni .delle parti, contenute nell'atto qa registrare, l'ufficio del .�} , registro prima, poi il giudice in caso di controversia, debbono attenersi ';: 11 ;] al significato letterale e logico del testo, senza poter ricavare da fattori estranei quale sia stata la reale volont� dei dichiaranti: do� l'intrinseca �!I natura e� gli effetti degli atti debbono essere st�biliti in relazione a I quanto risulta dalle dichiarazioni delle parti, cosi come sono riportate nell'atto e per quello che esse significano nella comune accezione tec f] nico-giuridica dei t.ermini usati e nel collegamento logico tra essi\rav j'.,,; ~,., visabile. Di conseguenza, mentre deve ammettersi che in questo esame M essi debbono adottare i criteri ermeneutici di pura logica (come la regola dell'interpretazione complessiva delle clausole, art. 1363 e.e.) o di carattere obiettivo (come le regole stabilite negli artt. 13>65, 1367, 1368 e 1369) deve invece escludersi l'applicabilit� dei criteri ermeneutici riferibili alla ricerca della pi� o meno effettiva intenzione delle parti, �he non sia espressa nel cennato significato obiettivo delle dichiarazioni (Cass., 19 maggio 1969, n. 1728 e, per i criteri ermeneutici di pura logica, Cass., 8 gennaio 1968, n. 32). Ma, con riferimento alla specie, deve dirsi che i cennati mezzi ermeneutici sono stati rettamente applicati. "In~atti, la Corte d'appello, w dopo aver esplicitamente premesso che le clausole dell'atto registrato @. 1=::=; dovevano essere considerate in modo . oggettivo, sia singolarmente che nel loro complesso, ha svolto in effetti con tali criteri un penetrante ~i f::.-~ esame del contenuto dell'atto, quale si ricava dalle dichiarazioni delle m parti: ed ha rilevato, fra l'altro, che la facolt� concessa all'Istituto di revocare il finanziamento, senza che sia stabilita la contemporanea cessazione degli effetti della cessione (art. 1 del contratto), assume rilievo nell'interpretazione del successivo art. 2 (relativo all'esser fatta la cessione a favore! e nell'esclusivo interesse dell'Istituto, quale garanzia di ogni suo credito verso la ditta), nel senso di attribuire all'espressione I un significato omnicomprensivo, riferibile a qualsiasi altro credito vanI i_ tato dall'Istituto nei confronti della ditta, anche se collegato a rapporto ('.-'.�'. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 471 diverso da quello di finanziamento disciplinato nell'atto; il quale riferimento all'estensibilit� della garanzia (in senso lato) a �crediti nascenti da altri rapporti ,pendenti assume specifico contenuto, essendo pac,ifico che il finanziamento e la cessione per cui � causa sono complementari ad u_n maggior finanziamento stipulato in precedenza tra J.e medesime parti, sia pure con proprie garanzie ed ancora in svolgimento alla data della stipula del finanziamento complementare. L'interpretazione dell'atto registrato � stata, pertanto, condotta dalla Corte d'appello secondo esatti criteri giuridici e collegamenti logici ed essa, perci�, si sottrae ad ogni censura in questa sede di legittimit�. Consegue che costituisce un accertamento di fatto ormai irrevocabile l'apprezzamento che il negozio di cessione di credito, nella specie, � tale da cop.sentire l'estehsione della garanzia ravvisabile nella cessione stessa anche a finanziamenti e crediti in genere, diversi da quello di di L. 25.000.000 espressamente -regolato nel contratto. E tale accertamento, in virt� del principio :giuridico esposto innanzi, comporta l'inapplicabilit� dell'imposta di registro ridotta, secondo la pretesa dell'Istituto ricorrente. Tale fondamento della decisione � assorbente, sicch� non � il caso di indugiare nell'esame della censura relativa all'altra ragione concorrente (reale indeterminatezza del finanziamento come. contratto), addotta dalla Corte d'appello a. sostegno del proprio convincimento. (Omissi~). CORTE D! CASSAZIONE, Sez: I, 10 aprile 1970, n. 983 -Pres. Pece Est. Elia -P. M. Chir� (conf.) -Fontana (avv. Avezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Vendita tra parenti ~ Presunzi�ne di liberalit� Prova della provenienza del prezzo -_ Necessit�. (d.l. 8 marzo 1945 n. 90, art. 5). ,_ Per vincere ia presunzione stabilita nell'art. 5 .del d.l. 8 marzo 1945, n. 90 � necessario che il compratore dia la dimostrazione, con atto -di data certa, non solo della disponibilit�. della somma pagata come P'Tezzo, ma anche della sua provenienza; non � quindi sufficiente per superare la presunzione un verbale nQtarile di data certa anteriore alla vendita attestante il preventivo deposito della somma, giacch� tale atto d� la dimostrazione della disponibilit� ma non della provenienza di essa (1). (1) Massima da condividere pienamente. Cfr. pi� in generale Cass. 23 luglio 1969, n. 2777, in questa Rassegna, 1969, I, 914 con nota di richiami. Le sent. 8 novembre i967, n. 2698 e 20 giugno 1968, n. 2045, citate nel testo, sono pubblicate ivi, 1968, I, 291 e 626. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento denunciano le ricorrenti violazione dell'art. 5 dJ. 8 marzo 1945, n. 90 deducendo. che nella specie era stata data la prova della provenienza del danaro pagato � titolo di prezzo dell'acquisto, in quanto la somma proveniva da deposito anteriormente eseguito presso il notaio rogante e tale prova era sufficiente a vincere la presunzione di gratuit�, stabilita dal citato art. 5. La censura � infondata. L'art. 5 del d.1.1. n. 90 del 1945 dispone che le trasmissioni di immobili a titolo oneroso fra parenti entro il terzo grado si presumono liberalit�, come tali soggette all'imposta, quando �la provenienza � del danaro pagato a titolo, di prezzo, e del quale, dunque, si aveva la disponibilit�, da parte dell'acquirente, non sia dimostrata in base a titoli aventi data certa ai sensi del codice civile. Non basta, cio�, dimostrare la disponibilit� della somma, insita nel fatto stesso di averla erogata a titolo di pagamento del prezzo dell'immobile trasferito, ma occorre anche dimostrare con atto di data certa la provenienza del danaro, cio� l'acquisizione della somma di cui si aveva il possesso e la disponibilit�. Infatti la ratio della disposizione del citato art. 5, ~che stabilisce una presunzione juris tantum .di gratuit�, valida ai fini fiscali, per i trasferimenti di immobili fra parenti entro il terzo grado, consiste nell'evitare che, al fine di eludere la pi� alta aliquota d'imposta, stabilita per le donazioni, la effettiva liberalit� venga dissimulata attraverso una compravendita; tale finalit� di tutela del diritto fiscale non pu� essere raggiunta se l'acquirente non dia la dimostrazione non solo del possesso e della disponibilit� della somma, ma altres� del modo in cui il danaro pervenne ad esso acquirente, con titoli di data certa ai sensi del codice dvile (Cass., I sez. dv., 20 giugno 1968, n. 2'045 e Cass., Sez. I, 8 novembre 1967, n. 2698). Il titolo di data certa richiesto 'per vincere la presunzione � quello che contenga la prova delle modalit� in cui l'acquirente ebbe la disponibilit� del danaro, e non quello che dimostri tale disponibilit�, pacifica, per il fatto stesso del pagamento all'alienante. Proprio in vista di tali finalit� della norma la Corte Costituzionale ne affermava la piena legittimit� costituzionale (Corte Cost., 16 luglio 1969, n. 99). Applicando i ;principi sopra esposti, se ne deve �ricavare che il ver bale notarile di data certa attestante il preventivo deposito, da parte dell'acquirente, della somma successivamente pagata per l'acquisto di un immobile, trasferito da un parente entro il terzo grado del medesimo compratore, non � valido a vincere la presunzione di liberalit� del trasferimento, stabilita dall'art. 5 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90. Infatti, come sopra si � precisato, per vincere tale presunzione, juris tantum, occorre la prova, mediante atto di data certa, non solo del possesso e della disponi):>ilit�� della somma suddetta, da parte dell'acquirente, ma, anche, della provenienza di detta somma, e, do�, delle modalit� con PARTE I, SEZ. V; GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 473 cui pervenne nella disponibilit� del compratore dell'immobile. In mancanza di prova, mediante titolo di data certa, della provenienza della somma pagata a titolo di prezzo dell'immobile, il trasferimento si presume gratuito e soggiace alla maggiore aliquota d'imposta stabilita per le donazioni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, rn aprile 1970, n. 1042 -Pres. Rossano -Est. Alibrandi -P. M. Secco (conf.) -Cilento (avv. Cavalieri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). Imposte doganali -Agevolazio~i per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Importazione di macehine per l'edilizia -Rapporto strumentale con lo stabilimento industriale -N�cessit�. (d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 2; legge 29 ciicembre 1948, n. 1482, art. 1). Agli effetti dell'agevolazione dell�'art. 2� del dJ. 14 dicembre 1947, n. 1598, nel testo .modificato con ia legge 29 dicembre 1948, n. 1482, le macchine che possono beneficare deii'esenzione dai pagamento dei dazi doganali, devono trovarsi in un rapporto strumentale con lo stabilimento tecnicamente organizzato:, nei senso che arrechino incremento ai lavoro svolto nello stabilimento medesimo, rapporto che deve essere continuativo per tutto il periodo di attivit� industriale. Non possono pertanto beneficiare dell'agevolazione le macchine per l'edilizia impi�gate in modo occasionale e temporaneo soltanto per ia costruzione dello stabilimento (1). (Omissis). -Con i due motivi del ricorso -che si esaminano congiuntamente, svolgendo censure strettamente connesse -il Cilento, denunziando violazione dell'art. 2 d.l.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, modificato dalla legge di ratifica del 29 dicembre 1948, n. 1482 e prorogato da~le leggi successive, nonch� dell'art. 360 n. 5 c.p.c., si duole che la Corte del merito abbia erroneamente interpretato la citata norma di agevolazione fiscale, attribuendole una portata inesatta. Deduce il ri�orrente che l'esenzione doganale �de qua mira ad incrementare la costruzione ed il primo impianto di nuovi stabilimenti industriali, non (1) Massima di evidente esattezza. Non risultano precedenti specifici. .Le sent. 21 ottobre 1961, n. 2288 e 7 maggio 1963, n. 1111 citate nel testo, sono pubblicate in Riv. leg. fisc., 1962, 580 e 1963, 1885; sul punto che l'agevolazione per l'industrializzazione del Mez~ogiorno presuppone un iQcremento stabile del patrimonio industriale, v. Cass. 15 luglio 1965, n. 1548, in questa Rassegna, 1965, I, 1051; 28 giugno 1966, n. 1674, ivi, 1967, I, 430. 474 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il loro successivo funzionamento, per il quale sono previste provvidenze diverse, onde la sentenza impugnata � incorsa in errore per aver ritenuto che l'accennata esenzione doganale si riferirebbe all'importazione delle sole m�cchine destinate alla normale produzione dell'a:,i:ienda. Ag , giugne il ricorrente che l'errore dell'accolta interpretazione ~ res9 evidente dalla disposizione del citato art. 2 che estende l'esenzione alle macchine per l'edilizia, onde la Corte d'appello avrebbe dovuto dare ingresso alla dedotta prova per testimoni, diretta a dimostrare l'impiego dell'impo;rtato trattore-escavatore con pala meccanica nei lavori di sbancamento e di sistemazione del terreno sul quale fu poi eretto lo stabilimento industriale dell'ATA Samnius e la successiva utilizzazione, limitatamente al trattore, per lo spostamento nell'interno dello stabilimento dei veicoli in riparazione. L'Amministrazione delle Finanze ha preliminarmente eccepito, con riferimento all'art. 366 n. 4 c.p.c., l'inammissibilit� della censura perch� mentre � stata denunziata violazione e falsa applicazione di legge, la cassazione della sentenza �' chiesta in relazione ad un diverso motivo (art. 360 n. 5 c.p.c.). L'eccezione non pu� essere accolta. Come ha pi� volte affermato questa Corte suprema, l'art. 366 n. 4 c.p.c. non prevede l'esistenza di due requisiti autonomi e cio� la specificazione dei motivi e l'indicazione espressa delle norme di diritto, ma va int_erpretato nel senso che quest'ultima � indicazione -costituisce solo un �elemento per chiarire il i!Ontenuto dei motivi (v. Cass. 15 maggio 1967, n. 1018 e Cass. 6 giugno 1968, n. 1707). Nel -caso in esame, l'inesatto richiamo all'art. 360 n. 5 c.p.c, non incide �sull'intelligenza dei motivi di ricorso, esposti con i prescritti requisiti di specificit�, in quanto svolgono precise censure che si appuntano sull'interpretazione che la Corte del merito ha dato dell'art. 2 d.l.C.P.S. n. 1598 del 1947, onde non sussiste il dedotto vizio di forma del rie.orso. Questo per�, anche se ammissibile, non pu� essere accolto, non essendo fondate le censure nelle quali si articola. I primi due commi dell'art. 2 del d.l.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, contenente disposizioni per l'industrializzazione dell'Italia meridionale eci insulare, nel testo modificato dalla legge di ratifica 29 dicembre 194'8, n. 1482, sono del seguente tenore: � I materiali da costruzione, le macchine e tutto quanto pu� occorrere per il primo impianto di stabilimenti industriali tecnicamente organizzati e nelle costruzioni annesse che, entro dieci anni dalla data di pubblicazione del presente decreto, sorgeranno nei territori di cui al precedente articolo, sono esenti dal pagamento dei dazi doganali e dal diritto di licenza�. �Parimenti sono esenti da detto pagamento le macchine ed i materiali di ogni specie che .saranno destinati, entro il termine sopra men PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUJARIA 475 zionato, all'ampliamento, alla trasformazione, alla ricostruzione, ed alla riattivazione degli stabilimenti gi� esistenti nei territori stessi�. Il termine �macchine�, usato dalla norma in esame, si ricollega direttamente a quello di �stabilimenti industriali� i quali devono pre sentare il requisito della loro organizzazione tecnica. Ci� risulta non solo da ragioni grammaticali, ma anche dal rilievo �che la parola � mac chine �, nella accezione che le � propria, sta a significare la combina zione di forze destinate ,ad ac�crescere la produttivit� del lavoro. E le macchine, cos� intese, concorrono appunto ad elevare il liveilo della organizzazione tecnica dei nuovi stabilimenti. L'argomento testuale dimostra la necessit� di un rapporto, in senso strumentale, tra la macchina e lo stabilimento industriale, in quanto. la prima, il?er ~e sue caratteristiche funzionali, arrechi incremento al lavoro svolto n'ello stabilimento medesimo. Infatti, solo ove ricorre tale nesso di mezzo a fine, pu� parlarsi di un utile apporto della macchina all'organizzazione tecnica dello stabilimento industriale, che viene ad essere dotato di pi� efficienti mezzi di produzione. E, va aggiunto, il rapporto macchina-,stabilime11to deve essere non solo genetico, ma anche funzionale, perch� il concetto. di organizzazione tecnica postula l'esi stenza di un nesso continuativo nel tempo, che accompagni cio� l'opi ficio durante tutto il periodo della sua attivit� industriale. Pertanto la previsione dell'art. 2 -attribuendo a questa norma il senso fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la loro connessione (art. 12 preleggi) -si riferisce soltanto a quelle macchine che possano essere impiegate in modo organico e stabile in quel genere di attivit� industriale che si svolge negli stabilimenti di cui alla norma medesima. La conclusione cui induce il significato letterale della disposizione esaminata � sorretta dalla ratio legis. Come gi� questa Corte suprema ha ritenuto (sent. n. 2288 del 1961 e seni. n. 1111 del 1963), le agevo lazioni fiscali previste per l'industrializzazione dell'Italia meridionale ed 'insulare (legge 29 dicembre 1948, n. 1482 e successivi provvedimenti legislativi) sono accordate in considerazione dell'incremento che si -vuole arrecare al patrimonio industriale delle zone menzionate nel l'art. 1 del decreto n. 1598 del 1947, successivamente estese (v. art. 1 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523). E poich� il fine della legge � quello di incentivare un incremento industriale che, lungi dall'essere occ~sionale � o momentaneo, dovr� protrarsi nel tempo, per poter realizzare quel pi� elevato livello di industrializzazione voluto dal legislatore, � fuori di tale intento agevolare l'importazione di macchine che, per la loro struttura e funzione, possano avere un impiego solo momentaneo ed occasionale. Il ricorrente per sostenere il suo assunto difensivo, secondo cui l'esenzione doganale mira ad incrementare il sorgere di nuovi stabilimenti industriali e non anche il successivo funzionamento degli stabi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO limenti stessi, d� particolare risalto all'espressione �primo impianto di stabilimenti industriali � che si legge nell'art. 2 dianzi trascritto. Ma l'argomento letterale non � rilevante perch� l'aggettivo �primo � si. riferisce solo a quanto pu� occorrere per l'impianto di stabilimenti e non anche ai materiali da costruzione ed alle macchine, menzionate dalla norma in esame, come chiaramente risulta dal testo della legge. N� � fondato l'argomento che il ricorrente trae dal secondo comma dell'art. 2 in esame, perch� tale norma .si riferisce alle macchine destinate all'ampliamento, alla trasformazione, alla ricostruzione ed alla riattivazione di stabilimenti gi� esistenti, cio� ad ipotesi estranee a quella di causa, che � relativa alla costruzione di un nuovo stabilimento. Neppure fondata � l'ulteriore deduzione difensiva, svolta d;al ricorrente nella memoria, perch� dai successivi articoli del provvedimento legislativo n. 1598 del 1947, che si riferiscono ad altri tributi (artt. 3, 4, 5) e ad agevolazioni non di carattere fiscale (artt. 6 e .segg.) non � possibile trarre alcun argomento a favore della tesi del ricorrente. La sentenza impugnata va, infine, esente dalla censura mossale per non aver dato ingresso alla dedotta prova per testimoni perch� la denegata ammissione � stata motivata in modo adeguato dalla Corte del merito. Questa, infatti, ha o.sservato che l'asserito impiego del trattore per lo spostamento dei veicoli in riparazione nell'interno dello stabilimento, oltre che antieconomico, non era conforme alla normale destinazione della macchina. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E F~RNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 8 ottobre 1969, n. 3217 -Pres. Gentile -Est. Bivona ~ P. M. Silocchi (conf.) -Gatti (avv. Becca) c. Min. Trasporti (avv. Stato Ricci). Appalto -Gestione di uno spaccio della� Provvida� -Qualificazione Appalto di servizio -Sussiste. (e.e., art. 1655). Deve qualificarsi come contratto d'appalto il contratto col quale una persona si obbliga a gestire, con l'organizzazione dei mezzi necessari e a proprio rischio, uno spaccio della Provvida (1). (Omissis). -Questo Supremo Collegio, nel delineare i criteri distintivi fra le predette figure di contr~tto, ha ripetutamente precisato che oggetto del contratto di appalto � la prestazione, mediante corrispettivo di un determinato risultato di lavoro, con gestione e rischio propri dell'imprenditore che assume di �compiere l'opera o il servizio; laddove nel contratto d'opera oggetto del rapporto � la prestazione, da parte del lavoratore della propria opera intellettuale, artistica o artigiana con attivit� (1) Sull'individuazione dei criteri distintivi del contratto d'appalto dal contratto d'opera e dal contratto di lavoro subordinato la giurisprudenza � cons�lidata nei sensi precisati nella sentenza in esame; cos� pure � pacifico che, mentre sono sindacabili in Cassazione i criteri generali ed astratti adottati dal giudice di merito per l'individuazione di cias�una figura contrattuale, inSindacabile �, invece, la valutazione della sussistenza in concreto degli elementi propri dell'una o dell'altra delle figure contrattuali considerate. In arg. cfr. FRENI, Lavoro autonomo (contratto di), in Enciclopedia forense, IV, Milano, 1959, 669 e segg., ed ivi bibliografia e giurisprudenza. Partic�ilare segnalazione la senten,za merita per l'ampia e corretta disamina degli elementi caratterizzanti i contratti, del tipo di quello considerato, stipulati dalla � Provvida � per la gestione dei propri spacci. A.FRENI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esclusivamente o prevalentemente propria. Bench� siano entrambi contratti di risultato, ed abbiano, perci�, in comune l'elemento dell'indipendenza rispetto al committente e della assunzione del rischio, il con-. tratto d'opera si differenzia dall'appalto in quanto quest'ultimo contratto presuppone nell'appaltatore una organizzazione a carattere di impresa, con prevalente impiego di lavoro altrui. Dall'uno e dall'altro schema contrattuale, poi, nettamente si differenzia il rapporto di lavoro subordinato, nel quale oggetto della prestazione � l'energia lavorativa che il lavoratore stabilmente e sistematicamente pone a disposizione dell'altrui impresa, erogandola attraverso l'inserimento nella organizzazione tecnica ed amministrativa della stessa e secondo le direttive e sotto la vigilanza del datore di lavoro, chiamato, di regola, a sopportare i rischi della gestione. Ebbene, la Corte di merito, per nulla ripudiando gli anzidetti criteri distintivi tradizionali, ha, con ampia motivazione, riconosciuto la esistenza, nel contratto stipulato dall'Amministrazione con il Gatti, di tutti gli elementi essenziali del rapporto di appalto, quale � definito dall'art. 1655 e.e. e cio�, la prestazione di un servizio a favore. del committente, l'organizzazione da parte dell'appaltatore dei mezzi necessari per il �compimento dello stesso e la gestione a rischio dell'appaltatore medesimo; ed al tempo stesso, ha confutato le varie obiezioni che avverso tale qualificazione giuridica del rapporto erano state avanzate dall'odierno ricorrente, dimostrando, in particolare, l'assenza degli ~stremi della collaborazione e della subordinazione, che sono caratteristi'ci del rapporto di lavoro subordinato. Premesso che dall'insieme delle clausole contrattuali era emerso che le parti avevano dato vita ad un rapporto che, oltre alla denominazione, aveva anche la sostanza del contratto di appalto la Corte di merito ha posto in particolare rilievo che se erano rimaste a carico dell'Amministrazione le spese per l'acquisto delle merci, per l'affitto dei locali e per l'energia elettrica, il Gatti, per�, doveva provvedere con mezzi propri all'organizzazione del servizio, alla assunzione ed alla retribuzione del pers~nale occorrente, ed all'adempimento degli oneri; tutti derivanti dalle assicurazioni sociali. Ha, quindi, considerato che tale organizzazione di mezzi, di per s�, postulava una certa spesa e l'assunzione del correlativo rischio, stante la possibilit� che gli oneri di natura economica assunti dal Gatti non venissero coperti dalla partecipazione agli utili sulle vendite e dal minimo garentito di L. 30.000 mensili. Ha, infine, sottolineato la Corte che era da escludersi che il Gatti fbsse stato un semplice nudus minister dell'Amministrazione, considerando: 1) che oggetto del contratto era stata non gi� la sua diretta attivit� di lavoro, bensi il servizio da lui assunto a proprio rischio e con una propria organizzazi.one aziendale; 2) che l'orario di vendita non andava riferito all'attivit� diretta del Gatti, ma all'apertura ed PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 479 alla chiusura dello spaccio; 