ANNO XXI -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1969 ANNO XXI -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1969 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1969 ABBONAMENTI ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO � � � . . � . � � . � � � . . � . � � 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA .DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia , Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (8213493) Roma, 1969 -Istituto Poligralf�co dello Stato P. V. INDICE Parte prima: GIUR,JSPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTER NAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 377 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto Baccan1 � 429 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura del/'avv. Pietro de Francisci) � � . , . . � � � 450 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo) � � � � � 477 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a-cura degli avvocati Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bafile) � 495 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura dell'avv. Franco Carusn � � � � � � � 575 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Antonino Terranova) � � � � � � � � 588 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOT,IZIARIO * RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazze/la) . � . pag. 57 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) � 59 CONSULTAZIONI � � � � � � � � � � � � � � � � 119 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI PALATIELLO A., Note minime sul giudizio di ottemperanza . pag. 484 FAVARA F., L'avviamento e le imposte sui trasferimenti. . 495 VITALIANI E., Considerazioni sulla reitefabilit� della ingiun zione fiscale . . , . , . . . . . . . . . . . . . . . . 500 BAFILE C., Note sull'azione riconvenzionale della finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale . . . . . 527 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA AGRICOLTURA -Credito agrario di esercizio Privilegio sui frutti del fondo - Opponibilit� nei confronti del terzo nuovo possessore e conduttore del fondo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 419. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI Patronato scolastico -Impiegati Non sono dipendenti dello Stato, 477. -Patronato scolastico -Natura Rico!' so di un dipendente al Ministero della P. I. -Pronuncia ministeriale -Natura, 477. -Pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio, esercente un servizio di pubblica necessit� Pubblico servizio -Nozione, con nota di P. DI TARSIA, 588. - Responsabilit� della Pubblica Amministrazione -Responsabilit� precontrattuale -Configurabilit� in materia di istituzione di un rapporto di pubblico impiego -Esclusione, 446. AMNISTIA -Precedenti penali -Attenuanti dei motivi di particolare valore morale e sociale -Condanna per infanticidio -Questione di legittimit� costituzionale della norma che punisce l'infanticidio -Irrilevanza, 408. APPALTO -Appalto di opere pubbliche Appalto di opere di competenza delle FF. SS. -Domande di maggiori compensi dell'appaltatore fondata su � fatto continuativo � -Differimento della formulazione della riserva, come per gli appalti di opere dipendenti dal Ministero LL. PP., al momento della cessazione della continuit� -Sussiste, 579. -Appalto di opere pubbliche Contratti di appalto stipulati in vigenza del Capitolato Generale app. 00. PP. 1895 -Approvazione del contratto -Tempestivit� -Necessit� che nel termine di quattro mesi dalla stipula del contratto seguano il decreto di approvazione e la registrazione del medesimo da parte della Corte dei Conti -Sussiste, 575. -Appalto di opere pubbliche Istituto della � riserva� dell'appaltatore come unico mezzo per far valere pretese a maggiori compensi nei confronti della P. A. committente -Fondamento e portata, 579. COMPETENZA E GIURISDIZIONE __:_ Arruolamento militare -Attivit� dell'Amministrazione -Discrezionalit� -Limiti -Violazione dell'obbligo del � neminem laedere � -Risarcimento del danno -Giurisdizione del giudice ordinario -Condizioni, 441. -Arruolamento militare -Norme regolatrici -Violazione -Lesione di interessi legittimi, 441. -Imposte e tasse -Tributi comunali -Concordato -Deliberazione comunale di approvazione Annullamento del prefetto -Controversia -Questione di diritto soggettivo -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, 481. Natura del rapporto di impiego tra i Convitti Nazionali e il personale insegnante nelle scuole da essi gestite anteriormente alla legge 9 marzo 1967, n. 150 ! f ~AmlT~AP~ VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Controversia -Giurisdizione ordinaria, 435. -Questione di stato delle persone -Accertamento � incidenter tantum� -Inammi1ssibilit� -Giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, 437. -Rapporto di pubblico impiego cessato -Controversia sul periodo complessivo del servizio al solo fine di stabilire l'entit� della pensione -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato Esclusione, 431. - Rapporto di pubblico impiego cessato -Ripetizione di indebito oggettivo -Domanda di annullamento di atto amministrativo di recupero di somme versate, 432. COMUNI E PROVINCIE -Elezioni degli organi delle amministrazioni comunali -Ineleggibilit� di coloro che, all'atto dell'accettazione della candidatura, abbiano rassegnato le dimissioni dalla carica -Illegittimit�, costituzionale, 377. CONTRABBANDO -Detenzione di eccedenze -Poteri d'accertamento della Polizia Tributaria, con nota di P. DI TARSIA, 601. CORRUZIONE -In genere -Natura giuridica Reato plurisoggettivo -Possibilit� di esclusione della responsabilit� del corruttore, con nota di P. DI TARSIA, 588. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Autonomie locali -Adeguamento delle leggi della Repubblica Ipotesi varie, 390. -Autonomie locali -Stato giuridico dei segretari comunali e provinciali -Violazione dell'autonomia -Insussistenza, 391. -V. anche Agricoltura, Amnistia, Comuni e Provincie, Dogane, Friuli-Venezia Giulia -Imposte e tasse in genere, Lavoro, Matrimonio, Pena, Pensione, Procedimento civile, Procedimento penale, Reati, Sanitd, Sicilia, Successioni, Telefoni. DANNI DI GUERRA - Cespite -Nozione, 482. Cespite -Strutture organizzative interne -Non � tale, 482. Contributo di ricostruzione -Determinazione -Distinzione tra opere murarie e attrezzature produttive -Illegittimit�, 482. -Indennizzo -Determinazione Sindacabilit� -Limiti, 482. -Indennizzo -Determinazione Valore delle scorte -Detrazione -Limiti, 482. DEMANIO -Demanio storico -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie -Ordine di demolizione -Contrasto col comportamento del Comune in tema di licenza edilizia -Inconfigurabilit�, 480. -Demanio storico -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Ordine di demolizione -Motivazione -Fattispecie, 480. -Demanio storico -Bellezze naturali -Piano paesistico -Stralcio di zona -Ordine di demolizione di costruzione abusiva sita in detta zona -Legittimit�, 480. DOGANA -Estinzione dei reati punibili con sola multa -Conciliazione amministrativa prima dell'inoltro del verbale all'A.G. -Violazione del principio di eguaglianza, 398. INDICE VII EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Assegnaz.one di alloggi -Assegnazione di alloggio INA-Casa Successiva assegnazione di alloggio avente le caratteristiche previste dagli artt. 48 e 50 t. u. 28 aprile 1938, n. 1165 -Ammissibilit�, 478. -Piani ex lege n. 167 del 1962 Approvazione -Parere del Consiglio superiore sanit� -Non necessario, 479. -Piani ex lege n. 167 del 1962 Deliberazione comunale -controllo della G.P.A. -Invio al Prefetto ;. Non necessario, 479. -Piani ex lege �n. 167 del 1962 Varianti -Ammissibilit�, 479. -Piani ex lege n. 167 del 1962 Varianti -Approvazione -Motivazione per relationem -Legittimit�, 479. -Piani ex lege n. 167 del 1962 Varianti -Autorizzazione ministeriale -Non necessaria, 479. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Occupazione anticipata -Indennit� -Interessi -Natura -Decorrenza, 453. -Opposizione promossa da terzi aventi ragioni sull'indennit� Termini -Decorrenza, 453. FALSO -Falsit� di atti -Casistica di atti -Decreto di concessione del contributo per miglioramenti fondiari -E atto pubblico, con nota di P. Di; TARSIA, 588. -Falsit� in atti -In genere -Idoneit� dell'azione con nota di P. DI TARSIA, 588. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Potere di nomina di un rappresentante nel collegio sindacale del Consorzio agrario provinciale di Udine -Competenza dello Stato, 409. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Cosa giudicata -Esecuzione ai sensi dell'art. 27 n. 4 -Presupposti -Decisioni impugnate per revocazione o per contrasto di giudicati -Applicabilit�, 477. -Cosa giudicata -Giudizio di ottemperanza -Oggetto e limiti Differenze rispetto all'ordinario ricorso -Accertamento dell'obbligo scaturente dal giudicato e della conseguente inosservanza, con nota di A. PALATIELLO, 484. Cosa giudicata -Ricorso ex articolo 27 n. 4 del Testo Unico sul Consiglio di Stato -Attivit� dell'Amministrazione in ottemperanza al giudicato, con nota di A. PALATIELLO, 483. -Cosa giudicata -Rinnovazione del provvedimento in ottemperanza solo parziale del giudicato -Illegittimit� -Obbligo dell'Amministrazione di attenersi ai criteri contenuti nel giudicato -Sussistenza dell'obbligo anche nelle ipotesi di attivit� discrezionale, con nota di A. PALATIELLO, 484. -Decisioni amministrative -Principi del c.p.c. -Applicabilit� Limiti, 477. -Ricorso giurisdizionale -Motivi non dedotti nel ricorso gerarchico -Limiti, 482. -Ricorso giurisdizionale -Presupposti per l'ammissibilit� del ricorso -Necessit� di una dichiarazione esplicita o implicita del1' Amministrazione di non volere eseguire il giudicato -Non sussiste -Parziale adempimento, con nota di A. PALATIELLO, 484. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Diniego -Successiva pretesa di sopravvenuta decadenza -Deducibilit� nel corso del giudizio Condizione e limiti -Onere della prova, con nota di C. BAFILE, 527. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte per decadenza delle agevolazioni -Normativa anteriore alle leggi n. 35 del 1960, n. 1493 del 1962 e n. 1150 del 1967 -Prescrizione triennale ex art. 136 legge registro Decorrenza, 567. -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso Vendita isolata di negozi -Inapplicabilit� delle agevolazioni 552. ' -Agevolazioni per l'edilizia previst" e dalla I. 2 luglio 1949, n. 408 -Acquisto con unico atto di area destinata alla costruzione di una pluralit� di edifici -Biennio di ultimazione dei lavori riferito a tutti gli edifici da costruire, 509. -Agevolazioni per l'edilizia previste dalla I. 2 luglio 1949 n, 408 -Termine biennale per l'ultimazione della costruzione -Soppressione ex art. 5 d. 1. 11 dicembre 1967, n. 1150 -Retroattivit� -Limiti, 509. -Liberalit� a favore di provincie, comuni ed altri enti morali Esenzione -Effettiva realizzazione dello scopo dell'atto -Necessit�, 535. -Presunzione di trasferimento di azienda -Applicabilit� anche ai trasferimenti di quote di compropriet� dell'azienda, 538. - Societ� di fatto -Rilevanza fiscale della data di registrazione del relativo atto, 538. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Presupposto del tributo -Reddito mobiliare netto -Avanzi anuali di gestione -Mercati ittici comunali -Intassabilit�, 520. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Azienda commerciale e industriale -Valore di avviamento Inclusione nell'asse imponibile con nota di F. FAVARA, 495. ' IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -I.G.E. all'importazione -Importazione di nave armata -Intassabilit�, 557. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Commissioni tributarie -Natura di organi giurisdizionali -Decisioni della Commissione Centrale -Impugnabilit� in cassazione ex art. 111 Cost., 538. Competenza e giurisdizione -Imposte dirette -Azione giudiziaria -Condizioni -Preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie -Azione di mero accertamento diretta ad impedire preventivamente l'applicazione dell'imposta Improponibilit� con nota di G. DE PAOLA, 429. ' -Esecuzione esattoriale -Opposizione del terzo proprietario dell'immobile gravato dal privilegio speciale -Giurisdizione del giudice ordinario -Esclusione, 513. Immobili urbani -Applicazione delle imposte di registro, I.G.E. e bollo sui contratti di locazione Percezione dell'I.G.E. anche nell'ipotesi di risoluzione del contratto ..: Illegittimit� costituzionale, 388. -Imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili Decorrenza -Facolt� di determinarla con riferimento alla istituzione del contributo di miglioria generica -Illegittimit� costituzionale -Parziale sussistenza, 415. -Imposte dirette -Esenzione assoluta -Inesistenza di obbligazione tributaria -Domanda di rimborso -Non � soggetta a termini di decadenza o a forme particolari di procedimento, 517. -Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione -Intimazione di seconda ingiunzione per identico titolo, 500. Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione -Intimazione di seconda ingiunzione -Difetto di INDICE IX interesse -Rilevabilit� di ufficio, con nota di E. VITALI.ANI, 499. -Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione fiscale -Natura Opposizione -Posizione processuale delle parti, con nota di C. BAFILE, 527. -Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione fiscale -Natura Opposizione -Posizione processuale delle p�arti -Azione riconvenzionale della Finanza -Condizioni e limiti, 528. -Reato finanziario -Intendente di Finanza -Competenza penale Illegittimit� costituzionale, 400. -Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Procedimento I.G.E. -Ricorso per revocazione contro il decreto ministeriale Natura -Sospensione dei termini per l'impugnazione ordinaria -Esclusione -Atto confermativo -Impugnazione -Esclusioni, 524. -V. anche Competenza e giurisdizione. IMPUTATO -Assunzione della qualit� di imputato -Enunciazione specifica degli estremi dell'accusa -Non � necessaria -Fattispecie, 595. LAVORO Divieto di licenziamenti individuali -Giusta causa -Esclusione delle aziende con meno di 35 dipendenti -Illegittimit� costituzionale -Insussistenza, 424. -Rapporto di lavoro domestico Sottrazione alla disciplina del contratto collettivo -Illegittimit� costituzionale, 410. MATRIMONIO. Separazione dei coniugi -Obbligo del marito separato per sua colpa di somministr�are il necessario ai bi-sogni della vita -Violazione del principio di eguaglianza tra i coniugi -Esclusione, 377. OPERE PUBBLICHE -Citt� di Napoli -Legge speciale 9 aprile 1953, n. 297 -Realizzazione di opere pubbliche di pertinenza del Comune di Napoli da parte della Cassa per il Mezzogiorno -Delega al Comune per l'esecuzione delle opere Obbligo del Comune di provvedere alle occupazioni ed espropriazioni, 461. -V. anche Appalto. PECULATO -Distrazione -Somme destinate alla G. I. -Devoluzione ad una associazione sportiva giovanile - Sussitenza del reato, con nota di P. DI TARSIA, 602. PENA -Applicazione provvisoria di pene accessorie -Violazione della presunzione di non colpevolezza dell'imputato -Esclusione, 421. PENSIONI -Pensioni di guerra -Esclusione dal trattamento pensionistico indiretto delle sorelle coniugate del defunto -Violazione del princ1p10 di eguaglianza -Illegittimit� costituzionale, 393. PROCEDIMENTO CIVILE Cause scindibili -Impugnazione, 450. X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Decisione del Consiglio di Stato -Ricorso per Cassazione Termine per l'impugnativa Decorrenza, 468. -Legittimatio ad causam -Rilevabilit� di ufficio in ogni grado del giudizio -Limiti, 450. -Opposizione all'indennit� di esproprio -Giudizio promosso dal proprietario espropriato e dall'usufruttuario -Opposizione dell'usufruttuario oltre i termini -Conversione in intervento volontario Inammissibilit�, 453. - Termini processuali -Calamit� naturali -Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza Contrasto con il diritto di �lifesa e con l'officialit� dell'azione penale -Esclusione, 383. PROCEDIMENTO PENALE -Decreto penale -Revoca nei confronti del coimputato non opponente -Limitabilit� alle sole ipotesi che il fatto non sussiste o non costituisce reato -Violazione dei principi di eguaglianza -Esclusione, 386. - Nullit� della perizia -Estensibilit� agli atti successivi -Limiti, 595. REATO -Abigeato e pascolo abusivo nelle provincie meridionali e nella Sicilia -Illegittimit� costituzionale della normativ�a -Esclusione, 410. -Sottrazione di persone incapaci Limitazione della fattispecie legale al solo genitore esercente la patria potest� -Violazione dell'eguaglianza dei coniugi Esclusione, 395. RESPONSABILITA CIVILE -Lesioni �personali _ cagionate a militari di truppa -Azione di arricchimento indebito da parte della p. a. nei confronti del terzo responsabile -Ammissibilit� 450. . I -Responsabilit� della P. A. -Capitolati di appalto -Clausola di manleva -Natura -Ammissibilit�, 473. SALUTE PUBBLICA -Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande -Sostanze colorate artificialmente -Violazione delle modalit� stabilite con decreto mini. sterioale -Esclusione -Illegittimit�, 406. SICILIA -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Modalit� per l'erogazione di contributi straordinari agli esercenti servizi di linea -Competenza dello Stato fuori del territorio regionale, 400. -Legge regionale recante modifiche alle cause di ineleggibilit� a consigliere comunale e consigliere provinciale -Ineleggibilit� dei dipendenti della Provincia alla prima carica e dei dipendenti dei Comuni alla seconda -Illegittimit� costituzionale, 378. -Tutela del paesaggio e conservazione delle antichit� e delle opere artistiche -Norma disciplinante � i vincoli sulla zona di templi in Agrigento -Decreto ministeriale che determina il perimetro del1a valle de templi, la prescrizione di uso ed i vincoli di inedificabilit� -Legittimit� costituzionale, 415. SUCCESSIONI -Diritto di rappresentazione Esclusione dei figli naturali del chiamato che non lasci o abbia discendenti legittimi -Illegittimit� costituzionale, 423. XI INDICE TRASPORTO TELEFONI Tariffe telefoniche Carattere Trasporto internazionale di cose impositorio della prestazione a mezzo ferrovia -Convenzione Determinazione delle tariffe internazionale C.I.M. -AccettaPotere conferito dalla legge al zione e ritiro della merce C.I.P. -Illegittimit� costituzioConcetto -Avaria -Azione connale -Esclusione, 412. trattuale, 458. j -.rdiiiJl!FllA!fffi\!EllL41!17~AlfJ!BtrAlfJ!B INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 26 marzo 1969, n. 45 . 26 marzo 1969, n. 46 . 26 marzo 1969, n. 47 . 26 marzo 1969, n. 48 26 marzo 1969, n. 49 28 marzo 1969, n. 52 28 marzo 1969, n. 53 28 marzo 1969, n. 54 28 marzo 1969, n. 55 28 marzo 1969, n. 56 3 aprile 1969, n. 60 3 aprile 1969, n. 61 3 aprile 1969, n. 62 3 aprile 1969, n. 63 9 aprile 1969, n. 68 9 aprile 1969, n. 71 9 aprile 1969, n. 72 11 aprile 1969, n. 74 11 aprile 1969, n. 75 11 aprile 1969, n. 77 11 aprile 1969, n. 78 14 aprile 1969, n. 79 14 aprile 1969, n. 81 26 giugno 1969, n. 108 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 24 giugno 1968, n. 2110 . Sez. III, 15 ottobre 1968, n. 3296 Sez. III, 23 gennaio 1969, n. 196 Sez. I, 9 marzo 1969, n. 1121 . Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1105 Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1106 Sez. Un., 21 aprile 1969, n. 1264 Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1282 Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1304 . Sez. I, 26 aprile 1969, n. 1346 . . Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1375 Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1376 Sez. I, 30 aprile 1969, n. 1417 . Sez. Un., 6 maggio 1969, n. 1525 Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1581 . pag. 377 > 377 383 386 388 390 393 395 398 400 400 406 408 409 410 410 412 415 415 419 421 423 424 378 pag. 495 450 499 509 429 431 513 453 517 520 523 435 458 461 t~~ ~:���� 527 1 ~..~ INDICE XIII Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1585 pag. 528 Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1614 . 468 Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1615 . 437 Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1616 > 441 Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1892 446 Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2175 538 Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2176 552 Sez. I, 21 giugno 1969, n. 2211 . 473 Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2303 557 Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2311 567 Sez. I, 27 giugno 1969, n. 2314 575 Sez. I, 30 giugno 1969, n. 2393 . 578 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad plen., 7 marzo 1969, n. 6 . pag. 477 Ad. plen., 21 marzo 1969, n. 10 477 Ad. plen., 28 marzo 1969, n. 11 478 Sez. IV, 5 marzo 1969, n. 54 . 479 Sez. IV, 12 marzo 1969, n. 67 . 480 Sez. IV, 12 marzo 1969, n. 69 . 481 Sez. IV, 21 marzo 1969, n. 84 . 482 Sez. VI, 21 febbraio 1969, n. 269 483 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 18 dicei:nbre 1968, n. 2662 pag. 588 Sez. IV, 16 aprile 1968, n. 880 595 Sez. I, 20 maggio 1969, n. 657 601 Sez. V!, 14 giugno 1969, n. 1019 602 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA INDICE DELLA RASSEGNA DI DOTTRINA MARCHETTI P., Boicottaggio e rifiuto di contrattare, CEDAM, Padova, 1969 . . . . . . . . . . . . . . , . . . . . . . . pag. 57 CuccIA F., Lineamenti di una bibliografia sulla disciplina giuridica dell'urbanistica, Giuffr� editore, Milano, 1969 . . . . 57 INDICE DELLA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice civile, art. 467 e art. 468 . pag. 59 codice civile, art. 577 . . . . . 59 codice civile, art. 2068, secondo comma 59 codice penale, art. 330, primo e secondo comma 59 codice penale, art. 507 . . . . . . . . . . . 60 codice di procedura penale, art. 149, primo comma . 60 codice di procedura penale, art. 553, n. 2 . . . . . 60 legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 14, secondo comma, art. 21, primo comma, n. 1 e n. 2, e secondo comma; art. 26, primo comma, e terzo comma; art. 27, primo comma, n. 2, artt. 36, 37, 38, 39, 40, 41, primo e secondo comma, 42, 43, 44, 45 e 48, terzo comma, art. 50, primo comma, art. 51, primo comma . 60 r. d. 24 settembre 1931, n. 1473, artt. 9 e 10 . . . . . 61 r. d: 3 marzo 1934, n. 383, artt. 33 e 34, art. 35 . . . 61 legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 141, secondo comma, seconda parte . . . . . . . . . . . . . 61 legge 10 agosto 1950, n. 648, artt. 71, primo comma, lettera c), 77, primo comma, e 84, secondo comma . 61 legge reg. sic. 28 aprile 1951, n. 41 . . . . . . . . 62 d. 1. 24 novembre 1954, n. 1069, art. 14, secondo comma .............. . 62 legge 10 dicembre 1954, n. 1159, art. 1. . . 62 d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 3 62 d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868, articolo unico 62 d. P. R. 9 maggio 1961, n. 740, articolo unico � 63 legge 29 dicembre 1962, n. 1744, art. 2, secondo comma ................... . 63 legge 5 marzo 1963, n. 246, artt. 48, primo comma, e 49, primo comma . . . . . . . . . . . . . . 63 legge 22 luglio 1966, n. 607, art. 1 . . . . . . . . 64 legge 18 marzo 1968, n. 313, artt. 64 primo comma, let tera c), 75, primo comma, e 76, secondo comma . . 65 INDICE xv -Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale: codice civile, art. 145, primo comma pag. 65 codice civile, art. 156, primo comma . 65 codice civile, art. 271 . . . . . . . 66 codice civile, disp. trans., art. 123, terzo comma 66 codice penale, art. 140 . . . . . . 66 codice penale, art. 574, prima parte . . . . . 66 codice di procedura penale, i:..rt. 301 . . . . . . 67 codice di procedur�a penale, art. 510, ultimo comma . 67 codice di procedura penale, art. 587 67 d. 1. lgt. 11 febbraio 1917, ii. 249 . 67 r. d. 1. 29 luglio 1927, n. 1509, art. 8 67 legge 5 luglio 1928, n 1760 . . . . 67 r. d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10 68 r. d. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 33, 34 e 35 68 r. d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 232 . . 68 r; d. 1. 21 luglio 1938, n. 1468, artt. 1 e 2. 68 legge 9 gennaio 1939, n 142 . . . . . . . > 68 r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 201 . . . 69 r. d. 30 marzo 1942, n. 318, art. 123, terzo comma 69 legge 27 giugno 1942, n. 851, art. 4 . . . 69 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 1 e 2 . 69 legge 24 luglio 1957, n. 633, articolo unico . . 69 d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 4, lettera b 70 legge 21 luglio 1960, n. 739, artt. 15, primo e secondo comma, e 16, secondo, terzo e quarto comma . . 70 d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 346, articolo unico . . . 70 legge 30 aprile 1962, n. 28~.l artt. 5, lettera f, 6 e 10 . 70 legge 8 giugno 1962, n. 604, artt. 23 e 46 . . . . . 70 legge 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1 capoverso . 71 legge 9 gennaio 1963, n. 7, art. 1, ultimo comma . 71 d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 215 . 71 legge 5 luglio 1965, n. '798, artt. 3 e 4 . . . . . 71 legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma . 71 d. 1.-9 novembre 1966, n. 914, artt. 1, primo comma, e 3 legge 23 dicembre 196ti, n. 1141 . . . . 72 -Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� costituzionale . . . . . . . . . . . 7Z -Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale � stato definito con pronunce di estinzione di inammissibilit� di manifesta infondatezza o di restituz{ one degli atti al giudice di merito . . . . , . . . . 110 'i GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (*) CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 45 -Pres. Sandulli - Rel. Bonifacio -Traina ed altri (avv. Giannini, Mancini, Acquaroli, Gallo, Della Pietra). Matrimonio -Separazione dei coniugi -Obbligo del marito separato per sua colpa di somministrare il necessario ai bisogni della vita Violazione del principio di eguaglianza tra i coniugi -Esclusione. (Cost. art. 3, 29; cod. civ. art. 156, primo comma, 145). I Ij Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 156, primo comma, codice civile, in relazione al principio di eguaglianza dei coniugi, nella parte in cui si pone a carico del marito, in seguito I I ) a separazione per esclusiva colpa di lui, l'obbligo di somministrare alla moglie, in proporzione alle proprie sostanze, tutto ci� che� � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (1). I Ii I r j CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 46 -Pres. Sandulli - Rel. Crisafulli -Battaglia (avv. Gava). I Comuni e provincie -Elezioni degli organi delle amministrazioni comunali -Ineleggibilit� di coloro che, all'atto dell'accettazione I I ! (1) La questione era stata sollevata con 11 ordinanze di un giudice di merito e decisa senza l'intervento del Presidente del Consiglio dei ! i Ministri. l La sentenza ha il suo pi� immediato e diretto precedente nella decijsione della stessa Corte, 23 maggio 1966, n. 46 (in questa Rassegna, 1966, i 528 e nota di richiami). ~ ; (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha ' collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. .... --I II ~~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEJ:.LO STATO 378 della candidatura, abbiano rassegnato le dimissioni dalla carica Illegittimit� costituzionale. (Cost. art. 3, 51; t.u. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 3). � costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di generalit�, del diritto elettorale passivo, l'art. 15, n. 3 del testo unico 16 maggio 1960, n. 570 suila elezione degli organi delle amministrazioni comunali, limitatamente alle inclusioni nelle ipotesi di ineleggibilit�, ivi previste di coloro che, all'atto dell'accettazione della candidatura, abbiano presentato le dimissioni, astenendosi successivamente da ogni attivit�, inerente all'ufficio (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 26 �giugno 1969, n. 108 -Pre�s. Branca - Rel. Trimarchi -Commissario Stato per la Regione Siciliana (sost. avv gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Villari). Sicilia -Legge regionale recante modifiche alle cause di ineleggibilit� a consigliere comunale e consigliere provinciale -Ineleggibilit� dei dipendenti della Provincia alla prima carica e dei dipendenti dei Comuni alla seconda -Illegittimit� costituzionale. (Cost. art. 51; l. reg. 30 aprile 1969). � costituzionalmente illegittima, per violazione del principio di generalit�, del diritto elevtorale passivo, la leigge regionale siciliana 30 aprile 1969, la quale sancisce l'?.neleggibilitd a consigliere comunale dei dipendenti della Provincia nella cui circoscrizione � compreso il Comune, e l'ineleggibilit�, a consigliere provincia.le dei dipendenti dei Comuni appartenenti alla Provincia (2). (1-2) Le due sentenze, pur ~2 riferite a leggi di diversa produzione, la prima statale, la seconda regionale, sono sulla medesima linea di interpretazione restrittiva delle cause di ineleggibilit�, in relazione all'art. 51 della Costituzione. La sentenza 10 luglio 1968, n. 96, richiamata in motivazione, � pubblicata in questa Rassegna, 1968, 533. Per l'irrilevanza, ai fini della ineleggibilit�, d~lla circostanza che il candidato, successivamente alle elezioni, si dimetta dalla carica cfr. Consiglio di Stato, Sez. I, 27 dicembre 1963, n. 3105, Consiglio di Stato, 1967, I, 562. 0r1rr�ffilliitrfm~mr�Mffifr@mrnmm1rtr0rfifffilfttm:1fiifffifHtrffffmff1mffr1m1wr~mn1mrra;1rnmf?iimmm&rfirrtmYJ~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 379 I (Omissis). -5. -Nel merito, la Corte osserva che, isolatamente riguardati a prescindere dalle conseguenze che ne derivano sul signi ficato del n. 3 dell'art. 15 del testo unico n. 570 (n. 3 dell'art. 15 del testo unico legislativo n. 203 del 1951), gli artt. 10 e 14 del testo unico comunale e provinciale n. 383 del 1934 non contrastano con le norme costituzionali invocate nelle ordinanze di rimessione: l'art. 10 stabi lendo che l'accettazione delle dimissioni da un determinato ufficio spetta alla medesima autorit� che ebbe a procedere alla nomina e presupponendo quindi il principio, di generale applicazione nel campo giuspubblicistico, che le dimissioni non hanno effetto se non sono state accettate dall'autorit� competente; l'art. 14 formulando, con specifico riferimento all'ipotesi di avvenuto decorso del termine di durata, la regola che gli amministratori cessanti restano in carica fino all'inse diamento dei loro successori, anche questa applicabile, pi� largamente, ad ogni altra i.ipotesi di cessazione dall'ufficio, compresa quella di di. missioni. Neppure la disposizione dell'art. 15, n. 3, in quanto prescrive l'ine leggibilit� a consigliere comunale di coloro che ricevono una retri buzione a carico del comune o di enti o aziende dipendenti, sovven zionati o sottoposti a vigilanza del comune stesso nonch� � degli ammi nistratori di tali enti, istituti od aziende., appare di per s� censurabile alla stregua delle norme della Costituzione c~i si richiamano le tre ordinanze. Come questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare (sentenza 3 luglio 1961, n. 42) non � vietato alla legge di stabilire in linea gene rale ed astratta cause di ineleggibilit� per categorie di soggetti che, per gli uffici ricoperti o per i loro rapporti con il comune, si trovino � in situazioni di incompatibilit� .con la posizione di candidati alle elezioni ., sia per l'influenza che da quelle circostanze pu� derivare sulla libera espressione del voto, sia per l'incidenza che le circostanze medesime possono avere sull'esercizio delle funzioni di consigliere comunale. � da soggiungere che lo stesso art. 51, primo comma, nel ribadire, con particolare riguardo all'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche pubbliche elettive, il principio di eguaglianza, riserva alla legge la determinazione dei requisiti di volta in volta necessari, e questi possono essere tanto positivi quanto negativi, come appunto il non trovarsi in situazioni del genere di quella cui si � ora accennato. 6. -Ferme restando tali considerazioni, � tuttavia evidente che le cause di ineleggibilit�, derogando al principio costituzionale della generalit� del diritto elettorale passivo, sono di stretta interpretazione e devono comunque rigorosamente contenersi entro i limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione delle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 380 esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate. Per l'art. 51 della Costituzione, l'eleggibilit� � la regola, l'ineleggibilit� l'eccezione. Ma, ai fini che le cause di ineleggibilit� specificamente contemplate nell'art. 15, n. 3, del testo unico n. 570 del 1960 (art. 15, n. 3 del testo unico legislativo del 1951) tendono a perseguire, � manifestamente ultroneo richiedere, per far cessare l'ineleggibilit�, che le dimissioni di chi aspiri alla candidatura siano state accettate, senza d'altronde che alcun termine sia .prescritto per l'accettazione; cosi come � ultroneo esigere per di pi� che il dimissionario sia stato sostituitQ nell'ufficio. Un tale sistema, per quanto rispondente alle esigenze e conforme ai principi del rapporto di servizio nel diritto pubblico, si traduce, quando sia applicato senza i necessari temperamenti alla materia delle ineleggibilit�, in una ingiustificata limitazione, a danno di particolari categorie di cittadini, del principio dell'art. 51, primo comma: limita zione tanto pi� grave, in quanto la eleggibilit� finisce in tali ipotesi per dipendere da una estranea volont�, per giunta discrezionale almeno in ordine al quando. Ne risulta violata al tempo stesso la riserva di legge posta dall'art. 51, essendo il protrarsi della ineleggibilit� concre tamente rimesso alla discrezionalit� del consiglio comunale, cui spetta accettare le dimissioni e provvedere alla nomina dei nuovi ammini stratori. Che la ratio delle ineleggibilit� sia soddisfatta a sufficienza con le semplici dimissioni accompagnate da una effettiva astensione del dimissionario da ogni ~lteriore atto di ufficio, � confermato, del resto, dalle apposite disposizioni contenute nell'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, testo unico delle leggi per la elezione della Camera dei deputati, a termini delle quali le cause di ineleggibilit� previste nello stesso articolo �non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno 180 giorni prima della data di scadenza della Camera dei deputati � (e, in caso di scioglimento anticipato, entro i sette giorni successivi alla data del decreto di scio.. glimento), precisandosi altresi che �per cessazione delle funzioni si intende la effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito, preceduta... dalla formale presentazione delle dimissioni �. Disposizioni sostanzialmente analoghe sono dettate anche per le elezioni del Consiglio regionale della Sardegna, del Trentino-Alto Adige e del FriuliVenezia Giulia, rispettivamente dall'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 12 dicembre 1948, n. 1462, dall'art. 12 della le.gge regionale 20 agosto 1952, n. 24, e dall'art. 8 della legge 3 febbraio 1964; n. 3. Come si rileva raffrontando fra loro le disposizioni ora menzio nate, il legislatore, nella sua discrezionalit�, pu� variamente determi nare, purch� secondo criteri razionali, la data entro la quale deve verificarsi la cessazione della causa di ineleggibilit�, nei sensi sopra PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 381 esposti; ma in nessun caso tale data pu� essere successiva a quella prescritta per l'accettazione della candidatura, che rappresenta il primo atto di esercizio del diritto elettorale passivo. Ond'� che, in mancanza di apposite disposizioni, � questo il momento cui deve farsi riferimento. 7. -Deve concludersi pertanto che quel che si pone in contrasto con l'art. 51 della Costituzione � la normativa risultante dal combinato disposto degli artt. 15, n. 3, testo unico n. 570 del 1960 (art. 15, n. 3, testo unico legislativo n. 203 del 1954) e degli artt. 10 e 14 del testo unico comunale �e provinciale n. 383 del 1934, nonch� dai pi� generali principi da questi ultimi implicati. L'accertata violazione dell'art. 51, primo comma, rende superfluo prendere in esame le censure per contrasto con l'art. 3, prima parte, della Costituzione, tanto pi� che l'art. 51 � la disposizione che, nel fare ! specifica e circostanziata applicazione del principio di eguaglianza aila I materia della eleggibilit�, pone i principi direttamente disciplinanti la materia stessa. -(Omissis). I I ! II I (Omissis). -1. -Il Commissario dello Stato impugna, per violai I zione dell'art. 51 della Costituzione, la legge approvata dall'Assemblea ! regionale siciliana il 30 aprile 1969, recante �modifiche alle cause di ineleggibilit� previste per la elezione a consigliere comunale e a consigliere provinciale � . Il ricorso nel merito � fondato. I La riserva di legge posta dall'art. 51 della Costituzione non esclude che la Regione siciliana, giusta gli artt. 14 lettera o e 15 dello Statuto, abbia, in materia di elettorato passivo, potest� legislativa primaria. Risponde ad una sicura esigenza di carattere generale che la disciplina I dei diritti elettorali, in quanto attinenti alle strutture essenziali df uno ! Stato a base democratica, sia dettata con norme destinate tendenzialmente ad operare su tutto il territorio della Repubblica. Ma � del pari giustificato che, coerentemente al riconoscimento di potest� legislativa primaria alla Regione siciliana, sia ad essa consentito di dettare norme nelle relative materie. Va da s�, per�, che, attraverso l'esercizio di quella potest� legislativa, specie in una materia (come quella dell'elettorato passivo) in cui � particolarmente avvertito il bisogno di una uniforme disciplina per tutti i cittadini e per tutto il territorio nazionale, la Regione non pu� dar vita a norme che comportino deroghe, non giustificate e non razionali, alla leg1slazione elettorale statale che sia conforme al dettato della Costituzione e delle leggi costituzionali. 2. -Non v'� dubbio che le norme limitazioni non consentite al godimento torato passivo. impugnate introducono delle del diritto politico dell'eleti ' f I ! I _,,~~~ 382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Entro i confini' segnati dal presente controllo di legittimit� costituzionale � evidente come non possa rilevare l'eventuale fondatezza delle esigenze presumibilmente poste. a base delle norme impugnate e quindi l'opportunit� della loro emanazione, anche se con quelle ragioni potrebbe essere messo in evidenza un interesse di portata generale. Nella specie, si ha la violazione dell'art. 51 della Costituzione, sotto il profilo della mancata osservanza del principio di eguaglianza sul terreno e nella materia dell'elettorato passivo. La Regione siciliana, nell'esercizio della sua potest� legislativa p!'imaria, non pu� non rispettare quel principio, nel senso che non � in condizione di prevedere nuove o diverse cause di ineleggibilit� a consigliere comunale e a consigliere provinciale, se non in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esc1lusive per la Sicilia ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale, ed in ogni caso p.er motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati alla tutela di un interesse generale. A proposito delle norme di cui si tratta � a�ppena H caso di notare come non sia essenziale il riferimento ad eventuali limiti discendenti dalle leggi statali di attuazione della Costituzione; risulta, in modo certo, infatti, la mancata osservanza di limiti segnati direttamente dalla Costituzione. 3. -Per valutare le norme regionali che si riportano a determinate situazioni personali, per ragione di impiego o di lavoro, come a condizioni e fondamento della previsione di nuove cause di ineleggibilit� a cariche pubbliche, appare indispensabile cogliere la relazione che intercorre tra �quelle situazioni ed il godimento dell'elettorato passivo. Pu� quindi non interessare la pura constatazione della mancanza in concreto di un unico stato giuridico per tutti gli impiegati comunali e per tutti i dipendenti provinciali, e della eventuale diversit� di situazioni giuridiche personali anche nell'ambito dello stesso comune o della stessa provincia; e.d invece gioverebbe rilevare se ed in che modo le situazioni di quelle categorie di soggetti si atteggino autonomamente o diversamente nell'ambito delle strutture organizzatorie della Regione siciliana. � Sotto codesto profilo non sono riscontrabili nella legislazione a riferimento, sicuri dati o indici che valgano a dare fondamento alle norme impugnate. Il rapporto, risultante dall'ordinamento amministrativo degli enti locali nella nella Regione siciliana (decreto legislativo Pres. reg. 29 ottobre 1955, n. 6 legge reg. 15 marzo 1963, n. 16) tra 11 libero consorzio e il comune che ne faccia parte, non mette in evidenza d'altronde, nuove o differenti posizioni rispettive e soprattutto non rpone l'impiegato del comune che faccia parte del consorzio e nei confronti di questo, in PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 383 una posizione esclusiva o differente da quella in cui si trova l'impiegato comunale nei confronti della provincia nel restante territorio nazionale. Il risultato, non dubbio, trova definitivo riscontro solo� che si ponga mente alla circostanza che, sia pure con l'attuale regime di amministrazione straordinaria, la. provincia in Sicilia sopravvive fino a quando saranno creati i liberi consorzi (art. 266 del citato ordin�mento) (sentenza n. 96 del 1968). La notata relazione intercorrente tra il comune e il libero consorzio di comuni (o la ancora operante provincia, con amministrazione straordinaria), d'altra parte, serve anche ai fini della va,lutazione del rapporto tra i dipendenti dell'Amministrazione provinciale ed il comune rientrante nella relativa circoscrizione. 4. -Si perverrebbe sostanzialmente ad un non conducente mutamento della angolazione circa l'esame del problema, qualora si ritenesse di dover valutare la normativa in oggetto, sotto il profilo della asserita assimilazione nello stesso trattamento, di categorie analoghe. Non sembra per ci� accettabile la sia pure acuta argomentazione avanzata dalla Regione, secondo cui il quid novi sarebbe dato dal disposto dell'articolo 1 e la relativa norma sarebbe dettata per porre sullo stesso piano la situazione del dipendente provinciale nei confronti del comune rientrante nella relativa circoscrizione provinciale e quella dell'impiegato comunale verso lAmministrazione provinciale nella cui circoscrizione rientri il relativo comune. E ci� almeno per due ragioni. Anzitutto, perch� dovrebbe essere dimostrata l'attuale vigenza dell'articolo 6, n. 4, della legge 7 febbraio 1957, n. 16 (e al riguardo, invece, rileva la legge 9 maggio 1969, n. 14, che, dettando nuove norme, esclude che la prevista causa di ine1leggibilit� sussista anche per l'elezione dei consigli delle amministrazioni straordinarie); ed in secondo luogo, e soprattutto, perch�, per le considerazioni sopra svolte non pu� negarsi che la ripetuta norma, autonomamente considerata, sia incostituzionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 47 -Pres. Sandulli - Rel. Rocchetti -Ped� (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Procedimento civile -Termini processuali -Calamit� naturali -Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza -Contrasto con il diritto di difesa e con l'offi.cialit� dell'azione penale -Esclusione. (Cost., artt. 24, 112, 101; d.l. 9 novembre 1966, n. 914, conv. nella legge 23 dicembre 1966, n. 1141, artt. 1 e 3). Mentre � inammissibile per manifesta irrilevanza nella fattispecie la questione di legittimitd costituzionale della generale s9spensione dei i i l l I I I I I ~~ 384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO termini sostanziali, a causa di calamit� naturali, disposta dall'art. 1, secondo comma, del d.l. 9 novembre 1966 n. 914, non � fondata la questione relativa .all'art. 1 secondo comma, dello stesso testo normativo, sulla sospensione dei termini processuali, con riferimento agli artt. 24, 112 e 101 della Costituzione (1). (Omissis). -Il tribunale di Rovereto si � posto il quesito se debba considerarsi inesistente il termine a comparire di cui all'art. 163-bis del codice di procedura civile __,. e quindi, .per l'art. 164 stesso codice, nulla la citazione -quando esso sia venuto a cadere, e per intero, entro il periodo della sospensione dei termini disposta col decreto legge 9 novembre 1966, n. 914. Prima di risolvere tale quesito, il giudice a quo ha per� ritenuto di dover sollevare questione sulla legittimit� costituzionale degli artt. 1 e 3 del detto decreto legge, essendogli sembrato, oltre che rilevante per il giudizio, non infondato il dubbio se sia o no costituzionalmente consentito al legislatore ordinario sospendere, sia pure in condizioni di eccezionalit� derivanti da calamit� naturali, termini di decadenza da qualsiasi diritto, azione ed eccezione e termini relativi al pagamento di titoli di credito e di canoni di locazione o di affitto. Deve osservarsi in proposito che, essendo ben delimitato il punto del giudizio principale in rapporto al quale la questione di costituzionalit� � stata sollevata -sospensione di termini processuali -, ultronea, e quindi irrilevante, appare ogni altra �impugnativa incidente sulla sospensione di termini di altra natura, come quelli attinenti al pagamento di titoli di credito e di obbligaz.ioni contrattuali. Il tribunale giustifica l'impugnazione dell'intera normativa, assumendo che unica sia la ratio legis che la informa. Ma anche se tale assunto possa ritenersi esatto, egualmente irrilevante, ai fini della risoluzione del punto controverso del giudizio principale, cosi come dallo stesso tribunale identificato, appare tutta la parte dell'impugnazione che eccede quel punto. Trattasi di un caso di manifesta iwilevanza per contraddittoriet�, in quanto � lo stesso giudice a quo che, dopo di aver precisato, per quanto a lui occorre, l'oggetto e lo scopo dell'indagine, ne amplia il contenuto in sede di giudizio di costituzionalit�. (1) La questione era stata introdotta con ordinanza 15 aprile 1967 dal Tribunale di Rovereto (Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1967, n. 271). Non risultano precedenti specifici. Vedi, per�, per la assolutezza e generalit� di applicazione della sospensione dei termini disposta dal decretolegge 9 novembre 1966, n. 914, Pretore Nocera Inferiore 26 novembre 1966, Nuovo diritto, 1967, 452. f:~ .. r� m - i,::i - J ~~~~=~~�~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 385 Deve perci� essere dichiarata inammissibile per irrilevanza quella parte della questione che investe la legittimit� della normativa che ha disposto la sospensione di termini diversi da quelli processuali. Quanto alla impugnativa ,che investe le norme dell'art. 3, comma primo, del decreto n. 914, concernente la sospensione del corso dei termini perentori legali o convenzionali, i quali importino decadenze da qualsiasi diritto, azione od eccezione, essa � rilevante ai fini _della decisione del giudizio principale, ma infondate appaiono le ragioni esposte dal giudice a quo per sostenerne la illegittimit�. Per quanto poi attiene alla sospensione dei termini processuali, cui la rilevanza pi� esattamente si restringe, non pu� condividersi l'opinione che quella sospensione contrasti col diritto di difesa tutelato dall'art. 24, comma primo, e con l'obbligo dell'iniziativa dell'esercizio dell'azione penale spettante al pubblico ministero per l'art. 112, n�, in .genere, con le garanzie della tutela giurisdizionale previste dall'art. 101 e, secondo il tribunale, anche dall'art. 1 della Costituzione. Innanzi tutto � da rilevare che, con la sospensione dei termini processuali, non si verifica affatto quella generale paralisi di tutto il sistema giurisdizfonale paventato dal tribunale di Rovereto, perch� nulla vieta al pubblico ministero -se non ne � di fatto impedito da circostanze naturali straordinarie -di iniziare l'azione penale, emettere ed eseguire mandati di -cattura, n� al giudice civile, sempre che lo possa, di istruire processi e anche di tenere udienze. Ci� che non � consentito � soltanto di dichiarare decadenze per decorrenza di termini il cui corso � stato appunto dalla legge sospeso. Certo, entro questi limiti, l'attivit� giurisdizionale resta intralciata e quindi in parte paralizzata. Ma ci� � stato previsto per breve tempo e in via del tutto eccezionale, e sulla base di un consistente fondamento razionale, poich� la legge ha collegato gli effetti che il tribunale ritiene censurabili a eventi straordinari che rendono, quando non impossibile, almeno assai difficile l'esercizio dell'attivit� giurisdizionale. La normativa eccezionale, chiaramente ispirata da ragioni di solidariet� sociale (art. 2 Cost.), riguarda poi la totalit� dei cittadini della zona colpita, perch� generale � stata l'incidenza degli eventi calamitosi. Nessuna discriminazione n� di ordine personale, n� priva di giustificazione, � stata perci� realizzata, si da infrangere il principio di uguaglianza. Non pu� escludersi che della sospensione dei termini processuali possano avvantaggiarsi singoli soggetti che, in concreto non abbiano subito pregiudizio dagli eventi calamitosi, o possano subirne svantaggio singoli soggetti che da quegli eventi siano stati essi stessi colpiti. Ma tale incidenza, limitata, ripetesi, nel tempo, trova ampia giustificazione nelle ragioni che hanno ispirato la normativa di eccezione, e pu� dirsi connaturale a qualsiasi normativa di carattere generale. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 48 -Pres. Sandulli - Rel. Capalozza -Podest� (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). Procedimento penale -Decreto penale -Revoca nei confronti del coimputato non opponente -Limitabilit� alle sole ipotesi che il fatto non sussiste o non costituisce reato -Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p.p., art. 510, ultimo comma). La norma dell'art. 5.10, uitimo comma, codice di procedura penale, la quale limita la revocabilit� del decreto penale per il coimputato non opponente nelle sole ipotesi che il fatto non sussista o non costituisca reato, non � in contrasto col priticipio costituzionale di eguaglianza (1). (Omissis). -1. -La soluzione della questione sottoposta all'esame di questa Corte prescinde dall'indagine sulla natura giuridica dell'opposizione a decreto penale di condanna. Devesi, peraltro, tener fermo che l'impugnazione In genere e l'opposizione a decreto penale sono ispirate a criteri informatori diversi. Nell'impugnazione, sia la dichiarazione sia. �i motivi si estendono ai compartecipi, purch� non siano esclusivamente personali a chi ha impugnato (art. 203 cod. proc. pen.); mentre il decreto penale, quando � pronunciato a carico di pi� persone concorrenti nello stesso reato (art. 110 e seguenti cod. pen.), diviene, di regola, esecutivo contro quelle tra esse che non hanno proposto opposizione (art. 508, primo comma, cod. proc. pen.), salvo che la sentenza che decide sull'opposizione riconosca che il fatto non sussiste o non costituisce reato (art. 510, ultimo cpv., cod. proc. pen.). In sostanza, il legislatore ha regolato in modo diverso due situazioni radicalmente diverse: per l'impugnazione in genere, ha scelt.o la strada dell'estensivit�, che trova la sua integrazione nella garanzia offerta anche all'impugnante dai principio della non reformatio in (1) La questione era stata �sollevata �con ordinanza 5 agosto 1967 del Pretore di Chiavari (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24). Sulla legittimit� costituzionale del giudizio per decreto penale cfr. la precedente sentenza della Corte 23 marzo 1966, n. 27, in questa Rassegna, 1966, 286 e nota di richiami. In dottrina, pi� recentemente, GoRLANI, Attivit� istruttoria e diritto di difesa nei procedimenti penali per decreto, Riv. it. dir. e prdc. pen., 1967, 671; MIELE, Incostituzicmalit� dell'art. 506 c.p.p. in riferimento all'art. 24 Costituzione, Arch. pen., 1967, II, 18. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 387 peius; per l'opposizione a decreto �penale, ha, invece, reso arbitro il compartecipe di accettare la condanna inflitta, con la sola eccezione a lui favorevole prevista, per ragioni di equit�, dall'ultimo capoverso dell'art. 510. ~ Alla stregua, quindi, della costante giurisprudenza, secondo cui il principio di eguaglianza deve assicurare ad ognuno parit� di tr~ttamento solo allorch� eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono (sentenze n. 3/19.57; n. 64/1961; n. 68/1961; n. 7 /1965; n. 114/1968; n. 11/1969; n. 17 /1969), � da escludere la violazione dell'art. 3 della Costituzione. Mette conto, altresi, ricordare che questa Corte si � pi� volte .pronunciata nel senso che la valutazione della diversit� di situazioni giustificatrici di una differenza di trattamento giuridico non pu� non essere riservata alla discrezionalit� del legislatore Ol'dinario (sentenze n. 3/1957; n. 28/1957; n. 118/1957; n. 53/1958; n. 6/1960; n. 1/1962; n. 7 /1962; n. 8/1962; n. 44/1965; n. 45/1967), salva, beninteso, l'osservanza dei limiti stabiliti nel primo comma dell'art. 3 della Costituzione (sentenze n. 28/1957; n. 118/1957; n. 16/1960; n. 38/1965). Non pu� prospettarsi una irragionevolezza della disciplina, per ci� che riguarda il cosiddetto processo monitorio, dappoich� le conseguenze giuridiche (sostanziali e processuali) dell'opposizione, non essendo presidiate dalla non reformatio in peius, possono essere assai gravose e pregiudizievoli per chi la propone, sia per l'onere delle spese, sia anche perch� il giudice, se pronuncia sentenza �di condanna, � tenuto, per la irrogazione concreta della pena, solo a rispettare i limiti edittali (e cio� pu� infliggere una pena pecuniaria superiore o anche una pena detentiva, quando questa sia alternativamente prevista); pu� negare la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato penale, che siano state concesse con il.decreto; pu� applicare misure di sicurezza, art. 510 secondo comma, cod. proc. pen.), e, non essendo vincolato dal decreto penale (che � revocato se l'opponente si presenta all'udienza: art. 510, primo inciso del secondo comma), pu� anche dare una diversa e pi� severa qualificazione al fatto. L'eventuale dichiarazione di incostituzionalit� della norma denunziata, nella parte in cui limita l'estensione della sentenza assolutoria alle persone che abbiano concorso nel reato, offrirebbe al non opponente solo i vantaggi dell'altrui iniziativa, senza fargli correre alcun rischio n� sopportare alcun onere. 2. -� ben vero che l'attuale disciplina pu� dare adito ad un accertamento contraddittorio del fatto materiale che ha formato oggetto del giudizio penale; si tratta per� di un inconveniente, per quanto vistoso, che, attenendo alle discrasie tra la giustizia formale e la giustizia sostanziale e non presentando profili di illegittimit� costituzionale, pu� essere delimitato non da questa Corte bensi dal legislato.re. -(Omissis). i --I ......,,______,,,~,,,,,,.....-""","'"'"�--I ::t/:'":t\ii<==nt+~�.:>:t;.i:t?-="~=/B=��t?+.:=/�t'.=:r+=M====== �=:.J:tt�:.==~=:f.i:'.!=:'.. :�:.:t�'+:�=�:x:v:.t:;;::D'=:�'t;;;::..::p:f'fi.:Y<.fkh==Mhf:i:f>:::=t==f?N=::frnnw=:::i:t~ 388-RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 49 -Pres. Sandulli - Rel. Oggioni -Angeli ed altri (n. p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Immobili urbani -Applicazione delle imposte di registro, I.G.E. e bollo sui contratti di locazione -Per cezione dell'I.G.E. anche nell'ipotesi di risoluzione del contratto Illegittimit� costituzionale. (Cost. art. .3; 1. 29 dicembre 1962, n. 1744, art. 1 e 2). � parzialmente fondata la questione di legittimit� costituzionale, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, dell'art. 2, secondo comma della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, recante nuove disposizioni per l'applicazione delle imposte di registro, di bollo e sull'entrata sui contratti di locazione dei beni immobili urbani, nella parte in cui consente, per i contratti di durata pluriennale, la percezione annuale dell'IGE anche nell'ipotesi di intervenuta risoluzione del contratto nell'anno precedente (1). (Omissis). -3. -Con ,l'ordinanza del tribunale di Milano vengono impugnati gli articol'i 1 e 2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, per violazione dell'art. 3 della Costituzione. '8i assume che la fissazione di un'aliquota unica, comprensiva, sia dell'imposta proporzionale di registro, sia dell'imposta generale sull'entrata, verrebbe a dar luogo, per i contratti di locazione di durata pluriennale e nell'ipotesi di loro interruzione prima della scadenza pattizia, all'onere del pagamento del- l'imposta sull'entrata, senza che si verifichi la percezione di un corrispettivo. Ci� creerebbe una disparit� di trattamento tra chi � assoggettato all'Ige per avere conseguito effettivamente una entrata e chi � tenuto a corrisponderla, nonostante la mancanza del presupposto del- l'imposizione. La questione, cosi sollevata in ordine al sistema cui � informata la citata legge del 1962, esige che siano anzitutto accertati la natura ed il contenuto dell'imposizione fiscale derivante dall'art. 1. (1) La questione era stata proposta con ovdinanza 9 novembre 1966 della Commissione Provinciale de'lle Imposte di Milano (Gazzetta Ufficiale 8 luglio 1967, n. 170) e 16 giugno 1967 del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1967, n. 271). La Corte, mentre ha dichiarato inammissibile -giusta la sua nuova giurisprudenza sulla natura delle Commissioni tributarie -la prima questione, ha accolto la seconda nei limiti di cui al dispositivo. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 389 Dai lavori preparatori risulta che, anche al fine di porre rimedio alle frequenti evasioni fiscali, compiute dagli obbligati al pagamento dell'imposta entrata sui corrispettivi percepiti in dipendenza de1'le locazioni di beni immobili, si � ritenuto di concentrare in unica imposta con unica aliquota, sia l'imposta di registro che quella sull'entrata. � Dalla disposta concentrazione, si �, poi, inteso far derivare l'effetto di un tributo avente in definitiva la peculiarit� di un'imposta di registro, da corrispondere per effetto della sola esistenza dell'atto, prescindendo dal tener conto del conseguimento o meno dei suoi effetti economici. L'Avvocatura di Stato sostiene questo assunto. La Corte non ritiene, tuttavia, che sia esatto pretendere di assegnare alla legge, in via di interpretazione, la funzione creativa di una nuova imposta, nella quale i connotati dell'imposta sull'entrata vengano ad annullarsi. Ci� produrrebbe fa singolare e contraddittoria conseguenza che, pur costituendo l'imposta sull'entrata una componente della nuova imposta, (ed anzi la componente, in percentuale, di maggior peso economico) quest'ultima verrebbe poi a cancellare causa ed effetti dell'altra. Qualunque sia stata l'intenzione finalistica e sottostante del legislatore, la legge in esame � da riconoscere univoca nella sua formulazione, in quanto l'aliquota globale � dichiarata � comprensiva � (non sostitutiva) dell'imposta sull'entrata (art. 1) e, nel preambolo, l'indicazione dell'oggetto della legge � riferito anche aUa � applicazione � dell'imposta sull'entrata. Questa imposta, nonostante l'accostamento all'imposta di registro al fine di unificazione del tributo da pagare, mantiene pur sempre la sua individualit� distintiva. 4. -A questa premessa, cui d� luogo 11'interpretazione dell'art. 1 della legge, non corrisponde poi, per altro verso, la restante struttura della legge. Dalla riduzione ad unit� del tributo dovuto per due diverse imposte (registro ed entrata) si � fatta derivare la conseguenza dell'assorbimento dei caratteri dell'una in quelli dell'altra, regolando tutto il rapporto tributario in base al criterio della insensibilit� a mutazioni sopravvenute nello svolgimento del rapporto negoziale, in conformit� alla natura dell'imposta di registro, ma in dir:tlormit� con la diversa natura dell'imposta sull'entrata. Di conseguenza, per i contratti di locazione di immobili, l'imposta sull'entrata dei canoni, dopo essere stata, con l'art. 1, accomunata negli effetti all'imposta di registro agganciandola alla rendita catastale per gli immobili censiti o ai corrispettivi pattuiti per gli immobili non censti, � stata ugualmente accomunata, con l'art. 2, negl stessi effetti, anche per quanto riguarda le locazioni pluriennali. Per quest'ultima categoria di contratti si � disposta la liquidazione annuale sempre in relazione o alla rendita catastale o ai corrispettivi 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pattuiti, e, con riferimento alla � data di inizio dell'annata locatizia stabilita nel contratto �. Risulta (anche per le chiare indicazioni contenute nei lavori preparatori della legge) che si � voluto con questo sistema � agevolare il pagamento dell'imposta sia al contribuente sia all'ufficio�, dando luogo ad una speciale forma di rateazione, con esclusione di ogni carattere di autonomia ai periodici versamenti ed assegnando alla � liquidazione annuale � di cui al secondo comma dell'art. 2 il significato di calcolo del dovuto, se posto in relazione al valore (eventualmente mutevole di anno in anno) della rendita catastale. Ma l'applicazione di questo sistema conduce alla conseguenza che, per l'identico tributo relativo all'imposta sul'entrata, una particolare categoria di contribuenti venga ad essere sottoposta a diverso �e pi� oneroso trattamento, in confronto alla categoria generale, senza alcun motivo che ne giustifichi la razionalit� ed, anzi, con l'anomala conseguenza di dar luogo alla nascita di un'obbligazione tributaria di durata anche virtuale, senza il concreto verificarsi delle condizioni ipotizzate dalla legge per la relativa imposizione. La questione di costituzionalit� � stata posta dall'ordinanza di rinvio sia per quanto riguarda l'art. 1 della legge sia per quanto riguarda l'art. 2, in relazione all'art. 3 della Costituzione. Dell'art. 1 .e della sua interpretazione si � gi� detto. L'eccezione di illegittimit� costituzionale, sollevata espressamente in relazione ai contratti di locazione di durata pluriennale, va concentrata sul capoverso dell'art. 2 che, appunto, ne prevede il regolamento tributario, nel modo anomalo che si � detto. I motivi suesposti valgono per il riconoscimento di una Hlegittimit� parziale della norma, in quanto essa consente di imporre annualmente, fino alla scadenza pattizia, il pagamento dell'imposta generale sull'entrata, anche quando il contratto di locazione sia stato risoluto durante il corso dell'anno precedente. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 52 -Pres. S,andulli - ReZ. Bonifacio -Amministrazione Provinciale di Brescia (avv. Amorth) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Costituzione della Repubblica -Autonomie locali -Ade~uamento delle le~~i della Repubblica -Ipotesi varie. (Cost. IX disp. trans.). @ ~~~ gesi, in Giur. cost., 1965, 1302, con osservazione di CRISAFULLI. 3 gesi, in Giur. cost., 1965, 1302, con osservazione di CRISAFULLI. 3 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 391 Costituzione della Repubblica -Autonomie locali -Stato giuridico dei segretari comunali e provinciali -Violazione dell'autonomia Insussistenza. (Cost. art. 5 e 128; 1. 27 giugno 1942, n. 851, art. 4; 1. 8 giugno 1962, n. 604, art. 23 e 46). La IX dispo�sizione transitoria della Costituzione va diversamente interpretata a seconda che sia, o meno, strettamente condizionata alla creazione delle Regioni e delle foro strutture. Solo nella prima ipotesi. il termine triennale ivi previsto pu� �ritenersi meramente programmatico; nella seconda ipotesi, l'inerzia del legislatoire, se di per s� sola non comporta l'illegittimit� delle norme non adeguate, non pu� deter. minare l'esclusione del sindacato della Corte sul sistema vigente (1). Non sono fondate le questioni di legittimit� costituzionale, in relazione all'autonomia degli Enti locali, dell'art. 4 della legge 27 giugno 1942, n. 851 e degli artt. 23 e 46 della legge 8 giugno 196.2, n. 604, recanti modificazioni allo stato giuridico ed all'ordinamento delle carriere dei segretari comunali e provinciali (2). (Omissis). -2. -L'esame delle disposizioni impugnate, diretto ad , accertare se queste contrastino col principio concernente le autonomie locali sancito negli artt. 5 e 128 della Costituzione, presuppone la soluzione di alcune questioni preliminari in ordine agli ~etti della IX disposizione transitoria della Costituzione, al contenutO della sfera d autonomia costituzionalmente riconosciuta a'1la provincia ed al comune, ai limiti che il legislatore incontra nelle materie che con tale autonomia hanno attinenza. Per quanto riguarda il primo punto, ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato il problema proposto dalle ordinanze di rimessione -riguardante ilo stato giuridico dei segretari provinciali -deve essere affrontato e risolto dal legislatore in sede di emanazione delle norme di adeguamento della legislazione alle esigenze delle autonomie: di conseguenza, finch� quelle norme non saranno adottate, la non perentoriet� del termine trienna1le assegnato dalla IX disposizione transitoria renderebbe tuttora legittimamente operanti le leggi preesistenti alla Costituzione. Tale tesi, che comporterebbe l'esclusione del sindacato di legittimit� costituzionale in ordine a tutte le leggi che in materia di autono (1-2) Le questioni erano state proposte con tre ordinanze emesse dalla V Sezione del >Consiglio di Stato 8 luglio 1966 (Gazzetta Ufficiale 14 ottobre 1967, n. 258). La sentenza 27 dicembre 1965, n. 94, richiamata in motivazione, leg RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mie locali fossero in vigore al 1� gennaio 1948 e riconoscerebbe al 1legislatore il potere di lasciare indefinitamente in vita istituti e disposizioni eventualmente incompatibili con fondamentali principi del nuovo ordinamento democratico, non pu� essere condivisa. Appare superfluo esaminare se, nonostante l'appartenenza delle disposizioni impugnate ad un testo legislativo posteriore alfa Costituzione (la legge 8 giugno 1962, n. 604, della quale si denunziano gli artt. 23 e 46 e che nell'art. 58 ha mantenuto in vigore anche la terza norma presa in considerazione da due delle ordinanze di rimessione, vale a dire l'art. 4 della legge 27 giugno 1942, n. 851), sia rilevante la circostanza che si tratta di una disciplina sostanzialmente confermativa, per la parte che qui viene in rilievo, di quella risalente ad epoca anteriore all'entrata in vigore della Carta costituzionale. Il problema, infatti, pu� e deve essere riso1lto sul piano pi� generale dell'esatta ricostruzione del precetto contenuto nella IX disposizione transitoria. La Corte !ritiene in �proposito che quest'ultima norma debba essere valutata diversamente, negli effetti che ne �onseguono, secondo che l'obbligo di adeguamento della legge ai nuovi principi autonomistici non si ponga in necessaria connessione con l'ordinamento regionale ovvero sia invece strettamente condizionato alla creazione delle regioni e delle loro strutture. In questo secondo caso l'adempimento dell'indirizzo che la Costituzione impone al legislatore presuppone la realizzazione dei nuovi enti, sicch� fino a che questi non diventino operanti l'ordinamento non potr� subire quelle modificazioni che solo allora sar� possibile introdurre: e fu in base a questa constatazione che la Corte -una volta accertato 1che la nuova configurazione del controillo di merito sugli enti locali prevista dal capoverso dell'art. 130 � inscindibilmente connessa con la creazione dell'organo regionale previsto nel primo comma dello stesso articolo -dichiar� non fondata ia questione sollevata nel giudizio deciso con sentenza n. 94 del 1965. Nel caso, invece, in cui non ricorre l'indicato presupposto, l'inerzia del legislatore protratta al di l� del termine triennale assegnato daHa IX disposizione transitoria, se di per s� sola non comporta l'illegittimit� delle norme non adeguate, ;non pu� determinare l'esclusione del sindacato di questa Corte sulla conformit� ai precetti costituzionali del vigente sistema delle autonomie, cos� come, per costante giurisprudenza, tale conseguenza non deriva, in altro settore, dalla mancata revisione degli organi speciali di giurisdizione. -(Omissis). 5. -Passando all'esame del contenuto delle singole disposizioni impugnate, la Corte ritiene che nessuna di esse sia in contrasto con l'autonomia riconosciuta alle province. L'art. 23 della legge 8 giugno 1962, n. 604, prevede che i posti di segretario provinciale genera:le di prima classe siano conferiti a seguito di concorso per titoli per ciascuna sede vacante, stabilisce quali soggetti sono legittimati a con PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 393 correre e dispone che il conferimento del posto avvenga con decreto del Ministro dell'interno. � evidente, in base a quanto innanzi si � detto, I che validamente la legge pu� stabilire che la nomina abbia luogo per I concorso e determinare i requisiti richiesti ai concorrenti: ritenere che la disciplina dell'accesso all'ufficio di cui si discorre debba rientrare nei poteri di autonomia delle amministrazioni provinciali significherebbe disconoscere quelle innanzi indicate esigenze generali che neces I sariamente devono essere soddisfatte attraverso una uniformit� di regolamentazione, alla quale solo la legge pu� dar vita. Posta quest� pre l lmessa, n� il bando ministeriale di concorso n� la nomina del vincitore con decreto del Ministro portano offesa al principio di autonomia: si tratta, infatti, di poteri non discrezionali, ma vincolati anche nel I! contenuto, e si deve ritenere che di fronte all'omissione dei relativi atti od alla loro illegittimit� l'amministrazione provincia1�; titolare di un autonomo interesse alla copertura del posto, possa esperire i normali rimedi giurisdizionali. E poich� quanto fin qui si � detto vaie anche per l'articolo 46, che si limita a disporre la riapertura dei termini per i concorsi banditi e non espletati alla data di entrata in vigore della legge, e, a maggior ragione, per l'art. 4 della legge 27 giugno 1942, n. 851, che in via transitoria consente, in alcuni casi, alle amministrazioni provinciali di procedere alla nomina del segretario per concorso intern� o per promozione, si pu� concludere che tutte le questioni proposte dalle ordinanze di rimessione risultano non fondate. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 53 -Pres. Sandulli - Rel. Benedetti -Santoro (n. c.). Pensione -Pensioni di guerra -Esclusione dal trattamento pensioni stico indiretto delle sorelle coniugate del defunto -Violazione del principio di eguaglianza -Illegittimit� costituzionale. (Cost. art. 3; 1. 10 agosto 1950, n. 648, artt. 71, lett. c, 77, comma primo, e 84, comma secondo, e corrispondenti disposizioni legge 18 marzo 1968, n. 313). � fondata, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale delle disposizioni di legge sul riordinamento delle pensioni di guerra, nella parti in cui prevedono che la pensione indiretta spetta alle sorelle del militare morto per causa di servizio in guerra e del civile deceduto per fatto di guerra, solo in quanto nubili (1). (l) La questione era stata proposta con ordinanza 23 gennaio 1967 della IV Sezione della Corte dei Conti (Gazzetta Ufficiale 11 maggio 1968, n. 120). ~ I< ?: & (. � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale proposta con l'ordinanza indicata in epigratlle � fondata. Le disposizioni impugnate della legge 10 agosto 1959, n. 648, disciplinano il trattamento pensionistico dei collaterali del militare morto per causa del servizio di guerra o del civile deceduto per fatto di guerra stabilendo �che la pensione indiretta � concessa non soltanto ai fratelli e alle sorelle nubili minorenni quando siano orfani di entrambi i genitori o quando la madre non abbia diritto alla pensione (art. 71, lettera e) ma anche ai frateH.i e alle sorelle nubili maggiorenni, che, alla data del decesso del militare o del civile, siano inabili a qualsiasi proficuo lavoro, o tali siano divenuti anche dopo la suddetta data, ma prima di raggiungere la maggiore et� o prima del giorno dal quale dovrebbe devolversi in loro favore la pensione gi� liquidata al padre o alla madre (art. 77, comma primo). Per la concessione della pensione occorre, in ogni caso, che ai collaterali siano venuti a mancare, a causa della morte del militare o del civile, i necessari mezzi di sussistenza (art. 73), requisito che, ai sensi di successive disposizioni (artt. 17 della legge 9 novembre 1961, n. 1240, e 9 delfa legge 18 maggio 1967, n. 318) si considera sussistente quando il richiedente risulti non assoggettabile all'imposta complementare sul reddito complessivo. � previsto infine che la pensione indiretta, gi� liquidata ai genitori del militare o del civile, si devolva a favore dei coJ!laterali quando divengano orfani e siano minorenni, o inabili a qualsiasi proficuo lavoro ed, inoltre, nubili se sorelle (art. 84, comma secondo). 2. -L'esame di siffatta disciplina pone in evidenza che la pensione di guerra dei collaterali ha conservato nella legge n. 648 del 1950 il carattere di assegno alimentare espressamente attribuitole dal legislatore nella precedente normativa (r.d. 12 luglio 1923, n. 1491, art. 37). Il riconoscimento del diritto a pensione dei collaterali resta, infatti, subordinato alla esistenza di un loro reale stato di bisogno prodottosi in conseguenza della morte del militare o del civile. La pensione, cio�, deve essere corrisposta quando si sia accertato che, a causa della morte del militare o del civile, i collaterali abbiano perduto i mezzi necessari al loro sostentamento e non possano provvedere aUe loro fondamentali esigenze di vita o per la loro minore et� o perch�, pur essendo maggiorenni, siano inabili a qualsiasi lavoro proficuo. Ora � innegabile che tali obbiettive e ben specificate condizioni possano indifferentemente concorrere sia nei confronti del !fratello che Gi� in precedenza, la Corte dei Conti aveva dato un'interpretazione estensiva delle ipotesi di pensione di riversibilit� ammettendola per la sorella del dipendente statale, anche se divorziata con sentenza straniera delibata in Italia (C. Conti 6 marzo 1967, Giust. civ., 1967, II, 265). m: ~~~:111Jl7~11~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 395 della sorella, ancorch� essi abbiano contratto matrimonio. Per quanto riguarda in particolare il requisito del bisogno economico � evidente che pu� ricorrere anche per la sorella maritata quando i suoi redditi, cumulati a norma di legge con quelli del marito, non eccedano il minimo imponibile agli effetti dell'imposta complementare progressiva sul reddito �complessivo. Nessuna razionale giustificazione riesce perci� a scorgersi in quella previsione delle norme impugnate che, sull'esclusiva base dell'appartenenza del soggetto all'uno o all'altro sesso, dispone l'esclusione dal di" ritto a pensione per la sorella coniugata e non parimenti per il fratello coniugato. La perfetta identit� delle rispettive obbiettive situazioni postula l'esigenza di una uniformit� di trattamento donde l'illegittimit� per violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione di quelle.parti delle disposizioni censurate contenute negli artt. 71, lettera c), 77, comma primo, e 84, comma secondo, che riconoscono il diritto a pensione alla sorella del militare o civile deceduto, solo se nubile. E poich� tali disposizioni risultano riprodotte negli stessi termini nei corrispondenti artt. 64, comma primo, lettera c), 75, comma primo, e 76, comma secondo, della legge 18 marzo 1968, n. 313, sul e riordinamento della legislazione pensionistica di guerra � -legge entrata in vigore nelle more del presente giudizio -deve dichiararsi l'illegittimit� anche di queste ultime norme in applicazione dell'art. 27, pa�rte seconda; della legge 11 marzo 1953, n. 87. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 54 -Pres. Sandulli - Rel. Oggioni -Cicala (avv. Catalano). Reati -Sottrazione di persone incapaci -Limitazione della fattispecie legale al solo genitore esercente la patria potest� -Violazione dell'eguaglianza dei coniugi -Esclusione. (Cost. art. 29; c.p., art. 574). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza dei coniugi, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 574 codice penale, che nella sua struttura oggettiva, punisce la sottrazione dell'incapace solo al genitore esercente la patria potest� e non anche all'altro genitore (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza del Pretore di Gavirate 29 maggio 1967 (Gazzetta Ufficiale 2 settembre 1967, n. 221) e deJ 396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -3. -La questione non � fondata. Va premesso che questa Corte con la citata sentenza n. 9 del rn64 ha basato la riconosciuta estensione del diritto di querela anche alla madre, su duplice motivo: un motivo d'ordine generale, nel senso che per l'art. 120 del codice penale, nella disciplina del diritto di querela, vige il principio che pone sullo stesso piano entrambi i genitori, senza distinzione tra esercente e non esercente la patria potest�: un motivo d'ordine particolare, nel senso che, essendo il delitto di cui all'art. 574 c.p. ritenuto e classificato come delitto contro la famiglia e l'assistenza familiare, tutelabile nella intera consistenza dei suoi interessi sociali, morali, affettivi, il genitore, anche se non esercita attualmente la patria potest�, non pu� essere escluso dalla tutela degli interessi della famiglia. Qualsiasi limitazione soggettiva di questa tutela, verrebbe ad eludere il principio della eguaglianza giuridica dei coniugi, anche in relazione all'altro principoi, pur esso corrispondente ad interesse generale, deJ favor querelae, principio che questa Corte, con sentenza n. 101 deJ 1965 ha di nuovo richiamato appunto per distinguere il caso della querela ex art. 574 del codice penale dal caso del diritto di costituirsi parte civile nell'interesse del minore, in un procedimento penale. Ci� premesso, va rilevato che il contenuto della citata sentenza del 1964, in quanto limitato a risolvere la questione della esclusivit� o meno del diritto di querela, non incide, nemmeno per implicito o di riflesso, sulla questione ora proposta: ch�, anzi, � la sentenza stessa ad avvertire che la soluzione allora adottata non conduce ad una modifica concettuae della figuz:a del reato di cui all'art. 574 del codice penale, che deve pertanto continuare a considerarsi � immutata ed inalterata �. Le ordinanze di rinvio, pur rendendosi �conto che la questione, attua1lmente sottoposta a giudizio, � autonoma in confronto alla questione gi� decisa sulla titolarit� del diritto di querela, assumono che la' struttura del reato di sottrazione di persone incapaci, configurata in modo da escludere dall'ipotesi delittuosa di sottrazione colui che sia nell'esercizio della patria potest�, creerebbe, per effetto di questa immunit�, una disuguaglianza giuridica costituzionalmente i!llegittima nell'ambito delle posizioni rispettive che i coniugi assumono nella societ� coniugale. Pretore di Roma del 29 aprile e 15 maggio 1968 (rispettivamente in Gazzetta Ufficiate 20 luglio 1968, n. 184 e 29 settembre 1968, n. 248). Le precedenti sentenze della Corte, citate nella motivazione, 22 febbraio 1964, n. 9 e 8 luglio 1967, n. 10.2, sono pubblicate in questa Rassegna, rispettivamente 1964, 250, e 1967, 705. In dottrina, cfr. AMENDOLA, La nuova formulazione degli articoli 573 e 574 c.p. dopo la sentenza della Corte costituzionale, Arch. pen., 1968, I, 338. ! I --if I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 397 Ma la Corte ritiene che l'eccepita disuguaglianza non sussista, ove si ponga mente all'oggetto del reato di cui all'art. 574 del codice penale. Tale oggetto, desunto da1lla formazione della norma, dall'intento che l'ha ispirata e dalla sua lettera, consiste, entro il quadro generale della tutela della famiglia, nella tutela di particolari st:atus personali, che creano poteri e, corrispondentemente, doveri, nelil'ambito del gruppo familiare. Tale, in .primo luogo, lo status di esercente la patria potest� (spetti questo esercizio al padre o, in ipotesi subordinata, alla madre), accanto al quale status vengono annoverati quelli relativi al tutore, al curatore, all'incaricato di funzioni di vigifanza e di custodia. Il reato � concepito in funzione e tutela dell'esercizio dei poteri affidati ai componenti delle categorie suelencate, a ciascuno dei quali spetta il diritto di .agire mediante querela contro � chiunque � vi attenti. Spetta parimenti alla moglie, in quanto pur essa titolare della patria potest�, il diritto di agire contro � chiunque � sottragga il minore all'esercizio di quei poteri. Ma la struttura del reato impedisc.e di far coincidere nella stessa persona (esercente la patria potest�) il soggetto attivo ed il soggetto passivo del reato. Una decisione di incostituzionalit� parziale della disposizione, quale le ordinanze prospettano nel senso di pervenire cosi a livellare in toto e corrispettivamente le posizioni di entrambi i coniugi col dichiarare illegittimo l'inciso � esercente la patria potest� � di cui alla prima parte del primo comma, presupporrebbe e, nello stesso tempo, determinerebbe quella possibile mutazione ed alterazione della figura del reato, gi� considerata inammissibile dalla precedente sentenza n. 9 del 1964. Le ordinanze 29 aprile e 15 maggio 1968 del pretore di Roma avvertono la connessione della disposizione penale con quella dell'ar. ticolo 316 c. c. che affida, in via primaria, al padre l'esercizio della patria potest�: ci� per prospettare la conseguenzialit� di una eventuale duplice dichiarazione di incostituzionalit� per l'una �e per l'altra disposizione. Ma, va ricordato, in proposito, che con sentenza n. 102 del 1967 questa Corte, per motivi �Che inducono a ravvisare nel capo fami� glia il punto di convergenza dell'unit� familiare mediante l'organizzazione dei mezzi idonei al raggiungimento dei fini sociaJli del matrimonio, tra cui l'allevamento e l'educazione dei figli, ha escluso qualsiasi contraddizione tra detto articolo e l'art. 29 della Costituzione. N�, infine, pu� attribuirsi alla tutela dell'esercizio deHa patria potest�, quale sopra si � delineato, il vizio di una distinzione sperequativa tra �coniuge e coniuge, nel senso di una immunit� accordata irrazionalmente ad uno solo di essi, poich� non � fuor di luogo considerare �che l'es~rcizio della patria potest� attribuisce diritti, ma impone anche doveri, la cui inosservanza, se pregiudizievole a�l figlio, potr� sempre 398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dar luogo ai provvedimenti giudiziali di cui agli artt. 330 e 333 e.e.: come pure, in caso di separazione legale, l'inosservanza di particolari statuizioni del giudice circa l'affidamento dei figli minori potr� essere sanzionata ,penalmente anche nei riguardi dell'esercente la patria potest� (art. 338 c.p.). L'art. 574 c.p. conserva, comunque, la sua ragion d'essere ed i suoi '1.imiti di operativit� nell'ambito del suo contenuto sostanziale, senza che sia fondato il dubbio di una sua illegittimit� costituzionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 55 -Pres. Sandulli - Rel. Branca -Mariani ed altro (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Dogane -Estinzione dei reati punibili con sola multa -Conciliazione amministrativa prima dell'inoltro del verbale all'A.G. -Violazione del principio di eguaglianza. (Cost. art. 3; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 141). � parzialmente fondata, con riferimento al principio di uguaglianza, la questione di legittimitd costitu,zionale dell'art. 141 della vigente legge doganale, e precisamente nella parte in cui ammette la conciliazione amministrativa nei reati doganali punibili con sola multa, purch� il pagamento venga effettuato prima della trasmissione del processo verbale di accertame,nto dell'autoritd giudiziaria (1). (Omissis). -1. -� stato denunciato l'art. 141 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, perch�, ammettendo la definizione amministrativa nei delitti di contrabbando (punibili con la sola multa), la fa di-pendere, insieme con l'estinzione del reato, dalla �illimitata discrezionalit�� degli uffici doganali. Ci� contrasterebbe �con l'art. 3 della Costtuzione: infatti le dogane, consentendo o negando ad arbitrio la (1) La questione era stata sollevata con due ordinanze del Tribunale di Varese del 27 giugno 1967 (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307). La giurisprudenza aveva ritenuto che, una volta avvenuta la trasmissione degli atti, l'Autorit� .giudiziaria non potesse restituirli all'Amministrazione !Per consentire all'imputato di esercitare il diritto di oblazione (Cass. 3 febbraio 1954, rie. Dordono, Riv. dir. proc. pen., 1954, 471). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 399 e definizione amministrativa del contesto�, sarebbero libere di regolare diversamente situazioni analoghe. La questione � soilo parzialmente fondata. Se la conciliazione amministrativa e quindi la perseguibilit� del reato dipendessero dall'arbitrio degli uffici doganali, la costituzionalit� dell'intero art. 141 apparirebbe molto dubbia: e il dubbio verrebbe rafforzato dal confronto con la 1legge 1951, n. 27 (artt. 10, 11) per la quale in casi analoghi (contrabbando di generi di monopolio) la richiesta di conciliazione non pu� essere respinta. Ma la norma denunciata, quale che ne fosse il contenuto originario, attualmente va intesa secondo la posizione che ha assunto nel �contesto dell'ordinamento costituzionale; da cui la Corte ha ricavato finsegnamento che i provvedimenti della ;pubblica amministrazione devono essere sempre motivati perch� ne sia possibile il controllo giurisdizionale di legittimit� (art. 113 Cost. e v. sentenza 1956, n. 2). Poich� l'accoglimento o il rifiuto della conciliazione � attivit� amministrativa, non c'� dubbio che l'atto col quale essa sia per avventura respinta, comunque si manifesti, debba essere motivato e notificato al richiedente: onere, questo, che, non essendo espressamente escluso dalla norma denunciata, vi si pu� leggere con l'ausilio dell'art. 113 del(l.a Costituzione. L'eventuale ricorso dell'interessato consentir� all'organo di �giustizia amministrativa una valutazione sui motivi dell'atto di rifiuto che potr� anche condurre alla caducazione per disparit� di trattamento. Non v'� dunque, nella �legge, un 'contrasto con l'art. 3 della Costituz,ione. Solo perch� la questione le � stata prospettata sotto altri profili la giurisprudenza ordinaria ha riconosciuto all'amministrazione doganale una facolt� illimitata. 2. -Tuttavia, dato che, pendente il ricorso dell'interessato, l'autorit� amministrativa pu� trasmettere a\l giudice penale il processo verbale di accertamento, la tutela offerta dalla norma risulta insufficiente: l'accoglimento del ricorso e la successiva � definizione del contesto � non estinguerebbero il reato, essendo posteriori alla trasmissione del verbale (art. 141, comma secondo); cosi la disparit� di trattamento, pur I essendo stata eventualmente colta ed eliminata in via amministrativa, permarrebbe in sede penalistica, conseguenza dell'originario arbitrio I dell'ufficio. '1 !! f , Poich� proprio il secondo comma dell'art. 141, escludendo l'estinzione del reato dopo la consegna del verbale al giudice ordinario, consente questa eventuale disparit� di trattamento, esso viola l'art. 3 della Costituzione. Perci� non pu� che dichiararsene l'illegittimit� costituzionale l� dove stabilisce che il reato non si estingue dopo la trasmissione del verbale all'autorit� giudiziaria. -(Omissis). i ~ l�' t � r B ~ ~~~~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 56 -Pres. Sandulli Rei. Mortati -Presidente Regione siciliana (avv. Orlando Cascio) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Modalit� per l'erogazio ne di contributi straordinari agli esercenti servizi di linea -Com petenza dello Stato fuori del territorio regionale. (Cost. art. 3; St. Reg. Sicil. art. 17 lett. a; 1. 28 marzo 1968, n. 375). Spetta alto Stato il potere di erogare contributi alte imprese esercenti concessioni governative dei trasporti a semi della legge 28 marzo 1968, n. 375, escludendone quelle esercenti concessioni rilasciate dalla Regione Siciliana (1). (1) La Corte ha respinto il ricorso proposto dalla Regione, rilevando che il provvedimento impugnato non ha operato alcuna lesione della competenza regionale, avendo allo stesso modo esclusi tutti i servizi trasferiti alle Regioni. Per la legittimit� costituzionale della legge 28 marzo 1968, n. 375, impugnata in via principale dalla Regione sarda, leggasi la sentenza della Corte 10 febbraio 1969, n. 11, in questa Rassegna, 1969, 17. CORTE COSTITUZIONALE, 3 aprile 1969, n. 60 -Pres. Sandulli -Rel. Reale -Amato (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (1Sost. avv. gen. dello Stato Agr�). Imposte e tasse in genere -Reato finanziario -Intendente di Finanza Competenza penale -Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 101, 108, 2� comma; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 14, 21, 26, 27, 36 a 45, 48, 50 e 51; r.d. 24 settembre 1931, n. 1473, artt. 9, 10). 1n relazione ai precetti costituzionali dettati dall'art. 101, per cui i giudici. sono soggetti soltanto alla legge e dall'art. 108, per cui la legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, precetti di immediata applicazione, anche al fine di vagliare la disciplina risultante da norme anteriori alla Costituzione, sono incostituzionali gli artt. 21, primo comma, n. 1, e 36 della legge 7 gennaio 19219, n. 4, che attribuiscono all'Intendente di Finanza la giurisdizione penale in materia di reati finanziari contravvenzionali puniti con la sola pena dell'ammenda; e, in applicazione dell'art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87, gli artt. 14, secondo comma, 21, primo comma, n. 2 e secondo comma, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 401 26, primo comma, 27, secondo comma, n. 2, 37, 38, 39, 40, 41, primo e secondo comma, 4.2, 43, 44, 45, 48, terzo comma, 50, primo comma, 51, primo comma, n. 2, della stessa legge, nonch� gli artt. 9 e 10 del r.d. 24 settembre 1931, n. 1473, per le parti in cui tutti i citati articoli si riferiscono al decreto penale dell'Intendente di Finanza (1). (Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionalei della legge 7 gennaio 1929, n. 4, contenente norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, nelle parti in cui si attribuiscono all'Intendente di .finanza le funzioni di giudice speciale per le contravvenzioni finanziarie punibili ,con la sola ammenda, � stata dichiarata infondata da questa Corte, con la sentenza n. 58 del 1965, unicamente sotto il profi!lo della compatibilit� con l'art. 102 della Costituzione e con la disposizione VI transitoria, in ordine al regime di sopravvivenza delle giurisdizioni speciali, fintanto che alla revisione di esse non proceda il Parlamento in sede legislativa ordinaria. Il tribunale di Salerno, solleva ora dubbi sulla costituzionalit� degli artt. 21, n. 1, e 36 della predetta legge n. 4 del 1929, concernenti rispettivamente la sopra richiamata competenza penale dell'Intendente e la potest� a questo attribuita di pronunziare decreto penale di condanna, suscettibile di opposizione avanti al tribunale ordinario. Ci� sotto il ben diverso ,profilo del precetto costituzionale di cui all'art. 101, secondo comma: � I giudici sono soggetti soltanto alla legge �, e di quello di cui all'art. 108, secondo comma: � La legge assicura l'indipendenza dei giudici del'le giurisdizioni speciali �. Va subito rilevato che non si tratta della enunciazione, in queste norme, di principi di massima, destinati a trovare concreta applicazione in sede della futura revisione delle giurisdizioni speciali, come ha sostenuto l'Avvaca,tura nelle sue ultime difese, ma di precetti di immediata attuazione: il che � stato costantemente ritenuto da questa Corte tutte le volte che ha esaminato la sussistenza dei requisiti della indipendenza e della imparzialit� in rapporto a giurisdizioni speciali, anche alla stregua della disciplina risultante da norme gi� esistenti prima .dell'entrata in vigore della Carta costituzionale. Occorre quindi procedere al:l'esame della questione. Il tribunale l'ha ritenuta non manifestamente infondata assumendo, con argomenti vivamente contrastati dall'Avvocatura dello Stato, essere incompatibile <:on i citati articoli della Costituzione l'attribuzione di potest� giurisdi (1) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 3 marzo 1967 del Tribunale di Salerno (Gazzetta Ufficiale 24 maggio 1967, n. 157). Si riporta nel testo l'integrale motivazione della sentenza, nella quale sono richiamate le precedenti pronunzie della Corte aventi ad oggetto le questioni relative alla imparzialit� ed indipendenza dei giudici. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zionale ad un organo della pubblica Amministrazione, in posizione di dipendenza gerarchica dal potere esecutivo, amovibile e investito del'la rappresentanza dell'Amministrazione stessa, quale parte offesa dal reato, nell'eventuale giudizio di cognizione. La questione � fondata. 2. -L'indipendenza � dal legislatore ,costituente voluta anche per i giudici speciali in vista della completa attuazione del richiamato precetto, comune ad essi ed ai magistrati ordinari, che li vuole soggetti soltanto alla legge. Il principio dell'indipendenza � volto ad assicurare .la imparzialit� del giudice o meglio, come � stato osservato, 'la esclusione di ogni pericolo di parzialit�, onde sia assicurata al giudice una posizione assolutamente super partes. Va escluso nel giudice qualsiasi anche indiretto interesse alla causa da decidere e deve esigersi che la legge garantisca l'assenza di qualsiasi aspettativa di vantaggi, come di tim�ri di alcun pregiudizio, preordinando gli strumenti atti a tutelare <l'obiettivit� della decisione. Con particolare riferimento� ai giudici speciali, nella giurisprudenza di questa Corte sono gi� stati messi in evidenza i requisiti essenziali di una effettiva indipendenza, almeno per tutto il periodo nel quale tali giudici esercitano le loro funzioni e con riguardo a tutte le attivit� che concorrono alla retta applicazione di esse. La sentenza n. 92 del 1962, ha affermato la necessit� che nell'organo giudicante non sussistono vincoli di soggezione formale o sostanziale ad altri organi. Con la sentenza n. 103 del 1964 si � richiamata l'esigenza della inamovibilit�, non gi� in stretta analogia con quella che copre il giudice ordinario, ma quale risulta dalla predeterminazione legislativa della durata dell'ufficio e dalla espressa previsione delle cause obiettive di incompatibilit� o di decadenza, non subordinate a valutazioni discrezionali compiute nell'esercizio di poteri disciplinari ed organizzativi di superiori gerarchici. Le sentenze nn. 132 del 1963 e 103 del l964 hanno riconosciuta, nei casi di incompatibilit�, la necessit� che l'ordinamento consenta l'astensione o la ricusazione con la possibilit� di reintegrare l'organo giudicante. N� va omesso che anche nella sentenza n. 133 del 1963, che ha dichiarato la illegittimit� costituzionale della ,configurazione del Ministro della marina mercantile come giudice speciale in materia di indennit� di requisizioni di navi, questa Corte afferm� che il Ministro, al vertice del dicastero, pur avendo piena libert� di decidere secondo scien~a e coscienza, non 'avrebbe potuto sottrarsi alle risultanze degli atti provenienti da quegli stessi uffici che avevano predisposto il provvedimento. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 403 3. -Orbene, nel complesso sistema legislativo finanziario, all'Intendente di finanza spetta, fuor d'ogni dubbio, la qualificazione di organo periferico dell'Amministrazione. Fondamentale, fra le molte che sono stabilite dalle numerose disposizioni legislative concernenti i tributi e le altre entrate finanziarie dello Stato (trovando minuziosa disciplina nelle circolari ed istruzioni dele autorit� centrali), � la competenza, che all'Intendente � data (art. 2 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639), di vigilare sulle pubbliche entrate, riferendo al Ministero delle finanze sull'andamento del'attivit� tributaria che si esplica nell'ambito della provincia. Tale competenza, oltre a riguardare le varie attribuzioni previste dalle leggi e dai regolamenti, importa la vigilanza su tutti gli uffici finanziari, che hanno sede nella provincia, e la suprema direzione di tutti gli uffici esecutivi dipendenti (art. 77 Regolamento approvato con r.d. n. 185 del 23 marzo 1933). A detta competenza ineriscono i poteri di. disporre verifiche, revisioni, inchieste ed ispezioni presso gli uffici provinciali dipendenti, onde assicurarne la funzionalit� e fa rispondenza alle esigenze di una retta amministrazione. E vi risponde anche la responsabilit� di cui l'Intendente � investito (e per la �quale � soggetto egli stesso alle verifiche e controlli, che le competenti direzioni generali del Ministero esercitano per il tramite di ispettori generali), in ordine alla sicurezza del denaro pubblico, alla esattezza e puntualit� delle riscossioni e alla persecuzione giudiziale dei crediti erariali. L'adempimento di quest'ultima specie di compiti importa, fra l'altro, che egli possa chiedere (art. 41, comma terzo, legge n. 4 del 1929) che un funzionario da lui delegato venga sentito, circa i fatti in contesto, nel dibattimento che segue all'opposizione al decreto penale. Ed esige, altresl, che egli non debba disinteressarsi della eventuale costituzione di parte civile dell'Amministrazione nel giudizio suddetto, come in qualunque altro per reati finanziari. Da quanto sopra esposto risulta che la speciale .competenza in materia di trasgressioni, colpite da sanzioni penali pecuniarie, di indubbia natura giurisdizionale (come affermato nella gi� citata sentenza n. 58 del 1965 di questa Corte e come, del �resto, risulta senza possibilit� di equivoco dal complesso della legge in esame, �e, a chiare note, dagli artt. 36 e 45 di essa), � regolata, nel sistema, con carattere non di autonomia, ma di complementariet� rispetto ai compiti amministrativi istituzionali. E viene ad inserirsi, con esso di inscindibile coordinazione, in un complesso organico di tipici atti di amministrazione attiva, con il relativo normale sistema di subordinazioni, di controlli e di responsabilit�. 4. -Altre considerazioni offrono conferma dell'esistenza di una doppia e inscindibi<le configurazione dell'Intendente quale amministra 404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tare e quale giudice, con ovvio sacrificio dei requisiti di indipendenza e di imparzialit� che la Costituzione esige per i giudici speciali. Mancano anzitutto, e. non sembrano mutuabili da altri settori dell'ordinamento, gli strumenti legislativi che valgano a garantire l'imparzialit� del giudice e siano di contenuto almeno analogo a quello vigente per il giudice ordinario. All'Intendente, infatti, organo investito di funzioni di giudice monocratico, ma avulso dall'ordine giudiziario e da ogni apparato che non sia propriamente amministrativo, appaiono inapplicabili, nonostante il generico richiamo contenuto nell'art. 44 della legge n. 4 del 1929, le norme del codice di procedura penale concel'nenti l'astensione o la ricusazione del giudice. A questo fine non avrebbe rilievo la stessa possibilit�, prevista dal successivo art. 45, che l'Intendente deleghi la sua giurisdizione (anche per singole categorie di tributi) ad altro funzionario od avochi a s� l'esercizio della. giurisdizione gi� delegata, nel caso che la incompatibilit� colpisca il detto funzionario. Invero la persistenza del vincolo gerarchico, nell'ambito dello stesso ufficio, esclude egualmente la garanzia di obiettivit� che la legge persegue. Per considerazioni analoghe � da ritenere che non trovi rimedio lo stato di incompatibilit� in cui, sotto l'aspetto della necessaria superiorit� del giudice rispetto agli interessi in conte~tazione, versa l'Intendente, che esplichi la sua potest� giurisdizionale sulla base di accertamenti e di valutazioni compiute da organi alle sue dipendenze, i quali abbiano agito in conformit� di istruzioni da lui emanate nell'esercizio di funzioni amministrative o di istruzioni superiori ricevute per suo tramite. N�, per sostenere la legittimit� dell'eventuale decreto di condanna, vale richiamarsi ai caratteri del processo monitorio penale, il quale consente, mediante l'opposizione dell'interessato, la devoluzione del giudizio sul reato agli organi della giurisdizione ordinaria, nei diversi gradi preveduti dalla legge processuale. E nemmeno vale argomentare dalla natura di statuizione preliminare, che il decreto dell'Intendente avrebbe, in quanto suscettibile di opposizione e caducazione. La speciale configurazione del provvedimento monitorio intendentizio (pera'1tro dalla stessa legge equiparato a quello che il codice di procedura penale affida al pretore), non�� esclude che esso sia espressione potenzialmente definitiva della potest� giurisdizionale, demandata ad un organo dello Stato, nel quale debbono esistere ad initio, come per il pretore esistono, i requisiti che la Costituzione prevede per l'esercizio di detta potest�. Contro poi il rilievo, negativo sul piano costituzionale, delle gi� ricordate attribuzioni dell'Intendente in materia di persecuzione in giudizio di crediti erariali, non valgono gli argomenti dell'Avvocatura, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 405 giacch� � inammissibile che un giudice anche se, come nel caso dell'Intendente, ispirato a finalit� pienamente lecite, spieghi o rappresenti un qualsiasi interesse nel corso del giudizio, che segue alla impug~ativa di una sua decisione. D'altro canto non pu� negarsi che, in forza di istruzioni emanate con circolari, spetta all'Intendente prendere delle iniziative e segnalare i casi di maggiore gravit� alle competenti Direzioni generali, perch� queste provochino l'intervento dell'Avvocatura e quindi la �costituzione di parte civile. Sotto il profilo della indipendenza va ancora rilevato (n� in questa sede di controllo di legittimit� costituzionale pu� valere in contrario il riconoscimento, .che pur si ritiene doveroso enunciare, della correttezza e dello scrupolo cui, anche nella soggetta materia, si ispira l'azione degli Intendenti e degli altri organi finanziari sopra e sotto ordinati). come nel corpo delle leggi in esame sia pretermessa del tutto la previsione della garanzia della inamovibilit� a favore dell'Intendente, pur nei pi� limitati sensi in cui il suddetto principio � stato ritenuto applicabile da questa Corte ai giudici speciali. In difetto di esplicite norme non pu� non ritenersi che la posizione di questo funzionario rimanga regolata, senza ec.cezioni di sorta, dalle disposizioni proprie del rapporto di impiego. Queste non ne richiedono il consenso per eventuali trasferimenti, come nessun limite pongono all'eventuale trasferimento ad altra sede o ad altro incarico del funzionario che sia stato delegato dall"Intendente aUa emanazione dei decreti penali. Non stabiliscono, inoltre, alcuna garanzia rispetto ad altri prov-. vedimenti riguardanti la carriera dei funzionari: cosi ad esempio in materia di promozioni e di incarichi speciali. Appare evidente come, sia pure in ipotesi astratta, anche il semplice timore di provvedimenti sfavorevoli del genere possa negativamente. interferire sull'esercizio della funzione giurisdizionale, specialmente in presenza di istruzioni provenienti da organi centrali dell'Amministrazione finanziaria. Istruzioni che, nella forma gi� ricordata delle circolari e del resto consueta nell'ambito dell'apparato burocratico, risultano, anche nella materia della cognizione penale, non �limitate a meri chiarimenti esegetici delle fonti legislative ma talora intese a segnare direttive nello svolgimento della funzione giurisdizionale. Dato tale assetto normativo della figura dell'Intendente, non ha valore la tesi secondo la quale la garanzia di indipendenza nell'esercizio della potest� giurisdizionale si dovrebbe desumere sia dalla mancanza di disposizioni, che consentano espressamente il sindacato sulla sua attivit� giurisdizionale da parte di organi della Pubblica Amministrazione, sia dalla abrogazione di norme della legislazione precedente, I I \ --II ! ~~~~~~~~ 406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che, non senza valide ragioni, si ritiene effettivamente avvenuta a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 4 del 1929. Ci si riferisce in particolare all'art. 1, secondo comma del r.d.l. 26 febbraio 1928, n. 411, concernente l'annullamento, da parte del Ministro delle finanz.e, del decreto penale, ancorch� divenuto irrevocabile, nel caso di allegazione da parte degli interessati della inesistenza del reato. Ma � evidente che non � per ci� venuta meno la rilevata subordinazione, anche funzionale, dell'Intendente di finanza nei confronti degli organi centrali. 5. -Per tutte le suesposte considerazioni questa Corte deve dichiarare la illegittimit� costituzionale, per contrasto con gli artt. 101 e 108, secondo comma della Costituzione, del n. 1 del primo comma dell'art. 21, nonch� dell'art. 36 della legge 7 gennaio 1929, n. 4. La dichiarazione di illegittimit� di queste norme importa quale necessaria conseguenza la incostituzionalit�, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, di tut'te le altre norme, indicate nel dispositivo, che, nella legge denunziata e nelle successive disposizioni di coordinamento, risultano ad esse sistematicamente collegate nel quadro della disciplina della competenza giurisdizionale dell'Intendente. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 aprile 1969, n. 61 -Pres. Sandulli -Rel. Verzl -Casella, Branca, Catenacci e Marsure (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Sanit� -Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande -Sostanze colorate artificialmente -Violazione delle modalit� stabilite con decreto ministeriale -Esclusione -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 25, 2� comma; 1. 30 aprile 1963, n. 283, art. 5, 6 e 10). In riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 5, lett. f, 6 e 10 della legge 30 aprile 196.2, n. 283, concernenti non soltanto il divieto di usare sostanze coloranti non autorizzate, ma anche l'obbligo della indicazione � a caratteri chiari ben leggibili� della colorazione e la determinazione dei casi di impiego e de.ZZe � modalit� d'uso� dei coloranti, disposta con decreto del Ministro della Sanit� (1). (1) Il giudizio � stato ,promosso con quattro ordinanze emesse il 24 giugno 1966 dal Pretore di Milano (Gazzetta Ufficiale 19 agosto 1967, n. 208). La sentenza 23 marzo 1966, n. 26, citata in motivazione, � riiportata, con richiami di dottrina e di giurisprudenza, in questa Rassegna, 1966, I, 489. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 407 (Omissis). -Secondo le ordinanze di rimessione, l'art. 10 della legge 30 aprile 1962, sarebbe viziato di illegittimit�, nella parte in cui prescrive che il Ministro della sanit�, non soltanto approva, con suo decreto, l'elenco dei colori che possono essere impiegati nella colorazione delle sostanze alimentari, ma determina altresi i casi di impiego e le e modalit� d'uso � dei coloranti. In virt� di questa amplissima discrezionalit�, il Ministro ha emanato, con decreto del 19 gennaio 1963, la norma secondo la quale gli alimenti colorati artificia,lmente debbono recar�e sulla confezione -o, se venduti sfusi, sul cartello denominante l'alimento -la dicitura: � colorato con... seguita dalla denominazione, o dal numero del -o dei -coloranti impiegati � (art. 3). Poich� il contravventore a questa disposizione, � punito a termini dell'art. 6 della legge sopraindicata, la sanzione penale verrebbe comminata rpeI un precetto posto di essere da un atto amministrativo, anzich� dalla legge, con violazione. quindi dell'art. 25 della Costituzione, per cui nessuno pu� essere punito se non in forza della fogge. La questione non � fondata. L'art. 5, lett. f, della legge n. 283 del 1962 contiene non soltanto il divieto di usare sostanze coloranti non autorizzate, ma anche l'obbligo della indicazione � a caratteri chiari ben leggibili� della colorazione. L'art. 3 del d.m. 19 gennaio 1963, prescrivendo quanto innanzi specificato, non .ha creato affatto un obbligo nuovo o diverso, siccome ritiene il pretore di Milano, ma si � limitato a dare dettagli, sicch� il I precetto penale � dettato dalla norma di legge e non dall'atto ammiI nistrativo. Comunque, per quanto riguarda le ulteriori specificazioni, va considerato che con la sentenza n. 26 del 1966 questa Corte ha decjso I che il principio di legalit� della pena pu� considerarsi soddisfatto quando la legge indichi con sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti dei provvedimenti deH'autort� non I legislativa, alla trasgressione dei quali deve seguire la pena. Orbene, I da un canto il termine � modalit� di uso � non consente arbitrarie I dilatazioni, ponendo di per se stesso un limite di applicazione a quelle modalit� che sono normalmente usate secondo criteri suggeriti daUa I tecnica in casi simili. Dall'altro, la norma in esame rimane circoscritta I e contenuta entro i limiti sostanzialmente tecnici segnati da quei prinI cipi cui � ispirata nel suo, complesso la legge sulla disciplina igienica I della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle I bevande: tutela della salute pubblica, vigilanza sulle materie usate I ; negli alimenti, e controllo anche da parte del pubblico perch� non i vengano adoperati coloranti non autorizzati, in quanto ritenuti pregiu dizievoli per la salute. La produzione, il commevcio e la vendita delle sostanze alimentari colorate vengono disciplinate sotto svariati aspetti, dagli artt. 6, 7, 8, 11, 12, 14, ecc. della legge n. 283, mentre esigenze l 4 l ! i ' 1 408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tecniche impongono che la normazione pi� dettagliata e specifica della materia venga affidata al potere dell'autorit� amministrativa. � da escludere pertanto che le norme impugnate abbiano violato il principio di legalit� della pena sancito dall'art. 25 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 aprile 1969, n. 62 -Pres. Sandulli -Rel. Capalozza -Nanni (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Amnistia -Precedenti penali -Attenuanti dei motivi di particolare va lore morale e sociale -Condanna per infanticidio -Questione di legittimit� costituzionale della norma che punisce l'infanticidio Irrilevanza. (Cost., art. 2, 3 e 30, terzo,, comma; c.p. art. 578). Ai fini di stabilire, in un procedimento di opposizione a decreto penale di condanna per emissione di assegno a vuoto, se possa applicarsi l'amnistia di cui al d.P.R. 4 giugno 1966, n. 332, ad imputato gi� condannato per infanticidio, � inammissibile, per manifesta irrilevanza, con riferimento agli artJt. 2, 3 e 30 della Costituzione, la questione di legittimit� dell'art. 578 c.p. (1). (Omissis). -Il pretore, nella opinabile attribuzione di un significato pi� lato all'art. 6 del decreto presidenziale di amnistia e di .indulto n. 332 del 1966, accoglie la tesi pi� favorevole al condannato e ricomprende nel concetto di e circostanza di particolare valore morale e sociale� anche quella che, nell'infanticidio previsto dall'art. 578 del codice penale, � assunta ad elemento costitutivo del reato, Da ci� trae poi spunto per sollevare davanti a questa Corte proprio la questione della legittimit� del trattamento penale dell'infanticidio. Ma la questione � ictu oculi irrilevante, e deve perci� essere dichiarata inammissibile. (1) Il giudizio � stata introdotto con ordinanza 24 giugno 1967 del Pretore di Bologna (Gazzetta Uffeciale 11 -novembre 1967, n. 282). Sulle questioni che espressamente o implicitamente la sentenza involge, si legga l'interessante nota riportata in Giur. it., 1969, I, 1, 1235, con richiami in dottrina e giurisprudenza. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 409 Una eventuale pronunzia di incostituzionalit� non influirebbe infatti sulla decisione di merito, che concerne l'applicazione del decreto di clemenza del 1966. Pur ammesso -in ipotesi -che la Corte, nel presupposto che la causa d'onore sia attualmente ravvisata come circostanza di particolare valore morale e sociale, affermasse l'illegittimit� di una siffatta configurazione, la precedente condanna per l'art. 578 del c.p., nella quale � incorso l'attuale reo, non potrebbe mai essere di ostacolo alla concessione del beneficio nel giudizio pendente davanti al pretore. Tale condanna, infatti, � coperta dal giudicato; e i suoi effetti, meno gravi per il reo rispetto a quelli che l'ordinamento comporterebbe in conseguenza della pronunzia della Corte, non potrebbero certo essere aggravati in conseguenza di quest'ultima. � vero che l'art. 30, ultimo comma, della ilegge 11 marzo 1953, n. 87, statuisce che � quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale sia stata pronunziata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali>: ma gli effetti penali che vanno a cadere sono quelli pregiudizievoli, non quelli favorevoli. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 aprile 1969, n. 63 -Pres. Sandulli -Ret. F:ragali -Presidente Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Sivieri) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Friuli-Venezia Giulia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Potere di nomina di un rappresentante nel collegio sindacale del Con sorzio agrario provinciale di Udine -Competenza dello Stato. (St. Reg. Friuli-Venezia Giulia, art. 4, n. 9; d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116; d.l. 7 maggio 1948, n. 1235, art. 44). Spetta allo Stato la nomina di un rappresentante per la Regione Friuli-Venezia Giulia in seno ai cotiegio sindacate del Consiglio agrario provinciale di Udine, a sensi deit'art. 44 d.l. 7 maggio 1948, n. 1235 concernente l'ordinamento dei consoirzi agrari e della federazione itJaliana dei consoirzi agrari (1). (1) La Corte ha respinto il ricorso della Regione fondandosi principalmente sull'art. 44 del deCl'eto legislativo del 1948 e sull'attuale permanenza delle ragioni di pubblico interesse che demandano al Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste i compiti di controllo sui Consorzi agrari. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 410 CORTE COSTITUZIONALE, 9 aprile 1969, n. 68 -Pres. Sandulli � Rel. Trimarchi -Cipolla e Fanelli (n. c.). Lavoro -Rapporto di lavoro domestico -Sottrazione alla disciplina del contratto collettivo -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 3 e 39; e.e. art. 2068, 2� comma). Poich� il rapporto di lavoro domestico � tendenzialmente portato a costituire anche oggetto dell'autonomia collettiva, � costituzionalmente illegittimo l'art. 2068, comma secondo, del codice civile nella parte in cui dispone che sono sottratti alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro concerp,enti prestazioni di carattere domestico (1). (l) Il giudizio era stato introdotto con ordinanza del 29 gennaio 1969 del Pretore di Brindisi (Gazzetta Ufficiale 20 aprile 1968, n. 102). La Corte aveva dichiarato la .questione inammissibile per manifesta irrilevanza con la sentenza n. 101 del 1968 (Giust. civ., 1968, III, 260). In dottrina: PERSIANI, Domestici, in Enc. del dir., XIII, Milano, 1964; GHEZZI, Osservazioni sulla esclusione del rapporto di lavoro domestico dalla contrattazione coillettiva, Giur. it., 1966, I, 1, 409:� CORTE COSTITUZIONALE, 9 aprile 1969, n. 71 -Pres. Sandulli - Rel. Benedetti -Tedesco (n. c.). Reati -Abigeato e pascolo abusivo nelle provincie meridionali e nella Sicilia -IUegittimit� costituzionale della normativa -Esclusione. (Cost., art. 77, 3; d.l.l.1 11 febbraio 1917, n. 249}. Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale del d.l.l. 11 febbraio 1917, n. 249 che estese alle provincie dell'Italia meridionale e della Sicilia le norme repressive delZ'abigeato e del pascolo abusivo per la Sardegna, n� con riferimento all'art. 77 della Costitruzione, essendo stato esso convertito in legge, n� con riferimento all'art. 3 della Costituzione, perch� la normativa trova una razionale giustificazione nella particolare situazione di alcune regioni italiane (1). (Omissis). -1. -Nell'esame delle due censure di incostituzionalit� formulate dal tribunale � necessario dare la precedenza a quella con (1) La questione era stata proposta 'con ordinanza 23 aiprile 1968 del Tribunale di Lagonegro (Gazzetta Ufficiale 20 luglio 1968, n. 184). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONAL� E INTERNAZIONALE 411 la quale � stata denunciata la violazione dell'art. 77 della Costituzione per la pretesa mancata conyersione in legge del d.1.1. 11 febbraio 1917, n. 249, recante e Norme per la repressione dell'abigeato e del .pascolo abusivo nelle province dell'Italia meridionale e della Sicilia >. La censura non � fondata. A parte l'ovvio rilievo che se la conversione in legge non fosse avvenuta il decreto impugnato sarebbe privo di qualsiasi efficacia giuridica, sta il fatto che esso fu convertito in legge, con altri numerosissimi decreti luogotenenziali e regi, con l'articolo unico, comma primo, della legge 17 aprile 1925, n. 473� (n. 786 in G. U. 5 maggio 1925, n. 104) e deve pertanto ritenersi legittimamente in vigore. 2. -Del pari priva di fondamento � la seconda �censura d'incostituzionalit� con la quale � stata denunciata la violazione del �principio di uguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, sul rilievo che l'efficacia delle disposizioni del decreto in questione e la loro applicazione risultano e limitate ad alcune ed incerte province italiane �. Per quanto attiene al territorio nel quale trovano applicazione le norme in esame � agevole osservare che esso risulta espressamente indicato sia nel titolo che nella lettera dell'art. 1 del decreto impugnato. La locuzione in essi adottata: � province dell'Italia meridionale e della Sicilia �, gi� usata in altri provvedimenti legislativi, � di per s� sufficiente a delimitare l'ambito territoriale delle norme in questione. N� violazione del principio di uguaglianza pu� scorgersi nel fatto che il d.1.1. n. 249 del 1917 si applichi solo in alcune province e non in tutto il territorio nazionale. Le norme in esame -inizialmente dettate per la sola Sardegna (r.d. 14 luglio 1898, n. 404) e successivamente estese col decreto impugnato alle. province dell'Italia meridionale e della Sicilia -trovano logica e adeguata giustificazione nelle speciali situazioni di alcune regioni italiane. In esse la peculiare conformazione dei luoghi, in prevalenza impervi e scarsamente popolati, nei quali l'allevamento del bestiame continua ad essere praticato in notevole misura con il tradizionale sistema della pastorizia, nonch� speciali situazioni locali e condizioni sociali di coloro che a tali attivit� si dedicano, hanno favorito in modo particolare, pi� che nel restante territorio nazionale, l'incremento e la maggiore gravit� dei reati dell'abigeato e del pascolo abusivo. Non sussiste, quindi, nella specie l'assunta violazione del principio di uguaglianza perch� -come la Corte ha pi� volte avuto occasione di affermare -ben �pu� il legislatore emanare una disciplina normativa differenziata quando questa � obiettivamente giustificata da diversit� di situazioni e differenti aspetti della vita sociale che razionalmente ne determinano l'adozione. -(Omissis). 412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 9 aprile 1969, n. 72 -Pres. Sandulli - Rel. Bonifacio -De Luca e S.I.P. (avv. Tosato) e Ministero Poste e TT. e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. ,avv. gen. dello Stato Albisinni). Telefoni -Tarifl'e telefoniche -Carattere impositorio della prestazione Determinazione delle tariffe -Potere conferito dalla legge al C.I.P. Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 23; r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 232). , La determinazione delle tariffe telefoniche, in quanto attinente ad un servizio riservato alla mano pubblica il cui uso � essenziale ai bisogni della vita, deve assimilarsi, nella realt� effettuale, ad una vera e propria imposizione di prestazioni patrimoniali; poich� le tariffe telefoniche sono deliberate dal Comitavo interministeriale per i prezzi e poich� il potere dalla legge conferito a detto Comitato � collegato ad elementi di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito, devesi escludere la incostituzionalit�, in riferimento all'art. 23 della Costituzione, dell'art. 232 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645 il quale stabilisce che le tariffe telefoniche sono approvate con de�creto del Ministro per le poste e le telecomunicazioni, emanato di concerto con. il Ministro del tesoro e con il Ministro deU'industria e commercio (1). (Omissis). -3. -n citato art. 232 stabilisce che le tariffe telefoniche ivi specificate sono approvate con decreto del Ministro per le poste e le telecomunicazioni, emanato di concerto col Ministro per il tesoro e col Ministro per l'industria ed il commercio. Ad avviso del giudice a quo, questa disposizione, in quanto demanda all'autorit� governativa un potere non soggetto n� a limiti n� a controlli, contrasterebbe con l'art. 23 della Costituzione, in forza del quale nessuna prestazione patrimoniale pu� essere imposta se non in base alla legge. Per decidere la questione di legittimit� costituzionale cosi pro posta � necessario, in primo luogo, accertare se nella materia concer nente le tariffe telefoniche ci si trova di fronte a vere e proprie e pre stazioni imposte �, per le quali si possa invocare la riserva di legge contemplata nella norma costituzionale di raffronto. Secondo l'Avvoca (1) Il giudizio � stato introdotto con ocdinanza 26 ottobre 1967 del giudice conciliatore di Genova (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1967, n. 321). La sentenza 3 maggio 1963, n. 55 � pubblicata in Giur. it., 1963, I, 1, 935. La sentenza 25 giugno 1957, n. 103, proprio sulla legittimit� costituzio nale del CIP, leggesi in Giur. cost., 1957, 977, e nota di BARTOLOMEI, Libert� di impresa e disciplina dei prezzi. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 413 tura dello Stato e la difesa della S.l.P. una conclusione negativa i:n proposito sarebbe inevitabile, atteso che l'obbligo del pagamento secondo le tariffe non nasce dal provvedimento dell'autorit� governativa, ma dal contratto che l'utente stipula col concessionario del servizio: il necessario concorso della volont� dell'interessato, che si estrinseca in un'attivit� negoziale di diritto privato riconducibile al paradigma del contratto di adesione, escluderebbe la possibilit� di configurare i relativi obblighi come oggetto di una vera e propria imposizione. Gli argomenti esposti dalle due parti, fondati su una esatta qualificazione della fattispecie giuridica presa in considerazione, sono certamente idonei a dimostrare che le obbligazioni degli utenti trovano la loro fonte immediata in un contratto, ed � del pari certo che sulla natura del conseguente rapporto non incidono n� il carattere pubblicistico della concessione n� i poteri che in proposito la legge attribuisce al Governo. Queste conclusioni, tuttavia, non appaiono di per s� sufficienti a giustificare la tesi dell'inapplicabilit� dell'art. 23 della Costituzione al caso in esame. Va anzitutto rilevato che l'intercorrere del rapporto fra due soggetti privati -utente e concessionario -e l'assoggettamento di esso alla disciplina privatistica non fa certo venir meno il carattere pubblico del servizio telefonico, che la legge riserva I allo Stato (art. 1 r.d. 27 febbraio 1936, n. 645). Ci� premesso, e sviluppando spunti gi� contenuti nella precedente giurisprudenza (cfr. sentenza n. 55 del 1963), si deve affermare che il carattere impositorio I della prestazione non � escluso per il solo fatto che la richiesta del I I servizio dipenda dalla volont� del privato: ed invero tutte le volte I I in cui un servizio, in considerazione di una sua particolare rilevanza, j venga riservato alla mano pubblica e l'uso di esso sia da considerare ! essenziale ai bisogni della vita, � d'uopo riconoscere che la determii nazione autoritaria delle tariffe deve assimilarsi, nella realt� effettuale, I ad una vera e propria imposizione �di prestazioni patrimoniali. Quando ! ricorrano entrambi gli indicati presupposti, il fatto che l'obbligazione ! al pagamento del corrispettivo del servizio presupponga la volont� dell'utente di avvalersi dello stesso non giuoca, sotto il profilo che qui I .viene in considerazione, un ruolo determinante. Se � vero, infatti, che il cittadino � libero di stipulare o non stipulare il contratto, � altret I� tanto vero che questa libert� si riduce alla possibilit� di scegliere fra la rinunzia al soddisfacimento di un bisogno essenziale e l'accettazione di condizioni e di obblighi unilateralmente e autoritariamente prefissati: si tratta, insomma, di una libert� meramente formale, perch� la scelta nel primo senso comporta il sacrificio di un interesse assai rilevante. Si deve ritenere, perci�, che quando si tratti di un servizio essenziale -e non c'� dubbio che tale sia da considerare, nella odierna societ�, quello relativo alle comunicazioni telefoniche -, eserdtato in regime di monopolio pubblico, la determinazione delle tariffe non possa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO essere rimessa all'arbitrio dell'autorit�, ma debba essere assistita da quelle garanzie che la Costituzione ha voluto assicurare attraverso la riserva di legge. 4. -Pienamente fondata, invece, risulta la tesi subordinata, sostenuta sia dall'Avvocatura dello Stato che dalla difesa della S.I.P., secondo la quale la determinazione delle tariffe telefoniche avviene, nell'ordinamento ora in vigore, in base alla legge. L'impugnato art. 232, infatti, non pu� essere considerato come avulso dal sistema giuridico nel quale la disposizione oggi si inserisce, ed il potere conferito all'autorit� governativa deve necessariamente essere valutato nel quadro del regime giuridico che in generale disciplina le competenze, il procedimento ed i criteri concernenti la fissazione dei prezzi dei servizi. A tal proposito deve essere posto in rilievo che il potere di determinare tali prezzi � devoluto al Comitato interministeriale istituito con d.1.1. 19 ottobre 1944, n. 347, secondo le modalit� prescritte da tale provvedimento legislativo e dalle successive dispbsizioni del d.1.1. 23 aprile 1946, n. 363, e del d.lgt. del Capo provvisorio dello Stato 15 settembre 1947, n. 896, e bisogna ritenere -come risulta dal primo comma dell'art. 4 della citata legge istitutiva del. nuovo organo, che non consente se non a quest'ultimo la modificazione di preesistenti tariffe autorit~tive -che si tratta di una competenza esclusiva, la quale � rimasta tale anche dopo l'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1968, n. 626, il cui art. 2 � da intendersi nel senso che le direttive del Comitato interministeriale per la programmazione economica in ordine alla determinazione delle categorie di servizi per i quali il C.I.P. pu� esercitare le sue attribuzioni non riguardi le ipotesi nelle quali la fissazione delle tariffe sia prevista da una legge. Una volta accertato che il .Governo non pu� esercitare -ed in effetti non esercita -il potere conferitogli dall'art. 232 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, se non uniformandosi alle deltberazioni adottate dal C.I.P., il problema in esame trova la sua soluzione nelle considerazioni che la Corte, sia pure con riferimento ad altra norma costituzionale, pose a fondamento della decisione adottata con sentenza n. 103 del 1957. In quella occasione, infatti, sulla base di quanto risulta dalle disposizioni concernenti la composizione del C.I.P. e le modalit� del suo funzionamento, venne accertato che la legge attribuisce a quel .. Comitato un potere che e lungi dall'essere illimitato si da sconfinare in una valutazione di fattori riservata al legislatore, � collegato ad elementi di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito�. Le stesse ragioni giustificano la conclusione che il denunziato art. 232, interpretato in collegamento con la vigente legislazione sulla determinazione dei prezzi dei servizi, non v�ola la riserva di legge prevista nell'art. 23 della Costituzione. -(Omissis). .. . !;; �:::: ~,=::ii �=�= :..-..~ =r:: tir%ft~xwrs1:~:~::;1~~tf~t,t.i:'.lltl~;;;\~~r~:i~:;;,;;:~~:;1E~~=~t'.~ftr~:l~'.}fli~if;;;rx;,rtr:lftx::~{nfffi~llit~~i!i~;::~'!:;fitf~~'.1~:1?t:.fi?Efililftrikfff~ PARTE I, SEZ. I, GIVRIS. COSTITVZIONALE E INTERNAZIONALE 415 CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 74 -Pres. Sandulli - Rel. Chiarelli -Presidente Regione siciliana (avv. Virga e Orlando Cascio) c. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. dello 8tato Casamassima). Sicilia -Tutela del paesaggio e conservazione delle antichit� e delle opere artistiche -Norma disciplinante i vincoli sulla zona di templi in Agrigento -Decreto ministeriale che determina il perimetro della valle dei templi, la prescrizione di uso ed i vincoli di inedificabilit� -Legittimit� costituzionale. (St. spec. reg. sic., art. 14 lett., n); 1. 28 settembre 1966, n. 749, art. 2 bis; d. intermin. 16 maggio 1968). Poich� la norma che attribuisce la competenza legislativa esclusiva alla Regione siciliana, per diventare operativa, deve essere integrata daLle norme di attuazione, le quali, in materia di tutela del paesaggio e di conservazione delle antichit�' e delle opere artistiche, non sono state ancora emanate, neil'attuale situazione normativa deve dichiararsi costituzionale la norma statale che dispone vincoli su una zona di preminente carattere archeologico della Regione e legittimo il decreto ministeriale che, in attuazione della predetta norma, detta pi� specifiche determinazioni in materia (1). (1) Sulla necessit� delle norme di attuazione anche in tema di competenza esclusiva, vedasi la sentenza n. 14 del 1962, in Giur. it., 1962, I, 1, 756. Sulla potest� dello Stato di emanare norme in materia di tutela del paesag,gio, in mancanza di norme di attuazione delle digposizioni statutarie, cfr. le sentenze n. 65 del 1959 e n. 83 del.1962, pubblicate ivi, rispettivamente 1960, I, 1, 114; e 1962, I, 1, 1289. CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 75 -Pres. Sandulli - Rel. Crisafulli -Giardino, Narbone, Musso, Agagliate, Emilio, soc. imm. Sant'Orsola (avv. Dossetto, Werthmiiller, Zini Lamberti, Allorio, Leoni), Comune Torino (avv. Astuti e Micheli) e Presidente Consiglio Ministri (vice avv. gen. dello Stato Foligno). Imposte e tasse -Imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili -Decorrenza -Facolt� di determinarla con riferimento alla istituzione del contributo di miglioria generica -Illegittimit� costituzionale -Parziale sussistenza. In riferimento all'art. 53 della Costituzione sono illegittimi il primo comma dell'art. 48 ed il primo comma dell'art. 49 della legge 5 marzo l l j I I i I l I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 416 1963, n. 246 (istituzione di una imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili) nella parte in cui, attribuendo ai Comuni la facolt� di fissare la decorrenza dell'imposta, se pi� favorevole, dalla data iniziale gi� stabilita nella relatiiva deliberazione ai fini deli'applicazione del contributo di miglioria generica, consentono l'applicazione retroattiva delZ'imposta anche nei confronti di so,ggetti non sottoposti al contributo stesso (1). (Omissis). -2. -Secondo l'interpretazione in un primo momento prospettata dalla difesa dello Stato, la proposizione del primo comma dell'art. 48, denunciata dal tribunale, significherebbe che i Comunl possono far coincidere la data di riferimento iniziale per il calcolo degli incrementi di valore ai fini della nuova imposta con quella gi� stabilita, agli stessi effetti, nelle delibere istitutive del contributo di miglioria generica. Se cosi fosse, non sorgerebbe questione di violazione dell'art. 53, primo comma, della Costituzione, poich� gli artt. 48 e 49 non autorizzerebbero alcuna retroattivit� nell'applicazione dell'imposta. Ma una siffatta interpretazione, pur se accolta anche in una circolare in data 4 marzo 1963 del Ministero delle finanze, contenente istruzioni per l'applicazione della legge n. 246, � stata esplicitamente disattesa dalle ordinanze di rimessione, e sembra alla Corte che queste siano nel vero quando fanno rilevare che, letteralmente e logicamente, la formula dell'art. 48 sta invece a significare che anche la data di applicazione dell'imposta pu� essere quella medesima che era stata a su tempo determinata dal Comune nelle delibere istitutive del contri-� buto di miglioria. Tecnicamente, � questo il senso corretto dell'espressione e fissare la decorrenza dell'imposta ., e se impropriet� c'� nel testo della legge, questa st incontra eventualmente nell'art. 49, laddove si parla dell'incremento dei valori verificatosi e dalle date di decorrenza indicate nell'articolo precedente �. (1) Si tratta di nove giudizi, riuniti dalla C'orte, promossi con altrettante ordinanze emesse il 9 giugno 1967 dal Tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale 2 settembre 1967, n. 221; 14 ottobre 1967, n. 258; 28 ottobre 1967, n. 271). La medesima legge fu presa in esame dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 44 del 1966 (Giur. it., 1966, I, 1, 961). Sui contrasto tra la legge tributaria retroattiva e l'art. 53 Cost. vedasi anche la sentenza n. 45 del 1964 (Giur. it., 1964, I, 1, 1109). In dottrina: MANZONI, n principio della capacit� contributiva nell'ordinamento costituzionale italiano, Torino, 1965; FORTE, Sul problema deVla costituzionalit� di imposte retroattive, Giur. it., 1966, I, 1, 963; PoTITo, Sulle garanzie costituzionali stabilite per l'esercizio della potest� d'imposizione, Rass. dir. pubbl., 1966, II, 166. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 417 Ma lo scambio tra le due date, che spesso si coglie anche nel corso dei lunghi e travagliati lavori parlamentari che portarono all'approvazione della legge n. 246, si spiega tenendo presente che del sistema complessivo da questa instaurato faceva originariamente parte integrante il secondo comma dell'art. 25, poi dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza 23 maggio 1966, n. 44, di questa Corte, e che in quel sistema la retrodatazione fino a un decennio del momento di riferimento iniziale degli incrementi di valore (praticamente la regola, interessando tutti i Comuni obbligati a istituire la nuova imposta e parte di quelli facoltizzati) faceva tutt'uno con la retrodatazi�ne dell'applicazione dell'imposta. Ulteriore argomento in favore dell'interpretazione accolta dal tribunale di Torino si trae dal secondo comma dell'art. 48, che, tenendo fermi, ai fini dell'applicazione dell'imposta sugli incrementi di valore, oltre ai valori gi� definiti, anche i pagamenti e le iscrizioni a ruolo effettuati agli effetti dell'applicazione del contributo di miglioria, presuppone che la nuova imposta sia applicabile a fatti intervenuti sotto il vigore del t.u. del 1931 e concretamente rilevanti per l'applicazione del contributo di miglioria generica. 3. -A seguito della ricordata sentenza n. 44 del 1966, la retroattivit� dell'imposizione autorizzata dagli artt. 48 e 49 si restringe alle sole ipotesi espressamente previste nella seconda parte del primo comma dell'art. 48, e nel primo comma dell'art. 49, con la proposizione denunciata dalle ordinanze di rimessione. Trattasi infatti di norma a s� stante, sorretta da una sua propria e specifica ratio, che esattamente pertanto il tribunale ha considerato tuttora in vigore, nessuna incidenza avendo avuto su di essa la dichiarata .illegittimit� costituzionale dell'art. 25, secondo comma. Non � esatto, invece, che le stesse ragioni che ebbero a determinare quella decisione valgano identicamente per la norma oggi sottoposta all'esame di questa Corte, nella sua interezza. Nel secondo comma dell'art. 25 questa Corte ebbe a ravvisare violazione del principio del primo comma dell'art. 53, non gi� per il semplice motivo della retroattivit� dell'imposizione, ma per la dissociazione temporale che ne risultava tra capacit� contributiva e sottoposizione al tributo, del quale la norma dichiarata incostituzionale consentiva l'applicazione a � rapporti esauriti >, senza che soccorresse � alcuna razionale presunzione che gli effetti economici dell'alienazione e del valore realizzato con essa � permangano �nella sfera patrimoniale del soggetto ., data anche la imprevedibilit� della imposta. � noto d'altronde come la stessa dottrina tributaristica pi� sensibile ai limiti derivanti alla legislazione ordinaria dal principio della capacit� contributiva non abbia mancato di rilevare che una legge pu� colpire una capacit� contributiva esistente in un momento anteriore e rivelata da fatti pas ~ RASSEGNA DELL1AVVOCATUBA DELLO STATO 418 sati, senza per ci� solo violare l'art. 53, purch� vi sia una ragionevole presunzione che, nella normalit� dei casi, quella capacit� contributiva permanga al momento della imposizione. Applicando i suesposti criteri al caso in esame, deve ritenersi che la situazione prevista dalla norma degli artt. 48 e 49, di cui � questione, � in parte diversa da quella che era regolata nel secondo comma dell'art. 25. Giacch�, nella specie, la retroattivit� inerisce alla sostituzione di un tributo precedente con altro, strutturato bensi in modi sotto alcuni aspetti diversi, ma rispondente alla stessa funzione economicosociale e diretto a colpire -con aliquote minori -gli stessi fatti produttivi di ricchezza del primo. Non vi ha dubbio, infatti, che l'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, storicamente e logicamente, deriva in linea diretta dal contributo di miglioria generica previsto dal testo unico sulla finanza locale, rappresentandone un ulteriore sviluppo e ammodernamento: non a caso, la legge de qua mostra chiaramente di considerare l'applicazione dell'un tributo alternativa rispetto all'applicazione dell'altro. E la disciplina dettata nelle disposifiloni transitorie degli artt. 48, 49, 50, 51 e 52 tende a regolare il passaggio dall'uno all'altro tributo nei comuni che il primo avessero applicato o intrapreso ad applicare. 4. -Ora, se � vero che la cerchia dei soggetti passivi dell'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili � pi� larga di quella di coloro che erano sottoposti al contributo di miglioria generica, non � men vero, tuttavia, che questi ultimi vi sono certamente ricompresi: � pacifico in fatto, ad esempio, che tutti gli attori nei giudizi promossi contro il Comune di Torino, che hanno dato luogo al presente incidente di costituzionalit�, erano in precedenza soggetti al contributo di miglioria generica alla stregua del t.u. del 1931 ed in forza delle deliberazioni, menzionate in narrativa, a suo tempo adottate dal Comune stesso. Ma, nei limiti entro cui vi ha coincidenza tra contribuenti soggetti alla nuova imposta e contribuenti gi� assoggettati al contributo, non sussiste violazione dell'art. 53, primo comma. Da un lato, infatti, a differenza da quanto si riscontrava ri.el caso dell'art. 25, secondo comma, non. sarebbe possibile mettere in dubbio la piena prevedibilit� del- l'onere di una imposizione, astrattamente prevista come possibile dal t.u. del 1931, quando ne fosse stata decisa la istituzione con deliberazioni comunali, contro le quali gli interessati avevano a loro disposizione i ricorsi di cui all'art. 239 del t.u.; d'altro lato, la capacit� contributiva che deve permanere in capo al soggetto passivo della nuova imposta, subentrante retroattivamente al tributo precedentemente istituito, � quella medesima -non solo astrattamente, quanto anche in concreto -sulla quale il contributo stesso per l'innanzi incideva. ~ I ;'. I 11: w I ~ I I I rn [ fi rj~1 � ~ !J!lll I I J'=� 1rilittr1r~f&fi~iifil~r111:r1:[~g&1~�~~1~:~f:ri:\wfi�ti;r~1ir11f:~~ffEITm'~r@:\~I~11~m1m@~i:f:tfil~i:'\~~~tMt11film~]rw0wr1M~:s1m~H&JriliI1�Yt' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 419 Dove, al contrario, il principio del primo comma dell'art. 53 risulta violato, per ragioni analoghe a quelle rilevate dalla sentenza n. 44 del 1966 in ordine al secondo comma dell'art. 25, � nella estensione dell'imposta sugli incrementi di valore a soggetti diversi da quelli gi� tenuti a corrispondere il contributo di miglioria generica ~ con la stessa decorrenza stabilita per l'applicazione di quest'ultimo. Ci� che, nell'ambito delle zone del territorio comunale in cui doveva trovare applicazione il contributo di miglioria generica, pu� verificarsi in casi particolari e marginali come quelli della utilizzazione a scopo edificatorio fuori delle ipotesi .dell'art. 241, ultimo comma, del t.u. sulla finanza locale, o della costruzione seguita da alienazione, e si verifica invece nella generalit� dei casi con riguardo alle zone escluse dal contributo. Ne segue la illegittimit� costituzionale delle disposizioni denunciate, limitatamente alla parte in cui includono anche soggetti ai quali il contributo di miglioria generica non era applicabile. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 77 -Pres. Sandulli - Rel. Chiarelli -Torre (avv. Tosatti), Banco di Napoli (avv. Piccardi) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). Agricoltura -Credito agrario di esercizio -Privilegio sui frutti del fondo -Opponibilit� nei confronti del terzo nuovo possessore e conduttore del fondo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 42; r.d.l. 29 luglio 1927, n., 1509, conv. nella legge 5 luglio 1928, n. 1760, art. 8). N<Yn � fondata, con riferimento all'art. 42 della Costituzi<Yne, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 8 del r.d.l. 29 luglio 1927, n. 1509, in quanto l'apponibilit� del privilegio speciale ivi previsto anche al nuovo possessore o conduttore del fondo corrisponde ai fini di utilit� sociale della produzione agricola, che legittimano i vincoii alla propriet� privata (1). (1) La questione era stata prOiposta con ordinanza 27 giugno 1967 dal Tribunale di Matera (Gazzetta Ufficiale 14 ottobre 1967, n. 258). La giurisprudenza � costante nel ritenere l'opponibilit� erga omnes del privilegio in questione, entro il termine fissato dalla legge (Cass. 29 aprile 1967, n. 803, Mass., Foro it., 1967). In dottrina cfr. GERI, Osservazioni circa un prestito agrario meramente apparente, Giur. agr., 1968, 287; e pi� in generale, GALLI, Credito agrario di esercizio; i prestiti in natura, Riv. trim. dir. civ., 1968, 1535. 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Cosi determinato il thema decidendum, � da premettere che la legge 5 luglio 1928, n. 1760 (di conversione del d.l. 29 luglio 1927, n. 1509), regola le operazioni di credito agrario di esercizio, riguardanti: e 1) i prestiti per la conduzione delle aziende agrarie e per la utilizzazione, manipolazione e trasformazione dei prodotti � (art. 2; le altre operazioni ivi considerate non concernono il presente giudizio). Per tali prestiti � stabilito che e avranno scadenza rispettivamente all'epoca del raccolto o della completa utilizzazione o trasformazione del prodotto � (art. 5). A garanzia dei detti prestiti, l'art. 8 dispone che essi e sono privilegiati sopra i frutti pendenti e quelli raccolti nell'anno della scadenza del prestito e sopra le derrate che si trovano nelle abitazioni e fabbriche annesse ai fondi rustici e provenienti dai medesimi �. Tale privilegio compete all'Istituto mutuante e in confronto di chiunque possegga, coltivi e conduca il fondo entro l'anno in cui scade il prestito o la singola rata di esso. In caso di mancato o insufficiente raccolto il privilegio si trasferisce sui frutti dell'annata successiva, purch� il debitore continui nella conduzione del fondo � (secondo comma dell'articolo, modificato dal d.l. 29 luglio 1928, n. 2085). Dalle riportate norme si evince che beneficfario del prestito � il conduttore dell'azienda, sia o non proprietario, e che formano og�getto del privilegio i frutti dell'anno di scadenza del prestito: scadenza che, per l'art. 5 innanzi riportato, si ha e all'epoca del raccolto o della utilizzazione del prestito �. La garanzia del prestito � pertanto costituita, come esattamente si afferma nelle deduzioni del Banco di Napoli, da beni che sono stati prodotti con l'attivit� del debitore e con J.'utilizzazione del prestito. La norma impugnata trova rispondenza nella norma generale dell'art. 2757 del e.e., per la quale i crediti per le somministrazioni e per i lavori di coltivazione e di raccolt� dell'annata agricola hanno privilegio sui frutti, alla cui produzione abbiano concorso. Trattasi di un privilegio di carattere reale, costtuito per legge, rispetto al quale, per questa sua natura, non pu� invocarsi il principio della irrilevanza della res inter alios acta, e che pu� essere esercitato contro chiunque, per il diritto di seguito, proprio dei privilegi reali. Non sussiste pertanto l'asserita violazione dell'art. 42 della Costituzione. N�, a giudizio della Corte, pu� ravvisarsi violazione di tale articolo ove si ritenga, con la prevalente giurisprudenza, che la durata del privilegio corrisponda all'anno di calendario successivo alla sc�denza del prestito, e che quindi possa essere eserc,itato sul raccolto di tale anno, anche nel caso che il debitore abbia precedentemente cessato la conduzione del fondo. Va in proposito osservato che la disciplina del credito agrario � intesa al conseguimento dei fini di utiltt� sociale della produzione ~;r1J&J?iiN=lrll#!t111,m;1~1;r1;r11!m:rri1mwm1m;1far1f1trtiw1rnili1m1�mr'Tlrw1w1fff!t1~~ir1rn1wwrJi'WJ~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 421 agricola e del suo incremento, rispetto ai quali si legittimano i limiti ed i vincoli della propriet� privata, inerenti alla e funzione sociale > di essa, e preordinati, per quanto riguarda la propriet� terriera, al fine di � conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali � (ar.t. 44 Cost.). La possibilit� di far valere il privilegio nei confronti del terzo (proprietario o nuovo conduttore del fondo) corrisponde agli indicati scopi di interesse generale, di favorire il credito agrario, giacch�, se .Ja si escludesse, la garanzia del prestito potrebbe essere �inoperante, e d'altronde l'utilit� del suo impiego non si esaurisce con la produzione dei frutti dell'annata, potendo derivare da esso un vantaggio per la valorizzazione del fondo e la realizzazione dei frutti successivi. � anche da tener presente che la legge contiene norme dirette ad assicurare che il prestito sia utilizzato per gli scopi per cui � concesso (artt. 7 e 10), e il regolamento di esecuzione stabilisce i mezzi idonei iperch� l'Istituto di credito, nel concedere il prestito, accerti il titolo al quale il richiedente coltiva il fondo, con riferimento ai contratti che ilo comprovino (d.m. 23 gennaio 1928, art. 1, lett. b). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 78 -Pres. Sandulli Rei. Crisafulli -Lambrilli (avv. Marafioti) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Codice penale -Applicazione provvisoria di pene accessorie -Violazione della presunzione di non colpevolezza dell'imputato -Esclusione. (Cost., art. 27; c.p. art. 140, c.p.p. artt. 301, 587). Non � fondata, con riferimento al principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza dell'imputato, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 140 c.p., e degli artt. 301 e 587 c.p.p., che prevedono, durante l'istruzione o il giudizio, l'applicazione provvisoria di pene accessorie (1). (Omissis). -L'ordinanza propone il dubbio sulla legittimit� costituzionale degli artt. 140 c.p. e 301 e 587 c.p., � limitatamente alla (1) La questione era stata proposta con 011dinanza 22 febbraio 1968 del G.I. presso il Tribunale di Roma. In dottrina, cfr. TuRANo, Le interdizioni professionali, Arch. pen., 1968, I, 58; BRUTI LmERATI, Il ruolo del giudice nell'applicazione delle pene accessorie, Mass. trib., 1968, 1162. I I i I I I I I I I I I l J I l ! i I I 1 I i . II i ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 422 sospensione provvisoria dai pubblici uffici �, che era la misura applicabile nella specie, basandosi essenzialmente sulla locuzione usata dal legislatore, che, cosi nella rubrica delle disposizioni denunciate, �come anche, a volte, nel testo di talune disposizioni, quali lo stesso art. 301 e l'art. 485 c.p.p., si rifevisce ad una applicazione provvisoria di � pene accessorie�. Di qui il. possibile contrasto con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione, secondo cui l'imputato non � considerato colpevole fino alla condanna definitiva. Ma la questione non � fondata. La semplice circostanza che, per brevdt� e comodit� di espressione, i codici designino riassuntivamente i provvedimenti di cui all'art. 140 del codice penale come applicazione provvisoria di pene accessorie, avendo riguardo alle analogie strutturali di quei provvedimenti con alcune tra le pene accessorie elencate nel- l'art. 19 c.p., non � da sola sufficiente a far concludere per la natura giuridica di vere e proprie pene delle misure cosi adottate. Quali che siano le denominazioni �giuridiche adoperate nei testi legislativi, la determinazione della natura di un istituto � compito spettante all'interprete, la nomenclatura legislativa potendo valere semmai come uno tra i vari elementi suscettibili di concorrere alla precisa individuazione del significato oggettivamente risultante dai testi medesimi. Ora, se ben si guarda alle finalit� cui � preordinata la disposizione dell'art. 140 c.p. ed ai caratteri che contrassegnano le misure in esso previste, deve concludersi che si tratta di misure cautelari, e non di sanzioni penali irrogate prima del giudizio e quasi anticipandone i risultati. Le misure applicabili dal g:iudice istruttore sono piuttosto assimilabili, da questo punto di vista, alle misure di prevenzione, e questa Corte ha gi� avuto occasione di a:ff.ermare che l'applicazione di misure di prevenzione, anche se restrittive della libert� personale, non �contrasta con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione (sent. 4 marzo 1964, n. 23; sent. 8 febbraio 1962, n. 6). Ovviamente, prima di procedere all'applicazione di una delle misure di cui all'art. 140, il giudice deve sommariamente valutare, tra l'altro, il fumus boni juris dell'accusa, com'� appunto prescritto dallo stesso art. 140 e com'� regola generale nel nostro ordinamento processuale per qualsiasi specie di .provvedimenti cautelari. Ma una tale valutazione, che rappresenta comunque una garanzia per l'imputato e non differisce qualitativamente da quelle previste negli artt. 252 e 374 c.p. ai fini della emissione di ordini o mandati, nonch� rispettivamente, del rinvio a giudizio, non viola la presunzione di non colpe� volezza enunciata nel secondo comma dell'art. 27 della Costituzione, per il suo carattere meramente delibativo in ordine alla adozione o � meno del provvedimento sospensivo e perch� destinata comunque ad . "'3uri"1 m quel momento. ~ j:: =~[ ~f1rtiifllrf:~~;~r;f'.!r:B;'.;1;:'.t:':~!-r~Wf:rrtrw~~1EE�xr:::Est==rt:&t~r~r:iiliftr<0Ertctf!f!&fzr:rs.ifilf:'fsfxw1f1:1m PARTE I, SEZ. I, GWRIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 423 Carattere e finalit� cautelari presenta altresi la iscrizione nel casellario giudiziale della misura applicata, cosi com'� disposto dall'art. 587, ultimo comma, del c.p.c., poich� detta iscrizione realizza una forma di pubblicit� necessaria per una pi� efficace tutela degli interessi che lo stesso art. 140 tende a proteggere. Certo, se, per assurda ipotesi, delle misure provvisoriamente adottate dovesse restare traccia nel casellario anche dopo che sia intervenuta una sentenza di proscioglimento, la norma dell'ultimo comma dell'art. 587 non sarebbe compatibile con il principio� dell'art. 27 della Costituzione. Ma cosi non �, dal momento che gli artt. 381, comma secondo, e 479, comma quinto, c.p.c. stabiliscono che le sentenze di proscioglimento emesse in sede istruttoria e a seguito di dibattimento debbano ordinare la cancellazione delle pene accessorie provvisoriamente applicate, mentre poi il combinato disposto degli artt. 4 e 14, lett. f, del r.d. 18 giugno 1931, n. 771, contenente norme regolamentari per il servizio del casellario giudiziale, provvede alle modalit� per la eliminazione dalla scheda dell'imputato della menzione del provvedimento che era stato adottato nei suoi confronti. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1969, n. 79 -Pres. Sandulli - Rel. Branca -Delle Piane (avv. Musio Sale), Delle Piane (avv. Medina e Tumedei). Successioni -Diritto di rappresentazione -Esclusione dei figli natu rali del chiamato che non lasci o abbia discendenti legittimi Illegittimit� costituzionale. (Cost. art. 30; e.e. art. 467, 468, 577). � fondata, con riferimento alla tutela accordata dalla Cosbituzione alla prole naturale, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 577 e.e. nel suo complesso e degli ar~t. 467 e 468 dello stesso codice, limitatamente alla parte in cui escludono dalla rappresentazione il figlio naturale di chi, figlio o fratello del de cuius, non potendo o non volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti legittimi (1). (1) La questione era stata pro;posta con ordinanza 26 giugno 1967 del Tribunale di Genova (Gazzetta Uffi,cial'e 25 novembre 1967, n. 295). Per un'ampia disamina della filiazione illegittima, anche de iure condendo, cfr. G10RGIANNI, La discip,lina dei rapporti personali neWambito familiare e quello della filiazione il:legittima nel progetto Reale, in Studi per Torrente, 495. 5 424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1969, n. 81 -Pres. Sandulli - Rel. Oggioni -Castellani (avv. Bussi), Soc. Villaverla (avv. Jemolo, Stratta) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Lavoro -Divieto di licenziamenti individuali -Giusta causa -Esclusione delle aziende con meno di 35 dipendenti -Illegittimit� costituzio nale -Insussistenza. (Cost., art. 3, 4. 35; I. 15 luglio 1966, n. 604, a~. 11 Pl'.imo comma). L'art. 11, primo comma, deila legge 15 luglio 1966, n . .604, che esclude dall'applic,abilitd del divieto di. licenziamento senza giusta causa le aziende aventi meno di 35 dipendenti, non contrasta con l'art. 4 della Costituzione, non sussistendo un vero dirifito soggettivo alla conservazione del posto di lavoro, n� con gli artt. 3 e 35 deUa Costituzione, in quanto la limitazione cos� posta non contiene in se stessa vizi di razionalitd suscettibili di sindacato di legittimit� cosbituzionale (1). (Omissis). -2. -Tutte le ordinanze propongono la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 11, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 60~, prospettando, come motivo comune, }'.eventuale contrasto con il principio dell'eguaglianza di tutti i cattidini davanti alla legge, statuito dall'art. 3 della ca~'ta costituzionale. A questo motivo comune, l'ordinanza del pretore di Napoli aggiunge altri due motivi particolari, con riferimento e all'art. 4 della Costituzione (effettivit� del diritto al lavoro ed alla conservazione del posto di lavoro a favore di tutti i cittadini) e all'art. 35 (tutela generale del lavoro). 3. -La Corte ritiene che, nell'ord1n� dei motivi suindicati, debba prima esaminarsi quello addotto con l'ordinanza del pretore di Napoli, in relazione all'art. 4 della Costituzione ed all'art. 35 che ne costituirebbe un corollario. Invero, col permettere che per tutti, indistintamente, i lavoratori dipendenti, sussista il diritto soggettivo alla conservazione del posto di (1) La questione era stata proposta con sette ordinanze di giudici di merito. In dottrina, cfr. BoLLETTI, Brevi note sulla questione di legittimit� costituzionale dell'art. 11 della nuova legge sui licenziamenti individuali, Riv. Lav., 1967, II, 350; MAZZONI, Il principio di uguaglianza e l'art. 11 della legge 15 luglio 1966, n. 604, Mass., Giur. lav.� 1968, 170. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 425 lav�ro, salvo l'applicabilit� in via di eccezione di identico sistema di licenziamento, si viene a porre la question.e, sotto un motivo di� base, di portata generale ed immanente. La questione, considerata sotto queso profilo, non � fondata. La portata della garanzia del diritto al lavoro � stata delineata, sotto vari aspetti ed in diverse occasioni, dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalla sentenza n. 3 del 1957 sino alle affermazioni contenute nella sentenza n. 45 del 1965, che rappresentano uno sviluppo dei gi� acquisiti principi, per quanto riguarda la qualificazione del diritto al lavoro in relazione alla portata che esso assume ed alla funzione che svolge direttamente nei rapporti fra l'individuo e lo Stato. Infatti, riaffermati nella sostanza gli aspetti gi� delineati del diritto in esame, la Corte, con la detta sentenza, ha proceduto ulteriormente nel definire i profili, affermando che, una volta interpretata la norma costituzionale come fonte di un divieto posto allo Stato di imporre. limiti discriminatori alla libert� di lavoro, e del correlativo obbligo di indirizzare l'attivit� dei pubblici poteri e dello stesso legislatore alla creazione di condizioni economiche, sociali e giuridiche, che consentano l'impiego di tutti i cittadini idonei al lavoro, ne deriva che la norma stessa, � come non garantisce a ciascun cittadino il diritto al conseguimento di una occupazione, cos� non garantisce il diritto alla conservazione del posto di. lavoro, che nel primo dovrebbe trovare il suo logico e necessario presupposto�: ci� sempre con le doverose garanzie per quanto riguarda il rispetto dei principi fondamentali di libert� sindacale,. politica e religiosa. Ora � chiaro che, pur se la stessa sentenza prosegue affermando la esigenza che il legislatore � adegui la disciplina del rapporto di lavoro a tempo indeterminato al fine ultimo di assicurare a tutti la 'continuit� del lavoro e circondi di doverose garanzie e di opportuni temperamenti i .casi in cu si renda necessaro far luogo a licenziamenti �, resta tuttavia escluso che possa �parlarsi in relazione all'art. 4 della Costituzione di un vero e proprio diritto soggettivo alla conservazione del posto da parte del lavoratore. La Corte, anche per la mancanza di contrapposti nuovi o diversi motivi, non pu� che confermare il proprio indirizzo giurisprudenziale, escludendo la fondatezza della questione in quanto proposta in r�elazione agli artt. 4 e 35 della Costituzione. 4. -Ci� premesso, l'esame della questione di legittimit� costituzionale va ricondotto in relazione al solo profilo comune a tutte le ordinanze, di cui all'art. 3 della Costituzione. Il principio di parit�, dervante da questo articolo, sarebbe violato per il fatto che il diritto di recesso dal rapporto d lavoro � regolato in modo diverso, in base al 426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non !l'azionale criterio quantitativo ,e distintivo che siano fino a 35 o pi� di 35 i dipendenti assunti dal datore di lavoro. La questione non � fondata. Come la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ritenuto, l'art. 3 non corrisponde ad un criterio di mera uguaglianza formale e formalistica e perci� �non esclude che il legislatore possa adottare norme diverse per regolare situazioni che esso ritenga diverse, adeguando cosi la disciplina giuridica agli svariati aspetti della vita sociale, entro un margine di discrezionalit� che giustifichi sostanzialmente il criterio di differenziazione adottato. Tutto ci� con conseguenti riflessi sui limiti del controllo di costituzionalit� consentito a questa Corte. L'esame dell'art. 11 della legge sui licenziamenti individuali, compiuto seguendo gli ora cennati criteri direttivi, elimina il prospettato dubbio di legittimit� costituzionale. Va, anzitutto, tenuto presente che il dato su cui la norma � basata, consistente nella diversificazione, per determinati effetti, a seconda delle dimensioni, maggiori o minori, che il datore di lavoro imprime alla organizzazione della sua attivit�, � un dato aderente alla realt� economica, di comune esperienza. Che si tratti di distinzioni, penetrate in vario modo e misura, per la lO!I'o forza realistica, nel sistema legislativo, � largamente dimostrabile. Basti richiamare, per tutte, la norma dell'art. 2083 e.e. e, correlativamente, quella dell'art. 2202, che, riguardando a s� stante la categoria dei piccoli imprenditori, dimostrano, per implicito, che vi sono elementi che li distinguono da quelli delle altre categorie dei medi e dei grand imprenditori. Lo stesso dicasi per quanto riguarda l'esclusione dei piccoli imprenditori dalle procedure concorsuali (art. 1, r.d. 16 marzo 1942, n. 267). Anche in leggi speciali sul lavoro subordinato, il legislatore ha fatto ricorso a classificazioni distintive, basate su dati quantitativi circa il numero dei dipendenti: cosi nella legge 25 luglio 1956, n. 860, sulla disciplina giuridica delle imprese artigiane (considerate tali, a seconda del numero dei dipendenti, addetti o meno a lavorare in serie): e cosi nella legge 22 settembre 1960, n. 1054, sul personale degli autoservizi urbani e extra urbani, la cui applicazione � subordinata al numero superiore a 25 dipendenti occorrenti per le normali esigenze di servizio. Aggiungasi che la norma, di cui ora si pone in dubbio la legittimit� costituzionale, per avere escluso l'applicabilit� \della condizione della giusta causa per i licenziamenti individuali, nella ipotesi che i datori di lavoro occupino fino a 35 dipendenti, ha un suo precedente, per quanto attene alla considerazione di una certa razionale distinzione PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 427 segnata da questo stesso numero di dipendenti da imprese industriali e stipulato tra la Confederazione generale dell'industria, la Confederazione generale italiana del lavoro, la Confederazione italiana sindacati lavoratori e l'Unione italiana del lavoro. Tale accordo, recepito dal d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1011, che questa Corte ritenne non contrastante con la Costituzione con sentenza n. 50 del 1966, ha segnato, con l'art. 8, la esclusione, per le aziende con non pi� di 35 lavoratori, dalla speciale procedura per l'esame dei licenziamenti �davanti ad un � Collegio di conciliazione ed arbitrato ., riconducendo l'esame ad un semplice tentativo di conciliazione tra l'azienda ed il delegato di impresa. Un successivo accordo interconfederale del 29 aprile 1965 ha ribadito che, sia pure in via transitoria, per le aziende che occupano non pi� di 35 lavoratori, continua ad operare il tentativo di conciliazione in sede sindacale anzich� la procedura davanti al �Collegio di conciliazione ed arbitrato �. Questi precedenti non sono certo risolutivi per la questione di costituzionalit�, ma conferiscono positiva dimostrazione che la componente numerica dei lavoratori ha riflessi sul modo di essere e di operare del ra�pporto di lavoro� organizzato. Non � solo e non tanto il criterio della diretta fiducia personale che vale a qualificare il rapporto nell'ipotesi di un numero inferiore di dipendenti, quanto il criterio economico suggerito per regolare gli interessi delle aziende aventi un minor numero di dipendenti, pur senza trascurare gli interessi dei lavoratori, tanto che (artt. 4 e 9 della legge in rlazione all'art. 11) � sempre salva la nullit� del loro licenziamento, se effettuato per ragioni politiche, religiose o di appartenenza a sinda� cati e relative attivit� ed � sempre salva la indennit� di anzianit�. 5. -Riconosciuta, pertanto, la razionalit� di una delimitazione in genere di categorie di datori di lavoro, a seconda delle forze di lavoro impiegate, la questione di costituzionalit� si riduce al punto specifico se l'art. 11 della legge sui licenziamenti abbia, nel segnare il limite dei 35 dipendenti, operato insindacabilmente mantenendosi nei limiti di equiparazione delineati dall'art. 3 della Costituzione, ovvero questi limiti abbia superato, dando luogo ad una inammissibile disparit� di trattamento. Ma, per quanto gi� si � esposto per segnare l'ambito di interpretazione e di applicazione dell'art. 3, la questione non � fondata. Pu� anche prescindersi (per quanto la coincidenza � di sintomatico rilievo) dal tener conto, come argomento decisivo e vincolante, che lo stesso limite numerico di 35 dipendenti � stato adottato in sede sindacale per quanto riguarda la materia dei licenziamenti. Ma ci� che soprattutto induce ad escludere l'incostituzionalit� della norma e, nel contempo, a mantenere l'esercizio del controllo da parte 4:28 RASSEGNA DEL~'AVVOCATURA DELLO,STATO di questa Corte entro quei confini al di l� dei quali si darebbe luogo ad usurpazione delle valutazioni discrezionali e di politica legislativa spettanti al Parlamento, � che la distinzione stabilita non contiene, in se stessa, vizi di razionalit�, per le ragioni di massima suesposte; e, per quanto concerne la misura numerica, la valutazione del Parlamento risulta essersi svolta secondo autonome emotivate scelte tenendo conto dei fattori di quilibrio economico-sociale che ne consigliavano, nel determinato momento, l'adozione, nell'interesse generale. Si tratta, del resto, di criteri che il Parlamento pu� sempre rivedere, anche in co:qsiderazione dell'evolvere delle esigenze organizzative, collegate, tra l'altro, al progresso tecnologico. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE �DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1105 -Pres. Tavolaro -Est. D'Armiento -P. M . .criscuoli (conf.). -Ospedale civile di Palmanova (aVv. Morvillo) c. Amministrazione Finanze (avv. Stato Foligno). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Imposte dirette -Azione giudiziaria -Condizioni -Preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie -Azione di mero accertamento diretta ad impedire preventivamente l'applicazione dell'imposta -Improponibilit�. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639; art. 22). n principio., se�condo il quale, in tema di controversie in materia di imposte dirette, la proposizione dell'azione giudiziaria � condizionata al preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie, non softre eccezione nel caso che il contribuente si sia limitato ad adire direttamente l'autorit� giudiziaria per una declaratoria di mero accertamento tendente ad ottenere la dichiarazione giudiziale che nel caso concreto l'imposta non � applicabile (1). (qmissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Ospedale Civile di Palmanova, denunziando la falsa applicazione dell'art. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, dell'art. 120 Regolamento 11 luglio 1907, n ..560 e dell'art. 22 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 639, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla (1} Il principio, enunciato in sentenza, che, in materia di imposte dirette, il ricorso all'autorit� giudiziaria � condizionato al preventivo ricorso davanti alle Commissioni tributarie, � di indubbia esattezza ed � costantemente riaffermato in giurisprudenza. Cfr. da uitimo Cass., Sez. I, 3 febbraio 1968, n. 354, in questa Rassegna, 1968, I, 115, con nota di ANGELINI ROTA. � noto infatti che l'ordinamento condiziona, in materia di imposte dirette, l'�zione giudiziaria, oltre che alla pubblicazione del ruolo, al previo ricorso alle Commissioni tributarie (art. 22 r.d. 7 agosto 1936, n. 1639). Il principio, in linea generale, stabilito dall'art. 6 della legge 1865, all. E, trae la sua giustificazione dalla separazione dei poteri ed � inteso 4:30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Corte di merito, sono proponibili, anche in materia d'imposte dirette, le azioni di accertamento preventivo sulla legittimit� della pretesa tributaria della P. A. Argomenta in proposito che, anzitutto, la natura del procedimento tributario � unica, sia in materia d'imposte dirette che in tema d'imposte indirette, per cui � ingiustificato ammettere o negare la liceit� della attivit� giurisdizionale preventiva solo in base alla natura del tributo. In secondo luogo che, il principio, il quale esclude dalla competenza giudiziaria le questioni sulle imposte dirette, sino a che non abbia avuto luogo la pubblicazione dei ruoli (art. 6, legge abolitiva del contenzioso amministrativo) deve intendersi limitato all'esistenza di un processo tributario di accertamento gi� iniziato, ma non ancora concluso nella sua fase amministrativa. Laddove, invero, manchi uno specifico accertamento fiscale in atti, e si neghi in radice la legittimit� della pretesa tributaria dello Stato, non vi sarebbe alcuna ragione per limitare il diritto del cittadino ad ottenere una declaratoria di accertamento preventivo negativo. Il ricorso � infondato e correttamente la sentenza denunziata ha ritenuto e dichiarato che nella specie sussiste il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda. Ed invero, com'� noto, in tema di controversie in materia d'imposte dirette -a differenza di quanto comunemente si ritiene in materia d'imposte indirette -la proposizione dell'azione davanti all'autorit� giudiziaria � condizionata alla pubblicazione dei ruoli e al preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie. Tale limitazione � sancita dall'art. 6, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sul contenzioso amministrativo, e dalle norme concernenti l'imposta di ricchezza mobile e le altre imposte dirette (t.u. 24 agosto 1877, n. 4021; reg. 11 luglio 1907, n. 560; r.d.1. 7 agosto 1936, n. 639). Stante detta limitazione, che risponde ad esigenze della divisione dei poteri e attiene al conseguimento di altri scopi pubblici che qui ad evitare che la tutela giudiziaria interferisca e si sovrapponga in maniera e prematura. all'azione amministrativa. � conseguenziale pertanto l'applicazione del principio alla fattispecie in esame in cui il contribuente aveva promosso un'azione di accertamento preventivo negativo prima ancora che la p.a. fosse pervenuta all'accertamento dell'imposta o avesse dato inizio� al ,procedimento di riscossione. Cfr. Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1954, n. 3555, in Giust. civ., 1954, II, 2341. .Prima della nascita del debito di imposta, la situazione soggettiva del privato, essendo intimamente collegata all'esercizio di potest� pubbliche che ancora non si sono rese concrete con l'atto amministrativo di imposizione, si configura chiaramente come interesse legittimo, non tutelabile dinanzi al giudice ordinario. G. DE PAOLA '(~: 1�:::1 . --I -...~.~~~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 431 appare superfluo richiamare e tanto meno discutere, deve riconoscersi che la limitazione stessa debba operare anche per le cosiddette azioni di accertamento negativo, e cio� per quelle azioni che tendono a far dichiarare dal giudice ordinario che non sussiste da parte dello Stato il potere impositivo relativamente ad una data situazione giuridica che si ritenga intassabile con imposta diretta. Basta considerare, infatti, non solo che l'accertamento preventivo mira evidentemente al fine concreto di sfugg~re all'imposta, ma che una volta dichiarato dal giudice ordinario la non assoggettabilit� del rapporto all'imposta, l'amministrazione finanziaria non potrebbe pi� applicarla e riscuoterla, e in caso che l'avesse gi� fatto, sarebbe tenuta al rimborso. In altri termini, si avrebbe in tal modo quell'interferenza di attribuzioni e di poteri che la legge ha voluto invece evitare, limitando il diritto del contribuente ad insorgere, nella materia che ne occupa, quando la tassazione sia non solo gi� avvenuta attraverso la pubblicazione dei ruoli, ma sia avvenuto anche l'esperimento, almeno in un grado, del ricorso davanti alle commissioni tributarie. Pertanto va confermato il principio, gi� altra volta stabilito da queste Sezioni Unite in una fattispecie identica (cfr. sent. 11 ottobre 1954, n. 3555), che in tema di controversie in materia di imposte dirette, la proposizione dell'azione davanti all'autorit� giudiziaria, � condizionata al preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie, e non soffre eccezione nel caso che il contribuente si sia limitato ad adire direttamente l'autorit� giudiziaria non gi� per la risoluzione della controversia relativa all'applicazione della imposta ma per una declaratoria di mero accertamento, quando con questa si tenda praticamente ad ottenere la dichiarazione giudiziale che nel caso concreto la imposta non � applicabile. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1106 -Pres. Tavolaro -Est. Iannuzzi -P. M. Criscuoli (conforme). Bartolomei Remo (avv. D'Abbiero) c. Ministeri del Tesoro e dell'Agricoltura e Foreste (avv. Stato Carafa). Competenza e giurisdizione -Rapporto di pubblico impiego cessato Controversia sul periodo complessivo del servizio al solo fine di stabilire l'entit� della pensione -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato -Esclusione. (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 1; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62). i I i f i Ii 1r11:r1:r1~rrfflMrlr~:r1fr1rtrrr11r1r1w1w:11t:!Ki!!11:w1rr1111::1:11rJt1:1::r&1;::rmmr1~mr1:1rmrmmrrm1T&f1r1irwiilifmrtmmtrrgrmrm.J 432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Competenza e giurisdizione -Rapporto di pubblico impiego cessato Ripetizione di indebito oggettivo -Domanda di annullamento di atto amministrativo di recupero di somme versate. (art. 2 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; art. 26 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054; art. 2033 e.e.). Non puc) parlarsi di controversia di pubblico impiego e, pertanto, non sussiste giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, ma giurisdizione della Corte dei conti, quando il rapporto d'impiego deve ritenersi pacificamente cessato e si discute .del periodo complessivo del servizio solo al fine di stabilire l'entit� della pensione (1). Non pu� esser proposta davanti al Consiglio di Stato una domanda di annullamenilo di un atto amministrativo di recupero di somme versate in pi� a titolo di pensione poich� essa importa la risoluzione di una questione di ripetizione d'indebito oggettivo (art. 2033 e.e.) e perci� una questione di diritto soggettivo che appartiene alla cognizione del giudice ordinario (2). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 29 e 30 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 e la falsa .applicazione degli artt. 13 e 62 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, deduce che erroneamente il Consiglio di Stato ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a provvedere sulla domanda di annullamento del prov (1) n principio enunciato nella prima massima secondo il quale non sussiste giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, ma giurisdizione della Corte dei Conti ai sensi degli artt. 13 e 62 del t.u. n. 1214 del 1934 ogniqualvolta, non essendovi controv�rsia sull'avvenuta cessazione del rapporto di impiego, si discuta del periodo complessivo del servizio solo al fine di stabilire l'entit� della pensione da e riliquidare � � fermo insegnamento della giurisprudenza della Suprema Corte in materia di conflitti di giurisdizione. Tale insegnamento pone in evidenza l'errore in cui si incorre quando si voglia trasferire la disciplina dettata per il rapporto di pubblico impiego per regolare la diversa situazione che si realizza con la cessazione di esso. Sulla autonomia del rapporto di pensione da quello di pubblico impiego con la cessazione di quest'ultimo cfr. da ultimo Cons. Stato, s�ez. V, 25 settembre 1968, n. 1192, in Foro amm., 1968, I, 2, 1130; cfr. altresi Corte Cassazione, Sez. Un., 29 aprile 1967, n. 798, in Mass. giust. civ., 1967, 398, sui limiti della giurisdizione della Corte dei Conti. (2) La'seconda massima costituisce, anch'essa, un'applicazione al caso specifico (di una domanda di anullanmento di un atto amministrativo di PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 433 vedimento relativo alla data di coilocamento a riposo, poich� esso riguardava lo stato giuridico del ricorrente e non la liquidazione della pensione. Osserva inoltre che la questione relativa alla data di collocamento a riposo era stata proposta anche ad altri fini, quali il cumulo della pensione con il trattamento di attivit� del servizio e l'illegittimit� dell'ordine di recupero de�a somma di L. 291.735 per ratei di pensione percepiti in pi�. Rileva, infine, che era stata denunciata anche la violazione della legge 4 maggio 1951, n. 538 e dell'art. 6 d.1.1. n. 804 del 1948 relativamente alle condizioni per il collocamento a riposo di ufficio, questione che rientrava nella ,giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato. La censura non � fondata. Con il ricorso al Consiglio di Stato il Bartolomei chiedeva che fossero annullati il decreto del Ministero dell'Agricotura e delle Foreste 26 marzo 1962 ed il conseguente atto 2 agosto 1962 del Ministero del Tesoro, concernente il recupero della somma percepita in pi� a titolo di pensione; deduceva ,che la data esatta di cessazione dal servizio era quella del 31 agosto 1952, essendo stato trattenuto in servizio dal 15 giugno 1949 alla predetta data del 31 agosto 1952, e che, conseguentemente, la pensione doveva essere liquidata in base al servizio prestato fino alla stessa data; chiedeva che fosse dichiarata illegittima J.a pretesa dell'Amministrazione di recupero della somma suindicata. Ora il citato decreto ministeriale 26 marzo 1962 aveva per oggetto la riliquidazione della pensione sulla base di un servizio cessato il 15 giugno 1949, non potendosi calcolare, a tal fine, il maggior servizio prestato fino al 14 luglio ovvero fino al 31 agosto 1952, che poteva recupero di somme versate in .pi� a titolo di pensione) dei principi fondamentali in materia di discriminazione della giurisdizione fra giudice ordinario e 'giudice amministrativo in funzione dell'effettiva natura dell'oggetto della controversia e della protezione accordata in astratto dall'ordinamento giuridico alla posizione soggettiva assunta a fondamento di tale pretesa. In base a tale principio, posto in relazione alle norme regolatrici della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, si pu� affermare che, mentre rientrano nella giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato le questioni attinenti al recupero di assegni indebitamente percetti dal pubblico dipendente quando il rapporto d'impiego sia in corso, una volta che questo sia venuto meno, le eventuali questioni d'indebito pagamento di assegni al pubblico dipendente rientrano_ invece, in mancanza di deroga espressa, nella giurisdizione del giudice ordinario. Sui limiti della competenza giurisdizionale esclusiva del Consiglio di Stato vedasi in linea generale Cass., Sez. Un., 10 ottobre 1967, n. 2358, in Foro amm., 1968, I, 1, 100. 434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO considerarsi valido solo ai fini della percezione dello stipendio; peraltro il ricorrente non contestava, ma ammetteva espressamente, nel ricorso e negli scritti difensivi, di essere stato collocato a riposo il 15 giugno 1949 e tr.attenuto in servizio fino al 31 agosto 1952. Pertanto l'oggetto dell'impugnazione davanti al Consiglio di Stato era un provvedimento di riliquidazione della pensione sulla base della riconosciuta cessazione dal servizio nella data indicata nel provvedimento stesso; era conseguenziale l'impugnazione dell'ordine di recupero delle somme versate in pi� per lo stesso titolo di pensione. Non furono .proposte davanti al Consiglio di Stato le altre questioni, �prospettate in questa sede, concernenti la cumulabilit� della :pensione con in trattamento di attivit�, ovvero la sussistenza delle condizioni per il collocamento a riposo di ufficio. Se ci� � vero, esattamente � stato dichiarato il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, trattandosi di materia devoluta alla cognizione esclusiva della Corte dei Conti, relativl;lmente all'impugnazione del decreto del Ministero del Tesoro, e di materia appartenente alla cognizione dl giudice ordinario, relativamente all'atto conseguenziale di recupero delle somme pagate in pi� a titolo di pensione. Il ricorrente, premesso che era stato collocato a riposo il 15 giu gno 1949, ma trattenuto in servizio fino al 31 agosto 1952, sosteneva che si sarebbe dovuto considerare come periodo utile ai fini del trat tamento di quiescenza anche quello decorrente fra le date predette e, pertanto, che la liquidazione della pensione si sarebbe dovuta effettuare con riferimento al maggior servizio prestato � di fatto � anche dopo il formale collocamento a riposo. La questione relativa alla data di ces sazione dal servizio e, quindi, al periodo di servizio effettivamente pre stato alla dipendenza della amministrazione, veniva proposta, sulla base di elementi noti e pacificamente ammessi, solo al fine della determi nazione della pensione; oggetto della domanda era l'annullamento del decreto di riliquidazione della pensione, che il giudice amministrativo avrebbe dovuto esaminare in base alla premessa dell'avvenuta cessa zione del servizio, in seguito protrattosi � di fatto� per un altro pe riodo. Non pu� parlarsi di controversia di pubblico impiego, o di con troversia sullo stato giuridico del dipendente, come ora deduce il ricor rente, quando il rapporto d'impiego deve ritenersi pacificamente ces sato e si discute del periodo complessivo del servizio solo al fine di stabilire l'entit� della .pensione. Non pu� essere proposta davanti al Consiglio di Stato una domanda di annullamento di un atto amministrativo di recupero di somme ver sate in pi� a titolo di pensione, poich� essa importa la risoluzione di una questione di ripetizione d'indebito oggettivo (art. 2033 e.e.), e fi&r1!rnf?Jlilif&i1flfff&fillilmmlffwill11fifwl'illJffiilirm1trilillit@:mr;1&1ill1B11t:rg1r*1trnnrmfim~rrnrnmr1ffB!t PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 435 perci� una questione di diritto soggettivo, che appartiene alla cognizione del giudice ordinario. Il ricorrente deduce, con il secondo motivo, che non si potrebbe riscontraTe una .posizione di diritto soggettivo, in quanto il recupero di somme percepite in buona fede � sog,getto ad una valutazione discrezionale della pubblica amministrazione; comunque non sarebbe 'pertinente il richiamo al citato art. 2033 e.e., poich� l'amministrazione esercita un'attivit� amministrativa nel disporre il recupero delle somme indebitamente versate al dipendente, e non un diritto di !ripetizione d'indebito. Denuncia, quindi, la violazione degli artt. 26, 29 e 30 del citato t.u. n. 1054 del 1924 nonch� dell'art. 2033 e.e. Ma in tali affermazioni s'annida l'errore di trasferire la disciplina dettata per il rapporto di pubblico impiego, per regolare la diversa situazione che si realizza con la cessazione di esso. Fino a quando il rapporto d'impiego � in corso, tutte le questioni, anche relative a diritti, che si ricollegano alla costituzione o al suo svolgimento, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo; a mente delle disposizioni di legge richiamate dal ricorrente. Quando, invece, il rapporto � cessato, le posizioni delle parti sono nettamente di diritto soggettivo e non trova posto alcuna valutazione discrezionale: il dipendente ha diritto alla pensione, e le questioni relative appartengono alla giurisdizione della Corte dei Conti; le eventuali questioni d'indebito n'el pagamento di somme per tale titolo attengono, invece, in mancanza di deroga espressa, alla giurisdizione del giudice ordinario. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1376 -Pres. Scarpello -Rel. De Santis -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Convitto Nazionale V. E. di Palermo (avv. Stato Zagari) c. Battaglia (avv. D'Abbiero). Competenza e giurisdizione -Natura del rapporto d'impiego tra i Convitti Nazionali e il personale insegnante nelle scuole da essi gestite anteriormente alla legge 9 marzo 1967, n.150 -Controversia -Giurisdizione ordinaria. (c.p.c., 429; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E., art. 2; r.d. 26 luglio 1924, n. 1054, art. 29, n. 1; r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410, art. unico; legge 19 gennaio 1942 n. 86, art. 1, 6, 7). n rapporto d'impiego tra i Convitti nazionali che gestiscano scuole medie e secondarie superiori, ancorch� parificate, e il personale insegnante era, anteriormente alia legge innovatJiva 9 marzo 1967, n. 150, l f. (.' ~ 1 < ~ ~ lliftillThBfil.ftITfil1f�lif:ilMm1trtfrff1rr1mifa:trr;;;rnm:rnwmKrr11fttEtfH&r�tr@1mrrrm1%1ff.1rfr@Mrf:00~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di natura privatistica, per cui, sulle controversie traenti origine da tale rapporto, la giurisdizione spetta al giudice ordinario (1). (Omissis). -La questione di giurisdizione sollevata con i due mezzi di annullamento � gi� stata ripetutamente esaminata da queste Sezioni unite della Corte di cassazione che hanno riconosciuto il carattere privatistico del rapporto di� impiego intercorso tra i convitti nazionali ed il personale insegnante delle scuole istituite, anteriormente alla legge n. 150 del 1967, presso i convitti medesimi, ancorch� si trattasse di scuole legalmente riconosciute. Conseguentemente queste Sezioni unite hanno ritenuto che le controversie relative a tali rapporti d'impiego rientrano nella competenza giurisdizionale dell'autorit� giudiziaria ordinaria, (sentenza n. 874 del 1964, n. 1321 del 1965, n. 2424 del 1966 ed altre). Questa giurisprudenza � stata assoggettata ad ulteriore vaglio dopo che, con la legge 9 marzo 1967, n. 150, sopra citata, si � disposto un nuovo ordinamento delle scuole interne dei convitti nazionali. Con sentenza n. 2065 del 21 giugno 1968, queste sezioni unite hanno quindi ritenuto che la nuova disciplina legislativa, in base alla quale le scuole medie e secondarie superiori annesse ai convitti nazionali sono ormai scuole statali, valga a convincere ulteriormente della esattezza della soluzione adottata in precedenza, piuttosto che a dimostrarne la erroneit�. Invero il caTattere palesemente innovativo della l~gge del 1967 induce anch'esso a ritenere che le scuole annesse ai convitti nazionali, solo ora divenute .scuole statali, erano, sotto l'impero delle leggi anteriori, scuole private, ancorch� parificate. Nell'istituirle e nel gestirle, i convitti nazionali agivano sullo stesso piano dei privati ai quali � data autorizzazione ad istituire e gestire una scuola, parificata alla scuola pubblica solo per determinati effetti ed entro certi limiti. Dai principi ripetutamente affermati, questa corte non ha motivo ora di discostarsi e perci�, rimandando alle ragioni altre volte esposte, senza farne inutile ripetizione, deve riconoscere che sono fondati entrambi i motivi di ricorso, con i quali, denunziadosi la violazione ~i numerose norme di legge (art. 29 e 30 t.u. n. 1054 del 1924; 118 r.d. n. 1054 del 1923; 1�0 r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410; 1, 6, 7 1. 19 gen( 1) Giurisprudenza del'le Sezioni unite ormai consolidata: in senso conforme, sentenze 21 giugno 1968, n. 2065, Foro it., Rep. 1968, voce Istruzione pubblica, n. 48; 30 marzo 1968, n. 985, in questa Rassegna, 1968, I, 188, con nota di richiami. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 437 naio 1942, n. 86, 33 della Costituzione; 429 c.p.c., in relazione all'art. 360 nn. 1, 3, 5 stesso codice) si sostiene per l'appunto la natura � privatistica del rapporto .qi impiego intercorso tra il ricorrente Battaglia ed il convitto nazionale �Vittorio Emanuele� di Roma, con la conseguente giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria relativamente alla controversie, a cui tale rapporto ha dato origine. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1615 -Pres. Scarpello -Est. Aliotta -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Venneri (avv. Infante) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Salvatori). Competenza e giurisdizione -Questioni di stato delle persone -Accer tamento � incidenter tantum� -Inammissibilit� -Giudizi di nanzi alla Corte dei Conti. (c.p.c., artt. 9 e 34; r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, artt. 9-11). Le questioni di stato delle persone non possono esser decise se non � princiw;iliter �, con piena efficacia di. giudicato, dal Tribunale civile territorialmente competente. Nessun altro giudice pu� conoscere delle questioni stesse, sia pure in via puramente incidentale e con effetto limitato alla controversia principale, di diversa natura (1). A tale principio noin pu� farsi eccezion:e per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti. Esula, pertanto, dalla giurisdizione della Corte il potere di decidere, sia pure in via incidentale, le questioini di stato delle persoine (2). (Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente denunzia, ai sensi dell'art. 360 n. 1 c.p.c. la violazione delle norme sulla giurisdizione, so (1-2) Il principio generale di cui alla prima massima � stato pi� volte affermato dalla Suprema Corte. V., per tutte, Cass. 10 giugno 1966, n. 1515, in Foro it., 1966, I, 1235, con nota di richiami. I dubbi in merito all'applicabilit� del principio anche ai giudizi dinanzi alla Corte dei C:onti nascevano dalla circostanza che il regolamento di procedura (r.d. 13 agosto 1933, n. 1038), mentre disciplina espressamente l'ipotesi dell'incidente di falso, la cui cognizione � sottratta alla Corte anche in via meramente incidentale (artt. 10 e 11), tace del tutto sulle questioni di stato. L'argomento � a contrario � desumibile da tale silenzio viene confutato dalla sentenza in rassegna in base al rilievo che la procedura dinanzi alla Corte non � disciplinata da un sistema normativo autonomo, ma dalle norme della procedura ordinaria, salve le limitate deroghe introdotte dal Regolamento del 1933. 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stenendo che la Corte dei Conti difettava di giurisdizione a conoscere, anche in via meramente incidentale, delle questioni attinenti a1lo status del Venneri Antonio di figlio legittimo o, quanto meno, di figlio naturaJ. e riconosciuto di essa ricorrente Mosco. Il motivo � fondato. Per un'esatta soluzione della questione occorre esaminarla da un punto di vista pi� generale, attinente alla possibilit� di decidere in via meramente incidentale le questioni di stato delle persone. Nel contrasto dottrinale, tutt'ora esjstente, questa Corte, sia pure dopo qualche esitazione, si � ormai decisamente orientata in senso negativo (.sentenze 21 ma.ggio 1948, n. 776, 7 febbraio 1958, n. 377, 18 maggio 1963, n. 1290 e 10 giugno 1966, n. 1515) e queste Sezioni Unite ritengono di attenersi a tale indirizzo, �che trova fondamento in tutta una serie di argomentazioni. In proposito occorre anzitutto considerare che lo status pei:sonale, espressione che sta ad indicare la posizione giuridica del soggetto in una determinata istituzione sociale, statale o familiare, �costiituisce una situazione giuridica intrinseca al soggetto stesso, che ne determina la capacit� ed � presupposto necessario di ogni rapporto giuridico. In relazione a tali qualit� lo status ha un particolare carattere di assolutezza, che non ammette deroga, ed � efficace erga omnes, per cui non pu� che esistere o non esistere nello stesso modo nei confronti di tutti i soggetti di diritto. In conseguenza 'della particolare natura dello status personale il nostro ordinamento esclude la possibilit� che le relative questioni possano essere decise, sia pure incidenter tantum, da un giudice diverso da quello indicato nell'art. 9 comma 20 c.p.c., cto� il Tribunale civile territorialmente competente, che deve in ogni caso deciderle principaliter �con effetto di giudicato. Ed � sintomatico in proposito �che, mentre nella prima parte di detto articolo si attribuisce in via generale fa competenza per materia al giudice collegiale per tutte le controversi.e che non rientrano nella competenza specifica del pretore o del �conciliatore, si sia ritenuto nel secondo comma ribadire espressamente il carattere esclusivo di tale competenza, e si siano nel codice civile posti limiti alla legittimazione a proporre le azioni di stato; il che � determinato anche da evidenti riflessi di natura pubblica, tanto che nei relativi giudizi � prescritto l'intervento del pubblico ministero (art. 70 n. 3 c.p.c.). Costituiscono applicazioni di tale principio generale le norme �che escludono espressamente la possibilit� da parte dei giudici amministrativi di decidere, sia pure incidenter tantum, le questioni di stato (articoli 28 e 30 del t.u. 26 .giugno 1924, n. 1054 delle leggi sul Consiglio di Stato e 3 e 5 del t.u. 2.6 giugno 1924, n. 1058 sulle attribuzioni della Giunta Provinciale in sede giurisdiz1onale) ed � sintomatico che analoga disposizione � contenuta nelle norme che regolano il giudizio arbitrale (art. 806 e 819 c.p.c.). E perfino per il giudice penale � escluso normalmente il potere di decidere, sia pure in via meramente inci ~11 '.::; 111t:@~tillrtlliltw&~�,;f$.li#mitiftlJ.tiifil&ri!lw1riJu�trr1trrt&tw11zl&F11r:J:rr&rif&�lrt:11&1rw1e&Wl'.%rtttl PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 439 dentale, le questioni di stato delle persone (art. 19 c.p.p.), che costitui scono, ,come � noto, pregiudiziali assolutamente devolutive. Deve quin di ritenersi, in relazione a quanto si � detto, �che se una questione di stato � proposta dinanzi ad un giudice diverso da quello �competente, dovr� applicarsi il principio di ordine generale nell'art. 34 c.p.c. per cui il giudice adito non potr� deciderla incidenter tantum, rientrando la questione di stato tra quelle questioni pregiudiziali �che per legge, cio� per il sistema legislativo, non possono decider�si che �con effetto di giu dicato. N� vale addurre in contrario il disposto dell'art. 79 della legge consolare 15 agosto 1868, n. 1030, la quale attribuisce espressamente ai consoli ed ai tribunali consolari la ,cognizione in via meramente inci dentale delle questioni di stato delle persone. Si tratta infatti di norma di ,carattere del tutto eccezionale, emanata in una epoca in cui i mezzi di trasporto e di �Comunicazione erano ancora primordiali; per cui la devoluzione incidenter tantum della co. gnizione delle questioni di stato era una necessaria .conseguenza di una concreta esigenza di giustizia, aJ. fine di rendere possibile lo espletamento di. giudizi, il che altrimenti in molti casi sarebbe stato di fatto � praticamente inattuabile da parte di chi si trovava all'estero in un paese lontano dall'Italia. , N� vale ad inficiare il principio accolto, ch�f anzi ne conferma l'esi stenza, la disposizione del tutto eccezionale prevista nelJ.'art. 540 c.p. con la quale si consente in determinate ipotesi al giudice penale in de roga al �disposto dell'art. 19 c.p.p., di accertare la sussistenza di un rap porto di filiazione illegittima. N� alcun argomento in favore dell'opposta tesi pu� desumersi daJ. disposto dell'art. 279 n. 1 e.e., il quale, ai limi tati fini dell'obbligo di corresponsione degli alimenti da parte del pre sunto genitore al figlio naturale non riConoscibile, ammette che iJ. rap porto di paternit� possa risultare �indirettamente > da sentenza penale e ,civile. Infatti tale disposizione non pu� essere intesa ,come facente riferimento a .sentenze ,che abbiano deciso la questione di stato in via incidentale, pel'ch� anche in tale ipotesi J.a �Cognizione da .parte del giudicante sarebbe difetta. Ci� posto, poich� non pu� escludersi in modo assoluto che ecce zioni al sistema, per particolari esigenz�, possano essere previste dal Legislatore, ai fini della ,soluzione della questione oggetto del presente .giudizio, occorre accertare se ci� si verifichi per il procedimento di nanzi alla Corte dei Conti in materia di pensioni. La questione sorge perch�, a differenza di quanto previsto per le aJ.tre giurisdizioni amministrative, la legge �che regola il procedimento dinanzi alla Corte dei Conti in sede giurisdizionale tace in proposito, limitandosi a regolare quale questione pregiudiziale la cui cognizione � sottratta alla sua cognizione, anche in via meramente incidentale, sol tanto l'incidente di falso (art. 9-11 del regolamento 13 agosto 1933, nu 6 ) I ' I ~: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mero 1038). Orbene la citata disposizione, posta in relazione al fatto che, costituendo ius receptum �che la Corte dei Conti pu� conoscere, oltre che delle questioni espressamente attribuite alla sua competenza in via incidentale di tutte le questioni di diritto, che rientrano normalmente nella giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria, ha indotto la Corte dei Conti, nella sua pi� recente giurisprudenza, in conformit� della tesi sostenuta da un'autorevole corrente dottrinale, a ritenere di poter decidere, sia pure in via meramente incidentale, anche le questioni di stato. Senonch� tale tesi non appare esatta. Non pu�, infatti, ritenersi che l'eccezione ad un principio di diritto di ordine generale possa essere cos� semplicisticamente dedotta per implicito, tralasciandosi l'esame delle norme che regolano il procedimento dinanzti alla Corte dei Conti, le quali inducono invece ad una soluzione del tutto opposta. In proposito occorre anzitutto considerare che, a differenza di quanto � previsto p�r il Consiglio di Stato, e, prima della dichiarata incostituzionalit�, anche per la Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, per i quali i procedimenti, compiutamente regolati dalle disposizioni contenute nei citati testi unici 26 giugno 1924, n. 1054 e 1058 nonch� nei regolamenti 17 agosto 1907, nn. 642 e 643, che costituiscono, com'� noto, sistemi a se stanti per cui l'applicazione delle norme che regolano il procedimento dinanzi ai giudici ordinari � consentita soltanto e per analogia iuris �, ai sensi dell'art. 12 ult. comma delle preleggi, per i principi generali processuali; per quanto attiene invece alla Corte dei Conti le norme che regolano il relativo procedimento sono scarse e frammentarie, tanto che nell'art. 26 del regolamento 13 agosto 1933, n. 1038 � operato un rinvio generale alle norme e ai termini della pro.,, cedura civile in quanto applicabili e non contraddetti dalle disposizioni del regolamento stesso. Se ne desume che il mancato riferimento alle questioni pregiudiziali di stato trova la sua spiegazione nel fatto che il Legislatore non ha inteso adottare in materia norme diverse da quelle previste dal �codice di rito; mentre ha regolato l'incidente di falso in quanto ha ritenuto di adottare norme diverse da quelle previste per i giudizi dinanzi ai giudici ordinari. Ne consegue che, in applicazione dei principi generali processuali, deve ritenersi che esuli dalla giurisdizione della Corte dei Conti il potere di decidere, sia pure in via inddentale, le questioni di stato delle persone. Orbene � chiaro che nella specie la Corte dei Conti ha deciso questioni di stato, avendo stabilito, a seguito delle contestazioni sorte tra le parti: a) che il Venneri Antonio, contrariamente a quanto risultava dall'atto di nascita, non era figlio legittimo della Mosco, in quanto costei, al momento della nascita dello stesso, non era unita in matrimonio con Vennerti Melchiorre, n� era ipotizzabile una legitthnazione per subsequens matrimonium; b) che il Venneri Antonio non poteva essere ,w��:�:�:�������.,.... , .�;:::: W.& �<-.:: , ;}& X ;../, = X%~ :::--:::= � .... ::::;.-::-: . �� ::--..::: w. . . PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 441 ritenuto neppure figlio naturale della Mosco in quanto �costei non aveva posto in essere, prima della morte del figlio, alcun valido atto di riconoscimento; per trarne la conseguenza che la Mosco, non avendo la qualit� di madre legittima o naturale del Venneri Antonio, non aveva diritto a pensione. Pertanto, in appli�!azione degl'indicati principi, si deve dichiarare il difetto di .giurisdizione della Corte dei Conti a conoscere, sia pure in via incidentale, delle anzidette questioni di stato, che andavano devolute, previa sospensione del procedimento d~nanzi alla Corte dei Conti, ai competenti organi dell'autorit� giudiziaTia ordinaria. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1616 -Pres. Tavolaro -Est. Gambogi -P. M. Criscuoli (conf.) -Corradini ed altri (avv. Sale-Musio) c. Ministero Difesa (Avv. Stato Foligno). Competenza e giurisdizione -Arruolamento militare -Norme regolatrici -Violazione -Lesione di interessi legittimi. (r.d., 6 giugno 1940, n. 1481). Competenza e giurisdizione -Arruolamento militare -Attivit� del1' Amministrazione -Discrezionalit� -Limiti -Violazione dell'obbligo del� neminem laedere� -Risarcimento del:danno -Giurisdizione del giudice ordinario -Condizioni. (e.e., art. 2043; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). La violazione delle norme che regolano l'attivitd amministrativa in materia di arruolamento militare pu� CCYnCTetare solo una lesione di interessi legittimi, e non di diritti soggettivi (1). Pu�, peraltro, configurarsi una lesione risarcibile di diritti soggettivi ogni qualvolta vengano dall'Amministrazione superati i limiti deZ suo potere discrezionale e venga colposamente :violato l'obbligo generale del neminem laedere (2). (1) Massima di indubbia esattezza. Le norme sul reclutamento militare sono tipiche e norme di azione., rivolte a disciplinare, nell'interesse pubblico odella difesa della Patria, l'attivit� dello Stato in questo campo, e non certo a tutelare specifiche posizioni soggettive dell'individuo. (2) La seconda massima costituisce applicazione dei principi generali che, com'� noto, la giurisprudenza della SUJPrema Corte ha da tempo elaborato in materia di responsabilit� della �pubblica Amministrazione nello svolgimento di attivit� discrezionali. Secondo questo consolidato indirizzo, la violazione colposa dell'obbligo del e neminem laedere > travalicherebbe "':-""llllf&"0'.'~ I I I&j 442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO @ Per affermare la giurisdizione del giudice ordinario non �, tuttavia, (::: .sufficiente la semplice prospettazione astratta deLla violazione deli'ob- ~:: �.~~ bligo del neminem laedere, ma occorre la denunzia specifica e concreta fJ dei fatti nei quali tale violazione si concreterebbe (3). (Omissis). -Con la prima parte dell'unico complesso mezzo di ricorso i Corradini ed il Cambiaso denunziano, tra l'altro, la violazione degli artt. 2(}43 e 20,49 e.e., lamentando che la Corte di Appello abbia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario �col conside- Irare la domanda come proposta da es.si, utendo iuribus del defunto loro :figlio e nipote, con l'intento di far riesaminare dal giudice adito l'apprezzamento reso dal Consiglio di Leva nel dichiarare abile ed arruolato detto giovane, mentre invece la domanda stessa era intesa a chie- I dere iure proprio, appunto ex art. 2043 e.e., il risarcimento del danno loro 'causato dalla Amministrazione Militare provocando, con colpa, la morte del Corradini Paolo. La doglianza � fondata. I Posto in ~itto che, secondo quanto queste Sezioni Unite hanno di recente riaffermato proprio in tema di decesso di un militare in ser .I vizio di leva, quando la Amministrazione oltrepassi colposamente quei limiti ovvero non osservi quelle regole generali di prudenza e diligenza m [~ che si riccihlegano al millenario principio del neminem laedere, o almeno (il che vale dal punto. di vista della giurisdizione) si deduca che essa % fo non abbia osservato quei limiti e quelle regole, essa pu� essere tenuta H al risarcimento del danno ex art. 2043 e la giurisdizione spetta al giu dice ordinario (sentenza n. 2981 del 20 dicembre 1967, citata dalla di I~ fesa del Ministero della Difesa con la memoria), devesi nella specie osfil servare che effettivamente gli attori, con la citazione introduttiva del iI ~::: ..::a giudizio, chiesero -senza fare alcun riferimento alle norme di legge lli che specificamente regolano l'arruolamento dei militari, ma invocando unicamente l'art. 28 della Costituzione che sancisce la responsabilit� ci vile dello Stato per gli atti compiuti dai suoi funzionari in violazione di diritti -il risarcimento del danno per avere i medici militari cau sato � per colpa grave, negligenza, imprudenza od imperizia �, commet tendo un � macroscopico ed inammissibile errore�, la morte del loro r congiunto. I m m i limiti della discrezionalit�, costituendo lesione di diritto soggettivo azio-~:;; nabile dinanzi al giudice ordinario. Cfr'., nella specifica materia dell'arruo-X ~a~~n~t:~;~r:�c~~i.20 dicembre 1967, n. 2981, in Foro it., 1968, I, 1009, ;,::;_�_.1��.�.'... ..... '�.," :',:_: :�,:.�., (3) La precisazione di cui alla terza massima, ispirata al criterio del fr:: petitum sostanziale, si manifesta opportuna di fronte alle troppo sbrigative affermazioni contenute nella sentenza n. 2981 del 1967, citata alla nota L:, precedente. ;;1:1~111;1rJ~rr1rrtir1g1;11::;;;:11r~:i=r1rr1:r:r1rr1!:1:rrilillrt11rrifEtflITirZffEr~�t1mtiliffmrrrtr1tti&1r-rmrEf1Is�lfi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 443 Vero � �che successivamente 1a causa, a seguito delle eccezioni proposte dalla difesa della Amministrazione, devi� dall'indirizzo originariamente impressole e si estese alla questione della natura di interesse legittimo o di diritto soggettivo da attribuirsi�alla posizione del �cittadino. di fronte all'arruolamento militare. Ma la domanda degli attori rest� sempre, anche formalmente, quella proposta con la citazione introduttiva, le cui �conclusioni furono rtchiamate dinanzi al Tribunale e riproposte espressamente dinanzi alla Corte di Appello, �come appare daLla epigrafe della sentenza impugnata. � Tale sentenza, quindi, � �certamente da censurare come quella che, dopo aver premesso nella descrizione del fatto e dei motivi di gravame che .gli appellanti avevano domandato i:l risarcimento del danno ex art. 2-0431 �e.e. e 28 della Costituzione, non ha poi esaminato l'appello sotto il profilo della violazione colposa dell'obbligo del neminem laedere, ma ha dedicato la sua lunga -ed in definitiva inutile ~motivazione esclusivamente a dimostrare che, di fronte al potere discrezionale della Amministrazione in materia di accertamento de11a �idoneit� :li~ca degli arruolati, non sussistono, da parte del privato, diritti soggettivi ma solo interessi legittimi: tanto da ingenerare la impressione che da parte della Corte di Appello non si fosse tenuta presente la ormai costante giurisprudenza di questo Supremo Collegio che, prendendo le mosse� dal caso della violazione delle comuni norme di prudenza, diligenza e perizia in tema di esecuzione di lavori pubblici ~� la ipotesi del c.d. � I e trabocchetto ~ -ha poi esteso alle pi� varie ipoteSi di discrezionalit� ! ' tecnica della Pubblica Amministrazione il principio per cui � 1a viola f zione �colposa dell'obbligo del neminem laedere travaLica i limiti di tale i i discrezionalit� e costituisce quindi lesione di un diritto soggettivo, ov I viamente azionabile dinanzi al giudice ordinario (oltre la sentenze nul ! mero 29'81 del 1967, sopra ctata, vedasi, da ultimo, le sentenze nn. 1421 I I e 1329 del 1968 in tema di manutenzrone di strade pubbliche; n. 13218 del 1968 in tema di responsabilit� della Amministrazione ferroviaria; nu ! mero 976 del 1966 in tema di danno arrecato da un agente di custodia; ! n. 2039 del 1966 in tema di opere attinenti al regime delle acque pub! I bliche; n. 3 del 1964 in tema di rastrellamento di proiettili inesplosi; � n. 1061 del 1964 in tema di danno arrecato da attivit� di polizia). I Con ci�, naturalmente, questa Corte Suprema non intende sollevare dubbi sulla intrinseca esattezza dei principi di diritto affermati dalla sentenza impugnata, sia pure fuori da quello che era il �thema deci I dendum �; ch� anzi, per evitare sommarie generalizzazioni che si potessero trarre dalla decisione del caso di specie, sar� opportuno riaffermare I anche in questa sede, che � fuori di discussione che il corpo di leggi che regola, in adempimento al precetto dell'art. 52 della Costituzione, L'arruolamento militare, � formato da un insieme di norme di azione, dettate per disciplinare, indirizzandola al fine pubblico della dife.sa della 444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Patria, l'attivit� dello Stato in questo �campo, e non �gi� per tutelare specifiche posizioni soggettive dell'individuo. Di tal che la violazione o disapplicazione di dette norme pu� concretare solo una lesione di interessi legittimi, azionabili nella �competente sede giurisdizionale amministrativa, e non una lesione di diritti soggettivi: fermo restando, aJ.tresi, che il giudizio reso dal Consiglio di Leva sulla idoneit� fisica dell'arruolando costituisce un giudizio discrezionale al quale, sempre fuori dalla ipotesi di violazione dell'obbligo del �neminem laedere > per negligenza, imprudenza od imperizia, �corrisponde solamente un diritto affievolito del singolo. Ed infine, pi� specificamente ancora, va ,osservato che la tesi dei ricorrenti per cui costituirebbe una fragrante v>iolazione di diritto soggettivo, anche al di fuori dell'ambito dell'art. 2:043 e.e., il fatto �che i:1 Corradini Paolo, affetto da otite cronica media purulenta, non fosse inviato in osservazione presso un ospedale ~ militare secondo quanto prescriverebbe l'art. 50 dell'elenco A delle I malattie ed imperfezioni fisiche allegato al r.d. 6 giigno 1940, n. 1481, porge il destro per rilevare che nulla meglio di questo richiamo pone ~ in luce la natura di norme di az.ione, e non di relazione, delle disposi- I zi.oni in esame. La J.egge, .infatti, e cio� il suddetto r.d. di esecuzione ~ del 1940, impone al Consiglio di Leva l'obbligo di inviare !'arruolando J in �osservazione presso un ospedale militare come adempimento neces-ili sario nella ipotesi che appaia opportuna la riforma dell'arruolando il stesso, e non gi� come conditio sine qua non dell'arruolamento di chi IDw sostenga di essere affett� da una delle malattie od imperlezioni di cui 11�1 all'elenco, giusta quanto anche risulta dall'art. 78 del t.u. n. 329 del .W 1938 in tema di invio facoltativo dell'arruolando in osservazione. E ci� @ val quanto dire che l'obbligo e potere di disporre il ricovero in osser-li ~~ vazione sono previsti a tutela del diritto dello Stato di imporre il ~ servizio militare ai cittadini idonei, secondo quanto prescrive la Costi-['' tuzione, e non gi� a tutela della posizione del singolo cittadino. Cosicch�, 11 in definitiva, pu� affermarsi che l'invio in osservazione ospedaliera del l'arruolando tanto poco costituisce un diritto soggettivo di costui che perfino sembrat tdtubbio che possa trattarsi di un interesse del singolo I comunque pro e o. m In conclusione, quindi, deve ripetersi che l'unico profiJ.o sotto il @! quale pu� sussistere nella specie la giurisdizione del �giudice ordinario "l~;h,: � quello della dedotta violazione dell'obbligo del � neminem laedere > ~ lamentata dai ricorrenti con :l'atto introduttivo del .giudizio. iili Detto �ci�, per�, la causa non � ancora decisa, perch�, come � noto, f@ non basta la prospettazione generica ed astratta della violazione di un f:t1 diritto soggettivo per radicare sulla domanda la giurisdizione del giudice !Il 9rdinario. ~i Per la verit� devesi osservare che la precedente sentenza n. 2981 ;f} del 1967 di questa Corte Suprema, sopra citata (e che concerneva un @~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 445 caso quasi identico al presente, richiedendosi anche ivi, dai congiunti di un militare defunto, il risarcimento dei danni per la illegittima imposizione del servizio militare ad un soggetto a;ffetto da epilessia, oltre che per altre ragioni) � su questo punto assai succintamente motivata, semplicemente osservandosi, con essa, che ove �.si deduca > la violazione di quelle regole generali di prudenza e di dili<genza che si ricollegano al millenario principio del �nemine laedere >, la giurisdimone �appartrene al giudice ordinario. Ma la questione merita, almeno nella specie, pi� esauriente disamina, perch~, come si � premesso, in casi del genere non basta la prospettazione astratta della violazione dell'obbligo del �neminem laedere > per sottoporre la domanda al .giudice ordinario. Oc.corre invece che dn concreto detta violazione sia configurata, ed il giudice della giurisdizione deve, all'uopo, tener conto dei termini in cui la questione, in relazione alle deduzioni formulate, risulta concretamente impostata (Sezioni Unite, n. 1427 del 1964). Solo cosi, infatti, si pu� giungere a quella precisa qualificazione della causa petendi, e da contemperarsi col petitum�,. che � necessaria per determinare il c.d. petitum sostanziale, e do� la �intrinseca �consistenza dell'interesse dedotto in lite > (Sezioni Unite, n. 1515 del 1966, n. 593 del 1965, n. 663 del 1964, n. 789 del 1963). Tradotto in termini di .specie questo principio significa che i ricorrenti dovevano non solo lamentare che il Consiglio di Leva, arruolando, avesse causato la morte del loro congiunto per � colpa g:rave, negligenza, imprudenza ed imperizia > e per �macroscopico ed inammissibile errore dei medici militari che lo giudicarono > (perch� queste sono generiche enunciazroni astratte che potrebbero esser buone per ogni militare deceduto in servizio per malattia), ma dovevano anche prospettare le ragioni specifiche e concrete per cui, secondo il loro assunto,. sussisterebbe l'errore macroscopico quale �causa mediata della morte del Corradini. La difesa della Amministrazione nega appunto (e .non si comprenderebbe, altrimenti, il richiamo da essa fatto alla sentenza n. 2981 del 1967) che nella specie Corradini ed il Cambiaso abbiano dedotto fatti specifici come sevizie, eccessi, dinieghi di assistenza, sostenendo che secondo detti ricorrenti sarebbe sempre e solo il fatto dell'arruolamento leSiivo, in s� e per s�, del diritto dedotto. Ma il rilievo, che risente anch'esso della errata impostazione da tutti data alla causa col dipartirsi dahla via tracciata con l'atto di citazione, non � esatto. Posto ancora in diritto �che, agli effetti della giurisdizione, al :fu:le di determinare l'oggetto ed i termini della controversia, ossi:a il c.d. petitum sostanziale, il giudice pu� e deve tener conto non soltanto dello specifico contenuto delle conclusioni formulate nell'atto introduttivo del giudizio o nel corso di �causa, ma anche di tutto il complesso delle deduzioni e ragioni enunciate a sostegno delle conclusioni stesse (Sez. 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Un. n. 759 del 1962), deve nella specie riconoscersi che fino dalla citazione i ricorrenti dedussero e documentarono un fatto preciso e circostanziato a sostegno della tesi ,__ in se ast:t~atta -del �macroscopico errore� attribuito ai medici militari; e cio� :la evidente esistenza in atto, nell'arruolando, di quella malattia -la otite-cronica purulenta media con i caratteri previsti dall'art. 50 dell'elenco di legge sopra ricordato che poi lo condusse a morte durante la prestazione del servizio militare e che per due volte in precedenza aveva indotto il Consiglio di Leva ad un giudizio di rivedibilit�; aggiungendo che il nesso di causalit� tra la morte e detta malattia era indiscusso e riconosciuto dalla Amministrazione militare. In queste deduzioni ed allegazioni, che qui si richiamano ovviamente agli stretti effetti della discriminazione della giurisdizione, assolutamente impregiudicato restando il merito della causa, non pu� non riconoscersi la denunzia specifica e concreta, e non generica ed astratta, di una violazione dell'obbligo del neminem laedere; e tanto basta perch� la giurisdizione debba essere affermata. Solo si dovr� ripetere in conformit� con la� gi� citata sentenza n. 2981 del 1967, che il giudice, nella indagine circa la sussistenza in fatto del lamentato �macroscopico errore � da parte della Amministrazione, dovr� tener conto dei poteri discrezionali a questa spettanti e mantenersi nei limiti imposti dalle leggi abolitive del contenzioso amministrativo e tutelatrici dei poteri discrezionali suddetti. Questa, peraltro, � questione sul contenuto e sui limiti della indagine consentita al giudice ordinario; � questione di merito, infatti, decidere se il giudizio di un o!I'gano amministrativo dal quale siano derivati danni al privato sia stato emesso nei limiti del potere discrezionale a tale organo spettante od abbia questi limiti travalicato per sconfinare nella negligenza, imprudenza od imperizia. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1892 -Pres. Flore -Est. Speziale -P. M. Pedote (diff.) -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Carafa) c. Carbone (avv. Amati). �mministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Responsabilit� della Pubblica Amministrazione -Responsabilit� precontrattuale -Configurabilit� in materia di istituzione di un rapporto di pubblico impiego -Esclusione. (e.e., artt. 1337, 2043). Non � assolutamente configurabile alcuna responsabilit� per �culpa in contrahendo � della pubblica Amministrazione nell'attivit� preliminare alla istituzione di un rapporto di pubblico impiego (1). (1) Massima di indubbia esattezza. Anche a voler ritenere ammissibile, nei rapporti contrattuali di diritto privato, una responsabilit� per � cuLpa PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 447 (Omissis).~ Con l'unico mezzo la ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione degJ.i artt. 1337 e 2-043 e.e., nonch� dei p;rincipi fondamentali in materia di pubblico impiego, in relazione all'art. 360 nn. 1 e 3 c.p.c., contesta la giurisdizione del giudice ordinari:o sotto il riflesso che, prima della �costituzione del rapporto di pubblico impiego, l'ordinamento giuridico non �configuxa, a favore del soggetto che intende essere assunto,, alcuna posizione di diritto soggettivo n�, a carico delila pubblica Amministrazione, una responsabilit� -extracontrattuale per rifiuto o ritardo dell'assunzione. La censura � fondata. La Corte �di Appello ha osservato, p.er giustificare la propria decisione, che anche il comportamento dell'Ente pubblico pu� violare il principio del neminem iaedere e pu� quindi essere fonte di responsabilit� per inosiservanza dei fondamentali �criteri della buona fede, della lealt� e della correttezza, il che pu� avvenire anche nelle trattative che intercorrono tra pubblica Amminlstrazione e privati in sede di conclusione di un contratto o di istituzione di un rapporto di impiego; ed ha soggiunto che esaminare se, nella specie, siasi verificata una ipotesi del genere, ossia se la Oassa del Mezzogiorno abbia o meno osservato quei doveri che trovano la loro fonte nell'art. 2043 e.e. � un compito che non pu� essere sottratto alla giurisdizione ordinaria, .giacch� dalla inosservanza dei detti doveri pu� essere derivata la lesione di un diritto soggettivo e la Cassa pu� essere incorsa in una responsabilit� extracontrattuale, giuridicamente separata da ogni apprezzamento del pubblico interesse. La Corte si � implicitamente �richiamata, pur senza farvi espresso riferimento, alla disposizione dell'�art. 1337 e.e., il quale stabilisce che le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede, incorrendo, in caso di inosservanza, in una responsabilit� eh~ nella intestazione dello stesso articolo viene qualificata come responsabilit� precontrattuale, per colpa in contrahendo, che la prevalente dottrina inquadra nella responsabilit� extracontrattuaile e �Che importa, come conseguenza, il risarcimento del danno nei limiti del c.d. interesse negativo. Ora, questa Suprema Corte ha bensi affermato che, stante il carattere generale della regola sancita dal dtato ar.t. 1337, non si pu� esdudere la configurabilit� di una responsabilit� di tal genere da parte della in contrahendo � della pubblica Amministrazione (cfr., da ultimo, Cass., 28 settembre 1968, n. 3008, in Rep. Foro it., 1968, voce � Amm. Stato � nn. 214-217), certo � che il principio non potrebbe assolutamente essere esteso al di fuori della materia strettamente contrattuale, e, in particolare, ai rapporti non paritetici di diritto pubblico, quale � il rapporto d'impiego, anche se instaurato mediante un atto formalmente contrattuale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pubblica Amministrazione, nei casi in 'cui gli organi di un Ente pubblico, neille trattative e nelle relazioni con i terzi, abbiano compiuto azioni od omissioni che contrastino cOi!l i principi della lealt�, della correttezza e della buona fede. Devesi, per.altro, tener presente che l'art. 1337 � dettato per disciplinare la materia della stipulazione dei contratti (cosi: cch� anche nei rapporti tra privati esso non potrebbe trovare applicazione .fuori della materia contrattuale); e tale limite deve essere osservato anche quando il problema si pone nei rapporti tra la pubbHca Amministrazione e i privati, poich� un trattamento, pi� sfavorevole della pubblica Amministrazione non sarebbe in alcun modo giustificabile. Ne segue che, contrariamente a quanto ha ritenuto la Corte di Appello, la detta disposizione non pu� essere invocata, nei confronti della pubblica Amministrazione, nella attivit� preliminare alla istituzione di un rapporto di pubblico impiego, che si instaura dn base ad un atto unilaterale dell'Ente pubblico: l'atto formale di nomina. La preminenza delle ragioni di pubblico interesse, �che caratterizza ed informa il rapporto di pubblico impie.go, esclude che nella fase c.d. e prodromica � del rapporto possano configurarsi, a favore di chi ha chiesto di essere assunto come impiegato, interessi pienamente protetti, aventi cio� la consistenza di diritti soggettivi perfetti, azionabili, come tali, dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria. Non esiste, in altri termini, fino al momento della nomina (tralasciando l'ipotesi, che qui non interessa, dell'assunzione mediante concorso) un diritto soggettivo alla asmmzione ovvero alla non ritardata assunzione. Ci� non significa che non esista alcuna tutela contro un eventuale illegittimo comportamento del:la pubblica Amministrazione, poich� la eventuale violazione dei principi di lealt�, di correttezza e di buona fede, risolvendosi in un cattivo uso dei poteri che competono ali'Amministrazione stessa, pu� legittimare il ricorso al giudice degli interessi, sotto il profilo dell'eccesso di potere, anche nel caso del �silenzio� della pubblica Amministrazione, essendo ammesso dall'ordinamento anche la messa in mora dell'Amministrazione e la impugnativa dell'eventuale silenzio-rifiuto. Nella specie � fuori questione la qualit� di Ente pubblico non eco nomico della Cassa del Mezzogiorno, nonch� la natura del rapporto (impiego pubbUco) �che si intendeva instaurare. Ed al riguardo non rileva che l'assunzione sarebbe avvenuta nella forma del contratto, poich� gli Enti pubblici possono ricorrere a tale forma di assunzione non solo per la instaurazione di rapporti di diritto privato (nel qual caso il rapporto, essendo basato sull'autonomia privata, ha natura contrattuale), ma anche per la instaurazione di rapporti di pubblico impiego, come avviene, particolarmente, presso ,gli Enti pubblici div�ersi da1lo Stato. In tal caso, per�, resta ferma la natura pubblicistica del rapporto e il titolo da cui deriva l'assunzione � pur sempre l'atto unilaterale, autoritativo, della PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 449 pubblica Amministrazione. La ,volont� del privato non interviene su un piano di pard.t� con quella dell'Amministrazione, ma accede a questa (quando non si tratti di un servizio coattivo, per il quale non si richiede il consenso dell'interessato) come una mera condizione di efficacia. SJ tratta, qudndi, di un rapporto non paritetico, rispetto al quale, perci�, non possono ritenersi applicabili l:e norme relative ai rapporti privatistici e, in parj;icolare, le norme dettate con riferimento ai rapporti contrattuali, come quelle degld. artt. 1337 e 1338 e.e.. Devesi, pertanto, escludere J.a proponibilit�, dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria, dell'azione che la Corte di merito ha, invece, ritenuto esperdbile; e ci� importa, ai sensi dell'art. 382, terzo comma, c.p..c. che la sentenza della Corte di Appello deve essere cassata senza rinvio. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 ottobre 1968, n. 3296 -Pres. Boccia -Est. Speziale -P. M. Trotta (conf.) -Ministero DifesaEsercito (Avv. Stato Santoro-Passarelli) c. Quasseri (avv. Carbone). Procedimento civile -Cause scindibili -Impugnazione. (c:o.c., art. 103). Procedimento civile -Legittimatio ad causam -Rilevabilit� di ufficio in ogni grado del giudizio -Limiti. (c.p.c. art. 100). Responsabilit� civile -Lesioni personali cagionate a militari di truppa Azione di arricchimento indebito da parte della p. a. nei confronti del terzo responsabile -Ammissibilit�. (e.e., artt. 2041, 2042). Nell'ipotesi di domande autonome e scindibili contenute in un medesimo processo, le singole impugnazioni proposte si svoLgono in maniera distinta, senza che si verifichino interferenze tra di loro (1). (1) Poich� il litisconsorzio facoltativo di cui all'art. 103 c.p.c. si risolve in una connessione impropria, esso lascia immutata la posizione processuale delle parti rispetto a ciascuna lite; le cause rimangono pur sempre distinte ed ogni causa rimane individuata dalle persone'dei legittimi contraddittori, rispetto all'oggetto di ciascuna ed al rapporto sostanziale controverso, senza che si verifichi alcun mutamento o alcuna interferenza nella posizione processuale delle diverse parti. Da ci� scaturisce la conseguenza che la sentenza che definisce un ta_le processo � unica solo formalmente ma, in realt�, consta di tante distinte p<ronunzie quante sono le @ cause con essa decise; ed il sistema di impugnazioni � regolato separatamente nei riguardi di ogni pronunzia, restando perci� ciascuna decisione soggetta al mezzo di impugnazione che ad essa � proprio. Cass., 7 febbraio " 1963, n. 194; 20 luglio 1962, n. 2130; 8 luglio 1961, n. 1638; 11 dicembre l m 1954, n. 4432. Sul concetto di causa inscindibile in fase di impugnazione (cfr. Cass. ~11111 21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1966, 1, 1180, ed ivi riferi n: menti; 12 novembre 1965, ibidem, 1200. In dottrina, cfr. CARNACINI, Il litisconsorzio nelle fasi ,di gravame. >;�. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 451 La legittimatio ad causam � rilevabile di Ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con il limite per� ohe sulla questione non si sia formato il giudicato (2). Nei confronti del terzo responsabile di lesioni riportate da militari di truppa in servizio, � ammissibile l'azione di indebito arricchimento per le spese di cura sopportate daH'Amministrazione militare e poste a suo carico, senza diritto a rimborso nei confronti dell'infortunato (3). Omissis). -Col primo mezzo l'Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2697 c..c., nonch� difetto di motivazione, ai sensi delil'a:rt. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., si duole che la Oorte di merito abbia escluso la proponibilit� dell'azione di indebito arricchimento da parte dell'Amministrazione nei confronti del Sansoni e del Quasserli, sotto il profilo che non potrebbe escludersi, in mancanza di prova contraria, la possibilit� di ripetere dagli stessi infortunati quanto speso per ila loro assistenza, mentre tale possibilit� assolutamente non sussiste o comunque trattandosi di un fatto impeditivo dell'azione, 1'011ere della prova incombeva ai convenuti. Con il secondo mezzo si denuncia la violazione degli artt. 99, 343, 346, 324 e.e., la falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c. e degli artt. 2909 e 1306 primo comma e.e., in relazione alil'art. 1360 n. 3 c.p.c. e si sostiene che la Corte di merito, rigettando la domanda dell'Amministrazione anche nei confronti del Quasseri, non appellante nei confronti dell'Amministrazione verso La quale in primo_ grado era rimasto soccombente, ha violato il giudicato formatosi su tale punto ed ha pronunciato oltre i limiti dell'impugnazione proposta dal Sansoni. Per quanto concerne i rapporti tra l'Amminist;razione e il Quasseri, � pregiudiziale il secondo mezzo, poich�, se fosse vero che la pronuncia di condanna, emessa dal giudice di primo grado nei con (2) Cfr. Cass. 30 marzo 1967, n. 684; 30 marzo 1965, n. 557; 23 luglio 1964, n. 1990; 14 aprile 1964, n. 887. (3) La sentenza, considerato il carattere sussidiario dell'azione di arrfochimento senza causa sperimentabile ove al danneggiato non competa altra azione nei confronti dell'arricchito o di chi sia, in sua vece, obbligato per contratto o per legge (Cass. 24 luglio 1969, n. 2749; 25 ottobre 1961, n. 2368); ovvero le quante volte una tale azione non sia utilmente esercitabile (Cass. 30 dicembre 1964, n. 2985; 20 ottobre 1962, n. 3057; cfr. altresi Giur., richiamata in nota a Cass. 18 maggio 1965, n. 966, in questa Rassegna, 1965, 1, 508), ne ha correttamente applicato i relativi principi in tema di recupero di quanto erogato dall'Amministrazione militare per cure occorse al personale militare in servizio, il cui onere � posto a carico dello Stato, senza diritto a rimborso nei confronti dell'infortunato (legge 1� novembre 1957, n. 1140; 27 luglio 1962, n. 1116; decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 luglio 1965). i ~ 8 I ~ ~ i~ ~ ~: ,,,~~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fronti del Quasseri, a pagare all'Amministrazione la somma di cui si discute, era passata in giudicato, sarebbe precluso, nei riguardi del Quasseri, il riesame delle questioni di merito prospettate col primo mezzo. In effetti iii. Quasseri con il suo appello incidentale si era limitato a dolersi del mancato accoglimento della domanda di rivalsa proposta nei confronti del Sansoni per il rimborso delle somme che fosse tenuto a pagare agli attori. Nessuna censura veniva, invece, formulata, in ordine all'accoglimento della domanda contro di lui proposta dal- I'Ammini:strazione. E pokh� tale domanda era autonoma e scindibile (come ammette lo stesso resistente) rispetto all'analoga domanda proposta dall'Amministrazione contro il Sansoni, � evidente che il Quas- seri non poteva giovarsi del1J',impugnazione proposta, nei confronti del- I'Amministrazione, dal Sansoni. Non vale addurre �che la questione affrontata e risolta dalla Corte di merito, circa la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per la proponibiHt� dell'azione di indebito arricchimento, � una questione che attiene a:lla legitimatio ad causam, rilevabile dal giudice anche ~'ufficio in ogni stato e grado del processo, poich�, a parte ogni altra considerazione, l'indagine sulla legitimatio ad causam, attiva e passiva, non si sottrae alla preclusione derivante dal giudicato; e, nei rapporti tra I'Amministrazione e il Quasseri, 'la pronuncia del giudice di primo grado era divenuta definitiva, per mancata impugnazione da parte del soccombente. Pertanto la sentenza impugnata, nella parte in cui si respinge la domanda proposta dall'Ammini.$trazionie nei confronti del Quasseri, deve essere cassata senza rinvio, con la conseguenza ~he rimane ferma la pronuncia emessa dal giudice �di primo grado, anche per quanto concerne le spese di quel giudiz~o. Si ritiene di dover compensare, concorrendo giwsti motivi, le spese dei giudizi di appello e di cassazione. Del pari fondato � il ricorso, per quanto concerne i rapporti tra I'Amministrazione e il Sansoni. � ben vero che il'azione di indebito arriocchimento, per il suo carattere sussidiario, non '�1 esperibile quando il danneggiato disponga di altra azione, contro l'arricchito o contro altra persona che sia tenuta per legge o per contratto all'indennizzo (v. Cass. n. 585 del 1962 e n. 1929 del 1966). Ma nelLa specie l'afferma2lione della Corte di merito, secondo cui � non pu� escludersi, in mancanza di prova contraria, che 1'Amministr�zione poteva e potrebbe ripetere dagli stessi infortunati quanto speso per '1a loro assistenza>, non tiene �conto del fatto che la questione andava risolta in base alle norme sull'ordinamento del servizio militare, che il giudice non pu� ignorare, perch� iura novit curia, e tali norme non consentono ali'Amministrazione di farsi rimborsare da PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 453 un militare di truppa le spese occorse per curarlo durante il rapporto di servizio, quale che sia la causa defila :malattia. N� r Amministraztone era tenuta a dimostrare l'inesistenza di un'azione contrattuale, che non era stata, ex adverso, neppure dedotta. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1282 -Pres. P.ece Est. Alibrandi -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Calcagno (avv. MoschelJ. a e Pollicino) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Gargiulo). Espropriazione per p. u. -Opposizione promossa da terzi aventi ragioni sull'indennit� -Termini -Decorrenza. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 54}. Procedimento civile -Opposizione all'indennit� di esproprio -Giudizio promosso dal proprietario espropriato e dall'usufruttuario Op:\ 1osizione dell'usufruttuario oltre i termini -Conversione in intervento volontario -Inammissibilit�. (c.p.c. art. 159). Espropriazione per p. u. -Occupazione anticipata -Indennit� -Interessi -Natura -Decorrenza. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 72). Nei confronti dei terzi che abbiano ragioni da far valere sulla indennit� di esproprio, per i quali non � prevista la notifica del relativo decreto, il termine di trenta giorni per impugnare l'indennit� deco1�re dalla pubblicazione dell'estratto di tale decreto sul foglio annunzi legali della Provincia o negli altri prescritti, e ci� anche quando il diritto dei predetti risulti dalle annotazioni catastali e nei loro confronti siano stati esperiti i primi atti della procedura espropriativa (1). (1) Nel sistema della legge organica sull'espropriazione per p.u. contraddittore nei confronti dell'espropriante �, di norma, solo il proprietario del fondo espropriato che, nella relativa procedura, si pone a tutela oltre che delle proprie ragioni anche, a guisa di rappresentante ex lege, di quelle dei terzi aventi ragioni sul fondo (Cass. 30 settembre 1955, n. 2734). Costituisce questo una applicazione del principio della indennit� unica, nel cui ambito tuttavia sono state contemperate altresi ie esigenze dei terzi aventi ragioni i'!Ull'indennit� ed ai quali � stata riconosciuta una facolt� di diretta tutela (art. 54 comma 2� legge n. 2359), mediante impugnativa nel termine di trenta giorni a partire dalla pubblicazione dello estratto del provvedimento ablativo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nel giudizio di opposizione aZZ'indennit� di esproprio promosso ad istanza del proprietario e deZZ'usufruttuario, ove la domanda di quest'ultimo sia inammissibile per essere stata esperita oltre i prescritti termini, non pu� tuttavia trovare ingresso come intervento volontario nel giudizio ad istanza del proprietario, trattandosi di ipotesi estranea alla realt� processuale (2). Sull'indennit� per l'anticipata occupazione del bene da espropriare, che quale equivalente economico del diritto di godimento decorre dalla data dell'occupazione a quella del decreto di esproprio, sono dovuti dalla data dell'occupazione medesima, gli interessi legali di natura compensativa, in quanto tengono conto dei frutti di tale somme, che costituiscono una obbligazione a s� stante, esigibile al momento dell'esproprio (3). (Omissis). Con il primo motivo, i ricorrenti, denunciando la violazione degli artt. 16, 51 e 54 legge 215 giugno 1865, n. 2959, sulle espropriazione per causa di pubblica utilit�, 91 e 10�5 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 5 (rectius n. 3) c.p.c., sostengono che erroneamente la Corte del merito ha ritenuto tardiva l'opposizione proposta dalla D'Onofrio, unitamente ad essi ricorrenti, �con atto del 14 luglio 1958, avverso la determil!lazione dell'indennit� secondo la stima dei periti di cui al (2) Cfr. Cass. 16 giugno 1953, n. 1785, 8 ottobre 1954, n. 3435. La sen:.. tenza � conforme alfa dottrina prevalente la quale, in tema di conversione degli atti processuali, pur riconoscendo taluni punti di contratto con l'altro istituto, proprio del diritto sostanziale, della conversione dei negozi giuridici (art. 1424 e.e.), esclude che possano accogliersene integralmente i concetti, in quanto a differenza di quest'ultimo che poggia sull'interipretazione della volont� delle parti, la conversione dell'atto processuale si realizza sulla base di criteri obbiettivi (art. 159 c.p.c.), in maniera del tutto indipendente dalla volont�. In dottrina cfr. ANDRIOLI, Commento, voi. I, 419, per il quale �la conversione implica quello scarto tra volont� ed effetto conseguito, che non � pensabile in ordine agli atti processuali, per i quali la volont� della parte e, ancor pi�, del giudice, � irrilevante~. C:fr. altresi SATTA, Diritto � processuale, 1967, p. 209. Contra D'ONOFRIO, Commento, voi. I, p. 226, per il quale nell'ambito del 'terzo comma dell'art. 159 c.p.c., ove sussistano i requisiti di sostanza e di forma, il problema della volont� nella conversione dovrebbe risolversi in .conformit� del sistema della legge, diretto alla salvaguardia degli effetti degli atti, sulla base di una presunzione di volont� di porre in essere l'atto convertito. (3) La occupazione temporanea anticipata, ancorch� preordinata alla espropriazione del bene conserva la sua autonomia (cfr. Cons. Stato; IV, 9 febbraio 1966, n. 80, in questa Rassegna, 1966, I, 650 con notazione di S. RosA), onde al soggetto privato del godimento del bene spetta un indennizzo che, secondo la prevalente giurisprudenza, viene corrisposto sotto PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 455 decreto prefettizio di e~ropriazione del 21 dicembre 1957. Deducono i ricorrenti, a sostegno del mezzo, varie censure che, nella loro pro� gressione logica, possono cosi riassumersi: a) la po.siztone della D'Onofrio, usufruttuaria di parte del terreno espropriato, risuUava dall'iscrizione catastale ed era, quindi, nota all'ente espropriante, la quale peraltro, aveva promosso anche nei riguardi della usufruttuaria i primi atti della procedura d'espropriazione, onde la D'Onofrio poteva proporre opposizione, a norma dell'art. 51, non divel'samente da quanto � consentito ai proprietari, e non gi� a norma del successivo art. 54 secondo comma, della legge organica sulle espropriazioni per pubblica utilit�; b) la Corte del merito avrebbe, ad ogni modo, dovuto ritenere ammissibile la partecipazione al giudizio della D'Onofrio a titolo d'intervento volontario anzich� limitarsi a dichiarare la predetta D'Onofrio decaduta dall'opposizione; e) ingiusta, da ultimo, � la condanna della stessa D'Onofrio alle spese processuali. Il motivo � infondato in tutti i suoi profili. Secondo la 1. 25 giugno 1865, n. 2959, sulle espropriazioni per causa di pubblica utilit�, possono proporre opposizione contro la stima dei periti sia i proprietari espropriati (art. 51, comma 2) sia coloro che hanno ragione da esperire SJUll'indennit�, tra cui gH usufruttuari (art 54, comma secondo). Per entrambi, nel sistema della legge, di eguale durata (trenta giorni) � n termine perentorio per proporre la impugnazione alla stima, ma diversa ne � la decorrenza. Infatti, mentre per i proprietari il termine decorre dalla notificazione del decreto del prefetto che forma di interessi sull'indennit� di esproprio, ritenuti congrui, in mancanza di altri elementi specifici, a ristorare per la mancata percezione del reddito. Cfr. Cass. 21 ottobre 1965, n. 2173; 20 ottobre 1962, n. 3050; contra Sez. Un. 17 maggio 1961, n. 1166 in Giur. it., 1961, I, 1699 secondo cui invece l'indennit� per il periodo di occupazione legittima deve essere congruamente determinata e non commisurata agli interessi legali sulla Indennit� di esproprio. L'autonomia dell'indennit� di occupazione, nonostante il suddetto criterio di determinazione, che conserva in ogni caso valore meramente orientativo -sent. 1962 n. 3050, -comporta che il relativo credito, divenuto esigibile in virt� del decreto di esproprio, sia produttivo di interessi per l'intero periodo in cui l'avente diritto non ne abbia avuta la disponibilit�. Tali interessi non costituiscono infatti interessi sugli interessi, onde si sottraggono alle limitazioni di cui all'art. 1283 e.e., ma conseguono dalla mancata disponibilit� della somma dovuta a titolo di indennit� di occupazione, essendo al riguardo irrilevanti le modalit� per la determinazione di questa. Cfr. Cass. 21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1965, I, 1180 con nota di riferimenti; Cass. 30 marzo 1963, n. 805, Mass. Foro it. Sulla natura, a titolo compensativo o corrispettivo, degli interessi decorrenti sull'indennit� di espropria cfr. C'ARUSI in nota a Cass. 4 gennaio 1964, n. 6, in questa Rassegna, 1964, I, 319. 7 i I i ' I f 456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pronuncia l'espropriaZione, per gU altri titolari di diritti sul bene espropriato, nei cui riguardi la legge non prevede che debba essere notificato il predetto decreto, il termine decorre dalla pubblicazione del decreto stesso che, rispetto al caso di 51pecie, va eseguita nella Gazzetta ufficiale della Regione skiliana. Tale diversa disciplina dell'opposizione da parte del proprietario e da parte dell'usufruttuario del bene espropriato si ricollega alla struttura del procedimento espropriativo, attuato dalla legge del 1865, iJ quale � diretto soprattutto a soddisfare giustificate esigenze di rapidit� e di economia della procedura. Questa, invero, si ispira aJ. principio per cui il proprietario (apparente) dell'immobile � l'unico soggetto passivo dell'espropriazione, onde unica � l'indennit�. Gli usufruttuari, che non vantano un diritto ad una distinta indennit�, sono, come dispone l'art. 27, comma terzo, della legge, �fatti indenni dagli stessi proprie.tari �; principio questo di tutta evidenza ove si consideri che l'usufrutto si trasfe~ risce suLl'indennit� relativa al bene espropriato (art. 1020 e.e.). La differente posizione degli usufruttuari rispetto a quella dei proprietari, considerata nel quadro delle finalit� che la procedura d'espropriaziene per pubblica utilit� tende ad attuare, chiarisce la ragione della diversa disciplina dell'impugnazione deLla stima da parte delle due predette categ�orie di titolari di diritti sulla cosa espropriata. Tale essendo il .sistema della legge, rettamente la corte del merito ha escluso che il decreto prefettizio dovesse essere notificato anche alla D'Onofrio, pur se costei risultava usufruttuaria in base alla iscrizione catastale e pur se, anche nei �suoi riguardi, erano stati promossi i primi atti della procedura di espropriazione. Tali �circostanze, invero, come non incidono sulla natura del suo diritto, cos� non modificano la disciplina della impugnazione della stima che resta, anche per ci� che riguarda i termini, quella del citato art. 54, mentre la sua prospettata equiparazione ai.l'impugnazione dei proprietari (art. 51) non � sorretta da alcun elemento che possa desumersi, in via d'interpretazione, letterale, o razionale, della legge. Anzi, tale assunto, che fa in particolar modo leva sul criterio dell'apparenza, � cont~addetto dalla norma dell'art. 16, comma primo, della 1. del 1865 secondo cui il procedimento espropriativo � legittimamente iniziato e proseguito nei confronti dei � proprietari iscritti nei registri catastali �. Da tale disposizione, infatti, resta agevole dedurre che l'apparenza, invocata dai ricorrenti nei riguardi de.a D'Onofrio, usufruttuaria, opera invece solo nei confronti dei proprietari. Infondata � anche la doglianza dei ricorrenti con la quale lamentano che la corte del merito avrebbe comunque dovuto ritenere ammis'sibile la partecipaztone deLla D'Onofrio al giudizio di opposizione alla stima a .titolo d'intervento ex art. 105 c.p.c. Infatti, la D'Onofrio ha proposto opposizione alla stima come parte originaria del giudizio, nella . -~ -Jf< PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 457 stessa posizione dei suoi figlioli, odierni ricorrenti e, una volta dichiarata l'inammissibilit� della sua posizione, . perch� tardiva, la Corte deJ. merito non poteva e .non doveva prendere in esame l'azione della D'Onofrio sotto il profilo dell'intervento nel giudizio, trattandosi d'ipote.si estranea alla realt� processuale, risultante dagli atti di causa. I ricorrenti, sempre sul punto in esame, richiamano una considerazione che si. legge nella sentenza impugnata a proposito di un eventuale intervento volontario della D'Onofrio. Senonch� trattasi di rilievo fatto solo � ad abundantiam � ed � giUFisprudenza costante che le considerazioni ultronee, eventualmente contenute nella motivazione, anche se inesatte, non giustifi-cano l'annullamento della sentenza quando come nel caso in esame -non abbiano alcuna influenza sulla decisione adottata, per essere questa fondata su altra e corretta �ratio decidendi �, mentre la considerazione fatta in via di abbondanza resta � obiter dieta�. Infondata, infine, � la censura che si appunta sulla statuizione relativa alle spese, poste a carico della D'Onofrio. Infatti, costei � rimasta soccombente, stante la dichiarata inammissibilit� della sua opposizione, e rettamente i giudici del merito hanno applicato "la regola generale di cui all'art. 91 c.p.c. N� la statuizione � censurabile sotto il profilo dell'omessa �compensazione delle spese, perch�, -come i� �consolidato indirizzo di questa Corte (v. sent. 8 luglio 1966, n. 1788 ~ 8 maggio 1967, n. 917), la pronuncia sulle spe.se giudiziali pu� essere riesaminata in sede di legittimit� solo nel caso in cui il carico di esse sia stato fatto gravare esclusivamente sulla parte vittorioso e non anche per il rifiuto di compensazione delle spese medesime. Con 11 secondo mezzo i rkorrenti denunziano la violazione degli artt. 18 e 71 1. 25 giugno 1865, nn. 2359, 122.3, 1224, 1282 e 1499 e.e. nonch� l'art. 112 c.p.�c., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5, oltre la violazione dei principi concernenti la determinazione delle indennit� e degli indennizzi e della decorrenza �e durata degli interessi, dovuti a seguito di occupazioni, legittime ed illegittime, e ad espropriazioni per pubblica utilit�. Lamentano, in particolar, i Calcagno che la Corte di Messina: a) ha omesso, nel dispositivo, la statuizione relativa agli interessi sull'inderu1.it� di espropriazione di mq. 3271 di terreno, determinate in L. 22.897.000; b) ha disposto -che .gli interessi sull'indennit� per l'occupazione biennale legittima dell'area suddetta decorrano dal 20 aprile 1949 anzkh� dal 20 aprile 1947; e) ha statuito che gli interessi sull'indennit� per l'occupazione ultrabiennale illegittima decorrano fino al 21 dicembre 1957, data di emissione del decreto di espropriazione e non gi� fino al saldo; d) ha disposto che gli interessi sulla somma di L. 2.66.2.080, corrispondente di mq. 221,84 di terreno occupato e non espropriato ,decorrono dal 20 aprile 1949, anzich� dal 20 aprile 1947. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le riassunte censure sono fondate e, -va aggiunto -quelle di cui alle lettere a), c) ed), non sono contestate dall'Amministrazione dei lavori pubblici, che ha espressamente riconosciuto l'o!llissione e gli errori della sentenza impugnata. Resta, quindi, da esaminare soltanto la ,censura sub b) ed il problema s'incentra nello stabilire se gli inte-:ressi sulla indennit� per occupazione biennale legittima decorrano dal- l'inizio dell'occupazione, �come sostengono �i ricorrenti, oppure dalla scadenza del biennio, come oppone l'amministrazione statale resistente. Conforme a diritto si ravvisa la prima fra le due ipotesi ailternative. Secondo la giur1sprudenza _di questa suprema Corte (cosi, da ultimo, sent. 21 ottobre 1965, n. 2173 e 18 ottobre 1966, n. 2504), fino al momento della emanazione del decreto di 1espropriazione per pubblica utilit�, !'�espropriato conserva il diritto al godimento del bene per cui, nell'ipotesi di espropriazione preceduta da occupazione temporanea, la relativa indennit� di occupazione, �che costituisce l'equivalente economico del diritto di godimento, � dovuta per tutta la durata dell'occupazione stessa e, quindi, fino alla data in cui, per effetto della pronunzia del decreto di espropriazione, il diritto di propriet� dell'espropriato � venuto meno �convertendosi nel diritto all'indennit�. All'che sull'indennit� di occupazione sono dovuti gli 'interessi legali ed il loro importo forma oggetto di un'obbligazione a s� stante, esigibile al momento dell'espropriazione, e gl'interessi, fino alla data dell'effettivo depos.ito dell'indennit�, al p;:i.ri di quelli relativi all'indennit� di espropriazione, hanno carattere compensativo, giacch� tengono conto della disponibilit� dei frutti della somma dovuta, di cui -medio tempore -l'avente diritto avrebbe dovuto godere e di fatto non ha goduto. Ora, appunto in considerazione di tale natura (compensativa) degli interessi relativi all'indennit� di occupazione legittima, la loro decorrenza va riportata al momento iniziale dell'occupazione medesima. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 aprile 1969, n. 1417 -Pres. Favara -Est. Boselli -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ferrovie dello_ Stato (avv. Stato De Francisci) c. S. p. Az. �La Mannheim � (avv. Pirrengelli). Trasporto -Trasporto internazionale di cose a mezzo ferrovia -Convenzione internazionale C.I.M. -Accettazione e ritiro della merce Concetto -Avaria -Azione contrattuale. (e.e. art. art. 1687; r.d.1. 25 gennaio� 1940, n. 9, art. 59). Nei trasporti internazionali a mezzo ferrovia, regolati dalla convenzione internazionale 25 ottobre 1952 (C.I.M.), resa esecutiva con PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 459 l. 28 giugno 1955, n. 916, le espressioni �accettazione della merce� e �ritiro della merce � contenute nell'art. 45 della convenzione equivalgono al concetto di � riconsegna della merce � del contratto di tmsporto in genere, sicch� la estinzione dell'azione contrattuale contro le ferrovie per la perdita parziale o l'avaria delle cose trasportate, previste dalla prima parte di tale norma, non si verifica fin quando la p.a. non abbia messo in grado l'avente diritto, con l'apertura del vagone nelle spedizioni a carro, di controllare la identitd e le condizioni apparenti del carico � (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, denunziando violazione o quanto meno falsa applicazione dell'art. 45, parr. 1 e 2 lett. e) punto I della Conve,nztone internazionale per �l trasporto delle merci in ferrovia (C.I.M.) ratificata e resa esecutiva in Italia con la I. 28 giugno 1955, n. 916, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., la Azienda ferroviaria censura l'impugnata sentenza per avere respinto l'eccezione di estinzione dell'azione di danno, che essa aveva sollevato a norma del par. 1 del citato art. 45 della Convenzione, ritenendo -sulla hase di una errata quanto arbitraria interpretazione del par. 2, lett. c, punto I dello stesso articolo, che la estinzione (prevista dal par. 1) non si verifica se la perdita o l'avaria � stata constatata in conformit� dell'art. 44 della Convenzione medesima, prima che l'avente diritto abbia provveduto allo scarico del vagone ed alla asportazlone della mer�ce. Non v'ha dubbio che la Corte del merito, fuorviata dalla duplicit� delle espressioni adoperate nel testo italiano deJ.la Convenzione -nel quale si parla di � accettazione della merce � da parte dell'avente diritto per indicare (art. 45, par. 1) il fatto estintivo dell'azione di danno contro la ferrovia e di �ritiro della merce� da parte dell'avente diritto per indicare (par. 2, c, punto 1�) il termine entro il quale l'avvenuta verifica della perdita o dell'avaria evita la estinzione dell'azione ha finito per intendere le due locuzioni in un senso sostanzialmente diverso: e precisamente nel senso tecnico di � riconsegna della merce � (1} Non constano precedenti in termini. La convenzione internazionale 25 ottobre 1952 per il trasporto merci, sancisce (art. 45} la estinzione di ogni azione contro le Ferrovie per la perdita parziale o l'avaria ove, all'atto dell'accettazione delle merci, non si sia provveduto a redigere il verbale di constatazione e semprech� un tale adempimento non sia omesso per co]Jpa delle Ferrovie ovvero si tratti di danni non apparenti. Sulla nozione di riconsegna e sull'attivit� prescritta al vettore dall'art. 1687 e.e., per mettere a disposizione dell'avente diritto le cose trasportate, senza che si rendano pur tuttavia necessarie anche le operazioni di scarico cfr. Cass. 6 ottobre 1965, n. 3375. Sulla possibile non coincidenza tra i due momenti cfr. JANNUZZI, in Scialoia e BRANCA, Commentario, Del Trasporto, 1961, p. 133 e segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la locuzione � ritiro della merce � e nel senso invece di � scarico del vagone ed asportazione della merce dal recinto ferroviario � quella di �ritiro della merce�. Ora, non � dubbio che una ilale distinzione sia assolutamente arbitraria. A parte il fatto che simile duplicit� di espressione non esiste nel testo francese della Convenzione (testo che, a norma dell'art. 68, � quello che, Jn caso di contrasto, fa fede), dato �che sia nel primo che nel secondo paragrafo (lett. e, punto 1�) dell'art. 45 si parla indifferentemente di � acceptation de la marchandise �, � appena il caso di osservare che detto termine trova 'il suo esatto equipollente in quello italiano di � ricevimento della merce � (art. ex 1698 e.e.), che v1:10l dire appunto presa in �consegna della m�rce trasportata. Per ra.gione di compilutezza, pu� anzi bene affermarsi che le espressioni � livraison � e � accettation de la marchandise � adoperate dal testo francese (artt. 16 e 45 della Convenzione) trovano esatto riscontro nei nostri termini tecnici di � riconsegna � e, rispettivamente, di � ricevi� mento della �merce � : termini che -come � agevole desumere dalla disciplina del contratto di trasporto .secondo il nostro codice civiile vengono adoperati dal legislatore per esprimere un concetto sostanzialmente identico quantunque esaminato da un diverso angolo visuale: quello appunto della riconsegna della merce (arg. ex artt. 1697 e 1698 �C.C.). Ci� chiarito, � tuttavia da riconoscere che l'errore denunciato non � stato determinante nella specie ai fini della decisione del punto controverso, ossia al fine di .stabilire se, mediante la semplice immissione del carro con copertone sigillato e piombato nel binario di raccordo della societ� destinataria, si fosse avuta quella �accettazione� o comunque quella riconsegna della merce che, se fatta senza riserve o senza fa verifica di cui al citat.o art. 44 della Convenzione, estingue -a termini del successivo art. 45, par. 2 ~ le azioni derivanti dal contratto in favore dell'avente diritto. Nei trasporti in genere le operazioni di riconsegna propriamente dette consistono nel mettere le cose trasportate a disposizione del destinatario nei luoghi contrattualmente stabiliti in guisa �che l'avente diritto sia posto in grado non solo di effettuarne l'asportazione ma anche e, prima di tutto, di verificarne l'identit�, lo istato e le condizioni per lo meno apparenti. Quanto poi ai trasporti ferroviari relativi a merci spedite a piccole partite, nelle operazioni di riconsegna �S� sogliono ricomprendere anche quelle di scarico del vagone, essendo queste di spettanza della Amministrazione ferroviaria. Ci� premesso e poich� -secondo le pacifiche circostanze di causa -il tra.sporto in questione aveva ad oggetto merci spedite a carro e :~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 461 contenute in un vagone piombato a norma di legg�e dalla Ferrovia e dall'Autorit� doganale, la �riconsegna> (e, correlativamente, l'accettazione>) della merce, al fine qui considerato della estinzione o meno delle azioni di danno per perdita parziale od avaria della stessa, se non richiedeva anche lo scarico del vagone da parte della Amministrazione ferroviaria, non poteva peraltro ritenersi avvenuta prima che -tolti i piombi ed il copertone -l'avente diritto alla riconsegna fosse stato posto dall'Amministrazione stessa in grado di verificare almeno la identit� e le condizioni apparenti del carico: il che non era ovviamente possibile fino a tanto che il vagone, munito dei suoi piombi e del copertone, fosse stato -come di fatto avvenne -lasciato in sosta sul binario di raccordo della ricevitrice. Pur correggendo adunque, a sensi dell'art. 384 secondo comma c.p.c., l'errore interpretativo della Corte del merito, nel senso che � accettazione della me11ce > non equivale necessariamente a � scarico dal vagone ed asportazione della stessa dal recinto ferroviario >, deve tuttavia tenersi ugualmente ferma la decisione di rigetto della eccezione di estinzione dell'azione di danno, essendo questa giustificata dal fatto che la constatazione dell'avaria, ancorch� posteriore alla immissione del vagone nel binario di raccordo della � Adafrigor >, avvenne pur sempre prima o comunque all'atto stesso della �accettazione > o del � ritiro della merce > da parte della predetta societ�, intesi nel senso pi� corretto che si � dianzi specificato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 maggio 1969, n. 1525 -Pres. Tavolaro -Est. De Santis -P. M. Criscuoli (diff.) -Comune Napoli (avv. Gleijeses e Peccerillo) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Carusi) e Troncone (avv. Iaccarino). Opere pubbliche -Citt� di Napoli -Legge speciale 9 aprile 1953, n. 297Realizzazione di opere pubbliche di pertinenza del Comune di Napoli da parte della Cassa per il Mezzogiorno -Delega al Comune per l'esecuzione delle opere -Obbligo del Comune di provvedere alle occupazioni ed espropriazioni. (1. 9 aprile 1953, n. 297, art. 4). L'attribuzione disposta con legge 9 aprile 1953, n. 297, della esecuzione di opere pubbliche di pertinenza del Comune e della Provincia di Napoli alla Cassa per il Mezzogiorno, faculta quest'ultima a farne affidamento, mediante delega amministrativa, agli stessi Enti territoriali ai quali, ove non siano intervenute disposizioni particolari o limi-~ i: ~ r: Ii' BASSEGNA DELL'AVVOCATUBA DELLO STATO 462 tazioni, � demandato ogni potere e conseguente responsabilit� nei confronti dei terzi per gli atti posti in essere, non escluse le occupazioni e le espropriazioni necessarie all'esecuzione dell'opera pubblica (1). (Omissis). -Le ragioni sulle quali la Corte di merito ha fondato il suo giudizio si possono riassumere in poche proposizioni. Premesso che l'azione esevcitata dal Troncone ha natura risavcitoria e �Che pertanto legittimato passivamente � l'autore del comportamento lesivo, cio�, nella specie, della occupazione, divenuta illegittima dopo il decorso del biennio, la Corte di Napoli ha ritenuto che nel ca:so in esame l'autore predetto debba identificarsi. nel Comune e solo in esso, poich� al detto ente era stata affidata la esecuzione dell'opera pubblica ed in tal modo, ponendosi in essere da parte della Cassa per il Mezzogiorno una delegazione amministrativa, intersoggettiva, il Comune era stato investito di ogni potere e dovere inerente anche alle occupazioni ed alrle espropriazioni. Tale situazione era nota anche ai Troncone, i quali pertanto non potevano svolgere alcuna pretesa nei confronti della Cassa. Censurando la decisione impugnata e le ragioni poste a base della stessa, il Comune di Napoli denunzia la violazione e la falsa applicazione degili artt. 71 e 73 della legge n. 2359 del 1865 (sulle espropriazioni per pubblica utilit�), 4 della legge n. 297 del 1953, nonch� degli artt. 2043, 205�5, 1366, 1367 e 1375 e.e., dell'accordo normativo �corso tra il Comune e la Cassa per il Mezzogiorno il 22 settembre 1953, e la contraddittoriet� della motivazione, ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 �c.p.c.. A fondamento di taile denunzia di errori giuridici e di vizi di motivazione .il Comune ricorrente sostiene quanto appresso: a) La legge n. 297 del 1953, attribuendo alla Cassa per il Mezzogiorno la competenza per la realizzazione di opere a cui avrebbero (1) Con la sentenza che si annota le S.U. hanno ulteriormente puntualizzato uno degli aspetti di maggior rilievo del pi� generale problema di imputazione giuridica, allorch� pi� Enti pubblici sono interessati al compimento dell'opera pubblica. La sentenza della Corte di Appello di Napoli 20 febbraio 1967, � riportata in questa Rassegna, 1967, I, 98, con notazioni di F. CARUSI. Cfr. altres� la sentenza del Tribunale di Napoli 4 maggio 1966, in questa Rassegna, 1965, I, 1144 con nota di F. CARus1 in tema di �rapporto organico e sostituzione nell'esecuzione di opere pubbliche�. L.e sentenze 30 maggio 1966, n. 1412 e 29 dicembre 1967, n. 3025, menzionate in motivazione sono state pubblicate in questa Rassegna, 1966, I, 854 e 1968, I, 399 con note di riferimenti. Cfr. altres� Cass. 11 luglio 1966, n. 1829, in questa Rassegna, 1966, I, 862 con nota. La sentenza infine 31 gennaio 1968, n. 313, cui fanno riferimento le S.U., trovasi riportata, in questa Rassegna, 1968, I, 419, con nota di richiamo. �,,\,, 11xi~riil@!rrrilltftiMlfrmm1~mrn11rrrtr&ifi!r~t&r1t1ffm1:mreirtr@E@mtr1111~11rm&�tmffm1110I1itwirf1Krtm::::::t~=wt~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 463 dovuto normalmente provvedere il Comune (come nel caso in esame) o la Provincia di Napoli, coI11Sentiva alla Cassa medesima di affidare ai predetti enti locali territoriaH (comune e provincia) la esecuzione di singoli lavori e non anche di delegare totalmente le attivit� necessarie per l'esecuzione delle opere. b) Nessuna delega era perci� consentita relativamente alle espropriazioni che s~ fossero rese necessarie per la esecuzione delle opere. In tali sensi, del resto, le parti si erano anche accordate con la convenzione del 22 settembre 1953, stabilendo che le espropriazioni venissero eseguite a cura della Cassa. c) Tale accordo non poteva, comunque, essere posto nel nulla unilateralmente dalla Cassa, �sicch� non avevano importanza alcuna le successive manifestazioni di volont� da parte di detto ente, che, deliberando l'approvazione del progetto per la costruzione della scuola di Fuorigrotta, ne aveva affidato la esecuzione al Comune ed aveva preteso imporgli anche di svolgere ogni attivit� necessaria per la espropriazione dei suoli, su cui l'opera doveva essere edificata. d) Comunque, po1ch� la Cassa, malgrado il conferimento dell'incarico, aveva direttamente promossa la occupazione dei suoli, la dele~ gazione, per il suo stesso fatto, era rimasta �inoperante e solo ad essa Cassa incombeva di promuovere tempestivamente ila espropriazione, con la responsabilit� conseguente al mancato adempimento di questi obblighi. Tutte le censure sopra riassunte sono infondate. Queste Sezioni unite, gi� con le sentenze n. 1412 del 1966 e n. 3.025 del 1967 (richiamate nelle stesse d1fese di entrambi gli enti in �contesa nella presente causa) Qccupandosi dell'affidamento della esecuzione di opere al Comune o alla Provincia di Napoli da parte della Cassa per il Mezzogiorno, a norma dell'art. 4 u1t. comma legge 9 aprile 1953, n. 297, ravvisarono in tale affidamento, una delega amministrativa intersoggettiva, in virt� della quale il.'ente affidatario o delegato aveva, di regola, il potere di provvedere in merito all'oggetto della delega, in nome proprio e non in veste di rappresentante del delegante. Queste Sezioni unite ritennero cio� che la legge sopra menzionata, pur attribuendo alla Cassa il compito della esecuzione di opere pubbliche di �competenza del Comune e della Provincia di Napoli, avesse nondimeno dato la facolt� alla Cassa medesima di affidare ai predetti enti la esecuzione delle �opere stesse ponendo in essere una delega amministrativa e da ci� trassero l'ulteriore conseguenza che, nel caso in cui la Cassa si fosse avvalsa della fa.colt� di affidamento o di delega, gli enti delegati fossero direttamente responsabili nei confronti dei terzi per gli atti di eisecuzione, non escluse le occupazioni e le espropriazioni necessarie per l'espletamento dei lavori affidati, rimanendo l'ente delegante investito solo delle funzfoni di controllo. i. i: ~ ~: � I\ j: Da tale indirizzo giurisprudenziale non vi � ora ragione di discostarsi. Non vi � infatti motivo di farlo, �contrariamente a quanto la difesa del Comune mostra di intendere per effetto dell'ulteriore approfondimento compiuto in altra successiva sentenza di questa Corte (sezione semplice) circa la natura e l'essenza della delega amministrativa e circa la ripartizione delle responsabilit� a �cui la delegazione dei poteri d� luogo (sent. 313 del 31 g~aio 1968 Sez. 1a civ.). Le conclusioni ultime al!le quali � giunta la sentenza sopracitata, che si � occupata peraltro della applicazione di un'altra legge, diversa da quella che reca provvedimenti � favore della citt� di Napoli, possono essere condivise: non i�/ invero dubitabile che non si pu� stabilire in astratto, in base ai soli principi generali dell'ordinamento amministrativo, quali siano i poteri attribuiti ad ognuno degli enti che cooperano nella costruzione di opere pubbliche e che, in caso di delega di tali poteri da uno ad altro ente, nell'esercizio di una facolt� data dalla legge, all'atto amministrativo di delega occorra in primo luogo far capo, onde accertare in concreto quale potest� si sia 1nteso affidare e quale attivit� sia stata commessa. Tuttavia quando, come nella specie � avvenuto, (di ci� 1nvero non si contende tra le parti) l'affidamento della esecuzione dell'opera ha luogo senza particolari disposizioni o limitazioni, soltanto ai principi generali ed alle norme particolari di legge si pu� fare ricorso per stabilire quali effetti derivino dalla delega contenuta nell'affidamento medesimo. Che tra questi effetti vi fosse anche quello di attribuire al Comune delegato ogn1 potere e, conseguentemente ogni responsabilit� in ordine alle occupazioni ed alle espropriazioni necessarie per la esecuzione delle opere non � poi dubbio, per le ragioni esposte nelle sopra richiamate sentenze n. 1422 del 1966 e n. 3025 del 1967, alle quali si rimanda senza farne inutile ripetizione. � perci� priva di ogni fondamento la denunzia di un preteso errore giuridico consistente nell'aver ritenuto possibile una delegazione estesa anche alle operazioni di occupazione e di espropriazione, mentre l'affidamento previsto dalla :legge avrebbe potuto avere per oggetto solo l'attivit� materiale df esecuzione dei lavori. Quanto alla esistenza in concreto dell'affidamento, cio� delia delegazione intersoggettiva dalla Cassa per il Mezzogiorno al Comune per la esecuzione dell'opera che dette luogo alla occupazione dei suoli dei Troncone, non pu� che fare stato l'accertamento di merito compiuto dalla Corte di appello che l'ha ravvisato nella deliberazione del consi~io di ammilnistrazione della Cassa in data 13 gennaio 1960, precisando che in essa era anche previsto che al Comune affidatario .spettasse promuovere tempestivcamente la conversione delle occupazioru temporanee in definitive, qualora si fosse ritenuto PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE di ricorrere alla procedura di occupazione in via di urgenza, ai sensi dell'art. 71 della \legge sulle espropriazioni. Cosi 1stando le cose, non ha neppure commesso errore la Corte di merito, n� � incorsa in contraddizione, affermando che l'affidamento dei lavori, ovvero la delegazione posta in essere con la deliberazione del 13 gennaio 1960, rendeva superata ogni questione sulla effica.cia e la portata della convenzione in data 22 settembre 1953 intercorsa tra il Comune di Napoli e la Cassa per il Mezzogiomo. Con tale ,convenzione, che il Comune di Napoli ancora .invoca a sostegno di una delle censure contenute nel primo mezzo di annullamento, J:e parti avevano stabilito in via generale cqme rsi sarebbero svolt� i rapporti a cui la \legge n. 297 del 1953 avrebbe dato luogo tra 1.oro e, secondo l'asswnto del Comune, si erano accordate nel senso che le espropriazioni necessa1<ie per le opere da eseguire. sarebbero state effettuate a cura della Cassa. Ma ise anche ci� fosse rispondente al vero, la regolamentazione generale preventiva non potrebbe non essere derogata dal successivo atto di affidamento ,che comportava delegazione a svolgere tutta la complessa attiv-it� occorrente, per la realizzazione dell'opera affidata al Comune con espresso riferimento anche alle procedure espropriative. N� va dimenticato che, essendo la delegazione atto unilaterale, essa poteva �essere posta in essere con manilfestazione di volont� del solo ente delegante. L'ente delegato e cio� il Comune, d'altra parte, avendo accettato la delega col curare la realizzazione dell'opera, non poteva sottrarsi, n� iJ!l tutto n� �in parte, agli obblighi che ne derivano a suo ,carico per un preteso contrasto dell'atto di delegazione con i precedenti accordi inter partes. Si � gi� detto �che l'atto amministrativo di affidamento, contenuto nella deliberazione del 13 gennaio 1960, prevedeva espressamente, secondo ci� che � stato accertato dai giudici del merito, la possibilit� che si facesse ricorso alla occupazione in via di urgenza ed, in tale ipotesi, poneva a carico dell'ente delegato di promuovere tempestivamente la conversione della occupazione temporanea in espropriazione. Ci� dimostra l'infondatezza anche dell'ultima censura del primo motivo di ricorso, quella cio� che nella precedente esposizione � stata l'liassunta sotto la lettera d). NOIIl vi � dubbio, infatti, che non vale delegare ad altri la propria attivit� per escludere la propria responsabilit�, anche quando la delegazione � ammessa dalla legge, se l'attivit� stessa, malgrado la delega, viene poi svolta direttamente dall'ente delegante, nella cui competenza originaria era compresa. In tale ipotesi non pu� giovare neppure all'ente delegante addurre, come fa la Caissa nel caso in esame, di'aver agito per canto e nel nome 466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'ente delegato, non essendo possibile che un ente pubblico eserciti per conto e nel nome di altri, una attivit� di propria competenza. Ma la attivit� svolta direttamente dalla Cassa, malgrado che essa fosse �Compresa nella delega al Comune, f� solo quella di promuovere la occupazione di urgenza, rimanendo fermo il conferimento di ogni altro incarico al Comune ed il conseguente suo obbligo, del resto espres samente sancito nell'atto amministrativo, di curare in ogni altra sua parte l'�espletamento delila procedura di e~propriazione. Sostenepdo, come fa, che spetta comunque all'ente che promuove la occupaziol!le, curare lo espletamento della procedura esecutiva, la difesa del Comune tr~scura poi di considerare che questo � vero nella normalit� dei casi, in cui l'ente occupante si identifica con quello che esegue (l'opera pubblica ed in cui favore va disposta la espropriazione. Diversa � la situazione della presente causa in cui la occupazione . era promossa da un ente (la Cassa) per permettere ad altro (il Comune) di eseguire un'opera pubblica, che, come meglio si dir� tra poco, rien trava pur sempre nella competenza di quest'ultimo: sicch� la espropria zione in definitiva avrebbe dovuto essere pronunciata in suo favore. Si deve infatti considerare che le opere pubbliche, alla cui proget tazione ed esecuzione av�rebbe dovuto provvedere la Cassa per irl Mezzo giorno, in vista delle particolari finalit� perseguite dalla 1. n. 297 del 1953, non cessava1I10 di rientrare nella competenza del Comune o della Provincia di Napoli. Nessuna deroga cio� la legge suddeHa comportava, a1Jle norme attribuite di tale competenza e cos�, per quanto attiene al caso in esame, alle norme del r.d. 3 luglio 1934, n. 334, che pone a cartco dei Comuni la costruzione di edifici per le scuole di avviamento professionale. Che il Comune e la Provincia di Napoli continuassero ad avere competenza in ordine all'esecuzione delle opere predette, sebbene nel il'ambito della .cooperazione voluta dalla legge questa potesse essere curata anche dalla Cassa per il Mezzogiorno, � reso poi manifesto dalle stesse norme dell'art. 4 legge n. 297, che non solo parla espressamente di opere pubbliche di competenza della provincia o del comune di Napoli, ma, pure apprestando particolari strumenti per il finanziamento, ne lascia (l'onere finale per la maggior parte a carico degli enti predetti, stabilendo .che vi facciano fronte mediante mutui, mentre l'intervento finanziario dello Stato viene Umitato .alla concessione di contributi. Al Comune ed alla Provincia di Napoli non � sottratta neppure totalmente la iniziativa in ordine alle opere da eseguire, spettando a tali enti, a norma del comma quarto dell'art. 4 della legge citata, di predisporre i relativi programmi, d'intesa con la Cassa per il Mezzo giorno. Da ci� consegue che quando l'esecuzione dell'opera � compiuta dal Comune o dalla Provincia questi. svolgono un'attivit� �che in linea gene ~jf: .-,.; ::% 1�E?�����r&1�a&r&�r1:w11w11121111a1ts�Irr1r1&u11tr1rggflll PARTE I; SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 467 raie gi� rientrava nella loro competenza, anche indipendentemente dalla delegazione, sicch� ogni responsabilit� conseguente alla detta attivit� di esecuzione non pu� che incombere all'ente esecutore. Infine appare rilevantissima un'ultima considerazione che muove dalla situazione particolare della presente causa, cio� dalla mancanza di un atto espropriativo, non intervenuto infatti a carico dei Troncone, malgrado il luogo decorso di anni. In tale situazione la pretesa dei suddetti proprietari ha per oggetto, n� potrebbe essere altrimenti, la indenni_t� per i primi due anni di occupazione, durante i quali questa ebbe titolo nel decreto prefettizio che la autorizzava e fu pertanto legittima, ed il risarcimento dei danna. per ila ,successiva occupazione divenuta ormai illegittima, che ha carattere permanente. I fatti che costituiscono il fondamento e la origine dei diritti azion�ti dai Troncone, quello legittimo della occupazione nel primo biennio, quello illecito della occupazione protratta dopo 11 biennio ed ormai permanente, sono entrambi propri del Comune che sin dall'inizio ebbe ii! possesso dei beni �sottratti al godimento ed alla disponibilit� dei Troncone e se ne avvalse per la realizzazione dell'opera pubblica. La responsabilit� che ne deriva non pu� che incombere al Comune che di fatto ha operato, e che, non pu� trasferir.e le conseguenze della sua attivit� sulla Cassa, per effetto della delegazione che questo ente aveva disposta, proprio per�ch� tale delegazione gili conferiva ogni potere ci:rica la promuovenda espropriazione. Con il secondo mezzo di annullamento il Comune di Napoli denunzia altra violazione dell'art. 4 legge n. 297 del 1953 e l'omesso esame di punto decisivo, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., sostenendo che in ogni caso, pur ammettendosi cio� che ad esso ricorrente incombesse di procedere alila espropriazione dei suoli in questione, per effetto della delegazione della Cassa o per altro motivo, non avrebbe potuto negarsi l'obbligo di rivalsa della Cassa, delle somme al cui pagamento il Comune era esposto per effetto della mancata espropriazione. Aggiunge il Comune che, avendo esso ricorrente comunicato alla Cassa l'ordinanza prefettizia con cui si disponeva il deposito della indennit� di espropriazione, la Cassa predetta non aveva messo a sua disposizione la somma necessaria al deposito. Vero era poi che l'ordinanza prefettizia era intervenuta mentre il presente giudizio era gi� in corso, ma il compimento della procedura di espropriazione, che la Cassa aveva reso impossibile, sarebbe almeno valso a il.imitare il risarcimento dovuto ai Troncone. Neppure questa censura merita accoglimento. Essa muove infatti da un presupposto erroneo, quello cio� che la Cassa fosse tenuta, in base alle norme della legge n. 297 del 1953, a 468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO forni.re al Comune, in ogni caso ed illimitatamente, i mezzi finanziari per la esecuzione delle opere. Ben diversa e ben pi� ristretta era invece la funzione assegnatale dalla legge suddetta. Le opere dovevano essere invero eseguite, come gi� si � accennato, con le somme ricavate dai mutui, che per ognuna di esse sarebbero stati concessi al Comune o alla Provincia ed in relazione ai quali lo Stato concedeva dei contributi, nonch<�, la garanzia a favore degli enti mutuanti. La Cassa, .tenuta a prestare a sua volta una garanzia temporanea, riscuoteva l'importo dei mutui in virt� di delegazione irrevocabile del mutuatario. Taile importo doveva essere speso per la esecuzione dell'opera e, naturalmente, doveva essere trasmesso al Comune o alla Provincia, nel caso di affidamento (cio� di delegazione) della esecuzione dell'opera stessa. In nessuna disposizione della legge � per� prevista la erogazione diretta e definitiva, da parte della Cassa, di somme di sua spettanza, a favore del Comune o della Provincia. Da ci� consegue che del tutto irrilevante � la circostanza dedotta dal ricorrente e di cui la Corte di merito non avrebbe tenuto conto: d'avere cio� richiesto alla Cassa i fondi necessari per la espropriazione in questione. La Casisa non era infatti tenuta a for.nirli, se non ne avesse avuto la disponibilit� traendoli dal ricavato del mutuo concesso al Comune, per il finanziamento dell'opera: ma tale disponibilit� di somme, in aggiunta a quelle gi� erogate per la realizzazione dell'opera, non � mai stata .neppure dedotta dal ricorrente nelle fasi di merito del presente giudizio e neppure attualmente, ed � inoltre recisamente negata dalla Cassa. Si impone pertanto il rigetto del ricorso del Comune, con il conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato proposto dai Troncone. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez, Un., 12 maggio 1969, n. 1614 -P1�es. Scarpello -Est. Pratis -P. M. Tavolaro (conf.) -Assessorato alle Finanze della Regione Siciliana (avv. Stato Carafa) c. Ferrito (avv. Gorgone, Querini e Oliveri). Procedimento civile -Decisione del Consiglio di Stato -Ricorso per cassazione -Termine per l'impugnativa -Decorrenza. (1. 25 gennaio 1958, n. 260 art. 1; r.d. 17 agosto 1907, n. 642 artt. 7 e 87; c.p.c. art. 326). La disciplina dettata con l'art. 1 della legge 25 gennaio 1958, n. 260 in tema di notificazione degli atti alle Amministrazioni dello Stato, da PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 469 eseguirsi presso gli Uffici della competente Avvocatura dello Stato, non ha innovato alle norme del t.u. delle leggi sul Consiglio �di Stato ed al regolamento di procedura innanzi� al medesimo in sede giurisdizionale, onde ai fini della decorrenza del �termine per l'impugnativa delle decisioni dinanzi alla Corte di Cassazione trovano applicazione gli artt. 7 e 87 del r.d. J7 agosto "1907, n. 642 per i quali le decisioni del Consiglio di Stato devono essere notificate direttamente alle Amministrazioni. (Omissis). -La decisione del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana fu notificata dal Ferrito, odierno resistente, al Presidente della Regione e all'A:ssessore Regionale alle Finanze, rispettivamente il 6 ed il 7 giugno 1966, :sicch� il termine (di 60 giorni dalla notifica, ai sensi degli artt. 3'2'5, secondo comma, 326 �e 362 c.p.c.) per ricorrere avverso tale decisione -pur tenuto conto della sospensione dei termini processuali a norma dell'art. 1 della I. 14 luglio 1965, n. 818 -era ormai scaduto quando, il 5 ottobre 1966, fu notitfi:cato il ricorso. Il resistente eccepi!Sce, pertanto, preliminarmente, l'inammissibilit� del ricorso, perch� proposto fuori termine. La ricorrente amministrazione, peraltro, oppone che la notificazione direttamente alla Pubblica Amministrazione non sarebbe utile ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, �con la conseguenza che il ricorso sarebbe pur sempre tempestivo, non essendo decorso, al momento della sua . notificazione, iJ termine annuale previsto dall'art. 327 �c.p.c. In proposito la ricorrente assume che -essendo stata abrogata, dall'art 2 .della 1. 25 marzo 1958, n. 260, la norma dell'art. 12' r.d. 30 ottobre 1935, n. 1611, in base alla quale, per i giudizi svolgentisi innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, le notificazioni da farsi alle amministrazioni pubbliche dovevano essere effettuate direttamente presso le amministrazioni stesse -ormai, ai fini della decorrenza dei termini (1) La decisione conferma un orientamento costante, ma che non ha mancato di suscitare dissensi in dottrina. Il contrasto si pone in quanto, ove si ritenga applicabile la legge n. 260 al giudizio dinanzi a:l Consiglio di Stato, consegue necessariamente una modifica del sistema del processo amministrativo come processo su atti. Nel senso della sentenza cfr. C'onsiglio di Stato, Ad. plen., 15 gennaio 1960, n. 1; 17 marzo 1967, n. 10. In dottrina cfr. GurccIARDI, in Giur. it., 1960, III, 49; contra ANDRIOLI, in Foro it., 1960, III, 51; SANDULLI, in Giust. civ., 1960, II, 85 che riscontra, in tale orientamento, una inammissibile correzione giudiziaria �della legge. In generale, sul principio che per le decisioni del Consiglio di Stato, ai fini della decorrenza de! termine per l'impugnazione dinanzi alla Corte di Cassazione, vale la disciplina degli artt. 17 e 87 del regolamento 1907, n. 642, cfr. Sez. Un. 28 luglio 1964, n. 2121, in Giust. civ., 1964, I, 1946. 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per il ricorso in Cassazione, la notificazione delle decisioni emesse da un qualsivoglta organo giurisdizionale amministrativo (ivi compresi il Consiglio di Stato e gli altri organi ,che ne svolgano le funzioni, come avviene per il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana) dovrebbe essere eseguita presso l'Avvocatura dello Stato, specie quando questa fosse stata costituita in giudizio per l'Amministrazione. Invero, secondo la ricorrente -con l'abrogazione dell'art. 12 r.d. n. 1611 del 1933, sarebbe venuta meno �quella diversa disposizione �, alla quale (ai fini della possibilit� di notifica a persona diversa dal procuratore costituito) rinvia �il combinato disposto degli artt. 285 e 170 c.p.c. �. Lo'assunto della ricorrente non � fondato. L'art. 87 del regolamento, approvato con r.d. 17 agosto 1907, n. 642, per la procedura innanzi al Consiglio di Stato, impone, con norma imperativa, che la notificazione della decisione ad istanza delle parti interessate sia fatto nelle forme stabilite per la notificazione dei ricorsi, ossia: trattandosi di notificazione da farsi alle parti diverse daU'Amministrazione" direttamente alle parti stesse, nella loro residenza o nel loro domkilio o nella loro dimora (artt. 3 e 8 dello stesso regolamento); trattandos.i di notificazione da farsi all'Amministrazione direttamente all'autorit� �che ha emanato l'atto o il provvedimento che ha formato oggetto di impugnazione avanti al Consiglio di Stato (art. 7 dello stesso regolamento e art. 36, secondo comma, t.u. (delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1954). Come � stato ripetutamente affermato da queste Sezioni Unite (sent. 2,3 luglio 1964, n. 2121; 30 ottobre 1959, n. 3202), con riferimento alla notificazione alle parti diverse dall'Amministrazione, J.a disposizione de�l'art. 87 r.d. n. 642 del 1907 vale ad escludere che il prindpio per cui la notificazione delle sentenze, ai fini dell'inizio del decorso del termine per l'impugnazione, deve avvenire al procuratore costituito, sia applicabile alle impugnazioni per cassazione delle decisioni del Consiglio di Stato; ed invero il citato art. 87 ,costitUJisce quella div�ersa disposizione di legge alla quale rinvia l'art. 170 c.p.c. (richiam. ato dall'art. 285 dello stesso codice), ponendo cosi una espressa limitazione � in bianco � al campo di appUcazione del principio suddetto. Ora, pokh� prima dell'emanazione della leg.ge 25 marzo 1958, n. 260 era pacifico che le norme del t.u. approvato con r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 non erano applicabili ai giudizi innanzi al Consiglio di Stato, persistendosi a considerare applicabili a tali giudizi le norme del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato e del regolamento di procedura avanti al Consiglio stesso, il sistema delle notificazioni in questi giudizi si potrebbe ritenere mutato solo qualora risultti.sse con si:curezza che la legge n. �2�60 del 1958 aveva inteso innovare in proposito. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 471 Gi� poco dopo l'entrata in vigore di questa legge il Consiglio di Stato, in Adunanza plenaria (decisione 1'5 .gennaio 1960, n. 1) chiama.to a risolvere tale questione, le risolse in senso negativo, ossia nel senso dell'inapplicabilit� della nuova legge ai giudizi innanzi a queLl'organo giuTisdizionale, ritenendosi, quindi, che i giudizi medesimi dovessero continuaJ."e ad essere regolati, ll!lche per quanto riguarda le notificazioni dalla_ previgente disciplina. Il Consiglio di Stato segui, poi, costantemente tale indirizzo, pur temperandolo col ritenere che le notificazioni dei ricorsi all'Avvocatura dello Stato anzich� all'autorit� emanante, dopo l'entrata in vigore della nuova legge, non si potessero pi� considerare insanabilmente nulle (cfr. decisione della Adunanza plenaria 13 luglio 1967, n. 10). Queste Sezioni Unite, poi, pur senza av�er affrontato ex professo la questione, peraltro -nell'affermare che l'art. 1 della 1. n. 260 del 1958, modificando l'art. 11 della 1. n. 1611 del 1933, accomuna in un'unica disciplina tutte le varrie ipotesi di giudizi innanzi alle autorit� giurisdizionali -non hanno mancato di rilevare �che, tuttavia, esula dalla suddetta previsione normativa. e quindi da tale comune disciplina, il .giudizio innanzi al Consiglio di Stato �specificamente regolato da una disciplina propria, soprav;vissuta alla riforma del 1958 � (sentenza 6 ottobre 1964, n. 2523). Tale indirizzo deve essere ribadito, dovendosi ritenere che la legge n. 260 del 1958 abbia importato soltanto modific.azioni alle norme sulla rappresentanza dello Stato in giudizio, contenute nel testo unico approviato con r.d. n. 1611 del 1933, ile quali come gi� si � rilevato, coesistevano alle norme previste dal t.u. sulle leggi del Consiglio di Stato e dal regolamento di procedura innanzi al Consiglio stesso, senza per nulla interferire con esse. La tesi contraria (a prescindere dagli argomenti �che qualche autore ritiene di desumere dai lavori preparatori, i quali, comunque, non potrebbero mai prevalere sulla volont� oggettiva della legge) potrebbe trovare conforto in una duplice considerazione: 1) che l'art. 1 della 1. n. 260 del 1958, nel modificare l'art. 11 del t.u. n. 1611 del 1933, [� dove menziona gli atti suscettibili di notificazione, ha aggiunto alla dizione originaria, tra l'altro, le paJ."ole �e gli atti istitutivi ~ giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, od innanzi agli arbitri �; 2) �che l'art. 2 deLla legge del 1958 ha abrogato l'art. 12 del t.u. del 1933, il quale, �come gi� si � detto, prevedeva espressamente che, per i giudizi sv�olgentisi innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, le notificazioni si facessero direttamente presso le amministrazioni, anzich� presso i �competenti uffici dell'Avvocatura dello Stato. Orbene, per controbattere i suddetti argomenti, � sufficiente ricordare che ila coesistenza di norme diverse in materia di notificazioni di 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO atti alla Pubblica Amministrazione, contenute :rispettivamente, da un lato, nel testo unico del 1933 e, dall'altro, nel regolamento di procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, non era affatto basata sull'eccezione prevista dall'art. 12 del t.u. del 1933, bensi era basata sulla considerazione che il sistema del procedimento avanti al Consiglio di Stato era, in s� e per s�,. completa ed indipendente dal sistema .del procedimento ordinario. Con ci� si spiega agevolmente come, non riferendosi al Consiglio di Stato la dizione � giurisdizioni amministrative o speciali>, contenute nell'art. 12 del t.u. del 1933, non solo l'abrogazione di tale arttcolo non pu� avere alcun significato innovativo rispetto al sistema vigente nel procedimento innanzi al Consiglio di Stato, ma neppure pu� attribuirsi analogo significato al fatto che, abrogato il citato articolo 12, il precedente art. 11 sia stato modificato nel modo tes~ ricordato. Ci� pu� signMkare soltanto che, sempre prescindendo dai sistemi regolati da una disciplina processuale propria totalmente indipendente -cos� come si verifica per il Consiglio di Stato e per ila Corte dei Conti la 1. n. 260 del 1958 ha voluto eliminare ogni eccezione in ordine alla notificazione da far.si alle pubbliche amministrazioni, riconducendo, a tale proposito, alla disciplina comune i giudizi innanzi ai pretori ed ai conciliatori e quelli svolgentesi innanzi alle giurisdizioni amministrative e speciali divers�e da quelle suddette. D'altra parte che una modifi�ca alle norme vigenti in subiecta materia nel sistema processuale dei giudizi innanzi al Consiglio di Stato esuli del tutto dalla volont� della 1. n. 260 del 1958 risulta palese dalle limitate finalit� della legge stessa. Come fu rilevato, sia dalla dottrina, sia dalle gi� menzionate pronunce del Consiglio di Stato, scopo della legge del 1958 � stato quello di eliminare gli inconvenienti e le difficolt� che le norme del t.u. del 1933 frapponevano in ordine all'identificazione dell'organo competente a rappresentare in giudizio le amministrazioni pubbliche. Ma tali inconvenienti e difficolt� erano, o sono, del tutto insussistenti nel sistema processuale previsto per i giudizi avanti al Consiglio di Stato, nei quali giudizi legittima contradditrice del ricorrente �, per regola ~enerale, l'autorit� dalla quale � stata emanato il'atto o il provvedimento impugnato. Proprio ci� dimostra, a maggior ragione, che la legge del 1958 non pu� essere applicabile al procedimento avanti al Consiglio di Stato, perch�, se lo dovesse essere, si dovrebbe anche ritenere, non solo che le notifi�cazioni dell'Amministrazione dovrebbero essere effettuate presso l'Avvocatura dello Stato, ma anche che l'Amministrazione dovrebbe essere citata in persona del Ministro, competente mentre la presenza in giudizio dell'autorit� che ha emesso il provvedimento � un presupposto connaturale al procedimento avanti al Consiglio di Stato, richiesto non solo dal regolamento di pro PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 473 cedura, ma da1la stessa legge fondamentale relativa a quell'organo giurisdizionale (art. 36 t.u. n. 1054 del 1924). Ritenuto cosi che la 1. n. 2�60 del 1958 non ha innovato alle norme del t.u. 'sul Consiglio di Stato e del regolamento di procedura innanzi al medesimo, in sede giurisdizionale, devono trovare applicazione gli artt. 7 ed 87 r.d. n. 642 del 1907, in base ai quali le notificazioni alle amministrazioni pubbliche delle decisioni del Consiglio di Stato e di quegli organi giurisdizionali che ne esercitano le funzioni (come avviene per il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana) devono essere effettuate direttamente alle amministrazioni stesse. Ne consegue che si deve ritenere pienamente valida, ai fini della decorrenza dei termini per il T'icorso in cassazione, la notificazione della decisione impugnata, effettuata direttamente alla Amministrazione Regionale il 6 e 7 giugno 1966, mentre si deve ritenere fuori termine e, quindi, inammissibile il ricorso notificato soltanto il 5 ottobre 1966. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 giul;Jno 1969, n. 2211 -Pres. Malfitano -Est. Perrone Capano -P. M. Gentile (conf.) -Ferrovie dello Stato (avv. Stato De Francisci) c. Posante (avv. Costa). Responsabilit� civile -Responsabilit� della P.A. -Capitolati di appalto -Clausola di manleva. -Natura -Ammissibilit�. (e.e. artt. 1229, 1883). n cos� detto patto di manleva inserito nei contratti di appalto, per il quale il debitore responsabile verso i terzi danneggiati riversa i relativi oneri sull'altra parte che .ne abbia un interesse patrimoniale, ha natura assicurativa e non contrasta con la norma di cui all'art. 1229 e.e., in quanto non restringe ma amplia la tutela del terzo danneggiato, n� con quella di cui all'art. 1883 e.e., la quale concerne l'esercizio deila attivit� assicurativa in forma di impresa, limitandola ad istituti di diritto pubblico od a societ� per azioni in conformit� delle leggi speciali, ma non vieta ai soggetti privati di stipulare tale clausola (1). (Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 1321, 1362, 1363 e 1367 e.e. nella interpretazione dell'art. 5 bis (1) La validit� della c.d. clausola di manleva, contenente un patto di esonero da responsabilit� per fatti imputabili direttamente alla p.a., � ormai pacificamente riconosciuta nella giurisprudenza della Cassazione 474 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I ~ ~ del contratto di appalto in relazione all'art. 18 del capitolato di lavori �: e forniture per conto dell'Amministrazione ferroviaria, nonch� motiva-r:: i�= zione insufficiente e contraddittoria per avere i giudici di merito omesso ~ f:; di considerare che la clausola dell'art. 5 bis del contratto di appalto f.:: doveva essere interpretata in relazione 'all'art. 18 del Capitolato che poneva ogni onere per danni a carico dell'appaltatore mentre l'art. 5 bis spec.ifi�ava che di un ta:le onere, da qualsiasi causa derivante, .si era j tenuto conto nel determinare il prezzo dell'appalto; per non avere detti giudici rilevato che, non potendosi appli:care direttamente il contratto di appail.to ai dipendenti dell'impresa., la clausola in questione, nella parte in cui si conveniva che l'Amministrazione non assumeva alcuna respCY!llSabilit� per danni che potessero derivare a detti dipendenti, non ~ avrebbe avuto alcun effetto se all'esonero di responsabilit� di uno dei con.traenti non avesse fatto riscontro l'assunzione dell'onere del risarcimento da parte dell'altro contraente. I La censura � fondata. ~ Poich�, a norm� dell'art. 1363 e.e., le �clausole del contratto vanno interpretate le une a mezzo delle altre attribuendo a ciascuna il signi I ficato che risulta dal complesso dell'atto, non poteva la Corte di merito ~f; trascurare l'esame dell'art. 1'8 del Capitolato, cui lo stesso art. 5 bis ~il del contratto di appalto faceva espresso riferimento, specificandosi che� f:!i la clausola veniva stipulata �a completamento� di quanto prescritto dal predetto art. 18, secondo� il quale � debbono restare, in ogni caso, a carico esclusivo dell'appaltatore gli obblighi imposti dalle leggi per cure mediche e per med1dnali, nonch� ogni indennit� che potesse essere dovuta agli operai, loro famiglie ed eredi a cagione degli accidenti nel lavoro�. L'appaltatore -secondo lo stesso art. 18 -�deve mettere in opera a sue spese ogni provvedimento ed usare ogni diligenza per evitare dai;mi di qualsiasi genere. Ove, ci� malgrado, questi si verificassero, incombe alil'appaltatore medesimo ogni onere per il completo risarcimento def danni stessi e di ogni conseguenza diretta ed indiretta, dovendo egli sempre rispondere �completamente tanto verso l'ammini ~ffi. strazione che verso gli operai e chiunque altro�. !� Il testo dell'art. 5 bis del contratto si arti-colava in due parti, en@ trambe �collegate col predetto art. 18, riispetto al quale, per espressa ~::~ dichiarazione del testo medesimo, assumevano -come si � detto ~ I funzione �di completamento�. rm rit @] ~:::::: (cfr. Cass. 18 maggio 1954, n. 1580; 1� giugno 1968, n. 1646, in questa Rassegna, 1968, I, 735 con nota di richiami) che ne ha posto in luce la ~?~~ F=:: k:'.: natura assicurativa e puntualizzato l'ambito nel senso che (sent. n. 1646) �discende dai principi la validit� del patto �che, nei rapporti interni, I!-': consenta al responsabile di riversarne su un altro soggetto, corresponsabile bi o meno, tutti gli oneri derivanti dalla propria responsabilit��. 1::;:: ~:::::: . . I ~4ll!W'M'MiV'~M'~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 475 Con \la prima parte si stabiliva che all'Amministrazione ferroviaria non doveva far carico alcuna responsabilit� per danni, infortuni ed altro che potessero derivare all'appaltatore ed ai propri dipendenti nella esecuzione delle prestazioni oggetto de1l contratto ed a motivo dell'esercizio ferroviario e per qualisaisi altra 'causa, ritenendosi a tale riguardo qualsiasi onere gi� compreso e compensato nel prezzo dell'appalto. Con la 'Seconda parte, si precisava che l'appaltatore si assumeva ogni responsabilit� per danni alle persone e alle cose che potessero derivare al personale de11'Amministrazione appaltante ed a terzi per fatto proprio o dei suoi dipendenti, sollevando perci� la stessa A.mmi~ nistrazione da qualunque pretesa fosse stata avanzata nei suoi confronti La Corte di merito, dopo avere esattamente identificato nella prima parte di detta clausola un patto di esonero da responsabilit� per fatti imputabili direttamente all'Amministrazione a motivo dell'esercizio ferroviario da essa gestito e ne11a seconda un patto di �esonero da responsabilit� per fatto dell'imprenditore e dei suoi dipendenti di cui la prima potesse comunque essere chiamata a rispondere, ha escluso per�, con motivazione contra.stante con la riferita premessa, che dal primo patto B.erivi un obbligo di rivalsa da parte dell'appaltatore, obbligo che invece ha ammesso derivare dal secondo, senza dare una logica ragione di tale diversit� di conseguenze ed affermando, inoltre, -con manifesto errore di diritto -che rispetto ail primo patto i dipendenti dell'impresa sono da .considerare come � membri � di questa e rispetto al secondo come � ter:lli �: il tutto aggravato dal mancato esame del testo dell'art. 18 del capitolato cui entrambe le pattuizioni erano testualmente necessariamente collegate perch� stipulate -ripetesi, a completamento delle previsioni gi� ampie di detto capitolato �che pongono a carico de11'appaltatore ogni possibile responsabilit� sollevandone 1'Amministrazione. Ora, mentre non pu� dubitarsi che, in base alle disposizioni regolatrici del contratto di appalto (art. 1655 e segg. �.e.), l'efficacia contrattuale si esaurisc�e fra l'appaltatore e committente che non ha rapporti diretti con i dipendenti del primo i quaH non possono giammai essere considerati soggetti del rapporto, n� assimilati al loro datore di lavoro, appare altresi manifesto il vizio logico concretantesi nell'avere riconosciuto che col patto contenuto nella prima parte qel >Citato art. 5 bis, si era esonerata l'Amministrazione appaltante dalla responsabilit� derivante dall'esercizio ferroviario, ossia da fatti propri e nell'avere poi esdusa quella che invece ne era la necessaria �conseguenza, consistente nell'assunzione di tale responsabilit� da parte dell'impresa appaltatrice, senza rendersi conto che, per tail. modo, il patto in �esame sarebbe stato inutilmente stipulato .se esso in realt� non fosse stato idoneo a riversare sull'impresa appaltatrice la responsabilit� incombente all'Ammintstrazione committente, del che invece i contraenti dichiaravano di avere t�nuto conto nello stabilire il prezzo dell'appalto. ~ ~ { ~ r: f --~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO OJ.tre che in un vizio di motivazione, la Corte � incorsa �Con ci�, anche nella inosservanza della norma dell'art. 1367 c.�c. cui -pur nel dubbio -avrebbe dovuto riferirsi, secondo la quale il contratto o le singole clausole debbono essere �interpretati nel .senso in cui possono avere un significato e non in quello in cui non ne avrebbero nessuno. Col secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 122.9 e 1883 e.e. in relazione al contenuto dell'art. 18 del capitolato di appalto ed all'art. 5 bis del contratto, per non avere la Corte d'appello considerato: a) che la norma dell'art. 1229 e.e. colpisce di nullit� soltanto il patto che esclude e limita la responsabilit� del debitore ma non anche quello che consente a costui di riversare su altri che abbia un interesse patrimoniale, gli oneri derivanti dalla propria responsabilit�; b) che il divieto statuito dafil'art. 1883 e.e. riguarda soltanto le imprese assicuratrici ma non quei soggetti che non esercitano sistematicamente l'industl'ia assicurativa. Anche queste �censure sono fondate. In fattispecie del tutto analoga, questa Corte suprema (sent. 18 maggio 1954, n. 1580) ha avuto occasione di porre in rilievo che l'art. 1229 �e.e. colpisce di nullit� il solo patto che esclude e limita la responsabilit� del debitore ma non anche quello che consenta a quest'ultimo di riversare su altri che abbia un interesse patrimoniale, gli oneri derivanti dalla propria responsabilit�: il che armonizza con un principio generale del nostro ordinamento, desumibile dall'art. 1900 e.e., che ammette il patto di rivalsa sull'assicuratore anche per i sinistri cagionati da colpa grave dell'assicu~ato e dall'art. 1917 e.e., che consente l'assicurazione della responsabilit� civile con esclusione soltanto di quella derivante da fatti dolosi. Un simile patto cosi detto �di manleva� non � perci� in contrasto con alcun-principio generale del nostro ordinamento giuridico, n� contrasta �con la ratio della predetta norma dell'art. 1229, diretta a proteggere il creditore danneggiato il quale, per effetto della clausola in esame, anzich� un danno, riceve una pi� ampia tutela. L'art. 1883 e.e. non riguarda poi la fattispecie in esame perch� esso vieta di esercitare Je assicurazioni in forma di impresa a soggetti div�ersi da istituti di diritto pubblico o da societ� per azioni, in conformit� delle leggi speciali, ma non vieta a soggetti privati di stipulare un patto di natura assicurativa. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 7 marzo 1969, n. 6 -Pres. Papaldo Est. Tozzi -Germani (avv. Serra) c. Ministero Pubblica Istruzione e Provvedttorato agli studi di Terni (Avv. Stato Dallari). Ente pubblico -Patronato scolastico -Natura ~ Ricorso di un dipendente al Ministero della P. I. -Pronuncia ministeriale -Natura. Ente pubblico -Patronato scolastico -Impiegati -Non sono dipendenti dello Stato. I Patronati scolastici sono Enti pubblici dotati di personalit� giuridica; pertanto, l'atto col quale il Ministero della Pubblica Istruzione respinge le richieste del dipendente di un Patronato scolastico di pagamento di varie competenze, in mancanza di qualsiasi potere per obbligare l'Ente pubblico ad accogliere le richieste stesse, non ha natura di provvedimento amministrativo (decisione), ma contiene soltanto la espressione di un parere non previsto dalla legge, inidoneo a produrre una lesione di interesse, e perci� non impugnabile (1). I Patronati scolastici sono Enti pubblici dotati di personalit� giuridica, e non organi dell'Amministrazione dello Stato; pertanto, il raworto di impiego instaurato con un Patronato scolastico non pu� essere riconosciuto come rapporto di impiego alle dipendenze dello Stato (2). (1-2) Massime esatte. Non risultano prec,edenti. CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., ~1 marzo 1969, n. 10 -Pres. Papaldo -Est. Cesareo -Tamarro (avv. Guarino) c. Cassa marittima (avv. Stoppani). Giustizia amministrativa -Decisioni amministrative -Principi del c.p.c. -Applicabilit� -Limiti. Giustizia amministrativa -Giudicato -Esecuzione ai sensi dell'art. 27 n. 4 -Presupposti -Decisioni impugnate per revocazione o per contrasto di giudicati -Applicabilit�. Alle decisioni giurisdizionali amministrative non sono applicabili i principi sulla cosa giudicata sanciti nel codice di procedura civile; in -� i ~ ili ~ r:: @ m i:= ~~~ V ~:: m i:= @ ... . .. I t . . ""111 , ' lf:f1Yf1fffilfitflfilimfilttWmfKfmfffmmWirtrnrtrrlf&fr1rrffiliftrrtilirflim&ffm�iif&rr&rfftzmaz1ffffff1frnJ 478 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO particolare, non possono essere applicate a quelle decisioni le norme le quali stabiliscono che non si intende passata in giudicato la sentenza soggetta a revocazione per i motivi indicati nei nn. 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c. (1). La diversit� dei sistemi nei quali si inquadrano la giustizia civile e la giustizia amministrativa escludono la possbilit� di far riferimento ai principi del diritto processuale civile al fine della determinazione dei presupposti per l'instaurazione del giudizio di ottemperanza ai sensi deil'art. 27 n. 4 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054; pertanto, il ricorso al Consiglio di Stato per ottenere l'esecuzione di una decisione giurisdizionale dello stesso Consesso � ammissibile anche quando la citata decisione sia stata impugnata nei termini ai sensi dei nn.. 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c., e cio� con ricorso in revocazione per errore di fatto o per contrasto di giudicati (2). (1-2) La prima massima � pacifica in giurisprudenza; per la seconda v. in senso contrario Sez. IV, 28 settembre 1967, n. ;437, IZ Consiglio di Stato, 1967, I, 1618. CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 28 marzo 1969, n. 11 -Pres. Papaldo -Est. Daniele -Pompa (avv. Ascarelli e Carbone) c. Commissione vigilanza edilizia popolare ed economica (Avv. Stato Peronaci), Coop. edil. �Domus operosa � (avv. Mo!1purgo) con intervento di Ciamei (avv. Barillaro). Edilizia popolare ed economica -Assegnazione di alloggi -Assegnazione di alloggio Ina-Casa -Successiva assegnazione di allogg�o avente le caratteristiche previste dagli artt. 48 e 50 t. u. 28 aprile 1938 n. 1165 -Ammissibilit�. Il principio secondo il quale, in tema di edilizia popolare ed economica, con l'assegnazione di un alloggio si consuma il diritto ad ottenere il beneficio e quindi si versa nella impossibiUt� di ottenere una seconda assegnazione, vale solo quando entrambi gli alloggi vengano assegnati in base al sistema delle leggi sull'edilizia economi.ca e popolare; pertanto, la precedente assegnazione di un alloggio I.N.A. Casa o GES.CA.L. non costituisce preclusione all'assegnazione di un alloggio di cooperativa (1). (1) Non constano precedenti. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 479 CONSIGLIO �DI STATO, Sez. IV, 5 marzo 1969, n. 54 -Pres. Chiofalo Est. Benvenuto -Berti-Ceroni (avv. Dallari G.M.) 'c. Ministero dei lavori pubblici (Avv. Stato Lancia) e Comune di Imola (n.c.). Edilizia popolare ed economica -Piani ex legge n. 167 del 1962 -Varianti -Amn�issibilit�. Edilizia popolare ed.economica -Piani ex legge n. 167 del 1962 -Approvazione -Parere del Consiglio superiore sanit� -Non necessario. Edilizia popolare ed economica -Piani ex �1egge n. 167 del 1962 -Varianti -Approvazione -Motivazione per relationem -Legittimit�. Edilizia popolare ed economica -Piani ex legge n. 167 del 1962 -Deliberazione comunale -Controllo della G.P.A. -Invio al Prefetto Non necessario. Edilizia popolare ed economica -Piano ex legge n. 167 del 1962 -Varianti -Autorizzazione ministeriale -Non necessaria. L'ammissibiUtd di varianti, sia riduttive sia estensive, al piano per l'edilizia popolare ed economica -oltre che dalla ben nota regola generale della modificabilitd dei provvedimenti amministrativi -discende, ancor pi� decisamente, dal principio informatore dei programmi che, come il piano stesso, sono destinati ad appagare esigenze anche future e debbono prevedere mezzi di soddisfacimento proporzionali aZZ'entitd di queste, con il conseguente adeguamento della previsione iniziale, circa gli occorrenti mezzi, alla sopravvenuta realtd che riveli un fabbisogno di entitd diversa da quella originariamente preventivata (1). Ai sensi dell'art. 8 legge 16 aprile 1962, n. 167, in sede di procedimento per l'approvazione di un piano di zona per l'ediiizia economica e popo�lare, non occorre il preventivo parere del Consiglio superiore della sanitd (2). Il decreto ministeriale che approva la variante ad un piano di zona per l'edilizia economica e popolare' � motivato, se recepisce il voto del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che enuncia le ragioni in base alle quali la variante � stata ritenuta meritevole di approvazione (3). I� piani di zona per l'edilizia economica sono assoggettati ad una particolare forma di pubblicitd e, avendo valore di piani particolareggiati, (1-5) Cfr. sulle prime due massime Sez. IV, 5 giugno 1968, n. 350, Il Consiglio di Stato, 1968, I, 825; sulle altre, cfr. Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 636, ivi, 1266, I, �438; Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 78, ivi, I, 366. 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tutte le deliberazioni consiliari che ad essi ineriscono sono sottoposte all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, ai sensi dell'art. 98 n. 11 e segg. t.u. 3 marzo 19:34, n. 383, modificati daLla legge 9 giugno 1947, n. 530; pertanto, per tali deliberazioni, non sussiste l'onere dell'invio entro otto giorni al Prefetto, a pena di decadenza (4). L'art. 10 terzo comma legge 17 agosto 19:42, n. 1150, secondo cui nessuna proposta di variante al piano regolatore generale pu� aver corso se non. sia intervenuta la preventiva autorizzazione del Ministro per i lavori pubblici, non costituisce espressione di un principio generale; pertanto, l'esigenza della previa autorizzazione ministeriale, prevista dalla richiamata norma, non vale per le varianti ai piani di zona per l'edilizia popolare ed economica, per le quali � soltanto da osservare l'iter procedurale previsto per la formazione ed approvazione dei piani stessi (5). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 marz�o 1969, n. 67 -Pres. Potenza Est. Fo.vtunato -Mirani (avv. Cappi) c. Ministero Pubblica Istruzione (Avv. Stato Peronaci). Demanio -Demanio storico -Bellezze naturali -Piano paesistico Stralcio di zona -Ordine di demolizione di costruzione abusiva sita in detta zona -Legittimit�. Demanio -Demanio storico -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Ordine di demolizione -Contrasto col comportamento del Comune in tema di licenza edilizia -lnconfi.gurabilit�. Demanio -Demanio storico -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Ordine di demolizione -Motivazione -Fattispecie. Lo stralcio di una zona dal piano territoriale paesistico (nella specie, delle zone dell'Appia antica), che sia giustificato da un approfondito studio della tutela delle esigenze paesistiche del luogo, gi� tutelate mediante la dichiarazione di notevole interesse pubblico, non autorizza a ritenere eh esso sia stato deliberato in funzione di sanatoria di situazioni illegittime, o che esso possa giustificare, quanto meno, l'aspettativa di una futura sanatoria per tutte le costruzioni abusive sorte nella� zona stralciata; pertanto, non � in contrasto con il provvedimento di stralcio il decreto ministeriale che ordina la demolizione di una costruzione abusivamente eretta nella zona stessa (1). (1-3) Giurisprudenza costante: Sez. V, 26 marzo 1968, n. 373, Il Consiglio di Stato, 1968, I, 462. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 481 Non � configurabile alcuna contradditoriet� di comportamenti fra l'atteggiamento assunto dall'Autorit� comunale in ordine alla repressione delle norme che subordinano i progetti di costruzioni edilizie all'approvazione dell'Autorit� comunale medesima (quale attributaria della tutela di un interesse pubblico edilizio in certo senso locale), da una parte, e l'autonomo atteggiamento assunto, su un piano diverso, dal-. l'Autorit� statale (quale attributaria della tutela dell'interesse pubblico paesistico) per la protezione in via repressiva di bellezze naturali, dall'altra; pertanto, al fine della legittimit� del decreto del Ministro deila pubblica istruzione che ordina la demolizione di una costruzione abusivamente eretta in zona sottoposta a vincolo di bellezze naturali e penoramiche, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 149:7, sebbene stralciata dal Piano territoriale paesistico, a nulla rileva un (preteso) comportamento contrario assunto dal Comune dopo l'emanazione. del detto provvedimento di stralcio (2). � legittimo il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva in zona sottoposta a vincolo di bellezze naturali e paesistiche, ove esso sia motivato non solo con l'inosservanza dell'obbligo di previa richiesta e conseguimento del nulla osta della Soprintendenza ai monumenti competente, ai sensi dell'art. 7 legge 29 giugno 1939, n. 149:7, ma altresi con l'apprezzamento che, in concreto, la costruzione abusiva rappresenta un grave pregiudizio alle bellezze paesistiche della localit� (3). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 marzo 1969, n. 69 -Pres. Chiofalo -Est. Fortunato -Bisogni (avv.ti Morelli e Moricca) c. Ministero Finanze (Avv. Stato Agr�) e Comune di Briatico (n.c.). Competenza e giurisdizione -Imposte e tasse -Tributi comunali Concordato -Deliberazione comunale di approvazione -Annullamento del prefetto -Controversia -Questione di diritto soggettivo -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. La fattispecie costitutiva del. rapporto giuridico obblig"atorio nascente da imposte con accertamento (quale � l'imposta di famiglia) comprende un elemento tipicamente illiquido, rappresentato dalla base imponibile, ma, una volta realizzatasi la liquidazione di tale elemento (concordato), il rapporto obbligatorio resta determinato in ogni suo elemento e vincolante per entrambe le parti; pertanto, poich� dopo l'approvazione del concordato fiscale che fa sorgere a favore deil'Ente impositore e del contribuente un credito ed un corrispondente debito, il decreto col quale il Prefetto, nell'esercizio della potest� di controllo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di legittimitd (ex art. 97 t.u. 3 marzo 1934, n. 383, modificato dalt'articolo 3 legge 9 giugno 19:47, n. 530), annulla la deliberazione della Giunta comunale che aveva approvato il concordato, non incide su mere posizioni di interesse legittimo, bensi su posizioni di diritto soggettivo la relativa controversia sfugge alla giurisdizione generale di legittimitd del Consiglio di Stato (1). (1) Massima esatta. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 marzo 1969, n. 84 -Pres. Tozzi Est. Felici -S.p.A. Elvea (avv. Del Vecchio) c. Ministero Tesoro (Avv. Stato Peronaci). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Motivi non dedotti nel ricorso gerarchico -Limiti. Danni di guerra -Contributo di ricostruzione -Determinazione -Distinzione tra opere murarie e attrezzature produttive -Illegittimit�. Danni di guerra -Indennizzo -Determinazione -Sindacabilit� -Limiti. Danni di guerra -Indennizzo -Determinazione -Valore delle scorte Detrazione -Limiti. Danni di guerra -Cespite -Nozione. Danni di guerra -Cespite -Strutture organizzative interne -Non � tale. Il principio che vieta di dedurre in sede giurisdizionale motivi diversi da quelli formulati con il ricorso gerarchico concerne i vizi individuabili nel provvedimento dell'Autoritd gerarchicamente inferiore, e non riguarda le illegittimitd che il ricorrente pu� desumere soltanto dalla decisione gerarchica (1) Al fine della concessione del contributo previsto dalt'art. 53 legge 27 dicembre 1953, n. 968, � illegittima la distinzione, operata nell'ambito dell'azienda danneggiata dagli eventi bellici, tra le costruzioni murarie e le attrezzature produttive, stante l'impossibilitd di disgiungere beni legati da un nesso di interdipendenza funzionale (2). (1-6) C'.fr. Ad. plen. 4 febbraio 1964, n. 4, n Consiglio di Stato, 1964, I, 213. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 483 n calcolo della perdita subita e la corrispondente liquidazione del danno di guerra implicano un apprezzamento tecnico dell'Ammin�strazione che, se non � sindacabile sotto il profilo riguardante ilmerito della valutazione estimativa, pu� tuttavia essere censurato dinanzi al giudice amministrativo, allorch� sia stato violato un indice di calcolo o di commisurazione stabilito dalle vigenti disposizioni, o sia stata effettuata u?Ui valutazione illpgica od arbitraria, o sia stato compiuto un palese travisamento dei fatti (3). n limite del 25 % , fissato dagli artt. 25 terzo comma e 27 primo comma lett. b) legge 27 dicembre 1953, n. 968 per la detrazione pe1�centuale da operare sul valore delle scorte, costituisce un parametro generale che, in mancanza di .diverse disposizioni, va applicato normalmente, non soltanto per la vetust�, ma anche .per ogni altra possibile ipotesi di deterioramento, non determinabile con esattezza in rapporto ai beni indennizzabili per danni di guerra; pertanto, illegittimamente l'Amministrazione opera la riduzione del 50 % sul valore delle scorte, sulla base di criteri equitativi, specie se l'interessato abbia dimostrato la consistenza dei beni con una documentazione attendibile (4). Nell'ambito della disciplina prevista per la liquidazione dei danni di guerra, il cespite � un bene singolo destinato ad una funzione specifica, od un insieme di beni che, per volont� del titolare o per ragioni giuridiche ed economiche, concorrono al raggiungimento di uno scopo unitario consistente nella produzione di un reddito o nel soddisfacimento di esigenze culturali, assistenziali o, comunque, sociali (5). Al fine di stabilire i singoli cespiti, per la liquidazione dei danni di guerra, occorre esaminare se esistano i requisiti dell'autonomia econo mica, dell'unit� organica e della efficiente destinazione funzionale pe1� un solo bene o per un complesso di beni del danneggiato, considerando l'azienda in modo dinamico e non nella statica rappresentazione dei vari elementi costitutivi; pertanto, legittimamente l'Amministrazione non con figura come �cespiti gli uffici amministrativi, i servizi generali ed i c.d. �reparti accessori� dell'azienda danneggiata, trattandosi di strutture or ganizzative interne prive di una propria separata ]'unzionalit� econo mica (6). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 21 febbraio 1969, n. 269 -Pres. Lugo -Est. Russo -Ceccarini (avv. Prosperetti) c. Ministero PP.TT. (avv. Stato Gentile). Giustizia amministrativa -Giudicato -Ricorso ex art. 27, n. 4 del Testo Unico sul Consiglio di Stato -Attivit� dell'Amministrazione in ottemperanza al giudicato. 484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale Presupposti per �'ammissibilit� del ricorso -Necessit� di una dichiarazione esplicita o implicita dell'Amministrazione di non volere eseguire il giudicato -Non sussiste -Parziale adempimento. Giustizia amministrativa -Giudicato -Giudizio di ottemperanza Oggetto e limiti -Difterenze rispetto all'ordinario ricorso -Accertamento dell'obbligo scaturente dal giudicato e della conseguente inosservanza. Giustizia amministrativa -Giudicato -Rinnovazione del provvedimento in ottemperanza solo parziale del giudicato -Illegittimit� -Obbligo dell'Amministrazione di attenersi ai criteri contenuti nel giudicato -Sussistenza dell'obbligo anche nelle ipotesi di attivit� discrezionale. Quando l'Amministrazione, nel rinnovare un provvedimento annullato, incorra negli stessi vizi che hanno determinato l'annullamento giurisdizionale del primo provvedimento, l'interessato pu� far valere l'inadempienza mediante la procedura di cui all'art. 27 n. 4 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. Il presupposto del detto ricorso � da individuare nella mancata attuazione della statuizione contenuta nel giudicato n� pu� ritenersi essenziale la sussistenza di una dichiarazione esplicita o implicita di non voler eseguire il giudicato (1). Il ricorso per esecuzione del giudicato differisce dall'ordinario ricorso non solo e non tanto per la forma del contraddittorio e per la procedura in camera di consiglio, m.a soprattutto perch� tende non ad una valutazione di legittimit� di comportamento della P. A., ma alla determinazione di ci� che la P. A. abbia omesso di fare e debba di conseguenza essere disposto in esecuzione del giudicato (2). Nel rinnovare il provvedimento l'Amministrazione � tenuta ad uniformarsi in tutto al giudicato, rimanendo la propria discrezionalit� limitata al quomodo, ossia alla scelta della maniera pi� opportuna ai fini dell'adempimento (3). (Omissis). -L'eccezione di inammissibilit�, del ricorso ex art. 27 n. 4 del t.u. delle leggi del Consiglio di Stato, opposta dall'Amministrazione, deve essere disattesa. (1-3) Note minime sul giudizio di ottemperanza. Nel rinnovare il� provvedimento annullato per illegittimit�, l'Amministrazione era incorsa negli stessi vizi che avevano determinato l'annullamento giurisdizionale del primo provvedimento; il ricorrente aveva PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 485 Non si contesta che, annullato un provvedimento con decisione del Consiglio di Stato, l'Amministrazione abbia il potere di provvedere in ordine allo stesso oggetto, sia pure ripetendo la statuizione annullata, . immune dai vizi che hanno determinato l'annullamento giurisdizionale, giacch� ogni decisione fa salvi gli ulteriori provvedinlenti dell'Amministrazione. E non si contesta che se l'Amministrazione, nel rinnovare il provvedimento, sia incorsa in vizi diversi da quelli precedentemente rilevati, l'interessato sia tenuto a produrre nuovo ricorso giurisdizionale nelle forme oTdinarie se vuole esporre la illegittimit� del nuovo provvedimento. Il problema sorge quando, nel rinnovare un provvedimento annullato, l'Amministrazione incorra negli stessi vizi che hanno determinato l'annullamento giurisdizionale del primo provvedimento: in tale ipotesi si pone il problema se l'interessato debba presentare nuovo ricorso giurisdiz~onale o possa far valere l'inadempienza dell'Amministrazione a un obbligo scaturente dal giudicato mediante la procedura pi� semplice prevista dall'art. 27 n. 4 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato. A tale domanda � stata data gi� la risposta, sia pure per una diversa fattispecie, con la decisione di questa stessa Sezione n. 756 del dunque adito il Consiglio di Stato con il ricorso ex art. 27 n. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 al fine di ottenere l'esecuzione del giudicato derivante dalla prima pronuncia, e l'Amministrazione aveva eccepito l'inammissibilit� del detto ricorso, sostenendo che l'interessato avrebbe dovuto promuovere un nuovo ricorso giurisdizionale nelle forme ordinarie. Si presentava dunque il problema dei presupposti e dei limiti del c.d. giudizio di ottemperanza ed il Consiglio di Stato, con la presente decisione, ha rilevato che la tutela giurisdizionale deve essere effettiva, cio� deve avere concreta attuazione, onde il ricorso ex art. 27 cit. � da ritenere ammissibile in ogni ipotesi in cui l'autorit� amministrativa, praticamente, non svolga l'attivit� idonea a dare effettiva esecuzione al giudicato, ed ha altres� affermato che, ai fini dell'applicabilit� del rimedio di cui all'art. 27 cit., non pu� ritenersi essenziale l'esistenza di un atto avente il contenuto di una dichiarazione esplicita o implicita di non volere eseguire il giudicato. La soluzione del problema nei detti termini presuppone risolta l'an nosa questione relativa all'oggetto del ricorso in esame (1), o meglio si fonda su una determinata soluzione del detto problema. (1) Cfr. ALIBRANDI T., Giudizio d'ottemperanza e motivazione della decisione, in questa Rassegna, 1965, l, 349 segg.; GuGLIELMI, L'obbligo dell'Amministrazione d� conformarsi al giudicato, ivi, 1953, 1 segg.; IDEM, Circa i limiti della giurisdi:tione del Consiglio di Stato in ordine al ricorso per l'esecuzione del giudicato, in Giur. compl. Cass. Civ., 1953. IV, 155 segg.; VIGNOCCHI, Fondamento, limiti, sviluppi dell'azione di adempimento del giudicato contro la pubblica amministrazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1962, 1390 segg.; VECCHIONE, L'esecuzione del giudicato amministrativo, ivi, 1963, 925. Tra gli scritti pi� recenti: CANNADA BARTOLI, Nuovi � orientamenti sull'art. 27 n. 4 sul Consiglio di Stato?, in Foro amm., 1966, II, 127; ~ i: t il !