ANNO XXI -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1969 ANNO XXI -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1969 
RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1969 



ABBONAMENTI 

ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 7.500 
UN NUMERO SEPARATO � � � . . � . � � . � � � . . � . � � 1.300 


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Stampato in Italia , Printed in ltaly 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(8213493) Roma, 1969 -Istituto Poligralf�co dello Stato P. V. 



INDICE 

Parte prima: GIUR,JSPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTER


NAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 377 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura del/'avv. Benedetto Baccan1 � 429 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura del/'avv. Pietro 
de Francisci) � � . , . . � � � 450 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Ugo Gargiulo) � � � � � 477 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a-cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bafile) � 495 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura dell'avv. 
Franco Carusn � � � � � � � 575 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Antonino 
Terranova) � � � � � � � � 588 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOT,IZIARIO 

* 

RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazze/la) . � . pag. 57 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) � 59 
CONSULTAZIONI � � � � � � � � � � � � � � � � 119 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 




ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

PALATIELLO A., Note minime sul giudizio di ottemperanza . pag. 484 
FAVARA F., L'avviamento e le imposte sui trasferimenti. . 495 
VITALIANI E., Considerazioni sulla reitefabilit� della ingiun


zione fiscale . . , . , . . . . . . . . . . . . . . . . 500 
BAFILE C., Note sull'azione riconvenzionale della finanza nel 
giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale . . . . . 527 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


AGRICOLTURA 

-Credito agrario di esercizio Privilegio 
sui frutti del fondo -
Opponibilit� nei confronti del 
terzo nuovo possessore e conduttore 
del fondo -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 419. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

Patronato scolastico -Impiegati 


Non sono dipendenti dello Stato, 

477. 
-Patronato scolastico -Natura Rico!'
so di un dipendente al Ministero 
della P. I. -Pronuncia 
ministeriale -Natura, 477. 

-Pubblico ufficiale, incaricato di 
pubblico servizio, esercente un 
servizio di pubblica necessit� Pubblico 
servizio -Nozione, con 
nota di P. DI TARSIA, 588. 

- 
Responsabilit� della Pubblica 
Amministrazione -Responsabilit� 
precontrattuale -Configurabilit� 
in materia di istituzione di 
un rapporto di pubblico impiego 
-Esclusione, 446. 

AMNISTIA 

-Precedenti penali -Attenuanti 
dei motivi di particolare valore 
morale e sociale -Condanna per 
infanticidio -Questione di legittimit� 
costituzionale della norma 
che punisce l'infanticidio -Irrilevanza, 
408. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche Appalto 
di opere di competenza 
delle FF. SS. -Domande di maggiori 
compensi dell'appaltatore 
fondata su � fatto continuativo � 

-Differimento della formulazione 
della riserva, come per gli 
appalti di opere dipendenti dal 
Ministero LL. PP., al momento 
della cessazione della continuit� 
-Sussiste, 579. 

-Appalto di opere pubbliche Contratti 
di appalto stipulati in 
vigenza del Capitolato Generale 
app. 00. PP. 1895 -Approvazione 
del contratto -Tempestivit� 
-Necessit� che nel termine di 
quattro mesi dalla stipula del 
contratto seguano il decreto di 
approvazione e la registrazione 
del medesimo da parte della 
Corte dei Conti -Sussiste, 575. 

-Appalto di opere pubbliche Istituto 
della � riserva� dell'appaltatore 
come unico mezzo per 
far valere pretese a maggiori 
compensi nei confronti della P. 

A. committente -Fondamento e 
portata, 579. 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

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Arruolamento militare -Attivit� 
dell'Amministrazione -Discrezionalit� 
-Limiti -Violazione 
dell'obbligo del � neminem laedere 
� -Risarcimento del danno 
-Giurisdizione del giudice 
ordinario -Condizioni, 441. 

-Arruolamento militare -Norme 
regolatrici -Violazione -Lesione 
di interessi legittimi, 441. 

-Imposte e tasse -Tributi comunali 
-Concordato -Deliberazione 
comunale di approvazione Annullamento 
del prefetto -Controversia 
-Questione di diritto 
soggettivo -Difetto di giurisdizione 
del Consiglio di Stato, 

481. 
Natura del rapporto di impiego 
tra i Convitti Nazionali e il personale 
insegnante nelle scuole da 
essi gestite anteriormente alla 
legge 9 marzo 1967, n. 150 


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VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Controversia -Giurisdizione ordinaria, 
435. 

-Questione di stato delle persone 
-Accertamento � incidenter tantum� 
-Inammi1ssibilit� -Giudizi 
dinanzi alla Corte dei Conti, 

437. 
-Rapporto di pubblico impiego 
cessato -Controversia sul periodo 
complessivo del servizio al 
solo fine di stabilire l'entit� della 
pensione -Giurisdizione esclusiva 
del Consiglio di Stato Esclusione, 
431. 

- 
Rapporto di pubblico impiego 
cessato -Ripetizione di indebito 
oggettivo -Domanda di annullamento 
di atto amministrativo 
di recupero di somme versate, 

432. 
COMUNI E PROVINCIE 

-Elezioni degli organi delle amministrazioni 
comunali -Ineleggibilit� 
di coloro che, all'atto 
dell'accettazione della candidatura, 
abbiano rassegnato le dimissioni 
dalla carica -Illegittimit�, 
costituzionale, 377. 

CONTRABBANDO 

-Detenzione di eccedenze -Poteri 
d'accertamento della Polizia Tributaria, 
con nota di P. DI TARSIA, 

601. 
CORRUZIONE 

-In genere -Natura giuridica Reato 
plurisoggettivo -Possibilit� 
di esclusione della responsabilit� 
del corruttore, con nota 
di P. DI TARSIA, 588. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Autonomie locali -Adeguamento 
delle leggi della Repubblica Ipotesi 
varie, 390. 

-Autonomie locali -Stato giuridico 
dei segretari comunali e 
provinciali -Violazione dell'autonomia 
-Insussistenza, 391. 

-V. anche Agricoltura, Amnistia, 
Comuni e Provincie, Dogane, 
Friuli-Venezia Giulia -Imposte 
e tasse in genere, Lavoro, Matrimonio, 
Pena, Pensione, Procedimento 
civile, Procedimento penale, 
Reati, Sanitd, Sicilia, Successioni, 
Telefoni. 

DANNI DI GUERRA 

- 
Cespite -Nozione, 482. 

Cespite -Strutture organizzative 
interne -Non � tale, 482. 

Contributo di ricostruzione -Determinazione 
-Distinzione tra 
opere murarie e attrezzature 
produttive -Illegittimit�, 482. 

-Indennizzo -Determinazione Sindacabilit� 
-Limiti, 482. 

-Indennizzo -Determinazione Valore 
delle scorte -Detrazione 
-Limiti, 482. 

DEMANIO 

-Demanio storico -Bellezze naturali 
-Costruzioni edilizie -Ordine 
di demolizione -Contrasto 
col comportamento del Comune 
in tema di licenza edilizia -Inconfigurabilit�, 
480. 

-Demanio storico -Bellezze naturali 
-Costruzioni edilizie Ordine 
di demolizione -Motivazione 
-Fattispecie, 480. 

-Demanio storico -Bellezze naturali 
-Piano paesistico -Stralcio 
di zona -Ordine di demolizione 
di costruzione abusiva sita in 
detta zona -Legittimit�, 480. 

DOGANA 

-Estinzione dei reati punibili 
con sola multa -Conciliazione 
amministrativa prima dell'inoltro 
del verbale all'A.G. -Violazione 
del principio di eguaglianza, 398. 



INDICE VII 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Assegnaz.one di alloggi -Assegnazione 
di alloggio INA-Casa Successiva 
assegnazione di alloggio 
avente le caratteristiche previste 
dagli artt. 48 e 50 t. u. 28 
aprile 1938, n. 1165 -Ammissibilit�, 
478. 

-Piani ex lege n. 167 del 1962 Approvazione 
-Parere del Consiglio 
superiore sanit� -Non 
necessario, 479. 

-Piani ex lege n. 167 del 1962 Deliberazione 
comunale -controllo 
della G.P.A. -Invio al Prefetto 
;. Non necessario, 479. 

-Piani ex lege �n. 167 del 1962 Varianti 
-Ammissibilit�, 479. 

-Piani ex lege n. 167 del 1962 Varianti 
-Approvazione -Motivazione 
per relationem -Legittimit�, 
479. 

-Piani ex lege n. 167 del 1962 Varianti 
-Autorizzazione ministeriale 
-Non necessaria, 479. 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Occupazione anticipata -Indennit� 
-Interessi -Natura -Decorrenza, 
453. 

-Opposizione promossa da terzi 
aventi ragioni sull'indennit� Termini 
-Decorrenza, 453. 

FALSO 

-Falsit� di atti -Casistica di atti 
-Decreto di concessione del 
contributo per miglioramenti 
fondiari -E atto pubblico, con 
nota di P. Di; TARSIA, 588. 

-Falsit� in atti -In genere -Idoneit� 
dell'azione con nota di P. 
DI TARSIA, 588. 

FRIULI-VENEZIA GIULIA 

-Conflitto di attribuzione con lo 
Stato -Potere di nomina di un 
rappresentante nel collegio sindacale 
del Consorzio agrario 
provinciale di Udine -Competenza 
dello Stato, 409. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

Cosa giudicata -Esecuzione ai 
sensi dell'art. 27 n. 4 -Presupposti 
-Decisioni impugnate per 
revocazione o per contrasto di 
giudicati -Applicabilit�, 477. 

-Cosa giudicata -Giudizio di ottemperanza 
-Oggetto e limiti Differenze 
rispetto all'ordinario 
ricorso -Accertamento dell'obbligo 
scaturente dal giudicato e 
della conseguente inosservanza, 
con nota di A. PALATIELLO, 484. 

Cosa giudicata -Ricorso ex articolo 
27 n. 4 del Testo Unico sul 
Consiglio di Stato -Attivit� dell'Amministrazione 
in ottemperanza 
al giudicato, con nota di 

A. PALATIELLO, 483. 
-Cosa giudicata -Rinnovazione 
del provvedimento in ottemperanza 
solo parziale del giudicato 
-Illegittimit� -Obbligo dell'Amministrazione 
di attenersi 
ai criteri contenuti nel giudicato 
-Sussistenza dell'obbligo anche 
nelle ipotesi di attivit� discrezionale, 
con nota di A. PALATIELLO, 
484. 

-Decisioni amministrative -Principi 
del c.p.c. -Applicabilit� Limiti, 
477. 

-Ricorso giurisdizionale -Motivi 
non dedotti nel ricorso gerarchico 
-Limiti, 482. 

-Ricorso giurisdizionale -Presupposti 
per l'ammissibilit� del ricorso 
-Necessit� di una dichiarazione 
esplicita o implicita del1'
Amministrazione di non volere 
eseguire il giudicato -Non sussiste 
-Parziale adempimento, 
con nota di A. PALATIELLO, 484. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni fiscali per le case 
di abitazione non di lusso -Diniego 
-Successiva pretesa di sopravvenuta 
decadenza -Deducibilit� 
nel corso del giudizio Condizione 
e limiti -Onere della 
prova, con nota di C. BAFILE, 

527. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Agevolazioni fiscali per le case 
di abitazione non di lusso -Diritto 
dell'Amministrazione alle 
ordinarie imposte per decadenza 
delle agevolazioni -Normativa 
anteriore alle leggi n. 35 del 
1960, n. 1493 del 1962 e n. 1150 
del 1967 -Prescrizione triennale 
ex art. 136 legge registro Decorrenza, 
567. 

-Agevolazioni fiscali per le case 
di abitazione non di lusso Vendita 
isolata di negozi -Inapplicabilit� 
delle agevolazioni 

552. 
' 
-Agevolazioni per l'edilizia previst"
e dalla I. 2 luglio 1949, n. 408 
-Acquisto con unico atto di area 
destinata alla costruzione di una 
pluralit� di edifici -Biennio di 
ultimazione dei lavori riferito a 
tutti gli edifici da costruire, 509. 

-Agevolazioni per l'edilizia previste 
dalla I. 2 luglio 1949 n, 408 
-Termine biennale per l'ultimazione 
della costruzione -Soppressione 
ex art. 5 d. 1. 11 dicembre 
1967, n. 1150 -Retroattivit� 
-Limiti, 509. 

-Liberalit� a favore di provincie, 
comuni ed altri enti morali Esenzione 
-Effettiva realizzazione 
dello scopo dell'atto -Necessit�, 
535. 

-Presunzione di trasferimento di 
azienda -Applicabilit� anche ai 
trasferimenti di quote di compropriet� 
dell'azienda, 538. 

- 
Societ� di fatto -Rilevanza fiscale 
della data di registrazione 
del relativo atto, 538. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-Presupposto del tributo -Reddito 
mobiliare netto -Avanzi 
anuali di gestione -Mercati ittici 
comunali -Intassabilit�, 520. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Azienda commerciale e industriale 
-Valore di avviamento Inclusione 
nell'asse imponibile 
con nota di F. FAVARA, 495. ' 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-I.G.E. all'importazione -Importazione 
di nave armata -Intassabilit�, 
557. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Commissioni tributarie -Natura 
di organi giurisdizionali -Decisioni 
della Commissione Centrale 
-Impugnabilit� in cassazione 
ex art. 111 Cost., 538. 

Competenza e giurisdizione -Imposte 
dirette -Azione giudiziaria 
-Condizioni -Preventivo 
ricorso davanti alle commissioni 
tributarie -Azione di mero accertamento 
diretta ad impedire 
preventivamente l'applicazione 
dell'imposta Improponibilit� 
con nota di G. DE PAOLA, 429. ' 

-Esecuzione esattoriale -Opposizione 
del terzo proprietario dell'immobile 
gravato dal privilegio 
speciale -Giurisdizione del giudice 
ordinario -Esclusione, 513. 

Immobili urbani -Applicazione 
delle imposte di registro, I.G.E. 
e bollo sui contratti di locazione 

Percezione dell'I.G.E. anche 
nell'ipotesi di risoluzione del 
contratto ..: Illegittimit� costituzionale, 
388. 

-Imposta sugli incrementi di valore 
delle aree fabbricabili Decorrenza 
-Facolt� di determinarla 
con riferimento alla istituzione 
del contributo di miglioria 
generica -Illegittimit� costituzionale 
-Parziale sussistenza, 

415. 
-Imposte dirette -Esenzione assoluta 
-Inesistenza di obbligazione 
tributaria -Domanda di rimborso 
-Non � soggetta a termini 
di decadenza o a forme particolari 
di procedimento, 517. 

-Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione 
-Intimazione di seconda 
ingiunzione per identico 
titolo, 500. 

Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione 
-Intimazione di seconda 
ingiunzione -Difetto di 


INDICE IX 

interesse -Rilevabilit� di ufficio, 

con nota di E. VITALI.ANI, 499. 

-Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione 
fiscale -Natura Opposizione 
-Posizione processuale 
delle parti, con nota di C. 
BAFILE, 527. 

-Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione 
fiscale -Natura Opposizione 
-Posizione processuale 
delle p�arti -Azione riconvenzionale 
della Finanza -Condizioni 
e limiti, 528. 

-Reato finanziario -Intendente di 
Finanza -Competenza penale Illegittimit� 
costituzionale, 400. 

-Violazione delle leggi finanziarie 
e valutarie -Procedimento 


I.G.E. -Ricorso per revocazione 
contro il decreto ministeriale Natura 
-Sospensione dei termini 
per l'impugnazione ordinaria 
-Esclusione -Atto confermativo 
-Impugnazione -Esclusioni, 
524. 
-V. anche Competenza e giurisdizione. 


IMPUTATO 

-Assunzione della qualit� di imputato 
-Enunciazione specifica 
degli estremi dell'accusa -Non 
� necessaria -Fattispecie, 595. 

LAVORO 

Divieto di licenziamenti individuali 
-Giusta causa -Esclusione 
delle aziende con meno di 
35 dipendenti -Illegittimit� costituzionale 
-Insussistenza, 424. 

-Rapporto di lavoro domestico Sottrazione 
alla disciplina del 
contratto collettivo -Illegittimit� 
costituzionale, 410. 

MATRIMONIO. 

Separazione dei coniugi -Obbligo 
del marito separato per sua 

colpa di somministr�are il necessario 
ai bi-sogni della vita -Violazione 
del principio di eguaglianza 
tra i coniugi -Esclusione, 
377. 

OPERE PUBBLICHE 

-Citt� di Napoli -Legge speciale 
9 aprile 1953, n. 297 -Realizzazione 
di opere pubbliche di 
pertinenza del Comune di Napoli 
da parte della Cassa per il 
Mezzogiorno -Delega al Comune 
per l'esecuzione delle opere Obbligo 
del Comune di provvedere 
alle occupazioni ed espropriazioni, 
461. 

-V. anche Appalto. 

PECULATO 

-Distrazione -Somme destinate 
alla G. I. -Devoluzione ad una 
associazione sportiva giovanile -
Sussitenza del reato, con nota 
di P. DI TARSIA, 602. 

PENA 

-Applicazione provvisoria di pene 
accessorie -Violazione della 
presunzione di non colpevolezza 
dell'imputato -Esclusione, 421. 

PENSIONI 

-Pensioni di guerra -Esclusione 
dal trattamento pensionistico indiretto 
delle sorelle coniugate 
del defunto -Violazione del 
princ1p10 di eguaglianza -Illegittimit� 
costituzionale, 393. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

Cause scindibili -Impugnazione, 

450. 

X 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Decisione del Consiglio di Stato 
-Ricorso per Cassazione Termine 
per l'impugnativa 
Decorrenza, 468. 

-Legittimatio ad causam -Rilevabilit� 
di ufficio in ogni grado 
del giudizio -Limiti, 450. 

-Opposizione all'indennit� di 
esproprio -Giudizio promosso 
dal proprietario espropriato e 
dall'usufruttuario -Opposizione 
dell'usufruttuario oltre i termini 
-Conversione in intervento 
volontario Inammissibilit�, 

453. 
- 
Termini processuali -Calamit� 
naturali -Sospensione dei termini 
di prescrizione e decadenza Contrasto 
con il diritto di �lifesa 
e con l'officialit� dell'azione 
penale -Esclusione, 383. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Decreto penale -Revoca nei 
confronti del coimputato non opponente 
-Limitabilit� alle sole 
ipotesi che il fatto non sussiste 

o non costituisce reato -Violazione 
dei principi di eguaglianza 
-Esclusione, 386. 
- 
Nullit� della perizia -Estensibilit� 
agli atti successivi -Limiti, 

595. 
REATO 

-Abigeato e pascolo abusivo nelle 
provincie meridionali e nella 
Sicilia -Illegittimit� costituzionale 
della normativ�a -Esclusione, 
410. 

-Sottrazione di persone incapaci Limitazione 
della fattispecie legale 
al solo genitore esercente 
la patria potest� -Violazione 
dell'eguaglianza dei coniugi Esclusione, 
395. 

RESPONSABILITA CIVILE 

-Lesioni �personali _ cagionate a 
militari di truppa -Azione di 

arricchimento indebito da parte 
della p. a. nei confronti del terzo 
responsabile -Ammissibilit�

450. 
. 
I 

-Responsabilit� della P. A. -Capitolati 
di appalto -Clausola di 
manleva -Natura -Ammissibilit�, 
473. 

SALUTE PUBBLICA 

-Disciplina igienica della produzione 
e della vendita delle sostanze 
alimentari e delle bevande 
-Sostanze colorate artificialmente 
-Violazione delle modalit� 
stabilite con decreto mini.
sterioale -Esclusione -Illegittimit�, 
406. 

SICILIA 

-Conflitto di attribuzione con lo 
Stato -Modalit� per l'erogazione 
di contributi straordinari agli 
esercenti servizi di linea -Competenza 
dello Stato fuori del territorio 
regionale, 400. 

-Legge regionale recante modifiche 
alle cause di ineleggibilit� 
a consigliere comunale e consigliere 
provinciale -Ineleggibilit� 
dei dipendenti della Provincia 
alla prima carica e dei dipendenti 
dei Comuni alla seconda -Illegittimit� 
costituzionale, 378. 

-Tutela del paesaggio e conservazione 
delle antichit� e delle 
opere artistiche -Norma disciplinante
� i vincoli sulla zona di 
templi in Agrigento -Decreto 
ministeriale che determina il perimetro 
del1a valle de templi, la 
prescrizione di uso ed i vincoli 
di inedificabilit� -Legittimit� 
costituzionale, 415. 

SUCCESSIONI 

-Diritto di rappresentazione 
Esclusione dei figli naturali del 
chiamato che non lasci o abbia 
discendenti legittimi -Illegittimit� 
costituzionale, 423. 


XI

INDICE 

TRASPORTO

TELEFONI 

Tariffe telefoniche Carattere Trasporto internazionale di cose 
impositorio della prestazione 


a mezzo ferrovia -Convenzione 
Determinazione delle tariffe 


internazionale C.I.M. -AccettaPotere 
conferito dalla legge al zione e ritiro della merce 

C.I.P. -Illegittimit� costituzioConcetto 
-Avaria -Azione connale 
-Esclusione, 412. trattuale, 458. 
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INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

26 marzo 1969, n. 45 . 
26 marzo 1969, n. 46 . 
26 marzo 1969, n. 47 . 
26 marzo 1969, n. 48 
26 marzo 1969, n. 49 
28 marzo 1969, n. 52 
28 marzo 1969, n. 53 
28 marzo 1969, n. 54 
28 marzo 1969, n. 55 
28 marzo 1969, n. 56 
3 aprile 1969, n. 60 
3 aprile 1969, n. 61 
3 aprile 1969, n. 62 
3 aprile 1969, n. 63 
9 aprile 1969, n. 68 
9 aprile 1969, n. 71 
9 aprile 1969, n. 72 
11 aprile 1969, n. 74 
11 aprile 1969, n. 75 
11 aprile 1969, n. 77 
11 aprile 1969, n. 78 
14 aprile 1969, n. 79 
14 aprile 1969, n. 81 
26 giugno 1969, n. 108 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 24 giugno 1968, n. 2110 . 
Sez. III, 15 ottobre 1968, n. 3296 
Sez. III, 23 gennaio 1969, n. 196 
Sez. I, 9 marzo 1969, n. 1121 . 
Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1105 
Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1106 
Sez. Un., 21 aprile 1969, n. 1264 
Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1282 
Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1304 . 
Sez. I, 26 aprile 1969, n. 1346 . . 
Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1375 
Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1376 
Sez. I, 30 aprile 1969, n. 1417 . 
Sez. Un., 6 maggio 1969, n. 1525 
Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1581 . 

pag. 377 
> 377 

383 
386 
388 
390 
393 
395 
398 
400 
400 
406 
408 
409 
410 
410 
412 
415 
415 
419 
421 
423 
424 
378 


pag. 
495 
450 
499 
509 
429 
431 
513 
453 
517 
520 
523 
435 
458 
461 


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~:����

527 1 

~..~ 



INDICE XIII 

Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1585 pag. 528 
Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1614 . 468 
Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1615 . 437 
Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1616 > 441 
Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1892 446 
Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2175 538 
Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2176 552 
Sez. I, 21 giugno 1969, n. 2211 . 473 
Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2303 557 
Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2311 567 
Sez. I, 27 giugno 1969, n. 2314 575 
Sez. I, 30 giugno 1969, n. 2393 . 578 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad plen., 7 marzo 1969, n. 6 . pag. 477 
Ad. plen., 21 marzo 1969, n. 10 477 
Ad. plen., 28 marzo 1969, n. 11 478 
Sez. IV, 5 marzo 1969, n. 54 . 479 
Sez. IV, 12 marzo 1969, n. 67 . 480 
Sez. IV, 12 marzo 1969, n. 69 . 481 
Sez. IV, 21 marzo 1969, n. 84 . 482 
Sez. VI, 21 febbraio 1969, n. 269 483 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. V, 18 dicei:nbre 1968, n. 2662 pag. 588 
Sez. IV, 16 aprile 1968, n. 880 595 
Sez. I, 20 maggio 1969, n. 657 601 
Sez. V!, 14 giugno 1969, n. 1019 602 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

INDICE DELLA RASSEGNA DI DOTTRINA 

MARCHETTI P., Boicottaggio e rifiuto di contrattare, CEDAM, Padova, 
1969 . . . . . . . . . . . . . . , . . . . . . . . pag. 57 

CuccIA F., Lineamenti di una bibliografia sulla disciplina giuridica 
dell'urbanistica, Giuffr� editore, Milano, 1969 . . . . 57 

INDICE DELLA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme dichiarate incostituzionali: 

codice civile, art. 467 e art. 468 . pag. 59 
codice civile, art. 577 . . . . . 59 
codice civile, art. 2068, secondo comma 59 
codice penale, art. 330, primo e secondo comma 59 
codice penale, art. 507 . . . . . . . . . . . 60 
codice di procedura penale, art. 149, primo comma . 60 
codice di procedura penale, art. 553, n. 2 . . . . . 60 
legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 14, secondo comma, 

art. 21, primo comma, n. 1 e n. 2, e secondo comma; 
art. 26, primo comma, e terzo comma; art. 27, 
primo comma, n. 2, artt. 36, 37, 38, 39, 40, 41, primo 
e secondo comma, 42, 43, 44, 45 e 48, terzo comma, 
art. 50, primo comma, art. 51, primo comma . 60 

r. d. 24 settembre 1931, n. 1473, artt. 9 e 10 . . . . . 61 
r. d: 3 marzo 1934, n. 383, artt. 33 e 34, art. 35 . . . 61 
legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 141, secondo 
comma, seconda parte . . . . . . . . . . . . . 61 
legge 10 agosto 1950, n. 648, artt. 71, primo comma, 
lettera c), 77, primo comma, e 84, secondo comma . 61 
legge reg. sic. 28 aprile 1951, n. 41 . . . . . . . . 62 

d. 1. 24 novembre 1954, n. 1069, art. 14, secondo comma 
.............. . 62 
legge 10 dicembre 1954, n. 1159, art. 1. . . 62 

d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 3 
62 
d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868, articolo unico 
62 
d. P. R. 9 maggio 1961, n. 740, articolo unico � 63 
legge 
29 dicembre 1962, n. 1744, art. 2, secondo comma 
................... . 

63 
legge 5 marzo 1963, n. 246, artt. 48, primo comma, e 

49, primo comma . . . . . . . . . . . . . . 63 
legge 22 luglio 1966, n. 607, art. 1 . . . . . . . . 64 
legge 18 marzo 1968, n. 313, artt. 64 primo comma, let


tera c), 75, primo comma, e 76, secondo comma . . 

65 


INDICE 
xv 

-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di legittimit� costituzionale: 

codice civile, art. 145, primo comma pag. 65 
codice civile, art. 156, primo comma . 65 
codice civile, art. 271 . . . . . . . 66 
codice civile, disp. trans., art. 123, terzo comma 66 
codice penale, art. 140 . . . . . . 66 
codice penale, art. 574, prima parte . . . . . 66 
codice di procedura penale, i:..rt. 301 . . . . . . 67 
codice di procedur�a penale, art. 510, ultimo comma . 67 
codice di procedura penale, art. 587 67 

d. 1. lgt. 11 febbraio 1917, ii. 249 . 
67 
r. d. 1. 29 luglio 1927, n. 1509, art. 8 67 
legge 5 luglio 1928, n 1760 . . . . 67 
r. 
d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10 68 
r. 
d. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 33, 34 e 35 68 
r. d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 232 . . 68 
r; d. 1. 21 luglio 1938, n. 1468, artt. 1 e 2. 68 
legge 9 gennaio 1939, n 142 . . . . . . . > 68 
r. 
d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 201 . . . 69 
r. d. 30 marzo 1942, n. 318, art. 123, terzo comma 69 
legge 27 giugno 1942, n. 851, art. 4 . . . 69 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 1 e 2 . 69 
legge 24 luglio 1957, n. 633, articolo unico . . 69 
d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 4, lettera b 70 
legge 
21 luglio 1960, n. 739, artt. 15, primo e secondo 
comma, e 16, secondo, terzo e quarto comma . . 70 

d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 346, articolo unico . . . 70 
legge 30 aprile 1962, n. 28~.l artt. 5, lettera f, 6 e 10 . 70 
legge 8 giugno 1962, n. 604, artt. 23 e 46 . . . . . 70 
legge 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1 capoverso . 71 
legge 9 gennaio 1963, n. 7, art. 1, ultimo comma . 71 
d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 215 . 71 
legge 5 luglio 1965, n. '798, artt. 3 e 4 . . . . . 71 
legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma . 71 
d. 
1.-9 novembre 1966, n. 914, artt. 1, primo comma, 
e 3 legge 23 dicembre 196ti, n. 1141 . . . . 72 
-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . 7Z 

-Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di estinzione di 
inammissibilit� di manifesta infondatezza o di restituz{
one degli atti al giudice di merito . . . . , . . . . 110 



'i 

GIURISPRUDENZA 

SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE (*) 


CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 45 -Pres. Sandulli -
Rel. Bonifacio -Traina ed altri (avv. Giannini, Mancini, Acquaroli, 
Gallo, Della Pietra). 

Matrimonio -Separazione dei coniugi -Obbligo del marito separato 
per sua colpa di somministrare il necessario ai bisogni della vita Violazione 
del principio di eguaglianza tra i coniugi -Esclusione. 

(Cost. art. 3, 29; cod. civ. art. 156, primo comma, 145). 

I 
Ij

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 156, 
primo comma, codice civile, in relazione al principio di eguaglianza 
dei coniugi, nella parte in cui si pone a carico del marito, in seguito 

I 
I ) 

a separazione per esclusiva colpa di lui, l'obbligo di somministrare 
alla moglie, in proporzione alle proprie sostanze, tutto ci� che� � necessario 
ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche 
di costei (1). 

I 

Ii

I 
r 

j

CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 46 -Pres. Sandulli -
Rel. Crisafulli -Battaglia (avv. Gava). 

I 

Comuni e provincie -Elezioni degli organi delle amministrazioni comunali 
-Ineleggibilit� di coloro che, all'atto dell'accettazione 

I 

I ! 

(1) La questione era stata sollevata con 11 ordinanze di un giudice 
di merito e decisa senza l'intervento del Presidente del Consiglio dei ! 
i 

Ministri. l 

La sentenza ha il suo pi� immediato e diretto precedente nella decijsione 
della stessa Corte, 23 maggio 1966, n. 46 (in questa Rassegna, 1966, i 
528 e nota di richiami). ~ 

; 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha 

' 

collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. 

.... --I 
II 

~~ 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEJ:.LO STATO

378 

della candidatura, abbiano rassegnato le dimissioni dalla carica Illegittimit� 
costituzionale. 
(Cost. art. 3, 51; t.u. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 3). 


� costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di 
generalit�, del diritto elettorale passivo, l'art. 15, n. 3 del testo unico 
16 maggio 1960, n. 570 suila elezione degli organi delle amministrazioni 
comunali, limitatamente alle inclusioni nelle ipotesi di ineleggibilit�, 
ivi previste di coloro che, all'atto dell'accettazione della candidatura, 
abbiano presentato le dimissioni, astenendosi successivamente 
da ogni attivit�, inerente all'ufficio (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 �giugno 1969, n. 108 -Pre�s. Branca -
Rel. Trimarchi -Commissario Stato per la Regione Siciliana (sost. 
avv gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Siciliana 
(avv. Villari). 

Sicilia -Legge regionale recante modifiche alle cause di ineleggibilit� 

a consigliere comunale e consigliere provinciale -Ineleggibilit� 

dei dipendenti della Provincia alla prima carica e dei dipendenti 

dei Comuni alla seconda -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost. art. 51; l. reg. 30 aprile 1969). 

� costituzionalmente illegittima, per violazione del principio di 
generalit�, del diritto elevtorale passivo, la leigge regionale siciliana 30 
aprile 1969, la quale sancisce l'?.neleggibilitd a consigliere comunale 
dei dipendenti della Provincia nella cui circoscrizione � compreso il 
Comune, e l'ineleggibilit�, a consigliere provincia.le dei dipendenti dei 
Comuni appartenenti alla Provincia (2). 

(1-2) Le due sentenze, pur ~2 riferite a leggi di diversa produzione, 
la prima statale, la seconda regionale, sono sulla medesima linea di interpretazione 
restrittiva delle cause di ineleggibilit�, in relazione all'art. 51 
della Costituzione. 

La sentenza 10 luglio 1968, n. 96, richiamata in motivazione, � pubblicata 
in questa Rassegna, 1968, 533. 

Per l'irrilevanza, ai fini della ineleggibilit�, d~lla circostanza che il 
candidato, successivamente alle elezioni, si dimetta dalla carica cfr. Consiglio 
di Stato, Sez. I, 27 dicembre 1963, n. 3105, Consiglio di Stato, 1967, 
I, 562. 

0r1rr�ffilliitrfm~mr�Mffifr@mrnmm1rtr0rfifffilfttm:1fiifffifHtrffffmff1mffr1m1wr~mn1mrra;1rnmf?iimmm&rfirrtmYJ~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 379 

I 

(Omissis). -5. -Nel merito, la Corte osserva che, isolatamente 

riguardati a prescindere dalle conseguenze che ne derivano sul signi


ficato del n. 3 dell'art. 15 del testo unico n. 570 (n. 3 dell'art. 15 del 

testo unico legislativo n. 203 del 1951), gli artt. 10 e 14 del testo unico 

comunale e provinciale n. 383 del 1934 non contrastano con le norme 

costituzionali invocate nelle ordinanze di rimessione: l'art. 10 stabi


lendo che l'accettazione delle dimissioni da un determinato ufficio 

spetta alla medesima autorit� che ebbe a procedere alla nomina e 

presupponendo quindi il principio, di generale applicazione nel campo 

giuspubblicistico, che le dimissioni non hanno effetto se non sono state 

accettate dall'autorit� competente; l'art. 14 formulando, con specifico 

riferimento all'ipotesi di avvenuto decorso del termine di durata, la 

regola che gli amministratori cessanti restano in carica fino all'inse


diamento dei loro successori, anche questa applicabile, pi� largamente, 

ad ogni altra i.ipotesi di cessazione dall'ufficio, compresa quella di di. 
missioni. 

Neppure la disposizione dell'art. 15, n. 3, in quanto prescrive l'ine


leggibilit� a consigliere comunale di coloro che ricevono una retri


buzione a carico del comune o di enti o aziende dipendenti, sovven


zionati o sottoposti a vigilanza del comune stesso nonch� � degli ammi


nistratori di tali enti, istituti od aziende., appare di per s� censurabile 

alla stregua delle norme della Costituzione c~i si richiamano le tre 

ordinanze. 

Come questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare (sentenza 

3 luglio 1961, n. 42) non � vietato alla legge di stabilire in linea gene


rale ed astratta cause di ineleggibilit� per categorie di soggetti che, 

per gli uffici ricoperti o per i loro rapporti con il comune, si trovino 

� in situazioni di incompatibilit� .con la posizione di candidati alle 
elezioni ., sia per l'influenza che da quelle circostanze pu� derivare 
sulla libera espressione del voto, sia per l'incidenza che le circostanze 
medesime possono avere sull'esercizio delle funzioni di consigliere comunale. 
� da soggiungere che lo stesso art. 51, primo comma, nel 
ribadire, con particolare riguardo all'ammissione ai pubblici uffici e 
alle cariche pubbliche elettive, il principio di eguaglianza, riserva alla 
legge la determinazione dei requisiti di volta in volta necessari, e questi 
possono essere tanto positivi quanto negativi, come appunto il non 
trovarsi in situazioni del genere di quella cui si � ora accennato. 
6. -Ferme restando tali considerazioni, � tuttavia evidente che le 
cause di ineleggibilit�, derogando al principio costituzionale della 
generalit� del diritto elettorale passivo, sono di stretta interpretazione 
e devono comunque rigorosamente contenersi entro i limiti di quanto 
sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione delle 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

380 

esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate. Per l'art. 51 della 

Costituzione, l'eleggibilit� � la regola, l'ineleggibilit� l'eccezione. 

Ma, ai fini che le cause di ineleggibilit� specificamente contemplate 

nell'art. 15, n. 3, del testo unico n. 570 del 1960 (art. 15, n. 3 del testo 

unico legislativo del 1951) tendono a perseguire, � manifestamente 

ultroneo richiedere, per far cessare l'ineleggibilit�, che le dimissioni di 

chi aspiri alla candidatura siano state accettate, senza d'altronde che 

alcun termine sia .prescritto per l'accettazione; cosi come � ultroneo 

esigere per di pi� che il dimissionario sia stato sostituitQ nell'ufficio. 

Un tale sistema, per quanto rispondente alle esigenze e conforme 

ai principi del rapporto di servizio nel diritto pubblico, si traduce, 

quando sia applicato senza i necessari temperamenti alla materia delle 

ineleggibilit�, in una ingiustificata limitazione, a danno di particolari 

categorie di cittadini, del principio dell'art. 51, primo comma: limita


zione tanto pi� grave, in quanto la eleggibilit� finisce in tali ipotesi 

per dipendere da una estranea volont�, per giunta discrezionale almeno 

in ordine al quando. Ne risulta violata al tempo stesso la riserva di 

legge posta dall'art. 51, essendo il protrarsi della ineleggibilit� concre


tamente rimesso alla discrezionalit� del consiglio comunale, cui spetta 

accettare le dimissioni e provvedere alla nomina dei nuovi ammini


stratori. 

Che la ratio delle ineleggibilit� sia soddisfatta a sufficienza con 
le semplici dimissioni accompagnate da una effettiva astensione del 
dimissionario da ogni ~lteriore atto di ufficio, � confermato, del resto, 
dalle apposite disposizioni contenute nell'art. 7 del decreto del Presidente 
della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, testo unico delle leggi 
per la elezione della Camera dei deputati, a termini delle quali le 
cause di ineleggibilit� previste nello stesso articolo �non hanno effetto 
se le funzioni esercitate siano cessate almeno 180 giorni prima della 
data di scadenza della Camera dei deputati � (e, in caso di scioglimento 
anticipato, entro i sette giorni successivi alla data del decreto di scio.. 
glimento), precisandosi altresi che �per cessazione delle funzioni si 
intende la effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito, 
preceduta... dalla formale presentazione delle dimissioni �. Disposizioni 
sostanzialmente analoghe sono dettate anche per le elezioni del Consiglio 
regionale della Sardegna, del Trentino-Alto Adige e del FriuliVenezia 
Giulia, rispettivamente dall'art. 6 del decreto del Presidente 
della Repubblica 12 dicembre 1948, n. 1462, dall'art. 12 della le.gge 
regionale 20 agosto 1952, n. 24, e dall'art. 8 della legge 3 febbraio 

1964; n. 3. 

Come si rileva raffrontando fra loro le disposizioni ora menzio


nate, il legislatore, nella sua discrezionalit�, pu� variamente determi


nare, purch� secondo criteri razionali, la data entro la quale deve 

verificarsi la cessazione della causa di ineleggibilit�, nei sensi sopra 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 381 

esposti; ma in nessun caso tale data pu� essere successiva a quella prescritta 
per l'accettazione della candidatura, che rappresenta il primo 
atto di esercizio del diritto elettorale passivo. Ond'� che, in mancanza 
di apposite disposizioni, � questo il momento cui deve farsi riferimento. 

7. -Deve concludersi pertanto che quel che si pone in contrasto 
con l'art. 51 della Costituzione � la normativa risultante dal combinato 
disposto degli artt. 15, n. 3, testo unico n. 570 del 1960 (art. 15, n. 3, 
testo unico legislativo n. 203 del 1954) e degli artt. 10 e 14 del testo 
unico comunale �e provinciale n. 383 del 1934, nonch� dai pi� generali 
principi da questi ultimi implicati. 
L'accertata violazione dell'art. 51, primo comma, rende superfluo 
prendere in esame le censure per contrasto con l'art. 3, prima parte, 
della Costituzione, tanto pi� che l'art. 51 � la disposizione che, nel fare 

! 

specifica e circostanziata applicazione del principio di eguaglianza aila 

I 

materia della eleggibilit�, pone i principi direttamente disciplinanti la 
materia stessa. -(Omissis). 

I 

I 

! 

II I

(Omissis). -1. -Il Commissario dello Stato impugna, per violai


I

zione dell'art. 51 della Costituzione, la legge approvata dall'Assemblea 

! 

regionale siciliana il 30 aprile 1969, recante �modifiche alle cause di 
ineleggibilit� previste per la elezione a consigliere comunale e a consigliere 
provinciale � . 

Il ricorso nel merito � fondato. 

I 

La riserva di legge posta dall'art. 51 della Costituzione non esclude 
che la Regione siciliana, giusta gli artt. 14 lettera o e 15 dello Statuto, 
abbia, in materia di elettorato passivo, potest� legislativa primaria. 
Risponde ad una sicura esigenza di carattere generale che la disciplina 

I

dei diritti elettorali, in quanto attinenti alle strutture essenziali df uno 

! 

Stato a base democratica, sia dettata con norme destinate tendenzialmente 
ad operare su tutto il territorio della Repubblica. Ma � del pari 
giustificato che, coerentemente al riconoscimento di potest� legislativa 
primaria alla Regione siciliana, sia ad essa consentito di dettare norme 
nelle relative materie. Va da s�, per�, che, attraverso l'esercizio di 
quella potest� legislativa, specie in una materia (come quella dell'elettorato 
passivo) in cui � particolarmente avvertito il bisogno di una 
uniforme disciplina per tutti i cittadini e per tutto il territorio nazionale, 
la Regione non pu� dar vita a norme che comportino deroghe, 
non giustificate e non razionali, alla leg1slazione elettorale statale che 
sia conforme al dettato della Costituzione e delle leggi costituzionali. 

2. -Non v'� dubbio che le norme 
limitazioni non consentite al godimento 
torato passivo. 
impugnate introducono delle 
del diritto politico dell'eleti 


'

f 

I ! 
I 

_,,~~~ 



382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Entro i confini' segnati dal presente controllo di legittimit� costituzionale 
� evidente come non possa rilevare l'eventuale fondatezza 
delle esigenze presumibilmente poste. a base delle norme impugnate e 
quindi l'opportunit� della loro emanazione, anche se con quelle ragioni 
potrebbe essere messo in evidenza un interesse di portata generale. 

Nella specie, si ha la violazione dell'art. 51 della Costituzione, sotto 
il profilo della mancata osservanza del principio di eguaglianza sul 
terreno e nella materia dell'elettorato passivo. 

La Regione siciliana, nell'esercizio della sua potest� legislativa p!'imaria, 
non pu� non rispettare quel principio, nel senso che non � in 
condizione di prevedere nuove o diverse cause di ineleggibilit� a consigliere 
comunale e a consigliere provinciale, se non in presenza di 
situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esc1lusive per 
la Sicilia ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle 
proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale, 
ed in ogni caso p.er motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati 
alla tutela di un interesse generale. 

A proposito delle norme di cui si tratta � a�ppena H caso di notare 
come non sia essenziale il riferimento ad eventuali limiti discendenti 
dalle leggi statali di attuazione della Costituzione; risulta, in modo 
certo, infatti, la mancata osservanza di limiti segnati direttamente dalla 
Costituzione. 

3. -Per valutare le norme regionali che si riportano a determinate 
situazioni personali, per ragione di impiego o di lavoro, come a condizioni 
e fondamento della previsione di nuove cause di ineleggibilit� 
a cariche pubbliche, appare indispensabile cogliere la relazione che 
intercorre tra �quelle situazioni ed il godimento dell'elettorato passivo. 
Pu� quindi non interessare la pura constatazione della mancanza 
in concreto di un unico stato giuridico per tutti gli impiegati comunali 
e per tutti i dipendenti provinciali, e della eventuale diversit� di situazioni 
giuridiche personali anche nell'ambito dello stesso comune o della 
stessa provincia; e.d invece gioverebbe rilevare se ed in che modo le 
situazioni di quelle categorie di soggetti si atteggino autonomamente 

o diversamente nell'ambito delle strutture organizzatorie della Regione 
siciliana. � 
Sotto codesto profilo non sono riscontrabili nella legislazione a 
riferimento, sicuri dati o indici che valgano a dare fondamento alle 
norme impugnate. 

Il rapporto, risultante dall'ordinamento amministrativo degli enti 
locali nella nella Regione siciliana (decreto legislativo Pres. reg. 29 
ottobre 1955, n. 6 legge reg. 15 marzo 1963, n. 16) tra 11 libero consorzio 
e il comune che ne faccia parte, non mette in evidenza d'altronde, 
nuove o differenti posizioni rispettive e soprattutto non rpone l'impiegato 
del comune che faccia parte del consorzio e nei confronti di questo, in 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 383 

una posizione esclusiva o differente da quella in cui si trova l'impiegato 
comunale nei confronti della provincia nel restante territorio nazionale. 

Il risultato, non dubbio, trova definitivo riscontro solo� che si ponga 
mente alla circostanza che, sia pure con l'attuale regime di amministrazione 
straordinaria, la. provincia in Sicilia sopravvive fino a quando 
saranno creati i liberi consorzi (art. 266 del citato ordin�mento) (sentenza 
n. 96 del 1968). 

La notata relazione intercorrente tra il comune e il libero consorzio 
di comuni (o la ancora operante provincia, con amministrazione 
straordinaria), d'altra parte, serve anche ai fini della va,lutazione del 
rapporto tra i dipendenti dell'Amministrazione provinciale ed il comune 
rientrante nella relativa circoscrizione. 

4. -Si perverrebbe sostanzialmente ad un non conducente mutamento 
della angolazione circa l'esame del problema, qualora si ritenesse 
di dover valutare la normativa in oggetto, sotto il profilo della asserita 
assimilazione nello stesso trattamento, di categorie analoghe. 
Non sembra per ci� accettabile la sia pure acuta argomentazione 
avanzata dalla Regione, secondo cui il quid novi sarebbe dato dal 
disposto dell'articolo 1 e la relativa norma sarebbe dettata per porre 
sullo stesso piano la situazione del dipendente provinciale nei confronti 
del comune rientrante nella relativa circoscrizione provinciale e 
quella dell'impiegato comunale verso lAmministrazione provinciale 
nella cui circoscrizione rientri il relativo comune. 

E ci� almeno per due ragioni. Anzitutto, perch� dovrebbe essere 
dimostrata l'attuale vigenza dell'articolo 6, n. 4, della legge 7 febbraio 
1957, n. 16 (e al riguardo, invece, rileva la legge 9 maggio 1969, n. 14, 
che, dettando nuove norme, esclude che la prevista causa di ine1leggibilit� 
sussista anche per l'elezione dei consigli delle amministrazioni 
straordinarie); ed in secondo luogo, e soprattutto, perch�, per le considerazioni 
sopra svolte non pu� negarsi che la ripetuta norma, autonomamente 
considerata, sia incostituzionale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 47 -Pres. Sandulli -
Rel. Rocchetti -Ped� (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Procedimento civile -Termini processuali -Calamit� naturali -Sospensione 
dei termini di prescrizione e decadenza -Contrasto con 
il diritto di difesa e con l'offi.cialit� dell'azione penale -Esclusione. 

(Cost., artt. 24, 112, 101; d.l. 9 novembre 1966, n. 914, conv. nella legge 23 dicembre 
1966, n. 1141, artt. 1 e 3). 


Mentre � inammissibile per manifesta irrilevanza nella fattispecie 
la questione di legittimitd costituzionale della generale s9spensione dei i 
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384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

termini sostanziali, a causa di calamit� naturali, disposta dall'art. 1, 
secondo comma, del d.l. 9 novembre 1966 n. 914, non � fondata la 
questione relativa .all'art. 1 secondo comma, dello stesso testo normativo, 
sulla sospensione dei termini processuali, con riferimento agli 
artt. 24, 112 e 101 della Costituzione (1). 

(Omissis). -Il tribunale di Rovereto si � posto il quesito se debba 
considerarsi inesistente il termine a comparire di cui all'art. 163-bis 
del codice di procedura civile __,. e quindi, .per l'art. 164 stesso codice, 
nulla la citazione -quando esso sia venuto a cadere, e per intero, 
entro il periodo della sospensione dei termini disposta col decreto 
legge 9 novembre 1966, n. 914. 

Prima di risolvere tale quesito, il giudice a quo ha per� ritenuto 
di dover sollevare questione sulla legittimit� costituzionale degli artt. 1 
e 3 del detto decreto legge, essendogli sembrato, oltre che rilevante 
per il giudizio, non infondato il dubbio se sia o no costituzionalmente 
consentito al legislatore ordinario sospendere, sia pure in condizioni 
di eccezionalit� derivanti da calamit� naturali, termini di decadenza 
da qualsiasi diritto, azione ed eccezione e termini relativi al pagamento 
di titoli di credito e di canoni di locazione o di affitto. 

Deve osservarsi in proposito che, essendo ben delimitato il punto 
del giudizio principale in rapporto al quale la questione di costituzionalit� 
� stata sollevata -sospensione di termini processuali -, ultronea, 
e quindi irrilevante, appare ogni altra �impugnativa incidente sulla 
sospensione di termini di altra natura, come quelli attinenti al pagamento 
di titoli di credito e di obbligaz.ioni contrattuali. 

Il tribunale giustifica l'impugnazione dell'intera normativa, assumendo 
che unica sia la ratio legis che la informa. 

Ma anche se tale assunto possa ritenersi esatto, egualmente irrilevante, 
ai fini della risoluzione del punto controverso del giudizio principale, 
cosi come dallo stesso tribunale identificato, appare tutta la 
parte dell'impugnazione che eccede quel punto. Trattasi di un caso di 
manifesta iwilevanza per contraddittoriet�, in quanto � lo stesso giudice 
a quo che, dopo di aver precisato, per quanto a lui occorre, l'oggetto 
e lo scopo dell'indagine, ne amplia il contenuto in sede di giudizio di 
costituzionalit�. 

(1) La questione era stata introdotta con ordinanza 15 aprile 1967 dal 
Tribunale di Rovereto (Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1967, n. 271). 
Non risultano precedenti specifici. Vedi, per�, per la assolutezza e generalit� 
di applicazione della sospensione dei termini disposta dal decretolegge 
9 novembre 1966, n. 914, Pretore Nocera Inferiore 26 novembre 1966, 
Nuovo diritto, 1967, 452. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 385 

Deve perci� essere dichiarata inammissibile per irrilevanza quella 
parte della questione che investe la legittimit� della normativa che ha 
disposto la sospensione di termini diversi da quelli processuali. 

Quanto alla impugnativa ,che investe le norme dell'art. 3, comma 
primo, del decreto n. 914, concernente la sospensione del corso dei 
termini perentori legali o convenzionali, i quali importino decadenze 
da qualsiasi diritto, azione od eccezione, essa � rilevante ai fini _della 
decisione del giudizio principale, ma infondate appaiono le ragioni 
esposte dal giudice a quo per sostenerne la illegittimit�. 

Per quanto poi attiene alla sospensione dei termini processuali, 
cui la rilevanza pi� esattamente si restringe, non pu� condividersi 
l'opinione che quella sospensione contrasti col diritto di difesa tutelato 
dall'art. 24, comma primo, e con l'obbligo dell'iniziativa dell'esercizio 
dell'azione penale spettante al pubblico ministero per l'art. 112, n�, 
in .genere, con le garanzie della tutela giurisdizionale previste dall'art. 
101 e, secondo il tribunale, anche dall'art. 1 della Costituzione. 

Innanzi tutto � da rilevare che, con la sospensione dei termini 
processuali, non si verifica affatto quella generale paralisi di tutto il 
sistema giurisdizfonale paventato dal tribunale di Rovereto, perch� 
nulla vieta al pubblico ministero -se non ne � di fatto impedito da 
circostanze naturali straordinarie -di iniziare l'azione penale, emettere 
ed eseguire mandati di -cattura, n� al giudice civile, sempre che 
lo possa, di istruire processi e anche di tenere udienze. Ci� che non � 
consentito � soltanto di dichiarare decadenze per decorrenza di termini 
il cui corso � stato appunto dalla legge sospeso. 

Certo, entro questi limiti, l'attivit� giurisdizionale resta intralciata 
e quindi in parte paralizzata. Ma ci� � stato previsto per breve tempo 
e in via del tutto eccezionale, e sulla base di un consistente fondamento 
razionale, poich� la legge ha collegato gli effetti che il tribunale 
ritiene censurabili a eventi straordinari che rendono, quando non impossibile, 
almeno assai difficile l'esercizio dell'attivit� giurisdizionale. 
La normativa eccezionale, chiaramente ispirata da ragioni di solidariet� 
sociale (art. 2 Cost.), riguarda poi la totalit� dei cittadini della 
zona colpita, perch� generale � stata l'incidenza degli eventi calamitosi. 
Nessuna discriminazione n� di ordine personale, n� priva di giustificazione, 
� stata perci� realizzata, si da infrangere il principio di uguaglianza. 


Non pu� escludersi che della sospensione dei termini processuali 
possano avvantaggiarsi singoli soggetti che, in concreto non abbiano 
subito pregiudizio dagli eventi calamitosi, o possano subirne svantaggio 
singoli soggetti che da quegli eventi siano stati essi stessi colpiti. Ma 
tale incidenza, limitata, ripetesi, nel tempo, trova ampia giustificazione 
nelle ragioni che hanno ispirato la normativa di eccezione, e pu� dirsi 
connaturale a qualsiasi normativa di carattere generale. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 48 -Pres. Sandulli -
Rel. Capalozza -Podest� (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). 

Procedimento penale -Decreto penale -Revoca nei confronti del coimputato 
non opponente -Limitabilit� alle sole ipotesi che il fatto 
non sussiste o non costituisce reato -Violazione del principio di 
eguaglianza -Esclusione. 
(Cost., art. 3; c.p.p., art. 510, ultimo comma). 

La norma dell'art. 5.10, uitimo comma, codice di procedura penale, 
la quale limita la revocabilit� del decreto penale per il coimputato 
non opponente nelle sole ipotesi che il fatto non sussista o non costituisca 
reato, non � in contrasto col priticipio costituzionale di eguaglianza 
(1). 

(Omissis). -1. -La soluzione della questione sottoposta all'esame 
di questa Corte prescinde dall'indagine sulla natura giuridica dell'opposizione 
a decreto penale di condanna. 

Devesi, peraltro, tener fermo che l'impugnazione In genere e l'opposizione 
a decreto penale sono ispirate a criteri informatori diversi. 

Nell'impugnazione, sia la dichiarazione sia. �i motivi si estendono 
ai compartecipi, purch� non siano esclusivamente personali a chi ha 
impugnato (art. 203 cod. proc. pen.); mentre il decreto penale, quando 
� pronunciato a carico di pi� persone concorrenti nello stesso reato 
(art. 110 e seguenti cod. pen.), diviene, di regola, esecutivo contro 
quelle tra esse che non hanno proposto opposizione (art. 508, primo 
comma, cod. proc. pen.), salvo che la sentenza che decide sull'opposizione 
riconosca che il fatto non sussiste o non costituisce reato (art. 510, 
ultimo cpv., cod. proc. pen.). 

In sostanza, il legislatore ha regolato in modo diverso due situazioni 
radicalmente diverse: per l'impugnazione in genere, ha scelt.o la 
strada dell'estensivit�, che trova la sua integrazione nella garanzia 
offerta anche all'impugnante dai principio della non reformatio in 

(1) La questione era stata �sollevata �con ordinanza 5 agosto 1967 del 
Pretore di Chiavari (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24). Sulla legittimit� 
costituzionale del giudizio per decreto penale cfr. la precedente 
sentenza della Corte 23 marzo 1966, n. 27, in questa Rassegna, 1966, 286 
e nota di richiami. 
In dottrina, pi� recentemente, GoRLANI, Attivit� istruttoria e diritto di 
difesa nei procedimenti penali per decreto, Riv. it. dir. e prdc. pen., 1967, 
671; MIELE, Incostituzicmalit� dell'art. 506 c.p.p. in riferimento all'art. 24 
Costituzione, Arch. pen., 1967, II, 18. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 387 

peius; per l'opposizione a decreto �penale, ha, invece, reso arbitro il 
compartecipe di accettare la condanna inflitta, con la sola eccezione a 
lui favorevole prevista, per ragioni di equit�, dall'ultimo capoverso 
dell'art. 510. ~ 

Alla stregua, quindi, della costante giurisprudenza, secondo cui il 
principio di eguaglianza deve assicurare ad ognuno parit� di tr~ttamento 
solo allorch� eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive 
alle quali le norme giuridiche si riferiscono (sentenze n. 3/19.57; 

n. 64/1961; n. 68/1961; n. 7 /1965; n. 114/1968; n. 11/1969; n. 17 /1969), 
� da escludere la violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
Mette conto, altresi, ricordare che questa Corte si � pi� volte .pronunciata 
nel senso che la valutazione della diversit� di situazioni giustificatrici 
di una differenza di trattamento giuridico non pu� non 
essere riservata alla discrezionalit� del legislatore Ol'dinario (sentenze 

n. 3/1957; n. 28/1957; n. 118/1957; n. 53/1958; n. 6/1960; n. 1/1962; 
n. 7 /1962; n. 8/1962; n. 44/1965; n. 45/1967), salva, beninteso, l'osservanza 
dei limiti stabiliti nel primo comma dell'art. 3 della Costituzione 
(sentenze n. 28/1957; n. 118/1957; n. 16/1960; n. 38/1965). 
Non pu� prospettarsi una irragionevolezza della disciplina, per ci� 
che riguarda il cosiddetto processo monitorio, dappoich� le conseguenze 
giuridiche (sostanziali e processuali) dell'opposizione, non essendo presidiate 
dalla non reformatio in peius, possono essere assai gravose e 
pregiudizievoli per chi la propone, sia per l'onere delle spese, sia anche 
perch� il giudice, se pronuncia sentenza �di condanna, � tenuto, per la 
irrogazione concreta della pena, solo a rispettare i limiti edittali (e cio� 
pu� infliggere una pena pecuniaria superiore o anche una pena detentiva, 
quando questa sia alternativamente prevista); pu� negare la sospensione 
condizionale della pena e la non menzione della condanna 
nel certificato penale, che siano state concesse con il.decreto; pu� applicare 
misure di sicurezza, art. 510 secondo comma, cod. proc. pen.), e, 
non essendo vincolato dal decreto penale (che � revocato se l'opponente 
si presenta all'udienza: art. 510, primo inciso del secondo comma), pu� 
anche dare una diversa e pi� severa qualificazione al fatto. 

L'eventuale dichiarazione di incostituzionalit� della norma denunziata, 
nella parte in cui limita l'estensione della sentenza assolutoria 
alle persone che abbiano concorso nel reato, offrirebbe al non opponente 
solo i vantaggi dell'altrui iniziativa, senza fargli correre alcun 
rischio n� sopportare alcun onere. 

2. -� ben vero che l'attuale disciplina pu� dare adito ad un accertamento 
contraddittorio del fatto materiale che ha formato oggetto 
del giudizio penale; si tratta per� di un inconveniente, per quanto vistoso, 
che, attenendo alle discrasie tra la giustizia formale e la giustizia 
sostanziale e non presentando profili di illegittimit� costituzionale, pu� 
essere delimitato non da questa Corte bensi dal legislato.re. -(Omissis). 
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388-RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 49 -Pres. Sandulli -
Rel. Oggioni -Angeli ed altri (n. p.) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Imposte e tasse in genere -Immobili urbani -Applicazione delle 

imposte di registro, I.G.E. e bollo sui contratti di locazione -Per


cezione dell'I.G.E. anche nell'ipotesi di risoluzione del contratto 


Illegittimit� costituzionale. 

(Cost. art. .3; 1. 29 dicembre 1962, n. 1744, art. 1 e 2). 

� parzialmente fondata la questione di legittimit� costituzionale, 
con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, dell'art. 2, 
secondo comma della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, recante nuove 
disposizioni per l'applicazione delle imposte di registro, di bollo e sull'entrata 
sui contratti di locazione dei beni immobili urbani, nella parte 
in cui consente, per i contratti di durata pluriennale, la percezione 
annuale dell'IGE anche nell'ipotesi di intervenuta risoluzione del contratto 
nell'anno precedente (1). 

(Omissis). -3. -Con ,l'ordinanza del tribunale di Milano vengono 
impugnati gli articol'i 1 e 2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, per 
violazione dell'art. 3 della Costituzione. '8i assume che la fissazione di 
un'aliquota unica, comprensiva, sia dell'imposta proporzionale di registro, 
sia dell'imposta generale sull'entrata, verrebbe a dar luogo, per 
i contratti di locazione di durata pluriennale e nell'ipotesi di loro interruzione 
prima della scadenza pattizia, all'onere del pagamento del-
l'imposta sull'entrata, senza che si verifichi la percezione di un corrispettivo. 
Ci� creerebbe una disparit� di trattamento tra chi � assoggettato 
all'Ige per avere conseguito effettivamente una entrata e chi � 
tenuto a corrisponderla, nonostante la mancanza del presupposto del-
l'imposizione. 

La questione, cosi sollevata in ordine al sistema cui � informata la 
citata legge del 1962, esige che siano anzitutto accertati la natura ed 
il contenuto dell'imposizione fiscale derivante dall'art. 1. 

(1) La questione era stata proposta con ovdinanza 9 novembre 1966 
della Commissione Provinciale de'lle Imposte di Milano (Gazzetta Ufficiale 
8 luglio 1967, n. 170) e 16 giugno 1967 del Tribunale di Milano (Gazzetta 
Ufficiale 28 ottobre 1967, n. 271). 
La Corte, mentre ha dichiarato inammissibile -giusta la sua nuova 
giurisprudenza sulla natura delle Commissioni tributarie -la prima questione, 
ha accolto la seconda nei limiti di cui al dispositivo. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 389 

Dai lavori preparatori risulta che, anche al fine di porre rimedio 
alle frequenti evasioni fiscali, compiute dagli obbligati al pagamento 
dell'imposta entrata sui corrispettivi percepiti in dipendenza de1'le locazioni 
di beni immobili, si � ritenuto di concentrare in unica imposta 
con unica aliquota, sia l'imposta di registro che quella sull'entrata. 

� Dalla disposta concentrazione, si �, poi, inteso far derivare l'effetto 
di un tributo avente in definitiva la peculiarit� di un'imposta di registro, 
da corrispondere per effetto della sola esistenza dell'atto, prescindendo 
dal tener conto del conseguimento o meno dei suoi effetti economici. 
L'Avvocatura di Stato sostiene questo assunto. 

La Corte non ritiene, tuttavia, che sia esatto pretendere di assegnare 
alla legge, in via di interpretazione, la funzione creativa di una 
nuova imposta, nella quale i connotati dell'imposta sull'entrata vengano 
ad annullarsi. 

Ci� produrrebbe fa singolare e contraddittoria conseguenza che, 
pur costituendo l'imposta sull'entrata una componente della nuova imposta, 
(ed anzi la componente, in percentuale, di maggior peso economico) 
quest'ultima verrebbe poi a cancellare causa ed effetti dell'altra. 
Qualunque sia stata l'intenzione finalistica e sottostante del 
legislatore, la legge in esame � da riconoscere univoca nella sua formulazione, 
in quanto l'aliquota globale � dichiarata � comprensiva � 
(non sostitutiva) dell'imposta sull'entrata (art. 1) e, nel preambolo, 

l'indicazione dell'oggetto della legge � riferito anche aUa � applicazione 
� dell'imposta sull'entrata. Questa imposta, nonostante l'accostamento 
all'imposta di registro al fine di unificazione del tributo da 
pagare, mantiene pur sempre la sua individualit� distintiva. 

4. -A questa premessa, cui d� luogo 11'interpretazione dell'art. 1 
della legge, non corrisponde poi, per altro verso, la restante struttura 
della legge. 
Dalla riduzione ad unit� del tributo dovuto per due diverse imposte 
(registro ed entrata) si � fatta derivare la conseguenza dell'assorbimento 
dei caratteri dell'una in quelli dell'altra, regolando tutto il rapporto 
tributario in base al criterio della insensibilit� a mutazioni sopravvenute 
nello svolgimento del rapporto negoziale, in conformit� alla 
natura dell'imposta di registro, ma in dir:tlormit� con la diversa natura 
dell'imposta sull'entrata. 

Di conseguenza, per i contratti di locazione di immobili, l'imposta 
sull'entrata dei canoni, dopo essere stata, con l'art. 1, accomunata negli 
effetti all'imposta di registro agganciandola alla rendita catastale per 
gli immobili censiti o ai corrispettivi pattuiti per gli immobili non censti, 
� stata ugualmente accomunata, con l'art. 2, negl stessi effetti, anche 
per quanto riguarda le locazioni pluriennali. 

Per quest'ultima categoria di contratti si � disposta la liquidazione 
annuale sempre in relazione o alla rendita catastale o ai corrispettivi 


390 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pattuiti, e, con riferimento alla � data di inizio dell'annata locatizia 
stabilita nel contratto �. 

Risulta (anche per le chiare indicazioni contenute nei lavori preparatori 
della legge) che si � voluto con questo sistema � agevolare il 
pagamento dell'imposta sia al contribuente sia all'ufficio�, dando luogo 
ad una speciale forma di rateazione, con esclusione di ogni carattere di 
autonomia ai periodici versamenti ed assegnando alla � liquidazione 
annuale � di cui al secondo comma dell'art. 2 il significato di calcolo del 
dovuto, se posto in relazione al valore (eventualmente mutevole di anno 
in anno) della rendita catastale. 

Ma l'applicazione di questo sistema conduce alla conseguenza che, 
per l'identico tributo relativo all'imposta sul'entrata, una particolare 
categoria di contribuenti venga ad essere sottoposta a diverso �e pi� 
oneroso trattamento, in confronto alla categoria generale, senza alcun 
motivo che ne giustifichi la razionalit� ed, anzi, con l'anomala conseguenza 
di dar luogo alla nascita di un'obbligazione tributaria di durata 
anche virtuale, senza il concreto verificarsi delle condizioni ipotizzate 
dalla legge per la relativa imposizione. 

La questione di costituzionalit� � stata posta dall'ordinanza di 
rinvio sia per quanto riguarda l'art. 1 della legge sia per quanto 
riguarda l'art. 2, in relazione all'art. 3 della Costituzione. 

Dell'art. 1 .e della sua interpretazione si � gi� detto. 

L'eccezione di illegittimit� costituzionale, sollevata espressamente 
in relazione ai contratti di locazione di durata pluriennale, va concentrata 
sul capoverso dell'art. 2 che, appunto, ne prevede il regolamento 
tributario, nel modo anomalo che si � detto. 

I motivi suesposti valgono per il riconoscimento di una Hlegittimit� 
parziale della norma, in quanto essa consente di imporre annualmente, 
fino alla scadenza pattizia, il pagamento dell'imposta generale 
sull'entrata, anche quando il contratto di locazione sia stato risoluto durante 
il corso dell'anno precedente. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 52 -Pres. S,andulli -
ReZ. Bonifacio -Amministrazione Provinciale di Brescia (avv. 
Amorth) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Azzariti). 

Costituzione della Repubblica -Autonomie locali -Ade~uamento delle 

le~~i della Repubblica -Ipotesi varie. 