3) che l'ingerenza dell'Amministrazione ed i successivi controlli ispettivi non intaccavano l'autonomia del gestore, essendo unicamente rivolti ad assicurare il buon andamento del servizio, in armonia con le finalit� sociali che con esso l'Amministrazione medesima intendeva perseguire; 4) che le penalit� che la committente si era riservata il diritto di applicare, �come era reso ,palese dal fatto che le stesse. erano previste anche in relazione all'attivit� dei dipendenti del Gatti (dell'operato dai quali egli, quale appaltatore era tenuto a rispondere verso l'Amministrazione), lungi dal rivelare l'esistenza di una supremazia gerarchica e costituire esercizio di un potere discipli .nare incompatibile con la natura del contratto di appalto, altro scopo non avevano .se non quello di garenti.re che il servizio si svolgesse secondo i patti contrattuali. Orbene, ove si �onsideri che l'indagine del giudice di merito, diretta ad accertare la volont� dei contraenti. costituisce giudizio di fatto, incensurabile 'in Cassazione, quando, come nella specie il giudice stesso . abbia giustificato il proprio convincimento �coh un processo logico interpretativo �condotto in conformit� delle norme giuridiche, non possono non apparire vane le critiche che si appuntano contro la decisione della Corte di Roma. In primo� luogo, � la stessa motivazione della sentenza impugnata a smentire il ricorrente quando afferma che i giudici di appello avrebbero indicato nel rischio l'unico elemento distintivo fra contratto di appalto e contratto di. lavoro subordinato; e, d'altro canto, non si pu� davvero contestare che qualora il prestatore di lavoro abbia, come nel �caso concreto, �ssunto a proprio carico oneri e rischi, i quali per la loro natura ed entit�, lungi dall'incidere �soltanto sulla misura concreta della retribuzione, implichino una diretta assunzione di rischi propri dell'impresa, ricorra una situazione che � giuridicamente incompatibile con l'essenza stessa del rapporto di lavoro subordinato. N� la � esclusione �dell'elemento rischio� poteva farsi discendere dall'essersi fatto il Gatti coadiuvare nello svolgimento della sua attivit�, dai fami' liari anzich� da persone -estranee, sia perch�, come ha giustamente osservato la sentenza impugnata, tale sua unilaterale determinazione non avrebbe potuto, da sola, snaturare la portata e l'oggetto del contratto, sia pe'rch� le prestazioni dei familiari non sono� necessa~iamente gra-. tuite, sia perch� soltanto in previsione di un utile economico il .Gatti aveva impiegato nella gestione dello spaccio della �Provvida la moglii'l ed il figlio, i quali nell'interesse proprio e di tutta .la famiglia avrebbero potuto svolgere in altri campi proficuo e redditizio lavoro. Ed � appena il caso di ricordare che la gestione a proprio rischio che caratterizza l'appalto non si riferisce al rischio o pericolo in senso tecnico, cio� alla sopportazione dei casi fortuiti, ma al cosiddetto rischio economico, derivante dalla i~possibilit� di determinare, al momento della conclusione del c�mtratto, il preciso costo dell'opera o del servizio pro 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO messo dall'appaltatore, il quale potr� quindi guadagnare o perdere nell'affare a seconda che detto costo sia inferiore o meno al corrispettivo inizialmente pattuito e che, una volta determinato, � destinato a rimanere per lo pi� fisso ed ad essere modificato solo nel concorso di determinate condizioni. Dalle cose fin qui dette discende anche l'inconsistenza della censura con cui si addebita alla sentenza impugnata di avere trascurato le risultanze della prova testimoniale e di avere omesso di valutare il comportamento tenuto dalle parti successivamente alla conclusione del rapporto: comportamento che, a detta del ricorrente, di fronte alla imprecisione, alle lacune ed alla insufficienza delle espressioni adoperate dai contraenti, sarebbe servito a chiarire la loro comune intenzione. Al contrario, la Corte di merito' ha valutato minuziosamente i risultati della prova per testi, anche se poi � giunta a conclusioni diveriie da quelle proposte al ricorrente; ed � noto che non pu� essere ricondotto sotto l'ipotesi di omesso esame di fatto decisivo l'interpretazione e la valutazione di 'Circostanze fatte dal �giudice di merito in senso difforme da quello propugnato dalle parti. Nessun pregio, pu�, da ultimo, attribuirsi all'addebito mosso ai giudici di appello di non avere, nel dubbio, interpretato le clausole contrattuali, di cui agli artt. 8, 9 e 11, in senso favorevole al Gatti. Al riguardo � sufficiente rilevare che il principio della interpretazione delle clausole �contrattuali contro l'autore di esse, sancito dall'art. 1370 e.e. non pu� trovare applicazione se non nell'ipotesi di clausole contrattuali formulate in termini oscuri ed anche ambigui, si da far sorgere dubbi sul loro effettivo significato. Ma tale ipotesi nel caso concreto non ricorre. Per altro, il ricorrente non attribuisce alle clausole in discorso un significato diverso da quello ad esse attribuito dalla sentenza impugnata, e reso, d'altronde, palese dalla chiarezza delle espressioni adoeprate e dalla loro logica connessione; soltanto, insistendo, ancora in questa sede, nel negare l'esistenza di un contratto di appalto, ed assumendo di essere titolare di un rapporto di lavoro subordinato, egli sostiene, in relazione al disposto dell'art. 127 e.e., che i ropporti da lui posti in essere con il suo personale dovrebbero far capo direttamente ali'Amministrazione. Tale questione, per�, che inerisce non gi� alla interpretazione di singole clausole contrattuali, ma alla interpret~zione ed alla qualificazione giuridica del contratto, non si pone nemmeno, dal momento che la Corte di merito, dall'esame in via unitaria del �contratto e dall'apprezzamento del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del rapporto, � giunta esattamente alla �conclusione di ravvisare nel rapporto de quo gli elementi propri del contratto di appalto di un servizio. Le considerazioni che precedono giustificano il rigetto del ricorso. -(Omissis). lil %1mf%fff:ffwffNWff:01ff@Iffiliriliiitlfiiff@\mlf@\Kiliillt�ff@f{@f%1@Wf@Im@ttfif@@}iff11ff�\ItffBmmtfill@ff&fJi~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 481 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 c,iicembre 1969, n. 3948 -Pres. Favara -Est. Ferrone-Capano -P. M. Pedaee (conf.) -Badalamenti (avv. Rizzo) c. Amministrazione provinciale di Palermo (avv. Ghia, Wolleb). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contratto di appalto stipulato in forma amministrativa a seguito di licitazione privata -Necessit� di specifica approvazione scritta delle condizioni generali del contratto predisposte dall'Ente pubblico -Esclusione. (e.e., art. 1341). � da escludere che possa configurarsi un contratto per adesione, soggetto alla specifica approvazione prevista daH'art. 1341 e.e. nel caso che l'appalto sia stato aggiudicato a seguito di licitazione privata e quindi l'appaltatore, partecipando alla gara, abbia avuto la possibilit� di esaminare e conoscere tutte le clausole e condizioni dell'appalto e vi sia stato peraltro il rinvio ad un complesso di norme neppure predisposte dall'Ente pubblico (nella specie, il Capitolato generale statale oo.pp.): in questo caso si ha un contratto per relationem perfectam, il cui contenuto � determinato, nella parte che rinvia allo schema gi� predisposto, con riferimento ad una disciplina negoziale nota alle parti e da esse voluta e adottata con libera cooperazione (1). (1) Sul contrapposto fra contratti per adesione e contratti per relationem perfectam, v. gi� Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, sub 5. Dalla prima parte della massima della sentenza in rassegna,. sembra emergere che gi� la formazione del contratto mediante licitazione privata (e, quindi, a fortiori mediante pubblico incanto) dovrebbe costituire, a prescindere dalla relatio perfecta (a schema contrattuale alieno), garanzia di svolgimento di un'effettiva contrattazione. Ma, in senso pi� radicale, Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, cit., in questa Rassegna, 1969, I, 768, nella motivazione, ~embra prescindere anche dalla gara ufficiale poich� a proposito del capoverso dell'art. 1341 e.e., avverte che � l'unico modo attraverso il quale questa norma appresta una tutela al contraente pi� debole � precisamente quello di metterlo in grado di contrattare con libera e consapevole determinazione, preservandolo dal pericolo di dover subire clausole vessatorie, derette a sorprendere la sua buona .fede o, comunque, da lui non perfettamente conosciute. E tale pericolo non � ipotizzabile allorch� le clausole contrattuali siano state predisposte dagli organi della P.A., il cui operato si pr�esume ispirato a finalit� d'int~resse generale e, perci�, ad imparzialit� e giustizia� (v. anche in questa� Rassegna 1969, I, 764, nota 4 ed ivi riferimenti). In proposito il Lodo arbitrale 21' maggio 1969, n. 21 -Roma (in questa Rassegna, 1970, I, 154) ha ribadito tale concetto, affermando che � d'altra parte l'Impresa che concorre ad un appalto d'opera pubblica non �, di certo, nella situazione del contraente debole che deve essere tutelato avverso i possibili abusi ed i possibili inganni della parte pi� forte �. 482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLQ STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 dicembre 1969,' n. 4046 -Pres. Maccarone -Est. Cusani -P. M. Pandolfelli (parz. diff.) -Cancemi (avv. Lama, Amico) c. Amm. prov. Caltanissetta (avv. Pignatore) e Assessorato LL. PP. Regione siciliana (avv. Stato Del Greco). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere dell'immediata riserva dell'appaltatore -Carattere generale -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 36 e segg.). In base al r. d. 25 maggio 1895, n. 350 sulla direzione, contabilit� e collaudo delle opere pubbliche, e in particolare in base agli artt. 36 e 37 di tale decreto, l'onere di denunzia di fatt!i o situazioni che causino aume-rito di spes,a neU'esecuzione delle opere � generale e nessuna ragion di compenso pretermessa nella contabilit� pu� ritenervisi sottrfLtta (1). (1) Gi� Cass. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 220, nell'accettare la ricostruzioe della ratio dell'istituto della riserva offerta dalla nota giurisprudenza della Corte d'appello di Roma (v. sent. 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712; 28 settembre 1968, n. 2301, ivi, 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, n. 2790, i1'i, 1968, I, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, ivi, 1969, I, 350), ha insegnato che �non � ... l'Amministrazione che deve, per prima,. adottare e far conoscere all'appaltatore le proprie determinazioni sui fatti che nel corso del rapporto si verificano, salvo il diritto di quest'ultimo di formulare la riserva, bens� all'appaltatore, ove intenda far valere il diritto ad un equo compenso per l'eccessiva onerosita dell'impegno assunto incombe l'oner,e di formulare la richjesta tempestivamente �. Nella giurisprudenza arbitrale, accettandosi la stessa anzidetta ricostruzione, si sottolinea che il sistema normati'll'o vigente in materia � informato e al duplice criterio della coordinazione documentale tra accertamento della siutazione dannosa e denuncia e della immediatezza temporale della medesima traducentesi, per l'appaltatore, nell'onere di formulare le proprie rise'l've in occasione della prima sottoscrizione del registro di contabilit� successiva al rilevamento del fatto che le d� causa� (cosi Lodo art. 17 marzo l967, n. 18 -Roma, in questa Rassegna, 1967, I, 328, nella motivazione). Sulla immediatezza dell'�nere della riserva anche quando triattisi di c.d. fatti continuativi v. gi� Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, I, 204; e cos�, nella stessa giurisprudenza arbitrale, si ritrova gi� affermata l'arbitrariet� della distruzione fra riserve d'ordine particolare e riserve d'ordine generale, � :restando vero in ogni caso che dal momento in cui � sorto un fatto che d1a origine ad una maggiUre pretesa esso deve essere portata perch� la pretesa possa farsi valere, a conoscenza appena � possibile dell'Amministrazione mediante l'iscrizione della riserva� (cosi Lodo arb. 15 gennaio 1957, in Acque, bon., costr., 1957, 541). Tale concetto alla stregua della massima sopra riportata e di quanto avvertito all'inizio della presente nota, pu� dirsi ormai accolto dalla Corte di cassazione. La sentenza in rassegna, peraltro, ha escluso che anche la richiesta di interessi moratori sia soggetta all'onere della riserv�, trattandosi � cl.i situazione estranea e posteriore all'attivit� soggetta a registra:l!ione, che � quella svolta dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera�. Viceversa, sulla portata dell'articolo 36 r.d. n. 350 'del 1895, v. nota, in questa Rassegna, 1969, I, 1187 segg. e per i ritardi nella compilazione dello stato finale o del collaudo v. artt. 64 e 107 r.d. n. 350 del 1895. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 483 LODO ARBITRALE, 21 maggio 1969, n. 21 (Roma) -Pres. Laschena Impresa Belladonna (avv. Rossini) c. Ministero Agricoltura e Foreste (avv. Stato Zagari). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 -Applicabilit� delle sue norme a tutti gli appalti di opere pubbliche statali -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350). Appalto -Appalto di opere della gestione INA-Casa eseguite a mezzo incarico a stazione appaltante ai sensi dell'art. 11 1. 28 febbraio 1949, n. 43. -Capitolato generale d'appalto della Gestione INA-Casa -Rinvio alle norme del r. d. 25 maggio 1895, n. 350 -Valore contrattuale -Sussiste. (Cap. gen. app. Gestione I.N.A.-Casa ed. 1958, art. 23). Contratti pubblici -Appicabilit� dell'art. 1341 c. c. -Esclusione. (e.e., art. 1341). Appalto -Appalti di opere pubbliche -Appalto disciplinato dal Capitolato generale della Gestione INA-Casa -Richiamo (contrattuale) delle norme del r. d. 25 maggio 1895, n. 350 -Onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore sotto comminatoria di decadenza -Carattere vessatorio della clausola -Esclusione. (Cap. gen. app. Gestione I.N.A.-Casa, art. 23; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore -Fondamento e portata dell'istituto Momento in cui l'onere diventa attuale -Applicazioni. (r.d. 25 maggio 1895, n. 360, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107). �Il Rego'lamento 25 maggio 18.95, n. 350 dispone per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici ed in genere per ie opere pubbliche dello Stato (1). Il richiamo alle norme del Regolamento 25 maggio 18.95, n. 350 fatto dal Capitolato generale d'appalto della Gestione INA-Casa ha (1) Trattasi, infatti, di regolamento emanato in virt� degli artt. 346 e 364 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. F sulle opere pubbliche � che stanno a carico dello Stato �. Sulle fonti normative dell'appalto di opere pubbliche, v. C1At~TFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 168 segg. 11 484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO natura di rinvio recettizio e conferisce a quelle norme valore negozia.le, .facendo loro perdere quello originario di precetti regolamentari (2). � da escludere che i'art. 1341 e.e. possa trovare appiicazione nei contratti con la Pubbiica Amministrazione, poich� sarebbe da escludere a priori un intento jugulatorio di questa nei rapporti con i privati e d'altra parte l'impresa c'lte concorre ad un appalto di opera pubblica . non �, di certo, nella situazione del contraente debote che deve essere tuteiato d�i possibili ab'USi ed inganni della parte pi� forte (3). La cl'a'IJ,Sola relativa alla tempestiva iscrizione deUe riserve nei registri contabi.ii, a pena di decadenza, non � particoiarmente onerosa per l'appaltatore, poich� ne.sS'Una Limitazione delle S'Ue facolt� e dei suoi diritti deriva daWonere di iscrivere� la .riserva appena egli risenta un danno, accertato e determinabile, ca~ato direttamente da un fatto obiettivamente apprezzabile (4). � L'onere della riserva negli appalti di opere pubbliche trova fondamento neU'esigenza di fornire a:ii'Amministrazione un mezzo idoneo al costante controllo che il costo den'opera rientri nel previsto limite di spesa e diventa operante nel momento in C'Ui si rende manifesta la rilevanza ca'USale del fatto dannoso, secondo una valutazione da effettuare non gi� retrospettivamente, ex post, sibbene ex ante, da �n appaltatore di media diligenza. Na'f;u.ralmente, il detto onere di iscrizione immediata va riferito soltanto alle pretese che trovano la loro fonte in fatti registrati sia nel registro di contabilit� che nel libretto delle misure regolarmente tenuti dall' Amministrazi�ne, ossia concernenti mag( 2) Sul valore contrattuale delle norme del Capitolato generale d'appalto della Gestione INA-Casa v. Cass., 2 dicembre 1969, n. 3850, in questa Rassegna, 1970, I, 180. Sull'incarico di costruzione di case �per lavoratori, di cui all'art. 11 1. .28 febbraio 1949, n. 43, v. Cass., 14 ottobre 1969, n. 3296, in questa Rass�gna, 1969, I, 970, ed ivi nota critica rec;lazionale. (3) Cfr. Cass., 13 dicembre 1969, n. 3948, in questa Rassegna, 1970, I, 481, nonch� Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, id., 1969, I, 762, sub 4, ove nota di ulteriori riferimenti. (4) L'onere, infatti, si inquadra nella stessa btiona fede contrattuale: v., infatti, Corte App. Roma, 10 marzo 1966, n. 666, in questa Rr,,ssegna, 1966, I, 712, nonch� Lodo arb. 17 marzo 1967, n. 18, id., 1967, I, 324 segg. nella motivazione, con� le specificazioni che essa assume in relazione alla peculiare figura del contratto di appalto di opere pubbliche, la cui disciplina non pu� non restare influenzata dalla natura pubblica del soggetto appaltante e degli interessi. che quello persegue con tale strumento : v. Cass. 30 ottobre 1954, n. 4190, Foro pad., 1955, I, 1023; v. anche Corte App. Roma, 30 novembre 1968, n. 2790, in questa Rassegna, 1968, I, 1125, nella motiva~ zione. Da qui anche l'incombenza al privato e non gi� all'Ammin. dell'onere di iniziativa e denuncia, su cui Cass., 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578, nonch� Cass., 29 dicembre 1969, n. 4046; id., 1970, I, 482. Peraltro, sulla perfetta legittimit� dell'art. 54 Reg. n. 350 del 1895, v. Cass., 12' giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963, 537-538. 484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO natura di rinvio recettizio e conferisce a quelle norme valore negozia.le, .facendo loro perdere quello originario di precetti regolamentari (2). � da escludere che i'art. 1341 e.e. possa trovare appiicazione nei contratti con la Pubbiica Amministrazione, poich� sarebbe da escludere a priori un intento jugulatorio di questa nei rapporti con i privati e d'altra parte l'impresa c'lte concorre ad un appalto di opera pubblica . non �, di certo, nella situazione del contraente debote che deve essere tuteiato d�i possibili ab'USi ed inganni della parte pi� forte (3). La cl'a'IJ,Sola relativa alla tempestiva iscrizione deUe riserve nei registri contabi.ii, a pena di decadenza, non � particoiarmente onerosa per l'appaltatore, poich� ne.sS'Una Limitazione delle S'Ue facolt� e dei suoi diritti deriva daWonere di iscrivere� la .riserva appena egli risenta un danno, accertato e determinabile, ca~ato direttamente da un fatto obiettivamente apprezzabile (4). � L'onere della riserva negli appalti di opere pubbliche trova fondamento neU'esigenza di fornire a:ii'Amministrazione un mezzo idoneo al costante controllo che il costo den'opera rientri nel previsto limite di spesa e diventa operante nel momento in C'Ui si rende manifesta la rilevanza ca'USale del fatto dannoso, secondo una valutazione da effettuare non gi� retrospettivamente, ex post, sibbene ex ante, da �n appaltatore di media diligenza. Na'f;u.ralmente, il detto onere di iscrizione immediata va riferito soltanto alle pretese che trovano la loro fonte in fatti registrati sia nel registro di contabilit� che nel libretto delle misure regolarmente tenuti dall' Amministrazi�ne, ossia concernenti mag( 2) Sul valore contrattuale delle norme del Capitolato generale d'appalto della Gestione INA-Casa v. Cass., 2 dicembre 1969, n. 3850, in questa Rassegna, 1970, I, 180. Sull'incarico di costruzione di case �per lavoratori, di cui all'art. 11 1. .28 febbraio 1949, n. 43, v. Cass., 14 ottobre 1969, n. 3296, in questa Rass�gna, 1969, I, 970, ed ivi nota critica rec;lazionale. (3) Cfr. Cass., 13 dicembre 1969, n. 3948, in questa Rassegna, 1970, I, 481, nonch� Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, id., 1969, I, 762, sub 4, ove nota di ulteriori riferimenti. (4) L'onere, infatti, si inquadra nella stessa btiona fede contrattuale: v., infatti, Corte App. Roma, 10 marzo 1966, n. 666, in questa Rr,,ssegna, 1966, I, 712, nonch� Lodo arb. 17 marzo 1967, n. 18, id., 1967, I, 324 segg. nella motivazione, con� le specificazioni che essa assume in relazione alla peculiare figura del contratto di appalto di opere pubbliche, la cui disciplina non pu� non restare influenzata dalla natura pubblica del soggetto appaltante e degli interessi. che quello persegue con tale strumento : v. Cass. 30 ottobre 1954, n. 4190, Foro pad., 1955, I, 1023; v. anche Corte App. Roma, 30 novembre 1968, n. 2790, in questa Rassegna, 1968, I, 1125, nella motiva~ zione. Da qui anche l'incombenza al privato e non gi� all'Ammin. dell'onere di iniziativa e denuncia, su cui Cass., 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578, nonch� Cass., 29 dicembre 1969, n. 4046; id., 1970, I, 482. Peraltro, sulla perfetta legittimit� dell'art. 54 Reg. n. 350 del 1895, v. Cass., 12' giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963, 537-538. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 485 giori oneri relativi a partite di lavoro registrate. poich� negli aitri casi, come quello deL differimento nel tempo dell'esecuzione delle opere e della liberazione deU'awaitatore a segu~to di sospensione per fatto dell'Amministrazione, la rilevanza dannosa deL fatto si rende manifesta, cio� obiettivamente apprezzabile, non _nelle singole unitd di lavoro, ma soitanto neL conto, finale, quando s� IYU� calcolare la differenza tra L'importo contrattuale dei lavori e quello effettivamente sostenuto in base a tutta la documentazione contabile (5). (Omissis). -L'Impresa ing. Nicola Belladonna deduce che, nel corso dei lavori, si sono verificati alcuni fatti nuovi, assoluta.mente estranei alle previsioni delle parti, quali potevano essere ragionevolmente fatte in sede di procedimento pre-contrattuale e di gara di appalto; �fatti nuovi che hanno costretto essa Impresa a sopportare maggiori oneri (primo, secondo e terzo quesito). Conseguentemente; afferma, il proprio. diritto ad essere ristorata dei detti oneri. Richiede, poi, il riaccredito delle somme detratte dal collaudatore in fase di collaudo (quarto, quinto, sesto e settimo quesito). La convenuta Amministrazione contesta il fondamento della pretesa creditoria e, in limine, eccepisce l'inammissibilit� dei primi tre quesiti per tardiva iscrizione delle relative riserv� nei registri contabili, in particolare per quanto riguarda le pretese relative alla prima sospensione dei lavori: Nell'ordine logico, il problema relativo alla tardivit� di alcune riserve va esaminato per primo, dato che esso importa la soluzione di una questione sostanzialmente unitaria e di natura squisitamente pregiudiziale, salvo poi, esaminare la concreta ques~ione di ammissibilit� dei quesiti nella sede propria di questi. Il Ministero dell'agricoltura e delle Foreste basa l'eccezione sul disposto dell'art. 23, primo comma, del Capitolato generale d'appalto INA-Casa, nel quale � testualmente stabilito che �le domande di re (5) La prima parte della massima si adegua alla nota giurisprudenza della Corte d'Appello romana ed afferma concetti ormai accettati anche dalla Suprema Corte regolatrice (cfr. Cass., 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578, sub 2). La seconda parte della massima pretende di essere una illazione dell'insegnamento giurisp,_-udenziale, che si dice accolto con la prima parte della massima, ma, in effetti, costituisca un tentativo di minimizzarne la portata. Negli stessi sensi, v. gi� Lodo arb. 4 ottobre 1969, n. 56 -Roma, in questa Rassegna, 1969, I, 1184. Per la confutazione dell'assunto, v. le stringenti considerazioni, viceversa, contenute nel Lodo arb. 17 marzo 1967, n. 18 -Roma (in questa Rassegna, 1967, I, 320, in particolare 323 e segg., nella motivazione), nonch� nella sentenza 23 gennaio 1969, n. 113 della Corte d'Appello di Roma (in questa Rassegna, 1969, I, 350 segg., in part. 355); v. anche nota critica, in questa Rassegna, 1969, I, 1185 segg. 486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA'DELLO STATO clamo dell'appaltatore dovranno essere presentate ed iscritte nei documenti contabili, nei modi e nei termini tassativamente stabiliti dal Regolamento per la direzione, contabilit� e collaudazione dei lavori dello Stato, senza di che non potranno essere prese in considerazione�. Ci�, con riferimento agli artt. 36, 53 e 54 del detto I.tegolamento, approvato con il d.P.R. 25 maggio 1895, n. 350. L'Impresa contesta la proponibilit� dell'eccezione sotto un duplice profilo. Obietta, in primo luogo, che lai dottrina e la giurisprudenza hanno definito eccezioni in senso impr<?prio i mezzi di difesa, che tendono a far dkhiarare l'inesistenza del diritto vantato dall'attore; ed accezioni in senso proprio quelle, riservate al potere dispositivo delle parti e che, senza escludere il diritto dell'attore, portano al suo annullamento. Queste ultime -tra le quali l'eccezione di decadenza sono .soggette alle norme sulle preclusioni; esse -assume l'Impresa devono considerarsi precluse, ove siano dedotte, come nella specie, soltanto in sede di replica. Il Collegio non condivide la tesi che l'eccezione di decadenza sia soggetta alla detta preclusione. Trattasi, infatti, di questione che, in quanto attinente alla .stessa ammissibilit� dell'azione, potrebbe essere rilevata anche di ufficio e che ritualmente pu� essere sollevata in qualsiasi stato del giudizio. In secondo luogo, l'Im!>resa, assume che la cennata disposizione dell'art. 3, primo comma, del Capitolato generale d'appalto INA-Casa non sarebbe valida ed operante, non essendo stata da essa specificatamente approvata per iscritto in ossequio all'art. 1341, secondo camma, e.e. Premesso che il Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 dispone soltanto per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, e, in genere, per le opere pubbliche dello Stato, il Collegio osserva che il richiamo alle relative norme, contenute nel Capitolato generale d'appalto INA-Casa, ha natura di rinvio recettizio e conferisce a quelle norme indubbio valore negoziale, facendo loro perdere quello originario di precetto regolamentare. Ora � nota la ratio cui si informa la disposizione dell'art. 1341, secondo comma, e.e. Si vuole porre al riparo il contraente pi� debole, quale � il con traente per adesione, dalla sorpresa di oneri troppo gravosi, non pre visti dalla legge, che possano derivargli dal contratto, senza che egli li abbia sufficientemente ponderati. Senonch�, nel settore che interessa, sembrerebbe far difetto quella pressione dell'offerta e quel bisogno di contrarre che sono a base della norma. Un consolidato indirizzo giuri sprudenziale ha escluso che la norma possa trovare applicazione nei contratti con la Pubblica Amministrazione, poich� sarebbe da escludere PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 487 a priori un intento 'iugulatorio di questa nei rapporti conclusi con il privato. D'altra parte, l'Impresa che concorre ad un appalto di opera pubblica non �, di certo, nella situazione del contraente debole che deve essere tutelato avverso i possibili abusi ed i possibili inganni della parte pi� forte. Si aggiunge che il richiamo alle disposizioni, che disciplinano le opere pubbliche, non concretano per la pubblicit� e, quindi, per la notoriet� di dette disposizioni, la fattispecie prevista nel secondo com :ina dell'art. 1341 e.e. Le varie clausole sono predisposte e fissate o richiamate in appositi Capitolati generali e speciali, di cui � dato pre sumere che le parti private abbiano avuto piena �conoscenza prima della gara e della sottoscrizione del contratto. Il Collegio ritiene, comunque, che la clausola relativa alla tempe stiva iscrizione delle riserve nei registri contabili non sia particolar mente onerosa per l'appaltatore, poich� non si ravvisa alcuna limita zione delle sue facolt� e dei suoi diritti dell'onere, che gli viene im posto, di iscrivere la riserva appena egli risenta un danno, accertato e determinabile, causato direttamente da un fatto obiettivamente ap prezzabile. Passando, quindi, ad esaminare il �contenuto e la portata degli artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 350� del 1895, sui quali l'Amministrazione convenuta basa l'eccezione di inammissibilit� delle riserve relative ai primi tre quesiti, si osserva che, secondo l'orientamento affermatosi nella giurisprudenza onoraria e giudiziaria, il fondamento razionale del sistema si ritrovava nell'esigenza di consentire alla p.a. appaltante di esercitare un immed~ato .controllo sul fatto, in contesa, al fine di impedire che il trascorrere del tempo ne rendesse pi�. difficile, se non impossibile, l'accertamento. Un pi� recente indirizzo ha per� ritenuto di individuare la ratio fondamentale, se non unica, dell'onere di riserva nell'esigenza �di fornire all'Amministrazione un mezzo idoneo per controllare costantemente il costo dell'opera, allo scopo di mantenerlo nel previsto limite di spesa e, comunque, per approntare tempestivamente le misure atte ad evitare che i fondi disponibili si rivelino insufficienti, con la conseguenza che, al pi� tardi, nel momento in cui il fatto produttivo di conseguenze dannose per l'appaltatore manifesti, in modo percepibile da persona di media diligenza, la sua potenzialit� causale, in quello stesso momento scatta l'onere della riserva. E il Collegio, a maggioranza dei suoi componenti, ritiene di aderire, in linea di massima, a quest'ultimo indirizzo. Alla stregua delle dette �considerazioni, non pu� escludersi di per s� l'onere della tempestiva registrazione per i c.d. fatti continuativi o per quelle questioni di carattere generale direttamente incidenti sulle .singole unit� di lavoro, salvo decidere, caso per caso, se tra � questione. sollevata e �fatto � oggetto di registrazione esista almeno un rapporto 488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di incidenza diretta e, comunque, il momento in cui tale incidenza pu� e deve essere rilevata e, quindi, il termine temporale massimo nel quale l'onere della riserva pu�� e deve scattare. Naturalmente, il detto onere di iscrizione immediata va riferito soltanto alle pretese che trovano la loro fonte in :fatti registrati sia nel registro di contabilit� �che nel libr~tto delle misure. Esso, poi, presuppone pur sempre la scrupolosa osservanza, da� part~ del committente, delle precise norme regolamentari dettate in materia di redazione della contabilit�, senza la quale mancano le stesse condizioni essenziali per farsi luogo all'iscrizione. L'Impresa contesta che le richieste relative ai primi tre quesiti si riferiscano a fatti registrati o registrabili nei registri di .contabilit� ed assume, in conseguenza, che le richieste stesse ritualmente si sarebbero potute iscrivere anche soltanto nel conto finale. � sufficiente, in conti: ario, osservare che le medesime attengono a maggiori on&i relativi a partite di lavoro registrate; rimane, da accertare quando il fatto dannoso si sia evidenziato nella sua potenzialit� causale e si sia precisato nelle sue componenti. L'impresa nega la sussistenza dell'onere della riserva immediata anche sotto altro profilo, deducendo la irregolare tenuta della contabilit� dei lavori�. per mancata tenuta' del libretto delle misure. In effetti, dalla Relazione di collaudo risulta che il detto libretto, �per quanto richiesto pi� volte � non � stato mai inviato al collaudatore. Ora, pure a voler ritenere che esso non sia stato mai apprestato, tale mancanza non sarebbe idonea, di per s�, ad inficiare l'attendibilit� delle registrazioni effettuate sul registro di contabilit�, nel qual caso soltanto potrebbe:: ritenersi il difetto dei presupposti stessi della iscrizione delle riserve. N� l'Impresa ha allegato precisi elementi in tal senso, validi a confermare il suo assunto. Ci� premesso in linea generale, � da esaminare il problema concreto della tempestivit� delle riserve corrispondenti ai primi tre quesiti. Il Collegio provvede alla relativa indagine, in sede di esame di eiascuna di essi. �QUESITO N. 1. -Dica il Collegio se spetti all'Impresa la somma di L. 1.845.000 per oneri di guardania subiti in dipendenza della maggior durata dei lavori per gg. 614. Il detto quesito attiene alla eStPosizione di maggiori oneri per spese di guardania durante i quattro periodi di sospensione dei lavori. Il Ministero dell'agricoltura e foreste eccepisce, in rito, l'inammis_sibilit� del quesito per tardiva iscrizione della relativa riserva nei registri contabili, in particolare per quanto riguarda le pretese inerenti alla prima sospensione dei lavori. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 489 L'eccezione � destituita di fondamento in punto di fatto per le richieste formulate in ordine alla seconda, alla terza e alla quarta sospensione, poich� risulta dai documenti versati che l'Impresa ha firmato con riserva i verbali relativi e che la riserva stessa� � stata, poi, regolarmente esplicata nei registri contabili. Nessuna riserva � stata, invece, formulata dall'Impresa in occasione della sottoscrizione del verbale della prima sospensione o del verbale di ripresa dei lavori: la relativa pretesa � stata iscritta soltanto nei registri contabili. Il. Collegio, considerate la natura e la portata della detta sospensione, ritiene che neppure p1:ir il detto titolo si sia verificata la decadenza, opposta dall'Amministraz�one. Poich� la consegna dei lavori � avvenuta il 23 gennaio 196-0, la prima sospensione, che � stata ordinata il giorno successivo, ha concretato, in effetti, il rinvio, puro e semplice, della data di inizio delle opere. Ci� � �confermato non soltanto dal suindicato elemento temporale, di per s� gi� qualificante, ma anche e soprattutto dai motivi addotti a fondamento dell'ordine di sospensione, che consistevano nella mancanza del progetto esecutivo delle strutture in e.a. e nella mancanza del prescritto nulla osta all'inizio dei lavori da parte dell'Ufficio del Genio Civile di Cosenza, in conformit� agli artt. 40 e 41 del r.d.l. 22 novembre 1937, n. 2105, nonch� della licenza edilizia comunale. Ora, tenuto conto, in base alle precedenti considerazioni, che l'onei:e della riserva diventa attuale solo nel momento in cui la rilevanza causale del fatto dannoso si rende manifesta e che tale valutazione non va effettuata ex post, cio� con una valutazione retrospettiva della vicenda, ma ez ante, � da escludersi che, nella suesposta situazione di fatto, la potenzialit� causale della prima sospensione -anzi, in effetti, del differimento della data di inizio dei lavori -fosse immediatamente apprezzabile. La rilevanza del fatto si � evidenziata soltanto quando l'incidenza del differimento stesso � divenuta apprezzabile nel quadro dell'intera economia del contratto; e non pu� contestarsi che ci� sia avvenuto soltanto con l'ultimazione dei lavori. Nel merito, l'Amministrazione assume l'infondatezza del quesito, invocando l'art. 194 del Capitolato generale d'appalto INA-Casa, a norma del quale . (primo comma) �quando circostanze speciali impediscono temporaneamente che i lavori procedano utilmente a regola d'arte, la stazione appaltante avr� facolt� di ordinarne la sospensione, salvo a farli riprendere, 'non �ppena cessate le ragioni che hanno determinato tale provvedimento � e (secondo �comma) �nessun diritto per compensi o indennizzi spetter� all'appaltatore in conseguenza delle qrdinate sospensioni �. Per la notevole incidenza che la sospensione dei lavori pu� avere -maggiormente se prolungata -sui costi dell'opera, i limiti di applicazione della detta norma, sono stati segnati rigorosamente dalla 490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giurisprudenza, individuandosi �le circostanze speciali�, in presenza delle quali � concessa all'Amministrazione la facolt� di ordinare la sospensione, nei soli fatti obbiettivi o, comunque, indipendenti dalla volont� del committente che non siano. ascrivibili ad un comportamento, commissivo od omissivo, del medesimo. Nel caso in esame, la seconda e la quarta sospensione furono dovute ad avversit� atmosferiche stagionali, cio� ad una di quelle cause di fotta maggiore -o �circostanze speciali� -che escludono ogni responsabilit� della stazione appaltante e ogni compenso o indennizzo dell'appaltatore. La prima sospensione durata 243 giorni dal 24 gennaio al 23 settembre 1960, �, invece, imputabile a responsabilit� della committente per mancata predisposizione di atti progettuali e, in conseguenza, per difetto del nulla osta del Genio Civile all'Amministrazione la terza sospensione durata 184 .giorni dal 12 agosto 1961 all'll febbraio 1962, determinata essenzialmente dall'esigenza di attendere � le decisioni della Gestione in ordine alla richiesta di varianti alle tramezzature avanzate dagli assegnatari�. Passando, quindi all'esame delle richieste per maggiori oneri di I guardania che si assumono sostenuti durante i periodi di queste due ultime, il Collegio non ritiene fondata la domanda relativa alla prima I sospensione. Come � stato sopra osservato, la detta sospensione ha concretato, in effetti un differimento dell� data di inizio dei lavori. Si ag I giunga l'incertezza allora esistente sulla precisa sede del costruendo edificio. Risulta di tutta evidenza che non pu� ritenersi provato, in I difetto di specifici ed univoci elementi, che l'Impresa abbia, tuttavia, I m installato il cantiere e che, quindi, abbia sopportato alcun onere di guardania. �, invece, giustificata la domanda riguardante il periodo della terza I sospensione. La spesa indicata dall'Impresa in ragione di lire 3.889,32 giornaliere -in base alla �tabella dei salari�, edite a cura dell'Associazione degli industriali della provincia di Cosenza -e, quindi, in complessive L. 715.634 in cifra tonda (lire 3.889,32 x gg. 1S4 = lire 715.634,88), e non contestata dalla committente, � attendibile. Pertanto, per il primo quesito, va riconosciuta all'Impresa la somma di L. 715.634. QuE.sITO N. 2. -Dica il Collegio se spetti all'Impresa la somma di L. 5.370.499 per il maggior onere sofferto a causa del protratto vincolo delle attrezzature e dei macchinari del cantiere (per il loro immobilizzo) nonch� per il costo del capo �cantiere durante la maggiore durata dei lavori di gg. 615. Lia stazione appaltante ha dedotto le stesse difese di rito (inammissibilit� delle riserve) e di merito (infondatezza della domanda stessa in relazione all'art. 94 del cap. gen. INA-Casa), svolta in ordine al primo PARTE: I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 491 quesito: al riguardo si richiamano le considerazioni ivi svolte. Pertanto, vanno esaminate nel merito .soltanto le richieste relative ai maggiori oneri che si assumono sofferti durante i periodi della prima e della terza sospensione. La maggiore spesa asserita iper il costo del capo cantiere non pu� essere riconosciuta, in difetto di precisi elementi probatori, poich�, in base a criteri di comune esperienza, l'impiego del medesimo non � necessaria durante i periodi di stasi dell'attivit� costruttiva. �, invece, attendibili la richiesta di compenso per il ,protratto vincolo delle attrezzature dei macchinari: ci� vale anche per il periodo della prima sospensione, in quanto, anche se, in concreto, il cantiere stesso, come sopra � detto non era stato ancora impiantato, non pu� escludersi, tuttavia, che l'attrezzatura tecnico-amministr�tiva dell'Impresa fosse gi� impegnata. Le analisi esposte dall'Impresa non sono per� comprovate in atti nei loro stessi presupposti (mezzi impiegati, efficienza, producibilit� teorica, importo spese generali, ecc.) e, quindi, non possono essere assunte a fondamento del calcolo della maggior spesa. Il Collegio ritiene, pertanto, di procedere alla liquidazione della maggiore spesa sostenuta dall'Impresa con valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 e.e. I maggiori oneri sostenuti dall'Impresa devono essere valutati con riferimento: 1) alla maggior durata dei lavori; 2) ad una quota di spese ,generali, di fermo dei mezzi e di immobilizzazione del cantiere. La maggior durata dei lavori ammonta a giorni 427 (gg. 243 + gg. 184). Il secondo elemento, giusta costante giurisprudenza, pu� valutarsi per ogni giorno di maggior durata in una quota del 6 % dell'importo g~ornaliero netto dei lavori. depurato cio� dalle spese generali, calcolate mediatamente nella misura del 10 % , e dell'utile della Impresa, calcolato anch'esso nella misura del 10 % . L'importo complessivo dei lavori era, al netto del ribasso d'asta, di L. 26.197.215, che, divise per il numero (360) dei giorni del periodo ordinario previsto in contratto, danno l'importo giornaliero dei medesimi in L. 72. 770 (in cifra tonda). Detta somma, al netto delle spese generali (10 %) e dell'utile (10 %) risulta definitivamente fissata in L. 58.216. La maggior spesa giornaliera, pari ad una quota del 6 % dell'importo netto giornaliero (L. 58.216) '� di L. 3.493. La maggiore spesa riconosciuta (L. 3.493 x gg. 427) �, quindi, di L. 1.491.511. QUESITO N. 3. -Dica il Collegio se spetti all'Impresa la somma di L. 1.309.8,90 per maggior costo delle opere eseguite in epoca diversa da quella prevista. L'eccezione di inammissibilit�, sollevata dalla stazione appaltante per tardiva iscrizione della riserva nei registri contabili, non pu� essere 942 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO' attesa, proprio in base all'indirizzo giurisprudenziale, invocato dalla difesa dell'Amministrazione e condiviso dal Collegio, pertil quale I'onere della riserva diventa attuale solo nel momento in cui la rilevanza del fatto nei confronti della spesa si rende manifesta, cio� obbiettivamente apprezzabile. Tale rilev~nza, unitamente ai suoi effetti, viene in evidenza non nelle singole unit� di lavoro, ma soltanto nel conto finale, quando si pu� calcolare la differenza tra l'importo contrattuale dei lavori e quello effettivamente sostenuto in base a tutta la documentazione � contabile. In �ffetti, neppure al termine dei singoli periodi di sospensione gli effetti di questi fenomeni erano prevedibili nell'an e nel quantum: l'Impresa non aveva, infatti, la possibilit� di prevedere se e quali oneri le sarebbero derivati nell'ulteriore corso dei lavori. (Omissis). I SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 27 agosto 1969, n. 1637 -Pres. Rosso -Rel. Del Pozzo -P. M. Lenzi -Rie. Dainotto ed altri. Procedimento Penale -Contestazione dell'accusa -Relazione tra sentenza ed accusa contestata -Fatto diverso -Nozione -Limiti. (c.p.p. art. 477, comma 2()). L'arJ:_ 477, secondo comma, c.p.p., ipotizza iL caso che in dibattimento il fatto risulti � diverso da quello enunciato � negli atti fondamentali di contestazione dell'accusa. Essendo le regole deLla correlazione dettate dait'esigenza di una chiara informazione dell'imputato perch� lo stesso possa difendersi su di un circoscritto terreno di accuse e di contestazioni, non ogni nuova insorgenza che si verifichi rispetto ail'accusa originaria entra nell'ambito riferimenti, che risponda ai seguenti caratteri: sia un mutamento �essenziale� e nello stesso tempo �significativo�, tale da immutare la config:urazione giuridica del.la 'fattispecie. Pertanto, poich� non ogni mutamento del fatto, ma solo queito che sia di tale rilievo da mutare i confini della contestazione e pregiudicare, quindi, i diritti e gli interessi della difesa, pu� essere compreso nella previsione dell'art. 477, deve ritenersi che la mutazione dell'organo titolare del diritto di disporre deLle somme (Presidente del consiglio di amministrazione secondo la imputazione e Ministro secondo la sentenza di appello) non rappresenta affatto una mutazione del �fatto� o, quanto meno, non una immutazione essenziale e significativa (1). (1) La giurisprudenza della Suprema Corte � costante nel ritenere che la violazione dell'art. 677 c.p.p. sussiste soltanto quando la modificazione dell'accusa contestata comporti un concreto pregiudizio ai diritti di difesa dell'imputato: v. in questo senso, Cass. s.U., 31 gennaio 1969, rie. Turchiano in Cass. pen. Mass. annotato, 1969, 302, m. 383; 31 maggio 1968, rie. Varese ivi, 699, m. 1041; 13 ottobre 1967, rie. Apolito, ivi, 172, m. 207. Precisando il concetto � stato affermato, e l'affermazione costituisce anch'essa jus receptum, che occorre far riferimento al fatto storico portato a conoscenza dell'imputato, al fatto cio� inteso come episodio della vita umana (Cass., 494 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 9 dicembre 1969, n. 1143 -Pres. D'Aniello -Rel. Manca-Bitti -P. M. De Andreis -Rie. P. M. in proc. Maggiulli ed altri. Procedimento Penale -Contestazione dell'accusa -Relazione tra sentenza ed accusa contestata -Fatto diverso -Fatto noto all'imputato Possibilit� di difesa -Obbligo di nuova contestazione -Esclusione. (c.p.p. art. 477). Il principio della necessaria correlazione tra sentenza ed accusa contestata � ispirato aUa esigenza di tutelare il diritto di difesa dell'imputato, in quanto tende ad evitare che quest'ultimo possa essere condannato per un fatto condotta, evento, nesso causale rispetto al quale egli non ha avuto modo di difendersi. 