ANNO XVI � N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1964 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione di servizio ARTI GRAFICHE MIULLO -ROMA INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE pag. 437 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE � 462 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE � 488 Sezione quarti: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA � 530 Seiione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � 544 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE AP� PALTI E FORNITURE � 597 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE � 620 Parte seconda: RASSEGNE� QUESTIONI � CONSULTAZIONI RASSEGNA DI DOTTRINA � 73 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � 82 QUESTIONI � 100 CONSULTAZIONI � 105 Le sezioni della parte prima sono. curate, nell'ordine, dagli avvocati: Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Leonida Correale, Giuseppe del Greco, Antonino Terranova; le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Benedetto Baccari e Mario Fanelli. Coordinamento generale: avvocati Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. Elenco delle principali annotazioni a sentenze M. CONTI, Domanda di rivendicazione dei beni. di un ente soppresso e poteri del giudice ordinario . pag. 460 G. ZAGARI, Osservazioni sul controllo della Corte dei Conti sugli enti pubblici > 475 F. CARUSI, Osservazioni in tema di formazione dei contratti dello Stato > 4~0 A. ALABISO, Natura giuridica dell'interesse del frontista di strada pubblica > 500 F. CARUSI, Ancora in tema di efficacia delle decisioni di rigetto della Corte Costituzionale .> 52il U. GARGIULO, In tema di delega a decidere i ricorsi gerarchici > 539 L. TAVASSI .LA GRECA, In tema di esenzione dall'I.G.E. sui pagamenti per costruzioni navali eseguite per conto di stranieri in cantieri nazionali > 544 O. FIUMARA, Appunti sull'art. 52 legge organica sull'I.G.E.: un caso cii giurisdizione ordinaria condizionata . > 560 L. CORREALE, La costituzione di usufrutto nel trattamento di favore fiscale della L. 408/1949 . �> 567 G. DEL GRECO, Sulla natura giuridica del Capitolato d'appalto della Gestione Case per Lavoratori e questioni connesse (inammissibilit� della approvazione specifica per iscritto delle clausole particolarmente onerose e inammissibilit� dell'impugnazione per errore di calcolo e� per errore vizio nell'appalto a forfait) > 603 INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA' -Espropriazione dei fondi occorrenti 'per l'esecuzione di opere di devfazione, raccolta ed esercizio -Stato di .consistenza e determinazione della somma da offrire ai proprietari, a cura del Genio Civile -Violazione del diritto di difesa dell'espropriato -Esclusione, 447. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Contabilit� � generale dello Stato Contratti -Stlipulazione a trattativa privata, con nota di F. CARUSI, 489. -Contabilit� generale dello Stato Contratti -Procedimento per l'aggiudicazione -Asta pubblica e licitazione privata -Vexbale di aggiudicazione -Successiva stipulazione -Non � � necessaria, con nota di F. CARUSI, 489. -Rappresentanza in ,giudizio -Erronea citazione di organo di amministrazione . non legittimata alla 'causa -Rinnovazione dell'atto Ammissibilit�, 488. - V. an1che Responsabilitd civile. AMNISTIA E INDULTO -Estinzione del reato -Esclusione dell'obbligazione del pagamento delle spese processuali -Legittimit� costituzionale con riferimento all'art. 3 Costituzione, 442. ANTICHITA' E BELLE ARTI - V. Demanio. APPALTO -Appalto di opera delle Ferrovie dello Stato -Contestazioni relative tuali -Fattispecie, 597. -Appalto di opere pubbliclle -Contratto regolato dal capitolato generale 28 mruggio 1895 -Lodo emanato nel vigore del capitolato generale 16 luglio 1962, n. 1063 Impugnabilit� per violazione di legge, 598. -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Firima del relativo �verbale senza rLserva - Deicadenza dalle riserve per danni -Esclusione, 598. -Appalto di opere pub'blilche -Appalto forfettario -Riferimento ai 1calcoli di perizia ed alle analisi di progetto -Inconferenza, con nota di G. DEL GRECO, 603. -Appalto di opere pubbliche -Capitolati generali -Natura normativa � Clausole particolarmente onerose -Ap!Provazione speciifica per iscritto -Non necessaria, con nota di G. DEL GREOO, 603. - Appalto di opere pubbliche -A!Ppalto forfettario -Impugnazione :per errore di calcolo e per errore vizio -Inammissibilit�, con nota di G. DEL GRECO, 603. ,APPELLO -Proposizione di azione di arricchimento senza causa fon.data sulla stessa situazione di fatto dedotta in primo grado -Mutamento della domanda -InsUJSsistenza, 510. -Sospensione del processo per la rimessione della questione di legittimit� �costituzionale -Mancata riassunzione nel termine di sei mesi dal deposito della sentenza della Corte Costituzionale -Estinzione - Passagigio in giudicato della sentenza appellata, con nota di F. CARUSI, 520. - a prescrizione �contrarie ai patti ARBITRATO 'contrattuali -Riserva -Termine - Notifica della domanda presso l'Av di decadenza, 597. vocatura dello Stato -Inderogabi - Appalto di opera pubblica -Di lit�, 619. rettore dei lavori -Non rappre - V. Awalto. senta l'amministrazione, 597. -Appalto di opera pubblica -PreARR: DCCHIMENTO SENZA CAUSA scrizioni contrarie ai patti contrat--Riconoscimento espliicito o impli VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dto della utilit� dell'opera da parte della p.a. -Proponibilit� della azione contro la p.a., 510. _;;_ Azione �di arricchimento contro la p.a. -Mezzi di prova diretti ad accertare se sussistano circostanze idonee a far ritenere il riconoscimento da parte della rp.a. dell'utilit� dell'opera -Ammi:ssibilit�, 511. -V. anche Appello. ASSICURAZIONI -V. Prev,i;denza e assistenza. ATTO AMMINISTRATIVO -Convalida e\Sanatoria -Presupposti -Applicazione a variante di piano regolatore non preventivamente autorizzata,. 530. -Delega del Minlstro al Sottosegretario di Stato per decidere un ricorso gerarchico -Ammissibilit�, con nota di �U. GARGIULO, 538. -Eccesso di potere -Contradditoriet� -Atti di autorit� diverse Esclusione, 537. C.&CCIA E PESCA -Caccia -Riserv�a di caccia -Inclu. sione coattiva -t.u. n. 1016 del 1939 art. 44 " Eccezione di inco1Stituzionalit� per violazione dell'art. 42 Cost. -Manifesta inlfondatezza, 541. -Caccia -Riserva di caccia -Indusione coattiva -Natura -Limitazione al diritto di propriet�, 541. -V. ::.iche Competenza e giurisdizione. CASSAZIONE -Procura conferita al difensore nell'atto che contiene il 1controricorso -Vale anche .per il (contestuale) ricorso inddentale, 512. COMMISSIONI TRIBUTARIE -V. Pmfitti di regime, Imtposte dirette, Imposte e Tasse. COMPETENZA E GIURISDIZIOiNE -Caccia -Concessione di riserva Diritto soggettivo -Sussiste -Controversia con privati -Giurisdizione ordinaria -Competenza, 468. -Cittadinanza -Provvedimenti di inibizione al riacquisto -Contestazione �-Fattispecie -Consiglio di Stato -Giuri1sdizione -Non sussiste, 484. -Console -Depositi volontari di valuta -Contestazfoni circa le moda II I m lit� di restituzione -Giurisdizione del Consiglio di Stato -Non suss1ste, 484. -Controversia tra privati -Diritti soggettivi collldizionati� da un atto della p.a. -Giuri:sdizione A.G.O. Sussiste, 468. -Corte dei Conti -Controllo degli atti della p.a. in senso stretto Sinda, cato giurisdizionale -Non sus1siste -Controllo degli enti pubblici ex le�ge 211 marzo 1958 n. 259 -Attivit� esecutiva -Sinda,cato giurisdizionale del Consiglio di Stato -.Limiti, con nota di G. ZAGARI, 472. .> -Ente ecclesiastico -Sua soppressione per effetto delle leggi eversive -Incameramento dei beni Domanda di rivenclica -Eccepita illegittimit� dell'atto di soppressione e conseguente annullamento dell'atto di incameramento dei beni Dilfetto di giurisdizione della AiG.O. -Non sussi:ste, solo in parte, con nota di M. CONTI, 462. -Ente pubblico -Potere di controllo da parte dello Stato -Limiti Controversia -Consiglio di Stato -Giurisdizione -Sussiste, con nota di G. ZAGARI, 476. -Enti soggetti a controllo della Corte dei Conti -Decreto Presidenziale di individuazione ex legge 21 marzo 1958 n. 259 -Sindacato �giurisdizionale -Sus1siste, con nota di G. ZAGARI, 472. -Enti soggetti a controllo della Corte dei Conti -Decreto Presidenziale di indivdiduazione ex legge 21 marzo 1958 n. 259 -Controversia �Questione di interesse legittimo Consiglio di Stato -Giurisdizione -Sussiste, con nota di G. ZAGARI, 472. -Provvedimento d'urgenza � ex art. � 700 c.p,c. -Questione di giurisdizione -Confiigurabilit� -Regolamento preventivo di giurisdizione -.Proponibilit�, 468. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Causa pendente dinanzi al Consiglio di Stato -Proponibi�� lit�, 472. INDICE� VII CONCUSSIONE -Induzione ex art. 317 c.p. -Nozione, 626. CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO -V. Amministrazione detlo Stato. CONTENZIOSO TRIBUTARIO -V. P1�ofitti di regiime, Imposte e tasse. CONTRATTI JWRARI -Determinazione dei canoni di affitto dei fondi rustici -Tabelle del limiti della Commissione tecniea iprovinciale -Violazione del prindpio dell'indipendenza del Giudi' ce -Non suss:iiste, 454. -I)eterminazione dei canoni di a!fd'itto de,i fo111di rust1ci -Limiti fissati dalla Commissione tecnica provinciale -Violazione del principio di libert� economiJca -Insussistenza, 453. CONTRATTI PUBBLICI -V. Amministrazione dello Stato, Obbligazioni e contratti. CORRUZIONE - Concussione -Distinzione, 626. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio � a quo � -Ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale -Natura decisoria Esclusione, 'Con nota di F. CARUSI, 520. -ldentificazione da parte del giudi' ce �a quo � del principio costi'tuzionale ,che si assume violato Ind1cazione dell'articolo della Costituzione -Irrilevanza, 453. -Natura dei giudizi incidentali di legittimit� costituzionale -Giurisdizione di diritto obiettivo -Carattere <<!)aralegislativo � delle pronuncie, con nota di F. CARUSI, 519. - V. anche Appello. CORTE DEI CONTI - V. Competenza e giurisdizione. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Lavoro, Trentino Alto Adige, Procedimento penale, Amnistia e indulto, Previdenza e assistenza, Acque pubbliche, Imposta di regi stro, Corte Co,stituzionale, Contrat� ti ag,rari, Appeno, Caccia e. pesca. DANNI DI GUERRA --Beni {Perduti all'estero per trllttato di pa,ce -Albania -Sequestro oiperato nel 1943 -Fatti. successivi IrrilevanZ'B., 531. -Beni perduti all'estero per trattato di pace -Albania -Rivalutazione -Criteri -Legittimit�, 531. -Carattere sussidiario della relativa normazione� -Fatto illecito: -Ri-� sarcibilit� del danno secondo le norme del codice dv1Ie -Divieto del cumulo, 497. DAZI DOGANALI __;_ V. Dogana. DEMANIO -Demanio stor.ico e artistiico -Provveclimento di vincolo pertinenziale -Interesse ad agire da parte del pro1Prietario del bene -Sussistenza, 542. -Demanio stor1co e artistico -Vmcolo rpertinenziale -Presupposti, 542. DEPOSITO - V. Competenza e giUrisdizione. DOGANA -Diritto alle imposte -Momento in �cui sorge, 580. -Diritto di Hcenza -limporta:zli:one a dogana, avvenuta in epoca anteriore alla 1. 15 giugno 1950., n. 330, abolitiva del diritto di licenza, a norma dei d.d. mm. 13.. aprile 1946. e 21 1Settembr.e 1949 -� Esclusione, 586. -Operazioni di sbarco e presentazione della mevc.e a>filldata ad impresa di sbarco -� Irrilevanza per la responsaibilit�. del capitano d.ella nave, 579. -Sbarco e presentazione delle merci -Obblighi per il capitano della nave -Modalit�, 579. -Sbarco e presentazione delle merci -Violazione degli oblbUghi imposti al capitano della nav~ -Ef" fetti penali e c1vili, 579. - Sbar,co e presentazione delle� merci -Obblighi per il capitano della nave -Violazione -~etti dvili, 580. 'III RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tONAZIONI - V. Imposte di registro. :DILIZIA -V. Imposte di consumo. :NTE ECCLESIASTICO - V. Competenza e giurisdizione. :NTI PUBBLICI - V. Competenza e giurisdizione. :SPROPRIAZIONE PER P.U. -Accordi sulla misura dell'indennit� e sul trasferimento della IJ?roprie't� dell'immobile -Natura -Effetti, 507. -Espropriazione -Piano particolareggiato -Aree ricadenti nei comparti edificatori -Pretesa inespro �priabilit� -Non sussiste, 537. ..,. Espropriazione -Procedimento Osservazioni ex art. 5 1. n. 2352 del 1865 -Natura, 537. -Espropriazione -Mezzogiorno -Industrializzazione -Termine ex art. 13 n. 2359 del 1865 -Obbligatoriet� -Fattispecie, 536. -Giunta speciale per le espropriazioni per p.u. presso la Corte .di appello di Napoli -Determinazione dell'indennit� di espropriazione -Formazione del giudizio -Informazioni di carattere tecnico-professionale fornite dai membri tecnki della Giunta -Legittimit�, 505. - V. anche Acque pubbliche. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA ....:. Interesse a ricorrere -U1Si civici -Cassazione della \Sentenza che ne accerta l'esistenza Difetto sopravvenuto di interesse -Effetti sul giudizio amministrativo proposto contro il provvedi.mento di liquidazione, 543. -V. anche Competenza e giurisdizione. IMPOSTA DI BOLLO -V. Imposta di registro. IMPOSTA DI CONSUMO -:-Materiali da 1costruzione � R1co1stru: zfone di �Cas!! volontariamente . demolite -Esenzione -Estremi, ' 576... -Agevolazioni fiscali nel settore edi. lizio -L. 6 ottobre 1962 n. 1493 I I ': IMPOSTA DI REGISTRO -Atti e contratti stipulati ai fini della legge 23 mag;gio 1952, n. 623 Esenzioni -Requisiti -Prova -Atti equilpollenti -Inammissibilit�, 551. -Atto dichiarato nullo per illiceit� della causa -Restituzione imposta -Compete, 576. - Case di abitazione non di lusso di nuova co,struzione -� Tra:sferimento contestuale della propriet� e dell'usufrutto a sogigetti diversi -Agevolazioni previste dall'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, -Applicabilit� alla costituzione di usufrutto -Esclusione, con nota di L. CORREALE, 567 . i -Cessione quote di societ� a r.l. Tassa fissa a norma dell'art. 108 I della T.A. annessa alla legge 30 dicembre 1923, n. 3269, per le ces~ sioni delle azioni di societ� per azioni, 581. - Cessione quote di societ� a r.l. I Cordsrpettivo corrisposto non contestualmente, ma in precedenza Requisiti ne,cessari per la tassa fissa a norma dell'art. 108 della T.A. I -Operativit� per aCicertamenti non definiti alla data di entrata in viigore, 575. �citata, 581. -Donazione fra coniugi -Immobile acquistato con danaro del marito -Sentenza che riconosce la propriet� dell'immobile a quest'ultimo -Imposta fi,ssa, 589. -Societ� -Deliberazione di proroga adottata dopo la scadenza del termine stabilito nell'atto costitutivo � -Tassazione -Imposta fissa, 588. - Valutazione automatica nei trasferimenti dei fondi rustici -Le.gige interpretativa 22 novembre 196,2, n. 106 -Illegittimit� costituzionale in relazione all'art. 3 Cost. Esclusione, 450. IMPOSTE DIRETTE -Azione giudiziaria in mancanza di decisione definitiva della Commissione tributaria e previa sottoscrizione di concordato tributario Improponibilit� -Fattispecie, 588. -Im[losta straordinaria immobiliare -Azione giudiziaria proposta in mancanza di una dec�ISione definitiva della Commissione tributaria INDICE IX -Temporaneo difetto di giur1sdi zione, 588. IMPOSTA GENERALE SULL' ENTRATA -Entrata impontbile -Mezzi di pagamento �sostitutivi del denaro - Assoggettabilit� all'imposta, 557. -Gruppo di societ� -Rimborso spese Idi ammirustrazione al c�ipogrupipo -Assoggettabilit� all'imposta, con nota di O. FIUMARA, 558. -Ordinanza intendentizia ex art. 52 legge istitutiva dell'lGE -Mancato ricorso al Ministro -Azione giudiziari!i -Proponibilit�, con nota di O. FIUMARA, 558. -Pa;gamenti per costruzioni o modificazioni navali eseguiti per conto di stranieri nei cantieri nazionali -Esenzione -AippMcabilit� -Limiti, con nota di L. TAVASSI LA GRECA, 544. -Societ� -Gruppo di societ� -Rimborso spese di amministrazione alla capogruippo -Assoggettabi!Iit� all'imposta, 557. IMPOSTA STRAORDINARIA IMMOBILIARE -V. Imposte dirette. IMPOSTE E TASSE -Ricorso alla Commissione Centrale delle imposte -Procedimento -Ricorso interruttivo -Inammissibilit�, 594. �-R]cor.so alla Commissione Centrale delle imposte -Procedimento Ricorso incidentale -Termine Decorrenza -Conseguenze, 594. -Ricorso alla Commissione Centrale delle imposte -Procedimento -Ricorso incidentale -Mancata indicazione dei moti'Vi -Inammis:sibilit�, 594. -Ricorso alla Commissione Centrale delle imposte come giudice di seconda istanza e di terza iStanza Procedimento -Ricorso interruttivo -Inammissibilit� in entrambi 1casi, 595. LAVORO -Abolizione del lavoro notturno dei fornai -Illegittimit� costituzionale delle relative norme -Contrasto con l'art. 41 Cost. -Esclusione, 437. MEZZOGIORNO -V. Espropriazione per p.u. OBBLIGAZIONE E CONTRATTI -Contratti con la p.a. -Licitazione iprivata -O:tlferta per persona da nominare -Nullit�, 543. -V. anche Danni di guerra. OCCUPAZIONE -Oc�cupazione d'urgenza preordinata alla esprCJiPriazione per p.u. Scadenza del biennio -Mancato perfezionamento della rprocedura esprorpriatiiva -Illiceit� -Risarcimento del danno -Incrementi di 'Valore dell'immobile per effetto dell'apiprovazione ed esecuZiione di piano di ricostruzione -Computabilit�, 507. OPERE PUBBLlCHE -Strada -Mutamento di quota Danno permanente ai fabbricati frontisti -Indennizzo -Criterio di determinazione, con nota di A. ALABISO, 499. -Strada -Mutamenti di quota Conseguente aiccesso, maggiormente difficoltoso, ai fabbricati -Danno permanente -Obbligo dell'inde~ nizzo ai 1serusi dell'art. 46 legge esprorpriativa -Sussiste, con nota di A. ALABISO, 499. -V. anche Ricostruzione, Appalto. ORGANO COLLEGIALE -V. Prezzi. PECULATO -Peculato iper distrazione -Destinazione diversa -Profitto altrui -Presupposti, 624. -Qualit� di puibbHco UJfficiale -Esercizio di fatto di pubbliche funzioni o di pubblico esercizio Ammi1ssibilit�, 624. PENSIONI -V. Previdenza e assistenza. PIANO DI RICOSTRUZIONE -V. Piano regolatore, Atto amministrativo. PIANO REGOLATORE -Variante -Autorizzazione ministe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riale -Natura, 530. -Potere del Ministero dei Lavori Pubblici di sostitui11si ai Comuni nell'attuazione totale o !Parziale dei piani di ricostruzione -Facolt� di procedere all'espro\l)riazione delle aree occorrenti a mezzo de.gli Uffi �Ci del Genio Civile -Riguardano esclusivamente le o[pere di ricostruzione ancora da compiere -Disciplina proicedure esiprapriative Estensione della sostituzione, 507. PIGNORAMENTO -Opposizione di terzo -Prova del diritto sui beni pignorati -Autofattura -Irrilevanza, 506. PRESCRIZIONE -Atti interruttivi -]doneit� -Quando .sussiste, 497. PREVIDEiNZA E ASSISTENZA -Pensione a;i: coltivatori diretti, mezzadri, e coloni -Assciurazione malattie senza dichiarazione delle fonti di entrata -Contrasto con l'art. 81 della Costituzione -Non sussi �ste, 446. PREZZI -Disc1p1ina dei [prezzi -Organi competenti -Commissione c�entr-.1e e Comitato interministeriale -Composizione -Intervento nelle assemblee di persone estranee ai �colle �gi -Ann.llametno giurisdizionale delle deliberazioni -E0secuzione del giud1cato -Convocazione delle as� semblee in regolare composizione -Rinnovazione della delibe:r-azione annullata con efficaJcia ex nunc, 1senza a1cuna indagine aggiornata dei costi -Illegittimit�, 532. PRIGIONIERI DI GUERRA -Prigionieri in mano americana R1chiesta di paga giornaliera per il lavoro prestato in prigionia Obblighi assunti dal Governo italiano -Accordo 14 gennaio 1949 Inte! 1pretaz.ione, 513. PROCEDIMENTO CIVILE -Consulente tecniJco -Perizia -Valutazione nel giudizio di appello -Limiti, con nota di A. ALABISO, 499. -V. anche � Amministrazidne deilo Stato, lm(lJoste e tasse. PROCEDIMENTO PENALE -S!Pese giudiziali penali -Illegittimit� costituzionale per contrasto �con l'art. 53 Costituzione -Insussistenza, 442. PROFITTI DI REGIME -Aicicertamento Determinazione della �imposta sugli incrementi patrimoniali -Criteri e periodo di rliferimento ~ Valore ed�fettivo !Per fatti sopravvenuti -Svalutazione monetaria -Irrilevanza, �555. -Rettifica dell'accertamento ex art. 34 r.d.I. n. 159 del 1944 �-A:bro �gazione a norma dell'art. 5 della legge n. 1 del 1956 e del t.u. n. 645 del 19'58 -Esclusione, 554. -Rettifica dell'accertamento ex art. 34 d.1.1. n. 159 del 1944 :. Competenza -Sezione speciale della Commts�sione Centrale -Natura giuriisdizionale. della pronuncia relativa, 554. - Rettifica dell'accertamento ex art. 34 r.d.I. del 1944 -Definitivit� dell'accertamento da rettificare -Ne �cessit� -Esclusione, 555. PROVVEDIMENTI DI URGENZA '--V. Competenza e giurisdizione. RIDATO FINANZIARIO -Reato finanzfario punito con ammenda connesso con reato comune -Competenza dell'Intendente di Finanza -Effetti della connessione -Insussiistenza, 620. RESPONSABILITA' CIVILE -Responsabilit� della p.a. per atti legittimi -Danni alla . persona Esclusione -.A!rnmissiJbilit� della �somma respolliSabilit� per colpa, 528. RICORSI AMMINISTRATIVI -V. Atto ammd.nistrativo. RICOSTRUZIONE -Beni degli enti pubblici focali, delle istituzioni pubbliche di beneficienza e delle Chiese parrocchiali e assimilate distrutti da eventi bellici -Intervento del Ministero dei Lavori Pubbld!ci -Necessit� di ri INDICE XI costruzione in altra 111ede -Onere del costo delle aree espropriate Incidenza -Decorrenza, 507. SCRITTURA -Data certa -Determinazione �Per relationem � -Ammissibilit�, 505. SOCIETA' ~V. Imposta g,eneraie suU'entrata, � Imposta di registro. STRADE -V. Opere pubbiiche. TRENTINO~ALTO ADIGE -Denominazdone di frazioni -Comrpetenza della Provincia di Bolza no, 439. USI OIVICI -V. Giustizia amministrativa. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 14 marzo 1964 n. 21 pag. 437 2 aprile 1964 n. 28 > 439 2 aprile 1964 n. 30 > 442 19 maggio 1964 n. 33 > 445 19 maggio 1964 n. 35 > 447 23 maggio 1964 n. 39 > 450 23 maggio 1964 n. 40 > 453 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 4 maggio 1963 n. 1104 . pag. 462 Sez. I, 6 agosto 1963 n. 2211 . > 488 Sez. I, 25 novembre 1963 n. 3035 > 544 � Sez. I, 30 gennaio 1964 n. 263 > 489 Sez. III, 3 febbraio 1964 n. 272 > 497 Sez. I, 14 febbraio 1964 n. 334 > 499 Sez. I, 19 febbraio 1964 n. 377 . > 551 Sez. I, 25 febbraio 1964 n. 414 > 505 � Sez. Un. 27 febbraio 1964 n. 437 > 468 Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 465 > 554 Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 472 > . 557. Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 473 > 558 Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 475 > 567 Sez. I, 13 marzo J964 n. 549 > 575 Sez. III, 7 aprile 1964 n. 771 > 505 Sez. I, 13 aprile 1964 n. 862 > 507 Sez. I, 13 �aprile 1964 n. 866 > 510 Sez. I, 13 aprile 1964 n. 867 > 576 Sez. I, 13 aprile 1964 n. 871 > 579 Sez. I, 14 aprile 1964 n. 876 > 597 Sez. I, 16 aprile 1964 n.. 902 > 581 Sez. I, 16 aprile 1964 n. 904 > 595 Sez. I, 22 aprile 1964 n. 955 > 586 Sez. I, 23 aprile 1964 n. 986 > 588 Sez. I, 23 aprile 1964 n. 990 . > 512 Sez. Un., 28 aprile 1964 n. 1015 > 588 Sez. Un., 28 aprile 1964 n. 1016 > 472 Sez. Un., 4 maggio 1964 n. 1059 > 476 Sez. I, 19 maggio 1964 n. 1244 > 589 Sez. I, 19 maggio 1964 n. 1247 > 594 Sez. I, 10 giugno 1964 n. 1436 > 580 av RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO i i ,.., ;ORTE DI APPELLO V.Cilano, Sez. I, 20 dicembre 1963 n. 2120 � 513 �: fapoli, Sez. I, 25 gennaio 1964 � 519 -~ ~ l.oma, Sez. I, 22 aprile 1964 n. 829 . � 598 rnIBUNALI rirenze, Sez. I, 23 marzo 1964 . . pag. 528 :..ODI ARBITRALI .9 ottobre 1963 n. 53 pag. 603 .6 aprile 1964 n. 21 ;!>. 619 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE I I ;oNSIGLIO DI STATO \d. Plen., 26 febbraio 1964 n. 6 . pag. 530 )ez. IV, 13 dicembre 1963 n. 206 :I> 484 If' )ez. IV, .27 dicembre 1963 n. 945 � 5.31 i!l Fi: )ez. IV, 14 febbraio 1964 n. 64 :I> 484 ~~: )ez. IV, 26 fobbraio 1964 n. 84 � 532 iez. IV, 4 marzo 1964 n. 106 � 536 :>ez. IV, 4 marzo 1964 n. 109 � 537 )ez. IV, 20 aprile 1964 n. 15J � 538 )ez. VI, 18 dicembre 1964 n. 1019 :I> 541 )ez. VI, 29 gennaio 1964 n. 61 � 542 )ez. VI, 4 marzo 1964 n. 207 > 542 )ez. VI, 18 marzo 1964 n. 286 :I> 543 GIURISDIZIONI PENALI ;ORTE DI CASSAZIONE )ez. �un., 23 febbraio 1963 n. 4 . pag. 620 )ez. III, 21 giugno 1963 � 624 )ez. III, 20 febbraio 1964 n. 202 :I> 626 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA G. BALBI, La donazione (Trattato di diritto civile diretto da GROSSO e SANTORO.,-PASSARELLI) (recensione) . pag. 73 M. ROSSANO, L'espropriazione per pubblica utilit� (recensione) � 78 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Provvedimenti legislativi � 82 Disegni e proposte di legge � 82 Provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionaiit�: a) Disposizioni di legge delle quali � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale � 87 b) Di>posizioni cli kgge in rapporto alle quali � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale � 88 c) Disposizioni di legge in rapporto alla quali � stato promosso giudizio di legittimit� costituzionale . � 90 QUESTIONI LA REDAZIO:t-m, E' consentito allo Stato concludere contratti di assicurazione? � 100 CONSULTAZIONI Indice sistematico delle consultazioni . � 105 PARTE PRIMA I I I GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE 14 marzo 1964, n. 21 -Pres. Ambrosini -Rel. Papaldo Ubertalle (avv. Dedin) e Presidente Cons. Ministri (Avv. Stato Chiarotti). Lavoro -Abolizione del lavoro notturno dei fornai -Illegittimit� co stituzionale delle relative norme -Contrasto con l'art. 41 Cost. Esclusione. (Cost. art. 41; I. 16 ottobre 1962 n. 1498, art. 1; I. 11 febbraio 1952 n. 63 art. 1; I. 22 marzo 1908 n. 105, artt. 1 e' 7). Non contrastano con l'art. 41 della Costituzione gli artt. 1 e 7 della legge 22 marzo 1908, n. 105, nel testo modificato con le leggi 11 febbraio 1952, n. 63 e 16 ottobre 1962, n. 1498 sulla abolizione del lavoro notturno dei fornai, in quanto la tutela della sanit� pubblica, cui tali leggi si ispirano, costituisce una delle ragioni di utilit� sociale che giustificano le limitazioni all'iniziativa economica privata (1). (Omissis). -Come risulta dai .lavori preparatori, la legge del 1908 si ispir� a finalit� di ordine sanitario, anche se non mancarono considerazioni di altro carattere. Essenzialmente, la legge si propose di assicurare una tutela sanitaria alle persone (1) L'ordinanza di rimessione 2 maggio 1963 del Pretore di Torino � pubblicata in Gazz. Uff. 2 luglio 1963 n. 175. La sentenza 26 gennaio 1957 n. 29 d�lla stessa Corte Costituzionale, richiamata nel testo, � pubblicata in Giur. ital. 1957, I, 1, 432. Nella presente sentenza la Corte ribadisce, in sostanza, il principio che fra due norme costituzionali in conflitto, �pparente o reale, prevale quella che ha carattere di assolutezza e di primariet�. Cos�, nella fattispecie, tra l'art. 41 della Costituzione, il quale tutela, ~�, l'iniziativa economica privata (1. comma), ma subordinatamente all'utilit� sociale ed alla sicurezza della persona umana (2" comma), e l'art. 32 della Costituzione, il quale pone la tutela della salute del cittadino come un diritto fondamentale e primario, la Corte ha esattamente ritenuto prevalente questo su quello. 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO addette alla panificazione e di apprestare una tutela igienica per un prodotto alimentare di generale consumo, il pane. Si vollero prevenire i danni alla salute delle persone che in ore notturne attendevano alla panificazione;' e risulta espres-. samente che il legislatore si preoccup� della salute di tutti, padroni ed operai che fossero. L'altro inconveniente, cui la legge del 1908 intese apprestare rimedio, derivava dalla grave difficolt� -che in pratica si traduceva in impossibilit� per i piccoli agglomerati -di controllare nelle ore notturne l'osservanza dei precetti igienici nel procedimento di panificazione e nell'impiego degli ingredienti adoperati per la confezione del pane. � Gli intenti origillari, con maggiore accentuazione per quello riflettente la tutela sanitaria dei lavoratori subordinati, perman-� gono alla base delle due successive modificazioni legislative del 1952 e del 1962. n legislatore, a distanza di circa mezzo secolo una prima volta e di altri dieci anni una seconda volta, ha verificato la permanenza delle ragioni che originariam�nte avevano sorretto la norma. E questa valutazione, nel caso attuale, non si presta a censura. Si potrebbe anche discutere se, dopo tanti anni, le condizioni siano tali da consentire in certi tipi di stabilimenti (i pi� grandi e meglio attrezzati) turni che rendano possibile un avvicendamento nel lavoro notturno; cos� pure si potrebbe discutere se gli organi addetti alla vigilanza sull'igiene degli alimenti possano, sulla base delle nuove acquisizioni della scienza e della tecnica, disporre di mezzi di controllo sulla confezione del pane e sulla buona condizione igienica degli ingredienti, efficienti in pieno anche se la panificazione avvenga in ore notturne. Ma queste nuove possibilit�, che il legislatore -e solo il legislatore potrebbe valutare per eventuali modificazioni della disciplina vigente, non si presentano tali da togliere, rispetto alla situazione generale quella base di ragionevolezza, su cui resta fondata la norma. Che la tutefa della sanit� possa fornire una delle ragioni di utilit� sociale che, a mente dell'art. 41 della Costituzione, giustificano le limitazioni all'iniziativa economica privata, � cosa che la Corte ha gi� affermato con una sua prima sentenza del 26 gennaio 1957, n. 29. E questa affermazione non ha bisogno di ulteriori illustrazioni, basata com'� sopra il principio, consacrato nell'art. 32 della stessa Costituzione, del supremo interesse che lo Stato ha nei riguardi della tutela della pubblica salute. I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITU-ZIONALE E INTERNAZIONALE 439 Ora, se il divieto di lavoro notturno nella panificazione � stato imposto per quella finalit�, � evidente come il divieto stesso non possa non valere nei confronti di chiunque presti la sua opera, quale che sia la sua qualifica e la sua posizione nell'impresa. Di fronte all'art. 32 della Costituzione -e si pu� aggiungere, di fronte anche all'art. 3 -non si possono fare discriminazioni fra la salute del lavoratore subordinato e quella del lavoratore autonomo, i quali tutti hanno diritto ad una uguale tutela, quando, come nel caso in esame, il pericolo per la salute sia uguale per chiunque si trovi nella medesima situazione. Le esposte considerazioni bastano per dimostrare la infondatezza tanto della tesi principale della illegittimit� totale della norma che pone il divieto di panificazione nelle ore notturne senza riguardo alla qualifica delle persone addette alla lavorazione, quanto della tesi subordinata secondo la quale la stessa norma sarebbe illegittima nella parte relativa all'attivit� dei lavoratori non subordinati. Cos� che non occorre esporre altre ragioni per mostrare l'infondatezza delle tesi stesse: precipua la necessit� di evitare una causa di ingiustificata concorrenza a favore dell'esercente che, lavorando personalmente, si potrebbe sottrarre alla disciplina comune, il cui carattere di generalit� � imposto dalla esigenza di tutelare gli interessi di tutta la categoria degli esercenti e quelli dei consumatori. (Omissis) CORTE COSTITUZIONALE 2 aprile 1964, n. 28 -Pres. Ambro sini -Rel. Mortati -Provincia di Bolzano (avv. Tinzle) e Regione Trentino Alto Adige (avv. Stato Coronas). Trentino Alto Adige -Denominazione di frazioni -Competenza della Provincia di Bolzano. �(Statuto Trentino Alto Adige, art. 11 n. 3; 1. reg. 16 agosto 1963, n. 22). E' viziata da illegittimit� costituzionale la legge della Regione Trentino-Alto Adige 16 agosto 1963, n. 22, con la quale la frazione, posta a sud del Comune di Sesto nella P1rovincia di Bolzano, veniva denominata �Ferrara� nel testo italiano, � Schmieden � nel testo tedesco, in quanto essa inv�de la competenza attribuita in materia di toponomastica alla provincia di Bolzano dall'art. 11, n. ;3, dello Statuto speciale per il Trentino- Alto Adige (1). (1) Per un'interpretazione estensiva del concetto di � toponomastica �, nel senso che esso abbraccia la denominazione non solo di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAm (Omissis). -I motivi addotti dall'Avvocatura dello ~tata a dimostrazione dell'infondatezza del ricorso proposto dalla Provincia di Bolzano sono sostanzialmente due, ma nessuno di essi � da ritenersi fondato. Con il primo si sostiene che la determinazione dell'ambito delle materie assegnate alla competenza normativa delle Provincie debba venire effettuata in base al significato che alle materie stesse era stato conferito dalle leggi dello Stato, in vigore al momento dell'attuazione degli statuti regionali, le quali le disciplinavano. E poich� quelle fra tali leggi aventi a loro oggetto la toponomastica usavano questo termine � solo nel senso dell'attribuzione dei nomi a piazze, vie, o altri luoghi, sempre diversi da localit� di carattere territoriale, sarebbe da ritenere che la competenza passata alle Provincie non possa assumere una estensione maggiore di quella esercitata in passato dallo Stato. A parte ogni considerazione in ordirte alla possibilit� di attribuire al criterio interpretativo proposto dalla Avvocatura la portata generale che gli si vuole attribuire, sta di fatto che non sussiste nella specie la asserita univocit� dell'uso del termine �toponomastica�, poich� esistono leggi statali (come, per esempio, il R.D. 29 marzo 1923, n. 800, che detta criteri di massima per la scelta dei � toponimi � di localit� abitate dei territori annessi), le quali adoperano il predetto termine nel suo senso pi� generale, in conformit� alla etimologia, di denominazione d� qualsiasi specie di luogo. Neppure fondato appare il secondo motivo, con cui si afferma l'esistenza di un principio generale dell'ordinamento giuridico dello Stato che condurrebbe ad attribuire il potere di disporre �in ordine alla denominazione delle frazioni sempre e necessariamente allo stesso organo cui compete quello della attribuzione del nome ai Comuni. Principio che pertanto dovrebbe valere quale limite della legislazione regionale e provin piazze e strade, ma anche di localit�, cfr. CESAREO, L'autonomia della Regione Trentino Alto Adige, Milano, 1957, 193. Sul potere di erigere nuovi Comuni e di modificarne le circoscrizioni, nel senso che esso spetti allo Stato, in mancanza dell'ordinamento delle Regioni a Statuto ordinario, cfr. Cons. Stato 17 dicembre 1960 n. 873, Il Consiglio di Stato, 1960, Il, 2310. La Corte Costituzionale, pur riconoscendo che, in base alla disciplina generale di cui all'art. 133 Cost., l'attribuzione di competenza per l'istituzione di nuovi Comuni e la modificazione delle loro circoscrizioni e denominazioni importa anche attribuzione di competenza, per la denominazione delle frazioni, ha ritenuto, tuttavia, che tale disciplina subisca una deroga nella Regione Trentina, a cagione del carattere di specialit� dell'art. 11 n. 3 dello Statuto rispetto al precedente art. 7, che detta disposizione identica a quella adottata dall'art. 133 della Costituzione. PARTB I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE B INTERNAZIONA~E 441 ciale primaria, ai sensi degli artt. 4 e 11 Statuto T.-A.A. Infatti se si tiene presente che i principi dell'ordinamento i quali circoscrivono l'ambito della competenza esclusiva (in cui rientra la normazione in materia di toponomastica) non sono quelli che risultano in via di astrazione da leggi, o da particolari gruppi di leggi dello Stato (valevoli invece solo a limitare la potest� normati~a secondaria), si rende chiaro come non sia possibile comprendere fra gli stessi la prescrizione invocata dall'Avvocatura e desunta dall'art. 266 della legge comunale e provinciale (anche se successivamente essa � stata adottata da leggi della Regione siciliana). E' bens� vero che la rilevata identit� del trattamento giuridico disposta dall'art. 266 per provvedere alla denominazione tanto dei Comuni quanto delle frazioni trova un suo fondamento razionale nella stessa natura di queste ultime, che non pu� ricondursi a quella di una mera entit� di fatto, data la capacit� che le frazioni stesse posseggono di assumere in proprio la soggettivit� di rapporti giuridici, in corrispondenza alla titolarit� loro spettante degli interessi autonomi del gruppo di popolazione stanziato nella parte del territorio comunale ad esse assegnato: soggettivit� da cui discende anche il riconoscimento a favore della frazione di un vero e proprio � diritto al nome �, e che d� appunto ragione della rilevata adozione, da parte della norma statale richiamata, di un procedimento identico a quello richiesto per la denominazione dei Comuni. Tuttavia, pur tenendo presente il precedente rilievo, e pur non contestando la disarmonia che consegue dal differenziare il trattamento giuridico dei nomi dei Comuni da quello delle frazioni, data la possibilit� per queste ultime di trasformarsi in Comuni autonomi, il ricorso della Provincia deve ritenersi degno di accoglimento. ' Ci� per� non sulla base dell'art. 86 Statuto, dato che (a parte il rilievo che questo prevede una competenza solo eventuale del legislatore provinciale, la qual~, quando si esercita, esaurisce i suoi effetti nei rapporti amministrativi �esclusivamente con i cittadini di �lingua tedesca, e non influenza quindi pe1 nulla il problema in esame, relativo al potere di attribuire denominazioni aventi efficacia nei confronti della generalit�) il riferimento generico alla � toponomastica � ivi contenuto non pu� chiarire la portata dello stesso termine, adoperato in modo ugualmente generico dall'art. 11 n. 3. Il problema trova invece la sua soluzione nella correlazione che � da porre fra l'art. 7 e l'art. 11 n. 3 dello Statuto. Correlazione che non viene tenuta presente dall'Avvocatura quando os RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO serva che l'art. 7 riproduce testualmente la norma di carattere ~enerale dell'ultimo comma dell'art. 133 della Costituzione. Infatti, mentre da quest'ultima disposizione si pu� fondatamei;ite iesumere che la competenza regionale che ne � oggetto si ~stende necessariamente alla denominazione delle frazioni, vi: eversa dal coordinato disposto �delle due norme statutarie prina richiamate si . evince che la determinazione dei toponimi ~elativi alle frazioni deve rimanere preclusa alla Regione T .-A.A; Jerch� assorbita nella potest� generale di disciplina affidata ille Provincie, la quale, pel fatto di non incontrare, secondo ;i � detto, nessuno dei limiti previsti dagli artt. 4 e 11 in ordine 1lle competenze esclusive cui questi si riferiscono, non pu� non !stendersi ad ogni specie di nomi di localit�, con la sola esclu; ione di quelli dei Comuni. -(Omissis). ~ORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1964, n. 30 -Pres. Ambro sini -Rel. Fragali-Sacco Comis dell'Osta -De Martin del Zotto -Pres. Cons. Ministri (Avv. Stato Chiaretti). 'rocedimento penale -Spese giudiziali penali -Illegittimit� costitu zionale per contrasto con l'art. 53 Costituzione -Insussistenza. (Artt. 488, 613, c,p.p.; art. 53 Cost.). llnnistia e indulto � Estinzione del reato � Esclusione dell'obbligazione del pagamento delle spese processuali � Legittimit� costituzionale con riferimento all'art. 3 Costituzione. (Artt. 151, 198 c.p.; art. 3 Cost.). Non contrastano con l'art. 53 della Costituzione gli artt. ~88 e 613 del c.p.p., nonch� le altre disposizioni che determiiano la nozione di spese processuali penali ed il loro ammonare, perch� la norma costituzionale si riferisce alle spese per 7restazione di servizi indivisibili; e tra di esse non rientrano! e spese giudiziali, la cui entit� � misurabile per ogni singolo itto e che possono, quindi, gravare individualmente su chf vi ia dato occasione (1). Sono costituzionalmente legittimi, con riferimento all'art. della Costituzione, gli artt. 151 e 198 c.p., secondo i quali la :stinzione del reato non fa venir meno l'obbligo del pagamento lelle spese processuali; ci� in quanto, allorch� l'amnistia inerviene dopo una sentenza di condanna irrevocabile, vi � la 'ertezza, promanante dal giudicato, che le spese del procedinento sono state occasionate dal condannato (2). {1-2) L'ordinanza di rimessione 15 maggio 1963 del Pretore di Pieve di :adore � pubblicata sulla. Gazz. Uff. 27 luglio 1963, n. 201. Sul concetto che il criterio della progressivit� di cui all'art. 53 della :ostituzione riguarda il sistema tributario in genere, e non i singoli ., ., . ~ PARIE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 443 (Omissis). -Non � fondata la questione di illegittimit� costituzionale degli artt. 488 e 613 c.p.p., e di quelle altre disposizioni indicate nell'ordinanza che determinano la nozione di spese processuali penali e il loro ammontare. Come esattamente rileva l'Avvocatura dello Stato, non v'� norma costituzionale che garantisca la prestazione gratuita del servizio giudiziario. Al contrario l'art. 24, terzo comma, della Costituzione, con il fare obbligo di assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione, muove dal presupposto che sia legittimo imporre oneri patrimoniali a carico di coloro nei cui riguardi � esplicata una attivit� di �giustizia. Dai quali oneri la norma costituzionale non vuole, del resto, liberare gli indigenti in modo assoluto, perch� non vi si esclude che essi debbano rimborsare le spese che lo Stato ha per loro anticipato ove il proc�sso si risolva a loro sfavore, non potendosi ritenere che l'esonero sia garantito pure nel caso in cui si propongano azioni o difese che risultino prive di fondamento: risponde, del resto, ad un principio di giustizia distributiva che il costo del processo sia sopportato in definitiva da chi ha reso necessaria l'attivit� del giudice ed ha perci� occasionato la spesa implicata dal suo svolgimento, com'� per colui che � colpito da una condanna penale. Non � fondato assumere che le disposizioni delle leggi speciali denunciate assieme agli artt. 488 e 613 c.p.p., in realt�, non riguardano il singolo processo. Senza che vi sia bisogno di procedere ad indagini complesse baster� rilevare che, nello stato di previsione della spesa del Ministero di Grazia e Giustizia (e l'esempio pu� desumersi da quello relativo all'esercizio in corso, approvato con la legge 27 ottobre 1963, n. 1417), si distinguono le spese di giustizia dalle altre inerenti alle esigenze generali dell'amministrazione giudiziaria; in modo che altro non concerne se non le prime, e quindi le prestazioni inerenti al singolo processo, la voce � recupero di spese giudiziarie �, iscritta nello stato di previsione dell'entrata del Mi- tributi, (cfr. la sentenza della Corte, richiamata nel testo, 15-23 marzo 1960, n. 12, Giur. it., 1960, I, 1, 486). Circa l'insussistenza della violazione dell'art. 3 Cost. per le ipotesi di amnistia propria e di amnistia impropria cfr. la sentenza della Corte, citata nel testo, 12 dicembre 1963 n. 171, Giur. it. 1964, I, 1, 243. Per i diversi effetti dell'amnistia propria rispetto a quella impropria, anche se entrambe estintive del reato (Cass. 4 giugno 1'960, rie. Fazioli, Giust. pen., 1961, II, 36; Cass. 8 febbraio 1960, rie. P.M. c. Di Camillo, ivi 1960, II, 700), nel senso che l'amnistia impropria non estingue la condanna, cfr. Cass. 23 novembre 1957, rie. Musco, ivi, 1958, II, 332. 444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nistero del Tesoro senza dubbio in relazione a quell'obbligo di cui il Pretore di Pieve di Cadore contesta la legittimit� (per l'esercizio in corso la voce � nel cap. 171, tabella A, dello stato di previsione approvato con legge 21 agosto 1963, n. 1197). Va soggiunto che l'art. 53 della Costituzione, al quale unicamente si rif� il Pretore suddetto, non si riferisce ai tributi giudiziari. Avendo fatto richiamo alla capacit� contributiva e alla progressivit� rispettivamente come indice di imponibilit� e come criterio di imposizione, � intuitivo, che esso ha avuto riguardo soltanto a prestazioni di servizi il cui costo non si pu� determinare divisibilmente. Non concerne perci� quelle spese giudiziarie la cui entit� � misurabile per ogni singolo atto, e che quindi possono gravare individualmente su chi vi ha dato occasione; ed � richiamabile solo per la spesa della organizzazione generale dei servizi giudiziari, che � sostenuta dallo Stato nell'interesse indistinto di tutta la collettivit�, e che, di conseguenza, indistintamente su tutta la collettivit� deve gravare, in proporzione della capacit� contributiva di ognuno dei suoi membri. E ci� a parte che l'art. 53 della Costituzione, come altre volte ha giudicato questa Corte (sentenza 15 marzo 1960, n. 12), incide sul complesso del sistema fiscale, e non su ciascuno dei tributi; in modo che non vieta n� .una singola .imposizione ispirata a principi diversi da quello della progressivit�, n� che la spesa per i servizi generali sia coperta da imposte indirette o da entrate che siano dovute esclusivamente da chi richiede la prestazione dell'ufficio organizzato per il singolo servizio o da chi ne provoca l'attivit�. Non � pertanto utile obiettare, come fa il Pretore, che la giurisdizione penale, oggetto della sua ordinanza, ha caratteristiche del tutto distinte da quella civile e si esercita, pi� di questa, nell'interesse generale: � importante, ai fini del controllo invocato, l'avere accertato che le disposizioni denunciate non trovano contrasto in alcuna norma della Costituzione. E rimane inoltre assorbito l'assunto che sia incongrua la norma per cui, quando non v'� condanna, le spese del procedimento penale debbano onerare il querelante (art. 382 c.p.p.); assunto, del resto, non prospettato come oggetto di una specifica .questione di legittimit� costituzionale, tanto vero che il Pretore non ha neanche chiarito come la eventuale illegittimit� di quella norma influisse sul corrispondente obbligo del condannato. Solo su quest'obbligo era rilevante il soffermarsi nella concreta occasione. � . PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 445 Ugualmente senza giustificazione sono stati denunciati di J illegittimit� costituzionale gli artt. 198 e 151, primo comma, j c.p., nella parte in cui� escludono che l'amnistia estingua l'obbligazione del condannato al pagamento delle spese processuali. Al pretore, il quale oppone la violazione del principio di uguaglianza statuito . nell'art. 3 della . Costituzione, � sfuggito che una differenza esista tra la ipotesi in cui l'amnistia interviene prima della condanna e l'ipotesi in cui l'amnistia � concessa dopo. Nel primo caso non � certo che la spesa del procedimento � stata occasionata dall'imputato, ma, nel secondo caso, v'� in tal senso una certezza che promana dal giudicato, e pertanto le due situazioni non possono ragionevolmente essere regolate da norme identiche, e ugualmente comportare l'esonero dall'obbligo di rimborso verso lo Stato. La responsabilit� per le spese del processo penale non comporta, a differenza di quanto ritiene il Pretore, una sanzione accessoria alla pena; e perci� di questa non deve necessariamente seguire la sorte. Accertato l'illecito, rimane affermato altres� che il suo autore ha costretto ad istituire il procedimento; e ci� basta per farne gravare a suo carico il costo. Non conta che la condanna pu� intervenire prima o dopo la amnistia per circostanze estranee al comportamento dell'imputato e, in particolare, a seconda che sia sollecito o non lo sia il funzionamento dell'ufficio giudiziario che � competente per il processo: individuata la ragione per cui, al tempo dell'amnistia, il processo aveva potuto definirsi o era rimasto pendente, non resta per ci� solo soppressa la realt� obiettiva della esistenza o dell'inesistenza, in quel. tempo, delia sentenza di condanna. Ed essendo tale realt� del tutto diversa in ciascuno dei due casi, deve razionalmente ognuno di essi rispecchiare una diversit� di disciplina. Analogamente questa Corte non ha dato rilievo, agli effetti dell'art. 3 della Costituzione (sentenza n. 171 del 12 dicembre 1963), alla circostanza che, mentre colui il quale sia stato giudicato prima del decreto di amnistia ha potuto soffrjre in tutto o in parte la pena alla quale sia stato condannato, nessuna pena sopporta invece chi venga giudicato dopo quel decreto, anche se colpevole al pari del primo. CORTE COSTITUZIONALE, 19 maggio 1964, n. 33 -Pres. Ambrosini -Rel. Benedetti -Sancosciani (n.c.), INAM (n.c.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Tracanna). 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO revidenza e assistenza � Pensione ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni -Assicurazione malattie senza dichiarazione delle :fonti di entrata -Contrasto con l'art. 81 della Costituzione -Non sussiste. (L. 26 ottobre 1957 n. 1047, art. 6; L. 4 agosto 1955 n. 692 art. 1; Cost. art. 81). L'art. 6 della legge 26 ottobre 1957 n. 1047 ha istituito una estione speciale autonoma per le pensioni da corrispondere :ai oltivatori diretti, ai mezzadri e ai coloni, non pure per l' assi� tenza malattie alle stesse categorie; conseguentemente esso non ontrasta con l'art. 81 della Costituzione per non avere indiato i mezzi per far fronte alla r�lativa �spesa (1). (Omissis). -Il Tribunale, �basandosi sul presupposto che i oltivatori diretti, i mezzadri e i coloni pensionati abbiano diitto all'assistenza di malattia, ha sottoposto alla Corte la se (1) Il Tribunale di Siena, con l'ordinanza di rimessione 6 mar: o 1963 (Gazz. Uff. 2 luglio 1963 n. 175) aveva ritenuto che l'estensione lel trattamento di previdenza (pensi'oni) alle categorie dei coltivatori liretti, coloni e mezzadri, disposto dalla legge 26 ottobre 1957 n. 1047, mportasse automaticamente anche l'applicazione, alle medesime cate~ orie, del trattamento di assistenza (assicurazione malattie), in virt� lei � collegamento � di cui all'art. 1 della legge 4 agosto 1955 n. 692. :!'. poich� la legge prevede solo la copertura finanziaria per il tratamento previdenziale, il Tribunale ne aveva dedotto l'illegittimit� :ostituzionale della norma per contrasto con l'art. 81 Cost. La Corte ha fatto giustizia � della singolare tesi del Tribunale, �itenendo che nessuna norma coordinata consente di interpretare l'attribuzione del trattamento previdenziale come estensivo anche di :i.uello assistenziale. Basterebbe rilevare che la legge del 1955 ha un campo di applicadone riferito essenzialmente al lavoro dipendente, per cui dall'assicu~ azione invalidit� e vecchiaia erano stati esclusi �i coltivatori diretti Jroprio per la loro qualit� di coltivatori autonomi. La legge del 1957 ha disposto una applicazione autonoma del >istema previdenziale al di fuori del sistema previdenziale istituito ::on il decreto-legge 4 ottobre 1935 n. 1827, attuata dal legislatore iiscrezionalmeh.te e gradualmente, e non con l'automaticit� ritenuta dal Tribunale. Cos�, l'assicurazione malattia � stata disposta in tempi e con provv- edimenti diversi, a favore delle varie categorie di lavoratori autonomi nel settore agricolo (legge 22 novembre 1954 n. 1136). Per l'autonomia (relativa) fra trattamento di pensione e assicurazione malattia, di cui all'art. 1 L. 4 agosto 1955 n. 692 cfr. Cass. 26 giugno 1962 n. 1652 (Giur. it., 1963, I, l, 760). � Per l'illegittimit� costituzionale dell'art. 4, terzo comma, della L. 4 agosto 1955 n. 692 cfr. Corte Cost. 16 dicembre 1960 n. 70 (Giur. it. 1961, I, l, 408). l l '.:1 �. ,; PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE �447 guente questione di legittimit� costituzionale: se l'art. 6 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047, posto in relazione con l'art. 1 della legge 4 agosto 1955, n. 692, sia in contrasto con l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione per non avere indicato i mezzi per far fronte alla nuova spesa derivante dall'estensione della assistenza di malattia alla nuova categoria di pensionati di invalidit� e vecchiaia . .Posta in questi termini, la questione non � fondata. L'art. 6 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047. si limita ad istituire presso l'I.N.P.S. una gestione speciale autonoma per le pensioni da corrispondere ai coltivatori diretti, ai mezzadri e ai coloni. L'ordinanza non ritiene compreso tra gli scopi di tale Gestione quello di provvedere per l'assistenza di malattia alla nuova categoria di pensionati. E allora. non si ve.de n� come l'art. 6 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047, possa essere messo in relazione con l'art. 1 della legge 4 agosto 1955, n. 692, sulla estensione dell'assistenza di malattia ai pensionati, n� come possa essere in contrasto con l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione per non avere indicato i mezzi per far fronte alla nuova spesa occorrente per tale assistenza. L'esigenza costituzionale di indicare i mezzi di copertura di una nuova spesa postula che tale spesi� sia stata autorizzata e l'ordinanza espressamente rileva che -mentre con l'art. 5 della legge n. 692 del 1955 fu posta a carico del Fond9 adeguamento pensioni anche la spesa per l'assistenza di malattia ai 4. lavoratori pensionati -con l'art. 6 della legge n. 1047 del 1957 � stata posta, invece, a carico della Gestione autonoma soltanto la spesa per il trattamento di pensione ai coltivatori diretti, ai mezzadri e ai coloni. E' chiaro quindi che occorreva provvedere solo ai mezzi per il pagamento delle pensioni e a ci� la legge 26 ottobre 1957, n. 1047, ha provveduto con le disposizioni contenute negli articoli 11 e 21. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE 19 maggio 1964, n. 35 -Pres. Am brosini -Rei. Bonifacio -Bertoni ed altri (avv.ti Mariani, Companini) e Presidente Cons. Ministri (avv. Stato Varvesi). Acque pubbliche ed elettricit� -Espropriazione dei fondi occorrenti per l'esecuzione di opere di deviazione, raccolta ed esercizio Stato di consistenza e determinazione della somma da offrire ai proprietari espropriati, a cura del Genio Civile -Violazione del diritto di difesa dell'espropriato -Esclusione. (T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775, art. 33, terzo comma; 1. 25 giugno 1865 n. 2359; cost. artt 24, 113). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non contrasta con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, ~lativi al diritto di difesa del cittadino contro gli atti della .A. l'art. 33 terzo comma del testo unico sulle acque e sugli npianti elettrici, in relazione all'art. 34 della legge fondamentale 'J.lla espropriazione per pubblica utilit�, poich� la stima delindennit� di occupazione da offrire all'espropriato redatta, dal ;enio Civile in base a tale norma non vincola l'autorit� giudiziaia fino al punto da precludere all'espropriato la difesa del diitto di cui assume la violazione e da escludere il sindacato giuisdizionale (1). (Omissis). _.:_ Il dispositivo delle due ordinanze di rinvio a testuale riferimento, oltre che all'art. 34 della legge 25 giu: no 1865, n. 2359, all'intero art. 33 del R.D. 11 dicembre 1933, t. 1775, ma dalla motivazione si ricava con certezza che la [Uestione di legittimit� costituzionale, per quanto attiene a [Uest'ultima disposizione, � circoscritta al comma terzo che lemanda al Genio Civile o, se i lavori debbano essere eseguiti la un'amministrazione statale, all'ufficio tecnico di questa il :ompito di compilare lo stato di consistenza dei fondi e di leterminare la somma da depositarsi a titolo di indennit� di :spropriazione. Il Tribunale e le parti private costituite pervengono alla :onclusione che l'esito del giudizio vien fatto dipendere dalla ;tatuizione di un organo amministrativo in quanto partono dal )resupposto che le norme in esame sottraggono al giudice ogni )Otere istruttorio e, di conseguenza, costituiscono ostacolo allo ~splicarsi del diritto di difesa costituzionalmente garantito. Ma (1) Le due contestuali ordinanze di rimessione 18 luglio 1963 del Tribunale di Reggio Emi)ia sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale 12 ottobre 1963 n. 268. La sentenza della Corte 22 dicembre 1%1 n. 70, menzionata nel testo, � pubblicata in Giur. it. 1962, I, l, 515. � Per l'autonomia dell'Autorit� giudiziaria rispetto alle risultanze peritali, sotto i1 profilo della rilevanza costituzionale, cfr. la sentenza della Corte, citata nel testo, 10 maggio 1963 n. 63 (Giur. it. 1963, I, l, 930). Per l'esemplificazione delle deroghe sempre pi� numerose al procedimento peritale previsto dalla legge sulle espropriazioni, sostituito dalle stime di organi tecnici della P.A., cfr. CARUGNO, L'espropriazione per p.u., Milano, 1962, 295 sgg. . Ma si tratta di deroghe � quoad personam �, non � quoad effectum �, dato che all'espropriato � concessa la facolt� di impugnare tali stime, da cui il giudizio dell'Autorit� giudiziaria non risulta per nulla pregiudicato o condizionato. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 449 la Corte ritiene che questa interpretazione sia inesatta e non possa essere condivisa. Giova in primo luogo osservare che le operazioni demandate alla competenza del Genio Civile si inseriscono nel procedimento amministrativo di espropriazione e vengono compiute, perci�, quando non � ancora sorto alcun rapporto processuale fra espropriante ed �espropriato. E sotto questo pro' filo, come esattamente ha rilevato l'Avvocatura dello Stato, nessuna differenza � possibile riscontrare fra la norma contenuta nella legge sulle espropriazioni per pubblica utilit�, che affida al Tribunale la nomina del perito o dei periti che devono procedere alla stima dei beni (art. 32), e le disposizioni spe. ciali che per particolari tipi di espropriazione conferiscono lo stesso compito ad . uffici amministrativi; nell'uno e nell'altro caso, infatti, si tratta sempre di attivit� meramente amministrativa, posta in essere prima dell'emissione del decreto di espropriazione e, quindi, prima che possa essere investita la � autorit� giudiziaria. Nessun rilievo costituzionale ha pertanto la circostanza che per gli impianti elettrici, in forza del terzo comma dell'art. 33 del R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775, la stima dei beni venga demandata al Genio Civile o, se i lavori debbano essere eseguiti da un'amministrazione statale, all'ufficio tecnico di questa. Per quanto poi concerne l'influenza che la stima cos� determinata spiega sull'eventuale successivo procedimento civile, non � dubbio che in forza del generico rinvio contenuto nel quarto comma del citato art. 33 sia applicabile l'art. 34 della citata legge n. 2359 del 1865 e che, di conseguenza, a Auella stima vadano riconosciuti gli effetti di una perizia giudiziaria: ma ci� non significa affatto che essa vincoli l'autorit� giudiziaria fino al punto da precludere all'espropriato la difesa del diritto di cui assume la violazione e da escludere il sindacato giurisdizionale. L'opposta conclusione non trova conforto nel~ l'esegesi delle norme in esame ed � nettamente esclusa dalla costante interpretazione che di esse hanno dato la dottrina e la giurisprudenza. La legge sulle espropriazioni dispone, infatti, che nei trenta giorni successivi alla notifica del decreto di espropriazione i proprietari interessati possono proporre avanti l'autorit� giudiziaria le loro istanze contro la stima fatta dai periti (art. 51): e, dunque, � la stessa legge che prevede come oggetto del giudizio l'impugnativa della perizia, senza dettare n� espressamente n� implicitamente limiti al normale potere di apprezzamento, di istruttoria e di decisione dell'autorit� giudi� ziaria. N� siffatti limiti si ricavano dalla circostanza che in far 450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO za del citato art. 34 alla stima vengono riconosciuti, come s1 e detto, gli effetti della perizia giudiziaria, giacch� secondo la . costante interpretazione giurisprudenziale il giudice conserva gli stessi poteri che gli competono nei confronti di qualsiasi perizia, compreso quello (art. 196 c.p.c.) di ordinare il rinnovo delle operazioni e di affidarlo al consulente che ritenga pi� idoneo, con apprezzamento cos� ampio da esser ritenuto incensurabile in cassazione. Da quanto si � detto emergono nettissime le differenze fra il caso in e~ame e quello deciso da questa Corte con sentenza n. 70 del 1961, che dichiar� costituzionalmente illegittimo l'art. 10 n. 1 della legge 23 maggio 1950, n. 253. Questa norma demandava infatti al Genio Civile un accertamento che vincolava il giudice nel merito, ne limitava il potere riducendolo ad un mero controllo di legittimit�, gli impediva di nominare un nuovo e diverso consulente tecnico o di ricavare da altre fonti il suo convincimento: conseguenze che la disciplina dettata dalle norme ora impugnate certamente non comporta. E poich�, in definitiva, le parti nel far valere le loro ragioni innanzi all'autorit� giudiziaria non incontrano altri limiti che quelli derivanti dalle regole del processo civile, � da escludere, conformemente alle enunciazioni contenute nella sentenza n. 63 del 7 maggio 1963 di questa Corte, che le disposizioni legislative oggetto del presente giudizio violino il diritto di difesa ovvero escludano o limitinno la tutela giurisdizionale contro� gli atti della pubblica amministrazione. -(Omissis). CORTE COSTiTUZIONALE 23 maggio 1964, n. 39 -Pres. Ambrosini -Rel. Fragali -Mazza (avv. Fazzolari) e Ministero Finanze (avv. Stato Peronaci). Imposta di registro -Valutazione automatica nei trasferimenti dei fondi rustici -Legge interpretativa 22 novembre 1962, n. 1706 � Illegittimit� costituzionale in relazione all'art. 3 della C�stituzione -Esclusione. (1. 22 novembre 1962, n. 1706, art. 4; 1. 20 ottobre 1954, n. 1044, art.� 1; 1. 27 maggio 1959, n. 355, art. 3; Cast. art. 3). Non sussiste l'illegittimit� costituzionale, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 4 della legge 22 novembre 1962, n: 1706, recante interpretazione autentica della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, che dispone la valutazione automatica, o tabellare, nei trasferimenti � mortis causa � dei fondi ru1 I PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 451 stici (estesa anche agli atti tra vivi dalla legge 27 maggio 1959, n. 335); ci� in quanto l'effetto retroattivo disposto dall'art. 4 di tale legge interpretativa discende da una dichiarazione di parte di contenuto uguale a quello che la norma del tempo aveva ritenuto sufficiente secondo un significato non discusso (1). (Omissis). -Non sussiste l'assunta illegittimit� costituzionale dell'art. 4 della citata legge 22 novembre 1962, n. 1706. Al riguardo il Tribunale di Catanzaro ha avuto dubbi perch� ha creduto che la legge suddetta imponesse al contribuente di dichiarare, nella denuncia di successione e nell'atto soggetto a registro, in un modo solenne e sacramentale, che i fondi hanno un valore inferiore al valore risultante dalle tabelle formate ai sensi della legge 20 ottobre 1954, n. 1044. E' vero che nell'art. 1 della suddetta legge del 1962 si richiede una espressa dichiarazione; ma intuitivamente esso non vuole esigere pi� che una enunciazione di valore chiara e inequivoca, secondo la nozione comune di dichiarazione espressa, come risulta, del resto, dal successivo art. 2, che al valore dichiarato si richiama nel riassumere il contenuto dell'art. 1, non ad un valore dichiarato con formula solenne. E come, del resto, era anche detto nel primo comma di quell'art. 1 della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, che la norma denunciata si pro (1) L'ordinanza di rimessione 14 luglio 1963 del Tribunale di Catanzaro � pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1963 n. 281. In merito alla questione esaminata dalla Corte, � noto che la legge 27 maggio 1959, n. 355 introdusse la sostanziale innovazione di estendere in materia di trasferimenti per atto tra vivi di fondi rustici le disposizioni concernenti la cosidetta valutazione automatica, da desumersi, cio� dai valori risultanti da tabelle compilate dalla Commissione censuaria centrale, aggiornate anno per anno secondo coefficienti di correzione. Tale sistema gi� vig�va relativamente all'imposta di successione sui medesimi fondi rustici, perch� introdotto dalla legge 20 ottobre 1954, n. 1044, le cui disposizioni furono, appunto, integralmente richiamate dall'art. 3 della citata legge 27 maggio 1959 11. 355. Prescindendo dal caso -invero non frequente -in cui il con� tribuente abbia, nell'atto di trasferimento tra vivi di detti fondi rustici, dichiarato, agli effetti fiscali, un valore superiore a quello indicato nelle tabelle, il nuovo sistema introdotto dalle citate leggi 20 ottobre 1954 n. 1044 e 27 maggio 1959 n. 355, rende applicabile da parte dell'Ufficio il valore tabellare prestabilito per ogni caso in cui non risulti che il contribuente abbia inteso attribuire al bene rustico trasferito un valore inferiore al detto valore tabellare. Per effetto delle due sopracitate leggi il sistema automatico tabellare � venuto quindi a costituire la base normale per l'applicazione 452 P.ASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DEU.O STATO poneva di inJerpretare; ove si voleva che il valore dichiarato non risultasse inferiore a quello tabellare, evidentemente perch� si esigeva una dichiarazione che non offrisse dubbi, al fine di poterla raffrontare agevolmente alla indicazione tabellare, e cos� rendere pi� facile l'accertamento tributario, eliminandosi le controversie sulla stima o riducendosene il numero. D'altra parte, la legge del 1954 aveva fatto sorgere incertezze di interpretazione, non sul contenuto, ma sugli effetti della dichiarazione del contribuente: si era discusso se, l'avere essa contemplata la sola ipotesi di dichiarazione di valore non inferiore a quello tabellare come circostanza escludente il ricorso all'accertamento fisso, implicasse che a questo dovesse farsi capo, quando il valore dichiarato fosse uguale o superiore, esclusivamente per determinare i casi in cui si dovesse procedere a stima; in modo che la stima, e non la tabella, dovesse servire a determinare l'imponibile, ove il valore dichiarato fosse stato inferiore al modulo. La norma denunciata risolse tale questione, ed essa sola. Ci� emerge dalla relazione che ne accompagn� la proposta, ma pi� si desume dalla irrazionalit� che essa rivestirebbe ove si ritenesse che avesse ri . chiesto, per un atto formatosi anteriormente, un c�ntenuto diverso da quello che la norma del tempo aveva ritenuto sufficiente secondo un significato non discusso; un contenuto cio� del tributo, rimanendo il sistema dell'accertamento concreto di valore, di cui al R.D.L. 7 agosto 1936 n. 1639, di applicazione solo eventuale. Con legge 22 novembre 1962 n. 1706 il legislatore ha dettato norme di interpretazione autentica relativamente alla legge 20 ottobre 1954 n. �1044, disponendo che questa si applica qualora non sia dichiarato dalle parti alcun valore e qualora non sia espressamente dichiarato che i fondi hanno un valore inferiore a quello tabellare. Se il valore dichiarato � inferiore, la parte ha facolt� di richiedere l'accertamento di valore nei modi ordinari. L'art. 4 della legge interpretativa, infine, attribuisce effetto re� troattivo alle disposizioni precedenti. La denuncia di illegittimit� costituzionale del Tribunale di Catan� zaro riguardava proprio l'estensione ed il contenuto della dichiara� zione di parte, ritenendosi da detto Tribunale che la rigidit� formale di tale requisito potesse creare disparit� di trattamento giuridico, con violazione dell'art. 3 della Costituzione, tra contribuenti che fossero in grado di formulare tale dichiarazione e contribuenti non pi� in grado di farlo, relativamente agli atti posti in essere prima della legge interpretativa. La Corte ha risolto il preteso conflitto, adottando un'interpreta� zione della norma minore pi� aderente al testo ed allo spirito della norma stessa, nel senso, cio�, che -per gli atti posti in essere ante� riormente -non occorra alcuna dichiarazione sacramentale o solenne, bastando solo che -come gi� risultava dalla legge del 1954 -si PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 453 che non era pi� modificabile, n� pi� si consentiva di modificare. Soltanto allora la norma si rivelerebbe violatrice del principio di uguaglianza: avrebbe infatti assoggettato ad una identica disciplina legislativa situazioni diverse (sentenza n. 53 del 9 luglio ~958), pareggiando, a quella di coloro che sono in grado di uniformarsi alla norma nuova, perch� compiono l'atto successivamente alla sua entrata in vigore, la condizione di coloro i quali, per aver formato l'atto anteriormente a tale legge, invece non avrebbero potuto osservarla. -(Omissis). abbia tma enunciazione di valore tale da poter individuare se esso sia non inferiore, o meno, a quello tabellare. Pertanto, solo apparentemente, l'art. 4 della legge interpretativa attribuisce carattere retl:'oattivo all'applicazione della legge stessa. Tale apparente retroattivit� � propria delle leggi interpretative, di cui non � contestabile non solo la legittimit� costituzionale, ma anche la pratica utilit� e, talvolta la necessit� ai fini della retta e uniforme applicazione delle norme giuridiche. Sicch�, anche se l'articolo 4 non l'avesse detto espressamente, rion vi � dubbio che la legge del l%2, appunto perch� interpretativa, avrebbe trovato applicazione nei precedenti rapporti giuridici. Su tale interpretazione non formalistica, ma oggettiva, delle leggi in esame cfr. Cass. 3 giugno 1_963 n. 1480, Riv. Leg. Fisc. 1963, I, 1978. Per la legittimit� costituzionale della legge 20 ottobre 1954 n. 1044, cfr. Corte Cost. 11 luglio 1961 n. 48, Giur. it. 1961, I, 1, 1140. La sentenza della Corte 9-14 luglio 1958 n. 53, citata nel testo, � pubblicata in Giur. it. 1958, I, 1, 1327. Per la legittimit� costituzionale delle leggi tributarie retroattive, allorch� esse non importino violazioni di altri precetti della Costitu� zione, cfr. Corte Cost. 30 dicembre 1958 n. 81, Giur. it. 1959, I, l, 385, e 9 marzo 1959 n. 9, ivi, I, 1, 1015. Infine, per Jlammissibilit�, nel nostro ordinamento costituzionale, delle leggi interpretative, cfr. Corte Cost. 8 luglio 1957, n. 118, Giur. it., 1957, I, 1, 1314. CORTE COSTITUZIONALE 23 maggio 1964, n. 40 -Pres; Am brosini -Rel. Sandulli -Turrini (avv. Bettinelli, Tosato) c. Borlenghi (avv. Pritzolu) e Ottolini (n.c.) c. Marini (n.c.) e Presidente Cons. Ministri (avv. Stato Tracanna). �Corte Costituzionale -Identificazione da parte del giudice "a quo" del principio costituzionale che si assume violato -Indicazione del l'articolo della Costituzione -Irrilevanza. Contratti agrari � Determinazione dei canoni di affitto dei fondi rustici -Limiti fissati dalla Commissione tecnica provinciale -Violazione del principio di libert� economica -Insussistenza. (Cost., art. 41; I. 12 giugno 1962, n. 567, art. 1). 454 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i i ��' Contratti agrari � Determinazione dei canoni di affitto dei fondi ru� stici -Tabelle dei limiti stabilite dalla Commissione tecnica pro vinciale -Violazione del principio dell'indipendenza del Giudice -� i Non sussiste. .-' ( Cost., art. 101; 1. 12 giugno 1962, n. 507, art. 7). Nei casi tn cui sia stato sicuramente identificato dal giudice " a quo " il principio costituzionale del quale si assume la violazione, � irrilevante l'indicazione di un articolo o di un comma diverso da quello in cui il principio � da ritenere effettivamente espresso. Ci� tanto pi� ha da valere allorquando venga in questione una regola costituzionale comune a tutta una materia ordinata nella Carta fondamentale in sistema unitario, in quanto distribuita in pi� articoli, c.ome � il caso per la regola della �riserva di legge nel campo delle private libert� nella materia economica (1). Non contrasta con l'art. 41 della Costituzione, per viola zione del principio della riserva di legge, l'art. 1 della legge 12 giugno 1962 n. 507 il quale stabilisce che la misura del canone di affitto dei fondi rustici deve essere contenuta nei limiti sta biliti dalle Commissioni tecniche provinciali, in quanto la de terminazione dei canoni minimi e massimi non pu� ritenersi rimessa all'arbitrio e nemmeno alla discrezionalit� delle Com missioni, bens� a valutazioni tecniche operate sulla base di indicazioni legislative sufficientemente specifiche (2). N� contrasta con il principio d'indipendenza del giudice stabilito dall'art. 101 della Costituzione, l'art. 7 della medesima (1) Le ordinanze di rimessione del Tribunale di Cremona -Sez. specializz. agraria -" 24 ottobre 1963 e 28 novembre 1963 sono pubblicate, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale 30 novembre 1963, n. 312 e 28 dicembre 1963, n. 336. � Sul principio che � sufficiente l'identificazione nel suo contenuto della disposizione costituzionale violata, anche se manchi l'indicazione numerica qell'articolo, cfr. oltre la sentenza della Corte 14 febbraio 1962, n. 6 citata� nel testo (Giur. it. 1962, I, 1, 650), Corte Cost. 28 novembre 1961, n. 63 (Giur. cost. 1961, 1213), Corte cost. 30 dicembre 1958, n. 81, ivi, 1958, 1000, e Corte cost. 5 aprile 1957, n. 49, ivi, 1957, 610. (2) La Corte Tibadisce il suo insegnamento, secondo il quale, se pu� riconoscersi che gli interventi diretti a porre od a precisare i limiti della autonomia negoziale privata, in materia economica, debbano essere attuati con legge, � sufficiente, ai fini della garanzia costituzionale, che la legge intervenga a stabilire esplicitamente il limite ed indichi l'ambito ed i criteri di applicazione del limite stesso, nonch� gli organi che do PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 455 legge, il quale dispone che le Sezioni Specializzate del Tribunale determinano l'equo canone entro i limiti stabiliti dalle Commissioni tecniche provinciali, in quanto esso, senza derogare al principio per cui il giudice non � tenuto ad applicare gli atti amministrativi illegittimi, assegna al giudice civile, come regole di giudizio, norme di carattere generale emanate, sulla base di una legge, da autorit� appartenenti alla P.A. (3). (Omissis). -Le due cause riguardano le stesse questioni di legittimit� costituzionale, sollevate nei confronti rispettivamente, dell'art. 1 edell'art. 7 della legge 12 giugno 1962, n. 567, contenente norme in materia di affitto di fondi rustici. Perci� esse sono state trattate congiuntamente, vengono riunite, e sono decise con unica sentenza; La questione sollevata nei confronti dell'art. 1 (terzo comma) della legge investe l'osservanza del principio della riserva di legge, il quale sarebbe stato violato attraverso il deferimento alle Commissioni tecniche provinciali del potere di stabilire . i limiti minimi e massimi entro cui deve esser contenuta la misura dei canoni annuali di affitto dei fondi rustici. Nel riferire l'eccezione sollevata in proposito innanzi al Tribunale dalle parti convenute, deferite poi all'esame di questa Corte, entrambe le ordinanze di rimessione precisano che le parti stesse si erano richiamate, per indicare il precetto costituzionale contenente tale principio in ordine alla materia di cui � causa, al terzo comma dell'art. 41 Cast., assumendo perci� la violazione di quest'ultimo. La difesa Borlenghi, la quale nulla aveva eccepito in proposito nelle deduzioni presentate al momento della costituzione in. giudizio, rileva per� nella memoria che la limitazione dei canoni di affitto dei fondi rustici � materia rientrante nel secondo comma dell'art. 42 vranno applicarlo, senza che possa pretendersi che la legge regoli interamente e compiutamente la limitazione che si intende adottare. Cfr. le sentenze citate nel testo, 9 aprile 1963, n. 46, Giur. it. 1963, I, 1, 691; 14 giugno 1962, n. 54, ivi, 1962, I, 1, 1298; 14 febbraio. 1962, n. 4 e 5, ivi, 1962, I, 1, 498. (3) Sul principio dell'indipendenza del Giudice, sotto il profilo, peraltro, della violazione del principio di difesa, e in ordine agli accertamenti del Genio Civile sulle condizioni degli immobili urbani, cfr. la sentenza della Corte richiamata nel testo, 22 dicembre 1961, n. 70, Giur. it. 1962, I, 1, 515. Per l'illegittimit� costituzionale della composizione delle Sezioni Specializzate agrarie, anteriormente alla nuova legge 2 marzo 1963, n. 320, cfr. Corte Cast. 20 dicembre 1962, n. 108, Giur. it., 1'963, I, 1, 305. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO :~ Cost.: onde, prospettata con riferimento all'art. 41, la que I ~ , stione in esame sarebbe da dichiarare senz'altro infondata. A sua volta la difesa Turrini rappresenta l'esigenza di tener pre. . sente anche il secondo comma dell'art. 41 Cost. L'ammissibilit� di considerare anche tale comma appare riconosciuta pure dalla difesa dello Stato. Osserva in proposito la Corte che dal contesto delle ordinanze appare chiaro che il vizio di costituzionalit� che il Tribunale intese denunciare fu l'inosservanza di un principio costituzionale nettamente id�ntificato: quello di una asserita riserva di legge in materia di limitazioni da imporre ai locatori in sede di affitto di fondi rustici. Orbene, nei casi in cui sia stato sicuramente identificato dal. giudice a quo il principio costituzionale del quale si assume la violazione, questa Corte ha considerato irrilevante l'indicazione di un articolo o di un comma diverso da quello in cui il principio � da ritenere effettivamente espresso (v., p. es., la sentenza n. 6 del 1962 e l'ordinanza 149 del 1963). Ci� tanto pi� ha da valere allorquando venga in questione una regola costituzionale comune a tutta una materia ordinata nella Carta fondamentale in sistema unitario, per quanto distribuita in pi� articoli, come � appunto il caso per la regola della riserva di legge nel campo delle private libert� nella materia economica, comprensive della libert� di iniziativa e di quella di disporre e godere della propriet�. Tali libert� sono infatti disciplinate negli artt. 41-44 Cast. secondo una chiara ispirazione unitaria, della quale la regola della riserva di legge, pur _senza che si possa negare una certa sua varia modulazione, rappresenta sicuramente una costante. E' poi da tener presente che nel caso in esame � sicuramente fuori causa la riserva di cui al terzo comma del'articolo 41, dato che non si � in presenza di programmi o controlli imposti all'attivit� economica. privata; e che le riserve di legge da �osservare quando vengano in questione i limiti previsti per l'iniziativa economica privata dal secondo comma dell'art. 41, e quelli previsti per la propriet� privata dal secondo comma dell'art. 42 sono di identica portata, e sono entrambe di quelle che non precludono alla legge la possibilit� di deferire, purch� con adeguata specificazione, ad autorit� amministrative, particolari poteri di incidenza nel campo dei diritti economici garantiti dai due menzionati articoli (cfr., con riferimento al secondo comma dell'art. 41, specialmente le sentenze 103 del 1957, 4, 5, 54 del 1962, 46 del 1963). Donde lo scarso interesse di stabilire in quale delle anzidette disposi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 457 zioni affondi le sue radici (o se le affondi in entrambe) fa regola della riserva di legge -sicuramente esistente -cui fanno richiamo le ordinanze dalle quali trae origine il presente giudizio. Passando all'esame della questione relativa alla legittimit� costituzionale del ricordato art. 1, la Corte anche alla stregua della propria giurisprudenza, ritiene osservata, nella specie, la regola della riserva di legge. Avendo di mira la realizzazione di una normativa differenziata, al fine di una sua opportuna aderenza alla variet� delle condizioni locali dell'agricoltura e dei rapporti a essa inerenti, cos� diversi in Italia da zona a zona, l'art. 1 della legge deferisce la determinazione dei limiti, entro i quali deve esser contenuta in ciascuna provincia la misura dei canoni annuali di affitto dei fondi rustici, ad apposite Commissioni tecniche provinciali. Ma altre norme della medesima legge delimitano con sufficiente specificazione i poteri delle Commissioni. L'art. 3 stabilisce che la determinazione della misura minima e massima dei canoni di affitto, nelle � tabelle � biennalmente compilate dalle Commissioni, deve perseguire l'obbiettivo � di assicurare una equa remunerazione per il lavoro del!' affittuario e della sua famiglia e la buona conduzione dei fondi �. Questa indicazione dei fin� contiene una notevole delimitazione dei poteri delle Commissioni, in quanto, da un lato, una .� equa remunerazione � del lavoro della famiglia colonica (concetto gi� risultante dall'art. 36 Cost.) comporta l'esigenza di proporzionare i canoni di affitto all'opera mediamente richiesta per la coltivazione (variabile a seconda delle situazioni agrarie e del mercato del lavoro); dall'altro; la necessit� di incoraggiare la buona coltivazione dei fondi comporta (sempre in correlazione con la variet� delle situazioni) il contemperamento -in �vista di una concordia di intenti suggerita dalla convenienza economica -degli interessi del locatore con quelli dell'affittuario. Dall'esigenza di assicurare un'� equa remunerazione � del lavoro delle persone mediamente impiegate nella coltivazione dei campi risulta, in sostanza, definito in modo sufficientemente puntuale un limite oltre il quale non � po~sibile andare nello stabilire i canoni massimi di affitto � (che sono quelli di maggiore interesse nell'economia della legge, fa quale si � preposto di tutelare in modo particolare l'attivit� effettivamente impegnata nella produzione agricola); mentre per i canoni minimi assume importanza l'esigenza che venga assicurata la � buona coltivazione � dei fondi, la quale � collegata, tra l'altro, al mantenimento dell'interesse economico dei loca 458 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I tori alla terra. Entro tali ragionevoli, ma inderogabili limiti la legge ammette a spaziare l'autonomia delle parti e la equit� del giudice. � Quanto precede dimostra l'inesattezza della affermazione, contenuta nelle ordinanze di rimessione, secondo la quale la determinazione delle �tabelle� non poggerebbe su alcun �criterio obbiettivo �; e dimostra a un tempo l'impossibilit� di configurare come criterio universalmente valido quello di stabilire �una misura percentuale della ripartizione del reddito �gricolo fra i fattori della produzione �. A parte i limiti di cui 'si � detto, la legge contiene poi una precisazione piuttosto ampia dei vari elementi di fatto da tener presenti nella compilazione delle �tabelle�. Infatti queste non debbono limitarsi a stabilire, alla stregua delle anzidette finalit�, un unico canone minimo e un unico canone massimo validi per l'intero territorio della provincia e per tutte le possibili situazioni, bens� una serie di canoni minimi e massimi; e a ci� debbono provvedere basandosi su molteplici fattori .indicati dalla legge, riflettenti essenzialmente la redditivit� dei fondi, i tipi aziendali, le spese e gli oneri gravanti sulle parti. Il ricordato art. 3 prescrive all'uopo che i massimi e minimi tabellari devono essere stabiliti � per zone agrarie, omogenee, per qualit� e classi di terreni e per tipi aziendali �, tenendo conto � dello stato di produttivit� dei fondi, dell'esistenza e delle condizioni dei fabbricati rurali, delle attrezzature aziendali, degli oneri a carico dei proprietari locatori, degli apporti dell'affittuario, dei costi e degli oneri gravanti sull'impresa �. Fattori, la cui incidenza sulla produzione � mediamente apprezzabile in base a �valutazioni tecniche almeno ai fini della determinazione dei limi ti m1mm1 e massimi di competenza delle Commissioni -con sufficiente adeguatezza. La redazione delle � tabelle � deve aver luogo dunque da parte . delle Commissioni -le quali non senza ragione vengono definite dalla legge come � tecniche � -attenendosi essenzialmente alle regole tecniche dell'economia agraria; e lo stesso concetto di �equa remunerazione� delle braccia lavorative partecipanti alla coltivazione � tutt'altro che rimesso a una libera scelta delle Commissioni. N� a diversa conclusione pu� giungersi -come vorrebbe la difesa Turrin� -considerando la composizione delle Commissioni. E' vero che esse sono presiedute dal prefetto (o da un vice-prefetto da lui delegato); ma occorre non dimenticare che ne fa parte, accanto alla rappresentanza paritetica (in par PARTE I,. SEZ. I, GIU~ISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 459 te anch'essa �tecnica�) delle categorie controinteress�te messe cos� in condizioni di far valere le rispettive ragioni -, il capo dell'ispettorato agrario provinciale (o un suo rappresentante), al quale anzi il prefotto �pu� delegare la direzione tecnica dei lavori� (art. 2). Onde non ad imprimere carattere � politico � alle determinazioni delle Commissioni � da ritenere ordinata la attribuzione al prefetto della funzione di presidente, bens� ad assicurare alle Commissioni una presidenza consapevole dei problemi generali della provincia e abbastanza autorevole perch� le determinazioni suggerite dalle regole tecniche vengano discusse -sempre sul piano tecnico -e accettate dalle categorie controinteressate in un'atmosfera serena e obbiettiva, e senza ingiustificate frizioni. Del pari � da escludere nel modo pi� assoluto il carattere � politico � delle direttive che alle Commissioni provinciali pu� impartire la Commissione tecnica centrale prevista dall'art. 5, presieduta dal Ministro per l'agricoltura (o da un suo delegato) e composta da due esperti e da quattro rappresentanti per ciascuna delle due categorie economiche controinteressate. Anche tali direttive devono infatti necessariamente essere basate su criteri tecnici, cos� come le determinazioni che la Commissione centrale � competente. ad adottare su ricorso dello ispettorato agrario compartimentale contro l'operato delle Commissioni provinciali, o quelle che pu� adottare in sostituzione delle Commissioni provinciali in caso di mancata delibe:r.azione da parte di queste nei termini di legge. Del resto, qualora,� anzich� alle regole cui sono obbligate ad attenersi, tanto la Commissione centrale, quanto quelle provinciali, dovessero ispirarsi a criteri diversi, o dovessero altrimenti incorrere in deviazioni dalla legittimit�, a parte il ricorso officioso spettante all'ispettore agrario compartimentale di cui or ora si � detto, sono aperti agli interessati tutti i rimedi giuridici consentiti dalla Costituzione e dalle leggi nei confronti degli atti amministrativi illegittimi (artt. 24 e 113 Cost.). Pertanto, non solo la determinazione dei canoni minimi e massimi non pu� ritenersi rimessa all'arbitrio e nemmeno alla discrezionalit� delle Commissioni, bens� a valutazioni tecniche operate sulla base di indicazioni legislative sufficientemente specifiche; ma nei confronti di tale determinazione gli interessati godono di adeguate garanzie di giustizia. Onde a torto si assume la violazione del principio della riserva di legge. Del pari infondata � la questione proposta nei confronti dell'art. 7 della legge, del quale si assume il contrasto con l'art. 101 Cost. 460 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E' vero che l'art. 7 impone alle decisioni delle competenti sezioni specializzate dei tribunali, ai fini della sperequazione dei canoni di affitto pattuiti, l'osservanza delle � tabelle � approvate dalle Commissioni tecniche amministrative delle quali fin qui si � discusso. Sicch�, se le sezioni specializzate possono spaziare, nel giudizio di equit� di loro competenza, entro i limiti minimi e massimi fissati dalle Commissioni, non possono tuttavia oltrepassarli. Ma tutto ci� non lede minimamente il principio -enunciato nell'art. 101 Cost. -secondo cui � i giudici . sono soggetti alla legge �. Le � tabelle � in esame, nonostante il loro carattere temporaneo e localizzato e la specificazione del loro contenuto, sono dei veri e propri atti normativi, dettando regole obbligatorie di tipo generale e astratto. Esse contengono delle norme, alle quali per disposizione di legge i rapporti contrattuali tra locatore ed affittuario debbono necessariamente uniformarsi (art. 1, terzo comma). L'art. 7 stabilisce poi che, qualora (e solo se) il canone convenuto si trovi (all'inizio della locazione o nel corso di essa) a non esser contenuto entro i limiti tabellari, ciascuno dei contraenti ha la possibilit� di rivolgersi alla sezione specializzata del Tribunale, la quale dovr� ricondurre il canone ad equit�, entro i margini fissati dalle norme tabellari.