(Cost. IX disp. trans.). @ 

~~~ 



gesi, in Giur. cost., 1965, 1302, con osservazione di CRISAFULLI. 
3 
gesi, in Giur. cost., 1965, 1302, con osservazione di CRISAFULLI. 
3 
PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 391 

Costituzione della Repubblica -Autonomie locali -Stato giuridico 
dei segretari comunali e provinciali -Violazione dell'autonomia Insussistenza. 
(Cost. art. 5 e 128; 1. 27 giugno 1942, n. 851, art. 4; 1. 8 giugno 1962, n. 604, 

art. 23 e 46). 

La IX dispo�sizione transitoria della Costituzione va diversamente 
interpretata a seconda che sia, o meno, strettamente condizionata alla 
creazione delle Regioni e delle foro strutture. Solo nella prima ipotesi. 
il termine triennale ivi previsto pu� �ritenersi meramente programmatico; 
nella seconda ipotesi, l'inerzia del legislatoire, se di per s� sola 
non comporta l'illegittimit� delle norme non adeguate, non pu� deter. 
minare l'esclusione del sindacato della Corte sul sistema vigente (1). 

Non sono fondate le questioni di legittimit� costituzionale, in relazione 
all'autonomia degli Enti locali, dell'art. 4 della legge 27 giugno 
1942, n. 851 e degli artt. 23 e 46 della legge 8 giugno 196.2, n. 604, 
recanti modificazioni allo stato giuridico ed all'ordinamento delle carriere 
dei segretari comunali e provinciali (2). 

(Omissis). -2. -L'esame delle disposizioni impugnate, diretto ad 

, accertare se queste contrastino col principio concernente le autonomie 
locali sancito negli artt. 5 e 128 della Costituzione, presuppone la 
soluzione di alcune questioni preliminari in ordine agli ~etti della 
IX disposizione transitoria della Costituzione, al contenutO della sfera 
d autonomia costituzionalmente riconosciuta a'1la provincia ed al comune, 
ai limiti che il legislatore incontra nelle materie che con tale 
autonomia hanno attinenza. 
Per quanto riguarda il primo punto, ad avviso dell'Avvocatura 
generale dello Stato il problema proposto dalle ordinanze di rimessione 
-riguardante ilo stato giuridico dei segretari provinciali -deve 
essere affrontato e risolto dal legislatore in sede di emanazione delle 
norme di adeguamento della legislazione alle esigenze delle autonomie: 
di conseguenza, finch� quelle norme non saranno adottate, la non perentoriet� 
del termine trienna1le assegnato dalla IX disposizione transitoria 
renderebbe tuttora legittimamente operanti le leggi preesistenti 
alla Costituzione. 
Tale tesi, che comporterebbe l'esclusione del sindacato di legittimit� 
costituzionale in ordine a tutte le leggi che in materia di autono


(1-2) Le questioni erano state proposte con tre ordinanze emesse dalla 
V Sezione del >Consiglio di Stato 8 luglio 1966 (Gazzetta Ufficiale 14 ottobre 
1967, n. 258). 

La sentenza 27 dicembre 1965, n. 94, richiamata in motivazione, leg



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mie locali fossero in vigore al 1� gennaio 1948 e riconoscerebbe al 1legislatore 
il potere di lasciare indefinitamente in vita istituti e disposizioni 
eventualmente incompatibili con fondamentali principi del nuovo ordinamento 
democratico, non pu� essere condivisa. 

Appare superfluo esaminare se, nonostante l'appartenenza delle 
disposizioni impugnate ad un testo legislativo posteriore alfa Costituzione 
(la legge 8 giugno 1962, n. 604, della quale si denunziano gli 
artt. 23 e 46 e che nell'art. 58 ha mantenuto in vigore anche la terza 
norma presa in considerazione da due delle ordinanze di rimessione, 
vale a dire l'art. 4 della legge 27 giugno 1942, n. 851), sia rilevante la 
circostanza che si tratta di una disciplina sostanzialmente confermativa, 
per la parte che qui viene in rilievo, di quella risalente ad epoca anteriore 
all'entrata in vigore della Carta costituzionale. Il problema, 
infatti, pu� e deve essere riso1lto sul piano pi� generale dell'esatta ricostruzione 
del precetto contenuto nella IX disposizione transitoria. 

La Corte !ritiene in �proposito che quest'ultima norma debba essere 
valutata diversamente, negli effetti che ne �onseguono, secondo che 
l'obbligo di adeguamento della legge ai nuovi principi autonomistici 
non si ponga in necessaria connessione con l'ordinamento regionale 
ovvero sia invece strettamente condizionato alla creazione delle regioni 
e delle loro strutture. In questo secondo caso l'adempimento dell'indirizzo 
che la Costituzione impone al legislatore presuppone la realizzazione 
dei nuovi enti, sicch� fino a che questi non diventino operanti 
l'ordinamento non potr� subire quelle modificazioni che solo allora 
sar� possibile introdurre: e fu in base a questa constatazione che la 
Corte -una volta accertato 1che la nuova configurazione del controillo 
di merito sugli enti locali prevista dal capoverso dell'art. 130 � inscindibilmente 
connessa con la creazione dell'organo regionale previsto nel 
primo comma dello stesso articolo -dichiar� non fondata ia questione 
sollevata nel giudizio deciso con sentenza n. 94 del 1965. Nel caso, 
invece, in cui non ricorre l'indicato presupposto, l'inerzia del legislatore 
protratta al di l� del termine triennale assegnato daHa IX disposizione 
transitoria, se di per s� sola non comporta l'illegittimit� delle 
norme non adeguate, ;non pu� determinare l'esclusione del sindacato 
di questa Corte sulla conformit� ai precetti costituzionali del vigente 
sistema delle autonomie, cos� come, per costante giurisprudenza, tale 
conseguenza non deriva, in altro settore, dalla mancata revisione degli 
organi speciali di giurisdizione. -(Omissis). 

5. -Passando all'esame del contenuto delle singole disposizioni 
impugnate, la Corte ritiene che nessuna di esse sia in contrasto con 
l'autonomia riconosciuta alle province. L'art. 23 della legge 8 giugno 
1962, n. 604, prevede che i posti di segretario provinciale genera:le di 
prima classe siano conferiti a seguito di concorso per titoli per ciascuna 
sede vacante, stabilisce quali soggetti sono legittimati a con

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 393 

correre e dispone che il conferimento del posto avvenga con decreto 
del Ministro dell'interno. � evidente, in base a quanto innanzi si � detto, I 
che validamente la legge pu� stabilire che la nomina abbia luogo per 

I 

concorso e determinare i requisiti richiesti ai concorrenti: ritenere che 
la disciplina dell'accesso all'ufficio di cui si discorre debba rientrare 
nei poteri di autonomia delle amministrazioni provinciali significherebbe 
disconoscere quelle innanzi indicate esigenze generali che neces


I 

sariamente devono essere soddisfatte attraverso una uniformit� di regolamentazione, 
alla quale solo la legge pu� dar vita. Posta quest� pre


l lmessa, n� il bando ministeriale di concorso n� la nomina del vincitore 
con decreto del Ministro portano offesa al principio di autonomia: si 
tratta, infatti, di poteri non discrezionali, ma vincolati anche nel 

I!
contenuto, e si deve ritenere che di fronte all'omissione dei relativi atti 
od alla loro illegittimit� l'amministrazione provincia1�; titolare di un 
autonomo interesse alla copertura del posto, possa esperire i normali 
rimedi giurisdizionali. E poich� quanto fin qui si � detto vaie anche per 
l'articolo 46, che si limita a disporre la riapertura dei termini per i concorsi 
banditi e non espletati alla data di entrata in vigore della legge, 
e, a maggior ragione, per l'art. 4 della legge 27 giugno 1942, n. 851, 
che in via transitoria consente, in alcuni casi, alle amministrazioni 
provinciali di procedere alla nomina del segretario per concorso intern� 

o per promozione, si pu� concludere che tutte le questioni proposte 
dalle ordinanze di rimessione risultano non fondate. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 53 -Pres. Sandulli -
Rel. Benedetti -Santoro (n. c.). 

Pensione -Pensioni di guerra -Esclusione dal trattamento pensioni


stico indiretto delle sorelle coniugate del defunto -Violazione del 

principio di eguaglianza -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost. art. 3; 1. 10 agosto 1950, n. 648, artt. 71, lett. c, 77, comma primo, e 

84, comma secondo, e corrispondenti disposizioni legge 18 marzo 1968, n. 313). 

� fondata, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, 
la questione di legittimit� costituzionale delle disposizioni di legge 
sul riordinamento delle pensioni di guerra, nella parti in cui prevedono 
che la pensione indiretta spetta alle sorelle del militare morto per 
causa di servizio in guerra e del civile deceduto per fatto di guerra, solo 
in quanto nubili (1). 

(l) La questione era stata proposta con ordinanza 23 gennaio 1967 
della IV Sezione della Corte dei Conti (Gazzetta Ufficiale 11 maggio 1968, 
n. 120). ~ 
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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale proposta 
con l'ordinanza indicata in epigratlle � fondata. 

Le disposizioni impugnate della legge 10 agosto 1959, n. 648, disciplinano 
il trattamento pensionistico dei collaterali del militare morto 
per causa del servizio di guerra o del civile deceduto per fatto di 
guerra stabilendo �che la pensione indiretta � concessa non soltanto ai 
fratelli e alle sorelle nubili minorenni quando siano orfani di entrambi 
i genitori o quando la madre non abbia diritto alla pensione (art. 71, 
lettera e) ma anche ai frateH.i e alle sorelle nubili maggiorenni, che, 
alla data del decesso del militare o del civile, siano inabili a qualsiasi 
proficuo lavoro, o tali siano divenuti anche dopo la suddetta data, ma 
prima di raggiungere la maggiore et� o prima del giorno dal quale dovrebbe 
devolversi in loro favore la pensione gi� liquidata al padre o 
alla madre (art. 77, comma primo). Per la concessione della pensione 
occorre, in ogni caso, che ai collaterali siano venuti a mancare, a causa 
della morte del militare o del civile, i necessari mezzi di sussistenza 

(art. 73), requisito che, ai sensi di successive disposizioni (artt. 17 della 
legge 9 novembre 1961, n. 1240, e 9 delfa legge 18 maggio 1967, n. 318) 
si considera sussistente quando il richiedente risulti non assoggettabile 
all'imposta complementare sul reddito complessivo. 

� previsto infine che la pensione indiretta, gi� liquidata ai genitori 
del militare o del civile, si devolva a favore dei coJ!laterali quando 
divengano orfani e siano minorenni, o inabili a qualsiasi proficuo 
lavoro ed, inoltre, nubili se sorelle (art. 84, comma secondo). 

2. -L'esame di siffatta disciplina pone in evidenza che la pensione 
di guerra dei collaterali ha conservato nella legge n. 648 del 1950 il 
carattere di assegno alimentare espressamente attribuitole dal legislatore 
nella precedente normativa (r.d. 12 luglio 1923, n. 1491, art. 37). 
Il riconoscimento del diritto a pensione dei collaterali resta, infatti, 
subordinato alla esistenza di un loro reale stato di bisogno prodottosi in 
conseguenza della morte del militare o del civile. La pensione, cio�, 
deve essere corrisposta quando si sia accertato che, a causa della morte 
del militare o del civile, i collaterali abbiano perduto i mezzi necessari 
al loro sostentamento e non possano provvedere aUe loro fondamentali 
esigenze di vita o per la loro minore et� o perch�, pur essendo 
maggiorenni, siano inabili a qualsiasi lavoro proficuo. 
Ora � innegabile che tali obbiettive e ben specificate condizioni 
possano indifferentemente concorrere sia nei confronti del !fratello che 


Gi� in precedenza, la Corte dei Conti aveva dato un'interpretazione 
estensiva delle ipotesi di pensione di riversibilit� ammettendola per la 
sorella del dipendente statale, anche se divorziata con sentenza straniera 
delibata in Italia (C. Conti 6 marzo 1967, Giust. civ., 1967, II, 265). 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 395 

della sorella, ancorch� essi abbiano contratto matrimonio. Per quanto 
riguarda in particolare il requisito del bisogno economico � evidente 
che pu� ricorrere anche per la sorella maritata quando i suoi redditi, 
cumulati a norma di legge con quelli del marito, non eccedano il minimo 
imponibile agli effetti dell'imposta complementare progressiva 
sul reddito �complessivo. 

Nessuna razionale giustificazione riesce perci� a scorgersi in quella 
previsione delle norme impugnate che, sull'esclusiva base dell'appartenenza 
del soggetto all'uno o all'altro sesso, dispone l'esclusione dal di" 
ritto a pensione per la sorella coniugata e non parimenti per il fratello 
coniugato. La perfetta identit� delle rispettive obbiettive situazioni 
postula l'esigenza di una uniformit� di trattamento donde l'illegittimit� 
per violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della 
Costituzione di quelle.parti delle disposizioni censurate contenute negli 
artt. 71, lettera c), 77, comma primo, e 84, comma secondo, che riconoscono 
il diritto a pensione alla sorella del militare o civile deceduto, 
solo se nubile. 

E poich� tali disposizioni risultano riprodotte negli stessi termini 
nei corrispondenti artt. 64, comma primo, lettera c), 75, comma primo, 
e 76, comma secondo, della legge 18 marzo 1968, n. 313, sul e riordinamento 
della legislazione pensionistica di guerra � -legge entrata in 
vigore nelle more del presente giudizio -deve dichiararsi l'illegittimit� 
anche di queste ultime norme in applicazione dell'art. 27, pa�rte seconda; 
della legge 11 marzo 1953, n. 87. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 54 -Pres. Sandulli -
Rel. Oggioni -Cicala (avv. Catalano). 

Reati -Sottrazione di persone incapaci -Limitazione della fattispecie 
legale al solo genitore esercente la patria potest� -Violazione 
dell'eguaglianza dei coniugi -Esclusione. 
(Cost. art. 29; c.p., art. 574). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza dei coniugi, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 574 codice 
penale, che nella sua struttura oggettiva, punisce la sottrazione dell'incapace 
solo al genitore esercente la patria potest� e non anche 
all'altro genitore (1). 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza del Pretore di Gavirate 
29 maggio 1967 (Gazzetta Ufficiale 2 settembre 1967, n. 221) e deJ 

396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
(Omissis). -3. -La questione non � fondata. 

Va premesso che questa Corte con la citata sentenza n. 9 del rn64 
ha basato la riconosciuta estensione del diritto di querela anche alla 
madre, su duplice motivo: un motivo d'ordine generale, nel senso che 
per l'art. 120 del codice penale, nella disciplina del diritto di querela, 
vige il principio che pone sullo stesso piano entrambi i genitori, senza 
distinzione tra esercente e non esercente la patria potest�: un motivo 
d'ordine particolare, nel senso che, essendo il delitto di cui all'art. 574 

c.p. ritenuto e classificato come delitto contro la famiglia e l'assistenza 
familiare, tutelabile nella intera consistenza dei suoi interessi sociali, 
morali, affettivi, il genitore, anche se non esercita attualmente la patria 
potest�, non pu� essere escluso dalla tutela degli interessi della famiglia. 
Qualsiasi limitazione soggettiva di questa tutela, verrebbe ad eludere 
il principio della eguaglianza giuridica dei coniugi, anche in relazione 
all'altro principoi, pur esso corrispondente ad interesse generale, deJ 
favor querelae, principio che questa Corte, con sentenza n. 101 deJ 
1965 ha di nuovo richiamato appunto per distinguere il caso della querela 
ex art. 574 del codice penale dal caso del diritto di costituirsi parte 
civile nell'interesse del minore, in un procedimento penale. 

Ci� premesso, va rilevato che il contenuto della citata sentenza del 
1964, in quanto limitato a risolvere la questione della esclusivit� o 
meno del diritto di querela, non incide, nemmeno per implicito o di 
riflesso, sulla questione ora proposta: ch�, anzi, � la sentenza stessa 
ad avvertire che la soluzione allora adottata non conduce ad una modifica 
concettuae della figuz:a del reato di cui all'art. 574 del codice 
penale, che deve pertanto continuare a considerarsi � immutata ed 
inalterata �. 

Le ordinanze di rinvio, pur rendendosi �conto che la questione, attua1lmente 
sottoposta a giudizio, � autonoma in confronto alla questione 
gi� decisa sulla titolarit� del diritto di querela, assumono che la' struttura 
del reato di sottrazione di persone incapaci, configurata in modo 
da escludere dall'ipotesi delittuosa di sottrazione colui che sia nell'esercizio 
della patria potest�, creerebbe, per effetto di questa immunit�, 
una disuguaglianza giuridica costituzionalmente i!llegittima nell'ambito 
delle posizioni rispettive che i coniugi assumono nella societ� coniugale. 

Pretore di Roma del 29 aprile e 15 maggio 1968 (rispettivamente in Gazzetta 
Ufficiate 20 luglio 1968, n. 184 e 29 settembre 1968, n. 248). 

Le precedenti sentenze della Corte, citate nella motivazione, 22 febbraio 
1964, n. 9 e 8 luglio 1967, n. 10.2, sono pubblicate in questa Rassegna, 
rispettivamente 1964, 250, e 1967, 705. 

In dottrina, cfr. AMENDOLA, La nuova formulazione degli articoli 573 
e 574 c.p. dopo la sentenza della Corte costituzionale, Arch. pen., 1968, 
I, 338. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 397 

Ma la Corte ritiene che l'eccepita disuguaglianza non sussista, ove 
si ponga mente all'oggetto del reato di cui all'art. 574 del codice penale. 
Tale oggetto, desunto da1lla formazione della norma, dall'intento che l'ha 
ispirata e dalla sua lettera, consiste, entro il quadro generale della 
tutela della famiglia, nella tutela di particolari st:atus personali, che 
creano poteri e, corrispondentemente, doveri, nelil'ambito del gruppo 
familiare. 

Tale, in .primo luogo, lo status di esercente la patria potest� (spetti 
questo esercizio al padre o, in ipotesi subordinata, alla madre), accanto 
al quale status vengono annoverati quelli relativi al tutore, al curatore, 
all'incaricato di funzioni di vigifanza e di custodia. 

Il reato � concepito in funzione e tutela dell'esercizio dei poteri 
affidati ai componenti delle categorie suelencate, a ciascuno dei quali 
spetta il diritto di .agire mediante querela contro � chiunque � vi attenti. 
Spetta parimenti alla moglie, in quanto pur essa titolare della patria 
potest�, il diritto di agire contro � chiunque � sottragga il minore all'esercizio 
di quei poteri. Ma la struttura del reato impedisc.e di far 
coincidere nella stessa persona (esercente la patria potest�) il soggetto 
attivo ed il soggetto passivo del reato. 

Una decisione di incostituzionalit� parziale della disposizione, 
quale le ordinanze prospettano nel senso di pervenire cosi a livellare 
in toto e corrispettivamente le posizioni di entrambi i coniugi col dichiarare 
illegittimo l'inciso � esercente la patria potest� � di cui alla 
prima parte del primo comma, presupporrebbe e, nello stesso tempo, 
determinerebbe quella possibile mutazione ed alterazione della figura 
del reato, gi� considerata inammissibile dalla precedente sentenza 

n. 9 del 1964. 
Le ordinanze 29 aprile e 15 maggio 1968 del pretore di Roma 
avvertono la connessione della disposizione penale con quella dell'ar. 
ticolo 316 c. c. che affida, in via primaria, al padre l'esercizio della 
patria potest�: ci� per prospettare la conseguenzialit� di una eventuale 
duplice dichiarazione di incostituzionalit� per l'una �e per l'altra disposizione. 
Ma, va ricordato, in proposito, che con sentenza n. 102 del 
1967 questa Corte, per motivi �Che inducono a ravvisare nel capo fami� 
glia il punto di convergenza dell'unit� familiare mediante l'organizzazione 
dei mezzi idonei al raggiungimento dei fini sociaJli del matrimonio, 
tra cui l'allevamento e l'educazione dei figli, ha escluso qualsiasi 
contraddizione tra detto articolo e l'art. 29 della Costituzione. 

N�, infine, pu� attribuirsi alla tutela dell'esercizio deHa patria potest�, 
quale sopra si � delineato, il vizio di una distinzione sperequativa 
tra �coniuge e coniuge, nel senso di una immunit� accordata irrazionalmente 
ad uno solo di essi, poich� non � fuor di luogo considerare �che 
l'es~rcizio della patria potest� attribuisce diritti, ma impone anche 
doveri, la cui inosservanza, se pregiudizievole a�l figlio, potr� sempre 



398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dar luogo ai provvedimenti giudiziali di cui agli artt. 330 e 333 e.e.: 
come pure, in caso di separazione legale, l'inosservanza di particolari 
statuizioni del giudice circa l'affidamento dei figli minori potr� essere 
sanzionata ,penalmente anche nei riguardi dell'esercente la patria potest� 
(art. 338 c.p.). 

L'art. 574 c.p. conserva, comunque, la sua ragion d'essere ed i 
suoi '1.imiti di operativit� nell'ambito del suo contenuto sostanziale, 
senza che sia fondato il dubbio di una sua illegittimit� costituzionale. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 55 -Pres. Sandulli -
Rel. Branca -Mariani ed altro (n.c.) e Presidente del Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Dogane -Estinzione dei reati punibili con sola multa -Conciliazione 
amministrativa prima dell'inoltro del verbale all'A.G. -Violazione 
del principio di eguaglianza. 
(Cost. art. 3; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 141). 

� parzialmente fondata, con riferimento al principio di uguaglianza, 
la questione di legittimitd costitu,zionale dell'art. 141 della vigente 
legge doganale, e precisamente nella parte in cui ammette la conciliazione 
amministrativa nei reati doganali punibili con sola multa, purch� 
il pagamento venga effettuato prima della trasmissione del processo 
verbale di accertame,nto dell'autoritd giudiziaria (1). 

(Omissis). -1. -� stato denunciato l'art. 141 della legge 25 settembre 
1940, n. 1424, perch�, ammettendo la definizione amministrativa 
nei delitti di contrabbando (punibili con la sola multa), la fa 
di-pendere, insieme con l'estinzione del reato, dalla �illimitata discrezionalit�� 
degli uffici doganali. Ci� contrasterebbe �con l'art. 3 della 
Costtuzione: infatti le dogane, consentendo o negando ad arbitrio la 

(1) La questione era stata sollevata con due ordinanze del Tribunale 
di Varese del 27 giugno 1967 (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307). 
La giurisprudenza aveva ritenuto che, una volta avvenuta la trasmissione 
degli atti, l'Autorit� .giudiziaria non potesse restituirli all'Amministrazione 
!Per consentire all'imputato di esercitare il diritto di oblazione 
(Cass. 3 febbraio 1954, rie. Dordono, Riv. dir. proc. pen., 1954, 471). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 399 

e definizione amministrativa del contesto�, sarebbero libere di regolare 
diversamente situazioni analoghe. 

La questione � soilo parzialmente fondata. 

Se la conciliazione amministrativa e quindi la perseguibilit� del 
reato dipendessero dall'arbitrio degli uffici doganali, la costituzionalit� 
dell'intero art. 141 apparirebbe molto dubbia: e il dubbio verrebbe 
rafforzato dal confronto con la 1legge 1951, n. 27 (artt. 10, 11) per la 
quale in casi analoghi (contrabbando di generi di monopolio) la richiesta 
di conciliazione non pu� essere respinta. 

Ma la norma denunciata, quale che ne fosse il contenuto originario, 
attualmente va intesa secondo la posizione che ha assunto nel �contesto 
dell'ordinamento costituzionale; da cui la Corte ha ricavato finsegnamento 
che i provvedimenti della ;pubblica amministrazione devono 
essere sempre motivati perch� ne sia possibile il controllo giurisdizionale 
di legittimit� (art. 113 Cost. e v. sentenza 1956, n. 2). Poich� 
l'accoglimento o il rifiuto della conciliazione � attivit� amministrativa, 
non c'� dubbio che l'atto col quale essa sia per avventura respinta, 
comunque si manifesti, debba essere motivato e notificato al richiedente: 
onere, questo, che, non essendo espressamente escluso dalla 
norma denunciata, vi si pu� leggere con l'ausilio dell'art. 113 del(l.a 
Costituzione. L'eventuale ricorso dell'interessato consentir� all'organo 
di �giustizia amministrativa una valutazione sui motivi dell'atto di 
rifiuto che potr� anche condurre alla caducazione per disparit� di trattamento. 
Non v'� dunque, nella �legge, un 'contrasto con l'art. 3 della 
Costituz,ione. Solo perch� la questione le � stata prospettata sotto altri 
profili la giurisprudenza ordinaria ha riconosciuto all'amministrazione 
doganale una facolt� illimitata. 

2. -Tuttavia, dato che, pendente il ricorso dell'interessato, l'autorit� 
amministrativa pu� trasmettere a\l giudice penale il processo verbale 
di accertamento, la tutela offerta dalla norma risulta insufficiente: 
l'accoglimento del ricorso e la successiva � definizione del contesto � 
non estinguerebbero il reato, essendo posteriori alla trasmissione del 
verbale (art. 141, comma secondo); cosi la disparit� di trattamento, pur 
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essendo stata eventualmente colta ed eliminata in via amministrativa, 
permarrebbe in sede penalistica, conseguenza dell'originario arbitrio 

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dell'ufficio. 

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, Poich� proprio il secondo comma dell'art. 141, escludendo l'estinzione 
del reato dopo la consegna del verbale al giudice ordinario, consente 
questa eventuale disparit� di trattamento, esso viola l'art. 3 della 
Costituzione. Perci� non pu� che dichiararsene l'illegittimit� costituzionale 
l� dove stabilisce che il reato non si estingue dopo la trasmissione 
del verbale all'autorit� giudiziaria. -(Omissis). i 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 56 -Pres. Sandulli Rei. 
Mortati -Presidente Regione siciliana (avv. Orlando Cascio) 

c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato 
Casamassima). 
Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Modalit� per l'erogazio


ne di contributi straordinari agli esercenti servizi di linea -Com


petenza dello Stato fuori del territorio regionale. 

(Cost. art. 3; St. Reg. Sicil. art. 17 lett. a; 1. 28 marzo 1968, n. 375). 

Spetta alto Stato il potere di erogare contributi alte imprese esercenti 
concessioni governative dei trasporti a semi della legge 28 marzo 
1968, n. 375, escludendone quelle esercenti concessioni rilasciate dalla 
Regione Siciliana (1). 

(1) La Corte ha respinto il ricorso proposto dalla Regione, rilevando 
che il provvedimento impugnato non ha operato alcuna lesione della 
competenza regionale, avendo allo stesso modo esclusi tutti i servizi trasferiti 
alle Regioni. 
Per la legittimit� costituzionale della legge 28 marzo 1968, n. 375, 
impugnata in via principale dalla Regione sarda, leggasi la sentenza della 
Corte 10 febbraio 1969, n. 11, in questa Rassegna, 1969, 17. 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 aprile 1969, n. 60 -Pres. Sandulli -Rel. 
Reale -Amato (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (1Sost. avv. 
gen. dello Stato Agr�). 

Imposte e tasse in genere -Reato finanziario -Intendente di Finanza 


Competenza penale -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 101, 108, 2� comma; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 14, 21, 26, 27, 

36 a 45, 48, 50 e 51; r.d. 24 settembre 1931, n. 1473, artt. 9, 10). 

1n relazione ai precetti costituzionali dettati dall'art. 101, per cui 
i giudici. sono soggetti soltanto alla legge e dall'art. 108, per cui la legge 
assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, precetti 
di immediata applicazione, anche al fine di vagliare la disciplina risultante 
da norme anteriori alla Costituzione, sono incostituzionali gli 
artt. 21, primo comma, n. 1, e 36 della legge 7 gennaio 19219, n. 4, 
che attribuiscono all'Intendente di Finanza la giurisdizione penale in 
materia di reati finanziari contravvenzionali puniti con la sola pena 
dell'ammenda; e, in applicazione dell'art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87, 
gli artt. 14, secondo comma, 21, primo comma, n. 2 e secondo comma, 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 401 

26, primo comma, 27, secondo comma, n. 2, 37, 38, 39, 40, 41, primo e 
secondo comma, 4.2, 43, 44, 45, 48, terzo comma, 50, primo comma, 51, 
primo comma, n. 2, della stessa legge, nonch� gli artt. 9 e 10 del r.d. 24 
settembre 1931, n. 1473, per le parti in cui tutti i citati articoli si 
riferiscono al decreto penale dell'Intendente di Finanza (1). 

(Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionalei della 
legge 7 gennaio 1929, n. 4, contenente norme generali per la repressione 
delle violazioni delle leggi finanziarie, nelle parti in cui si attribuiscono 
all'Intendente di .finanza le funzioni di giudice speciale per le 
contravvenzioni finanziarie punibili ,con la sola ammenda, � stata dichiarata 
infondata da questa Corte, con la sentenza n. 58 del 1965, 
unicamente sotto il profi!lo della compatibilit� con l'art. 102 della 
Costituzione e con la disposizione VI transitoria, in ordine al regime di 
sopravvivenza delle giurisdizioni speciali, fintanto che alla revisione 
di esse non proceda il Parlamento in sede legislativa ordinaria. 

Il tribunale di Salerno, solleva ora dubbi sulla costituzionalit� 
degli artt. 21, n. 1, e 36 della predetta legge n. 4 del 1929, concernenti 
rispettivamente la sopra richiamata competenza penale dell'Intendente 
e la potest� a questo attribuita di pronunziare decreto penale di condanna, 
suscettibile di opposizione avanti al tribunale ordinario. 

Ci� sotto il ben diverso ,profilo del precetto costituzionale di cui 
all'art. 101, secondo comma: � I giudici sono soggetti soltanto alla 
legge �, e di quello di cui all'art. 108, secondo comma: � La legge assicura 
l'indipendenza dei giudici del'le giurisdizioni speciali �. 

Va subito rilevato che non si tratta della enunciazione, in queste 
norme, di principi di massima, destinati a trovare concreta applicazione 
in sede della futura revisione delle giurisdizioni speciali, come 
ha sostenuto l'Avvaca,tura nelle sue ultime difese, ma di precetti di immediata 
attuazione: il che � stato costantemente ritenuto da questa 
Corte tutte le volte che ha esaminato la sussistenza dei requisiti della 
indipendenza e della imparzialit� in rapporto a giurisdizioni speciali, 
anche alla stregua della disciplina risultante da norme gi� esistenti 
prima .dell'entrata in vigore della Carta costituzionale. 

Occorre quindi procedere al:l'esame della questione. Il tribunale 
l'ha ritenuta non manifestamente infondata assumendo, con argomenti 
vivamente contrastati dall'Avvocatura dello Stato, essere incompatibile 
<:on i citati articoli della Costituzione l'attribuzione di potest� giurisdi


(1) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 3 marzo 1967 del Tribunale 
di Salerno (Gazzetta Ufficiale 24 maggio 1967, n. 157). 
Si riporta nel testo l'integrale motivazione della sentenza, nella quale 
sono richiamate le precedenti pronunzie della Corte aventi ad oggetto le 
questioni relative alla imparzialit� ed indipendenza dei giudici. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zionale ad un organo della pubblica Amministrazione, in posizione di 
dipendenza gerarchica dal potere esecutivo, amovibile e investito del'la 
rappresentanza dell'Amministrazione stessa, quale parte offesa dal reato, 
nell'eventuale giudizio di cognizione. 

La questione � fondata. 

2. -L'indipendenza � dal legislatore ,costituente voluta anche per 
i giudici speciali in vista della completa attuazione del richiamato precetto, 
comune ad essi ed ai magistrati ordinari, che li vuole soggetti 
soltanto alla legge. 
Il principio dell'indipendenza � volto ad assicurare .la imparzialit� 
del giudice o meglio, come � stato osservato, 'la esclusione di ogni pericolo 
di parzialit�, onde sia assicurata al giudice una posizione assolutamente 
super partes. 

Va escluso nel giudice qualsiasi anche indiretto interesse alla causa 
da decidere e deve esigersi che la legge garantisca l'assenza di qualsiasi 
aspettativa di vantaggi, come di tim�ri di alcun pregiudizio, 
preordinando gli strumenti atti a tutelare <l'obiettivit� della decisione. 

Con particolare riferimento� ai giudici speciali, nella giurisprudenza 
di questa Corte sono gi� stati messi in evidenza i requisiti essenziali 
di una effettiva indipendenza, almeno per tutto il periodo nel 
quale tali giudici esercitano le loro funzioni e con riguardo a tutte le 
attivit� che concorrono alla retta applicazione di esse. 

La sentenza n. 92 del 1962, ha affermato la necessit� che nell'organo 
giudicante non sussistono vincoli di soggezione formale o sostanziale 
ad altri organi. 

Con la sentenza n. 103 del 1964 si � richiamata l'esigenza della 
inamovibilit�, non gi� in stretta analogia con quella che copre il giudice 
ordinario, ma quale risulta dalla predeterminazione legislativa 
della durata dell'ufficio e dalla espressa previsione delle cause obiettive 
di incompatibilit� o di decadenza, non subordinate a valutazioni discrezionali 
compiute nell'esercizio di poteri disciplinari ed organizzativi 
di superiori gerarchici. 

Le sentenze nn. 132 del 1963 e 103 del l964 hanno riconosciuta, nei 
casi di incompatibilit�, la necessit� che l'ordinamento consenta l'astensione 
o la ricusazione con la possibilit� di reintegrare l'organo giudicante. 


N� va omesso che anche nella sentenza n. 133 del 1963, che ha 
dichiarato la illegittimit� costituzionale della ,configurazione del Ministro 
della marina mercantile come giudice speciale in materia di indennit� 
di requisizioni di navi, questa Corte afferm� che il Ministro, al 
vertice del dicastero, pur avendo piena libert� di decidere secondo 
scien~a e coscienza, non 'avrebbe potuto sottrarsi alle risultanze degli 
atti provenienti da quegli stessi uffici che avevano predisposto il provvedimento. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 403 

3. -Orbene, nel complesso sistema legislativo finanziario, all'Intendente 
di finanza spetta, fuor d'ogni dubbio, la qualificazione di 
organo periferico dell'Amministrazione. Fondamentale, fra le molte che 
sono stabilite dalle numerose disposizioni legislative concernenti i tributi 
e le altre entrate finanziarie dello Stato (trovando minuziosa disciplina 
nelle circolari ed istruzioni dele autorit� centrali), � la competenza, 
che all'Intendente � data (art. 2 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639), 
di vigilare sulle pubbliche entrate, riferendo al Ministero delle finanze 
sull'andamento del'attivit� tributaria che si esplica nell'ambito della 
provincia. Tale competenza, oltre a riguardare le varie attribuzioni previste 
dalle leggi e dai regolamenti, importa la vigilanza su tutti gli 
uffici finanziari, che hanno sede nella provincia, e la suprema direzione 
di tutti gli uffici esecutivi dipendenti (art. 77 Regolamento approvato 
con r.d. n. 185 del 23 marzo 1933). 
A detta competenza ineriscono i poteri di. disporre verifiche, revisioni, 
inchieste ed ispezioni presso gli uffici provinciali dipendenti, onde 
assicurarne la funzionalit� e fa rispondenza alle esigenze di una retta 
amministrazione. E vi risponde anche la responsabilit� di cui l'Intendente 
� investito (e per la �quale � soggetto egli stesso alle verifiche e 
controlli, che le competenti direzioni generali del Ministero esercitano 
per il tramite di ispettori generali), in ordine alla sicurezza del denaro 
pubblico, alla esattezza e puntualit� delle riscossioni e alla persecuzione 
giudiziale dei crediti erariali. 

L'adempimento di quest'ultima specie di compiti importa, fra l'altro, 
che egli possa chiedere (art. 41, comma terzo, legge n. 4 del 1929) 
che un funzionario da lui delegato venga sentito, circa i fatti in contesto, 
nel dibattimento che segue all'opposizione al decreto penale. Ed 
esige, altresl, che egli non debba disinteressarsi della eventuale costituzione 
di parte civile dell'Amministrazione nel giudizio suddetto, come 
in qualunque altro per reati finanziari. 

Da quanto sopra esposto risulta che la speciale .competenza in materia 
di trasgressioni, colpite da sanzioni penali pecuniarie, di indubbia 
natura giurisdizionale (come affermato nella gi� citata sentenza n. 58 
del 1965 di questa Corte e come, del �resto, risulta senza possibilit� di 
equivoco dal complesso della legge in esame, �e, a chiare note, dagli 
artt. 36 e 45 di essa), � regolata, nel sistema, con carattere non di 
autonomia, ma di complementariet� rispetto ai compiti amministrativi 
istituzionali. 

E viene ad inserirsi, con esso di inscindibile coordinazione, in un 
complesso organico di tipici atti di amministrazione attiva, con il relativo 
normale sistema di subordinazioni, di controlli e di responsabilit�. 

4. -Altre considerazioni offrono conferma dell'esistenza di una 
doppia e inscindibi<le configurazione dell'Intendente quale amministra

404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tare e quale giudice, con ovvio sacrificio dei requisiti di indipendenza 
e di imparzialit� che la Costituzione esige per i giudici speciali. 

Mancano anzitutto, e. non sembrano mutuabili da altri settori dell'ordinamento, 
gli strumenti legislativi che valgano a garantire l'imparzialit� 
del giudice e siano di contenuto almeno analogo a quello 
vigente per il giudice ordinario. 

All'Intendente, infatti, organo investito di funzioni di giudice monocratico, 
ma avulso dall'ordine giudiziario e da ogni apparato che non 
sia propriamente amministrativo, appaiono inapplicabili, nonostante 
il generico richiamo contenuto nell'art. 44 della legge n. 4 del 1929, 
le norme del codice di procedura penale concel'nenti l'astensione o la 
ricusazione del giudice. 

A questo fine non avrebbe rilievo la stessa possibilit�, prevista dal 
successivo art. 45, che l'Intendente deleghi la sua giurisdizione (anche 
per singole categorie di tributi) ad altro funzionario od avochi a s� 
l'esercizio della. giurisdizione gi� delegata, nel caso che la incompatibilit� 
colpisca il detto funzionario. Invero la persistenza del vincolo 
gerarchico, nell'ambito dello stesso ufficio, esclude egualmente la garanzia 
di obiettivit� che la legge persegue. 

Per considerazioni analoghe � da ritenere che non trovi rimedio 
lo stato di incompatibilit� in cui, sotto l'aspetto della necessaria superiorit� 
del giudice rispetto agli interessi in conte~tazione, versa l'Intendente, 
che esplichi la sua potest� giurisdizionale sulla base di accertamenti 
e di valutazioni compiute da organi alle sue dipendenze, i 
quali abbiano agito in conformit� di istruzioni da lui emanate nell'esercizio 
di funzioni amministrative o di istruzioni superiori ricevute per 
suo tramite. 

N�, per sostenere la legittimit� dell'eventuale decreto di condanna, 
vale richiamarsi ai caratteri del processo monitorio penale, il quale 
consente, mediante l'opposizione dell'interessato, la devoluzione del 
giudizio sul reato agli organi della giurisdizione ordinaria, nei diversi 
gradi preveduti dalla legge processuale. E nemmeno vale argomentare 
dalla natura di statuizione preliminare, che il decreto dell'Intendente 
avrebbe, in quanto suscettibile di opposizione e caducazione. 

La speciale configurazione del provvedimento monitorio intendentizio 
(pera'1tro dalla stessa legge equiparato a quello che il codice di 
procedura penale affida al pretore), non�� esclude che esso sia espressione 
potenzialmente definitiva della potest� giurisdizionale, demandata ad 
un organo dello Stato, nel quale debbono esistere ad initio, come per 
il pretore esistono, i requisiti che la Costituzione prevede per l'esercizio 
di detta potest�. 

Contro poi il rilievo, negativo sul piano costituzionale, delle gi� 

ricordate attribuzioni dell'Intendente in materia di persecuzione in 
giudizio di crediti erariali, non valgono gli argomenti dell'Avvocatura, 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 405 

giacch� � inammissibile che un giudice anche se, come nel caso dell'Intendente, 
ispirato a finalit� pienamente lecite, spieghi o rappresenti 
un qualsiasi interesse nel corso del giudizio, che segue alla impug~ativa 
di una sua decisione. 

D'altro canto non pu� negarsi che, in forza di istruzioni emanate 
con circolari, spetta all'Intendente prendere delle iniziative e segnalare 
i casi di maggiore gravit� alle competenti Direzioni generali, perch� 
queste provochino l'intervento dell'Avvocatura e quindi la �costituzione 
di parte civile. 

Sotto il profilo della indipendenza va ancora rilevato (n� in questa 
sede di controllo di legittimit� costituzionale pu� valere in contrario 
il riconoscimento, .che pur si ritiene doveroso enunciare, della correttezza 
e dello scrupolo cui, anche nella soggetta materia, si ispira l'azione 
degli Intendenti e degli altri organi finanziari sopra e sotto ordinati). 
come nel corpo delle leggi in esame sia pretermessa del tutto la 
previsione della garanzia della inamovibilit� a favore dell'Intendente, 
pur nei pi� limitati sensi in cui il suddetto principio � stato ritenuto 
applicabile da questa Corte ai giudici speciali. In difetto di esplicite 
norme non pu� non ritenersi che la posizione di questo funzionario 
rimanga regolata, senza ec.cezioni di sorta, dalle disposizioni proprie 
del rapporto di impiego. 

Queste non ne richiedono il consenso per eventuali trasferimenti, 
come nessun limite pongono all'eventuale trasferimento ad altra sede 

o ad altro incarico del funzionario che sia stato delegato dall"Intendente 
aUa emanazione dei decreti penali. 
Non stabiliscono, inoltre, alcuna garanzia rispetto ad altri prov-. 
vedimenti riguardanti la carriera dei funzionari: cosi ad esempio in 
materia di promozioni e di incarichi speciali. 

Appare evidente come, sia pure in ipotesi astratta, anche il semplice 
timore di provvedimenti sfavorevoli del genere possa negativamente. 
interferire sull'esercizio della funzione giurisdizionale, specialmente 
in presenza di istruzioni provenienti da organi centrali dell'Amministrazione 
finanziaria. 

Istruzioni che, nella forma gi� ricordata delle circolari e del resto 
consueta nell'ambito dell'apparato burocratico, risultano, anche nella 
materia della cognizione penale, non �limitate a meri chiarimenti esegetici 
delle fonti legislative ma talora intese a segnare direttive nello 
svolgimento della funzione giurisdizionale. 

Dato tale assetto normativo della figura dell'Intendente, non ha 
valore la tesi secondo la quale la garanzia di indipendenza nell'esercizio 
della potest� giurisdizionale si dovrebbe desumere sia dalla mancanza 
di disposizioni, che consentano espressamente il sindacato sulla 
sua attivit� giurisdizionale da parte di organi della Pubblica Amministrazione, 
sia dalla abrogazione di norme della legislazione precedente, 

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--II 


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406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che, non senza valide ragioni, si ritiene effettivamente avvenuta a 
seguito dell'entrata in vigore della legge n. 4 del 1929. Ci si riferisce 
in particolare all'art. 1, secondo comma del r.d.l. 26 febbraio 1928, 

n. 411, concernente l'annullamento, da parte del Ministro delle finanz.e, 
del decreto penale, ancorch� divenuto irrevocabile, nel caso di allegazione 
da parte degli interessati della inesistenza del reato. Ma � 
evidente che non � per ci� venuta meno la rilevata subordinazione, 
anche funzionale, dell'Intendente di finanza nei confronti degli organi 
centrali. 
5. -Per tutte le suesposte considerazioni questa Corte deve dichiarare 
la illegittimit� costituzionale, per contrasto con gli artt. 101 e 108, 
secondo comma della Costituzione, del n. 1 del primo comma dell'art. 21, 
nonch� dell'art. 36 della legge 7 gennaio 1929, n. 4. 
La dichiarazione di illegittimit� di queste norme importa quale 
necessaria conseguenza la incostituzionalit�, ai sensi dell'art. 27 della 
legge 11 marzo 1953, n. 87, di tut'te le altre norme, indicate nel dispositivo, 
che, nella legge denunziata e nelle successive disposizioni di 
coordinamento, risultano ad esse sistematicamente collegate nel quadro 
della disciplina della competenza giurisdizionale dell'Intendente. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 aprile 1969, n. 61 -Pres. Sandulli -Rel. 
Verzl -Casella, Branca, Catenacci e Marsure (n. c.) e Presidente 
Consiglio Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Sanit� -Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze 
alimentari e delle bevande -Sostanze colorate artificialmente 
-Violazione delle modalit� stabilite con decreto ministeriale 
-Esclusione -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 25, 2� comma; 1. 30 aprile 1963, n. 283, art. 5, 6 e 10). 

In riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, non 
� fondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 5, lett. f, 6 
e 10 della legge 30 aprile 196.2, n. 283, concernenti non soltanto il 
divieto di usare sostanze coloranti non autorizzate, ma anche l'obbligo 
della indicazione � a caratteri chiari ben leggibili� della colorazione 
e la determinazione dei casi di impiego e de.ZZe � modalit� d'uso� dei 
coloranti, disposta con decreto del Ministro della Sanit� (1). 

(1) Il giudizio � stato ,promosso con quattro ordinanze emesse il 24 
giugno 1966 dal Pretore di Milano (Gazzetta Ufficiale 19 agosto 1967, n. 208). 
La sentenza 23 marzo 1966, n. 26, citata in motivazione, � riiportata, 
con richiami di dottrina e di giurisprudenza, in questa Rassegna, 1966, 
I, 489. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 407 

(Omissis). -Secondo le ordinanze di rimessione, l'art. 10 della 
legge 30 aprile 1962, sarebbe viziato di illegittimit�, nella parte in cui 
prescrive che il Ministro della sanit�, non soltanto approva, con suo 
decreto, l'elenco dei colori che possono essere impiegati nella colorazione 
delle sostanze alimentari, ma determina altresi i casi di impiego 
e le e modalit� d'uso � dei coloranti. In virt� di questa amplissima 
discrezionalit�, il Ministro ha emanato, con decreto del 19 gennaio 1963, 
la norma secondo la quale gli alimenti colorati artificia,lmente debbono 
recar�e sulla confezione -o, se venduti sfusi, sul cartello denominante 
l'alimento -la dicitura: � colorato con... seguita dalla denominazione, 

o dal numero del -o dei -coloranti impiegati � (art. 3). Poich� il 
contravventore a questa disposizione, � punito a termini dell'art. 6 
della legge sopraindicata, la sanzione penale verrebbe comminata rpeI 
un precetto posto di essere da un atto amministrativo, anzich� dalla 
legge, con violazione. quindi dell'art. 25 della Costituzione, per cui 
nessuno pu� essere punito se non in forza della fogge. 
La questione non � fondata. 

L'art. 5, lett. f, della legge n. 283 del 1962 contiene non soltanto 
il divieto di usare sostanze coloranti non autorizzate, ma anche l'obbligo 
della indicazione � a caratteri chiari ben leggibili� della colorazione. 
L'art. 3 del d.m. 19 gennaio 1963, prescrivendo quanto innanzi 
specificato, non .ha creato affatto un obbligo nuovo o diverso, siccome 
ritiene il pretore di Milano, ma si � limitato a dare dettagli, sicch� il I 
precetto penale � dettato dalla norma di legge e non dall'atto ammiI 
nistrativo. 

Comunque, per quanto riguarda le ulteriori specificazioni, va 
considerato che con la sentenza n. 26 del 1966 questa Corte ha decjso 

I

che il principio di legalit� della pena pu� considerarsi soddisfatto 
quando la legge indichi con sufficiente specificazione i presupposti, i 
caratteri, il contenuto e i limiti dei provvedimenti deH'autort� non 

I 

legislativa, alla trasgressione dei quali deve seguire la pena. Orbene, 

I 

da un canto il termine � modalit� di uso � non consente arbitrarie 

I

dilatazioni, ponendo di per se stesso un limite di applicazione a quelle 
modalit� che sono normalmente usate secondo criteri suggeriti daUa I 
tecnica in casi simili. Dall'altro, la norma in esame rimane circoscritta I 
e contenuta entro i limiti sostanzialmente tecnici segnati da quei prinI 
cipi cui � ispirata nel suo, complesso la legge sulla disciplina igienica I 
della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle 

I 

bevande: tutela della salute pubblica, vigilanza sulle materie usate I 
; 

negli alimenti, e controllo anche da parte del pubblico perch� non i 

vengano adoperati coloranti non autorizzati, in quanto ritenuti pregiu


dizievoli per la salute. La produzione, il commevcio e la vendita delle 

sostanze alimentari colorate vengono disciplinate sotto svariati aspetti, 

dagli artt. 6, 7, 8, 11, 12, 14, ecc. della legge n. 283, mentre esigenze 

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1 


408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tecniche impongono che la normazione pi� dettagliata e specifica della 
materia venga affidata al potere dell'autorit� amministrativa. 

� da escludere pertanto che le norme impugnate abbiano violato 
il principio di legalit� della pena sancito dall'art. 25 della Costituzione. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 aprile 1969, n. 62 -Pres. Sandulli -Rel. 
Capalozza -Nanni (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (Sost. avv. 
gen. dello Stato Azzariti). 

Amnistia -Precedenti penali -Attenuanti dei motivi di particolare va


lore morale e sociale -Condanna per infanticidio -Questione di 

legittimit� costituzionale della norma che punisce l'infanticidio 


Irrilevanza. 

(Cost., art. 2, 3 e 30, terzo,, comma; c.p. art. 578). 

Ai fini di stabilire, in un procedimento di opposizione a decreto 
penale di condanna per emissione di assegno a vuoto, se possa applicarsi 
l'amnistia di cui al d.P.R. 4 giugno 1966, n. 332, ad imputato gi� 
condannato per infanticidio, � inammissibile, per manifesta irrilevanza, 
con riferimento agli artJt. 2, 3 e 30 della Costituzione, la questione di 
legittimit� dell'art. 578 c.p. (1). 

(Omissis). -Il pretore, nella opinabile attribuzione di un significato 
pi� lato all'art. 6 del decreto presidenziale di amnistia e di .indulto 
n. 332 del 1966, accoglie la tesi pi� favorevole al condannato e 
ricomprende nel concetto di e circostanza di particolare valore morale 
e sociale� anche quella che, nell'infanticidio previsto dall'art. 578 del 
codice penale, � assunta ad elemento costitutivo del reato, Da ci� trae 
poi spunto per sollevare davanti a questa Corte proprio la questione 
della legittimit� del trattamento penale dell'infanticidio. 

Ma la questione � ictu oculi irrilevante, e deve perci� essere dichiarata 
inammissibile. 

(1) Il giudizio � stata introdotto con ordinanza 24 giugno 1967 del 
Pretore di Bologna (Gazzetta Uffeciale 11 -novembre 1967, n. 282). 
Sulle questioni che espressamente o implicitamente la sentenza involge, 
si legga l'interessante nota riportata in Giur. it., 1969, I, 1, 1235, 
con richiami in dottrina e giurisprudenza. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 409 

Una eventuale pronunzia di incostituzionalit� non influirebbe infatti 
sulla decisione di merito, che concerne l'applicazione del decreto 
di clemenza del 1966. 

Pur ammesso -in ipotesi -che la Corte, nel presupposto che 
la causa d'onore sia attualmente ravvisata come circostanza di particolare 
valore morale e sociale, affermasse l'illegittimit� di una siffatta 
configurazione, la precedente condanna per l'art. 578 del c.p., nella 
quale � incorso l'attuale reo, non potrebbe mai essere di ostacolo alla 
concessione del beneficio nel giudizio pendente davanti al pretore. Tale 
condanna, infatti, � coperta dal giudicato; e i suoi effetti, meno gravi 
per il reo rispetto a quelli che l'ordinamento comporterebbe in conseguenza 
della pronunzia della Corte, non potrebbero certo essere aggravati 
in conseguenza di quest'ultima. 

� vero che l'art. 30, ultimo comma, della ilegge 11 marzo 1953, 

n. 87, statuisce che � quando in applicazione della norma dichiarata 
incostituzionale sia stata pronunziata sentenza irrevocabile di condanna, 
ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali>: ma gli effetti 
penali che vanno a cadere sono quelli pregiudizievoli, non quelli favorevoli. 
-(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 3 aprile 1969, n. 63 -Pres. Sandulli -Ret. 
F:ragali -Presidente Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Sivieri) 

c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato 
Casamassima). 
Friuli-Venezia Giulia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Potere 

di nomina di un rappresentante nel collegio sindacale del Con


sorzio agrario provinciale di Udine -Competenza dello Stato. 

(St. Reg. Friuli-Venezia Giulia, art. 4, n. 9; d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116; 

d.l. 7 maggio 1948, n. 1235, art. 44). 
Spetta allo Stato la nomina di un rappresentante per la Regione 
Friuli-Venezia Giulia in seno ai cotiegio sindacate del Consiglio agrario 
provinciale di Udine, a sensi deit'art. 44 d.l. 7 maggio 1948, n. 1235 
concernente l'ordinamento dei consoirzi agrari e della federazione itJaliana 
dei consoirzi agrari (1). 

(1) La Corte ha respinto il ricorso della Regione fondandosi principalmente 
sull'art. 44 del deCl'eto legislativo del 1948 e sull'attuale permanenza 
delle ragioni di pubblico interesse che demandano al Ministero 
dell'Agricoltura e delle Foreste i compiti di controllo sui Consorzi agrari. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

410 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 aprile 1969, n. 68 -Pres. Sandulli � 
Rel. Trimarchi -Cipolla e Fanelli (n. c.). 

Lavoro -Rapporto di lavoro domestico -Sottrazione alla disciplina 

del contratto collettivo -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3 e 39; e.e. art. 2068, 2� comma). 

Poich� il rapporto di lavoro domestico � tendenzialmente portato 
a costituire anche oggetto dell'autonomia collettiva, � costituzionalmente 
illegittimo l'art. 2068, comma secondo, del codice civile nella 
parte in cui dispone che sono sottratti alla disciplina del contratto collettivo 
i rapporti di lavoro concerp,enti prestazioni di carattere domestico 
(1). 

(l) Il giudizio era stato introdotto con ordinanza del 29 gennaio 1969 
del Pretore di Brindisi (Gazzetta Ufficiale 20 aprile 1968, n. 102). 
La Corte aveva dichiarato la .questione inammissibile per manifesta 
irrilevanza con la sentenza n. 101 del 1968 (Giust. civ., 1968, III, 260). 
In dottrina: PERSIANI, Domestici, in Enc. del dir., XIII, Milano, 1964; 
GHEZZI, Osservazioni sulla esclusione del rapporto di lavoro domestico 
dalla contrattazione coillettiva, Giur. it., 1966, I, 1, 409:� 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 aprile 1969, n. 71 -Pres. Sandulli -
Rel. Benedetti -Tedesco (n. c.). 

Reati -Abigeato e pascolo abusivo nelle provincie meridionali e nella 

Sicilia -IUegittimit� costituzionale della normativa -Esclusione. 

(Cost., art. 77, 3; d.l.l.1 11 febbraio 1917, n. 249}. 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale del d.l.l. 11 
febbraio 1917, n. 249 che estese alle provincie dell'Italia meridionale 
e della Sicilia le norme repressive delZ'abigeato e del pascolo abusivo 
per la Sardegna, n� con riferimento all'art. 77 della Costitruzione, essendo 
stato esso convertito in legge, n� con riferimento all'art. 3 della 
Costituzione, perch� la normativa trova una razionale giustificazione 
nella particolare situazione di alcune regioni italiane (1). 

(Omissis). -1. -Nell'esame delle due censure di incostituzionalit� 
formulate dal tribunale � necessario dare la precedenza a quella con 

(1) La questione era stata proposta 'con ordinanza 23 aiprile 1968 del 
Tribunale di Lagonegro (Gazzetta Ufficiale 20 luglio 1968, n. 184). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONAL� E INTERNAZIONALE 411 

la quale � stata denunciata la violazione dell'art. 77 della Costituzione 
per la pretesa mancata conyersione in legge del d.1.1. 11 febbraio 1917, 

n. 249, recante e Norme per la repressione dell'abigeato e del .pascolo 
abusivo nelle province dell'Italia meridionale e della Sicilia >. 
La censura non � fondata. 
A parte l'ovvio rilievo che se la conversione in legge non fosse 

avvenuta il decreto impugnato sarebbe privo di qualsiasi efficacia giuridica, 
sta il fatto che esso fu convertito in legge, con altri numerosissimi 
decreti luogotenenziali e regi, con l'articolo unico, comma primo, della 
legge 17 aprile 1925, n. 473� (n. 786 in G. U. 5 maggio 1925, n. 104) 
e deve pertanto ritenersi legittimamente in vigore. 

2. -Del pari priva di fondamento � la seconda �censura d'incostituzionalit� 
con la quale � stata denunciata la violazione del �principio 
di uguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, sul rilievo che 
l'efficacia delle disposizioni del decreto in questione e la loro applicazione 
risultano e limitate ad alcune ed incerte province italiane �. 
Per quanto attiene al territorio nel quale trovano applicazione le 
norme in esame � agevole osservare che esso risulta espressamente 
indicato sia nel titolo che nella lettera dell'art. 1 del decreto impugnato. 
La locuzione in essi adottata: � province dell'Italia meridionale e della 
Sicilia �, gi� usata in altri provvedimenti legislativi, � di per s� sufficiente 
a delimitare l'ambito territoriale delle norme in questione. 

N� violazione del principio di uguaglianza pu� scorgersi nel fatto 
che il d.1.1. n. 249 del 1917 si applichi solo in alcune province e non 
in tutto il territorio nazionale. 

Le norme in esame -inizialmente dettate per la sola Sardegna 

(r.d. 14 luglio 1898, n. 404) e successivamente estese col decreto impugnato 
alle. province dell'Italia meridionale e della Sicilia -trovano 
logica e adeguata giustificazione nelle speciali situazioni di alcune 
regioni italiane. In esse la peculiare conformazione dei luoghi, in prevalenza 
impervi e scarsamente popolati, nei quali l'allevamento del 
bestiame continua ad essere praticato in notevole misura con il tradizionale 
sistema della pastorizia, nonch� speciali situazioni locali e 
condizioni sociali di coloro che a tali attivit� si dedicano, hanno favorito 
in modo particolare, pi� che nel restante territorio nazionale, 
l'incremento e la maggiore gravit� dei reati dell'abigeato e del pascolo 
abusivo. 
Non sussiste, quindi, nella specie l'assunta violazione del principio 
di uguaglianza perch� -come la Corte ha pi� volte avuto occasione 
di affermare -ben �pu� il legislatore emanare una disciplina normativa 
differenziata quando questa � obiettivamente giustificata da diversit� 
di situazioni e differenti aspetti della vita sociale che razionalmente 
ne determinano l'adozione. -(Omissis). 


412 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 aprile 1969, n. 72 -Pres. Sandulli -
Rel. Bonifacio -De Luca e S.I.P. (avv. Tosato) e Ministero Poste 
e TT. e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. ,avv. gen. dello 
Stato Albisinni). 

Telefoni -Tarifl'e telefoniche -Carattere impositorio della prestazione 


Determinazione delle tariffe -Potere conferito dalla legge al C.I.P. 


Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 23; r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 232). 

, La determinazione delle tariffe telefoniche, in quanto attinente 
ad un servizio riservato alla mano pubblica il cui uso � essenziale ai 
bisogni della vita, deve assimilarsi, nella realt� effettuale, ad una vera 
e propria imposizione di prestazioni patrimoniali; poich� le tariffe 
telefoniche sono deliberate dal Comitavo interministeriale per i prezzi 
e poich� il potere dalla legge conferito a detto Comitato � collegato 
ad elementi di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito, devesi 
escludere la incostituzionalit�, in riferimento all'art. 23 della Costituzione, 
dell'art. 232 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645 il quale stabilisce che 
le tariffe telefoniche sono approvate con de�creto del Ministro per le 
poste e le telecomunicazioni, emanato di concerto con. il Ministro del 
tesoro e con il Ministro deU'industria e commercio (1). 

(Omissis). -3. -n citato art. 232 stabilisce che le tariffe telefoniche 
ivi specificate sono approvate con decreto del Ministro per le poste 
e le telecomunicazioni, emanato di concerto col Ministro per il tesoro e 
col Ministro per l'industria ed il commercio. Ad avviso del giudice 
a quo, questa disposizione, in quanto demanda all'autorit� governativa 
un potere non soggetto n� a limiti n� a controlli, contrasterebbe con 
l'art. 23 della Costituzione, in forza del quale nessuna prestazione 
patrimoniale pu� essere imposta se non in base alla legge. 

Per decidere la questione di legittimit� costituzionale cosi pro


posta � necessario, in primo luogo, accertare se nella materia concer


nente le tariffe telefoniche ci si trova di fronte a vere e proprie e pre


stazioni imposte �, per le quali si possa invocare la riserva di legge 

contemplata nella norma costituzionale di raffronto. Secondo l'Avvoca


(1) Il giudizio � stato introdotto con ocdinanza 26 ottobre 1967 del 
giudice conciliatore di Genova (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1967, n. 321). 
La sentenza 3 maggio 1963, n. 55 � pubblicata in Giur. it., 1963, I, 1, 935. 
La sentenza 25 giugno 1957, n. 103, proprio sulla legittimit� costituzio


nale del CIP, leggesi in Giur. cost., 1957, 977, e nota di BARTOLOMEI, Libert� 
di impresa e disciplina dei prezzi. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 413 

tura dello Stato e la difesa della S.l.P. una conclusione negativa i:n 
proposito sarebbe inevitabile, atteso che l'obbligo del pagamento secondo 
le tariffe non nasce dal provvedimento dell'autorit� governativa, ma 
dal contratto che l'utente stipula col concessionario del servizio: il 
necessario concorso della volont� dell'interessato, che si estrinseca in 
un'attivit� negoziale di diritto privato riconducibile al paradigma del 
contratto di adesione, escluderebbe la possibilit� di configurare i relativi 
obblighi come oggetto di una vera e propria imposizione. 

Gli argomenti esposti dalle due parti, fondati su una esatta qualificazione 
della fattispecie giuridica presa in considerazione, sono certamente 
idonei a dimostrare che le obbligazioni degli utenti trovano la 
loro fonte immediata in un contratto, ed � del pari certo che sulla 
natura del conseguente rapporto non incidono n� il carattere pubblicistico 
della concessione n� i poteri che in proposito la legge attribuisce 
al Governo. Queste conclusioni, tuttavia, non appaiono di per s� sufficienti 
a giustificare la tesi dell'inapplicabilit� dell'art. 23 della Costituzione 
al caso in esame. Va anzitutto rilevato che l'intercorrere del 
rapporto fra due soggetti privati -utente e concessionario -e l'assoggettamento 
di esso alla disciplina privatistica non fa certo venir 
meno il carattere pubblico del servizio telefonico, che la legge riserva I 
allo Stato (art. 1 r.d. 27 febbraio 1936, n. 645). Ci� premesso, e sviluppando 
spunti gi� contenuti nella precedente giurisprudenza (cfr. sentenza 
n. 55 del 1963), si deve affermare che il carattere impositorio I 
della prestazione non � escluso per il solo fatto che la richiesta del I 

I

servizio dipenda dalla volont� del privato: ed invero tutte le volte I 

I 

in cui un servizio, in considerazione di una sua particolare rilevanza, j 
venga riservato alla mano pubblica e l'uso di esso sia da considerare 

!

essenziale ai bisogni della vita, � d'uopo riconoscere che la determii 
nazione autoritaria delle tariffe deve assimilarsi, nella realt� effettuale, 

I

ad una vera e propria imposizione �di prestazioni patrimoniali. Quando ! 
ricorrano entrambi gli indicati presupposti, il fatto che l'obbligazione 


! 

al pagamento del corrispettivo del servizio presupponga la volont� dell'utente 
di avvalersi dello stesso non giuoca, sotto il profilo che qui 


I

.viene in considerazione, un ruolo determinante. Se � vero, infatti, che 
il cittadino � libero di stipulare o non stipulare il contratto, � altret


I�

tanto vero che questa libert� si riduce alla possibilit� di scegliere fra 
la rinunzia al soddisfacimento di un bisogno essenziale e l'accettazione 
di condizioni e di obblighi unilateralmente e autoritariamente prefissati: 
si tratta, insomma, di una libert� meramente formale, perch� la 
scelta nel primo senso comporta il sacrificio di un interesse assai 
rilevante. Si deve ritenere, perci�, che quando si tratti di un servizio 
essenziale -e non c'� dubbio che tale sia da considerare, nella odierna 
societ�, quello relativo alle comunicazioni telefoniche -, eserdtato in 
regime di monopolio pubblico, la determinazione delle tariffe non possa 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essere rimessa all'arbitrio dell'autorit�, ma debba essere assistita da 
quelle garanzie che la Costituzione ha voluto assicurare attraverso la 
riserva di legge. 

4. -Pienamente fondata, invece, risulta la tesi subordinata, sostenuta 
sia dall'Avvocatura dello Stato che dalla difesa della S.I.P., secondo 
la quale la determinazione delle tariffe telefoniche avviene, 
nell'ordinamento ora in vigore, in base alla legge. L'impugnato art. 232, 
infatti, non pu� essere considerato come avulso dal sistema giuridico 
nel quale la disposizione oggi si inserisce, ed il potere conferito all'autorit� 
governativa deve necessariamente essere valutato nel quadro del 
regime giuridico che in generale disciplina le competenze, il procedimento 
ed i criteri concernenti la fissazione dei prezzi dei servizi. 
A tal proposito deve essere posto in rilievo che il potere di determinare 
tali prezzi � devoluto al Comitato interministeriale istituito 
con d.1.1. 19 ottobre 1944, n. 347, secondo le modalit� prescritte da tale 
provvedimento legislativo e dalle successive dispbsizioni del d.1.1. 23 
aprile 1946, n. 363, e del d.lgt. del Capo provvisorio dello Stato 15 
settembre 1947, n. 896, e bisogna ritenere -come risulta dal primo 
comma dell'art. 4 della citata legge istitutiva del. nuovo organo, che 
non consente se non a quest'ultimo la modificazione di preesistenti 
tariffe autorit~tive -che si tratta di una competenza esclusiva, la 
quale � rimasta tale anche dopo l'emanazione del decreto del Presidente 
della Repubblica 30 marzo 1968, n. 626, il cui art. 2 � da intendersi 
nel senso che le direttive del Comitato interministeriale per la 
programmazione economica in ordine alla determinazione delle categorie 
di servizi per i quali il C.I.P. pu� esercitare le sue attribuzioni 
non riguardi le ipotesi nelle quali la fissazione delle tariffe sia prevista 
da una legge. 

Una volta accertato che il .Governo non pu� esercitare -ed in 
effetti non esercita -il potere conferitogli dall'art. 232 del r.d. 27 
febbraio 1936, n. 645, se non uniformandosi alle deltberazioni adottate 
dal C.I.P., il problema in esame trova la sua soluzione nelle considerazioni 
che la Corte, sia pure con riferimento ad altra norma costituzionale, 
pose a fondamento della decisione adottata con sentenza n. 103 
del 1957. In quella occasione, infatti, sulla base di quanto risulta dalle 
disposizioni concernenti la composizione del C.I.P. e le modalit� del 
suo funzionamento, venne accertato che la legge attribuisce a quel .. 
Comitato un potere che e lungi dall'essere illimitato si da sconfinare 
in una valutazione di fattori riservata al legislatore, � collegato ad 
elementi di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito�. Le stesse 
ragioni giustificano la conclusione che il denunziato art. 232, interpretato 
in collegamento con la vigente legislazione sulla determinazione 
dei prezzi dei servizi, non v�ola la riserva di legge prevista nell'art. 23 
della Costituzione. -(Omissis). 

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PARTE I, SEZ. I, GIVRIS. COSTITVZIONALE E INTERNAZIONALE 415 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 74 -Pres. Sandulli -
Rel. Chiarelli -Presidente Regione siciliana (avv. Virga e Orlando 
Cascio) c. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. dello 8tato 
Casamassima). 

Sicilia -Tutela del paesaggio e conservazione delle antichit� e delle 
opere artistiche -Norma disciplinante i vincoli sulla zona di 
templi in Agrigento -Decreto ministeriale che determina il perimetro 
della valle dei templi, la prescrizione di uso ed i vincoli di 
inedificabilit� -Legittimit� costituzionale. 
(St. spec. reg. sic., art. 14 lett., n); 1. 28 settembre 1966, n. 749, art. 2 bis; 

d. intermin. 16 maggio 1968). 
Poich� la norma che attribuisce la competenza legislativa esclusiva 
alla Regione siciliana, per diventare operativa, deve essere integrata 
daLle norme di attuazione, le quali, in materia di tutela del paesaggio 
e di conservazione delle antichit�' e delle opere artistiche, non 
sono state ancora emanate, neil'attuale situazione normativa deve dichiararsi 
costituzionale la norma statale che dispone vincoli su una 
zona di preminente carattere archeologico della Regione e legittimo il 
decreto ministeriale che, in attuazione della predetta norma, detta pi� 
specifiche determinazioni in materia (1). 

(1) Sulla necessit� delle norme di attuazione anche in tema di competenza 
esclusiva, vedasi la sentenza n. 14 del 1962, in Giur. it., 1962, I, 
1, 756. 
Sulla potest� dello Stato di emanare norme in materia di tutela del 
paesag,gio, in mancanza di norme di attuazione delle digposizioni statutarie, 
cfr. le sentenze n. 65 del 1959 e n. 83 del.1962, pubblicate ivi, rispettivamente 
1960, I, 1, 114; e 1962, I, 1, 1289. 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 75 -Pres. Sandulli -
Rel. Crisafulli -Giardino, Narbone, Musso, Agagliate, Emilio, soc. 
imm. Sant'Orsola (avv. Dossetto, Werthmiiller, Zini Lamberti, 
Allorio, Leoni), Comune Torino (avv. Astuti e Micheli) e Presidente 
Consiglio Ministri (vice avv. gen. dello Stato Foligno). 

Imposte e tasse -Imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili 
-Decorrenza -Facolt� di determinarla con riferimento 
alla istituzione del contributo di miglioria generica -Illegittimit� 
costituzionale -Parziale sussistenza. 

In riferimento all'art. 53 della Costituzione sono illegittimi il primo 
comma dell'art. 48 ed il primo comma dell'art. 49 della legge 5 marzo 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

416 

1963, n. 246 (istituzione di una imposta sugli incrementi di valore delle 
aree fabbricabili) nella parte in cui, attribuendo ai Comuni la facolt� 
di fissare la decorrenza dell'imposta, se pi� favorevole, dalla data iniziale 
gi� stabilita nella relatiiva deliberazione ai fini deli'applicazione 
del contributo di miglioria generica, consentono l'applicazione retroattiva 
delZ'imposta anche nei confronti di so,ggetti non sottoposti al 
contributo stesso (1). 

(Omissis). -2. -Secondo l'interpretazione in un primo momento 
prospettata dalla difesa dello Stato, la proposizione del primo comma 
dell'art. 48, denunciata dal tribunale, significherebbe che i Comunl 
possono far coincidere la data di riferimento iniziale per il calcolo degli 
incrementi di valore ai fini della nuova imposta con quella gi� stabilita, 
agli stessi effetti, nelle delibere istitutive del contributo di miglioria 
generica. Se cosi fosse, non sorgerebbe questione di violazione dell'art. 
53, primo comma, della Costituzione, poich� gli artt. 48 e 49 non 
autorizzerebbero alcuna retroattivit� nell'applicazione dell'imposta. 

Ma una siffatta interpretazione, pur se accolta anche in una circolare 
in data 4 marzo 1963 del Ministero delle finanze, contenente istruzioni 
per l'applicazione della legge n. 246, � stata esplicitamente disattesa 
dalle ordinanze di rimessione, e sembra alla Corte che queste 
siano nel vero quando fanno rilevare che, letteralmente e logicamente, 
la formula dell'art. 48 sta invece a significare che anche la data di 
applicazione dell'imposta pu� essere quella medesima che era stata a 
su tempo determinata dal Comune nelle delibere istitutive del contri-� 
buto di miglioria. Tecnicamente, � questo il senso corretto dell'espressione 
e fissare la decorrenza dell'imposta ., e se impropriet� c'� nel 
testo della legge, questa st incontra eventualmente nell'art. 49, laddove 
si parla dell'incremento dei valori verificatosi e dalle date di decorrenza 
indicate nell'articolo precedente �. 

(1) Si tratta di nove giudizi, riuniti dalla C'orte, promossi con altrettante 
ordinanze emesse il 9 giugno 1967 dal Tribunale di Torino (Gazzetta 
Ufficiale 2 settembre 1967, n. 221; 14 ottobre 1967, n. 258; 28 ottobre 1967, 
n. 271). 
La medesima legge fu presa in esame dalla Corte costituzionale con 
la sentenza n. 44 del 1966 (Giur. it., 1966, I, 1, 961). Sui contrasto tra la 
legge tributaria retroattiva e l'art. 53 Cost. vedasi anche la sentenza n. 45 
del 1964 (Giur. it., 1964, I, 1, 1109). 

In dottrina: MANZONI, n principio della capacit� contributiva nell'ordinamento 
costituzionale italiano, Torino, 1965; FORTE, Sul problema deVla 
costituzionalit� di imposte retroattive, Giur. it., 1966, I, 1, 963; PoTITo, 
Sulle garanzie costituzionali stabilite per l'esercizio della potest� d'imposizione, 
Rass. dir. pubbl., 1966, II, 166. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 417 

Ma lo scambio tra le due date, che spesso si coglie anche nel 
corso dei lunghi e travagliati lavori parlamentari che portarono all'approvazione 
della legge n. 246, si spiega tenendo presente che del sistema 
complessivo da questa instaurato faceva originariamente parte integrante 
il secondo comma dell'art. 25, poi dichiarato costituzionalmente 
illegittimo con la sentenza 23 maggio 1966, n. 44, di questa Corte, e 
che in quel sistema la retrodatazione fino a un decennio del momento 
di riferimento iniziale degli incrementi di valore (praticamente la 
regola, interessando tutti i Comuni obbligati a istituire la nuova imposta 
e parte di quelli facoltizzati) faceva tutt'uno con la retrodatazi�ne dell'applicazione 
dell'imposta. 

Ulteriore argomento in favore dell'interpretazione accolta dal tribunale 
di Torino si trae dal secondo comma dell'art. 48, che, tenendo 
fermi, ai fini dell'applicazione dell'imposta sugli incrementi di valore, 
oltre ai valori gi� definiti, anche i pagamenti e le iscrizioni a ruolo 
effettuati agli effetti dell'applicazione del contributo di miglioria, presuppone 
che la nuova imposta sia applicabile a fatti intervenuti sotto 
il vigore del t.u. del 1931 e concretamente rilevanti per l'applicazione 
del contributo di miglioria generica. 

3. -A seguito della ricordata sentenza n. 44 del 1966, la retroattivit� 
dell'imposizione autorizzata dagli artt. 48 e 49 si restringe alle 
sole ipotesi espressamente previste nella seconda parte del primo comma 
dell'art. 48, e nel primo comma dell'art. 49, con la proposizione denunciata 
dalle ordinanze di rimessione. Trattasi infatti di norma a s� stante, 
sorretta da una sua propria e specifica ratio, che esattamente pertanto 
il tribunale ha considerato tuttora in vigore, nessuna incidenza avendo 
avuto su di essa la dichiarata .illegittimit� costituzionale dell'art. 25, 
secondo comma. 
Non � esatto, invece, che le stesse ragioni che ebbero a determinare 
quella decisione valgano identicamente per la norma oggi sottoposta 
all'esame di questa Corte, nella sua interezza. 

Nel secondo comma dell'art. 25 questa Corte ebbe a ravvisare violazione 
del principio del primo comma dell'art. 53, non gi� per il semplice 
motivo della retroattivit� dell'imposizione, ma per la dissociazione 
temporale che ne risultava tra capacit� contributiva e sottoposizione 
al tributo, del quale la norma dichiarata incostituzionale consentiva 
l'applicazione a � rapporti esauriti >, senza che soccorresse � alcuna 
razionale presunzione che gli effetti economici dell'alienazione e del 
valore realizzato con essa � permangano �nella sfera patrimoniale del 
soggetto ., data anche la imprevedibilit� della imposta. � noto d'altronde 
come la stessa dottrina tributaristica pi� sensibile ai limiti derivanti 
alla legislazione ordinaria dal principio della capacit� contributiva 

non abbia mancato di rilevare che una legge pu� colpire una capacit� 
contributiva esistente in un momento anteriore e rivelata da fatti pas

~ 


RASSEGNA DELL1AVVOCATUBA DELLO STATO

418 

sati, senza per ci� solo violare l'art. 53, purch� vi sia una ragionevole 
presunzione che, nella normalit� dei casi, quella capacit� contributiva 
permanga al momento della imposizione. 

Applicando i suesposti criteri al caso in esame, deve ritenersi che 
la situazione prevista dalla norma degli artt. 48 e 49, di cui � questione, 
� in parte diversa da quella che era regolata nel secondo comma 
dell'art. 25. Giacch�, nella specie, la retroattivit� inerisce alla sostituzione 
di un tributo precedente con altro, strutturato bensi in modi sotto 
alcuni aspetti diversi, ma rispondente alla stessa funzione economicosociale 
e diretto a colpire -con aliquote minori -gli stessi fatti 
produttivi di ricchezza del primo. Non vi ha dubbio, infatti, che l'imposta 
sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, storicamente 
e logicamente, deriva in linea diretta dal contributo di miglioria generica 
previsto dal testo unico sulla finanza locale, rappresentandone un 
ulteriore sviluppo e ammodernamento: non a caso, la legge de qua 
mostra chiaramente di considerare l'applicazione dell'un tributo alternativa 
rispetto all'applicazione dell'altro. E la disciplina dettata nelle 
disposifiloni transitorie degli artt. 48, 49, 50, 51 e 52 tende a regolare 
il passaggio dall'uno all'altro tributo nei comuni che il primo avessero 
applicato o intrapreso ad applicare. 

4. -Ora, se � vero che la cerchia dei soggetti passivi dell'imposta 
sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili � pi� larga di quella 
di coloro che erano sottoposti al contributo di miglioria generica, non 
� men vero, tuttavia, che questi ultimi vi sono certamente ricompresi: 
� pacifico in fatto, ad esempio, che tutti gli attori nei giudizi promossi 
contro il Comune di Torino, che hanno dato luogo al presente incidente 
di costituzionalit�, erano in precedenza soggetti al contributo di miglioria 
generica alla stregua del t.u. del 1931 ed in forza delle deliberazioni, 
menzionate in narrativa, a suo tempo adottate dal Comune 
stesso. 
Ma, nei limiti entro cui vi ha coincidenza tra contribuenti soggetti 
alla nuova imposta e contribuenti gi� assoggettati al contributo, non 
sussiste violazione dell'art. 53, primo comma. Da un lato, infatti, a 
differenza da quanto si riscontrava ri.el caso dell'art. 25, secondo comma, 
non. sarebbe possibile mettere in dubbio la piena prevedibilit� del-
l'onere di una imposizione, astrattamente prevista come possibile dal 

t.u. del 1931, quando ne fosse stata decisa la istituzione con deliberazioni 
comunali, contro le quali gli interessati avevano a loro disposizione 
i ricorsi di cui all'art. 239 del t.u.; d'altro lato, la capacit� 
contributiva che deve permanere in capo al soggetto passivo della 
nuova imposta, subentrante retroattivamente al tributo precedentemente 
istituito, � quella medesima -non solo astrattamente, quanto 
anche in concreto -sulla quale il contributo stesso per l'innanzi 
incideva. 
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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 419 

Dove, al contrario, il principio del primo comma dell'art. 53 risulta 
violato, per ragioni analoghe a quelle rilevate dalla sentenza n. 44 
del 1966 in ordine al secondo comma dell'art. 25, � nella estensione 
dell'imposta sugli incrementi di valore a soggetti diversi da quelli gi� 
tenuti a corrispondere il contributo di miglioria generica ~ con la stessa 
decorrenza stabilita per l'applicazione di quest'ultimo. Ci� che, nell'ambito 
delle zone del territorio comunale in cui doveva trovare applicazione 
il contributo di miglioria generica, pu� verificarsi in casi particolari 
e marginali come quelli della utilizzazione a scopo edificatorio 
fuori delle ipotesi .dell'art. 241, ultimo comma, del t.u. sulla finanza 
locale, o della costruzione seguita da alienazione, e si verifica invece 
nella generalit� dei casi con riguardo alle zone escluse dal contributo. 

Ne segue la illegittimit� costituzionale delle disposizioni denunciate, 
limitatamente alla parte in cui includono anche soggetti ai quali 
il contributo di miglioria generica non era applicabile. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 77 -Pres. Sandulli -
Rel. Chiarelli -Torre (avv. Tosatti), Banco di Napoli (avv. Piccardi) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 
Stato Albisinni). 

Agricoltura -Credito agrario di esercizio -Privilegio sui frutti del 

fondo -Opponibilit� nei confronti del terzo nuovo possessore e 

conduttore del fondo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 42; r.d.l. 29 luglio 1927, n., 1509, conv. nella legge 5 luglio 1928, 

n. 1760, art. 8). 
N<Yn � fondata, con riferimento all'art. 42 della Costituzi<Yne, la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 8 del r.d.l. 29 luglio 1927, 

n. 1509, in quanto l'apponibilit� del privilegio speciale ivi previsto anche 
al nuovo possessore o conduttore del fondo corrisponde ai fini di utilit� 
sociale della produzione agricola, che legittimano i vincoii alla propriet� 
privata (1). 
(1) La questione era stata prOiposta con ordinanza 27 giugno 1967 dal 
Tribunale di Matera (Gazzetta Ufficiale 14 ottobre 1967, n. 258). 
La giurisprudenza � costante nel ritenere l'opponibilit� erga omnes 
del privilegio in questione, entro il termine fissato dalla legge (Cass. 29 
aprile 1967, n. 803, Mass., Foro it., 1967). In dottrina cfr. GERI, Osservazioni 
circa un prestito agrario meramente apparente, Giur. agr., 1968, 287; 
e pi� in generale, GALLI, Credito agrario di esercizio; i prestiti in natura, 
Riv. trim. dir. civ., 1968, 1535. 


420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Cosi determinato il thema decidendum, � da premettere 
che la legge 5 luglio 1928, n. 1760 (di conversione del d.l. 29 
luglio 1927, n. 1509), regola le operazioni di credito agrario di esercizio, 
riguardanti: e 1) i prestiti per la conduzione delle aziende agrarie e 
per la utilizzazione, manipolazione e trasformazione dei prodotti � 
(art. 2; le altre operazioni ivi considerate non concernono il presente 
giudizio). Per tali prestiti � stabilito che e avranno scadenza rispettivamente 
all'epoca del raccolto o della completa utilizzazione o trasformazione 
del prodotto � (art. 5). A garanzia dei detti prestiti, l'art. 8 
dispone che essi e sono privilegiati sopra i frutti pendenti e quelli 
raccolti nell'anno della scadenza del prestito e sopra le derrate che si 
trovano nelle abitazioni e fabbriche annesse ai fondi rustici e provenienti 
dai medesimi �. Tale privilegio compete all'Istituto mutuante 
e in confronto di chiunque possegga, coltivi e conduca il fondo entro 
l'anno in cui scade il prestito o la singola rata di esso. In caso di 
mancato o insufficiente raccolto il privilegio si trasferisce sui frutti 
dell'annata successiva, purch� il debitore continui nella conduzione del 
fondo � (secondo comma dell'articolo, modificato dal d.l. 29 luglio 
1928, n. 2085). 

Dalle riportate norme si evince che beneficfario del prestito � il 
conduttore dell'azienda, sia o non proprietario, e che formano og�getto 
del privilegio i frutti dell'anno di scadenza del prestito: scadenza che, 
per l'art. 5 innanzi riportato, si ha e all'epoca del raccolto o della utilizzazione 
del prestito �. La garanzia del prestito � pertanto costituita, 
come esattamente si afferma nelle deduzioni del Banco di Napoli, da 
beni che sono stati prodotti con l'attivit� del debitore e con J.'utilizzazione 
del prestito. La norma impugnata trova rispondenza nella norma 
generale dell'art. 2757 del e.e., per la quale i crediti per le somministrazioni 
e per i lavori di coltivazione e di raccolt� dell'annata agricola 
hanno privilegio sui frutti, alla cui produzione abbiano concorso. 

Trattasi di un privilegio di carattere reale, costtuito per legge, 
rispetto al quale, per questa sua natura, non pu� invocarsi il principio 
della irrilevanza della res inter alios acta, e che pu� essere esercitato 
contro chiunque, per il diritto di seguito, proprio dei privilegi reali. 

Non sussiste pertanto l'asserita violazione dell'art. 42 della Costituzione. 


N�, a giudizio della Corte, pu� ravvisarsi violazione di tale articolo 
ove si ritenga, con la prevalente giurisprudenza, che la durata del 
privilegio corrisponda all'anno di calendario successivo alla sc�denza 
del prestito, e che quindi possa essere eserc,itato sul raccolto di tale 
anno, anche nel caso che il debitore abbia precedentemente cessato 
la conduzione del fondo. 

Va in proposito osservato che la disciplina del credito agrario � 

intesa al conseguimento dei fini di utiltt� sociale della produzione 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 421 

agricola e del suo incremento, rispetto ai quali si legittimano i limiti 
ed i vincoli della propriet� privata, inerenti alla e funzione sociale > 
di essa, e preordinati, per quanto riguarda la propriet� terriera, al fine 
di � conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi 
rapporti sociali � (ar.t. 44 Cost.). 

La possibilit� di far valere il privilegio nei confronti del terzo 
(proprietario o nuovo conduttore del fondo) corrisponde agli indicati 
scopi di interesse generale, di favorire il credito agrario, giacch�, se 
.Ja si escludesse, la garanzia del prestito potrebbe essere �inoperante, e 
d'altronde l'utilit� del suo impiego non si esaurisce con la produzione 
dei frutti dell'annata, potendo derivare da esso un vantaggio per la 
valorizzazione del fondo e la realizzazione dei frutti successivi. 

� anche da tener presente che la legge contiene norme dirette ad 
assicurare che il prestito sia utilizzato per gli scopi per cui � concesso 
(artt. 7 e 10), e il regolamento di esecuzione stabilisce i mezzi idonei 
iperch� l'Istituto di credito, nel concedere il prestito, accerti il titolo al 
quale il richiedente coltiva il fondo, con riferimento ai contratti che 
ilo comprovino (d.m. 23 gennaio 1928, art. 1, lett. b). -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 78 -Pres. Sandulli Rei. 
Crisafulli -Lambrilli (avv. Marafioti) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Codice penale -Applicazione provvisoria di pene accessorie -Violazione 

della presunzione di non colpevolezza dell'imputato -Esclusione. 

(Cost., art. 27; c.p. art. 140, c.p.p. artt. 301, 587). 

Non � fondata, con riferimento al principio costituzionale di presunzione 
di non colpevolezza dell'imputato, la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 140 c.p., e degli artt. 301 e 587 c.p.p., che prevedono, 
durante l'istruzione o il giudizio, l'applicazione provvisoria di 
pene accessorie (1). 

(Omissis). -L'ordinanza propone il dubbio sulla legittimit� costituzionale 
degli artt. 140 c.p. e 301 e 587 c.p., � limitatamente alla 

(1) La questione era stata proposta con 011dinanza 22 febbraio 1968 
del G.I. presso il Tribunale di Roma. 
In dottrina, cfr. TuRANo, Le interdizioni professionali, Arch. pen., 1968, 
I, 58; BRUTI LmERATI, Il ruolo del giudice nell'applicazione delle pene 
accessorie, Mass. trib., 1968, 1162. 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

422 

sospensione provvisoria dai pubblici uffici �, che era la misura applicabile 
nella specie, basandosi essenzialmente sulla locuzione usata dal 
legislatore, che, cosi nella rubrica delle disposizioni denunciate, �come 
anche, a volte, nel testo di talune disposizioni, quali lo stesso art. 301 
e l'art. 485 c.p.p., si rifevisce ad una applicazione provvisoria di � pene 
accessorie�. Di qui il. possibile contrasto con l'art. 27, secondo comma, 
della Costituzione, secondo cui l'imputato non � considerato colpevole 
fino alla condanna definitiva. 

Ma la questione non � fondata. La semplice circostanza che, per 
brevdt� e comodit� di espressione, i codici designino riassuntivamente 
i provvedimenti di cui all'art. 140 del codice penale come applicazione 
provvisoria di pene accessorie, avendo riguardo alle analogie strutturali 
di quei provvedimenti con alcune tra le pene accessorie elencate nel-
l'art. 19 c.p., non � da sola sufficiente a far concludere per la natura 
giuridica di vere e proprie pene delle misure cosi adottate. 

Quali che siano le denominazioni �giuridiche adoperate nei testi 
legislativi, la determinazione della natura di un istituto � compito 
spettante all'interprete, la nomenclatura legislativa potendo valere 
semmai come uno tra i vari elementi suscettibili di concorrere alla 
precisa individuazione del significato oggettivamente risultante dai testi 
medesimi. 

Ora, se ben si guarda alle finalit� cui � preordinata la disposizione 
dell'art. 140 c.p. ed ai caratteri che contrassegnano le misure in esso 
previste, deve concludersi che si tratta di misure cautelari, e non di 
sanzioni penali irrogate prima del giudizio e quasi anticipandone i 
risultati. Le misure applicabili dal g:iudice istruttore sono piuttosto 
assimilabili, da questo punto di vista, alle misure di prevenzione, e 
questa Corte ha gi� avuto occasione di a:ff.ermare che l'applicazione 
di misure di prevenzione, anche se restrittive della libert� personale, 
non �contrasta con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione (sent. 4 
marzo 1964, n. 23; sent. 8 febbraio 1962, n. 6). 

Ovviamente, prima di procedere all'applicazione di una delle misure 
di cui all'art. 140, il giudice deve sommariamente valutare, tra 
l'altro, il fumus boni juris dell'accusa, com'� appunto prescritto dallo 
stesso art. 140 e com'� regola generale nel nostro ordinamento processuale 
per qualsiasi specie di .provvedimenti cautelari. Ma una tale 
valutazione, che rappresenta comunque una garanzia per l'imputato 
e non differisce qualitativamente da quelle previste negli artt. 252 
e 374 c.p. ai fini della emissione di ordini o mandati, nonch� rispettivamente, 
del rinvio a giudizio, non viola la presunzione di non colpe� 
volezza enunciata nel secondo comma dell'art. 27 della Costituzione, 
per il suo carattere meramente delibativo in ordine alla adozione o 

� meno del provvedimento sospensivo e perch� destinata comunque ad 
. "'3uri"1 m quel momento. ~ 


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PARTE I, SEZ. I, GWRIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 423 

Carattere e finalit� cautelari presenta altresi la iscrizione nel casellario 
giudiziale della misura applicata, cosi com'� disposto dall'art. 
587, ultimo comma, del c.p.c., poich� detta iscrizione realizza una 
forma di pubblicit� necessaria per una pi� efficace tutela degli interessi 
che lo stesso art. 140 tende a proteggere. Certo, se, per assurda ipotesi, 
delle misure provvisoriamente adottate dovesse restare traccia nel 
casellario anche dopo che sia intervenuta una sentenza di proscioglimento, 
la norma dell'ultimo comma dell'art. 587 non sarebbe compatibile 
con il principio� dell'art. 27 della Costituzione. Ma cosi non �, 
dal momento che gli artt. 381, comma secondo, e 479, comma quinto, 

c.p.c. stabiliscono che le sentenze di proscioglimento emesse in sede 
istruttoria e a seguito di dibattimento debbano ordinare la cancellazione 
delle pene accessorie provvisoriamente applicate, mentre poi il 
combinato disposto degli artt. 4 e 14, lett. f, del r.d. 18 giugno 1931, 
n. 771, contenente norme regolamentari per il servizio del casellario 
giudiziale, provvede alle modalit� per la eliminazione dalla scheda 
dell'imputato della menzione del provvedimento che era stato adottato 
nei suoi confronti. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1969, n. 79 -Pres. Sandulli -
Rel. Branca -Delle Piane (avv. Musio Sale), Delle Piane (avv. 
Medina e Tumedei). 

Successioni -Diritto di rappresentazione -Esclusione dei figli natu


rali del chiamato che non lasci o abbia discendenti legittimi 


Illegittimit� costituzionale. 

(Cost. art. 30; e.e. art. 467, 468, 577). 

� fondata, con riferimento alla tutela accordata dalla Cosbituzione 
alla prole naturale, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 577 

e.e. nel suo complesso e degli ar~t. 467 e 468 dello stesso codice, limitatamente 
alla parte in cui escludono dalla rappresentazione il figlio 
naturale di chi, figlio o fratello del de cuius, non potendo o non 
volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti legittimi (1). 
(1) La questione era stata pro;posta con ordinanza 26 giugno 1967 del 
Tribunale di Genova (Gazzetta Uffi,cial'e 25 novembre 1967, n. 295). 
Per un'ampia disamina della filiazione illegittima, anche de iure condendo, 
cfr. G10RGIANNI, La discip,lina dei rapporti personali neWambito 

familiare e quello della filiazione il:legittima nel progetto Reale, in Studi 
per Torrente, 495. 
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424 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1969, n. 81 -Pres. Sandulli -
Rel. Oggioni -Castellani (avv. Bussi), Soc. Villaverla (avv. Jemolo, 
Stratta) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Casamassima). 

Lavoro -Divieto di licenziamenti individuali -Giusta causa -Esclusione 

delle aziende con meno di 35 dipendenti -Illegittimit� costituzio


nale -Insussistenza. 

(Cost., art. 3, 4. 35; I. 15 luglio 1966, n. 604, a~. 11 Pl'.imo comma). 

L'art. 11, primo comma, deila legge 15 luglio 1966, n . .604, che 
esclude dall'applic,abilitd del divieto di. licenziamento senza giusta 
causa le aziende aventi meno di 35 dipendenti, non contrasta con 
l'art. 4 della Costituzione, non sussistendo un vero dirifito soggettivo 
alla conservazione del posto di lavoro, n� con gli artt. 3 e 35 deUa 
Costituzione, in quanto la limitazione cos� posta non contiene in se 
stessa vizi di razionalitd suscettibili di sindacato di legittimit� cosbituzionale 
(1). 

(Omissis). -2. -Tutte le ordinanze propongono la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 11, primo comma, della legge 15 luglio 
1966, n. 60~, prospettando, come motivo comune, }'.eventuale contrasto 
con il principio dell'eguaglianza di tutti i cattidini davanti alla legge, 
statuito dall'art. 3 della ca~'ta costituzionale. 

A questo motivo comune, l'ordinanza del pretore di Napoli aggiunge 
altri due motivi particolari, con riferimento e all'art. 4 della 
Costituzione (effettivit� del diritto al lavoro ed alla conservazione del 
posto di lavoro a favore di tutti i cittadini) e all'art. 35 (tutela generale 
del lavoro). 

3. -La Corte ritiene che, nell'ord1n� dei motivi suindicati, debba 
prima esaminarsi quello addotto con l'ordinanza del pretore di Napoli, 
in relazione all'art. 4 della Costituzione ed all'art. 35 che ne costituirebbe 
un corollario. 
Invero, col permettere che per tutti, indistintamente, i lavoratori 
dipendenti, sussista il diritto soggettivo alla conservazione del posto di 

(1) La questione era stata proposta con sette ordinanze di giudici di 
merito. 
In dottrina, cfr. BoLLETTI, Brevi note sulla questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 11 della nuova legge sui licenziamenti individuali, 
Riv. Lav., 1967, II, 350; MAZZONI, Il principio di uguaglianza e l'art. 11 
della legge 15 luglio 1966, n. 604, Mass., Giur. lav.� 1968, 170. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 425 

lav�ro, salvo l'applicabilit� in via di eccezione di identico sistema di 
licenziamento, si viene a porre la question.e, sotto un motivo di� base, di 
portata generale ed immanente. 

La questione, considerata sotto queso profilo, non � fondata. 

La portata della garanzia del diritto al lavoro � stata delineata, 
sotto vari aspetti ed in diverse occasioni, dalla giurisprudenza di questa 
Corte a partire dalla sentenza n. 3 del 1957 sino alle affermazioni contenute 
nella sentenza n. 45 del 1965, che rappresentano uno sviluppo 
dei gi� acquisiti principi, per quanto riguarda la qualificazione del 
diritto al lavoro in relazione alla portata che esso assume ed alla 
funzione che svolge direttamente nei rapporti fra l'individuo e lo Stato. 

Infatti, riaffermati nella sostanza gli aspetti gi� delineati del diritto 
in esame, la Corte, con la detta sentenza, ha proceduto ulteriormente 
nel definire i profili, affermando che, una volta interpretata la 
norma costituzionale come fonte di un divieto posto allo Stato di imporre. 
limiti discriminatori alla libert� di lavoro, e del correlativo obbligo 
di indirizzare l'attivit� dei pubblici poteri e dello stesso legislatore 
alla creazione di condizioni economiche, sociali e giuridiche, che 
consentano l'impiego di tutti i cittadini idonei al lavoro, ne deriva che 
la norma stessa, � come non garantisce a ciascun cittadino il diritto al 
conseguimento di una occupazione, cos� non garantisce il diritto alla 
conservazione del posto di. lavoro, che nel primo dovrebbe trovare il 
suo logico e necessario presupposto�: ci� sempre con le doverose garanzie 
per quanto riguarda il rispetto dei principi fondamentali di 
libert� sindacale,. politica e religiosa. 

Ora � chiaro che, pur se la stessa sentenza prosegue affermando la 
esigenza che il legislatore � adegui la disciplina del rapporto di lavoro 
a tempo indeterminato al fine ultimo di assicurare a tutti la 'continuit� 
del lavoro e circondi di doverose garanzie e di opportuni temperamenti 
i .casi in cu si renda necessaro far luogo a licenziamenti �, resta tuttavia 
escluso che possa �parlarsi in relazione all'art. 4 della Costituzione di 
un vero e proprio diritto soggettivo alla conservazione del posto da 
parte del lavoratore. 

La Corte, anche per la mancanza di contrapposti nuovi o diversi 
motivi, non pu� che confermare il proprio indirizzo giurisprudenziale, 
escludendo la fondatezza della questione in quanto proposta in r�elazione 
agli artt. 4 e 35 della Costituzione. 

4. -Ci� premesso, l'esame della questione di legittimit� costituzionale 
va ricondotto in relazione al solo profilo comune a tutte le 
ordinanze, di cui all'art. 3 della Costituzione. Il principio di parit�, 
dervante da questo articolo, sarebbe violato per il fatto che il diritto 
di recesso dal rapporto d lavoro � regolato in modo diverso, in base al 

426 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non !l'azionale criterio quantitativo ,e distintivo che siano fino a 35 o 
pi� di 35 i dipendenti assunti dal datore di lavoro. 

La questione non � fondata. 

Come la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ritenuto, 
l'art. 3 non corrisponde ad un criterio di mera uguaglianza formale e 
formalistica e perci� �non esclude che il legislatore possa adottare norme 
diverse per regolare situazioni che esso ritenga diverse, adeguando 
cosi la disciplina giuridica agli svariati aspetti della vita sociale, entro 
un margine di discrezionalit� che giustifichi sostanzialmente il criterio 
di differenziazione adottato. Tutto ci� con conseguenti riflessi sui limiti 
del controllo di costituzionalit� consentito a questa Corte. 

L'esame dell'art. 11 della legge sui licenziamenti individuali, compiuto 
seguendo gli ora cennati criteri direttivi, elimina il prospettato 
dubbio di legittimit� costituzionale. 

Va, anzitutto, tenuto presente che il dato su cui la norma � basata, 
consistente nella diversificazione, per determinati effetti, a seconda 
delle dimensioni, maggiori o minori, che il datore di lavoro imprime 
alla organizzazione della sua attivit�, � un dato aderente alla 
realt� economica, di comune esperienza. 

Che si tratti di distinzioni, penetrate in vario modo e misura, per 
la lO!I'o forza realistica, nel sistema legislativo, � largamente dimostrabile. 


Basti richiamare, per tutte, la norma dell'art. 2083 e.e. e, correlativamente, 
quella dell'art. 2202, che, riguardando a s� stante la categoria 
dei piccoli imprenditori, dimostrano, per implicito, che vi sono 
elementi che li distinguono da quelli delle altre categorie dei medi e 
dei grand imprenditori. Lo stesso dicasi per quanto riguarda l'esclusione 
dei piccoli imprenditori dalle procedure concorsuali (art. 1, r.d. 
16 marzo 1942, n. 267). Anche in leggi speciali sul lavoro subordinato, 
il legislatore ha fatto ricorso a classificazioni distintive, basate su dati 
quantitativi circa il numero dei dipendenti: cosi nella legge 25 luglio 
1956, n. 860, sulla disciplina giuridica delle imprese artigiane (considerate 
tali, a seconda del numero dei dipendenti, addetti o meno a 
lavorare in serie): e cosi nella legge 22 settembre 1960, n. 1054, sul 
personale degli autoservizi urbani e extra urbani, la cui applicazione 
� subordinata al numero superiore a 25 dipendenti occorrenti per le 
normali esigenze di servizio. 

Aggiungasi che la norma, di cui ora si pone in dubbio la legittimit� 
costituzionale, per avere escluso l'applicabilit� \della condizione 
della giusta causa per i licenziamenti individuali, nella ipotesi che i 
datori di lavoro occupino fino a 35 dipendenti, ha un suo precedente, 
per quanto attene alla considerazione di una certa razionale distinzione 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 427 

segnata da questo stesso numero di dipendenti da imprese industriali e 
stipulato tra la Confederazione generale dell'industria, la Confederazione 
generale italiana del lavoro, la Confederazione italiana sindacati 
lavoratori e l'Unione italiana del lavoro. 

Tale accordo, recepito dal d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1011, che questa 
Corte ritenne non contrastante con la Costituzione con sentenza n. 50 
del 1966, ha segnato, con l'art. 8, la esclusione, per le aziende con non 
pi� di 35 lavoratori, dalla speciale procedura per l'esame dei licenziamenti 
�davanti ad un � Collegio di conciliazione ed arbitrato ., riconducendo 
l'esame ad un semplice tentativo di conciliazione tra l'azienda 
ed il delegato di impresa. Un successivo accordo interconfederale del 
29 aprile 1965 ha ribadito che, sia pure in via transitoria, per le aziende 
che occupano non pi� di 35 lavoratori, continua ad operare il tentativo 
di conciliazione in sede sindacale anzich� la procedura davanti al �Collegio 
di conciliazione ed arbitrato �. 

Questi precedenti non sono certo risolutivi per la questione di costituzionalit�, 
ma conferiscono positiva dimostrazione che la componente 
numerica dei lavoratori ha riflessi sul modo di essere e di operare 
del ra�pporto di lavoro� organizzato. 

Non � solo e non tanto il criterio della diretta fiducia personale 
che vale a qualificare il rapporto nell'ipotesi di un numero inferiore 
di dipendenti, quanto il criterio economico suggerito per regolare gli 
interessi delle aziende aventi un minor numero di dipendenti, pur senza 
trascurare gli interessi dei lavoratori, tanto che (artt. 4 e 9 della legge 
in rlazione all'art. 11) � sempre salva la nullit� del loro licenziamento, 
se effettuato per ragioni politiche, religiose o di appartenenza a sinda� 
cati e relative attivit� ed � sempre salva la indennit� di anzianit�. 

5. -Riconosciuta, pertanto, la razionalit� di una delimitazione in 
genere di categorie di datori di lavoro, a seconda delle forze di lavoro 
impiegate, la questione di costituzionalit� si riduce al punto specifico 
se l'art. 11 della legge sui licenziamenti abbia, nel segnare il limite 
dei 35 dipendenti, operato insindacabilmente mantenendosi nei limiti 
di equiparazione delineati dall'art. 3 della Costituzione, ovvero questi 
limiti abbia superato, dando luogo ad una inammissibile disparit� di 
trattamento. 
Ma, per quanto gi� si � esposto per segnare l'ambito di interpretazione 
e di applicazione dell'art. 3, la questione non � fondata. 

Pu� anche prescindersi (per quanto la coincidenza � di sintomatico 
rilievo) dal tener conto, come argomento decisivo e vincolante, che lo 
stesso limite numerico di 35 dipendenti � stato adottato in sede sindacale 
per quanto riguarda la materia dei licenziamenti. 

Ma ci� che soprattutto induce ad escludere l'incostituzionalit� della 
norma e, nel contempo, a mantenere l'esercizio del controllo da parte 


4:28 RASSEGNA DEL~'AVVOCATURA DELLO,STATO 
di questa Corte entro quei confini al di l� dei quali si darebbe luogo ad 
usurpazione delle valutazioni discrezionali e di politica legislativa 
spettanti al Parlamento, � che la distinzione stabilita non contiene, in 
se stessa, vizi di razionalit�, per le ragioni di massima suesposte; e, 
per quanto concerne la misura numerica, la valutazione del Parlamento 
risulta essersi svolta secondo autonome emotivate scelte tenendo conto 
dei fattori di quilibrio economico-sociale che ne consigliavano, nel determinato 
momento, l'adozione, nell'interesse generale. 

Si tratta, del resto, di criteri che il Parlamento pu� sempre rivedere, 
anche in co:qsiderazione dell'evolvere delle esigenze organizzative, 
collegate, tra l'altro, al progresso tecnologico. -(Omissis). 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE �DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1105 -Pres. Tavolaro 
-Est. D'Armiento -P. M . .criscuoli (conf.). -Ospedale 
civile di Palmanova (aVv. Morvillo) c. Amministrazione Finanze 
(avv. Stato Foligno). 

Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Imposte 
dirette -Azione giudiziaria -Condizioni -Preventivo ricorso 
davanti alle commissioni tributarie -Azione di mero accertamento 
diretta ad impedire preventivamente l'applicazione dell'imposta 
-Improponibilit�. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639; art. 22). 
n principio., se�condo il quale, in tema di controversie in materia 
di imposte dirette, la proposizione dell'azione giudiziaria � condizionata 
al preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie, non softre 
eccezione nel caso che il contribuente si sia limitato ad adire direttamente 
l'autorit� giudiziaria per una declaratoria di mero accertamento 
tendente ad ottenere la dichiarazione giudiziale che nel caso concreto 
l'imposta non � applicabile (1). 

(qmissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Ospedale Civile di 
Palmanova, denunziando la falsa applicazione dell'art. 6 legge 20 marzo 
1865, n. 2248, all. E, dell'art. 120 Regolamento 11 luglio 1907, n ..560 e 
dell'art. 22 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 639, in relazione all'art. 360, n. 3, 
cod. proc. civ., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla 

(1} Il principio, enunciato in sentenza, che, in materia di imposte dirette, 
il ricorso all'autorit� giudiziaria � condizionato al preventivo ricorso 
davanti alle Commissioni tributarie, � di indubbia esattezza ed � costantemente 
riaffermato in giurisprudenza. 

Cfr. da uitimo Cass., Sez. I, 3 febbraio 1968, n. 354, in questa Rassegna, 
1968, I, 115, con nota di ANGELINI ROTA. 

� noto infatti che l'ordinamento condiziona, in materia di imposte 
dirette, l'�zione giudiziaria, oltre che alla pubblicazione del ruolo, al previo 
ricorso alle Commissioni tributarie (art. 22 r.d. 7 agosto 1936, n. 1639). 

Il principio, in linea generale, stabilito dall'art. 6 della legge 1865, 
all. E, trae la sua giustificazione dalla separazione dei poteri ed � inteso 


4:30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Corte di merito, sono proponibili, anche in materia d'imposte dirette, 
le azioni di accertamento preventivo sulla legittimit� della pretesa tributaria 
della P. A. Argomenta in proposito che, anzitutto, la natura 
del procedimento tributario � unica, sia in materia d'imposte dirette 
che in tema d'imposte indirette, per cui � ingiustificato ammettere o 
negare la liceit� della attivit� giurisdizionale preventiva solo in base 
alla natura del tributo. In secondo luogo che, il principio, il quale 
esclude dalla competenza giudiziaria le questioni sulle imposte dirette, 
sino a che non abbia avuto luogo la pubblicazione dei ruoli (art. 6, 
legge abolitiva del contenzioso amministrativo) deve intendersi limitato 
all'esistenza di un processo tributario di accertamento gi� iniziato, 
ma non ancora concluso nella sua fase amministrativa. Laddove, invero, 
manchi uno specifico accertamento fiscale in atti, e si neghi in radice 
la legittimit� della pretesa tributaria dello Stato, non vi sarebbe alcuna 
ragione per limitare il diritto del cittadino ad ottenere una declaratoria 
di accertamento preventivo negativo. 

Il ricorso � infondato e correttamente la sentenza denunziata ha 
ritenuto e dichiarato che nella specie sussiste il difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario a conoscere della domanda. 

Ed invero, com'� noto, in tema di controversie in materia d'imposte 
dirette -a differenza di quanto comunemente si ritiene in materia 
d'imposte indirette -la proposizione dell'azione davanti all'autorit� 
giudiziaria � condizionata alla pubblicazione dei ruoli e al preventivo 
ricorso davanti alle commissioni tributarie. Tale limitazione � sancita 
dall'art. 6, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sul contenzioso amministrativo, 
e dalle norme concernenti l'imposta di ricchezza mobile e 
le altre imposte dirette (t.u. 24 agosto 1877, n. 4021; reg. 11 luglio 
1907, n. 560; r.d.1. 7 agosto 1936, n. 639). 

Stante detta limitazione, che risponde ad esigenze della divisione 
dei poteri e attiene al conseguimento di altri scopi pubblici che qui 

ad evitare che la tutela giudiziaria interferisca e si sovrapponga in maniera 
e prematura. all'azione amministrativa. 

� conseguenziale pertanto l'applicazione del principio alla fattispecie 
in esame in cui il contribuente aveva promosso un'azione di accertamento 
preventivo negativo prima ancora che la p.a. fosse pervenuta all'accertamento 
dell'imposta o avesse dato inizio� al ,procedimento di riscossione. 

Cfr. Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1954, n. 3555, in Giust. civ., 1954, 
II, 2341. 

.Prima della nascita del debito di imposta, la situazione soggettiva 
del privato, essendo intimamente collegata all'esercizio di potest� pubbliche 
che ancora non si sono rese concrete con l'atto amministrativo di 
imposizione, si configura chiaramente come interesse legittimo, non tutelabile 
dinanzi al giudice ordinario. 

G. DE PAOLA '(~: 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 431 

appare superfluo richiamare e tanto meno discutere, deve riconoscersi 
che la limitazione stessa debba operare anche per le cosiddette azioni 
di accertamento negativo, e cio� per quelle azioni che tendono a far 
dichiarare dal giudice ordinario che non sussiste da parte dello Stato 
il potere impositivo relativamente ad una data situazione giuridica che 
si ritenga intassabile con imposta diretta. Basta considerare, infatti, 
non solo che l'accertamento preventivo mira evidentemente al fine concreto 
di sfugg~re all'imposta, ma che una volta dichiarato dal giudice 
ordinario la non assoggettabilit� del rapporto all'imposta, l'amministrazione 
finanziaria non potrebbe pi� applicarla e riscuoterla, e in 
caso che l'avesse gi� fatto, sarebbe tenuta al rimborso. In altri termini, 
si avrebbe in tal modo quell'interferenza di attribuzioni e di poteri 
che la legge ha voluto invece evitare, limitando il diritto del contribuente 
ad insorgere, nella materia che ne occupa, quando la tassazione 
sia non solo gi� avvenuta attraverso la pubblicazione dei ruoli, ma sia 
avvenuto anche l'esperimento, almeno in un grado, del ricorso davanti 
alle commissioni tributarie. 

Pertanto va confermato il principio, gi� altra volta stabilito da 
queste Sezioni Unite in una fattispecie identica (cfr. sent. 11 ottobre 
1954, n. 3555), che in tema di controversie in materia di imposte 
dirette, la proposizione dell'azione davanti all'autorit� giudiziaria, � 
condizionata al preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie, 
e non soffre eccezione nel caso che il contribuente si sia limitato ad 
adire direttamente l'autorit� giudiziaria non gi� per la risoluzione della 
controversia relativa all'applicazione della imposta ma per una declaratoria 
di mero accertamento, quando con questa si tenda praticamente 
ad ottenere la dichiarazione giudiziale che nel caso concreto la imposta 
non � applicabile. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1106 -Pres. Tavolaro 
-Est. Iannuzzi -P. M. Criscuoli (conforme). Bartolomei 
Remo (avv. D'Abbiero) c. Ministeri del Tesoro e dell'Agricoltura 
e Foreste (avv. Stato Carafa). 

Competenza e giurisdizione -Rapporto di pubblico impiego cessato Controversia 
sul periodo complessivo del servizio al solo fine di 
stabilire l'entit� della pensione -Giurisdizione esclusiva del 
Consiglio di Stato -Esclusione. 

(r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 1; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 
e 62). i 
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432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Competenza e giurisdizione -Rapporto di pubblico impiego cessato Ripetizione 
di indebito oggettivo -Domanda di annullamento di 
atto amministrativo di recupero di somme versate. 

(art. 2 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; art. 26 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054; 
art. 2033 e.e.). 

Non puc) parlarsi di controversia di pubblico impiego e, pertanto, 
non sussiste giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, ma giurisdizione 
della Corte dei conti, quando il rapporto d'impiego deve ritenersi 
pacificamente cessato e si discute .del periodo complessivo del servizio 
solo al fine di stabilire l'entit� della pensione (1). 

Non pu� esser proposta davanti al Consiglio di Stato una domanda 
di annullamenilo di un atto amministrativo di recupero di somme versate 
in pi� a titolo di pensione poich� essa importa la risoluzione di 
una questione di ripetizione d'indebito oggettivo (art. 2033 e.e.) e 
perci� una questione di diritto soggettivo che appartiene alla cognizione 
del giudice ordinario (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la 
violazione degli artt. 29 e 30 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 e la falsa 

.applicazione degli artt. 13 e 62 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, deduce 
che erroneamente il Consiglio di Stato ha dichiarato il proprio difetto 
di giurisdizione a provvedere sulla domanda di annullamento del prov


(1) n principio enunciato nella prima massima secondo il quale non 
sussiste giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, ma giurisdizione 
della Corte dei Conti ai sensi degli artt. 13 e 62 del t.u. n. 1214 del 1934 
ogniqualvolta, non essendovi controv�rsia sull'avvenuta cessazione del rapporto 
di impiego, si discuta del periodo complessivo del servizio solo al 
fine di stabilire l'entit� della pensione da e riliquidare � � fermo insegnamento 
della giurisprudenza della Suprema Corte in materia di conflitti 
di giurisdizione. 
Tale insegnamento pone in evidenza l'errore in cui si incorre quando 
si voglia trasferire la disciplina dettata per il rapporto di pubblico impiego 
per regolare la diversa situazione che si realizza con la cessazione 
di esso. 

Sulla autonomia del rapporto di pensione da quello di pubblico impiego 
con la cessazione di quest'ultimo cfr. da ultimo Cons. Stato, s�ez. V, 
25 settembre 1968, n. 1192, in Foro amm., 1968, I, 2, 1130; cfr. altresi Corte 
Cassazione, Sez. Un., 29 aprile 1967, n. 798, in Mass. giust. civ., 1967, 398, 
sui limiti della giurisdizione della Corte dei Conti. 

(2) La'seconda massima costituisce, anch'essa, un'applicazione al caso 
specifico (di una domanda di anullanmento di un atto amministrativo di 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 433 

vedimento relativo alla data di coilocamento a riposo, poich� esso riguardava 
lo stato giuridico del ricorrente e non la liquidazione della 
pensione. Osserva inoltre che la questione relativa alla data di collocamento 
a riposo era stata proposta anche ad altri fini, quali il cumulo 
della pensione con il trattamento di attivit� del servizio e l'illegittimit� 
dell'ordine di recupero de�a somma di L. 291.735 per ratei di pensione 
percepiti in pi�. Rileva, infine, che era stata denunciata anche la 
violazione della legge 4 maggio 1951, n. 538 e dell'art. 6 d.1.1. n. 804 
del 1948 relativamente alle condizioni per il collocamento a riposo di 
ufficio, questione che rientrava nella ,giurisdizione esclusiva del Consiglio 
di Stato. 

La censura non � fondata. 

Con il ricorso al Consiglio di Stato il Bartolomei chiedeva che fossero 
annullati il decreto del Ministero dell'Agricotura e delle Foreste 
26 marzo 1962 ed il conseguente atto 2 agosto 1962 del Ministero del 
Tesoro, concernente il recupero della somma percepita in pi� a titolo 
di pensione; deduceva ,che la data esatta di cessazione dal servizio era 
quella del 31 agosto 1952, essendo stato trattenuto in servizio dal 15 
giugno 1949 alla predetta data del 31 agosto 1952, e che, conseguentemente, 
la pensione doveva essere liquidata in base al servizio prestato 
fino alla stessa data; chiedeva che fosse dichiarata illegittima J.a pretesa 
dell'Amministrazione di recupero della somma suindicata. 

Ora il citato decreto ministeriale 26 marzo 1962 aveva per oggetto 
la riliquidazione della pensione sulla base di un servizio cessato il 15 
giugno 1949, non potendosi calcolare, a tal fine, il maggior servizio 
prestato fino al 14 luglio ovvero fino al 31 agosto 1952, che poteva 

recupero di somme versate in .pi� a titolo di pensione) dei principi fondamentali 
in materia di discriminazione della giurisdizione fra giudice ordinario 
e 'giudice amministrativo in funzione dell'effettiva natura dell'oggetto 
della controversia e della protezione accordata in astratto dall'ordinamento 
giuridico alla posizione soggettiva assunta a fondamento di tale pretesa. 

In base a tale principio, posto in relazione alle norme regolatrici della 
giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, si pu� affermare che, mentre 
rientrano nella giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato le questioni attinenti 
al recupero di assegni indebitamente percetti dal pubblico dipendente 
quando il rapporto d'impiego sia in corso, una volta che questo sia 
venuto meno, le eventuali questioni d'indebito pagamento di assegni al 
pubblico dipendente rientrano_ invece, in mancanza di deroga espressa, 
nella giurisdizione del giudice ordinario. 

Sui limiti della competenza giurisdizionale esclusiva del Consiglio di 
Stato vedasi in linea generale Cass., Sez. Un., 10 ottobre 1967, n. 2358, 
in Foro amm., 1968, I, 1, 100. 


434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

considerarsi valido solo ai fini della percezione dello stipendio; peraltro 
il ricorrente non contestava, ma ammetteva espressamente, nel ricorso 
e negli scritti difensivi, di essere stato collocato a riposo il 15 giugno 
1949 e tr.attenuto in servizio fino al 31 agosto 1952. 

Pertanto l'oggetto dell'impugnazione davanti al Consiglio di Stato 
era un provvedimento di riliquidazione della pensione sulla base della 
riconosciuta cessazione dal servizio nella data indicata nel provvedimento 
stesso; era conseguenziale l'impugnazione dell'ordine di recupero 
delle somme versate in pi� per lo stesso titolo di pensione. Non 
furono .proposte davanti al Consiglio di Stato le altre questioni, �prospettate 
in questa sede, concernenti la cumulabilit� della :pensione con 
in trattamento di attivit�, ovvero la sussistenza delle condizioni per il 
collocamento a riposo di ufficio. 

Se ci� � vero, esattamente � stato dichiarato il difetto di giurisdizione 
del Consiglio di Stato, trattandosi di materia devoluta alla cognizione 
esclusiva della Corte dei Conti, relativl;lmente all'impugnazione 
del decreto del Ministero del Tesoro, e di materia appartenente 
alla cognizione dl giudice ordinario, relativamente all'atto conseguenziale 
di recupero delle somme pagate in pi� a titolo di pensione. 

Il ricorrente, premesso che era stato collocato a riposo il 15 giu


gno 1949, ma trattenuto in servizio fino al 31 agosto 1952, sosteneva 

che si sarebbe dovuto considerare come periodo utile ai fini del trat


tamento di quiescenza anche quello decorrente fra le date predette e, 

pertanto, che la liquidazione della pensione si sarebbe dovuta effettuare 

con riferimento al maggior servizio prestato � di fatto � anche dopo il 

formale collocamento a riposo. La questione relativa alla data di ces


sazione dal servizio e, quindi, al periodo di servizio effettivamente pre


stato alla dipendenza della amministrazione, veniva proposta, sulla base 

di elementi noti e pacificamente ammessi, solo al fine della determi


nazione della pensione; oggetto della domanda era l'annullamento del 

decreto di riliquidazione della pensione, che il giudice amministrativo 

avrebbe dovuto esaminare in base alla premessa dell'avvenuta cessa


zione del servizio, in seguito protrattosi � di fatto� per un altro pe


riodo. Non pu� parlarsi di controversia di pubblico impiego, o di con


troversia sullo stato giuridico del dipendente, come ora deduce il ricor


rente, quando il rapporto d'impiego deve ritenersi pacificamente ces


sato e si discute del periodo complessivo del servizio solo al fine di 

stabilire l'entit� della .pensione. 

Non pu� essere proposta davanti al Consiglio di Stato una domanda 

di annullamento di un atto amministrativo di recupero di somme ver


sate in pi� a titolo di pensione, poich� essa importa la risoluzione di 

una questione di ripetizione d'indebito oggettivo (art. 2033 e.e.), e 

fi&r1!rnf?Jlilif&i1flfff&fillilmmlffwill11fifwl'illJffiilirm1trilillit@:mr;1&1ill1B11t:rg1r*1trnnrmfim~rrnrnmr1ffB!t 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 435 

perci� una questione di diritto soggettivo, che appartiene alla cognizione 
del giudice ordinario. 

Il ricorrente deduce, con il secondo motivo, che non si potrebbe 
riscontraTe una .posizione di diritto soggettivo, in quanto il recupero di 
somme percepite in buona fede � sog,getto ad una valutazione discrezionale 
della pubblica amministrazione; comunque non sarebbe 'pertinente 
il richiamo al citato art. 2033 e.e., poich� l'amministrazione esercita 
un'attivit� amministrativa nel disporre il recupero delle somme 
indebitamente versate al dipendente, e non un diritto di !ripetizione 
d'indebito. Denuncia, quindi, la violazione degli artt. 26, 29 e 30 del 
citato t.u. n. 1054 del 1924 nonch� dell'art. 2033 e.e. 

Ma in tali affermazioni s'annida l'errore di trasferire la disciplina 
dettata per il rapporto di pubblico impiego, per regolare la diversa situazione 
che si realizza con la cessazione di esso. Fino a quando il 
rapporto d'impiego � in corso, tutte le questioni, anche relative a diritti, 
che si ricollegano alla costituzione o al suo svolgimento, sono 
devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo; a mente delle 
disposizioni di legge richiamate dal ricorrente. Quando, invece, il rapporto 
� cessato, le posizioni delle parti sono nettamente di diritto soggettivo 
e non trova posto alcuna valutazione discrezionale: il dipendente 
ha diritto alla pensione, e le questioni relative appartengono alla giurisdizione 
della Corte dei Conti; le eventuali questioni d'indebito n'el 
pagamento di somme per tale titolo attengono, invece, in mancanza 
di deroga espressa, alla giurisdizione del giudice ordinario. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1376 -Pres. 
Scarpello -Rel. De Santis -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Convitto 
Nazionale V. E. di Palermo (avv. Stato Zagari) c. Battaglia (avv. 
D'Abbiero). 

Competenza e giurisdizione -Natura del rapporto d'impiego tra i 
Convitti Nazionali e il personale insegnante nelle scuole da essi 
gestite anteriormente alla legge 9 marzo 1967, n.150 -Controversia 
-Giurisdizione ordinaria. 

(c.p.c., 429; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E., art. 2; r.d. 26 luglio 1924, n. 1054, 
art. 29, n. 1; r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410, art. unico; legge 19 gennaio 1942 


n. 86, art. 1, 6, 7). 
n rapporto d'impiego tra i Convitti nazionali che gestiscano scuole 
medie e secondarie superiori, ancorch� parificate, e il personale insegnante 
era, anteriormente alia legge innovatJiva 9 marzo 1967, n. 150, l 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di natura privatistica, per cui, sulle controversie traenti origine da 
tale rapporto, la giurisdizione spetta al giudice ordinario (1). 

(Omissis). -La questione di giurisdizione sollevata con i due 
mezzi di annullamento � gi� stata ripetutamente esaminata da queste 
Sezioni unite della Corte di cassazione che hanno riconosciuto il carattere 
privatistico del rapporto di� impiego intercorso tra i convitti nazionali 
ed il personale insegnante delle scuole istituite, anteriormente 
alla legge n. 150 del 1967, presso i convitti medesimi, ancorch� si 
trattasse di scuole legalmente riconosciute. 

Conseguentemente queste Sezioni unite hanno ritenuto che le controversie 
relative a tali rapporti d'impiego rientrano nella competenza 
giurisdizionale dell'autorit� giudiziaria ordinaria, (sentenza n. 874 del 
1964, n. 1321 del 1965, n. 2424 del 1966 ed altre). 

Questa giurisprudenza � stata assoggettata ad ulteriore vaglio dopo 
che, con la legge 9 marzo 1967, n. 150, sopra citata, si � disposto un 
nuovo ordinamento delle scuole interne dei convitti nazionali. 

Con sentenza n. 2065 del 21 giugno 1968, queste sezioni unite 
hanno quindi ritenuto che la nuova disciplina legislativa, in base alla 
quale le scuole medie e secondarie superiori annesse ai convitti nazionali 
sono ormai scuole statali, valga a convincere ulteriormente della 
esattezza della soluzione adottata in precedenza, piuttosto che a dimostrarne 
la erroneit�. 

Invero il caTattere palesemente innovativo della l~gge del 1967 
induce anch'esso a ritenere che le scuole annesse ai convitti nazionali, 
solo ora divenute .scuole statali, erano, sotto l'impero delle leggi anteriori, 
scuole private, ancorch� parificate. 

Nell'istituirle e nel gestirle, i convitti nazionali agivano sullo 
stesso piano dei privati ai quali � data autorizzazione ad istituire e 
gestire una scuola, parificata alla scuola pubblica solo per determinati 
effetti ed entro certi limiti. 

Dai principi ripetutamente affermati, questa corte non ha motivo 
ora di discostarsi e perci�, rimandando alle ragioni altre volte esposte, 
senza farne inutile ripetizione, deve riconoscere che sono fondati entrambi 
i motivi di ricorso, con i quali, denunziadosi la violazione ~i 
numerose norme di legge (art. 29 e 30 t.u. n. 1054 del 1924; 118 r.d. 

n. 1054 del 1923; 1�0 r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410; 1, 6, 7 1. 19 gen(
1) Giurisprudenza del'le Sezioni unite ormai consolidata: in senso 
conforme, sentenze 21 giugno 1968, n. 2065, Foro it., Rep. 1968, voce Istruzione 
pubblica, n. 48; 30 marzo 1968, n. 985, in questa Rassegna, 1968, 
I, 188, con nota di richiami. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 437 

naio 1942, n. 86, 33 della Costituzione; 429 c.p.c., in relazione all'art. 
360 nn. 1, 3, 5 stesso codice) si sostiene per l'appunto la natura � 
privatistica del rapporto .qi impiego intercorso tra il ricorrente Battaglia 
ed il convitto nazionale �Vittorio Emanuele� di Roma, con la 
conseguente giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria relativamente 
alla controversie, a cui tale rapporto ha dato origine. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1615 -Pres. 
Scarpello -Est. Aliotta -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Venneri (avv. 
Infante) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Salvatori). 

Competenza e giurisdizione -Questioni di stato delle persone -Accer


tamento � incidenter tantum� -Inammissibilit� -Giudizi di


nanzi alla Corte dei Conti. 

(c.p.c., artt. 9 e 34; r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, artt. 9-11). 

Le questioni di stato delle persone non possono esser decise se 
non � princiw;iliter �, con piena efficacia di. giudicato, dal Tribunale 
civile territorialmente competente. Nessun altro giudice pu� conoscere 
delle questioni stesse, sia pure in via puramente incidentale e con 
effetto limitato alla controversia principale, di diversa natura (1). 

A tale principio noin pu� farsi eccezion:e per i giudizi dinanzi 
alla Corte dei conti. Esula, pertanto, dalla giurisdizione della Corte il 
potere di decidere, sia pure in via incidentale, le questioini di stato 
delle persoine (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente denunzia, ai sensi 
dell'art. 360 n. 1 c.p.c. la violazione delle norme sulla giurisdizione, so


(1-2) Il principio generale di cui alla prima massima � stato pi� volte 
affermato dalla Suprema Corte. V., per tutte, Cass. 10 giugno 1966, n. 1515, 
in Foro it., 1966, I, 1235, con nota di richiami. 

I dubbi in merito all'applicabilit� del principio anche ai giudizi dinanzi 
alla Corte dei C:onti nascevano dalla circostanza che il regolamento di 
procedura (r.d. 13 agosto 1933, n. 1038), mentre disciplina espressamente 
l'ipotesi dell'incidente di falso, la cui cognizione � sottratta alla Corte 
anche in via meramente incidentale (artt. 10 e 11), tace del tutto sulle 
questioni di stato. 

L'argomento � a contrario � desumibile da tale silenzio viene confutato 
dalla sentenza in rassegna in base al rilievo che la procedura dinanzi alla 
Corte non � disciplinata da un sistema normativo autonomo, ma dalle 

norme della procedura ordinaria, salve le limitate deroghe introdotte dal 
Regolamento del 1933. 

438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stenendo che la Corte dei Conti difettava di giurisdizione a conoscere, 
anche in via meramente incidentale, delle questioni attinenti a1lo status 
del Venneri Antonio di figlio legittimo o, quanto meno, di figlio naturaJ.
e riconosciuto di essa ricorrente Mosco. 

Il motivo � fondato. Per un'esatta soluzione della questione occorre 
esaminarla da un punto di vista pi� generale, attinente alla possibilit� 
di decidere in via meramente incidentale le questioni di stato delle persone. 
Nel contrasto dottrinale, tutt'ora esjstente, questa Corte, sia pure 
dopo qualche esitazione, si � ormai decisamente orientata in senso negativo 
(.sentenze 21 ma.ggio 1948, n. 776, 7 febbraio 1958, n. 377, 18 
maggio 1963, n. 1290 e 10 giugno 1966, n. 1515) e queste Sezioni Unite 
ritengono di attenersi a tale indirizzo, �che trova fondamento in tutta 
una serie di argomentazioni. In proposito occorre anzitutto considerare 
che lo status pei:sonale, espressione che sta ad indicare la posizione giuridica 
del soggetto in una determinata istituzione sociale, statale o familiare, 
�costiituisce una situazione giuridica intrinseca al soggetto stesso, 
che ne determina la capacit� ed � presupposto necessario di ogni rapporto 
giuridico. In relazione a tali qualit� lo status ha un particolare 
carattere di assolutezza, che non ammette deroga, ed � efficace erga 
omnes, per cui non pu� che esistere o non esistere nello stesso modo 
nei confronti di tutti i soggetti di diritto. In conseguenza 'della particolare 
natura dello status personale il nostro ordinamento esclude la possibilit� 
che le relative questioni possano essere decise, sia pure incidenter 
tantum, da un giudice diverso da quello indicato nell'art. 9 comma 20 
c.p.c., cto� il Tribunale civile territorialmente competente, che deve in 
ogni caso deciderle principaliter �con effetto di giudicato. Ed � sintomatico 
in proposito �che, mentre nella prima parte di detto articolo si 
attribuisce in via generale fa competenza per materia al giudice collegiale 
per tutte le controversi.e che non rientrano nella competenza specifica 
del pretore o del �conciliatore, si sia ritenuto nel secondo comma 
ribadire espressamente il carattere esclusivo di tale competenza, e si 
siano nel codice civile posti limiti alla legittimazione a proporre le 
azioni di stato; il che � determinato anche da evidenti riflessi di natura 
pubblica, tanto che nei relativi giudizi � prescritto l'intervento del 
pubblico ministero (art. 70 n. 3 c.p.c.). 

Costituiscono applicazioni di tale principio generale le norme �che 
escludono espressamente la possibilit� da parte dei giudici amministrativi 
di decidere, sia pure incidenter tantum, le questioni di stato (articoli 
28 e 30 del t.u. 26 .giugno 1924, n. 1054 delle leggi sul Consiglio di 
Stato e 3 e 5 del t.u. 2.6 giugno 1924, n. 1058 sulle attribuzioni della 
Giunta Provinciale in sede giurisdiz1onale) ed � sintomatico che analoga 
disposizione � contenuta nelle norme che regolano il giudizio arbitrale 
(art. 806 e 819 c.p.c.). E perfino per il giudice penale � escluso 
normalmente il potere di decidere, sia pure in via meramente inci


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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 439 

dentale, le questioni di stato delle persone (art. 19 c.p.p.), che costitui


scono, ,come � noto, pregiudiziali assolutamente devolutive. Deve quin


di ritenersi, in relazione a quanto si � detto, �che se una questione di 

stato � proposta dinanzi ad un giudice diverso da quello �competente, 

dovr� applicarsi il principio di ordine generale nell'art. 34 c.p.c. per cui 

il giudice adito non potr� deciderla incidenter tantum, rientrando la 

questione di stato tra quelle questioni pregiudiziali �che per legge, cio� 

per il sistema legislativo, non possono decider�si che �con effetto di giu


dicato. N� vale addurre in contrario il disposto dell'art. 79 della legge 

consolare 15 agosto 1868, n. 1030, la quale attribuisce espressamente ai 

consoli ed ai tribunali consolari la ,cognizione in via meramente inci


dentale delle questioni di stato delle persone. 

Si tratta infatti di norma di ,carattere del tutto eccezionale, emanata 
in una epoca in cui i mezzi di trasporto e di �Comunicazione erano 
ancora primordiali; per cui la devoluzione incidenter tantum della co.
gnizione delle questioni di stato era una necessaria .conseguenza di una 
concreta esigenza di giustizia, aJ. fine di rendere possibile lo espletamento 
di. giudizi, il che altrimenti in molti casi sarebbe stato di fatto 
� praticamente inattuabile da parte di chi si trovava all'estero in un 

paese lontano dall'Italia. , 

N� vale ad inficiare il principio accolto, ch�f anzi ne conferma l'esi


stenza, la disposizione del tutto eccezionale prevista nelJ.'art. 540 c.p. 

con la quale si consente in determinate ipotesi al giudice penale in de


roga al �disposto dell'art. 19 c.p.p., di accertare la sussistenza di un rap


porto di filiazione illegittima. N� alcun argomento in favore dell'opposta 

tesi pu� desumersi daJ. disposto dell'art. 279 n. 1 e.e., il quale, ai limi


tati fini dell'obbligo di corresponsione degli alimenti da parte del pre


sunto genitore al figlio naturale non riConoscibile, ammette che iJ. rap


porto di paternit� possa risultare �indirettamente > da sentenza penale 

e ,civile. Infatti tale disposizione non pu� essere intesa ,come facente 

riferimento a .sentenze ,che abbiano deciso la questione di stato in via 

incidentale, pel'ch� anche in tale ipotesi J.a �Cognizione da .parte del 

giudicante sarebbe difetta. 

Ci� posto, poich� non pu� escludersi in modo assoluto che ecce


zioni al sistema, per particolari esigenz�, possano essere previste dal 

Legislatore, ai fini della ,soluzione della questione oggetto del presente 

.giudizio, occorre accertare se ci� si verifichi per il procedimento di


nanzi alla Corte dei Conti in materia di pensioni. 

La questione sorge perch�, a differenza di quanto previsto per le 

aJ.tre giurisdizioni amministrative, la legge �che regola il procedimento 

dinanzi alla Corte dei Conti in sede giurisdizionale tace in proposito, 

limitandosi a regolare quale questione pregiudiziale la cui cognizione 

� sottratta alla sua cognizione, anche in via meramente incidentale, sol


tanto l'incidente di falso (art. 9-11 del regolamento 13 agosto 1933, nu


6 

) 


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I 


~: 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mero 1038). Orbene la citata disposizione, posta in relazione al fatto 
che, costituendo ius receptum �che la Corte dei Conti pu� conoscere, 
oltre che delle questioni espressamente attribuite alla sua competenza 
in via incidentale di tutte le questioni di diritto, che rientrano normalmente 
nella giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria, ha indotto la Corte 
dei Conti, nella sua pi� recente giurisprudenza, in conformit� della tesi 
sostenuta da un'autorevole corrente dottrinale, a ritenere di poter decidere, 
sia pure in via meramente incidentale, anche le questioni di 
stato. Senonch� tale tesi non appare esatta. Non pu�, infatti, ritenersi 
che l'eccezione ad un principio di diritto di ordine generale possa essere 
cos� semplicisticamente dedotta per implicito, tralasciandosi l'esame 
delle norme che regolano il procedimento dinanzti alla Corte dei Conti, 
le quali inducono invece ad una soluzione del tutto opposta. In proposito 
occorre anzitutto considerare che, a differenza di quanto � previsto 
p�r il Consiglio di Stato, e, prima della dichiarata incostituzionalit�, 
anche per la Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, 
per i quali i procedimenti, compiutamente regolati dalle disposizioni 
contenute nei citati testi unici 26 giugno 1924, n. 1054 e 1058 nonch� 
nei regolamenti 17 agosto 1907, nn. 642 e 643, che costituiscono, com'� 
noto, sistemi a se stanti per cui l'applicazione delle norme che regolano 
il procedimento dinanzi ai giudici ordinari � consentita soltanto 
e per analogia iuris �, ai sensi dell'art. 12 ult. comma delle preleggi, 
per i principi generali processuali; per quanto attiene invece alla Corte 
dei Conti le norme che regolano il relativo procedimento sono scarse e 
frammentarie, tanto che nell'art. 26 del regolamento 13 agosto 1933, 

n. 1038 � operato un rinvio generale alle norme e ai termini della pro.,, 
cedura civile in quanto applicabili e non contraddetti dalle disposizioni 
del regolamento stesso. Se ne desume che il mancato riferimento alle 
questioni pregiudiziali di stato trova la sua spiegazione nel fatto che 
il Legislatore non ha inteso adottare in materia norme diverse da quelle 
previste dal �codice di rito; mentre ha regolato l'incidente di falso in 
quanto ha ritenuto di adottare norme diverse da quelle previste per i 
giudizi dinanzi ai giudici ordinari. 
Ne consegue che, in applicazione dei principi generali processuali, 
deve ritenersi che esuli dalla giurisdizione della Corte dei Conti il potere 
di decidere, sia pure in via inddentale, le questioni di stato delle 
persone. 

Orbene � chiaro che nella specie la Corte dei Conti ha deciso questioni 
di stato, avendo stabilito, a seguito delle contestazioni sorte tra 
le parti: a) che il Venneri Antonio, contrariamente a quanto risultava 
dall'atto di nascita, non era figlio legittimo della Mosco, in quanto costei, 
al momento della nascita dello stesso, non era unita in matrimonio 
con Vennerti Melchiorre, n� era ipotizzabile una legitthnazione per 
subsequens matrimonium; b) che il Venneri Antonio non poteva essere 


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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 441 

ritenuto neppure figlio naturale della Mosco in quanto �costei non aveva 
posto in essere, prima della morte del figlio, alcun valido atto di riconoscimento; 
per trarne la conseguenza che la Mosco, non avendo la qualit� 
di madre legittima o naturale del Venneri Antonio, non aveva diritto 
a pensione. 

Pertanto, in appli�!azione degl'indicati principi, si deve dichiarare 
il difetto di .giurisdizione della Corte dei Conti a conoscere, sia pure 
in via incidentale, delle anzidette questioni di stato, che andavano devolute, 
previa sospensione del procedimento d~nanzi alla Corte dei 
Conti, ai competenti organi dell'autorit� giudiziaTia ordinaria. 
(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1616 -Pres. 
Tavolaro -Est. Gambogi -P. M. Criscuoli (conf.) -Corradini ed 
altri (avv. Sale-Musio) c. Ministero Difesa (Avv. Stato Foligno). 

Competenza e giurisdizione -Arruolamento militare -Norme regolatrici 
-Violazione -Lesione di interessi legittimi. 
(r.d., 6 giugno 1940, n. 1481). 

Competenza e giurisdizione -Arruolamento militare -Attivit� del1'
Amministrazione -Discrezionalit� -Limiti -Violazione dell'obbligo 
del� neminem laedere� -Risarcimento del:danno -Giurisdizione 
del giudice ordinario -Condizioni. 

(e.e., art. 2043; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). 

La violazione delle norme che regolano l'attivitd amministrativa in 
materia di arruolamento militare pu� CCYnCTetare solo una lesione di interessi 
legittimi, e non di diritti soggettivi (1). 

Pu�, peraltro, configurarsi una lesione risarcibile di diritti soggettivi 
ogni qualvolta vengano dall'Amministrazione superati i limiti deZ 
suo potere discrezionale e venga colposamente :violato l'obbligo generale 
del neminem laedere (2). 

(1) Massima di indubbia esattezza. Le norme sul reclutamento militare 
sono tipiche e norme di azione., rivolte a disciplinare, nell'interesse pubblico 
odella difesa della Patria, l'attivit� dello Stato in questo campo, e 
non certo a tutelare specifiche posizioni soggettive dell'individuo. 
(2) La seconda massima costituisce applicazione dei principi generali 
che, com'� noto, la giurisprudenza della SUJPrema Corte ha da tempo elaborato 
in materia di responsabilit� della �pubblica Amministrazione nello 
svolgimento di attivit� discrezionali. Secondo questo consolidato indirizzo, 
la violazione colposa dell'obbligo del e neminem laedere > travalicherebbe 

"':-""llllf&"0'.'~ 

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I&j

442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

@

Per affermare la giurisdizione del giudice ordinario non �, tuttavia, 

(:::

.sufficiente la semplice prospettazione astratta deLla violazione deli'ob-
~:: 

�.~~

bligo del neminem laedere, ma occorre la denunzia specifica e concreta 

fJ 

dei fatti nei quali tale violazione si concreterebbe (3). 

(Omissis). -Con la prima parte dell'unico complesso mezzo di 
ricorso i Corradini ed il Cambiaso denunziano, tra l'altro, la violazione 
degli artt. 2(}43 e 20,49 e.e., lamentando che la Corte di Appello abbia 
dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario �col conside-

Irare la domanda come proposta da es.si, utendo iuribus del defunto loro 
:figlio e nipote, con l'intento di far riesaminare dal giudice adito l'apprezzamento 
reso dal Consiglio di Leva nel dichiarare abile ed arruolato 
detto giovane, mentre invece la domanda stessa era intesa a chie-

I

dere iure proprio, appunto ex art. 2043 e.e., il risarcimento del danno 
loro 'causato dalla Amministrazione Militare provocando, con colpa, la 
morte del Corradini Paolo. La doglianza � fondata. 

I 

Posto in ~itto che, secondo quanto queste Sezioni Unite hanno 
di recente riaffermato proprio in tema di decesso di un militare in ser


.I

vizio di leva, quando la Amministrazione oltrepassi colposamente quei 
limiti ovvero non osservi quelle regole generali di prudenza e diligenza m 

[~

che si riccihlegano al millenario principio del neminem laedere, o almeno 
(il che vale dal punto. di vista della giurisdizione) si deduca che essa %


fo

non abbia osservato quei limiti e quelle regole, essa pu� essere tenuta 

H 

al risarcimento del danno ex art. 2043 e la giurisdizione spetta al giu


dice ordinario (sentenza n. 2981 del 20 dicembre 1967, citata dalla di


I~

fesa del Ministero della Difesa con la memoria), devesi nella specie osfil 


servare che effettivamente gli attori, con la citazione introduttiva del 

iI 
~::: 

..::a

giudizio, chiesero -senza fare alcun riferimento alle norme di legge 

lli

che specificamente regolano l'arruolamento dei militari, ma invocando 

unicamente l'art. 28 della Costituzione che sancisce la responsabilit� ci


vile dello Stato per gli atti compiuti dai suoi funzionari in violazione 

di diritti -il risarcimento del danno per avere i medici militari cau


sato � per colpa grave, negligenza, imprudenza od imperizia �, commet


tendo un � macroscopico ed inammissibile errore�, la morte del loro r 

congiunto. 

I 

m 

m

i limiti della discrezionalit�, costituendo lesione di diritto soggettivo azio-~:;; 

nabile dinanzi al giudice ordinario. Cfr'., nella specifica materia dell'arruo-X

~a~~n~t:~;~r:�c~~i.20 dicembre 1967, n. 2981, in Foro it., 1968, I, 1009, 

;,::;_�_.1��.�.'... .....

'�.,"

:',:_:

:�,:.�., 

(3) La precisazione di cui alla terza massima, ispirata al criterio del fr:: 
petitum sostanziale, si manifesta opportuna di fronte alle troppo sbrigative 
affermazioni contenute nella sentenza n. 2981 del 1967, citata alla nota L:, 
precedente. 
;;1:1~111;1rJ~rr1rrtir1g1;11::;;;:11r~:i=r1rr1:r:r1rr1!:1:rrilillrt11rrifEtflITirZffEr~�t1mtiliffmrrrtr1tti&1r-rmrEf1Is�lfi 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 443 

Vero � �che successivamente 1a causa, a seguito delle eccezioni proposte 
dalla difesa della Amministrazione, devi� dall'indirizzo originariamente 
impressole e si estese alla questione della natura di interesse 
legittimo o di diritto soggettivo da attribuirsi�alla posizione del �cittadino. 
di fronte all'arruolamento militare. Ma la domanda degli attori rest� 
sempre, anche formalmente, quella proposta con la citazione introduttiva, 
le cui �conclusioni furono rtchiamate dinanzi al Tribunale e riproposte 
espressamente dinanzi alla Corte di Appello, �come appare daLla 
epigrafe della sentenza impugnata. � 

Tale sentenza, quindi, � �certamente da censurare come quella che, 
dopo aver premesso nella descrizione del fatto e dei motivi di gravame 
che .gli appellanti avevano domandato i:l risarcimento del danno ex 
art. 2-0431 �e.e. e 28 della Costituzione, non ha poi esaminato l'appello 
sotto il profilo della violazione colposa dell'obbligo del neminem laedere, 
ma ha dedicato la sua lunga -ed in definitiva inutile ~motivazione 
esclusivamente a dimostrare che, di fronte al potere discrezionale 
della Amministrazione in materia di accertamento de11a �idoneit� :li~ca 
degli arruolati, non sussistono, da parte del privato, diritti soggettivi ma 
solo interessi legittimi: tanto da ingenerare la impressione che da parte 
della Corte di Appello non si fosse tenuta presente la ormai costante 
giurisprudenza di questo Supremo Collegio che, prendendo le mosse� 
dal caso della violazione delle comuni norme di prudenza, diligenza e 
perizia in tema di esecuzione di lavori pubblici ~� la ipotesi del c.d. � I 
e trabocchetto ~ -ha poi esteso alle pi� varie ipoteSi di discrezionalit� ! 

' 

tecnica della Pubblica Amministrazione il principio per cui � 1a viola


f 
zione �colposa dell'obbligo del neminem laedere travaLica i limiti di tale i 


i

discrezionalit� e costituisce quindi lesione di un diritto soggettivo, ov


I 
viamente azionabile dinanzi al giudice ordinario (oltre la sentenze nul


!

mero 29'81 del 1967, sopra ctata, vedasi, da ultimo, le sentenze nn. 1421 

I I 

e 1329 del 1968 in tema di manutenzrone di strade pubbliche; n. 13218 del 
1968 in tema di responsabilit� della Amministrazione ferroviaria; nu


! 

mero 976 del 1966 in tema di danno arrecato da un agente di custodia; ! 

n. 2039 del 1966 in tema di opere attinenti al regime delle acque pub! 
I

bliche; n. 3 del 1964 in tema di rastrellamento di proiettili inesplosi; 

� 

n. 1061 del 1964 in tema di danno arrecato da attivit� di polizia). I 
Con ci�, naturalmente, questa Corte Suprema non intende sollevare 
dubbi sulla intrinseca esattezza dei principi di diritto affermati dalla 
sentenza impugnata, sia pure fuori da quello che era il �thema deci


I

dendum �; ch� anzi, per evitare sommarie generalizzazioni che si potessero 
trarre dalla decisione del caso di specie, sar� opportuno riaffermare 


I 

anche in questa sede, che � fuori di discussione che il corpo di leggi 
che regola, in adempimento al precetto dell'art. 52 della Costituzione, 
L'arruolamento militare, � formato da un insieme di norme di azione, 
dettate per disciplinare, indirizzandola al fine pubblico della dife.sa della 



444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Patria, l'attivit� dello Stato in questo �campo, e non �gi� per tutelare 
specifiche posizioni soggettive dell'individuo. Di tal che la violazione 

o disapplicazione di dette norme pu� concretare solo una lesione di 
interessi legittimi, azionabili nella �competente sede giurisdizionale amministrativa, 
e non una lesione di diritti soggettivi: fermo restando, 
aJ.tresi, che il giudizio reso dal Consiglio di Leva sulla idoneit� fisica 
dell'arruolando costituisce un giudizio discrezionale al quale, sempre 
fuori dalla ipotesi di violazione dell'obbligo del �neminem laedere > 
per negligenza, imprudenza od imperizia, �corrisponde solamente un 
diritto affievolito del singolo. Ed infine, pi� specificamente ancora, va 
,osservato che la tesi dei ricorrenti per cui costituirebbe una fragrante 
v>iolazione di diritto soggettivo, anche al di fuori dell'ambito dell'art. 
2:043 e.e., il fatto �che i:1 Corradini Paolo, affetto da otite cronica 
media purulenta, non fosse inviato in osservazione presso un ospedale ~ 
militare secondo quanto prescriverebbe l'art. 50 dell'elenco A delle 
I malattie ed imperfezioni fisiche allegato al r.d. 6 giigno 1940, n. 1481, 
porge il destro per rilevare che nulla meglio di questo richiamo pone ~ 
in luce la natura di norme di az.ione, e non di relazione, delle disposi-

I 

zi.oni in esame. La J.egge, .infatti, e cio� il suddetto r.d. di esecuzione ~ 
del 1940, impone al Consiglio di Leva l'obbligo di inviare !'arruolando 

J 

in �osservazione presso un ospedale militare come adempimento neces-ili 
sario nella ipotesi che appaia opportuna la riforma dell'arruolando il 
stesso, e non gi� come conditio sine qua non dell'arruolamento di chi IDw 
sostenga di essere affett� da una delle malattie od imperlezioni di cui 11�1 
all'elenco, giusta quanto anche risulta dall'art. 78 del t.u. n. 329 del .W 
1938 in tema di invio facoltativo dell'arruolando in osservazione. E ci� @ 
val quanto dire che l'obbligo e potere di disporre il ricovero in osser-li 

~~ 

vazione sono previsti a tutela del diritto dello Stato di imporre il ~ 

servizio militare ai cittadini idonei, secondo quanto prescrive la Costi-['' 

tuzione, e non gi� a tutela della posizione del singolo cittadino. Cosicch�, 11 

in definitiva, pu� affermarsi che l'invio in osservazione ospedaliera del


l'arruolando tanto poco costituisce un diritto soggettivo di costui che 

perfino sembrat tdtubbio che possa trattarsi di un interesse del singolo 

I 

comunque pro e o. m 

In conclusione, quindi, deve ripetersi che l'unico profiJ.o sotto il @! 
quale pu� sussistere nella specie la giurisdizione del �giudice ordinario "l~;h,: 
� quello della dedotta violazione dell'obbligo del � neminem laedere > ~ 
lamentata dai ricorrenti con :l'atto introduttivo del .giudizio. iili 

Detto �ci�, per�, la causa non � ancora decisa, perch�, come � noto, f@ 

non basta la prospettazione generica ed astratta della violazione di un f:t1 

diritto soggettivo per radicare sulla domanda la giurisdizione del giudice !Il 

9rdinario. ~i 

Per la verit� devesi osservare che la precedente sentenza n. 2981 ;f} 

del 1967 di questa Corte Suprema, sopra citata (e che concerneva un @~ 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 445 

caso quasi identico al presente, richiedendosi anche ivi, dai congiunti 
di un militare defunto, il risarcimento dei danni per la illegittima 
imposizione del servizio militare ad un soggetto a;ffetto da epilessia, 
oltre che per altre ragioni) � su questo punto assai succintamente 
motivata, semplicemente osservandosi, con essa, che ove �.si deduca > 
la violazione di quelle regole generali di prudenza e di dili<genza che 
si ricollegano al millenario principio del �nemine laedere >, la giurisdimone 
�appartrene al giudice ordinario. Ma la questione merita, almeno 
nella specie, pi� esauriente disamina, perch~, come si � premesso, in 
casi del genere non basta la prospettazione astratta della violazione 
dell'obbligo del �neminem laedere > per sottoporre la domanda al .giudice 
ordinario. Oc.corre invece che dn concreto detta violazione sia configurata, 
ed il giudice della giurisdizione deve, all'uopo, tener conto 
dei termini in cui la questione, in relazione alle deduzioni formulate, 
risulta concretamente impostata (Sezioni Unite, n. 1427 del 1964). Solo 
cosi, infatti, si pu� giungere a quella precisa qualificazione della causa 
petendi, e da contemperarsi col petitum�,. che � necessaria per determinare 
il c.d. petitum sostanziale, e do� la �intrinseca �consistenza 
dell'interesse dedotto in lite > (Sezioni Unite, n. 1515 del 1966, n. 593 
del 1965, n. 663 del 1964, n. 789 del 1963). 

Tradotto in termini di .specie questo principio significa che i ricorrenti 
dovevano non solo lamentare che il Consiglio di Leva, arruolando, 
avesse causato la morte del loro congiunto per � colpa g:rave, negligenza, 
imprudenza ed imperizia > e per �macroscopico ed inammissibile errore 
dei medici militari che lo giudicarono > (perch� queste sono generiche 
enunciazroni astratte che potrebbero esser buone per ogni militare deceduto 
in servizio per malattia), ma dovevano anche prospettare le ragioni 
specifiche e concrete per cui, secondo il loro assunto,. sussisterebbe l'errore 
macroscopico quale �causa mediata della morte del Corradini. 

La difesa della Amministrazione nega appunto (e .non si comprenderebbe, 
altrimenti, il richiamo da essa fatto alla sentenza n. 2981 del 
1967) che nella specie Corradini ed il Cambiaso abbiano dedotto fatti 
specifici come sevizie, eccessi, dinieghi di assistenza, sostenendo che 
secondo detti ricorrenti sarebbe sempre e solo il fatto dell'arruolamento 
leSiivo, in s� e per s�, del diritto dedotto. 

Ma il rilievo, che risente anch'esso della errata impostazione da 
tutti data alla causa col dipartirsi dahla via tracciata con l'atto di 
citazione, non � esatto. 

Posto ancora in diritto �che, agli effetti della giurisdizione, al :fu:le 
di determinare l'oggetto ed i termini della controversia, ossi:a il c.d. 
petitum sostanziale, il giudice pu� e deve tener conto non soltanto dello 
specifico contenuto delle conclusioni formulate nell'atto introduttivo del 
giudizio o nel corso di �causa, ma anche di tutto il complesso delle 
deduzioni e ragioni enunciate a sostegno delle conclusioni stesse (Sez. 


446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Un. n. 759 del 1962), deve nella specie riconoscersi che fino dalla 
citazione i ricorrenti dedussero e documentarono un fatto preciso e circostanziato 
a sostegno della tesi ,__ in se ast:t~atta -del �macroscopico 
errore� attribuito ai medici militari; e cio� :la evidente esistenza in atto, 
nell'arruolando, di quella malattia -la otite-cronica purulenta media 
con i caratteri previsti dall'art. 50 dell'elenco di legge sopra ricordato che 
poi lo condusse a morte durante la prestazione del servizio militare 
e che per due volte in precedenza aveva indotto il Consiglio di Leva 
ad un giudizio di rivedibilit�; aggiungendo che il nesso di causalit� tra 
la morte e detta malattia era indiscusso e riconosciuto dalla Amministrazione 
militare. In queste deduzioni ed allegazioni, che qui si richiamano 
ovviamente agli stretti effetti della discriminazione della giurisdizione, 
assolutamente impregiudicato restando il merito della causa, 
non pu� non riconoscersi la denunzia specifica e concreta, e non generica 
ed astratta, di una violazione dell'obbligo del neminem laedere; e tanto 
basta perch� la giurisdizione debba essere affermata. Solo si dovr� 
ripetere in conformit� con la� gi� citata sentenza n. 2981 del 1967, che 
il giudice, nella indagine circa la sussistenza in fatto del lamentato 
�macroscopico errore � da parte della Amministrazione, dovr� tener 
conto dei poteri discrezionali a questa spettanti e mantenersi nei limiti 
imposti dalle leggi abolitive del contenzioso amministrativo e tutelatrici 
dei poteri discrezionali suddetti. Questa, peraltro, � questione sul contenuto 
e sui limiti della indagine consentita al giudice ordinario; � 
questione di merito, infatti, decidere se il giudizio di un o!I'gano amministrativo 
dal quale siano derivati danni al privato sia stato emesso nei 
limiti del potere discrezionale a tale organo spettante od abbia questi 
limiti travalicato per sconfinare nella negligenza, imprudenza od imperizia. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1892 -Pres. 
Flore -Est. Speziale -P. M. Pedote (diff.) -Cassa per il Mezzogiorno 
(avv. Stato Carafa) c. Carbone (avv. Amati). 

�mministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Responsabilit� 
della Pubblica Amministrazione -Responsabilit� precontrattuale 
-Configurabilit� in materia di istituzione di un rapporto di pubblico 
impiego -Esclusione. 

(e.e., artt. 1337, 2043). 

Non � assolutamente configurabile alcuna responsabilit� per �culpa 
in contrahendo � della pubblica Amministrazione nell'attivit� preliminare 
alla istituzione di un rapporto di pubblico impiego (1). 

(1) Massima di indubbia esattezza. Anche a voler ritenere ammissibile, 
nei rapporti contrattuali di diritto privato, una responsabilit� per � cuLpa 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 447 

(Omissis).~ Con l'unico mezzo la ricorrente, denunciando la violazione 
e falsa applicazione degJ.i artt. 1337 e 2-043 e.e., nonch� dei p;rincipi 
fondamentali in materia di pubblico impiego, in relazione all'art. 360 
nn. 1 e 3 c.p.c., contesta la giurisdizione del giudice ordinari:o sotto il 
riflesso che, prima della �costituzione del rapporto di pubblico impiego, 
l'ordinamento giuridico non �configuxa, a favore del soggetto che intende 
essere assunto,, alcuna posizione di diritto soggettivo n�, a carico delila 
pubblica Amministrazione, una responsabilit� -extracontrattuale per rifiuto 
o ritardo dell'assunzione. 

La censura � fondata. 

La Corte �di Appello ha osservato, p.er giustificare la propria decisione, 
che anche il comportamento dell'Ente pubblico pu� violare il 
principio del neminem iaedere e pu� quindi essere fonte di responsabilit� 
per inosiservanza dei fondamentali �criteri della buona fede, della 
lealt� e della correttezza, il che pu� avvenire anche nelle trattative 
che intercorrono tra pubblica Amminlstrazione e privati in sede di conclusione 
di un contratto o di istituzione di un rapporto di impiego; ed 
ha soggiunto che esaminare se, nella specie, siasi verificata una ipotesi 
del genere, ossia se la Oassa del Mezzogiorno abbia o meno osservato 
quei doveri che trovano la loro fonte nell'art. 2043 e.e. � un compito 
che non pu� essere sottratto alla giurisdizione ordinaria, .giacch� dalla 
inosservanza dei detti doveri pu� essere derivata la lesione di un diritto 
soggettivo e la Cassa pu� essere incorsa in una responsabilit� extracontrattuale, 
giuridicamente separata da ogni apprezzamento del pubblico 
interesse. 

La Corte si � implicitamente �richiamata, pur senza farvi espresso 
riferimento, alla disposizione dell'�art. 1337 e.e., il quale stabilisce che 
le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, 
devono comportarsi secondo buona fede, incorrendo, in caso di 
inosservanza, in una responsabilit� eh~ nella intestazione dello stesso 
articolo viene qualificata come responsabilit� precontrattuale, per colpa 
in contrahendo, che la prevalente dottrina inquadra nella responsabilit� 
extracontrattuaile e �Che importa, come conseguenza, il risarcimento del 
danno nei limiti del c.d. interesse negativo. 

Ora, questa Suprema Corte ha bensi affermato che, stante il carattere 
generale della regola sancita dal dtato ar.t. 1337, non si pu� esdudere 
la configurabilit� di una responsabilit� di tal genere da parte della 

in contrahendo � della pubblica Amministrazione (cfr., da ultimo, Cass., 
28 settembre 1968, n. 3008, in Rep. Foro it., 1968, voce � Amm. Stato � 
nn. 214-217), certo � che il principio non potrebbe assolutamente essere 
esteso al di fuori della materia strettamente contrattuale, e, in particolare, 
ai rapporti non paritetici di diritto pubblico, quale � il rapporto d'impiego, 
anche se instaurato mediante un atto formalmente contrattuale. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pubblica Amministrazione, nei casi in 'cui gli organi di un Ente pubblico, 
neille trattative e nelle relazioni con i terzi, abbiano compiuto azioni 
od omissioni che contrastino cOi!l i principi della lealt�, della correttezza 
e della buona fede. Devesi, per.altro, tener presente che l'art. 1337 � 
dettato per disciplinare la materia della stipulazione dei contratti (cosi:
cch� anche nei rapporti tra privati esso non potrebbe trovare applicazione 
.fuori della materia contrattuale); e tale limite deve essere 
osservato anche quando il problema si pone nei rapporti tra la pubbHca 
Amministrazione e i privati, poich� un trattamento, pi� sfavorevole 
della pubblica Amministrazione non sarebbe in alcun modo giustificabile. 
Ne segue che, contrariamente a quanto ha ritenuto la Corte di Appello, 
la detta disposizione non pu� essere invocata, nei confronti della pubblica 
Amministrazione, nella attivit� preliminare alla istituzione di un 
rapporto di pubblico impiego, che si instaura dn base ad un atto unilaterale 
dell'Ente pubblico: l'atto formale di nomina. 

La preminenza delle ragioni di pubblico interesse, �che caratterizza 
ed informa il rapporto di pubblico impie.go, esclude che nella fase c.d. 
e prodromica � del rapporto possano configurarsi, a favore di chi ha 
chiesto di essere assunto come impiegato, interessi pienamente protetti, 
aventi cio� la consistenza di diritti soggettivi perfetti, azionabili, come 
tali, dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria. Non esiste, in altri termini, 
fino al momento della nomina (tralasciando l'ipotesi, che qui non 
interessa, dell'assunzione mediante concorso) un diritto soggettivo alla 
asmmzione ovvero alla non ritardata assunzione. 

Ci� non significa che non esista alcuna tutela contro un eventuale 
illegittimo comportamento del:la pubblica Amministrazione, poich� la 
eventuale violazione dei principi di lealt�, di correttezza e di buona 
fede, risolvendosi in un cattivo uso dei poteri che competono ali'Amministrazione 
stessa, pu� legittimare il ricorso al giudice degli interessi, 
sotto il profilo dell'eccesso di potere, anche nel caso del �silenzio� della 
pubblica Amministrazione, essendo ammesso dall'ordinamento anche la 
messa in mora dell'Amministrazione e la impugnativa dell'eventuale 
silenzio-rifiuto. 

Nella specie � fuori questione la qualit� di Ente pubblico non eco


nomico della Cassa del Mezzogiorno, nonch� la natura del rapporto 

(impiego pubbUco) �che si intendeva instaurare. Ed al riguardo non rileva 

che l'assunzione sarebbe avvenuta nella forma del contratto, poich� gli 

Enti pubblici possono ricorrere a tale forma di assunzione non solo per 

la instaurazione di rapporti di diritto privato (nel qual caso il rapporto, 

essendo basato sull'autonomia privata, ha natura contrattuale), ma anche 

per la instaurazione di rapporti di pubblico impiego, come avviene, 

particolarmente, presso ,gli Enti pubblici div�ersi da1lo Stato. In tal caso, 

per�, resta ferma la natura pubblicistica del rapporto e il titolo da cui 

deriva l'assunzione � pur sempre l'atto unilaterale, autoritativo, della 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 449 

pubblica Amministrazione. La ,volont� del privato non interviene su 
un piano di pard.t� con quella dell'Amministrazione, ma accede a questa 
(quando non si tratti di un servizio coattivo, per il quale non si richiede 
il consenso dell'interessato) come una mera condizione di efficacia. SJ 
tratta, qudndi, di un rapporto non paritetico, rispetto al quale, perci�, 
non possono ritenersi applicabili l:e norme relative ai rapporti privatistici 
e, in parj;icolare, le norme dettate con riferimento ai rapporti 
contrattuali, come quelle degld. artt. 1337 e 1338 e.e.. 

Devesi, pertanto, escludere J.a proponibilit�, dinanzi all'autorit� 
giudiziaria ordinaria, dell'azione che la Corte di merito ha, invece, 
ritenuto esperdbile; e ci� importa, ai sensi dell'art. 382, terzo comma, 

c.p..c. che la sentenza della Corte di Appello deve essere cassata senza 
rinvio. -(Omissis). 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 ottobre 1968, n. 3296 -Pres. 
Boccia -Est. Speziale -P. M. Trotta (conf.) -Ministero DifesaEsercito 
(Avv. Stato Santoro-Passarelli) c. Quasseri (avv. Carbone). 

Procedimento civile -Cause scindibili -Impugnazione. 
(c:o.c., art. 103). 

Procedimento civile -Legittimatio ad causam -Rilevabilit� di ufficio 
in ogni grado del giudizio -Limiti. 

(c.p.c. art. 100). 
Responsabilit� civile -Lesioni personali cagionate a militari di truppa Azione 
di arricchimento indebito da parte della p. a. nei confronti 
del terzo responsabile -Ammissibilit�. 
(e.e., artt. 2041, 2042). 

Nell'ipotesi di domande autonome e scindibili contenute in un medesimo 
processo, le singole impugnazioni proposte si svoLgono in maniera 
distinta, senza che si verifichino interferenze tra di loro (1). 

(1) Poich� il litisconsorzio facoltativo di cui all'art. 103 c.p.c. si risolve 
in una connessione impropria, esso lascia immutata la posizione processuale 
delle parti rispetto a ciascuna lite; le cause rimangono pur sempre 
distinte ed ogni causa rimane individuata dalle persone'dei legittimi contraddittori, 
rispetto all'oggetto di ciascuna ed al rapporto sostanziale controverso, 
senza che si verifichi alcun mutamento o alcuna interferenza 
nella posizione processuale delle diverse parti. Da ci� scaturisce la conseguenza 
che la sentenza che definisce un ta_le processo � unica solo formalmente 
ma, in realt�, consta di tante distinte p<ronunzie quante sono le 
@

cause con essa decise; ed il sistema di impugnazioni � regolato separatamente 
nei riguardi di ogni pronunzia, restando perci� ciascuna decisione 
soggetta al mezzo di impugnazione che ad essa � proprio. Cass., 7 febbraio 

" 

1963, n. 194; 20 luglio 1962, n. 2130; 8 luglio 1961, n. 1638; 11 dicembre 

l m 

1954, n. 4432. 
Sul concetto di causa inscindibile in fase di impugnazione (cfr. Cass. 

~11111

21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1966, 1, 1180, ed ivi riferi


n:
menti; 12 novembre 1965, ibidem, 1200. 
In dottrina, cfr. CARNACINI, Il litisconsorzio nelle fasi ,di gravame.
>;�. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 451 

La legittimatio ad causam � rilevabile di Ufficio in ogni stato e 
grado del procedimento, con il limite per� ohe sulla questione non si 
sia formato il giudicato (2). 

Nei confronti del terzo responsabile di lesioni riportate da militari 
di truppa in servizio, � ammissibile l'azione di indebito arricchimento 
per le spese di cura sopportate daH'Amministrazione militare e poste 
a suo carico, senza diritto a rimborso nei confronti dell'infortunato (3). 

Omissis). -Col primo mezzo l'Amministrazione ricorrente, denunciando 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2697 
c..c., nonch� difetto di motivazione, ai sensi delil'a:rt. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., 
si duole che la Oorte di merito abbia escluso la proponibilit� dell'azione 
di indebito arricchimento da parte dell'Amministrazione nei confronti 
del Sansoni e del Quasserli, sotto il profilo che non potrebbe escludersi, 
in mancanza di prova contraria, la possibilit� di ripetere dagli stessi 
infortunati quanto speso per ila loro assistenza, mentre tale possibilit� 
assolutamente non sussiste o comunque trattandosi di un fatto impeditivo 
dell'azione, 1'011ere della prova incombeva ai convenuti. 

Con il secondo mezzo si denuncia la violazione degli artt. 99, 343, 
346, 324 e.e., la falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c. e degli artt. 2909 
e 1306 primo comma e.e., in relazione alil'art. 1360 n. 3 c.p.c. e si sostiene 
che la Corte di merito, rigettando la domanda dell'Amministrazione 
anche nei confronti del Quasseri, non appellante nei confronti 
dell'Amministrazione verso La quale in primo_ grado era rimasto soccombente, 
ha violato il giudicato formatosi su tale punto ed ha pronunciato 
oltre i limiti dell'impugnazione proposta dal Sansoni. 

Per quanto concerne i rapporti tra l'Amminist;razione e il Quasseri, 
� pregiudiziale il secondo mezzo, poich�, se fosse vero che la 
pronuncia di condanna, emessa dal giudice di primo grado nei con


(2) Cfr. Cass. 30 marzo 1967, n. 684; 30 marzo 1965, n. 557; 23 luglio 
1964, n. 1990; 14 aprile 1964, n. 887. 
(3) La sentenza, considerato il carattere sussidiario dell'azione di arrfochimento 
senza causa sperimentabile ove al danneggiato non competa 
altra azione nei confronti dell'arricchito o di chi sia, in sua vece, obbligato 
per contratto o per legge (Cass. 24 luglio 1969, n. 2749; 25 ottobre 
1961, n. 2368); ovvero le quante volte una tale azione non sia utilmente 
esercitabile (Cass. 30 dicembre 1964, n. 2985; 20 ottobre 1962, n. 3057; 
cfr. altresi Giur., richiamata in nota a Cass. 18 maggio 1965, n. 966, in 
questa Rassegna, 1965, 1, 508), ne ha correttamente applicato i relativi 
principi in tema di recupero di quanto erogato dall'Amministrazione militare 
per cure occorse al personale militare in servizio, il cui onere � posto 
a carico dello Stato, senza diritto a rimborso nei confronti dell'infortunato 
(legge 1� novembre 1957, n. 1140; 27 luglio 1962, n. 1116; decreto del 
Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 luglio 1965). 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fronti del Quasseri, a pagare all'Amministrazione la somma di cui si 
discute, era passata in giudicato, sarebbe precluso, nei riguardi del 
Quasseri, il riesame delle questioni di merito prospettate col primo 
mezzo. 

In effetti iii. Quasseri con il suo appello incidentale si era limitato 
a dolersi del mancato accoglimento della domanda di rivalsa proposta 
nei confronti del Sansoni per il rimborso delle somme che fosse tenuto 
a pagare agli attori. Nessuna censura veniva, invece, formulata, 
in ordine all'accoglimento della domanda contro di lui proposta dal-
I'Ammini:strazione. E pokh� tale domanda era autonoma e scindibile 
(come ammette lo stesso resistente) rispetto all'analoga domanda proposta 
dall'Amministrazione contro il Sansoni, � evidente che il Quas-
seri non poteva giovarsi del1J',impugnazione proposta, nei confronti del-
I'Amministrazione, dal Sansoni. 

Non vale addurre �che la questione affrontata e risolta dalla Corte 
di merito, circa la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per 
la proponibiHt� dell'azione di indebito arricchimento, � una questione 
che attiene a:lla legitimatio ad causam, rilevabile dal giudice anche 
~'ufficio in ogni stato e grado del processo, poich�, a parte ogni altra 
considerazione, l'indagine sulla legitimatio ad causam, attiva e passiva, 
non si sottrae alla preclusione derivante dal giudicato; e, nei rapporti 
tra I'Amministrazione e il Quasseri, 'la pronuncia del giudice di primo 
grado era divenuta definitiva, per mancata impugnazione da parte del 
soccombente. 

Pertanto la sentenza impugnata, nella parte in cui si respinge la 
domanda proposta dall'Ammini.$trazionie nei confronti del Quasseri, 
deve essere cassata senza rinvio, con la conseguenza ~he rimane ferma 
la pronuncia emessa dal giudice �di primo grado, anche per quanto concerne 
le spese di quel giudiz~o. 

Si ritiene di dover compensare, concorrendo giwsti motivi, le spese 
dei giudizi di appello e di cassazione. 
Del pari fondato � il ricorso, per quanto concerne i rapporti tra 
I'Amministrazione e il Sansoni. 

� ben vero che il'azione di indebito arriocchimento, per il suo carattere 
sussidiario, non '�1 esperibile quando il danneggiato disponga di 
altra azione, contro l'arricchito o contro altra persona che sia tenuta 
per legge o per contratto all'indennizzo (v. Cass. n. 585 del 1962 e 

n. 1929 del 1966). Ma nelLa specie l'afferma2lione della Corte di merito, 
secondo cui � non pu� escludersi, in mancanza di prova contraria, che 
1'Amministr�zione poteva e potrebbe ripetere dagli stessi infortunati 
quanto speso per '1a loro assistenza>, non tiene �conto del fatto che la 
questione andava risolta in base alle norme sull'ordinamento del servizio 
militare, che il giudice non pu� ignorare, perch� iura novit curia, 
e tali norme non consentono ali'Amministrazione di farsi rimborsare da 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 453 

un militare di truppa le spese occorse per curarlo durante il rapporto 
di servizio, quale che sia la causa defila :malattia. N� r Amministraztone 
era tenuta a dimostrare l'inesistenza di un'azione contrattuale, che non 
era stata, ex adverso, neppure dedotta. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1282 -Pres. P.ece Est. 
Alibrandi -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Calcagno (avv. MoschelJ.
a e Pollicino) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Gargiulo). 

Espropriazione per p. u. -Opposizione promossa da terzi aventi ragioni 
sull'indennit� -Termini -Decorrenza. 

(l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 54}. 
Procedimento civile -Opposizione all'indennit� di esproprio -Giudizio 
promosso dal proprietario espropriato e dall'usufruttuario Op:\
1osizione dell'usufruttuario oltre i termini -Conversione in 
intervento volontario -Inammissibilit�. 

(c.p.c. art. 159). 
Espropriazione per p. u. -Occupazione anticipata -Indennit� -Interessi 
-Natura -Decorrenza. 

(l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 72). 
Nei confronti dei terzi che abbiano ragioni da far valere sulla indennit� 
di esproprio, per i quali non � prevista la notifica del relativo 
decreto, il termine di trenta giorni per impugnare l'indennit� deco1�re 
dalla pubblicazione dell'estratto di tale decreto sul foglio annunzi legali 
della Provincia o negli altri prescritti, e ci� anche quando il diritto 
dei predetti risulti dalle annotazioni catastali e nei loro confronti siano 
stati esperiti i primi atti della procedura espropriativa (1). 

(1) Nel sistema della legge organica sull'espropriazione per p.u. contraddittore 
nei confronti dell'espropriante �, di norma, solo il proprietario 
del fondo espropriato che, nella relativa procedura, si pone a tutela oltre 
che delle proprie ragioni anche, a guisa di rappresentante ex lege, di 
quelle dei terzi aventi ragioni sul fondo (Cass. 30 settembre 1955, n. 2734). 
Costituisce questo una applicazione del principio della indennit� unica, 
nel cui ambito tuttavia sono state contemperate altresi ie esigenze dei 
terzi aventi ragioni i'!Ull'indennit� ed ai quali � stata riconosciuta una facolt� 
di diretta tutela (art. 54 comma 2� legge n. 2359), mediante impugnativa 
nel termine di trenta giorni a partire dalla pubblicazione dello 
estratto del provvedimento ablativo. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nel giudizio di opposizione aZZ'indennit� di esproprio promosso ad 
istanza del proprietario e deZZ'usufruttuario, ove la domanda di quest'ultimo 
sia inammissibile per essere stata esperita oltre i prescritti 
termini, non pu� tuttavia trovare ingresso come intervento volontario 
nel giudizio ad istanza del proprietario, trattandosi di ipotesi estranea 
alla realt� processuale (2). 

Sull'indennit� per l'anticipata occupazione del bene da espropriare, 
che quale equivalente economico del diritto di godimento decorre dalla 
data dell'occupazione a quella del decreto di esproprio, sono dovuti 
dalla data dell'occupazione medesima, gli interessi legali di natura compensativa, 
in quanto tengono conto dei frutti di tale somme, che costituiscono 
una obbligazione a s� stante, esigibile al momento dell'esproprio 
(3). 

(Omissis). Con il primo motivo, i ricorrenti, denunciando la violazione 
degli artt. 16, 51 e 54 legge 215 giugno 1865, n. 2959, sulle espropriazione 
per causa di pubblica utilit�, 91 e 10�5 c.p.c., in relazione 
all'art. 360, n. 5 (rectius n. 3) c.p.c., sostengono che erroneamente la 
Corte del merito ha ritenuto tardiva l'opposizione proposta dalla D'Onofrio, 
unitamente ad essi ricorrenti, �con atto del 14 luglio 1958, avverso 
la determil!lazione dell'indennit� secondo la stima dei periti di cui al 

(2) Cfr. Cass. 16 giugno 1953, n. 1785, 8 ottobre 1954, n. 3435. La sen:.. 
tenza � conforme alfa dottrina prevalente la quale, in tema di conversione 
degli atti processuali, pur riconoscendo taluni punti di contratto con l'altro 
istituto, proprio del diritto sostanziale, della conversione dei negozi giuridici 
(art. 1424 e.e.), esclude che possano accogliersene integralmente i 
concetti, in quanto a differenza di quest'ultimo che poggia sull'interipretazione 
della volont� delle parti, la conversione dell'atto processuale si realizza 
sulla base di criteri obbiettivi (art. 159 c.p.c.), in maniera del tutto 
indipendente dalla volont�. 
In dottrina cfr. ANDRIOLI, Commento, voi. I, 419, per il quale �la conversione 
implica quello scarto tra volont� ed effetto conseguito, che non 
� pensabile in ordine agli atti processuali, per i quali la volont� della 
parte e, ancor pi�, del giudice, � irrilevante~. C:fr. altresi SATTA, Diritto � 
processuale, 1967, p. 209. 

Contra D'ONOFRIO, Commento, voi. I, p. 226, per il quale nell'ambito 
del 'terzo comma dell'art. 159 c.p.c., ove sussistano i requisiti di sostanza 
e di forma, il problema della volont� nella conversione dovrebbe risolversi 
in .conformit� del sistema della legge, diretto alla salvaguardia degli 
effetti degli atti, sulla base di una presunzione di volont� di porre in essere 
l'atto convertito. 

(3) La occupazione temporanea anticipata, ancorch� preordinata alla 
espropriazione del bene conserva la sua autonomia (cfr. Cons. Stato; IV, 
9 febbraio 1966, n. 80, in questa Rassegna, 1966, I, 650 con notazione di 
S. RosA), onde al soggetto privato del godimento del bene spetta un indennizzo 
che, secondo la prevalente giurisprudenza, viene corrisposto sotto 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 455 

decreto prefettizio di e~ropriazione del 21 dicembre 1957. Deducono 
i ricorrenti, a sostegno del mezzo, varie censure che, nella loro pro� 
gressione logica, possono cosi riassumersi: a) la po.siztone della D'Onofrio, 
usufruttuaria di parte del terreno espropriato, risuUava dall'iscrizione 
catastale ed era, quindi, nota all'ente espropriante, la quale peraltro, 
aveva promosso anche nei riguardi della usufruttuaria i primi atti 
della procedura d'espropriazione, onde la D'Onofrio poteva proporre 
opposizione, a norma dell'art. 51, non divel'samente da quanto � consentito 
ai proprietari, e non gi� a norma del successivo art. 54 secondo 
comma, della legge organica sulle espropriazioni per pubblica utilit�; 
b) la Corte del merito avrebbe, ad ogni modo, dovuto ritenere ammissibile 
la partecipazione al giudizio della D'Onofrio a titolo d'intervento 
volontario anzich� limitarsi a dichiarare la predetta D'Onofrio decaduta 
dall'opposizione; e) ingiusta, da ultimo, � la condanna della stessa 
D'Onofrio alle spese processuali. 

Il motivo � infondato in tutti i suoi profili. 

Secondo la 1. 25 giugno 1865, n. 2959, sulle espropriazioni per 
causa di pubblica utilit�, possono proporre opposizione contro la stima 
dei periti sia i proprietari espropriati (art. 51, comma 2) sia coloro che 
hanno ragione da esperire SJUll'indennit�, tra cui gH usufruttuari (art 54, 
comma secondo). Per entrambi, nel sistema della legge, di eguale durata 
(trenta giorni) � n termine perentorio per proporre la impugnazione 
alla stima, ma diversa ne � la decorrenza. Infatti, mentre per i proprietari 
il termine decorre dalla notificazione del decreto del prefetto che 

forma di interessi sull'indennit� di esproprio, ritenuti congrui, in mancanza 
di altri elementi specifici, a ristorare per la mancata percezione del 
reddito. Cfr. Cass. 21 ottobre 1965, n. 2173; 20 ottobre 1962, n. 3050; contra 
Sez. Un. 17 maggio 1961, n. 1166 in Giur. it., 1961, I, 1699 secondo cui 
invece l'indennit� per il periodo di occupazione legittima deve essere 
congruamente determinata e non commisurata agli interessi legali sulla 
Indennit� di esproprio. 

L'autonomia dell'indennit� di occupazione, nonostante il suddetto criterio 
di determinazione, che conserva in ogni caso valore meramente orientativo 
-sent. 1962 n. 3050, -comporta che il relativo credito, divenuto esigibile 
in virt� del decreto di esproprio, sia produttivo di interessi per 
l'intero periodo in cui l'avente diritto non ne abbia avuta la disponibilit�. 
Tali interessi non costituiscono infatti interessi sugli interessi, onde si 
sottraggono alle limitazioni di cui all'art. 1283 e.e., ma conseguono dalla 
mancata disponibilit� della somma dovuta a titolo di indennit� di occupazione, 
essendo al riguardo irrilevanti le modalit� per la determinazione 
di questa. Cfr. Cass. 21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1965, I, 
1180 con nota di riferimenti; Cass. 30 marzo 1963, n. 805, Mass. Foro it. 

Sulla natura, a titolo compensativo o corrispettivo, degli interessi decorrenti 
sull'indennit� di espropria cfr. C'ARUSI in nota a Cass. 4 gennaio 
1964, n. 6, in questa Rassegna, 1964, I, 319. 

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456 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pronuncia l'espropriaZione, per gU altri titolari di diritti sul bene espropriato, 
nei cui riguardi la legge non prevede che debba essere notificato 
il predetto decreto, il termine decorre dalla pubblicazione del decreto 
stesso che, rispetto al caso di 51pecie, va eseguita nella Gazzetta ufficiale 
della Regione skiliana. 

Tale diversa disciplina dell'opposizione da parte del proprietario 
e da parte dell'usufruttuario del bene espropriato si ricollega alla struttura 
del procedimento espropriativo, attuato dalla legge del 1865, iJ 
quale � diretto soprattutto a soddisfare giustificate esigenze di rapidit� 
e di economia della procedura. Questa, invero, si ispira aJ. principio per 
cui il proprietario (apparente) dell'immobile � l'unico soggetto passivo 
dell'espropriazione, onde unica � l'indennit�. Gli usufruttuari, che non 
vantano un diritto ad una distinta indennit�, sono, come dispone l'art. 27, 
comma terzo, della legge, �fatti indenni dagli stessi proprie.tari �; principio 
questo di tutta evidenza ove si consideri che l'usufrutto si trasfe~ 
risce suLl'indennit� relativa al bene espropriato (art. 1020 e.e.). La 
differente posizione degli usufruttuari rispetto a quella dei proprietari, 
considerata nel quadro delle finalit� che la procedura d'espropriaziene 
per pubblica utilit� tende ad attuare, chiarisce la ragione della diversa 
disciplina dell'impugnazione deLla stima da parte delle due predette 
categ�orie di titolari di diritti sulla cosa espropriata. 

Tale essendo il .sistema della legge, rettamente la corte del merito 
ha escluso che il decreto prefettizio dovesse essere notificato anche alla 
D'Onofrio, pur se costei risultava usufruttuaria in base alla iscrizione 
catastale e pur se, anche nei �suoi riguardi, erano stati promossi i primi 
atti della procedura di espropriazione. Tali �circostanze, invero, come 
non incidono sulla natura del suo diritto, cos� non modificano la disciplina 