19 dicembre 1967, rie. Politi, in Cass. pen. Mass. annotato, 1968, 1328, m. 2134; 11 dicembre 1967, rie. Tondelli, ivi, 1328, m. 2135) sicch� � legittima ad esempio: -la definizione di un delitto contestato come concussione (Cass., 19 dicembre 1967, cit.); -la condanna per appropriazione indebita ove sia stato contestato il reato di truffa (Cass VI ( 15 febbraio 1969 rie. Santoro in Cass. pen. Mass. annotato 1970, 566, m. 779); -la contestazione per furto e la condanna invece per ricettazione (Cass. II, 4 dicembre 1968, ivi, 566 m. 781). � stato altres� affermato che, ove il fatto risulti di intensit� o di contenuto minore rispetto a quello contestato, non v'� violazione del principio di correlazione; cos� ad esempio: -� stata ritenuta legittima la condanna per il delitto di resistenza mediante minaccia rispetto alla contestazione del delitto di resistenza mediante violenza (Cass. V�, 30 gennaio 1967 in Cass. pen. Mass. annotato 1968, 360, m. 534); -� stato affermato che non si verifica mutamento dell'accusa se il fatto accertato e quello contestato si trovano in rapporto di minus a maius come nel caso in cui i reati siano in rapporto .di progressione o complessit� (Cass. III, 12 maggio 1967, ivi, 186, m. 250) pu.rch� non si peggiori lo status poenalis del soggetto, come quando si passi ad esempio dalla abitualit� alla professionalit� del reato, che, costituendo pi� grave forma di peri..: colosit�, va espressamente contestata� (Cass. V, 29 novembre 1968, ivi, 1970, 566, m. 780). Per quanto concerne gli elementi essenziali del fatto, non � ritenuta violazione del principi� di correlazione il passaggio dalla contestata esecuzione monosoggettiva del reato ad un'ipotesi di responsabilit� per concorso (Cass. I, 3 dicembre 1968, ivi, 1970, 567, m. 783; V, 5 maggio 1967, ivi, 1968, 361, m. 535), n� la ritenuta consumazione all'estero di reato contestato come commesso nello Stato (Cass. I, 24 gennaio 1969, ivi, 1970, 569, m. 786), n� la divergenza tra la data di consumazione del reato ritenuta in sentenza da quella indicata nel capo d'imputazione (Cass. V, 31 gennaio 1969, ivi, 1970, PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 495 Tale principio non pu�, pertanto, ritenersi violato quando risulti che il fatto, cos� come ritenuto nella sentenza, era noto all'imputato nella sua sostanza, per averne egli avuto conoscenza nel corso degli interrogatori, in istruttoria e in dibattimento, e nessun pregiudizio si � in conseguenza verificato per iL diritto di difesa (2). 302, m. 383). Peraltro la dottrina avverte, in proposito e giustamente, che l'indagine sulla diversit� del fatto che importa violazione dell'art. 477 c.p.p. va condotta caso per caso, potendo lo stesso elemento determinare o meno cambiamento del fatto come quando alla data di consumazione del reato sia collegata una prova di alibi (v. LEONE; Trattato, vol. II, p. 391; VANNINI, Manuale, 1965, p. 319). Per i reati colposi e per le varie posizioni giurisprudenziali, v. in questa Rassegna, 1969, 359 l'articolo di PALATIELLo, Il principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza con particolare riguardo ai reati colposi. La giurisprudenza �, infine, costante nel ritenere il carettere relativo della nullit� concernente la mancanza di correlazione con la conseguenza che essa non pu� essere rilevata d'ufficio n� formare oggetto di ricorso per cassazione, quando non sia stato dedotto come specifico motivo d'appello: v. Cass. I, 27 gennaio 1969, in Cass. pen., Mass. annotato, 1970, 568, m. 784; VI, 13 marzo 1969, ivi, 570, m. 788. In senso contrario � la dottrina: v. CoNso, Questioni nuove di procedura penale, 1959, p. 114; CoRDERO, Riflessioni in tema di nullit� assoluta, in Riv. it. dir. proc. pen., 1958, p. 238. (2) L'affermazione giurisprudenziale della seconda sentenza � coerente applicazione del principio ispiratore della norma di cui all'art. 477 c.p.p. come l'altra, con la quale si � ritenuto che non v'� violazione della norma quando l'immutazione del fatto dipenda dall'accoglimento delle tesi prospettate dall'imputato a propria discolpa (Cass. V, 5 maggio 1969, in Mass. uff., 1969, p. 625, n. 111268). V. nello stesso senso della massima in nota, Cass. V, 5 luglio 1968, in Mass. uff., 1968, p. 995, n. 108.507; Cass. VI, 23 gennaio 1969, ivi, 1969, p. 74, n. 110.035. P. D. T. I II @ * liip rn i] fo llij 00 ...;:, m r~ i ~ 1:111 ;..�., PARTE SECONDA :;;:;; I I ~ @:wl?&Mo/&iff@lf:#Jf=@11"irfff@Mlr'ffii@M~mrnifm�m�MMMffltWffrf@I@fHfrJ1f:M@i@rf:l@t@W!MfFlfl�iIT&f@[Jj RASSEGNA DI DOTTRINA H. W. R. VADE, Administrative law (2 ed.), Clarendon Pre.ss., London, 1967. (Diritto Amministrativo inglese, trad. C. Geraci -Ed. Giuffr�, Milano, 1969). Si pone da decenni l'interrogativo dottrinario; circa l'esistenza o non di un �diritto amministrativo� inglese e dei paesi ad ordinamento similare. Si prende, di solito, come punto di partenza, la nozione scolastica di scienza del diritto amministrativo, come complesso di norme giuridiche, da cui sia astrette la p.a. -concepita come istituzione la cui attivit� � svincolata dal sindacato giudiziario (sistema francese) o come organizzazione la cui attivit� �, almeno in parte, sottratta a detto sindacato (sistema italiano) -che presentino una particolare individualit�, ed una propria elaborazione scientifica e giurisprudenziale. E si rHiene che, ad escludere nel sistema sassone l'esistenza di un . diritto proprio ,della p.a., sia decisiva l'appartenenza delle norme afferenti l'anziano delle pubbliche autorit�� al diritto costituzionale, da un lato; l'assenza di tribunali amministrativi -nel senso di giurisdizioni speciali sottratti al controllo giudiziario dall'altro. � Gli � che la nota caratterizzante del diritto amministrativo non va colta nell'elemento subiettivo della disciplina delle autorit� amministrative, in quanto potere esecutivo, ma non costituenti un'organizzazione indipendente (questo dato �, per�, di fondamentale importanza per concentrare nel potere esecutivo tutta la vita della p.a.); o in quanto organi istituzionalizzati; o infine, nella struttura degli organi di giustizia amministrativa; sibbene nell'elemento oggettivo dell'azione amministrativa. Tanto che, ancor prima che sorgesse la necessit� i istituire tribunali amministrativi -si vedr� con quali connotati -nei paesi di diritto sassone, si parlava di un diritto amministrativo, per le reazioni .che l'azione amministrativa poteva incontrare nell'applicazione del � rule of law �. Ne sono testimonianza gli scritti della Scuola di Londra, che si appuntavano contro le opinioni del Dicey e seguaci, gli uni e le altre cosi bene delineate nel lavoro di TREVEs, Lo sviluppo del Diritto Amministrativo Inglese in Rass. d.p., 1946, I, 177�. , In questo studio -che si potrebbe definire classico, per la conoscenza del diritto amministrativo inglese, in Italia, e con riferimento �l tempo in cui fu scritto' (l'anno successivo, il � Crown Proceeding Act � del 1947 introdurr� una nuova disciplina per le azioni dl �responsabilit� contro la Corona e)'esecutivo, in sostituzione dell'antico sistema della � Petition of rights �) .:__ si ricorda che all'opinione del DICEY, Introduction to the Study of the Law of the Constitution, ed. 1885 (IX ed. 1939): che i~ diritto amministrativo non esiste in Gran Bretagna, poich� Governo ed agenti non godono di diritti e prerogative o particolare protezione per le azioni illegali, n� sono sottratti ai Tribunali ordinari; o dello SLESSER, The Law, ed. 1936;. che non sussiste divario tra diritto pubblico e privato -si obiettava dal RoBSON, Iustice Administrative Law, ed. 1928, p. 20-33; WADE, Appendix, a Dicey, op. cit. ed. 1939, p. 475 ss.; IENNINGS, The Law and the Constitution, ed. 1944, pp. 210 ss.: 285 ss., trattarsi di idee personali (wighs) del Dicey, in contrasto con la realt� del sistema legale inglese, che riconosce certe prerogative e poteri discrezionali delle pubbliche autorit�, e crea nuovi istituti (sotto la spinta del collettivismo) come ammetter� poi lo stes . 12 nlssEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO so DICEY, in � Droit administratif in modern French Law � in Law Querterly Rewue (XII) 1901, p. 302 ss.; The developpement of administrative Law in England, ivi (XXI) 1915, p. 149. (Quest'ultimo orientamento �, forse, sfuggito all'ENDEN, allorch� attribuiva, ancora, al Dicey la negazione che � The public authorities Protection Act � del 1893 potesse costituire un esempio circa l'esistenza del diritto amministrativo, in Gran Bretagna., come osserva EMDEN, The scope of the public Authorities Protection Act, 1893, in Law Luast. Rev., 1923, p. 341). Che poi si possa configurare un diritto amministrativo autonomo o non dal costituzionale -distinto sostanzialmente dal diritto privato -� questione cui la Scuola inglese ha annesso sempre scarsa importanza (LAwsoN, Stepher�s Commentaires of the Law of England, ed. 1841-45 -Commentaires de Stephen sur le droit de l'Angleterre, trad. Dessextaux, Giard, Paris, 1933 -Introduction) che non � di ostacolo ad una trattazione di tale disciplina, come mostra la fioritura di opere di GRIFFITH, DE SMTH, PHILLIPS, WADE, e altri. Indipendentemente da questo profilo teoretico, si riconosce l'esistenza di un diritto amministrativo ormai, ufficialmente: CENTRAL OFFICE oF INFORMATION FOR. BRITISH INFORMATION SERVICES, The English legal system, M. M. Stationery Office, London 1968. p. 8. Infine l'istituzione di Tribunali amministrativi -per quanto con particolari connotati -ha saldato il sistema (The English Legal system, cit., p. 19-20). In effetti, qualcosa differenzia, ancora, questo sistema di giustizia che ha saputo adattare istituti di diritto comune (oltre le azioni ordinarie, certi :rimedi speciali'; writ -dal lat. breve -di � certiorari � o annullamento e di � prohibition �; injunctiori; declaration; rispetto a pronuncie di giudici inferiori) alle fattispecie afferenti l'azione delle pubbliche autorit� (dall'antico writ di � habeas corpus ., ai writs -sostitutivi delle injunctions -detti � prerogative writs � o � prerogative remedies � secondo un Act del 1938, ora � declaratory orders � secondo il Proceding Act del 1947, nelle figure di ordini di fare o � mandamus ., non fare o � prohibition ., e di � certiorari �) raggiungendo risultati che altrove, hanno richiesto peculiari strumenti di giustizia amministrativa. Tale caratteristica -lungi dal piattificare la normativa riguardante posizione ed azione degli organi dei pubblici poteri, per via dell'applicazione del diritto comune (per quanto, ora, inquinato dalle legislazioni spedali), come crede di sottolineare Giannini nella sua brillante prefazione a questa edizione italiana del Wade, quasi auspicando l'ora in cui la specialit� del diritto delle autorit� amministrative venga a cadere, restando diritto ordinario applicato da �Corti ordinarie, costitutsce il punto di partenza per cui Wade definisce l'azione amministrativa come problema di potere (p. 9) e il diritto amministrativo come branca dell'o.g -nel quadro del diritto costituzionale (pp. 10-11) -afferente, per l'appunto, un aspetto del problema del potere, incrementata oggidi .dall'ampliamento dei compiti dello Stato, con corrispondenti nuovi poteri. Sicch� pu� concludere che il diritto amministrativo, pur restando diritto ordinario applicato da Corti ordinarie (p. 147), ha per oggetto l'attivit� dell'Autorit� amministrativa, come funzione di Governo, e il controllo dell'esercizio dei loro poteri. �con che si arriva a dover concludere che l'esecutivo non subisce, per effetto del � rule of law � uno sdoppiamento tra potere governativo e pubblica amministrazione. PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA , 79 Le autorit� amministrative restano permeate del loro crisma di costituzionalit� ancorch� la loro azione possa venir giudicata dalle Corti. Non per questo si esclude un'autonomia normativa in ordine all'esercizio della funzione. Quando il Giannini afferma che il diritto inglese ha, cosi, bioccato il diaframma: Governo (potere pubblico)-cittadino (p. XI) (onde, l'esempio potrebbe segnare il tempo della distruzione del diritto amministrativo � continentale �), posto che esso concerne la funzione di governo delle Autorit� Amministrative, onde pu� dirsi soltanto diritto costituzionale, in contrapposto a diritto privato (p. VIII ss.); che la sua vera essenza � soltanto il diritto giurisprudenziale (con esclusione di giudici speciali, tali non essendo -structu sensu -i c.d. Tribunali Amministrativi); porta, da un lato, ar,gomenti a favore della concezione pubblicistica dei rapporti fra organi dell'esecutivo e cittadini, oggetto di una tormentata tematica (al limite: in materia di qualificazione della posizione dello Stato in giudizio); dall'altro non porta argomenti atti ad escludere un'autonomia normativa del diritto amministrativa, della quale sono testimonianza 1 edisposizioni in tema di pubblico impiego, pubblici servizi, igiene, sanit�, strade, lavori pubblici, assicurazioni ,sociali, pubblica istruzione, ecc.). Che sia poi il nucleo di esso, rappresentato dal diritto giurisprudenziale (sistema impostato sull'assenza di giudici speciali); che sia questo la fonte, e che esso abbia elaborato delle figure di (controllo) sindacato sugli atti delle autorit� amministrative (come atti di diritto comune) (rule of law), e per di pi� costruito privilegi (sia pure pratici e non formalistici, come quelli del nec ultra vires, del procedimento amministrativo, ,ecc.), o siano, invece intervenute, e in itinere, fonti normative scritte, come quelle sulle Commissioni amministrative (sorta di organi decisori) e sui procedimenti contro la Corona; appare certo che si � venuta creando una branca . di giustizia che basterebbe a legittimare un'autonomia anche scientifica di tale complessa struttura istituzionale. , 2. -L'opera del Wade giunge fra noi -in ottima traduzione -in un momento in cui fiiorisce l'interesse per il sistema britannico di protezione dei diritti fondamentali dell'uomo nei confronti della P.A. (Al riguardo va ricordato il recente contributo del VARANO �Problemi attuali della tutela del cittadino nei confronti della Pubblica Amm.ne in Inghilterra > in R.t.d.p. 1969, p. 913 ss.), e in genere l'niteresse per la ricerca, attraverso istituti similari, di principi comuni. La singolare figura dell'Ombudsman o Parliamentary Commissioner o Commissario parlamentare o difensore civico (v. MoRTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Giuffr�, Milano, 1969, p. 674; CANNATA, � L'ombudsman� in Italia. In margine alle proposte di legge per l'istituzione del difensore civico -in Riv. A'llim. 1969, nn. 2, 3, 4, 5) segna, gi�, un punto di incontro. � �i.ppunto a questa istituzione che il Wade dedica le prime parole della sua prefazione: � L'epoca dei Franks Committee � ormai passata alla storia ed � giunta quella dell'� l'Ombudsman �. 3. -L'opera in rassegna spicca per la sua organicit�. Essa pone anz~tutto la disamina dell'azione amministrativa come problema di � potere �; e del diritto amministrativo come scienza che studia un aspetto del problema del potere ossia l'attivit� delle Autorit� Amministrative come funzione di Governo e i sistemi di controllo dei loro poteri sicch� assurge a parte del diritto costituzionale. Muove infatti dai principi costituzionali del � rule of law � e della sovranit� parlamentare (1) per discendere alla classificazione delle autorit� 80 ,RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO amministrative (II); del controllo giurisdizionale (III); dei mezzi di tutela (Remedies} (IV); dei principi di giustizia naturale (V); degli Statutory Inquiries (VI); dei �Tribunali Speciali (VII); dei giudizi contro la Corona (VIII); e delle leggi delegate (IX). Le parti pi� interessanti per uno studio comparatistica sono, indubbia IQ,ente, quelle dedicate al controllo giurisdizionale e ai mezzi di tutela, nel cui sistema di giustizia secondo la Common Law si inquadrano talune figure particolari, utilizzate,, attraverso l'elaborazione' giurisprudenziale, .come ri medi speciali contro l'attivit� dei pubblici poteri. Cosi accanto alle ordinarie azioni di responsabilit� extra contrattuale e contrattuale, ed'accanto all'azione generale riservata all'Attorney Genera! quando presta il nome alle liti di pubblico interesse, ai singoli cittadini (Re lator action) si pongono i rimedi dell'� Habeas corpus � e delle procedure di � Certiorari � (per gli atti ultra vires), � prohibition � (un interdetto per paralizzare atti giudiziari e amministrativi) e � mandamus � (per attivare l'amministrazione od obblighi di fare o all'esercizio di pubblici doveri). Correlativo a questo sistema � il procedimento (descritto nel capo VIII) relativo ai giudizi contro il potere esecutivo, disciplinato, come si � detto dal Proceeding Act del 1947. In questo complesso sistema emergono i caratteri differenziali con il nostro ordinamento giuridico per l'assenza di distinzione fra diritto sog gettivo ed interesse legittimo (a meno che non si voglia isolare il presup posto della Relator action); l'assenza di qualsiasi limitazione, per il giu dice, di esaminare la legittimit� del provvedimento impugnato che costitui sce oggetto del giudizio principaliter e non incidenter tantum. In questo sistema, ovviamente, l'istituzione dei tribunali Amministrativi si colloca in un'area assolutamente diversa da quella delle giurisdizioni spe ciali di tipo continentale, soggette al controllo unificatore della Corte di Cassazione, con i ben noti limiti. I loro giudizi sono bensi, di carattere giu risdizionale, ma questi trbunali sono inseriti nell'apparato amministrativo e 'soggetti, al pari di questo, al controllo delle Corti. Nell'opera, di cosi vasto respiro, non trova trattazione il sistema di rap presentanza (legittimazione processuale) e quello di difesa (funzione postu latoria) dei pubblici poteri in giudizio, salvo un breve cenno in ordine alla �rappresentanza della Corona in persona dell'Attorney General. In un prossimo numero della Rassegna sar� pubblicato un contributo sulla rappresentanza e difesa dello Stato inglese in giudizio, redatto di con certo con l'Ufficio del Treasuryy Solicitor. DARIO FOLIGNO GIOVANNI GIACOBBE, La f.rode �lla legge, Giuffr�, Milano 1968. Il lavoro, che si segnala alla attenzione dei lettori, � caratterizzato da una impostazione in termini di teoria generale, che, estendendo l'indagine ben oltre i consueti limiti privatistici, conferisce alla ricerca un respiro inconsueto. , Il problema della frode �, infatti, studiato in relazione ad una molte plicit� di ipotesi che comprendono, oltre ovviamente alla fattispecie nego ziale dell'art. 1344 e.e. -anche il caso della legge in frode alla legge, della frode nell'attivit� amministrativa, della frode nel processo civile, e, infine, della frode nei rapporti di diritto internazionale privato. PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 81 In una simile prospettiva l'ipotesi negoziale, come � intuitivo, costituisce tuttavia pur sempre il punto di riferimento pi� notevole -non fosse altro per l'esistenza di una esplicita normazione di cui l'autore si avvale per la ricostruzione della categoria di teoria generale. In particolare, la determinazione della fraus legi come caso di illiceit� .della causa del negozio vale ad impostare in termini funzionali tutti gli ulteriori esiti del discorso. Cosi nel caso della legge -anche se viene correttamente esclusa la configurabilit� di una nozione di causa in senso privatistico -l'ipotizzabilit� della frode si risolve nel ricorso ad uno strumento legislativo adottato per conseguire indirettamente un fine vietato dalla costituzione (fraus costitutioni); e cos� pure ��per l'attivit� amministrativa, la frode alla legge, in quanto � esprime paradgmaticamente la diversione dello strumento rispetto al fine tipico, attuata per persegui.re un fine diverso, vietato �, incide sull'atto sotto il profilo dell'eccesso di potere. N� sembra diversa la prospettiva per le ipotesi di frode processuale o di diritto internazionale che sono caratterizzate rispettivamente: a) dal fatto che mediante il processo le parti rendono disponibile una situazione sostanziale indisponibile; b) dall'uso di una serie procedimentale di atti, il cui risultato ultimo � la realzzazone d uno scopo vietato dall'ordinamento nazionale (delibazione di divorzi di cittadini italiani temporaneamente naturalizzati all'estero). Peraltro, se sul piano strutturale sotto. il profilo fin. qui accennato � possibile affermare l'ipotizzabilit� di una teoria unitaria della frode alla legge, diversamente dovr� dirsi per quanto concerne il piano effettuale. Mentre, infatti, in diritto privato e in diritto amministrativo l'illeicit� della causa e il vizio di eccesso di potere determinano rispettivamente l'invalidit� del contratto e dell'atto amministrativo, nessun effetto giuridico dello� stesso tipo � concepibile nel caso di legge fraudolenta (in cui rilever� semmai, a diverso titolo, un problema di legittimit� costituzionale) e, men che mai, nel caso di frode processuale (in cui � concepibile _tutt'al pi� una possibilit� di azione del pubblico ministero a' sensi dell'art. 397, n. 2 c.p.c.) ovvero nel caso del diritto internazionale (nel quale la frode della serie procedimentale non ha alcuna conseguenza giuridicamente apprezzabile). � allora evidente che, sulla base di un criterio metodologico quale � quella cui l'autore espressamente dichiara di aderire -e cio� quello che individua l'oggetto e gli strumenti della ricerca nell'ambito non di una astratta logica formale bens� di una logicizzazione aderente al concreto contenuto del sistema normativo -la conclusione dovr� necessariamente essere che allo stato attuale della legislazione non possa configurarsi una teoria unitaria della frode alla legge, quale fattispecie tipicamente e normativamente prevista. Si tratta, in definitiva, di un lavoro. che al rigore scientifico della trattazione, sempre sorretta da un ampio apparato bibliografico, unisce una impeccabile concretezza metodologica e una felice scelta delle soluzioni di merito. Per questa strada l'autore ha realizzato un importante contributo in una materia che per il passato non aveva avuto tutto l'approfondimento desiderabile, particolarmente nell'ampia prospettiva di teoria generale di cui si � gi� accennato agli inizi. TOMMASO ALIBRANDI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI * D. I. 1� maggio 1970, n. 192 -Sostituisce gli artt. 272 e 275 del codice di procedura penale, determinando la durata della custodia preventiva nella fase del giudizio e nei suoi vari gradi (G. U. 4 maggio 1970, .n. 110). legge 16 maggio 1970, n. 281 -Attribuisce alle Regioni a statuto ordinario propri tributi, contemplando vari provvedimenti finanziari e delegando il Governo alla emanazione di decreti per il passaggio delle funzioni e del personale statali alle Regioni (G. U. 22 maggio 1970, n. 127). d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283 -Concede l'amnistia e l'indulto, anche per reati in materia tributaria in genere (art. 2) ed in materia di dogane, di imposta di fabbricazione � di monopolio (art. 3) (G. U. 22 maggio 1970, n. 127). I legge 25 maggio 1970, n. 352 -Disciplina i referendum previsti dagli artt. 138, 75, e 132 della Costituzione e l'iniziativa del popolo nella formazione delle leggi (G. U. 15 giugno 1970, n. 147). I I NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE** I NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI I Codice penale, art. 164 (Limiti entro i quali � ammessa la. sospen I sione condizionale della pena), secondo comma, n. 1 e art. 168 (Revoca della sospensione), nella parte in cui dispongono che il giudice non possa esercitare il potere di concedere o negare, per la pena da comminare, il beneficio della sospensione condizionale o debba revocare di diritto la sospensione gi� concessa quando il secondo reato si lega con il vincolo della continuit� a quello punito con pena sospesa; art. 168 (Revoca della sospensione), nella parte in cui, per l'ipotesi di successiva irrogazione di pena pecuniaria, non conferisce al giudice il potere C') Si segnalano quelli ritenuti di maggior interesse. (**) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 83 di subordinare la revoca della sospensione della pena detentiva al mancato pagamento della pena pecuniaria. Sentenza 10 giugno 1970, n. 86, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. Ordinanze di rimessione 8 novembre 1968 del pretore di Caltagirone (G. U. 29 gennaio 1969, n. 25), 2 dicembre 1968 del tribunale di Livorno (G. U. 29 gennaio 1968, n. 25), e 16 giugno 1969 del pretore di Torino (G. U. 5 novembre 1969, n. 280). codice di procedura penale, art. 253 (Casi nei quali ii mandato di cattura � obbligatorio), nella parte in cui esclude l'obbligo della motivazione in ordine alla sussistenza di sufficienti indizi di colpevolezza; art. 272 (Provvedimenti sulla scarcerazione. Impugnazioni), .prim�o comma, limitatamente alle parole � quando si procede con istruzione formale � e �non sia stata depositata in cancelleria la sentenza di rinvio a giudizio �, e terzo comma, limitatamente alle parole � e non � stato emesso il decreto di citazione a giudizio �; art. 273 (Mandato di cattura dopo il rinvio a giudizio), secondo comma, nella parte in cui prescrive l'emissione del mandato di cattura anche nell'ipotesi in cui l'imputato sia stato scarcerato a seguito della decorrenza dei limiti fissati nell'art. 272; art. 375 (Condiziol/1,i per il rinvio a giudizio o per il proscioglimento), second�o comma, nella parte in �cui impone o consente l'emissione del provvedimento di cattura dell'imputato anche quando questi sia stato scarcerato a seguito della decorrenza dei limiti fissati nell'art. 272 (1). Sentenza 4 maggio 1970, n. 64, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanze di rimessione 31 maggio 1968 del tribunale di Torino (G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 12 dicembre 1968 del tribunale di Roma (G. U. 11 giugno 1969, n. 145), e 7 febbraio 1969 del giudice istruttore del Trtbunale di Ascoli Piceno (G. U. 23 aprile 1969, n. 105). codice di procedura penale, art. 630 (Pro�cedimento per gli incidenti di esecuzione), primo comma, nella rparte in cui non prevede che all'interessato nel procedimento per incidenti �di esecuzione, anche se non ammesso a gratuito patrocinio, sia nominato d'ufficio un difensore, ove egli non provveda a nominarne uno di fiducia (2); e nella parte in cui non prevede che l'avviso del giorno della deUberazione sull'incidente vada notificato anche al difensore dell'imputato (3). Sentenza 18 maggio 1970, n. 69, G. U. 20 maggio 1970; n. 125. (1) La illegittimit� costituzionale, nei limiti sopra indicati, dagli artt. 272, terzo comma e 273 � stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. L'art. 272, secondo comma, del codice di procedura penale � stato gi� dichiarato incostituzionale, con sentenza 2 aprile 1964, n. 32, in quanto consente al procuratore generale che ha assunto o avocato a s� l'istruzione sommaria della causa di rimettere gli atti del processo alla sezione istruttoria. (2) Questione dichiarata invece non fondata con sentenza 27 marzo 1962, n. 29. (3), Nella seconda parte la illegittimit� costituzionale della disposizione � stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. :: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ordinanza di rimessione 16 ottobre 1968 della corte di assise di Milano, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. r. d. 11 marzo 1923, n. 560 (Abolizione, a decorrere dal 1� giugno 1923, del monopo�lio dei fiammiferi ed ?istituzione d.i una imposta di produzione), art. �3, ultimo comma, e artt. 1, ultimo comma, 2, 9, secondo comma, e 1 O della convenzione annessa, nella parte in cui impediscono ad altri imprenditori la partecipazione al Consorzio quando essa non sia in contrasto con fini di utilit� sociale. Sentenza 3 giugno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Ordinanza di rimessione 29 aprile 1969 della sesta sezione del Consiglio di Stato, G. U.