( ~#~L6~~j 486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1962; e le ,considerazioni di carattere generale contenute in quella decisione possono essere ripetute integralmente nel caso che interessa. Si disse in quella decisione <ehe non poteva essere accolta l'argomentazione dell'Amministrazione, secondo cui, di fronte ad un inizio di adempimento o ad un parziale adempimento da parte dell'Amministrazione di un obbligo nascente da un giudicato, il cittadino, con ci� .stesso, senza alcuna distinzione relativa all'autonomia dell'obbligo inadempiuto, � non pos.sa pi� avvalersi della tutela speciale (pi� efficace e penetrante) del procedimento ex art. 27 n. 4. La Sezione, allora, pur non sottova lutando le difficolt� di interpretazione e di ricostruzione dell'istituto dell'esecuzione del giudicato, di fronte alle scar:se norme positive (difficolt� che si sono manifo.state an<Che attraverso una giurisprudenza non sempre univoca), ha tuttavia affermato, anche in ossequio al sistema voluto dalla Costituzione (arg. ex art. 27 e 113) che la tutela giurisdizionale deve essere effettiva e, entro i limiti dei poteri attribuiti al giudice della legge, deve avere concreta attuazione e non risolversi in una vana ed astratta statuizione destinata a rimanere inutile espressione grafica. Pertanto la Sezione ha escluso che l'istituto dell'esecuzione del giudicato possa essere circoscritto all'ipotesi di va- Invero, se l'oggetto del .giudizio di ottemperanza viene individuato, come fa una parte della dottrina (2), nella situazione di fatto -ampiamente intesa -successiva al formarsi del giudicato, caratterizzata dalla mancata soddisfazione dell'interesse del vincitore, potr� certo sostenersi che si ha inadempimento tutte le volte in cui l'autorit� amministrativa non abbia realizzato i presupposti di fatto e di diritto necessari alla soddisfazione dell'interesse de'l ricorrente vincitore; se, inrvece, si ritenesse che l'oggetto del ricorso ex art. 27 sia un provvedimento amministrativo nega- D'Aunmo, L'esecuzione del giudicato amministrativo nena dottrina e nena Giurisprudenza, ivi, 1967, III, 307; CORREALE, Inottemperanza e violazione del giudicato: problematica di una distinzione, ivi, 1967, II, 143; BoRZELLINO, Situazione lesiva rimossa dal giudicato e spunti in ordine a mez~ indiretti di esecuZione contro la p. a., ivi, 1968, III, 568; BARONE, Autoritd Amministrativa, rinnovazione del procedimento, obbligo di conformarsi al giudicato: un problema di limiti, ivi, 1968, II, 48. Cfr. inoltre gli Autori citati da ALIBRANDI, cit., 351, n. 4. (2) Cfr. per interessanti spunti in proposito il GuxccIARDI, Giustizia amministrativa, Padova 1953, 212 segg. .e Autori da lui citati. Cfr. anche SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1966, 735 dove si afferma che il ricorrente ex art. 27 cit. � portatore di un interesse protetto a che l'Amministrazione, e mediante la rimozione della situazione leaiva perdurante, si conformi alla pronuncia giudiziaria che abbia affermato illegittimo l'operato amministrativo nei confronti li lui� e si aggiunge, a pag. 737, �he e l'azione tende ... ad ottenere una pronuncia che, in funzione dell'adeguamento della situazione di fatto alla situazione di diritto risultante dal giudicato ... di volta in volta ponga nel nulla un provvedimento, definisca i comportamenti che in conseguenza del giudicato l'Amministrazione � obbligata a tenere, ordini all'Amministrazione di porre in essere gli adempimenti ... occorrenti per prestare esecuzione od ottemperanza al giudicato ... �� :I =~~ rtrl"�&'l'fffilrl1Mlrff.B1Killfillill1ifJffEiillfKTiffillfffiitil&fflflli51!filr1Mffil&tiftft&Tif&filiifilfamfa~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 487 lutazione di sopravvenienza di pubblico interesse. che possa rendere la pronuncia non attuabile di fronte ad un'attivit� discrezionale del1' Amministrazione. L'istituto si applica anche nei � confronti di attivit� vincolata e non pu� ritenersi essenziale. -per l'applicazione di esso -che l'atto contemplato dall'art. 27 n. 4 abbia il contenuto di una dichiarazione esplicita o imp11cita di non volere eseguire il giudicato. Di fronte, poi, .all'affermazione dell'Amministrazione che in presenza di un atto (sopravvenuto nel corso del giudizio di esecuzione del giudicato) di parziale esecuzione del giudicato stesso, tale da lasciare completamente scoperta una zona dell'adempimento dovuto, il procedimento di esecuzione del giudicato debba troncare il ,suo corso e l'interessato debba tutelarsi autonomamente attraverso una normale impugnativa nei modi ordinari, la Sezione ha affermato che d� costituirebbe un non senso giuridico ed 1:1-n formalismo i!!lgiustifi:cato che potrebbe condurre ad annullare lo stesso fondamento e la funzione dell'istituto dell'esecuzione del giudicato. "Il che porterebbe alla distruzione di buona parte della efficacia della giustizia nei confronti della pubblica amministrazione e delle finalit� della tutela giurisdizionale, diretta a rendere effettivo il comando della .legge, non attraverso sempltci enunciazioni, tivo di silenzio-rifiuto dell'Amministrazione (3) che nega l'opportunit� di ottemperare, risulterebbe inammissibile il detto ricorso nelle ipotesi in cui ci fosse almeno un .inizio di esecuzione, appunto perch�, in tal caso, mancherebbe il silenzio-rifiuto. Malgrado inevitabili incertezze (4), la giurisprudenza � orientata nel primo senso, e ritiene che ci� che il privato lamenta � il fatto della inottemperanza e quindi porta all'esame del giudice amministrativo una situazione �complessa di mancata esecuzione del giudicato, qualunque sia i'l comportamento dell'autorit� amministrativa, e cio� tanto che quest'ultima abbia esplicitamente escluso la propria volont� di eseguire, quanto che abbia mantenuto un comportamento valutabile come silenzio-rifiuto, quanto infine che abbia dato o presunto di dare una certa esecuzione alla pronuncia passata in giudicato. Insomma .quel'lo che conta � che la decisione, che accerta l'illegittimit� ed annulla il provvedimento, non rimanga lettera morta e che il ricorrente realizzi la soddisfazione del suo interesse (5). (3) � la nota opinione del Giannini M. S. espressa in La giustizia amministrativa, Roma 1964, 238 segg. e Contenuto e limiti del giudizio di ottemperanza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 442 segg. (4) Cfr. le pronuncie citate nella decisione che si annota. (5) Cfr., ad esempio, Cons. St., Sez. IV, 6 dicembre 1967, in Consiglio di Stato, 1967, 2385 dove si afferma che il ricorso ex art. 27 cit. � ammissibile in tutte quelle ipotesi in cui l'Amministrazione; pur dichiarando di voler provvedere all'adempimento del giudicato, � adotta in concreto un comportamento che renda manifesto il suo proposito di sottrarsi, sia pur temporaneamente, all'obbligo di ottemperare �. Cfr. anche Cons. St., Sez. IV, 28 maggio 1968, in Consiglio di Stato 1968, 933; 22 novembre 1968, ivi, 1893. 9 488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE~LO STATO fine a se stesse, anche se solenni, ma soprattutto attraverso l'effettiva e concreta soddisfazione degli interessi tutelati (v. pure IV Sez. 31 agosto 1967, n. 38il). Le considerazioni sopra esposte portano a vedere sotto nuova luce il problema dell'ammissibilit� del ricorso ex art. 27 n. 4 nel caso considerato. A tal fine occorre rilevare (come � stato gi� fatto nella citata decisione del 1962) che il ricorso per esecuzione del giudicato differisce dall'ordinario ricorso non solo e non tanto per la forma del contraddittorio in un certo senso attenuato e per la procedura in camera di consiglio, ma soprattutto in quanto tende non ad una valutazione di legittimit� di comportamento della P.A., ma alla determinazione di ci� che l'Amministrazione abbia omesso di fare e debba di conseguenza essere disposto in esecuzione del giudicato (VI Sezfone, 4 luglio 1950; n. 1043; Ad. Plen. 3 luglio 1952, n. 13). Ci� si � detto in ordine ad un provvedimento intervenuto ln corso di svolgimento del giudizio ex art. 27 n. 4, ai fini della dichiarazione della cessazione della materia del contendere, ma ci� deve dirsi a fortiori, ad avviso della Sezione, anche nel caso in cui 1'Amministrazione, Perci� occorre che esista un giudicato in senso sostanziale: altrimenti manca il presupposto della ottemperanza, ossia il bene o l'interesse da far conseguire o realizzare al ricorrente. Per questo � stato precisato esattamente che il presupposto del ricorso ex art. 27 cit. consiste nel fatto che l'obbligo di ottemperare derivi da un provvedimento giurisdizionale a contenuto decisorio sostanziale, tale cio� da determinare in un senso piuttosto che in un altro la disciplina del rapporto giuridico oggetto immediato o mediato della pronuncia (6). � Ogni volta che esiste una pronuncia di tale natura, occorre che l'interessato ne consegna praticamente i risultati; e cosi, se l'Amministrazione � inadempiente, ma l'attivit� che si dovrebbe compiere ai fini dell'esecuzione � vincolata, sar� lo stesso Consiglio di Stato ad emanare l'atto rifiutato dall'Amministrazione; se invece l'attivit� da svolgere � discrezionale, il Consiglio di Stato dichiara l'obbligo dell'Amministrazione, fissa (6) Sez. IV, 5 marzo 1968, Consiglio di stato, 1968, I, 474. Pertanto � stato escluso che sia ammissibile il ricorso ex art. 27 cit. ove il contenuto della decisione della quale si lamenta la mancata esecuzione e riguardi solo forme e presupposti del procedimento giurisdizionale, per modo che l'oggetto della domanda non sia divenuto oggetto del giudicato in senso sostanziale � : si trattava, nella specie, di una decisione di improcedibilit� del ricorso a seguito dell'avvenuto annullamento del provvedimento impugnato da parte di altra precedente decisione giurisdizionale. Forse a causa della mancanza del giudicato sostanziale -mancanza dovuta alla natura amministrativa dell'atto -� stata. esclusa l'ammissibilit� del ricorso ex art. 27 cit. per l'esecuzione del decreto presidenziale che decide un ricorso straordinario al Capo dello Stato: giur. cost.: cfr. Cons. St., Sez. IV, 9 luglio 1954, in Consiglio di Stato, 1954, I, 704; 18 aprile 1959, ivi, 1959, I, 623; 27 maggio 1964, ivi, 1964, I, 1048. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 489 dopo la diffida a provvedere e prima della proposizione del ricorso, abbia emesso un provvedimento in esecuzione del giudicato, se in tale esecuzione abbia omesso un adempimento che discende direttamente dalla pronuncia giurisdizionale. Il problema va posto, dunque, in relazione al provvedimento emesso in esecuzione del giudicato, ma non per valutare se esso sia legittimo o meno (anche rispetto alla precedente decisione giurisdizionale),, bensi per accertare se dalla decisione giurisdizionale derivasse un obbligo di comportamento nei confronti dell'Amministrazione, ed entro quali limiti tale obbligo di comportamento non sia stato adempiuto. Ora dall'esame della precedente decisione, che ha annullato i decreti ministeriali di promozione e le deliberazioni del Consiglio di amminist~ azione in ordine alla formazione della graduatoria dei promovibili alla qualifica di ispettore generale, risulta che tale annullamento � stato determinato dall'esistenza di alcuni vizi della volont� formativa del procedimento ben individuati e che si concretavano nell'attribuzione al ricorrente di un punteggio inferiore o pari a quello attribuito ad altri funzionari promossi, i cui elementi di valutazione giustificavano, invece, l'attribuzione di un punteggio inferiore. Nel rinnovare lo scru un termine nel quale essa deve adempiere e, se del caso, nomina un commissario ad acta che si curi di eseguire il giudicato nella ipotesi in cui l'Amministrazione si ostini nel rifiuto (7). Insomma, i1' Consiglio di Stato non esercita la propria funzione di giudice della ottemperanza solo nel caso in cui l'atto da adottare sia vin colato, ma ha ampi poteri anche quando si tratti di attivit� discrezionali, e tali poteri li esercita fino alla sostituzione dell'Amministrazione con un organo ad hoc (8). Pertanto, dalla elaborazione giurisprudenziale sorta intorno ai limiti d� ammissibilit� del ricorso che ci occupa, risulta, come pacifico, che il detto ricorso pu� essere proposto non soltanto allorch� il Consiglio di Stato, di fronte alla inesecuzione del giudicato avente rper oggetto un atto non discrezionale, si sostituisca all'Amministrazione inadempiente,provvedendo (7) Cfr. Cons. St. Sez. IV 28 maggio 1968, ivi, 1968, 931 e 933; 27 febbraio 1967 ivi, 1967, 57; 14 febbraio 1967, ivi, 169; 24' febbraio 1967, ivi, 181; 10 marzo 1967 ivi, 430; 28 ottobre 1967, ivi, 1896; 31 ottobre 1967 ivi, 1908; 21 novembre 1967 ivi, 2248; 30 novembre 1968 ivi, 1968, 1746; 22 novembre 1968 ivi, 1841. (8) Cfr. Cons. St. Sez. IV, 28 maggio 1968 cit. � stata, per esempio, disposta la nomina di un commissario ad acta per i provvedimenti di competenza dell'Ente ospedaliero in tema di pubblico impiego: ivi, per un caso in cui l'Amministrazione comunale non aveva provveduto nei termini in ordine alla diffida proposta dal ricorrente: cfr. Cons. St. 22 novembre 1968 cit.; inoltre cfr. Cons. St. 27 gennaio 1967 cit., dove il Giudice ordin� all'Amministrazione titolare della potest� di controllo sull'ente, intimato a corrispondere certe somme al ricorrente, di nominare entro un certo termine un Commissario con il compito specifico di sostituirsi agli organi ordinari per liquidare il credito a favore del medesimo ricorrente; cfr. anche la fattispecie di cui alla dee. 10 marzo 1967 cit. ;:: \�'. ,,, t:: " !~ ~i ' ' J~< 1rl'�&&trl&Wf<l1Wt=tfJlr&t&wrr1eirtif'ITffffWifff'mrn=:ttrmrrtrt0&f&rrrr1rw~�1rtrr11a&ffftWft:fo9~t=:ffa=ci 490 RASSEGNA J)ELL'AVVOCATURA DELLO STATO tinio, tale vizio ben individuato, non � stato eliminato, in quanto l'attribuzione di un maggior punteggio al ricorrente si � accompagnato con .una elevazione del punteggio a quei funzionari indicati nella decisione in quanto avevano formato oggetto di specifica censura i cui elementi di giudizio postulavano palesamente una valutazione pari o inferiore, talch� si � riprodotta quella situazione quo ante che la precedente decisione aveva ritenuto illegittima e �che l'Amministrazione, pertanto, aveva lo obbligo di eliminare nell'eseguire la decisione. L'aver rinnovato il provvedimento e l'averlo rinnovato in modo tale da �consentire la promozione del 'ricorrente, se rappresenta esecu zione del giudicato, lascia tuttavia scoperta un'area di parziale inadem pimento, che il ricorrente ha interesse di veder colmata (se non altro ai fini di una migliore collocazione in graduatoria) attraverso la proce dura ex art. 27 n. 4 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, procedura le cui finalit� sono state illustrate sopra. Ritenuto, dunque, ammissibile, il ricorso entro i predetti limiti, occorre passare all'esame di merito. Con la precedente decisione si � rilevato: a) per le mansioni svolte, al ricorrente � stato attribuito lo j stesso punteggio (11.50) del dott. Guastini, pur svol~endo funzioni di maggiore importanza; b) per la diligenza in servizio e per il rendimento l direttamente in suo luogo, ma anche nei casi m cui, essendo tale azione sostitutiva preclusa dalla natura discrezionale del provvedimento che deve I essere emesso, il C1onsiglio deve limitarsi a dichiarare l'obbligo dell'Amministrazione di dare esecuzione al giudicato entro un termine stabilito, I o a nominare un Commissario ecc. (9). Ci� che conta, come emerge dalla pronuncia che ci occupa, � che ! non sia data reale esecuzione al giudicato: il problema quindi non � tanto i quello di stabilire se ci sia stato o no il silenzio-rifiuto, o un inizio di i ottemperanza, o se l'autorit� abbia iniziato il procedimento di cui al giudicato: quello che importa � solo di stabilire se, in concreto, al giudicato sia stata data esecuzione: e poich� l'adempimento o � esatto o non �, tutte le volte in cui l'autorit�, scaduti i termini di legge, abbia solo iniziato ad eseguire o abbia adottato, come pretesa ottemperanza, un provvedimento rtproducente le illegittimit� di quello annullato, difetta l'esecuzione, cio� l'adempimento e quindi nasce la legitimatio al ricorso di cui all'articolo 27 cit. Perch� dunque possa parlarsi di inesecuzione del giudicato occorre che l'inerzia dell'autorit� si sia protratta oltre i limiti consentiti dalla legge (10). � stato cosi deciso che non pu� considerarsi adempimento la riassunzione dell'impiegato nel rapporto di impiego, quando a tale prov-' (9) Cfr. per l'ammissibilit� della predisposizione di un termine, tra le ultime: 28 ottobre 1967 cit.; 31 ottobre 1967 cit.; 21 novembre 1967 cit.; inoltre, ALmRANDI, Giudizio di o-ttemperanza: ecc. cit. 349, 111. 1. (10) Cfr. Cons. St., Sez. IV, 21 novembre 1967, in Consiglio di Stato, 1967, 2245. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 491 � stato attribuito al ricorrente un minor punteggio (12.25) rispetto a quello massimo attribuito al dott. Mazzei (14) in contrasto con i giudizi contenuti nelle rispettive note di qualifica; c) per 'la capacit� direttiva e lo spirito di iniziativa � ingiustificato il punteggio inferiore (sei) attribuito al rkorrente rispetto a quello (sette) assegnato ai dott. Mazzei e Santomauro, considerate Je valutazioni desumibili dalle rispettive note di qualifica; d) per la preparazione professionale e per l'attitudine ad esercitare le funzioni della qualifica superiore analogo rilievo veniva fatto, rispetto ai dott. Cefaloni, Mazzei ed All�. I rilievi mossi con la predetta decisione determinavano i seguenti obblighi dell'Amministrazione: a) per la voce �mansioni svolte� di dare al ricorrente un punfeggio maggiore di quello attribuito al dott. Giustini; b) per la voce <diligenza�, di dare al ricorrente un punteggio non inferiore a quello attribuito al dott. Mazzei; c) per la voce ��capacit� direttiva�, di dare al ricorrente un punteggio pari o superiore ~ quello attribuito ai dottori Mazzei e Santomauro; d) per le voci � preparazione professionale � e �attitudine alla qualillca superiore�, di dare al ricorrente un punteggio pari o superiore a quello attribuito ai dott. Cafaloni, Mazzei ed All�. Il Consiglio di Amministrazione ha cosi operato: a) per la voce �mansioni svolte� ha ripetuto il vizio rilevato con la decisione, attri vedimento non sia seguita la effettiva riammissione nell'officium (11), e tanto meno pu� considerarsi adempimento l'aver inserito all'ordine del giorno del Consiglio d'Amministrazione l'ottemperanza al giudicato (12). Viceversa, � stato ritenuto inammissibile il ricorso ex art. 27 nel caso in cui -essendo discrezionale l'attivit� da svolgere in ottemperanza al giudicato -l'Amministrazione abbia eseguito emanando un nuovo provvedimento al posto di quello in precedenza annullato, e il secondo atto sia viziato di illegittimit�, ma per motivi diversi da quelli che portarono all'annullamento del iprimo (13): infatti qui l'Amministrazione n� rifiuta di ottemperare n� adotta un comportamento precluso dal giudicato, il quale per ipotesi non ha inibito l'adozione di determinate forme o di certe scelte: qui l'Amministrazione ha esercitato i propri poteri discrezionali (11) Cfr. Cons. St., Sez. IV, 7 luglio 1967, ivi, 1967, 1474. Si tratta, infatti, nella specie, di � sindacato in ordine alla verificazione di quella ulteriore operazione esecutiva ad evento esteriore (successiva alla prima operazione ad evento giuridico attuata con la riassunzione dell'impiegato nel rapporto di impiego) che si sarebbe dovuta concretare nella materiale ripresa di possesso dell'ufficio da parte del ricorrente� � Precisa, poi, la citata decisione che non pu� parlarsi di inottemperanza se il provvendimento di riammissione � sospeso per la pendenza di un procedimento disciplinare: infatti proprio la pendenza di quest'ultimo dimostra inequivocabilmente la concreta volont� dell'Amministrazione ad adempiere. (12) Cfr. Cons. St. Sez. IV, 27 gennaio 1967 in Consiglio di Stato 1967, 62. (13) Cfr. Cons. St. Sez. IV, 17 gennaio 1967 cit.; Sez. IV, 21 ottobre 1966, in Consiglio di Stato 1966, I, 1740. 492 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO buendo al ricorrente J.o stesso punteggio attribuito al dott. Guastini, sia pure elevato a 12; b) per la voce � diligenza � ha ancora dato un punteggio inferiore (pur avendolo elevato a 13,50) a quello attribuito al dott. Mazzei (14); e) per la voce �,capacit� direttiva�, ha attribuito ancora un punteggio. inferiore al ricorrente rispetto al punteggio attribuito al dott. Mazzei; d) per le voci �preparazione professionale� e � �attitudine� ha attribuito ancora un minor punteggio (13) rispetto ai punteggi attribuiti ai dott. Mazzei (14), Santomauro (13,25), Cefaloni (14). Ora non c'� dubbio che la valutazione degli scrutinandi, in un giudizio di promozione per merito comparativo, ha natura eminentemente discrezionale: tuttavia la valutazione deve risultare sorretta da quegli elementi che lo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato predisp�one ai fini considerati. Una volta ac,certato, perci�, da una decisione giurisdizionale -la quale naturalmente non pu� entrare nel merito del giudizio discrezionale, che quegli elementi, comparativamente �considerati, non possono portare -nel confronto -che ad un determinato giudizio� compara- emanando un nuovo atto che da un lato soddisfa l'obbligo dell'esecuzione, dall'altro presenta dei vizi che ne legittimano l'impugnativa nei modi ordinari. Nel giudizio che si instaura con il ricorso in questione si lamenta, dunque, la mancata ottemperanza al giudicato e si porta all'esame del giudice non tanto un provvedimento negativo (il silenzio-rifiuto) quanto una situazione complessa, che si snoda intorno ad un fatto giuridico (il mancato adempimento). Di qui, varie conseguenze in ordine alla posizione delle parti nel procedimento ed allo svolgimento del giudizio. Poich� si controverte intorno ad un fatto, l'Amministrazione ipu� ben eccepire la esistenza di motivi di pubblico interesse che giustificano l'inadempimento o 'l'inesatto adempimento: poich� . infatti l'Amministrazione �-salvo il caso in cui il Consiglio di Stato abbia affermato che essa non opera secundum ius se non tenendo un certo comportamento -ha il potere di scegliere la via che reputa migliore per soddisfare l'interesse del privato vittorioso, compatibilmente con le esigenze dell'interesse pubblico, essa pu� �ben sollevare eccezioni e sottoporre rilievi all'attenzione del giudice per giustificare l'inottemperanza: e il giudice non pu� non tenerne conto. N� si dica che tale contradditorio � incompatibile con la natura esecutiva del processo d'ottemperanza: a parte il fatto che detta natura �, allo stato della dottrina e della giurisprudenza, tutt'altro che pacifica (14), � da os( 14) Cfr. MONTESANO, Sui caratteri cognitivi e contenziosi del processo previsto dall'art. 27 n. 4 t.u. Cons. di St., in� Foro amm., 1963; SANDULLI, Manuale cit. pag. 738, il quale ritiene il giudizio de quo e un vero e proprio giudizio di cognizione�, e ci� secondo l'A. spiega perch� �nell'elencazione dei casi di giurisdizione del Consiglio di Stato la legge non gU abbia fatto un posto a s�, ma lo abbia accomunato agli altri casi di giurisdizione anche in merito �. I~ flifillfiliWlilli(f'ii:Kt�ffiji�fff~~fill1filifl'iiffillll'if!&ffti1ffl11fililiilfl1@rtffiH11flffllifillf:f,filfflEfffrfilriffirr. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 493 tivo (superiore l'uno inferiore o pari l'altro), non pu� l'Amministrazione, nel rinnovare la comparazione fra pi� scrutinandi, �confermare il giudizio comparativo espresso, perch�, entro quei limiti, la volont� del1' Amministrazione rimane vincolata alla pronuncia: essa cio� pu� discrezionalmente determinare il nuovo punteggio, ma non pu� dare ad es. per la voce mansioni svolte a chi, secondo quanto risulta dalla pronuncia giurLsdizionale, sivolgeva funzioni pi� importanti, un punteggio ancora inferiore rispetto a quello attribuito a chi (sempre secondo la stessa sentenza) �svolgeva funzioni di minore importanza. Essa ha l'obbligo di dare un punteggio maggiore, il che pu� fare, ne1la sua discrezionalit�, o diminuendo il punteggi:o a chi ingiustamente lo aveva avuto maggiore, o, se vuole mantenere immutato questo punteggio, aumentando l'altro. Non pu�, pertanto, aderirsi alla richiesta avanzata dal ricorrente e cio� �che questo Consiglio disponga l'attribuzione di tre punti per le voci �considerate e lo inserisca nella graduatoria al posto che spetterebbe in base al nuovo punteggio, giacch� l'Amministrazione, salvo l'obbligo che deriva dalla pronuncia giurisdizionale e di cui si � detto, trattandosi di attivit� eminentemente discrezionale, � libera di attribuire il servare che l'esame delle eccezioni del preteso debitore non � escluso nemmeno nel processo esecutivo ordinario, dove si incardina il contraddit torio in virt� della opposizione; e dunque potrebbe bene sostenersi, pur muovendo dalla natura esecutiva del procedimento instaurato con il ricorso ex art. 27 cit., che l'Amministrazione faccia valere le sue eccezioni attra verso una sorta di opposizione all'esecuzione, sulla quale il Consiglio di Stato � chiamato a decidere anche sotto il profilo dell'opportunit� (15). Quello che invece non � ritenuto ammissibile � l'intervento di terzo (16), appunto perch� nel giudizio di ottemperanza non si realizza formalmente e sostanzialmente il contraddittorio in tutta la sua pienezza (17), incar dinandosi esso, invece, solo attraverso l'exceptio dell'autorit� resistente. Concludendo, sembra potersi riconoscere che il ricorso ex art. 27 cit. � amm~ssibile in tutti i casi in cui l'Amministrazione non abbia perfetta mente adempiuto al giudicato, qualunque sia stato, in concreto, l'aspetto dell'inottemperanza (silenzio-rifiuto, ripetizione del provvedimento an nullato, elusione di un'attivit� vincolata di cui al giudicato ecc.), dovendosi avere riguardo, nella variet� delle fattispecie concrete, alla effettiva rea lizzazione dell'interesse del ricorrente vittorioso. (15) Cosi A.LmRANDI cit. (16) Cfr. Cons. St. 21 gennaio 1967 cit. (17) Osserva la dee. del Cons. St. Sez. IV 28 settembre 1967, in Consiglio di Stato 1967, 1618, che la mancanza di un contradditorio vero e proprio dipende dal fatto che il giudice non deve risolvere una controversia, ma solo emanare un provvedimento in cui si sostituisce all'Amministrazione -quando si tratti di attivit� vincolata -o dichiara l'obbligo di adempiere entro un certo termine. A. PALATIELLO ~~ ~ i:~. ~ l~i ~=~ ~=: r 1:: ._,.,~~~-~~A'?JDV..J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 494 punteggio che meglio risponde all'interesse pubblico. Deve, invece, dichiararsi tenuta 'l'Amministrazione, nell'attribuire i nuovi punteggi per le voci che sono state indkate nella precedente decisione, ad attenersi al criterio ,contenuto nella decisione stessa e precisamente: per la voce � mansioni svolte � attribuire al ricorrente un punteggio superiore a quello attribuito al dott. Guastini; per la voce � diligenza � attribuire al ricorrente un punteggio pari o superiore a. quello attribuito al dottor Mazzei; per le voci ��Capacit� direttiva�, �preparazione professionale � e � attitudine alle funzioni superiori � attribuire al ricorrente un punteggio pari o superiore (tenendo conto degli elementi �contenuti nel fascicolo personale) a quello atiribuito ai dott. Mazzei, Santomauro, Cefaloni e All�. -(Omissis). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 giugno 1968, n. 2110 -Pres. Stella Richter -Est. D'Arrniento ~ P. M. Chir� (conci. conf.) -Simeone Mario ed altri (avv. Zuppante) c. Mi:aistero delle Finanze (avv. �Stato Dallari). Imposta di successione -Azienda commerciale e industriale -Valore di avviamento -Inclusione nell'asse imponibile. (art. 2555 c.~.; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15 e 19). L'oggettiva idoneit� deH'azienda a continuare a :produrre, nonostante il mutamento dell'imprenditore, un ammontare di profitti superiore a quello che sarebbe il reddito normaie del capitale impiegato, fa acquisire all'azienda un valore di mercato superiore a quello netto patrimoniale dei singoli beni. La differenza tra questi due valori, detta avviamento, trasferendosi necessariamente con l'azienda cui si riferisce, deve essere compresa nella base imponibile per l'applicazione dei tributi sui trasferimenti (1). Il giudizio sul punto di fatto deH'esistenza di un avviamento del- l'azienda non � sindacabile in Cassazione. (Omissis). -Con i due motivi di ricorso, connessi ed interdipendenti fra loro, i ricorrenti, denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2082, 2083, 2222, 2555 e.e., 19 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; 47 t.u. 24 agosto 1877, n. 4021; contraddittoTiet� e insuffi( 1) L'avviamento e le imposte sui trasferimenti. Il fenomeno per il quale l'attitudine di una impresa a realizzare un ammontare di profitti si oggettivizza -in tutto o in parte -e rperci� accede all'azienda divenendo elemento (o pi� esatt�mente, qualit�) della stessa � stato, com'� noto, ampiamente esaminato dalla dottrina. Tale ricerca ha condotto ad individuare una nozione dell'avviamento, come attitudine a produrre profitti, che, � bench� propria dell'impresa in senso lato, viene imputata all'azienda, in quanto si valuta che la stessa possa permanere nonostante il mutamento di imprenditore, con la conseguenza di fare acquistare all'azienda un valore superiore� al valore ipatrimoniale � (cosl AULETTA, voce Avviamento, E;nc. del diritto, p. 634). Da tale nozione resta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cienza di motivazione, in relazione agli artt. 360, n. 3 e 5 c.p.c. e 111 della Costituzione, sostengono che, contrariamente a quanto ritenuto nella decisione impugnata, l'impresa pu� anche non costituire una azienda, la quale sussiste solo quando il complesso dei beni organizzati abbia una capacit� funzionale indipendentemente dalla persona dell'impresario. Aggiungono -i ricorrenti -che l'avviamento � una qualit� dell'azienda e non dell'impresa, e lamentano che la Commissione centrale, senza acquisire nuovi elementi di fatto e senza darne adeguata motivazione, avrebbe erroneamente affermato che l'impresa esercitata dal de cuius poteva continuare sotto la guida di a~tro imprenditore, laddove l'impresa, per la sua saltuaria attivit� e per l'entit� dei mezzi e del personale, era strettamente legata alla guida e alla presenza del- I [l'imprenditore, in modo da non poter continuare senza l'attivit� personale dell'imprenditore medesimo. E concludono (i ricorrenti) che, non ~ . . esclusa la contingente e peculiare capacit� di uno specifico soggetto imprenditore a produrre profitti, la quale non accede all'azienda e non � ' suscettibile di venire in essa trasferita. Il Sicch�, l'avviamento non soltanto � necessariamente trasferito con 1:::: l'azienda (ed anzi oggetto del trasferimento � l'azienda avviata), ma addi ~::: rittura pu� essere conosciuto e individuato esclusivamente in relazione alla vicenda del trasferimento (attuale o potenziale) dell'azienda. Del resto, r: in termini economici l'avviamento altro non � se non una parte, solo concettualmente separabile, del � valore di scambio � dell'azienda. La sentenza in rassegna aderisce alla sopra riferita nozione di avviamento (come in precedenza Cass. 21 luglio 1967, n. 1889, Foro it., 1968, I, 210) e, proprio sul presupposto che l'avviamento non comprende le capacit� imprenditoriali non accedute all'azienda, afferma che esso -una volta accertato e valutato nella competente sede -deve considerarsi nella sua interezza trasferito con l'azienda. In altre parole, 'la delimitazione dell'avviamento oggettivo, facente parte del fattore della produzione e capitale ., rispetto al diverso fattore della produzione costituito dalla � capa % cit� imprenditoriale� del singolo imprenditore, non pu� essere attuata '� dopo la valutazione dell'avviamento mediante stralcio di una parte del valore accertato, ma deve avvenire � a monte ., nel momento della indix viduazione dell'oggetto da valutare. Iil La pronuncia della Corte di Cassazione � sostanzialmente esatta e rn va condivisa; con una precisazione, per�. L'attivit� di imposizione tribu, iij ~ taria -per evidenti esigenze di economicit�, �di eguaglianza e di certezza -deve procedere sulla base di dati per quanto pi� � possibile oggettivi della realt� extragiuridica. Cosi l'attivit� di calcolo del valore di avviamento pi� coerente con la definizione sopra enunciata si basa principalmente su due dati oggettivi, e cio� il reddito complessivo netto dell'impresa (da capitalizzarsi, previa detrazione del compenso per il lavoro dell'imprenditore, in rapporto al tasso di interesse corrente all'epoca del I' trasferimento) e il valore def beni aziendali singolarmente considerati, entrambi portati a conoscenza degli uffici o �lagli stessi accertabili. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 497 sussistendo nella specie l'azienda, non vi sarebbe stata possibilit� di trasferimento tassabile di avviamento. Il ricorso, ad avviso di questo Supremo Collegio, non na fondamento e non riproduce fedelmente i termini della questione. Ed invero, inesatta � la censura che la decisione impugnata non abbia saputo distinguere tra impresa artigianale, fondata solo sull'attivit� personale� del titolare, e valore di avviamento, trasmissibile come valore a s� stante in . caso di successione. La Commissione centrale delle imposte, infatti, come gi� posto in ' evidenza nella paTte di questa sentenza che concerne lo svolgimento del processo, premesse le nozioni giuridiche di impresa e di azienda, quali risultanti dagli artt. 2082 e 2555 e.e., ha correttamente affermato che' il concetto di avviamento, quale elemento economico-giuridico a s� stante, mentre non inerisce all'esercizio dell'impresa, che pu� anche non costituire una azienda (per la mancanza di organizzazione dei V'� di pi�: in sede di interpretazione dell'art. 19 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 e dell'art. 11 r.d. 26 settembre 1935, n. 1749, � stato affermato (Cass., 29 agosto 1963, n. 2391, Riv. leg. fisc., 1964, 163, citata in Relaz. Avv. Stato 1961-1965, vol. II, pag. 565, e (Jass., 21 novembre 1968, n. 3780, Foro it., 1969, I, 1242) un principio cui va riconosciuto carattere generale per l'imposizione sui trasferimenti, e precisamente � stato affermato che oggetto della vaiutazione � l'azienda come complesso organizzato di beni unitariamente considerato, e non i � singoli elementi � che la compongono. Da ci� consegue che il reddito complessivo netto dell'impresa rimane s'intende con il e tasso medio di capitalizzazione � -il fondamento della valutazione dell'azienda nel suo complesso pi� o meno avviata, ancorch� il contribuente sia tenuto a denunciare e distintamente � l'avviamento come e singolo elemento � del complesso aziendale. A questo punto potrebbe essere osservato che la valutazione dell'avviamento si !effettua mediante una previsione de1J.a futura iredditivit� dell'azienda, e non mediante una automatica capitalizzazione di redditi complessivi netti conseguiti dall'impresa negli esercizi passati. L'osservazione, di per s� esatta, non conduce per� a ritenere che detti redditi costituiscano solo uno qualsiasi degli indizi dell'esistenza e del valore di un avviamento. I redditi delle passate gestioni, a ben vedere, costituiscono il \I)unto di partenza ed anche il principale momento dell'itinerario logico necessario per giungere alla anzidetta previsione; e possono anche rimanere l'unico importante momento di tale itinerario, ove non emergano ~ situazioni peculiari operanti nel senso di una riduzione degli utili delfil l'impresa. f L'inerzia delle situazioni di fatto (e tale � anche il fluire degli utili ili d'impresa) � una massima di esperienza, espressamente riconosciuta dall'ordinamento giuridico in alcune norme (ad esempio, l'art. 1142 e.e., e ~ gli artt. 123 e 176 t.u. approvato con d.P,R. 29 gennaio 1958, n. 645); e ~:= una presunzione di inerzia delle situazioni di fatto (pi� che la � presun i:: ti:ione di continuazione delle situazioni giuridiche � della quale si � pi� i:: volte parlato in dottrina) costituisce il presupposto del principio per cui i:: m I I ' . J ;::rnw1m@HW@EMMflfAfiJJ�if:tf@!fmwfmw@Jffwf:W!1%&tWY@ffiiMtrf:@tmf:ffiffBW018'%ffff:WM@f@1f@f:fiff%%%=%f 498 RASSEGNA� DELL'AVVOCATURA DELLO STATO beni al fine di esercitare professionalmente un'attivit� economica), � invece normalmente connaturato all'esistenza di un'azienda. La stessa Commissione centrale � passata poi ad esaminare se nella specie, ed in relazione a tutti gli elementi di fatto e di giudizio acquisiti (importanza dell'impresa gestita dal de cuius, giro di affari, clientela, ecc.) l'impresa de qua potesse qualificarsi un'azienda, e dopo aver risposto affermativamente al quesito, almeno fino al tempo che il titolare dell'impresa era rimasto in vita, ha c9ncluso che un valore di avviamento doveva riconoscersi come afferente all'azienda, e quindi, con essa trasferito agli eredi per la morte del titolare originario dell'azienda. Orbene, siffatto argomentare della Commissione centrale, lungi dal presentare i vizi giuridici e logici che gli vengono attribuiti, appare del tutto esatto. � noto, invero, che l'avviamento � un bene immateriale dell'azienda, che pur ricollegandosi prevalentemente all'attivit� svolta in l'allegazione e la prova del fatto comunque innovativo � prevalentemente affidata alla cura del soggetto che di tale fatto intende avvalersi. Cosi, anche nel procedere dell'attivit� di valutazione dell'avviamento, l'allegazione e la prova dei particolari fatti dai quali derivi .na riduzione dei redditi complessivi dell'impresa deve essere affidata al contribuente; tanto pi� che in diritto tributario la �maggiore vicinanza di una parte (e cio� del contribuente) alla prova � costituisce un criterio di riipartizione dell'onere di fornire il materiale probatorio, cui � riconosciuto carattere generale (e non solo empirico e marginale). Ora, il ritenere che con il mutamento dell'imprenditore l'impresa produrr� solo una parte dei redditi in precedenza prodotti, di tal che solo questa parte pu� essere considerata acceduta all'azienda, �, appunto, il risultato della considerazione di particolari elementi di fatto � derogativi � rispetto alla normale e presunta continuazione del flusso dei redditi. Si intende quindi come il compito di allegare tali elementi di fatto e di fornire di essi almeno un princiipio di prova ricada sul contribuente, senza che possa ritenersi doverosa una iniziativa dell'ufficio in tal senso. Del resto, la normale inerenza della idoneit� a produrre profitti, alla azienda e non alla persona dell'imprenditore � confermata dagli artt. 2557 e 2558 e.e., i quali.-con il disporre rispettivamente il divieto di concorrenza a carico di colui che aliena una azienda e la successione dell'acquirente nei contratti -tendono a conservare all'azienda quella idoneit� a produrre utili .che di essa era propria prima del trasferimento. � di tutta evidenza che per la valutazione dell'avviamento non � possibile fornire ricette semplici e sicure (la pratica alquanto grossolana ma abbastanza diffusa, di generalizzare il criterio dettato, a tutt'altri fini, dall'art. 110 del t.u. delle leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, non pare giustificata n� da norme giuridiche n� da .criteri di logica). Quanto qui scritto intende solo prospettare un modo di procedere (ed un riparto di compiti) nell'attivit� necessaria per la valutazione. F. FAVARA PARTI: I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 499 passato dall'imprenditore, si proietta nel futuro, perch� si traduce in pratica in una particolare oggettiva attitudine dell'azienda a produrre lo stesso volume di affari o di servizi, nonostante il mutamento dell'imprenditore, con la conseguenza di fare acquisire all'azienda un valore di mercato superiore a quello netto patrimoniale dei singoli beni (il che viene in particolare rilievo in caso di trasferimento dell'azienda, per successione -caso di specie -o per atto tra vivi). L'avviamento, perci�, costituisce un elemento non essenziale dell'azienda, ma quando esiste, non pu� avere una vita autonoma o separata dalla st~ssa, non pu� essere, cio�, concepito al di fuori di essa, n� considerato o trasferito separatamente; onde la sua cessione � accompagnata, necessariamente, dalla cessione dell'azienda, o viceversa. Per tale strettissima e necessaria relazione d'inerenza, l'avviamento � stato anche definito come una qualit� dell'azienda; ma se tutto ci� trova preciso riscontro in dottrina e nell'indirizzo ormai consolidato di questa Suprema Corte (cfr. sentt. 18 febbraio 1949, n. 280, 9 febbraio 1955, n. 381, 7 febbraio 1959, n. 392, 10 luglio 1962, n. 1819, 26 giugno 1963, n. 1728) non vi � dubbio che nella ipotesi di specie bene � stata afferma~ l'esistenza di un valore di avviamento tassabile, atteso che il de cuius aveva lasciato in eredita ai figli ed alla moglie un'azienda vera e propria, secondo l'accezione giuridica datane dall'art. 2555 e.e. e che tale azienda godeva di notoriet� anche in campo nazionale e di vasta clientela (valore di avviamento). A questo punto va detto che non vale insorgere, in questa sede di legittimit�, contro gli accertamenti di fatto posti dalla Commissione centrale a base della sua argomentazione logico-giuridica. Costituisce, infatti, principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, dal quale non vi � ragione per discostarsi, che quando il giudice di merito ha espresso il motivo del proprio convincimento con processo logico immune da manchevolezze e lacune, o da insanabili contraddizioni -ipotesi di specie -l'accertamento di fatto, in .cui tale convincimento si sostanzia, non � sindacabile in sede di legittimit� (cfr. da ultimo sent. 10 gennaio 1967, n. 104). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 23 gennaio 1969, n. 196 -Pres. Marletta -Est. Abbamondi -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Luise. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione -Intimazione di seconda ingiunzione -Difetto di interesse - Rilevabilit� di ufficio. 500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione -Intimazione di seconda ingiunzione per identico titolo Illegittimit�. n difetto di interesse della Finanza alla, fOTmazione, attraverso l'intimazione di una seconda ingiunzione, di un secondo titolo di accertamento dello stesso tributo che era stato oggetto di precedente ingiunzione sulla legittimit� della quale si era formato il giudicato, � rilevabile di ufficio dal giudice innanzi al quale l'ingiunzione sia stata impugnata soltanto-per ragioni di merito (1). � illegittima una seconda ingiunzione emessa per il medesimo titolo dopo che con la prima ingiunzione il credito di imposta � stato accertato in modo irre1Jrattabile (2). (Omissis). -Prima di esaminare i tre motivi di censura esposti dall'Amministrazione ricorrente, giova ricordare che � del tutto .pacifico in causa che l'Amministrazione stessa eccep� il giudicato, formatosi allorch� divenne definitiva la sentenza 5 agosto 1955 con la quale il Tribunale di Napoli dichiar� inammissibile l'opposizione proposta dal Luise all'ingiunzione fiscale notificatagli il 16 gennaio 1954, e che la Corte napoletana, con la sentenza ora impugnata, riconobbe il fondamento dell'eccezione di giudicato, osservando che l'ingiunzione notificata al Luise nel 1954 e l'altra notificata il 15 maggio 1957 (dalla cui opposizione ha tratto origine il presente giudizio) avevano lo stesso contenuto. (1-2) Le massime di cui alla sentenza in esame non possono essere condivise, perch� frutto di una inesatta valutazione dei principi e delle norme che interessano l'argomento. Appaiono quindi opportune le seguenti Considerazioni sulla reiterabilit� della ingiunzione fiscale Gli ordinamenti giuridici assicurano i propri precetti e le proprie valutazioni mediante una specifica garanzia: la possibilit� di essere realizzati, se necessario, mediante fatti di realizzazione giuridica, i cui tipi fondamentali, pur nella estrema variet� dei processi di realizzazione del diritto, che caratterizzano i diversi ordinamenti, si riducono a due: fatti di autotutela e fatti di giurisdizione (PERAssx, Introduzione alle scienze giuridiche, p. 69). I moderni ordinamenti giuridici -ed il nostro in particolare -esaminati sotto il profilo dei rapporti quantitativi nonch� delle connessioni e r.elazioni fra queste due forme di tutela del diritto, rappresentano il punto di arrivo di una evoluzione, per effetto della quale il fatto di autotutela: a) nel campo del diritto privato, in cui costituisce una manifestazione particolare di autonomia individuale, � ridotto ad una figura rigorosamente eccezionale (MESSINEO, Manuale, ed. 1957, voi. I, pag. 162); PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 501 Avendo per altro la stessa Corte tratto da ci� anche ra,gioni per statuire che, tuttavia, la opposizione avverso la seconda ingiunzione, nonostante che fosse proposta per tali motivi di merito, andava accolta perch�, nel compimento della indagine sulla sussistenza dei presupposti per la emissione di tale nuova ingiunzione, risultava mancante quello dell'interesse dell'Amministrazione al conseguimento di un nuovo titolo per l'accertamento di un tributo gi� definitivamente accertato, la ricorrente muove doglianza avverso tale decisione, articolandola nei mezzi che di seguito vengono singolarmente esposti ed esaminati, e cio�: Col 10 motivo si denunzia violazione dell'art. 345 c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., assumendosi che la sentenza gravata sarebbe affetta da vizio di extrapetizione, in quanto il Luise aveva sempre e soltanto impugnato il credito unicamente per ragioni di merito, mentre la decisione era stata adottata per un presunto vizio dell'ingiunzione, consistente nell'inammissibilit� di una nuova ingiun b) nel campo del diritto pubblico, in cui rappresenta il residuo di un principio di sovranit�, che nel ti.po dello stato amministrativo, attribuiva a:gli organi (amministrativi) ausiliari del sovrano funzioni legislative, giurisdizionali ed esecutive, pur avendo conservato per la pubblica amministrazione l'importanza e l'estensione di uno strumento generale e normale per la realizzazione del diritto, di cui l'esecutoriet� dell'atto amministrativo costituisce la manifestazione pi� appariscente (ALEss1, Sistema istituz. dir. amm., pag. 178; D'ALEss10, Istituzioni dir. amm., II, pag. 245), � pu� essere sostituito in modo ugualmente generale, anche se non normale, da fatti di giurisdizione ed �, comunque, sempre sottoposto alla giurisdizione del magistrato ordinario, quando venga in conflitto con diritti soggettivi privati (art. 2 legge �20 marzo 1865, n. 2248, all. E), ed a quella del magistrato amministrativo, quando urti interessi legittimi (art. 26 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054). Che la pronuncia del giudice prevalga e si sovrapponga all'atto amministrativo di autotutela -come ad ogni atto amministrativo -non sembra dubitabile. E la prevalenza del comando giurisdizionale comporta che non pu� porsi in essere un atto amministrativo di autotutela in contrasto con una decisione giudiziaria. Ma ora occorre esaminare non gi� la situazione di contrasto, bensl quella di concorrenza tra fatti di autotutela e fatti di giurisdizione, per essere in grado di giudicare l'esattezza sia della tesi secondo cui non sarebbe consentita la reiterazione dell'azione amministrativa (notifica di pi� ingiunzioni successive), sia di quella secondo cui tale azione non sarebbe sperimentabile, dopo che sia intervenuta una pronuncia resa dal giudice in forma equiparabile al giudicato. Non esiste regola generale che ponga limiti alla reitera:bilit� (ne bis in idem) di un fatto (atto) di realizzazione giuridica fino al momento in cui non sia stato realizzato e venga meno lo scopo, cui esso tende: il mutamento della situazione sostanziale, l'attuazione del diritto o della sanzione. 502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione dopo che si era formato' il giudicato della sentenza che aveva statuito sulla opposizione alfa prima ingiunzione; assumendosi altresi che il preteso vizio non avrebbe potuto essere rilevato d'ufficio trattandosi, tutto al pi�, di un vizio di forma, assumendosi, infine, che nell'eccezione, con la quale lAmministrazione aveva sostenuto l'inammissibilit� di un nuovo esame del merito, il giudice d'appello non avrebbe potuto ritenere compresa l'eccezione di inammissibilit� di una nuova ingiunzione. La censura � da disattendere. L'avviso dell'Amministrazione finanziaria non � -invero -fondato, dal momento che nella fattispecie in esame venivano concretamente dedotte e pacificamente ammesse quelle circostanze di fatto, che il giudice aveva il dovere di non ignorare, come costitutive di una situazione, la cui definizione non avrebbe potuto comportare, contraddittoriamente, il riconoscimento della definitivit� della prima ingiunzione fiscale e -nello stesso tempo -l'emissione di una pro- L'ingiunzione tributaria fa parte di una categoria di fatti di autotutela che costituisce l'esempio pi� probante di tale affermazione di reiterabilit�: quella degli ordini amministrativi (ordinanze, ingiunzioni, ecc.). Chi potrebbe, infatti, mai sostenere che non possano emettersi pi� ordini di demolizione di una costruzione abusiva (art. 378 1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F) fino a che la demolizione non sia stata effettivamente eseguita? o �pi� provvedimenti di occupazione temporanea di un immobile (art. 71 I. 25 giugno 1865, n. 2359)? o pi� ordinanze prefettizie riguardanti lo stesso oggetto (art. 20 t.u. 3 marzo 1934, n. 383)? Ma una siffatta regola generale non esiste neppure iper tutti i fatti giurisdizionali di realizzazione giuridica. L'azione (giudiziaria) esecutiva, infatti, proprio perch� tende alla realizzazione di una situazione sostanziale ed � per questo scopo collegata al rapporto giuridico ed al diritto violato del creditore, viene meno e si estingue solo con il conseguimento di questo suo scopo: il ripristino della situazione giuridica anteriore alla violazione del �diritto o di una situazione giuridicamente equivalente (MANDRIOLI, L'azione esecutiva, pag. 513; PUGLIATTI, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, pag. 12 e 135). Ne consegue .che e l'azione esecutiva non � soddisfatta coll'fl.tto esecutivo se non in quanto questo abbia procurato al creditore il bene della vita a cui Inira; se l'atto esecutivo � riuscito in tutto o in parte infruttuoso, l'azione esecutiva sopravvive e tende a nuovi atti esecutivi� (CHIOVENDA, Principi, ed 1965, pag. 243; Istituzioni, voi. I, pag. 281). Questo principio generale, legislativamente sancito dall'art. 120 della legge fallimentare -forse perch� l'esecuzione concorsuale, che si attua nel fallimento, non fa conseguire ai creditori se non eccezionalmente il soddisfacimento completo dei loro crediti -� strettamente collegato a due fondamentali disposizioni del codice �civile: �il creditore per conseguire quanto gli � dovuto pu� far espropriare i beni del debitore� (art. 2910); e e il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri � (art. 2740). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 503 nunzia idonea alla formazione di un altro giudicato su fattispecie identica. Il che si sarebbe puntualmente avverato, stante l'assoluta identit� del contenuto delle due ingiunzioni quanto al titolo, alla fattispecie e all'ammontare. Se, infatti, l'exceptio indica"bi ha il suo fondamento nel principio ne bis in idem, il giudice dell'eccezione, specie se da questa sollecitato, legittimamente procede alla verifica della sussistenza dei presupposti e delle condizioni dell'azione, che aveva dato luogo alla instaurazione del giudizio di opposizione e, quindi, alla proposizione dell'eccezione. � vero che l'ingiunzione fiscale, come atto formale di un procedimento monitorio sui generis, ha la particolare natura di titolo esecutivo stragiudiziale e che, di conseguenza, l'opposizione alla ingiunzione da luogo ad un ordinario giudizio di cognizione nel quale, al contrario di quanto avviene nella procedura ingiuntiva ordinaria, � l'opponente ad assumere veste di attore con i conseguenti oneri processuali in � possibile dunque concludere che la regola ne bis in idem, per cui � ammissibile un unico provvedimento per la tutela di un diritto, non ha carattere generale nel campo dei fatti di realizzazione giuridica e neppure nella pi� limitata categoria dei fatti giurisdizionali. Il suo ambito di applicazione � collegato strettamente all'istituto della cosa giudicata, per cui � l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi e aventi causa � (art. 2909 e.e.) ed �, quindi, ristretto al processo nella fase dichiarativa, il quale � mira sempre all'accertamento di un rapporto giuridico e, quindi, di un diritto sostanziale� (PuGLIATTI, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, pag. 1). Ed insigni autori hanno messo in giusta evidenza come l'istituto della cosa giudicata, per effetto del quale il comando del magistrato prevale non solo sugli atti della pubblica amministrazione, ma perfino sulla legge ed � acquista rispetto alle parti o meglio intorno alla lite valore di legge speciale � (CARNELUTTI, Teoria gen. del diritto, pag. 38, 84 e 95), � non ha nulla di assoluto e necessario: infatti dal concetto dell'ufficio del giudice deriva bensi che la sentenza debba mandarsi ad esecuzione forzata finch� essa sta, ma non che debba tenersi in futuro come norma immutabile del rapporto deciso� (CHIOVENDA, Sulla cosa giudicata, in Studi dir. proc., voi. II, pag. 399). Completamente inesatta appare quindi la affermazione che per il principio ne bis in idem, diretto ad evitare due titoli esecutivi, non possa essere emessa una seconda ingiunzione. Tale principio, infatti, non � diretto ad evitare due titoli esecutivi, ma due accertamenti giudiziali, e giustamente pertanto esso � stato gi� ripudiato dalla giurisprudenza nella materia che ci interessa. iMa ugualmente inesatto appare il ritenere che il procedimento per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato non sia pi� sperimentabile dalla pubblica amministrazione quando questa abbia portato la risoluzione del conflitto innanzi al giudice ordinario, e ci� in quanto sarebbe applicabile al caso la regola: � electa una via, non datur recursus ad alteram �. 10 504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ordine all~ prova; il che deriva dalla particolare posizione riconosciuta all'Amministrazione nell'esercizio dell'attivit� accertativa e impositiva, svolta nell'interesse dell'erario. Ma non da ci� si pu� trarre l'illazione che la mancata deduzione, da parte dell'opponente, della carenza di un presupposto o condizione per l'azione promossa dall'Amministrazione con l'atto ingiuntivo, impedisca al giudice di compiere un accertamento a ci� relativo e di trarne le conseguenze dovute. Si tratta, invero, di una attivit� officiosa, che il giudice esplica sulla semplice prospettazione dei fatti pacifici in causa, senza che necessiti di alcuna particolare e specifica deduzione delle parti; sicch�, nell'esame autonomo della fatttspecie egli estrinseca il suo poteredovere, diretto ad accertare se l'azione fu legittimamente promossa. E tale � appunto la situazione processuale in esame, nella quale il giudice d'appello, rilevata la definitivit� dell'accertamento del debito La inapplicabilit� di tale regola consegue concettualmente: a) dalla evoluzione storica, precedentemente accennata, che si � sviluppata nel senso di una progressiva limitazione dei mezzi di autotutela accompagnata da un loro assoggettamento alla cognizione del giudice e da una corrispondente espansione dei mezzi di tutela giurisdizionale; b) dalla finalit� unitaria, cui tendono queste due categorie di mezzi di tutela del diritto. Lo sbocco naturale sul piano normativo di questa origine storica e di questa esigenza finalistica unitaria non poteva condurre, evidentemente, all'affermazione di principi giuridici di separazione fra le due categorie di fatti di realizzazione giuridica o di preclusione dei mezzi di una categoria per chi abbia sperimentato i mezzi dell'altra; doveva condurre necessariamente, invece, all'affermazione di principi giuridici di collegamento, di reciproca integrazione, di complementariet� fra mezzi di autotutela e mezzi di tutela giurisdizionaJe. L'esame del .diritto positivo conferma questa deduzione logica. Il sequestro convenzionale, per effetto del quale le parti affidano ad un terzo una cosa, � rispetto alla quale sia nata tra esse controversia � (art. 1798 e.e.);� la cessione dei beni, con cui � il debitore incarica i suoi creditori... di liquidare tutte o alcune sue attivit� e di ripartire fra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti � (art. 1977 e.e.); la transazione, con cui � le parti... pongono fine a una lite gi� incominciata o prevengono una lite, che pu� sorgere fra� loro � (art. 1965 e.e.); sono nel campo del diritto privato altrettanti mezzi di autotutela convenzionale, cui viene fatto ricorso anche quando la risoluzione del conflitto sia stata portata dinanzi al giudice ordinario. E il caso della cessione dei beni deve essere particolarmente sottolineato, perch� presenta notevole affinit� con quello che ora ci interessa. I creditori, infatti, non solo hanno gi� portato dinanzi al giudice le loro pretese, ma ne hanno ottenuto, in sede di cognizione, una decisione definitiva, passata in giudicato. Ebbene, essi soddisfano i loro crediti, gi� accertati dal magistrato con un mezzo di autotutela esecutiva. PARTE I, SEZ. V, GIURISJ;'RUDENZA TRIBUTARIA 505 fiscale per effetto del passaggio in giudicato della sentenz.a che aveva statuito sulla opposizione alla prima ingiunzione, ha d'ufficio rilevato la carenza d'interesse dell'Amministrazione all'azione diretta alla formazione di un secondo titolo accertativo dello stesso identico debito. Col 20 motivo si denunzia omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5 c.p.c.), � specificandosi che la sentenza avrebbe assunto a base della propria statuizione, come punto decisivo, la circostanza che I'Amministrazione fosse in possesso di altra ingiunzione, mentre tale circostanza era rimasta estranea all'ambito del dibattito. Anche tale censura � infondata. L'Amministrazione, infatti, formalmente eccependo il giudicato, pose essa stessa in evidenza che, per effetto del .passaggio in giudicato della sentenza che aveva definito il giudizio di opposizione avverso la prima ingiunzione, era precluso il riesame del merito della pretesa tributaria. Altro istituto, che dimostra la erroneit� delle tesi �in esame � l'arbitrato, con cui � le parti possono far decidere da arbitri le controversie fra loro insorte � (art. 806 c.p.c.), dato che nella pratica sono frequentissimi i casi in cui si ricorre a questo mezzo quando la controversia � gi� stata portata dinanzi al giudice ordinario e tale circostanza non determina affatto l'illegittimit� dell'arbitrato. N� la possibilit� di avvalersi di mezzi di autotutela dopo che la controversia sia stata rimessa al magistrato ed anche decisa da questi � limitata all'autotutela convenzionale, nella quale sono inquadrati gli istituti emunerati fino a questo punto. Identica possibilit� � data per il diritto di ritenzione, che � mezzo di autotutela unilaterale, esercitabile a garanzia del credito, anche se accertato in sede giurisdizionale, fino al momento in cui non sia stato soddisfatto (artt. 1006, 1011, 748, 1502, 2756, 2757, 2761, 2794 e.e.). Nel diritto pubblico il principio generale, secondo cui l'Amministrazione ha facolt� di avvalersi sia dei mezzi di autotutela sia dei mezzi di tutela giurisdizionale con libera intercambiabilit� dei primi con i secondi e senza che l'adozione di un tipo di tutela determini preclusione rispetto all'altra ha la sua base nella legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, con la quale, da una parte, si stabili la devoluzione alla giurisdizione ordinaria di � tutte le cause per contravvenzione e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico� (art. 2); dall'altra, si afferm� che non veniva �fatta innovazione... alle attribuzioni contenziose di corpi e collegi derivanti da leggi speciali e diverse da quelle fin qui esercitate dai giudici ordinari del contenzioso amministrativo� (art. 12), senza che fossero limitate, condizionate o collegate fra loro le attribuzioni giurisdizionali conferite dalla prima disposizione e quelle fatte salve dalla seconda (CLEMENTINI, Della competenza e dei procedimenti in ordine alle leggi amministrative, Utet, 1899, 2� ediz., vol. II, pag. 1). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 506 Orbene, un ragionamento, condotto secondo la linea logica test� esposta, presuppone necessariamente come fatto pacifico l'esistenza della ingiunzione accertativa del debito fiscale, e pertanto a torto viene denunziato il vizio in esame, avendo la Corte del merito tenuto in considerazione soltanto la circostanza che risultava pacifica in causa sulla base della eccezione sollevata dalla stessa Amministrazione. Infatti nella sentenza impugnata fu correttamente data rilevanza al solo fatto, incontroverso, della esistenza del precedente titolo per affermare che l'Amministrazione stessa non aveva interesse, a sensi dell'art. 100 c.p.c., all'azione instaurata con la formazione e la notificazione della seconda ingiunzione, assolvendo in tal modo pienamente all'obbligo della motivaziol)e. Col 3� motivo si denunzia violazione delle disposizioni di cui al t.u. 14 aprile 1910, n. 639, della legge 25 settembre 1940, n. 1424, della Il princ1p10 � stato in epoca molto pi� recente .confermato da due disposizioni fondamentali. La prima � contenuta nell'art. 823 e.e., in base al quale per la tutela dei beni demaniali l'autorit� amministrativa � ha la facolt� sia. di procedere in via amministrativa sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della propriet� e del possesso �. La norma, nuova rispetto al codice del 1865, ha sanzionato un'opinione divenuta prevalente nella dottrina e nella giurisprudenza anteriore alla promulgazione del codice civile del 1942 (GmcCIARDI, Il demanio, Padova, 1934; pag. 414) ed � interpretata dalla dottrina successiva come � applicazione di un principio generale: la [pubblica amministrazione ha sempre facolt� di scegliere, per il conseguimento dei suoi fini, fra i mezzi di �diritto pubblico, che. ae provengono dalla sua posizione di supremazia e quelli di diritto privato comuni a tutti i soggetti di diritto� (ZANOBINI, Commenta.rio del codice civile diretto da. D'Amelio, commento art. 823; cfr. PESCATORE-ALBANO, Commentario del codice civile, Della Propriet�, Torino, 1958, commento art. 823; RESTA, Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, commento art. 823j. L'altra disposizione . � quella contenuta nell'art. 635 c.p.c., che, nello stabilire la esperibilit� del procedimento di ingiunzione da parte �dello Stato o di enti o istituti soggetti a tutela o vigilanza dello Stato � afferma che �restano salve le disposizioni dehle leggi sulla riscossione� delle entrate patrimoniali dello Stato e degli enti o istituti sopra indicati �. (Analoga disposizione era dettata nell'art. 3 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1531, nonch� nell'art. 1 del progetto allegato alla legge di delega 9 luglio 1922, n. 1035. Quest'ultimo articolo fu peraltro modificato dal r.d. delegato 24 luglio 1922, n. 1036). Che poi, in particolare, l'Amministrazione possa avvalersi di mezzi di autotutela esecutiva dopo che li.a controversia sia stata portata dinanzi al giudice ordinario ed anche fondandosi sulla decisione giurisdizionale -e questa � appunto la questione che ci interessa -risulta, tra l'altro, dalle seguenti disposizioni di legge: 1) artt. 7 ed 8 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, in base ai quali l'autorit� amministrativa, in caso di urgenza o per gravi necessit�, pu� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 507 legge 20 marzo 1865, n. 2248, alleg. E, in relazione all'art. 360, n. 3, 5, codice procedura civile. Specifica la ricorrente che la sentenza sarebbe ulteriormente viziata, per aver ritenuto, per di pi� senza motivazione, che in ogni caso il ricorso dell'Amministrazione ad una seconda ingiunzione fosse senz'altro inammissibile; per contro, n� il t.u. n. 639 del 1910 per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, n� la legge doganale n. 1424 del 1940 contengono disposizioni che sanciscono un divieto del genere. Ch�, anzi, sarebbe da ritenersi legittima l'emanazione di una seconda ingiunzione fiscale, argomentando in base ai principii generali. Anche tale ultima doglianza non pu� essere accolta. Non vi � dubbio che l'ingiunzione fiscale sia l'estrinsecazione del potere di supremazia dello Stato (e degli enti cui � riconosciuto dalla legge), e che per tanto, si tratti di un atto amministrativo munito di forza propria. disporre della propriet� privata e provvedere all'esecuzione anche in economia di lavori pubblici nonostante la pendenza di giudizio in ordine al diritto di propriet� o al contratto di appalto; 2) art. 108 r.d. 3 marzo 1934, n. 383, per cui, per le contravvenzioni alle disposizioni dei regolamenti comunali il Sindaco, � in caso di condanna � da parte deJ. pretore (art. 109) � pu� ordinare l'esecuzione degli occorenti lavori con la procedura stabilita nell'art. 55 �; 3) l'art. 206 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, il quale dispone che �l'esecuzione delle decisioni emesse dal Tribunale Superiore (delle Acque Pubb:liche) sui ricorsi previsti dall'art. 143, si fa in via amministrativa�; 4) l'art. 76 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, per il quale, se il proprietario non provvede a mantenere i fabbricati ed i muri lungo le strade in modo da non compromettere la sicurezza pubblica e vi � minaccia di rovina, e l'autorit� della provincia o del comune pu� provocare dal giudice competente la facolt� di demolirli a spese dello stesso proprietario, salvi quei provvedimenti istantanei, che sono nelle attribuzioni del Sindaco per la pubblica sicurezza �. Il t.u. 14 aprile 1910, n. 639 di cui si discute, dopo aver regolato all'art. 3 la forma ed i termini dell'opposizione nonch� il potere . del giudice di sospendere l'esecuzione, stabilisce testualmente: � respinto, in tutto od in parte, il ricorso o l'opposizione dall'autorit� adita e riattivato, qualora ne fosse stata disposta la sospensione, il procedimento coattivo ... esso non potr� per qualsiasi motivo essere sospeso �. � dunque evidente che, anche dopo che la controversia sia stata portata dinanzi al giudice ordinario e questi, con la decisione di rigetto dell'opposizione, abbia accertato la sussistenza d~l credito dell'Amministrazione, questa ha il potere di agire e debba agire in base allo speciale procedimento per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici, il che rappresenta, oltre tutto, un vantaggio per i debitori, dato che il procedimento esecutivo in questione � estremamente pi� economico di quello ordinario. 508 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ma � inaccettabile l'illazione della ricorrente Amministrazione, che, cio�, debba riconoscersi di conseguenza che ad essa spetti la facolt� di far luogo ad una nuova es~rinsecazione di quel potere, in virt� del quale essa � abilitata a precostituirsi il titolo esecutivo, anche nel caso in cui si tratti di una unica fattispecie gi� in prec~denza posta a fondamento di identica procedura ingiuntiva. A ci� si oppone la prima e fondamentale ragione che, trattandosi di una facolt� eccezionale che sarebbe ovviamente al di fuori di ogni pi� lata accezione della supremazia statuale, essa dovrebbe essere espressamente sancita in specifiche norme legislative; e queste, come l'Amministrazione medesima rileva, non si rinvengono nella legislazione vigente in materia di riscossihne delle entrate patrimoniali dello Stato, n� nella legge doganale, onde, lungi dal trarre argomentazioni favorevoli alla tesi della ricorrente, da tale rilievo si deduce al contrario che il silenzio contrasta la tesi stessa. La quale, poi, � inaccettabile anche per la sua contrariet� ai principi generali, cui pure fa -ma a torto -richiamo I'Amministrazione. Le disposizioni che stabiliscono per la riscossione delle varie imposte l'adozione del procedimento dettato dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639 (imposta di registro: art. 144 e segg. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; imposta di successione: art. 92 e segg. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270; imposte doganali: art. 24 1. 25 settembre 1940, n. 1424; imposta di bollo: art. 24 d.l.P.R. 25 giugno 1953, n. 492), non condizionano affatto la sua esperibilit� alla insussistenza di una pronuncia giudiziaria in ordine al credito tributario, la quale pu� essere emessa sia a seguito dell'opposizione del contribuente sia in accoglimento di domanda riconvenzionale proposta dall'Amministrazione. Al contrario, le recenti disposizioni degli artt. 25 e 26 d.l. 31 ottobre 1956, n. 1194 (imposta di fabbricazione) dispongono che il termine di prescrizione rper la riscossione dell'imposta a norma del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, decorre, quando il mancato pagamento abbia causa da un reato � dalla data, in cui il decreto o la sentenza, pronunciata nel procedimento penale, siano divenuti irrevocabili �. Sembra quindi perfettamente conforme al nostro ordinamento giuridico il fatto che la Finanza, ancorch� abbia ottenuto riconoscimento giudiziario della legittimit� della sua pretesa fiscale, emetta e rinnovi la relativa ingiunzione fino al soddisfacimento del proprio credito, mentre il rilievo, su c�i insiste la sentenza in rassegna, secondo cui la Amministrazione, nelle suddette condizioni, non avrebbe interesse alla emissione di una nuova ingiunzione appare chiaramente resistito dal fatto che, oltre tutto, la sentenza che rigetta l'OP!POSizione avverso la ingiunzione fiscale non costituisce titolo esecutivo per la riscossione del credito e questo non � stato in concreto soddisfatto (cfr. Cass., Sez. Un., 31 marzo 1938, n. 1080, in Mass. Foro it., 1938, 226 e Cass., Sez. Un., 7 maggio 1945, in Riv. leg. fisc., 1945, 244 che hanno ritenuto legittima la emissione di una ingiunzione fiscale dopo i<1 ricorso al procedimento ingiunzionale ordinario). E. VITALIANI 1 lii1 ~ ~~"'~""""~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 509 Questi, invero, impongono di ritenere che il potere statuale non pu� essere esplicato prescindendo dal presupposto dell'interesse, che � il fondamento di ogni azione e che, quindi, condiziona anche quel particolare rapporto giuridico-amministrativo, che si instaura con l'ingiunzione fiscale fra lo Stato creditore d'imposta e il contribuente titolare del diritto soggettivo alla esatta imposizione stabilita dalla legge. Posta, infatti, tale parificazione concettuale sotto il profilo dell'interesse tra azione ordinaria e azione speciale di natura fiscale con riguardo al diritto perfetto del contribuente, si deve necessariamente dedurre che anche lo Stato creditore, che sia gi� in .possesso del titolo che definitivamente accerta il suo diritto tributario, � carente d'interesse ad una ulteriqre azione, diretta alla realizzazione di un identico oggetto, e cio� al conseguimento di aitro titolo esecutivo per la medesima fattispecie. N� l'interesse ad ottenere tale secondo titolo come duplicato della prima ingiunzione andata dispersa pu� essere preso in considerazione, perch� esso � stato prospettato soltanto in questa sede per la prima volta, e quindi, la de�luzione � inammissibile in cassazione trattandosi di circostanza di fatto del tutto nuova. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 marzo 1969, n. 1121 -Pr�s. Favara Est. Alibrandi -P. M. Gedda (conf.) -Ricci (avv. Manfredonia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Agevolazioni per l'edilizia previste dalla 1. 2 luglio 1949 n. 408 -Termine biennale per l'ultimazione della costruzione -Soppressione ex art. 5 d. 1. 11 dicembre 1967, n. 1150 -Retroattivit� -Limiti. (d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, art. 5). Imposta di registro -Agevolazioni per l'edilizia previste dalla 1. 2 luglio 1949, n. 408 � Acquisto con unico atto di area destinata alla costruzione di una pluralit� di edifici -Biennio di ultimazione dei lavori riferito a tutti gli edifici da costruire. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). L'art. 5 del d.l. 11 dicembre 1967; n. 1150 che ha abolito l'obbligo stabilito dall'art. 14 della legge n. 408 del 1949 di ultimazione del fabbricato nel biennio dall'inizio dei lavori, non si applica ai fabbricati iniziati in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge 2 febbrao 1960, n. 35 (8 marzo 1960) (1). (1) Tale massima fa puntuale applicazione dell'art. 5 d.1. 11 dicembre 1967, n. 1150 ed � indubbi,amente esatta. 510 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nell'ipotesi di acquisto con unico atto di un'area destinata alla costruzione di una pluralitd di edifici, � necessario, per l'applicabUitd dei benefici di cui all'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, che l'intero complesso edilizio venga ultimato entro il biennio dalla data �di inizio dell'attivitd costruttiva su tutta l'area, considerata in modo unita1 �io (2). (Omissis). -Con il primo motivo, il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, nonch� errata applicazione dell'art. 20 della stessa legge, in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., sostiene, in via di censura della sentenza impugnata, che l'espressione e costruzione di case� non va riferita all'intero complesso edilizio da erigere sull'area acquistata, ma indica le singole case d'abitazione o l'unico fabbricato in essa incluso, come si desume dal termine �case� al plurale. Aggiunge il Ricci che tale interpretazione � conforme alla ratio della legge, diretta a favorire l'acquisto di aree per lo sviluppo di costruzioni edilizie, mentre l'interpretazione accolta dalla corte del merito, �secondo cui per usufruire dei benefici fiscali occorre aver completato le costruzioni nel biennio che decorre dall'inizio della prima, limita, senza alcuna giustificazione razionale, il beneficio all'acquisto delle aree di modesta estensione, idonee alla costruzione di un solo fabbricato. Con il secondo motivo, il ricorrente, denunciando contraddittoriet� ed errata motivazione su punto decisivo della controversia, lamenta che la Corte di Napoli ha tratto argomento dal secondo comma del citato art. 14 senza considerare che tale norma prevede ipotesi estranea a quella della lottizzazione, ricorrente nella specie. Sostiene poi il Ricci che la motivazione della sentenza impugnata � contraddittoria l� dove sottolinea che la tesi del contribuente comporterebbe benefici fiscali a favore degli imprenditori edili che intendano trarre utili di speculazione dall'acquisto di aree fabbricabili. I due motivi, che vanno esaminati congiuntamente, svolgendo censure connesse, non sono fondati. Va premesso, prima di prendere in esame le censure nei due mezzi, che nella specie non� opera l'abolizione dell'obbligo della ultimazione del fabbricato nel biennio dall'inizio dei lavori, abolizione disposta dall'art. 5 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, convertito, con modificazioni, nella legge 7 febbraio 1968, n. 26. Risulta, infatti, che (2). Il principio di cui alla massima, gi� affermato con le precedenti sentenze 21 febbraio 1966, n. 537 (in questa Rassegna, 1966, 183��con nota cui si rinvia) e 23 maggio 1967, n. 1126 (in Giust. civ., 1967, 1, 1224) costituisce ormai giurisprudenza costante della Suprema Corte. ~#An!V~~~#ldi!Wf.WJl!1lill!l!l!1YA!PldY#fA!PJ PART� I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 511 il primo fabbricato -quello che il ricorrente indica come distinto con la lettera A -� stato iniziato in epoca largamente anteriore all'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35 (8 marzo 1960), termine cui fa riferimento il citato art. 5, limitando nel tempo gli effetti retroattivi della legge n. 26 del 1968. Ci� premesso, rilevasi, passando all'esame del ricorso che, secondo quanto dispone l'art. 14, comma 1, legge 2 luglio 1949, n. 408, sull'incremento delle costruzioni edilizie, il beneficio dell'imposta fissa di registro � concesso per gli acquisti di aree fabbricabili e per i contratti d'appalto quando abbiano per oggetto la costruzione delle case di cui� al precedente art. 13 (case di abitazione, cio�, non aventi carattere di lusso) � purch� la costruzione sia iniziata e ultimata entro i termini stabiliti nello stesso art. 13 �. Questo dispone che le costruzioni debbano essere iniziate entro il 31 dicembre 1953 (termine pi� volte prorogato con leggi successive e, da ultimo, fino al 31 dicembre 1970 con la legge 7 febbraio 1968, n. 26) e compiute entro il biennio dall'inizio dei lavori. Nei riguardi di tali norme � stato gi� posto il problema se, ove nell'area acquistata siano da erigere diverse e distinte costruzioni, si debba aver riguardo, per .il calcolo del biennio di ultimazione, alla data di inizio di ciascuna costruzione, oppure alla data d'inizio dell'attivit� costruttiva su tutta l'area, considerata in modo unitario. La seconda alternativa, accolta da questa Suprema Corte (sent. 21 febbraio 1966, n. 537 e sent. 23 maggio 1967, n. 1126), va condivisa, perch�, �mentre non si rinvengono valide ragioni per mutare orienta �mento, convincenti sono quelle che presidiano il gi� affermato indirizzo. Va, anzitutto, tenuto presente il secondo comma dell'art. 14, cosi formulato: � Sulla parte del suolo attiguo al fabbricato, la quale ecceda il doppio dell'area coperta, � dovuta, a costruzione ultimata, l'imposta ordinaria di registro ed ipotecaria �. Questa norma mette in luce la funzione strumentale del contratto di acquisto dell'area rispetto all'attivit� economica diretta alla costruzione, nel senso che tutta l'area acquistata con l'atto dev'essere in effetti destinata, entro un determinato t�rmine, all'edificazione, da ultimarsi entro due anni. Infatti, il termine biennale, c.d. acceleratorio; dall'inizio della costruzione assicura quel collegamento strumentale diretto, sopra richiamato, voluto dalla legge per fare s� che le costruzioni abbiano inizio ed esecuzione con la maggiore sollecitudine possibile. In altri termini, mentre il legislatore del 1949 l~~ciava all'acquirente dell'area la scelta del momento d'inizio della costruzione, semprech� avesse luogo entro un termine massimo (oggi, 31 dicembre 1970), stabiliva per� che il programma di costruzione, sia esso di una soltanto sia di pi� case, venisse portato a termine senza ritardi, appunto per incoraggiare, mediante agevolazioni fiscali, programmi biennali di costruzione che contribuissero e dare sollievo ad una urgente esigenza della collettivit�. 512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tale essendo il fine perseguito dalla legge n. 408 del 1949, che va considerata nel quadro delle coeve provvidenze legislative dirette ad agevolare una sollecita ripresa delle costruzioni edilizie (d.l.C.P.S. 8 maggio 1947, n. 399; d.l.C.P.S. 22 dicembre 1947, n. 1600; d.l. 17 aprile 1948, n. 1029 e legge 11 gennaio 1950, n. 22), � di tutta evidenza che se il legislatore avesse voluto lasciare l'acquirente dell'area fabbricabile libero di iniziare costruzioni distinte su un'area acquistata con un unico atto, avrebbe condizionato la riscossione delle imposte ordinarie non gi� alla mancata ultimazione della costruzione, ma alla scadenza del termine finale per l'inizio delle costruzioni. Infatti, solo lo spirare di questo termine avrebbe segnato la definitiva mancata realizzazione di quelle specifiche finalit� economiche collegate all'acquisto dell'area con rapporto di strumentalit�. Inoltre, ove si acco~ gliesse la tesi del ricorrente, il fine della legge, che intende favorire programmi edilizi solleciti, potrebbe essere eluso ad opera di costruttori che, procuratasi una vasta area, ne dilazionino nel tempo l'utilizzazione, con eventuale impedimento per altri costruttori di attuare quei rapidi programmi di edificazione che il legislatore del 1949 intendeva appunto agevolare. Il ricorrente, a sostegno della contraria soluzione, fa soprattutto leva sulla dizione letterale dell'art. 14, comma 1, della 1egge n. 408 del 1949 il quale condiziona il beneficio alla ultimazione della � costruzione �, intesa, a suo dire, come � singolo fabbricato � e non gi� come � complesso di edifici�, Ma, se si pone mente che nel citato art. 14 il legislatore fa un uso promiscuo di singolari e di plurali, parlando di acquisti e di contratti, mentre avrebbe potuto riferirsi ad un singolo acquisto di aree o ad un singolo contratto d'appalto, e fa poi seguire al sostantivo � costruzione � la specificazione � delle case � che toglie alla complessiva espressione ( � costruzione delle case �) quel significato prospettato dal Ricci, l'argomento letterale esaminato si ravvisa inconsistente. Anzi se si considera questa espressione, usata al singolare, si pu� trarre da essa l'interpretazione contraria a quella sostenuta dal ricorrente e cio� che il legislatore abbia inteso riferirsi, per tutto l'oggetto del contratto di acquisto, ad un unico termine iniziale, intendendo per costruzione il complesso dell'edificazione da eseguirsi nell'area, senza considerare affatto la circostanza che essa fosse comprensiva ~i uno o pi� fabbricati. Sempre sul piano degli argomenti letterali, il ricorrente richiama l'art. 5, comma 1, della legge n. 26 del 1968, d~anzi citata, nella quale � usato il termine � fabbricato ., per dedurne argomento a favore del proprio assunto. Senonch� il rilievo non ha alcun fondamento perch� ::~s7ic::~:a~~i~:: ::~!~~~:~: ~rtiilco:~eild7;:::::~.~::c;:~m~s::~re:~: li .. . I %'\f'l''~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 513 anche la legge del 1968 fa dei due termini e, di conseguenza, la mancanza di valore dimostrativo dell'esaminato argomento esegetico. Infine, come ha correttamente ritenuto la Corte del merito, la lottizzazione dell'area acquistata con unico contra.tto resta mera attivit� interna del costruttore, dipendente da una sua scelta tecnicoeconomica, e, come tale, non incide, sul regime tributario dell'atto, il cui trattamento di favore � condizionato alla ricorrenza delle condi-. zioni espressamente stabilite dalla legge. Il ricorso essendo infondato in entrambi i mezzi va respinto con le conseguenze di legge in ordine alle spese, che vanno poste a carico del ricorrente, ed alla perdita del deposito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 aprile 1969, n. 1264 -Pres. Scarpello -Est. Speziale -P. M. De Maio (conf.) -Soc. Immobiliare Arcangelo San Michele (avv. Regard) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni). Imposte e tasse in genere -Esecuzione esattoriale -Opposizione del terzo proprietario dell'immobile gravato dal privilegio speciale Giurisdizione del giudice ordinario -Esclusione. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 207, 208 e 209; c.p.c. artt. 615 e 619}. Contro l'esecuzione esattoriale � consentita soltanto la opposizione del terzo che reclama la propriet� del bene pignorato (art. 619 c.p.c. e 207 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645), mentre il contribuente e tutti gli alt1�i coobbligati non possono proporre opposizione, che necessariamente sarebbe diretta a contestare la facultas agendi dell'esattore e si risolverebbe in un'opposizione all'esecuzione espressamente esclusa dall'art. 209 del citato t.u. Il terzo proprietario dell'immobile gravato dal privilegio speciale (nella spe.cie dell'art. 65 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203), in quanto tenuto a subire l'esecuzione in virt� del titolo esecutivo, � da considerare un coobbligato che sarebbe legittimato a proporre l'opposizione all'esecuzione dell'art. 615 e non l'opposizione di terzo dell'art. 619 c.p.c.; egli pertanto contro gli atti esecutivi dell'esattore pu� agire soltanto con il ricorso all'Intendente di Finanza e successivamente con ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato o il ricorso straordinario (art. 208 del t.u., n. 645), ovvero pu� proporre in sede ordinm�ia contro l'esattore azione di risarcimento del danno soltanto dopo il compimento dell'esecuzione (1). (1) Massima di evidente esattezza che conferma un indirizzo consolidato; si veda in proposito Cass., 3 marzo 1966, n. 626, in questa ~assegna, I 1: f i~ != ~ " __...Aiii"'~#~~~J 514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -I due ricorsi devono essere riuniti, perch� investono la medesima sentenza, ed � pregiudiziale, rispetto a tutte le altre questioni sollevate dalle parti, quella relativa alla giurisdizione del giudice ordinario relativam~nte alle prime due domande proposte dalla Soc. Immobiliare Arcangelo S. Michele (della terza non occorre occuparsi, perch� contro la pronuncia emessa al riguardo dal primo giudice non fu proposto appello). La questione di giurisdizione � stata sollevata dall'Amministrazione finanziaria solo in relazione alla prima domanda (con cui si chiedeva che fosse dichiarato illegittimo il provvedimento dell'Intendente di finanza), ma si pone, e va esaminata d'ufficio, anche in relazione ; alla seconda domanda (con la quale si contestava che l'Esattoria potesse agire, per la ricossione dell'imposta dovuta dal Robbiani, nei confronti della Soc. Immobiliare Arcangelo S. Michele). Invero, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della Pubblica Amministrazione o di un giudice speciale � rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, tranne che si sia formato il giudicato sulla giurisdizione, il che pu� verificarsi soltanto quando sul punto si sia avuta una decisione della Corte di cassazione (come nel caso �he sia stato pro.posto regolamento preventivo di giurisdizione), ovvero quando si sia formato il giudicato su una questione di merito, poich�, in tal caso, la pronuncia sul merito presuppone necessariamente che sia stata riconosciuta, almeno per implicito, la giurisdizione del giudice che l'ha emessa (v. Cass. n. 2768 del 1963, n. 615 del 1964, n. 2537 del 1967). Nella specie non si verifica alcuna di tali ipotesi, poich� sul problema della giurisdizione non si � mai pronunciata questa Suprema Corte e la statuizione emessa dai giudici di merito sulla seaonda domanda non � ancora passata in giudicato, essendo stata impugnata dal ricorrente principale. N� rileva che si sia� formato il giudicato sulla pronuncia relativa alla terza domanda (ripetizione di indebito), poich� rispetto ad essa non si poneva alcun problema di giurisdizione, .trattandosi di una domanda � di ripetizione di indebito � proponibile, anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, davanti al giudice ordinario. Ci� premesso, occorre tener presenti, ai fini della risoluzione della questione di giurisdizione, le disposizioni degli artt. 208 e 209 del citato t.u. delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.p. 29 gennaio 1958, n. 645. 0 1966, I, 427 con nota di G. ANqELINI RoTA. Le sentenze della C:orte Costituzionale indicate nel testo sono pubblicate nel Foro it., 1962, I, 1219 e 1969, I, 261. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 515 L'art. 208 stabilisce che contro gli atti esecutivi dell'Esattore possono ricorrere all'Intendente di finanza il contribuente, i coobbligati, il coniuge ed i parenti ed affini fino al terzo grado del contribuente o dei coobbligati, nonch�, quando il procedimento si svolga direttamente nei loro .confronti quali responsabili in proprio del pagamento dell'imposta, gli amministratori e i liquidatori dei soggetti tassabili in base a bilancio. Il ricorso non � ammesso nei casi in cui � esperibile l'opposizione prevista dall'art. 619 c.p.c. L'Intendente di finanza decide nel termine di 30 giorni dalla presentazione del ricorso, dopo aver sentito l'Ufficio delle imposte ed aver invitato l'Esattore a presentare le sue deduzioni entro 15 giorni. Pu� frattanto. sospendere gli atti esecutivi con provvedimento motivato. I provvedimenti dell'Intendente di finanza sono definitivi. Il termine per ricorrere in via straordinaria al Capo dello Stato � ridotto a 60 giorni. Il successivo art. 209 dispone che contro gli atti esecutivi dell'Esattore non sono ammesse le opposizioni regolate dagli artt. 615 e 618 c.p.c. I soggetti indicati nel primo comma dell'art. 208 (il contribuente, i coobbligati, ecc.) che si ritengano lesi dall'esecuzione esattoriale, possono� agire in sede giudiziaria contro l'esattore, dopo il compimento dell'esecuzione stessa, ai soli fini del risarcimento dei danni. Nella specie � da ritenere -accertamento consentito a qliista Suprema Corte, poich� in materia di giurisdizione essa � anche giudice del fatto -che l'azione proposta davanti al Tribunale di Milano dalla Soc. Immobiliare Arcangelo S. Michele con la seconda domanda, alla quale era strumentalmente legata anche la prima, debba essere qualificata come opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c. � ben vero che l'attrice non si identifica con il soggetto indicato nei ruoli come debitore dell'imposta. Ci�, peraltro, non significa che la sua azione sia da qualificare come opposizione di terzo, ai sensi dell'art. 619 c.p.c. (opposizione, questa, proponibile davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria anche contro l'esecuzione promossa dall'Esattore, v. art. 207 del citato t.u.). Invero fra i soggetti a cui � inibito, in base alle citate disposizioni del t.u. sulle imposte dirette, di proporre contro gli atti esecutivi dell'Esattore le opposizioni regolate dagli artt. 615 a 618 c.p.c. sono compresi anche i coobbligati al pagamento dell'imposta, cio� tutti i soggetti comunque obbligati a soddisfare la pretesa dell'Esattore. Anche nel codice di procedura civile si parla, a proposito delle opposizioni di cui agli artt. 615-618, di � opposizioni del debitore e del terzo assoggettato all'esecuzione ., formula con cui si intende riferirsi, come � stato chiarito dalla dottrina e riconosciuto dalla giurisprudenza, a tutti coloro che siano tenuti a subire l'esecuzione in virt� del titolo esecutivo, e cio� il debitore, il terzo proprietario dei beni gravati da pegno o da ipoteca, il creditore di questi soggetti che agisca RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in via surrogatoria, ecc. Il terzo proprietario dei beni gravati da pegno o ipoteca � anch'egli soggetto passivo dell'espropriazione (v. art. 604 c.p.c.) e, come tale, � legittimato a proporre l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615, non l'opposizione di terzo di cui all'art. 619. Orbene, la posizione del terzo acquirente dell'immobile gravato dal privilegio speiale stabilito dall'art. 65 del t.u. 9 maggio 1950 in favore dello Stato, a garanzia del pagamento dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio delle persone fisiche, � da equiparare a quella del terzo proprietario dell'immobile gravato da ipoteca, in quanto il detto privilegio costituisce (come � pacifico sia in dottrina che in giurisprudenza) un diritto reale di garanzia che consente al creditore, al pari della ipoteca, di perseguire l'immobile su cui grava anche se sia passato in propriet� di persona diversa dal debitore dell'imposta, L'analogia dei suoi caratteri con quelli dell'ipoteca � tale, che qualche-autore l'ha addirittura qualificato come ipoteca. Ne consegue che la Soc. Immobiliare Arcangelo S. Michele non aveva altro rimedip, contro l'esecuzione promossa nei suoi confronti dall'Esattore, che il ricorso all'intendente di finanza, ricorso che sostituisce, nelle esecuzioni esattoriali, le opposizioni previste dagli artt. 615 e 618 c.p.c. E su questa strada essa si era, correttamente, avviata: m~invece di percorrerla fino in fondo, impugnando il provvedimento sfavorevole all'Intendente nei modi consentiti dall'ordinamento (ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato), ha ritenuto di poter trasferire le sue difese davanti all'Autorit� giudiziaria ordinaria, riproponendo, avanti a questa, le medesime ragioni che aveva fatto valere con il ricorso all'Intendente, e cio� sostenendo che non si potesse procedere nei suoi confronti, non essendo essa tenuta a pagare l'imposta sul patrimonio dovuta dal Robbiani, pur non contestando che il bene acquistato appartenesse, alla data del 29 marzo 1947, al debitore dell'imposta. Appare chiaro, da' ci�, che l'azione della Societ� era diretta a contestare la � facultas agendi � dell'Esattoria e ad ottenere una pronuncia destinata a ripercuotere immediatamente e direttamente i suoi effetti sull'azione esecutiva, oltrech� per una inevitabile conseguenzialit�, anche per un evidente rapporto di connnessione sostanziale: finalit�, questa, che caratterizza l'opposizione all'esecuzione ex articolo 615 cod. proc. civ., come questa Suprema Corte ha gi� affermato in precedenti pronunce (tra le pi� recenti: sent. n. 626 del 1966 e 543 del 1968). Cosi qualificata l'azione, risulta evidente il difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, non essendo proponibili, davanti ad essa, le opposizioni di cui agli artt. 615 e 618 cod. proc. civ.. contro gli atti esecutivi dell'Esattore. Una volta esperito, con esito negativo, il ricorso all'Intendente di finanza, . al soggetto passivo della m :--.:::� %� II! W Il �:.'.�:�:�: )-'.�'.�:-'.� llJJjjj r=�=��� 1-:illi~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 517 esecuzione non resta che attendere il compimento dell'esecuzione e agire, poi, contro l'Esattore, ai soli fini del risarcimento dei danni, secondo il disposto del terzo comma del citato art. 209 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. Prima di quel momento, per la particolare natura del procedimento esecutivo esattoriale, egli non pu� considerarsi titolare di un diritto soggettivo perfetto, ma di un semplice interesse legittimo, non tutelabile dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria. Giova rilevare che le disposizioni sopra richiamate limitano, bensi, le possbilit� di difesa dell'esecutato, escludendo il ricorso al giudice ordinario nel corso dell'esecuzione e riconoscendo solo il diritto al risarcimento dei danni ad esecuzione compiuta; ma tali limitazioni sono state ritenute dalla Corte Costituzionale (sentt. n. 87 del 1962 e n. 138 del 1968) costituzionalmente legittime. Stante il carattere pregiudiziale della questione di giurisdizione, tutte le altre questioni restano assorbite. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1304 -Pres. Pece Est. Berarducci -P. M. Raja (conf.) -Associazione Naz. Mutilati e Invalidi di Guerra (avv. Scandale) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Esenzione assoluta Inesistenza di obbligazione tributaria -Domanda di rimborso Non � soggetta a termini di decadenza o a forme particolari di procedimento. (t; u., 29 gennaio 1958, n. 645, art. 198). L'esenzione da ogni tributo disposta dalla legge a favore di un determinato soggetto impedisce che nei confronti di esso si proceda ad accertamento o si faccia luogo ad iscrizione a ruolo; se pertanto l'imposta viene pagata senza alcun titot� spetta all'Amministrazione riparare di ufficio l'errore, come dispone l'art. 198 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, sicch� l'istanza che il contribuente possa a tal fine eventualmente presentare ha carattere di semplice sollecitazione e non � soggetta a termini di decadenza o a forme particolari di procedimento (1). (Omissis). -Con l'unico motivo dedotto, la ricorrente, premesso che essa � esente da qualsiasi tributo in base all'art. 11 della (1) La S.C. ha ripetutamente affermato che la domanda di rimborso di imposta pagata senza titolo per l'inesistenza assoluta dell'obbligazione tributaria non � soggetta a termini di decadenza o di prescrizione speciale 518 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA.DELLO STATO legge 25 marzo 1917, n. 481, si duole, che la Commissione centrale le abbia negato lo sgravio delle imposte indebitamente pagate, per la mancata presentazione del ricorso contro il ruolo. Secondo la ricorrente, trattandosi di indebito, non sarebbe stato necessario alcun ricorso, e questo punto non sareobe stato esaminato dalla Commissione, la quale non avrebbe risposto al quesito, se cio�, nel caso di indebito non contestato, il rimborso debba essere disposto dall'Ufficio, senza alcuna iniziativa da parte del contribuente, oppure se il contribuente debba presentare ugualmente ricorso contro il ruolo. A favore della sua tesi, quindi, la ricorrente richiama l'art. 198 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, secondo cui � quando sono state iscritte a ruolo somme non dovute, l'Ufficio ne di:spone lo sgravio, dandone avviso al contribuente �. Il motivo � fondato. La Commissione centrale ha basato la sua decisione sul principio secondo cui, nel caso di iscrizione a ruolo, sia pure di somme per tributi non dovuti, l'unico rimedio apprestato dalla legge, a favore del contribuente, � costituito dal ricorso contro il ruolo, che deve essere proposto nel termine di legge (che era di sei mesi dalla pubblicazione del ruolo, ai sensi degli articoli 115 e 116 del regola: ip.ento 11 luglio 1907, n. 560, ed � di trenta giorni attualmente, per ma � regolata invece dalle norme comuni sull'indebito; � stato cos� ritenuto inapplicabile il termine di ;prescrizione quinquennale degli artt. 27 ~ 29 della I. 25 settembre 1940, n. 1424 per i diritti doganali (Cass., 25 luglio 1961, n. 1802, in questa Rassegna, 1961, 101; 20 maggio 1966, n. 1298, Foro it., 1966, I, 1839) e il termine annuale dell'art. 47 della I. 19 giugno 1940, n. 762 per l'IGE (29 gennaio 1963, n. 139, ivi, I, ,235; 20 ottobre 1962, n. 3051 in questa Rassegna, 1963, 86), come pure � stato affermato il diritto al rimborso dell'imposta pagata in base a norme di legge dichiarate costituzionalmente illegittime (19 :m.aggio 1964, n. 1224, Foro amm., 1964, I, 405). Riguaroo alle imposte dirette non sembra che possa trarsi valido argo-ii'. . mento dalla norma dell'art. 198 del t.u. n. 645 che disciplina genericamente :] lo sgravio dai ruoli di somme per qualsiasi causa non dovute; questa norma, regolando il procedimento di sgravio, non dispone nulla in senso �1 IH sostanziale e sul modo e le forme in cui debba accertarsi, anche in altra sede, l'infondatezza della pretesa tributaria. Del resto l'art. 198 non d� ~ luogo ad un diritto soggettivo del contribuente ad ottenere una pronuncia dell'ufficio sullo sgravio; solo se il ricorso contro il ruolo sia promosso ~~;i::r~:~~~f:J:~~~8~~~~~;i~~=:z~u~~~i!Ffe~:ci~::F~~~:!7i:g~:~~l'Ufficio, non nasce un dovere di provvedere (Comm. Centrale, 11 no,....,! M f;l. 1 _�,�.,'��..,~.�,�,'_..=.,=,::���._i�=�-=.,�_'.=:�._ , vembre 1964, n. 71520, Imp. dir. erariali, 1966, 421; 19 novembre 1965, n. 79185, ivi, 1966, 464). � contenziosa non potrebbe quindi evidente che l'azione di indebito in via essere fondata sull'art.� 198; � pertanto su un ' � ~:,::i: ~~~~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 519 effetto dell'art. 188 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette approv. con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645). Ma in contrario, deve osservarsi che detto principio non � applicabile nella ipotesi di soggetti esenti, 'Per espressa disposizione di legge, come l'attuale ricorrente da ogni specie di tributo. Gi� altra volta, invero, questo Supremo Collegio (vedi sent. n. 130 del 1948) ha affermato il principio -che oggi va ribadito, non sussistendo va1idi argomenti che possano fare mutare avviso -secondo cui la esenzione da ogni tributo disposta dalla legge a favore di un soggetto specificamente designato, osta, in modo assoluto e perentorio, a che nei confronti di tale soggetto si proceda ad accertamenti di imposta e si faccia luogo ad iscrizione a ruolo; con la conseguenza che se una tale iscrizione si verifichi e l'imposta venga riscossa, l'errore deve essere riparato di ufficio dalla stessa Amministrazione finanziaria sulla semplice constatazione della qualit� del soggetto, senza che sia necessaria l'istanza della parte per lo sgravio e il rimborso, di talch� se una istanza in. proposito venisse fatta, essa non avrebbe che il valore di semplice notizia o sollecitatoria e non di un reclamo soggetto a termine, sotto sanzione di inammissibilit�. Alla stregua di tale principio, pertanto, la Commissione centrale ha errato nel ritenere, nel caso di specie, che ai fini della sussi principio generale, piuttosto che sulla norma �specifica che pu� ammettersi la ripetibilit� de1l'addebito delle imposte dirette. La proponibilit� dell'azione ordinaria di indebito, al di fuori dei normali mezzi di impugnazione, non � per� esente da limitazioni. Innanzi tutto restarto salve le norme particolari che stabiliscono. decadenze o prescrizioni brevi o modi particolari di procedimento per ogni azione di rimborso e quindi anche per quella di indebito fondata sull'inesistenza assoluta dell'obbligazione tributaria, come ad esempio la prescrizione triennale per le imposte di registro e di successione. Dovrebbe inoltre escludersi l'azione ordinaria di indebito quando un'impugnazione, nei modi normali previsti dalla legge, sia stata vail.idamente introdotta e non abbia avuto buon fine per sopravvenute decadenze. Riguardo alla delimitazione del concetto di indebito (inesistenza dell'obbligazione tributaria), senza dimenticare che in definitiva il principio della ripetitivit� fa capo all'art. 23 Cost., dovrebbe adottarsi una nozione restrittiva, definibile con il difetto assoluto di tPotere di imposizione sia in senso generale sia verso determinati soggetti; in questo concetto non pu� rientrare ogni controversia sul concreto esercizio del potere di imposizione. Ci� non vale per� riguardo all'IGE, essendosi ritenuto, con la interpretazione letterale della norma, che le limitazioni temporali fissate nell'art. 47 della legge istitutiva sono riferibili soltanto alle domande amministrative e che in conseguenza in sede giurisdizionale non esistono limitazioni alla domanda di rimborso di imposta � erroneamente � corrisposta, oltre quella della prescrizione ordinaria decennale. 11 520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stenza del diritto dell'Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra di ottenere il rimborso delle somme indebitamente pagate, fosse necessario il ricorso avverso i ruoli, e, quindi, nel qualificare come tale -e, conseguentemente, fuori termine -la domanda presentata da detta Associazione, all'Ufficio, in data 7 maggio 1962. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 aprile 1969, n. 1346 -Pres. Favara -Est. Falletti -P. M. Pascalino (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Agr�) c. Comune di Fano. Imposta di ricchezza mobile -Presupposto del tributo -Reddito mobiliare netto -Avanzi annuali di gestione -Mercati ittici comunali - Intassabilit�. (1. 12 luglio 1938, n. 1487, art. 10, 11, 13 e 14; t. u., 29 gennaio 1958, n. 645, art. 3 e 4). Presupposto deU'imposta di ricchezza mobile � un reddito mobiliare netto, cio� l'incremento che si verifica nel pabrimonio di un soggetto in conseguenza di un introito depurato delLe spese di produzione. Ne de1�iva l'intassabilit� del reddito quando per determinazione legislativa vi sia coincidenza necessaria tra il provento di una data attivit� e le spese occorrenti per il suo esercizio, dovendosi presumere in modo assoluto che le eventuali eccedenze, verificatesi in un esercizio, degli introiti rispetto alle spese siano riassorbite negli esercizi futuri o destinate agli ammortamenti, come dispone per i mercati ittici comunali la l. 12 lugiio 1938 n. 1487. N� trova applicazione nel caso il principo della autonomia dei singoli periodi di imposta stabilito negli artt. 3 e 4 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, che presuppone la tassabilit� del reddito nella specie esclusa in radice (1). (Omissis). -La ricorrente, denunciando con unico mezzo la violazione degli artt. 3 e 8 del t.u. 24 agosto 1877 n. 4021; la violazione e falsa applicazione dei principi e, particolarmente, degli artt. 10, 11, 13, 14 della legge 12 luglio 1938, n. 1487; l'omessa e contraddittoria (1) In senso del tutto conforme si � pronunciata la S.C. con le sentenze 26 aprile 1969, n. 1345 e 24 aprile_ 1969, n. 1310. Viene ulteriormente ribadito il principio gi� affermato con la sentenza 27 ottobre 1965, n. 2272 (in questa Rassegna, 1965, I, 1285) per i mercati ittici comunali e 28 maggio 1966, n. 1397 (ivi, 1966, I, 1082) iper gli enti comunali di consumo ed esteso recentemente ad una particolare attivit� del Servizio per i contributi agricoli unificati con la sent. 3 febbraio 1969, n. 312 (retro, 1969, 109). L'orientamento pu� dirsi o:rmai consolidato. Restano PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA ']}RIBUTARIA 521 motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), sostiene: a) che gli avanzi annuali della gestione comunale del mercato ittico devono ritenersi soggetti ad imposta perch� costituiscono un incremento di ricchezza derivante dall'impiego di capitale e da prestazione di attivit�, sono formati da somme di denaro, sono riferibili a un soggetto e ad un periodo determinato, mentre � irrilevante che l'azienda costituita per la gestione del mercato, avente senza dubbio carattere commerciale, non persegua un fine di lucro; b) che le norme disciplinanti la materia e in particolare l'articolo 13 della legge 1938 n. 1487, il quale solo occasionalmente e per politica dei prezzi stabiliva che i proventi dovessero commisurarsi alle spese, non vietano in modo assoluto .gli avanzi di gestione, n� impongono il loro reimpiego al fine di ridurre i diritti da riscuotere per i servizi di mercato: e infatti il regolamento del mercato ittico di Fano, debitamente approvato, prevede la devoluzione degli avanzi di gestione alla Cooperativa fra marinai e pescatori di Fano; c) che nella specie un incremento di ricchezza si � positivamente realizzato: esso � giuridicamente lecito, ma se pur tale non fosse, sarebbe nondimeno tassabile; d) che non � accoglibile l'affermazione della sentenza impugnata, secondo cui un avanzo di gestione potrebbe soltanto verificarsi quando venga definitivamente a cessare la gestione del mercato, perch� ogni reddito deve essere tassato con riferimento all'anno di produzione e al termine di ciascun periodo d'imposta, e perch�, data l'autonomia di ciascun bilancio. � irrilevante il successivo impiego del reddito. Il ricorso non � fondato. Come gi� questa Corte ha ritenuto nel giudizio di altre, identiche o consimili, fattispecie (Cass. 1965, n. 2272; 1966, n. 1397), presupposto del tributo in oggetto � un reddito mobiliare netto, cio� l'incremento che si verifica nel patrimonio di una persona in conseguenza di un introito depurato dalle spese di produzione. Ne deriva che la possibilit� di applicare l'imposta � esclusa quando, per determinazione legislativa, vi sia co.incidenza necessaria valide ;per� le riserve espresse nelle note critiche alle menzionate sentenze ed in particolare non convince la presunzione iuris et de iure di riassorbimento degli utili dall'uno all'altro esercizio giustificata dal solo fatto che la norma che regola l'attivit� dell'ente non prevede che possano verificarsi dei profitti. Se risulta in fatto che, sia pur discostandosi pi� o meno legittimamente dal fine istituzionale, l'ente non ha riassorbito gli utili e li ha invece destinati ad un determinato impiego, non potrebbe mettersi in dubbio la tassabilit� del reddito prodotto. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tra il provento di una data attivit� e le spese occorrenti al suo esercizio. Tali appunto, con riguardo alla gestione del mercato ittico assunta dal Comune di Fano a norma della legge 1938, n. 1487, sono i proventi, o meglio gli avanzi contabili, emersi dal bilancio dell'anno 1964. L'art. 10 della legge dispone infatti che per sopperire alle spese dei servizi di mercato pu� essere imposto il pagamento di un diritto di mercato, previamente determinato nel suo massimo; e l'art. 11 aggiunge che tale diritto pu� essere elevato dell'l % a favore dei comuni che debbono provvedere alla costruzione, od alla trasformazione dell'edificio e degli impianti del mercato, ma limitatamente al periodo necessario per l'ammortamento delle spese stesse, secondo un piano da sottoporsi al parere di una speciale commissione. Infine, cosi prescrive l'art. 13, � i proventi che a norma della presente legge derivano ai comuni dai mercati del pesce debbono da essi essere esclusivamente commisurati a sostenere le spese del mercato ed, ove sia del caso, all'ammortamento dei relativi impianti; a tal fine la gestione amministrativa del mercato :far� in ogni caso oggetto di una propria contabilit� �. Queste norme stabiliscono dunque chiaramente che i proventi della gestione comunale del mercato devono corrispondere esattamente alle spese correlative, e che la gestione deve formare oggetto di una separata contabilit� proprio per assicurare codesta coincidenza e impedire che si verifichi confusione con le altre entrate dell'ente. � vero che l'importo dei diirtti di mercato, dovendone la quota essere fissata preventivamente entro i limiti massimi consentiti dalla legge, non pu� che calcolarsi in misura presuntiva, e che neppure � possibile prevedere con assoluta precisione a quanto in concreto siano :per ammontare le spese di gestione. Pu� quindi accadere ed � anzi normale che accada, per opportuna cautela, che alla fine dell'esercizio finanziario si verifichi un'eccedenza dei proventi rispetto alle spese. Ma quale sia, ai fini tributari, la natura di tali eccedenze � un problema di cui ancora l'art. 13 sopra trascritto sancisce la soluzione, disponendo che i proventi debbano � essere esclusivamente commisurati a sostenere le spese del mercato ed, ove sia del caso, all'ammortamnto dei relativi impianti �. Quindi, tutto ci� che venisse percepito in pi�, durante un certo esercizio, oltre le spese e le quote dell'eventuale ammortamento, deve ancora ed esclusivamente ricevere il medesimo impiego, affinch� rientri sempre e sia destinato a coprire le spese dell'esercizio futuro. Esiste dunque un vincolo legale che vieta di riconoscere a tale eccedenza, siccome destinata esclusivamente alla copertura delle spese, la natura di un reddito mobiliare. Vano � altresi richiamare il principio che postula l'autonomia del periodo d'imposta, secondo gli artt. 3 e 4 del t.u. 29 gennaio 1958, --~ :'0, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 523 n. 645. Tali norme, assoggettando ad imposta il reddito sol che esso sia venuto ad esistenza con riferimento a un determinato periodo, senza riguardo all'eventualit� che in un periodo successivo una perdita possa riassorbirlo, muovono invero da un presupposto che nella specie difetta, poich� l'art. 13 pi� volte citato esclude appunto che le eccedenze della gestione comunale del mercato ittico possano assumere la natura di reddito, in senso sia giuridico sia economico. Uugualmente erroneo � l'argomento che si vuol desumere dall'art. 70 del regolamento emanato il 24 febbraio 1939 dal Comune di Fano per la disciplina del mercato ittico, il� quale stabilisce eh.e gli eventuali avanzi che dovessero verific.arsi alla fine della gestione saranno devoluti alla Cooperativa fra marinai e pescatori di Fano. Invero, come la sentenza impugnata ha perspicuamente osservato, la fine della gestione ivi prevista non si identifica, mancando alcun riferimento in tal �senso, con la scadenza del periodo annuale, ma deve intendersi, secondo il significato proprio delle parole usate, come la cessazione definitiva della gestione da parte del comune: l'unico momento in cui, non essendo pi� possibile destinare l'avanzo eventuale dell'ultima gestione alle spese future, l'avanzo stesso costituir� finalmente un utile netto e quindi un reddito. Neppure vale il richiamo all'art. 14 della legge 1938, n. 1487, che consente la cessione di alcuni servizi generali di mercato a privati gestori, e prevede quindi la possibilit� di eccedenze contabili costituenti un vero reddito (perch� un privato potrebbe avere interesse alla gestione soltanto se questa gli consenta un utile). La possibilit� di un reddito, nei casi e nei limiti circoscritti di tali cessioni, non infirma il principio affermato, che concerne unicamente la gestione tenuta dai comuni e la sua specifica disciplina, come sancita dagli artt. 10, 11 e 13 della legge, le cui disposizioni hanno appunto per destinatari esclusivi i comuni. E nei confronti dei comuni anche gli utili che i privati cessionari ricavino dalla gestione di determinati servizi di mercato costituiscono voci di spesa o come tali rientrano quindi a bilanciare i proventi che possono essere percepiti dai comuni a norma dell'art. 13 e che, secondo la medesima norma, devono essere esclusivamente commisurati a sostenere le spese di mercato. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1375 -Pres. Scarpello -Est. D'Armiento -P. M. I. Tavolaro (conf.) -Archilli (avv. Landolfi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salvatori). Imposte e tasse in genere -Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Procedimento -I.G.E. -Ricorso per revocazione contro i RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 524 decreto ministeriale -Natura -Sospensione dei termini per l'impugnazione ordinaria -Esclusione -Atto confermativo -Impugnazione -Esclusione. (1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 58; 1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 52; reg., 22 maggio 1910, n. 316, art. 7). n termine dell'art. 52 della legge 19 giugno 1940 n. 762 per impugnare in s�de ordinaria il decreto del Ministro delle Finanze non resta sospeso per la proposizione del ricorso per revocazione, ex articolo 7 reg. 22 maggio 1910, n. 316, contro lo stesso decreto, ricorso da definire come istanza diretta ad eccitare il potere di revoca e non come mezzo straordinario di impugnazione; non � comunque impugnabile il decreto ministeriale pronunciato sul ricorso per revocazione che abbia sostanzialmente conferma,to il precedente decreto (1). (Omissis). -Con i primi due mezzi il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 52 legge istitutiva della imposta generale sull'entrata (19 giugno 1940, n. 762), reg. 22 maggio 1910, n. 316, legge 20 marzo 1865, all. E, 113 Costituzione e dei principi di diritto in materia di revocazione, sostenendo che d�lla possibilit� d'impugnare per errore di fatto la decisione del Ministro, discende che il contribuente � titolare di un diritto soggettivo, vuoi ad ottenere una pronunzia del Ministro sul ricorso proposto, vuoi ad impugnare, poi, davanti al magistrato ordinario il provvedimento adottato dal Ministro, nonostante che un'azione del genere non sia espressamente prevista dall'art. 52 della legge sull'l.G.E. -Comunque, anche a ritenere non configurabile il diirtto soggettivo ora detto, potrebbe parlarsi di inammissibilit� del ricorso al magistrato ordinario solo se (1) La sent. 28 ottobre 1959, n. 3157, citata nel testo, � pubblicata in Riv. leg. fisc., 1960, 493. La dottrina � concorde nel ritenere che il ricorso per revocazione disciplinato dagli artt. 6 e 7 del reg. 22 maggio 1910, n. 316, � oggi ammissibile soltanto 1Per alcune imposte (bollo, concessioni governative, assicurazioni) e limitatamente alle controversie non aventi carattere di illecito, mentre � sempre escluso per le violazioni punibili con la pena pecuniaria (CARBONE e ToMASICCHIO, Le sanzioni fiscali, Torino, 1959, 217;. SPINELLI, La repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, Milano, 1954, 321, nonch� pi� specificamente DE FRANCISCI, nota a trib. Lecce, 3 dicembre 1958, in questa Rassegna, 1959, 79). In materia di IGE, contro l'ordinanza intendentizia e il decreto ministeriale che applicano la pena pecuniaria, non pu� quindi darsi ricorso per revocazione, sicch� l'istanza che venisse avanzata non pu� avere che carattere grazioso. Bisogna aggiungere che il ricorso per revocazione, nei casi in cui � ammesso, non produce l'effetto dell'art. 398, ultimo comma c.p.c., essendo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTA~IA 525 il Ministro non adottasse alcun provvedimento sul ricorso e si limitasse a confermare quello impugnato in revocazione: nella specie, invece, si � avuta revoca del decreto del 1951 e sostituzione con altro radicalmente diverso, cosicch� solo dal secondo decreto pu� farsi decorrere il termine per l'impugnativa davanti al giudice ordinario. Con il terzo motivo il ricorrente, sviluppando ancora pi� il concetto informativo della censura precedente, sostiene che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che il decreto del 1959 ha carattere confermativo per quanto attiene alla prima contestazione e modificativo per la seconda; e che perci� � insuscettibile di autonomo ricorso relativamente alla parte confermativa (che restava in contestazione dinanzi al giudice�ordinario). Il decreto del 1959 -argomenta -ha espressamente revocato quello precedente; inoltre non pu� riconoscersi carattere confermativo ad un atto che abbia modificato, sia pure soltanto in ,parte, un atto precedente (ipotesi di specie). Il ricorso � infondato, avendo la sentenza denunziata bene imposta: ta ed esattamente risolta la questione che si ripropone all'esame di questo Supremo Collegio. Ed invero, come queste Sezioni Unite gi� ebbero ad osservare con la sentenza 28 ottobre 1959 n. 3157, ancorch� si voglia riconoscere la possibilit� di un ricorso per revocazione contro il decreto del Ministro delle finanze confermativo dell'ordinanza dell'Intendente, non sembra tuttavia che tale ric�rso possa configurarsi come un ulteriore mezzo, sia pure straordinario, di rimedio amministrativo, ma piuttosto come un'istanza diretta ad eccitare il potere di revoca della :pubblica amministrazione, senza pertanto che possa a riguardo concepirsi un diritto subiettivo del contribuente, e senza che possa a tale istanza riconoscersi alcuna incidenza sul carattere di definitivit� che inerisce al decreto ministeriale, giusta l'esplicito disposto dell'art. 58 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 (e Il decreto con cui il Ministro delle finanze un rimedio alternativo con l'impugnazione ordinaria (BRoccoL1, Uordinanza dell'Intendente e ir ricorso in revocazione, Riv. dir. fin. e Se. Finanze, 1953, I, 172); infatti la revocazione � proponibile nel termine di sessanta giorni per l'ordinanza dell'Intendente e di novanta giorni per il decreto ministeriale, mentre i termini per il ricorso gerarchico e l'azione ordinaria, con il decorso dei quali il provvedimento diventa inoppugnabile, so:ao pi� brevi (rispettivamente trenta e sessanta giorni). Non � dubbio che non sia soggetto ad impugnazione l'atto confermativo (tale � l'atto che riaffermando l'evasione dell'imposta riduce la pena pecuniaria) di un precedente atto non impugnato; ma bisogna ancora aggiungere che non � c01111unque impugnabile con l'azione ordinaria dell'art. 52 della legge istitutiva dell'lGE il provvedimento ministeriale, anche se non confermativo, emesso su istanza graziosa che modifica a vantaggio del contr~buente un precedente decreto non impugnato. - 526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO provvede sul ricorso � definitivo e contro di esso non � ammesso alcun gravame>). Tale carattere di definitivit� � peraltro ribadito dall'art. 52 legge 19 giugno 1940, n. 762, sull'imposta generale sull'entrata, il quale dispone che �contro l'ordinanza definitiva dell'Intendente di finanza e contro il decreto del Ministro delle finanze emesso a norma del l'art. 58 dt:llla stessa legge (7 gennaio 1929, n. 4) � consentito gra vame dinanzi all'autorit� giudiziaria in sede civile. Il cdetto gravame dev'essere proposto nel termine di sessanta giorni dalla notificazione della stessa ordinanza o decreto �. Pertanto l'Archilli avrebbe dovuto proporre la domanda giudi ziale di cui oggi si discute entro sessanta giorni dalla notifica del primo decreto ministeriale (quello del 1951) e non attendere l'esito del ricorso contro detto provvedimento. Per sfuggire all'incorsa decadenza il ricorrente sostiene che il secondo decreto ministeriale (quello del 1959 emesso in sede d'impugnativa � per errore di fatto o di calcolo � ai sensi del 2� comma dell'art. 7 reg. 22 maggio 1910, n. 316) contiene sostanzialmente la revoca del primo; ragione per cui, anche sotto tale profilo, deve sostituirsi a tutti gli effetti al primo. Ma anche questa tesi non pu� essere approvata, proprio per i motivi che si leggono nella sentenza impugnata. Dagli atti processuali risulta, infatti, che il secondo decreto � pienamente confermativo del primo per quanto attiene a ci� che forma oggetto della domanda giudiziale proposta dall'Archilli, avendo confermato che dall'Archilli fu evasa la imposta IGE sulle �somme introitate a cauzione delle tele non restituite �. Conseguentemente l'Archilli bene avrebbe potuto proporre contro il primo decreto la impugnativa giudiziale che ha poi proposta contro il secondo, e manca quindi ogni ragione per riconoscersi al decreto dell'll novembre 1959 un qualsiasi effetto in punto di proponibilit� dell'azione giudiziaria, una volta che detto decreto -� opportuno ripeterlo -non ha fatto altro che confermare per la parte che interessa e viene in contestazione il decreto 7 luglio 1951, dalla cui notifica decorre l'unico termine di sessanta giorni previsto dalla legge (art. 52 della legge sull'imposta sull'entrata gi� richiamato). Non vi ha dubbio, infatti, che ogni qualvolta un successivo provvedimento ne confermi uno precedente, nei cui confronti il termine di gravame sia interamente decorso, � preclusa ogni possibilit� di ricorrere contro il .provvedimento confermativo; sul quale principio, peraltro, � superfluo indugiare, perch� concorda anche il ricorrente (che si limita a contestare che il secondo decreto sia confermativo del primo). Pu� pertanto concludersi che contro il decreto del Ministro delle finanze emesso in materia d'infrazione alla legge sull'imposta entrata PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 527 � consentita l'impugnativa davanti al giudice ordinario nel termine di sessanta giorni dalla notifica del decreto stesso all'interessato (articolo 52 1. 19 giugno 1940, n. 762); tale termine non soffre eccezione nel caso sia stata proposta allo stesso Ministro impugnativa per errore di fatto o di calcolo, ai sensi del 2� comma dell'art. 7 reg. 22 maggio 1910, n. 316, e sia, su tale impugnativa, emesso altro decreto sostanzialmente confermativo del primo per la parte che forma oggetto della domanda giudiziale. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1581 -Pres. Pece Est. Falletti -P. M. Di Maio (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa) c. Barbaria (avv. Carboni Corner). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione fiscale -Natura -Opposizione -Posizione processuale delle parti. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639). Imposta di registro -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Diniego -Successiva pretesa di sovravvenuta decadenza -Deducibilit� nel corso del giudizio -Condizione e limiti -Onere della prova. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639; c.p.c. art. 36; 1. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 18 e 20). L'ingiunzione fiscale � l'atto formale amministrativo di un procedimento monitorio sui generis nel quale l'opposizione dell'intimato sic.come rivolta a far dichiarare l'illegittimit� dell'atto, costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario processo di cognizione nel quale l'opponente assume la veste di attore e ta Finanza quella di convenuta, sicch� spetta all'opponente l'onere di provare i fatti dai quali risuiti l'asserita illegittimit�. Ma la contestazione di illegittimit� inerisce alle circostanze del rapporto tributario come dedotto nell'ingiunzione impugnata, secondo i presupposti e le ragioni della pretesa in essa contenuta (1). (1-3) Note sull'azione riconvenzionale della finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale. Sono ormai numerose le pronunce sulla natura del procedimento monitorio fiscale e del giudizio di Ol)posizione relativo: Cass. 10 gennaio 1966, n. 178, in questa Rassegna, 1966, I, 458; 12 novembre 1965, n. 2356, ivi, 1965, I, 1196 con annotazione di L. MAZZELLA; 16 luglio 1965, n. 1574, 528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Qualora l'agevolazione dell'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408 sui mutui stipulati per la costruzione di case di abitazione non di lusso sia stata esclusa perch� il mutuo risultava pattuito dopo l'inizio della costruzione e sia stato per tale contestazione instaurato un giudizio innanzi all'A.G.O., la Finanza non pu� nel corso avanzato di esso eccepire la sopravvenuta decadenza ex art. 20 perch� non risulta dimostrato l'effettivo impiego della somma mutuata nella costruzione, in quanto tale nuova pretesa, completamente diversa da quella originaria, si fonda su un fatto concreto la cui prova � a carico della Finanza (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1585 -Pres. Favara -Est. D'Armiento -P. M. Pedote (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa) c. Soc. Tecnoedile (avv. Vitali). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione fiscale -Natura -Opposizione -Posizione processuale delle parti -Azione riconvenzionale della Finanza -Condizioni e limiti. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639: c.p.c. artt. 36 e 167). Nel procedimento monitorio fiscale l'ingiunzione cumula le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto di guisa che l'opposizione del debitore costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario ivi, 1965, I, 712; 9 ottobre 1967, n. 339, ivi, 1968, I, 90 con nota di P. D1 TARZIA; 30 marzo 1968, n. 375, ivi, 1968, I, 261; 3 luglio 1968, n. 2214, ivi, 1968, I, 783; 24 luglio 1968, n. 2673, ivi, 1969, I, 268 nonch� 17 maggio 1969, n. 1692. La prima delle sentenze oggi in rassegna ha trattato un aspetto nuovo della questione: quando la Finanza sostenga la decadenza dall'agevolazione, ex art. 20 della legge 2 luglio 1949, n. 408, verificatasi successivamente alla registrazione, e sostituisca questo titolo della pretesa tributaria a ,quello originariamente vantato, deve dare la 1prova del fatto sopravvenuto determinante della decadenza e quindi n-0n pu� limitarsi a dedurre un nuovo fondamento della pretesa (mantenendo la posizione di chi resiste alla domanda che l'attore deve dimostrare) ma deve invece proporre e provare una sua autonoma domanda in via riconvenzionale. Il caso presenta un notevol61 interesse sul punto dell'onere della prova e della posizione processuale della Finanza convenuta nel giudizio di opposizione contro l'ingiunzione fiscale ed offre l'occasione per approfondire la questione della necessit� (e ad un tempo dell'ammissibilit�) della domanda riconvenzionale della finanza. Molte delle -sentenze richiamate pi� sopra hanno affermato che la Finanza, quale convenuta, pu� dedurre un diverso titolo a fondamento PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 529 processo cognitivo diretto a contestare il diritto ait'esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo a favore del debitore che viene ad assumere vera e propria veste di attore. Conseguentemente grava sull'opponente l'onere di contestare il diritto della Finanza all'esecuzione; ma la Finanza, assumendo la veste di convenuta, pu� opporre le eccezioni di diritto e di merito e pu� altresi proporre domanda riconvenzionale nei limiti in cui detta domanda � ammissibile, cio� con la comparsa di risposta come dispone l'art. 167 c.p.c. (3). I (Omissis). -La ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dei principi concernenti il procedimento monitorio fiscale (t.u. 14 aprile 1910, n. 639), degli artt. 144 segg. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, dell'art. 18 legge 2 luglio 1949, n. 408, dell'art. 36 c.p.c;; denunciando inoltre violazione di legge e difetto di motivazione sul punto riguardante l'onere della prova (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), lamenta che la Corte d'appello non abbia considerato n� la natura e l'oggetto della controversia n� la posizione corrispettiva delle parti: poich� la domanda era costituita dall'opposizione del contribuente e l'amministrazione poteva proporre domanda riconvenzionale e nuove ec.cezioni, il giudice doveva esaminare il rapporto nell'interezza delle dell'imposta o modificare le ragioni precedentemente fatte valere propo nendo anche azione riconvenzionale, ma non si sono preoccupate di pre cisare se e quando sia necessaria una domanda riconvenzionale, da pro porre nei modi e nei termini rituali, per dare alla pretesa tributaria una impostazione diversa. Pi� acutamente la sent. 2673/68 ha chiarito che l'al legazione di una diversa ragione a fondamento dell'imposta si concreta in una semplice eccezione difensiva, che non comporta n� sostituzione del titolo n� mutamento della causa petendi, e che come tale � sempre p'ro ponibile dal convenuto. In via generale, e salvo particolari situazioni, questa affermazione � indubbiamente esatta perch� rispetto ad una determinata pretesa tributaria, manifestata in forma per 'lo pi� assai succinta, lo svolgere le ragioni giuridiche che la sostengono, che possono anche essere molteplici o alternative, � argomento delle difese, anche conclusionali. Va aggiunto che non � nemmeno praticamente possibile verificare in concreto se ed in quali limiti vi sia una innovazione del titolo rispetto a quello dedotto nell'ingiunzione opposta, perch� coine � costantemente affermato in giurisprudenza (v. sent. 2214/68 e precedenti ivi richiamati), l'ingiunzione pu� contenere anche una sommarissima indicazione della pretesa motivata anche col semplice riferimento all'atto tassato. Si deve quindi escludere 'che la finanza abbia l'on�re di proporre azione riconvenzionale per ampliare, modificare o anche sostituire le ragioni a sostegno della pretesa che resta la medesim,a. 530 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sue circostanze e verificare il fondamento della pretesa tributarla secondo tutti i motivi esposti, senza escludere quelli eventualmente non compresi nel titolo anteriore dell'ingiunzione. Queste censure non sono fondate. L'ingiunzione fiscale, disciplinata dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639, � bensi l'atto formale, amministrativo, di un procedimento monitorio sui generis, istituito per la pronta riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato; ed � pur vero che l'opposizione dell'intimato, siccome rivolta a far dichiarare l'illegittimit� di quell'atto, costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario processo di cognizione, nel quale l'opponente assume la veste di attore e la pubblica amministrazione la veste di convenuta, cosicch� spetta all'opponente l'onere di provare i fatti dai quali risulti fondata l'asserita illegittimit�. Ma la contestazione di illegittimit� inerisce appunto e obiettivamente si adegua alle circostanze �del rapporto tributario come dedotto nell'ingiunzione impugnata, secondo i presupposti e le ragioni della pretesa in essa contenuta. Nella specie, il mutuo contratto dal Barbaria con la Cassa di risparmio per la costruzione di una casa era stato ammesso a scontare l'imposta ipotecaria in misura ridotta, secondo l'agevolazione concessa dall'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408. Ma poi l'ufficio intim� al Barbaria di pagare la maggior imposta, perch� il mutuo risultava ottenuto dopo l'inizio della costruzione. Proposta l'opposizione e riconosciuta l'infondatezza dell'argomento, l'amtninistrazione ulteriormente eccepi che il Barbaria non aveva provato l'effettivo impiego del mutuo nella costruzione, inno- Nel procedime:ato di opposizione ad ingiunzione fiscale l'azione riconvenzionale non si differenzia da quella del procedimento ordinario. � noto che l'azione riconvenzionale, che pu� formare oggetto di un autonomo giudizio, � indipendente dalla domanda di rigetto dell'azione principale e come tale pu� sopravvivere alla rinuncia, alla decadenza, oltre che alla reiezione, della domanda dell'attore, in quanto diretta non (o non soltanto) a neutralizzare la domanda principale, sia pure con eccezioni ri-, convenzionali o accertamenti incidentali che ampliano il tema della controversia, ma sopratutto a chiedere provvedimenti positivi a favore del convenuto a tutela di un suo diritto, ad ottenere cio� una condanna dell'attore come convenuto. In sostanza l'azione riconvenzionale, non costituendo un mezzo di difesa del convenuto, contiene tutti gli elementi, soggettivi ed oggettivi propri dell'azione in genere (CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli 1953, 307; SATTA.. Commentario al codice di procedura civile, Milano 1959, I, sub art. 36 n. 2; M. DINI, La domanda riconvenzionale, Milano 1964, 86 e segg.; In. v. Riconvenzione, in Nuovissima digesto itaNano, voi. XV, 966). _ Deve perci� ritenersi che non rientra nel concetto di azione riconvenzionale cosi intesa la deduzione della Finanza convenuta in giudizio che, senza chiedere alcun provvedimento in attuazione di un distinto suo diritto, si limita a resistere alla domanda dell'attore, sia pure adducendo una diversa causa petendi o nuove circostanze di fatto a sostegno di quella PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 531 vando cosi il motivo della pretesa fiscale e spostando il tema della controversia entro l'ipotesi prevista dall'art. 20 della legge, secondo cui si incorre nella � decadenza � dal benefi.cio dell'imposta ridotta � se il mutuo non sia stato effettivamente adibito alla costruzione �. Orbene, mentre testualmente l'art. 20 definisce la propria sanzione nel concetto d'una decadenza, esso esige anche come suo presupposto giustificante, cio� come presupposto costitutivo della normale imponibilit�, il fatto positivo e concreto di un mutuo non � effettivamente � impiegato nella costruzione (perch�, ad esempio, le opere risultino finanziate oppure pagate gi� prima del mutuo). Non basta quindi, per comminare la decadenza dal beneficio, l'allegazione formale del difetto di prova circa l'impiego anzidetto, n� l'onere di tale prova � posto a carico dello opponente, come se il modo e l'esigenza della prova la sua formalit� appunto, costituiscano, essi ab extrinseco, il requisito per ottenere e mantenere l'agevolazione tributaria. E la domanda della opponente, invece, riesce fondata ed assolve nei termini pertinenti il dovere della propria dimostrazione se l'illegittimit� della pretesa fiscale, possa desumersi dal difetto del presupposto .correlativo. Tale presupposto, nella specie, era il mancato impiego della somma nella costru: llione e la realt� di tale circostanza non risulta provata. Correttamente dunque la sentenza impugnata, uniformandosi alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1962, n. 1849), ha ritenuto che qualora l'Amministrazion finanziaria riconosca, nel corso del giudizio di opposizione, l'inesistenza del titolo su cui si fondava il provvedi- pretesa tributaria che discende ex lege da un presupposto incontestato (registrazione di un atto, apertura di una successione, iscrizione di un'ipoteca, ecc.). Ovviamente ogni deduzione che non si concreti in un'azione riconvenzionale, non deve osservare le regole di rito per essa prescritte. In casi particolari, e piuttosto rari, la posizione processuale della Finanza pu� apparire diversa: quando essa, anche senza contestare la domanda dell'attore, in aggiunta o in sostituzione di essa, avanza una pretesa tributaria diversa o per la misura o anche per il titolo o per i presupposti di fatto. Nel caso deciso la finanza, riconoscendo fondata la domanda principale (diritto a godere l'agevolazione al momento della registrazione) ha eccepito la sopravvenuta decadenza dall'agevolazione stessa per sostenere la sua pretesa al pagamento della medesima imposta ordinaria di registro; in questo caso non si verificava un mutamento del petitum (l'imposta liquidata nella medesima somma) ma si adduceva un fondamento, diverso per i presupposti di fatto e la causa petendi, divenuto operante in un m�mento successivo alla registrazione; per di pi� anche il petitum, sia pure in via indiretta, subiva un certo mutamento perch�, una volta dichiarata la decadenza, ne sarebbe derivata necessariamente, in sede amministrativa, l'applicazione della sopratassa prevista nell'ult. comma dell'art. 20 della legge n. 408 del 1949, inapplicabile invece se l'atto fosse stato ab origine sog.getto ad imposta normale. Considerando anche l'onere della prova, che correttamente la S.C. ha ritenuto gravante sulla Finanza, nulla I 532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento ingiuntivo, e deduca un diverso titolo a giustificazione del meI I1 desimo, essa stessa � tenuta a provare la nuova causa petendi. -~ ~ (Omissis). r II f: f: (Omissis). -La ricorrente denunzia violazione e falsa applica. zione: dei principi generali in materia di procedimento monitorio fiscale� (t.u. 14 aprile 1910, n. 639), degli artt. 144 e sgg. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 18 legge 2 luglio 1949, n. 408, 36 c.p.c. dei principi generali in materia di prova dei benefici fiscali, sostenendo I che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile la domanda riconvenzionale, proposta da essa Amministrazione du- I rante il giudizio di primo grado. Posto, infatti, -cosi argomenta la Ticorrente -che con l'opposizione all'ingiunzione fiscale l'opponente assume la veste e la qualifica di attore e I'Amministrazione quella di convenuta, consegue che la stessa Amministrazione finanziaria bene pu� proporre domanda riconvenzionale e sollevare nuove eccezioni anche in grado .di appello, e I che il giudice pu� (e deve) riesaminare il titolo giuridico posto dall'Ufficio a base della tassazione, e questa giustificare in base ad una iiw diversa definizione legale dell'atto tassat�l, ovvero in base alle ragioni w disponendo la norma tributaria (diversamente da altre simili ipotesi di agevolazione condizionata all'adempimento successivo di un fine) sulla dimostrazione da parte del contribuente dell'avveramento delle� condizioni a cui il beneficio � subordinato, si poteva anche sostenere che in questo caso la pretesa della Finanza convenuta potesse esser fatta valere solo � mediante l'azione riconvenzionale. Questa conclusione lascia per� alquanto dubbiosi, perch� anche in questa particolare ipotesi non esisteva una autonoma domanda, che potesse essere oggetto di un separato giudizio, indipendente dalla sorte della I !i, domanda principale, mentre l'eccezione, anche se fondata su fatti diversi % la cui prova era a carico della convenuta, mirava a dar fondamento alla originaria pretesa fondata sullo stesso titolo (pagamento dell'ordinaria fil"" imposta di registro nella misura gi� stabilita su quel determinato atto) e quindi era diretta soltanto a contrastare la domanda dell'attore. Nella II fattispecie controversa, pur ben distinta dalle ipotesi pi� frequenti di ampliamento o sostituzione delle ragioni poste a base della qualificazione giuridica dell'atto, non ci si trovava ancora (o almeno ci� � dubbio) di ~~~fil fronte ad una domanda riconvenzionale vera e propria (ed alle preclusioni w processuali che da essa discendono) anche se l'Amministrazione convenuta i~t doveva rispettare determinate regole processuali �Per adempiere all'onere della prova a suo carico. ~!Jljll r;~:>Z Possono tuttavia configurarsi ipotesi in cui la Finanza si trovi a dedurre pretese che si discostano da quella contenuta nell'ingiunzione in modo pi� evidente: ci� pu� avvenire, ad esempio, quando da una diversa I ____.,AllfAill!?'~::l!JWk~J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 533 ed eccezioni, anche nuove, dedotte dall'Amministrazione. Nella specie la Corte torinese ha sostanzialmente violato tali principi, affermando, da un canto che il dibattito giudiziario doveva intendersi limitato in via esclusiva alla ragione della pretesa tributaria come indicata nell'ingiunzione; dall'altro, che la decadenza dal beneficio fiscale, dedotta in giudizio dall'Amministrazione quale causa del credito tributario, costituiva domanda nu�va inammissibile dopo la prima udienza. Il ricorso � infondato. Nel procedimento monitorio fiscale, apprestato per la spedita riscossione delle entrate dello Stato e degli altri enti pubblici minori (r.d. 14 aprile 1910, n. 639) l'atto formale dell'ingiunzione cumula le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di �guisa che l'opposizione del debitore �costit4isce la domanda .giudiziale che apre un ordinario processo cognitivo, diretto a contestare il diritto all'esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo a favore del debitore stesso, che viene ad assumere vera e propria veste di attore. �Conseguentemente. grava sull'opponente, per la sua qualit� di attore, l'onere di contestare il diritto della Pubblica Amministrazione alla minacciata esecuzione. Ma lAmministrazione, venendo ad assumere la veste di convenuta, pu� opporre le eccezioni di rito e di merito che ritiene idonee alla .,sua difesa, e pu� altresl proporre domanda ricon qualificazione giuridica dell'atto o da un suo pi� penetrante esame discende, non solo in sostituzione ma anche in aggiunta a quella gi� liquidata nell'ingiunzione, l'applicazione di un'imposta ulteriore o nel complesso il pagamento di un tributo pi� elevato (un secondo supplemento che assorbe il primo o ad esso si aggiunge, l'imposta su una seconda convenzione non tassata al momento della registrazione ecc.). In questi casi, in via teorica, vi sarebbe una domanda riconvenzionale dell'Amministrazione convenuta diretta ad ottenere provvedimenti positivi a tutela del proprio diritto, indipendente dalla domanda principale e che pu� sopravvivere alla caducazione di essa. Ma, a ben riflettere, la pretesa della Finanza che, secondo i principi generali di diritto 1prw:essuale, possa veramente definirsi come un'azione riconvenzionale, � da ritenere inammissibile: poich� � nelle attribuzioni� della Finanza applicare e liquidare l'imposta, questa attivit� � sottratta alla giurisdizione dell'.&GO a cui spetta soltanto di controllare la legittimit� dei presupposti di imposta; come la Finanza non potrebbe elevare il supplemento con atto di citazione e non potrebbe in genere agire come attore per chiedere giudizialmente la liquidazione dell'imposta che deve invece applicare in via amministrativa, cos� non pu� proporre una domanda riconvenzionale che, se veramente tale, ha tutti i caratteri obiettivi di una autonoma domanda diretta alla liquidazione di un tributo e si risolve quindi nel trasferimento innanzi all'.&GO dell'esercizio di una attivit� squisitamente amministrativa, trasferimento che, tra l'altro, priverebbe il contribuente del diritto di adire le Commissioni. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO venzionale, nei limiti in cui detta domanda � ammissibile (e cio� con la comparsa di risposta, siccome dispone l'art. 167 c.p.c.). Orbene, ci� premesso, bisogna riconoscere che correttamente la denunziata sentenza ha ritenuto proposta fuori dal limite formale e temporale ora ricordato la domanda di cui si discute. Risulta infatti che essa fu introdotta nel giudizio a circa quattro anni di distanza dal deposito della comparsa di risposta, con la � seconda � memoria illustrativa. N� vale opporre, per superare l'ostacolo temporale, che non si tratterebbe di domanda riconvenzionale o comunque nuova, bensi, pi� propriamente, di una �modifica� dell'originaria domanda, consentita fino alla rimessione della causa al collegio, ai sensi dell'art. 184 c.p.c. Basta osservare, infatti, che le due pretese, azionate in giudizio dalla Pubblica Amministrazione a cosi notevole distanza di tempo l'una dall'altra, erano completamente diverse, non solo per causa petendi, ma anche per gli stessi fatti ed elementi che presupponevano. A tale proposito � opportuno richiamare che 1'Amministrazione delle Finanze pose a fondamento dell'ingiunzione il fatto che l'agevolazione tributaria era stata concessa erroneamente, in quanto la costruzione, per la quale, il mutuo ipotecario era stato contratto, sarebbe stata, � in quel tempo del mutuo �, gi� iniziata. In questi casi la Finanza dovr� procedere alla liquidazione dell'imposta in sede amministrativa e non potr�, per la prima volta in giudizio, col mezzo dell'azione riconvenzionale, avanzare una pretesa autonoma rispetto a quella contenuta nell'ingiunzione opposta. Una tale domanda sarebbe inammissibile, almeno fino a quando non si sar� provveduto ad una nuova liquidazione in competente sede. Diverso iproblema, che qui non affrontiamo, pu� esser quello se, una volta eseguita la nuova liquidazione (notifica di altra ingiunzione) possa la Finanza coltivarla con la domanda riconvenzionale senza attendere l'opposizione del contribuente. Sul punto, che pi� interessa, della necessit� della �proposizione della domanda riconvenzionale per dedurre un nuovo fondamento della pretesa tributaria, sembra dunque potersi concludere che di norma la Finanza convenuta formula eccezioni vere e proprie non soggette ad ,alcuna pre clusione, mentre la pretesa che avrebbe tutti i caratteri della vera azione riconvenzionale da proporre nelle forme prescritte, va manifestata nella competente sede amministrativa; l'azione riconvenzionale sarebbe cio� ne cessaria negli stessi casi in cui � inammissibile. Da quanto detto deve dedursi che la seconda delle sentenze sopra riportate, pur decidendo in modo sostanzialmente corretto l'identica que stione meglio approfondita nella prima, ha esposto una motivazione poco soddisfacente, fondata sulla preclusione formale, rifacendosi al concetto, alquanto confuso, che la Finanza debba proporre l'azione riconvenzionale, quando non si limiti a dedurre � eccezioni di rito e di merito �. . c. BAFILE !i;.I .. . I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 535 Detta impostazione della causa l'Amministrazione precis� e mantenne ferma nella comparsa di risposta e per lungo periodo di tempo successivo; solo con la seconda memoria, e a circa quattro anni di distanza, come gi� detto, 1'Amministrazione, resasi conto dell'insostenibilit� della tesi, l'abbandon� e la sostitui con l'altra, completamente nuova, che la mutuataria Societ� Tecnoedile non aveva fornito la prova dell'impiego, nella costruzione, della somma presa a mutuo, onde, per tale evento, � successivo > all'imposizione, era incorsa nella e decadenza � del beneficio a suo tempo (e non pi� illegittimamente) concessole. Orbene la qualificazione di domanda riconvenzionale (o comunque di domanda nuova) attribuita dalla Corte di merito a siffatta immutazione, non merita censura, in quanto la seconda domanda, oltre ad importare un mutamento della causa petendi, costituiva anche un mutamento dei fatti posti a base dell'ingiunzione, introducendo nel processo una nuova pretesa e un nuovo tema di indagine, che veniva completamente a mutare i termini della controversia, siccome sino ad allora dibattuta. E se cosi � -come non sembra dubbio -la denunziata sentenza � conforme al diritto e non merita c~nsura, dovendosi concludere che, proposta opposizione all'ingiunzione fiscale, 1'Amministrazione delle Finanze, convenuta, pu� sollevare le eccezioni di rito e di merito che ritenga nel suo interesse, instaurandosi fra le parti un giudizio di cognizione avente per oggetto l'accertamento dell'obbligazione tributaria. L'Amministrazione pu� altresi proporre domanda riconvenzionale, ma ci� solo nei limiti in cui tale azione � consentita dall'art. 167 c.p.c. ~ (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1969 n. 2023 -Pres. Pece Est. D'Orsi -P. M. Caccioppoli (conf.). Provincia Autonoma di Trento (avv.ti Benvenuti, Lorenzoni) �. Ministero delle Finanze (avv. Stato Alibrandi). Imposta di re~istro -Liberalit� a favore di provincie, comuni ed altri enti morali -Esenzione -Effettiva realizzazione dello scopo del- l'atto -Necessit�. (r.dl. 9 aprile 1925, n. 380, art. 1). L'esenzione tributaria prevista dall'art: 1 del r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380, per le liberalit� disposte a favore di provincie, comuni od altri 12 536 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO enti morali o istituti legalmente riconosciuti, richiede l'effettiva realizzazione dello scopo voluto dal donante (1). (Omissis). -Con il primo mezzo la ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del r. decreto leg. 9 aprile 1925 n. 380, difetto di motivazione su pi� punti decisivi, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che per il beneficio dell'esenzione dalle tasse di registro, successioni ed ipotecarie, previsto dall'art. 1 del r.d.l. n. 380 del 1925, per le liberalit� a qualsiasi titolo (anche se onerose) disposte a favore delle province, comuni od altri enti morali o istituti italiani legalmente riconosciuti, quando lo scopo specifico della liberalit� sia di beneficenza, istruzione od educazione, sia necessaria l'effettiva realizzazione dello scopo, laddove sarebbe sufficiente la sola enunciazione nell'atto dello scopo previsto dalla legge come causa di esenzione, indipendentemente dalla sua effettiva realizzazione. Il diritto all'esenzione, infatti, sorgerebbe immediatamente, al momento della stipulazione dell'atto di liberalit� e non gi� al momento successivo della realizzazione dello scopo. Se cosi non fosse -continua la ricorrente -il donatario dovrebbe essere tenuto immediatamente al pagamento dell'imposta, salvo poi ad ottenere la restituzione dell'importo al verificarsi della condizione di esenzione, che sarebbe risolutiva rispetto all'obbligo di pagamento. La mancanza di tale previsione nella legge comproverebbe l'erroneit� del ragionameto della Corte del merito. Nella specie, poi, trattandosi di donazione modale, la realizzazione dello scopo della liberalit� si porrebbe semplicemente come onere della Provincia nei confronti del donante, ovvero degli altri interessati, e il suo eventuale inadempimento non varrebbe, in ogni caso, ad escludere il beneficio dell'esenzione. Il mezzo � infondato. La Corte d'appello, postosi il quesito se l'esenzione prevista dal r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380 e dalla legge 12 maggio 1949, n. 206, richiedesse l'effettiva realizzazione dello scopo voluto dal donante, ha dato risposta affermativa, considerando: a) che l'evento futuro ed incerto della effettiva devoluzione del bene donato allo scopo previsto dal legislatore come determinante per l'esenzione, constituiva una condizione sospensiva negativa; b) che la Finanza, quindi, al momento della registrazione si asteneva dal sottoporre l'atto alla tassa, salvo a pro( 1) Non risultano precedenti in termini. Per qualche riferimento al concetto di fine specifico della liberalit� cfr. Cass., 22 ottobre 1959, n. 3030, in Riv. leg. fisc., 1960, 461. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 537 cedervi nel momento in cui avesse avuto la dimostrazione della mancata realizzazione dello 'Scopo; e) che la tesi contraria della sufficienza della sola indicazione dello scopo per l'esenzione dall'imposta nQn teneva conto che la disposizione era intesa a favorire la realizzazione dell'effetto pratico della donazione. Ora, con questa motivazione, la Corte di appello, anche se � incorsa in qualche inesattezza, ha colto realmente la ratio della norma agevolatrice. Infatti il beneficio della registrazione gratuita -come appare dalla formulazione della norma -compete immediatamente all'atto della registrazione, allorch� concorrano tutti gli elementi integranti la fattispecie legale e ci-0�: a) la qualit� del soggetto onorato dalla disposizione di liberalit� (provincia, comune o altro ente morale o istituto italiano legalmente riconosciuto); b) lo scopo specifico di beneficenza, istruzione od educazione. E compete anche se la liberalit� sia onerosa, purch� l'eventuale onere sia inerente allo scopo �per il quale � disposta. � sufficiente, adunque, che i suddetti elementi risultino dagli atti, essendo quella di registro un'imposta d'atto. Nessun problema pu� sorgere, di regola, allorch� il bene og.getto della liberalit� gi� abbia la destinazione prevista dalla norma, ma anche quando la liberalit� sia onerata da un peso che il donatario deve com piere non soltanto per conservare od ampliare la precedente destina zione, bens� proprio per dare al bene donato la funzione di benefi cenza, istruzione ed educazione, che altrimenti il bene non avrebbe, essendo di per s� solo insuflliciente a realizzare, sia pure in parte, la voluta destinazione, non si pu� parlare di beneficio di esenzione dall'imposta sottoposto a condizione sospensiva negativa (come fa la sentenza impugnata) o a condizione risolutiva (affermativa), come fa la ricorrente con una tautologia di concetti, rovesciando i termini della proposizione. Anche in questo caso il beneficio � concesso ;perch� l'atto, cosi come si presenta, ne � meritevole. �, per�, principio generale dell'imposta di registro che il tratta mento fiscale fatto ad un atto al momento della registrazione non sia immutabile, potendovi essere successive variazioni, tanto per errori od omissioni dell'ufficio, quanto per l'accertamento -successivo alla re gistrazione -degli elementi occorrenti per la liquidazione integrale dell'imposta. E ci� perch� sono colpiti l'intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti e non la loro forma apparente. Di fronte a questa possibilit� riconosciuta al Fisco dal nostro sistema tributario, n~n si pu� parlare -se non in senso improprio e atecnico --di condizione sospensiva o risolutiva. Questi principi sono validi non soltanto quando l'atto sia stato sottoposto ad una tassazione inferiore; ma anche quando ne sia andato 538 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO� erroneamente esente e non ha rilievo il fatto che l'esenzione apparentemente spettasse al momento della registrazione. In realt� quando -come nel caso in esame -� la fattispecie � complessa, in quanto per la sua realizzazione occorre un susseguirsi di elementi dei quali solo alcuni si sono realizzati al mom�'nto della presentazione dell'atto alla registrazione, il mancato verificarsi degli ulteriori elementi necessari allo speciale trattamento tributario di favore d� luogo, pi� che a una questione di decadenza, all'accertamento -suc cessivo alla registrazione '-della mancata realizzazione dello schema di atto cui la legge fiscale aveva ricollegato il tributo di favore. E questo accertamento -come ha esattamente osservato la Corte d'appello -prescinde da ogni eventuale azione del donante o di altro interessato per il mancato adempimento dell'onere, trattandosi di rapporti che si muovono su .piani diversi, bastando ai fini tributari la mancata realizzazione dello scopo agevolato; a qualsiasi causa dovuto. Accertare, poi, se lo scopo della liberalit� sia o meno stato raggiunto � compito del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimit�, se sorretto da motivazione esauriente ed immune da vizi logici. -� (Omissis-). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2175 -Pres. Tavolaro -Est. Leone -P. M. Criscuoli (conf.) -Filiberti (avv. Biamonti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fane1li). Imposte e tasse in genere -Commissioni tributarie -Natura di organi giurisdizionali -Decisioni della Commissione Centrale Impugnabilit� in cassazione ex art. 111 Cost. Imposta di registro -Societ� di fatto -Rilevanza fiscale dalla data di registrazione del relativo atto. Imposta di registro -Presunzione di trasferimento di azienda -Applicabilit� anche ai trasferimenti di quote di compropriet� dell'azienda. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18). Le Commissioni tributarie hanno natura di organi giurisdizionali, e pertanto avverso le decisioni deLla Commissione Centrale � ammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione (1). (1) L'importanza della presente sentenza e delle altre due successive nn. 2176 e 2177 con cui le Sezioni Unite della Cassazione, dopo la con- t Mftlf@Wsfilfillf:&&1fmftr&ID'ififhlllit'filfff(fffffi1illfwfif:@iff&t111mm1rrfllirtr11rr!frillEm�&rfir&rlli1mrrifilf&trnm0tMI ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 539 La societc� di fatto, agli effetti specifici della imposta di registro, comincia ad esistere soltanto quando l'esistenza di essa viene denunciata all'Ufficio ai fini dell'applicazio~e della relativa imposta e pi� precisamente quando l'atto che la costituisce o che, sia pure in via di enunciazione, ne afferma l'esistenza, viene presentato per la registrazione (2). La locuzione generica usata dall'art. 18 della legge di registro relativo a �contratti verbali di cessione della proprietc� ... di un'azienda di industria o commercio � si riferisce anche ai trasferimenti di quote di comproprietc� .di aziende industriali (3). (Omissis). -Prima di esaminare i motivi del ricorso, il Supremo Collegio deve riproporsi la questione dell'ammissibilit� del ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111 della Costituzione vigente, avverso le decisioni della Commissione Centr~ delle imposte in materia di imposta di registro: questione riaperta da recenti sentenze della Corte Costituzionale (6 febbraio 1969, n. 6; 10 febbraio 1969, n. 10), che hanno dichiarato inammissibili le questioni di �costituzionalit� di leggi, proposte da Commissioni tributarie, affermando che tali Commissioni non sono organi giurisdizionali ma svolgono funzione amministrativa. Se la tesi andasse condivisa, il ricorso di cui trattasi, proposto a norma dell'art. 111 Cost., dovrebbe essere dichiarato inammissibile, perch� relativo a provvedimento amministrativo. L'affermazione ora accennata, posta dalla Corte� Costituzionale a sostegno di pronunzie di inammissibilit� della questione di costituzionalit� delle leggi, non comporta l'obbligo ehe i giudici si adeguino ad essa, com'� per le decisioni dichiarative di iJlegittimit�, che tolgono efficacia alla legge illegittima. Ma, data l'autorit� della Corte Costituzionale che ha fo:mnulato la tesi suindicata, questa Corte Suprema di Cassazione, istituzionalmente investita, quale organo supremo della giustizia, della funzione di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge e l'unit� del diritto oggettivo nazionale (art. 65 ord. giud.), non pu� non sentirsi obbligata a rivedere l'interpretazione del sistema di leggi concernenti la costituzione ed il funzionamento delle Commissioni tributarie ed il loro inse11imento nel sistema delle funzioni fondamentali dello Stato. traria affermazione effettuata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 10 febbraio 1969, n. 10 (in questa Rassegna, 1969, 1, 8), hanno confermato la propria giurisprudenza in ordine alla natura �giurisdizionale delle commissioni tributarie, non ha bisogno di essere sottolineata, data la fondamentale influenza di tale principio su tutto il vigente sistema del contenzioso tributario. (2) La sentenza 12 novembre 1965, n. 2357 richiamata in motivazione � pubblicata in questa Rassegna, 1965, 1, 1305 con nota di richiami. (3) Massima di evidente esattezza della quale non risultano precedenti. 540 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Anche l'interpretazione giurisdizionale della legge, invero, se produce effetti giuridici diretti e vincolanti solo in ordine alla concreta controversia ed ai reali interessi in essa impegnati, muove, nel suo meccanismo logico, da1la determinazione del contenuto astratto della legge e della fattispecie tipica che essa si propone di disciplinare: contenuto questo che la Corte Costituzionale non pu� non porre a base della propria valutazione di conformit� o meno della legge ai precetti della Costituzione. Questo fondamento comune delle interpretazioni, finaJistkamente diverse, �che compiono la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione, dovrebbe implicare, in vista anche della coordinazione necessaria tra i poteri dello Stato e del conseguimento del risultato sommamente utile della certezza del diritto obiettivo, che le due interpretazioni non vengano a divergere, se non quando sussistano elementi sicuri per attribuire certezza all'u~a rispetto all'altra che sia precedente e saldamente costituita nella communis opinio dottrinale e giurisprudenziale. Tale criterio di �coordinamento, che poggia su un fondamento logico e giuridico tanto evidente da non richiedere delucidazioni, � stato affermato proprio dalla Corte Costituzionale, quando ha stabilito che �il potere-dovere di interpretare con autonomia di orientamento le norme ordinarie che fungono da parametro del giudizio di legittimit� costituzionale non esclude che la Corte Costituzionale debba tenere nel debito conto una costante interpretazione giurisprudenziale, che conferisce al processo legislativo il suo effettivo valore nella vita giuridica, dato che le norme sono non quali appaiono in astratto ma quali sono applfoate nella vita quotidiana con l'opera del giudice intesa a renderle concrete ed efficaci~. Eppure il criterio ora detto � stato disapplicato, con le sentenze sopra richiamate, proprio in relazione alla disciplina giuridica di un sistema complesso di istituti di diritto tributario, per la quale � stato universalmente riconosciuto �alla giurisprudenza il merito d[ aver determinato la costituzione di una consuetudine interpretativa ed integrativa della disciplina normativa, tale da indirizzare perfino le pi� recenti manifestazioni legislative nella materia; e che sia stato disapplicato sulla base di argomenti dichiarati dalla stessa Corte Costituzionale privi di valore decisivo, se considerati singolarmente, e significativi, nel loro �complesso, di una semplice prevalenza della tesi contraria a quella seguita da costante, pluridecennale .giurisprudenza: giudizio di prevalenza che si presenta fortemente dubbio, se � vero che la stessa Corte Costituzionale, esaminando ex prefesso la questione, aveva stabiHto e ribadito pi� volte la natura giurisdizionale delle Commissioni tributarie (Corte Cost. sent. n. 12, 41, 42 del 1957, n. 42 del 1'961, n .103 del 1964). Comunque, si ripete, poich� le citate sentenze della Corte Costituzionale non hanno apportato modifiche all'ordinamento legislativo, questa Suprema Corte non � vincolata alla tesi in esse svolta, mentre, data PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA la rilevanza di giurisprudenza-guida che assumono le sue decisioni, questo Supremo Collegio non pu� non darsi carico di addivenire ad interpretazioni delle leggi e dei principi giuridici che asskurino, senza soluzione di �continuit�, la rispondenza dell'ordinamento a salvaguardare le strutture necessarie per la sussistenza dello Stato di diritto: mentre � stato concordemente rilevato, in sede dottrinale, che la tesi nuova accolta ne1le pi� recenti sentenze della Corte Costituzionale, .se applicata in tutte le ,sue conseguenze, determinerebbe il blocco dell'attivit� .finanziaria dello Stato, per il tempo, certo non breve, dello studio e della costituzione, da parte degli Organi legislativi, di un nuovo sistema di contenzioso tributario. Dopo questi rilievi, volti solo a puntualizzare i gravi aspetti della questione, passando alla concreta indagine drca la natura giurisdizionale o amministrativa delle Commissioni tributarie, deve rilevarsi che la Corte Costituzionale, a motivo conclusivo e determinante del convincimento espresso su tale punto; s'� richiamata ad un e modello� che per gli organi di carattere giurisdizionale fisserebbe la vigente Costituzione, modello col quale mal si concilierebbero circostanze concorrenti in ordine alla struttura delle Commissioni tributarie. L'accenno che tocca in pieno il thema decidendum non � sviluppato; esso avrebbe richiesto, invece, un'approfondita dimostrazione, dato che, com'� stato rilevato dalla dottrina, la perdurante presenza, costituzionalmente legittima, di giudki speciali variamente costituiti e funzionanti fa venir meno la possibilit� di desumere dalla Costituzione il modello . di organo giurisdimonale: sicch�, allo stato della legislazione, la natura giurisdizionale o meno di un organo deliberante dipende necessariamente non dalla struttura ma dalla maggiore o minore indipendenza e principalmente dalla sua funzione. Ora, la funzione delle Commissioni tributarie, sia per quanto attiene alla semplice valutazione dei cespiti cui si riferisce l'imposizione, sia per le altre questioni relative all'imposizione stessa, � queLla di applicare la legge al caso concreto nel conflitto d'interessi suscitato dalla pretesa dell'Amministrazione di operare un prelievo di ricchezza dal patrimonio del contribuente e da1la opposizione di quest'ultimo circa l'insussistenza del potere di imposizione o le modalit� di esercizio di tale prelievo o circa la determinazione in concreto del quantum dovuto, determinazione che, stante la normale predisposizione di aliquote o tariffe del tributo, si risolve neH'accertamento deLla base imponibile. La dottrina pi� diffusa di diritto tributario insegna che l'accertamento tributario � un elemento indispensabile per stabilire che un credito di imposta � sorto e per fissarne l'ammontare: �, quindi, la condizione dell'esigibilit� di tale credito. Quale atto amministrativo, l'accertamento tributario � assistito da presunzioni di legittimit� e, nel concorso delle condizioni di legge, � esecutorio; per il che il contribuente � tenuto 542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a pagare secondo l'accertamento, anche se dovesse risultare evidente che la retta applicazione della leg.ge alla concreta fattispecie porterebbe ad escludere il debito o a liquidarlo in misura minore: per poter stabi lire a suo vantaggio la giusta volont� di legge, egli � costretto a speri mentare i rimedi giuridici predisposti dall'ordinamento. La funzione amministrativa, quindi, in questo schema di attivit� di imposizione si realizza, anche se non si esaurisce, con la notifica dell'atto di accertamento, che diventa definitivo se il contribuente non si avvale dei rimedi legali, a tutela del suo diritto soggettivo di non essere assoggettato a prestazione patrimoniale se non in base alla legge, rettamente applicata. � assolutamente fuori del sistema giuridico e si muove nel campo metagiuridico l'opinione che in questa attivit� del contribuente, specie se successiva ad una dichiarazione da lui presentata circa l'imponibile tassabile,� disattesa dall'Amministrazione finanziaria, si possa ravvisare una forma di collaborazione del cittadino all"attivit� amministrativa di accertamento, si da comprendere nella funzione am rriiniStrativa la divergen~a di apprezzamenti ed i mezzi di risoluzione di essa. D'altra parte, non si pu� neppure forzare il concetto dell'imparzialit� della P. A. (concetto suJ. quale J.a dottrina pi� recente fa eccessivo affidamento a diversi effetti), fino a sosten�re che l'Amministrazione � priva di capacit� di interesse nella stessa sua funzione tipica di concreta cura degli affari dello Stato, in particolare, nello svolgimento dell'atti. vit� finanziaria, e si trova, perci�, in grado di garantire al contribuente l'esatta applicamone della legge. Ed allora perde sul piano giuridico ogni importanza il riferimento, contenuto -in una delle sentenze richiamate della Corte Costituzionale ed implicito nelle altre, addotto per dare un certo inquadramento alla ritenuta attivit� amministrativa delle Commissioni tributarie, il riferi menio, si ripete, ad una non precisata nozione di attivit� amministrativa contenziosa. L'attivit� amministrativa � sempre l'attivit� pratka e con creta con cui lo Stato provvede al raggiungimento dei fini per i quali esso agisce, e, se anche la P. A. spontaneamente o su reclamo ricerca i limiti che l'ordinamento pone alla sua sfera df azione in considerazione della sfera di attivit� libera assicurata ai cittadini, questa ricerca svolge senza alcuna possibilit� di far valere l'accertamento cos� compiuto come concreta volont� di legge, che debba regolare lo specifico rapporto con un cittadino, �che tale volont� di legge contesti. Perci�, la qualifica di contenziosa data a certa attivit� amministrativa, anche se non legittima l'ironia dell'osservazione -fatta in passato da validissima dottrina che l'amministrazione non pu� consistere nell'amministrare contese, esprime solo modi formaili di essere dell'attivit� rivolta istituzionalmente alla tutela di interessi pubblici, colorata perci� di interesse di parte, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA e che pu� trovarsi e spesso si trova in conflitto reale con situazioni giuridiche che il cittadino ritiene siano a J.ui garantite dall'ordinamento. Ed allora, se la contestazione dell'accertamento tributario, lungi dal manifestare fa cooperazione del contribuente all'attivit� impositiva della P. A., denunzia una lesione potenziale o effettiva del diritto soggettivo del contribuente,' conseguente all'illegittimit� totale o parziale dell'accertamento stesso; se tale -contestazione � proposta nei confronti dell'autorit� impositrice, perch�, �nche neJ. caso -del resto normale di resistenza della stessa, la volont� di legge che deve regolare il caso concreto venga affermata autoritariamente, al fine della composizione della contestazione; se la contestazione � proposta, per il detto giudizio, dinanzi ad un organo che la legge dichiara tenuto esclusivamente alla applicazione della legge in base all'obiettiva considerazione dei fatti, delle circostanze e degli elementi tutti venuti a conoscenza dell'organo giudicante (com'� stabilito per le commissioni tributarie nell'art. 27, secondo comma, r.d.ol. 7 agosto 1936, n. 1639) si profilano i presupposti e gli elementi tipici perch� all'attivit� di giudizio delle Commissioni tributarie si debba riconoscere natura giurisdizionale. � noto che fa�a i vari criteri di differenziazione tra attivit� amministrativa ed attivit� giurisdizionale, proposti dalla dottrina, ha acquistato maggior credito quello che la differenza ravvisa nel fatto che, mentre l'amministrazione � attivit� primaria o originaria, imposta direttamente e immediatamente dalla legge ad organi pubblici, la giurisdizione opera, come attivit� secondaria, sostituendo il giudice al soggetto leso negli interessi a lui garantiti, per effettuarne quella reintegrazione che al detto soggetto � �inibita. Orbene, quando l:a Commissione tributaria dichiara illegittimo in tutto o in parte l'accertamento opposto dal contribuente, � evidente l'incolmabile distacco tra Amministrazione resistente, che ravvisa la tutela dell'interesse pubblico nella convalida del- l'accertamento impugnato, ed Organo deliberante che, applicando la legge in base all'obiettiva considerazione dei fatti, annulli l'accertamento illegittimo: distacco che, mentre pone la Commissione tributaria in posizione di alterit� rispetto alle parti contendenti, vieta di concepire un rapporto di identit�, sia pure in fasi progressive, tra l'attivit� deUa Amministrazione ed attivit� della Commissione, quale dovrebbe esservi, se le Commissioni effettivamente fossero chiamate a definire le controversie tributarie in via di controllo amministrativo di carattere repressivo; in tale ipotesi, inoltre, � chiarissimo l'effetto di sostituzione del giudizio della Commissione all'apprezzamento della Amministrazione in ordine alla sussistenza o al modo di essere del rapporto tributario, effetto necessario per la tutela del diritto soggettivo del contribuente. Tale posizione di alterit� e di distacco dell'organo decidente nei confronti dell'Amministrazione ~ stata resa ancora pi� netta con l'eli� minazione di situazioni che potevano far sorgere dubbi. Ci si riferisce 544 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al disposto dell'art. 50 della 1. 5 gennaio 1956., n. 1, che stabilisce doversi sia il contribuente che il procuratore delle imposte ritirare dall'aula di udienza, terminata la discussione, in modo che la decisione viene presa con la sola presenza dei componenti della Commissione, mentre in precedenza ad essa presenziava il Procuratore; ed al disposto dell'art. 5 della stessa legge, che, appunto in considerazione del carattere giurisdizionale del giudizio delle co~issioni tributarie, ha soppresso la facolt� delle commissioni stesse, in materia di imposte dirette, di awmentare d'ufficio l'accertamento: soppressfone che, proprio perch� rispondente ad un generale criterio di separazione di funzioni ontologicamente diverse, � stata, dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, applicata estensivamente (Cass. 20 febbraio 1967, n. 416; 20 aprile 1968, n. 1201). Gli elementi qualificanti fin qui esaminati assumono concretezza decisiva, se messi in relazione all'efficacia delle decisioni del.le commissioni tributarie. Queste, se non impugnate nei modi di legge, assumono carattere di definitivit� e di irrevocabilit�, con conseguente im-i mutabilit� dell'accertamento in esse contenuto: ed un accertamento fil immutabile � un accertamento che � fa stato �, come si esprime l'ar-ru ticolo 2909 e.e., per indicare l'effetto della cosa giudicata, tipico delle ' decisioni giurisdizionali. I Il carattere della definitivit� delle pronunzie delJe Commissioni, se ~ non impugnabili o non impugnate, � pacifico, anche per la presenza di r~~ locuzioni testuali nelle fonti normative. Anche il carattere di irrevoca-l\.:~.'z�.:;.�'::��'1 bilit� delle decisioni � fissato nella legge, quando questa, contro le . decisioni della Commissione provinciale ammette il ricorso per revoca-g zione; nei casi stabiliti 'dall'art. 395 c.p.c. vigente (art. 44 r.d. 8 luglio ~'.!~ 1937, n. 1516): mezzo questo, di impugnazione, col quale � possibile &; riaprire un rapporto processuale chiuso definitivamente con sentenza li.;.�~ passata in giudicato, se risulti �che la decisione del giudice pu� non ~,. corrispondere alla di lui volont�, perch� basata su un giudizio di fatto W ru ::~:~~o:~iu~e~;~,a;;:~~t=~":a!as:::z:u�~r::~i~e!:~od~ =~~ I=~ condizioni di fatto, in presenza delle quali soltanto poteva essere espii-,., cata la potest� di azione concessa dalla legge all'A�nministrazione (ec-1~ i cesso di potere per errore di fatto); e l'annullamento dell'atto viziato @ � un potere-dovere dell'Amministrazione, dato che almeno di regola I@ esso corrisponde alla� tutela dell'interesse pubblico verso cui era indi-� rizzata l'attivit� amministrativa viziata: interesse pubblico che � pre- I sente per definizione .nell'accertamento delle entrate tributarie. Sej al � contrario, nei confronti delle decisioni delle Commissioni provinciali, la revocazione � limitata a casi eccezionali tassativamente ,stabiliti dalla legge processuale e con l'impiego di un mezzo da proporre in un termine di decadenza, significa che l'istituto opera in via di eccezione alla regola PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dell'irrevocabilit� della decisione della Commissione, che sia non pi� impugnabile per essere il rapporto processuale chiuso definitivamente (o, a seconda dei casi, non � pi� operativo sulle questioni di fatto poste a fondamento della decisione, perch� definitivamente decise). Le decisioni delle Commissioni tributarie, dunque, acquistano valore di giudicato sul punto della legittimit� o illegittimit� della pretesa della P. A. di imporre il tributo. Si replica, per�, che l'effi.cacia o autorit� della cosa giudicata � destinata ad agire nel futuro, di fronte ai futuri processi, ed invece la controversia su cui ha provveduto la Commissione tributaria pu� essere portata, almeno di regola, alla successiva cognizione del giudice ordinario. L'osservazione di indubbia gravit� fu gi� confutata da queste SS.UU. con la sentenza 2 luglio 1950, n. 2164, che spieg� non contraddire al concetto di giurisdizione il fatto che di un medesimo rapporto giuridico conoscano due giudici di ordine diverso, uno speciale, l'altro ordinario, purch� la cognizione della lite da parte dt essi avvenga non in modo concorrente ma con sistema di subordinazione, nel senso cio� che il secondo giudizio avanti il giudice ordinario possa svolgersi solo quando il primo dinanzi al giudice speciale sia definito: in tal caso i due giudizi si presentano distinti ed autonomi. Tale confutazione pu� essere, per�, completata, Anzitutto la duplicit� di giudizi � esclusa, almeno di regola, nella vasta categoria delle controversie di estimazione semplice della base imponibile, sottratta alla sfera di competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria: sicch� viene a ridursi notevolmente il �campo di operativit� dell'osservazione in esame. Deve poi considerarsi che, per lo pi�, ed in particolare per le imposte che si riscuotano a mezzo di ruoli, mentre dinanzi alle Commissioni si discute dell'accertamento tributario, della legittimit� cio� delil'attivit� amministrativa rivolta a costituire in concreto il debito d'imposta nei confronti di un soggetto determinato, che contesta di essere tenuto a contribuzione, oggetto dell'azione giudiziaria � il debito d'imposta quale risulta costituito in virt� dell'accertamento gi� compiuto: quella � una giurisdizione di annullamento di atti amministrativi illegittimi, che prospettano la pretesa tributaria e sono potenzialmente lesivi del diritto soggettivo del contribuente; la giurisdizione deJ. giudice ordinario comporta la disapplicazione dell'accertamento illegittimo e dei successivi atti di riscossione (iscrizione a ruolo), a tutela dell'integrit� del patrimonio del contribuente nei confronti della medesima pretesa tributaria divenuta esecutoria e direttamente ed attualmente lesiva. L'esistenza di zone di interferenze tra i due giudizi non esclude che essi si presentino ontologicamente diversi ed autonomi, incidendo quello delle Commissioni sul procedimento di formazione dell'atto di accerta .�'. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento, quello del giudice ordinario sulla produttivit� di effetti, nella sfera patrimoniale del contribuente, dell'accertamento divenuto definitivo: con la conseguenza, normale nel sistema delle giurisdizioni differenziate, che la disapplicazione, da parte del giudice ordinario, dell'atto di accertamento illecito non elimina dalla realt� giuridica l'atto stesso m� lo rende privo di effetti. Tale diversit� ed autonomia dei due giudizi attenua notevolmente e forse elimina addirittura la rilevata stranezza di un giudizio che si svolge dinanzi a due ordini di giudici, ciascuno in diversi gradi e con possibilit� di passare al giudizio del magistrato ordinario senza esaurire i gradi del giudizio innanzi alle Commissioni tributarie. � anche opportuno ricordare che il sistema ora detto dei giudizi autonomi fu stabilito in stretta correiazione con il principio del � solve et repete �, che dava maggior risalto all'esigenza della garanzia .giurisdizionale anche nella fase formativa dell'atto di accertamento, ad evitare il pregiudizio del pagamento necessitato del tributo per poter far valere la tutela giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario: questo particolare aspetto del sistema ha perduto il carattere assoluto e determinante, con la dichiarazione di incostituzionalit� delle norme che avevano posto il principio del solve et repete: ma � rimasta vivamente sen.tita l'esigenza fondamentale di giustizia (tutelabile) anche nella fase di formazione dell'atto di accertamento. Per le imposte indirette sugli affari, qual'� il tributo di cui trattasi nella concreta fattispecie all'esame di queste Sezioni Unite, il sistema del contenzioso d� una di pi� per affermare il carattere giurisdizionale delle Commissioni tributarie, essendo stabilito che il giudizio (di secondo grado) delle Commissioni provinciali in tema di determinazione del valore � definitivo, salvo il ricorso all'autorit� giudiziaria per grave ed evidente error� di apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo nella determinazione del valore: skch�, l'azione dinanzi al giudice ordinario si pone come una vera impugnativa della decisione della Commissione provinciale, che, in caso di accoglimento della domanda, deve essere annullata perch� la stessa commissione possa poi pronunciare di nuovo sul merito (Cass., SS.UU., 8 maggio 1967, n. 896). Ora. a meno m �.�.;..: di non voler vedere, contro i principi, nella detta ipotesi, un caso di @ ~;~:�=: annullamento da parte del giudice ordinario di un provvedimento di amministrazione attiva, deve riconoscersi che la pronunzia di annulla I mento riguarda un provvedimento che attua una garanzia giurisdizio[ fil@i nale e, in tale sua essenza, � assoggettabile al controllo del giudice ordinario. llir* Ritenuta la duplicit� dei giudizi, si obietta, per�, che non si ravvisa l\H la ragione per cui la decisione del giudice ordinario dovrebbe sostituirsi a quella della Commissione tributaria relativa al medesimo rapporto, una volta esclusa una relazione di competenze funzionali di impugnazione. lii~i[ �� ~~~21'll1117~,.J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 547 Ma, a parte l'osservazione che tale rapporto funzionale, come ora s'� visto, sussiste talvolta nella legge, s'� gi� detto che non di .sostitu zione si tratta, bens� di provvedimenti con diverso contenuto e diversi effetti, relativi a fasi progressive di un'attivit� che (rivolta a stabilire un'obbligazione di dare a carico del cittadino ed a favore dello Stato sovrano, in attuazione dei �principi di libert� e di democrazia propri della moderna concezione dello Stato di diritto) il legislatore ha inteso sottoporre a controllo giurisdizionale in ogni sua fase, con i mezzi gpeci flci utilizzabili per ciascuna di tali fasi, secondo i criteri fondamentali dell'ordinamento. Se questa � la funzione delle Commissioni tributarie, se questi sono gli effetti delle decisioni da esse emesse, il loro inquadramento nell'ambito delle giurisdizioni appare corretto: gli argomenti formali o secondari che in vario senso possono addursi sulla questione, anche �{le non fossero privi di concludenza univoca, non potrebbero prevalere '~ quelli sostanziali e di struttura fin qui svolti. ���.. Elemento formale di scarsissimo rilievo, secondo le stesse sentenze �, Corte Costituzionale, � quello relativo alla qualificazione di Com" lpi �amministrative�, attribuita dal 11'.d.J.. n. 1639 del 1936 agli collegiali istituiti per �la :risoluzione in via amministrativa� ";l:troversie tributarie. Tale elemento formale, che ripete agget V.i leggi dell'epoca dell'unificazione della J.egislazione italiana ';;cazione politica dello Stato, trova contrapposti nelle pi� \joni che le Commissioni � giudicano �, che le loro decisioni .ad � appelJ.o �, e a �revocazione�, e nello sviluppo del \rutturato su principi propri del processo giurisdizionale .decisivo � il rilievo dato alla posizione, rispetto alla V:anziaria, dei componenti delle Commissioni, posi .'Q rispondente al pr1ncipio costituzionale dell'indi .�.. in considerazione. dei criteri di nomina, della \ potere di revocare la nomina e di dichiarare enti, del potere di scioglimento delle Commis 't� amministrative. 'rato in sede dottrinale, il rilievo pu� essere domandarsi se non ci si trovi in presenza Jtite illegittime, quando J.e norme stesse limitano ,...1 collegio giurisdicente �in violazione degli artt. 104 ~�tituzione. Pu� poi rispondersi, con le parole stesse della .,tituzionale (sent. 13 luglio 1963, n. 132; 3 dkembre 1964, ~) che �i membri delJ.e Commissioni distrettuali (e l'apprezzamento .ii pone in termini analoghi per i membri delle altre Commissioni tribu tarie) non sono soggetti all'Irntendente di Finanza, ma, al pari degli altri giudici, sono soggetti solfanto alla legge. Ed invero l'art. 27 del r.d.l. llij Ir,: 11 _.,~~~~~,~~Ai!P'PJ ] 548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, stabilisce espressamente che il giudizio dei componenti le commissioni sar� indirizzato esclusivamente all'applicazione della legge e aggiunge che essi hanno tutti identica funzione, esclusa ogni particolare rappresentanza di interessi territoriali, di categoria o di parte > : posizione di indipendenza che la Corte Costituzionale ha ravvisato non pregiudicata n� dal potere di scelta tra persone da aJ.tri designate a componenti delle Commissioni (potere attribuito all'autorit� amministrativa), n� dal vincolatissimo potere della stessa autorit� di revocare la nomina o di dichiarare la decadenza dalla carica delle persone nominate: in ci� ottenendo il consenso senza riserva della dottrina. Privo di consistenza '� anche l'altro rilievo che le Commissioni tributarie giudicano con un numero variabile di membri (art. 18 r.d. n. 1516 del 1937). L'argomento implica solo che nel sovrano apprezzamento della legge � il numero minimo dei componenti che rileva nella composizione del Collegio giudicante, mentre il maggior numero eventuale � previsto p~ esigenze di pratico funzionamento delle Commissioni in relazione al carico di lavoro ed al carattere non professionale dell'attivit� giudicante dei componenti. La stessa Corte costituzionale, del resto, come � stato rilevato da pi� parti, nella particola!l'e formazione che assume per i giudizi di accusa di cui all'art. 135, ultimo comma, della Costituzione, giudica con tutti i giudici della Corte, ordinari ed aggregati, che non siano legittimamente impediti ma con non meno di ventuno giudici, dei quali i giudici aggregati debbono essere in maggioranza (art. 26, I. 25 gennaio 1962, n. 20): � sicch� la composizione del Collegio varia in relazione a fatti casuali, pur essendo tale attribuzione della Corte di natll!l'a giurisdiziionale. Scarsa consistenza presenta poi l'argomento che attiene al ,potere residuo che alcune Commissioni hanno conservato di aumentare il valore imponibile, risultante dall'accertamento opposto, o di ordinare l'integra zione dell'accertamento sulla base di elementi indicati dalle Commis sioni stesse. Com'� stato accennato innanzi, il potere di aumentare di ufficio la base imponibile � stato soppresso in materia di imposte dirette ed � stato soppresso perch� s'� ritenuto non pi� consono ai principi ammettere che gli organi giudiziari (estranei all'amministrazione attiva) possano giungere addirittura a sostituirsi all'amministrazione stessa anche nell'atto di accertamento (Relaz. Comm. Finanza e Tesoro del Senato alla 1. 5 .gennaio 1956, n. 1). Se la soppressione non � stata estesa agli altri tributi ci� deve attribuirsi, qu~di, non alla natura amministrativa delle Commissioni, bensi ad una delle frequenti deficienze di collegamenti nell'esercizio della funzione legislativa, quando questa � svolta in settori differenziati della medesima categoria di rapporti. Comunque, r&rMl&'fillfffillllrwmr&Er@r&fmff&r:mrwr&c1rr0rr;mr0mmmrrr~rrrrnmMr1Mim1&@rmrninMrrrwrnn111mr0d@ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 549 non si vede perch�, sul piano dell'interpretazione del sistema del contenzioso tributario, dovrebbe darsi prevalenza alla residua commistione di funzioni delle Commissioni in un settore della finanza pubblica, retaggio di strutture antiche, e non alla ciI1costanza che per altro settore tale commistione di funzioni � stata di recente eliminata, con il dichiarato intento di seguire l'evoluzione moderna del sisteipa, che ha portato con sempre maggtore evidenza a qualificare giurisdizionale la funzione de11e Commissioni tributarie. Infine, proprio in relazione alle dette facolt� delle Commissioni, validissima dottrina ha osservato che compiti amministrativi svolgono eccezionalmente anche gli organi della giurisdizione ordinaria, i quali non per questo cessano di essere tali. In conclusione, quindi, appar�e fondato l'apprezzamento espresso da autorevole dottrina che le sentenze della Corte Costituzionale richiamate innanzi non recano un contributo di interpTetazione sistematica nuovo, rispetto a quello gi� criticamente vagliato e respinto da questa Corte Suprema e si limitano ad enunciare aspetti e profili del problema che, se pure giustificano i dubbi ricorrenti in dottrina intorno all'arduo dilemma, non dimostrano la loro incompatibilit� logico-giuridica con la natura giurisdizionale delle Commissioni tributarie. Ritenuta, perci�, l'ammissibilit� del ricorso, deve procedersi al- l'esame del merito di esso. I riicorrenti, nel primo motivo, denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2247, 2285, 2297 e.e., dei principi in materia di societ� irregolari, degli artt. 1'8 ed 87 tariffa all. A della J.egge di registro ed infine vizi di motivazione su un punto dedsivo. Essi sostengono che se � vero che la societ� di fatto comincia ad esistere, nei riguardi del fisco, nel momento in cui ne viene accertata l'esistenza, d� non significa che non ne possa essere considerata �ed apprezzata l'esistenza in data anteriore all'atto di enunciazione. La Commissione Centrale non poteva, quindi, rifiutare di valutare le prove offerte dai contribuenti circa la preesistenza di una societ� di fatto rispetto all'atto di enunciazione e circa la configurabilit� del recesso da tale societ�: tanto pi� che nella specie la dismissione della quota da parte di Maria Grazia Filiberti non veniva discussa e costituiva, anzi, il presupposto de11'assunta imposizione tributaria. Aggiungono i ricorrenti nel secondo e nel terzo motivo che la Commissione non ha prestato alcuna considerazione al problema della trasformazione della comunione ereditaria sulla fonderia in una societ� commerciale, per effetto della continuazione della gestione dell'azienda da parte degU eredi. La gestione comune dell'azienda, durata otto anni, aveva nella specie fatto acquisire anche alla Maria Grazia Filiberti la qualit� di socia della societ� costitu:ita per tale gestione: di conseguenza era configurabile il di lei recesso dalla societ�, recesso che comportava 550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la non applicabildt� dell'art. 18 delLa legge di registro, �che non contiene nessuna disposizione relativa alla �cessione delle quote sociali. Ad ogni modo, concludono i ricorrenti, tale norma concerne i contratti verbali di cessione della propriet� di un'azienda e non anche il trasferimento di una quota di aziend~, che ha diveriso contenuto giuridico e concreto (violazione sotto altri profili degli artt. 2247, 2285, 2297, in rapporto agli artt. 2248, 1100; 2255 e segg. c.�c., nonch� dell'art. 18 1. reg..e vizio di motivazione). Le censure sono prive di giuriidico fondamento. La Commissione ha preso atto che, nell'istrumento per not. Pedoja, registrato a Gallarate il 3 gennaio 1956, Luciano e Giancarlo Filiberti avevano dichiarato di vol�r procedere alla regoLarizzazione -in societ� in nome �Collettivo -della societ� di fatto tra essi due esistente, denominata Fonderia Luigi Filiberti di eredi Filiberti e derivata dalla ditta individuale Luigi Filiberti, per effetto della successione apertasi alla morte del titolare. Essendo la detta enunciazione, nel significato tecnico che tale nome assume nella legge di r�egistro (art. 62), limitata alla convenzione verbale di costituzione della societ� di fatto tra i due fratelli Luciano e Giancarlo Filiberti, non poteva �dirsi enunciata la costituzione. della precedente, diversa :societ� di fatto tra tutti e tre i figli, eredi di Luigi Filiberti, in essi compresa la Maria Grazia. Ora, la societ� di fatto, agli eflletti specifici de1la legge del registro, comincia ad esistere soltanto quando l'esistenza viene denunciata all'ufficio ai fini dell'applicazione della relativa imposta e pi� precisamente quando l'atto che la costituisce o che, sia pure in via di enunciazione, ne afferma l'esistenza viene presentato per la registrazione (Cass., 12 novembre 196�5, n. 2357). Di conseguenza de1la �asserita societ� di fatto tra i tre fratelli, non dsultante nei modi previsti dalla legge del registro, legittimamente� l'Amministrazione finanziaria non ha tenuto �conto. Tanto pi� che tale societ� di fatto neppure doveva necessariamente ipresupporsi, essendo possibile che l'azienda venga esercitata non da tutti ma solo da uno o da alcuni dei coeredi, nel qual caso la comunione incidentale � limitata all'azienda come relitta dal de cuius, con gli elementi materiali e immateriali esistenti �al momento dell'apertura della successione, mentre il successivo esercizio di essa, con gli incrementi personalmente apportati dal �coerede o dai �Coeredi gestori, non pu� essere imputato che a costoro ed alla societ� da essi �costituita (Ca.ss., 10 giugno 1968, n. 1810). D'altra parte, nella specie l'obbligazione tributaria � stata accertata esistente non in base ai principi de1l'enunciazione, ai quali esclusiva-� mente si riferiscono le sentenze richiamate dai ricorrenti, bensl in applicazione del diverso istituto dei cosiddetti trasferimenti presunti, rego ~ J, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 551 lati nell'art. 18 1. registro. Dispone tale norma, fra l'altro, che i contratti verbali di cessione della propriet� di un'azienda industriale debbono essere denunziati e sottoposti a registrazione a cura delle parti interessate, nelle forme previste dall'art. 79, entro venti giorni da quello in cui i contratti medesimi ebbero principio di esecuzione. In mancanza di denunzia, per procedere d'ufficio basta il fatto che �si abbia prova di ,convenzione che faccia presumere legalmente nel nuovo possessore il diritto di propriet��. Nella specie appunto, in mancanm di denunzia specifica, l'ufficio del registro ha presunto l'esistenza di contratto verbale di cessione della quota di compropriet� dell'azienda industriale spettante ad Anna Maria Filiberti daU'esibizione dell'atto con il quale Luciano e Giancarlo Filiberti si erano qualificati unici componenti della societ� di fatto costituita per la gestione della fonderia, proveniente dall'eredit� paterna e tale azienda avevano posto come oggetto dei rispettivi conferimenti: e non era affatto tenuto l'ufficio a presumere invece� la costituzione di una societ� di :futto tra i tre fratelli, conce:mente la gestione dell'azienda comune, sia perch� il cennato articolo 18 non :fa riferimento a tale fatto giuridico, sia perch� dalla convenzione registrata non si ricavano elementi, tanto meno elementi univoci, da porre a base della presunzione di costituzione di tale societ� e del successivo recesso da essa di Maria Grazia :miliberti. La presunzione cosi affermata daU'Ufficio ammetteva prova conria, ma tale prova che nell.a specie i rkorrenti intendevano ricavare daUa costituzione della societ� fra i tre fratelli, cio� daU'esistenza di un contratto avente tale oggetto, imphlcava che il contratto stesso dovesse essere registrato con ilpagamento dell'imposta prevista dall'art. 81 della tariffa all. A, perch� potesse esser fatto valere nei confronti della Amministrazione finanziaria e perch� potesse pretendersi la registrazione a tassa fissa dell'asserito successivo atto di recesso della Maria Grazia Filiberti. Infondata � anche la tesi accennata nel terzo motivo del ricorso, cio� .che il cennato art. 18 non ,concerne la vendita di quota di azienda, ma solo il trasferimento dell'intera azienda. Lia locuzione generica usata in detta norma, relativa a �contratti verbali di cessione di propriet�... di un'azienda di industria o commercio�, messa in relazione alla dispo sizione �generale dell'art. 1 defila legge, che assoggettata a registrazione ed a pagamento delle tasse refative le trasmissioni della propriet�, del- l'usufrutto, dell'uso o del godimento di beni o di altro diritto reale, cio�, in genere, tutti gli atti traslativi di diritti reali (ved. anche art. 1 tariffa aU. A) convince 'che sono soggetti a registiiazione, anche ai sensi dell'art. 18, le �convenzioni relative a trasferimenti di quote di aziende industriali. -(Omissis). 13 552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2�0 giugno 1969, n. 2176 -Pres. Tavolaro -Est. Leone -P. M. Criscuoli (conf.) -Molina (avv. Milanesi) c. Ministero delle F�inanze (avv. Stato Avella). Imposta di registro -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Vendita isolata.di negozi -Inapplicabilit� delle agevolazioni. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17; 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1; 1. 2 dicembre 1967, n. 1212, disposizioni legge in gen., art. 15). La riduzione delle imposte di trasferimento disposta dall'art. 17, primo comma, della l..2 luglio 19:49, n. 408, non spetta alle vendite isolate di negozi, perch� � tuttora in vigore la espressa esclusione di tale beneficio, stabilita dai successivi commi secondo e terzo, quando la vendita di negozi non sia conclusa con lo stesso atto di trasferimento dell'intero fabbricato o concerna negozi considerati unitd economiche a se stanti (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso il Molina denunzia violazione �degli artt. 17, 1. 2 luglio 1949, n. 408, 1 1. 6 ottobre 1962 n. 1493, unico 1. 2 dicembre 1967 n. 1212; 15 delle disp. sulla legge in .generale, nonch� falsa applicazione del secondo e del terzo comma del citato art. 17 della legge n. 408, del 1949. Egli sostiene che la lettera e 1a ratio dell'art. 1 della legge n. 1493 del 1962 dimostrano che il legislatore ha inteso sottoporre alla medesima disciplina sia la vendita li:solata degli uffici sia la vendita isolata dei negozi. E poich� alle vendite isolate degli uffici vanno concesse le agevolazioni previste d:alla legge n. 408 del 1949 e successive proroghe, anche Je vendite isolate dei negozi fruiscono dello stesso trattamento di favore. Invero le disposizioni dei comma seeondo e terzo dell'art. 17, 1. n. 408 del 1949, in quanto incompatibili con quella dell'art. 1 della 1. n. 1493 del 1962, debbono ritenersi tacitamente abrogati. Anche in �Considerazione del (1) Sulla importante questione relativa alla applicabilit� alle vendite isolate di negozi dei benefici fiscali di cui all'art. 17 della I. 2 luglio 1949, n. 408 � sfata pubblicata in questa Rassegna. 1969, 1, 336 la sentenza della Cqrte App. Napoli, 23 novembre 1968, n. 2563 (con nota di LAPoRTA) che aveva gi� accolto la tesi negativa sostenuta dalla Amministrazione. In quell'occasione si � segnalato che la stessa questione era stata sottoposta all'esame della Cassazione. Ora, con la sentenza in esame, le Sezioni Unite della Cassazione, ripudiando le contrarie affermazioni di cui alla sentenza, Sez. I, 21 m.arzo-20 giugno 1969, n. 2178, hanno condiviso la stessa soluzione negativa, e tale pronuncia pu� ben dirsi definitiva in argomento. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 553 chiaro disposto dell'art. 1 della I. 2 dicembre. 1967, n. 1212 (applicabile alla specie come jll!S superveniens), interpretativo della legge citata del 1962, non si pu� dubitare che i benefici suddetti sono �concessi anche aUe vendite isolate dei negozi. Nella memoria il ricorrente deduce, per il caso che l'interpretazione da lui propugnata non sia accolta, che il secondo ed il terzo comma dell'art. 17 della I. 2 luglio 1949, n. 408 sono ilJ.egittimi, perch� in contrasto �con l'art. 3 della Costituzione. Le �Censure sono prive di fondamento giuridico. Queste Sez. Un. sono informate del contrasto di opinioni in atto circa la questione che si agita nella presente controversia; e sono anche a conoscenza che la questione stessa � stata gi� esaminata dalla Sez. I di questa Corte con fa sentenza 21 marzo 1969 nella causa Amministrazione Finanze c; Ghezzi, che ha ritenuto spettare anche alle vendite isolate di negozi il beneficio della riduzione delle imposte di trasferimento, disposto .nel primo �comma dell'art. 17 della l. 2 luglio 1949, n. 408, in quanto l'espressa .esclusione del beneficio, stabilita nei .successivi comma secondo e terzo, sarebbe venwta meno per effetto dell'art. 1 defila ~-6 ottobre 1962, n. 1493 -interpretato autenticamente con la I. 2 dicembre 1967, n. 1212 -allorch� ha disposto che le .agevolazioni previste per le case di abitazioni dalla I. n. 408 del 1949 si appHcano anche agli uffid e negozi. Queste Sez. Un., riesaminata a fondo la questione, giudicano che il benefido non spetti, perch� permane l'espressa esclusione da esso dehla vendita di negozi, quando non sia conclusa con lo stesso atto cli trasferimento dell'intero fabbricato o concerna negozi considerati unit� economiche a se stanti: e che, pertanto nella specie, debba essere confermata la decisione della Commissione Centrale delle imposte che �in tal modo ha provveduto. La :I. 2 luglio 1949, n. 408, fonte inesauribile di gravi controversie, tali da rendere necessario il ripetuto intervento interpretativo e chiarificatore del legislatore, volendo favorire l'incremento della costruzione di case di abitazione non di lusso, ha stabilito varie agevolazioni tributarie per le dette case di abitazioni, anche se comprendono uffici e negozi (locuzione non appropriata della norma, che evidentemente si riferisce ai fabbricati per case di abitazioni, costituiti in parte da uffici e negozi) : tali benefici vrunno dalla esenzione dell'imposta fabbricati (art. 13) e dalla riduzione delle imposte sui contratti di acquisto delle aree, sui contratti di appalto e sui contratti di finanziamento (artt. 14 e 15), alla esenzione dell'imposta di consumo sui materiali da costruzione ed alla riduzione delle imposte sui trasferimenti, in un determinato periodo di tempo, degli immobili costruiti (art. 17). Quest'ultimo beneficio presenta la particolarit�, rispetto agli altri ora detti, di riferirsi ad una fase successiva alla costruzione dei fabbrtcati, nella quale questi presentano I l I iI I I I 1 554 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO specificit� di caratteri costruttivi e di destinazione economica: in questa fase sono agevolati i trasferimenti delle case costruite ai sensi dell'art. 13 della legge (cio�, come s'� detto, le case di abitazione anche se comprendono uffici e negozi, costruite in certo periodo di tempo), mentre sono espressamente escluse dal beneficio la vendita di negozi, che non sia effettuata con lo stesso atto con cui � trasferito l'intero fabbricato e la vendita isolata di negozi, �che costituiscano unit� economiche a s� stanti (art. 17 citato, comma secondo e terzo). La norma, quindi, letta nel significato positivo ed attributivo, concede il beneficio della ridu:llione dell'imposta sui <trasferimenti, oltre che ai trasferimenti di case e di uffici, anche alla vendita di negozi, effettuata �con lo stesso atto di trasferimento dell'intero fabbricato; ~ presente nella considerazione della norma la vendita dei negozi di nuova costruzione ed � presente con la netta distinzione tra vendita effettuata con lo stesso atto �con il quale viene trasferito l'intero fabbricato e vendita conclusa con atto �Separato o vendita isolata di negozi, che costituiscono unit� economiche a s� stanti. Se da tale contenuto della norma si cerca di ricavare la ratio legis dell'inclusione nel beneficio di alcune vendite di negozi e di esclusione di altre vendite di tali locali, pare necessario identificare la ratio stessa nelfa .considerazione che l'interesse pubblico alla costruzione di case per abitazione porta anche a favorire i trasferwenti che concorrono a :realizzare tale interesse pubblico con la concreta destinazione delle costruzioni ad abita2lioni o a sedi di attivit� professionali e simili (uffici in genere) e pu� spingersi fino a :l�avorire strumentalmente fa speculazione dehl.'imprenditore che alieni n risultato complessivo della sua realizzazione edilizia; ma non pu� spingersi a considerare con favore, sia rpure indirettamente, la speculazione degli imprenditori commerciali che per lia loro attivit� hanno bisogno di locali di vendita e che verrebbero a lucrare ingiustificatamente (in aggiunta ai benefici eventualmente concessi da altre leggi per le attivit� di commercio) l'importo della riduzione dei tributi di trasferimento, che normalmente fanno carico agli acquirenti, nei rapporti interni t~a i contraenti delle vendite. I� noto che la 1. 2 lug.Uo 1949, n. 408, ha dato subito luogo alla questione relativa alla nozione di � case di abitazione anche se comprendono uffici e negozi � : � apparso pacifico �che le unit� immobiliari di uffici e negozi doves,sero essere in proporzione ridotta rispetto a quelle destinate ad abitazione nel medesimo fabbricato, ma non � stato identifkato con sicurezza il criterio di proporzione, ravvisato dagli organi finanziari in un certo rapporto tra i redditi dei locali (in applicazione del sistema adottato dalla 1. 11 luglio 1942, n. '843, in tema di imposta sui fabbdcati), mentre gli organi giudiziari stabilivano che doveva essere prevalente la superficie destinata a case di abitazione rispetto a quella occupata da uffici e negozi. _;< -1 :=W m :;f, g ? m:: !I _.,,,,.,.,4MV~~ . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 555 Proprio per dirimere tale contrasto � stata emanata la I. 6 ottobre 1962, n. 149'3, che, nell'interpretazione di questa Corte Suprema, ha introdotto, quanto all'applicazione dei benefici fiscali ai locali destinati ad uffici e negozi, un preciso limite, stabilendo che i benefici competono sempre che ai detti locali sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale dei piani sopraterra (Cass. 11 giugno 1964, n. 1456). Opportunamente la difesa dell'Amministrazione, nella memoria, ha ricordato quanto si legge nella relazione ministeriale al disegno di detta legge. La relazione, premesso �che in virt� della legge del 1949 gli uffici e negozi possono beneficiare delle facilitazioni tributarie, se sono � compresi � in case di abitazione, cio� non solo se facciano parte di un fabbricato destinato in parte anche ad abitazioni ma altresl se la parte destinata ad abitazione sia prevalente rispetto a quella destinata ad uffici e negozi, richiama il contrasto interpretativo in ordine al criterio per stabilire tale prevalenza ed afferma � la necessit� di risolvere una volta per tutte la controversa questione in via legislativa � : necessit� cui s'� provveduto con l'art. 1 del diseg�no di legge, illu.strato con \la relazione, in via di interpretazione della legge del 1949. Se questa � stata la genesi e \la finalit� della legge del 1962, � evidente che, se un � quid novi � essa ha introdotto nella disciplina normativa della materia, questo quid � rappresentato solo dalla determinazione specifica del criterio di prevalenza .delle ab�ltazioni rispetto agli uffici e negozi del fabbricato da considerare agli effetti delle facilitazioni tributarie non dall'introduzione di una radicale modificazione dello stesso sistema di benefici tributari, !in attuazione di una �:ratio� intrinsecamente diversa da quella ispiratrice della legge del 1949, tale da prendere in considerazione e favorire .,---e questo implicitamente anche quelle situazioni speculative che nella legge del 1949 erano state ritenute estranee agli interessi pubblici da tutelare e che, certo, medio tempore non avevano cambiato natura economica o giuridica. Del resto le .locuzioni testuali dell'art. 1 della I. 6 ottobre 1962, n. 1493 non pare che consentano consistenti dubbi sul punto che con essa non s'� presa in considerazione la situazione dei negozi, per un trattamento ad essi specifico, volto ad eliminare l'esclusione dai benefici fiscali del\l.e vendite dei negozi, gi� stabilita dai comma secondo e terzo dell'art. 17 della I. n. 408 del 1949. Il detto art. 1 afferma semplicemente che le agevolazioni fiscali previste per le case di abitazione dalla legge del 1949 e da altre leggi successive sono applicabili anche ai locali destinati ad uffici e negozi, quando a questi ultimi (cio� ai negozi, secondo l'interpretazione autentica data con la 1. 2 dicembre 1967, n. 1212) sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale nei piani sopraterra: precisandosi cos� il sistema complessivo delle agevolazioni fiscali per le costruzioni edilizie, ma senza considerare n� le I' I ~ I @. [ II �--~ .. ~ - 556 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO singole agevolazioni, !Ill� le ,categorie di atti comipresi o esclusi dai benefici fiscali, materia questa che non aveva dato luogo a diretti contrasti di interpretazione o di applicazione della disciplina normativa. Quando, perci�, nella richiamata sentenza Finanze-Ghezzi si afferma che c'� qualche cosa di nuovo nella legge del 1962 rispetto a quella del 1949, perch� si dispone che le agevolazioni previste da tale ultima legge si applicano anche agli uffici e negozi, si parte da una considerazione imprecisa della legge del 1949, che gi� nel testo originario non si applicava solo �lle case di abitazione, ma, come s'� detto innanzi, ai fabbricati per case di abitazione anche se comprendenti uffici o negozi: e, naturalmente, si arriva a risultati non validi sul piano della logica ermeneuti.ca, in quanto si attribuisce alla legge integrativa del 1962 un contenuto innovativo, che essa non presenta, nella pretesa estensione, se si coI11Sidera che gli artt. 13 e 17 della I. n. 408 del 1949, gi� regolavano la materia delle agevolazioni tributarie alle vendite di uffici e ne�gozi, applicando i benefici alle vendite dei locali per uffici ed alle vendite dei locali di vendita al pubblico, se concluse contestualmente al trasferimento dell'intero fabbricato. Consegue ulteriormente che l'approfondita indagine ivi svolta circ,a il carattere interpretativo o innovativo della legge del 1962, pur essendo corretta, si presenta sfuocata e non conclusiva, dato che il contenuto innovativo della legge del 1962, in ogni caso, non � quello ritenuto nelJa citata sentenza. Questa, al rilievo molto calzante che, se avesse voluto provvedere ad eliminare l'esclusione dai benefici di qualsiasi vendi<ta dei negozi, la legge del 1962 non avrebbe avuto ragione di menzionare anche gli uffici, che invece menziona unitamente ai negozi, replica attribuendo al provvedimento normativo un intento di chiarificazione anche sul punto del regime tributario dei tras:ferimenti dei locali destinati ad uffici; ma simile in.tento risulta essere estraneo alle rappresentazioni formative della mens legis indicate nella cennata relazione al disegno di legge divenuto poi la I. n. 1493 del 1962 ed � respinto dalla struttura letterale e logica defilo stess�o testo dell'art. 1 di tale legge, nella quale uffici e negozi sono considerati insieme, perch� insieme debbono concorrere a m formare la superficie proporzionale minore dei locali non destinati ad I 0 abitazione nell'intero fabbricato. 'ii Infine, l'argomento addotto a conferma della tesi accolta nella cennata sentenza, cio� che la concessione di agevolazioni, prima non spettanti, alle vendite di negozi troverebbe spiegazione nella contestuale I r:f~ diminuzione percentuale (dal 49 al 25 per cento) della porzione di fab~ J.~ bricafo destinabile teoricamente a negozi, appare non conforme al principio che i benefici fiscali di natura obiettiva debbono trovare la ragione giustificatrice in un interesse specifico della collettivit�: interesse che, nella specie, non pu� certo ravvisarsi nella minore consistenza di un fatto economico di speculazione privata, gi� escluso dai medesimi bene- i i f:~ J~t Ml ~~~~AF~J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 557 fici tributari, proprio in considerazione di tale carattere speculativo. Il r1corrente eccepisce, come s'� visto, nella memoria, che con la mteripretazione qui accettafa il secondo e terzo comma dell'art. 17 della l. n. 408 del 1949 sarebbero costituzionalmente illegittimi, perch�, in violazione del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, favorirebbero solo i cittadini economicament� pi� qualificati, .che possono comprare l'intero fabbricato costituito da abitazioni, uffici e negozi. La deduzione � palesemente infondata, perch� il principio della eguaglianza dei cittadini davanti alLa legge ha inteso assicurare agli stessi parit� di diritti e di doveri quali componenti dell'unico consorzio civile e partecipi della medesima organizzazione politica, economica e sociale del Paese, ma non impedisce che il legislatore, nel dettare la disciplina normativa di una fattispecie astratta, tale fattispecie tipica possa stabilire in un atto economico di un determinato contenuto, eguale per tutti i consociati, anche se, per il contenuto cos� stabilito, l'atto economico non sia alla portata di tutti i cittadini. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2303 -Pres. Flore -Est. Tamburrino -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Eraclea (avv. Uckmar). Imposta generale sull'entrata -I.G.E. all'importazione -Importazione di nave armata -lntassabilit�. (I. 19 giugno 1940, n. 762, art. 17). Non � tassabile con la imposta detta � I.G.E. all'impOTtazione > di cui all'art. 17 della l. 19 giugno 19.40, n. 762, la imvortazione in Italia di una nave straniera armata, che abbia formato oggetto di compravendita tra un imprenditore commerciale marittimo straniero ed un imprenditore commerciale marittimo italiano, aiza cui impresa commerciale .di navigazione la nave medesima sia destinata (1). (Omissis). -L'unico mezzo di gravame attiene ana questione fondamentale dibattuta nelle :fasi di merito, relativa all'assoggettamento (1) In questa Rassegna (1968, 1, pag. 1063) si � data notizia del contrasto � giurisprudenziale formatosi in seno alla prima sezione della Corte di Cassazione in ordine alla nota questione della tassabilit� ex art. 17 della legge n. 762 del 1940 della importazione dall'estero di nave armata, e si � -preannunciato che in proposito si era in attesa di nuove pronuncie delle Sezioni Unite. Con la sentenza in rassegna e con altre di pari data da n. 2304 a n. 2310 le Sezioni Unite hanno ora deciso la detta questione in senso sfavorevole alla Amministrazione e non � dato prevedere un mutamento di tale giurisprudenza. 558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i I I o meno della nave armata, importata dall'estero, alla cosidetta imposta j I.G.E. alla importazione, previ.sta dall'art. 17 della I. 19 .giugno 1940, ! n. 762. Il problema che ha dato luogo a notevoli dubbi e discussioni, i tanto da essere stato risolto diversamente da questa Corte Swprema (e tale contrasto di giurisprudenza ha portato alla assegnazione del presente rko11so alle Sez. Un. ai sensi dell'art. 374, secondo comma, I c.p.c.) presuppone la precisa determinazione della natura delle norme da applicare. � noto che la imposta generale sull'entrata fu istituita con la richiamata I. 19 giugno 1940, n. 762 (legge di conversione, con mo I difi.che del r.d.l. 9 gennaio 1940, n. 2) e precisamen~e dall'art. 1 secondo cui �l'entrata in danaro o con mezzi di pagamento sostitutivi del denaro, conseguita da persone fisiche, da persone giuridiche e da enti di ogni specie tanto nazionali che stranieri, in corrispondenza di cessione di beni o di prestazione di servizi effettuate nello Stato � .soggetta ad una imposta proporzionale � nella misura e nelle modalit� stabilite dalla legge, Lo stesso art. 1 prevede esenzioni di carattere generale, tra .ie -~ quali alla -lettera a) del terzo comma � le somm� introitate a titolo di :~ capitale, le somme costituenti corrispettivo di alienazione di immobili, di aziende, di titoli pubblici e privati, ovvero dipendenti da accensione e da estinzione di debiti>. La stessa legge, poi, nel titolo VII dedicato aUe � importazioni ed esportazioni > contiene l'art. 17 secondo il quale � in corriSlpondenza dell'imposta stabilita dall'art. 1 della presente legge sulle merci importate dall'estero � dovuta, per il faitto obiettivo della importazione, una imposta � nella stessa misura > stabilita per \I.e entrate derivanti da trasferimento di merci nello Stato> (primo comma), imposta da corrispondersi �in modo virtuale alle dogane all'atto di sdoganamento della merce> (comma secondo). Negli articoli successivi dello stesso titolo si pongono le. disposizioni necessarie per la corresponsione (art. 18) quelle relative all'importazione temporanea (art. 19), all'esenzione dalla imposta di determinate merci, esenzioni stabilite particolarmente �agli effetti della importazione> (art. 20), nonch�, infine, quelle speciali per la esportazione (art. 21). Come dianzi accennato il problema posto a queste Sez. Un., in jjj ;j I relazione alla presente fattispecie, in cui � stato pacificamente accertato fr< ' in sede di merito (e da tale accertamento ovviamente non pu� decam l l ~ parsi nella indagine giuridica che segue) che si � in presenza di nave �armata > venduta da un imprenditore. commerciale estero ad un imprenditore commerciale italiano e quindi importata per essere destinata f@ i ad una impresa commerciale di navigazione, si sostanzia nel quesito ' se ad una siffatta nave, nelle suddette condizioni, possa o meno applicarsi la imposta istituita dall'art. 17 del:la legge del 1940. La sentenza ~ impugnata ha seguito la tesi negativa, della esclusione della imposta nel caso in esame (tesi seguita anche da un gruppo di sentenze di questa ~~~~~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 559 Suprema Corte; cio� daJ.la sentenza 14 novemcbre 1968, n. 3732 e dalla sentenza 9 febbraio 1969, n. 522). L'opinione si basa su due affermazioni fondamentali. In primo luogo la imposta di cui all:'art. 17 non sarebbe qualcosa di distinto e separato dall'imposta generale di cui all'art. 1 della stessa legge del 1940, perch� tra le due imposte vi sarebbe uno stretto parallel1smo, come risulterebbe dalla lettera e dalla �ratio� della legge istitutiva, onde non potrebbero non applicarsi �lla importazione ed alla imposta di cui all'art. 17, le esenzioni di carattere gen~rale, tra cui quella della lettera a) del terzo comma dell:'art. 1, nel senso che non potrebbero essere ritenuti soggetti al tributo per l'importazione quegli atti economici (alienazione di immobili, aziende e comunque movimenti di capitale) che non rientrano nel concetto di atti aventi ad oggetto �merci destinate allo scambio ed al consumo � e che perci� non sarebbero assoggettati alla imposta generale sull'entrata ove fossero posti in essere nel territorio nazionale. In secondo luogo la opinione in esame fa leva sul concetto di �merce�, di cui all'art. 17 della legge in esame ed esclude che la nave armata oggetto di compravendita tra due imprenditori commerciali possa configurarsi quale � merce � e ritiene che invece essa, poich� � in funzione di una impresa commerciale marittima, costituisca azienda e quindi il suo trasferimento tra i suddetti imprenditori commerciali non possa mai definirsi importazione di merce. L'opinione opposta � propugnata nel ricorso (e tale tesi � stata anche seguita dall'altro gruppo di decisioni di questa Suprema Corte e cio� da sei sentenze in data 31 ottobre 1968, nn. da 3641 a 3646, e dalla sentenza 14 novembre 1968, n. 3731). Questa seconda opinione fa anche essa leva sui medesimi punti dianzi accennati, ma in modo del tutto contrario. Cosi in primo luogo si afferma che dalla lettera e dalla ratio dell'art. 17, in relazione a quelle dell'art. 1 dovrebbe rilevarsi la completa indipendenza ed autonomia reciproca delle due imposte, collegate solo formalmente (stessa legge), occasionalmente e storicamente (stesso momento di introduzione), onde l'imposta di~cui all'art. 17 che � dovuta per il sol� fatto obiettivo della importazione sarebbe dovuta solo e sempre che sussistano unicamente i requisiti e presupposti stabiliti dall'art. 17, le uniche esenzioni possibili sarebbero quelle, previste particolarmente per essa, dall'art. 20, mentre non potrebbero estendersi le esenzioni previste dall'art. 1 per la diversit� dell'imposta da questo articolo regolata. E parimenti, in secondo luogo si afferma che il concetto di merce di cui all'art. 17 andrebbe inteso nel�l'amrpio senso che le va dato in materia doganale (in quanto l'imposta di cui all'art. 17 sarebbe una vera e propria imposta doganale) e quindi in tale concetto rientra anche la nave importata, sia essa armata o non armata. 