della impugnazione della stima che resta, anche per ci� che riguarda 
i termini, quella del citato art. 54, mentre la sua prospettata 
equiparazione ai.l'impugnazione dei proprietari (art. 51) non � sorretta 
da alcun elemento che possa desumersi, in via d'interpretazione, letterale, 
o razionale, della legge. Anzi, tale assunto, che fa in particolar 
modo leva sul criterio dell'apparenza, � cont~addetto dalla norma dell'art. 
16, comma primo, della 1. del 1865 secondo cui il procedimento 
espropriativo � legittimamente iniziato e proseguito nei confronti dei 
� proprietari iscritti nei registri catastali �. Da tale disposizione, infatti, 
resta agevole dedurre che l'apparenza, invocata dai ricorrenti nei riguardi 
de.a D'Onofrio, usufruttuaria, opera invece solo nei confronti 
dei proprietari. 

Infondata � anche la doglianza dei ricorrenti con la quale lamentano 
che la corte del merito avrebbe comunque dovuto ritenere ammis'sibile 
la partecipaztone deLla D'Onofrio al giudizio di opposizione alla 
stima a .titolo d'intervento ex art. 105 c.p.c. Infatti, la D'Onofrio ha 
proposto opposizione alla stima come parte originaria del giudizio, nella 


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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 457 

stessa posizione dei suoi figlioli, odierni ricorrenti e, una volta dichiarata 
l'inammissibilit� della sua posizione, . perch� tardiva, la Corte deJ. merito 
non poteva e .non doveva prendere in esame l'azione della D'Onofrio 
sotto il profilo dell'intervento nel giudizio, trattandosi d'ipote.si estranea 
alla realt� processuale, risultante dagli atti di causa. 

I ricorrenti, sempre sul punto in esame, richiamano una considerazione 
che si. legge nella sentenza impugnata a proposito di un eventuale 
intervento volontario della D'Onofrio. Senonch� trattasi di rilievo 
fatto solo � ad abundantiam � ed � giUFisprudenza costante che le considerazioni 
ultronee, eventualmente contenute nella motivazione, anche 
se inesatte, non giustifi-cano l'annullamento della sentenza quando come 
nel caso in esame -non abbiano alcuna influenza sulla decisione 
adottata, per essere questa fondata su altra e corretta �ratio decidendi 
�, mentre la considerazione fatta in via di abbondanza resta 
� obiter dieta�. 

Infondata, infine, � la censura che si appunta sulla statuizione relativa 
alle spese, poste a carico della D'Onofrio. Infatti, costei � rimasta 
soccombente, stante la dichiarata inammissibilit� della sua opposizione, 
e rettamente i giudici del merito hanno applicato "la regola generale 
di cui all'art. 91 c.p.c. N� la statuizione � censurabile sotto il profilo 
dell'omessa �compensazione delle spese, perch�, -come i� �consolidato indirizzo 
di questa Corte (v. sent. 8 luglio 1966, n. 1788 ~ 8 maggio 1967, 

n. 917), la pronuncia sulle spe.se giudiziali pu� essere riesaminata in 
sede di legittimit� solo nel caso in cui il carico di esse sia stato fatto 
gravare esclusivamente sulla parte vittorioso e non anche per il rifiuto 
di compensazione delle spese medesime. 
Con 11 secondo mezzo i rkorrenti denunziano la violazione degli 
artt. 18 e 71 1. 25 giugno 1865, nn. 2359, 122.3, 1224, 1282 e 1499 e.e. 
nonch� l'art. 112 c.p.�c., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5, oltre la violazione 
dei principi concernenti la determinazione delle indennit� e 
degli indennizzi e della decorrenza �e durata degli interessi, dovuti a 
seguito di occupazioni, legittime ed illegittime, e ad espropriazioni per 
pubblica utilit�. Lamentano, in particolar, i Calcagno che la Corte di 
Messina: a) ha omesso, nel dispositivo, la statuizione relativa agli interessi 
sull'inderu1.it� di espropriazione di mq. 3271 di terreno, determinate 
in L. 22.897.000; b) ha disposto -che .gli interessi sull'indennit� per 
l'occupazione biennale legittima dell'area suddetta decorrano dal 20 
aprile 1949 anzkh� dal 20 aprile 1947; e) ha statuito che gli interessi 
sull'indennit� per l'occupazione ultrabiennale illegittima decorrano fino 
al 21 dicembre 1957, data di emissione del decreto di espropriazione 
e non gi� fino al saldo; d) ha disposto che gli interessi sulla somma di 

L. 2.66.2.080, corrispondente di mq. 221,84 di terreno occupato e non 
espropriato ,decorrono dal 20 aprile 1949, anzich� dal 20 aprile 1947. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le riassunte censure sono fondate e, -va aggiunto -quelle di 
cui alle lettere a), c) ed), non sono contestate dall'Amministrazione dei 
lavori pubblici, che ha espressamente riconosciuto l'o!llissione e gli 
errori della sentenza impugnata. Resta, quindi, da esaminare soltanto 
la ,censura sub b) ed il problema s'incentra nello stabilire se gli inte-:ressi 
sulla indennit� per occupazione biennale legittima decorrano dal-
l'inizio dell'occupazione, �come sostengono �i ricorrenti, oppure dalla scadenza 
del biennio, come oppone l'amministrazione statale resistente. 

Conforme a diritto si ravvisa la prima fra le due ipotesi ailternative. 
Secondo la giur1sprudenza _di questa suprema Corte (cosi, da ultimo, 
sent. 21 ottobre 1965, n. 2173 e 18 ottobre 1966, n. 2504), fino al momento 
della emanazione del decreto di 1espropriazione per pubblica utilit�, 
!'�espropriato conserva il diritto al godimento del bene per cui, 
nell'ipotesi di espropriazione preceduta da occupazione temporanea, la 
relativa indennit� di occupazione, �che costituisce l'equivalente economico 
del diritto di godimento, � dovuta per tutta la durata dell'occupazione 
stessa e, quindi, fino alla data in cui, per effetto della pronunzia 
del decreto di espropriazione, il diritto di propriet� dell'espropriato � 
venuto meno �convertendosi nel diritto all'indennit�. 

All'che sull'indennit� di occupazione sono dovuti gli 'interessi legali 
ed il loro importo forma oggetto di un'obbligazione a s� stante, esigibile 
al momento dell'espropriazione, e gl'interessi, fino alla data dell'effettivo 
depos.ito dell'indennit�, al p;:i.ri di quelli relativi all'indennit� di 
espropriazione, hanno carattere compensativo, giacch� tengono conto 
della disponibilit� dei frutti della somma dovuta, di cui -medio tempore 
-l'avente diritto avrebbe dovuto godere e di fatto non ha goduto. 
Ora, appunto in considerazione di tale natura (compensativa) degli interessi 
relativi all'indennit� di occupazione legittima, la loro decorrenza 
va riportata al momento iniziale dell'occupazione medesima. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 aprile 1969, n. 1417 -Pres. Favara 
-Est. Boselli -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ferrovie dello_ 
Stato (avv. Stato De Francisci) c. S. p. Az. �La Mannheim � (avv. 
Pirrengelli). 

Trasporto -Trasporto internazionale di cose a mezzo ferrovia -Convenzione 
internazionale C.I.M. -Accettazione e ritiro della merce Concetto 
-Avaria -Azione contrattuale. 

(e.e. art. art. 1687; r.d.1. 25 gennaio� 1940, n. 9, art. 59). 
Nei trasporti internazionali a mezzo ferrovia, regolati dalla convenzione 
internazionale 25 ottobre 1952 (C.I.M.), resa esecutiva con 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 459 

l. 28 giugno 1955, n. 916, le espressioni �accettazione della merce� 
e �ritiro della merce � contenute nell'art. 45 della convenzione equivalgono 
al concetto di � riconsegna della merce � del contratto di tmsporto 
in genere, sicch� la estinzione dell'azione contrattuale contro le ferrovie 
per la perdita parziale o l'avaria delle cose trasportate, previste dalla 
prima parte di tale norma, non si verifica fin quando la p.a. non abbia 
messo in grado l'avente diritto, con l'apertura del vagone nelle spedizioni 
a carro, di controllare la identitd e le condizioni apparenti del 
carico � (1). 
(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, denunziando violazione 

o quanto meno falsa applicazione dell'art. 45, parr. 1 e 2 lett. e) punto I 
della Conve,nztone internazionale per �l trasporto delle merci in ferrovia 
(C.I.M.) ratificata e resa esecutiva in Italia con la I. 28 giugno 1955, 
n. 916, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., la Azienda ferroviaria censura 
l'impugnata sentenza per avere respinto l'eccezione di estinzione dell'azione 
di danno, che essa aveva sollevato a norma del par. 1 del citato 
art. 45 della Convenzione, ritenendo -sulla hase di una errata quanto 
arbitraria interpretazione del par. 2, lett. c, punto I dello stesso articolo, 
che la estinzione (prevista dal par. 1) non si verifica se la perdita o 
l'avaria � stata constatata in conformit� dell'art. 44 della Convenzione 
medesima, prima che l'avente diritto abbia provveduto allo scarico del 
vagone ed alla asportazlone della mer�ce. 
Non v'ha dubbio che la Corte del merito, fuorviata dalla duplicit� 
delle espressioni adoperate nel testo italiano deJ.la Convenzione -nel 
quale si parla di � accettazione della merce � da parte dell'avente diritto 
per indicare (art. 45, par. 1) il fatto estintivo dell'azione di danno 
contro la ferrovia e di �ritiro della merce� da parte dell'avente diritto 
per indicare (par. 2, c, punto 1�) il termine entro il quale l'avvenuta 
verifica della perdita o dell'avaria evita la estinzione dell'azione ha 
finito per intendere le due locuzioni in un senso sostanzialmente 
diverso: e precisamente nel senso tecnico di � riconsegna della merce � 

(1} Non constano precedenti in termini. La convenzione internazionale 
25 ottobre 1952 per il trasporto merci, sancisce (art. 45} la estinzione di 
ogni azione contro le Ferrovie per la perdita parziale o l'avaria ove, all'atto 
dell'accettazione delle merci, non si sia provveduto a redigere il 
verbale di constatazione e semprech� un tale adempimento non sia omesso 
per co]Jpa delle Ferrovie ovvero si tratti di danni non apparenti. 

Sulla nozione di riconsegna e sull'attivit� prescritta al vettore dall'art. 
1687 e.e., per mettere a disposizione dell'avente diritto le cose trasportate, 
senza che si rendano pur tuttavia necessarie anche le operazioni 
di scarico cfr. Cass. 6 ottobre 1965, n. 3375. Sulla possibile non coincidenza 
tra i due momenti cfr. JANNUZZI, in Scialoia e BRANCA, Commentario, Del 
Trasporto, 1961, p. 133 e segg. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la locuzione � ritiro della merce � e nel senso invece di � scarico del 
vagone ed asportazione della merce dal recinto ferroviario � quella di 
�ritiro della merce�. 

Ora, non � dubbio che una ilale distinzione sia assolutamente arbitraria. 


A parte il fatto che simile duplicit� di espressione non esiste nel 
testo francese della Convenzione (testo che, a norma dell'art. 68, � 
quello che, Jn caso di contrasto, fa fede), dato �che sia nel primo che 
nel secondo paragrafo (lett. e, punto 1�) dell'art. 45 si parla indifferentemente 
di � acceptation de la marchandise �, � appena il caso di osservare 
che detto termine trova 'il suo esatto equipollente in quello italiano 
di � ricevimento della merce � (art. ex 1698 e.e.), che v1:10l dire appunto 
presa in �consegna della m�rce trasportata. 

Per ra.gione di compilutezza, pu� anzi bene affermarsi che le espressioni 
� livraison � e � accettation de la marchandise � adoperate dal testo 
francese (artt. 16 e 45 della Convenzione) trovano esatto riscontro nei 
nostri termini tecnici di � riconsegna � e, rispettivamente, di � ricevi� 
mento della �merce � : termini che -come � agevole desumere dalla 
disciplina del contratto di trasporto .secondo il nostro codice civiile vengono 
adoperati dal legislatore per esprimere un concetto sostanzialmente 
identico quantunque esaminato da un diverso angolo visuale: 
quello appunto della riconsegna della merce (arg. ex artt. 1697 e 
1698 �C.C.). 

Ci� chiarito, � tuttavia da riconoscere che l'errore denunciato non 
� stato determinante nella specie ai fini della decisione del punto controverso, 
ossia al fine di .stabilire se, mediante la semplice immissione 
del carro con copertone sigillato e piombato nel binario di raccordo 
della societ� destinataria, si fosse avuta quella �accettazione� o comunque 
quella riconsegna della merce che, se fatta senza riserve o 
senza fa verifica di cui al citat.o art. 44 della Convenzione, estingue 
-a termini del successivo art. 45, par. 2 ~ le azioni derivanti dal 
contratto in favore dell'avente diritto. 

Nei trasporti in genere le operazioni di riconsegna propriamente 
dette consistono nel mettere le cose trasportate a disposizione del destinatario 
nei luoghi contrattualmente stabiliti in guisa �che l'avente diritto 
sia posto in grado non solo di effettuarne l'asportazione ma anche e, 
prima di tutto, di verificarne l'identit�, lo istato e le condizioni per lo 
meno apparenti. 

Quanto poi ai trasporti ferroviari relativi a merci spedite a piccole 
partite, nelle operazioni di riconsegna �S� sogliono ricomprendere anche 
quelle di scarico del vagone, essendo queste di spettanza della Amministrazione 
ferroviaria. 

Ci� premesso e poich� -secondo le pacifiche circostanze di causa 
-il tra.sporto in questione aveva ad oggetto merci spedite a carro e 

:~ 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 461 

contenute in un vagone piombato a norma di legg�e dalla Ferrovia e 
dall'Autorit� doganale, la �riconsegna> (e, correlativamente, l'accettazione>) 
della merce, al fine qui considerato della estinzione o meno 
delle azioni di danno per perdita parziale od avaria della stessa, se 
non richiedeva anche lo scarico del vagone da parte della Amministrazione 
ferroviaria, non poteva peraltro ritenersi avvenuta prima che 
-tolti i piombi ed il copertone -l'avente diritto alla riconsegna fosse 
stato posto dall'Amministrazione stessa in grado di verificare almeno 
la identit� e le condizioni apparenti del carico: il che non era ovviamente 
possibile fino a tanto che il vagone, munito dei suoi piombi e 
del copertone, fosse stato -come di fatto avvenne -lasciato in sosta 
sul binario di raccordo della ricevitrice. 

Pur correggendo adunque, a sensi dell'art. 384 secondo comma 
c.p.c., l'errore interpretativo della Corte del merito, nel senso che 
� accettazione della me11ce > non equivale necessariamente a � scarico 
dal vagone ed asportazione della stessa dal recinto ferroviario >, deve 
tuttavia tenersi ugualmente ferma la decisione di rigetto della eccezione 
di estinzione dell'azione di danno, essendo questa giustificata dal fatto 
che la constatazione dell'avaria, ancorch� posteriore alla immissione 
del vagone nel binario di raccordo della � Adafrigor >, avvenne pur 
sempre prima o comunque all'atto stesso della �accettazione > o del 
� ritiro della merce > da parte della predetta societ�, intesi nel senso 
pi� corretto che si � dianzi specificato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 maggio 1969, n. 1525 -Pres. Tavolaro 
-Est. De Santis -P. M. Criscuoli (diff.) -Comune Napoli 
(avv. Gleijeses e Peccerillo) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. 
Stato Carusi) e Troncone (avv. Iaccarino). 

Opere pubbliche -Citt� di Napoli -Legge speciale 9 aprile 1953, n. 297Realizzazione 
di opere pubbliche di pertinenza del Comune di 
Napoli da parte della Cassa per il Mezzogiorno -Delega al Comune 
per l'esecuzione delle opere -Obbligo del Comune di provvedere 
alle occupazioni ed espropriazioni. 

(1. 9 aprile 1953, n. 297, art. 4). 
L'attribuzione disposta con legge 9 aprile 1953, n. 297, della esecuzione 
di opere pubbliche di pertinenza del Comune e della Provincia 
di Napoli alla Cassa per il Mezzogiorno, faculta quest'ultima a farne 
affidamento, mediante delega amministrativa, agli stessi Enti territoriali 
ai quali, ove non siano intervenute disposizioni particolari o limi-~ 

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BASSEGNA DELL'AVVOCATUBA DELLO STATO

462 

tazioni, � demandato ogni potere e conseguente responsabilit� nei confronti 
dei terzi per gli atti posti in essere, non escluse le occupazioni e 
le espropriazioni necessarie all'esecuzione dell'opera pubblica (1). 

(Omissis). -Le ragioni sulle quali la Corte di merito ha fondato il 
suo giudizio si possono riassumere in poche proposizioni. 

Premesso che l'azione esevcitata dal Troncone ha natura risavcitoria 
e �Che pertanto legittimato passivamente � l'autore del comportamento 
lesivo, cio�, nella specie, della occupazione, divenuta illegittima dopo 
il decorso del biennio, la Corte di Napoli ha ritenuto che nel ca:so in 
esame l'autore predetto debba identificarsi. nel Comune e solo in esso, 
poich� al detto ente era stata affidata la esecuzione dell'opera pubblica 
ed in tal modo, ponendosi in essere da parte della Cassa per il Mezzogiorno 
una delegazione amministrativa, intersoggettiva, il Comune era 
stato investito di ogni potere e dovere inerente anche alle occupazioni 
ed alrle espropriazioni. 

Tale situazione era nota anche ai Troncone, i quali pertanto non 
potevano svolgere alcuna pretesa nei confronti della Cassa. 

Censurando la decisione impugnata e le ragioni poste a base della 
stessa, il Comune di Napoli denunzia la violazione e la falsa applicazione 
degili artt. 71 e 73 della legge n. 2359 del 1865 (sulle espropriazioni per 
pubblica utilit�), 4 della legge n. 297 del 1953, nonch� degli artt. 2043, 
205�5, 1366, 1367 e 1375 e.e., dell'accordo normativo �corso tra il Comune 
e la Cassa per il Mezzogiorno il 22 settembre 1953, e la contraddittoriet� 
della motivazione, ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 �c.p.c.. 

A fondamento di taile denunzia di errori giuridici e di vizi di motivazione 
.il Comune ricorrente sostiene quanto appresso: 

a) La legge n. 297 del 1953, attribuendo alla Cassa per il Mezzogiorno 
la competenza per la realizzazione di opere a cui avrebbero 

(1) Con la sentenza che si annota le S.U. hanno ulteriormente puntualizzato 
uno degli aspetti di maggior rilievo del pi� generale problema 
di imputazione giuridica, allorch� pi� Enti pubblici sono interessati al 
compimento dell'opera pubblica. 
La sentenza della Corte di Appello di Napoli 20 febbraio 1967, � 
riportata in questa Rassegna, 1967, I, 98, con notazioni di F. CARUSI. 
Cfr. altres� la sentenza del Tribunale di Napoli 4 maggio 1966, in questa 
Rassegna, 1965, I, 1144 con nota di F. CARus1 in tema di �rapporto organico 
e sostituzione nell'esecuzione di opere pubbliche�. 

L.e sentenze 30 maggio 1966, n. 1412 e 29 dicembre 1967, n. 3025, 
menzionate in motivazione sono state pubblicate in questa Rassegna, 1966, 
I, 854 e 1968, I, 399 con note di riferimenti. Cfr. altres� Cass. 11 luglio 
1966, n. 1829, in questa Rassegna, 1966, I, 862 con nota. 
La sentenza infine 31 gennaio 1968, n. 313, cui fanno riferimento le 
S.U., trovasi riportata, in questa Rassegna, 1968, I, 419, con nota di richiamo. 


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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 463 

dovuto normalmente provvedere il Comune (come nel caso in esame) 

o la Provincia di Napoli, coI11Sentiva alla Cassa medesima di affidare ai 
predetti enti locali territoriaH (comune e provincia) la esecuzione di 
singoli lavori e non anche di delegare totalmente le attivit� necessarie 
per l'esecuzione delle opere. 
b) Nessuna delega era perci� consentita relativamente alle espropriazioni 
che s~ fossero rese necessarie per la esecuzione delle opere. In 
tali sensi, del resto, le parti si erano anche accordate con la convenzione 
del 22 settembre 1953, stabilendo che le espropriazioni venissero 
eseguite a cura della Cassa. 

c) Tale accordo non poteva, comunque, essere posto nel nulla 
unilateralmente dalla Cassa, �sicch� non avevano importanza alcuna le 
successive manifestazioni di volont� da parte di detto ente, che, deliberando 
l'approvazione del progetto per la costruzione della scuola di 
Fuorigrotta, ne aveva affidato la esecuzione al Comune ed aveva preteso 
imporgli anche di svolgere ogni attivit� necessaria per la espropriazione 
dei suoli, su cui l'opera doveva essere edificata. 

d) Comunque, po1ch� la Cassa, malgrado il conferimento dell'incarico, 
aveva direttamente promossa la occupazione dei suoli, la dele~ 
gazione, per il suo stesso fatto, era rimasta �inoperante e solo ad essa 
Cassa incombeva di promuovere tempestivamente ila espropriazione, con 
la responsabilit� conseguente al mancato adempimento di questi obblighi. 

Tutte le censure sopra riassunte sono infondate. 

Queste Sezioni unite, gi� con le sentenze n. 1412 del 1966 e n. 3.025 
del 1967 (richiamate nelle stesse d1fese di entrambi gli enti in �contesa 
nella presente causa) Qccupandosi dell'affidamento della esecuzione di 
opere al Comune o alla Provincia di Napoli da parte della Cassa per il 
Mezzogiorno, a norma dell'art. 4 u1t. comma legge 9 aprile 1953, n. 297, 
ravvisarono in tale affidamento, una delega amministrativa intersoggettiva, 
in virt� della quale il.'ente affidatario o delegato aveva, di regola, 
il potere di provvedere in merito all'oggetto della delega, in nome proprio 
e non in veste di rappresentante del delegante. 

Queste Sezioni unite ritennero cio� che la legge sopra menzionata, 
pur attribuendo alla Cassa il compito della esecuzione di opere pubbliche 
di �competenza del Comune e della Provincia di Napoli, avesse 
nondimeno dato la facolt� alla Cassa medesima di affidare ai predetti 
enti la esecuzione delle �opere stesse ponendo in essere una delega amministrativa 
e da ci� trassero l'ulteriore conseguenza che, nel caso in 
cui la Cassa si fosse avvalsa della fa.colt� di affidamento o di delega, gli 
enti delegati fossero direttamente responsabili nei confronti dei terzi 
per gli atti di eisecuzione, non escluse le occupazioni e le espropriazioni 
necessarie per l'espletamento dei lavori affidati, rimanendo l'ente delegante 
investito solo delle funzfoni di controllo. 

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Da tale indirizzo giurisprudenziale non vi � ora ragione di discostarsi. 


Non vi � infatti motivo di farlo, �contrariamente a quanto la difesa 
del Comune mostra di intendere per effetto dell'ulteriore approfondimento 
compiuto in altra successiva sentenza di questa Corte (sezione 
semplice) circa la natura e l'essenza della delega amministrativa e circa 
la ripartizione delle responsabilit� a �cui la delegazione dei poteri d� 
luogo (sent. 313 del 31 g~aio 1968 Sez. 1a civ.). 

Le conclusioni ultime al!le quali � giunta la sentenza sopracitata, 
che si � occupata peraltro della applicazione di un'altra legge, diversa 
da quella che reca provvedimenti � favore della citt� di Napoli, possono 
essere condivise: non i�/ invero dubitabile che non si pu� stabilire in 
astratto, in base ai soli principi generali dell'ordinamento amministrativo, 
quali siano i poteri attribuiti ad ognuno degli enti che cooperano 
nella costruzione di opere pubbliche e che, in caso di delega di tali 
poteri da uno ad altro ente, nell'esercizio di una facolt� data dalla legge, 
all'atto amministrativo di delega occorra in primo luogo far capo, onde 
accertare in concreto quale potest� si sia 1nteso affidare e quale attivit� 
sia stata commessa. 

Tuttavia quando, come nella specie � avvenuto, (di ci� 1nvero non 
si contende tra le parti) l'affidamento della esecuzione dell'opera ha 
luogo senza particolari disposizioni o limitazioni, soltanto ai principi 
generali ed alle norme particolari di legge si pu� fare ricorso per 
stabilire quali effetti derivino dalla delega contenuta nell'affidamento 
medesimo. 

Che tra questi effetti vi fosse anche quello di attribuire al Comune 
delegato ogn1 potere e, conseguentemente ogni responsabilit� in ordine 
alle occupazioni ed alle espropriazioni necessarie per la esecuzione delle 
opere non � poi dubbio, per le ragioni esposte nelle sopra richiamate 
sentenze n. 1422 del 1966 e n. 3025 del 1967, alle quali si rimanda 
senza farne inutile ripetizione. 

� perci� priva di ogni fondamento la denunzia di un preteso errore 
giuridico consistente nell'aver ritenuto possibile una delegazione estesa 
anche alle operazioni di occupazione e di espropriazione, mentre l'affidamento 
previsto dalla :legge avrebbe potuto avere per oggetto solo 
l'attivit� materiale df esecuzione dei lavori. Quanto alla esistenza in 
concreto dell'affidamento, cio� delia delegazione intersoggettiva dalla 
Cassa per il Mezzogiorno al Comune per la esecuzione dell'opera che 
dette luogo alla occupazione dei suoli dei Troncone, non pu� che fare 
stato l'accertamento di merito compiuto dalla Corte di appello che l'ha 
ravvisato nella deliberazione del consi~io di ammilnistrazione della Cassa 
in data 13 gennaio 1960, precisando che in essa era anche previsto che 
al Comune affidatario .spettasse promuovere tempestivcamente la conversione 
delle occupazioru temporanee in definitive, qualora si fosse ritenuto 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

di ricorrere alla procedura di occupazione in via di urgenza, ai sensi 
dell'art. 71 della \legge sulle espropriazioni. 

Cosi 1stando le cose, non ha neppure commesso errore la Corte di 
merito, n� � incorsa in contraddizione, affermando che l'affidamento dei 
lavori, ovvero la delegazione posta in essere con la deliberazione del 
13 gennaio 1960, rendeva superata ogni questione sulla effica.cia e la 
portata della convenzione in data 22 settembre 1953 intercorsa tra il 
Comune di Napoli e la Cassa per il Mezzogiomo. 

Con tale ,convenzione, che il Comune di Napoli ancora .invoca a 
sostegno di una delle censure contenute nel primo mezzo di annullamento, 
J:e parti avevano stabilito in via generale cqme rsi sarebbero svolt� 
i rapporti a cui la \legge n. 297 del 1953 avrebbe dato luogo tra 1.oro e, 
secondo l'asswnto del Comune, si erano accordate nel senso che le espropriazioni 
necessa1<ie per le opere da eseguire. sarebbero state effettuate 
a cura della Cassa. Ma ise anche ci� fosse rispondente al vero, la regolamentazione 
generale preventiva non potrebbe non essere derogata dal 
successivo atto di affidamento ,che comportava delegazione a svolgere 
tutta la complessa attiv-it� occorrente, per la realizzazione dell'opera 
affidata al Comune con espresso riferimento anche alle procedure 
espropriative. 

N� va dimenticato che, essendo la delegazione atto unilaterale, essa 
poteva �essere posta in essere con manilfestazione di volont� del solo 
ente delegante. 

L'ente delegato e cio� il Comune, d'altra parte, avendo accettato 
la delega col curare la realizzazione dell'opera, non poteva sottrarsi, 
n� iJ!l tutto n� �in parte, agli obblighi che ne derivano a suo ,carico per 
un preteso contrasto dell'atto di delegazione con i precedenti accordi 
inter partes. 

Si � gi� detto �che l'atto amministrativo di affidamento, contenuto 
nella deliberazione del 13 gennaio 1960, prevedeva espressamente, secondo 
ci� che � stato accertato dai giudici del merito, la possibilit� che 
si facesse ricorso alla occupazione in via di urgenza ed, in tale ipotesi, 
poneva a carico dell'ente delegato di promuovere tempestivamente la 
conversione della occupazione temporanea in espropriazione. 

Ci� dimostra l'infondatezza anche dell'ultima censura del primo 
motivo di ricorso, quella cio� che nella precedente esposizione � stata 
l'liassunta sotto la lettera d). 

NOIIl vi � dubbio, infatti, che non vale delegare ad altri la propria 
attivit� per escludere la propria responsabilit�, anche quando la delegazione 
� ammessa dalla legge, se l'attivit� stessa, malgrado la delega, 
viene poi svolta direttamente dall'ente delegante, nella cui competenza 
originaria era compresa. 

In tale ipotesi non pu� giovare neppure all'ente delegante addurre, 
come fa la Caissa nel caso in esame, di'aver agito per canto e nel nome 


466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'ente delegato, non essendo possibile che un ente pubblico eserciti 

per conto e nel nome di altri, una attivit� di propria competenza. 

Ma la attivit� svolta direttamente dalla Cassa, malgrado che essa 

fosse �Compresa nella delega al Comune, f� solo quella di promuovere 

la occupazione di urgenza, rimanendo fermo il conferimento di ogni 

altro incarico al Comune ed il conseguente suo obbligo, del resto espres


samente sancito nell'atto amministrativo, di curare in ogni altra sua 

parte l'�espletamento delila procedura di e~propriazione. 

Sostenepdo, come fa, che spetta comunque all'ente che promuove 

la occupaziol!le, curare lo espletamento della procedura esecutiva, la 

difesa del Comune tr~scura poi di considerare che questo � vero nella 

normalit� dei casi, in cui l'ente occupante si identifica con quello che 

esegue (l'opera pubblica ed in cui favore va disposta la espropriazione. 

Diversa � la situazione della presente causa in cui la occupazione 
. era promossa da un ente (la Cassa) per permettere ad altro (il Comune) 

di eseguire un'opera pubblica, che, come meglio si dir� tra poco, rien


trava pur sempre nella competenza di quest'ultimo: sicch� la espropria


zione in definitiva avrebbe dovuto essere pronunciata in suo favore. 

Si deve infatti considerare che le opere pubbliche, alla cui proget


tazione ed esecuzione av�rebbe dovuto provvedere la Cassa per irl Mezzo


giorno, in vista delle particolari finalit� perseguite dalla 1. n. 297 del 

1953, non cessava1I10 di rientrare nella competenza del Comune o della 

Provincia di Napoli. Nessuna deroga cio� la legge suddeHa comportava, 

a1Jle norme attribuite di tale competenza e cos�, per quanto attiene al 

caso in esame, alle norme del r.d. 3 luglio 1934, n. 334, che pone a 

cartco dei Comuni la costruzione di edifici per le scuole di avviamento 

professionale. 

Che il Comune e la Provincia di Napoli continuassero ad avere 

competenza in ordine all'esecuzione delle opere predette, sebbene nel


il'ambito della .cooperazione voluta dalla legge questa potesse essere 

curata anche dalla Cassa per il Mezzogiorno, � reso poi manifesto dalle 

stesse norme dell'art. 4 legge n. 297, che non solo parla espressamente 

di opere pubbliche di competenza della provincia o del comune di 

Napoli, ma, pure apprestando particolari strumenti per il finanziamento, 

ne lascia (l'onere finale per la maggior parte a carico degli enti predetti, 

stabilendo .che vi facciano fronte mediante mutui, mentre l'intervento 

finanziario dello Stato viene Umitato .alla concessione di contributi. 

Al Comune ed alla Provincia di Napoli non � sottratta neppure 

totalmente la iniziativa in ordine alle opere da eseguire, spettando a 

tali enti, a norma del comma quarto dell'art. 4 della legge citata, di 

predisporre i relativi programmi, d'intesa con la Cassa per il Mezzo


giorno. 

Da ci� consegue che quando l'esecuzione dell'opera � compiuta dal 

Comune o dalla Provincia questi. svolgono un'attivit� �che in linea gene


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PARTE I; SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 467 

raie gi� rientrava nella loro competenza, anche indipendentemente dalla 
delegazione, sicch� ogni responsabilit� conseguente alla detta attivit� 
di esecuzione non pu� che incombere all'ente esecutore. 

Infine appare rilevantissima un'ultima considerazione che muove 
dalla situazione particolare della presente causa, cio� dalla mancanza 
di un atto espropriativo, non intervenuto infatti a carico dei Troncone, 
malgrado il luogo decorso di anni. 

In tale situazione la pretesa dei suddetti proprietari ha per oggetto, 
n� potrebbe essere altrimenti, la indenni_t� per i primi due anni di 
occupazione, durante i quali questa ebbe titolo nel decreto prefettizio 
che la autorizzava e fu pertanto legittima, ed il risarcimento dei danna. 
per ila ,successiva occupazione divenuta ormai illegittima, che ha carattere 
permanente. 

I fatti che costituiscono il fondamento e la origine dei diritti azion�ti 
dai Troncone, quello legittimo della occupazione nel primo biennio, 
quello illecito della occupazione protratta dopo 11 biennio ed ormai 
permanente, sono entrambi propri del Comune che sin dall'inizio ebbe 
ii! possesso dei beni �sottratti al godimento ed alla disponibilit� dei 
Troncone e se ne avvalse per la realizzazione dell'opera pubblica. 

La responsabilit� che ne deriva non pu� che incombere al Comune 
che di fatto ha operato, e che, non pu� trasferir.e le conseguenze della 
sua attivit� sulla Cassa, per effetto della delegazione che questo ente 
aveva disposta, proprio per�ch� tale delegazione gili conferiva ogni potere 
ci:rica la promuovenda espropriazione. 

Con il secondo mezzo di annullamento il Comune di Napoli denunzia 
altra violazione dell'art. 4 legge n. 297 del 1953 e l'omesso esame di 
punto decisivo, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., sostenendo che 
in ogni caso, pur ammettendosi cio� che ad esso ricorrente incombesse 
di procedere alila espropriazione dei suoli in questione, per effetto della 
delegazione della Cassa o per altro motivo, non avrebbe potuto negarsi 
l'obbligo di rivalsa della Cassa, delle somme al cui pagamento il Comune 
era esposto per effetto della mancata espropriazione. 

Aggiunge il Comune che, avendo esso ricorrente comunicato alla 
Cassa l'ordinanza prefettizia con cui si disponeva il deposito della indennit� 
di espropriazione, la Cassa predetta non aveva messo a sua disposizione 
la somma necessaria al deposito. 

Vero era poi che l'ordinanza prefettizia era intervenuta mentre 
il presente giudizio era gi� in corso, ma il compimento della procedura 
di espropriazione, che la Cassa aveva reso impossibile, sarebbe almeno 
valso a il.imitare il risarcimento dovuto ai Troncone. 

Neppure questa censura merita accoglimento. 
Essa muove infatti da un presupposto erroneo, quello cio� che la 
Cassa fosse tenuta, in base alle norme della legge n. 297 del 1953, a 


468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

forni.re al Comune, in ogni caso ed illimitatamente, i mezzi finanziari 
per la esecuzione delle opere. 

Ben diversa e ben pi� ristretta era invece la funzione assegnatale 
dalla legge suddetta. Le opere dovevano essere invero eseguite, come gi� 
si � accennato, con le somme ricavate dai mutui, che per ognuna di 
esse sarebbero stati concessi al Comune o alla Provincia ed in relazione 
ai quali lo Stato concedeva dei contributi, nonch<�, la garanzia a favore 
degli enti mutuanti. 

La Cassa, .tenuta a prestare a sua volta una garanzia temporanea, 
riscuoteva l'importo dei mutui in virt� di delegazione irrevocabile del 
mutuatario. 

Taile importo doveva essere speso per la esecuzione dell'opera e, 
naturalmente, doveva essere trasmesso al Comune o alla Provincia, nel 
caso di affidamento (cio� di delegazione) della esecuzione dell'opera 
stessa. 

In nessuna disposizione della legge � per� prevista la erogazione 
diretta e definitiva, da parte della Cassa, di somme di sua spettanza, 
a favore del Comune o della Provincia. 

Da ci� consegue che del tutto irrilevante � la circostanza dedotta 
dal ricorrente e di cui la Corte di merito non avrebbe tenuto conto: 
d'avere cio� richiesto alla Cassa i fondi necessari per la espropriazione 
in questione. 

La Casisa non era infatti tenuta a for.nirli, se non ne avesse avuto 
la disponibilit� traendoli dal ricavato del mutuo concesso al Comune, 
per il finanziamento dell'opera: ma tale disponibilit� di somme, in 
aggiunta a quelle gi� erogate per la realizzazione dell'opera, non � 
mai stata .neppure dedotta dal ricorrente nelle fasi di merito del presente 
giudizio e neppure attualmente, ed � inoltre recisamente negata 
dalla Cassa. Si impone pertanto il rigetto del ricorso del Comune, con 
il conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato proposto 
dai Troncone. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez, Un., 12 maggio 1969, n. 1614 -P1�es. 
Scarpello -Est. Pratis -P. M. Tavolaro (conf.) -Assessorato alle 
Finanze della Regione Siciliana (avv. Stato Carafa) c. Ferrito (avv. 
Gorgone, Querini e Oliveri). 

Procedimento civile -Decisione del Consiglio di Stato -Ricorso per 
cassazione -Termine per l'impugnativa -Decorrenza. 

(1. 25 gennaio 1958, n. 260 art. 1; r.d. 17 agosto 1907, n. 642 artt. 7 e 87; c.p.c. 
art. 326). 
La disciplina dettata con l'art. 1 della legge 25 gennaio 1958, n. 260 
in tema di notificazione degli atti alle Amministrazioni dello Stato, da 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 469 

eseguirsi presso gli Uffici della competente Avvocatura dello Stato, non 
ha innovato alle norme del t.u. delle leggi sul Consiglio �di Stato ed al 
regolamento di procedura innanzi� al medesimo in sede giurisdizionale, 
onde ai fini della decorrenza del �termine per l'impugnativa delle decisioni 
dinanzi alla Corte di Cassazione trovano applicazione gli artt. 7 
e 87 del r.d. J7 agosto "1907, n. 642 per i quali le decisioni del Consiglio 
di Stato devono essere notificate direttamente alle Amministrazioni. 

(Omissis). -La decisione del Consiglio di Giustizia Amministrativa 
per la Regione Siciliana fu notificata dal Ferrito, odierno resistente, al 
Presidente della Regione e all'A:ssessore Regionale alle Finanze, rispettivamente 
il 6 ed il 7 giugno 1966, :sicch� il termine (di 60 giorni dalla 
notifica, ai sensi degli artt. 3'2'5, secondo comma, 326 �e 362 c.p.c.) per 
ricorrere avverso tale decisione -pur tenuto conto della sospensione 
dei termini processuali a norma dell'art. 1 della I. 14 luglio 1965, n. 818 
-era ormai scaduto quando, il 5 ottobre 1966, fu notitfi:cato il ricorso. 

Il resistente eccepi!Sce, pertanto, preliminarmente, l'inammissibilit� 
del ricorso, perch� proposto fuori termine. 

La ricorrente amministrazione, peraltro, oppone che la notificazione 
direttamente alla Pubblica Amministrazione non sarebbe utile ai fini 
della decorrenza del termine per l'impugnazione, �con la conseguenza 
che il ricorso sarebbe pur sempre tempestivo, non essendo decorso, al 
momento della sua . notificazione, iJ termine annuale previsto dall'art. 
327 �c.p.c. 

In proposito la ricorrente assume che -essendo stata abrogata, 
dall'art 2 .della 1. 25 marzo 1958, n. 260, la norma dell'art. 12' r.d. 30 
ottobre 1935, n. 1611, in base alla quale, per i giudizi svolgentisi innanzi 
alle giurisdizioni amministrative o speciali, le notificazioni da farsi alle 
amministrazioni pubbliche dovevano essere effettuate direttamente presso 
le amministrazioni stesse -ormai, ai fini della decorrenza dei termini 

(1) La decisione conferma un orientamento costante, ma che non ha 
mancato 
di suscitare dissensi in dottrina. 
Il contrasto si pone in quanto, ove si ritenga applicabile la legge 

n. 260 al giudizio dinanzi a:l Consiglio di Stato, consegue necessariamente 
una modifica del sistema del processo amministrativo come processo su atti. 
Nel senso della sentenza cfr. C'onsiglio di Stato, Ad. plen., 15 gennaio 
1960, n. 1; 17 marzo 1967, n. 10. 
In dottrina cfr. GurccIARDI, in Giur. it., 1960, III, 49; contra ANDRIOLI, 
in Foro it., 1960, III, 51; SANDULLI, in Giust. civ., 1960, II, 85 che riscontra, 
in tale orientamento, una inammissibile correzione giudiziaria �della legge. 

In generale, sul principio che per le decisioni del Consiglio di Stato, 
ai fini della decorrenza de! termine per l'impugnazione dinanzi alla Corte 
di Cassazione, vale la disciplina degli artt. 17 e 87 del regolamento 1907, 

n. 642, cfr. Sez. Un. 28 luglio 1964, n. 2121, in Giust. civ., 1964, I, 1946. 

470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per il ricorso in Cassazione, la notificazione delle decisioni emesse da 
un qualsivoglta organo giurisdizionale amministrativo (ivi compresi il 
Consiglio di Stato e gli altri organi ,che ne svolgano le funzioni, come 
avviene per il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione 
Siciliana) dovrebbe essere eseguita presso l'Avvocatura dello Stato, 
specie quando questa fosse stata costituita in giudizio per l'Amministrazione. 
Invero, secondo la ricorrente -con l'abrogazione dell'art. 12 

r.d. n. 1611 del 1933, sarebbe venuta meno �quella diversa disposizione 
�, alla quale (ai fini della possibilit� di notifica a persona diversa 
dal procuratore costituito) rinvia �il combinato disposto degli artt. 285 
e 170 c.p.c. �. 
Lo'assunto della ricorrente non � fondato. 

L'art. 87 del regolamento, approvato con r.d. 17 agosto 1907, n. 642, 
per la procedura innanzi al Consiglio di Stato, impone, con norma imperativa, 
che la notificazione della decisione ad istanza delle parti interessate 
sia fatto nelle forme stabilite per la notificazione dei ricorsi, 
ossia: trattandosi di notificazione da farsi alle parti diverse daU'Amministrazione" 
direttamente alle parti stesse, nella loro residenza o nel 
loro domkilio o nella loro dimora (artt. 3 e 8 dello stesso regolamento); 
trattandos.i di notificazione da farsi all'Amministrazione direttamente 
all'autorit� �che ha emanato l'atto o il provvedimento che ha formato 
oggetto di impugnazione avanti al Consiglio di Stato (art. 7 dello stesso 
regolamento e art. 36, secondo comma, t.u. (delle leggi sul Consiglio 
di Stato, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1954). 

Come � stato ripetutamente affermato da queste Sezioni Unite 
(sent. 2,3 luglio 1964, n. 2121; 30 ottobre 1959, n. 3202), con riferimento 
alla notificazione alle parti diverse dall'Amministrazione, J.a disposizione 
de�l'art. 87 r.d. n. 642 del 1907 vale ad escludere che il 
prindpio per cui la notificazione delle sentenze, ai fini dell'inizio del 
decorso del termine per l'impugnazione, deve avvenire al procuratore 
costituito, sia applicabile alle impugnazioni per cassazione delle decisioni 
del Consiglio di Stato; ed invero il citato art. 87 ,costitUJisce quella 
div�ersa disposizione di legge alla quale rinvia l'art. 170 c.p.c. (richiam.
ato dall'art. 285 dello stesso codice), ponendo cosi una espressa limitazione 
� in bianco � al campo di appUcazione del principio suddetto. 

Ora, pokh� prima dell'emanazione della leg.ge 25 marzo 1958, n. 260 
era pacifico che le norme del t.u. approvato con r.d. 30 ottobre 1933, 

n. 1611 non erano applicabili ai giudizi innanzi al Consiglio di Stato, 
persistendosi a considerare applicabili a tali giudizi le norme del t.u. 
delle leggi sul Consiglio di Stato e del regolamento di procedura avanti 
al Consiglio stesso, il sistema delle notificazioni in questi giudizi si 
potrebbe ritenere mutato solo qualora risultti.sse con si:curezza che la 
legge n. �2�60 del 1958 aveva inteso innovare in proposito. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 471 

Gi� poco dopo l'entrata in vigore di questa legge il Consiglio di 
Stato, in Adunanza plenaria (decisione 1'5 .gennaio 1960, n. 1) chiama.to 
a risolvere tale questione, le risolse in senso negativo, ossia nel senso 
dell'inapplicabilit� della nuova legge ai giudizi innanzi a queLl'organo 
giuTisdizionale, ritenendosi, quindi, che i giudizi medesimi dovessero 
continuaJ."e ad essere regolati, ll!lche per quanto riguarda le notificazioni 
dalla_ previgente disciplina. 

Il Consiglio di Stato segui, poi, costantemente tale indirizzo, pur 
temperandolo col ritenere che le notificazioni dei ricorsi all'Avvocatura 
dello Stato anzich� all'autorit� emanante, dopo l'entrata in vigore della 
nuova legge, non si potessero pi� considerare insanabilmente nulle 
(cfr. decisione della Adunanza plenaria 13 luglio 1967, n. 10). 

Queste Sezioni Unite, poi, pur senza av�er affrontato ex professo 
la questione, peraltro -nell'affermare che l'art. 1 della 1. n. 260 del 
1958, modificando l'art. 11 della 1. n. 1611 del 1933, accomuna in 
un'unica disciplina tutte le varrie ipotesi di giudizi innanzi alle autorit� 
giurisdizionali -non hanno mancato di rilevare �che, tuttavia, esula 
dalla suddetta previsione normativa. e quindi da tale comune disciplina, 
il .giudizio innanzi al Consiglio di Stato �specificamente regolato da 
una disciplina propria, soprav;vissuta alla riforma del 1958 � (sentenza 
6 ottobre 1964, n. 2523). 

Tale indirizzo deve essere ribadito, dovendosi ritenere che la legge 

n. 260 del 1958 abbia importato soltanto modific.azioni alle norme sulla 
rappresentanza dello Stato in giudizio, contenute nel testo unico approviato 
con r.d. n. 1611 del 1933, ile quali come gi� si � rilevato, coesistevano 
alle norme previste dal t.u. sulle leggi del Consiglio di Stato 
e dal regolamento di procedura innanzi al Consiglio stesso, senza per 
nulla interferire con esse. 
La tesi contraria (a prescindere dagli argomenti �che qualche autore 
ritiene di desumere dai lavori preparatori, i quali, comunque, non potrebbero 
mai prevalere sulla volont� oggettiva della legge) potrebbe 
trovare conforto in una duplice considerazione: 1) che l'art. 1 della 

1. n. 260 del 1958, nel modificare l'art. 11 del t.u. n. 1611 del 1933, 
[� dove menziona gli atti suscettibili di notificazione, ha aggiunto alla 
dizione originaria, tra l'altro, le paJ."ole �e gli atti istitutivi ~ giudizi 
che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, od 
innanzi agli arbitri �; 2) �che l'art. 2 deLla legge del 1958 ha abrogato 
l'art. 12 del t.u. del 1933, il quale, �come gi� si � detto, prevedeva 
espressamente che, per i giudizi sv�olgentisi innanzi alle giurisdizioni 
amministrative o speciali, le notificazioni si facessero direttamente presso 
le amministrazioni, anzich� presso i �competenti uffici dell'Avvocatura 
dello Stato. 
Orbene, per controbattere i suddetti argomenti, � sufficiente ricordare 
che ila coesistenza di norme diverse in materia di notificazioni di 

8 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

atti alla Pubblica Amministrazione, contenute :rispettivamente, da un 
lato, nel testo unico del 1933 e, dall'altro, nel regolamento di procedura 
innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, non era affatto 
basata sull'eccezione prevista dall'art. 12 del t.u. del 1933, bensi era 
basata sulla considerazione che il sistema del procedimento avanti al 
Consiglio di Stato era, in s� e per s�,. completa ed indipendente dal 
sistema .del procedimento ordinario. 

Con ci� si spiega agevolmente come, non riferendosi al Consiglio 
di Stato la dizione � giurisdizioni amministrative o speciali>, contenute 
nell'art. 12 del t.u. del 1933, non solo l'abrogazione di tale arttcolo 
non pu� avere alcun significato innovativo rispetto al sistema vigente 
nel procedimento innanzi al Consiglio di Stato, ma neppure pu� attribuirsi 
analogo significato al fatto che, abrogato il citato articolo 12, 
il precedente art. 11 sia stato modificato nel modo tes~ ricordato. Ci� 
pu� signMkare soltanto che, sempre prescindendo dai sistemi regolati 
da una disciplina processuale propria totalmente indipendente -cos� 
come si verifica per il Consiglio di Stato e per ila Corte dei Conti la 
1. n. 260 del 1958 ha voluto eliminare ogni eccezione in ordine alla 
notificazione da far.si alle pubbliche amministrazioni, riconducendo, a 
tale proposito, alla disciplina comune i giudizi innanzi ai pretori ed ai 
conciliatori e quelli svolgentesi innanzi alle giurisdizioni amministrative 
e speciali divers�e da quelle suddette. 

D'altra parte che una modifi�ca alle norme vigenti in subiecta materia 
nel sistema processuale dei giudizi innanzi al Consiglio di Stato 
esuli del tutto dalla volont� della 1. n. 260 del 1958 risulta palese dalle 
limitate finalit� della legge stessa. Come fu rilevato, sia dalla dottrina, 
sia dalle gi� menzionate pronunce del Consiglio di Stato, scopo della 
legge del 1958 � stato quello di eliminare gli inconvenienti e le difficolt� 
che le norme del t.u. del 1933 frapponevano in ordine all'identificazione 
dell'organo competente a rappresentare in giudizio le amministrazioni 
pubbliche. Ma tali inconvenienti e difficolt� erano, o sono, 
del tutto insussistenti nel sistema processuale previsto per i giudizi 
avanti al Consiglio di Stato, nei quali giudizi legittima contradditrice 
del ricorrente �, per regola ~enerale, l'autorit� dalla quale � stata emanato 
il'atto o il provvedimento impugnato. Proprio ci� dimostra, a maggior 
ragione, che la legge del 1958 non pu� essere applicabile al procedimento 
avanti al Consiglio di Stato, perch�, se lo dovesse essere, si 
dovrebbe anche ritenere, non solo che le notifi�cazioni dell'Amministrazione 
dovrebbero essere effettuate presso l'Avvocatura dello Stato, ma 
anche che l'Amministrazione dovrebbe essere citata in persona del Ministro, 
competente mentre la presenza in giudizio dell'autorit� che ha 
emesso il provvedimento � un presupposto connaturale al procedimento 
avanti al Consiglio di Stato, richiesto non solo dal regolamento di pro



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 473 

cedura, ma da1la stessa legge fondamentale relativa a quell'organo 
giurisdizionale (art. 36 t.u. n. 1054 del 1924). 

Ritenuto cosi che la 1. n. 2�60 del 1958 non ha innovato alle norme 
del t.u. 'sul Consiglio di Stato e del regolamento di procedura innanzi 
al medesimo, in sede giurisdizionale, devono trovare applicazione gli 
artt. 7 ed 87 r.d. n. 642 del 1907, in base ai quali le notificazioni alle 
amministrazioni pubbliche delle decisioni del Consiglio di Stato e di 
quegli organi giurisdizionali che ne esercitano le funzioni (come avviene 
per il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana) 
devono essere effettuate direttamente alle amministrazioni stesse. 

Ne consegue che si deve ritenere pienamente valida, ai fini della 
decorrenza dei termini per il T'icorso in cassazione, la notificazione della 
decisione impugnata, effettuata direttamente alla Amministrazione Regionale 
il 6 e 7 giugno 1966, mentre si deve ritenere fuori termine e, 
quindi, inammissibile il ricorso notificato soltanto il 5 ottobre 1966. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 giul;Jno 1969, n. 2211 -Pres. Malfitano 
-Est. Perrone Capano -P. M. Gentile (conf.) -Ferrovie dello 
Stato (avv. Stato De Francisci) c. Posante (avv. Costa). 

Responsabilit� civile -Responsabilit� della P.A. -Capitolati di appalto 
-Clausola di manleva. -Natura -Ammissibilit�. 

(e.e. artt. 1229, 1883). 
n cos� detto patto di manleva inserito nei contratti di appalto, per 
il quale il debitore responsabile verso i terzi danneggiati riversa i relativi 
oneri sull'altra parte che .ne abbia un interesse patrimoniale, ha 
natura assicurativa e non contrasta con la norma di cui all'art. 1229 e.e., 
in quanto non restringe ma amplia la tutela del terzo danneggiato, n� 
con quella di cui all'art. 1883 e.e., la quale concerne l'esercizio deila 
attivit� assicurativa in forma di impresa, limitandola ad istituti di diritto 
pubblico od a societ� per azioni in conformit� delle leggi speciali, ma 
non vieta ai soggetti privati di stipulare tale clausola (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione degli 
artt. 1321, 1362, 1363 e 1367 e.e. nella interpretazione dell'art. 5 bis 

(1) La validit� della c.d. clausola di manleva, contenente un patto 
di esonero da responsabilit� per fatti imputabili direttamente alla p.a., 
� ormai pacificamente riconosciuta nella giurisprudenza della Cassazione 

474 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

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del contratto di appalto in relazione all'art. 18 del capitolato di lavori 

�: 
e forniture per conto dell'Amministrazione ferroviaria, nonch� motiva-r::

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zione insufficiente e contraddittoria per avere i giudici di merito omesso ~ 

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di considerare che la clausola dell'art. 5 bis del contratto di appalto f.:: 
doveva essere interpretata in relazione 'all'art. 18 del Capitolato che 
poneva ogni onere per danni a carico dell'appaltatore mentre l'art. 5 bis 
spec.ifi�ava che di un ta:le onere, da qualsiasi causa derivante, .si era 

j

tenuto conto nel determinare il prezzo dell'appalto; per non avere detti 
giudici rilevato che, non potendosi appli:care direttamente il contratto 
di appail.to ai dipendenti dell'impresa., la clausola in questione, nella 
parte in cui si conveniva che l'Amministrazione non assumeva alcuna 
respCY!llSabilit� per danni che potessero derivare a detti dipendenti, non 

~ 

avrebbe avuto alcun effetto se all'esonero di responsabilit� di uno dei 
con.traenti non avesse fatto riscontro l'assunzione dell'onere del risarcimento 
da parte dell'altro contraente. 

I

La censura � fondata. ~ 
Poich�, a norm� dell'art. 1363 e.e., le �clausole del contratto vanno 
interpretate le une a mezzo delle altre attribuendo a ciascuna il signi


I

ficato che risulta dal complesso dell'atto, non poteva la Corte di merito ~f; 
trascurare l'esame dell'art. 1'8 del Capitolato, cui lo stesso art. 5 bis ~il 
del contratto di appalto faceva espresso riferimento, specificandosi che� 

f:!i 
la clausola veniva stipulata �a completamento� di quanto prescritto 
dal predetto art. 18, secondo� il quale � debbono restare, in ogni caso, 
a carico esclusivo dell'appaltatore gli obblighi imposti dalle leggi per 
cure mediche e per med1dnali, nonch� ogni indennit� che potesse essere 
dovuta agli operai, loro famiglie ed eredi a cagione degli accidenti nel 
lavoro�. L'appaltatore -secondo lo stesso art. 18 -�deve mettere 
in opera a sue spese ogni provvedimento ed usare ogni diligenza per 
evitare dai;mi di qualsiasi genere. Ove, ci� malgrado, questi si verificassero, 
incombe alil'appaltatore medesimo ogni onere per il completo 
risarcimento def danni stessi e di ogni conseguenza diretta ed indiretta, 
dovendo egli sempre rispondere �completamente tanto verso l'ammini


~ffi.

strazione che verso gli operai e chiunque altro�. 

!� 

Il testo dell'art. 5 bis del contratto si arti-colava in due parti, en@ 
trambe �collegate col predetto art. 18, riispetto al quale, per espressa ~::~ 
dichiarazione del testo medesimo, assumevano -come si � detto ~ 

I 

funzione �di completamento�. 

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rit 

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~::::::

(cfr. Cass. 18 maggio 1954, n. 1580; 1� giugno 1968, n. 1646, in questa 
Rassegna, 1968, I, 735 con nota di richiami) che ne ha posto in luce la ~?~~


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natura assicurativa e puntualizzato l'ambito nel senso che (sent. n. 1646) 

�discende dai principi la validit� del patto �che, nei rapporti interni, I!-': 
consenta al responsabile di riversarne su un altro soggetto, corresponsabile 
bi 

o 
meno, tutti gli oneri derivanti dalla propria responsabilit��. 
1::;:: 
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~4ll!W'M'MiV'~M'~~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 475 

Con \la prima parte si stabiliva che all'Amministrazione ferroviaria 
non doveva far carico alcuna responsabilit� per danni, infortuni ed 
altro che potessero derivare all'appaltatore ed ai propri dipendenti nella 
esecuzione delle prestazioni oggetto de1l contratto ed a motivo dell'esercizio 
ferroviario e per qualisaisi altra 'causa, ritenendosi a tale riguardo 
qualsiasi onere gi� compreso e compensato nel prezzo dell'appalto. 

Con la 'Seconda parte, si precisava che l'appaltatore si assumeva 
ogni responsabilit� per danni alle persone e alle cose che potessero 
derivare al personale de11'Amministrazione appaltante ed a terzi per 
fatto proprio o dei suoi dipendenti, sollevando perci� la stessa A.mmi~ 
nistrazione da qualunque pretesa fosse stata avanzata nei suoi confronti 

La Corte di merito, dopo avere esattamente identificato nella prima 
parte di detta clausola un patto di esonero da responsabilit� per fatti 
imputabili direttamente all'Amministrazione a motivo dell'esercizio ferroviario 
da essa gestito e ne11a seconda un patto di �esonero da responsabilit� 
per fatto dell'imprenditore e dei suoi dipendenti di cui la prima 
potesse comunque essere chiamata a rispondere, ha escluso per�, con 
motivazione contra.stante con la riferita premessa, che dal primo patto 
B.erivi un obbligo di rivalsa da parte dell'appaltatore, obbligo che invece 
ha ammesso derivare dal secondo, senza dare una logica ragione di tale 
diversit� di conseguenze ed affermando, inoltre, -con manifesto errore 
di diritto -che rispetto ail primo patto i dipendenti dell'impresa sono 
da .considerare come � membri � di questa e rispetto al secondo come 
� ter:lli �: il tutto aggravato dal mancato esame del testo dell'art. 18 
del capitolato cui entrambe le pattuizioni erano testualmente necessariamente 
collegate perch� stipulate -ripetesi, a completamento delle 
previsioni gi� ampie di detto capitolato �che pongono a carico de11'appaltatore 
ogni possibile responsabilit� sollevandone 1'Amministrazione. 

Ora, mentre non pu� dubitarsi che, in base alle disposizioni regolatrici 
del contratto di appalto (art. 1655 e segg. �.e.), l'efficacia contrattuale 
si esaurisc�e fra l'appaltatore e committente che non ha rapporti 
diretti con i dipendenti del primo i quaH non possono giammai essere 
considerati soggetti del rapporto, n� assimilati al loro datore di lavoro, 
appare altresi manifesto il vizio logico concretantesi nell'avere riconosciuto 
che col patto contenuto nella prima parte qel >Citato art. 5 bis, 
si era esonerata l'Amministrazione appaltante dalla responsabilit� derivante 
dall'esercizio ferroviario, ossia da fatti propri e nell'avere poi 
esdusa quella che invece ne era la necessaria �conseguenza, consistente 
nell'assunzione di tale responsabilit� da parte dell'impresa appaltatrice, 
senza rendersi conto che, per tail. modo, il patto in �esame sarebbe stato 
inutilmente stipulato .se esso in realt� non fosse stato idoneo a riversare 
sull'impresa appaltatrice la responsabilit� incombente all'Ammintstrazione 
committente, del che invece i contraenti dichiaravano di avere 
t�nuto conto nello stabilire il prezzo dell'appalto. 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

OJ.tre che in un vizio di motivazione, la Corte � incorsa �Con ci�, 
anche nella inosservanza della norma dell'art. 1367 c.�c. cui -pur nel 
dubbio -avrebbe dovuto riferirsi, secondo la quale il contratto o le 
singole clausole debbono essere �interpretati nel .senso in cui possono 
avere un significato e non in quello in cui non ne avrebbero nessuno. 

Col secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione 
degli artt. 122.9 e 1883 e.e. in relazione al contenuto dell'art. 18 del 
capitolato di appalto ed all'art. 5 bis del contratto, per non avere la 
Corte d'appello considerato: 

a) che la norma dell'art. 1229 e.e. colpisce di nullit� soltanto il 
patto che esclude e limita la responsabilit� del debitore ma non anche 
quello che consente a costui di riversare su altri che abbia un interesse 
patrimoniale, gli oneri derivanti dalla propria responsabilit�; 

b) che il divieto statuito dafil'art. 1883 e.e. riguarda soltanto le 
imprese assicuratrici ma non quei soggetti che non esercitano sistematicamente 
l'industl'ia assicurativa. 

Anche queste �censure sono fondate. 

In fattispecie del tutto analoga, questa Corte suprema (sent. 18 
maggio 1954, n. 1580) ha avuto occasione di porre in rilievo che 
l'art. 1229 �e.e. colpisce di nullit� il solo patto che esclude e limita la 
responsabilit� del debitore ma non anche quello che consenta a quest'ultimo 
di riversare su altri che abbia un interesse patrimoniale, gli 
oneri derivanti dalla propria responsabilit�: il che armonizza con un 
principio generale del nostro ordinamento, desumibile dall'art. 1900 e.e., 
che ammette il patto di rivalsa sull'assicuratore anche per i sinistri 
cagionati da colpa grave dell'assicu~ato e dall'art. 1917 e.e., che consente 
l'assicurazione della responsabilit� civile con esclusione soltanto 
di quella derivante da fatti dolosi. 

Un simile patto cosi detto �di manleva� non � perci� in contrasto 
con alcun-principio generale del nostro ordinamento giuridico, n� contrasta 
�con la ratio della predetta norma dell'art. 1229, diretta a proteggere 
il creditore danneggiato il quale, per effetto della clausola in 
esame, anzich� un danno, riceve una pi� ampia tutela. 

L'art. 1883 e.e. non riguarda poi la fattispecie in esame perch� 
esso vieta di esercitare Je assicurazioni in forma di impresa a soggetti 
div�ersi da istituti di diritto pubblico o da societ� per azioni, in conformit� 
delle leggi speciali, ma non vieta a soggetti privati di stipulare 
un patto di natura assicurativa. -(Omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 7 marzo 1969, n. 6 -Pres. Papaldo Est. 
Tozzi -Germani (avv. Serra) c. Ministero Pubblica Istruzione 
e Provvedttorato agli studi di Terni (Avv. Stato Dallari). 

Ente pubblico -Patronato scolastico -Natura ~ Ricorso di un dipendente 
al Ministero della P. I. -Pronuncia ministeriale -Natura. 
Ente pubblico -Patronato scolastico -Impiegati -Non sono dipendenti 
dello Stato. 

I Patronati scolastici sono Enti pubblici dotati di personalit� giuridica; 
pertanto, l'atto col quale il Ministero della Pubblica Istruzione respinge 
le richieste del dipendente di un Patronato scolastico di pagamento 
di varie competenze, in mancanza di qualsiasi potere per obbligare 
l'Ente pubblico ad accogliere le richieste stesse, non ha natura 
di provvedimento amministrativo (decisione), ma contiene soltanto la 
espressione di un parere non previsto dalla legge, inidoneo a produrre 
una lesione di interesse, e perci� non impugnabile (1). 

I Patronati scolastici sono Enti pubblici dotati di personalit� giuridica, 
e non organi dell'Amministrazione dello Stato; pertanto, il raworto 
di impiego instaurato con un Patronato scolastico non pu� essere riconosciuto 
come rapporto di impiego alle dipendenze dello Stato (2). 

(1-2) Massime esatte. Non risultano prec,edenti. 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., ~1 marzo 1969, n. 10 -Pres. Papaldo 
-Est. Cesareo -Tamarro (avv. Guarino) c. Cassa marittima 
(avv. Stoppani). 

Giustizia amministrativa -Decisioni amministrative -Principi del 

c.p.c. -Applicabilit� -Limiti. 
Giustizia amministrativa -Giudicato -Esecuzione ai sensi dell'art. 
27 n. 4 -Presupposti -Decisioni impugnate per revocazione o 
per contrasto di giudicati -Applicabilit�. 

Alle decisioni giurisdizionali amministrative non sono applicabili i 
principi sulla cosa giudicata sanciti nel codice di procedura civile; in 

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478 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

particolare, non possono essere applicate a quelle decisioni le norme le 
quali stabiliscono che non si intende passata in giudicato la sentenza 
soggetta a revocazione per i motivi indicati nei nn. 4 e 5 dell'art. 395 

c.p.c. (1). 
La diversit� dei sistemi nei quali si inquadrano la giustizia civile 
e la giustizia amministrativa escludono la possbilit� di far riferimento 
ai principi del diritto processuale civile al fine della determinazione dei 
presupposti per l'instaurazione del giudizio di ottemperanza ai sensi 
deil'art. 27 n. 4 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054; pertanto, il ricorso al Consiglio 
di Stato per ottenere l'esecuzione di una decisione giurisdizionale 
dello stesso Consesso � ammissibile anche quando la citata decisione sia 
stata impugnata nei termini ai sensi dei nn.. 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c., e 
cio� con ricorso in revocazione per errore di fatto o per contrasto di 
giudicati (2). 

(1-2) La prima massima � pacifica in giurisprudenza; per la seconda 

v. in senso contrario Sez. IV, 28 settembre 1967, n. ;437, IZ Consiglio di 
Stato, 1967, I, 1618. 
CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 28 marzo 1969, n. 11 -Pres. Papaldo 
-Est. Daniele -Pompa (avv. Ascarelli e Carbone) c. Commissione 
vigilanza edilizia popolare ed economica (Avv. Stato Peronaci), 
Coop. edil. �Domus operosa � (avv. Mo!1purgo) con intervento di 
Ciamei (avv. Barillaro). 

Edilizia popolare ed economica -Assegnazione di alloggi -Assegnazione 
di alloggio Ina-Casa -Successiva assegnazione di allogg�o 
avente le caratteristiche previste dagli artt. 48 e 50 t. u. 28 aprile 
1938 n. 1165 -Ammissibilit�. 

Il principio secondo il quale, in tema di edilizia popolare ed economica, 
con l'assegnazione di un alloggio si consuma il diritto ad ottenere 
il beneficio e quindi si versa nella impossibiUt� di ottenere una 
seconda assegnazione, vale solo quando entrambi gli alloggi vengano assegnati 
in base al sistema delle leggi sull'edilizia economi.ca e popolare; 
pertanto, la precedente assegnazione di un alloggio I.N.A. Casa o 
GES.CA.L. non costituisce preclusione all'assegnazione di un alloggio 
di cooperativa (1). 

(1) Non constano precedenti. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 479 

CONSIGLIO �DI STATO, Sez. IV, 5 marzo 1969, n. 54 -Pres. Chiofalo Est. 
Benvenuto -Berti-Ceroni (avv. Dallari G.M.) 'c. Ministero dei 
lavori pubblici (Avv. Stato Lancia) e Comune di Imola (n.c.). 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex legge n. 167 del 1962 -Varianti 
-Amn�issibilit�. 

Edilizia popolare ed.economica -Piani ex legge n. 167 del 1962 -Approvazione 
-Parere del Consiglio superiore sanit� -Non necessario. 


Edilizia popolare ed economica -Piani ex �1egge n. 167 del 1962 -Varianti 
-Approvazione -Motivazione per relationem -Legittimit�. 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex legge n. 167 del 1962 -Deliberazione 
comunale -Controllo della G.P.A. -Invio al Prefetto Non 
necessario. 

Edilizia popolare ed economica -Piano ex legge n. 167 del 1962 -Varianti 
-Autorizzazione ministeriale -Non necessaria. 

L'ammissibiUtd di varianti, sia riduttive sia estensive, al piano per 
l'edilizia popolare ed economica -oltre che dalla ben nota regola generale 
della modificabilitd dei provvedimenti amministrativi -discende, 
ancor pi� decisamente, dal principio informatore dei programmi che, 
come il piano stesso, sono destinati ad appagare esigenze anche future 
e debbono prevedere mezzi di soddisfacimento proporzionali aZZ'entitd 
di queste, con il conseguente adeguamento della previsione iniziale, 
circa gli occorrenti mezzi, alla sopravvenuta realtd che riveli un fabbisogno 
di entitd diversa da quella originariamente preventivata (1). 

Ai sensi dell'art. 8 legge 16 aprile 1962, n. 167, in sede di procedimento 
per l'approvazione di un piano di zona per l'ediiizia economica 
e popo�lare, non occorre il preventivo parere del Consiglio superiore 
della sanitd (2). 

Il decreto ministeriale che approva la variante ad un piano di zona 
per l'edilizia economica e popolare' � motivato, se recepisce il voto del 
Consiglio superiore dei lavori pubblici, che enuncia le ragioni in base 
alle quali la variante � stata ritenuta meritevole di approvazione (3). 

I� piani di zona per l'edilizia economica sono assoggettati ad una particolare 
forma di pubblicitd e, avendo valore di piani particolareggiati, 

(1-5) Cfr. sulle prime due massime Sez. IV, 5 giugno 1968, n. 350, Il 
Consiglio di Stato, 1968, I, 825; sulle altre, cfr. Sez. IV, 29 settembre 1966, 

n. 636, ivi, 1266, I, �438; Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 78, ivi, I, 366. 

480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tutte le deliberazioni consiliari che ad essi ineriscono sono sottoposte 
all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, ai sensi dell'art. 
98 n. 11 e segg. t.u. 3 marzo 19:34, n. 383, modificati daLla legge 
9 giugno 1947, n. 530; pertanto, per tali deliberazioni, non sussiste l'onere 
dell'invio entro otto giorni al Prefetto, a pena di decadenza (4). 

L'art. 10 terzo comma legge 17 agosto 19:42, n. 1150, secondo cui 
nessuna proposta di variante al piano regolatore generale pu� aver corso 
se non. sia intervenuta la preventiva autorizzazione del Ministro per 
i lavori pubblici, non costituisce espressione di un principio generale; 
pertanto, l'esigenza della previa autorizzazione ministeriale, prevista 
dalla richiamata norma, non vale per le varianti ai piani di zona per 
l'edilizia popolare ed economica, per le quali � soltanto da osservare 
l'iter procedurale previsto per la formazione ed approvazione dei piani 
stessi (5). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 marz�o 1969, n. 67 -Pres. Potenza Est. 
Fo.vtunato -Mirani (avv. Cappi) c. Ministero Pubblica Istruzione 
(Avv. Stato Peronaci). 

Demanio -Demanio storico -Bellezze naturali -Piano paesistico Stralcio 
di zona -Ordine di demolizione di costruzione abusiva 
sita in detta zona -Legittimit�. 

Demanio -Demanio storico -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Ordine 
di demolizione -Contrasto col comportamento del Comune 
in tema di licenza edilizia -lnconfi.gurabilit�. 

Demanio -Demanio storico -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Ordine 
di demolizione -Motivazione -Fattispecie. 

Lo stralcio di una zona dal piano territoriale paesistico (nella specie, 
delle zone dell'Appia antica), che sia giustificato da un approfondito 
studio della tutela delle esigenze paesistiche del luogo, gi� tutelate mediante 
la dichiarazione di notevole interesse pubblico, non autorizza a 
ritenere eh esso sia stato deliberato in funzione di sanatoria di situazioni 
illegittime, o che esso possa giustificare, quanto meno, l'aspettativa 
di una futura sanatoria per tutte le costruzioni abusive sorte nella� zona 
stralciata; pertanto, non � in contrasto con il provvedimento di stralcio 
il decreto ministeriale che ordina la demolizione di una costruzione 
abusivamente eretta nella zona stessa (1). 

(1-3) Giurisprudenza costante: Sez. V, 26 marzo 1968, n. 373, Il Consiglio 
di Stato, 1968, I, 462. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 481 

Non � configurabile alcuna contradditoriet� di comportamenti fra 
l'atteggiamento assunto dall'Autorit� comunale in ordine alla repressione 
delle norme che subordinano i progetti di costruzioni edilizie all'approvazione 
dell'Autorit� comunale medesima (quale attributaria della 
tutela di un interesse pubblico edilizio in certo senso locale), da una 
parte, e l'autonomo atteggiamento assunto, su un piano diverso, dal-. 
l'Autorit� statale (quale attributaria della tutela dell'interesse pubblico 
paesistico) per la protezione in via repressiva di bellezze naturali, dall'altra; 
pertanto, al fine della legittimit� del decreto del Ministro deila 
pubblica istruzione che ordina la demolizione di una costruzione abusivamente 
eretta in zona sottoposta a vincolo di bellezze naturali e penoramiche, 
ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 149:7, sebbene stralciata 
dal Piano territoriale paesistico, a nulla rileva un (preteso) comportamento 
contrario assunto dal Comune dopo l'emanazione. del detto 
provvedimento di stralcio (2). 

� legittimo il provvedimento di demolizione di una costruzione 
abusiva in zona sottoposta a vincolo di bellezze naturali e paesistiche, 
ove esso sia motivato non solo con l'inosservanza dell'obbligo di previa 
richiesta e conseguimento del nulla osta della Soprintendenza ai monumenti 
competente, ai sensi dell'art. 7 legge 29 giugno 1939, n. 149:7, 
ma altresi con l'apprezzamento che, in concreto, la costruzione abusiva 
rappresenta un grave pregiudizio alle bellezze paesistiche della localit� 
(3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 marzo 1969, n. 69 -Pres. Chiofalo 
-Est. Fortunato -Bisogni (avv.ti Morelli e Moricca) c. Ministero 
Finanze (Avv. Stato Agr�) e Comune di Briatico (n.c.). 

Competenza e giurisdizione -Imposte e tasse -Tributi comunali Concordato 
-Deliberazione comunale di approvazione -Annullamento 
del prefetto -Controversia -Questione di diritto soggettivo 
-Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. 

La fattispecie costitutiva del. rapporto giuridico obblig"atorio nascente 
da imposte con accertamento (quale � l'imposta di famiglia) 
comprende un elemento tipicamente illiquido, rappresentato dalla base 
imponibile, ma, una volta realizzatasi la liquidazione di tale elemento 
(concordato), il rapporto obbligatorio resta determinato in ogni suo 
elemento e vincolante per entrambe le parti; pertanto, poich� dopo 
l'approvazione del concordato fiscale che fa sorgere a favore deil'Ente 
impositore e del contribuente un credito ed un corrispondente debito, 
il decreto col quale il Prefetto, nell'esercizio della potest� di controllo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di legittimitd (ex art. 97 t.u. 3 marzo 1934, n. 383, modificato dalt'articolo 
3 legge 9 giugno 19:47, n. 530), annulla la deliberazione della 
Giunta comunale che aveva approvato il concordato, non incide su mere 
posizioni di interesse legittimo, bensi su posizioni di diritto soggettivo 
la relativa controversia sfugge alla giurisdizione generale di legittimitd 
del Consiglio di Stato (1). 

(1) Massima esatta. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 marzo 1969, n. 84 -Pres. Tozzi Est. 
Felici -S.p.A. Elvea (avv. Del Vecchio) c. Ministero Tesoro 
(Avv. Stato Peronaci). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Motivi non dedotti 
nel ricorso gerarchico -Limiti. 

Danni di guerra -Contributo di ricostruzione -Determinazione -Distinzione 
tra opere murarie e attrezzature produttive -Illegittimit�. 


Danni di guerra -Indennizzo -Determinazione -Sindacabilit� -Limiti. 

Danni di guerra -Indennizzo -Determinazione -Valore delle scorte Detrazione 
-Limiti. 

Danni di guerra -Cespite -Nozione. 

Danni di guerra -Cespite -Strutture organizzative interne -Non � 
tale. 

Il principio che vieta di dedurre in sede giurisdizionale motivi diversi 
da quelli formulati con il ricorso gerarchico concerne i vizi individuabili 
nel provvedimento dell'Autoritd gerarchicamente inferiore, e 
non riguarda le illegittimitd che il ricorrente pu� desumere soltanto 
dalla decisione gerarchica (1) 

Al fine della concessione del contributo previsto dalt'art. 53 legge 
27 dicembre 1953, n. 968, � illegittima la distinzione, operata nell'ambito 
dell'azienda danneggiata dagli eventi bellici, tra le costruzioni murarie 
e le attrezzature produttive, stante l'impossibilitd di disgiungere 
beni legati da un nesso di interdipendenza funzionale (2). 

(1-6) C'.fr. Ad. plen. 4 febbraio 1964, n. 4, n Consiglio di Stato, 1964, 
I, 213. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 483 

n calcolo della perdita subita e la corrispondente liquidazione del 
danno di guerra implicano un apprezzamento tecnico dell'Ammin�strazione 
che, se non � sindacabile sotto il profilo riguardante ilmerito della 
valutazione estimativa, pu� tuttavia essere censurato dinanzi al giudice 
amministrativo, allorch� sia stato violato un indice di calcolo o di 
commisurazione stabilito dalle vigenti disposizioni, o sia stata effettuata 
u?Ui valutazione illpgica od arbitraria, o sia stato compiuto un palese 
travisamento dei fatti (3). 

n limite del 25 % , fissato dagli artt. 25 terzo comma e 27 primo 
comma lett. b) legge 27 dicembre 1953, n. 968 per la detrazione pe1�centuale 
da operare sul valore delle scorte, costituisce un parametro generale 
che, in mancanza di .diverse disposizioni, va applicato normalmente, 
non soltanto per la vetust�, ma anche .per ogni altra possibile ipotesi di 
deterioramento, non determinabile con esattezza in rapporto ai beni 
indennizzabili per danni di guerra; pertanto, illegittimamente l'Amministrazione 
opera la riduzione del 50 % sul valore delle scorte, sulla base 
di criteri equitativi, specie se l'interessato abbia dimostrato la consistenza 
dei beni con una documentazione attendibile (4). 

Nell'ambito della disciplina prevista per la liquidazione dei danni 
di guerra, il cespite � un bene singolo destinato ad una funzione specifica, 
od un insieme di beni che, per volont� del titolare o per ragioni 
giuridiche ed economiche, concorrono al raggiungimento di uno scopo 
unitario consistente nella produzione di un reddito o nel soddisfacimento 
di esigenze culturali, assistenziali o, comunque, sociali (5). 

Al fine di stabilire i singoli cespiti, per la liquidazione dei danni di 

guerra, occorre esaminare se esistano i requisiti dell'autonomia econo


mica, dell'unit� organica e della efficiente destinazione funzionale pe1� 

un solo bene o per un complesso di beni del danneggiato, considerando 

l'azienda in modo dinamico e non nella statica rappresentazione dei vari 

elementi costitutivi; pertanto, legittimamente l'Amministrazione non con


figura come �cespiti gli uffici amministrativi, i servizi generali ed i c.d. 

�reparti accessori� dell'azienda danneggiata, trattandosi di strutture or


ganizzative interne prive di una propria separata ]'unzionalit� econo


mica (6). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 21 febbraio 1969, n. 269 -Pres. Lugo 
-Est. Russo -Ceccarini (avv. Prosperetti) c. Ministero PP.TT. 
(avv. Stato Gentile). 

Giustizia amministrativa -Giudicato -Ricorso ex art. 27, n. 4 del Testo 
Unico sul Consiglio di Stato -Attivit� dell'Amministrazione in 
ottemperanza al giudicato. 


484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale Presupposti per 
�'ammissibilit� del ricorso -Necessit� di una dichiarazione esplicita 
o implicita dell'Amministrazione di non volere eseguire il 
giudicato -Non sussiste -Parziale adempimento. 

Giustizia amministrativa -Giudicato -Giudizio di ottemperanza Oggetto 
e limiti -Difterenze rispetto all'ordinario ricorso -Accertamento 
dell'obbligo scaturente dal giudicato e della conseguente 
inosservanza. 

Giustizia amministrativa -Giudicato -Rinnovazione del provvedimento 
in ottemperanza solo parziale del giudicato -Illegittimit� 
-Obbligo dell'Amministrazione di attenersi ai criteri contenuti 
nel giudicato -Sussistenza dell'obbligo anche nelle ipotesi 
di attivit� discrezionale. 

Quando l'Amministrazione, nel rinnovare un provvedimento annullato, 
incorra negli stessi vizi che hanno determinato l'annullamento 
giurisdizionale del primo provvedimento, l'interessato pu� far valere 
l'inadempienza mediante la procedura di cui all'art. 27 n. 4 t.u. 26 giugno 

1924, n. 1054. 

Il presupposto del detto ricorso � da individuare nella mancata 
attuazione della statuizione contenuta nel giudicato n� pu� ritenersi 
essenziale la sussistenza di una dichiarazione esplicita o implicita di 
non voler eseguire il giudicato (1). 

Il ricorso per esecuzione del giudicato differisce dall'ordinario ricorso 
non solo e non tanto per la forma del contraddittorio e per la 
procedura in camera di consiglio, m.a soprattutto perch� tende non ad 
una valutazione di legittimit� di comportamento della P. A., ma alla 
determinazione di ci� che la P. A. abbia omesso di fare e debba di 
conseguenza essere disposto in esecuzione del giudicato (2). 

Nel rinnovare il provvedimento l'Amministrazione � tenuta ad uniformarsi 
in tutto al giudicato, rimanendo la propria discrezionalit� 
limitata al quomodo, ossia alla scelta della maniera pi� opportuna ai 
fini dell'adempimento (3). 

(Omissis). -L'eccezione di inammissibilit�, del ricorso ex art. 27 

n. 4 del t.u. delle leggi del Consiglio di Stato, opposta dall'Amministrazione, 
deve essere disattesa. 
(1-3) Note minime sul giudizio di ottemperanza. 

Nel rinnovare il� provvedimento annullato per illegittimit�, l'Amministrazione 
era incorsa negli stessi vizi che avevano determinato l'annullamento 
giurisdizionale del primo provvedimento; il ricorrente aveva 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 485 

Non si contesta che, annullato un provvedimento con decisione del 
Consiglio di Stato, l'Amministrazione abbia il potere di provvedere in 
ordine allo stesso oggetto, sia pure ripetendo la statuizione annullata, . 
immune dai vizi che hanno determinato l'annullamento giurisdizionale, 
giacch� ogni decisione fa salvi gli ulteriori provvedinlenti dell'Amministrazione. 
E non si contesta che se l'Amministrazione, nel rinnovare 
il provvedimento, sia incorsa in vizi diversi da quelli precedentemente 
rilevati, l'interessato sia tenuto a produrre nuovo ricorso giurisdizionale 
nelle forme oTdinarie se vuole esporre la illegittimit� del 
nuovo provvedimento. Il problema sorge quando, nel rinnovare un provvedimento 
annullato, l'Amministrazione incorra negli stessi vizi che 
hanno determinato l'annullamento giurisdizionale del primo provvedimento: 
in tale ipotesi si pone il problema se l'interessato debba presentare 
nuovo ricorso giurisdiz~onale o possa far valere l'inadempienza 
dell'Amministrazione a un obbligo scaturente dal giudicato mediante la 
procedura pi� semplice prevista dall'art. 27 n. 4 del t.u. delle leggi 
sul Consiglio di Stato. 

A tale domanda � stata data gi� la risposta, sia pure per una diversa 
fattispecie, con la decisione di questa stessa Sezione n. 756 del 

dunque adito il Consiglio di Stato con il ricorso ex art. 27 n. 4 del t.u. 
26 giugno 1924, n. 1054 al fine di ottenere l'esecuzione del giudicato derivante 
dalla prima pronuncia, e l'Amministrazione aveva eccepito l'inammissibilit� 
del detto ricorso, sostenendo che l'interessato avrebbe dovuto 
promuovere un nuovo ricorso giurisdizionale nelle forme ordinarie. Si 
presentava dunque il problema dei presupposti e dei limiti del c.d. giudizio 
di ottemperanza ed il Consiglio di Stato, con la presente decisione, ha 
rilevato che la tutela giurisdizionale deve essere effettiva, cio� deve avere 
concreta attuazione, onde il ricorso ex art. 27 cit. � da ritenere ammissibile 
in ogni ipotesi in cui l'autorit� amministrativa, praticamente, non 
svolga l'attivit� idonea a dare effettiva esecuzione al giudicato, ed ha altres� 
affermato che, ai fini dell'applicabilit� del rimedio di cui all'art. 27 
cit., non pu� ritenersi essenziale l'esistenza di un atto avente il contenuto 
di una dichiarazione esplicita o implicita di non volere eseguire il giudicato. 

La soluzione del problema nei detti termini presuppone risolta l'an


nosa questione relativa all'oggetto del ricorso in esame (1), o meglio si 

fonda su una determinata soluzione del detto problema. 

(1) Cfr. ALIBRANDI T., Giudizio d'ottemperanza e motivazione della decisione, 
in questa Rassegna, 1965, l, 349 segg.; GuGLIELMI, L'obbligo dell'Amministrazione 
d� conformarsi al giudicato, ivi, 1953, 1 segg.; IDEM, Circa i limiti della giurisdi:tione 
del Consiglio di Stato in ordine al ricorso per l'esecuzione del giudicato, in Giur. 
compl. Cass. Civ., 1953. IV, 155 segg.; VIGNOCCHI, Fondamento, limiti, sviluppi dell'azione 
di adempimento del giudicato contro la pubblica amministrazione, in 
Riv. trim. dir. proc. civ., 1962, 1390 segg.; VECCHIONE, L'esecuzione del giudicato 
amministrativo, ivi, 1963, 925. Tra gli scritti pi� recenti: CANNADA BARTOLI, Nuovi � 
orientamenti sull'art. 27 n. 4 sul Consiglio di Stato?, in Foro amm., 1966, II, 127; 
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486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1962; e le ,considerazioni di carattere generale contenute in quella 
decisione possono essere ripetute integralmente nel caso che interessa. 
Si disse in quella decisione <ehe non poteva essere accolta l'argomentazione 
dell'Amministrazione, secondo cui, di fronte ad un inizio di 
adempimento o ad un parziale adempimento da parte dell'Amministrazione 
di un obbligo nascente da un giudicato, il cittadino, con ci� .stesso, 
senza alcuna distinzione relativa all'autonomia dell'obbligo inadempiuto, 
� non pos.sa pi� avvalersi della tutela speciale (pi� efficace e penetrante) 
del procedimento ex art. 27 n. 4. La Sezione, allora, pur non sottova


lutando le difficolt� di interpretazione e di ricostruzione dell'istituto 
dell'esecuzione del giudicato, di fronte alle scar:se norme positive (difficolt� 
che si sono manifo.state an<Che attraverso una giurisprudenza non 
sempre univoca), ha tuttavia affermato, anche in ossequio al sistema 
voluto dalla Costituzione (arg. ex art. 27 e 113) che la tutela giurisdizionale 
deve essere effettiva e, entro i limiti dei poteri attribuiti al 
giudice della legge, deve avere concreta attuazione e non risolversi 
in una vana ed astratta statuizione destinata a rimanere inutile 
espressione grafica. Pertanto la Sezione ha escluso che l'istituto dell'esecuzione 
del giudicato possa essere circoscritto all'ipotesi di va-

Invero, se l'oggetto del .giudizio di ottemperanza viene individuato, 
come fa una parte della dottrina (2), nella situazione di fatto -ampiamente 
intesa -successiva al formarsi del giudicato, caratterizzata dalla 
mancata soddisfazione dell'interesse del vincitore, potr� certo sostenersi 
che si ha inadempimento tutte le volte in cui l'autorit� amministrativa non 
abbia realizzato i presupposti di fatto e di diritto necessari alla soddisfazione 
dell'interesse de'l ricorrente vincitore; se, inrvece, si ritenesse che 
l'oggetto del ricorso ex art. 27 sia un provvedimento amministrativo nega-

D'Aunmo, L'esecuzione del giudicato amministrativo nena dottrina e nena Giurisprudenza, 
ivi, 1967, III, 307; CORREALE, Inottemperanza e violazione del giudicato: 
problematica di una distinzione, ivi, 1967, II, 143; BoRZELLINO, Situazione lesiva 
rimossa dal giudicato e spunti in ordine a mez~ indiretti di esecuZione contro la 

p. a., ivi, 1968, III, 568; BARONE, Autoritd Amministrativa, rinnovazione del procedimento, 
obbligo di conformarsi al giudicato: un problema di limiti, ivi, 1968, II, 48. 
Cfr. inoltre gli Autori citati da ALIBRANDI, cit., 351, n. 4. 

(2) Cfr. per interessanti spunti in proposito il GuxccIARDI, Giustizia amministrativa, 
Padova 1953, 212 segg. .e Autori da lui citati. Cfr. anche SANDULLI, 
Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1966, 735 dove si afferma che il ricorrente 
ex art. 27 cit. � portatore di un interesse protetto a che l'Amministrazione, 
e mediante la rimozione della situazione leaiva perdurante, si conformi alla pronuncia 
giudiziaria che abbia affermato illegittimo l'operato amministrativo nei 
confronti li lui� e si aggiunge, a pag. 737, �he e l'azione tende ... ad ottenere una 
pronuncia che, in funzione dell'adeguamento della situazione di fatto alla situazione 
di diritto risultante dal giudicato ... di volta in volta ponga nel nulla un 
provvedimento, definisca i comportamenti che in conseguenza del giudicato l'Amministrazione 
� obbligata a tenere, ordini all'Amministrazione di porre in essere 
gli adempimenti ... occorrenti per prestare esecuzione od ottemperanza al giudicato 
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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 487 

lutazione di sopravvenienza di pubblico interesse. che possa rendere 
la pronuncia non attuabile di fronte ad un'attivit� discrezionale del1'
Amministrazione. L'istituto si applica anche nei � confronti di attivit� 
vincolata e non pu� ritenersi essenziale. -per l'applicazione di 
esso -che l'atto contemplato dall'art. 27 n. 4 abbia il contenuto di 
una dichiarazione esplicita o imp11cita di non volere eseguire il giudicato. 

Di fronte, poi, .all'affermazione dell'Amministrazione che in presenza 
di un atto (sopravvenuto nel corso del giudizio di esecuzione del 
giudicato) di parziale esecuzione del giudicato stesso, tale da lasciare 
completamente scoperta una zona dell'adempimento dovuto, il procedimento 
di esecuzione del giudicato debba troncare il ,suo corso e l'interessato 
debba tutelarsi autonomamente attraverso una normale impugnativa 
nei modi ordinari, la Sezione ha affermato che d� costituirebbe 
un non senso giuridico ed 1:1-n formalismo i!!lgiustifi:cato che potrebbe condurre 
ad annullare lo stesso fondamento e la funzione dell'istituto dell'esecuzione 
del giudicato. "Il che porterebbe alla distruzione di buona 
parte della efficacia della giustizia nei confronti della pubblica amministrazione 
e delle finalit� della tutela giurisdizionale, diretta a rendere 
effettivo il comando della .legge, non attraverso sempltci enunciazioni, 

tivo di silenzio-rifiuto dell'Amministrazione (3) che nega l'opportunit� di 
ottemperare, risulterebbe inammissibile il detto ricorso nelle ipotesi in 
cui ci fosse almeno un .inizio di esecuzione, appunto perch�, in tal caso, 
mancherebbe il silenzio-rifiuto. 

Malgrado inevitabili incertezze (4), la giurisprudenza � orientata nel 
primo senso, e ritiene che ci� che il privato lamenta � il fatto della inottemperanza 
e quindi porta all'esame del giudice amministrativo una situazione 
�complessa di mancata esecuzione del giudicato, qualunque sia i'l 
comportamento dell'autorit� amministrativa, e cio� tanto che quest'ultima 
abbia esplicitamente escluso la propria volont� di eseguire, quanto che 
abbia mantenuto un comportamento valutabile come silenzio-rifiuto, quanto 
infine che abbia dato o presunto di dare una certa esecuzione alla pronuncia 
passata in giudicato. 

Insomma .quel'lo che conta � che la decisione, che accerta l'illegittimit� 
ed annulla il provvedimento, non rimanga lettera morta e che il 
ricorrente realizzi la soddisfazione del suo interesse (5). 

(3) � la nota opinione del Giannini M. S. espressa in La giustizia amministrativa, 
Roma 1964, 238 segg. e Contenuto e limiti del giudizio di ottemperanza, in 
Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 442 segg. 
(4) Cfr. le pronuncie citate nella decisione che si annota. 
(5) Cfr., ad esempio, Cons. St., Sez. IV, 6 dicembre 1967, in Consiglio di Stato, 
1967, 2385 dove si afferma che il ricorso ex art. 27 cit. � ammissibile in tutte 
quelle ipotesi in cui l'Amministrazione; pur dichiarando di voler provvedere all'adempimento 
del giudicato, � adotta in concreto un comportamento che renda 
manifesto il suo proposito di sottrarsi, sia pur temporaneamente, all'obbligo di 
ottemperare �. Cfr. anche Cons. St., Sez. IV, 28 maggio 1968, in Consiglio di Stato 
1968, 933; 22 novembre 1968, ivi, 1893. 
9 



488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE~LO STATO 

fine a se stesse, anche se solenni, ma soprattutto attraverso l'effettiva 
e concreta soddisfazione degli interessi tutelati (v. pure IV Sez. 31 agosto 
1967, n. 38il). 

Le considerazioni sopra esposte portano a vedere sotto nuova luce 
il problema dell'ammissibilit� del ricorso ex art. 27 n. 4 nel caso considerato. 


A tal fine occorre rilevare (come � stato gi� fatto nella citata decisione 
del 1962) che il ricorso per esecuzione del giudicato differisce 
dall'ordinario ricorso non solo e non tanto per la forma del contraddittorio 
in un certo senso attenuato e per la procedura in camera di consiglio, 
ma soprattutto in quanto tende non ad una valutazione di legittimit� 
di comportamento della P.A., ma alla determinazione di ci� che 
l'Amministrazione abbia omesso di fare e debba di conseguenza essere 
disposto in esecuzione del giudicato (VI Sezfone, 4 luglio 1950; n. 1043; 
Ad. Plen. 3 luglio 1952, n. 13). 

Ci� si � detto in ordine ad un provvedimento intervenuto ln corso 
di svolgimento del giudizio ex art. 27 n. 4, ai fini della dichiarazione 
della cessazione della materia del contendere, ma ci� deve dirsi a fortiori, 
ad avviso della Sezione, anche nel caso in cui 1'Amministrazione, 

Perci� occorre che esista un giudicato in senso sostanziale: altrimenti 
manca il presupposto della ottemperanza, ossia il bene o l'interesse da 
far conseguire o realizzare al ricorrente. 

Per questo � stato precisato esattamente che il presupposto del ricorso 
ex art. 27 cit. consiste nel fatto che l'obbligo di ottemperare derivi da un 
provvedimento giurisdizionale a contenuto decisorio sostanziale, tale cio� 
da determinare in un senso piuttosto che in un altro la disciplina del rapporto 
giuridico oggetto immediato o mediato della pronuncia (6). � 

Ogni volta che esiste una pronuncia di tale natura, occorre che l'interessato 
ne consegna praticamente i risultati; e cosi, se l'Amministrazione 
� inadempiente, ma l'attivit� che si dovrebbe compiere ai fini dell'esecuzione 
� vincolata, sar� lo stesso Consiglio di Stato ad emanare l'atto 
rifiutato dall'Amministrazione; se invece l'attivit� da svolgere � discrezionale, 
il Consiglio di Stato dichiara l'obbligo dell'Amministrazione, fissa 

(6) Sez. IV, 5 marzo 1968, Consiglio di stato, 1968, I, 474. Pertanto � stato 
escluso che sia ammissibile il ricorso ex art. 27 cit. ove il contenuto della decisione 
della quale si lamenta la mancata esecuzione e riguardi solo forme e presupposti 
del procedimento giurisdizionale, per modo che l'oggetto della domanda non sia 
divenuto oggetto del giudicato in senso sostanziale � : si trattava, nella specie, di 
una decisione di improcedibilit� del ricorso a seguito dell'avvenuto annullamento 
del provvedimento impugnato da parte di altra precedente decisione giurisdizionale. 
Forse a causa della mancanza del giudicato sostanziale -mancanza dovuta alla 
natura amministrativa dell'atto -� stata. esclusa l'ammissibilit� del ricorso ex 
art. 27 cit. per l'esecuzione del decreto presidenziale che decide un ricorso straordinario 
al Capo dello Stato: giur. cost.: cfr. Cons. St., Sez. IV, 9 luglio 1954, in 
Consiglio di Stato, 1954, I, 704; 18 aprile 1959, ivi, 1959, I, 623; 27 maggio 1964, 
ivi, 1964, I, 1048. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 489 

dopo la diffida a provvedere e prima della proposizione del ricorso, abbia 
emesso un provvedimento in esecuzione del giudicato, se in tale esecuzione 
abbia omesso un adempimento che discende direttamente dalla 
pronuncia giurisdizionale. Il problema va posto, dunque, in relazione al 
provvedimento emesso in esecuzione del giudicato, ma non per valutare 
se esso sia legittimo o meno (anche rispetto alla precedente decisione 
giurisdizionale),, bensi per accertare se dalla decisione giurisdizionale 
derivasse un obbligo di comportamento nei confronti dell'Amministrazione, 
ed entro quali limiti tale obbligo di comportamento non sia stato 
adempiuto. 

Ora dall'esame della precedente decisione, che ha annullato i decreti 
ministeriali di promozione e le deliberazioni del Consiglio di amminist~
azione in ordine alla formazione della graduatoria dei promovibili 
alla qualifica di ispettore generale, risulta che tale annullamento 
� stato determinato dall'esistenza di alcuni vizi della volont� formativa 
del procedimento ben individuati e che si concretavano nell'attribuzione 
al ricorrente di un punteggio inferiore o pari a quello attribuito 
ad altri funzionari promossi, i cui elementi di valutazione giustificavano, 
invece, l'attribuzione di un punteggio inferiore. Nel rinnovare lo scru


un termine nel quale essa deve adempiere e, se del caso, nomina un commissario 
ad acta che si curi di eseguire il giudicato nella ipotesi in cui 
l'Amministrazione si ostini nel rifiuto (7). 

Insomma, i1' Consiglio di Stato non esercita la propria funzione di 

giudice della ottemperanza solo nel caso in cui l'atto da adottare sia vin


colato, ma ha ampi poteri anche quando si tratti di attivit� discrezionali, 

e tali poteri li esercita fino alla sostituzione dell'Amministrazione con un 

organo ad hoc (8). 

Pertanto, dalla elaborazione giurisprudenziale sorta intorno ai limiti d� 

ammissibilit� del ricorso che ci occupa, risulta, come pacifico, che il detto 

ricorso pu� essere proposto non soltanto allorch� il Consiglio di Stato, di 

fronte alla inesecuzione del giudicato avente rper oggetto un atto non 

discrezionale, si sostituisca all'Amministrazione inadempiente,provvedendo 

(7) Cfr. Cons. St. Sez. IV 28 maggio 1968, ivi, 1968, 931 e 933; 27 febbraio 
1967 ivi, 1967, 57; 14 febbraio 1967, ivi, 169; 24' febbraio 1967, ivi, 181; 10 marzo 
1967 ivi, 430; 28 ottobre 1967, ivi, 1896; 31 ottobre 1967 ivi, 1908; 21 novembre 
1967 ivi, 2248; 30 novembre 1968 ivi, 1968, 1746; 22 novembre 1968 ivi, 1841. 
(8) Cfr. Cons. St. Sez. IV, 28 maggio 1968 cit. � stata, per esempio, disposta 
la nomina di un commissario ad acta per i provvedimenti di competenza dell'Ente 
ospedaliero in tema di pubblico impiego: ivi, per un caso in cui l'Amministrazione 
comunale non aveva provveduto nei termini in ordine alla diffida proposta dal 
ricorrente: cfr. Cons. St. 22 novembre 1968 cit.; inoltre cfr. Cons. St. 27 gennaio 
1967 cit., dove il Giudice ordin� all'Amministrazione titolare della potest� di 
controllo sull'ente, intimato a corrispondere certe somme al ricorrente, di nominare 
entro un certo termine un Commissario con il compito specifico di sostituirsi agli 
organi ordinari per liquidare il credito a favore del medesimo ricorrente; cfr. 
anche la fattispecie di cui alla dee. 10 marzo 1967 cit. 
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490 RASSEGNA J)ELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tinio, tale vizio ben individuato, non � stato eliminato, in quanto l'attribuzione 
di un maggior punteggio al ricorrente si � accompagnato con 
.una elevazione del punteggio a quei funzionari indicati nella decisione 
in quanto avevano formato oggetto di specifica censura i cui elementi di 
giudizio postulavano palesamente una valutazione pari o inferiore, talch� 
si � riprodotta quella situazione quo ante che la precedente decisione 
aveva ritenuto illegittima e �che l'Amministrazione, pertanto, aveva lo 

obbligo di eliminare nell'eseguire la decisione. 

L'aver rinnovato il provvedimento e l'averlo rinnovato in modo 

tale da �consentire la promozione del 'ricorrente, se rappresenta esecu


zione del giudicato, lascia tuttavia scoperta un'area di parziale inadem


pimento, che il ricorrente ha interesse di veder colmata (se non altro 

ai fini di una migliore collocazione in graduatoria) attraverso la proce


dura ex art. 27 n. 4 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, procedura 

le cui finalit� sono state illustrate sopra. 

Ritenuto, dunque, ammissibile, il ricorso entro i predetti limiti, occorre 
passare all'esame di merito. Con la precedente decisione si � rilevato: 
a) per le mansioni svolte, al ricorrente � stato attribuito lo j 
stesso punteggio (11.50) del dott. Guastini, pur svol~endo funzioni di 
maggiore importanza; b) per la diligenza in servizio e per il rendimento 

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direttamente in suo luogo, ma anche nei casi m cui, essendo tale azione 
sostitutiva preclusa dalla natura discrezionale del provvedimento che deve 

I

essere emesso, il C1onsiglio deve limitarsi a dichiarare l'obbligo dell'Amministrazione 
di dare esecuzione al giudicato entro un termine stabilito, 

I 

o a nominare un Commissario ecc. (9). 
Ci� che conta, come emerge dalla pronuncia che ci occupa, � che ! 
non sia data reale esecuzione al giudicato: il problema quindi non � tanto 

i

quello di stabilire se ci sia stato o no il silenzio-rifiuto, o un inizio di 

i

ottemperanza, o se l'autorit� abbia iniziato il procedimento di cui al 
giudicato: quello che importa � solo di stabilire se, in concreto, al giudicato 
sia stata data esecuzione: e poich� l'adempimento o � esatto o non �, 
tutte le volte in cui l'autorit�, scaduti i termini di legge, abbia solo iniziato 
ad eseguire o abbia adottato, come pretesa ottemperanza, un provvedimento 
rtproducente le illegittimit� di quello annullato, difetta l'esecuzione, 
cio� l'adempimento e quindi nasce la legitimatio al ricorso di cui all'articolo 
27 cit. 

Perch� dunque possa parlarsi di inesecuzione del giudicato occorre 
che l'inerzia dell'autorit� si sia protratta oltre i limiti consentiti dalla 
legge (10). � stato cosi deciso che non pu� considerarsi adempimento la 
riassunzione dell'impiegato nel rapporto di impiego, quando a tale prov-' 

(9) Cfr. per l'ammissibilit� della predisposizione di un termine, tra le ultime: 
28 ottobre 1967 cit.; 31 ottobre 1967 cit.; 21 novembre 1967 cit.; inoltre, ALmRANDI, 
Giudizio di o-ttemperanza: ecc. cit. 349, 111. 1. 
(10) Cfr. Cons. St., Sez. IV, 21 novembre 1967, in Consiglio di Stato, 1967, 
2245. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 491 

� stato attribuito al ricorrente un minor punteggio (12.25) rispetto a 
quello massimo attribuito al dott. Mazzei (14) in contrasto con i giudizi 
contenuti nelle rispettive note di qualifica; c) per 'la capacit� direttiva 
e lo spirito di iniziativa � ingiustificato il punteggio inferiore (sei) attribuito 
al rkorrente rispetto a quello (sette) assegnato ai dott. Mazzei 
e Santomauro, considerate Je valutazioni desumibili dalle rispettive note 
di qualifica; d) per la preparazione professionale e per l'attitudine ad 
esercitare le funzioni della qualifica superiore analogo rilievo veniva 
fatto, rispetto ai dott. Cefaloni, Mazzei ed All�. I rilievi mossi con la 
predetta decisione determinavano i seguenti obblighi dell'Amministrazione: 
a) per la voce �mansioni svolte� di dare al ricorrente un punfeggio 
maggiore di quello attribuito al dott. Giustini; b) per la voce 
<diligenza�, di dare al ricorrente un punteggio non inferiore a quello 
attribuito al dott. Mazzei; c) per la voce ��capacit� direttiva�, di dare 
al ricorrente un punteggio pari o superiore ~ quello attribuito ai dottori 
Mazzei e Santomauro; d) per le voci � preparazione professionale � 
e �attitudine alla qualillca superiore�, di dare al ricorrente un punteggio 
pari o superiore a quello attribuito ai dott. Cafaloni, Mazzei 
ed All�. 

Il Consiglio di Amministrazione ha cosi operato: a) per la voce 
�mansioni svolte� ha ripetuto il vizio rilevato con la decisione, attri


vedimento non sia seguita la effettiva riammissione nell'officium (11), e 
tanto meno pu� considerarsi adempimento l'aver inserito all'ordine del 
giorno del Consiglio d'Amministrazione l'ottemperanza al giudicato (12). 

Viceversa, � stato ritenuto inammissibile il ricorso ex art. 27 nel caso 
in cui -essendo discrezionale l'attivit� da svolgere in ottemperanza al 
giudicato -l'Amministrazione abbia eseguito emanando un nuovo provvedimento 
al posto di quello in precedenza annullato, e il secondo atto 
sia viziato di illegittimit�, ma per motivi diversi da quelli che portarono 
all'annullamento del iprimo (13): infatti qui l'Amministrazione n� rifiuta 
di ottemperare n� adotta un comportamento precluso dal giudicato, il 
quale per ipotesi non ha inibito l'adozione di determinate forme o di certe 
scelte: qui l'Amministrazione ha esercitato i propri poteri discrezionali 

(11) Cfr. Cons. St., Sez. IV, 7 luglio 1967, ivi, 1967, 1474. Si tratta, infatti, 
nella specie, di � sindacato in ordine alla verificazione di quella ulteriore operazione 
esecutiva ad evento esteriore (successiva alla prima operazione ad evento giuridico 
attuata con la riassunzione dell'impiegato nel rapporto di impiego) che si sarebbe 
dovuta concretare nella materiale ripresa di possesso dell'ufficio da parte del ricorrente�
� 
Precisa, poi, la citata decisione che non pu� parlarsi di inottemperanza se il 
provvendimento di riammissione � sospeso per la pendenza di un procedimento 
disciplinare: infatti proprio la pendenza di quest'ultimo dimostra inequivocabilmente 
la concreta volont� dell'Amministrazione ad adempiere. 

(12) Cfr. Cons. St. Sez. IV, 27 gennaio 1967 in Consiglio di Stato 1967, 62. 
(13) Cfr. Cons. St. Sez. IV, 17 gennaio 1967 cit.; Sez. IV, 21 ottobre 1966, in 
Consiglio di Stato 1966, I, 1740. 

492 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

buendo al ricorrente J.o stesso punteggio attribuito al dott. Guastini, sia 
pure elevato a 12; b) per la voce � diligenza � ha ancora dato un punteggio 
inferiore (pur avendolo elevato a 13,50) a quello attribuito al 
dott. Mazzei (14); e) per la voce �,capacit� direttiva�, ha attribuito ancora 
un punteggio. inferiore al ricorrente rispetto al punteggio attribuito 
al dott. Mazzei; d) per le voci �preparazione professionale� e 

� �attitudine� ha attribuito ancora un minor punteggio (13) rispetto ai 
punteggi attribuiti ai dott. Mazzei (14), Santomauro (13,25), Cefaloni 
(14). 

Ora non c'� dubbio che la valutazione degli scrutinandi, in un 
giudizio di promozione per merito comparativo, ha natura eminentemente 
discrezionale: tuttavia la valutazione deve risultare sorretta da 
quegli elementi che lo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato 
predisp�one ai fini considerati. 

Una volta ac,certato, perci�, da una decisione giurisdizionale -la 
quale naturalmente non pu� entrare nel merito del giudizio discrezionale, 
che quegli elementi, comparativamente �considerati, non possono 
portare -nel confronto -che ad un determinato giudizio� compara-

emanando un nuovo atto che da un lato soddisfa l'obbligo dell'esecuzione, 
dall'altro presenta dei vizi che ne legittimano l'impugnativa nei modi 
ordinari. 

Nel giudizio che si instaura con il ricorso in questione si lamenta, 
dunque, la mancata ottemperanza al giudicato e si porta all'esame del 
giudice non tanto un provvedimento negativo (il silenzio-rifiuto) quanto 
una situazione complessa, che si snoda intorno ad un fatto giuridico (il 
mancato adempimento). Di qui, varie conseguenze in ordine alla posizione 
delle parti nel procedimento ed allo svolgimento del giudizio. Poich� si 
controverte intorno ad un fatto, l'Amministrazione ipu� ben eccepire la 
esistenza di motivi di pubblico interesse che giustificano l'inadempimento 

o 'l'inesatto adempimento: poich� . infatti l'Amministrazione �-salvo il 
caso in cui il Consiglio di Stato abbia affermato che essa non opera 
secundum ius se non tenendo un certo comportamento -ha il potere di 
scegliere la via che reputa migliore per soddisfare l'interesse del privato 
vittorioso, compatibilmente con le esigenze dell'interesse pubblico, essa 
pu� �ben sollevare eccezioni e sottoporre rilievi all'attenzione del giudice 
per giustificare l'inottemperanza: e il giudice non pu� non tenerne conto. 
N� si dica che tale contradditorio � incompatibile con la natura esecutiva 
del processo d'ottemperanza: a parte il fatto che detta natura �, allo stato 
della dottrina e della giurisprudenza, tutt'altro che pacifica (14), � da os(
14) Cfr. MONTESANO, Sui caratteri cognitivi e contenziosi del processo previsto 
dall'art. 27 n. 4 t.u. Cons. di St., in� Foro amm., 1963; SANDULLI, Manuale cit. 
pag. 738, il quale ritiene il giudizio de quo e un vero e proprio giudizio di cognizione�, 
e ci� secondo l'A. spiega perch� �nell'elencazione dei casi di giurisdizione 
del Consiglio di Stato la legge non gU abbia fatto un posto a s�, ma lo abbia accomunato 
agli altri casi di giurisdizione anche in merito �. 
I~ 

flifillfiliWlilli(f'ii:Kt�ffiji�fff~~fill1filifl'iiffillll'if!&ffti1ffl11fililiilfl1@rtffiH11flffllifillf:f,filfflEfffrfilriffirr. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 493 

tivo (superiore l'uno inferiore o pari l'altro), non pu� l'Amministrazione, 
nel rinnovare la comparazione fra pi� scrutinandi, �confermare il giudizio 
comparativo espresso, perch�, entro quei limiti, la volont� del1'
Amministrazione rimane vincolata alla pronuncia: essa cio� pu� discrezionalmente 
determinare il nuovo punteggio, ma non pu� dare ad es. 
per la voce mansioni svolte a chi, secondo quanto risulta dalla pronuncia 
giurLsdizionale, sivolgeva funzioni pi� importanti, un punteggio 
ancora inferiore rispetto a quello attribuito a chi (sempre secondo la 
stessa sentenza) �svolgeva funzioni di minore importanza. Essa ha l'obbligo 
di dare un punteggio maggiore, il che pu� fare, ne1la sua discrezionalit�, 
o diminuendo il punteggi:o a chi ingiustamente lo aveva avuto 
maggiore, o, se vuole mantenere immutato questo punteggio, aumentando 
l'altro. 

Non pu�, pertanto, aderirsi alla richiesta avanzata dal ricorrente e 
cio� �che questo Consiglio disponga l'attribuzione di tre punti per le 
voci �considerate e lo inserisca nella graduatoria al posto che spetterebbe 
in base al nuovo punteggio, giacch� l'Amministrazione, salvo l'obbligo 
che deriva dalla pronuncia giurisdizionale e di cui si � detto, trattandosi 
di attivit� eminentemente discrezionale, � libera di attribuire il 

servare che l'esame delle eccezioni del preteso debitore non � escluso 

nemmeno nel processo esecutivo ordinario, dove si incardina il contraddit


torio in virt� della opposizione; e dunque potrebbe bene sostenersi, pur 

muovendo dalla natura esecutiva del procedimento instaurato con il ricorso 

ex art. 27 cit., che l'Amministrazione faccia valere le sue eccezioni attra


verso una sorta di opposizione all'esecuzione, sulla quale il Consiglio di 

Stato � chiamato a decidere anche sotto il profilo dell'opportunit� (15). 

Quello che invece non � ritenuto ammissibile � l'intervento di terzo (16), 

appunto perch� nel giudizio di ottemperanza non si realizza formalmente 

e sostanzialmente il contraddittorio in tutta la sua pienezza (17), incar


dinandosi esso, invece, solo attraverso l'exceptio dell'autorit� resistente. 

Concludendo, sembra potersi riconoscere che il ricorso ex art. 27 cit. 

� amm~ssibile in tutti i casi in cui l'Amministrazione non abbia perfetta


mente adempiuto al giudicato, qualunque sia stato, in concreto, l'aspetto 

dell'inottemperanza (silenzio-rifiuto, ripetizione del provvedimento an


nullato, elusione di un'attivit� vincolata di cui al giudicato ecc.), dovendosi 

avere riguardo, nella variet� delle fattispecie concrete, alla effettiva rea


lizzazione dell'interesse del ricorrente vittorioso. 

(15) Cosi A.LmRANDI cit. 
(16) Cfr. Cons. St. 21 gennaio 1967 cit. 
(17) Osserva la dee. del Cons. St. Sez. IV 28 settembre 1967, in Consiglio di 
Stato 1967, 1618, che la mancanza di un contradditorio vero e proprio dipende dal 
fatto che il giudice non deve risolvere una controversia, ma solo emanare un provvedimento 
in cui si sostituisce all'Amministrazione -quando si tratti di attivit� 
vincolata -o dichiara l'obbligo di adempiere entro un certo termine. 
A. PALATIELLO 
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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

494 

punteggio che meglio risponde all'interesse pubblico. Deve, invece, dichiararsi 
tenuta 'l'Amministrazione, nell'attribuire i nuovi punteggi per 
le voci che sono state indkate nella precedente decisione, ad attenersi 
al criterio ,contenuto nella decisione stessa e precisamente: per la voce 
� mansioni svolte � attribuire al ricorrente un punteggio superiore a 
quello attribuito al dott. Guastini; per la voce � diligenza � attribuire 
al ricorrente un punteggio pari o superiore a. quello attribuito al dottor 
Mazzei; per le voci ��Capacit� direttiva�, �preparazione professionale 
� e � attitudine alle funzioni superiori � attribuire al ricorrente un 
punteggio pari o superiore (tenendo conto degli elementi �contenuti nel 
fascicolo personale) a quello atiribuito ai dott. Mazzei, Santomauro, Cefaloni 
e All�. -(Omissis). 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 giugno 1968, n. 2110 -Pres. Stella 
Richter -Est. D'Arrniento ~ P. M. Chir� (conci. conf.) -Simeone 
Mario ed altri (avv. Zuppante) c. Mi:aistero delle Finanze (avv. 
�Stato Dallari). 

Imposta di successione -Azienda commerciale e industriale -Valore 

di avviamento -Inclusione nell'asse imponibile. 

(art. 2555 c.~.; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15 e 19). 

L'oggettiva idoneit� deH'azienda a continuare a :produrre, nonostante 
il mutamento dell'imprenditore, un ammontare di profitti superiore 
a quello che sarebbe il reddito normaie del capitale impiegato, 
fa acquisire all'azienda un valore di mercato superiore a quello netto 
patrimoniale dei singoli beni. La differenza tra questi due valori, detta 
avviamento, trasferendosi necessariamente con l'azienda cui si riferisce, 
deve essere compresa nella base imponibile per l'applicazione 
dei tributi sui trasferimenti (1). 

Il giudizio sul punto di fatto deH'esistenza di un avviamento del-
l'azienda non � sindacabile in Cassazione. 

(Omissis). -Con i due motivi di ricorso, connessi ed interdipendenti 
fra loro, i ricorrenti, denunziando la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 2082, 2083, 2222, 2555 e.e., 19 r.d.l. 7 agosto 1936, 

n. 1639; 47 t.u. 24 agosto 1877, n. 4021; contraddittoTiet� e insuffi(
1) L'avviamento e le imposte sui trasferimenti. 
Il fenomeno per il quale l'attitudine di una impresa a realizzare un 
ammontare di profitti si oggettivizza -in tutto o in parte -e rperci� 
accede all'azienda divenendo elemento (o pi� esatt�mente, qualit�) della 
stessa � stato, com'� noto, ampiamente esaminato dalla dottrina. Tale ricerca 
ha condotto ad individuare una nozione dell'avviamento, come attitudine 
a produrre profitti, che, � bench� propria dell'impresa in senso lato, 
viene imputata all'azienda, in quanto si valuta che la stessa possa permanere 
nonostante il mutamento di imprenditore, con la conseguenza di fare 
acquistare all'azienda un valore superiore� al valore ipatrimoniale � (cosl 
AULETTA, voce Avviamento, E;nc. del diritto, p. 634). Da tale nozione resta 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cienza di motivazione, in relazione agli artt. 360, n. 3 e 5 c.p.c. e 111 
della Costituzione, sostengono che, contrariamente a quanto ritenuto 
nella decisione impugnata, l'impresa pu� anche non costituire una 
azienda, la quale sussiste solo quando il complesso dei beni organizzati 
abbia una capacit� funzionale indipendentemente dalla persona dell'impresario. 


Aggiungono -i ricorrenti -che l'avviamento � una qualit� dell'azienda 
e non dell'impresa, e lamentano che la Commissione centrale, 
senza acquisire nuovi elementi di fatto e senza darne adeguata motivazione, 
avrebbe erroneamente affermato che l'impresa esercitata dal 
de cuius poteva continuare sotto la guida di a~tro imprenditore, laddove 
l'impresa, per la sua saltuaria attivit� e per l'entit� dei mezzi e 
del personale, era strettamente legata alla guida e alla presenza del-

I 
[l'imprenditore, in modo da non poter continuare senza l'attivit� personale 
dell'imprenditore medesimo. E concludono (i ricorrenti) che, non ~ 

. 

. 

esclusa la contingente e peculiare capacit� di uno specifico soggetto imprenditore 
a produrre profitti, la quale non accede all'azienda e non � 
' 
suscettibile di venire in essa trasferita. 


Il 

Sicch�, l'avviamento non soltanto � necessariamente trasferito con 1:::: 
l'azienda (ed anzi oggetto del trasferimento � l'azienda avviata), ma addi


~:::

rittura pu� essere conosciuto e individuato esclusivamente in relazione 
alla vicenda del trasferimento (attuale o potenziale) dell'azienda. Del resto, r: 
in termini economici l'avviamento altro non � se non una parte, solo 
concettualmente separabile, del � valore di scambio � dell'azienda. 

La sentenza in rassegna aderisce alla sopra riferita nozione di avviamento 
(come in precedenza Cass. 21 luglio 1967, n. 1889, Foro it., 1968, I, 
210) e, proprio sul presupposto che l'avviamento non comprende le capacit� 
imprenditoriali non accedute all'azienda, afferma che esso -una volta 
accertato e valutato nella competente sede -deve considerarsi nella sua 
interezza trasferito con l'azienda. In altre parole, 'la delimitazione dell'avviamento 
oggettivo, facente parte del fattore della produzione e capitale 
., rispetto al diverso fattore della produzione costituito dalla � capa


%

cit� imprenditoriale� del singolo imprenditore, non pu� essere attuata '� 
dopo la valutazione dell'avviamento mediante stralcio di una parte del 
valore accertato, ma deve avvenire � a monte ., nel momento della indix 
viduazione dell'oggetto da valutare. 

Iil 

La pronuncia della Corte di Cassazione � sostanzialmente esatta e 

rn 

va condivisa; con una precisazione, per�. L'attivit� di imposizione tribu,
iij 

~ 

taria -per evidenti esigenze di economicit�, �di eguaglianza e di certezza 
-deve procedere sulla base di dati per quanto pi� � possibile 
oggettivi della realt� extragiuridica. Cosi l'attivit� di calcolo del valore 
di avviamento pi� coerente con la definizione sopra enunciata si basa 
principalmente su due dati oggettivi, e cio� il reddito complessivo netto 
dell'impresa (da capitalizzarsi, previa detrazione del compenso per il lavoro 
dell'imprenditore, in rapporto al tasso di interesse corrente all'epoca del I' trasferimento) e il valore def beni aziendali singolarmente considerati, 
entrambi portati a conoscenza degli uffici o �lagli stessi accertabili. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 497 

sussistendo nella specie l'azienda, non vi sarebbe stata possibilit� di 
trasferimento tassabile di avviamento. 
Il ricorso, ad avviso di questo Supremo Collegio, non na fondamento 
e non riproduce fedelmente i termini della questione. 

Ed invero, inesatta � la censura che la decisione impugnata non 
abbia saputo distinguere tra impresa artigianale, fondata solo sull'attivit� 
personale� del titolare, e valore di avviamento, trasmissibile come 
valore a s� stante in . caso di successione. 

La Commissione centrale delle imposte, infatti, come gi� posto in 

' 
evidenza nella paTte di questa sentenza che concerne lo svolgimento 
del processo, premesse le nozioni giuridiche di impresa e di azienda, 
quali risultanti dagli artt. 2082 e 2555 e.e., ha correttamente affermato 
che' il concetto di avviamento, quale elemento economico-giuridico a 

s� stante, mentre non inerisce all'esercizio dell'impresa, che pu� anche 
non costituire una azienda (per la mancanza di organizzazione dei 

V'� di pi�: in sede di interpretazione dell'art. 19 r.d.l. 7 agosto 1936, 

n. 1639 e dell'art. 11 r.d. 26 settembre 1935, n. 1749, � stato affermato 
(Cass., 29 agosto 1963, n. 2391, Riv. leg. fisc., 1964, 163, citata in Relaz. 
Avv. Stato 1961-1965, vol. II, pag. 565, e (Jass., 21 novembre 1968, n. 3780, 
Foro it., 1969, I, 1242) un principio cui va riconosciuto carattere generale 
per l'imposizione sui trasferimenti, e precisamente � stato affermato che 
oggetto della vaiutazione � l'azienda come complesso organizzato di beni 
unitariamente considerato, e non i � singoli elementi � che la compongono. 
Da ci� consegue che il reddito complessivo netto dell'impresa rimane s'intende 
con il e tasso medio di capitalizzazione � -il fondamento della 
valutazione dell'azienda nel suo complesso pi� o meno avviata, ancorch� 
il contribuente sia tenuto a denunciare e distintamente � l'avviamento come 
e singolo elemento � del complesso aziendale. 
A questo punto potrebbe essere osservato che la valutazione dell'avviamento 
si !effettua mediante una previsione de1J.a futura iredditivit� 
dell'azienda, e non mediante una automatica capitalizzazione di redditi 
complessivi netti conseguiti dall'impresa negli esercizi passati. L'osservazione, 
di per s� esatta, non conduce per� a ritenere che detti redditi 
costituiscano solo uno qualsiasi degli indizi dell'esistenza e del valore di 
un avviamento. I redditi delle passate gestioni, a ben vedere, costituiscono 
il \I)unto di partenza ed anche il principale momento dell'itinerario logico 
necessario per giungere alla anzidetta previsione; e possono anche rimanere 
l'unico importante momento di tale itinerario, ove non emergano ~ 
situazioni peculiari operanti nel senso di una riduzione degli utili delfil 
l'impresa. f 

L'inerzia delle situazioni di fatto (e tale � anche il fluire degli utili ili 
d'impresa) � una massima di esperienza, espressamente riconosciuta dall'ordinamento 
giuridico in alcune norme (ad esempio, l'art. 1142 e.e., e ~ gli artt. 123 e 176 t.u. approvato con d.P,R. 29 gennaio 1958, n. 645); e ~:= 
una presunzione di inerzia delle situazioni di fatto (pi� che la � presun


i::

ti:ione di continuazione delle situazioni giuridiche � della quale si � pi� i:: 
volte parlato in dottrina) costituisce il presupposto del principio per cui i:: 

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498 RASSEGNA� DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

beni al fine di esercitare professionalmente un'attivit� economica), � 
invece normalmente connaturato all'esistenza di un'azienda. 

La stessa Commissione centrale � passata poi ad esaminare se 
nella specie, ed in relazione a tutti gli elementi di fatto e di giudizio 
acquisiti (importanza dell'impresa gestita dal de cuius, giro di affari, 
clientela, ecc.) l'impresa de qua potesse qualificarsi un'azienda, e dopo 
aver risposto affermativamente al quesito, almeno fino al tempo che 
il titolare dell'impresa era rimasto in vita, ha c9ncluso che un valore 
di avviamento doveva riconoscersi come afferente all'azienda, e quindi, 
con essa trasferito agli eredi per la morte del titolare originario dell'azienda. 


Orbene, siffatto argomentare della Commissione centrale, lungi 
dal presentare i vizi giuridici e logici che gli vengono attribuiti, appare 
del tutto esatto. 

� noto, invero, che l'avviamento � un bene immateriale dell'azienda, 
che pur ricollegandosi prevalentemente all'attivit� svolta in 

l'allegazione e la prova del fatto comunque innovativo � prevalentemente 
affidata alla cura del soggetto che di tale fatto intende avvalersi. Cosi, 
anche nel procedere dell'attivit� di valutazione dell'avviamento, l'allegazione 
e la prova dei particolari fatti dai quali derivi .na riduzione dei 
redditi complessivi dell'impresa deve essere affidata al contribuente; tanto 
pi� che in diritto tributario la �maggiore vicinanza di una parte (e cio� 
del contribuente) alla prova � costituisce un criterio di riipartizione dell'onere 
di fornire il materiale probatorio, cui � riconosciuto carattere 
generale (e non solo empirico e marginale). 

Ora, il ritenere che con il mutamento dell'imprenditore l'impresa 
produrr� solo una parte dei redditi in precedenza prodotti, di tal che solo 
questa parte pu� essere considerata acceduta all'azienda, �, appunto, il 
risultato della considerazione di particolari elementi di fatto � derogativi � 
rispetto alla normale e presunta continuazione del flusso dei redditi. Si 
intende quindi come il compito di allegare tali elementi di fatto e di 
fornire di essi almeno un princiipio di prova ricada sul contribuente, senza 
che possa ritenersi doverosa una iniziativa dell'ufficio in tal senso. 

Del resto, la normale inerenza della idoneit� a produrre profitti, alla 
azienda e non alla persona dell'imprenditore � confermata dagli artt. 2557 
e 2558 e.e., i quali.-con il disporre rispettivamente il divieto di concorrenza 
a carico di colui che aliena una azienda e la successione dell'acquirente 
nei contratti -tendono a conservare all'azienda quella idoneit� a 
produrre utili .che di essa era propria prima del trasferimento. 

� di tutta evidenza che per la valutazione dell'avviamento non � 
possibile fornire ricette semplici e sicure (la pratica alquanto grossolana 
ma abbastanza diffusa, di generalizzare il criterio dettato, a tutt'altri fini, 
dall'art. 110 del t.u. delle leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, 

n. 1265, non pare giustificata n� da norme giuridiche n� da .criteri di 
logica). Quanto qui scritto intende solo prospettare un modo di procedere 
(ed un riparto di compiti) nell'attivit� necessaria per la valutazione. 
F. FAVARA 

PARTI: I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 499 

passato dall'imprenditore, si proietta nel futuro, perch� si traduce in 
pratica in una particolare oggettiva attitudine dell'azienda a produrre 
lo stesso volume di affari o di servizi, nonostante il mutamento dell'imprenditore, 
con la conseguenza di fare acquisire all'azienda un 
valore di mercato superiore a quello netto patrimoniale dei singoli 
beni (il che viene in particolare rilievo in caso di trasferimento dell'azienda, 
per successione -caso di specie -o per atto tra vivi). 

L'avviamento, perci�, costituisce un elemento non essenziale dell'azienda, 
ma quando esiste, non pu� avere una vita autonoma o separata 
dalla st~ssa, non pu� essere, cio�, concepito al di fuori di essa, 
n� considerato o trasferito separatamente; onde la sua cessione � accompagnata, 
necessariamente, dalla cessione dell'azienda, o viceversa. 

Per tale strettissima e necessaria relazione d'inerenza, l'avviamento 
� stato anche definito come una qualit� dell'azienda; ma se tutto ci� 
trova preciso riscontro in dottrina e nell'indirizzo ormai consolidato 
di questa Suprema Corte (cfr. sentt. 18 febbraio 1949, n. 280, 9 febbraio 
1955, n. 381, 7 febbraio 1959, n. 392, 10 luglio 1962, n. 1819, 
26 giugno 1963, n. 1728) non vi � dubbio che nella ipotesi di specie 
bene � stata afferma~ l'esistenza di un valore di avviamento tassabile, 
atteso che il de cuius aveva lasciato in eredita ai figli ed alla moglie 
un'azienda vera e propria, secondo l'accezione giuridica datane dall'art. 
2555 e.e. e che tale azienda godeva di notoriet� anche in campo 
nazionale e di vasta clientela (valore di avviamento). 

A questo punto va detto che non vale insorgere, in questa sede 
di legittimit�, contro gli accertamenti di fatto posti dalla Commissione 
centrale a base della sua argomentazione logico-giuridica. Costituisce, 
infatti, principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa 
Corte, dal quale non vi � ragione per discostarsi, che quando il giudice 
di merito ha espresso il motivo del proprio convincimento con processo 
logico immune da manchevolezze e lacune, o da insanabili contraddizioni 
-ipotesi di specie -l'accertamento di fatto, in .cui tale convincimento 
si sostanzia, non � sindacabile in sede di legittimit� (cfr. da 
ultimo sent. 10 gennaio 1967, n. 104). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 23 gennaio 1969, n. 196 -Pres. 
Marletta -Est. Abbamondi -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Luise. 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione 
-Intimazione di seconda ingiunzione -Difetto di interesse -
Rilevabilit� di ufficio. 


500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione 
-Intimazione di seconda ingiunzione per identico titolo Illegittimit�. 


n difetto di interesse della Finanza alla, fOTmazione, attraverso 
l'intimazione di una seconda ingiunzione, di un secondo titolo di accertamento 
dello stesso tributo che era stato oggetto di precedente ingiunzione 
sulla legittimit� della quale si era formato il giudicato, � rilevabile 
di ufficio dal giudice innanzi al quale l'ingiunzione sia stata 
impugnata soltanto-per ragioni di merito (1). 

� illegittima una seconda ingiunzione emessa per il medesimo 
titolo dopo che con la prima ingiunzione il credito di imposta � stato 
accertato in modo irre1Jrattabile (2). 

(Omissis). -Prima di esaminare i tre motivi di censura esposti 
dall'Amministrazione ricorrente, giova ricordare che � del tutto .pacifico 
in causa che l'Amministrazione stessa eccep� il giudicato, formatosi 
allorch� divenne definitiva la sentenza 5 agosto 1955 con la quale 
il Tribunale di Napoli dichiar� inammissibile l'opposizione proposta 
dal Luise all'ingiunzione fiscale notificatagli il 16 gennaio 1954, e che 
la Corte napoletana, con la sentenza ora impugnata, riconobbe il fondamento 
dell'eccezione di giudicato, osservando che l'ingiunzione notificata 
al Luise nel 1954 e l'altra notificata il 15 maggio 1957 (dalla 
cui opposizione ha tratto origine il presente giudizio) avevano lo stesso 
contenuto. 

(1-2) Le massime di cui alla sentenza in esame non possono essere 
condivise, perch� frutto di una inesatta valutazione dei principi e delle 
norme che interessano l'argomento. 

Appaiono quindi opportune le seguenti 

Considerazioni sulla reiterabilit� della ingiunzione fiscale 

Gli ordinamenti giuridici assicurano i propri precetti e le proprie 
valutazioni mediante una specifica garanzia: la possibilit� di essere realizzati, 
se necessario, mediante fatti di realizzazione giuridica, i cui tipi 
fondamentali, pur nella estrema variet� dei processi di realizzazione del 
diritto, che caratterizzano i diversi ordinamenti, si riducono a due: fatti 
di autotutela e fatti di giurisdizione (PERAssx, Introduzione alle scienze 
giuridiche, p. 69). 

I moderni ordinamenti giuridici -ed il nostro in particolare -esaminati 
sotto il profilo dei rapporti quantitativi nonch� delle connessioni 
e r.elazioni fra queste due forme di tutela del diritto, rappresentano il 
punto di arrivo di una evoluzione, per effetto della quale il fatto di 
autotutela: 

a) nel campo del diritto privato, in cui costituisce una manifestazione 
particolare di autonomia individuale, � ridotto ad una figura rigorosamente 
eccezionale (MESSINEO, Manuale, ed. 1957, voi. I, pag. 162); 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 501 

Avendo per altro la stessa Corte tratto da ci� anche ra,gioni per 
statuire che, tuttavia, la opposizione avverso la seconda ingiunzione, 
nonostante che fosse proposta per tali motivi di merito, andava accolta 
perch�, nel compimento della indagine sulla sussistenza dei presupposti 
per la emissione di tale nuova ingiunzione, risultava mancante quello 
dell'interesse dell'Amministrazione al conseguimento di un nuovo titolo 
per l'accertamento di un tributo gi� definitivamente accertato, la 
ricorrente muove doglianza avverso tale decisione, articolandola nei 
mezzi che di seguito vengono singolarmente esposti ed esaminati, 
e cio�: 

Col 10 motivo si denunzia violazione dell'art. 345 c.p.c. in relazione 
all'art. 360, n. 3 c.p.c., assumendosi che la sentenza gravata 
sarebbe affetta da vizio di extrapetizione, in quanto il Luise aveva 
sempre e soltanto impugnato il credito unicamente per ragioni di 
merito, mentre la decisione era stata adottata per un presunto vizio 
dell'ingiunzione, consistente nell'inammissibilit� di una nuova ingiun


b) nel campo del diritto pubblico, in cui rappresenta il residuo di 
un principio di sovranit�, che nel ti.po dello stato amministrativo, attribuiva 
a:gli organi (amministrativi) ausiliari del sovrano funzioni legislative, 
giurisdizionali ed esecutive, pur avendo conservato per la pubblica 
amministrazione l'importanza e l'estensione di uno strumento generale e 
normale per la realizzazione del diritto, di cui l'esecutoriet� dell'atto 
amministrativo costituisce la manifestazione pi� appariscente (ALEss1, Sistema 
istituz. dir. amm., pag. 178; D'ALEss10, Istituzioni dir. amm., II, 
pag. 245), � pu� essere sostituito in modo ugualmente generale, anche se 
non normale, da fatti di giurisdizione ed �, comunque, sempre sottoposto 
alla giurisdizione del magistrato ordinario, quando venga in conflitto con 
diritti soggettivi privati (art. 2 legge �20 marzo 1865, n. 2248, all. E), ed 
a quella del magistrato amministrativo, quando urti interessi legittimi 

(art. 26 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054). 

Che la pronuncia del giudice prevalga e si sovrapponga all'atto amministrativo 
di autotutela -come ad ogni atto amministrativo -non 
sembra dubitabile. E la prevalenza del comando giurisdizionale comporta 
che non pu� porsi in essere un atto amministrativo di autotutela in 
contrasto con una decisione giudiziaria. 

Ma ora occorre esaminare non gi� la situazione di contrasto, bensl 
quella di concorrenza tra fatti di autotutela e fatti di giurisdizione, per 
essere in grado di giudicare l'esattezza sia della tesi secondo cui non 
sarebbe consentita la reiterazione dell'azione amministrativa (notifica di 
pi� ingiunzioni successive), sia di quella secondo cui tale azione non sarebbe 
sperimentabile, dopo che sia intervenuta una pronuncia resa dal giudice 
in forma equiparabile al giudicato. 

Non esiste regola generale che ponga limiti alla reitera:bilit� (ne bis 
in idem) di un fatto (atto) di realizzazione giuridica fino al momento in 
cui non sia stato realizzato e venga meno lo scopo, cui esso tende: il 
mutamento della situazione sostanziale, l'attuazione del diritto o della 
sanzione. 


502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione dopo che si era formato' il giudicato della sentenza che aveva 
statuito sulla opposizione alfa prima ingiunzione; assumendosi altresi 
che il preteso vizio non avrebbe potuto essere rilevato d'ufficio trattandosi, 
tutto al pi�, di un vizio di forma, assumendosi, infine, che 
nell'eccezione, con la quale lAmministrazione aveva sostenuto l'inammissibilit� 
di un nuovo esame del merito, il giudice d'appello non 
avrebbe potuto ritenere compresa l'eccezione di inammissibilit� di una 
nuova ingiunzione. 

La censura � da disattendere. 

L'avviso dell'Amministrazione finanziaria non � -invero -fondato, 
dal momento che nella fattispecie in esame venivano concretamente 
dedotte e pacificamente ammesse quelle circostanze di fatto, 
che il giudice aveva il dovere di non ignorare, come costitutive di 
una situazione, la cui definizione non avrebbe potuto comportare, 
contraddittoriamente, il riconoscimento della definitivit� della prima 
ingiunzione fiscale e -nello stesso tempo -l'emissione di una pro-

L'ingiunzione tributaria fa parte di una categoria di fatti di autotutela 
che costituisce l'esempio pi� probante di tale affermazione di reiterabilit�: 
quella degli ordini amministrativi (ordinanze, ingiunzioni, ecc.). Chi 
potrebbe, infatti, mai sostenere che non possano emettersi pi� ordini di 
demolizione di una costruzione abusiva (art. 378 1. 20 marzo 1865, n. 2248, 
ali. F) fino a che la demolizione non sia stata effettivamente eseguita? 

o �pi� provvedimenti di occupazione temporanea di un immobile (art. 71 
I. 25 giugno 1865, n. 2359)? o pi� ordinanze prefettizie riguardanti lo stesso 
oggetto (art. 20 t.u. 3 marzo 1934, n. 383)? 
Ma una siffatta regola generale non esiste neppure iper tutti i fatti 
giurisdizionali di realizzazione giuridica. L'azione (giudiziaria) esecutiva, 
infatti, proprio perch� tende alla realizzazione di una situazione sostanziale 
ed � per questo scopo collegata al rapporto giuridico ed al diritto 
violato del creditore, viene meno e si estingue solo con il conseguimento 
di questo suo scopo: il ripristino della situazione giuridica anteriore alla 
violazione del �diritto o di una situazione giuridicamente equivalente (MANDRIOLI, 
L'azione esecutiva, pag. 513; PUGLIATTI, Esecuzione forzata e diritto 
sostanziale, pag. 12 e 135). Ne consegue .che e l'azione esecutiva non � 
soddisfatta coll'fl.tto esecutivo se non in quanto questo abbia procurato 
al creditore il bene della vita a cui Inira; se l'atto esecutivo � riuscito 
in tutto o in parte infruttuoso, l'azione esecutiva sopravvive e tende a 
nuovi atti esecutivi� (CHIOVENDA, Principi, ed 1965, pag. 243; Istituzioni, 
voi. I, pag. 281). 

Questo principio generale, legislativamente sancito dall'art. 120 della 
legge fallimentare -forse perch� l'esecuzione concorsuale, che si attua 
nel fallimento, non fa conseguire ai creditori se non eccezionalmente il 
soddisfacimento completo dei loro crediti -� strettamente collegato a 
due fondamentali disposizioni del codice �civile: �il creditore per conseguire 
quanto gli � dovuto pu� far espropriare i beni del debitore� 
(art. 2910); e e il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni 
con tutti i suoi beni presenti e futuri � (art. 2740). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 503 

nunzia idonea alla formazione di un altro giudicato su fattispecie 
identica. Il che si sarebbe puntualmente avverato, stante l'assoluta 
identit� del contenuto delle due ingiunzioni quanto al titolo, alla 
fattispecie e all'ammontare. 

Se, infatti, l'exceptio indica"bi ha il suo fondamento nel principio 
ne bis in idem, il giudice dell'eccezione, specie se da questa sollecitato, 
legittimamente procede alla verifica della sussistenza dei presupposti e 
delle condizioni dell'azione, che aveva dato luogo alla instaurazione 
del giudizio di opposizione e, quindi, alla proposizione dell'eccezione. 

� vero che l'ingiunzione fiscale, come atto formale di un procedimento 
monitorio sui generis, ha la particolare natura di titolo esecutivo 
stragiudiziale e che, di conseguenza, l'opposizione alla ingiunzione da 
luogo ad un ordinario giudizio di cognizione nel quale, al contrario 
di quanto avviene nella procedura ingiuntiva ordinaria, � l'opponente 
ad assumere veste di attore con i conseguenti oneri processuali in 

� possibile dunque concludere che la regola ne bis in idem, per cui 
� ammissibile un unico provvedimento per la tutela di un diritto, non 
ha carattere generale nel campo dei fatti di realizzazione giuridica e neppure 
nella pi� limitata categoria dei fatti giurisdizionali. Il suo ambito 
di applicazione � collegato strettamente all'istituto della cosa giudicata, 
per cui � l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa 
stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi e aventi causa � (art. 2909 
e.e.) ed �, quindi, ristretto al processo nella fase dichiarativa, il quale 

� mira sempre all'accertamento di un rapporto giuridico e, quindi, di un 
diritto sostanziale� (PuGLIATTI, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, 
pag. 1). Ed insigni autori hanno messo in giusta evidenza come l'istituto 
della cosa giudicata, per effetto del quale il comando del magistrato prevale 
non solo sugli atti della pubblica amministrazione, ma perfino sulla legge 
ed � acquista rispetto alle parti o meglio intorno alla lite valore di legge 
speciale � (CARNELUTTI, Teoria gen. del diritto, pag. 38, 84 e 95), � non ha 
nulla di assoluto e necessario: infatti dal concetto dell'ufficio del giudice 
deriva bensi che la sentenza debba mandarsi ad esecuzione forzata finch� 
essa sta, ma non che debba tenersi in futuro come norma immutabile del 
rapporto deciso� (CHIOVENDA, Sulla cosa giudicata, in Studi dir. proc., 
voi. II, pag. 399). 
Completamente inesatta appare quindi la affermazione che per il 
principio ne bis in idem, diretto ad evitare due titoli esecutivi, non possa 
essere emessa una seconda ingiunzione. 

Tale principio, infatti, non � diretto ad evitare due titoli esecutivi, 
ma due accertamenti giudiziali, e giustamente pertanto esso � stato gi� 
ripudiato dalla giurisprudenza nella materia che ci interessa. 

iMa ugualmente inesatto appare il ritenere che il procedimento per 
la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato non sia pi� sperimentabile 
dalla pubblica amministrazione quando questa abbia portato la risoluzione 
del conflitto innanzi al giudice ordinario, e ci� in quanto sarebbe 
applicabile al caso la regola: � electa una via, non datur recursus ad 
alteram �. 

10 


504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ordine all~ prova; il che deriva dalla particolare posizione riconosciuta 
all'Amministrazione nell'esercizio dell'attivit� accertativa e impositiva, 
svolta nell'interesse dell'erario. 

Ma non da ci� si pu� trarre l'illazione che la mancata deduzione, 
da parte dell'opponente, della carenza di un presupposto o condizione 
per l'azione promossa dall'Amministrazione con l'atto ingiuntivo, impedisca 
al giudice di compiere un accertamento a ci� relativo e di 
trarne le conseguenze dovute. 

Si tratta, invero, di una attivit� officiosa, che il giudice esplica 
sulla semplice prospettazione dei fatti pacifici in causa, senza che 
necessiti di alcuna particolare e specifica deduzione delle parti; sicch�, 
nell'esame autonomo della fatttspecie egli estrinseca il suo poteredovere, 
diretto ad accertare se l'azione fu legittimamente promossa. 

E tale � appunto la situazione processuale in esame, nella quale 
il giudice d'appello, rilevata la definitivit� dell'accertamento del debito 

La inapplicabilit� di tale regola consegue concettualmente: 

a) dalla evoluzione storica, precedentemente accennata, che si � 
sviluppata nel senso di una progressiva limitazione dei mezzi di autotutela 
accompagnata da un loro assoggettamento alla cognizione del giudice e 
da una corrispondente espansione dei mezzi di tutela giurisdizionale; 

b) dalla finalit� unitaria, cui tendono queste due categorie di mezzi 
di tutela del diritto. 

Lo sbocco naturale sul piano normativo di questa origine storica e 
di questa esigenza finalistica unitaria non poteva condurre, evidentemente, 
all'affermazione di principi giuridici di separazione fra le due categorie 
di fatti di realizzazione giuridica o di preclusione dei mezzi di una categoria 
per chi abbia sperimentato i mezzi dell'altra; doveva condurre necessariamente, 
invece, all'affermazione di principi giuridici di collegamento, 
di reciproca integrazione, di complementariet� fra mezzi di autotutela e 
mezzi di tutela giurisdizionaJe. 

L'esame del .diritto positivo conferma questa deduzione logica. 

Il sequestro convenzionale, per effetto del quale le parti affidano ad 
un terzo una cosa, � rispetto alla quale sia nata tra esse controversia � 
(art. 1798 e.e.);� la cessione dei beni, con cui � il debitore incarica i suoi 
creditori... di liquidare tutte o alcune sue attivit� e di ripartire fra loro 
il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti � (art. 1977 e.e.); la transazione, 
con cui � le parti... pongono fine a una lite gi� incominciata o 
prevengono una lite, che pu� sorgere fra� loro � (art. 1965 e.e.); sono nel 
campo del diritto privato altrettanti mezzi di autotutela convenzionale, 
cui viene fatto ricorso anche quando la risoluzione del conflitto sia stata 
portata dinanzi al giudice ordinario. E il caso della cessione dei beni deve 
essere particolarmente sottolineato, perch� presenta notevole affinit� con 
quello che ora ci interessa. I creditori, infatti, non solo hanno gi� portato 
dinanzi al giudice le loro pretese, ma ne hanno ottenuto, in sede di cognizione, 
una decisione definitiva, passata in giudicato. Ebbene, essi soddisfano 
i loro crediti, gi� accertati dal magistrato con un mezzo di autotutela 
esecutiva. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISJ;'RUDENZA TRIBUTARIA 505 

fiscale per effetto del passaggio in giudicato della sentenz.a che aveva 
statuito sulla opposizione alla prima ingiunzione, ha d'ufficio rilevato 
la carenza d'interesse dell'Amministrazione all'azione diretta alla formazione 
di un secondo titolo accertativo dello stesso identico debito. 

Col 20 motivo si denunzia omessa o insufficiente motivazione su 
un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5 c.p.c.), � specificandosi 
che la sentenza avrebbe assunto a base della propria statuizione, 
come punto decisivo, la circostanza che I'Amministrazione fosse in 
possesso di altra ingiunzione, mentre tale circostanza era rimasta estranea 
all'ambito del dibattito. 

Anche tale censura � infondata. 

L'Amministrazione, infatti, formalmente eccependo il giudicato, 
pose essa stessa in evidenza che, per effetto del .passaggio in giudicato 
della sentenza che aveva definito il giudizio di opposizione avverso 
la prima ingiunzione, era precluso il riesame del merito della pretesa 
tributaria. 

Altro istituto, che dimostra la erroneit� delle tesi �in esame � l'arbitrato, 
con cui � le parti possono far decidere da arbitri le controversie 
fra loro insorte � (art. 806 c.p.c.), dato che nella pratica sono frequentissimi 
i casi in cui si ricorre a questo mezzo quando la controversia � 
gi� stata portata dinanzi al giudice ordinario e tale circostanza non determina 
affatto l'illegittimit� dell'arbitrato. 

N� la possibilit� di avvalersi di mezzi di autotutela dopo che la controversia 
sia stata rimessa al magistrato ed anche decisa da questi � 
limitata all'autotutela convenzionale, nella quale sono inquadrati gli istituti 
emunerati fino a questo punto. Identica possibilit� � data per il diritto 
di ritenzione, che � mezzo di autotutela unilaterale, esercitabile a garanzia 
del credito, anche se accertato in sede giurisdizionale, fino al momento 
in cui non sia stato soddisfatto (artt. 1006, 1011, 748, 1502, 2756, 2757, 
2761, 2794 e.e.). 

Nel diritto pubblico il principio generale, secondo cui l'Amministrazione 
ha facolt� di avvalersi sia dei mezzi di autotutela sia dei mezzi di 
tutela giurisdizionale con libera intercambiabilit� dei primi con i secondi 
e senza che l'adozione di un tipo di tutela determini preclusione rispetto 
all'altra ha la sua base nella legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, sul 
contenzioso amministrativo, con la quale, da una parte, si stabili la devoluzione 
alla giurisdizione ordinaria di � tutte le cause per contravvenzione 
e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o 
politico� (art. 2); dall'altra, si afferm� che non veniva �fatta innovazione... 
alle attribuzioni contenziose di corpi e collegi derivanti da leggi 
speciali e diverse da quelle fin qui esercitate dai giudici ordinari del 
contenzioso amministrativo� (art. 12), senza che fossero limitate, condizionate 
o collegate fra loro le attribuzioni giurisdizionali conferite dalla 
prima disposizione e quelle fatte salve dalla seconda (CLEMENTINI, Della 
competenza e dei procedimenti in ordine alle leggi amministrative, Utet, 
1899, 2� ediz., vol. II, pag. 1). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

506 

Orbene, un ragionamento, condotto secondo la linea logica test� 
esposta, presuppone necessariamente come fatto pacifico l'esistenza della 
ingiunzione accertativa del debito fiscale, e pertanto a torto viene 
denunziato il vizio in esame, avendo la Corte del merito tenuto in 
considerazione soltanto la circostanza che risultava pacifica in causa 
sulla base della eccezione sollevata dalla stessa Amministrazione. Infatti 
nella sentenza impugnata fu correttamente data rilevanza al solo 
fatto, incontroverso, della esistenza del precedente titolo per affermare 
che l'Amministrazione stessa non aveva interesse, a sensi dell'art. 100 
c.p.c., all'azione instaurata con la formazione e la notificazione della 
seconda ingiunzione, assolvendo in tal modo pienamente all'obbligo 
della motivaziol)e. 

Col 3� motivo si denunzia violazione delle disposizioni di cui al 

t.u. 14 aprile 1910, n. 639, della legge 25 settembre 1940, n. 1424, della 
Il princ1p10 � stato in epoca molto pi� recente .confermato da due 
disposizioni fondamentali. 

La prima � contenuta nell'art. 823 e.e., in base al quale per la tutela 
dei beni demaniali l'autorit� amministrativa � ha la facolt� sia. di procedere 
in via amministrativa sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della 
propriet� e del possesso �. La norma, nuova rispetto al codice del 1865, 
ha sanzionato un'opinione divenuta prevalente nella dottrina e nella giurisprudenza 
anteriore alla promulgazione del codice civile del 1942 (GmcCIARDI, 
Il demanio, Padova, 1934; pag. 414) ed � interpretata dalla dottrina 
successiva come � applicazione di un principio generale: la [pubblica amministrazione 
ha sempre facolt� di scegliere, per il conseguimento dei 
suoi fini, fra i mezzi di �diritto pubblico, che. ae provengono dalla sua 
posizione di supremazia e quelli di diritto privato comuni a tutti i soggetti 
di diritto� (ZANOBINI, Commenta.rio del codice civile diretto da. D'Amelio, 
commento art. 823; cfr. PESCATORE-ALBANO, Commentario del codice civile, 
Della Propriet�, Torino, 1958, commento art. 823; RESTA, Commentario del 
codice civile a cura di Scialoja e Branca, commento art. 823j. 

L'altra disposizione . � quella contenuta nell'art. 635 c.p.c., che, nello 
stabilire la esperibilit� del procedimento di ingiunzione da parte �dello 
Stato o di enti o istituti soggetti a tutela o vigilanza dello Stato � afferma 
che �restano salve le disposizioni dehle leggi sulla riscossione� delle entrate 
patrimoniali dello Stato e degli enti o istituti sopra indicati �. (Analoga 
disposizione era dettata nell'art. 3 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1531, nonch� 
nell'art. 1 del progetto allegato alla legge di delega 9 luglio 1922, n. 1035. 
Quest'ultimo articolo fu peraltro modificato dal r.d. delegato 24 luglio 
1922, n. 1036). 

Che poi, in particolare, l'Amministrazione possa avvalersi di mezzi 
di autotutela esecutiva dopo che li.a controversia sia stata portata dinanzi 
al giudice ordinario ed anche fondandosi sulla decisione giurisdizionale 
-e questa � appunto la questione che ci interessa -risulta, tra l'altro, 
dalle seguenti disposizioni di legge: 

1) artt. 7 ed 8 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, in base ai quali 
l'autorit� amministrativa, in caso di urgenza o per gravi necessit�, pu� 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 507 

legge 20 marzo 1865, n. 2248, alleg. E, in relazione all'art. 360, n. 3, 
5, codice procedura civile. 

Specifica la ricorrente che la sentenza sarebbe ulteriormente viziata, 
per aver ritenuto, per di pi� senza motivazione, che in ogni 
caso il ricorso dell'Amministrazione ad una seconda ingiunzione fosse 
senz'altro inammissibile; per contro, n� il t.u. n. 639 del 1910 per la 
riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, n� la legge doganale 

n. 1424 del 1940 contengono disposizioni che sanciscono un divieto 
del genere. Ch�, anzi, sarebbe da ritenersi legittima l'emanazione di 
una seconda ingiunzione fiscale, argomentando in base ai principii 
generali. 
Anche tale ultima doglianza non pu� essere accolta. 

Non vi � dubbio che l'ingiunzione fiscale sia l'estrinsecazione del 
potere di supremazia dello Stato (e degli enti cui � riconosciuto dalla 
legge), e che per tanto, si tratti di un atto amministrativo munito di 
forza propria. 

disporre della propriet� privata e provvedere all'esecuzione anche in economia 
di lavori pubblici nonostante la pendenza di giudizio in ordine 
al diritto di propriet� o al contratto di appalto; 

2) art. 108 r.d. 3 marzo 1934, n. 383, per cui, per le contravvenzioni 
alle disposizioni dei regolamenti comunali il Sindaco, � in caso di condanna 
� da parte deJ. pretore (art. 109) � pu� ordinare l'esecuzione degli 
occorenti lavori con la procedura stabilita nell'art. 55 �; 

3) l'art. 206 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, il quale dispone che 

�l'esecuzione delle decisioni emesse dal Tribunale Superiore (delle Acque 
Pubb:liche) sui ricorsi previsti dall'art. 143, si fa in via amministrativa�; 
4) l'art. 76 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, per il quale, 
se il proprietario non provvede a mantenere i fabbricati ed i muri lungo 
le strade in modo da non compromettere la sicurezza pubblica e vi � 
minaccia di rovina, e l'autorit� della provincia o del comune pu� provocare 
dal giudice competente la facolt� di demolirli a spese dello stesso 
proprietario, salvi quei provvedimenti istantanei, che sono nelle attribuzioni 
del Sindaco per la pubblica sicurezza �. 

Il t.u. 14 aprile 1910, n. 639 di cui si discute, dopo aver regolato 
all'art. 3 la forma ed i termini dell'opposizione nonch� il potere . del giudice 
di sospendere l'esecuzione, stabilisce testualmente: � respinto, in 
tutto od in parte, il ricorso o l'opposizione dall'autorit� adita e riattivato, 
qualora ne fosse stata disposta la sospensione, il procedimento coattivo ... 
esso non potr� per qualsiasi motivo essere sospeso �. � dunque evidente 
che, anche dopo che la controversia sia stata portata dinanzi al giudice 
ordinario e questi, con la decisione di rigetto dell'opposizione, abbia accertato 
la sussistenza d~l credito dell'Amministrazione, questa ha il potere 
di agire e debba agire in base allo speciale procedimento per la riscossione 
delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici, il che 
rappresenta, oltre tutto, un vantaggio per i debitori, dato che il procedimento 
esecutivo in questione � estremamente pi� economico di quello 
ordinario. 


508 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Ma � inaccettabile l'illazione della ricorrente Amministrazione, 
che, cio�, debba riconoscersi di conseguenza che ad essa spetti la facolt� 
di far luogo ad una nuova es~rinsecazione di quel potere, in virt� del 
quale essa � abilitata a precostituirsi il titolo esecutivo, anche nel 
caso in cui si tratti di una unica fattispecie gi� in prec~denza posta 
a fondamento di identica procedura ingiuntiva. 

A ci� si oppone la prima e fondamentale ragione che, trattandosi 
di una facolt� eccezionale che sarebbe ovviamente al di fuori di ogni 
pi� lata accezione della supremazia statuale, essa dovrebbe essere 
espressamente sancita in specifiche norme legislative; e queste, come 
l'Amministrazione medesima rileva, non si rinvengono nella legislazione 
vigente in materia di riscossihne delle entrate patrimoniali dello 
Stato, n� nella legge doganale, onde, lungi dal trarre argomentazioni 
favorevoli alla tesi della ricorrente, da tale rilievo si deduce al contrario 
che il silenzio contrasta la tesi stessa. 

La quale, poi, � inaccettabile anche per la sua contrariet� ai principi 
generali, cui pure fa -ma a torto -richiamo I'Amministrazione. 

Le disposizioni che stabiliscono per la riscossione delle varie imposte 
l'adozione del procedimento dettato dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639 (imposta 
di registro: art. 144 e segg. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; imposta di 
successione: art. 92 e segg. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270; imposte doganali: 
art. 24 1. 25 settembre 1940, n. 1424; imposta di bollo: art. 24 d.l.P.R. 
25 giugno 1953, n. 492), non condizionano affatto la sua esperibilit� alla 
insussistenza di una pronuncia giudiziaria in ordine al credito tributario, 
la quale pu� essere emessa sia a seguito dell'opposizione del contribuente 
sia in accoglimento di domanda riconvenzionale proposta dall'Amministrazione. 
Al contrario, le recenti disposizioni degli artt. 25 e 26 d.l. 31 
ottobre 1956, n. 1194 (imposta di fabbricazione) dispongono che il termine 
di prescrizione rper la riscossione dell'imposta a norma del t.u. 14 aprile 
1910, n. 639, decorre, quando il mancato pagamento abbia causa da un 
reato � dalla data, in cui il decreto o la sentenza, pronunciata nel procedimento 
penale, siano divenuti irrevocabili �. 

Sembra quindi perfettamente conforme al nostro ordinamento giuridico 
il fatto che la Finanza, ancorch� abbia ottenuto riconoscimento giudiziario 
della legittimit� della sua pretesa fiscale, emetta e rinnovi la 
relativa ingiunzione fino al soddisfacimento del proprio credito, mentre 
il rilievo, su c�i insiste la sentenza in rassegna, secondo cui la Amministrazione, 
nelle suddette condizioni, non avrebbe interesse alla emissione 
di una nuova ingiunzione appare chiaramente resistito dal fatto che, oltre 
tutto, la sentenza che rigetta l'OP!POSizione avverso la ingiunzione fiscale 
non costituisce titolo esecutivo per la riscossione del credito e questo non 
� stato in concreto soddisfatto (cfr. Cass., Sez. Un., 31 marzo 1938, n. 1080, 
in Mass. Foro it., 1938, 226 e Cass., Sez. Un., 7 maggio 1945, in Riv. leg. fisc., 
1945, 244 che hanno ritenuto legittima la emissione di una ingiunzione 
fiscale dopo i<1 ricorso al procedimento ingiunzionale ordinario). 

E. VITALIANI 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 509 

Questi, invero, impongono di ritenere che il potere statuale non pu� 
essere esplicato prescindendo dal presupposto dell'interesse, che � il 
fondamento di ogni azione e che, quindi, condiziona anche quel particolare 
rapporto giuridico-amministrativo, che si instaura con l'ingiunzione 
fiscale fra lo Stato creditore d'imposta e il contribuente titolare 
del diritto soggettivo alla esatta imposizione stabilita dalla legge. 

Posta, infatti, tale parificazione concettuale sotto il profilo dell'interesse 
tra azione ordinaria e azione speciale di natura fiscale con 
riguardo al diritto perfetto del contribuente, si deve necessariamente 
dedurre che anche lo Stato creditore, che sia gi� in .possesso del titolo 
che definitivamente accerta il suo diritto tributario, � carente d'interesse 
ad una ulteriqre azione, diretta alla realizzazione di un identico 
oggetto, e cio� al conseguimento di aitro titolo esecutivo per la medesima 
fattispecie. 

N� l'interesse ad ottenere tale secondo titolo come duplicato della 
prima ingiunzione andata dispersa pu� essere preso in considerazione, 
perch� esso � stato prospettato soltanto in questa sede per la prima 
volta, e quindi, la de�luzione � inammissibile in cassazione trattandosi 
di circostanza di fatto del tutto nuova. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 marzo 1969, n. 1121 -Pr�s. Favara Est. 
Alibrandi -P. M. Gedda (conf.) -Ricci (avv. Manfredonia) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 
Imposta di registro -Agevolazioni per l'edilizia previste dalla 1. 2 luglio 
1949 n. 408 -Termine biennale per l'ultimazione della costruzione 
-Soppressione ex art. 5 d. 1. 11 dicembre 1967, n. 1150 -Retroattivit� 
-Limiti. 

(d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, art. 5). 
Imposta di registro -Agevolazioni per l'edilizia previste dalla 1. 2 luglio 
1949, n. 408 � Acquisto con unico atto di area destinata alla 
costruzione di una pluralit� di edifici -Biennio di ultimazione 
dei lavori riferito a tutti gli edifici da costruire. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). 
L'art. 5 del d.l. 11 dicembre 1967; n. 1150 che ha abolito l'obbligo 
stabilito dall'art. 14 della legge n. 408 del 1949 di ultimazione del 
fabbricato nel biennio dall'inizio dei lavori, non si applica ai fabbricati 
iniziati in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge 2 febbrao 
1960, n. 35 (8 marzo 1960) (1). 

(1) Tale massima fa puntuale applicazione dell'art. 5 d.1. 11 dicembre 
1967, n. 1150 ed � indubbi,amente esatta. 

510 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nell'ipotesi di acquisto con unico atto di un'area destinata alla 
costruzione di una pluralitd di edifici, � necessario, per l'applicabUitd 
dei benefici di cui all'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, che l'intero 
complesso edilizio venga ultimato entro il biennio dalla data �di 
inizio dell'attivitd costruttiva su tutta l'area, considerata in modo unita1
�io (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo, il ricorrente, denunciando 
violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 della legge 2 luglio 
1949, n. 408, nonch� errata applicazione dell'art. 20 della stessa legge, 
in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., sostiene, in via di censura della 
sentenza impugnata, che l'espressione e costruzione di case� non va 
riferita all'intero complesso edilizio da erigere sull'area acquistata, ma 
indica le singole case d'abitazione o l'unico fabbricato in essa incluso, 
come si desume dal termine �case� al plurale. Aggiunge il Ricci che 
tale interpretazione � conforme alla ratio della legge, diretta a favorire 
l'acquisto di aree per lo sviluppo di costruzioni edilizie, mentre 
l'interpretazione accolta dalla corte del merito, �secondo cui per usufruire 
dei benefici fiscali occorre aver completato le costruzioni nel 
biennio che decorre dall'inizio della prima, limita, senza alcuna giustificazione 
razionale, il beneficio all'acquisto delle aree di modesta estensione, 
idonee alla costruzione di un solo fabbricato. 

Con il secondo motivo, il ricorrente, denunciando contraddittoriet� 
ed errata motivazione su punto decisivo della controversia, 
lamenta che la Corte di Napoli ha tratto argomento dal secondo comma 
del citato art. 14 senza considerare che tale norma prevede ipotesi 
estranea a quella della lottizzazione, ricorrente nella specie. Sostiene 
poi il Ricci che la motivazione della sentenza impugnata � contraddittoria 
l� dove sottolinea che la tesi del contribuente comporterebbe 
benefici fiscali a favore degli imprenditori edili che intendano trarre 
utili di speculazione dall'acquisto di aree fabbricabili. 

I due motivi, che vanno esaminati congiuntamente, svolgendo 
censure connesse, non sono fondati. 

Va premesso, prima di prendere in esame le censure nei due 
mezzi, che nella specie non� opera l'abolizione dell'obbligo della ultimazione 
del fabbricato nel biennio dall'inizio dei lavori, abolizione disposta 
dall'art. 5 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, convertito, con 
modificazioni, nella legge 7 febbraio 1968, n. 26. Risulta, infatti, che 

(2). Il principio di cui alla massima, gi� affermato con le precedenti 
sentenze 21 febbraio 1966, n. 537 (in questa Rassegna, 1966, 183��con nota 
cui si rinvia) e 23 maggio 1967, n. 1126 (in Giust. civ., 1967, 1, 1224) 

costituisce ormai giurisprudenza costante della Suprema Corte. 

~#An!V~~~#ldi!Wf.WJl!1lill!l!l!1YA!PldY#fA!PJ 



PART� I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 511 

il primo fabbricato -quello che il ricorrente indica come distinto 
con la lettera A -� stato iniziato in epoca largamente anteriore 
all'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35 (8 marzo 1960), 
termine cui fa riferimento il citato art. 5, limitando nel tempo gli 
effetti retroattivi della legge n. 26 del 1968. 

Ci� premesso, rilevasi, passando all'esame del ricorso che, secondo 
quanto dispone l'art. 14, comma 1, legge 2 luglio 1949, n. 408, sull'incremento 
delle costruzioni edilizie, il beneficio dell'imposta fissa di 
registro � concesso per gli acquisti di aree fabbricabili e per i contratti 
d'appalto quando abbiano per oggetto la costruzione delle case di cui� 
al precedente art. 13 (case di abitazione, cio�, non aventi carattere 
di lusso) � purch� la costruzione sia iniziata e ultimata entro i termini 
stabiliti nello stesso art. 13 �. Questo dispone che le costruzioni debbano 
essere iniziate entro il 31 dicembre 1953 (termine pi� volte prorogato 
con leggi successive e, da ultimo, fino al 31 dicembre 1970 con 
la legge 7 febbraio 1968, n. 26) e compiute entro il biennio dall'inizio 
dei lavori. Nei riguardi di tali norme � stato gi� posto il problema se, 
ove nell'area acquistata siano da erigere diverse e distinte costruzioni, 
si debba aver riguardo, per .il calcolo del biennio di ultimazione, alla 
data di inizio di ciascuna costruzione, oppure alla data d'inizio dell'attivit� 
costruttiva su tutta l'area, considerata in modo unitario. La 
seconda alternativa, accolta da questa Suprema Corte (sent. 21 febbraio 
1966, n. 537 e sent. 23 maggio 1967, n. 1126), va condivisa, 
perch�, �mentre non si rinvengono valide ragioni per mutare orienta


�mento, convincenti sono quelle che presidiano il gi� affermato indirizzo. 

Va, anzitutto, tenuto presente il secondo comma dell'art. 14, cosi 
formulato: � Sulla parte del suolo attiguo al fabbricato, la quale ecceda 
il doppio dell'area coperta, � dovuta, a costruzione ultimata, l'imposta 
ordinaria di registro ed ipotecaria �. Questa norma mette in luce la 
funzione strumentale del contratto di acquisto dell'area rispetto all'attivit� 
economica diretta alla costruzione, nel senso che tutta l'area 
acquistata con l'atto dev'essere in effetti destinata, entro un determinato 
t�rmine, all'edificazione, da ultimarsi entro due anni. Infatti, il 
termine biennale, c.d. acceleratorio; dall'inizio della costruzione assicura 
quel collegamento strumentale diretto, sopra richiamato, voluto 
dalla legge per fare s� che le costruzioni abbiano inizio ed esecuzione 
con la maggiore sollecitudine possibile. In altri termini, mentre il 
legislatore del 1949 l~~ciava all'acquirente dell'area la scelta del momento 
d'inizio della costruzione, semprech� avesse luogo entro un 
termine massimo (oggi, 31 dicembre 1970), stabiliva per� che il programma 
di costruzione, sia esso di una soltanto sia di pi� case, venisse 
portato a termine senza ritardi, appunto per incoraggiare, mediante 
agevolazioni fiscali, programmi biennali di costruzione che contribuissero 
e dare sollievo ad una urgente esigenza della collettivit�. 


512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tale essendo il fine perseguito dalla legge n. 408 del 1949, che va 
considerata nel quadro delle coeve provvidenze legislative dirette ad 
agevolare una sollecita ripresa delle costruzioni edilizie (d.l.C.P.S. 8 
maggio 1947, n. 399; d.l.C.P.S. 22 dicembre 1947, n. 1600; d.l. 17 
aprile 1948, n. 1029 e legge 11 gennaio 1950, n. 22), � di tutta evidenza 
che se il legislatore avesse voluto lasciare l'acquirente dell'area fabbricabile 
libero di iniziare costruzioni distinte su un'area acquistata 
con un unico atto, avrebbe condizionato la riscossione delle imposte 
ordinarie non gi� alla mancata ultimazione della costruzione, ma alla 
scadenza del termine finale per l'inizio delle costruzioni. Infatti, solo 
lo spirare di questo termine avrebbe segnato la definitiva mancata 
realizzazione di quelle specifiche finalit� economiche collegate all'acquisto 
dell'area con rapporto di strumentalit�. Inoltre, ove si acco~ 
gliesse la tesi del ricorrente, il fine della legge, che intende favorire 
programmi edilizi solleciti, potrebbe essere eluso ad opera di costruttori 
che, procuratasi una vasta area, ne dilazionino nel tempo l'utilizzazione, 
con eventuale impedimento per altri costruttori di attuare quei 
rapidi programmi di edificazione che il legislatore del 1949 intendeva 
appunto agevolare. 

Il ricorrente, a sostegno della contraria soluzione, fa soprattutto 
leva sulla dizione letterale dell'art. 14, comma 1, della 1egge n. 408 
del 1949 il quale condiziona il beneficio alla ultimazione della � costruzione 
�, intesa, a suo dire, come � singolo fabbricato � e non gi� come 

� complesso di edifici�, Ma, se si pone mente che nel citato art. 14 il 
legislatore fa un uso promiscuo di singolari e di plurali, parlando di 
acquisti e di contratti, mentre avrebbe potuto riferirsi ad un singolo 
acquisto di aree o ad un singolo contratto d'appalto, e fa poi seguire 
al sostantivo � costruzione � la specificazione � delle case � che toglie 
alla complessiva espressione ( � costruzione delle case �) quel significato 
prospettato dal Ricci, l'argomento letterale esaminato si ravvisa 
inconsistente. Anzi se si considera questa espressione, usata al singolare, 
si pu� trarre da essa l'interpretazione contraria a quella sostenuta 
dal ricorrente e cio� che il legislatore abbia inteso riferirsi, per tutto 
l'oggetto del contratto di acquisto, ad un unico termine iniziale, intendendo 
per costruzione il complesso dell'edificazione da eseguirsi nell'area, 
senza considerare affatto la circostanza che essa fosse comprensiva 
~i uno o pi� fabbricati. 
Sempre sul piano degli argomenti letterali, il ricorrente richiama 
l'art. 5, comma 1, della legge n. 26 del 1968, d~anzi citata, nella quale 
� usato il termine � fabbricato ., per dedurne argomento a favore del 
proprio assunto. Senonch� il rilievo non ha alcun fondamento perch� 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 513 

anche la legge del 1968 fa dei due termini e, di conseguenza, la 
mancanza di valore dimostrativo dell'esaminato argomento esegetico. 

Infine, come ha correttamente ritenuto la Corte del merito, la 
lottizzazione dell'area acquistata con unico contra.tto resta mera attivit� 
interna del costruttore, dipendente da una sua scelta tecnicoeconomica, 
e, come tale, non incide, sul regime tributario dell'atto, 
il cui trattamento di favore � condizionato alla ricorrenza delle condi-. 
zioni espressamente stabilite dalla legge. 

Il ricorso essendo infondato in entrambi i mezzi va respinto con 
le conseguenze di legge in ordine alle spese, che vanno poste a carico 
del ricorrente, ed alla perdita del deposito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 aprile 1969, n. 1264 -Pres. 
Scarpello -Est. Speziale -P. M. De Maio (conf.) -Soc. Immobiliare 
Arcangelo San Michele (avv. Regard) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Freni). 

Imposte e tasse in genere -Esecuzione esattoriale -Opposizione del 

terzo proprietario dell'immobile gravato dal privilegio speciale 


Giurisdizione del giudice ordinario -Esclusione. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 207, 208 e 209; c.p.c. artt. 615 e 619}. 
Contro l'esecuzione esattoriale � consentita soltanto la opposizione 
del terzo che reclama la propriet� del bene pignorato (art. 619 c.p.c. 
e 207 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645), mentre il contribuente e tutti 
gli alt1�i coobbligati non possono proporre opposizione, che necessariamente 
sarebbe diretta a contestare la facultas agendi dell'esattore e 
si risolverebbe in un'opposizione all'esecuzione espressamente esclusa 
dall'art. 209 del citato t.u. Il terzo proprietario dell'immobile gravato 
dal privilegio speciale (nella spe.cie dell'art. 65 del t.u. 9 maggio 1950, 

n. 203), in quanto tenuto a subire l'esecuzione in virt� del titolo esecutivo, 
� da considerare un coobbligato che sarebbe legittimato a proporre 
l'opposizione all'esecuzione dell'art. 615 e non l'opposizione di 
terzo dell'art. 619 c.p.c.; egli pertanto contro gli atti esecutivi dell'esattore 
pu� agire soltanto con il ricorso all'Intendente di Finanza e successivamente 
con ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato o il 
ricorso straordinario (art. 208 del t.u., n. 645), ovvero pu� proporre in 
sede ordinm�ia contro l'esattore azione di risarcimento del danno soltanto 
dopo il compimento dell'esecuzione (1). 
(1) Massima di evidente esattezza che conferma un indirizzo consolidato; 
si veda in proposito Cass., 3 marzo 1966, n. 626, in questa ~assegna, 
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514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -I due ricorsi devono essere riuniti, perch� investono 
la medesima sentenza, ed � pregiudiziale, rispetto a tutte le altre questioni 
sollevate dalle parti, quella relativa alla giurisdizione del giudice 
ordinario relativam~nte alle prime due domande proposte dalla Soc. 
Immobiliare Arcangelo S. Michele (della terza non occorre occuparsi, 
perch� contro la pronuncia emessa al riguardo dal primo giudice non 
fu proposto appello). 

La questione di giurisdizione � stata sollevata dall'Amministrazione 
finanziaria solo in relazione alla prima domanda (con cui si chiedeva 
che fosse dichiarato illegittimo il provvedimento dell'Intendente 
di finanza), ma si pone, e va esaminata d'ufficio, anche in relazione 

; alla seconda domanda (con la quale si contestava che l'Esattoria potesse 
agire, per la ricossione dell'imposta dovuta dal Robbiani, nei confronti 
della Soc. Immobiliare Arcangelo S. Michele). Invero, il difetto di 
giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della Pubblica Amministrazione 
o di un giudice speciale � rilevabile, anche d'ufficio, in 
ogni stato e grado del processo, tranne che si sia formato il giudicato 
sulla giurisdizione, il che pu� verificarsi soltanto quando sul punto 
si sia avuta una decisione della Corte di cassazione (come nel caso �he 
sia stato pro.posto regolamento preventivo di giurisdizione), ovvero 
quando si sia formato il giudicato su una questione di merito, poich�, 
in tal caso, la pronuncia sul merito presuppone necessariamente che 
sia stata riconosciuta, almeno per implicito, la giurisdizione del giudice 
che l'ha emessa (v. Cass. n. 2768 del 1963, n. 615 del 1964, n. 2537 
del 1967). 
Nella specie non si verifica alcuna di tali ipotesi, poich� sul problema 
della giurisdizione non si � mai pronunciata questa Suprema 
Corte e la statuizione emessa dai giudici di merito sulla seaonda 
domanda non � ancora passata in giudicato, essendo stata impugnata 
dal ricorrente principale. N� rileva che si sia� formato il giudicato sulla 
pronuncia relativa alla terza domanda (ripetizione di indebito), poich� 
rispetto ad essa non si poneva alcun problema di giurisdizione, .trattandosi 
di una domanda � di ripetizione di indebito � proponibile, 
anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, davanti al giudice 
ordinario. 
Ci� premesso, occorre tener presenti, ai fini della risoluzione della 
questione di giurisdizione, le disposizioni degli artt. 208 e 209 del 
citato t.u. delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.p. 29 gennaio 
1958, n. 645. 

0 

1966, I, 427 con nota di G. ANqELINI RoTA. Le sentenze della C:orte Costituzionale 
indicate nel testo sono pubblicate nel Foro it., 1962, I, 1219 e 
1969, I, 261. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 515 

L'art. 208 stabilisce che contro gli atti esecutivi dell'Esattore possono 
ricorrere all'Intendente di finanza il contribuente, i coobbligati, 
il coniuge ed i parenti ed affini fino al terzo grado del contribuente 

o dei coobbligati, nonch�, quando il procedimento si svolga direttamente 
nei loro .confronti quali responsabili in proprio del pagamento 
dell'imposta, gli amministratori e i liquidatori dei soggetti tassabili in 
base a bilancio. Il ricorso non � ammesso nei casi in cui � esperibile 
l'opposizione prevista dall'art. 619 c.p.c. L'Intendente di finanza decide 
nel termine di 30 giorni dalla presentazione del ricorso, dopo aver 
sentito l'Ufficio delle imposte ed aver invitato l'Esattore a presentare 
le sue deduzioni entro 15 giorni. Pu� frattanto. sospendere gli atti 
esecutivi con provvedimento motivato. I provvedimenti dell'Intendente 
di finanza sono definitivi. Il termine per ricorrere in via straordinaria 
al Capo dello Stato � ridotto a 60 giorni. 
Il successivo art. 209 dispone che contro gli atti esecutivi dell'Esattore 
non sono ammesse le opposizioni regolate dagli artt. 615 
e 618 c.p.c. I soggetti indicati nel primo comma dell'art. 208 (il contribuente, 
i coobbligati, ecc.) che si ritengano lesi dall'esecuzione esattoriale, 
possono� agire in sede giudiziaria contro l'esattore, dopo il 
compimento dell'esecuzione stessa, ai soli fini del risarcimento dei danni. 

Nella specie � da ritenere -accertamento consentito a qliista 
Suprema Corte, poich� in materia di giurisdizione essa � anche giudice 
del fatto -che l'azione proposta davanti al Tribunale di Milano dalla 
Soc. Immobiliare Arcangelo S. Michele con la seconda domanda, alla 
quale era strumentalmente legata anche la prima, debba essere qualificata 
come opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c. 

� ben vero che l'attrice non si identifica con il soggetto indicato 
nei ruoli come debitore dell'imposta. Ci�, peraltro, non significa che 
la sua azione sia da qualificare come opposizione di terzo, ai sensi 
dell'art. 619 c.p.c. (opposizione, questa, proponibile davanti all'autorit� 
giudiziaria ordinaria anche contro l'esecuzione promossa dall'Esattore, 

v. art. 207 del citato t.u.). Invero fra i soggetti a cui � inibito, in base 
alle citate disposizioni del t.u. sulle imposte dirette, di proporre contro 
gli atti esecutivi dell'Esattore le opposizioni regolate dagli artt. 615 
a 618 c.p.c. sono compresi anche i coobbligati al pagamento dell'imposta, 
cio� tutti i soggetti comunque obbligati a soddisfare la pretesa 
dell'Esattore. 
Anche nel codice di procedura civile si parla, a proposito delle 
opposizioni di cui agli artt. 615-618, di � opposizioni del debitore e 
del terzo assoggettato all'esecuzione ., formula con cui si intende riferirsi, 
come � stato chiarito dalla dottrina e riconosciuto dalla giurisprudenza, 
a tutti coloro che siano tenuti a subire l'esecuzione in virt� 
del titolo esecutivo, e cio� il debitore, il terzo proprietario dei beni 
gravati da pegno o da ipoteca, il creditore di questi soggetti che agisca 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in via surrogatoria, ecc. Il terzo proprietario dei beni gravati da pegno 

o ipoteca � anch'egli soggetto passivo dell'espropriazione (v. art. 604 
c.p.c.) e, come tale, � legittimato a proporre l'opposizione all'esecuzione 
di cui all'art. 615, non l'opposizione di terzo di cui all'art. 619. 
Orbene, la posizione del terzo acquirente dell'immobile gravato 
dal privilegio speiale stabilito dall'art. 65 del t.u. 9 maggio 1950 in 
favore dello Stato, a garanzia del pagamento dell'imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio delle persone fisiche, � da equiparare 
a quella del terzo proprietario dell'immobile gravato da ipoteca, in 
quanto il detto privilegio costituisce (come � pacifico sia in dottrina 
che in giurisprudenza) un diritto reale di garanzia che consente al 
creditore, al pari della ipoteca, di perseguire l'immobile su cui grava 
anche se sia passato in propriet� di persona diversa dal debitore dell'imposta, 
L'analogia dei suoi caratteri con quelli dell'ipoteca � tale, 
che qualche-autore l'ha addirittura qualificato come ipoteca. 

Ne consegue che la Soc. Immobiliare Arcangelo S. Michele non 
aveva altro rimedip, contro l'esecuzione promossa nei suoi confronti 
dall'Esattore, che il ricorso all'intendente di finanza, ricorso che sostituisce, 
nelle esecuzioni esattoriali, le opposizioni previste dagli artt. 615 
e 618 c.p.c. E su questa strada essa si era, correttamente, avviata: 
m~invece di percorrerla fino in fondo, impugnando il provvedimento 
sfavorevole all'Intendente nei modi consentiti dall'ordinamento (ricorso 
al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale o ricorso straordinario 
al Capo dello Stato), ha ritenuto di poter trasferire le sue difese 
davanti all'Autorit� giudiziaria ordinaria, riproponendo, avanti a questa, 
le medesime ragioni che aveva fatto valere con il ricorso all'Intendente, 
e cio� sostenendo che non si potesse procedere nei suoi confronti, 
non essendo essa tenuta a pagare l'imposta sul patrimonio dovuta 
dal Robbiani, pur non contestando che il bene acquistato appartenesse, 
alla data del 29 marzo 1947, al debitore dell'imposta. 

Appare chiaro, da' ci�, che l'azione della Societ� era diretta a 
contestare la � facultas agendi � dell'Esattoria e ad ottenere una pronuncia 
destinata a ripercuotere immediatamente e direttamente i suoi 
effetti sull'azione esecutiva, oltrech� per una inevitabile conseguenzialit�, 
anche per un evidente rapporto di connnessione sostanziale: 
finalit�, questa, che caratterizza l'opposizione all'esecuzione ex articolo 
615 cod. proc. civ., come questa Suprema Corte ha gi� affermato 
in precedenti pronunce (tra le pi� recenti: sent. n. 626 del 
1966 e 543 del 1968). 

Cosi qualificata l'azione, risulta evidente il difetto di giurisdizione 
dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, non essendo proponibili, davanti 
ad essa, le opposizioni di cui agli artt. 615 e 618 cod. proc. civ.. 
contro gli atti esecutivi dell'Esattore. Una volta esperito, con esito 
negativo, il ricorso all'Intendente di finanza, . al soggetto passivo della 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 517 

esecuzione non resta che attendere il compimento dell'esecuzione e 
agire, poi, contro l'Esattore, ai soli fini del risarcimento dei danni, 
secondo il disposto del terzo comma del citato art. 209 t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645. Prima di quel momento, per la particolare natura 
del procedimento esecutivo esattoriale, egli non pu� considerarsi titolare 
di un diritto soggettivo perfetto, ma di un semplice interesse 
legittimo, non tutelabile dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria. 

Giova rilevare che le disposizioni sopra richiamate limitano, bensi, 
le possbilit� di difesa dell'esecutato, escludendo il ricorso al giudice 
ordinario nel corso dell'esecuzione e riconoscendo solo il diritto al 
risarcimento dei danni ad esecuzione compiuta; ma tali limitazioni 
sono state ritenute dalla Corte Costituzionale (sentt. n. 87 del 1962 
e n. 138 del 1968) costituzionalmente legittime. 

Stante il carattere pregiudiziale della questione di giurisdizione, 
tutte le altre questioni restano assorbite. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1304 -Pres. Pece Est. 
Berarducci -P. M. Raja (conf.) -Associazione Naz. Mutilati 
e Invalidi di Guerra (avv. Scandale) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Masi). 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Esenzione assoluta 


Inesistenza di obbligazione tributaria -Domanda di rimborso 


Non � soggetta a termini di decadenza o a forme particolari di 

procedimento. 

(t; u., 29 gennaio 1958, n. 645, art. 198). 

L'esenzione da ogni tributo disposta dalla legge a favore di un 
determinato soggetto impedisce che nei confronti di esso si proceda 
ad accertamento o si faccia luogo ad iscrizione a ruolo; se pertanto 
l'imposta viene pagata senza alcun titot� spetta all'Amministrazione 
riparare di ufficio l'errore, come dispone l'art. 198 del t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645, sicch� l'istanza che il contribuente possa a tal fine 
eventualmente presentare ha carattere di semplice sollecitazione e 
non � soggetta a termini di decadenza o a forme particolari di procedimento 
(1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo dedotto, la ricorrente, premesso 
che essa � esente da qualsiasi tributo in base all'art. 11 della 

(1) La S.C. ha ripetutamente affermato che la domanda di rimborso 
di imposta pagata senza titolo per l'inesistenza assoluta dell'obbligazione 
tributaria non � soggetta a termini di decadenza o di prescrizione speciale 

518 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA.DELLO STATO 
legge 25 marzo 1917, n. 481, si duole, che la Commissione centrale 
le abbia negato lo sgravio delle imposte indebitamente pagate, per 
la mancata presentazione del ricorso contro il ruolo. Secondo la 
ricorrente, trattandosi di indebito, non sarebbe stato necessario alcun 
ricorso, e questo punto non sareobe stato esaminato dalla Commissione, 
la quale non avrebbe risposto al quesito, se cio�, nel caso di 
indebito non contestato, il rimborso debba essere disposto dall'Ufficio, 
senza alcuna iniziativa da parte del contribuente, oppure se il contribuente 
debba presentare ugualmente ricorso contro il ruolo. A 
favore della sua tesi, quindi, la ricorrente richiama l'art. 198 del 
t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, secondo cui � quando sono state iscritte 
a ruolo somme non dovute, l'Ufficio ne di:spone lo sgravio, dandone 
avviso al contribuente �. 
Il motivo � fondato. 
La Commissione centrale ha basato la sua decisione sul principio 
secondo cui, nel caso di iscrizione a ruolo, sia pure di somme 
per tributi non dovuti, l'unico rimedio apprestato dalla legge, a 
favore del contribuente, � costituito dal ricorso contro il ruolo, che 
deve essere proposto nel termine di legge (che era di sei mesi dalla 
pubblicazione del ruolo, ai sensi degli articoli 115 e 116 del regola:
ip.ento 11 luglio 1907, n. 560, ed � di trenta giorni attualmente, per 
ma � regolata invece dalle norme comuni sull'indebito; � stato cos� ritenuto 
inapplicabile il termine di ;prescrizione quinquennale degli artt. 27 
~ 29 della I. 25 settembre 1940, n. 1424 per i diritti doganali (Cass., 25 
luglio 1961, n. 1802, in questa Rassegna, 1961, 101; 20 maggio 1966, n. 1298, 
Foro it., 1966, I, 1839) e il termine annuale dell'art. 47 della I. 19 giugno 
1940, n. 762 per l'IGE (29 gennaio 1963, n. 139, ivi, I, ,235; 20 ottobre 1962, 
n. 3051 in questa Rassegna, 1963, 86), come pure � stato affermato il diritto 
al rimborso dell'imposta pagata in base a norme di legge dichiarate costituzionalmente 
illegittime (19 :m.aggio 1964, n. 1224, Foro amm., 1964, I, 405). 
Riguaroo alle imposte dirette non sembra che possa trarsi valido argo-ii'. 
. mento dalla norma dell'art. 198 del t.u. n. 645 che disciplina genericamente :] 
lo sgravio dai ruoli di somme per qualsiasi causa non dovute; questa 
norma, regolando il procedimento di sgravio, non dispone nulla in senso 
�1 
IH 
sostanziale e sul modo e le forme in cui debba accertarsi, anche in altra 
sede, l'infondatezza della pretesa tributaria. Del resto l'art. 198 non d� ~ 
luogo ad un diritto soggettivo del contribuente ad ottenere una pronuncia 
dell'ufficio sullo sgravio; solo se il ricorso contro il ruolo sia promosso 
~~;i::r~:~~~f:J:~~~8~~~~~;i~~=:z~u~~~i!Ffe~:ci~::F~~~:!7i:g~:~~l'Ufficio, non nasce un dovere di provvedere (Comm. Centrale, 11 no,....,!
M 
f;l. 
1 
_�,�.,'��..,~.�,�,'_..=.,=,::���._i�=�-=.,�_'.=:�._ , 
vembre 1964, n. 71520, Imp. dir. erariali, 1966, 421; 19 novembre 1965, 
n. 79185, ivi, 1966, 464). � 
contenziosa non potrebbe 
quindi evidente che l'azione di indebito in via 
essere fondata sull'art.� 198; � pertanto su un 
' � 
~:,::i: 