� 24 settembre 1969, n.. 243. r. d. I. 26 febbraio 1930, n. 105 (Aumento dei diritti erariali sugli apparecchi automatici di accensione), convertito con legge 1� maggio 1930, n. 611, artt. 2, 3, 4, 6, 7 e 9, e artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 'l, 8, 9, 10 e 11 della convenzione annessa (4). Sentenza 3 giugno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Ordinanze �di rimessione 14 novembre 1968 del tribunale di Milano (G. U. 26 marzo 1969, n. 78) e 29 aprile 1969 della sesta sezione del Consiglio di Stato, .G. U. 24 settembre 1969, n. 243: r. d. lfl giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 18, terzo comma, nella parte in cui non limita la ;previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza della omissione di preavviso previsto dal primo comma (5). Sentenza 10 giugno 1970, n. 90, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. Ordinanze di rimessione 10 giugno 1968 del pretore di Brindisi (G. U. 28 settembre 1968, n. 248) e 8 �ottobre 1969 del pretore di Verona (G. U. 10 dicembre 1969, n. 311). r. d. I. 18 gennaio 1932, n. 14 (Rinnovazione delle convenzioni tra lo Stato ed il Consorzio deLle fabbriche di fiammiferi), convertito con legge 7 aprile 1932, n. 356, artic�olo unico (6). Sentenza 3 giugno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. (4) La illegittimit� degli artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 11 della convenzione annessa ai' r. d. 1. 26 febbraio 1930, n. 105 � stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. (5) L'art. 18 del r. d. 18 giugno 1931, n. 773 � stato dichiarato incostittizionale, e.on sentenza 8 aprile 1958, n. 27, nella parte relativa ane riunioni non tenute in luogo pubblico. Altra questione � stata invece di.chiarata non fondata, in riferimento all'art. 27 della Costituzione, con sentenza 3 luglio 1956, n. 9. Sull'implicita declaratoria di illegittimit� costituzionale contenuta, per il richiamo alla sentenza 3 luglio 1956, n. 9, ;nell'ordinanza 7 giugno 1957, n. 91, cfr. Ret. Avv. Stato, 19561960, I, 178 ss. (6) Illegittimit� costituzionale dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 85 (Ordinanze di rimessione 14 nove:r;n:bre 1968 del tribunale di Milano, G. U. 26 marzo 1969, n. 78, e 29 aprile 1969 della sesta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 24 settembre 1969, n. 243). r.d. I. 19 agosto 1943, n. 737 (Nuovi provvedimenti in materia. di imposta di registro), art. 4 (7). Sentenza 28 aprile 1970, n. 59, G. U. 6. maggio 1970, n. 113. Ordinanze di rimessione 4 giugno 1968 del tribunale di Caltanissetta (G. U. 28 settembre 1968, n. 248) e 25 marzo 1969 del tribunale di Bologna (G. U. 6 agosto 1969, n. 200). d. lg. lgt. 12 ottobre 1944, n. 317 (Proroga delle convenzioni stipulate fra lo Stato e il Conso1Tzio industrie fiammiferi), art. 4 (8). Sentenza. 3 gfogno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. (Ordinanze di rimessione 14 novembre 1968 del tribunale di Milano, G. U. 26 marzo 1969, n. 78, e 29 aprile 1969 della sesta sezipne del Consiglio di Stato, G. U. 24 settembre 1969, n. 243). d. lg. 17 aprile 1948, n. 525 (Rinnovazione delia Convenzione fra lo Stato ed il � Consorzio Industrie Fiammiferi � ), art. 12 delle norme di esecuzione allegate al decreto. Sentenza 3 giugno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Ordinanza di rimessione 29 aprile 1969 della sesta sezione del Consiglfo di Stato, G. U. 24 settembre 1969, n. 243. d. I. 11 gennaio 1956, n. 2 (Diritto fisso dovuto allo Stato per la detenzione di .apparecchi di accensione), �convertito con legge 16 marzo 1956., n. 109, art. 8. Sentenza 3 giugno 1970, n. 78, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Ordinanze di rimessione 14 novembre 1968 del tribunale di Milano (G. U. 26 marzo 1969, n. 78) e 29 aprile 1969 della sesta sezione del Consiglio di Stato (G. U. 24 settembre 1969, n. 243). legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzioine nei coinfronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), art. 4, secondo comma, nella parte in cui �non prevede l'assistenza obbligatoria del difensore. Sentenza 25 maggio 1H70, n. 76, G. U, 3 giugno 1970, n. 136. Ordinanze di rimessione 13 novembre 1968 e 10 luglio 1969 (due) del tribunale di Torino (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52, 5 novembre 1969, n. 280 e 11 febbraio 1970, n. 37) e 19 dicembre 1968 del pretore ,di Torino (G. U. 12 marzo 1969, n. 66). (7) Questione dichiarata inammissibile, in ministrativa delle commissioni tributarie che 10 febbraio 1969, n. 10. (8) Illegittimit� costituzionale dichiarata 11 �marzo 1953, n. 87. ragione dell'affermata natura aml'avevano proposta, con sentenza ai , sensi dell'art. 27 della legge '\ Bf'{R:f{flfillffif;tf�lifilir&@�&fffimr�s�ifu'fclLllffl.Mitfffifilf&Silitfli_.fffftrtfi�.m ,,.. ,,,... :mf 'f,x_,):=t.:W@..f..f:'=#~.-W.J.WW4f,<i'..r �.� . ~ffWt!==\/'.t.iit==i:==~Zf./--'-;WV!t:-=,. ��� �'/. .��, . ':���:::::h '"'l@x,,.fi, ...,,���.�.;(�.;7.n�W/. �x�J-x,}ffi.J'..W=-:.P:.X' X ,..,VW.X:@'.t-:::::::::=. �."filil[::::Wfa�� �X� Wfill!. Wfill!. *-'''///. ili[ill'"" al',x,;;.u.,.,.,. w.<=�� NN ,,::::: ,..:::::: fifil;--.$XW-@t-*'xx.~/X-~ J�"/wpW,;.;;> cf;:i� . . ,~;:);.�W~/<-W/ .-:-� =�� x�X ��� X �-�w�, X X/,� X Xwm ....-@ ~;;:::.:::� :.:-r@h-,:,.: :.-v. ~ ~ =--~..w,.1m=-m wa .. ~z:�.;-::;h � � ~ ~ �' 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 9. I �1~ , d. P. R. 9 maggio 1961, n. 715 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendmti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Genova, Imperia, La Spezia e Savona), articolo unico, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 12 del contratto collettivo di lavoro 1� settembre 1959 per gli operai edili ed affini della provincia di Genova (9). Sentenza 18 maggio 1970, n. 71, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. Ordinanza di rimessione 23 dicembre 1968 del pretore di Genova, ' G. U. 26 marzo 1969, n. 78. I legge reg. sarda appr. 5 dicembre 1968 e rlappr. 6 novembre 1969 (Autorizzazione al trasporto all'ese1�cizio successivo degli ordini di accreditamento emessi dall'Amministrazione regionale per spese in conto capitale), nella parte in cui, mediante rinvio alla legge statale 12 dicembre 1966, n. 1078, pone a carico degli enti o aziende locali gli as I segni e relativi obblighi di trattenuta di cui all'art. 3, primo' comma, wl) n. 2, e commi secondo, terzo e quarto, della legge s1;essa. r, .x. Sentenza 25 maggio 1970, n. 77, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 1� dicembre 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311. NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I~}~: Codice civile, art� .1751 (Indennitd per lo scioglimento del contratto), M primo comma (artt. 3, .4 e 36 della Costituzione). ;I Sentenza 25 maggio 1970, n. 75, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. Ordinanze di rimessione 3 luglio 1968 e 19 novembre 1968 della I I ~~ terza sezione della Corte di cassazione (G. U. 28 settembre 1968, numero 248 e 26 marzo 1969, n. 78), 7 febbraio 1969 della corte di appello di Milano (G. U. 23 �aprile 1969, n. 105), 9 e 11 aprile 1969 del tribunale di Bologna (G. U. 16 luglio 1969, n. 179 e 23 luglio 1969, n. 186), , . " . e 24 giugno 1969 del tribunale di Padova (G. U. 5 novembre 1969, nu. IM mero 280). codice di procedura civile, disp. att. (r. d. 18 dicembre 1941, n. 1368), ~ [fil art. 159, terzo comma (artt. 87, quinto comma, e 70-82 della Costituzione). I 1:1 Sentenza 3 giugno 1970, n. 79, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Ordinanza di rimessione 15 novembre 1968 del pretore di Recanati, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. ~1:1: (9) Sotto un differente, duplice profilo il d. P. R. 9 maggio 1961, n. 715 � ' stato gi� dichiarato incostituzionale con sentenza 4 aprile 1967, n ..41. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 87 codice penale, art. 414 (Istigazione a delinquere), ultimo comma, �nei sensi di cui in motivazione � (art. 21, primo comma, della Costituzione). Sentenza 4 maggio 1970, n. 65, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanza di rimessione 23 novembre 1968 del giudice istruttore del tribunale di Rovigo, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. codice di procedura penale, art. 242 (Facolt� di arresto da parte dei privati) (art. 13, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1970, n. 89, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. Ordinanza di rimessione 3 febbraio 1969 del pretore di Monopoli, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. codice di procedura penale, art. 277 (Casi nei quali la libert� provvisoria � ammessa o vietata), secondo c~mma (artt. 13, 27 e 111 della Costituzione). Sentenza 4 maggio 1970, n. 64, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanza di rimessione 7 febbraio 1969 del giudice istruttore del tribunale di Ascoli Piceno, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. legge 20 marzo 1913, n. 272 (Sull'ordinamento delle Borse di comme1 �cio, della mediazione e tassa sui contratti di Borsa), art. 51 (art. 24, primo comma, della Costituzione). Sentenza'"'28 aprile 1970, n. 61, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanze di rimessione 3 giugno 1968 del tribunale di Milano (G: U. 12 ottobre 1968, n. 261) e 8 maggio 1969 del pretore di Milano (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). r. d. 30 dicembre 1923, n. 3278 (Legge deUe tasse sui contratti di borsa), art. 19 (art. 24, primo comma, della Costituzione). Sentenza 28 aprile 1970, n; 61, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanze di rimessione 3 giugno 1968 del tribunale di Milano (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261) e 8 maggio 1969 del pretore di Milano (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). legge 16 giugno 1�921, n. 1766 (Riordinamento degli usi civici), artt. 27, primo comma, e 29, secondo comma in relazione al primo (artt. 25 e 108, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1970, n. 73, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. Ordinanze di rimessione 27 marzo 1969 (tre) e 9 luglio 1969 della sezione speciale per gli usi civici della corte di appello di Roma, G. U. 16 luglio 1969, n. 179 e 5 novembre 1969, n. 280. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (O'l'dinamento giudiziario), artt. 4, 31, 34, primo c:omma, e 39, primo comma (artt. 25, primo comma, 101 e 107, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 3 giugno 1970, n. 80, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ordinanze di rimessione 14 novembre 1~68 del pretore di Bologna (G. U. 12 marzo 1969, n. 66) e 26 giugno 1969 del pretore di Torino (G. U. 5 novembre 1969, n. 280). r. d. 18 dicembre 1941, n. 1368 (Disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile), art. 159, terzo comma (artt. 87, quinto comma, e 70-82 della Costituzione). ' ' Sentenza 3 giugno 1970, n.. 79, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Ordinanza di rimessione 15 novembre 1968 del pretore di Recanati, G. U. 29 gennaio 1969, n. �2'5. , d. lg. lgt. 9 aprile 1946, n. 212 (Modificazioni delle vigenti disposizioni sulla assicurazione di malattia pe1� i .lavoratori in agricoltura), art. 4 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1970, n. 87, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. Ordinanza di rimessione 12 novembre 1968 del tribunale di Terni, G. V>; 12 :febbraio 1969, n. 38. d. lg. C. P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599 (Istituzione della Scuola popolare contro l'analfabetismo), ratificato e modificato dall'articolo unico della legge 16 aprile 1953, n. 326, art. 4 (artt. 3, 4 e 33 della CostitUzione). Sentenza 28 aprile 1970, n. 62, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanza di rimessione 22 gennaio 1969 del pretore di Nicosia, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produzione, del commercio e dell'impiego degli stupefacenti), art. 25 (artt. 13 e 27 della Costituzione) (10). Sentenza 4 maggio 1970, n. 64, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanza di rimessione 12 dicembre 1968 del tribunale di Roma, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 1� dicembre 1956, n. 1426 (Compensi spettanti ai perriti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell'autoll'it� giudiziaria), artt. 2, 3 e 4 (art. 36, ,Primo comma, della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1970, n. 88, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. Ordinanza di rimessione 30 giugno 1968 del giudice istruttore del tribunale di Ferrara, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti delle persone pericolose pe1� la sicurezza e per la pubblica moiralit�), (10) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata dichiarata non fondata con sentenza 19 maggio 1964, n. 36. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 89 artt. 1 e 2 (artt. 3, 13, secondo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) (11). 1Sentenza 25 maggio 1970, n. 76, .G. U. 3 giugno 1970, n. 136. Ordinanza di rimessione 10 luglio 1969 del pretore di Legnano (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione delle leggi 10 agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 1959, n. 555 recanti provvedimenti per il Mezzogiorno), art. 2, ultimo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 28 aprile 1970, n. 63, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Diciannove ordinanze �di rimessione del tribunale di Bari, G. U. 26 ottobre 1968, n. 275, 30 novembre 1968, n. 305, 26 febbraio 1969, n. 52, 26 marzo 1969, n. 78, 18 giugno 1969, n. 152, 2 luglio 1969, n. 165 e 5 novembre 1969, n. 280. d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342 (Norme invegrative della legge 6 dicembre 1962, n. 164'3 e norme relative al coo'!'dinamento e all'esercizio delle attivit� elettriche esercitate� da enti ed impre�se diversi dall'Ente Nazionale per l'Energia Elettrioa), art. 3 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 4 maggio 1970, n. 66, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanza di rimessione 2 aprile 1968 della quarta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 26 ottobre 1968, n. 275. legge 26 maggio 1965, n. 595 (Caratteristiche tecniche e requisiti dei leganti idraulici), artt. 4 e 5 (art. 24 della Costituzione). Sentenza 4 maggio 1970, n. 68, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanza di rimessione 18 giugno 1968 del tribunale di Pistoia, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 2122 (Indennitd �in caso di morte), terzo comma, in quanto impedisce al prestatore di lavoro di disporre per testamento delle indennit� di preavviso e di anzianit� (art. 3 della Costituzione), (11) Per altre declaratorie di infondatezza cfr. sentenze della Corte costituzionale 5 maggio 1959, n. 27, 30 giugno 1960, n. 45, 28 settembre 1962, n. 126, 23 marzo 1964, n. 23, 30 giugno 1964, n. 68, 21 giugno 1966, n. 75 e 17 marzo 1969, n. 32. � 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consentendo, quando erede sia lo Stato, una espropriazione senza indennizzo (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 14 novembre 1969, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. codice di procedura civile, art. 663 (Mancata comparizione o mancata op.posizione deU'intimato), in quanto equipara la mancata comparizione alla mancata opposizione, subordinando la convalida dello sfratto in caso di mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato, alla mera dichiarazione del locatore che la morosit� persiste, ed escludendo in concreto, per il �caso di mancata comparizione, la necessit� di motivare il provvedimento di convalida (artt. 3, 24 e 111 della Costituzione); art. 668 (Op.posizione dopo la convalida), in quanto non consente i normali mezzi di impugnazione avverso il provvedimento di convalida e legittima l'esclusione del ricorso per� cassazione (art. 111, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Rho, ordinanza 23 febbraio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. codice penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero .preordinata), .primo comma, in quanto esclude ogni indagine sulla capacit� di intendere e di volere del soggetto che abbia commesso il fatto in stato di ubriachezza (artt. 3 e 27 della Costituzione) (12). Pretore di .Seneghe, ordinanza 25 febbraio 1970, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Tribunale di Bassano del Grappa, ordinanza 26 febbraio 1970, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. codice penale, art. 164 (Limiti entro i quali � ammessa La sospensione condizionale della pena), prim�o comma, n. 2, in quanto impone la revoca della sospensione �Condizionale di rpena detentiva anche quando la rpena successivamente comminata sia solo pecuniaria, subordinando il godimento del beneficio a mere accidentalit�, quale l� priorit� del processo definito con condanna a pena detentiva rispetto a quello definito con condanna e pena pecuniaria (art. 3, primo comma, della Costituzione) (13). Pretore di Manduria, ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. (12) Questione dichiarata non fondata con sentenza 4 marzo 1970, n. 33. (13) L'art. 164, primo comma, n. 1, del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 10 giugno 1970, n. 86, nella parte in cui dispone che il giudice non possa esercitare il rpotere di concedere .o negare, per la pena da comminare, il beneficio della sospensione condizionale. i= < �IAllVA!F'AtF~~~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 91 codice penale, art. 344 (Oltraggio a un pubblico impiegato), in quanto. riconosce al prestatore d'opera con pubblico impieigo una dignit� sociale e una posizione diversa da quella riconosciuta agli altri cittadini (art. 3 della Costituzione) (14). Pretore di Bologna, ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. codice penale, art. 371 (Falso giuramento della parte), in quanto dichiara non punibile in seguito a: ritrattazione l'imputato che abbia prestato giuramento suppletorio e non anche quello che abbia prestato giuramento decisorio (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 26 novembre 1969, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. codice penale, art. 522 (Ratto a fine di matrimonio), prima parte, in quanto prevede per l'autore di un ratto, a fine di matrimonio, di una donna non coniugata un trattamento diverso e pi� favorevole di quello cui� sarebbe sottoposto l'agente, a norma dell'art. 605 del codice penale, nel caso in cui l'azione delittuosa avesse ad pggetto un uomo (art. 3 della Costituzione). Pretore di Otta'!iano, ordinanza 18 febbraio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. codice penale, art. 635 (Danneggiamento), secondo comma, n. 2, in quanto assume come fondamento dell'a1ggravante speciale, con ingiustificata discriminazione a danno dei lavoratori, il nesso di occasionalit� con l'esercizio del diritto di sciopero (artt. 3 e , 40 della Costituzio-, ne) (15). Pretore di Roma, ordinanza 14 marzo 1970, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. codice penale, art. 654 (Grida e manifestaziooi sediziose), e art. 655 (Radunata sediziosa), in quanto, dettati a finalit� incompatibili con la lettera e lo spunto della vigente Carta costituzionale (art. 21 della Costituzione), ,puniscono comportamenti anche non dannosi (art. 17 della Costituzione) e comunque non sufficientemente determinati (articolo 25, secondo comma della Costituzione) (16). Pretore di Recanati, ordinanza 8 aprile 1970, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. (14) Amaloga questione, proposta per l'art. 341 del codice penale, � stata dichiarata non fondata con sentenza 19 luglio 1968, n. 109. (15) Questione dichiarata non fondata con Sentenza 8 luglio 1957, n. 110 e gi� riproposta dal pretore di Brescia (ordinanza 2 ottobre 1969, G. U. 24 dicembre 1969, n. 324) e dal pretore di San M~niato (ordinanza 4 dicembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50). (16) Per l'art. 654 la questione � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, con sentenza 8 luglio 1957, n. 120. 