ANNO XVI � N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1964 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Pubblicazione di servizio 



ARTI GRAFICHE MIULLO -ROMA 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE pag. 437 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE � 462 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE � 488 
Sezione quarti: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA � 530 
Seiione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � 544 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE AP� 
PALTI E FORNITURE � 597 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE � 620 

Parte seconda: RASSEGNE� QUESTIONI � CONSULTAZIONI 

RASSEGNA DI DOTTRINA � 73 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � 82 
QUESTIONI � 100 
CONSULTAZIONI � 105 

Le sezioni della parte prima sono. curate, nell'ordine, dagli avvocati: 
Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Leonida Correale, 
Giuseppe del Greco, Antonino Terranova; 


le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 

Benedetto Baccari e Mario Fanelli. 

Coordinamento generale: avvocati 

Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. 


Elenco delle principali annotazioni a sentenze 

M. 
CONTI, Domanda di rivendicazione dei beni. di un ente 
soppresso e poteri del giudice ordinario . pag. 460 
G. 
ZAGARI, Osservazioni sul controllo della Corte dei Conti 
sugli enti pubblici > 475 
F. 
CARUSI, Osservazioni in tema di formazione dei contratti 
dello Stato > 4~0 
A. 
ALABISO, Natura giuridica dell'interesse del frontista di 
strada pubblica > 500 
F. CARUSI, 
Ancora in tema di efficacia delle decisioni di rigetto 
della Corte Costituzionale .> 52il 
U. GARGIULO, In tema di delega a decidere i ricorsi gerarchici > 539 
L. 
TAVASSI .LA GRECA, In tema di esenzione dall'I.G.E. sui 
pagamenti per costruzioni navali eseguite per conto di 
stranieri in cantieri nazionali > 544 
O. 
FIUMARA, Appunti sull'art. 52 legge organica sull'I.G.E.: 
un caso cii giurisdizione ordinaria condizionata . > 560 
L. 
CORREALE, La costituzione di usufrutto nel trattamento 
di favore fiscale della L. 408/1949 . �> 567 
G. 
DEL GRECO, Sulla natura giuridica del Capitolato d'appalto 
della Gestione Case per Lavoratori e questioni connesse 
(inammissibilit� della approvazione specifica per iscritto 
delle clausole particolarmente onerose e inammissibilit� 
dell'impugnazione per errore di calcolo e� per errore vizio 
nell'appalto a forfait) > 603 

INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA' 


-Espropriazione dei fondi occorrenti 
'per l'esecuzione di opere di devfazione, 
raccolta ed esercizio -Stato 
di .consistenza e determinazione 
della somma da offrire ai proprietari, 
a cura del Genio Civile -Violazione 
del diritto di difesa dell'espropriato 
-Esclusione, 447. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Contabilit� � generale dello Stato Contratti 
-Stlipulazione a trattativa 
privata, con nota di F. CARUSI, 
489. 

-Contabilit� generale dello Stato Contratti 
-Procedimento per l'aggiudicazione 
-Asta pubblica e licitazione 
privata -Vexbale di aggiudicazione 
-Successiva stipulazione 
-Non � � necessaria, con nota di 

F. 
CARUSI, 489. 
-Rappresentanza in ,giudizio -Erronea 
citazione di organo di amministrazione 
. non legittimata alla 
'causa -Rinnovazione dell'atto Ammissibilit�, 
488. 

- 
V. an1che Responsabilitd civile. 

AMNISTIA E INDULTO 

-Estinzione del reato -Esclusione 
dell'obbligazione del pagamento 
delle spese processuali -Legittimit� 
costituzionale con riferimento 
all'art. 3 Costituzione, 442. 

ANTICHITA' E BELLE ARTI 

- 
V. Demanio. 

APPALTO 

-Appalto di opera delle Ferrovie 
dello Stato -Contestazioni relative 

tuali -Fattispecie, 597. 

-Appalto di opere pubbliclle -Contratto 
regolato dal capitolato generale 
28 mruggio 1895 -Lodo emanato 
nel vigore del capitolato 
generale 16 luglio 1962, n. 1063 Impugnabilit� 
per violazione di 
legge, 598. 

-Appalto di opere pubbliche -Sospensione 
dei lavori -Firima del 
relativo �verbale senza rLserva -
Deicadenza dalle riserve per danni 
-Esclusione, 598. 
-Appalto di opere pub'blilche -Appalto 
forfettario -Riferimento ai 
1calcoli di perizia ed alle analisi di 
progetto -Inconferenza, con nota 
di G. DEL GRECO, 603. 
-Appalto di opere pubbliche -Capitolati 
generali -Natura normativa 

� Clausole particolarmente onerose 
-Ap!Provazione speciifica per 
iscritto -Non necessaria, con nota 
di G. DEL GREOO, 603. 
- 
Appalto di opere pubbliche -A!Ppalto 
forfettario -Impugnazione 
:per errore di calcolo e per errore 
vizio -Inammissibilit�, con nota 
di G. DEL GRECO, 603. 

,APPELLO 
-Proposizione di azione di arricchimento 
senza causa fon.data sulla 
stessa situazione di fatto dedotta 
in primo grado -Mutamento della 
domanda -InsUJSsistenza, 510. 
-Sospensione del processo per la 
rimessione della questione di legittimit� 
�costituzionale -Mancata riassunzione 
nel termine di sei mesi 
dal deposito della sentenza della 
Corte Costituzionale -Estinzione -
Passagigio in giudicato della sentenza 
appellata, con nota di F. 

CARUSI, 520. 

-

a 
prescrizione �contrarie ai patti ARBITRATO 

'contrattuali -Riserva -Termine 

- 
Notifica della domanda presso l'Av


di 
decadenza, 597. 

vocatura dello Stato -Inderogabi


- 
Appalto di opera pubblica -Di


lit�, 619.

rettore dei lavori -Non rappre


- 
V. Awalto.

senta l'amministrazione, 597. 
-Appalto di opera pubblica -PreARR:
DCCHIMENTO SENZA CAUSA 
scrizioni contrarie ai patti contrat--Riconoscimento espliicito o impli



VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dto della utilit� dell'opera da parte 
della p.a. -Proponibilit� della 
azione contro la p.a., 510. 

_;;_ Azione �di arricchimento contro la 

p.a. -Mezzi di prova diretti ad 
accertare se sussistano circostanze 
idonee a far ritenere il riconoscimento 
da parte della rp.a. dell'utilit� 
dell'opera -Ammi:ssibilit�, 511. 
-V. anche Appello. 

ASSICURAZIONI 
-V. Prev,i;denza e assistenza. 


ATTO AMMINISTRATIVO 

-Convalida e\Sanatoria -Presupposti 
-Applicazione a variante di piano 
regolatore non preventivamente 
autorizzata,. 530. 

-Delega del Minlstro al Sottosegretario 
di Stato per decidere un ricorso 
gerarchico -Ammissibilit�, 
con nota di �U. GARGIULO, 538. 

-Eccesso di potere -Contradditoriet� 
-Atti di autorit� diverse Esclusione, 
537. 

C.&CCIA E PESCA 

-Caccia -Riserv�a di caccia -Inclu. 
sione coattiva -t.u. n. 1016 del 
1939 art. 44 " Eccezione di inco1Stituzionalit� 
per violazione dell'art. 
42 Cost. -Manifesta inlfondatezza, 
541. 

-Caccia -Riserva di caccia -Indusione 
coattiva -Natura -Limitazione 
al diritto di propriet�, 541. 

-V. ::.iche Competenza e giurisdizione. 


CASSAZIONE 

-Procura conferita al difensore nell'atto 
che contiene il 1controricorso 
-Vale anche .per il (contestuale) 
ricorso inddentale, 512. 

COMMISSIONI TRIBUTARIE 

-V. Pmfitti di regime, Imtposte dirette, 
Imposte e Tasse. 

COMPETENZA E GIURISDIZIOiNE 

-Caccia -Concessione di riserva Diritto 
soggettivo -Sussiste -Controversia 
con privati -Giurisdizione 
ordinaria -Competenza, 468. 

-Cittadinanza -Provvedimenti di 
inibizione al riacquisto -Contestazione 
�-Fattispecie -Consiglio di 

Stato -Giuri1sdizione -Non sussiste, 
484. 

-Console -Depositi volontari di valuta 
-Contestazfoni circa le moda


II
I 


m

lit� di restituzione -Giurisdizione 
del Consiglio di Stato -Non suss1ste, 
484. 


-Controversia tra privati -Diritti 
soggettivi collldizionati� da un atto 
della p.a. -Giuri:sdizione A.G.O. Sussiste, 
468. 

-Corte dei Conti -Controllo degli 
atti della p.a. in senso stretto Sinda,
cato giurisdizionale -Non sus1siste 
-Controllo degli enti pubblici 
ex le�ge 211 marzo 1958 n. 259 
-Attivit� esecutiva -Sinda,cato 
giurisdizionale del Consiglio di Stato 
-.Limiti, con nota di G. ZAGARI, 
472. .> 

-Ente ecclesiastico -Sua soppressione 
per effetto delle leggi eversive 
-Incameramento dei beni Domanda 
di rivenclica -Eccepita 
illegittimit� dell'atto di soppressione 
e conseguente annullamento dell'atto 
di incameramento dei beni 
Dilfetto di giurisdizione della 
AiG.O. -Non sussi:ste, solo in parte, 
con nota di M. CONTI, 462. 

-Ente pubblico -Potere di controllo 
da parte dello Stato -Limiti Controversia 
-Consiglio di Stato 
-Giurisdizione -Sussiste, con nota 
di G. ZAGARI, 476. 
-Enti soggetti a controllo della Corte 
dei Conti -Decreto Presidenziale 
di individuazione ex legge 
21 marzo 1958 n. 259 -Sindacato 
�giurisdizionale -Sus1siste, con nota 
di G. ZAGARI, 472. 

-Enti soggetti a controllo della Corte 
dei Conti -Decreto Presidenziale 
di indivdiduazione ex legge 21 marzo 
1958 n. 259 -Controversia 
�Questione di interesse legittimo Consiglio 
di Stato -Giurisdizione 
-Sussiste, con nota di G. ZAGARI, 

472. 
-Provvedimento d'urgenza � ex art. 
� 700 c.p,c. -Questione di giurisdizione 
-Confiigurabilit� -Regolamento 
preventivo di giurisdizione 
-.Proponibilit�, 468. 
-Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Causa pendente dinanzi 
al Consiglio di Stato -Proponibi�� 
lit�, 472. 



INDICE� 
VII 

CONCUSSIONE 

-Induzione ex art. 317 c.p. -Nozione, 
626. 

CONTABILITA' GENERALE DELLO 
STATO 
-V. Amministrazione detlo Stato. 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 
-V. P1�ofitti di regiime, Imposte e 
tasse. 

CONTRATTI JWRARI 

-Determinazione dei canoni di affitto 
dei fondi rustici -Tabelle del 
limiti della Commissione tecniea 
iprovinciale -Violazione del prindpio 
dell'indipendenza del Giudi'
ce -Non suss:iiste, 454. 

-I)eterminazione dei canoni di a!fd'itto 
de,i fo111di rust1ci -Limiti fissati 
dalla Commissione tecnica provinciale 
-Violazione del principio 
di libert� economiJca -Insussistenza, 
453. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-V. Amministrazione dello Stato, Obbligazioni 
e contratti. 

CORRUZIONE 

- 
Concussione -Distinzione, 626. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizio � a quo � -Ordinanza di 
trasmissione degli atti alla Corte 
Costituzionale -Natura decisoria Esclusione, 
'Con nota di F. CARUSI, 
520. 

-ldentificazione da parte del giudi'
ce �a quo � del principio costi'tuzionale 
,che si assume violato Ind1cazione 
dell'articolo della Costituzione 
-Irrilevanza, 453. 

-Natura dei giudizi incidentali di 
legittimit� costituzionale -Giurisdizione 
di diritto obiettivo -Carattere 
<<!)aralegislativo � delle pronuncie, 
con nota di F. CARUSI, 519. 

- 
V. anche Appello. 

CORTE DEI CONTI 

- 
V. Competenza e giurisdizione. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Lavoro, Trentino Alto Adige, 
Procedimento penale, Amnistia e 
indulto, Previdenza e assistenza, 
Acque pubbliche, Imposta di regi


stro, Corte Co,stituzionale, Contrat� 

ti 
ag,rari, Appeno, Caccia e. pesca. 

DANNI DI GUERRA 

--Beni {Perduti all'estero per trllttato 
di pa,ce -Albania -Sequestro oiperato 
nel 1943 -Fatti. successivi IrrilevanZ'B., 
531. 

-Beni perduti all'estero per trattato 
di pace -Albania -Rivalutazione 
-Criteri -Legittimit�, 531. 

-Carattere sussidiario della relativa 
normazione� -Fatto illecito: -Ri-� 
sarcibilit� del danno secondo le 
norme del codice dv1Ie -Divieto 
del cumulo, 497. 

DAZI DOGANALI 

__;_ V. Dogana. 

DEMANIO 

-Demanio stor.ico e artistiico -Provveclimento 
di vincolo pertinenziale 
-Interesse ad agire da parte del 
pro1Prietario del bene -Sussistenza, 
542. 

-Demanio stor1co e artistico -Vmcolo 
rpertinenziale -Presupposti, 

542. 
DEPOSITO 

- 
V. Competenza e giUrisdizione. 

DOGANA 
-Diritto alle imposte -Momento in 

�cui sorge, 580. 
-Diritto di Hcenza -limporta:zli:one a 
dogana, avvenuta in epoca anteriore 
alla 1. 15 giugno 1950., n. 
330, abolitiva del diritto di licenza, 
a norma dei d.d. mm. 13.. aprile 
1946. e 21 1Settembr.e 1949 -� Esclusione, 
586. 

-Operazioni di sbarco e presentazione 
della mevc.e a>filldata ad impresa 
di sbarco -� Irrilevanza per 
la responsaibilit�. del capitano d.ella 
nave, 579. 

-Sbarco e presentazione delle merci 
-Obblighi per il capitano della 
nave -Modalit�, 579. 

-Sbarco e presentazione delle merci 
-Violazione degli oblbUghi imposti 
al capitano della nav~ -Ef" 
fetti penali e c1vili, 579. 

- 
Sbar,co e presentazione delle� merci 
-Obblighi per il capitano della 
nave -Violazione -~etti dvili, 

580. 

'III RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tONAZIONI 

- 
V. Imposte di registro. 

:DILIZIA 

-V. Imposte di consumo. 

:NTE ECCLESIASTICO 

- 
V. Competenza e giurisdizione. 

:NTI PUBBLICI 

- 
V. Competenza e giurisdizione. 

:SPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Accordi sulla misura dell'indennit� 
e sul trasferimento della IJ?roprie't� 
dell'immobile -Natura -Effetti, 
507. 

-Espropriazione -Piano particolareggiato 
-Aree ricadenti nei comparti 
edificatori -Pretesa inespro


�priabilit� -Non sussiste, 537. 
..,. 
Espropriazione -Procedimento 
Osservazioni ex art. 5 1. n. 2352 
del 1865 -Natura, 537. 

-Espropriazione -Mezzogiorno -Industrializzazione 
-Termine ex art. 
13 n. 2359 del 1865 -Obbligatoriet� 
-Fattispecie, 536. 

-Giunta speciale per le espropriazioni 
per p.u. presso la Corte .di 
appello di Napoli -Determinazione 
dell'indennit� di espropriazione 
-Formazione del giudizio -Informazioni 
di carattere tecnico-professionale 
fornite dai membri tecnki 
della Giunta -Legittimit�, 505. 

- 
V. anche Acque pubbliche. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

....:. 
Interesse a ricorrere -U1Si civici 
-Cassazione della \Sentenza che 
ne accerta l'esistenza Difetto 
sopravvenuto di interesse -Effetti 
sul giudizio amministrativo proposto 
contro il provvedi.mento di liquidazione, 
543. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


IMPOSTA DI BOLLO 
-V. Imposta di registro. 

IMPOSTA DI CONSUMO 

-:-Materiali da 1costruzione � R1co1stru:
zfone di �Cas!! volontariamente 
. demolite -Esenzione -Estremi, 
' 576... 

-Agevolazioni fiscali nel settore edi. 
lizio -L. 6 ottobre 1962 n. 1493 

I 


I


':

IMPOSTA DI REGISTRO 
-Atti e contratti stipulati ai fini della 
legge 23 mag;gio 1952, n. 623 Esenzioni 
-Requisiti -Prova -Atti 
equilpollenti -Inammissibilit�, 

551. 
-Atto dichiarato nullo per illiceit� 
della causa -Restituzione imposta 
-Compete, 576. 

- 
Case di abitazione non di lusso 
di nuova co,struzione -� Tra:sferimento 
contestuale della propriet� 
e dell'usufrutto a sogigetti diversi 
-Agevolazioni previste dall'art. 17 
della legge 2 luglio 1949, n. 408, 
-Applicabilit� alla costituzione di 
usufrutto -Esclusione, con nota 
di L. CORREALE, 567 . 

i 

-Cessione quote di societ� a r.l. Tassa 
fissa a norma dell'art. 108 

I

della T.A. annessa alla legge 30 dicembre 
1923, n. 3269, per le ces~ 
sioni delle azioni di societ� per 
azioni, 581. 


- 
Cessione quote di societ� a r.l. 


I 

Cordsrpettivo corrisposto non contestualmente, 
ma in precedenza Requisiti 
ne,cessari per la tassa fissa 
a norma dell'art. 108 della T.A. 


I 

-Operativit� per aCicertamenti non 
definiti alla data di entrata in viigore, 
575. 

�citata, 581. 
-Donazione fra coniugi -Immobile 
acquistato con danaro del marito 
-Sentenza che riconosce la propriet� 
dell'immobile a quest'ultimo 
-Imposta fi,ssa, 589. 

-Societ� -Deliberazione di proroga 
adottata dopo la scadenza del termine 
stabilito nell'atto costitutivo 
� -Tassazione -Imposta fissa, 588. 

- 
Valutazione automatica nei trasferimenti 
dei fondi rustici -Le.gige 
interpretativa 22 novembre 196,2, 

n. 106 -Illegittimit� costituzionale 
in relazione all'art. 3 Cost. Esclusione, 
450. 
IMPOSTE DIRETTE 
-Azione giudiziaria in mancanza di 
decisione definitiva della Commissione 
tributaria e previa sottoscrizione 
di concordato tributario Improponibilit� 
-Fattispecie, 588. 

-Im[losta straordinaria immobiliare 
-Azione giudiziaria proposta in 
mancanza di una dec�ISione definitiva 
della Commissione tributaria 


INDICE IX 

-Temporaneo difetto di giur1sdi


zione, 588. 

IMPOSTA GENERALE SULL' ENTRATA 


-Entrata impontbile -Mezzi di pagamento 
�sostitutivi del denaro -
Assoggettabilit� all'imposta, 557. 

-Gruppo di societ� -Rimborso spese 
Idi ammirustrazione al c�ipogrupipo 
-Assoggettabilit� all'imposta, 
con nota di O. FIUMARA, 558. 

-Ordinanza intendentizia ex art. 52 
legge istitutiva dell'lGE -Mancato 
ricorso al Ministro -Azione 
giudiziari!i -Proponibilit�, con nota 
di O. FIUMARA, 558. 

-Pa;gamenti per costruzioni o modificazioni 
navali eseguiti per conto 
di stranieri nei cantieri nazionali 
-Esenzione -AippMcabilit� -Limiti, 
con nota di L. TAVASSI LA 
GRECA, 544. 
-Societ� -Gruppo di societ� -Rimborso 
spese di amministrazione alla 
capogruippo -Assoggettabi!Iit� 
all'imposta, 557. 

IMPOSTA STRAORDINARIA IMMOBILIARE 
-V. Imposte dirette. 

IMPOSTE E TASSE 
-Ricorso alla Commissione Centrale 
delle imposte -Procedimento 
-Ricorso interruttivo -Inammissibilit�, 
594. 
�-R]cor.so alla Commissione Centrale 
delle imposte -Procedimento Ricorso 
incidentale -Termine Decorrenza 
-Conseguenze, 594. 
-Ricorso alla Commissione Centrale 
delle imposte -Procedimento -Ricorso 
incidentale -Mancata indicazione 
dei moti'Vi -Inammis:sibilit�, 
594. 
-Ricorso alla Commissione Centrale 
delle imposte come giudice di seconda 
istanza e di terza iStanza Procedimento 
-Ricorso interruttivo 
-Inammissibilit� in entrambi 
1casi, 595. 

LAVORO 
-Abolizione del lavoro notturno dei 
fornai -Illegittimit� costituzionale 
delle relative norme -Contrasto 
con l'art. 41 Cost. -Esclusione, 
437. 

MEZZOGIORNO 
-V. Espropriazione per p.u. 


OBBLIGAZIONE E CONTRATTI 

-Contratti con la p.a. -Licitazione 
iprivata -O:tlferta per persona da 
nominare -Nullit�, 543. 

-V. anche Danni di guerra. 

OCCUPAZIONE 

-Oc�cupazione d'urgenza preordinata 
alla esprCJiPriazione per p.u. Scadenza 
del biennio -Mancato 
perfezionamento della rprocedura 
esprorpriatiiva -Illiceit� -Risarcimento 
del danno -Incrementi di 
'Valore dell'immobile per effetto 
dell'apiprovazione ed esecuZiione di 
piano di ricostruzione -Computabilit�, 
507. 

OPERE PUBBLlCHE 

-Strada -Mutamento di quota Danno 
permanente ai fabbricati 
frontisti -Indennizzo -Criterio di 
determinazione, con nota di A. 
ALABISO, 499. 

-Strada -Mutamenti di quota Conseguente 
aiccesso, maggiormente 
difficoltoso, ai fabbricati -Danno 
permanente -Obbligo dell'inde~
nizzo ai 1serusi dell'art. 46 legge 
esprorpriativa -Sussiste, con nota 
di A. ALABISO, 499. 

-V. anche Ricostruzione, Appalto. 

ORGANO COLLEGIALE 

-V. Prezzi. 

PECULATO 

-Peculato iper distrazione -Destinazione 
diversa -Profitto altrui 
-Presupposti, 624. 

-Qualit� di puibbHco UJfficiale -Esercizio 
di fatto di pubbliche funzioni 
o di pubblico esercizio 
Ammi1ssibilit�, 624. 

PENSIONI 

-V. Previdenza e assistenza. 

PIANO DI RICOSTRUZIONE 
-V. Piano regolatore, Atto amministrativo. 


PIANO REGOLATORE 
-Variante -Autorizzazione ministe



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riale -Natura, 530. 

-Potere del Ministero dei Lavori 
Pubblici di sostitui11si ai Comuni 
nell'attuazione totale o !Parziale dei 
piani di ricostruzione -Facolt� di 
procedere all'espro\l)riazione delle 
aree occorrenti a mezzo de.gli Uffi
�Ci del Genio Civile -Riguardano 
esclusivamente le o[pere di ricostruzione 
ancora da compiere -Disciplina 
proicedure esiprapriative 
Estensione della sostituzione, 507. 

PIGNORAMENTO 
-Opposizione di terzo -Prova del 
diritto sui beni pignorati -Autofattura 
-Irrilevanza, 506. 

PRESCRIZIONE 

-Atti interruttivi -]doneit� -Quando 
.sussiste, 497. 

PREVIDEiNZA E ASSISTENZA 

-Pensione a;i: coltivatori diretti, mezzadri, 
e coloni -Assciurazione malattie 
senza dichiarazione delle fonti 
di entrata -Contrasto con l'art. 
81 della Costituzione -Non sussi


�ste, 446. 
PREZZI 

-Disc1p1ina dei [prezzi -Organi competenti 
-Commissione c�entr-.1e e 
Comitato interministeriale -Composizione 
-Intervento nelle assemblee 
di persone estranee ai �colle


�gi -Ann.llametno giurisdizionale 
delle deliberazioni -E0secuzione del 
giud1cato -Convocazione delle as�
semblee in regolare composizione 
-Rinnovazione della delibe:r-azione 
annullata con efficaJcia ex nunc, 
1senza a1cuna indagine aggiornata 
dei costi -Illegittimit�, 532. 

PRIGIONIERI DI GUERRA 

-Prigionieri in mano americana R1chiesta 
di paga giornaliera per 
il lavoro prestato in prigionia Obblighi 
assunti dal Governo italiano 
-Accordo 14 gennaio 1949 Inte!
1pretaz.ione, 513. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Consulente tecniJco -Perizia -Valutazione 
nel giudizio di appello 
-Limiti, con nota di A. ALABISO, 
499. 

-V. anche � Amministrazidne deilo 
Stato, lm(lJoste e tasse. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-S!Pese giudiziali penali -Illegittimit� 
costituzionale per contrasto 

�con l'art. 53 Costituzione -Insussistenza, 
442. 
PROFITTI DI REGIME 

-Aicicertamento Determinazione 
della �imposta sugli incrementi patrimoniali 
-Criteri e periodo di 
rliferimento ~ Valore ed�fettivo !Per 
fatti sopravvenuti -Svalutazione 
monetaria -Irrilevanza, �555. 

-Rettifica dell'accertamento ex art. 
34 r.d.I. n. 159 del 1944 �-A:bro
�gazione a norma dell'art. 5 della 
legge n. 1 del 1956 e del t.u. 

n. 
645 del 19'58 -Esclusione, 554. 
-Rettifica dell'accertamento ex art. 
34 d.1.1. n. 159 del 1944 :. Competenza 
-Sezione speciale della 
Commts�sione Centrale -Natura giuriisdizionale. 
della pronuncia relativa, 
554. 

- 
Rettifica dell'accertamento ex art. 
34 r.d.I. del 1944 -Definitivit� dell'accertamento 
da rettificare -Ne
�cessit� -Esclusione, 555. 

PROVVEDIMENTI DI URGENZA 
'--V. Competenza e giurisdizione. 

RIDATO FINANZIARIO 
-Reato finanzfario punito con ammenda 
connesso con reato comune 
-Competenza dell'Intendente 
di Finanza -Effetti della connessione 
-Insussiistenza, 620. 

RESPONSABILITA' CIVILE 
-Responsabilit� della p.a. per atti 
legittimi -Danni alla . persona Esclusione 
-.A!rnmissiJbilit� della 
�somma respolliSabilit� per colpa, 

528. 
RICORSI AMMINISTRATIVI 
-V. Atto ammd.nistrativo. 

RICOSTRUZIONE 
-Beni degli enti pubblici focali, delle 
istituzioni pubbliche di beneficienza 
e delle Chiese parrocchiali 
e assimilate distrutti da eventi bellici 
-Intervento del Ministero dei 
Lavori Pubbld!ci -Necessit� di ri



INDICE XI 

costruzione in altra 111ede -Onere 
del costo delle aree espropriate Incidenza 
-Decorrenza, 507. 