~~~~~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 519 

effetto dell'art. 188 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette approv. 
con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645). 

Ma in contrario, deve osservarsi che detto principio non � applicabile 
nella ipotesi di soggetti esenti, 'Per espressa disposizione di 
legge, come l'attuale ricorrente da ogni specie di tributo. Gi� altra 
volta, invero, questo Supremo Collegio (vedi sent. n. 130 del 1948) 
ha affermato il principio -che oggi va ribadito, non sussistendo 
va1idi argomenti che possano fare mutare avviso -secondo cui la 
esenzione da ogni tributo disposta dalla legge a favore di un soggetto 
specificamente designato, osta, in modo assoluto e perentorio, a che 
nei confronti di tale soggetto si proceda ad accertamenti di imposta 
e si faccia luogo ad iscrizione a ruolo; con la conseguenza che se una 
tale iscrizione si verifichi e l'imposta venga riscossa, l'errore deve 
essere riparato di ufficio dalla stessa Amministrazione finanziaria sulla 
semplice constatazione della qualit� del soggetto, senza che sia necessaria 
l'istanza della parte per lo sgravio e il rimborso, di talch� se 
una istanza in. proposito venisse fatta, essa non avrebbe che il valore 
di semplice notizia o sollecitatoria e non di un reclamo soggetto a 
termine, sotto sanzione di inammissibilit�. 

Alla stregua di tale principio, pertanto, la Commissione centrale 
ha errato nel ritenere, nel caso di specie, che ai fini della sussi


principio generale, piuttosto che sulla norma �specifica che pu� ammettersi 
la ripetibilit� de1l'addebito delle imposte dirette. 

La proponibilit� dell'azione ordinaria di indebito, al di fuori dei normali 
mezzi di impugnazione, non � per� esente da limitazioni. Innanzi 
tutto restarto salve le norme particolari che stabiliscono. decadenze o prescrizioni 
brevi o modi particolari di procedimento per ogni azione di 
rimborso e quindi anche per quella di indebito fondata sull'inesistenza 
assoluta dell'obbligazione tributaria, come ad esempio la prescrizione triennale 
per le imposte di registro e di successione. Dovrebbe inoltre escludersi 
l'azione ordinaria di indebito quando un'impugnazione, nei modi normali 
previsti dalla legge, sia stata vail.idamente introdotta e non abbia avuto 
buon fine per sopravvenute decadenze. 

Riguardo alla delimitazione del concetto di indebito (inesistenza dell'obbligazione 
tributaria), senza dimenticare che in definitiva il principio 
della ripetitivit� fa capo all'art. 23 Cost., dovrebbe adottarsi una nozione 
restrittiva, definibile con il difetto assoluto di tPotere di imposizione sia 
in senso generale sia verso determinati soggetti; in questo concetto non 
pu� rientrare ogni controversia sul concreto esercizio del potere di imposizione. 
Ci� non vale per� riguardo all'IGE, essendosi ritenuto, con la 
interpretazione letterale della norma, che le limitazioni temporali fissate 
nell'art. 47 della legge istitutiva sono riferibili soltanto alle domande 
amministrative e che in conseguenza in sede giurisdizionale non esistono 
limitazioni alla domanda di rimborso di imposta � erroneamente � corrisposta, 
oltre quella della prescrizione ordinaria decennale. 

11 



520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stenza del diritto dell'Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di 
Guerra di ottenere il rimborso delle somme indebitamente pagate, 
fosse necessario il ricorso avverso i ruoli, e, quindi, nel qualificare 
come tale -e, conseguentemente, fuori termine -la domanda 
presentata da detta Associazione, all'Ufficio, in data 7 maggio 1962. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 aprile 1969, n. 1346 -Pres. Favara 
-Est. Falletti -P. M. Pascalino (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Agr�) c. Comune di Fano. 

Imposta di ricchezza mobile -Presupposto del tributo -Reddito mobiliare 
netto -Avanzi annuali di gestione -Mercati ittici comunali -
Intassabilit�. 

(1. 12 luglio 1938, n. 1487, art. 10, 11, 13 e 14; t. u., 29 gennaio 1958, n. 645, 
art. 3 e 4). 
Presupposto deU'imposta di ricchezza mobile � un reddito mobiliare 
netto, cio� l'incremento che si verifica nel pabrimonio di un 
soggetto in conseguenza di un introito depurato delLe spese di produzione. 
Ne de1�iva l'intassabilit� del reddito quando per determinazione 
legislativa vi sia coincidenza necessaria tra il provento di una data 
attivit� e le spese occorrenti per il suo esercizio, dovendosi presumere 
in modo assoluto che le eventuali eccedenze, verificatesi in un esercizio, 
degli introiti rispetto alle spese siano riassorbite negli esercizi 
futuri o destinate agli ammortamenti, come dispone per i mercati ittici 
comunali la l. 12 lugiio 1938 n. 1487. N� trova applicazione nel caso 
il principo della autonomia dei singoli periodi di imposta stabilito 
negli artt. 3 e 4 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, che presuppone la 
tassabilit� del reddito nella specie esclusa in radice (1). 