560 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Queste Sez. Un., dopo attento ed approfondito riesame del1a questione, ritengono di dovere accedere alla tesi negativa, e cio� di dovere affermare il principio �che non � tassabile con l'imposta detta � I.G.E. I all'importazione � di cui all'art. 17 della 1. 19 giugno 1940, n. 762, la importazione in Italia di una nave straniera armata, che abbia formato I oggetto di compravendita tra un impMnditore commerciale marittimo straniero ed un imprenditore commereiale marittimo italiano, alla cui impresa commerciale <;li navigazione la nave medesima sia destinata. Tale affermazione si fonda.su un complesso di ragioni. � noto che l'imposta generale sull'entrata di cui aU'art. 1 della legge del 1940 mira a colpire ogni corrispettivo della prestazione di un bene o di un servizio, come risulta dalle specificazioni contenute negli artt. 2 e 3 della stessa legge: colpisce cio� ogni atto di scambio di ricchezza avvenuto nel territorio dello Stato in occasione dello svolgimento di un'attivit� economioa. Il che spiega l'esenzione prevista dalla lett. a) del terzo comma dell'art. 1, poich� se H presupposto dell'imposizione � il conseguimento di un'entrata come corrispettivo di una controprestazione (.cessione di un bene o prestazione di un servizio) appare chiaro che l'imposizione medesima non pu� colpire il movimento di capitali o le somme introitate come corrispettivo non di vendite o cessioni di beni destinati aUo scambio, ma di aziende. Quindi .gli scambi di ricchezza, le entrate dovute a cessioni di beni o a prestazioni di servizi sono colpite, quando tali atti economici sono compiuti nel territorio dello Stato. In tal guisa sarebbero rimaste fuori dell'ambito della imposizione le entrate provenienti dall'estero e le entrate o scambi di ricchezza conseguenti a importazioni di beni, cio� le entrate nel territorio nazionale di beni provenienti dall'estero e suscettivi di scambio e di produzione di ricchezza, produttivi di quei corrispettivi che sarebbero stati assoggettati all'imposta, se l'atto economico fosse stato posto in essere esclusivamente nel territorio nazionale. Tale evidente sperequazione ha voluto evitare la norma dell'art-17 introducendo, parallelamente alla imposizione generale sull'entrata, quando questa avvenga nel terititorio nazionale, una imposizione sull'entrata quando avvenga in conseguenza di immissioni dall'estero di beni destinati allo scambio ed al consumo (cio� di quegli stessi beni �che se scambiati o prodotti in Italia, sarebbero stati colpiti dall'imposizione generale). Di guisa che come il fatto o presupposto che d� luogo all'imposizione di cui all'art. 1 � il fatto economico produttivo del bene o dell:a prestazione che d� luogo all'entrata, cosi il fatto che d� luogo all'imposizione di cui all'art. 17 non pu� che essere l'importazione, che costituisce l'ingresso del bene nel territorio nazionale (e la suscettivit� di esso a produrre in questo ricchezza). E parimenti, poich� il parallelismo e la perequazione devono valere non solo dal lato positivo (imposizione) ma anche dal lato negativo (limiti dell'imposizione stessa ed esenzioni) altrimenti PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 561 si cadrebbe nella sperequazione voluta evitare, come la imposizione di cui all'art. 1 colpisce i corrispettivi di prestazioni di beni o di servizio, escluso il movimento di capitali o il �corrspettivo di cessioni che non riguarda�no la prestazione o lo scambio di un bene, cosi la imposizione dell'art. 17 non pu� non colpire l'importazione e cio� l'ingresso nel territorio nazionale di merci, intese nel significato ristretto e proprio di beni destinati allo scambio o al consumo o alla produzione di altri beni e cio� suscettive di un significato economico analogo e parallelo a quello di cui sono suscettivi i beni scambiati e pi-odotti in Italia ed assoggettati all'imposta generale. Il parallelismo e la perequazione verrebbero meno e si sarebbe stato in presenza dell'introduzione di una imposta pi� ampia �e di cui non si spiegherebbe la causa giuridica ed economica d~ll'imposizione ove al concetto di merce si desse il significato amplissimo cui pure � dato da talune leggi, come da quelle doganali, relativa a qualsiasi cosa che venga importata o introdotta in Italia. Laddove la causa ecortomica e giuridica dell'imposizione di cui all'art. 17 non � il colpire l'importazione o la cosa importata, perch� gi� v'� l'imposta doganale al riguardo, ma il colpire il bene o merce che viene dall'estero e che � produttivo nel territorio nazionale di quell'entrata che � colpita con l'imposizione introdotta dalla legge del 1940. Se in ci� consiste la causa dell'imposizione ed il suo presupposto, ne viene di conse.guenza che per quanto attiene all'attuazione di siffatti presupposti e cio� all'imposizione concreta, il legislatore non poteva estendere f f I � puramente e semplicemente l'imposta di cui all'art. 1 alle importazioni, per la notevole diversit� del fatto impositivo, che nell'un caso � dato dalla produzione e dallo scambio del bene nel territorio nazionale e dall'entrata che sorge e si esaurisce in. questo territorio e nell'altro dall'ingresso del bene dall'estero.. Giustificata � quindi la differenza per I quanto riguarda il momento impositivo, che nel primo caso � dato dal ?: I ~ sorgere del bene o dal suo se.ambio e nel secondo dal suo ingresso nel territorio nazionale o dalla sua importazione; coID;e parimenti sono lo giche le nuove modalit� di riscossione, che non possono non tener conto I �~ del fatto dell'import�azione,. del soggetto colpito che nell'ipotesi del- l'art. 17 � sempre l'importatore. Perci� il legislatore per raggiungere :::~ il fine voluto, parallelo a quello raggiunto dall'art. 1 ha creato una particolare imposizione sistemata nel quadro generale dell'imposta sull'entrata pur con i suoi caratteri particolari, � quella che nella prassi w economica, tributaria e giuridica, si � chiamata e si chiama con la signi-fil ficativa denominazione di � I.G.E. all'importazione > (cio� di una imposta f I.G.E. con riguardo al fatto particolare dell'importazione). Tale imposta f"ll particolare non �, per le ragioni suddette, imposta doganale, ma rientra, !"'" come d'altronde � pacifico, formalmente tra i diritti doganali, cio� tra # quei diritti che colpi,.,ono le merci imporlate per finalit� diver.e e la I Ifu:] ~'i;~~;w~;'.C"~"""t;~�'=,,,,.,,,J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 562 cui disciplina l'art. 8 della legg~ doganale rinvia alle leggi che 11 riguardano. Quanto si � detto risulta dall'intero sistema della legge e cio� dalla interpretazione letterale, logica, storica, sistematica delle norme introduttive e di tutto il sistema legislativo vigente riguardanti l'imposta I.G.E. all'importazione. Anzitutto non � fuor di luogo ricordare la relazione ministeriale sull'art. 17 della legge del 1940, in cui si dice che e scopo dell'art. 17 � quello di imporre all'acquisto della merce all'estero lo stesso trattamento tributario previsto per il trasferimento di merci all'interno '" Ma tale fine di perequazione e tale esigenza di pari trattamento risultano chiaramente -ad avviso di queste Sez. Un. -proprio dall'art. 17. In primo luogo tali finalit� risultano dalle. parole iniziali dell'art. 17, che chiariscono come l'I.G.E. all'importazione � istituita �in corrispondenza > dell'imposta stabilita dall'art. �i. A questa frase non pu� non darsi un concreto significato normativo e non il significato di mero accenno all'occaai�ne storica dell'imposta, che sarebbe fuori posto in una legge. L'unico significato vero della locuzione �in corrispondenz,a >, � quello sostanziale perequativo di attuare possibilmente l'unicit� di trattamento tributario che colpisca con le nuove imposizioni tutti i beni e tutte le merci suscettive di scambio, di con. sumo, di produzione, di entrate, siano sorte in Italia, sia provenienti dall'estero, onde evitare alle merci provenienti dall'estero una posizione di privilegio e di esenzione che mal si concilierebbe con la voluta e generalit� > dell'imposta sull'entr?-ta. Altrimenti verrebbe meno, come si � gi� accennato, la causa e la ragione stessa dell'imposizione e non si spiegherebbe perch� al momento dell'istituzione dell'imposta generale sull'entrata il legislatore avesse voluto istituire una diversa ed autonoma imposta nello stesso testo legislativo. Si tenta superare siffatto ostacolo ammettendo che il fine perequativo e la parit� di trattamento sono state solo �le occasioni >, e la corrispondenza occasionale : ma gi� con questa ammissione si ammette un fine perequativo e di uguaglianza, dal quale non possono poi non trarsi solo alcune conseguenze ed altre no. In secondo luogo non pu� non rilevarsi che per espressa disposizione dello stesso art. 17, la misura dell'I.G.E. all'importazione � stabilita in misura pari a quella fissata per le entrate derivanti da trasferimento di merci nello Stato. Dire che tale parallelismo riguarda solo la misura dell'imposta � un restringerne il senso: il parallelismo della misura dell'imposta appare conse,guente a quello sostanziale dell'oggetto alla imposizione. Poich� si � voluto che le merci importate dall'estero abbiano lo stes1so trattamento tributario delle merci trasferite nello Stato (e si noti che qui la legge, proprio per rendere evidente quel parallelismo non parla pi� di beni ma di merd) si � istituita l'I.G.E. all'importazione e si � stabilita per essa la stessa misura di tributo che per l'l.G.E. ordinaria. Sostenere il contrario significa dare all'imposta alla j l I I '!:: I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 563 importazione generico carattere protezionistico che, oltre tutto, almeno nell'area del: Mercato Comune, sarebbe difficilmente compatibile con il trattato che lo concerne. D'altra parte quelli che, secondo la tesi propugnata dalla ricorrente sono � punti di frattura > tra le due imposte, in realt� tali non sono nel senso voluto dalla ricorrente medesima (di far venir meno il parallelismo suddetto) poich� riguardano esclusivamente l'attuazione dell'imposizione che non pu� non risentire dei fatti diversi che dell'una e dell'altra imposizi()l!le costituiscono il presupposto, per il raggiungimento delle medesime finalit�. Ben vero si cita l'espressione dell'art. 17 che stabilisce l'imposta �per il fatto obiettivo della importazione �. Ma ci� � conseguenza evidente della circostanza fondamentale che l'imposta colpisce la merce trasferita dall'estero in Italia. In tal 1caso evidentemente l'atto rilevante non pu� essere l'atto economico traslativo compiuto all'estero, ma quello della importazione, che introduce nello Stato la merce destinata allo 1scambio, al consumo, alla produzione, e produttiv�a di entrata di ricchezza nello Stato medesimo. Mentre nel caso dell'imposta generale di cui all'art. 1 l'atto economico rilevante (ed obbiettivamente rilevante anche esso) � dato dal trasferimento o dalla produzione, perch� essi avvengono gi� nel territorio dello Stato, producendo l'entrata immediatamente in questo territorio. Si cita ancora la diversit� delle modalit� di riscossione, ma ci� dipende dal: fatto dell'importazione, dalla disciplina di essa come diritto doganale e dalla comodit� della sua riscossione al momento dell'im,portazione. Si cita infine la circostanza soggettiva che ad essa � in ogni caso assoggettato l'importatore: ma anche qui vi � parallelismo poich�, mentre l'imposta ordinaria colpisce l'entrata dovuta alla cessione, produzione o scambio nel: territorio nazionale, obiettiv.amente in testa al soggetto dell'entrata, anche se costui nulla abbia guadagnato (Cass. 27 febbraio 1953, n. 474), cosi l'I.G.E. all'importazione colpisce obbiettivamente il fatto dell'importazione rilevante che qui � in testa all'importatore. Conformemente al menzionato scopo della norma, il termine �merce ., secondo l'art. 17 non pu� n�n essere inteso nel significato dianzi precisato di bene importato dall'estero e destinato al consumo, allo scambio, alla produzione nello Stato, similmente al concetto di bene di cui all'art. 1 della stessa legge, onde realizzare il raggiungimento di quel medesimo parallelo scopo. E che questo debba essere il significato di � merce � risulta da tutte le altre norme concernenti, nella legge del 1940, l'I.G.E. all'importazione. Anzitutto dall'art. 20 che concerne l'esenzione ai fini dell'importazione: esenzioni di carattere particolare collegate al particolare fatto dell'importazione, esenzioni che riguardano tutte �merci � nel senso suddetto: n� pu� avere valore il fatto che in queste esenzioni non sono mentovate quelle di cui all'art. 1 e particolarmente alla lettera a) del terzo com1!la, giacch� da un lato si tratta di esenzioni collegate, come dice l:a stessa legge, al fatto della 564 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO importazione e quindi peculiari all'I.G.E. all'importazione e dall'altro lato l'estensione anche per quest'ultima degli atti economici di cui alla citata lettera a) discende chiaramente dalla corrispondenza, cio� dal parallelismo tra le due imposte, di cui si � gi� parlato, ai fini del rag giungimento dell'analogo fine impositivo e dal significato ristretto di merce innanzi P'recisato. Ancora questo significato risulta dagli artt. 19 relativo �alle temporanee importazioni e 21, relativo alle esportazioni: .in questi due casi pure la regolamentazione dell'imposta sull'entrata presuppone il detto significato di �merce,, senza il quale od oltre il quale non pu� parlarsi di importazione temporane~ o di esportazione. Alle argomentazioni di cui sopra queste Sez. Un. devono aggiungere brevemente le seguenti che si traggono dall'intero sistema legislativo, cio� da tutte le leggi successi\re, modificative, chiarifkatrici ed estensive dell'imposta e del carico tributario. Leggi le quali tutte, senza eccezione, confermano da un lato il parallelismo e la corrispondenza dell'I.G.E. all'importazione con l'imposta ordinaria e dall'altro il ripetuto significato di �merce, a proposito dell'I.G.E. all'importazione. Va citata in primo luogo la l. 31 luglio 1954, n. 570 che istituisce e regola la cosid- I detta I.G.E. all'esportazi�ne, parallela all'I.G.E. all'importazione ed al ~ l'I.G.E. ordinaria. In questa legge si contengono due norme fondamentali: la prima concerne il diritto degli esportatori dei prodotti industriali e delle merci indicate nelle tabelle allegate alla legge (e I~1 completate da leggi successive) ad ottenere la restituzione dell'imposta f?!. generale sull'entrata in relazione alle merci esportate ed ai prodotti I lii utilizzati nella loro fabbricazione (art. 1, primo comma); la seconda 11;; concerne l'istituzione sui prodotti industriali importati dall'estero e destinati alla fabbricazione di merci in Italia di un diritto cosiddetto compensativo suHe importazioni, cio� di un diritto, dovuto all'atto della importazione, in aggiunta all'imposta di cui all'art. 17 della legge del 11 'i 1940, che assolva alla funzione di conguaglio e rapportato all'imposta jl generale sull'entrata che gli stessi prodotti avrebbero assolto durante M la loro fabbricazione in Italia (art. 1, secondo comma). Tali disposizioni I" ' confermano il pieno parallelismo ai fini dell'imposta sull'entrata tra . I.G.E. ordinaTia, I.G.E. all'importazione ed I.G.E. all'esportazione ed. I.� anzi quel parallelismo aumenta in quanto lo instaurano non solo tra le merci importate e le merci prodotte o scambiate in Italia, ma anche, attraverso l'imposta di conguaglio tra i prodotti industriali importati '. I �' per la fabbricazione ed i prodotti usati per la fabbricazione stessa. ili~~ Fil Vanno poi ricordate numerose leggi le quali o ampliano o introducono esenzioni all'imposta sull'entrata ovvero contengono tabelle con la determinazione dei beni sottoposti all'imposta stessa (tra cui l'art. 6 della 1. 4 febbraio 1956, n. 33 relativo.al be~tiame bovino, ovino e suino ~ vivo e all:e pelli bovine equine e suine non conciate; l'art. 4 del d.l. 21 novembre 1956, n. 1284 riguardante i prodotti ortofrutticoli, i pol-!:::!! i:::m 11�:1 l!l! ~~.J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 565 lami, le uova, ecc.; gli artt. 1 e 5 della I. 26 novembre 19�57, n. 1153 relativa a variazione dell'imposta generale sull'entrata e relative aliquote per il commercio di prodotti fertilizzanti di produzione nazionale e per l'importazione degli stessi prodotti di provenienza estera; la 1. 21 marzo 1958, n. 267 relativa a modificazioni di tariffe in ordine ai prodotti tessili italiani o importati; la 1. 19 luglio 1960, n. 764 riguardante esenzioni relative a merci e prodotti inerenti a costruzioni navali. Dall'esame di tali leggi si ricavano due considerazioni fondamentali che corrispondono perfettamente a quelle che si traggono dall'interpretaziolne dell'art. 17 della leg.ge del 1940. Da un lato invero tutte le esenzioni, modifkazioni, precisazioni, variazioni di aliquote concernenti i singoli beni e merci colpiscono tanto lo scambio, il commerdo, la produzione di beni e merei in Italia, quanto l'importazione degli stessi beni, delle stesse merci, degli stessi prodotti dall'estero: il parallelismo � perfetto e la maggior parte delle varie leggi speciali non fa pi� nemmeno distinzione formale e parla promiscuamente e contemporaneamente di imposta gel!lerale sull'entrata tanto per i beni di produzione nazionale quanto per la importazione dei medesimi all'estero, ferma restando la eguaglianza della aliquota o misura riconosciuta dall'art. 17 e ferma restando per contro la diversit� del momento impositivo (produzione e scambio del bene in Italia, atto dell'importazione di quello proveniente dall'estero). Dall'altro in tutti i casi previsti da quelle leggi speciali si tratta sempre di merci, beni, prodotti destinati allo scambio, al consumo, alla produzione sia che sorgano in Italia, sia che provengano dall'estero; onde tutto il sistema legislativo conferma anche il significato gi� dato di � merci � dall'art. 17 della legge fondamentale. Cos� interpretato ed inquadrato organicamente nel complesso legislativo l'art. 17 della legge istitutiva del� 1940, la soluzione negativa gi� ac�cennata al quesito finale di specie (che -come pr-emesso -sta tutto nello stabilire se la nave armata, oggetto di compravendita tra imprenditore commerciale straniero ed imprenditore commerciale italiano ed introdotta in Italia per essere destinata quivi all'esercizio deHa impresa commerciale marittima, possa essere assoggettata, a termini del pi� volte richiamato art. 17 della legge del 1940, alla I.G.E. alla importazione) � di agevole e piana dimostrazione. La nave armata, oggetto di compravendita tra imprenditori commerciali ed importata per essere destinata aH'esercizio dell'impresa marittima in Italia non pu� considerarsi �merce� �i sensi dell'art. 17, in quanto non � bene destinato allo scambio, al consumo o alla produzione ma � destinata a formare oggetto dell'impresa commerciale marittima, � investimento di capitali, perch� concorre a formare (quando non costituisca da sola) l'azienda madttima, destinata, nelle mani dell'imprenditore marittimo, all'esercizio della impresa. Tale conclusione, che si trae dalla interpretazione dell'art. 17 e d:alla sua applicazione 1�J corroborata da due argomenti 566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che con la precedente si contemperano. La prima � fondata sul paral lelismo e corrispondenza tra le due imposte di cui si � parlato. Infatti, la questione della assoggettibilit� della nave armata alla imposta or� dinaria sull'entrata, quando la nave sia oggetto di scambio e di cessione nel territorio dello Stato tra due imprenditori commerciali e sia destinata all'esercizio della impresa marittima dell'imprenditore acquirente, � stata sollevata e risolta -come riconosce ed ammette la stessa amministrazione ricorrente -in senso negativo, sia dalle risoluzioni e circolari del Ministero delle Finanze, sia dalla dottrina, sia anche dalla giurisprudenza di questa suprema Corte che ne rilev� il duplice profilo di sussistenza di una alienazione di azienda, definendo appunto la nave armata nella ipotesi suddetta una azienda o parte di azienda, e quindi di esistenza non di uno scambio di beni sibbene di un movimento di capitali, con la conseguenza in ogni caso della sussunzione dell'ipotesi nella esenzione di cui alla lettera a) del terzo comma dell'art. 1 (Cass., Sez. Un. Pen., 10 luglio 1954, P. M. c. Delle Fave; Cass. civ. 7 ottobre 1967, n. 2289, la quale ultima espressamente afferma -come d'altronde la precedente -che �l'acquisto dei �Carati di una nave armata, come acquisto della universitas patrimoniale costituita dalla nave intera con la sua armatura�, non produce trasferimento di un bene, ma semplicemente movimento di capitale che diviene denaro liquido per il venditore ed investimento di ricchezza per gli acquirenti, onde il corrispettivo di esso � esente dall'imposta sull'entrata�). Se ci� � indiscutibile e pacifico pe�r l'imposta di cui all'art. 1, la conseguenza non pu� che essere una e che cio� la nave armata importata dall'estero per essere impiegata nell'esercizio dell'impresa marittima e cio� come universitas patrimoniale non pu� non essere esente dalla parallela imposta di cui all'art. 17, sia perch� non � me!'ce, ma eostituisce movimento di capitali, sia per la corrispondenza, il parallelismo, la esigenza di unicit� di trattamento tra i due fatti impositivi ai fini del raggiungimento dell'unico complesso fine perseguito dalla le.gge del 1940. Il che � corroborato dall'ultima argomentazione: in tutte le leggi citate, in cui si parla di esenzione di beni dalla imposta ordinaria sull'entrata e correlatamente dalla I.G.E. alla importazione o in cui si parla di modificazioni o variazione di aliquote in ordine all'imposta ordinaria sull'entrata e correlatamente in ordine all'I.G.E. all'importazione non vi � mai cenno alcuno n� ai movimenti di capitali, n� precisamente alle navi armate, mentre vi sono considerati i pezzi di navi, macchinari, i prodotti necessari per le costruzioni navali, i quali ultimi certamente rientrano nel concetto di beni, merci, prodotti. Onde, anche la successiva legislazione (e tutto il sistema quindi) ha seguito le norme iniziali e non solo per la imposta ordinaria, ma anche per l'I.G.E. all'importazione. N.e �consegue che il ricorso deve essere disatteso. -(Omissis). ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 567 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. U<n., 27 giugno 1969, n. 2311 -Pres. Tavolaro -Est. Sbrocca. -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Castiglione Morelli) c. Grieco (avv. Andrioli). Imposta di registro -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte per decadenza dalle agevolazioni -Normativa anteriore alle leggi n. 35 del 1960, n. 1493 del 1962 e n. 1150 del 1967 -Prescrizione triennale ex art. 136 legge registro -Decorrenza. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 20; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136). Prima dell'entrata in vigore delle leggi n. 35 del 19.60 e n. 1493 del 1962 nonch� del d.L. n. 1150 del 19:67, il diritto dell'Amministrazione alla riscossione della imposta di registro dovuta in misura ordinaria per effetto di decadenza dalle agevolazioni tributarie in materia edilizia, si prescriveva col decorso di tre anni dalla data della verificata decadenza e cio�, in caso di rivendita dell'area, dalla data di registrazione deLl'atto di rivendita (1). (Omissis). -Il ricorso � stato assegnato a queste Sezioni Unite, a norma dell'art. 374, 20 �comma, e.e., es~endo stata decisa pi� volte, ma in senso difforme, dalla Sezione semplice (I Sezione Civile) la questione sia del termine che della decorrenza della prescrizione del diritto dell'Amministrazione finanziaria alla percezione dell'imposta di registro nella misura ordinaria, prima dell'entrata in vigore della legge (1) Sulla importante questione relativa alla prescrizione applicabile al diritto delJ.a Amministrazione alla riscossione delle ordinarie imposte di registro per effetto della decadenza del contribuente dalle agevolazioni fiscali di oui alla legge n. 408 del 1949 si era verificato un contrasto giurisprudenziale in seno alla prima Sezione della Corte di Cassazione. Questa difatti,' dopo aver affermato, con le sentenze 11 luglio 1966, n. 1826 (in questa Rassegna, 1966, 1, 939); 10 novembre 1966, n. 2749 (ivi, 1966, 1, 1357); 11 giugno 1968, n. 1847 (in Foro it., 1968, 1, 1722); 10 luglio 1968, n. 2398 (in Riv. leg. fi,sc., 1969, 296); 6 settembre 1968, n. 2882 (ivi, 1969, 68) e 10 ottobre 1968, n. 3186 (ivi, 1969, 717), che a tale diritto doveva applicarsi l'ordinaria prescrizione decennale di cui all'art. 2946 e.e., con le pi� recenti sentenze 11 dicembre 1968, n. 3940 (in Foro it., 1969, 1, 543) e 20 dicembre 1968, n. 4024 (ivi 1969, 1, 304) aveva ritenuto applicabile il termine triennale di cui all'art. 136, cpv. legge di registro, e, infine, era tornata all'orientamento precedente con la sentenza 30 aprile 1969, n. 1400, deliberata il 24 gennaio 1969 e cio� dopo che le sentenze ispirate al diverso indirizzo erano gi� state pubblicate. In tale situazione, anche da parte dell'Avvocatura Generale � stato sollecitato un intervento risolutore delle Sezioni Unite. E queste, con la RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2 febbraio 1960, n. 35 e successive modificazioni, per effetto dell:a decadenza dalle agevolazioni t-ributarie concesse nel settore dell'edilizia in particolare con la legge 2 lugl_io 1'949, n. 408. Quest'ultima legge prevede, incfatti, all'art. 14 l'applicazione della imposta fissa di reg1stro, oltre alla riduzione al quarto dell'imposta ipotecaria, per gli acquisti di aree edificabili, quando abbiano per oggetto la costruzione di case con caratteristiche non di lusso ed essa sia iniziata ed ultimata entro i termini stabiliti dal precedente art. 13, cio�, rispettivamente, entro il 31 dicembre 1953 ed entro il biennio successivo; ed all'art. 20 dispone che, salvo il �caso di forza maggiore, si decade dai benefici, se le nuove costruzioni non siano state compiute � ai sensi ed entro i termini fissati dall'art. 13 ~. ' I termini sono stati prorogati in forza di varie leggi, che si sono susseguite nel tempo (leggi n. 112 del 1954, n. 22 del 1955, n. 166 e n. 1416 del 1956, n. 1218 del 1957, n. 35 del 1960, d.l. n. 1150 del 1967 convertito con modificazioni nell:a legge n. 26 del 1968), e sono tuttora in corso, cosicch� nel momento attuale, in linea di principio, il diritto della Finanza a percepire l'imposta nella misura ordinaria � inefficace, potendo l'acquirente dell'area iniziare la costruzione entro il 31 dicembre 1967 (legge n. 35 del 1960) ultimandola entro il 31 dicembre 1969 (legge n. 408 del 1949), e, secondo 1~ legge n. 26 del 1968, dare inizio ai lavori entro il 31 dicembre 1970 e completarli entro il 31 dicembre 1973. Ma diverso � il caso di specie, in cui l'acquirente, senza eseguire alcuna costruzione sull'area acquistata, l'ha rivenduta o, comunque, trasferita a terzi. sentenza in esame, hanno aderito alla tesi dell'applicabilit� della prescrizione triennale, con decorrenza dalla data dell'evento determinante la decadenza dalle agevolazioni. Tale conclusione pu� apparire discutibile, non tenendo in dovuto conto l'aspetto peculiare che presentano i rapporti tributari in questione, e in particolare la circostanza che l'accertamento del verificarsi delle condizioni per l'applicabilit� e l'esigibilit� delle normali imposte (e cio� deil verifi carsi della causa di decadenza dai benefici) doveva essere compiuto dalla Amministrazione senza denuncia del contribuente, onde, dovendosi comun que escludere (e le Sezioni Unite lo hanno escluso) che il termine di prescrizione potesse decorrere dalla data della registrazione dell'atto tas sato come stabilisce l'art. 136 cpv. legge di registro, il problema si sarebbe forse pi� appropriatamente dovuto risolvere o con il ricorso alla normativa ordinaria (art. 2946 e.e.) ovvero, ma anche ci� � stato negato dalle Sezioni Unite, con riferimento ai principi fissati dall'art. 137 della legge di registro. Tuttavia, tenuto conto della particolare funzione svolta dalle Sezioni Unite con la sentenza in esame, non possono prevedersi ulteriori mutamenti giurisprudenziali. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 569 In tal caso la causa di decadenz~_ dalle agevolazi-Oni tributarie, bench� non espressamente prevista dall'art. -20 della legge n .408 del 1949, a differenza di altre leggi che regolano analoga materia (ad es. l'art. 13 della legge n. 33 del 1949), � indubbiamente operante, perch� l'acquirente, attraverso l'alienazione, si � posto in modo definitivo nella giuridica impossibildt� di adempiere quell'obbligo, per cui il beneficio gli era stato elargito. La questione, che le Sezioni Unite devono affrontare per dirimere il contrasto -giurisprudenziale, riflette la normativa esistente prdma dell'entrata in vigore delle leggi !Il. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962, e del d.l. n. 1150 del 1967, convertito con modificazioni nella legge n. 26 del 1968. Con l'art. 4 della legge n. 35 fu stabilito che il diritto dell'Amministrazione finanziaria al recupero dei tributi dovuti nella misura ordinaria, in materia di tasse e !imposte indirette sugli affari per effetto di decadenza dalle agevolaziO!Ili contemplate �... dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 ... si prescrive con il decorso di cinque anni dalla data di registrazione dei singoli atti�. Tale disposizione fu sostituita dall'art. 2 della legge n. 1493, il quale, mentre al primo comma precisava che il termine prescrizionale del diritto della Finanza era di sette anni, sempre a partire dalla data di registrazione dei singoli atti, con il secondo comma imponeva al contribuente, ammesso a frui-re dei privilegi fiscali, l'obbligo di presentare una denuncia, dalla quale risultasse che si erano verificate le condizioni richieste per la conferma dei privi!egi stessi, e -ci� con decorrenza dall'entrata in vigore della legge, con il quarto comma uguale obbligo e con identica decorrenza poneva a carico di chi avesse acquistato aree edificabili e non avesse ancora iniziato o ultimato le costruzioni, e con il quinto comma, infine, stabiliva che anche i contribuenti, che avessero gi� goduto delle agevolazioni, fossero tenuti a presentare la denuncia a decorrere dalla notifica della formale richiesta del competente ufficio. Questo complesso ed impreciso congegno legislativo, ideato allo scopo di salvaguardare il dinitto della Finanza dal malizioso silenzio serbato dal contribuente, il quale fosse incorso ~nella decadenza dai provvedimenti di favore, � stato in gran :parte mnovato dal d.l. n. 1150 del 1'967 e dalla legge d� conversione. Ed invero, con l'art. 6, abrogandosi l'art. 2 della legge n. 1493, si � stabilito: al prdmo comma, che i -contribuenti, ammessi a fruire in via provvisoria dei benefici, contemplati tra l'altro dalla legge n. 408 del 1949, devono presentare, entro un anno dall'ultimazione dei lavori, una denuncia, da cui risulti che sono stati adempiuti gli obblighi previsti per la conferma dei benefici stessi; al secondo comma, che anche i contribuenti, i quali siano decaduti daii benefici, devono ugualmente 570 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO presentare la denuncia entro un anno dal verificarsi della causa di decadenza; al terzo comma, ,che il diritto dell'Amministrazione finanziaria al recupero dei tributi nella misura ordinaria, per effetto di decadenza, si ,prescrive con il decorso di tre anni dalla data di presentazione della denuncia; al .quarto comma, con norma modificata in sede di conversione, che � le �disposizioni, di cui ai precedenti commi, si applicano anche agli atti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35 e successive modifi_cazioni � e che � per le costruzioni gi� ultima~e e per le decadenze gi� verificatesi le denu:nce relative dovranno essere presentate entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto�, e cio� entro un anno a decorrere dal 12 dicembre 1967. Con le sentenze n. 1826 ~ n. 2749 del 1966, n. 1897, n. 2398 e n. 3186 del 1968 la Prima Sezione Civile di questa Corte Suprema ha ritenuto che il diritto della Finanza al recupero dell'ordinaria imposta di registro, per effetto di decadenza dalle agevolazioni concesse anche dalla legge n. 408 del 1949, si prescriveva, prima dell'entrata in vigore della legge n. 35 del 1960 e successive modificazioni, nel termine di dieci anilli, previsto dall'art. 2946 e.e. e decorrente non dalla data di registrazione dell'atto �agevolato�, ma da quella in cui si era avverata la causa di decadenza._ Le ragioni, addotte a sostegno delle decisioni, si riassumono nel rildevo �che le norme della legge del registro in tema di prescrizione, contenute negli artt. 136, 137 e 138, sono inapplicabili al diritto dell'Amministrazione finanziaria, di �cui � questione, e che alla lacuna della legge deve sopperirsi con H ricorso alle disposizioni generali del Codice civil~. Con le sentenze n. 3940 e n. 4024 del 1968 la stessa Prima Sezione, � andata in �contrario avviso e, discostandosi dalla precedente giurisprudenza, ha ritenuto appUcaibile la prescrizione triennale, disciplinata dall'art. 136, secondo comma, della legge del registro, a decorrere dalla data di decadenza del beneficio fiscale. A quest'ultima tesi si � attenuta anche la sentenza impugnata, e per l:a sua rispondenza ai principi essa deve ricevere il consenso delle Sezioni Unite, rigettandosi i motivi di ricorso proposti dall'Amministrazione finanziaria. Con tali motivi, denunciando la violazione degli artt. 79, 137 e 138 della legge del regiistro e_ dell'art. 2,935 e.e., la falsa applicazione dell'art. 136 della legge ora citata, la mancata applicazione dell'articolo 2946 e.e. ed il vizio di irrazionalit� della motivazione circa un punto decisivo della controversia, I'Amministrazione sostiene: a) che la Corte di merito ha errato, ritenendo nella specie applicabile la prescrizione triennale, di cui all'art. 136, secondo comma, perch� ne difetrterebbero i presupposti, e cio� che l'atto sia stato registrato e che si tratti di supplemento della tassa riscossa in sede di registrazione; b) che l'art. 136 richiede che il diritto a percepire il supplemento non dipenda PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 571 dal verificarsi di un evento successivo alla registrazione dell'atto, qual'� la decadenza dalle agevolazioni per effetto della rivendita o del trasferimento dell'area edificabile senza a'-"ervi eseguito alcuna costruzione (in particolare, con le caratteristiche previste dalla legge n. 408 del 1949), ma sia invece sorto nel momento stesso 1in cui la registrazione � stata effettuata, e non sia stato compiutamente realizzato per essere l'ufficio impositore incorso in errore od omi&sione nell'accertare la misura dell'obbligazione legale d'imposta; e) ch_e la Corte di merito ha inoltre errato, e >in -0gn.i caso non ha giustificato la ragione del decidere, quando ha fatto decorrere il termine prescrizionale dalla data di registrazione dell'atto di rivendita o di trasferimento, perch� tale formal:it� non costituiva una specifica comunicazione all'uffioio del registro competente del verirficarsi della causa di decadenza; d) che d-0veva, invece, applicarsi l'ordinaria prescrizione decennale, regolata dall'art. 2946 e.e.; e) che poteva utilmente invocarsi anche la prescrizione ventennale, che l'art. 138 prevede per il diritto della Finanza al conseguimento delle tasse e sopratasse dovute per gli atti non registrati, considerando che, a seguito della decadenza dell'acquirente dai benefici fiscali, l'atto di acquisto dell'area si presentava in una nuova ed autonoma configurazione giuridica, e, come tale, non rJcsultava sottoposto a registrazione, onde anche il trattamento tributario doveva essere autonomamente stabiliito; f) che, in via gradata, doveva censurarsi la Corte di merito per avere escluso l'applicazione degli artt. 137 e 79 della legge del registro e dell'art. 2 della (allora vigente) legge n. 1493 del 1962, in quanto il contribuente aveva l'obbligo di denunciare la causa di decadenza, obbligo sancito come principio generale e per casi non tassativamente elencati dalla legge del registro e ribadito dalla legge del 1962, che, con disposizione interpretativa e non innovativa della legge organica, disponeva, come si � pi� sopra accennato, che anche i contribuenti, che avessero goduto dei provvedimenti di favore, fossero tenuti a presentare la denuncia a decorrere dalla notifica della formale ri chiesta del competente ufficio del registro. Per dimostrare l'infondatezza dei motivi ora riassunti giova anzitutto il richiamo ai lavori preparatori della legge n .. 35 del 1960, risultando da essi che il Ministro delle Finanze propose che il termine prescrizionale fosse elevato a venti anni, con decorrenza dalla data di registrazione dei singoli atti, espressione quest'ultima testualmente ripetuta nella legge n. 1493 del 1962, in perfetta aderenza all'art. 136 della legge del registro, nel presupposto che, in difetto, ricorresse il termine il"iennale previsto dalla legge organica. Il Senato della Repubblica approv� il testo del disegno ministeriale, ma l'altro ramo del Parliamento ridusse il termine a cinque anni, e <in tali .sensi fu definitivamente approvato quello che divenne poi lo art. 4 della legge n. 35. 572 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il termine ritenuto insufficiente per la tutela del diritto della .finanza, fu elevato a sette anni dalia legge n. 1493, la quale inoltre in~ trodusse l'obbligo della denuncia, a carico del contribuente, del verificarsi delle condizioni richdeste per la conferma dei privilegi tributari, e impose, al quinto comma dell'art. 2, uguale obbligo per coloro che gi� avessero fruito delle agevolazioni, sempre che �la causa di decadenza si fosse verificata dopo l'attuazione della nuova legge, la quale, contrariamente alla tesi .sostenuta dall~Amministrazione ricorrente, aveva in questa parte carattere innovativo e non estendeva l~ .sua efficacia a situazioni pregresse ed esaurite, com'� chiarito anche dall'espresso riferimento, contenuto nel secondo e nel quarto comma dello stesso articolo 2, � all'entrata in vigore della presente legge� per l'applicabilit� delle sue disposizioni. La disciplina della materia � stata in gran parte mutata, come si � accennato, dal d.l. n. 1150 del 1967 e dalla legge di conversione, che con il secondo e con il ter;i:o comma dell'art. 6 hanno, in modo esplicito, imposto l'obbligo della denuncia per il caso di decadenza, stabilendo I li un termine prescrizionale, uguale a quello della legge del registro, de r:1 corrente per� dalla data in cui la denuncia � stata presentata; e al m t t ~-=� quarto comma hanno prescritto, con norma transitoria, che le nuove disposizioni si applichino anche agli atti stipulati {rectius: registrati) e alle decadenze avveraitesi dopo l'entrata in vigore della le.gge n. 35 del 1960 e successive modificazioni. � quindi evidente che per gli atti registrati e per le decadenze avvenute in epoca anteriore, la normativa, per quanto attiene alla prescrizione, deve de.sumersi dalla legge allora vigente che si identifica con quella del registro. Nessuna lacuna presenta, Infatti, questa legge in tema di .p.rescri,!~ zione, uniformandosi al principio della distinzione tra � atti registrati > e �atti non registrati�, gi� affermato da questa Corte Suprema nella sentenza n. 347 del 1951, e nella correlativa sottoposizione del diritto i della Finanza a due diversi termini di prescrizione: uno triennale per ~ il diritto al tributo dovuto su atti registrati, ed uno ventennale per il I diritto al tributo afferente ad atti non presentati all:a registrazione. f" In particolare, l'art. 136, regolando il diritto alla percezione del supplemento di tassa, .intende riferirsi, com'� pacificamente acquisito in I dottrina e in giurisprudenza (cfr. sent. n. 1687 del 1953), non soltanto fu alle imposte suppletive vere e prQprie, cio� a quelle applicabili sopra un atto o una denuncia per correggere errori od omissioni commessi in sede di registrazione � tanto sulla quantit� della tassa dovuta, quanto sui titoli tassabili �, come dispone l'art. 7 della legge organica, ma anche a qualsiasi tassazione integrativa di quella principale, sia suppletiva che I complementare, ossia a tutte le imposte che vengono richieste dopo la registrazione. Interpretazione codesta, che � confermata dall'art. 47, -i l;J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 573 ultimo comma, della legge, che qualifica � supplemento di tassa � una tassa che si deve ritenere sicuramente complementare alla stregua dei criteri distintivi dettati dal dtato art. 7. Erroneo appare, inoltre, il rilievo dell'Amministrazione ricorrente, secondo cui non rpu�, nella specie, ricevere applicazione l'art. 136, perchi� il diritto. a percepire il supplemento di tassa non � sorto al momento della registrazione dell'atto di acquisto, ma � �conseguito al verificarsi di un evento .successivo, quale � la decadenza dai benefici fiscali per la rivendita o il trasferimento dell'area edificabile. Al contrario, deve ritenersi che il rapporto, che si instaura con la concessione (in via provvisoria) dei benefici, abbia per oggetto della imposizione un negozio valido ed efficace ~l'acquisto dell'area), e deter_. mini pertanto a favore della Finanza .il diritto ai tributi nella misura ordinaria valido, ma non efficace, essendo la sua efficacia subordinata al non adempimento, da parte dell'acquirente, dell'obbligazione di costruire, non adempimento che consegue, con effetto immediato e definitivo, alla rivendita o al trasferimento. E che nel caso di alienazione dell'area il diritto della Finanza non sorga, n� trovi la sua causa ne'll'atto relativo � dimostrato dalla circostanza che l'imposta � dovuta.i sull'atto di acqu1sto, e non su quello posteriore di alienazione. L'inefficacia del diritto a percepire i tributi nella misura ordinaria nel momento della registrazione dell'atto di acquisto rende operante il iprincipio generale dettato dall'art. 2935 e.e., in base a eui la prescrizione non incomincia a decorrere, se non da quando il diritto, che dovrebbe esserne colpito, pu� essere fatto valere, intendendosi .per impossibilit� quella derivante da cause giuridiche e non da semplici ostacoli di fatto; e l'inizio della decorrenza deve, perci�, farsi coincidere non con la registrazione dell'atto �agevolato>, ma con quella di registrazione dell'atto (di rivend1ta o di trasferimento), che, con riferimento al caso di specie, importa decadenza dalle agevolazioni gi� concesse e attribuisce al diritto della Finanza l'efficacia, che originariamente non possedeva. E �che sia necessario �che anche il successivo atto di alienazione sia registrato, perch� il termine prescrizionale co.minci a decorrere, � provato dal rilievo che, in caso contrario, si profilava, almeno prima dell'entrata in vigore del d.1. n. 1150 del 1967 e della legge di conversione, quella causa di sospensione, che � prevista dall'art. 2941 n. 8 e.e., di cui sarebbero concorsi sia l'elemento soggettivo inerente al comportamento del debitore intenzionalmente diretto ad occultare l'esistenza della propria obbligazione, sia l'elemento oggettivo per l'asso- Iuta impossibilit�, nella quale si sarebbe trovata l'Amministrazione creditrice, per effetto del dolo del contribuente, di far valere il suo diritto. I I Ili t.~1 ~�� ~ rn ~_,,~#t~~e~amvJ ~ 574 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I A questi prjncipt, del resto pacifi�i vigente la legge n. 3�5 del 1960 t (sul riflesso che, se il termine avesse cominciato a decorrere dalla re, ~: f: gistrazione dell'atto �agevolato>, si sarebbe sancit� un caso di prescri~ zione, che si compiva prima del verificarsi del presupposto, che dava diritto al recupero della imposta nella n;i.isura ordinaria) si � corret I tamente ispirata la Covte di merito nel de�idere, con adeguata motivazione, il punto in esame, e la sua decisione si sottrae quindi alle cen I sure che, anche sullo specifico pllllito, le muove i�Amministrazione ricorrente. Ritenuto che il caso di specie sia regolato dall'art. 136 della legge del registro, resta esclusa l'applicabilit� degli artt. 138 e 137, a cui pure si richiamano i motivi di ricorso. Infatti, per l'art. 138 si prescrive �con il decorso di venti anni l'obbligazione del contribuente di richiedere la registrazione e, correlativamente, il diritto della Finanza di procedervi di ufficio nel .presupposto che l'atto non sia stato registrato, mentre, nel caso, l'atto di acquisto dell'area fu assoggettato a registrazione e scont� la tassa fissa, a norma dell'art. 14 della leg,ge n. 408 del 1949. E quanto all'art. 137, prescindendo da altre considerazioni, la sua inapplicabilit� discende dall'inesistenza di un obbligo di denuncia, che non era sancito, nella materia della ricostruzione edilizia, quando intervenne la causa di decadenza, e che fu introdotto con la legge numero 14!93 del 1962, la quale, come gi� si � detto, aveva in questa parte carattere innovativo e non estendeva, comunque, la sua efficacia a situazioni pregresse ed esaurite. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 giugno 1969, n. 2314 -Pres. Favara -Est. Usai -P. M. De Marco (diff.). -Ministero dei Lavori Pubblici ed Istituto .per Io sviluppo dell'edilizia sociale -I.S.E.S. (avv. Stato Del Greco) c. Impresa Binetti (avv. Giordano G.). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contratti di appalto stipulati in vigenza del Capitolato Generale app. oo. pp. 1895 -Approvazione del contratto -Tempestivit� -Necessit� di sequenza nel termine di quattro mesi dalla stipula del contratto del decreto di approvazione e della registrazione del medesimo da parte della Corte dei Conti -Sussiste. (r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19, comma terzo; Cap. gen. app. oo.pp. appr. con d. m. 28 maggio 1895, art. 13). In conformitd aU'art. 110 del regolamento sulla contabiZitd generale dello Stato approvato con r.d. 4 maggio 1885, n. 3074, vigente all'epoca della emanazione del capitolato generale per gli appalti oo.pp. del 1895, la norma di cui all'art. 13 di quest'ultimo va interpretata nel senso che, per considerare verificata tempestivamente la condicio iuris dell'approvazione del contratto, occorre c;,he, nei quattro mesi dalla sua stipulazione, siano seguiti il decreto di approvazione e la re.gistrazione dello stesso da parte della Corte dei conti (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo i ricorrenti, deducendo a.i. sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. la violazione e la falsa applicazione dell'art. 13 del Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici approvato con d.m. 28 maggio 1895, dell'art. 19 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, e 114 e 115 del regolamento (1) Ma v., invece, l'art. 114, comma primo, dell'ora vigente regolamento di contabilit� generale dello Stato aippr. con r.d. 23 maggio 1924, n. 827, nonch� l'art. 4, secondo e quarto comma, del Cap. Gen. app. oo.pp. appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n 1063, secondo cui: e l'emanazione del decreto di approvazione deve avvenire entro sessanta giorni dalla data di stipulazione del contratto. L'Amministrazione d� immediata comunicazione all'appaltatore della emissione del decreto di approvazione anche prima della registrazione alla Corte dei conti... Qualora l'approvazione 576 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 23 maggio 1924, n. 827, censurano l'interpretazione data dalla Corte d'Appello al citato art. 13 del Capitolato, con cui era stata compresa nella approvazione anche la registrazione della Corte dei conti, rilevando che l'art. 110 del regolamento sulla contabilit� generale dello Stato approvato con d.m. 4 maggio 1885, n. 3074, cui il medesimo art. 13 del Capitolato si richiamava, distingueva fra approvazione del contratto mediante decreto del Ministro e registrazione di quest'ultimo da parte della Corte dei conti. La situazione, aggiungono i ricorrenti, era rimasta uguale anche secondo la vigente legge sulla contabilit� generale dello Stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) ed il relativo regolamento (r.d. 23 maggio 1924, n. 827), dato che nell'art. 19 ((ella prima e negli artt. 114 e 115 del secondo si distingueva nettamente tra approvazione del contratto e registrazione del decreto d'approvazione presso la Corte dei conti. L'affermazione della Corte del merito, che decreto di approvazione e atto di registrazione appartenevano al medesimo momento dell'approvazione, in quanto solo con l'intervento di entrambi il contratto era � eseguibile, non era, sempre secondo i ricorrenti, esatta, perch� l'approvazione comprendeva solo il decreto del Ministro, mentre la registrazione nulla aveva a che vedere con quella. Le norme citate si erano preoccupate della posizione dello appaltatore fino al momento della approvazione del contratto con decreto del Ministro, dato che con questo scompariva notevolmente l'alea cui era esposto l'appaltatore medesimo, mentre successivamente la situazione di incertezza diveniva assai tenue, dal momento che la registrazione ineriva alla sola legittimit�. Non bisognava, infatti, dimenticare che si trattava di norme, le quali, pur tendendo talvolta a garantire il cittadino, erano dirette soprattutto a tutelare lo Stato. Ci� era confermato, concludevano i ricorrenti, dall'art. 4 del vigente Capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, dato che tale norma, pur non essendo applicabile al caso in esame, stabiliva che la facolt� di recesso dell'appaltatore poteva esercitarsi solo se entro sessanta giorni non era intervenuto il decreto di approvazione, e ci� con una formulazione assai chiara, che tuttavia si ricol nori abbia luogo nel termine di cui al secondo comma, -l'aggiudicatario pu� svincolarsi da ogni impegno previa la notificazione di cui all'art. 114 del regolamento di contabilit� generale dello Stato approvato con r.d. 23 maggio 1924, n. 827... �. Il dies a quo del termine decorre dalla data di stipulazione del contratto pur � nel caso di gara � : in tale ipotesi, infatti, la stipula � deve avere luogo � entro trenta giorni dalla data dell'aggiudicazione (cfr. art. 4, comma primo, Clap. Gen., 1962, cit.). In caso di mancata stipulazione del contratto da parte dell'aggiudicatario, si applica l'art. 332 I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F. I I l J I f: i~ 1 =~~~ -1Ji ~l~IAIV~dfl#,J PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 577 legava a quella del citato art. 110, dimostrando di non voler avere carattere innovativo. Il motivo � infondato. La fattispecie � disciplinata dal Capitolato generale per gli ap palti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici approvato con d.m. 28 maggio 1895, il cui art. 13, ai commi terzo e quarto, cosi dispone: � L'approvazione del contratto, in conformit� dell'art. 110 del regolamento sulla contabilit� generale dello Stato, dovr� essere data nel termine di quattro mesi dalla sua stipulazione. � In caso di ritardo oltre il predetto termine l'appaltatore avr� diritto di ottenere lo scioglimento del contratto... �. La controversia riguarda l'individuazione del momento in cui deve ritenersi intervenuta 1'� approvazione � del contratto: se sia sufficiente la sola emanazione del decreto di approvazione, come sostengono i ricorrenti, ovvero se sia necessario che il decreto di approvazione sia divenuto efficace in seguito alla sua registrazione da parte della Corte dei conti. Decisivo per la risoluzione di tale questione, come riconoscono tutte le parti, � l'art. 110 dell'abrogato regolamento sulla contabilit� generale dello Stato approvato con r.d. 4 maggio 1885, n. 3074, il quale stabiliva~ � Gli atti di aggiudicazione definitiva e i contratti stipulati si intendono soggetti, per quanto riguarda lo Stato e nel suo solo interess~. alla condizione sospensiva della approvazione, e non sono quindi eseguibili se non dopo che siano stati approvati con decreto del Ministro cui spetta, o dell'ufficio da lui delegato, e il decreto sia stato registrato dalla Corte dei conti �. La nonna in esame dell'art. 13 del citato Capitolato generale non parla, infatti, di approvazione genericamente, ma richiede e l'approvazione del contratto in conformit� dell'art. 110 del regolamento sulla contabilit� generale dello Stato � allora vigente, ossia che si sia verificata la condizione stabilita da tale articolo. E detta condizione comprende tanto il decreto di approvazione in senso stretto, quanto la registrazione della Corte dei conti, che tale decreto integra, come viene subito chiarito nella seconda parte dello stesso art. 110, collegata alla prima con un �quindi � diretto a metterne in evidenza il contenuto esplicativo. Il richiamo all'art. 110 �, infatti, formulato in modo tale che non pu� essere riferito che al suo oggetto principale, costituito appunto dalla � condizione sospensiva dell'approvazione�. Con l'interpretazione letterale concorda quella logica, essendo pi� consono alla finalit� della legge, diretta a rendere meno gravosa la disparit� di trattamento stabilita dal regolamento generale sulla con 578 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tabilit� dello Stato in favore dell'Amministrazione e in danno della parte privata, disporre che il termine fissato alle Amministrazioni dello Stato, in relazione al quale � riconosciuto all'appaltatore il diritto di ottenere lo scioglimento del contratto, riguardi l'espletamento di tutte le formalit� necessarie per rendere il contratto non solo perfetto (decreto d'approvazione), ma anche efficace (registrazione della Corte dei conti). Altrimenti la limitata tutela dalla legge apprestata risulterebbe inadeguata rispetto al detto fine da essa perseguito, perch� l'appaltatore si troverebbe vincolato senza termine al contratto non ancora efficace per lo Stato e sarebbe costretto ad attendere, nella impossibilit� di sciogliersi da tale vincolo, che la registrazione della Corte dei conti venisse eseguita o rifiutata. Con ci� non si vuole sostenere che, aderendo alla te~i contraria, si toglierebbe ogni scopo alla norma e che quindi una legge che fissasse iJ termine solo in relazione al perfezionamento del contratto, prescindendo dalla sua efficacia, sarebbe inconcepibile, tanto � vero che si � ragionato in termini di adeguatezza (che pu� essere di vario grado) della legge rispetto al fine. Si vuole solo porre in risalto che esiste una perfetta concordanza tr~ l'interpretazione lessicale delle norme di cui trattasi ed il miglior conseguimento della finalit� da esse propostasi, senza tuttavia escludere che un'altra legge possa perseguire un obiettivo pi� limitato, purch� ci� risulti palese dal suo tenore letterale. Quindi, anche se fosse esatto che i~ nuovo Capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 stabilisce il diritto dell'appaltatore di ottenere lo scioglimento del contratto in relazione al mancato compimento, nel termine prescritto, della sola emanazione del decreto d'approvazione, prescindendo dalla registrazione della Corte dei conti, anche in tal caso nessun argomento potrebbe da ci� trarsi in favore della tesi ,sostenuta dai ricorrenti, se si tengono presenti le profonde differenze che intercorrono tra le norme che devono essere poste a base di questa decisione e quelle del nuovo Capitolato generale del 1962, sia per l'assai diversa formulazione delle rispettive disposizioni, sia per la riduzione alla met� (da quattro mesi a 60 giorni) del nuovo termine. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 giugno 1969, n. 2393 -Pres. Pece -Est. Milano -P. M. Trotta (conf.) -Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Conti) c. Impresa Ceragioli (avv. Carrozza, Rosati). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opere di competenza delle FF. SS. -Domande di maggiori compensi dell'appaltatore PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 579 fondata su �fatto continuativo� -Differimento della formula zione della riserva, come per gli appalti di opere dipendenti dal Ministero LL. PP., al momento della cessazione della continuit� Sussiste. (Cap. gen. amm. FF.SS. 9 aprile 1909, mod: con d. I. 17 novembre 1921, art. 41). Appalto -App�lto di opere pubbliche~ Istituto della formale� riserva� dell'appaltatore come �nico mezzo per far valere pretese a maggiori compensi nei confronti della P. A. committente -Fondamento e portata. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt-_ 343 e 345; r. d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89 e 91; Cap. gen. app. oo.pp. appr. con d. m. 28 maggio 1895, art. 41; Cap. gen. app. oo.pp. appr. con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 42). Anche negli appalti delle FF.SS., disciplinati dal Capitolato generale amministrativo 9 aprile 1909 modificato con d.l. 11 novembre 1921, cos� come in quelli disciplinati dal Capitolato generale oo.pp., il carattere continuativo del fatto da cui origina la pretesa dell'appaltatore a maggiori compensi co�stituisce motivo idoneo per procrastinare l'iscrizione della riserva fino al tempo della cessazione della continuit�, attesa l'impossibiiit� di precisare i compensi prima di tale epoca (1). n fondamento della decadenza sancita per l'omissione o la tardivit� della riserva dell'appaltatore si ritrova nella necessit� di garantire alla P.A. appaltante una pi� pronta ed efficace difesa di fronte a richieste di compensi addizionali ingiustificate e la possibilit� di modificare ii progetto, a seguito di tali richieste, o di adottare eventualmente le altre determinazioni del caso: secondo ii sistema normativo speciale non �, infatti, l'Amministrazione che deve per prima adottare (1-2) Negli appalti di opere di competenza delle FF.SS. manca il registro di contabilit� e solo in via eccezionale viene adottato il libretto delle misure, mentre di regola le misurazioni sono eseguite, ad opera compiuta, redigendosi appositi computi metrici (art. 26 Cap. gen. amm. FF.SS.). Particolare significato acquista, pertanto, per l'esclusione di qualsiasi rilevanza del c.d. fatto continuativo in tema di riserve, il dettato dell'art. 41, comma primo, Cap. gen. amm., cit., a mente del quale � quando sorgano contestazioni fra l'ingegnere dirigente e l'appaltatore, oppure quando questi opponga che le prescrizioni dategli sono contrarie ai patti contrattuali, l'ingegnere dirigente decide nel pi� breve termine ed in ogni caso entro venti giorni dal ricevimento della domanda dell'appaltatore. Questa deve essere presentata non oltre i cinque giorni dal ricevimento degli ordini di servizio se si tratta di contestazioni riguardanti le prescrizioni date con gli ordini stessi, dalla firma dei computi metrici se le con 580 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e far conoscere aU'appaltatore Ze proprie determinazioni sui fatti che neZ corso deZ rapporto si verificano, saZvo iZ diritto di quest'uZtimo di formulare Za riserva, bens� alZ'appaZtatore, ove intenda far valere il diritto ad un equo compenso per Z'eccessiva onerosit� deLl'impegno assunto, incombe Z'onere di formuZare la richiesta tempestivamente, e, cio�, qualora si tratti di fatto continuativo, al momento in cui si renda manifesta la riZevanza causale deZ fatto generatore della situazione dannosa e si disponga di ogni eZemento necessario per indicare Z'importo del compenso richiesto (2). (Omissis). -Con atto di citazione notificato il 9 aprile 1960, Rodolfo Ceragioli, titolare dell'omonima impresa di costruzioni, conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Firenze il Ministero dei Trasporti, Fe;rrovie dello Stato, per ottenerne la condanna al pagamento della somma di lire 21.838.747, con gli interessi legali. A sostegno della domanda esponeva che, con contratto del 5 giugno 1959, aveva assunto dal Ministero dei Trasporti -Ferrovie dello Stato l'appalto per l'esecuzione di alcuni lavori di ricostruzione dei ponti in localit� Calambrone della linea ferroviaria Pisa-Livorno. Aggiungeva che, nel corso del rapporto, egli aveva proposto una duplice riserva per conseguire il maggior compenso dovutogli per la protrazione dei lavori oltre il termine stabilito e per l'aumento dei costi cagionato da difficolt� esecutive impreviste ed imprevedibili al momento della licitazione, ma le due riserve erano state disattese: Affermava, infine, che, non essendo stata accolta dall'Amministrazione l'istanza di arbitrato da lui proposta in relazione all'oggetto testazioni riguardano le risultanze dei computi stessi ed in ogni altro caso dal giorno in cui il fatto o la circostanza che d� motivo alla domanda si sono verificati �. Il citato articolo, avvertito, al secondo comma, che � la domanda deve essere formulata in modo specifico e determinato, indicare le ragioni su cui � fondata e le cifre di compenso a cui l'appaltato!l'e crede di aver diritto e la relativa dettagliata loro .giustificazione�, statuisce, al terzo comma, che e quando l'appaltatore non presenti la domanda entro il termine di tempo e nei modi sopraindicati decade dal diritto di far valere in qualunque tempo l.e proprie ragioni� (nei successivi comma sono disciplinati i � ricorsi � dell'appaltatore contro le decisioni dell'ingegnere dirigente e, quindi, le e riserve � nei confronti delle decisioni del Direttore Generale, che vanno e notificate a mezzo di ufficiale giudiziario nel termine di quindici giorni dalla comunicazione della decisione del Direttore Generale, senza di che l'appaltatore decade dal diritto di far valere in qualunque tempo le P!t'Oprie eccezioni sulle decisioni suddette �). La surriportata sentenza della Corte di Cassazione, nella prima massima sopra in rassegna, col valorizzare la portata del secondo comma dell'articolo in esame, ha finito per vanificare il primo, dando tuttora creL} dito alla nozione di fatto �continuativo., elaborata dalla giurisprudenza --111;1 llllW~Aiillf~l~~ldlliiWAil�JV~J PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 581 delle due riserve, egli era stato costretto a deferire la decisione della controversia al giudizio dell'autorit� giudiziaria ordinaria. L'Amministrazione convenuta, costituitasi in giudizio, chiedeva che la domanda venisse dichiarata inammissibile, improcedibile, anche per ragioni di competenza e di prescrizione, o comunque rigettata. Deduceva, tra l'altro, che nel corso dei lavori non erano mai state proposte riserve nei modi e nei termini di cui al Capitolato di appalto delle opere eseguite per conto dell'Amministrazione ferroviaria, con conseguente decadenza dell'Impresa dal diritto di far valere ogni ulteriore pretesa, e che, in ogni caso, la domanda di arbitrato era stata proposta oltre il termine fissato dall'accennato Capitolato, per cui l'Impresa era decaduta dalla facolt� di far valere le sue domande sia in sede arbitrale, sia, quindi, in sede giudiziaria. Dopo l'espletamento della richiesta consulenza tecnica, l'adito Tribunale, con sentenza non definitiva 16 maggio-27 giugno 1963, respinte le eccezioni preliminari proposte dall'Amministrazione ferroviaria, condannava quest'ultima al risarcimento dei danni derivati all'Impresa dall'aver l'Amministrazione disposto, in sostituzione delle previste � ture � in legno, un palancolato di acciaio e dall'aver apprestato palancole inadatte e di due tipi diversi, disponendo, con separata ordinanza, l'espletamento di un supplemento di consulenza tecnica per l'accert�mento di tali danni. Espletato anche tale incombente, il Tribunale, con sentenza definitiva 25 giugno-17 agosto 1964, condannava la convenuta Amministrazione al pagamento, in favore dell'Impresa, della somma di lire 7.000.000 con gli interessi legali a decorrere dall'ottobre 1958. arbitrale � molto incline ... a passar sopra alla trascuratezza degli appaltatori in materia di riserve� (CAPACCIOLI, Riserve e collaudo, Milano 1960, 82). Ben diversamente ed esattamente, la stessa Suprema Corte regolatrice aveva, viceversa, gi� avuto modo di avvertire, che anche e specie per � gli ordini ad esecuzione continuativa � ha da valere il tassativo riferimento del decorso del termine di decadenza al ricevimento degli ordini di servizio, ovvero alla firma dei computi metrici ed in ogni caso al giorno in cui il fatto o la circostanza che dd motivo alla domanda si sono verificati, dovendo intendersi che nel sistema degli appalti ferroviari � non il quantum, bensi lo stesso diritto a compensi � sottoposto a decadenza, ond'� questo diritto come tale che dev'essere fatto valere nel termine fatale, specificandosi intanto l'ammontare dei compensi cosi come la causa che ad essi d� luogo permette� (Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. opere pubbl., 1943, I, 204; v. anche, per le �contestazioni� ex art. 14 Cap. per l'esecuzione dei lavori e forniture per conto delle FF. SS. -d. C. A. FF SS. 3 maggio-14 luglio 1922 .....:.. Cass., 14 aprile 1964, n. 876, Giust. civ., Mb:ss., 1964, 397). Quest'ultimo principio, a ben vedere, vale sostanzialmente, mutatis mutandis, anche per gli appalti disciplinati dal Capitolato generale app. oo.pp. Pur stavolta la disposizione (art. 54, comma terzo, r.d. 25 maggio 1895, 582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il gravame proposto dall'Amministrazione ferroviaria contro entrambe le decisioni era rigettato dalla Corte di appello di Firenze con sentenza 15 aprile-27 maggio 1966. Considerava, tra l'altro, la Corte: a) che non era ravvisabile alcuna preclusione relativamente alla domanda di maggior compenso formulata dal Ceragioli, avendo questi dedotto fatti di natura continuativa, che investivano la generalit� del rapporto contrattuale, e che, pur dovendo ritenersi cessata la continuit� alla data di ultimazione d�i lavori (24 gennaio 1955), tuttavia a tale data rimanevano ancora da definire le questioni pi� importanti, che vennero regolate soltanto un anno pi� tardi, per cui le riserve formulate dal Ceragioli alla data della sottoscrizdone della e situazione finale � (21 settembre 1956) dovevano ritenersi tempestive ai sensi dell'art. 41 del Capitolato generale amministrativo di appalto delle opere per conto dell'Amministrazione ferroviaria; b) che le riserve non potevano considerarsi generiche in quanto il Ceragioli lo stesso giorno della sottoscrizione della situazione finale aveva precisato il contenuto di esse con apposita memoria, attesa .l'impossibilit� di contenere nell'angusto spazio dello stampato predisposto per il verbale della situazione finale la complessa e dettagliata motivazione delle sue lamentele e delle sue pretese; c) che il Ceragioli non era decaduto dal diritto di far definire per arbitri la insorta controversia, per non aver, ai sensi dell'art. 45 del cennato Capitolato, proposto la domanda di arbitrato entro trenta giorni dalla comunicazione delle decisioni dell'Amministrazione, posto che egli, alla generica lettera del 26 settembre 1959 con la quale l'Amministrazione confermava � le. primitive decisioni, gi� comunicate verbalmente �, aveva formalmente richiesto che tali decisioni gli venissero comuni- n. 350), secondo la quale � se l'appaltatore ha firmato con riserva egli deve nel termine di quindici giorni esplicare le sue riserve scrivendo e firmando nel registro le �corrispondenti domande di indennit� e indicando con precisione le cifre di compenso cui .crede aver diritto e le ragioni di ciascuna domanda., non pu� essere interpretata in modo da svincolare addirittura l'appaltatore dall'onere dell'immediata riserva, allorch� si verifichino � situazioni che gi� si palesino come generatrici di un danno ontologicamente apprezzabile� (Lodo arb., 17 marzo 1967, n. 18 -Roma, in questa Rassegna, 1967, I, 324). � stato, infatti, gi� osservato in dottrina che l'ipotesi relativa a controversie attinenti a fatti continuativi configura una fattispecie in cui l'omissione delle riserve non appare in alcun modo giustificata; in tal caso l'impossibilit� di precisare i compensi � � motivo idoneo soltanto per ammettere la temporanea disapplicazione dell'art. 54, terzo comma, del regolamento... non � motivo pertinente per dilazionare� e tanto meno omettere le riserve stesse� (cosi CAPACCIOLI, op. cit., 88 e seg.). E da altri si � osservato che � quando si tratti di fatti che anche se continuativi concernono direttamente le rpartite di lavoro che risultano ri PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 583 cate con ordine di servizio, senza ricevere alcuna risposta dall'Amministrazione. Contro questa sentenza, 1'Amministrazione ferroviaria, con atto notificato il 5 settembre 1966, ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, cui resiste il Ceragioli con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. MOTIVI DELLA DECISIONE Ha carattere preliminare e deve, perci�, essere esaminato con precedenz.a il secondo motivo del ricorso, con il quale si investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di decadenza del Ceragioli dal diritto di far valere le sue domande sia in sede arbitrale, sia, quindi, in sede giudiziaria. Denunciando la violazione dell'art. 45 del capitolato generale amministrativo sulle opere di competenza delle FF.SS., 1'Amministrazione ricorrente assume �che la sentenza impugnata, nell'affermare che l'Impresa non era incorsa in decadenza per non avere 1'Amministrazione dato risposta alla richiesta che la decisione di rigetto delle riserve venisse comunicata con un formale ordine di servizio, ha errato, perch�, dopo il collaudo, esaurite le funzioni del direttore dei lavori, cui compete l'emanazione degli ordini di servizio, ogni potest� di decisione in ordine alla definizione di contestazioni, domande e controversie spetta all'Amministrazione, e, avendo questa comunicato con la nota del 26 settembre 1959 di non aver la possibilit� di modificare le precedenti decisioni, era dalla data di tale comunicazione che decorreva il termine pr la proposizione della istanza di arbitrato. Il motivo non � fondato. portate nel registro al momento in cui l'appalt!'ltore � invitato alla firma ... ci� varr� soltanto a sottrarre l'appaltatore alla decadenza per quanto attiene alla mancata determinazione della somma, non a dispensarlo dall'onere della riserva al momento in cui sottoscrive il registro in cui siano riportate le partite di lavoro cui il fatto continuativo si riferisce o sulle quali si ripercuote. La dispensa datl'onere non pu� andare oltre la ragione che la determina� (cosi CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 782). A quest'ultima proposizione deve darsi opportuno rilievo, avvertendosi, tuttavia, che, nel sistema degli appalti disciplinati dal regolamento n. 350 del 1895, anche le riserve che � interessano tutto l'appalto � non per questo possono considerarsi � indipendenti dalle singole partite di lavoro via via iscritte a registro � (v., sul punto, DEL GRECO, nota, in questa Rassegna, 1966, I, 714), cosicch� la Corte d'appello romana ha avuto modo di avvertire, fin dalla ben nota, perspicua sentenza 19 aprile 1966, n. 666 (in questa Rassegna, 1966, I, 712), che tutti gli oneri, comunque connessi all'esecuzione dell'appalto, necessariamente si riverberano sulle singole unit� di lavoro (v. ancora Corte App. Roma, 28 settembre 1968, n. 2301, ivi, 15 584 RASSEGNA DELL'AVVOCATVRA DELLO STATO Per respingere l'eccezione di inammissibilit� della domanda, proposta dall'Amministrazione sotto il profilo dell'avveratasi decadenza per inutile decorso del termine di cui all'art. 45 del richiamato capitolato, i giudici di merito hanno in sostanza ritenuto che la nota diretta dall'Amministrazione al Ceragioli il 26 settembre 1959 non poteva in alcun modo essere considerata l'atto finale e definitivo della procedura amministrativa inerente all'appalto. In proposito ha osservato la Corte che la predetta nota, pur contenendo un generico accenno a delle decisioni � comunicate verbalmente., non soltanto non forniva alcuna precisazione circa tali decisioni, ma, richiamandosi a delle trattative tra l'Amministrazione e l'Impresa intese a risolvere di ufficio le vertenze gi� da tempo insorte, appariva suscettibile di ulteriori controproposte da parte dell'Impresa,, e non poteva, quindi, costituire quella formale e definitiva pronuncia sulle insorte vertenze, necessaria per l'inizio della decorrenza dei termini dell'impugnativa. E l'interpretazione della detta nota e la conseguente determinazione della sua portata sono state condotte dalla Corte d'appello con l'osservanza delle norme di ermeneutica legale, attraverso una motivazione persuasiva, non viziata da errori logici o giuridici; esse, quindi, sfuggono al controllo di questa suprema Corte, giacch� l'interpretazione dei provvedimenti amministrativi da parte dei giudici di' merito costituisce una valutazione di f�tto, che � sottratta al controllo della Suprema Corte ogni qual volta sia immune da vizi logici o giuridici e, ogni qual volta, in particolare, sia immune dalla violazione di quelle norme giuridiche, che, disposte dal legislatore p~r l'interpretazione dei contratti in genere, ben possono estendersi alla interpreta 1968, I, 1110, in part. 1119; 23 gennaio 1969, n. 113, ivi, 1969, I, 350, in part. 354). Da tale premessa, e tenuto conto della ratio dell'istituto, ben evidenziata dalla citata giurisprudenza ed ora dalla massima sub 2 della stessa sentenza in rassegna, deve coerentemente pervenirsi al definitivo superamento della nozione di fatto continuativo, come che impeditivo della immediata formulazione e quantificazione della riserva (v., invece, per l'ac-. coglimento della nozione, Cass., 4 dicembre 1967, n. 2869, in questa Rassegna, 1968, I, 118), ritenendosi, viceversa, che, volta a volta, all'atto delle sottoscrizioni del registro di contabilit� presentatogli in occasione dell'emissione degli stati di avanzamento, l'appaltatore, che lamenti una situazione dannosa, debba iscrivere riserva, indicando, quindi, in sede di tempestiva. esplicazione, a quali maggiorazioni dei prezzi allibrati ritenga di aver diritto (v. nota redazionale, in questa Rassegna, 1968, I, 1111-1113). In tali sensi si� auspica una pi� chiara e decisa formulazione dell'insegnamento della Suprema Corte regolatrice, racchiuso nella� seconda massima della sentenza qui sopra riportata. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 585 zione degli atti e dei provvedimenti unilaterali e di quelli amministrativi in particolare. Vero _� che dalla ricorrente si sostiene, nella memoria illustrativa, che, se effettivamente l'Amministrazione non si fosse pronunciata sulle riserve del Ceragioli, dovrebbe affermarsi,' non gi� la tempestivit� dell'istanza di arbitrato, ma la improcedibilit� (temporanea) dello stesso giudizio, perch� instaurato, in violazione dell'art. 41 del capitolato generale amministrativo, prima dell'emanazione del provvedimento di rigetto delle riserve; ma, a pres'cindere dalla considerazione che dalla richiamata norma, attesa la genericit� delle espressioni usate, non sembra possa senz'altro desumersi la dedotta improcedibilit� del giudizio prima della emanazione del provvedimento amministrativo sulle riserve, va osservato che la questione relativa alla procedibilit� o meno del giudizio deve ritenersi ormai preclusa. Le memorie illustrative, infatti, consentite dall'art. 378 c.p.c. non hanno altra funzione che quella di chiarire le ragioni a sostegp.o dei motivi enunciati nel ricorso e, quindi, non � consentito proporre in esse motivi nuovi o profili di diritto, che, richiedendo accertamenti di fatto non consentiti in questa sede di legittimit�, non avrebbero potuto essere dedotti per la prima ~olta neppure con il ricorso (sent. n. 870 del 1968). Con il secondo motivo la ricorrente Amministrazione denuncia la '~zione e la falsa applicazione delle norme generali sulla interpreta -dei contratti, nonch� dell'art. 161 c.p.c., in relazione all'art. 41 \ menzionato capitolato generale amministrativo ed all'art. 41 '\olato lavori e forniture per conto delle FF.SS., e censura la \ sentenza, per aver disatteso l'eccezione di inammissibilit� uda a causa della dedotta tardivit� delle riserve, formulate ~oltanto nella � situazione finale dell'appalto �. Si sostiene ~o il Ceragioli espresso alcuna riserva entro il termine ', previsto dal richiamato art. 41 in relazione agli ordini "lrnenti le modifiche del progetto originario, cui si \~ dei maggiori compensi, doveva considerarsi veri comminata dalla stessa disposizione. Si aggiunge Vimato dalla Corte d'appello al fine di escludere \i c.d. fatti continuativi, � erroneo, perch�, specie _.il ferroviari, l'onere della immediata denuncia dei .u:azioni oggetto di � riserve � presenta il carattere della J<l e della inderogabilit�, e che, comunque, nella fattispecie, la .duit� doveva considerarsi cessata al momento dell'ultimazione dei lavori, o, quanto meno, al momento della sottoscrizione da parte dell'Impresa della tariffa suppletiva. Si sostiene, infine, che il secondo comma dell'art. 41 richiede che le riserve debbono essere formulate in modo specifico, mentre, contra RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 586 riamente a quanto ritenuto dalla impugnata sentenza, quelle espresse dal Ceragioli erano del tutto generiche. Il motivo � fondato nei limiti che saranno in appresso indicati. Innanzi tutto non merita censura la impugnata sentenza per aver ritenuto che Ceragioli nei cinque giorni dalla data in cui venne dispo sta la variante al progetto originario, l'ordine, cio�, di eseguire le c.d. ture con palancole di acciaio anzich� di legno, non era in grado di formulare precise riserve, in quanto, in quell'epoca, non poteva valutare, avuto riguardo anche alla inidoneit� delle palancole fornite dal1' Amministrazione, le conseguenze in ordine alla diversit� di esecuzione dei lavori, n� avrebbe potuto precisare, in una formale riserva, le sue pretese quando aveva chiesto ed ottenuto la prima e la seconda proroga. Pu�, infatti, condividersi l'opinione, fatta propria dalla impugnata sentenza, che le riserve attinenti ad aggravi di carattere continuativo, se omesse, non importano decadenza per quei lavori che si palesano accertabili in ogni tempo e computabili nel loro ammontare. In tali sensi questa Corte ha avuto occasione di pronunciarsi con la recente sentenza n. 2869 del 4 dicembre 1967, con la quale si � appunto enunciato il principio che per i c.d. fatti continuativi e sempre rilevabili sussiste l'onere della riserva, pur se differita al momento in cui l'opera pubblica sia stata ultimata. Vero � che tale principio � stato affermato in tema di appalti di opere pubbliche in genere e con riferimento al combinato disposto degli artt. 53, 54, 64 ed 89 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, mentre nella specie si verte in tema di appalti ferroviari regolati dal Capitolato generale amministrativo 9 aprile 1909, mod. con d.l. 17 novembre 1921, ma, mentre non � dato riscontrare una sostanziale diversit� nella normativa vigente in materia di riserva tra i due capitolati, essendo entrambi ispirati agli stessi principi, non va trascurato di por mente che il Capitolato per i lavori appaltati dalle Ferrovie dello Stato impone di formulare la domanda in modo specifico � indicando le ragioni su cui essa si fonda e le cifre di compenso a cui l'appaltatore crede di aver diritto e la loro dettagliata giustificazione " (art. 41, secondo comma), per cui la continuit� dei fatti non pu� non costituire, anche negli appalti ferroviari, motivo idoneo per procrastinare l'iscrizione della riserva sino al tempo della cessazione della continuit�, attesa l'impossibilit� di precisare i compensi prima di tale epoca. Del pari non merita censura l'impugnata sentenza per aver ritenuto che, nella fattispecie, il termine di decadenza per la formulazione delle riserve relative alla disposta variante del progetto originario non poteva decorrere neppure dalla data in cui i lavori furono dichiarati ultimati (24 gennaio 1955), posto che a tale data doveva essere ancora redatta la tariffa suppletiva, avente proprio ad oggetto i prezzi relativi alla costruzione delle � ture � con palancole metalliche, anzich� PARTE I, SEZ. VI, GIVRIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 587 lignee, e che venne sottoscritta dall'Imrpresa soltanto il 5 giugno 1956, a seguito di una lunga serie di contestazioni scritte. Non � infatti da dubitare che, fino a quando non si determin� quanto restava dovuto, per la disposta variante, al Ceragioli, sussisteva per quest'ultimo l'impossibilit� di precisare i maggiori compensi, come richiesto dalla richiamata disposizione. La denunciata sentenza non pu�, invece, essere approvata, l� dove, rilevato che la tariffa suppletiva si limitava a fissare i prezzi unitari senza detern�nare quali sarebbero state le valutazioni complessive dell'Amministrazione, ha ritenuto che neppure dalla data di sottoscrizione di tale atto potesse decorrere il termine per la formulazione delle riserve, e che tempestiva doveva ritenersi la richiesta di maggfori compensi espressa al momento della sottoscrizione della situazione finale, perch� fino a quell'epoca esistevano tra le parti contestazioni per la definizione amministrativa e patrimoniale del rapporto contrattuale. Cosi argomentando, la Corte d'appello ha certamente violato le norme del capitolato in tema di riserve e disconosciuto il fondamento stesso della decadenza, sancita espressamente in favore dell'Amministrazione, per una pi� pronta ed efficace difesa di fronte a richieste di compensi addizionali ingiustificati e per consentirle la possibilit� di modificare il progetto a seguito di tali Tichieste ed, eventualmente, di adottare le altre determinazioni del caso. Secondo il sistem� dettato dal richiamato capitolato non �, infatti, l'Amministrazione, che deve, per prima, adottare e far conoscere all'appaltatore le proprie determinazioni sui fatti, che, nel corso del rapporto, si verificano, salvo il diritto di quest'ultimo di formulare la riserva, bensi all'appaltatore, ove intenda far valere il diritto ad un equo compenso per l'eccessiva onerosit� dell'impegno assunto, incombe l'onere di formulare la richiesta tempestivamente �e, cio�, qualora si tratti di fatti continuativi, al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa e si disponga di ogni elemento necessario per indicare l'importo del compenso richiesto sotto forma di maggiori oneri. Se cosi �, deve ammettersi che, al momento della sottoscrizione di una tariffa suppletiva con cui si fissano i prezzi per alcuni lavori gi� da tempo ultimati, l'Impresa sia in grado di formulare la specifica riserva di ,cui all'art. 41 del richiamato capitolato, giacch� in sostanza il maggior compenso richiesto non si riferisce ad altro che al maggior costo di quei lavori rispetto al compenso, che, in base a quella tariffa, le veniva riconosciuto. Il ricorso, pertanto, va accolto per quanto in motivazione, cassandosi in tali limiti la impugnata sentenza, con rinvio della causa ad altra Corte di appello, alla quale si ritiene opportuno rimettere anche la statuizione circa le spese di questo grado del giudizio. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 18 dicembre 1968, n. 2662 -Pres. Straniero -ReL. De Fina -P. M. Ilar� -Rie. Monizza ed altri. Falso -Falsit� di atti -Casistica di atti -Decreto di concessione del contributo per miglioramenti fondiari -E atto pubblico. Amministrazione dello stato -Pubblico ufficiale, incaricato di pubbli co servizio, esercente un servizio di pubblica necessit� -Pubblico servizio -Nozione. Falso -Falsit� in atti -In genere -Idoneit� dell'azione. Corruzione -In genere -Natura giuridica -Reato plurisoggettivo Possibilit� di esclusione della responsabilit� del corruttore. n decreto di concessione deL contributo per miglioramenti fondiari � un documento posto in essere daU'lspettore compartimentafo nello esercizio delLa sua pubbLica attivit�, destinato a fornire La prova di fatti giuridicamente rilevanti costituenti fonti di obbLigazione per La PubbLicia Amministrazione: esso costituisce, pertanto, atto pubbLico, n� pu� operarsi una distinzione tra parte motiva e parte dispositiva, essendo la prima la premessa essenziaLe della seconda (1). Nella nozione di pubblico servizio deve ritenersi compresa qualsiasi attivit� di concetto e materiale che, nel quadro deU'organizzazione delLo Stato e degLi altri Enti pubblici, venga espletata a servizio delLa coLlettivit� senza assurgere a livello deLla pubbLica funzione. In tema di falsit� materiale in atto pubbLico, perch� si possa parLare di inidoneit� dell'azione ai sensi deU'art. 49, primo cpv., c.p., occorre che l'alterazione del documento sia riconoscibile ictu oculi (e quindi senza ricorrere a confronto con altri documenti o ad inda (1) Nella motivazione della sentenza, che accoglie criteri consolidati, v'� la riaffermazione che anche gli atti interni della P. A. possono avere la natura di atto pubblico: nello stesso senso v. Cass. 1� aprile 1968 in Cass. pen., Mass. annotato, 1969 m. 1230 p. 798; 21 febbraio 1968, in Mass. UfficiaLe, 1968, p. 500, m. 107500. -v=��{::l' $-/---ilW-A%iWiW/di'kil'Wi#W--m,,,,aViW$ffeffed'P4W_d'_J PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 589 gini di alcun genere) da qualsiasi persona normale (e cio� non di sin golare ignoranza o negligenza): solo a tali condizioni il falso consi stente nell'alterazione pu� ritenersi assolutamente inidoneo ad offen dere la pubblica fede (2). n delitto di corruzione previsto dall'art. 318 c.p. ha natura bilaterale, ma l'imputabilit� o la responsabilit� del corruttore pu� escludersi per circostanze soggettive non operanti nei confronti dell'altro. (Omissis). -In seguito ad una inchiesta disposta dal Ministero dell'Agricoltura presso l'Ispettorato Agrario Compartimentale di Catanzaro, venivano accertate gravi irregolarit� in numerose pratiche per concessioni di contributi per miglioramenti fondiari in relazione aHa legge speciale sulla Calabria n. 1177 del 1966. Con rapporto del 26 ottobre 1962, venivano denunziati i soggetti ritenuti responsabili, rappresentati da funzionari dello stesso Ispettorato, beneficiari delle pratiche, progettisti e tecnici privati che avevano svolto la loro opera in merito alle pratiche stesse. -(Omissis). Si procedeva col rito formale a carico di centoundici imputati, di cui novantadue venivano prosciolti e solo .diciannove venivano rinviati a giudizio. -(Omissis). Poich� i reati ascritti... si riferiscono a pratiche di concessione di contributi per miglioramenti fondiari..., � opportuno accennare, (2) Sulla grossolanit� della falsificazione, che comporta la non punibilit� del fatto nei limiti in cui possa ritenersi applicabile il principio generale stabilito dall'art. 49 c.p. sulla inidoneit� dell'azione, v. Cass. 29 aprile 1968, m. 707, in Cass. pen., Mass. Annotato, 1969, 464; 5 luglio 1967, m. 807, ivi, 1967, p. 536; 22 maggio 1967, m. 601, ivi, 1968, p. 403; 23 novembre 1966, m. 1281, ivi, 1967, p. 840; pressoch� negli stessi termini della sentenza che stabilisce il rigoroso criterio della riconoscibilit� ictu oculi dell'alterazione del documento per l'esclusione della punibilit�, v. Cass. 11 marzo 1968, m. 936, in Cass. pen., Mass. Annotato, 1969, p. 619, interessante in .quanto afferma che la riconoscibilit� ictu ocufi � condizione necessaria e sufficiente per la non punib�lit� del reato, anche se dalla grossolanit� dell'alterazione pu� derivare la congettura di una cor,rezione legittima: il criterio della riconoscibilit� � cio� meramente obiettivo. Nel caso della sentenza ora citata era stata infatti annullata una sentenza di merito che aveva condannato l'imputato di falsit� in tessera, per alterazione della lettera iniziale del nome dell'intestatario � in quanto l'evidenza appariva anzi un elemento atto a far ritenere l'alterazione eseguita per un fine legittimo, tant'� che la tessera era stata accettata come regolare dal gestore dell'albergo �. � evidente che, se la tesi del giudice di merito fosse stata seguita, si sarebbe travolto ogni criterio obiettivo e la stessa possibilit� di applicazione del principio generale dell'art. 49 c.p. In dottrina v. NEPPI MonONA, Il reato impossibile v. in Novissimo digesto italiano. P.D.T. 590 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prima, all'iter che tali pratiche seguiv,ano per giungere alla concessione e liquidazione del contributo. L'interessato, od il progettista delle opere, presentava all'Ispettorato Agrario domanda corredata dai documenti amministrativi riguardanti il terreno da migliorare e dagli elaborati tecnici (progetto, disegni, computo metrico, ecc.). L'Ufficio designava il funzionario istruttore, il quale eseguiva un sopraluogo per accertare se le opere progettate fossero, in tutto od in parte, ammesse a contributo, eseguiva la revisione del computo metrico allegato alla domanda (revisione riguardante la natura delle opere, la quantit�, i prezzi unitari) e, a conclusione, redigeva i modd. 90 e 92 che contenevano i dati generali ed i pi� importanti dati tecnici da lui accertati, l'importo delle opere preventivate ritenute utili ai fini del miglioramento fondiario e di cui si preponeva l'ammissione al contributo. In base a tali documenti, firmati anche dall'Ispettore compartimentale, questi emetteva, poi, il decreto di concessione o di impegno (mod. 76) decreto ed uno dei due esemplari revisionati del computo metrico erano inviati dall'Ufficio alla Cassa del Mezzogiorno per la registrazione dell'impegno di spesa; ed un'altra copia del decreto, con un esemplare degli elaborati di progetto revisionati, era inviata all'interessato. Dopo di che la pratica si fermava, in attesa che costui comunicasse l'avvenuta esecuzione delle opere e chiedesse il collaudo, dopo il quale si procedeva agli atti di liquidazione del contributo. (Omissis). Col secondo motivo, il Versaci deduce la violazione degli artt. 81, 61 n. 2, 69 10 cpv.,' 476 1� comma, 477, 478 ultimo comma, 4820 c.p.; 475 n. 2, 479 1<> e 20 cpv., 524 n. 1 c.:p.p., per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, contraddittoriet� e mancanza di motivazione. Sostiene, come si � gi� accennato, che i modd. 90 e 92 non sono atti pubblici ma, al pi�, potrebbe qualificarsi certificati, la cui falsificazione integrerebbe il reato di cui all'art. 477 c.p., estinto per l'amnistia di cui al d.P.R. 4 giugno 1966, n. 332; che la pretesa falsificazione sarebbe stata commessa dal Monizza fuori dell'esercizio del pubblico servizio cui era addetto. come impiegato, essendo la compilazione dei moduli di esclusiva competenza dei tecnici dell'Ispettorato; che trattasi di falso grossolano; che la falsificazione del computo metrico costituisce falso in scrittura privata; che il decreto di concessione (mod..76) consta di una parte motiva (che attesta, con riferimento alle emergenze catastali, la consistenza fondiaria della ditta istante), e di una pa,rte dispositiva, e che, essendo il falso caduto sulla parte motiva, concretizzava il reato di cui all'art. 478 c.p. (falso su attestato sul contenuto di atti pubblici o privati) coperto dall'amnistia di cui al citato decreto. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 591 Ma il decreto di concessione del contributo (mod. 76) � peraltro un documento posto in essere dall'Ispettore compartimentale nell'esercizio della sua pubblica attivit�, destinato a fornire la prova di fatti giuridicamente rilevanti costituenti fonti di obbligazione per la Pubblica Amministrazione onde, n� pu� dubitarsi della sua qualifica di atto ipubblico, n� pu� operarsi una distinzione tra parte motiva e parte dispositiva, costituendo la prima la premessa essenziale della seconda. L'alterazione operata dal Monizza, incidendo sul contenuto essenziale del documento, costituisce falso materiale in atto pubblico � non falso in attestato: in quanto gli attestati sono documenti derivanti o di secondo grado in cui il pubblico ufficiale si limita a dichiarare situazioni giuridicamente rilevanti desunte da altri atti. Quanto ai modd. 90 e 92, di cui si � ,gi� precisato il contenuto, � da rilevare che trattasi di documenti prescritti per l'emissione del decreto di concessione del contributo e la successiva liquidazione di esso, ne ammettono equipollenti. Essi sono la risultante di un'attivit� di ricerca e di valutazione demandata al funzionario istruttore e controllata dall'Ispettore compartimentale; sono firmati da entrambi; hanno una propria autonomia ed una propria forza probante. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, agli effetti delle disposizioni sui reati di falso, sono atti pubblici anche i documenti che riproducono dati risultanti da altri atti o si riferiscono alle risultanze di essi, quando danno luogo ad una fattispecie nuova, fornita di una propria individualit� ed autonomia (Sez. V, 11 dicembre 1967, Delia rie. Mass. dee. pen., 1968, 106.279). Non vale invocare, in contrario, la distinzione tra atti interni ed atti destinati a spiegare la loro efficacia nei confronti del pubblico: perch� atto pubblico pu� anche essere un atto interno se esso ha la giuridica rilevanza di documentare fatti inerenti all'attivit� ed alla regolarit� delle operazioni amministrative dell'ufficio cui il suo autore � addetto. N� vale sostenere che uno od ,entrambi i moduli abbiano natura certificativa, perch� ai sensi dell'art. 477 c.p. per atto di certificazione deve intendersi soltanto quello che il pubblico ufficiale rilascia al privato per attestare l'esistenza di fatti precorsi, o di pubbliche attivit� gi� svolte o espletate, non atti che documentano originariamente attivit� che il pubblico ufficiale c�mpie nell'esercizio delle sue funzioni e per ragione delle stesse. Il computo metrico non � atto pubblico, in quanto redatto da un tecnico privato; ma diventa tale quando, come nella fattispecie, � revisionato dal funzionario istruttore nelle singole voci e porta in calce l'approvazione, da parte dell'Ispettore compartimentale, delle opere ritenute sussidiabili e dal loro importo complessivo: perch�, in .592 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tal caso, viene. inserito nell'attivit� dei detti funzionari e nella procedura di concessione del contributo. Di conseguenza, l'assunto del ricorrente � infondato; e fondata, invece � la censura del P. M. ricorrente, il quale a ragione lamenta che la Corte di merito non poteva ritenere il Versaci responsabile del reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. 10 e 2�, 476, 482, 61, n. 2 c.p., cio� di falso materiale in atto pubblico commesso dal privato, ma di concorso nel reato di falso ai sensi dell'art. 476 c.p. di cui era stata dichiarato colpevole il Monizza ritenendo che lo stesso avesse agito pe:r istigazione del Versaci. La Corte, nei confronti del Monizza aveva esattamente rilevato che come incontroversa era la sua qualifica di pubblico impiegato, inequivocabile era anche la qualit� di incaricato di pubblico servizio, perch� egli rivestiva la funzione di �archivista ma era addetto, fra l'altro alla compilazione dei decreti di concessione dei contributi .e dei provvedimenti di liquidazione con tutte le prestazioni accessorie; �e nella nozione di pubblico servizio deve ritenersi compresa qualsiasi attivit� di concetto e materiale che, nel quadro dell'o�rganizzazione dello Stato . e degli altri Enti pubblici, venga espletata a servizio della <:ollettivit� senza assurgere a livello della pubblica funzione. Orbene, il privato che concorre col pubblico ufficiale e con l'incaricato del pubblico servizio nel falso che questi commettono nell'esercizio della loro funzione, risponde dello stesso reato commesso dai predetti perch�, per la presenza del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, muta il titolo del reato anche nei confronti del privato, a sensi dell'art. 117 c.p. Per tale capo, perci�, la sentenza impugnata va annullata con rinvio, essendo infondata la censura relativa alla grossolanit� del falso. L'esclusione della grossolanit�, � stata operata dalla Corte di merito con apprezzamento non sindacabile in questa sede perch� sorretto da motivazione congrua, esente da vizi logici e fondata sull'esatto principio di diritto che, in tema di falsit� materiale in atto pubblico, perch� si possa parlare di inidoneit� dell'azione ai sensi dell'art. 49 primo cpv. c.p., occorre che l'alterazione del documento sia riconoscibile ictu oculi (e, quindi, senza ricorrere a confronto con altri documenti o ad indagini di alcun genere) da qualsiasi persona normale (e cio� non di singolare ignoranza o negligenza): perch� solo a tali <:ondizioni pu� il falso consistente nell'alterazione ritenersi assolutarn mente inidoneo ad offendere la pubblica fede. Il Col terzo motivo, il Versaci lamenta la violazione. dell'art. 43, t n. 1, 110, 112 n. 1, 56, 640 p.p. e cpv. n. 1 c.p., 475 n. 2, 479 1� e 2� cpv., 524 n. 1 c.p.; per inosservanza ed er�ronea applicazione della legge Il m [ il:::. . 1:~ ~ . I:~ wwrn:rm:w:rni==:=:::t:t==:=?=::::w:me??WWfW'.:'W=M'iffi''i:l'.if1w@t#F%<:::Z~'ft:'!:rf:='Zf:i:"&ff{%'.fr{::'Yt7'.7nr�:::7;r:,vn'::===:':f%'""'%'='?'=n:::::::;n?:::;="''"""'�: PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE penale, mancanza e contraddittoriet� di motivazione. Egli deduce l'irri levanza giuridica, ai fini della sussistenza del reato di tentata truffa, della variazione ubicativa dell'opera costruenda, per difetto, oltre che dell'articolo o raggiro, dell'est�remo del profitto ingiusto e relativo danno. Ma i requisiti del profitto ingiusto e dell'altrui danno ricorrono tutte .le volte che dall'atto di disposizione carpito al soggetto passivo derivi all'agente oppure ad un terzo una utilit� cui non avevano diritto. Seminara aveva diritto al contributo assegnatogli, a condizione della osservanza delle prescrizioni contenute nel decreto di conc~ssione, tra cui vi era quella della costruzione della casetta nella particella catastale ivi indicata. L'alterazione operata dal Monizza tendeva a fare percepire dal Seminara il contributo senza che quella condizione si fosse verificata; e, quindi, a fare conseguire allo stesso un profitto ingiusto, con danno della Cassa del Mezzogiorno non tenuta a liquidare alcun contributo; e lo scopo non fu �raggiunto per circostanze indipendenti dalla volont� dei due correi. La sentenza impugnata, quindi, non � incorsa in alcuna violazione di legge, n� � carente di motivazione, essendo questa implicita perch� i motivi della soluzione relativa al concorso del Versaci nella tentata truffa sono contenuti, per implicito necessario, nelle ragioni esposte per dare conto del ritenuto concorso in ordine al reato di falso, preordinato alla consumazione della truffa. �Col quarto ed ultimo motivo, il Versaci lamenta la violazione degli artt. 475, n. 2 e 524, n. 1 c.p.p. e 16 d.P.R. 4 giugno 1966, n. 332. ( Omissis). Col secondo motivo, il Procuratore generale lamenta la violazione dell'art. 524, n. 1 c.p.p. in relazione agli artt. 318 e 319 c.p. e 475, n. 3 c.p.p. Deduce che la Corte di merito, pur ammettendo in fatto, che il Monizza, nelle pratiche in cui erano intervenuti quali tecnici progettisti i geometri Barc'i e Pasturi aveva proceduto alla falsa formazione dei mod. 90 e 92 (con l'apposizione della firma apocrifa del funzionario istruttore o con l'utilizzo di modelli riguardanti altre pratiche) perch� i . due anzidetti tecnici, promettendogli compensi in denaro non appena riscosso il contributo gli avevano chiesto di affrettare la definizione delle pratiche stesse; ha escluso che i predetti lo avessero indotto a commettere i falsi, i quali sarebbero stati consumati dal Monizza di propria iniziativa, dopo quell'accordo. Sostiene: a) che l'accordo tra corruttori e corrotto, pur se contenuto in tali limiti, era ugualmente caduto sul compimento, da parte 594 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del corrotto, di attivit� illegittima perch� apertamente violatrice dei doveri di ufficio su di lui gravanti, che gli imponevano di procedere, nell'istruzione e definizione delle pratiche, col rispetto dell'ordine di presentazione delle relative domande e di non� provocar ritardi nelle definizioni delle altre pratiche; b) che, di conseguenza, erroneamente la Corte di merito aveva ravvisato nei fatti ascritti a Monizza Barci e Pasturi il reato di cui all'art. 319 c.p.; in luogo di quello, originariamente contestato, di cui all'art. 318 c.p. La definizione sollecita di una pratica non produce peraltro necessariamente riflessi negativi sulla definizione delle altre, potendo essere attuata anche con rispetto dell'ordine di precedenza, e solo con una maggiore diligenza quando venga il turno, senza alcuna violazione, da parte del funzionario, dei suoi doveri di ufficio. Nella richiesta dei dati tecnici al Monizza, come accertato dalla Corte di merito con la motivata valutazione delle prove, non pu� di conseguenza ritenersi implicita la pretesa che il Monizza stesso agisse violando quei doveri. Il Procuratore generale lamenta aUresi che, la Corte di merito, mentre, ha ravvisato il reato di corruzione impropria a carico di Monizza e Barci, ha escluso la sussistenza del reato nei confronti del Pasturi, pur essendo identici gli elementi di prova a suo carico, ritenendo che la promessa del corrispettivo avesse, nell'intenzione dello stesso, il carattere di donativo di cortesia o di regalia. Sostiene, infatti, che i doni di cortesia che fanno venire meno la corruzione sono quelli che consistono nell'offerta di cose di trascurabile entit�, le quali, appunto per la loro modicit�, escludono la possibilit� di influenza sul compimento dell'atto, in modo da apparire quale corrispettivo di esso; e giammai quelli costituiti da somme di denaro, quale� che ne sia l'importo. Ma la Corte ha dato pieno credito alle giustificazioni del Pasturi,. il quale aveva spiegato che le sue pratiche riguardavano due casi pietosi e che, perci�, aveva pregato il Monizza di adoperarsi nel rispetto della legge, per il sollecito disbrigo delle stesse, senza promettergli alcun compenso .e solo �dicendogli che gliene sarebbe stato grato. E, valutando tale dichiarazione con ragionamento immune da vizi logici e giuridici, ha ritenuto che nelle parole del Pasturi dovesse ravvisarsi una promessa non di denaro (quale la intese il Monizza} ma, al massimo, di dono � di cortesia, regalia o semplice mancia di consuetudine �. Il delitto di corruzione previsto dall'art. 318 c.p. ha natura bilaterale, ma l'imputatit� o la responsabilit� del corruttore pu� escludersi per circostanze soggettive non operanti nei confronti dell'altro. (Omissis). PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 595 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 16 aprile 1968, n. 880 -Pres. Lenti -Rel. Tartaglione -P. M. Vaccaro -Rie. Mancada. Imputato -Assunzione della qualit� di imputato -Enunciazione specifica degli estremi dell'accusa -Non � necessaria -Fatti specie. (c.p.p., art. 78). Nullit� della perizia -Estensibilit� agli atti successivi -Limiti. Perch� possa sorgere in una persona la qualit� di imputato con i conseguenti diritti non � necessaria la enunciazione specifica dei termini dell'accusa, ma � sufficiente che in un qualsiasi atto venga attribuito alla detta persona un reato. (Nella specie si � ritenuto che nel conducente di un autoveicolo, unico superstite di un incidente stradale in cui abbia trovato la morte il conducente di altro veicolo, sia sorta la qualit� di imputato nel momento stesso in cui il P. M. abbia trasmesso gli atti al giudice istruttore con la richiesta di iniziare istruttoria formale pur senza indicare n� il nome dell'imputato n� gli estremi dell'imputazione) (1). La nullit� della perizia eseguita nell'istruzione non comporta ipso iure la nullit� degli atti successivi, dovendosi di volta in volta stabilire quali siano gli atti posteriori che possono ritenersi dipendere dalla perizia nulla: solo a questi si estende la nullit� (art. 189 c.p.p.) (2). (Omissis). -Il 19 gennaio 1962, sulla strada statale n. 113 da Palermo a Messina, in localit� Lavanghella, venivano a collisione l'autobotte del tipo � idroschiuma � per servizio antincendio, appartenente all'Aeronautica Militare e condotta dal maresciallo Moncada Giuseppe, e l'autovettura � Fiat 600 � condotta da Rotelli Benedetto, il quale decedeva a causa del contraccolpo, mentre rimaneva ferito tale Borzi Aldo, che viaggiava con lui nella vettura. (1) Nello stesso senso della prima massima, corrispondente ad una elementare esigenza di tutela effettiva dei diritti della difesa, cos� spesso frustrati dalle formule talvolta usate di � citazione a chiarimento � v. Cass. 22 gennaio 1968, n. 109. (2) Sulla seconda massima v. Cass. 3 dicembre 1964 in Cass. pen. Mass. Annot., 1965, p. 395, m. 702, mentre altre Sezioni hanno escluso che la nullit� della perizia potesse travolgere la sentenza istruttoria, poich� il giudice del dibattimento avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione dell'atto nullo, applicando le disposizioni degli artt. 455 e 456 c.p,p. decisioni peraltro inidonee a garantire il diritto della difesa, evidentemente pregiudicato dal permanere di una sentenza istruttoria tutta redatta -ed � caso frequente -sulla falsariga di una perizia nulla, onde molto pi� 596 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il competente Procuratore della Repubblica trasmetteva gli atti al Giudice Istruttore presso il Tribunale di Mistretta, con richiesta di ~armale procedimento, senza per altro indicare il nome. dell'imputato n� l'imputazione. Il Giudice Istruttore disponeva una perizia tecnica per stabilire le modalit� dell'incidente, nonch� una perizia medicolegale sulla persona del Borz�, senza nominare un difensore al Moncada; dopo di che a costui venivano contestati: a) il delitto previsto e punito dall'art. 589 c.p., P!ima parte e primo capoverso, per essere concorso a cagionare la morte del Rotelli ~ le lesioni in persona del Borz�, .guarite in 60 giorni, mentre il Rotelli, alla guida della propria autovettura, aveva abbordato la curva fuori mano e ad alta velocit�, per colpa consistente: nel non avere moderato la velocit� dell'autoveicolo da lui condotto in corrispondenza della curva; nel non avere tenuto la propria mano in curva, invadendo parzialmente la mezzeria opposta; nell'aver tenuto condotta di guida imprudente, non avendo avuto cura di tener conto della larghezza della carreggiata e di quella dell'autobotte in relazione all'incrocio; b) la contravvenzione prevista e punita dall'art. 102, primo, secondo e terzo comma del t.u. delle norme sulla circolazione stradale, per non avere moderato particolarmente la velocit� dell'autoveicolo in curva, tenendo anche conto della mole di esso; c) la contravver_izione prevista e punita dall'art. 104, comma decimo, del detto t.u., per avere circolato contro mano in curva. L'imputato affermava che la velocit� da lui tenuta era molto limi tata e che la curva era stata da lui abbordata con il veicolo stretta mente accostato al margine destro della via; ed attribuiva l'intera colpa dell'incidente al guidatore della vettura, sopravvenuta a forte velocit� contromano. All'esito dell'istruzione, su conforme richiesta del P. M., il predetto Giudice Istruttore, con sentenza in data 18 luglio 1963, ordinava il rinvio dell'imputato al giudizio del Tribunale competente, chiaman dolo a rispondere dei delitti di omicidio e lesioni colpose giusta l'impu tazione, mentre dichiarava non doversi procedere in ordine alle con- accettabile � l'indirizzo giurisprudenziale che si va affermando, conforme alla sentenza annotata. V. nel suddetto senso contrario, Cass. 18 gennaio 1966, in Cass. pen. Mass. annot., 1966, p. 933, m. 1448; 24 settembre 1965, ivi, p. 305, m. 414 e la dottrina FLORIDIA, Contro la prassi dei supplementi istruttori, in Riv. it. dir. proc. pen., 1959, p. 335; ScARPELLO, I riflessi deHa dichiarazione di nuUit� nel corso del procedimento penale, in Riv, it. dir. proc. pen., 1956,. p. 71. In senso inve�e favorevole alla sentenza che si annota, v. FoscHINI,. Sistema dir. proc. pen., II, 1961, p. 193; CAVALLARI, Effetti deiha dichiamzione di incostituzionalit� della norma processuale penale, in Riv. it. dir. e prnc. pen., 1966, p. 94. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE travvenzioni suindicate, siccome estinte in virt� dell'amnistia concessa con il d.P.R. 24 gennaio 1963, n. 5. Il Tribunale di Mistretta, con ordinanza pronunziata nell'udienza del 21 aprile 1964, ritenendo che il procedimento d'istruzione fosse stato svolto senza una valida forma di esercizio dell'azione penale da parte del P. M., dichiarava la nullit� di tutti gli atti di esso, ordinando la trasmissione al P. M. del fascicolo. Ma il Giudice Istruttore, con ordinanza del 15 giugno 1964, rilevava conflitto di competenza e questa Corte, con decisione in data 6 ottobre 1964, annullava senza rinvio l'ordinanza del Tribunale. Nel nuovo giudizio lo stesso Tribunale, con sentenza del 16 marzo 1965, dichiarava il Moncada colpevole del delitto di omicidio colposo, con le circostanze attenuanti generiche e lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione, con i benefici previsti dagli art. 163 e 175 c.p., oltre che al pagamento delle spese processuali, nonch�, in solido con il Ministero della Difesa-Aeronautica, intervenuto in giudizio per mezzo dell'Avvocatura dello Stato, al risarcimento dei danni ed al rimborso delle spese in favore delle parti civili Misuraca Antonietta e Rotelli Filadelfio, ordinando altr�s� la sospensione della patente di .guida del Moncada per la durata di un anno, mentre dichiarava non doversi procedere in ordine al delitto di lesioni colpose, estinto anche in virt� del ricordato decreto di amnistia. Su appello dell'imputato e del responsabile civile, la Corte di appello di Messina, con sentenza in data 26 ottobre 1966, �confermava quella del Tribunale e condannava gli appellanti in solido al paga mento delle spese processuali e di quelle sostenute dalle parti civili nel giudizio di secondo grado. Ritualmente proponevano ricorso per cassazione l'imputato e l'Av vocatura dello Stato per il responsabile civile. Nei motivi dell'impugnazione nell'interesse dell'imputato, erano dedotte le seguenti censure: I) Violazione degli artt. 185 n. 3 e 189' c.p.p. in relazione agli artt. 304 bis, ter e quater, nonch� 314 e 317 c.p.p., per non essere stata rilevata la nullit� delle perizie, a causa della mancata comunicazione al difensore dell'imputato dell'inizio delle operazioni peritali e del deposito delle perizie dopo la loro esecuzione; Il) Violazione degli artt. 475 e 524 c.p.p. in relazione all'art. 479 c.p.p .. e agli artt. 40, 41 e 43 c.p. per difetto di motivazione sul punto della ritenuta violazione dell'art. 102 del t.u. sulla circolazione stradale, su quello della ritenuta violazione dell'art. 104 del medesimo t.u. e su quello relativo all'accertamento del rapporto di causalit� fra la condotta del ricorrente e la determinazione dell'incidente; III) Violazione degli artt. 475 e 524 in relazione all'art. 479 c.p.p., per difetto di motivazione sull'applicabilit� della pronunzia di assoluzione per insufficienza di prove. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE sulla configurazione dell'imputato come parte nel processo: la qualit� d'.imputato, invero, sorge appena ad una persona venga, in qualsiasi atto, attribuito un reato, .giusta l'art. 78 c.p.p. e non si perde se non con la sentenza definitiva. Il Moncada aveva assunto tale qualit� dal momento dell'investitura del Giudice Istruttore con la richiesta del P. M. in quanto, come bene fu rilevato nell'ordinanza 15 giugno 1964 (con la quale venne rilevato il menzionato conflitto), l'azione penale non poteva non intendersi esercitata se non contro quello dei due conducenti dei veicoli implicati nel sinistro, ch'era rimasto superstite. Di ci� lo stesso Giudice Istruttore avrebbe dovuto tener conto ai sensi dell'art. 78 capov. c.p.p. nel dare corso alle perizie, essendosi presentata l'occasione di compiere degli atti rispetto ai quali la legge riconosce all'imputato specifici diritti. La circostanza che l'imputato non avesse ancora designato un difensore non dispensava certamente dall'osservanza delle disposizioni degli artt. 304 ter e quater, essendo ben possibile la nomina del difensore stesso ai sensi dell'art. 304 c.p.p. anche prima dell'interrogatorio. Trattandosi di atti per i quali l'assistenza del difensore � categoricamente richiesta dalle norme processuali, con l'attribuzione di diritti ben determinati, il Giudice Istruttore avrebbe dovuto provvedere a nominarlo nel modo previsto dal detto articolo e metterlo in grado di esercitare le facolt� a lui spettanti. N� le ragioni di urgenza -indicate nell'ordinanza e criti�ate nel ricorso ma non sindacabili ad opera di questa Corte -valevano a giustificare l'omissione della nomina del difensore e delle comunicazioni prescritte. Invero, l'art. 304 ter �nell'ultima parte consent~ di fare a meno dell'avviso, che di regola deve precedere l'inizio delle operazioni peritali (e degli altri atti preveduti dall'art. 304 bis), ma ci� non esclude che l'ordinanza con cui � disposta la perizia debba sempre essere comunicata al difensore a norma dell'art. 314, quinto capoverso, c.p.p., n� che comunque il difensore possa intervenire spotaneamente ai sensi dell'art. 317 bis, primo capoverso, in relazione all'art. 304 ter, ultima parte, c.p.p. Tanto meno le dette ragioni potevano dispensare dall'obbligo di procedere all'avviso di deposito delle perizie dopo la presentazione delle relazioni. L'art. 317 bis, prima parte, espressamente esige che anche in caso di perizia urgente siano adempiute le prescrizioni della prima parte, del primo e del secondo capoverso dell'art. 340 quater cod. proc. pen. Ritenuta l'inosservanza delle suddette disposizioni, bisogna stabilirne le conseguenze. Non � dubbia la nullit� assoluta, ai sensi dell'art. 18�5 n. 3 c.p.p., delle perizie eseguite senza l'adempimento delle formalit� prescritte, in quanto queste sono imposte a garanzia delle esigenze difensive dell'imputato (oltre che delle altre parti private) e 600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sono intese ad assicurare allo stesso l'assistenza di una dif�sa tecnica nel compimento di atti che la legge astrattamente considera di particolare importanza nell'acquisizione della prova. La nullit�, per altro, � da ritenere irrilevante per quel che riguarda la perizia medico legale compiuta sulla persona del Borz�, in quanto il delitto di lesioni colpose, connesso ai traumi da costui patiti nell'incidente, risulta estinto per amnistia e tale causa di estinzione del reato preclude l'esame di. ogni questione relativa ad esso, ai sensi dell'art. 592 c.p.p. Pi� attento esame occorre per la determinazione degli atti cui la rilevata nullit� si comunica, a norma dell'art. 189 c.p.p. Come ha osservato la precedente sentenza di questa Corte nella risoluzione del conflitto -in armonia con la giurisprudenza prevalente -, la nullit� delle perizie eseguite nell'istruzione non comporta ipso jure quella .degli atti successivi, fra i quali la sentenza di rinvio a giudizio. Si tratta quindi di stabilire se il vizio renda invalido il primo atto, posteriore� a tale sentenza, che possa ritenersi �dipendere� dalla perizia tecnica ritenuta nulla: cio�, la sentenza pronunziata dal Tribunale di Mistretta nel giudizio di primo grado. Dall'esame di tale sentenza emerge che� la decisione non risulta necessariamente collegata, dal punto di vista logico, alla perizia tecnica: infatti, nella motivazione di essa si fa menzione, in maniera generica e globale, alle risultanze dei rilievi descrittivi e fotografici eseguiti a cura del Pretore competente nell'istruzione preliminare e di quelli eseguiti dalla Polizia Stradale nelle� indagini di polizia giudiziaria, �confermati dal consulente tecnico d'ufficio ing. Leonardo Sorbello e dalla formale istruzione ., e nella ricostruzione del fatto sono esposti dati che in linea di massima collimano. con quelli indicati nel verbale di ispezione del Pretore e nel rapporto della Polizia. Pertanto, non � lecito considerare senz'altro estensibile� a questa sentenza la nullit� della perizia di ufficio. La nullit� si estende, invece, alla sentenza della Corte di Appello di Messina, impugnata con il presente ricorso, poich� questa non solo. ha negato l'invalidit� della perizia tecnica, ma ha fondato la decisione di merito in gran parte sui dati e sui rilievi contenuti nella relazione peritale, come emerge da parecchi punti della sua ampia ed elaborata motivazione. Sotto questo aspetto, dev'essere accolto il primo motivo di ricorso e la sentenza impugnata dev'essere annullata per il semplice� rilievo formale della utilizzazione logica dell� perizia di cui � stata in questa sede affermata la nulit�. Non � quindi il caso di passare� all'esame delle critiche espresse negli altri motivi del ricorso dell'im putato e in quelli del ricorso del responsabile civile, le quali investono la correttezza delle argomentazioni svolte nella .sentenza per illustrare- la rappresentazione dei termini essenziali del fatto e l'individuazione degli elementi della colpa attribuita al ricorrente. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 601 L'annullamento deve avvenire con rinvio ad altro giudice di pari grado, che si designa nella Corte di Appello di Catania. Ad esso competer� di rivedere il giudizio espresso nella sentenza del Tribunale, in corrispondenza dei motivi di appello, stabilendo in primo luogo se la parte valida del materiale probatorio, alla quale essa ha attinto, sia sufficiente per un sicuro accertamento delle modalit� dell'accaduto e per una puntuale definizione della condotta dell'imputato e del rapporto di causalit� fra questa e l'evento, ed in caso negativo integrando l'inda, gine mediante la rinnovazione totale o parziale del dibattimento, ai sensi dell'art. 520 c.p.p., per poi pronunziare nel merito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1969, n. 657 -Pres. Colli - Rel. Roberti -P. M. De Gennaro (conf.) -Rie. Fregnan Cesare. Oli minerali -Detenzione di eccedenze -Poteri d'accertamento della Polizia Tributaria. (!.-31 dicembre 1962, n. 1052, art. 21). L'accertamento dell'eccedenza nei depositi liberi di olii minerali, combustibili e lubrificanti a norma dell'art. 21 della legge 31 dicembre 1962 n. 1852, pu� avvenire da parte della polizia tributaria con tutti i mezzi consentiti, fra cui le sole scritturazioni contabili ben potendosi da esse trarre la certezza, attraverso opportuni calcoli, della introduzione nel deposito di prodotti petroliferi sottratti all'imposta di fabbricazione (1). (1) L'art. 13 d.I. n. 271 modificato dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1825, art. 21, secondo comma, dispone che se� nella verificazione dei depositi liberi di olii minerali... si rinvengono eccedenze in confronto delle risultanze del registro di carico e scarico, o comunque non giustificate da regolari certificati di provenienza, il gestore� � punito con la multa, ecc..... E nell'ultimo comma dello stesso articolo � statuito che �Non costituisce irregolarit�, agli effetti del comma precedente, la esistenza accertata di una differenza fra le giacenze reali e le risultanze contabili, quando sia contenuta entro i limiti fissati.. . ., Sulla scorta di queste norme, sosteneva il difensore dell'imputato che se la legge parla espressamente di � verificazione ., di � rinvenimento � di eccedenza, di � giacenze reali �, doveva indubbiamente trattarsi di un � rinvenimento � materiale di eccedenza, non di un riscontro contabile da parte degli Organi tributari e che l'art. 21 doveva interpretarsi secondo il suo significato lessicale e letterale e non secondo un significato elastico che non trova riscontro nella norma. Pertanto ai fini della configurabilit� del reato, sarebbe necessario che, rispetto ai quantitativi introdotti nel deposito e risultanti dai dati del 602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO registro di carico e scarico o dai certificati di provenienza, si rinvengano, a seguito di verifiche e controlli materiali (nei serbatoi e cisterne) da parte dell�. Polizia tributaria quantitativi reali eccedenti la cifra globalmente caricata. E poich� nel caso di specie il rinvenimento materiale di eccedenza era consistito in poche migliaia di kg., rientrante nei limiti di tolleranza ammessi (mentre per maggiore eccedenza era stata documentalmente accertata) il reato non sarebbe stato sussistente. La Suprema Corte � per� ed esattamente andata in contrario avviso, statuendo che il reato non � escluso dal fatto che non siano rinvenuti prodotti petroliferi nei depositi all'atto della verifica degli stessi poich� l'espressione � si rinvengono eccedenze � va intesa in rapporto alle � risultanze del registro di carico e scarico o ai certificati di provenienza � e il relativo accertamento ben pu� avvenire con ogni mezzo e quindi anche attraverso le sole risultanze contabili. Basta in sostanza che vi sia la certezza, comunque acquisita che dal gestore dei depositi siano stati in questi i.mmessi prodotti petroliferi (siano ess1 o meno ancora giacenti) non registrati o non giustificati da certificati di provenienza regolari; e ci� si verifica senza dubbio quando lo � scarico � superi di gran lunga il � carico � documentato e contabilizzato. Ritenere altrimenti, secondo l'interpretazione :restrittiva della norma prospettata dal difensore sarebbe infatti, come la Suprema Corte ha notato, in contrasto con la finalit� della legge (rendere cio� possibile il controllo della finanza) poich�, in quel modo sfuggirebbero all'accertamento ed alla conseguente sanzione tutte le eccedenze di prodotti non pi� giacenti nel momento della verifica. In dottrina, v. in generale, P1ccININO, Olii minerali e derivati petroliferi, in Nuovissimo digesto italiano; LUCHINI, Il reato di irregolare tenuta del registro di carico e scarico, in Riv. dir. petr., 1959, n. 22, p. 99; MoRSILLo, Eccesso di giacenze nei depositi di orii minerali e rilevanza del dolo, in Rass. leg. e giur. petrol., 1966, ottobre, 493, nota alla sentenza Cass. 26 gennaio 1966, n. 100, che sancisce. la necessit� della prova del dolo in tema di eccedenza di giacenze, non essendo stabilita in materia, a differenza di quanto avviene per la legge doganale nell'ipotesi di contrabbando negli spazi doganali alcuna presunzione di responsabilit�. P. D. T. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 14 giugno 1969, n. 1019 -Pres. Rosso -Rel. Giorigioni -P. M. Bracci (conf.) -Palladino e altri. Peculato -Distrazione -Somme destinate alla G. I. -DevoluziOne ad una associazione sportiva giovanile ~ Sussistenza del reato. Costituisce peculato per distrazione l'impiego di denaro della Pubblica Amministrazione per l'attuazione di scopi estranei a quelli cui doveva servire. Commette quindi il reato chi, nella sua qualit� di ] :.~ ~ ~ v:::'. ~AiW'AWA1J1lilJN~l41WJ PARTE I, SEZ. VII, GIUR�SPRUDENZA PENALE 603 commissario provinciale della Giovent� Italiana, devolva le somme destinate ail'Ente ad un'unione sportiva calcistica (1). (Omissis). -L'avv. Angelo Palladino, Commissario provinciale della � Giovent� Italiana � di Campobasso, a seguito di sommaria istruttoria era istato tratto a giudizio dinanzi quel Tribunale per rispondere di peculato continuato, per essersi appropriato: a) di lire 587.751, costituenti parte dei fondi per le spese della gestione di cantieri di lavoro affidati alla G. I.; b), c), d) ed e), rispettivamente di lire 500.000, 500.000, 500.000 e 400.000, costituite da contributi disposti dalla Prefettura di Campobasso pro �Colonie climatiche della G. I. Era stato inoltre imputato di concorso col Palladino, per il solo peculato di cui alla lettera a), il rag. Luigi Laurella, capo dell'Ufficio provinciale di Campobasso di tale Ente, cui si addebitava di avere, d'intesa col Palladino, rilasciato la propria � firma congiunta � per i criminosi prelevamenti di somme effettuati dal primo. Fatti avvenuti tra il settembre 1959 ed il ma.ggio 1960. Con sentenza 2 gennaio 1967 il Tribunale dichiar� il Palladino colpevole limitatamente alle appropriazioni di cui ai capi b) e seguenti della rubrica e, con la concessione delle attenuanti del motivo di parti colare valore sociale, del danno di speciale tenuit� e generiche, lo condann� alla pena di mesi 11 di reclusione e lire 40.000 di multa. Lo assolvette invece, insieme col Laurella, dalla imputazione di cui al capo a), perch� il fatto non costituisce reato. � bene precisare subito che tutte le somme di cui sopra, e di cui sostanzialmente il Palladino non contestava l'appropriazione, erano (1) Sul concetto di distrazione la giurisprudenza � ormai costante (v. Cass. 15 novembre 1967, IPPOLITO in Giur. pen., 1968, II, 145; 3 maggio 1965, LIGUORI in Cass. pen. Mass. annotato, 1966, m. 343, p. 265; 2 �marzo 1966, in Rep. giur. it~, 1966, vol. 3044 n. 8; 4 mag.gio 1964, PERROTTI in Cass. pen. Mass. annotato, 1965, m. 1907, p. 1053) e ritiene che la distrazione ricorra anche quando il denaro sia destinato ad altro uso di pubblico interesse ed avvenga a fine di profitto proprio o altrui iri ci� conforme a parte della dottrina (v. MANZINI, Trattato di dir. pen. ital., vol. V, 1950, p. 123) mentre altri sostengono l'inesistenza del reato quando, nonostante la diversa desti. nazione della somma, questa sia pur sempre destinata al perseguimento 1:1.i un fine pubblico. In questo senso, v. PAGLIARO, Studi sul peculato, 1964J p. 9; PANNAIN, J delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministra:. zione, 1966, p. 60, il quale ultimo autore, premesso che la distrazione consiste di un momento positivo (destinazione della somma a un fine pubblico) e di uno negativo (sottrazione della somma a quel fine) nega che possa sussistere il reato quando la somma, pur distratta, sia comunque destinata al perseguimento di un fine pubblico della stessa P. A.: in tal caso non vi sarebbe un profitto del reo o di altri, poich� la norma parla di � distrazione a profitto � e non di � distrazione a fine di profitto �. Con ci� sembra 604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO state da costui devolute all'Unione Soortiva Campobasso, della quale egli era contemporaneamente Commissario. E ci� egli avrebbe fatto, a suo dire, con l'esplicito assenso del Prefetto, erogatore delle somme stesse e dell'Ispettore �centrale della G. I., e nell'intento di ovviare alla dissestata situazione finanziaria di tale societ�, che le avrebbe precluso la possibilit� di partecipare al campionato di calcio, con prevedibili gravi conseguenze per l'ordine pubblico. 8enonch� H Prefetto, pur ammettendo di avere concorso altre volte a sovvenzionare l'U.S.C. con fondi di sua spettanza, negava di avere concesso tale autorizzazione e cos� del pari l'Ispettore. Il Tribunale ravvisava pertanto negli episodi di cui ai capi b) e seguenti della rubrica, concernenti la sottrazione di complessive lire 1.900.000 destinate alle colonie climatiche della G. I. e devolute invece illegalmente all'U.S.C., una ipotesi di peculato con tinuato per appropriazione, che pu� essere discriminata solo quando l'atto del pubblico ufficiale, nonostante la diversa destinazione del denaro, conservi la sua attitudine funzionale al raggiungimento dei fini specifici della Pubblica Amministrazione, tra i quali non rientra certo quella di incrementare l'attivit� di una societ� calcistica, che persegue oltretutto fini speculativi e di lucro. In considerazione tuttavia del fatto che il Palladino ci� commise .per motivi di apprezzabile valore sociale (per evitare cio� che probabili manifestazioni di protesta dei tifosi per l'inerzia del sodalizio potessero turbare l'ordine pubblico) gli vennero concesse le attenuanti di cui agli artt. 62 n. 1, n. 4 e bis del c.p. Anche per quanto concerne l'addebito sub a), pur essendo risultato che parte della somma ivi contemplata era stata egualmente destinata a sovvenzionare l'U.S.C., ma successivamente reintegrata nelle casse che voglia intendere che il profitto deve consistere non in qualsivoglia utilit� derivante dall'operata distrazione, ma che consiste nella distrazione in s�. Queste argomentazioni del PANNAIN per� non paiono accettabili e giustamente non sono accolte dalla giurisprudenza -perch� altrimenti le due ipotesi, di appropriazione e di distrazione alternativamente previste dall'art. 314 c.p., verrebbero ad unificarsi indebitamente, mentre � nel sistema della legge che, nell'ipotesi dell'appropriazione, questa stessa co stituisca il profitto e che invece in quella di distrazione -in cui la somma distratta non va nelle tasche del peculatore n� di terzi (ch� al trimenti sarebbe ancora un'ipotesi di appropriazione a profitto proprio o di terzi) -il profitto vada ricercato altrove. V. recentemente CARINELLI, Appunti sul concetto di distrazione nel delitto di peculato, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1966, 538. Per �quanto concerne il momento consumativo del peculato per distrazione, � stato affermato che esso coincide con quello in cui la distrazione si verifica. (V. Cass. 25 ottobre �1967, in Cass. pen. Mass. annotato, 1969, p. 72). P. D. T. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 605 della G. I., il Tribunale ritenne che, in sostanza, l'imputato fosse incorso in errore scusabile, in quanto ricadente su legge diversa da quella penale, sia omettendo per mera dimenticanza la registrazione di spese legalmente ed effettivamente effettuate, sia ritenendo lecita l'erogazione di somme per uno scopo �che egli considerava quale istituzionale della G. I., e cio� quello di dare incremento allo sport �giovanile. Non ravvisava pertanto ipotesi alcuna di reato n� a carico del Palladino n� a carico del Laurella. Avverso tale sentenza proponevano appello il P. M. ed il Palladino. Il primo censurava l'assoluzione dei due imputati dal reato di cui al capo a), stante la diversit� tra i fini istituzionali dei due enti, che non avrebbe dovuto consentire l'adozione della scriminante ritenuta dal Tribunale, e la concessione delle attenuanti di cui all'art. 62 nn. 1 e 4 del c.p. Il Palladino sosteneva la tesi che erroneamente si fosse rite~ nuta l'ipotesi Q.elittuosa del peculato per appropriazione mentre per la duplicit� delle cariche da lui ricoperte, entrambe di nomina prefettizia, e per l'unicit� dell'Ente erogatore delle somme (Prefettura di Campobasso), nei cui fini assistenziali rientravano entrambi gli Enti da lui presieduti, la destinazione di somme da un ente all'altro avrebbe concretato un fatto di distrazione penalmente non punibile per obiettiva mancanza di illiceit� e, in ogni caso, per carenza di dolo. Parzialmente accogliendo l'impugnazione del P. M., la Sezione di Corte d'appello di Campobasso con sentenza 14 novembre 1968 dichiarava entrambi gli imputati colpevoli dei reati cosi come loro ascritti e, con la concessione ad entrambi delle circostanze attenuanti di cui .all'art. 62 n. 4 e bis e, al solo Laurella, dell'attenuante di cui all'art. 114 del c.p., li condannava in conseguenza. Pur concordando col Palladino che nella specie debba ravvisarsi una ipotesi di peculato per distrazione, e non per appropriazione, cosi come deciso dal. Tribunale, la Corte d'Appello ha ritenuto che essa non possa essere discriminata per le ragioni addotte dall'imputato. A prescindere dal fatto che � mancata la prova dell'asserito consenso da parte del Prefetto e dell'Ispettor.e centrale della G. I. (che, comunque, anche se prestato, non avrebbe legittimato l'azione dell'imputato), in ogni caso l'imputato, nella specie esercente la professione legale, mai avrebbe potuto confondre la diversit� dei fini istituzionali e degli scopi concreti dei due diversi enti da lui rappresentati: l'uno di interesse I pubblico, controllato e sovvenzionato dallo 8tato, l'altro -del tutto privato -con scopo e finalit� di lucro; l'uno intesp anche alla educa I zione fisica dei giovani e l'altro soltanto alla preparazione atletica di qualche giocatore professionista di calcio. I\\ Ipotesi di reato ravvisabile in tutti gli episodi, compreso quello i ~: sub a), posto che l'imputato non aveva alcuna facolt� di disporre donationis causa di somme espressamente richieste e concesse col vincolo :: RASSEGNA DELL.AVVOCATURA DELLO STATO della destinazione ai cantieri di lavoro della G. I. e dirottate nelle casse della U .S.C. senza nemmeno una deliberazione amministrativa, il che dimostra come egli ben fosse consapevole della illegittimit� della sua azione. Consapevolezza che si riscontra, a parere della Corte d'Appello, anche nell'operato del coimputato Laurella il quale, pur conscio della illegalit� del fatto, tanto da opporsi in un primo momento alle richieste del Palladino, fin� con l'aderire contribuendo col suo comportamento (apposizione sul mandato della sua firma, necessaria per la riscossione della somma; omissione delle registrazioni relative e delle prescritte comunicazioni all'Ufficio centrale accreditante) alla realizzazione del reato. La Corte non ha poi ravvisato possibilit� di concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 61 n. 1 .del c.p., che postula ben altre fattispecie, poich� il movente che in ipotesi ha indotto l'imputato non pu� annoverarsi tra i pi� elevati nella scala dei valori umani e sociali, anche in considerazione del fatto che in definitiva egli ha tratto da ci� �ragioni di prestigio personale. I due imputati hanno proposto ricorso per cassazione. Il Palladino deduce mancanza di motivazione su elementi decisivi per l'affermazione della sua responsabilit�, circa il dolo e circa l'estremo del profitto, nec�ssario per l'esistenza del reato. Il Laurella deduce: 1) Violazione dell'art. 314 del c.p.; 2) Insufficiente, contradditoriet� ed omessa motivazione della sentenza; 3) Idem, su altro punto della .causa; 4) Contraddittoriet� tra l'affermazione della sua responsabilit� e la concessione dell'attenuante della minima partecipazione; 5) Violazione e falsa applicazione dell'art. 314 del c.p. I ricorsi non sono fondati. I fatti della causa, pacificamente accertati in sede di merito, sono stati accuratamente ed esattamente valutati dalla sentenza impugnata che, attraverso tale valutazione, � pervenuta a conclusioni ineccepibili, non suscettibili di censura in questa sede di mero controllo di legittimit� formale. I giudici dell'appello si sono motivatamente convinti della piena colpevalezza dei due imputati in ordine ai reati come loro rispettivamente ascritti, e tale convincimento hanno espresso senza trascurare alcun elemento decisivo, senza incorrere in travisamente dei fatti ma dando ampio e corretto conto del loro operato in ordine all'apprezzamento delle prove, senza incorrere PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE in quei vizi di ordine logico-giuridico ehe, . a torto, i ricorrenti denunciano. In ordine alla imputazione di cui al capo a) che i giudici dell'appello, riformando la errata decisione di primo grado, hanno ritenuto sussistere a carico di� entrambi, i ricorrenti -con motivi sostanzialmente analoghi -tentano proporre per la prima voita~in questa sede una versione di fatto difforme da quella accertata in sede di merito, e eomunque di nessuna rilevanza. Nulla importa infatti, ai fini del peculato loro ascritto, che il fondo di lire 900.000 fosse ancora di pertinenza del Ministero del Lavoro o gi� trasferito nelle disponibilit� della G. I.: nell'un caso come nell'altro pur sempre trattavasi di pubblico denaro parzialmente distratto per scopi privati. E comunque tale distrazione, e negli esatti termini in cui � stata ritenuta nella sentenza impugnata, era stata ammessa dallo stesso Palladino nel suo interrogatorio e mai contestata. Come nulla rileva il fatto che vi sia successivamente stata la reintegrazione della somma sottratta, che ha quindi potuto essere destinata a scopi legittimi. Tentano ancora entrambi i ricorrenti in questa sede di riproporre la tesi secondo cui rientrerebbe nelle finalit� della G. I. l'incremento delle attivit� sportive, per cui sarebbe giustificata penalmente (anche se amministrativamente scorretta) la distrazione di fondi dall'uno all'altro ente. La pretestuosit� di una siffatta argomentazione � stata posta nel debito rilievo dalla sentenza impugnata, che ha ben distinto il fine sociale dell'attivit� della G. I., inteso a promuovere una sana attivit� sportiva giovanile, e quello del tutto privatistico di una squadra di calcio, che ha semplici finalit� di spettacolo e di gioco. Cosi come hanno trovato giusto rilievo le considerazioni concernenti l'interesse a conquistare posizioni di prestigio e di facile popolarit� che ha determinato il Palladino a commettere i fatti ascrittigli, anche senza personalmente lucrare delle somme sottratte. Ambo i ricorrenti, infine, prospettano censure in ordine al punto della motivazione concernente il dolo, ma anche tali doglianze sono destituite di fondamento, posto che pure tale punto � stato correttamente esaminato e discusso nella sentenza impugnata. La distrazione, prevista come ipotesi alternativa all'appropriazione dall'art. 314 del c.p., consiste invero nel dare al denaro ed alle cose mobili una destinazione diversa da quella fissata dalla Pubblica Amministrazione, operandosi in tal modo una deviazione dallo scopo che la P.ubblica Amministrazione intende raggiungere. L'elemento intenzionale di tale forma di peculato non pu� pertanto consistere altro che nella volont� cosciente, da parte del soggetto attivo, del mutamento di tale destinazione e cio� del conseguimento di scopi estranei alle finalit� dell'ente pubblico cui la cosa appartiene. La sussistenza della certezza circa la coscienza e la volont� da parte dei due imputati di �commettere i reati 608 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO loro ascritti � ampiamente dimostrata nella sentenza impugnata, con Io.giche considerazioni, ancorate alla evidenza dei fatti, ed insindacabili in questa sed.e. Circa gli altri motivi personali proposti dal Laurella � appena il caso di rilevare che non sussiste alcuna contraddizione tra la parte motiva e quella dispositiva della sentenza impugnata. Egli era stato assolto in primo grado dal reato di peculato per appropriazione. I giudici dell'appello hanno ravvisato nella specie una ipotesi di peculato per distrazione, e di tale reato lo hanno ritenuto responsabile, motivando -come si � detto -ampiamente e coerentemente in proposito. Non vi � stata alcuna immutazione del fatto contestato, ma una semplice specificazione delle sue modalit� esecutive, che non importa nullit� della sentenza. N� pu� sostenersi che la motivazione a sostegno della concessione della attenuante della minima partecipazione contrasti con la affermazione della sua responsabilit�. Ferma restando la comune responsabilit� di entrambi i partecipanti al fatto, la sentenza impugnata con esatta argomentazione ha messo in rilievo il carattere secondario della prestazione criminosa del Laurella nel quadro dell'economia generale del reato commesso in concorso col Palladino, e nessuna censura pu� formularsi in ordine a tale assunto data la sua correttezza sostanziale e formale. -(Omissis). PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA MARCHETTI P., Boicottaggio e rifiuto di contrattare: CEDAM, Padova, 1959, ipagg. 485. Il fenomeno del c.d. �boicottaggio economico si pone nell'ambito delle relazioni sociali individuate con l'espressione � rapporti d'affare �; si pone, cio�, nell'ambito di quelle relazioni economiche che � necessario intrecciare per e durante lo svolgimento di un'attivit� diretta alla produzione o allo scambio di beni o di servizi. Tra tali relazioni rientrano, ovviamente, anche i rapporti di lavoro subordinato rispetto ai quali il boicottaggio si manifesta come vero e proprio strumento di lotta. Ma se pu� dirsi che la figura ed il termine stesso di boicottaggio sono sorti, storicamente, proprio nell'ambito delle controversie collettive di lavoro -ragion per cui per lungo. tempo le trattazioni giuridiche sul boicottaggio sono state soprattutto riferite alle forme ed agli aspetti del boicottaggio relativi ai rapporti ed alla disciplina del lavoro -deve convenirsi con l'A. che la particolare disciplina data dal nostro ordinamento ai conflitti di lavoro impone di tenere distinto sul piano concettuale il boicottaggio quale strumento di lotta nei conflitti di lavoro dal boicottaggio economico vero e proprio, che s'inquadra nell'ambito dei rapporti convenzionali e deve essere esaminato dall'angolo visuale della disciplina giuridica della concorrenza. Nel libro in rassegna, l'A. dichiaratamente limita la sua indagine al boicottaggio economico in senso stretto, facendola precedere da una appropriata disamina del fenomeno generale della concorrenza, con riferimento particolare agli artt. 1679 e 2597 del codice civile e 19 del R.d.I. 22 aprile 1943, n. 245, nonch� all'art. 507 del codice penale, visto in relazione agli artt. 18, 21, 39, 40 e 41 della Carta Costituzionale. Il libro ha l'indiscutibile pregio di sottoporre all'attenzione degli studiosi una materia ricca d'interesse ma fatta oggetto, finora, di scarsi studi. (Tra i pochi CARRARA V., Il boicottaggio, Milano, 1924; MICHELIS, Il boicottaggio, Torino, 1934; ROTONDI, Valore giuridico del principio della libera concorrenza e l'oggetto del'la c. d. concorrenza sleale, in Studi di diritto industriale, Padova, 1957; AscARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1950) e di offrire al lettore un'efficacie sintesi della migliore letteratura straniera sul delicato argomento (LAFERRIERE, EGET �MEYER, RoussEAV ed altri). L. M. CUCCIA F., Lineamenti di una bibliografia sulla disciplina giuridica delurbanistica. Giuffr� editore, M�lano, 1969, ipagg. 84. L'A. pubblica una seconda appendice ai �Lineamenti di una bibliografia sulla disciplina giuridica dell'urbanistica�, aggiornando la ben nota opera al 31 dicembre 1968. Il volumetto ricalca, ovviamente, lo schema ! j ! l i I I ~ I 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consueto. Una parte generale relativa all'urbanistica nei suoi aspetti politico- sociali, alla pianificazione urbanistica in Italia, alla normazione vigente ed alla politica delle aree (con riferimenti alla imposta sulle aree fabbricabili ed ai piani di zona) precede la parte speciale avente pi� specificamente ad oggetto i piani urbanistici upiani territoria:li di coordinamento, piani regolatori generali, piani intercomunali, piani particolareggiati, piani di ricostruzione, lottizzazioni e comparti con riferimenti ai contributi di miglioria ed alla tutela delle bellezze naturali e dell'ambiente monumentale) e la disciplina edilizia (regolamenti edilizi, norme di edilizia asismica, programmi di fabbricazione, licenze edilizie). Chiudono il volume un'appendice di legislazione comparata ed un'altra comprendente le disposizioni legislative urbanistiche o di interesse urbanistico nonch� un indice dei nomi. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE<*> NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (**) NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice civile, art. 467 (Nozione della rappresentazione), e art. 468 (Soggetti), limitatamente alle parti in cui escludono dalla rappresentazione il figlio naturale di chi, figlio o fratello del de cuius, non potendo o non volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti legittimi (1). Sentenza 14 aprile 1969, n. 79, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 26 giugno 1967 del Tribunale di Genova, G. U. 25 novembre 1967, n. 295. codice civile, art. 577 (Successione del figlio naturale ali'ascendente legittimo immediato del suo genitore). Sentenza 14 aprile 1969, n. 79, G. U. 23 a�prile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 26 giugno 1967 del Tribunale di Genova, G. U. 25 novembre 1967, n. 295. codice civile, art. 2068 (Rapporto di lavoro sottratU a contratto collettivo), secondo comma, nella parte in cui dispone che sono sottratti alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro concernenti prestazioni di carattere domestico. Sentenza 9 aprile 1969, n. 68, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 29 gennaio 1968 del Pretore di Brindisi, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. cod'ice penale, art. 330 (Abbandono coUettivo di pubblici uffici, impieghi, servizi o lavori), primo e second�o comma, limitatamente all'applicabilit� allo sciopero economico che non comprometta funzioni o servizi pubblici essenziali, aventi carattere di .preminente interesse generale ai sensi della Costituzione (2). Sentenza 17 marzo 1969, n. 31, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. (*) Viene qui pubblicata la rassegna anche del II bimestre c. a., relativa al II fascicolo. � ( � �) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono stati proposti o decise le ques.tioni di legittimit� costituzionale. (1) La illegittimit� costituzionale dell'art. 468 del codice civile � stata dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. (2) Sulla questione cfr. anche la sentenza 28 dicembre 1962, n. 123. 60 RASSEGN� DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ordinanze di rimessione 21 luglio 1966 del Giudice istruttore del Tribunale di Roma (G. U. 24 giugno 1967, n. 157), 2 marzo 1968 e 7 marzo 1968 del Pretore di Roma (G. U. 15 giugno 1968, n. 152). codic:e penale, art. 507 (Boicottaggio), per la parte relativa all'ipotesi della propaganda e nei limiti di cui alla motivazione. Sentenza 17 aprile 1969, n. 84, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanze di rimessione 5 giugno 196'7 del Pretore di Roma (G. U. 9 dicembre 1967, n. 307)� e 17 febbraio 1968 del Pretore di Trieste (G. U. 15 giugno 1968, n. 152). codice di procedura penale, art. 149 (Correzione di errori materiali), :primo comma, limitatamente all'inciso � se possibile �. Sentenza 14 aprile 1969, n. 83, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 4 agosto 1967 della Corte di appello di Catania, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. codice di procedura .pe.nale, art. 553 (Sentenze soggett� a revisione), n. 2, limitatamente alle parole � se in conseguenza di essa il condannato � stato dichiarato contravventore abituale o profe�ssionale �. Sentenza 5 marzo 1969, n. 28, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Ordinanza di rimessione 7 dicembre 1967 della terza sessione pe na�e della Corte di cassazione, G. U. 30 marzo 1968, n. 84. legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie), art. 14, secondo comma, limitatamente alle parole � prima che il decreto di condanna sia divenuto eise�cutivo e quando sia stata fatta opposizione � ; art. 21, primo comma, n. 1 e n. 2, nelle sole parole � quando si tratti di ogni altro re�ato �, e secondo comma; art. 26, primo comma, limitatamente alle parole � di una contravvenzione di cmnpetenza dell'intendent� di finanza o �, e terzo comma; art. 27, primo c:omma, n. 2, limitatamente alle parole � o che sarebbe competente se fosse stata proposta opposizione cont.ro il decreto di condanna dell'intendente �; artt. 36, 37, 38, 39, 40, 41, primo e secondo c:omma, 42, 43, 44, 45 e 48, terzo comma, limitatamente alle parole � innanzi all'intendente di finanza �; art. 50, primo comma, nelle parti in cui si prevedono la competenza dell'intendente� a pronunziare decreto di condanna e le ipotesi della opposizione o della mancata opposizione, fermo restando l'obbligo dell'intendente di dare partecipazione al procuratore della Repubblica del mancato pagamento della somma dovuta a titolo di oblazione; art. 51, primo comma, limitatamente al riferimento al n. 2 (3). Sentenza 3 aprile 1969, n. 60, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 3 marzo 1967 del Tribunale di Salerno, �G. U. 24 giugno 1967, n. 157. (3) La illegittimit� costituzionale degli artt. 14, secondo comma, 21, n. 2, 26, _primo e terzo comma, 27, secondo comma, n. 2, 37, 38, 39, 40, 41, primo e secondo PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 61 r. d. 24 settembre 1931, n. 1473 (Disposizioni per il coordinamento della legge 7 gennaio 1929, n. 4, con le singole leggi finanziarie), artt. 9 e 10 (4). Sentenza 3 aprile 1969, n. 60, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. (Ordinanza di rimessione 3 marzo 1967 del, Tribunale di Salerno, G. U. 24 giugno 1967, n. 157). r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), artt. 33 e 34, limitatamente alle parti in cui riconoscono il diritto di iniziativa del procedimento di modificazione delle circoscrizioni territoriali ai cittadini che rappresentino la maggioranza numerica dei contribuenti delle borgate o frazioni e sostengano almeno la met� del carico dei tributi locali in esse applicati, anzich� alla maggioranza dei cittadini elettori; art. 35, limitatamente alla parte in cui attribuisce a qualsiasi contribuente anzich� a qualsiasi elettore la facolt� di fare opposizione alle deliberazioni dei consigli comunali relative a variazioni alla circoscrizione dei comuni (5). Sentenza 21 marzo 1969, n. 38, G. U. 26 marzo 1969, n. 78 (6). Ordinanza di rimessione 5 novembre 1966 della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 25 febbraio 1967, n. 51. legge 25 settembre 1940, n. 1424 (Legge doganale), art. 141, secondo comma, seconda parte ( � purch� venga effetbuato prima della trasmissione del processo verbale di accertamento alla autorit� giudiziaria � ). Sentenza 28 marzo 1969, n. 55, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 27 giugno 1967 (due) del Tribunale di Varese, G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra), arlt. 71, primo ~omma, lettera c), 77, primo comma, e 84, secondo comma, limitatamente alle parti in cui prevedono che la pensione indiretta spetta alle sorelle del militare morto per causa di servizio di guerra o del civile deceduto per fatto di guerra, solo in quanto nubili. Sentenza 28 marzo 1969, n. 53, G. U. 2 aprile 1969, n. 85 (7). Ordinanza di rimessione 23 gennaio 1967 della quarta sezione della Corte dei conti, G. U. 11 maggio 1968, n. 120. comma, 42, 43, 44, 45, 48, terzo comma, 50, primo comma, e 51, primo comma, � stata dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 195.3, n. 87. (4) Illegittimit� costituzionale dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. (5) La illegittimit� costituzionale dell'art. 35 � stata dichiarata in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. (6) Con la stessa sentenza, la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 33, 34 e 35 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 � stata dichiarata non fondata in riferimento agli artt. 117 e 133, secondo comma, della Costituzione. (7) Con la .stessa sentenza la Corte costituzionale, in applicazione all'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha dichiarato la illegittimit� costi� 17 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. sic:. 28 aprile 1951, n. 41 (Proroga del contratto di esercizio della miniera Cozzo Disi). Sentenza 14 aprile 1969, n. 80, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 30 giugno 1967 del Tribunale di Palermo, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. d. I. 24 novembre 1954, n. 106,9 (Istituzione di una imposta di fabbricazione sui cementi e sugli agglomeranti cementizi), convertito in legge 10 dicembre 1954, n. 1159, art. 14, secondo c:omma. Sentenza 10 giugno 1969, n. 100, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanza di rimessione 6 ottobre 1967 del Tribunale di Bologna, G. U. 24 aprile 1968, n. 102. legge 10 dicembre 1954, n. 1159 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 24 novembre 1954, n. 1069 concernente l'istituzione di una imposta di fabbricazione sui cementi e sugl!b agglomerati cementizi), art. 1, nella parte in cui converte in legge l'art. 14, secondo comma, del d. 1. 24 novembre 1954, n. 1069. Sentenza 10 giugno 1969, n. 100, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanza di rimessione 6 ottobre 1967 del Tribunale di Bologna, G. U. 24 aprile 1968, n. 102. d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli 01�gani delle Amministrazioni comunali), art. 15, n. 3 (art. 15, n. 3 del d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203), in relazione agli articoli 10 e 14 del r. d. 3 marzo 1934, n. 383, limitatamente alla inclusione nella ipotesi di ineleggibilit� di coloro che, all'atto dell'accettazione della candidatura, abbiano presentato le dimissioni astenendosi successivamente da ogni attivit� inerente all'ufficio (8). Sentenza 26 marzo 1!;)69, n. 46, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 26 giugno 1968 e 9 ottobre 1968 della Corte di appello di Napoli, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261 e 30 novembre 1968, n. 305. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul tratta,mento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unic:o, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'articolo 12 del contratto collettivo 10 ottobre 1959, integrativo del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere per gli operai dipendenti tuzionale delle analoghe disposizioni di cui agli artt. 64, primo comma, lett. c), 75, primo comma, e 76, secondo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313.. (8) Sulle altre questioni di illegittimit� costituzionale dell'art. 15, n. 3 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 gi� decise v. in questa Rassegna, 1968, II, 198, nota 35. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 63 dalle imprese delle industrie edilizia ed affini della provincia di Macerata (9). Sentenza 17 marzo 1969, n. 33, G. U. 26 mai'ZO 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 4 maggio 1968 del Pretore di Camerino, G. U. 10 agosto 1968, n. 203. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 740 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle impre�se edili ed affini delle provincie di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio e Varese), articolo unico, nella parte in cui !l'ende obbligatorio erga omnes il terzo comma dell'articolo 7 dell'accordo collettivo 22 settembre 1959, integrativo del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere per gli operai dipendenti dalle imprese edilizia ed affini della provincia di Milano. Sentenza 17 marzo 1969, n. 34, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 21 settembre 1967 del Tribunale di Milano, G. U. 10 agosto 1968, n. 203. legge� 29 dicembre 1962, n. 1744 (Nuove disposizioni per l'applicazione delle leggi di registro, dell'imposta generale sull'entrata e de�Z bollo ai contratti di locazione dei beni immobili urbani), art. 2, secondo comma, nella parte in cui consente, per i contratti di locazione di durata pluriennale, la percezione annuale dell'imposta generale sull'entrata anche nell'ipotesi di intervenuta risoluzione del contratto nell'anno precedente. Sntenza 26 marzo 1969, ri. 49, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 9 novembre 1966 della commissione pro IiI vinciale delle imposte di Milano (G. U. 8 luglio 1967, n. 170) e 16 giugno 1967 del Tribunale di Milano (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271). ~ ~ " ~ legge 5 marzo 1963, n. 246 (Istituzione di una imposta sugii incre" I ~ menti di valore delle aree fabbricabili; modificazioni al testo unico per la finanza locale, approvato con regio decreto 14 settembre 1931, ~ n. 1175 e al regio decreto legge 28 novembre 1938, n. 2000, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739), artt. 48, pl"imo comma, e 49, primo comma, nella parte in cui, attribuendo ai comuni la facolt� di fissare la i' ~ decorrenza dell'imposta se pi� favorevole dalla data iniziale �gi� stabilita nella relativa deliberazione ai fini dell'applicazione del contributo ~ ~ di miglioria generica, consentono l'applicazione retroattiva dell'imposta ~ ili i:: >:= ~{ ~:� (9) L'articolo unico del d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 � stato dichiarato ;:: ~:: incostituzionale, con sentenza 8 luglio 1967, n. 99, anche nella parte in cui rende r:: obbligatorio erga ommes l'art. 10 del contratto collettivo integrativo 30 settembre k' 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese edilizia ed affini della provincia di m lll\iiljillllilill~i\ijij�\i-ili\i( fi Ascoli Piceno. :::=::=::::::=:=:=:=:=:=:=::-::---�- ~,:',:',: :;:;:;:::::::::'.:'.�'.�'.�.�.�������� : ~{}:-:=:-:-:����-�.�.. ~~). ::::::::ifJ:::f:::j:=:::;:[=; w :m::::m:fa:if::: !::: ~,~~~AiB"Ail!llli1",.J 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anche nei confronti di soggetti non sottoposti al contributo di miglioria generica. Sentenza 11 aprile 1969, n. 75, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanze di rimessione 9 giugno 1967 (nove) del Tribunale di Torino, G. U. 2 settembre 1967, n. 221, 14 ottobre 1967, n. 258, e 28 ottobre 1967, n. 271. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e di prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, limitatamente alla parte in cui comprende nella normativa anche i rapporti, che formano oggetto della legge, conclusi successivamente alla data del 28 ottobre 1941. Sentenza 21 marzo 1969, n. 37, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanze di rimessione 15 dicembre 1966 del Pretore di Spoleto (G. U. 25 febbraio 1967, n. 25); 23 dicembre 1966 (sei) del Pretore di Civitacastellana (G. U. 25 marzo 1967, n. 77); 2 gennaio 1967 del Pretore di Benevento (G. U. 13 maggio 1967, n. 120); 3 febbraio 1967 del Pretore di Palermo (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 9 febbraio 1967 del Pretore di Vitulano (G. U. 22 aprile 1967, n. 102); 13 febbraio 1967 del Pretore di Lercara (G. U. 27 maggio 1967, n. 132); 20 febbraio 1967, 28 febbraio 1967, 1� marzo 1967 e 6 marzo 1967 del Pretore di Anagni (G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 11 marzo 1967 del Pretore di Sezze Romano (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 23 marzo 1967 del Pretore di Reggio Calabria (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 1� aprile 1967 de] Pretore di Terracina (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 5 aprile 1967 del Pretore di Velletri (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 6 aprile 1967 de] Pretore di Frosinone (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 7 aprile 1967 del Pretore di Mazara del Vallo (G. U. 24 giugno 1967, n. 157); 11 aprile 1967 del Pretore di Guardia Sanframondi (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 3 maggio 1967 del Pretore di Bisacquino (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 3 maggio 1967 del Tribunale di Trapani (G. U. 23 dicembre 1967, n. 321); 6 maggio 1967 del Pretore di Alatri (G. U. 29 luglio 1967, n. 190); 18 maggio 1967 del Pretore di S. Stefano di Camastra (G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 19 maggio 1967 del Tribunale di Palermo (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 20 maggio 1967 del Pretore di Napoli (G. U. 29 luglio 1967, n. 190); 20 maggio 1967 del Pretore di Trapani (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 1� giugno 1967 del Preto�re di Paliano (G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 7 �giugno 1969 del Pretore di Pozzuoli G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 13 giugno 1967 del Pretore di Solopaca (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); 16 giugno 1967 del Pretore di Albano Laziale (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); 21 giugno 1967 del Pretore di Frosinone (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 22 giugno 1967 del Tribunale di Agrigento (G. U. 11 novembre 1967, n. 282); 30 giugno 1967 del Pretore di Ariano Irpino (G. U. 9 dicembre 1967, n. 307); 5 luglio 1967 del Pretore di Marano di Napoli (G. U. 25 novembre 1967, n. 295); 11 luglio 1967 del Pretore di Solopaca (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); 14 luglio 1967 del Pretore di Isernia (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271); 18 luglio 1967 del Pretore di Bianco (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 65 18 luglio 1967 del Pretore di Torre Annunziata (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271); 20 luglio 1967 del Pretore di Ramacca (G. U. 25 novembre 1967, n. 295); 2 agosto 1967 del Pretore di Terracina (G. U. 9 dicembre 1967, n. 307); 6 settembre 1967 del Pretore di Bisacquino (G. U. 23 dicembre 1967, n. 321); 7 ottobre 1967 del Pretore di Erice (G. U. 23 dicembre 1967, n. 321); 16 ottobre 1967 (quattro) del Pretore di Genzano di Roma (G. U. 9 dicembre 1967, n. 307); 17 ottobre 1967 del ., Tribunale di Mistretta (G. U. 27 gennaio 1968, n. 24); 20 ottobre 1967 del Tribunale di Palermo (G. U. 24 febbraio 1968, n. 50); 6 marzo 1968 del Pretore di Bajano (G. U. 4 maggio 1968, n. 113); 22 maggio 1968 del Pretore di Torre del Greco (G. U. 31 agosto 1968, n. 222); e 22 luglio 1968 della Corte di appello di Catania (G. U. 12 ottobre 1968, numero 261). legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pen~ sionistica di guerra), art+. 64, primo comma, lett. c), 75, primo comma, e 76, secondo comma, limitatamente alle parti in cui �prevedono che la pensione indiretta spetta alle sorelle del militare morto per causa di servizio di guerra o del civile deceduto per fatto di guerra, solo in quanto nubili (10). Sentenza 28 marzo 1969, n. 53, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. (Ordinanza di rimessione 23 gennaio 1967 della quarta sezione della Corte dei conti, G. U. 11 maggio 1968, n. 120). NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione) (11). Sentenza 26 marzo 1969, n. 45, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 26 gennaio 1967 del Tribunale di Caltagirone (G. U. 29 luglio 1967, n. 190), 7 luglio 1967 del Tribunale di Palermo (G. U. 11 novembre 1967, n. 282), 9 maggio 1968 del Giudice istruttore del Tribunale di Milano (G. U. 14 dicembre 1968, n. 318). codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), primo comma, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione per esclusiva colpa di lui, l'obbligo di somministrare alla moglie, in proporzione alle proprie sostanze, tutto ci� che � necessario ai bisogni (10) Illegittimit� costituzionale dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. (11) Questione gi� dichiarata non fondata, con riferimento alla ipotesi di separazione di fatto dei coniugi, con sentenza 12 dicembre 1967, n. 144. I I 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I ~: della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (artt. 3 e 29 della Costituzione) (12). i~= Sentenza 28 marzo 1959, n. 45, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. f~ Ordinanze di rimessione 26 gennaio 1967 del Tribunale di Calta II . girone (G. U. 29 luglio 1967, n. 190), 28 aprile 1967 del Tribunale di . Torino (G. U. 2 settembre 1967, n. 221), 23 maggio 1967 del Tribunale I di :Venezia (G. U. 2 settembre 1967, n. 221), 5 luglio 1967 della prima sezione civile della Corte di cassazione (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271), 14 luglio 1967 del Tribunale di Perugia (G. U. 25 settembre 1967, n. 295), 31 ottobre 1967 della prima sezione civile della Corte di cassazione (G. U. 9 marzo 1968, n. 65), 8 gennaio 1968 della Corte di appello di Roma (G. U. 30 marzo 1968, n. 84), 19 gennaio 1968 della Corte di appello di Bologna (G. U. 31 agosto 1968, n. 222), 9 maggio 1968 del Giudice istruttore del Tribunale di Milano (G. U. 14 dicembre 1968, n. 318), 31 maggio 1968 del Tribunale di Lucca (G. U. 31 agosto 1968, I numero 222). c:odic:e c:ivile, art. 271 (Legittimazione attiva e termine) (artt. 30 e 3 , I. della Costituzione). Sentenza 5 marzo 1969, n. 26, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. ,' I Il ijj Ordinanze di rimessione 18 novembre 1966 (due) della Corte di appello di Bologna, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. c:�odic:e c:ivile, disp. trans., art. 123, terzo c:omma (artt. 30 e 3 della Costituzione). Sentenza 5 marzo 1969, n. 26, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Ordinanze di rimessione 18 novembre 1966 (due) della Corte di r appello di Bologna, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. c:odic:e penale, art. 140 (AppLicazione provvisoria di pene accessorie) (art. 27, secondo comma, della Costituzione). � Sentenza 11 aprile 1969, n. 78, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. �~ Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1968 del giudice istruttore del Tribunale di Roma, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. I :::: c:odic:e .penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), prima parte wi:;::-; @ (art. 29, secondo comma, della Costituzione) (13). :a .:)!:! Sentenza 28 marzo 1969, n. 54, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. @:~ Ordinanze di rimessione 29 maggio 1967 del Pretore di Gavirate I (G. U. 2 settembre 1967, n. 221), 29 aprile 1968 del Pretore di Roma e.:m ij~~ (:@ e::-,:;: (12) L'art. 156, primo comma, del codice civile � stato lichiarato incostitu'!/:_(../. zionale, con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, � neUa parte in cui pone a carico del marito, in regime di sepm�azione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della v-ita, indipendentemente dalle condizioni .economiche di costei �. (13) L'art. 574 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, con ~ sentenza 22 febbraio 1964, n. 9, nella parte in cui limitava il diritto di querela al genitore esercente la patria potest�. i �,~.~~~.&lillfl~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 67 (G. U. 20 luglio 19S8, n. 184), e 15 maggio 1968 del Pretore di Roma (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). codice di procedura penale, art. 301 (Applicazione p�rovvisoria di pene accessorie o di misure di sicurezza) (art. 27, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 11 aprile 1969, n. 78, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1968 del Giudice istruttore del Tribunale di Roma, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. codice di procedura penale, art. 510 (Giudizio conseguente all'opposizione), ultimo comma (art. 3 della Costituzione) (14). Sentenza 26 marzo 1969, n. 48, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 5 agosto 1967 del Pretore di Chiavari, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. codice di procedura penale, art. 587 (Esecuzione delle pene acces-� sori�) (art. 27, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 11 aprile 1969, n. 78, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1968 del Giudice istruttore del Tribunale di Roma, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. d. I. lgt. 11 febbraio 1917, n. 249 (Norme per la repressione dell'abigeato e del pascolo abusivo nelle provincie dell'Italia meridionale e della Sicilia) (artt. 77 e 3 della Costituzione). Sentenza 9 aprile 1969, n. 71, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 23 aprile 1968 del Tribunale di Lagonegro, G. U. 20 luglio 1968, n. 184. r. d;-1. 29 luglio 1927, n. 1509 (Provvedimenti per l'oirdinamento del credito agrario), convertito in legge 5 luglio 1928, n. 1760 e successive modificazioni, art. 8 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 11 aprile 1969, n. 77, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 27 giugno 1967 del Tribunale di Matera, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. legge 5 luglio 1928, n. 1760 (Conversione in legge, con modificazioni, del r. d. l. 29 luglio 1927, n. 1509, concernente provvedimenti per l'or (14) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state dichiarate non fondate con sentenze 8 marzo 1957, n. 46 e 23 dicembre 1963, n. 170, Ulteriori questioni sono state proposte dal pretore di Chiavari (ordinanza 5 agosto 1967, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24), dal pretore di Livorno (ordinanza 18 aprile 1968, G. U. 13 luglio 1968, n. 177) e dal pretore di Modena (ordinanza 22 ottobre 1968, G. U. 22 gennaio 1969, n. 25). 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dinamento del credito agrario), nella parte in cui converte in legge l'art. 8 del r. d.-1. 29 luglio 1927, n. 1509 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 11 aprile 1969, n. 77, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 27 giugno 1967 del Tribunale di Matera, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro ca,n quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), art. 10, modificato dalla legge 24 luglio 1957, n. 633 (art. 36 della Costituzione). Sentenza 21 marzo 1969, n. 39, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 17 marzo 1967 del Tdbunale di Palermo, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), artt. 33, 34 e 35 (artt. 117 e 133, secondo comma, della Costituzione) (15). Sentenza 21 marzo 1969, n. 38, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza 5 novembre 1966 della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 25 febbraio 1967, n. 51. r. d. 27 febbraio 1936, n. 645 (Codice postale e delle telecomunicazioni), art. 232 (art. 23 della Costituzione). Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile �1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del giudice conciliatore di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, � n. 321. r. d.�I. 21 luglio 1938, n. 1468 (Disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico), ,c6nvertito in legge 9 gennaio 1939, n. 142, artt. 1 e 2 (art. 41 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1969, n. 97, G. U. 18 'giugno 1969, n. 152. Ordinanza di rimessione 22 dicembre 1967 del Pretore di Saronno, G. U. 24 febbraio 1968, n. 50. legge 9 gennaio 1939, n. 142 (Conversione in legge del r. d. 21 Zuglio 1908, n. 1468 per la disdplina dei magazzini di vendita di merci a (15) Con la stessa sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale degli articoli 33 e 34 limitatamente alle parti in cui riconoscono il diritto di iniziativa del procedimento di modificazione delle circoscrizioni territoriali ai cittadini che rappresentino la maggioranza numerica dei contribuenti delle borgate o frazioni e sostengano almeno la met� del carico dei tributi locali in esse applicati, anzich� alla maggioranza dei cittadini elettori, e la illegittimit� costituzionale dell'art. 35 limitatamente alla parte in cui attribuisce a qualsiasi contribuente anzich� a qualsiasi elettore la facolt� di fare opposizione alle deliberazioni dei consigli comunali relative a variazioni alla circoscrizione dei comuni. PARTE n, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 69 prezzo unico) nella parte in cui converte in legge gli articoli 1 e 2 de1 r. d.-1. 21 luglio 1938, n. 1468 (art. 41 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1969, n. 97, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanza di rimessione 22 dicembre 1967 del Pretore di Saronno, G. U. 24 febbraio 1968, n. 50. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 201 (art. 24, primo comma, della Costituzione). Sentenza 17 aprile 1969, n. 87, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 18 aprile 1967 del Tribunale di Roma, G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. r. d. 30 marzo 1942, n. 318 (Disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie), art. 123, terzo comma (artt. 30 e 3 della Costituzione). Sentenza 5 marzo 1969, n. 26, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Ordinanze di rimessione 18 novembre 1966 (due) della Corte di appello di Bologna, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. legge 27 giugno 1942, n. 851 (Modificazioni al testo unico della legge comunale e provinciale approvato con r. d. 3 marzo 1934, n. 383, concernenti il nuovo stato giuridico dei segretari comunali e prO'Vinciali), art. 4 (artt. 5 e 128 della Costituzione). Sentenza 28 marzo 1969, n. 52, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 8 luglio 1966 (tre) della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), art. 1 e 2 (artt. 3 e 13, secondo comma, della Costituzione) (16). Sentenza 17 marzo 1969, n. 32, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanze di rimessione 20 luglio 1967 del Pretore di Firenze (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271), 1� febbraio 1968 (due) del Pretore di Genova (G. U. 20 aprile 1968, n. 102), 13 febbraio 1968 del Pretore di Sestri Ponente (G. U. 18 maggio 1968, n. 127), e 28 marzo 1968 del Pretore di Lentini (G. U. 31 agosto 1968, n. 222). legge 24 luglio 1957, n. 633 (Modifiche all'art. 10 del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, sul trattamento giuridico-economico del perso (16) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, 25, 27 e 3 della Costituzione, con sentenza 23 marzo 1964, n. 23; per l'art. 2, invece, e sempre nel s�nso della non fondatezza delle questioni di legittimit� costituzionale proposte, v. le sentenze 28 dicembre 1962, n. 126 e 30 giugno 1964, n. 68. 70 RASSEGNA D_ELL'AVVOCATURA DELLO STATO nale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), articolo unico, che modifica l'art. 10 del r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (art. 36 della Costituzione). Sentenza 21 marzo 1959, n. 39, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 17 marzo �1967 del Tribunale di Palermo, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), art. 4, lettera b (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1969, n. 82, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Pretore di Genova, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. legge 21 luglio 1960, n. 739 (Provvidenze per le zone agricole danneggiate da calamit� naturali e provvidenze per le imprese industriali), artt. 15, primo e secondo comma, e 16, secondo, terzo e quarto comma (art. 42 della Costituzione). I Sentenza 11 aprile 1969, n. 77, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. ~ Ordinanza di rimessione 27 giugno 1967 del Tribunale di Matera, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 346 (Norme sul trattamento economico ~ e normativo per i dipendenti da ristoranti, trattorie, piccole pensioni, locande, piccole trattorie ed osterie con cucina, caff�, bar, bottiglierie, birrerie, buffets di stazione, gelaterie, fiaschetterie e da ogni altro esercizio similare ove si somministrino bevande di cui all'art. 86 della legge di P. S., da negozi di pasticceria e confetJteria, reparti di pasticceria e confetteria annessi a pubblici servizi), articolo unico (artt. 39 e 77, primo comma, della Costituzione). Sentenza 3 aprile 1969, n. 64, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 12 aprile 1967 del Pretore di Torino, G. U. 11 novembre 1967, n. 282. !'."'' r#:; legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, fil 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio 8 decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igiernica della produzione e I! m della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), artt. 5, le+� tera f, 6 e 10 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 3 aprile 1969, n. 61, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanze di rimessione 24 giugno 1966 (quattro) del Pretore di % ~.-ff: Milano, G. U. 19 agosto 1967, n. 208. ?tl.3 i.,, legge 8 giugn�o 1962, n. 604 (Modificazioni allo stato giuridico e all'ordinamento della carriera dei sei:tretari comunali e provinciali), arti� il coli 23 e 46 (artt. 5 e 128 della Costituz10ne). 1 t~1;1:\1 Sentenza 28 marzo 1969, n. 52, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. ;.�.:��-�.� Ordinanze di rimessione 8 luglio 1966 (tre) della quinta sezione k\\\~~i~ del Consiglio di Stato, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. I r�,, .............,._,L..._J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 71 legge 6 ottobre 1962, n. 1493 (Modifiche ed interpretazioni di norme legislative in materia di agevolazioni tributarie nel settore dell'edilizia), art. 1, capoverso (artt. 3 e 113 della Costituzione, e nei sensi di cui in motivazione). Sentenza 17 aprile 1969, n. 86, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 24 novembre 1967 del Tribunale di Terni, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. lege 9 gennaio 1963, n. 7 (Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio e modifiche alla legge 26 agosto 1950, n. 860: � Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri > ), art. 1, ultimo comma (artt. 2, 3, 37 e 41 della Costituzione). Sentenza 5 marzo 1969, n. 27, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Ordinanze di rimessione 9 gennaio 1967 del Tribunale di Como (G. f!. 24 giugno 1967, n. 157) e 14 maggio 1968 del Tribunale di Genova (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), art. 215 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 9 arprile 1969, n. 69, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 30 maggio 1967 del Tribunale di Reggio Emilia, G. U. 19 agosto 1967, n. 208. legge 5 luglio 1965, n. 798 (Modifiche alle leggi 8 gennaio 1952, n. 6 e 25 febbraio 1963, n. 259, riguardanti la previdenza ed assistenza forense e istituzione della assistenza sanitaria a favore degli avvocati e procuratori legali), artt. 3 e 4 (artt. 53 e 98, primo comma, della Costituzione). Sentenza 17 aprile 1969, n. 85, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanze di rimessione 25 ottobre 1967 del pretore di Asti e 26 ottobre 1967 del pretore di Padova, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), \t. 11, primo comma (artt. 3, 4 e 35 della Costituzione). �. Sentenza 14 aprile 1969, n. 81, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanze di rimessione 31 maggio 1967 del pretore di Vicenza \ 14 ottobre 1967, n. 258), 3 giugno 1967 del pretore di Napoli 11 novembre 1967, n. ,282), 20 luglio 1967 del pretore di Pistoia , 1 novembre 1967, n. 282), 29 aprile 1968 del pretore di Cuneo 31 agosto 1968, n. 222), 3 maggio 1968 del pretore di Roma (G. U. 31 agosto 1968, n. 222), 5 giugno 1968 del pretore di Trieste (G. U. 14 settembre 1968, n. 235), e 30 giugno 1968 del pretore di Giulianova (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261). .. d. I. 9 novembre 1966, n. 914 (Provvidenze in favore delle. popolazioni dei Comuni colpiti dalle alluvioni o mareggiate deH'autunno 1966), 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA. DELLO STATO convertito con legge 23 dicembre 1966, n. 1141, artt. 1, primo comma, e 3 (artt. 24, 112, 1 e 101 della Costituzione) (17). Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di .rimessione 15 aprile 1967 del Tribunale di Rovereto, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. legge 23 dicembre 1966, n. 1141 .(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 novembre 1966, n. 914), nella parte in cui converte in legge gli artt. 1, secondo comma, e 3 del d. 1. 2 novembra 1966, n. 914 (artt. 24, 112, 1 e 101 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di ri.iessione 15 aprile 1967 del Tribunale di Rovereto, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice cMle, art. 10 (Inizio della obbligatoriet� delle leggi e dei regolamenti), in quanto, in relazione all'art. 700 del codice di procedura civile, consente il sequestro di pubblicazioni a stampa, ai fini di far cessare l'abuso dell'immagine, al di fuori di ipotesi delittuose e di espressa previsione da parte della legge sulla stampa (art. 21, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 30 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 144 (Potest� maritale), in quanto stabilisce che il marito � capo della famiglia (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. codice civile, art. 145 (Doveri del marito), in quanto impone al marito di provvedere al mantenimento della moglie anche quando la moglie abbia mezzi sufficienti (art. 29 della Costituzione) (18). Pretore di Bordighera, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. (17) Questione dichiarata per l'art. 1, secondo comma, inammissibile, con la stessa sentenza, in riferimento agli artt. 3. e 42 della Costituzione. (18) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata dichiarata non fondata con sentenze 12 dicembre 1967, n. 144 e 26 marzo 1969, n. 45. r1 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 73 c:odic:e c:ivile, art. 156 (Effetti della separazione), prim�o c:omma, in quanto pone a carico del marito, in regime di separazione �per sua colpa, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione) (19). Tribunale di Udine, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Tribunale di La Spezia, ordinanza 13 novembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Corte di appello di Genova, ordinanza 9 gennaio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Corte di appello di Roma, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. c:odic:e c:ivile, art. 164 (Controdichiarazioni), in quanto impedisce anche ai terzi di provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Siracusa, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. c:odic:e c:ivile, art. 593 (Figli naturali non riconoscibili), primo c:omma, in quanto riduce, per i figli naturali non riconoscibili, la capacit� di ricevere per testamento alla met� di quanto consegua nelle successioni il meno favorito dei figli legittimi, con trattamento deteriore rispetto a quello stabilito per qualsiasi altro terzo estraneo al nucleo familiare legittimo (artt. 3 e 30 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. c:odic:e c:ivile, art. 595 (Coniuge del binubo), e art. 599 (Persone fater-� poste), in quanto vietano che il coniuge del binubo possa ricevere per testamento, sulla disponibile, pi� di quanto consegua, sulla stessa disponibile, il meno favorito dei figli dei precedenti matrimoni, con discriminazione fondata su una condizione personale (art. 3 della Costituzione) e non estesa al binubo (art. 29 della Costituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 11 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. c:odic:e c:ivile, art. 1751 (lndep,nitd per lo scioglimento del contratto), primo c:omma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit� solo (19) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. La disposizione, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei, � stata invece dichiarata incostituzionale ~l con sentenza 23 maggio 1966, n. 46. ?,: I r~ ~= _.,.~,,~~~~~J ~-: 74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I Iper la ipotesi in cui il contratto di agenzia a tempo indeterminato si sciolga per fatto non imputabile all'agente (art. 3 e 36 della Costitu! zione) (20). I Corte di cassazione, terza sezione civile, ordinanza 19 novembre ~� 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. i Corte di appello di Milano, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. codice civile, art. 1916 (Diritto di surrogazione dell'assicuratore), . in quanto consente all'assicuratore, secondo la consolidata interipreta l zione giurisprudenziale della norma, di ripetere, nei limiti della somma dovuta all'assicurato, l'intero importo dell'indennizzo corrisposto, senza decurtazione proporzionale al grado di colpa dell'assicurato (art. 3, primo comma, della Costituzione). � Tribunale di Udine, ordinanza 24 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 2221 (Faliimento e concordato preventivo), in quanto consente la~�procedura concorsuale solo per determinate categorie di cittadini, e secondo discriminazioni rimesse all'arbitrio dell'amministrazione finanziaria o rapportato alla misura del capitale investito nell'impresa (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 27 giugno 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 2772 (Crediti deUo Stato per tributi indiretti), primo comma, in quanto consente di esercitare il privilegio speciale attribuito ai crediti per tributi indiretti, ove si tratti di imposta principale o complementare, anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato gli immobili ai quali il tributo si rif�risce in epoca successiva al trasferimento assoggettato ad imposizione (art. 42, secondo comma, della Costituzione). Corte di appello di Genova, ordinanza 10 gennaio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice di procedura civile, art. 82-87 (Dei difensori), nelle parti connesse all'art. 83, terzo comma, in quanto dispongono la obbligatoriet� della difesa tecnica nel processo civile, esponendo il cittadino al pre (20) Questione gi� proposta dalla terza sezione civile della Corte di cassazione con ordinanza 3 luglio 1968 (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). Sotto analogo profilo la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'art. 2120, primo comma, del codice civile, � limitatamente alla parte in cui, nel caso di cessazione del contratto di lavoro� a tempo determinato esclude il diritto del prestatore di�lavoro ad una indennit� proporzionale agli anni di servizio, allorquando la cessazione stessa derivi da licenziamento per colpa di lui o da dimissioni volontarie � (sentenza 27 giugno 1968, n. 75). ~~~~ �11rrr%1&m�itff:lili�fxt1;:m~fftr�1ITrTw~&ffffrnrnr1�1tmr1n1rrrmIDRf&ffJI&rf.Irrnmruftrffir�1M1'i PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE codice civile, art. 156 (Effetti delia separazione), prim�o comma, in quanto pone. a carico del marito, in regime di separazione per sua colpa, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione) (19). Tribunale di Udine, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Tribunale di La Spezia, ordinanza 13 novembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Corte di appello di Genova, ordinanza 9 gennaio 1969, G: U. 21 maggio 1969, n. 128. Corte di appello di Roma, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice civile, art. 164 (Controdichiarazioni), in quanto impedisce anche ai terzi di provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Siracusa, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. codice civile, art. 593 (Figli naturali non riconoscibili), primo comma, in quanto riduce, per i figli naturali non riconoscibili, la capacit� di ricevere per testamento alla met� di quanto consegua nelle successioni il meno favorito dei figli legittimi, con trattamento deteriore rispetto a quello stabilito per qualsiasi altro terzo estraneo al nucleo familiare legittimo (artt. 3 e 30 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 595 (Coniuge del binubo), e art. 599 (Persone inter-� poste), in quanto vietano che il coniuge del binubo possa ricevere per testamento, sulla disponibile, pi� di quanto consegua, sulla stessa disponibile, il meno favorito dei figli dei :precedenti matrimoni, con discriminazione fondata su una condizione personale (art. 3 della Costituzione) e non estesa al binubo (art. 29 della Costituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 11 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 1751 (lndep,nit� per lo scioglimento del contratto), primo comma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit� solo (19) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. La disposizione, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei, � stata invece dichiarata incostituzionale con sentenza 23 maggio 1966, n. 46. 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (23). Pretore di Bordighera, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata), in quanto presume la imputabilit� dell'imputato che abbia commesso il fatto in stato di ubriachezza, escludendo ogni indagine sulla capacit� di intendere e di volere dell'imputato (art. 27 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 1<> marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice penale, art. 137 (Carcerazione preventiva), in quanto, non prevedendo la fungibilit� tra pena e misura di sicurezza, non consente di detrarre la carcerazione preventiva dalla durata della misura di sicurezza detentiva (art. 13 della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Messina, ordinanza 3 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. .. codice penale, art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza), ultimo comma, in quanto esclude il tempo durante il quale l'imputato � assoggettato a perizia psichiatrica dal computo della misura di sicurezza detentiva, con �criterio diverso da quello stabilito dall'art. 137 del codice penale per l'ipotesi della carcerazione preventiva (art. 3 della Costituzione). � Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Mantova, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice penale, art. 224 (Minore non imputabile), secondo comma, per l'automatismo della norma in relazione alla pena minima edittale comminata per il fatto commesso dal minore non imputabile, e per la mancata indicazione di una et� minima per il ricovero del minore in riformatorio giudiziario (artt. 27, 30 e 31 della Costituzione). Giudici di sorveglianza presso il tribunale dei minorenni di Genova, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice penale, art. 313 (Autorizzazione o richiesta di procedimento), terzo comma, ultima ipotesi, in quanto condiziona l'esercizio del potere (23) Questione gi� proposta dal giudice istruttore del tribunale di Milano (ordinanze 12 febbraio 1968, G. U. 13 luglio 1968, n. 177, e 28 settembre 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248). 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (23). 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (23). s'I. ~tu. Pretore di Bordighera, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata), in quanto presume la imputabilit� dell'imputato che abbia commesso il fatto in stato di ubriachezza, escludendo ogni indagine sulla capacit� di intendere e di volere dell'imputato (art. 27 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice penale, art. 137 (Carcerazione preventiva), in quanto, non prevedendo la fungibilit� tra pena e misura di sicurezza, non consente di detrarre la carcerazione preventiva dalla durata della misura di sicurezza detentiva (art. 13 della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Messina, ordinanza 3 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice penale, art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza), ultimo comma, in quanto esclude il tempo durante il quale l'imputato � assoggettato a perizia psichiatrica dal computo della misura di sicurezza detentiva, con 'criterio diverso da quello stabilito dall'art. 137 del codice penale per l'ipotesi della carcerazione preventiva (art. 3 della Costituzione). � Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Mantova, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice penale, art. 224 (Minore non imputabile), secondo comma, per l'automatismo della norma in relazione alla pena minima edittale comminata per il fatto commesso dal minore non imputabile, e per la mancata indicazione di una et� minima p~ il ricovero del minore in riformatorio giudiziario (artt. 27, 30 e 31 della Costituzione). Giudici di sorveglianza presso il tribunale dei minorenni di Genova, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. SJ ::::::.-; codice penale, art, 313 (Autorizzazione o richiesta di procedimento), ~.?-.~_~.! terzo comma, ultima Ipotesi, in quanto condiziona l'esercizio del potere "::l ~'';'i -;,-;::�1':,;';;:;;'.'",:"::,;,~;:'.'::'.'";;.,~:�:::~re'"::".:. '~~~ ~ 28 settembre 1968, n. 248). _,,,,,,::;:::@1NK~Sifillfl"JtffW:f%WtrffilEff:ftl1ff:filff@Jillt�rmlf1�f1ilisfZfifff:f(iflfilfWf:%1:tmrr0rrm"lrf::rsf:tmr:=:ffttfz}j PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 73 codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), prim�o comma, in quanto pone a carico del n;i.arito, in regime di separazione per sua colpa, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione) (19). Tribunale di Udine, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Tribunale di La Spezia, ordinanza 13 novembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Corte di appello di Genova, ordinanza 9 gennaio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Corte di appello di Roma, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice civile, art. 164 (Controdichiarazioni), in quanto impedisce anche ai terzi di provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Siracusa, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. codice civile, art. 593 (Figli naturali non riconoscibiU), primo comma, in quanto riduce, per i figli naturali non riconoscibili, la capacit� di ricevere per testamento alla met� di quanto consegua nelle successioni il meno favorito dei figli legittimi, con trattamento deteriore rispetto a quello stabilito per qualsiasi altro terzo estraneo al nucleo familiare legittimo (artt. 3 e 30 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 595 (Coniuge del binubo), e. art. 599 (Persone interposte), in quanto vietano che il coniuge del binubo possa ricevere per testamento, sulla disponibile, pi� di quanto consegua, sulla stessa disponibile, il meno favorito dei figli dei :precedenti matrimoni, con discriminazione fondata su una condizione personale (art. 3 della Costituzione) e non estesa al binubo (art. 29 della Costituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 11 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 1751 (lnderi,nit� per lo scioglimento del contratto), primo comma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit� solo (19) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. La disposizione, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei, � stata invece dichiarata incostituzionale con sentenza 23 maggio 1966, n. 46. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 79 Tribunale di Oristano, ordinanza 17 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Pretore di Roma, ordinanza 30 gennaio 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Pretore di Canosa di Puglia, ordinanza 31 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Pretore di Roma, ordinanza 6 febbraio 1969, G. U. 18 .giugno 1969, n. 152. Pretore di Codigoro, ordinanza 19 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Pretore di Manduria, ordinanza 20 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice penale, art. 570 (Violazione degli obblighi di assistenza famigliare), in quanto, in relazione all'art. 145 del codice civile, punisce solo il marito (art. 29 della Costituzione) (26). Pretore di Bordighera, �rdinanza 21 febbraio 196�9, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice penale, art. 570 (Violazione degli obblighi di assistenza famigliare), primo comma, in quanto prevede la procedibilit� di ufficio per il reato di violazione degli obblighi di assistenza famigliare ed esclude l'estinzione del reato a seguito della riconciliazione dei coniugi (art. 29, primo e secondo comma, della Costituzione) (26) (27). Pretore di Torino, ordinanza 13 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice penale, art. 635 (Danneggiame.nto), secondo comma, n. 2, in quanto prevede una pena pi� grave per il delitto di danneg�giamento commesso in occasione di sciopero solo per la ipotesi in cui il fatto sia commesso da iavoratori (art. 3., primo comma, della Costituzione). Pretore di Feltre, ordinanza 20 febbraio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. codice penale, art. 663 (Vendita, distribuzione e affissione abusiva di scritti o disegni), in quanto considera reato l'apposizione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati dall'autorit�, senza che alcun obbligo di provvedere sia al riguardo imposto all'autorit� (art. 21 della Costituzione). Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. (26) Altra questione di legittimit� della disposizione � stata dichiarata non fondata con sentenza 11 dicembre 1964, n. 107. (27) Questione gi� proposta dal pretore di Roma con ordinanza 18 aprile 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222). I I i I I ~ 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art, 707 (Possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldeni), limitatamente alla .parte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicit�, di ammonito, di sottoposto a misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta (art. 3 della Costituzione) (28). Pretore di Bologna, ordinanza 24 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. codice penale, art. 725 (Commercio di scritti, disegni o altri oggetti contrari alla pubblica de'cenza), in quanto impone agli edicolanti di esercitare una censura preventiva, invece non consentita (art. 21 della Costituzione). Tribunale di Spoleto, ordinanza 6 marzo 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. codice di procedura penale, art. 31 (Competenza del pretore), in quanto attribuisce al pretore, con pluralit� di funzioni processuali (inquirenti e giudicanti), una sfera di competenza come organo giudiziario di diritto .penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U. 12 marzo 1966, n. 66. codice di .procedura penale, art. 54 (Risoluzione dei conflitti) e artie�olo 531 (Decisioni in camera di consiglio), in quanto dispongono che sui conflitti di competenza la Corte di cassazione provvede in camera di consiglio (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Corte di appello di Bologna, ordinanza 29 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di procedura penale, art. 74 (Esercizio deU'azione penale da parte del pubblico ministero o del pretore), prima parte e ultimo com� ma (29), art. 231 (Atti ed informative del pretore), art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommaria), ultimo comma (30), art. 398 (Poteri (28) Questione proposta con espresso richiamo alla sentenza 19 luglio 1968, n. 110, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale, negli stessi sopra indicati limiti, dell'art. 708 del codice penale. (29) La questione di legittimit� costituzionale dell'ultima parte dell'art. 74 del codice di pr;,cedura penale � stata dichiarata non fondata con sentenza 7 dicembre 1964, n. 102. (30) L'art. 389, terzo comma, del codice di procedura penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 28 novembre 1968, n. 117, � nei limiti in cui esclude la sindacabilit�, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 81 del pretore nel procedimento con istruzione sommaria) (31), e art. 403 (Domanda di riapertura), ultimo comma, in quanto, nel disciplinare la istruzione ed il processo pretorile, consentono che la decisione sia rimessa allo stesso magistrato che ha istruito il processo (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, e art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848). Pretore di Prato, ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazione costitutiva di parte civile), secondo comma, e art. 94 (Formalit� della costituzione di parte civile), primo e secondo comma, in quanto consentono alla persona offesa dal reato di introdurre l'azione civile nel processo penale direttamente. al dibattimento, e con la sola sommaria esposizione dei motivi che giustificano la costituzione di parte civile, con sostanziale pregiudizio della difesa dell'imputato convenuto, alla quale non � neppure concesso congruo termine per opporsi alla costituzione di parte civile (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di San Giovanni. Valdarno, ordinanza 30 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Tribunale di Arezzo, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di procedura penale, art. 125 (Difensori o rapp1�esentanti dell'imputato nel giudizio), primo comma, in quanto consente, �per le contravvenzioni punite con l'ammenda o con l'arresto, fino ad un certo ammontare, e anche se congiuntamente comminati, di iniziare e definire il processo senza che l'imputato sia assistito da difensore (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Comandante del porto di Pesaro, ordinanza 23 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. codice di procedura penale, art. 128 (Nomina del difensore d'ufficio all'imputato), in quanto prevede la �obbligatoriet� e la gratuit� della difesa di ufficio (artt. 23 e 36 della Costituzione) (32). Pretore di Roma, ordinanza 10 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. (31) L'art. 398 del codice di procedura penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 28 aprile 1966, n. 33, limitatamente alla parte in cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione. (32) Questione dichiarata non fondata, per gli artt. 128, secondo comma, e 131, secondo comma, de~ codice di procedura penale, ma in riferimento agli artt. 24, terzo comma, e 35, primo comma, della Costituzione, con sentenza 22 di 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 170 (Notificazioni all'imputato irreperibile), in quanto consente che la ricerche dell'imputato siano eseguite in uno solo dei luoghi alternativamente indicati (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Sannicandro Garganico, ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 18 maggio 1969, n. 152. codice di procedura penale, art. 170 (Notificazioni ali'imputato irreperibile), terzo comma, in quanto la prevista validit� della notificazione eseguita all'imputato irreperibile comporta, ai sensi dell'art. 510, primo comma, del codice di procedura penale, la esecuzione del decreto di condanna (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Iseo, ordinanza 15 ottobre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice di procedura penale, art. 223 (Ausiliari della poliz.ia giudiziaria), in quanto consente il compimento di atti istruttori senza l'intervento della difesa (art. 24 della Costituzione) (33). Pretore di Cassano d'Adda, ordinanza 21 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di .procedura penale, art. 231 (Atti ed informative del pretore), primo comma, e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), second�o e terzo comma, in quanto consentono al pretore di emettere decreto di citazfone senza compiere atti di istruzione sommaria (artt. 3, �primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) (34). Pretore di Roma, ordinanza 6 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. cembre 1964, n. 114. La questione � stata gi� riproposta per gli artt. 128 e 130 del codice di procedura penale, e 4 e 5 delle relative disposizioni di attuazione, ed in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione, dal pretore di Roma (ordinanza 17 aprile 1968, G. U, 28 settembre 1968, n. 248). Altra questione � stata proposta, per gli artt. 128, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, e 4 delle relative disposizioni di attuazione, ed in riferimento agli artt. 24, terzo e secondo comma, e 3, secondo e primo comma, della Costituzione, dal giudice istruttore del tribunale di Vercelli (ordinanza 12 agosto 1968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305). (33) Questione gi� proposta dalla Corte di appello di Milano con ordinanza 13 novembre 1968 (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). (34) Questione dichiarata non fondata, per l'art. 231 del codice di procedura penale ed in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. Per l'art. 398, seconlo comma, del codice di procedura penale la questione � stata gi� proposta dal Pretore di Roma con ordinanze 6 marzo 1968 (G. U. 15 giugno 1968, n. 152) e 14 maggio 1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261). I I i! I I i:-: . ' 1 iii m @ tfffff&&fK�l*illtf@f@#ffiffffff:s&Ifffffff!Wf:ff�Iffff@fffilWffilfffffi%f1fffM@1Mmf%mif%ITT1!MNK%ffff@iFHffftfhtf@I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 83 codice di procedura penale, art. 242 (Facolt� di arresto da parte dei privati), in quanto consente al privato, e secondo discriminazione solo teoricamente valida, di procedere all'arresto in flagranza (art. 13, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione). Pretore di Monopoli, ordinanza 3 febbraio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. codice di procedura penale, art. 253 (Casi nei quali ii mandato di cattura � obbligatorio), art. 277 (Casi nei quali la libert� provvisoria � ammessa o vietata), secondo comma: art. 375 (Provvedimentri relativi alla libert� personale dell'imputato in caso di rinvio a giudizio), secondo comma, in quanto impongono la carcerazione preventiva (art. 27, primo comma, della Costituzione) e consentono provvedimenti restrittivi della 1ibert� personale senza motivazione (artt. 13 e Ul della Costituzfone). Giudice istruttore del Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. codice di procedura penale, art. 271 (Decorrenza della custodia preventiva), in quanto, non prevedendo la fungibilit� tra pena e misura di sicurezza, non consente di detrarre la carcerazione preventiva dalla durata della misura di sicurezza detentiva (art. 13 della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Messina, ordinanza 3 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice di procedura penale, comb. disp. art. 272 (Provvedimenti relativi alla durata della custodia preventiva) e art. 277 (Casi nei quali la libert� provvisoria � ammessa o vietata), second�o comma, in quanto consente, per le ipotesi in cui sia obbligatoria la emissione del mandato di cattura, e non ammessa quindi nella fase di giudizio la concessione della libert� p.rovvisoria, il protrarsi a tempo indeterminato della carcerazione preventiva (art. 13, ultimo comma, della Costituzione) (35). Tribunale di Roma, ordinanza 12 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice di procedura penale, art. 303 (Facolt� del pubbiico ministero nell'istruzione formale), in quanto consente al pubblico ministero di assistere all'interrogatorio dell'imputato e di fare, in tale occasione, (35} Questione gi� proposta, per gli artt. 272, primo comma, e .375 del codice di procedura penale, del Tribunale di Torino (ordinanza 31 maggio 1968, G. U. 28 'settembre 1968, n. 248). L'art. 272, secondo comma, del codice di procedura penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 2 aprile 1964, n. 32, in quanto consente al procuratore generale che ha assunto o avocato a s� !'istruzioni sommarie della causa, di rimettere gli atti del processo alla sezione istruttoria. 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istanze, osservazioni e richieste (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Roma, ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice di procedura penale, art. 349 (Regola per l'esame testimoniale), ultimo comma, in quanto rimette alla assoluta discrezionaHt� degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria di rivelare i nomi delle persone che hanno ad essi fornito indizi (artt. 3 e 24, secondo comnia, della Costituzione) (36). � Giudice istruttore del Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. codice di procedura penale, art. 314 (Facolt� del giudice di procedere a perizia), secondo comma, in quanto vieta la perizia rivolta a stabilire la tendenza a delinquere, il carattere e la personalit� dell'imputato, e in genere le qualit� psichiche, precludendo l'effettivo accertamento di fattor.i determinanti, ai sensi dell'art. 133 del codice penale, nella decisione e nella scelta della pena (art. 27, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 16 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di procedura penale, art. 372 (Deposito in cancelleria e facolt� dei difensori), se ed in quanto non applicabile all'istruzione sommaria (artt. 3 e 24 della Costituzione) (37). Pretore di Firenze, ordinanza 12 marzo 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice di procedura .penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), in quanto consente al pretore di emettere il decreto di citazione a giudizio, dopo il compimento di atti di polizia giudiziaria, senza la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (38) (39). (36) Questione dichiarata non fondata, con sentenza 28 novembre 1968, n. 114, in riferimento agli artt. 109 e 3 della Costituzione. (37) Questione gi� proposta dal pretore di Padova con ordinanza 22 aprile 1968 (G. U. 14 settembre 1968, n. 235). (38) Questione proposta, come gi� altre analoghe (cfr. retro, Il, 16, sub artt. 134, 219, 222, 223, 224, 231, 238 e 630 del codice di procedura penale, 41, 42, 43, 44, 45 e 46 del r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 2033, 1 e 2 della legge 27 febbraio 1958, n. 180, 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441), con espresso riferimento ai principi affermati nella sentenza 5 luglio 1968, n. 86, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale degli artt. 225 e 232 del codice di procedura penal�i1 � nella parte in cui rendono possibili, nelle indagini di polizia ivi previste, il compimento di atti istruttori senza l'applicazione degli artt. 320, 304-bis, ter e quater del codice di procedura penale �. (39) L'art. 398 del codice di procedura penale, � limitatamente alle parti in cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 85 Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Tribunale di Como, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice di procedura penale, art. 468 (Discussione finale), in quanto consente alla parte civile di determinare l'ammontare dei danni in sede di conclusioni, precludendo all'imputato, quale convenuto, la possibilit� di una efficace e tempestiva difesa in ordine alla richiesta di risarcimento (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Arezzo, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di procedura penale, art. 502 (Casi e modi del giudizio direttissimo), in quanto, nel consentire al pubbHco ministero di designare la sezione del tribunale e la data di celebrazione del giudizio, gli rimette in pratica di scegliere l'orga.no giudicante, con criterio diverso da quello previsto per il .giudizio ord,inario, nel quale l'assegnazione avviene su designazione del presidente dirigente il tribunale (art. 25 della Costituzione) (40). Tribunale di Palermo, ordinanza 15 gennaio 1969, G. U. 2 a�prile 1969, n. 85. Tribunale di Napoli, ordinanza 12 marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto e poteri del pretore), in quanto consente la emissione del decreto penale, senza preventivo interrogatorio dell'imputato, anche quando siano stati compiuti atti istruttori (art. 24, secondo comma,� della Costituzione). Pretore di Tione, ordinanza 28 gennaio 1969, G. U. 16 aprile 1969, '-numero 98. codice di procedura penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), artt. 4 e 5, in quanto prevedono la obbligatoriet� e la gratuit� della difesa di ufficio (artt. 23 e 36 della Costituzione) (41). Pretore di Roma, ordinanza 10 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al componimento di atti di istruzione ., � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. La questione di legittimit� costituzionale della disposizione, nella parte in cui non prevede l'obbligo della contestazione del fatto qualora non si proceda al compimento di atti di istruzione, � stato invece dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. (40) Questione gi� proposta dal Tribunale di Milano (anche per l'art. 21, terzo comma, della legge 8 febbraio 1948, n. 47) con ordinanza 15 ottobre 1968, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. (41) Questione gi� proposta dallo stesso pretore con ordinanza 17 aprile 1968 (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). V. supiia, nota 32. 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice della navigazione, art. 1238 (Competenza per le con1Jravvenzioni), in quanto attribuisce funzioni giurisdizionali all'autorit� amministrativa (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione) ( 42). Pretore di Recanati, ordinanza 11 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato f (Legge sui lavori pubblici), art. 317, in qu�nto consente al governo, senza indicazione di principi e cr<iteri direttivi, di emanare norme penali nell'esercizio della potest� regolamentare (art. 25 della Costituzione) (43). Pretore di Barletta, ordinanza 24 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 31 ottobre 1873 (Regolamento circa la polizia, la sicurezza e la regolarit� dell'esercizio deUe strade ferrate), artt. 52 e 64 (art. 25 della Costituzione) (44). � Pretore di Barletta, ordinanza 24 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. legge 15 gennaio 1885, n. 2892 (Risanam<mto della citt� di Napoli), art. 13, in quanto consente, secondo la corretta interpretazione, di determinare la indennit� di espropriazione con importo pari all'imponibile netto agli effetti delle imposte sui terreni e sui fabbricati (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Locri, ordinanza 15 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 148, in quanto condiziona la condanna dell'Amministrazione soccombente al pagamento delle spese del giudizio alla preventiva presentazione della domanda in via amministrativa (artt. 3, 24, primo secondo e terzo comma, e 113 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 7 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. (42) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 giugno 1960, n. 41 (art. 102 della Costituzione) 3 luglio 1967, n. 79 (art. 104, primo comma, della Costituzione), e 19 dicembre 1968, n. 128 (disp. trans. VI e artt. 25 e 102 della Costituzione). La questione viene riproposta, in riferimento agli artt. 101, secondo comma e 108 secondo comma, della Costituzione, con richiamo alle declaratorie di illegittimit� costituzionale delle disposizioni de'lla legge 7 gennaio 1929, n. 4 relativa alla competenza giurisdizionale dell'intendente di finanza (sentenza 3 aprile 1969, n. 60). (43) Questione gi� dichiarata non fondata (in riferimento agli artt. 2, 13, 16 e 41 della Costituzione} e inammissibile (in riferimento agli artt. l, secondo comma, 13, secondo comma, 25, secondo -comma, 70, 76 e 77 deHa Costituzione) con sentenza 27 giugno 1968, n. 73. (44) Questione gi� dichiarata inammisibile, per gli articoli 51 e 64, con sentenza 27 giugno 1968, n. 73. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 87 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), artt. 55, 32, 12 e 14, in quanto svincolano l'obbligo di pagare l'imposta di registro da un effettivo trasferimento di beni e ricchezze (artt. 53 e 3 della Costituzione). Commissione provinciale delle imposte di Rieti, ordinanza 9 no� vembre 1968, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 97, in quanto consente di esercitare H privilegio speciale attribuito ai crediti per imposte di registro, ove si tratti di imposta principale o complementare, anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato gli immobili ai quali l'imposta si riferisce in epoca successiva al trasferimento assoggettato ad imposizione (art. 42, secondo comma, della Costituzione). Corte di appello di Genova, ordinanza 10 gennaio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle success.ioni), art. 31, primo, secondo e terzo comma, in quanto pone la presunzione juris et de jure di esistenza di un predeterminato quantitativo di gioielli, denaro e mobili nel patrimonio ereditario (artt. 3 e 53 della Costituzione) (45). Commissione provinciale delle imposte di Bari, ordinanze 2 marzo 1967 e 20 arprile 1967, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Testo unico delle leggi sul gratuito patrocinio), artt. 15, primo comma, n. 2, 18, sec�ondo comma, e 29, primo e secondo comma, in quanto condizionano l'esercizio del diritto di azione ad una preventiva delibazione del probabile esito favorevole della causa (art. 3 della Costituzione), ed escludono per gli ammessi al gratuito patrocinio il diritto di scegliersi il difensore (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione) (46). Commissione del gratuito patrocinio presso il Tribunale di Milano, ordinanza 18 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. r. d. 15 ottobre 1925, n. 2033 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di (45) Questione dichiarata non fondata con sentenza 12 luglio 1967, n. 109. I primi due commi della disposizione, dichiarati incostituzionali con sentenza 12 luglio 1965, n. 69 � in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento disposto per le aziende industriali e commerciali ., sono stati sostituiti con legge 31 ottobre 1966, n. 948. (46) Analoga questione � stata proposta, per l'art. 18, primo e secondo comma, del r. d. 30 dicembre 192.3, n. 3282, dal giudice istruttore del Tribunale di Vercelli (ordinanza 12 agosto 1968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305). 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prodotti agrari), artt. 41, 43, 44 (47), 45 e 46, in quanto non consentonc nelle operazioni di prelevamento e analisi di campioni la pres�nza dell'interessato, del suo difensore o del suo consulente tecnico (artt. 3 e 24 della Costituzione) (48). Pretore di Santa Marfa Capua Vetere, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78 (art. 41). Pretore di Castelfranco Veneto, ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85 (artt. 43, 44 e 45). Pretore di Volterra, ordinanza 13 marzo 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128 (artt. 41, 43, 44, primo comma, 45 e 46). legge 18 marzo 1926, n. 562 (Conversione in legge, con approvazione complessiva, di decreti luogotenenziali e regi aventi per oggetto argomenti diversi), articolo unico, nella parte in cui converte in legge l'art. 41 del r. d.-1. 15 ottobre 1925, n. 2033, che consente il compimento di atti istruttori senza l'intervento della difesa (artt. 24 e 3 della Costituzione). Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. r. d. 1� luglio 1926, n. �61 (Regolamento per l'esecuzione del regio decreto )5 ottobre 1925, n. 2033, convertito in legge con la legge 18 marzo 1926, n. 562, concernente la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti I agrari), artt. 93 e 94, in quanto, in relazione agli artt. 1 della legge 18 ottobre 1959, n. 945 e 41 del r. d.-1. 15 ottobre 1925, n. 2033, consentono alla polizia giudiziaria il compimento di atti istruttori senza I l'intervento della difesa (artt. 24 e 3 della Costituzione). Pretore di Santa Maria Capu� Vetere, ordinanza 3 dicembre 1968, G. l]. 26 marzo 1969, n. 78. (47) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 44, terzo e quarto comma, del r. d. 1. 15 ottobre 1925, n. 2033 (nel testo sostituito dall'art. 1 della legge 27 febbraio 1958, n. 190) � stata dichiarata non fondata con sentenza 19 feb� braio 1965, n. 6. (48) Questione gi� proposta, con analogo richiamo alla sentenza 5 luglio 1968, n. 86 (con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale degli artt. 225 e 232 del codice di procedura penale e nella parte in cui rende.no possibile, nelle indagini di polizia ivi previste, il compimento di atti istruttori senza l'applicazione degli artt. 320, 304-bis, ter e quater del codice di procedura penale), dal pretore di Brescia con ordinanza 15 giugno 1968 (G. U. 14 settembre 1968, n. 235), dal pretore di Camposampiero con ordinanza 18 ottobre 1968 (G. U. 28 gennaio 1969, n. 25), dal pretore di Chiari con ordinanza 15 novembre 1968 (G. U. 29 gennaio 1969, n. 25), e dal pretore di Santa Maria Capua Vetere co.n ordinanza 22 novembre 1968 (G. U. 12 febbraio 1969, n. 38). Analoghe questioni sono state proposte anche per gli artt. 1 e 21 della legge 27 febbraiol958, n. 190 (che hanno modificato gli artt. 44 e 45 del r. d. 1. 15 ottobre 1925, n. 2033) e per l'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 280 (modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 27 maggio 1922, n. 81 O (Esecuzione del Trattato, dei quattro allegati annessi e del Concordato, sottoscritti in Roma tra la Santa Sede e l'Italia l'll febbraio 1929), art, 34, quarto quinto e sesto comma, in quanto attribuisce alla competenza dei tribunali ecclesiastici le cause in materia di nullit� del matrimonio (art. 102, secondo� comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 22 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del Concordato dell'll febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella parte relativa al matrimonio), art. 7, ultima parte, in quanto, con disciplina diversa da quella prevista dall'art. 87, n. 4 del codice civile, ammette la dispensa dall'impedimento del vinco1o di affinit� di primo grado per il matrimonio concordatario, valido a tutti gli effetti civili (art. 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 23 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. r. d. 1. 26 febbraio 1930, n. 105 (Aumento dei diritti erariali sugli apparecchi automatici di accensione), convertito con legge 10 maggio 1930, n. 611, artt. da 2 a 15, in quanto estendono il monopolio 1n favore del CIF alla produzione ed alla vendita de.gli accenditori azionati da pietrina focaia e di qualsiasi altro oggetto capace di produrre fiammella, scintilla o incandescenza (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. legge 1� maggio 1930, n. 611 (Conversione in legge del r. d. l. 26 febbraio 1930, n. 105, relativo all'aumento dei diritti erariali sugli apparecchi automatici di accensione), nella parte in cui converte in legge gli articoli da 2 a 15 del r. d. I. 26 febbraio 1930, n. 105, che estendono il monopolio in favore del CIF alla produzione ed alla vendita degli accenditori azionati da pietrina focaia e di qualsfasi altro oggetto capace di produrre fiammella, scintilla o incandescenza (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme suUa disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro COl/'l, quelle sul trattamento giU1'idico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione intern� in regime di concessione), art. 1O, quarto comma, modificato dalla legge 24 luglio 1957, n. 633, in quanto condiziona la proponibilit� dell'azione giudiziaria al preventivo reclamo in via gerar 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO chica (artt. 3, 24, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione) (49). Pretore di Torino, ordinanze 4 febbraio 1969 (tre), G. U. 9 aprile 1969, n. 91. r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice di procedura pooale), artt. 4 e 5, in quanto prevedono la obbligatoriet� e la gratuit� della difesa di ufficio (artt. 23 e 36 della Costituzione) (41). Pretore di Roma, ordinanza 10 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. r. d."18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle.leggi di pubblica sicurezza) art. 108, in quanto condiziona una specifica utilizzazione della propriet� alla preventiva licenza dell'autorit� amministrativa (art. 41 e seguenti della Costituzione) e consente di sottoporre il cittadino ad un continuo e costante controllo sui suo-i spostamenti sul territorio nazionale (art. 16 della Costituzione) (50). Pretore di Orbetello, ordinanza 17 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deLle leggi di pubblica sicurezza), art. 109, primo, secondo e terzo comma, in quanto vieta di dare alloggio a persone non munite di documenti di riconoscimento ed impone agli ospitanti di comunicare giornalmente all'autorit� di pubblica sicurezza l'arrivo, la partenza ed il luogo di destinazione delle persone alloggiate (artt. 16, primo comma, e 17, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 11 febbraio 1969, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 113, in quanto considera reato l'affissione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati dall'autorit�, senza che alcun obbligo di provvedere sia al riguardo imposto all'autorit� (art. 21 della Costituzione). Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (Disposizioni sull'assegno bancario, sull'assegno circolare e su alcuni tito.zi speciali deU'Istituto di emis( 49) Questione dichiarata non fondata, con sentenza 21 marzo 1969, n. 39, I== i:: in riferimento all'art. 36 della Costituzione. i~= (50) Va precisato che il testo dell'ordinanza di riunione non consente una precisa individuazione della disposizione denunciata, facendo riferimento a e norma t;: in imputazione � non indicata. ~ ' . I.I�:: :a ~ ~ %f!:ff:1Giffiffrff=tF"f0N%f?F:4f-ff@.fiffr;w9rrtx;~=~rrmyr~w;x;'.~~.,.r4!;:ry::rc;;,;ww+sf"sfi.IF'iffJFfiffff&fEftf=zl PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 91 sione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), art. 116, limitatamente all'inciso < e nei casi pi� gravi anche la reclusione sino a sei mesi �, in quanto rimette al discrezionale potere del giudice, e senza necessit� di preventiva specifica contestazione, di integrare la generica formulazione della norma con l'inserimento di elementi idonei a far ravvisare la maggiore gravit� del reato (artt. 24, secondo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica), art. 32, in quanto stabilisce il termine di cinque giorni per la opposizione alla ingiunzione di ;pagamento (artt. 3, primo comma, e 24, secondo e terzo comma, della Costituzione) (51). Giudice conciliatore di Mercato San Severino, ordinanza 22 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative della disciplina delle pubbliche affissioni), artt. 2 e 4, in quanto considerano reato l'affissione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati dall'autorit�, senza che alcun obbligo di provvedere sia al riguardo imposto all'autorit� (art. 21 della Costituzione). Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giud.iziario), art. 4, limitatamente alla espressione � di ogni grado ., art. 31, lim~tatamente alla espressione � in sottordine ., art. 34, e art. 39, primo comma, in quanto distinguono i magistrati delle preture secondo criterio gerarchico (artt. 101 e 107, terzo comma della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 1, 2, se� condo comma, 33 e 72, in quanto istituiscono il pretore, con pluralit� di funzioni processuali (inquirenti e giudicanti), come organo giudiziario di diritto penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 96 e 97, in quanto, in rela (51) Questione gi� proposta dal Pretore di Salerno (ordinanza 4 giugno 1968 (tre), G. U. 31 agosto 1968, n. 222). 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione all'art. 700 del codice di procedura civile, consentono il sequestro di pubblicazioni a stampa, ai fini di far cessare l'abuso dell'immagine, al di fuori di ipotesi delittuose e di espressa previsione da parte della legge sulla stampa (art. 21, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 30 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 1, e norme che ne derivano, in quanto consente la procedura concorsuale solo per determinate categorie, e secondo di, scriminazioni rimesse all'arbitrio dell'amministrazione finanziaria o rapportate alla misura del capitale -investito nell'impresa (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 27 giugno 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del co1icordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 15, in quanto consente la declaratoria di fallimento senza preventiva audizione dell'imprenditore (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Corte di appello di Brescia, ordinanza 29 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91 (52). Pretore di Roma, ordinanza 11 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del co1iCordato preventivo, dell'amministrazione co1itrollata e della liquidazione coatta amministrativa), cirt. 18, secondo comma, in quanto fa decorrere il termine utile per la opposizione dalla data di affissione dell'estratto d�lla sentenza dichiarativa di fallimento alla porta esterna del tribunale, ad una forma di pubblicit�, cio� inidonea a costituire mezzo informativo di serio affidamento, soprattutto quando il debitore non sia stato preventivamente informato della procedura fallimentare a suo carico (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. (52) Con la stessa, ordinanza la corte di appello di Brescia ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 147 della legge fallimentare: questione gi� pro-f:iii::: posta, invece, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 24, primo e secondo ~ ,..... comma, e 25 primo comma, della Costituzione, dal tribunale di Udine (ordinanza 8 novembre 1968, G.U. 29 gennaio 1969, n. 25). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE sione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), art. 116, limitatamente all'inciso < e nei casi pi� gravi anche la reclusione sino a sei mesi �, in quanto rimette al discrezionale potere del giudice, e senza necessit� di preventiva specifica contestazione, di integrare la generica formulazione della norma con l'inserimento di elementi idonei a far ravvisare la maggiore gravit� del reato (artt. 24, secondo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico deUe disposizioni sull'edilizia popolare ed economica), art. 32, in quanto stabilisce il termine di cinque giorni per la opposizione alla ingiunzione di ;pagamento (artt. 3, primo comma, e 24, secondo e terzo comma, della Costituzione) (51). Giudice conciliatore di Mercato San Severino, ordinanza 22 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative della disciplina deile pubbliche affissioni), artt. 2 e 4, in quanto considerano reato l'affissione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati dall'autorit�, senza che alcun obbHgo di provvedere sia al riguardo imposto all'autorit� (art. 21 della Costituzione). Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 4, limitatamente alla espressione � di ogni grado ., art. 31, limitatamente alla espressione � in sottordine �, art. 34, e art. 39, primo co~ma, in quanto distinguono i magistrati delle �preture secondo criterio gerarchico (artt. 101 e 107, terzo comma della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 1, 2, se� condo comma, 33 e 72, in quanto istituiscono il pretore, con rpluralit� di funzioni processuali (inquirenti e giudicanti), come organo giudiziario di diritto penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 96 e 97, in quanto, in rela� (51) Questione gi� proposta dal Pretore di Salerno (ordinanza 4 giugno 1968 (tre), G. U. 31 agosto 1968, n. 222). 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. I. 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della Magistratura), art. 2, secondo comma, in quanto delimita la garanzia della inamovibilit� ai magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore della Repubblica o pretore (art. 107 d.ella Costituzione). Pretore di Legnano, ordinanza 20 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. d. lg. C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in se1�vizio nelle Amministrazioni dello Stato), art. 9, terzo comma, in quanto limita le categorie degli aventi diritto iure proprio all'indennit� di anzianit� dovuta al lavoratore deceduto ed impedisce al lavoratore che non lasci persone appartenenti alle stabilite categorie di disporre dell'indennit� di anzfanit� per dopo la sua morte (artt. 3 e 36, primo comma, della Costituzione) (53). Consiglio di iStato, sesta sezione, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. d. lg. C.P.S. 22 a,prile 1947, n. 285 (Corresponsione deU'indennit� di contingenza ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia deglt immobili urbani), convertito con legge 20 novembre 1951, n. 1323, artic,olo .unico, tabella A, .in quanto prevede l'indennit� di contingenza dovuta ai portieri degli stabili con reddito imponibile inferiore al minimo stabilito in misura ridotta rispetto a quella spettante ai portieri di altri stabili di egual numero di appartamenti (artt. 36 e 3 della Costituzione). Corte di appello di Roma, ordinanza 11 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 7 ottobre 1947, n. 1058 (Norma per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione annuale deile liste elettorali), art. 1,. n. 3, recte: art. 2, n. 2, in quanto dispone la temporanea esclusione del fallito dall'esercizio del diritto di voto (art. 48 della Costituzione) (34). Commissione elettorale mandamentale di Pistoia, ordinanza a marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. d. lg. C.P.S. 8 novembre 1947, n. 1417 (Disciplina delle pubbliche affissioni e della pubblicit� affine), art. 9, in quanto considera reato l'affissione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati (53) Questione proposta con riguardo ai principi affermati dalla Corte costituzionale, nella sentenza 27 giugno 1968, n. 75, sul carattere retributivo dell'indennit�; di anzianit�. (54) Disposizione riprodotta all'art. 2, n. 2 del d.P.R. 20 marzo 1967, n. 239 per il quale la stessa questione � stata proposta, in riferimento anche all'art; 3 della Costituzione, dalla corte di appello di Milano (ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 2.. aprile 1969, n. 85). l,,,,, [io -------~~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 91 e, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), art. 116, limitata1te all'inciso � e nei casi pi� gravi anche la reclusione sino a sei ri �, in quanto rimette al discrezionale potere del giudice, e senza essit� di preventiva specifica contestazione, di integrare la generica mulazione della norma con l'inserimento di elementi idonei a far 'Visare la maggiore gravit� del reato (artt. 24, secondo comma, e 25, :ondo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 69, n. 85. r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico delle disposizioni suti'edi~ ia popolare ed e'conomica), art. 32, in quanto stabilisce il termine di nque giorni per la opposizione alla ingiunzione di ;pagamento (artt. 3, rimo comma, e 24, secondo e terzo comma, della Costituzione) (51). Giudice conciliatore di Mercato San Severino, ordinanza 22 marzo 969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative deila disciplina :leile pubbliche affissioni), l'affissione di manifesti dall'autorit�, senza imposto all'autorit� (art. 21 1969, n. 66. r. d. 30 gennaio 1941, tamente alla espressione espressione � in sottordine ., distinguono i (artt. 101 e 1969, n. 66. r. d. 30 gennaio 1941, condo comma, 33 Costituzione). marzo 1969, n. legge 22 (51) Questione 1968 (tre), G. U. 31 art+. 2 e 4, in quanto considerano reato e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati che alcun obbligo di provvedere sia al riguardo della Costituzione). Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 4, limita� di ogni grado � art. 31, limitatamente alla art. 34, e art. 39, primo c:o~ma, in quanto magistrati delle preture secondo criterio gerarchico 107, terzo comma della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 12 marzo n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 1, 2, se� e 72, in quanto istituiscono il pretore, con pluralit� di funzioni processuali (inquirenti e giudicanti), come organo giudiziario di diritto penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, della Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U . .12 66. aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e d� aitri diritti connessi al suo esercizio), art+. 96 e 97, in quanto, in rela~ gi� proposta dal Pretore di Salerno (ordinanza 4 giugno agosto 1968, n. 222). --- PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 91 sione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), art. 116, limitatamente all'inciso e e nei casi pi� gravi anche la reclusione sino a sei mesi ., in quanto rimette al discrezionale potere del giudice, e senza necessit� di preventiva specifica contestazione, di integrare la generica formulazione della norma con l'inserimento di elementi idonei a far ravvisare la maggiore gravit� del reato (artt. 24, secondo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico delle dispo1Sizioni sull'edilizia popolare ed economica), art. 32, in quanto stabilisce il termine di cinque giorni per la opposizione alla ingiunzione di ;pagamento (artt. 3, primo comma, e 24, secondo e terzo comma, della Costituzione) (51). Giudice conciliatore di Mercato San Severino, ordinanza 22 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative della disc:i.piina deile pubbliche affissioni), artt. 2 e 4, in quanto considerano reato l'affissione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati dall'autorit�, senza che alcun obbUgo di provvedere sia al riguardo imposto all'autorit� (art. 21 della Costituzione). Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 4, limitatamente alla espressione � di ogni grado �, art. 31, lim!tatamente alla espressione � in sottordine ., art. 34, e art. 39, primo comma, in quanto distinguono i magistrati delle �preture secondo criterio gerarchico (artt. 101 e 107, terzo comma della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (01'dinamento giudiziario), artt. 1, 2, se� condo comma, 33 e 72, in quanto istituiscono il pretore, con rpluralit� di funzioni processuali (inquirenti e giudicanti), come organo giudiziario di diritto penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U . .12 marzo 1969, n. 66. legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 96 e 97, in quanto, in rela (51) Questione gi� proposta dal Pretore di Salerno (ordinanza 4 giugno 1968 (tre), G. u. 31 agosto 1968, n. 222). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 97 indennit� di contingenza ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia degli immobili urbani; e del decreto legislativo 14 dicembre 1947, n. 1460, concernente aumento della indennit� di contingenza ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e puiizia degli immobili urbani), artt. 1 e 2, per la parte concernente l'articolo unico, tabella A, del d. lg. C.P.S. 22 aprile 1947, n. 285 e l'articolo 1 del d. lg. C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1460, che prevedono l'indennit� di contingenza dovuta ai portieri degli stabili con reddito imponibile inferiore al minimo stabilito in misura ridotta rispetto a quella spettante ai portieri di altri stabili con egual numero di appartamenti (artt. 36 e 3 della Costituzione). Corte di appello di Roma, ordinanza 11 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 4 aprile 1952, n. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicuraziooe obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia e i superstiti), ?'art. 12, in quanto dispone un trattamento pensionistico differente tra uomo e donna (artt. 3, 36 e 37 della Costituzione) (57). Giudice istruttore del Tribunale di Genova, ordinanze 25 gennaio 1969 (tre), G. U. 23 aprile 1969, n. 105. legge 16 aprile 1953, n. 326 (Ratifica, con modificazioni, del decreto legislativo 17 dicembre 1947, n. 1599, concernente l'istituzione della scuola popolare contro l'analfabetismo), art. 4, che ratifica e modifica l'art. 4 del d. lg. C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599, in quanto prevede che la nomina degli insegnanti, nel caso di scuole organizzate da enti o da associazioni con oneri a loro totale carico o a carico dello Stato, ha luogo su proposta e d'intesa con gli enti o le associazioni interessate, secondo criterio diverso da quello stabilito per la nomina degli insegnanti di corsi statali (artt. 3, 4 e 33 della Costituzione). Pretore di Nicosia, ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. legge 31 marzo 1954, n. 109 (Provvedimenti a favore di lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia degli immobili), art. 2, in quanto, in relazione alla tabella A del d. lg. C.P.S. 22 aprile 1947, n. 285, prevede l'indennit� di contingenza dovuta ai portieri degli stabili con reddito imponibile inferiore al minimo stabilito in misura ridotta rispetto a quella spettante ai portieri di altri stabili con egual numero di appartamenti (artt. 36 e 3 della Costituzione). I ~ Corte di appello di Roma, ordinanza 11 dicembre 1968, G. U. 11 B giugno 1969, n. 145. legge 31 luglio 1954, n. 570 (Restituzione delL'imposta generale sul 1, l'entrata sui prodotti esportati ed istituzione di un diritto compensativo !~: V marzo ~!. 0 !:I~::, . , ,,~ ~;j };) ~ ~ f;l 1w1r1r0~:11~fw11@mw~l'?fitlifffffim~fr&~Mfill'lftlf%fmwiff&W:iffit1�stm~f*t1ffmww0wtr&:rfi=w1ili%&r&'itd (57) Questione gi� proposta dal tribunale di Arezzo con ordinanza 21 1968, G.U. 1� giugno 1968, n. 139. 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sulle importazioni), artt. 1 e 3, in quanto rimette all'autorit� amm1mstrativa di stabilire, con scelta discrezionale, quali prodotti importati siano da assoggettare ad imposizione tributaria (art. 23 della Costituzione) (58). Corte di appello di Napoli, ordinanza 11 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produzione, del commercio e dell'impiego degli stupefacenti), art. '25, in quanto dispone la obbligatoriet� del mandato di cattura (art. 27, secondo comma, della Costituzione), e consente provvedimenti restrittivi della libert� personale senza motivazione (art. 13, secondo comma, della Costituzione) (59). 'l1ribunale di Roma, ordinanza 12 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. d. P. R. 19 marzo 1955, n. 520 (Riorganizzazione centrale e periferica� del Ministero del lavoro e della previdenza sociale), art. 8, in quanto non pone limiti al potere di indagini attribuite agli ispettori del lavoro (art. 14, terzo comma, della Costituzione) e consente il compimento di atti istruttori senza l'intervento dell'interessato (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Narni, ordinanza 22 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 5 gennaio 1956, n. 1 (Norme integrative della legge 11 gennaio 1951, n. 25 sulla perequazione tributaria), art. 8, ultima parte, riprodotta all'art. 109, lettera c, del d~P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, in quanto condiziona la detraibilit� della spesa, ai fini della determinazione dell'imponibile per l'imposta di ricchezza mobile, alla prescritta registrazione cronologica (artt. 3 e 53, primo� comma, della Costituzione) (60). Tribunale di Ancona, ordinanza 21 febbraio 1969, -G. U. 18 giugno 1969, n. 152. d. I. 11 gennai�o 1956, n. 2 (Diritto fisso dovuto all'Erario per la detenzione di apparecchi di accensione), convertito in legge 16 marzo 1956, n. 109, art. 8, in quanto conserva in vigore le disposizioni di cui agli articoli da 2 a 15 del r. d. I. 26 febbraio 1930, n. 105 (convertito (58) Questione gi� proposta dalla stessa corte di appello (ordinanza 5 gennaio 1968, G.U. 6 luglio 1968, n. 170). (59) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25, secondo comma della Costituzione, con sentenza 19 maggio 1964, n. 36. (60) Questione gi� proposta, anche per l'art. 7, quarto comma, dalla commissione distrettuale delle imposte di Vasto (ordinanze 15 luglio 1968 (due), G.U. 12 ottobre 1968, n. 261). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 99 con legge 1� maggio 1930, n. 611), nelle parti in cui estendono il monopolio in favore del CIF alla produzione ed alla vendita degli accenditori azionati da pietrina focaia e di qualsiasi altro oggetto capace di produrre fiammella, scintilla o escandescenza (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78 . . legge 16 marzo 1956, n. 109 (Convenzione in legge del decreto-legge 11 gennaio 1956, n. 2, sul diritto fisso dovuto all'Erario per la detenzione di apparecchi di accensione), in quanto converte l'art. 8 del d. 1. 11 gennaio 1956, n. 2, che conserva in vigore gli articoli da 2 a 15 del r. d. I. 26 febbraio 1930, n. 105 (convertito con legge 1� maggio 1930, n. 611), nelle parti in cui estendono il monopolio in favore del CIF alla produzione ed alla vendita degli accenditori azionati da pietrina focaia e di qualsiasi altro oggetto capace di produrre fiammella, scintilla o escandescenza (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moraiitd), -artt. 1 e 3, in quanto la determinazione del grado di pericolosit� � lasciata alla mera discrezione degli organi di polizia o comunque, se rimessa all'autorit� giudiziaria, non � fondata su criteri direttivi (articoli 13, secondo comma, 24, primo com.ia, e 3, primo comma, della Costituzione) (61); art. 4, secondo comma, in quanto prevede come facoltativa l'assistenza di un difensore (artt. 24, primo comma, e 3, primo comma, della Costituzione) (62). Pretore di Torino, ordinanza 19 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralitd), art. 2, in quanto consente al questore di limitare la libert� di "(61) Questione dichiarata non fondata, per l'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 ed in riferimento agli artt. 3 e 13, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 17 marzo 1959, n. 32. Analoga questione di legittimit� costituzionale della stessa disposizione � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, 25, 27 e 3 della Costituzione, con sentenza 23 marzo 1964, n. 23. (62) Questione proposta .anche dal tribunale di Torino (ordinanza 13 dicembre 1968, G.U. 26 febbraio 1969, n. 52) e con lo stesso richiamo alla sentenza 29 maggio 1968, n. 53, con la quale la Corte costituzionale, dichiarando la illegittimit� costituzionale degli artt. 636 e 637 del codice di procedura penale, ha affermato la necessit� dell'assistenza tecnica di un difensore �da rendersi, oltrettutto, obbligatoria e non facoltativa, come invece � disposto, per analoghe situazioni, dall'art. 4, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956 sulle misure di prevenzione .. 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO circolazione anche per motivi di pubblica moralit� (art. 16 della Costituzione). Tribunale di Vibo Valentia, ordinanza 31 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. legge 24 luglio 1957, n. U3 (Modifiche all'art. 1 O del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, sul trattamento giuridico economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), articolo unico, che modifica l'art. 10 del r. d. 8 gennaio 1931, n. 148, in quanto condiziona la proponibilit� dell'azione giudiziaria al preventivo reclamo in via gerarchica (artt. 3, 24, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione) (63). Pretore di Torino, ordinanze 4 febbraio 1969 (tre), G. U. 9 aprile 1969, n. 91. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 109, lettera c, che riproduce l'art. 8, ultima parte, della legge 5 gennaio 1956, n. 1, in quanto condiziona la detraibilit� delle spese, ai fini della determinazione del reddito imponibile per l'imposta di ricchezza mobile, alla prescritta registrazione c�ronofogica (artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Ancona, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 136, lettera b, in quanto esclude dalle detrazioni consentite ai fini dell'applicazione dell'imposta complementare le somme versate per imposta di successione, con eccesso dalla delega conferita dall'articolo 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (artt. 76 e 53 della Costituzione) (64). Commissione distrettuale delle imposte di San Severo, ordinanza 5 novembre 1966, G. U. 12 marzo 1969, n. 66 (art. 136). Tribunale di Genova, ordinanza 23 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145 (art. 136, lett. b). d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 207, lett. a, in quanto non consente al terzo proprietario di �beni oggetto di esecuzione esattoriale (che non pu� nemmeno ricecorrere ai rimedi previsti dagli articoli 208 e 209) di opporsi all'esecuzione ogni qualvolta i beni pignorati siano stati oggetto di precedente esecuzione esattoriale, senza che magari ne abbia avuto notizia e abbia (63) Questione dichiarata non fondata con sentenza 21 marzo 1969, n. 39. (64) Analoga questione � stata gi� proposta dalla commissione distrettuale delle imposte di Conegliano (ordinanl!:e 19 gennaio 1964 (quattro), G. U. 9 dicembre 1967, n. 307). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 101 perci� potuto evitare l'affidamento alla stessa persona espropriata dall'esattoria (artt. 113 e 42, secondo comma, della Costituzione) (65). Pretore di Nard�, ordinanza 18 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 311, secondo comma, in quanto assoggetta al privilegio con-� cesso ai crediti per imposta di ricchezza mobile anche beni appartenenti a persona diversa dal debitore (art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), artt. 261, secondo comma, e 262, terzo comma, in quanto, nel considerare il mancato pagamento di sei rate consecutive di imposta per un ammontare complessivo non inferiore a lire 12.000 come pos �sibile causa di fallimento per i contribuenti imprenditori commerciali. consente una discriminazione fondata sulla natura e sulla provenienza dei redditi imponibili (art. 3, primo comma, della Costituzione) (66).. Corte di appello di Venezia, ordinanza 30 gennaio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Tribunale di Treviso, ordinanza 27 marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. d. P. R. 29 gennaio 1959, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte� dirette), art. 288, lett. c, in quanto abroga l'art. 33 del r. d. 1. 7 agosto� 1936, n. 1639, relativo anche a materie (contenzioso tributario ed imposte indirette) non comprese nella delega conferita con la legge 5 gennaio 1956, n. 1 e la legge di proroga 30 luglio 1957, n. 654 (art. 7o della Costituzione). Commissione provinciale delle imposte di Milano, ordinanza 19' novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. legge 4 febbraio 1958, n. 23 (Norme per il conglobamento e perequazioni salariali in favore dei portieri ed altri lavoratori addetti alla: pulizia e custodia di stabili urbani), art. 1, in quanto, in relazione alla� (65) Questione proposta con espresso richiamo alle sentenze 7 luglio 1962,. n. 87, 16 giugno 1964, n. 42 e 26 novembre 1964, n. 93, con le quali la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimit� costituzionale� dell'art. 207, lett. b del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (in quanto non consente a determinati terzi di opporsi all'esecuzione esattoriale) con riferimento alle garanzie previste dagli artt. 208 e 209). (66) Analoga questione � .stata gi� proposta, in riferimento anche all'art. 4 della Costituzione, dal Consiglio nazionale forense (ordinanza 17 luglio 1968, G.U. 14 dicemlire 1968, n. 318). 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tabella A del d. 1. C. P. S. 22 aprle 1947, n. 285, prevede l'indennit� di contingenza dovuta ai portieri degli stabili con reddito imponibile inferiore al minimo stabilito in misura ridotta rispetto a quella spettante ai portieri di altri stabili con egual numero di appartamenti (artt. 36 e 3 della Costituzione). Corte di appello di Roma, ordinanza 11 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 27 febbrai�o 1958, n. 190 (Modifica agli articoli 44 e 45 del -decreto-legge 15 ottobre 1925 n. 2033, convertito nella legge� 18 marzo 1926, n. 562, concernente la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), art+. 1 e 2, che modificano gli artt. 44 e 45 del r. d. 1. 15 ottobre 1925, n. 2033, in quanto non <prevedono l'intervento dell'interessato alle operazioni di prelevamento e analisi dei campioni (artt. 3 e 24 della Costitu- zione) (67). Pretore di Castelfranco Veneto,. ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85 (artt. 3 e 24 della Costituzione)". Pretore di Sant'Elpidio a Mare, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Guardia Sanfrannondi, ordinanza 14 marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152 (art. 24 della Costituzione). d. P. R. 16 settembre 1958, n. 916 (Disposizioni di attuazione e di �coordinamento della legge 24 marzo 1958, n. 195), art. 63, secondo com� ma, per la parte in cui richiama l'art. 2 del d. lg. lgt. 3 maggio 1945, n. 232, che consente al presidente della corte di !J.ppello di trasferire i magistrati, e con provvedimento insindacabile e non impugnabile (artt. 105, 107, e 25 della Costituzione), per eccesso dai limiti della delega parlamentare (art. 76 della Costituzione), e in quanto prevede norme sull'ordinamento giudiziario con la fol'ma del decreto presidenziale (art. 108 della Costituzione). Pretore di Voltri, ordinanza 15 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 30 luglio 1959, n. 623 (Nuovi' incentivi a favore delle medie e piccole industrie e dell'artigianato), art. 20, in quanto, con ingiustificata deroga all'art. 67 del r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (art. 3, primo �comma, della Costituzione), stabilisce in dieci giorni dalla stipulazione del mutuo il termine utile per proporre la revocatoria fallimentare (67) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24 e 102 della Costituzione, con sentenze 10 maggio 1963, n. 63 e 19 febbraio 1965, n. 6, e riproJlOSta a seguito della decisione 5 luglio 1968, n. 86 della Corte costituzionale. I I I ) l I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 103 nei confronti degli istituti di credito a medio termine (art. 24, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Padova, ordinanza 21 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. legge 18 ottobre 1959, n. 945 (Modificazioni e integrazioni del regio decreto-legge 15 ottobre 1925, n. 2033, convertito nella legge 18 marzo 1926, n. 562 sulla repressione delle .frod~ nella preparazione delle sostanze di uso agrario e dei prodotti agrari), art. 1, in quanto consente alla polizia giudiziaria il compimento di atti istruttori senza l'intervento della difesa (artt. 24 e 3 della Costituzione). Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. legge 30 dicembre 1959, n. 1234 (Vigilanza per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), articolo unico, in quanto consente alla polizia giudiziaria il compimento di atti istruttori senza l'intervento della difesa (artt. 24 e 3 della Costituzione). Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), art. 15, n. 7, in quanto contempla condizioni di ineleggibilit� che possono non dipendere dalla volont� dell'interessato, come nel caso dell'erede dell'appaltatore che subentri nelle obbligazioni nascenti dal contratto di appalto a rinnovazione tacita quando sia scaduto il termine utile per la intimazione della disdetta (artt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Ancona, ordinanza 7 marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini), articolo unico, in quanto rende obbligatori erga omnes gli articoli 34 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959 per gli addetti all'edilizia e 12 del contratto collettivo di lavoro l<i settembre 1959 per la provincia di Genova, per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 1 della legge 14 luglio 1959, n. 741 (art. 76 della Costituzione) (68). � Pretore di Genova, ordinanza 23 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. (68) Nei termini indicati nella prima parte della questione, in quanto eme rende obbligatorio erga omnes l'art. 34 del contratto collettivo nazionale di lavoro 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 2 ottobre 1960, n. 1378 (No'l'me sul tmttamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese: esercenti la produzione del cemento, amianto-cemento e la produzione promiscua di cemento, calce e gesso), articolo unico, nella parte in cui rende obbligatorio il tentativo di conciliazione previsto dall'art. 44 del contratto collettivo nazionale di lavoro 11 dicembre 1958 per gli impiegati, per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 1 della legge 14 luglio 1959, n. 741 (art. 76 della Costituzione) (69). Tribunale di Palermo, 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. d. P. R. 27 novembre 1'960, n. 1798 (Norme sul trattamento economico e nO'l�mativo degli operai dipendenti dalle imprese argentiere'), articolo unico, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes il contratto collettivo nazionale 26 luglio 1956 rper gli operai dipendenti dalle aziende di panificazione, per eccesso dai limiti della delega conferita con la legge 14 luglio 1959, n. 741 (artt. 76 e 87, quinto comma, della Costituzione) (70). Corte di appello di Torino, ordinanza 28 gennaio 1969, G. U. 18: giugno 1969, n. 152. legge 31 dicembre 1961, n. 1443 (Norme per il finanziamento� delle prestazioni. per l'assistenza di malattia ai pensionati), art. 5, in quanto, nell'indicare come criterio di determinazione dei contributi il fabbisogno dell'assistenza di malattia ai pensionati, non delimita in modo idoneo la discrezionalit� del potere di imposizione (art. 76 della Costit1,1zione) (71). Tribunale di Genova, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 24 luglio 1959 (per il riferimento alle Casse edili di cui alla fine del terzultimo comma), il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato gi� dichiarato incostituzionale con sentenza 13 luglio 1960, n. 129: Il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � .stato dichiarato incostituzionale anche nellle parti in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti ulteriori disposizione del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959: art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), art. 61 (sentenza 9 giugno 1966, n. 43), e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). Il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato dichiarato incostituzionale, inoltre, nella parte in cui rende obbligatori erga omnes gli artt. 46 e 47 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1� agosto 1959 (sentenze 4 febbraio 1967, n. 9 e 10 febbraio 1969, n. 12). (69) Analoga questione � stata gi� proposta, con riferimento all'art. 50 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 ottobre 1958 per gli � intermedi �, dallo stesso tribunale di Palermo (ordinanza 26 aprile 1968, G.U. 31 agosto 1968, n. 222). (70) Questione gi� proposta dalla stessa corte di appello con ordinanza 9' marzo 1967 (G.U. 25 novembre 1967, n. 295). (71) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 23 della Costituzione, con sentenza 20 febbraio 1969, n. 21. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 105 d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 483 (Norme sul trattamento economico e normativo dei dipendenti di imprese industriali), in quanto rende obbligatorio erga omnes l'art. 12 del contratto collettivo per i dirigenti industriali 31 dicembre 1948, che rimette all'arbitrio del datore di lavoro la corresponsione dell'indennit� di anzianit� al dipendente dimissionario (art. 36 della Costituzione) (72). Tribunale di Sondrio, ordinanza 30 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto .27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igi.enica delZa produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 1, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441, in quanto, nel disciplinare le modalit� delle ispezioni, dei prelievi e delle analisi dei 'Campioni, non prevede l'intervento dell'interessato (artt. 3 e 24 della �Costituzione) (73). Pretore di Camposampiero, ordinanze 29 novembre 1968 e 31 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85 e 23 aprile 1969. n. 105. Pretore di Gonzaga, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanze 3 e 10 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Pretore di Chiusa, ordinanza 16 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Pretore di Frattamag.giore, ordinanza 3 febbraio 1965, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Pretore di Canosa di Puglia, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione delle leggi 10 agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 1958, n. 555, recanti provvedimenti per il Mezzogiorno), art. 2, ultimo comma, in quanto consente di determinare le indennit� di espropriazione secondo valori calcolati con riferimento ad epoca fino a dodici anni anteriore al provvedimento (artt. 3 e 42 della Costituzione) (74) -Tribunale di Bari, ordinanze 12 dicembre 1968 (due) (G. U. 26 marzo 1969, n. 78 e 18 giugno 1969, n. 152) e 30 gennaio 1969 (G. U. 18 giugno 1969, n. 152). (72) Dalla formulazione dell'ordinanza la questione risulta propo.sta direttamente per l'art. 12 del contratto collettivo del 31 dicembre 1948 (73) Questione gi� proposta dal pretore di Barra (ordinanza 5 novembre 1968, �G.U. 8 gennaio 1969, n. 6). (74) Questione pl.'oposta, anche con altre ordinanze (2 maggio 1968 (tre), 16 maggio 1968, 30 maggio 1968 (due), 6 giugno 1968, e 15 giugno 1968, G.U. 26 ottobre 1968, n. 275 e 30 novembre 1968, n. 305), sul presupposto che la disposizione si 106 HASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di gior nalista), art. 47, terzo comma, in quanto anche la pubblicazione dei periodici a carattere ideologico risulta condizionata, per l'art. 5, n. 3, della legge 8 febbraio 1948, n. 47, all'assunzione, di persone iscritte all'albo dei giornalisti (artt. 21 e 3 della Costituzione). Pretore di Catania, ordinanza 4 febbraio 1969, G. U. 21 maggio j 1969, n. 128. legge 26 febbraio 1963, n. 441 (Modifiche ed integrazioni alla legge 30 aprile 1962, n. 283, sulla disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande ed al. decreto del Presidente della Repubblica 11 agosto 1959, n. 750), art. 1, che modifica l'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, in quanto, nel disciplinare le modalit� delle ispezioni, dei prelievi e delle analisi dei campioni, non prevede l'intervento dell'interessato (artt. 24 e 3 della Costituzione). Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanze 3 e 10 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Pretore di Chiusa, ordinanza 16 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Pretore di Frattamaggiore, ordinanza 3 febbraio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frndi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e,d aceti), per eccesso dai limiti temporali della delega conferita con legge 9 ottobre 1964, n. 991, di cui � stata arbitrariamente procrastinata la pubblicazione (artt. 73-76 della Costituzione) (75). Pretore di Pordenone, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. d. P. R. 12 fe,bbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi. nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, primo comma, per eccesso dai limiti della delega conferita dagli articoli 1 e 2 della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto pone divieti non applichi ai rapporti in contestazione fra le parti, escludendosi cio� la retroattivit� delle norme che hanno modificato e sostituito l'art. 2, ultimo comma, della 29 settembre 1962, n. 1462. La disposizione, infatti, � stata modificata con l'art. 6 della legge 6 luglio 1964, n. 608 e sostituita con l'art. 31 della legge 25 giugno 1965, n. 717, che rinvia, quanto alla determinazione dell'indennit� di espropriazione, alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e quindi anche all'art. 12, secondo comma, prima parte, che, dichiarato incostituzionale con sentenza 9 aprile 1965, n. 22, � stato. sostituito, con le altre disposizioni della legge . 18 aprile 1962, n. 167 relative alla determinazione dell'indennizo, dalla legge 21 luglio 1965, n. 904. (75) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenze 9 febbraio 1967, n. 13 (art. 73 della Costituzione) e 22 marzo 1967 n. 32 e n. 33 (art. 76 della Costituzione). r J~uali),. i lavoro / Costitu ,,; ,! 26 marzo. ... .:fteusi e presta .ifrancazione per ,:; secondo e terzo .A>69, G. U. 9 aprile .irtt. 18 e 41 della Costitu-� / 1967, G. U. 15 giugno 1968, _iuzione dal pretore di Padova / n. 235). iferimento agli artt. 3 4 e as; 1: 81. �607 � stato dichiarato illegittimo~ _,:e alla parte in cui comprende nella. 108 &ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 20 marzo 1967, n. 233 (Testo unico delle leggi recanti norme per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali), art. 2, n. 2, in quanto dispone la temporanea esclusione del fallito dall'esercizio del diritto di voto, con limitazione riferibile, oltre tutto, ai soli commercianti (artt. 48 e 3 della Costituzione) (79). Corte d'appello di Milano, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 2 .aprile 1969, n. 85. legge 3 maggio 1967, n. 317 (Modificazioni al sistema sanzionatorio ,delle norme in materia di circolazione stradale e delle norme dei re;go1amenti locali), art. 9, primo comma, in quanto attribuisce all'autorit� amministrativa un potere di valutazione proprio della funzione giuri: sdizionale (art. 102 della Costituzione); quarto comma, in quanto consente il sindacato del giudice ordinario sulla legittimit� e sul merito ,di provvedimenti amministrativi (artt. 113, terzo comma, della Costituzione) (80). Pretore di Cassano d'Adda, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commerdo dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari), art. 42, in quanto consente il compimento di atti istruttori senza l'intervento dell'interessato (art. 24 della Costituzione). Pretore di Sant'Elpidio a Mare, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 17 ottobre 1967, n. 977 (Tutela del lavoro dei fanciulli e degli .adolescenti), art. 26, in quanto prevede la stessa pena minima per violazione di diversa gravit�, quali l'assunzione per un sol giorno di un solo minore e l'assunzione per pi� giorni di diversi lavoratori di minore ,et� (art. 3 della Costituzione) (81). Pretore di Fondi, ordinanza 29 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. �normativa anche i rapporti, che formano oggetto della legge, conctusi successivamente alla data del 28 ottobre 1941 �� (79) La stessa questione � stata proposta, per l'art. 1, n. 3 (recte: art. 2. n. 2) della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, dalla commissione elettorale mandamentale �di Pistoia (ordinanza .3 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). (80) Analoghe questioni sono state gi� proposte dal pretore di Prato (ordinanza 27 maggio 1968, 6 giugno 1968 e 26 giugno 1968, G. U. 31 agosto 1968, n. 222 e 14 settembre 1968, n. 235) e dal pretore di Maddaloni (ordinanza 26 settembre 1968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305). (81) Questione gi� proposta dal pretore di Velletri (ordinanza 15 novembre .1968, G. u. 12 febbraio 1969, n. 38}. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 leg~e 18 marzo 1968, n. 238 (Nuovi termini per l'emanazione dei provvedimenti di cui all'art. 39 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e norme integrative della medesima), art. 5, in quanto autorizza la emanazione di norme rivolte ad escludere la cumulabilit� della pensione di anzianit� con la retribuzione, consentendo una disparit� di trattamento tra i pensionati, a seconda che prestino o no attivit� lavorativa alle dipendenze di terzi (artt. 3 e 36 della Costituzione), e una sostanziale limitazione all'esercizio del diritto al lavoro (artt. 3, secondo comma, 4, 35, primo comma, e 38 della Costituzione) (82). Pretore di Roma, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. d. P. R. 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico deli'assicurazione generale obbligatoria), art+. 20 e 21, in quanto escludono, e per i soli pensionati del settore industriale, le cumulabilit� della pensione di anzianit� con la retribuzione, con disparit� di trattamento tra i pensionati a seconda che prestino o no attivit� lavorativa alle dipendenze di terzi (artt. 3 e 36 della Costitu� zione), e sostanziale limitazione all'esercizio del diritto al lavoro (articoli 3, secondo comma, 4, 35, primo comma, e 38 della Costituzione) (83). Pretore di Roma, ordinanze 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78 (artt. 3, secondo comma, 4, 35, 36 e 38 della Costituzione) e 10 marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152 (artt. 3, rprimo comma, e 36 della Costituzione). � Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145 (artt. 3, 4, 35, primo comma, 36 e 38 della Costituzione) (84). Pretore di Riva del Garda, ordinanza 15 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145 (artt. 3 e 36 della Costituzione). legge 5 aprile 1969, n. 119 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 febbraio 1969, n. 9, riguardanti il riordinamento degli esami di Stato di maturit�, di abilitazione e di licenza della (82) Questione gi� proposta dal Pretore di Firenze con ordinanze 13 luglio 1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261) e 25 novembre 1968 (G. U. 29 gennaio 1969, n. 25). La stessa questione � stata proposta, anche con altre ordinanze (v. nota seguente), per gli artt. 20 e 21 del d. P. R. 27 aprile 1968, n. 488, emesso in virt� della delega conferita con la legge 18 marzo 1968, n. 238. (83) Questione gi� proposta dal Pretore di Firenze con ordinanze 13 luglio 1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261) e 25 novembre 1968 (G. U. 29 gennaio 1969, n. 25), dal Pretore di Venezia con due ordinanze 2 agosto 1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261), e dal Pretore di Cagliari con ordinanza 28 agosto 1968 (G. U. 26 ottobre 1968, n. 275). (84) Nell'ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia la questione � stata proposta solo per l'art. 20. 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO scuola media), artt. 1, 5, e 6 ed ogni altra disposizione connessa, in quanto incompatibili con le parificazione, nella Valle d'Aosta, della lingua francese e quella italiana (artt. 38, primo e secondo comma, 39, ultimo comma, e 3, lettera g, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4) (85). Regione autonoma della Valle d'Aosta, iricorso deposito il 22 maggio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. legge reg. sic:. appr. 30 aprile 1969 (Modifiche alle cause di ineleggibilit� previste per la elezione a consigliere comunale e a consigliere provinciale). Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato il 13 maggio 1969, G. U. 23 maggio 1969, n. 128. NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE � STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice penale, art. 559 (Adulterio), .primo e secondo comma -Manifesta infondatezza (86). Ordinanza 28 marzo 1969, n. 59, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 28 maggio 1968 del Tribunale di Busto Arsizio, G. U. 31 agosto 1968, n. 222. codice penale, art. 578 (Infanticidio per causa di onore) (artt. 2, 3 e 30, terzo comma, della Costituzione) -Inammissibilit� per manifesta irrilevanza. Sentenza 3 aprile 1969, n. 62, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 24 giugno 1967 del Pretore di Bologna. G. U. 11 novembre 1967, n. 282. codice di procedura penale, art. 177-bis (Notificazione alt'imputato azt'estero) -Restituzione degli atti per un nuovo �giudizio sulla rilevanza (87). Ordinanza 28 mq.rzo 1969, n. 57, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 28 febbraio 1968 del Pretore di Forli, G. U. 6 luglio 1968, n. 170. (85) Le disposizioni sono in effetti indicate con riferimento all'articolazione del d. I. 15 febbraio 1969, n. 9. (86) La illegittimit� costituzionale della disposizione, esclusa con La sentenza. 28 dicembre 1961, n. 64, � stata dichiarata con sentenza 19 dicembre 1968, n. 126. (87) La disposizione � st�ta dichiarata incostituzionale, con sentenza 23 aprile 1965, n. 31, nelle parole �nel luogo in cui si procede�� ~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 111 codice di procedura penale, art. 304 (Nomina del difensore) (art. 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza. Ordinanza 3 aprile 1969, n. 66, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 5 giugno 1968 del Tribunale di Tempio Pausania, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. codice di procedura penale, art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommaria), terzo comma -Manifesta infondatezza (88). Ordinanza 14 maggio 1969, n. 94, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 29 novembre 1968 della Corte di assise di appello di Napoli, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria) terzo comma (art. 24, secondo comma. della Costituzione) -Manifesta infondatezza (89). Ordinanza 28 marzo 1969, n. 58, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 15 marzo 1968 del Pretore di Desio, G. U. 18 maggio 1968, n. 127. codice di procedura penale, art. 422 (Sanatoria delle nullit�. verificatesi negli atti preliminari al giudizio), nella parte in cui prevede la sanatoria delle nullit� di cui all'art. 412, in relazione al :precedente art. 408, anche nei confronti dell'offeso dal reato (art. 24, primo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (90). Ordinanza 3 aprile 1969, n. 67, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 12 dicembre 1967 del Tribunale di Ferrara, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Disciplina deile espropriazioni forzate per pubbiica utilit�), art. 46, terzo comma -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 3 aprile 1969, n. 65, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 25 marzo 1968 del Tribunale di Genova, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. (88) La disposizione � stata dichiarata incostituzionale, con sentenza 28 novembre 1968, n. 117, nei limiti in cui esclude la sindacabilit�, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova. (89) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. L'art: 398 del codice di procedura penale. iimitatamente aile parti in cui, ne; procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogativo dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione ., � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. (90) Nei limiti sopra indicati, la disposizione � stata dichiarata incostituzionale con sentenza 20 dicembre 1968, n. 132. 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 5 febbraio 1891, n. 99 (Regolamento amministrativo per i'ese�� cuzione della legge 17 luglio .1890, n. 6972, sulle istituzioni .pubbliche di assistenza e beneficenza), art. 16, secondo comma -Inammissibilit�. Sentenza 26 marzo 1969, n. 46, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 9 ottobre 1968 della Corte di appello di Napoli, G. U. 30 novembre 1968, n. 305. r. d. 30 dicembre 1923, JI. 3269 (Legge del registro), art. 98 -Restituzione. � degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 14 maggio 1969, n. 90, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 25 gennaio 1968 del Pretore di Bergamo, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. r. d. 20 dicembre 1932, n. 1705 (Approvazione del nuovo statuto della � Cassa nazionale-malattie per gli addetti al commercio � ), art. 36 Inammissibilit�. Sentenza 10 giugno 1969, n. 98, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanza di rimessione 17 gennaio 1968 del Tribunale di Vercelli, G. U. 30 marzo 1968, n. 84. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4 (artt. 3, 35, 36, 38 e 41 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (91). Ordinanza 17 marzo 1969, n. 36, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 1� febbraio 1967 del Tribunale di Roma, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposiz.ioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattrie professionali), art. 5, (91) Il terzo comma della disposizione ( � nella parte in cui limita ia responsabilit� civile del datore di lavoro per infortunio sul lavoro derivante da reato. all'ipotesi in cui questo sia stato commesso dagit incaricati della direzione o sorveglianza dei lavoro e non anche dagli altri dipendenti, dal cui fatto debba rispondere secondo il Codice civile�) e il quinto comma (e in quanto consente che il giudice civile possa accertare che il fatto che ha provocato l'inf�rtunio costituisca reato soltanto nelle ipotesi di estinzione dell'azione penale per morte dell'imputato o per ammistia, senza menzionare l'ipotesi di prescrizione del reato �) sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza 9 marzo 1967, n. 22. Le disposizioni sono riprodotte all'art. 10, terzo e quinto comma, del d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, con la stessa sentenza e negli stessi limiti, in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1963, n. 87. Con la stessa sentenza � stata invece dichiarata non fondata in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 35 e 38 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale del primo e del secondo comma della disposizione. Altra questione di legittimit� costituzionale � stata proposta dal Tribunale di Roma (ordinanza 3 febbraio 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235) per il quinto comma della disposizione, in quanto stabilisce il termine di un anno, a pena di decadenza, per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento di danni derivanti da infortuni sul lavoro. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 113 riprodotto all'art. 11 del d. P; R. 30 giugno 1965, n. 1124 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 17 marzo 1969, n. 35, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 30 marzo 1967 del Tribunale di Udine, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. r. d. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento della previdenza sociale), art. 40, n. 6 -Manifesta infondatezza (92). Ordinanza 5 marzo 1969, n. 30, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Ordinanza di rimessione 26 aprile 1968 del Tribunale di Cosenza, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. r. d. 24 febbraio 1938, n. 329 (Testo unico delle disposizioni legislative sul reclutamento dell'esercito), artt. 188, 189 e 191 (artt. 3 e 112 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 14 maggio 1969, n. 88, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 11 novembre 1967 del Pretore di Sassari, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. contratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939 (Disciplina del trattamento mutualistico di malattia di operai dell"'industria), tuttora in vigore ex art. 43 del d. lg. lgt. 23 novembre 1944, n. 369, art. 38, primo comma, seconda parte -Inammissibilit�. Sentenza 10 giugno 1969, n. 98, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanza 26 novembre 1968 della Corte di appello di Catanzaro, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. contratto collettivo nazionale 23 dicembre 193~ (In vigore a norma dell'art. 43 del d. 1g. lgt. 23 novembre 1944, n. 369), art. 6, se~ondo comma (art. 38 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 11 aprile 1969, n. 76, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 15 giugno 1967 del Tribunale di Belluno, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. r. d. 19 luglio 1941, n. 1198 (Approvazione del regolamento di esecuzione dei titoli I, II, III del libro III della legge postale e delle� telecomunicazioni), art. 135 (art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. (92) La disposizione � stata dichiarata incostituzionale 1968, n. 103. io' Il\ f:: con sentenza 16 luglio g m (,~ t.~~ .. ili, . [\ m ~ 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 19 gennaio 1942, n. 22 (Istituzione di un ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali), art. 2 (art. 38, secondo comma, della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 14 maggio 1969, n. 89, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 3 maggio 1967 del Pretore di Roma, G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. legge 2 luglio 1949, n. 408 (Disposizioni per l'incremento delle costruzioni edilizie), art. 17, secondo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 26 marzo 1969, n. 50, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze� di rimessione 10 novembre 1966 della Commissione provinciale delle imposte di Chieti (G. U. 24 giugno 1967, n. 157) e 25 novembre 1967 della Commissione provinciale delle imposte di Matera (G. U. 30 marzo 1968, n. 84). legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma -Inammissibilit� (93). Sentenza 21 marzo 1969, n. 42, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 8 marzo 1967 della Commissione provinciale delle imposte di Milano, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. legge 26 novembre 1955, n. 1177 (Prov1Jedimenti straordinari per la Calabria), art. 18 -Inammissibilit�. Sentenza 21 marzo 1969, n. 41, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 14 ottobre 1964 della Commissione distrettuale delle imposte di Prato, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. legge 14 aprile 1956, n. 307 (Determinazione o modificazione delle misure di contributi e delle tariffe dei premi per le assicurazioni sociali obbligatorie, nonch� per gli assegni familiari, per la integraz.ione dei guadagni degli operai dell'industria e per l'assistenza agli orfani dei lavoratori italiani), art. 1, second�o comma (artt. 23 e 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (94). Ordinanza 14 maggio 1969, n. 92., G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanze di rimessione 2 maggio 1968 del Tribunale di Pescara (G. U. 12 febbraio 1969, n. 38) e 16 ottobre 1968 del Tribunale di Brescia (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). legge 27 dicembrei 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica mora (93) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 1,36, primo comma, della Costituzione, con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127. (94) Questione dichiarata non fondata con sentenza 20 febbraio 1969, n. 21. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 115 litd), art. 1 (artt. 3, primo comma, e 13, secondo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (95). Ordinanza 14 maggio 1969, n. 93, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 5 novembre 1968 del Pretore di Firenze, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. dd. P. R. 14 dicembre 1957, nn. 1405, 1406, 1407 e 1409 (Rinnovo delle concessioni del servizio telefonico ad uso pubbUco nella 1�, 2", 3" e 5� zona telefonica), art. 49 (art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. d. P. R. 28 dicembre 1957, n. 1408 (Rinnovo della concessione del servizio telefonico ad uso pubblico nella 4" zona telefonica), art. 49 (art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), artt. 85, 89 e 90 (artt. 3, 47 e 53 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 21 marzo 1969, n. 43, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 23 giugno 1966 della Commissione distrettuale delle imposte di Como, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 150, secondo comma (artt. 53 e 113 della Costituzione) Inammissibilit�. Sentenza 21 marzo 1969, n. 44, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 5 aprile 1967 della Commissione distrettuale delle imposte di Napoli, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. legge 13 marzo 1958, n. 296 (Costituzione del Ministero della sanitd), art. 7 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 26 marzo 1969, n.�51, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 26 maggio 1967 della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. legge 27 maggio 1959, n. 357 (Aumento deli'aliquota dell'imposta di ricchezza mobile sui re'dditi di categoria A e sulla parte dei redditi (95) Questione dichiarata non fondata con sentenza 17 marzo 1969, n. 32. Altra questione � stata dichiarata non fondata con sentenza 23 marzo 1964, n. 23. .116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO imponibili di categoria B che eccede lire 4.000.000), art. 1 (artt. 3, 47 e 53 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 21 marzo 1969, n. 43, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 23 giugno 1966 della Commissione distrettuale delle imposte di Como, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. d. P. R. 11 febbraio 1961, n. 249 (Disposizioni relative agli enti operanti nel settore sanita1'io), art. 1 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 26 marzo 1969, n. 51, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 26 maggio 1967 della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese eidili ed affini deHe province di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unic:o, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 12 del contratto collettivo 1� ottobre 1959 (integrativo del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere .per gli operai dipendenti dalle imprese delle industrie edilizia e affini della provincia di Macerata) Manifesta infondatezza (96). Ordinanza 14 maggio 1969, n. 95, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 9 ottobre 1968 del Pretore di Recanati, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. d. P. R. 16 maggio 1961, n. 636 (Regolamento di esecuzione della legge 4 marzo 1958, n. 261, concernentie il rio'l'dinamento dei patronati scolastici), art. 11 -Inammissibile. Sentenza 26 marzo 1969, n. 46, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 7 luglio 1967 del Tribunale di Sassari, G. U. 11 novembre 1967, n. 282. legge 24 luglio 1961, n. 729 (Piano di nuove costruzioni stradali ed auto�stradali), art. 9, primo c:omma -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 3 aprile 1969, n. 65, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. . Ordinanze di rimessione 24 febbraio 1967 del Tribunale di Catanzaro (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258) e 25 marzo 1968 del Tribunale di Genova (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). (96) Disposizione dichiarata incostituzionale, nei termini sopra indicati, con sentenza 17 marzo 1969, n. 33. L'articolo unico del d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 8 luglio 1967, n. 99, anche nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 10 del contratto collettivo integrativo 30 settembre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese edilizia ed affini della provincia di Ascoli Piceno. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 117 legge 31 dicembre 1961, n. 1443 (NoTme per il finanziamento delle PTestazioni per l'assistenza di malattia ai pensionati), art. 5, terzo comma (artt. 23 e 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (97). Ordinanza 14 maggio 1969, n. 92, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanze di rimessione 2 maggio 1968 del Tribunale di Pescara (G. U. 12 febbraio 1969, n. 38) e 16 ottobre 1968 del Tribunale di Brescia (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). legge 5 marzo 1963, n. 246 (Istituzione di una imposta s.ugli incrementi di valore delle aree fabbricabili; modificazioni al testo unico per la finanza locale, aPPl/"OVato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175 e al regio decreto-le�gge 2 8 novembre 1938, n. 2000, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739), art. 25, terzo comma -Inammissibilit�. Sentenza 9 aprile 1969, n. 73, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 6 ottobre 1967 della Commissione comunale per i tributi locali di Savona, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. d. m. 24 aprile 1964 (G. U. 28 aPTile 1964, n. 104) (art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore di Genova, G. U. 23 dicembre 1969, n. 321. legge 21 ottobre 1964, n. 1013 (Istituzione di una imposta speciale sul reddito dei fabbricati di lusso), artt. 1, 2 e 3 -Inammissibilit�. Sentenza 21 marzo 1969, n. 40, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanze di rimessione. 24 maggio 1966 della Commissione distrettuale delle imposte di Torino (G. U. 11 febbraio 1967, n. 38), e 20 aprile 1967 della Commissione provinciale delle imposte di Genova (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258). d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle1 disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie Pl/"Ofessionali), art. 11, che riproduce l'art. 5 del r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 17 marzo 1969, n. 35, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 30 marzo 1967 del Tribunale di Udine, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e P'l"estazioni fondiarie perpetue), intero testo e artt. 1, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 Manifesta infondatezza (98). (97) Questione dichiarata non fondata con .sentenza 20 febbraio 1969, n. 2L (98) L'art. 1 della legge 22 luglio 1966, n. 607 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 21 marzo 1969, n. 37, limitatamente alla parte in cui com- I I I l I ! ' I ~ 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO, STATO Ordinanza 10 giugno 1969, n. 102, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanze di rimessione 18 dicembre 1967 del Pretore di Chieti {G. U. 26 ottobre 1968, n. 275), 7 giugno 1968 del Pretore di Agropoli (G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 6 luglio 1968 del Pretore di Tione (G. U. 28 settembre 1968, n. 248), e 31 luglio 1968 del Pretore di Capri {G. U. 12 ottobre 1968, n. 261). d. I. 9 novembre 1966, n. 914 (Provvidenze in favore deUe popolazioni dei Comuni colpiti dalle aUuvioni o mareggiate dell'autunno 1966), convertito con legge 23 dicembre 1966, n. 1141, art. 1, secondo comma {artt. 3 e 42 della Costituzione) -Inammissibilit� (99). , Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 15 aprile 1967 del Tribunale di Rovereto, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. legge 23 dicembre 1966, n. 1141 (Conversione in legge, con modifi- cazioni, del decreto-legge 9 novembre 1966, n. 914), nella parte in cui converte in legge l'art. 1, secondo comma, del d. 1. 9 novembre 1966, n. 914 (artt. 3 e 42 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 15 a.prile 1967 del Tribunale di Rovereto, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. ;prende nella narmativa anche i rapporti, che formano oggetto della clusi successivamente alla data del 28 ottobre 1941). (99) Questione dichiarata non fondata, con la stesa sentenza, in .agli artt. 24, 112, 1 e 101 della Costituzione. legge, con ~i::ijl riferimento .-: .�:::: Ii~il f. 1.:~ .:::: ;/3 Y..-,;:; 1 ~~#0fi!E:�:;Zl:47'4JlT;@'S~JllffeJ/111%1ijiJliJ1lfJ%Ji7:;~..: CONSULTAZIONI A:GRICOLTURA Frodi nella preparazione e nel commercio dei prodotti agricoli -Quote di compartecipazione alla pena pecuniaria. Se il limite massimo di L. 50.000 posto nell'ultima parte del primo comma dell'articolo unico della legge 5 aprile 1961, n. 322, non si riferisca alla quota spettante a ciascun funzionario od agente, bensi alla quota complessiva che, per ogni accertamento, viene ripartita tra gli aventi diritto (n. 62). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Enti pubblici in liquidazione -Controversie con Amministrazioni statali Competenza. Se le eventuali controversie tra le Amministrazioni dello Stato e gli Enti la cui liquidazione sia stata assunta dal '.Ministero del Tesoro a norma della legge 4 ottobre 1956, n. 1404 debbano essere risolte mediante le procedure amministrative seguite negli altri �Casi di vertenze fra Amministrazioni statali al di fuori di ogni ricorso agli organi giurisdizionali o comunque, agli organi investiti dal contenzioso fra l'Amministrazione e i terzi (n. 343). OINEMATOGRAFI Coproduzione -Adempimento delle condizioni di cui aHa legge 4 novembre 1965, n. 1213. � Se l'adempimento, da parte degli interessati, della condizione di cui al terzo comma dell'art. 19 1. 4 novembre 1965, n. 1213 -ai sensi del quale il saldo della quota minoritaria deve avvenire entro sessanta giorni dalla consegna del materiale, a pena di decadenza dalla coproduzione debba essere valutato con riguardo alla data di consegna del mteriale e non a quella del riconoscimento e se tale adempimento debba essere .effettivo e definitivo (n. 41). Ifa ~ CIRCOLAZIONE STRADALE I ,_ Segnalazioni effettuate da militari, addetti a convogli. Se i militari, non ricompresi nelle categorie richiamate dall'art. 137 del vigente codice stradale, i quali siano addetti ad autocolonne, possano espletare servizi di polizia stradale in senso proprio (n. 17). r. ~~ i~ m ~~,,,.,,~air4lIDVllJ 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se il non rispetto da parte dell'utente privato delle segnalazioni prudenziali dei militari addetti a convogli IPOSsa costituire elemento rilevante agli effetti della responsabilit� dell'utente medesimo. COMUNI E PROVINCIE Attuazione del piano di ricostruzione del Comune -Recupero somme anticipate dallo Stato. Se, ai fini di stabilire l'ammontare del rimborso dovuto dai Oomuni allo Stato, che ad essi si sia sostituito nell'attuazione di piani di ricostruzione ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1401, la popolazione del Comune debba essere calcolata tenendo anche conto delle frazioni comunali (n. 133). Se ai fini di cui sopra, debba farsi riferimento alla popolazione del Comune al momento in cui il danno bellico si � verificato, o piuttosto. a quello di attuazione del piano di ricostruzione (n. 133). CONCORSI Riserva di posti -Legge n. 482 del 1968 -Applicabilit� al personale insegnante. Se le disposizioni della legge n. 482 del 1968 sulla riserva di posti nei concorsi, a favore degli invalidi civili e di guerra, siano aipplicabili al personale insegnante (n. 15). ... ���: CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO Contratti di appalto stipulati dalla Amministrazione deHe Ferrovie dello Stato. Se il verbale di aggiudicazione dei lavori a seguito di licitazione privata indetta dalla Ammiiiistrazione delle Ferrovie dello Stato, ai fini del godimento del beneficio previsto dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, costituisca atto da registrarsi nei termini di cui all'art. 81 della legge di registro (n. 234). S'e il principio consacrato nel quarto comma dell'art. 16 del r.d. 1S novembre 1923, n. 1440, secondo cui nei contratti preceduti da asta pubblica o da licitazione privata i'1 verbale di aggiudicazione costituisce l'atto conclusivo del procedimento di formazione del contratto, trovi applicazione ai contratti di appalto a pubblici incanti od a licitazione privata indetti dalla Amministrazione delle Ferroive dello Stato (n. 234). Fermo amministrativo nei confronti dei Comuni -Ammissibilit�. Se sia legittimo il fermo amministrativo presso l'Amministrazione centrale di pagamenti a favore di Comuni ai sensi dell'art. 69 ultimo comma r. d. 1923, n. 2440 da parte di altra Amministrazione dello Stato (n. 235). iiiijl. lfilffr&Jt[f{ff{Mfffifllitttfi@M!�tBfiffmfiiffifmF@l@ff�fmffMMff@%tf%ftffff@IT%fffffffff@f@fuillifmiWHff:fffiffij~ PARTE II, CONSULTAZIONI 121 CONTRIBUTI Cassa Nazionale Previdenza ed Assistenza avvocati e procuratori legali, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali. Se i contributi mediante applicazione di marche a favore della Cassa Nazionale Previdenza ed Assistenza avvocati e procuratori 1egali, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali siano dovuti soltanto se ed in quanto vi sia una delega od un mandato con il quale il contribuente abbia conferito' al professionista la rappresentanza dei propri interessi, restando esclusa l'assistenza senza rappresentanza (n. 80). Se, allorch� la delega od il mandato si riferiscano a pi� periodi di imposta, siano dovuti tanti contributi quanti sono gli anni ai quali la questione di imposta si riferisce (n. 80). Contributo per mantenimento agl~ studi degl� orfani degli impiegati di dogana. Se il contributo annuo per il mantenimento agli studi degli orfani degli impiegati delle dogane deceduti in servizio, spetti anche se la vedova superstite abbia contratto nuovo matrimonio e se il nuovo coniuge percepisca le quote di aggiunta di famiglia (n. 79). ' i COSTITUZIONE Indennit� -Questione di iLlegittimit� costituzionale dell'art. 7 della legge l 21 luglio 1965, n. 904. i I Se deve ritenersi costituzionalmente legittimo l'art. 7 della legge 21 I luglio 1965, n. 904, con cui si � modificato il precedente sistema di indennizzo delle aree espropriate, facendo riferimento ai criteri della legge n. 2892 del 1885 (n. 52). � I Ordinamento degli Ufficiali Giudiziari. Se l'art. 156 dell'Ordinamento degli Ufficiali Giudiziari ed aiutanti i ufficiali giudiziari approvato con d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 e suc~ < cessive modifiche sia da ritenersi incostituzionale in relazione agli artt. 24 e 113 della Costituzione (n. 51). DANNI DI GUERRA Attuazione del piano di ricostruzione del Comune -Recupero somme anticipate dallo Stato. Se, ai fini di stabilire l'ammontare del rimborso dovuto dai Comuni allo Stato, che ad essi si sia sostituito nell'attuazione di piani di ricostruzione ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1401, la popolazione del i' Comune debba essere calcolata tenendo anche conto delle frazioni comui;: nali (n. 134). Se ai fini di cui sopra, debba farsi riferimento alla popolazione del Comune al momento in cui il danno bellico si � verificato, o piuttosto !:� a quello di attuazione del piano di ricostruzione (n. 134). . I.I,,:; . ' -~I:�. " " lill@JMilflf&Mllfff&J~-{�iufi[fiffimfilfffltff�iirf�f&1t@I&@J@mfftfffffMWWtffatffiilliffftff@:Jfilill RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 122 . Fabbricati di civile abitazione -Contr�buti e indennizzi -Legge 27 dicembre 1953, n. 968 e legislazione anteriore. Se i contributi concessi a norma del d.lg.lgt. 9 giugno 1945, n. 305, del d.lg.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261 e della 1. 25 giugno 1949, n. 409 siano suscettibili di revisione secondo le norme della legge organica 28 dicembre 1953, n. 968, mod. o int. dalla 1. 31 luglio 1954, n. 607 e dalla 1. 29 settembre 1967, n. 955 (n. 135). Se sia sufficiente a tal fine che sia stata presentata a suo tempo dagli interessati istanza ai sensi della predetta legislazione anteriore alla 1. 28 dicembre 1953, n. 968 (n. 135). DAZI DOGANALI Prelievi sulle importazioni -Applicabifitd art. 6 disp. prel. tariffa doganale Se siano applicabiii in materia dj � prelievi.> le disposizioni dell'art. 6 delle disposizioni preliminari alla tariffa doganale (n. 43). Se, con particoJ.are riguardo ai � prelievi > suddetti, sia ammissibile che la richiesta di godere di una aliquota pi� favorevole possa essere proposta non in occasione dell'effettivo sdoganamento della merce e nella vigenza dell'aliquota (n. 43). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Alloggi per i dipendenti dell'Amministrazione deUe Poste e Telecomunicazioni -Condominio negli edifici. Se negli edifici destinati all'abitazione dei dipendenti dell'Amministrazione PP.TT. (artt. 134 segg. r.d. 28 aprile 1938, n. 1165: t.u. sulla edilizia popolare ed economica; 1. 4 dicembre 1940, n. 302; 1. 11 dicembre 1952, n. 2521; 1. 3 dicembre 1957, n. 1215; d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2; I. 27 aprile 1962, n. 231), possano essere costituiti condomini di diritto privato sin dalla data di sottoscrizione dei contratti di vendita degli alloggi, e cio� prima che il prezzo sia stato pagato per intero (n. 213). ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI Imposizione del sovracanone a favore degli enU rivieraschi di cui all'art. 53 del t.u. 1775/1933 -Estensione. Se il potere di imporre a favore degli enti loca1i rivieraschi il sovracanone di cui all'art. 53 del t. u. 1775/1933 (cosi come modificato dalla 1. 1377 /1956) possa essere esercitato in tutti i casi in cui si rendono applicabili le norme della 1. 959/1953, da cui � stato sostituito l'art. 52 de'l t.u. sulle acque pubbliche (n. 43). PARTE II, CONSULTAZIONI 12J. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� lndennit� -Questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 7 della legge 21 luglio 1965, n. 904. Se deve ritenersi costituzionalmente legittimo l'art. 7 della legge 21 luglio 1965, n. 904, con cui si � modificato il .precedente sistema di indennizzo delle aree espropriate, facendo riferimento ai criteri della I. n. 2892. del 1885 {n. 276). Procedure espropriative -Valore sistematico della legge fondamentale dei 25 giugno 1865, n. 2359 -Interpretazione degli artt. 34 della l. n. 59� del 1961 e 3 della l. n. 391 del 1968. Se il richiamo, che l'art. 34 della 1. 7 febbraio 1961, n. 59 contiene all'art. 48 detla I. 25 giugno 1865, n. 2359, abbia un carattere formale, pi� che recettizio. Se, dal disposto combinato dagli artt. 3 I. 20 marzo 1968, n. 391 e 34 1. 7 febbraio 1961, n. 59, risulti che i provvedimenti per il deposito presso la Cassa depositi e prestiti dell'indennit� di espropriazione debbano essere adottati dall'Autorit� giudiziaria, anzich� dal Prefetto (n. 277). FARMACIIE Trasferimento: legge 2 aprile 1968, n. 475 -Modalit� e requisiti soggettivi.. Se l'acquirent~ di una farmacia debba essere un farmacista iscritto. all'albo professionale e avere gli altri requisiti previsti dal t.u. delle leggi sanitarie e di altre leggi speciali per esercitare l'attivit� professionale (n. 2). Se il trasferimento delle farmacie debba avvenire con le modalit� indicate nell'art. 12 della legge 1968, n. 475 (n. 22). FERROVIE Gestione diretta di ferrovie -Commissario governativo -Status giuridico. Se il Commissarfo governativo, nominato dal Ministro per la gestione governativa diretta di ferrovie gi� concesse all'industria privata, possa. essere considerato come un prestatore d'opera, con rapporto di impiego o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico, ad una inden-� nit� di fine lavoro (n. 406). Se il gestore della gestione diretta ministeriale dei servizi pubblici di navigazione sui laghi di Garda, Maggiore e Como (I. 18 luglio 1957, n. 614) possa essere considerato come un prestatore d'opera, con rapporto di impiego o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico~ ad una indennit� di fine lavoro (n. 70). 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Vendita d'immobili delle FF.SS. Se il deposito cauzionale di una certa somma all'atto di [)resentare un'offerta d'acquisto di bene immobile in una trattativa privata multipla con le Ferrovie dello Stato, abbia natura di caparra confirmatoria (n. 405). IMPIEGO PUBBLICO Conservatorio di S. Cecilia -Attribuzioni e posizione del Direttore -Suoi rapporti con il Capo dei se�rvizi amministrativi. Se �1 Direttore del Conservatorio sia gerarchicamente sovraordinato al C:apo dei servizi amministrativi, dei quali servizi egli � direttamente responsabile di fronte al Ministero (n. 695). Se il funzionario preposto allo svolgimento dei servizi amministrativi abbia la potest� di sovrapporre valutazioni sue proprie a �quelle del Direttore del Conservatorio o a quelle del Consiglio di amministrazione (n. 695); Fondo di previdenza per il personale delle imposte di fabbricazione e dei lavoratori chimici delle dogane: determinazione di indennit� di cessazione dal lavoro. Se l'indennit� per fine servizio prevista dall'art. 3 d.P.R. 9 aprile 1964, n. 1650, debba essere determinata in relazione anche agli anni di servizio non di ruolo non riscattati ai fini della pensione (n. 694). Se nel liquidare l'indennit� si debba tener conto della cessione di una parte dello stipendio fatta da un impiegato in favore della propria moglie dalla quale � separato (n. 694). �Se la nomina dell'impiegato, agli effetti economici, decorra dal giorno in cui lo stesso assume effettivamente servizio (n. 693). Se il ritardo nell'emanazione del decreto di nomina, conseguente alla esigenza di accertare il requisito della buona condotta, integri gli estremi del risarcimento del danno, considerata, da un lato, la legittimit� del ritardo, e, dall'altro, il fatto che il ritardo stesso non lede comunque alcuna posizione di diritto soggettivo (n. 693). Monte di credito su pegno -Assunzione in servizio di pensionati statali Trattamento economico. Se ai pensionati statali assunti in serv1z10 presso il Monte di credito su pegno di Bologna spetti il diritto alla corresponsione degli assegni accessori di pensione (art. 4 r.d.l. 15 ottobre 1936, n. 1870) e della tredi;: j :.:=: cesima mensilit� sul trattamento� pensionistico (art. 4 1. 26 novembre 1953, n. 876) (n. 696). Stipendi, assegni e indennit� -Art. 21 l. reg. 21 novembre 1964, n. 3 e art. 64 l. reg. 28 marzo 1968, n. 21 -Friuli-Venezia Giulia. v:, Se, ai sensi delle norme suindicate, per la determinazione del trattamento economico dell'impiegato �comandato�, si debba tener conto di ~~ PARTE II, CONSULTAZIONl 125 tutte le indennit� e competenze comunque percepite in forma continuativa in forza di disposizioni vigenti per l'Amministrazione di appartenenza, con esclusione dei compensi rper lavoro straordinario e per indennit� di missione (n. 692). IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Beneficio del reintegro di grano in emissione da prelievo, di cui all'art. 4 Z. 9 ottobre 1964, n. 948 -Decorrenza del termine semestrale di prescrizione. Se il termine di sei mesi, previsto dall'art. 4 della I. 9 ottobre 1964, n. 948, ai fini della concessione del beneficio del reintegro di grano, fo emissione da prelievo, decorra dal momento in cui l'analisi di laboratorio, necessaria per stabilire se ricorrano i presupposti per l'applicabilit� della citata legge, sia stata effettuata, o dal momento della esportazione (n. 55). Oli minerali -Contributi previsti dal d.l. 2 ottobre 1967, n. 867, convertito in legge 1� dicembre 1967, n. 1098. Se ai sensi dell'art. 2 lett. f) della legge suindicata debbano computarsi, fra gli elementi da tenere in conto in base alla norma predetta, gli oneri di finanziamento a carico degli importatori, dipendenti dal fatto che, per ragioni di �bilancio, le somme da corrispondere non saranno disponibili che nel 1970 (n. 54). IMPOSTA DI REGISTRO Applicabil'it� dell'agevolazione tributaria di cui all'art. 9 cpv. IV della l. n. 1643 del 1962 -Concentrazione di societ� -Necessit� dell'autorizzazione. Se l'agevolazione tributaria di cui al IV cpv. dell'art. 9 della 1. 1643 del 1962 sia applicabile ad una societ� che, quantunque esente dal controllo amministrativo in sede di costituzione ed aumenti di capitale inferiori a L. 500.000.000, abbia conferito in altro complesso aziendale tutti i propri beni e diritti in cambio di azioni per nominali L. 499.000.000, senza aver ottenuto la prescritta autorizzazione ministeriale (n. 306). Benefici fiscali ex lege 2 luglio 1949, n. 408 -Condizioni. Se il verbale di aggiudicazione dei lavori a seguito di licitazione privata indetta dall'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, ai fini del godimento del beneficio previsto dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, costituisca atto da registrarsi nei termini di cui all'art. 81 della legge di registro (n. 305). Se il principio consacrato nel �quarto comma dell'art. 16 del r.d. 18 novembre 1923, n. 1440, secondo cui nei contratti preceduti da asta pub 21 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blica o da licitazione privata il verbale di aggiudicazione costltuisce l'atto conclusivo del procedimento di formazione del contratto, trovi applicazione ai contratti di appalto a pubblici incanti od a licitazione privata indetti dalla Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (n. 305). liMPOSTA DI SUOCE:SSIONE Applicazione dell'art. 15 della legge tributaria sulle successioni nel caso di chiamato al:l'eredit� per diritto di successione. Se la disposizione dell'art. 15 della legge tributaria sulle successioni si applichi anche quando a seguito di rinuncia, taluno viene chiamato all'eredit� .per diritto di rappresentazione (n. 61). Art. 45 del t.u. 30 dicembre 1923, n. 3270. Se nel caso di fallimento ante mortem l'esistenza della procedura fallimentar� escluda l'applicazione dell'art. 45 del t.u. 30 dicembre 1923, n. 3270 (n. 62). IMPOSTE E TASSE Agevolazioni fiscali per gli atti dell'Opera Nazional'e Combattenti. Se l'esenzione di cui all'art. 34 del r.d.I. 16 settembre 1926, n. 1606 sia limitata ai soli atti direttamente ed immediatamente connessi con il perseguimento dello scopo istituzionale dell'O.N.C. (n. 503). Agevolazioni fiscali -Societ� cooperative. :Se il trattamento tributario previsto dalla I. 18 marzo 1965, n. 170 sia applicabile quando, in caso di concentrazione di aziende sociali, l'apporto venga effettuato da una societ� cooperativa ad una societ� lucrativa. Se il trattamento tributario suindicato sia �applicabile, nella stessa ipotesi, allorch� la societ� cooperativa apportante sia la Federazione dei Consorzi Agrari ovvero un consorzio agrario (n. 501). Agevolazioni tributarie all'edilizia -L. reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11 e successive modifiche. Se le agevolazioni tributarie previste dalla legge reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11, siano aipplicabili anche agli immobili relativamente ai quali il certificato di abitabilit� sia 'stato rilasciato dopo il 31 dicembre 1965 con attestazione di abitabilit� dell'edificio da data precedente al 31 di-� cembre 1965 (n. 502). Agevolazioni tributarie spettanti alla Gescal. Se le agevolazioni fiscali spettanti alla Gescal si applichino anche nelle ipotesi di acquisto di aree su cui la stessa Gescal abbia gi� eseguito la costruzione dei propri alloggi (n. 504). PARTE II, CONSULTAZIONI 12"1 Applicazione dell'art. 15 della legge tributaria sull'e successioni nel caso di chiamato all'eredit� per diritto di successione. Se la disposizione dell'art. 15 della legge tributaria sulle successioni si applichi anche quando a seguito di rinuncia, taluno viene chiamato all'eredit� per diritto di rappresentazione (n. 506). Imposizione del sovraccanone a favore degli enti rivieraschi di cui all'art. 53 del t.u. 1775/1933 -Estensione. Se il potere di imporre a favore degli enti locali rivieraschi il sovraccanone di cui all'art. 53 del t.u. 1775/1933 (cosi come modificato dalla I. 1377 /1956) possa essere esercitato in tutti i casi in cui si rendono applicabili -le norme della I. 959/1953, da cui � stato sostituito l'art. 52 del t.u. sulle acque pubbliche (n. 507). Proventi di cancelleria degli uffici giudiziari, modo di riscossione del prelievo fiscale. Se la forma di prelievo fiscale .dai proventi dl cancelleria al quale provvedono le procure generali presso le Corti d'appello, prima che siano distribuiti, sia quella della ritenuta diretta operata dallo Stato ai sensi dell'art. 126 lett. b del t.u. 645/1958 o quella della ritenuta mediante rivalsa (n. 505). IMPOSTE VARIE Imposta sulle societ� -Accertamento del reddito R.M. cat. B ai fini della imposta sulle societ� -Termine per la notifica dell'accertamento. j ,� Se sia tempestivo l'accertamento del reddito RJM. cat. B eseguito, al fini della imposta sulle societ�, nei confronti di una persona giuridica esente dalla imposta di R.M. e notificato nel termine relativo a quest'ultimo tributo (art. 32 t.u. imposte dirette) e non nel termine che l'art. 290 t.u. finanza locale stabilisce per la iscrizione a ruolo della imposta ICAP (n. 19). I IPOTECHE Legge 30 dicembre 1960. n. 1676 -Art. 9. I Quali cautele possono essere prese 'nel caso che gli assegnatari di somme ai sensi dell'art. 9 della legge 1676 del 1960 danneggino le abitazioni popolari da loro costruite e su cui grava ipoteca a favore del I l'Istituto mutuante (n. 21). :::. ~ m :::: w :m .::::; B-fu9"iB(ii411f:;tttY:1*1twrBra&mKfrn1Ern10@r�&r=m@1llirfilfilflf&�tlE@rw&&rff@Mm:tm0@i&:; 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LAVORO lndennit� di anzianit� -Lavoro notturno e festivo. Se, ai fini del computo della indennit� di anzianit�, debba tenersi conto delle frazioni di anno (n. 53). 'Se nell'indennit� professionale, attribuita ad una infermiera, possa ritenersi compreso il compenso PE!l" i turni di servizio notturno e festivo (n. 53). NAVI Distinzione tra navi maggiori e navi minori per l'iscrizione nei relativi registri compartimentali. Se per nave maggiore debba intendersi quella atta, per le sue caratteristiche obiettive, e .destinata pE!l" volont� del proprietario, alla navigazione di altura (n. 125). Societ� di armamento e societ� commerciali -Disciplina della pubblicit�. Se le societ� .d'armamento di cui all'art. 278 codice di' navigazione siano da assoggettare, quanto alla pubblicit�, alla disciplina prevista dal I codice civile per le societ� commerciali ovvero alla sola disciplina degli artt. 279 e segg. del codice di navigazione (n. 126). l~ I,.,~ . OPERE PUBBLICHE Comitato tecnico-amministrativo per l'edilizia scolastica. , !)[ Se la competenza del Comitato tecnico-amministrativo nella composizione ridotta prevista dall'art. 25 della legge 28 luglio 1967, n. 641 si .' estenda anche agli atti successivi al compimento dell'opera (n. 83). ' \ . ~ .' l l :�.j ORFAN!I DI GUERRA ' .' Computo del reddito. , ili Se i proventi derivanti da pensioni, assegni o indennit� di cui alla ] ~ 1. 18 marzo 1968, n. 313 o da assegni per decorazioni al valor militare �=.siano computabili nella determinazione del reddito di ciascun invalido, ~,al fine di determinare il contdbuto a suo carico per la permanenza in '.na casa di riposo (n. 5). 'ANI REGOLATORI \posizioni riguardanti i beni del patrimonio indisponibile dello Stato. Se i piani regolatori possano incidere legittimamente sulla destinai! .dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato (n. 19). le le disposizioni contenute in un piano regolatore possano stabilire 1ropriabilit� di beni del patrimonio indisponibile dello Stato (n. 19). PARTE II. CONSULTAZIONI 129 PREVIDENZA ED ASSISTENZA Cassa nazionale previdenza ed assistenza avvocati e procuratori legali, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali. Se i contributi mediante applicazione di marche a favore della Cassa nazionale previdenza ed assistenza avvocati e procuratori legali, dottori commercialisti, ragfo.nieri e periti commerciali siano dovuti soltanto se ed in quanto vi sia una delega od un mandato con il quale il contribuente abbia conferito al professionista la rappresentanza dei propri interessi, restando esclusa la assistenza senza rappresentanza (n. 67). Se, al'lorch� la delega od il mandato si riferiscano a pi� periodi di imposta, siano dovuti tanti contributi quanti sono gli anni ai quali la questione di imposta si riferisce� (n. 67). Contributi assicurativi -Prescrizione del risarcimento del danno ex articolo 2116 e.e. � Se il diritto al risarcimento del danno ex art. 2116 e.e. attribuito al lavoratore nei confronti del datore di lavoro il quale non ha versato i contributi assicurativi, sia so.ggetto alla prescrizione decennale con decorrenza della stessa dalla data della cessazione del rapporto di lavoro (n. 66). RAPPORTO DI LAVORO Ferie -Diritto a compenso -Contratto di lavoro inferiore ad 1 anno. Se, nel caso in cui i dipendenti non hanno diritto a compenso per ferie non godute, il principio sia applicabile anche allorch� i dipendenti siano deceduti prima di usufruire -in tutto o in parte -del congedo annua:!e (n. 41). Se sussista il diritto al godimento di ferie per il personale assunto con contratto a termine della durata inferiore ad un anno (n. 41). REGIONI Soppressione dell'ESCAL -Devoluzione alla Regione delle attivit� e passivit� -Cqntrolli. Se gli atti della Commissione cui � demandata la liquidazione delle attivit� e passivit� del soppresso ESCAL in applicazione della legge regionale 22 aprile 1968, n. 8, siano soggetti al �Controllo del collegio sindacale del soppresso ente (n. 169). Se siano soggetti al controllo della Corte dei conti gli atti degli organi ordinari della Regione con i quali, in base all'art. 2 della legge citata, si dispone dei fondi di bilancio regionale e si concorre nell'esecuzione della spesa mediante approvazione degli atti della Oommissione (n. 169). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 130 RICOSTRUZIONE Attuazione del piano di ricostruzione del Comune -Recupero somme anticipate dallo Stato. Se, ai fini di stabilire l'ammontare del rimborso dovuto dai Comuni allo Stato, che ad essi si sia sostituito nell'attuazione di ipiani di ricostruzione ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1401, la popolazione del Comune debba essere calcolata tenendo anche conto delle frazioni comunali (n. 20). Se ai fini di cui sopra, debba farsi riferimento alla popolazione del Comune al momento in cui il danno bellico si � verificato, o piuttosto a 'quello di attuazione del piano di ricostruzione (n. 20). SOCIET� Societ� di armamento e societ� commerciali -Disciplina della pubblicit�. Se le societ� d'armamento di cui all'art. 278 �codice di navigazione siano da assoggettare, quanto alla pubblicit�, alla disciplina prevista dal codice civile rper le societ� commerciali ovvero alla sola disciplina degli artt. 279 e �segg. del codice di narvigazione (n. 123). SPESE GIUDIZIALI Diritti di cancelleria nelle procedure in cui la Regione siciliana non � assistita dall'Avvocatura di Stato. Se i diritti di .cancelleria relativi a procedure giudiziarie nelle quali la Regione siciliana non � assistita dall'Avvocatura dello Stato possano essere prenotati a camipione (1. 20 marzo 1968, n. 391) (n. 22). TITOLI DI CREDITO Titoli di credito amministrativi -Inserzione di avvisi nella Gazzetta Uf } ficiale. s�e le Amministrazioni dello Stato siano esenti dal pagamento dei diritti per la pubblicazione di avvisi sulla Gazzetta Ufficiale (n. 16). TRASPORTI Servizio pubbl'ico di trasporto per acqua -Figura giuridica del gestore. Se il Commissario governativo, nominato dal Ministro per la gestione governativa diretta di ferrovie gi� concesse all'industria privata, possa essere considerato .come un prestatore d'opera, con rapporto di impiego o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico, ad una indennit� di fine lavoro (n. 70). Se il gestore della gestione diretta ministeriale dei servizi pubblici di navigazione sui laghi di Garda, Maggiore e Como (1. 18 luglio 1957, n. 614) possa essere considerato come un iprestatore d'opera, con rapporto di impiego o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico, ad una indennit� di fine lavoro (n. 406). NOTIZIARIO CONVEGNO DI STUDI Nei giorni 24 e 25 maggio 1969 si � svolto, nel salone d'onore del palazzo del Turismo di Riccione, il secondo convegno di urbanistica, organizzato dal Centro Italiano di studi Amministrativi e dalla Rassegna e Il Consiglio, di Stato �. Nella seduta antimeridiana del primo giorno del Convegno sono state svolte tutte le relazioni. L'introduzione al dibattito � stata curata dal prof. avv. Carmelo Carbone, il quale, con un intervento puntuale, lucido ed incisivo ha messo a fuoco tutti i .principali problemi urbanistici oggi sul tappeto, soffermandosi. segnatamente sugli artt. 10, 13 e 17, 5<> comma della legge 6 agosto 1967, n. 765 (c. d. legge ponte) e sottolineando che tali norme pongono all'interprete interrogativi di estrema complessit� e delicatezza. In particolare il prof. Carbone ha affrontato i problemi dell'obbligo della licenza edilizia per tutte le costruzioni da effettuare nell'ambito comunale, della decadenza delle licenze per costruzioni iniziate ma non completate nel triennio (in correlazione .con il potere di salvaguardia del Prefetto), della �Configurabilit� di un'azione po-polare spettante al cittadino del comune .che risieda in esso, delle costruzioni su suolo demaniale e dell'implicita abrogazione dell'art. 29 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, nonchf> tutte le questioni connesse con le previste applicazioni di pene pecuniarie per opere abusivamente costruite ove non sia possibile la riduzione in pristino. Richiamandosi ad una recentissima circolare del Ministero dei Lavori Pubblici (del 14 aprile 1969) il prof. Carbone ha sottoposto, infine, alla attenzione dei presenti il problema dei limiti di validit� della prescrizione del 5� comma dell'art. 17 della legge ponte. La seconda relazione, svolta dal prof. Carlo Gessa, ha avuto un oggetto pi� limitato ma di grande interesse �Natura giuridica ed oggetto dei programmi di fabbricazione .. Il relatore ha ricordato che in questa materia due tesi opposte si contendono il campo: a) la prima, interpretando restrittivamente l'art. 34 della legge urbanistica del 1942, vede nel programma di fabbricazione una pura e semplice disciplina sistematica dell'edificazione nel territorio comunale che non pu� contenere prescrizioni diverse da quelle relative alla zonizzazione e tipologia edilizia n� previsioni di vincoli su aree private o di espropri per costruzioni di opere pubbliche; b) la seconda, invece, dando all'art. 34 cit. un'estensione maggiore ed interpretando sopratutto tale� norma alla luce delle nuove disposizioni introdotte con la legge ponte, qualifica il programma di fabbricazione come un vero e proprio strumento di pianificazione urbanistica del territorio, sostitutivo del piano regolatore generale, distinto dal regolamento edilizio ed avente possibilit� di determinazione delle aree da destinare ad edilizia e di quelle da riservare ad impianti pubblici. Il prof. Gessa si � pronunciato in favore della seconda tesi, precisando, per�, che non vanno assolutamente sottovalutate le differenze che intercorrono tra le due diverse ipotesi del programma di fabbricazione e del piano regolatore generale. 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le altre due relazioni sono state svolte dai magistrati del Consi�glio di Stato, dott. Riccardo Chieppa e dott. Mario Egidio Schinaia. Il primo ha svolto il tema dell'indennizzabilit� dei vincoli di piano regolatore, il secondo, nell'ambito dello stesso argomento, si � soffermato pi� in particolare sulle modifi.che degli artt. 7 e 40 della legge urbanistica e sui riflessi di tali modifiche sulle finanze comunali e sull'attivit� urbanistica. Alle relazioni � seguito un nutrito dibattito con l'intervento dei consiglieri di Stato De Roberto e Caianiello, degli avv.ti Stoppani, Pallottino, Cervati e altri e con le repliche dei relatori. Agli intervenuti � stata altresi distribuita una relazione del dott. Martuscelli con allegato il parere 11 marzo 1969 della seconda Sezione del Consiglio di Stato sul contenuto dei programmi di fabbricazione. In tale ultimo parere la tesi c. d. estensiva viene sorretta da molteplici argomenti desunti sia dallo stesso art. 34 della legge urbanistica del 1942 e sia dagli artt. 3, 4, 8, 12 e 17 della legge ponte. Nello stesso parere � contenuta, per�, anche una chiara limitazione dell'assimilazione del programma di fabbricazione al piano regolatore generale ed un richiamo alla nota sentenza 55/68 della Corte Costituzionale. Gli atti dell'interessante Convegno -cui ha partecipato anche il sottosegretario di Stato ai Lavori Pubblici Lo Giudice -saranno pubblicati in volume. ~~ifJ ::;::: ��Z�lllift&3i:lilrtffi~;lifM1HflMili!Bff�rf%tlffl'l1ti1ftff%ffri'itit'tffiiftlff&fffill=n1m:::::%=dfa;~