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 656 (Pubbiicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico), in quanto punisce la diffusione di notizie tendenziose (art. 21 della Costituzione) (17). Pretore di Firenze, ordinanza 9 marzo 1970, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. � codice penale, art. 666 (Spettacoli e trattenimenti pubblici senza licenza), in �quanto prescrive la licenza del questore per le feste da ballo date in luogo aperto al pubblico (art. 17 della Costituzione) (18). Pretore di Varallo Sesia, ordinanza 12 agosto 1969, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Pretore di San Valentino in .A:bruzzo, ordinanza 2�4 febbraio 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. � Tribunale di Trento, ordinan~a 6 marzo 1970, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. codice penale, art. 723 (Esercizio abusivo di un giuoco non di azzardo), in quanto rimette all'autorit� amministrativa di determinare la fattispecie criminosa (art. 2'5, secondo comma, della Costituzione) e con valutazione variabile per ciascuna provincia (art. 3 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 27 novembre 1969, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. codice penale, art. 724 (Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti), in quanto tutela il sentimento religioso solo del cittadino cattolico (art. 3 della Costituzione) (19). Pretore di ,Frosinone, ordinanza 20 marzo 1970, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. codice di procedura penale, art. 46 (Effetti deUa connessione sulla competenza per' materia), secondo comma, in quanto rimette alla discrezionale ed insindacabile valutazione del giudice di separare i procedi (17) Questione dichiarata non fondata, ma secondo una interpretazione �della norma diversa da quella giurisdizionale, con sentenza 16 marzo 1962, n. 19 (artt. 21, 18 e 49 della Costituzione) e gi� riproposta dal pretore di Recanati (ordinanza 18 febbraio 1970, G. U. 8 aprile 1970, n. 89). (18) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 15 aprile 1970, n. 56, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriali, occorre la licenza del questore. (19) Questione dichiarata infondata, in riferimento agli artt. 7 e 8 della Costituzione, con sentenza 30 dicembre i958, n. 79. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 93 menti connessi e di far rivivere quindi per i singoli procedimenti l'originaria competenza (art. 25 della Costituzione) (20). Pretore di Salerno, ordinanza l9 gennaio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazione costitutiva di parte civile) e art. 94 (Formalit� della costituzione di parte civile), in quanto consentono alla persona offesa dal reato di introdurre l'azione civile nel processo penale direttamente al dibattimento e senza necessit� di precisare l'oggetto della domanda (artt. 3 e 24 della Costituzione) (21). Pretore di Sant'Agata di Militello, ordinanza 12 febbraio 1970, G. U. 10 giugno 1970, n. 143 (22). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 24 febbraio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. codice di procedura penale, art. 151 (Deposito in cancelleria dei provvedimenti del giudice e relativo avviso), in quanto limita la notificazione dell'avviso dell'avvenuto deposito nel caso previsto nella prima parte dell'articolo soitanto al� difensore che abbia proposto l'impugnazione e a quello che sia stato designato dall'imputato nella dichiarazione di impugnazione (art. 24 della Costituzione) (23). Pretore di Milano, ordinanza 16 ottobre 1969, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. codice di procedura penale, art. 169 (Prima notificazione all'imputato non detenuto), ultimo comma, in quanto fa decor�'ere i termini stabiliti dalla legge con riferimento alla notificazione dalla data di spedizione della raccomandata e non dalla ricezione da parte del destinatario (art. �24, secondo comma, della Costituzione). � Tribunale di Sondrio, ordinanza 23 marzo 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. (20) Questione gi� proposta dal pretore di Nocera Inferiore (ordinanza 12 maggio 1969, G. U. 5 novembre 1969, n. 280). Altra questione di legittimit� dell'art. 46 del codice penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzioi;ie, con sentenza 13 luglio 1963, n. 130. (21) Questione gi� proposta dal pretore di San Giovanni Valdarno (ordinanza 30 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78), dal tribunale di Areii;zo (ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78),,e dal pretore di Postiglione (ordinanza 9 luglio 1969, G. U. 5 novembre 1969, n. 280). (22) Dal pretore di Sant'Agata di Militello la questione � stata proposta solo per l'art. 93, secondo comma, ed in riferimento al solo art. 24, secondo comma della Costituzione. (23) Questione gi� proposta, sotto analoghi profili, dal tribunale di Marsala (ordinanza 15 aprile 1969, G. U. 24 settembre 1969, n. 243) e dal pretore di Alessandria (ordinanza :J.4 ottobre 1969, G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). 13 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 170 (No�tificazioni all'imputato irreperibile), in quanto consente di notificare la sentenza mediante deposito in cancelleria senza prima disporre nuove ricerche e, condizionatamente all'esito negativo, la emissione di nuovo decreto di irreperibilit� (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (24). Pretore di Livorno, ordinanza 9 marzo 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. codice di procedura penale, art. 223 (Ausitiari deUa polizia giudizia1 �ia), secondo comma,. in quanto non prevede per l'attivit� prestata dall'interprete a richiesta della polizia giudiziaria garanzie analoghe a quelle stabilite dagli artt. 326 e 329 del codice di procedura penale per l'assistenza prestata dall'interprete nella istruzione (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 21 marzo 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. codice di �procedura penale, art. 510 (Giudizio conseguente an'o'J)posizione), in quanto non consente all'imputato di essere giudicato in contumacia '(art. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (25). Pretore di Conegliano, ordinanza 9 febbraio 1970, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. codice di procedura penale, art. 515 (Cognizione del giudice di appello. Appello incidentale del pubblico ministero), ultimo comma, in quanto consente al pubblico ministero di impugnare la sentenza in via incidentale, senza che analoiga facolt� sia prevista per le a�tre parti del processo (art. 3 della Costituzione) (26). Tribunale di Lecce, ordinanze 25 febbraio 1970 e 11 marzo 1970 (G. U. 3 giugno 1970, n. 136 e 10 giugno 1970, n. 143). (24) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, � nei sensi indicati in motivazione �� con sentenza 18 giugno 1963, n. 90. La questione � stata gi� riproposta, sotto differenti profili, dal pretore di Iseo (ordinanza 15 ottobre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145), dal pretore di Sannicandro Garganico (ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). e dal giudice istruttore del tribunale\ di Milano (ordinanz;i 5 febbraio 1970, G. U. 1� aprile 1970, n. 82). (25) Questione gi� proposta dal pretore di Torino (ordinanza 1,3 giugno 1969, G. U. 24 dicembre 1969, n. 324) dal pretore di Roma (ordinanza 17 ottobre 1969, G. U. 11 marzo 1970, n. 64), e dal pretore di Poggibonsi (ordinanza 2 febbraio 1970, G. U. 1� aprile 1970, n. 82). Analoghe questioni sono state dichiarate non fondate con sentenze 8 marzo 1957, n. 46, 23 dicembre 1963, n. 170 e 26 marzo 1969, n. 48. Differente questione, proposta per il secondo comma, ultima parte, della disposizione, � stata dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1969, n. 119. (26) Questione gi� proposta, in riferimento anche all'art. 24 della Costituzione, dalla corte di appello di Genova (ordinanza 28 gennaio 1970, G. U. 1� aprile 1970, n. 82). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 95 codice di procedura penale, art. 546 (Impugnabilit� deUa sentenza del giudice di rinvio), primo comma, in quanto vincola il giudice di rinvio al giudizio espresso dalla Corte di cassazione nella risoluzione delle questioni di diritto (art. 101, secondo comma, della Costituzione) e determina una distinzione tra magistrati non fondata sola sulla diversit� delle funzioni (art. 107, terzo comma, della Costituzione) (27). Pretore di Ozieri, ordinanza 15 marzo 1970, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. codice di procedura penale, art. 630 (Procedimento per gli incidenti di esecuzione), primo comma, in quanto prevede la nomina di un difensore di ufficio soltanto per il caso che l'interessato sia ammesso al patrocinio gratuito (art. 24 della Costituzione) (28). Pretore di Milano, ordinanza 12 novembre 1969, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. codice di procedura .penale, art. 630 (Proceidimento per gli incidenti di esecuzione), prim�o comma, in quanto non prevede che l'avviso di deliberazione dell'incidente debba essere notificato al difensore (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione) (29). Pretore di Tagliacozzo, ordinanza 16 marzo 1970, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. codice di procedura penale, art. 633 (Atti. iniziaU), ultimo comma, in quanto, in relazione all'art. 266, secondo comma, seconda parte, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, consente di trattenere nello stabilimento carcerario, a disposizione dell'autorit� di pubblica sicurezza e in pratica senza limiti di tempo, il condannato che dopo aver scontato la pena in carcere debba iniziare un .periodo di internamento per misura di sicurezza (art. 13 della Costituzione). Pretore di Voltri, ordinanza 31 marzo 1970, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 (Competenza per le contravvenzioni), art. 1240 (Competenza per territorio), art. 1242 (Decreto di condanna), art. 1'243 (Dichiarazione di opposizione e d'impugnazione), art. 1245 (Letture permesse di deposizioni testimo (27) Questione dichi.arata non fondata con sentenza 2 aprile 1970, n. 50. (28) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 18 maggio 1970, n. 69, nella parte in cui non prevede che all'interessato nel procedimento di esecuzione, anche se non ammesso a gratuito patrocinio, sia nominato un difensore, ove egli non provveda a nominarne uno di fiducia, e nella parte in cui non prevede che l'avviso del giorno della deliberazione sull'incidente vada notificato anche al difensore dell'imputato. (29) Disposizione dichiarata incostituzionale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, con sentenza 18 maggio 1970, n. 69. f: ~. l!i'~~~~1l:tttlZS:ts:tl?Tihlt;:'l;&fJSa&~;d%'0'.ft'if'.T:f!'~ 96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO niali), e art. 1247 (Conversione deUe pene pecuniarie), in quanto attribuisce !funzioni giurisdizionali all'autorit� amministrativa (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione) (30). Corte di cassazione, sezioni unite penali, ordinanza 20 dicembre 1969, G. U. 3 gi�gno 1970, n. 136. Pretore di Trieste, ordinanza 8 aprile 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136 (31). legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E (Sui contenzioso amministrativo), art. 6, in quanto esclude dalla cognizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria le controversie relative alla estimazione dei redditi e del valore imponibile (art. 113, primo e secondo comma, della Costituzione) (32) (33). Corte di appello di Torino, ordinanza 27 febbraio 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. r. d. 22 aprile 1909, n. 229 (Testo unico deUe disposizioni per ie pensioni dei personale de.Ile ferrovie deUo Stato), art. 16, primo comma, lett. b, nel testo sostituito dall'art. 1 del d.lg.lgt. 8 giugno 1945, n. 915, in quanto prevede la perdita della pensione in ipotesi di destituzione dal servizio a -seguito di condanna penale (artt. 3 e 36 della Costituzione) (34). Corte dei conti, terza sezione giuris,dizionale per le pensioni civili, ordinanza 17 gennaio 1970, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. r. d. I. 8 febbraio 1923, n. 501 (Disposizioni per l'industria e iL <mmmercio deUe conserve alimentari preparate con sostanze vegetaii), ,convertito con legge 17 aprile 1925, n. 473, artt. 1O e 11 in quanto, rper la revisione delle analisi, escludono l'applicazione degli artt. 225, 390, (30) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 luglio 1960, n. 41 (art. 102 della Costituzione), 3 luglio 1967, n. 79 (art. 104, primo comma, della Costituzione) e 19 dicembre 1968, n. 128 (disp. trans. VI e artt. 25 e 102 della Costituzione), e gi� riproposta da varie autorit� giudiziarie (v. retro, Il, 12 e 53 ed ivi nota 19). (31) Dal pretore di Trieste la questione � stata sollevata solo per l'art. 1238. (32) La stessa questione � stata gi� proposta, e con analogo riferimento all'affermata natura amministrativa delle commissioni tributarie, per l'art. 22, terzo comma, del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (ordinanza 18 aprile 1969 del tribunale di Milano, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311) e per l'art. 285, primo comma, del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 (ordinanza 4 dicembre 1969 del tribunale di Rimini, G. U. 4 marzo 1970, n. 57). (,33) Il secondo comma della disposizione � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 31 marzo 1961, n. 21. (34) Questione proposta (con richiamo alle sentenze 13 gennaio 1966, n. 3, 3 luglio 1967, n. 78 e 19 luglio 1968, n. 112 dalla Corte costituzionale) nel rilievo che l'abrogazione effettuata dall'art. 1 della legge 8 giugno 1966, n. 424 opera solo dal 1� agosto 1966. PA'RTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 97 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione) (35). Pretore di Recanati, ordinanza 4 marzo 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. 1 r. d. 15 settembre 1923, n. 2090 (RegoLamento per l'esecuzfone delia legge sulla riscossione delle imposte dirette), art. 98, in quanto esclude dal rimborso l'indennit� di mora (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione) (36). Corte di Appello di Napoli, ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. ' r. d. 18 novembre 192,3, n. 2440 (Norme sull'amministrrazione dd patrimonio e sulla contabilitd generale dello Stato), art. 69, ultimo comma, in quanto consente all'amministrazione del�o Stato di disporre una misura cautelare che per essere attuata con provvedimento amministrativo non revocabile n� annullabile dall'autorit� giudiziaria paralizza, con atto di imperio del debitore, il �diritto del privato creditore alla esazione di un credito liquido ed esigibile (artt. 3,, 25, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione). I Corte d'appello di Trieste, ordinanza 6 febbraio 1970, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. I ' r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 (Testo unico delle leggi sul Consiglio fil di Stato), art. 26, secondo comma, in quanto sottrae all'autorit� giudilli ziaria ordinaria le cause concernenti questioni sulla leva militare (art. 113, secondo comma, della Costituzione) (37). Tribunale di Firenze, ordinanza 5 marzo 1970, G. U. 3 �giugno 1970, n. 136. I legge 27 maggio 1929, n. 810 (Esecuzione del Trattato, dei quattro allegati annessi e del Concordato sottoscritti in Roma tra la S. Sede e l'Italia l'l 1 febbraio 1929), art. 34 del Concordato, quarto, quinto e sesto c-omma, in quanto sottrae . ai giudici italiani la cognizione delle cause concernenti la valida sussistenza ed il permanere dei vincoli Imatrimoniali (artt. 1, secondo comma, 102, primq e secondo comma, 24, primo e secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione), con disciplina per i matrimoni concordatari diversa da quella stabilita (35) In argomento, cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 della Corte costituzionale. (36) Sotto Io stesso profilo � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 4 febbraio 1970, n. 13, l'art. 198, secondo comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645. (37) L'art. 26 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 � stato dichiarato incostituIzionale, con sentenza 27 giugno 1958, n, 40, nella parte in cui esenta da ogni sindaV cato che non sia per incompetenza od eccesso di potere le determinazioni ministeriali sulle controversie doganali. 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per i matrimoni celebrati in forma civile (art. 3, primo comma, della Costituzione) ed impedimento alla esecuzione in Italia delle sentenze di divorzio pronunciate �nei confronti di cittadini stranieri (art. 10, secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 31 ottobre 1969, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni pe1� l'applicazione del CO'I�cordato deW11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella parte relativa al matrimonio), art. 17, in quanto sottrae al giudice italiano la cognizione delle cause 'concernenti la valida sussistenza ed il permanere dei vincoli matrimoniali (artt. 1, secondo comma, 102, primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione), con disciplina per i matrimoni concordatari diversa da quella stabilita ,per i matrimoni celebrati in forma civile (art. 3, primo comma, della Costituzione) ed impedimento alla esecuzione in Italia di sentenze di divorzio pronunciate nei confronti ~J di cittadini stranieri (art. 10, secondo comma, della Costituzione). r::::~ Corte d'appello di Bologna, ordinanza 31 ottobre 1969, G. U. 6 w w maggio 1970, n. 113. rff r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coo'l'dinamento deLle norme sulla disciplina giuridica dei rappo1"ti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale deUe ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in l/"egime di concessione), art. 10, nella sua formulazione anteriore alla riforma disposta con l'articolo unico della legge 24 luglio 1957, n. 633, in quanto condiziona la proponibilit� dell'azione giudiziaria al preventivo reclamo in via gerarchica nei quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento lesivo di diritti (artt. 36, 3 e 24 della Costituzione) (38). im Tribunale di Bolzano, ordinanza 10 aprile 1970, G. U. 17 giugno !iij 1970, n. 150. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicuII rezza), art. 18, terzo comma, in quanto consente di punire chi sia inter w. venuto a riunione non preavvisata per il solo fatto che prenda la K~ parola (art. 21 della Costituzione) (39). fj w Pretore di Trento, ordinanza 14 febbraio 1970, G. U. 6 maggio @ 1970, n. 113. ~=i (31:1) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 10 del r.d. 8 gennaio ~ ~:":' 1931, n. 148, ma nel testo modificato dalla legge 24 luglio 1957, n. 6.33, � stata dichiarata non fondata con sentenza 21 marzo 1969, n. 39. (39) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 10 giugno 1970, jiji n. 90, nella parte in cui non limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso prevista dal primo ~j~j:ij comma. liii! !.':... f;i\: %04W'lff%%WMJS!f:f:lllHITmm!K@flilllrfflWTif51e'.TT'-'-~f:@F'PPifDflffj[f%1mrmwrnrui'IIJIGKf.@fmmif:illffllim@1ffili PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 99 r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deile leggi di pubblica sicurezza), art. 68, in quanto prescrive la licenza del questore per le feste da ballo date in luogo aperto al pubblico (art. 17 della Costituzione) (40). Pretore di Varano Sesia, ordinanza 12 agosto 1969, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Pretore di San Valentino in Abruzzo, ordinanza 24 febbraio 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deUe leggi di pubblica sicurezza), art. 110, in quanto rimette all'autorit� amministrativa di determinare la fattispecie criminosa (art. 2'5, secondo comma, della Costituzione) e con valutazione variabile per ciascuna provincia (art. 3 della Costituzione) (41). Pretore di Livorno, ordinanza 27 novembre 1969, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (Disposizioni suU'assegno bancario, suffassegno circolare e su akuni titoli speciali dell'Istituto di emissione, del Banco di NapoH e del Banco di Sicilia), art. 116, nn. 2 e 3, limitatamente all'inciso � e nei casi pi� gravi anche la reclusione sino a sei mesi., in quanto rimette al discrezionale potere del giudice di ravvisare gli estremi della maggiore gravit� del reato (artt. 24, secondo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione) (42). Tribunale di Pisa, ordinanze 30 gennaio 1970 (due), G. U. 20 maggio 1970, n. 125. r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli ordinamenti tributari), artt. 22, terzo comma (43), e 29, in quanto sottraggono alla giurisdizione (40) Disposizione dichiarata incostituzionale nella parte in cui vieta di dare festa da ballo in luogo esposto al pubblico senza la licenza del questore (sentenza 12 dicembre 1967, n. 142), e nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriali, occorre la licenza del questore (sentenza 15 aprile 1970, n. 56). (41) Il terzo ed il quarto comma della disposizione sono stati dichiarat~ Incostituzionali, con sentenza 9 luglio 1963, n. 125, nella parte in cui fanno divieto di concedere licenze per l'uso, nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, di apparecchi o di congegni automatici di puro trattenimento, senza cio� alcuna possibilit� di dar luogo a giuoco o a scommesse. Altra questione � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 5 luglio 1968, n. 88. (42) Questione gi� proposta dal pretore di Bologna (ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85) e, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dal pretore di Nuoro (ordinanza 1� dicembre 1969, G. U. 25 marzo 1970, n. 76). Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state dichiarate non fondate con sentenze 11 luglio 1961, n. 53 e 7 giugno 1962, n. 47. (43) Questione gi� proposta dal tribunale di Milano (ordinanza 18 aprile 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311). 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'autorit� giudiziaria ordinaria le controversie relative alla determinazione del valore imponibile (art. 113, primo e secondo comma, della Costituzione) ( 44). Corte d'appello di Torino, ordinanza 27 febbraio 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico deUe leggi sulla protezione deUa selvaggina e per l'esercizio della caccia), art. 12 bis, aggiunto con l'art. 3 della legge 2 agosto 1967, n. 799, in quanto, nel punire la mancata osservanza delle condizioni stabilite dal regolamento� per l'esercizio della caccia, consente all'autorit� amministrativa di determinare il contenuto di precetti rpenalmente sanzionati (art. 25, secondo comma, della Costituzione) (45). Pretore di Conegliano, ordinanze 4 febbraio 1970 (cinque), G. U. 10 giugno 1970, n. 143. legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 15, 171, lett. b, e 180, primo e secondo comma, in� quanto attribuiscono alla S.I.A.E. l'esclusiva per l'intermediazione nella concessione delle licenze (artt. 41, primo comma, 3, 24 e 113 della Costituzione) (46). Pretore di Chioggia, ordinanza 2 aprile 1970, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto� d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 87-92, in quanto non consentono al cittadino italiano autore di fotografia realizzata in Italia di opporsi alle modificazioni della fotografia pregiudizievoli alla sua reputazione, con disciplina diversa da quella stabilita dall'art. 20 della legge per le altre opere dell'ingegno e da quella prevista, anche per le fotografie, dall'art. 6 bis, primo comma, della Convenzione internazionale, di Berna 9 settembre 1886, nel testo riveduto a Bruxelles il 26 giugno 1948, resa esecutiva in Italia con legge 16 febbraio 1953, n. 247 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 11 dicembre 1969, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. (44) La stessa questione � stata proposta per l'art. 285, primo comma, del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 (ordinanza 4 dicembre 1969 del tribunale di Rimini, G. U. 4 marzo 1970, n. 57) e, con la stessa ordinanza indicata nel testo, per l'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E. (45) Questione gi� proposta dallo stesso pretore con ordinanza 30 giugno 1969, G. U. 22 ottobre 1969; n. 269. (46) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, per l'art. 180, con sentenza 3 aprile 1968, n. 25 (art. 18 della Costituzione). l!!ill l!llllll?