SCRITTURA 
-Data certa -Determinazione �Per 

relationem � -Ammissibilit�, 505. 
SOCIETA' 
~V. Imposta g,eneraie suU'entrata, 

� Imposta di registro. 

STRADE 
-V. Opere pubbiiche. 


TRENTINO~ALTO ADIGE 
-Denominazdone di frazioni -Comrpetenza 
della Provincia di Bolza


no, 439. 
USI OIVICI 
-V. Giustizia amministrativa. 


INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

14 marzo 1964 n. 21 pag. 437 
2 aprile 1964 n. 28 > 439 
2 aprile 1964 n. 30 > 442 
19 maggio 1964 n. 33 > 445 
19 maggio 1964 n. 35 > 447 
23 maggio 1964 n. 39 > 450 
23 maggio 1964 n. 40 > 453 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 4 maggio 1963 n. 1104 . pag. 462 
Sez. I, 6 agosto 1963 n. 2211 . > 488 
Sez. I, 25 novembre 1963 n. 3035 > 544 
� Sez. I, 30 gennaio 1964 n. 263 > 489 
Sez. III, 3 febbraio 1964 n. 272 > 497 
Sez. I, 14 febbraio 1964 n. 334 > 499 
Sez. I, 19 febbraio 1964 n. 377 . > 551 
Sez. I, 25 febbraio 1964 n. 414 > 505 
� Sez. Un. 27 febbraio 1964 n. 437 > 468 
Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 465 > 554 
Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 472 > . 557. 
Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 473 > 558 
Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 475 > 567 
Sez. I, 13 marzo J964 n. 549 > 575 
Sez. III, 7 aprile 1964 n. 771 > 505 
Sez. I, 13 aprile 1964 n. 862 > 507 
Sez. I, 13 �aprile 1964 n. 866 > 510 
Sez. I, 13 aprile 1964 n. 867 > 576 
Sez. I, 13 aprile 1964 n. 871 > 579 
Sez. I, 14 aprile 1964 n. 876 > 597 
Sez. I, 16 aprile 1964 n.. 902 > 581 
Sez. I, 16 aprile 1964 n. 904 > 595 
Sez. I, 22 aprile 1964 n. 955 > 586 
Sez. I, 23 aprile 1964 n. 986 > 588 
Sez. I, 23 aprile 1964 n. 990 . > 512 
Sez. Un., 28 aprile 1964 n. 1015 > 588 
Sez. Un., 28 aprile 1964 n. 1016 > 472 
Sez. Un., 4 maggio 1964 n. 1059 > 476 
Sez. I, 19 maggio 1964 n. 1244 > 589 
Sez. I, 19 maggio 1964 n. 1247 > 594 
Sez. I, 10 giugno 1964 n. 1436 > 580 


av RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

i 
i 
,.., 

;ORTE DI APPELLO 

V.Cilano, Sez. I, 20 dicembre 1963 n. 2120 � 513 
�: 
fapoli, Sez. I, 25 gennaio 1964 � 519 -~ 

~ 

l.oma, Sez. I, 22 aprile 1964 n. 829 . � 598 

rnIBUNALI 

rirenze, Sez. I, 23 marzo 1964 . . pag. 528 

:..ODI ARBITRALI 

.9 ottobre 1963 n. 53 pag. 603 
.6 aprile 1964 n. 21 ;!>. 619 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

I I

;oNSIGLIO DI STATO 

\d. Plen., 26 febbraio 1964 n. 6 . pag. 530 
)ez. IV, 13 dicembre 1963 n. 206 :I> 484 If' 
)ez. IV, .27 dicembre 1963 n. 945 � 5.31 

i!l

Fi: 

)ez. IV, 14 febbraio 1964 n. 64 :I> 484 ~~: 
)ez. IV, 26 fobbraio 1964 n. 84 � 532 
iez. IV, 4 marzo 1964 n. 106 � 536 
:>ez. IV, 4 marzo 1964 n. 109 � 537 
)ez. IV, 20 aprile 1964 n. 15J � 538 
)ez. VI, 18 dicembre 1964 n. 1019 :I> 541 
)ez. VI, 29 gennaio 1964 n. 61 � 542 
)ez. VI, 4 marzo 1964 n. 207 > 542 
)ez. VI, 18 marzo 1964 n. 286 :I> 543 

GIURISDIZIONI PENALI 

;ORTE DI CASSAZIONE 

)ez. �un., 23 febbraio 1963 n. 4 . pag. 620 
)ez. III, 21 giugno 1963 � 624 
)ez. III, 20 febbraio 1964 n. 202 :I> 626 


SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

G. 
BALBI, La donazione (Trattato di diritto civile diretto da 
GROSSO e SANTORO.,-PASSARELLI) (recensione) . pag. 73 
M. 
ROSSANO, L'espropriazione per pubblica utilit� (recensione) � 78 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
Provvedimenti legislativi � 82 
Disegni e proposte di legge � 82 
Provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionaiit�: 

a) Disposizioni di legge delle quali � stata dichiarata l'illegittimit� 
costituzionale � 87 

b) Di>posizioni cli kgge in rapporto alle quali � stata dichiarata 
non fondata la questione di legittimit� costituzionale � 88 

c) Disposizioni di legge in rapporto alla quali � stato promosso 
giudizio di legittimit� costituzionale . � 90 

QUESTIONI 

LA 
REDAZIO:t-m, E' consentito allo Stato concludere contratti 
di assicurazione? � 100 

CONSULTAZIONI 
Indice sistematico delle consultazioni . � 105 


PARTE PRIMA 


I 


I 
I 

GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

E INTERNAZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE 14 marzo 1964, n. 21 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Papaldo Ubertalle (avv. Dedin) e Presidente Cons. 
Ministri (Avv. Stato Chiarotti). 

Lavoro -Abolizione del lavoro notturno dei fornai -Illegittimit� co


stituzionale delle relative norme -Contrasto con l'art. 41 Cost. 


Esclusione. 

(Cost. art. 41; I. 16 ottobre 1962 n. 1498, art. 1; I. 11 febbraio 

1952 n. 63 art. 1; I. 22 marzo 1908 n. 105, artt. 1 e' 7). 

Non contrastano con l'art. 41 della Costituzione gli artt. 1 
e 7 della legge 22 marzo 1908, n. 105, nel testo modificato con 
le leggi 11 febbraio 1952, n. 63 e 16 ottobre 1962, n. 1498 sulla 
abolizione del lavoro notturno dei fornai, in quanto la tutela 
della sanit� pubblica, cui tali leggi si ispirano, costituisce una 
delle ragioni di utilit� sociale che giustificano le limitazioni all'iniziativa 
economica privata (1). 

(Omissis). -Come risulta dai .lavori preparatori, la legge 
del 1908 si ispir� a finalit� di ordine sanitario, anche se non 
mancarono considerazioni di altro carattere. Essenzialmente, la 
legge si propose di assicurare una tutela sanitaria alle persone 

(1) L'ordinanza di rimessione 2 maggio 1963 del Pretore di Torino � 
pubblicata in Gazz. Uff. 2 luglio 1963 n. 175. 
La sentenza 26 gennaio 1957 n. 29 d�lla stessa Corte Costituzionale, 
richiamata nel testo, � pubblicata in Giur. ital. 1957, I, 1, 432. 
Nella presente sentenza la Corte ribadisce, in sostanza, il principio 
che fra due norme costituzionali in conflitto, �pparente o reale, prevale 
quella che ha carattere di assolutezza e di primariet�. 

Cos�, nella fattispecie, tra l'art. 41 della Costituzione, il quale tutela, 
~�, l'iniziativa economica privata (1. comma), ma subordinatamente all'utilit� 
sociale ed alla sicurezza della persona umana (2" comma), e l'art. 
32 della Costituzione, il quale pone la tutela della salute del cittadino 
come un diritto fondamentale e primario, la Corte ha esattamente ritenuto 
prevalente questo su quello. 


438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

addette alla panificazione e di apprestare una tutela igienica 
per un prodotto alimentare di generale consumo, il pane. 

Si vollero prevenire i danni alla salute delle persone che 
in ore notturne attendevano alla panificazione;' e risulta espres-. 
samente che il legislatore si preoccup� della salute di tutti, padroni 
ed operai che fossero. 

L'altro inconveniente, cui la legge del 1908 intese apprestare 
rimedio, derivava dalla grave difficolt� -che in pratica si traduceva 
in impossibilit� per i piccoli agglomerati -di controllare 
nelle ore notturne l'osservanza dei precetti igienici nel procedimento 
di panificazione e nell'impiego degli ingredienti adoperati 
per la confezione del pane. 

� Gli intenti origillari, con maggiore accentuazione per quello 
riflettente la tutela sanitaria dei lavoratori subordinati, perman-� 
gono alla base delle due successive modificazioni legislative del 
1952 e del 1962. 

n legislatore, a distanza di circa mezzo secolo una prima 
volta e di altri dieci anni una seconda volta, ha verificato la permanenza 
delle ragioni che originariam�nte avevano sorretto la 
norma. E questa valutazione, nel caso attuale, non si presta a 
censura. 

Si potrebbe anche discutere se, dopo tanti anni, le condizioni 
siano tali da consentire in certi tipi di stabilimenti (i pi� 
grandi e meglio attrezzati) turni che rendano possibile un avvicendamento 
nel lavoro notturno; cos� pure si potrebbe discutere 
se gli organi addetti alla vigilanza sull'igiene degli alimenti 
possano, sulla base delle nuove acquisizioni della scienza e della 
tecnica, disporre di mezzi di controllo sulla confezione del pane 
e sulla buona condizione igienica degli ingredienti, efficienti in 
pieno anche se la panificazione avvenga in ore notturne. Ma queste 
nuove possibilit�, che il legislatore -e solo il legislatore potrebbe 
valutare per eventuali modificazioni della disciplina 
vigente, non si presentano tali da togliere, rispetto alla situazione 
generale quella base di ragionevolezza, su cui resta fondata 
la norma. 

Che la tutefa della sanit� possa fornire una delle ragioni di 
utilit� sociale che, a mente dell'art. 41 della Costituzione, giustificano 
le limitazioni all'iniziativa economica privata, � cosa 
che la Corte ha gi� affermato con una sua prima sentenza del 26 
gennaio 1957, n. 29. E questa affermazione non ha bisogno di 
ulteriori illustrazioni, basata com'� sopra il principio, consacrato 
nell'art. 32 della stessa Costituzione, del supremo interesse 
che lo Stato ha nei riguardi della tutela della pubblica salute. 

I 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITU-ZIONALE E INTERNAZIONALE 439 

Ora, se il divieto di lavoro notturno nella panificazione � 
stato imposto per quella finalit�, � evidente come il divieto 
stesso non possa non valere nei confronti di chiunque presti la 
sua opera, quale che sia la sua qualifica e la sua posizione nell'impresa. 
Di fronte all'art. 32 della Costituzione -e si pu� 
aggiungere, di fronte anche all'art. 3 -non si possono fare discriminazioni 
fra la salute del lavoratore subordinato e quella 
del lavoratore autonomo, i quali tutti hanno diritto ad una 
uguale tutela, quando, come nel caso in esame, il pericolo per 
la salute sia uguale per chiunque si trovi nella medesima situazione. 


Le esposte considerazioni bastano per dimostrare la infondatezza 
tanto della tesi principale della illegittimit� totale della 
norma che pone il divieto di panificazione nelle ore notturne 
senza riguardo alla qualifica delle persone addette alla lavorazione, 
quanto della tesi subordinata secondo la quale la stessa 
norma sarebbe illegittima nella parte relativa all'attivit� dei 
lavoratori non subordinati. Cos� che non occorre esporre altre 
ragioni per mostrare l'infondatezza delle tesi stesse: precipua 
la necessit� di evitare una causa di ingiustificata concorrenza 
a favore dell'esercente che, lavorando personalmente, si potrebbe 
sottrarre alla disciplina comune, il cui carattere di generalit� 
� imposto dalla esigenza di tutelare gli interessi di tutta la categoria 
degli esercenti e quelli dei consumatori. (Omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE 2 aprile 1964, n. 28 -Pres. Ambro


sini -Rel. Mortati -Provincia di Bolzano (avv. Tinzle) e 

Regione Trentino Alto Adige (avv. Stato Coronas). 
Trentino Alto Adige -Denominazione di frazioni -Competenza della 
Provincia di Bolzano. 
�(Statuto Trentino Alto Adige, art. 11 n. 3; 1. reg. 16 agosto 1963, 

n. 22). 
E' viziata da illegittimit� costituzionale la legge della Regione 
Trentino-Alto Adige 16 agosto 1963, n. 22, con la quale 
la frazione, posta a sud del Comune di Sesto nella P1rovincia 
di Bolzano, veniva denominata �Ferrara� nel testo italiano, 
� Schmieden � nel testo tedesco, in quanto essa inv�de la competenza 
attribuita in materia di toponomastica alla provincia 
di Bolzano dall'art. 11, n. ;3, dello Statuto speciale per il Trentino-
Alto Adige (1). 

(1) Per un'interpretazione estensiva del concetto di � toponomastica 
�, nel senso che esso abbraccia la denominazione non solo di 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAm 

(Omissis). -I motivi addotti dall'Avvocatura dello ~tata 
a dimostrazione dell'infondatezza del ricorso proposto dalla 
Provincia di Bolzano sono sostanzialmente due, ma nessuno di 
essi � da ritenersi fondato. Con il primo si sostiene che la determinazione 
dell'ambito delle materie assegnate alla competenza 
normativa delle Provincie debba venire effettuata in base 
al significato che alle materie stesse era stato conferito dalle 
leggi dello Stato, in vigore al momento dell'attuazione degli statuti 
regionali, le quali le disciplinavano. E poich� quelle fra tali leggi 
aventi a loro oggetto la toponomastica usavano questo termine � 
solo nel senso dell'attribuzione dei nomi a piazze, vie, o altri 
luoghi, sempre diversi da localit� di carattere territoriale, sarebbe 
da ritenere che la competenza passata alle Provincie non 
possa assumere una estensione maggiore di quella esercitata in 
passato dallo Stato. A parte ogni considerazione in ordirte alla 
possibilit� di attribuire al criterio interpretativo proposto dalla 
Avvocatura la portata generale che gli si vuole attribuire, sta 
di fatto che non sussiste nella specie la asserita univocit� dell'uso 
del termine �toponomastica�, poich� esistono leggi statali 
(come, per esempio, il R.D. 29 marzo 1923, n. 800, che detta 
criteri di massima per la scelta dei � toponimi � di localit� abitate 
dei territori annessi), le quali adoperano il predetto termine 
nel suo senso pi� generale, in conformit� alla etimologia, 
di denominazione d� qualsiasi specie di luogo. 

Neppure fondato appare il secondo motivo, con cui si afferma 
l'esistenza di un principio generale dell'ordinamento giuridico 
dello Stato che condurrebbe ad attribuire il potere di 
disporre �in ordine alla denominazione delle frazioni sempre 
e necessariamente allo stesso organo cui compete quello della 
attribuzione del nome ai Comuni. Principio che pertanto dovrebbe 
valere quale limite della legislazione regionale e provin


piazze e strade, ma anche di localit�, cfr. CESAREO, L'autonomia della Regione 
Trentino Alto Adige, Milano, 1957, 193. 

Sul potere di erigere nuovi Comuni e di modificarne le circoscrizioni, 
nel senso che esso spetti allo Stato, in mancanza dell'ordinamento delle 
Regioni a Statuto ordinario, cfr. Cons. Stato 17 dicembre 1960 n. 873, Il 
Consiglio di Stato, 1960, Il, 2310. 

La Corte Costituzionale, pur riconoscendo che, in base alla disciplina 
generale di cui all'art. 133 Cost., l'attribuzione di competenza per 
l'istituzione di nuovi Comuni e la modificazione delle loro circoscrizioni 
e denominazioni importa anche attribuzione di competenza, per la denominazione 
delle frazioni, ha ritenuto, tuttavia, che tale disciplina subisca 
una deroga nella Regione Trentina, a cagione del carattere di specialit� 
dell'art. 11 n. 3 dello Statuto rispetto al precedente art. 7, che detta 
disposizione identica a quella adottata dall'art. 133 della Costituzione. 


PARTB I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE B INTERNAZIONA~E 441 

ciale primaria, ai sensi degli artt. 4 e 11 Statuto T.-A.A. Infatti 
se si tiene presente che i principi dell'ordinamento i quali circoscrivono 
l'ambito della competenza esclusiva (in cui rientra 
la normazione in materia di toponomastica) non sono quelli 
che risultano in via di astrazione da leggi, o da particolari gruppi 
di leggi dello Stato (valevoli invece solo a limitare la potest� 
normati~a secondaria), si rende chiaro come non sia possibile 
comprendere fra gli stessi la prescrizione invocata dall'Avvocatura 
e desunta dall'art. 266 della legge comunale e provinciale 
(anche se successivamente essa � stata adottata da leggi della 
Regione siciliana). 

E' bens� vero che la rilevata identit� del trattamento giuridico 
disposta dall'art. 266 per provvedere alla denominazione 
tanto dei Comuni quanto delle frazioni trova un suo fondamento 
razionale nella stessa natura di queste ultime, che non 
pu� ricondursi a quella di una mera entit� di fatto, data la 
capacit� che le frazioni stesse posseggono di assumere in proprio 
la soggettivit� di rapporti giuridici, in corrispondenza alla 
titolarit� loro spettante degli interessi autonomi del gruppo di 
popolazione stanziato nella parte del territorio comunale ad esse 
assegnato: soggettivit� da cui discende anche il riconoscimento 
a favore della frazione di un vero e proprio � diritto al nome �, 
e che d� appunto ragione della rilevata adozione, da parte della 
norma statale richiamata, di un procedimento identico a quello 
richiesto per la denominazione dei Comuni. 

Tuttavia, pur tenendo presente il precedente rilievo, e pur 
non contestando la disarmonia che consegue dal differenziare 
il trattamento giuridico dei nomi dei Comuni da quello delle 
frazioni, data la possibilit� per queste ultime di trasformarsi in 
Comuni autonomi, il ricorso della Provincia deve ritenersi degno 
di accoglimento. ' 

Ci� per� non sulla base dell'art. 86 Statuto, dato che (a parte 
il rilievo che questo prevede una competenza solo eventuale 
del legislatore provinciale, la qual~, quando si esercita, esaurisce 
i suoi effetti nei rapporti amministrativi �esclusivamente 
con i cittadini di �lingua tedesca, e non influenza quindi pe1 
nulla il problema in esame, relativo al potere di attribuire denominazioni 
aventi efficacia nei confronti della generalit�) il 
riferimento generico alla � toponomastica � ivi contenuto non 
pu� chiarire la portata dello stesso termine, adoperato in modo 
ugualmente generico dall'art. 11 n. 3. 

Il problema trova invece la sua soluzione nella correlazione 
che � da porre fra l'art. 7 e l'art. 11 n. 3 dello Statuto. Correlazione 
che non viene tenuta presente dall'Avvocatura quando os



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

serva che l'art. 7 riproduce testualmente la norma di carattere 
~enerale dell'ultimo comma dell'art. 133 della Costituzione. Infatti, 
mentre da quest'ultima disposizione si pu� fondatamei;ite 
iesumere che la competenza regionale che ne � oggetto si 
~stende necessariamente alla denominazione delle frazioni, vi:
eversa dal coordinato disposto �delle due norme statutarie prina 
richiamate si . evince che la determinazione dei toponimi 
~elativi alle frazioni deve rimanere preclusa alla Regione T .-A.A; 
Jerch� assorbita nella potest� generale di disciplina affidata 
ille Provincie, la quale, pel fatto di non incontrare, secondo 
;i � detto, nessuno dei limiti previsti dagli artt. 4 e 11 in ordine 
1lle competenze esclusive cui questi si riferiscono, non pu� non 
!stendersi ad ogni specie di nomi di localit�, con la sola esclu;
ione di quelli dei Comuni. -(Omissis). 

~ORTE COSTITUZIONALE, 2 aprile 1964, n. 30 -Pres. Ambro


sini -Rel. Fragali-Sacco Comis dell'Osta -De Martin del 

Zotto -Pres. Cons. Ministri (Avv. Stato Chiaretti). 
'rocedimento penale -Spese giudiziali penali -Illegittimit� costitu


zionale per contrasto con l'art. 53 Costituzione -Insussistenza. 

(Artt. 488, 613, c,p.p.; art. 53 Cost.). 

llnnistia e indulto � Estinzione del reato � Esclusione dell'obbligazione 
del pagamento delle spese processuali � Legittimit� costituzionale 
con riferimento all'art. 3 Costituzione. 
(Artt. 151, 198 c.p.; art. 3 Cost.). 
Non contrastano con l'art. 53 della Costituzione gli artt. 
~88 e 613 del c.p.p., nonch� le altre disposizioni che determiiano 
la nozione di spese processuali penali ed il loro ammonare, 
perch� la norma costituzionale si riferisce alle spese per 
7restazione di servizi indivisibili; e tra di esse non rientrano! 
e spese giudiziali, la cui entit� � misurabile per ogni singolo 
itto e che possono, quindi, gravare individualmente su chf vi 
ia dato occasione (1). 
Sono costituzionalmente legittimi, con riferimento all'art. 
della Costituzione, gli artt. 151 e 198 c.p., secondo i quali la 
:stinzione del reato non fa venir meno l'obbligo del pagamento 
lelle spese processuali; ci� in quanto, allorch� l'amnistia inerviene 
dopo una sentenza di condanna irrevocabile, vi � la 
'ertezza, promanante dal giudicato, che le spese del procedinento 
sono state occasionate dal condannato (2). 

{1-2) L'ordinanza di rimessione 15 maggio 1963 del Pretore di Pieve di 
:adore � pubblicata sulla. Gazz. Uff. 27 luglio 1963, n. 201. 
Sul concetto che il criterio della progressivit� di cui all'art. 53 della 
:ostituzione riguarda il sistema tributario in genere, e non i singoli 

.,

., 

. ~ 


PARIE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 443 

(Omissis). -Non � fondata la questione di illegittimit� 
costituzionale degli artt. 488 e 613 c.p.p., e di quelle altre disposizioni 
indicate nell'ordinanza che determinano la nozione 
di spese processuali penali e il loro ammontare. 

Come esattamente rileva l'Avvocatura dello Stato, non v'� 
norma costituzionale che garantisca la prestazione gratuita del 
servizio giudiziario. Al contrario l'art. 24, terzo comma, della 
Costituzione, con il fare obbligo di assicurare ai non abbienti 
i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione, 
muove dal presupposto che sia legittimo imporre oneri patrimoniali 
a carico di coloro nei cui riguardi � esplicata una 
attivit� di �giustizia. Dai quali oneri la norma costituzionale 
non vuole, del resto, liberare gli indigenti in modo assoluto, 
perch� non vi si esclude che essi debbano rimborsare le spese 
che lo Stato ha per loro anticipato ove il proc�sso si risolva 
a loro sfavore, non potendosi ritenere che l'esonero sia garantito 
pure nel caso in cui si propongano azioni o difese che 
risultino prive di fondamento: risponde, del resto, ad un principio 
di giustizia distributiva che il costo del processo sia 
sopportato in definitiva da chi ha reso necessaria l'attivit� del 
giudice ed ha perci� occasionato la spesa implicata dal suo 
svolgimento, com'� per colui che � colpito da una condanna 
penale. 

Non � fondato assumere che le disposizioni delle leggi 
speciali denunciate assieme agli artt. 488 e 613 c.p.p., in realt�, 
non riguardano il singolo processo. Senza che vi sia bisogno 
di procedere ad indagini complesse baster� rilevare che, nello 
stato di previsione della spesa del Ministero di Grazia e Giustizia 
(e l'esempio pu� desumersi da quello relativo all'esercizio 
in corso, approvato con la legge 27 ottobre 1963, n. 1417), 
si distinguono le spese di giustizia dalle altre inerenti alle esigenze 
generali dell'amministrazione giudiziaria; in modo che 
altro non concerne se non le prime, e quindi le prestazioni 
inerenti al singolo processo, la voce � recupero di spese giudiziarie 
�, iscritta nello stato di previsione dell'entrata del Mi-

tributi, (cfr. la sentenza della Corte, richiamata nel testo, 15-23 marzo 
1960, n. 12, Giur. it., 1960, I, 1, 486). 

Circa l'insussistenza della violazione dell'art. 3 Cost. per le ipotesi 
di amnistia propria e di amnistia impropria cfr. la sentenza della Corte, 
citata nel testo, 12 dicembre 1963 n. 171, Giur. it. 1964, I, 1, 243. 

Per i diversi effetti dell'amnistia propria rispetto a quella impropria, 
anche se entrambe estintive del reato (Cass. 4 giugno 1'960, rie. Fazioli, 
Giust. pen., 1961, II, 36; Cass. 8 febbraio 1960, rie. P.M. c. Di Camillo, ivi 
1960, II, 700), nel senso che l'amnistia impropria non estingue la condanna, 
cfr. Cass. 23 novembre 1957, rie. Musco, ivi, 1958, II, 332. 


444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nistero del Tesoro senza dubbio in relazione a quell'obbligo di 
cui il Pretore di Pieve di Cadore contesta la legittimit� (per 
l'esercizio in corso la voce � nel cap. 171, tabella A, dello stato 
di previsione approvato con legge 21 agosto 1963, n. 1197). 

Va soggiunto che l'art. 53 della Costituzione, al quale unicamente 
si rif� il Pretore suddetto, non si riferisce ai tributi 
giudiziari. Avendo fatto richiamo alla capacit� contributiva e 
alla progressivit� rispettivamente come indice di imponibilit� 
e come criterio di imposizione, � intuitivo, che esso ha avuto 
riguardo soltanto a prestazioni di servizi il cui costo non si 
pu� determinare divisibilmente. Non concerne perci� quelle 
spese giudiziarie la cui entit� � misurabile per ogni singolo 
atto, e che quindi possono gravare individualmente su chi vi 
ha dato occasione; ed � richiamabile solo per la spesa della 
organizzazione generale dei servizi giudiziari, che � sostenuta 
dallo Stato nell'interesse indistinto di tutta la collettivit�, e 
che, di conseguenza, indistintamente su tutta la collettivit� deve 
gravare, in proporzione della capacit� contributiva di ognuno 
dei suoi membri. 