� La potest� giurisdizionale ex art. 7 � collegata cio� dal legislatore non all'esistenza di una situazione comunque sperequata, bens�, puramente e semplicemente, all'esistenza, nel singolo rapporto, di una situazione giuridica difforme da quella -voluta dalla legge di osservanza dei limiti tabellari. Questi ultimi operano quindi nella dinamica della legge, a un tempo, come condizione della azione giudiziaria diretta a conseguire la perequazione del canone -azione che, in tanto � data, in quanto quei limiti siano stati fissati dalla Commissione competente e non siano stati osservati dalle parti -e come confine del potere perequatore dei patti contrattuali attribuito (in via eccezionale) al giudice. Essi si presentano insomma come regole del giudizio, alle quali la sezione specializzata � tenuta a uniformarsi, non altrimenti da quanto ogni giudice � tenuto a fare, nei casi di propria com� petenza, nei confronti delle regole giuridiche attinenti ai rapporti sostanziali di cui di volta in volta deve giudicare. Orbene, il fenomeno che la regola del giudizio sia contenuta in un atto non avente valore di legge � tutt'altro che raro nel nostro ordinamento, come risulta anche da quanto si � detto al capo precendente (v. p. es., le sentenze di questa Corte n. 103 del 1957 e n. 8 del 1963) ; n� contrasta con la riferita disposizione dell'art. 101 Cost. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 461 Il fatto poi che l'esistenza dei limiti tabellari viene configurata dalla legge come condizione dell'azione giudiziaria di perequazione (eccezionale nel sistema) sta anche a dimostrare la inesattezza dell'affermazione che la legge � sottrarrebbe al giudice � (come si esprime il tribunale) la decisione della causa : all'opposto la legge in tanto attribuisce al giudice la nuova (e non preesistente) competenza di cui trattasi, in quanto esistono quelle � tabelle �, che essa impone ai contraenti di rispettare e che il giudice � chiamato appunto a far rispettare. Il principio dell'indipendenza del giudice, enunciato nel secondo comma dell'art. 101 Cost., non � dunque intaccato in alcun modo. Esso esprime l'esigenza che il giudice non riceva se non dalla legge l'indicazione delle regole da applicare nel giudizio, e che nessun'altra autorit� possa quindi dare al giudice ordini o suggerimenti circa il modo di giudicare in concreto. Sarebbe perci� certamente illegittima una legge la quale condizionasse inderogabilmente la pronuncia del giudice a una scelta o anche soltanto ad un accertamento compiuto, pel caso singolo, in veste autoritativa da un organo non giurisdizionale (v. sent. 70 del 1961). Ma con� altrettanta sicurezza bisogna a~fermare che non ricadono nel campo dell'art. 101 Cost. le leggi che -come quella in esame -, senza portar deroga al principio per cui il giudice non � tenuto ad applicare gli atti amministativi illegittimi, assegnano al giudice civile, come regole del giudizio, norme di carattere generale (e perci� non adottate in vista di un singolo giudizio) emanate -sulla base di una legge -da autorit� appartenenti alla pubblica Amministrazione. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 maggio 1963, n. 1104 - Pres. Tavolaro -Est. Stella-Richter -Ministeri delle Finanze e dell'Interno (avv. Stato Belli) c. Primicile Carafa Salvatore ed altri (avv. Testa, Della Morte, Stefano Riccio). Competenza e giurisdizione -Ente ecclesiastico -Sua soppressione per effetto delle leggi eversive -Incameramento dei beni -Domanda di revindica -Eccepita illegittimit� dell'atto di soppressione e conseguente annullamento dell'atto di incameramento dei beni -Difetto di giurisdizione dell'A~G.O. -Non sussiste, solo in parte. La domanda di rivendicazione dei beni appartenenti ad un ente ecclesiastico soppresso in virt� delle leggi eversive, proposta da chi vanti un diritto alla devoluzione dei beni stessi in caso di estinzione dell'ente sul fondamento dell'illegittimit� dell'atto di soppressione e di incameramento dei beni da parte dello Stato, non � proponibile, in quanto il suo accoglimento supporrebbe l'annullamento dell'atto di soppressione e l'emanazione da parte del giudice, di un nuovo provvedimento estintivo dell'ente. il giudice ordinario deve pertanto limitarsi alla pronuncia sulla legittimit� dell'atto di soppressione dell'ente e di quello di incameramento dei beni (1 ). (1) Domanda di rivendicazione dei beni di un ente soppresso e poteri del giudice ordinario. I -Per intendere esattamente la questione di giurisdizione sulla quale le Sezioni Unite si sono� pronunciate con l'annotata sentenza, ~ necessario riassumere brevemente i fatti che hanno dato luogo al ~iudizio. Nel 1861, in applicazione delle leggi eversive dell'asse ecclesiastico, fu disposta la soppressione di un ente monastico e l'incamer-amento foi suoi beni da parte dello Stato. L'ente traeva origine da un atto di fondazione, che attribuiva il :liritto di � ponere moniales � (ossia di designare le religiose che potevano essere accolte nel monastero) e l'amministrazione dei beni ai :liscendenti maschi legittimi di dodici famiglie, alle quali dovevano )Ure appartenere le reli~iose designate. I membri di una di queste famiglie insorsero contro il provvedi PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 463 (Omissis) . ..:_ L'eccezione � prospettata in questi sensi: la domanda di rivendicazione dei beni del monastero fondato dal Tercasio comporta l'ann�llamento per illegittimit� dell'atto di soppressione dell'ente e la successiva soppressione di esso ad mento di incameramento dei beni, sostenendo, in linea principale, che essi non appartenevano al Monastero, ma ai rappresentanti delle dodici famiglie, con vincolo fedecommissario e successione reciproca. In via subordinata, ove fosse stata riconosciuta l'appartenenza dei beni all'ente, essi chiedevano che fosse accertato il diritto loro e degli altri rappresentanti delle dodici famiglie alla devoluzione dei beni stessi, in conversione di pretesi diritti di patronato loro spettanti sul monastero. Cos� formulata, � evidente che la domanda non eccedeva i limiti della giurisdizione del giudice ordinario. Gli attori non chiedevano la revoca o l'annullamento dell'atto di soppressione dell'ente, presupponendone anzi la piena legittimit�, ma chiedevano soltanto l'accertamento della illegittima lesione arrecata al loro diritto di propriet� (originario o� sorto in virt� di conversione del diritto di patronato al momento della soppressione) dall'atto di apprensione dei beni da parte dello Sta� to. E di quest'atto neppur chiedevano -l'annullamento (con conseguente condanna alle restituzioni), ma solo la dichiarazione di illiceit�. Senonch�, successivamente, nel corso del lunghissimo procedimento, gli attori prospettarono la loro domanda in maniera ben diversa, fondandola su un'a:ltra causa petendi, dapprima invocata in alternativa alle due causae originariamente prospettate (propriet� dei beni spet� tante ab origine alle dodici famiglie; conversione del diritto di patronato), ma poi assunta in via esclusiva, dopo che, con decisione non impugnata, venne affermata l'appartenenza dei beni all'ente prima della soppressione e fu escluso ogni diritto di patronato. Sostenevano, dunque, gli attori che il c.d. monastero era in realt� una fondazione laicale e che, perci�, non potevano applicarsi ad esso le disposizioni delle leggi eversive. In conseguenza, il provvedimento di soppressione sarebbe stato illegittimo, al pari del conseguenziale atto di incameramento dei beni da parte dello Stato. Dovendosi, peraltro, l'ente considerare ugualmente estinto per cessazione dello scopo (nel frattempo erano venuti meno tutti i di� scendenti -in linea maschile delle dodici famiglie, e non esisteva, perci�, pi� nessuno che potesse � ponere moniales �), i beni avrebbero dovuto essere attribuiti, secondo la pretesa volont� del testatore, a tutti i superstiti discendenti delle famiglie beneficiarie. La difesa dello Stato eccep� l'inammissibilit� della domanda cos� formulata, in quanto il suo accoglimento avrebbe comportato l'eserci zio, da parte del giudice, di poteri attribuiti dalla legge, in via esclusiva, all'Amministrazione. La pretesa degli attori alla propriet� dei beni appartenuti all'ente non -avrebbe mai potuto, infatti, essere accolta se non si fosse, anzi tutto, rimosso l'atto di soppressione emanato in applicazione delle leggi eversive. Da quest'atto, invero, discendeva necessariamente (una volta escluso il diritto di patronato) la devoluzione dei beni allo Stato e l'esclusione di ogni eventuale pretesa che su quei beni avrebbero 464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO altro titolo, vale a dire per cessazione dello scopo; ora, mentre il detto annullamento � sottratto, per principio generale, alla giurisdizione ordinaria, codesta soppressione . � attribuita alla competenza dell'autorit� amministrativa. potuto vantare altri soggetti in caso di estinzione, per cos� dire, 11.aturale dell'ente. E non basta: l'annullamento dell'atto di soppressione avrebbe determinato la reviviscenza dell'ente. Un nuovo provvedimento che accertasse la sopravvenuta impossibilit� dello scopo per dichiarare l'estinzione della persona giuridica si sarebbe, quindi, reso necessario al fine di attribuire -previa liquidazione del patrimonio -l'eventuale residuo netto agli attori. � La domanda, perci�, malgrado fosse prospettata come tendente ad un semplice accertamento dei diritti degli attori, non poteva essere intesa, avuto riguardo al suo contenuto sostanziale, che come domanda di un provvedimento costitutivo, che, da un lato, ponesse nel nulla l'atto di soppressione del 1861, e, dall'altro, dichiarasse l'estinzione dell'ente per esaurimento dello scopo, attribuendone i beni agli attori. �Il difetto di giurisdizione non avrebbe potuto, perci�, esser pi� evidente. Non occorre, certo, spendere molte parole per dimostrare che, in base alla tassativa disposizione dell'art. 4 cpv. 1. 20-3:.1865 n. 2248 all. E,. non era consentitq al giudice annullare l'atto di soppressione del 1861. Ed anche se questo ostacolo potesse superarsi, � certo che non potrebbe mai ammettersi l'emanazione, da parte del giudice, di un provvedimento che determinasse l'estinzione di una persona giuridica. Rien' tra nella competenza esclusiva dell'autorit� governativa provvedere alla c.d. dichiarazione di estinzione degli enti morali (art. 27 cod. civ.): atto, per comune consenso, non semplicemente dichiarativo, ma costitutivo degli effetti consistenti nell'apertura del procedimento di liquidazione e, al termine di questo, nell'estinzione dell'ente. Il verificarsi dei fatti estintivi previsti dalla legge o dallo statuto dell'ente non �, per s�, operativo di alcun effetto, finch� non intervenga l'atto ammini& trativo che, riconosciuta l'esistenza della causa estintiva ed esclusa (ove possibile) la trasformazione dell'ente, apra la procedura di liquidai. ione. N� il giudice pu�, in alcun modo, sostituirsi all'Amministrazione nell'esercizio di q�esta esclusiva competenza. I poteri del giudice ordinario si esaurivano, perci�, nella specie, con la dichiarazione dell'illegittimit� dell'atto di soppressione del 1861. L'annullamento dell'atto stesso e l'eventuale nuova dichiarazione di estinzione dell'ente rientravano invece nell'esclusiva competenza dell'autorit� amministrativa: competenza che il giudice non avrebbe potuto invadere senza realizzare quel conflitto di attribuzioni fra i poteri dello Stato che oggi la Costituzione prevede all'art. 134, per deferirlo (sotto certe condizioni) alla cognizjone della Corte Costituzionale. L'aCC\'!rtamento dell'illegittimit� dell'atto di soppressione dell'ente era, peraltro, chiesto dagli attori all'esclusivo fine dell'accoglimento della domanda di revindica, e, cio�, dell'emanazione di quei provvedi, menti (assolutamente inammissibili) che necessariamente condiziona-. vano tale accoglimento. PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 465 L'assunto � infondato. Non � dubbio che, in applicazione delle leggi eversive degli enti ecclesiastici, siano stati emanati nella specie due atti amministrativi, sia pure contemporanei : l'uno di soppressione del- L'intera domanda, unica ed inscindibile, doveva, perci�, come rilev� la difesa dello Stato, dichiararsi inammissibile. II -La sentenza annotata, pronunciandosi sulla questione, non ha integralmente accolto la tesi dell'Avvocatura, .ma occorre esaminare attentamente i termini della pronuncia per non trame conseguenze errate. Le Sezioni Unite non hanno contestato l'esattezza delle considerazioni sopra svolte, ma sembrerebbe che non ne abbiano condiviso il punto di partenza. La domanda degli attori, come si � detto, presupponeva necessariamente che fosse eliminato l'atto di soppressione dell'ente: se questo fosse restato fermo, nessuna pretesa alla propriet� dei beni avrebbe potuto avere ingresso. Appunto perci� la domanda doveva necessariamente intendersi rivolta ad un provvedimento di annullamento di quell'atto ed a una nuova dichiarazione di estinzione dell'ente. Nella sentenza annotata si legge, invece: �(Gli attori) non hanno chiesto l'annullamento dell'atto di soppressione, ma solo l'accertamento della sua illegittimit�, e l'hanno chiesto all'esclusivo fine di desumerne l'illegittimit� dell'atto di incameramento dei beni per poi ottenere la disapplicazione di quest'ultimo �. E pi� oltre: � Non � dubbio che il giudice ordinario possa accertare incidentalmente l'illegittimit� dell'atto di soppressione, al fine di desumerne quella dell'atto di incameramento dei beni, per poi disapplicare soltanto il secondo ed accogliere cos� la domanda di reVindica dei beni stessi�. A prendere alla lettera queste non chiare �espressioni, dovrebbe concludersi che, secondo le Sezioni Unite, il giudice ordinario potrebbe dichiarare illegittimo il provvedimento di soppressione dell'ente e, malgrado ci�, tener fermo il suo effetto estintivo della personalit� dell'ente stesso, riconoscendo cos� (senza necessit� di liquidazione?!) il diritto degli attori alla devoluzione dei beni, non esclus� dall'atto di � incameramento degli stessi da parte dello Stato, in quanto questo atto, come illegittimo, non andrebbe applicato in virt� dell'art. 5 1. 20-3-1865 n. 2248 ali. E. Ma, � evidente che, se l'atto di soppressione resta fermo, non possono non restar fermi tutti i suoi effetti, e quindi l'effetto estintivo della personalit� dell'ente come l'effetto costitutivo del potere dello Stato di far propri i suoi beni, con la conseguente esclusione di ogni pretesa di altri soggetti alla devoluzione degli stessi. Con la domanda originariamente proposta gli attori contestavano che, nella specie, si fosse verificato questo secondo effetto dell'atto di soppressione, in quanto i beni non sarebbero appartenuti all'ente, ovvero in quanto sul potere dello Stato di appropriarseli avrebbe prevalso il diritto di patronato loro spettante. Poteva, perci�, esattamente dirsi che la questione dedotta in giudiz�o involgeva esClusi7 vamente la legittimit� dell'atto di ihcameram�nto dei beni, anzi, pi� precisamente, l'esistenza di un potere di incameramento a favore 466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I � l'ente e l'altro di incameramento dei suoi beni da parte dello Stato. Ovviamente, essendo il secondo atto dipendente dal primo, esso � illegittimo se � illegittimo il primo. Gli attori hanno dedotto appunto l'illegittimit� dell'atto di soppressione e la con- dello Stato. L'atto di soppressione restava, invece, del tutto estraneo all'oggetto del giudizio. Ma lo stesso non potrebbe certamente ripetersi di fronte alla domanda successivamente formulata dagli attori. essa, fondandosi su un preteso diritto alla devoluzione dei beni che sarebbe potuto nascere esclusivamente in seguito all'estinzione �normale � dell'ente, necessa riamente si rivolgeva all'annullamento dell'atto di soppressione e al i'emanazione di un nuovo provvedimento estintivo. E' evidente, infatti, che non � assolutamente possibile scindere la �soppressione� dell'ente dall'� eversione,, del suo patrimonio. Escludere la seconda tenendo ferma la prima significherebbe indubbiamente I j -guardando alla sostanza delle cose, al di l� di ogni acrobazia logica -porre nel nulla l'atto di soppressione originario e sostituirlo con un nuovo atto estintivo che non pregiudichi le aspettative degli aventi diritto alla devoluzione .dei beni. Come non sarebbe concepibile, ad esempio, che di fronte ad un , atto di �fusim:1e di due enti il giudice, riconoscendolo illegittimo, tenesse JIfermo l'effetto estintivo degli enti originari, ma escludesse l'effetto costitutivo del nuovo ente, cos� -� evidente -non � pensabile che si tenga fermo l'effetto estintivo dell'atto di soppressione di cui si tratta per escludere, in conseguenza della sua illegittimit�, il solo effetto . costitutivo del potere di incameramento dello Stato. Nella sentenza sembrerebbe si voglia� dire che l'atto di soppres sione non � minimamente toccato dall'oggetto del giudizio e che l'accoglimento della domanda non impone che se ne modifichino gli effetti. Ma � fin troppo evidente che il potere di incameramento dei beni IIda parte dello Stato, nascente indubbiamente da quell'atto, rappresenta l'ostacolo che va assolutamente superato (senza poter essere aggirato) per riconoscere il fondamento della domanda. Se si sostiene che quel potere, date le particolarit� del caso, non � nato dall'atto di soppressione (perfettamente legittimo), � esatto dire che la domanda non si rivolge all'annullamento di quest'atto, ma solo all'accertamento dei suoi reali effetti giuridici. Ma se, invece, si sostiene che quel potere va disconosciuto perch� � fondato su un atto di soppressione illegittimo, � chiaro che si chiede proprio l'annullamento (o, se si vuole, la disapplicazione) di quest'atto, come premessa necessaria dell'affermazione dell'illegittimit� dell'appropriazione dei beni. In definitiva: � assurdo pensare . che il giudice possa, .da un lato, fare applicazione dell'atto amministrativo di soppressione dell'ente, riconoscendone l'effetto estintivo della personalit� dell'ente stesso, e, dall'altro, disapplicarlo, disconoscendone l'effetto costitutivo del potere l di incameramento dei beni da parte dello Stato. I due effetti sono inscindibili: l'uno � in funzione dell'altro. L'atto di soppressione non I potrebbe, pertanto, che essere applicato o disapplicato in toto, senza che sia possibile trattarlo in maniera diversa a seconda degli effetti che vengono in discussione. III -E' evidente perci� che, se la sentenza annotata avesse effetti PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 467 seguente illegittimit� di quello di incameramento dei beni. Essi non hanno chiesto l'animliamento dell'atto di soppressione, ma solo l'accertamento della sua illegittimit�, e l'hanno chiesto allo esclusivo fine di desumere l'illegittimit� dell'atto di incamera vamente ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario sull'intera domanda degli attori, avrebbe implicitamente e necessariamente affermato la legittimit� dell'esercizio, da parte del giudice, di poteri che la legge attribuisce in via esclusiva all'Amministrazione. Si profilerebbe, pertanto, un grave conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato, che, essendo determinato da una pronuncia delle Sezioni Unite, ossia dell'organo �competente a dichiarare definitivamente la volont� del potere giudiziario� (art. 37 I. 11-3-1953, n. 87), dovrebbe essere devoluto alla cognizione della Corte �Costituzionale. Peraltro, la palese assurdit� dei principi che da una prima lettura della sentenza sembrerebbero essere stati accolti dal 1Supremo Collegio, induce a ritenere che, rettamente interpretata, la pronuncia non abbia inteso affermare la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria su tutta la domanda degli attori, ma soltanto su una parte, e precisamente soltanto in merito alla dichiarazione di illegittimit� dell'atto di soppressione del 1861. Si legge, nella sentenza, che � il presupposto necessario della domanda di revindica dei beni � che rimanga fermo l'atto di soppressione �, il quale � se illegittimo, ha violato � diritti dell'ente �, e non quelli degli attori. Questi hanno interesse, in mancanza degli amministratori dell'ente, a far accertare l'illegittimit� dell'atto di soppressione. Ma, una volta che fosse accertata tale illegittimit�, essi potrebbero proporre la domanda di rivendicazione dei beni solo �se l'ente rimane soppresso �, ossia, deve intendersi, solo se l'Amministrazione, dopo aver annullato, in ossequio al giudicato, l'atto Hlegittimo di soppressione, accerti l'esistenza di un'altra causa estintiva e proceda ad una nuova dichiarazione di estinzione dell'ente. Allo stato, gli attori non potrebbero rivendicare i beni: quest'azione pu� spettare solo all'ente, che rivivrebbe se ne fosse dichiarata illegittima la soppressione, salvo. che non fosse per altra via soppresso con altro provvedimento dell'autorit� amministrativa. Solo in tale ipotesi, cio� �se l'ente rimane (rectius: � nuovamente e per altro titolo) soppresso�, gli attori potrebbero rivendicare i beni residuati dalla liquidazione. In definitiva, secondo questa pi� retta interpretazione, la sentenza annotata ha operato una netta distinzione fra la domanda relativa alla dichiarazione di illegittimit� dell'atto di soppressione dell'ente e la domanda di rivendicazione dei beni. Solo rispetto alla prima, e non rispetto alla seconda, sussisterebbe la giurisdizione del giudice ordinario. La difesa dello Stato aveva sostenuto che la domanda doveva considerarsi unica e inscindibile e, quindi, doveva dichiararsi inammis sibile in toto. La Cassazione ha invece -implicitamente -spezzato l'unit� della domanda in due capi distinti (dichiarazione di illegitti mit� della soppressione -rivendicazione dei beni), dichiarando am missibile il primo capo, inammissibile il secondo. Pronuncia certamente criticabile, ma sicuramente accettabile sul piano della logica e del rispetto ai sommi principi di organizzazione RASSEGNA DELL'AVVOCA'IURA DELLO STATO mento dei beni, per poi ottene.re la disapplicazione di questo ultimo. . Quindi in ordine all'atto di soppressione non vi � neppure un'istanza di disapplicazione, e non pu� esservi perch� il presupposto necessario della domanda di rivendica dei beni. � che rimanga fermo l'atto di soppressione. Tale atto, se illegittimo, ha violato i diritti dell'ente, mentre il successivo atto ha violato i diritti degli appartenenti alle famiglie beneficate dal testatore e fondatore. Costoro agiscono nell'interesse proprio, non nell'interesse dell'ente, e fanno valere un diritto proprio, che in tanto pu� esistere, in quanto l'ente rimane soppresso. Dalla irreversibilit� della soppressione e solo da essa pu� sorgere il diritto fatto valere in giudizio. J>losto ci�, non � dubbio che il giudice ordinario possa accertare incidentalmente l'illegittimit� dell'atto di soppressione, al fine di desumere quella dell'atto di incameramento dei beni, per poi disapplicare soltanto il secondo ed accogliere cos� la aomanda di revindica dei beni stessi. -(Omissis). dello Stato. Ci� che, invece, non avrebbe potuto dirsi di una sentenza che avesse ritenuto ammissibile quella domanda di revindica che, indubbiamente, per quanti sforzi si facciano,. implicava l'emanazione di provvedimenti riservati dalla legge alla competenza dell'autorit� amministrativa. MARCELLO CONTI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 27 febbraio 1964 n. 437 - Pres. Lonardo -Est. Modigliani -P.M. Pepe (conf.) -Panini (Avv. Magrone) c. Piaggio (Avv. Lo Russo Caputi). Competenza e giurisdizione -Provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. -Questione di giurisdizione -Configurabilit� -Regolamento preventivo di giurisdizione -Proponibilit�. (c.p.c., artt. 41 e 700). Competenza e giurisdizione � Caccia � Concessione di riserva � Diritto soggettivo -Sussiste -Controversia con privati -Giurisdizione ordinaria � Competenza. Competenza e giurisdizione -Controversia tra privati -Diritti soggettivi condizionati da un atto della p.a. -Giurisdizione A.G.O. Sussiste. Il provvedimento di urgenza ex art. 702 c.p.c. � inteso ad attuare con funzione cautelare, una tutela giurisdizionale preven- I i i f:'� , . . . 1 i I PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDBNZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 469 tiva in attesa del giudizio di merito: pertanto anche rispetto ad esso pu� prospettarsi una questione di giurisdizione che pu� dar luogo al regolamento preventivo di giurisdizione, pre; supposto del quale non � l'emanazione del provvedimento di � urgenza, ma la proposizione dell'istanza ex art. 700 c.p.c. (1). (1) Riportiamo la sentenza in rassegna, pur non essendo stata parte in causa la P. A., per l'importanza dei principi dichiarati dalle .Sezioni Unite. Con la prima massima la Cassazione ribadisce l'orientamento tendente a ritenere ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione, anche nei procedimenti cautelari innominati ex art. 700 c.p.c. (cfr. Sez. un. 14 luglio 1960, n. 1914, Giur. it. 1961, I, 1, 1829; Sez. un. 3 novembre 1959 n. 3262, Foro it. 1959, I, 1641; in dottrina per un recente, documentato riesame del problema BIANCHI n'EsPINOSA, Regolamento di giurisdizione e regolamento di competenza nei procedimenti cautelari e nei procedimenti di giurisdizione volontaria, Giur. it. 1961, I, 1, 1829 e autori ivi .citati; cfr. inoltre SATTA, Commentario al Codice di procedu'ra civile, Milano, i959, I, 177). Tale indirizzo si inquadra nel pi� generale orientamento della Suprema Corte di riconoscere all'istituto del regolamento prev�ntivo di giurisdizione un carattere generale di rimedio per dirimere in via preventiva e rapida le questioni di giurisdizione. Tale orientamento � sempre stato sostenuto da questa Rassegna (cfr. D1 CIOMMO, L'ammissibilit� del regolamento di giurisdizione nei confronti dei giudizi speciali, in questa Rassegna, 1949, 201; CHICCO, Nota in tema di ammissibilit� del regolamento di giurisdizione nella fase preliminare del sequestro, ivi, 1950, 215; cfr. inoltre Rel. Avv. Stato, 1956-60, III, 722). Nel caso particolare dei provvedimenti di urgenza l'ammissibilit� viene correttamente fondata sulla natura giurisdizionale (preventiva) dei provvedimenti di urgenza ex art. 700 c.p.c. E' interessante notare che, mentre �n precedenti decisioni (cfr. riferimenti in Autori citati) l'intervenuta pronunzia del provvedimento di urgenza era stata considerata un possibile impedimento all'ammissibilit� del regolamento preventivo (pur superandosi la difficolt� sul rilievo della natura non decisoria del provvedimento), nella decisione annotata la Cassazione ha dovuto superare la tesi opposta; dell'improponibilit� del ricorso prima dell'emanazione del provvedimento di urgenza prospettata sotto il profilo di un difetto di interesse : tale tesi la Corte ha agevolmente disatteso rilevando che l'interesse delle parti a provocare il regolamento preventivo sussiste sin dal momento in cui sia �insorta la questione di giurisdizione, a seguito della proposizione dell'istanza di cui all'art. 700 c.p.c. (in genere: sull'impugnabilit� dei provvedimenti d'urgenza cfr. CARUSI, In tema di provvedimenti cautelari innominati, in questa Rassegna, 1964, 97 e autori ivi cit.; per riferimenti relativamente alla fase cautelare del procedimento dinnanzi al Consiglio di Stato e ai rapporti tra questione di giurisdizione e pronun�ia cautelare, cfr. nota redazionale a Cons. Stato 15 ottobre 1963, n. 513, in questa Rassegna 1964, 54; per altri riferimenti in. tema di regolamento preventivo cfr. Cass.. un. 4 maggio 1964, in questa Rassegna, 1964). 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La concessione di riserva di caccia, pur imponendo al concessionario degli obblighi positivi di comportamento relativamente alla sorveglianza dei fondi, costituisce in capo ad esso una posizione di diritto soggettivo tutelabile nei confronti degli altri privati dinnanzi all' A.G.O, (2). Sussist.e la giurisdizione dell'A.G.O. tutte le volte che si controverte tra privati e la controversia pur ricollegandosi ad un atto amministrativo non investa direttamente quest'ultimo, ma si esaurisca nell'ambito della posizione di diritto sogget~ tivo dei privati medesimi (3). (Omissis). -A sostegno della eccezione di inammissibilit� del ricorso, i ricorrenti deducono che non � consentito di proporre l'istanza di regolamento di giurisdizione, in pendenza del procedimento instaurato per ottenere il provvedimento di urgenza di cui all'articolo 700 cod. proc. civ. In particolare affermano che, nella ipotesi considerata, la proposizione della istanza di regolamento di giurisdizione non potrebbe determinare la sospensione del procedimento, giacch� tale sospensione precluderebbe la pronta emanazione dei provvedimenti di tutela provvisoria, che costituiscono l'essenza e la ragion d'essere del processo cautelare di cui al citato art. 700 . .La indicata . eccezione deve essere, per�, disattesa. Come queste Sezioni Uniti hanno ripetutamente statuito (cfr. da ultimo, la sentenza n. 1914 del 1960) il provvedimento, che si chiede a norma dell'art. 700 cod. proc. civ. � inteso (2) Sulla configurazione del diritto del riservista cfr. Cass. 24 gennaio 1'955 n. 175, Mass. Giust. civ. 1955, 55; Sez. un. 12 ottobre 1960 n. 2687, Mass. Giust. civ. 1960, 1021; in dottrina EuLA-AAIENZO Caccia, Nuovissimo Dig. it., II, 636, spec. 638-39; ALESSI-Caccia, Enciclopedia del diritto, V, 748, cfr., per riferimenti, Cons. Stato, Ad. plen., 30 gen. 1964 n. 25, in questa Rassegna, 1964, 281. (3) Giurisprudenza �costante: cfr. Sez. un. 31 gennaio 1958, 282, Giust. civ., I, 211: Cass. 20 giugno 1958, n. 2143, ivi, 1958, I, 2138; Sez. un. 27 gennaio 1959, n. 221, ivi, 1959, I, 872 (con nota di ABBAMONTE). In dottrina, per tutti, RANELLETTI, Contenzioso amministrativo, Nuovo Digesto it., VII, 1067 (in particolare n. 15); Le Guarentigie, 354; CAMMEO, Commentario, 678; CANNAD�-BARTOLI, L'inapplicabilit� degli atti amministrativi, 116; SANDULLI, � Collegame1J-ti e conseguenzialit� tra diritti e interessi e relativa rilevanza ai fini della competenza giurisdizionale, Giust. civ. 1958, I, 211. Per i limiti dell'indagine del giudice sulla legittimit� dell'atto amministrativo collegato alla controversia tra privati cfr. Cass. 17 maggio 1958 n. 1611, Giust. civ. 1958, I, 1262 con ampia nota di riferimenti. PARTE I, SEZ. II,. GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 471 ad attuare, con funzione -cautelare, una tutela giurisdizionale preventiva, in attesa del giudizio di merito; pertanto, anche rispetto ad esso, pu� presentarsi una questione di giurisdizione, che rientri nell'ambito dell'art. 41 cod. proc. civ. N� pu� farsi adesione alla tesi dei resistenti, secondo la quale il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione sarebbe proponibile solo dopo la emanazione del provvedimento di urgenza; per vern � chiaro che l'interesse delle parti a provocare il regolamento di cui all'art. 41 cod. proc. civ. sussiste sin dal momento in cui sia insorta la questione di giurisdizione, a seguito delle proposizioni della istanza di cui all'art. 700 cod.. proc. civ. Quanto, poi, alle questioni attinenti alla sospensione del processo, dopo la proposizione del ricorso per regolamento preventivo, va rilevato che esse devono essere risolute dal giudice adito per il provvedimento di urgenza e non possono avere ingresso in questa sede, giacch� le Sezioni Unite, cui sia rivolta l'istanza di cui al citato art. 41, sono chiamate a dirimere solo la questione di giurisdizione. Ritenuta l'ammissibilit� del ricorso, si osserva che il Panini, a presidio della tesi circa il difetto di giurisdizione del pretore di Serravalle Scrivia, deduce che, l'autorit� giudiziaria ordinaria non pu� emanare un provvedimento cautelare di urgenza al fine di realizzare, dettandone le modalit�, un'attivit� di manifesta natura amministrativa, quale � la sorveglianza dei fondi sottoposti a vincolo venatorio. Inoltre deduce che il decreto ministeriale del 9 novembre 1962 (con il quale � stato incluso il fondo di propriet� di esso Panini nella riserva di caccia in discussione), per la cui esecuzione � stata invocato, dal Piaggio e dal Garrone,. l'art. 700 cod. proc. civ. � un atto esecutivo per sua natura; e come tale, e per essere rivolto a organi amministrativi, si sottrae a ogni azione dichiarativa da parte del giudice ordinario. Il ricorso � privo di fondamento. Come � noto, il diritto di riserva di caccia ha il suo titolo nel decreto di concessione dell'autorit� amministrativa. Trattasi di una concessione nel significato tecnico, la quale, laddove. prima non esistevano che interessi, crea una posizione di diritto ( cfr. per riferimento, le sentenze nn. 2687 del 1960 e 175 del 1955) tutelabile, nei confronti di altri privati, dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria. Obietta il ricorrente che tale qualificazione della posizione del concessionario di una riserva di caccia non � compatibile col fatto che la legge impone al concessionario medesimo lo obbligo inderogabile di provvedere a sorvegliare i fondi, affin 472 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATo ch� non sia esercitata la libera caccia nei territori cui si riferisce il decreto di concessione. Senonch� � da osservare, in contrario, che alla qualificazione come diritto del potere di un soggetto non � di ostacolo il fatto che sul soggetto medesimo in�omba un dato dovere, ben potendo quest'ultimo essere un elemento del diritto soggettivo, come avviene, per l'appunto, allorch� il potere � largito al soggetto soprattutto quale mezzo che lo ponga in grado di adempiere a un dovere. Contrariamente a quanto il ricorrente assume, non pu� poi costituire ostacolo alla tutelabilit� dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria del diritto esclusivo di caccia, il fatto che il diritto stesso derivi da un atto di concessione. Infatti � princip�o constantemente affermato da queste Sezioni Unite (cfr. le sentenze n. 2481 del 1961, 497 del 1960, 221 del 1959, 2143 e 282 del 1958) che sussiste la giurisdizione ordinari� tutte le volte che si controverta tra privati e la controversia, pur ricollegandosi ad un atto amministrativo, non investa direttamente quest'ultimo ma si esaurisce nell'ambito della posizione di diritto soggettivo dei privati medesimi. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un. 28 aprile 1964 n. 1016 -Pres. Tavolaro -Est. Caporaso -P.M. Criscuoli (conf.) -Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato Chiarotti) c. Automobil Club Italia (Avv. Galateria, M.S. Giannini, TranquilliLeali). Competenza e giurisdizione � Regolamento preventivo di giurisdizione � Causa pendente dinnanzi al Consiglio di Stato � Proponibilit� (c.p.c. art. 41). Competenza e giurisdizione � Enti soggetti a controllo della Corte dei Conti � Decreto Presidenziale di individuazione ex legge 21 marzo 1958 n. 259 � Sindacato giurisdizionale � Sussiste. Competenza e giurisdizione � Enti soggetti a controllo della Corte dei Conti � Decreto Presidenziale di individuazione ex legge 21. marzo 1958 n. 259 � Controversia � Questione di interesse legittimo � Con� siglio di Stato � Giurisdizione � Sussiste. Competenza e giurisdizione � Corte dei Conti � Controllo degli atti della P.A. in senso stretto � Sindacato giuiisdizicmale � Non sussiste � Controllo degli enti pubblici ex legge 21 marzo 1958 n. 259 � Atti� vit� esecutiva � Sindacato giurisdizionale del Consiglio di Stato � Limiti. PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONt DI GIURISDIZIONE 473 Il � regol�mento di giurisdizione pu� essere proposto anche quando trattasi di giudizi pendenti dinnanzi al Consiglio di Sta to (1). Il decreto presidenziale 18 agosto 1962 il quale in forza dell'art. 100 della Costituzione e della l. 21 marzo 1958 n. 259 ha dichiarato alcuni enti pubblici sottoposti al controllo della Corte dei Conti � un atto amministrativo che precede e condiziona, La motivazione della: sentenza n. 1059 si legge in Giur. it. 1964, I, 1, 682 (con nota di richiami), Foro it. 1964, 921 (con nota di D'ALBERGO). (1) In questa meditata pronunzia le Sezioni Unite hanno fermamente ribadito l'ormai consolidato insegnamento secondo cui il regolamento preventivo di giurisdizione, ha carattere generalissimo e trova applicazione anche rispetto ai giudizi pendenti dinnanzi al Consiglio di Stato (cfr. Sez. un. 1 dcembre 1962 n. 3257; 16 giugno 1958, n. 2070; 20 maggio 1958 n. 1687 e inoltre n. 3855 del 1957; n. 1311 del 1955; n. 3053 del 1953; rui. 107, 108 e 109, del 1953; n. 3023 del 1952 e n. 1825 del 1952). Si tratta di un jus receptum ed � solo da :meravigliarsi come ancora la questione venga riproposta all'esame della Suprema Corte. In questa Rassegna, sin dal primo anno di pubblicazione, si � sostenuta la tesi ora acquisita dall'insegnamento giurisprudenziale dell'interpretazione estensiva dell'istituto previsto dall'art. 41 (cfr. DI CIOMMO, L'ammissibiHt� del regolamento di giurisdizione nei confronti dei giudizi speciali in questa Rassegna, 1949, 201; nota a Cass. Sez. un. n. 1865 del 1948, ivi, 1948, 11-12, 27; cfr. inoltre Relazione Avvocatura Stato 1942-50, n. 51, 1951-55 n. 48; 1956-60 n. 43) e accogliamo con soddisfazione la nuova conferma da parte della Corte di Cassazione la quale ha riven.: . dicato la propria funzione di suprema regolatrice della giurisdizione tra tutti gli organi giurisdizionali dello Stato (giudici ordinari e giudici specali). ' Una tale pronuncia cos� fermamente recisa anche nella limpida e concisa motivazione, appare particolarmente opportuna di fronte all'at tuale orientamento del Consiglio di Stato. E' ben noto che il Supremo Consesso Amministrativo nel primo de cennio di applicazione del nuovo codice di procedura civile aveva so stenuto, fondandosi su di una interpretazione letterale e restrittiva del combinato disposto degli artt. 41 e 37 c.p.c. la tesi dell'inapplicabilit� dall'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione ai procedimenti dinnanzi ai giudizi speciali in genere, ed in particolare, a giudizi din nanzi al Consiglio di Stato (cfr. la fondamentale decisione della IV Se-. zione 17 giugno 1949 n. 213, che si legge in Foro amm. 1949, I, 1, 358 e, inoltre VI Sez. 17 ottobre 1950 n. 360; 23 dicembre 1952 n. 1029; 16 marzo 1954 n; 148; V Sez. 15 maggio 1952 n. 809 e 18 giugno 1948, n. 362). Successivamente il Consiglio di Stato, accogliendo le argomentazioni della Corte di Cassazione, ha bens� attenuato il contrasto, riconoscendo ammissibile anche nei giudizi dinnanzi al Consiglio di Stato il regola mento preventivo di giurisdizione (cfr. Relazione Avvocatura Stato, loc. cit.), ma � restato fermo nella tesi che �la proposizione del regola mento non implica il dovere di sospendere la decisione� (cfr. Sez. IV 6 luglio 1962 n. 517). L'attuale orientamento � motivato dal Consiglio di Stato sulla considerazione che, pur �non negandosi l'effetto di una sentenza interve 474 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stante il congegno predisposto dal legislatore, l'intervento e la partecipazione della Corte dei Conti al riscontro finanziario e pertanto � giurisdizionalmente impugnabile e sindacabile (2). Tale sindacato spetta al giudice amministrativo in quanto l'autonomia delle persone giuridiche pubbliche, trova il suo limite nel potere di tutela e di controllo dello Stato cui esse sono assoggettate e pertanto queste non versano nei confronti dello Stato in una posizione di diritto soggettivo. D'altra parte la legge 21 marzo 1958 n. 259 attribuisce alla p.a. il. potere di determinare gli enti soggetti allo speciale connuta in sede di regolamento preventivo durante il corso del giudizio innanzi al Consiglio di Stato eh ne abbia dichiarato il difetto di giurisdizione..., resta per� fermo che le esigenze di pubblico interesse, �cui . � informato il giudizio amministrativo non consentono l'ammettere sospensioni o intralci determinati ipso jure da atti delle parti �. Ora � evidente che una tale motivazione potrebbe avere un senso solo se diretta alla conclusione che il Consiglio di Stato non riconosce regolamento preventivo di giurisdizione per i giudizi dinnanzi a s� pendenti, ma poich� tale conclusione, respinta dalla Corte di Cassazione, � disattesa pure dal Supremo Collegio � AmminiStrativo, non si vede come possa poi sostenersi che la proposizione del regolamento non comporta sospensione, giacch� un regolamento preventivo senza sospensione del processo � a quo � non � -a stretto rigore -neppure ipotizzabile. Invero, essenza del regolamento preventivo � proprio che, una volta assurto a rilevanza processuale il contrasto tra-le parti circa la giurisdizione, non si possa pi� avere pronunzia nel merito, cos� come -sim-. metricamente -una volta intervenuta una pronuncia di merito non si possa pi� esperire il regolamento preventivo. Non pu� pertanto configurarsi un regolamento preventivo di giu I risdizione che non comporti la sospensione del processo � a quo � essendo poi di intuitiva evidenza i gravi inconvenienti di ordine pratico che derivano dalla tesi diversa. La proposizione del ricorso per regolamento preventivo comporta, di per s�, che nel processo cui il regolamento si riferisce venga a determin�rsi un (temporaneo) difetto di. giurisdizione del giudice a quo. La sospensione del processo a quo ex art. 367 c.p.c. implica per l'appunto 'tale difetto (temporaneo) di giurisdizione nel giudice, ordinario o speciale, dinnanzi a cui pende il giudizio di merito: al giudice a quo resta, cos�, inibita ogni attivit� giurisdizionale fino alla decisione della Corte Regolatrice. Ove pertanto il giudice a quo, sia esso ordinario o speciale, decida la causa nelle more del regolamento di giurisdizione, tale pronuncia non � semplicemente viziata per violazione di legge, ma � radicalmente inficiata dal difetto di potere di giurisdizione ed �, perci� solo annullabile dalla Cassazione: tale questione, proprio alfine di giungere ad un definitivo chiarimento al delicato ed importante problema � stato espressamente sottoposto all'esame delle Sezioni Unite, con ricorso per difetto di giurisdizione avverso la citata decisione che la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha emesso nelle more del regol�mento preventivo di giurisdizione: tale ricorso � ancora pendente. PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 475 trollo della Corte dei Conti, cosicch� di fronte a tale potere anche l'eventuale diritto di libera e incontrollata attivit� dell'ente resterebbe travolto e l'atto con cui quel potere viene esercitato non pu� ledere che posizioni di interesse legittimo (3). In linea generale i rilievi � i visti della Corte dei Conti in tema di controllo degli atti della P.A. in senso stretto sono sottratti al sindacato giurisdizionale; nel caso del controllo esterno sugli enti pubblici previsto dall'art. 100 Costituz. e dalla legge (2-5) Osservazioni sul controllo della Corte dei Conti sugli Enti pubblici. I. -Il problema di fondo sottoposto all'esame delle Sezioni Unite riguardava le questioni di giurisdizioni connesse all'impugnativa proposta da due enti pubblici del Decreto Presidenziale con cui in attuazione della 1. 21 marzo 1958 n. 259 si individuano gli Enti soggetti al controllo della Corte e degli �atti con cui la Corte dei Conti richiedeva agli Enti ricorrenti la trasmissione di documenti per procedere al detto controllo (1). I due Enti (il C.O.N.I. e l'Automobile Club d'Italia) avevano proposto l'impugnazione dinanzi al Consiglio di Stato nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Corte dei Conti: una tale inusitata e anomala vocatio in ius consigliava di per s� sola, di approfondire i delicati ed importanti problemi di giurisdizione impliciti nel ricorso, anche perch� attinenti -come la chiamata in causa della Corte dei. Conti ben dimostrava -ai rapporti tra organi previsti e regolati dalla Carta Costituzionale. A tal fine l'Amministrazione resistente sottoponeva la questione all'esame delle Sezioni Unite proponendo regolamento preventivo di giurisdizione, non tanto per sostenere una particolare tesi quanto per provocare un autorevole e tranquillante chiarimento da parte della Corte regolatrice che potesse servire da guida anche per gli eventuali ricorsi che altri Enti soggetti al controllo della Corte dei Conti potranno in futuro proporre. � In tale ordine di idee non possiamo non compiacerci per il chiaro e meditato insegnamento della Suprema Corte che, seppure motivato in modo diverso nei due arresti, pu� costituire un autorevole e fermo indirizzo per i Giudici e per le parti. Di fronte alla tesi pi� �liberale� sostenuta dall'Avvocatura, che affermava che lo status libertatis dell'Ente pubblico integra una posizione di diritto soggettivo rispetto al potere dello Stato di sottoporre al controllo della Corte dei Conti, le Sezioni Unite hanno invece affermato che il riconoscimento da parte dell'ordinamento di uno status libertatis costituisce diritto soggettivo solo per le persone giuridiche private, mentre per gli Enti pubblici, di fronte al potere di controllo dello Stato (previsto a tutela non dell'Ente ma del pubblico interesse), non pu� configurarsi se non una situazione di interesse legittimo. (1) Sulla natura del controllo della Corte dei Conti sugli Enti pubblici: Corte costituzionale 19 aprile 1962 n. 35, in questa Rassegna, 1963, 20, cfr. Inoltre autori citati nella nota di richiami a Cass. n. 1059 del 1964 in Giur. it. 1964, I, 1, 682. 476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 21 marzo 1958 n. 259 l'atto con cui la Corte promuove l'esercizio del controllo � atto esecutivo del decreto presidenziale con cui vengono indicati gli enti soggetti a controllo e pu� pertanto es-: sere soggetto ad un sindacato giurisdizionale solo in occasione dell'impugnativa del decreto presidenziale dinnanzi al Consiglio di Stato (4). � II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 4 maggio 1964 n. 1059 -Pres. Lonardo -Est. Bianchi D'Espinosa -P.M. Criscuoli (conf.) Presidenza del Consiglio (Avv. Stato Chiarotti) c. C.O.N.I. (avv. M.S. Giannini e Mayani Toro). Competenza e giurisdizione � Ente pubblico � Potere di controllo da parte dello Stato � Limiti � Controversia � Consiglio di Stato � Giu� risdizione � Sussiste. O. 21 maggio 1958 n. 259). La '1.?iolazione da parte dello Stato dei limiti dei controlli sull'ente pubblico, cos� come stabiliti dalla legge incide sulla sfera di autonomia dell'ente, ma, poich� i controlli sono predisposti non Ha aggiunto la Corte che, in ogni modo, ove anche lo status libertatis potesse dar luogo ad una posizione di diritto soggettivo a favore dell'Ente pubblico, tale posizione sarebbe rimasta travolta e affievolita dalla norma della legge 21 marzo 1958 n. 259 che concede alla � P.A. il potere di individuare e determinare in base ai criteri posti dalla stessa legge gli enti soggetti al controllo della Corte dei Conti. II. -E' peraltro da notare una certa reticenza da parte della Suprema Corte riguardo al particolare problema dell'impugnazi�ne dell'atto con cui la Corte dei Conti, in esecuzione dell'attribuzione contenuta nella 1. 21 marzo 1958 n. 259 e nel Decreto Presidenziale 18 agosto 1962, chie,.. deva di esercitare il controllo nei confronti degli Enti. . La sentenza nella causa del C.0.N.I. non affronta neppure tale�. problema; nella pronuncia emessa nella causa dell'A.C.I. il problema viene posto, ma non affrontato in r�dice e la decisione lascia insoluta la grave questione. Si era infatti rilevato che l'attivit� di .controllo della Corte dei Conti � da ritenersi sottratta in via generale ad ogni e qualsiasi .sindacato giu" risdizionale, in quanto attivit� di rilevanza �costituzionale. Orbene, la Corte regolatrice ha, bens�, escluso che �un tale rilievo nel caso del controllo speciale, il cosidetto controllo esterno che la -Corte dei Conti esercita sugli Enti Pubblici, abbia la forza , di escludere il sindacato giurisdizionale, ma, dopo tale affermazione di principio, ha dichiarato che il decreto di controllo (sic) costituiva un mero -atto esecutivo del decreto presidenziale con cui venivano individuati gli enti PARTE I, SEZ, II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 477 a tutela degli interessi dell'ente, ma in relazione al pubblico interesse, tale violazione riguarda non i diritti soggettivi, ma interessi legittimi e il relativo sindacato giurisdizionale spetta al Consiglio di Stato, cos� come ogni volta che venga in contestazione con l'esistenza di un potere dello Stato, ma solo l'uso di tale potere (5). (Omissis). -Devesi in primo luogo ancora una volta conformare che il regolamento di giurisdizione, per il quale ciascuna delle parti, finch� la causa non sia ancora decisa nel merito, pu� chiedere alle ~ezioni Unite della Corte di Cassazione di risolvere preventivamente le questioni di giurisdizione di cui all'art.. 37 cod. proc. civ., pu� �essere proposto ancorch� trattasi di giudizi pendenti dinanzi �l Consiglio di Stato. soggetti al controllo e che pertanto doveva ritenersi che l'impugnativa fosse diretta .al decreto presidenziaie e comunque fosse valida in quei limiti, restando poi l'attivit� di controllo condizionata alla sorte del decreto presidenziale, nel senso che ove il decreto presidenziale fosse annullato, anche l'attivit� di controllo della Corte dovrebbe ritenersi tamquam non esset. In altre parole manca una dichiarazione che nel caso di specie, il decreto di controllo (sic) fosse soggetto al sindacato giurisdizionale e anzi, essendosene affermata la natura d� mero atto esecutivo, deve ritenersi che la Corte ne abbia escluso, almeno nel caso di specie, una impugnabilit� diretta, per la quale, d'altronde, sembrerebbe gi� preclusivo ostacolo la conseguenza di far partecipare al giudizio in veste di resistente la Corte dei Conti, con quale sovvertimento dei principi e dei rapporti costituzionali tra organi dello Stato non � il caso di sottolineare. �In proposito sembra peraltro opportuno chiarire che gli atti tipici mediante i quali -ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259 -si estrinseca l'attivit� di controllo sugli enti pubblici da parte della Corte sono: richieste di documenti e notizie (artt. 5 e 6), relazione alle Camere (art. 7); rilievi al ministro per il tesoro e al ministro competente (art. 8). Nella specie l'atto impugnato era la richiesta della Corte dei Conti con cui si invitava l'ente a produrre la documentazione prescritta dallo art. 4. � Tale richiesta non pu� definirsi decreto e si risolve invece in un mero atto �preparatorio del successivo atto di controllo che consister� invece nella relazione alle Camere e negli eventuali rilievi ai ministri vigilanti. . E' pertanto evidente .che, nella dialettica del sistema, l'ente pubblico non potr� gravarsi che contro il decreto presidenziale con cui vengono individuati gli enti soggetti a controllo ovvero contro il provvedimento che il� Ministro, nei suoi poteri di controllo, eventualmente adotti a seguito del rilievo della Corte. In nessuno dei due casi l'attivit� di controllo della Corte dei Conti sar� ,soggetta ad autonoma impugnazione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I ~; Posto che tra le attribuzioni della Corte Suprema di Cassa00 zione vi � quella di assicurare il rispetto dei limiti tra le diverse tt giurisdizioni e di regolare i conflitti di competenza e di attribuzione, perfettamente logico e conseguenziale, oltre che conforme al criterio della economia processuale, � il riconoscere che alle Sezioni Unite compete il potere di stabilire e dichiarare, in via preventiva, nella forma e nei termini di cui all'art. 41 cod. proc. civ., se una determinata contrbversia, instauratasi presso il Consiglio di Stato, rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo o in quella del giudice ordinario. E' quindi ammissibile il ricorso de quo, con cui le amministrazioni pubbliche ricorrenti assumono che il provvedimento di sottoposizione dl un ente pubblico, quale l'Automobil Club d'Italia, al controllo della Corte dei Conti, fuori delle condizioni stabilite dalla legge 21 marzo 1958, n. 259, incida su di una situazione di diritto soggettivo dell'ente e non di interesse legittimo. Nel primo caso potr� farsi questione della legittimit� del provvedimento che assoggetta l'ente a controllo e la pronuncia giurisdizionale spiegher� indirettamente efficacia sull'eventuale attivit� preparatoria o di controllo che la Corte avesse gi� spiegata. Nel caso invece d'impugnativa del provvedimento che il Ministro ha adottato a seguito di rilievo della Corte dei Conti, non potr� pi� discutersi del potere di controllo della Corte dei Conti, ma solo della legittimit� del provvedimento ministeriale. III. -Vogliamo infine richiamare l'attenzione sull'importante e recisa conferma che la Suprema Corte ha voluto fare, sia pure in via incidentale, del principio, che l'attivit� di controllo che la Corte dei Conti compie mediante visti e rilievi sugli atti della p.a. in senso stretto, ~ sottratta a qualsi�si sindacato giurisdizionale. Tale importante massima, basilare per il regolato e armonico svolgimento delle funzioni che la Costituzione attribuisce ai poteri dello Stato, viene a fugare le perplessit� che sul punto aveva ancora recen~ emente prospettato sia pure in via incidentale il Consiglio di Stato .n Adunanza Plenaria (dee. 25 gennaio 1961 n. 1 La Farina e Gra'. lone c. Ministero LL. PP. questa Rassegna, 1961, 52). Nella nota redadonale a quella decisione si era gi� osservato che l'insindacabilit� giu7isdizionale degli atti di controllo della Corte dei Conti � uno dei cardini iel sistema e che la Corte dei Conti, organo costituzionale, non � un'au; orit� amministrativa ai sensi dell'art. 26 t.u. delle leggi sul Consiglio ii Stato e che i suoi1 atti, anche quando attengono al rapporto dei moi magistrati e funzionari, sono sottratti alla giurisdizione e del Con; iglio di Stato e dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, salvo soltanto il :icorso alla Corte di Cassazione per motivi attinenti ala giurisdizione, )revisto dall'art. 111 della Costituzione avverso le decisioni della Corte ;tessa. Ci compiaciamo, pertanto, che le Sezioni Unite abbiano nella de: isione in Rassegna confermato con la loro autorit� la tesi da noi so; tenuta. G. ZAGARI PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 479 E' noto che la pubblica� esigenza di un controllo finanziario degli enti direttamente o indirettamente sovvenzionati dallo Stato, cui era gi� ispirato il R.D. n. 720 del 1939 (e n. 442 del 1942), ha ricevuto solenne riconoscimento con l'art. 100 della Costituzione, il quale stabilisce: a) che al controllo partecipa la Corte dei Conti; b) che ad esso sono soggetti gli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria; e) che i casi e le forme del suddetto controllo devono essere stabiliti con apposita legge. In attuazione di tale precetto costituzionale, generalmente considerato di natura programmatica e quindi di non immediata applicazione, venne emanata la legge 21 marzo 1958 n. 259, la quale (art. 2) fissa il concetto di ente sovvenzionato, stabilendo che debbono ritenersi contributi statali ordinarie: a) i contributi, con carattere di periodicit�, concessi dalla P.A. per la gestione finanziaria di un ente; b) le imposte, tasse e contributi che gli enti siano autorizzati ad imporre con carattere di continuit� o che siano ad essi comunque devoluti; la legge; inoltre, prevede che gli enti aventi i requisiti test� precisati siano singolarmente reperiti ed individualizzati mediante decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di con..: certo con il Ministro per il Tesoro e con il Ministro cui spetta la funzione di tutela o di vigilanza dell'ente (art. 3). Con il decreto presidenziale 18 agosto 1962 fu per l'appunto dichiarato, in forza delle norme anzidette, eh~ l'Automobil Club d'Italia (ACI) era assogettato al controllo della Corte dei Conti ai sensi dell'art. 2 della legge sopracitata. In conseguenza, la competente Sezione della Corte dei Conti rivolgeva all' ACI formale richiesta di trasinissione degli atti necessari per l'effettuazione del riscontro di cui al decreto presidenziale. L'ACI ha impugnato davanti al Consiglio di Stato l'uno e lo altro provvedimento, deducendo: 1) eccesso di potere in relazione all'emesso decreto di sottoposizione al controllo della Corte dei Conti; 2) violazione dell'art. 2 della legge del 1958, in quanto sarebbe stato ritenuto erroneamente che l' ACI sia un ente sovvenzionato o fornito di potest� tributaria; 3) illegittimit� della deterininazione della Corte dei Conti, in quanto sarebbe stato esteso il controllo a tutta la attivit� dell'ente e non solo a quella parte riguardante i servizi delegati dallo Stato e gestiti con bilanci a parte (riscossione dei tributi automobilistici; tenuta del Pubblico Registro Automobilistico). Bisogna ora stabilire se sia giurisdizionalment� competente � a conoscere di tale controversia il giudice ordinario (tesi della RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO I ~ Presidenza del Consiglio e delle Amministrazioni interessate) o . l'adito Consiglio di Stato (tesi ACI). . Ma prima di affrontare il problema della posizione soggettiva ::: ' I dell' ACI di fronte al decreto del controllo, occorre spiegare come rion sia possibile risolvere la sollevata questione di giurisdizione in base al semplice richiamo alla opinione di coloro i quali sosten .. gono che gli atti di controllo della Corte dei Conti sono esclusi da ogni e qualsiasi sindacato giurisdizionale, comech� atti di rilevanza costituzionale. L'azione proposta al Consiglio di Stato, quanto meno per due dei vizi di legittimit� dedotti .in causa (ma che p�r il terzo, come si dir� in seguito), ha per oggetto il decreto presidenziale 18 agosto 1962, il quale -sia esso dichiarativo od anche ricognitivo -precede e condiziona, stante il congegno predisposto dal legislatore, l'intervento e la partecipazicine della Corte dei Conti al riscontro finanziario. Sicch�, la emanazione del decreto anzidetto non � ancora attivit� di controllo della Corte dei Conti, trattandosi di mero atto amministrativo, giurisdizional l rnente impugnabile e sindacabile. Per conseguenza, in questa sede ed ai fini del proposto regolamento di giurisdizione, devesi principalmente e fondamental I 1':�. mente stabilire se la pretesa dell' ACI, di essere stata illegittimamente assogettata, oltre ai controlli di carattere generale propri degli enti pubblici, anche a quello speciale di cui al ripetuto art. 2 della legge del 1958, rifletta una sua posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo; E' pacifico che l'ACI � ente pubblico, amministrato da rappresentanti dei ministeri interessati e dagli automobil club provinciali, aventi finalit� di interesse pubblic�, come tale sottoposto a vigilanza, controllo e tutela sia del Ministero del Turismo e Spettacolo sia del Ministero delle Finanze. Pertanto, la sfera di autonomia o di autarchia dell' ACI � commisurata e contrassegnata dal suo stato di soggezione al potere direttivo ed a quello di vigilanza, legislativamente e statuariamente affidato ai ministeri competenti. Non � quindi a parlare di un suo status liberatis, assimilabile a quello della persona fisica e quindi generatore di una seri� di diritti soggettivi nei confronti della P.A., come pare si sostenga con l'atto introduttivo di questa procedura per regolamento di giurisdizione. L'autonomia delle persone giuridiche pubbliche, cio� la sfera di libera determinazione dello ente, trova il suo limite nel potere di tutela e di controllo a cui l'ente medesimo � assogettat�, potere che incide sulla autonomia e quindi sulla posizione soggettiva di quest'ultimo. PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 481 E perci� assai dubbio che si possa parlare per le persone giuridiche pubbliche di un generale principio di libert�, di fronte al quale le norme sul controllo statuale avrebbero valore di eccezione alla regola. Ad, ogni modo, il .supposto status libertatis, in senso ampio, non potrebbe mai portare alla asserita conseguenza, che cio� lo ente verserebbe normalmente in situazione di diritto soggettivo nei confronti della P.A. Devesi; come di regola, di .volta in volta stabilire se si tratti di pretesa riguardante un potere del tutto inesistente, nel senso di mancanza assoluta di una norma che autorizzi la P.A. a porre l'ente in una posizione di soggezione. Orbene, per quanto riguarda l' A.C.I. -per il quale gi� per legge istitutiva molteplica e particolarmente penetranti solo le forme di controllo statale, onde quello speciale della Corte dei Conti non � che una ulteriore e diversa proiezione di quel potere ., non � a dubitare che la P.A. abbia la potest�, a lei astrattamente conferita dall'ordinamento giuridico, d'incidere nella sfera giuridica e quindi nei legittimi interessi dell'Ente. D'altronde, se pure fosse possibile ipotizzare, nella materia in esame, una costante equivalenza tra autonomia e diritto soggettivo dell'ente pubblico, tale situazione soggettiva degraderebbe certamente in quella dell'interesse legittimo ove una norma di legge conferisse all'autorit� statale il potere di sottopOrre l' ACI al controllo � esterno� della Corte dei Conti. Invero, in sede di discriminazione della giustizia amministrativa da quella ordinaria, l'indagine si restringe all'esame rivolto a stabilire, sempre in astratto, se nell'ordinamento giuridico ci sia o pur non una norma che attribuisce alla P.A. il potere del quale si controverte. Nel caso concreto, si tratta precisamente di stabilire se nella legge sia previsto che determinati soggetti, appartenenti alla categoria di quelli come l' ACI, possono essere assoggettati al controllo della Corte dei Conti. Questa forma di soggezione �, in astratto, prevista dalla ricordata legge .21 marzo� 1958 n. 259, che, come si � gi� detto, sottomette al controllo delal Corte dei Conti, tutti gli enti che si trovano in una determinata situazione di fatto rispetto allo Stato o ad altro ente pubblico (enti sovvenzionati o munuti di potest� tributaria). .La esistenza di siffatta norma, volta certamente alla tutela del pubblico interesse, travolge, l'eventuale diritto di libera ed incontrollata attivit� dell'ente, sicch� l'esercizio della potest� di controllo che la norma consente in astratto pu� ledere soltanto 482 RASSF.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I $. posizioni di interessi legittimi, come ogni qual volta la P.A.; nello esercizio dei suoi poteri, travalica i limiti posti dalla legge n quel .' determinato settore. 1 ..-; Con l'impugnato decreto presidenziale del 18 agosto 1962; la . P.A. ha fatto uso del potere che a lei proveniva dalla citata legge n. 259, avendo posto in essere il previsto provvedimento, vale a dire l'atto amministrativo, di reperimento e di individuazione dell'ente che versa in concreto nella condizione voluta dalla legge. Si � quindi di fronte ad un potere esercitato in base ad una ben precisa norma di legge, il cui uso illegittimo, cio� al di l� dei limiti dalla norma medesima, pu� in pratica dar luogo ad eccesso od a violazione di legge per errata interpretazione o per falsa applicazione della medesima, come l'ACI ha in effetti sostenuto nel suo ricorso al Consiglio di Stato, ma non violazione del diritto soggettivo connesso al'autonomia dell'ente suddetto. Nella specie, stando alla impugnativa contenuta nel ricorso al Consiglio di Stato, si tratterrebbe di errori sui presupposti della legge, o, meglio, di e�cessivo ed errato concetto di ente sovvenzionato o di ente fornito di p�test� tributaria, oppure di erronea valutazione sia dell'attivit� svolta dall' ACI come per legge, sia della sua struttura organica e sia della natura e provenienza dei suoi fondi di bilancia. Comunque, il triplice ordine di motivi di illegittimit� del decreto presidenziale dell'agosto 1962, cos� come formulati dall' ACI, si risolve, in definitiva, in altrettanti vizi dell'atto di sottoposizione dell'ACI al controllo finanziario di cui all'art. 2 della legge n. 259, cio� vizi di un atto amministrativo sindacabile, in sede giurisdizionale, dal giudice amministrativo. Quanto poi alla determinazione o provvedimento istruttorio della Corte dei Conti, di richiesta di trasmissione dei documenti relativi alla intera attivit� dell'ACI, le ricorrenti Amministrazioni, subordinatamente, sostengono in 1questa sede che detta determinazione debba sfuggire ad ogni sindacato giurisdizionale, perch� di rilevanza costituzionale. Questo della insindacabilit� degli atti di controllo della Corte dei Conti � discorso che vale per i rilievi e per i visti in tema di controllo degli atti della P.A. (in senso stretto). �Ma nel caso dell'ACI, si tratta del potere di controllo speciale, il cos� detto controllo esterno, nei confronti di persone giuridiche, pubbliche o private, che si trovano nella situazione prevista dall'art. 100 della Costituzione e dalla legge del 1958. Il quale controllo, per altro, non si estrinseca nella forma del visto e relative conseguenze giuridiche, s� nella facolt� di segna PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA �SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 483 lazione ai ministeri preposti alla vigilanza dell'ente (art. 8) e nella relazione per il Parlamento, organo di controllo politico. Comunque, la impugnativa dell' ACI non investe la modalit� in s� del controllo cui la richiesta istruttoria della Corte dei Conti � preordinato, sibbene la misura del potere di controllo di tale organo nei confronti di un ente che assume di non essere sovvenzionato e di non essere munito di potest~ tributaria o, quanto meno, di essere sovvenzionato solo per un settore della sua attivit� istituzibnale. In altri termini, si torna anche per questo secondo aspetto del proposto ricorso al Consiglio di Stato al problema precedente, dappoich� l'intervento della Corte dei Conti non � che la esecuzione del provvedimento della Presidenza del Consiglio, che inquadra I'ACI nella categoria degli enti sovvenzionati. La richiesta della Corte dei Conti � un atto, cio� meramente conseguenziale rispetto al decreto presidenziale, cos� quale esso �. Di tal che, annullato tale atto, verr� meno la pretesa della Corte dei Conti di assogettare l'ente al controllo di cui si tratta. Ci� vale anche se la questione si riduce, come si � detto, alla sola estenzione oggettiva di siffatto controllo: vale a dire, controllo di tutta l'attivit� del' ACI o controllo della gestione concernente il servizio del P.R.A. e la riscossione delle tasse automobilistiche. Nell'uno e nell'altro caso � pur sempre l'atto dichiarativo o ricognitivo della P.A. quello che � investito dal ricorso dell' ACI, in quanto quest'ultimo chiede che sia dichiarato illegittimo atle atto non soltanto dal punto di vista del presupposto specifico ( ente sovvenzionato od avente potest� tributaria), ma anche da quello della misura ed estensione del controllo, avendo proposto altres� il quesito: controllo di tutte le attivit� dell'ente ovvero solo di determinate gestioni ed attivit� del medesimo. Il ricorso del' ACI � quindi, anche per questa seconda parte, diretto sostanzialmente contro il decreto presidenziale, il quale sarebbe viziato da eccesso di potere o da violazione di legge per non avere limitato il riconoscimento di ente sovvenzionato al solo settore di attivit� per il quale si verserebbe nella situazione prevista dalla legge. Pertanto, anche se circoscritta a questa pi� limitata e subordinata impugnativa, la controversia tra ACI e P.A. riguarda ugualmente lesione di interessi legittimi e non di diritti soggettivi.� La cognizione della intera controversia spetta perci� al Consiglio di Stato e non all'Autorit� Giudiziaria Ordinaria. -(Omissis). 484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 dicembre 1963 n. 906 -Pres. De Marco -Est. Granito -Scassellati .,. Sforzolini (Avv. Schir�) c. Ministero Interni (Avv. Stato Bronzini N.). Competenza e giurisdizione -Cittadinanza -Provvedimenti di inibizione al riacquisto -Contestazione -Fattispecie -Consiglio di Stato -Giurisdizione -Non sussiste. Il ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento di inibizione al riacquisto della cittadinanza, ove sia fondato su di una pretesa mancata perdita di cittadinanza, irz.volge una questione di status, di esclusiva competenza dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria e della quale il Consiglio di Stato non pu� conoscere neppure incidenter tantum (1). (1) Non risultanto precedenti. In dottrina, sul riacquisto della cittadinanza, cfr. QUADRI, Cittadinanza (spec. n. 9), Noviss. Digesto it., voi. III�>, 306; STOCCHI, Cittadinanza (spec. n. 5) Encicl. Forense, II, 220; BISCOTTINI, Cittadinanza, Enciclopedia del Diritto, VII, 140. Decisione conforme ai principi. E' solo da rilevare la contraddittoriet� della posizione del ricorrente che, di fronte al decreto ministeriale con il quale gli veniva inibito il riacquisto della cittadim.' nza da lui richiesto, ha sostenuto di non aver mai perduto la cittadinar.za italiana: il che, se fosse esatto, avrebbe poi fatto venir meno anche il presupposto per il riacquisto della cittadinanza. Comunque in relazione al motivo di impugnazione prospettato dal ricorrente, la Quarta Sezione, rilevando che il �mezzo involgeva una questione di status, ha � dichiarato il proprio difetto di giurisdizione ed ha sospeso la pronuncia sugli altri motivi, proposti in via subordinata, in attesa dell'esito dell'eventuale giudizio civile sulla questione pregiudiziale di status. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 febbraio 1964, n. 64 -Pres. Polistina -Est. Urcioli -D'Amore (Avv. Fragola U.) c. Ministero Affari Esteri (Avv. Stato Carafa). Competenza e giurisdizione � Console � Depositi volontari di valuta � Contestazioni circa le modalit� di restituzione -Giurisdizione del Consiglio di Stato -Non sussiste. Il ricorso giurisdizionale avverso un preteso silenzio-rifiuto dell'Amministrazione che si assume formatosi in relazione ad una richiesta di restituzione, con particolari modalit� indicate� dal creditore, di una somma depositata presso un Ufficio con PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 485 solare, non � ammissibile, trattandosi di questione riguardante diritti soggettivi (1). (Omissis). -Il 4 aprile 1962, il sig. Rosario D'Amore. deposit� presso il Consolato Generale d'Italia a Tunisi la somma di dinari tunisini 43.000.000, �per essere temporaneamente cu;:; todita in quel Consolato e rimessa qui in loco allo stesso depositante o a persona di sua fiducia da lui delegata con regolare procura�, come risulta dal processo verbale, versato in atti, redatto seduta stante e firmato dal D'Amore, dal Console e dal Vice-Console italiani a Tunisi. Con istanze in data 17 aprile 1962, il D'Amore si rivolse poi al Ministero degli Esteri, chiedendo di poter riscuotere in Italia, debitamente sbloccata, la somma da lui depositata presso (1) L'evidenza della decisione sulla questione di giurisdizione ci esime da commenti. E' solo da rilevare la perspicuit� della motivazione nella confutazione della argomentazione subordinata prospettata dal ricorrente per sostenere l'ammissibilit� del ricorso. Sosteneva il ricorrente che la giurisdizione del Consiglio di Stato doveva essere affermata in relazione alla controversia sulle particolari modalit� con cui il creditore aveva richiesto la restituzione della somma depositata: se il credito alla restituzione costituisce un diritto soggettivo, la pretesa a che la restituzione avvenga con determinate modalit� avrebbe la consistenza di interesse legittimo e il rifiuto della p. a. di aderire alla richiesta del creditore sarebbe sindacabile dal giudice della legittimit;�.. Ma la Quarta Sezione ha rilevato che, al di l� della particolare � prospettazione � che il ricorrente ha voluto dare al ricorso, la posizione che l'Ordinamento assicura a coloro che effettuano depositi presso gli uffici consolari � di diritto soggettivo il che � sufficiente per negare la giurisdizione del giudice degli interessi. Si pu� aggiungere che, per quanto riguarda le particolari modalit� con cui il creditore pretende di ottenere la restituzione della somma depositata, effettivamente esse non comportano una questione di diritto soggettivo, ma non perch� involgano, come sostenuto dal ricorrente, interessi legittimi, sibbene proprio perch� si risolvpno in una posizione di interesse semplice, affatto priva di tutela. Per la questione sostanziale riguardante la natura dei depositi volontari presso i consoli cfr. la recente decisione della Cassazione, Sez. I, 29 agosto 1963 n. 2392 che si legge in questa Rassegna, retro, 72, con nota di F. C. Tale pronuncia su di una materia che raramente viene portata all'esame del Supremo Consesso appare molto importante. La Cassazione, pur avendo affermato la responsabilit� dello Stato italiano per i depositi volontari eseguiti presso i consoli ai sensi dell'art. 114 del regolamento consolare, ha peraltro chiarito che non essendo ammesso il deposito irregolare presso il console, questi � tenuto a resti~uire la somma in moneta estera ricevuta in deposito e non l'equivalente in lire italiane. 486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il suddetto Consolato e che viene per� indicata in dinari tunisini 44.720.000. Nessun dubbio pu�, quindi, sussistere sulla natura di tale richiesta, sulla quale si � poi formato il silenzio rifiuto, impugnato come prov:vedimento tacito di rigetto, e che risulta evidentemente rivolta a conseguire, sia pure con modalit� diverse da quelle previste nell'atto di deposito, la �restituzione delle somme che H ricorrente aveva dato in custodia al Consolato italiano di Tunisi. In una siffatta situazione, il Collegio non ritiene che possano essere disattese Je eccezioni di inammissibilit� del ricorso, proposte in limine da.li' Avvocatura Generale dello Stato, sul fondamento che la posizione giuridica valutata dal ricorrente non rientri nella giurisdizione di questo Consiglio, ai sensi del d. 26 giugno 1924, n. 1054, e che, inoltre, nella specie non si sarebbe formato il silenzio-rifiuto, in quanto nessun obbligo aveva l'Amministrazione di provvedere sull'istanza del ricorrente. Il quale, � da parte sua, sostiene invece che il suddetto deposito volontario,. specificamente disciplinato dall'.art. 114 del Regolamento Consolare, approvato con R.D. n. 2996 del 1866, non pu� considerarsi alla stessa stregua di un rapporto contrattuale, perch� il Console ha esercitato anche in questo caso una funzione di diritto pubblico, cos� che la pretesa del privato depositante, circa le modalit� ed il momento della restituzione del bene depositato, concretava un interesse legittimo verso la pubblica amministrazione. Soggiunge poi che, se pur vi fosse un diritto soggettivo del depositante, esso risulterebbe affievolito ad interesse legittimo, per le varie subordinate richieste del D'Amore, che sollecitavano l'esercizio di un potere discrezionale. Sviluppando ulteriormente tali concetti, o per meglio dire modificandoli sostanzialmente, �nella memoria depositata il 25 novembre u.s.; il ricorrente rileva infine che probabilmente egli partiva come titolare di un interesse semplice e, che, pertanto, il Ministero non aveva alcun obbligo di iniziare il procedimento per la utilizzazione della somma suddetta; ma, una volta che l'aveva iniziato e quasi concluso aveva per ci� stesso trasformato l'interesse semplice del ricorrente in un interesse legittimo, alla legittimit� di un procedimento amministrativo che personalmente lo concerne. Se anche non si volessero rilevare le pur evidenti contrac:Ldizioni contenute in codesta tesi e si volesse prescindere dal considerare che il comportamento dell'Amministrazione (che, invece di archiviare una richiesta, sulla quale non aveva alcun obbligo di provvedere, ha ritenuto opportuno acquisire preven PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 487 tivamente sufficienti elementi di giudizio, per decidere, informata causa, se le pretese dell'interessato potessero eventualmente essere soddisfatte) non poteva -per tale specifica circostanza -avere il taumaturgico effetto di mutare la qualificazione di un privato interesse, non per questo il Collegio potrebbe pervenire a conclusione diverse da quelle anzi indicate. E' ben noto, infatti, che la giurisprudenza del Consiglio di Stato � ferma nel ritenere che la prospettazione delle ragioni ad opera delle parti non pu� essere assunta ad elemento di discriminazione della competenza degli organi di giurisdizione, la quale va invece determinata in base alla regola tradizionale che si ispira ai criteri del petitum e della causa petendi, i quali si integrano a vicenda, individuando l'oggetto sostanziale del giudizio; pertanto,� l'organo di giurisdizione competente va individuato in base all'oggetto della domanda, in relazione al potere effettivamente esercitato dall'Amministrazione ed alle norme legislative che lo disciplinano. Alla stregua di tali criteri; non si pu� non rilevare come, ancorch� diretta ad ottenere la restituzione del suo deposito in Italia ed in valuta italiana, e non gi� in Tunisia ed in denari tunisini come era stato originariamente convenuto, la richiesta che il ricorrente aveva rivolto nell'aprile 1962 al Ministero degli Esteri concretava pur sempre una pretesa di natura patrimoniale, derivante dirett~mente dal contratto di deposito da lui posto in essere. Quanto alla natura di tale contratto, si osserva che in al�una norma legislativa o regolamentare � dato rinvenire il bench� minimo accenno al preteso carattere extracontrattuale dei depositi effettuati da privati presso i Consolati. E' evidente, d'altra parte, che il carattere pubblico delle funzioni esercitate dal Console, anche quando esse si estrinsechino, come appunto � avvenuto nel caso di. specie, in una particolare forma di assistenza a favore dei connazionali, non � sufficiente a far ritenere che tali depositi debbano considerarsi sottratti alle leggi ordinarie, alle quali, d'altra parte, non si sottraggono neppure i depositi volontari effettuati presso la Cassa DD. e PP. Definita cos� la natura del deposito effettuato dal ricor rente presso il suddetto consolato e. l'esatta portata della ri chiesta da lui avanzata al Ministero degli Esteri, se ne deve necessariamente dedurre che il ricorso da lui prodotto contro il provvedimento negativo, implicito nel silenzio serbato dal l'Amministrazione sulla diffida intimatale il 24 settembre 1962, � da considerare inammissibile, per assoluto difetto di giuri sdizione del giudice adito. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 agosto 1963, n. 2211 -Pres. Varallo -Est. Fresa -P.M. Gedda (conf.) -Boriali (avv. Ro manelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Graziano). ,!\mministrazione dello Stato -Rappresentanza in giudizio -Erronea citazione di organo di amministrazione non legittimata alla. causa ',,_ Rinnovazione dell'atto -Ammissibilit�. (1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 4). A qualunque autorit� statale venga notificata la citazione, il relativo giudizio deve ritenersi efficacemente iniziato, salva la necessit� di rinnovare l'atto nei confronti dell'autorit� qualificata e sempre che l'eccezione �venga ritualmente proposta, poich� nell'errore di identificazione della persona alla quale va notificato l'atto introduttivo del giudizio, di cui all'art. 4 l. 25 marzo 1958, n. 260, deve rit�nersi compreso anche l'errore di notificazione ad un ministero invece che ad un altro. Quando tale errore venga eccepito ed accertato, la sola conseguenza che ne deriva � l'assegnazione di un termine per la rinnovazione dell'atto, a norma del terzo comma del citato art. 4 l. 25 marzo 1958, n. 260 (1). (1) Conf. Cass. 31 ottobre 1961, n. 2520, Foro it., Rep., 1961 v. Amm. dello Stato, col. 79, n. 54. L'assunto della Suprema Corte regolatrice che solo una � rigorosa interpretazione letterale � dell'art. 4 1. 25 marzo 1958, n. 260 porterebbe a circoscrivere la speciale sanatoria ivi prevista ai casi di erronea citazione della persona chiamata a rappresentare legalmente in giudizio l'Amministrazione legittimata alla causa non sembra esatto, poich� proprio il testo sostituito al primo comma dell'art. 11 T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611 dall'art. 1 della legge in questione continua a parlare di notificazione della citazione e dei ricorsi � alle Amministrazioni dello Stato�, il che dimostra che dalla ratio della legge modificatrice � stato rispettato il principio fondamentale (v. art. 1 T.U. 30 �ttobre 1933, n. 1611), secondo il quale lo Stato �non si rivela mai PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 gennaio 1964, n . 263 - Pres. Fibbi -Est. Arienzo -P.M. Criscuoli (diff.) -Consorzio di bonifica del padula di Fucecchio (avv,. Giuliani) c. Amministrazione Finanze (avv. Stato Lancia). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici � Contabilit� generale dello Stato � Contratti � Procedimento per l'aggiudicazione � Asta pubblica e licitazione privata � Verbale di aggiudicazione � Succes� siva stipulazione � Non � necessaria. (r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3, 4 e 16; r. d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 63-90, 93-100, 102). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici � Contabilit� generale dello Stato � Contratti � Stipulazione a trattativa privata. (r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 6, 17; r. d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 92-94, 96, 99-102). Nei contratti stipulati dalla pubblica amministrazione nelle forme dell'asta pubblica o della licitazione privata il verbale di aggiudicazione non � un atto preparatorio, ma l'atto conclusivo del procedimento e, per espressa disposizione di legge (art. 16,comma quarto, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440), equivale per nella sua intierezza '~. ma sempre opera attraverso ({ c�ntri di riferimento �, in cui vengono istituzionalmente raggruppati i suoi diversi interessi (SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1955, 158; in giurisprudenza: Cass., 17 luglio 1947,, n.' 1127, Giur. compl. Cass. Civ., 1947, I, 164; 17 agosto 1951, n. 2531, F�ro it., Rep. 1951, v. Amm. dello Stato, ecc., c. 57, nn. 48-49; 16 ottobre 1953, n. 3392, Giust. Civ., 1953, 3251, con nota di riferimenti). Da questo principio sarebbe discesa, appunto, l'esigenza di distinguere fra legittimazione al processo e legittimazione alla causa. (cfr., infatti, Cass., 17 luglio 1947, n. 1127 cit., Giur. compl. Cass. Civ., 1947, I, 164 e segg. con nota del SANDULLI). La Suprema Corte regolatrice ha ritenuto, invece, che la ratio della legge modificatrice si estenda � ad eliminare le conseguenze di ogni errore di identificazione�, in relazione alla �enorme difficolt� che alcune volte si incontra nello stabilire non � tanto la persona che rappresenta un determinato organo quanto la legittimazione di un organo . rispetto ad un altro"� 490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ogni effetto giuridico al contratto, non occorrendo ulteriori formalit� intese ad attuare gli elementi essenziali del negozio (1). (1) Conf. Cass., 9 ottobre 1956, n. 3421, Giust. civ., Mass. Cass. 1956, 1159; Cass., 21 febbraio 1958, n. 571, Giust. civ. 1958, I, 407; Cass., 23 aprile 1959, n. 1223, Foro amm., 1959, II, 1, 150. (1-2) Osservazioni in tema di formazione dei contratti dello Stato. I -Occupandosi dei contratti disciplinati dalla legge di contabilit� generale dello Stato, la sentenza in rassegna definisce il verbale di aggiudicazione l'atto conclusivo del procedimento di formazione del contratto ed in tal senso parla di aggiudicazione anche per i contratti conclusi a trattativa privata, purch�, beninteso, vi sia stata una gara, sia pure non formale, essendo funzione propria dell'aggiudicazione accertare e prodamare l'offerta migliore e l'offerente prescelto. Tutto ci� pare esatto, anche se non esauriente. Giova anzitutto avvertire che, riguardo alla stipulazione del contratto, non � il caso di parlare pi� di procedimento, come fa la sentenza, ma <;i tratta, pi� propriamente, di un problema di forma (viceversa non di forma, ma di procedimento deve correttamente parlarsi a proposito dell'iter formativo del contratto (SANDULLI, Spunti sul regime dei contratti di diritto privato della P.A., Foro it., 1953, I, 1586). L'aggiudicazione viene definita l'atto terminale del procedimento di scelta del contraente, che abbia avuto esito positivo (RoEHRSSEN, I contratti della pubblica amministrazione, Bologna, 1961, 285). Ad essa (SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1955, 298) si attribuisce natura di atto di ammissione, esattamente negata, invece, (RoEHRSSEN, op. cit., 239) all'invito alla gara formale (come sostenuto da taluno, cfr. PERINI, La responsabilit� civile dell'Amministrazione durante le operazioni di gara pubblica, Foro pad., 1955, III, 56). A norma dell'art. 16, quarto comma, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, �i processi verbali di aggiudicazione definitiva in seguito ad incanti pub blici o a private licitazioni equivalgono per ogni legale effetto al con tratto�. Ci� induce l'interprete ad approfondire ulteriormente la funzione dell'aggiudicazione in una pubblica gara. Secondo una esplicita giuri sprudenza della Corte di Cassazione sarebbe �l'asta... il momento del l'incontro dei consensi tra l'Amministrazione che ha preparato il contratto coi patti e con le condizioni che sono espressi nell'avviso d'asta e il privato che questi patti e cond�zioni accetta col fatto stesso di parteci pare all'asta � (Cass., Sez. Un., 29 luglio 1941, n. 2402, Foro �t., 1942, I, 358; Cass. 8 luglio 1946, n. 802, Giur. Compl. Cass. Civ., 1946, 2�, 191; Cass., 5 luglio 1951, n. 1761, Id., 1952, I, 475). Nel solco di tale insegnamento si ritrova in dottrina l'affermazione che � i pubblici incanti determinano una gara di accettazioni della proposta di contratto fatta dall'Amministrazione; ogni accettazione pi� favorevole elimina la precedente. Al momento della chiusura della gara, il contratto, ove siano dichiarate compiute le altre formalit� prescritte, � concluso e la specificazione dell'altro contraente � automatica, in quanto � data da colui che ha fatto l'offerta pi� favorevole� (SEPE, Con tratti della pubblica amministrazione, Enciclopedia del diritto, voi. IX, Milano 1961, 1008). Ma una gara di accettazioni, di cui la pi� favorevole PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Quando il verbale di aggiudicazione non tenga luogo del contratto, avvenuta la definitiva aggiudicazione, si procede nel elimini le precedenti, non � neppure concepibile, se si tenga per fermo che, data una certa proposta, non vi possono essere accettazioni della medesima che siano diverse tra loro {un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta: cfr. art. 1326, ult. comma, e.e.). Epper�, poich� non v'� proposta, che non sia completa di tutti gli elementi del futuro contratto, sembra il caso di precisare che l'offerta del concorrente, facendo proprio il progetto di contratto e completandolo nella parte relativa al suo importo, integra precisamente la proposta di contratto (cfr. App. Firenze, 23 luglio 1954, Foro Pad., 1955, I, 928). Quando vi sia pubblica gara, l'aggiudicazione, adunque, per espresso �isposto di legge, coinvolge anche la stipulazione del contratto, come fenomeno rilevante per il diritto privato. Deve qui subito avvertirsi, per�, a riprova della peculiarit� della materia, che tale stipulazione non esaurisce il �procedimento� contrattuale della P.A., poich� la legge eleva il riesame discrezionale (ossia puntualizzato al pubblico interesse da perseguire) del contratto dello Stato, da parte dello stesso Ministro preposto al dicastero interessato, ad elemento costitutivo della fattispecie d�gli effetti del contratto, vincolanti per la .P.A. (art. 19 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; art. 337, comma primo, 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F; sul punto v. Relazione Avvocatura deUo Stato, 1942-1950, vol. II; Roma 1953, 452 e segg.; Id., 1951-1955, vol. I, Roma 1957, 914 e segg.; ld.,.1956-1960, voL III, Roma 1961, 101 e segg.). Nel caso di cui innanzi, si parla impropriamente, a rigore, di ulteriore stipulazione del contratto, per alludere ad un fenomeno di riproduzione del negozio ( cfr. RUBINO, Sulla natura deL verbaLe di aggiudicazione ecc., Giur. compL. Cass. Civ., 1946, 2�, 195; ROEHRSSEN, op. cit., 295-297). Si � contestato in dottrina che l'aggiudicazione abbia la cennata, duplice funzione, affermandosi che essa � solo un atto amministrativo, avente natura di dichiarazione di rappresentazione, poich� la volont� contrattuale dell'Amministrazione sarebbe gi� stata enunciata nel bando di gara: l'Amministrazione �con il bando fa la proposta di contratto e nel contempo dichiara di accettare come contraente colui che dal meccanismo della gara sar� indicato come autore dell'offerta pi� vantaggiosa. Con l'aggiudicazione un organo speciale dell'Amministrazione stessa indica qual'� l'offerta pi� vantaggiosa e pertanto con l'emissione della dichiarazione relativa la proposta dell'Amministrazione si perfeziona nel suo iter di atto a formazione successiva� (GIANNINI, L'attivit� amministrativa, Corso di lezibni, Citt� di Castello, 1962, 69). Quest'ultima proposizione rinnega l'assunto iniziale, poich� ammette che la dichiarazione di aggiudicazione abbia anche natura negoziale, . allorch� completa la proposta, ossia, dato che non � possibile parlare di proposta incompleta, la forma. Per questa dottrina l'aggiudicatario, a sua volta, � con la domanda di ammissione alla gara... ha dichiarato implicitamente che accetta la proposta dell'Amministrazione se l'organo di gara acclarer� che la sua offerta � la pi� vantaggiosa. Si pu� ritenere che si abbia qui una dichiarazione di accettazione sotto condizione sospensiva, all'avveramento della quale la dichiarazione stessa acquista efficacia� (GIANIDNI, op. cit., 69-70); ma questa configurazione oblitera che non � possibile parlare di accettazione di una proposta non ancora formata e di accettazione condizio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pi� breve termine alla stipulazione del contratto (art. 88 r.d. 23 maggio 1924, n. 827). Ci� avviene nei contratti a trattativa nata e per giunta, in definitiva, ad una offerta dello stesso accettante. Mentre dal testo riferito non emerge chiaramente chi sia� l'autore della� proposta e quello dell'accettazione, questa stessa dottrina conclude, comunque, che � il contratto si perfeziona tra le parti con la dichiarazione di aggiudicazione� (GIANNINI, op. cit., 70). Nella trattativa privata, anche se una gara non formale vi sia stata e, quindi, sia il caso di parlare ancora di aggiudicazione, come fa la sentenza in rassegna, la funzione di quest'atto resta solo quella, amministrativa, di concludere il procedimento di scelta liberamente adottato dall'Amministrazione (in ci� autolimitando, per il miglior perseguimento del pubblico interesse alla scelta del contraente, il suo p�tere discrezionale, non assoggettato dalla legge ai vincoli previsti per gli altri procedimenti di scelta), accertando chi �. il vincitore della gara; la dichiarazione negoziale della P.A. resta distaccata dall'atto amministrativo conclusivo del cennato procedimento, mentre nell'altra ipotesi � ad esso contestuale, anche se idealmente distinta. Con tale dichiarazione la P.A. compie un atto che acquista rilevanza negoziale di diritto privato, pur senza ancora vincolarla agli effetti del contratto. A questo proposito giova fare qualche avvertenza. Quando si dice che la P.A., stipulando un contratto con un privato, si pone su un piede di parit� col medesimo, rinunziando alla sua posizione di supremazia (cfr~ FAVARA, Sulla disciplina dei contratti di diritto privato stipulati dalla P.A., Studi Eula, Milano 1957, 443), si allude, e non pu� che alludersi, rettamente, al fenomeno per cui �il privato contrente rimane assoggettato alla preminenza dell'Amministrazione proprio e solo in virt� della sua stessa volont� � (ROEHRSSEN, op. cit., 26). Questa preminenza, tuttavia, anche a contratto �oncluso, � innegabile ed � inequivoc;abilmente sancita dalla legge, allorch�, come si � accennato, statuisce che i contratti dello Stato � non sono obbligatori per l'amministrazione finch� non sono approvati dal mini~tro o dall'ufficiale all'uopo delegato e non sono eseguibili che dopo l'approvazione � (art. 19, comma 1�, r.d. n. 2440 del 1923; v. anche art. 337 I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F); che � per gravi motivi di interesse pubblico o dello Stato, il Ministro o l'autorit� delegata per l'approvazione pu� negare l'approvazione ai contratti, anche se riconosciuti regolari � (art. 113, comma 1�, r.d. 23 maggio 1924, n. 827); che in caso di mancata approvazione entro il termine eventualmente stabilito nel capitolato d'oneri o nello schema del contratto (� quello che segue lo svolgimento della gara ed � gi� firmato dal contraente privato: art. 5, comma 4�, r.d. n. 2440 del 1923, epper� non va confuso col progetto di contratto: art. 5, comma 1�, r.d. citato), non compete al privato contraente altro diritto che � di essere liberato da ogni suo impegno � senza poter pretendere �compenso di sorta� (art. 114 r.d. n. 827 del 1924; per gli appalti delle opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici v. art. 4 Cap, Gen. appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, ove si prevede il diritto al rimborso delle sole spese contrattuali in caso di recesso dell'appaltatore per mancata approvazione del contratto entro sessanta giorni dalla da.ta di stipulazione dello stesso). Tutto ci� pu� spiegarsi agevolmente. Il problema dell'attivit� contrattuale statale non �, infatti, e non pu� essere, problema di declassificazione di scopi ed interessi, che rimangono sempre pubblici, ma soltanto di mezzi o strumenti operativi. I I I :: l PARTE I, SEZ, III; GIURISPRUDENZA CIVILE privata, i quali possono essere stipulati, a norma dell'art. 17 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, oltre che col procedimento pub- Quando si contrappone, pertanto, autonomia a discrezionalit� e si afferma, tuttavia, che, una volta deliberato il contratto e il relativo progetto e adottato il criterio di individuazione del contraente, l'Amministrazione � autorit�� si trasforma in Amministrazione � parte � di rapporti interprivati, che trattando col subditus non possieder�bbe pi� discrezionalit�, ma soltanto autonomia (GIANNINI M.S., La responsabilit� precontrattuale dell'Amministrazione pubblica, Studi in onor� di A.C. !emolo, vol. III, Milano 1963, 270), si dice cosa che non pu� condividersi. A rigore, l'atto di autonomia � solo quello del privato, mentre la P.A. non solo quando delibera di contrattare e, secondo le prescrizioni dell'ordinamento, adotta e segue un determinato procedimento di scelta del contraente, ma anche quando procede all'aggiudicazione o alla stipulazione, nei casi in cui essa sia necessaria, esercita sempre un potere discrezionale, ossia una scelta ordinata all'interesse pubblico da perseguire, e non gi� un potere libero da vincoli positivi. Quando l'Amministrazione non abbia gi� fissato nella scheda segreta prevista dall'art. 75 r.d. 23. maggio 1924, n. 827 il suo giudizio sulla convenienza delle offerte, si ritiene evidente il potere dell'Ente � di accertare se con l'aggiudi. cazione il suo interesse sia equamente tutelato e di rifiutarla quando riscontri che l'accettazione dell'offerta migliore lo condurrebbe a sottostare ad una perdita economica� (ROEHRSSEN, op, cit., 287). Poich� Ie gare bandite dall'Amministrazione hanno lo scopo di mettere lo Stato in grado di scegliere le ditte capaci di offrire le condizionr realmente pi� convenienti al perseguimento dell'�nteresse pubblico, non � ammissibile che sussista l'obbligo di effettuare l'aggiudicazione anche quando le offerte siano giudicate non accettabili. Cos� il Consiglio di Stato ha ritenuto che la P.A. ha facolt� di non effettuare l'aggiudicazione, quando il numero delle offerte valide presentate sia tanto limitato, da non offrire garanzia che l'opera o la fornitura saranno eseguite alle migliori condizioni possibili (Sez. VI, 31 dicembre 1955, n. 932, Foro amm., 1956 I, 3, 154 e seg.), ovvero quando un concorrente abbia presentato offerte tanto basse, da far temere la preconcetta volont� della ditta di sfuggire agli obblighi contrattuali (Sez. VI, 31 dicembre 1955; n. 931, Ibidem, 154). E la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 25 giugno 1953, n. 1950, Foro it., Repertorio 1953, v. Ammini. strazione dello Stato e degli enti pubblici, c. 73, n. 83) ha ribadito che il concorrente ad una licitazione privata, che abbia fatto l'offerta pi� vantaggiosa, ma non abbia conseguito l'aggiudicazione, non ha azione davanti al giudice ordinario per chiedere il risarcimento dei danni, non essendo ancora titolare di un diritto subiettivo perfetto (cfr., infatti, Sez. Un., 31 ottobre 1958, n. ~586, Giur. it., Mass. 1958, 826; 16 ottobre 1962, n. 2998, Id., 1962, 1006). A prescindere da un procedimento formale di scelta del contraente, � innegabile il potere dell'Amministrazione di non stipulare il contratto, se_ ci� sia contro il pubblico interesse (RoEHRSSEN, I contratti deLla P.A. cit. 299; su tutta la questione si vedano anche le osservazioni del CAPACCIOLI, in Foro Amm., 1956, II, 1, 380). Se di atto di autonomia della P.A. si vuol parlare, isolando per un istante l'esteriore dichiarazione, concorrente a formare il consenso contrattuale (artt. 1321, 1325 e 1326 e.e.) (e si ricordi che la privata auto 494 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blico amministrativo prescritto per le aste e per le licitazioni private, anche nelle particolari e pi� semplici f�rme di cui al nomia � � fenomeno logicamente correlativo a quello di sfere individuali dei singoli�, BETTI, Teoria gen. del negozio giuridico, Torino 1943, 36; � � attivit� e potest� creativa, modificativa o estintiva di rapporti giuridici fra privato e privato i>, BETTI, op. cit., 39), � il caso di precisare, allora, che la c.d. autonomia privata della P.A. coinvolge, sempre, non gi� come motivazione unilaterale epper� irrilevante, ma come presupposto e condizione legale, la discrezionalit� amministrativa, ossia �una scelta puntualizzata, ordinata ad un interesse predeterminato dalla norma i> (GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, vol. I, Milano 1950, 292). I momenti d� tale discrezionalit�, a partire dalla deliberazione di contrattare, fino a giungere all'ammissione del singolo privato prescelto, (cfr. RoEHRSSEN, I contratti della P.A., cit., .34) costituiscono presupposti di validit� della dichiarazione negoziale, rilevante per il diritto privato, ed un atto amministrativo squisitamente discre; zionale, l'approvazione ministeriale (cfr. Relaz. Avvocatura 'Stato, 19421950, vol. II, Roma 1953, 454 e segg.; Id., 1951-'1955, vol. I, Roma 1957, 916 e segg.; Id., 1956-1960, vol. III, Roma 1961, 103) ne condiziona l'obbligatoriet� per la P.A. Anche a proposito della trattativa privata una �autonomia� della P.A., che incontrerebbe soltanto il limite � rappre I sentato... dalla convenienza dell'ente, per cui non pu� stipulare contro il proprio interesse i> (Cass., Sez. Un., 28 settembre 1955, n. 2658, Foro it., 1956, I, 1142-1143), non � null'altro che scelta ordinata ad un interesse 1II pubbico. In proposito, il Consiglio di Stato non ha mancato di chia . rire che la trattativa privata si differenzia dalla� licitazione privata e dall'asta pubblica solo perch�, mentre queste ultime si articolano in un , procedimento formale, legislativamente previsto, nella prima vige la massima libert� di forme (Cons. Stato, Sez. V, 18 ottobre 1963, n. 870, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1368); ma questo c.d. principio della libert� delle forme non significa che le dichiarazioni di . volont� emesse dall'amministrazione in tale fase non possano avere e non abbiano natura di atti amministrativi, ma soltanto che la P.A., nello svolgimento della trattativa, � gode di un'ampia potest� discrezionale di determinazione � {Cons. Stato, Sez. V, dee. cit., loc. cit.; v. anche Ad. Plen., 28 gennaio 1961, n. 3, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 8), con la conseguenza che �la circostanza che l'offerta di una ditta... sia stata esaminata e confrontata con quella di �altre fa sorgere un interesse legittimo dell'offerente ad impugnare il provvedimento mediante il quale si � conclusa la trattativa privata con la scelta di un'altra dittai> (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 6 luglio 1963, n. 197, Il Consiglio di Stato, 1963, t 1145-1146). Bene � stato osservato, in proposito, sulla scorta di un ammonimento sempre attuale del �MANTELLINI (Lo Stato e il codice civile, voi. I, Firenze 1880, 47; vol. II, Firenze 1882, 353 e seg.), che lo Stato non pu� mai esser riguardato come privato cittadino (FRANCHINI, Pubblico e privato nei contratti della P.A., Riv. trim. dir. pubbl., 1962, 37); che l'attivit� svolta dagli enti pubblici nella sfera del diritto privato � posta sotto il segno del diritto pubblico '> (MIELE, Principi di diritto amministrativo, voi. I, Padova 1960, 33 e seg.); che � unica � la personalit� dello Stato e unico � l'interesse pubblico che sovrasta le attivit�. di diritto pubblico e di diritto privato i> (ROEHRSSEN, I contratti della P.A., cit., 32; v. anche P1cozz1, La contabilit� di Stato, Torino, 1960, 162; PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 495 l'art. 17 citato e sono redatti dai funzionari designati a rappresentare l'amministrazione e a fungere come ufficiali roganti 'li App. Firenze, 23 luglio 1954, Foro pad., 1955, I, 927), onde non appare dubbio che � � alle norme di diritto pubblico che bisogna far capo per accertare la capacit� giuridica dell'ente e la sua capacit� d'agire (la quale ultima serve a stabilire quale sia il funzionario competente alla stipulazione), il procedimento per la formazione e la dichiarazione di volont� dell'ente, gli speciali controlli preventivi dalla legge previsti� (Cass., 6 giugno 1962, n. 1364, Giust. Civ., 1963, I, 427; v. anche, sul punto, ROEHRSSEN, op. cit., 19, 21" e 33 e seg.; FRA~CHINI, op. cit., 46 e segg.; FAVARA, op. cit., 443 ~ seg) ed � concepibile, anche. dopo l'approvazione del contratto, una sua invalidit� derivata (VITTA, Diritto amministrativo, voi. II, Torino 1950, 328; GIANNINI, L'attivit� amministrativa, cit., 27 e 50). Ed � consolidato insegnamento della Suprema Corte regolatrice che � la violazione di norme dettate esclusivamente nell'interesse della P.A. o nell'interesse generale non d� luogo ad azione di risarcimento dei danni a favore del privato� (Cass., 10 ottobre 1962, n. 2911, Giur. it., Mass. 1962, 982). Il. -Ripudiata la concezione, contraddetta dal diritto positivo, secondo cui la discrezionalit� amministrativa si esaurirebbe �in sede di deliberazione di contrattare� (GIANNINI M. S., L'attivit� amministrativa cit., 61), appare altres� inaccettabile l'affermazione che �una volta intrapri::so un procedimento contrattuale, il comportamento dell'Amministrazione � regolato interamente dal principio della buona fede, in quanto comportamento di diritto privato comune � (GIANNINI M.S., Resp. precontr. dell'Amministrazione pubblica, cit., 293). Deve, 'Viceversa, replicarsi che, fino a che il concreto contratto non sia stato, attraverso l'iter di cui si � fatto cenno, ritenuto strumento idoneo al perseguimento del pubblico interesse ed approvato, il comportamento della P.A. statale non potr� mai qualificarsi di diritto privato comune. E' vano far leva sul concetto di controllo, per sminuire l'importanza peculiare ed inconfondibile del particolare istituto dell'approvazione, quale delineato nella legge di contabilit� di Stato, ed � vano metter l'accento sulla diversit� dell'organo �contraente� e dell'organo �competente all'approvazione�, per affermare che � i due organi non esprimon� la medesima volont�, nl� curano i medesimi interessi�, qualificando erronea l'affermazione che il contratto soggetto ad approvazione obblighi il privato, ma non l'amministrazione (GIANNINI, L'attivit� amministrativa cit., 79). La verit� � che la. legge attribuisce alla stessa amministrazione statale contraente il potere di disapprovare il contratto e nega alla controparte ogni diritto, finch� tale approvazione. non sia intervenuta. Qualificare erronea la legge non sembra producente sul piano della obiettiva ;ricerca della realt� giuridica, cos� come non appare producente fare tout court della discrezionalit� amministrativa in questo campo uno pseudo-Problema (GIANNINI M.S., Respons. precontr. dell'amm. pubbl. cit., 268). Per l'esatta comprensione dell'estraneit� all'istituto dei contratti disciplinati dalla legge sulla contabilit� generale dello Stato, designati fra i contratti �ad evidenza pubblica� (GIANNINI M.S., L'attivit� amministrativa cit., 47), del problema della responsabilit� precontrattuale (cfr. Cass., 20 aprile 1962, n. 792, Giur. it., Mass. 1962, 285; v. anche le osservazioni del LENER in nota a Cass., 8 maggio 1963, n. 1142, Foro it., 1963, 496 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (art. 101 r.d. 23 maggio 1924, n. 827), salvo l'intervento del notaio nella ipotesi che le parti contraenti ne facciano richiesta (art. 102 decreto citato) (2). I, 1699) pu� soccorrere, invece, proprio il rilievo della dottrina qui criticata, che il privato �sa, intraprendendo a trattare con l'amministrazione pubblica, di trovarsi in una situazione svantaggiosa, perch� la sequenza di formazione contrattuale, nelle sue varie fasi, � assoggettata al rischio dell'esercizio, da parte di una di talune autorit�, di poteri mediante i quali si pone in essere un atto o un fatto ostativo dell'ulteriore corso della sequenza, -in quanto o impeditivo degli eftetti o della rilevanza degli atti emanati o compiuti o estintivo degli effetti stessi; l'insicurezza del contrattare con l'amministrazione � quindi oggettiva � (GIANNINI M.S., Resp. precontr. dell'amm. � pubbl. cit., 283). Il problema del retto uso di questi poteri non si risolve, affermand�, con evidente contraddizione, che, intraprendendo' un concreto procedimento contrattuale, l'Amministrazione statale assoggetta �il suo comportamento al diritto privato comune e, quindi, al principio della buona fede. E' vero, viceversa, che tutto il procedimento di formazione, esternazione ed approvazione della volont� dell'Amministrazione � regolato dal diritto pubblico, onde non vengono in discussione norme che tutelino direttamente l'interesse della controparte, come sono quelle (artt. 1337 e 1338 e.e.), che estendono alla fase delle trattative e della formazione del contratto gli obblighi reciproci di correttezza di cui parla l'art. 1175 e.e. Difficilmente sembra contestabile (cfr. MESSINEO, v. Contratto (dir. privato), in Enciclopedia del diritto, vol. IX, Milano 1961, ,892) l'esattezza del rilievo che �quando una norma giuridica assoggetta lo svolgimento di una relazione sociale all'imperativo della buona fede, ci� � un indice sicuro che questa relazione sociale si � trasformata sul piano giuridico in un rapporto obbligatorio, il cui contenuto si tratta appunto di specificare a stregua di una valutazione di buona fede �, onde � il contrario della buona fede in senso oggettivo si risolve nel concetto (oggettivo) di inadempimento � (MENG�NI, Sulla natura� della responsabilit� precontrattuale, Riv dir comm., _1956, II, 364). Parlare di uno specifico vincolo obbligatorio, governato da principii privatistici, che sorgerebe per l'Amministrazione statale nei confronti di soggetti privati per il solo fatto dell'inizio di un procedimento contrattuale, appare perci� inaccettabile, se � vero che neppure dal contratto formato la legge speciale consente che sorgano obbligazioni per lo Stato, fino a che non sia intervenuto l'atto discrezionale dell'approvazione,. e che le norme disciplinanti la formazione dei contratti statali sono poste a diretta tutela-dell'interesse pubblico e non gi� del privato contraente, a favore del quale possono sorgere soltanto posizioni di interesse legittimo (B.oEHRSSEN, I contr�tti della P.A. cit., 34). Il problema, pertanto, non � pi� di buona fede oggettiva, ma di (2) Sulla trattativa privata v. Cass., Sez. Un., 28 settembre 1955, n. 2658, Foro it., 1956, I, 1138 e segg.; Cons. Stato, Ad. Plen., 28 gennaio 1%1, n. 3, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 8; Id., Sez. V, 18 ottobre 1963, n. 870, fvi,. 1963, I, 1369. � L'insegnamento di massima della sentenza in rassegna offre lo spunto alle seguenti : PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 497 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 3 febbraio 1964, n. 272 - Pres. Caizzi -Est. Sbrocca -P.M. Gentile (conf.). -Mini stero Difesa-Esercito (avv. stato Santoro -Passarelli) c. So ciet� Filatura cascami di seta (avv. Faraone). Prescrizione -Atti interruttivi -Idoneit� -Quando sussiste. {e.e., art. 2943). Danni di guerra -Carattere sussidiario del!a relativa normazione Fatto illecito -Risarcibilit� del danno secondo le norme del codice �ivile -Divieto del cumulo. O. 26 ottobre 1940, n. 1543, artt. 1 e segg.; d.lg. C.P.S. 6 settembre 1946, n. 226, art. 1; ora 1. 27 dicembre 1953, n. 968, artt. 1 e segg.; e.e., art. 2043). correttezza amministrativa e, se si vuole, anche, di buona fede in senso soggettivo della persona preposta all'ufficio contrattante. Ora, a proposito dell'illegittimo uso di poteri discrezionali, deve ripetersi in questa sede che la situazione soggettiva di interesse legittimo de jure condito � tutelata soltanto con l'annullamento dell'atto in vista del quale essa sorge {CASETTA, L'illecito degli enti pubblici, Torino s.d., ma 1953, 27 e 139; v. anche Gu1cCIARDI, Risarcibilit� di interessi legittimi, Giur. it., 1'963, I, l, 1103 e segg.; pi� in generale v. FOLIGNO, La pretesa responsabilit� della Pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi, Foro it., 1'963, IV, 81 e segg), mentre deve ribadirsi che non . esiste �per l'Amministrazione l'obbligo giuridico di portare a termine il procedimento di gara, cos� come non le si pu� negare il potere di non addivenire alla stipulazione per motivi di pubblico interesse {RoEHRSSEN, I contratti della P.A. cit., 287 e 299). Neppure � lecito parlare di un legittimo affidamento del. privato nella validit� del contratto con lo Stato: � il vizio di legittimit� � non solo conoscibile, ma deve essere conosciuto da tutte le parti contraenti. Chi contratta con l'Amministrazione non pu� ignorare qual'� l'organo competente a deliberarne il contratto, quale quello competente a trattare e quello competente a concludere, n� pu� ignorare quali sequenze di atti debbansi seguire per perfezionare il contratto o quali clausole siano apponibili. Tutte queste statuizioni sono stabilit<; da norme giuridiche, l'ignoranza delle quali non � ammessa e non � opponibile... alla amministrazione contraente... anche se trattasi di atti che promanano non dalle parti contraenti insieme, ma dalla sola amministrazione � (GIANNINI M.S., La resp. precontratt. cit. 276-277). Non � possibile, d'altronde, parlare di mala fede �nel contegno dell'organo contrattante, che induca in errore la controparte di media diligenza, senza coinvolgere un problema di dolo (MENGONI, Sulla natura della responsabilit� precontrattuale cit., 363), che, coerentemente con i principi della responsabilit� diretta, ii.on pu� avere come conseguenza oltre alla personale responsabilit� del funzionario anche quella della P.A. Di attivit� illecita degli agenti dell'Amministrazione, giuridicamente imputabile ad essi, come persone fisiche, nonch� all'Amministrazione medesima (art. 28 Cost.), pu� parlarsi ovviamente soltanto se ed in quanto si tratti, appunto, di attivit� di organi (v. nostri rilievi in questa Rassegna, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1 . I I ~ Perch� un atto sia idoneo ad interrompere la prescrizione di un diritto fatto valere in giudizio, � necessario che esso costituisca esercizio di quel diritto e non gi� di un diverso potere, < attribuito al soggetto ad altro titolo e con altro contenuto, sia pure in relazione alle stesse, obiettive circostanze di fatto. La domanda di concessione dell'indennizzo per danni di guerra non � idonea, pertanto, ad interrompere, sia pure nei confronti dello stesso Ministero e tanto pi� nei confronti �di altro, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno per fatto illecito (1). La pretesa al risarcimento dei danni di guerra nei confronti dello Stato non si concreta in un diritto soggettivo. perfetto, ma nell'interesse legittimo ad una discrezionale erogazione (2). Le norme della legislazione sui danni di guerra susseguitesi nel tempo hanno avuto ed hanno tuttora una funzione meramente sussidiaria, epper�, se del danno, che secondo la legislazione speciale � considerato di guerra perch� occasionato da fatti di guerra, possa dimostrarsi la causa efficiente, imputabile all'atto di un terzo (e la conclusione � valida non solo per j i danni alle cose, ma anche in materia di danno alle persone, come si desume dalla legge 10 agosto 1950, n. 648 sul riordina I mento delle pensioni di guerra), il danno stesso � anche risar 1964, 331, nota 2). Ma l'attivit� dolosa resta attivit� di persone fisiche e non diventa anche attivit� organica, non essendo concepibile e non potendosi formalmente imputare all'Ente pubblico altro che l'attivit� svolta per realizzare i suoi fini istituzionali, dai quali esula certamente quello di arrecare offese antigiuridiche a terzi (v. nostri rilievi in questa Rassegna, 1964, 106-107, nota 7; 318-319, nota 3). Pare appena il caso di avvertire, infine, che, se in linea di principio non � neanche sicuro che l'art. 1359 e.e. possa applicarsi alle condizioni legali, a prescindere pure dalla disputa sulla natura dell'approvazione dei contratti dello Stato (su cui v. ROEHRSSEN, I contratti della P.A. cit., 342 e segg.)1 la quale perde, peraltro, buona parte del suo interesse in relazione alla valida critica mossa in dottrina alla distinzione fra elementi costitutivi e requisiti di efficacia del negozio (RUBINO, La fattispecie e gli effetti giuridici pre~ liminari, Milano, 1939, 59 e segg.; SCOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria deL negozio giuridico, Napoli 1950, 328 e seg., 373 e seg.), non pu� dubitarsi che, trattandosi, comunque, di un atto amministrativo, � essa non pu� essere superata od eliminata dall'accordo o dall'inerzia delle parti, rl� surrogata da equipollenti� (Cass., Sez. Un., 14 agosto 1953, n. 2736, Giur compi. Cass. Civ., 1954, 3�, 86; OLMI, I contratti della pubblica amministrazione e l'art. 1359 e.e., ivi, 88 e segg.; GIANNINI, La resp. precontr. cit., 290), mentre � La legge stessa ad esdudere un preteso diritto del privato alla vigenza del contratto (art. 19, comma primo, r.d. n. 2440 del 1923) e, quindi, la possibilit� di un risarcimento del danno in caso di mancata approvazione ( cfr. RoEHRSSEN, I contratti della P.A. cit., 341). FRANCO CARUSI PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 499 cibile in base alle norme ordinarie, fermo, beninteso, il divieto di cumolo delle due liquidazioni, l'una per fatto di guerra e l'altra per responsabilit� da atto illecito e ferma, altre s�, la perdita dei benefici della legislazione speciale, qualora il danneg-' giato tenti di eludere il divieto anzidetto (3). (1) Cfr. Cass., 19 agosto 1955, n. 2545, Giust. civ., Mass. Cass., 1955, 948, e Foro it., 1956, I, 915, e in part. 916, nella motivazione; 16 maggio 1949, n. 1215, Foro it., Rep. 1949, v. Prescrizione in materia civile, c. 1283, n. 14; 23 gennaio 1959, n. 187, Giust. civ., 1959, I, 437; 25 marzo 1961, n. 681, Giust. civ., 1961, I, 975, ove si insegna che gli atti interruttivi della prescrizione ai fini dall'azione di risarcimento di danni ex contractu, non valgono ad interrompere la prescrizione del. diritto al risarcimento dei danni per responsabilit� extracontrattuale; 22 giugno 1962, n. 1597, in Foro it., Rep. 1962, v. Prescrizione in materia civile, c. 2152, n. 63, e, con la motivazione, in questa Rassegna, 1962, 150-151. (2) Conf. Cass., Sez. Un., 22 febbraio 1954, n. 491, Giust. civ., 1954, 381; Cass. 9 maggio 1955, n. 1320, ivi, 1956, I, 513 e segg., con nota del FAVARA; Sez. Un., 15 novembre 1957, n. 4399, Giust. civ., Mass. Cass., 1957, 1676-1677; 11 aprile 1958, n. 1190, Giust. civ., 1958, I, 1299-1300, con nota di richiami; Cass., 20 giugno 1959, n. 1954, Foro amm., 1959, II, 1, 397; 9 settembre 1959, n. 2572, Giust. civ., Mass. Cass., 1959, 875-876; Sez. Un., 29 maggio 1962, n. '1293, ivi, 1962-648-649; 13 maggio 1963, n. 1179, ivi, 1963, 560. In dottrina CINNANTE, Risarcimento per danni di guerra e competenza giurisdizionale, Foro it., 1957, IV, 42 e segg.; SCARCELLA, Profili giurisdizionali ecc., Giur. it., 1957, I, 2, 134 e segg.; FAVARA, Contributo di ricostruzione, danni di guerra e legittimazione alla concessione cit., Giust. civ., 1956, I, 513 e segg.; RICCIO e PAOLUCCI, Il danno bellico (commento alla legge 27 dicembre 1953, n. 968), Padova, 1954, 7 e segg. (3) Conf. Cass., Sez. Un., 22 febbraio 1954, n. 491, Giust. civ., 1954, 381 e segg.; Cass., 8 novembre 1957, n. 4310, Foro it., 1957, I, 1929. CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 14 febbraio 1964 n. 334 -Pres. Fibbi -Rel. Di Majo -P.M. Tavolaro (diff.) De Luca (avv. Boccadamo) c. Amm. Prov. di Catania (avv. Floreno e Mineo). Opere pubbliche � Strada � Mutamenti di quota � Conseguente accesso, maggiormente difficoltoso, ai fabbricati � Danno permanente � Oh� bligo dell'indennizzo ai sensi dell'art. 46 legge espropriativa � Sussiste. Opere pubbliche � Strada � Mutamento di quota � Danno permanente� ai fabbricati frontisti � Indennizzo � Criterio di determinazione. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46). Procedimento civile � Consulente tecnico � Perizia � Valutazione nel gin� dizio di appello � Limiti. (c.p.c., artt. 453 e 465). 500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La pubblica amministrazione, la quale, modificando le con dizioni di una pubblica strada, sia pure per ragioni di interesse generale, elevi o abbassi il suolo stradale in modo da rendere l'accesso ai fabbricati, in relazione alla loro destinazione, sensi bilmente pi� difficoltoso e meno agevole, � tenuta ad indennizza re il privato che dalle dette modificazioni venga leso: ci� in base al principio generale contenuto nello art. 46 della legge sulla espropriazione per pubblica utilit�, dovendo ricondursi in tale norma, con criteri di analogia, tutte le ipotesi di dq,nno perma nente alle private propriet� immobiliari, legato all'opera pub blica da un nesso di causalit� obiettiva (1). L'indennizzo deve essere commisurato al danno effettivamente ed oggettivamente prodotto all'immobile, escluso ogni altro pre giudizio economico, come quello relativo ad una industria che nell'immobile stesso veniva esercitata e che risulti interrotta o sospesa in seguito alla esecuzione dell'opera pubblica (2). L'art. 453 cod. proc. civ. (il quale prevede l'obbligo per il giu dice di nominare un nuovo consulente tecnico in appello, se la pronuncia di primo grado sia fondata su accertamenti compiuti dal consulente) � compreso ~ra le norme sulle controversie in ma teria di lavoro, per le quali viene predisposto una particolare di sciplina che si esaurisce nell'ambito della subiecta materia e di quella relativa alle controversie di previdenza ed assistenza per il richiamo ad essa fatto dal successivo art. 465 cod. proc. civ., ma non pu� trovare applicazione nel pi� vasto campo delle inda gini tecniche, concernenti controversie di diversa natura. Per queste ultime vale, invece, il principio che il giudice, pur avvalendosi della .attivit� ausiliaria del consulente tecnico, pu� apprezzare discrezionalmente il risultato delle relative indagini, anche in grado di appello ed a seguito di specifico gravame, senza essere per nulla vincolato all'obbligo di nuovi e ulteriori accer tamenti (3). (1) Natura giuridica dell'interesse del frontista di strada pubblica. Con la sentenza, che si annota, la Corte Suprema ha confermato la interpretazione dell'art. 46 della legge sulle espropriazioni gi� adottata con precedenti decisioni. Era stato infatti ammesso l'indennizzo ex art. 46 allorch� dalla modificazione del tracciato di strade pubbliche derivava l'interclusione di un immobile (Cass. Sez. Un. 10 giugno 1936, Diritto Beni Pubblici, 1937, � 148); parimenti era stato riconosciuto il diritto allo indennizzo quando I dal mutamento .di livello di una strada erano derivate l'occlusione di un edificio o la menomazione della statica e dell'estetica (App. Roma. 12 luglio 1947, Giur. eompl. e.e., Voi. XXIV, 325); l'indennizzo era stato PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 501 (Omissis). -,.--Con l'unico mezzo, articolato in due censure, il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 46 della L. 25 giugno 1865 e dell'art. 453 cod. civ. e lamenta la contraddittoriet� della motivazione della sentenza di merito. Deduce che la Corte d'Appello non avrebbe potuto discostarsi dalle conclusioni del consulent.e tecnico, senza disporre una nuova consulenza di ufficio, e che, una volta riconosciuto che una �certa svalutazione� dell'immobile si era verificata, non poteva disattendere le conclusioni del consulente tecnico in base a considerazioni soggettive ed a valutazione arbitrarie e giungere a riconosciuto nel caso di interruzioni. a vie di comunicazioni per effetto della costruzione di una strada ferrata con danni a terreni per sistemazioni fluviali (rispettivamente Cass. Sez. Un. 18 marzo 1937, Diritto Beni Pubblici, 1937 540 e Cass. Sez. Unite 23 luglio 1939, ivi, 1938, 163). Il principio dell'obbligo dell'Amministrazione all'indennizzo � sostanzialmente riportato dalla giurisprudenza alla norma del � suum cuique tribuere � (Cass. 4 agosto 1945, Sett. Cass. 1946, 11 -per una critica in questa Rassegna, 1948, 1, 5). La dottrina si era proposta il quesitO gi� dalla fine del secolo scorso (tra i primi SCHULTZENSTEIN, op. Citata dal GUICCIARDI, n Demanio, Padova, 1934, 312 nota n. 3). Ci si era infatti domandati se il proprietario frontista si fosse trovato nella medesima situazione giuridica di un altro .utente della strada pubblica o se invece la sua situazione giuridica dovesse essere ritenuta diversa. L'esame di tale questione secondo una parte della dottrina (ALESSI R., La responsabilit� della Pubblica Amministrazione, Milano, 1951, 446 nota 10) non avrebbe pregiudicato quella relativa all'indennizzo ai proprietari degli immobili latistanti i cui diritti sono lesi dalle modifiche ai beni demaniali. Secondo tale dottrina l'indennizzo non doveva considerarsi in relazione alla lesione del diritto di uso del bene demaniale sebbene per la lesione del proprio diritto di propriet� sul fondo frontista. Sulla questione � anche interessante seguire le note dottrinali nella bibliografia citata dal Guicciardi: Cfr. GABBA, IZ risarcimento dei danni arrecati ad edifici priv�ti per effetto di innovazioni introdotte nell'area pubblica, Giur. it. 1901, I, 1, 765 e segg.; ROMANO, Principi di dir. ammin., 491 e Corso di dir. Amministrativo, 202 e seg.; MAIORANA, la Teoria del Dir. pubblici reali, 134 e segg.; RANELLETTI, Concetto, Na,tura e limiti del demanio Vol. V, 250 e segg. GIAQUINTO, La responsabilit� degli enti pubblici, 407 e segg.; CAMMEO, Corso di Dir. Amministrativo, Vol. II, 1001; SALEMI, Natura giuirdica dell'uso comune, 86 e seg.; FERRARA, Trattato di Dir. Civ., Vol. 1, 766 e nota 1). Escluso che la posizione giuridica del frontista della strada pubblica � ancorch� il suo interesse all'uso della strada sia indubbiamente pi� spiccato e meglio qualificato che non l'interesse di qualsiasi altro cittadino> sia diverso dalla posizione di un quivis de populo, escluso quindi l'interesse giuridico del frontista in quanto utente sia quello di portatore di un determinato diritto e quindi di una determinata protezione e titolo giurisdizionale, si deve conseguentemente escludere che il motivo dell'indennizzo possa essere rapportato alla lesione di un tale interesse. 502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I riconoscere, in concreto, una svalutazione corrispondente al costo del raccordo tra il piano stradale e quello di calpestio dell'immo I ~ bile. :::: .?.j Le censure sono infondate. Afferma il ricorrente che la Corte di Appello avrebbe dovuto nominare un proprio consulente ai sensi dell'art. 453 c.p.c. Il rilievo � erroneo, perch� tale precetto concerne le controversie di lavoro. In effetti questa Corte Suprema ha gi� avuto occasione di precisare al riguardo -e qui si conferma -che l'art. 453 cod. proc. civ. (il quale prevede l'obbligo per il giudice di nominare Ed infatti si � detto che la deminutio proveniva al frontista per effetto della lesione del suo diritto di propriet� menomato dal mutamento verificatosi nel bene pubblico �ella strada. Sarebbe interessante svolgere ulteriormente questo punto. Infatti � indubbio che il bene privato � immutato nella sua consistenza e che il mutamento si riferisce esclusivamente al bene pubblico. Si deve arguire che il diritto dominicale sulla strada pubblica deve ritenersi limitato da interessi giuridicamente protetti dei privati frontisti i quali finiscono col porre dei veri e propri limiti al bene pubblico attiguo ai beni di loro propriet�: il che non � previsto in nessuna norma dell'ordinamento giuridico positivo. La giurisprudenza che ammette l'indennizzo d� per implicito il postulato della particolare tutela dell'interesse privato, pur negando che il proprietario frontista si trovi in una posizione diversa da quella di altro utente (Gu1ccIARDI, Op. cit., 314). Secondo l'autore test� citato (op. citata 317, 318) il frontista si pu� ritenere titolare talvolta di semplice interesse di fatto, tal altra di un interesse legittimo. I casi esemplificati sono appunto dell'autorit� comunale che abbia disposto la variazione del livello stradale e la trasformazione di una strada in una gradinata per modo che il frontista non possa pi� giungere con la sua automobile fino all'accesso della sua casa. In simile ipotesi se le variazioni accennate corrispondono j alle esigenze ed agli interessi del pubblico, l'interesse da parte del fron-~ tista viene �sacrificato senza rimedio �. Viceversa se l'interesse pubblico � mal perseguito, �l'interesse individuale del frontista riveste la figura dell'interesse occasionalmente protetto e legittima il suo portatore ad impugnare l'atto amministrativo davanti alle giurisdizioni amministrative per ottenerne lo annullamento �. Poich� la risarcibilit� dell'interesse legittimo � da escludere, ne deriva che al proprietario frontista non spetti n� il risarcimento del danno n� l'indennizzo ex art. 46. Una indagine pi� approfondita, peraltro, non potrebbe non tener conto del particolare rapporto esistente tra le propriet� pubbliche e le propriet� private. Richiamandosi l'art. 46 della legge sulle espropriazioni appare rile vante che il legislatore ha previsto l'indennizzo solo per quegli interessi che sono garantiti dall'ordinamento giuridico_ come diritti soggettivi. Si tratta quindi di verificare se il proprietaro frontista sia titolare di un interesse, assurto a diritto soggettivo, a mantenere la strada, lungo lu quale sorge l'immobile di sua propriet�, nello statu quo ante. Difatti posto che l'immobile sia di sua propriet� � rimasto immutato, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE un nuovo consulente tecnico in appello, se la pronuncia di primo grado sia fondata su accertamenti compiuti da consulente) � compreso tra le norme sulle controversie in materia di lavoro, per le quali viene predisposta una particolare disciplina che si esaurisce nell'ambito della subiecta materia e di quella relativa alle controversie di previdenza ed assistenza, per il richiamo ad essa fatto dal successivo art. 465 cod. proc. civ. ma non pu� trovare e il mutamento si riferisce esclusivamente al livello stradale � evidente che l'eventuale lesione giuridica sorge per effetto della modificazione del piano e cio� del bene altrui. E' chiaro che qui non � discutibile il principio della responsabilit� per atto legittimo, ma � posta in discussione la natura dell'interesse del proprietario frontista. Come � stato post.o in rilievo dalla dottrina (v. tra gli altri VITTA C., Diritto amministrativo, voi. II 112, ed. 1955), non tutti gli interessi allegati e collegati al diritto di propriet� sono tutelati dall'ordinamento, � quando per la esecuzione dell'opera pubblica sia diminuita l'aria, la luce, il prospetto, donde consegue la diminuzione del valore della cosa � non � sicuro che l'indennit� sia riconosciuta � perch� niun proprietario di un fondo ha diritto che il vicino compia opere, le quali possano to-. gliergli tale utilit�, allorch� costui nel compiere le opere stesse osserva le distanze e le cautele imposte dalla legge �. Il punto decisivo quindi � la determinazione della natura dell'interesse del proprietario frontista. Se si esclude che egli sia titolare di un particolare diritto di uso sulla strada, se si esclude che egli abbia alcUn diritto soggettivo a mantenere 1a strada nello statu quo ante, appare evidente che egli � solo portatore di un interesse che pu� solo occasionalmente coincidere con l'interesse pubblico, ma che se con esso non coincide non trova alcuna giuridica garanzia e tutela. Che il frontista abbia alcun diritto soggettivo 'rispetto al livello della strada appare escluso dall'ordinamento, che non prevede in nessuna sua norma un diritto del genere. Che egli potesse garantirsi di fatto rispetto ad innalzamenti e soproelevate, pu� apparire dalla scelta fatta al momento della edificazione. Se, per altro, di fronte all'edificazione del vicino privato egli era sfornito di interessi giuridicamente protetti, non� si vede perch� dovrebbero ammettersi interessi giuridicamente protetti allorch� il fondo confina con immobili di pubblica propriet�. Il suo rappresenta un interesse non giuridicamente tutelato ed � esclusa, pertanto, dall'ordinamento la sua indennizzabilit�. In definitiva non pu� non porsi in rilievo che accanto alla dominica potestas del privato � da porsi la dominica potestas dell'ente pubblico, il quale nella gestione del bene di sua propriet� trova solo limitazioni della coincidenza con il pubblico interesse: una volta soddisfatti i limiti sostanziali e formali imposti dall'ordinamento all'azione amministrativa, appaiono i propri diritti nella stessa pienezza che � attribuita e riconosciuta a quelli dei soggetti privati. ALDO ALABISO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO applicazione nel pi� vasto campo delle indagini tecniche, concernenti controversie di diversa natura. Per queste ultime vale, invece, il principio che il giudice, pur avvalendosi dell'attivit� ausiliaria del consulente tecnico, pu� apprezzare discrezionalmente il risultato delle relative indagini, anche in grado di appello ed a seguito di specifico gravame, senza essere per nulla vincolato all'obbligo di nuovi e ulteriori accertamenti (sent. 1258 del 1962; 517 del 1963). Non sussiste poi il denunciato difetto di motivazione. Si tratta di stabilire l'eventuale diminuzione del valore venale dell'immobile in conseguenza del dislivello causato dai lavori di sistemazione della pubblica stra4a. Ora su questo punto decisivo della controversia la Corte di merito ha richiamato, a fondamento della sua decisione, l'esatto principio di diritto che la pubblica amministrazione, la quale, modificando le condizioni di una pubblica strada, sia pure per ragioni di interesse generale, elevi o abbassi il suolo stradale in modo da rendere l'accesso ai fabbricati, in relazione alla loro destinazione, sensibilmente pi� difficoltose e meno agevole, � tenuta ad indennizzare il privato che dalle dette modificazioni venga leso: ci� in base al principio generale contenuto nello art. 46 della legge sull'espropriazione per pubblica utilit�, dovendo ricondursi in tale norma, con criteri di analogia, tutte le ipotesi di danno permanente alle private �propriet� immobiliari, legato all'opera pubblica da un nesso di causalit� -obiettiva: e l'indennizzo deve essere commisurato al danno effettivamente ed oggettivamente prodotto all'immobile, escluso ogni altro pregiudizio eco I nomico, come quello relativo ad una industria che nell'immobile stesso veniva esercitato e che risulti interrotta o sospesa in se I guito alla esecuzione dell'opera pubblica (sent. 1810 del 1960). E alla stregua di tale principio, la Corte stessa, nell'analizzare gli elementi probatori acquisiti al processo, con logica e adeguata motivazione ha spiegato le ragioni del suo dissenso dal parere espresso dal consulente tecnico (le cui indagini erano state rinnovate in appello) puntualizzando essenzialmente che il dislivello tra la strada e la casa del De Luca era di proporzioni irrisorie per cui il danno risarcibile doveva essere contenuto nella somma di lire 50.000 quante appunto ne sarebbero occorse per la costruzione di un raccordo tra la strada ed il piano di calpestio di un vano adibito a custodia� di autoveicolo. La Corte di merito ha poi� esclusa la sussistenza di altri pregiudizi all'immobile, ditalch� riesce agevole scorgere che la censura investe apprezzamenti di mero fatto insindacabili in sede di legittimit�. -(Omissis). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 febbraio 1964, n. 414 - Pres. Pece -Est. Caporaso -P.M. Tuttolomondo (conf.) Comune S. Giuseppe Vesuviano (avv. Fragola) c. Annunziata (avv. Villa): Espropriazione per pubblica utilit� -Giunta speciale per le espropriazioni per p.u. presso la Corte di appello di Napoli -Determinazione dell'indennit� di espropriazione � Formazione del giudizio � In� formazioni di carattere tecnico-professionale fornite dai membri tecnici della Giunta -Legittimit�. <r.d 17 aprile 1921, n. 762, art. 12). Alla formazfone del giudizio sul valore dell'immobile espropriato, demandato alla Giunta speciale per le espropriazioni per pubblica utilit� presso la Corte. d'Appello di Napoli, possono legittimamente concorrere le notizie di carattere professionale e di dati obiettivi forniti dai tecnici che compongono la Giunta medesima (1). (1) La sentenza in rassegna sottolinea che trattasi di �attivit� di giudizio�, da non confondere �con quella istruttoria, che � viceversa un mezzo di prova, da compiersi nelle forme di legge ed in contraddittorio con le parti�. Pu� osservarsi, in proposito, che il giudice ha l'obbligo della valutazione critica delle prove, e che la premessa maggiore del sillogismo probatorio � costituita precisamente da una massima di esperienza o, a volte, da conoscenze non puramente empiriche, ma qualificate da valutazioni di carattere tecnico ( cfr. CARNELUTTI, Massime di esperienze ecc., in Riv. dir. proc., 1959, 639 e seg.). La conoscenza del mercato dei suoli edificatori �, appunto, di questo secondo tipo. Anche le conoscenze tecnicamente qualificate possono essere acquisite dal Giudice direttamente (cfr. PUGLIATTI, Conoscenza, Enciclopedia del diritto, voi. IX, Milano, 1961, 92). Ma, mentre normalmente il Giudice si avvale della collaborazione di consulenti tecnici, nel caso della Giunta speciale per le espropriazioni per p. u. presso la Corte di Appello di Napoli deve considerarsi che, per la sua composizione, essa deve compiere direttamente valutazioni di carattere tecnico e solo eccezionalmente, a norma dell'art. 12 r.d. 17 aprile 1921, n. 762, pu� avvalersi, per accertamenti e rilievi locali, dell'opera di persone tecniche estranee al Collegio, �quando lo ritenga assolutamente necessario e non crede di potere all'uopo provvedere a mezzo di uno o pi� dei suoi componenti�. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 7 aprile 1964, n. 771 -Pres. Mastropasqua -Est. Bartoloinei -P.M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Societ� Emme . pigas (avv. Lecciso). Scrittura � Data certa � Determinazione � per relationem � .. Ammissi� bilit�. (e.e., art. 2704). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I 1 ::: Pignoramento Opposizione di terzo � Prova del diritto sui beni pigno� rati � Autofattura � Irrilevanza. ( c.p.c., artt. 619 e segg.). La data certa di una scrittura privata non autenticata, n� registrata, pu� essere desunta per relationem non solo quando il contenuto della scrittura sia riprodotta in un atto pubblico, ma da qualunque altro fatto, che, secondo una valutazione da farsi dall'interprete caso per caso, stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorit� della formazione del documento (1). L'autofattura, come documento proveniente dallo stesso terzo opponente, non vale a costituire a favore del medesimo la prova del suo acquisto del vantato diritto di propriet� sul bene pignorato (2). (1) L'enunciazione contenuta nell'art. 2704 e.e. dei fatti in base ai quali la data della scrittura privata non autenticata n� registrata deve ritenersi certa e computabile rispetto ai terzi non � tassativa: cfr. Cass., 14 ottobre 1961, n. 2139, Foro it., R�p. 1961, v. Scrittura, c. 2294, nn. 32~33; 12 agosto 1963, n. 2296, ivi, 1963, voce cit., c. 2492, n. 19 ed in Riv. Leg. fisc., 1963, 2348. Se il documento che contiene la scrittura privata formi un unico corpus con il foglio su cui � stato apposto il timbro postale per la spedizione, la data risultante in modo chiaro e non equivoco dal timbro deve ritenersi come data certa della scrittura, ai fini della computabilit� di, fronte ai terzi. Infatti la timbratura eseguita in un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente ad un'attestazione autentica che il documento � stato inviato nel medesimo giorno in cui essa ebbe luogo: cfr. Cass., 14 ottobre 1957, n. 3799, Foro it., 1957, I, 1772, in part. 1773; 14 ottobre 1961, n. 2139, Foro it., Rep. 1961, v. Scrittura, c. 2294, n. 33; 12 agosto 1963, n. 2296, ivi, 1963, voce cit., c. 2492, n. 19. In dottrina, sulla data certa, v. GIACOBBE, Data certa, Enciclopedia del Diritto, vol. XI, Milano, 1962, 700 e segg ed ivi letteratura e giurisprudenza. (2) Nel caso di specie, l'autofattura della Societ� (che aveva proposto opposizione di terzo riguardo al pignoramento di una macchina per scrivere eseguito dall'Amministrazione Finanziaria) con allegato scontrino di pagamento IGE a mezzo postagiro sul prezzo di acquisto del bene pignorato, recante il timbro a data dell'Ufficio postale, era stata completata dalla sottoscrizione, per quietanza, del venditore, epper� in tegrava una scrittura di trasferimento di propriet� del bene medesimo a favore dell'opponente; ma la sentenza in rassegna ha osservato che � riferendosi il postagiro all'autofattura e non anche alla firma di quietanza, non pu� escludersi che la quietanza stessa in calce all'autofattura sia stata apposta e sottoscritta dal venditore irt epoca successiva alla data del postagiro. E poich�, nel caso, la sottoscrizione del venditore costituisce l'unica prova del perfezionamento della vendita, � ovvio come la data del postagiro non possa essere assunta come data certa del perfezionamento del negozio giuridico �. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 aprile 1964, n. 862 -Pres. Vistoso -Est. D'Amico .., �P.M. Silocchi (conf.) -Comune di Pianoro (avv. Vighi) c. Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Carbone}. Piano regolatore, di ricostruzione � Potere del Ministero dei Lavori Pubblici di sostituirsi ai Comuni nell'attuazione totale o parziale dei piani di ricostruzione � Facolt� di procedere all'espropriazione delle aree occorrenti a mezzo degli Uffici del G;enio Civile � Riguar� dano esclusivamente le opere di ricostruzione ancora da compie� re � Disciplina procedure esprop1iative � Estensione della sosti� tuzione. O. 25 giugno 1949, n. 409, artt. 11 e segg.; d.1.1. 1 ,marzo 1945, n. 154, art. 9). Espropriazione per p.u. � Accordi sulla misura dell'indennit� e sul tra� sferimento della propriet� dell'immobile � Natura � Effetti. O. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 25, 28). Ricostruzione � Beni degli enti pubblici locali, delle istituzioni pubbliche di beneficenza e delle Chiese parrocchiali e assimilate distrutti da eventi bellici � Intervento del Ministero dei Lavori Pubblici � Neces� sit� di ricostruzione in altra sede � Onere del costo delle aree espro� priande � Incidenza � Decorrenza. O. 26 ottobre 1940, n. 1543, art. 27 ; 1. 25 giugno 1949, n. 409, art. 11; 1. 27 ottobre 1951, n. 1402, art. 15). Occupazione � Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione per p.u. � Scadenza del biennio � Mancato perfezionamento della procedura espropriativa � Illiceit� � Risarcimento del danno � Criteri di liquidazione � Incrementi di valore dell'immobile per effetto del� l'approvazione ed esecuzione di piano di ricostruzione � Computa� bilit�. O. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 42, 71 e 73; 1. 14 agosto 1942, n. 1150, artt. 37 e 38; e.e.; artt. 2043 e 2056). Il potere attribuito dall'art. 11 della legge 25 giugno 1949, n. 409 all'Amministrazione dei Lavori Pubblici di sostituirsi ai Comuni, che non siano in grado per ragioni tecnico-finanziarie di provvedere direttamente all'attuazione totale o parziale dei piani di ricostruzione approvati ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 1 marzo 1945, n. 154, nell'attuazione medesima a mezzo degli uffici del Genio Civile e l'onere di procedere a mezzo degli Uffici stessi all'espropriazione delle aree occorrenti, ricadenti nei limiti dei piani di ricostruzione, riguardano esclusivamente le opere non eseguite dai Comuni per difficolt� tecnico-finanziarie, operando la sostituzione anzidetta solo per l'avvenire. Non possono, pertanto, cedere a carico dello Stato le conseguenze di atti 508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vit� precedentemente svolte dai Comuni, come il pagamento di indennit� per espropriazioni gi� eseguite o il risarcimento del danno, qualora il Comune, ottenuto il decreto di occupazione temporanea e l'approvazione del piano di ricostruzione, abbia eseguito le opere senza condurre a tempestivo compimento la procedura espropriativa, che, a norma dell'art. 9 del decreto legislativo luogotenenziale 1 marzo 1945, n. 154, � assoggettata alle norme della legge 25 giugno 1865, n. 2359, salva la pi� rapida procedura prevista e disciplinata dai comma successivi dello stesso articolo (1). In entrambe le ipotesi di accordo sulla misura dell'indennit� o anche sul trasferimento della propriet� dell'immobile ass�ggettato ad espropriazione, il negozio si configura come negozio di diritto pubblico, quando il procedimento espropriativo ne abbia costituito il motivo determinante, nel senso che il proprietario dell'immobile sia stato indotto a cederlo per l'inevitabilit� del trapasso, che � senz'altro dimostrata se il piano di ricostruzione sia stato approvato (2). (1) Non risultano precedenti in termini. Per riferimenti sui piani di ricostruzione in genere v. Cass., 7 novembre 1963, n. 206, Foro it., Rep. 1963, v. Piano regolatore ecc., c. 1997, .nn. 96-97; 8 maggio 1961, n. 1063, ivi, 1961, v. cit., c. 1857-1858, nn. 86-88; 22 ottobre 1958, n. 3396, ivi, 1958, c. 1833-1834, nn. 73 e 82-86; 29 ottobre 1957, n. 4188, ivi, 1957, c. 1858, nn. 24-26. Sull'intervento sostitutivo del Ministero dei Lavori Pubblici nell'attuazione del piano di ricostruzione v. Relazione Avvocatura dello Stato, 1942-1950, vol. III, Roma, 1953, 361 e 368; Id., 1951-1955, vol. II, Roma, 1957, 789; sui rapporti tra piano di ricostruzione e piano regolatore generale, v. GARGIULO, .Rapporti tra piano di ricostruzione e piano regolatore generale, in questa Rassegna, 1964, 339 e seg.). (2) La sentenza in rassegna precisa, per�, che �diversi sono gli effetti, a seconda che l'accordo abbia per volont� delle parti efficacia traslazione del diritto di propriet� o abbia soltanto per oggetto la misura dell'indennit�: nella prima ipotesi l'accordo va parificato ad una compravendita di diritto privato, nella seconda ipotesi, invece, l'accordo � condizionato alla conclusione del procedimento di espropriazione e resta quindi caducato se il procedimento non si perfeziona nelle forme previste dalla legge�, secondo Cass., 29 luglio 1961, n. 1840, Foro it., 1961, I, 1664: �affinch� gli accordi fra la pubblica amministrazione ed i privati, relativamente al trasferimento di beni espropriabili, possano considerarsi negozi di diritto pubblico, � necessario che essi si inseriscano nel corso di un procedimento espropriativo gi� in atto, in guisa da costituirne atti integrativi e perci� che tali accordi intervengano dopo la dichiarazione di pubblica utilit� dell'opera e l'inclusione dei beni nel piano di esecuzione. In mancanza di tale presupposto, non valgono a conferire il carattere pubblico al negozio la mera possibilit� dell'espropriazione o il proposit� di evitarla e neanche la comune previsione delle parti che il bene sia trasferito per essere destinato ad un'opera di pubblica utilit�, poich� tutto I I .�' .�" I I I i PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE L'art. 27 della legge 26 ottobre 1940, n 1543 disponeva che alla ricostruzione a carico dello Stato dei beni degli enti pubblici locali;. delle istituzioni pubbliche di beneficenza, nonch� delle chiese parrocchiali e assimilate, distrutti da eventi bellici, doveva essere pro'l?veduto dal Ministero dei Lavori Pubblici, e non prevedeva che fosse a carico dello Stato anche il costo delle aree occorrenti, qualora la ricostruzione dovesse avvenire in altra sede. L'onere delle somme afferenti al ripristino di opere pubbliche da eseguire anche in altra sede fu posto a carico dello Stato solo con le successive leggi 25 giugno 1949, n. 409 (art. 11) e 27 ottobre 1951, n. 1402 (art. 15), senza essere, peraltro, esteso alle ricostruzioni gi� effettuate, epper� l'acquisto delle aree, nell'ipotesi di ricostruzione degli edifici pubblici in altra sede, grava sullo Stato, senza possibilit� di recupero, solo a decorrere dall'entrata in vigore delle leggi predette (3). ci� attiene ai motivi dell'atto, valutabili nell'ambito della sfera dell'autonomia negoziale, e non alla causa del trasferimento, il quale si inserisce nel procedimento espropriativo e pu� considerarsi coattivo solo quando sia giustificato, a norma dell'art. 834 e.e., dalla destinazione effettiva del bene alla soddisfazione di un pubblico interesse in virt� dell'emanazione degli atti suindicati da parte della P.A. �. Trattandosi di negozi di diritto pubblico, � inesatto parlare di parificazione ad una compravendita privat�: v. nota di riferimenti sub 1 a Cass. 20 gennaio 1964, n. 108, in questa Rassegna, 1964, 322; v. anche, sull'argomento, la Relazione deH'Avvocatura dello Stato, 1951-1955, vol. II, Roma, 1957, 150-151. Per Cass., 13 gt.gno 1959 n. 1811, Foro Amm., 1959, II, 1, 380 e segg., se gli accordi hanno per oggetto solo la misura dell'indennit� e �le altre condizioni� del trasferimento e siano stati intenzionalmente posti in essere � in vista e nel quadro � del procedimento espropriativo, si tratta di negozi di diritto pubblico e �concorrendo questa ipotesi, il cui accertamento implica una indagine di fatto,� non sindacabile in Cassazione, i detti accordi non hanno in s� e per s� efficacia traslativa e restano caducati, se il procedimento �non si perfezioni nelle forme previste dalla legge�. (3) L'eccezione al principio del recupero (totale o parziale, in trenta rate annuali costanti, senza interesse) dal Comune della spesa occorsa all'attuazione totale o parziale del piano di ricostruzione (in caso di sostituzione del Ministero dei Lavori Pubblici in tale attuazione) fu introdotta dal terzo capoverso dell'art. 11 1. 25 giugno 1949, n. 409, relativamente alle � somme afferenti al ripristino di opere pubbliche, anche se esse debbano essere eseguite in altra sede per effetto dell'attuazione del piano di ricostruzione ovvero per altri motivi riconosciuti ammissibili dall'Amministrazione dei lavori pubblici�. L'art. 15, comma quarto, della successiva 1. 27 ottobre 1951, n. 1402 esclude dal recupero �le opere pubbliche comunali distrutte da eventi bellici, al cui ripristino lo Stato sia tenuto a norma dell'art. 27 della legge 26 ottobre 1940, n. 1543, anche se le opere stesse, in base alle previsioni del piano di ricostruzione, debbano essere eseguite in sede diversa da quella originaria�.. Non pare, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se in seguito all'attuazione di un piano di ricostruzione un terreno, avente natura agricola al momento dell'occupazione tem I I poranea, abbia successivamente acquistato caratteristiche� di suo. 1 lo edificatorio, nella determinazione del risarcimento del danno, spettante al proprietario in difetto dell'emanazione del decreto di espropriazione, e da rapportarsi al valore dell'immobile al momento della liquidazione giudiziale, deve calcolarsi anche l'incremento di valore conseguito dall'immobile per effetto dell'approvazione e dell'esecuzione del piano di ricostruzione medesi mo (4). pertanto, giustificato il ragionamento della sentenza in rassegna, che pone a� carico dello Stato, senza possibilit� di recupero, il costo delle aree occorrenti alla ricostruzione di opere pubbliche da eseguire in altra sede, sia pure con la limitazione risultante dalla massima (3). No:r� solo l'espressione � ricostituzione �, usata dall'art. 27 1. 26 ottobre 1940, n. 1543, o ricostruzione, ma anche quella � ripristino �, usata dalle leggi successive, � da queste riferita sia alle opere da eseguire in altra sede, che a quelle da eseguire in loco, epper� non si vede come nel concetto_ di ripristino possa farsi rientrare quello che la sentenza .in rassegna afferma esulare dal concetto di ricostruzione, ossia anche. il costo della nuova area, e ci� tanto pi�, in quanto, come s'� visto, il quarto comma del citato art. 15 I. n. 1402 del 1951 riferisce l'esclusione del recupero alle �opere pubbliche comunali distrutte da eventi bellici�. (4) cfr. Cass., 14 dicembre 1960, n. 3249, Giust. Civ., Mass. Cass., 1960, 1269 con nota di richiami; 23 maggio 1962, n. 1189, ivi, 1962, 599-600; v. anche in questa Rassegna, 1964, 113-115 e 320-321, con note di richiami: CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 aprile 1964, n. 866 -Pr.es. Celentano -Est. Jannuzzi -P.M. Trotta (conf.) -Ministero Difesa-Marina (avv. Stato Tracanna) c. Gentili (avv. Angiolillo). A.ppello � Proposizione di azione di arricchimento senza causa fondata sulla stessa situazione di fatto dedotta in primo grado � Mutamento della domanda � Insussistenza. (e.p.e., art. 345). \rricchimento senza causa � Riconoscimento esplicito o implicito del� l'utilit� dell'opera da parte della P .A. � Proponibilit� dell'azione con� tro la P.A. (e.e., art. 2041; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Arricchimento senza causa � Azione di arricchimento contro la P.,\.. � Mezzi di prova diretti ad accertare se sussistano circostanze idonee a far ritenere il riconoscimento da parte della P .A. dell'utilit� del� l'opera � Ammissibilit�. (e.e., art. 2041; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4). Sussiste solo modificazione della causa petendi e non .mutamento della domanda, allorch�, essendo stata rigettata la domanda principale nel giudizio di primo grado, l'istante proponga in appello domanda di indennizzo per arricchimento senza causa, fondata sulla stessa situazione di fatto dedotta in primo grado (1). Il riconoscimento dell'utilit� dell'opera da parte della P.A., ai fini della proponibilit� contro la medesima dell'azione generale di arricchimento senza causa, pu� risultare, anche per implicito, dalla sua concreta utilizzazione (2). Proposta azione di arricchimento senza causa contro la P.A., sono ammissibili mezzi di prova, diretti, non gi� ad acquisire elementi di un giudizio sostitutivo sull'utilit� dell'opera, ma ad accertare se sussistano circostanze di fatto idonee a far ritenere (1) cfr. Cass., 21 aprile 1955, n, 1125, Giust. civ., 1956, I, 958, con richiami; 30 ottobre 1958, n. 3562, id., Mass. Cass., 1958, 1281; 25 febbraio 1959, n. 537, ivi, 1959, 188; 13 settembre 1963, n. 2491, Foro it., Rep. 1963, v. Appello civile, c. 127, n. 127. Sul concetto di domanda nuova intesa come mutamento del fatto costitutivo del diritto vantato in giudizio v. Cass., 27 ottobre 1956, n. 4000, Giust. civ., 1956, I, 1998, con richiami. Sul potere del giudice di dare al rapporto un nomen juris diverso, col rispetto del principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d'ufficio un'azione diversa da quella espressamente e formalmente proposta, v. Cass., 11 luglio 1957, n. 2774, Giust. Civ., Mass. Cass., 1957, 1064; 30 ottobre 1958, n. 3562, ivi, 1958, 1281, ove si parla di rispetto del principio dispositivo e del diritto al contraddittorio. Sul principio dispositivo v. LIEBMAN, Fondamento del principio dispositivo, Riv. dir. proc., 1960, 551 e segg. (2) cf'r. Cass., 22 dicembre 1937, n. 3320, Foro it., Mass. 1937, 714; 21 luglio 1939, n. 2705, ivi, 1939, 532; 22 aprile 1941, n. 1124, ivi, 1941, 271; 19 luglio 1946, n. 922, ivi, 1946, 216; Sez. Un., 8 ottobre 1956, n. 3412, Giust. civ., Mass. Cass. 1956, 1155; Cass. 22 marzo 1958, n. 970, ivi, 1958, 343-344; 6 novembre 1958, n. 3617, ibidem, 1303; 22 febbraio 1960, n. 302, ivi, 1960, 117; 27 febbraio 1962, n. 365, ivi, 1962, 175; v. anche Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-1960, vol. III, Roma 1961, 673, nonch� SAMBATARO, Intorno al riconoscimento dell'utilit� nell'azione di arricchimento contro la P.A., Arbitrati e appalti, 1962, 313; in generale: TRIMARCHI P., Sulla struttura e sulla funzione della responsabilit� per arricchimento senza causa, Riv. dir. civ., 1962, I, 227. 512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la P.A. abbia essa stessa effettuato quel riconoscimento, mediante la concreta utilizzazione dell'opera (3). (3) cfr. Cass., 22 maggio 1948, n. 778, Giur. compl. Cass. Civ., 1948, 2� quadr., 680, con nota di ALESSI (683 e segg., in part. 685-686); 30 maggio 1963, n. 1469, Foro it., Rep. 1963, v. Arricchimento senza causa, c. 174, n. 18. Secondo Cass., 28 febbraio 1963, n. 507, Temi nap;, 1963, I, 242, �l'utilizzazione va misurata in danaro e nel presupposto che il debito dell'Amministrazione da liquidare � di valore e non di valuta, poich� ha per contenuto la rifusione dei valori venuti meno nel patrimonio impoverito�. Nella sentenza 26 marzo 1964, n. 686, Giur. it., Mass. 1964, 217, la Suprema Corte regolatrice sottolinea, invece, che il compenso o indennizzo � dovuto soltanto nei limiti del vantaggio conseguito dall'Amministrazione e che �la relativa valutazione non pu� essere fatta dall'A.G., � poich� cos� si verrebbero a stabilire apprezzamenti che sono propri dell'ente pubblico, ma unicamente dall'Amministrazione stessa�. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1964, n. 990 -Pres. Fibbi -Est. Straniero -P.M. Gedda (conf.) -Costantino (avv. Moschella) c. Ministero Lavori Pubblici "(avv. Stato�Agr�). Ministero Lavori Pubblici, Patania e Comune Messina. Cassazione � Procura conferita al difensore . nell'atto che contiene il controricorso � Vale anche per il (contestuale) ricorso incidentale. (c.p.c., art. 371). La procura conferita al difensore nell'atto che contiene il controricorso ed il ricorso incidentale, anche se p�r la sua impetfetta formulazione sembri limitata al controricorso, si deve ritenere estesa al ricorso incidentale, indipendentemente dalle espressioni in concreto usate, dal momento che l'art. 371 c.p.c. non richiede per il ricorso in questione una pr�cura autonoma, distinta da quel.la che riguarda il controricorso (1). (1) cfr. Cass., 25 settembre 1963, n. 2617, Foro it., Rep. 1963, v. Cassazione civile, c. 325, n. 198: �Nell'art. 371 c.p.c. relativo al ricorso incidentale non si richiede una procura autonoma per tale ricorso, distinta cio� da quella concernente il controricorso, e, poich� il ricorso incidentale � contenuto nello stesso documento del controricorso, la procura apposta su quest'ultimo non pu� non ritenersi estesa ad entrambi gli atti, anche se, per la sua imperfetta formulazione, essa appaia limitata ad uno solo di essi, e precisamente al controricorso �; contra, invece, Cass., 3 aprile 1957, n. 1139, Giust. Civ., Mass. Cass., 1957, 448: �per la proposizione del ricorso incidentale, inteso ad .ottenere la rifor.ma della sentenza solo parzialmente favorevole, � necessario che la procura al difensore contenga in modo espresso la facolt� di proporre il ricorso PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI APPELLO DI MILANO, Sez. I, 20 dicembre 1963, n. 2120 -Pres. Ammatuna -Est. Veltri -Lovati c. Ministeri Difesa Esercito e Tesoro. Prigionieri di guerra -Prigionieri in mano americana -Richiesta di paga giornaliera per il lavoro prestato in prigionia -Obblighi assunti dal Governo Italiano -Accordo 14 gennaio 1949 -Interpretazione. In virt� dell'accordo, stipulato il 14 gennaio 1949 tra il Governo americano ed il Governo italiano al fine di definire -'-senza, peraltro, uniformarsi alla Convenzione di Ginevra -la liquidazione dei crediti vantati dai reduci (gi� prigionieri cooperatori in mano americana), il Governo italiano ha assunto l'obbligo di pagare a questi ultimi le somme da essi guadagnate per il lavoro prestato durante la prigionia (e diverso dalla manutenzione dei campi di prigionia), secondo l'ammontare che risulta dai certifi.!. cati di credito o dai. mandati militari di pagamento stilati in dollari (ad essi rilasciati a titolo di ricevuta) e che corrisponde alla paga giornaliera di 0.80 cents, dovendosi escludere che il Governo medesimo abbia assunto impegni maggiori di. quelli risultanti da detta documentazione e da detta paga. Il Governo italiano ha puntualmente eseguito l'accennato obbligo, come � provato dalla pubblicazione del Libro Bianco, dal quale si rileva che stesso �. Questa pronuncia ritiene, tuttavia, che la procura per il controricorso valga anche per il ricorso incidentale condizionato; cfr. anche SATTA, Commentario al codice di procedura civile, libro secondo, p. II, Milano, 1962, 249: �per proporre ricorso incidentale non � sufficiente la procura rilasciata per resistere al ricorso principale�. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, per il conferimento della procura (speciale) a ricorrere �non � necessaria alcuna forma particolare, ove risulti la volont� della parte� diretta a conferirla (Cass., 23 luglio 1955, n. 2361, Giust. Civ., Mass. Cass., 1955, 882; 22 agosto 1953, n. 2839, ivi, 1953, 2848). Sembra quasi superfluo avvertire, comunque, che il controricorso ed il ricorso incidentale sono atti . diversi, anche se necessariamente contestuali (art. 371, comma primo, c.p.c.), aventi diversa funzione: � qualora la parte cui viene notificato il ricorso principale intenda non gi� a questo contraddire, ma a sua volta impugnare la sentenza censurata, sia pure con semplice adesione a detto ricorso principale, ci� deve aver luogo, per il combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., con ricorso autonomo incidentale, munito di distinto deposito per il caso di soccombenza� (Cass., 20 maggio 1949, n. 1274, Foro it., Rep. 1949, v. Cassazione Civile, c. 247, n. 160; 20 luglio 1957, n. 3082, Giust. Civ., Rep. 1957, v. Cassazione Civile, n. 63; 14 marzo 1958, n. 841, id., Rep. 1958, voce cit., n. 31). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lo Stato Italiano ha provveduto, dopo la verifica della predetta documentazione, ad estinguere tutti i mandati di credito intestati ai reduci dalla prigionia americana, distribuendo agli stessi la somma corrispondente all'ammontare di 26 milioni di dollari rimessa dal Governo americano (1). (Omissis). -Per una chiara visione della materia, � utile premettere che nessun accordo per il trattamento economico dei prigionieri risulta essere stato mai stipulato tra l'Italia e gli Stati Uniti. Si legge nella risposta del Dipartimento di Stato Americano alla richiesta di informazioni di questa Corte -e non � ora contestato in causa -che nel 1942 il Governo degli Stati Uniti si sforz� di giungere -nel quadro della Convenzione di Ginevra -alla conclusione di un accordo per la corresponsione ai prigionieri di guerra americani in mano italiana di una paga pari a quella corrisposta dagli Stati Uniti ai prigionieri di guerra italiani adibiti a lavori diversi dalla manutenzione dei campi di prigionia; ma che nessun accordo pot� essere concluso. Norme, invece, vennero emanate unilateralmente dal Governo degli Stati Uniti, il quale fiss� ai prigionieri italiani cooperatori una paga di 0,80 cents al giorno, portata per taluni (dal 1944 in poi) a dollari 1,20, nel caso di lavoratori cottimisti, qualora un certo risultato di lavoro fosse stato concluso (oltre una indennit� mensile di 3 dollari agli inabili al lavoro). Le somme dovute a titolo di paga ed indennit� venivano iscritte in conti individuali intestati ai prigionieri, dedotte le spese personali. Finita la guerra, un rendiconto venne consegnato a ciascun prigioniero, al momento del rimpatrio, ed � pacifico che (1) La sentenza merita, anche in relazione alle altre analoghe vertenze in corso, particolare interesse per la esauriente motivazione, che descrive le fasi delle trattative intercorse tra il Governo italiano e il Governo americano per la definizione delle pretese vantate dagli ex prigionieri e interpreta l'accordo concluso in data 14 gennaio 1949, precisando la natura ed i limiti degli obblighi assunti dal Governo italiano. � In senso sostanzialme.te conforme si sono pronunciati: la Corte di Appello di Palermo con sentenza 13 luglio 1963 in causa Guerrera ed altri c. Ministeri Difesa-Esercito e Tesoro; il Tribunale di Milano con sentenza 18 marzo 1960, in questa Rassegna, 1960, 92 e il Tribunale di Bologna con sentenza 20 maggio 1964, in causa Brozzi ed altri, c. Min. Difesa. In analoga causa De Bettin ed altri c. Min. Difesa il Tribunale di Venezia, invece, con ordinanza 6 febbraio -20 aprile 1964 ha sollevato di ufficio la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 d.l.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430, in relazione all'art. 76, � 1, 2, primo periodo, e 5 del Trat-. tato di pace ed agli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione. , i/. . I.I,... , . . . . . . PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA ,CIVILE 515 i Comandi Americani rilasciarono ai prigionieri non soddisfatti del loro avere ordini militari di pagamento e certificati di credito. E' assolutamente smentito dal Dipartimento di Stato, n� risulta da alcuna altra fonte, che la somma accreditata ai prigionieri fosse maggiore o che dovesse essere maggiore in base a quanto disposto dalla Potenza detentrice e che parte di essa venisse trattenuta con finalit� particolari. Comunque, preme stabilire se il Governo Italiano, contro cui � rivolta la domanda, abbia assunto obblighi diversi, o, in ipotesi, pi� onerosi di quelli riconosciuti dal Governo Americano. In proposito, � il caso di ricordare che nel 1946 gli Stati Uniti del~garono Uffici militari americani di stanza in Italia per il saldo delle pendenze verso i reduci dalla prigionia, ma, non avendo quel provvedimento dato risultati soddisfacenti, si addivenne al trasferimento del servizio all;Amministrazione Italiana, come da accordo 14 febbraio 1948, noto sotto la denominazione di �Memorandum Tasca -Del Vecchio�. Ora, dal testo di tale atto risulta, oltre alle ragioni che lo avevano determinato, che il Governo Italiano si impegnava ad assumere il servizio di pagamento ai prigionieri di guerra, che risultassero detentori di ordini militari di pagamento e di certficati di credito, previa raccolta di detti titoli e versamento dei medesimi alle competenti autorit� Americane, incaricate di verificarli e di restituirli, in esito alla accertata autenticit�, allo stesso Governo Italiano, con dichiarazione di saldo attivo, unitamente alla provvista della valuta corrispondente. E', perci�, escluso che, almeno a quel tempo, il Governo Americano riconoscesse di dovere ai prigionieri cooperatori una differenza di paga oltre quella indicata nei titoli anzidetti. Comunicati a mezzo stampa (18 febbraio 1948) e circolari del Ministero della Difesa (28 febbraio 1948) avevano preciso riferimento a �crediti risultanti da ordini militari di pagameno ed a certificati in mano dei prigionieri, non ancora liquidati �. Risale all'aprile 1948 la rimessa al Governo Italiano di un assegno di oltre 4 milioni di dollari, a copertura dei � pagamenti in corso�. Avendo le Autorit� Italiane consegnato, in esecuzione del Memorandum 14 febbraio 1948, tutti i certificati di credito raccolti presso i prigionieri, si addiveniva tra il Governo Italiano e quello degli Stati Uniti all'accordo definitivo 14 gennaio 1949, in forza del quale il Governo Italiano (art. 1) si impegnava a soddisfare il saldo �a) delle somme guadagnate dai prigionieri 516 RASSEGNA DELL'AVVOCAT\'.1RA DELLO STATO } di guerra, personale assimilato o internati civili, le quali fossero state ufficialmente riconosciute sotto forma di certificati I di credito e di mandati di pagamento militari, stilati in dollari e rilasciati ai predetti cittadini italiani a titolo di ricevuta di tali somme; b) delle somme guadagnate da cittadini italiani . nelle suddette qualit�, ai quali non fossero stati rilasciati mandati di pagamento militari e certificati di credito e che dopo il loro rimpatrio non fossero stati rimborsati delle somme suddette, n� direttamente da Autorit� Americane, n� da Banche Italiane per conto degli Stati Uniti; c) degli oggetti e valute consegnati ad organi del Governo degli Stati Uniti ecc.�. A sua volta il Governo Americano (art. 2) si impegnava a versare al Governo Italiano la somma di 22 milioni di dollari, � a completa liberazione del Governo Americano (unitamente a quanto versato in precedenza) dei tipi di impegni di cui ai para I grafi Ia) Ib) le)�. E il Governo Italiano conveniva di liberare il Governo degli Stati Uniti da ogni impegno per i titoli sopra riferiti. Tale essendo il testo dell'accordo, non si comprende c'?me possano da esso farsi derivare obbligazioni pi� vaste e diverse ai quelle in esso consacrate. E, per vero, dall'art. 1 dell'accordo si desume lassunzione da parte del Governo Italiano del pagamento agli ex prigionieri italiani in mano americana delle sorrime da essi guadagnate durante la prigionia, n,ell'ammonta I ~ re risultante dai certificati di credito o da mandati militari di pagamento stilati in dollari, ad essi rilasciati a titolo di ricevuta, e parimenti, nel caso previsto dal successivo comma b), l'obbligo del Governo Italiano di soddisfare il pagamento delle somme guadagnate allo stesso titolo da prigionieri, ai quali non furono rilasciati mandati di pagamento o certificati di credito, e che non vennero dopo il loro rimpatrio rimborsati delle somme suddette, da calcolarsi ovviamente in base ai criteri fissati per le paghe degli altri prigionieri cooperatori dalle competenti autorit� americane. Tali essendo i limiti della obbligazione assunta dal G�verno Italiano, resta da esaminare se l'attore Lovati vantasse titolo ad ottenere una liquidazione di somme com� sopra guadagnate. Ora, si ha in atti la prova documentale -prodotta dal Lovati Giacomo -che egli, nella posizione di prigioniero di guerra, in effetti prest� la propria opera di falegname al servizio delle forze Armate Americane, esattamente dal 18 aprile 1944 al 12 Ottobre 1945; ma si ha anche la prova documentale (prodotta da parte convenuta) che al nome del Lovati fu aperto. . . PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE presso il campo di prigionia di Yuma un conto delle somme guadagnate per prestazioni di lavoro per un importo complessivo, alla data del 12 ottobre 1945, di dollari 185,90. Tale conto risulta saldato dalla, documentazione dimessa. Il Lavati, che nell'atto di citazione non aveva fatto alcun cenno della circostanza, l'ha ammessa in memoria 2-4-1948, spiegando che quella somma corrispondeva ai .risparmi realizzati sulla paga di 0,80 cents al giorno a lui corrisposta, la quale, per�, sarebbe stata solo parte della maggiore mercede (dollari 2.10), che il governo americano avrebbe promesso ed anzi inteso corrispondere ai prigionieri cooperatori, trattenendo poi la differenza a garanzia di presunti danni di guerra. Ora, , mentre tale ultima versione non � sorretta da alcun elemento di convinzione obbiettivo, si ha, nell'accordo sopra citato, la prova sicura che il Governo Italiano non ha assunto verso i reduci della prigionia americana impegni maggiori di quelli che risultavano dai mandati militari, dai certificati di credito rilasciati ai prigionieri dalle autorit� americane e, comunque, eccedenti la misura della mercede come sopra adottata. E poich� il Lovati non lamenta di non essere stato soddisfatto delle somme guadagnate in quella misura, bens� pretende di ottenere una liquidazione con criteri diversi, resta da esaminare se tali diversi criteri possano trovare giustificazione al di fuori della lettera del testo citato. Ora, le vicende che hanno condotto all'accordo del 14 gennaio 1949, secondo la esposizione che se n'� fatta pi� sopra, non lasciano alcun dubbio sullo intendimento delle altre parti contraenti di portare fine a ogni pendenza relativa alla liquidazione delle ragioni di credito vantate dai reduci (gi� prigionieri in mano americana) e di precisarle. Come si � visto, la somma rimessa dal Governo americano a quello italiano fu calcolata in base alla raccolta e alla conoscenza dell'entit� dei mandati e dei certificati di credito, in esito alla verifica dei medesimi; sicch� il caso di prestazione di lavoro non documentata deve reputarsi del tutto eccezionale. La prova di ci� si ha dalla pubblicazione del Libro Bianco dimesso in causa in questo grado, dal quale risulta che lo Stato Italiano ha provveduto -in base a certificati di pagamento verificati -ad estinguere 67.986 mandati di credito di reduci dalla prigionia americana, come da appostazioni individualmente riferite a ciascun nominativo, distribuendo la somma complessiva di oltre 15 miliardi di lire, corrispondente ai 26 milioni di dollari ricevuti dal Governo americano. Con ci� viene a cadere �1a presunzione che la somma fosse di gran lunga superiore 518 RASSEGNA DELL'AVVOCAT"CJRA. DELLO STATO I,.. all'ammontare della liquidazione sulle basi della mercede di 0,80 cents per giornata lavorativa, risultante dai certificati rilasciati dalle autorit� americane ai creditori. L'impegno as. sunto del Governo Italiano � stato, dunque, pienamente eseguito. Quanto all'assunto che la paga corrisposta non corrisponda ai criteri della convenzione di Ginevra, baster� rilevare che l'America non ha inteso ad essa uniformarsi. Il Dipartimento di Stato Americano ha in proposito spiegato che un accordo circa il trattamento economico dei prigionieri di guerra, bench� caldeggiato dagli Americani presso la potenza neutrale cui era affidata la protezione degli interessi italiani, non pot� essere concluso. Non ha, peraltro, rilevanza pratica la disputa circa la applicabilit� della convenzione di Ginevra, la quale non potrebbe essere in nessun caso opposta al Governo Italiano, che ha assunto il pagamento dei crediti di lavoro agli ex prigionieri cooperatori, secondo i criteri adottati dagli Stati Uniti d'America e menzionati nell'accordo. E', poi, il caso di ricordare che l'art. 34 della Convenzione di Ginevra 27 luglio 1929 riserva la misura della mercede da corrispondersi ai prigionieri cooperatori ad accordi tra le potenze belligeranti e, solo in pendenza delle trattative per tali accordi, fissa il criterio dell'adeguamento alla mercede percepita dai militari della potenza detentrice addetti a lavori analoghi o alle tariffe praticate per tali lavori. Non avendo, nel caso, le potenze belligeranti concluso accordo alcuno ed essendosi le trattative (avviate in qual tempo) rivelate sterili, il disposto detlla convenzione di Ginevra sembra inapplicabile al caso. A torto, infine, la difesa del Lovati si studia di trarre argo mento a favore della propria tesi dalla risposta data dal Ministro della . Difesa del tempo all'interrogazione rivolta al Governo in sede parlamentare. Dal verbale della seduta 24 aprile 1952 risulta che l'interrogante desiderava conoscere se �somme accantonate per ciascun prigioniero dal Governo Americano oltre gli 80 cents, in relazione alla costituzione di un fondo danni di guerra, fossero state versate al Governo Italiano per il pagamento ai prigionieri suddetti�, dopo la rinuncia del Governo Americano a quei danni. E la risposta del Ministro -nella sua parte essenziale fu solo una parafrasi del testo dell'accordo 14-1-1949. Disse, infatti, il Ministro che la somma di 22 milioni di dollari costituiva � liberazione del Governo degli Stati Uniti dagli impegni dei claims, di cui ai paragrafi I a) e I b) dell'accordo �, (di tali paragrafi si � riferito il testo nelle premesse e si PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE � indicata la restrittiva portata) e assicur� che le operazioni di distribuzione erano in corso e che il Governo ne avrebbe quanto prima reso noti i risultati. Il che � avvenuto col Libro Bianco, il quale d� conto� fino all'ultimo centesimo dell'impiego delle somme a favore dei prigionieri in possesso dei titoli richiesti, con appostazioni specifiche, le quali non sono oggetto di contestazione. La frase dalla quale in modo particolare s'intende ricavare argomento di prova a favore della domandi:). � quella con la quale il Ministro accenna alla connessione dell'accord� con la convenzione di Ginevra. Ma la convenzione di Ginevra � quell� che detta il principio della retribuzione del lavoro ai prigionieri, segnando un passo avanti nella moralizzazione della degradante condizione riservata ai medesimi nel passato, onde la retribuzione del lavoro dei prigionieri si connette sempre ai principi della Convenzione. Dal generico accenno del Ministro alla Convenzione di Ginevra non si desume per� -n� vi si potrebbe annettere conseguenze giuridiche -che l'Italia, contrariamente al testo dell'accordo, si fosse impegnata a riservare ai reduci dalla prigionia in mano Americana un trattamento analogo a quello goduto dai militari americani (a qual tempo pagati -a quanto si vuole -con dollari 2,10 al giorno), secondo la regola fissata dalla convenzione di Ginevra nella situazione illustrata pi� sopra, non seguita dal Governo Americano. L'accertata inesistenza del credito dedotto in causa non consente il ricorso a principi estranei al suo giuridico titolo e tanto meno alla Costituzione Italiana, invocata come ultima �ratio� dall'appellante. -(Omissis). CORTE DI APPELLO di Napoli, Sez. I, 25 gennaio 1964 -Pres. Avitabile -Est. D'Alfonso -Ministero Agricoltura e Foreste e Sezione Speciale per la riforma fondiaria presso l'O.N.C. (avv. stato Carusi) c. Cosimini Nella e Lina (avv. Turco). Corte Costituzionale -Natura dei giudizi incidentali di legittimit�. costituzionale -Giurisdizione di diritto obiettivo -Carattere �pa ralegislativo � delle pronunce. (Cost., artt. 134, 136; 1. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; 1. cost. 11 marzo 1953, n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 14, 23, 25, 26, 27, 29, 30; Reg. int. e.e., pubbl. in G.U. n. 71 del 24 marzo 1956, art. 22). 520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Corte Costituzionale -Giudizio <<"a quo� -Ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale -Natura decisoria -Esclusione. (L 11 marzo 1953, n. 87, artt. 23, 24). Appello ~ Sospensione del processo per la rimessione della questione di legittimit� costituzionale -Mancata riassunzione nel termine di sei mesi dal deposito della sentenza della Corte Costituzionale Estinzione -Passaggio in giudicato della sentenza appellata. (1. 11 marzo 1953, N. 87, art. 23; c.p.c., artt. 297, 338). Il giudizio incidentale di legittimit� costituzionale non � una . fase del giudizio incidentata, perch� � esercizio di giurisdizione di diritto obiettivo e si conclude con una pronuncia, che, sia di accoglimento o di rigetto, ha sempre carattere normativo. (1). L'ordinanza, con cui il giudice a quo, di secondo grado, ritenendo non manifestamente infonda:ta e rilevante ai fini della decisione della causa la questione di legittimit� costituzionale, sollevata nel corso del giudizio, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio in corso, � provvedimento meramente ordinatorio e non modifica la sentenza appellata, neppure sotto il profilo della giurisdizione (2). (1) Ma si veda, invece, Cass., Sez. Un., ord. 23 giugno 1956, Giust. Civ., 1956, CXXI; sui caratteri della giurisdizione di diritto obiettivo, v. CAMMEO, Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, Voi. I, Milano, s.d., 279 e segg. Per il CARNELUTTI, Effetti della pronuncia negativa della Corte Costituzionale sul processo pendente, Riv. dir. proc., 1959, 478 e segg., si tratterebbe, piuttosto, di giurisdizione volontaria, secondo la nota tesi del CAPPELLETTI, La pregiudizialit� costituzionale nel processo civile, Milano, 1957, 4 e segg., per la critica della quale v. CARUSI Decisioni di rigetto della Corte Costituzionale ed estinzione del processo d'appello incidentato, in questa Rassegna, 1963, 165 e segg. Il CARNELUTTI, altra volta (Interesse ad agire nel processo costituzionale?, Riv. dir. proc., 1960, 286), ha negato che il giudice che provoca il giudizio di costituzionalit� possa essere considerato parte. Sul carattere di sospensione impropria del giudizio a quo e sulla appartenenza al medesimo, come fase, analoga a quella del regolamento di giurisdizione o di competenza, del giudizio incidentale di costituzionalit� delle leggi, v. LIEBMAN, Sulla sospensione propria ed impropria del processo civile, Riv. dir. proc., 1958, 160 e segg. (2) v. Cass., 6 febbraio 1959, n. 374, Foro it.; 1959, I, 352, che non esamina, per�, lo specifico problema attinente all'ordinanza di trasmissione degli atti alla C.C. La sentenza in rassegna equipara tale provvedimento a quello con cui il giudice di appello sospende il merito, per ammettere mezzi istruttori, che, secondo la Corte, � certamente � non � modificativa della sentenza �di primo grado : contra, invece, si vedano I l w r.;: ' ' . .� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE La mancata riassunzione del processo d'appello incidentato, nel termine di sei mesi dal deposito della sentenza della Corte Costituzionale, che abbia giudicato difformemente da quan., _to ritenuto, a norma della VII disp. trans. Cost., dalla senten~ za appellata, fa: passare quest'ultima in giudicato (3). (Omissis). -Contro la natura meramente ordinatoria del provvedimento di trasmissione alla Corte Costituzionale si sostiene che, per la fonte da cui promana (Pretore in sede giudicante, Collegio), per il contenuto (giudizio circa la non manifesta infondatezza e rilevanza) e per la sua irrevocabilit�, esso ha effetto pregiudiziale sulla sentenza che dovr� essere ema- ZANZUCCHI, Dir. proc. civ., vol. II, Milano 1948, 188; SATTA, Commentario a codice di procedura civiLe, Libro II, p. 2, Milano 1962, 98. (3) Conf. App. Catanzaro, 22 novembre 1961, Giur. it., 1963, I, 2, 210, che, pur riconoscendo che il processo costituzionale � de jure condito �legato al processo principale non solo da un rapporto genetico ed occasionale, ma anche da un rapporto funzionale �, in modo da affermare che la pronuncia della Corte Costituzionale spiega una preclusione nel processo principale, con scarsa coerenza e s�nza approfondire la portata dell'art. 338 c.p.c;, ha finito per concludere che � la dichiarata legittimit� del provvedimento-legge rimane estranea al processo principale e non pu� in esso essere utilizzata�. Per di pi�, il problema dell'efficacia pan-processuale della pronuncia della Corte Costituzionale non � stato neppure intravisto dalla Corte di Appello di Catanzaro. In dottrina � stato messo in evidenza (PIERANDREI, Corte Costituzionale, in Enciclopedia del del diritto, vol. X, Milano 1962, 978) che le decisioni di rigetto della � C:C. hanno un'efficacia analoga a quella delle sentenze sul merito passate in giudicato. La giurisprudenza della Corte di Cassazione �, appunto, nel senso del giudicato inter partes: cfr. Cass., Sez. Un., 22 gennaio. 1958, n. 147, Giust. civ., 1958, I, 1093; Cass., 9 ottobre 1963, n. 2683, in questa Rassegna, 1964, 84-85, 93 .(�la pronuncia opera nel giudizio a quo come una decisione giurisdizionale e quindi vincola il. giudice con l'efficacia di un giudicato: questo effetto si produce sia per le pronunce d'accoglimento, sia per quelle di rigetto�). 0-3) Ancora in tema di efficacia delle decisioni di rigetto della Corte Costituzionale. L'annotata sentenza ha testualmente ammesso �la opinabilit� delle questioni trattate, che trovano largo ed autorevole conforto della dottrina anche nel senso contrario a quello ritenuto dalla Corte �. Non sembra, tuttavia, che l'opinione di quest'ultima, quale trasfusa nella sentenza, sia stata sorretta da congrua ed approfondita motivazione, idonea � dimostrare, quanto meno, la minore attendibilit�, de jure condito, della tesi contraria. La riprova di tale scarso approfondimento emerge da altra, testuale proposizione della sentenza: che non sia fuor di luogo, cio�, � anche se ivi si prospetta il caso opposto a quello in discussione, il richiamo... della sentenza n. 1705 del 1963 della Corte 522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nata e modificativo della sentenza che lo precede, in relazione alla quale ritiene di no;n potere n� riformare, n� confermare, non avendo giurisdizion.e in. proposito ed investendo della questione la sede ormai competente. La irrevocabilit�, o meno, non fa cambiare la natura del provvedimento, perch� essa non � requisito esclusivo dell'ordinanza di trasmissione alla Corte Costituzionale per il giudizio di legittimit�, essendo previsti casi del genere anche dal codice di rito (articoli 177, n.ri 1, 2, 3, 4 e 308). Sono d'accordo le parti, ed � del resto giurisprudenza consolidata (da ultimo Cassazione, 20 aprile 1963, n. 975), che la natura di un provvedimento del giudice va desunta, non dalla di C11ssazione a Sezioni Unite �, secondo la quale (Foro it., 1963, I, c. 1366 e segg.) l'efficacia retroattiva della pronuncia di illegittimit� costituzionale lascia intatta la cosa giudicata civile gi� formatasi. Ed invero, nel caso esaminato, occorreva tener presente che: a) nel momento in cui divenne operativa, col deposito in Cancelleria, la pronuncia della Corte Costituzionale sulla questione di legittimit� del decreto di scorporo di cui trattasi, sollevata dalla Corte d'Appello nel precedente giudizio, poscia estintosi per mancata riassunzione, la relativa sentenza del Tribunale, appellata dalle Amministrazioni, non era ancora passata in giudicato, ma tale passaggio si sarebbe verificato soltanto sei mesi dopo il deposito della pronuncia del Giudice Costituzionale (a norma dell'art. 338 c.p.c., in dipendenza della estinzione del processo d'appello, il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado si verifica ipso jure, con effetto retroattivo al momento dell'evento estintivo, cfr. Cass., 27 gennaio 1954, n. 196, Giust. civ., 1954, 124, con nota di GALLO; in part. v. pagg. 125 e 126 in nota; v. anche CARNELUTTI, Istituzioni del nuovo processo civile italiano, voi. II, Roma 1951, 156, n. 544); b) la cennata pronuncia della Corte Costituzionale era di rigetto e non gi� di accoglimento, epper� priva della efficacia erga omnes prevista dall'art. 136 Cost., rispetto alla quale, soltanto, senza alcun pregiudizio dell'efficacia inter partes delle pronunce medesime, avrebbe avuto senso invocare la riferita giurisprudenza della Corte di Cassazione, in ordine all'intangibilit� della cosa giudicata civile. Che il giudizio della Corte Costituzionale non fosse una fase di quello incidentato, nonostante il chiaro dettato dell'art. 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'articolo 23 I. 11 marzo 1953, n. 87, l'annotata sentenza (la quale non ha, poi, chiarito come, ci� non pertanto, la pronuncia di rigetto, pur essendo, a suo dire, sfornita anche di efficacia di giudicato, dovrebbe e potrebbe spiegare la sua pur riconosciutale operativit� nel giudizio a quo) ha creduto di provare, con una affermazione, che avrebbe richiesto, a sua volta, una precisa dimostrazione, mentre � stata soltanto apoditticamente formulata: si tratterebbe, questa volta, di giurisdizione di diritto obiettivo, a differenza di quella del giudice a quo. Ma, se dato indefettibile di tale tipo di giurisdizione � l'efficacia erga omnes del giudicato (cfr. CAMMEO, Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, vol. I, Milano, s.d., 283), proprio nel caso esaminato, mancando tale efficacia, la proposizione risultava smentita. Stra PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE qualifica ad esso attribuita e dalla forma di cui � rivestito, bens� dal suo contenuto sostanziale e dagli effetti che esso pro duce, in ordine alla materia cui si riferisce. Ma, a parte che la Corte di Cassazione (sentenza n. 1728 del 1960) ha espressamente qualificato ordinanza il provvedimento relativo alla questione d'illegittimit� costituzionale, non si com prende come, per effetto della semplice delibazione della non infondatezza della questione d'illegittimit� e per l'affermazione della rilevanza della stessa nel caso concreto da decidere, tale provvedimento possa avere effetto di modificare la sentenza gravata di appello. Il giudice ha l'obbligo, salvo espressa dispensa (per es. ar ticolo 313 cod. civ.), di motivare ogni provvedimento e le ordi no questo mutar di natura di una funzione secundum eventum. An cora pi� strano, poi, che l'organo propulsore della �impugnativa � (trattasi, invece, di denuncia: non v'�, de fure condito, un'azione di annullamento dell'atto legislativo in s�, cfr. in questa Rassegna, 1964, 80-81, nota) non fosse neppure ammesso a costituirsi nel giudizio, nel quale sarebbe stato altrettanto vano ricercare altro organo statuale, nella veste di convenuto. Se in esso, in effetti, era prevista soltanto la costituzione delle parti del giudizio a quo, ci� dimostra che sarebbe stato un fuor d'opera parlare di causa petendi obiettiva e di giudice attore. Che senso ha, poi, riconoscere ugualmente, come fa la sentenza, che la pronuncia della Corte Costituzionale � �operante... nel processo a quo �, parlare quindi, di giudisdizione di diritto obiettivo, ma negare che la pronuncia di rigetto non solo sia relativa ad una fase del giudizio a quo, ma sia suscettibile di passaggio in giudicato, afferman. do, tuttavia, che essa, come quella di accoglimento, ha � carattere normativo�? E che peso poteva avere, infine, l'argomento del la mancanza di un obbligo di notificazione o comunicazione della pronuncia della C. Cost. �alle parti�, se di essa era previsto il deposito nella Cancelleria, � col quale la decisione, non� soggetta ad alcuna impugnazione (art. 137 Cost.), diviene definitiva� (Cass., 2 ottobre 1959, n. 2634, Giur. Cast., 1960, 1318)? Obiezione per obiezione, si pu� ricordare che delle pronunce di rigetto non � prevista, allora, neppure la pubblicazione, di cui al primo comma dell'art. 136 della Costituzione. D'accordo 'Ohe la natura dell'atto deve restare la stessa, e ci� anche quando la questione di legittimit� riguardi una lex in privos lata. Ma proprio questo caso, nel quale sembra incontestabile � l'inesistenza di destinatari della norma-provvedimento diversi dalle parti del giudizio a quo � (ANDRIOLI, Note sulle sentenze della Corte Costituzionale in tema di riforma fondiaria, Giur. Cost., 1959, 643), avrebbe dovuto far riflettere la Corte d'Appello sulla funzione intrinseca, propria delle pronunce della Corte Costituzionale, come atti giurisdizionali.. Con quella non pu� confondersi l'eventuale efficacia erga omnes prevista dall'articolo 136 Cost. per le pronunce di accoglimento, la quale, appunto per il suo carattere avventizio e sproporzionato alla regola di legitt.imazione del giudizio, resta qualcosa di estraneo ( cfr. AzZARITI, Gli ef 524 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I nanze, �comunque motivate� (artt. 177 e 279, penultimo comma, c.p.c.), non possono mai pregiudicare la decisione della cau i sa, a meno che abbiano contenuto sostanziale di sentenza, ma -~ in tale caso sono imprescindibili i requisiti di cui alla prima parte del gi� richiamato articolo 279 c.p.c. e debbono, detti provvedimenti, attribuire o negare ad alcuna delle parti un bene della vita (Cass. 6 febbraio 1959, n. 374), con la possibilit� di creare il giudicato su di una determinata situazione. La motivazione riguardante la rilevanza, invece, � comune a tutte le ordinanze che dispongono mezzi istruttori, che non possono concedersi, se non sono rilevanti. Pi� specificamente, si osserva che, nel sistema del nostro codice di procedura civile, ogni provvedimento di sospensione fetti deHe pronunce sulla costituzionalit� delle leggi, in Problemi attuali di diritto costituzionale, Milano 1951, 151) ed esterno alla fun I zione giurisdizionale della Corte ( cfr. LIEBMAN, Contenuto ed efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv. dir. proc., 1957, 507 e segg.; sulla diversit� della fattispecie produttiva di tale efficacia v. SANDULLI; Natura, funzioni ed effetti delle pronunce della Corte Co' I stituzionale sulla legittimit� delle leggi, Riv. trim. dir. pubbl., 1959, 43). fil Si parli pure, a tal_ proposito, di una ulteriore funzione paralegislativa o superlegislativa; ci� non autorizzava e non autorizza, tuttavia, a disco �: I noscere il dato e le caratteristiche costanti e necessarie dell'istituto del controllo giurisdizionale incidentale della costituzionalit� delle leggi. Costruire tale istituto esclusivamente sull'art. 22 del Regolamento interno della Corte (che, evidentemente, ha di mira, in definitiva, quella. funzione indiretta e intende ad alleggerirne, nei limiti del possibile, il condizionamento de jure condito), significa dimenticare che quella norma, emanata in virt� dell'art. 14 I. 11 marzo 1953, n. 87, pu� valere a disciplinare l'esercizio delle funzioni della Corte, ma non pu�, certo, modificare o snaturare quella giurisdizionale, affidatale nei limiti ed alle condizioni di cui agli artt. 134 Cost., 1 I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 I. 11 marzo 1953, n. 87 ( cfr. art. 1 I. cost. 11 marzo 1953, n. 1). Essa, pertanto,. andava e va interpretata in armonia col sistema, che condiziona l'esercizio della funzione paralegislativa o superlegislativa, che dir si voglia, a quello della funzione giurisdizionale e questa configura, appunto, come necessariamente ancorata ad una controversia concreta e ad una causa petendi subiettiva (cfr. Cass., Sez. Un., ordinanza 23 giugno 1956, Giust. civ. 1956, CXXI: �il sistema si ispira ad un'esigenza di concretezza dell'interesse a, sollevare la questione �; � la questione stessa non pu� sorgere in via astratta, avulsa da un interesse specifico all'attribuzione di un bene della vita... �). E trattasi, precisamente, di un vincolo non solo genetico, ma funzionale, tant'� vero che la questione rimessa alla Corte Costituzionale deve essere rilevante ai fini della decisione della causa in cui essa � sorta, onde, anche nel caso di estinzione del processo a quo, bene � stato osservato che la Corte .non pu� �svellere� la sua pronuncia �da qualsiasi riferimento, sia pure potenziale, alla causa in cui � sorta la questione sulla legge �, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA C1VILE ha carattere ordinatorio (Cass. 23 gennaio 1958, n. 158), e poich�, quando le leggi speciali non regolano espressamente l'istituto della sospensione del processo, da esse previsto, deve necessariamente ritenersi recepito, come si � detto, il sistema del codice di rito civile, l'art. 23 della legge 11 marzo 1963, n. 87, che tale sospensione prevede in modo del tutto generico, postula l'applicazione delle norme di cui all'art. 295 e segg. c.p.c. (Cass. 2 ottobre 1959, n. 2634), le quali prevedono, appunto, un provvedimento di natura squisitamente ordinatorio. Del resto, altro � avere il dubbio che la norma da applicare possa essere illegittima, altro � la declaratoria di illegittimit� della norma stessa. Ci� non significa, per�, che tale effetto debba riconoscersi alla sentenza della Corte Costituzionale, sia quando si limita a competendo � al giudice non costituzionale, ove e quando se ne presenti l'occasione, decidere se lo scioglimento di quella questione possa avere efficacia o rilevanza tra le parti della causa � (MONTESANO, Le sentenze costituzionali e l'individuazione delle norme, Riv. dir.. proc., 1963, 43). La stessa Corte Costituzionale non ha mancato di avvertire che, � nel sistema adottato dalla Costituzione e dalle leggi successive, il con. trollo della legittimit� costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge pu� essere esercitato solo in occasione e in funzione di un giudizio principale, la cui proposizione presuppone la sussistenza di un interesse alla tutela giurisdizionale, senza di che mancherebbe la causa giuridica valida e del processo principale e del processo costituzionale � (ordinanza 13 marzo 1957, n. 48, Giur. Cast., 1957, 607 e segg., con nota del CRISAFULLI; in part., ivi, 616). Nello stesso ordine di idee, la Corte di Cassazione non ha mancato di ribadire l'interdipendenza funzionale . dei due giudizi, equiparando la pronuncia di rigetto della C. Cost. ad � una sentenza emessa dallo stesso giudice, che ha rimesso la questione � (Cass., Sez. Un., 18 aprile 1962, n. 770, Giust. civ., 1962, III, 253, ove, pur avendosi di mira l'effetto di quella pronuncia nel processo incidentale e parlandosi, quindi, di preclusione, si propone implicitamente il tema dell'efficacia extraprocessuale della pronuncia medesima. Il CARNELUTTI, Bffetti della pronuncia negativa della Corte Costituzionale sul processo pendente. R.iv. dir. proc., 1959, 479, riconosce che anche la sentenza della C. Costituzionale � � una decisione su un punto di diritto �, ma ritiene che, a differenza della Corte di Cassazione, la Corte Costituzionale non giudicpi circa rem, ma extra rem, opinione ripudiata, come s'� visto, dalla giurisprudenza dei due supremi Consessi; cfr. anche CRISAFULLI, in nota alla citata ordinanza della C. Cost. in data 22 marzo 1957, n. 48, Giur. Cast., 1957, 614: �la Corte decide questioni concrete e non astrattamente immaginate; presupposto del giudizio di legittimit� costituzionale �... la rilevanza effettiva della questione ai fini del giudizio comune�; cl�e fosse questione pregiudiziale di merito quella sottoposta alla Corte Costituzionale riconosce ilCARNELUTTI in: Un caso singolare, ecc., Riv. dir. proc., 1963, 669; sui con-� cetti di efficacia panprocessuale ed efficacia materiale del giudicato v. REDENTI, Il giudicato .sul punto di diritto, in Scritti giuridici in onore di 526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA IJELLO STATO negare l'esistenza della denunciata illegittimit�, nel qual caso non si forma proprio un giudicato sostanziale, sia quando la dichiara. I due giudizi, il costituzionale e l'a quo, sono diversi, come � stato ritenuto con la sentenza appellata, della quale peral-. tro non tutte le argomentazioni possono condividersi, non ravvisandosi l'assoluta, affermata indipendenza. Infatti, l'ordinanza di trasmissione alla Corte Costituzionale � la premessa logica per la decisione del caso concreto. Perci� il legame col processo a quo non pu� dirsi sempffcemente genetico ed occasionale, se, come � certo, il giudice di questo non pu� prescindere dalla decisione, positiva o negativa, del giudice costituzionale. Ci� si rileva testualmente dal gi� citato articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che, nel definire i presupposti, cui la sospensione � subordinata, stabilisce che � ��� il giudizio (principale) non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimit� costituzionale �. Per�, non � accettabile la contraria tesi delle Amministrazioni appellanti, per quanto avallata da autorevole dottrina, con la quale si sostiene che il processo costituzionale sia una fase, sia pure devoluta alla cognizione di un giudice diverso, dello stesso processo in cui la questione viene rilevata. Come giustamente in proposito ha rilevato la sentenza appellata, il processo costituzionale, dove le parti non intervengono necessariamente (art. 26, comma secondo, legge 11 marzo 1953, n. 87), ha un petitum ed una causa petendi del tutto diversi dal processo principale, giusta l'espresso dettato dell'articolo 22 delle norme integrative per i giudizi dinnanzi la Corte Costituzionale (pubblicate in Gazzetta Ufficiale n. 71 del 24 mar- F. Carnelutti, voi. II, Padova 1950, 695 e segg.; osserva l'ANDRIOLI, Il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, Riv. dir. proc., 1952, I, 282, che �la pronunzia panprocessuale si pone mediatrice tra norma e specie concreta e obbedisce ai principi in tema di limiti obiettivi e subiettivi della cosa giudicata in non minor misura delle pronunce con efficaca materiale-processuale � ). Se avesse tenuto conto di tali considerazioni, l'annotata sentenza non avrebbe potuto ignorare, che il dedotto accertamento inter partes, racchiuso nella. sentenza <;lella Corte Costituzionale -che il decreto di scorporo non era in contrasto con le norme denunciate -aveva, nel processo non ancora estintosi, direttamente modificato, sul punto, la prima sentenza del Tribunale e costituiva un giudicato intangibile, al rispetto del quale il Tribunale e la Corte di Appello restavano, comunque, vincolati. 'FRANCO CARUSI PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE zo 1956), di cui invano la difesa delle Amministrazioni appellanti cerca di contrastare il chiaro significato letterale, che non distingue affatto fra le diverse finalit� che si propone di raggiungere il giudizio dinnanzi la Corte Costituzionale. Si prospettano ancora dalle appellanti sottili ed eleganti questioni dottrinarie circa la posizione (uno status?) dei cittadini e del giudice rispetto alla norma, della legittimit� della quale si dubita, ma il problema va guardato pi� semplicemente, tenendo presente l'urgente bisogno di adeguare alla Costituzione una massa di leggi, ispirate da criteri be'n diversi. A tal fine, poich� il giudice � l'organo espressamente delegato all'applicazione della legge, � stato demandato ad esso di delibare sulla bont� della norma, e, nel fondato dubbio che questa possa essere in contrasto con la Costituzione, di denunciare la questione all'organo espressamente delegato a tale controllo. Come bene ha ricordato il Tribunale, il vincolo genetico, pi� intimo per� di quanto ritenuto, � stato posto soprattutto in funzione della legittimazione ad agire, � ...per evidenti ragioni di politica legislativa, volte ad evitare che chiunque pos . sa ergersi a tutore della costituzionalit� per mera ostentazione o baldanza.;.�. La pronuncia della Corte Costituzionale, pur essendo operante, come si � detto, nel processo a quo, non ne costituisce �una fase�, perch� l'esercizio di giurisdizione da parte sua � di diritto obbiettivo, non di diritto subbiettivo, quale � invece quella dell'autorit� giudiziaria ordinaria. Sia quando dichiara l'illegittimit� costituzionale di una legge, sia quando la nega, la Corte Costituzionale emette pronunce di carattere normativo, � paralegislativo �, � stato detto, quando dichiara l'illegittimit� costituzionale. N� pu� cambiare la natura delle .pronunce della Corte Costituzionale, quando, come nella fattispecie, viene denunciata l'illegittimit� di un atto che � legge solo formalmente. Alle valide argomentazioni del Tribunale la Corte crede di potere aggiungere che, ove si trattasse di fase dello stesso processo, dovrebbe essere imposta la notificazione o comunicazione della sentenza della Corte Costituzionale alle parti. Ci�, invece, certamente non avviene, essendone prevista solamente (art. 29 legge n. 87 del 1953) la trasmissione al giudice che ha promosso il giudizio di legittimit� costituzionale e la decorrenza del termine, al fine della estinzione del processo, va dal deposito in Cancelleria della sentenza o ordinanza che definisce il giudizio di legittimit� costituzionale. 528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In sostanza, nella fattispecie, il giudice di appello ha sospeso di giudicare sul gravame avverso la decisione definitiva del Tribunale, per il dubbio sulla legittimit� della norma da applicare. E' la situazione analoga a quando sospende di giudicare per ammettere mezzi istruttori integrativi del giudizio. Certamente, in questo caso, il provvedimento che il giudice emette non � modificativo degli effetti della sentenza impugnata, che, in conseguenza (Cass. 7 novembre 1957, n. 4276), se vi � estinzione del processo, passa in giudicato (art. 338 c.p.c.). Non diversa � la soluzione, nella specie, salvo che il giudice di appello ha sospeso per accertare la legittimit� di un presupposto di diritto, invece di uno di fatto. N� sembra fuor di luogo, anche se ivi si prospetta il caso opposto a quello in discussione, il richiamo della difesa Cosimini alla sentenza n. 1705 del 1963 della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, la quale afferma: � l'efficacia retroattiva della i,decisione di illegittimit� costituzionale, emessa dalla Corte Costituzionale, incontra dei limiti, quando, in relazione agli atti : ed ai rapporti precostitaiti, si siano determinate situazioni giu) ' ridiche esaurite e perci� consolidate ed intangibili, il che si ve' rifica o per la preclusipne nascente da giudicato o per l'effetto f;i ' di atti amministrativi che abbiano esaurito i loro effetti o in * dipendenza di atti negoziali o di altri atti e fatti, che, sul piano sostanziale o processuale, siano rilevanti, nonostante l'inefficacia della norma costituzionale �. Tanto premesso, � evidente che l'appello proposto dal Ministero dell'Agricoltura e dell'O.N.C. 'Za rigettato. -(Omissis). TRIBUNALE DI FIRENZE, 23 marzo 1964, Pres. Calamari -Est. Piragino -Lorini e Masti c. Ministero Difesa-Esercito. Responsabilit� civile � Responsabilit� della P.A. per atti legittimi � Danni alla persona � Esclusione � Ammissibilit� della sola responsabilit� per colpa. (Cost., art. 42; 1." 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46; e.e., art. 2043). La responsabilit� per danni da attivit� legittima si fonda sul principio, per cui la Pubblica Amministrazione, che impone ad un diritto individuale un particolare sacrificio, non compreso nei limiti normali dello stesso, n� reso necessario dalla condotta del ~uo titolare, deve indennizzare costui adeguatamente, tenendo conto del vantaggio eventualmente. derivatone insieme col danno. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Quest'obbligo presuppone che la P.A. agisca nell'ambito dei suoi poteri e, pur essendo alcune volte imposto dalla legge, quantunque il pregiudizio del diritto del privato sia conseguenza di una necessit� che possa considerarsi rispetto alla P.A. come un caso di forza maggiore, esso sussiste sempre, allorch� un atto della P.A. importi il sacrificio particolare di un determinato soggetto e il danno consista nella privazione o riduzione di un diritto soggettivo patrimoniale perfetto e non gi� di un diritto personale o di un interesse legittimo o di una mera aspettativa (1). L'indennizzo per il sacrificio di un� diritto personale, come quello alla vita e all'integrit� fisica, da parte della P.A. non pu� configurarsi che sotto il profilo della responsabilit� aquiliana (2). (1) In argomento si veda Cass. Sez. Un., 12 ottobre 1960, n. 2687, Giust. Civ., Mass. Cass., 1960, 1021; Foro It., Rep. 1960, v. Responsabilitd civile, c. 2267, n. 253 e, con la motivazione, in questa Rassegna, 1961, 18 e seg., con nota di commento. In dottrina: SALERNI, La c.d. responsabilitd per atti legittimi della P.A., Milano s.d. (ma 1912), 87 e segg.; FORTI, In tema di responsabilitd per atti legittimi della P.A., Foro it., 1942, I, 835; SANDULLI, Spunti in tema di indennizzo per atti legittimi della P.A., Id., 1947, I, 938 ed in senso pi� restrittivo Id., Manuale di dir. amm., Napoli 1955, 452-453, ove si nega che trattisi di principio generale e si precisa trattarsi piuttosto di una direttiva alla quale il legislatore si ispira. Il CASETTA, L'illecito degli enti pubblici, Torino s. d., ma 1953, 104, sottolinea che l'art. 42, comma terzo, Cost. e l'art. 46 1. 25 giugno 1865, n. 2359 sono norme che hanno di mira un ristabilimento di equivalenza patrimoniale, piuttosto che esser fondate su ragioni di giustizia distributiva. Nessuna disposi zione suscettibile di generale applicazione sembra invocabile, quando si tratti di un decremento patrimoniale del privato, cui non corrisponde un vantaggio economico dell'ente pubblico (ID., op. dt., 105). Lo ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, vol. I, Milano 1958, 350, mentre ammette la possibilit� di applicazione analogica dell'art. 46 I. org. espr. per p. u., quando si tratti di sacrificio imposto alla propriet� con atto amministrativo particolare, avverte, peraltro, che, se una norma autorizzi il sacrificio di un diritto individuale, senza nulla dire riguardo all'obbligo dell'indennit�, deve ritenersi che questa non sia dovuta (op. cit., 349). Per i casi particolari v. dottrina citata da GUICCIARDI, La giustizia amministrativa, Padova 1954, 321, in nota. Sui casi di espressa esclusione de jure dell'indennizzo, v. SANDULLI, Manuale cit., 453. Di recente, sul tema, v. Rocco F., La responsabilitd dello Stato per atti legittimi e l'art. 24 della Cast. rep., Giur. it., 1963, IV, 113 e segg. Per l'eccezionalit� del principio di cui all'art. 46 I. org. espr. per p.u. v. invece Relazione Av vocatura Stato, 1942-1950, vol. I, Roma, 1953, 160 e segg.: il danno da atto legittimo non � indennizzabile se non in� presenza di una espressa disposizione di legge (ivi, 164) Id., 1951-1955, Roma 1957, 121 e segg. (2) Ma su casi di applicazione dell'art. 2�45 e.e. si vedano osservazioni in Relazione Avvocatura Stato, 1942-1950, vol. I cit., 165 e segg.; Id. 1951-1955, vol. I cit., 123; Id. 1956-1960, vol. Il, Roma 1961, 169. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. pl. 26 febbraio 1964, n. 6 -Pres. Bozzi -Est. Di Pace -Elli ed altri (avv. Tolla e Lodi) c. Ministero LL. PP. (Avv. Stato Carafa) e Comune di Milano (Avv. Consolini, Mainetti, Sartogo). Piano regolatore (e di ricostruzione) � Variante � Autorizzazione mini� steria!e � Natura. Atto amministrativo � Convalida e sanatoria � Presupposti � Applicazione a variante cli piano regolatore non preventivamente autorizzata . . Nel sistema della legge urbanistica, l'autorizzazione alla variante costituisce una condizione preliminare, anteriore al procedimento di approi,azione della variante stessa, e pertanto va qualificata come una �condizione di procedibilit�� (1). Gli atti amministrativi viziati (come in genere tutti i negozi giuridici annullabili) possono essere sanati: o med_iante convalida, che si ha allorquando l'autorit� che ha emanato l'atto o altra autorit� a ci� competente dichiari di conoscere il vizio dell'atto e di volerlo correggere; o mediante sanatoria, in senso stretto, nella quale il sopravvento di atti nuovi e diversi elimina o rende inoperante il motivo d'invalidit�. La sanatoria in senso stretto pu� aversi, allorquando si verifichino le seguenti condizioni : a) che gli atti successivi, aventi efficacia sanante, colmino le lacune d'istruttoria e di accertamento, derivanti dall'emissione degli atti, che hanno determinato il vizio, in modo che gli interessi da salvaguardare mediante il compimento degli atti, �che sono stati omessi, siano ugualmente presi in considerazione e tutelati; b) che, nel frattempo, fra l'emanazione dell'atto viziato e l'atto, che potrebbe operare la sanatoria, non siano sorti diritti di terzi che non possono essere lesi da atti altrimenti idonei a sanare i vizi dell'atto invalidato. E' pertanto sanabile il provvedimento di ap (1-2) Su entrambe le massime, cfr. rispettivamente Sez. IV, 27 settembre 1961 n. 427, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 1396,; Sez. IV, 7 marzo 1962 n. 225, ivi, 1962, I, 419. La decisione applicata, con esatti criteri, la sanatoria dell'atto invalido, la quale � possibile nei casi in cui con un atto successivo vengano eliminate le cause di illegittimit�, con effetti ex tunc: cfr :, per tutti, RAVA, La convalida dell'atto amministrativo, 50. I , ' I :� I I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 531_ plicazione e di variante al piano regolatore non autorizzato dal Ministero dei LL. PP. se questi interviene nelle successive fasi della proposta di approvazione e se il Consiglio Sup. dei LL. PP. esamina le ragioni che giustificano la variante (2). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 dicembre 1963 n. 945 -Pres. De Marco -Est. Meregazzi -Langella (Avv. Quinto) c. Ministero del Tesoro (Avv. Stato Carbone). Danni di guerra � Beni perduti all'estero per trattato di pace � Albania Rivalutazione � Criteri � Legittimit�. Danni di guerra � Beni perduti all'estero _per trattato di pace � Albania Sequestro operato nel 1943 � Fatti_ successivi � Irrilevanza. Ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 1050/1954, nei casi in cui non sia stato possibile determinare il valore dei beni in -sede internazionale, per mancanza di a�cordi speciali con gli Stati interessati, il valore stesso viene stabilito tenendo conto di tutti gli elementi acquisiti agli atti dell'Amministrazione, sempre in relazione ai valori correnti alla data di entrata in vigore del Trattato di pace per ciascun Paese, restando escluso il_ lucro cessante, e, a sua volta l'articolo 5 del d.P.R. n. 946/1955 stabilisce che per valori correnti alla data di entrata in vigore del Trattato di pace si intendono i valori di comune commercio (vigenti, per l'Albania, alla data del 20 ottobre 1947: data, per l'appunto, di entrp,ta in vigore del Trattato), in mancanza, i prezzi di comune commercio correnti al 1938 nei vari Paesi, adeguati, secondo equit� e tenuto conto della situazione economica di ciascun paese, della consistenza nonch� della funzionalit� economica dei beni da indennizzare, alla data predetta di entrata in� vigore del Trattato di pace. Legittimamente, pertanto, l'Amministrazione del Tesoro, con la collaborazione del Ministero delle Finanze' e su conforme parere della competente Commissione, di cui all'articolo 3 della legge 29 ottobre 1954 n. 1050, con la partecipazione degli esperti e dei rappresentanti delle categorie interessate, ha proceduto, anzitutto, alla determinazione dei coefficienti da applicare alla generalit� dei beni per l'adeguamento dei valori del 1938 al 1947; sulla base di una abbondante documentazione circa i prezzi del. 1938 (monografie, prezziari ecc.), e valendosi delle indagini e dell'apprezzamento tecnico dell'Ufficio tecnico erariale: il risultato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I r~ di questi studi � stata la determinazione del coefficiente 22 per i beni immobili e 20 per gli immobili (1). . Ai fini della liquidazione dell'indennizzo dei beni confiscati in Alb�nia in applicazione del trattato di pace, la consistenza dei beni era fatta con riferimento alla data in cui � avvenuto il primo sequestro dei beni stessi, mentre tutto ci� che � avvenuto dopo (deperimenti, dispersioni ecc.) non pu� porsi a carico di colui che ha subito la confisca (2). (l-2) Sull'argomento cfr. Sez. IV, 22 giugno 1962 n. 469, Il Consiglio di Stato 1962, I, 1106; Sez. IV, 30 ottobre 1963 n. 658, ivi, 1963, I, 1335). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 febbraio 1964 n. 84 "' Pres. De Marco -Est. Landi -Soc. Edison, Elettrochimica Ligure ed altre (Avv. Dedin) c. Comitato interministeriale dei prezzi (C.I.P.) e Ministero Industria e Commercio (Avv. Stato Ca samassima). Prezzi � Disciplina dei prezzi � Organi competenti � Commissione cen� trale e Comitato interministeriale � Composizone � Intervento nelle assemblee di persone estranee ai collegi � Annullamento giurisdizio� nale delle deliberazioni � Esecuzione del giudicato � Convocazione delle assemblee in regolare composizione � Rinnovazione della deli� berazioile annullata con efficacia ex nunc, senza alcuna indagine aggiornata dei �osti � Illegittimit�. (d.1.1. 10 ottobre 1944 n. 347; d.1.1. 23 aprile 1946 n. 363; d.1. C.p.S. 15 settembre 1947 n. 896). Annullate in sede giurisdizionale le deliberazioni della Commissione centrale e del Comitato interministeriale dei prezzi, perch� prese da assemblee cui avevano partecipato persone estra I I ~ nee alla composizione dei collegi, le successive deliberazioni, adottate, in esecuzione del giudicato, dagli stessi organi convocati in regolari assemblee, sono illegittime, ove si limitino a riprodurre il contenuto dei precedenti atti annullati, sia pure con efficaeia ex nunc, senza procedere a nuova discussione e votazione e senza compiere alcuna indagine aggiornata d�i costi dei prodotti (1). (1) Sulla rilevanza che pu� avere ai fini della validit� della deliberazione, la partecipazione ad assemblee di soggetti estranei alla composizione del collegio, vedi Cons. Stato, Ad. pl. 11 novembre 1963 n. 19, retro, 322, con nota. Sulla soluzione adottata dal Consiglio di Stato in ordine alla illegittimit� dei provvedimenti-prezzi impugnati, occorre svolgere, da un punto di vista generale, le seguenti osservazioni: Il Consiglio di Stato, pur ispirandosi alla esatta qualificazione dei PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA. AMMINISTRATIVA 533 (Omissis). -L'annullamento del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 14 settembre 1960 n. 884, disposto con la decisione della IV Sezione 26 giugno 1963 n. 494, aveva per effetto di ripristinare le disposizioni del precedente provvedimento 5. agosto 1959 n. 812. Il Comitato interministeriale, col provvedimento 7 agosto 1963 n. 1039, in questa sede impugnato non ha inteso sanare retroattivamente la situazione verificatasi (il che, ovviamente, non sarebbe stato legittimo) bens� stabilire i nuovi prezzi dei concimi chimici con la normale efficacia ex nunc. Senon.ch�, il primo fattore, che ha sviato le determinazioni degli organi competenti, fu quello di identificare come semplici �vizi formali� quelli, relativi alla composizione della Commissione centrale e del Comitato, ed alla documentazione in verbale delle proposte e dei deliberati, che avevano determinato l'annullamento ( cfr., nel verbale della riunione 2 agosto 1963 della Commissione Centrale dei prezzi, la tesi dei rappresentanti dei Ministeri del Tesoro, della Agricoltura, della Confederazione Agricoltori e della C.G.I.L.; e nel verbale della riunione 7 agosto provvedimenti-prezzi fatta dalla Corte Costituzionale (sentenza 8 luglio 1957, n. 103, Giuris. cost. 1957, 976), ne ha tratto delle conseguenze che nel loro rigore non p9ssono condividersi, perch� il giudice amministrativo, attraverso la parvenza di un riesame della motivazione dei provvedimenti sottoposti al sindacato di legittimit�, � penetrato, in definitiva, nell'ambito del merito. La, Corte costituzionale, invero, ha qualificato come atto amministrativo sia dal punto di vista formale, sia dal punto di vista sostanziale, il provvedimento adottato dal C.I.P. e CP.P. per stabilire i prezzi delle merci, dei servizi e delle prestazioni, ma ha anche precisato che detti organi svolgono una attivit� discrezionale che non � illimitata, essendo rivolta ad apprezzare l'interesse pubblico in relazione ai fatti economici che influenzano la disciplina dei prezzi (svolgono cio� una attivit� tecnico-discrezionale); ci� risulta, come. si legge nella citata sentenza, dalla qualit� tecnica dei �componenti degli �rgani consultivi e deliberativi, dalla possibilit� di avvalersi di un servizio ispettivo e dalla istruttoria svolta dall'Istituto Centrale di Statistica per accertare i .costi di produzione, le condizioni di mercato e i fattori che comunque operano nella determinazione dei prezzi. Poste tali precisazioni, il Consiglio di Stato richiede nei singoli provvedimenti sottoposti al suo sindacato una motivazione cosi dettagliata nell'iter seguito dagli organi amministrativi per la determinazione del prezzo, da rendere possibile il riesame, in ogni particolare, sia del criterio, sia delle varie fasi della variazione del prezzo. Tale indirizzo, se da qualche aspetto appare legittimo (cos� ad es. laddove richiede una indagine sui costi: Sez. IV, 4 ottobre 1963, n. 600, Ii Consiglio di Stato, 1963, I, 1305; Sez. IV, 13 marzo 1963, n. 160, ivi, 363), non pu� invece condividersi laddove, come si � detto, l'indagine, attraverso un apparente sindacato di legittimit�, penetra nell'ambito del merito ammini 534 RASSEGNA DBLL'AWOCATURA DELLO STATO I 1963 del Comitato la relazione del Ministro per l'Industria ed il Commercio). In collegi �perfetti � in cui cio� la votazione � preceduta da discussione, quali sono indubbiamente sia la Commissione, sia il Comitato, il vizio di composizione dell'organo collegiale non pu� con . siderarsi di mera forma: al contrario, la partecipazione alle sedute di elementi estranei, o la composizione del collegio in modo diverso da quello voluto dalla legge, influisce sostanzialmente sui deliberati, in quanto da una parte le opinioni manifestate sono rilevanti per l'orientamento della maggioranza, e dall'altra la volont� collegiale, identificata con quella della maggioranza, pu� essere la risultante di volont� individuali espresse da soggetti che non avrebbero potuto contribuire col loro voto alla sua formazione. Il che, nella specie, era stato notato, con riferimento agli atti, nella decisione d'annullamento. Il carattere sostanziale del vizio diviene ancor pi� manifesto, perch�, come pure rilevava la citata decisione, mancava .nei verbali ogni accenno a votazioni attraverso cui l'accordo, o il parziale disaccordo, sulle proposte della Commissione si era esternato, e queste consistevano in semplici deduzioni del presidente, che, se pure esatte, non avevano certamente il valor formale e sostanziale -cos� testualmente la decisione -di una deliberazione collegiale. Era quindi in errore il Ministro dell'Industria e del Commercio, quando affermava nella sua relazione che �l'annullamento... fu dovuto ad irregolarit� formali... e non a vizi che possano influire sulle determinazioni del Comitato�. L'errata premessa ha determinato altrettanto erronee conclusioni. Nella Commissione, una parte dei membri sostenne che �soluzione giuridica del problema potrebbe essere quella di convalidare i prezzi annullati. salvo a sanare i vizi formali del provvedimento annullato�. Al che, altri oppose che la situazione dei strativo, e, ancora di pi�, laddove appare vario e oscillante in relazione .alle singole specie decise; cos� ad es.: il provvedimento che varia il prezzo di un medicinale, stabilito in sede di registrazione da,l Ministro della Sanit�, perch� � stato ridotto il prezzo di un prodotto che ne � il componente, � stato dichiarato illegittimo, laddove, pur tenendo conto e precisando tale riduzione, non sia stato giustificato in relazione alle componenti economiche che hanno subito variazioni e che devono essere indieate con ogni dettaglio in modo da stabilire in sede di sindacato di legittimit� in quale misura esse incidano sul prezzo (Sez. IV, 27 febbraio 1963 n. 101, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 174); il provvedimento che stabilisce il prezzo dei libri di testo delle scuole elementari, pur essendo giustificato in relazione al costo delle materie prime, della mano d'opera e delle operazi�mi tipografiche, � illegittimo qualora non chiarisca nella sua motivazione come siano stati condotti e in quale operazioni PARTE I,,SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 535 costi di produzione e distribuzione era ben diversa da quella del 1960. Non essendosi raggiunto l'accordo, la Commissione si limit� a �prospettare quanto sopra al CIP�, per la definitiva determinazione. In queste considerazioni, riprodotte anche nella relazione della Segreteria per il CIP, � difficile tuttavia riscontrare quel che � detto n~lla relazione del Ministro in seduta del Comitato, che cio� la Commissione aveva �in via di massima rit~nuto che la relazione tecnica ed economica predisposta a suo tl'!mpo dalla Commissione� potesse �costituire la base per assumere un provvedimento che sostituisca quello annullato, in �attesa di un aggiornamento a pi� o meno breve scadenza� (aggiornamento che, peraltro, non � stato ancora compiuto). Il Ministro, inoltre, rappresentava �la necessit�, anche in relazione alla situazione che si � creata sul mercato interno che minaccia di intralciare la normale distribuzione dei fertilizzanti con ripercussioni negative sulla agricoltura, di un intervento immediato del CIP�, riconosceva che �non si era potuta compiere, dato il breve tempo trascorso, una indagine aggiornata dei costi per i prodotti in questione �, e proponeva � di confermare gli stessi prezzi stabiliti per tali prodotti nel 1960, in attesa delle indagini che dovranno essere condotte a termine nel pi� breve tempo per l'accertamento di eventuali variazioni sopravvenute nei costi di questo ultimo periodo�. La proposta era approvata dal Comitato. Da tutto ci�, risulta indiscutibile che tanto la Commissione centrale, quanto il Comitato interministeriale, erano perfettamente a conoscenza che esistevano variazioni di costi, tali da potere rendere non pi� corrispondenti a realt� le conclusioni cui erano pervenuti nel 1960; e che riconoscevano del pari la mancanza di qualsiasi indagine, che consentisse di accertare la entit� e l'incidenza delle dette variazioni. E tuttavia, il Comitato e valutazioni si siano conc.retati i relativi accertamenti (Sez. IV, 23 marzo 1963, n. 152, ivi, 355); il provvedimento che varia il prezzo dell'olio combustibile � stato ritenuto illegittimo qualora, pur facendo con ampi~zza di particolari riferimento ai costi, non implichi n� giustifichi in modo decisivo la scelta tra le varie soluzioni proposte-(Sez. IV, 22 maggio 1963, n. 337, ivi, 697). Come rilevasi, il Consiglio di Stato (limitando la critica alle decisioni pi� recenti) ha richiesto, in relazione alle specie decise, sempre qualche nuovo elemento che potesse giustificare, con un calcolo preciso e matematico, la determinazione o la variazione del prezzo, spingendo cos� la sua indagine, attra,verso il riesame della motivazione, agli aspetti del merito amministrativo (tra i quali rientrano ad es. le componenti economiche che possono influire, sia pure in certi limiti, sul prezzo; la scelta delle operazioni compiute per accertare i costi; la decisivit� degli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comermava i prezzi del 1960 (determinati, tra l'altro, in base a deliberazioni illegittime) per le considerazioni di opportunit� ad~ ditate dal Ministro, e condivise dal Comitato stesso. Manifesta � il vizio di eccesso di potere. Il Comitato interministerale� dei prezzi, come � stato precisato anche dalla Corte costituzionale (sent. 8 luglio 1957 n. 103) ha una funzione limitata all'accertamento dei prezzi, nei rapporti tra produttori e consumatori, e deve svolgerla in base a criteri tecnico-economici, fondati sull'accertamento dei costi� e non gi� secondo valutazioni discrezionali di politica econo~ mica: Il provvedimento deve essere pertanto annullato. -(Omissis). elementi che possono incidere sulla determinazione del prezzo). In tal modo il predetto organo -e ci� va osservato da un punto di vista generale -� andato al di l� dei limiti della sua giurisdizione di legittimit�, violando, tra l'altro, la ratio cui si informano le leggi sulla disciplina dei prezzi, le quali lasciano invece una discrezionalit� di valutazione come � chiaramente detto nella loro formulazione (art. 4 1. n, 347 �il Comitato pu� determinare i prezzi di qualsiasi merce, ecc.�; art. 1 1. 896 � il Comitato, ai fini della perequazione dei prezzi, pu� istituire casse di conguaglio, ecc.�) e ostacolando l'attivit� del C.I.P. e dei C.P.P., la quale deve, tuttavia, svolgersi con �arattere di continuit� e permanenza in modo da apprezzare, in relazione al pubblico interesse, i fattori economici, vari e contingenti, che possono influenzare la disciplina dei prezzi. I ' I CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 marzo 1964 n. 106 -Pres. De Marco -Est. Potenza -Trosini Maria (avv. Stoppani) c. Prefetto di Teramo (Avv. Stato Carafa). I Espropriazione per p. u. � Espropriazione � Mezzogiorno � Industrializ� zazione � Termine ex art. 13 I. n. 2359 del 1865 � Obbligatoriet� Fattispecie. (1. 25 giugngo 1865 n. 2359, art. 13; I. 14 dicembre 1947 n. 1598). I termini stabiliti dall'art. 13 l. 25 giugno 1865 n. 2359, e cio� i termini entro i quali dovranno iniziarsi e compiersi le espropriazioni ed i lavori, devono essere previsti anche se la pubblica utilit� dell'opera � dichiarata dalla legge, come � previsto per le espropriazioni� regolate dalle leggi per la industrializzazione del I Mezzogiorno: tali termini devono essere stabiliti nel primo atto che d� inizio al procedimento e.spropriativo (che pu� essere anche I PARTE I, SEZ. IV, 'GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 537 la dichiarazione di pubblica utilit� ove venga emessa dal Pre'." fetto) (1). (1) In un primo momento la giurisprudenza riteneva che alla dichiarazione di p.u. derivante direttamente dalla legge non fossero applicabili le norme che riguardavano l'apposizione dei termini entro i quali le espropriazioni ed i lavori si devono iniziare e compiere (cos� Sez. IV 28 gennaio 1955 n. 89, Il Consiglio di Stato, 1955, I, 20). Successivamente sia la: dottrina (cfr. SANDULLI, Dichiarazione di p.u. ex lege e termine di esecuzione delle opere, Foro it.,� 1955), sia l'orientamento giurisprudenziale hanno sub�to modifiche (Ad. plen. 2 luglio 1958, n. 18, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 773). Infatti, la deroga che la legge speciale (ad es, la legge 14 dicembre 1947, n. 1958) apporta alla legge generale sull'espropriazioni concerne esclusivamente la dichiarazione di p.u. che � fatta dal legislatore, e non dall'autorit� prefettizia, la quale si limita solo ad accertare se le opere da eseguire rientrino nella categoria prevista dalla legge; ma non si estende alle altre formalit� che ineriscono al procedimento espropriativo, tra le quali rientrano appunto i termini per l'espletamento dello esproprio e per �l'esecuzione dei lavori. E' evidente per� che, �mancando la dichiarazione di p.u. come atto prefettizio, i termini verranno apposti nel primo atto che d� inizio al procedimento espropriativo. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 marzo 1964 n. 109 -Pres. Polistina -Est. Di Capua -Impresa Adornl.-Ferroni Schiavetti (avv. Sorrentino) c. Prefetto Parma (avv. Stato Carafa) e Camera commercio industria e agricoltura di Parma (avv. � Bussi e Giannini). Espropriazione per p. u. � Espropriazione � Piano particolareggiato � � Aree ricadenti nei comparti edificatori � Pretesa inespropriabilit� Non sussiste. Atto amministrativo � Eccesso di potere � Contradittoriet� � Atti di auto� rit� diverse � Esclusione. Espropriazione per p. u. � Espropriazione � Procedimento � Osservazioni ex art. 5 I; n. 2352 del 1865 � Natura. (1. 17 agosto 1942 n. 1150, artt. 16, 23; 1. 25 giugno 1865 n. 2359, artt. 1, 2, 5). La previsione di comparti edificatori nel piano particolareggiato non determina la inespropriabilit� delle aree su cui sorgono gli edifici di cui � prevista la demolizione, se sia stata accertata e dichiarata una ragione di interesse pubblico all'espropriazione, non potendo avere rilevanza, ai fini dell'esproprio, la posizione giuridica in cui pu� trovarsi il bene che vi � soggetto e in parti RASSEGNA. DELL'AWOCATURA DELLO STATO colare la destinazione che pu� essergli attribuita nel piano regolatore generale e nel piano particolareggiato (1). Non � ipotizzabile il vizio di eccesso di potere per contradittoriet� fra l'invito del Comune di costituire un consorzio per l'edificazione privata e l'espropriazione, disposta dal Prefetto, per una diversa destinazione, tratta;,,dosi di atti di autoritq diverse operanti nell'ambito di poteri diversi e autonomi (2). Le osservazioni previste dall'art. 5 l. 25 giugno 1865 n. 2359 sono l'esercizio di una facolt� spettanti non al proprietario, ma a �qualsiasi cittadino s�" che esse costituiscono non tanto un mezzo per .la tutela di un diritto o di un interesse legittimo, quanto un modo. per richiamare l'attenzione della p. a. sulla convenienza e legittimit� della procedura iniziata e perci� una forma di collaborazione con tale autorit�: il che porta ad escludere, nel caso di rigetto, la necessit� di una confutazione Circostanziata ed implica l'obbligo della motivazione solo sui punti essenziali delle osservazioni (3). ~1-3) La prima massima esamina un aspetto particolare che inP-risce alla posizione dei proprietari degli immobili compresi nei comparti edificatori, affermando che la previsione di tali comparti -al di fuori delle condizioni indicate dall'art. 23 della legge urbanistica -non esclude la espropriazione quando, secondo il procedimento previsto dalla legge n. 2359 del 1865, venga accertata una ragione di interesse pubblico che giustifica l'espropriazione. In genere la giurisprudenza si era occupata della posizione dei proprietari di immobili assoggettati dal piano particolareggiato ad oneri di trasformazione e del momento in cui quella posizione �si qualifica di ritto soggettivo o degrada ad interesse legittimo: cfr. Sez. un. 19 febbraio 1957 n. 591, Giust. civ., 1957, I, 1037; Sez. un. 24 ottobre 1958 n. 3457, ivi, 1958, I, 2029; Sez. un. 9 dicembre 1960 n. 3212, ivi 1961, I, 223; e in dottrina cfr. SANDULLI, Espropriazione per l'edificazione di comparti di piano regolatore e competenza giurisdizionale, ivi, 1961, I, 223: Le altre due massime confermano una giurisprudenza pacifica; Sez. V, 25 settembre 1963 n. 797, Il Consiglio di Stato, I, 1207; Sez. IV, 23 aprile 1958, n. 356, ivi, 1958, I, 414. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1964 n. 150 -Pre$. � Polistina -Est. Urciuoli -Spadeo ( avv. Ferrari) c. Ministero .del Tesoro (avv. Stato Dallari). ~: Atto amministrativo � Delega del Ministro al Sottosegretario di Stato per decidere un ricorso gerarchico � Ammissibilit�. Il Ct. u. 3 marzo 1934 n. 383, art. 5; r. d. 10 luglio 1924 n. 1100, art. 2; d. 1. 14 settembre 1946 n. 112, art. 2). PARTE I1 SBZ. IV, GIURISPRUDBNZ~ AMMINISTRATIVA 539 In virt� della delega conferita dal Ministro del Tesoro, il Sottosegretario di Stato, che viene cos� autorizzato a firmare tutti 9li atti relativi all'accertamento e alla liquidazione dei danni di guerra, pu� legittimamente decidere i ricorsi gerarchici che vengono proposti al Ministro avverso� i provvedimenti presi dall'Intendente di Finanza per la liquida~ione di danni di guerra, non rientrando tale potere di decisione nella competenza riservata al Ministro (1). (1) In tema di delega a decidere i ricorsi gerarchici. La soluzione adottata dal Consiglio di Stato con questa decisione pu� condividersi. Non pu�, invece, condividersi la motivazione, laddove ammette che tra gli atti delegabili ;rientra la decisione su ricorsi gerarchici (per un precedente specifico cfr. le decisioni Sez. IV, 20 marzo 1962 n. 286, Ii Consiglio di Stato, 1962, e Sez. VI, 19 ottobre 1962, VI, ivi, 1960, 1881, che si ricollegano alla decisione dell',Adunanza plenaria 3 maggio 1960 n. 8, ivi, 822, la quale ha ammesso la delega da parte del Ministr.o al direttore generale; v. anche Relazione Cons. Stato 1947 -50, �III, 30. La giurisprudenza per� non � pacifica; v. in senso contrario, Sez. VI, 16 maggio 1950, Il Consiglio di Stato, 1950, 980; Sez. IV, 7 luglio 1939, Foro it., Rep., 1939, voce Ricorso gerarchico n. 4-5; Sez. IV, 10 gennaio 1940, n. 12). La motivazione trae origine da una imprecisa interpretazione dello art. 5 del t.u. c. e p. 3 marzo 1934 n. 383, perch� afferma che tale norma, nell'individuare il Ministro come organo competente a decidere i ricorsi gerarchici con provvedimento definitivo, non ha sottratto la materia ai principi generali che �attengono alla delega delle attribuzioni ammini-� strative. Il vero � che, a nostro avviso, proprio in tale materia la delega no.n � ammissibile perch� l'organo che decide un ricorso in qualit� di superiore gerarchico ha una competenza riservata, cio� esclusiva. La competenza a decidere i ricorsi appartiene all'organo nella sua veste di superiore gerarchico, inerisce alla sua posizione di supremazia, e ne � cos� essenziale e caratteristica che l'organo non pu� privarsene senza violare i principi sUlla gerarchia (cfr. RAGNisco -RossANO, I ricorsi amministra.:; tivi, 213). Jl rilievo vale in ogni caso, e cio� sia laddove la legge indi�a espressamente l'organo (ad es. il Ministro) che decide il ricorso gerarchico, sia laddove l'attribuzione sia in dipendenza di una ripartizione interna della materia �assegnata ad un determinato ramo dell'Amministrazione che fa capo ad un unico vertice; � e ci� perch� sia nel primo caso, per espressa disposizione di. legge, sia nel . secondo caso, in seguito alla ripartizione interna fra organi diversi di un'identica competenza funzionale, il potere di decidere i ricorsi deriva sempre dalla particolare posizione di preminenza che il superiore riveste nei confronti dell'inf~riore; e di essa egli non pu� privarsene senza perdere la supremazia che la legge gli assegna e senza commettere una violazione della legge stessa. Si deve cos� escludere la delega a favore di qualsiasi altro organo, sia quando non esiste, sia quando esiste, rispetto al delegante, un ra:p:. porto gerarchico: nella seconda ipotesi la delega verrebbe, -tra l'altro, �a 540 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis).---.:.. La giurisprudenza del Consiglio di Stato � ferma nel ritenere che i Sottosegretari di Stato svolgono� una funzione vie!lria e quindi legittimamente..pu� essere ad . essi delegata .la trattazione di tutti. quegli affari, che non siano,. per legge, riser'vati alla esclusiva competenza del Ministro. Nessun dubbio che fra gli atti delegabili rientrino an�he:i ricorsi gerarchici, in quanto l'art.. 5 del T.U. della legge comunale Provinciale 3 marzo 1934, individuando nel Ministro l'organo competente a decidere tali ricorsi con provvedimento definitivo, non per questo ha sottratta la materia ai principi che attengono alla delega delle atttibuzi�>ni amministrative .(decisione IV Sezione n. 2$6 del 1962). Poich� in base aila delega conferitagli dal Ministro dell'epoca, il Sottosegretario di .Stato al Tesoro preposto al relativo servizio, _era stato a\ltorizzato a firmare, tutti gli atti.relativi all'apcertamento ed alla liquidazione dei danni di guerra non � riscontrabile nella specie alcuna� di �quelle illegittimit� denunciate col ricorso. violare la garanzia che l'ordinamento giuridico, nel prevedere. il riesame da parte-del superiore gerarchico, concede a cblui che si ritiene leso dal provvedimento aml:ninistrativo. A uguale conclusione pu� pervenirsi per gli altri poteri del superiore gerarchico; ad es. per quello di imprimere direttive, di d�are otdini, .di coordinare l'azione o dirimere conflitti; etc. Ma per il potere ora in esame la' delega� ha'. aspetti p�rticolari (Cfr. AMORTH, La nozione di gerarchia). Fermo restando le premesse osservazioni, anzi a :conferma delle stesse, la delega pu� ritenersi ammissibile soltanto la dove la legge espressamente la prevede: � il caso frequente della decisione su ricorso� gerarchico. che. pu� essere delegata dal :Ministro. al� Sottosegretario o al Direttore gen�erale. La previsione legislativa � contenuta nelle norme che istituis�ono i Sottosegretari-di Stato, i quali data la loro natura di organi secondari (SANDULLI, .Manuale, 319), non hanno competenza propria, ma esercitano solo le funzioni delegate dal Ministro '(d. 18 febbraio 1888 n �. I 5195; r.d; �1 marzo 1888 n .. 5247; d.l. 10. luglio 1924 n. 1100). Tra tali .fun'zioni rientra, data. la amplia previsione legislativa; �anche la delega a decidere i ricorsi gerarchici. Altra previsione legislativa � contenuta nelle norme-che disciplinano la posizione dei Direttori� generali, ai quali il Ministro pu� delegare: non �solo la firma-�(reg .. 23 'ottobre 1953 n. 1611,. art. 15, che per� � sempre�attestazione di volont� del Ministro; cfr. DE VALLES, Teoria giuridica dell'organizzazione dello Stato,� I, 306; FRANCHINI; In 'tema di .. delega di firma, Foro� amm. 1956); ma anche� singole materie di sua competenza (t. u. 10 gennaio 1957 n. 3 art. 155), e quindi ed anche la decisione � su ricorso gerarchico. � Ma la delega d� luogo a un ricorso all'organo .delegante avverso l'atto emanato, in virt� di essa; dall'organo delegato? -�.La delega delle attribuzioni aml:ninistrative non d� h:10go a� rapporto ge.... rarchico; �n� �elimina� tale rapporto nel caso che questo preesisteva: essa interviene tra� uffici, intercorrendo tra delegante e delegato, e �non fa parte,' ..n� modifica l'organizzazione. precostituita. della persona giuridica PARTE 1; SEZ�IV, GIURISPR�i>ENZA� AfMMlN�ETRATIVA 541. Per quanto superfluo; si rileva, infine,: che,. contrariamente a quanto sembra ritenere il ricorrente, il sindacato di legittimit�; per quanto penetrante vogli�. e possa essere, non� pu� estendersi a quelle .valutazioni di puro merito, che hanno indotto il Ministro del Tesoro a �delegare ad uno dei Sottosegretari di Stato le sue attribuziqni in una materia non riservata, per legge, .. alla sua esclusiva competenza. (Omissis). pubblica (DE VALLES op, cit., I, 306). Ben vero la delega non esclude il ricorso gerarchico solo se questo preesisteva ad essa (RAGNisco, op. cit., 214; Cons. Stato, Ad. gen. 5 marzo 1953. Il Consiglio di Stato, 1953, 1954) cos� ad es.; la delega del Ministro al Sottosegretario� non rende a,mmissibile il ricorso gerarchico a:vverso l'atto emesso dal Sottosegretario; la delega del Ministro al Prefetto non esclude il .ricorso gerarcl:iico avverso l'atto prefettizio. Il ricorso al superiore gerarchico, come garanzia prevista dall'ordinamento, deve considerarsi, in mancanza di norme contrarie, sempre ammesso. Esso � perci� possibile anche nel caso di,delega. da parte del superiore gerarchico ad organo:infetior'e; in virt� della delega l'autorit� delegante non si priva dei poteri propri in ordine� 'all'attivit� delegata e pu� svolgere. qualsiasi ingerenza in ordine ad essa (cfr. sul se il delegato svolga attribuzioni proprie il cui esercizio � �possibile ap�pena viene emesso l'atto di delega, FRANCHINI, La delegazione ~mministrativa, 61). �, U. GARGIULO. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 18 dicembre 1~63n. l()19-:: Pres. D'Avino -Est. Breglia -Repetto ed altri (Avv. Sgavari e Muti) c. Ministeri Agricoltura . e foreste .e Grazia e. Giu~tizia. (Avv. Stato Lan�ia). Caccia e pesca � Caccia � Riserva di caccia � Inclusione coattiva � T. U� -�� 1016 del 1939 ari. 44 �-Eccezione di .incostituZio.nalit� per �violazione � � �dell'art. 42 Cost. �. Manifel!lta infondatezza. C~cia e p~sca � Cacci& � :Riserva di ca�cia � Inciusione ~oattiva � Natura Limita~one al diritto di propriet�. , . �._. : . � . . (Co~t. art. 42; t. u. 5 giugno 1Q_39 n~ 1016, art. 4~, 3� comma). E' manifestamente infondata la questione di legittimit�� costituzionale, per violazione dell'art. 42 Cost., dell'art. 44, terzo comma, t. u. 5 giugno 1939 n. 1016, nella parte in cui prevede .ld . possibilit� di disporre coattiv�mente l1incluSione in una riserva di caccia di terreni per -i �quali -non sia stato -dato iL �onsenso, giacch� deve escludersi che detta norma� autorizzi�sostanzialmente'una 542 � RASSEGNA DBU.'AVVOCATURA Dl!UO STATO espropriazione del diritto di caccia sul proprio fondo per una utilit� privata (1). La .inclusione coattiva di terreni in una riserva di caccia va qualificata come limitazione al diritto .di propriet� nell'interesse pubbHco (2). " (1-2) Sulla nozione ed i limiti del diritto di caccia, anche per quanto riguarqa i rapporti con la propriet� privata v. CACCIA, Noviss. dig. it., Il, Torino, 1958 e Encicl. dir., V, Milano 1959, 746. �-� �.. ����� � CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 29 gennaio 1964, n. 61 -Pres. Stumpo -Est. Anelli -Turri (avv. Cavini e Baldi Papini) c. Ministero P. I. (avv. Stato Carafa). Demanio � Demanio storico e artistico � Provvedimento di vincolo per� thienziale � Interesse ad agire da parte del proprietario del bene � Sussistenza. �� Demanio � Demanio storico e arlistico � Vincolo pertinenziale � Presupposti. � et 1. giugno 1939 n. 1089, art. 11 >. � Il proprietario di una cosa mobile, vincolata ai senSi della� 1. l giugno 1939 n. 1089 quale pertinenza immobiliare, ha interesse i impugnare il provvedimento di vincolo perch� non � per lui inliff erente la esistenza del vincolo, venendo la sua libera volont� li far cessare, quando voglia, la destinazione del bene a servizio > ornamento di altri, subordinata alla volont� della p. u. (1). E' illegittimo un provvedimento che costituisce il vincolo per: inente iure pubblico quando il rapporto pertinenziale iure prirato non sia mai esistito o sia gi� cessato (2). (1-2) Massime esatte. Non v'�. dubbio che, una volta costituito il vin: olo pertinenziale iure pubblico, la destinazione di un bene a servizio li altro bene non pu� mutare n� cessare a volont� del proprietario, ma ~ sempre �necessarfa l'autorizzazione della p.a. a tutela dell'interesse aristico o storico gi� accertato con l'emanaziorie del provvedimento di �incolo; cfr. per. i precedenti Sez. IV 23 giugno 1939 n. 355; 5 I)larzo 943 n. 61. ~ONSIGIJO DI STATO, Sez. VI, 4 marzo 1964 n. 207 -Pres. Stumpo -Est. Anelli -Morelli (Avv. Cervati e Marimpietro) c. Commissariato Usi Civici di Roma e Ministero Agricoltura e Foreste (Avv. Stato. Ciardulli). I PARTE I, SllZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Giustizia amministrativa � Interesse a .ricol'rere � Usi civici � Cassazione della sentenza che ne accerta l'esistenza � Difetto sopravvenuto di interesse � Effetti sul giudizio amministrativo proposto contro il provvedimento di liquidazione �. In seguito alla cassazione della sentenza della Corte di Appello che ha accertato l'esistenza di usi civici, contestualmente alla quale venne emanato il provvedimento di liquidazione, diviene improcedibile, per difetto di interesse, il ricorso al Consiglio di Stato proposto contro tale provvedimento, atteso che la pronuncia sarebbe inutiliter data quando sopravvenga o passi in giudicato una decisione denegatoria della esistenza dell'uso (1). (1) Massima di particolare interesse: sulla causa pregiudiziale cfr. GuGLIELMI, La pregiudiziale amministrativa, retro, 399; v. anche la nota di A. ROMANO, pubblicata con la decisione in Foro amm., Il, 86. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 18 marzo 1964, n. 286 -Pres. Toro. -Est. Daniele -Baraldi (avv. Rescigno e Barillaro) c. Giovent� Italiana (avv. Stato Casamassima). Obbligazione e contratti � Contratti della p.a. � Licitazione privata � Offerta per persqna da nominare � Nullit�. (reg. 23 maggio 1924 n. 827, art. 89). Nel procedimento per licitazione privata non sono valid� le offerte per persona da nominare (1). (1) Non risultano pr�cedenti �sull'offerta per persona da nominare nella licitazione privata. Le decisione applicata con esattezza la norma espressa nell'art. 89 reg. 23 marzo 1924 n. 827. Nel procedimento per incanti esiste una norma diversa (art. 81, 4� collUlla) che ammette l� offerte per terza persona: cfr. Sez. V, 26 maggio 1937 n. 704, Foro amm. 1937, 1, 2,.246. I, I I . , SEZIONE QUINTA . ' m GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA� t��: ���::, �.�. CORTE DI CASSAZIONE, Sez, I, 25 novembre 1963; n. 3035 .-." ��Pres. Va:rallo -Est. Pece:_. P. M~ Pedote _.�Soc~ Odero Terni.:. :Orlando (avv. Francesco Porreca) c. Ministero Finanze (avv. ��� �� . Stato'Tavassi La �Greca). � �,� " lmp�sta -generale , sull'entrata -Pagamenti per. costruzioni o modifi cazioni navali eseguiti per conto di stranieri nei cantieri nazio nali -Esenzione -Applicabilit�. -Limiti. ���� � (d.�. 't~.P.s: 29 -giugno i947, n. 779, art. �9>. � . . e .� . . . . . . ' . '. . . , . . In esecuzione dell'accordo italo-francese di �ui alla legge 13 novembre 1947, n. 1422, il beneficio fiscale previsto nell'ultimq.,. e01nmq. dell'.art. 9. del D.L. C.P.S. 29 giugno 1947, n. 779, si applica anche ai .pagamenti per riparazioni, modificazioni e trasformar. ioni eseg14ite, �dietro commessa del Governo l.taliano, su navi francesi, net cani:teri e stabilimenti italiani (1). (Omissis). -Passando ��ed esaminare il ricorso principale proposto dalla OTO, va �ilev�to che questa, con il pdmo mezzo, 4en,t.J.z.ia, cP,~ _a .tortq la se:p.tenza impugpata ha ritenuta la inapplicabilit� del beneficfo di cuL all.'ultimo comma dell'art. 9 del D.L.C.P.S. 29 giugno 1947, n.'779, il quale test�almente stabilisce �b,~ �S<mQ ~nch~. es~nti__�:Jall'imposta. _(generale suffentrata) i . . . . .. . ,. .. ' . . . . .., : (1) II tema di esenzione; dall'I.G.E .. sui pagamenti per costruzioni n~vali e1Seg:uite per -c�nto �di stra~ieri in cantieri. nazionali~ . � �"Il que~ito sottoposto all'�sam� dell� Corte S�prein� � c~e si desume d�lla massima di cui sopra, � stato risolto sfavorevolment� per l'Amministrazione delle Finanze dello Stato. Tuttavia, in vista della particolare delicatezza e rilevanza della questione, l'Amministrazione medesima si ripropone di sottoporlo ancora all'attenzione della S.C., la quale di certo ne far� oggetto di nuovo ed approfondito riesame. Riteniamo opportuno riprendere il tema della controversia. In base a scambio di note fra l'Italia e la Francia, effettuato in Roma il 1� giugno 1946, ed approvato e reso esecutivo con legge 13 novembre 1947 n. 1422 (G.U. 23 dicembre 1947 n. 294), il Governo Italiano assunse formale impegno di provvedere, direttamente o servendosi di lmprese private (� directement ou par l'entremise d'entreprises priv�es �) a rimettere a galla alcune navi francesi affondate nelle acque territoriali ltaliane ed indicate nella lista A allegata a dette note, nonch� di proceiere a mezzo di cantieri navali italiani, alle relative riparazioni, in pagamenti per costruzioni, �riparazioni; modificazioni� e trasformazioni navaH -eseguite per conto di stranieri nei cantieri ci stabilimenti nazionali >~; .. . La, censura � fondata. . E' pacifico .ehe i lavori di riparazione all'Armand Blanc rientrano nel quadro di esecuzione della convenzione .italo-francese, approvata con� la legge 15 novembre 1947 -n. 1422. In virt� di tale convenzi@n:e, il Gov�rno Italiano si impegnava a procedere aJ recupero ed alla riparazione, direttamente o a mezzo di imprese private, di navi� francesi affondate in acque t~rrito:dali italiane e che venivano indicate in una lista A) allegata all'accordo; A-sua volta il Govern� francese,� come contropartita, cedeva al Governo� Italiano alGune navi elencate in :una lista J3); modo da p'orre le navi stesse in perfette condizioni di�mwigabilit� (art. 1). Tutti+:lavori dovevano essere effettuati sotto la: responsabili((1. e.<J... 4 $.pese del Governo Italiano; come pure la mano' :d'opera ed i materia_Ii nece�ssari per i lavori stessi �dovevano essere� forniti dall'Italia. Veniva, p�raltro, stabilito che le opere dovessero eseguirsi sotto la sorv.eglianza .della Marina .Mercantile Francese e del �Bureau Veritas '~ o del � Ltoyd Register �, restando a caijco. del Governo Italiano aJJ.Che le spese relative (artt. 2 e 3). ~: A titolo di corrispettivo (� compensation. �) per la� intera prestazione; il Governo francese cedeva a. quello italiano la propri�t� �li altre� navi francesi,. indicate .nella lista B), allegata alle predette note, nello stato in cui queste ultime� si tTovavano, assume:r;tdo� esso Governo �fran;cese a proprio carico la regolarizzazione dei� rapporti con i rispettivi �proprietari e comunque garantendo lo Stato Italiano di qualsiasi molestia da� parte di��aventi diritto su questo secondo gruppo di navi.Hista B,'art.� 5). ; Giova, infine, tener presente che nello stesso accordo veniva .chiarit-0 che ,11 :Governo francese avrebbe direttamente proceduto�� a rimettere a galla e� riip:arare battelli fluviali francesi .affondati nelle� acque territoriali itaHane e Ci� a mezzo di privati imprenditori italiani; con i quali avrebbe; sempre �direttamente, concluso particolari convenzioni: Per queste �.opere il Governo 'Italiano restava impegnato solo nel senso d�� dare assistenza ai '-delegati francesi, incaricati della sorveglianza tecnica dei relativi lavori. -, L lavori �di rimessa a galla, �ed in efficienza delle navi di cui alla lista A) vennero dalla Amministrazione della Marina Militare affidati �a �antieri �navali �italiani. fra i quali la Societ� �Odero Terni Orlandm Ora questa, nel 'presente giudizio ha sostenuto; e co:r;t esito positivo, di poter usufruire delle agevolazioni� tributarie previste dalle vigenti disposizioni per�� il� naviglio della Marina Mercantile e. pi� particolar!llente. della ,esen� zione �.dell'I.G.E. sui corrispettivi derivanti. dai lavori-in questione, invo ��ndo ;Ja applicazione; al caso .di specie, . della disposizione di cui , all'ul timo comma dell'art. 9 del D.L.C.P.S. 29 giugno 1947 n, 779; recante ��modi� ficazioni al R.D.L. 10 aprile 1938 n. 330, concerhente _provvidenze�a favo.re dell'armamento e della industria. delle costruzioni navali �. �,Il _predetto art. 9 stabilisce che sono esenti dalla I.G.E. i pagamenti per .costl'.lizioni, riparazioni,� modificazioni� o tr!;lsformazioni navali, nonch� 546 PARTE 1,� SBZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La� sentenza impugnata, pur avendo riconosciuto che l'Armand Blanc era una nave �ppartenente alla Francia e che i la vori di riparazione erano stati eseguiti in dipendenza del detto accordo, ha tuttavia negata l'applicabilit� del sopra trascritto ultimo comma dell'art. 9 del D.L.C.P.S. n. 779 del 1947, assumendo che: 1) trattandosi di una norma avente contenuto di agevolazione fiscale, la stessa non era �suscettibile di interpretazione anologica; 2) l'appartenenza della nave alla Francia non era rilevante, in quanto i lavori di riparazione erano stati commessi alla OTO dalla Amm.ne Difesa-Marina, la quale si era assunta l'obbligazione del relativo pagamento; 3)' sotto il profilo economi�o, l'Amministrazione italiana, nel commettere i lavori, aveva perseguito 1m interesse proprio e cio� quello di avvalersi per acquisto di navi estere, eseguiti da nazionali per attuare la ricostruzione del naviglio sinistrato per causa di guerra (primo comma) e che sono anche esenti dall'imposta i pagamenti per lavori di recupero e rimessa in efficienza di navi mercantili affondate o sinistrate, previsti dal D.L.L. 19 ottobre 1945 n. 686 (secondo comma), precisando che le sud� dette esenzioni spettano anche pei pagamenti effettuati, dopo la data di entrata in vigore del decreto, in forza di contratti stipulati prima di tale data (terzo comma) e che le esenzioni medesime sono subordinate alla attestazione, da parte del Ministero della Marina Mercantile, che i contratti, in base ai quali i pagamenti debbono effettuarsi, attuano gli scopi previsti dai primi due commi della disposizione (quarto comma). Stabilisce infine detto art. 9 nel quinto ed ultimo comma -che � quello che pi�� direttamente interessa la questione -che � sono anche esenti dalla imposta i pagamenti per costruzioni, riparazioni, modi'fi,cazioni, e trasformazioni navali, eseguite per conto di stranieri nei cantieri o stabilimenti nazionali. Ora, in via generale, � esclusa ogni agevolazione fiscale per i lavori sul naviglio militare in ispecie e sul naviglio delle altre Amministrazioni statali itali�ne in generale (R.D.L. 10 i:narzo 1938 n. 330; D.L.P. 26 giugno 1946 n. 77; D.L.C.P.S. 20 giugno 1941 n. 779 e L 8 marzo 1949 n. 75). Tuttavia si sostiene dei cantieri navali che nel caso di specie si tratterebbe di lavori eseguiti, secondo la espressione dell'ultimo comma del gi� citato art. 9 del D.L. 779 � per conto di stranieri nei cantieri o stabilimenti nazionali � � . Viceversa � da escludere che possa al caso di specie competere il beneficio della esenzione dall'I.G.E. Infatti la esecuzione dei lavori di cui trattasi venne affidata alle ditte appaltatrici mediante contratti stipulati dal Ministero della Difesa-Marina, sul cui bilancio grava la relativa spesa. Peraltro i rapporti giuridici ed economici assunti da tali contratti intercorrono esclusivamente tra la Amministrazione della Marina Militare e le ditte assuntrici, le quali restano, pertanto, assolutamente estranee all'obbligo assunto dallo Stato italiano. Inoltre si tratta nella specie di lavori eseguiti � per conto � della Marina Militare. Riguardando nel suo complesso l'art. 9 del D.L. n. 779 del 1947, giova innanzi tuttQ rilevare che mentre il primo ed il secondo comma PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 547 del risultato utile di essi come mezzo di scambio per ottenere in compensazione, dal Governo francese, naviglio da inserire nella flotta italiana; 4) nell'art. 10 del r.d.l. 10 marzo 1938, numero 330 e nell'art. 28 della legge 8 marzo 1949 n. 75, che prevedevano altre provvidenze a favore dell'industria navale e dell'armamento, era stato precisato che le predette altre provvidenze non erano concesse � alle navi costruite per conto di Amministrazioni dello Stato o ad esso appartenenti�, Le richiamate argomentazioni non hanno carattere decisivo. Infatti: A) poich� l'applicabilit�. del beneficio in discussione ai lavori di riparazione dell' � Armand Blanc � � direttamente aderente, come or ora si dir�, alla lettera ed alla ratio dell'ultimo comma dell'art. 9 del D.L.C.P.S. n. 779 del 1947, si .addimo" stra non rilevante il richiamo alla regola che esclude la appli~ racchiudono disposizioni di favore, rivolte al fine della ricostruzione della flotta mercantile nazionale, l'ultimo comma, invece, contiene agevolazioni che sono pi� direttamente a favore dell'industria delle costruzioni navali, e solo in via indiretta, concorre allo scopo perseguito attraverso le disposizioni dei commi precedenti. Il che trova conferma nella rela. zione al menzionato decreto, nella quale, dopo essersi affermato che i benefici tributari, di cui ai primi due commi, trovano fondamento nell'analogo beneficio concesso con il D.L. 7 giugno 1945 n. 322 per la ricO. struzione edilizia, si chiarisce che � la stessa agevolazione � stata prevista anche nei riguardi dei contratti per costruzioni, riparazioni, modifl� cazioni e trasformazioni navali � per conto � di stranieri (quinto comma). E ci� perch� le relative commesse, incrementando l'attivit� dei cantiei:i1 concorrono a ridurre, con evidente vantaggfo anche dei committenti nazionali, l'onere delle spese generali incidenti sulle singoli lavorazioni�. Peraltro il quarto comma dell'art. 9 (attestazione del Ministero della Marina Mercantile), si riferisce solo ai primi due commi e non anche al quinto ed ultimo comma e ci� sia per il fine diverso che caratt~ rizza i primi due dall'altro, sia perch� soltanto a quelli, ed agli scopi dagli stessi perseguiti, esso fa espresso richiamo e sia, infine, per la sistemazione che nell'articolo in esame � data al suddetto quarto �ornma; il quale segna una delimitazione fra le disposizioni dei primi commi e quella dell'ultimo comma, che si fonda su diverso principio informa� tore. Del resto � evidente che per le riparazioni al naviglio straniero fa difetto il presupposto che � alla base della disposizione di cui al quarto comma in parola e che mira evidentemente ad assicurare solo la ricostruzione effettiva del naviglio nazionale. Le quali cose premesse, la soluzione della questione pu� prescindere dalla interpretazione dei primi quattro commi dell'art. 9 e resta ancorata all'interpretazione del quinto comma, e pi� particolarmente consiste nello stabilire il preciso significato che deve darsi all'espressione �per conto di stranieri>>, in relazione al negozio interceduto fra la Amministrazione della Marina Militare e la ditta Odero Terni per la rimessa in efficienza di navi francesi comprese nella lista A) allegata alle note 'scambiate fra i due Governi. 