(Omissis). -La ricorrente, denunciando con unico mezzo la violazione 
degli artt. 3 e 8 del t.u. 24 agosto 1877 n. 4021; la violazione e 
falsa applicazione dei principi e, particolarmente, degli artt. 10, 11, 
13, 14 della legge 12 luglio 1938, n. 1487; l'omessa e contraddittoria 

(1) In senso del tutto conforme si � pronunciata la S.C. con le sentenze 
26 aprile 1969, n. 1345 e 24 aprile_ 1969, n. 1310. 
Viene ulteriormente ribadito il principio gi� affermato con la sentenza 
27 ottobre 1965, n. 2272 (in questa Rassegna, 1965, I, 1285) per i mercati 
ittici comunali e 28 maggio 1966, n. 1397 (ivi, 1966, I, 1082) iper gli enti 
comunali di consumo ed esteso recentemente ad una particolare attivit� 
del Servizio per i contributi agricoli unificati con la sent. 3 febbraio 1969, 

n. 312 (retro, 1969, 109). L'orientamento pu� dirsi o:rmai consolidato. Restano 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA ']}RIBUTARIA 521 

motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 
e 5 c.p.c.), sostiene: 

a) che gli avanzi annuali della gestione comunale del mercato 
ittico devono ritenersi soggetti ad imposta perch� costituiscono un 
incremento di ricchezza derivante dall'impiego di capitale e da prestazione 
di attivit�, sono formati da somme di denaro, sono riferibili a 
un soggetto e ad un periodo determinato, mentre � irrilevante che 
l'azienda costituita per la gestione del mercato, avente senza dubbio 
carattere commerciale, non persegua un fine di lucro; 

b) che le norme disciplinanti la materia e in particolare l'articolo 
13 della legge 1938 n. 1487, il quale solo occasionalmente e 
per politica dei prezzi stabiliva che i proventi dovessero commisurarsi 
alle spese, non vietano in modo assoluto .gli avanzi di gestione, 
n� impongono il loro reimpiego al fine di ridurre i diritti da riscuotere 
per i servizi di mercato: e infatti il regolamento del mercato ittico 
di Fano, debitamente approvato, prevede la devoluzione degli avanzi 
di gestione alla Cooperativa fra marinai e pescatori di Fano; 

c) che nella specie un incremento di ricchezza si � positivamente 
realizzato: esso � giuridicamente lecito, ma se pur tale non fosse, 
sarebbe nondimeno tassabile; 

d) che non � accoglibile l'affermazione della sentenza impugnata, 
secondo cui un avanzo di gestione potrebbe soltanto verificarsi 
quando venga definitivamente a cessare la gestione del mercato, perch� 
ogni reddito deve essere tassato con riferimento all'anno di 
produzione e al termine di ciascun periodo d'imposta, e perch�, data 
l'autonomia di ciascun bilancio. � irrilevante il successivo impiego 
del reddito. 

Il ricorso non � fondato. Come gi� questa Corte ha ritenuto nel 
giudizio di altre, identiche o consimili, fattispecie (Cass. 1965, n. 2272; 
1966, n. 1397), presupposto del tributo in oggetto � un reddito mobiliare 
netto, cio� l'incremento che si verifica nel patrimonio di una 
persona in conseguenza di un introito depurato dalle spese di produzione. 
Ne deriva che la possibilit� di applicare l'imposta � esclusa 
quando, per determinazione legislativa, vi sia co.incidenza necessaria 

valide ;per� le riserve espresse nelle note critiche alle menzionate sentenze 
ed in particolare non convince la presunzione iuris et de iure di riassorbimento 
degli utili dall'uno all'altro esercizio giustificata dal solo fatto 
che la norma che regola l'attivit� dell'ente non prevede che possano verificarsi 
dei profitti. Se risulta in fatto che, sia pur discostandosi pi� o meno 
legittimamente dal fine istituzionale, l'ente non ha riassorbito gli utili e 
li ha invece destinati ad un determinato impiego, non potrebbe mettersi 
in dubbio la tassabilit� del reddito prodotto. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tra il provento di una data attivit� e le spese occorrenti al suo 
esercizio. 

Tali appunto, con riguardo alla gestione del mercato ittico assunta 
dal Comune di Fano a norma della legge 1938, n. 1487, sono i proventi, 
o meglio gli avanzi contabili, emersi dal bilancio dell'anno 1964. 
L'art. 10 della legge dispone infatti che per sopperire alle spese dei 
servizi di mercato pu� essere imposto il pagamento di un diritto di 
mercato, previamente determinato nel suo massimo; e l'art. 11 aggiunge 
che tale diritto pu� essere elevato dell'l % a favore dei comuni 
che debbono provvedere alla costruzione, od alla trasformazione dell'edificio 
e degli impianti del mercato, ma limitatamente al periodo 
necessario per l'ammortamento delle spese stesse, secondo un piano 
da sottoporsi al parere di una speciale commissione. Infine, cosi prescrive 
l'art. 13, � i proventi che a norma della presente legge derivano 
ai comuni dai mercati del pesce debbono da essi essere esclusivamente 
commisurati a sostenere le spese del mercato ed, ove sia del caso, 
all'ammortamento dei relativi impianti; a tal fine la gestione amministrativa 
del mercato :far� in ogni caso oggetto di una propria 
contabilit� �. 

Queste norme stabiliscono dunque chiaramente che i proventi 
della gestione comunale del mercato devono corrispondere esattamente 
alle spese correlative, e che la gestione deve formare oggetto di una 
separata contabilit� proprio per assicurare codesta coincidenza e impedire 
che si verifichi confusione con le altre entrate dell'ente. � vero 
che l'importo dei diirtti di mercato, dovendone la quota essere fissata 
preventivamente entro i limiti massimi consentiti dalla legge, non 
pu� che calcolarsi in misura presuntiva, e che neppure � possibile 
prevedere con assoluta precisione a quanto in concreto siano :per 
ammontare le spese di gestione. Pu� quindi accadere ed � anzi normale 
che accada, per opportuna cautela, che alla fine dell'esercizio 
finanziario si verifichi un'eccedenza dei proventi rispetto alle spese. 
Ma quale sia, ai fini tributari, la natura di tali eccedenze � un problema 
di cui ancora l'art. 13 sopra trascritto sancisce la soluzione, 
disponendo che i proventi debbano � essere esclusivamente commisurati 
a sostenere le spese del mercato ed, ove sia del caso, all'ammortamnto 
dei relativi impianti �. Quindi, tutto ci� che venisse percepito 
in pi�, durante un certo esercizio, oltre le spese e le quote 
dell'eventuale ammortamento, deve ancora ed esclusivamente ricevere 
il medesimo impiego, affinch� rientri sempre e sia destinato a coprire 
le spese dell'esercizio futuro. Esiste dunque un vincolo legale che 
vieta di riconoscere a tale eccedenza, siccome destinata esclusivamente 
alla copertura delle spese, la natura di un reddito mobiliare. 

Vano � altresi richiamare il principio che postula l'autonomia del 
periodo d'imposta, secondo gli artt. 3 e 4 del t.u. 29 gennaio 1958, 

--~ 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 523 

n. 645. Tali norme, assoggettando ad imposta il reddito sol che esso 
sia venuto ad esistenza con riferimento a un determinato periodo, 
senza riguardo all'eventualit� che in un periodo successivo una perdita 
possa riassorbirlo, muovono invero da un presupposto che nella specie 
difetta, poich� l'art. 13 pi� volte citato esclude appunto che le 
eccedenze della gestione comunale del mercato ittico possano assumere 
la natura di reddito, in senso sia giuridico sia economico. 
Uugualmente erroneo � l'argomento che si vuol desumere dall'art. 
70 del regolamento emanato il 24 febbraio 1939 dal Comune di 
Fano per la disciplina del mercato ittico, il� quale stabilisce eh.e gli 
eventuali avanzi che dovessero verific.arsi alla fine della gestione saranno 
devoluti alla Cooperativa fra marinai e pescatori di Fano. 
Invero, come la sentenza impugnata ha perspicuamente osservato, la 
fine della gestione ivi prevista non si identifica, mancando alcun 
riferimento in tal �senso, con la scadenza del periodo annuale, ma 
deve intendersi, secondo il significato proprio delle parole usate, 
come la cessazione definitiva della gestione da parte del comune: 
l'unico momento in cui, non essendo pi� possibile destinare l'avanzo 
eventuale dell'ultima gestione alle spese future, l'avanzo stesso costituir� 
finalmente un utile netto e quindi un reddito. 

Neppure vale il richiamo all'art. 14 della legge 1938, n. 1487, 
che consente la cessione di alcuni servizi generali di mercato a privati 
gestori, e prevede quindi la possibilit� di eccedenze contabili 
costituenti un vero reddito (perch� un privato potrebbe avere interesse 
alla gestione soltanto se questa gli consenta un utile). La possibilit� 
di un reddito, nei casi e nei limiti circoscritti di tali cessioni, 
non infirma il principio affermato, che concerne unicamente la gestione 
tenuta dai comuni e la sua specifica disciplina, come sancita dagli 
artt. 10, 11 e 13 della legge, le cui disposizioni hanno appunto per 
destinatari esclusivi i comuni. E nei confronti dei comuni anche gli 
utili che i privati cessionari ricavino dalla gestione di determinati servizi 
di mercato costituiscono voci di spesa o come tali rientrano quindi 
a bilanciare i proventi che possono essere percepiti dai comuni a 
norma dell'art. 13 e che, secondo la medesima norma, devono essere 
esclusivamente commisurati a sostenere le spese di mercato. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1375 -Pres. 
Scarpello -Est. D'Armiento -P. M. I. Tavolaro (conf.) -Archilli 
(avv. Landolfi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salvatori). 

Imposte e tasse in genere -Violazione delle leggi finanziarie e valutarie 
-Procedimento -I.G.E. -Ricorso per revocazione contro i 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

524 


decreto ministeriale -Natura -Sospensione dei termini per l'impugnazione 
ordinaria -Esclusione -Atto confermativo -Impugnazione 
-Esclusione. 

(1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 58; 1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 52; reg., 22 
maggio 1910, n. 316, art. 7). 
n termine dell'art. 52 della legge 19 giugno 1940 n. 762 per impugnare 
in s�de ordinaria il decreto del Ministro delle Finanze non 
resta sospeso per la proposizione del ricorso per revocazione, ex articolo 
7 reg. 22 maggio 1910, n. 316, contro lo stesso decreto, ricorso 
da definire come istanza diretta ad eccitare il potere di revoca e non 
come mezzo straordinario di impugnazione; non � comunque impugnabile 
il decreto ministeriale pronunciato sul ricorso per revocazione 
che abbia sostanzialmente conferma,to il precedente decreto (1). 

(Omissis). -Con i primi due mezzi il ricorrente denunzia la 
violazione degli artt. 52 legge istitutiva della imposta generale sull'entrata 
(19 giugno 1940, n. 762), reg. 22 maggio 1910, n. 316, 
legge 20 marzo 1865, all. E, 113 Costituzione e dei principi di diritto 
in materia di revocazione, sostenendo che d�lla possibilit� d'impugnare 
per errore di fatto la decisione del Ministro, discende che il contribuente 
� titolare di un diritto soggettivo, vuoi ad ottenere una pronunzia 
del Ministro sul ricorso proposto, vuoi ad impugnare, poi, 
davanti al magistrato ordinario il provvedimento adottato dal Ministro, 
nonostante che un'azione del genere non sia espressamente prevista 
dall'art. 52 della legge sull'l.G.E. -Comunque, anche a ritenere 
non configurabile il diirtto soggettivo ora detto, potrebbe parlarsi 
di inammissibilit� del ricorso al magistrato ordinario solo se 

(1) La sent. 28 ottobre 1959, n. 3157, citata nel testo, � pubblicata in 
Riv. leg. fisc., 1960, 493. La dottrina � concorde nel ritenere che il ricorso 
per revocazione disciplinato dagli artt. 6 e 7 del reg. 22 maggio 1910, 
n. 316, � oggi ammissibile soltanto 1Per alcune imposte (bollo, concessioni 
governative, assicurazioni) e limitatamente alle controversie non aventi 
carattere di illecito, mentre � sempre escluso per le violazioni punibili 
con la pena pecuniaria (CARBONE e ToMASICCHIO, Le sanzioni fiscali, Torino, 
1959, 217;. SPINELLI, La repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, 
Milano, 1954, 321, nonch� pi� specificamente DE FRANCISCI, nota a trib. 
Lecce, 3 dicembre 1958, in questa Rassegna, 1959, 79). 
In materia di IGE, contro l'ordinanza intendentizia e il decreto ministeriale 
che applicano la pena pecuniaria, non pu� quindi darsi ricorso 
per revocazione, sicch� l'istanza che venisse avanzata non pu� avere che 
carattere grazioso. 

Bisogna aggiungere che il ricorso per revocazione, nei casi in cui � 
ammesso, non produce l'effetto dell'art. 398, ultimo comma c.p.c., essendo 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTA~IA 525 

il Ministro non adottasse alcun provvedimento sul ricorso e si limitasse 
a confermare quello impugnato in revocazione: nella specie, invece, 
si � avuta revoca del decreto del 1951 e sostituzione con altro 
radicalmente diverso, cosicch� solo dal secondo decreto pu� farsi 
decorrere il termine per l'impugnativa davanti al giudice ordinario. 

Con il terzo motivo il ricorrente, sviluppando ancora pi� il concetto 
informativo della censura precedente, sostiene che erroneamente 
la sentenza impugnata ha ritenuto che il decreto del 1959 ha carattere 
confermativo per quanto attiene alla prima contestazione e modificativo 
per la seconda; e che perci� � insuscettibile di autonomo ricorso 
relativamente alla parte confermativa (che restava in contestazione 
dinanzi al giudice�ordinario). Il decreto del 1959 -argomenta -ha 
espressamente revocato quello precedente; inoltre non pu� riconoscersi 
carattere confermativo ad un atto che abbia modificato, sia pure soltanto 
in ,parte, un atto precedente (ipotesi di specie). 

Il ricorso � infondato, avendo la sentenza denunziata bene imposta:
ta ed esattamente risolta la questione che si ripropone all'esame 
di questo Supremo Collegio. 

Ed invero, come queste Sezioni Unite gi� ebbero ad osservare 
con la sentenza 28 ottobre 1959 n. 3157, ancorch� si voglia riconoscere 
la possibilit� di un ricorso per revocazione contro il decreto del Ministro 
delle finanze confermativo dell'ordinanza dell'Intendente, non 
sembra tuttavia che tale ric�rso possa configurarsi come un ulteriore 
mezzo, sia pure straordinario, di rimedio amministrativo, ma piuttosto 
come un'istanza diretta ad eccitare il potere di revoca della :pubblica 
amministrazione, senza pertanto che possa a riguardo concepirsi un 
diritto subiettivo del contribuente, e senza che possa a tale istanza riconoscersi 
alcuna incidenza sul carattere di definitivit� che inerisce al 
decreto ministeriale, giusta l'esplicito disposto dell'art. 58 della legge 
7 gennaio 1929 n. 4 (e Il decreto con cui il Ministro delle finanze 

un rimedio alternativo con l'impugnazione ordinaria (BRoccoL1, Uordinanza 
dell'Intendente e ir ricorso in revocazione, Riv. dir. fin. e Se. Finanze, 
1953, I, 172); infatti la revocazione � proponibile nel termine di sessanta 
giorni per l'ordinanza dell'Intendente e di novanta giorni per il decreto 
ministeriale, mentre i termini per il ricorso gerarchico e l'azione ordinaria, 
con il decorso dei quali il provvedimento diventa inoppugnabile, so:ao pi� 
brevi (rispettivamente trenta e sessanta giorni). 

Non � dubbio che non sia soggetto ad impugnazione l'atto confermativo 
(tale � l'atto che riaffermando l'evasione dell'imposta riduce la pena 
pecuniaria) di un precedente atto non impugnato; ma bisogna ancora aggiungere 
che non � c01111unque impugnabile con l'azione ordinaria dell'art. 
52 della legge istitutiva dell'lGE il provvedimento ministeriale, anche 
se non confermativo, emesso su istanza graziosa che modifica a vantaggio 
del contr~buente un precedente decreto non impugnato. 


-


526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

provvede sul ricorso � definitivo e contro di esso non � ammesso alcun 

gravame>). 

Tale carattere di definitivit� � peraltro ribadito dall'art. 52 legge 

19 giugno 1940, n. 762, sull'imposta generale sull'entrata, il quale 

dispone che �contro l'ordinanza definitiva dell'Intendente di finanza 

e contro il decreto del Ministro delle finanze emesso a norma del


l'art. 58 dt:llla stessa legge (7 gennaio 1929, n. 4) � consentito gra


vame dinanzi all'autorit� giudiziaria in sede civile. Il cdetto gravame 

dev'essere proposto nel termine di sessanta giorni dalla notificazione 

della stessa ordinanza o decreto �. 

Pertanto l'Archilli avrebbe dovuto proporre la domanda giudi


ziale di cui oggi si discute entro sessanta giorni dalla notifica del primo 

decreto ministeriale (quello del 1951) e non attendere l'esito del 

ricorso contro detto provvedimento. 

Per sfuggire all'incorsa decadenza il ricorrente sostiene che il secondo 
decreto ministeriale (quello del 1959 emesso in sede d'impugnativa 
� per errore di fatto o di calcolo � ai sensi del 2� comma dell'art. 7 
reg. 22 maggio 1910, n. 316) contiene sostanzialmente la revoca del 
primo; ragione per cui, anche sotto tale profilo, deve sostituirsi a 
tutti gli effetti al primo. Ma anche questa tesi non pu� essere approvata, 
proprio per i motivi che si leggono nella sentenza impugnata. 

Dagli atti processuali risulta, infatti, che il secondo decreto � 
pienamente confermativo del primo per quanto attiene a ci� che forma 
oggetto della domanda giudiziale proposta dall'Archilli, avendo confermato 
che dall'Archilli fu evasa la imposta IGE sulle �somme 
introitate a cauzione delle tele non restituite �. 

Conseguentemente l'Archilli bene avrebbe potuto proporre contro 
il primo decreto la impugnativa giudiziale che ha poi proposta contro 
il secondo, e manca quindi ogni ragione per riconoscersi al decreto 
dell'll novembre 1959 un qualsiasi effetto in punto di proponibilit� 
dell'azione giudiziaria, una volta che detto decreto -� opportuno 
ripeterlo -non ha fatto altro che confermare per la parte che interessa 
e viene in contestazione il decreto 7 luglio 1951, dalla cui 
notifica decorre l'unico termine di sessanta giorni previsto dalla legge 
(art. 52 della legge sull'imposta sull'entrata gi� richiamato). 

Non vi ha dubbio, infatti, che ogni qualvolta un successivo provvedimento 
ne confermi uno precedente, nei cui confronti il termine 
di gravame sia interamente decorso, � preclusa ogni possibilit� di 
ricorrere contro il .provvedimento confermativo; sul quale principio, 
peraltro, � superfluo indugiare, perch� concorda anche il ricorrente 
(che si limita a contestare che il secondo decreto sia confermativo 
del primo). 

Pu� pertanto concludersi che contro il decreto del Ministro delle 
finanze emesso in materia d'infrazione alla legge sull'imposta entrata 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 527 

� consentita l'impugnativa davanti al giudice ordinario nel termine 
di sessanta giorni dalla notifica del decreto stesso all'interessato (articolo 
52 1. 19 giugno 1940, n. 762); tale termine non soffre eccezione 
nel caso sia stata proposta allo stesso Ministro impugnativa per errore 
di fatto o di calcolo, ai sensi del 2� comma dell'art. 7 reg. 22 maggio 
1910, n. 316, e sia, su tale impugnativa, emesso altro decreto 
sostanzialmente confermativo del primo per la parte che forma oggetto 
della domanda giudiziale. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1581 -Pres. Pece Est. 
Falletti -P. M. Di Maio (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Carafa) c. Barbaria (avv. Carboni Corner). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione 
fiscale -Natura -Opposizione -Posizione processuale delle 
parti. 

(t.u. 14 aprile 1910, n. 639). 
Imposta di registro -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non 
di lusso -Diniego -Successiva pretesa di sovravvenuta decadenza 
-Deducibilit� nel corso del giudizio -Condizione e limiti -Onere 
della prova. 

(t.u. 14 aprile 1910, n. 639; c.p.c. art. 36; 1. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 18 e 20). 
L'ingiunzione fiscale � l'atto formale amministrativo di un procedimento 
monitorio sui generis nel quale l'opposizione dell'intimato 
sic.come rivolta a far dichiarare l'illegittimit� dell'atto, costituisce la 
domanda giudiziale che apre un ordinario processo di cognizione nel 
quale l'opponente assume la veste di attore e ta Finanza quella di 
convenuta, sicch� spetta all'opponente l'onere di provare i fatti dai 
quali risuiti l'asserita illegittimit�. Ma la contestazione di illegittimit� 
inerisce alle circostanze del rapporto tributario come dedotto nell'ingiunzione 
impugnata, secondo i presupposti e le ragioni della pretesa 
in essa contenuta (1). 

(1-3) Note sull'azione riconvenzionale della finanza nel giudizio di opposizione 
all'ingiunzione fiscale. 

Sono ormai numerose le pronunce sulla natura del procedimento monitorio 
fiscale e del giudizio di Ol)posizione relativo: Cass. 10 gennaio 1966, 

n. 178, in questa Rassegna, 1966, I, 458; 12 novembre 1965, n. 2356, ivi, 
1965, I, 1196 con annotazione di L. MAZZELLA; 16 luglio 1965, n. 1574, 

528 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Qualora l'agevolazione dell'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408 
sui mutui stipulati per la costruzione di case di abitazione non di lusso 
sia stata esclusa perch� il mutuo risultava pattuito dopo l'inizio della 
costruzione e sia stato per tale contestazione instaurato un giudizio 
innanzi all'A.G.O., la Finanza non pu� nel corso avanzato di esso eccepire 
la sopravvenuta decadenza ex art. 20 perch� non risulta dimostrato 
l'effettivo impiego della somma mutuata nella costruzione, in 
quanto tale nuova pretesa, completamente diversa da quella originaria, 
si fonda su un fatto concreto la cui prova � a carico della Finanza (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1585 -Pres. Favara 
-Est. D'Armiento -P. M. Pedote (conf.). -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Carafa) c. Soc. Tecnoedile (avv. Vitali). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione 
fiscale -Natura -Opposizione -Posizione processuale delle 
parti -Azione riconvenzionale della Finanza -Condizioni e limiti. 

(t.u. 14 aprile 1910, n. 639: c.p.c. artt. 36 e 167). 
Nel procedimento monitorio fiscale l'ingiunzione cumula le caratteristiche 
del titolo esecutivo e del precetto di guisa che l'opposizione 
del debitore costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario 

ivi, 1965, I, 712; 9 ottobre 1967, n. 339, ivi, 1968, I, 90 con nota di P. D1 
TARZIA; 30 marzo 1968, n. 375, ivi, 1968, I, 261; 3 luglio 1968, n. 2214, ivi, 
1968, I, 783; 24 luglio 1968, n. 2673, ivi, 1969, I, 268 nonch� 17 maggio 
1969, n. 1692. 

La prima delle sentenze oggi in rassegna ha trattato un aspetto nuovo 
della questione: quando la Finanza sostenga la decadenza dall'agevolazione, 
ex art. 20 della legge 2 luglio 1949, n. 408, verificatasi successivamente 
alla registrazione, e sostituisca questo titolo della pretesa tributaria 
a ,quello originariamente vantato, deve dare la 1prova del fatto sopravvenuto 
determinante della decadenza e quindi n-0n pu� limitarsi a dedurre 
un nuovo fondamento della pretesa (mantenendo la posizione di chi resiste 
alla domanda che l'attore deve dimostrare) ma deve invece proporre e 
provare una sua autonoma domanda in via riconvenzionale. 

Il caso presenta un notevol61 interesse sul punto dell'onere della prova 
e della posizione processuale della Finanza convenuta nel giudizio di opposizione 
contro l'ingiunzione fiscale ed offre l'occasione per approfondire 
la questione della necessit� (e ad un tempo dell'ammissibilit�) della domanda 
riconvenzionale della finanza. 

Molte delle -sentenze richiamate pi� sopra hanno affermato che la 
Finanza, quale convenuta, pu� dedurre un diverso titolo a fondamento 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 529 

processo cognitivo diretto a contestare il diritto ait'esecuzione e ad 
ottenere un accertamento negativo a favore del debitore che viene ad 
assumere vera e propria veste di attore. Conseguentemente grava 
sull'opponente l'onere di contestare il diritto della Finanza all'esecuzione; 
ma la Finanza, assumendo la veste di convenuta, pu� opporre 
le eccezioni di diritto e di merito e pu� altresi proporre domanda 
riconvenzionale nei limiti in cui detta domanda � ammissibile, cio� 
con la comparsa di risposta come dispone l'art. 167 c.p.c. (3). 

I 

(Omissis). -La ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione 
dei principi concernenti il procedimento monitorio fiscale 

(t.u. 14 aprile 1910, n. 639), degli artt. 144 segg. r.d. 30 dicembre 1923, 
n. 3269, dell'art. 18 legge 2 luglio 1949, n. 408, dell'art. 36 c.p.c;; 
denunciando inoltre violazione di legge e difetto di motivazione sul 
punto riguardante l'onere della prova (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), lamenta 
che la Corte d'appello non abbia considerato n� la natura e 
l'oggetto della controversia n� la posizione corrispettiva delle parti: 
poich� la domanda era costituita dall'opposizione del contribuente e 
l'amministrazione poteva proporre domanda riconvenzionale e nuove 
ec.cezioni, il giudice doveva esaminare il rapporto nell'interezza delle 
dell'imposta o modificare le ragioni precedentemente fatte valere propo


nendo anche azione riconvenzionale, ma non si sono preoccupate di pre


cisare se e quando sia necessaria una domanda riconvenzionale, da pro


porre nei modi e nei termini rituali, per dare alla pretesa tributaria una 

impostazione diversa. Pi� acutamente la sent. 2673/68 ha chiarito che l'al


legazione di una diversa ragione a fondamento dell'imposta si concreta in 

una semplice eccezione difensiva, che non comporta n� sostituzione del 

titolo n� mutamento della causa petendi, e che come tale � sempre p'ro


ponibile dal convenuto. 

In via generale, e salvo particolari situazioni, questa affermazione � 
indubbiamente esatta perch� rispetto ad una determinata pretesa tributaria, 
manifestata in forma per 'lo pi� assai succinta, lo svolgere le ragioni 
giuridiche che la sostengono, che possono anche essere molteplici o alternative, 
� argomento delle difese, anche conclusionali. Va aggiunto che 
non � nemmeno praticamente possibile verificare in concreto se ed in 
quali limiti vi sia una innovazione del titolo rispetto a quello dedotto 
nell'ingiunzione opposta, perch� coine � costantemente affermato in giurisprudenza 
(v. sent. 2214/68 e precedenti ivi richiamati), l'ingiunzione 
pu� contenere anche una sommarissima indicazione della pretesa motivata 
anche col semplice riferimento all'atto tassato. Si deve quindi escludere 
'che la finanza abbia l'on�re di proporre azione riconvenzionale per ampliare, 
modificare o anche sostituire le ragioni a sostegno della pretesa 

che resta la medesim,a. 


530 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sue circostanze e verificare il fondamento della pretesa tributarla 
secondo tutti i motivi esposti, senza escludere quelli eventualmente 
non compresi nel titolo anteriore dell'ingiunzione. 

Queste censure non sono fondate. L'ingiunzione fiscale, disciplinata 
dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639, � bensi l'atto formale, amministrativo, 
di un procedimento monitorio sui generis, istituito per la pronta riscossione 
delle entrate patrimoniali dello Stato; ed � pur vero che l'opposizione 
dell'intimato, siccome rivolta a far dichiarare l'illegittimit� 
di quell'atto, costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario 
processo di cognizione, nel quale l'opponente assume la veste di attore 
e la pubblica amministrazione la veste di convenuta, cosicch� spetta 
all'opponente l'onere di provare i fatti dai quali risulti fondata l'asserita 
illegittimit�. Ma la contestazione di illegittimit� inerisce appunto 
e obiettivamente si adegua alle circostanze �del rapporto tributario 
come dedotto nell'ingiunzione impugnata, secondo i presupposti e le 
ragioni della pretesa in essa contenuta. Nella specie, il mutuo contratto 
dal Barbaria con la Cassa di risparmio per la costruzione di una casa 
era stato ammesso a scontare l'imposta ipotecaria in misura ridotta, 
secondo l'agevolazione concessa dall'art. 18 della legge 2 luglio 1949, 

n. 408. Ma poi l'ufficio intim� al Barbaria di pagare la maggior imposta, 
perch� il mutuo risultava ottenuto dopo l'inizio della costruzione. 
Proposta l'opposizione e riconosciuta l'infondatezza dell'argomento, 
l'amtninistrazione ulteriormente eccepi che il Barbaria non 
aveva provato l'effettivo impiego del mutuo nella costruzione, inno-
Nel procedime:ato di opposizione ad ingiunzione fiscale l'azione riconvenzionale 
non si differenzia da quella del procedimento ordinario. � noto 
che l'azione riconvenzionale, che pu� formare oggetto di un autonomo 
giudizio, � indipendente dalla domanda di rigetto dell'azione principale e 
come tale pu� sopravvivere alla rinuncia, alla decadenza, oltre che alla 
reiezione, della domanda dell'attore, in quanto diretta non (o non soltanto) 
a neutralizzare la domanda principale, sia pure con eccezioni ri-, 
convenzionali o accertamenti incidentali che ampliano il tema della controversia, 
ma sopratutto a chiedere provvedimenti positivi a favore del 
convenuto a tutela di un suo diritto, ad ottenere cio� una condanna dell'attore 
come convenuto. In sostanza l'azione riconvenzionale, non costituendo 
un mezzo di difesa del convenuto, contiene tutti gli elementi, soggettivi 
ed oggettivi propri dell'azione in genere (CHIOVENDA, Istituzioni di 
diritto processuale civile, Napoli 1953, 307; SATTA.. Commentario al codice 
di procedura civile, Milano 1959, I, sub art. 36 n. 2; M. DINI, La domanda 
riconvenzionale, Milano 1964, 86 e segg.; In. v. Riconvenzione, in Nuovissima 
digesto itaNano, voi. XV, 966). _ 

Deve perci� ritenersi che non rientra nel concetto di azione riconvenzionale 
cosi intesa la deduzione della Finanza convenuta in giudizio 
che, senza chiedere alcun provvedimento in attuazione di un distinto suo 
diritto, si limita a resistere alla domanda dell'attore, sia pure adducendo 
una diversa causa petendi o nuove circostanze di fatto a sostegno di quella 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 531 

vando cosi il motivo della pretesa fiscale e spostando il tema della 
controversia entro l'ipotesi prevista dall'art. 20 della legge, secondo 
cui si incorre nella � decadenza � dal benefi.cio dell'imposta ridotta 

� se il mutuo non sia stato effettivamente adibito alla costruzione �. 
Orbene, mentre testualmente l'art. 20 definisce la propria sanzione 
nel concetto d'una decadenza, esso esige anche come suo presupposto 
giustificante, cio� come presupposto costitutivo della normale imponibilit�, 
il fatto positivo e concreto di un mutuo non � effettivamente � 
impiegato nella costruzione (perch�, ad esempio, le opere risultino 
finanziate oppure pagate gi� prima del mutuo). Non basta quindi, per 
comminare la decadenza dal beneficio, l'allegazione formale del difetto 
di prova circa l'impiego anzidetto, n� l'onere di tale prova � posto a 
carico dello opponente, come se il modo e l'esigenza della prova la 
sua formalit� appunto, costituiscano, essi ab extrinseco, il requisito 
per ottenere e mantenere l'agevolazione tributaria. E la domanda della 
opponente, invece, riesce fondata ed assolve nei termini pertinenti il 
dovere della propria dimostrazione se l'illegittimit� della pretesa fiscale, 
possa desumersi dal difetto del presupposto .correlativo. Tale presupposto, 
nella specie, era il mancato impiego della somma nella costru:
llione e la realt� di tale circostanza non risulta provata. 
Correttamente dunque la sentenza impugnata, uniformandosi alla 
giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1962, n. 1849), ha ritenuto che 
qualora l'Amministrazion finanziaria riconosca, nel corso del giudizio 
di opposizione, l'inesistenza del titolo su cui si fondava il provvedi-

pretesa tributaria che discende ex lege da un presupposto incontestato 
(registrazione di un atto, apertura di una successione, iscrizione di un'ipoteca, 
ecc.). Ovviamente ogni deduzione che non si concreti in un'azione 
riconvenzionale, non deve osservare le regole di rito per essa prescritte. 

In casi particolari, e piuttosto rari, la posizione processuale della Finanza 
pu� apparire diversa: quando essa, anche senza contestare la domanda 
dell'attore, in aggiunta o in sostituzione di essa, avanza una pretesa 
tributaria diversa o per la misura o anche per il titolo o per i presupposti 
di fatto. Nel caso deciso la finanza, riconoscendo fondata la domanda principale 
(diritto a godere l'agevolazione al momento della registrazione) ha 
eccepito la sopravvenuta decadenza dall'agevolazione stessa per sostenere 
la sua pretesa al pagamento della medesima imposta ordinaria di registro; 
in questo caso non si verificava un mutamento del petitum (l'imposta liquidata 
nella medesima somma) ma si adduceva un fondamento, diverso 
per i presupposti di fatto e la causa petendi, divenuto operante in un 
m�mento successivo alla registrazione; per di pi� anche il petitum, sia 
pure in via indiretta, subiva un certo mutamento perch�, una volta dichiarata 
la decadenza, ne sarebbe derivata necessariamente, in sede amministrativa, 
l'applicazione della sopratassa prevista nell'ult. comma dell'art. 
20 della legge n. 408 del 1949, inapplicabile invece se l'atto fosse stato 
ab origine sog.getto ad imposta normale. Considerando anche l'onere della 
prova, che correttamente la S.C. ha ritenuto gravante sulla Finanza, nulla 


I 
532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
mento ingiuntivo, e deduca un diverso titolo a giustificazione del meI 
I1 
desimo, essa stessa � tenuta a provare la nuova causa petendi. -~ 
~ 
(Omissis). r 
II f: 
f: 

(Omissis). -La ricorrente denunzia violazione e falsa applica. 
zione: dei principi generali in materia di procedimento monitorio 
fiscale� (t.u. 14 aprile 1910, n. 639), degli artt. 144 e sgg. r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, 18 legge 2 luglio 1949, n. 408, 36 c.p.c. dei 
principi generali in materia di prova dei benefici fiscali, sostenendo 

I


che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile 

la domanda riconvenzionale, proposta da essa Amministrazione du-

I


rante il giudizio di primo grado. 

Posto, infatti, -cosi argomenta la Ticorrente -che con l'opposizione 
all'ingiunzione fiscale l'opponente assume la veste e la qualifica 
di attore e I'Amministrazione quella di convenuta, consegue che la 
stessa Amministrazione finanziaria bene pu� proporre domanda riconvenzionale 
e sollevare nuove eccezioni anche in grado .di appello, e 

I


che il giudice pu� (e deve) riesaminare il titolo giuridico posto dall'Ufficio 
a base della tassazione, e questa giustificare in base ad una iiw 
diversa definizione legale dell'atto tassat�l, ovvero in base alle ragioni w 

disponendo la norma tributaria (diversamente da altre simili ipotesi di 
agevolazione condizionata all'adempimento successivo di un fine) sulla 
dimostrazione da parte del contribuente dell'avveramento delle� condizioni 
a cui il beneficio � subordinato, si poteva anche sostenere che in questo 
caso la pretesa della Finanza convenuta potesse esser fatta valere solo � 
mediante l'azione riconvenzionale. 

Questa conclusione lascia per� alquanto dubbiosi, perch� anche in 
questa particolare ipotesi non esisteva una autonoma domanda, che potesse 
essere oggetto di un separato giudizio, indipendente dalla sorte della 

I


!i,

domanda principale, mentre l'eccezione, anche se fondata su fatti diversi 

%

la cui prova era a carico della convenuta, mirava a dar fondamento alla 
originaria pretesa fondata sullo stesso titolo (pagamento dell'ordinaria fil"" 
imposta di registro nella misura gi� stabilita su quel determinato atto) 
e quindi era diretta soltanto a contrastare la domanda dell'attore. Nella 


II 
fattispecie controversa, pur ben distinta dalle ipotesi pi� frequenti di 
ampliamento o sostituzione delle ragioni poste a base della qualificazione 
giuridica dell'atto, non ci si trovava ancora (o almeno ci� � dubbio) di 

~~~fil

fronte ad una domanda riconvenzionale vera e propria (ed alle preclusioni w 
processuali che da essa discendono) anche se l'Amministrazione convenuta i~t 
doveva rispettare determinate regole processuali �Per adempiere all'onere 
della prova a suo carico. 

~!Jljll 


r;~:>Z

Possono tuttavia configurarsi ipotesi in cui la Finanza si trovi a dedurre 
pretese che si discostano da quella contenuta nell'ingiunzione in 
modo pi� evidente: ci� pu� avvenire, ad esempio, quando da una diversa 

I 


____.,AllfAill!?'~::l!JWk~J 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 533 

ed eccezioni, anche nuove, dedotte dall'Amministrazione. Nella specie 
la Corte torinese ha sostanzialmente violato tali principi, affermando, 
da un canto che il dibattito giudiziario doveva intendersi limitato in 
via esclusiva alla ragione della pretesa tributaria come indicata nell'ingiunzione; 
dall'altro, che la decadenza dal beneficio fiscale, dedotta 
in giudizio dall'Amministrazione quale causa del credito tributario, 
costituiva domanda nu�va inammissibile dopo la prima udienza. 

Il ricorso � infondato. 

Nel procedimento monitorio fiscale, apprestato per la spedita riscossione 
delle entrate dello Stato e degli altri enti pubblici minori (r.d. 14 
aprile 1910, n. 639) l'atto formale dell'ingiunzione cumula le caratteristiche 
del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di �guisa 
che l'opposizione del debitore �costit4isce la domanda .giudiziale che 
apre un ordinario processo cognitivo, diretto a contestare il diritto 
all'esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo a favore del 
debitore stesso, che viene ad assumere vera e propria veste di attore. 
�Conseguentemente. grava sull'opponente, per la sua qualit� di attore, 
l'onere di contestare il diritto della Pubblica Amministrazione alla 
minacciata esecuzione. Ma lAmministrazione, venendo ad assumere la 
veste di convenuta, pu� opporre le eccezioni di rito e di merito che 
ritiene idonee alla .,sua difesa, e pu� altresl proporre domanda ricon


qualificazione giuridica dell'atto o da un suo pi� penetrante esame discende, 
non solo in sostituzione ma anche in aggiunta a quella gi� liquidata nell'ingiunzione, 
l'applicazione di un'imposta ulteriore o nel complesso il 
pagamento di un tributo pi� elevato (un secondo supplemento che assorbe 
il primo o ad esso si aggiunge, l'imposta su una seconda convenzione 
non tassata al momento della registrazione ecc.). In questi casi, in 
via teorica, vi sarebbe una domanda riconvenzionale dell'Amministrazione 
convenuta diretta ad ottenere provvedimenti positivi a tutela del proprio 
diritto, indipendente dalla domanda principale e che pu� sopravvivere alla 
caducazione di essa. 

Ma, a ben riflettere, la pretesa della Finanza che, secondo i principi 
generali di diritto 1prw:essuale, possa veramente definirsi come un'azione 
riconvenzionale, � da ritenere inammissibile: poich� � nelle attribuzioni� 
della Finanza applicare e liquidare l'imposta, questa attivit� � sottratta 
alla giurisdizione dell'.&GO a cui spetta soltanto di controllare la legittimit� 
dei presupposti di imposta; come la Finanza non potrebbe elevare 
il supplemento con atto di citazione e non potrebbe in genere agire come 
attore per chiedere giudizialmente la liquidazione dell'imposta che deve 
invece applicare in via amministrativa, cos� non pu� proporre una domanda 
riconvenzionale che, se veramente tale, ha tutti i caratteri obiettivi 
di una autonoma domanda diretta alla liquidazione di un tributo e si 
risolve quindi nel trasferimento innanzi all'.&GO dell'esercizio di una 
attivit� squisitamente amministrativa, trasferimento che, tra l'altro, priverebbe 
il contribuente del diritto di adire le Commissioni. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

venzionale, nei limiti in cui detta domanda � ammissibile (e cio� con 
la comparsa di risposta, siccome dispone l'art. 167 c.p.c.). 

Orbene, ci� premesso, bisogna riconoscere che correttamente la 
denunziata sentenza ha ritenuto proposta fuori dal limite formale e 
temporale ora ricordato la domanda di cui si discute. Risulta infatti 
che essa fu introdotta nel giudizio a circa quattro anni di distanza 
dal deposito della comparsa di risposta, con la � seconda � memoria 
illustrativa. 

N� vale opporre, per superare l'ostacolo temporale, che non si 
tratterebbe di domanda riconvenzionale o comunque nuova, bensi, pi� 
propriamente, di una �modifica� dell'originaria domanda, consentita 
fino alla rimessione della causa al collegio, ai sensi dell'art. 184 c.p.c. 

Basta osservare, infatti, che le due pretese, azionate in giudizio 
dalla Pubblica Amministrazione a cosi notevole distanza di tempo l'una 
dall'altra, erano completamente diverse, non solo per causa petendi, 
ma anche per gli stessi fatti ed elementi che presupponevano. 

A tale proposito � opportuno richiamare che 1'Amministrazione 
delle Finanze pose a fondamento dell'ingiunzione il fatto che l'agevolazione 
tributaria era stata concessa erroneamente, in quanto la costruzione, 
per la quale, il mutuo ipotecario era stato contratto, sarebbe 
stata, � in quel tempo del mutuo �, gi� iniziata. 

In questi casi la Finanza dovr� procedere alla liquidazione dell'imposta 
in sede amministrativa e non potr�, per la prima volta in giudizio, col 
mezzo dell'azione riconvenzionale, avanzare una pretesa autonoma rispetto 
a quella contenuta nell'ingiunzione opposta. Una tale domanda sarebbe 
inammissibile, almeno fino a quando non si sar� provveduto ad una nuova 
liquidazione in competente sede. Diverso iproblema, che qui non affrontiamo, 
pu� esser quello se, una volta eseguita la nuova liquidazione (notifica 
di altra ingiunzione) possa la Finanza coltivarla con la domanda 
riconvenzionale senza attendere l'opposizione del contribuente. 

Sul punto, che pi� interessa, della necessit� della �proposizione della 

domanda riconvenzionale per dedurre un nuovo fondamento della pretesa 

tributaria, sembra dunque potersi concludere che di norma la Finanza 

convenuta formula eccezioni vere e proprie non soggette ad ,alcuna pre


clusione, mentre la pretesa che avrebbe tutti i caratteri della vera azione 

riconvenzionale da proporre nelle forme prescritte, va manifestata nella 

competente sede amministrativa; l'azione riconvenzionale sarebbe cio� ne


cessaria negli stessi casi in cui � inammissibile. 

Da quanto detto deve dedursi che la seconda delle sentenze sopra 

riportate, pur decidendo in modo sostanzialmente corretto l'identica que


stione meglio approfondita nella prima, ha esposto una motivazione poco 

soddisfacente, fondata sulla preclusione formale, rifacendosi al concetto, 

alquanto confuso, che la Finanza debba proporre l'azione riconvenzionale, 

quando non si limiti a dedurre � eccezioni di rito e di merito �. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 535 

Detta impostazione della causa l'Amministrazione precis� e mantenne 
ferma nella comparsa di risposta e per lungo periodo di tempo 
successivo; solo con la seconda memoria, e a circa quattro anni di 
distanza, come gi� detto, 1'Amministrazione, resasi conto dell'insostenibilit� 
della tesi, l'abbandon� e la sostitui con l'altra, completamente 
nuova, che la mutuataria Societ� Tecnoedile non aveva fornito la 
prova dell'impiego, nella costruzione, della somma presa a mutuo, 
onde, per tale evento, � successivo > all'imposizione, era incorsa nella 
e decadenza � del beneficio a suo tempo (e non pi� illegittimamente) 
concessole. 

Orbene la qualificazione di domanda riconvenzionale (o comunque 
di domanda nuova) attribuita dalla Corte di merito a siffatta immutazione, 
non merita censura, in quanto la seconda domanda, oltre ad 
importare un mutamento della causa petendi, costituiva anche un 
mutamento dei fatti posti a base dell'ingiunzione, introducendo nel 
processo una nuova pretesa e un nuovo tema di indagine, che veniva 
completamente a mutare i termini della controversia, siccome sino ad 
allora dibattuta. 

E se cosi � -come non sembra dubbio -la denunziata sentenza 
� conforme al diritto e non merita c~nsura, dovendosi concludere che, 
proposta opposizione all'ingiunzione fiscale, 1'Amministrazione delle 
Finanze, convenuta, pu� sollevare le eccezioni di rito e di merito che 
ritenga nel suo interesse, instaurandosi fra le parti un giudizio di 
cognizione avente per oggetto l'accertamento dell'obbligazione tributaria. 


L'Amministrazione pu� altresi proporre domanda riconvenzionale, 
ma ci� solo nei limiti in cui tale azione � consentita dall'art. 167 c.p.c. ~ 

(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1969 n. 2023 -Pres. Pece Est. 
D'Orsi -P. M. Caccioppoli (conf.). Provincia Autonoma di 
Trento (avv.ti Benvenuti, Lorenzoni) �. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Alibrandi). 

Imposta di re~istro -Liberalit� a favore di provincie, comuni ed altri 

enti morali -Esenzione -Effettiva realizzazione dello scopo del-

l'atto -Necessit�. 

(r.dl. 9 aprile 1925, n. 380, art. 1). 

L'esenzione tributaria prevista dall'art: 1 del r.d.l. 9 aprile 1925, 

n. 380, per le liberalit� disposte a favore di provincie, comuni od altri 
12 


536 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

enti morali o istituti legalmente riconosciuti, richiede l'effettiva realizzazione 
dello scopo voluto dal donante (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo la ricorrente, denunciando la 
violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del r. decreto leg. 9 aprile 
1925 n. 380, difetto di motivazione su pi� punti decisivi, censura la 
sentenza impugnata per aver ritenuto che per il beneficio dell'esenzione 
dalle tasse di registro, successioni ed ipotecarie, previsto dall'art. 1 
del r.d.l. n. 380 del 1925, per le liberalit� a qualsiasi titolo (anche 
se onerose) disposte a favore delle province, comuni od altri enti 
morali o istituti italiani legalmente riconosciuti, quando lo scopo specifico 
della liberalit� sia di beneficenza, istruzione od educazione, sia 
necessaria l'effettiva realizzazione dello scopo, laddove sarebbe sufficiente 
la sola enunciazione nell'atto dello scopo previsto dalla legge 
come causa di esenzione, indipendentemente dalla sua effettiva realizzazione. 
Il diritto all'esenzione, infatti, sorgerebbe immediatamente, 
al momento della stipulazione dell'atto di liberalit� e non gi� al momento 
successivo della realizzazione dello scopo. 

Se cosi non fosse -continua la ricorrente -il donatario dovrebbe 
essere tenuto immediatamente al pagamento dell'imposta, salvo 
poi ad ottenere la restituzione dell'importo al verificarsi della condizione 
di esenzione, che sarebbe risolutiva rispetto all'obbligo di 
pagamento. 

La mancanza di tale previsione nella legge comproverebbe l'erroneit� 
del ragionameto della Corte del merito. Nella specie, poi, trattandosi 
di donazione modale, la realizzazione dello scopo della liberalit� 
si porrebbe semplicemente come onere della Provincia nei 
confronti del donante, ovvero degli altri interessati, e il suo eventuale 
inadempimento non varrebbe, in ogni caso, ad escludere il beneficio 
dell'esenzione. 

Il mezzo � infondato. 

La Corte d'appello, postosi il quesito se l'esenzione prevista dal 

r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380 e dalla legge 12 maggio 1949, n. 206, richiedesse 
l'effettiva realizzazione dello scopo voluto dal donante, ha dato 
risposta affermativa, considerando: a) che l'evento futuro ed incerto 
della effettiva devoluzione del bene donato allo scopo previsto dal 
legislatore come determinante per l'esenzione, constituiva una condizione 
sospensiva negativa; b) che la Finanza, quindi, al momento della 
registrazione si asteneva dal sottoporre l'atto alla tassa, salvo a pro(
1) Non risultano precedenti in termini. Per qualche riferimento al 
concetto di fine specifico della liberalit� cfr. Cass., 22 ottobre 1959, n. 3030, 
in Riv. leg. fisc., 1960, 461. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 537 

cedervi nel momento in cui avesse avuto la dimostrazione della mancata 
realizzazione dello 'Scopo; e) che la tesi contraria della sufficienza 
della sola indicazione dello scopo per l'esenzione dall'imposta nQn 
teneva conto che la disposizione era intesa a favorire la realizzazione 
dell'effetto pratico della donazione. 

Ora, con questa motivazione, la Corte di appello, anche se � 
incorsa in qualche inesattezza, ha colto realmente la ratio della norma 
agevolatrice. Infatti il beneficio della registrazione gratuita -come 
appare dalla formulazione della norma -compete immediatamente 
all'atto della registrazione, allorch� concorrano tutti gli elementi integranti 
la fattispecie legale e ci-0�: a) la qualit� del soggetto onorato 
dalla disposizione di liberalit� (provincia, comune o altro ente morale 

o istituto italiano legalmente riconosciuto); b) lo scopo specifico di 
beneficenza, istruzione od educazione. E compete anche se la liberalit� 
sia onerosa, purch� l'eventuale onere sia inerente allo scopo 
�per il quale � disposta. 

� sufficiente, adunque, che i suddetti elementi risultino dagli 

atti, essendo quella di registro un'imposta d'atto. 

Nessun problema pu� sorgere, di regola, allorch� il bene og.getto 

della liberalit� gi� abbia la destinazione prevista dalla norma, ma anche 

quando la liberalit� sia onerata da un peso che il donatario deve com


piere non soltanto per conservare od ampliare la precedente destina


zione, bens� proprio per dare al bene donato la funzione di benefi


cenza, istruzione ed educazione, che altrimenti il bene non avrebbe, 

essendo di per s� solo insuflliciente a realizzare, sia pure in parte, 

la voluta destinazione, non si pu� parlare di beneficio di esenzione 

dall'imposta sottoposto a condizione sospensiva negativa (come fa la 

sentenza impugnata) o a condizione risolutiva (affermativa), come fa 

la ricorrente con una tautologia di concetti, rovesciando i termini della 

proposizione. 

Anche in questo caso il beneficio � concesso ;perch� l'atto, cosi 

come si presenta, ne � meritevole. 

�, per�, principio generale dell'imposta di registro che il tratta


mento fiscale fatto ad un atto al momento della registrazione non sia 

immutabile, potendovi essere successive variazioni, tanto per errori od 

omissioni dell'ufficio, quanto per l'accertamento -successivo alla re


gistrazione -degli elementi occorrenti per la liquidazione integrale 

dell'imposta. E ci� perch� sono colpiti l'intrinseca natura e gli effetti 

degli atti o dei trasferimenti e non la loro forma apparente. 

Di fronte a questa possibilit� riconosciuta al Fisco dal nostro 

sistema tributario, n~n si pu� parlare -se non in senso improprio 

e atecnico --di condizione sospensiva o risolutiva. 

Questi principi sono validi non soltanto quando l'atto sia stato 
sottoposto ad una tassazione inferiore; ma anche quando ne sia andato 


538 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO� 

erroneamente esente e non ha rilievo il fatto che l'esenzione apparentemente 
spettasse al momento della registrazione. 

In realt� quando -come nel caso in esame -� la fattispecie � 
complessa, in quanto per la sua realizzazione occorre un susseguirsi di 
elementi dei quali solo alcuni si sono realizzati al mom�'nto della presentazione 
dell'atto alla registrazione, il mancato verificarsi degli ulteriori 
elementi necessari allo speciale trattamento tributario di favore 
d� luogo, pi� che a una questione di decadenza, all'accertamento -suc


cessivo alla registrazione '-della mancata realizzazione dello schema 
di atto cui la legge fiscale aveva ricollegato il tributo di favore. 

E questo accertamento -come ha esattamente osservato la Corte 
d'appello -prescinde da ogni eventuale azione del donante o di altro 
interessato per il mancato adempimento dell'onere, trattandosi di rapporti 
che si muovono su .piani diversi, bastando ai fini tributari la mancata 
realizzazione dello scopo agevolato; a qualsiasi causa dovuto. 

Accertare, poi, se lo scopo della liberalit� sia o meno stato raggiunto 
� compito del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimit�, 
se sorretto da motivazione esauriente ed immune da vizi logici. 
-� (Omissis-). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2175 -Pres. 
Tavolaro -Est. Leone -P. M. Criscuoli (conf.) -Filiberti (avv. 
Biamonti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fane1li). 

Imposte e tasse in genere -Commissioni tributarie -Natura di organi 
giurisdizionali -Decisioni della Commissione Centrale Impugnabilit� 
in cassazione ex art. 111 Cost. 

Imposta di registro -Societ� di fatto -Rilevanza fiscale dalla data di 
registrazione del relativo atto. 

Imposta di registro -Presunzione di trasferimento di azienda -Applicabilit� 
anche ai trasferimenti di quote di compropriet� dell'azienda. 


(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18). 
Le Commissioni tributarie hanno natura di organi giurisdizionali, 
e pertanto avverso le decisioni deLla Commissione Centrale � ammissibile 
il ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione (1). 

(1) L'importanza della presente sentenza e delle altre due successive 
nn. 2176 e 2177 con cui le Sezioni Unite della Cassazione, dopo la con-
t 

Mftlf@Wsfilfillf:&&1fmftr&ID'ififhlllit'filfff(fffffi1illfwfif:@iff&t111mm1rrfllirtr11rr!frillEm�&rfir&rlli1mrrifilf&trnm0tMI 


' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 539 

La societc� di fatto, agli effetti specifici della imposta di registro, 
comincia ad esistere soltanto quando l'esistenza di essa viene denunciata 
all'Ufficio ai fini dell'applicazio~e della relativa imposta e pi� precisamente 
quando l'atto che la costituisce o che, sia pure in via di enunciazione, 
ne afferma l'esistenza, viene presentato per la registrazione (2). 

La locuzione generica usata dall'art. 18 della legge di registro relativo 
a �contratti verbali di cessione della proprietc� ... di un'azienda di 
industria o commercio � si riferisce anche ai trasferimenti di quote di 
comproprietc� .di aziende industriali (3). 

(Omissis). -Prima di esaminare i motivi del ricorso, il Supremo 
Collegio deve riproporsi la questione dell'ammissibilit� del ricorso per 
cassazione, a norma dell'art. 111 della Costituzione vigente, avverso le 
decisioni della Commissione Centr~ delle imposte in materia di imposta 
di registro: questione riaperta da recenti sentenze della Corte 
Costituzionale (6 febbraio 1969, n. 6; 10 febbraio 1969, n. 10), che hanno 
dichiarato inammissibili le questioni di �costituzionalit� di leggi, proposte 
da Commissioni tributarie, affermando che tali Commissioni non 
sono organi giurisdizionali ma svolgono funzione amministrativa. Se la 
tesi andasse condivisa, il ricorso di cui trattasi, proposto a norma dell'art. 
111 Cost., dovrebbe essere dichiarato inammissibile, perch� relativo 
a provvedimento amministrativo. 

L'affermazione ora accennata, posta dalla Corte� Costituzionale a 
sostegno di pronunzie di inammissibilit� della questione di costituzionalit� 
delle leggi, non comporta l'obbligo ehe i giudici si adeguino ad 
essa, com'� per le decisioni dichiarative di iJlegittimit�, che tolgono 
efficacia alla legge illegittima. Ma, data l'autorit� della Corte Costituzionale 
che ha fo:mnulato la tesi suindicata, questa Corte Suprema di 
Cassazione, istituzionalmente investita, quale organo supremo della giustizia, 
della funzione di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione 
della legge e l'unit� del diritto oggettivo nazionale (art. 65 
ord. giud.), non pu� non sentirsi obbligata a rivedere l'interpretazione 
del sistema di leggi concernenti la costituzione ed il funzionamento delle 
Commissioni tributarie ed il loro inse11imento nel sistema delle funzioni 
fondamentali dello Stato. 

traria affermazione effettuata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 
10 febbraio 1969, n. 10 (in questa Rassegna, 1969, 1, 8), hanno confermato 
la propria giurisprudenza in ordine alla natura �giurisdizionale delle commissioni 
tributarie, non ha bisogno di essere sottolineata, data la fondamentale 
influenza di tale principio su tutto il vigente sistema del contenzioso 
tributario. 

(2) La sentenza 12 novembre 1965, n. 2357 richiamata in motivazione 
� pubblicata in questa Rassegna, 1965, 1, 1305 con nota di richiami. 
(3) Massima di evidente esattezza della quale non risultano precedenti. 

540 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Anche l'interpretazione giurisdizionale della legge, invero, se produce 
effetti giuridici diretti e vincolanti solo in ordine alla concreta 
controversia ed ai reali interessi in essa impegnati, muove, nel suo 
meccanismo logico, da1la determinazione del contenuto astratto della 
legge e della fattispecie tipica che essa si propone di disciplinare: 
contenuto questo che la Corte Costituzionale non pu� non porre a base 
della propria valutazione di conformit� o meno della legge ai precetti 
della Costituzione. Questo fondamento comune delle interpretazioni, 
finaJistkamente diverse, �che compiono la Corte Costituzionale e la Corte 
di Cassazione, dovrebbe implicare, in vista anche della coordinazione 
necessaria tra i poteri dello Stato e del conseguimento del risultato 
sommamente utile della certezza del diritto obiettivo, che le due interpretazioni 
non vengano a divergere, se non quando sussistano elementi 
sicuri per attribuire certezza all'u~a rispetto all'altra che sia precedente 
e saldamente costituita nella communis opinio dottrinale e giurisprudenziale. 
Tale criterio di �coordinamento, che poggia su un fondamento 
logico e giuridico tanto evidente da non richiedere delucidazioni, � 
stato affermato proprio dalla Corte Costituzionale, quando ha stabilito 
che �il potere-dovere di interpretare con autonomia di orientamento 
le norme ordinarie che fungono da parametro del giudizio di legittimit� 
costituzionale non esclude che la Corte Costituzionale debba tenere nel 
debito conto una costante interpretazione giurisprudenziale, che conferisce 
al processo legislativo il suo effettivo valore nella vita giuridica, 
dato che le norme sono non quali appaiono in astratto ma quali sono 
applfoate nella vita quotidiana con l'opera del giudice intesa a renderle 
concrete ed efficaci~. Eppure il criterio ora detto � stato disapplicato, 
con le sentenze sopra richiamate, proprio in relazione alla disciplina 
giuridica di un sistema complesso di istituti di diritto tributario, per 
la quale � stato universalmente riconosciuto �alla giurisprudenza il merito 
d[ aver determinato la costituzione di una consuetudine interpretativa 
ed integrativa della disciplina normativa, tale da indirizzare perfino 
le pi� recenti manifestazioni legislative nella materia; e che sia 
stato disapplicato sulla base di argomenti dichiarati dalla stessa Corte 
Costituzionale privi di valore decisivo, se considerati singolarmente, e 
significativi, nel loro �complesso, di una semplice prevalenza della tesi 
contraria a quella seguita da costante, pluridecennale .giurisprudenza: 
giudizio di prevalenza che si presenta fortemente dubbio, se � vero che 
la stessa Corte Costituzionale, esaminando ex prefesso la questione, 
aveva stabiHto e ribadito pi� volte la natura giurisdizionale delle Commissioni 
tributarie (Corte Cost. sent. n. 12, 41, 42 del 1957, n. 42 del 

1'961, n .103 del 1964). 

Comunque, si ripete, poich� le citate sentenze della Corte Costituzionale 
non hanno apportato modifiche all'ordinamento legislativo, questa 
Suprema Corte non � vincolata alla tesi in esse svolta, mentre, data 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

la rilevanza di giurisprudenza-guida che assumono le sue decisioni, questo 
Supremo Collegio non pu� non darsi carico di addivenire ad interpretazioni 
delle leggi e dei principi giuridici che asskurino, senza soluzione 
di �continuit�, la rispondenza dell'ordinamento a salvaguardare le 
strutture necessarie per la sussistenza dello Stato di diritto: mentre � 
stato concordemente rilevato, in sede dottrinale, che la tesi nuova accolta 
ne1le pi� recenti sentenze della Corte Costituzionale, .se applicata in 
tutte le ,sue conseguenze, determinerebbe il blocco dell'attivit� .finanziaria 
dello Stato, per il tempo, certo non breve, dello studio e della 
costituzione, da parte degli Organi legislativi, di un nuovo sistema di 
contenzioso tributario. 

Dopo questi rilievi, volti solo a puntualizzare i gravi aspetti della 
questione, passando alla concreta indagine drca la natura giurisdizionale 
o amministrativa delle Commissioni tributarie, deve rilevarsi che 
la Corte Costituzionale, a motivo conclusivo e determinante del convincimento 
espresso su tale punto; s'� richiamata ad un e modello� che 
per gli organi di carattere giurisdizionale fisserebbe la vigente Costituzione, 
modello col quale mal si concilierebbero circostanze concorrenti 
in ordine alla struttura delle Commissioni tributarie. 

L'accenno che tocca in pieno il thema decidendum non � sviluppato; 
esso avrebbe richiesto, invece, un'approfondita dimostrazione, dato che, 
com'� stato rilevato dalla dottrina, la perdurante presenza, costituzionalmente 
legittima, di giudki speciali variamente costituiti e funzionanti 
fa venir meno la possibilit� di desumere dalla Costituzione il modello . 
di organo giurisdimonale: sicch�, allo stato della legislazione, la natura 
giurisdizionale o meno di un organo deliberante dipende necessariamente 
non dalla struttura ma dalla maggiore o minore indipendenza e principalmente 
dalla sua funzione. 

Ora, la funzione delle Commissioni tributarie, sia per quanto attiene 
alla semplice valutazione dei cespiti cui si riferisce l'imposizione, sia 
per le altre questioni relative all'imposizione stessa, � queLla di applicare 
la legge al caso concreto nel conflitto d'interessi suscitato dalla 
pretesa dell'Amministrazione di operare un prelievo di ricchezza dal 
patrimonio del contribuente e da1la opposizione di quest'ultimo circa 
l'insussistenza del potere di imposizione o le modalit� di esercizio di 
tale prelievo o circa la determinazione in concreto del quantum dovuto, 
determinazione che, stante la normale predisposizione di aliquote o 
tariffe del tributo, si risolve neH'accertamento deLla base imponibile. 

La dottrina pi� diffusa di diritto tributario insegna che l'accertamento 
tributario � un elemento indispensabile per stabilire che un credito 
di imposta � sorto e per fissarne l'ammontare: �, quindi, la condizione 
dell'esigibilit� di tale credito. Quale atto amministrativo, l'accertamento 
tributario � assistito da presunzioni di legittimit� e, nel concorso 
delle condizioni di legge, � esecutorio; per il che il contribuente � tenuto 


542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a pagare secondo l'accertamento, anche se dovesse risultare evidente 

che la retta applicazione della leg.ge alla concreta fattispecie porterebbe 

ad escludere il debito o a liquidarlo in misura minore: per poter stabi


lire a suo vantaggio la giusta volont� di legge, egli � costretto a speri


mentare i rimedi giuridici predisposti dall'ordinamento. 

La funzione amministrativa, quindi, in questo schema di attivit� 

di imposizione si realizza, anche se non si esaurisce, con la notifica 

dell'atto di accertamento, che diventa definitivo se il contribuente non 

si avvale dei rimedi legali, a tutela del suo diritto soggettivo di non 

essere assoggettato a prestazione patrimoniale se non in base alla legge, 

rettamente applicata. � assolutamente fuori del sistema giuridico e si 

muove nel campo metagiuridico l'opinione che in questa attivit� del 

contribuente, specie se successiva ad una dichiarazione da lui presentata 

circa l'imponibile tassabile,� disattesa dall'Amministrazione finanziaria, 

si possa ravvisare una forma di collaborazione del cittadino all"attivit� 

amministrativa di accertamento, si da comprendere nella funzione am


rriiniStrativa la divergen~a di apprezzamenti ed i mezzi di risoluzione 

di essa. 

D'altra parte, non si pu� neppure forzare il concetto dell'imparzialit� 
della P. A. (concetto suJ. quale J.a dottrina pi� recente fa eccessivo 
affidamento a diversi effetti), fino a sosten�re che l'Amministrazione � 
priva di capacit� di interesse nella stessa sua funzione tipica di concreta 
cura degli affari dello Stato, in particolare, nello svolgimento dell'atti. 
vit� finanziaria, e si trova, perci�, in grado di garantire al contribuente 

l'esatta applicamone della legge. 

Ed allora perde sul piano giuridico ogni importanza il riferimento, 

contenuto -in una delle sentenze richiamate della Corte Costituzionale 

ed implicito nelle altre, addotto per dare un certo inquadramento alla 

ritenuta attivit� amministrativa delle Commissioni tributarie, il riferi


menio, si ripete, ad una non precisata nozione di attivit� amministrativa 

contenziosa. L'attivit� amministrativa � sempre l'attivit� pratka e con


creta con cui lo Stato provvede al raggiungimento dei fini per i quali 

esso agisce, e, se anche la P. A. spontaneamente o su reclamo ricerca 

i limiti che l'ordinamento pone alla sua sfera df azione in considerazione 

della sfera di attivit� libera assicurata ai cittadini, questa ricerca svolge 

senza alcuna possibilit� di far valere l'accertamento cos� compiuto come 

concreta volont� di legge, che debba regolare lo specifico rapporto con 

un cittadino, �che tale volont� di legge contesti. Perci�, la qualifica di 

contenziosa data a certa attivit� amministrativa, anche se non legittima 

l'ironia dell'osservazione -fatta in passato da validissima dottrina 


che l'amministrazione non pu� consistere nell'amministrare contese, 

esprime solo modi formaili di essere dell'attivit� rivolta istituzionalmente 

alla tutela di interessi pubblici, colorata perci� di interesse di parte, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

e che pu� trovarsi e spesso si trova in conflitto reale con situazioni 
giuridiche che il cittadino ritiene siano a J.ui garantite dall'ordinamento. 

Ed allora, se la contestazione dell'accertamento tributario, lungi 
dal manifestare fa cooperazione del contribuente all'attivit� impositiva 
della P. A., denunzia una lesione potenziale o effettiva del diritto soggettivo 
del contribuente,' conseguente all'illegittimit� totale o parziale 
dell'accertamento stesso; se tale -contestazione � proposta nei confronti 
dell'autorit� impositrice, perch�, �nche neJ. caso -del resto normale di 
resistenza della stessa, la volont� di legge che deve regolare il caso 
concreto venga affermata autoritariamente, al fine della composizione 
della contestazione; se la contestazione � proposta, per il detto giudizio, 
dinanzi ad un organo che la legge dichiara tenuto esclusivamente alla 
applicazione della legge in base all'obiettiva considerazione dei fatti, 
delle circostanze e degli elementi tutti venuti a conoscenza dell'organo 
giudicante (com'� stabilito per le commissioni tributarie nell'art. 27, 
secondo comma, r.d.ol. 7 agosto 1936, n. 1639) si profilano i presupposti 
e gli elementi tipici perch� all'attivit� di giudizio delle Commissioni 
tributarie si debba riconoscere natura giurisdizionale. 

� noto che fa�a i vari criteri di differenziazione tra attivit� amministrativa 
ed attivit� giurisdizionale, proposti dalla dottrina, ha acquistato 
maggior credito quello che la differenza ravvisa nel fatto che, 
mentre l'amministrazione � attivit� primaria o originaria, imposta direttamente 
e immediatamente dalla legge ad organi pubblici, la giurisdizione 
opera, come attivit� secondaria, sostituendo il giudice al soggetto 
leso negli interessi a lui garantiti, per effettuarne quella reintegrazione 
che al detto soggetto � �inibita. Orbene, quando l:a Commissione tributaria 
dichiara illegittimo in tutto o in parte l'accertamento opposto dal 
contribuente, � evidente l'incolmabile distacco tra Amministrazione resistente, 
che ravvisa la tutela dell'interesse pubblico nella convalida del-
l'accertamento impugnato, ed Organo deliberante che, applicando la 
legge in base all'obiettiva considerazione dei fatti, annulli l'accertamento 
illegittimo: distacco che, mentre pone la Commissione tributaria in 
posizione di alterit� rispetto alle parti contendenti, vieta di concepire 
un rapporto di identit�, sia pure in fasi progressive, tra l'attivit� deUa 
Amministrazione ed attivit� della Commissione, quale dovrebbe esservi, 
se le Commissioni effettivamente fossero chiamate a definire le controversie 
tributarie in via di controllo amministrativo di carattere repressivo; 
in tale ipotesi, inoltre, � chiarissimo l'effetto di sostituzione del 
giudizio della Commissione all'apprezzamento della Amministrazione in 
ordine alla sussistenza o al modo di essere del rapporto tributario, effetto 
necessario per la tutela del diritto soggettivo del contribuente. 

Tale posizione di alterit� e di distacco dell'organo decidente nei 
confronti dell'Amministrazione ~ stata resa ancora pi� netta con l'eli� 
minazione di situazioni che potevano far sorgere dubbi. Ci si riferisce 


544 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al disposto dell'art. 50 della 1. 5 gennaio 1956., n. 1, che stabilisce doversi 
sia il contribuente che il procuratore delle imposte ritirare dall'aula 
di udienza, terminata la discussione, in modo che la decisione viene 
presa con la sola presenza dei componenti della Commissione, mentre 
in precedenza ad essa presenziava il Procuratore; ed al disposto dell'art. 
5 della stessa legge, che, appunto in considerazione del carattere 
giurisdizionale del giudizio delle co~issioni tributarie, ha soppresso 
la facolt� delle commissioni stesse, in materia di imposte dirette, di 
awmentare d'ufficio l'accertamento: soppressfone che, proprio perch� 
rispondente ad un generale criterio di separazione di funzioni ontologicamente 
diverse, � stata, dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, 
applicata estensivamente (Cass. 20 febbraio 1967, n. 416; 20 aprile 1968, 

n. 1201). 
Gli elementi qualificanti fin qui esaminati assumono concretezza 
decisiva, se messi in relazione all'efficacia delle decisioni del.le commissioni 
tributarie. Queste, se non impugnate nei modi di legge, assumono 
carattere di definitivit� e di irrevocabilit�, con conseguente im-i mutabilit� dell'accertamento in esse contenuto: ed un accertamento fil 
immutabile � un accertamento che � fa stato �, come si esprime l'ar-ru 
ticolo 2909 e.e., per indicare l'effetto della cosa giudicata, tipico delle ' 
decisioni giurisdizionali. 

I 

Il carattere della definitivit� delle pronunzie delJe Commissioni, se ~ 
non impugnabili o non impugnate, � pacifico, anche per la presenza di r~~ 

locuzioni testuali nelle fonti normative. Anche il carattere di irrevoca-l\.:~.'z�.:;.�'::��'1

bilit� delle decisioni � fissato nella legge, quando questa, contro le . 
decisioni della Commissione provinciale ammette il ricorso per revoca-g 
zione; nei casi stabiliti 'dall'art. 395 c.p.c. vigente (art. 44 r.d. 8 luglio ~'.!~ 
1937, n. 1516): mezzo questo, di impugnazione, col quale � possibile &; 
riaprire un rapporto processuale chiuso definitivamente con sentenza li.;.�~ 
passata in giudicato, se risulti �che la decisione del giudice pu� non ~,. 
corrispondere alla di lui volont�, perch� basata su un giudizio di fatto W 

ru 

::~:~~o:~iu~e~;~,a;;:~~t=~":a!as:::z:u�~r::~i~e!:~od~ =~~ I=~ 

condizioni di fatto, in presenza delle quali soltanto poteva essere espii-,., 
cata la potest� di azione concessa dalla legge all'A�nministrazione (ec-1~ 

i

cesso di potere per errore di fatto); e l'annullamento dell'atto viziato @ 
� un potere-dovere dell'Amministrazione, dato che almeno di regola I@ 
esso corrisponde alla� tutela dell'interesse pubblico verso cui era indi-� 
rizzata l'attivit� amministrativa viziata: interesse pubblico che � pre-

I sente per definizione .nell'accertamento delle entrate tributarie. Sej al � 
contrario, nei confronti delle decisioni delle Commissioni provinciali, 
la revocazione � limitata a casi eccezionali tassativamente ,stabiliti dalla 
legge processuale e con l'impiego di un mezzo da proporre in un termine 
di decadenza, significa che l'istituto opera in via di eccezione alla regola 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dell'irrevocabilit� della decisione della Commissione, che sia non pi� 
impugnabile per essere il rapporto processuale chiuso definitivamente 
(o, a seconda dei casi, non � pi� operativo sulle questioni di fatto poste 
a fondamento della decisione, perch� definitivamente decise). 

Le decisioni delle Commissioni tributarie, dunque, acquistano valore 
di giudicato sul punto della legittimit� o illegittimit� della pretesa della 

P. A. di imporre il tributo. 
Si replica, per�, che l'effi.cacia o autorit� della cosa giudicata � 
destinata ad agire nel futuro, di fronte ai futuri processi, ed invece la 
controversia su cui ha provveduto la Commissione tributaria pu� essere 
portata, almeno di regola, alla successiva cognizione del giudice ordinario. 


L'osservazione di indubbia gravit� fu gi� confutata da queste SS.UU. 
con la sentenza 2 luglio 1950, n. 2164, che spieg� non contraddire al 
concetto di giurisdizione il fatto che di un medesimo rapporto giuridico 
conoscano due giudici di ordine diverso, uno speciale, l'altro ordinario, 
purch� la cognizione della lite da parte dt essi avvenga non in modo 
concorrente ma con sistema di subordinazione, nel senso cio� che il 
secondo giudizio avanti il giudice ordinario possa svolgersi solo quando 
il primo dinanzi al giudice speciale sia definito: in tal caso i due giudizi 
si presentano distinti ed autonomi. Tale confutazione pu� essere, per�, 
completata, 

Anzitutto la duplicit� di giudizi � esclusa, almeno di regola, nella 
vasta categoria delle controversie di estimazione semplice della base 
imponibile, sottratta alla sfera di competenza dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria: sicch� viene a ridursi notevolmente il �campo di operativit� 
dell'osservazione in esame. 

Deve poi considerarsi che, per lo pi�, ed in particolare per le 
imposte che si riscuotano a mezzo di ruoli, mentre dinanzi alle Commissioni 
si discute dell'accertamento tributario, della legittimit� cio� 
delil'attivit� amministrativa rivolta a costituire in concreto il debito 
d'imposta nei confronti di un soggetto determinato, che contesta di 
essere tenuto a contribuzione, oggetto dell'azione giudiziaria � il debito 
d'imposta quale risulta costituito in virt� dell'accertamento gi� compiuto: 
quella � una giurisdizione di annullamento di atti amministrativi 
illegittimi, che prospettano la pretesa tributaria e sono potenzialmente 
lesivi del diritto soggettivo del contribuente; la giurisdizione deJ. giudice 
ordinario comporta la disapplicazione dell'accertamento illegittimo e dei 
successivi atti di riscossione (iscrizione a ruolo), a tutela dell'integrit� 
del patrimonio del contribuente nei confronti della medesima pretesa 
tributaria divenuta esecutoria e direttamente ed attualmente lesiva. 
L'esistenza di zone di interferenze tra i due giudizi non esclude che 
essi si presentino ontologicamente diversi ed autonomi, incidendo quello 
delle Commissioni sul procedimento di formazione dell'atto di accerta



.�'. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento, quello del giudice ordinario sulla produttivit� di effetti, nella 
sfera patrimoniale del contribuente, dell'accertamento divenuto definitivo: 
con la conseguenza, normale nel sistema delle giurisdizioni differenziate, 
che la disapplicazione, da parte del giudice ordinario, dell'atto 
di accertamento illecito non elimina dalla realt� giuridica l'atto stesso 
m� lo rende privo di effetti. Tale diversit� ed autonomia dei due giudizi 
attenua notevolmente e forse elimina addirittura la rilevata stranezza 
di un giudizio che si svolge dinanzi a due ordini di giudici, ciascuno 
in diversi gradi e con possibilit� di passare al giudizio del magistrato 
ordinario senza esaurire i gradi del giudizio innanzi alle Commissioni 
tributarie. � anche opportuno ricordare che il sistema ora detto dei 
giudizi autonomi fu stabilito in stretta correiazione con il principio 
del � solve et repete �, che dava maggior risalto all'esigenza della garanzia 
.giurisdizionale anche nella fase formativa dell'atto di accertamento, 
ad evitare il pregiudizio del pagamento necessitato del tributo 
per poter far valere la tutela giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario: 
questo particolare aspetto del sistema ha perduto il carattere 
assoluto e determinante, con la dichiarazione di incostituzionalit� delle 
norme che avevano posto il principio del solve et repete: ma � rimasta 
vivamente sen.tita l'esigenza fondamentale di giustizia (tutelabile) anche 
nella fase di formazione dell'atto di accertamento. Per le imposte indirette 
sugli affari, qual'� il tributo di cui trattasi nella concreta fattispecie 
all'esame di queste Sezioni Unite, il sistema del contenzioso d� 
una di pi� per affermare il carattere giurisdizionale delle Commissioni 
tributarie, essendo stabilito che il giudizio (di secondo grado) delle 
Commissioni provinciali in tema di determinazione del valore � definitivo, 
salvo il ricorso all'autorit� giudiziaria per grave ed evidente 
error� di apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo 
nella determinazione del valore: skch�, l'azione dinanzi al giudice ordinario 
si pone come una vera impugnativa della decisione della Commissione 
provinciale, che, in caso di accoglimento della domanda, deve 
essere annullata perch� la stessa commissione possa poi pronunciare di 
nuovo sul merito (Cass., SS.UU., 8 maggio 1967, n. 896). Ora. a meno m

�.�.;..: 

di non voler vedere, contro i principi, nella detta ipotesi, un caso di @ 

~;~:�=:

annullamento da parte del giudice ordinario di un provvedimento di 
amministrazione attiva, deve riconoscersi che la pronunzia di annulla


I 

mento riguarda un provvedimento che attua una garanzia giurisdizio[
fil@i

nale e, in tale sua essenza, � assoggettabile al controllo del giudice 
ordinario. llir* 


Ritenuta la duplicit� dei giudizi, si obietta, per�, che non si ravvisa l\H 
la ragione per cui la decisione del giudice ordinario dovrebbe sostituirsi 
a quella della Commissione tributaria relativa al medesimo rapporto, 
una volta esclusa una relazione di competenze funzionali di impugnazione. 


lii~i[

�� 

~~~21'll1117~,.J 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 547 

Ma, a parte l'osservazione che tale rapporto funzionale, come ora 

s'� visto, sussiste talvolta nella legge, s'� gi� detto che non di .sostitu


zione si tratta, bens� di provvedimenti con diverso contenuto e diversi 

effetti, relativi a fasi progressive di un'attivit� che (rivolta a stabilire 

un'obbligazione di dare a carico del cittadino ed a favore dello Stato 

sovrano, in attuazione dei �principi di libert� e di democrazia propri 

della moderna concezione dello Stato di diritto) il legislatore ha inteso 

sottoporre a controllo giurisdizionale in ogni sua fase, con i mezzi gpeci


flci utilizzabili per ciascuna di tali fasi, secondo i criteri fondamentali 

dell'ordinamento. 

Se questa � la funzione delle Commissioni tributarie, se questi 

sono gli effetti delle decisioni da esse emesse, il loro inquadramento 

nell'ambito delle giurisdizioni appare corretto: gli argomenti formali 

o secondari che in vario senso possono addursi sulla questione, anche 
�{le non fossero privi di concludenza univoca, non potrebbero prevalere 
'~ quelli sostanziali e di struttura fin qui svolti. 
���.. Elemento formale di scarsissimo rilievo, secondo le stesse sentenze 
�, Corte Costituzionale, � quello relativo alla qualificazione di Com"
lpi 
�amministrative�, attribuita dal 11'.d.J.. n. 1639 del 1936 agli 
collegiali istituiti per �la :risoluzione in via amministrativa� 
";l:troversie tributarie. Tale elemento formale, che ripete agget


V.i leggi dell'epoca dell'unificazione della J.egislazione italiana 
';;cazione politica dello Stato, trova contrapposti nelle pi� 
\joni che le Commissioni � giudicano �, che le loro decisioni 
.ad 
� appelJ.o �, e a �revocazione�, e nello sviluppo del 
\rutturato su principi propri del processo giurisdizionale 

.decisivo � il rilievo dato alla posizione, rispetto alla 

V:anziaria, dei componenti delle Commissioni, posi


.'Q 
rispondente al pr1ncipio costituzionale dell'indi


.�.. in considerazione. dei criteri di nomina, della 

\ 
potere di revocare la nomina e di dichiarare 

enti, del potere di scioglimento delle Commis


't� amministrative. 

'rato in sede dottrinale, il rilievo pu� essere 

domandarsi se non ci si trovi in presenza 

Jtite illegittime, quando J.e norme stesse limitano 

,...1 
collegio giurisdicente �in violazione degli artt. 104 

~�tituzione. Pu� poi rispondersi, con le parole stesse della 

.,tituzionale (sent. 13 luglio 1963, n. 132; 3 dkembre 1964, 

~) che �i membri delJ.e Commissioni distrettuali (e l'apprezzamento 

.ii pone in termini analoghi per i membri delle altre Commissioni tribu


tarie) non sono soggetti all'Irntendente di Finanza, ma, al pari degli altri 

giudici, sono soggetti solfanto alla legge. Ed invero l'art. 27 del r.d.l. 

llij 

Ir,: 
11 

_.,~~~~~,~~Ai!P'PJ 
] 


548 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, stabilisce 
espressamente che il giudizio dei componenti le commissioni sar� 
indirizzato esclusivamente all'applicazione della legge e aggiunge che 
essi hanno tutti identica funzione, esclusa ogni particolare rappresentanza 
di interessi territoriali, di categoria o di parte > : posizione di 
indipendenza che la Corte Costituzionale ha ravvisato non pregiudicata 
n� dal potere di scelta tra persone da aJ.tri designate a componenti delle 
Commissioni (potere attribuito all'autorit� amministrativa), n� dal vincolatissimo 
potere della stessa autorit� di revocare la nomina o di dichiarare 
la decadenza dalla carica delle persone nominate: in ci� 
ottenendo il consenso senza riserva della dottrina. 

Privo di consistenza '� anche l'altro rilievo che le Commissioni 

tributarie giudicano con un numero variabile di membri (art. 18 r.d. 

n. 1516 del 1937). 
L'argomento implica solo che nel sovrano apprezzamento della legge 

� il numero minimo dei componenti che rileva nella composizione del 

Collegio giudicante, mentre il maggior numero eventuale � previsto p~ 

esigenze di pratico funzionamento delle Commissioni in relazione al 

carico di lavoro ed al carattere non professionale dell'attivit� giudicante 

dei componenti. 

La stessa Corte costituzionale, del resto, come � stato rilevato da 
pi� parti, nella particola!l'e formazione che assume per i giudizi di accusa 
di cui all'art. 135, ultimo comma, della Costituzione, giudica con tutti 
i giudici della Corte, ordinari ed aggregati, che non siano legittimamente 
impediti ma con non meno di ventuno giudici, dei quali i giudici aggregati 
debbono essere in maggioranza (art. 26, I. 25 gennaio 1962, n. 20): 
� sicch� la composizione del Collegio varia in relazione a fatti casuali, 

pur essendo tale attribuzione della Corte di natll!l'a giurisdiziionale. 

Scarsa consistenza presenta poi l'argomento che attiene al ,potere 

residuo che alcune Commissioni hanno conservato di aumentare il valore 

imponibile, risultante dall'accertamento opposto, o di ordinare l'integra


zione dell'accertamento sulla base di elementi indicati dalle Commis


sioni stesse. 

Com'� stato accennato innanzi, il potere di aumentare di ufficio la 
base imponibile � stato soppresso in materia di imposte dirette ed � 
stato soppresso perch� s'� ritenuto non pi� consono ai principi ammettere 
che gli organi giudiziari (estranei all'amministrazione attiva) possano 
giungere addirittura a sostituirsi all'amministrazione stessa anche 
nell'atto di accertamento (Relaz. Comm. Finanza e Tesoro del Senato 
alla 1. 5 .gennaio 1956, n. 1). Se la soppressione non � stata estesa agli 
altri tributi ci� deve attribuirsi, qu~di, non alla natura amministrativa 
delle Commissioni, bensi ad una delle frequenti deficienze di collegamenti 
nell'esercizio della funzione legislativa, quando questa � svolta 
in settori differenziati della medesima categoria di rapporti. Comunque, 

r&rMl&'fillfffillllrwmr&Er@r&fmff&r:mrwr&c1rr0rr;mr0mmmrrr~rrrrnmMr1Mim1&@rmrninMrrrwrnn111mr0d@ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 549 

non si vede perch�, sul piano dell'interpretazione del sistema del contenzioso 
tributario, dovrebbe darsi prevalenza alla residua commistione 
di funzioni delle Commissioni in un settore della finanza pubblica, retaggio 
di strutture antiche, e non alla ciI1costanza che per altro settore 
tale commistione di funzioni � stata di recente eliminata, con il dichiarato 
intento di seguire l'evoluzione moderna del sisteipa, che ha portato 
con sempre maggtore evidenza a qualificare giurisdizionale la funzione 
de11e Commissioni tributarie. Infine, proprio in relazione alle dette facolt� 
delle Commissioni, validissima dottrina ha osservato che compiti 
amministrativi svolgono eccezionalmente anche gli organi della giurisdizione 
ordinaria, i quali non per questo cessano di essere tali. 

In conclusione, quindi, appar�e fondato l'apprezzamento espresso da 
autorevole dottrina che le sentenze della Corte Costituzionale richiamate 
innanzi non recano un contributo di interpTetazione sistematica 
nuovo, rispetto a quello gi� criticamente vagliato e respinto da questa 
Corte Suprema e si limitano ad enunciare aspetti e profili del problema 
che, se pure giustificano i dubbi ricorrenti in dottrina intorno all'arduo 
dilemma, non dimostrano la loro incompatibilit� logico-giuridica con 
la natura giurisdizionale delle Commissioni tributarie. 

Ritenuta, perci�, l'ammissibilit� del ricorso, deve procedersi al-
l'esame del merito di esso. 

I riicorrenti, nel primo motivo, denunziano violazione e falsa applicazione 
degli artt. 2247, 2285, 2297 e.e., dei principi in materia di 
societ� irregolari, degli artt. 1'8 ed 87 tariffa all. A della J.egge di registro 
ed infine vizi di motivazione su un punto dedsivo. Essi sostengono che 
se � vero che la societ� di fatto comincia ad esistere, nei riguardi del 
fisco, nel momento in cui ne viene accertata l'esistenza, d� non significa 
che non ne possa essere considerata �ed apprezzata l'esistenza in data 
anteriore all'atto di enunciazione. La Commissione Centrale non poteva, 
quindi, rifiutare di valutare le prove offerte dai contribuenti circa la 
preesistenza di una societ� di fatto rispetto all'atto di enunciazione e 
circa la configurabilit� del recesso da tale societ�: tanto pi� che nella 
specie la dismissione della quota da parte di Maria Grazia Filiberti non 
veniva discussa e costituiva, anzi, il presupposto de11'assunta imposizione 
tributaria. 

Aggiungono i ricorrenti nel secondo e nel terzo motivo che la 
Commissione non ha prestato alcuna considerazione al problema della 
trasformazione della comunione ereditaria sulla fonderia in una societ� 
commerciale, per effetto della continuazione della gestione dell'azienda 
da parte degU eredi. La gestione comune dell'azienda, durata otto anni, 
aveva nella specie fatto acquisire anche alla Maria Grazia Filiberti la 
qualit� di socia della societ� costitu:ita per tale gestione: di conseguenza 
era configurabile il di lei recesso dalla societ�, recesso che comportava 


550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la non applicabildt� dell'art. 18 delLa legge di registro, �che non contiene 
nessuna disposizione relativa alla �cessione delle quote sociali. 

Ad ogni modo, concludono i ricorrenti, tale norma concerne i contratti 
verbali di cessione della propriet� di un'azienda e non anche il 
trasferimento di una quota di aziend~, che ha diveriso contenuto giuridico 
e concreto (violazione sotto altri profili degli artt. 2247, 2285, 2297, 
in rapporto agli artt. 2248, 1100; 2255 e segg. c.�c., nonch� dell'art. 18 

1. 
reg..e vizio di motivazione). 
Le censure sono prive di giuriidico fondamento. 
La Commissione ha preso atto che, nell'istrumento per not. Pedoja, 
registrato a Gallarate il 3 gennaio 1956, Luciano e Giancarlo Filiberti 
avevano dichiarato di vol�r procedere alla regoLarizzazione -in societ� 
in nome �Collettivo -della societ� di fatto tra essi due esistente, 
denominata Fonderia Luigi Filiberti di eredi Filiberti e derivata dalla 
ditta individuale Luigi Filiberti, per effetto della successione apertasi 
alla morte del titolare. 

Essendo la detta enunciazione, nel significato tecnico che tale nome 
assume nella legge di r�egistro (art. 62), limitata alla convenzione verbale 
di costituzione della societ� di fatto tra i due fratelli Luciano e Giancarlo 
Filiberti, non poteva �dirsi enunciata la costituzione. della precedente, 
diversa :societ� di fatto tra tutti e tre i figli, eredi di Luigi Filiberti, 
in essi compresa la Maria Grazia. 

Ora, la societ� di fatto, agli eflletti specifici de1la legge del registro, 
comincia ad esistere soltanto quando l'esistenza viene denunciata all'ufficio 
ai fini dell'applicazione della relativa imposta e pi� precisamente 
quando l'atto che la costituisce o che, sia pure in via di enunciazione, 
ne afferma l'esistenza viene presentato per la registrazione (Cass., 12 
novembre 196�5, n. 2357). 

Di conseguenza de1la �asserita societ� di fatto tra i tre fratelli, non 
dsultante nei modi previsti dalla legge del registro, legittimamente� 
l'Amministrazione finanziaria non ha tenuto �conto. Tanto pi� che tale 
societ� di fatto neppure doveva necessariamente ipresupporsi, essendo 
possibile che l'azienda venga esercitata non da tutti ma solo da uno o 
da alcuni dei coeredi, nel qual caso la comunione incidentale � limitata 
all'azienda come relitta dal de cuius, con gli elementi materiali e immateriali 
esistenti �al momento dell'apertura della successione, mentre 
il successivo esercizio di essa, con gli incrementi personalmente apportati 
dal �coerede o dai �Coeredi gestori, non pu� essere imputato che a 
costoro ed alla societ� da essi �costituita (Ca.ss., 10 giugno 1968, n. 1810). 

D'altra parte, nella specie l'obbligazione tributaria � stata accertata 
esistente non in base ai principi de1l'enunciazione, ai quali esclusiva-� 
mente si riferiscono le sentenze richiamate dai ricorrenti, bensl in applicazione 
del diverso istituto dei cosiddetti trasferimenti presunti, rego


~ 

J, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 551 

lati nell'art. 18 1. registro. Dispone tale norma, fra l'altro, che i contratti 
verbali di cessione della propriet� di un'azienda industriale debbono 
essere denunziati e sottoposti a registrazione a cura delle parti interessate, 
nelle forme previste dall'art. 79, entro venti giorni da quello in 
cui i contratti medesimi ebbero principio di esecuzione. 

In mancanza di denunzia, per procedere d'ufficio basta il fatto che 
�si abbia prova di ,convenzione che faccia presumere legalmente nel 
nuovo possessore il diritto di propriet��. 

Nella specie appunto, in mancanm di denunzia specifica, l'ufficio 
del registro ha presunto l'esistenza di contratto verbale di cessione 
della quota di compropriet� dell'azienda industriale spettante ad Anna 
Maria Filiberti daU'esibizione dell'atto con il quale Luciano e Giancarlo 
Filiberti si erano qualificati unici componenti della societ� di fatto 
costituita per la gestione della fonderia, proveniente dall'eredit� paterna 
e tale azienda avevano posto come oggetto dei rispettivi conferimenti: e 
non era affatto tenuto l'ufficio a presumere invece� la costituzione di 
una societ� di :futto tra i tre fratelli, conce:mente la gestione dell'azienda 
comune, sia perch� il cennato articolo 18 non :fa riferimento a tale fatto 
giuridico, sia perch� dalla convenzione registrata non si ricavano elementi, 
tanto meno elementi univoci, da porre a base della presunzione 
di costituzione di tale societ� e del successivo recesso da essa di Maria 
Grazia :miliberti. 

La presunzione cosi affermata daU'Ufficio ammetteva prova conria, 
ma tale prova che nell.a specie i rkorrenti intendevano ricavare 
daUa costituzione della societ� fra i tre fratelli, cio� daU'esistenza di 
un contratto avente tale oggetto, imphlcava che il contratto stesso dovesse 
essere registrato con ilpagamento dell'imposta prevista dall'art. 81 
della tariffa all. A, perch� potesse esser fatto valere nei confronti della 
Amministrazione finanziaria e perch� potesse pretendersi la registrazione 
a tassa fissa dell'asserito successivo atto di recesso della Maria Grazia 
Filiberti. 

Infondata � anche la tesi accennata nel terzo motivo del ricorso, 

cio� .che il cennato art. 18 non ,concerne la vendita di quota di azienda, 

ma solo il trasferimento dell'intera azienda. Lia locuzione generica usata 

in detta norma, relativa a �contratti verbali di cessione di propriet�... 

di un'azienda di industria o commercio�, messa in relazione alla dispo


sizione �generale dell'art. 1 defila legge, che assoggettata a registrazione 

ed a pagamento delle tasse refative le trasmissioni della propriet�, del-

l'usufrutto, dell'uso o del godimento di beni o di altro diritto reale, 

cio�, in genere, tutti gli atti traslativi di diritti reali (ved. anche art. 1 

tariffa aU. A) convince 'che sono soggetti a registiiazione, anche ai sensi 

dell'art. 18, le �convenzioni relative a trasferimenti di quote di aziende 

industriali. -(Omissis). 

13 


552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2�0 giugno 1969, n. 2176 -Pres. Tavolaro 
-Est. Leone -P. M. Criscuoli (conf.) -Molina (avv. Milanesi) 
c. Ministero delle F�inanze (avv. Stato Avella). 

Imposta di registro -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione 
non di lusso -Vendita isolata.di negozi -Inapplicabilit� delle agevolazioni. 


(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17; 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1; 1. 2 dicembre 
1967, n. 1212, disposizioni legge in gen., art. 15). 
La riduzione delle imposte di trasferimento disposta dall'art. 17, 
primo comma, della l..2 luglio 19:49, n. 408, non spetta alle vendite 
isolate di negozi, perch� � tuttora in vigore la espressa esclusione di 
tale beneficio, stabilita dai successivi commi secondo e terzo, quando 
la vendita di negozi non sia conclusa con lo stesso atto di trasferimento 
dell'intero fabbricato o concerna negozi considerati unitd economiche 
a se stanti (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso il Molina denunzia 
violazione �degli artt. 17, 1. 2 luglio 1949, n. 408, 1 1. 6 ottobre 
1962 n. 1493, unico 1. 2 dicembre 1967 n. 1212; 15 delle disp. sulla 
legge in .generale, nonch� falsa applicazione del secondo e del terzo 
comma del citato art. 17 della legge n. 408, del 1949. Egli sostiene che 
la lettera e 1a ratio dell'art. 1 della legge n. 1493 del 1962 dimostrano 
che il legislatore ha inteso sottoporre alla medesima disciplina sia la 
vendita li:solata degli uffici sia la vendita isolata dei negozi. E poich� 
alle vendite isolate degli uffici vanno concesse le agevolazioni previste 
d:alla legge n. 408 del 1949 e successive proroghe, anche Je vendite 
isolate dei negozi fruiscono dello stesso trattamento di favore. Invero 
le disposizioni dei comma seeondo e terzo dell'art. 17, 1. n. 408 del 1949, 
in quanto incompatibili con quella dell'art. 1 della 1. n. 1493 del 1962, 
debbono ritenersi tacitamente abrogati. Anche in �Considerazione del 

(1) Sulla importante questione relativa alla applicabilit� alle vendite 
isolate di negozi dei benefici fiscali di cui all'art. 17 della I. 2 luglio 1949, 
n. 408 � sfata pubblicata in questa Rassegna. 1969, 1, 336 la sentenza della 
Cqrte App. Napoli, 23 novembre 1968, n. 2563 (con nota di LAPoRTA) che 
aveva gi� accolto la tesi negativa sostenuta dalla Amministrazione. 
In quell'occasione si � segnalato che la stessa questione era stata 
sottoposta all'esame della Cassazione. Ora, con la sentenza in esame, le 
Sezioni Unite della Cassazione, ripudiando le contrarie affermazioni di 
cui alla sentenza, Sez. I, 21 m.arzo-20 giugno 1969, n. 2178, hanno condiviso 
la stessa soluzione negativa, e tale pronuncia pu� ben dirsi definitiva in 
argomento. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 553 

chiaro disposto dell'art. 1 della I. 2 dicembre. 1967, n. 1212 (applicabile 
alla specie come jll!S superveniens), interpretativo della legge citata del 
1962, non si pu� dubitare che i benefici suddetti sono �concessi anche 
aUe vendite isolate dei negozi. 

Nella memoria il ricorrente deduce, per il caso che l'interpretazione 
da lui propugnata non sia accolta, che il secondo ed il terzo comma 
dell'art. 17 della I. 2 luglio 1949, n. 408 sono ilJ.egittimi, perch� in 
contrasto �con l'art. 3 della Costituzione. 

Le �Censure sono prive di fondamento giuridico. 

Queste Sez. Un. sono informate del contrasto di opinioni in atto 
circa la questione che si agita nella presente controversia; e sono anche 
a conoscenza che la questione stessa � stata gi� esaminata dalla Sez. I 
di questa Corte con fa sentenza 21 marzo 1969 nella causa Amministrazione 
Finanze c; Ghezzi, che ha ritenuto spettare anche alle vendite 
isolate di negozi il beneficio della riduzione delle imposte di trasferimento, 
disposto .nel primo �comma dell'art. 17 della l. 2 luglio 1949, 

n. 408, in quanto l'espressa .esclusione del beneficio, stabilita nei .successivi 
comma secondo e terzo, sarebbe venwta meno per effetto dell'art. 
1 defila ~-6 ottobre 1962, n. 1493 -interpretato autenticamente 
con la I. 2 dicembre 1967, n. 1212 -allorch� ha disposto che le .agevolazioni 
previste per le case di abitazioni dalla I. n. 408 del 1949 si 
appHcano anche agli uffid e negozi. 
Queste Sez. Un., riesaminata a fondo la questione, giudicano che 
il benefido non spetti, perch� permane l'espressa esclusione da esso 
dehla vendita di negozi, quando non sia conclusa con lo stesso atto cli 
trasferimento dell'intero fabbricato o concerna negozi considerati unit� 
economiche a se stanti: e che, pertanto nella specie, debba essere confermata 
la decisione della Commissione Centrale delle imposte che �in 
tal modo ha provveduto. 

La :I. 2 luglio 1949, n. 408, fonte inesauribile di gravi controversie, 
tali da rendere necessario il ripetuto intervento interpretativo e chiarificatore 
del legislatore, volendo favorire l'incremento della costruzione 
di case di abitazione non di lusso, ha stabilito varie agevolazioni tributarie 
per le dette case di abitazioni, anche se comprendono uffici e negozi 
(locuzione non appropriata della norma, che evidentemente si riferisce 
ai fabbricati per case di abitazioni, costituiti in parte da uffici e negozi) : 
tali benefici vrunno dalla esenzione dell'imposta fabbricati (art. 13) e 
dalla riduzione delle imposte sui contratti di acquisto delle aree, sui 
contratti di appalto e sui contratti di finanziamento (artt. 14 e 15), alla 
esenzione dell'imposta di consumo sui materiali da costruzione ed alla 
riduzione delle imposte sui trasferimenti, in un determinato periodo di 
tempo, degli immobili costruiti (art. 17). Quest'ultimo beneficio presenta 
la particolarit�, rispetto agli altri ora detti, di riferirsi ad una fase 
successiva alla costruzione dei fabbrtcati, nella quale questi presentano 

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554 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

specificit� di caratteri costruttivi e di destinazione economica: in questa 
fase sono agevolati i trasferimenti delle case costruite ai sensi dell'art. 13 
della legge (cio�, come s'� detto, le case di abitazione anche se comprendono 
uffici e negozi, costruite in certo periodo di tempo), mentre 
sono espressamente escluse dal beneficio la vendita di negozi, che non 
sia effettuata con lo stesso atto con cui � trasferito l'intero fabbricato 
e la vendita isolata di negozi, �che costituiscano unit� economiche a s� 
stanti (art. 17 citato, comma secondo e terzo). 

La norma, quindi, letta nel significato positivo ed attributivo, concede 
il beneficio della ridu:llione dell'imposta sui <trasferimenti, oltre 
che ai trasferimenti di case e di uffici, anche alla vendita di negozi, 
effettuata �con lo stesso atto di trasferimento dell'intero fabbricato; ~ 
presente nella considerazione della norma la vendita dei negozi di nuova 
costruzione ed � presente con la netta distinzione tra vendita effettuata 
con lo stesso atto �con il quale viene trasferito l'intero fabbricato e vendita 
conclusa con atto �Separato o vendita isolata di negozi, che costituiscono 
unit� economiche a s� stanti. 

Se da tale contenuto della norma si cerca di ricavare la ratio legis 
dell'inclusione nel beneficio di alcune vendite di negozi e di esclusione 
di altre vendite di tali locali, pare necessario identificare la ratio stessa 
nelfa .considerazione che l'interesse pubblico alla costruzione di case 
per abitazione porta anche a favorire i trasferwenti che concorrono a 
:realizzare tale interesse pubblico con la concreta destinazione delle 
costruzioni ad abita2lioni o a sedi di attivit� professionali e simili (uffici 
in genere) e pu� spingersi fino a :l�avorire strumentalmente fa speculazione 
dehl.'imprenditore che alieni n risultato complessivo della sua 
realizzazione edilizia; ma non pu� spingersi a considerare con favore, 
sia rpure indirettamente, la speculazione degli imprenditori commerciali 
che per lia loro attivit� hanno bisogno di locali di vendita e che verrebbero 
a lucrare ingiustificatamente (in aggiunta ai benefici eventualmente 
concessi da altre leggi per le attivit� di commercio) l'importo 
della riduzione dei tributi di trasferimento, che normalmente fanno 
carico agli acquirenti, nei rapporti interni t~a i contraenti delle vendite. 

I� noto che la 1. 2 lug.Uo 1949, n. 408, ha dato subito luogo alla 
questione relativa alla nozione di � case di abitazione anche se comprendono 
uffici e negozi � : � apparso pacifico �che le unit� immobiliari 
di uffici e negozi doves,sero essere in proporzione ridotta rispetto a quelle 
destinate ad abitazione nel medesimo fabbricato, ma non � stato identifkato 
con sicurezza il criterio di proporzione, ravvisato dagli organi 
finanziari in un certo rapporto tra i redditi dei locali (in applicazione 
del sistema adottato dalla 1. 11 luglio 1942, n. '843, in tema di imposta 
sui fabbdcati), mentre gli organi giudiziari stabilivano che doveva essere 
prevalente la superficie destinata a case di abitazione rispetto a quella 
occupata da uffici e negozi. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 555 

Proprio per dirimere tale contrasto � stata emanata la I. 6 ottobre 
1962, n. 149'3, che, nell'interpretazione di questa Corte Suprema, ha 
introdotto, quanto all'applicazione dei benefici fiscali ai locali destinati 
ad uffici e negozi, un preciso limite, stabilendo che i benefici competono 
sempre che ai detti locali sia destinata una superficie non eccedente 
il quarto di quella totale dei piani sopraterra (Cass. 11 giugno 1964, 

n. 1456). 
Opportunamente la difesa dell'Amministrazione, nella memoria, ha 
ricordato quanto si legge nella relazione ministeriale al disegno di detta 
legge. La relazione, premesso �che in virt� della legge del 1949 gli uffici 
e negozi possono beneficiare delle facilitazioni tributarie, se sono � compresi 
� in case di abitazione, cio� non solo se facciano parte di un fabbricato 
destinato in parte anche ad abitazioni ma altresl se la parte 
destinata ad abitazione sia prevalente rispetto a quella destinata ad 
uffici e negozi, richiama il contrasto interpretativo in ordine al criterio 
per stabilire tale prevalenza ed afferma � la necessit� di risolvere una 
volta per tutte la controversa questione in via legislativa � : necessit� 
cui s'� provveduto con l'art. 1 del diseg�no di legge, illu.strato con \la 
relazione, in via di interpretazione della legge del 1949. 

Se questa � stata la genesi e \la finalit� della legge del 1962, � evidente 
che, se un � quid novi � essa ha introdotto nella disciplina normativa 
della materia, questo quid � rappresentato solo dalla determinazione 
specifica del criterio di prevalenza .delle ab�ltazioni rispetto agli 
uffici e negozi del fabbricato da considerare agli effetti delle facilitazioni 
tributarie non dall'introduzione di una radicale modificazione dello 
stesso sistema di benefici tributari, !in attuazione di una �:ratio� intrinsecamente 
diversa da quella ispiratrice della legge del 1949, tale da 
prendere in considerazione e favorire .,---e questo implicitamente anche 
quelle situazioni speculative che nella legge del 1949 erano state 
ritenute estranee agli interessi pubblici da tutelare e che, certo, medio 
tempore non avevano cambiato natura economica o giuridica. 

Del resto le .locuzioni testuali dell'art. 1 della I. 6 ottobre 1962, 

n. 1493 non pare che consentano consistenti dubbi sul punto che con 
essa non s'� presa in considerazione la situazione dei negozi, per un 
trattamento ad essi specifico, volto ad eliminare l'esclusione dai benefici 
fiscali del\l.e vendite dei negozi, gi� stabilita dai comma secondo e terzo 
dell'art. 17 della I. n. 408 del 1949. Il detto art. 1 afferma semplicemente 
che le agevolazioni fiscali previste per le case di abitazione dalla legge 
del 1949 e da altre leggi successive sono applicabili anche ai locali 
destinati ad uffici e negozi, quando a questi ultimi (cio� ai negozi, secondo 
l'interpretazione autentica data con la 1. 2 dicembre 1967, n. 1212) 
sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale nei 
piani sopraterra: precisandosi cos� il sistema complessivo delle agevolazioni 
fiscali per le costruzioni edilizie, ma senza considerare n� le 
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556 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

singole agevolazioni, !Ill� le ,categorie di atti comipresi o esclusi dai benefici 
fiscali, materia questa che non aveva dato luogo a diretti contrasti 
di interpretazione o di applicazione della disciplina normativa. 

Quando, perci�, nella richiamata sentenza Finanze-Ghezzi si afferma 
che c'� qualche cosa di nuovo nella legge del 1962 rispetto a quella del 
1949, perch� si dispone che le agevolazioni previste da tale ultima legge 
si applicano anche agli uffici e negozi, si parte da una considerazione 
imprecisa della legge del 1949, che gi� nel testo originario non si applicava 
solo �lle case di abitazione, ma, come s'� detto innanzi, ai fabbricati 
per case di abitazione anche se comprendenti uffici o negozi: e, 
naturalmente, si arriva a risultati non validi sul piano della logica 
ermeneuti.ca, in quanto si attribuisce alla legge integrativa del 1962 
un contenuto innovativo, che essa non presenta, nella pretesa estensione, 
se si coI11Sidera che gli artt. 13 e 17 della I. n. 408 del 1949, gi� regolavano 
la materia delle agevolazioni tributarie alle vendite di uffici e 
ne�gozi, applicando i benefici alle vendite dei locali per uffici ed alle 
vendite dei locali di vendita al pubblico, se concluse contestualmente 
al trasferimento dell'intero fabbricato. Consegue ulteriormente che l'approfondita 
indagine ivi svolta circ,a il carattere interpretativo o innovativo 
della legge del 1962, pur essendo corretta, si presenta sfuocata 
e non conclusiva, dato che il contenuto innovativo della legge del 1962, 
in ogni caso, non � quello ritenuto nelJa citata sentenza. 

Questa, al rilievo molto calzante che, se avesse voluto provvedere 
ad eliminare l'esclusione dai benefici di qualsiasi vendi<ta dei negozi, 
la legge del 1962 non avrebbe avuto ragione di menzionare anche gli 
uffici, che invece menziona unitamente ai negozi, replica attribuendo 
al provvedimento normativo un intento di chiarificazione anche sul punto 
del regime tributario dei tras:ferimenti dei locali destinati ad uffici; ma 
simile in.tento risulta essere estraneo alle rappresentazioni formative 
della mens legis indicate nella cennata relazione al disegno di legge 
divenuto poi la I. n. 1493 del 1962 ed � respinto dalla struttura letterale 
e logica defilo stess�o testo dell'art. 1 di tale legge, nella quale uffici e 
negozi sono considerati insieme, perch� insieme debbono concorrere a 

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formare la superficie proporzionale minore dei locali non destinati ad 

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abitazione nell'intero fabbricato. 'ii 

Infine, l'argomento addotto a conferma della tesi accolta nella cennata 
sentenza, cio� che la concessione di agevolazioni, prima non spettanti, 
alle vendite di negozi troverebbe spiegazione nella contestuale 

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diminuzione percentuale (dal 49 al 25 per cento) della porzione di fab~
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bricafo destinabile teoricamente a negozi, appare non conforme al principio 
che i benefici fiscali di natura obiettiva debbono trovare la ragione 
giustificatrice in un interesse specifico della collettivit�: interesse che, 
nella specie, non pu� certo ravvisarsi nella minore consistenza di un 
fatto economico di speculazione privata, gi� escluso dai medesimi bene-


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 557 

fici tributari, proprio in considerazione di tale carattere speculativo. 
Il r1corrente eccepisce, come s'� visto, nella memoria, che con la 
mteripretazione qui accettafa il secondo e terzo comma dell'art. 17 della 

l. n. 408 del 1949 sarebbero costituzionalmente illegittimi, perch�, in 
violazione del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, 
favorirebbero solo i cittadini economicament� pi� qualificati, .che possono 
comprare l'intero fabbricato costituito da abitazioni, uffici e negozi. 
La deduzione � palesemente infondata, perch� il principio della 
eguaglianza dei cittadini davanti alLa legge ha inteso assicurare agli 
stessi parit� di diritti e di doveri quali componenti dell'unico consorzio 
civile e partecipi della medesima organizzazione politica, economica e 
sociale del Paese, ma non impedisce che il legislatore, nel dettare la 
disciplina normativa di una fattispecie astratta, tale fattispecie tipica 
possa stabilire in un atto economico di un determinato contenuto, eguale 
per tutti i consociati, anche se, per il contenuto cos� stabilito, l'atto 
economico non sia alla portata di tutti i cittadini. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2303 -Pres. 
Flore -Est. Tamburrino -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Eraclea (avv. Uckmar). 

Imposta generale sull'entrata -I.G.E. all'importazione -Importazione 
di nave armata -lntassabilit�. 

(I. 19 giugno 1940, n. 762, art. 17). 
Non � tassabile con la imposta detta � I.G.E. all'impOTtazione > di 
cui all'art. 17 della l. 19 giugno 19.40, n. 762, la imvortazione in Italia 
di una nave straniera armata, che abbia formato oggetto di compravendita 
tra un imprenditore commerciale marittimo straniero ed un 
imprenditore commerciale marittimo italiano, aiza cui impresa commerciale 
.di navigazione la nave medesima sia destinata (1). 