E ci� a parte che l'art. 53 della Costituzione, come altre 
volte ha giudicato questa Corte (sentenza 15 marzo 1960, n. 12), 
incide sul complesso del sistema fiscale, e non su ciascuno dei 
tributi; in modo che non vieta n� .una singola .imposizione 
ispirata a principi diversi da quello della progressivit�, n� che 
la spesa per i servizi generali sia coperta da imposte indirette 

o da entrate che siano dovute esclusivamente da chi richiede 
la prestazione dell'ufficio organizzato per il singolo servizio 
o 
da chi ne provoca l'attivit�. 
Non � pertanto utile obiettare, come fa il Pretore, che la 
giurisdizione penale, oggetto della sua ordinanza, ha caratteristiche 
del tutto distinte da quella civile e si esercita, pi� di 
questa, nell'interesse generale: � importante, ai fini del controllo 
invocato, l'avere accertato che le disposizioni denunciate 
non trovano contrasto in alcuna norma della Costituzione. E 
rimane inoltre assorbito l'assunto che sia incongrua la norma 
per cui, quando non v'� condanna, le spese del procedimento 
penale debbano onerare il querelante (art. 382 c.p.p.); assunto, 
del resto, non prospettato come oggetto di una specifica .questione 
di legittimit� costituzionale, tanto vero che il Pretore 
non ha neanche chiarito come la eventuale illegittimit� di 
quella norma influisse sul corrispondente obbligo del condannato. 
Solo su quest'obbligo era rilevante il soffermarsi nella 
concreta occasione. � 



. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 445 

Ugualmente senza giustificazione sono stati denunciati di J 
illegittimit� costituzionale gli artt. 198 e 151, primo comma, j 
c.p., nella parte in cui� escludono che l'amnistia estingua l'obbligazione 
del condannato al pagamento delle spese processuali. 

Al pretore, il quale oppone la violazione del principio di 
uguaglianza statuito . nell'art. 3 della . Costituzione, � sfuggito 
che una differenza esista tra la ipotesi in cui l'amnistia interviene 
prima della condanna e l'ipotesi in cui l'amnistia � concessa 
dopo. Nel primo caso non � certo che la spesa del procedimento 
� stata occasionata dall'imputato, ma, nel secondo 
caso, v'� in tal senso una certezza che promana dal giudicato, 
e pertanto le due situazioni non possono ragionevolmente essere 
regolate da norme identiche, e ugualmente comportare 
l'esonero dall'obbligo di rimborso verso lo Stato. 

La responsabilit� per le spese del processo penale non 
comporta, a differenza di quanto ritiene il Pretore, una sanzione 
accessoria alla pena; e perci� di questa non deve necessariamente 
seguire la sorte. Accertato l'illecito, rimane affermato 
altres� che il suo autore ha costretto ad istituire il procedimento; 
e ci� basta per farne gravare a suo carico il costo. 
Non conta che la condanna pu� intervenire prima o dopo la 
amnistia per circostanze estranee al comportamento dell'imputato 
e, in particolare, a seconda che sia sollecito o non lo sia 
il funzionamento dell'ufficio giudiziario che � competente per 
il processo: individuata la ragione per cui, al tempo dell'amnistia, 
il processo aveva potuto definirsi o era rimasto pendente, 
non resta per ci� solo soppressa la realt� obiettiva della esistenza 
o dell'inesistenza, in quel. tempo, delia sentenza di condanna. 
Ed essendo tale realt� del tutto diversa in ciascuno 
dei due casi, deve razionalmente ognuno di essi rispecchiare 
una diversit� di disciplina. Analogamente questa Corte non ha 
dato rilievo, agli effetti dell'art. 3 della Costituzione (sentenza 

n. 171 del 12 dicembre 1963), alla circostanza che, mentre colui 
il quale sia stato giudicato prima del decreto di amnistia ha 
potuto soffrjre in tutto o in parte la pena alla quale sia stato 
condannato, nessuna pena sopporta invece chi venga giudicato 
dopo quel decreto, anche se colpevole al pari del primo. 
CORTE COSTITUZIONALE, 19 maggio 1964, n. 33 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Benedetti -Sancosciani (n.c.), INAM (n.c.) e 
Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Tracanna). 


16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

revidenza e assistenza � Pensione ai coltivatori diretti, mezzadri e 
coloni -Assicurazione malattie senza dichiarazione delle :fonti di 
entrata -Contrasto con l'art. 81 della Costituzione -Non sussiste. 

(L. 26 ottobre 1957 n. 1047, art. 6; L. 4 agosto 1955 n. 692 art. 1; 
Cost. art. 81). 
L'art. 6 della legge 26 ottobre 1957 n. 1047 ha istituito una 
estione speciale autonoma per le pensioni da corrispondere :ai 
oltivatori diretti, ai mezzadri e ai coloni, non pure per l' assi� 
tenza malattie alle stesse categorie; conseguentemente esso non 
ontrasta con l'art. 81 della Costituzione per non avere indiato 
i mezzi per far fronte alla r�lativa �spesa (1). 

(Omissis). -Il Tribunale, �basandosi sul presupposto che i 
oltivatori diretti, i mezzadri e i coloni pensionati abbiano diitto 
all'assistenza di malattia, ha sottoposto alla Corte la se


(1) Il Tribunale di Siena, con l'ordinanza di rimessione 6 mar:
o 1963 (Gazz. Uff. 2 luglio 1963 n. 175) aveva ritenuto che l'estensione 
lel trattamento di previdenza (pensi'oni) alle categorie dei coltivatori 
liretti, coloni e mezzadri, disposto dalla legge 26 ottobre 1957 n. 1047, 
mportasse automaticamente anche l'applicazione, alle medesime cate~
orie, del trattamento di assistenza (assicurazione malattie), in virt� 
lei � collegamento � di cui all'art. 1 della legge 4 agosto 1955 n. 692. 
:!'. poich� la legge prevede solo la copertura finanziaria per il tratamento 
previdenziale, il Tribunale ne aveva dedotto l'illegittimit� 
:ostituzionale della norma per contrasto con l'art. 81 Cost. 

La Corte ha fatto giustizia � della singolare tesi del Tribunale, 
�itenendo che nessuna norma coordinata consente di interpretare l'attribuzione 
del trattamento previdenziale come estensivo anche di 
:i.uello assistenziale. 

Basterebbe rilevare che la legge del 1955 ha un campo di applicadone 
riferito essenzialmente al lavoro dipendente, per cui dall'assicu~
azione invalidit� e vecchiaia erano stati esclusi �i coltivatori diretti 
Jroprio per la loro qualit� di coltivatori autonomi. 

La legge del 1957 ha disposto una applicazione autonoma del 
>istema previdenziale al di fuori del sistema previdenziale istituito 
::on il decreto-legge 4 ottobre 1935 n. 1827, attuata dal legislatore 
iiscrezionalmeh.te e gradualmente, e non con l'automaticit� ritenuta 
dal Tribunale. 

Cos�, l'assicurazione malattia � stata disposta in tempi e con provv-
edimenti diversi, a favore delle varie categorie di lavoratori autonomi 
nel settore agricolo (legge 22 novembre 1954 n. 1136). 

Per l'autonomia (relativa) fra trattamento di pensione e assicurazione 
malattia, di cui all'art. 1 L. 4 agosto 1955 n. 692 cfr. Cass. 
26 giugno 1962 n. 1652 (Giur. it., 1963, I, l, 760). � 

Per l'illegittimit� costituzionale dell'art. 4, terzo comma, della L. 
4 agosto 1955 n. 692 cfr. Corte Cost. 16 dicembre 1960 n. 70 (Giur. it. 
1961, I, l, 408). 

l 
l 
'.:1 
�. 


,; 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE �447 

guente questione di legittimit� costituzionale: se l'art. 6 della 
legge 26 ottobre 1957, n. 1047, posto in relazione con l'art. 1 
della legge 4 agosto 1955, n. 692, sia in contrasto con l'art. 81, 
ultimo comma, della Costituzione per non avere indicato i mezzi 
per far fronte alla nuova spesa derivante dall'estensione della 
assistenza di malattia alla nuova categoria di pensionati di invalidit� 
e vecchiaia . 

.Posta in questi termini, la questione non � fondata. 

L'art. 6 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047. si limita ad istituire 
presso l'I.N.P.S. una gestione speciale autonoma per le 
pensioni da corrispondere ai coltivatori diretti, ai mezzadri e ai 
coloni. L'ordinanza non ritiene compreso tra gli scopi di tale 
Gestione quello di provvedere per l'assistenza di malattia alla 
nuova categoria di pensionati. E allora. non si ve.de n� come 
l'art. 6 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047, possa essere messo 
in relazione con l'art. 1 della legge 4 agosto 1955, n. 692, sulla 
estensione dell'assistenza di malattia ai pensionati, n� come 
possa essere in contrasto con l'art. 81, ultimo comma, della 
Costituzione per non avere indicato i mezzi per far fronte alla 
nuova spesa occorrente per tale assistenza. 

L'esigenza costituzionale di indicare i mezzi di copertura 
di una nuova spesa postula che tale spesi� sia stata autorizzata 
e l'ordinanza espressamente rileva che -mentre con l'art. 5 
della legge n. 692 del 1955 fu posta a carico del Fond9 adeguamento 
pensioni anche la spesa per l'assistenza di malattia ai 4. 
lavoratori pensionati -con l'art. 6 della legge n. 1047 del 1957 
� stata posta, invece, a carico della Gestione autonoma soltanto 
la spesa per il trattamento di pensione ai coltivatori diretti, ai 
mezzadri e ai coloni. E' chiaro quindi che occorreva provvedere 
solo ai mezzi per il pagamento delle pensioni e a ci� la 
legge 26 ottobre 1957, n. 1047, ha provveduto con le disposizioni 
contenute negli articoli 11 e 21. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE 19 maggio 1964, n. 35 -Pres. Am


brosini -Rei. Bonifacio -Bertoni ed altri (avv.ti Mariani, 

Companini) e Presidente Cons. Ministri (avv. Stato Varvesi). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Espropriazione dei fondi occorrenti 
per l'esecuzione di opere di deviazione, raccolta ed esercizio Stato 
di consistenza e determinazione della somma da offrire ai 
proprietari espropriati, a cura del Genio Civile -Violazione del 
diritto di difesa dell'espropriato -Esclusione. 

(T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775, art. 33, terzo comma; 1. 25 giugno 
1865 n. 2359; cost. artt 24, 113). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non contrasta con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, 
~lativi al diritto di difesa del cittadino contro gli atti della 
.A. l'art. 33 terzo comma del testo unico sulle acque e sugli 
npianti elettrici, in relazione all'art. 34 della legge fondamentale 
'J.lla espropriazione per pubblica utilit�, poich� la stima delindennit� 
di occupazione da offrire all'espropriato redatta, dal 
;enio Civile in base a tale norma non vincola l'autorit� giudiziaia 
fino al punto da precludere all'espropriato la difesa del diitto 
di cui assume la violazione e da escludere il sindacato giuisdizionale 
(1). 


(Omissis). _.:_ Il dispositivo delle due ordinanze di rinvio 
a testuale riferimento, oltre che all'art. 34 della legge 25 giu:
no 1865, n. 2359, all'intero art. 33 del R.D. 11 dicembre 1933, 


t. 1775, ma dalla motivazione si ricava con certezza che la 
[Uestione di legittimit� costituzionale, per quanto attiene a 
[Uest'ultima disposizione, � circoscritta al comma terzo che 
lemanda al Genio Civile o, se i lavori debbano essere eseguiti 
la un'amministrazione statale, all'ufficio tecnico di questa il 
:ompito di compilare lo stato di consistenza dei fondi e di 
leterminare la somma da depositarsi a titolo di indennit� di 
:spropriazione. 
Il Tribunale e le parti private costituite pervengono alla 
:onclusione che l'esito del giudizio vien fatto dipendere dalla 
;tatuizione di un organo amministrativo in quanto partono dal 
)resupposto che le norme in esame sottraggono al giudice ogni 
)Otere istruttorio e, di conseguenza, costituiscono ostacolo allo 
~splicarsi del diritto di difesa costituzionalmente garantito. Ma 

(1) Le due contestuali ordinanze di rimessione 18 luglio 1963 del 
Tribunale di Reggio Emi)ia sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale 
12 ottobre 1963 n. 268. 
La sentenza della Corte 22 dicembre 1%1 n. 70, menzionata nel 
testo, � pubblicata in Giur. it. 1962, I, l, 515. � 

Per l'autonomia dell'Autorit� giudiziaria rispetto alle risultanze 
peritali, sotto i1 profilo della rilevanza costituzionale, cfr. la sentenza 
della Corte, citata nel testo, 10 maggio 1963 n. 63 (Giur. it. 1963, 
I, l, 930). 

Per l'esemplificazione delle deroghe sempre pi� numerose al procedimento 
peritale previsto dalla legge sulle espropriazioni, sostituito 
dalle stime di organi tecnici della P.A., cfr. CARUGNO, L'espropriazione 
per p.u., Milano, 1962, 295 sgg. . 

Ma si tratta di deroghe � quoad personam �, non � quoad effectum 
�, dato che all'espropriato � concessa la facolt� di impugnare tali 
stime, da cui il giudizio dell'Autorit� giudiziaria non risulta per nulla 
pregiudicato o condizionato. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 449 

la Corte ritiene che questa interpretazione sia inesatta e non 
possa essere condivisa. 

Giova in primo luogo osservare che le operazioni demandate 
alla competenza del Genio Civile si inseriscono nel procedimento 
amministrativo di espropriazione e vengono compiute, 
perci�, quando non � ancora sorto alcun rapporto processuale 
fra espropriante ed �espropriato. E sotto questo pro'
filo, come esattamente ha rilevato l'Avvocatura dello Stato, 
nessuna differenza � possibile riscontrare fra la norma contenuta 
nella legge sulle espropriazioni per pubblica utilit�, che 
affida al Tribunale la nomina del perito o dei periti che devono 
procedere alla stima dei beni (art. 32), e le disposizioni spe.
ciali che per particolari tipi di espropriazione conferiscono lo 
stesso compito ad . uffici amministrativi; nell'uno e nell'altro 
caso, infatti, si tratta sempre di attivit� meramente amministrativa, 
posta in essere prima dell'emissione del decreto di 
espropriazione e, quindi, prima che possa essere investita la � 
autorit� giudiziaria. Nessun rilievo costituzionale ha pertanto 
la circostanza che per gli impianti elettrici, in forza del terzo 
comma dell'art. 33 del R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775, la stima 
dei beni venga demandata al Genio Civile o, se i lavori 
debbano essere eseguiti da un'amministrazione statale, all'ufficio 
tecnico di questa. 

Per quanto poi concerne l'influenza che la stima cos� determinata 
spiega sull'eventuale successivo procedimento civile, 
non � dubbio che in forza del generico rinvio contenuto nel 
quarto comma del citato art. 33 sia applicabile l'art. 34 della 
citata legge n. 2359 del 1865 e che, di conseguenza, a Auella 
stima vadano riconosciuti gli effetti di una perizia giudiziaria: 
ma ci� non significa affatto che essa vincoli l'autorit� giudiziaria 
fino al punto da precludere all'espropriato la difesa del diritto 
di cui assume la violazione e da escludere il sindacato 
giurisdizionale. L'opposta conclusione non trova conforto nel~ 
l'esegesi delle norme in esame ed � nettamente esclusa dalla 
costante interpretazione che di esse hanno dato la dottrina e 
la giurisprudenza. La legge sulle espropriazioni dispone, infatti, 
che nei trenta giorni successivi alla notifica del decreto 
di espropriazione i proprietari interessati possono proporre avanti 
l'autorit� giudiziaria le loro istanze contro la stima fatta dai 
periti (art. 51): e, dunque, � la stessa legge che prevede come 
oggetto del giudizio l'impugnativa della perizia, senza dettare 
n� espressamente n� implicitamente limiti al normale potere di 
apprezzamento, di istruttoria e di decisione dell'autorit� giudi� 
ziaria. N� siffatti limiti si ricavano dalla circostanza che in far



450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

za del citato art. 34 alla stima vengono riconosciuti, come s1 e 
detto, gli effetti della perizia giudiziaria, giacch� secondo la . costante 
interpretazione giurisprudenziale il giudice conserva gli 
stessi poteri che gli competono nei confronti di qualsiasi perizia, 
compreso quello (art. 196 c.p.c.) di ordinare il rinnovo delle operazioni 
e di affidarlo al consulente che ritenga pi� idoneo, con 
apprezzamento cos� ampio da esser ritenuto incensurabile in cassazione. 


Da quanto si � detto emergono nettissime le differenze 
fra il caso in e~ame e quello deciso da questa Corte con sentenza 
n. 70 del 1961, che dichiar� costituzionalmente illegittimo 
l'art. 10 n. 1 della legge 23 maggio 1950, n. 253. Questa norma 
demandava infatti al Genio Civile un accertamento che vincolava 
il giudice nel merito, ne limitava il potere riducendolo ad 
un mero controllo di legittimit�, gli impediva di nominare un 
nuovo e diverso consulente tecnico o di ricavare da altre fonti 
il suo convincimento: conseguenze che la disciplina dettata 
dalle norme ora impugnate certamente non comporta. 

E poich�, in definitiva, le parti nel far valere le loro ragioni 
innanzi all'autorit� giudiziaria non incontrano altri limiti che 
quelli derivanti dalle regole del processo civile, � da escludere, 
conformemente alle enunciazioni contenute nella sentenza n. 63 
del 7 maggio 1963 di questa Corte, che le disposizioni legislative 
oggetto del presente giudizio violino il diritto di difesa ovvero 
escludano o limitinno la tutela giurisdizionale contro� gli 
atti della pubblica amministrazione. -(Omissis). 

CORTE COSTiTUZIONALE 23 maggio 1964, n. 39 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Fragali -Mazza (avv. Fazzolari) e Ministero Finanze 
(avv. Stato Peronaci). 

Imposta di registro -Valutazione automatica nei trasferimenti dei 
fondi rustici -Legge interpretativa 22 novembre 1962, n. 1706 � 
Illegittimit� costituzionale in relazione all'art. 3 della C�stituzione 
-Esclusione. 

(1. 22 novembre 1962, n. 1706, art. 4; 1. 20 ottobre 1954, n. 1044, art.� 
1; 1. 27 maggio 1959, n. 355, art. 3; Cast. art. 3). 
Non sussiste l'illegittimit� costituzionale, per violazione dell'art. 
3 della Costituzione, dell'art. 4 della legge 22 novembre 
1962, n: 1706, recante interpretazione autentica della legge 20 
ottobre 1954, n. 1044, che dispone la valutazione automatica, 

o tabellare, nei trasferimenti � mortis causa � dei fondi ru1 
I 

PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 451 

stici (estesa anche agli atti tra vivi dalla legge 27 maggio 
1959, n. 335); ci� in quanto l'effetto retroattivo disposto dall'art. 
4 di tale legge interpretativa discende da una dichiarazione 
di parte di contenuto uguale a quello che la norma del 
tempo aveva ritenuto sufficiente secondo un significato non 
discusso (1). 

(Omissis). -Non sussiste l'assunta illegittimit� costituzionale 
dell'art. 4 della citata legge 22 novembre 1962, n. 1706. 

Al riguardo il Tribunale di Catanzaro ha avuto dubbi perch� 
ha creduto che la legge suddetta imponesse al contribuente 
di dichiarare, nella denuncia di successione e nell'atto soggetto 
a registro, in un modo solenne e sacramentale, che i 
fondi hanno un valore inferiore al valore risultante dalle tabelle 
formate ai sensi della legge 20 ottobre 1954, n. 1044. 
E' vero che nell'art. 1 della suddetta legge del 1962 si richiede 
una espressa dichiarazione; ma intuitivamente esso non vuole 
esigere pi� che una enunciazione di valore chiara e inequivoca, 
secondo la nozione comune di dichiarazione espressa, 
come risulta, del resto, dal successivo art. 2, che al valore 
dichiarato si richiama nel riassumere il contenuto dell'art. 1, 
non ad un valore dichiarato con formula solenne. E come, del 
resto, era anche detto nel primo comma di quell'art. 1 della 
legge 20 ottobre 1954, n. 1044, che la norma denunciata si pro


(1) L'ordinanza di rimessione 14 luglio 1963 del Tribunale di Catanzaro 
� pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1963 n. 281. 
In merito alla questione esaminata dalla Corte, � noto che la 
legge 27 maggio 1959, n. 355 introdusse la sostanziale innovazione di 
estendere in materia di trasferimenti per atto tra vivi di fondi rustici 
le disposizioni concernenti la cosidetta valutazione automatica, da desumersi, 
cio� dai valori risultanti da tabelle compilate dalla Commissione 
censuaria centrale, aggiornate anno per anno secondo coefficienti 
di correzione. Tale sistema gi� vig�va relativamente all'imposta 
di successione sui medesimi fondi rustici, perch� introdotto dalla 
legge 20 ottobre 1954, n. 1044, le cui disposizioni furono, appunto, integralmente 
richiamate dall'art. 3 della citata legge 27 maggio 1959 

11. 355. 
Prescindendo dal caso -invero non frequente -in cui il con� 
tribuente abbia, nell'atto di trasferimento tra vivi di detti fondi rustici, 
dichiarato, agli effetti fiscali, un valore superiore a quello indicato 
nelle tabelle, il nuovo sistema introdotto dalle citate leggi 20 ottobre 
1954 n. 1044 e 27 maggio 1959 n. 355, rende applicabile da parte dell'Ufficio 
il valore tabellare prestabilito per ogni caso in cui non risulti 
che il contribuente abbia inteso attribuire al bene rustico trasferito 
un valore inferiore al detto valore tabellare. 

Per effetto delle due sopracitate leggi il sistema automatico tabellare 
� venuto quindi a costituire la base normale per l'applicazione 


452 P.ASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

poneva di inJerpretare; ove si voleva che il valore dichiarato 
non risultasse inferiore a quello tabellare, evidentemente perch� 
si esigeva una dichiarazione che non offrisse dubbi, al fine 
di poterla raffrontare agevolmente alla indicazione tabellare, 
e cos� rendere pi� facile l'accertamento tributario, eliminandosi 
le controversie sulla stima o riducendosene il numero. 

D'altra parte, la legge del 1954 aveva fatto sorgere incertezze 
di interpretazione, non sul contenuto, ma sugli effetti 
della dichiarazione del contribuente: si era discusso se, l'avere 
essa contemplata la sola ipotesi di dichiarazione di valore non 
inferiore a quello tabellare come circostanza escludente il ricorso 
all'accertamento fisso, implicasse che a questo dovesse 
farsi capo, quando il valore dichiarato fosse uguale o superiore, 
esclusivamente per determinare i casi in cui si dovesse 
procedere a stima; in modo che la stima, e non la tabella, 
dovesse servire a determinare l'imponibile, ove il valore dichiarato 
fosse stato inferiore al modulo. La norma denunciata risolse 
tale questione, ed essa sola. Ci� emerge dalla relazione 
che ne accompagn� la proposta, ma pi� si desume dalla irrazionalit� 
che essa rivestirebbe ove si ritenesse che avesse ri


. chiesto, per un atto formatosi anteriormente, un c�ntenuto 
diverso da quello che la norma del tempo aveva ritenuto sufficiente 
secondo un significato non discusso; un contenuto cio� 

del tributo, rimanendo il sistema dell'accertamento concreto di valore, 
di cui al R.D.L. 7 agosto 1936 n. 1639, di applicazione solo eventuale. 
Con legge 22 novembre 1962 n. 1706 il legislatore ha dettato norme 
di interpretazione autentica relativamente alla legge 20 ottobre 1954 

n. �1044, disponendo che questa si applica qualora non sia dichiarato 
dalle parti alcun valore e qualora non sia espressamente dichiarato che 
i fondi hanno un valore inferiore a quello tabellare. Se il valore 
dichiarato � inferiore, la parte ha facolt� di richiedere l'accertamento 
di valore nei modi ordinari. 
L'art. 4 della legge interpretativa, infine, attribuisce effetto re� 
troattivo alle disposizioni precedenti. 

La denuncia di illegittimit� costituzionale del Tribunale di Catan� 
zaro riguardava proprio l'estensione ed il contenuto della dichiara� 
zione di parte, ritenendosi da detto Tribunale che la rigidit� formale 
di tale requisito potesse creare disparit� di trattamento giuridico, con 
violazione dell'art. 3 della Costituzione, tra contribuenti che fossero 
in grado di formulare tale dichiarazione e contribuenti non pi� in 
grado di farlo, relativamente agli atti posti in essere prima della legge 
interpretativa. 

La Corte ha risolto il preteso conflitto, adottando un'interpreta� 
zione della norma minore pi� aderente al testo ed allo spirito della 
norma stessa, nel senso, cio�, che -per gli atti posti in essere ante� 
riormente -non occorra alcuna dichiarazione sacramentale o solenne, 
bastando solo che -come gi� risultava dalla legge del 1954 -si 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 453 

che non era pi� modificabile, n� pi� si consentiva di modificare. 
Soltanto allora la norma si rivelerebbe violatrice del principio 
di uguaglianza: avrebbe infatti assoggettato ad una identica 
disciplina legislativa situazioni diverse (sentenza n. 53 del 
9 luglio ~958), pareggiando, a quella di coloro che sono in grado 
di uniformarsi alla norma nuova, perch� compiono l'atto successivamente 
alla sua entrata in vigore, la condizione di coloro 
i quali, per aver formato l'atto anteriormente a tale legge, 
invece non avrebbero potuto osservarla. -(Omissis). 

abbia tma enunciazione di valore tale da poter individuare se esso 

sia non inferiore, o meno, a quello tabellare. 

Pertanto, solo apparentemente, l'art. 4 della legge interpretativa 

attribuisce carattere retl:'oattivo all'applicazione della legge stessa. 

Tale apparente retroattivit� � propria delle leggi interpretative, di 

cui non � contestabile non solo la legittimit� costituzionale, ma anche 

la pratica utilit� e, talvolta la necessit� ai fini della retta e uniforme 

applicazione delle norme giuridiche. Sicch�, anche se l'articolo 4 

non l'avesse detto espressamente, rion vi � dubbio che la legge del 

l%2, appunto perch� interpretativa, avrebbe trovato applicazione nei 

precedenti rapporti giuridici. 

Su tale interpretazione non formalistica, ma oggettiva, delle leggi 

in esame cfr. Cass. 3 giugno 1_963 n. 1480, Riv. Leg. Fisc. 1963, I, 1978. 

Per la legittimit� costituzionale della legge 20 ottobre 1954 n. 1044, 

cfr. Corte Cost. 11 luglio 1961 n. 48, Giur. it. 1961, I, 1, 1140. 

La sentenza della Corte 9-14 luglio 1958 n. 53, citata nel testo, � 

pubblicata in Giur. it. 1958, I, 1, 1327. 

Per la legittimit� costituzionale delle leggi tributarie retroattive, 

allorch� esse non importino violazioni di altri precetti della Costitu� 

zione, cfr. Corte Cost. 30 dicembre 1958 n. 81, Giur. it. 1959, I, l, 385, 

e 9 marzo 1959 n. 9, ivi, I, 1, 1015. 

Infine, per Jlammissibilit�, nel nostro ordinamento costituzionale, 

delle leggi interpretative, cfr. Corte Cost. 8 luglio 1957, n. 118, Giur. it., 

1957, I, 1, 1314. 

CORTE COSTITUZIONALE 23 maggio 1964, n. 40 -Pres; Am


brosini -Rel. Sandulli -Turrini (avv. Bettinelli, Tosato) c. 