548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cazione analogica in materia di benefici fiscali. B) L'ultimo comma del detto art. 9, parlando di riparazioni, modificazioni e tr�sformazioni navali eseguite �per conto di stranieri nei cantieri o stabilimenti nazionali � intende riferirsi all'interesse degli stranieri ai lavori di cui sopra. In caso diverso, infatti, la legge avrebbe parlato di costruzioni, riparazioni, modificazioni e trasformazioni navali commesse da stranieri ai cantieri o stabilimenti nazionali. Del resto, l'uso della locuzione � per conto � al fine di sottolineare la divergenza tra la partecipazione formale e la partecipazione sostanziale ad un negozio giuridico, � usuale nella tecnica formale legislativa (ad es. nella definizione del mandato senza rappresentanza, ex artt. 1703 e 1705 e.e.; nella definizione del contratto di commissione, ex art. 1731 stesso codice). E' da escludere innanzi tutto che la espressione � per conto � possa equivalere alla espressione � nello interesse �. N� pu� porsi l'accento al riguardo, sullo aspetto economico, del rapporto e sugli effetti che da esso derivano, in quanto il negozio, possa essere a vantaggio e beneficio esclusivo dello straniero. In sostanza, anche sotto l'aspetto esclusivamente economico, non pu� non tenersi conto di quello che costituisce il precedente del negozio intercorso fra l'Amministrazione della Marina Militare e le ditte italiane. Ed il precedente � rappresentato dalla convenzione fra i due Governi, attraverso la quale la rimessa in efficienza delle navi della lista A) costituiva la contropartita (� compensation �) per la cessione a favore dell'Italia delle navi della lista B. Per cui deve bene ammettersi che sussista un interesse ecopomico diretto e ben delineato da parte dell'Amministrazione della Marina Militare rispetto al negozio in parola. Ma poi decisivo per la soluzione della questione � che non tanto l'aspetto economico del rapporto viene in considerazione, ai fini della interpretazione della disposizione di cui trattasi, quanto il profilo tecnico giuridico della espressione �per cgnto �. Nella specie � un'agevolazione fiscale che � concessa dal legislatore e la norma che l'introduce � norma di eccezione e quindi di stretta interpretazione (art. 14 preleggi). Per cui � da ritenere che l'espressione in esame sia stata usata con riguardo ~l riflesso giuridico del rapporto. In sostanza, sotto l'aspetto tributario, ci� che acquista rilevanza � il. lato formale del rapporto stesso. Nel caso concreto parti contraenti. sono l'Amministrazione della �Marina e la ditta alla quale il lavoro venne affidato, mentre l'onere del contratto grava esclusivamente sull'Ammini strazione medesima. Giova ancora tener presente che l'esame della convenzione fra i due Governi esclude nel modo pi� assoluto che fra questi sia potuto sorgere un rapporto di intermediazione. Come � stato gi� posto in rilievo, da tale convenzione deriva l'obbligo del Governo itailano a procedere direttamente -quindi non per conto del Governo francese -alla esecuzione delle opere, sia pure con facolt� di avvalersi _di imprese private. I lavori dovevano essere effettuati sotto la responsabilit� del Governo italiano. � I mI . I. ~ I PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA C) La interpretazione affermata nella sentenza impugnata lede la ratio della norma da interpretare. Infatti, mentre .tale ratio, come gi� sottolineato nella sent. n. 1952 del 1963 di questa stessa Sezione, consiste nell'agevolare e l'incremento, della flotta mercantile italiana e l'industria cantieristica nazionale, al �ontrario la interpretazione, di cui alla sentenza impugnata, escluderebbe dalla esenzione dall'I.G.E. i pagamenti inerenti a con"'.' tratti che, come quello dell'Armand Blanc, realizzano in pieno entrambe le suddette finalit�, in quanto si tratta di lavori commessi a cantieri italiani ed eseguiti per rimettere in efficienza navi specificamente destinate a far affluire in Italia (attrayer"'.' so il meccanismo di cui -all'accordo italo-francese) altre navi da destinarsi al naviglio mercantile nazionale. . D) Non � rilevante n� il richiamo all'art. 10 del R.D.L. E ci� anche in relazione all'interesse proprio di questo di ottenere che 1;iavi fossero poste in condizioni di navigabUit�, .al fine di costituire partita di scambio. per l'acquisto delle navi di cui alla lista B). Tutte le opere dovevano essere eseguite a spese del Governo italiano, senza possibilit� di rivalsa e qualunque potesse esserne l'importo, Circostanze .queste che escludono per se stesse che possa sussistere una qualsiasi intermediazione. In sostanza il Governo italiano era tenuto direttamente all'esecuzione delle opere di rimessa in efficienza delle navi, per cui intervenne nei contratti come portatore di un interesse proprio e diretto; D'altronde se il fine della disposizione di cui all'�ltimo capoverso dell'art. 9 del D.L. n. 779 � quello di spingere gli stranieri ad avvalersi di cantieri italiani, attraverso agevolazioni fiscali che si ripercuotono favorevolmente sul costo delle opere, � pur certo che nel caso concreto� tale fine non veniva in considerazione, dal momento che le spe�se delle opere stesse gravavano esclusivamente sul Governo Italiano. E'. opportuno ancora rilevare che nella convenzione fra i due Stati esiste una distinzione fra le navi di cui si discorre e i battelli fluviali (�rt. 6). � Per questi ultimi, invero, � chiarito che il -Governo francese avrebbe provveduto direttamente ed a sue spese alle opere necessarie, concedepdone l'esecuzione a imprese private italiane. Di modo che solo' per questi battelli pu� dirsi che le opere erano eseguite per conto dello stesso Governo francese, e si rendeva applicabile l'ultimo comma �del riportato art. 9. � Sotto altro riflesso a nulla giova il richiamo alle particolari disposizioni dell'accordo italo-francese, a termini del quale il Governo fran� cese si riservava la sorveglianza circa la buona esecuzione delle opere. Tale sorveglianza invero, attiene alle modalit� della convenzione stessa, con necessaria ripercussione sul rapporto interceduto fra l'Amministrazione della Marina e le ditte che procedettero alla messa in efficienza delle navi, nel senso che nel relativo contratto vennero inserite clausole particolari al riguardo. Ma ci� non incide sulla sostanza del negozio, che venne comunque ad estrinsecarsi fra l'Amministrazione della Marina e le ripetute �litte, mentre il. rapporto doveva considerarsi concluso per conto ed a spese di quella e nell'interesse della stessa; inteso tale inte� 550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I 10 marzo 1938, n. 330 n� quello all'art. 28 della legge n. 75 del * 1949, perch�, a prescindere da ogni ulteriore superflua considerazione inerente agli altri due mezzi del ricorso principale, trattasi di norme relative a benefici fiscali di diversa natura e che, come tali, ben potrebbero avere -in ipotesi -una estensione diversa da quella dell'ultimo comma dell'art. 9 del D.L. n. 779 del 1947. Concludendo, il primo mezzo del ricorso principale deve essere accolto. E poich� tale accoglimento � sufficiente alla cassazione della intera sentenza impugnata, restano assorbiti il secondo e terzo mezzo dello stesso ricorso principale. La causa deve essere rinviata per nuovo esame ad altra Seziorie della Corte di appello di Roma, la quale si uniformer� al principio che il beneficio fiscale di cui all'ultimo comma dell'art. 9 del D.L.C.P.S. 29 giugno 1947, n. 779 si applica anche ai pagamenti per riparazioni, modificazioni e trasformazioni eseguiti, dietro commessa del Governo italiano, su navi francesi, nei cantieri e stabilimenti italiani, in esecuzione dell'Ac i cordo italo-francese di cui alla legge 13 novembre 1947, n. 1422. (Omissis). resse sia dal punto di vista giuridico, come da quello economico, tenuto conto che la rimessa in efficienza delle navi di cui trattasi, costituiva per lo Stato italiano -giova ripeterlo -la contropartita per la cessione a suo favore delle altre navi di cui alla lista B) dell'Accordo Italo �Francese. D'altronde per l'esatta interpretazione delle norme di cui all'art. 9' soccorre anche la relazione al D.L.L. n. 779 del 1947. In tale relazione, gi� sopra richiamata, l'agevolazione fiscale � giustificata per l'influenza che le commesse straniere spiegano sulla riduzione delle spese generali delle lavorazioni dei cantieri nazionali. Ma nel caso in esame le commesse provengono da un'Amministrazione Italiana, per cui deve escludersi che possa spettare alcuna esenzione tributaria, vietandolo le disposizioni legislative in materia. Infine una conferma dell'esattezza della tesi sostenuta � fornita dall'art. 28 della legge 8 marzo 1949 n. 75, recante � provvedimenti a favore dell'industria delle costruzioni navali e dell'armamento �. Nella norma contenuta nel predetto art. 28 � stabilito che i benefici fiscali disposti per la ricostruzione del naviglio non sono concessi, fra l'altro, � alle navi costruite per conto di Amministrazioni dello Stato o ad esso appartenenti �. Ove la distinzione tra il caso di nave costruita �per conto� di dette Amministrazioni ed il caso che le navi appartengano allo Stato, pur essendo identiche le conseguenze, nel senso della inapplicabilit� del beneficio, dimostrano che il legislatore fiscale ha tenuto espressamente presente il caso di nave che, pur non appartenendo alle suddette Amministrazioni, venga costruita per conto e cio� nell'interesse e dietro com~ messa delle stesse. L. TAVASSI LA GRECA PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 febbraio 1964, n. 377 -Pres. Stella Richter -Est. -Caporaso -P.M. Trotta ( conf.) -Santini c. Ministero Finanze (avv. Stato Lancia). Imposta di registro (ed imposta di bollo) -Atti e contratti stipulati ai fini della legge 23 maggio 1952, n. 623 -Esenzioni -Requisiti Prova -Atti equipollenti -Inammissibilit�. (1. 23 maggio 1952, n. 623, art. 11; d.1. 25 giugno 1953, n. 492; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269). L'unico documento valido -senza che siano consentiti equipollenti -per conseguire la registrazione a tassa fissa e la esenzione dal bollo, previste nell'art. 11 della legge 23 maggio 1952, n. 623, � quello contenente la dichiarazione dell'Amministrazione dei lavori pubblici, la quale attesti che trattasi di atto o contratto stipulato ai fini e per gli effetti della legge agevolatrice (opere di riparazione dei danni derivati' da alluvioni e mareggiate verificatesi nell'autunno-inverno 1950-1951) (1). (1) Nessun dubbio dell'esattezza delle adottate statuizioni. L'art. 11 de)la legge 23-5-1952, n. 623 nel precisare i presupposti di fatto e le condizioni alle quali � subordinato il trattamento di favore fiscale, non si limita, dato il suo chiaro tenore, ad imporre al contri� buente, nel momento in cui presenta l'atto alla registrazione, il solo onere di domandare il trattamento di favore, ma esige che : a) in � ogni singolo atto o contratto� sia � contenuta� una dichiarazione .di verit� o di scienza, proveniente da un organo dello Stato che, fornito di specifica competenza tecnica nel particolare settore, attesti la rispondenza dell'atto ai fini della legge particolare attraverso un giu� dizio di valutazi�ne compiuto, ai dichiarati fini tributari, per il rapporto con l'atto stesso disciplinato; b) che tale attestazione, caratterizzata e distinta dal giudizio di valutazione suddetto, �si accompagni all'atto in maniera � contestuale �, con la conseguenza che, dovendo essere �contenuta� nell'atto, ne di� venti elemento costitutivo. Nell'alternativa, pertanto, di fare dei presupposti di fatto ipotizzati per il trattamento di favore fiscale degli elementi estrinseci al conte� nuto dell'atto o'Vvero degli elementi intrinseci al contenuto predetto, il legislatore tributario, per i casi contemplati nell'art. 11 della legge 623 del 1952, ha scelto la seconda ipotesi con la conseguenza che, solo nel rigoroso rispetto �dei requisiti di forma e di sostanza tassativamente prescritti, il trattamento di favore fiscale avrebbe potuto legittimamente esplicare i propri effetti. La ragione � intuitiva: dovendosi conciliare. il principio, per il quale il debito di imposta sorge nel momento in cui si verifica il presupposto di fatto ipotizzato dalla legge con la man� canza per la Amministrazione Finanziaria di un obbligo di compiere indagini, all'atto della registrazione, sul fine economico e giuridico che le parti, attraverso la posizione del rapporto, hanno voluto raggiungere, nei casi in cui il rapporto in concreto attuato, concernente settori di pub 552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO (Omissis). ;__ Con .il primo motivo il ricorrente contesta la esattezza del principio di diritto affermato dalla denunciata sentenza della Cotte di Appello di Roma, secondo cui l'unico documento valido per conseguire la esenzione dal bollo e la registrazione a tassa . fissa previste dall'art. 11 della legge 23 � maggio 1952, n. 623, � la dichiarazione dell'Amministrazione � dei LL.PP. che trattasi di atto o contratto stipulato ai fini e per glt'effetti della legge �nzidetta (opere di riparazione dei danni derivati da alluvioni e mareggiate verificatesi nell'autunnoinverno 1950-51). La censura non � fondata. Il principio di diritto enunciato ed applicato� dal giudice del merito � pienamente conforme al precetto di legge conten�t� nell'ultimo comma del citato art. 11. Questo testualmente dispone che � per conseguire le suindicate agevolazioni occorre che. 0gni �singolo contratto corttenga la contestuale , dichiarazione dell'Amministrazione dei LL.PP. che esso � stipulato ai fini della presente legge�, Nel contratto stipulato dal ricorrente Santini con il Coi: pune di Montecompatri, avente per oggetto lavori di riparazioni blico generale interesse, richiede una rapida definizione anche nell'aspetto tribut�rio; per le ripercussioni che quest'ultimo finirebbe per determinare. nello stesso settore tutelato, il legislatore tributario non si � limitato a ch�edere la semplice dichiarazione della parte contraente, riservando il controllo suocessivo sulla veridicit� della stessa, ma ha imposto la pro-� duzl�ne contestuale della dimostrazione relativa fissandone i requisiti di forma e di sostanza attraverso l'intervento di un organo statuale. C�n la legge 623 ,del 1952 sono contemplati lavori di particolare urgenza e per gli atti relativi ai lavori stessi la concessione delle agevola� zibni, in attuazione della ricordata esigenza, � stata collegata al fatto obiettivo dell'intervento nell'atto o contratto di un organo dello stato che, ai fini dichiarati del trattamento tributario, attraverso una sua dichiar�izione di scienza, fornisca irrevocabilmente e con forza di PROVA LEGALE; la dimostrazione della sussistenza della condizioni di fatto alla q.�le � collegato il trattamento fiscale derogativo. La contes(uale dichiarazione dell'Amministrazione dei LL.PP., �, pertanto, nella economia della norma, un requisito formale e sostanziale al: tempo stesso che, caratterizzando l'atto o contratto in una determinata direzi'one, ne fissa, sin dall'origine, la regolamentazione fiscale.� Il carattere di prova legale della certificazione della Amministrazione dei LL. PP. e la necessit� imposta dalla norma di favore fiscale della contestualit� della dichiarazione stessa, nel contesto di ogni singolo atto o contratto sono cose che escludono in radice che le esigenze imposte dalla .particolare norma di favore fiscale possono esser soddisfatte da atti successivi Cfr. Cassaz.; Sez. l, 7-2-1961, n. 254 Riv. leg. fisc. 1961, 956:-965.: . Tale possibilit� ricorre nei casi in cui alla parte sia richiesto il solo.� onore di domandare l'agevolazione e, senza la prefissione di alcun ter rn w. r.:�: PARTB I, SBZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 553 di strade comunali non risulta che ci sia stata tale contestuale dichiarazione ed essa non poteva essere di �certo sostituita da quella emessa dallo stesso Comune, che era parte del contratto, quale committente in proprio, dei suddetti lavori di riparazione. Trattasi di un requisito formale specificatamente e tassati� vamente indicato dalla legge, mancando il quale si decade dal relativo benefi.do tributario. E' ben vero che in linea generale basta ch� i presupposti necessari per l'applicazione di un privilegio tr~butario sussistano al momento della stipulazione dell'atto che di tale privilegio beneficia. Ma ci� non vale per le fattispecie in cui il beneficio sia subordinato a determinate formalit� o ad un particolare termine perentorio, come � nella previsione dell'art. 11, laddove la esenzione � condizionata alla esistenza di una dichiarazione di scienza del competente Ministero dei LL.PP. la quale deve essere cor;ttenuta nel testo dell'atto sottoposto a registrazione. Con il secondo motivo il ricorrente assume che nella specie la dichiarazione voluta dalla legge era gi� contenuta nella pre� cedente lettera del provveditorato alle 00.PP. relativa al concesso accreditamento della somma occorrente per la esecuzione dei lavori in oggetto, nella quale lettera si avvertiva, per altro, che il Comune avrebbe dovuto presentare �la documen� tata domanda per .Ja concessione del contributo definitivo �. mine di decadenza, l'esibizione dei dooumenti giustificativi dei presupposti di fatto, che condizionano la concessione dell'agevolazione richiesta, serba il valore di mero accertamento dei presupposti stessi. Analoghe ragioni escludono che le esigenze imposte dalla particolare norma di favore poss('lno essere soddisfatte da atti equipollenti. Tall in ogni caso non sono n� la comunicazione relativa all'avvenuta concesisone del con� tributo n� l'attestazione del ,sindaco, contenuta in contratto, che i lavori appaltati rientrano nelle previsioni di legge. Non la prima perch� l'at� tivit� dell'Amm.ne dei LL.PP. �allorch� prende in esame le domande di contributo fatte dal Comune, � rivolta, nell'esercizio di un potere discrezionale, ad accertare se ricorrono o meno le _condizioni per la concessione del _contributo e si concreta, con tali caratteristi� che e finalit�, in una dichiarazione di volont� (atto amministrativo negoziale). Al contrario -� stato gi� precisato -l'attivit� della Amministrazione� dei LL. PP., allorch� interviene per dichiarare che il contratto di appalto � stipulato ai fini della legge 623 del 1952, � rivolta, nell'esercizio di un potere di controllo, ad accertare che i lavori appaltati corrispondono a quelli per i quali il contributo � stato concesso e si concreta, con tali caratteristiche e finalit�, in una dichiarazione dt scienza (atto amministrativo certificativo). � Non la seconda perch� la attestazione del Sindaco circa la stipulazione dell'atto ai fini ed in attuazione della legge 623 del 1952 proviene dalla parte contraente e non dall'organo dello Stato al cui potere di controllo l'art. 11 della legge stessa ha affidato la paternit�. ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' �Come bene h� rilevafo la impugnata sentenza tale documento attiene ad una fase . anteriore alla stipulazione. del con~ tratto di appalto delle opere in questione. Comunque, esso non trovasi inserito nel contratto de quo e pertanto manca il pr~ seritto �'requisito della contestualit�. � D'altr~ parte, neppure per quanto riguarda il suo contenuto i;nateriale detto documento adempie al precetto della legge, poicp� la determinazione dell'Amministrazione di procedere allo accredit~mento della somma in vista ed in contemplazione della. pre�ii~posta riparazione delle strade del Comune di Montecompatri . non pu� equivalere alla dichiarazione di scienza che l'�rt. l.1 prescrive, quale la certificazione della identit� delle opere assunte in contratto con i lavori per cui � stato concesso �l fi,nanziamento statale. � :g� quindi esatto quanto ha ritenuto la Corte del merito, che cio� la comunicazione relativa alla concessione del contribufo 1,1.0n pu� costituire e sostituire la dichiarazione, formai~ e contestuale, che la P.A. deve rilasciare ai fini del pi� volte menzionato art. 11. � � Tanto meno detta dichiarazione pu� essere supplita da una attestazion� fatta dal Sindaco nel contratto che i lavori appaltati rientrano nella previsione cl.ella norma in esame, come si �' sostenuto col terzo motivo di ricorso. La dichiarazione del Sindaco, cio� di uno dei soggetti della convenzione tassata, non � in alcun modo riferibile all'Ammini~ traziorte dei L�...PP. a cui � esclusivamente demandato dalla fogge cli fare� la dichiarazione di cui si tratta. ���Pertanto, neanche sotto qu�sto ultimo profilo il ricorso pu� ~s.sere accolto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 465 -Pres. � Lonardo -Est. Felicetti -P.M. Pepe (conf.) -Ministero Finan �ze (Avv. Stato Carbone) c. Interlandi (avv. Soddu). Profitti di � regune � :Rettifica . dell'accertamento ex art. Mt�.IJ. n. 159 � � del � 1944 � � � Competenza � Sezione speciale della Commissione Cen� ., trale � Natura giurisdizionale della . pronuncia relativa. (d.1.1. 159 del 1944 art. 34). I Profitti ~_r~g4n,e � :Rettifica dell'accertamento ex art. 34 r.d.l. n. 159 ' .. del 194~ � Abrogazione a � norm:a dell'art. 5 della legge n. 1 del 1956 e del 'T.U. n. 645 del 1958 � '.Esclusione. . (d.1.1. 159 d.�l 1944 art. 3'l:; legge n. 1 del 1956 art. 3; t.u. 645 del 1958). . I PARTE I, SBZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 5$5 Profitti di regime � Rettifica dell'accertamento ex art. 34 r.dJ�. 159 del 1944 � Definitivit� dell'accertamento da rettificare � Necessit� � Esclusione. (d.1.1. n. 159 ciel 1944 art. ~4). Profitti di regime � Accertamento� � Determinazione della imposta sugli incrementi patrimoniali � Criteri e periodo di riferimento � �Valore effettivo per fatti sopravvenuti � Svalutazione monetaria � Irrile� vanza. La Commissione Centrale delle Imposte -Sezione Speciale per i profitti di regime, nel procedere, nell'ipotesi. prevista dall~ �rt. 34 del r.d.l. n. 159/1944 alla ret#fica dell'accertamento, esplica ftmzioni prev�lentemente giurisdizionali ed il relativo provvedimento, emanato nell'ambito delle attribuzioni di le9ge; �bstituisce decisione ricorribile in Cassazione (1). (1-4) La funzione che la Sezione Speciale dell� Commissione Centrale delle Imposte istituita per l'avocazione dei profitti di regime, � chiamata a svolgere dall'art. 34 del d.1.1. 27 luglio 1944 n. 159, con sa,nzioni contro il fascismo, � stata dalle Sez. Un. della Cassazione, nella: sentenza in nota, rettamente ritenuta di natura giurisdizionale. � La distinzione fra funzione amministrativa e funzione giurisdizionale secondo i criteri dettati dalla �ccezione comunemente data ai due termini (amministrazione e giurisdizione) non esaurisce il campo d'indagine essendo la stessa condizionata alle resultanze del diritto positivo (cfr. Mo:aTATI, IstituZioni di diritto pubblico Ed. 1962; 170); Chiaramente ispirate a tale principio le Sezioni Unite� hanno posto l'accento sulla natura dell'organo� chiamato dalla legge alla particolare attivit�., sul modo in cui la stessa provvede all'attivit� stessa; sulla forma del provvedimento terminale, sulla portata e sulla efficacia: di ��quest'ultimo. La qual cosa trova riscontro nei criteri costantemente seguiti dal Consiglio di �Stato nella individuazione dell'atto ricor'r�bile �con Ricorso straordinario (cfr. Ad. Gen., 11 febbraio 1954, n Consiglio di Stato, 1954, 830 e Relazione del Consiglio di Stato, vol. Ili). � ' La rettifica prevista dall'art, 34 del d.1.1. 159 del 1944 � condizionata alla esistenza di fatti di e importanza notev�ole che non resultino dalla motivazione delle decisioni essere stati considerati nei procedimenti anteriori >; � chiesta �dal Ministero delle Finanze, sostituito dall'art. '1 del d.U. 22 dicembre '1945 n. 623 all'Alto Commissari� previsto d�l ricordato art. 34; � precisata nei limiti quantitativi. Con t�li caratteristiche viene dalla Sezione speciale vagliata, con le garanzie del contraddittori� ed attuata con l'accoglimento o il rigetto importa una modifica dell'eseguito accertamento, nonostante !;eventuale raggiunta definitivit�; e, per forza di cose, delle' decisioni in precedenza intervenute. L'attivit� cos� sv�lta, .esula, pertanto, d�lla pura e semplice �ttivit� di accerta.:. mento, di tipica amministrazione attiva; e si sostanzia nell'applicazione in concreto del principio di legge della corrispondenza del particolare tributo alla effettiva base Imponibile, a tutela dei rispettivi diritti: �da parte di un organo, che di riconosciuta natura giurisdizionale, sta ed agisce al di sopr� delle� parti. � Decisivi al riguardo sono due ordini di considerazioni: 556 ~S&OONA D_m:J;;'AVVQCA11JRA DELL9 STAT(}: L'�rt. �.34.del r.d.l. n. 159/1944, relativo alla rettifica dell'ac� certamento dei profitti di /regime, non � stato abrogato n� espressamente dalle disposizioni normative recate dall'art. 5 dell� l. n. 111956 che limita la sua forza abrogativa al sola art. 43 del t'. u. del 1877 sulla r. m., n� tacitamente da quelle corJ,tenute nel t. u. 28 gennaio 1958 n. 645, che limitando, per la precisazione contenuta nell'a:,.t. �1; il 'proprio campo di applicazione alle imposte dirette dallo stesso regolate, lasciano in vigore, anche se con esse in. contrasto, le norme regolatrici delle altre imposte (2). . : ':A differenza di quanto avviene nell'ordinario giudizio di revoc�: �Z:ione discipliTAato dall'art. 39,5 del c.p.c., la rettifica d<f?llo ac~ c�rtamento perprofitti di �i-'egimi:; da parte della Sezione Speciale k) il ratto che'l'art. .23 dei c�.1.1. n. 134 de� 1946 demanda alla Sezione speciale la cognizione di tutte le questioni, anche pregiudiziali ed incidentali relative all'accertamento ed alla liquidazione dei. profitti di regim�, escluso .�soltanto le questioni di falso, ,di. s,tato e� di capacit�; b) il fatto che '(cfr. SANDfULLI, in �Gi'l,tstizia civile, 1964, 975 e .segg.) le. decisioni adottate in attuazione delle norme suddette dalla Sezione speciale I della Commissione Centrale, gi� impugnabili in Cassazione pe.r dif�tto di giurisdizione a norma. Q.egli artt. 32 e 33 del d.1.1. 15~ del 1944 e.� 20� del d1J. 134 del 1946, sono con l'entrata. in vigore della Garta costituzionale~ (art, 111) impugnabili in Cassa.zio11e a norma dell'art. 360 c.P,.c~. per i� motivi ivi indicati (cfr. Sez. Un. 5. ottobre 1956 n. 3360). Esattamente, infine, le SS. UU. hanno. posto . in. rilievo che la ret�, tifica.regolata dall'art. 34 del q.1.1. 159. del 19441 una volta eseguita, comporta la modifica di una decisione dell.a cui natura giurisdJzionale non � dato. dubitare, data la interpretazion,!:! giurisprudenziale intervenut.a sw� � la natura delle Commissioni Tributarie. Cosa,, pe:r:altro, affatto nuov::i avve11endo in altri .campi <le settore .giuri~dizionale, co.me quello della revJsione., nel processo penai-e (cfr. SANDUL,LI, op. e Zoe., cit.). � Le affermazio:p.i� oggetto . della 2a e 3a massima, relative, rispettiva. mente alla mancata� abrogazione dell'art: 34 ~el 9,.1.l. 159/1944 da parte dell'art. 5 della legge 1/1956 e.-del t. u. 645/195&.. ed alla non necessaria: def}:o.i.tivi,:t�, .dell'accerta:rnento pe:r provocare, n,~le dovute forme, la re I latiya rettW<Ja, trovfil\Q sicuro riscontro l'una nei pri:.cipi di:)l'.lcontro-:-; versa. applicazione in tema di efficacia �ostitutiva delle �i;iorme di legge (cfr. .Ca$saz. 22301()4, 25~�'?/59 l'a,J.tra nel chiaro ed inequivocabile .te;?tqdi legge, che.eonfiguraJ'Jstituto della .rettifica in .modo pe�mliar~ e. d~ffe� renziato ,da� quello della :r:evoca.zione neU'ordina:ri<;> .processo civile :(~fr.: ;F'o;r,1q~o; �C<m;fisca �dei. beni .e avoc;azione. �dei. profitti. di regime,; I!~-e. segg), � � :.:L'affermazione oggetto: della Aa i:nassima,:�.relativa a,lla i;rrileyp.p.;<1~; dei fatti, sop-J;aggiunti . ch,e abbj.ano .determinato un mutam.ei;ito ,,in epcessQ<� dei valori, � ol:liaramente. ispirata all'orienta:rnel'.ltO: al ri-guarcio, assitpto. daUe Sezioni Sing<>Le con la sentenza.1746/53. Le..:ragioni di.indubbio rt,.. lievo; tratt�. dal. con�l:>i~to disposto degii ;:irtt. )4Jett..c ~ �7, nQn Pare~~ pel'�, c):le ..esauriscano il l!ampo <;i.i indagine non ris.ltando �� suffic~entes:, m;entl:\ V;alutato �il fatto (!he .it profittq avqcal;?ile, .da, accertarsi al',,JllOliQ~,..,: to .in .cui .~"S<)rt.o, .va .rival.ta~o, quando .non z:isulti determimtto :qel .su(};: valore, al momento dell'avocazione, risultando altrimenti., sacrificato .il�� fondamento del .partic<;>larfl. tr�:.~uto ..~l'.l relaziol.le.alla .natur~ d�l .credito:'' ~ PARTB ~' .SEZ V; GIJ,JIUSPRUDSNU :'IRJBUTAIW 55'7 della Commisisone Centrale prevista dall'art. 34 del .d.t. 159 1.944, potendo essere richiesta nonostante la r.aggiunta d.efinitivit�, del~. l'accertamento, prescinde da detta definitivit� ~�� pu� avere lu,ogo an.che prima che. questa ultima si sia verificata (3). � . . La determinazione dell'importo degli incrementi. patrimonia li. dovuti a profitti di regime, va eseguita in base al valore di cost� che i beni, entrati o usciti dal patrimonio nel periodo intercorrente fra il 3 gennaio 1925 e la data ~i entrata in vigore del d.l.l. n. 134 del 1956, avevano rispettivamente nel giorno in cui si verific� l'entrata o l'uscita del bene del patrimonio predetto. Resta escluso sia il riferimento al valore effettivo acq'l.{-istato �lal bene in epoca s'l.!-ccessiva sia. l'incidenza della sv�lutaiione monetaria sopraggiunta a distanza di anni. Nel c.aso. di aii.enda distrut{~ c�ri dispersione di beni e con conseguente .risarcimento dei danni .. conseguiti dal proprietario, a distanza di anni, in via gfodiziaria, l'ammontare di tale risarCimento che della sopraggiunta: svalutazione abbia, peraltro, ten�to conto, non pu� �ssere senz'dliro preso a base della determinazione del profitto avocabil_e (4) ... I CORTE DI CASSAZIONE, Sez .. Un.,, 2 marzo 1964, n. 472 . -Pres . . Tavolaro -<Est. Di MaJo -P.lV�. Pepe (con{) -Soc, <<'Unione Cementi.. Marchino� (Avv. Giulio Polcaro) c.. Ministero c;l�ile � Finanze (Avv. Sfa~o Luigi Masi). . � � � � � � � Imposta .generale .sull'entrata ��Societ� � Gruppo di societ�_.~ Rim~ors~. . spese . di anuninistr.~ione . alla capo~ruP.po .~ A,ssoggett,aJ>ilita al~ l'iniposta. � O. 19 giugno 1940, n. 762, art. D. Imposta generale sull'entrata � Entrata imponibile � Mezzi di pagamento. sosti~utiVi del d�n�ro � �Assoggettabilit� all'imposta. o. 19 giugno 1940, n'. '762; ark 1).: ... Sono .soggetti all'impost� generale� sulrentrata��.i� v~~;arnenti: che una societ�.esegue: a favore di altra� societ� apparten�rite aUe. stesso .gr,Upp� e incari~atci dell'amminjStra.Zione ccimune/p~r�'ri'T!�bor~ o <;li ~pese geriera1i (1): . � � ,�: �_ .� .�' . � . ' .. ( 1-4) Le decisioni della Suprema Corte si riallacciano ad un. indidzzoc gi� ��chiaramente affermatosi in. precedenti� pronunce e vanno .pienamente condivise. . salvo per �. quanto riguarda l'interpretazione� deU':a;rt. 52 � .� Legge � IGE, � sul qual.� punto� rinviamo �lla . nota : successi-, va� (Cass.~ 25 giugno 1952, n. 1884; in Riv: �dir.. fin,! 1953, ll, 127, con .�nota di Napolitano; .CasS; 7: luglio 1952, n. 2059, -in-Dir. prat.<trib.~� 1953, II,. 91, con nota di Uckmar; Cass. 27' febbraio-1953., n..:AM,, in:.Eor.o. . llASSll6NA DEL�..'AVVOCAl'tJRA DBLLO STATO I , Costituisc� entrata imponibile a sensi dell'art. 1 � zegge 19 giU~ . . Igno 1940, n. 762, istitutiva dell'IGE, non soltanto quella che importa materiale consegna di denaro, ma anche quella che ha luogo I con mezzi di pagament� sostitutivi del denaro medesimo (nella specie:� versamento in� conto corrente) (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. _2 marzo 1964:; n, 473 -Pres. Tavolaro-Est. Pi Majo -P.M. Pep~ (coni;_.) -Ministero dell~ finanze (Avv. Sfato Luigi Masi) c. Soc. � :Uni�me Cerri.enti ... Marchino� (�vv. Giulio Polcaro). � Imposta generale sull'entrata � Ordinanza intendentizia �x art. 52 legge isiitutiva dell'IGE � � Mancato ricorso al Ministro � Azione giudiziaria � Proponibilit�. � � � o. 19 giugno 1940, n. 762, art~ 52). Imposta generale sull'entrata � Gruppo di societ� � Rimborso spese di amministrazione al capogruppo ,. Assoggettabillt� all'imposta. (1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 1). !JJ' ammessa l'azione giudiiiaria contro l'ordinanza _intendentizia, emessa a. sensi dell'art. 52 legge istitutiva deWIGE, anche� se, nei casi consentiti, non sia stato proposto ricorso al Ministro (3). Sono soggetti all'imposta generale sull'entrata i versamenti �he u'fi:a societ� esegue af�vor� di altra societ� appart�nente allo stesso .gtuppo e inc�ricata .. dell'amministrazione comun�, p~r rimborso di spese generali (4). . . it., 1954, I, 214, con nota di Berliri �e in Giur. it., 1954, I, 1, 493 con nota di Greco; Cass. 9 settembre 1953, n. 2994, in Dir. e prat. trib., .1954; II, 33, con note di Cesareo e Aloisini e in Giur. it., 1954, I, 1, 642, con nota C�i A1l�rfo,-=-tutte in�materia di contributi e spese di gestio~e dei c�nsorzi�nti �all'Ente consortile:-, e Cass: 18 mar.zo 1959, n: �802, 803� e 809, .in f!'oro it., 1959, I, 1319, .in�.materia di. contributi. per .spese di lavorazione. e gestione dei soci alla cooperativa agricola i ancor pi� chiaro � il. caso. prospettato nelle sentenze annotate, in quanto, �lell;holding: la . autono.:. mia della societ� capogruppo sotto il profilo giuridico-tributario � fuori :liscusSione). � � � � � ' � E' int�ressante notare che� la � maggiorariza della dottrinit � contrarla ~ :questo orientamento (dr. NAPOLITANO, UcKMAR> BERLIRI; AI.�oiuo :ed !\i::.orsxNr nelle note alle succitate sentenze della Corte Suprema, ed� an~ ora AD. G:rANNINi, lstitiuzio?1-i di diritto tributario, Milano, 1960, pag. 14'1; GtussANI, I contributi'� versati �i consorzi ed,. rnti Similari e l'importa sulle entrate, in Riv. it. diT. fin. 1941, '!. p; 252; co'fitra, per�:� CocIV�RA; PARTB I, S~ V, GIURISPRmlENZA tRIBUTAltli I (Omissis). -Con il secondo ed il terzo mezzo del ricorso, intimamente connessi, si denuncia la violazione dell'art. 1, terzo comma lett. c) 'della legge 19 giugno 1940 n, 762 istit~tiva della; I.G.E. . Si assume che nel caso concreto le note di addebito rilasciate dalle societ� amministratrici (Istriana Cementi e Cementi Mar~ chino) a titolo di rivalsa per spese di. amministrazione in favor� della societ� a.unihistrata (Valle Mareccia) costituivano meri movimenti di capitale nell'ambito delle societ� appartenenti allo Imposta generale 81,Lll'entrata, Milano 1948, p. 76 e. sgg.; GRECO e CESAREO nelle note succitate). � Secondo la maggioranza della dottrina il contributo ordinari� versato per spese generali di gestione non � corrispettivo della prestazione di tin servizio, ma � un vero e proprio movimen.to di un capitale, esente dall'IGE a sensi dell'art. 1 lett. a)� della legge organica. La differenza fra il caso ill esame� e lo scambio-atto economico, che costituisce il presupposto di fatto per l'applicazione dell'imposta, consisterebbe in ci�: nel .caso de quo la prestazione di servizi � condizionata dal versamento dei cont,ributi, mentre nel caso dell'atto economico imponibile il pagamento del �corrispettivo ha come� antecedente logico, come causa economica e giuridica, la cessione di un bene o la prestazione di un servizio. Tali osservazioni, ad avviso della dottrina, troverebbero riscontro nel principio, sovente affermato in giurisprudenza (Cass. 3 luglio 1951, n. 2272, in F. I. 1952, I, 1549; App. Bologna, 24 marzo, 1949, id. 1949, I, 842), per il qu3Ie, gli effetti dell'imposta R.M., tanto i contributi ordinari versati annualmente dai consorzisti e destinati a fronteggiare le normali spese di gestione, quanto gli avanzi di gestione debbono identificarsi con il capitale dell'Ente. . Le osservazioni formulate dalla dottrina citata non appaiono fondate. La ragione determinante dell'imposizione -� noto -� stata individuata nel fatto che, per il combinato Q.isposto dagli artt. 1 e 4 della legge n. 762 del 1940, l'imposta sull'entrata colpi~� l'entrata in denaro, o con mezzo sostitutivo del denaro, conseguita in �co1"rispondenza Q.ella cessione di beni o della prestazione di un servizio; ' ..Senza alcun riguardo al _lucro ovvero all'arricchimento del soggetto passivo .della imposizione. Giustamente quindi la Corte Suprema ha ritenuto, nelle due sentenze �annotate che quando le somme sono versate dalle s�ciet� ammi:. nistrate in correlazione e in dipendenza dalla prestazione di servizi effettuati dalle societ� amministratrici, tutto ci� viene a realizzare un'attivit� economica di scambio, come tale assoggettabile all'imposta. A tali effetti _non ha.alcuna rilevanza il perseguimento di interessi comuni (cor~ rispettivo), essendo del tutto indifferente lo svolgimento di un'attivit� speculativa. . Poich� l'erogazione dei contributi per spese e per il rimborso delle quote spe,se sono pur sempre in funzione dei fini da raggiungere, in quanto i (!Ontributi vengono versati alla societ� . amministratrice per mettere appunto questa :r:iella condizione 9-i prestare quei dati servizi alle societ� �. �RASSEGNA DllLI}AVVQCATURA .DELLO STATO stesso gruppo ol holding e pertanto non potevano costituire materia imponibile per l'I.G,.E. La censura� non coglie nel segno. La questione rion � nuova all'esame di� questa Corte� regolatriee, la �quale in fattispecie analoga ha posto il principio che, nel caso in cui varie ditte si siano consorziate creando societ� comri: lerciale destinata a svolgere attivit� per il soddisfacimento di un interesse comune, i contributi versati alla societ� dalle ditte con~ �r:Ziate, anche s� al solo . scopo di fornire alla-societ� stessa i mezzi idonei per sostenere le spese vive� di gestione,, comprensive di ogni ulteriore compenso, sono assoggettati all'imposta generale amlninistrate; appare inesatt� parlare di versamento di capitale: il contributo � un elemento per il funzionamento della societ� amministratrice ed �, conseguentemente, iri relaziOri.e causale con il servizio che� esso rende �gli �ammii:iiStr�ti. � � ;, � E' stato altres� osser~at� che. irrilevante � il richiamo ai principi in tel'l1a di impo1!ia 'cii R.M. Il concetto di . capitale nelle imposte di R.M. e IGE hanrio caratteristiche e finalit� diverse: nella prima i contributi per spese di gestione possop.o � identifi�'arsi col capitale perch�, non collegandosi'at( un'operaifon:e produttiva, non costiti.tiscono reddito;. nella seccmda, ~~�ollegandosi ilcapitale ad un fondo di ricchezza o ad un'alienazione ,di beni mobili o immobili, non pu� costituire capitale ci� che viene_ versato in corrispondenza, anche se non di volta in volta, di una prestazione di servizi. ... . . . . . ; � Appunti ,s'ttn'art. 52 legge organica sull'IGE: un caso di giurisdizione �rdinaria. eoitdiZionata. t ' .J 1.. ;. La Corte Suprema con la sentenza annotata, decidendo a �Sezioni Unite, ha affermato che il ricorso al Ministro delle Finanze a norma dell'al"t. 52 della legge: istitutiva dell'imposta generale sull'entrata � facoltativo per il contribuente che lamenti la lesione di un suo diritto soggettivo e . che �.pertanto l'azione giuqiziaria non. � subordinata al previo esaurimento dell'iter amministrativo. � Poich� Tart. 113 Cost. consente, senza l�mitazioni di sorta; la tutela: dei diritti def privato contro gli atti della P. A. davanti all'Autorit� � Giudizi;iria e il processo ordinario � autonomo rispetto a quello dr accertamento tributario -cos� ha m�tivato la Corte regolatrice, richiain�ndo �una� �opiosa giurisprudenza conforme sul tema deirautoriomia ...:._, l'esperimento del ricorso gerarchico o alle commiss~cini .amministrative, � tranne espressa disposizione in contrario, non pu� �costituire condizione o� pr�supposto per la proponibilit� dell'azione giUdiziaria in ordine alla �questione sostanziale del debito d'imposta: � e l'art: 52 deila l�gge citata nori coilUene alcuna disposizione che� precluda l'azione giudiziaria a chi non abbia esperito la via gerarchica. ' . 2 . .:. Pur non contestando l'esattezza dei principi sull'autonomia del proc�sso ordinario e sull'assenza di limiti alla tutela dei diritti lesi dalla P; A."cdavanti all'Autorit� Giudiziaria, non condividiamo la conclusione 6ui �si �� perv�nuti nella decisione arinot�ta; per la quale non esiste, riel PARTE �, SBZ V, 'GlURISPlnii>l!N2'..A TRIBUTARIA �561 sull'entrata a norma dell'art. 1 della legge� 12 giugno 1940 n. 762 (sent. '1884 e 2059 del 1952). Tale indirizzo deve essete qui confermato. Come si diceva in narrativa, nella fattispecie concreta � pacifico in punto di fatto -e la Corte del merito ne d� atto nell'impugnata sentenza --, che le societ� cementi�re del gruppo economico Marchino avevano -conferito a du� di esse (La Marchino e: l'Istriana Cementi) l'incarico . di amministrare tutte le . societ� del gruppo; costituendo presso le predette due �societ� un� fondo spese reintegrabile. � � Ora il presupposto oggettivo dell'l.G.E. � che l'entrata si l'art. 52 legge IGE, una disposizione che imponga la precedenz::\ :d.el ricorse al Ministro sull'azione giudiziaria. ~' -Invero non appare indispensabile, per risolvere jl nostro pr9-: plema, il, ;richiamo al principio dell'autonomia del pro~esso' tributar;io. � Se l'azione giudiziar:ia sia ammissibile prima dell'esperimento del dcorso gerarchco �al Ministro � questione riguard!lllte esclu.sivame!;lte l'esistenza, allo stato, del potere giurisd�zipnale; solo .una voHa, che questo� poteJ:"e. sia stato riconosciuto pu� parlarsi di autonomia� del pro-: cesso ordinario, .la quale, � se. sussiste, influisce sol9 sull'estensione . del potere stessp, limitandolo o meno in relazione a quanto ha �gi� formato oggetto del procedimento dio accertamento tributai:-io. E' altres� indubbio e pacifico che nessun limite pu� porsi; in osservanza al precetto .dell'art. 113 Cost., al potere del Giudice �di sindacare l'attivit� della P. A. lesiva di. diritti del privato; .ma ci� non. toglie che il legislatore possa condizionare la proponibilit� dell'azione giudizla-: ria all'espletamento di alcuni incombenti, sempre che questi� non costituiscano un aggravio delle possibilit� di difesa del .. privato a tutto vruitaggiQ della P. A.. ,.. Nessun rapporto �intercede, di regola, fra il ricorso amm,inistrativo e il� giudizio innanzi ai tribunali ordinari, ove sussista il _potere del. l'A.G.O. di conoscere la controversia..L'esperimento del �ri�_orso arami-, nistrativo. �, quindi,. sempre facoltativo per .chi lamenti la lesione di un suo diritto, prima di adire, a tutela di questo, il tril:>unale 01:dinario, Tuttavia, � ben possibile che la legge ponga delle eccezioni, stabi-, !endo che il previo -esperimento del ricorso, ad autorit� superiore o a commissioni, .� condizione per la proponibilit� dell'azione giudiziaria. Casi del genere, che .sogliono raggrupparsi sotto la denominazione di giurisdizione ordinaria condizionata, sono frequentissimi �� nella no-: stra legislazione in materia tributaria (tributi comunali e provinciali,� imposte dirette) e, fuori di. essa, in materia di leva militare, elezioni amministrative, protezione sociale, trasporti ferro.viari, congrue ed .altri assegni al clero �(cfr. GI/\NNINI, La giustizia amministrativa, Roma, 196a, pag. 119; ZANOBINI, Corso di dir.itto .amministrativo, Milano; 1954; .. I, pag. 81). Nessuna riserva di principio si pone acch� anche l'art. 52 .della l�gge IGE configuri .n caso di giurisdizione condizionata, sempre che in esso s,i ravvisi l'esistenza d una .condizione-ostacolo esplicitamente. posta. � La. Corte Suprema non nega il valore .del principio, ma nega, che, I 562 ~SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO l ricolleghi ad un atto di scambio .o ad una prestazione di servizio, senza che ai fini fiscali, abbia rilevanza la eonsiderazione se il titolo del versamento si riallacci oppur no ad un'attivit� speculativa. Ci� che interessa a quei fini .� che le somme vengano versate ed introitate in corrispondenza della prestazione di servizio, rimanendo ovviamente libere le parti, nella loro autonomia, di determinare il modo e la misura del corrispettivo dovuto, il quale non cessa di es:;ere tale per essere stato dalle parti medesime limitato al semplice rimborso delle spese di gestione. Spese di gestione che non sono d'altra parte limitate a quelle nella� specie, la legge IGE contenga alcuna norma che precluda l'azione giudiziaria a chi non abbia esperito. la via gerarchica in sede amministrativa, secondo la previsione dell'art. 52 (conformi alle conclusioni cui � pervenuta la decisione annotata: App. Ancona 18-1-1956, in Rep. F. I., 1956, voce e Tassa entrata >, n. 99; RASTELLO, La pena� pecuniaria nel diritto tributario, Roma, 1959, pag. 142 e segg. -con riguardo per� alla legge 7-1-1929 n. 4; gli mancano, quindi, come vedremo, le ragioni esegetiche desumibili dall'art. 52 -; DE BoNo, Dizionario dell'IGE, Mlano, 1954, pag. 22; difformi: Trib. Firenze, 16-5-1962, in Giust. Tosc., 196~, 517; Trib. Bologna, 18-7-1955 e App. Milano, 2-12-1952, in Relaz. Avv. Stato, 1951-55, voi. I, pag. 724; SPINELLI, Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, Milano, 1957, pag. 222; CARBONE-TOMASICCHIO, Le sanzioni fiscali, Torino, 1959, pag. 220). 4. -L'esistenza della condizione-ostacolo nel disposto dell'art. 52 appare, invece, in tutta evidenza. La legge espressamente dispone� che � consentito gravame dinanzi all'Autorit� giudiziaria contro l'ordinanza definitiva dell'Intendente di Finanza e contro il decreto del Ministro delle Finanze, nel termine di sessanta giorni alla notificazione della stessa ordinanza o decreto. . Il richiamo combinato al concetto di gravame e a quello di definitivit� dell'ordinanza intendentizia appare decisivo. Usando il termine gravame la legge ha chiaramente inteso configurare l'azione giudizi.aria come vera e propria impugnativa di uno specifico provvedimento amministrativo (cfr., a contrario, la diversa terminologia, ad esempio, dell'art. 22 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, in materia di imposte dirette; conforme App. Torino, 14 febbraio 1955, in Giust. civ., 1952, I, 1200, con nota e richiami di DE BIASI), ed ai fini dell'impugnazione un atto amministrativo � definitivo, -secondo il costante insegnamento -, o per natura, ossia per la posizione dell'autorit� dalla quale � emanato, oppure per disposizione espressa o implicita d-ella legge, e non perch�, essendo previsto l'esperimento del ricorso gerarchico, questo non abbia avuto luogo (contrario, ma. senza alcuna dimostrazione, DE BoNo, op. e Zoe. cit.). N� � pensabile che la legge, nell'art. 52, abbia inteso la definitivit� dell'ordinanza in senso lato, in quanto � nota la cura posta nelle leggi pi� recenti (segnatamente dop�. l'emanazione della legge comunale e provinciale del 1934) per discriminare con esattezza gli atti definitivi da quelli non definitivi, eliminando per quanto possibile le contesta . . . I I �'* PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 563 erogate a terzi dall'ente che amministra, in dipendenza di eventuali negozi giuridici intervenuti con essi, ma che comprendono nel loro ampio significato tutte le spese sopportate dall'ente stesso in relazione alla propria attivit� svolta a soddisfare l'interesse dell'amministrato (spese di organizzazione del servizio, del personale, ecc.). Se perci� presupposto oggettivo dell'ige �, tra l'altro, che vi sia un introito conseguito in dipendenza di prestazione di servizi, vale a dire in dipendenza di una attivit� economica di scambio (art. 1, primo comma, legge n. 762 del 1940, sent. n. 3041 del 1955),. � di chiara evidenza che quando le somme sono versate dalle so zioni in merito (cfr., del resto, le disposizioni parallele degli artt. 56 e 58 1. 7 gennaio 1929 n. 4: l'ordinanza non impugnata in termini con ricorso al Ministro diventa titolo esecutivo; il decreto del Ministro � definitivo. . . 5. -Dimostrati i precisi limiti dell'art. 52 legge sull'IGE, non pu� sostenersi che un'azione giudiziaria � cionondimeno configurabile, richiamando l'ammissibilit� di azioni di accertamento negativo in ma-' teria tributaria. Anche se si ammettessero in linea generale tali azioni (in conformit� all'indirizzo della S. C. -Cass. S.U. 16 luglio 1957, n. 2901 e 7 novembre,1957, n. 4259, entrambe in F. I., 1958, I, 1850 -, contrastato, per�, in dottrina: cfr. ALLORIO, Diritto process. trib., Torino 1962, p. 161 e Processo tributario di mero accertamento, in Giur. it., 1952, I, 2, 349; Yedi anche, contra, Relaz. Avv. Stato, 1955-60, II, p. 720), esse sarebbero precluse nel nostro caso, in quanto l'art. 52, disciplinando in un dato modo l'azione giudiziaria, non consente -per un ovvio principio di ermeneutica -che essa possa proporsi altrimenti. Del resto un'azione fuori dell'ipotesi dell'art. 52 dovrebbe ritenersi soggetta, in mancanza di disposizione contraria, ai termini di decadenza cui � sottoposta la azione disciplinata dall'art. 52: il che �, evidentemente, un �issurdo. Giova, invece, ricordare che la legge n. 4 del 1929 non ammette nessun gravame contro l'ordinanza intendentizia o il decreto ministeriale e, cionondimeno, dottrina e giurisprudenza hanno costantemente ritenuto l'ammissibilit� dell'azione giudiziaria contro questi provvedimenti. Orbene, l'art. 52 della legge IGE, emanata dopo che l'orientamento dottrinale e giurisprudenziale si era ampiamente delineato, contiene una disciplina esplicita e completa dell'azione giudiziaria~ ci� mostra con chiarezza che una sola azione giudiziaria � consentita e la sua ammissibilit� � subordinata alla definitivit� del provvedimento (nel senso sopra specificato) e alla proposizione nel termine di sessanta giorni. 6. -Anche, inoltre, sotto il profilo logico-sistematico, la tesi accolta dalla Suprema Corte non pu� essere condivisa. 1 . La particolare procedura prevista dall'art. 52 della legge IGE ha carattere repressivo sanzionatorio, e prevede una partecipazione diretta della pubblica amministrazione nell'accertamento della violazione tributaria, per modo che non sembra possibile che il giudice si sostituisca alla P.A., in detta fase di accertamento e repressione, se non dopo che �n provvedimento amministrativo abbia acquistato carattere di defin� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ciet� amministrate in correlazione e in dipendenza alla prestazione di servizi effettuata dalle societ� amministratrici, tutto ci� viene a realizzare una attivit� economica di scambio, come tale assoggettabile all'imposta di cui si discute. Non ha pregio l'argomento che, nella fattispecie concreta, tra le societ� amministrate e le societ� amministratrici non si avrebbe alcuna contrapposizione, perseguendo le une e le altre interessi comuni (holding), perch� l'erogazione dei contributi per spese e il rimborso delle quote spese sono pur sempre in fun zione dei fini da raggiungere in quanto i contributi vengono ver sati alle societ� amministratrici per mettere appunto queste nella condizione di prestare quei dati servizi alle societ� ammini strate. N� alcuna rilevanza pu� avere poi la circostanza che le societ� amministratrici non perseguano alcun fine di lucro e che I si tratti di mero rimborso di spese generali e particolari, giacch� � decisivo ripetere che l'I.G.E. colpisce qualunque pagamento I destinato a procurare un servizio, non essendo necessario un fine di lucro o di arricchimeiito da parte del soggetto passivo dell'imig posizione (cfr. sent. n. 474 e 2994 del 1953, 803 e 809 del 1959). Con il quarto mezzo si censura la denunciata sentenza per avere affermato che la forma del conto corrente analogo a conto corrente bancario non produce trasformazione della natura giu- I I , tivit� (in tal senso cfr. la giurisprudenza conforme alla nostra tesi, s�gnalata sotto il n. 3). Non � quindi ammissibile un richiamo analo gico a principi e norme in materia di stretta imposizione tributaria, I che facultizzano il contribuente a ricorrere, a sua scelta, all'impugnativa amministrativa o giudiziaria. 7. -La Corte Suprema, infine, quasi che l'argomento valga a dirimere ogni possibile dubbio, d� rilievo al fatto che, nel caso di specie, la Finanza aveva preteso il credito avvalendosi del� procedimento di ingiunzione: l'opposizione del debitore, quindi, per resistere all'ingiunzione stessa, legittimamente veniva proposta innanzi al giudice ordinario. L'argomento appare irrilevante. E' chiaro infatti che, ammettendo -come noi ammettiamo -, che la mancata proposizione del ricorso al Ministro precluda la possibilit� di adire l'A. G. contro l'ordinanza intendentizia, la conseguente ingiunzione emessa dalla Finanza per la riscossione della somma portata dal!' ordinanza non avrebbe il valore di atto di accertamento del credito, quanto invece di mero atto di precetto, essendo il titolo esecutivo rappresentato dall'ordinanza definitiva dell'Intendente o dal decreto del Ministro (in tal senso Trib. Firenze 14 dicembre 1951, in Giur. it., 1952, I, 2, 922; CARBONE-ToMASICCHIO, op. cit., pag. 222): l'opposizione del debitore sarebbe quindi configurabile solo contro la regolarit� formale dell'ingiunzione. OSCAR FIUll/[ARA PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ridica delle causali generatrici delle utilizzazioni parziali del fon do precostituito e che quando le causali consistono in prestazione di servizi va ravvisata la imponibilit� dell'I.G.E., quale che sia il mezzo di pagamento. In tal modo, si dice, si � dato come dimostrato quel che do vevasi dimostrare affermando apoditticamente che la causale era di prestazione di servizi. Si era affermato infatti dalla ricorrente, nel corso del giudizio, che la sentenza di primo grado aveva violato la presunzione derivante dalla effettuata applicazione della tassa di bollo in corrispondenza del contenuto economico giuridico reale con quello formale, con il conseguente onere probatorio a carico della amministrazione. N� a tal fine, � sufficiente osservare che mentre l'I.G.E. assorbe l'imposta di bollo, non � vero il contrario, restando insoluta la questione del come dalla nota di addebito sorga la prova documentale e logica della effettiva prestazione di servizi. Anche questa censura � infondata. Pacifico che la societ� amministrata Valle Marecchia aveva depositato presso la societ� amministratrice un fondo da utilizzare per le spese di amministrazione a suo carico e da gestire mediante conto corrente, esattamente la Corte del merito ha considerato che l'adozione di un sistema analogo al conto corrente bancario per la gestione di un fondo vincolato a destinazione determinata non importava trasformazione giuridica delle causa�i (prestazioni di servizi) di utilizzazione parziale del :fondo stesso, causali che risultavano documentate nelle note di addebito. Costituisce infatti entrata imponibile ai sensi dell'art.. 1 della legge n. 702 del 1940 non soltanto quella che importa materi.aie. consegna di danaro ma anche quella che ha luogo con mezzi di pagamento sostitutivi del denaro medesimo (sent. 809 del 1959). Ed � poi da aggiungere, come a ragione ha osservato la difesa della resistente amministrazione delle finanze dello Stato, che � irrilevante la presunzione che la societ� ricorrente vorrebbe poter trarre dall'applicazione, da essa stessa fatta originariamente della tassa di bollo sulle cennate note di addebito, e ci� al fine di sottrarre i rapporti dalla sfera di imposizione dell'I.G.E. per trasferirli in quella di imposizione del bollo, perch�, trattasi in ogni caso di un'operazione spontaneamente eseguita dalla stessa societ� amministratrice, mediante versamento in,conto corrente postale, e quindi senza ingerenza e preventivo controllo dei competenti organi finanziari. Infine con il quinto mezzo si censura la sentenza per avere affermato che, ancorch� componenti di un gruppo di concen RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO trazione industriale, le societ� non avevano perduto la individualit� propria come soggetti di diritto, sicch� la prestazione dell'una all'altra costituiva atto giuridico economico assoggettabile alla I.G.E. Ma nella specie, sostiene la ricorrente, non veniva in considerazione la distinta personalit� giuridica del tutto ovvia, in quanto l'appartenenza al medesimo gruppo ha una sua realt� giuridica che non pu� essere negata. E' sufficiente considerare, per disattendere anche tale ultima doglianza, che se il gruppo di societ�, aventi ciascuna autonoma personalit� ma costituite a tutela di comuni interessi economici (holdi:p.g), pu� essere considerato unitario sotto il profilo economico, ci� non pu� dirsi sicuramente sotto quello giuridico-tributario che unicamente interessa ai fini della specifica imposizione, come gi� detto innanzi nell'esame del secondo e terzo mezzo. (Omissis). II (Omissis). -Con il primo mezzo la ricorrente amministrazione delle finanze dello Stato denuncia la violazione e falsa ap�plicazione dell'art. 52 del D.L. 9 gennaio 1940 n. 2, convertito nella legge 19 giugno 1940 n.. 762, istitutiva dell'imposta generale sulla entrata; degli art. 55, 56, 58 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, concernente norme generali per la repressione delle violazioni delle lggi finanziarie; delle norme e dei principi generali in tema di definitivit� degli atti e provvedimenti amministrativi ai fini delle impugnazioni, in relazione all'art. 360 n. 1, 3, 5 c.p.c. Si spiega che, secondo l'art. 52 della legge 19 giugno 1940 n. 762, contro l'ordinanza definitiva dell'intendenza di finanza e contro il decreto del Ministro delle finanze � consentito gravame davanti alla autorit� giudiziaria. La legge, adoperando il termine gravame, configura l'azione come una impugnazione di uno specifico provvedimento amministrativo. Ma, se a'Vverso l'ordinanza intendentizia che sia suscettibile di ricorso al ministro nel termine previsto, non sia stato proposto ricorso gerarchico (come � avvenuto nel caso concreto), ne consegue la irretrattabilit� ed irrevocabilit� del provvedimento, donde la improponibilit� dell'azione giudiziaria. La tesi non ha consistenza. Sul punto i giudici del merito hanno considerato che la legge sull'IGE non contiene alcuna norma che preclude l'azione giu PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 567 diziaria a chi non abbia esperito la via gerarchica� in sede amministrativa secondo la previsione dell'art. 52 innanzi richiamato, s�cch� il ricorso ivi previsto � solo facoltativo per i contribuenti che lamentino la lesione di un loro diritto soggettivo. Ed il principio enunciato � esatto perch�, posta la autonomia del processo ordinario rispetto a quello di accertamento tributario, alla stregua della regola fondamentale che assicura contro gli atti della pubblica amministrazione la tutela dei diritti innanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria (art. 113 cost), l'esperimento o meno del ricorso gerarchico o alle commisisoni amministrative, tranne espressa disposizione in contrario, non pu� ovviamente costituire condizione o presupposto per la proponibilit� dell'azione ~udiziaira in ordine alla questione sostanziale sul debito di imposta (sent. 1709 del 1952 -2295 del 1953 -128 del 1957 -242 del 1961 -747 del 1962). Ma poi � decisivo rilevare che, avendo la finanza preteso il credito tributario avvalendosi del procedimento di ingiunzione, l'opposizione del debitore, per resistere all'ingiunzione stessa, legittimamente veniva proposta innanzi al giudice ordinario. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 475 -Pres. Tavolaro -Est. Ferrati -P.M. Pepe (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Azzariti G.) c. Thellung (avv. Malorni). Imposta di registro � Case di abitazione non di lusso di nuova costru� zione � Trasferimento contestuale della propriet� e dell'usufrutto a soggetti diversi � Agevolazioni previste dall'art. 17 della legge 2 luglio 1949 n. 408 � Applicabilit� alla costituzione di usufrutto � Esclusione. (1. 2 luglio 1949 n. 408, art. 13, 17; r .d. 30 dicembre 1923 n. 3269 artt. 8, 9, 21). I benefici fiscali previsti dall'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, per i trasferimenti di case d'abitazione costruite ai sensi dell'art. 13 della medesima legge, non trovano applicazione in ordine alla costituzione a titolo oneroso di usufrutto a favore di un soggetto neppure quando questa sia effettuata contestualmente alla vendita ad altro soggetto della nuda propriet� della medesima casa (1). (1) La costituzione di usufrutto nel trattamento di favore fiscale della L. 408/49. Dopo alterne vicende nelle pronunce delle Commissioni tributarie e dell'a.g.o. (cfr. Comm. Cent. 13 marzo 1953 n. 45830, Riv. leg. fisc. 1954, 813; Comm. Cent. 28 gennaio 1958, ivi, 1959, 1146; Comm. Cent. 12 febbraio 1959 n. 13215, ivi, 1960, 437; Comm. Cent. 3 luglio 1959 n. 18835, ivi, 1429; Corte Roma Sez. I; 13 aprile 1961 n. 775, inedita; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II , (Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente amministra~ ione denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 17 legge i luglio 1949, n. 408, lamentando che, in contrasto con l'espressione legislativa, tecnicamente considerata al lume di tutta la tradizione giuridica, agevolazioni previste per i trasferimenti di case di abitazioni siano state estese alla costituzione e ai trasferimenti dei diritti reali di godimento sulle case stesse. Con il secondo motivo la stessa amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 9 r.d.l. 30 dicembre 1923 n. 3269, il quale, nell'ipotesi di pi� disposizioni indipendenti o non derivanti necessariamente le une dalle altre, contenute nel me~esimo atto, prescrive che ciascuna di esse sia sottoposta a tassa di registro come se formasse un atto distinto: da tale disposizione la riGorrente trae argomento per escludere che il trasferimento o la costituzione dell'usufn1tto, in quanto avvenga contestualmente al trasferimento della nuda propriet�, possa beneficiare di una disposizione di favore dettata escluisvamente per il trasferimento della propriet�. Comm. Centr. 24 giugno 1960 n. 30542 inedita; Comm. Centr. 6 aprile 1962 n. 87338, Riv. leg. fisc. 1962, 1612; Cass. Sez. I, 22 luglio 1958 n. 2664, ivi, 1958, 1744; Cass. Sez. I, 9 gennaio 1963 n. 20, ivi, 1963, 1071) ('oper,ativit� delle agevolazioni fiscali recate dall'art. 17 della 1. 2 luglio 1949 � n. 408 per l'usufrutto delle case di abitazione non di lusso, costruite a norma dell'art. 13 delle leggi predette, costituito, contestualmente al trasferimento � della nuda propriet�, a persona diversa, � stata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione definitivamente esclusa. La qual cosa, costantemente sostenuta dalla Amministrazione Finanziaria ( cfr. R.M. 29 maggio 1957 n. 111646, Riv. leg. fisc. 1958, 64; R.M. 31 luglio 1~57 n. 112353, ivi, 1958, 664 e 1959, 1050) e condivisa dalla Corte di Cassazione (cfr. Sez. I, 12 settembre 1957 n. 3479 e 22 agosto 1958 n. 2664) per le analoghe ipotesi previste rispettivamente dall'art. 1 del d.l. 24 febbraio 1948 n. 114 e dall'art. 10 della legge regionale siciliana 18gennaio 1948 n. 2 � assolutamente esatta (contra: !AMMARINO, Commento �lla legge di registro, vol. III, 78-79). Un precedente in termini � dato dalla � sent. n. 20 del 1963 della I Sez. della Corte di Cassazione e le statuizioni ivi adottate sono state nella sentenza in rassegna confermate attraverso un esame �ondotto, con ineccepibile rigore giuridico, nelle varie sue direzioni.�Alla interpretazione letterale della norma recata dall'art. 17 della (. 408/49 per la quale, sia nel linguaggio comune che in quello tecnico �giuridico il trasferimento della propriet� comporta l'identificazione del relativo diritto con il suo oggetto (cfr. in diritto romano, ScIALOIA, Teoria della. pro'prietd, �voi.� I,� 302; in diritto civile, BARASSI, Diritti reali e possesso, 1952, I, 407; BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato, II, Ed.1949; vol.� I, 212; CARIOtA FERRARA, Il negozio giuridico, 210; MEssINEO, Manu.aie di diritto civile e commerciale, vol. II, tomo I, 310) le Sezioni Vnite hanno fatto seguire la interpretazione logico-sistematica .della stessa, per dedurre che il trattamento di favore � riservato ai soli casi in �.i si ha una successione inter vivos, in senso stretto, del preesistente . ~' .� PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Le due censure, che si integrano a vicenda, onde possono essere esaminate congiuntam~nte, sono fondate. La questione prospettata nel ricorso � gi� stata recentemente decisa da� questa corte suprema (sent. 9 gennaio 1963 n. 20) e le sezioni unite, riesaminando il problema, ritengono di dover mantener ferma la soluzione, favorevole all'assunto della ricorrente, che � stata adottata dalla sezione semplice. Premesso che la controversia verte sulla interpretazione dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, a mente del quale ai trasferimenti di case di abitazioni non di lusso, costruite ai sensi del precedente articolo 13, che abbiano luogo entro quattro anni dalla dichiarazione di abitabilit� o dall'effettiva abitazione, � accordata la riduzione a met� dell'imposta di registro e al quarto dell'imposta ipotecaria, e premesso del pari che oggetto di discussione � esclusivamente il regime fiscale della costituzione di usufrutto, le sezioni unite . osservano che le argomentazioni addotte dalla corte di merito per interpretare la norma suddetta in senso favorevole al contribuente non reggono la critica. diritto di propriet� sulla cosa e non anche una successione costitutiva attraverso la costituzione, sul preesistente diritto di propriet�, di diritti reali limitati di godimento. Il risultato raggiunto, infatti, attraverso la necessaria differenziazione fra il concetto tecnico-giuridico di trasferimento di propriet� della cosa e di costituzione e di trasferimento di un diritto reale di godimento sulla cosa stessa, ha trovato conferma in tre ordini di fattori. Il primo per il quale data la impossibilit� ontologica di mutuare i due concetti, nei casi in cui, sia nel settore edilizio che in quello della piccola propriet� contadina, il legislatore ha voluto, per motivi contingenti, introdurre in un particolare trattamento di favore, anche l'ipotesi della successione costitutiva .di diritto, lo ha fatto con menzione espressa (cfr. legge 6 agosto 1954 n. 604 e 18 ottobre 1954 n. 34) condizionandone peraltro l'operativit� (vincoli di parentela fra i soggetti del negozio ed espressa esclusione di efficacia retroattiva). Il secondo per il quale dato il carattere eccezionale della norma di favore, derogativa della ordinaria imposizione tributaria, un richiamo alla finalit� di incremento edilizio recato dalla legge 408/49, per introdurre nel trattamento di favore negozi che, anche se idonei a raggiungere tale risultato, non sono previsti nel contesto normativo, determina una vera e propria applicazione analogica non consentita. La qual cosa, nel particolare settore, � di tutta evidenza dato che il legislatore, attraverso la indicazi�ne specifica degli atti agevolati, ha in realt� fissato i limiti in cui va contenuto il sacrificio finanziario dello Stato. Decisiva, al riguardo, � l'acuta precisazione fatta in sentenza, per la quale, sul piano giuridico, l'ipotesi del trasferimento della propriet� si differenzia qualitativamente e non quantitativamente da quella del trasferimento della nuda propriet� con contestuale costituzione, a favore di diverso soggetto, del diritto reale di usufrutto, anche se, sul piano economico, fra le stesse ipotesi pu�, in realt�, riscontrarsi un rapporto di eguaglianza e per ci� stesso di analogia. Il terzo per il quale l'opposta soluzione e in contrasto con i principi di diritto tributario recati dall'art. 9 . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I IK La sentenza impugnata poggia infatti su un primo argomento di carattere meramente lessicale: si rileva che la norma impiega il termine �trasferimento� e si dice che tale termine ha una accezione molto lata s� da comprend~rvi il trasferimento di qualsiasi diritto, onde non sarebbe lecito circoscrivere la portata ~1 solo trasfem:ento della propriet�. A questo primo argomento � facile ribattere che la espressione usata nella norma in esame �trasferimenti di casa� ha un significato perfettamente identico tanto nel linguaggio comune quanto nel linguaggio giuridico: essa sta sempre a significare il trasferimento della propriet�, perch�, come giustamente osserva la ricorrente, l'identificazione del diritto di propriet� con il suo oggetto (la cosa in genere, la casa nell'ipotesi qui esaminata) affonda le sue radici nella concezione romanistica del diritto dominicale. In aderenza a tale concezione la dottrina giuridica moderna ritiene che alienare una cosa significa alienarla nell'inte e dell'art. 21 della L.O.R. La: peculiare disciplina riservata alla costituzione di usufrutto rispetto a� quella del trasferimento della nuda pro.,. priet�, la quale ultima, nel risultato finale, non si differenzia nel sistema di tassazione ad essa riservata, dalla disciplina del trasferimento della piena propriet� (la percezione della imposta, al momento del trasferimento sul prezzo pattuito, la percezione; al momento della consolidazione della maggiore imposta sulla differenza fra il valore della piena propriet� all'epoca della consolidazione con l'aliquota vigente all'epoca del trasferimento della nuda propriet�) � indice sicuro di due dati obiettivi. -L'uno per il quale la costituzione di usufrutto � istituto separato e distinto dal trasferimento della cosa, con conseguente esclusione della possibilit� di considerare la vendita della nuda propriet� con contestuale costituzione di usufrutto a favore di altro soggetto, istituto che nel suo complesso, realizzi il pieno trasferimento della c osa. Il consolidamento, infatti, non comporta il pagamento di una imposta separata e distinta, ma determinando il ripristino nella sua interezza del� diritto di propriet�, comporta il pagamento di una maggiore imposta, di natura complementare rispetto a quella percetta all'atto dell'unico e solo trasferimento. L'altro dato dal fatto che la dicotomi& che caratterizza la �costituzione dell'usufrutto ed il trasferimento della propriet� della cosa richiama l'ipotesi prevista dallo art. 9 della L.O.R. per la quale e se in un atto sono comprese pi� disposizioni indipendenti e non derivanti necessariamente le une dalle altre ciascuna di esse � sottoposta a tasse, come se formasse un atto distinto� (cfr. Cass. 22 luglio 1958 n. 2664). Nei casi del genere sussistono due negozi indipendenti e mancando fra di essi un qualsiasi rapporto di necessaria ed obiettiva interdipendenza, per essere la loro coesistenza, puramente occasionale, rimessa alla volont� delle parti, opera il cennato principio della separata e distinta tassazione con conseguente esclusione di tassazione beneficiata per quello dei due negozi che la legge di favore non ha espressamente previsto. L. CORREALE PARTE. I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 571 grit� del suo alone giuridico, onde giudica perfettamente equivalenti tra loro le espressioni �alienare�, vendere, cedere, trasferire la cosa, ovvero �alienare, vendere, cedere, trasferire il diritto di propriet� sulla cosa stessa�. Ed anche il legislatore usa promiscumente tali espressioni per indicare sempre il medesimo concetto: basta riflettere alla formulazione degli artt. 923, 13.77, 1378, 1472, 1520, 1537 cod. civ., dettati rispettivamente in .tema di aqquisto dE;!lla propriet� per occupazione, di trasferimento di una massa di cose o di cosa de ... terminata solo nel genere, di vendita. con riserva di gradimento, di vendita a misura di un immobile, in cui il legislatore si . � riferito direttamente alla cosa per indicare il diritto di propriet� sulla medesima. N� regge quella contrapposizione che la sentenza impugnata ha voluto rinvenire tra il termine �trasferimento di case� usato nella prima parte dell'art. 17 ed il termine �vendita di negozi� usato nel capoverso del medesimo articolo, poich� non � esatto che la vendita abbia per oggetto esclusivamente la propriet�, postoch� per definizione legislativa (art. 1470 cod. civ.) oggetto della vendita � tanto il trasferimento della propriet� di una cosa quanto il trasferimento di altro diritto. E quando si rifletta che, come meglio si dir� pi� avanti, con la costituzione dell'usufrutto si d�. vita ad un diritto che prima non aveva autonoma esistenza, ben si comprende come il termine <<trasferimento� mal si attagli alla fattispecie in esame. Al fine di individuare l'intendimento del legislatore nel formulare la norma in questione opportunamente si � fatto riferimento ad altre disposizioni legislative che concernono agevolazioni tributarie analoghe a quella prevista dall'art. 17 della legge n. 408. Nel d.l. 24 febbraio 1948 n. 114 sulla formazione della piccola propriet� contadina � previsto un beneficio fiscale �per le compravendite di fondi rustici� e parimenti un'agevolazione fiscale � concessa dalla legge regionale siciliana 18 gennaio 1949 n. 2 per le �compravendite di appartamenti� e non si � mai dubitato che con quelle espressioni il legislatore, nazionale e regio-: nale, abbia inteso indicare solo i contratti tipici di compravendita, nei quali oggetto del negozio� � un preesistente diritto, in particolare il diritto di propriet�, e che implicano una successione inter vivos in senso stretto, escludendovi, per contro, quei negozi che costituiscono sul preesistente diritto, diritti reali limitati di godimento ed implicano la cosiddetta successione costitutiva (:;ent. 9 gennaio 1963 n. 20 citata, 22 luglio 1958 n. 2264, 12 settembre 1957 n. 3479). 572 RASSEGNA DBLL'J\VVOCATURA DELLO STATO La riprova � fornita dallo stesso legislatore che, quando ha voluto estendere quei benefici tributari anche alla costituzione di usufrutto contestuale alla vendita, ha avvertito la necessit� di introdurre una apposita norma, dettando in sede nazionale la legge 6 agosto 1954 n. 604 ed in sede regionale la legge 18 ottobre 1954 n. 34, la cui portata innovativa � fatta palese dalla formulazione adottata specialmente se si consideri, quanto alla prima, che il beneficio cohcerne esclusivamente quei trasferimenti contestuali della nuda propriet� e dell'usufrutto che vengono posti in essere a favore di persone legate tra loro da stretti vincoli di parentela ed appartenenti allo stesso nucleo familiare e, quanto alla seconda, .che l'agevolazione si applica soltanto agli atti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge. N�� maggior fondamento ha l'argomento logico-sitematico che costituisce l'altro perno della decisione impugnata. Senza dubbio la legge ha lo scopo di incrementare le costruzioni edilizie e di favorire i cittadini sprovvisti di alloggio, onde, come mezzo al fine, intende rendere meno onerosi, sotto il profilo fiscale, i tra sferimenti delle case di nuova costruzione che. rispondano a de terminati requisiti. Ma da questo non pu� indursi che l'agevola zione fiscale debba trovar applicazione ogni qualvolta. il negozio sia, in concreto, idoneo a raggiungere quel risultato, come si ve rifica appunto nel caso di trasferimento della propriet� con con stituzione dell'usufrutto a favore di un soggetto diverso. E' proprio. sotto questo riflesso che in due decisioni (n. 13.215 del 12 febbraio 1959 e n. 18.835 del 3 luglio 1959) la commissione centrale per le imposte ebbe ad adottare la tesi favorevole al contribuente, affermando che in quella ipotesi il complesso ne gozio concreta il trasferimento di tutti i poteri di disposizione e di godimento dell'alienante. Ma a siffatta interpretazione osta anzitutto il carattere della norma in esame, la quale, in quanto contempla agevolazioni fiscali. in deroga ai criteri di ordinaria imposizione contenuti nella legge .di registro, non � suscettibile di applicazione analogica e deve, al contrario, essere interpretata restrittivamente; non v'� dubbio invero che risalire alla ratio della norma per poi ritenere appli.;. cabile la norma stessa a tutti i casi, diversi da quelli previsti, nei quali ricorre la stessa ratio costituisce tipica interpretazione ana logica. Comunque, prescindendo da questo iniziale rilievo, di cui non si pu� disconosc�re. l'importanza, � d'uopo considerare che se una analogia pu� essere prospettata tra il caso in esame ed il caso del trasferimento puro e semplice della propriet� piena; tale analogia sussiste esclusivamente sul piano economico, giacch� solo P.UTB I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sotto il� profilo meramente economico pu� aversi equivalenza tra il trasferimento della propriet� piena da un soggetto ad un altro ed il contestuale trasferimento della medesima cosa da un soggetto a due altri che l'acquistano l'uno per la nuda propriet� e l'altro per l'usufrutto. Sul piano giuridico, l'unico c):J.e realmente conti ai fini dell'applicazione della legge tributaria, le due ipotesi si differenziano nettamente. Nel vigente ordinamento giuridico il diritto di propriet� non � concepito come un fascio di diritti, taluni dei qual possano essere staccati a favore di altri soggetti, bens� come�un diritto unico ed indivisibile ed allorquando un soggetto acquista la nuda propriet� di un bene acquista il diritto di propriet� sul bene stesso cos� come concepito e voluto dalla norma positiva: tra propriet� ed usufrutto ricorre una differenza non quantitativa, ma qualitativa, perch� non � concepibile un usufrutto su cosa propria, l'usufrutto � un diritto reale limitato che presuppone il diritto di propriet� sulla cosa in capo ad un altro soggetto, acquista giuridica esistenza solo al momento della sua costituzione e limita nel tempo l'estrinsecazione del diritto del proprietario. Deve quindi escludersi che effetto della costituzione dell'usufrutto sia un trasferimento del bene che ne � soggetto: questo rimane sempre nella sfera giuridica del suo proprietario. E se, come dispone l'at. 8 della legge di registro, ai fini della tassazione occorre aver riguardo agli effetti giuridici dell'atto, si deve, necessariamente concludere che non � possibile applicare una disposizione dettata espressamente per il trasferimento ad un negozio che non implica alcun trasferimento. N� vale obbiettare che la legge �di registro pone sullo stesso piano, ai fini dell'applicazione dell'imposta, la costituzione del diritto di usufrutto prima non esistente ed il trasferimento del diritto di usufrutto gi� costituito: gli � che la legge di registrd intende colpire con l'imposta il passaggio di .ricchezza che avvi~ne d�' un soggetto ad un altro e siccome un passaggio di ricchezza si verifica indubbiamente tanto nell'ipotesi di costituzione del diritto di usufrutto quanto in quella di trasferimento del medesimo diritto, ben si spiega come la legge fiscale accomuni le due ipotesi sotto un'unica disciplina. Ma siffatta equiparazione non ha rilevanza di fronte ad una norma di favore che � stata dettata soltanto per il trasferimento delle case di abitazione e che sicuramente non � applicabile nel caso in cui la costituzione dell'usufrutto avvenga indipendentemente dal trasferimento della propriet� sulla casa. Giova piuttosto riflettere che la stessa legge di registr� al1' art. 9 prescrive che se in un atto sono comprese pi� disposiziOni 574 RASSEGNA DELI.'AVVOCA'fURA DELLO. STATO I....� ' indipendent~ o non derivanti necessariamente le une dalle altre ' I �~ ciascuna di esse � sottoposta a tassa come se formasse un atto distinto: � questa la norma che deve trovar� applicazione nella fat,.. I .. :. tispecie, giacch� nel caso di trasferimento della nuda propriet� con contestuale costituzione . dell'usufrutto a favore di un altro soggetto si � precisamente in presenza di un atto che contiene due autonome disposizioni di negozi indipendenti e _distinti, .senza alcun rapporto di intrinseca necessariet� . tra loro, la cui connessione in un unico atto � dovuto esclusivamente alla volont� delle parti. Ciascuna disposizione � deve quindi. essere assoggettata alla imposta che le . � propria e se si � in presenza di un.trasferimento della propriet� che pu� rientrare nelle previsioni della legge spe'.'" ciale, non per questo vi deve rie.ntrare. anche la costituzione, per quanto contestuale, dell'usufrutto. Lo si argomenta proprio dalla particolare disciplina che la l_egge di registro detta per quel caso, prevedendo un'imposta che colpisce� l'usufruttuario ed un'altra imposta che colpisce il proprietario, imposte che nel loro insieme non devono necessariamente equivalere all'imposta che darebbe applicabile nel caso di trasferimento puro e semplice della propriet�. A nonna dell'art. 21 della legge di registro l'acquirente a titolo oneroso della nu.da propriet� � infatti tenuto subito -al pagamento della imposta sul prezzo o corrispettivo dichiarato nell'atto e poi, al momento della riunione dell'usufrutto, al pagamento dell'imposta sulla differenza tra quel prezzo o corrispettivo ed il valore della piena propriet� al momento della consolidazione: e questa secondl:}, lungi dall'essere una nuova imposta principale, ha natura� completementare della prima, giacch� � determinata dalle norme che erano in vigore al tempo del trasferimento� della nuda propriet�. Ci� significa che per la legge di registro l'acquisto della nuda propriet� non � soggetto a regime diverso da quello dell'acquisto de.Ila piena propriet�, che, in altri termini, la legge fiscale considera la pi$,na propriet� come fine del trasferimento sotto il riflesso che, estinguendosi il diritto di usufrutto, anzich� verificarsi un nuovo trasferimento, il diritto di propriet� Si espande auotmati'.'" carnente per quel carattere elastico e dinamico che lo caratterizza. In sostanza il passaggio per atto tra vivi a titolo oneroso della nuda propriet� da un soggetto all'altro fa sorgere immediatamente robbligo di pagamento dell'imposta di registro su tutto il valore della propriet� piena ma, poich� sotto il profilo economico il trasferimento si attua in due tempi, pure in due tempi viene ripartita la riscossione dell'imposta: il valore della nuda propriet�. � PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA .TRIBUTARIA 575 assunto solo come imponibile provvisorio in attesa di stabilire quello globale definitivo al momento della consolidazione, quando, essendo venuto meno l'usufrutto, si sono .interamente verificati i presupposti economici per l'applicazione dell'imposta. Di fronte a siffatto meccanismo della: legge tributaria deve necessariamente dedursi che la costituzione dell'usufrutto � qualche cosa di estraneo e di diverso dal trasferimento dell'immobile, un incidente che ritarda nel tempo la realizzazione completa di tale trasferimento, onde non � possibile considerare la vendita della nuda propriet� con contestuale costituzione dell'usufrutto a favore di altro soggetto come atto che nel suo complesso realizza il pieno trasferimento dei diritti sulla cosa e non � quind_i !e�ito estendere al distinto ed autonomo negozio di costituzione dell'usufrutto un'agevolazione fiscale che la legge ha inteso concedere esclusivamente in relazione all'imposta che grava sul trasferimento del diritto di propriet�. S'impone pertanto l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio della causa ad altro giudice, il quale dovr� attenersi al seguente principio di diritto: �I benefici fiscali previsti dall'art.. 17 della legge 2 luglio 1949 n. 408, per i trasferimenti� di case d'abitazione costruite ai sensi dell'art. 13 della medesima legge non trovano applicazione i�1 ordine alla costituzione a titolo oneroso di usufrutto a favore di un soggetto neppure quando questa sia effettuata contestualmente alla vendita ad altro soggetto della nuda propriet� della medesima Gasa�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 mar.zo 1964, n. 549 -Pres.. � Vistoso -Est.. Di Maio -P.M. Gentile (parz. di:ff,) -Sircb, (avy. Tabet) c. Societ� Riunione Adriatica di Sicurit� (av-v. Dameno). � Imposta di consumo � Materiali da costruzione � Ricostruzione di case volontariamente demolite � Esenzione � Estremi. Imposte di consumo � Agevolazioni fiscali nel settore edilizio � L. 6 -0t� tobre 1962 n. 1493 � Operativit� per accertamenti non definitivi alla data di entrata in vigore. . L'esenzione dell'imposta sui ma'(;etiali di costruzione, prevista dalla legge 2 luglio 1949, n. ~08 spetta per la ricostruzione di case di abitazione volontariamente d(lmolite sempre che, per 7'1:;'' RASSEGNA DBLL'AWOCATURA DELLO STATO ~ effetto della ricostruzione, si verifichi un incremento dei vani destinati ad abitazione (1). L'art. 1 della legge 6 ottobre 1962, n. 1493, per il quale le agevolazioni fiscali previste per le case di abit.azione non di lusso (l. n. 408/49; 112/54; 22/55; 166/56; 1416/56; 1218/57) si applicano �anche ai locali destinati a uffici e negozi, quando sia loro destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale nei piani superiori, opera anche per le costruzioni anteriori alla data di entrata in vigore della legge stessa, per le quali non siano ancora divenuti definitivi i relativi accertamenti dell'imposta di consumo (2). (1-2) La prima massima � conseguenziale al principio recepito dalla giurisprudenza, formatasi in ordine alla legge 408/49, per il quale le agevolazioni tributarie ivi previste operano anche nell'ipotesi in cui si provvede alla ricostruzione di case volontariamente demolite per sostituire alle stesse costruzioni con numero di vani maggiori e meglio utilizzabili (cfr. Cass. n. 198/64 in questa Rassegna n. 2 pag. 363, con nota di richiami). � ta seconda massima trova I-iscontro nella chiara lettera dell'ultimo comma dell'art. 1 della legge 1493 del 1962, per il quale � restono salvi gli accertamenti gi� effettuati e divenuti comunque definitivi n� si fa luogo alla restituzione dell'imposta gi� pagata�. L'argomentazione a contrario di tale norma porta decisamente a ritenere che, per i rapporti per i quali, alla �data di entrata in vigore della legge, era pendente l'accertamento del rapporto giuridico di imposta n� si era fatto luogo a pagamento dell'imposta stessa, la nuova disciplina normativa, di carattere indubbiamente innovativa per quanto concerne il limite posto alla superficie destinata a uffici o negozi, spiega tutta la sua efficacia. La qual cosa non contrasta con i principi sia perch� � fuori dubbio il potere del legislatore di estendere retroattivamente l'efficacia di nuove norme a rapporti che, sorti sotto l'imperio di norme precedenti, sono tutt'ora in corso di definizione (cfr. Cass. Sez. I, n. 3890157) sia perch� tale retroattivit� non � in contrasto con la Carta Costituzionale neanche in materia tributaria (cfr. Corte Cost. sent. n. 911959). Nello stesso senso di cui alla sentenza in nota cfr. Cass. Sez. I, n. 1493/62). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 aprile 1964, n. 867 -Pres. Rossano -Est. Capaccioli -P.M. Trotta (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Soprano) c. Tozzoli (avv. Lanzara e Rubino). Imposta di registro � Atto dichiarato nullo per illiceit� della causa � Re. stituzione imposta � Compete. CT.U. 30 settembre 1923, n. 3269, art. 14 n. 2). PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 577 A norma dell'art. 14, n. 2 della legge di registro, l'imposta � rimborsabile (o non � dovuta) quando venga accertato che l'atto � nullo e che la nullit� � tale per cui rispetto ad essa il volere delle parti non ha influenza alcuna: onde restano bens� escluse, da un lato, le ipotesi in cui la nullit� non possa essere accertata e dichiarata se non richiamandosi alla volont� delle parti (simulazione; negozi in frode alla legge; negozi innominati con causa il.lecita) ma risultano comprese, per contro, le ipotesi di nullit� oggettiva del negozio, come � tipicamente quella del suo diretto contrasto con una norma imperativa. (Nella specie l'atto di trasferimento era nullo, perch� relativo a terreno compreso nell'ambito della riforma fondiaria) (1). (Omissis). -Neppure pu� sostenersi che sussista un vizio rilevante di motivazione per non avere la Corte di Napoli adeguatamente apprezzato la circostanza che il contratto � .stato con (1) La Suprema Corte ha affrontato ancora una volta, nella sentenza in rassegna, la delicata questione dell'interpretazione dell'art. 14 n. 2 della Legge di �Registro. E' noto che sull'argomento l'insegnamento della Suprema Corte si era da gran tempo consolidato nel senso che � il rimborso dell'imposta di registro pagata su atti dichiarati nulli con sentenza passata in giudicato � dovuto soltanto quando la nullit� derivi da vizi alla cui produzione siano rimasti assolutamente estranei il consenso e la volont� delle parti e non anche quando l'esistenza de vizio risulti imputabile ai contraenti, come nell'ipotesi di contratto fondato su causa illecita> (Cass. 18 ottobre 1956, n. 3706 in Riv. leg. fisc. 1957, 143 e, ancora prima; la fondamentale Cass. 25 febbraio 1931, n. 666 in causa Zontini c. Finanze in Riv. leg. fisc. 1931, 225; 22 giugno 1933, n. 2425 in RLF., 1935, 625; 1 maggio 1936, 426; 23 aprile 1937 in RLF 1937, 449; per riferimenti cfr. Relazione Avvocatura Stato 1942-50, nn. 321-323; 1951-55 nn. 218-219; 1955-60, n. 185). Per la giurisprudenza che, a conferma del principio, applica,-a seguito di declaratoria di nullit� di alienazione per causa illecita l'imposta di registro anche sulla retrocessione dei beni nullamente alienati in quanto rientrano nel patrimonio dell'alienante, per tutte: Cass. 20 marzo 1958, n. 219 in Riv. leg. fisc., 1958, 1190. E' anzi da rilevare che la sentenza n. 3706 del 1956 sopra citata, intervenuta dopo un'isolata decisione della Commissione Centrale (24 marzo 1950, n. 11614 in Riv. leg. fisc., 1952, 509) che rovesciava quel principio, ribadiva e precisava che il temperamento apportato dal n. 2 dall'art. 14 al rigoroso principio dell'art. 11 per l'applicazione dell'imposta di registro agli atti comunque nulli, obbedisce a ragioni esclusivamente equitative ed � evidentemente accordato solo a quelle parti che lo meritino, cio� a quelle che non abbiano loro stesse� procurato la nullit� dell'atto. E a tale insegnamento anche la Commissione Centrale, dopo l'isolata pronuncia difforme, si era di nuovo adeguata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO eluso dopo l'entrata in vigore della legge n. 841 del 1950. Invero, il fatto che le parti conoscessero, o dovessero conoscere, la nullit� non incide su ci� che questa, una volta che se ne ammetta l'esistenza, trae origine dal contrasto obbiettivo fra negozi e norma imperativa; contrasto , cui la conoscenza dei contraenti non aggiunge e non toglie nulla. Lo stesso art. 14, n. 2 della legge di registro non d� rilievo alcuno alla circostanza che la nullit� sia stata conosciuta dalle parti al tempo della stipulazione; esso fa questione che la nullit� �dipenda� o meno da volere dei contraenti. Senza dubbio la formula legislativa � tormentata. Ma qui � sufficiente enuclearne un contenuto minimo che appare sicuramente enunciabile nel senso che l'imposta � rimborsabile (o non � dovuta) quando venga accertato che l'atto �, secondo la terminologia oggi invalsa e meno oscillante di un tempo, nullo e che la ��' Con la sentenza in rassegna la Cassazione si � distaccata dal pre' , cedente insegnamento e, forse sotto la suggestione di alcuni orienta iI ' menti dottrinali (cfr. BERLIRI, Le leggi di Registro, 366; RASTELLO, n Tributo di registro, 487; contra UcKMAR, l'imposta di Registro, 9; SAMMARINO, Commento Imp. Reg., 45 e segg., spec. 50; AVERSA, La legge sulle I;i,. tasse .di registro, commentata, I, 124; per riferimenti: Cass. 19 giugno . . 