(Omissis). -L'unico mezzo di gravame attiene ana questione fondamentale 
dibattuta nelle :fasi di merito, relativa all'assoggettamento 

(1) In questa Rassegna (1968, 1, pag. 1063) si � data notizia del contrasto
� giurisprudenziale formatosi in seno alla prima sezione della Corte 
di Cassazione in ordine alla nota questione della tassabilit� ex art. 17 della 
legge n. 762 del 1940 della importazione dall'estero di nave armata, e si 
� -preannunciato che in proposito si era in attesa di nuove pronuncie delle 
Sezioni Unite. 
Con la sentenza in rassegna e con altre di pari data da n. 2304 a 

n. 2310 le Sezioni Unite hanno ora deciso la detta questione in senso 
sfavorevole alla Amministrazione e non � dato prevedere un mutamento 
di tale giurisprudenza. 

558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

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o meno della nave armata, importata dall'estero, alla cosidetta imposta j 
I.G.E. alla importazione, previ.sta dall'art. 17 della I. 19 .giugno 1940, 
! 

n. 762. Il problema che ha dato luogo a notevoli dubbi e discussioni, i 
tanto da essere stato risolto diversamente da questa Corte Swprema 
(e tale contrasto di giurisprudenza ha portato alla assegnazione del 
presente rko11so alle Sez. Un. ai sensi dell'art. 374, secondo comma, 

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c.p.c.) presuppone la precisa determinazione della natura delle norme 
da applicare. � noto che la imposta generale sull'entrata fu istituita con 
la richiamata I. 19 giugno 1940, n. 762 (legge di conversione, con mo


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difi.che del r.d.l. 9 gennaio 1940, n. 2) e precisamen~e dall'art. 1 secondo 
cui �l'entrata in danaro o con mezzi di pagamento sostitutivi del denaro, 
conseguita da persone fisiche, da persone giuridiche e da enti di 
ogni specie tanto nazionali che stranieri, in corrispondenza di cessione 
di beni o di prestazione di servizi effettuate nello Stato � .soggetta ad 
una imposta proporzionale � nella misura e nelle modalit� stabilite dalla 
legge, Lo stesso art. 1 prevede esenzioni di carattere generale, tra .ie 

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quali alla -lettera a) del terzo comma � le somm� introitate a titolo di :~ 
capitale, le somme costituenti corrispettivo di alienazione di immobili, 
di aziende, di titoli pubblici e privati, ovvero dipendenti da accensione 
e da estinzione di debiti>. La stessa legge, poi, nel titolo VII dedicato 
aUe � importazioni ed esportazioni > contiene l'art. 17 secondo il quale 
� in corriSlpondenza dell'imposta stabilita dall'art. 1 della presente legge 
sulle merci importate dall'estero � dovuta, per il faitto obiettivo della 
importazione, una imposta � nella stessa misura > stabilita per \I.e entrate 
derivanti da trasferimento di merci nello Stato> (primo comma), imposta 
da corrispondersi �in modo virtuale alle dogane all'atto di sdoganamento 
della merce> (comma secondo). Negli articoli successivi dello 
stesso titolo si pongono le. disposizioni necessarie per la corresponsione 
(art. 18) quelle relative all'importazione temporanea (art. 19), all'esenzione 
dalla imposta di determinate merci, esenzioni stabilite particolarmente 
�agli effetti della importazione> (art. 20), nonch�, infine, quelle 
speciali per la esportazione (art. 21). 
Come dianzi accennato il problema posto a queste Sez. Un., in jjj 
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relazione alla presente fattispecie, in cui � stato pacificamente accertato fr< 

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in sede di merito (e da tale accertamento ovviamente non pu� decam


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parsi nella indagine giuridica che segue) che si � in presenza di nave 
�armata > venduta da un imprenditore. commerciale estero ad un imprenditore 
commerciale italiano e quindi importata per essere destinata f@

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ad una impresa commerciale di navigazione, si sostanzia nel quesito 

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se ad una siffatta nave, nelle suddette condizioni, possa o meno applicarsi 
la imposta istituita dall'art. 17 del:la legge del 1940. La sentenza 

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impugnata ha seguito la tesi negativa, della esclusione della imposta 
nel caso in esame (tesi seguita anche da un gruppo di sentenze di questa 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 559 

Suprema Corte; cio� daJ.la sentenza 14 novemcbre 1968, n. 3732 e dalla 
sentenza 9 febbraio 1969, n. 522). 

L'opinione si basa su due affermazioni fondamentali. In primo luogo 
la imposta di cui all:'art. 17 non sarebbe qualcosa di distinto e separato 
dall'imposta generale di cui all'art. 1 della stessa legge del 1940, perch� 
tra le due imposte vi sarebbe uno stretto parallel1smo, come risulterebbe 
dalla lettera e dalla �ratio� della legge istitutiva, onde non potrebbero 
non applicarsi �lla importazione ed alla imposta di cui all'art. 17, le 
esenzioni di carattere gen~rale, tra cui quella della lettera a) del terzo 
comma dell:'art. 1, nel senso che non potrebbero essere ritenuti soggetti 
al tributo per l'importazione quegli atti economici (alienazione di immobili, 
aziende e comunque movimenti di capitale) che non rientrano 
nel concetto di atti aventi ad oggetto �merci destinate allo scambio 
ed al consumo � e che perci� non sarebbero assoggettati alla imposta 
generale sull'entrata ove fossero posti in essere nel territorio nazionale. 
In secondo luogo la opinione in esame fa leva sul concetto di �merce�, 
di cui all'art. 17 della legge in esame ed esclude che la nave armata 
oggetto di compravendita tra due imprenditori commerciali possa configurarsi 
quale � merce � e ritiene che invece essa, poich� � in funzione 
di una impresa commerciale marittima, costituisca azienda e quindi il 
suo trasferimento tra i suddetti imprenditori commerciali non possa mai 
definirsi importazione di merce. 

L'opinione opposta � propugnata nel ricorso (e tale tesi � stata 
anche seguita dall'altro gruppo di decisioni di questa Suprema Corte 
e cio� da sei sentenze in data 31 ottobre 1968, nn. da 3641 a 3646, e 
dalla sentenza 14 novembre 1968, n. 3731). Questa seconda opinione 
fa anche essa leva sui medesimi punti dianzi accennati, ma in modo 
del tutto contrario. Cosi in primo luogo si afferma che dalla lettera e 
dalla ratio dell'art. 17, in relazione a quelle dell'art. 1 dovrebbe rilevarsi 
la completa indipendenza ed autonomia reciproca delle due imposte, 
collegate solo formalmente (stessa legge), occasionalmente e storicamente 
(stesso momento di introduzione), onde l'imposta di~cui all'art. 
17 che � dovuta per il sol� fatto obiettivo della importazione 
sarebbe dovuta solo e sempre che sussistano unicamente i requisiti e 
presupposti stabiliti dall'art. 17, le uniche esenzioni possibili sarebbero 
quelle, previste particolarmente per essa, dall'art. 20, mentre non potrebbero 
estendersi le esenzioni previste dall'art. 1 per la diversit� 
dell'imposta da questo articolo regolata. E parimenti, in secondo luogo 
si afferma che il concetto di merce di cui all'art. 17 andrebbe inteso 
nel�l'amrpio senso che le va dato in materia doganale (in quanto l'imposta 
di cui all'art. 17 sarebbe una vera e propria imposta doganale) e quindi 
in tale concetto rientra anche la nave importata, sia essa armata o 
non armata. 


560 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Queste Sez. Un., dopo attento ed approfondito riesame del1a questione, 
ritengono di dovere accedere alla tesi negativa, e cio� di dovere 
affermare il principio �che non � tassabile con l'imposta detta � I.G.E. 

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all'importazione � di cui all'art. 17 della 1. 19 giugno 1940, n. 762, la 
importazione in Italia di una nave straniera armata, che abbia formato 

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oggetto di compravendita tra un impMnditore commerciale marittimo 
straniero ed un imprenditore commereiale marittimo italiano, alla cui 
impresa commerciale <;li navigazione la nave medesima sia destinata. 
Tale affermazione si fonda.su un complesso di ragioni. 

� noto che l'imposta generale sull'entrata di cui aU'art. 1 della 
legge del 1940 mira a colpire ogni corrispettivo della prestazione di 
un bene o di un servizio, come risulta dalle specificazioni contenute 
negli artt. 2 e 3 della stessa legge: colpisce cio� ogni atto di scambio 
di ricchezza avvenuto nel territorio dello Stato in occasione dello svolgimento 
di un'attivit� economioa. Il che spiega l'esenzione prevista dalla 
lett. a) del terzo comma dell'art. 1, poich� se H presupposto dell'imposizione 
� il conseguimento di un'entrata come corrispettivo di una controprestazione 
(.cessione di un bene o prestazione di un servizio) appare 
chiaro che l'imposizione medesima non pu� colpire il movimento di 
capitali o le somme introitate come corrispettivo non di vendite o cessioni 
di beni destinati aUo scambio, ma di aziende. Quindi .gli scambi 
di ricchezza, le entrate dovute a cessioni di beni o a prestazioni di servizi 
sono colpite, quando tali atti economici sono compiuti nel territorio 
dello Stato. In tal guisa sarebbero rimaste fuori dell'ambito della imposizione 
le entrate provenienti dall'estero e le entrate o scambi di ricchezza 
conseguenti a importazioni di beni, cio� le entrate nel territorio 
nazionale di beni provenienti dall'estero e suscettivi di scambio e di 
produzione di ricchezza, produttivi di quei corrispettivi che sarebbero 
stati assoggettati all'imposta, se l'atto economico fosse stato posto in 
essere esclusivamente nel territorio nazionale. Tale evidente sperequazione 
ha voluto evitare la norma dell'art-17 introducendo, parallelamente 
alla imposizione generale sull'entrata, quando questa avvenga 
nel terititorio nazionale, una imposizione sull'entrata quando avvenga 
in conseguenza di immissioni dall'estero di beni destinati allo scambio 
ed al consumo (cio� di quegli stessi beni �che se scambiati o prodotti 
in Italia, sarebbero stati colpiti dall'imposizione generale). Di guisa che 
come il fatto o presupposto che d� luogo all'imposizione di cui all'art. 1 
� il fatto economico produttivo del bene o dell:a prestazione che d� 
luogo all'entrata, cosi il fatto che d� luogo all'imposizione di cui all'art. 
17 non pu� che essere l'importazione, che costituisce l'ingresso 
del bene nel territorio nazionale (e la suscettivit� di esso a produrre 
in questo ricchezza). E parimenti, poich� il parallelismo e la perequazione 
devono valere non solo dal lato positivo (imposizione) ma anche 
dal lato negativo (limiti dell'imposizione stessa ed esenzioni) altrimenti 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 561 

si cadrebbe nella sperequazione voluta evitare, come la imposizione di 
cui all'art. 1 colpisce i corrispettivi di prestazioni di beni o di servizio, 
escluso il movimento di capitali o il �corrspettivo di cessioni che non 
riguarda�no la prestazione o lo scambio di un bene, cosi la imposizione 
dell'art. 17 non pu� non colpire l'importazione e cio� l'ingresso nel 
territorio nazionale di merci, intese nel significato ristretto e proprio 
di beni destinati allo scambio o al consumo o alla produzione di altri 
beni e cio� suscettive di un significato economico analogo e parallelo 
a quello di cui sono suscettivi i beni scambiati e pi-odotti in Italia ed 
assoggettati all'imposta generale. Il parallelismo e la perequazione verrebbero 
meno e si sarebbe stato in presenza dell'introduzione di una 
imposta pi� ampia �e di cui non si spiegherebbe la causa giuridica ed 
economica d~ll'imposizione ove al concetto di merce si desse il significato 
amplissimo cui pure � dato da talune leggi, come da quelle doganali, 
relativa a qualsiasi cosa che venga importata o introdotta in Italia. 
Laddove la causa ecortomica e giuridica dell'imposizione di cui all'art. 17 
non � il colpire l'importazione o la cosa importata, perch� gi� v'� l'imposta 
doganale al riguardo, ma il colpire il bene o merce che viene 
dall'estero e che � produttivo nel territorio nazionale di quell'entrata 
che � colpita con l'imposizione introdotta dalla legge del 1940. Se in 
ci� consiste la causa dell'imposizione ed il suo presupposto, ne viene 
di conse.guenza che per quanto attiene all'attuazione di siffatti presupposti 
e cio� all'imposizione concreta, il legislatore non poteva estendere f 
f 

I �

puramente e semplicemente l'imposta di cui all'art. 1 alle importazioni, 
per la notevole diversit� del fatto impositivo, che nell'un caso � dato 
dalla produzione e dallo scambio del bene nel territorio nazionale e 
dall'entrata che sorge e si esaurisce in. questo territorio e nell'altro 
dall'ingresso del bene dall'estero.. Giustificata � quindi la differenza per 

I 

quanto riguarda il momento impositivo, che nel primo caso � dato dal ?: 

I ~ 

sorgere del bene o dal suo se.ambio e nel secondo dal suo ingresso nel 

territorio nazionale o dalla sua importazione; coID;e parimenti sono lo


giche le nuove modalit� di riscossione, che non possono non tener conto 

I 
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del fatto dell'import�azione,. del soggetto colpito che nell'ipotesi del-
l'art. 17 � sempre l'importatore. Perci� il legislatore per raggiungere :::~ 
il fine voluto, parallelo a quello raggiunto dall'art. 1 ha creato una 
particolare imposizione sistemata nel quadro generale dell'imposta sull'entrata 
pur con i suoi caratteri particolari, � quella che nella prassi 

w

economica, tributaria e giuridica, si � chiamata e si chiama con la signi-fil 

ficativa denominazione di � I.G.E. all'importazione > (cio� di una imposta f 

I.G.E. con riguardo al fatto particolare dell'importazione). Tale imposta f"ll 
particolare non �, per le ragioni suddette, imposta doganale, ma rientra, !"'" 
come d'altronde � pacifico, formalmente tra i diritti doganali, cio� tra # 
quei diritti che colpi,.,ono le merci imporlate per finalit� diver.e e la 
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~'i;~~;w~;'.C"~"""t;~�'=,,,,.,,,J 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

562 

cui disciplina l'art. 8 della legg~ doganale rinvia alle leggi che 11 
riguardano. 

Quanto si � detto risulta dall'intero sistema della legge e cio� dalla 
interpretazione letterale, logica, storica, sistematica delle norme introduttive 
e di tutto il sistema legislativo vigente riguardanti l'imposta 

I.G.E. all'importazione. Anzitutto non � fuor di luogo ricordare la relazione 
ministeriale sull'art. 17 della legge del 1940, in cui si dice che 
e scopo dell'art. 17 � quello di imporre all'acquisto della merce all'estero 
lo stesso trattamento tributario previsto per il trasferimento di merci 
all'interno '" Ma tale fine di perequazione e tale esigenza di pari trattamento 
risultano chiaramente -ad avviso di queste Sez. Un. -proprio 
dall'art. 17. In primo luogo tali finalit� risultano dalle. parole iniziali 
dell'art. 17, che chiariscono come l'I.G.E. all'importazione � istituita 
�in corrispondenza > dell'imposta stabilita dall'art. �i. A questa 
frase non pu� non darsi un concreto significato normativo e non il 
significato di mero accenno all'occaai�ne storica dell'imposta, che sarebbe 
fuori posto in una legge. L'unico significato vero della locuzione �in 
corrispondenz,a >, � quello sostanziale perequativo di attuare possibilmente 
l'unicit� di trattamento tributario che colpisca con le nuove 
imposizioni tutti i beni e tutte le merci suscettive di scambio, di con. 
sumo, di produzione, di entrate, siano sorte in Italia, sia provenienti 
dall'estero, onde evitare alle merci provenienti dall'estero una posizione 
di privilegio e di esenzione che mal si concilierebbe con la voluta 
e generalit� > dell'imposta sull'entr?-ta. Altrimenti verrebbe meno, come 
si � gi� accennato, la causa e la ragione stessa dell'imposizione e non 
si spiegherebbe perch� al momento dell'istituzione dell'imposta generale 
sull'entrata il legislatore avesse voluto istituire una diversa ed autonoma 
imposta nello stesso testo legislativo. Si tenta superare siffatto ostacolo 
ammettendo che il fine perequativo e la parit� di trattamento sono state 
solo �le occasioni >, e la corrispondenza occasionale : ma gi� con questa 
ammissione si ammette un fine perequativo e di uguaglianza, dal quale 
non possono poi non trarsi solo alcune conseguenze ed altre no. In secondo 
luogo non pu� non rilevarsi che per espressa disposizione dello 
stesso art. 17, la misura dell'I.G.E. all'importazione � stabilita in misura 
pari a quella fissata per le entrate derivanti da trasferimento di 
merci nello Stato. Dire che tale parallelismo riguarda solo la misura 
dell'imposta � un restringerne il senso: il parallelismo della misura 
dell'imposta appare conse,guente a quello sostanziale dell'oggetto alla 
imposizione. Poich� si � voluto che le merci importate dall'estero abbiano 
lo stes1so trattamento tributario delle merci trasferite nello Stato 
(e si noti che qui la legge, proprio per rendere evidente quel parallelismo 
non parla pi� di beni ma di merd) si � istituita l'I.G.E. all'importazione 
e si � stabilita per essa la stessa misura di tributo che per 
l'l.G.E. ordinaria. Sostenere il contrario significa dare all'imposta alla 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 563 

importazione generico carattere protezionistico che, oltre tutto, almeno 
nell'area del: Mercato Comune, sarebbe difficilmente compatibile con il 
trattato che lo concerne. D'altra parte quelli che, secondo la tesi propugnata 
dalla ricorrente sono � punti di frattura > tra le due imposte, 
in realt� tali non sono nel senso voluto dalla ricorrente medesima (di 
far venir meno il parallelismo suddetto) poich� riguardano esclusivamente 
l'attuazione dell'imposizione che non pu� non risentire dei fatti 
diversi che dell'una e dell'altra imposizi()l!le costituiscono il presupposto, 
per il raggiungimento delle medesime finalit�. Ben vero si cita l'espressione 
dell'art. 17 che stabilisce l'imposta �per il fatto obiettivo della 
importazione �. Ma ci� � conseguenza evidente della circostanza fondamentale 
che l'imposta colpisce la merce trasferita dall'estero in Italia. 
In tal 1caso evidentemente l'atto rilevante non pu� essere l'atto economico 
traslativo compiuto all'estero, ma quello della importazione, che 
introduce nello Stato la merce destinata allo 1scambio, al consumo, alla 
produzione, e produttiv�a di entrata di ricchezza nello Stato medesimo. 
Mentre nel caso dell'imposta generale di cui all'art. 1 l'atto economico 
rilevante (ed obbiettivamente rilevante anche esso) � dato dal trasferimento 
o dalla produzione, perch� essi avvengono gi� nel territorio 
dello Stato, producendo l'entrata immediatamente in questo territorio. 
Si cita ancora la diversit� delle modalit� di riscossione, ma ci� dipende 
dal: fatto dell'importazione, dalla disciplina di essa come diritto doganale 
e dalla comodit� della sua riscossione al momento dell'im,portazione. 
Si cita infine la circostanza soggettiva che ad essa � in ogni caso 
assoggettato l'importatore: ma anche qui vi � parallelismo poich�, mentre 
l'imposta ordinaria colpisce l'entrata dovuta alla cessione, produzione 

o scambio nel: territorio nazionale, obiettiv.amente in testa al soggetto 
dell'entrata, anche se costui nulla abbia guadagnato (Cass. 27 febbraio 
1953, n. 474), cosi l'I.G.E. all'importazione colpisce obbiettivamente il 
fatto dell'importazione rilevante che qui � in testa all'importatore. 
Conformemente al menzionato scopo della norma, il termine �merce 
., secondo l'art. 17 non pu� n�n essere inteso nel significato dianzi 
precisato di bene importato dall'estero e destinato al consumo, allo 
scambio, alla produzione nello Stato, similmente al concetto di bene 
di cui all'art. 1 della stessa legge, onde realizzare il raggiungimento 
di quel medesimo parallelo scopo. E che questo debba essere il significato 
di � merce � risulta da tutte le altre norme concernenti, nella 
legge del 1940, l'I.G.E. all'importazione. Anzitutto dall'art. 20 che concerne 
l'esenzione ai fini dell'importazione: esenzioni di carattere particolare 
collegate al particolare fatto dell'importazione, esenzioni che 
riguardano tutte �merci � nel senso suddetto: n� pu� avere valore il 
fatto che in queste esenzioni non sono mentovate quelle di cui all'art. 1 
e particolarmente alla lettera a) del terzo com1!la, giacch� da un lato 
si tratta di esenzioni collegate, come dice l:a stessa legge, al fatto della 


564 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

importazione e quindi peculiari all'I.G.E. all'importazione e dall'altro 
lato l'estensione anche per quest'ultima degli atti economici di cui alla 
citata lettera a) discende chiaramente dalla corrispondenza, cio� dal 
parallelismo tra le due imposte, di cui si � gi� parlato, ai fini del rag


giungimento dell'analogo fine impositivo e dal significato ristretto di 

merce innanzi P'recisato. Ancora questo significato risulta dagli artt. 19 
relativo �alle temporanee importazioni e 21, relativo alle esportazioni: 
.in questi due casi pure la regolamentazione dell'imposta sull'entrata 
presuppone il detto significato di �merce,, senza il quale od oltre il 
quale non pu� parlarsi di importazione temporane~ o di esportazione. 

Alle argomentazioni di cui sopra queste Sez. Un. devono aggiungere 
brevemente le seguenti che si traggono dall'intero sistema legislativo, 
cio� da tutte le leggi successi\re, modificative, chiarifkatrici ed estensive 
dell'imposta e del carico tributario. Leggi le quali tutte, senza eccezione, 
confermano da un lato il parallelismo e la corrispondenza dell'I.G.E. 
all'importazione con l'imposta ordinaria e dall'altro il ripetuto significato 
di �merce, a proposito dell'I.G.E. all'importazione. Va citata in 
primo luogo la l. 31 luglio 1954, n. 570 che istituisce e regola la cosid-

I

detta I.G.E. all'esportazi�ne, parallela all'I.G.E. all'importazione ed al


~ 

l'I.G.E. ordinaria. In questa legge si contengono due norme fondamentali: 
la prima concerne il diritto degli esportatori dei prodotti 
industriali e delle merci indicate nelle tabelle allegate alla legge (e 

I~1 

completate da leggi successive) ad ottenere la restituzione dell'imposta f?!. 
generale sull'entrata in relazione alle merci esportate ed ai prodotti 

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utilizzati nella loro fabbricazione (art. 1, primo comma); la seconda 

11;; 

concerne l'istituzione sui prodotti industriali importati dall'estero e destinati 
alla fabbricazione di merci in Italia di un diritto cosiddetto compensativo 
suHe importazioni, cio� di un diritto, dovuto all'atto della 
importazione, in aggiunta all'imposta di cui all'art. 17 della legge del 11

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1940, che assolva alla funzione di conguaglio e rapportato all'imposta 

jl

generale sull'entrata che gli stessi prodotti avrebbero assolto durante M 
la loro fabbricazione in Italia (art. 1, secondo comma). Tali disposizioni 

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'

confermano il pieno parallelismo ai fini dell'imposta sull'entrata tra . 

I.G.E. ordinaTia, I.G.E. all'importazione ed I.G.E. all'esportazione ed. I.� 
anzi quel parallelismo aumenta in quanto lo instaurano non solo tra 
le merci importate e le merci prodotte o scambiate in Italia, ma anche, 
attraverso l'imposta di conguaglio tra i prodotti industriali importati '.
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per la fabbricazione ed i prodotti usati per la fabbricazione stessa. ili~~

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Vanno poi ricordate numerose leggi le quali o ampliano o introducono 
esenzioni all'imposta sull'entrata ovvero contengono tabelle con 
la determinazione dei beni sottoposti all'imposta stessa (tra cui l'art. 6 
della 1. 4 febbraio 1956, n. 33 relativo.al be~tiame bovino, ovino e suino 

~ 

vivo e all:e pelli bovine equine e suine non conciate; l'art. 4 del d.l. 
21 novembre 1956, n. 1284 riguardante i prodotti ortofrutticoli, i pol-!:::!! 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 565 

lami, le uova, ecc.; gli artt. 1 e 5 della I. 26 novembre 19�57, n. 1153 
relativa a variazione dell'imposta generale sull'entrata e relative aliquote 
per il commercio di prodotti fertilizzanti di produzione nazionale 
e per l'importazione degli stessi prodotti di provenienza estera; la 1. 21 
marzo 1958, n. 267 relativa a modificazioni di tariffe in ordine ai prodotti 
tessili italiani o importati; la 1. 19 luglio 1960, n. 764 riguardante 
esenzioni relative a merci e prodotti inerenti a costruzioni navali. 

Dall'esame di tali leggi si ricavano due considerazioni fondamentali 
che corrispondono perfettamente a quelle che si traggono dall'interpretaziolne 
dell'art. 17 della leg.ge del 1940. Da un lato invero tutte le 
esenzioni, modifkazioni, precisazioni, variazioni di aliquote concernenti 
i singoli beni e merci colpiscono tanto lo scambio, il commerdo, la 
produzione di beni e merei in Italia, quanto l'importazione degli stessi 
beni, delle stesse merci, degli stessi prodotti dall'estero: il parallelismo 
� perfetto e la maggior parte delle varie leggi speciali non fa pi� nemmeno 
distinzione formale e parla promiscuamente e contemporaneamente 
di imposta gel!lerale sull'entrata tanto per i beni di produzione nazionale 
quanto per la importazione dei medesimi all'estero, ferma restando la 
eguaglianza della aliquota o misura riconosciuta dall'art. 17 e ferma 
restando per contro la diversit� del momento impositivo (produzione 
e scambio del bene in Italia, atto dell'importazione di quello proveniente 
dall'estero). Dall'altro in tutti i casi previsti da quelle leggi 
speciali si tratta sempre di merci, beni, prodotti destinati allo scambio, 
al consumo, alla produzione sia che sorgano in Italia, sia che provengano 
dall'estero; onde tutto il sistema legislativo conferma anche il 
significato gi� dato di � merci � dall'art. 17 della legge fondamentale. 

Cos� interpretato ed inquadrato organicamente nel complesso legislativo 
l'art. 17 della legge istitutiva del� 1940, la soluzione negativa gi� 
ac�cennata al quesito finale di specie (che -come pr-emesso -sta tutto 
nello stabilire se la nave armata, oggetto di compravendita tra imprenditore 
commerciale straniero ed imprenditore commerciale italiano ed 
introdotta in Italia per essere destinata quivi all'esercizio deHa impresa 
commerciale marittima, possa essere assoggettata, a termini del pi� 
volte richiamato art. 17 della legge del 1940, alla I.G.E. alla importazione) 
� di agevole e piana dimostrazione. La nave armata, oggetto di 
compravendita tra imprenditori commerciali ed importata per essere destinata 
aH'esercizio dell'impresa marittima in Italia non pu� considerarsi 
�merce� �i sensi dell'art. 17, in quanto non � bene destinato allo 
scambio, al consumo o alla produzione ma � destinata a formare oggetto 
dell'impresa commerciale marittima, � investimento di capitali, 
perch� concorre a formare (quando non costituisca da sola) l'azienda 
madttima, destinata, nelle mani dell'imprenditore marittimo, all'esercizio 
della impresa. Tale conclusione, che si trae dalla interpretazione 
dell'art. 17 e d:alla sua applicazione 1�J corroborata da due argomenti 


566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
che con la precedente si contemperano. La prima � fondata sul paral


lelismo e corrispondenza tra le due imposte di cui si � parlato. Infatti, 
la questione della assoggettibilit� della nave armata alla imposta or� 

dinaria sull'entrata, quando la nave sia oggetto di scambio e di cessione 
nel territorio dello Stato tra due imprenditori commerciali e sia destinata 
all'esercizio della impresa marittima dell'imprenditore acquirente, 
� stata sollevata e risolta -come riconosce ed ammette la stessa amministrazione 
ricorrente -in senso negativo, sia dalle risoluzioni e 
circolari del Ministero delle Finanze, sia dalla dottrina, sia anche dalla 
giurisprudenza di questa suprema Corte che ne rilev� il duplice profilo 
di sussistenza di una alienazione di azienda, definendo appunto la 
nave armata nella ipotesi suddetta una azienda o parte di azienda, e 
quindi di esistenza non di uno scambio di beni sibbene di un movimento 
di capitali, con la conseguenza in ogni caso della sussunzione dell'ipotesi 
nella esenzione di cui alla lettera a) del terzo comma dell'art. 1 
(Cass., Sez. Un. Pen., 10 luglio 1954, P. M. c. Delle Fave; Cass. civ. 7 
ottobre 1967, n. 2289, la quale ultima espressamente afferma -come 
d'altronde la precedente -che �l'acquisto dei �Carati di una nave armata, 
come acquisto della universitas patrimoniale costituita dalla nave 
intera con la sua armatura�, non produce trasferimento di un bene, ma 
semplicemente movimento di capitale che diviene denaro liquido per il 
venditore ed investimento di ricchezza per gli acquirenti, onde il corrispettivo 
di esso � esente dall'imposta sull'entrata�). Se ci� � indiscutibile 
e pacifico pe�r l'imposta di cui all'art. 1, la conseguenza non pu� 
che essere una e che cio� la nave armata importata dall'estero per essere 
impiegata nell'esercizio dell'impresa marittima e cio� come universitas 
patrimoniale non pu� non essere esente dalla parallela imposta di cui all'art. 
17, sia perch� non � me!'ce, ma eostituisce movimento di capitali, 
sia per la corrispondenza, il parallelismo, la esigenza di unicit� di trattamento 
tra i due fatti impositivi ai fini del raggiungimento dell'unico 
complesso fine perseguito dalla le.gge del 1940. Il che � corroborato 
dall'ultima argomentazione: in tutte le leggi citate, in cui si parla di 
esenzione di beni dalla imposta ordinaria sull'entrata e correlatamente 
dalla I.G.E. alla importazione o in cui si parla di modificazioni o variazione 
di aliquote in ordine all'imposta ordinaria sull'entrata e correlatamente 
in ordine all'I.G.E. all'importazione non vi � mai cenno alcuno 
n� ai movimenti di capitali, n� precisamente alle navi armate, 
mentre vi sono considerati i pezzi di navi, macchinari, i prodotti necessari 
per le costruzioni navali, i quali ultimi certamente rientrano nel 
concetto di beni, merci, prodotti. Onde, anche la successiva legislazione 
(e tutto il sistema quindi) ha seguito le norme iniziali e non 
solo per la imposta ordinaria, ma anche per l'I.G.E. all'importazione. 

N.e �consegue che il ricorso deve essere disatteso. -(Omissis). 
~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 567 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. U<n., 27 giugno 1969, n. 2311 -Pres. 
Tavolaro -Est. Sbrocca. -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero delle 
Finanze (Avv. Stato Castiglione Morelli) c. Grieco (avv. Andrioli). 

Imposta di registro -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione 

non di lusso -Diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte 

per decadenza dalle agevolazioni -Normativa anteriore alle leggi 

n. 35 del 1960, n. 1493 del 1962 e n. 1150 del 1967 -Prescrizione 
triennale ex art. 136 legge registro -Decorrenza. 
(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 20; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136). 
Prima dell'entrata in vigore delle leggi n. 35 del 19.60 e n. 1493 del 
1962 nonch� del d.L. n. 1150 del 19:67, il diritto dell'Amministrazione 
alla riscossione della imposta di registro dovuta in misura ordinaria 
per effetto di decadenza dalle agevolazioni tributarie in materia edilizia, 
si prescriveva col decorso di tre anni dalla data della verificata decadenza 
e cio�, in caso di rivendita dell'area, dalla data di registrazione 
deLl'atto di rivendita (1). 

(Omissis). -Il ricorso � stato assegnato a queste Sezioni Unite, a 
norma dell'art. 374, 20 �comma, e.e., es~endo stata decisa pi� volte, ma 
in senso difforme, dalla Sezione semplice (I Sezione Civile) la questione 
sia del termine che della decorrenza della prescrizione del diritto 
dell'Amministrazione finanziaria alla percezione dell'imposta di 
registro nella misura ordinaria, prima dell'entrata in vigore della legge 

(1) Sulla importante questione relativa alla prescrizione applicabile 
al diritto delJ.a Amministrazione alla riscossione delle ordinarie imposte 
di registro per effetto della decadenza del contribuente dalle agevolazioni 
fiscali di oui alla legge n. 408 del 1949 si era verificato un contrasto 
giurisprudenziale in seno alla prima Sezione della Corte di Cassazione. 
Questa difatti,' dopo aver affermato, con le sentenze 11 luglio 1966, n. 1826 
(in questa Rassegna, 1966, 1, 939); 10 novembre 1966, n. 2749 (ivi, 1966, 
1, 1357); 11 giugno 1968, n. 1847 (in Foro it., 1968, 1, 1722); 10 luglio 1968, 

n. 2398 (in Riv. leg. fi,sc., 1969, 296); 6 settembre 1968, n. 2882 (ivi, 1969, 
68) e 10 ottobre 1968, n. 3186 (ivi, 1969, 717), che a tale diritto doveva 
applicarsi l'ordinaria prescrizione decennale di cui all'art. 2946 e.e., con 
le pi� recenti sentenze 11 dicembre 1968, n. 3940 (in Foro it., 1969, 1, 543) 
e 20 dicembre 1968, n. 4024 (ivi 1969, 1, 304) aveva ritenuto applicabile il 
termine triennale di cui all'art. 136, cpv. legge di registro, e, infine, era 
tornata all'orientamento precedente con la sentenza 30 aprile 1969, n. 1400, 
deliberata il 24 gennaio 1969 e cio� dopo che le sentenze ispirate al diverso 
indirizzo erano gi� state pubblicate. 
In tale situazione, anche da parte dell'Avvocatura Generale � stato 
sollecitato un intervento risolutore delle Sezioni Unite. E queste, con la 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2 febbraio 1960, n. 35 e successive modificazioni, per effetto dell:a decadenza 
dalle agevolazioni t-ributarie concesse nel settore dell'edilizia in 
particolare con la legge 2 lugl_io 1'949, n. 408. 

Quest'ultima legge prevede, incfatti, all'art. 14 l'applicazione della 
imposta fissa di reg1stro, oltre alla riduzione al quarto dell'imposta ipotecaria, 
per gli acquisti di aree edificabili, quando abbiano per oggetto 
la costruzione di case con caratteristiche non di lusso ed essa sia iniziata 
ed ultimata entro i termini stabiliti dal precedente art. 13, cio�, 
rispettivamente, entro il 31 dicembre 1953 ed entro il biennio successivo; 
ed all'art. 20 dispone che, salvo il �caso di forza maggiore, si decade 
dai benefici, se le nuove costruzioni non siano state compiute � ai 
sensi ed entro i termini fissati dall'art. 13 ~. ' 

I termini sono stati prorogati in forza di varie leggi, che si sono 
susseguite nel tempo (leggi n. 112 del 1954, n. 22 del 1955, n. 166 e 

n. 1416 del 1956, n. 1218 del 1957, n. 35 del 1960, d.l. n. 1150 del 
1967 convertito con modificazioni nell:a legge n. 26 del 1968), e sono 
tuttora in corso, cosicch� nel momento attuale, in linea di principio, il 
diritto della Finanza a percepire l'imposta nella misura ordinaria � inefficace, 
potendo l'acquirente dell'area iniziare la costruzione entro il 31 
dicembre 1967 (legge n. 35 del 1960) ultimandola entro il 31 dicembre 
1969 (legge n. 408 del 1949), e, secondo 1~ legge n. 26 del 1968, dare 
inizio ai lavori entro il 31 dicembre 1970 e completarli entro il 31 
dicembre 1973. 
Ma diverso � il caso di specie, in cui l'acquirente, senza eseguire 
alcuna costruzione sull'area acquistata, l'ha rivenduta o, comunque, 
trasferita a terzi. 

sentenza in esame, hanno aderito alla tesi dell'applicabilit� della prescrizione 
triennale, con decorrenza dalla data dell'evento determinante la 
decadenza dalle agevolazioni. 

Tale conclusione pu� apparire discutibile, non tenendo in dovuto conto 

l'aspetto peculiare che presentano i rapporti tributari in questione, e in 

particolare la circostanza che l'accertamento del verificarsi delle condizioni 

per l'applicabilit� e l'esigibilit� delle normali imposte (e cio� deil verifi


carsi della causa di decadenza dai benefici) doveva essere compiuto dalla 

Amministrazione senza denuncia del contribuente, onde, dovendosi comun


que escludere (e le Sezioni Unite lo hanno escluso) che il termine di 

prescrizione potesse decorrere dalla data della registrazione dell'atto tas


sato come stabilisce l'art. 136 cpv. legge di registro, il problema si sarebbe 

forse pi� appropriatamente dovuto risolvere o con il ricorso alla normativa 

ordinaria (art. 2946 e.e.) ovvero, ma anche ci� � stato negato dalle Sezioni 

Unite, con riferimento ai principi fissati dall'art. 137 della legge di registro. 

Tuttavia, tenuto conto della particolare funzione svolta dalle Sezioni 

Unite con la sentenza in esame, non possono prevedersi ulteriori mutamenti 

giurisprudenziali. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 569 

In tal caso la causa di decadenz~_ dalle agevolazi-Oni tributarie, bench� 
non espressamente prevista dall'art. -20 della legge n .408 del 1949, 
a differenza di altre leggi che regolano analoga materia (ad es. l'art. 13 
della legge n. 33 del 1949), � indubbiamente operante, perch� l'acquirente, 
attraverso l'alienazione, si � posto in modo definitivo nella giuridica 
impossibildt� di adempiere quell'obbligo, per cui il beneficio gli 
era stato elargito. 

La questione, che le Sezioni Unite devono affrontare per dirimere 
il contrasto -giurisprudenziale, riflette la normativa esistente prdma dell'entrata 
in vigore delle leggi !Il. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962, e del 

d.l. n. 1150 del 1967, convertito con modificazioni nella legge n. 26 
del 1968. 
Con l'art. 4 della legge n. 35 fu stabilito che il diritto dell'Amministrazione 
finanziaria al recupero dei tributi dovuti nella misura ordinaria, 
in materia di tasse e !imposte indirette sugli affari per effetto di 
decadenza dalle agevolaziO!Ili contemplate �... dalla legge 2 luglio 1949, 

n. 408 ... si prescrive con il decorso di cinque anni dalla data di registrazione 
dei singoli atti�. 
Tale disposizione fu sostituita dall'art. 2 della legge n. 1493, il quale, 
mentre al primo comma precisava che il termine prescrizionale del diritto 
della Finanza era di sette anni, sempre a partire dalla data di 
registrazione dei singoli atti, con il secondo comma imponeva al contribuente, 
ammesso a frui-re dei privilegi fiscali, l'obbligo di presentare 
una denuncia, dalla quale risultasse che si erano verificate le condizioni 
richieste per la conferma dei privi!egi stessi, e -ci� con decorrenza 
dall'entrata in vigore della legge, con il quarto comma uguale obbligo 
e con identica decorrenza poneva a carico di chi avesse acquistato 
aree edificabili e non avesse ancora iniziato o ultimato le costruzioni, e 
con il quinto comma, infine, stabiliva che anche i contribuenti, che avessero 
gi� goduto delle agevolazioni, fossero tenuti a presentare la denuncia 
a decorrere dalla notifica della formale richiesta del competente 
ufficio. 

Questo complesso ed impreciso congegno legislativo, ideato allo 
scopo di salvaguardare il dinitto della Finanza dal malizioso silenzio 
serbato dal contribuente, il quale fosse incorso ~nella decadenza dai 
provvedimenti di favore, � stato in gran :parte mnovato dal d.l. n. 1150 
del 1'967 e dalla legge d� conversione. 

Ed invero, con l'art. 6, abrogandosi l'art. 2 della legge n. 1493, si 
� stabilito: al prdmo comma, che i -contribuenti, ammessi a fruire in 
via provvisoria dei benefici, contemplati tra l'altro dalla legge n. 408 
del 1949, devono presentare, entro un anno dall'ultimazione dei lavori, 
una denuncia, da cui risulti che sono stati adempiuti gli obblighi previsti 
per la conferma dei benefici stessi; al secondo comma, che anche 
i contribuenti, i quali siano decaduti daii benefici, devono ugualmente 


570 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

presentare la denuncia entro un anno dal verificarsi della causa di decadenza; 
al terzo comma, ,che il diritto dell'Amministrazione finanziaria 
al recupero dei tributi nella misura ordinaria, per effetto di decadenza, 
si ,prescrive con il decorso di tre anni dalla data di presentazione della 
denuncia; al .quarto comma, con norma modificata in sede di conversione, 
che � le �disposizioni, di cui ai precedenti commi, si applicano 
anche agli atti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 
1960, n. 35 e successive modifi_cazioni � e che � per le costruzioni gi� 
ultima~e e per le decadenze gi� verificatesi le denu:nce relative dovranno 
essere presentate entro un anno dall'entrata in vigore del presente 
decreto�, e cio� entro un anno a decorrere dal 12 dicembre 1967. 
Con le sentenze n. 1826 ~ n. 2749 del 1966, n. 1897, n. 2398 e 

n. 3186 del 1968 la Prima Sezione Civile di questa Corte Suprema ha 
ritenuto che il diritto della Finanza al recupero dell'ordinaria imposta 
di registro, per effetto di decadenza dalle agevolazioni concesse 
anche dalla legge n. 408 del 1949, si prescriveva, prima dell'entrata in 
vigore della legge n. 35 del 1960 e successive modificazioni, nel termine 
di dieci anilli, previsto dall'art. 2946 e.e. e decorrente non dalla 
data di registrazione dell'atto �agevolato�, ma da quella in cui si era 
avverata la causa di decadenza._ Le ragioni, addotte a sostegno delle decisioni, 
si riassumono nel rildevo �che le norme della legge del registro 
in tema di prescrizione, contenute negli artt. 136, 137 e 138, sono inapplicabili 
al diritto dell'Amministrazione finanziaria, di �cui � questione, 
e che alla lacuna della legge deve sopperirsi con H ricorso alle disposizioni 
generali del Codice civil~. 
Con le sentenze n. 3940 e n. 4024 del 1968 la stessa Prima Sezione, 
� andata in �contrario avviso e, discostandosi dalla precedente giurisprudenza, 
ha ritenuto appUcaibile la prescrizione triennale, disciplinata 
dall'art. 136, secondo comma, della legge del registro, a decorrere dalla 
data di decadenza del beneficio fiscale. 

A quest'ultima tesi si � attenuta anche la sentenza impugnata, e 
per l:a sua rispondenza ai principi essa deve ricevere il consenso delle 
Sezioni Unite, rigettandosi i motivi di ricorso proposti dall'Amministrazione 
finanziaria. 

Con tali motivi, denunciando la violazione degli artt. 79, 137 e 
138 della legge del regiistro e_ dell'art. 2,935 e.e., la falsa applicazione 
dell'art. 136 della legge ora citata, la mancata applicazione dell'articolo 
2946 e.e. ed il vizio di irrazionalit� della motivazione circa un 
punto decisivo della controversia, I'Amministrazione sostiene: a) che 
la Corte di merito ha errato, ritenendo nella specie applicabile la prescrizione 
triennale, di cui all'art. 136, secondo comma, perch� ne difetrterebbero 
i presupposti, e cio� che l'atto sia stato registrato e che si 
tratti di supplemento della tassa riscossa in sede di registrazione; b) che 
l'art. 136 richiede che il diritto a percepire il supplemento non dipenda 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 571 

dal verificarsi di un evento successivo alla registrazione dell'atto, qual'� 
la decadenza dalle agevolazioni per effetto della rivendita o del trasferimento 
dell'area edificabile senza a'-"ervi eseguito alcuna costruzione 
(in particolare, con le caratteristiche previste dalla legge n. 408 
del 1949), ma sia invece sorto nel momento stesso 1in cui la registrazione 
� stata effettuata, e non sia stato compiutamente realizzato per essere 
l'ufficio impositore incorso in errore od omi&sione nell'accertare la misura 
dell'obbligazione legale d'imposta; e) ch_e la Corte di merito ha 
inoltre errato, e >in -0gn.i caso non ha giustificato la ragione del decidere, 
quando ha fatto decorrere il termine prescrizionale dalla data di registrazione 
dell'atto di rivendita o di trasferimento, perch� tale formal:it� 
non costituiva una specifica comunicazione all'uffioio del registro competente 
del verirficarsi della causa di decadenza; d) che d-0veva, invece, 
applicarsi l'ordinaria prescrizione decennale, regolata dall'art. 2946 e.e.; 
e) che poteva utilmente invocarsi anche la prescrizione ventennale, che 
l'art. 138 prevede per il diritto della Finanza al conseguimento delle 
tasse e sopratasse dovute per gli atti non registrati, considerando che, a 
seguito della decadenza dell'acquirente dai benefici fiscali, l'atto di acquisto 
dell'area si presentava in una nuova ed autonoma configurazione 
giuridica, e, come tale, non rJcsultava sottoposto a registrazione, onde 
anche il trattamento tributario doveva essere autonomamente stabiliito; 
f) che, in via gradata, doveva censurarsi la Corte di merito per 
avere escluso l'applicazione degli artt. 137 e 79 della legge del registro 
e dell'art. 2 della (allora vigente) legge n. 1493 del 1962, in 
quanto il contribuente aveva l'obbligo di denunciare la causa di decadenza, 
obbligo sancito come principio generale e per casi non tassativamente 
elencati dalla legge del registro e ribadito dalla legge del 
1962, che, con disposizione interpretativa e non innovativa della legge 
organica, disponeva, come si � pi� sopra accennato, che anche i contribuenti, 
che avessero goduto dei provvedimenti di favore, fossero tenuti 
a presentare la denuncia a decorrere dalla notifica della formale ri


chiesta del competente ufficio del registro. 

Per dimostrare l'infondatezza dei motivi ora riassunti giova anzitutto 
il richiamo ai lavori preparatori della legge n .. 35 del 1960, risultando 
da essi che il Ministro delle Finanze propose che il termine prescrizionale 
fosse elevato a venti anni, con decorrenza dalla data di registrazione 
dei singoli atti, espressione quest'ultima testualmente ripetuta 
nella legge n. 1493 del 1962, in perfetta aderenza all'art. 136 della legge 
del registro, nel presupposto che, in difetto, ricorresse il termine il"iennale 
previsto dalla legge organica. 

Il Senato della Repubblica approv� il testo del disegno ministeriale, 
ma l'altro ramo del Parliamento ridusse il termine a cinque anni, 
e <in tali .sensi fu definitivamente approvato quello che divenne poi lo 
art. 4 della legge n. 35. 


572 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il termine ritenuto insufficiente per la tutela del diritto della .finanza, 
fu elevato a sette anni dalia legge n. 1493, la quale inoltre in~ 
trodusse l'obbligo della denuncia, a carico del contribuente, del verificarsi 
delle condizioni richdeste per la conferma dei privilegi tributari, 
e impose, al quinto comma dell'art. 2, uguale obbligo per coloro 
che gi� avessero fruito delle agevolazioni, sempre che �la causa di decadenza 
si fosse verificata dopo l'attuazione della nuova legge, la quale, 
contrariamente alla tesi .sostenuta dall~Amministrazione ricorrente, aveva 
in questa parte carattere innovativo e non estendeva l~ .sua efficacia a 
situazioni pregresse ed esaurite, com'� chiarito anche dall'espresso riferimento, 
contenuto nel secondo e nel quarto comma dello stesso articolo 
2, � all'entrata in vigore della presente legge� per l'applicabilit� 
delle sue disposizioni. 

La disciplina della materia � stata in gran parte mutata, come si 
� accennato, dal d.l. n. 1150 del 1967 e dalla legge di conversione, che 
con il secondo e con il ter;i:o comma dell'art. 6 hanno, in modo esplicito, 
imposto l'obbligo della denuncia per il caso di decadenza, stabilendo 

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un termine prescrizionale, uguale a quello della legge del registro, de


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corrente per� dalla data in cui la denuncia � stata presentata; e al 

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quarto comma hanno prescritto, con norma transitoria, che le nuove 
disposizioni si applichino anche agli atti stipulati {rectius: registrati) 
e alle decadenze avveraitesi dopo l'entrata in vigore della le.gge n. 35 
del 1960 e successive modificazioni. 

� quindi evidente che per gli atti registrati e per le decadenze avvenute 
in epoca anteriore, la normativa, per quanto attiene alla prescrizione, 
deve de.sumersi dalla legge allora vigente che si identifica con 
quella del registro. 

Nessuna lacuna presenta, Infatti, questa legge in tema di .p.rescri,!~ 
zione, uniformandosi al principio della distinzione tra � atti registrati > 
e �atti non registrati�, gi� affermato da questa Corte Suprema nella 
sentenza n. 347 del 1951, e nella correlativa sottoposizione del diritto 

i della Finanza a due diversi termini di prescrizione: uno triennale per ~ 
il diritto al tributo dovuto su atti registrati, ed uno ventennale per il 

I 

diritto al tributo afferente ad atti non presentati all:a registrazione. f" 
In particolare, l'art. 136, regolando il diritto alla percezione del 
supplemento di tassa, .intende riferirsi, com'� pacificamente acquisito in 

I

dottrina e in giurisprudenza (cfr. sent. n. 1687 del 1953), non soltanto fu 
alle imposte suppletive vere e prQprie, cio� a quelle applicabili sopra 
un atto o una denuncia per correggere errori od omissioni commessi in 
sede di registrazione � tanto sulla quantit� della tassa dovuta, quanto sui 
titoli tassabili �, come dispone l'art. 7 della legge organica, ma anche a 
qualsiasi tassazione integrativa di quella principale, sia suppletiva che 

I

complementare, ossia a tutte le imposte che vengono richieste dopo la 
registrazione. Interpretazione codesta, che � confermata dall'art. 47, 

-i l;J 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 573 

ultimo comma, della legge, che qualifica � supplemento di tassa � una 
tassa che si deve ritenere sicuramente complementare alla stregua dei 
criteri distintivi dettati dal dtato art. 7. 

Erroneo appare, inoltre, il rilievo dell'Amministrazione ricorrente, 
secondo cui non rpu�, nella specie, ricevere applicazione l'art. 136, perchi� 
il diritto. a percepire il supplemento di tassa non � sorto al momento 
della registrazione dell'atto di acquisto, ma � �conseguito al verificarsi 
di un evento .successivo, quale � la decadenza dai benefici fiscali 
per la rivendita o il trasferimento dell'area edificabile. 

Al contrario, deve ritenersi che il rapporto, che si instaura con la 
concessione (in via provvisoria) dei benefici, abbia per oggetto della 
imposizione un negozio valido ed efficace ~l'acquisto dell'area), e deter_. 
mini pertanto a favore della Finanza .il diritto ai tributi nella misura 
ordinaria valido, ma non efficace, essendo la sua efficacia subordinata al 
non adempimento, da parte dell'acquirente, dell'obbligazione di costruire, 
non adempimento che consegue, con effetto immediato e definitivo, 
alla rivendita o al trasferimento. 

E che nel caso di alienazione dell'area il diritto della Finanza non 
sorga, n� trovi la sua causa ne'll'atto relativo � dimostrato dalla circostanza 
che l'imposta � dovuta.i sull'atto di acqu1sto, e non su quello posteriore 
di alienazione. 

L'inefficacia del diritto a percepire i tributi nella misura ordinaria 
nel momento della registrazione dell'atto di acquisto rende operante 
il iprincipio generale dettato dall'art. 2935 e.e., in base a eui la prescrizione 
non incomincia a decorrere, se non da quando il diritto, che dovrebbe 
esserne colpito, pu� essere fatto valere, intendendosi .per impossibilit� 
quella derivante da cause giuridiche e non da semplici ostacoli 
di fatto; e l'inizio della decorrenza deve, perci�, farsi coincidere non 
con la registrazione dell'atto �agevolato>, ma con quella di registrazione 
dell'atto (di rivend1ta o di trasferimento), che, con riferimento 
al caso di specie, importa decadenza dalle agevolazioni gi� concesse e 
attribuisce al diritto della Finanza l'efficacia, che originariamente non 
possedeva. 

E �che sia necessario �che anche il successivo atto di alienazione sia 
registrato, perch� il termine prescrizionale co.minci a decorrere, � provato 
dal rilievo che, in caso contrario, si profilava, almeno prima dell'entrata 
in vigore del d.1. n. 1150 del 1967 e della legge di conversione, 
quella causa di sospensione, che � prevista dall'art. 2941 n. 8 e.e., 
di cui sarebbero concorsi sia l'elemento soggettivo inerente al comportamento 
del debitore intenzionalmente diretto ad occultare l'esistenza 
della propria obbligazione, sia l'elemento oggettivo per l'asso-
Iuta impossibilit�, nella quale si sarebbe trovata l'Amministrazione creditrice, 
per effetto del dolo del contribuente, di far valere il suo diritto. 

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574 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

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A questi prjncipt, del resto pacifi�i vigente la legge n. 3�5 del 1960 

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(sul riflesso che, se il termine avesse cominciato a decorrere dalla re, ~: 

f: 
gistrazione dell'atto �agevolato>, si sarebbe sancit� un caso di prescri~ 
zione, che si compiva prima del verificarsi del presupposto, che dava 
diritto al recupero della imposta nella n;i.isura ordinaria) si � corret


I

tamente ispirata la Covte di merito nel de�idere, con adeguata motivazione, 
il punto in esame, e la sua decisione si sottrae quindi alle cen


I

sure che, anche sullo specifico pllllito, le muove i�Amministrazione ricorrente. 


Ritenuto che il caso di specie sia regolato dall'art. 136 della legge 
del registro, resta esclusa l'applicabilit� degli artt. 138 e 137, a cui 
pure si richiamano i motivi di ricorso. 

Infatti, per l'art. 138 si prescrive �con il decorso di venti anni l'obbligazione 
del contribuente di richiedere la registrazione e, correlativamente, 
il diritto della Finanza di procedervi di ufficio nel .presupposto 
che l'atto non sia stato registrato, mentre, nel caso, l'atto di acquisto 
dell'area fu assoggettato a registrazione e scont� la tassa fissa, 
a norma dell'art. 14 della leg,ge n. 408 del 1949. 

E quanto all'art. 137, prescindendo da altre considerazioni, la sua 
inapplicabilit� discende dall'inesistenza di un obbligo di denuncia, che 
non era sancito, nella materia della ricostruzione edilizia, quando intervenne 
la causa di decadenza, e che fu introdotto con la legge numero 
14!93 del 1962, la quale, come gi� si � detto, aveva in questa parte 
carattere innovativo e non estendeva, comunque, la sua efficacia a situazioni 
pregresse ed esaurite. -(Omissis). 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 giugno 1969, n. 2314 -Pres. Favara 
-Est. Usai -P. M. De Marco (diff.). -Ministero dei Lavori 
Pubblici ed Istituto .per Io sviluppo dell'edilizia sociale -I.S.E.S. 
(avv. Stato Del Greco) c. Impresa Binetti (avv. Giordano G.). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contratti di appalto stipulati 
in vigenza del Capitolato Generale app. oo. pp. 1895 -Approvazione 
del contratto -Tempestivit� -Necessit� di sequenza nel termine 
di quattro mesi dalla stipula del contratto del decreto di approvazione 
e della registrazione del medesimo da parte della Corte 
dei Conti -Sussiste. 

(r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19, comma terzo; Cap. gen. app. oo.pp. 
appr. con d. m. 28 maggio 1895, art. 13). 
In conformitd aU'art. 110 del regolamento sulla contabiZitd generale 
dello Stato approvato con r.d. 4 maggio 1885, n. 3074, vigente 
all'epoca della emanazione del capitolato generale per gli appalti oo.pp. 
del 1895, la norma di cui all'art. 13 di quest'ultimo va interpretata nel 
senso che, per considerare verificata tempestivamente la condicio iuris 
dell'approvazione del contratto, occorre c;,he, nei quattro mesi dalla sua 
stipulazione, siano seguiti il decreto di approvazione e la re.gistrazione 
dello stesso da parte della Corte dei conti (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo i ricorrenti, deducendo a.i. sensi 
dell'art. 360, n. 3, c.p.c. la violazione e la falsa applicazione dell'art. 13 
del Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero 
dei lavori pubblici approvato con d.m. 28 maggio 1895, dell'art. 
19 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, e 114 e 115 del regolamento 

(1) Ma v., invece, l'art. 114, comma primo, dell'ora vigente regolamento 
di contabilit� generale dello Stato aippr. con r.d. 23 maggio 1924, 
n. 827, nonch� l'art. 4, secondo e quarto comma, del Cap. Gen. app. oo.pp. 
appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n 1063, secondo cui: e l'emanazione del 
decreto di approvazione deve avvenire entro sessanta giorni dalla data 
di stipulazione del contratto. L'Amministrazione d� immediata comunicazione 
all'appaltatore della emissione del decreto di approvazione anche 
prima della registrazione alla Corte dei conti... Qualora l'approvazione 

576 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

23 maggio 1924, n. 827, censurano l'interpretazione data dalla Corte 
d'Appello al citato art. 13 del Capitolato, con cui era stata compresa 
nella approvazione anche la registrazione della Corte dei conti, rilevando 
che l'art. 110 del regolamento sulla contabilit� generale dello 
Stato approvato con d.m. 4 maggio 1885, n. 3074, cui il medesimo 
art. 13 del Capitolato si richiamava, distingueva fra approvazione del 
contratto mediante decreto del Ministro e registrazione di quest'ultimo 
da parte della Corte dei conti. 

La situazione, aggiungono i ricorrenti, era rimasta uguale anche 
secondo la vigente legge sulla contabilit� generale dello Stato (r.d. 18 
novembre 1923, n. 2440) ed il relativo regolamento (r.d. 23 maggio 
1924, n. 827), dato che nell'art. 19 ((ella prima e negli artt. 114 e 115 
del secondo si distingueva nettamente tra approvazione del contratto e 
registrazione del decreto d'approvazione presso la Corte dei conti. 

L'affermazione della Corte del merito, che decreto di approvazione 
e atto di registrazione appartenevano al medesimo momento dell'approvazione, 
in quanto solo con l'intervento di entrambi il contratto era � 
eseguibile, non era, sempre secondo i ricorrenti, esatta, perch� l'approvazione 
comprendeva solo il decreto del Ministro, mentre la registrazione 
nulla aveva a che vedere con quella. 

Le norme citate si erano preoccupate della posizione dello appaltatore 
fino al momento della approvazione del contratto con decreto 
del Ministro, dato che con questo scompariva notevolmente l'alea 
cui era esposto l'appaltatore medesimo, mentre successivamente la situazione 
di incertezza diveniva assai tenue, dal momento che la registrazione 
ineriva alla sola legittimit�. Non bisognava, infatti, dimenticare 
che si trattava di norme, le quali, pur tendendo talvolta a garantire 
il cittadino, erano dirette soprattutto a tutelare lo Stato. 

Ci� era confermato, concludevano i ricorrenti, dall'art. 4 del vigente 
Capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
dato che tale norma, pur non essendo applicabile al caso in esame, 
stabiliva che la facolt� di recesso dell'appaltatore poteva esercitarsi 
solo se entro sessanta giorni non era intervenuto il decreto di approvazione, 
e ci� con una formulazione assai chiara, che tuttavia si ricol


nori abbia luogo nel termine di cui al secondo comma, -l'aggiudicatario 
pu� svincolarsi da ogni impegno previa la notificazione di cui all'art. 114 
del regolamento di contabilit� generale dello Stato approvato con r.d. 23 
maggio 1924, n. 827... �. Il dies a quo del termine decorre dalla data di 
stipulazione del contratto pur � nel caso di gara � : in tale ipotesi, infatti, 
la stipula � deve avere luogo � entro trenta giorni dalla data dell'aggiudicazione 
(cfr. art. 4, comma primo, Clap. Gen., 1962, cit.). In caso di 
mancata stipulazione del contratto da parte dell'aggiudicatario, si applica 
l'art. 332 I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 577 

legava a quella del citato art. 110, dimostrando di non voler avere 

carattere innovativo. 

Il motivo � infondato. 

La fattispecie � disciplinata dal Capitolato generale per gli ap


palti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici approvato 
con d.m. 28 maggio 1895, il cui art. 13, ai commi terzo e quarto, cosi 
dispone: 

� L'approvazione del contratto, in conformit� dell'art. 110 del regolamento 
sulla contabilit� generale dello Stato, dovr� essere data nel 
termine di quattro mesi dalla sua stipulazione. 
� In caso di ritardo oltre il predetto termine l'appaltatore avr� 
diritto di ottenere lo scioglimento del contratto... �. 
La controversia riguarda l'individuazione del momento in cui deve 
ritenersi intervenuta 1'� approvazione � del contratto: se sia sufficiente 
la sola emanazione del decreto di approvazione, come sostengono i 
ricorrenti, ovvero se sia necessario che il decreto di approvazione sia 
divenuto efficace in seguito alla sua registrazione da parte della Corte 
dei conti. 

Decisivo per la risoluzione di tale questione, come riconoscono 
tutte le parti, � l'art. 110 dell'abrogato regolamento sulla contabilit� 
generale dello Stato approvato con r.d. 4 maggio 1885, n. 3074, il 
quale stabiliva~ 

� Gli atti di aggiudicazione definitiva e i contratti stipulati si 
intendono soggetti, per quanto riguarda lo Stato e nel suo solo interess~. 
alla condizione sospensiva della approvazione, e non sono quindi 
eseguibili se non dopo che siano stati approvati con decreto del Ministro 
cui spetta, o dell'ufficio da lui delegato, e il decreto sia stato registrato 
dalla Corte dei conti �. 
La nonna in esame dell'art. 13 del citato Capitolato generale non 
parla, infatti, di approvazione genericamente, ma richiede e l'approvazione 
del contratto in conformit� dell'art. 110 del regolamento sulla 
contabilit� generale dello Stato � allora vigente, ossia che si sia verificata 
la condizione stabilita da tale articolo. E detta condizione comprende 
tanto il decreto di approvazione in senso stretto, quanto la 
registrazione della Corte dei conti, che tale decreto integra, come 
viene subito chiarito nella seconda parte dello stesso art. 110, collegata 
alla prima con un �quindi � diretto a metterne in evidenza il 
contenuto esplicativo. 

Il richiamo all'art. 110 �, infatti, formulato in modo tale che non 
pu� essere riferito che al suo oggetto principale, costituito appunto 
dalla � condizione sospensiva dell'approvazione�. 

Con l'interpretazione letterale concorda quella logica, essendo pi� 
consono alla finalit� della legge, diretta a rendere meno gravosa la 
disparit� di trattamento stabilita dal regolamento generale sulla con



578 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tabilit� dello Stato in favore dell'Amministrazione e in danno della 
parte privata, disporre che il termine fissato alle Amministrazioni dello 
Stato, in relazione al quale � riconosciuto all'appaltatore il diritto di 
ottenere lo scioglimento del contratto, riguardi l'espletamento di tutte 
le formalit� necessarie per rendere il contratto non solo perfetto (decreto 
d'approvazione), ma anche efficace (registrazione della Corte dei 
conti). Altrimenti la limitata tutela dalla legge apprestata risulterebbe 
inadeguata rispetto al detto fine da essa perseguito, perch� l'appaltatore 
si troverebbe vincolato senza termine al contratto non ancora 
efficace per lo Stato e sarebbe costretto ad attendere, nella impossibilit� 
di sciogliersi da tale vincolo, che la registrazione della Corte 
dei conti venisse eseguita o rifiutata. 

Con ci� non si vuole sostenere che, aderendo alla te~i contraria, si 
toglierebbe ogni scopo alla norma e che quindi una legge che fissasse iJ 
termine solo in relazione al perfezionamento del contratto, prescindendo 
dalla sua efficacia, sarebbe inconcepibile, tanto � vero che si � ragionato 
in termini di adeguatezza (che pu� essere di vario grado) della legge 
rispetto al fine. 

Si vuole solo porre in risalto che esiste una perfetta concordanza 
tr~ l'interpretazione lessicale delle norme di cui trattasi ed il miglior 
conseguimento della finalit� da esse propostasi, senza tuttavia escludere 
che un'altra legge possa perseguire un obiettivo pi� limitato, 
purch� ci� risulti palese dal suo tenore letterale. 

Quindi, anche se fosse esatto che i~ nuovo Capitolato generale 
approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 stabilisce il diritto dell'appaltatore 
di ottenere lo scioglimento del contratto in relazione al mancato 
compimento, nel termine prescritto, della sola emanazione del 
decreto d'approvazione, prescindendo dalla registrazione della Corte dei 
conti, anche in tal caso nessun argomento potrebbe da ci� trarsi in 
favore della tesi ,sostenuta dai ricorrenti, se si tengono presenti le 
profonde differenze che intercorrono tra le norme che devono essere 
poste a base di questa decisione e quelle del nuovo Capitolato generale 
del 1962, sia per l'assai diversa formulazione delle rispettive disposizioni, 
sia per la riduzione alla met� (da quattro mesi a 60 giorni) 
del nuovo termine. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 giugno 1969, n. 2393 -Pres. 
Pece -Est. Milano -P. M. Trotta (conf.) -Amministrazione delle 
Ferrovie dello Stato (avv. Stato Conti) c. Impresa Ceragioli (avv. 
Carrozza, Rosati). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opere di competenza 
delle FF. SS. -Domande di maggiori compensi dell'appaltatore 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 579 

fondata su �fatto continuativo� -Differimento della formula


zione della riserva, come per gli appalti di opere dipendenti dal 

Ministero LL. PP., al momento della cessazione della continuit� 


Sussiste. 

(Cap. gen. amm. FF.SS. 9 aprile 1909, mod: con d. I. 17 novembre 1921, 
art. 41). 

Appalto -App�lto di opere pubbliche~ Istituto della formale� riserva� 
dell'appaltatore come �nico mezzo per far valere pretese a maggiori 
compensi nei confronti della P. A. committente -Fondamento 
e portata. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt-_ 343 e 345; r. d. 25 maggio 1895, n. 350, 
artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89 e 91; Cap. gen. app. oo.pp. appr. 
con d. m. 28 maggio 1895, art. 41; Cap. gen. app. oo.pp. appr. con d. P. R. 16 
luglio 1962, n. 1063, art. 42). 
Anche negli appalti delle FF.SS., disciplinati dal Capitolato generale 
amministrativo 9 aprile 1909 modificato con d.l. 11 novembre 
1921, cos� come in quelli disciplinati dal Capitolato generale oo.pp., il 
carattere continuativo del fatto da cui origina la pretesa dell'appaltatore 
a maggiori compensi co�stituisce motivo idoneo per procrastinare 
l'iscrizione della riserva fino al tempo della cessazione della continuit�, 
attesa l'impossibiiit� di precisare i compensi prima di tale 
epoca (1). 

n fondamento della decadenza sancita per l'omissione o la tardivit� 
della riserva dell'appaltatore si ritrova nella necessit� di garantire 
alla P.A. appaltante una pi� pronta ed efficace difesa di fronte a 
richieste di compensi addizionali ingiustificate e la possibilit� di modificare 
ii progetto, a seguito di tali richieste, o di adottare eventualmente 
le altre determinazioni del caso: secondo ii sistema normativo 
speciale non �, infatti, l'Amministrazione che deve per prima adottare 

(1-2) Negli appalti di opere di competenza delle FF.SS. manca il 
registro di contabilit� e solo in via eccezionale viene adottato il libretto 
delle misure, mentre di regola le misurazioni sono eseguite, ad opera compiuta, 
redigendosi appositi computi metrici (art. 26 Cap. gen. amm. FF.SS.). 

Particolare significato acquista, pertanto, per l'esclusione di qualsiasi 
rilevanza del c.d. fatto continuativo in tema di riserve, il dettato dell'art. 
41, comma primo, Cap. gen. amm., cit., a mente del quale � quando 
sorgano contestazioni fra l'ingegnere dirigente e l'appaltatore, oppure 
quando questi opponga che le prescrizioni dategli sono contrarie ai patti 
contrattuali, l'ingegnere dirigente decide nel pi� breve termine ed in ogni 
caso entro venti giorni dal ricevimento della domanda dell'appaltatore. 
Questa deve essere presentata non oltre i cinque giorni dal ricevimento 
degli ordini di servizio se si tratta di contestazioni riguardanti le prescrizioni 
date con gli ordini stessi, dalla firma dei computi metrici se le con



580 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e far conoscere aU'appaltatore Ze proprie determinazioni sui fatti che 
neZ corso deZ rapporto si verificano, saZvo iZ diritto di quest'uZtimo di 
formulare Za riserva, bens� alZ'appaZtatore, ove intenda far valere il 
diritto ad un equo compenso per Z'eccessiva onerosit� deLl'impegno 
assunto, incombe Z'onere di formuZare la richiesta tempestivamente, e, 
cio�, qualora si tratti di fatto continuativo, al momento in cui si renda 
manifesta la riZevanza causale deZ fatto generatore della situazione 
dannosa e si disponga di ogni eZemento necessario per indicare Z'importo 
del compenso richiesto (2). 

(Omissis). -Con atto di citazione notificato il 9 aprile 1960, Rodolfo 
Ceragioli, titolare dell'omonima impresa di costruzioni, conveniva 
in giudizio avanti il Tribunale di Firenze il Ministero dei Trasporti, 
Fe;rrovie dello Stato, per ottenerne la condanna al pagamento della 
somma di lire 21.838.747, con gli interessi legali. 

A sostegno della domanda esponeva che, con contratto del 5 giugno 
1959, aveva assunto dal Ministero dei Trasporti -Ferrovie dello 
Stato l'appalto per l'esecuzione di alcuni lavori di ricostruzione dei 
ponti in localit� Calambrone della linea ferroviaria Pisa-Livorno. 

Aggiungeva che, nel corso del rapporto, egli aveva proposto una 
duplice riserva per conseguire il maggior compenso dovutogli per la 
protrazione dei lavori oltre il termine stabilito e per l'aumento dei costi 
cagionato da difficolt� esecutive impreviste ed imprevedibili al momento 
della licitazione, ma le due riserve erano state disattese: 

Affermava, infine, che, non essendo stata accolta dall'Amministrazione 
l'istanza di arbitrato da lui proposta in relazione all'oggetto 

testazioni riguardano le risultanze dei computi stessi ed in ogni altro caso 
dal giorno in cui il fatto o la circostanza che d� motivo alla domanda si 
sono verificati �. Il citato articolo, avvertito, al secondo comma, che � la 
domanda deve essere formulata in modo specifico e determinato, indicare 
le ragioni su cui � fondata e le cifre di compenso a cui l'appaltato!l'e crede 
di aver diritto e la relativa dettagliata loro .giustificazione�, statuisce, al 
terzo comma, che e quando l'appaltatore non presenti la domanda entro 
il termine di tempo e nei modi sopraindicati decade dal diritto di far 
valere in qualunque tempo l.e proprie ragioni� (nei successivi comma 
sono disciplinati i � ricorsi � dell'appaltatore contro le decisioni dell'ingegnere 
dirigente e, quindi, le e riserve � nei confronti delle decisioni 
del Direttore Generale, che vanno e notificate a mezzo di ufficiale giudiziario 
nel termine di quindici giorni dalla comunicazione della decisione 
del Direttore Generale, senza di che l'appaltatore decade dal diritto di 
far valere in qualunque tempo le P!t'Oprie eccezioni sulle decisioni suddette 
�). La surriportata sentenza della Corte di Cassazione, nella prima 
massima sopra in rassegna, col valorizzare la portata del secondo comma 
dell'articolo in esame, ha finito per vanificare il primo, dando tuttora creL} 
dito alla nozione di fatto �continuativo., elaborata dalla giurisprudenza 

--111;1 

llllW~Aiillf~l~~ldlliiWAil�JV~J 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 581 

delle due riserve, egli era stato costretto a deferire la decisione della 
controversia al giudizio dell'autorit� giudiziaria ordinaria. 

L'Amministrazione convenuta, costituitasi in giudizio, chiedeva 
che la domanda venisse dichiarata inammissibile, improcedibile, anche 
per ragioni di competenza e di prescrizione, o comunque rigettata. 
Deduceva, tra l'altro, che nel corso dei lavori non erano mai state 
proposte riserve nei modi e nei termini di cui al Capitolato di appalto 
delle opere eseguite per conto dell'Amministrazione ferroviaria, con 
conseguente decadenza dell'Impresa dal diritto di far valere ogni ulteriore 
pretesa, e che, in ogni caso, la domanda di arbitrato era stata 
proposta oltre il termine fissato dall'accennato Capitolato, per cui l'Impresa 
era decaduta dalla facolt� di far valere le sue domande sia in 
sede arbitrale, sia, quindi, in sede giudiziaria. 

Dopo l'espletamento della richiesta consulenza tecnica, l'adito Tribunale, 
con sentenza non definitiva 16 maggio-27 giugno 1963, respinte 
le eccezioni preliminari proposte dall'Amministrazione ferroviaria, condannava 
quest'ultima al risarcimento dei danni derivati all'Impresa 
dall'aver l'Amministrazione disposto, in sostituzione delle previste 

� ture � in legno, un palancolato di acciaio e dall'aver apprestato 
palancole inadatte e di due tipi diversi, disponendo, con separata 
ordinanza, l'espletamento di un supplemento di consulenza tecnica per 
l'accert�mento di tali danni. 
Espletato anche tale incombente, il Tribunale, con sentenza definitiva 
25 giugno-17 agosto 1964, condannava la convenuta Amministrazione 
al pagamento, in favore dell'Impresa, della somma di lire 

7.000.000 con gli interessi legali a decorrere dall'ottobre 1958. 
arbitrale � molto incline ... a passar sopra alla trascuratezza degli appaltatori 
in materia di riserve� (CAPACCIOLI, Riserve e collaudo, Milano 1960, 
82). Ben diversamente ed esattamente, la stessa Suprema Corte regolatrice 
aveva, viceversa, gi� avuto modo di avvertire, che anche e specie per � gli 
ordini ad esecuzione continuativa � ha da valere il tassativo riferimento 
del decorso del termine di decadenza al ricevimento degli ordini di servizio, 
ovvero alla firma dei computi metrici ed in ogni caso al giorno in cui il 
fatto o la circostanza che dd motivo alla domanda si sono verificati, dovendo 
intendersi che nel sistema degli appalti ferroviari � non il quantum, bensi 
lo stesso diritto a compensi � sottoposto a decadenza, ond'� questo diritto 
come tale che dev'essere fatto valere nel termine fatale, specificandosi 
intanto l'ammontare dei compensi cosi come la causa che ad essi d� luogo 
permette� (Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. opere pubbl., 1943, I, 204; 

v. anche, per le �contestazioni� ex art. 14 Cap. per l'esecuzione dei lavori 
e forniture per conto delle FF. SS. -d. C. A. FF SS. 3 maggio-14 luglio 
1922 .....:.. Cass., 14 aprile 1964, n. 876, Giust. civ., Mb:ss., 1964, 397). 
Quest'ultimo principio, a ben vedere, vale sostanzialmente, mutatis 
mutandis, anche per gli appalti disciplinati dal Capitolato generale app. 
oo.pp. Pur stavolta la disposizione (art. 54, comma terzo, r.d. 25 maggio 1895, 


582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il gravame proposto dall'Amministrazione ferroviaria contro entrambe 
le decisioni era rigettato dalla Corte di appello di Firenze con 
sentenza 15 aprile-27 maggio 1966. 

Considerava, tra l'altro, la Corte: a) che non era ravvisabile alcuna 
preclusione relativamente alla domanda di maggior compenso formulata 
dal Ceragioli, avendo questi dedotto fatti di natura continuativa, 
che investivano la generalit� del rapporto contrattuale, e che, pur 
dovendo ritenersi cessata la continuit� alla data di ultimazione d�i 
lavori (24 gennaio 1955), tuttavia a tale data rimanevano ancora da 
definire le questioni pi� importanti, che vennero regolate soltanto un 
anno pi� tardi, per cui le riserve formulate dal Ceragioli alla data 
della sottoscrizdone della e situazione finale � (21 settembre 1956) dovevano 
ritenersi tempestive ai sensi dell'art. 41 del Capitolato generale 
amministrativo di appalto delle opere per conto dell'Amministrazione 
ferroviaria; b) che le riserve non potevano considerarsi generiche 
in quanto il Ceragioli lo stesso giorno della sottoscrizione della 
situazione finale aveva precisato il contenuto di esse con apposita 
memoria, attesa .l'impossibilit� di contenere nell'angusto spazio dello 
stampato predisposto per il verbale della situazione finale la complessa 
e dettagliata motivazione delle sue lamentele e delle sue pretese; c) che 
il Ceragioli non era decaduto dal diritto di far definire per arbitri la 
insorta controversia, per non aver, ai sensi dell'art. 45 del cennato 

Capitolato, proposto la domanda di arbitrato entro trenta giorni dalla 
comunicazione delle decisioni dell'Amministrazione, posto che egli, alla 
generica lettera del 26 settembre 1959 con la quale l'Amministrazione 
confermava � le. primitive decisioni, gi� comunicate verbalmente �, 
aveva formalmente richiesto che tali decisioni gli venissero comuni-

n. 350), secondo la quale � se l'appaltatore ha firmato con riserva egli deve 
nel termine di quindici giorni esplicare le sue riserve scrivendo e firmando 
nel registro le �corrispondenti domande di indennit� e indicando 
con precisione le cifre di compenso cui .crede aver diritto e le ragioni 
di ciascuna domanda., non pu� essere interpretata in modo da svincolare 
addirittura l'appaltatore dall'onere dell'immediata riserva, allorch� si verifichino 
� situazioni che gi� si palesino come generatrici di un danno 
ontologicamente apprezzabile� (Lodo arb., 17 marzo 1967, n. 18 -Roma, 
in questa Rassegna, 1967, I, 324). � stato, infatti, gi� osservato in dottrina 
che l'ipotesi relativa a controversie attinenti a fatti continuativi configura 
una fattispecie in cui l'omissione delle riserve non appare in alcun modo 
giustificata; in tal caso l'impossibilit� di precisare i compensi � � motivo 
idoneo soltanto per ammettere la temporanea disapplicazione dell'art. 54, 
terzo comma, del regolamento... non � motivo pertinente per dilazionare� 
e tanto meno omettere le riserve stesse� (cosi CAPACCIOLI, op. cit., 88 
e seg.). E da altri si � osservato che � quando si tratti di fatti che anche se 
continuativi concernono direttamente le rpartite di lavoro che risultano ri



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 583 

cate con ordine di servizio, senza ricevere alcuna risposta dall'Amministrazione. 


Contro questa sentenza, 1'Amministrazione ferroviaria, con atto 
notificato il 5 settembre 1966, ha proposto ricorso per cassazione, con 
due motivi, cui resiste il Ceragioli con controricorso. Entrambe le parti 
hanno depositato memorie illustrative. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Ha carattere preliminare e deve, perci�, essere esaminato con 
precedenz.a il secondo motivo del ricorso, con il quale si investe la 
sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di decadenza 
del Ceragioli dal diritto di far valere le sue domande sia in sede 
arbitrale, sia, quindi, in sede giudiziaria. 

Denunciando la violazione dell'art. 45 del capitolato generale amministrativo 
sulle opere di competenza delle FF.SS., 1'Amministrazione 
ricorrente assume �che la sentenza impugnata, nell'affermare che l'Impresa 
non era incorsa in decadenza per non avere 1'Amministrazione 
dato risposta alla richiesta che la decisione di rigetto delle riserve 
venisse comunicata con un formale ordine di servizio, ha errato, perch�, 
dopo il collaudo, esaurite le funzioni del direttore dei lavori, cui compete 
l'emanazione degli ordini di servizio, ogni potest� di decisione in 
ordine alla definizione di contestazioni, domande e controversie spetta 
all'Amministrazione, e, avendo questa comunicato con la nota del 26 
settembre 1959 di non aver la possibilit� di modificare le precedenti 
decisioni, era dalla data di tale comunicazione che decorreva il termine 
pr la proposizione della istanza di arbitrato. 

Il motivo non � fondato. 

portate nel registro al momento in cui l'appalt!'ltore � invitato alla firma ... 
ci� varr� soltanto a sottrarre l'appaltatore alla decadenza per quanto attiene 
alla mancata determinazione della somma, non a dispensarlo dall'onere 
della riserva al momento in cui sottoscrive il registro in cui siano 
riportate le partite di lavoro cui il fatto continuativo si riferisce o sulle 
quali si ripercuote. La dispensa datl'onere non pu� andare oltre la ragione 
che la determina� (cosi CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 
1964, 782). A quest'ultima proposizione deve darsi opportuno rilievo, avvertendosi, 
tuttavia, che, nel sistema degli appalti disciplinati dal regolamento 
n. 350 del 1895, anche le riserve che � interessano tutto l'appalto � 
non per questo possono considerarsi � indipendenti dalle singole partite di 
lavoro via via iscritte a registro � (v., sul punto, DEL GRECO, nota, in questa 
Rassegna, 1966, I, 714), cosicch� la Corte d'appello romana ha avuto modo 
di avvertire, fin dalla ben nota, perspicua sentenza 19 aprile 1966, n. 666 
(in questa Rassegna, 1966, I, 712), che tutti gli oneri, comunque connessi 
all'esecuzione dell'appalto, necessariamente si riverberano sulle singole 
unit� di lavoro (v. ancora Corte App. Roma, 28 settembre 1968, n. 2301, ivi, 

15 


584 RASSEGNA DELL'AVVOCATVRA DELLO STATO 

Per respingere l'eccezione di inammissibilit� della domanda, proposta 
dall'Amministrazione sotto il profilo dell'avveratasi decadenza 
per inutile decorso del termine di cui all'art. 45 del richiamato capitolato, 
i giudici di merito hanno in sostanza ritenuto che la nota diretta 
dall'Amministrazione al Ceragioli il 26 settembre 1959 non poteva in 
alcun modo essere considerata l'atto finale e definitivo della procedura 
amministrativa inerente all'appalto. 

In proposito ha osservato la Corte che la predetta nota, pur contenendo 
un generico accenno a delle decisioni � comunicate verbalmente., 
non soltanto non forniva alcuna precisazione circa tali decisioni, 
ma, richiamandosi a delle trattative tra l'Amministrazione e l'Impresa 
intese a risolvere di ufficio le vertenze gi� da tempo insorte, 
appariva suscettibile di ulteriori controproposte da parte dell'Impresa,, 
e non poteva, quindi, costituire quella formale e definitiva pronuncia 
sulle insorte vertenze, necessaria per l'inizio della decorrenza dei termini 
dell'impugnativa. 

E l'interpretazione della detta nota e la conseguente determinazione 
della sua portata sono state condotte dalla Corte d'appello con 
l'osservanza delle norme di ermeneutica legale, attraverso una motivazione 
persuasiva, non viziata da errori logici o giuridici; esse, 
quindi, sfuggono al controllo di questa suprema Corte, giacch� l'interpretazione 
dei provvedimenti amministrativi da parte dei giudici di' 
merito costituisce una valutazione di f�tto, che � sottratta al controllo 
della Suprema Corte ogni qual volta sia immune da vizi logici o giuridici 
e, ogni qual volta, in particolare, sia immune dalla violazione di 
quelle norme giuridiche, che, disposte dal legislatore p~r l'interpretazione 
dei contratti in genere, ben possono estendersi alla interpreta


1968, I, 1110, in part. 1119; 23 gennaio 1969, n. 113, ivi, 1969, I, 350, 
in part. 354). 

Da tale premessa, e tenuto conto della ratio dell'istituto, ben evidenziata 
dalla citata giurisprudenza ed ora dalla massima sub 2 della stessa 
sentenza in rassegna, deve coerentemente pervenirsi al definitivo superamento 
della nozione di fatto continuativo, come che impeditivo della immediata 
formulazione e quantificazione della riserva (v., invece, per l'ac-. 
coglimento della nozione, Cass., 4 dicembre 1967, n. 2869, in questa Rassegna, 
1968, I, 118), ritenendosi, viceversa, che, volta a volta, all'atto delle 
sottoscrizioni del registro di contabilit� presentatogli in occasione dell'emissione 
degli stati di avanzamento, l'appaltatore, che lamenti una situazione 
dannosa, debba iscrivere riserva, indicando, quindi, in sede di tempestiva. 
esplicazione, a quali maggiorazioni dei prezzi allibrati ritenga di aver diritto 

(v. nota redazionale, in questa Rassegna, 1968, I, 1111-1113). In tali sensi si� 
auspica una pi� chiara e decisa formulazione dell'insegnamento della Suprema 
Corte regolatrice, racchiuso nella� seconda massima della sentenza qui 
sopra riportata. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 585 

zione degli atti e dei provvedimenti unilaterali e di quelli amministrativi 
in particolare. 

Vero _� che dalla ricorrente si sostiene, nella memoria illustrativa, 
che, se effettivamente l'Amministrazione non si fosse pronunciata sulle 
riserve del Ceragioli, dovrebbe affermarsi,' non gi� la tempestivit� dell'istanza 
di arbitrato, ma la improcedibilit� (temporanea) dello stesso 
giudizio, perch� instaurato, in violazione dell'art. 41 del capitolato 
generale amministrativo, prima dell'emanazione del provvedimento di 
rigetto delle riserve; ma, a pres'cindere dalla considerazione che dalla 
richiamata norma, attesa la genericit� delle espressioni usate, non 
sembra possa senz'altro desumersi la dedotta improcedibilit� del giudizio 
prima della emanazione del provvedimento amministrativo sulle 
riserve, va osservato che la questione relativa alla procedibilit� o meno 
del giudizio deve ritenersi ormai preclusa. Le memorie illustrative, 
infatti, consentite dall'art. 378 c.p.c. non hanno altra funzione che 
quella di chiarire le ragioni a sostegp.o dei motivi enunciati nel ricorso 
e, quindi, non � consentito proporre in esse motivi nuovi o profili di 
diritto, che, richiedendo accertamenti di fatto non consentiti in questa 
sede di legittimit�, non avrebbero potuto essere dedotti per la prima 

~olta neppure con il ricorso (sent. n. 870 del 1968). 

Con il secondo motivo la ricorrente Amministrazione denuncia la 

'~zione e la falsa applicazione delle norme generali sulla interpreta


-dei contratti, nonch� dell'art. 161 c.p.c., in relazione all'art. 41 

\ menzionato capitolato generale amministrativo ed all'art. 41 

'\olato lavori e forniture per conto delle FF.SS., e censura la 

\ sentenza, per aver disatteso l'eccezione di inammissibilit� 

uda a causa della dedotta tardivit� delle riserve, formulate 

~oltanto nella � situazione finale dell'appalto �. Si sostiene 

~o il Ceragioli espresso alcuna riserva entro il termine 

', previsto dal richiamato art. 41 in relazione agli ordini 

"lrnenti le modifiche del progetto originario, cui si 

\~ dei maggiori compensi, doveva considerarsi veri


comminata dalla stessa disposizione. Si aggiunge 

Vimato dalla Corte d'appello al fine di escludere 

\i c.d. fatti continuativi, � erroneo, perch�, specie 

_.il ferroviari, l'onere della immediata denuncia dei 

.u:azioni oggetto di � riserve � presenta il carattere della 

J<l e della inderogabilit�, e che, comunque, nella fattispecie, la 

.duit� doveva considerarsi cessata al momento dell'ultimazione 
dei lavori, o, quanto meno, al momento della sottoscrizione da parte 
dell'Impresa della tariffa suppletiva. 

Si sostiene, infine, che il secondo comma dell'art. 41 richiede che 
le riserve debbono essere formulate in modo specifico, mentre, contra



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

586 

riamente a quanto ritenuto dalla impugnata sentenza, quelle espresse 

dal Ceragioli erano del tutto generiche. 

Il motivo � fondato nei limiti che saranno in appresso indicati. 

Innanzi tutto non merita censura la impugnata sentenza per aver 

ritenuto che Ceragioli nei cinque giorni dalla data in cui venne dispo


sta la variante al progetto originario, l'ordine, cio�, di eseguire le 

c.d. ture con palancole di acciaio anzich� di legno, non era in grado 
di formulare precise riserve, in quanto, in quell'epoca, non poteva valutare, 
avuto riguardo anche alla inidoneit� delle palancole fornite dal1'
Amministrazione, le conseguenze in ordine alla diversit� di esecuzione 
dei lavori, n� avrebbe potuto precisare, in una formale riserva, le sue 
pretese quando aveva chiesto ed ottenuto la prima e la seconda proroga. 
Pu�, infatti, condividersi l'opinione, fatta propria dalla impugnata 
sentenza, che le riserve attinenti ad aggravi di carattere continuativo, 
se omesse, non importano decadenza per quei lavori che si palesano 
accertabili in ogni tempo e computabili nel loro ammontare. In tali 
sensi questa Corte ha avuto occasione di pronunciarsi con la recente 
sentenza n. 2869 del 4 dicembre 1967, con la quale si � appunto enunciato 
il principio che per i c.d. fatti continuativi e sempre rilevabili 
sussiste l'onere della riserva, pur se differita al momento in cui l'opera 
pubblica sia stata ultimata. 

Vero � che tale principio � stato affermato in tema di appalti di 
opere pubbliche in genere e con riferimento al combinato disposto degli 
artt. 53, 54, 64 ed 89 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, mentre nella 
specie si verte in tema di appalti ferroviari regolati dal Capitolato 
generale amministrativo 9 aprile 1909, mod. con d.l. 17 novembre 1921, 
ma, mentre non � dato riscontrare una sostanziale diversit� nella normativa 
vigente in materia di riserva tra i due capitolati, essendo entrambi 
ispirati agli stessi principi, non va trascurato di por mente che 
il Capitolato per i lavori appaltati dalle Ferrovie dello Stato impone 
di formulare la domanda in modo specifico � indicando le ragioni su 
cui essa si fonda e le cifre di compenso a cui l'appaltatore crede di 
aver diritto e la loro dettagliata giustificazione " (art. 41, secondo comma), 
per cui la continuit� dei fatti non pu� non costituire, anche negli 
appalti ferroviari, motivo idoneo per procrastinare l'iscrizione della 
riserva sino al tempo della cessazione della continuit�, attesa l'impossibilit� 
di precisare i compensi prima di tale epoca. 

Del pari non merita censura l'impugnata sentenza per aver ritenuto 
che, nella fattispecie, il termine di decadenza per la formulazione 
delle riserve relative alla disposta variante del progetto originario non 
poteva decorrere neppure dalla data in cui i lavori furono dichiarati 
ultimati (24 gennaio 1955), posto che a tale data doveva essere ancora 
redatta la tariffa suppletiva, avente proprio ad oggetto i prezzi relativi 
alla costruzione delle � ture � con palancole metalliche, anzich� 


PARTE I, SEZ. VI, GIVRIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 587 

lignee, e che venne sottoscritta dall'Imrpresa soltanto il 5 giugno 1956, 

a seguito di una lunga serie di contestazioni scritte. 

Non � infatti da dubitare che, fino a quando non si determin� 

quanto restava dovuto, per la disposta variante, al Ceragioli, sussisteva 

per quest'ultimo l'impossibilit� di precisare i maggiori compensi, come 

richiesto dalla richiamata disposizione. 

La denunciata sentenza non pu�, invece, essere approvata, l� dove, 
rilevato che la tariffa suppletiva si limitava a fissare i prezzi unitari 
senza detern�nare quali sarebbero state le valutazioni complessive dell'Amministrazione, 
ha ritenuto che neppure dalla data di sottoscrizione 
di tale atto potesse decorrere il termine per la formulazione delle 
riserve, e che tempestiva doveva ritenersi la richiesta di maggfori compensi 
espressa al momento della sottoscrizione della situazione finale, 
perch� fino a quell'epoca esistevano tra le parti contestazioni per la 
definizione amministrativa e patrimoniale del rapporto contrattuale. 

Cosi argomentando, la Corte d'appello ha certamente violato le 
norme del capitolato in tema di riserve e disconosciuto il fondamento 
stesso della decadenza, sancita espressamente in favore dell'Amministrazione, 
per una pi� pronta ed efficace difesa di fronte a richieste di 
compensi addizionali ingiustificati e per consentirle la possibilit� di 
modificare il progetto a seguito di tali Tichieste ed, eventualmente, di 
adottare le altre determinazioni del caso. 

Secondo il sistem� dettato dal richiamato capitolato non �, infatti, 
l'Amministrazione, che deve, per prima, adottare e far conoscere all'appaltatore 
le proprie determinazioni sui fatti, che, nel corso del rapporto, 
si verificano, salvo il diritto di quest'ultimo di formulare la 
riserva, bensi all'appaltatore, ove intenda far valere il diritto ad un 
equo compenso per l'eccessiva onerosit� dell'impegno assunto, incombe 
l'onere di formulare la richiesta tempestivamente �e, cio�, qualora si 
tratti di fatti continuativi, al momento in cui si renda manifesta la 
rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa e si 
disponga di ogni elemento necessario per indicare l'importo del compenso 
richiesto sotto forma di maggiori oneri. 

Se cosi �, deve ammettersi che, al momento della sottoscrizione di 
una tariffa suppletiva con cui si fissano i prezzi per alcuni lavori gi� 
da tempo ultimati, l'Impresa sia in grado di formulare la specifica 
riserva di ,cui all'art. 41 del richiamato capitolato, giacch� in sostanza il 
maggior compenso richiesto non si riferisce ad altro che al maggior 
costo di quei lavori rispetto al compenso, che, in base a quella tariffa, 
le veniva riconosciuto. 

Il ricorso, pertanto, va accolto per quanto in motivazione, cassandosi 
in tali limiti la impugnata sentenza, con rinvio della causa ad 
altra Corte di appello, alla quale si ritiene opportuno rimettere anche 
la statuizione circa le spese di questo grado del giudizio. -(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA SEZIONE SETTIMA 
GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 18 dicembre 1968, n. 2662 -Pres. 
Straniero -ReL. De Fina -P. M. Ilar� -Rie. Monizza ed altri. 

Falso -Falsit� di atti -Casistica di atti -Decreto di concessione del 
contributo per miglioramenti fondiari -E atto pubblico. 

Amministrazione dello stato -Pubblico ufficiale, incaricato di pubbli


co servizio, esercente un servizio di pubblica necessit� -Pubblico 

servizio -Nozione. 

Falso -Falsit� in atti -In genere -Idoneit� dell'azione. 

Corruzione -In genere -Natura giuridica -Reato plurisoggettivo Possibilit� 
di esclusione della responsabilit� del corruttore. 

n decreto di concessione deL contributo per miglioramenti fondiari 
� un documento posto in essere daU'lspettore compartimentafo 
nello esercizio delLa sua pubbLica attivit�, destinato a fornire La prova 
di fatti giuridicamente rilevanti costituenti fonti di obbLigazione per La 
PubbLicia Amministrazione: esso costituisce, pertanto, atto pubbLico, n� 
pu� operarsi una distinzione tra parte motiva e parte dispositiva, essendo 
la prima la premessa essenziaLe della seconda (1). 

Nella nozione di pubblico servizio deve ritenersi compresa qualsiasi 
attivit� di concetto e materiale che, nel quadro deU'organizzazione 
delLo Stato e degLi altri Enti pubblici, venga espletata a servizio 
delLa coLlettivit� senza assurgere a livello deLla pubbLica funzione. 

In tema di falsit� materiale in atto pubbLico, perch� si possa parLare 
di inidoneit� dell'azione ai sensi deU'art. 49, primo cpv., c.p., 
occorre che l'alterazione del documento sia riconoscibile ictu oculi 
(e quindi senza ricorrere a confronto con altri documenti o ad inda


(1) Nella motivazione della sentenza, che accoglie criteri consolidati, 
v'� la riaffermazione che anche gli atti interni della P. A. possono avere la 
natura di atto pubblico: nello stesso senso v. Cass. 1� aprile 1968 in Cass. 
pen., Mass. annotato, 1969 m. 1230 p. 798; 21 febbraio 1968, in Mass. UfficiaLe, 
1968, p. 500, m. 107500. 

-v=��{::l' 

$-/---ilW-A%iWiW/di'kil'Wi#W--m,,,,aViW$ffeffed'P4W_d'_J 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 589 

gini di alcun genere) da qualsiasi persona normale (e cio� non di sin


golare ignoranza o negligenza): solo a tali condizioni il falso consi


stente nell'alterazione pu� ritenersi assolutamente inidoneo ad offen


dere la pubblica fede (2). 

n delitto di corruzione previsto dall'art. 318 c.p. ha natura bilaterale, 
ma l'imputabilit� o la responsabilit� del corruttore pu� escludersi 
per circostanze soggettive non operanti nei confronti dell'altro. 

(Omissis). -In seguito ad una inchiesta disposta dal Ministero 
dell'Agricoltura presso l'Ispettorato Agrario Compartimentale di Catanzaro, 
venivano accertate gravi irregolarit� in numerose pratiche 
per concessioni di contributi per miglioramenti fondiari in relazione 
aHa legge speciale sulla Calabria n. 1177 del 1966. 

Con rapporto del 26 ottobre 1962, venivano denunziati i soggetti 
ritenuti responsabili, rappresentati da funzionari dello stesso Ispettorato, 
beneficiari delle pratiche, progettisti e tecnici privati che avevano 
svolto la loro opera in merito alle pratiche stesse. -(Omissis). 

Si procedeva col rito formale a carico di centoundici imputati, 
di cui novantadue venivano prosciolti e solo .diciannove venivano rinviati 
a giudizio. -(Omissis). 

Poich� i reati ascritti... si riferiscono a pratiche di concessione 
di contributi per miglioramenti fondiari..., � opportuno accennare, 

(2) Sulla grossolanit� della falsificazione, che comporta la non punibilit� 
del fatto nei limiti in cui possa ritenersi applicabile il principio generale 
stabilito dall'art. 49 c.p. sulla inidoneit� dell'azione, v. Cass. 29 
aprile 1968, m. 707, in Cass. pen., Mass. Annotato, 1969, 464; 5 luglio 1967, 
m. 807, ivi, 1967, p. 536; 22 maggio 1967, m. 601, ivi, 1968, p. 403; 23 novembre 
1966, m. 1281, ivi, 1967, p. 840; pressoch� negli stessi termini della 
sentenza che stabilisce il rigoroso criterio della riconoscibilit� ictu oculi 
dell'alterazione del documento per l'esclusione della punibilit�, v. Cass. 
11 marzo 1968, m. 936, in Cass. pen., Mass. Annotato, 1969, p. 619, interessante 
in .quanto afferma che la riconoscibilit� ictu ocufi � condizione necessaria 
e sufficiente per la non punib�lit� del reato, anche se dalla grossolanit� 
dell'alterazione pu� derivare la congettura di una cor,rezione 
legittima: il criterio della riconoscibilit� � cio� meramente obiettivo. Nel 
caso della sentenza ora citata era stata infatti annullata una sentenza di 
merito che aveva condannato l'imputato di falsit� in tessera, per alterazione 
della lettera iniziale del nome dell'intestatario � in quanto l'evidenza 
appariva anzi un elemento atto a far ritenere l'alterazione eseguita per 
un fine legittimo, tant'� che la tessera era stata accettata come regolare 
dal gestore dell'albergo �. � evidente che, se la tesi del giudice di merito 
fosse stata seguita, si sarebbe travolto ogni criterio obiettivo e la stessa 
possibilit� di applicazione del principio generale dell'art. 49 c.p. 
In dottrina v. NEPPI MonONA, Il reato impossibile v. in Novissimo digesto 
italiano. 

P.D.T. 

590 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prima, all'iter che tali pratiche seguiv,ano per giungere alla concessione 
e liquidazione del contributo. L'interessato, od il progettista delle 
opere, presentava all'Ispettorato Agrario domanda corredata dai documenti 
amministrativi riguardanti il terreno da migliorare e dagli elaborati 
tecnici (progetto, disegni, computo metrico, ecc.). 

L'Ufficio designava il funzionario istruttore, il quale eseguiva un 
sopraluogo per accertare se le opere progettate fossero, in tutto od in 
parte, ammesse a contributo, eseguiva la revisione del computo metrico 
allegato alla domanda (revisione riguardante la natura delle opere, 
la quantit�, i prezzi unitari) e, a conclusione, redigeva i modd. 90 e 92 
che contenevano i dati generali ed i pi� importanti dati tecnici da lui 
accertati, l'importo delle opere preventivate ritenute utili ai fini del 
miglioramento fondiario e di cui si preponeva l'ammissione al contributo. 


In base a tali documenti, firmati anche dall'Ispettore compartimentale, 
questi emetteva, poi, il decreto di concessione o di impegno 
(mod. 76) decreto ed uno dei due esemplari revisionati del computo 
metrico erano inviati dall'Ufficio alla Cassa del Mezzogiorno per la 
registrazione dell'impegno di spesa; ed un'altra copia del decreto, con 
un esemplare degli elaborati di progetto revisionati, era inviata all'interessato. 
Dopo di che la pratica si fermava, in attesa che costui comunicasse 
l'avvenuta esecuzione delle opere e chiedesse il collaudo, dopo 
il quale si procedeva agli atti di liquidazione del contributo. 
(Omissis). 

Col secondo motivo, il Versaci deduce la violazione degli artt. 81, 
61 n. 2, 69 10 cpv.,' 476 1� comma, 477, 478 ultimo comma, 4820 c.p.; 
475 n. 2, 479 1<> e 20 cpv., 524 n. 1 c.:p.p., per inosservanza ed erronea 
applicazione della legge penale, contraddittoriet� e mancanza di motivazione. 


Sostiene, come si � gi� accennato, che i modd. 90 e 92 non sono 
atti pubblici ma, al pi�, potrebbe qualificarsi certificati, la cui falsificazione 
integrerebbe il reato di cui all'art. 477 c.p., estinto per l'amnistia 
di cui al d.P.R. 4 giugno 1966, n. 332; che la pretesa falsificazione 
sarebbe stata commessa dal Monizza fuori dell'esercizio del pubblico 
servizio cui era addetto. come impiegato, essendo la compilazione dei 
moduli di esclusiva competenza dei tecnici dell'Ispettorato; che trattasi 
di falso grossolano; che la falsificazione del computo metrico costituisce 
falso in scrittura privata; che il decreto di concessione (mod..76) 
consta di una parte motiva (che attesta, con riferimento alle emergenze 
catastali, la consistenza fondiaria della ditta istante), e di una 
pa,rte dispositiva, e che, essendo il falso caduto sulla parte motiva, 
concretizzava il reato di cui all'art. 478 c.p. (falso su attestato sul contenuto 
di atti pubblici o privati) coperto dall'amnistia di cui al citato 
decreto. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 591 

Ma il decreto di concessione del contributo (mod. 76) � peraltro 
un documento posto in essere dall'Ispettore compartimentale nell'esercizio 
della sua pubblica attivit�, destinato a fornire la prova di fatti 
giuridicamente rilevanti costituenti fonti di obbligazione per la Pubblica 
Amministrazione onde, n� pu� dubitarsi della sua qualifica di 
atto ipubblico, n� pu� operarsi una distinzione tra parte motiva e parte 
dispositiva, costituendo la prima la premessa essenziale della seconda. 

L'alterazione operata dal Monizza, incidendo sul contenuto essenziale 
del documento, costituisce falso materiale in atto pubblico � non 
falso in attestato: in quanto gli attestati sono documenti derivanti o 
di secondo grado in cui il pubblico ufficiale si limita a dichiarare 
situazioni giuridicamente rilevanti desunte da altri atti. Quanto ai 
modd. 90 e 92, di cui si � ,gi� precisato il contenuto, � da rilevare che 
trattasi di documenti prescritti per l'emissione del decreto di concessione 
del contributo e la successiva liquidazione di esso, ne ammettono 
equipollenti. 

Essi sono la risultante di un'attivit� di ricerca e di valutazione 
demandata al funzionario istruttore e controllata dall'Ispettore compartimentale; 
sono firmati da entrambi; hanno una propria autonomia 
ed una propria forza probante. 

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, 
agli effetti delle disposizioni sui reati di falso, sono atti pubblici anche 
i documenti che riproducono dati risultanti da altri atti o si riferiscono 
alle risultanze di essi, quando danno luogo ad una fattispecie nuova, 
fornita di una propria individualit� ed autonomia (Sez. V, 11 dicembre 
1967, Delia rie. Mass. dee. pen., 1968, 106.279). 

Non vale invocare, in contrario, la distinzione tra atti interni ed 
atti destinati a spiegare la loro efficacia nei confronti del pubblico: 
perch� atto pubblico pu� anche essere un atto interno se esso ha la 
giuridica rilevanza di documentare fatti inerenti all'attivit� ed alla 
regolarit� delle operazioni amministrative dell'ufficio cui il suo autore 
� addetto. 

N� vale sostenere che uno od ,entrambi i moduli abbiano natura 
certificativa, perch� ai sensi dell'art. 477 c.p. per atto di certificazione 
deve intendersi soltanto quello che il pubblico ufficiale rilascia al 
privato per attestare l'esistenza di fatti precorsi, o di pubbliche attivit� 
gi� svolte o espletate, non atti che documentano originariamente attivit� 
che il pubblico ufficiale c�mpie nell'esercizio delle sue funzioni 
e per ragione delle stesse. 

Il computo metrico non � atto pubblico, in quanto redatto da 
un tecnico privato; ma diventa tale quando, come nella fattispecie, � 
revisionato dal funzionario istruttore nelle singole voci e porta in 
calce l'approvazione, da parte dell'Ispettore compartimentale, delle 
opere ritenute sussidiabili e dal loro importo complessivo: perch�, in 


.592 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tal caso, viene. inserito nell'attivit� dei detti funzionari e nella procedura 
di concessione del contributo. 

Di conseguenza, l'assunto del ricorrente � infondato; e fondata, 
invece � la censura del P. M. ricorrente, il quale a ragione lamenta 
che la Corte di merito non poteva ritenere il Versaci responsabile del 
reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. 10 e 2�, 476, 482, 61, n. 2 c.p., cio� 
di falso materiale in atto pubblico commesso dal privato, ma di concorso 
nel reato di falso ai sensi dell'art. 476 c.p. di cui era stata 
dichiarato colpevole il Monizza ritenendo che lo stesso avesse agito 
pe:r istigazione del Versaci. 

La Corte, nei confronti del Monizza aveva esattamente rilevato 
che come incontroversa era la sua qualifica di pubblico impiegato, 
inequivocabile era anche la qualit� di incaricato di pubblico servizio, 
perch� egli rivestiva la funzione di �archivista ma era addetto, fra 
l'altro alla compilazione dei decreti di concessione dei contributi .e 
dei provvedimenti di liquidazione con tutte le prestazioni accessorie; 
�e nella nozione di pubblico servizio deve ritenersi compresa qualsiasi 
attivit� di concetto e materiale che, nel quadro dell'o�rganizzazione 
dello Stato . e degli altri Enti pubblici, venga espletata a servizio della 
<:ollettivit� senza assurgere a livello della pubblica funzione. 

Orbene, il privato che concorre col pubblico ufficiale e con l'incaricato 
del pubblico servizio nel falso che questi commettono nell'esercizio 
della loro funzione, risponde dello stesso reato commesso dai 
predetti perch�, per la presenza del pubblico ufficiale o dell'incaricato 
di pubblico servizio, muta il titolo del reato anche nei confronti del 
privato, a sensi dell'art. 117 c.p. 

Per tale capo, perci�, la sentenza impugnata va annullata con 
rinvio, essendo infondata la censura relativa alla grossolanit� del falso. 

L'esclusione della grossolanit�, � stata operata dalla Corte di 
merito con apprezzamento non sindacabile in questa sede perch� sorretto 
da motivazione congrua, esente da vizi logici e fondata sull'esatto 
principio di diritto che, in tema di falsit� materiale in atto pubblico, 
perch� si possa parlare di inidoneit� dell'azione ai sensi dell'art. 49 
primo cpv. c.p., occorre che l'alterazione del documento sia riconoscibile 
ictu oculi (e, quindi, senza ricorrere a confronto con altri documenti 
o ad indagini di alcun genere) da qualsiasi persona normale 
(e cio� non di singolare ignoranza o negligenza): perch� solo a tali 
<:ondizioni pu� il falso consistente nell'alterazione ritenersi assolutarn 
mente inidoneo ad offendere la pubblica fede. 

Il

Col terzo motivo, il Versaci lamenta la violazione. dell'art. 43, 

t 

n. 1, 110, 112 n. 1, 56, 640 p.p. e cpv. n. 1 c.p., 475 n. 2, 479 1� e 2� cpv., 
524 
n. 1 c.p.; per inosservanza ed er�ronea applicazione della legge Il 
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PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

penale, mancanza e contraddittoriet� di motivazione. Egli deduce l'irri


levanza giuridica, ai fini della sussistenza del reato di tentata truffa, 

della variazione ubicativa dell'opera costruenda, per difetto, oltre che 

dell'articolo o raggiro, dell'est�remo del profitto ingiusto e relativo 

danno. 

Ma i requisiti del profitto ingiusto e dell'altrui danno ricorrono 

tutte .le volte che dall'atto di disposizione carpito al soggetto passivo 

derivi all'agente oppure ad un terzo una utilit� cui non avevano diritto. 

Seminara aveva diritto al contributo assegnatogli, a condizione della 
osservanza delle prescrizioni contenute nel decreto di conc~ssione, tra 
cui vi era quella della costruzione della casetta nella particella catastale 
ivi indicata. 

L'alterazione operata dal Monizza tendeva a fare percepire dal 
Seminara il contributo senza che quella condizione si fosse verificata; 
e, quindi, a fare conseguire allo stesso un profitto ingiusto, con danno 
della Cassa del Mezzogiorno non tenuta a liquidare alcun contributo; 
e lo scopo non fu �raggiunto per circostanze indipendenti dalla volont� 
dei due correi. 

La sentenza impugnata, quindi, non � incorsa in alcuna violazione 
di legge, n� � carente di motivazione, essendo questa implicita perch� 
i motivi della soluzione relativa al concorso del Versaci nella tentata 
truffa sono contenuti, per implicito necessario, nelle ragioni esposte 
per dare conto del ritenuto concorso in ordine al reato di falso, preordinato 
alla consumazione della truffa. 

�Col quarto ed ultimo motivo, il Versaci lamenta la violazione degli 
artt. 475, n. 2 e 524, n. 1 c.p.p. e 16 d.P.R. 4 giugno 1966, n. 332. (
Omissis). 

Col secondo motivo, il Procuratore generale lamenta la violazione 
dell'art. 524, n. 1 c.p.p. in relazione agli artt. 318 e 319 c.p. e 475, 

n. 3 c.p.p. 
Deduce che la Corte di merito, pur ammettendo in fatto, che il 
Monizza, nelle pratiche in cui erano intervenuti quali tecnici progettisti 
i geometri Barc'i e Pasturi aveva proceduto alla falsa formazione 
dei mod. 90 e 92 (con l'apposizione della firma apocrifa del funzionario 
istruttore o con l'utilizzo di modelli riguardanti altre pratiche) perch� 

i . due anzidetti tecnici, promettendogli compensi in denaro non appena 
riscosso il contributo gli avevano chiesto di affrettare la definizione 
delle pratiche stesse; ha escluso che i predetti lo avessero indotto a 
commettere i falsi, i quali sarebbero stati consumati dal Monizza di 
propria iniziativa, dopo quell'accordo. 
Sostiene: a) che l'accordo tra corruttori e corrotto, pur se contenuto 
in tali limiti, era ugualmente caduto sul compimento, da parte 


594 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del corrotto, di attivit� illegittima perch� apertamente violatrice dei 
doveri di ufficio su di lui gravanti, che gli imponevano di procedere, 
nell'istruzione e definizione delle pratiche, col rispetto dell'ordine di 
presentazione delle relative domande e di non� provocar ritardi nelle 
definizioni delle altre pratiche; b) che, di conseguenza, erroneamente 
la Corte di merito aveva ravvisato nei fatti ascritti a Monizza Barci 
e Pasturi il reato di cui all'art. 319 c.p.; in luogo di quello, originariamente 
contestato, di cui all'art. 318 c.p. La definizione sollecita di 
una pratica non produce peraltro necessariamente riflessi negativi sulla 
definizione delle altre, potendo essere attuata anche con rispetto dell'ordine 
di precedenza, e solo con una maggiore diligenza quando 
venga il turno, senza alcuna violazione, da parte del funzionario, dei 
suoi doveri di ufficio. Nella richiesta dei dati tecnici al Monizza, come 
accertato dalla Corte di merito con la motivata valutazione delle prove, 
non pu� di conseguenza ritenersi implicita la pretesa che il Monizza 
stesso agisse violando quei doveri. 