Borlenghi (avv. Pritzolu) e Ottolini (n.c.) c. Marini (n.c.) e 

Presidente Cons. Ministri (avv. Stato Tracanna). 
�Corte Costituzionale -Identificazione da parte del giudice "a quo" del 

principio costituzionale che si assume violato -Indicazione del


l'articolo della Costituzione -Irrilevanza. 

Contratti agrari � Determinazione dei canoni di affitto dei fondi rustici 
-Limiti fissati dalla Commissione tecnica provinciale -Violazione 
del principio di libert� economica -Insussistenza. 
(Cost., art. 41; I. 12 giugno 1962, n. 567, art. 1). 


454 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i 
i 
��' 

Contratti agrari � Determinazione dei canoni di affitto dei fondi ru� 

stici -Tabelle dei limiti stabilite dalla Commissione tecnica pro


vinciale -Violazione del principio dell'indipendenza del Giudice -� 

i 

Non sussiste. .-' 
( Cost., art. 101; 1. 12 giugno 1962, n. 507, art. 7). 

Nei casi tn cui sia stato sicuramente identificato dal giudice 
" a quo " il principio costituzionale del quale si assume la 
violazione, � irrilevante l'indicazione di un articolo o di un comma 
diverso da quello in cui il principio � da ritenere effettivamente 
espresso. Ci� tanto pi� ha da valere allorquando venga in questione 
una regola costituzionale comune a tutta una materia 
ordinata nella Carta fondamentale in sistema unitario, in quanto 
distribuita in pi� articoli, c.ome � il caso per la regola della 
�riserva di legge nel campo delle private libert� nella materia 

economica (1). 

Non contrasta con l'art. 41 della Costituzione, per viola


zione del principio della riserva di legge, l'art. 1 della legge 12 

giugno 1962 n. 507 il quale stabilisce che la misura del canone 

di affitto dei fondi rustici deve essere contenuta nei limiti sta


biliti dalle Commissioni tecniche provinciali, in quanto la de


terminazione dei canoni minimi e massimi non pu� ritenersi 

rimessa all'arbitrio e nemmeno alla discrezionalit� delle Com


missioni, bens� a valutazioni tecniche operate sulla base di 

indicazioni legislative sufficientemente specifiche (2). 

N� contrasta con il principio d'indipendenza del giudice 

stabilito dall'art. 101 della Costituzione, l'art. 7 della medesima 

(1) Le ordinanze di rimessione del Tribunale di Cremona -Sez. 
specializz. agraria -" 24 ottobre 1963 e 28 novembre 1963 sono pubblicate, 
rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale 30 novembre 1963, n. 312 e 28 
dicembre 1963, n. 336. 
� 
Sul principio che � sufficiente l'identificazione nel suo contenuto 
della disposizione costituzionale violata, anche se manchi l'indicazione 
numerica qell'articolo, cfr. oltre la sentenza della Corte 14 febbraio 1962, 

n. 6 citata� nel testo (Giur. it. 1962, I, 1, 650), Corte Cost. 28 novembre 
1961, n. 63 (Giur. cost. 1961, 1213), Corte cost. 30 dicembre 1958, n. 81, 
ivi, 1958, 1000, e Corte cost. 5 aprile 1957, n. 49, ivi, 1957, 610. 
(2) La Corte Tibadisce il suo insegnamento, secondo il quale, se 
pu� riconoscersi che gli interventi diretti a porre od a precisare i limiti 
della autonomia negoziale privata, in materia economica, debbano essere 
attuati con legge, � sufficiente, ai fini della garanzia costituzionale, che 
la legge intervenga a stabilire esplicitamente il limite ed indichi l'ambito 
ed i criteri di applicazione del limite stesso, nonch� gli organi che do

PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 455 

legge, il quale dispone che le Sezioni Specializzate del Tribunale 
determinano l'equo canone entro i limiti stabiliti dalle 
Commissioni tecniche provinciali, in quanto esso, senza derogare 
al principio per cui il giudice non � tenuto ad applicare 
gli atti amministrativi illegittimi, assegna al giudice civile, come 
regole di giudizio, norme di carattere generale emanate, 
sulla base di una legge, da autorit� appartenenti alla P.A. (3). 

(Omissis). -Le due cause riguardano le stesse questioni 
di legittimit� costituzionale, sollevate nei confronti rispettivamente, 
dell'art. 1 edell'art. 7 della legge 12 giugno 1962, n. 567, 
contenente norme in materia di affitto di fondi rustici. Perci� 
esse sono state trattate congiuntamente, vengono riunite, e sono 
decise con unica sentenza; 

La questione sollevata nei confronti dell'art. 1 (terzo comma) 
della legge investe l'osservanza del principio della riserva 
di legge, il quale sarebbe stato violato attraverso il deferimento 
alle Commissioni tecniche provinciali del potere di stabilire . 
i limiti minimi e massimi entro cui deve esser contenuta la 
misura dei canoni annuali di affitto dei fondi rustici. 

Nel riferire l'eccezione sollevata in proposito innanzi al 
Tribunale dalle parti convenute, deferite poi all'esame di questa 
Corte, entrambe le ordinanze di rimessione precisano che 
le parti stesse si erano richiamate, per indicare il precetto 
costituzionale contenente tale principio in ordine alla materia 
di cui � causa, al terzo comma dell'art. 41 Cast., assumendo 
perci� la violazione di quest'ultimo. La difesa Borlenghi, la 
quale nulla aveva eccepito in proposito nelle deduzioni presentate 
al momento della costituzione in. giudizio, rileva per� 
nella memoria che la limitazione dei canoni di affitto dei fondi 
rustici � materia rientrante nel secondo comma dell'art. 42 

vranno applicarlo, senza che possa pretendersi che la legge regoli interamente 
e compiutamente la limitazione che si intende adottare. Cfr. le 
sentenze citate nel testo, 9 aprile 1963, n. 46, Giur. it. 1963, I, 1, 691; 
14 giugno 1962, n. 54, ivi, 1962, I, 1, 1298; 14 febbraio. 1962, n. 4 e 5, ivi, 
1962, I, 1, 498. 

(3) Sul principio dell'indipendenza del Giudice, sotto il profilo, peraltro, 
della violazione del principio di difesa, e in ordine agli accertamenti 
del Genio Civile sulle condizioni degli immobili urbani, cfr. la sentenza 
della Corte richiamata nel testo, 22 dicembre 1961, n. 70, Giur. it. 1962, I, 
1, 515. 
Per l'illegittimit� costituzionale della composizione delle Sezioni Specializzate 
agrarie, anteriormente alla nuova legge 2 marzo 1963, n. 320, cfr. 
Corte Cast. 20 dicembre 1962, n. 108, Giur. it., 1'963, I, 1, 305. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

:~ 

Cost.: onde, prospettata con riferimento all'art. 41, la que


I ~ 

,

stione in esame sarebbe da dichiarare senz'altro infondata. A 
sua volta la difesa Turrini rappresenta l'esigenza di tener pre. 
. 
sente anche il secondo comma dell'art. 41 Cost. L'ammissibilit� 
di considerare anche tale comma appare riconosciuta pure 
dalla difesa dello Stato. 


Osserva in proposito la Corte che dal contesto delle ordinanze 
appare chiaro che il vizio di costituzionalit� che il Tribunale 
intese denunciare fu l'inosservanza di un principio costituzionale 
nettamente id�ntificato: quello di una asserita riserva 
di legge in materia di limitazioni da imporre ai locatori in 
sede di affitto di fondi rustici. Orbene, nei casi in cui sia stato 
sicuramente identificato dal. giudice a quo il principio costituzionale 
del quale si assume la violazione, questa Corte ha considerato 
irrilevante l'indicazione di un articolo o di un comma 
diverso da quello in cui il principio � da ritenere effettivamente 
espresso (v., p. es., la sentenza n. 6 del 1962 e l'ordinanza 
149 del 1963). 

Ci� tanto pi� ha da valere allorquando venga in questione 
una regola costituzionale comune a tutta una materia ordinata 
nella Carta fondamentale in sistema unitario, per quanto distribuita 
in pi� articoli, come � appunto il caso per la regola 
della riserva di legge nel campo delle private libert� nella materia 
economica, comprensive della libert� di iniziativa e di 
quella di disporre e godere della propriet�. Tali libert� sono 
infatti disciplinate negli artt. 41-44 Cast. secondo una chiara 
ispirazione unitaria, della quale la regola della riserva di legge, 
pur _senza che si possa negare una certa sua varia modulazione, 
rappresenta sicuramente una costante. 

E' poi da tener presente che nel caso in esame � sicuramente 
fuori causa la riserva di cui al terzo comma del'articolo 
41, dato che non si � in presenza di programmi o controlli 
imposti all'attivit� economica. privata; e che le riserve 
di legge da �osservare quando vengano in questione i limiti 
previsti per l'iniziativa economica privata dal secondo comma 
dell'art. 41, e quelli previsti per la propriet� privata dal secondo 
comma dell'art. 42 sono di identica portata, e sono 
entrambe di quelle che non precludono alla legge la possibilit� 
di deferire, purch� con adeguata specificazione, ad autorit� 
amministrative, particolari poteri di incidenza nel campo dei 
diritti economici garantiti dai due menzionati articoli (cfr., con 
riferimento al secondo comma dell'art. 41, specialmente le sentenze 
103 del 1957, 4, 5, 54 del 1962, 46 del 1963). Donde lo 
scarso interesse di stabilire in quale delle anzidette disposi



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 457 

zioni affondi le sue radici (o se le affondi in entrambe) fa regola 
della riserva di legge -sicuramente esistente -cui 
fanno richiamo le ordinanze dalle quali trae origine il presente 
giudizio. 

Passando all'esame della questione relativa alla legittimit� 
costituzionale del ricordato art. 1, la Corte anche alla stregua 
della propria giurisprudenza, ritiene osservata, nella specie, la 
regola della riserva di legge. 

Avendo di mira la realizzazione di una normativa differenziata, 
al fine di una sua opportuna aderenza alla variet� delle 
condizioni locali dell'agricoltura e dei rapporti a essa inerenti, 
cos� diversi in Italia da zona a zona, l'art. 1 della legge deferisce 
la determinazione dei limiti, entro i quali deve esser contenuta 
in ciascuna provincia la misura dei canoni annuali di 
affitto dei fondi rustici, ad apposite Commissioni tecniche provinciali. 
Ma altre norme della medesima legge delimitano con 
sufficiente specificazione i poteri delle Commissioni. 

L'art. 3 stabilisce che la determinazione della misura minima 
e massima dei canoni di affitto, nelle � tabelle � biennalmente 
compilate dalle Commissioni, deve perseguire l'obbiettivo 
� di assicurare una equa remunerazione per il lavoro del!'
affittuario e della sua famiglia e la buona conduzione dei 
fondi �. Questa indicazione dei fin� contiene una notevole delimitazione 
dei poteri delle Commissioni, in quanto, da un lato, 
una .� equa remunerazione � del lavoro della famiglia colonica 
(concetto gi� risultante dall'art. 36 Cost.) comporta l'esigenza 
di proporzionare i canoni di affitto all'opera mediamente richiesta 
per la coltivazione (variabile a seconda delle situazioni 
agrarie e del mercato del lavoro); dall'altro; la necessit� di 
incoraggiare la buona coltivazione dei fondi comporta (sempre 
in correlazione con la variet� delle situazioni) il contemperamento 
-in �vista di una concordia di intenti suggerita 
dalla convenienza economica -degli interessi del locatore 
con quelli dell'affittuario. Dall'esigenza di assicurare un'� equa 
remunerazione � del lavoro delle persone mediamente impiegate 
nella coltivazione dei campi risulta, in sostanza, definito 
in modo sufficientemente puntuale un limite oltre il quale non 
� po~sibile andare nello stabilire i canoni massimi di affitto � 
(che sono quelli di maggiore interesse nell'economia della legge, 
fa quale si � preposto di tutelare in modo particolare l'attivit� 
effettivamente impegnata nella produzione agricola); mentre per 
i canoni minimi assume importanza l'esigenza che venga assicurata 
la � buona coltivazione � dei fondi, la quale � collegata, 
tra l'altro, al mantenimento dell'interesse economico dei loca



458 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 


tori alla terra. Entro tali ragionevoli, ma inderogabili limiti 
la legge ammette a spaziare l'autonomia delle parti e la equit� 
del giudice. � 

Quanto precede dimostra l'inesattezza della affermazione, 
contenuta nelle ordinanze di rimessione, secondo la quale la 
determinazione delle �tabelle� non poggerebbe su alcun �criterio 
obbiettivo �; e dimostra a un tempo l'impossibilit� di 
configurare come criterio universalmente valido quello di stabilire 
�una misura percentuale della ripartizione del reddito 
�gricolo fra i fattori della produzione �. 

A parte i limiti di cui 'si � detto, la legge contiene poi 
una precisazione piuttosto ampia dei vari elementi di fatto da 
tener presenti nella compilazione delle �tabelle�. Infatti queste 
non debbono limitarsi a stabilire, alla stregua delle anzidette 
finalit�, un unico canone minimo e un unico canone massimo 
validi per l'intero territorio della provincia e per tutte 
le possibili situazioni, bens� una serie di canoni minimi e massimi; 
e a ci� debbono provvedere basandosi su molteplici fattori 
.indicati dalla legge, riflettenti essenzialmente la redditivit� 
dei fondi, i tipi aziendali, le spese e gli oneri gravanti 
sulle parti. Il ricordato art. 3 prescrive all'uopo che i massimi 
e minimi tabellari devono essere stabiliti � per zone agrarie, 
omogenee, per qualit� e classi di terreni e per tipi aziendali
�, tenendo conto � dello stato di produttivit� dei fondi, 
dell'esistenza e delle condizioni dei fabbricati rurali, delle attrezzature 
aziendali, degli oneri a carico dei proprietari locatori, 
degli apporti dell'affittuario, dei costi e degli oneri gravanti 
sull'impresa �. Fattori, la cui incidenza sulla produzione 
� mediamente apprezzabile in base a �valutazioni tecniche almeno 
ai fini della determinazione dei limi ti m1mm1 e massimi 
di competenza delle Commissioni -con sufficiente adeguatezza. 


La redazione delle � tabelle � deve aver luogo dunque da 
parte . delle Commissioni -le quali non senza ragione vengono 
definite dalla legge come � tecniche � -attenendosi essenzialmente 
alle regole tecniche dell'economia agraria; e lo stesso 
concetto di �equa remunerazione� delle braccia lavorative partecipanti 
alla coltivazione � tutt'altro che rimesso a una libera 
scelta delle Commissioni. 

N� a diversa conclusione pu� giungersi -come vorrebbe 
la difesa Turrin� -considerando la composizione delle Commissioni. 
E' vero che esse sono presiedute dal prefetto (o da 
un vice-prefetto da lui delegato); ma occorre non dimenticare 
che ne fa parte, accanto alla rappresentanza paritetica (in par



PARTE I,. SEZ. I, GIU~ISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 459 

te anch'essa �tecnica�) delle categorie controinteress�te 
messe cos� in condizioni di far valere le rispettive ragioni -, 
il capo dell'ispettorato agrario provinciale (o un suo rappresentante), 
al quale anzi il prefotto �pu� delegare la direzione 
tecnica dei lavori� (art. 2). Onde non ad imprimere carattere 
� politico � alle determinazioni delle Commissioni � da ritenere 
ordinata la attribuzione al prefetto della funzione di presidente, 
bens� ad assicurare alle Commissioni una presidenza consapevole 
dei problemi generali della provincia e abbastanza autorevole 
perch� le determinazioni suggerite dalle regole tecniche 
vengano discusse -sempre sul piano tecnico -e accettate 
dalle categorie controinteressate in un'atmosfera serena e obbiettiva, 
e senza ingiustificate frizioni. 

Del pari � da escludere nel modo pi� assoluto il carattere 
� politico � delle direttive che alle Commissioni provinciali pu� 
impartire la Commissione tecnica centrale prevista dall'art. 5, 
presieduta dal Ministro per l'agricoltura (o da un suo delegato) 
e composta da due esperti e da quattro rappresentanti 
per ciascuna delle due categorie economiche controinteressate. 
Anche tali direttive devono infatti necessariamente essere basate 
su criteri tecnici, cos� come le determinazioni che la Commissione 
centrale � competente. ad adottare su ricorso dello 
ispettorato agrario compartimentale contro l'operato delle Commissioni 
provinciali, o quelle che pu� adottare in sostituzione 
delle Commissioni provinciali in caso di mancata delibe:r.azione 
da parte di queste nei termini di legge. 

Del resto, qualora,� anzich� alle regole cui sono obbligate 
ad attenersi, tanto la Commissione centrale, quanto quelle provinciali, 
dovessero ispirarsi a criteri diversi, o dovessero altrimenti 
incorrere in deviazioni dalla legittimit�, a parte il ricorso 
officioso spettante all'ispettore agrario compartimentale di cui 
or ora si � detto, sono aperti agli interessati tutti i rimedi giuridici 
consentiti dalla Costituzione e dalle leggi nei confronti 
degli atti amministrativi illegittimi (artt. 24 e 113 Cost.). 

Pertanto, non solo la determinazione dei canoni minimi 
e massimi non pu� ritenersi rimessa all'arbitrio e nemmeno 
alla discrezionalit� delle Commissioni, bens� a valutazioni tecniche 
operate sulla base di indicazioni legislative sufficientemente 
specifiche; ma nei confronti di tale determinazione gli 
interessati godono di adeguate garanzie di giustizia. Onde a torto 
si assume la violazione del principio della riserva di legge. 

Del pari infondata � la questione proposta nei confronti 
dell'art. 7 della legge, del quale si assume il contrasto con l'art. 
101 Cost. 


460 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E' vero che l'art. 7 impone alle decisioni delle competenti 
sezioni specializzate dei tribunali, ai fini della sperequazione 
dei canoni di affitto pattuiti, l'osservanza delle � tabelle � approvate 
dalle Commissioni tecniche amministrative delle quali fin 
qui si � discusso. Sicch�, se le sezioni specializzate possono spaziare, 
nel giudizio di equit� di loro competenza, entro i limiti 
minimi e massimi fissati dalle Commissioni, non possono tuttavia 
oltrepassarli. Ma tutto ci� non lede minimamente il principio 
-enunciato nell'art. 101 Cost. -secondo cui � i giudici 

. sono soggetti alla legge �. 
Le � tabelle � in esame, nonostante il loro carattere temporaneo 
e localizzato e la specificazione del loro contenuto, sono 
dei veri e propri atti normativi, dettando regole obbligatorie di 
tipo generale e astratto. Esse contengono delle norme, alle quali 
per disposizione di legge i rapporti contrattuali tra locatore ed 
affittuario debbono necessariamente uniformarsi (art. 1, terzo 
comma). L'art. 7 stabilisce poi che, qualora (e solo se) il canone 
convenuto si trovi (all'inizio della locazione o nel corso di essa) 
a non esser contenuto entro i limiti tabellari, ciascuno dei contraenti 
ha la possibilit� di rivolgersi alla sezione specializzata 
del Tribunale, la quale dovr� ricondurre il canone ad equit�, 
entro i margini fissati dalle norme tabellari.� La potest� giurisdizionale 
ex art. 7 � collegata cio� dal legislatore non all'esistenza 
di una situazione comunque sperequata, bens�, puramente 
e semplicemente, all'esistenza, nel singolo rapporto, di una situazione 
giuridica difforme da quella -voluta dalla legge di 
osservanza dei limiti tabellari. Questi ultimi operano quindi 
nella dinamica della legge, a un tempo, come condizione della 
azione giudiziaria diretta a conseguire la perequazione del canone 
-azione che, in tanto � data, in quanto quei limiti siano 
stati fissati dalla Commissione competente e non siano stati 
osservati dalle parti -e come confine del potere perequatore 
dei patti contrattuali attribuito (in via eccezionale) al giudice. 
Essi si presentano insomma come regole del giudizio, alle quali 
la sezione specializzata � tenuta a uniformarsi, non altrimenti 
da quanto ogni giudice � tenuto a fare, nei casi di propria com� 
petenza, nei confronti delle regole giuridiche attinenti ai rapporti 
sostanziali di cui di volta in volta deve giudicare. 
Orbene, il fenomeno che la regola del giudizio sia contenuta 
in un atto non avente valore di legge � tutt'altro che raro 
nel nostro ordinamento, come risulta anche da quanto si � detto 
al capo precendente (v. p. es., le sentenze di questa Corte n. 103 
del 1957 e n. 8 del 1963) ; n� contrasta con la riferita disposizione 
dell'art. 101 Cost. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 461 

Il fatto poi che l'esistenza dei limiti tabellari viene configurata 
dalla legge come condizione dell'azione giudiziaria di perequazione 
(eccezionale nel sistema) sta anche a dimostrare la 
inesattezza dell'affermazione che la legge � sottrarrebbe al giudice 
� (come si esprime il tribunale) la decisione della causa : 
all'opposto la legge in tanto attribuisce al giudice la nuova (e 
non preesistente) competenza di cui trattasi, in quanto esistono 
quelle � tabelle �, che essa impone ai contraenti di rispettare 
e che il giudice � chiamato appunto a far rispettare. 

Il principio dell'indipendenza del giudice, enunciato nel secondo 
comma dell'art. 101 Cost., non � dunque intaccato in alcun 
modo. Esso esprime l'esigenza che il giudice non riceva se 
non dalla legge l'indicazione delle regole da applicare nel giudizio, 
e che nessun'altra autorit� possa quindi dare al giudice 
ordini o suggerimenti circa il modo di giudicare in concreto. 
Sarebbe perci� certamente illegittima una legge la quale condizionasse 
inderogabilmente la pronuncia del giudice a una scelta 

o anche soltanto ad un accertamento compiuto, pel caso singolo, 
in veste autoritativa da un organo non giurisdizionale 
(v. sent. 70 del 1961). Ma con� altrettanta sicurezza bisogna a~fermare 
che non ricadono nel campo dell'art. 101 Cost. le leggi 
che -come quella in esame -, senza portar deroga al principio 
per cui il giudice non � tenuto ad applicare gli atti amministativi 
illegittimi, assegnano al giudice civile, come regole del 
giudizio, norme di carattere generale (e perci� non adottate in 
vista di un singolo giudizio) emanate -sulla base di una legge 
-da autorit� appartenenti alla pubblica Amministrazione. 
-(Omissis). 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 maggio 1963, n. 1104 -
Pres. Tavolaro -Est. Stella-Richter -Ministeri delle Finanze 
e dell'Interno (avv. Stato Belli) c. Primicile Carafa Salvatore 
ed altri (avv. Testa, Della Morte, Stefano Riccio). 

Competenza e giurisdizione -Ente ecclesiastico -Sua soppressione per 
effetto delle leggi eversive -Incameramento dei beni -Domanda 
di revindica -Eccepita illegittimit� dell'atto di soppressione e conseguente 
annullamento dell'atto di incameramento dei beni -Difetto 
di giurisdizione dell'A~G.O. -Non sussiste, solo in parte. 

La domanda di rivendicazione dei beni appartenenti ad 
un ente ecclesiastico soppresso in virt� delle leggi eversive, proposta 
da chi vanti un diritto alla devoluzione dei beni stessi in 
caso di estinzione dell'ente sul fondamento dell'illegittimit� dell'atto 
di soppressione e di incameramento dei beni da parte dello 
Stato, non � proponibile, in quanto il suo accoglimento supporrebbe 
l'annullamento dell'atto di soppressione e l'emanazione 
da parte del giudice, di un nuovo provvedimento estintivo dell'ente. 
il giudice ordinario deve pertanto limitarsi alla pronuncia 
sulla legittimit� dell'atto di soppressione dell'ente e di quello 
di incameramento dei beni (1 ). 

(1) 
Domanda di rivendicazione dei beni di un ente soppresso e poteri 
del giudice ordinario. 
I -Per intendere esattamente la questione di giurisdizione sulla 
quale le Sezioni Unite si sono� pronunciate con l'annotata sentenza, 
~ necessario riassumere brevemente i fatti che hanno dato luogo al 
~iudizio. 

Nel 1861, in applicazione delle leggi eversive dell'asse ecclesiastico, 
fu disposta la soppressione di un ente monastico e l'incamer-amento 
foi suoi beni da parte dello Stato. 

L'ente traeva origine da un atto di fondazione, che attribuiva il 
:liritto di � ponere moniales � (ossia di designare le religiose che potevano 
essere accolte nel monastero) e l'amministrazione dei beni ai 
:liscendenti maschi legittimi di dodici famiglie, alle quali dovevano 
)Ure appartenere le reli~iose designate. 

I membri di una di queste famiglie insorsero contro il provvedi



PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 463 

(Omissis) . ..:_ L'eccezione � prospettata in questi sensi: la 
domanda di rivendicazione dei beni del monastero fondato dal 
Tercasio comporta l'ann�llamento per illegittimit� dell'atto di 
soppressione dell'ente e la successiva soppressione di esso ad 

mento di incameramento dei beni, sostenendo, in linea principale, 
che essi non appartenevano al Monastero, ma ai rappresentanti delle 
dodici famiglie, con vincolo fedecommissario e successione reciproca. 
In via subordinata, ove fosse stata riconosciuta l'appartenenza dei beni 
all'ente, essi chiedevano che fosse accertato il diritto loro e degli altri 
rappresentanti delle dodici famiglie alla devoluzione dei beni stessi, in 
conversione di pretesi diritti di patronato loro spettanti sul monastero. 

Cos� formulata, � evidente che la domanda non eccedeva i limiti 
della giurisdizione del giudice ordinario. Gli attori non chiedevano la 
revoca o l'annullamento dell'atto di soppressione dell'ente, presupponendone 
anzi la piena legittimit�, ma chiedevano soltanto l'accertamento 
della illegittima lesione arrecata al loro diritto di propriet� (originario 
o� sorto in virt� di conversione del diritto di patronato al momento 
della soppressione) dall'atto di apprensione dei beni da parte dello Sta� 
to. E di quest'atto neppur chiedevano -l'annullamento (con conseguente 
condanna alle restituzioni), ma solo la dichiarazione di illiceit�. 


Senonch�, successivamente, nel corso del lunghissimo procedimento, 
gli attori prospettarono la loro domanda in maniera ben diversa, 
fondandola su un'a:ltra causa petendi, dapprima invocata in alternativa 
alle due causae originariamente prospettate (propriet� dei beni spet� 
tante ab origine alle dodici famiglie; conversione del diritto di patronato), 
ma poi assunta in via esclusiva, dopo che, con decisione non 
impugnata, venne affermata l'appartenenza dei beni all'ente prima della 
soppressione e fu escluso ogni diritto di patronato. 

Sostenevano, dunque, gli attori che il c.d. monastero era in realt� 
una fondazione laicale e che, perci�, non potevano applicarsi ad esso 
le disposizioni delle leggi eversive. In conseguenza, il provvedimento di 
soppressione sarebbe stato illegittimo, al pari del conseguenziale atto 
di incameramento dei beni da parte dello Stato. 