1926, n. 1554 in questa Rassegna, 1962, 147 sub B) ha affermato che ~ l'espressione usata dal legislatore �nullit� per vizio .radicale che, indi, pendentemente dalla volont� o. dal consenso delle parti, induca la nullit� dell'atto fin dalla sua origine > deve intendersi come � nullit� rispetto . . , alla quale il volere delle parti non ha influenza alcuna>. �==� In base a tale interpretazione, secondo l'esemplificazione casistica ' proposta dalla stessa Corte, la restituzione dell'imposta sarebbe bens� ~� esclusa nei casi in cui la nullit� non possa essere accertata e dichiarata se non richiamandosi alla volont� delle parti (simulazione, negozi in frode alla legge, negozi innominati con causa illecita) ma spetterebbe, invece, nelle ipotesi di nullit� obiettiva del negozio, come � tipicamente quella del suo diretto contrasto con una norma imperativa. Non pu�, pertanto, non esprimersi deciso dissenso da una tale interpretazione, la quale, � contraddetta, prima ancora che dalle ampie e meditate considerazioni che la stessa Corte Suprema aveva posto a base del precedente orientamento, dal semplice ed inequivoco dato testuale della norma che espressamente collega la fattispecie di cui all'art. H n. 2 (di eccezione al disposto degli articoli 11 e 12) alla circostanza che il vizio dell'atto e la conseguente nullit� siano indipendenti dalla volont� delle parti. Orbene, il contenuto difforme da una norma imperativa dell'atto sottoposto a registrazione non � indipendente dalla volont� delle parti, ma anzi � direttamente e i.nscindibilmente connesso con essa, costituendone per l'appunto l'oggetto. I Pertanto la nullit� dipendente dalla illiceit� della causa non pu�, rientrare nella previsione della norma dell'art. 14 n. 2, proprio perch� la causa non pu�, per definizione, dirsi non ricollegabile alla volont� dei contraenti. � I PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 579 nullit� � tale per cui rispetto ad essa il volere delle parti non ha influenza alcuna: onde restano bens� escluse, da un lato, le ipotesi in cui la nullit� non possa essere accertata e dichiarata se non richiamandosi alla volont� delle parti (simulazione; negozi in frode alla legge; negozi innominati con causa illecita); ma risultano comprese, per contro le ipotesi di nullit� oggettiva del negozi.o, come � tipicamente quella del suo diretto contrasto con una norma imperativa. � La stessa ricorrente � indotta, dalla logica delle cose, a qualificare ripetutamente l'atto in questione come negozio in frode alla legge; in tal modo essa pu� richiamare correttamente�� la formula dell'art. 14 n. 2, perch� senza dubbio i negozi in frode alla legge sono da considerare inficiati da un vizio che, agli effetti e nel senso della norma fiscale, <<dipende dalla volont� e dal consenso delle parti�; ma, d'altronde e ad un tempo, cos� facendo la Finanza prescinde dalla realt� del caso di specie. Perch� il negozio in frode alla legge � quello (art. 1344 cod. civ.) ch�, tutt'altro che porsi direttamente e apertamente in contrasto con norme imperative, si presenta di per s�, come irrilevante rispetto a queste e viene usato dalle parti onde conseguire indirettamente un risultato elusivo di dette norme; nel' caso, invece, l'unica nullit� configurabile e configurata � non per elusione di norme imperative ma per difetto ed aperto contrasto con esse. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, rn aprile 1964, n. 871 .:. Pres. Varallo -Est. Caporaso -jP.M. Pedace (conf.) -Soc. F.lli Cosulich (avv. Uras) c. Ministero Finanze (avv. Stato Soprano). Dogana � Sbarco e presentazione delle merci � Obblighi per il capitano della nave � Modalit�. (1. 25 settembre 1940 n. 1424, art. 36-42; Cod. Navig. art. 295). Dogana � Sbarco e presentazione delle merci � Violazione degli obblighi imposti al capitano della nave � Effetti penali e civili. Dogana � Operazioni di sbarco e presentazione della merce affidata ad impresa di sbarco � Irrilevanza per la responsabilit� �del capitano della nave. (1. 25 settembre 1940, n. 1424; art. 130~145). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II Nella spedizione marittima di merci soggette a dogana il Ca� pitano della nave � rappresentante del vettore marittimo e detenr tore del carico per conto degli aventi diritto. Incombono, per I tanto, al Capitano della nave gli adempimenti doganali (1). La violazione da parte del Capitano della nave degli obblighi previsti dall'art. 36 della l. 25 settembre 1940, n. �1424 per il manifesto di carico e di quelli previsti dall'art. 42 della legge predetta per la presentazione deZ-Ze merci nei modi dallo stesso articolo indicati, comporta le sanzioni penali stabilite dai successivi artt. 117, 124�e 130 nonch� il pagamento, da parte sua, dei diritti doganali (2). L'affidamento delle operazioni suddette ad una impresa di sbarco non esonera il Capitano dalla responsabilit� civile connessa alla violazione ~delle ricordate norme, perch� l'impresa agisce quale mandataria del Capitano, e quest'ultimo � responsabile, per principio codificato, dell'osservanza delle norme stabilite dalla legge doganale (3). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 giugno 1964 n. 1436 -Pres. Pece -Est. Bianchi d'Espinosa -P.M. Criscuoli (conf.) Agenzia Marittima Sereni (Avv. Lefebvre d'Ovidio) c. Ministero Finanze (Avv. Stato Soprano). Dogana � Sbarco e presentazione delle merci � Qbbligbi per il capitano della nave � Violazione � Effetti civili. Dogana � Diritto all'imposta � Momento in cui sorge. (1-5) Tornata sUll'argomento con le sentenze in nota, la Corte di Cassazione ha confermato l'indirizzo assunto al riguardo con la sent. n. 2025/62 riportata in questa Rassegna 1962, pag. 141 e segg. La qual cosa � assolutamente esatta. -A norma del Codice della Navigazione -v. Rassegna citata -il Capitano della nave, per le merci trasportate, concentra in s� la duplice figura di rappresentante del vettore marittimo e di detentore del carico per conto dell'avente diritto (art. 295, secondo comma, 305 e 312 Cod. Nav.). Quale titolare, pertanto, all'atto del passaggio � della linea doganale di un potere giuridico e fisico sulle merci trasportate, il Capitano della nave, nel sistema della legge doganale, partecipa della categoria dei soggetti passivi dell'obbligazione tributaria nella nozione datane dal combinato disposto degli artt. 5 e 16 della legge 1424 del 1940. Da ci� hanno origine gli adempimenti che, quale presupposti necessari per l'accertamento la liquidazione e la riscossione . PAR'rB I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRI~UTARIA 58~ Il Capitano della nave che non provvede alla presentazione delia merce in dogana o che non vi provvede con tutti gli adem:pimenti prescritti dalle norme della legge doganale, � .responsa".' bile per il pagamento dei diritti doganali (4). Il diritto alle imposte doganali sorge al momento del passaggio delle merci attraverso la linea doganale e non al momento successivo, in cui la merce viene dichiarata e visitata con conseguente liquidazione dei diritti doganali (5). dei diritti doganali, la legge predetta impone, per le merci trasport~te, al Capitano stesso sancendone, in via riassuntfva ed onnicomprensiva la responsabilit� personale, per il caso di inosservanza (art. 34), in via penale (art. 117, 124 e 130 primo comma) ed in via civile (art. 145). Conseguenziale a tali principi, ai quali � chiaramente ispirata ed uniformata la sentenza in nota, � l'ulteriore affermazione per la quale l'affidameht� di determinate operazioni doganali ad impresa di sbarco non esonera il Capitano della responsabilit� connessa con la violazione delle norme che regolano le operazioni stesse. L'impresa di sbarco agisce quale mandataria del Capitano e raccomandataria dello stesso per effetto di fideiussione appositamente convenuta, � legato al Capitano da un vincolo di solidariet� passiva per le obbligazioni ad esso facenti capo. E poich�, per le ragioni svolte la violazione dei ricordati adempimenti compGrta oltre alla responsabilit� penale del Capitano anche quella civile per il pagamento dei diritti di confine, la responsabilit� dell'impresa di sbarco �� una realt� obiettiva conseguenziale al cennato vincolo di solidariet� passiva. Il principio affermato nella quinta massima � di indubbia esattezza e trova riscontro nel chiaro ed inequivocabile disposto di legge (art. 4 della 1. 25 settembre 1940 n. 1424). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 aprile 1964, n. 902 -Pres. Fibbi -Est. Capaccioli -P.M. Criscuoli (conf.) -Ministero Finanze (Avv. Stato Tavassi La Greca) c. Pincione (Avv. Capozzi). Imposta di registro � Cessione quote di societ� a r. 1. � Tassa fissa a norma dell'art. 108 della T. A annessa alla legge 30 dicembre 1923, n. 3269, per le cessioni delle azioni� di societ� per azioni. Imposta di registro � Cessione quote di. societ� a r. 1. � Corrispettivo corrisposto non contestualmente, ma in precedenza � Requisiti n~� cessari per la tassa fissa a norma dell'art. 108 della T. A citata.. La cessione delle quote di partecipazione delle societ� a responsabilit� limitata � soggetta allo stesso regime tributario del-:la cessione delle azioni delle societ� per azioni. Stipulata _per atto pubblico o scrittura privata con contestuale pagamento del ptezzo in danaro o con azioni od obbligazioni, la cessione predetta sconta la tassa. fissa prevista dall'art. 108 della T.A. annessa alla L.O.R. 30 dicembre 1923, n. 3269 (1). 582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il pagamento del prezzo in danaro non contestualmente all'atto, ma in precedenza, non esclude la registrazione a tassa fissa, sempre che il pagamento stesso non escluda essersi trattato di ope� razione che non esuli dalla pura commerciabilit� delle quote (2). (Omissis) -Col secondo motivo la ricorrente torna a riproporre la questione della tassazione dei trasferimenti delle quote delle societ� a responsabilit� limitata; non offre, tuttavia, argomenti tali da suggerire di allontanarsi dai precedenti in termini di questa Corte (sentenza 16 gennaio 1961, n. 56, 12 dicembre 1961 n. 2801). In specie due rilievi, appaiono decisivi per ritenere che il regime tributario (imposta di registro) degli atti di cessione delle quote delle societ� a resp. limitata debba essere conforme a quello proprio dei trasferimenti delle azioni, in entrambi (1-2) Il principio affermato nella prima massima costituisce ormai ius receptum. La Corte di Cassazione con le sentenze (cfr. n. 56/1961, Riv. leg. fisc. 1961, col. 938; 280/61, ivi, col. 1006, 2133/63, ivi, 1963, 2314 e la Commissione Centrale a Sezioni Unite con la decisione n. 101526/63, ivi, 1964, col. 848), hanno escluso, in radice, ogni utile richiamo, per le cessioni di quote a r.l., al combinato disposto degli art. 27 della L.0.R. 30 dicembre 1923, n. 3269 ed 1 e 2 della T.A annessa. Hanno, infatti, i Supremi consessi giurisdizionali osservato che l'operativit� della tassa fissa prevista dall'art. 108 della T.A �, nei casi del genere, richiesta da un duplice ordine di motivi. L'uno dato dal fatto che, per unanime dottrina e costante giurisprudenza, le societ� a r.l. sono disciplinate, in via analogica, dai principi propri delle societ� di capitali, per le quali il regime fiscale della negoziazione dei titoli azionari � dato dal ricordato art. 108 della T.A in relazione all'art. 10 della T.E. della legge di registro (tassa fissa per l'atto pubblico e per la scrittura privata che accompagna, per avventura, la negoziazione dei titoli sempre che il prezzo in denaro o in titoli sia stato contestualmente versato). La lettera dell'art. 108 citato limitato alle azioni nella formulazione datavi dallo art. 36 della legge 6 agosto 1954, n. 603, � stato spiegato, nella sentenza in nota, nel riflesso che 1923, epoca della originaria formulazione della norma, le Societ� a r.l. non erano conosciute dal nostro ordinamento giuridico e che nel 1954, epoca della sua modificazione, il legislatore, nel limitarsi alla modificazione della originaria formulazione, ha risentito del contenuto di quest'ultima. L'altro dato dal fatto che il regime fiscale cos� adottato trova la sua ragione determinante nel carattere surrogatorio che l'imposta sulle societ� operante anche per quelle a r.l., ha assunto nell'ordinamento giuridico vigente, rispetto all'imposta proporzionale di registro, con conseguente necessitata esclusione di cumulo. Tali considerazioni, corroborate dall'avvenuta parificazione legislativa, ai fini della R.M. e dalle altre imposte dirette delle Societ� a r.l. a quelle per azioni ed in accomandita per azioni (r.d. 12 aprile 1943, n. 205, art. 3), sono di portata determinante e non potendosi non condividere, colmano il disagio avvertito dalla dottrina (cfr. !AMMARINO, Commento alla legge sulle Imposte di Registro, voi. I, 141-144) della mancanza, per l'imposta di registro, di un intervento legislativo analogo a quello ricordato per le imposte dirette. PARTE ,I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRllUTARIA i casi essendo quindi dovuta la sola tassa fissa: a) il primo � che la lettera della legge (art. 108 della tariffa all. A alla legge di registro, e art. 10 della tabella all. E), che parla di azioni, e non di quote delle soc. r.l. non ha valore alcuno se si tenga conto del testo originario del 1923, perch� in tale epoca le societ� ~ rl. non esistevano nel nostro ordinamento: ed ha valore assai tenue pur se ci si riferisca al nuovo (ma analogo) testo recato dall'art. 36 della legge 6 agosto 1954, n. 603,. testo che, essendo stato redatto in forma autonoma, ma come modificazione della formula Il princ1p10 affermato nella seconda massima non pu�, al contrario, essere condiviso, L'art. 108 della T.A annessa alla legge di registro sia nella formulazione originaria che in quella del legisatore del 1954 limita la registrazione a tassa fissa ai soli casi in cui il prezzo sia pagato nell'atto stesso o con danaro e con azioni od obbligazioni. Il requisito della contestualit� �, pertanto, nella lettera della norma elevato a elemento di carattere formale e sostanziale al tempo stesso, e non ammette il ricorso a differenziazioni per pagamento anticipato o posticipato, per ritetenere che il primo, nel caso in cui non escluda che la cessione si sia risolta in una pura e semplice commerciabilit� di titoli, partecipi della economia del ricordato art. 108 della T.A. E' esatto che la ratio connessa alla contestualit� del pagamento in danaro o in titoli � quella di attuare �la rapida circolazione dei titoli, che a sua volta giustifica l'istituzione di tributi surrogatori dell'imposta di registro, accertabili e riscuotibili su una base forfaitaria che agevola il compito degli uffici e degli stessi contribuenti �, ma, la lettera della norma e la portata inequivocabile della stessa, sono indicative di due dati obiettivi: l'uno dato dal fatto che, nel pensiero del legislatore, la rapida circolazione di titoli � assicurata solo dalla pi� volte detta contestualit�; l'altro dato dal fatto che, essendo la tassa fissa surrogatoria della proporzionale, soltanto le risultanze dell'atto sono idonee ad assicurare la Finanza che in concreto si � verificata, nonostante la stipulazione dell'atto pubblico o della scrittura privata, una pura e semplice commerciabilit� di titoli. La diversa soluzione, centrata sulla differenziazione, al di fuori dell'atto e del contenuto obiettivo voluto dalla norma, �fra operazioni per contanti ed operazioni che, a causa del carattere meramente obbligatorio ovvero non attuanti effettivi trasferimenti di titoli�, non soddisfa alle esigenze avvertite dal legislatore e tutelate con la cennata prescrizione.. di assicurare la tassa fissa nei soli casi in cui � la cessione dei titoli serva come mezzo o �orrispettivo di un contratto che esuli dalla pura e semplice commerciabilit� di titoli� (cfr. !AMMARINO, loco citato, voi. III, 837). La mancata contestualit� del pagamento del prezzo, per il carattere costitutivo alla contestualit� stessa riconosciuta, porta il rapporto fuori dell'ipotesi dell'art. 108 della T.A e data la natura mobiliare riconosciuta alle azioni ed ai titoli similari sia dalla dottrina che dalla legge fiscale (1� comma dell'art. 27 della legge di registro), lo introduce necessariamente, in quella dell'art. 2 della T.A. Ci� sempre che la ricerca della intrinseca natura e degli effetti destinati a produrre imposta dall'art. 8 della legge di �registro non porti alla individuazione di altro rapporto tassabile a norma di altre voci della T.A, pi� volte detto. 584 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO �riginaria, risente del contenuto di quest'ultima; b) il secondo rilievo � che la ratio della disposizione di favore risiede in ci� che si � voluta evitare una duplicazione d'imposta -in ordine ai trasferimenti gi� assoggettati ad un tributo (imposta sulle societ�) il cui carattere surrogatorio rispetto al tributo di registro �, al pari che -fu la precedente imposta di negoziazione, del tutto pacifico: e a detto tributo surrogatorio sono uniformemente soggette cos� le societ� p.a. come quelle a r.l. Col. terzo motivo, infine, la Finanza assume che comunque, anche ad ammettere che in linea di principio la cessione delle quote debba scontare solo la tassa fissa, nella specie il trattam~ nto di favore non spetterebbe perch� le norme sopra citate richiedono a tal fine che il prezzo (dell'azione, o delle quote) sia pagato contestualmente, all'atto della cessione, mentre nella specie la stessa scrittura privata d� att� di una riscossione gi� avvenuta prima della stipulazione. Al riguardo questa Corte osserva che in effetti le considerazioni svolte dai giudici di appello onde disattendere tale eccezione della Finanza non appaiono pertinenti. Si � detto, nella I sentenza impugnata, che la prescrizione legislativa della contemporaneit� del pagamento del prezzo tende ad escludere che sia I dovuta la sola tassa fissa nei casi in cui vi sia dilazione di pagamento, dovendosi allora scontare la c.d. <<tassa di obbligo� (cio�, di obbligazione), di cui all'art. 28 della tariffa all. A; che, pertanto, l'esclusione del beneficio non opera quando il pagamento sia, come nella specie, anteriore anzich� posteriore al I l'atto. Questa argomentazione non appare pertinente perch� la alternativa specifica che qui si pone � fra tassa fissa e imposta proporzionale con riferimento sempre e soltanto al trasferimento delle �azioni o quote; e la tassa fissa � stabilita non con riguardo I a ci� che non si verifichi l'ipotesi della tassa d'obbligo ma, come accennato, al fatto che per il medesimo trasferimento � corrisposto il tributo surrogatorio di quello di registro. L'eventualit� della soggezione alla tassa d'obbligo, dunque, � del tutto estranea all'ambito della fattispecie in esame. Tuttavia, la decisione della Corte di Genova deve nella sostanza restare ferma, anche se per diverso motivo giuridico. E' da notare, in primo luogo che la prospettazione sulla quale in buona parte si basa la ricorrente non trova preciso ri� scontro nei dati di fatto acquisiti alla causa. La Finanza argomenta presupponendo che l'atto di cessione in oggetto costituisca adempimento di una anteriore obbligazione del cedente; ma_ il fatto accertato incensurabilmente � che qui si � avuta una compraven PARTE I, SBZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 585 dita di quote con pagamento anticipato del prezzo. N� per certo si pu� sostenere che ogni volta in cui il prezzo di una compravendita risulti, dall'atto, corrisposto in precedenza, non si tratti in realt� di pagamento di prezzo ma tutto il negozio costituisca una datio in solutum rispetto ad un preesistente debito pecuniario del venditore (apparente). Ci� precisato, si osserva che questa Corte ha avuto occasione di indicare un criterio direttivo generale che gi� orienta anche nel caso. Nell'escludere, invero, il trattamento fiscale di favore in una ipotesi in cui si era bens� verificato un trasferimento di quote . di societ� r.l. ma non per via di contratto a titolo oneroso sibbene in forza di provvedimento espropriativo del giudice, si � osservato che quando il trasferimento avvenga per atto giudiziale o a titolo gratuito il beneficio � dalla legge (art. 10-11 dell'ali. E) escluso perch� allora l'imposta non � gi� stata scontata con quella surrogatoria, di negoziazione prima, sulle societ�, oggi (Cass. 16 gennaio 1961, n. 56). E' un evidente richiamo a quella stessa ratio legis che � stata gi� sopra, ad altri fine, evidenziata: ci� che conta, in primo luogo, � che l'atto sia di quelli coperti dalla tassazione surrogatoria. E sotto questo profilo, come � evidente, che il prezzo venga corrisposto proprio in occasione dell'atto, o sia stato pagato prima, � circostanz�a del tutto ininfluente. Sotto un profilo pi� ravvicinato, poi, cui � necessario aver riguardo perch� i rilievi ora esposti potrebbero condurre, da soli a svalutare del tutto la pr�scrizione di contemporaneit� del pagamento stabilita dalla legge, si nota come la stessa Finanza additi la ratio della prescrizione medesima in ci� che solo le vendite per contanti attuano quel fenomeno della rapida circolazione dei titoli che a sua �volta giustifica l'istituzione di tributi surrogatori � dell'imposta di registro, accertabili e riscuotibili su una base forfettaria che agevola il compito degli uffici e degli stessi contribuenti. Ebbene, ammessa tale ratio, se ne desume che il punto sta nella distinzione fra operazioni per contanti e operazioni che, a causa del loro carattere meramente obbligatorio o perch� non attuanti effettivi trasferimenti dei titoli, non rispondono all'ordine di idee della rapida (ed effettiva) circolazione dei titoli medesimi e perci� non sono coperte dal tributo surrogatorio. E non sembra possa dubitarsi che anche sotto questo profilo non ris.ulta possibile distinguere fra vendita per prezzo pagato contestualmente e vendita per prezzo pagato in precedenza: entrambe infatti integrano ugualmente la fattispecie della vendita per contanti quale rileva ai presenti fini. Solo nell'ipotesi di una vendita per prezzo gi� prima corrisposto, che in concreto risul RASSEGNA DE�..L'AVVOCATURA DELLO STATO tasse mascherare un rapporto diverso, si potrebbe escludere il trattamento di favore (che, del resto, � tale solo in apparenza, appunto perch� vige il tributo surrogatorio); ma ci� non diversa mente da quanto potrebbe verificarsi anche per la vendita che ..;...-contro verit� -dall'atto risultasse compiuta per prezzo pagato contestualmente nonch� per ogni altra e qualsiasi ipotesi di sip:m_lazione. Ma nella specie, come gi� rilevato, i dati di fatto ~cquisitj dE!nunciano solo una comune cessione per prezzo pagato in precedenza. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 aprile 1964, n. 955 -Pres. -.Rossano -Est. Di Maio -P.M. Trotta (conf.) -Societ� p.a. :Acciaierie e Ferriere Lombarde Falk (avv. Piccardi) c. Mi nistero Finanze (avv. Stato Coronas). -~ Dogana � Diritto di licenza � Importazione a dogana, avvenuta in epoca anterior� alla I. 15 giugno 1950, n. 330 abolitiva del diritto di licenza, a norma dei dd. mm. 13 aprile 1946 e 21 settembre 1949 � Esclusione. (r.d.l. 13 maggio 1935, n. 894 -1. 15 giugno 1950, n. 330). Il diritto di licenza introdotto dal r.d.l. 13 maggio 1935 n. 894 e soppresso con la l. 15 giugno 1950, n. 330, non � dovuto per le importazioni a dogana delle merci contemplate nella tab. A del d.m. 13 aprile 1946 ed in quella annessa al d.m. 21 settembre 1949, (1) Il principio contenuto nella sentenza in nota si rinviene anche nelle successive sentenze n. 956-957 e958 del 1964 della Corte di Cassazione, ed essendo stato il diritto di licenza soppresso con la I. 15 giugno 1950 n. 330 il principio stesso ha perduto di attualit�. I casi, infatti, affrontati e risolti, in diritto, con le sentenze predette riguardano importazioni avvenute --in epoca anteriore alla soppressione relative a merci per le quali i dd. mm. 13 aprile 1946 e 21 settembre 1949 avevano in-' tTddotto il sistema della cosidetta �importazione a dogana�. In constanza; infatti, dei divieti generali di importazione, instaurati dal d.l. 14 novembre 1926. n. 1923 e ribadito dalle successive disposizioni contenute nei dd. mm. 28 dicembre 1939; 15 luglio 1940; 13 luglio 1940, e dalle deroghe a tali divieti consentite dall'art. 4 del ricordato d.l. attraverso i' permessi volta a volta concessi dal Ministero delle Finanze, intervenne il� d.l. 16 gennaio 1946 n. 12 che confer� al Ministero del Commercio con !_'Estero la competenza ad emanare, previo concerto con i Ministeri qelle Finanze e gli altri Ministeri interessati, i provvedimenti relativi ai divieti di importazione ed esportazione nonch�, in attuazione di t'ali poteri i dd. mm. 13 aprile 1946 e 21 settembre 1949. Con tali ultimi provvedimenti le Dogane furono autorizzate a consentire, in deroga ai divieti vigenti, l'introduzione di determinate merci, provenienti da determinati pa~si. Nella sentenza in nota e nelle quattro successive la Corte di Cassazione ha ritenuto non dovuto, per le merci suddette, il diritto di licen PARTE I, SEZ V,. GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 58'2 con i quali � stato attuato, per le merci stesse, una pie11a liberalizzazione degli scambi (1). za nel rilievo che, colpendo esso il soprarredito o il maggior incremento economico derivante, rispetto alla categoria, all'importatore singolarmente autorizzata a norma dell'art. 4 del d.l. n. 1923/1926, per le merci la cui importazione, per effetto dei dd. mm. 13 aprile 1946 e 21 settembre 1949, non sarebbe stata ulteriormente vietata, il diritto stesso sarebbe mancato del suo necessario presupposto logico-giuridico. La ragione del decidere, pertanto, � stata riposta nel fatto che con i ricordati dd. mm. sarebbe stata attuata, per le merci pi� volte dette, una vera e propria liberalizzazione degli scambi, in relazione alla disciplina dei divieti di carattere economico. La lettera dei dd. mm. e la natura degli stessi determinano, per�, qualche perplessit� al riguardo, non apparendo, nel sistema allora in vigore, del tutto pacifico che i poteri autorizzativi affidati alle Dogane concernesser� il solo aspetto valutario. Dal testo dell'art. 5 del D.M. 15 aprile 1946 risulta infatti che la importazione �a dogana� delle merci, di cui alla tabella A, costituiva una vera e propria deroga � ai divieti � anzidetti; deroga, che presupponeva per forza df cose, il regime di e restrizioni � e che trovava la sua fonte in un e permesso � del competente Ministero: permesso, che si distingueva dalla �licenza � in senso stretto soltanto perch� non era concesso caso per caso, ma per categorie, ben precisate, di merci, le quali in tanto potevano essere importate in quanto era intervenuto un provvedimento ministeriale di natura discrezionale che aveva rimosso il generale divieto, sempre, per�, subordinatamente, all'adempimento di particolari oneri, da parte dell'importatore. Rispetto al sistema delle � importazioni a licenza�, che involgeva, l'autorizzazione, caso per caso, indubbiamente il regime di importazione a dogana ha rappresentato un passo notevole verso la � liberalizzazione degli scambi �, e, sul piano propriamente economico e dei rapporti internazionali, potrebbe anche ritenersi che, in pratica, abbia attuato una limitata �liberalizzazione� relativamente agli scambi con taluni Paesi per determinate categorie di merci (da ci� la formulazione della � � rubrica � del D.M. 21 settembre 1949). Sul piano giuridico ed ai fini tributari, per�, i considerati Decreti interministeriali non sono certo valsi ad abrogare il sistema legislativo che stabiliva divieti e limitazioni alle importazioni, ma in tale sistema si sono inseriti nel quadro delle deroghe dalla legge stessa contemplate e proprio perch�, in forza dei menzionati provvedimenti interministeria�i, si sono potute importare determinate categorie di merci, si � reso applicabile -correlativamente alla deroga -il diritto di licenza. Del che, del resto, non si � mai dubitato, ed appunto dal presupposto pacifico della applicazione del tributo ogni volta che la e nazionalizzazione � fosse avvenuta anteriormente all'entrata in vigore della L. 15 giugno 1950 n. 330, abolitiva del diritto di licenza, si � sviluppata la nota decisione, della Corte Suprema (sent. n. 3191 del 1957), che ha dichiarato essere dovuto il diritto di licenza nel momento in cui �la importazione da provvisoria fosse divenuta definitiva �. Ed � chiaro .che la questione circa l'atto o fatto generatore dell'op-' bligo tributario e circa il �momento� in cui tale obbligo sarebbe sorto neppur si sarebbe posta, ove si fosse versato in tema di libero scambio, al di fuori cio�, dell'ambito di applicazione del diritto di licenza alle stesse importazioni definitive. ' .RASSEGNA DE�.L'AVVOCAT�RA DELLO STATO CORTE . DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1964 n. 986 "." Pres. Varallo -Est. D'Arrniento -Soc.. �Via Massua� (Avv. Pierantoni e Bevilacqua) c. Ministero Finanze (Avv. �Stato Gargiulo). Imposte dirette � Imposta straordinaria immobiliare � Azione �giudi� ziaria proposta in mancanza di . una decisione definitiva :della Com� , missione tributaria � Temp.oraneo difetto di giuris~zione.� � . li�iposte dirette � Azione giudiziaria i�l mancanza �di deciSiorie � � defi� . nitiva della Commissione . tributaria. e vrevia sottoscrizione' di con� .cordato tributario � Improponibilit� � Fattispecie. (1. 27 agosto 1936 n. 1639, art. 22; t.u. 9 maggio 1950 n. 203, art. 56). In materia di imposte dirette -e l'imposta straordinar~a irn'." mobiliare istitu,ita con d.Z. n. 1743 del 1936 � tale per iLsuo carat:. tere reale~il giudizio avanti l'a.g.o~ pu� essere proposto sol�J quando la decisione della commissione distrettuale o quella della commissione �provinciale siano divenute definitive ovvero quando la controversia sia stata decisa dalla commissione centrale, giacch�, in mancanza di tali condizioni, sussiste il� temporaneo .difetto di giurisdizione dell'a.g.o. (1). Non vale a superare tale difetto di giurisdizione l'intervenuto concordato, che rappresenta soltanto un atto unilaterale di accertamento dell'amministrazione finanziaria, con l'adesione del contribuente (2). (1-2) Si tratta di un principio pacifico: cfr. Sez. un. 11 ottobre 1954 n. 3555, Foro it., Mass. 712; Sez. un. 25 maggio 1959, n. 602, ivi, 1959, 802 .(che riguarda un �aso nel quale, essendo stato proposto ricorso alla c�ommissione centrale, questa non aveva ancora preso cognizione, adottando le pronuncie conseguenziali, della iinunzia del ricorrent�); Cass. 13 aprile 1960. n. 861, ivi, 1960, 193. � � � Anche la seconda massima � ormai pacifica: cfr. S!;!2;. un, ~O febbraio 1936 n. 593, ivi, 1936, 123; Cass. 13 diceml:;lre 1946 n. 1358, ivi, 1958; 309~ �ORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 28. aprile 1964 n. 1015 ~ Pres. �Lonardo -Est. Iannelli -.P.M. Criscuoli (coni.) -Soc. Imm. Sansovino (Avv. Nicol�) c. Ministero Finanze (Avv. Stato Azzatiti G.io ). � Imposte di registro �' Societ� � Deliberazione di proroga adottata dopo la scadenza .del termine �stabilito nell'atto costitutivo � Tassazione � �Imposta fissa. (r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269 Tariff� All. A, artt. 81, 86). PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La deliberazione di proroga del termine della durata della societ�, adottata dopo la scadenza di esso con la revoca .della liquidazione in corso, non comporta la ricostituzione di un nuovo ente distinto e separato dal precedente, ma implica, con l'eliminazione della causa di scibglimento, la ripresa della normale attivit� dell'ente, con la conseguenza che la detta deliberazione non � soggetta all'imposta proporzionale di registro, bens� all'imposta fissa (1). (1) Le Sezioni Unite hanno per la prima volta esaminato la _questfone sulla natura della deliberazione di proroga del termine di durata di Societ� al fine di precisare il criterio di tassazione, pronunciandosi nel senso che la deliberazione di proroga, adottata durante la fase della liquidazione dopo la scadenza del termine previsto nell'atto costitutivo, non importa la costituzione di un nuovo ente e di conseguenz� la deli.,. berazione stessa, non attuando alcun trasferimento di ricchezza, va registrata a tassa fissa e non a tassa proporzionale. Il Supremo Collegio ha esattamente applicato il principio che la Societ�, sia di capitale, sia di persona, dopo il suo scioglimento per qualsiasi causa, non rappresenta, nella successiva fase di liquidazione, un ente diverso da _quello �riginario, perch� continua a sussistere con la stessa personalit�, anche se con la capacit� pi� ristretta (limitata cio� alla liquidazione). Perci� la societ�, allorch� delibera di prorogare il termine di durata, non fa che eliminare la causa di scioglimento, revoca la liquidazione intrapresa e ripristina la normale attivit� sociale. Ci� premesso, la deliberazione di proroga, adottata durante la fase di liquidazione, non attua alcun trasferimento di ricchezza, e va perci� sottoposta a tassa fissa e non a tassa propo:rzion��e. In tali sensi l'ac:cennata questione va risolta, con l'adesione dell'Amministrazione, anche se precedentemente aveva trovato nella giurisprudenza una soluzione diversa (Trib. Venezia, 25 agosto 1962, Foro it., 1963, I, 603). In senso conforme alla annotata sentenza cfr. Cass. 24 marzo 1962 n. 595, Foro it. 1962, I, 629. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 maggio 1964, n. 1244 --Pres. Vistoso -Est. Arienzo -P.M. Trotta (conf.) -Ministero Finanze (Avv. Stato Tavassi La Greca) c. Musso (Avv. Columbo). Imposta di registro � Donazione fra coniugi � Immobile acquistato con danaro del marito � Sentenza che riconosce la propriet� dell'im� mobile a quest'ultimo � Imposta fissa. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 69 lett. m. Deve essere assoggettata alla �tassa fissa di registro, e non a quella graduale o proporzionale la sentenza che, dichiarata la nullit� della donazione di .una somma di denaro tra coniugi per l'acquisto di un immobile, riconosca in testa al donante, fin da�7 590 ~SSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATQ l'origine, la propriet� del bene acquistato, data l'impossibilit� giuridica che esso entri a far parte del patrimonio del _donatario (1). (Omissis). -Con tre motivi di impugnazione, sotto il prof�.lo della violazione degli artt. 781, 1372', 1325, 1326, 1350, 782, 1414, 1415, cod. civ.; 8, ll, 12, 14 e. 69 del r.d. 30 dicembre 1923, n: 3269 in relazione agli artt. 360, n. 3 e 5 cod. proc. civ., la ricorrente sostiene che, in mancanza di un vincolo al reimpiego, oggetto della donazione tra i coniugi, deve ritenersi il danaro, ancorch� questo sia stato utilizzato per l'acquisto di un immobile, e che, sul punto, occorreva una indagine sulla volont� delle parti. L'esistenza del secondo trasferimento si deduceva dal fatto che, annullato il primo, l'immobile non era ritornato al proprietario bens� era passato al donante della somma di danaro e, agli effetti tributari, (1) Il regime fiscale, ai fini dell'imposta di Registro, della sentenza che dichiara di propriet� del marito l'immobile acquistato dalla moglie con danaro avuto dal marito in donazione, per la nullit� radicale che per quest'ultima commina l'art. 781 del e.e., ha formato oggetto di reiterate pronuncie della Corte di Cassazione. Dette pron�ncie, che vanho dal 1936 con la sentenza n. 2629, al 1959, con la n. 2695; al 1961, con la ri.. 2195; e al 1962 con la n. 3354, hanno costantemente affermato che le sentenze del genere sono soggette alla tassa fissa, che la� 69 lett. c della L.O.R. 30 dicembre 1923 n. 3279, stabilisce per le � sentenze �he dichiarano la nullit� assoluta dei negozi giuridici ~. Le ragioni sono state in..:. dividuate nel fatto che la sentenza oggetto di tassazione, nel dichiarare che, per effetto della nullit� della donazione, l'immobile deve ritenersi ab origine di propriet� del marito, d� concreta attuazfone al principio; costantemente affermato dalla giurispruderu;a, per il quale, colpendo la nullit� non solo l'elargizione del denaro, ma anche l'ulteriore� be:nefieio che il donatario ha conseguito con l'uso del denaro, l'immobile, per l'impossibilit� giuridica comminata dall'art. 781 del C.C. non � mai entrato a far parte del patrimonio della moglie donataria. La sentenza, infatti, accertato il lato negoziale della donazione, non manifestato nell'atto di trasferimento, rettifica la situazione finale, voluta dai coniugi� ed individuato nello immobile l'oggetto sostanziale della donazione, adegua la situazione finale s�ddetta alle esigenze dell'ordinamento 'giuridico. La regolamentazione giuridica cos� data al rapporto sostanziale e la portata, a tale effetto, riconosciuta alla nullit� comminata dall'art. 781 del e.e,, portano ad accettare l'insegnamento della ricordata giurisprudenza. Stabilendo, infatti, la sentenza da registrare che la propdet� dello immobile appartiene al marito dal momento dell'acquisto dal terzo venditore, in conseguenza e per effetto di un trasferimento diretto, non � dato ai fini del Registro, prescindere da tali statuizioni .ravvisando nei rapporti fra i coniugi, e;ffetti traslativi che le statuizioni stesse hanno in realt� escluso. Il richiamo al principio racchiuso n�ll'art. � 8 � della L.O.R, a quello racchiuso nell'art. 14 n. 2 della stessa L.O.R., ed all'istituto della simulazione relativa costantemente invocati per .escludere il PARTE I, SBZ V, GIURISPRUDENZA TRIButARIA si era verificato il trasferimento a favore di un soggetto d_iverso da quello che figurava nell'instrumento notarile. Sostiene ancora la ricorrente la sua tesi della tassabilit� della sentenza con l'imposta graduale affermando che: a) l'imposta di registro deve essere applicata secondo gil effetti propri degli atti o dei trasferimenti (art. 8 L.R.), e, cio�, nel caso in esame, con riguardo alle concrete conseguenze della sentenza che era di attribuire al marito il behe che col contratto era stato acquistato dalla moglie; b) la declaratoria di nullit�, sebbene assoluta e radicale, della liberalit� tra coniugi non d� diritto alla restituzione dell'imposta pagata sulla donazione; c) la sentenza dichiarativa della nullit� della donazione fra coniugi ha efficacia nei confronti dei terzi, come l'Amministrazione delle finanze; d) l'attribuzione dell'immobile a favore di un terzo, estraneo all'atto di acquisto, come conseguenza ricorso all'art. 69 cit�to, � stato dalla pi� volte ricordata giurisprudenza escluso con motivazione convincente. Il richiamo all'art. 8 della L.0.R., va escluso perch� gli effetti economici e giuridici della sentenza da tassare non possono essere diversi e contrastanti. con quelli espressamente ac.:. certati e dichiarati. Nei casi del genere diversi e contrastanti con l'accertato acquisto ab origine dell'immobile da parte del marito donante del danaro. Non va trascurato, al riguardo, che per ius receptum, l'imposta di registro non colpisce gli effetti soltanto economici dell'atto o soltanto quelli giuridici; ma colpisce gli effetti economici-giuridici al tempo stesso (cfr. Cass. 10 luglio 1954 Mantegna c/ Finanze; 23 ottobre 1959' Finanze contro Soc. Trombetta). . IT richiamo all'art. 14 n. 2 della stessa L.0.R., del pari va escluso perch� la norma in tale articolo contenuta, secondo la q�ale � ripetibile l'imposta corrisposta per. un atto nullo ab origine per causa non impu tabile ai contraenti, non esplica alcun ruolo nei casi del genere. Essa, i!lfatti, concerne la restituzione dell'imposta regolarmente percetta e non la debenza dell'imposta su di una sentenza che dichiara la nullit� as soluta�df un negozio giuridico. Il richiamo infine all'istituto della simulazione relativa, � escluso anch'esso perch� la sentenza oggetto di tassazione non contiene n� pu� contenere alcuna dichiarazione di simulazione relativa sog.gettiva. Nei casi del genere, infatti, non vi � simulazione perch� manca l'accordo simulatorio, ignorando il venditore che il danaro non � della moglie, m� del marito. La sentenza, pertanto, non afferma neanche implicitamente un rapporto simulato ma, partendo . da presupposto .che oggetto della donazione � l'immobile e non .il danaro (cfr. Cass. 27 marzo 1958 n. 467) dichiara che il diritto di propriet� sulla cosa � sorto al momento stesso dell'acquisto dal terzo venditore. Ci� in dipendenza e per effetto della nullit� della donazione fra coniugi e della conseguente impossibilit� giu ridica dei trasferimenti della cosa in capo alla moglie� donatar~a. Esclusa la donazione, il diritto di propriet�, in altre parole, viene riconosciuto in capo al marito, donante, non in f()rza della sentenza puramente di, chiarativa, ma in forza dell'originario diritto derivante dall'acquisto. Nel che non pu� non riconoscersi, per i casi del genere, con l'adesione della � Amministrazione, la legittimit� della imposta fissa. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d,ella dichiarata nullit� della donazione, costituisce, ai fini fiscali, un ulteriore effetto a s� stante non ricollegabile alla nullit� con rapporto di causalit� necessaria; e) la disposizione dell'art. 14 n. 2 l.r. era stata violata, discutendosi, non della restituzione della imposta sull'atto di donazione dichiarato nullo, bens� del pagaIl). ento dell'imposta sul successivo trasferimento del bene; f) la simulazione non � un vizio radicale che rende nullo l'atto fin dall'inizio, come richiesto dalla legge del registro per la minore imposizione fiscale, almeno rispetto ai terzi, per i quali restano fermi i diritti acquistati. La doglianza, sotto i vari aspetti con cui � prospettata, � infondata. Il quesito che si propone � se, dichiarata la nullit�, in base all'art. 781 cod. civ., di donazione fra coniugi di . una somma di danaro, con la quale sia stato realizzato dal donatario l'acquisto di un. immobile, sia o meno dovuta l'imposta proporzionale di registro sulla sentenza che, con la declaratoria della nullit�, abbia ritenuto altres� l'immobile di propriet� del coniuge donante. La Corte del merito ha dato risposta negativa al predetto quesito, in conformit� della giurisprudenza di questo S.C. (da ultimo Cass. 14 di.cembre 1962, ,n. 3354) che ha respinto la tesi dell' Amministrazione Finanziaria, la quale ripropone la questione con argomentazione abbondante ma infondata. La sentenza 24 maggio -15 giugno 1961 del Tribunale di Genova, infatti,. ha dichiarato che effettivo acquirente dell'immobile in questione fu il Musso in conseguenza della nullit� assoluta, sancita dall'art. 781 cod. civ., della donazione di danaro intervenuta tra lui e la moglie e, essendo il contenuto oggettivo del giudicato, le conseguenze giuridiche trattene dalla sentenza impugnata, in ordine all'applicazione della tassa di registro, sono ineccepibili, per cui non ha consistenza la censura di difetto di motivazione sulla volont� delle parti. E cos� pure l'assunto del doppio trasferimento, per il fatto che l'immobile diviene di propriet� del donante di cosa diversa, si fonda sul presupposto insussistente, perch� escluso dal giudicato, che oggetto della donazione sia stato il danaro anzich� l'immobile. Con riguardo alla seconda censura, mossa col primo motivo, devesi precisare che la sentenza dichiarativa della nullit� della donazione di un immobile da parte di un coniuge all'altro non fa che sanzionare la nullit� del trapasso �a causa della sua giuridica impossibilit� per il divieto della legge di qualsiasi liberalit� fra coniugi e la declaratoria della propriet� del coniuge donante � pronunciata, non come effetto di risoluzione e di restituzione, integrante un secondo trasferimento, bens� come I I. I.�. , . PARTE.. I; S:ijZ ..V, .GIURISPRUDEli!ZA. TRIBUTARIA conseguenza della cennata giuridica impossibilit� del trapasso mediante donazione all'altro coniuge. L'opposta tesi, affermativa dell'esistenza dell'ulteriore trapasso dalla donataria al donc;inte quale copseguenza della dichiarata nullit�, presuppone un primo trasferimento che, invece, non sussiste per la suddetta impossibilit� giuridica del passaggio per donazione fra coniugi. N�, poi,� ha consistenza il rilievo che l'imposta debba essere applicata secondo gli effetti propri degli attf (art. 8) perch�, se � vero che l'imposta colpisce un :fenomeno economico, secondo la legge del registro il fatto giuridico �che fa sorgere il�rapporto di �imposta non � il trasferimento di un bene, ma l'esiStenza di un atto che, considerato in s� e per s�, sia capace di produrre il trasferimento: tale situazione non ricorre nella specie per �il carattere dichiarativo e non costitutivo della sentenza che ha pronunciato la nullit� della donazione. . E, neppure l'assunto, che la sentenza abbia carattere costitutivo nei -confronti del fisco, pu� giustific�re la tesi dell' A:mministraziOn�. Infatti,� l'efficacia nei� confronti del fisco della sen.:. teriza dichiarativa della nullit� di un negozio � regolata dagli artt. 11 e segg. L.R., i quali, dopo �ver enunciato il principio generale della irrepet�bilit� delle� tasse legaln:iente percette nei negozi poi dichiarati nulli, stabiliscono eccezioni al principio e, tra le altre~ l'eccezione rispetto agli atti dichiarati nulli per vizio radicale, che, indipendentemente dalla volont� delle parti, produce la nul.;,. lit� dell'atto, come nella specie, fin dall'origine (art. 14 n. 2 L.R.), In sostanza l'imposta di registro anche se, in via di principio, pu� colpire movimenti di ricchezza solo . apparenti, deve, tutta':' via;: riferirsi a movimenti consentiti secondo il diritto sostanziale e no11 irrlp9~sibiii per un -esplicito� divieto di legge� perch�: non � tassabile ei� che � oggettivamente fil.ori della possibilit� gi(lri".' dica. In. relazione a qu�sti principi la� sentenza impugnata ha ritenuto cbe la nullit� della donazione tra i coniugi Musso-Porcile discendeva da un vizio �radicale non dipendente dalla volont� delle � pa.rti, ma da cause obbiettive, ad essa estranee, preesistenti alne_gozio e che, quindi ricorreva l'ipotesi dell'art. 14, n. 2 L.R. . . �In conseguenza di quanto esposto, non essendo validi gli arg() ineriti �indotti <fall'Amministrazione Finanziaria per giustificare un mutamento di giurisprudenza si conferma il principio che dev� essere assoggettato a tassa fissa e non a quella graduale o proporzionale la �sentenza che, dichiarata la nullit� della donazion� di-una somma di danaro-tra coniugi per l'acquisto di un immobile, riconosc� in testa al donante, fin dall'origine, la propriet� del bene acquistato, data l'impossibilit� giuridica che esso. entri a far parte del patrimonio del donatario. -:-(Omissis). I 594: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I r�.� , I @ J:::: CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 maggio 1964, n. 1247 -Pres. Ir Pece -Est. Perrone -P.M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Colletta) c. Capasso (avv. Postiglione). Imposte e tasse � Ricorso alla Commissione Centrale delle imposte � Procedimento � Ricorso interrutivo � Inammissibilit�. I Imposte e tasse � Ricorso alla Commissione centrale delle imposte � Procedimento � Ricorso incidentale � � Mancata indicazione dei mo� tivi � Inammissibilit�. Imposte tasse � Ricorso alla Commissione Centrale delle imposte � Pro� cedimento � Ricorso incidentale � Termine � Decorrenza � Conseguenze. (r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 46 e 48). E' inammissibile il ricorso alla Commissione centrale delle imposte che non contenga l'indicazione dei motivi, in conformit� del disposto dell'art. 46 R.D. 8 luglio 1937, n. 1516 (c.d. ricorso meramente interruttivo) (l).' I motivi di gravame devono essere �indicati, a pena di inammissibilit�, anche nei ricorsi alla Comm.ne centrale proposti in via incidentale, soggetti alla stessa disciplina dei ricorsi in via principale, salvo disposizioni particolari (2). (1-4) Il principio della inammissibilit� del ricorso c. d..interruttivo alla Commissione Centrale delle imposte, -cio� di una impugnazione d�l tutto generica, senza indicazione di motivi, � stato pi� volte affermato dalla corte Suprema (oltre alle sentenze annotate, cfr. Cass. 11 giugno 1958 n. 1925, Giur. it. 1959, I, 1, 231, e, per incidens, Cass. 10 agosto 1962, n. 253.8, Riv. leg. fisc. 1963, 301 e Cass. 19 maggio 1959 n. 1505, Riv. leg. fisc. 1959, 1604) e pu� qrmai considerarsi ius receptum. Invero la chiarezza della disposizione dell'art. 46 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 (c... debbono .essere esposti il fatto, le questioni ed i capi della decisione contestata, indicando gli articoli di legge o di regolamento che si affermano violati od erroneamente applicati �) non avrebbe dovuto far nascere dubbi sulla sua portata, se la giurisprudenza, con interpretazione alquanto lata (ora decisamente affermatasi: cfr. le due sentenze n. 2538 .del 1962 e n. 1505 del 1959 sopracitate; in dottrina conf. RASTELLO, Il tributo di registro, Roma, 1955, 1017 e 1028, il quale per� non distingue ed ammette la validit� del ricorso interruttivo, a quel che pare, anche se diretto alla Comm.ne Centrale) non avesse consentito, in parziale deroga al principio generale di diritto processuale che gli atti di gravame, per essere validi, devono essere specificatamente motivati -, che, in via eccezionale, i ricorsi alle Commissioni Distrettuali e Provinciali possano essere del tutto generici, purch� la riserva dell'indicazione dei motivi sia sciolta tempestivamente, per consentire all'ufficio impositore di controdedurre, previa cognizione dei punti del con PARTE I, SEZ V, GIURisPRUDENZA TRIBUTARIA 595 Nei procedimenti innanzi alla Commissione centrale delle imposte la decorrenza del termine prescritto per il controricorso im'porta la inammissibilit� del ricorso incidentale per il quale non siano stati indicati i motivi (3). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 aprile 1964, n. 904 -Pres. Rossano -Est. Bianchi d'Espinosa -P.M. Pedate (coni). "" Pellicciani (a'vv. Barile) c. Ministero Finanze (avv. Stato Masi). Imposte e tasse � Ricorso alla Commissione . Centrale delle i;mposte come giudice di seconda istanza e di terza istanza � ProQ�dimento � Ricorso interruttivo � Inammissibilit� in entrambi i casi. (art. 46 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516). E' inammissibile il ricorso alla Commissione centrale delle imposte che non contenga l'indicazione dei motivi, in conformit� del disposto dell'art. 46 R.D. 8 luglio 1937, n. 1516 (c.d. ricorso tendere (ci� perch� gli artt. 24 e 37 r.d. cit., a differenza dell'art. 46, non imporrebbero esplicitamente l'obbligo di indicare i motivi). Conseguenziali sono gli altri principi affermati nelle sentenze annotate. a) Nessuna differenza sussiste infatti, per quanto riguarda il procedimento, fra il ricorso proposto alla Comm.ne Centrale come giudice di appello e quello proposto alla Comm.ne stessa come giudice di terza istanza. La legge non distingue un procedimento di appello da un procedimento di terza istanza, ma regola in modo del tutto autonomo, e con struttura diversa, il procedimento dinanzi alle Commissioni distrettuali e provinciali e quello dinanzi alla commissione centrale. L'art. 46 r.d. cit., disponendo intorno ai � ricorsi alla commissione centrale, per i casi ammessi dalla legge �, fa riferimento, indubbiamente, a tutti i ricorsi, comunque proponibili. b) N� alcuna differenza � prospettabile, sempre relativamente alla necessit� dell'indicazione dei motivi, fra ricorsi principali e ricorsi inci. dentali. E' principio generale di diritto processuale, non derogato per il procedimento innanzi alla Comm.ne centrale da alcuna disposizione di legge particolare, che il ricorso incidentale, per la sua piena autonomia rispetto a quello principale, deve, al pari di quest'ultimo, a pena di inammissibilit�, contenere l'esposizione sommaria dei fatti, nonch� l'indicazione delle norme di diritto di cui si lamenta la violazione o la falsa applicazione (cfr. da ultimo, in generale, Cass. 3 gennaio 1962, n. 8; 12 dicembre 1961, n. 2805; 18 giugno 1960, n. 1610; 31 maggio 1957, n. 2000). c) La Corte Suprema, infine, nella prima delle sentenze annotate, ha affermato che il ricorso incidentale deve essere proposto con l'atto :&ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO meramente interruttivo), sia nel caso in cui la Commissione giudichi in seconda istanza, sia nel caso in cui essa giudichi in terza ru I I '" istanza (4). . I .a che contiene il controricorso e quindi la decorrenza del termine per questo prescritto importa l'inammissibilit� del ricorso incidentale per il quale non siano stati enunciati i motivi. A parte la conseguenza -la cui esattezza � di intuitiva evidenza, date le premesse -la Corte ha dato per pacifico un principio gi� affermato in precedenti pronuncie (cfr. Cass. 20 gennaio 1962, n. 92, Riv. leg. fisc., 1962, 1090). In effetti l'art. 48 r.d. cit. non fissa il termine per il ricorso incidentale, come invece fa per il controricorso; ma la lacuna legislativa � facilmente colmabile, facendo ricorso alle norme di diritto processuale comune, -secondo quanto espressamente dispone, con riferimento all'appello incidentale avanti alla Commissione Provinciale, l'art. 40 del r.d. medesimo -, e quindi alle norme che disciplinano la proposizione del ricorso incidentale per Cassazione (conforme ALLORIO, Diritto processuale trib., Torino, 1962, 394 nota_ n. 39; RASTELLO, op. cit., 1032). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1964, n. 876 -Pres. Celentano -Est. Iannuzzi -P.M. Trotta (conf.) -Gorsalice (avv. Marino) c. Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pietrini). Appalto -Appalto di opera delle Ferrovie dello Stato -Contestazfoni relative a prescrizioni contrarie ai patti contrattuali -Riserva Termine di decadenza. (Capitolato generale di appalto delle opere ferroviarie, art. 14). Appalto -Appalto di opera pubblica -Prescrizioni contrarie ai patti contrattuali -Fattispecie. Appalto -Appalto di opera pubblica -Direttore dei lavori -N~n rappresenta l'amministrazione. A norma dell'art. 14 del capitolato generale di appalto delle opere ferroviarie, l'appaltatore � tenuto a proporre riserva nel termine di decadenza di cinque giorni, contro l'ordine di servizio contenente prescrizioni contrarie ai patti contrattuali (1 ). Sono tali non solo le prescrizioni che contraddicono ai patti, ma anche quelle diverse o al di fuori dei patti stessi, aventi ad oggetto l'esecuzione di lavori non previsti in contratto, o comunque esorbitanti dalle prescrizioni contrattuali (2). Il direttore dei lavori non ha il potere di rappresentare la amministrazione. Pertanto nessuna responsabilit� pu� addebitarsi alla stessa, per eventuali proposte od intese intervenute tra il medesimo e l'appaltatore (3). 0-2) La precisazione � di notevole interesse, essendo la norma riportata anche nell'art. 23 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 sulle opere di competenza del Ministero dei LL.PP. E' da avvertire, peraltro, che in tale sede � fatta distinzione tra �contestazioni riguardanti fatti�, per le quali l'appaltatore � obbligato a formulare le proprie osservazioni nel termine di otto giorni dal verbale che li descrive, e , contestazioni di diversa natura, per le quali i diritti dell'appaltatore vanno fatti valere nella procedura ordinaria delle riserve. (3) Sulla figura del direttore dei lavori, cfr. in questa Rassegna, retro, 214. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI APPELLO di Roma, Sez. I, 22 aprile 1964 n. 829 - Pres. Ciaccio -Est. Mazzacane -Ministero Lavori publici (avv. dello Stato del Greco) c. Impresa Vareschi (avv. Pallottino). Appalto � Appalto di opere pubbliche -Contratto regolato dal capitolato generale 28 maggio 1895 -Lodo emanato nel vigore del capitolato generale 16 luglio 1962, n. 1063 -Impugnabilit� per violazione di legge. (cap. gen. 28 maggio 1895, art. 49; cap. gen. 16 luglio 1962 n. 1063, art. 51; cod. proc. civ., art. 829, u.c.). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Firma del relativo verbale senza riserva � Decadenza dalle riserve per danni -Esclusione. (R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 16, 89). L'impugnazione per violazione di legge � ammessa anche I per i lodi relativi a contratti regolati dall'abrogato capitolato f~ generale del 1895; sempre che risultino pronunciati dopo l' enf trata �in vigore del nuovo capitalato generale del 1962 (1). . l Nel caso di sospensione dei lavori per fatto non imputabile all'impresa, alla stessa � dovuto il risarcimento del danno, e la relativa domanda non � preclusa dalla mancata inserzione I di riserva nei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori (2). l'j (1) Nello stesso senso, cfr.: Cass. 19 gennaio 1963, n. 67, Foro it. 1963, I, 728, circa l'immediata applicabilit� delle nuove norme � regolanti il modus procedendi dell'arbitrato �, in quanto relative a situazioni giuridiche di carattere processuale. E' appena da aggiungere, che le disposizioni concernenti l'ordine dei giudizi, i gradi di giurisdizione, l'efficacia ed i mezzi di impugnazione, sono tutte di natura processuale, e quindi d'ordine pubblico, e perci� immediatamente cogenti (FURNO, Riv. trim. dir. e proc. civ., 1961, 1351 ). (2) In senso contrario, cfr.: lodo 19 dicembre 1962, n. 66, Arb. e app., 1963, 201 e ss. Va tenuto presente, che l'art. 16 del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, testualmente impone all'appaltatore di firmare i verbali di sospensione e di ripresa dei lavori, e di indicarvi le riserve che ritiene di proprio interesse. Inoltre, la norma -per il caso di mancato intervento dell'appaltatore, o di firma con riserva -rinvia al successivo art. 89, secondo cui: a) nella prima ipotesi, l'appaltatore dovr� essere invitato per iscritto a firmare, nel termine perentorio di quindici giorni, con comminatoria di ritenere accertati i fatti e le circostanze registrate nei verbali; b) nella seconda ipotesi, il Direttore dei lavori iscrive le proprie controsservazioni; e le domande ed eccezioni dell'Impresa non hanno efficacia, e si considerano non avvenute, se non ripetute nel registro di contabilit� nei termini e modi precisati negli artt. 53 e 54 dello stesso Regolamento. PARTE I, SEZ. VI, GIUR. I~ MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 599 (Omissis). -Rispetto agli altri motivi di impugnazione, la societ� Vareschi oppone, preliminarmente, che � esclusa l'impugnazione per violazione delle regole di diritto (art. 49 Cap. gen. del 1895 in relazione all'art. 829 u.c. c.p.c.). L'eccezione � infondata. Giova precisare che la costituzione del collegio arbitrale � avvenuta il 24 maggio 1962, nel vigore dell'abrogato Capitolato generale del 1895, mentre tanto la sent�nza arbitrale quanto l'impugnazione sono intervenute successivamente alla data di entrata in vigore del nuovo Capitolato (1.9.1962). Giova altres� precisare che, in dipendenza dell'unificazione, operata dal codice di rito vigente, dei distinti rimedi dell'appello e del giudizio di nullit� contemplati dal codice del 1865, nonch� in dipendenza della regolamentazione dallo stesso codice di rito vigente sancita (art. 827 a 830) per il rimedio cos� unificato, ossia per l'azione di nullit�, questa si svolge come un giudizio di secondo grado sostanzialmente assimilabile all'appello: sul che concorda la prevalente dottrina e l'orientamento del Supremo Collegio (Cass. 8 luglio 1957, n. 2183; Cass. 19 gennaio 1963, n. 63). Conseguentemente, al fine di risolvere la questione in esame, occorre fare riferimento alla disciplina intertemporale in tema di impugnazione per il caso di successione di leggi, che Da tali prescrizioni chiaramente si desume che l'aver l'impresa firmato senza riserva i verbali ripetuti, costituisce un ostacolo insormontabile per l'ammissibilit� di una riserva di danni, essendosi con ci� verificata la decadenza del diritto di proporla. Sembra ovvio, infatti, che la dichiarata perentoriet� del termine da assegnarsi all'appaltatore, nel caso di non intervento alla firma, e la sanzione della inefficacia espressamente comminata per le domande ed eccezioni proposte con rituale riserva, nia non riportate successivamente nel registro di contabilit�, pienamente giustificano l'affermazione, secondo cui la firma senza riserva, dei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori, preclude -al pari del decorso del cennato termine di grazia -la facolt� di proporre utilmente eccezioni e domande comunque riguardanti la legittimit� della sospensione e della sua durata. In sostanza, cio�, � evidente che ad eccezioni e domande non proposte con rituale e tempestiva r,iserva, deve negarsi -a fortiori -quella efficacia, che il Regolamento nega ad eccezioni e domande tempestive, ma non ripetute ritualmente nel registro di contabilit�. I rilievi opposti nella sentenza annotata, non sembrano esatti, poich� dall'art. 16 del Regolamento, chiaramente si desume, che la disciplina per il verbale di ripresa, � identica a quella del verbale di sospensione. Se, quindi, per quest'ultimo si fa esplicita parola dell'inserzione di riserve, ovvie ragioni logiche e giuridiche impongono di ritenere, che anche per il primo l'impresa abbia non solo il diritto, ma il dovere, di esprimere eventuali riserve. 600 RASSEGNA DELI.'AVVOCATURA DELW STATO diversamente dispongono in proposito, senza che all'uopo, come nella specie, siano state emanate delle apposite norme transitorie. . Rispetto a detta disciplina �due sono i criteri che risultano possibili e che in effetti sono stati proposti : l'uno secondo cui sarebbe applicabile la legge vigente al momento della proposizione del mezzo di impugnazione, e -l'altro per cui invece si dovrebbe applicare la legge imperante alla data della pronuncia del provvedimento impugnabile. Nel caso in esame, una indagine approfondita non risulta rilevante, in quanto, come si � detto, la sentenza arbitrale � stata emanata sotto l'imperio del nuovo Capitolato e parimenti H mezzo d'impugnazione. Sicch�, qualunque sia il criterio che s� intenda accogliere, la conclusione sarebbe in ogni caso la medesima, ossia quella della ammissibilit� della impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto. Non si pu� per� tacere che dei due criteri suaccennati il prim.o risulta generalmente respinto, mentre sia il Supremo C�llegio (cfr. tra l'altro: Cass. 23 maggio 1946, n. 641; Cass. 28 aprile 1948, n. 613) sia la dottrina pi� autorevole, nella sua grande maggioranza, accoglie il secondo, ritenendo che il potere di impugnazione nonch� i relativi modi e termini sono disciplinati Inoltre, .l'art. 89 del Regolamento non riguarda solo i documenti contabili, ma pure gli altri, per i quali esista richiamo a tale norma: e questo �, appunto, il caso dell'art. 16. D'altr.o canto non pu� conte starsi che l'articolo ripetuto pone principi d'ordine generale, sulla con dotta ed amministrazione di un'opera pubblica e sulle contestazioni con l'appaltatore; come � reso evidente dai rinvii contenuti in altre disposizioni, e dal fatto che in esso, � ripetuta la stessa disciplina dettata per tipici documenti contabili (art. 54, 64 e 47). Tale ripetizione non avrebbe significato, se non fosse espressione di criteri e principi di generale applicazione in tutte le ipotesi, nelle quali l'appaltatore � �chiamato a convalidare e chiudere, con la propria firma, una deter minata situazione nel progressivo svolgimento dei lavori. A questo proposito, � opportuno anche ricordare che -l'obbligo del l'immediata proposizione delle riserve e domande, risponde ad indero gabili esigenze dell'appalto pubblico; non solo per la necessit� del tem pestivo controllo delle situazioni di fatto, ma anche e specialmente per peculiari ragioni di bilancio; che impongono il continuo controllo degli oneri gravanti sull'Amministrazione, al fine di non eccedere i limiti di spesa e di stanziamento. Tanto ci� � vero, che la stessa ha in ogni tempo la facolt� di rescindere il contratto (art. 345 legge sui LL.PP.). Questa esigenza � presente in ogni circostanza del rapporto, comun que suscettibile di incidenze pecuniarie; e non � -quindi -assolu tamente possibile disting.ere tra contestazioni .limitate e �verbalizza zioni di fatti >>, e contestazioni economiche. PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 601 dalla legge vigente quando la sentenza che si impugna viene pubblicata. Ci� in base al principio fondamentale dell'irretroattivit� della legge (art. 11 preleggi), valevole sia per il diritto sostanziale che per quello processuale, sicch�, nel caso di successione di leggi, rimangono fermi rispetto ai processi pendentj gli atti gi� compiuti e le loro conseguenze processuali secondo la legge anteriore, mentre si applicher� la nuova disciplina agli atti ancora da compiere, sempre che tale nuova disciplina sia compatibile con gli effetti gi� verificatisi, o in corso di verificazione, degli atti predetti. Ora, in tema di impugnazioni, la fattispecie generatrice del potere giuridico d'impugnazione � data dalla pronuncia del provvedimento impugnabile, in quanto da detta pronuncia scaturisce il potere stesso, sicch� lo stesso viene a configurarsi come un effetto giuridico di un atto (provvedimento del giudice) compiuto (con la sua emanazione) sotto l'imperio della legge successiva e quindi da questa regolato. Tali conclusioni, alle quali questa Corte � gi� pervenuta in altre precedenti decisioni (sentenza 2192/63), non possono essere contrastate dalle obiezioni (accolta dalla sentenza 18 febbraio 7 giugno 1963 di questa Corte, cui fa richiamo la Soc. Vareschi) secondo cui il nuovo. Capitolato del 1962 non toglie efficacia agli accordi gi� conclusi (nella specie: quanto alla limitazione della impugnazione agli errori in procedendo, ai sensi dell'art. 49 del Cap. Gen. del 1895 in relazione all'art. 829 u.c. c.p.c.) nei quali la volont� delle parti intese recepire e far propria la disciplina delle impugnazioni come regolata dal capitolato in vigore al momento in cui esse conclusero il contratto. Invero tale principio pu� trovare applicazione nei capitolati che hanno carattere contrattuale, quali i capitolati predisposti da enti pubblici di,. versi dallo Stato, ed anche i capitolati generali dello Stato quando siano richiamati in contratti che non interessano lo Stato (come appunto nel caso esaminato dalla sentenza citata dalla Soc. Vareschi). Esso invece non pu� trovare applicazione per i capitolati generali dello Stato, i quali, secondo la costante giurisprudenza, hanno natura normativa di regolamenti di organizzazione, e per i quali, quindi, il problema va posto e risolto secondo il diverso aspetto sopra indicato. Deve pertanto concludersi che l'impugnazione di nullit�. prevista dal terzo comma dell'art. 51 del nuovo Capitolato per violazione delle regole di diritto, deve ritenersi ammissibile nella specie. -(Omissis). Con il quarto motivo l'Amministrazione denuncia la violazione degli artt. 16 ed 89 del Regolamento approvato con R.D. 602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 25 maggio 1895 n. 350, nonch� degli artt. 1223 e ss. e 2729 e.e., in relazione all'art. 829 n; 4 ed u.c. del c.p.c. Il motivo concerne la risoluzione del sesto quesito, con il quale l'Impresa aveva posto in discussione la maggfore durata dei lavori, e quindi la legittimit� delle due sospensioni, ordinate dal 18 ottobre 1958.al 23 giugno 1959, e dal 21 ottobre 1959 al 5 agosto 1960. L'impresa aveva sostenuto che le sospensioni predette enmo dipese da ragioni meteorologiche solo in minima parte (rispettivamente giorni 23 e 27), e che la mancata tempestiva ripresa dei lavori era stata causata dalla necessit� di attendere l'appmvazione della variante {prima sospensione) e dal disordine e dalla incuria della Direzione (seconda sospensione). Il Collegio arbitrale ha ritenuto che la prima sospensione fu giustificata da ragioni obiettive per soli 60 giorni su 248, e che la mancata tempestiva ripresa dei lavori doveva essere collegata con il ritardo nella approvazione della variante; ha liquidat~ .i danni richiesti dall'Impresa in lire 24.000.000 per spese generali ed in lire 51.512.240 per immobilizzo del macchinario. L'Amministrazione deduce che tale decisione � errata in quanto ilCollegio arbitrale ha trascurato di considerare che la pre.tesa dell'impresa era tardiva, perch� non avanzata immedia~ tamente all:;t ripresa dei lavori e nel relativo verbale, secondo il disposto degli arti. 16 e 89 del Regolamento del 1895. La Corte osserva: l'eccezione non risulta sollevata nel giudizio arbitrale. Comunque gli artt. 16 e 89 del R.D. 25 maggio 1895 n. 350 non prevedono preclusioni o decadenze per la sottoscrizione senza riserva del verbale di sospensione e del verbale di ripresa. In particolare l'art. 16 citato non prevede nemmeno l'iscrizione di riserva, nel verbale di ripresa: l'art. 89 si riferisce ai documenti di natura contabile (fra i quali non pu� essere compreso il verbale di ripresa). J?eve aggiungersi che l'art. 89 commina la decadenza per le riserye .che non vengono ripetute in occasione della prima firma del registro di contabilit�, e tale ipotesi non essendosi verificata nella sp~cie, la norma predetta non sarebbe in alcun caso applicabik Va ancora ricordato che l� riserva sul verbale di ripresa potrebbe essere richiesta, eventualmente, per le difformit� fra verbalizzazione e fatti, o per le contestazioni sulla regolarit� della ripresa, ma non per le conseguenze economiche della sospensione e della sua durata le quali attengono solo a fatti contabili e vanno quindi iscritte sul registro di contabilit� (cfr. art. 11 regolamento citato). -(Omissis). PARTE I, SEZ. VI, (lIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 603 LODO 19 ottobre 1963 n. 53 (Roma) -Pres. ed Est. Novelli -Consorzio tra cooperative di produzi�ne e lavoro del Polesine c. Istituto autonomo case popolari di Treviso e Gestione case per lavoratorL Appalto -Appalto di opere pubbliche -Capitolati generali -Natura normativa -Clausole particolarmente onerose -Approvazione specifica per iscritto -Non necessaria. (cod. civ., art. 1341). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Appalto forfettario � Riferi� menti ai calcoli di perizia ed alle analisi di progetto -lnconferenza. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto forfettario -Impugnazione per errore di calcolo e per errore vizio -Inammissibilit�. (cod. civ., artt. 1428, 1429 e 1430). Riconosciuta la natura normativa del Capitolato generale � d'appalto della Gestione Ina Casa, le clausole particolarmente onerose. non devono essere approvate specificamente per iscritto, ai sensi dell'art. 1341 del e.e. (1). Nell'appalto a forfait i richiami ai calcoli di perizia ed alle analisi �di prezzo non valgono a snaturare i requisiti tipici del negozio, ed il loro valore � meramente indicativo della modalit� di determinazione del prezzo complessivo (2). Nell'appalto a forfait non � ipotizzabile l'impugnazione per errore di calcolo, nemmeno sotto il profilo .della presupposizione, perch� il procedimento formativo delprezzo '� anteceden (1-3) Sulla natura giuridica del Capitolato d'appalto della Gestione case per lavoratori e questioni connesse (inammissibiit�. dell'approvazlon� specifica per iscritto delle clausole particolarmente onerose e inammissibilit�. dell'impugnazione per errore di calcolo e per errore-vizio nel� l'appalto a fodait). (1) Da tempo la giurisprudenza, anche se con diversa motivazione, ha definito la natura normativa del Capit�lato generale dello Stato. E ci� sia per gli appalti di competenza statale, che per quelli stipu� lati da enti pubblici obbligatoriamente tenuti ad applicarlo (v. Rassegna completa in: ALBANO; Foro it., 1958, I, 1737). Peraltro, .ogni ulteriore dissenso in proposito dovrebbe considerarsi precluso dall'intervenuta approvazione con decreto presidenziale (d.p.r. 10 lugho 1962, n. 1063) del Capitolato generale in vigore. Approvazione che pu� ritenersi consentita dalla espressa autorizzazione legislativa, conte 604 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DBLLO STATO te alla fase contrattuale, ed il consenso delle parti � espresso ed accettato unicamente in relazione al corrispettzvo .globale. Non � nemmeno ipotizzabile l'impugnazione per errore vizio, perch� essq non sarebbe comune alle parti, non avendo, .nell'appalto a corpo, l'accettazione dell'appaltatore nesso causale con i criteri determinativi del prezzo (3). (Omissis). -A questo punto potrebbe anche non esaminarsi l'altro aspetto del problema, che involge questioni pi� delicate, quello cio� della necessit� o meno della specifica approvazione ex art. 1341 delle clausole onerose del Capitolato predisposto dall'Ina-Casa. nuta nel titolo VI della legge sulle opere pubbliche (all. F alla legge 20 marzo 1865, n. 2248); ovvero anche dai principi generali di cui alla legge 31 gennaio 1926, n. 100 (v. in questa Rassegna 1962, 65-66). Da tanto immediatamente consegue la obbligatoriet� ex se di tutte le norme del Capitolato generale suddetto; e l'inammissibilit� di qualunque riferimento all'art. 1341, 2� comm1:1, e.e. per le clausole particolarmente onerose (Cass., 9 marzo 1955, n. 715; id., 27 giugno 1956, n. 2342). Anche per il Capitolato generale della Gestione Ina-Casa, sembra sostenibile la natura normativa. La decisione riportata sostanzialmente ne d� atto, pur considerando ultronea una indagine 'al riguardo. In proposito va ricordato, che l'art. 6, secondo comma, del d.p.r. 22 giugno 1949, n. 340, stabilisce espressamente che: �I capitolati di appalto (per la costruzione di alloggi lna-C�sa) dovranno uniformarsi a quello generale per le opere di conto del Ministero dei lavo�:-i pubblici �; e che l'art. 9 del r.d.l. 4 luglio 1949, n. 436, a sua volta, attribuisce al Consiglio Direttivo della Gestione, il compito di � stabilire i capitolati dj appalto per l'esecuzione dei lavori�. Da tali norme, si desume la duplice conseguenza, che i principi del Capitolato generale statale sono recepiti nella regolamentazione degli appalti della Gestione; e che alla stessa � attribuito un po1e1'e� regofa� mentare in materia, che si manifesta sia con lo stabilire il capitolato di appalto da osservare in ciascun lavoro, e sia con l'uniformare gli eventuali capitolati delle stazioni appaltanti a quello generale statale. Appunto in relazione a questo potere, la Gestione ha adottato un capitolato generale, di costante e necessaria applicazione in tutti gli appalti che la riguardano, essendo evidente che il potere di uniformare di . volta in volta i singoli capitolati a quello generale dello Stato, necessariamente ipotizza anche il potere di emanare un capitolato generale valido per tutti gli appalti. Infatti, in ciascuna delle ipotesi accennate, trattasi di applicazioni diverse, ma perfettamente equivalenti, dello :stesso potere, restando sempre fermo il modello al quale l'attivit� regolamentare viene uniformata. Quindi, la definizione della natura giuridica del Capitolato della Gestione Ina-Casa va posta negli stessi termini pi� volte definiti dalla giurisprudenza, a proposito del Capitolato generale della Cassa pei;il Mezzogiorno ; il cui carattere regolamentare . � stato riconosciuto non PARTE I, SEZ. VI, GIVR. IN MATERIA DI ACQVE, APPALTI E FORNITURE 605 Peraltro il problema rion sorge ove si ritenga, e come pare debbasi ritenere con la giurisprudenza e la dottrina prevalente, che non si applichi l'art. �1341 ai contratti che la pi� moderna dottrina definisce ad evidenza pubblica. La stessa dottrina, inoltre, ritiene l'inapplicabilit� dell'art. 1341 ai Capitolati emanati con atti amministrativi, in quanto � l'atto di autorit� che vincola la stessa AmministFazione e come tale non d� luogo ad un contratto di adesione (cos� Giannini M.S., L'attivit� amministrativa, pag. 59). Alla stessa conclusione si giunge anche considerando che in questo tipo di contratto il contraente privato, invitato a parteciparvi, ha a sua disposizione prima della conclusione le con solo per i lavori direttamente appaltati dalla Cassa, ma pure per quelli appaltati dagli enti concessionari (Cass., 23 giugno 1958, n. 2219, Foro it., I, 1442). Infatti, la norma di cui all'ultimo comma dell'art. 9 della legge 10 agosto 1950, n. 646,istitutiva della Cassa (secondo cui: � si osservano, in quanto applicabili, le norme vigenti per l'esecuzione delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei lavori pubblici � ), esprime lo stess� principio fissato dal citato art. 6 del d.p.r. 22 giugno 1949, n. 340, prescrivendosi in entrambi i casi la necessit� di regolamentare gli appalti dei due Enti, con l'osservanza delle norme vigenti per gli appalti statali. Pertanto, se ormai non � dubbia la natura regolamentare e non contrat.:' tuale del capitolo generale della Cassa per il Mezzogiorno, ad identica conclusione sembra consentito pervenire per il capitolato generale della Gestione. � Sulla linea delle osservazioni che precedono, va segnalata l'interessante opinione recentemente espressa in dottrina, ed alla quale li! decisione riportata ha fatto esplicito richiamo (GIANNINI M.S., L'att'i: vit� amministrativa, 1962, n. 35). Secondo fa stessa, allorch� il capitolato generale sia emanato con atto amministrativo, estraneo all'appalto e ad esso anteriore, si sarebbe in presenza di un mero provvedimento determinativo di clausole generali; e vale a dire non di atto negoziale dell'amministrazione contraente e contrattante, ma di atto dell'autorit�, che vincola la stessa amministrazione. Ovvia conseguenza di tanto, sarebbe� la inapplicabilit� dell'art. 1341 e.e. E' opportuno aggiungere, che la tesi � sostenibile nella sola ipotesi che l'ente pubblico sia fornito del potere di emanare l'atto amministrativo regolamentare, come appunto risulta per la Gestione Ina Casa:, in base ai precedenti rilievi. Fuori dei casi in cui risulti chiara la natura regolamentare, l'opinione corrente � che i capitolati generali siano da qualificare come condizioni generali di contratto (CAPACCIOLI, nota in Foro it., 1958, I, col. 1444 n. 3; GIANNINI M.S., op. e loc. cit.). La giurisprudenza, in proposito, � costante nell'affermare la necessit� ~lella specifica approvazione delle causole onerose; ma in contrario potrebbe obbiettarsi: a) che l'appalto pubblico non ipotizza un contratto di adesione, poich� l'iter contrattuale non si inizia con una proposta dell'amministrazione, ma con la presentazione dell'offerta da parte del terzo, alla quale segue -secondo le 606 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dizioni della gara, i capitolati di oneri generali o speciali, dei quali si assume la vessatoriet� di alcune clausole, e viene quindi meno quel mptivo di particolare . tutela connesso alla fattispe~ ie normativa (in tali sensi Corte Cass. 29-7-1958, � n. 2752). �Cos� decidendo appare altres� del tutto ultroneo l'esame delle tesi relative alla pretesa illegittimit� costituzionale dell'articolo 6 del D.P.R. 9-4-56, n. 1165, che sanciva l'obbligo della Gestione di adottare un Capitolato uniformato a quello statale, e che � stato invocato dalle parti convenute per attribuire efficacia normativa al Capitolato� generale per i lavori della. Gestione INA-Casa. Se, infatti, � la natura amministrativa del provvedimento di adozione del Capitol~to che esclude che il norme del tipo di gara adottato -l'accettazione dell'amministrazione. Prima della offerta,. non esiste alcun atto a contenuto negoziale, avendo � l'avviso d'asta o la lettera d'invito (come la dichiarazione di apertura della gara) il solo scopo di rendere note le condizioni alle quali potr� farsi luogo alla contrattazione. Le condizioni generali sono, perci�, predisposte in una fase anteriore a quella formativa del contratto, ed � l'offerta del terzo a richiamarle esplicitamente o implicitamente; b) anche ad ammettere con la pi� recente dottrina (GENOVESE, Enciclopedia del diritto, Voi. X, 1962, 2), che l'ambito di operativit� delle condizioni generali di contratto non � limitato ai cos� detti �contratti di adesione�, nei pubblici appalti mancherebbero sempre le premesse per l'applica~ zione dell'art. 1341 e.e., trattandosi di contratti a relazione perfetta,. data l'indubbia cooperazione delle parti nella scelta dell'atto di riferimento (capitolato generale) e nell'approvazione in contratto o nel capitolato speciale della clausola che prevede il rinvio (Cass., 1 febbraio 1962 n. 188, G�us( cfo. 1962, 1780). � (2) Cfr.: RUBINO, Appalto, 1951, pag. 134, secondo cui gli eventuali richiami ai prezzi unitari non possono avere altro valore, che di � semplice traccia indicativa delle modalit� di formazione de1 prezzo globale, destinata a restare nella fase precontrattuale e fuori del contenuto del contratto �. In giurisprudenza, cfr.: lodo 5 novembre 1953, in Acque; bonifiche e costruzioni 1954, pag. 88, con nota di richiami. Va aggiunto che l'art. 323 d�lla legge sui lavori pubblici del 1865 dichiara che il capitolato speciale di appalto � � affatto indipendente dalle perizie e dalle analisi che gli hanno servito di base �, Ed il successivo art. 330 ribadisce il �principio, disponendo che � fanno parte del contratto i disegni delle opere che si devono eseguire e il capitolato speciale di appalto, esclusi tutti gli altri documenti di perizia che erano annessi al progetto �. Inoltre, secondo l'art. 11 del d.m. 28 maggio 1895 (di approvazione dell'abrogato Capitolato generale delle opere pubbliche), l'Amministrazione deve consegnare all'appaltatore una copia autentica del contratto, corredata del capitolato stesso � e degli altri documenti, tassativamente indicati dall'art. 330 legge U.pp., qualunque altro escluso �. Infine, }'art. 7, u.c. del vigente Capitolato generale per gli appalti statali (d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063), pur prescrivendo l'indicazione nel capi~olato speciale e nei disegni di � tutti gli elementi sufficienti ad individuare la consistenza qualitativa e quantita� PARTE I, SEZ. VI, GIVR�.IN MATERIA DI ACQUE, Al'PALTI E FORNITURE 607 contratto in virt� di esso stipulato possa qualificarsi adesivo, ovvero se il contratto di pubblica evidenza non richiede approvazione specifica, ogni disquisizione, sulla natura regolamentare, � irrilevante. Per altro, appa.re anche corretta l'argomentazione della difesa della Gestione, secondo cui l'INA-Casa eseguendo 'spese pubbliche, che altrimenti dovrebbero essere eseguite dallo Stato, � tenuta ad osservare e far osservare tutta la normativa delle opere pubbliche, comprensiva di regolamento e di capitolato. (Omissis) . . Il contratto di appalto suole distinguersi a seconda del modo di determinazione del prezzo, in appalto a misura se il prezzo � stabilito per ogni unit� di misura di cui si compone tiva delle varie specie di opere �, non solo non si pone in contraddizione con il citato art. 323 della legge del 1865, ma sostanzialmente ne conferma la perdurante validit� (v. relazione ministeriale allo schema del Capitolato suddetto, Capo I, n. 2, in Arbitrati ed appalti, 1962, pag. 275).. Tali norme, prescrivendo l'assoluta indipendenza della perizia e delle analisi e l'esclusione dal contratto di tutti i documenti che erano annessi al progetto, pongono un obbligo a carico dell' Amministrazion.e: quello di non farli conoscere all'appaltatore. Conseguentemente, gli stessi non cjevono assumere, e non assumono, forza di contratto fra le parti. Ci� che costituisce l'oggetto, la causa, la legge del contratto sono unicamente il capitolato speciale ed i disegni di progetto: gli altri documenti, che se-. condo le norme e le discipline in vigore accompagnano, o che -secondo l'art. 330 legge 11.pp. -�erano annessi� al progetto (perizie, analisi computi metrici, ecc.), ne sono espressamente esclusi, perch� riguardano la formazione della �volont� interna dell'Ente e l'appaltatore non ha quindi diritto di conoscerli. � Le norme in questione, perci� sono di azione, in quanto preordinano una disciplina, che esaurisce i suoi effetti nell'ambito dell'Amministrazione e rende possibile Io studio ed il controllo degli organi competenti sui problemi tecnici relativi alla progettazione ed eseci.lzione dell'opera pubblica, ma escludono nel contempo ogni possibilit� di sindacato, sia dell'appaltatore che dello stesso giudice, sulla regolarit� ed esattezza dei progetti, dei calcoli di perizia e delle analisi dei prezzi. Dottrina e giuri:.. sprudenza sono concordi nel ritenere che �l'appaltatore, nell'accostarsi all'asta, fonda i suoi calcoli sulle condizioni contenute nel capitolato speciale, che rappresenta la vera legge del contratto ed � il solo documento, cltre i disegni delle opere, che abbia valore legale � (CUNEO, App. pubb. e priv., Cedam 1957, p. 92 e 96); che il �procedimento formativo dei. prezzi e le analisi che ne servono di base costituiscono fat'ti puramente interni dell'Amministrazione, e perci�, se anche nelle analisi per fa formazione dei prezzi di tariffa fossero incorsi degli errori, l'appaltatore non avrebbe titolo per richiederne la revisione, perch� per lui quelli che contano sono soltanto i p1ezzi offe1ti dalla. stazione appaltante, che � libero di accet-� tare o meno, ma se li accetta ne rimane vincolato, indipendentemente dall'esattezza o meno degli elementi tenuti presenti e valutati nella loro formazione� (Lodo 6 maggio 1941, Soc. Tomo contro Ministero LL. PP., 608 RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DBLLO STATO l'opera ed appalto a corpo (o a forfait o per aversionem), se il prezzo � fissato al momento della stipula del contratto e glo balmente. Si sostiene dal Consorzio in questa causa che nel contratto de quo: 1) le quantit� dei lavori da eseguire .erano esclusiva mente quelle corrispondenti a grafici di progetto; 2) i prezzi, ai quali tali quantit� erano state valutate, erano quegli stessi dell'elenco prezzo da pagarsi per i lavori a misura; 3) �il for fait globale � era stato stabilito attraverso un computo metri co; cui si� era pervenuti applicando i prezzi unitari alle quantit� risultanti dai grafici. Ci�, a quanto precisa parte attrice, si evincerebbe dagli in Giur. 00. PP., 1941, 1, 268); che conseguentemente �il progetto del l'opera e l'analisi dei prezzi non fanno parte del contratto e perci� non pu� ordinarsene la produzione in giudizio� (Lodo 11 dicembre 1939, Soc. lngg. Mangano e Nobili contro Min. LL.PP., ivi, 1940, 1, 201). I principi accennati sono indubbiamente applicabili anche a . fa vore �della Gestione Ina Casa e di tutti gli enti che utilizzano finanzia menti statali nella realizzazione di opere pubbliche. La normativa dei pubblici appalti ha riguardo non all'ident�t� del soggetto che material inente compie i J:;wori, ma alla obbiettiva natura degli stessi ed al fatto che �comportino un onere economico a carico dello Stato, essendo essen zialmente. posta a presidio degli interessi finanziari statali. Diretta conferma della tesi si ha nelle disposizioni di cui all'art. 80 del t.u. sull'edilizia popolare ed economica (r.d. 28 aprile 1938 n. 1165); nell'art. 294 u.c. della legge comunale e provinciale del 1934; nell'art. 6 u.c. della legge 10 agosto 1950, n. 646 sulla Cassa per il Mezzogiorno: in questi casi, trattandosi di lavori eseguiti con il concorso o il sussidio dello Stato, la normativa dei lavori pubblici statali � resa obbligatoria. E' da . aggiungere che. la giurisprudenza ha ritenuto di dare a tali norme un'interpretazione estensiva, appunto perch� risultano ispirate ai principi esposti (Cass., 18 aprile 1962, n. 754, Foro it., 1962, I, 619). (3) A proposito della presupposizione, � noto che la dottrina � orientata nel senso di negare riconoscimento all'istituto: se le parti hanno contrattato sul presupposto di una data situazione di fatto, quando ci� non sia stato tradotto in espressa clausola, il contratto resta sempre valido, poco i~portando se poi la situazione istessa era diversa da quella creduta (CARIOTA- FERRARA: Negozio giuridico, n. 126; MARTORANO, nota in Giur. it. 1959, I, 1, 329; ALCAMO, in Giur. Sic., 1959, 686). Al riguardo si arriva a sostenere c:he, anche quando la presupposizione risulti dal contratto, se le parti non si sii.io riservate un diritto di risoluzione, di recesso o di revoca, la pattuizione resiste ad ogni attacco. La giurisprudenza in passato � stata oscillante (in senso negativo: Cass. 20 giugno 1958, n. 2148, Giur. it. 1959, I, 1, 330, con richiami spec. a cot 333). Le ultime pronuncie, tuttavia, sembrano orientate verso una soluzione positiva (Cass. 5 luglio 1959, n. 2203; id. 19 febbraio 1960, n. 292; id. 10 novembre 1961, n. 2631); ma, contemporaneamente, pongono limiti PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI AC<lUE, APPALTJ�E FORNITURE 609 artt. 30 e 41 del Capitolato speciale e dall'art. 1 del contratto di appalto: dall'art. 1 del contratto, in quanto si fa riferimento ad un appalto del valore peritale presunto di L. 479.764.900 a forfait � e L. 9.030.000 a misura; dall'art. 30 del Capitolato speciale ove si indicano come parte integrante del contratto la lettera di invito, i disegni del progetto, i disegni costruttivi e l'elenco dei prezzi unitari che saranno adottati dall'Istituto per i lavori a misura e che hanno servito a determinare il �prezzo complessivo del lavoro e di conseguenza il forfait globale posto a base di asta. La citata disposizione, che dimostrerebbe lo stretto collegamento tra prezzo forfettario e prezzo unitario, sarebbe confermata dall'art. 2 dello stesso capitolato speciale, che prevede, ai fini delle eventuali variazioni entro i limiti previsti dall'art. 19 del ca- rigorosi al riconoscimento dell'istituto, subordina:ndci l'efficacia risolutiva di una situazione presupposta al fatto che essa faccia parte del contratto e che sulla stessa esista l'accordo delle parti. E' necessario, cio�, che la situazione suddetta abbia carattere obbiettivo; e quindi sia indipendente -nel suo eventuale verificarsi -dalla volont� delle parti; che, inoltre, sia comune ad entrambe, e vale a dfre costituisca un esplicito presuppo� sto della -volont� negoziale, e che -per di pi� -chiaramente risulti dall'atto (cit. sent. n. 2631 del 1961). In buona sostanza, e facendo riferimento ad una corrente definizione, � necessario considerare la presupposizione come una � condizione non sviluppata, non svolta, implicita �; o, pi� esattamente, come un motivo rilevante perch� determinante la volont�, ma non assurto a condizione. La differenza con la condizione (propria o impropria) � nel fatto, che nella presupposizione le parti hanno la sieurezza che la circostanza presupposta, se � passata, esiste; se � futura, si verificher� immancabilmente: quindi manca quell'incertezza dell'avvenimento, che � la fondamentale caratteristica della condizione (e.e., art. 1353). Tutto ci� necessariamente importa la necessit�, che la eircostanza presuppost~ sia esteriormente riconoscibile, appunto quale � condizione non sviluppata �; e che perci� risulti� chiaramente dall'atto, per poter poi, nel caso di mancata realizzazione, invalidare il negozio. S.e cos� non fosse, si ammetterebbe. la rilevanza di. qualsiasi motivo interno della volont� o di riserva virtuale; e sarebbero annullate sia la necessaria sicurezza dell'affidamento, che la remora dell'autoresponsabilit�, determinandosi un'estrema incertezza nei rapporti giuridici. D'altro canto, che la presupposizione debba essere riconoscibile, si desume chi�ramente dal fatto che nei negozi nei quali la legge considera la rilevanza pratica e giuridica dei motivi .