Il Procuratore generale lamenta aUresi che, la Corte di merito, 
mentre, ha ravvisato il reato di corruzione impropria a carico di Monizza 
e Barci, ha escluso la sussistenza del reato nei confronti del 
Pasturi, pur essendo identici gli elementi di prova a suo carico, ritenendo 
che la promessa del corrispettivo avesse, nell'intenzione dello 
stesso, il carattere di donativo di cortesia o di regalia. Sostiene, infatti, 
che i doni di cortesia che fanno venire meno la corruzione 
sono quelli che consistono nell'offerta di cose di trascurabile entit�, le 
quali, appunto per la loro modicit�, escludono la possibilit� di influenza 
sul compimento dell'atto, in modo da apparire quale corrispettivo 
di esso; e giammai quelli costituiti da somme di denaro, quale� 
che ne sia l'importo. 

Ma la Corte ha dato pieno credito alle giustificazioni del Pasturi,. 
il quale aveva spiegato che le sue pratiche riguardavano due casi 
pietosi e che, perci�, aveva pregato il Monizza di adoperarsi nel rispetto 
della legge, per il sollecito disbrigo delle stesse, senza promettergli 
alcun compenso .e solo �dicendogli che gliene sarebbe stato grato. 

E, valutando tale dichiarazione con ragionamento immune da vizi 
logici e giuridici, ha ritenuto che nelle parole del Pasturi dovesse 
ravvisarsi una promessa non di denaro (quale la intese il Monizza} 
ma, al massimo, di dono � di cortesia, regalia o semplice mancia di 
consuetudine �. 

Il delitto di corruzione previsto dall'art. 318 c.p. ha natura bilaterale, 
ma l'imputatit� o la responsabilit� del corruttore pu� escludersi 
per circostanze soggettive non operanti nei confronti dell'altro. 


(Omissis). 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 595 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 16 aprile 1968, n. 880 -Pres. 
Lenti -Rel. Tartaglione -P. M. Vaccaro -Rie. Mancada. 

Imputato -Assunzione della qualit� di imputato -Enunciazione 

specifica degli estremi dell'accusa -Non � necessaria -Fatti


specie. 

(c.p.p., art. 78). 

Nullit� della perizia -Estensibilit� agli atti successivi -Limiti. 

Perch� possa sorgere in una persona la qualit� di imputato con i 
conseguenti diritti non � necessaria la enunciazione specifica dei termini 
dell'accusa, ma � sufficiente che in un qualsiasi atto venga attribuito 
alla detta persona un reato. 

(Nella specie si � ritenuto che nel conducente di un autoveicolo, 
unico superstite di un incidente stradale in cui abbia trovato la morte 
il conducente di altro veicolo, sia sorta la qualit� di imputato nel momento 
stesso in cui il P. M. abbia trasmesso gli atti al giudice istruttore 
con la richiesta di iniziare istruttoria formale pur senza indicare n� 
il nome dell'imputato n� gli estremi dell'imputazione) (1). 

La nullit� della perizia eseguita nell'istruzione non comporta ipso 
iure la nullit� degli atti successivi, dovendosi di volta in volta stabilire 
quali siano gli atti posteriori che possono ritenersi dipendere dalla 
perizia nulla: solo a questi si estende la nullit� (art. 189 c.p.p.) (2). 

(Omissis). -Il 19 gennaio 1962, sulla strada statale n. 113 da 
Palermo a Messina, in localit� Lavanghella, venivano a collisione l'autobotte 
del tipo � idroschiuma � per servizio antincendio, appartenente 
all'Aeronautica Militare e condotta dal maresciallo Moncada Giuseppe, 
e l'autovettura � Fiat 600 � condotta da Rotelli Benedetto, il quale 
decedeva a causa del contraccolpo, mentre rimaneva ferito tale Borzi 
Aldo, che viaggiava con lui nella vettura. 

(1) Nello stesso senso della prima massima, corrispondente ad una 
elementare esigenza di tutela effettiva dei diritti della difesa, cos� spesso 
frustrati dalle formule talvolta usate di � citazione a chiarimento � v. Cass. 
22 gennaio 1968, n. 109. 
(2) Sulla seconda massima v. Cass. 3 dicembre 1964 in Cass. pen. Mass. 
Annot., 1965, p. 395, m. 702, mentre altre Sezioni hanno escluso che la 
nullit� della perizia potesse travolgere la sentenza istruttoria, poich� il 
giudice del dibattimento avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione dell'atto 
nullo, applicando le disposizioni degli artt. 455 e 456 c.p,p. decisioni 
peraltro inidonee a garantire il diritto della difesa, evidentemente pregiudicato 
dal permanere di una sentenza istruttoria tutta redatta -ed � 
caso frequente -sulla falsariga di una perizia nulla, onde molto pi� 

596 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il competente Procuratore della Repubblica trasmetteva gli atti 
al Giudice Istruttore presso il Tribunale di Mistretta, con richiesta di 
~armale procedimento, senza per altro indicare il nome. dell'imputato 
n� l'imputazione. Il Giudice Istruttore disponeva una perizia tecnica 
per stabilire le modalit� dell'incidente, nonch� una perizia medicolegale 
sulla persona del Borz�, senza nominare un difensore al Moncada; 
dopo di che a costui venivano contestati: a) il delitto previsto e 
punito dall'art. 589 c.p., P!ima parte e primo capoverso, per essere 
concorso a cagionare la morte del Rotelli ~ le lesioni in persona del 
Borz�, .guarite in 60 giorni, mentre il Rotelli, alla guida della propria 
autovettura, aveva abbordato la curva fuori mano e ad alta velocit�, 
per colpa consistente: nel non avere moderato la velocit� dell'autoveicolo 
da lui condotto in corrispondenza della curva; nel non avere 
tenuto la propria mano in curva, invadendo parzialmente la mezzeria 
opposta; nell'aver tenuto condotta di guida imprudente, non avendo 
avuto cura di tener conto della larghezza della carreggiata e di quella 
dell'autobotte in relazione all'incrocio; b) la contravvenzione prevista 
e punita dall'art. 102, primo, secondo e terzo comma del t.u. delle 
norme sulla circolazione stradale, per non avere moderato particolarmente 
la velocit� dell'autoveicolo in curva, tenendo anche conto della 
mole di esso; c) la contravver_izione prevista e punita dall'art. 104, 
comma decimo, del detto t.u., per avere circolato contro mano in curva. 

L'imputato affermava che la velocit� da lui tenuta era molto limi


tata e che la curva era stata da lui abbordata con il veicolo stretta


mente accostato al margine destro della via; ed attribuiva l'intera colpa 

dell'incidente al guidatore della vettura, sopravvenuta a forte velocit� 

contromano. 

All'esito dell'istruzione, su conforme richiesta del P. M., il predetto 

Giudice Istruttore, con sentenza in data 18 luglio 1963, ordinava il 

rinvio dell'imputato al giudizio del Tribunale competente, chiaman


dolo a rispondere dei delitti di omicidio e lesioni colpose giusta l'impu


tazione, mentre dichiarava non doversi procedere in ordine alle con-

accettabile � l'indirizzo giurisprudenziale che si va affermando, conforme 
alla sentenza annotata. 

V. nel suddetto senso contrario, Cass. 18 gennaio 1966, in Cass. pen. 
Mass. annot., 1966, p. 933, m. 1448; 24 settembre 1965, ivi, p. 305, m. 414 
e la dottrina FLORIDIA, Contro la prassi dei supplementi istruttori, in Riv. 
it. dir. proc. pen., 1959, p. 335; ScARPELLO, I riflessi deHa dichiarazione di 
nuUit� nel corso del procedimento penale, in Riv, it. dir. proc. pen., 1956,. 
p. 71. 
In senso inve�e favorevole alla sentenza che si annota, v. FoscHINI,. 
Sistema dir. proc. pen., II, 1961, p. 193; CAVALLARI, Effetti deiha dichiamzione 
di incostituzionalit� della norma processuale penale, in Riv. it. dir. 
e prnc. pen., 1966, p. 94. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

travvenzioni suindicate, siccome estinte in virt� dell'amnistia concessa 
con il d.P.R. 24 gennaio 1963, n. 5. 

Il Tribunale di Mistretta, con ordinanza pronunziata nell'udienza 
del 21 aprile 1964, ritenendo che il procedimento d'istruzione fosse 
stato svolto senza una valida forma di esercizio dell'azione penale da 
parte del P. M., dichiarava la nullit� di tutti gli atti di esso, ordinando 
la trasmissione al P. M. del fascicolo. Ma il Giudice Istruttore, con 
ordinanza del 15 giugno 1964, rilevava conflitto di competenza e questa 
Corte, con decisione in data 6 ottobre 1964, annullava senza rinvio 
l'ordinanza del Tribunale. 

Nel nuovo giudizio lo stesso Tribunale, con sentenza del 16 marzo 
1965, dichiarava il Moncada colpevole del delitto di omicidio colposo, 
con le circostanze attenuanti generiche e lo condannava alla pena di 
mesi quattro di reclusione, con i benefici previsti dagli art. 163 e 175 
c.p., oltre che al pagamento delle spese processuali, nonch�, in solido 
con il Ministero della Difesa-Aeronautica, intervenuto in giudizio per 
mezzo dell'Avvocatura dello Stato, al risarcimento dei danni ed al 
rimborso delle spese in favore delle parti civili Misuraca Antonietta 
e Rotelli Filadelfio, ordinando altr�s� la sospensione della patente di 
.guida del Moncada per la durata di un anno, mentre dichiarava non 
doversi procedere in ordine al delitto di lesioni colpose, estinto anche 
in virt� del ricordato decreto di amnistia. 

Su appello dell'imputato e del responsabile civile, la Corte di 

appello di Messina, con sentenza in data 26 ottobre 1966, �confermava 

quella del Tribunale e condannava gli appellanti in solido al paga


mento delle spese processuali e di quelle sostenute dalle parti civili 

nel giudizio di secondo grado. 

Ritualmente proponevano ricorso per cassazione l'imputato e l'Av


vocatura dello Stato per il responsabile civile. 

Nei motivi dell'impugnazione nell'interesse dell'imputato, erano 

dedotte le seguenti censure: I) Violazione degli artt. 185 n. 3 e 189' 

c.p.p. in relazione agli artt. 304 bis, ter e quater, nonch� 314 e 317 
c.p.p., per non essere stata rilevata la nullit� delle perizie, a causa 
della mancata comunicazione al difensore dell'imputato dell'inizio delle 
operazioni peritali e del deposito delle perizie dopo la loro esecuzione; 
Il) Violazione degli artt. 475 e 524 c.p.p. in relazione all'art. 479 c.p.p .. 
e agli artt. 40, 41 e 43 c.p. per difetto di motivazione sul punto della 
ritenuta violazione dell'art. 102 del t.u. sulla circolazione stradale, su 
quello della ritenuta violazione dell'art. 104 del medesimo t.u. e su 
quello relativo all'accertamento del rapporto di causalit� fra la condotta 
del ricorrente e la determinazione dell'incidente; III) Violazione 
degli artt. 475 e 524 in relazione all'art. 479 c.p.p., per difetto di 
motivazione sull'applicabilit� della pronunzia di assoluzione per insufficienza 
di prove. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

sulla configurazione dell'imputato come parte nel processo: la qualit� 
d'.imputato, invero, sorge appena ad una persona venga, in qualsiasi 
atto, attribuito un reato, .giusta l'art. 78 c.p.p. e non si perde se non 
con la sentenza definitiva. Il Moncada aveva assunto tale qualit� dal 
momento dell'investitura del Giudice Istruttore con la richiesta del 

P. M. in quanto, come bene fu rilevato nell'ordinanza 15 giugno 1964 
(con la quale venne rilevato il menzionato conflitto), l'azione penale 
non poteva non intendersi esercitata se non contro quello dei due 
conducenti dei veicoli implicati nel sinistro, ch'era rimasto superstite. 
Di ci� lo stesso Giudice Istruttore avrebbe dovuto tener conto ai sensi 
dell'art. 78 capov. c.p.p. nel dare corso alle perizie, essendosi presentata 
l'occasione di compiere degli atti rispetto ai quali la legge riconosce 
all'imputato specifici diritti. 
La circostanza che l'imputato non avesse ancora designato un 
difensore non dispensava certamente dall'osservanza delle disposizioni 
degli artt. 304 ter e quater, essendo ben possibile la nomina del difensore 
stesso ai sensi dell'art. 304 c.p.p. anche prima dell'interrogatorio. 
Trattandosi di atti per i quali l'assistenza del difensore � categoricamente 
richiesta dalle norme processuali, con l'attribuzione di diritti 
ben determinati, il Giudice Istruttore avrebbe dovuto provvedere a 
nominarlo nel modo previsto dal detto articolo e metterlo in grado di 
esercitare le facolt� a lui spettanti. 

N� le ragioni di urgenza -indicate nell'ordinanza e criti�ate nel 
ricorso ma non sindacabili ad opera di questa Corte -valevano a 
giustificare l'omissione della nomina del difensore e delle comunicazioni 
prescritte. Invero, l'art. 304 ter �nell'ultima parte consent~ di fare 
a meno dell'avviso, che di regola deve precedere l'inizio delle operazioni 
peritali (e degli altri atti preveduti dall'art. 304 bis), ma ci� non 
esclude che l'ordinanza con cui � disposta la perizia debba sempre 
essere comunicata al difensore a norma dell'art. 314, quinto capoverso, 
c.p.p., n� che comunque il difensore possa intervenire spotaneamente 
ai sensi dell'art. 317 bis, primo capoverso, in relazione all'art. 304 ter, 
ultima parte, c.p.p. 

Tanto meno le dette ragioni potevano dispensare dall'obbligo di 
procedere all'avviso di deposito delle perizie dopo la presentazione 
delle relazioni. L'art. 317 bis, prima parte, espressamente esige che 
anche in caso di perizia urgente siano adempiute le prescrizioni della 
prima parte, del primo e del secondo capoverso dell'art. 340 quater 
cod. proc. pen. 

Ritenuta l'inosservanza delle suddette disposizioni, bisogna stabilirne 
le conseguenze. Non � dubbia la nullit� assoluta, ai sensi dell'art. 
18�5 n. 3 c.p.p., delle perizie eseguite senza l'adempimento delle 
formalit� prescritte, in quanto queste sono imposte a garanzia delle 
esigenze difensive dell'imputato (oltre che delle altre parti private) e 


600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sono intese ad assicurare allo stesso l'assistenza di una dif�sa tecnica 
nel compimento di atti che la legge astrattamente considera di particolare 
importanza nell'acquisizione della prova. La nullit�, per altro, 
� da ritenere irrilevante per quel che riguarda la perizia medico legale 
compiuta sulla persona del Borz�, in quanto il delitto di lesioni colpose, 
connesso ai traumi da costui patiti nell'incidente, risulta estinto 
per amnistia e tale causa di estinzione del reato preclude l'esame di. 
ogni questione relativa ad esso, ai sensi dell'art. 592 c.p.p. 

Pi� attento esame occorre per la determinazione degli atti cui la 
rilevata nullit� si comunica, a norma dell'art. 189 c.p.p. Come ha 
osservato la precedente sentenza di questa Corte nella risoluzione del 
conflitto -in armonia con la giurisprudenza prevalente -, la nullit� 
delle perizie eseguite nell'istruzione non comporta ipso jure quella .degli 
atti successivi, fra i quali la sentenza di rinvio a giudizio. Si tratta 
quindi di stabilire se il vizio renda invalido il primo atto, posteriore� 
a tale sentenza, che possa ritenersi �dipendere� dalla perizia tecnica 
ritenuta nulla: cio�, la sentenza pronunziata dal Tribunale di Mistretta 
nel giudizio di primo grado. Dall'esame di tale sentenza emerge che� 
la decisione non risulta necessariamente collegata, dal punto di vista 
logico, alla perizia tecnica: infatti, nella motivazione di essa si fa 
menzione, in maniera generica e globale, alle risultanze dei rilievi 
descrittivi e fotografici eseguiti a cura del Pretore competente nell'istruzione 
preliminare e di quelli eseguiti dalla Polizia Stradale nelle� 
indagini di polizia giudiziaria, �confermati dal consulente tecnico d'ufficio 
ing. Leonardo Sorbello e dalla formale istruzione ., e nella ricostruzione 
del fatto sono esposti dati che in linea di massima collimano. 
con quelli indicati nel verbale di ispezione del Pretore e nel rapporto 
della Polizia. Pertanto, non � lecito considerare senz'altro estensibile� 
a questa sentenza la nullit� della perizia di ufficio. 

La nullit� si estende, invece, alla sentenza della Corte di Appello 

di Messina, impugnata con il presente ricorso, poich� questa non solo. 

ha negato l'invalidit� della perizia tecnica, ma ha fondato la decisione 

di merito in gran parte sui dati e sui rilievi contenuti nella relazione 

peritale, come emerge da parecchi punti della sua ampia ed elaborata 

motivazione. Sotto questo aspetto, dev'essere accolto il primo motivo 

di ricorso e la sentenza impugnata dev'essere annullata per il semplice� 

rilievo formale della utilizzazione logica dell� perizia di cui � stata 

in questa sede affermata la nulit�. Non � quindi il caso di passare� 

all'esame delle critiche espresse negli altri motivi del ricorso dell'im


putato e in quelli del ricorso del responsabile civile, le quali investono 

la correttezza delle argomentazioni svolte nella .sentenza per illustrare-

la rappresentazione dei termini essenziali del fatto e l'individuazione 

degli elementi della colpa attribuita al ricorrente. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 601 

L'annullamento deve avvenire con rinvio ad altro giudice di pari 
grado, che si designa nella Corte di Appello di Catania. Ad esso competer� 
di rivedere il giudizio espresso nella sentenza del Tribunale, 
in corrispondenza dei motivi di appello, stabilendo in primo luogo se 
la parte valida del materiale probatorio, alla quale essa ha attinto, sia 
sufficiente per un sicuro accertamento delle modalit� dell'accaduto e 
per una puntuale definizione della condotta dell'imputato e del rapporto 
di causalit� fra questa e l'evento, ed in caso negativo integrando l'inda,
gine mediante la rinnovazione totale o parziale del dibattimento, 
ai sensi dell'art. 520 c.p.p., per poi pronunziare nel merito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1969, n. 657 -Pres. Colli -
Rel. Roberti -P. M. De Gennaro (conf.) -Rie. Fregnan Cesare. 

Oli minerali -Detenzione di eccedenze -Poteri d'accertamento della 
Polizia Tributaria. 

(!.-31 dicembre 1962, n. 1052, art. 21). 

L'accertamento dell'eccedenza nei depositi liberi di olii minerali, 
combustibili e lubrificanti a norma dell'art. 21 della legge 31 dicembre 
1962 n. 1852, pu� avvenire da parte della polizia tributaria con tutti 
i mezzi consentiti, fra cui le sole scritturazioni contabili ben potendosi 
da esse trarre la certezza, attraverso opportuni calcoli, della introduzione 
nel deposito di prodotti petroliferi sottratti all'imposta di fabbricazione 
(1). 

(1) L'art. 13 d.I. n. 271 modificato dalla legge 31 dicembre 1962, 
n. 1825, art. 21, secondo comma, dispone che se� nella verificazione dei 
depositi liberi di olii minerali... si rinvengono eccedenze in confronto 
delle risultanze del registro di carico e scarico, o comunque non giustificate 
da regolari certificati di provenienza, il gestore� � punito con la 
multa, ecc..... E nell'ultimo comma dello stesso articolo � statuito che 
�Non costituisce irregolarit�, agli effetti del comma precedente, la esistenza 
accertata di una differenza fra le giacenze reali e le risultanze 
contabili, quando sia contenuta entro i limiti fissati.. . ., Sulla scorta di 
queste norme, sosteneva il difensore dell'imputato che se la legge parla 
espressamente di � verificazione ., di � rinvenimento � di eccedenza, di 
� giacenze reali �, doveva indubbiamente trattarsi di un � rinvenimento � 
materiale di eccedenza, non di un riscontro contabile da parte degli Organi 
tributari e che l'art. 21 doveva interpretarsi secondo il suo significato 
lessicale e letterale e non secondo un significato elastico che non trova 
riscontro nella norma. 
Pertanto ai fini della configurabilit� del reato, sarebbe necessario che, 
rispetto ai quantitativi introdotti nel deposito e risultanti dai dati del 


602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

registro di carico e scarico o dai certificati di provenienza, si rinvengano, 
a seguito di verifiche e controlli materiali (nei serbatoi e cisterne) da 
parte dell�. Polizia tributaria quantitativi reali eccedenti la cifra globalmente 
caricata. 

E poich� nel caso di specie il rinvenimento materiale di eccedenza 
era consistito in poche migliaia di kg., rientrante nei limiti di tolleranza 
ammessi (mentre per maggiore eccedenza era stata documentalmente accertata) 
il reato non sarebbe stato sussistente. 

La Suprema Corte � per� ed esattamente andata in contrario avviso, 
statuendo che il reato non � escluso dal fatto che non siano rinvenuti 
prodotti petroliferi nei depositi all'atto della verifica degli stessi poich� 
l'espressione � si rinvengono eccedenze � va intesa in rapporto alle � risultanze 
del registro di carico e scarico o ai certificati di provenienza � 
e il relativo accertamento ben pu� avvenire con ogni mezzo e quindi anche 
attraverso le sole risultanze contabili. Basta in sostanza che vi sia la certezza, 
comunque acquisita che dal gestore dei depositi siano stati in questi 
i.mmessi prodotti petroliferi (siano ess1 o meno ancora giacenti) non registrati 
o non giustificati da certificati di provenienza regolari; e ci� si verifica 
senza dubbio quando lo � scarico � superi di gran lunga il � carico � 
documentato e contabilizzato. 

Ritenere altrimenti, secondo l'interpretazione :restrittiva della norma 
prospettata dal difensore sarebbe infatti, come la Suprema Corte ha notato, 
in contrasto con la finalit� della legge (rendere cio� possibile il 
controllo della finanza) poich�, in quel modo sfuggirebbero all'accertamento 
ed alla conseguente sanzione tutte le eccedenze di prodotti non pi� giacenti 
nel momento della verifica. 

In dottrina, v. in generale, P1ccININO, Olii minerali e derivati petroliferi, 
in Nuovissimo digesto italiano; LUCHINI, Il reato di irregolare tenuta 
del registro di carico e scarico, in Riv. dir. petr., 1959, n. 22, p. 99; MoRSILLo,
Eccesso di giacenze nei depositi di orii minerali e rilevanza del dolo, 
in Rass. leg. e giur. petrol., 1966, ottobre, 493, nota alla sentenza Cass. 
26 gennaio 1966, n. 100, che sancisce. la necessit� della prova del dolo in 
tema di eccedenza di giacenze, non essendo stabilita in materia, a differenza 
di quanto avviene per la legge doganale nell'ipotesi di contrabbando 
negli spazi doganali alcuna presunzione di responsabilit�. 

P. D. T. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 14 giugno 1969, n. 1019 -Pres. 
Rosso -Rel. Giorigioni -P. M. Bracci (conf.) -Palladino e altri. 

Peculato -Distrazione -Somme destinate alla G. I. -DevoluziOne 
ad una associazione sportiva giovanile ~ Sussistenza del reato. 

Costituisce peculato per distrazione l'impiego di denaro della Pubblica 
Amministrazione per l'attuazione di scopi estranei a quelli cui 
doveva servire. Commette quindi il reato chi, nella sua qualit� di 


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PARTE I, SEZ. VII, GIUR�SPRUDENZA PENALE 603 

commissario provinciale della Giovent� Italiana, devolva le somme 
destinate ail'Ente ad un'unione sportiva calcistica (1). 

(Omissis). -L'avv. Angelo Palladino, Commissario provinciale 
della � Giovent� Italiana � di Campobasso, a seguito di sommaria istruttoria 
era istato tratto a giudizio dinanzi quel Tribunale per rispondere 
di peculato continuato, per essersi appropriato: a) di lire 587.751, costituenti 
parte dei fondi per le spese della gestione di cantieri di lavoro 
affidati alla G. I.; b), c), d) ed e), rispettivamente di lire 500.000, 500.000, 

500.000 e 400.000, costituite da contributi disposti dalla Prefettura di 
Campobasso pro �Colonie climatiche della G. I. 
Era stato inoltre imputato di concorso col Palladino, per il solo 

peculato di cui alla lettera a), il rag. Luigi Laurella, capo dell'Ufficio 

provinciale di Campobasso di tale Ente, cui si addebitava di avere, 

d'intesa col Palladino, rilasciato la propria � firma congiunta � per i 

criminosi prelevamenti di somme effettuati dal primo. Fatti avvenuti 

tra il settembre 1959 ed il ma.ggio 1960. 

Con sentenza 2 gennaio 1967 il Tribunale dichiar� il Palladino 

colpevole limitatamente alle appropriazioni di cui ai capi b) e seguenti 

della rubrica e, con la concessione delle attenuanti del motivo di parti


colare valore sociale, del danno di speciale tenuit� e generiche, lo 

condann� alla pena di mesi 11 di reclusione e lire 40.000 di multa. Lo 

assolvette invece, insieme col Laurella, dalla imputazione di cui al 

capo a), perch� il fatto non costituisce reato. 

� bene precisare subito che tutte le somme di cui sopra, e di cui 
sostanzialmente il Palladino non contestava l'appropriazione, erano 

(1) Sul concetto di distrazione la giurisprudenza � ormai costante (v. 
Cass. 15 novembre 1967, IPPOLITO in Giur. pen., 1968, II, 145; 3 maggio 1965, 
LIGUORI in Cass. pen. Mass. annotato, 1966, m. 343, p. 265; 2 �marzo 1966, 
in Rep. giur. it~, 1966, vol. 3044 n. 8; 4 mag.gio 1964, PERROTTI in Cass. pen. 
Mass. annotato, 1965, m. 1907, p. 1053) e ritiene che la distrazione ricorra 
anche quando il denaro sia destinato ad altro uso di pubblico interesse 
ed avvenga a fine di profitto proprio o altrui iri ci� conforme a parte della 
dottrina (v. MANZINI, Trattato di dir. pen. ital., vol. V, 1950, p. 123) mentre 
altri sostengono l'inesistenza del reato quando, nonostante la diversa desti.
nazione della somma, questa sia pur sempre destinata al perseguimento 

1:1.i un fine pubblico. In questo senso, v. PAGLIARO, Studi sul peculato, 1964J 
p. 9; PANNAIN, J delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministra:. 
zione, 1966, p. 60, il quale ultimo autore, premesso che la distrazione consiste 
di un momento positivo (destinazione della somma a un fine pubblico) 
e di uno negativo (sottrazione della somma a quel fine) nega che possa 
sussistere il reato quando la somma, pur distratta, sia comunque destinata 
al perseguimento di un fine pubblico della stessa P. A.: in tal caso non 
vi sarebbe un profitto del reo o di altri, poich� la norma parla di � distrazione 
a profitto � e non di � distrazione a fine di profitto �. Con ci� sembra 

604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

state da costui devolute all'Unione Soortiva Campobasso, della quale 

egli era contemporaneamente Commissario. E ci� egli avrebbe fatto, 

a suo dire, con l'esplicito assenso del Prefetto, erogatore delle somme 

stesse e dell'Ispettore �centrale della G. I., e nell'intento di ovviare alla 

dissestata situazione finanziaria di tale societ�, che le avrebbe precluso 

la possibilit� di partecipare al campionato di calcio, con prevedibili 

gravi conseguenze per l'ordine pubblico. 8enonch� H Prefetto, pur 

ammettendo di avere concorso altre volte a sovvenzionare l'U.S.C. con 

fondi di sua spettanza, negava di avere concesso tale autorizzazione 

e cos� del pari l'Ispettore. Il Tribunale ravvisava pertanto negli episodi 

di cui ai capi b) e seguenti della rubrica, concernenti la sottrazione 

di complessive lire 1.900.000 destinate alle colonie climatiche della G. I. 

e devolute invece illegalmente all'U.S.C., una ipotesi di peculato con


tinuato per appropriazione, che pu� essere discriminata solo quando 

l'atto del pubblico ufficiale, nonostante la diversa destinazione del 

denaro, conservi la sua attitudine funzionale al raggiungimento dei 

fini specifici della Pubblica Amministrazione, tra i quali non rientra 

certo quella di incrementare l'attivit� di una societ� calcistica, che 

persegue oltretutto fini speculativi e di lucro. 

In considerazione tuttavia del fatto che il Palladino ci� commise 
.per motivi di apprezzabile valore sociale (per evitare cio� che probabili 

manifestazioni di protesta dei tifosi per l'inerzia del sodalizio potessero 

turbare l'ordine pubblico) gli vennero concesse le attenuanti di cui 

agli artt. 62 n. 1, n. 4 e bis del c.p. 

Anche per quanto concerne l'addebito sub a), pur essendo risultato 

che parte della somma ivi contemplata era stata egualmente destinata 

a sovvenzionare l'U.S.C., ma successivamente reintegrata nelle casse 

che voglia intendere che il profitto deve consistere non in qualsivoglia 

utilit� derivante dall'operata distrazione, ma che consiste nella distrazione 

in s�. Queste argomentazioni del PANNAIN per� non paiono accettabili 


e giustamente non sono accolte dalla giurisprudenza -perch� altrimenti 

le due ipotesi, di appropriazione e di distrazione alternativamente previste 

dall'art. 314 c.p., verrebbero ad unificarsi indebitamente, mentre � nel 

sistema della legge che, nell'ipotesi dell'appropriazione, questa stessa co


stituisca il profitto e che invece in quella di distrazione -in cui la 

somma distratta non va nelle tasche del peculatore n� di terzi (ch� al


trimenti sarebbe ancora un'ipotesi di appropriazione a profitto proprio o 

di terzi) -il profitto vada ricercato altrove. V. recentemente CARINELLI, 

Appunti sul concetto di distrazione nel delitto di peculato, in Riv. it. dir. 

e proc. pen., 1966, 538. 

Per �quanto concerne il momento consumativo del peculato per distrazione, 
� stato affermato che esso coincide con quello in cui la distrazione 
si verifica. (V. Cass. 25 ottobre �1967, in Cass. pen. Mass. annotato, 1969, 

p. 72). 
P. D. T. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 605 

della G. I., il Tribunale ritenne che, in sostanza, l'imputato fosse incorso 
in errore scusabile, in quanto ricadente su legge diversa da quella 
penale, sia omettendo per mera dimenticanza la registrazione di spese 
legalmente ed effettivamente effettuate, sia ritenendo lecita l'erogazione 
di somme per uno scopo �che egli considerava quale istituzionale della 

G. I., e cio� quello di dare incremento allo sport �giovanile. Non ravvisava 
pertanto ipotesi alcuna di reato n� a carico del Palladino n� a 
carico del Laurella. 
Avverso tale sentenza proponevano appello il P. M. ed il Palladino. 
Il primo censurava l'assoluzione dei due imputati dal reato di cui al 
capo a), stante la diversit� tra i fini istituzionali dei due enti, che non 
avrebbe dovuto consentire l'adozione della scriminante ritenuta dal 
Tribunale, e la concessione delle attenuanti di cui all'art. 62 nn. 1 e 4 
del c.p. Il Palladino sosteneva la tesi che erroneamente si fosse rite~ 
nuta l'ipotesi Q.elittuosa del peculato per appropriazione mentre per la 
duplicit� delle cariche da lui ricoperte, entrambe di nomina prefettizia, 
e per l'unicit� dell'Ente erogatore delle somme (Prefettura di Campobasso), 
nei cui fini assistenziali rientravano entrambi gli Enti da lui 
presieduti, la destinazione di somme da un ente all'altro avrebbe concretato 
un fatto di distrazione penalmente non punibile per obiettiva 
mancanza di illiceit� e, in ogni caso, per carenza di dolo. 

Parzialmente accogliendo l'impugnazione del P. M., la Sezione di 
Corte d'appello di Campobasso con sentenza 14 novembre 1968 dichiarava 
entrambi gli imputati colpevoli dei reati cosi come loro ascritti e, 
con la concessione ad entrambi delle circostanze attenuanti di cui 
.all'art. 62 n. 4 e bis e, al solo Laurella, dell'attenuante di cui all'art. 114 
del c.p., li condannava in conseguenza. 

Pur concordando col Palladino che nella specie debba ravvisarsi 
una ipotesi di peculato per distrazione, e non per appropriazione, cosi 
come deciso dal. Tribunale, la Corte d'Appello ha ritenuto che essa 
non possa essere discriminata per le ragioni addotte dall'imputato. A 
prescindere dal fatto che � mancata la prova dell'asserito consenso da 
parte del Prefetto e dell'Ispettor.e centrale della G. I. (che, comunque, 
anche se prestato, non avrebbe legittimato l'azione dell'imputato), in 
ogni caso l'imputato, nella specie esercente la professione legale, mai 
avrebbe potuto confondre la diversit� dei fini istituzionali e degli scopi 
concreti dei due diversi enti da lui rappresentati: l'uno di interesse 

I

pubblico, controllato e sovvenzionato dallo 8tato, l'altro -del tutto 
privato -con scopo e finalit� di lucro; l'uno intesp anche alla educa


I 

zione fisica dei giovani e l'altro soltanto alla preparazione atletica di 
qualche giocatore professionista di calcio. 


I\\ 

Ipotesi di reato ravvisabile in tutti gli episodi, compreso quello 

i ~:

sub a), posto che l'imputato non aveva alcuna facolt� di disporre donationis 
causa di somme espressamente richieste e concesse col vincolo 


:: 



RASSEGNA DELL.AVVOCATURA DELLO STATO 

della destinazione ai cantieri di lavoro della G. I. e dirottate nelle casse 
della U .S.C. senza nemmeno una deliberazione amministrativa, il che 
dimostra come egli ben fosse consapevole della illegittimit� della sua 
azione. Consapevolezza che si riscontra, a parere della Corte d'Appello, 
anche nell'operato del coimputato Laurella il quale, pur conscio della 
illegalit� del fatto, tanto da opporsi in un primo momento alle richieste 
del Palladino, fin� con l'aderire contribuendo col suo comportamento 
(apposizione sul mandato della sua firma, necessaria per la riscossione 
della somma; omissione delle registrazioni relative e delle prescritte 
comunicazioni all'Ufficio centrale accreditante) alla realizzazione del 
reato. 

La Corte non ha poi ravvisato possibilit� di concessione della circostanza 
attenuante di cui all'art. 61 n. 1 .del c.p., che postula ben 
altre fattispecie, poich� il movente che in ipotesi ha indotto l'imputato 
non pu� annoverarsi tra i pi� elevati nella scala dei valori umani e 
sociali, anche in considerazione del fatto che in definitiva egli ha 
tratto da ci� �ragioni di prestigio personale. 

I due imputati hanno proposto ricorso per cassazione. Il Palladino 
deduce mancanza di motivazione su elementi decisivi per l'affermazione 
della sua responsabilit�, circa il dolo e circa l'estremo del profitto, 
nec�ssario per l'esistenza del reato. 

Il Laurella deduce: 

1) Violazione dell'art. 314 del c.p.; 

2) Insufficiente, contradditoriet� ed omessa motivazione della 
sentenza; 
3) Idem, su altro punto della .causa; 
4) Contraddittoriet� tra l'affermazione della sua responsabilit� 
e la concessione dell'attenuante della minima partecipazione; 

5) Violazione e falsa applicazione dell'art. 314 del c.p. 

I ricorsi non sono fondati. I fatti della causa, pacificamente accertati 
in sede di merito, sono stati accuratamente ed esattamente valutati 
dalla sentenza impugnata che, attraverso tale valutazione, � pervenuta 
a conclusioni ineccepibili, non suscettibili di censura in questa sede 
di mero controllo di legittimit� formale. I giudici dell'appello si sono 
motivatamente convinti della piena colpevalezza dei due imputati in 
ordine ai reati come loro rispettivamente ascritti, e tale convincimento 
hanno espresso senza trascurare alcun elemento decisivo, senza incorrere 
in travisamente dei fatti ma dando ampio e corretto conto del 
loro operato in ordine all'apprezzamento delle prove, senza incorrere 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

in quei vizi di ordine logico-giuridico ehe, . a torto, i ricorrenti denunciano. 


In ordine alla imputazione di cui al capo a) che i giudici dell'appello, 
riformando la errata decisione di primo grado, hanno ritenuto 
sussistere a carico di� entrambi, i ricorrenti -con motivi sostanzialmente 
analoghi -tentano proporre per la prima voita~in questa sede 
una versione di fatto difforme da quella accertata in sede di merito, 
e eomunque di nessuna rilevanza. Nulla importa infatti, ai fini del 
peculato loro ascritto, che il fondo di lire 900.000 fosse ancora di 
pertinenza del Ministero del Lavoro o gi� trasferito nelle disponibilit� 
della G. I.: nell'un caso come nell'altro pur sempre trattavasi di pubblico 
denaro parzialmente distratto per scopi privati. E comunque tale 
distrazione, e negli esatti termini in cui � stata ritenuta nella sentenza 
impugnata, era stata ammessa dallo stesso Palladino nel suo interrogatorio 
e mai contestata. Come nulla rileva il fatto che vi sia successivamente 
stata la reintegrazione della somma sottratta, che ha quindi 
potuto essere destinata a scopi legittimi. 

Tentano ancora entrambi i ricorrenti in questa sede di riproporre 
la tesi secondo cui rientrerebbe nelle finalit� della G. I. l'incremento 
delle attivit� sportive, per cui sarebbe giustificata penalmente (anche 
se amministrativamente scorretta) la distrazione di fondi dall'uno all'altro 
ente. La pretestuosit� di una siffatta argomentazione � stata posta 
nel debito rilievo dalla sentenza impugnata, che ha ben distinto il fine 
sociale dell'attivit� della G. I., inteso a promuovere una sana attivit� 
sportiva giovanile, e quello del tutto privatistico di una squadra di 
calcio, che ha semplici finalit� di spettacolo e di gioco. Cosi come hanno 
trovato giusto rilievo le considerazioni concernenti l'interesse a conquistare 
posizioni di prestigio e di facile popolarit� che ha determinato 
il Palladino a commettere i fatti ascrittigli, anche senza personalmente 
lucrare delle somme sottratte. 

Ambo i ricorrenti, infine, prospettano censure in ordine al punto 
della motivazione concernente il dolo, ma anche tali doglianze sono 
destituite di fondamento, posto che pure tale punto � stato correttamente 
esaminato e discusso nella sentenza impugnata. La distrazione, 
prevista come ipotesi alternativa all'appropriazione dall'art. 314 del 
c.p., consiste invero nel dare al denaro ed alle cose mobili una destinazione 
diversa da quella fissata dalla Pubblica Amministrazione, operandosi 
in tal modo una deviazione dallo scopo che la P.ubblica Amministrazione 
intende raggiungere. L'elemento intenzionale di tale forma 
di peculato non pu� pertanto consistere altro che nella volont� cosciente, 
da parte del soggetto attivo, del mutamento di tale destinazione 
e cio� del conseguimento di scopi estranei alle finalit� dell'ente pubblico 
cui la cosa appartiene. La sussistenza della certezza circa la 
coscienza e la volont� da parte dei due imputati di �commettere i reati 


608 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

loro ascritti � ampiamente dimostrata nella sentenza impugnata, con 
Io.giche considerazioni, ancorate alla evidenza dei fatti, ed insindacabili 
in questa sed.e. 

Circa gli altri motivi personali proposti dal Laurella � appena il 
caso di rilevare che non sussiste alcuna contraddizione tra la parte 
motiva e quella dispositiva della sentenza impugnata. Egli era stato 
assolto in primo grado dal reato di peculato per appropriazione. I 
giudici dell'appello hanno ravvisato nella specie una ipotesi di peculato 
per distrazione, e di tale reato lo hanno ritenuto responsabile, motivando 
-come si � detto -ampiamente e coerentemente in proposito. 
Non vi � stata alcuna immutazione del fatto contestato, ma una semplice 
specificazione delle sue modalit� esecutive, che non importa nullit� 
della sentenza. 

N� pu� sostenersi che la motivazione a sostegno della concessione 
della attenuante della minima partecipazione contrasti con la affermazione 
della sua responsabilit�. Ferma restando la comune responsabilit� 
di entrambi i partecipanti al fatto, la sentenza impugnata con esatta 
argomentazione ha messo in rilievo il carattere secondario della prestazione 
criminosa del Laurella nel quadro dell'economia generale del 
reato commesso in concorso col Palladino, e nessuna censura pu� 
formularsi in ordine a tale assunto data la sua correttezza sostanziale 
e formale. -(Omissis). 


PARTE SECONDA 



RASSEGNA DI DOTTRINA 


MARCHETTI P., Boicottaggio e rifiuto di contrattare: CEDAM, Padova, 1959, 
ipagg. 485. 

Il fenomeno del c.d. �boicottaggio economico si pone nell'ambito delle 
relazioni sociali individuate con l'espressione � rapporti d'affare �; si pone, 
cio�, nell'ambito di quelle relazioni economiche che � necessario intrecciare 
per e durante lo svolgimento di un'attivit� diretta alla produzione 

o allo scambio di beni o di servizi. Tra tali relazioni rientrano, ovviamente, 
anche i rapporti di lavoro subordinato rispetto ai quali il boicottaggio si 
manifesta come vero e proprio strumento di lotta. Ma se pu� dirsi che 
la figura ed il termine stesso di boicottaggio sono sorti, storicamente, 
proprio nell'ambito delle controversie collettive di lavoro -ragion per 
cui per lungo. tempo le trattazioni giuridiche sul boicottaggio sono state 
soprattutto riferite alle forme ed agli aspetti del boicottaggio relativi ai 
rapporti ed alla disciplina del lavoro -deve convenirsi con l'A. che la 
particolare disciplina data dal nostro ordinamento ai conflitti di lavoro 
impone di tenere distinto sul piano concettuale il boicottaggio quale strumento 
di lotta nei conflitti di lavoro dal boicottaggio economico vero e 
proprio, che s'inquadra nell'ambito dei rapporti convenzionali e deve 
essere esaminato dall'angolo visuale della disciplina giuridica della concorrenza. 
Nel libro in rassegna, l'A. dichiaratamente limita la sua indagine 
al boicottaggio economico in senso stretto, facendola precedere da una 
appropriata disamina del fenomeno generale della concorrenza, con riferimento 
particolare agli artt. 1679 e 2597 del codice civile e 19 del R.d.I. 
22 aprile 1943, n. 245, nonch� all'art. 507 del codice penale, visto in relazione 
agli artt. 18, 21, 39, 40 e 41 della Carta Costituzionale. 
Il libro ha l'indiscutibile pregio di sottoporre all'attenzione degli studiosi 
una materia ricca d'interesse ma fatta oggetto, finora, di scarsi studi. 
(Tra i pochi CARRARA V., Il boicottaggio, Milano, 1924; MICHELIS, Il boicottaggio, 
Torino, 1934; ROTONDI, Valore giuridico del principio della libera 
concorrenza e l'oggetto del'la c. d. concorrenza sleale, in Studi di diritto 
industriale, Padova, 1957; AscARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni 
immateriali, Milano, 1950) e di offrire al lettore un'efficacie sintesi della 
migliore letteratura straniera sul delicato argomento (LAFERRIERE, EGET


�MEYER, RoussEAV ed altri). 

L. M. 
CUCCIA F., Lineamenti di una bibliografia sulla disciplina giuridica delurbanistica. 
Giuffr� editore, M�lano, 1969, ipagg. 84. 

L'A. pubblica una seconda appendice ai �Lineamenti di una bibliografia 
sulla disciplina giuridica dell'urbanistica�, aggiornando la ben nota 
opera al 31 dicembre 1968. Il volumetto ricalca, ovviamente, lo schema 

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58 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

consueto. Una parte generale relativa all'urbanistica nei suoi aspetti politico-
sociali, alla pianificazione urbanistica in Italia, alla normazione vigente 
ed alla politica delle aree (con riferimenti alla imposta sulle aree 
fabbricabili ed ai piani di zona) precede la parte speciale avente pi� 
specificamente ad oggetto i piani urbanistici upiani territoria:li di coordinamento, 
piani regolatori generali, piani intercomunali, piani particolareggiati, 
piani di ricostruzione, lottizzazioni e comparti con riferimenti ai 
contributi di miglioria ed alla tutela delle bellezze naturali e dell'ambiente 
monumentale) e la disciplina edilizia (regolamenti edilizi, norme di edilizia 
asismica, programmi di fabbricazione, licenze edilizie). Chiudono 
il volume un'appendice di legislazione comparata ed un'altra comprendente 
le disposizioni legislative urbanistiche o di interesse urbanistico nonch� 
un indice dei nomi. 



RASSEGNA DI LEGISLAZIONE<*> 


NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (**) 


NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice civile, art. 467 (Nozione della rappresentazione), e art. 468 
(Soggetti), limitatamente alle parti in cui escludono dalla rappresentazione 
il figlio naturale di chi, figlio o fratello del de cuius, non 
potendo o non volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti 
legittimi (1). 

Sentenza 14 aprile 1969, n. 79, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 
Ordinanza di rimessione 26 giugno 1967 del Tribunale di Genova, 

G. U. 25 novembre 1967, n. 295. 
codice civile, art. 577 (Successione del figlio naturale ali'ascendente 
legittimo immediato del suo genitore). 

Sentenza 14 aprile 1969, n. 79, G. U. 23 a�prile 1969, n. 105. 
Ordinanza di rimessione 26 giugno 1967 del Tribunale di Genova, 

G. U. 25 novembre 1967, n. 295. 
codice civile, art. 2068 (Rapporto di lavoro sottratU a contratto 
collettivo), secondo comma, nella parte in cui dispone che sono sottratti 
alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro concernenti 
prestazioni di carattere domestico. 

Sentenza 9 aprile 1969, n. 68, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 29 gennaio 1968 del Pretore di Brindisi, 

G. U. 20 aprile 1968, n. 102. 
cod'ice penale, art. 330 (Abbandono coUettivo di pubblici uffici, 
impieghi, servizi o lavori), primo e second�o comma, limitatamente all'applicabilit� 
allo sciopero economico che non comprometta funzioni o 
servizi pubblici essenziali, aventi carattere di .preminente interesse 
generale ai sensi della Costituzione (2). 

Sentenza 17 marzo 1969, n. 31, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 

(*) Viene qui pubblicata la rassegna anche del II bimestre c. a., relativa al 
II fascicolo. 
� ( � �) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento 
ai quali sono stati proposti o decise le ques.tioni di legittimit� costituzionale. 

(1) La illegittimit� costituzionale dell'art. 468 del codice civile � stata dichiarata 
in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
(2) Sulla questione cfr. anche la sentenza 28 dicembre 1962, n. 123. 

60 

RASSEGN� DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ordinanze di rimessione 21 luglio 1966 del Giudice istruttore del 
Tribunale di Roma (G. U. 24 giugno 1967, n. 157), 2 marzo 1968 e 
7 marzo 1968 del Pretore di Roma (G. U. 15 giugno 1968, n. 152). 

codic:e penale, art. 507 (Boicottaggio), per la parte relativa all'ipotesi 

della propaganda e nei limiti di cui alla motivazione. 

Sentenza 17 aprile 1969, n. 84, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 

Ordinanze di rimessione 5 giugno 196'7 del Pretore di Roma (G. U. 

9 dicembre 1967, n. 307)� e 17 febbraio 1968 del Pretore di Trieste 

(G. U. 15 giugno 1968, n. 152). 
codice di procedura penale, art. 149 (Correzione di errori materiali), 

:primo comma, limitatamente all'inciso � se possibile �. 

Sentenza 14 aprile 1969, n. 83, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 

Ordinanza di rimessione 4 agosto 1967 della Corte di appello di 

Catania, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. 

codice di procedura .pe.nale, art. 553 (Sentenze soggett� a revisione), 

n. 2, limitatamente alle parole � se in conseguenza di essa il condannato 
� stato dichiarato contravventore abituale o profe�ssionale �. 
Sentenza 5 marzo 1969, n. 28, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 
Ordinanza di rimessione 7 dicembre 1967 della terza sessione pe


na�e della Corte di cassazione, G. U. 30 marzo 1968, n. 84. 

legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle 
violazioni delle leggi finanziarie), art. 14, secondo comma, limitatamente 
alle parole � prima che il decreto di condanna sia divenuto eise�cutivo 
e quando sia stata fatta opposizione � ; art. 21, primo comma, n. 1 e n. 2, 
nelle sole parole � quando si tratti di ogni altro re�ato �, e secondo 
comma; art. 26, primo comma, limitatamente alle parole � di una contravvenzione 
di cmnpetenza dell'intendent� di finanza o �, e terzo comma; 
art. 27, primo c:omma, n. 2, limitatamente alle parole � o che sarebbe 
competente se fosse stata proposta opposizione cont.ro il decreto di 
condanna dell'intendente �; artt. 36, 37, 38, 39, 40, 41, primo e secondo 
c:omma, 42, 43, 44, 45 e 48, terzo comma, limitatamente alle parole � innanzi 
all'intendente di finanza �; art. 50, primo comma, nelle parti in cui 

si prevedono la competenza dell'intendente� a pronunziare decreto di 
condanna e le ipotesi della opposizione o della mancata opposizione, 
fermo restando l'obbligo dell'intendente di dare partecipazione al procuratore 
della Repubblica del mancato pagamento della somma dovuta 
a titolo di oblazione; art. 51, primo comma, limitatamente al riferimento 
al n. 2 (3). 

Sentenza 3 aprile 1969, n. 60, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 

Ordinanza di rimessione 3 marzo 1967 del Tribunale di Salerno, 
�G. U. 24 giugno 1967, n. 157. 


(3) La illegittimit� costituzionale degli artt. 14, secondo comma, 21, n. 2, 26, 
_primo e terzo comma, 27, secondo comma, n. 2, 37, 38, 39, 40, 41, primo e secondo 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 61 

r. d. 24 settembre 1931, n. 1473 (Disposizioni per il coordinamento 
della legge 7 gennaio 1929, n. 4, con le singole leggi finanziarie), artt. 9 
e 10 (4). 
Sentenza 3 aprile 1969, n. 60, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 
(Ordinanza di rimessione 3 marzo 1967 del, Tribunale di Salerno, 

G. U. 24 giugno 1967, n. 157). 
r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e 
provinciale), artt. 33 e 34, limitatamente alle parti in cui riconoscono 
il diritto di iniziativa del procedimento di modificazione delle circoscrizioni 
territoriali ai cittadini che rappresentino la maggioranza numerica 
dei contribuenti delle borgate o frazioni e sostengano almeno 
la met� del carico dei tributi locali in esse applicati, anzich� alla maggioranza 
dei cittadini elettori; art. 35, limitatamente alla parte in cui 
attribuisce a qualsiasi contribuente anzich� a qualsiasi elettore la 
facolt� di fare opposizione alle deliberazioni dei consigli comunali 
relative a variazioni alla circoscrizione dei comuni (5). 
Sentenza 21 marzo 1969, n. 38, G. U. 26 marzo 1969, n. 78 (6). 
Ordinanza di rimessione 5 novembre 1966 della quinta sezione 
del Consiglio di Stato, G. U. 25 febbraio 1967, n. 51. 

legge 25 settembre 1940, n. 1424 (Legge doganale), art. 141, secondo 
comma, seconda parte ( � purch� venga effetbuato prima della trasmissione 
del processo verbale di accertamento alla autorit� giudiziaria � ). 

Sentenza 28 marzo 1969, n. 55, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 

Ordinanze di rimessione 27 giugno 1967 (due) del Tribunale di 

Varese, G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. 

legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle 
pensioni di guerra), arlt. 71, primo ~omma, lettera c), 77, primo comma, 
e 84, secondo comma, limitatamente alle parti in cui prevedono che la 
pensione indiretta spetta alle sorelle del militare morto per causa di 
servizio di guerra o del civile deceduto per fatto di guerra, solo in 
quanto nubili. 

Sentenza 28 marzo 1969, n. 53, G. U. 2 aprile 1969, n. 85 (7). 
Ordinanza di rimessione 23 gennaio 1967 della quarta sezione 
della Corte dei conti, G. U. 11 maggio 1968, n. 120. 

comma, 42, 43, 44, 45, 48, terzo comma, 50, primo comma, e 51, primo comma, � 
stata dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 
195.3, n. 87. 

(4) Illegittimit� costituzionale dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima 
parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
(5) La illegittimit� costituzionale dell'art. 35 � stata dichiarata in applicazione 
dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
(6) Con la stessa sentenza, la questione di legittimit� costituzionale degli 
articoli 33, 34 e 35 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 � stata dichiarata non 
fondata in riferimento agli artt. 117 e 133, secondo comma, della Costituzione. 
(7) Con la .stessa sentenza la Corte costituzionale, in applicazione all'art. 27, 
ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha dichiarato la illegittimit� costi� 
17 


62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. sic:. 28 aprile 1951, n. 41 (Proroga del contratto di esercizio 
della miniera Cozzo Disi). 

Sentenza 14 aprile 1969, n. 80, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 
Ordinanza di rimessione 30 giugno 1967 del Tribunale di Palermo, 

G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. 
d. I. 24 novembre 1954, n. 106,9 (Istituzione di una imposta di fabbricazione 
sui cementi e sugli agglomeranti cementizi), convertito in 
legge 10 dicembre 1954, n. 1159, art. 14, secondo c:omma. 
Sentenza 10 giugno 1969, n. 100, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 
Ordinanza di rimessione 6 ottobre 1967 del Tribunale di Bologna, 

G. U. 24 aprile 1968, n. 102. 
legge 10 dicembre 1954, n. 1159 (Conversione in legge, con modificazioni, 
del decreto legge 24 novembre 1954, n. 1069 concernente l'istituzione 
di una imposta di fabbricazione sui cementi e sugl!b agglomerati 
cementizi), art. 1, nella parte in cui converte in legge l'art. 14, 
secondo comma, del d. 1. 24 novembre 1954, n. 1069. 

Sentenza 10 giugno 1969, n. 100, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 
Ordinanza di rimessione 6 ottobre 1967 del Tribunale di Bologna, 

G. U. 24 aprile 1968, n. 102. 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli 01�gani delle Amministrazioni comunali), 
art. 15, n. 3 (art. 15, n. 3 del d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203), in relazione 
agli articoli 10 e 14 del r. d. 3 marzo 1934, n. 383, limitatamente alla 
inclusione nella ipotesi di ineleggibilit� di coloro che, all'atto dell'accettazione 
della candidatura, abbiano presentato le dimissioni astenendosi 
successivamente da ogni attivit� inerente all'ufficio (8). 
Sentenza 26 marzo 1!;)69, n. 46, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 

Ordinanze di rimessione 26 giugno 1968 e 9 ottobre 1968 della 
Corte di appello di Napoli, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261 e 30 novembre 
1968, n. 305. 

d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul tratta,mento economico e 
normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle 
provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unic:o, 
nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'articolo 12 del contratto 
collettivo 10 ottobre 1959, integrativo del contratto collettivo 
nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere per gli operai dipendenti 
tuzionale delle analoghe disposizioni di cui agli artt. 64, primo comma, lett. c), 75, 
primo comma, e 76, secondo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313.. 

(8) Sulle altre questioni di illegittimit� costituzionale dell'art. 15, n. 3 del 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 gi� decise v. in questa Rassegna, 1968, II, 198, 
nota 35. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
63 

dalle imprese delle industrie edilizia ed affini della provincia di Macerata 
(9). 

Sentenza 17 marzo 1969, n. 33, G. U. 26 mai'ZO 1969, n. 78. 

Ordinanza di rimessione 4 maggio 1968 del Pretore di Camerino, 

G. U. 10 agosto 1968, n. 203. 
d. P. R. 9 maggio 1961, n. 740 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai dipendenti dalle impre�se edili ed affini delle 
provincie di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Milano, 
Pavia, Sondrio e Varese), articolo unico, nella parte in cui !l'ende obbligatorio 
erga omnes il terzo comma dell'articolo 7 dell'accordo collettivo 
22 settembre 1959, integrativo del contratto collettivo nazionale di 
lavoro 24 luglio 1959, da valere per gli operai dipendenti dalle imprese 
edilizia ed affini della provincia di Milano. 
Sentenza 17 marzo 1969, n. 34, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 21 settembre 1967 del Tribunale di Milano, 
G. U. 10 agosto 1968, n. 203. 

legge� 29 dicembre 1962, n. 1744 (Nuove disposizioni per l'applicazione 
delle leggi di registro, dell'imposta generale sull'entrata e de�Z 
bollo ai contratti di locazione dei beni immobili urbani), art. 2, secondo 
comma, nella parte in cui consente, per i contratti di locazione di durata 
pluriennale, la percezione annuale dell'imposta generale sull'entrata 
anche nell'ipotesi di intervenuta risoluzione del contratto nell'anno 
precedente. 

Sntenza 26 marzo 1969, ri. 49, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 

Ordinanze di rimessione 9 novembre 1966 della commissione pro


IiI 

vinciale delle imposte di Milano (G. U. 8 luglio 1967, n. 170) e 16 

giugno 1967 del Tribunale di Milano (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271). 
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" ~ 

legge 5 marzo 1963, n. 246 (Istituzione di una imposta sugii incre" 


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menti di valore delle aree fabbricabili; modificazioni al testo unico per 
la finanza locale, approvato con regio decreto 14 settembre 1931, ~ 


n. 1175 e al regio decreto legge 28 novembre 1938, n. 2000, convertito 
nella legge 2 giugno 1939, n. 739), artt. 48, pl"imo comma, e 49, primo 
comma, nella parte in cui, attribuendo ai comuni la facolt� di fissare la i' 
~ 

decorrenza dell'imposta se pi� favorevole dalla data iniziale �gi� stabilita 
nella relativa deliberazione ai fini dell'applicazione del contributo ~ 


~ 

di miglioria generica, consentono l'applicazione retroattiva dell'imposta 

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(9) L'articolo unico del d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 � stato dichiarato 
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incostituzionale, con sentenza 8 luglio 1967, n. 99, anche nella parte in cui rende 
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obbligatorio erga ommes l'art. 10 del contratto collettivo integrativo 30 settembre 
k' 

1959 per gli operai dipendenti dalle imprese edilizia ed affini della provincia di 
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Ascoli Piceno. 

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64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anche nei confronti di soggetti non sottoposti al contributo di miglioria 
generica. 

Sentenza 11 aprile 1969, n. 75, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 

Ordinanze di rimessione 9 giugno 1967 (nove) del Tribunale di 
Torino, G. U. 2 settembre 1967, n. 221, 14 ottobre 1967, n. 258, e 28 
ottobre 1967, n. 271. 

legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e di 
prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, limitatamente alla parte in cui 
comprende nella normativa anche i rapporti, che formano oggetto della 
legge, conclusi successivamente alla data del 28 ottobre 1941. 

Sentenza 21 marzo 1969, n. 37, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanze di rimessione 15 dicembre 1966 del Pretore di Spoleto 

(G. U. 25 febbraio 1967, n. 25); 23 dicembre 1966 (sei) del Pretore di 
Civitacastellana (G. U. 25 marzo 1967, n. 77); 2 gennaio 1967 del Pretore 
di Benevento (G. U. 13 maggio 1967, n. 120); 3 febbraio 1967 del 
Pretore di Palermo (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 9 febbraio 1967 
del Pretore di Vitulano (G. U. 22 aprile 1967, n. 102); 13 febbraio 1967 
del Pretore di Lercara (G. U. 27 maggio 1967, n. 132); 20 febbraio 1967, 
28 febbraio 1967, 1� marzo 1967 e 6 marzo 1967 del Pretore di Anagni 
(G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 11 marzo 1967 del Pretore di Sezze 
Romano (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 23 marzo 1967 del Pretore di 
Reggio Calabria (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 1� aprile 1967 de] 
Pretore di Terracina (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 5 aprile 1967 del 
Pretore di Velletri (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 6 aprile 1967 de] 
Pretore di Frosinone (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 7 aprile 1967 
del Pretore di Mazara del Vallo (G. U. 24 giugno 1967, n. 157); 11 
aprile 1967 del Pretore di Guardia Sanframondi (G. U. 8 luglio 1967, 
n. 170); 3 maggio 1967 del Pretore di Bisacquino (G. U. 8 luglio 1967, 
n. 170); 3 maggio 1967 del Tribunale di Trapani (G. U. 23 dicembre 
1967, n. 321); 6 maggio 1967 del Pretore di Alatri (G. U. 29 luglio 1967, 
n. 190); 18 maggio 1967 del Pretore di S. Stefano di Camastra (G. U. 
19 agosto 1967, n. 208); 19 maggio 1967 del Tribunale di Palermo 
(G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 20 maggio 1967 del Pretore di Napoli 
(G. U. 29 luglio 1967, n. 190); 20 maggio 1967 del Pretore di Trapani 
(G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 1� giugno 1967 del Preto�re di Paliano 
(G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 7 �giugno 1969 del Pretore di Pozzuoli 
G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 13 giugno 1967 del Pretore di Solopaca 
(G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); 16 giugno 1967 del Pretore di Albano 
Laziale (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); 21 giugno 1967 del Pretore di 
Frosinone (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 22 giugno 1967 del Tribunale 
di Agrigento (G. U. 11 novembre 1967, n. 282); 30 giugno 1967 
del Pretore di Ariano Irpino (G. U. 9 dicembre 1967, n. 307); 5 luglio 
1967 del Pretore di Marano di Napoli (G. U. 25 novembre 1967, n. 295); 
11 luglio 1967 del Pretore di Solopaca (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); 
14 luglio 1967 del Pretore di Isernia (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271); 
18 luglio 1967 del Pretore di Bianco (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 65 

18 luglio 1967 del Pretore di Torre Annunziata (G. U. 28 ottobre 1967, 

n. 271); 20 luglio 1967 del Pretore di Ramacca (G. U. 25 novembre 
1967, n. 295); 2 agosto 1967 del Pretore di Terracina (G. U. 9 dicembre 
1967, n. 307); 6 settembre 1967 del Pretore di Bisacquino (G. U. 
23 dicembre 1967, n. 321); 7 ottobre 1967 del Pretore di Erice (G. U. 
23 dicembre 1967, n. 321); 16 ottobre 1967 (quattro) del Pretore di 
Genzano di Roma (G. U. 9 dicembre 1967, n. 307); 17 ottobre 1967 del 
., Tribunale di Mistretta (G. U. 27 gennaio 1968, n. 24); 20 ottobre 1967 
del Tribunale di Palermo (G. U. 24 febbraio 1968, n. 50); 6 marzo 1968 
del Pretore di Bajano (G. U. 4 maggio 1968, n. 113); 22 maggio 1968 
del Pretore di Torre del Greco (G. U. 31 agosto 1968, n. 222); e 22 
luglio 1968 della Corte di appello di Catania (G. U. 12 ottobre 1968, 
numero 261). 

legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pen~ 
sionistica di guerra), art+. 64, primo comma, lett. c), 75, primo comma, e 76, 
secondo comma, limitatamente alle parti in cui �prevedono che la pensione 
indiretta spetta alle sorelle del militare morto per causa di 
servizio di guerra o del civile deceduto per fatto di guerra, solo in 
quanto nubili (10). 

Sentenza 28 marzo 1969, n. 53, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
(Ordinanza di rimessione 23 gennaio 1967 della quarta sezione 
della Corte dei conti, G. U. 11 maggio 1968, n. 120). 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma (artt. 3 e 29 
della Costituzione) (11). 

Sentenza 26 marzo 1969, n. 45, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 

Ordinanze di rimessione 26 gennaio 1967 del Tribunale di Caltagirone 
(G. U. 29 luglio 1967, n. 190), 7 luglio 1967 del Tribunale di 
Palermo (G. U. 11 novembre 1967, n. 282), 9 maggio 1968 del Giudice 
istruttore del Tribunale di Milano (G. U. 14 dicembre 1968, n. 318). 

codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), primo comma, nella 
parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione per 
esclusiva colpa di lui, l'obbligo di somministrare alla moglie, in proporzione 
alle proprie sostanze, tutto ci� che � necessario ai bisogni 

(10) Illegittimit� costituzionale dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima 
parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
(11) Questione gi� dichiarata non fondata, con riferimento alla ipotesi di 
separazione di fatto dei coniugi, con sentenza 12 dicembre 1967, n. 144. 

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66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

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della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei 

(artt. 3 e 29 della Costituzione) (12). i~= 

Sentenza 28 marzo 1959, n. 45, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. f~ 
Ordinanze di rimessione 26 gennaio 1967 del Tribunale di Calta


II 
. 
girone (G. U. 29 luglio 1967, n. 190), 28 aprile 1967 del Tribunale di . 
Torino (G. U. 2 settembre 1967, n. 221), 23 maggio 1967 del Tribunale 

I

di :Venezia (G. U. 2 settembre 1967, n. 221), 5 luglio 1967 della prima 
sezione civile della Corte di cassazione (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271), 
14 luglio 1967 del Tribunale di Perugia (G. U. 25 settembre 1967, 

n. 295), 31 ottobre 1967 della prima sezione civile della Corte di cassazione 
(G. U. 9 marzo 1968, n. 65), 8 gennaio 1968 della Corte di appello 
di Roma (G. U. 30 marzo 1968, n. 84), 19 gennaio 1968 della Corte di 
appello di Bologna (G. U. 31 agosto 1968, n. 222), 9 maggio 1968 del 
Giudice istruttore del Tribunale di Milano (G. U. 14 dicembre 1968, 
n. 318), 31 maggio 1968 del Tribunale di Lucca (G. U. 31 agosto 1968, 
I

numero 222). 

c:odic:e c:ivile, art. 271 (Legittimazione attiva e termine) (artt. 30 e 3 ,

I. 
della Costituzione). 
Sentenza 5 marzo 1969, n. 26, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. ,'

I 

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Ordinanze di rimessione 18 novembre 1966 (due) della Corte di 
appello di Bologna, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 

c:�odic:e c:ivile, disp. trans., art. 123, terzo c:omma (artt. 30 e 3 della 

Costituzione). 
Sentenza 5 marzo 1969, n. 26, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 
Ordinanze di rimessione 18 novembre 1966 (due) della Corte di 

r 

appello di Bologna, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 

c:odic:e penale, art. 140 (AppLicazione provvisoria di pene accessorie) 
(art. 27, secondo comma, della Costituzione). � 
Sentenza 11 aprile 1969, n. 78, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 

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Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1968 del giudice istruttore 
del Tribunale di Roma, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. 

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c:odic:e .penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), prima parte 
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(art. 29, secondo comma, della Costituzione) (13). :a

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Sentenza 28 marzo 1969, n. 54, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. @:~ 
Ordinanze di rimessione 29 maggio 1967 del Pretore di Gavirate 

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(G. U. 2 settembre 1967, n. 221), 29 aprile 1968 del Pretore di Roma 
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(12) L'art. 156, primo comma, del codice civile � stato lichiarato incostitu'!/:_(../. 
zionale, con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, � neUa parte in cui pone a carico 
del marito, in regime di sepm�azione consensuale senza colpa di nessuno dei 
coniugi, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni 
della v-ita, indipendentemente dalle condizioni .economiche di costei �. 
(13) L'art. 574 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, con ~ sentenza 22 febbraio 1964, n. 9, nella parte in cui limitava il diritto di querela al 
genitore esercente la patria potest�. 
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�,~.~~~.&lillfl~ 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 67 

(G. U. 20 luglio 19S8, n. 184), e 15 maggio 1968 del Pretore di Roma 
(G. U. 28 settembre 1968, n. 248). 
codice di procedura penale, art. 301 (Applicazione p�rovvisoria di pene 
accessorie o di misure di sicurezza) (art. 27, secondo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 11 aprile 1969, n. 78, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1968 del Giudice istruttore 
del Tribunale di Roma, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. 

codice di procedura penale, art. 510 (Giudizio conseguente all'opposizione), 
ultimo comma (art. 3 della Costituzione) (14). 

Sentenza 26 marzo 1969, n. 48, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di rimessione 5 agosto 1967 del Pretore di Chiavari, 

G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. 
codice di procedura penale, art. 587 (Esecuzione delle pene acces-� 
sori�) (art. 27, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 11 aprile 1969, n. 78, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1968 del Giudice istruttore 
del Tribunale di Roma, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. 

d. I. lgt. 11 febbraio 1917, n. 249 (Norme per la repressione dell'abigeato 
e del pascolo abusivo nelle provincie dell'Italia meridionale e 
della Sicilia) (artt. 77 e 3 della Costituzione). 
Sentenza 9 aprile 1969, n. 71, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 23 aprile 1968 del Tribunale di Lagonegro, 
G. U. 20 luglio 1968, n. 184. 

r. d;-1. 29 luglio 1927, n. 1509 (Provvedimenti per l'oirdinamento del 
credito agrario), convertito in legge 5 luglio 1928, n. 1760 e successive 
modificazioni, art. 8 (art. 42 della Costituzione). 
Sentenza 11 aprile 1969, n. 77, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 27 giugno 1967 del Tribunale di Matera, 

G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. 
legge 5 luglio 1928, n. 1760 (Conversione in legge, con modificazioni, 
del r. d. l. 29 luglio 1927, n. 1509, concernente provvedimenti per l'or


(14) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state 
dichiarate non fondate con sentenze 8 marzo 1957, n. 46 e 23 dicembre 1963, 
n. 170, Ulteriori questioni sono state proposte dal pretore di Chiavari (ordinanza 
5 agosto 1967, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24), dal pretore di Livorno (ordinanza 
18 aprile 1968, G. U. 13 luglio 1968, n. 177) e dal pretore di Modena (ordinanza 
22 ottobre 1968, G. U. 22 gennaio 1969, n. 25). 

68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dinamento del credito agrario), nella parte in cui converte in legge 
l'art. 8 del r. d.-1. 29 luglio 1927, n. 1509 (art. 42 della Costituzione). 

Sentenza 11 aprile 1969, n. 77, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 27 giugno 1967 del Tribunale di Matera, 

G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. 
r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina 
giuridica dei rapporti collettivi di lavoro ca,n quelle sul trattamento 
giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee 
di navigazione interna in regime di concessione), art. 10, modificato 
dalla legge 24 luglio 1957, n. 633 (art. 36 della Costituzione). 
Sentenza 21 marzo 1969, n. 39, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 17 marzo 1967 del Tdbunale di Palermo, 

G. U. 8 luglio 1967, n. 170. 
r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), 
artt. 33, 34 e 35 (artt. 117 e 133, secondo comma, della Costituzione) 
(15). 
Sentenza 21 marzo 1969, n. 38, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza 5 novembre 1966 della quinta sezione del Consiglio di 
Stato, G. U. 25 febbraio 1967, n. 51. 

r. d. 27 febbraio 1936, n. 645 (Codice postale e delle telecomunicazioni), 
art. 232 (art. 23 della Costituzione). 
Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile �1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del giudice conciliatore 
di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, � n. 321. 

r. d.�I. 21 luglio 1938, n. 1468 (Disciplina dei magazzini di vendita 
a prezzo unico), ,c6nvertito in legge 9 gennaio 1939, n. 142, artt. 1 e 2 
(art. 41 della Costituzione). 
Sentenza 10 giugno 1969, n. 97, G. U. 18 'giugno 1969, n. 152. 
Ordinanza di rimessione 22 dicembre 1967 del Pretore di Saronno, 

G. U. 24 febbraio 1968, n. 50. 
legge 9 gennaio 1939, n. 142 (Conversione in legge del r. d. 21 Zuglio 
1908, n. 1468 per la disdplina dei magazzini di vendita di merci a 

(15) Con la stessa sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� 
costituzionale degli articoli 33 e 34 limitatamente alle parti in cui riconoscono 
il diritto di iniziativa del procedimento di modificazione delle circoscrizioni territoriali 
ai cittadini che rappresentino la maggioranza numerica dei contribuenti delle 
borgate o frazioni e sostengano almeno la met� del carico dei tributi locali in 
esse applicati, anzich� alla maggioranza dei cittadini elettori, e la illegittimit� 
costituzionale dell'art. 35 limitatamente alla parte in cui attribuisce a qualsiasi 
contribuente anzich� a qualsiasi elettore la facolt� di fare opposizione alle deliberazioni 
dei consigli comunali relative a variazioni alla circoscrizione dei comuni. 

PARTE n, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 69 

prezzo unico) nella parte in cui converte in legge gli articoli 1 e 2 de1 

r. d.-1. 21 luglio 1938, n. 1468 (art. 41 della Costituzione). 
Sentenza 10 giugno 1969, n. 97, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 
Ordinanza di rimessione 22 dicembre 1967 del Pretore di Saronno, 

G. U. 24 febbraio 1968, n. 50. 
r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 201 (art. 24, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 17 aprile 1969, n. 87, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 
Ordinanza di rimessione 18 aprile 1967 del Tribunale di Roma, 

G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. 
r. d. 30 marzo 1942, n. 318 (Disposizioni per l'attuazione del codice 
civile e disposizioni transitorie), art. 123, terzo comma (artt. 30 e 3 della 
Costituzione). 
Sentenza 5 marzo 1969, n. 26, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 
Ordinanze di rimessione 18 novembre 1966 (due) della Corte di 
appello di Bologna, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 

legge 27 giugno 1942, n. 851 (Modificazioni al testo unico della legge 
comunale e provinciale approvato con r. d. 3 marzo 1934, n. 383, concernenti 
il nuovo stato giuridico dei segretari comunali e prO'Vinciali), 
art. 4 (artt. 5 e 128 della Costituzione). 

Sentenza 28 marzo 1969, n. 52, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanze di rimessione 8 luglio 1966 (tre) della quinta sezione 
del Consiglio di Stato, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�), 
art. 1 e 2 (artt. 3 e 13, secondo comma, della Costituzione) (16). 

Sentenza 17 marzo 1969, n. 32, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanze di rimessione 20 luglio 1967 del Pretore di Firenze 

(G. U. 28 ottobre 1967, n. 271), 1� febbraio 1968 (due) del Pretore di 
Genova (G. U. 20 aprile 1968, n. 102), 13 febbraio 1968 del Pretore di 
Sestri Ponente (G. U. 18 maggio 1968, n. 127), e 28 marzo 1968 del 
Pretore di Lentini (G. U. 31 agosto 1968, n. 222). 
legge 24 luglio 1957, n. 633 (Modifiche all'art. 10 del regio decreto 
8 gennaio 1931, n. 148, sul trattamento giuridico-economico del perso


(16) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 27 
dicembre 1956, n. 1423. � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, 
25, 27 e 3 della Costituzione, con sentenza 23 marzo 1964, n. 23; per l'art. 2, 
invece, e sempre nel s�nso della non fondatezza delle questioni di legittimit� 
costituzionale proposte, v. le sentenze 28 dicembre 1962, n. 126 e 30 giugno 
1964, n. 68. 

70 RASSEGNA D_ELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di 
concessione), articolo unico, che modifica l'art. 10 del r. d. 8 gennaio 
1931, n. 148 (art. 36 della Costituzione). 

Sentenza 21 marzo 1959, n. 39, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 17 marzo �1967 del Tribunale di Palermo, 


G. U. 8 luglio 1967, n. 170. 
d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione 
stradale), art. 4, lettera b (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 14 aprile 1969, n. 82, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 
Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Pretore di Genova, 


G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. 
legge 21 luglio 1960, n. 739 (Provvidenze per le zone agricole danneggiate 
da calamit� naturali e provvidenze per le imprese industriali), 

artt. 15, primo e secondo comma, e 16, secondo, terzo e quarto comma 
(art. 42 della Costituzione). 

I 

Sentenza 11 aprile 1969, n. 77, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. ~ 
Ordinanza di rimessione 27 giugno 1967 del Tribunale di Matera, 

G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. 
d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 346 (Norme sul trattamento economico ~ e normativo per i dipendenti da ristoranti, trattorie, piccole pensioni, 
locande, piccole trattorie ed osterie con cucina, caff�, bar, bottiglierie, 
birrerie, buffets di stazione, gelaterie, fiaschetterie e da ogni altro 
esercizio similare ove si somministrino bevande di cui all'art. 86 della 
legge di P. S., da negozi di pasticceria e confetJteria, reparti di pasticceria 
e confetteria annessi a pubblici servizi), articolo unico (artt. 39 
e 77, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 3 aprile 1969, n. 64, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 
Ordinanza di rimessione 12 aprile 1967 del Pretore di Torino, 


G. U. 11 novembre 1967, n. 282. 
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legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, 

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250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio 

8 

decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igiernica della produzione e 

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della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), artt. 5, le+� 
tera f, 6 e 10 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). 


Sentenza 3 aprile 1969, n. 61, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 
Ordinanze di rimessione 24 giugno 1966 (quattro) del Pretore di % 


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Milano, G. U. 19 agosto 1967, n. 208. 

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legge 8 giugn�o 1962, n. 604 (Modificazioni allo stato giuridico e all'ordinamento 
della carriera dei sei:tretari comunali e provinciali), arti� 


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coli 23 e 46 (artt. 5 e 128 della Costituz10ne). 1

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Sentenza 28 marzo 1969, n. 52, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 

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Ordinanze di rimessione 8 luglio 1966 (tre) della quinta sezione 

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del Consiglio di Stato, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
71 

legge 6 ottobre 1962, n. 1493 (Modifiche ed interpretazioni di norme 
legislative in materia di agevolazioni tributarie nel settore dell'edilizia), 

art. 1, capoverso (artt. 3 e 113 della Costituzione, e nei sensi di cui in 
motivazione). 

Sentenza 17 aprile 1969, n. 86, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 
Ordinanza di rimessione 24 novembre 1967 del Tribunale di Terni, 


G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. 
lege 9 gennaio 1963, n. 7 (Divieto di licenziamento delle lavoratrici 
per causa di matrimonio e modifiche alla legge 26 agosto 1950, n. 860: 

� Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri > ), art. 1, ultimo 
comma (artt. 2, 3, 37 e 41 della Costituzione). 
Sentenza 5 marzo 1969, n. 27, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 
Ordinanze di rimessione 9 gennaio 1967 del Tribunale di Como 


(G. f!. 24 giugno 1967, n. 157) e 14 maggio 1968 del Tribunale di 
Genova (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). 
d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per 
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie 
professionali), art. 215 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 9 arprile 1969, n. 69, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 30 maggio 1967 del Tribunale di Reggio 
Emilia, G. U. 19 agosto 1967, n. 208. 

legge 5 luglio 1965, n. 798 (Modifiche alle leggi 8 gennaio 1952, n. 6 
e 25 febbraio 1963, n. 259, riguardanti la previdenza ed assistenza forense 
e istituzione della assistenza sanitaria a favore degli avvocati e 
procuratori legali), artt. 3 e 4 (artt. 53 e 98, primo comma, della Costituzione). 


Sentenza 17 aprile 1969, n. 85, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 
Ordinanze di rimessione 25 ottobre 1967 del pretore di Asti e 26 
ottobre 1967 del pretore di Padova, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. 

legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), 
\t. 11, primo comma (artt. 3, 4 e 35 della Costituzione). 


�. 
Sentenza 14 aprile 1969, n. 81, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 
Ordinanze di rimessione 31 maggio 1967 del pretore di Vicenza 


\ 14 ottobre 1967, n. 258), 3 giugno 1967 del pretore di Napoli 
11 novembre 1967, n. ,282), 20 luglio 1967 del pretore di Pistoia 
, 1 novembre 1967, n. 282), 29 aprile 1968 del pretore di Cuneo 
31 agosto 1968, n. 222), 3 maggio 1968 del pretore di Roma 


(G. U. 31 agosto 1968, n. 222), 5 giugno 1968 del pretore di Trieste 
(G. U. 14 settembre 1968, n. 235), e 30 giugno 1968 del pretore di 
Giulianova (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261). .. 
d. I. 9 novembre 1966, n. 914 (Provvidenze in favore delle. popolazioni 
dei Comuni colpiti dalle alluvioni o mareggiate deH'autunno 1966), 

72 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA. DELLO STATO 

convertito con legge 23 dicembre 1966, n. 1141, artt. 1, primo comma, e 3 

(artt. 24, 112, 1 e 101 della Costituzione) (17). 

Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di .rimessione 15 aprile 1967 del Tribunale di Rovereto, 

G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. 
legge 23 dicembre 1966, n. 1141 .(Conversione in legge, con modificazioni, 
del decreto-legge 9 novembre 1966, n. 914), nella parte in cui 
converte in legge gli artt. 1, secondo comma, e 3 del d. 1. 2 novembra 
1966, n. 914 (artt. 24, 112, 1 e 101 della Costituzione). 

Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di ri.iessione 15 aprile 1967 del Tribunale di Rovereto, 

G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. 
NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice cMle, art. 10 (Inizio della obbligatoriet� delle leggi e dei 
regolamenti), in quanto, in relazione all'art. 700 del codice di procedura 
civile, consente il sequestro di pubblicazioni a stampa, ai fini di 
far cessare l'abuso dell'immagine, al di fuori di ipotesi delittuose e 
di espressa previsione da parte della legge sulla stampa (art. 21, terzo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 30 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

codice civile, art. 144 (Potest� maritale), in quanto stabilisce che 
il marito � capo della famiglia (artt. 3 e 29 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 23 aprile 
1969, n. 105. 

codice civile, art. 145 (Doveri del marito), in quanto impone al 
marito di provvedere al mantenimento della moglie anche quando la 
moglie abbia mezzi sufficienti (art. 29 della Costituzione) (18). 

Pretore di Bordighera, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 
1969, n. 152. 

(17) Questione dichiarata per l'art. 1, secondo comma, inammissibile, con la 
stessa sentenza, in riferimento agli artt. 3. e 42 della Costituzione. 
(18) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata 
dichiarata non fondata con sentenze 12 dicembre 1967, n. 144 e 26 marzo 1969, 
n. 45. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 73 

c:odic:e c:ivile, art. 156 (Effetti della separazione), prim�o c:omma, in 
quanto pone a carico del marito, in regime di separazione �per sua 
colpa, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario 
ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche 
di costei (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione) (19). 

Tribunale di Udine, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 
Tribunale di La Spezia, ordinanza 13 novembre 1968, G. U. 12 
marzo 1969, n. 66. 
Corte di appello di Genova, ordinanza 9 gennaio 1969, G. U. 21 
maggio 1969, n. 128. 
Corte di appello di Roma, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 11 
giugno 1969, n. 145. 

c:odic:e c:ivile, art. 164 (Controdichiarazioni), in quanto impedisce anche 
ai terzi di provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Siracusa, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 16 aprile 
1969, n. 98. 


c:odic:e c:ivile, art. 593 (Figli naturali non riconoscibili), primo c:omma, 
in quanto riduce, per i figli naturali non riconoscibili, la capacit� di 
ricevere per testamento alla met� di quanto consegua nelle successioni 
il meno favorito dei figli legittimi, con trattamento deteriore rispetto 
a quello stabilito per qualsiasi altro terzo estraneo al nucleo familiare 
legittimo (artt. 3 e 30 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 


c:odic:e c:ivile, art. 595 (Coniuge del binubo), e art. 599 (Persone fater-� 
poste), in quanto vietano che il coniuge del binubo possa ricevere per 
testamento, sulla disponibile, pi� di quanto consegua, sulla stessa disponibile, 
il meno favorito dei figli dei precedenti matrimoni, con discriminazione 
fondata su una condizione personale (art. 3 della Costituzione) 
e non estesa al binubo (art. 29 della Costituzione). 


Tribunale di Cagliari, ordinanza 11 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 


c:odic:e c:ivile, art. 1751 (lndep,nitd per lo scioglimento del contratto), 
primo c:omma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit� solo 


(19) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. 
La disposizione, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione 
consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere 
alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente 
dalle condizioni economiche di costei, � stata invece dichiarata incostituzionale 
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con sentenza 23 maggio 1966, n. 46. ?,: 

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74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

Iper la ipotesi in cui il contratto di agenzia a tempo indeterminato si 
sciolga per fatto non imputabile all'agente (art. 3 e 36 della Costitu! 
zione) (20). 

I 

Corte di cassazione, terza sezione civile, ordinanza 19 novembre ~� 
1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 

i

Corte di appello di Milano, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 23 

aprile 1969, n. 105. 

codice civile, art. 1916 (Diritto di surrogazione dell'assicuratore), . 
in quanto consente all'assicuratore, secondo la consolidata interipreta


l

zione giurisprudenziale della norma, di ripetere, nei limiti della somma 
dovuta all'assicurato, l'intero importo dell'indennizzo corrisposto, senza 
decurtazione proporzionale al grado di colpa dell'assicurato (art. 3, 
primo comma, della Costituzione). � 

Tribunale di Udine, ordinanza 24 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

codice civile, art. 2221 (Faliimento e concordato preventivo), in 
quanto consente la~�procedura concorsuale solo per determinate categorie 
di cittadini, e secondo discriminazioni rimesse all'arbitrio dell'amministrazione 
finanziaria o rapportato alla misura del capitale investito 
nell'impresa (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 27 giugno 1968, G. U. 26 marzo 1969, 

n. 78. 
codice civile, art. 2772 (Crediti deUo Stato per tributi indiretti), 
primo comma, in quanto consente di esercitare il privilegio speciale 
attribuito ai crediti per tributi indiretti, ove si tratti di imposta principale 
o complementare, anche nei confronti dei terzi che abbiano 
acquistato gli immobili ai quali il tributo si rif�risce in epoca successiva 
al trasferimento assoggettato ad imposizione (art. 42, secondo comma, 
della Costituzione). 

Corte di appello di Genova, ordinanza 10 gennaio 1969, G. U. 21 
maggio 1969, n. 128. 

codice di procedura civile, art. 82-87 (Dei difensori), nelle parti connesse 
all'art. 83, terzo comma, in quanto dispongono la obbligatoriet� 
della difesa tecnica nel processo civile, esponendo il cittadino al pre