Dovendosi, peraltro, l'ente considerare ugualmente estinto per cessazione 
dello scopo (nel frattempo erano venuti meno tutti i di� 
scendenti -in linea maschile delle dodici famiglie, e non esisteva, perci�, 
pi� nessuno che potesse � ponere moniales �), i beni avrebbero 
dovuto essere attribuiti, secondo la pretesa volont� del testatore, a 
tutti i superstiti discendenti delle famiglie beneficiarie. 

La difesa dello Stato eccep� l'inammissibilit� della domanda cos� 

formulata, in quanto il suo accoglimento avrebbe comportato l'eserci


zio, da parte del giudice, di poteri attribuiti dalla legge, in via esclusiva, 

all'Amministrazione. 

La pretesa degli attori alla propriet� dei beni appartenuti all'ente 

non -avrebbe mai potuto, infatti, essere accolta se non si fosse, anzi


tutto, rimosso l'atto di soppressione emanato in applicazione delle 

leggi eversive. Da quest'atto, invero, discendeva necessariamente (una 

volta escluso il diritto di patronato) la devoluzione dei beni allo Stato 

e l'esclusione di ogni eventuale pretesa che su quei beni avrebbero 


464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

altro titolo, vale a dire per cessazione dello scopo; ora, mentre 
il detto annullamento � sottratto, per principio generale, alla 
giurisdizione ordinaria, codesta soppressione . � attribuita alla 
competenza dell'autorit� amministrativa. 

potuto vantare altri soggetti in caso di estinzione, per cos� dire, 
11.aturale dell'ente. E non basta: l'annullamento dell'atto di soppressione 
avrebbe determinato la reviviscenza dell'ente. Un nuovo provvedimento 
che accertasse la sopravvenuta impossibilit� dello scopo per dichiarare 
l'estinzione della persona giuridica si sarebbe, quindi, reso necessario 
al fine di attribuire -previa liquidazione del patrimonio -l'eventuale 
residuo netto agli attori. � 

La domanda, perci�, malgrado fosse prospettata come tendente ad 
un semplice accertamento dei diritti degli attori, non poteva essere 
intesa, avuto riguardo al suo contenuto sostanziale, che come domanda 
di un provvedimento costitutivo, che, da un lato, ponesse nel nulla 
l'atto di soppressione del 1861, e, dall'altro, dichiarasse l'estinzione 
dell'ente per esaurimento dello scopo, attribuendone i beni agli attori. 

�Il difetto di giurisdizione non avrebbe potuto, perci�, esser pi� 
evidente. 

Non occorre, certo, spendere molte parole per dimostrare che, 
in base alla tassativa disposizione dell'art. 4 cpv. 1. 20-3:.1865 n. 2248 
all. E,. non era consentitq al giudice annullare l'atto di soppressione 
del 1861. 

Ed anche se questo ostacolo potesse superarsi, � certo che non potrebbe 
mai ammettersi l'emanazione, da parte del giudice, di un provvedimento 
che determinasse l'estinzione di una persona giuridica. Rien'
tra nella competenza esclusiva dell'autorit� governativa provvedere 
alla c.d. dichiarazione di estinzione degli enti morali (art. 27 cod. civ.): 
atto, per comune consenso, non semplicemente dichiarativo, ma costitutivo 
degli effetti consistenti nell'apertura del procedimento di liquidazione 
e, al termine di questo, nell'estinzione dell'ente. Il verificarsi 
dei fatti estintivi previsti dalla legge o dallo statuto dell'ente non 
�, per s�, operativo di alcun effetto, finch� non intervenga l'atto ammini&
trativo che, riconosciuta l'esistenza della causa estintiva ed esclusa 
(ove possibile) la trasformazione dell'ente, apra la procedura di liquidai.
ione. N� il giudice pu�, in alcun modo, sostituirsi all'Amministrazione 
nell'esercizio di q�esta esclusiva competenza. 

I poteri del giudice ordinario si esaurivano, perci�, nella specie, 
con la dichiarazione dell'illegittimit� dell'atto di soppressione del 1861. 
L'annullamento dell'atto stesso e l'eventuale nuova dichiarazione di 
estinzione dell'ente rientravano invece nell'esclusiva competenza dell'autorit� 
amministrativa: competenza che il giudice non avrebbe 
potuto invadere senza realizzare quel conflitto di attribuzioni fra i 
poteri dello Stato che oggi la Costituzione prevede all'art. 134, per deferirlo 
(sotto certe condizioni) alla cognizjone della Corte Costituzionale. 


L'aCC\'!rtamento dell'illegittimit� dell'atto di soppressione dell'ente 
era, peraltro, chiesto dagli attori all'esclusivo fine dell'accoglimento 
della domanda di revindica, e, cio�, dell'emanazione di quei provvedi, 
menti (assolutamente inammissibili) che necessariamente condiziona-. 
vano tale accoglimento. 


PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 465 

L'assunto � infondato. 

Non � dubbio che, in applicazione delle leggi eversive degli 
enti ecclesiastici, siano stati emanati nella specie due atti amministrativi, 
sia pure contemporanei : l'uno di soppressione del-

L'intera domanda, unica ed inscindibile, doveva, perci�, come rilev� 
la difesa dello Stato, dichiararsi inammissibile. 

II -La sentenza annotata, pronunciandosi sulla questione, non ha 
integralmente accolto la tesi dell'Avvocatura, .ma occorre esaminare attentamente 
i termini della pronuncia per non trame conseguenze 
errate. 

Le Sezioni Unite non hanno contestato l'esattezza delle considerazioni 
sopra svolte, ma sembrerebbe che non ne abbiano condiviso il 
punto di partenza. La domanda degli attori, come si � detto, presupponeva 
necessariamente che fosse eliminato l'atto di soppressione dell'ente: 
se questo fosse restato fermo, nessuna pretesa alla propriet� 
dei beni avrebbe potuto avere ingresso. Appunto perci� la domanda 
doveva necessariamente intendersi rivolta ad un provvedimento di 
annullamento di quell'atto ed a una nuova dichiarazione di estinzione 
dell'ente. 

Nella sentenza annotata si legge, invece: �(Gli attori) non hanno 
chiesto l'annullamento dell'atto di soppressione, ma solo l'accertamento 
della sua illegittimit�, e l'hanno chiesto all'esclusivo fine di desumerne 
l'illegittimit� dell'atto di incameramento dei beni per poi ottenere 
la disapplicazione di quest'ultimo �. E pi� oltre: � Non � dubbio che il 
giudice ordinario possa accertare incidentalmente l'illegittimit� dell'atto 
di soppressione, al fine di desumerne quella dell'atto di incameramento 
dei beni, per poi disapplicare soltanto il secondo ed accogliere 
cos� la domanda di reVindica dei beni stessi�. 

A prendere alla lettera queste non chiare �espressioni, dovrebbe 
concludersi che, secondo le Sezioni Unite, il giudice ordinario potrebbe 
dichiarare illegittimo il provvedimento di soppressione dell'ente e, malgrado 
ci�, tener fermo il suo effetto estintivo della personalit� dell'ente 
stesso, riconoscendo cos� (senza necessit� di liquidazione?!) il 
diritto degli attori alla devoluzione dei beni, non esclus� dall'atto di � 
incameramento degli stessi da parte dello Stato, in quanto questo 
atto, come illegittimo, non andrebbe applicato in virt� dell'art. 5 

1. 20-3-1865 n. 2248 ali. E. Ma, � evidente che, se l'atto di soppressione 
resta fermo, non possono non restar fermi tutti i suoi effetti, e quindi 
l'effetto estintivo della personalit� dell'ente come l'effetto costitutivo 
del potere dello Stato di far propri i suoi beni, con la conseguente 
esclusione di ogni pretesa di altri soggetti alla devoluzione degli 
stessi. 
Con la domanda originariamente proposta gli attori contestavano 
che, nella specie, si fosse verificato questo secondo effetto dell'atto di 
soppressione, in quanto i beni non sarebbero appartenuti all'ente, 
ovvero in quanto sul potere dello Stato di appropriarseli avrebbe 
prevalso il diritto di patronato loro spettante. Poteva, perci�, esattamente 
dirsi che la questione dedotta in giudiz�o involgeva esClusi7 
vamente la legittimit� dell'atto di ihcameram�nto dei beni, anzi, 
pi� precisamente, l'esistenza di un potere di incameramento a favore 


466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

� 

l'ente e l'altro di incameramento dei suoi beni da parte dello 
Stato. Ovviamente, essendo il secondo atto dipendente dal primo, 
esso � illegittimo se � illegittimo il primo. Gli attori hanno 
dedotto appunto l'illegittimit� dell'atto di soppressione e la con-


dello Stato. L'atto di soppressione restava, invece, del tutto estraneo 

all'oggetto del giudizio. 

Ma lo stesso non potrebbe certamente ripetersi di fronte alla 

domanda successivamente formulata dagli attori. essa, fondandosi su 

un preteso diritto alla devoluzione dei beni che sarebbe potuto nascere 

esclusivamente in seguito all'estinzione �normale � dell'ente, necessa


riamente si rivolgeva all'annullamento dell'atto di soppressione e al


i'emanazione di un nuovo provvedimento estintivo. 

E' evidente, infatti, che non � assolutamente possibile scindere 
la �soppressione� dell'ente dall'� eversione,, del suo patrimonio. Escludere 
la seconda tenendo ferma la prima significherebbe indubbiamente 


I j

-guardando alla sostanza delle cose, al di l� di ogni acrobazia logica 

-porre nel nulla l'atto di soppressione originario e sostituirlo con 

un nuovo atto estintivo che non pregiudichi le aspettative degli aventi 

diritto alla devoluzione .dei beni. 

Come non sarebbe concepibile, ad esempio, che di fronte ad un , 

atto di �fusim:1e di due enti il giudice, riconoscendolo illegittimo, tenesse 

JIfermo l'effetto estintivo degli enti originari, ma escludesse l'effetto 

costitutivo del nuovo ente, cos� -� evidente -non � pensabile che si 

tenga fermo l'effetto estintivo dell'atto di soppressione di cui si tratta 

per escludere, in conseguenza della sua illegittimit�, il solo effetto 
. costitutivo del potere di incameramento dello Stato. 

Nella sentenza sembrerebbe si voglia� dire che l'atto di soppres


sione non � minimamente toccato dall'oggetto del giudizio e che 

l'accoglimento della domanda non impone che se ne modifichino gli 

effetti. Ma � fin troppo evidente che il potere di incameramento dei beni 

IIda parte dello Stato, nascente indubbiamente da quell'atto, rappresenta 
l'ostacolo che va assolutamente superato (senza poter essere aggirato) 
per riconoscere il fondamento della domanda. Se si sostiene 
che quel potere, date le particolarit� del caso, non � nato dall'atto 
di soppressione (perfettamente legittimo), � esatto dire che la domanda 
non si rivolge all'annullamento di quest'atto, ma solo all'accertamento 
dei suoi reali effetti giuridici. Ma se, invece, si sostiene che quel 
potere va disconosciuto perch� � fondato su un atto di soppressione 
illegittimo, � chiaro che si chiede proprio l'annullamento (o, se si 
vuole, la disapplicazione) di quest'atto, come premessa necessaria dell'affermazione 
dell'illegittimit� dell'appropriazione dei beni. 

In definitiva: � assurdo pensare . che il giudice possa, .da un lato, 

fare applicazione dell'atto amministrativo di soppressione dell'ente, 

riconoscendone l'effetto estintivo della personalit� dell'ente stesso, e, 

dall'altro, disapplicarlo, disconoscendone l'effetto costitutivo del potere 

l

di incameramento dei beni da parte dello Stato. I due effetti sono 
inscindibili: l'uno � in funzione dell'altro. L'atto di soppressione non 


I

potrebbe, pertanto, che essere applicato o disapplicato in toto, senza 

che sia possibile trattarlo in maniera diversa a seconda degli effetti 

che vengono in discussione. 

III -E' evidente perci� che, se la sentenza annotata avesse effetti



PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 467 

seguente illegittimit� di quello di incameramento dei beni. Essi 
non hanno chiesto l'animliamento dell'atto di soppressione, ma 
solo l'accertamento della sua illegittimit�, e l'hanno chiesto allo 
esclusivo fine di desumere l'illegittimit� dell'atto di incamera


vamente ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario sull'intera domanda 
degli attori, avrebbe implicitamente e necessariamente affermato 
la legittimit� dell'esercizio, da parte del giudice, di poteri che la 
legge attribuisce in via esclusiva all'Amministrazione. 

Si profilerebbe, pertanto, un grave conflitto di attribuzioni fra 
poteri dello Stato, che, essendo determinato da una pronuncia delle 
Sezioni Unite, ossia dell'organo �competente a dichiarare definitivamente 
la volont� del potere giudiziario� (art. 37 I. 11-3-1953, n. 87), 
dovrebbe essere devoluto alla cognizione della Corte �Costituzionale. 

Peraltro, la palese assurdit� dei principi che da una prima lettura 
della sentenza sembrerebbero essere stati accolti dal 1Supremo Collegio, 
induce a ritenere che, rettamente interpretata, la pronuncia non 
abbia inteso affermare la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria su tutta 
la domanda degli attori, ma soltanto su una parte, e precisamente 
soltanto in merito alla dichiarazione di illegittimit� dell'atto di soppressione 
del 1861. 

Si legge, nella sentenza, che � il presupposto necessario della domanda 
di revindica dei beni � che rimanga fermo l'atto di soppressione 
�, il quale � se illegittimo, ha violato � diritti dell'ente �, e non 
quelli degli attori. Questi hanno interesse, in mancanza degli amministratori 
dell'ente, a far accertare l'illegittimit� dell'atto di soppressione. 
Ma, una volta che fosse accertata tale illegittimit�, essi potrebbero proporre 
la domanda di rivendicazione dei beni solo �se l'ente rimane soppresso 
�, ossia, deve intendersi, solo se l'Amministrazione, dopo aver 
annullato, in ossequio al giudicato, l'atto Hlegittimo di soppressione, 
accerti l'esistenza di un'altra causa estintiva e proceda ad una nuova 
dichiarazione di estinzione dell'ente. Allo stato, gli attori non potrebbero 
rivendicare i beni: quest'azione pu� spettare solo all'ente, che 
rivivrebbe se ne fosse dichiarata illegittima la soppressione, salvo. che 
non fosse per altra via soppresso con altro provvedimento dell'autorit� 
amministrativa. Solo in tale ipotesi, cio� �se l'ente rimane 
(rectius: � nuovamente e per altro titolo) soppresso�, gli attori potrebbero 
rivendicare i beni residuati dalla liquidazione. 

In definitiva, secondo questa pi� retta interpretazione, la sentenza 
annotata ha operato una netta distinzione fra la domanda relativa 
alla dichiarazione di illegittimit� dell'atto di soppressione dell'ente e 
la domanda di rivendicazione dei beni. Solo rispetto alla prima, e non 
rispetto alla seconda, sussisterebbe la giurisdizione del giudice ordinario. 


La difesa dello Stato aveva sostenuto che la domanda doveva 

considerarsi unica e inscindibile e, quindi, doveva dichiararsi inammis


sibile in toto. La Cassazione ha invece -implicitamente -spezzato 

l'unit� della domanda in due capi distinti (dichiarazione di illegitti


mit� della soppressione -rivendicazione dei beni), dichiarando am


missibile il primo capo, inammissibile il secondo. 

Pronuncia certamente criticabile, ma sicuramente accettabile sul 

piano della logica e del rispetto ai sommi principi di organizzazione 


RASSEGNA DELL'AVVOCA'IURA DELLO STATO 

mento dei beni, per poi ottene.re la disapplicazione di questo 
ultimo. . 

Quindi in ordine all'atto di soppressione non vi � neppure 
un'istanza di disapplicazione, e non pu� esservi perch� il presupposto 
necessario della domanda di rivendica dei beni. � che 
rimanga fermo l'atto di soppressione. Tale atto, se illegittimo, 
ha violato i diritti dell'ente, mentre il successivo atto ha violato 
i diritti degli appartenenti alle famiglie beneficate dal testatore 
e fondatore. Costoro agiscono nell'interesse proprio, non 
nell'interesse dell'ente, e fanno valere un diritto proprio, che 
in tanto pu� esistere, in quanto l'ente rimane soppresso. Dalla 
irreversibilit� della soppressione e solo da essa pu� sorgere il 
diritto fatto valere in giudizio. 

J>losto ci�, non � dubbio che il giudice ordinario possa accertare 
incidentalmente l'illegittimit� dell'atto di soppressione, 
al fine di desumere quella dell'atto di incameramento dei beni, 
per poi disapplicare soltanto il secondo ed accogliere cos� la 
aomanda di revindica dei beni stessi. -(Omissis). 

dello Stato. Ci� che, invece, non avrebbe potuto dirsi di una sentenza 
che avesse ritenuto ammissibile quella domanda di revindica che, indubbiamente, 
per quanti sforzi si facciano,. implicava l'emanazione di 
provvedimenti riservati dalla legge alla competenza dell'autorit� amministrativa. 


MARCELLO CONTI 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 27 febbraio 1964 n. 437 -
Pres. Lonardo -Est. Modigliani -P.M. Pepe (conf.) -Panini 
(Avv. Magrone) c. Piaggio (Avv. Lo Russo Caputi). 

Competenza e giurisdizione -Provvedimenti d'urgenza ex art. 700 

c.p.c. -Questione di giurisdizione -Configurabilit� -Regolamento 
preventivo di giurisdizione -Proponibilit�. 
(c.p.c., artt. 41 e 700). 
Competenza e giurisdizione � Caccia � Concessione di riserva � Diritto 
soggettivo -Sussiste -Controversia con privati -Giurisdizione 
ordinaria � Competenza. 

Competenza e giurisdizione -Controversia tra privati -Diritti soggettivi 
condizionati da un atto della p.a. -Giurisdizione A.G.O. Sussiste. 


Il provvedimento di urgenza ex art. 702 c.p.c. � inteso ad 
attuare con funzione cautelare, una tutela giurisdizionale preven-

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PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDBNZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 469 

tiva in attesa del giudizio di merito: pertanto anche rispetto 
ad esso pu� prospettarsi una questione di giurisdizione che 
pu� dar luogo al regolamento preventivo di giurisdizione, pre; 
supposto del quale non � l'emanazione del provvedimento di 

� urgenza, ma la proposizione dell'istanza ex art. 700 c.p.c. (1). 

(1) Riportiamo la sentenza in rassegna, pur non essendo stata 
parte in causa la P. A., per l'importanza dei principi dichiarati dalle 
.Sezioni Unite. 
Con la prima massima la Cassazione ribadisce l'orientamento tendente 
a ritenere ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione, 
anche nei procedimenti cautelari innominati ex art. 700 c.p.c. 
(cfr. Sez. un. 14 luglio 1960, n. 1914, Giur. it. 1961, I, 1, 1829; Sez. un. 
3 novembre 1959 n. 3262, Foro it. 1959, I, 1641; in dottrina per un 
recente, documentato riesame del problema BIANCHI n'EsPINOSA, Regolamento 
di giurisdizione e regolamento di competenza nei procedimenti 
cautelari e nei procedimenti di giurisdizione volontaria, Giur. 
it. 1961, I, 1, 1829 e autori ivi .citati; cfr. inoltre SATTA, Commentario 
al Codice di procedu'ra civile, Milano, i959, I, 177). 

Tale indirizzo si inquadra nel pi� generale orientamento della 
Suprema Corte di riconoscere all'istituto del regolamento prev�ntivo 
di giurisdizione un carattere generale di rimedio per dirimere in via 
preventiva e rapida le questioni di giurisdizione. 

Tale orientamento � sempre stato sostenuto da questa Rassegna 
(cfr. D1 CIOMMO, L'ammissibilit� del regolamento di giurisdizione nei 
confronti dei giudizi speciali, in questa Rassegna, 1949, 201; CHICCO, 
Nota in tema di ammissibilit� del regolamento di giurisdizione nella 
fase preliminare del sequestro, ivi, 1950, 215; cfr. inoltre Rel. Avv. 
Stato, 1956-60, III, 722). 

Nel caso particolare dei provvedimenti di urgenza l'ammissibilit� 
viene correttamente fondata sulla natura giurisdizionale (preventiva) 
dei provvedimenti di urgenza ex art. 700 c.p.c. 

E' interessante notare che, mentre �n precedenti decisioni (cfr. 
riferimenti in Autori citati) l'intervenuta pronunzia del provvedimento 
di urgenza era stata considerata un possibile impedimento all'ammissibilit� 
del regolamento preventivo (pur superandosi la difficolt� sul 
rilievo della natura non decisoria del provvedimento), nella decisione 
annotata la Cassazione ha dovuto superare la tesi opposta; dell'improponibilit� 
del ricorso prima dell'emanazione del provvedimento di 
urgenza prospettata sotto il profilo di un difetto di interesse : tale 
tesi la Corte ha agevolmente disatteso rilevando che l'interesse delle 
parti a provocare il regolamento preventivo sussiste sin dal momento 
in cui sia �insorta la questione di giurisdizione, a seguito della proposizione 
dell'istanza di cui all'art. 700 c.p.c. (in genere: sull'impugnabilit� 
dei provvedimenti d'urgenza cfr. CARUSI, In tema di provvedimenti 
cautelari innominati, in questa Rassegna, 1964, 97 e autori ivi 
cit.; per riferimenti relativamente alla fase cautelare del procedimento 
dinnanzi al Consiglio di Stato e ai rapporti tra questione di giurisdizione 
e pronun�ia cautelare, cfr. nota redazionale a Cons. Stato 
15 ottobre 1963, n. 513, in questa Rassegna 1964, 54; per altri riferimenti 
in. tema di regolamento preventivo cfr. Cass.. un. 4 maggio 
1964, in questa Rassegna, 1964). 


470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La concessione di riserva di caccia, pur imponendo al 
concessionario degli obblighi positivi di comportamento relativamente 
alla sorveglianza dei fondi, costituisce in capo ad 
esso una posizione di diritto soggettivo tutelabile nei confronti 
degli altri privati dinnanzi all' A.G.O, (2). 

Sussist.e la giurisdizione dell'A.G.O. tutte le volte che si 
controverte tra privati e la controversia pur ricollegandosi ad 
un atto amministrativo non investa direttamente quest'ultimo, 
ma si esaurisca nell'ambito della posizione di diritto sogget~ 
tivo dei privati medesimi (3). 

(Omissis). -A sostegno della eccezione di inammissibilit� 
del ricorso, i ricorrenti deducono che non � consentito di 
proporre l'istanza di regolamento di giurisdizione, in pendenza 
del procedimento instaurato per ottenere il provvedimento di 
urgenza di cui all'articolo 700 cod. proc. civ. In particolare 
affermano che, nella ipotesi considerata, la proposizione della 
istanza di regolamento di giurisdizione non potrebbe determinare 
la sospensione del procedimento, giacch� tale sospensione 
precluderebbe la pronta emanazione dei provvedimenti di tutela 
provvisoria, che costituiscono l'essenza e la ragion d'essere 
del processo cautelare di cui al citato art. 700 . 

.La indicata . eccezione deve essere, per�, disattesa. 

Come queste Sezioni Uniti hanno ripetutamente statuito 
(cfr. da ultimo, la sentenza n. 1914 del 1960) il provvedimento, 
che si chiede a norma dell'art. 700 cod. proc. civ. � inteso 

(2) Sulla configurazione del diritto del riservista cfr. Cass. 24 gennaio 
1'955 n. 175, Mass. Giust. civ. 1955, 55; Sez. un. 12 ottobre 1960 
n. 2687, Mass. Giust. civ. 1960, 1021; in dottrina EuLA-AAIENZO Caccia, 
Nuovissimo Dig. it., II, 636, spec. 638-39; ALESSI-Caccia, Enciclopedia 
del diritto, V, 748, cfr., per riferimenti, Cons. Stato, Ad. plen., 30 gen. 
1964 n. 25, in questa Rassegna, 1964, 281. 
(3) Giurisprudenza �costante: cfr. Sez. un. 31 gennaio 1958, 282, 
Giust. civ., I, 211: Cass. 20 giugno 1958, n. 2143, ivi, 1958, I, 2138; Sez. 
un. 27 gennaio 1959, n. 221, ivi, 1959, I, 872 (con nota di ABBAMONTE). 
In dottrina, per tutti, RANELLETTI, Contenzioso amministrativo, 
Nuovo Digesto it., VII, 1067 (in particolare n. 15); Le Guarentigie, 354; 
CAMMEO, Commentario, 678; CANNAD�-BARTOLI, L'inapplicabilit� degli atti 
amministrativi, 116; SANDULLI, � Collegame1J-ti e conseguenzialit� tra diritti 
e interessi e relativa rilevanza ai fini della competenza giurisdizionale, 
Giust. civ. 1958, I, 211. 

Per i limiti dell'indagine del giudice sulla legittimit� dell'atto 
amministrativo collegato alla controversia tra privati cfr. Cass. 17 
maggio 1958 n. 1611, Giust. civ. 1958, I, 1262 con ampia nota di riferimenti. 



PARTE I, SEZ. II,. GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 471 

ad attuare, con funzione -cautelare, una tutela giurisdizionale 
preventiva, in attesa del giudizio di merito; pertanto, anche 
rispetto ad esso, pu� presentarsi una questione di giurisdizione, 
che rientri nell'ambito dell'art. 41 cod. proc. civ. N� pu� 
farsi adesione alla tesi dei resistenti, secondo la quale il ricorso 
per regolamento preventivo di giurisdizione sarebbe proponibile 
solo dopo la emanazione del provvedimento di urgenza; 
per vern � chiaro che l'interesse delle parti a provocare il 
regolamento di cui all'art. 41 cod. proc. civ. sussiste sin dal 
momento in cui sia insorta la questione di giurisdizione, a seguito 
delle proposizioni della istanza di cui all'art. 700 cod.. 
proc. civ. Quanto, poi, alle questioni attinenti alla sospensione 
del processo, dopo la proposizione del ricorso per regolamento 
preventivo, va rilevato che esse devono essere risolute dal giudice 
adito per il provvedimento di urgenza e non possono avere 
ingresso in questa sede, giacch� le Sezioni Unite, cui sia rivolta 
l'istanza di cui al citato art. 41, sono chiamate a dirimere 

solo la questione di giurisdizione. 