(negozi mortis causa o �a titolo gratuito), questi devono aver determinato -da soli ...._ la disposizione; e, per di pi�, devono risultare dalla stessa, e -cio� non devono essere rimasti nella sfera interna del dichiarante (e.e., artt. 624, cpv. 648 cpv.; � 787; 793, u. cpv.); . Pertanto, a meno che non si voglia sostenere l'assurda tesi, che la situazione presupposta � rappresentata dalla certezza della rimunerativit� del prezzo, � evidentemente impossibile parlare di presuppos~ione negli appalti a forfait. Ci� urterebbe contro la particolare natura della pattui � � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I ~ . . pitolato generale per gli appalti del Ministero dei Lavori Pubblici; un calcolo con i prezzi contrattuali, nonch� dall'art. 3 che ffi impone prezzi unitari per i lavori extra forfait e per quelli in :=: detrazione dal forfait, e dall'art. 42, che, per il caso di risoluzione senza colpa dell'Impresa, stabilisce che i rapporti saranno definiti corrispondendo per ogni fabbricato il prezzo che risulter� detraendo dall'importo forfettari� stabilito in contratto come se fosse ultimato, l'importo dei. lavori da eseguire, procedendo a valutazione �ai prezzi dell'elenco allegato al contratto�. Decisivo altres� sarebbe l'art. 41 dello stesso capitolato speciale, da cui si evincerebbe l'esistenza di un computo metrico estimativo ufficiale preso a base per l'adozione dei prezzi di elenco. � zione, che, per quanto tipicamente aleatoria, necessariamente determina a carico dell'imprenditore il rischio di non vedere avverate, in sede di ese, cuzione, le proprie previsioni economiche; e suonerebbe negazione della essenza stessa del negozio, che consiste esattamente nel precludere questioni del genere, mediante la predeterminazione di un corrispettivo per l'opera nel suo insieme, e non per le quantit� di lavoro occorrenti alla sua esecuzione. � E' noto che si ha errore di calcolo � quando ,in operazioni aritmetiche, posti come chiari, sicuri e fermi i termini da computare, si commette un errore materiale di cifra, che si ripercuote sul risultato finale. Si ha, invece, errore in quantitate, quando la parte ha avuto ragionevolmente una falsa rappresentazione, una falsa conoscenza della realt� riguardo ai dati �ritmetici o al criterio matematico, in base ai quali si debba effettuare il calcolo, il quale -posti quei dati e quel criterio -� esatto � (Cass. 22 luglio 1959, Rep. Giur. It., 1959, I, 1, 2505). In altre parole, � errore di calcolo emendabile, quello di computo nell'elaborazione di dati matematici, del quale sia possibile ed agevol� la correzione. Esso non incide sulla dichiarazione di volont� delle parti, perch� se le� stesse hanno voluto i singoli elementi del computo, non potevano non volere il risultato finale. Quindi, l'errore in questione, pu� configurarsi solo se il corrispettivo della prestazione sia stato pattuito con indicazione di numero, peso o misura, e mai nell'ipotesi di una somma fissa ed invariabile, in cui ogni riferimento alle unit� di misura � impossibile, perch� fuori della previsione contrattuale. In base a questo principio, la giurisprudenza ha negato l'applicabilit� dell'art. 1430 e.e. alla vendita di massa, appunto perch� il rimedio, riferendosi all'errore di computo aritmetico, non pu� estendersi anche all'errore di apprezzamento circa la convenienza del contratto (v. Rass. di giur. sul Cod. civ., Giuffr�, 1956, libro quarto, pag. 578); e, con maggiore aderenza al caso dell'appalto, la dottrina ha ritenutO, per la vendita di massa futura, che, � se il prezzo � stabilito a corpo e la quantit� risulta maggiore o minore, non si potr� pretendere l'aumento� o rispettivamente la diminuzione del prezzo � (RUBINO, La compravendita, ii Giuffr�, 1962, pag. 192). Analogamente per la vendita a corpo di immobile, la misura, eventualmente indicata nel contratto, non reagisce sulla determinazione del prezzo (Cass. 28 agosto 1956, n. 3151). I PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 611 Tutte le richiamate disposizioni, ed in particolare quella dell'art. 30 del capitolato speciale circa le modalit� del calcolo del prezzo forfettario sarebbero, secondo parte attrice, proprio in funzione di un eventuale errore di calcolo e darebbero diritto a ricostruire il prezzo risalendo al computo metrico sulla base dei quale �ra stato determinato il prezzo globale, computo metrico che sarebbe stato dato in visione ai partecipanti alla gara. Dalle stesse norme risulterebbe altres�, indipendentemente dalla distinzione teorica tra appalto a misura e appalto a forfait, che nella specie si sarebbe di fronte ad un contratto nel quale pattiziamente le parti avrebbero fatto richiamo oltre che al prezzo a corpo ai computi di misura e prezzi determinativi del prezzo unitario. Questa particolarit� contrattuale, dalla difesa di parte attrice, � prospettata in pi� maniere che poi si concretano nella triplice tesi dell'errore di � In stretta aderenza a questi principi, la giurisprudenza arbitrale ha, perci�, affermato che nei .contratti a forfait non � assolutamente concepibile una rettifica per errore di calcolo (Coll. Arb., 15 gennaio 1957, Acque, ecc., 1958, p. 538; 13 gennaio 1958, ivi, 1958, pag. 309). N�, in ipotesi, sarebbe consentito sostenere una difformit� fra le quantit� che sarebbero occorse per l'esecuzione dell'opera secondo i disegni di progetto (o, il che � lo stesso, fra il prezzo globale presunto a base dell'appalto, e-quello ottenuto applicando i prezzi unitari dell'elenco alle quantit� previste dal computo metrico), poich� -in tal caso -sarebbe sempre da escludere un errore di calcolo nel senso illustrato di errore materiale in operazioni aritmetich?, dovuto al computo inesatto di criteri e dati correttamente presupposti. Si avrebbe, se mai, una falsa conoscenza o rappresen. tazione dei criteri e dati posti a base del computo, che risulterebbe esatto in s�, ma errato per l'inesattezza degli elementi su cui si fonda. Tale ipotesi, per�, rimane estranea all'errore aritmetico, poich� l'eventuale divergenza riguarderebbe le previsioni considerate in sede di valutazione presuntiva delle quantit� di lavoro; e non avrebbe nulla in comune con un mero errore materiale, riscontrabile ictu oculi, e consistente nella difformit� tra il risultato e gli elementi assunti a base del calcolo. In definitiva, nell'appalto a forfait, la promessa di un'opera considerata nel risultato finale e la natura: aversionale del corrispettivo escludono la possibilit� logica e la rilevanza. giuridica dell'errore di calcolo. La eventuale difformit� tra la quantit� di lavoro occorrente per l'esecuzione dell'opera ed il prezzo pattuito non � denun_ciabile nell'a:Ppalto a forfait nemmeno sotto il profilo dell'errore vizio. Infatti, un errore del genere non sarebbe essenziale, perch� non cadrebbe sull'oggetto del contratto, n� sulla identit� dell'oggetto della prestazione, che sono rappresentati dall'opus promesso nel suo insieme, e non nelle singole quantit� di lavoro. L'errore -semmai -riguarderebbe il valore del bene, e cio� un elemento attinente ai motivi soggettivi, e non alla causa ed all'oggetto del contratto (Cass., 29 settembre 1954, n. 3157, Foro it. 1955, I, 30; 18 giugno 1957, n. 2315, ivi, 1958, I, 584). GIUSEPPE DEL GRECO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO calcolo, dell'errore vizio � dolo e della presupposizione. Le controparti contestano vivacemente d�tte tesi, sostenendo che in ogni 'caso esse vollero stipulare un contratto di appalto a forfait nel quale i richiami ai calcoli di perizia ed alle analisi di prezzo hanno ben diversa finalit� e non valgono in ogni caso a snaturare la fisionomia del forfait, per essere contemporaneamente presenti i requisiti necessari a definire questa tipica figura contrattuale. Esposte cosl le tesi hinc inde dedotte, pare anzi tutto al Collegio che nella specie non possa dubitarsi che il contratto debba qualificarsi come contratto di appalto con determinazione del corrispettivo a forfait. La qualificazione in tal senso non costituisce un mero richiamo a nozioni teoriche, giacch� in tutta la economia dei contratti di appalto e della loro esecuzione incide profondamente l'intento delle parti di determinare il corrispettivo a misura o a corpo. Sotto questo profilo appare esatto il rilievo delle parti convenute circa l'impossibilit� di configurare un tertium genus, e peraltro neppure di genus si deve parlare, perch� tanto l'appalto a misura che quello a forfait restano nell'ambito dell'unitaria figura dell'appalto, distinguendosi solo in ordine ai crit�ri determinativi dei corrispettivi, senza che possa neppure ipotizzarsi qualificazione di contratto aleatorio, quale non � di certo l'appalto. Ci� premesso, appare chiaro, nel nierito, che nel caso in esame s� volle un contratto in cui, per la maggior parte dei lavori, questi dovevano essere remunerati a corpo. Invero nessun altro significato pu� avere la gara su di un prezzo a forfait riferito ad una determinata cubatura e d'altra parte proprio la distinzione di una parte di lavoro che convenzionalmente doveva tem�nerarsi a misura avvalora la tesi accolta. Qualsiasi richiamo eventualmente contenuto nel contratto ai prezzi unitari, non pu�, come gi� � stato chiarito in dottrina in fattispecie analoghe, avere altro valore, che di semplice traccia indicativa delle modalit� di formazione del prezzo globale, destinata a restare nella fase precontrattuale e fuori del contenuto del contratto. Non diversamente la giurisprudenza arbitrale ha stabilito che non � affatto incompatibile con la volont� di concludere un _:: .. appalto a forfait la previa elencazione e verifica dei prezzi dei . , singoli elementi che costituiscono l'opus, sempre che accanto . , al prezzo globale non sia fatta riserva di una liquidazione fi- , . , ' PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 613 nale dei conti; di modo che il richiamo a prezzi unitari,. lungi dall'inficiare la forza vincolante di quello totale concordato, pu� avere ed ha soltanto valore suo proprio di fornire la traccia in base a cui si � pervenuti alla determinazione della cifra complessiva. (Omissis). Identificata cos� la natura del rapporto contrattuale e la regolamentazione da dare ad esso, non perci� la controversia pu� dirsi esaurita, in quanto le tesi prospettate dalla parte attrice vanno ora esaminate con riferimento a quanto sopra detto e a quanto dedotto in fatto. Il Collegio non si nasconde la delicatezza del problema astratto dell'impugnativa per errore di un appalto a forfait, ma, salvo alcuni casi di palmare evidenza o puramente teorici quali ad es. quello dell'errore ostativo (indicazione di un prezzo diverso da quello in realt� voluto: art. 1423 e.e.; o dell'errore, affine al precedente, materiale o di calcolo contenuto nello stesso contratto come per le inesattezze nelle somme di diversi forfait), ritiene che gi� in via astratta sia ben difficile ipotizzare una valida impugnativa per errore. Tale tesi naturalmente prescinde dalle ipotesi in cui il problema si traduca in una questione .di ermeneutica, ove cio� la interpretazione del caso concreto possa indurre a ritenere che al prezzo globale non sia stato attribuito valore vincolante, ma solo di gara per la liquidazione finale complessiva del prezzo alla stregua dei computi metrici. Qui evidentemente ci si trova di fronte ad un appalto a misura, in cui � stata segnata solo a titolo indicativo una cifra a forfait. Salvo casi limiti, sicuramente estranei alla fattispecie, sembra che ripugni alla natura stessa del forfait ammettere la rilevanza di qualsiasi errore del committente nella fase precontrattuale, ovvero un qualsiasi errore dell'imprenditore circa il prezzo da lui accettato. Se, come ha scritto un insigne giurista (il PLANIOL) l'appalto a forfait si concreta in un patto di assicurazione della realizzazione dell'opera per il prezzo indicato dal committente, � evidente che una volta accettata, questa garanzia non possa cadere in base all'assunto che essa � stata chiesta per un importo eccessivamente oneroso, ovvero senza i necessari approfondimenti sulla convenienza. Potr� de iure condendo ritenersi pi� o meno opportuno che le pubbliche Amministrazioni si avvalgano del rigore del nostro ordinamento, il quale attribuendo efficacia all'autonomia negoziale, sacrifica gli interessi dell'imprenditore non avve 614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO duto o frettoloso, ma non pu� il Collegio, nell'ambito del diritto positivo, preterrnettere la tutela della stazione appaltante alla stregua dell'affidamento nell'impegno dell'appaltatore ad eseguire i lavori per il prezzo da essa comunque stabilito. Ci� in via pi� generale; passando ora all'analisi dei singoli profili, pu� subito sgombrarsi il campo riguardo alla tesi dello errore di calcolo, che � poi connessa con l'altra della presupposizione. Secondo parte attrice il riferimento nel contratto a valori peritali e a c�mputi metrici starebbe a significare che le parti hanno espresso la precisa volont� di rispettivamente offrire ed accettare il prezzo globale soltanto se ed in quanto esso costituisca � il risultato di un computo metrico di cui venivano indicate e pattuite le componenti. Pertanto, ove si riscontri un errore di calcolo da ricostruirsi in relazione al conteggio prezzomisure, si potrebbe senz'altro rettificare questo errore rifacendo i conteggi in modo esatto e, come si � gi� detto, il rifiuto a compiere tale correzione importerebbe inadempienza della stazione appaltante. La tesi, che in fatto trova sicura smentita nel contenuto delle pattuizioni come innanzi riferito, in linea di diritto, � un fuor d'opera, perch� presuppone lo snaturamento del tipo di appalto adottato per trasformare uno specifico contratto con la indicazione di corpi e prezzi di essi, nel diverso tipo dell'appalto a misura, nel quale soltanto si procede� di volta in volta alle misure ed al pagamento in relazione ai prezzi stabiliti. N� a questa forma di appalto si pu� ritornare con la giustificazione della revisione di un errore, perch� se il prezzo � determinato a forfait, il procedimento peritale formativo non crea nell'al I tro contraente un, diritto al riesame ma vale solo al pi� perch� anch'egli si adegui nella fase precontrattuale e compia misurazioni e conteggi per giungere all'unico risultato utile (ed utile I anche se si verificano errori nei computi dall'una o dall'altra parte), quello dell'accettazione del prezzo che � unico corrispettivo contrattuale.� L'altra tesi della presupposizione � da respingere per gli stessi motivi per cui non pu� accettarsi quella della rettifica dell'errore di� calcolo. Peraltro, come presupposizione si vuole addurre la stessa fattispecie, sebbene con conseguenze diverse. Non � il caso in questa sede di soffermarsi sulla nota questione dell'ammissibilit� della presupposizione; anche ad aderire a quell'indirizzo giurisprudenziale che ammette la caducazione di contratti stipulati sul presupposto di una data situa PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 615 zione di fatto, occorre ricordare che ad essa � data rilevanza solo se la situazione presupposta faccia parte del contratto e su di essa esista l'accordo dei contraenti; sia cio� una situazione a, carattere obiettivo, comune ad entrambe le parti e chiaramente risultante dall'atto; deve trattarsi, in altre parole, di una condizione non sviluppata che, se non realizzata, invalida il negozio. Ed in ci� la presupposizione si distingue dai motivi che hanno portato al contratto. . Ci� premesso, � evidente che al pari. dell'errore di calcolo non pu� ipotizzarsi una presupposizione di adeguatezza con riferimento ad un corrispettivo a forfait in un contratto di appalto, e ci� per la evidente contraddizione. L'asserzione, quindi, di aver indicato o accettato un prezzo a forfait su previsioni inesatte potrebbe incidere sui motivi del negozio e non sul presupposto comune ad entrambi, se, come � certo, in tale contratto il prezzo globale � accettato indipendentemente dalla _meccanica della sua formazione. Si noti in proposito che considerare in un contratto con pr�zzo �a corpo come presupposto il conteggio misure -prezzi, � antinomico all'intento negoziale di questo tipo di contratto; ed � sintomatico a riguardo che l'acuta difesa di parte attrice, per sostenere coerentemente la propria tesi, � partita da una premessa (che gi� si � criticata) nella quale, pur non potendo disconoscere la natura di forfait del contratto, ha cercato qua.. si di configurarlo come un tertium genus in cui potessero valere presupposizioni o errore di calcolo. Rimane l'impugnativa per errore di quantit� o addirittura per dolo. Non � il caso di procedere ad astratte disquisizioni in materia. Certamente non pu� escludersi a priori l'ammissibilit� dell'impugnativa per dolo alla stregua della comune normativa privatistica applicabile ai contratti del genere, ma non pare rilevante un errore sulla quantit� in un contratto, come quello di specie con prezzo a forfait. Per potersi avere l'errore -vizio, occorre che l'errore sia comune ad entrambe le parti e nel contratto con pagamento a corpo ci� non pu� in concreto accadere, perch� anche se una delle parti ha erroneamente determinato l'importo, l'accettazione dell'altra non ha nesso causale con i criteri determinativi del prezzo e pertanto non pu� esservi comunanza di errore. Il problema non � nuovo: come � stato rilevato in dottri_ na non pu� dirsi che l'errore di calcolo in cui � caduta l'impresa costituisca errore di fatto che cada sopra la sostanza� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ della cosa che forma oggetto del contratto, perch� nel contratto di appalt-0 a prezzo unitario l'appaltatore che adisce l'asta accetta il prezzo riconoscendolo di sua convenienza, e non pu� lamentarsi della eventuale ulteriore scoperta della non remunerativit� dei prezzi. Inoltre non pu� mai identificarsi l'errore in un divario tra stima precontrattuale del committente e quella che, secondo l'appaltatore, potrebbe desumersi da richiami a misure, disegni, etc. Questi richiami costituiscono dati presuntivi che non possono denunziare un errore di per s� incompatibile con la opinabilit� degli apprezzamenti tecnici. N� l'errore potrebbe essere desunto dalle differenze, riscontrate nello stato di consistenza, fra l'importo forfettario e quello desunto dalle quantit� di lavoro accertate dopo la risoluzione dell'appalto. Invero, come � stato esattamente opposto, il divario accennato va posto in relazione alla circostanza che la stima precontrattuale non poteva tener conto delle concrete modalit� di esecuzione, rimesse al giudizio dell'impresa secondo calcoli effettuati _da tecnici di sua� fiducia. In ogni caso, il preteso errore in quantitate non sarebbe essenziale e determinante del consenso e quindi capace di. invalidare il contratto, E' noto al riguardo l'indirizzo della dottrina pi� autorevole, nonch� quello della giurisprudenza nel senso che lerrore sul valore della cosa, quale che sia la sproporzione tra il valore stesso e il corrispettivo, non costituisce errore essenziale che possa dar luogo all'annullamento del contratto ex art. 1429 e.e .. Nei contratti a titolo oneroso, come � stato pi� volte affermato, sacrificio e vantaggio di ciascun contraente stanno si, di regola, in rapporto di equivalenza o di equilibrio contrattuale, non per� nel senso oggettivo, essendo sufficiente che detta equivalenza sia soggettiva e con rispetto della piena libert� ed autonomia contrattuale. La Corte di Cassazione, con la sentenza 18 giugno 1957, n. 2315, ribaditi gli accennati principi, in relazione alla vendita a corpo di un terreno ritenuto meno esteso dalle venditrici, concludeva affermando che un errore del genere incideva esclusivamente sui motivi e come tale non poteva condurre all'annullamento. E ci� in quanto l'errore sul prezzo non riguarda le qualit� essenziali della cosa, perch� estraneo alla sostanza ed alla individuazione della stessa. Quanto riferito vale naturalmente, ed a maggior ragione, anche per l'appalto a corpo, nel quale il prezzo si intende accettato per l'intera opera perch� ritenuto congruo e remunera I I .� ~ �' ..: PARTE I, SEZ. VI, GIUR, IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 617 tivo dall'appaltatore, in base a propria valutazione di convenienza ed a suo esclusivo rischio. Nel caso in esame, poi, che l'errore non ricadrebbe sulla sostanza del contratto ma sul va16re della cosa, deriva dal fatto che � incontroverso essere stata l'opera esattamente identificata nei disegni di progetto, n� � sorta contestazione sulla cubatura .degli edifici che tuttavia secondo it contratto era solo indicativa; � sorta .questione invece sulle quantit� di lavoro occorrenti per l'esecuzione della opera come parametro della determinazione del relativo prezzo, laddove � noto che l'oggetto dell'appalto a forfait si identifica nell'opus promesso e non nelle singole quantit� di lavoro. E' a questo punto da rilevare che anche la circostanza, vivacemente contestata in fatto dalle parti convenute, della .comunicazione del computo metrico anteriormente alla gara o della distribuzione ufficiosa dello stesso, non pu� indurre a diverse soluzioni in ordine al preteso vizio per errore. L'appaltatore di una pubblica gara deve fare la propria offerta vagliando l'opportunit� del contratto a suo rischio e pericolo e non pu� fare assegnamento su atti interni dell'Amministrazione. D'altro c�nto � decisivo in proposito che qualsiasi comportamento del genere potrebbe imputarsi esclusivamente .a determinate persone fisiche e non certo farsi risalii::e agli organi della stazione appaltante, che manifestano la loro volont� :attraverso atti formali e nelle vesti delle rispettive compe.tenze. Le questioni esaminate sono state decise in maniera del tutto analoga in numerosi lodi arbitrali (cfr. 11 dicembre 1939, Mangano c. Ministero LL.PP. in Giur. op. pubbl. 1940, I, 200; 13 �giugno 1935, S.I.C.A.M. c. Ministero LL.PP. in Nuova rivista dei pubblici appalti 1935, I, 444; 14 aprile 1962, lm]>resa Cataldi c. Istituto Autonomo Case Popolari; 6 maggio 1941, S. A. Torno c. Ministero LL.PPI., in Giur. op. pubbl. 1941, I, 268). Quest'ultimo ha stabilito che il procedimento formatiyo dei prezzi e le analisi che ne servono di base costituiscono fat~ ti puramente interni dell'Amministrazione, e perci� se anche nelle analisi per la formazione dei prezzi si fosse incorso in errore, l'appaltatore non avrebbe titolo per richiedere la revisione, perch� per lui quelli che contano sono soltanto i prezzi offerti dalla stazione appaltante, che � libero di accettare o meno, ma se li accetta ne rimane vincolato indipendentemeJ..lte dalla esattezza degli elementi tenuti presenti e valutati nella loro formazione. Quanto all'ultima impugnativa, quella di dolo, essa ii;i astratto, come gi� � stato accennato, pu� trovare ammissibilit�, in quanto un errore vol,utamente realizzato per ottenere un 618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vantaggio pu� essere imputato anche ad una P. A. per quanto il caso possa apparire eccezionale. Perch� si possa parlare di dolo, occorre per�, che non solo vi sia un errore su elementi determinanti, ma che il raggiro costituente del dolo sia stato tale che senza di esso la parte non avrebbe contrattato. Nel caso, invece, le circostanze stesse che si vogliono provare escludono qualsiasi elemento circa una partecipazione degli organi competenti della stazione appaltante ad una determinazione dolosa del prezzo. Anche se in ipotesi nelle valutazioni precontrattuali vi sia stato un errore, non si � neppure dedotto che i mezzi adoperati siano stati adoperati con l'intenzione di ingannare. Nella specie, poi, non potendosi ritenere che la stazione appaltante abbia inteso porre in essere raggiri diretti ad ingannare tutti i partecipanti alla gara (n� ci� si chiede di provare) si dovrebbe pensare a raggiri di terzi, cio� a raggiri da parte degli organi che hanno partecipato alla formazione dei prezzi, adoperati contro l'aggiudicatario. Occorrerebbe, per�, provare ai sensi del 2� comma dell'art. 1439 cod. civ. la consapevolezza da parte della stazione appaltante e ci� � smentito dalla stessa deduzione dei fatti compiuta da parte attrice, che riferisce di errori obiettivi e palesi risultanti da computi o addirittura da atti che essa ha avuto in sue mani sia pure per poco tempo, il che sta senz'altro ad escludere la possibilit� di parlare di raggiri. Queste osservazioni, sono gi� sufficienti per negare l'ammissibilit� dei mezzi istruttori chiesti per accertare errori di calcolo, errori circa il presupposto, ovvero errore nella quantit�. In particolare � indiscutibile la frustaneit� dei mezzi istruttori richiesti circa l'esibizione degli elaborati di progetto, consistenti nel preventivo particolareggiato e nella relativa relazione nonch� nel computo metrico estimativo compilato dalla Gestione e dall'Istituto. Tale istruttoria, oltre ad essere diretta all'acquisizione di atti interni di una pubblica Amministrazione ed inerenti al procedimento contrattuale incide su elementi che anche se fossero legati al contratto, non varrebbero a spostarne l'economia. E ci� anche ai fini della impugnativa per dolo, perch�, come � stato accennato in precedenza, la esibizione di un .conto eventualmente errato da parte di un funzionario dell'INA-Casa -cos� come affermato da parte attrice -non importerebbe mai una responsabilit� contrattuale all'Ente, che non ha certamente autorizzato (n� si � chiesto di provare il contrario) tale comportamento del funzionario. (Omissis). I . z ' l z M i::: ~:% PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 619 LODO 16 aprile 1964, n. 21 (Roma) -Pres. Girelli -Impresa Della Ragione (avv. Peri} c. Ministero Pubblica Istruzione e Gestione case per lavoratori (avv. Stato. Del Greco). Arbitrato -Notifica della domanda arbitrale presso l'Avvocatura dello Stato -Inderogabilit�. (1. 25 marzo 1958, n. 26{), art. 1). Le domande arbitrali devono essere notificate, a pena di nullit�, presso l'Avvocatura dello Stato, che, a norma della legge 25 marzo 1958 n. 260, ha assunto il ruolo di domiciliataria �generale di tutte le Amministrazioni dello Stato (1). (1) Le domande arbitrali prima della legge 25 marzo 1958, n. 260, andavano notificate direttamente all'Amministrazione. Con tale legge � stato affermato il principio dell'unit� delle notificazioni, innanzi a tutte le giurisdizioni, con la sola esclusione dei giudizi avanti ai Conciliatori ed ai Pretori. Come � noto, il .Consiglio di Stato, con la decisione dell'Adunanza Plenaria 15 gennaio 1960, n. 1. ha ritenuto di derogare al principio, per ragioni che non sembrano da condividere. La questione, relativamente ai giudizi arbitrali, � stata portata all'esame delle Sezioni unite della Corte di Cassazione-nell'udienza dell'll giugno 1964. SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 febbraio 1963 n. 4 -Pres. Tavolaro -Est: Erra -P.M. Violetti (conf.). Conflitto di competenza in c. Cogo ed altri. � Reato finanziario � Reato finanziario punito con ammenda connesso con reato comune � Comp.etenza dell'Intendente di Finanza � Ef� fetti della connessione � Insussistenza. (1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 21; c.p:c., art. 49). Nel caso di reati connessi alcuni di competenza dell'Intendente di finanza ed altri di competenza del Pretore non � applicabile il principio sugli effetti della connessione di cui all'art. 49 c.p.p. In tale ipotesi rimane ferma la competenza dell'Intendente di finanza in base all'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, per il quale � attribuita alla competenza dello stesso Intendente di finanza la cognizione delle contravvenzioni previste dalle leggi finanziarie e per le quali � commisurata la sola pena dell'ammenda. Poich� l'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 riguarda le contravvenzioni previste da leggi finanziarie, deve aversi riguardo alla natura finanziaria del testo legislativo in cui sono inserite le disposizioni sanzionate penalmente, con la conseguenza che la deroga alla competenza del pretore in caso di reati connessi deriva proprio dalla natura finanziaria del testo legislativo in cui la disposizione � contenuta (1). Il Pretore di Saluzzo, con sentenza del 12 aprile 1962, considerato che fra i reati addebitati agli imputati alcuni erano di natura finanziaria, dichiar� la propria incompetenza e rimise gli atti al Tribunale di Saluzzo, da esso ritenuto competente a conoscere dei reati finanziari in base all'art. 21, 17 gennaio 1929 e del reato comune di cui all'art. 686 cod. penale in base all'art. 49 cod. proc; pen. data la connessione fra tutti i reati. Senonch� (1) La sentenza, che � pubblicata in Arch. pen., 1964; II, 243, appare avere correttamente fatto applicazione del rapporto fra la norma dell'art. 2l della legge n. 4 del 1929 ed il principio di cui all'art 49 c.p.c. Egualmente esatto appare l'altro principio in tema di definizione della natura di legge finanziaria con particolare riguardo al caso in cui una disposizione contenuta in un testo qualificato come complesso di norme finanziarie sia .munita della sanzione posta nel testo legislativo predetto. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE il Tribunale, ritenuto che agli imputati erano addebitati un reato comune contravvenzionale e reati finanziari punibili con la sola ammenda e che pertanto non poteva sussistere la competenza del tribunale, bens� i reati finanziari dovevano essere demandati alla competenza dell'intendente di finanza e quello comune doveva essere giudicato dal pretore, con ordinanza del 12 dicembre 1962 ha dichiarato la propria incompetenza e ha rimesso gli atti a questa Corte Suprema per la risoluzione del conflitto. Ci� st�nte, in merito al problema della individuazione del giudice competente allorch� siano connessi reati finanziari di competenza dell'intendente di finanza (perch� punibili con la sola ammenda) e reati di competenza del pretore, va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha espresso tre diversi indirizzi. Sulla base del principio generale sancito nell'art. 49 cod. proc. pen. secondo cui la competenza del giudice ordinario attrae quella del giudice speciale, si � ritenuto in un primo tempo e la tesi � stata ripresa anche in una recente decisione, che competente a giudicare sia i reati comuni sia quelli finanziari � il pretore. Si � poi affermato che, fermo rimanendo il principio della devoluzione di tutti i reati connessi, finanziari e comuni, al giudice ordinario, questo per� deve essere non il pretore, ma il tribunale, l'unico giudice ordinario di primo grado cui l'art. 21 della legge del 1929 sopraindicato riconosca la competenza a giudicare i reati finanziari non di competenza dell'intendente di Finanza. Si � infine, nelle meno remote decisioni, stabilito il principio che, nel caso di reati connessi di competenza alcuni dell'intendente di finanza e altri del pretore, non pu� .operarsi alcuno spostamento di competenza, e l'intendente di finanza e il pretore devono conoscere ciascuno dei reati di propria competenza. Un ulteriore esame della questione induce a confermare questo ult�mo orientamento. Stabilisce invero l'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che la cognizione dei reati preveduti dalle leggi finanziarie spetta: 1) all'intendente di finanza se trattisi di contravvenzioni per le quali la legge stabilisca la sola pena dell'ammenda; 2) al tribunale quando si tratti di ogni altro reato. E' evidente perci� che, in tema di reati finanziari non devoluti alla cognizione del giudice speciale (intendente di finanza), la legge ha indicato come unico competente, fra i giudici ordinari di primo grado, il tribunale, cos� attribuendo a quest'organo giudiziario una competenza qualitativa. Se quindi al pretore � stata sottratta in modo assoluto la competenza per i reati finanziari, fare risorgere tale competenza at 622 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO traverso l'istituto della connessione significherebbe svuotare completamente di contenuto la tacita disposizione dell'art. 21 della legge del 1929. E' ben vero che nella sua formulazione letterale l'art. 49 cod. proc. pen. sembrerebbe contrastare la soluzione adottata, salva, si intende, la possibilit� da parte di questa Corte Suprema di ordinare, per ragioni di convenienza, la separazione dei procedimenti connessi. Ma l'apparente contrasto si dissolve, ove si consideri che una disposizione di legge � va interpretata non soltanto in relazione al suo testo, come se fosse avulsa da tutto il sistema, ma anche in relazione al suo spirito e all'esigenza di un'armonica coordinazione con le altre norme vigenti nella materia:. e l'art. 49 cod. proc. pen. non pu� essere. interpretato senza tener presente che le norme concernenti gli effetti della connessione sulla competenza per materia non sono assolute, ma consentono, in determinate ipotesi, la separazione dei procedimenti connessi (artt. 46 e 49 cod. proc. pen.) e senza collegare tale articolo con l'art. 21 della menzionata legge n. 4 del 1929. Esclusa la competenza del pretore a giudicare dei reati finanziari connessi, non si potrebbe peraltro profilare, per questi e per quelli comuni, la competenza del Tribunale in base alla considerazione che -dovendo conoscere di tutti i reati, ai sensi dell'art. 49 cod. proc. pen., il giudice ordinario -questi dovrebbe essere l'organo cui alla legge speciale � attribuita la competenza in generale per i reati finanziari. E' manifesto infatti che l'attrazione della compet�nza a norma dell'art. 49 cod. proc. pen. si attua nei confronti del giudice competente a conoscere dei reati comuni, ma non pu� avere risultato che il giudizio venga attribuito ad un terzo giudice che non � competente, originariamente, rispetto ad alcuno dei reati ascritti all'imputato. Si deve perci� concludere che, quando uno o pi� reati finanziari siano di competenza dell'intendente di finanza e siano connessi con uno o pi� reati di competenza del pretore, sono inapplicabili le regole sulla competenza per connessione dettate nell'art. 49 cod. proc. pen. E l'esattezza di tale conclusione trova conferma nella considerazione che, diversamente opinando, si verrebbe a togliere all'imputato la possibilit� di addivenire, per i reati finanziari alla conciliazione amministrativa, posto che l'art. 14 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 stabilisce che la relativa domanda (sulla cui ammissibilit� ogni valutazione � riservata all'autorit� finanziaria) deve essere fatta prima che il decreto penale di condanna, da emettersi dall'intendente di finanza, sia divenuto esecutivo, o anche dopo, prima per� dell'apertura del dibattimento innanzi la autorit� giudiziaria di primo grado, ma sempre che vi sia stato PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 623 il decreto penale emesso dal giudice e a questo sia stata fatta opposizione. Ci� stabilito, si tratta ora di esaminare quali fra i reati ai tre imputati, siano di competenza del pretore e quali dell'intendente di finanza. Fuori discussione essendo la contravvenzione di cui all'art. 686 cod. proc. pen. la quale appartiene alla competenza del pretore, l'indagine consiste nell'accertare se tutti gli altri reati attribuiti agli imputati siano di natura finanzi�ria, e quindi devoluti alla competenza dell'intendente di finanza, e se fra essi alcuno ve ne sia -come sostenuto dal Procuratore Generale presso questo Supremo Collegio -che debba essere considerato comune, e quindi attribuito alla competenza del pretore. � Dal combinato disposto degli artt. 1 e 21 della legge 1929, n. 4, emerge che l'intendente di finanza � competente a conoscere delle contravvenzioni prevedute dalle leggi finanziarie relative ai tributi dello Stato, per le quali � stabilita la pena soltanto dell'ammenda, e perci� la determinazione della competenza dell'intendente di finanza si connette alla nozione di legge finanziaria relativa ai tributi statali. E leggi finanziarie relative a tributi statali� sono quelle che impongono e disciplinano i tributi dello Stato e ne regolano la riscossione. E' per� ovvio che -una volta riconosciuto che una legge regola in generale l'imposizione o la riscossione di un tributo dello Stato -nessuna possibilit� esiste di distinguere in essa singole disposizioni a carattere fiscale da altre che tale carattere non avrebbero. Il carattere fiscale della legge nel suo complesso informa necessariamente tutte le norme in essa contenute, e quindi anche quelle che, pur non concernendo direttamente l'imposizione o la riscossione del tributo, sono tuttavia dirette a un fine di prevenzione e di controllo o, in generale, a disciplinare il modo della imposizione e della riscossione del tributo medesimo, sicch�, mentre � possibile che una disposizione di carattere venga inserita in una legge non avente nel complesso come oggetto l'imposizione o la riscossione di un tributo, deve escludersi l'ipotesi inversa, e cio� che una legge avente per scopo l'imposizione e la riscossione di un tributo possa contenere disposizioni spoglie del carattere fiscale. D'altra parte l'art. 21 della citata legge n. 4 del 1929 si riferisce alle contravvenzioni previste da leggi finanziarie, e d� quindi rilevanza al carattere finanziario non di singole norme, bens� del1' intero testo legislativo in cui il precetto sancito penalmente � contenuto. La deroga alla giurisdizione ordinaria � collegata dun 624 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I que al carattere finanziario della legge e attrae le infrazioni a tutte le singole disposizioni in essa contenute. I Poich� il d.l. 11 gennaio 1956, n. 108, concerne l'imposta di fabbricazione sui vini ed ha quindi carattere fiscale, ne consegue che tutti i reati in esso previsti sono, se punibili con la sola ammenda, di competenza dell'intendente di finanza. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 giugno 1963 -Pres. Poli. meno -Rel. Guadagno -P.M. De Gennaro (concl. parz. diff.) rie. P.M. c. Borzone. Peculato � :Peculato per distrazione � Destinazione diversa � Profitto altrui � Presupposti. Peculato � Qualit� di pubblico ufficiale � Esercizio di fatto di pubbliche funzioni o di pubblico esercizio � Ammissibilit�. (c. p., art. 314). Si ha peculato per distrazione quando l'agente imprime al danaro o alla cosa mobile posseduta una destinazione diversa da quella stabilita dalla p.a. Sussiste egualmente diversit� di destinazione quando il denaro o la cosa seppure rivolta ad uno scopo di interesse generale sia, peraltro, diverso da quello stabilito dalla p.a. anche se rientrante in quello stesso genericamente da quest'ultima stabilito. L'elemento del profitto altrui viene ad integrarsi anche quando il terzo si identifichi in una persona giuridica che non sia la p.a. (1). La qualit� di pubblico ufficiale pu� sussistere anche in difetto di nomina formale, purch� l'affidamento delle funzioni pubbliche derivi dal rapporto intervenuto con la stessa p.a. a seguito del consenso da quest'ultima prestato. ovvero per acquisizione. (2). (1-2) La sentenza che � pubblicata in Giust. pen. 1964, II, 452, risulta avere esattamente applicato i principi interpretativi in materia di peculato per distrazione; v. in senso conforme Cass. 20 settembre 1963, Giust. pen. 1964, II, 384, 457 (m.), e, particolarmente, nel senso che �l'uso difforme delle cose integra di per s� gli estremi della distrazione che sussiste anche quando si altera la destinazione specifica della cosa senza alterarne quella generica �. Per quanto riguarda l'assunzione della posizione di pubblico ufficiale da parte del soggetto che esplica � di fatto � pubbliche funzioni, sempre per� �.con il beneplacito dell'autorit� competente, nonostante il . difetto di una formale investitura � v. Cass. 6 marzo 1963, Giust. pen. 1964, II, 294; v. anche RICCIO, I delitti contro la pubblica Amministrazione, 40 e segg. PARTE I, SEZ. VIl, GIURISPRUDENZA PENALE (Omissis). -Occupandosi ora la Corte del motivo principale del don Barzone, le doglianze da questi avanzate in ordine alla sussistenza dgeli estremi del delitto di peculato mediante distrazione sono infondate. E' noto, infatti, che l'ipotesi del peculato mediante distrazione si realizza con il dare danaro alla cosa mobile posseduta, una destinazione diversa da quella stabilita dalla pubblica amministrazione cui appartiene. Nella specie � emerso che l'imputato ebbe a impiegare parte dei fondi assegnati ai cantieri di lavoro di cui aveva la gestione per la costruzione di opere della colonia parrocchiale ed elargizioni varie mentre non risultano accetrate le destinazioni date alle differenze di compensi versati al Lonardo Pietro ed Adriana. Ed il delitto di cui all'art. 314 c.p. sussiste egualmente se il denaro o la cosa vengano destinate ad uno scopo, anche di interesse generale, difforme da quello stabilito oppure, nell'ambito della stessa generica destinazione, venga alterata la destinazione specificamente imposta dalla pubblica amministrazione. N� pu� ritenersi sufficiente la dimostrazione della mancanza di un fine proprio e di un profitto personale da parte dell'agente, perch� la fattispecie normativa di cui all'art. 314 prevede che il profitto possa essere anche di altri. E nella nozione di profitto altrui, rientra qualsiasi vantaggio patrimoniale di cui si giovi persona (anche giuridica) che non sia la Pubblica Amministrazione. Questo indiTizzo interpretativo cui la Corte aderisce, � rispondente agli s�opi stessi della tutela e si ispira alla finalit� fatta palese dall'art. 314 di evitare che la confusione di fondi e le alterazioni giuridiche e materiali delle specifiche destinazioni date al denaro ed alle cose si traduca non solo in danno patrimoniale perJa pubblica amministrazione, ma sia turbato quello che � il regolare funzionamento della pubblica amministrazione e vengano esposti a un pregiudizio quelli che sono i precisi scopi stabiliti dalla legge per le :finalit� proprie della stessa Pubblica Amministrazione. N� a diversa soluzione poteva pervenire la Corte di merito, esaminando il problema sotto un profilo pi� strettamente subiettivo, essendo noto che ad integrare il dolo del delitto� di peculato, � sufficiente la cosciente volont� del pubblic� ufficiale di invertire in profitto proprio o di altri le cose o il denaro�� e di dare alle stesse, una destinazione diversa da quella stabilita. E per l'estraneit� dei motivi e moventi alla nozione di dolo, bene � stato ritenuto che le :finalit� di carattere morale e sociale di cui poteva essere accusato l'imputato potevano al pi� dar vita all'attenuante propria di cui all'art. 62 n. 1 c.p. Anche su tale punto della decisione, la doglianza � infondata. Affidata ad ampia motivazione risulta anche la dimostrazione 626 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della Corte circa la qualit� di Pubblico Ufficiale del don Barzone, a nulla rilevando l'eventuale esercizio di fatto della stessa pubblica funzione. Esiste valido titolo all'esercizio delle funzioni pubbliche anche allorch� manchi una nomina esplicita, ma l'affidamento delle pubbliche funzioni odel pubblico servizio e quindi la esistenza del rapporto organico con la P.A. siano desumibili dallo stesso rapporto di fatto, instaurate per l'effetto del consenso e dell'acquiescenza della stessa pubblica Amministrazione. Avvertendo altres�, �che titolo non � soltanto quello legale o quello negoziale, ma che esso oltre a discendere dalle leggi o dalla consuetudine, pu� consistere in atto amministrativo espresso o tacito (consenso o acquiescenza da parte della P.A.). N� va tralasciato di osservare -quanto alla qualit� del soggetto attivo -che le persone addette ai cantieri scuola di cui alla legge 29 aprile 1949 n. 264, attese le finalit� particolari dei loro compiti organizzativi e direttivi rientranti nelle funzioni assistenziali, sociali ed economici dello Stato, debbono considerarsi pubblici ufficiali anche quando siano privati cittadini estranei alla pubblica amministrazione o facciano parte di organizzazioni non riconosciute come enti di diritto pubblico. -(Omissis). CORTE DI CASSAZ.IONE, Sez. III, 20 febbraio 1964, n. 202 -Pres. Auriemma -Est. Muscolo -P. M. Ponzi -(conf.) rie. Poli Osvaldo -Failla Giovanni Filippo -p.c. Ministero Finanze. Corruzione Concussione � Distinzione. Concussione � Induzione ex art. 317 c.p. � Nozione. La corruzione e la concussione si distinguono in quanto nella prima il privato e il pubblico ufficiale, patteggiando una retribuzione non dovuta, agiscono su un piano di assoluta parit� ai danni della pubblica Amministrazione, mentre nella seconda il privato � vittima del sorpruso del pubblico ufficiale e cede alla sua azione intimidatrice e fraudolenta (1). La induzione richiesta dall'art. 317 c.p. riguarda qualunque forma non esplicita mediante la quale, sempre attraverso il metus pubblicae potestatis, il privato pu� restare vittima del pu,bblico ufficiale (2). � (1-2) Conf. Cass. 20 marzo 1963, n. 835, rie. Vezzani ed altri, Riv. pen., 1964, II, 607 .. Sulla distinzione v. GUERRIERI, Appunti in tema di corruzione e di conclusione, Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, 202; CHIAROTTI, Enc. dir., vol. VIII, voce Concussione 705, VENDITTI, ibidem, vol. X, voce Corruzione, 765. PARTE SECO:m>A RASSEGNA DI DOTTRINA G. BALBI La donazione (Trattato di diritto civile diretto da Grosso e SANTORO PASSARELLI -vol. II, fase. IV), Milano, 1964, pagg. 121. Individuato lo scopo della disciplina data dal diritto positivo allo istituto, di cui si tratta, �nella adeguata ponderazione �, .che dovrebbe accompagnare la donazione l'A., gi� con l'introduzione, lo definisce come �il contratto gratuito, mediante il quale una parte (donante), disponendo di un diritto, che le appartiene, manifesta la volont�, personale, spontanea, e nella forma solenne richiesta, di attribuire all'altra parte (donatario) un diritto reale di godimento oppure di obbligarsi a procurarle in seguito tale attribuzione; e quest'altra parte manifesta la volont�, nella forma prescritta, di accettare la titolarit� del diritto, che le si vuole attribuire� (pagg. 5 e 6). Quindi, l'A. dimostra la bont� della definizione proposta, che, non essendo, invero, molto sintetica, contiene gi� in nuce la soluzione dei fondamentali problemi, che l'istituto pone. La donazione � pure per il Balbi, come del resto si legge anche nell'articolo 769 e.e., un contratto, eccezione fatta per la donazione obnuziale, non richiedendosi per questa l'accettazione del donatario (art. 785 e.e.), e con talune particolari caratteristiche in certe fattispecie: donazione manuale, donazione al nascituro, donazione ad enti, fondazione; mentre non ogni liberalit� contrattuale costituisce donazione (pagg. 7-13). Per l'A., poi, l'arricchimento �in senso giuridico� (ma non pure necessariamente in senso economico) del donatario, come conseguenza dell'attribuzione senza corrispettivo, costituisce l'oggetto della donazione, lu cui causa consiste nella rappresentazione del risultato empirico di quell'arricchimento, restando in ci� assorbita la nozione di animus donandi (pagg. 13-16). Sempre nell'ambito dell'esame dei requisiti del contratto tipico di donazione, l'A. considera altres� distintamente i caratteri particolari della volizione del donante e del donatario, soffermandosi sulla capacit� degli stessi (pagg. 17-22 e 23-30), e la forma solenne richiesta per le manifestazioni di volont� del donante e del donatario (ma non anche per la revoca, beninteso nei limiti in cui pu� ipotizzarsi), sostituita dalla consegna nelle donazioni manuali (pagg. 31-35). Successivamente, l'A. passa ad esaminare gli effetti, che distingue in tipici principali -l'attribuzione, di cui si � detto nella definizione, e lo arricchimento, nel senso sopra precisato -a tal proposito considerando i possibili oggetti della donazione e la essenziale differenza tra questa e gli altri contratti gratuiti nominati (pagg. 37-44), tipici secondari -obbligo alimentare del donatario ed attenuata responsabilit� del donante per l'adempimento, per la evizione e per i vizi della cosa -(pagg. 3744), ed accidentali -condizioni, termine, riserva del donante di disporre di cose determinate -(pagg. 54-62); le donazioni speciali -remuneratoria, modale, con riserva di usufrutto, con clausola di sostituzione, a 74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pm donatari, accennando qui all'accrescimento, mortis causa e de eo quod supererit -(pagg. 63-85); la revocazione -per ingratitudine e per sopravvenienza di figli -i suoi effetti e le donazioni non soggette a revocazione (pagg. 87-94); la nullit� e la convalida nei suoi peculiari aspetti (pagg. 95-105). Infine, con l'indagine sulle liberalit� diverse dal contratto di donazione, enucleate ex art. 809 e.e. (nonch� ex artt. 770 cpv. e.e., 742 e.e. e 1875 e.e.) ed alla cui disciplina sarebbe sottoposta la cosiddetta rinuncia donativa, nella quale si fanno rientrare molte ipotesi, che non costituirebbero negozio indiretto, il volume si conclude (pagg. 107-121). L'istituto della donazione, negli ultimi anni, � stato argomento di trattazioni condotte con grande rigore scientifico, e quanto meno di molto maggior respiro, da parte di giuristi famosi che vi hanno tra l'altro profuso il frutto di un'esperienza, maturata in campi diversi ma comunque preziosa per lo studioso (v. BIONDI, Le donazioni, nel Trattato di diritto civile italiano diretto da VASSALLI -vol. XII, tomo IV -Torino, 1961, e TORRENTE, La donazione, nel Trattato di diritto civile e commerciale diretto da C1cu e MESSINEO, vol. XXII, Milano, 1956; v. pure, ma con pi� vasto oggetto, AzzARITI, e MARTINEZ, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1959). Il moltiplicarsi dei trattati a carattere monografico esige, peraltro, che in ognuno di essi non si !'!Scluda alcun istituto, sicch� magari nel breve volgere di otto anni il medesimo istituto, negletto per qualche intero decennio, costituisce oggetto specifico di numerose trattazioni: � il caso della donazione. Con questo non si vuole, ovviamente, negare l'utilit� di vari studi, anche contemporanei, sullo stesso istituto, in quanto almeno in astratto ciascuno pu� portare un suo contributo, non importa di quale entit�; certo � per� che chi, preceduto da altri, tratta lo stesso tema, dovrebbe dire di pi� o di meglio o almeno di diverso per rendere utile il .Proprio contributo. In questo senso il compito del Balbi era quanto mai difficile; ma egli lo ha adempiuto fornendo, sebbene la sua provata competenza in materia (v. dello stesso autore, Saggio sulla donazione in Memorie dell'Istituto giuridico di Torino, Torino, 1942 e Liberalit� e donazione, in Riv. dir. comm. 1948, I, 157 e segg.) poteva attrarlo verso .altra impostazione, una trattazione agile, laddove le precedenti erano ponderose, ed, anche se non del tutto esauriente, organica, molto ben sistemata e ricca di spunti interessanti, spesso originali, talvolta felici, pur se non sempre convincenti. In particolare, converr� soffermarsi su taluni punti, che pi� �da vicino possono riguardare i fini di questa rassegna: intendiamo riferirci principalmente, nell'ordine dell'esposizione fatta dall'A., alla donazione in favore di enti (riconosciuti o non riconosciuti), alla fondazione, alla capacit� di donare nelle persone giuridiche pubbliche. Prima, peraltro, sembra opportuno accennare ad un'osservazione di carattere generale, riflettentesi su ogni specie di donazione ed, anche, si ritiene, su ogni liberalit�. Benvero, porre la volont� del donante rispetto a quella del donatario come preminente e pi� influente nella formazione del contratto e nella determinazione del suo contenuto pu� apparire giustificato (v. pure BIONDI, op. cit., p. 132 e segg.), ma affermare lo stesso in quanto attiene all'interpretazione del contratto, � per cui dovr� aversi riguardo alla volont� del donante �, non pare in perfetta armonia con la costruzione dell'A. (pure altri fa analoga affermazione: ad esempio il BIONDI -op. cit. p. 134 -, ma dopo aver accettato PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA pi� che propugnato la natura contrattuale della donazione, respingendo nella sostanza come fuori della realt� i concetti di offerta e di accettazione, e, soprattutto, non senza formulare espressa eccezione per �la donazione modale) n� pare possa comunque condividersi. Infatti, e nei negozi inter vivos, nei quali, dal pi� al meno, le dichiarazioni determinano l'altrui affidamento, � precisamente il criterio dell'affidamento che domina l'interpretazione� (v. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1964, p. 228); mentre, nei negozi mortis causa, dove la preminenza della volont� del testatore � fuori di dubbio, tale preminenza non si motiva �per la gratuit� dell'attribuzione� (v. SANTORO PASSARELLI, op. cit., p. 234): del resto, le norme in materia di successione (mortis causa) anche per quanto riguarda la interpretazione non si ritiene siano applicabili alla donazione, se non espressamente richiamate (v. pure Cass. 16 marzo 1957 n. 921, menzionata dallo stesso A.). In merito alla donazione ad un ente, presentata come una proposta, irrevocabile nei termini in c�i l'irrevocabilit� � disposta dall'art. 782, quarto comma, e.e., e, per gli enti non riconosciuti, dall'art. 786 e.e., l'A. si limita a brevissime considerazioni e tra queste a quella della necessit� da parte del donante di attendere per poter revocare la propria dichiarazione, dopo l'autorizzazione o il riconoscimento, il tempo stabilito od un tempo congruo, onde l'ente possa provvedere ad accettare: ci�, essendo in armonia con la ritenuta natura contrattuale della donazione e con la costruzione come offerta della dichiarazione del donante (v. art. 1326, secondo comma, e.e.), dovrebbe valere tanto rispetto all'autorizzazione quanto rispetto al riconoscimento (che peraltro non escluderebbe la necessit� dell'autorizzazione: v. BIONDI, op. cit., p. 266) pure se l'accettazione potesse avvenire prima dell'autorizzazione o del riconoscimento salvo che, avvenendo, la donazione come tale sarebbe perfetta e l'acquisto subordinato all'autorizzazione �Od al riconoscimento (BIONDI, op. cit., p. 480; v. per� TORRENTE, op. cit., p. 376 e segg.). Ma non si d� carico l'A. della diversa terminologia usata negli articoli 782, quarto comma, e 786, primo comma, e.e., la quale potrebbe avere una sostanziale rilevanza, come non si d� carico di altre questioni connesse alle norme citate (v. in proposito BIONDI, op. cit., p. 263 e p. 266 e segg., nonch� TORRENTE, op. cit., p. 368 e segg.), il che, se pu� giustificarsi dato il rilevato carattere della trattazione, appare pur sempre una lacuna. Con riferimento alla fondazione l'A. sostiene l'applicabilit� dell'art. 786 e.e., adombrando un negozio � unilaterale quanto alla volont� di costituire l'ente, mentre quanto all'attribuzione allo stesso (una volta riconosciuto) del patrimonio di dotazione, la volont� del fondatore� costituirebbe �una proposta di donazione, che dovr� venire accettata dall'ente dopo il riconoscimento � onde � si avrebbe cos� un vero e proprio contratto di donazione �. La tesi suggestiva ma non in armonia con la pi� autorevole dottrina, citata dallo stesso A. (alla nota 11), � motivata dalla mera enunciazione di gravi, ma .non indicate, conseguenze, le quali pervero non mancherebbero, invece, di certo, accogliendosi la costruzione prospettata: basti pensare alla ipotizzabile revoca od alla �caducit�� (v. BIONDI, op. cit., p. 488 e segg.) della donazione, dopo il riconoscimento dell'ente e prima dell'accettazione (che sarebbe necessaria, come l'autorizzazione, mentre n� l'una, ovviamente, n� l'altra sarebbero necessarie, ove non si scindesse il negozio di fondazione: v. TORRENTE, op. cit., p. 381), o, comunque, alla disciplina della revocazione, la quale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO seppur non fosse ipotizzabile per ingratitudine, lo sembrerebbe per sopravvivenza di figli. Per quanto riguarda, infine, la capacit� di donare da parte delle persone giuridiche pubbliche l'affermata esclusione in ragione degli interessi che ne caratterizzano gli scopi con la conseguenza della nullit� delle donazioni compiute, eccettuandosi, comunque, �le attribuzioni gratuite � adempiute per dovere statuario, le quali donazioni non sarebbero perch� �non spontanee � ed � effetto � di atti amministrativi, avrebbe reso opportuna qualche precisazione. Intanto, come segnala lo stesso A., la giurisprudenza, pur non trascurando la natura dei fini, che le persone giuridiche pubbliche devono perseguire, ad esse riconosce una generica capacit� di donare mediante contratti di diritto privato (v., per tutte, Cass. S.U. 17 novembre 1953 n. 3540 in questa Rassegna 1954, 58 ed ivi nota redazionale; Cass. 11 febbraio 1958 n. 422 in questa Rassegna 1958, 60 ed ivi nota di Peronaci; Cass. S.U. 14 marzo 1961� n. 577). Ed, invero, mentre si pu� convenire nella natura pubblicistica di molte � elargizioni gratuite �, che � sotto forma di sussidi di beneficenza, di sovvenzioni di imprese di diritto pubblico, di borse di studio, etc., l'ordinamento consente espressamente nell'esercizio dei suoi scopi istituzionali � allo Stato ed alle altre persone giuridiche pubbliche (SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1952, p. 251; v. pure ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, voi. IV, Milano, 1958, p. 466), di fronte a taluni atti, che non solo assumono la forma contrattuale privata, ma non difettano almeno in principio del requisito della spontaneit�, si potrebbero nutrire fondate perplessit�. Si vuole alludere non tanto alle gratificazioni, il � cui scopo remunerativo � potrebbe valere a distinguerle dalle donazioni in senso stretto (v. ZANOBINI, op. e loco cit.), non sempre, per�, secondo i concetti del Balbi, lasciando comunque, tuttavia, almeno in parte, insoluto il problema (che resterebbe per le liberalit� diverse dalle donazioni), ma la cui essenza ne consentirebbe l'inquadra.mento tra gli atti amministrativi, quanto alle cessioni gratuite tra enti pubblici di beni del p,atrimonio disponibile. La necessit� dell'esistenza di �una utilit� per i fini dell'Amministrazione� (v. ZANOBINI, op. e loco cit.; V. pure SANDULLI, op. cit., Napoli, 1962, p. 380 -381) cedente, o meglio �di uno specifico interesse pubblico da attuarsi attraverso l'avvantaggiamento � del cessionario � a spese dell'ente� (ALESSI, Sull'ammissibilit� di donazioni da parte di . enti pubblici, in Gmr. compi. cass. civ. 1947, XXV, p. 482) cedente, � fuori discussione, ma non sembra possa in s� risolvere il problema in quanto analoga necessit� sussiste per ogni volizione della Pubblica Amministrazione, anche se al relativo interesse od alla relativa utilit� si provveda mediante la conclusione di altri contratti privatistici (v. GuGLIELMI, I contratti della Pubblica Amministrazione, in questa Rassegna 1951, p. 61), di certo ad essa non inibiti. Tutto questo potr� forse incidere alquanto sul requisito della spontaneit�, ma non sempre e non del tutto, giacch� spontaneit� noh pu� significare assenza di un interesse od anche di un'utilit� nel senso in cui qui se ne discorre ( v. in proposito Cass. S.U. 17 novembre 1953 n. 3540 cit.); potr� piuttosto incidere su � I'animus donandi, che se c'� � irrilevante � (ALESSI, scritto e loco cit.) o che, comunque, si presenterebbe in modo particolare, senza per ci� snaturare l'essenza del contratto di donazione (v. Cass. S.U. ult. cit.), ma specialmente se la nozione di animus donandi come diversa dall'oggetto e dalla causa � superflua, e I. . . ' i .�. ., .�: PARTB II, RASSEGNA DI DOTTRINA '2'1 secondo la costruzione del Balbi lo �, o, almeno, in s�, come comunemente la si intende, non � indispensabile alla qualificazione del contratto, di cui si tratta, la soluzione del problema dovr� rinvenirsi per altra via. N� varrebbe osservare che spesso in quelle cessioni gratuite si rinviene una condizione od un modus, giacch� n� l'una n� l'altro, pure secondo il Balbi, snaturerebberro di per s� il contratto di donazione, come non varrebbe parlare genericamente di liberalit�, giacch� sarebbe un modo di aggirare nella forma il problema il quale nei suoi termini essenziali potrebbe riproporsi immutato. La verit� potrebbe essere che le liberalit� in genere e le donazioni in ispecie nei sensi ora. accennati non fossero assolutamente incompatibili con la natura di ente pubblico (v. pure Relazione Avvocatura Stato 1956-1960, vol. III, p. 80-81, SEPE, Contratti della Pubblica Amministrazione, in Enciclopedia del diritto, vol. IX, Milano, 1961, p. 989-990, MIELE, In tema di atti di liberalitd degli enti pubblici, Foro amm., 1958, II, 1, p. 500 e segg. e FERRARA, Teoria delle persone giuridiche, Napoli 1923, p. 866), ma, ad ogni modo, e il problema della validit� della trasmissione gratuita deve essere considerato problema concreto, da risolversi in concreto caso per caso, sganciandolo dalla questione astratta dell'ammissibilit� di donazioni da parte di enti pubblici� (ALESSI, scritto e loco cit.), non senza tener conto della potest� dell'ente, in relazione alle norme anche statutarie, che ne disciplinano l'attivit�, di porre in essere una trasmissione patrimoniale a titolo gratuito ed alla sussistenza di un interesse pubblico sufficiente a giustificare tale trasmissione (v. Relazione citata p. 81). Cos� potrebbero pure superarsi talune obbiezioni di principio (v. per tutti, con chiarezza di impostazione, larghezza di indagine, e dovizia di argomenti, TORRENTE, op. cit., p. 326 e segg., il quale tuttavia nota la peculiarit� nei rapporti tra enti pubblici, esclusa, invece, dal ROHERSENN, I contratti della Pubblica Amministrazione, vol. I, Bologna, 1959, p. 57 e segg.; v. pure C. CAMMEO, I contratti della Pubblica Amministrazione, Firenze, 1954, p. 146 e segg., il quale, per�, negando rilevanza sostanziale a molte delle argomentazioni comuni ad altri autori, riconduce la impossibilit� per gli enti pubblici di porre in essere validi contratti di donazione ai principi dell'aderenza allo scopo e della competenza), se non risolversi ogni questione in relazione alle ipotesi prospettate (cfr. BIONDI, op. cit., pagg. 209 e segg.). Collegata a questo problema �, sotto certi aspetti, la questione della stipula d� tali atti a mezzo degli ufficiali roganti delle Amministrazioni. La giurisprudenza ha ripetutamente affermato la nullit� della donazione fatta da un Comune, se _rogata dal Segretari.o comunale (v. Cass. S.U. 14 marzo 1961 n. 577 c�t. e, da ultimo, Cass. 15 febbraio 1963 n. 329): l'A. ponendo la questione, in armonia con i presupposti, solo per l'accettazione (rectius: per le donazioni ricevute), esclude la possibilit� del compimento dell'atto a mezzo di ufficiale rogante per tutti gli enti pubblici (cos� pure TORRENTE, op. cit., p. 423; contra BIONDI, op. cit., p. 444 e segg.), ma, in effetti, mentre sembra �nconferente il motivo addotto dell'assenza di specifiche norme in proposito (v. pure BIONDI, op. e loco ult. cit.), appare innegabile la diversa formulazione delle �pertinenti disposizioni della legge comunale e provinciale e della legge e del regolDmento di contabilit� dello Stato, diversa formulazione, che potrebbe far venir meno per quanto disciplinato dalle norme di contabilit� dello Stato quel rapporto tra le funzioni dell'ufficiale rogante e la particolare procedura: prevista di regola per i contratti della Pubblica Ammini I I I t.�: ~ I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strazione e non applicabile alla donazione (v., per�, Cass. 9 ottobre 1962 n. 2892 in questa Rassegna, 1963, 83, ma cfr. pure la nota redazionale ivi, p. 84-85, e Relazione cit., p. 83). BENEDETTO BACCARI M. RossANo, L'espropriazione per pubblica utilit�, voi. I -Torino, 1964, pp. 480. Il teni.a. dell'espropriazione per pubblica utilit� � di sempre vivo, anzi crescente, interesse, per lo sviluppo dei campi di applicazione delI'istituto, .. ed una nuova opera in materia, quindi, non pu� non richiamare l'attenzi�ne dello studioso, in genere, ed iri particolare di chi, nella .quotidiana pratica professionale, si trova ad affrontare questioni e problemi che, _nel considerato settore, e specialmente in rapporto a nuovi orientamenti su aspetti generali che necessariamente vi si connettono, non mancano di presentarsi con profili spesso delicati e, comunque, implicanti un coordinato ed armonico esame dei principi e della particolare disciplina positiva. Apche il nome del� chiaro A. -cui si deve, tra l'altro, la pur succinta, ma esauriente e chiara esposizione della voce � Espropriazione per pubblica utilit� :1> del Novissimo Digesto -, sollecita all'esame del lavoro in rassegna, il quale, frutto di una encomiabile fatica condotta con pari impegno alla ricerca di conclusioni su piano squisitamente s�ientifico, in ordine agli argomenti fatti oggetto della trattazione, ed alla applicazione, poi, dei risultati cos� raggiunti, alle varie situazioni che in� concreto possono venire in rilievo, si presenta come utile strumento di studio e�-di indagine, sia per il cultore che per l'operatore pratico . del diritto. Il disegno dell'opera, della quale ha visto ora la luce il primo volume, risponde ad. una impostazione sistematica, in funzione della quale, e dopo .alcuni interessanti cenni storici, l'istitut� dell'espropriazione per p.u. viene visto ed esaminato, in primo luogo, in rapporto ai principi nei quali esso si inquadra, e poi trattato con riferimento alle norme particolari �che lo regolano, nel nostro ordinamento; con approfondimento, alla stregua della legge 25 giugno 1865 n. 2359, in ordine alle varie fasi del procedimento (atti preparatori; dichiarazione di p.u.; designazione dei beni; determinazione dell'indennit�; decreto di espropriazione, etc.), nonch� circa la normativa concernente la retrocessione, le occupazioni temporanee, le espropriazioni per opere militari, quelle con obbligo di contributo, quelle di immobili di interesse storico o artistico, e quelle, sempre secondo la legge fondamentale, per i piani regolatori edilizi e di a,tp.plianiento: alla quale trattazione segue io studio delle materie regolate da leggi speciali, ed in particolare, in questo primo volume, delle disposizioni della nota legge 15 gennaio 1885 n. 2892 per la citt� di Napoli e di quelle che le dette norme hanno esteso successivamente ad altri casi di espropriazione, delle norme per la esecuzione di opere pubbliche, di cu� al R.D. B febbraio 1923 n. 422, di quelle della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, e di quelle, infine, sui piani di ricostruzione. � Quanto alla parte concernente pi� specificamente il procedimento, fn senso_ ampio, secondo l'accennata ripartizione di argomenti, va sottolineata l'ampiezza dei richiami giurisprudenziali, che sono spesso espo PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA '19 sti, anzi, con riferimento ad una minuta casistica, la quale si rivela di particolare utilit� specialmente in relazione a quelle questioni che, per la loro stessa natura, vanno esaminate sulla base di una approfondita elaborazione di situazioni di specie, passate al crivello dell'esperienza giudiziaria: ed � quanto va detto, in particolare, delle questioni concernenti la qualificazione e la valutazione dei beni, per la determinazione dell'indennit�, e con speciale riguardo, inoltre, alle collegate e conseguenti applicazioni .in tema di espropriazione parziale, di incrementi valutabili o meno in dipendenza di piani regolatori urbani o di piani di sviluppo di zone industriali, di determinazione, infine, delle indennit� ex art. 46 della legge fondamentale: per le quali questioni tutte, e con riferimento anche ai limiti del sindacato consentito, nella soggetta materia, alla Corte regolatrice, � sulla consistenza del bene in base ad elementi tipici � e � sull'applicazione di elementi tipici rilevanti per regole tecniche �, in genere, � veramente ricca l'informazione sullo stato della giurisprudenza (cfr. pp. 234-280 et passim). Anche copiose, d'altro canto, sono le citazioni riguardanti i temi di fondo della trattazione, in relazione ai quali, per�, i riferimenti assumono un diverso e pi� impegnativo significato, poich� l'A. se ne serve per saggip.re e confrontare, reciprocamente, posizioni dottrinarie e giurisprudenziali, rispetto alle une ed alle altre, inoltre, sempre avendo cura di indicare la propria adesione o il proprio dissenso, con motivazione che, quando apparentemente succinta, trova poi pi� ampia giustificazione nelle conclusioni additate nella parte preliminare, nella quale sono esaminate . in profondit�, in teoria generale, i fondamenti stessi dell'istituto della espropriazione per pubblica utilit�. Ed � tale prima parte, appunto, quella di maggiore interesse, per l'inquadramento dommatico delle questioni, al cui approfondimento il R. perviene con una accurata indagine sulla base dei principi costituzionali, da una parte, ed in relazione ai concetti di potere giuridico e di fattispecie, dall'altra, con le conseguenti considerazioni in tema di responsabilit� dell'a.p., di consistenza delle situazioni giuridiche dei privati rispetto ai quali il potere di espropriazione sia esplicato, ed in relazione ad eventuale illegalit� o illegittimit� dell'azione amministrativa, di discriminazione, infine, ed anche .in rapporto alle dette situazioni, delle competenze giurisdizionali. Si sarebbe tentati di dar conto pi� ampiamente dello sviluppo, negli accennati sensi, della trattazione, e delle conclusioni cui l'A. perviene, in relazione alle quali, per�, e derivando le stesse, come def resto � logico, dall'accettazione o meno di una o di altra concezione sui temi generali, si rischierebbe. di portare il relativo discorso ben oltre i limiti propri di una nota di recensione, eh.e vuole servire, ii:J: particolare, a segnalare l'opera per l'interesse che essa presenta nella specifica materia esaminata. Ed in tale ordine di idee, quindi, ci si limiter� ad accennare ad alcune peculiari questioni, e cos�, in primo luogo, a quella concernente la nozione di �indennizzo� secondo l'articolo 42 della Costituzione, in relazione al quale il R., esprimendo la propria perplessit� circa l'inter...; pretazione accolta dalla Corte Costituzionale (la quale, come � noto, ha avuto occasione di ribadire che l'indennit�, pur se non deve essere irrisoria, nemmeno deve, d'altro canto, necessariamente corrispondere al valore venale del bene espropriato: cfr. tra le altre, sent. 12 febbraio 1960 n. 5 Relaz. Avv. Stato 1956-60, I, 290 segg., �ve ampi riferimenti 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anche a precedenti pronunce sul punto), sostiene, pur se non in termini di assolutezza, che appunto il criterio del valore venale dovrebbe, invece, e di regola � essere tenuto presente, anche alla stregua della coscienza sociale, quale espressa dalla elaborazione di vari progetti di riforma della legge sulle espropriazioni (p. 61): la quale opinione, e questo sem bra anche il pensiero dell'A., in definitiva, non dovrebbe comunque esclu dere ogni diversa valutazione, che non potrebbe non essere riservata al legislatore ordinario, dei criteri di contemperamento degli interessi pub blici e di quelli dei privati, in relazione ai singoli considerati fini di utilit� generale, e secondo il principio, rilevato appunto dalla Corte Co stituzionale, per cui l'indennizzo deve soltanto rappresentare � il massimo di contributo e di riparazione che, nell'ambito degli scopi di generale interesse, la pubblica Amministrazione pu� garantire all'interesse privato�. Quanto alle questioni che si pongono in relazione alla dichiarazione di pubblica utilit�, e pur se in alcuna conclusione, e sempre in relazione. a posizioni di principio, non sembra potersi consentire, va segnalata la specifica organica trattazione in ordine ai requisiti soggettivi ed oggettivi (p. 86-109), che consente una analitica ed interessante disamina, in particolare, dei problemi concernenti la competenza degli organi amministrativi, da una parte, e, dall'altra, la prefissione dei termini, e, quanto a questi, con speciale riguardo alla dichiarazione ex lege ed a quella implicita. Ed un cenno va fatto, infine, della conclusione cui l'A. perviene, con riferimento alla nozione di limiti estrinseci ed intrinseci del potere, ed alla distinzione esistenza-esercizio del potere, in rapporto alla dichiarazione di pubblica utilit� ed alla espropriazione: conclusione, secondo cui �il difetto dei requisiti di esistenza del potere (limiti intrinseci) implica l'inesistenza giuridica dell'atto che appaia emesso come atto di esercizio del potere � (p. 37), e sulla base della quale l'A. rileva che deve perci� ammettersi la risarcibilit� del danno, in detta ipotesi, e pure nel caso che sia soltanto violata una norma sull'esercizio del potere (della quale violazione effetto normale � l'annullabilit� dell'atto), quando la violazione abbia anche cagionato, sia pure e in modo mediato ed indiretto la lesione di un diritto soggettivo, che sia connesso all'interesse legittimo� (p. 38). E va detto, in particolare, che di tale conclusione ( che i limiti di queste note, si ripete, non consentono di pi� ampiamente discutere, e rispetto alla quale, ad ogni modo, non possono non formularsi riserve, che investono il pi� generale problema della risarcibilit� in rapporto a violazione di interessi legittimi: cfr. lo studio del FOLIGNO in questa Rassegna, 1963, I, ss., e le nostre brevi osservazioni nella recensione de �L'illecito�. dell'ALESSI, ivi, 1964, II, 25) -l'A. indica una peculiare applicazione in tema di concorrenza di tutele giurisdizionali in caso di inefficacia della dichiarazione di pubblica utilit� per scadenza del termine prefisso, tutela che dovrebbe ammettersi congiuntamente (p. 107), e senza nemmeno il limite preclusivo del giudicato (p. 130), sotto il profilo che al giudice ordinario si chiederebbe la restaurazione del diritto leso, mentre da quello amministrativo si invocherebbe l'annullamento dell'atto in vista dell'interesse pubblico immediatamente protetto: la quale conseguenza, in verit�, appare eccessiva, giacch�, a prescindere dalle pi� generali questioni in materia di doppia tutela (si veda, in argomento, Relaz. Avv. Stato, 1956-60, II, 137 segg.), verrebbe .ad ammettersi, ed insieme a negarsi, la rilevanza dell'interesse pubblico e dell'atto amministrativo in concreto emanato, e ci�, inoltre, senza ade PARTB II, RASSEGNA DI DOTTRINA guato conto degli effetti di quest'ultimo e della sua inoppugnabilit�, quando verificatasi, da un canto, e, dall'altro, dei limiti della possibile disapplicazione da parte del giudice ordinario, al quale deve comunque ritenersi non consentito di esaminare e nemmeno in via pregiudiziale, la questione concernente la l~gittimit� dell'atto medesimo (cfr. GUGLIELMI, La pregiudiziale amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 399). Le riserve innanzi espres~e, ed in quanto relative a questioni ancora fatte oggetto di ampio dibattito, nulla tolgono, ovviamente, al pregio dell'opera; e di questa, quindi, va atteso con interesse anche il promesso completamento, in relazione al quale, per altro, sarebbe soltanto da auspicare di veder collocate in note, e specialmente per ci� che riguarda la parte pi� squisitamente teorica, le citazioni, spesso integrali, di disposizioni di legge che, inserite nel testo, come in questo primo volume, ne interrompono in qualche modo la pi� armonica lettura. MARIO FANELLI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI* D.P.R. 14 FEBBRAIO 1964 n. 237 -Emanato in virt� della delega �conferita al Governo con la legge 12 dicembre 1962 n. 1862, detta disposizioni in materia di leva e reclutamento o~bligatorio nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica. Per le controversie di competenza dell'autorit� giudiziaria, in materia di arruolamento (art. 25, lettere b e c; art. 54) � previsto che le stesse sono � giudicate con procedura di urgenza dal Tribunale nella cui giurisdizione siede il Consiglio di leva, in contraddittorio del Presidente del Consiglio di leva� (art. 55); per le sanzioni penali, dispongono gli articoli 128 e ss., con precisazione dei reati di competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria e di quelli devoluti alla cognizione dell'autorit� giudiziaria militare. (G. U. 5 maggio 1964 n. 110, suppl.). D.P.R. 5 MARZO 1964 n. 338 -Modifica gli articoli 53 e 260 del regolamento doganale, con semplificazione della procedura per le operazioni di esportazione di merci ammesse alla restituzione di diritti (G.U. 3 giugno 1964 n. 134). D.P.R. 5 MARZO 1964 n. 339 -Modifica l'art. 2 del D.P.R. 27 febbraio 1955 n. 192, contenente norme di attuazione della legge 31 luglio 1954 n. 570, in tema di restituzione dell'imposta generale sull'entrata sui prodotti esportati (G.U. 3 giugno 1964 n. 134). LEGGE 24 GIUGNO 1964 n. 420 -Converte in legge, senza modificazioni, il D.L. 24 aprile 1964 n. 212, recante norme sul trattamento fiscale delle vendite di merci allo stato estero (G.U. 26 giugno 1964 n. 155). LEGGE 24 GIUGNO 1964 n. 421 -Converte in legge, con modificazioni, i1 I>. L. 24 aprile 1964 n. 213, recante disposizioni in materia di imposta di bollo e di bollo sui documenti di trasporto per atti relativi al commercio internazionale (G.U. 26 giugno 1964 n. 155). * Si segnalano quelli ritenuti di maggiore interesse. DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE PROPOSTA DI LEGGE n. 502, di iniziativa dei Deputati Foderaro e Sammartino, presentata alla Camera dei Deputati il 1� ottobre 1963 ed m �isrussione davanti alla X commissione permanente (trasporti), in sede referente: Risarcimento obbligatorio del danno alle vittime della circolazione dei veicoli a motore. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE PROPOSTA DI LEGGE n. 981, di iniziativa dei Deputati Orlandi, Gagliardi, Merenda, presentata alla Camera dei Deputati il 15 .febbraio 1964 ed in discussione davanti alla X commissione permanente (trasporti), in sede referente: Assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore per responsabilit� civile verso i terzi. PROP-OSTA DI LEGGE n. 1310, di iniziativa dei Deputati Isgr�, Butt�, Colombo Vittorino, Bianchi Fortunato, presentata alla Camera dei Deputati il 28 aprile 1964 ed in discussione davanti alla X commissione permanente (trasporti) in sede referente: Provvedimenti relativi ai danni provocati dalla circolazione dei veicoli a motore. � * * * :J:.,e tre proposte sopraindicate verranno qui considerate nell'ordiI1e, ma in un'unica trattazione poich� � esse, attinenti ad. ana,loghe materie, presentano pure delle interferenze, onde congiuntamente s� ne discute davanti alla Commissione, cui sono state assegnate in sede referente. * * * La proposta n. 502 prevede l'istituzione di un Fondo, ente di diritto pubblico senza scopo di lucro sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'Industria e� commercio, per il risarcimento obbligatorio del danno a favore di coloro che siano vittime di incidenti causati dalla circolazione dei veicoli a. motore per colpa del proprietario (e dell'usufruttuario? e dell'acquirente con patto di riservato dominio?) o del conducente dei veicoli stessi circolanti senza guida di rotaie o di filo per presa di cor-; rente sulle strade del territorio della Repubblica, nei casi, in cui il resp, onsabile rimanga sconosciuto ovvero risulti totalmente o parzialmente insolvibile e non sufficientemente coperto da assicurazioni entro i masslmali previsti dalla medesima proposta (artt. 1-2). Tale proposta prevede lin:�iti nell'ammontare del risarcimento (quindici milioni per sinistro e tre milioni per ciascun sinistrato) -art. 4 ... e limiti per i danni risarcibili (danni di una determinata gravit� alla persona) -art. 3. -, esclude dal risarcimento una serie di soggetti (tra cui i trasportati, i soci ed i dipendenti dei responsabili, gli aventi diritto a prestazioni da assicurazioni contro gli inf�rtuni' sul lav�ro o sociali fino a concorrenza dei massimali) -art. 5 -, condiziona l'azione del danneggiato alla� denuncia in un breve termine (art. 6) e l'obbligo del' risarcimento, in caso di insolvibilit�, ad adempimenti tendenti ad accertarla (art. 7), disciplina il diritto di rivalsa del Fondo (art. 8) e ne stabilisce la composizione del consiglio di amministrazione (art. 11) e le fonti dei mezzi per l'attuazione degli scopi (artt. 9-10), con applicazione, in favore di esso, di privilegi tributari (art. 12). �� La pr�posta stessa � illustrata da una preinessa, in cui se ne -mettono in luce i pregi, principalmente di fronte al sistema della assicurazione obbligatoria, ma .i motivi addotti, data la loro natura, non c�stituiranno per ovvie ragioni �ggetto di considerazione� in questa� sede. Converr�, peraltro, segnalare che t�tte le argo�n�ntazioni svolte con riferimento alta prop�sta di cui si tratta sono esaminate punto per punto nella illustrazione premess� alla proposta di legge n. 981 (sulla base anche dei rilievi della Commissione permanente industria e commercio in merito ad altra proposta, di contenuto similare a quella n. 502, presen RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tata nella scorsa legislatura), illustrazione di ben ventinove facciate, corredata da tre allegati, nella quale si svolgono altresi osservazioni in ordine agli inconvenienti che la istituzione del Fondo potrebbe presentare. La completezza di siffatta illustrazione, la quale attiene anche agli aspetti giuridici del problema, esime pure da considerazioni del genere. Pu� solo aggiungersi � sul piano tecnico-giuridico che la facolt� attribuita al Fondo di avvalersi, per l'esercizio dell'azione di regresso, della legge 14 aprile 1910 n. 639 (prima parte del secondo comma dell'art. 8 della proposta n. 502), seppur rispondente ad esigenze di pronta reintegrazione dei mezzi finanziari, non sembrerebbe, per quanto riguarda le somme esborsate in favore delle vittime di incidenti il cui responsabile dapprima sconosciuto sia poi identificato, in perfetta armonia con i principi di diritto, giacch� secondo questi occorrerebbe un giudizio normale (v. pure Cass. 16 luglio 1963 n. 1950); ed ancora rilevarsi come, alla stregua degli articoli 6 e 7 della proposta, di cui si tratta, qualsiasi danneggiato, in ogni caso, parrebbe costretto a fare la denuncia dell'incidente al Fondo ed a dargli notizia degli atti esecutivi intrapresi, giacch� nei brevi termini previsti per tali adempimenti potrebbe l'interessato I non sapere se ricorreranno gli estremi per l'azione nei confronti del Fondo medesimo. i * * * La proposta n. 981 �, come gi� accennato, illustrata da una premessa completa ed esauriente sotto ogni aspetto. Ci�, beninteso, non significa che gli argomenti addotti contro il sistema dell'assicurazione obbligatoria siano superati; ne � riprova la presentazione successiva. della proposta �: di legge n. 1310, di cui si dir�, e la discussione, tutt'ora in atto, mentre ;;1 scrive, di questa proposta e della proposta n. 502, le quali entrambe contestano la bont� di quel sistema. I Sta di �ratto, per�, che la proposta di legge n. 981 prende le mosse dagli � impegni che l'Italia ha assunto in sede internazionale con la W: firma della convenzione europea per l'assicurazione obbligatoria in materia di responsabilit� civile autoveicoli, promossa dal Consiglio di Europa�. E' vero che tale convenzione consente ampi margm1 di discrezionalit� nel modo di attuazione dei principi fissati e non � stata ancora iratificata, ma la sua importanza � innegabile, e, da un canto, il testo ~ della proposta n. 981 appare molto aderente alla citata convenzione, dall'altro, la mancata ratifica, finora, di questa non consente illazioni in quanto �per effetto dell'art. 1 della convenzione� stessa �i paesi che ad essa hanno aderito sono impegnati � ad adottarne il sistema previsto �entro sei mesi dall'entrata in vigore nei loro confronti�, onde pu� ben ritenersi �che il nostro Governo, per presentare il disegno di legge di ratifica e di esecuzione, attenda � prima i provvedimenti del Parlamento rivolti ad introdurre quel sistema anche nel nostro Paese. ll testo della proposta di legge n. 981 si compone di ventinove articoli, i quali disciplinano: a) l'obbligo dell'assicurazione, l'estensione di tale obbligo e la portata dell'assicurazione (artt. 1-5), la prova dell'adempimento dell'obbligo (art. 7), le conseguenze del trasferimento del veicolo (art. 8) ed i massimali assicurativi (art. 9); PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 85 b) l'esercizio dell'assicurazione obbligatoria da parte delle imprese assicuratrici (artt. 10-15); c) gli effetti dell'assicurazione obbligatoria quanto ai diritti ed alle azioni di tutti gli interessati (artt. 16-19); d) il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli per i quali comunque non sia stato adempiuto all'obbligo della assicurazione o che non vengano identificati (artt. 20-24); e) le sanzioni penali per il mancato adempimento dell'obbligo di assicurazione (art. 25); f) le situazioni transitorie (art. 26-27); g) le imposte relative (art. 28); h) l'emanazione del regolamento di esecuzione e l'entrata in vigore della legge (art.. 29). Per quanto qui interessa, converr�, innanzitutto, rilevare che pur nella vastissima estensione dell'obbligo, il quale si pu� dire non lasci scoperta alcuna ipotesi, beninteso nell'ambito dei massimali e salve le limitazioni per i terzi trasportati, escludendovi solo le macchine agricole ed i ciclomotori ma includendovi anche alcuni tipi di natanti, si � ritenuto di esonerare dall'assicurazione lo Stato e di prevedere la possibilit� di esonero per le aziende municipalizzate. Benvero, tali esoneri sono nella illustrazione premessa alla proposta n. 981 rapportati alle garanzie di solvibilit� (per la precisione nella citata convenzione si fa cenno a � garanties financi�res suffisantes pour demeurer leur propre assureur > e, prima ancora genericamente, alla facolt� di esenzione per i veicoli appartenenti Lj des autorit�s publiques nationales ou �tr�ang�res ou � des organisations intergouvernementales >), ma le ragioni su un piano pi� strettamente giuridico potrebbero consistere nel non essere consentita allo Stato la conclusione di contratti di assicurazione (v. oltre p. 100 e segg.) e sotto questo aspetto, se non anche sotto l'accennato aspetto della garanzia di solvibilit�, quanto meno la possibilit� di esonero prevista per le aziende municipalizzate sarebbe da estendere a tutti gli enti pubblici. Converr� altres� ;rilevare come le disposizioni per garantire l'osservanza dell'obbligo dell'assicurazione, nella relativa modestia delle sanzioni previste a carico degli inadempienti, mentre sembrano efficienti per i contratti da stipulare con riferimento ai nuovi veicoli, i quali non potrebbero essere messi in circolazione senza la prova della stipula del contratto, non appaiono altrettanto adeguate per quanto attiene alle successive vicende, cui si riferisce lo art. 8 e potrebbe riferirsi l'art. 17 della proposta senza chiarire compiutamente gli effetti di tali vicende; n� si ritiene che in relazione a tutto ci� sia da provvedersi con il regolamento di esecuzione. Qualche riserva, sempre sul piano giuridico, pu� farsi, sia pure dando atto di accuratissime disposizioni per garantire gli adempimenti delle imprese assicuratrici, con riferimento alla mancata previsione dell'ipotizzabile sottoposizione delle stesse a procedure concorsuali; mentre .rispondente, si ritiene, invece, la concessione della delega al Governo per la variazione, ove necessario, della misura di massimali, che nella prima applicazione della legge si sono prudentemente tenuti in limiti piuttosto bassi. A proposito, poi, dell'azione diretta del danneggiato (e degli enti anticipatari di spese ed indennit� in suo favore) nonch� dei pagamenti effettuati in buona fede dall'assicuratore, mentre non sembra disposta 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATI) una funzionale pubblicit� dei c::ontratti di assicurazione (magari mediante trascrizione presso il P.R.A.) per consentire agli aventi diritto di conoscere con tempestivit� l'impresa assicuratrice obbligata, anche prescindendosi dalla cooperazione dell'assicurato, non appaiono convenientemente tutelate le ragioni degli stessi di fronte al pericolo di un paga. mento liberatorio dell'assicuratore, che li lascerebbe con un'azione di dubbia efficacia nei confronti del percipiente, cos� come lo sarebbero vietandosi i pagamenti prima della scadenza dei termini per le denunzie e prima dell'acquisizione, da parte dell'assicuratore ed a cura del danneggiato, della prova di tempestiva informazione a quegli enti, che po trebbero aver diritto ai previsti rimborsi. Ancora per quanto riguarda il termine delle denunzie dei danni, causati da veicoli per i quali non risulti adempiuto l'obbligo dell'assicurazione e �risarciti nei limiti dei massimali previsti per l'assicurazione obbligatoria�, salva, si ritiene sottinteso, l'azione per il di pi� nei confronti dei responsabili, tenuti anche alla rivalsa dell'impresa assicuratrice designata, la scadenza fissata come per la denuncia nei casi normali di veicoli assicurati sembrerebbe da posticipare per la necessaria armonia con quanto in rapporto a tali casi � disposto, evitandosi denunzie tuzioristiche fin quando sia ancora possibile identificare utilmente l'assicuratore. Infine, per quanto attiene alla tutela contro il pericolo di frodi, nel caso �di richieste di risarcimento di danni provocati da veicoli non identificati �, l'onere della denuncia di sinistro entro cinque giorni all'Autorit� Giudiziaria od agli organi di polizia giudiziaria, m~ntre costituisce una relativa remora per chi gi� si esporrebbe ad altri reati, imporrebbe un sovraccarico di lavoro per molti uffici, se non si limitasse, magari con il diritto al risarcimento, ai casi di danni alle persone. * * * La proposta n. 1310 muove da talune obbiezioni di principio al sistema dell'assicurazione obbligatoria, peraltro considerate dai fautori di tale sistema, nonch� da taluni rilievi di carattere statistico (per quanto del caso provvederebbe poi uno speciale reparto di studi e ricerche da costituire presso l'Istituto centrale di statistica: art. 1-2 della proposta) e si avvicina molto alla proposta n. 502, prevedendo la costituzione in consorzio �delle imprese assicuratrici, con lo � scopo di risarcire i danni alle persone causati dalla circolazione dei veicoli a trazione meccanica senza guida di rotaie... esclusi i ciclomotori, le macchine agricole ed i veicoli appartenenti allo Stato, nel caso in cui il responsabile: a) rimanga sconosciuto; b) non sia assicurato o lo sia presso un'impresa caduta in stato di insolvenza e non possa far fronte ai propri obblighi di risarcimento � (art. 3, prima parte). Le gestione di tale consorzio, avente personalit� giuridica, senza scopo di lucro, sottoposto alla vigilanza del Minister� della industria e del commercio, sarebbe affidata all'Unione italiana di riassicurazione e la amministrazione ad un apposito comitato (art. 3, seconda parte). La� proposta prevede un limite, variabile in futuro, per l'ammontare del risarcimento (L 15.000.000 per sinistro e L. 5.000.000 per sinistrato, c�n diritto del Consorzio di detrarre quanto dovuto al danneggiato per assicurazioni sociali) -art. 4 -, i mezzi per l'attuazione degli scopi �del consorzio (tassa sui premi, compensata ampiamente da di PARTE II, .RASSEGNA DI LEGISLAZIONE �ninuzioni deUe attuali relative imposte, contributo dei proprietari dei veicoli, rimborsabile a chi contrae Ia assic�razi�ne; somme recuperate in sed� di regresso) -artt. 5 e 6 -, le categorie di persone escluse dal �beneficio� (art. 7). E' altres� prevista una dettagliata regolamentazione delle imprese assicuratrici del ramo (artt. 11-14) e sono disciplinate minutamente l'azione diretta del danenggiato nei confronti dell'assicuratore o contro il consorzio e la azione di regresso del consorzio stesso contro il responsabile, identificato, rafforzata dalla eventualit� di sospensione tlella patente di guida, che dovrebbe costituire pure una forma 'di coazione indiretta a contrarre l'assicurazione (artt. 8, 9 e 15). La proposta n. 1310 non si sottrae a molte delle considerazioni svolte nella richiamata illustrazione premessa alla proposta n. 981 e talune osservazioni gi� fatte in precedenza si prestano ad essere estese ad essa. Di particolare � da rilevare che la prevista non opponibilitii al consorzio non chiamato ad intervenire nel relativo giudizio delle sentenze emesse contro il responsabile del sinistro sembrerebbe consentire al danneggiato, il quale non conoscendo a priori la solvibilit� del r.esponsabile per non dover promuovere. un giudizio ex novo in ogni caso in cui potesse ipotizzarsi anche solo in via eventuale un suo .diritto nei confronti del consorzio una tale facolt� eserciterebbe, di chiamarlo in causa con le ovvie conseguenze che ci� comporta, senza dire delle questioni che in merito sempre sul piano giuridico sarebbero adombrabili con riferimento proprio al carattere dell'obbligo del consorzio. * * * A conclusione di quanto si � scritto, appare interessante ricordare che nella seduta della X commissione permanente (trasporti) della Camera in data 20 maggio 1964 il relatore ha espresso parere� favorevole alla proposta n. 981 e contrario alle proposte ri. 502 � 1310. PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' DISPOSIZIONI DI LEGGE DELLE QUALI E' STATA DICHIARATA L'ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE . D.P.R. 9 MAGGIO 1961 n. 792, art. unico (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili. ed affini della provincia di Perugia). Dell'indicata norma, e nei limiti in cui con la stessa era disposta l'obbligatoriet� erga omnes delle clausole n. 8 e n. � 9 dell'accordo di lavoro 21 novembre 1959 per la provincia di Perugia, � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale, in relazione ai limiti della legge di delega 14 luglio 1959 n. 741, ed in riferimento agli articoli 76 e 77, primo comma, della Costituzione (Corte Cost., sent. 23 giugno 1964 n. 59, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO I ' I DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' f~ COSTITUZIONALE. 8'." CODICE DI PROCEDURA CIVILE, art. 460. R.D.L. 4 OTTOBRE 1935 n. 1827, art. 97, quarto comma (Improponibilit� della domanda giudiziale, nelle controversie in tema di previdenza ed assistenza obbligatorie, prima dell'esaurimento dei procedimenti amministrativi prescritti). Le questioni, proposte in relazione alle indicate disposizioni, sono state, in riferimento all'art. 113 della Costituzione, dichiarate non fondate (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 47, G.U. 27 giugno 1964 n. 157, ed. spec.). LEGGE 25 GIUGNO 1865 n. 2359, art. 34 (Espropriazioni per pubblica utilit�). R.D. 25 DICEMBRE 1933 n. 1775, art. 33, comma terzo (Testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici). Le questioni sollevate in relazione alle indicate disposizioni, concernenti la perizia per la determinazione dell'indennit� di espropriazione secondo la legge fondamentale n. 2359 del 1865 ed il procedimento particolare del T.U. n. 1775 del 1933 (determinazione ad opera del Genio Civile), sono state dichiarate non fondate, in riferimento agli articoli 24, primo e secondo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione (Corte Cost., sent. 19 maggio 1964 n. 35, G.U. 23 maggio 1964 n. 126, ed. spec.). R.D. 19 OTTOBRE 1923 n. 2316, art. 15, ultimo comma, modificato dalla LEGGE 24 DICEMBRE 1928 n. 3241, art. 4 (Ordinamento deila giustizia militare). La questione di legittimit� dell'indicata disposizione, concernente l'attribuzione di funzioni temporanee di giudice istruttore a magistrati di altro ruolo dei Tribunali Militari, e viceversa, � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 108, comma secondo. della Costituzione (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 43, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). LEGGE l _GIUGNO 1939 n. 1089, artt. 45 e 68 (Tutela delle cose di interesse artistico o storico). In relazione alle indicate disposizioni, che pongono una particolare disciplina per le ricerche archeologiche e comminano sanzioni a carico dei trasgressori, � stata dichiarata non fondata la sollevata questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 27 e 41 della Costituzione (Corte Cost., sent. 23 giugno 1964 n. 54, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). D.L.L. 27 GIUGNO 1944 n. 159, art. 9 (Sanzioni contro il fascismo). La disposizione concernente la confisca� dei beni � stata ritenuta non in contrasto con gli articoli 25 e 27 della Costituzione (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 46, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). PARTE II, RASSEGNA DI I.EGISLAZIONE LEGGE 22 OTTOBRE 1954 n. 1041, artt. 1, 3, 6, 18 e 25 (Disciplina della produzione, del commercio e dell'impiego degli stupefacenti). Le questioni di legittimit� delle indicate disposizioni, sollevate in riferimento all'art. 25 deila Costituzione, sono state dichiarate non fondate (Corte Cost., sent. 19 maggio 1964 n. 36, G.U. 23 maggio 1964 n. 126, ed. spec.). LEGGE 4 APRILE 1956 n. 212, art. 1; art. 8, comma quarto (Norme per la. disciplina della. propaganda elettorale). In relazione alle indicate disposizioni, che disciplinano la propaganda con manifesti, tabelle, etc., e prevedono sanzioni a carico dei trasgressori, � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 21, primo e secondo comma, della Costituzione. (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 48, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). LEGGE 26 OTTOBRE 1957 n. 1047, art. 6 (Estensione dell'assicurazione per invalidit� e vecchiaia ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni). La questione di legittimit� dell'art. 6 (istituzione presso l'INPS di una gestione speciale autonoma per le pensioni ai coltivatori, mezzadri e coloni), che era stata sollevata in relazione all'art. 1 della legge 4 agosto 1955 n. 692, ed in riferimento all'art. 81, ultimo comm.a, della Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 19 maggio 1964 n. 33, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). D.P.R. 29 GENNAIO 1958 n. 645, art. 207 lett. b. (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette). La questione di legittimit� della disposizione dell'art. 207 lett. b, la quale prevede che il coniuge ed i parenti ed affini, entro il terzo grado, del debitore, non possono proporre opposizione a norma dell'art. 619 c.p.c., salvo in relazione a beni costituiti in dote con atto anteriore alla presentazione della dichiarazione o alla notifica dell'accertamento, � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli articoli 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 42, G.U. 27 giugno 1964 n. 157, ed. spec.). LEGGE 20 FEBBRAIO 1958 n. 75, art. 3 n. 8 (Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento d�lla prostituzione altrui). La questione di legittimit� dell'art. 3 n. 8 (favoreggiamento e sfruttamento) � stata, in riferimento agli articoli 13 e 25 della Costituzione, dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 44, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). LEGGE 16 SETTEMBRE 1960 n. 1014, art. 27 (Norme per contribuire alla sistemazione dei bilanci comunali e provinciali). La questione di legittimit� dell'art. 27, che consente ai Comuni ed alle Provincie, in determinati casi, di applicare le imposte e le sovrimposte con eccedenze oltre i limiti per le stesse fissate dalla legge, � stata, in riferimento all'art. 23 della Costituzione, dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 23 giugno 1964 n. 58, G.U.� 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO �LEGGE 12 GIUGNO 1962 n. 567, artt. 1 e 7 (Norme in materia di affitto di fondi rustici).� Le disposizioni indicate, concernenti la determinazione del canone di affitto di fondi rustici alla stregua di apposite .tabelle formate da commissioni tecniche provinciali, sono state ritenute non in contrasto con gli articoli 41, 42 e 101 della Costituzione (Corte Cost., se:p.t. 23 maggio 1964 n. 40, G.U. 30 maggio 1964 n. 132 ed. spec.). LEGGE 22 NOVEMBRE 1962 n. 1706, art. 4. (Interpretazione autentica deUa iegge 20 ottobre 1954 n. 1044, richiamata dalia iegge 27 maggio 1959 n. 355, in materia di accertamento di vaiore nei trasferimenti di fondi rustici; integrazioni e modifiche). La questione di legittimit� sollevata in relazione alla norma dell'art. 4, che precisa l'applicabilit� delle disposizioni degli articoli 1 e 2 della stessa legge n. 1706 del 1962 a far �data.dall'entrata in vigore delle leggi n. 1044 del 1954 e n. 355 del 1959, per altro escludendo ogni ripetizione di imposte gi� pagate, � stata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 23 maggio 1964 n. 39, G.U. 30 maggio 1964 n. 132, e.d. spec.). LEGGE 15 FEBBRAIO 1963 n. 150, art. unico (Modifica deH'art. 18 deHa legge 16 settembre 1960 n. 1014 ed interpretazione autentica deH'art. 117 dei testo unico per ia finanza iocaie). � In relazione alle indicate disposizioni, concernenti la facolt� dei Comuni, ai fini dell'imposta di famiglia, di stabilire coefficienti di riduzione fino al massimo del cinquanta per cento, per redditi di lavoro o artigianali, e di fissare i limiti oltre i quali il detto beneficio non va applicato, � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� sollevata in riferimento agli articoli 41, 42, 43 e 53 della Costituzione (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 45, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). DISPOSIZIONI 'DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI �LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE. CODICE CIVILE, art. 2118, primo comma (Recesso dai contratto a tempo indetermin.ato). L'indicata disposizione che, in materia di rapporti di lavoro, consente il recesso del datore di lavoro dal contratto a tempo indeterminato, � parsa, al Pretore di Scalea, contrastante col precetto,� di cui all'art. 4, primo co111ma, della Costituzione (Ord. 28 febbraio 1964, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). CODICE DI PROCEDURA CIVILE, art. 25 (Foro deHa Pubbiica Amministrazione). R.D. 30 OTTOBRE 1933 n. 1611, artt. 6, 7, 8 e 10 (Testo unico deHe ieggi e deUe norme giuridiche suUa rappresentanza e difesa in giudizio deUo Stato e suU'ordinamento �deH'Avvocatura deUo Stato). In relazione alle indicate norme, che dispongono in tema di compe PARTE II, RASSEGNA DI LEGIS)'..AZIONB 91~ tenza per le cause in cui � parte l'Amministrazione dello Stato, il Pretore di Sant'Agata di Militello J:i.a ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 24, primo comma, 25, primo comm�, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione (Ord. 31 marzo 1964, G.U. 13 giugno 1964 n. 144). La questione, sia pure in relazione all'art. 55 del D.P.R. 19 maggio 1949 n. 250, che estende alla Regione Sarda le norme sul foro dello Stato, ed in riferimento al solo art, 25, primo comma, della Costituzione, � stata gi� esaminata dalla Corte Costituzionale, e dichiarata non fondata (sent. 9 luglio 1963 n. 119, G.U. 13 luglio 1963 n. 187 ed. spec.). CODICE PENALE, art. 323 (Abuso di ufficio in casi non preveduti specificamente dalla legge). La questione di legittimit� dell'indicata norma � stata, dal Giudice Istruttore del Tribunale di Foggia, ritenuta non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3 e 25, comma secondo, della Costituzione (Ord. 27 aprile 1964, G.U. 13 giugno 1964 n. 144, ed. spec.). CODICE PENALE, art. 509 (Inosservanza delle norme disciplinanti rapporti di lavoro e delle decisioni del Magistrato del lavoro). Il Pretore di Monsummano Terme ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� dell'indicata norma, in riferimento all'art. 39 della Costituzione (Ord. 23 marzo 1964, G.U. 13 giugno .1964 n. 144 ed. spec.). La questione stessa, per altro, ed in riferimento allo stesso art. 39 della Costituzione, venne dalla Corte Costituzionale gi� dichiarata non fondata (sent. 17 aprile 1957, G.U. 20 aprile 1957 n. 104 ed. spec.). � � CODICE PENALE, art. 570, primo comma (Violazione degli obblighi di assistenza familiare). In relazione all'indicata norma, il Pretore di S. Arcangelo ha ritenuto ipotizzabile un contrasto con i principi di cui agli articoli 13, prima parte, .16, prima parte e 29, comma secondo, della Costituzione. (Ord. 16 aprile 1964, G.U. 13 giugno 1964 n. 144 ed .spec.). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 28 (Autorit� del giudicato penale in altri giudizi civili o amministrativi). Il Tribunale di Napoli, ritenendo l'indicata norma limitativa del diritto alla difesa ed alla integrit� del contraddittorio, e perci� in contrasto coh l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, ha rimesso la questione all'esame della Corte Costituzionale (Ord. 15 novembre 1963, G.U..30 maggio 1964 n. 132 ed. spec.). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 164 n. 3 (Pubblicazione di atti di procedimenti penali, nei quali il dibattimento � tenuto a porte chiuse). Il Tribunale di Palermo, confermando il suo precedente avviso (ordinanza 30 novembre 1963, retro 11), ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, la questione di legittimit� dell'indicata norma (Ord. 3 dicembre 1963, G.U. 13 giugno 1964 n. 144 ed. spec.). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 177 bis (Notificazioni all'imputato all'estero). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per ritenuto contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ed in relazione al disposto dell'art. 171 del codice di procedura penale, il Tribunale di Bassano del Grappa ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimit� dell'indicata norma (Ord. 16 aprile 1964, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 392, primo comma (Forme dell'istruzione sommaria). � Nel rilievo dell'inapplicabilit� all'istruzione sommaria delle norme, dettate per l'istruzione formale, ih tema di avvisi, interventi del difensore e depositi di atti (artt. 304 bis, ter, quater, cod. proc. pen.), e per ritenuto contrasto con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione, il Tribunale di Varese ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale (Ord. 7 aprile 1964, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 553 n. 2 (Sentenze soggette a revisione). � In relazione all'indicata norma, nella parte in cui � esclusa l'ammissibilit� dell'istanza di revisione da parte del condannato per reato contravvenzionale, non dichiarato contravventore abituale o professionale, il Pretore di Sal� ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione (Ord. 15 aprile 1964 � G.U. 13 giugno 1964 n. 144 ed. spec.). T.U. 4 FEBBRAIO 1915 n. 148, artt. 8 e 158. T.U. 3 MARZO 1934 n. 383, art. 22. D.P.R. 5 APRILE 1951 n. 203, art. 10. (Autorizzazione del Presidente della Repubblica per i procedimenti a carico dei Sindaci per fatti commessi nell'esercizio delle funzioni di ufficiali del Governo). La questione di legittimit� delle indicate norme, gi� all'esame della Corte Costituzionale (ordinanze dei Pretori di San Cipriano Picentino e di Moncalieri, retro, 12), � stata ora ritenuta non manifestamente infondata anche dal Pretore di Serramanna, in riferimento agli articoli 3, 28, 104 e 112 della Costituzione (ord. 15 marzo 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126, ed. spec.), e dal Tribunale di Vallo della Lucania, in riferimento ai soli articoli 3 e 28 (Ord. 14 febbraio 1964, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). R.D. 30 DICEMBRE 1923 n. 3269, art. 50 (Legge del registro). In relazione all'indicata norma, e per la parte in cui sarebbe da essa escluso il procedimento di accertamento del valore venale dei beni acquistati ai pubblici incanti, la Commissione provinciale delle imposte di Avellino ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione (Ord. 6 dicembre 1963, G.U. 13 giugno 1964 n. 144 ed. spec.). R.D. 30 DICEMBRE 1923 n. 3270, artt. 45 e 48 (Legge tributaria sulle successioni). Per ipotizzato contrasto con l'art. 53 della Costituzione, nel rilievo che le indicate norme, concernenti la prova dei debiti ai fini della deducibilit� dall'attivo ereditario, farebbero riferimento a una capacit� , . . . . . �:? I . . I. :: PARTE Il, RASSEGNA DI LBGISLAZIONB 93 contributiva soltanto presunta, la Commissione provinciale delle imposte di Palermo ha ritenuto non manifestamente infondata la� questione di legittimit� costituzionale (Ord. 25 marzo 1963, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). R.D. 30 DICEMBRE 1923 n. 3270, art. 77 (Legge tributaria sulle successioni). La disposizione dell'art. 77, che� condiziona la proponibilit� di istanze in giudizio, o presso pubblici uffici amministrativi, in relazione ad eredit� o legati, alla prova dell'effettuata denuncia d.i successione, e, se siano scaduti i relativi termini, anche dell'eseguito pagamento dei tributi, � parsa, al Tribi..iale di Bari, in contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione (Ordinanza 31 ottobre 1963, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). In relazione ad analoghe disposizioni della legge del registro (articoli. 85, 106, 108, 118), la Corte Costituzionale dichiar� non fondata la questione, che era stata proposta in riferimento agli stessi articoli 3 e 24 della Costituzione (sent. 9 aprile 1963 n. 45, G.U. 13 aprile 1963 n. 101, ed. spec.). R.D. 18 GIUGNO 1931 n. 773, art. 134 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza). In relazione alla disposizione dell'art. 134, che richiede una speciale autorizzazione per la prestazione di opera di vigilanza o custodia di propriet� mobiliari o immobiliari, il Pretore di Oppido Mamertina ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� co stituzionale, in riferimento all'art. 4 della Costituzione (Ord. 8 marzo .1963, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). R.D. 14 SETTEMBRE 1931 n. 1175, artt. 117 e 118. LEGGE 11 GENNAIO 1951 n. 25, art. 44, secondo comma. LEGGE 2 LUGLIO 1952 n. 703, art. 30 lett. a). LEGGE 16 SETTEMBRE 1960 n. 1014, art... 18, secondo comma ed ultimo alinea. (Disposizioni in tema di imposta di famiglia). In relazione alle indicate disposizioni, nella parte in cui rimettono ai Comuni di stabilire discrezionalmente la quota di reddito, corrispondente al fabbisogno fondamentale di vita, da mandare esente dall'imposta di famiglia, nonch� di determinare, e sempre discrezionalmente, una riduzione percentuale per alcune categorie di redditi (di lavoro dipendente o autonomo artigianale), la Commissione dei tributi locali di Castellammare di Stabia ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 23 e 53 della Costituzione (Ordinanza 10 marzo 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). La questione, in relazione alla legge 15 febbraio 1963 n. 150 (di modifica dell'art. 18 della legge 16 settembre 1960 n. 1014 e di interpretazione autentica dell'art. 117. del testo unico per la finanza locale) � stata, intanto, esaminata dalla Corte Costituzionale, in riferimento agli articoli 41, 42, 43 e 53 della Costituzione, e ritenuta non fondata (sent. 16 giugno 1964 n. 45, retro, 90). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO R.D, 29. SETTEMBRE 1931 n. 1207 (Disciplina del commercio dei cambi). In relazione alla delega conferita, con la legge indicata, al Ministro delle Finanze, per la emanazione d� norme per la disciplina del commercio dei cambi, e per ipotizzato contrasto con ,gli articoli 76 e. 77 della Costituzione, e, inoltre, sotto il profilo sostanziale, con l'art._ 41 della stessa, il Tribunale di Roma ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale (Ord. 20 dicembre 1963, G.U. 30. maggio 1964 n. i32 ed. spec.). R.D. 7 AGOSTO 1936 n. 1639, artt. 24 e 26, modificati dal R.D.L. 13 MAR~O 1944 n. 88, artt. 2 e 4. R.D. 8 LUGLIO 1937 n. 1516, artt. 2, 5, 6 e 10. (Riforma degli ordinamenti tributari). In relazione alle indicate norme, che demandano ad organi dell'Amministrazione delle Finanze la nomina dei componenti delle Commissioni distrettuali delle imposte, e per ipotizzato contrasto con l'art. 108, comma . secondo, della Costituzione, la Commissione distrettuale delle imposte di Sorrento ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale (Ord. 7 aprile 1964, G.U. 30 maggio 1964 n. 132 ed. spec.). R.D. 17 GIUGNO 1937, n. 1048, art. 24. R.D.L. 9 NOVEMBRE 1945 n. 788, art. 16. LEGGE 4 APRILE 1952 n. 218, art. 23, terzo comma. (Oisposizioni in materia di assegni familiari, integrazione dei guadagni degli operai dell'industria e pensioni dell'assicurazione obbligatoria per-l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti). In relazione alle disposizioni indicate, nella parte concernente l'obbligo dei datori di lavoro di fornire notizie e documenti per accertamenti nei loro confronti, il Pretore di Siracusa ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 13 della Costituzione (Ord. 18 marzo 1964, ed altra conforme, di pari data: G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed.. spec.). R.D. 13 APRILE 1939 n. 652, artt. 8 e 9. D.L. 8 APRILE 1948 n. 514. art. 2. LEGGE 23 FEBBRAIO 1960 n. 131, artt. 1 e 2. D.M. 19 FEBBRAIO 1962 (G.U. 20 aprile 1962 n. 104). (Formazione del nuovo catasto edilizio urbano ed accertamento dell'imposta fabbricati). In relazione alle indicate disposizioni, nella parte in cui � previsto l'a�certamento del reddito,� ai fini dell'imposta fabbricati, secondo il criterio catastale, e, per altro, demandandosi al Ministr� delle Finanze di determinare i coefficienti di aggiornamento, la Commissione distret-� tuale delle imposte di Napoli ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 23, 24, 53, 70, 76 e 134 della Costituzione (Ord. 4 marzo 1964, G.U. 13 giugno 1964 ri. 144 ed. spec.). R.D. 30 GENNAIO 1941 n. 12, art. 105 (Ordinamento giudiziario). La disposizione dell'art. 105, nella parte in cui � previsto che un magistrato onorario (vice pretore) pu� essere chiamato ad integrare il collegio del Tribunale, � parsa, al Tribunale di Palermo, in contrasto PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB 95 col disposto dell'art. 106 della Costituzione (Ord. 30 aprile 1964, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). LEGGE 17 AGOSTO 1942 n. 1150, art. 7, n. 2 e 3 (Legge urbanistica). Il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione. siciliana ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale delle indicate norme, relative a vincoli di zona, in riferimento all'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione (Ord, 14 gennaio 1964, G.U. 2 maggio 1964 n. 108 ed. spec., ed altra, conforme, di pari data, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). Le questioni solle:.. vate in relazione alla stessa legge 17 agosto .1942 n. 1150, nel suo complesso, ed in riferimento agli articoli 16 e 42 della Costituzione, vennero. dalla Corte Costituzionale dichiarate non fondate (sent. 10 maggio 19(i3 n. 64, G.U. 18 maggio 1963 n. 132 ed. spec.). � D.L. 30 MAGGIO 1947 n. 439, modificato dalla LEGGE 11 FEBBRAIO 1952 n. 69. D.L. 5 SETTEMB,RE 1947 n. 888. D.L. 5 GENNAIO 1949 n. 7. LEGGE 4 LUGLIO 1950 n. 454. LEGGE 10 LUGLIO 1951 n. 541. LE~GE 26 GIUGNO 1952 n. 664. D.L. 21 GIUGNO 1953 n. 452, convertito nella LEGGE 21 AGOSTO 1953 n. 589. (Ammasso del grano per contingente). In relazione alle indicate norme, e per ipotizzato contrasto con l'art. 41 della Costituzione, sotto il profilo che non sarebbe stata� rispettata la riserva di legge per la classificazione del prodotto, la determina-" zione del prezzo e la gestione e distribuzione, il Tribunale di Bologna ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale, denunciando, � insieme, vari decreti ministeriali emessi in applicazione delle disposizioni impugnate (�rd. 12 febbraio 1964, G.U. 2 maggio 1964 n. 108). Questioni di. legittimit�, in riferimento allo stesso art. 41 della Costituzione, sono state altra volta �sami:tiate dalla Corte Costituzionale, e dichiarate non fondate (sent. 23 marzo 1964 n. 24, retro, 44). LEGGE 28 FEBBRAIO 1949 n. 43, art. 5 (Provvedimenti per incrementare L'occu'Razione operaia, agevolando La costruzione di case per Lavoratori). lh relazione all'indicata disposizione, che prevede contributi a� ca-' rico dei datori di lavoro e dei lavoratori, il Pretore di Barcellona Pozzo. di Gotto ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 23 e 42 della Costituzione (Ord. 17 gennaio 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126, ed. spec.). LEGGE 15 AGOSTO 1949 n. 533, artt. 5 �e .7 (Norme surLa durata dei contratti individuali di Lavoro dei salariati fissi dell'agricoltura e sulle relative controversie). Il Pretore di Ferrara ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 102, comma secondo, e 108 della Costitu-. zione, la questione di legittimit� delle norme che prevedono la nomina di consulenti tecnici che assistano il giudice nella decisione delle controversie di cui all'indicata legge (Ord. 9 maggio 1964, G.U. 13 giugno 1964 n. 144 ed. spec.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LEGGE 27 DICEMBRE 1953 n. 959, art. 1 (Norme modificative del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1175, sulle acque e gli impianti elettrici, riguardanti l'economia montana). ~EGGE 30 DICEMBRE 1959 n. 1254, art. 1 (Norme interpretative delle disposizioni della legge 27 dicembre 1953 n. 959). Il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha ritenuto non manifeslamente infondata la questione di legittimit� delle indicate� norme, in riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione, in quanto i sovracanoni, dalle dette disposizioni previsti in favore dei comuni montani, determinerebbero un trattamento disuguale nei confronti dei concessionari di bacini di pianura e di quelli montani, da una parte, e nei confronti, poi, dei concessionari da ritenere tutelati da leggi di incentiyazione (Ord. 23 novembre 1963, G.U. 2 maggio 1964 n. 108, ed. spec.). LEGGE 4 APRILE 1956 n. 212, artt. 2, 3 ed 8 (Norme per la disciplina della propaganda elettorale). Il Pretore di Roma ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� sollevata in relazione alle indicate norme, ed in riferimento agli articoli 21 e 49 della Costituzione (Ord. 28 febbraio 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). Le questioni di legittimit�, gi� sollevate in precedenza in relazione al quarto comma dell'art. 8 citato, ed all'art. 1 della stessa legge n. 212 del 1956, sono state, in riferimento all'art.� 21, primo e secondo comma, della Costituzione, dichiarate non fondate (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 48, retro, 89). D.P.R. 29 GENNAIO 1958 n. 645, art. 207 lett. b. (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette). La questione, in riferimento agli articoli 24 e 42 della Costituzione, � stata dal Pretore di Soriano Calabro ritenuta non manifestamente infondata (Ord. 9 marzo 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). La questione stessa, in riferimento all'art. 24, primo comma, ed all'art. 42, secondo comma, della Costituzione, � gi� stata dalla Corte Costituzionale dichiarata non fondata (sent. 16 giugno 1964 n. 42, retro, 89). D.P.R. 29 GENNAIO 1958 n. 645, artt. 208 e 209 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette). Le disposizioni indicate, che disciplinano il ricorso all'Intendente di finanza contro gli atti esecutivi dell'esattore e la sospensione della procedura esecutiva, sono state gi� varie volte esaminate dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimit� sotto vari profili proposte. Il Pretore di Biella, ora, ha nuovamente sollevato la questione, ipotizzando un contrasto delle ridette norme con i principi di cui agli articoli 3, 24 e 42 della Costituzione (Ord. 17 febbraio 1964, G.U. 2� maggio 1964 n. 108 ed. spec.). LEGGE 20 FEBBRAIO 1958 n. 75, art. 3 nr�. 3 e 8 (Abolizione della regolamentazione della prostituzione). La questione di� legittimit� della disposizione del n. 3 dell'art. .3 � stata dal Tribunale di Ascoli Piceno, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, ritenuta non manifestamente infondata (Ord. 6 aprile 1964, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). La questione relativa alla; norma del n. 8 dello stesso art. 3 � I , I 'i2 Ii PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 97 stata rimessa, invece, dal Tribunale di Lanciano, per ipotizzato contrasto con gli articoli 13 e 27 della Costituzione (Ord. 8 aprile 1964, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.); e tale questione, per altro, di cui gi� in precedenza era stata investita la Corte Costituzionale, � stata da questa, in riferimento agli a~ticoli 13 e 25 della Costituzione, dichiarata non fondata (sent. 16 giugno 1964 n. 44, retro, 89). LEGGE 27 FEBBRAIO 1958 n. 190, art. 1, terzo comma (Repressione delle frodi nella preparazione e nei commercio di sostanze di uso agrario .e di prodotti agrari). La questione di legittirtiit� in relazione alla norma indicata, per la parte in cui questa prevede termini perentori per la richiesta di revisione di analisi, i cui risultati siano da prendere a base dell'accerfamento delle violazioni, � stata, dal Pretore di Corteolona, ritenuta non :manifestamente infondata, in riferimento all'art. 24, comma secondo, della Costituzione (Ord. 17 gennaio 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). Le .questioni concernenti lo stesso art. 1, nonch� l'art. 2, della legge indicata, in precedenza sottoposte alla Corte Costituzionale, furono da questa dichiarate non fondate, in riferimento agli articoli 24 e 102 della Costituzione (sent. 7 maggio 1963 n. 63, G.U. 18 maggio 1963 n. 132 ed. spec.). D.P.R. 14 LUGLIO 1960 n. 1019, art. unico (Norme sui licenziamenti per riduzione di personate). In relazione alla disposizione indicata, che rende obbligatorio erga omnes l'accordo interconfederale 20 dicembre 1950 sui licenziamenti per riduzione di pers�nale, il Pretore di Monsummano Terme ha ritenuto non manifestamente infondate le questioni di legittimit�, �sollevate per eccesso rispetto alla legge di delega 14 luglio 1959 n. 741 ed in riferimento all'art. 76 della Costituzione, nonch� per contrasto anche con gli ar~icoli 25, prima parte, 39 e 102, secondo comma, della Costituzione medesima (Ord. 23 marzo 1964, ed altra conforme di pari data, G.U. 13 giugno 1964 n. 144 ed. spec). D.P.R. 14 LUGLIO 1960 n. 1032, art. unico (Norme sui trattamento economico e normativo degli operai ed impiegati addetti alte industrie edilizie ed affini). La Corte di Appello di Napoli ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimit� della disposizione indicata, per la parte in cui la stessa rende obligatoria erga omnes la norma dell'art. 55 del contratto nazionale 24 luglio 1959 n. 1 (Ord. 21 gennaio 1964, G.U. 2 m�ggio 1964, n. 108,ed. spec.; e cfr., per riferimenti anche a pronuncia della Corte Costituzionale sulla stessa disposizione: ord. 27 dicembre 1963 della stessa Corte di Napoli, ed altre, retro, 48). LEGGE 21. DICEMBRE 1960 n. 1521, art. 2, primo comma lett. a) (Disciplina transitoria delle locazioni di immobili urbani). La questione � stata rimessa dal Tribunale di Venezia, sotto il profilo gi� considerato in precedente sua ordinanza (Ord. 30 gennaio 1964, G.U. 2 maggio 1964 n. 108 ed. spec.; e cfr. retro, 49). D.P.R. 9 MAGGIO 1961 n. 865, art. unico (Norme sui trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese editi ed affini delle provin.cie di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli. e Salerno). 98. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II La questione di legittimit� della disposizione indicata, nei limiti in cui co:n la stessa � resa obbligatoria erga omnes la clausola dell'art. 7: ffi d.el contratto integrativo 2 ottobre 1959 per la provincia di Napoli, � ~~ stata dl;ll Pretore di Casoria ritenuta non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 76 della Costit�zione (Ord. L aprile 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.; e cfr., per riferimenti sulla questione, Corte Cost., sent. 13 luglio 1963 n. 129 -G.U. 20 luglio 1963 n. 194 ed. spec. che diehiar� illegittimo il D.P.R. n.. 865 del 1961 per la �parte concernente l'obbligatoriet� erga omnes della clausola n. 6 dell'accordo integrativo per la provincia di Salerno). D.P.R. 11 DICEMBRE 1961 n. 1642, art. unico (Norme sul trattamento economico �e normativo degli operai dipendenti da imprese di escava:zione e lavorazione .di materiali lapidei della provincia di Palermo). Il Pretore �di Termini Imerese ha ritenuto non manifestamente in-� fondata la questione di legittimit� della disposizione indicata, per la parte concernente l'obbligatoriet� erga omnes delle clausole nn. 6, 9 e� 13 del contratto integrativo per la provincia di Palermo, per eccess� rispetto alla legge di delega 14 luglio 1959 n. 741, ed. in .. riferimento all'art. 76 della Costituzione (Ord; 14 dicembre 1963, G.U:. 2 maggio 1964 il., 108 ed. spec.). Con la stessa ordinanza � stata anche denunciata l'illegittimit� dell'art. unico del D.P.R. 14 luglio 1960 n. 1032, nella parte concernente l'obbligatori�t� erga omnes dell'art. 34, per il riferimento alle casse edili, e dell'art. 62, del contratto nazionale 24 luglio 1959 :� illegittimtt� gi� dichiarata, invece, con la sentenza della Corte Costituzionale del 13 luglio 1963 n. 129, G.U. 20 luglio 1963 n. 194 ed. spec. LEGGE 21' DICEMBRE 1961 n. 1527, artt.. 2 e 3 (Determinazione dei prezzi delle sanse). Iri relazion� alle indicate disposizioni, che demandano al C�mitato interministeriale ed ai Comitati provinciali dei prezzi di fissare i corrispettivi minimi per l'estrazione� delle sanse, il Consiglio di Stato ha ritenuto non manifestamente infondata le questioni di legittimit� costitu.:. donale, sollevate in riferimento agli articoli 23, 24, 36, 41 e 102 della 8ostituzione (Ord. 29 gennaio 1964, G.U: 2 maggio 1964 n. 108 ed. spec.). . LEGGE 30 APRILE 1962 n. 283, art. 5, comma g. (Disciplina igienica della ~roduzione e della vendita delle sostanze al�mentari �e delle bevande). In relazione alla disposizione indicata, ed in quant� con la stessa sa: ebb� dato all'autorit� amministrativa �li imporre prescrizioni penalnien; e sanzionate, e� quindi per ipotizzato contra~to con il principio di riserva l�lla legge in materia penale, il Pretore cli Torriglia ha ritenuto non nanifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale (Ord. !8 febbraio 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). LEGGE 12 GIUGNO 1962 n. 567, artt. 1, 2, 3, 7, 16 (Norme in materia di 1ffitto di fondi. rustici). . In relazione alle indicate �lisposizioni, concernenti la determinazione lei canoni di affitto di fo;ndi rustici, che non. possono essere pattuiti; tra 'altro, in misura superiore a quella stabilita da apposite Cominissidni, l Tribunal.e di Oristano, per gli articoli 1,. 2, 3 e 7 della l,egge, ed in iferimento. all'art. 101 della Costituzione,�� e quello di Lucera, per gli rti.coli l e 16, ed in i:iferimento agli articoli .41 e 42 della Costituzione� PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE medesima, hanno ritenuto non manifestamente infondate le sollevate questioni di legittimit� costituzional� (Ord. Trib. Oristano 24 marzo 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.; ord. Trib. Lucera 8 aprile 1964, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). Le questioni relative agli articoli 1 e 7 della legge sono state, intanto, dalla Corte Costituzionale, dichiarate non fondate, in riferimento ai citati articoli 41, 42 e 101 della Costituzione (sent. 23 maggio 1964 n. 40, retro 90). LEGGE 22 NOVEMBRE 1962 n. 1646, art. 34; art. 35, ultimo comma (Mo difica agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del Tesoro). Le indicate norme, nei limiti in cui � da ritenere che dispongano retroattivamente circa i requisiti per l'iscrizione obbligatoria alle Casse di previdenza, sono parse, alla Corte dei Conti, in contrasto con i principi fissati dall'art. 3 della Costituzione (Ord. 20 marzo 1964, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). LEGGE 19 GENNAIO 1963 n. 15, art. 4 (Disposizioni in tema di assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali). � � In relazione alla disposizione indicata, che pone a carico del datore di lavoro l'onere della retribuzione al lavoratore infortunato, per il pe. riodo di carenza dell'assicurazione, il Pretore di Fe.rrara ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� co:;?tituzionale, ip. riferimento agli articoli 3, 23 e 38. della Costituzione (Ord. 26 febbraio 1964, G.U. 2 maggio 1.964 n.108 ed. spec.). � LEGGE 25 Fl3EBRAIO 1963 n. 327 (Norme sui contratti a miglioria in uso nelle province del Lazio). � Le disposizioni dell'indicata legge, nel loro complesso, ed in particolare quelle degli articoli da 1 a 7, le quali dichiarano applicabili le norme sull'enfiteusi. a contratti di coloni8; migliorataria, e regolano in modo particolare l'affranco, sono parse, al Pretore di Alatri, contrastanti con i principi di cui agli articoli 3, 41, 42, 97, 101, 104 e 108 della Costituzione (Ord. 28 marzo 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). QUESTIONI E' CONSENTITO ALLO STATO CONCLUDERE CONTRATTI DI ASSICURAZIONE? Negli ultimi anni talune Amministrazioni dello Stato hanno preso in considerazion� la conclusione di contratti di assicurazione e specialmente di assicurazione della responsabilit� civile. Tale fatto induce a prendere in esame la questione suindicata, ritenendosi che con riferimento alla Pubblica Amministrazione in genere ed ali.o Stato in ispecie essa vada impostata e risolta in termini peculiari. E' noto come sia oggetto di discussione la capacit� delle persone giuridiche pubbliche per gli atti di diritto privato ed � altrettanto noto come anche chi in linea astratta riconosca agli enti pubblici la possibilit� di avvalersi di tutti i contratti noti al diritto privato, ivi compresi quelli misti e quelli innominati, limiti, tuttavia, questa libert� in ragione della natura stessa di tali enti e del dovere che essi hanno di agire esclusivamente per il conseguimento dei propri fini nell'ambito delle leggi che li riguardano (v., per tutti, EuLA, in Commentario al codice civile, diretto da D'AMELIO, libro I, Firenze, 1940, 115-116 e ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, voi. IV, Milano, 1958, 466). Non manca, peraltro, chi pi� specWcamente esclude che la Pubblica Amministrazione abbia capacit� per qualsiasi atto di diritto privato (v., per tutti, SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1962, 380), pure, beninteso, prescindendo da quegli atti, che presuppongono l'esistenza della persona fisica (come, ad esempio, per restare in argomento, l'assicurazione suila vita). Il problema accennato � stato particolarmente agitato in materia di donazioni ed in tale specifica materia la dottrina � appunto orientata nel senso di es�ludere la capacit� di donare da parte degli enti pubblici (agli autori in ultimo citati si aggiungano tra i pi� autorevoli BIONDI, Le donazioni, Torino, 1961, 209 e segg. ~ TORRENTE, La donazione, Milano, 1956, 326 e segg.) finanche ad altri enti pubblici (v. RoEHRSSEN, I contratti della Pubblica Amministrazione, Bologna, 1959, 57 e segg.). La giurisprudenza diversamente orientata (v. Cass. S.U. 17 novembre 1953 n. 3540, in questa Rassegna 1954, 58 ed ivi nota� redazionale, nonch�, da ultimo, Cass. S.U. 14 marzo 1961 n. 577) e qualche isolato, seppur illustre autore, di opinione pi� o meno contraria (FERRARA, Teoria delle persone gi,"Uridiche, Napoli, 1923, 866, ALESSI Sull'ammissibilitd di donazioni da parte di enti pubblici, Giur. compl. cass. civ., 1947, XXV, 480 e segg., MIELE. In tema di atti di liberalitd degli enti pubblici, Foro amm., 1958, II, 1, 500 e �segg.), variamente motivano il loro atteggiamento s� da non perdere, comunque, mai di vista la particolare situazione che la presenza della Pubblica Amministrazione determina (per una pi� approfondita indagine in proposito v. retro, p. 73 e segg.). E' sintomatico, per�, notare come pure chi non escluda che e l'Am �PARTE Il, QUESTIONI 101 ministrazione � sia e legittimata a donare � in casi nei quali ad ogni modo possa riconoscersi �l'esistenza di un pubblico interesse�, osservando altres� che � identiche considerazioni possono farsi per la fideius.,. sione, la cui ammissibilit� era �stata negata�, affermi che c�non vi � legittimazione a stipulare contratti aleatori� (SEPE, Contratti della Pubblica Amministrazione, Enciclopedia del diritto, vol. IX, Milano, 1961, 989-990; nel senso che �sono ritenuti vietati alle pubbliche amministrazioni tutti i contratti aleatori �, eccezion fatta per e i contratti di gioco propri esclusivamente dello Stato� e disciplinati da leggi speciali, v. ZANOBINI, op. cit., 466-477). Altrettanto sintomatico � che, in un caso, per vero singolare, nel cjuale un ente pubblico cedette con particolari pattuizioni un bene ad una societ� commerciale, pur ammettendosi in astratto la capacit� di donare nell'ente pubblico,. si escluse la configurabilit� di una donazione per quanto modale anche in ragione della qualit� del cessionario, il cui scop0 non poteva non essere di lucro (C. App. Ancona, 30 aprile 1957, Acque bonifiche e co� struzioni, 1957, 300, con nota, per�, contraria di LASCHENA, ivi, 301). Orbene, il contratto di assicurazione � un � tipico contratto alea... torio� [v., per tutti, BuTTARO, Assicurazione (contratto di), Enciclopedia del diritto, vol. III, Milano, 1958, 455], mentre almeno in principio esso prevede un lucro dell'assicuratore. Bisogna, a questo punto, subito precisare che, pur escludendosi per la Pubblica Amministrazione �la legittimazione a stipulare contratti. aleatori�, suole aggiungersi che �sono ammessi i contratti assicurativi � (v. SEPE, op. e loc. cit.). Un'affermazione del genere, che contrasta con la rilevata natura tipicamente aleatoria del contratto di assicurazione, viene motivata con la considerazione che l'alea del contratto di assicurazione non importi � un pericolo per le finanze dell'ente � (arg. da ZANOBINI, op. cit., 467). In particolare, si � osservato che e il contratto di assicurazione... rappresenta per l'assicurato il mezzo per coprirsi dei rischi della vita propria ed altrui e dei rischi dei danni alle cose �, onde, e a parte che la P. A.... non pu� per sua natura coprirsi dei rischi della vita propria, essa � pienamente legittimata a compiere contratti di assicurazione per coprirsi degli altri rischi : con ci� essa, lungi dal compromettere la consistenza del proprio patrimonio, viene a garantirla� (CAMMEO, I contratti della Pubblica Amministrazione, Firenze, 1954, 157; v. pure RoEHRSSEN, .op. cit., 61-62). L'osservazione � suggestiva, ma il contratto di assicurazione resta in ogni caso un contratto tipicamente aleatorio ed un contratto che implica un lucro, per l'assicuratore, oltre ad un rimborso delle spese generali.� In definitiva, per quanto attiene specialmente alla assicurazione contro i danni (dell'assicurazione sulla vita non pare sia il caso di trat� tare oltre tanto evidente � che non sia concepibile per lo Stato la conclusione dei relativi contratti), e attraverso l'adozione e l'attuazione di... fondamentali regole tecniche� l'assicuratore ottiene e col pagamento dei premi i mezzi necessari... per risarcire gli eventuali sinistri � (v. BuTTARO, Assicurazione, Enciclopedia del diritto, vol. III, Milano, 1958, 430), per organizzare i propri servizi e per realizzare un lucro. Gi�, sotto questo� aspetto, quindi, almeno, le persone giuridiche pubbliche, in genere, e lo Stato, in ispecie, dovrebbero con quelle medesime regole accertare se non potessero pi� convenientemente con lo esborso di somme inferiori all'ammontare dei premi da corrispondere RASSEGNA DBLL'AVVOCATtJRA DELLO STATO in forza dei contratti di assicurazione sopportare, tutte le conseguenze degli eventuali danni, risparmiando cos� il rimborso delle spese di ~ un'organizzazione estranea ed ancor pi� lo scotto di un lucro dell'assicu. ratore,� che si potrebbe rivelare pertanto ingiustificato. E se l'accerta. mento fosse positivo, anche prescindendo dall'ammissibilit� o meno della �legittimazione � per i contratti di assicurazione, v� sarebbe di che sostanziare una risposta negativa alla. questione posta. � Ma vi � dell'altro. La conclusione di contratti di assicurazione con itro i danni, e segnatamente della responsabilit� civile, dove tra l'evento dannoso \e la diminuzione del patrimonio dell'assicurato corre Ulll rapporto soltanto indiretto (v. SALANDRA, in Commentario aZ codice civile a cura di ScIALOJA e BRANCA, Bologna-Roma, 1958, libro IV, artt. 18611932, 315 e segg.), contrasta con l'impostazione economico-finanziaria della gestione statale, la cui base, come � noto, � costituita dal bilancio di previsione, approvato con legge formale. Infatti, poich� lo scopo della gestione dell'azienda statale non � il lucro, n�,. pertanto, la conservazione pura e semplice del patrimonio, in quanto fine a se stesso o in quanto mezzo per conseguire vantaggi economici, sembra chiaro come pagare somme fisse a titolo di premi di assicurazione per evitare di dover subire solo in via eventuale e per �importi di cui non si conosce l'entit� le conseguenze di ipotizzabili danni significhi per lo Stato ri I mettere sia pure in parte la funzione sua propria di formulare il bilancio di previsione della spesa ad un istituto assicuratore. E poich� sul bilancio di previsione della spesa si stabilisce il bilancio di previsione dell'entrata, ossia la misura dei tributi i quali dovranno gravare sui cittadini, mentre � ovvio che l'istitutq assicuratore nel formulare le sue previsioni per determinare la misura dei premi deve necessariamente tener conto pure del s�o guadagno, una parte dei tributi percepiti dallo Stato va a costituire il lucro di quello in evidente incompatibilit� con la natura e con la funzione dello Stato stesso. In altri termini, questo, per fare fronte alle conseguenze di eventuali danni pu� e deve provvedere, come provvede, con stanziamenti in appositi capitoli a seguito delle p:vevisio:r'li fatte da propri organi, cui un tal compito � demandato. Infine, lo Stato per i danni comunque subiti, mentre non pu� non agire nei confronti dei terzi, in caso di responsabilit� di questi, dovr�, in quanto i danni medesimi siano effetto di un comportamento antigi�ridico, anche se �solo presunto ex lege, di propri agenti, -e per lo pi� tertium� non -datur -esperire l'apposita azione nei confronti degli stessi in conformit� alla vigente legislazione (v., in particolare, gli articoli 82 e 83 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, con nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato, gli articoli 52 e 53 del r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, che approva il t. u. delle leggi sull'ordinamento dell� Corte dei Conti, nonch� gli a:rtt. 18 e segg. del d. P. R. 10 gennaio 1957 n. 3 con il t. u; delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato). Ci� posto � evidente che una volta stipulati i relativi contratti di assicurazione si vengano sostanz�almente a rendere inoperanti i principi suindicati, in quanto lo Stato si assumerebbe, seppur in misura fissa, definitivamente e per l'intero, le conseguenze eventuali di un comportamento. antigiuridico di altri. Benvero, formalmente, il danno derivante da tale comportamento viene pagato dall'assicuratore, sicch� mancano i presupposti giuridici per l'applicazione di quei principi, ma non ne mancano' i presupposti� economici ossia una diminuzione sostanziale del PARTE Il, QUESTIONI 103 patrimonio dello Stato o meglio una spesa a carico d�l bilancio dellb Stato, non recuperabile appunto per la sua determinazione generieii e forfettaria. L'assicurazione si� risolverebbe, adunq�e, ��nel co;ntriisfo insuperabile con i menzionati principi, in una sorta di contr::ttto a favore di altri, pure come tale non consentito allo Stato. . . . . .. . E' vero che in base all'ultima parte del comma secortdq dell'.art. 22 del t. u., di cui al d. P. R. 10 gennaio 1957 n.. 3, ed agli artt.. 1 e segg, della legge 31 dicembre 1962 n. 1883 l'azione di riva~sa dello Stato riei confronti dei conducenti di veicoli � limitata ai casi di dolo o� colpa grave dei conducenti stessi, quasi come la conduzione di veicoli costituisca una complessa attivit� tecnica, rispetto alla quale, invece, per i funzionari che effettivamente la esercitano, l'azione di rivalsa non pare incontri cos� espliciti limiti. Ma, a parte la breccia aperta nel sistema (basti pensare che il terzo danneggato pu� agire direttamente in ogni caso contro il conducente, il quale non potrebbe mai pretendere dallo Stato quanto vada ad esborsare di conseguenza, seppur tenuto per colpa non grave), ci� riguarda una particolare branca della responsabilit� civile per fatto illecito ed anche nell'ambito di questa branca non abbraccia tutti i casi rientranti negli abituali contratti di assicurazione del ramo. Comunque, almeno nei ristretti limiti imposti dalle disposizioni ora richiamate, le quali prevedono pure un'apposita procedura, non pu� essere neanche parzialmente esclusa la rivalsa nei confronti dei conducenti, giacch�, oltretutto, rendendosi in concreto inutili le norme sostanziali e� procedurali test� citate, per essi potrebbe praticamente venir meno la residua remora all'osservanza nella condotta di guida di quel minimum costituito da un comportamento non� gravemente colposo. I doveri dello Stato nei confronti dei propri dipendenti ed i diritti di questi nei confronti dello Stato, poi, sono anch'essi minutamente re. golati sotto ogni aspetto .dalle vigenti leggi, alle quali non potrebbe derogarsi se non a mezzo di altre leggi e �rispetto alle quali la conclusione di contratti di assicurazione rappresenterebbe un'inammissibile deroga. In particolare per i cosiddetti rischi professionali degli impiegati in genere (n� vi sarebbe motivo di considerare specialmente i conducenti di veicoli gi� tanto favoriti dall'eccezionale legislazione che li riguarda e di cui si � scritto), comunque incontrati (ed anche, quindi, da �trasportati� su veicoli dello Stato, i quali trasportati altri non dovrebbero essere che dipendenti in servizio), provvedono ampiamente l'art. 68 del t. u. di cui al d. P. R. 10 gennaio 1957 n. 3, la 1. 1 novembre 1957 n. J140 ed il t. u., di cui al r. d. 21 febbraio 1895 n. 70, e successive modificazioni, che disciplinano sostanzialmente e proceduralmente gli effetti delle infermit� (in senso lato) dipendenti da cause di servizio, nelle quali, soltanto, possono risolversi quei rischi; senza dire che gli effetti pregiudizievoli per il bilancio dello Stato di tali infermit� come in genere di ogni altro danno, salve le rare ipotesi di cause di forza maggiore, dovrebbero essere eliminate attraverso la ripetizione, a carico dei responsabili, delle somme conseguentemente esborsate, laddove per i motivi innanzi accennati ci� non potrebbe avvenire, in caso di assicurazione, con riferimento all'importo dei premi. N�, in alcuna ipotesi, varrebbe obbiettare che l'assicurazione potesse riguardare i casi di responsabilit� obbiettiva, giacch�, per quanto interessa, un simile tipo di responsabilit� non appare normalmente configurabile, ed anche la colpa presunta pu� essere esclusa dalla pro lM RASSEGNA DBLL'AVVOCATVRA Dm.LO STATO va contraria, mentre quando presunzioni non esistono colui che pretende di avere un qualsiasi diritto deve dare la prova della fondatezza della propria pretesa nei vari aspetti, in cui tale fondatezza si concreta. Concludendo, alla questione posta si ritiene debba rispondersi negativamente; non solo, ma la conclusione, alla quale� si � pervenuti, nei limiti in cui le ragioni indicate a sostegno di siffatta conclusione siano applicabili mutatis mutandis agli enti pubblici diversi dallo Stato, dovrebbe valere anche per questi. LA REDAZIONE CONSULTAZIONI* ACQUE PUBBLICHE Delimitazione da parte del Prefetto degli alvei e delle sponde 1) Quale sia la natura del potere attribuito al Prefetto, in materia di delimitazione degli alvei a sponde variabili od incerte, dall'art. 94 t.u. 25 luglio 1904, n. 523. (n. 77). 2) Se sia fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 94 t.u. citato in relazione agli artt. 24, 25 e 42 della Costituzione. (n. 77). Valle d'Aosta -Derivazioni idroelettriche -E.N.E.L. 3) Quale sia la natura del rapporto che si instaura fra Stato e Regione in base all'art. 7 S.S.V.A., e se in materia di acque pubbliche sia ipotizzabile un conflitto di attribuzione fra Stato e Regione. (n. 78). 4) Se, con l'entrata in vigore della legge istitutiva dell'E.N.E.L., possa ritenersi ancora sussistente il diritto della Valle d'Aosta alla concessione di acque a scopo idroelettrico. (n. 78). AGRIC(:)LTURA Riforma fondiaria -Rapporti con gli assegnatari Se in caso di alienazione dei terreni oggetto di assegnazione, da parte degli assegnatari si possa far dichiarare, nei loro confronti, la risoluzione del rapporto giuridico per inadempimento. (n. 35). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Transazioni Se gli atti con i quali si risolvono transattivamente le riserve avanzate dalle Ditte appaltatrici siano soggetti al parere obbligatorio di merito dell'Avvocatura dello Stato, ovvero al semplice visto di legittimit�. (n. 285). ANTICH-ITA' E BELLE ARTI Fondo per il Culto -Natura giuridica -Dichiarazione di importanza artistica 1) Se per la dichiarazione di importanza storico-artistica di due chiese appartenenti al Fondo per il Culto debba provvedersi ai sensi dell'art. 822 e.e., secondo comma, ovvero ai sensi del combinato disposto dell'art. 830 e.e. e dell'art. 2 della legge 1 giugno 1939 n. 1089. (n. 51). 2) Se il Fondo per il Culto sia soggetto distinto dallo Stato, fornito di autonoma personalit� giuridica. (n. 51). * La formulazione del quesito non riflette in alcun modo la soluzione che ne � stata data. 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Immobili adiacenti edifici monumentali 3) Se sia legittima l'imposizione del divieto assoluto di edificabilit�, nei confronti di immobili adiacenti a edifici monumental�, sulla base dell'art. 21 legge 1 giugno 1939, n. 1089. (n. 52). 4) Se un tale divieto assoluto di edificabilit� possa imporsi in virt� della legge 30 giugno 1939 n. 1497. (n. 52). APPALTO Opere pubbliche -Cessione di contratto 1) Quale sia la differenza tra l'ipotesi prevista dall'art. 334 legge 30 marzo 1865 n. 2248 all. F e quella prevista dal successivo art. 339. �(n. 274). 2) In quali condizioni possa ritenersi giustificato il rifiuto della p. a. ad acconsentire alla cessione del contratto di appalto da parte del deliberatario. (n. 274). Imposta di registro -Restituzione 3) Se l'imposta di registro, relativa ad un contratto di appalto stipulato dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici in ordine al quale il Consiglio di Stato abbia dichiarato la illegittimit� della aggiudicazione (con il conseguente annullamento parziale, da parte della stessa Amministrazione, degli atti dell� predetta procedura ivi compreso il decreto di approvazione del contratto), debba esser'e restituita all'impresa. (n. 275). BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI Valle d'Aosta -Tutela paesistica 1) Se nel territorio della Valle d'Aosta sia applicabile la legge n. 1497 del 1939 sulla tutela del paesaggio. (n. 10). 2) Se sia annullabile una licenza di costruzione rilasciata dal Sindaco di un Comune della Valle d'Aosta in mancanza dell'autorizzazione del Soprintendente alle Antichit� e Belle Ar� e, nell'affermativa, quale procedura si debba seguire. (n. 10).. 3) Se il Regolamento edilizio deliberato da un Comune della Valle d'Aosta ed approvato dalla Giunta Regionale debba essere sottoposto all'approvazione del Ministro dei Lavori Pubblici, a norma dell'art. 36 Legge 17 agosto 1942 n. 1150. (n. 10). CONCESSIONI Beni indisponibili ad uso di abitazione Se il divieto degli aumenti dei canoni, di cui alla legge n. 1444 del 1963, debba trovare applicazione anche per le concessioni-contratto riguardanti beni immobili indisponibili dello Stato adibiti ad uso di abitazione. n. 71). CONCORSI Ferrovie dello Stato -Concorso per soli titoli Quali siano i criteri da osservare per i concorsi per soli titoli ban PARTE II, CONSULTAZIONI ]:07 diti dalle Ferrovie dello Stato in base alla legge n. 304 del 1963 in ordine alla presentazione da parte dei candidati dei documenti necessari e alla valutazione dei singoli titoli. (n. 7). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO Contratti 1) �Se, a norma dell'art. 114 reg. Cont. Stato, allorch� nel capitolato di oneri o nello schema di contratto sia stabilito un termine per l'approvazione del contratto stesso, il contraente privato abbia diritto di esser liberato da ogni suo impegno, ove entro il termine predetto venga emesso il decreto di approvazione ma non intervengano il visto e la registrazione da parte della Corte dei Conti. (n. 198). 2) Se la dichiarazione di scioglimento per mancata approvazione in termine del contratto resti superata dalla successiva spontanea esecuzione da parte del contraente privato, malgrado l'espressa riserva di ogni diritto nascente. dalla dichiarazione stessa. (n. 198). Transazioni 3) Se gli atti con i quali si risolvono transattivamente le riserve avanzate dalle ditte appaltatrici siano soggetti al parere obbligatorio di merito della �Avvocatura dello Stato, ovvero al semplice visto di legittimit�. (n. 199). CONTRABBANDO Apparecchi di accensione -Sopratassa -Condono Se in virt� della legge 31 ottobre 1963 n. 1458 possa considerarsi condonata la sopratassa per contrabbando di apparecchi di accensione e di pietrine focaie prevista dall'art. 10 r.d.l. 26 febbraio 1930 n. 105. (n. 37). COSTITUZIONE Delimitazione da parte del Prefetto degli Alvei e delle sponde dei corsi di acque pubbliche 1) Se sia fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 94 t.u. citato in relazione agli artt. 24, 25 e 42 della Costituzione. (n. 23). Corte Costituzione -Conflitti d{ attribuzione -Decorrenza del termine di cui alf'art. 39 l. 23 marzo 1953 n. 87 2) Se il termine per proporre ricorso alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzioni, ai sensi dell'art. 39 legge 23 marzo 1953 n. 87, decorra per lo Stato dal giorno in cui il provvedimento che d� luogo a conflitto sia giunto a conoscenza del Ministero interessato opp.re alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. (n. 24). DANNI DI GUERRA Reliquidazione danni di guerra Se sia legittimo, tramite una circolare,. disporre la reliquidazione dei danni di guerra anche relativamente a pratiche gi� liquidate e divenute definitive e secondo un criterio di liquidazione diverso da quello adottato in precedenza. (n. 114). 108 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO DEMANIO Demanio forestale -Adeguamento canoni Se i criteri di adeguamento dei canoni demaniali, previsti nella legge n. 1501/1961, possano essere applicati ad una concessione-contratto di beni del demanio forestale dello Stato, nella quale il canone fu pattiziamente concordato. (n. 186). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Cooperative edilizie -Restrizione ipotecaria Se in caso di restrizione ipotecaria, il versamento da effettuarsi dalle Cooperative edilizie a sensi dell'art. 8 t.u. 28 aprile 1938 n. ll65 possa essere limitato alla somma corrispondente, proporzionalmente, al prezzo d'acquisto dell'area da liberare, ovvero debba adeguarsi al valore attuale dell'area stessa. (n. 147). ELETTRICITA' E.N.E.L. 1) Se l'E.N.E.L. sia tenuta all'osservanza delle norme del T.U. sulle acque e sugli impianti elettrici che non siano state espressamente abrogate dalla legge istitutiva dell'E.N.E.L. 6 dicembr~ 1962, n. 1643. (n. 10). VaLLe d'Aosta -Derivazioni idroelettriche -E.N.E.L. 2) Quale sia la natura del rapporto che si instaura fra Stato e Regione in base all'art. 7 S.S.V.A., e se in materia di acque pubbliche sia ipotizzabile un conflitto di attribuzione fra Stato e Regione. (n. 11). 3) Se, con l'entrata in vigore della legge istitutiva dell'E.N.E.L. possa ritenersi ancora sussistente il diritto della Valle d'Aosta alla concessione di acque a scopo idroelettrico. (n. 11). ELEZIONI Infortunio a componente di seggio elettorale Se l'Amministrazione dell'Interno sia tenuta a risarcire il danno subito dal Presidente di un seggio elettorale a seguito di un incidente occorsogli per colpa di terzi mentre con la propria autovettura si recava a depositare i plichi elettorali, essendo stato autorizzato dal sindaco ad usare il proprio autoveicolo in assenza di ogni altro mezzo di trasporto pubblico o privato atto allo scopo. (n. 6). ENTI E BENI ECCLESIASTICI Fondo per iL Culto -Natura giuridica -Dichiarazione di importanza artistica 1) Se per la dichiarazione di importanza storico-artistica di due chiese appartenenti al Fondo per il Culto debba provveder:si ai sensi dell'art. 822 e.e., secondo comma, ovvero ai sensi del combinato disposto dell'art. 830 e.e. e dell'art. 2 della legge 1 giugno 1939 n. 1089. (n. 41). PARTE II, CONSULTAZIONI 109 2) Se il Fondo per il Culto sia soggetto distinto dallo Stato, fornito di autonoma personalit� giuridica. (n. 41). ESECUZIONE FISCALE Regione Siciliana -ApplicabiHt� art. 140 t.u. 1963/858 Se ii rapporto d'impiego dei dipendenti esattoriali in Sicilia debba ritenersi attualmente regolato dall'art. 140 t.u. 15 maggio 1963 :11. 858. (n. 67). � ESPROPRIAZIONE PER P. U. Regione Sarda -Impianti sportivi 1) Se gli organi regionali siano competenti ad approvare i progetti per la costruzione di impianti sportivi in Sardegna. (n. 183). 2) Se, inoltre, per l'approvazione di detti progetti sia necessaria l'intesa col Ministero dell'Interno e con quello de Turismo e dello Spettacolo. (n. 183). FERROVIE Concorso per .soli titoli 1) Quali siano i criteri da osservare per i concorsi per soli titoli � banditi dalle Ferrovie dello Stato in base alla legge n. 304 del 1963 in ordine alla presentazione da parte dei candidati dei documenti necessari e alla valutazione dei singoli titoli. (n. 350). Lanci di oggetti dai treni 2) In quali casi e in quali condizioni di tempo e di luogo il lancio di oggetti dai treni possa essere configurato come reato a termini dell'art. 574 c.p. (n. 351). Riscatto di ferrovia concessa 3) Se il riscatto delle ferrovie concesse. previsto dal t.u. 9 maggio 1912 n. 1447 si debba intendere come riscatto di aziend� o come riscatto di impianti e cio� dei singoli beni che costituiscono la rete ferroviaria. (n. 352). IMPIEGO PUBBLICO Cassa Conguaglio Tariffe Elettriche -Liquidazione -Trattamento del personale 1) Se il personale licenziato dalla Cassa Conguaglio Tariffe Elettriche posta in liquidazione con provvedimento del C.I.P. n. 1012 del 1962 abbia diritto alla corresponsione straordinaria prevista dall'art. 12, 5� comma, della legge 4 dicembre 1956, n. 1404. (n. � 557). Dipendente Statale -Aggiunta di famiglia per i figliastri e i � figli di moglie divorziata 2) Se spetti al dipendente statale la quota di aggiunta di famiglia anche per i figliastri. (n. 558). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I ... 3)� Se, spetti al di:rendente statale la quota di aggiunta di famiglia per il figlio della moglie divorziata da cittadino della Germania dell'Est, a carico del quale sia stato posto il mantenimento del minore, che non I pu� essere adempiuto per la impossibilit� di trasferire moneta dalla Germania dell'Est in Italia. (n. 558). ~e$.ponsabilit� dei conducenti di autoveicoli 4)� Se� il 2� comma �dell'art. 8 legge 31 dicembre 1962 n. 1833, concernente la rinuncia dell'Amministrazione alla riscossione del credito (derivante da una decisione di condanna, non completamente eseguita, a carico del conducente per i danni cagionati senza dolo o colpa grave dalla conduzione dei veicoli pubblici), possa applicarsi anche pei casi di assunzione volontaria dell'obbligo di risarcire i danni prodotti. (n. 560). IMPOSTA DI :SOLLO ReclamJ. f �rroviari Se la presentazione del reclamo la cui validit� poggi su documenti non regolari di bollo valga ad interrompere la decadenza, dello avente diritto, comminata dall'art. 45, � 2 della C.I.M. (n. 24) . .l)'.IPOS~A .DI REGISTRO Pic�ola propriet� co~tadina -Agevolazioni fiscali -Decadenza 1) Se .in caso di decadenza dalle agevolazioni fiscali previste dalla legge 1954 n. 604 il pagamento dei tributi ordinari sia posto a carico di tutte le parti contraenti o solo a carico dell'acquirente, del permutante e dell'enfiteuta. (n. 197). ,. �1 � "" ;r.-. Restituzione imposta di registro -Appalto di 00.PP. 2) Se l'imposta di registro, relativa ad un contratto di appalto stipulato dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici in ordine al quale il Cons~glio,, di Stato abbia dichiarato la illegittimit� della aggiudicazione (con il: conseguente annullamento parziale,� da parte della st.essa Amminlitraiione, degli atti qella predetta procedura ivi compreso il decreto di approvazione del contratto), debba essere restituita alla impresa. (n. 198). Sentenza .. , 3)..S~ la sentenza che dichiara di propriet� .del marito l'immobile �cquisfato dalla moglie con danaro avuto dal coniuge in donazione debba ess~.re assoggettata alla tassa fissa ,di registro prevista nell'art. 69 lett. ~} legge� ~organ~ca di� registro. (n. 199). <, ' M . �, IMPOSTA DI SUCCESSIONE I.nve-i:i:tario 1) Se l'inventario redatto dal rappresentante del minore oltre il termin~� dLtr,e mesi stabilito nell'art. 435 e.e., qualora il minore eserciti � possesso dei beni ereditari attraverso il rappresentante stesso, sia l"ARTE' 'II, CONSVLTAZION! ll:t idoneo a vincere la presunzione circa l'esistenza di gioielli e denaro stabilita dal 1� comma dell'art. 31 della legge tributaria di successione. (n. 104). Passivitd ereditarie 2) Se, ai fini dell'art. 45 della legge organica sull'imposta di successione, la mancat!:l annotazione nel 'libro <lella Banca della singola operazione di sconto possa essere sostituit�i dalla annotazione dell'importo complessivo di tutti gli sconti effettuati nello stesso giorno nonch� dalla annotazione della singola operazione menzionata in un foglio assunto con tutti gli altri relativi ad altre operazioni, dal centro contabile meccanografico dell'istituto. (n. 105). IMPOSTE E TASSE Con�ono -d.P.R. 24 gennaio 1963 n. 5 1) Quali' siano i criteri di applicazione della amnistia di . cui al d.P.R. 24 gennaio 1963, n. 5 ai reati,finanziari previsti dall'art. 6 del decreto stesso in relazione al secondo comma dell'art. 243 del t.u. 29 gen�laio 1958 n. 645 sulle imposte dirette. (n. 368). , Condono -L. 1458/63 2) Se sia applicabile il condono recato dalla legge n. 1458 del 1963 quando il contribuente abbia .corrisposto, nel termine previsto dalla legge stessa, il tri:t>uto al fine di evitare l'esecuzione forzata. (n. 369). 3) �se in tal caso debba restituirsi la pena pecuniaria eventualmente pagata insieme al tributo. (n. 369). � Imposta sulla pubbiicitd 4) Se possa ipotizzarsi in favore dell'imposta di pubblicit� un privilegio sulla testata del giornale nel quale � stata compiuta l'attivit~ dal tributo. (n. 370). IPOTECHE Coopera~ive edilizie -Restrizione ipotecaria Se, in caso di restrizione ipotecaria, il versamento da effettuarsi dalle cooperative edilizie a sensi dell'art. 8 t.u. 28 aprile 1938 n.. 1165 possa essere limitato alla somma corrispondente, proporzionalmente, al prezzo d'acquisto dell'area da liberare ovvero debba adeguarsi al valore attuale dell'area stessa. (n. 17). � � LOCAZIONI Blocco -Immobili indisponibili dello Stato Se il divieto degli aumenti dei canoni, di cui alla legge n. 1444 del 1963, debba trovare applicazione anche per le cpn,cessioni-contratto riguardanti i beni immobili indisponibili dello Stato' adibiti ad uso di abi~ tazi�rie.: (il. 120). � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LOTTO E LOTTERIE Biglietto vincente 1) Se in caso di denuncia di furto di un biglietto vincente alla Lotteria Italia, l'Amministrazione che gestisce la lotteria debba, ai fini del pagamento del relativo premio, controllare le cartoline spedite alla RAl .�per accertare chi ne sia stato possessore. (n. 22). 2) Se ai biglietti delle lotterie nazionali si debbano applicare le norme sui titoli di credito. (n. 22). MATRIMONIO Dipendente statale -Aggiunta di famiglia per i figliastri e i figli di moglie divorziata 1) Se spetti al dipendente statale la quota di aggiunta di famiglia anche per i figliastri. (n. 16). 2) Se spetti al dipendente statale la quota di aggiunta di famiglia per il figlio della moglie divorziata da un cittadino della Germania dell'Est, a carico del quale sia stato posto il mantenimento del minore, che non pu� essere adempiuto per la impossibilit� di trasferire moneta dalla Germania dell'Est in Italia. (n. 16). OPERE PUBBLICHE Appalto -Cessione di contratto 1) Quale sia la differenza tra l'ipotesi prevista dall'art. 334 legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. F e quella prevista dal successivo art. 339. (n. 58). 2) In quali condizioni possa ritenersi giustificato il rifiuto della Pubblica Amministrazione ad acconsentire alla cessione del contratto di appalto da parte del deliberatario. (n. 58). Regione Sarda -Impianti sportivi . 3) Se gli orgaili regionali siano competenti ad approvare i progetti per la costruzione di impianti sportivi in Sardegna. (n. 59). 4) Se, inoltre, per l'approvazione di detti progetti sia necessaria la intesa col Ministro dell'Interno e con quello del Turismo e dello Spettacolo. (n. 59). PREVIDENZA ED ASSISTENZA Accordi italo-iugoslavi in materia di ass~curazione sociale Se, in materia di assicurazioni sociali, la validit� dei periodi di assicurazione, ai fini della pensione, debbono essere accertati sulla base della legislazione sotto la quale i periodi stessi sono stati compiuti. (n. 44). PROPRIETA' Immobili adiacenti edifici monumentali 1) Se �sia legittima l'imposizione del divieto assoluto di edificabilit�, PARTE II, CONSULTAZIONI 113 nei confronti di immobili adiacenti a edifici monumentali, sulla base dell'art. 21 della legge 1 giugno 1939 n. 1089 (n. 38). 2) Se un tale divieto assoluto di edificabilit� possa imporsi in virt� della legge 30 giugno 1939 p. 1497 (n. 38). REGIONI Regione Sarda -Impianti sportivi 1) Se gli organi regionali siano competenti ad approvare i progetti per la costruzione di impianti sportivi in Sardegna. (n. 111). 2) Se, inoltre, per l'approvazione di detti progetti sia necessaria la intesa col Ministero dell'Interno e con quello del Turismo e dello Spettacolo. (n. 111). Regi�ne Siciliana -Applicabilit� art. 140 T.U. 3) Se il rapporto d'impiego dei dipendenti esattoriali in Sicilia debba ritenersi attuamente regolato dall'art. 140 t.u. 15 maggio 1963 n. 858. (n. 112). Vane d'Aosta -Derivazioni idroelettriche -E.N.E.L. 4) Quale sia la natura del rapporto che si instaura fra Stato e Regione in base all'art. 7 S.S.V.A., e se in materia di acque pubbliche sia ipotizzabile un conflitto di attribuzione fra Stato e Regione. (n. 113). 5) Se, con l'entrata in vigore della legge istitutiva tlell'E.N.E.L., possa ritenersi ancora sussistente il diritto della Valle d'Aosta alla concessione di acqua a scopo idroelettrico. (n. 113). Vane d'Aosta -Tutela paesistica 6) Se, nel territorio della� Valle d'Aosta sia applicabile la legge n. 1497 del 1939 sulla tutela del paesaggio. (n. 114). 7) Se sia annullabile una licenza di costruzione rilasciata dal Sindaco di un Comune della Valle d'Aosta in mancanza dell'autorizzazione del Soprintendente alle Antichit� e Belle arti. e, nell'affermativa, quale procedura si debba seguire. (n. 114). 8) Se il Regolamento Edilizio deliberato da un Comune della Valle d'Aosta ed approvato dalla Giunta Regionale debba essere sottopdsto all'approvazione del Ministro dei Lavori Pubblici, a norma dello art: 36 della legge 17 agosto 19~2 n. 1150. (n. 114). RESPONSABILITA CIVILE Dipendenti statali -Conduzioni veicoli -Risarcimento danni 1) Se il 2� comma dell'art. 8 legge 31 dicembre 1962 n. 1833, concernente la rinunzia dell'Amministrazione alla riscossione del credito (derivante da una decisione di condanna, non completamente eseguita, a carico del conducente per i danni cagionati, senza dolo o colpa grave, dalla conduzione dei veicoli pubblici), possa applicarsi anche pei casi di assunzione volontaria dell'obbligo di risarcire i danni prodotti. (n. 212). 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA .DELLO STATO Eleziorii 2) Se l'Amministrazione' dell'Interno sia tenuta a risarcire il danno subito dal Presidente di un seggio elettorale a seguito di un incidente occorsogli per colpa di terzi mentre con la propria autovettura si recava a depositare i plichi elettorali, essendo stato autorizzato dal sindaco ad usare il proprio autoveicolo in assenza di ogni altro mezzo di trasporto pubblico o privato atto allo scopo. (n. 213). J;lIFORMA FONDIARIA Rapporti con gli assegnatari Se ih caso di alienazione dei terreni, oggetto di assegnazione, �da parte degli assegnatari si possa far dichiarare, nei loro confronti, la risoluzione del rapporto giuridico per inadempimento. (n. 9). SENTENZA rmposta di registro Se la sentenza che dichiara di prop_riet� de1 marito l'immobile acqui; tato dalla moglie con danaro avuto dal coniuge in donazione debba es; ere assoggettata alla tassa fissa d� registro prevista nell'art. 69 lett. e) egge organica di registro. � (n. 15). �� ;;ERVITU' ;ervit� aeronautiche 1) Se sia dovuta l'indennit� per l'imp-0sizione 4i una servit� aero1autica. che limiti il generico ius aedificandi del proprietario del suolo. n. �36). 2) S~ sia dovuta l'indenIJit� quando, con la imposizipne di una ser �it� aeronautica, si ordini la demolizione o soppressione di opere. n. 36) . .3) Se, quand'anche non sia ordinata.la demolizione, ma con. l'impoizione della servit� aeronautica, si sia limitata una costruzione gi� iniiata, tale limitazione faccia sorgere il diritto all'indennit� del proprietario ella costrmdon~.. (n. 36). ervit� telefoniche militari 4) Se per l'imposizione di servit� telefoniche militari siano appliabili le disposizioni previste dal titolo II del Codice postale che regolano ! servit� per i collegamenti delle telecomunicazioni ordinarie. (n. 37). TAMPA nposta sulla pubblicit� Se possa ipotizzarsi� in favore dell'imposta di pubblicit� un privigio sulla testata del giornale nel quale � stata compiuta l'attivit� col. ta dal tributo. (n. ~). PARTE lI, CONSUL'tAZIONI . STRADE Funzionari dell' A.N.A.S. -Servizi di polizia stradale Quai siano i funzionari dell'ANAS �he possono essere abilitati al ser\rizio di � prevenzione e di accertamento dei reati in materia di circolazione ~. ai sensi dell'art. 137 del Codice della Strada. (n. 54). SUCCESSIONI Comunione ereditaria Se l'esercizio, da parte del pr�mogenito in virt� della legge 29 marzo 1954 n. 1 della Provincia di Trento, del diritto di as�sumere l� propriet� del maso chiuso pagando ad ogni coerede la quota di valore del maso stesso, realizzi un modo di devoluzione dell'eredit� diverso dall'originario. -e quindi tassabile sulla base dei nuovi valori. -ovvero integri soltanto un modo di scioglimento della comunione ereditaria. (n. 69). TELEFONI Servit� telefoniche militari Se per l'imposizione di servit� telefoniche militari siano applicabili le disposizioni previste dal titolo II del Codice postale che regolano le servit� per i collegamenti delle telecomunicazioni ordinarie. (n. 26). TITOLI DI CREDITO Biglietti di lotteria Se ai biglietti delle lotterie nazionali si debbano applicare le norme sui titoli di credito. (n. 13). TRAN~AZIONI Parere dell'Avvocatura dello Stato Se gli atti con i quali si risolvono transattivamente le riserve avanzate dalle Ditte appaltatrici siano soggetti al parere obbligatorio di merito dell'Avvocatura dello Stato, oppure a semplice visto di legittimit�. (n. 10). TRASPORTO Lanci di oggetti dai treni In quali casi e in quali condizioni di tempo e di luogo il lancio di oggetti dai treni possa essere configurato come reato a termini dell'art. 674 C.P. (n. 52). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Accordi italo-jugoslavi in materia di assicurazioni sociali Se, in materia �di assicurazioni sociali, la validit� dei periodi _di assicurazione, ai fini della pensione, debbono essere accertati sulla base della legislazione sotto la quale i periodi stessi sono stati compiuti. (n. 13). 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRATTATO DI PACE Beni di sudditi deUe NN. UU. Se in materia di tasso di cambio per il trasferimento dei dividendi sia ammissibile una transazione. (n. 82). 2) Se l'art. 14 dell'accordo italo-britannico del 17 settembre 1947 sia applicabiie ai rapporti simulati. (n. 82). Beni italiani in Ungheria 3) Se lo Stato italiano possa ritenersi responsabile, in relazione alle disposizioni del trattato di pace che prevedono la cessione all'U.R.S.S. dei beni italiani in Ungheria, della mancata continuazione del versamento delle pensioni spettanti agli ex dipendenti ungheresi delle Compagnie di Assicurazione italiane aventi filiali gi� operanti in Ungheria. (n. 83).