~~4fY2%~~;7t:Wjl!iJl'j!Pi:i?AITfffilff?iJJ1Wtjfj:;%llfojWJP;P'#PY#'4W""J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 101 r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fa.Uimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), artt. 15, 16 e 18, in quanto consentono la declaratoria di fallimento senza preventiva audizione dell'interessato (art. 24 della Costituzione) (47). I Tribunale di Roma, ordinanza 13 fehbraio 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. Pretore di Roma, ordinanza 21 febbraio 1970, G. U. 17 giugno 1970, h. 150 (48). r. d. I. 19 ac.;osto 1943, n. 737 (Nuovi provvedimenti in materia. di imposta di registro), art. 4, in quanto, con disciplina diversa da quella prevista dall'art. 50 ,del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 per le vendite di beni ai pubblici incanti (49), consente all'Amministrazione finanziaria di procedere all'accertamento del valore dei beni aggiudicati in seguito a vendite promosse in dipendenza di mutui in danaro (artt. 3 e 53 della Costituzione) (50). Tribun�le di Roma, ol'dinanza 20 gennaio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. d. lg. lgt. 8 9iugno 1945, n. 915 (Norme sulle pensioni per il personale destituito delle Ferrovie dello Stato), art. 2, nel testo sostituito dall'art. 2 della legge 2 marzo 1954, n. 32, in quanto, disciplinando la procedura da seguire per la riammissione al diritto a pensione di coloro che abbiano ottenuto la riabilitazione dal giudice penale, presuppone la possibilit� di perdere la pensione in ipotesi di destituzione dal servizio � a seguito di condanna penale, quale prevista dall'art. 16, primo comma, lett. b, del r.d. 22 aprile 1909, n. 229 (artt. 3 e 36 della Costituzione) (51). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale per le pensioni civili, ordinanza 1"7 gennaio 1970, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. (47) Questione gi� proposta (per l'art. 15) con ordinanze di varie autorit� giudiziarie. Cfr. retro, II, 16 ed ivi nota 44. Altre questioni di legittimit� costi-. tuzionale dell'art. 18 della legge fallimentare (una delle quali, peraltro, dichiarata non fondata con sentenza 22 novembre 1962, n. 93) sono state proposte dal tribunale di Venezia (ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78) e dal tribunale di Roma (ordinanze 12 marzo 1969 e 19 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172). (48) Dal pretore di Roma la questione � stata proposta, in riferimento anche all'art. 3 della Costituzione, solo per l'art. 15. (49) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 50, secondo comma, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1965, n. 62. ( 50)1 DispoSizione diichiarata incostiltuzionale con sentenza 28 aprile 1970, n. 59. (51) V. supra nota 34. 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. lg. C. P. S. 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico e�d economico del personale non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato), art. 3, primo comma, in quanto esclude del tutto il diritto all'assenza per causa di malattia per l'impiegato non di ruolo in servizio nelle amministrazioni dello Stato da meno di un anno (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 27 magg�o 1969, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. legge 20 giugno 1952, n. 645 (Norme di attuazione della XII disposizione tr.ansitoria e finale, comma primo, deUa Costituzione), art. 5, in quanto punisce le manifestazioni fasciste senza alcun riferimento alla loro potenzialit� riorganizzativa del partito fascista (artt. 21, 25, secondo comma, e XII disp. trans. della Costituzione) (52). Pretore di Recanati, ordinanza 8 aprile 1970, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma, se ed in quanto escluda la retroattivit� della declaratoria di illegittimit� costituzionale di norme processuali (art. 136 della Costituzione) (53). Tribunale di Livorno, ordinanza 20 febbraio 1970, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. d. P. R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni al codice di procedura penale), art. 3, in quanto conserva efficacia al decreto di irreperibilit� ai fini della notificazione della sentenza (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (54). Pretore di Livorno, ordinanza 9 marzo 1970, G. U.; 20 maggio 1970, n. 125. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), art. 4, secondo comma, in quanto prevede come facoltativa l'assistenza di un difensore (art. 24, secondo comma, della Costituzione) ('55). Corte d'appello di Torino, ordinanza 7 novembre 1969, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. (52) Questione dichiarata non fondata con sentenza 6 dicembre 1958, n. 74. (53) Questione dichiarata non fondata con sentenze 29 dicembre 1966, n. 127 (artt. 24, secondo comma, e 136, primo comma, della Costituzione) e 2 aprile 1970, n. 49 (art. 136 della Costituzione). (54) Questione proposta unitamente a quella relativa all'art. 170 del codice di procedura penale. (55) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 25 maggio 1970, n. 76, nella parte in cui non prevede l'assistenza obbligatoria del difensore. PARTE II, RASSEGNA DI I EGISLAZIONE 103 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico deUe leggi sulle imposte dirette), art. 198, in quanto esclude dal rimborso l'indennit� di mora (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione) (56). Corte d'appello di Napoli, ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme suLle pensioni ordinarie a carico dello Stato), art. 12, in quanto, �on discriminazione basata unicamente sulla diversit� di sesso, limita il beneficio pensionistico alle sole orfane � nubili.� o � vedove... che risultino conviventi a carico del dipendente civile di ruolo o del pensioriato da almeno cinque anni dopo la morte del marito�, senza prevedere limitazioni o esclusioni nei confronti dell'orfano di sesso maschile coniugato (art. 3 della Costituzione) (57). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale per le pensioni civili, ordinanza 21 gennaio 1969, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini), artic:olo unic:o, in quanto rende obbligatori erga omnes gli artt. 34 e 62 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959 per gli addetti all'edilizia (artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione) (58). Pretore di Genova, ordinanza 8 aprile 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. d. P. R. 9 maggi,o 196l. n. 715 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Genova, Imperia, La Spezia e Savona), artic:olo unic:o, per la parte che concerne le casse edili (artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione) (59). Pretore di Genova, ordinanza 8 aprile 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. (56) Disposizione dichiarata incostituzionale, sotto l'indicato profilo, con sentenza 4 febbraio 1970, n. 13. (57) Analoga questione � stata proposta, dalla stessa autorit� giudiziaria, per l'art. 18 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (ordinanza 25 novembre 1969, G. U. 4 marzo 1970, n. 57). (58) Con riferimento alle due disposizioni sopra indicate del contratto collettivo nazionale 24 luglio 1959 il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato gi� dichiarato incostituzionale con sentenza 13 luglio 1963, n. 129. Per altre declaratorie di illegittimit� costituzionale del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032, v. in questa Rassegna, 1969, II, 103, nota 68. (59) Sotto tale profilo, e precisamente nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 12 del contratto collettivo di lavoro 1� settembre 1959 per gli 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione delle leggi 10 .agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 1959, n. 555, recanti provvedimenti per il Me�zzogiorno), art. 2, ultimo comma, in quanto consente di determinare le indennit� di espropriazione se.condo valori calcolati con riferimento ad epoca fino a dodici anni anteriore al provvedimento espropriativo (art. 42, terzo comma, e 3 della Costituzione) (60). Tribunale di Bari, ordinanza 6 ottobre 1969, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. legge 29 dicembre 1962, n. 1744 (Nuove disposizioni per l'applicazione :delle �leggi di registro, deil'imposta generale sull'enbrata e del bollo ai contra,tti di locazione di beni immobili urbani), in quanto consente di pretendere il pagamento dell'imposta, per la parte relativa all'imposta generale sull'entrata, anche in ipotesi di risoluzione anticipata del contratto di locazione (art. 53 della Costituzione) (61). Commissione provinciale delle imposte di Gorizia, ordinanza 14 marzo 1968, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. legge 12 ottobre 1964, n. 1081 (Istituzione dell'aLbo dei consulenti del lavoro), art. 4, secondo comma, in quanto impedisce al consulente del lavoro di esercitare la professione per la presenza, nella stessa provincia, di un suo parente o affine alle dipendenze del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (art. 4 della Costituzione) (62). Pretore di Cagli, ordinanza 9 febbraio 1970, G. U. 10 giugno 1970, n. 143; d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repre�ssione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, .primo comma, per eccesso d�i limiti della delega conferita dall'art. 2, nn. 1 e 2 della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto pone operai edili ed affini della provincia di Genova, il d.P.R. 9 maggio 1961, n. 715 � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 18 maggio 1970, n. 71. Sotto un differente, duplice profilo il d.P.R. 9 maggio 1961, n. 715 � stato dichiarato incostituzionale, inoltre, con sentenza 4 aprile 1967, n. 41. (60) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 aprile 1970, n. 63. (61) L'art. 2, secondo comma, della legge 29 dicembre 1962, n. 1744 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 26 marzo 1969, n. 49, nella parte in cui consente, per i contratti di locazione di durata pluriennale, la percezione annuale dell'imposta generale sull'entrata anche nell'ipotesi di intervenuta risoluzione del contratto nell'anno precedente. Diversa questione � stata proposta dal tribunale di Roma con ordinanza ,3, dicembre 1969, G. U. 22 aprile 1970, n. 102. (62) Questione gi� proposta, in riferimento anche agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal pretore di Recanati (ordinanza 1� maggio 1969, G. U. 6 agosto 1969, :n. 200). I k v::: i.=.�.� I? --l~Al?'llA!?'~Al�!W!.,lllffff'HIJ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISJ,AZIONE 105 divieti non previsti dalla disciplina legislativa degli Stati aderenti alla ! C.E.E. (art. 76 della Costituzione) (63). ! Tribunale di Alba, ordinanza 13 giugno 1969, G. U. 6 maggio II 1970, n. 113. d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342 (Norme integrative detla fogge 6 dicembre 1962, n. 1643 e noirme relative al cooTidinamento e all'esercizio delle attivit� elettriche esercitate da enti .ed imJprese diversi dall'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica), art. 6, in quanto disciplina la corresponsione dell'indennizzo e degli interessi secondo criterio diverso da quello stabilito dall'art. 6 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, senza che la possibilit� di tale diversa normativa sia consentita dalla delega conferita con l'art. 2 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 e violando il principio della indifferenza della data dei trasferimenti adottato nei primi tre commi dell'art. 6 della legge 6 dicembre �962, n. 1643 (art. 77, .primo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Napoli, ordinanza 11 marzo 1970, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. legge 28 settembre 1966, n. 749 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 luglio 1966, n. 590, recante� pirovvedimenti a favoire della citt� di Agrigeinto in conseguenza del movimento franoso verificatosi il 19 luglio 1966), art. 2 bis, in quant� rimette al Ministro della pubblica istruzione, senza indicazione di criteri direttivi, di determinare il perimetro della valle dei Te:IT)lpli, le prescrizioni d'uso ed i vincoli di inedificabilit� (art. 42 della Costituzione e art. 14 dello Statuto della Regione siciliana). Pretore di Agrigento, ordinanza 20 marzo 1970, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. legge 2 agosto 1967, n. 799 (Modifiche al testo unico delle norme per la protezione della se�lvaggina e per l'esercizio della caccia appirovato con r. d. 5 giugno 1939, n. 1016), art. 3, che aggiunge l'art. 12 bis al r. d. 5 giugno 1939, n. 1016, in quanto, nel punire la mancata osservanza delle condizioni stabilite dal regolamento per l'esercizio della caccia, consente all'autorit� amministrativa di determinare il contenuto di precetti penalmente sanzionati (art. 25, secondo comma, della Costituzione) (64). Pretore di Conegliano, ordinanze 4 febbraio 1970 (cinque), G. U. 10 giugno 1970, n. 143. (63) Questione gi� proposta dal tribunale di Vicenza (ordinanza 26 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128), dal tribunale di Trani (ordinanza 16 aprile 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). e pi� recentemente dal tribunale di Firenze (ordinanza 14 novembre 1969 (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5). (64) Questione gi� proposta dallo stesso pretore con ordinanza 30 giugno 1969, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. I. 3 febbraio 1970, n. 7 (Norme in materia di co.ZZocamento e accertamento dei lavoratori agricoli), convertito con legge 11 marzci 1970, n. 83, ed in particolare artt. 3, 4 e 1O, se ed in quanto a,broigativa della legge 29 marzo 1949, n. 264 anche per l'assunzione da parte delle aziende rurali con meno di sei dipendenti nei comuni mistilingui (articoli 2, 6, 11, 13, 18 e seguenti dello Statuto per la Regione Trentino- Alto Adige e artt. 3, 6 e 41 della Costituzione). ' Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige depositato il 24 aprile 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. NORME DELLE QUALI IL. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE � STATO DE~INITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA, O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codfoe di procedura civile, art. 707 (Comparizione personale delle parti), primo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione) Inammissibilit� per difetto di rilevanza. Sentenza 28 aprile 1970, n. 60, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanze di rimessione 12 febbraio 1968 e 26 aprile 1968 del giudice istruttore del tribunale di Milano, G. U. 13 luglio 1968, n. 177 e 28 settembre 1968, n. 248. codice di procedura penale, art. 222 (Atti concernenti l'arresto; assicurazione del corpo del reato), secondo comma Manifesta infondatezza (65). 1 Ordinanza 18 maggio 1970, n. 72, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. Ordinanza di rimessione 28 maggio 1969 del pretore di Chieri, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. r. d. 23 dicembre 1865, n. 2701 (Tariffa giudiziaria in materia penale), artt. 237 e 238 (art. 3 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 3 giugno 1970, n. 81, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Ordinanza di rimessione 6 dicembre 1968 del pretore di Guastalla, G. U, 26 febbraio 1969, n. 52. legge 16 giugno 19,27, n. 1766 (RiolJ"ldinamento degli usi civici), art. 27, ultimo cqmma (artt. 25, e 108, secondo comma, della Costituzione) Inammissibilit� per difetto di rilevanza (66). (65) Sotto il profilo proposto nell'ordinanza di rimessione l'art. 222, secondo comma, del codice di procedura penale � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 3 dicembre 1969, n. 148. (66) Con la stessa sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata, in riferimento agli art. 25 e 108 della Costituzione, la questione di legittimit� I V --~f~~~�A~J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 107 Sentenza 25 maggio 1970, n. 73, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. Ordinanze di rimessione 27 marzo 1969 (tre) e 9 luglio 1969 della sezione speciale per gli usi civici della corte di appello di Roma, G. U. 16 luglio 1969, n. 179 e 5 novembre 1969, n. 280. legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Riordinamento degli itsi civici), art. 27, ultimo comma -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 25 maggio 1970, n. 74, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. Ordinanza di rimessione 22 ottobre 1969 del commissario regionale pE;!r la liquidazione degli usi civici di Roma, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Tesvo unico delle Leggi suHa pubblica sicurezza), art. 63 (artt. 87, quinto comma, 70 a 82, e 25, secondo comma, della Costituzione) -Inammissiibilit�. Sentenza 4 maggio 1970, n. 67, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. Ordinanza di rimessione 31 ottobre 1968 del pretore di Recanati, G. U. 8 gennaio 1969, n. 6. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deHe leggi di pubblica sicurezza), art. 220, nella parte in cui richiama l'art. 85 -Manifesta infondatezza (67). Ordinanza 10 giugno 1970, n. 93, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1969 del pretore di Genova, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infort>Uni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4, quinto comma (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (68). Ordinanza 10 giugno 1970, n. 91, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. Ordinanza di rimessione 14 luglio 1969 del tribunale di Genova, G. U. 5 novembre 1969, n. 280. costituzionale degli artt. 27, primo comma, e 29, secondo comma in relazione al primo, della legge 16 giugno 1927, n. 1766. (67) Disposizdone dichiarata incostituzionale con sentenza 20 marzo 1970, n. 39. (68)Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 gennaio 1970, n. 10. L'art. 4, quinto comma, del r.d. 17 agosto 1935. n. 1765 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 9 marzo 1967, n. 22, � in quanto consente che i1 giudice possa accertare che ii fatto che ha provocato t'infortunio costituisca reato soitanto neUa ipotesi di estinzione deU'azione penaie per morte deU'imputato o per amnistia, senza menzionare t'ipotesi di prescrizione dei reato�. La disposizione � stata riprodotta all'art. 10, quinto comma, del d.P.'.R. 30 giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, con la stessa sentenza e negli stessi limiti, in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico delle dispooizioni s1.1-ll'edilizia popolare ed -e�conomica), art. 32 -Manifesta infondatezza (69). Ordinanza 3 giugno 1970, n. 85, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Ordinanza di rimessione 18 novembre 1969 del pretore di Nocera Inferiore, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. d. lg. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), artt. 26 e .27 -Manifesta infondatezza (70). Ordinanza 3 giugno 1970, n. 84, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Ordinanza di rimessione 11 marzo 1969 del giudice istruttore presso il tribunale di Palermo, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prepenzione nei confronti deile persone perico.ZOse per la sicurezza e per la pubblica moralit�), artt. 1, 2, 3, 5 e 9 � (artt. 2, 3, 13, 16; 17, 18, 25 e 25, secondo e terzo comma, della. Costituzione) -Manifesta infondatezza (71). Sentenza 25 maggio 1970, n. 76, G. U. 3 giugno 1970, n. 136. Or�dinanze di rimessione 19 dicembre 1968 del pretore di Torino (G. U. 12 marzo 1969, n. 66), 31 gennaio 1969 del tribunale di Vibo Valentia (G. U. 9 aprile 1969, n. 91), 21 aprile 1969 del tribunale di Milano (G. U. 13 agosto 1969, n. 207), e 18 settembre 1969 del pretore di Novi Ligure (G. U. 26 novembre 1969, n. 299). d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini), articolo unico, nella parte in cui rende efficace erga omnes l'art. 34 del contratto collettivo nazionale di lavo:ro 24 luglio 1959 per gli addetti all'edilizia. (art. 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (72). Sentenza 18 maggio 1970, n. 71, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. Ordinanza di rimessione 23 dicembre 1968 del pretore di Genova, G. U. 26 marzo 1969, n. 78\ (69) Il terzo ed il settimo comma della disposizione sono stati dichiarati incostituzionali, con sentenza 22 dicembre 1969, n. 159, nella parte in cui per il pagamento dei canoni scaduti e per l'opposizione al decreto ingiuntivo fissano termini diversi da quelli previsti dalrart. 641 del codice di procedura civile per l'ordinario procedimento ingiuntivo. (70) Disposizioni dichiarate incostituzionali con sentenza 22 gennaio 1970, n. 6. (71) Cfr. sentenze della Corte costituzionale 5 maggio 1959, .n. 27, 30 giugno 1960, n. 45, 28 settembre 1962, n. 126, 23 marzo 1964, n. 23, 30 giugno 1964, n. 68, 21 giugno 1966, n. 75 e 17 marzo 1969, n. 32. (72) Nei termini sopra indicati il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato gi� dichiarato incostituzionale con sentenza 13 luglio 1963, n. 129. Per le altre declarazioni di illegittimit� costituzionale del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 v. in questa Rassegna, 1969, II, 103, nota 68. I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 legge 2 marzo 1963, n. 320 (Disciplina delle controversie innanzi alle Sezioni specializzate agrarie), art+. 3, 4 e 8 (artt. 104, 105 e 108 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (73). Ordinanza 10 giugno 1970, n. 92, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. Ordinanze di rimessione 20 ottobre 1969 della sezione specializzata agraria del tribunale di Bologna (G. U. 4 marzo 1970, n. 57) e 11 novembre 1969 (tre) della sezione specializzata agraria del tribunale di Terni (G. U. 4 marzo 1970, n. 57). d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione� delle� frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) (artt. 73 e 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (74).. Ordinanza 3 giugno 1970, n. 83, G. U. 10 giugno 1970, n. 143. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Pordenone, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. (73) Questione dichiarata non fondata, per gli artt. 3, quarto comma, e 4, con sentenza 2 aprile 1970, n. 53. (74) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenze 9 febbraio 1967, n. 13 (art. 73 della Costituzione) e 22 marzo 1967.. n. 32 e n. 33 (art. 76 della Costituzione). 