Ritenuta l'ammissibilit� del ricorso, si osserva che il Panini, 
a presidio della tesi circa il difetto di giurisdizione del 
pretore di Serravalle Scrivia, deduce che, l'autorit� giudiziaria 
ordinaria non pu� emanare un provvedimento cautelare di urgenza 
al fine di realizzare, dettandone le modalit�, un'attivit� 
di manifesta natura amministrativa, quale � la sorveglianza 
dei fondi sottoposti a vincolo venatorio. Inoltre deduce che il 
decreto ministeriale del 9 novembre 1962 (con il quale � stato 
incluso il fondo di propriet� di esso Panini nella riserva di 
caccia in discussione), per la cui esecuzione � stata invocato, 
dal Piaggio e dal Garrone,. l'art. 700 cod. proc. civ. � un atto 
esecutivo per sua natura; e come tale, e per essere rivolto 
a organi amministrativi, si sottrae a ogni azione dichiarativa 
da parte del giudice ordinario. 

Il ricorso � privo di fondamento. 

Come � noto, il diritto di riserva di caccia ha il suo titolo 
nel decreto di concessione dell'autorit� amministrativa. Trattasi 
di una concessione nel significato tecnico, la quale, laddove. 
prima non esistevano che interessi, crea una posizione 
di diritto ( cfr. per riferimento, le sentenze nn. 2687 del 1960 
e 175 del 1955) tutelabile, nei confronti di altri privati, dinanzi 
all'autorit� giudiziaria ordinaria. 

Obietta il ricorrente che tale qualificazione della posizione 

del concessionario di una riserva di caccia non � compatibile 

col fatto che la legge impone al concessionario medesimo lo 

obbligo inderogabile di provvedere a sorvegliare i fondi, affin



472 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATo 

ch� non sia esercitata la libera caccia nei territori cui si riferisce 
il decreto di concessione. Senonch� � da osservare, in 
contrario, che alla qualificazione come diritto del potere di un 
soggetto non � di ostacolo il fatto che sul soggetto medesimo 
in�omba un dato dovere, ben potendo quest'ultimo essere un 
elemento del diritto soggettivo, come avviene, per l'appunto, 
allorch� il potere � largito al soggetto soprattutto quale mezzo 
che lo ponga in grado di adempiere a un dovere. 

Contrariamente a quanto il ricorrente assume, non pu� 
poi costituire ostacolo alla tutelabilit� dinanzi all'autorit� giudiziaria 
ordinaria del diritto esclusivo di caccia, il fatto che 
il diritto stesso derivi da un atto di concessione. Infatti � princip�o 
constantemente affermato da queste Sezioni Unite (cfr. le 
sentenze n. 2481 del 1961, 497 del 1960, 221 del 1959, 2143 e 
282 del 1958) che sussiste la giurisdizione ordinari� tutte le 
volte che si controverta tra privati e la controversia, pur ricollegandosi 
ad un atto amministrativo, non investa direttamente 
quest'ultimo ma si esaurisce nell'ambito della posizione di diritto 
soggettivo dei privati medesimi. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un. 28 aprile 1964 n. 1016 -Pres. 
Tavolaro -Est. Caporaso -P.M. Criscuoli (conf.) -Presidenza 
del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato Chiarotti) c. Automobil 
Club Italia (Avv. Galateria, M.S. Giannini, TranquilliLeali). 


Competenza e giurisdizione � Regolamento preventivo di giurisdizione � 
Causa pendente dinnanzi al Consiglio di Stato � Proponibilit� 

(c.p.c. art. 41). 
Competenza e giurisdizione � Enti soggetti a controllo della Corte dei 
Conti � Decreto Presidenziale di individuazione ex legge 21 marzo 
1958 n. 259 � Sindacato giurisdizionale � Sussiste. 

Competenza e giurisdizione � Enti soggetti a controllo della Corte dei 
Conti � Decreto Presidenziale di individuazione ex legge 21. marzo 
1958 n. 259 � Controversia � Questione di interesse legittimo � Con� 
siglio di Stato � Giurisdizione � Sussiste. 

Competenza e giurisdizione � Corte dei Conti � Controllo degli atti della 

P.A. in senso stretto � Sindacato giuiisdizicmale � Non sussiste � 
Controllo degli enti pubblici ex legge 21 marzo 1958 n. 259 � Atti� 
vit� esecutiva � Sindacato giurisdizionale del Consiglio di Stato � 
Limiti. 

PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONt DI GIURISDIZIONE 473 

Il � regol�mento di giurisdizione pu� essere proposto anche 

quando trattasi di giudizi pendenti dinnanzi al Consiglio di Sta


to (1). 

Il decreto presidenziale 18 agosto 1962 il quale in forza dell'art. 
100 della Costituzione e della l. 21 marzo 1958 n. 259 ha 
dichiarato alcuni enti pubblici sottoposti al controllo della Corte 
dei Conti � un atto amministrativo che precede e condiziona, 

La motivazione della: sentenza n. 1059 si legge in Giur. it. 1964, I, 1, 
682 (con nota di richiami), Foro it. 1964, 921 (con nota di D'ALBERGO). 

(1) In questa meditata pronunzia le Sezioni Unite hanno fermamente 
ribadito l'ormai consolidato insegnamento secondo cui il regolamento 
preventivo di giurisdizione, ha carattere generalissimo e trova applicazione 
anche rispetto ai giudizi pendenti dinnanzi al Consiglio di Stato 
(cfr. Sez. un. 1 dcembre 1962 n. 3257; 16 giugno 1958, n. 2070; 20 maggio 
1958 n. 1687 e inoltre n. 3855 del 1957; n. 1311 del 1955; n. 3053 
del 1953; rui. 107, 108 e 109, del 1953; n. 3023 del 1952 e n. 1825 del 1952). 
Si tratta di un jus receptum ed � solo da :meravigliarsi come ancora 
la questione venga riproposta all'esame della Suprema Corte. 

In questa Rassegna, sin dal primo anno di pubblicazione, si � sostenuta 
la tesi ora acquisita dall'insegnamento giurisprudenziale dell'interpretazione 
estensiva dell'istituto previsto dall'art. 41 (cfr. DI CIOMMO, 

L'ammissibiHt� del regolamento di giurisdizione nei confronti dei giudizi 

speciali in questa Rassegna, 1949, 201; nota a Cass. Sez. un. n. 1865 del 

1948, ivi, 1948, 11-12, 27; cfr. inoltre Relazione Avvocatura Stato 1942-50, 

n. 51, 1951-55 n. 48; 1956-60 n. 43) e accogliamo con soddisfazione la 
nuova conferma da parte della Corte di Cassazione la quale ha riven.: 
. dicato la propria funzione di suprema regolatrice della giurisdizione tra 
tutti gli organi giurisdizionali dello Stato (giudici ordinari e giudici 
specali). ' 

Una tale pronuncia cos� fermamente recisa anche nella limpida e 

concisa motivazione, appare particolarmente opportuna di fronte all'at


tuale orientamento del Consiglio di Stato. 

E' ben noto che il Supremo Consesso Amministrativo nel primo de


cennio di applicazione del nuovo codice di procedura civile aveva so


stenuto, fondandosi su di una interpretazione letterale e restrittiva del 

combinato disposto degli artt. 41 e 37 c.p.c. la tesi dell'inapplicabilit� 

dall'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione ai procedimenti 

dinnanzi ai giudizi speciali in genere, ed in particolare, a giudizi din


nanzi al Consiglio di Stato (cfr. la fondamentale decisione della IV Se-. 

zione 17 giugno 1949 n. 213, che si legge in Foro amm. 1949, I, 1, 358 e, 

inoltre VI Sez. 17 ottobre 1950 n. 360; 23 dicembre 1952 n. 1029; 16 marzo 

1954 n; 148; V Sez. 15 maggio 1952 n. 809 e 18 giugno 1948, n. 362). 

Successivamente il Consiglio di Stato, accogliendo le argomentazioni 

della Corte di Cassazione, ha bens� attenuato il contrasto, riconoscendo 

ammissibile anche nei giudizi dinnanzi al Consiglio di Stato il regola


mento preventivo di giurisdizione (cfr. Relazione Avvocatura Stato, 

loc. cit.), ma � restato fermo nella tesi che �la proposizione del regola


mento non implica il dovere di sospendere la decisione� (cfr. Sez. IV 

6 luglio 1962 n. 517). 

L'attuale orientamento � motivato dal Consiglio di Stato sulla considerazione 
che, pur �non negandosi l'effetto di una sentenza interve



474 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stante il congegno predisposto dal legislatore, l'intervento e la 
partecipazione della Corte dei Conti al riscontro finanziario e 
pertanto � giurisdizionalmente impugnabile e sindacabile (2). 

Tale sindacato spetta al giudice amministrativo in quanto 
l'autonomia delle persone giuridiche pubbliche, trova il suo limite 
nel potere di tutela e di controllo dello Stato cui esse sono assoggettate 
e pertanto queste non versano nei confronti dello Stato 
in una posizione di diritto soggettivo. 

D'altra parte la legge 21 marzo 1958 n. 259 attribuisce alla 

p.a. il. potere di determinare gli enti soggetti allo speciale connuta 
in sede di regolamento preventivo durante il corso del giudizio 
innanzi al Consiglio di Stato eh ne abbia dichiarato il difetto di giurisdizione..., 
resta per� fermo che le esigenze di pubblico interesse, �cui . 
� informato il giudizio amministrativo non consentono l'ammettere sospensioni 
o intralci determinati ipso jure da atti delle parti �. 

Ora � evidente che una tale motivazione potrebbe avere un senso 
solo se diretta alla conclusione che il Consiglio di Stato non riconosce 
regolamento preventivo di giurisdizione per i giudizi dinnanzi a s� 
pendenti, ma poich� tale conclusione, respinta dalla Corte di Cassazione, 
� disattesa pure dal Supremo Collegio � AmminiStrativo, non si vede 
come possa poi sostenersi che la proposizione del regolamento non comporta 
sospensione, giacch� un regolamento preventivo senza sospensione 
del processo � a quo � non � -a stretto rigore -neppure ipotizzabile. 

Invero, essenza del regolamento preventivo � proprio che, una volta 
assurto a rilevanza processuale il contrasto tra-le parti circa la giurisdizione, 
non si possa pi� avere pronunzia nel merito, cos� come -sim-. 
metricamente -una volta intervenuta una pronuncia di merito non 
si possa pi� esperire il regolamento preventivo. 

Non pu� pertanto configurarsi un regolamento preventivo di giu


I 


risdizione che non comporti la sospensione del processo � a quo � essendo 
poi di intuitiva evidenza i gravi inconvenienti di ordine pratico 
che derivano dalla tesi diversa. 

La proposizione del ricorso per regolamento preventivo comporta, 
di per s�, che nel processo cui il regolamento si riferisce venga a determin�rsi 
un (temporaneo) difetto di. giurisdizione del giudice a quo. 

La sospensione del processo a quo ex art. 367 c.p.c. implica per l'appunto 
'tale difetto (temporaneo) di giurisdizione nel giudice, ordinario 

o speciale, dinnanzi a cui pende il giudizio di merito: al giudice a quo 
resta, cos�, inibita ogni attivit� giurisdizionale fino alla decisione della 
Corte Regolatrice. 
Ove pertanto il giudice a quo, sia esso ordinario o speciale, decida 
la causa nelle more del regolamento di giurisdizione, tale pronuncia non 
� semplicemente viziata per violazione di legge, ma � radicalmente inficiata 
dal difetto di potere di giurisdizione ed �, perci� solo annullabile 
dalla Cassazione: tale questione, proprio alfine di giungere ad un definitivo 
chiarimento al delicato ed importante problema � stato espressamente 
sottoposto all'esame delle Sezioni Unite, con ricorso per difetto 
di giurisdizione avverso la citata decisione che la Quarta Sezione del 
Consiglio di Stato ha emesso nelle more del regol�mento preventivo di 
giurisdizione: tale ricorso � ancora pendente. 


PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 475 

trollo della Corte dei Conti, cosicch� di fronte a tale potere anche 
l'eventuale diritto di libera e incontrollata attivit� dell'ente resterebbe 
travolto e l'atto con cui quel potere viene esercitato non 
pu� ledere che posizioni di interesse legittimo (3). 

In linea generale i rilievi � i visti della Corte dei Conti in 
tema di controllo degli atti della P.A. in senso stretto sono sottratti 
al sindacato giurisdizionale; nel caso del controllo esterno 
sugli enti pubblici previsto dall'art. 100 Costituz. e dalla legge 

(2-5) Osservazioni sul controllo della Corte dei Conti sugli Enti 
pubblici. 

I. -Il problema di fondo sottoposto all'esame delle Sezioni 
Unite riguardava le questioni di giurisdizioni connesse all'impugnativa 
proposta da due enti pubblici del Decreto Presidenziale con cui in attuazione 
della 1. 21 marzo 1958 n. 259 si individuano gli Enti soggetti al 
controllo della Corte e degli �atti con cui la Corte dei Conti richiedeva 
agli Enti ricorrenti la trasmissione di documenti per procedere al detto 
controllo (1). 
I due Enti (il C.O.N.I. e l'Automobile Club d'Italia) avevano proposto 
l'impugnazione dinanzi al Consiglio di Stato nei confronti della Presidenza 
del Consiglio dei Ministri e della Corte dei Conti: una tale inusitata 
e anomala vocatio in ius consigliava di per s� sola, di approfondire 
i delicati ed importanti problemi di giurisdizione impliciti nel ricorso, 
anche perch� attinenti -come la chiamata in causa della Corte dei. 
Conti ben dimostrava -ai rapporti tra organi previsti e regolati dalla 
Carta Costituzionale. 

A tal fine l'Amministrazione resistente sottoponeva la questione 
all'esame delle Sezioni Unite proponendo regolamento preventivo di 
giurisdizione, non tanto per sostenere una particolare tesi quanto per 
provocare un autorevole e tranquillante chiarimento da parte della Corte 
regolatrice che potesse servire da guida anche per gli eventuali ricorsi 
che altri Enti soggetti al controllo della Corte dei Conti potranno in 
futuro proporre. � 

In tale ordine di idee non possiamo non compiacerci per il chiaro 
e meditato insegnamento della Suprema Corte che, seppure motivato in 
modo diverso nei due arresti, pu� costituire un autorevole e fermo indirizzo 
per i Giudici e per le parti. 

Di fronte alla tesi pi� �liberale� sostenuta dall'Avvocatura, che 
affermava che lo status libertatis dell'Ente pubblico integra una posizione 
di diritto soggettivo rispetto al potere dello Stato di sottoporre 
al controllo della Corte dei Conti, le Sezioni Unite hanno invece affermato 
che il riconoscimento da parte dell'ordinamento di uno status 
libertatis costituisce diritto soggettivo solo per le persone giuridiche 
private, mentre per gli Enti pubblici, di fronte al potere di controllo 
dello Stato (previsto a tutela non dell'Ente ma del pubblico interesse), 
non pu� configurarsi se non una situazione di interesse legittimo. 

(1) Sulla natura del controllo della Corte dei Conti sugli Enti pubblici: 
Corte costituzionale 19 aprile 1962 n. 35, in questa Rassegna, 1963, 
20, cfr. Inoltre autori citati nella nota di richiami a Cass. n. 1059 del 
1964 in Giur. it. 1964, I, 1, 682. 

476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

21 marzo 1958 n. 259 l'atto con cui la Corte promuove l'esercizio 
del controllo � atto esecutivo del decreto presidenziale con cui 
vengono indicati gli enti soggetti a controllo e pu� pertanto es-: 
sere soggetto ad un sindacato giurisdizionale solo in occasione 
dell'impugnativa del decreto presidenziale dinnanzi al Consiglio 
di Stato (4). � 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 4 maggio 1964 n. 1059 -Pres. 
Lonardo -Est. Bianchi D'Espinosa -P.M. Criscuoli (conf.) Presidenza 
del Consiglio (Avv. Stato Chiarotti) c. C.O.N.I. 
(avv. M.S. Giannini e Mayani Toro). 

Competenza e giurisdizione � Ente pubblico � Potere di controllo da 
parte dello Stato � Limiti � Controversia � Consiglio di Stato � Giu� 
risdizione � Sussiste. 

O. 21 maggio 1958 n. 259). 
La '1.?iolazione da parte dello Stato dei limiti dei controlli 
sull'ente pubblico, cos� come stabiliti dalla legge incide sulla sfera 
di autonomia dell'ente, ma, poich� i controlli sono predisposti non 

Ha aggiunto la Corte che, in ogni modo, ove anche lo status libertatis 
potesse dar luogo ad una posizione di diritto soggettivo a favore 
dell'Ente pubblico, tale posizione sarebbe rimasta travolta e affievolita 
dalla norma della legge 21 marzo 1958 n. 259 che concede alla � P.A. il 
potere di individuare e determinare in base ai criteri posti dalla stessa 
legge gli enti soggetti al controllo della Corte dei Conti. 

II. -E' peraltro da notare una certa reticenza da parte della Suprema 
Corte riguardo al particolare problema dell'impugnazi�ne dell'atto 
con cui la Corte dei Conti, in esecuzione dell'attribuzione contenuta nella 
1. 21 marzo 1958 n. 259 e nel Decreto Presidenziale 18 agosto 1962, chie,.. 
deva di esercitare il controllo nei confronti degli Enti. . 
La sentenza nella causa del C.0.N.I. non affronta neppure tale�. problema; 
nella pronuncia emessa nella causa dell'A.C.I. il problema viene 
posto, ma non affrontato in r�dice e la decisione lascia insoluta la grave 
questione. 

Si era infatti rilevato che l'attivit� di .controllo della Corte dei Conti 
� da ritenersi sottratta in via generale ad ogni e qualsiasi .sindacato giu" 
risdizionale, in quanto attivit� di rilevanza �costituzionale. 

Orbene, la Corte regolatrice ha, bens�, escluso che �un tale rilievo 
nel caso del controllo speciale, il cosidetto controllo esterno che la -Corte 
dei Conti esercita sugli Enti Pubblici, abbia la forza , di escludere il 
sindacato giurisdizionale, ma, dopo tale affermazione di principio, ha 
dichiarato che il decreto di controllo (sic) costituiva un mero -atto esecutivo 
del decreto presidenziale con cui venivano individuati gli enti 


PARTE I, SEZ, II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 477 

a tutela degli interessi dell'ente, ma in relazione al pubblico interesse, 
tale violazione riguarda non i diritti soggettivi, ma interessi 
legittimi e il relativo sindacato giurisdizionale spetta al 
Consiglio di Stato, cos� come ogni volta che venga in contestazione 
con l'esistenza di un potere dello Stato, ma solo l'uso di 
tale potere (5). 

(Omissis). -Devesi in primo luogo ancora una volta conformare 
che il regolamento di giurisdizione, per il quale ciascuna 
delle parti, finch� la causa non sia ancora decisa nel merito, pu� 
chiedere alle ~ezioni Unite della Corte di Cassazione di risolvere 
preventivamente le questioni di giurisdizione di cui all'art.. 37 
cod. proc. civ., pu� �essere proposto ancorch� trattasi di giudizi 
pendenti dinanzi �l Consiglio di Stato. 

soggetti al controllo e che pertanto doveva ritenersi che l'impugnativa 
fosse diretta .al decreto presidenziaie e comunque fosse valida in quei 
limiti, restando poi l'attivit� di controllo condizionata alla sorte del 
decreto presidenziale, nel senso che ove il decreto presidenziale fosse 
annullato, anche l'attivit� di controllo della Corte dovrebbe ritenersi 

tamquam non esset. 

In altre parole manca una dichiarazione che nel caso di specie, il 
decreto di controllo (sic) fosse soggetto al sindacato giurisdizionale e 
anzi, essendosene affermata la natura d� mero atto esecutivo, deve ritenersi 
che la Corte ne abbia escluso, almeno nel caso di specie, una 
impugnabilit� diretta, per la quale, d'altronde, sembrerebbe gi� preclusivo 
ostacolo la conseguenza di far partecipare al giudizio in veste di 
resistente la Corte dei Conti, con quale sovvertimento dei principi e dei 
rapporti costituzionali tra organi dello Stato non � il caso di sottolineare. 


�In proposito sembra peraltro opportuno chiarire che gli atti tipici 
mediante i quali -ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259 -si 
estrinseca l'attivit� di controllo sugli enti pubblici da parte della Corte 
sono: richieste di documenti e notizie (artt. 5 e 6), relazione alle Camere 
(art. 7); rilievi al ministro per il tesoro e al ministro competente (art. 8). 

Nella specie l'atto impugnato era la richiesta della Corte dei Conti 
con cui si invitava l'ente a produrre la documentazione prescritta dallo 
art. 4. � 

Tale richiesta non pu� definirsi decreto e si risolve invece in un 
mero atto �preparatorio del successivo atto di controllo che consister� 
invece nella relazione alle Camere e negli eventuali rilievi ai ministri 
vigilanti. 
. E' pertanto evidente .che, nella dialettica del sistema, l'ente pubblico 
non potr� gravarsi che contro il decreto presidenziale con cui vengono 
individuati gli enti soggetti a controllo ovvero contro il provvedimento 
che il� Ministro, nei suoi poteri di controllo, eventualmente 
adotti a seguito del rilievo della Corte. 

In nessuno dei due casi l'attivit� di controllo della Corte dei Conti 
sar� ,soggetta ad autonoma impugnazione. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I


~; 

Posto che tra le attribuzioni della Corte Suprema di Cassa00 
zione vi � quella di assicurare il rispetto dei limiti tra le diverse tt 
giurisdizioni e di regolare i conflitti di competenza e di attribuzione, 
perfettamente logico e conseguenziale, oltre che conforme 
al criterio della economia processuale, � il riconoscere che alle 
Sezioni Unite compete il potere di stabilire e dichiarare, in via 
preventiva, nella forma e nei termini di cui all'art. 41 cod. proc. 
civ., se una determinata contrbversia, instauratasi presso il Consiglio 
di Stato, rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo 
o in quella del giudice ordinario. 

E' quindi ammissibile il ricorso de quo, con cui le amministrazioni 
pubbliche ricorrenti assumono che il provvedimento di 
sottoposizione dl un ente pubblico, quale l'Automobil Club d'Italia, 
al controllo della Corte dei Conti, fuori delle condizioni stabilite 
dalla legge 21 marzo 1958, n. 259, incida su di una situazione 
di diritto soggettivo dell'ente e non di interesse legittimo. 

Nel primo caso potr� farsi questione della legittimit� del provvedimento 
che assoggetta l'ente a controllo e la pronuncia giurisdizionale 
spiegher� indirettamente efficacia sull'eventuale attivit� preparatoria o 
di controllo che la Corte avesse gi� spiegata. 

Nel caso invece d'impugnativa del provvedimento che il Ministro ha 
adottato a seguito di rilievo della Corte dei Conti, non potr� pi� discutersi 
del potere di controllo della Corte dei Conti, ma solo della 
legittimit� del provvedimento ministeriale. 

III. -Vogliamo infine richiamare l'attenzione sull'importante e 
recisa conferma che la Suprema Corte ha voluto fare, sia pure in via 
incidentale, del principio, che l'attivit� di controllo che la Corte dei 
Conti compie mediante visti e rilievi sugli atti della p.a. in senso stretto, 
~ sottratta a qualsi�si sindacato giurisdizionale. 
Tale importante massima, basilare per il regolato e armonico svolgimento 
delle funzioni che la Costituzione attribuisce ai poteri dello 
Stato, viene a fugare le perplessit� che sul punto aveva ancora recen~
emente prospettato sia pure in via incidentale il Consiglio di Stato 
.n Adunanza Plenaria (dee. 25 gennaio 1961 n. 1 La Farina e Gra'.
lone c. Ministero LL. PP. questa Rassegna, 1961, 52). Nella nota redadonale 
a quella decisione si era gi� osservato che l'insindacabilit� giu7isdizionale 
degli atti di controllo della Corte dei Conti � uno dei cardini 
iel sistema e che la Corte dei Conti, organo costituzionale, non � un'au;
orit� amministrativa ai sensi dell'art. 26 t.u. delle leggi sul Consiglio 
ii Stato e che i suoi1 atti, anche quando attengono al rapporto dei 
moi magistrati e funzionari, sono sottratti alla giurisdizione e del Con;
iglio di Stato e dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, salvo soltanto il 
:icorso alla Corte di Cassazione per motivi attinenti ala giurisdizione, 
)revisto dall'art. 111 della Costituzione avverso le decisioni della Corte 
;tessa. 

Ci compiaciamo, pertanto, che le Sezioni Unite abbiano nella de:
isione in Rassegna confermato con la loro autorit� la tesi da noi so;
tenuta. 


G. ZAGARI 

PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 479 

E' noto che la pubblica� esigenza di un controllo finanziario 
degli enti direttamente o indirettamente sovvenzionati dallo Stato, 
cui era gi� ispirato il R.D. n. 720 del 1939 (e n. 442 del 1942), ha 
ricevuto solenne riconoscimento con l'art. 100 della Costituzione, 
il quale stabilisce: a) che al controllo partecipa la Corte dei Conti; 
b) che ad esso sono soggetti gli enti a cui lo Stato contribuisce in 
via ordinaria; e) che i casi e le forme del suddetto controllo devono 
essere stabiliti con apposita legge. 

In attuazione di tale precetto costituzionale, generalmente 
considerato di natura programmatica e quindi di non immediata 
applicazione, venne emanata la legge 21 marzo 1958 n. 259, la quale 
(art. 2) fissa il concetto di ente sovvenzionato, stabilendo che debbono 
ritenersi contributi statali ordinarie: a) i contributi, con 
carattere di periodicit�, concessi dalla P.A. per la gestione finanziaria 
di un ente; b) le imposte, tasse e contributi che gli enti siano 
autorizzati ad imporre con carattere di continuit� o che siano 
ad essi comunque devoluti; la legge; inoltre, prevede che gli enti 
aventi i requisiti test� precisati siano singolarmente reperiti ed 
individualizzati mediante decreto del Presidente della Repubblica, 
su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di con..: 
certo con il Ministro per il Tesoro e con il Ministro cui spetta la 
funzione di tutela o di vigilanza dell'ente (art. 3). 

Con il decreto presidenziale 18 agosto 1962 fu per l'appunto 
dichiarato, in forza delle norme anzidette, eh~ l'Automobil Club 
d'Italia (ACI) era assogettato al controllo della Corte dei Conti ai 
sensi dell'art. 2 della legge sopracitata. In conseguenza, la competente 
Sezione della Corte dei Conti rivolgeva all' ACI formale 
richiesta di trasinissione degli atti necessari per l'effettuazione 
del riscontro di cui al decreto presidenziale. 

L'ACI ha impugnato davanti al Consiglio di Stato l'uno e lo 
altro provvedimento, deducendo: 
1) eccesso di potere in relazione all'emesso decreto di sottoposizione 
al controllo della Corte dei Conti; 
2) violazione dell'art. 2 della legge del 1958, in quanto sarebbe 
stato ritenuto erroneamente che l' ACI sia un ente sovvenzionato 

o fornito 
di potest� tributaria; 
3) illegittimit� della deterininazione della Corte dei Conti, in 
quanto sarebbe stato esteso il controllo a tutta la attivit� dell'ente 
e non solo a quella parte riguardante i servizi delegati dallo Stato 
e gestiti con bilanci a parte (riscossione dei tributi automobilistici; 
tenuta del Pubblico Registro Automobilistico). 
Bisogna ora stabilire se sia giurisdizionalment� competente � 
a conoscere di tale controversia il giudice ordinario (tesi della 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

I


~ 

Presidenza del Consiglio e delle Amministrazioni interessate) o 

.

l'adito Consiglio di Stato (tesi ACI). 