(20) Questione gi� proposta dalla terza sezione civile della Corte di cassazione 
con ordinanza 3 luglio 1968 (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). Sotto analogo 
profilo la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'art. 2120, primo 
comma, del codice civile, � limitatamente alla parte in cui, nel caso di cessazione 
del contratto di lavoro� a tempo determinato esclude il diritto del prestatore di�lavoro 
ad una indennit� proporzionale agli anni di servizio, allorquando la cessazione 
stessa derivi da licenziamento per colpa di lui o da dimissioni volontarie � (sentenza 
27 giugno 1968, n. 75). 
~~~~ 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

codice civile, art. 156 (Effetti delia separazione), prim�o comma, in 
quanto pone. a carico del marito, in regime di separazione per sua 
colpa, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario 
ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche 
di costei (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione) (19). 

Tribunale di Udine, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 
Tribunale di La Spezia, ordinanza 13 novembre 1968, G. U. 12 
marzo 1969, n. 66. 
Corte di appello di Genova, ordinanza 9 gennaio 1969, G: U. 21 
maggio 1969, n. 128. 
Corte di appello di Roma, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 11 
giugno 1969, n. 145. 

codice civile, art. 164 (Controdichiarazioni), in quanto impedisce anche 
ai terzi di provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Siracusa, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 16 aprile 
1969, n. 98. 

codice civile, art. 593 (Figli naturali non riconoscibili), primo comma, 
in quanto riduce, per i figli naturali non riconoscibili, la capacit� di 
ricevere per testamento alla met� di quanto consegua nelle successioni 
il meno favorito dei figli legittimi, con trattamento deteriore rispetto 
a quello stabilito per qualsiasi altro terzo estraneo al nucleo familiare 
legittimo (artt. 3 e 30 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

codice civile, art. 595 (Coniuge del binubo), e art. 599 (Persone inter-� 
poste), in quanto vietano che il coniuge del binubo possa ricevere per 
testamento, sulla disponibile, pi� di quanto consegua, sulla stessa disponibile, 
il meno favorito dei figli dei :precedenti matrimoni, con discriminazione 
fondata su una condizione personale (art. 3 della Costituzione) 
e non estesa al binubo (art. 29 della Costituzione). 

Tribunale di Cagliari, ordinanza 11 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

codice civile, art. 1751 (lndep,nit� per lo scioglimento del contratto), 
primo comma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit� solo 

(19) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. 
La disposizione, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione 
consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere 
alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente 
dalle condizioni economiche di costei, � stata invece dichiarata incostituzionale 
con sentenza 23 maggio 1966, n. 46. 

76 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione) (23). 

Pretore di Bordighera, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 
1969, n. 152. 

codice penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata), 
in quanto presume la imputabilit� dell'imputato che abbia 
commesso il fatto in stato di ubriachezza, escludendo ogni indagine 
sulla capacit� di intendere e di volere dell'imputato (art. 27 della Costituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 1<> marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, 

n. 145. 
codice penale, art. 137 (Carcerazione preventiva), in quanto, non prevedendo 
la fungibilit� tra pena e misura di sicurezza, non consente di 
detrarre la carcerazione preventiva dalla durata della misura di sicurezza 
detentiva (art. 13 della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Messina, ordinanza 
3 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 

.. 


codice penale, art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di 
sicurezza), ultimo comma, in quanto esclude il tempo durante il quale 
l'imputato � assoggettato a perizia psichiatrica dal computo della misura 
di sicurezza detentiva, con �criterio diverso da quello stabilito dall'art. 
137 del codice penale per l'ipotesi della carcerazione preventiva 
(art. 3 della Costituzione). � 

Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Mantova, ordinanza 7 
febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 

codice penale, art. 224 (Minore non imputabile), secondo comma, per 
l'automatismo della norma in relazione alla pena minima edittale comminata 
per il fatto commesso dal minore non imputabile, e per la mancata 
indicazione di una et� minima per il ricovero del minore in riformatorio 
giudiziario (artt. 27, 30 e 31 della Costituzione). 

Giudici di sorveglianza presso il tribunale dei minorenni di Genova, 
ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 

codice penale, art. 313 (Autorizzazione o richiesta di procedimento), 
terzo comma, ultima ipotesi, in quanto condiziona l'esercizio del potere 

(23) Questione gi� proposta dal giudice istruttore del tribunale di Milano (ordinanze 
12 febbraio 1968, G. U. 13 luglio 1968, n. 177, e 28 settembre 1968, G. U. 
28 settembre 1968, n. 248). 

76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione) (23).
76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione) (23).
s'I. 

~tu.


Pretore di Bordighera, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 
1969, n. 152. 


codice penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata), 
in quanto presume la imputabilit� dell'imputato che abbia 
commesso il fatto in stato di ubriachezza, escludendo ogni indagine 
sulla capacit� di intendere e di volere dell'imputato (art. 27 della Costituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, 

n. 145. 
codice penale, art. 137 (Carcerazione preventiva), in quanto, non prevedendo 
la fungibilit� tra pena e misura di sicurezza, non consente di 
detrarre la carcerazione preventiva dalla durata della misura di sicurezza 
detentiva (art. 13 della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Messina, ordinanza 
3 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 

codice penale, art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di 
sicurezza), ultimo comma, in quanto esclude il tempo durante il quale 
l'imputato � assoggettato a perizia psichiatrica dal computo della misura 
di sicurezza detentiva, con 'criterio diverso da quello stabilito dall'art. 
137 del codice penale per l'ipotesi della carcerazione preventiva 
(art. 3 della Costituzione). � 

Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Mantova, ordinanza 7 
febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 

codice penale, art. 224 (Minore non imputabile), secondo comma, per 
l'automatismo della norma in relazione alla pena minima edittale comminata 
per il fatto commesso dal minore non imputabile, e per la mancata 
indicazione di una et� minima p~ il ricovero del minore in riformatorio 
giudiziario (artt. 27, 30 e 31 della Costituzione). 

Giudici di sorveglianza presso il tribunale dei minorenni di Genova, 
ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 

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codice penale, art, 313 (Autorizzazione o richiesta di procedimento), ~.?-.~_~.! 
terzo comma, ultima Ipotesi, in quanto condiziona l'esercizio del potere "::l 

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28 settembre 1968, n. 248). 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 73 

codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), prim�o comma, in 
quanto pone a carico del n;i.arito, in regime di separazione per sua 
colpa, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci� che � necessario 
ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche 
di costei (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione) (19). 

Tribunale di Udine, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 
Tribunale di La Spezia, ordinanza 13 novembre 1968, G. U. 12 
marzo 1969, n. 66. 
Corte di appello di Genova, ordinanza 9 gennaio 1969, G. U. 21 
maggio 1969, n. 128. 
Corte di appello di Roma, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 11 
giugno 1969, n. 145. 

codice civile, art. 164 (Controdichiarazioni), in quanto impedisce anche 
ai terzi di provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Siracusa, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 16 aprile 
1969, n. 98. 

codice civile, art. 593 (Figli naturali non riconoscibiU), primo comma, 
in quanto riduce, per i figli naturali non riconoscibili, la capacit� di 
ricevere per testamento alla met� di quanto consegua nelle successioni 
il meno favorito dei figli legittimi, con trattamento deteriore rispetto 
a quello stabilito per qualsiasi altro terzo estraneo al nucleo familiare 
legittimo (artt. 3 e 30 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

codice civile, art. 595 (Coniuge del binubo), e. art. 599 (Persone interposte), 
in quanto vietano che il coniuge del binubo possa ricevere per 
testamento, sulla disponibile, pi� di quanto consegua, sulla stessa disponibile, 
il meno favorito dei figli dei :precedenti matrimoni, con discriminazione 
fondata su una condizione personale (art. 3 della Costituzione) 
e non estesa al binubo (art. 29 della Costituzione). 

Tribunale di Cagliari, ordinanza 11 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

codice civile, art. 1751 (lnderi,nit� per lo scioglimento del contratto), 
primo comma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit� solo 

(19) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. 
La disposizione, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione 
consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere 
alla moglie tutto ci� che � necessario ai bisogni della vita, indipendentemente 
dalle condizioni economiche di costei, � stata invece dichiarata incostituzionale 
con sentenza 23 maggio 1966, n. 46. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 79 

Tribunale di Oristano, ordinanza 17 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 
1969, n. 85. 
Pretore di Roma, ordinanza 30 gennaio 1969, G. U. 23 aprile 
1969, n. 105. 
Pretore di Canosa di Puglia, ordinanza 31 gennaio 1969, G. U. 9 
aprile 1969, n. 91. 
Pretore di Roma, ordinanza 6 febbraio 1969, G. U. 18 .giugno 
1969, n. 152. 
Pretore di Codigoro, ordinanza 19 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 
1969, n. 128. 
Pretore di Manduria, ordinanza 20 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 
1969, n. 145. 

codice penale, art. 570 (Violazione degli obblighi di assistenza famigliare), 
in quanto, in relazione all'art. 145 del codice civile, punisce solo 
il marito (art. 29 della Costituzione) (26). 

Pretore di Bordighera, �rdinanza 21 febbraio 196�9, G. U. 18 giugno 
1969, n. 152. 

codice penale, art. 570 (Violazione degli obblighi di assistenza famigliare), 
primo comma, in quanto prevede la procedibilit� di ufficio 
per il reato di violazione degli obblighi di assistenza famigliare ed 
esclude l'estinzione del reato a seguito della riconciliazione dei coniugi 
(art. 29, primo e secondo comma, della Costituzione) (26) (27). 

Pretore di Torino, ordinanza 13 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 
1969, n. 128. 

codice penale, art. 635 (Danneggiame.nto), secondo comma, n. 2, in 
quanto prevede una pena pi� grave per il delitto di danneg�giamento 
commesso in occasione di sciopero solo per la ipotesi in cui il fatto 
sia commesso da iavoratori (art. 3., primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Feltre, ordinanza 20 febbraio 1969, G. U. 9 aprile 1969, 

n. 91. 
codice penale, art. 663 (Vendita, distribuzione e affissione abusiva 
di scritti o disegni), in quanto considera reato l'apposizione di manifesti 
e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati dall'autorit�, senza 
che alcun obbligo di provvedere sia al riguardo imposto all'autorit� 
(art. 21 della Costituzione). 

Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

(26) Altra questione di legittimit� della disposizione � stata dichiarata non 
fondata con sentenza 11 dicembre 1964, n. 107. 
(27) Questione gi� proposta dal pretore di Roma con ordinanza 18 aprile 1968 
(G. U. 31 agosto 1968, n. 222). 
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80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art, 707 (Possesso ingiustificato di chiavi alterate o 
di grimaldeni), limitatamente alla .parte in cui fa richiamo alle condizioni 
personali di condannato per mendicit�, di ammonito, di sottoposto 
a misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta 
(art. 3 della Costituzione) (28). 

Pretore di Bologna, ordinanza 24 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

codice penale, art. 725 (Commercio di scritti, disegni o altri oggetti 
contrari alla pubblica de'cenza), in quanto impone agli edicolanti 
di esercitare una censura preventiva, invece non consentita (art. 21 
della Costituzione). 

Tribunale di Spoleto, ordinanza 6 marzo 1969, G. U. 23 aprile 
1969, n. 105. 

codice di procedura penale, art. 31 (Competenza del pretore), in 
quanto attribuisce al pretore, con pluralit� di funzioni processuali 
(inquirenti e giudicanti), una sfera di competenza come organo giudiziario 
di diritto .penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U. 12 
marzo 1966, n. 66. 

codice di .procedura penale, art. 54 (Risoluzione dei conflitti) e artie�olo 
531 (Decisioni in camera di consiglio), in quanto dispongono che sui 
conflitti di competenza la Corte di cassazione provvede in camera di 
consiglio (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 

Corte di appello di Bologna, ordinanza 29 novembre 1968, G. U. 
26 marzo 1969, n. 78. 

codice di procedura penale, art. 74 (Esercizio deU'azione penale da 
parte del pubblico ministero o del pretore), prima parte e ultimo com� 
ma (29), art. 231 (Atti ed informative del pretore), art. 389 (Casi in cui 
si procede con istruzione sommaria), ultimo comma (30), art. 398 (Poteri 

(28) Questione proposta con espresso richiamo alla sentenza 19 luglio 1968, 
n. 110, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale, 
negli stessi sopra indicati limiti, dell'art. 708 del codice penale. 
(29) La questione di legittimit� costituzionale dell'ultima parte dell'art. 74 
del codice di pr;,cedura penale � stata dichiarata non fondata con sentenza 7 dicembre 
1964, n. 102. 
(30) L'art. 389, terzo comma, del codice di procedura penale � stato dichiarato 
incostituzionale, con sentenza 28 novembre 1968, n. 117, � nei limiti in cui 
esclude la sindacabilit�, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal 
pubblico ministero sulla evidenza della prova. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 81 

del pretore nel procedimento con istruzione sommaria) (31), e art. 403 
(Domanda di riapertura), ultimo comma, in quanto, nel disciplinare la 
istruzione ed il processo pretorile, consentono che la decisione sia 
rimessa allo stesso magistrato che ha istruito il processo (artt. 24, secondo 
comma, e 3, primo comma, della Costituzione, e art. 6, n. 1, della 
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, resa 
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848). 

Pretore di Prato, ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, 

n. 145. 
codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazione costitutiva di parte 
civile), secondo comma, e art. 94 (Formalit� della costituzione di parte 
civile), primo e secondo comma, in quanto consentono alla persona offesa 
dal reato di introdurre l'azione civile nel processo penale direttamente. 
al dibattimento, e con la sola sommaria esposizione dei motivi che giustificano 
la costituzione di parte civile, con sostanziale pregiudizio della 
difesa dell'imputato convenuto, alla quale non � neppure concesso congruo 
termine per opporsi alla costituzione di parte civile (artt. 24, secondo 
comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di San Giovanni. Valdarno, ordinanza 30 gennaio 1969, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Tribunale di Arezzo, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

codice di procedura penale, art. 125 (Difensori o rapp1�esentanti dell'imputato 
nel giudizio), primo comma, in quanto consente, �per le contravvenzioni 
punite con l'ammenda o con l'arresto, fino ad un certo 
ammontare, e anche se congiuntamente comminati, di iniziare e definire 
il processo senza che l'imputato sia assistito da difensore (art. 24, 
secondo comma, della Costituzione). 

Comandante del porto di Pesaro, ordinanza 23 dicembre 1968, G. U. 
12 marzo 1969, n. 66. 

codice di procedura penale, art. 128 (Nomina del difensore d'ufficio 
all'imputato), in quanto prevede la �obbligatoriet� e la gratuit� della 
difesa di ufficio (artt. 23 e 36 della Costituzione) (32). 

Pretore di Roma, ordinanza 10 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

(31) L'art. 398 del codice di procedura penale � stato dichiarato incostituzionale, 
con sentenza 28 aprile 1966, n. 33, limitatamente alla parte in cui, nei procedimenti 
di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto e 
l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione. 
(32) Questione dichiarata non fondata, per gli artt. 128, secondo comma, e 
131, secondo comma, de~ codice di procedura penale, ma in riferimento agli 
artt. 24, terzo comma, e 35, primo comma, della Costituzione, con sentenza 22 di

82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 170 (Notificazioni all'imputato irreperibile), 
in quanto consente che la ricerche dell'imputato siano eseguite 
in uno solo dei luoghi alternativamente indicati (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Sannicandro Garganico, ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 
18 maggio 1969, n. 152. 

codice di procedura penale, art. 170 (Notificazioni ali'imputato irreperibile), 
terzo comma, in quanto la prevista validit� della notificazione 
eseguita all'imputato irreperibile comporta, ai sensi dell'art. 510, primo 
comma, del codice di procedura penale, la esecuzione del decreto di 
condanna (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Iseo, ordinanza 15 ottobre 1968, G. U. 11 giugno 1969, 

n. 145. 
codice di procedura penale, art. 223 (Ausiliari della poliz.ia giudiziaria), 
in quanto consente il compimento di atti istruttori senza l'intervento 
della difesa (art. 24 della Costituzione) (33). 

Pretore di Cassano d'Adda, ordinanza 21 gennaio 1969, G. U. 26 
marzo 1969, n. 78. 

codice di .procedura penale, art. 231 (Atti ed informative del pretore), 
primo comma, e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione 
sommaria), second�o e terzo comma, in quanto consentono al pretore 
di emettere decreto di citazfone senza compiere atti di istruzione sommaria 
(artt. 3, �primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) 
(34). 

Pretore di Roma, ordinanza 6 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 
Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

cembre 1964, n. 114. La questione � stata gi� riproposta per gli artt. 128 e 130 
del codice di procedura penale, e 4 e 5 delle relative disposizioni di attuazione, 
ed in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione, dal pretore di 
Roma (ordinanza 17 aprile 1968, G. U, 28 settembre 1968, n. 248). Altra questione 
� stata proposta, per gli artt. 128, primo e secondo comma, del codice di procedura 
penale, e 4 delle relative disposizioni di attuazione, ed in riferimento agli artt. 24, 
terzo e secondo comma, e 3, secondo e primo comma, della Costituzione, dal giudice 
istruttore del tribunale di Vercelli (ordinanza 12 agosto 1968, G. U. 30 novembre 
1968, n. 305). 

(33) Questione gi� proposta dalla Corte di appello di Milano con ordinanza 
13 novembre 1968 (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). 
(34) Questione dichiarata non fondata, per l'art. 231 del codice di procedura 
penale ed in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, 
n. 46. Per l'art. 398, seconlo comma, del codice di procedura penale la questione 
� stata gi� proposta dal Pretore di Roma con ordinanze 6 marzo 1968 (G. U. 15 
giugno 1968, n. 152) e 14 maggio 1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261). 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 83 

codice di procedura penale, art. 242 (Facolt� di arresto da parte dei 
privati), in quanto consente al privato, e secondo discriminazione solo 
teoricamente valida, di procedere all'arresto in flagranza (art. 13, primo, 
secondo e terzo comma, della Costituzione). 

Pretore di Monopoli, ordinanza 3 febbraio 1969, G. U. 2 aprile 
1969, n. 85. 

codice di procedura penale, art. 253 (Casi nei quali ii mandato di 
cattura � obbligatorio), art. 277 (Casi nei quali la libert� provvisoria 
� ammessa o vietata), secondo comma: art. 375 (Provvedimentri relativi 
alla libert� personale dell'imputato in caso di rinvio a giudizio), secondo 
comma, in quanto impongono la carcerazione preventiva (art. 27, primo 
comma, della Costituzione) e consentono provvedimenti restrittivi della 
1ibert� personale senza motivazione (artt. 13 e Ul della Costituzfone). 

Giudice istruttore del Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 7 
febbraio 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 

codice di procedura penale, art. 271 (Decorrenza della custodia preventiva), 
in quanto, non prevedendo la fungibilit� tra pena e misura 
di sicurezza, non consente di detrarre la carcerazione preventiva dalla 
durata della misura di sicurezza detentiva (art. 13 della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Messina, ordinanza 
3 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 

codice di procedura penale, comb. disp. art. 272 (Provvedimenti relativi 
alla durata della custodia preventiva) e art. 277 (Casi nei quali la 
libert� provvisoria � ammessa o vietata), second�o comma, in quanto consente, 
per le ipotesi in cui sia obbligatoria la emissione del mandato 
di cattura, e non ammessa quindi nella fase di giudizio la concessione 
della libert� p.rovvisoria, il protrarsi a tempo indeterminato della 
carcerazione preventiva (art. 13, ultimo comma, della Costituzione) (35). 

Tribunale di Roma, ordinanza 12 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 
1969, n. 145. 

codice di procedura penale, art. 303 (Facolt� del pubbiico ministero 
nell'istruzione formale), in quanto consente al pubblico ministero di 
assistere all'interrogatorio dell'imputato e di fare, in tale occasione, 

(35} Questione gi� proposta, per gli artt. 272, primo comma, e .375 del codice 
di procedura penale, del Tribunale di Torino (ordinanza 31 maggio 1968, G. U. 
28 'settembre 1968, n. 248). L'art. 272, secondo comma, del codice di procedura 
penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 2 aprile 1964, n. 32, 
in quanto consente al procuratore generale che ha assunto o avocato a s� !'istruzioni 
sommarie della causa, di rimettere gli atti del processo alla sezione istruttoria. 


84 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

istanze, osservazioni e richieste (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 
Giudice istruttore del Tribunale di Roma, ordinanza 10 marzo 
1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 

codice di procedura penale, art. 349 (Regola per l'esame testimoniale), 
ultimo comma, in quanto rimette alla assoluta discrezionaHt� degli 
ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria di rivelare i nomi delle 
persone che hanno ad essi fornito indizi (artt. 3 e 24, secondo comnia, 
della Costituzione) (36). � 

Giudice istruttore del Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 febbraio 
1969, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 

codice di procedura penale, art. 314 (Facolt� del giudice di procedere 
a perizia), secondo comma, in quanto vieta la perizia rivolta a stabilire 
la tendenza a delinquere, il carattere e la personalit� dell'imputato, 
e in genere le qualit� psichiche, precludendo l'effettivo accertamento 
di fattor.i determinanti, ai sensi dell'art. 133 del codice penale, nella 
decisione e nella scelta della pena (art. 27, terzo comma, della Costituzione). 


Pretore di Bologna, ordinanza 16 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

codice di procedura penale, art. 372 (Deposito in cancelleria e facolt� 
dei difensori), se ed in quanto non applicabile all'istruzione sommaria 
(artt. 3 e 24 della Costituzione) (37). 

Pretore di Firenze, ordinanza 12 marzo 1969, G. U. 21 maggio 
1969, n. 128. 

codice di procedura .penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), in quanto consente al pretore di 
emettere il decreto di citazione a giudizio, dopo il compimento di atti 
di polizia giudiziaria, senza la contestazione del fatto e l'interrogatorio 
dell'imputato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (38) (39). 

(36) Questione dichiarata non fondata, con sentenza 28 novembre 1968, n. 114, 
in riferimento agli artt. 109 e 3 della Costituzione. 
(37) Questione gi� proposta dal pretore di Padova con ordinanza 22 aprile 
1968 (G. U. 14 settembre 1968, n. 235). 
(38) Questione proposta, come gi� altre analoghe (cfr. retro, Il, 16, sub 
artt. 134, 219, 222, 223, 224, 231, 238 e 630 del codice di procedura penale, 41, 42, 
43, 44, 45 e 46 del r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 2033, 1 e 2 della legge 27 febbraio 
1958, n. 180, 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall'art. 1 della legge 
26 febbraio 1963, n. 441), con espresso riferimento ai principi affermati nella 
sentenza 5 luglio 1968, n. 86, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la 
illegittimit� costituzionale degli artt. 225 e 232 del codice di procedura penal�i1 
� nella parte in cui rendono possibili, nelle indagini di polizia ivi previste, il compimento 
di atti istruttori senza l'applicazione degli artt. 320, 304-bis, ter e quater 
del codice di procedura penale �. 
(39) L'art. 398 del codice di procedura penale, � limitatamente alle parti in 
cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 85 

Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 
Tribunale di Como, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 
1969, n. 128. 

codice di procedura penale, art. 468 (Discussione finale), in quanto 
consente alla parte civile di determinare l'ammontare dei danni in sede 
di conclusioni, precludendo all'imputato, quale convenuto, la possibilit� 
di una efficace e tempestiva difesa in ordine alla richiesta di risarcimento 
(art. 24, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Arezzo, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

codice di procedura penale, art. 502 (Casi e modi del giudizio direttissimo), 
in quanto, nel consentire al pubbHco ministero di designare 
la sezione del tribunale e la data di celebrazione del giudizio, gli 
rimette in pratica di scegliere l'orga.no giudicante, con criterio diverso 
da quello previsto per il .giudizio ord,inario, nel quale l'assegnazione 
avviene su designazione del presidente dirigente il tribunale (art. 25 
della Costituzione) (40). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 15 gennaio 1969, G. U. 2 a�prile 
1969, n. 85. 
Tribunale di Napoli, ordinanza 12 marzo 1969, G. U. 18 giugno 
1969, n. 152. 

codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto e 
poteri del pretore), in quanto consente la emissione del decreto penale, 
senza preventivo interrogatorio dell'imputato, anche quando siano stati 
compiuti atti istruttori (art. 24, secondo comma,� della Costituzione). 

Pretore di Tione, ordinanza 28 gennaio 1969, G. U. 16 aprile 1969, 
'-numero 98. 

codice di procedura penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), 
artt. 4 e 5, in quanto prevedono la obbligatoriet� e la gratuit� della 
difesa di ufficio (artt. 23 e 36 della Costituzione) (41). 

Pretore di Roma, ordinanza 10 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al componimento di atti 
di istruzione ., � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. 
La questione di legittimit� costituzionale della disposizione, nella parte in cui 
non prevede l'obbligo della contestazione del fatto qualora non si proceda al 
compimento di atti di istruzione, � stato invece dichiarata non fondata, in riferimento 
all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 aprile 
1967, n. 46. 

(40) Questione gi� proposta dal Tribunale di Milano (anche per l'art. 21, 
terzo comma, della legge 8 febbraio 1948, n. 47) con ordinanza 15 ottobre 1968, 
G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. 
(41) Questione gi� proposta dallo stesso pretore con ordinanza 17 aprile 1968 
(G. U. 28 settembre 1968, n. 248). V. supiia, nota 32. 

86 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice della navigazione, art. 1238 (Competenza per le con1Jravvenzioni), 
in quanto attribuisce funzioni giurisdizionali all'autorit� amministrativa 
(artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della 
Costituzione) ( 42). 

Pretore di Recanati, ordinanza 11 aprile 1969, G. U. 18 giugno 
1969, n. 152. 

legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato f (Legge sui lavori pubblici), 
art. 317, in qu�nto consente al governo, senza indicazione di principi e 
cr<iteri direttivi, di emanare norme penali nell'esercizio della potest� 
regolamentare (art. 25 della Costituzione) (43). 

Pretore di Barletta, ordinanza 24 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

r. d. 31 ottobre 1873 (Regolamento circa la polizia, la sicurezza e 
la regolarit� dell'esercizio deUe strade ferrate), artt. 52 e 64 (art. 25 
della Costituzione) (44). � 
Pretore di Barletta, ordinanza 24 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

legge 15 gennaio 1885, n. 2892 (Risanam<mto della citt� di Napoli), 
art. 13, in quanto consente, secondo la corretta interpretazione, di determinare 
la indennit� di espropriazione con importo pari all'imponibile 
netto agli effetti delle imposte sui terreni e sui fabbricati (art. 42 
della Costituzione). 

Tribunale di Locri, ordinanza 15 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, 

n. 152. 
r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 148, in quanto 
condiziona la condanna dell'Amministrazione soccombente al pagamento 
delle spese del giudizio alla preventiva presentazione della domanda 
in via amministrativa (artt. 3, 24, primo secondo e terzo comma, e 
113 della Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 7 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

(42) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 giugno 1960, n. 41 
(art. 102 della Costituzione) 3 luglio 1967, n. 79 (art. 104, primo comma, della 
Costituzione), e 19 dicembre 1968, n. 128 (disp. trans. VI e artt. 25 e 102 della 
Costituzione). La questione viene riproposta, in riferimento agli artt. 101, secondo 
comma e 108 secondo comma, della Costituzione, con richiamo alle declaratorie 
di illegittimit� costituzionale delle disposizioni de'lla legge 7 gennaio 1929, n. 4 
relativa alla competenza giurisdizionale dell'intendente di finanza (sentenza 3 aprile 
1969, n. 60). 
(43) Questione gi� dichiarata non fondata (in riferimento agli artt. 2, 13, 16 
e 41 della Costituzione} e inammissibile (in riferimento agli artt. l, secondo comma, 
13, secondo comma, 25, secondo -comma, 70, 76 e 77 deHa Costituzione) con sentenza 
27 giugno 1968, n. 73. 
(44) Questione gi� dichiarata inammisibile, per gli articoli 51 e 64, con 
sentenza 27 giugno 1968, n. 73. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 87 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), artt. 55, 32, 12 
e 14, in quanto svincolano l'obbligo di pagare l'imposta di registro da 
un effettivo trasferimento di beni e ricchezze (artt. 53 e 3 della Costituzione). 
Commissione provinciale delle imposte di Rieti, ordinanza 9 no� 
vembre 1968, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 97, in quanto 
consente di esercitare H privilegio speciale attribuito ai crediti per 
imposte di registro, ove si tratti di imposta principale o complementare, 
anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato gli immobili ai 
quali l'imposta si riferisce in epoca successiva al trasferimento assoggettato 
ad imposizione (art. 42, secondo comma, della Costituzione). 
Corte di appello di Genova, ordinanza 10 gennaio 1969, G. U. 21 
maggio 1969, n. 128. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle success.ioni), 
art. 31, primo, secondo e terzo comma, in quanto pone la presunzione juris 
et de jure di esistenza di un predeterminato quantitativo di gioielli, 
denaro e mobili nel patrimonio ereditario (artt. 3 e 53 della Costituzione) 
(45). 
Commissione provinciale delle imposte di Bari, ordinanze 2 marzo 
1967 e 20 arprile 1967, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Testo unico delle leggi sul gratuito 
patrocinio), artt. 15, primo comma, n. 2, 18, sec�ondo comma, e 29, primo e 
secondo comma, in quanto condizionano l'esercizio del diritto di azione 
ad una preventiva delibazione del probabile esito favorevole della 
causa (art. 3 della Costituzione), ed escludono per gli ammessi al gratuito 
patrocinio il diritto di scegliersi il difensore (art. 24, primo e 
secondo comma, della Costituzione) (46). 
Commissione del gratuito patrocinio presso il Tribunale di Milano, 
ordinanza 18 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 

r. d. 15 ottobre 1925, n. 2033 (Norme per la repressione delle frodi 
nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di 
(45) Questione dichiarata non fondata con sentenza 12 luglio 1967, n. 109. 
I primi due commi della disposizione, dichiarati incostituzionali con sentenza 
12 luglio 1965, n. 69 � in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento 
disposto per le aziende industriali e commerciali ., sono stati sostituiti con legge 
31 ottobre 1966, n. 948. 
(46) Analoga questione � stata proposta, per l'art. 18, primo e secondo 
comma, del r. d. 30 dicembre 192.3, n. 3282, dal giudice istruttore del Tribunale 
di Vercelli (ordinanza 12 agosto 1968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305). 

88 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prodotti agrari), artt. 41, 43, 44 (47), 45 e 46, in quanto non consentonc 
nelle operazioni di prelevamento e analisi di campioni la pres�nza dell'interessato, 
del suo difensore o del suo consulente tecnico (artt. 3 
e 24 della Costituzione) (48). 

Pretore di Santa Marfa Capua Vetere, ordinanza 3 dicembre 1968, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78 (art. 41). 
Pretore di Castelfranco Veneto, ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 
2 aprile 1969, n. 85 (artt. 43, 44 e 45). 

Pretore di Volterra, ordinanza 13 marzo 1969, G. U. 21 maggio 
1969, n. 128 (artt. 41, 43, 44, primo comma, 45 e 46). 

legge 18 marzo 1926, n. 562 (Conversione in legge, con approvazione 
complessiva, di decreti luogotenenziali e regi aventi per oggetto argomenti 
diversi), articolo unico, nella parte in cui converte in legge 
l'art. 41 del r. d.-1. 15 ottobre 1925, n. 2033, che consente il compimento 
di atti istruttori senza l'intervento della difesa (artt. 24 e 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 3 dicembre 1968, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
r. d. 1� luglio 1926, n. �61 (Regolamento per l'esecuzione del regio 
decreto )5 ottobre 1925, n. 2033, convertito in legge con la legge 18 
marzo 1926, n. 562, concernente la repressione delle frodi nella preparazione 
e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti 
I agrari), artt. 93 e 94, in quanto, in relazione agli artt. 1 della legge 
18 ottobre 1959, n. 945 e 41 del r. d.-1. 15 ottobre 1925, n. 2033, consentono 
alla polizia giudiziaria il compimento di atti istruttori senza 

I 

l'intervento della difesa (artt. 24 e 3 della Costituzione). 

Pretore di Santa Maria Capu� Vetere, ordinanza 3 dicembre 1968, 

G. l]. 26 marzo 1969, n. 78. 
(47) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 44, terzo e quarto 
comma, del r. d. 1. 15 ottobre 1925, n. 2033 (nel testo sostituito dall'art. 1 della 
legge 27 febbraio 1958, n. 190) � stata dichiarata non fondata con sentenza 19 feb� 
braio 1965, n. 6. 
(48) Questione gi� proposta, con analogo richiamo alla sentenza 5 luglio 
1968, n. 86 (con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale 
degli artt. 225 e 232 del codice di procedura penale e nella parte in cui 
rende.no possibile, nelle indagini di polizia ivi previste, il compimento di atti 
istruttori senza l'applicazione degli artt. 320, 304-bis, ter e quater del codice di 
procedura penale), dal pretore di Brescia con ordinanza 15 giugno 1968 (G. U. 
14 settembre 1968, n. 235), dal pretore di Camposampiero con ordinanza 18 ottobre 
1968 (G. U. 28 gennaio 1969, n. 25), dal pretore di Chiari con ordinanza 15 novembre 
1968 (G. U. 29 gennaio 1969, n. 25), e dal pretore di Santa Maria Capua 
Vetere co.n ordinanza 22 novembre 1968 (G. U. 12 febbraio 1969, n. 38). Analoghe 
questioni sono state proposte anche per gli artt. 1 e 21 della legge 27 febbraiol958, 
n. 190 (che hanno modificato gli artt. 44 e 45 del r. d. 1. 15 ottobre 1925, n. 2033) 
e per l'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 280 (modificato dall'art. 1 della legge 
26 febbraio 1963, n. 441). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 27 maggio 1922, n. 81 O (Esecuzione del Trattato, dei quattro 
allegati annessi e del Concordato, sottoscritti in Roma tra la Santa 
Sede e l'Italia l'll febbraio 1929), art, 34, quarto quinto e sesto comma, 
in quanto attribuisce alla competenza dei tribunali ecclesiastici le cause 
in materia di nullit� del matrimonio (art. 102, secondo� comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 22 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 
1969, n. 145. 

legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del 
Concordato dell'll febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella 
parte relativa al matrimonio), art. 7, ultima parte, in quanto, con disciplina 
diversa da quella prevista dall'art. 87, n. 4 del codice civile, 
ammette la dispensa dall'impedimento del vinco1o di affinit� di primo 
grado per il matrimonio concordatario, valido a tutti gli effetti civili 
(art. 3, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 23 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

r. d. 1. 26 febbraio 1930, n. 105 (Aumento dei diritti erariali sugli 
apparecchi automatici di accensione), convertito con legge 10 maggio 
1930, n. 611, artt. da 2 a 15, in quanto estendono il monopolio 1n favore 
del CIF alla produzione ed alla vendita de.gli accenditori azionati da 
pietrina focaia e di qualsiasi altro oggetto capace di produrre fiammella, 
scintilla o incandescenza (artt. 41 e 43 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

legge 1� maggio 1930, n. 611 (Conversione in legge del r. d. l. 26 
febbraio 1930, n. 105, relativo all'aumento dei diritti erariali sugli 
apparecchi automatici di accensione), nella parte in cui converte in 
legge gli articoli da 2 a 15 del r. d. I. 26 febbraio 1930, n. 105, che 
estendono il monopolio in favore del CIF alla produzione ed alla vendita 
degli accenditori azionati da pietrina focaia e di qualsfasi altro 
oggetto capace di produrre fiammella, scintilla o incandescenza (artt. 41 
e 43 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme suUa disciplina 
giuridica dei rapporti collettivi del lavoro COl/'l, quelle sul trattamento 
giU1'idico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee 
di navigazione intern� in regime di concessione), art. 1O, quarto comma, 
modificato dalla legge 24 luglio 1957, n. 633, in quanto condiziona la 
proponibilit� dell'azione giudiziaria al preventivo reclamo in via gerar

90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

chica (artt. 3, 24, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione) 
(49). 

Pretore di Torino, ordinanze 4 febbraio 1969 (tre), G. U. 9 aprile 
1969, n. 91. 

r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice 
di procedura pooale), artt. 4 e 5, in quanto prevedono la obbligatoriet� 
e la gratuit� della difesa di ufficio (artt. 23 e 36 della Costituzione) (41). 
Pretore di Roma, ordinanza 10 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

r. d."18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle.leggi di pubblica sicurezza) 
art. 108, in quanto condiziona una specifica utilizzazione della 
propriet� alla preventiva licenza dell'autorit� amministrativa (art. 41 
e seguenti della Costituzione) e consente di sottoporre il cittadino ad 
un continuo e costante controllo sui suo-i spostamenti sul territorio 
nazionale (art. 16 della Costituzione) (50). 
Pretore di Orbetello, ordinanza 17 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deLle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 109, primo, secondo e terzo comma, in quanto vieta di dare 
alloggio a persone non munite di documenti di riconoscimento ed 
impone agli ospitanti di comunicare giornalmente all'autorit� di pubblica 
sicurezza l'arrivo, la partenza ed il luogo di destinazione delle 
persone alloggiate (artt. 16, primo comma, e 17, secondo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 11 febbraio 1969, G. U. 16 aprile 
1969, n. 98. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 113, in quanto considera reato l'affissione di manifesti e 
manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati dall'autorit�, senza che 
alcun obbligo di provvedere sia al riguardo imposto all'autorit� (art. 21 
della Costituzione). 
Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (Disposizioni sull'assegno bancario, 
sull'assegno circolare e su alcuni tito.zi speciali deU'Istituto di emis(
49) Questione dichiarata non fondata, con sentenza 21 marzo 1969, n. 39, I== 
i:: 

in riferimento all'art. 36 della Costituzione. 

i~= 

(50) Va precisato che il testo dell'ordinanza di riunione non consente una 
precisa individuazione della disposizione denunciata, facendo riferimento a e norma t;: 
in imputazione � non indicata. 
~ 


' 

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I.I�:: 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 91 

sione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), art. 116, limitatamente 
all'inciso < e nei casi pi� gravi anche la reclusione sino a sei 
mesi �, in quanto rimette al discrezionale potere del giudice, e senza 
necessit� di preventiva specifica contestazione, di integrare la generica 
formulazione della norma con l'inserimento di elementi idonei a far 
ravvisare la maggiore gravit� del reato (artt. 24, secondo comma, e 25, 
secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 
1969, n. 85. 

r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico delle disposizioni sull'edilizia 
popolare ed economica), art. 32, in quanto stabilisce il termine di 
cinque giorni per la opposizione alla ingiunzione di ;pagamento (artt. 3, 
primo comma, e 24, secondo e terzo comma, della Costituzione) (51). 
Giudice conciliatore di Mercato San Severino, ordinanza 22 marzo 
1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. 

legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative della disciplina 
delle pubbliche affissioni), artt. 2 e 4, in quanto considerano reato 
l'affissione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati 
dall'autorit�, senza che alcun obbligo di provvedere sia al riguardo 
imposto all'autorit� (art. 21 della Costituzione). 

Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giud.iziario), art. 4, limitatamente 
alla espressione � di ogni grado ., art. 31, lim~tatamente alla 
espressione � in sottordine ., art. 34, e art. 39, primo comma, in quanto 
distinguono i magistrati delle preture secondo criterio gerarchico 
(artt. 101 e 107, terzo comma della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 1, 2, se� 
condo comma, 33 e 72, in quanto istituiscono il pretore, con pluralit� 
di funzioni processuali (inquirenti e giudicanti), come organo giudiziario 
di diritto penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, della 
Costituzione). 
Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U. 12 
marzo 1969, n. 66. 

legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di 
altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 96 e 97, in quanto, in rela


(51) Questione gi� proposta dal Pretore di Salerno (ordinanza 4 giugno 
1968 (tre), G. U. 31 agosto 1968, n. 222). 

92 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione all'art. 700 del codice di procedura civile, consentono il sequestro 
di pubblicazioni a stampa, ai fini di far cessare l'abuso dell'immagine, 
al di fuori di ipotesi delittuose e di espressa previsione da parte della 
legge sulla stampa (art. 21, terzo comma, della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 30 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 1, e norme che ne derivano, in quanto consente la 
procedura concorsuale solo per determinate categorie, e secondo di, 
scriminazioni rimesse all'arbitrio dell'amministrazione finanziaria o 
rapportate alla misura del capitale -investito nell'impresa (art. 3 della 
Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 27 giugno 1968, G. U. 26 marzo 1969, 

n. 78. 
r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del co1icordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 15, in quanto consente la declaratoria di fallimento 
senza preventiva audizione dell'imprenditore (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di Venezia, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 
Corte di appello di Brescia, ordinanza 29 gennaio 1969, G. U. 9 
aprile 1969, n. 91 (52). 
Pretore di Roma, ordinanza 11 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, 

n. 145. 
r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del co1iCordato 
preventivo, dell'amministrazione co1itrollata e della liquidazione coatta 
amministrativa), cirt. 18, secondo comma, in quanto fa decorrere il termine 
utile per la opposizione dalla data di affissione dell'estratto d�lla 
sentenza dichiarativa di fallimento alla porta esterna del tribunale, 
ad una forma di pubblicit�, cio� inidonea a costituire mezzo informativo 
di serio affidamento, soprattutto quando il debitore non sia stato 
preventivamente informato della procedura fallimentare a suo carico 
(art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di Venezia, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 


(52) Con la stessa, ordinanza la corte di appello di Brescia ha ritenuto manifestamente 
infondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 147 della legge fallimentare: questione gi� pro-f:iii::: 
posta, invece, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 24, primo e secondo ~ 
,..... 
comma, e 25 primo comma, della Costituzione, dal tribunale di Udine (ordinanza 
8 novembre 1968, G.U. 29 gennaio 1969, n. 25). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

sione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), art. 116, limitatamente 
all'inciso < e nei casi pi� gravi anche la reclusione sino a sei 
mesi �, in quanto rimette al discrezionale potere del giudice, e senza 
necessit� di preventiva specifica contestazione, di integrare la generica 
formulazione della norma con l'inserimento di elementi idonei a far 
ravvisare la maggiore gravit� del reato (artt. 24, secondo comma, e 25, 
secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 
1969, n. 85. 

r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico deUe disposizioni sull'edilizia 
popolare ed economica), art. 32, in quanto stabilisce il termine di 
cinque giorni per la opposizione alla ingiunzione di ;pagamento (artt. 3, 
primo comma, e 24, secondo e terzo comma, della Costituzione) (51). 
Giudice conciliatore di Mercato San Severino, ordinanza 22 marzo 
1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. 

legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative della disciplina 
deile pubbliche affissioni), artt. 2 e 4, in quanto considerano reato 
l'affissione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati 
dall'autorit�, senza che alcun obbHgo di provvedere sia al riguardo 
imposto all'autorit� (art. 21 della Costituzione). 

Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 4, limitatamente 
alla espressione � di ogni grado ., art. 31, limitatamente alla 
espressione � in sottordine �, art. 34, e art. 39, primo co~ma, in quanto 
distinguono i magistrati delle �preture secondo criterio gerarchico 
(artt. 101 e 107, terzo comma della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 1, 2, se� 
condo comma, 33 e 72, in quanto istituiscono il pretore, con rpluralit� 
di funzioni processuali (inquirenti e giudicanti), come organo giudiziario 
di diritto penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, della 
Costituzione). 
Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U. 12 
marzo 1969, n. 66. 

legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di 
altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 96 e 97, in quanto, in rela� 

(51) Questione gi� proposta dal Pretore di Salerno (ordinanza 4 giugno 
1968 (tre), G. U. 31 agosto 1968, n. 222). 

94 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. I. 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della Magistratura), art. 2, 
secondo comma, in quanto delimita la garanzia della inamovibilit� ai 
magistrati di grado non inferiore a giudice, sostituto procuratore della 
Repubblica o pretore (art. 107 d.ella Costituzione). 
Pretore di Legnano, ordinanza 20 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 
1969, n. 128. 

d. lg. C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed economico 
del personale civile non di ruolo in se1�vizio nelle Amministrazioni 
dello Stato), art. 9, terzo comma, in quanto limita le categorie degli 
aventi diritto iure proprio all'indennit� di anzianit� dovuta al lavoratore 
deceduto ed impedisce al lavoratore che non lasci persone appartenenti 
alle stabilite categorie di disporre dell'indennit� di anzfanit� 
per dopo la sua morte (artt. 3 e 36, primo comma, della Costituzione) 
(53). 
Consiglio di iStato, sesta sezione, ordinanza 9 novembre 1968, 

G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
d. lg. C.P.S. 22 a,prile 1947, n. 285 (Corresponsione deU'indennit� di 
contingenza ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia deglt 
immobili urbani), convertito con legge 20 novembre 1951, n. 1323, 
artic,olo .unico, tabella A, .in quanto prevede l'indennit� di contingenza 
dovuta ai portieri degli stabili con reddito imponibile inferiore al 
minimo stabilito in misura ridotta rispetto a quella spettante ai portieri 
di altri stabili di egual numero di appartamenti (artt. 36 e 3 della 
Costituzione). 
Corte di appello di Roma, ordinanza 11 dicembre 1968, G. U. 11 
giugno 1969, n. 145. 

legge 7 ottobre 1947, n. 1058 (Norma per la disciplina dell'elettorato 
attivo e per la tenuta e la revisione annuale deile liste elettorali), art. 1,. 

n. 3, recte: art. 2, n. 2, in quanto dispone la temporanea esclusione del 
fallito dall'esercizio del diritto di voto (art. 48 della Costituzione) (34). 
Commissione elettorale mandamentale di Pistoia, ordinanza a 
marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. 

d. lg. C.P.S. 8 novembre 1947, n. 1417 (Disciplina delle pubbliche 
affissioni e della pubblicit� affine), art. 9, in quanto considera reato 
l'affissione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati 
(53) Questione proposta con riguardo ai principi affermati dalla Corte costituzionale, 
nella sentenza 27 giugno 1968, n. 75, sul carattere retributivo dell'indennit�; 
di anzianit�. 
(54) Disposizione riprodotta all'art. 2, n. 2 del d.P.R. 20 marzo 1967, n. 239 per 
il quale la stessa questione � stata proposta, in riferimento anche all'art; 3 della 
Costituzione, dalla corte di appello di Milano (ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 2.. 
aprile 1969, n. 85). 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 91 

e, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), art. 116, limitata1te 
all'inciso � e nei casi pi� gravi anche la reclusione sino a sei 
ri �, in quanto rimette al discrezionale potere del giudice, e senza 
essit� di preventiva specifica contestazione, di integrare la generica 

mulazione della norma con l'inserimento di elementi idonei a far 
'Visare la maggiore gravit� del reato (artt. 24, secondo comma, e 25, 
:ondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 
69, n. 85. 

r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico delle disposizioni suti'edi~
ia popolare ed e'conomica), art. 32, in quanto stabilisce il termine di 
nque giorni per la opposizione alla ingiunzione di ;pagamento (artt. 3, 
rimo comma, e 24, secondo e terzo comma, della Costituzione) (51). 
Giudice conciliatore di Mercato San Severino, ordinanza 22 marzo 
969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. 

legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative deila disciplina 
:leile pubbliche affissioni), 
l'affissione di manifesti 
dall'autorit�, senza 
imposto all'autorit� (art. 21 

1969, n. 66. 

r. d. 30 gennaio 1941, 
tamente alla espressione 
espressione � in sottordine ., 
distinguono i 
(artt. 101 e 

1969, n. 66. 

r. d. 30 gennaio 1941, 
condo comma, 33 
Costituzione). 

marzo 1969, n. 

legge 22 

(51) Questione 
1968 (tre), G. U. 31 
art+. 2 e 4, in quanto considerano reato 
e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati 
che alcun obbligo di provvedere sia al riguardo 
della Costituzione). 
Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 
n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 4, limita� 
di ogni grado � art. 31, limitatamente alla 
art. 34, e art. 39, primo c:o~ma, in quanto 
magistrati delle preture secondo criterio gerarchico 
107, terzo comma della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 12 marzo 
n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 1, 2, se� 
e 72, in quanto istituiscono il pretore, con pluralit� 
di funzioni processuali (inquirenti e giudicanti), come organo giudiziario 
di diritto penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, della 
Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U . .12 
66. 
aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e d� 
aitri diritti connessi al suo esercizio), art+. 96 e 97, in quanto, in rela~ 
gi� proposta dal Pretore di Salerno (ordinanza 4 giugno 
agosto 1968, n. 222). 
---

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 91 

sione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), art. 116, limitatamente 
all'inciso e e nei casi pi� gravi anche la reclusione sino a sei 
mesi ., in quanto rimette al discrezionale potere del giudice, e senza 
necessit� di preventiva specifica contestazione, di integrare la generica 
formulazione della norma con l'inserimento di elementi idonei a far 
ravvisare la maggiore gravit� del reato (artt. 24, secondo comma, e 25, 
secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 
1969, n. 85. 

r. d. 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico delle dispo1Sizioni sull'edilizia 
popolare ed economica), art. 32, in quanto stabilisce il termine di 
cinque giorni per la opposizione alla ingiunzione di ;pagamento (artt. 3, 
primo comma, e 24, secondo e terzo comma, della Costituzione) (51). 
Giudice conciliatore di Mercato San Severino, ordinanza 22 marzo 
1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. 

legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative della disc:i.piina 
deile pubbliche affissioni), artt. 2 e 4, in quanto considerano reato 
l'affissione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci� destinati 
dall'autorit�, senza che alcun obbUgo di provvedere sia al riguardo 
imposto all'autorit� (art. 21 della Costituzione). 

Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 4, limitatamente 
alla espressione � di ogni grado �, art. 31, lim!tatamente alla 
espressione � in sottordine ., art. 34, e art. 39, primo comma, in quanto 
distinguono i magistrati delle �preture secondo criterio gerarchico 
(artt. 101 e 107, terzo comma della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (01'dinamento giudiziario), artt. 1, 2, se� 
condo comma, 33 e 72, in quanto istituiscono il pretore, con rpluralit� 
di funzioni processuali (inquirenti e giudicanti), come organo giudiziario 
di diritto penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, della 
Costituzione). 
Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U . .12 
marzo 1969, n. 66. 

legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di 
altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 96 e 97, in quanto, in rela


(51) Questione gi� proposta dal Pretore di Salerno (ordinanza 4 giugno 
1968 (tre), G. u. 31 agosto 1968, n. 222). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 97 

indennit� di contingenza ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia 
e pulizia degli immobili urbani; e del decreto legislativo 14 dicembre 
1947, n. 1460, concernente aumento della indennit� di contingenza ai 
lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e puiizia degli immobili urbani), 
artt. 1 e 2, per la parte concernente l'articolo unico, tabella A, 
del d. lg. C.P.S. 22 aprile 1947, n. 285 e l'articolo 1 del d. lg. C.P.S. 
14 dicembre 1947, n. 1460, che prevedono l'indennit� di contingenza 
dovuta ai portieri degli stabili con reddito imponibile inferiore al minimo 
stabilito in misura ridotta rispetto a quella spettante ai portieri 
di altri stabili con egual numero di appartamenti (artt. 36 e 3 della 
Costituzione). 


Corte di appello di Roma, ordinanza 11 dicembre 1968, G. U. 11 
giugno 1969, n. 145. 


legge 4 aprile 1952, n. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicuraziooe 
obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia e i superstiti), 


?'art. 12, in quanto dispone un trattamento pensionistico differente tra 
uomo e donna (artt. 3, 36 e 37 della Costituzione) (57). 

Giudice istruttore del Tribunale di Genova, ordinanze 25 gennaio 
1969 (tre), G. U. 23 aprile 1969, n. 105. 


legge 16 aprile 1953, n. 326 (Ratifica, con modificazioni, del decreto 
legislativo 17 dicembre 1947, n. 1599, concernente l'istituzione della 
scuola popolare contro l'analfabetismo), art. 4, che ratifica e modifica 
l'art. 4 del d. lg. C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599, in quanto prevede 
che la nomina degli insegnanti, nel caso di scuole organizzate da enti 


o da associazioni con oneri a loro totale carico o a carico dello Stato, 
ha luogo su proposta e d'intesa con gli enti o le associazioni interessate, 
secondo criterio diverso da quello stabilito per la nomina degli 
insegnanti di corsi statali (artt. 3, 4 e 33 della Costituzione). 
Pretore di Nicosia, ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 


legge 31 marzo 1954, n. 109 (Provvedimenti a favore di lavoratori 
addetti alla vigilanza, custodia e pulizia degli immobili), art. 2, in 
quanto, in relazione alla tabella A del d. lg. C.P.S. 22 aprile 1947, 


n. 285, prevede l'indennit� di contingenza dovuta ai portieri degli 
stabili con reddito imponibile inferiore al minimo stabilito in misura 
ridotta rispetto a quella spettante ai portieri di altri stabili con egual 
numero di appartamenti (artt. 36 e 3 della Costituzione). 
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~ 

Corte di appello di Roma, ordinanza 11 dicembre 1968, G. U. 11 B 
giugno 1969, n. 145. 

legge 31 luglio 1954, n. 570 (Restituzione delL'imposta generale sul


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l'entrata sui prodotti esportati ed istituzione di un diritto compensativo 

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(57) Questione gi� proposta dal tribunale di Arezzo con ordinanza 21 
1968, G.U. 1� giugno 1968, n. 139. 

98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sulle importazioni), artt. 1 e 3, in quanto rimette all'autorit� amm1mstrativa 
di stabilire, con scelta discrezionale, quali prodotti importati 
siano da assoggettare ad imposizione tributaria (art. 23 della Costituzione) 
(58). 

Corte di appello di Napoli, ordinanza 11 dicembre 1968, G. U. 
11 giugno 1969, n. 145. 

legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produzione, del commercio 
e dell'impiego degli stupefacenti), art. '25, in quanto dispone la 
obbligatoriet� del mandato di cattura (art. 27, secondo comma, della 
Costituzione), e consente provvedimenti restrittivi della libert� personale 
senza motivazione (art. 13, secondo comma, della Costituzione) 
(59). 

'l1ribunale di Roma, ordinanza 12 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 
1969, n. 145. 

d. P. R. 19 marzo 1955, n. 520 (Riorganizzazione centrale e periferica� 
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale), art. 8, in quanto 
non pone limiti al potere di indagini attribuite agli ispettori del lavoro 
(art. 14, terzo comma, della Costituzione) e consente il compimento di 
atti istruttori senza l'intervento dell'interessato (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Pretore di Narni, ordinanza 22 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, 

n. 145. 
legge 5 gennaio 1956, n. 1 (Norme integrative della legge 11 gennaio 
1951, n. 25 sulla perequazione tributaria), art. 8, ultima parte, 

riprodotta all'art. 109, lettera c, del d~P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, 
in quanto condiziona la detraibilit� della spesa, ai fini della determinazione 
dell'imponibile per l'imposta di ricchezza mobile, alla prescritta 
registrazione cronologica (artt. 3 e 53, primo� comma, della 
Costituzione) (60). 

Tribunale di Ancona, ordinanza 21 febbraio 1969, -G. U. 18 giugno 
1969, n. 152. 

d. I. 11 gennai�o 1956, n. 2 (Diritto fisso dovuto all'Erario per la 
detenzione di apparecchi di accensione), convertito in legge 16 marzo 
1956, n. 109, art. 8, in quanto conserva in vigore le disposizioni di cui 
agli articoli da 2 a 15 del r. d. I. 26 febbraio 1930, n. 105 (convertito 
(58) Questione gi� proposta dalla stessa corte di appello (ordinanza 5 gennaio 
1968, G.U. 6 luglio 1968, n. 170). 
(59) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata dichiarata 
non fondata, in riferimento all'art. 25, secondo comma della Costituzione, 
con sentenza 19 maggio 1964, n. 36. 
(60) Questione gi� proposta, anche per l'art. 7, quarto comma, dalla commissione 
distrettuale delle imposte di Vasto (ordinanze 15 luglio 1968 (due), G.U. 
12 ottobre 1968, n. 261). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 99 

con legge 1� maggio 1930, n. 611), nelle parti in cui estendono il monopolio 
in favore del CIF alla produzione ed alla vendita degli accenditori 
azionati da pietrina focaia e di qualsiasi altro oggetto capace 
di produrre fiammella, scintilla o escandescenza (artt. 41 e 43 della 
Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78 . 

. legge 16 marzo 1956, n. 109 (Convenzione in legge del decreto-legge 
11 gennaio 1956, n. 2, sul diritto fisso dovuto all'Erario per la detenzione 
di apparecchi di accensione), in quanto converte l'art. 8 del d. 1. 
11 gennaio 1956, n. 2, che conserva in vigore gli articoli da 2 a 15 del 

r. d. I. 26 febbraio 1930, n. 105 (convertito con legge 1� maggio 1930, 
n. 611), nelle parti in cui estendono il monopolio in favore del CIF 
alla produzione ed alla vendita degli accenditori azionati da pietrina 
focaia e di qualsiasi altro oggetto capace di produrre fiammella, scintilla 
o escandescenza (artt. 41 e 43 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 14 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moraiitd), 

-artt. 1 e 3, in quanto la determinazione del grado di pericolosit� � lasciata 
alla mera discrezione degli organi di polizia o comunque, se 
rimessa all'autorit� giudiziaria, non � fondata su criteri direttivi (articoli 
13, secondo comma, 24, primo com.ia, e 3, primo comma, della 
Costituzione) (61); art. 4, secondo comma, in quanto prevede come 
facoltativa l'assistenza di un difensore (artt. 24, primo comma, e 3, 
primo comma, della Costituzione) (62). 

Pretore di Torino, ordinanza 19 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 
1969, n. 66. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralitd), 
art. 2, in quanto consente al questore di limitare la libert� di 

"(61) Questione dichiarata non fondata, per l'art. 1 della legge 27 dicembre 
1956, n. 1423 ed in riferimento agli artt. 3 e 13, secondo comma, della Costituzione, 
con sentenza 17 marzo 1959, n. 32. Analoga questione di legittimit� costituzionale 
della stessa disposizione � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli 
artt. 13, 25, 27 e 3 della Costituzione, con sentenza 23 marzo 1964, n. 23. 

(62) Questione proposta .anche dal tribunale di Torino (ordinanza 13 dicembre 
1968, G.U. 26 febbraio 1969, n. 52) e con lo stesso richiamo alla sentenza 29 maggio 
1968, n. 53, con la quale la Corte costituzionale, dichiarando la illegittimit� 
costituzionale degli artt. 636 e 637 del codice di procedura penale, ha affermato la 
necessit� dell'assistenza tecnica di un difensore �da rendersi, oltrettutto, obbligatoria 
e non facoltativa, come invece � disposto, per analoghe situazioni, dall'art. 
4, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956 sulle misure di prevenzione .. 

100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

circolazione anche per motivi di pubblica moralit� (art. 16 della Costituzione). 


Tribunale di Vibo Valentia, ordinanza 31 gennaio 1969, G. U. 9 
aprile 1969, n. 91. 

legge 24 luglio 1957, n. U3 (Modifiche all'art. 1 O del regio decreto 
8 gennaio 1931, n. 148, sul trattamento giuridico economico del personale 
delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di 
concessione), articolo unico, che modifica l'art. 10 del r. d. 8 gennaio 
1931, n. 148, in quanto condiziona la proponibilit� dell'azione giudiziaria 
al preventivo reclamo in via gerarchica (artt. 3, 24, primo comma, 
e 35, primo comma, della Costituzione) (63). 

Pretore di Torino, ordinanze 4 febbraio 1969 (tre), G. U. 9 aprile 
1969, n. 91. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 109, lettera c, che riproduce l'art. 8, ultima parte, della 
legge 5 gennaio 1956, n. 1, in quanto condiziona la detraibilit� delle 
spese, ai fini della determinazione del reddito imponibile per l'imposta 
di ricchezza mobile, alla prescritta registrazione c�ronofogica (artt. 3 e 
53, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Ancona, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 
1969, n. 152. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 136, lettera b, in quanto esclude dalle detrazioni consentite 
ai fini dell'applicazione dell'imposta complementare le somme versate 
per imposta di successione, con eccesso dalla delega conferita dall'articolo 
63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (artt. 76 e 53 della Costituzione) 
(64). 
Commissione distrettuale delle imposte di San Severo, ordinanza 
5 novembre 1966, G. U. 12 marzo 1969, n. 66 (art. 136). 
Tribunale di Genova, ordinanza 23 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 
1969, n. 145 (art. 136, lett. b). 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 207, lett. a, in quanto non consente al terzo proprietario 
di �beni oggetto di esecuzione esattoriale (che non pu� nemmeno ricecorrere 
ai rimedi previsti dagli articoli 208 e 209) di opporsi all'esecuzione 
ogni qualvolta i beni pignorati siano stati oggetto di precedente 
esecuzione esattoriale, senza che magari ne abbia avuto notizia e abbia 
(63) Questione dichiarata non fondata con sentenza 21 marzo 1969, n. 39. 
(64) Analoga questione � stata gi� proposta dalla commissione distrettuale 
delle imposte di Conegliano (ordinanl!:e 19 gennaio 1964 (quattro), G. U. 9 dicembre 
1967, n. 307). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 101 

perci� potuto evitare l'affidamento alla stessa persona espropriata dall'esattoria 
(artt. 113 e 42, secondo comma, della Costituzione) (65). 

Pretore di Nard�, ordinanza 18 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 311, secondo comma, in quanto assoggetta al privilegio con-� 
cesso ai crediti per imposta di ricchezza mobile anche beni appartenenti 
a persona diversa dal debitore (art. 42, secondo e terzo comma, della 
Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 21 maggio 
1969, n. 128. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), artt. 261, secondo comma, e 262, terzo comma, in quanto, nel 
considerare il mancato pagamento di sei rate consecutive di imposta 
per un ammontare complessivo non inferiore a lire 12.000 come pos
�sibile causa di fallimento per i contribuenti imprenditori commerciali. 
consente una discriminazione fondata sulla natura e sulla provenienza 
dei redditi imponibili (art. 3, primo comma, della Costituzione) (66).. 
Corte di appello di Venezia, ordinanza 30 gennaio 1969, G. U. 21 
maggio 1969, n. 128. 
Tribunale di Treviso, ordinanza 27 marzo 1969, G. U. 18 giugno 
1969, n. 152. 

d. P. R. 29 gennaio 1959, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte� 
dirette), art. 288, lett. c, in quanto abroga l'art. 33 del r. d. 1. 7 agosto� 
1936, n. 1639, relativo anche a materie (contenzioso tributario ed imposte 
indirette) non comprese nella delega conferita con la legge 5 
gennaio 1956, n. 1 e la legge di proroga 30 luglio 1957, n. 654 (art. 7o 
della Costituzione). 
Commissione provinciale delle imposte di Milano, ordinanza 19' 
novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 

legge 4 febbraio 1958, n. 23 (Norme per il conglobamento e perequazioni 
salariali in favore dei portieri ed altri lavoratori addetti alla: 
pulizia e custodia di stabili urbani), art. 1, in quanto, in relazione alla� 

(65) Questione proposta con espresso richiamo alle sentenze 7 luglio 1962,. 
n. 87, 16 giugno 1964, n. 42 e 26 novembre 1964, n. 93, con le quali la Corte 
costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimit� costituzionale� 
dell'art. 207, lett. b del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (in quanto non consente a 
determinati terzi di opporsi all'esecuzione esattoriale) con riferimento alle garanzie 
previste dagli artt. 208 e 209). 
(66) Analoga questione � .stata gi� proposta, in riferimento anche all'art. 4 
della Costituzione, dal Consiglio nazionale forense (ordinanza 17 luglio 1968, G.U. 
14 dicemlire 1968, n. 318). 

102 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tabella A del d. 1. C. P. S. 22 aprle 1947, n. 285, prevede l'indennit� 
di contingenza dovuta ai portieri degli stabili con reddito imponibile 
inferiore al minimo stabilito in misura ridotta rispetto a quella spettante 
ai portieri di altri stabili con egual numero di appartamenti 
(artt. 36 e 3 della Costituzione). 

Corte di appello di Roma, ordinanza 11 dicembre 1968, G. U. 11 
giugno 1969, n. 145. 

legge 27 febbrai�o 1958, n. 190 (Modifica agli articoli 44 e 45 del 
-decreto-legge 15 ottobre 1925 n. 2033, convertito nella legge� 18 marzo 
1926, n. 562, concernente la repressione delle frodi nella preparazione 
e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), art+. 1 
e 2, che modificano gli artt. 44 e 45 del r. d. 1. 15 ottobre 1925, n. 2033, 
in quanto non <prevedono l'intervento dell'interessato alle operazioni 
di prelevamento e analisi dei campioni (artt. 3 e 24 della Costitu-
zione) (67). 

Pretore di Castelfranco Veneto,. ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 
2 aprile 1969, n. 85 (artt. 3 e 24 della Costituzione)". 
Pretore di Sant'Elpidio a Mare, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 
11 giugno 1969, n. 145 (art. 24 della Costituzione). 
Pretore di Guardia Sanfrannondi, ordinanza 14 marzo 1969, G. U. 
18 giugno 1969, n. 152 (art. 24 della Costituzione). 

d. P. R. 16 settembre 1958, n. 916 (Disposizioni di attuazione e di 
�coordinamento della legge 24 marzo 1958, n. 195), art. 63, secondo com� 
ma, per la parte in cui richiama l'art. 2 del d. lg. lgt. 3 maggio 1945, 
n. 232, che consente al presidente della corte di !J.ppello di trasferire 
i magistrati, e con provvedimento insindacabile e non impugnabile 
(artt. 105, 107, e 25 della Costituzione), per eccesso dai limiti della 
delega parlamentare (art. 76 della Costituzione), e in quanto prevede 
norme sull'ordinamento giudiziario con la fol'ma del decreto presidenziale 
(art. 108 della Costituzione). 
Pretore di Voltri, ordinanza 15 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, 

n. 145. 
legge 30 luglio 1959, n. 623 (Nuovi' incentivi a favore delle medie 
e piccole industrie e dell'artigianato), art. 20, in quanto, con ingiustificata 
deroga all'art. 67 del r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (art. 3, primo 
�comma, della Costituzione), stabilisce in dieci giorni dalla stipulazione 
del mutuo il termine utile per proporre la revocatoria fallimentare 

(67) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24 e 102 della 
Costituzione, con sentenze 10 maggio 1963, n. 63 e 19 febbraio 1965, n. 6, e riproJlOSta 
a seguito della decisione 5 luglio 1968, n. 86 della Corte costituzionale. 
I 

I 


I ) 

l I 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 103 

nei confronti degli istituti di credito a medio termine (art. 24, primo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Padova, ordinanza 21 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

legge 18 ottobre 1959, n. 945 (Modificazioni e integrazioni del regio 
decreto-legge 15 ottobre 1925, n. 2033, convertito nella legge 18 marzo 
1926, n. 562 sulla repressione delle .frod~ nella preparazione delle sostanze 
di uso agrario e dei prodotti agrari), art. 1, in quanto consente 
alla polizia giudiziaria il compimento di atti istruttori senza l'intervento 
della difesa (artt. 24 e 3 della Costituzione). 

Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 3 dicembre 1968, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
legge 30 dicembre 1959, n. 1234 (Vigilanza per la repressione delle 
frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e 
di prodotti agrari), articolo unico, in quanto consente alla polizia giudiziaria 
il compimento di atti istruttori senza l'intervento della difesa 
(artt. 24 e 3 della Costituzione). 

Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 3 dicembre 1968, 

G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), 
art. 15, n. 7, in quanto contempla condizioni di ineleggibilit� che possono 
non dipendere dalla volont� dell'interessato, come nel caso dell'erede 
dell'appaltatore che subentri nelle obbligazioni nascenti dal 
contratto di appalto a rinnovazione tacita quando sia scaduto il termine 
utile per la intimazione della disdetta (artt. 3 e 51 della Costituzione). 


Tribunale di Ancona, ordinanza 7 marzo 1969, G. U. 18 giugno 
1969, n. 152. 

d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie 
ed affini), articolo unico, in quanto rende obbligatori erga omnes gli 
articoli 34 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959 
per gli addetti all'edilizia e 12 del contratto collettivo di lavoro l<i 
settembre 1959 per la provincia di Genova, per eccesso dai limiti della 
delega conferita con l'art. 1 della legge 14 luglio 1959, n. 741 (art. 76 
della Costituzione) (68). � 
Pretore di Genova, ordinanza 23 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

(68) Nei termini indicati nella prima parte della questione, in quanto eme 
rende obbligatorio erga omnes l'art. 34 del contratto collettivo nazionale di lavoro 

104 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 2 ottobre 1960, n. 1378 (No'l'me sul tmttamento economico e 
normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese: esercenti la produzione 
del cemento, amianto-cemento e la produzione promiscua di cemento, 
calce e gesso), articolo unico, nella parte in cui rende obbligatorio 
il tentativo di conciliazione previsto dall'art. 44 del contratto collettivo 
nazionale di lavoro 11 dicembre 1958 per gli impiegati, per 
eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 1 della legge 14 luglio 
1959, n. 741 (art. 76 della Costituzione) (69). 
Tribunale di Palermo, 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, 

n. 152. 
d. P. R. 27 novembre 1'960, n. 1798 (Norme sul trattamento economico 
e nO'l�mativo degli operai dipendenti dalle imprese argentiere'), articolo 
unico, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes il contratto collettivo 
nazionale 26 luglio 1956 rper gli operai dipendenti dalle aziende 
di panificazione, per eccesso dai limiti della delega conferita con la 
legge 14 luglio 1959, n. 741 (artt. 76 e 87, quinto comma, della Costituzione) 
(70). 
Corte di appello di Torino, ordinanza 28 gennaio 1969, G. U. 18: 
giugno 1969, n. 152. 

legge 31 dicembre 1961, n. 1443 (Norme per il finanziamento� delle 
prestazioni. per l'assistenza di malattia ai pensionati), art. 5, in quanto, 
nell'indicare come criterio di determinazione dei contributi il fabbisogno 
dell'assistenza di malattia ai pensionati, non delimita in modo 
idoneo la discrezionalit� del potere di imposizione (art. 76 della Costit1,1zione) 
(71). 

Tribunale di Genova, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 

24 luglio 1959 (per il riferimento alle Casse edili di cui alla fine del terzultimo 
comma), il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato gi� dichiarato incostituzionale con 
sentenza 13 luglio 1960, n. 129: Il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � .stato dichiarato 
incostituzionale anche nellle parti in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti 
ulteriori disposizione del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959: 
art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), 
art. 61 (sentenza 9 giugno 1966, n. 43), e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). 
Il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato dichiarato incostituzionale, inoltre, nella 
parte in cui rende obbligatori erga omnes gli artt. 46 e 47 del contratto collettivo 
nazionale di lavoro 1� agosto 1959 (sentenze 4 febbraio 1967, n. 9 e 10 febbraio 
1969, n. 12). 

(69) Analoga questione � stata gi� proposta, con riferimento all'art. 50 del 
contratto collettivo nazionale di lavoro 24 ottobre 1958 per gli � intermedi �, dallo 
stesso tribunale di Palermo (ordinanza 26 aprile 1968, G.U. 31 agosto 1968, n. 222). 
(70) Questione gi� proposta dalla stessa corte di appello con ordinanza 9' 
marzo 1967 (G.U. 25 novembre 1967, n. 295). 
(71) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 23 della 
Costituzione, con sentenza 20 febbraio 1969, n. 21. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 105 

d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 483 (Norme sul trattamento economico e 
normativo dei dipendenti di imprese industriali), in quanto rende obbligatorio 
erga omnes l'art. 12 del contratto collettivo per i dirigenti 
industriali 31 dicembre 1948, che rimette all'arbitrio del datore di lavoro 
la corresponsione dell'indennit� di anzianit� al dipendente dimissionario 
(art. 36 della Costituzione) (72). 
Tribunale di Sondrio, ordinanza 30 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 
1969, n. 85. 

legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, 
250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio 
decreto .27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igi.enica delZa produzione e 
della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 1, modificato 
dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441, in quanto, nel 
disciplinare le modalit� delle ispezioni, dei prelievi e delle analisi dei 
'Campioni, non prevede l'intervento dell'interessato (artt. 3 e 24 della 
�Costituzione) (73). 

Pretore di Camposampiero, ordinanze 29 novembre 1968 e 31 gennaio 
1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85 e 23 aprile 1969. n. 105. 
Pretore di Gonzaga, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 9 aprile 
1969, n. 91. 
Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanze 3 e 10 dicembre 
1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Pretore di Chiusa, ordinanza 16 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 
Pretore di Frattamag.giore, ordinanza 3 febbraio 1965, G. U. 2 
aprile 1969, n. 85. 
Pretore di Canosa di Puglia, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 23 
aprile 1969, n. 105. 

legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione 
delle leggi 10 agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 
1958, n. 555, recanti provvedimenti per il Mezzogiorno), art. 2, ultimo 
comma, in quanto consente di determinare le indennit� di espropriazione 
secondo valori calcolati con riferimento ad epoca fino a dodici 
anni anteriore al provvedimento (artt. 3 e 42 della Costituzione) (74) 

-Tribunale di Bari, ordinanze 12 dicembre 1968 (due) (G. U. 26 
marzo 1969, n. 78 e 18 giugno 1969, n. 152) e 30 gennaio 1969 (G. U. 18 
giugno 1969, n. 152). 

(72) Dalla formulazione dell'ordinanza la questione risulta propo.sta direttamente 
per l'art. 12 del contratto collettivo del 31 dicembre 1948 
(73) Questione gi� proposta dal pretore di Barra (ordinanza 5 novembre 1968, 
�G.U. 8 gennaio 1969, n. 6). 
(74) Questione pl.'oposta, anche con altre ordinanze (2 maggio 1968 (tre), 16 
maggio 1968, 30 maggio 1968 (due), 6 giugno 1968, e 15 giugno 1968, G.U. 26 ottobre 
1968, n. 275 e 30 novembre 1968, n. 305), sul presupposto che la disposizione si 

106 

HASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di gior


nalista), art. 47, terzo comma, in quanto anche la pubblicazione dei 
periodici a carattere ideologico risulta condizionata, per l'art. 5, n. 3, 
della legge 8 febbraio 1948, n. 47, all'assunzione, di persone iscritte 
all'albo dei giornalisti (artt. 21 e 3 della Costituzione). 

Pretore di Catania, ordinanza 4 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 

j

1969, n. 128. 

legge 26 febbraio 1963, n. 441 (Modifiche ed integrazioni alla legge 
30 aprile 1962, n. 283, sulla disciplina igienica della produzione e della 
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande ed al. decreto del 
Presidente della Repubblica 11 agosto 1959, n. 750), art. 1, che modifica 
l'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, in quanto, nel disciplinare le 
modalit� delle ispezioni, dei prelievi e delle analisi dei campioni, non 
prevede l'intervento dell'interessato (artt. 24 e 3 della Costituzione). 

Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanze 3 e 10 dicembre 
1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Pretore di Chiusa, ordinanza 16 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 
Pretore di Frattamaggiore, ordinanza 3 febbraio 1969, G. U. 2 
aprile 1969, n. 85. 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frndi 
nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e,d aceti), per eccesso 
dai limiti temporali della delega conferita con legge 9 ottobre 1964, 
n. 991, di cui � stata arbitrariamente procrastinata la pubblicazione 
(artt. 73-76 della Costituzione) (75). 
Pretore di Pordenone, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 


d. P. R. 12 fe,bbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi. 
nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, 
primo comma, per eccesso dai limiti della delega conferita dagli articoli 
1 e 2 della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto pone divieti non 
applichi ai rapporti in contestazione fra le parti, escludendosi cio� la retroattivit� 
delle norme che hanno modificato e sostituito l'art. 2, ultimo comma, della 29 settembre 
1962, n. 1462. La disposizione, infatti, � stata modificata con l'art. 6 della 
legge 6 luglio 1964, n. 608 e sostituita con l'art. 31 della legge 25 giugno 1965, 


n. 717, che rinvia, quanto alla determinazione dell'indennit� di espropriazione, 
alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e quindi anche all'art. 12, secondo comma, prima 
parte, che, dichiarato incostituzionale con sentenza 9 aprile 1965, n. 22, � stato. 
sostituito, con le altre disposizioni della legge . 18 aprile 1962, n. 167 relative alla 
determinazione dell'indennizo, dalla legge 21 luglio 1965, n. 904. 
(75) Questione gi� dichiarata non fondata con sentenze 9 febbraio 1967, 
n. 13 (art. 73 della Costituzione) e 22 marzo 1967 n. 32 e n. 33 (art. 76 della 
Costituzione). 

r 


J~uali),.

i lavoro 
/ Costitu


,,; ,! 26 marzo. 

... 

.:fteusi e presta


.ifrancazione per 
,:; secondo e terzo 

.A>69, G. U. 9 aprile 

.irtt. 18 e 41 della Costitu-� 
/ 1967, G. U. 15 giugno 1968, 
_iuzione dal pretore di Padova 
/ n. 235). 
iferimento agli artt. 3 4 e as; 

1: 81. 
�607 � stato dichiarato illegittimo~ 
_,:e alla parte in cui comprende nella. 


108 

&ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 20 marzo 1967, n. 233 (Testo unico delle leggi recanti norme 
per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione 
delle liste elettorali), art. 2, n. 2, in quanto dispone la temporanea esclusione 
del fallito dall'esercizio del diritto di voto, con limitazione riferibile, 
oltre tutto, ai soli commercianti (artt. 48 e 3 della Costituzione) 
(79). 
Corte d'appello di Milano, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 2 
.aprile 1969, n. 85. 

legge 3 maggio 1967, n. 317 (Modificazioni al sistema sanzionatorio 
,delle norme in materia di circolazione stradale e delle norme dei re;go1amenti 
locali), art. 9, primo comma, in quanto attribuisce all'autorit� 
amministrativa un potere di valutazione proprio della funzione giuri:
sdizionale (art. 102 della Costituzione); quarto comma, in quanto consente 
il sindacato del giudice ordinario sulla legittimit� e sul merito 
,di provvedimenti amministrativi (artt. 113, terzo comma, della Costituzione) 
(80). 

Pretore di Cassano d'Adda, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 16 
aprile 1969, n. 98. 

legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commerdo 
dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari), art. 42, 
in quanto consente il compimento di atti istruttori senza l'intervento 
dell'interessato (art. 24 della Costituzione). 

Pretore di Sant'Elpidio a Mare, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 
11 giugno 1969, n. 145. 

legge 17 ottobre 1967, n. 977 (Tutela del lavoro dei fanciulli e degli 
.adolescenti), art. 26, in quanto prevede la stessa pena minima per violazione 
di diversa gravit�, quali l'assunzione per un sol giorno di un 
solo minore e l'assunzione per pi� giorni di diversi lavoratori di minore 
,et� (art. 3 della Costituzione) (81). 

Pretore di Fondi, ordinanza 29 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, 

n. 91. 
�normativa anche i rapporti, che formano oggetto della legge, conctusi successivamente 
alla data del 28 ottobre 1941 �� 

(79) La stessa questione � stata proposta, per l'art. 1, n. 3 (recte: art. 2. 
n. 2) della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, dalla commissione elettorale mandamentale 
�di Pistoia (ordinanza .3 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). 
(80) Analoghe questioni sono state gi� proposte dal pretore di Prato (ordinanza 
27 maggio 1968, 6 giugno 1968 e 26 giugno 1968, G. U. 31 agosto 1968, 
n. 222 e 14 settembre 1968, n. 235) e dal pretore di Maddaloni (ordinanza 26 settembre 
1968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305). 
(81) Questione gi� proposta dal pretore di Velletri (ordinanza 15 novembre 
.1968, G. u. 12 febbraio 1969, n. 38}. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 

leg~e 18 marzo 1968, n. 238 (Nuovi termini per l'emanazione dei provvedimenti 
di cui all'art. 39 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e norme 
integrative della medesima), art. 5, in quanto autorizza la emanazione 
di norme rivolte ad escludere la cumulabilit� della pensione di anzianit� 
con la retribuzione, consentendo una disparit� di trattamento tra 
i pensionati, a seconda che prestino o no attivit� lavorativa alle dipendenze 
di terzi (artt. 3 e 36 della Costituzione), e una sostanziale limitazione 
all'esercizio del diritto al lavoro (artt. 3, secondo comma, 4, 
35, primo comma, e 38 della Costituzione) (82). 

Pretore di Roma, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78. 
Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 11 
giugno 1969, n. 145. 

d. P. R. 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo 
delle pensioni a carico deli'assicurazione generale obbligatoria), art+. 20 
e 21, in quanto escludono, e per i soli pensionati del settore industriale, 
le cumulabilit� della pensione di anzianit� con la retribuzione, con 
disparit� di trattamento tra i pensionati a seconda che prestino o no 
attivit� lavorativa alle dipendenze di terzi (artt. 3 e 36 della Costitu� 
zione), e sostanziale limitazione all'esercizio del diritto al lavoro (articoli 
3, secondo comma, 4, 35, primo comma, e 38 della Costituzione) (83). 
Pretore di Roma, ordinanze 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 
1969, n. 78 (artt. 3, secondo comma, 4, 35, 36 e 38 della Costituzione) 
e 10 marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152 (artt. 3, rprimo comma, 
e 36 della Costituzione). � 

Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 11 
giugno 1969, n. 145 (artt. 3, 4, 35, primo comma, 36 e 38 della Costituzione) 
(84). 

Pretore di Riva del Garda, ordinanza 15 marzo 1969, G. U. 11 
giugno 1969, n. 145 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

legge 5 aprile 1969, n. 119 (Conversione in legge, con modificazioni, 
del decreto-legge 15 febbraio 1969, n. 9, riguardanti il riordinamento 
degli esami di Stato di maturit�, di abilitazione e di licenza della 

(82) Questione gi� proposta dal Pretore di Firenze con ordinanze 13 luglio 
1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261) e 25 novembre 1968 (G. U. 29 gennaio 1969, 
n. 25). La stessa questione � stata proposta, anche con altre ordinanze (v. nota 
seguente), per gli artt. 20 e 21 del d. P. R. 27 aprile 1968, n. 488, emesso in virt� 
della delega conferita con la legge 18 marzo 1968, n. 238. 
(83) Questione gi� proposta dal Pretore di Firenze con ordinanze 13 luglio 
1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261) e 25 novembre 1968 (G. U. 29 gennaio 1969, 
n. 25), dal Pretore di Venezia con due ordinanze 2 agosto 1968 (G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261), e dal Pretore di Cagliari con ordinanza 28 agosto 1968 (G. U. 26 ottobre 
1968, n. 275). 
(84) Nell'ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia la questione � stata proposta 
solo per l'art. 20. 

110 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

scuola media), artt. 1, 5, e 6 ed ogni altra disposizione connessa, in 
quanto incompatibili con le parificazione, nella Valle d'Aosta, della 
lingua francese e quella italiana (artt. 38, primo e secondo comma, 39, 
ultimo comma, e 3, lettera g, della legge costituzionale 26 febbraio 
1948, n. 4) (85). 

Regione autonoma della Valle d'Aosta, iricorso deposito il 22 maggio 
1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 

legge reg. sic:. appr. 30 aprile 1969 (Modifiche alle cause di ineleggibilit� 
previste per la elezione a consigliere comunale e a consigliere 
provinciale). 

Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato 
il 13 maggio 1969, G. U. 23 maggio 1969, n. 128. 

NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE 
DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE 
DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 


Codice penale, art. 559 (Adulterio), .primo e secondo comma -Manifesta 
infondatezza (86). 

Ordinanza 28 marzo 1969, n. 59, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di rimessione 28 maggio 1968 del Tribunale di Busto 
Arsizio, G. U. 31 agosto 1968, n. 222. 

codice penale, art. 578 (Infanticidio per causa di onore) (artt. 2, 
3 e 30, terzo comma, della Costituzione) -Inammissibilit� per manifesta 
irrilevanza. 

Sentenza 3 aprile 1969, n. 62, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 
Ordinanza di rimessione 24 giugno 1967 del Pretore di Bologna. 

G. U. 11 novembre 1967, n. 282. 
codice di procedura penale, art. 177-bis (Notificazione alt'imputato 
azt'estero) -Restituzione degli atti per un nuovo �giudizio sulla rilevanza 
(87). 

Ordinanza 28 mq.rzo 1969, n. 57, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di rimessione 28 febbraio 1968 del Pretore di Forli, 

G. U. 6 luglio 1968, n. 170. 
(85) Le disposizioni sono in effetti indicate con riferimento all'articolazione 
del d. I. 15 febbraio 1969, n. 9. 
(86) La illegittimit� costituzionale della disposizione, esclusa con La sentenza. 
28 dicembre 1961, n. 64, � stata dichiarata con sentenza 19 dicembre 1968, n. 126. 
(87) La disposizione � st�ta dichiarata incostituzionale, con sentenza 23 aprile 
1965, n. 31, nelle parole �nel luogo in cui si procede�� 
~ 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 111 

codice di procedura penale, art. 304 (Nomina del difensore) (art. 24 
della Costituzione) -Manifesta infondatezza. 

Ordinanza 3 aprile 1969, n. 66, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 
Ordinanza di rimessione 5 giugno 1968 del Tribunale di Tempio 
Pausania, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. 

codice di procedura penale, art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione 
sommaria), terzo comma -Manifesta infondatezza (88). 

Ordinanza 14 maggio 1969, n. 94, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 
Ordinanza di rimessione 29 novembre 1968 della Corte di assise 
di appello di Napoli, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. 

codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria) terzo comma (art. 24, secondo comma. 
della Costituzione) -Manifesta infondatezza (89). 

Ordinanza 28 marzo 1969, n. 58, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di rimessione 15 marzo 1968 del Pretore di Desio, G. U. 
18 maggio 1968, n. 127. 

codice di procedura penale, art. 422 (Sanatoria delle nullit�. verificatesi 
negli atti preliminari al giudizio), nella parte in cui prevede la 
sanatoria delle nullit� di cui all'art. 412, in relazione al :precedente 
art. 408, anche nei confronti dell'offeso dal reato (art. 24, primo 
comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (90). 

Ordinanza 3 aprile 1969, n. 67, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 
Ordinanza di rimessione 12 dicembre 1967 del Tribunale di Ferrara, 
G. U. 28 settembre 1968, n. 248. 

legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Disciplina deile espropriazioni forzate 
per pubbiica utilit�), art. 46, terzo comma -Restituzione degli atti per 
un nuovo giudizio sulla rilevanza. 

Ordinanza 3 aprile 1969, n. 65, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 
Ordinanza di rimessione 25 marzo 1968 del Tribunale di Genova, 

G. U. 28 settembre 1968, n. 248. 
(88) La disposizione � stata dichiarata incostituzionale, con sentenza 28 novembre 
1968, n. 117, nei limiti in cui esclude la sindacabilit�, nel corso del processo, 
della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova. 
(89) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. 
L'art: 398 del codice di procedura penale. iimitatamente aile parti in cui, ne; 
procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto 
e l'interrogativo dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione 
., � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. 
(90) Nei limiti sopra indicati, la disposizione � stata dichiarata incostituzionale 
con sentenza 20 dicembre 1968, n. 132. 

112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 5 febbraio 1891, n. 99 (Regolamento amministrativo per i'ese�� 
cuzione della legge 17 luglio .1890, n. 6972, sulle istituzioni .pubbliche 
di assistenza e beneficenza), art. 16, secondo comma -Inammissibilit�. 
Sentenza 26 marzo 1969, n. 46, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di rimessione 9 ottobre 1968 della Corte di appello di 
Napoli, G. U. 30 novembre 1968, n. 305. 

r. d. 30 dicembre 1923, JI. 3269 (Legge del registro), art. 98 -Restituzione.
� degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. 
Ordinanza 14 maggio 1969, n. 90, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 
Ordinanza di rimessione 25 gennaio 1968 del Pretore di Bergamo, 

G. U. 20 aprile 1968, n. 102. 
r. d. 20 dicembre 1932, n. 1705 (Approvazione del nuovo statuto della 
� Cassa nazionale-malattie per gli addetti al commercio � ), art. 36 Inammissibilit�. 


Sentenza 10 giugno 1969, n. 98, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 
Ordinanza di rimessione 17 gennaio 1968 del Tribunale di Vercelli, 
G. U. 30 marzo 1968, n. 84. 

r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4 
(artt. 3, 35, 36, 38 e 41 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(91). 

Ordinanza 17 marzo 1969, n. 36, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 1� febbraio 1967 del Tribunale di Roma, 

G. U. 24 giugno 1967, n. 157. 
r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposiz.ioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e delle malattrie professionali), art. 5, 
(91) Il terzo comma della disposizione ( � nella parte in cui limita ia responsabilit� 
civile del datore di lavoro per infortunio sul lavoro derivante da reato. 
all'ipotesi in cui questo sia stato commesso dagit incaricati della direzione o sorveglianza 
dei lavoro e non anche dagli altri dipendenti, dal cui fatto debba rispondere 
secondo il Codice civile�) e il quinto comma (e in quanto consente che il 
giudice civile possa accertare che il fatto che ha provocato l'inf�rtunio costituisca 
reato soltanto nelle ipotesi di estinzione dell'azione penale per morte dell'imputato 
o per ammistia, senza menzionare l'ipotesi di prescrizione del reato �) sono stati 
dichiarati incostituzionali con sentenza 9 marzo 1967, n. 22. Le disposizioni sono 
riprodotte all'art. 10, terzo e quinto comma, del d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, 
dichiarato incostituzionale, con la stessa sentenza e negli stessi limiti, in applicazione 
dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1963, n. 87. Con la stessa 
sentenza � stata invece dichiarata non fondata in riferimento agli artt. 3, primo 
e secondo comma, 35 e 38 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale 
del primo e del secondo comma della disposizione. Altra questione di legittimit� 
costituzionale � stata proposta dal Tribunale di Roma (ordinanza 3 febbraio 1968, 
G. U. 14 settembre 1968, n. 235) per il quinto comma della disposizione, in quanto 
stabilisce il termine di un anno, a pena di decadenza, per l'esercizio dell'azione 
civile per il risarcimento di danni derivanti da infortuni sul lavoro. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 113 

riprodotto all'art. 11 del d. P; R. 30 giugno 1965, n. 1124 -Restituzione 
degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. 

Ordinanza 17 marzo 1969, n. 35, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 30 marzo 1967 del Tribunale di Udine, 


G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 
r. d. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento 
della previdenza sociale), art. 40, n. 6 -Manifesta infondatezza (92). 
Ordinanza 5 marzo 1969, n. 30, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. 
Ordinanza di rimessione 26 aprile 1968 del Tribunale di Cosenza, 


G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. 
r. d. 24 febbraio 1938, n. 329 (Testo unico delle disposizioni legislative 
sul reclutamento dell'esercito), artt. 188, 189 e 191 (artt. 3 e 112 
della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 14 maggio 1969, n. 88, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 
Ordinanza di rimessione 11 novembre 1967 del Pretore di Sassari, 


G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. 
contratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939 (Disciplina del trattamento 
mutualistico di malattia di operai dell"'industria), tuttora in 
vigore ex art. 43 del d. lg. lgt. 23 novembre 1944, n. 369, art. 38, primo 
comma, seconda parte -Inammissibilit�. 

Sentenza 10 giugno 1969, n. 98, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 
Ordinanza 26 novembre 1968 della Corte di appello di Catanzaro, 


G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. 
contratto collettivo nazionale 23 dicembre 193~ (In vigore a norma 
dell'art. 43 del d. 1g. lgt. 23 novembre 1944, n. 369), art. 6, se~ondo comma 
(art. 38 della Costituzione) -Inammissibilit�. 

Sentenza 11 aprile 1969, n. 76, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 15 giugno 1967 del Tribunale di Belluno, 


G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 
r. d. 19 luglio 1941, n. 1198 (Approvazione del regolamento di esecuzione 
dei titoli I, II, III del libro III della legge postale e delle� telecomunicazioni), 
art. 135 (art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore 


di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, n. 
321. 

(92) La disposizione � stata dichiarata incostituzionale 
1968, n. 103. 
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114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 19 gennaio 1942, n. 22 (Istituzione di un ente nazionale di 
previdenza ed assistenza per i dipendenti statali), art. 2 (art. 38, secondo 
comma, della Costituzione) -Inammissibilit�. 

Sentenza 14 maggio 1969, n. 89, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 
Ordinanza di rimessione 3 maggio 1967 del Pretore di Roma, G. U. 
9 dicembre 1967, n. 307. 

legge 2 luglio 1949, n. 408 (Disposizioni per l'incremento delle costruzioni 
edilizie), art. 17, secondo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione) 
-Inammissibilit�. 

Sentenza 26 marzo 1969, n. 50, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 

Ordinanze� di rimessione 10 novembre 1966 della Commissione 
provinciale delle imposte di Chieti (G. U. 24 giugno 1967, n. 157) e 25 
novembre 1967 della Commissione provinciale delle imposte di Matera 

(G. U. 30 marzo 1968, n. 84). 
legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento 
della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma -Inammissibilit� 
(93). 

Sentenza 21 marzo 1969, n. 42, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 8 marzo 1967 della Commissione provinciale 
delle imposte di Milano, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. 

legge 26 novembre 1955, n. 1177 (Prov1Jedimenti straordinari per la 
Calabria), art. 18 -Inammissibilit�. 

Sentenza 21 marzo 1969, n. 41, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 14 ottobre 1964 della Commissione distrettuale 
delle imposte di Prato, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. 

legge 14 aprile 1956, n. 307 (Determinazione o modificazione delle 
misure di contributi e delle tariffe dei premi per le assicurazioni sociali 
obbligatorie, nonch� per gli assegni familiari, per la integraz.ione 
dei guadagni degli operai dell'industria e per l'assistenza agli orfani 
dei lavoratori italiani), art. 1, second�o comma (artt. 23 e 76 della Costituzione) 
-Manifesta infondatezza (94). 

Ordinanza 14 maggio 1969, n. 92., G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 
Ordinanze di rimessione 2 maggio 1968 del Tribunale di Pescara 

(G. U. 12 febbraio 1969, n. 38) e 16 ottobre 1968 del Tribunale di 
Brescia (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). 
legge 27 dicembrei 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti 
delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica mora


(93) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24, secondo 
comma, e 1,36, primo comma, della Costituzione, con sentenza 29 dicembre 1966, 
n. 127. 
(94) Questione dichiarata non fondata con sentenza 20 febbraio 1969, n. 21. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 115 

litd), art. 1 (artt. 3, primo comma, e 13, secondo comma, della Costituzione) 
-Manifesta infondatezza (95). 

Ordinanza 14 maggio 1969, n. 93, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 
Ordinanza di rimessione 5 novembre 1968 del Pretore di Firenze, 

G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. 
dd. P. R. 14 dicembre 1957, nn. 1405, 1406, 1407 e 1409 (Rinnovo delle 
concessioni del servizio telefonico ad uso pubbUco nella 1�, 2", 3" e 5� 
zona telefonica), art. 49 (art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit�. 

Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore 
di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. 

d. P. R. 28 dicembre 1957, n. 1408 (Rinnovo della concessione del 
servizio telefonico ad uso pubblico nella 4" zona telefonica), art. 49 
(art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore 
di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), artt. 85, 89 e 90 (artt. 3, 47 e 53 della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 21 marzo 1969, n. 43, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 23 giugno 1966 della Commissione distrettuale 
delle imposte di Como, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 150, secondo comma (artt. 53 e 113 della Costituzione) 
Inammissibilit�. 
Sentenza 21 marzo 1969, n. 44, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 5 aprile 1967 della Commissione distrettuale 
delle imposte di Napoli, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 

legge 13 marzo 1958, n. 296 (Costituzione del Ministero della sanitd), 
art. 7 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. 

Ordinanza 26 marzo 1969, n.�51, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di rimessione 26 maggio 1967 della quinta sezione del 
Consiglio di Stato, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. 

legge 27 maggio 1959, n. 357 (Aumento deli'aliquota dell'imposta di 
ricchezza mobile sui re'dditi di categoria A e sulla parte dei redditi 

(95) Questione dichiarata non fondata con sentenza 17 marzo 1969, n. 32. 
Altra questione � stata dichiarata non fondata con sentenza 23 marzo 1964, n. 23. 

.116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

imponibili di categoria B che eccede lire 4.000.000), art. 1 (artt. 3, 47 
e 53 della Costituzione) -Inammissibilit�. 

Sentenza 21 marzo 1969, n. 43, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 23 giugno 1966 della Commissione distrettuale 
delle imposte di Como, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 

d. P. R. 11 febbraio 1961, n. 249 (Disposizioni relative agli enti operanti 
nel settore sanita1'io), art. 1 -Restituzione degli atti per un 
nuovo giudizio sulla rilevanza. 
Ordinanza 26 marzo 1969, n. 51, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di rimessione 26 maggio 1967 della quinta sezione del 
Consiglio di Stato, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. 

d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul trattamento economico 
e normativo degli operai dipendenti dalle imprese eidili ed affini deHe 
province di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unic:o, 
nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 12 del contratto 
collettivo 1� ottobre 1959 (integrativo del contratto collettivo nazionale 
di lavoro 24 luglio 1959, da valere .per gli operai dipendenti dalle 
imprese delle industrie edilizia e affini della provincia di Macerata) Manifesta 
infondatezza (96). 
Ordinanza 14 maggio 1969, n. 95, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 
Ordinanza di rimessione 9 ottobre 1968 del Pretore di Recanati, 

G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. 
d. P. R. 16 maggio 1961, n. 636 (Regolamento di esecuzione della 
legge 4 marzo 1958, n. 261, concernentie il rio'l'dinamento dei patronati 
scolastici), art. 11 -Inammissibile. 
Sentenza 26 marzo 1969, n. 46, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di rimessione 7 luglio 1967 del Tribunale di Sassari, 

G. U. 11 novembre 1967, n. 282. 
legge 24 luglio 1961, n. 729 (Piano di nuove costruzioni stradali ed 
auto�stradali), art. 9, primo c:omma -Restituzione degli atti per un nuovo 
giudizio sulla rilevanza. 

Ordinanza 3 aprile 1969, n. 65, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 

. Ordinanze di rimessione 24 febbraio 1967 del Tribunale di Catanzaro 
(G. U. 14 ottobre 1967, n. 258) e 25 marzo 1968 del Tribunale di 
Genova (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). 

(96) Disposizione dichiarata incostituzionale, nei termini sopra indicati, con 
sentenza 17 marzo 1969, n. 33. L'articolo unico del d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 
� stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 8 luglio 1967, n. 99, anche nella 
parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 10 del contratto collettivo integrativo 
30 settembre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese edilizia ed affini 
della provincia di Ascoli Piceno. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 117 

legge 31 dicembre 1961, n. 1443 (NoTme per il finanziamento delle 
PTestazioni per l'assistenza di malattia ai pensionati), art. 5, terzo comma 

(artt. 23 e 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (97). 

Ordinanza 14 maggio 1969, n. 92, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. 
Ordinanze di rimessione 2 maggio 1968 del Tribunale di Pescara 

(G. U. 12 febbraio 1969, n. 38) e 16 ottobre 1968 del Tribunale di 
Brescia (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). 
legge 5 marzo 1963, n. 246 (Istituzione di una imposta s.ugli incrementi 
di valore delle aree fabbricabili; modificazioni al testo unico per 
la finanza locale, aPPl/"OVato con regio decreto 14 settembre 1931, 

n. 1175 e al regio decreto-le�gge 2 8 novembre 1938, n. 2000, convertito 
nella legge 2 giugno 1939, n. 739), art. 25, terzo comma -Inammissibilit�. 


Sentenza 9 aprile 1969, n. 73, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 6 ottobre 1967 della Commissione comunale 
per i tributi locali di Savona, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. 

d. m. 24 aprile 1964 (G. U. 28 aPTile 1964, n. 104) (art. 23 della 
Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. 
Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore 
di Genova, G. U. 23 dicembre 1969, n. 321. 

legge 21 ottobre 1964, n. 1013 (Istituzione di una imposta speciale 
sul reddito dei fabbricati di lusso), artt. 1, 2 e 3 -Inammissibilit�. 

Sentenza 21 marzo 1969, n. 40, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 

Ordinanze di rimessione. 24 maggio 1966 della Commissione distrettuale 
delle imposte di Torino (G. U. 11 febbraio 1967, n. 38), e 20 
aprile 1967 della Commissione provinciale delle imposte di Genova 

(G. U. 14 ottobre 1967, n. 258). 
d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle1 disposizioni per 
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie 
Pl/"Ofessionali), art. 11, che riproduce l'art. 5 del r. d. 17 agosto 1935, 
n. 1765 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. 
Ordinanza 17 marzo 1969, n. 35, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
Ordinanza di rimessione 30 marzo 1967 del Tribunale di Udine, 

G. U. 2 settembre 1967, n. 221. 
legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e P'l"estazioni 
fondiarie perpetue), intero testo e artt. 1, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 Manifesta 
infondatezza (98). 

(97) Questione dichiarata non fondata con .sentenza 20 febbraio 1969, n. 2L 
(98) L'art. 1 della legge 22 luglio 1966, n. 607 � stato dichiarato incostituzionale, 
con sentenza 21 marzo 1969, n. 37, limitatamente alla parte in cui com-
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118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO, STATO 

Ordinanza 10 giugno 1969, n. 102, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 
Ordinanze di rimessione 18 dicembre 1967 del Pretore di Chieti 

{G. U. 26 ottobre 1968, n. 275), 7 giugno 1968 del Pretore di Agropoli 
(G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 6 luglio 1968 del Pretore di Tione 
(G. U. 28 settembre 1968, n. 248), e 31 luglio 1968 del Pretore di Capri 
{G. U. 12 ottobre 1968, n. 261). 
d. I. 9 novembre 1966, n. 914 (Provvidenze in favore deUe popolazioni 
dei Comuni colpiti dalle aUuvioni o mareggiate dell'autunno 1966), 
convertito con legge 23 dicembre 1966, n. 1141, art. 1, secondo comma 
{artt. 3 e 42 della Costituzione) -Inammissibilit� (99). 
, 
Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di rimessione 15 aprile 1967 del Tribunale di Rovereto, 

G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. 
legge 23 dicembre 1966, n. 1141 (Conversione in legge, con modifi-
cazioni, del decreto-legge 9 novembre 1966, n. 914), nella parte in cui 
converte in legge l'art. 1, secondo comma, del d. 1. 9 novembre 1966, 

n. 914 (artt. 3 e 42 della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. 
Ordinanza di rimessione 15 a.prile 1967 del Tribunale di Rovereto, 

G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. 
;prende nella narmativa anche i rapporti, che formano oggetto della 
clusi successivamente alla data del 28 ottobre 1941). 

(99) Questione dichiarata non fondata, con la stesa sentenza, in 
.agli artt. 24, 112, 1 e 101 della Costituzione. 
legge, con


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CONSULTAZIONI 


A:GRICOLTURA 

Frodi nella preparazione e nel commercio dei prodotti agricoli -Quote 
di compartecipazione alla pena pecuniaria. 

Se il limite massimo di L. 50.000 posto nell'ultima parte del primo 
comma dell'articolo unico della legge 5 aprile 1961, n. 322, non si riferisca 
alla quota spettante a ciascun funzionario od agente, bensi alla quota 
complessiva che, per ogni accertamento, viene ripartita tra gli aventi 
diritto (n. 62). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Enti pubblici in liquidazione -Controversie con Amministrazioni statali Competenza. 


Se le eventuali controversie tra le Amministrazioni dello Stato e gli 
Enti la cui liquidazione sia stata assunta dal '.Ministero del Tesoro a norma 
della legge 4 ottobre 1956, n. 1404 debbano essere risolte mediante le procedure 
amministrative seguite negli altri �Casi di vertenze fra Amministrazioni 
statali al di fuori di ogni ricorso agli organi giurisdizionali o 
comunque, agli organi investiti dal contenzioso fra l'Amministrazione e 
i terzi (n. 343). 

OINEMATOGRAFI 

Coproduzione -Adempimento delle condizioni di cui aHa legge 4 novembre 

1965, n. 1213. � 

Se l'adempimento, da parte degli interessati, della condizione di cui 
al terzo comma dell'art. 19 1. 4 novembre 1965, n. 1213 -ai sensi del 
quale il saldo della quota minoritaria deve avvenire entro sessanta giorni 
dalla consegna del materiale, a pena di decadenza dalla coproduzione debba 
essere valutato con riguardo alla data di consegna del mteriale e 
non a quella del riconoscimento e se tale adempimento debba essere 
.effettivo e definitivo (n. 41). 

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CIRCOLAZIONE STRADALE 

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Segnalazioni effettuate da militari, addetti a convogli. 

Se i militari, non ricompresi nelle categorie richiamate dall'art. 137 
del vigente codice stradale, i quali siano addetti ad autocolonne, possano 
espletare servizi di polizia stradale in senso proprio (n. 17). 

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120 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se il non rispetto da parte dell'utente privato delle segnalazioni prudenziali 
dei militari addetti a convogli IPOSsa costituire elemento rilevante 
agli effetti della responsabilit� dell'utente medesimo. 

COMUNI E PROVINCIE 

Attuazione del piano di ricostruzione del Comune -Recupero somme anticipate 
dallo Stato. 

Se, ai fini di stabilire l'ammontare del rimborso dovuto dai Oomuni 
allo Stato, che ad essi si sia sostituito nell'attuazione di piani di ricostruzione 
ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1401, la popolazione del 
Comune debba essere calcolata tenendo anche conto delle frazioni comunali 
(n. 133). 

Se ai fini di cui sopra, debba farsi riferimento alla popolazione del 
Comune al momento in cui il danno bellico si � verificato, o piuttosto. a 
quello di attuazione del piano di ricostruzione (n. 133). 

CONCORSI 

Riserva di posti -Legge n. 482 del 1968 -Applicabilit� al personale insegnante. 


Se le disposizioni della legge n. 482 del 1968 sulla riserva di posti 
nei concorsi, a favore degli invalidi civili e di guerra, siano aipplicabili al 
personale insegnante (n. 15). 

... 

���: 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

Contratti di appalto stipulati dalla Amministrazione deHe Ferrovie dello 
Stato. 

Se il verbale di aggiudicazione dei lavori a seguito di licitazione privata 
indetta dalla Ammiiiistrazione delle Ferrovie dello Stato, ai fini del 
godimento del beneficio previsto dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, costituisca 
atto da registrarsi nei termini di cui all'art. 81 della legge di 
registro (n. 234). 

S'e il principio consacrato nel quarto comma dell'art. 16 del r.d. 1S 
novembre 1923, n. 1440, secondo cui nei contratti preceduti da asta pubblica 
o da licitazione privata i'1 verbale di aggiudicazione costituisce l'atto 
conclusivo del procedimento di formazione del contratto, trovi applicazione 
ai contratti di appalto a pubblici incanti od a licitazione privata indetti 
dalla Amministrazione delle Ferroive dello Stato (n. 234). 

Fermo amministrativo nei confronti dei Comuni -Ammissibilit�. 

Se sia legittimo il fermo amministrativo presso l'Amministrazione 
centrale di pagamenti a favore di Comuni ai sensi dell'art. 69 ultimo 
comma r. d. 1923, n. 2440 da parte di altra Amministrazione dello Stato 

(n. 235). 
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PARTE II, CONSULTAZIONI 121 

CONTRIBUTI 

Cassa Nazionale Previdenza ed Assistenza avvocati e procuratori legali, 
dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali. 

Se i contributi mediante applicazione di marche a favore della Cassa 
Nazionale Previdenza ed Assistenza avvocati e procuratori 1egali, dottori 
commercialisti, ragionieri e periti commerciali siano dovuti soltanto se 
ed in quanto vi sia una delega od un mandato con il quale il contribuente 
abbia conferito' al professionista la rappresentanza dei propri interessi, 
restando esclusa l'assistenza senza rappresentanza (n. 80). 

Se, allorch� la delega od il mandato si riferiscano a pi� periodi di 
imposta, siano dovuti tanti contributi quanti sono gli anni ai quali la 
questione di imposta si riferisce (n. 80). 

Contributo per mantenimento agl~ studi degl� orfani degli impiegati di 
dogana. 

Se il contributo annuo per il mantenimento agli studi degli orfani 
degli impiegati delle dogane deceduti in servizio, spetti anche se la vedova 
superstite abbia contratto nuovo matrimonio e se il nuovo coniuge percepisca 
le quote di aggiunta di famiglia (n. 79). 
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COSTITUZIONE 

Indennit� -Questione di iLlegittimit� costituzionale dell'art. 7 della legge l 21 luglio 1965, n. 904. 

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Se deve ritenersi costituzionalmente legittimo l'art. 7 della legge 21 

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luglio 1965, n. 904, con cui si � modificato il precedente sistema di indennizzo 
delle aree espropriate, facendo riferimento ai criteri della legge 

n. 2892 del 1885 (n. 52). � 
I

Ordinamento degli Ufficiali Giudiziari. 

Se l'art. 156 dell'Ordinamento degli Ufficiali Giudiziari ed aiutanti i 
ufficiali giudiziari approvato con d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 e suc~ 


<

cessive modifiche sia da ritenersi incostituzionale in relazione agli artt. 24 
e 113 della Costituzione (n. 51). 

DANNI DI GUERRA 

Attuazione del piano di ricostruzione del Comune -Recupero somme anticipate 
dallo Stato. 

Se, ai fini di stabilire l'ammontare del rimborso dovuto dai Comuni 
allo Stato, che ad essi si sia sostituito nell'attuazione di piani di ricostruzione 
ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1401, la popolazione del i' 
Comune debba essere calcolata tenendo anche conto delle frazioni comui;: 
nali (n. 134). 

Se ai fini di cui sopra, debba farsi riferimento alla popolazione del 
Comune al momento in cui il danno bellico si � verificato, o piuttosto 

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a quello di attuazione del piano di ricostruzione (n. 134). 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

122 

. Fabbricati di civile abitazione -Contr�buti e indennizzi -Legge 27 dicembre 
1953, n. 968 e legislazione anteriore. 

Se i contributi concessi a norma del d.lg.lgt. 9 giugno 1945, n. 305, 
del d.lg.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261 e della 1. 25 giugno 1949, n. 409 siano 
suscettibili di revisione secondo le norme della legge organica 28 dicembre 
1953, n. 968, mod. o int. dalla 1. 31 luglio 1954, n. 607 e dalla 1. 29 settembre 
1967, n. 955 (n. 135). 

Se sia sufficiente a tal fine che sia stata presentata a suo tempo dagli 
interessati istanza ai sensi della predetta legislazione anteriore alla 1. 28 
dicembre 1953, n. 968 (n. 135). 

DAZI DOGANALI 

Prelievi sulle importazioni -Applicabifitd art. 6 disp. prel. tariffa doganale 

Se siano applicabiii in materia dj � prelievi.> le disposizioni dell'art. 
6 delle disposizioni preliminari alla tariffa doganale (n. 43). 

Se, con particoJ.are riguardo ai � prelievi > suddetti, sia ammissibile 
che la richiesta di godere di una aliquota pi� favorevole possa essere 
proposta non in occasione dell'effettivo sdoganamento della merce e nella 
vigenza dell'aliquota (n. 43). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alloggi per i dipendenti dell'Amministrazione deUe Poste e Telecomunicazioni 
-Condominio negli edifici. 

Se negli edifici destinati all'abitazione dei dipendenti dell'Amministrazione 
PP.TT. (artt. 134 segg. r.d. 28 aprile 1938, n. 1165: t.u. sulla 
edilizia popolare ed economica; 1. 4 dicembre 1940, n. 302; 1. 11 dicembre 
1952, n. 2521; 1. 3 dicembre 1957, n. 1215; d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2; 

I. 27 aprile 1962, n. 231), possano essere costituiti condomini di diritto 
privato sin dalla data di sottoscrizione dei contratti di vendita degli alloggi, 
e cio� prima che il prezzo sia stato pagato per intero (n. 213). 
ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Imposizione del sovracanone a favore degli enU rivieraschi di cui all'art. 
53 del t.u. 1775/1933 -Estensione. 

Se il potere di imporre a favore degli enti loca1i rivieraschi il sovracanone 
di cui all'art. 53 del t. u. 1775/1933 (cosi come modificato dalla 

1. 1377 /1956) possa essere esercitato in tutti i casi in cui si rendono applicabili 
le norme della 1. 959/1953, da cui � stato sostituito l'art. 52 de'l 
t.u. sulle acque pubbliche (n. 43). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 12J. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

lndennit� -Questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 7 della legge 
21 luglio 1965, n. 904. 

Se deve ritenersi costituzionalmente legittimo l'art. 7 della legge 21 
luglio 1965, n. 904, con cui si � modificato il .precedente sistema di indennizzo 
delle aree espropriate, facendo riferimento ai criteri della I. n. 2892. 
del 1885 {n. 276). 

Procedure espropriative -Valore sistematico della legge fondamentale dei 
25 giugno 1865, n. 2359 -Interpretazione degli artt. 34 della l. n. 59� 
del 1961 e 3 della l. n. 391 del 1968. 

Se il richiamo, che l'art. 34 della 1. 7 febbraio 1961, n. 59 contiene 
all'art. 48 detla I. 25 giugno 1865, n. 2359, abbia un carattere formale, 
pi� che recettizio. 

Se, dal disposto combinato dagli artt. 3 I. 20 marzo 1968, n. 391 e 34 

1. 7 febbraio 1961, n. 59, risulti che i provvedimenti per il deposito presso 
la Cassa depositi e prestiti dell'indennit� di espropriazione debbano essere 
adottati dall'Autorit� giudiziaria, anzich� dal Prefetto (n. 277). 
FARMACIIE 

Trasferimento: legge 2 aprile 1968, n. 475 -Modalit� e requisiti soggettivi.. 

Se l'acquirent~ di una farmacia debba essere un farmacista iscritto. 
all'albo professionale e avere gli altri requisiti previsti dal t.u. delle leggi 
sanitarie e di altre leggi speciali per esercitare l'attivit� professionale 

(n. 2). 
Se il trasferimento delle farmacie debba avvenire con le modalit� 
indicate nell'art. 12 della legge 1968, n. 475 (n. 22). 

FERROVIE 

Gestione diretta di ferrovie -Commissario governativo -Status giuridico. 

Se il Commissarfo governativo, nominato dal Ministro per la gestione 
governativa diretta di ferrovie gi� concesse all'industria privata, possa. 
essere considerato come un prestatore d'opera, con rapporto di impiego 

o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico, ad una inden-� 
nit� di fine lavoro (n. 406). 
Se il gestore della gestione diretta ministeriale dei servizi pubblici 
di navigazione sui laghi di Garda, Maggiore e Como (I. 18 luglio 1957, 

n. 614) possa essere considerato come un prestatore d'opera, con rapporto 
di impiego o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico~ 
ad una indennit� di fine lavoro (n. 70). 

124 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Vendita d'immobili delle FF.SS. 

Se il deposito cauzionale di una certa somma all'atto di [)resentare 
un'offerta d'acquisto di bene immobile in una trattativa privata multipla 
con le Ferrovie dello Stato, abbia natura di caparra confirmatoria (n. 405). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Conservatorio di S. Cecilia -Attribuzioni e posizione del Direttore -Suoi 
rapporti con il Capo dei se�rvizi amministrativi. 

Se �1 Direttore del Conservatorio sia gerarchicamente sovraordinato 
al C:apo dei servizi amministrativi, dei quali servizi egli � direttamente 
responsabile di fronte al Ministero (n. 695). 

Se il funzionario preposto allo svolgimento dei servizi amministrativi 
abbia la potest� di sovrapporre valutazioni sue proprie a �quelle del Direttore 
del Conservatorio o a quelle del Consiglio di amministrazione (n. 695); 

Fondo di previdenza per il personale delle imposte di fabbricazione e dei 
lavoratori chimici delle dogane: determinazione di indennit� di cessazione 
dal lavoro. 

Se l'indennit� per fine servizio prevista dall'art. 3 d.P.R. 9 aprile 1964, 

n. 1650, debba essere determinata in relazione anche agli anni di servizio 
non di ruolo non riscattati ai fini della pensione (n. 694). 
Se nel liquidare l'indennit� si debba tener conto della cessione di 
una parte dello stipendio fatta da un impiegato in favore della propria 
moglie dalla quale � separato (n. 694). 

�Se la nomina dell'impiegato, agli effetti economici, decorra dal giorno 
in cui lo stesso assume effettivamente servizio (n. 693). 

Se il ritardo nell'emanazione del decreto di nomina, conseguente alla 
esigenza di accertare il requisito della buona condotta, integri gli estremi 
del risarcimento del danno, considerata, da un lato, la legittimit� del 
ritardo, e, dall'altro, il fatto che il ritardo stesso non lede comunque 
alcuna posizione di diritto soggettivo (n. 693). 

Monte di credito su pegno -Assunzione in servizio di pensionati statali Trattamento 
economico. 

Se ai pensionati statali assunti in serv1z10 presso il Monte di credito 
su pegno di Bologna spetti il diritto alla corresponsione degli assegni 
accessori di pensione (art. 4 r.d.l. 15 ottobre 1936, n. 1870) e della tredi;:
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:.:=:

cesima mensilit� sul trattamento� pensionistico (art. 4 1. 26 novembre 1953, 

n. 876) (n. 696). 
Stipendi, assegni e indennit� -Art. 21 l. reg. 21 novembre 1964, n. 3 e 
art. 64 l. reg. 28 marzo 1968, n. 21 -Friuli-Venezia Giulia. 

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Se, ai sensi delle norme suindicate, per la determinazione del trattamento 
economico dell'impiegato �comandato�, si debba tener conto di 

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PARTE II, CONSULTAZIONl 125 

tutte le indennit� e competenze comunque percepite in forma continuativa 
in forza di disposizioni vigenti per l'Amministrazione di appartenenza, 
con esclusione dei compensi rper lavoro straordinario e per indennit� di 
missione (n. 692). 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

Beneficio del reintegro di grano in emissione da prelievo, di cui all'art. 4 

Z. 9 ottobre 1964, n. 948 -Decorrenza del termine semestrale di prescrizione. 
Se il termine di sei mesi, previsto dall'art. 4 della I. 9 ottobre 1964, 

n. 948, ai fini della concessione del beneficio del reintegro di grano, fo 
emissione da prelievo, decorra dal momento in cui l'analisi di laboratorio, 
necessaria per stabilire se ricorrano i presupposti per l'applicabilit� della 
citata legge, sia stata effettuata, o dal momento della esportazione (n. 55). 
Oli minerali -Contributi previsti dal d.l. 2 ottobre 1967, n. 867, convertito 
in legge 1� dicembre 1967, n. 1098. 

Se ai sensi dell'art. 2 lett. f) della legge suindicata debbano computarsi, 
fra gli elementi da tenere in conto in base alla norma predetta, 
gli oneri di finanziamento a carico degli importatori, dipendenti dal fatto 
che, per ragioni di �bilancio, le somme da corrispondere non saranno disponibili 
che nel 1970 (n. 54). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Applicabil'it� dell'agevolazione tributaria di cui all'art. 9 cpv. IV della 

l. n. 1643 del 1962 -Concentrazione di societ� -Necessit� dell'autorizzazione. 
Se l'agevolazione tributaria di cui al IV cpv. dell'art. 9 della 1. 1643 
del 1962 sia applicabile ad una societ� che, quantunque esente dal 
controllo amministrativo in sede di costituzione ed aumenti di capitale 
inferiori a L. 500.000.000, abbia conferito in altro complesso aziendale 
tutti i propri beni e diritti in cambio di azioni per nominali L. 499.000.000, 
senza aver ottenuto la prescritta autorizzazione ministeriale (n. 306). 

Benefici fiscali ex lege 2 luglio 1949, n. 408 -Condizioni. 

Se il verbale di aggiudicazione dei lavori a seguito di licitazione 
privata indetta dall'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, ai fini 
del godimento del beneficio previsto dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, 
costituisca atto da registrarsi nei termini di cui all'art. 81 della legge di 
registro (n. 305). 

Se il principio consacrato nel �quarto comma dell'art. 16 del r.d. 18 
novembre 1923, n. 1440, secondo cui nei contratti preceduti da asta pub


21 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

blica o da licitazione privata il verbale di aggiudicazione costltuisce l'atto 
conclusivo del procedimento di formazione del contratto, trovi applicazione 
ai contratti di appalto a pubblici incanti od a licitazione privata 
indetti dalla Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (n. 305). 

liMPOSTA DI SUOCE:SSIONE 

Applicazione dell'art. 15 della legge tributaria sulle successioni nel caso 
di chiamato al:l'eredit� per diritto di successione. 

Se la disposizione dell'art. 15 della legge tributaria sulle successioni 
si applichi anche quando a seguito di rinuncia, taluno viene chiamato 
all'eredit� .per diritto di rappresentazione (n. 61). 

Art. 45 del t.u. 30 dicembre 1923, n. 3270. 

Se nel caso di fallimento ante mortem l'esistenza della procedura 
fallimentar� escluda l'applicazione dell'art. 45 del t.u. 30 dicembre 1923, 

n. 3270 (n. 62). 
IMPOSTE E TASSE 

Agevolazioni fiscali per gli atti dell'Opera Nazional'e Combattenti. 

Se l'esenzione di cui all'art. 34 del r.d.I. 16 settembre 1926, n. 1606 
sia limitata ai soli atti direttamente ed immediatamente connessi con il 
perseguimento dello scopo istituzionale dell'O.N.C. (n. 503). 

Agevolazioni fiscali -Societ� cooperative. 

:Se il trattamento tributario previsto dalla I. 18 marzo 1965, n. 170 
sia applicabile quando, in caso di concentrazione di aziende sociali, l'apporto 
venga effettuato da una societ� cooperativa ad una societ� lucrativa. 

Se il trattamento tributario suindicato sia �applicabile, nella stessa 
ipotesi, allorch� la societ� cooperativa apportante sia la Federazione dei 
Consorzi Agrari ovvero un consorzio agrario (n. 501). 

Agevolazioni tributarie all'edilizia -L. reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11 e 
successive modifiche. 

Se le agevolazioni tributarie previste dalla legge reg. sic. 28 aprile 
1954, n. 11, siano aipplicabili anche agli immobili relativamente ai quali 
il certificato di abitabilit� sia 'stato rilasciato dopo il 31 dicembre 1965 
con attestazione di abitabilit� dell'edificio da data precedente al 31 di-� 
cembre 1965 (n. 502). 

Agevolazioni tributarie spettanti alla Gescal. 

Se le agevolazioni fiscali spettanti alla Gescal si applichino anche nelle 
ipotesi di acquisto di aree su cui la stessa Gescal abbia gi� eseguito la 
costruzione dei propri alloggi (n. 504). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 12"1 

Applicazione dell'art. 15 della legge tributaria sull'e successioni nel caso 
di chiamato all'eredit� per diritto di successione. 

Se la disposizione dell'art. 15 della legge tributaria sulle successioni 
si applichi anche quando a seguito di rinuncia, taluno viene chiamato 
all'eredit� per diritto di rappresentazione (n. 506). 

Imposizione del sovraccanone a favore degli enti rivieraschi di cui all'art. 
53 del t.u. 1775/1933 -Estensione. 

Se il potere di imporre a favore degli enti locali rivieraschi il sovraccanone 
di cui all'art. 53 del t.u. 1775/1933 (cosi come modificato dalla 

I. 1377 /1956) possa essere esercitato in tutti i casi in cui si rendono applicabili 
-le norme della I. 959/1953, da cui � stato sostituito l'art. 52 del 
t.u. sulle acque pubbliche (n. 507). 
Proventi di cancelleria degli uffici giudiziari, modo di riscossione del prelievo 
fiscale. 

Se la forma di prelievo fiscale .dai proventi dl cancelleria al quale 
provvedono le procure generali presso le Corti d'appello, prima che siano 
distribuiti, sia quella della ritenuta diretta operata dallo Stato ai sensi 
dell'art. 126 lett. b del t.u. 645/1958 o quella della ritenuta mediante 
rivalsa (n. 505). 

IMPOSTE VARIE 

Imposta sulle societ� -Accertamento del reddito R.M. cat. B ai fini della 
imposta sulle societ� -Termine per la notifica dell'accertamento. 

j 

,� 

Se sia tempestivo l'accertamento del reddito RJM. cat. B eseguito, al 
fini della imposta sulle societ�, nei confronti di una persona giuridica 
esente dalla imposta di R.M. e notificato nel termine relativo a quest'ultimo 
tributo (art. 32 t.u. imposte dirette) e non nel termine che l'art. 290 

t.u. finanza locale stabilisce per la iscrizione a ruolo della imposta ICAP 
(n. 19). 
I

IPOTECHE 

Legge 30 dicembre 1960. n. 1676 -Art. 9. 

I 

Quali cautele possono essere prese 'nel caso che gli assegnatari di 
somme ai sensi dell'art. 9 della legge 1676 del 1960 danneggino le abitazioni 
popolari da loro costruite e su cui grava ipoteca a favore del


I

l'Istituto mutuante (n. 21). 

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128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
LAVORO 


lndennit� di anzianit� -Lavoro notturno e festivo. 

Se, ai fini del computo della indennit� di anzianit�, debba tenersi 
conto delle frazioni di anno (n. 53). 
'Se nell'indennit� professionale, attribuita ad una infermiera, possa 
ritenersi compreso il compenso PE!l" i turni di servizio notturno e festivo 


(n. 53). 
NAVI 

Distinzione tra navi maggiori e navi minori per l'iscrizione nei relativi 
registri compartimentali. 


Se per nave maggiore debba intendersi quella atta, per le sue caratteristiche 
obiettive, e .destinata pE!l" volont� del proprietario, alla navigazione 
di altura (n. 125). 


Societ� di armamento e societ� commerciali -Disciplina della pubblicit�. 

Se le societ� .d'armamento di cui all'art. 278 codice di' navigazione 
siano da assoggettare, quanto alla pubblicit�, alla disciplina prevista dal 


I

codice civile per le societ� commerciali ovvero alla sola disciplina degli 
artt. 279 e segg. del codice di navigazione (n. 126). 


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OPERE PUBBLICHE 

Comitato tecnico-amministrativo per l'edilizia scolastica. 
, 

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Se la competenza del Comitato tecnico-amministrativo nella composizione 
ridotta prevista dall'art. 25 della legge 28 luglio 1967, n. 641 si 


.' 

estenda anche agli atti successivi al compimento dell'opera (n. 83). 

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ORFAN!I DI GUERRA 
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Computo del reddito. , 
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Se i proventi derivanti da pensioni, assegni o indennit� di cui alla ] 

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1. 18 marzo 1968, n. 313 o da assegni per decorazioni al valor militare 
�=.siano computabili nella determinazione del reddito di ciascun invalido, 
~,al 
fine di determinare il contdbuto a suo carico per la permanenza in 
'.na casa di riposo (n. 5). 

'ANI REGOLATORI 

\posizioni riguardanti i beni del patrimonio indisponibile dello Stato. 

Se i piani regolatori possano incidere legittimamente sulla destinai! 
.dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato (n. 19). 
le le disposizioni contenute in un piano regolatore possano stabilire 
1ropriabilit� di beni del patrimonio indisponibile dello Stato (n. 19). 



PARTE II. CONSULTAZIONI 129 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

Cassa nazionale previdenza ed assistenza avvocati e procuratori legali, 
dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali. 

Se i contributi mediante applicazione di marche a favore della Cassa 
nazionale previdenza ed assistenza avvocati e procuratori legali, dottori 
commercialisti, ragfo.nieri e periti commerciali siano dovuti soltanto se 
ed in quanto vi sia una delega od un mandato con il quale il contribuente 
abbia conferito al professionista la rappresentanza dei propri interessi, 
restando esclusa la assistenza senza rappresentanza (n. 67). 

Se, al'lorch� la delega od il mandato si riferiscano a pi� periodi di 
imposta, siano dovuti tanti contributi quanti sono gli anni ai quali la 
questione di imposta si riferisce� (n. 67). 

Contributi assicurativi -Prescrizione del risarcimento del danno ex articolo 
2116 e.e. � 

Se il diritto al risarcimento del danno ex art. 2116 e.e. attribuito al 
lavoratore nei confronti del datore di lavoro il quale non ha versato i 
contributi assicurativi, sia so.ggetto alla prescrizione decennale con decorrenza 
della stessa dalla data della cessazione del rapporto di lavoro (n. 66). 

RAPPORTO DI LAVORO 

Ferie -Diritto a compenso -Contratto di lavoro inferiore ad 1 anno. 

Se, nel caso in cui i dipendenti non hanno diritto a compenso per 
ferie non godute, il principio sia applicabile anche allorch� i dipendenti 
siano deceduti prima di usufruire -in tutto o in parte -del congedo 
annua:!e (n. 41). 

Se sussista il diritto al godimento di ferie per il personale assunto 
con contratto a termine della durata inferiore ad un anno (n. 41). 

REGIONI 

Soppressione dell'ESCAL -Devoluzione alla Regione delle attivit� e passivit� 
-Cqntrolli. 

Se gli atti della Commissione cui � demandata la liquidazione delle 
attivit� e passivit� del soppresso ESCAL in applicazione della legge regionale 
22 aprile 1968, n. 8, siano soggetti al �Controllo del collegio sindacale 
del soppresso ente (n. 169). 

Se siano soggetti al controllo della Corte dei conti gli atti degli organi 
ordinari della Regione con i quali, in base all'art. 2 della legge citata, si 
dispone dei fondi di bilancio regionale e si concorre nell'esecuzione della 
spesa mediante approvazione degli atti della Oommissione (n. 169). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

130 

RICOSTRUZIONE 

Attuazione del piano di ricostruzione del Comune -Recupero somme anticipate 
dallo Stato. 

Se, ai fini di stabilire l'ammontare del rimborso dovuto dai Comuni 
allo Stato, che ad essi si sia sostituito nell'attuazione di ipiani di ricostruzione 
ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1401, la popolazione del 
Comune debba essere calcolata tenendo anche conto delle frazioni comunali 
(n. 20). 

Se ai fini di cui sopra, debba farsi riferimento alla popolazione del 
Comune al momento in cui il danno bellico si � verificato, o piuttosto 
a 'quello di attuazione del piano di ricostruzione (n. 20). 

SOCIET� 

Societ� di armamento e societ� commerciali -Disciplina della pubblicit�. 

Se le societ� d'armamento di cui all'art. 278 �codice di navigazione 
siano da assoggettare, quanto alla pubblicit�, alla disciplina prevista dal 
codice civile rper le societ� commerciali ovvero alla sola disciplina degli 
artt. 279 e �segg. del codice di narvigazione (n. 123). 

SPESE GIUDIZIALI 

Diritti di cancelleria nelle procedure in cui la Regione siciliana non � 
assistita dall'Avvocatura di Stato. 

Se i diritti di .cancelleria relativi a procedure giudiziarie nelle quali 
la Regione siciliana non � assistita dall'Avvocatura dello Stato possano 
essere prenotati a camipione (1. 20 marzo 1968, n. 391) (n. 22). 

TITOLI DI CREDITO 

Titoli di credito amministrativi -Inserzione di avvisi nella Gazzetta Uf


}

ficiale. 

s�e le Amministrazioni dello Stato siano esenti dal pagamento dei 
diritti per la pubblicazione di avvisi sulla Gazzetta Ufficiale (n. 16). 

TRASPORTI 

Servizio pubbl'ico di trasporto per acqua -Figura giuridica del gestore. 

Se il Commissario governativo, nominato dal Ministro per la gestione 
governativa diretta di ferrovie gi� concesse all'industria privata, possa 
essere considerato .come un prestatore d'opera, con rapporto di impiego 

o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico, ad una indennit� 
di fine lavoro (n. 70). 
Se il gestore della gestione diretta ministeriale dei servizi pubblici 
di navigazione sui laghi di Garda, Maggiore e Como (1. 18 luglio 1957, 

n. 614) possa essere considerato come un iprestatore d'opera, con rapporto 
di impiego o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico, 
ad una indennit� di fine lavoro (n. 406). 

NOTIZIARIO 


CONVEGNO DI STUDI 

Nei giorni 24 e 25 maggio 1969 si � svolto, nel salone d'onore del palazzo 
del Turismo di Riccione, il secondo convegno di urbanistica, organizzato 
dal Centro Italiano di studi Amministrativi e dalla Rassegna e Il Consiglio, 
di Stato �. 

Nella seduta antimeridiana del primo giorno del Convegno sono state 
svolte tutte le relazioni. 

L'introduzione al dibattito � stata curata dal prof. avv. Carmelo Carbone, 
il quale, con un intervento puntuale, lucido ed incisivo ha messo 
a fuoco tutti i .principali problemi urbanistici oggi sul tappeto, soffermandosi. 
segnatamente sugli artt. 10, 13 e 17, 5<> comma della legge 6 agosto 1967, 

n. 765 (c. d. legge ponte) e sottolineando che tali norme pongono all'interprete 
interrogativi di estrema complessit� e delicatezza. 
In particolare il prof. Carbone ha affrontato i problemi dell'obbligo 
della licenza edilizia per tutte le costruzioni da effettuare nell'ambito comunale, 
della decadenza delle licenze per costruzioni iniziate ma non 
completate nel triennio (in correlazione .con il potere di salvaguardia del 
Prefetto), della �Configurabilit� di un'azione po-polare spettante al cittadino 
del comune .che risieda in esso, delle costruzioni su suolo demaniale e 
dell'implicita abrogazione dell'art. 29 della legge urbanistica 17 agosto 
1942, n. 1150, nonchf> tutte le questioni connesse con le previste applicazioni 
di pene pecuniarie per opere abusivamente costruite ove non sia possibile 
la riduzione in pristino. 

Richiamandosi ad una recentissima circolare del Ministero dei Lavori 
Pubblici (del 14 aprile 1969) il prof. Carbone ha sottoposto, infine, alla 
attenzione dei presenti il problema dei limiti di validit� della prescrizione 
del 5� comma dell'art. 17 della legge ponte. 

La seconda relazione, svolta dal prof. Carlo Gessa, ha avuto un oggetto 
pi� limitato ma di grande interesse �Natura giuridica ed oggetto dei programmi 
di fabbricazione .. Il relatore ha ricordato che in questa materia 
due tesi opposte si contendono il campo: a) la prima, interpretando restrittivamente 
l'art. 34 della legge urbanistica del 1942, vede nel programma di 
fabbricazione una pura e semplice disciplina sistematica dell'edificazione 
nel territorio comunale che non pu� contenere prescrizioni diverse da 
quelle relative alla zonizzazione e tipologia edilizia n� previsioni di vincoli 
su aree private o di espropri per costruzioni di opere pubbliche; b) la seconda, 
invece, dando all'art. 34 cit. un'estensione maggiore ed interpretando 
sopratutto tale� norma alla luce delle nuove disposizioni introdotte con la 
legge ponte, qualifica il programma di fabbricazione come un vero e proprio 
strumento di pianificazione urbanistica del territorio, sostitutivo del 
piano regolatore generale, distinto dal regolamento edilizio ed avente 
possibilit� di determinazione delle aree da destinare ad edilizia e di quelle 
da riservare ad impianti pubblici. 

Il prof. Gessa si � pronunciato in favore della seconda tesi, precisando, 
per�, che non vanno assolutamente sottovalutate le differenze che intercorrono 
tra le due diverse ipotesi del programma di fabbricazione e del 
piano regolatore generale. 


132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le altre due relazioni sono state svolte dai magistrati del Consi�glio 
di Stato, dott. Riccardo Chieppa e dott. Mario Egidio Schinaia. Il primo 
ha svolto il tema dell'indennizzabilit� dei vincoli di piano regolatore, il 
secondo, nell'ambito dello stesso argomento, si � soffermato pi� in particolare 
sulle modifi.che degli artt. 7 e 40 della legge urbanistica e sui riflessi 

di tali modifiche sulle finanze comunali e sull'attivit� urbanistica. 

Alle relazioni � seguito un nutrito dibattito con l'intervento dei consiglieri 
di Stato De Roberto e Caianiello, degli avv.ti Stoppani, Pallottino, 
Cervati e altri e con le repliche dei relatori. 

Agli intervenuti � stata altresi distribuita una relazione del dott. Martuscelli 
con allegato il parere 11 marzo 1969 della seconda Sezione del 
Consiglio di Stato sul contenuto dei programmi di fabbricazione. In tale 
ultimo parere la tesi c. d. estensiva viene sorretta da molteplici argomenti 
desunti sia dallo stesso art. 34 della legge urbanistica del 1942 e sia dagli 
artt. 3, 4, 8, 12 e 17 della legge ponte. Nello stesso parere � contenuta, 
per�, anche una chiara limitazione dell'assimilazione del programma di 
fabbricazione al piano regolatore generale ed un richiamo alla nota 
sentenza 55/68 della Corte Costituzionale. 

Gli atti dell'interessante Convegno -cui ha partecipato anche il sottosegretario 
di Stato ai Lavori Pubblici Lo Giudice -saranno pubblicati 
in volume. 


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