14 CONSULTAZIONI -:~ .il AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Comitato di coordinamento dei procedimenti straordinari per la Calabria Costituzione di parte civile. Se legittimato a costituirsi parte civile per i danni subiti dal Comitato di coordinamento dei Provvedimenti straordinari per la Calabria previsto dalla L. n. 1177 del 1955 e dalla L. n. 437 del 1968 sia il Presidente della Cassa per il Mezzogiorno (n. 349). Fondo di previdenza del personale delle dogane. Se il prelevamento di una quota delle indennit� commerciali spettanti al personale delle Dogane, disposto dal d.m. 8 agosto 1947 a favore del Fondo di Previdenza, debba applicarsi anche a carico del personale non iscritto al Fondo stesso e, in particolare, a carico del personale del ruolo speciale ad esaurimento istituito con 1. 22 dicembre 1960, n. 166 (n. 350). Se il fondo di Previdenza per il Personale delle Dogane possa avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 350). APPALTO Revisione dei prezzi -Decorrenza della revisione nei vari tipi di appalto. Se la decorrenza della revisione dei prezzi sia, per ogni tipo di appalto, da individuare nel momento dell'offerta (n. 333). Se la revisione dei prezzi decorra dalal data del contratto, negli appalti concessi a trattativa privata, e della data dell'offerta, negli appalti concessi a seguito di licitazione privata o di appalto concorso (n. 333). BORSA Agenti di cambio -Incompatibilit� della professione di agente di cambio con l'attivit� di procacciatore d'affari. Se, a norma dell'art. 10 del r.d.1. 30 giugno 1932, n. 815, sia incompatibile, con la professione di agente di cambio, l'attivit� di procacciatore d'affari per conto di ditte che svolgono prevalentemente la propria attivit� in operazioni di borsa (n. 27). CIRCOLAZIONE STRADALE Danneggiamento a seguito di incidente stradale. Se in caso di danneggiamento di strade ed opere, a seguito di un incidente stradale, debbasi elevare verbale di contravvenzione ai <Sensi dell'art. 1 (1� e 2� comma) del r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740 (n. 20). PARTE II, CONSULTAZIONI 111 CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Contratto -Caff� ristoratori di stazioni feroviarie -Norme sulla tutela del l'avviamento commerciale -Inapplicabilit� (l. 27 gennaio 1963, n. 19, art. 10). Se le norme della legge 27 gennaio 1963, n. 19 sulla tutela dell'avviamento commerciale concernenti i rapporti di locazione, e la cui disciplina si estende anche ai contratti di locazione d'immobili di propriet� dello Stato o d altri enti pubblici (art. 10), si applichino nell'ambito delle concessioni contratto, come quelle relative all'esercizio di caff� ristoratori delle stazioni ferroviarie (n. 98). CONCORSI Termini di scadenza della. presentazione delle domande -Inesistenza di un termine specifico generalmente predeterminato. S il penultimo comma dell'art. 3 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ponga un principio avente valore generalmente e indistintamente per tutti i concorsi dello Stato e degli altri Enti pubblici (nella specie concorso per l'assegnazione di borse di studio per un corso di specializzazione post-universitario bandito dall'I.C.E. (n. 16). CONTENZIOSO TRIBUTARIO Commissioni censuarie -Atti emessi prima del giuramento del Presidente Invalidit�. Se siano validi gli atti giurisdizionali emanati dalle Commissioni censuarie anteriormente al giuramento di fedelt� del Presidente del Collegio (n. 6). CONTRIBUTI Concessione di contributi ad imprese alberghiere. Se le agevolazioni di cui alla legge 26 giugno 1965, n. 717, siano concedibili ad imprese alberghiere per opere iniziate anteriormente al 28 gennaio 1965 (n. 86). Concessione di contributi ad imprese industriali. Se le agevolazioni di cui all'art. 12 della legge 26 giugno 1965, n. 717 siano concedibili alle imprese indusrtiali le quali abbiano gi� ottenuto la concessione di contributo in conto capitale (n. 87). DEMANIO Distanza fra le costruzioni e per l'apertura di vedute. Se la destinazione a strada pubblica della zona demaniale marittima consenta ai proprietari confinanti con la zona stessa di costruire senza tenere 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO conto delle limitazioni concernenti la tutela del demanio marittimo (n. 230). Se la costruzione di sporti e vedute costruite da un privato, a distanza minore di mt. 1,50 dal confine marittimo, importando la violazione dell'obbligo imposto dall'art. 905, pur se autorizzata ai sensi dell'art. 55 del codice della Navigazione, possa legittimarsi solo in virt� di atto concessivo (n. 230). ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI Se nella realizzazione degli elettrodotti ferroviari, le cui opere di apoggio, palificazione, cabine, sistemazione condutture ecc. sono regolate da norme tecniche ai sensi del r.d. 25 novembre 1940, n. 1969 sostituito dal d.P. 21 giugno 1968, n. 1062 contenente il regolamento di esecuzione della legge 13 dicembre 1964, n. 1341, incomba all'Amministrazion edi adottare in ogni caso le necessarie cautele dirette a graantire la sicurezza e la incolumit� dei terzi, per i quali sussiste soltanto l'obbligo di astenersi da attivit� che possano incidere sugli impianti elettrici (n. 46). J I i!1 Imposta erariale suU'energia elettrica -Territorio libero di Trieste. �1 Se l'art. 2, ultimo comma della I. 31 ottobre 1966, n. 940 (recante modificazioni all'imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica) abbia abrogato l'art. del Decreto del Commissario Generale del Governo per il Territorio libero di Trieste emesso in data 23 dicembre 1995, n. 53 (n. 47). ENFITEUSI Legge 22 luglio 1966, n. 607 -Altre prestazioni fondiarie perpetue -Se nella categoria rientrino anche i censi. Se i censi, costituiti sotto la vigenza delle legislazioni preunitarie, abbiano oggi natura obbligatoria o rappresentino invece delle forme di onere reale (n. 31). Se ogni forma di prestazione censistcia, a parte l'originaria specificazione (es. censo riservativo, censo conservativo, censo bollare) debba oggi ~ considerardi prestazione fondiaria perpetua, ai sensi e per gli effetti delle ~=~ w norme sull'affrancazione contenute nella legge del 1966, n. 607 (n. 31). Se possa dirsi pertua la prestazione fondiaria che vada, nei suoi effetti, oltre la terza_ generazione (n. 31). Irn ! @:% ESPROPRIAZIONE PERPUBBLICA UTILIT� Occupazione d'urgenza per lavori dichiarati urgenti e indifferibili -Possibilit� di demolizione di fabbricato preesistente. Se, autorizzata l'occupazione d'urgenza di un terreno con sovrastante fabbricato, si possa senz'altro procedere alla demolizione di quest'ultimo, qualora tale demolizione sia richiesta dalla costruenda opera (n. 291). ~ [i~i 1:;;, '8f4WfPA\V4$ZJ'JiF4W;j[fjiFJ!Wff!7'.'%71741J)74GIVAIW4'1T#ll!r41J)74JY~ PARTE II, CONSULTAZIONI 113 FALLIMENTO Ammissione tardiva di crediti sorti dopo la dichiarazione di faUimento. Se i crediti, sorti dopo la dichiarazione del fallimento, afferenti la gestione del patrimonio fallimentare siano da ammettersi in prededuzione (n. 121). Se i crediti, sorti dopo la dichiarazione del fallimento, facenti capo al fallito, siano da posporre, nel piano di riparto finale, a quelli sorti antecedentemente alla dichiarazione del fallimento (n. 121). Insinuazione al passivo fallimentare di cr'edito per multa -Iscrizione di ipoteca legale anteriore al fallimento. Se possa ~nsinuarsi al passivo fallimentare un credito dello Stato per multa, conseguente ad evasione fiscale, inflitta dopo la dichiarazione di fallimento, ma assistito da ipoteca legale iscritta in epoca anteriore (Jl. 122). I ~ IMPIEGO PUBBLICO Legge 10 marzo 1955, n. 96. Condizioni per l'applicabilitd dei benefici di I cui all'art. 4 -Limiti. ~= Se l'art. 4 delal legge 10 marzo 1955, n. 96 sia applicabile anche nei confronti di coloro i quali, essendo stati allontanati dal servizio per motivi politici o razziali prima 'del 1945, siano stati, successivamente, riassunti in vrt� delle norme emnate nell'immediato dopoguerra (n. 705). Se i suddetti benefici siano applicabili anche nei confronti di chi, pur avendo la qualifica di perseguitato politico o razziale, sia stato assunto senza I concorso e mediante contratto individuale (n. 705). Recupero credito erariale per pena pecuniaria a carico di dipendente statale. I Se possa compensarsi un credito dell'Amministrazione delle Finanze per pena pecuniaria irrogata a seguito di violazioni di leggi tributarie con un credito del contribuente, dipendente statale, verso lo Stato per stipendio, salario o pensione, sia pure nei limiti del quinto (n. 706). IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Albi Nazionali Esportatori di prodotti ortoflorofrutticoli ed agrumari. Se il termine entro cui le domande di iscritti ortoflorofrutticoli, ed agrumari debbono essere esaminate e trasmesse dalle Commissioni Provinciali (artt. 6 e 12 della legge 25 gennaio 1966, n. 31 ) sia semplicimente ordinatorio (n. 56). 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTA DI REGISTRO Convenzione avente ad oggetto il ricovero di ammalati -Natura giuridica ai fini e pei� gli effetti della legge di registro. ' Se la convenzione avente ad oggetto il ricovero di infermi abbia natura atipica o invece di contratto d'appalto, con le conseguenze che ne derivano in ordine all'applicazione della legge di registro (n. 322). Soggetti passivi -Parti contraenti. Se ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro sui trasferimenti per causa di espropriazione di pubblica utilit� gli espropriati possano consderarsi parti contraenti (n. 323). fl ffe I ru IMPOSTE E TASSE Azione giudiziaria -Ricorso in Cassazione -Termini -Irregolare funzionamento degli uffici finanziari. ru f~ Se le� disposizioni del d.1. 21 giugno 1961 n. 498, convertito nella legge 28 luglio 1961, n. 770, concernenti la proroga dei termini di prescrizione e di decadenza nei casi di accertato irregolare funzionamento degli uffici finanziari, siario applicabili ai termini di decadenza per la proposizione di azione giudiziaria in relazione a decisioni di commissioni tributarie o in impugnazione delle medesime (n. 520). Imposta c.d. cedolare -Rmborso delle ritenute d'acconto -Interessi moratori -Legittimit�. Se siano dovuti ed in quale misura gli interessi di mora per ritardata esecuzione dello sgravio delle ritenute d'acconto ex art. 128 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 -nella nuova formulazione di cui all'art. 1 della legge 21 aprile 1962, n. 226 -risultanti non dovute (n. 521). ih !� 'Recupero credito erariale per pena pecuniaria a carico di dipendente ~I statale. ml ~4 Se possa compensarsi un credito dell'Amministrazione delle Finanze per pena pecuniaria irrogata a seguito di violazioni di leggi tributarie con un fil credito del contribuente, dipendente statale, verso lo Stato per stipendio, salario o pensione, sia pure nei limiti del quinto (n. 522). � Terratici� -Natura tributaria. i Se possa riconoscersi ai �terratici� (corrispettivi imposti agli utenti !:,.:,. pe rgli usi consentiti) natura d'imposta (n. 523). ~ iJ�jjli n:: ffifftWWWt%filf:&f%@if@%I~W%ViMKf%1f@if%rnTrn'%;@:m7ff:lfff:%fTIHI0TI@'fil@fNW@Kf:f:31ffWffff@iffWff0@fftt%iiml PARTE II, CONSULTAZIONI 115 IMPOSTE VARIE Formalit� ipotecarie -Diritti di scritturato. Se per le formalit� eseguite nell'interesse di amministratori statali siano dovuti i diritti di scritturato alle Consearvatorie dei registri mmobiliari( n. 29). Petrolio greggio trasformato in acetilene e per produzione di energia elettrica. Se il petrolio greggio impiegato per la produzione di acetilene, a mezzo del procedimento di cracking e il successivo impiego di solventi selettivi � esente dall'imposta di fabbricazione, rientrando nella previsione legislativa di cui al d.1. 23 ottobre 1964, n. 989 tab. A lett. M. n. 1 (n. 30). Se il petrolio greggio impiegato per generare indirettamente energia elettrica, a mezzo del procedimento di cracking a fiamme sommerse e successiva utilizzazione dei gas di risulta in centrale termoelettrica, � soggetto alla riduzione dell'aliquota dell'imposta di fabbricazione a L. 250 per quintale, ai sensi del d.1. del 1964, n. 989 tabella B lett. I, n. 2 (n. 30). LOCAZIONI DI COSE Art. 7 della legge 26 novembre 1969, n. 833 -Non si applica alle locazioni a favore di enti pubblici. Se l'art. 7 della legge 26 novembre 1969, n. 833 sulle locazioni di immobili urbani sia applicabile alle locazioni stipulate a favore di enti pubblici (n. 139). PIANI REGOLATORI Applicazione delle misure di salvaguardia -L. 3 novembre 1952, n. 1902. Se, in presenza dell'adozione, da parte del Comune, di un nuovo piano regolatore per adeguarlo alle previsioni urbanistiche della legge e ponte > del 1967, il Prefetot possa, a norma dell'articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902 e succ. mod., emettere un nuovo provvedimento di sospensione che tenga luogo di uno precedente relativo al vecchio piano regolatore e gi� caducato per il decorso del termine di efficacia della misura di salvaguardia (n. 20). PIGNORAMENTO Recupero credito erariale per pena pecuniaria a carico di dipendente statale. Se possa compensarsi un credito dell'Amministrazione delle Finanze per pena pecuniaria irrogata a seguito di violazioni di leggi tributarie con un credito del contribuente, dipendente statale, verso lo Stato per stipendio, salario o pensione, sia pure nei limiti del quinto (n. 17). 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO POSTE E TELECOMUNICAZIONI Invio all'A. G. di plichi chiusi. Se l'art. 13 del cod. post. (modif. con legge 20 dicembre 1966, n. 1114) che legittima l'ufficio postale ad inviare la corrispondenza all'Autorit� Giudiziaria sia applicabile anche ai plichi chiusi, quando sorga comunque sospetto che il loro contenuto ricada nelle previsioni di detta norma, nonch� ai pacchi postali (n. 133). PRESCRIZIONE Rette ospedaliere per ricovero in ospedali psichiatrici di detenuti per perizie. ESe ai crediti per le rette ospedaliere dovute per il ricovero in ospedali psichiatrici di detenuti per perizie sia applicabile il termine ordinario di prescrizione, di ,cui all'art. 2946 e.e. (n. 71). SERVITU' Servit� prediale a favore del demanio -Forma dell'atto costitutivo. Se l'atto costitutivo di servit� prediale in favore del demanio e a carico di immobile privato debba essere di preferenza stipulato per atto pubblico e in particolare per ministero di notaio (n. 50). SOCIET� Rapporto di lavoro -Configu.rabilit� di un rapporto di lavoro fra societ� in nome collettivo e soci. Se sia configurabile un rapporto di lavoro subordinato fra una societ� in nome collettivo e le persone dei soci (n. 125). STRADE Compentenza all'installazione di impianti semaforici sulle strade statali nei centri abitati. Se spetti ai Comuni la competenza ad installare impianti semaforici su strade statali nell'ambito dei centri abitati (n. 78). Costruzione di varianti -Provvedimento di declassij�cazione -Quando occorra -Diritti e doveri dell'ANAS medio tempore. Se risultando, a seguito di costruzione di varianti, un tratto di strada ancora utilizzabile come strada provinciale o comunale, il provvedimento di dismessione del detto tratto da parte del demanio dello Stato si risolva in una vera e propria declassificazione (n. 79). Se, durante il procedimento di declassificazione, l'ANAS resti titolare di tutti i diritti, i doveri, gli oneri ecc. relativi al tratto in questone, fino al momento in cui il detto tratto non venga assunto dalla Provincia o dal Comune (n. 79). NOTIZIARIO Nei giorni 15-16-17 maggio 1970 'Si � tenuto a Vietri sul Mare un Convegno di Studi promosso dall'Istituto Nazionale Incremento Produttivit� (I.N.I.P.) sul tema e L'automazione, nuova dimensione degli strumenti di lavoro nella Pubblica Amministrazione. Aspetti organizzativi e strutturali �. I lavori sono stati presieduti dall'on. Roberto Tremelloni, Presidente _d della Commissione bilancio della Camera dei Deputati, e dal sen. Paolo Cavezzali, sottosegretario alla Marina mercantile. Sono intervenuti rappresentanti della Camera dei Deputati, del Senato della Repubblica, della Corte Costituzionale, della Corte di Cassazione, della Corte dei Conti, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di numerosi Ministeri, quali quello degli affari esteri, dell'interno, di grazi;:i, e giustizia, del bilancio e della programmazione economica, del tesoro, della pubblica istruzione, delle poste e delle telecomunicazioni e di altre amministrazioni statali, nonch� rappresentanti di numerosi Enti, quali l'Istituto centrale di statistica, l'Enpas, l'Inps, la Cassa per il mezzogiorno. Hanno partecipato, in rappresentanza dell'Avvocatura dello Stato, il segretario generale avv. Rocco di Ciommo e l'avv. Antonino Terranova. Le relazioni svolte da docenti ed amministratori hanno riguardato : a) Riflessi della costituzione di un sistema informativo di un grande Ente, sulle strutture, sulle decisioni e sugli uomini (relatore -prof. ing. Giovanni Billia -direttore dei servizi EAD dell'Inps); b) La Banca dei Dati (relatore -prof. Gastone Bersanti; lettore dr. L. Pinto dell'Istituto centrale di statistica); c) Il servizio trasmissione dati (relatore -ing. Bruno Mascoli -v. Direttore centrale della SIP); d) I problemi di pianificazione a lungo termine della meccanizzazione di un ent e(relatore -dr. Michele Principe -Direttore dell'Azienda di Stato per i servizi telefonici); e) Strumenti tecnici, specializzazioni professionali per il trattamento automatico delle informazioni (relatore -dr. Luciano Russi -docente e consulente dell'I.N.I.P.); f) Il sistema informativo della Cassa per il Mezzogiorno (relatore prof. ing. Alessandro Petriccione, componente del Consiglio di Amministrazione della Cassa per il Mezzogiorno); g) Problemi generali di organiz:tazione connessi con la meccanizzazione dei servizi (relatore -dr. Renato De Mattia -Direttore centrale della Banca d'Italia). Le relazioni e gli interventi hanno riguardato il problema dell'informazione, oggetto di studio della nuova scienza dell'informazione nei suoi aspetti applicativi con riferimento alla pubblica Amministrazione. L'esigenza avvertita a tutti i livelli produttivi, ed ora anche nella pubblica Amministrazione, di predisporre sistemi rapidi e precisi di informazione, ha impresso una notevole spinta agli studi relativi all'Informatica, quale scienza della informazione. Presso l'Universit� di Pisa � stato istituito un apposito corso di laurea, e nello schema di Progetto 80, predisposto dal Ministero del bilancio e della .. ! t ~ f f ~ f I ~ I W-4if4f',jy--MR~~$'//W$//''_ff_WWWW&-ffeWW&WW'=--'-WR"W/,/&//=///W_/J ::~~~~;~}?)~~~:~~~~t:=~~~:~~~~~~~~~=::::::::::::::::::::::::~:/)::/:::~:-:;.-'.\�.~:~:~{:::::: :-: -: ::::::-:;::::::~~=::::::::~::::::;::::;'.�'. :::::-:: :��-:-:-:.:. :-:.:-:�:-'.�:-:=::�:=:.:�:. :::~... -.. :}\~:~:~~{:::.::;:~::::::=::::...::}~:=~::?:::::=:::::;::::=:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::}~::::~~==.� .� ...�::::::::::::::::::::::::::�:::�:::::;:::::-:::::::::::::::-:-:-:{f:~~~ff1: 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO programmazione economica, vi � un programma _promozionale riguardante l'Informatica, come settore di intervento pubblico da tenere ormai distinto da quello concernente il progetto per gli interventi nel settore dell'elettronica. Precisate cosi, in termini di moderna funzionalit�, l'acquisizione, l'elaborazione e la distribuzione delle informazioni, si � posto nel contempo il problema della qualificazione del personale che gi� alcune Amministrazioni dello Stato hanno risolto o sono in via di soluzione. In particolare, con il d.m. 30 giugno 1969, il Ministero dell'Interno ha istituito un Centr� di addestramento dell'informazione, l'Azienda di Stato per i servizi telefonici provvede alla qualificazione profession,ale dei dipendenti per la utilizzazione nel settore organizzativo dell'informazione; la Ragioneria Generale dello Stato si sta provvedendo, per la scelta del personale occorrente ai propri servizi di informazione, attraverso i nuovi assunti nella carriera direttiva proveniente dall'ultimo concorso. In sede internazionale, il problema dell'Informatica ha gi� trovato idonei strumenti per la realizzazione della nuova esigenza dell'informazione, anche nel campo della pubblica Amministrazione. Negli Stati Uniti � stato predisposto un programma nazionale per l'insegnamento della Informatica nelle scuole, e la Comunit� Economica Europea ha gi� eleborato un progetto per la creazione di un Istituto europeo per la Informatica. Nel settore che pi� da vicino interessa l'attivit� dell'Avvocatura dello Stato, va notato che l'Ufficio Massimario della Corte di cassazione ha elaborato da tempo un sistema per la ricerca automatica dei precedenti giurisprudenziali, e fino ad oggi sono stati inseriti nell'elaboratore circa �otto annate di giurisprudenza. La Corte dei Conti ha gi� in funzione un Centro elettronico utilizzato per i procedimenti in materia di pensioni e per il reperimento dei dati occorrenti al controllo di legittimit�. Il Ministero dell'interno utilizza un centro elettronico per i servizi di pubblica sicurezza. Il Ministero della Difesa ha istituito un Servizio pubblico per il trattamento delle informazioni tecnico-scientifiche, a cui pu� attingere qualsiasi cittadino. Il Consiglio nazionale delle ricerche, l'Istituto centrale di Statistica, la Banca d'Italia e vari altri Istituti hanno predisposto sistemi per la ricerca automatica dei dati, per la loro elaborazione e per l'utilizzazione nell'ambito dell'attivit� di loro competenza. In particolare, la Ragioneria generale dello Stato utilizza il Centro elettronico anche per l'elaporazione dei dati relativi alle entrate e alle spese delle pubbliche Amministrazioni, al fine di ottenere una coordinata politica dell'impegno e della spesa pubblica. Con riferimento alle esigenze relative all'attivit� dell'Avvocatura dello Stato, l'applicazione dei sistemi di ricerca e di elaborazione dei dati relativi al con~ultivo ed al contenzioso consentir� di valutare, con maggiore aderenza alla concreta realt�, l'effettivo andamento dell'opera di consulenza e di difesa e di indirizzare, in modo pi� ido�neo, l'attivit� stessa, avendo a disposizione, in modo rapido ed esauriente, ed in tempo reale, la natura delle questioni trattate, l'impostazione delle linee difensive per ogni singola questione, le decisioni anche delle Corti di merito, intervenute sulle analoghe questioni gi� trattate, la pi� organica, razionale ed efficiente riparti -~ :-: .�: PARTE II, NOTIZIARIO 119 zione fra gli avvocati della complessa attivit� svolta dall'Avvocatura dello Stato. Ed infatti l'utilizzazione di un sistema centralizzato di informazioni e di distribuzione anche periferica di esse consente: a) facilit� nell'aggiornamento delle cognizioni necessarie per l'esame e la soluzione delle questioni; b) la rapida reperibilit� dei dati occorrenti e, quindi, c) un decisivo apporto al lavoro intellettuale. Sulla base delle esperienze acquisite nei settori in cui hanno trovato applicazione i nuovi sistemi di informazione, compreso quello della pubblica Amministrazione, si � determinato non una diminuzione del personale, ma un pi� alto grado di qualificazione, a tutti i livelli, di esso, con l'elimi nazione di tutto il lavoro c.d. di routine, e di attivit� lavorativa e con il risultato di produttivit�. quindi, con minore dispendio un accrescimento del tasso di I �: I fil I I ::::: -