.

Ma prima di affrontare il problema della posizione soggettiva 
::: 
'

I dell' ACI di fronte al decreto del controllo, occorre spiegare come 
rion sia possibile risolvere la sollevata questione di giurisdizione 
in base al semplice richiamo alla opinione di coloro i quali sosten .. 
gono che gli atti di controllo della Corte dei Conti sono esclusi da 
ogni e qualsiasi sindacato giurisdizionale, comech� atti di rilevanza 
costituzionale. L'azione proposta al Consiglio di Stato, quanto 
meno per due dei vizi di legittimit� dedotti .in causa (ma che 
p�r il terzo, come si dir� in seguito), ha per oggetto il decreto 
presidenziale 18 agosto 1962, il quale -sia esso dichiarativo od 
anche ricognitivo -precede e condiziona, stante il congegno predisposto 
dal legislatore, l'intervento e la partecipazicine della Corte 
dei Conti al riscontro finanziario. Sicch�, la emanazione del 
decreto anzidetto non � ancora attivit� di controllo della Corte 
dei Conti, trattandosi di mero atto amministrativo, giurisdizional


l

rnente impugnabile e sindacabile. 
Per conseguenza, in questa sede ed ai fini del proposto regolamento 
di giurisdizione, devesi principalmente e fondamental


I

1':�. 

mente stabilire se la pretesa dell' ACI, di essere stata illegittimamente 
assogettata, oltre ai controlli di carattere generale propri 
degli enti pubblici, anche a quello speciale di cui al ripetuto art. 
2 della legge del 1958, rifletta una sua posizione di diritto soggettivo 
o di interesse legittimo; 

E' pacifico che l'ACI � ente pubblico, amministrato da rappresentanti 
dei ministeri interessati e dagli automobil club provinciali, 
aventi finalit� di interesse pubblic�, come tale sottoposto 
a vigilanza, controllo e tutela sia del Ministero del Turismo e 
Spettacolo sia del Ministero delle Finanze. 

Pertanto, la sfera di autonomia o di autarchia dell' ACI � commisurata 
e contrassegnata dal suo stato di soggezione al potere 
direttivo ed a quello di vigilanza, legislativamente e statuariamente 
affidato ai ministeri competenti. Non � quindi a parlare 
di un suo status liberatis, assimilabile a quello della persona fisica 
e quindi generatore di una seri� di diritti soggettivi nei confronti 
della P.A., come pare si sostenga con l'atto introduttivo di 
questa procedura per regolamento di giurisdizione. 

L'autonomia delle persone giuridiche pubbliche, cio� la sfera 
di libera determinazione dello ente, trova il suo limite nel potere 
di tutela e di controllo a cui l'ente medesimo � assogettat�, 
potere che incide sulla autonomia e quindi sulla posizione soggettiva 
di quest'ultimo. 


PARTE I, SEZ. Il, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 481 

E perci� assai dubbio che si possa parlare per le persone giuridiche 
pubbliche di un generale principio di libert�, di fronte al 
quale le norme sul controllo statuale avrebbero valore di eccezione 
alla regola. 

Ad, ogni modo, il .supposto status libertatis, in senso ampio, 
non potrebbe mai portare alla asserita conseguenza, che cio� lo 
ente verserebbe normalmente in situazione di diritto soggettivo 
nei confronti della P.A. 

Devesi; come di regola, di .volta in volta stabilire se si tratti 
di pretesa riguardante un potere del tutto inesistente, nel senso 
di mancanza assoluta di una norma che autorizzi la P.A. a porre 
l'ente in una posizione di soggezione. 

Orbene, per quanto riguarda l' A.C.I. -per il quale gi� per 
legge istitutiva molteplica e particolarmente penetranti solo le 
forme di controllo statale, onde quello speciale della Corte dei 
Conti non � che una ulteriore e diversa proiezione di quel potere 
., non � a dubitare che la P.A. abbia la potest�, a lei astrattamente 
conferita dall'ordinamento giuridico, d'incidere nella sfera giuridica 
e quindi nei legittimi interessi dell'Ente. 

D'altronde, se pure fosse possibile ipotizzare, nella materia 
in esame, una costante equivalenza tra autonomia e diritto soggettivo 
dell'ente pubblico, tale situazione soggettiva degraderebbe 
certamente in quella dell'interesse legittimo ove una norma di legge 
conferisse all'autorit� statale il potere di sottopOrre l' ACI al 
controllo � esterno� della Corte dei Conti. 

Invero, in sede di discriminazione della giustizia amministrativa 
da quella ordinaria, l'indagine si restringe all'esame rivolto 
a stabilire, sempre in astratto, se nell'ordinamento giuridico ci sia 

o pur non una norma che attribuisce alla P.A. il potere del quale 
si controverte. Nel caso concreto, si tratta precisamente di stabilire 
se nella legge sia previsto che determinati soggetti, appartenenti 
alla categoria di quelli come l' ACI, possono essere assoggettati 
al controllo della Corte dei Conti. 
Questa forma di soggezione �, in astratto, prevista dalla ricordata 
legge .21 marzo� 1958 n. 259, che, come si � gi� detto, sottomette 
al controllo delal Corte dei Conti, tutti gli enti che si trovano 
in una determinata situazione di fatto rispetto allo Stato o 
ad altro ente pubblico (enti sovvenzionati o munuti di potest� tributaria). 


.La esistenza di siffatta norma, volta certamente alla tutela 
del pubblico interesse, travolge, l'eventuale diritto di libera ed 
incontrollata attivit� dell'ente, sicch� l'esercizio della potest� di 
controllo che la norma consente in astratto pu� ledere soltanto 


482 RASSF.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

$. 
posizioni di interessi legittimi, come ogni qual volta la P.A.; nello 
esercizio dei suoi poteri, travalica i limiti posti dalla legge n quel .' 
determinato settore. 

1

..-;

Con l'impugnato decreto presidenziale del 18 agosto 1962; la 
. 

P.A. ha fatto uso del potere che a lei proveniva dalla citata legge 
n. 259, avendo posto in essere il previsto provvedimento, vale a 
dire l'atto amministrativo, di reperimento e di individuazione dell'ente 
che versa in concreto nella condizione voluta dalla legge. 
Si � quindi di fronte ad un potere esercitato in base ad una 
ben precisa norma di legge, il cui uso illegittimo, cio� al di l� dei 
limiti dalla norma medesima, pu� in pratica dar luogo ad eccesso 
od a violazione di legge per errata interpretazione o per falsa 
applicazione della medesima, come l'ACI ha in effetti sostenuto 
nel suo ricorso al Consiglio di Stato, ma non violazione del diritto 
soggettivo connesso al'autonomia dell'ente suddetto. Nella specie, 
stando alla impugnativa contenuta nel ricorso al Consiglio di Stato, 
si tratterrebbe di errori sui presupposti della legge, o, meglio, di 
e�cessivo ed errato concetto di ente sovvenzionato o di ente fornito 
di p�test� tributaria, oppure di erronea valutazione sia dell'attivit� 
svolta dall' ACI come per legge, sia della sua struttura 
organica e sia della natura e provenienza dei suoi fondi di bilancia. 


Comunque, il triplice ordine di motivi di illegittimit� del decreto 
presidenziale dell'agosto 1962, cos� come formulati dall' ACI, 
si risolve, in definitiva, in altrettanti vizi dell'atto di sottoposizione 
dell'ACI al controllo finanziario di cui all'art. 2 della legge n. 
259, cio� vizi di un atto amministrativo sindacabile, in sede giurisdizionale, 
dal giudice amministrativo. 

Quanto poi alla determinazione o provvedimento istruttorio 
della Corte dei Conti, di richiesta di trasmissione dei documenti 
relativi alla intera attivit� dell'ACI, le ricorrenti Amministrazioni, 
subordinatamente, sostengono in 1questa sede che detta determinazione 
debba sfuggire ad ogni sindacato giurisdizionale, perch� di 
rilevanza costituzionale. 

Questo della insindacabilit� degli atti di controllo della Corte 
dei Conti � discorso che vale per i rilievi e per i visti in tema 
di controllo degli atti della P.A. (in senso stretto). 

�Ma nel caso dell'ACI, si tratta del potere di controllo speciale, 
il cos� detto controllo esterno, nei confronti di persone giuridiche, 
pubbliche o private, che si trovano nella situazione prevista dall'art. 
100 della Costituzione e dalla legge del 1958. 

Il quale controllo, per altro, non si estrinseca nella forma del 
visto e relative conseguenze giuridiche, s� nella facolt� di segna



PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA �SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 483 

lazione ai ministeri preposti alla vigilanza dell'ente (art. 8) e nella 
relazione per il Parlamento, organo di controllo politico. Comunque, 
la impugnativa dell' ACI non investe la modalit� in s� del 
controllo cui la richiesta istruttoria della Corte dei Conti � preordinato, 
sibbene la misura del potere di controllo di tale organo 
nei confronti di un ente che assume di non essere sovvenzionato 
e di non essere munito di potest~ tributaria o, quanto meno, di essere 
sovvenzionato solo per un settore della sua attivit� istituzibnale. 
In altri termini, si torna anche per questo secondo aspetto 
del proposto ricorso al Consiglio di Stato al problema precedente, 
dappoich� l'intervento della Corte dei Conti non � che la esecuzione 
del provvedimento della Presidenza del Consiglio, che inquadra 
I'ACI nella categoria degli enti sovvenzionati. 

La richiesta della Corte dei Conti � un atto, cio� meramente 
conseguenziale rispetto al decreto presidenziale, cos� quale esso �. 
Di tal che, annullato tale atto, verr� meno la pretesa della 
Corte dei Conti di assogettare l'ente al controllo di cui si tratta. 
Ci� vale anche se la questione si riduce, come si � detto, alla 
sola estenzione oggettiva di siffatto controllo: vale a dire, controllo 
di tutta l'attivit� del' ACI o controllo della gestione concernente 
il servizio del P.R.A. e la riscossione delle tasse automobilistiche. 

Nell'uno e nell'altro caso � pur sempre l'atto dichiarativo o 
ricognitivo della P.A. quello che � investito dal ricorso dell' ACI, 
in quanto quest'ultimo chiede che sia dichiarato illegittimo atle 
atto non soltanto dal punto di vista del presupposto specifico ( ente 
sovvenzionato od avente potest� tributaria), ma anche da quello 
della misura ed estensione del controllo, avendo proposto altres� 
il quesito: controllo di tutte le attivit� dell'ente ovvero solo di determinate 
gestioni ed attivit� del medesimo. 

Il ricorso del' ACI � quindi, anche per questa seconda parte, 
diretto sostanzialmente contro il decreto presidenziale, il quale 
sarebbe viziato da eccesso di potere o da violazione di legge per 
non avere limitato il riconoscimento di ente sovvenzionato al solo 
settore di attivit� per il quale si verserebbe nella situazione prevista 
dalla legge. 

Pertanto, anche se circoscritta a questa pi� limitata e subordinata 
impugnativa, la controversia tra ACI e P.A. riguarda ugualmente 
lesione di interessi legittimi e non di diritti soggettivi.� 

La cognizione della intera controversia spetta perci� al Consiglio 
di Stato e non all'Autorit� Giudiziaria Ordinaria. -(Omissis). 


484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 dicembre 1963 n. 906 -Pres. 
De Marco -Est. Granito -Scassellati .,. Sforzolini (Avv. Schir�) 
c. Ministero Interni (Avv. Stato Bronzini N.). 

Competenza e giurisdizione -Cittadinanza -Provvedimenti di inibizione 
al riacquisto -Contestazione -Fattispecie -Consiglio di 
Stato -Giurisdizione -Non sussiste. 

Il ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento di inibizione 
al riacquisto della cittadinanza, ove sia fondato su di 
una pretesa mancata perdita di cittadinanza, irz.volge una questione 
di status, di esclusiva competenza dell'Autorit� Giudiziaria 
Ordinaria e della quale il Consiglio di Stato non pu� conoscere 
neppure incidenter tantum (1). 

(1) Non risultanto precedenti. In dottrina, sul riacquisto della cittadinanza, 
cfr. QUADRI, Cittadinanza (spec. n. 9), Noviss. Digesto it., voi. III�>, 
306; STOCCHI, Cittadinanza (spec. n. 5) Encicl. Forense, II, 220; BISCOTTINI, 
Cittadinanza, Enciclopedia del Diritto, VII, 140. 
Decisione conforme ai principi. E' solo da rilevare la contraddittoriet� 
della posizione del ricorrente che, di fronte al decreto ministeriale 
con il quale gli veniva inibito il riacquisto della cittadim.' nza da 
lui richiesto, ha sostenuto di non aver mai perduto la cittadinar.za italiana: 
il che, se fosse esatto, avrebbe poi fatto venir meno anche il 
presupposto per il riacquisto della cittadinanza. Comunque in relazione 
al motivo di impugnazione prospettato dal ricorrente, la Quarta 
Sezione, rilevando che il �mezzo involgeva una questione di status, ha 

� dichiarato il proprio difetto di giurisdizione ed ha sospeso la pronuncia 
sugli altri motivi, proposti in via subordinata, in attesa dell'esito 
dell'eventuale giudizio civile sulla questione pregiudiziale di status. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 febbraio 1964, n. 64 -Pres. 
Polistina -Est. Urcioli -D'Amore (Avv. Fragola U.) c. Ministero 
Affari Esteri (Avv. Stato Carafa). 

Competenza e giurisdizione � Console � Depositi volontari di valuta � 
Contestazioni circa le modalit� di restituzione -Giurisdizione del 
Consiglio di Stato -Non sussiste. 

Il ricorso giurisdizionale avverso un preteso silenzio-rifiuto 
dell'Amministrazione che si assume formatosi in relazione ad 
una richiesta di restituzione, con particolari modalit� indicate� 
dal creditore, di una somma depositata presso un Ufficio con



PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 485 

solare, non � ammissibile, trattandosi di questione riguardante 
diritti soggettivi (1). 

(Omissis). -Il 4 aprile 1962, il sig. Rosario D'Amore. deposit� 
presso il Consolato Generale d'Italia a Tunisi la somma 
di dinari tunisini 43.000.000, �per essere temporaneamente cu;:;
todita in quel Consolato e rimessa qui in loco allo stesso depositante 
o a persona di sua fiducia da lui delegata con regolare 
procura�, come risulta dal processo verbale, versato in atti, 
redatto seduta stante e firmato dal D'Amore, dal Console e dal 
Vice-Console italiani a Tunisi. 

Con istanze in data 17 aprile 1962, il D'Amore si rivolse poi 
al Ministero degli Esteri, chiedendo di poter riscuotere in Italia, 
debitamente sbloccata, la somma da lui depositata presso 

(1) L'evidenza della decisione sulla questione di giurisdizione ci esime 
da commenti. 
E' solo da rilevare la perspicuit� della motivazione nella confutazione 
della argomentazione subordinata prospettata dal ricorrente 
per sostenere l'ammissibilit� del ricorso. 

Sosteneva il ricorrente che la giurisdizione del Consiglio di Stato 
doveva essere affermata in relazione alla controversia sulle particolari 
modalit� con cui il creditore aveva richiesto la restituzione della somma 
depositata: se il credito alla restituzione costituisce un diritto soggettivo, 
la pretesa a che la restituzione avvenga con determinate modalit� 
avrebbe la consistenza di interesse legittimo e il rifiuto della 

p. a. di aderire alla richiesta del creditore sarebbe sindacabile dal 
giudice della legittimit;�.. 
Ma la Quarta Sezione ha rilevato che, al di l� della particolare 
� prospettazione � che il ricorrente ha voluto dare al ricorso, la posizione 
che l'Ordinamento assicura a coloro che effettuano depositi 
presso gli uffici consolari � di diritto soggettivo il che � sufficiente 
per negare la giurisdizione del giudice degli interessi. 

Si pu� aggiungere che, per quanto riguarda le particolari modalit� 
con cui il creditore pretende di ottenere la restituzione della 
somma depositata, effettivamente esse non comportano una questione 
di diritto soggettivo, ma non perch� involgano, come sostenuto dal 
ricorrente, interessi legittimi, sibbene proprio perch� si risolvpno in una 
posizione di interesse semplice, affatto priva di tutela. 

Per la questione sostanziale riguardante la natura dei depositi 
volontari presso i consoli cfr. la recente decisione della Cassazione, 
Sez. I, 29 agosto 1963 n. 2392 che si legge in questa Rassegna, retro, 72, 
con nota di F. C. 

Tale pronuncia su di una materia che raramente viene portata 
all'esame del Supremo Consesso appare molto importante. 

La Cassazione, pur avendo affermato la responsabilit� dello Stato 
italiano per i depositi volontari eseguiti presso i consoli ai sensi 
dell'art. 114 del regolamento consolare, ha peraltro chiarito che non 
essendo ammesso il deposito irregolare presso il console, questi � 
tenuto a resti~uire la somma in moneta estera ricevuta in deposito 
e non l'equivalente in lire italiane. 


486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il suddetto Consolato e che viene per� indicata in dinari tunisini 

44.720.000. 
Nessun dubbio pu�, quindi, sussistere sulla natura di tale 
richiesta, sulla quale si � poi formato il silenzio rifiuto, impugnato 
come prov:vedimento tacito di rigetto, e che risulta evidentemente 
rivolta a conseguire, sia pure con modalit� diverse 
da quelle previste nell'atto di deposito, la �restituzione delle 
somme che H ricorrente aveva dato in custodia al Consolato italiano 
di Tunisi. 

In una siffatta situazione, il Collegio non ritiene che possano 
essere disattese Je eccezioni di inammissibilit� del ricorso, 
proposte in limine da.li' Avvocatura Generale dello Stato, sul 
fondamento che la posizione giuridica valutata dal ricorrente 
non rientri nella giurisdizione di questo Consiglio, ai sensi del 

d. 26 giugno 1924, n. 1054, e che, inoltre, nella specie non si 
sarebbe formato il silenzio-rifiuto, in quanto nessun obbligo 
aveva l'Amministrazione di provvedere sull'istanza del ricorrente. 
Il quale, � da parte sua, sostiene invece che il suddetto 
deposito volontario,. specificamente disciplinato dall'.art. 114 del 
Regolamento Consolare, approvato con R.D. n. 2996 del 1866, 
non pu� considerarsi alla stessa stregua di un rapporto 
contrattuale, perch� il Console ha esercitato anche in questo 
caso una funzione di diritto pubblico, cos� che la pretesa 
del privato depositante, circa le modalit� ed il momento 
della restituzione del bene depositato, concretava un interesse 
legittimo verso la pubblica amministrazione. Soggiunge poi che, 
se pur vi fosse un diritto soggettivo del depositante, esso risulterebbe 
affievolito ad interesse legittimo, per le varie subordinate 
richieste del D'Amore, che sollecitavano l'esercizio di un 
potere discrezionale. Sviluppando ulteriormente tali concetti, o 
per meglio dire modificandoli sostanzialmente, �nella memoria 
depositata il 25 novembre u.s.; il ricorrente rileva infine che 
probabilmente egli partiva come titolare di un interesse semplice 
e, che, pertanto, il Ministero non aveva alcun obbligo di 
iniziare il procedimento per la utilizzazione della somma suddetta; 
ma, una volta che l'aveva iniziato e quasi concluso aveva 
per ci� stesso trasformato l'interesse semplice del ricorrente 
in un interesse legittimo, alla legittimit� di un procedimento 
amministrativo che personalmente lo concerne. 
Se anche non si volessero rilevare le pur evidenti contrac:Ldizioni 
contenute in codesta tesi e si volesse prescindere dal 
considerare che il comportamento dell'Amministrazione (che, 
invece di archiviare una richiesta, sulla quale non aveva alcun 
obbligo di provvedere, ha ritenuto opportuno acquisire preven



PARTE I, SEZ. II, GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 487 

tivamente sufficienti elementi di giudizio, per decidere, informata 
causa, se le pretese dell'interessato potessero eventualmente 
essere soddisfatte) non poteva -per tale specifica circostanza 
-avere il taumaturgico effetto di mutare la qualificazione 
di un privato interesse, non per questo il Collegio potrebbe 
pervenire a conclusione diverse da quelle anzi indicate. 

E' ben noto, infatti, che la giurisprudenza del Consiglio di 
Stato � ferma nel ritenere che la prospettazione delle ragioni 
ad opera delle parti non pu� essere assunta ad elemento di 
discriminazione della competenza degli organi di giurisdizione, 
la quale va invece determinata in base alla regola tradizionale 
che si ispira ai criteri del petitum e della causa petendi, i quali 
si integrano a vicenda, individuando l'oggetto sostanziale del 
giudizio; pertanto,� l'organo di giurisdizione competente va individuato 
in base all'oggetto della domanda, in relazione al potere 
effettivamente esercitato dall'Amministrazione ed alle norme 
legislative che lo disciplinano. 

Alla stregua di tali criteri; non si pu� non rilevare come, 
ancorch� diretta ad ottenere la restituzione del suo deposito 
in Italia ed in valuta italiana, e non gi� in Tunisia ed in denari 
tunisini come era stato originariamente convenuto, la richiesta 
che il ricorrente aveva rivolto nell'aprile 1962 al Ministero degli 
Esteri concretava pur sempre una pretesa di natura patrimoniale, 
derivante dirett~mente dal contratto di deposito da lui 
posto in essere. 

Quanto alla natura di tale contratto, si osserva che in al�una 
norma legislativa o regolamentare � dato rinvenire il 
bench� minimo accenno al preteso carattere extracontrattuale 
dei depositi effettuati da privati presso i Consolati. E' evidente, 
d'altra parte, che il carattere pubblico delle funzioni esercitate 
dal Console, anche quando esse si estrinsechino, come appunto 
� avvenuto nel caso di. specie, in una particolare forma di assistenza 
a favore dei connazionali, non � sufficiente a far ritenere 
che tali depositi debbano considerarsi sottratti alle leggi ordinarie, 
alle quali, d'altra parte, non si sottraggono neppure i 
depositi volontari effettuati presso la Cassa DD. e PP. 

Definita cos� la natura del deposito effettuato dal ricor


rente presso il suddetto consolato e. l'esatta portata della ri


chiesta da lui avanzata al Ministero degli Esteri, se ne deve 

necessariamente dedurre che il ricorso da lui prodotto contro 

il provvedimento negativo, implicito nel silenzio serbato dal


l'Amministrazione sulla diffida intimatale il 24 settembre 1962, 

� da considerare inammissibile, per assoluto difetto di giuri


sdizione del giudice adito. -(Omissis). 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 agosto 1963, n. 2211 -Pres. 

Varallo -Est. Fresa -P.M. Gedda (conf.) -Boriali (avv. Ro


manelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Graziano). 

,!\mministrazione dello Stato -Rappresentanza in giudizio -Erronea 
citazione di organo di amministrazione non legittimata alla. causa 
',,_ Rinnovazione dell'atto -Ammissibilit�. 

(1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 4). 
A qualunque autorit� statale venga notificata la citazione, 
il relativo giudizio deve ritenersi efficacemente iniziato, salva la 
necessit� di rinnovare l'atto nei confronti dell'autorit� qualificata 
e sempre che l'eccezione �venga ritualmente proposta, poich� 
nell'errore di identificazione della persona alla quale va 
notificato l'atto introduttivo del giudizio, di cui all'art. 4 l. 25 
marzo 1958, n. 260, deve rit�nersi compreso anche l'errore di 
notificazione ad un ministero invece che ad un altro. Quando 
tale errore venga eccepito ed accertato, la sola conseguenza che 
ne deriva � l'assegnazione di un termine per la rinnovazione 
dell'atto, a norma del terzo comma del citato art. 4 l. 25 marzo 
1958, n. 260 (1). 

(1) Conf. Cass. 31 ottobre 1961, n. 2520, Foro it., Rep., 1961 v. Amm. 
dello Stato, col. 79, n. 54. L'assunto della Suprema Corte regolatrice 
che solo una � rigorosa interpretazione letterale � dell'art. 4 1. 25 marzo 
1958, n. 260 porterebbe a circoscrivere la speciale sanatoria ivi prevista 
ai casi di erronea citazione della persona chiamata a rappresentare legalmente 
in giudizio l'Amministrazione legittimata alla causa non sembra 
esatto, poich� proprio il testo sostituito al primo comma dell'art. 11 
T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611 dall'art. 1 della legge in questione 
continua a parlare di notificazione della citazione e dei ricorsi � alle 
Amministrazioni dello Stato�, il che dimostra che dalla ratio della legge 
modificatrice � stato rispettato il principio fondamentale (v. art. 1 T.U. 
30 �ttobre 1933, n. 1611), secondo il quale lo Stato �non si rivela mai 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 gennaio 1964, n . 263 -
Pres. Fibbi -Est. Arienzo -P.M. Criscuoli (diff.) -Consorzio 
di bonifica del padula di Fucecchio (avv,. Giuliani) c. 
Amministrazione Finanze (avv. Stato Lancia). 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici � Contabilit� generale 
dello Stato � Contratti � Procedimento per l'aggiudicazione � Asta 
pubblica e licitazione privata � Verbale di aggiudicazione � Succes� 
siva stipulazione � Non � necessaria. 

(r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3, 4 e 16; r. d. 23 maggio 1924, 
n. 827, artt. 63-90, 93-100, 102). 
Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici � Contabilit� generale 
dello Stato � Contratti � Stipulazione a trattativa privata. 

(r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 6, 17; r. d. 23 maggio 1924, n. 
827, artt. 92-94, 96, 99-102). 
Nei contratti stipulati dalla pubblica amministrazione nelle 
forme dell'asta pubblica o della licitazione privata il verbale 
di aggiudicazione non � un atto preparatorio, ma l'atto conclusivo 
del procedimento e, per espressa disposizione di legge (art. 
16,comma quarto, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440), equivale per 

nella sua intierezza '~. ma sempre opera attraverso ({ c�ntri di riferimento
�, in cui vengono istituzionalmente raggruppati i suoi diversi 
interessi (SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1955, 158; 
in giurisprudenza: Cass., 17 luglio 1947,, n.' 1127, Giur. compl. Cass. Civ., 
1947, I, 164; 17 agosto 1951, n. 2531, F�ro it., Rep. 1951, v. Amm. dello 
Stato, ecc., c. 57, nn. 48-49; 16 ottobre 1953, n. 3392, Giust. Civ., 1953, 
3251, con nota di riferimenti). Da questo principio sarebbe discesa, appunto, 
l'esigenza di distinguere fra legittimazione al processo e legittimazione 
alla causa. (cfr., infatti, Cass., 17 luglio 1947, n. 1127 cit., 
Giur. compl. Cass. Civ., 1947, I, 164 e segg. con nota del SANDULLI). La 
Suprema Corte regolatrice ha ritenuto, invece, che la ratio della legge 
modificatrice si estenda � ad eliminare le conseguenze di ogni errore 
di identificazione�, in relazione alla �enorme difficolt� che alcune volte 
si incontra nello stabilire non � tanto la persona che rappresenta un 
determinato organo quanto la legittimazione di un organo . rispetto 
ad un altro"� 


490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ogni effetto giuridico al contratto, non occorrendo ulteriori formalit� 
intese ad attuare gli elementi essenziali del negozio (1). 

(1) Conf. Cass., 9 ottobre 1956, n. 3421, Giust. civ., Mass. Cass. 1956, 
1159; Cass., 21 febbraio 1958, n. 571, Giust. civ. 1958, I, 407; Cass., 23 
aprile 1959, n. 1223, Foro amm., 1959, II, 1, 150. 
(1-2) Osservazioni in tema di formazione dei contratti dello Stato. 

I -Occupandosi dei contratti disciplinati dalla legge di contabilit� 
generale dello Stato, la sentenza in rassegna definisce il verbale di 
aggiudicazione l'atto conclusivo del procedimento di formazione del 
contratto ed in tal senso parla di aggiudicazione anche per i contratti 
conclusi a trattativa privata, purch�, beninteso, vi sia stata una gara, 
sia pure non formale, essendo funzione propria dell'aggiudicazione accertare 
e prodamare l'offerta migliore e l'offerente prescelto. Tutto ci� 
pare esatto, anche se non esauriente. Giova anzitutto avvertire che, riguardo 
alla stipulazione del contratto, non � il caso di parlare pi� 
di procedimento, come fa la sentenza, ma <;i tratta, pi� propriamente, 
di un problema di forma (viceversa non di forma, ma di procedimento 
deve correttamente parlarsi a proposito dell'iter formativo del contratto 
(SANDULLI, Spunti sul regime dei contratti di diritto privato della P.A., 
Foro it., 1953, I, 1586). 

L'aggiudicazione viene definita l'atto terminale del procedimento di 
scelta del contraente, che abbia avuto esito positivo (RoEHRSSEN, I contratti 
della pubblica amministrazione, Bologna, 1961, 285). Ad essa (SANDULLI, 
Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1955, 298) si attribuisce 
natura di atto di ammissione, esattamente negata, invece, (RoEHRSSEN, 
op. cit., 239) all'invito alla gara formale (come sostenuto da taluno, cfr. 
PERINI, La responsabilit� civile dell'Amministrazione durante le operazioni 
di gara pubblica, Foro pad., 1955, III, 56). 

A norma dell'art. 16, quarto comma, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, 

�i processi verbali di aggiudicazione definitiva in seguito ad incanti pub


blici o a private licitazioni equivalgono per ogni legale effetto al con


tratto�. Ci� induce l'interprete ad approfondire ulteriormente la funzione 

dell'aggiudicazione in una pubblica gara. Secondo una esplicita giuri


sprudenza della Corte di Cassazione sarebbe �l'asta... il momento del


l'incontro dei consensi tra l'Amministrazione che ha preparato il contratto 

coi patti e con le condizioni che sono espressi nell'avviso d'asta e il 

privato che questi patti e cond�zioni accetta col fatto stesso di parteci


pare all'asta � (Cass., Sez. Un., 29 luglio 1941, n. 2402, Foro �t., 1942, I, 

358; Cass. 8 luglio 1946, n. 802, Giur. Compl. Cass. Civ., 1946, 2�, 191; 

Cass., 5 luglio 1951, n. 1761, Id., 1952, I, 475). 

Nel solco di tale insegnamento si ritrova in dottrina l'affermazione 

che � i pubblici incanti determinano una gara di accettazioni della 

proposta di contratto fatta dall'Amministrazione; ogni accettazione pi� 

favorevole elimina la precedente. Al momento della chiusura della gara, il 

contratto, ove siano dichiarate compiute le altre formalit� prescritte, 

� concluso e la specificazione dell'altro contraente � automatica, in 

quanto � data da colui che ha fatto l'offerta pi� favorevole� (SEPE, Con


tratti della pubblica amministrazione, Enciclopedia del diritto, voi. IX, 

Milano 1961, 1008). Ma una gara di accettazioni, di cui la pi� favorevole 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Quando il verbale di aggiudicazione non tenga luogo del 
contratto, avvenuta la definitiva aggiudicazione, si procede nel 

elimini le precedenti, non � neppure concepibile, se si tenga per fermo 
che, data una certa proposta, non vi possono essere accettazioni della 
medesima che siano diverse tra loro {un'accettazione non conforme alla 
proposta equivale a nuova proposta: cfr. art. 1326, ult. comma, e.e.). 

Epper�, poich� non v'� proposta, che non sia completa di tutti gli 
elementi del futuro contratto, sembra il caso di precisare che l'offerta del 
concorrente, facendo proprio il progetto di contratto e completandolo 
nella parte relativa al suo importo, integra precisamente la 
proposta di contratto (cfr. App. Firenze, 23 luglio 1954, Foro Pad., 1955, 
I, 928). 

Quando vi sia pubblica gara, l'aggiudicazione, adunque, per espresso 
�isposto di legge, coinvolge anche la stipulazione del contratto, come 
fenomeno rilevante per il diritto privato. Deve qui subito avvertirsi, per�, 
a riprova della peculiarit� della materia, che tale stipulazione non esaurisce 
il �procedimento� contrattuale della P.A., poich� la legge eleva 
il riesame discrezionale (ossia puntualizzato al pubblico interesse da 
perseguire) del contratto dello Stato, da parte dello stesso Ministro preposto 
al dicastero interessato, ad elemento costitutivo della fattispecie 
d�gli effetti del contratto, vincolanti per la .P.A. (art. 19 r.d. 18 novembre 
1923, n. 2440; art. 337, comma primo, 1. 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. F; sul punto v. Relazione Avvocatura deUo Stato, 1942-1950, vol. II; 
Roma 1953, 452 e segg.; Id., 1951-1955, vol. I, Roma 1957, 914 e segg.; 
ld.,.1956-1960, voL III, Roma 1961, 101 e segg.). Nel caso di cui innanzi, 
si parla impropriamente, a rigore, di ulteriore stipulazione del contratto, 
per alludere ad un fenomeno di riproduzione del negozio ( cfr. RUBINO, 
Sulla natura deL verbaLe di aggiudicazione ecc., Giur. compL. Cass. Civ., 
1946, 2�, 195; ROEHRSSEN, op. cit., 295-297). 

Si � contestato in dottrina che l'aggiudicazione abbia la cennata, duplice 
funzione, affermandosi che essa � solo un atto amministrativo, avente 
natura di dichiarazione di rappresentazione, poich� la volont� contrattuale 
dell'Amministrazione sarebbe gi� stata enunciata nel bando di gara: l'Amministrazione 
�con il bando fa la proposta di contratto e nel contempo 
dichiara di accettare come contraente colui che dal meccanismo della 
gara sar� indicato come autore dell'offerta pi� vantaggiosa. Con l'aggiudicazione 
un organo speciale dell'Amministrazione stessa indica qual'� 
l'offerta pi� vantaggiosa e pertanto con l'emissione della dichiarazione relativa 
la proposta dell'Amministrazione si perfeziona nel suo iter di atto 
a formazione successiva� (GIANNINI, L'attivit� amministrativa, Corso di 
lezibni, Citt� di Castello, 1962, 69). Quest'ultima proposizione rinnega 
l'assunto iniziale, poich� ammette che la dichiarazione di aggiudicazione 
abbia anche natura negoziale, . allorch� completa la proposta, ossia, dato 
che non � possibile parlare di proposta incompleta, la forma. Per questa 
dottrina l'aggiudicatario, a sua volta, � con la domanda di ammissione 
alla gara... ha dichiarato implicitamente che accetta la proposta dell'Amministrazione 
se l'organo di gara acclarer� che la sua offerta � la pi� 
vantaggiosa. Si pu� ritenere che si abbia qui una dichiarazione di 
accettazione sotto condizione sospensiva, all'avveramento della quale 
la dichiarazione stessa acquista efficacia� (GIANIDNI, op. cit., 69-70); ma 
questa configurazione oblitera che non � possibile parlare di accettazione 
di una proposta non ancora formata e di accettazione condizio



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pi� breve termine alla stipulazione del contratto (art. 88 r.d. 
23 maggio 1924, n. 827). Ci� avviene nei contratti a trattativa 

nata e per giunta, in definitiva, ad una offerta dello stesso accettante. 
Mentre dal testo riferito non emerge chiaramente chi sia� l'autore 
della� proposta e quello dell'accettazione, questa stessa dottrina conclude, 
comunque, che � il contratto si perfeziona tra le parti con la 
dichiarazione di aggiudicazione� (GIANNINI, op. cit., 70). 

Nella trattativa privata, anche se una gara non formale vi sia stata 
e, quindi, sia il caso di parlare ancora di aggiudicazione, come fa la sentenza 
in rassegna, la funzione di quest'atto resta solo quella, amministrativa, 
di concludere il procedimento di scelta liberamente adottato 
dall'Amministrazione (in ci� autolimitando, per il miglior perseguimento 
del pubblico interesse alla scelta del contraente, il suo p�tere discrezionale, 
non assoggettato dalla legge ai vincoli previsti per gli altri 
procedimenti di scelta), accertando chi �. il vincitore della gara; la 
dichiarazione negoziale della P.A. resta distaccata dall'atto amministrativo 
conclusivo del cennato procedimento, mentre nell'altra ipotesi � ad 
esso contestuale, anche se idealmente distinta. Con tale dichiarazione la 

P.A. compie un atto che acquista rilevanza negoziale di diritto privato, 
pur senza ancora vincolarla agli effetti del contratto. A questo proposito 
giova fare qualche avvertenza. Quando si dice che la P.A., stipulando un 
contratto con un privato, si pone su un piede di parit� col medesimo, rinunziando 
alla sua posizione di supremazia (cfr~ FAVARA, Sulla disciplina 
dei contratti di diritto privato stipulati dalla P.A., Studi Eula, Milano 1957, 
443), si allude, e non pu� che alludersi, rettamente, al fenomeno per cui 
�il privato contrente rimane assoggettato alla preminenza dell'Amministrazione 
proprio e solo in virt� della sua stessa volont� � (ROEHRSSEN, 
op. cit., 26). Questa preminenza, tuttavia, anche a contratto �oncluso, 
� innegabile ed � inequivoc;abilmente sancita dalla legge, allorch�, come 
si � accennato, statuisce che i contratti dello Stato � non sono obbligatori 
per l'amministrazione finch� non sono approvati dal mini~tro 
o dall'ufficiale all'uopo delegato e non sono eseguibili che dopo l'approvazione
� (art. 19, comma 1�, r.d. n. 2440 del 1923; v. anche art. 337 
I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F); che � per gravi motivi di interesse 
pubblico o dello Stato, il Ministro o l'autorit� delegata per l'approvazione 
pu� negare l'approvazione ai contratti, anche se riconosciuti regolari � 
(art. 113, comma 1�, r.d. 23 maggio 1924, n. 827); che in caso di mancata 
approvazione entro il termine eventualmente stabilito nel capitolato d'oneri 
o nello schema del contratto (� quello che segue lo svolgimento della 
gara ed � gi� firmato dal contraente privato: art. 5, comma 4�, r.d. 
n. 2440 del 1923, epper� non va confuso col progetto di contratto: art. 5, 
comma 1�, r.d. citato), non compete al privato contraente altro diritto 
che � di essere liberato da ogni suo impegno � senza poter pretendere 
�compenso di sorta� (art. 114 r.d. n. 827 del 1924; per gli appalti delle 
opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici v. art. 4 Cap, Gen. 
appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, ove si prevede il diritto al rimborso 
delle sole spese contrattuali in caso di recesso dell'appaltatore 
per mancata approvazione del contratto entro sessanta giorni dalla da.ta 
di stipulazione dello stesso). Tutto ci� pu� spiegarsi agevolmente. Il 
problema dell'attivit� contrattuale statale non �, infatti, e non pu� 
essere, problema di declassificazione di scopi ed interessi, che rimangono 
sempre pubblici, ma soltanto di mezzi o strumenti operativi. 
I 


I 
I 
:: 
l 



PARTE I, SEZ, III; GIURISPRUDENZA CIVILE 

privata, i quali possono essere stipulati, a norma dell'art. 17 

r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, oltre che col procedimento pub-
Quando si contrappone, pertanto, autonomia a discrezionalit� e si afferma, 
tuttavia, che, una volta deliberato il contratto e il relativo progetto 
e adottato il criterio di individuazione del contraente, l'Amministrazione 
� autorit�� si trasforma in Amministrazione � parte � di rapporti 
interprivati, che trattando col subditus non possieder�bbe pi� 
discrezionalit�, ma soltanto autonomia (GIANNINI M.S., La responsabilit� 
precontrattuale dell'Amministrazione pubblica, Studi in onor� di A.C. 
!emolo, vol. III, Milano 1963, 270), si dice cosa che non pu� condividersi. 
A rigore, l'atto di autonomia � solo quello del privato, mentre la P.A. 
non solo quando delibera di contrattare e, secondo le prescrizioni dell'ordinamento, 
adotta e segue un determinato procedimento di scelta 
del contraente, ma anche quando procede all'aggiudicazione o alla stipulazione, 
nei casi in cui essa sia necessaria, esercita sempre un potere 
discrezionale, ossia una scelta ordinata all'interesse pubblico da perseguire, 
e non gi� un potere libero da vincoli positivi. Quando l'Amministrazione 
non abbia gi� fissato nella scheda segreta prevista dall'art. 75 

r.d. 23. maggio 1924, n. 827 il suo giudizio sulla convenienza delle offerte, 
si ritiene evidente il potere dell'Ente � di accertare se con l'aggiudi.
cazione il suo interesse sia equamente tutelato e di rifiutarla quando 
riscontri che l'accettazione dell'offerta migliore lo condurrebbe a sottostare 
ad una perdita economica� (ROEHRSSEN, op, cit., 287). Poich� 
Ie gare bandite dall'Amministrazione hanno lo scopo di mettere lo 
Stato in grado di scegliere le ditte capaci di offrire le condizionr realmente 
pi� convenienti al perseguimento dell'�nteresse pubblico, non � 
ammissibile che sussista l'obbligo di effettuare l'aggiudicazione anche 
quando le offerte siano giudicate non accettabili. Cos� il Consiglio di 
Stato ha ritenuto che la P.A. ha facolt� di non effettuare l'aggiudicazione, 
quando il numero delle offerte valide presentate sia tanto limitato, 
da non offrire garanzia che l'opera o la fornitura saranno eseguite 
alle migliori condizioni possibili (Sez. VI, 31 dicembre 1955, n. 932, 
Foro amm., 1956 I, 3, 154 e seg.), ovvero quando un concorrente abbia 
presentato offerte tanto basse, da far temere la preconcetta volont� 
della ditta di sfuggire agli obblighi contrattuali (Sez. VI, 31 dicembre 
1955; n. 931, Ibidem, 154). E la Corte di Cassazione a Sezioni Unite 
(sentenza 25 giugno 1953, n. 1950, Foro it., Repertorio 1953, v. Ammini.
strazione dello Stato e degli enti pubblici, c. 73, n. 83) ha ribadito che 
il concorrente ad una licitazione privata, che abbia fatto l'offerta pi� 
vantaggiosa, ma non abbia conseguito l'aggiudicazione, non ha azione 
davanti al giudice ordinario per chiedere il risarcimento dei danni, non 
essendo ancora titolare di un diritto subiettivo perfetto (cfr., infatti, 
Sez. Un., 31 ottobre 1958, n. ~586, Giur. it., Mass. 1958, 826; 16 ottobre 
1962, n. 2998, Id., 1962, 1006). A prescindere da un procedimento formale 
di scelta del contraente, � innegabile il potere dell'Amministrazione 
di non stipulare il contratto, se_ ci� sia contro il pubblico interesse 
(RoEHRSSEN, I contratti deLla P.A. cit. 299; su tutta la questione 
si vedano anche le osservazioni del CAPACCIOLI, in Foro Amm., 1956, II, 
1, 380). 
Se di atto di autonomia della P.A. si vuol parlare, isolando per un 
istante l'esteriore dichiarazione, concorrente a formare il consenso contrattuale 
(artt. 1321, 1325 e 1326 e.e.) (e si ricordi che la privata auto



494 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

blico amministrativo prescritto per le aste e per le licitazioni 
private, anche nelle particolari e pi� semplici f�rme di cui al



nomia � � fenomeno logicamente correlativo a quello di sfere individuali 
dei singoli�, BETTI, Teoria gen. del negozio giuridico, Torino 1943, 
36; � � attivit� e potest� creativa, modificativa o estintiva di rapporti 
giuridici fra privato e privato i>, BETTI, op. cit., 39), � il caso di precisare, 
allora, che la c.d. autonomia privata della P.A. coinvolge, sempre, 
non gi� come motivazione unilaterale epper� irrilevante, ma come 
presupposto e condizione legale, la discrezionalit� amministrativa, ossia 
�una scelta puntualizzata, ordinata ad un interesse predeterminato 
dalla norma i> (GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, vol. I, Milano 
1950, 292). I momenti d� tale discrezionalit�, a partire dalla deliberazione 
di contrattare, fino a giungere all'ammissione del singolo 
privato prescelto, (cfr. RoEHRSSEN, I contratti della P.A., cit., .34) costituiscono 
presupposti di validit� della dichiarazione negoziale, rilevante 
per il diritto privato, ed un atto amministrativo squisitamente discre; 
zionale, l'approvazione ministeriale (cfr. Relaz. Avvocatura 'Stato, 19421950, 
vol. II, Roma 1953, 454 e segg.; Id., 1951-'1955, vol. I, Roma 1957, 
916 e segg.; Id., 1956-1960, vol. III, Roma 1961, 103) ne condiziona l'obbligatoriet� 
per la P.A. Anche a proposito della trattativa privata una 
�autonomia� della P.A., che incontrerebbe soltanto il limite � rappre


I

sentato... dalla convenienza dell'ente, per cui non pu� stipulare contro 
il proprio interesse i> (Cass., Sez. Un., 28 settembre 1955, n. 2658, Foro it., 
1956, I, 1142-1143), non � null'altro che scelta ordinata ad un interesse 

1II 

pubbico. In proposito, il Consiglio di Stato non ha mancato di chia


.

rire che la trattativa privata si differenzia dalla� licitazione privata e dall'asta 
pubblica solo perch�, mentre queste ultime si articolano in un , 
procedimento formale, legislativamente previsto, nella prima vige la 
massima libert� di forme (Cons. Stato, Sez. V, 18 ottobre 1963, n. 870, 


Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1368); ma questo c.d. principio della libert� 
delle forme non significa che le dichiarazioni di . volont� emesse 
dall'amministrazione in tale fase non possano avere e non abbiano natura 
di atti amministrativi, ma soltanto che la P.A., nello svolgimento 
della trattativa, � gode di un'ampia potest� discrezionale di determinazione
� {Cons. Stato, Sez. V, dee. cit., loc. cit.; v. anche Ad. Plen., 28 
gennaio 1961, n. 3, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 8), con la conseguenza 
che �la circostanza che l'offerta di una ditta... sia stata esaminata 
e confrontata con quella di �altre fa sorgere un interesse legittimo dell'offerente 
ad impugnare il provvedimento mediante il quale si � conclusa 
la trattativa privata con la scelta di un'altra dittai> (Cons. Giust. 
Amm. Reg. Sic., 6 luglio 1963, n. 197, Il Consiglio di Stato, 1963, t 1145-1146). 

Bene � stato osservato, in proposito, sulla scorta di un ammonimento 
sempre attuale del �MANTELLINI (Lo Stato e il codice civile, voi. I, 
Firenze 1880, 47; vol. II, Firenze 1882, 353 e seg.), che lo Stato non pu� 
mai esser riguardato come privato cittadino (FRANCHINI, Pubblico e privato 
nei contratti della P.A., Riv. trim. dir. pubbl., 1962, 37); che l'attivit� 
svolta dagli enti pubblici nella sfera del diritto privato � posta 
sotto il segno del diritto pubblico '> (MIELE, Principi di diritto amministrativo, 
voi. I, Padova 1960, 33 e seg.); che � unica � la personalit� 
dello Stato e unico � l'interesse pubblico che sovrasta le attivit�. 
di diritto pubblico e di diritto privato i> (ROEHRSSEN, I contratti della 
P.A., cit., 32; v. anche P1cozz1, La contabilit� di Stato, Torino, 1960, 162; 


PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 495 

l'art. 17 citato e sono redatti dai funzionari designati a rappresentare 
l'amministrazione e a fungere come ufficiali roganti 

'li 

App. Firenze, 23 luglio 1954, Foro pad., 1955, I, 927), onde non appare 
dubbio che � � alle norme di diritto pubblico che bisogna far capo per 
accertare la capacit� giuridica dell'ente e la sua capacit� d'agire (la 
quale ultima serve a stabilire quale sia il funzionario competente alla 
stipulazione), il procedimento per la formazione e la dichiarazione di 
volont� dell'ente, gli speciali controlli preventivi dalla legge previsti� 
(Cass., 6 giugno 1962, n. 1364, Giust. Civ., 1963, I, 427; v. anche, sul punto, 
ROEHRSSEN, op. cit., 19, 21" e 33 e seg.; FRA~CHINI, op. cit., 46 e segg.; 
FAVARA, op. cit., 443 ~ seg) ed � concepibile, anche. dopo l'approvazione 
del contratto, una sua invalidit� derivata (VITTA, Diritto amministrativo, 
voi. II, Torino 1950, 328; GIANNINI, L'attivit� amministrativa, cit., 
27 e 50). Ed � consolidato insegnamento della Suprema Corte regolatrice 
che � la violazione di norme dettate esclusivamente nell'interesse 
della P.A. o nell'interesse generale non d� luogo ad azione di risarcimento 
dei danni a favore del privato� (Cass., 10 ottobre 1962, n. 2911, 
Giur. it., Mass. 1962, 982).

Il. -Ripudiata la concezione, contraddetta dal diritto positivo, 
secondo cui la discrezionalit� amministrativa si esaurirebbe �in sede 
di deliberazione di contrattare� (GIANNINI M. S., L'attivit� amministrativa 
cit., 61), appare altres� inaccettabile l'affermazione che �una volta 
intrapri::so un procedimento contrattuale, il comportamento dell'Amministrazione 
� regolato interamente dal principio della buona fede, in 
quanto comportamento di diritto privato comune � (GIANNINI M.S., Resp. 
precontr. dell'Amministrazione pubblica, cit., 293). Deve, 'Viceversa, replicarsi 
che, fino a che il concreto contratto non sia stato, attraverso l'iter 
di cui si � fatto cenno, ritenuto strumento idoneo al perseguimento del 
pubblico interesse ed approvato, il comportamento della P.A. statale non 
potr� mai qualificarsi di diritto privato comune. E' vano far leva sul 
concetto di controllo, per sminuire l'importanza peculiare ed inconfondibile 
del particolare istituto dell'approvazione, quale delineato nella 
legge di contabilit� di Stato, ed � vano metter l'accento sulla diversit� 
dell'organo �contraente� e dell'organo �competente all'approvazione�, 
per affermare che � i due organi non esprimon� la medesima volont�, 
nl� curano i medesimi interessi�, qualificando erronea l'affermazione 
che il contratto soggetto ad approvazione obblighi il privato, ma non 
l'amministrazione (GIANNINI, L'attivit� amministrativa cit., 79). La verit� 
� che la. legge attribuisce alla stessa amministrazione statale contraente 
il potere di disapprovare il contratto e nega alla controparte 
ogni diritto, finch� tale approvazione. non sia intervenuta. Qualificare 
erronea la legge non sembra producente sul piano della obiettiva 
;ricerca della realt� giuridica, cos� come non appare producente fare 
tout court della discrezionalit� amministrativa in questo campo uno 
pseudo-Problema (GIANNINI M.S., Respons. precontr. dell'amm. pubbl.
cit., 268). 

Per l'esatta comprensione dell'estraneit� all'istituto dei contratti disciplinati 
dalla legge sulla contabilit� generale dello Stato, designati 
fra i contratti �ad evidenza pubblica� (GIANNINI M.S., L'attivit� amministrativa 
cit., 47), del problema della responsabilit� precontrattuale (cfr. 
Cass., 20 aprile 1962, n. 792, Giur. it., Mass. 1962, 285; v. anche le osservazioni 
del LENER in nota a Cass., 8 maggio 1963, n. 1142, Foro it., 1963, 


496 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(art. 101 r.d. 23 maggio 1924, n. 827), salvo l'intervento del notaio 
nella ipotesi che le parti contraenti ne facciano richiesta 
(art. 102 decreto citato) (2). 

I, 1699) pu� soccorrere, invece, proprio il rilievo della dottrina qui 
criticata, che il privato �sa, intraprendendo a trattare con l'amministrazione 
pubblica, di trovarsi in una situazione svantaggiosa, perch� la 
sequenza di formazione contrattuale, nelle sue varie fasi, � assoggettata 
al rischio dell'esercizio, da parte di una di talune autorit�, di poteri 
mediante i quali si pone in essere un atto o un fatto ostativo dell'ulteriore 
corso della sequenza, -in quanto o impeditivo degli eftetti 

o della rilevanza degli atti emanati o compiuti o estintivo degli effetti 
stessi; l'insicurezza del contrattare con l'amministrazione � quindi oggettiva
� (GIANNINI M.S., Resp. precontr. dell'amm. � pubbl. cit., 283). 
Il problema del retto uso di questi poteri non si risolve, affermand�, 
con evidente contraddizione, che, intraprendendo' un concreto procedimento 
contrattuale, l'Amministrazione statale assoggetta �il suo comportamento 
al diritto privato comune e, quindi, al principio della buona 
fede. E' vero, viceversa, che tutto il procedimento di formazione, esternazione 
ed approvazione della volont� dell'Amministrazione � regolato 
dal diritto pubblico, onde non vengono in discussione norme che tutelino 
direttamente l'interesse della controparte, come sono quelle (artt. 
1337 e 1338 e.e.), che estendono alla fase delle trattative e della formazione 
del contratto gli obblighi reciproci di correttezza di cui parla 
l'art. 1175 e.e. Difficilmente sembra contestabile (cfr. MESSINEO, v. Contratto 
(dir. privato), in Enciclopedia del diritto, vol. IX, Milano 1961, 
,892) l'esattezza del rilievo che �quando una norma giuridica assoggetta 
lo svolgimento di una relazione sociale all'imperativo della buona fede, 
ci� � un indice sicuro che questa relazione sociale si � trasformata sul 
piano giuridico in un rapporto obbligatorio, il cui contenuto si tratta 
appunto di specificare a stregua di una valutazione di buona fede �, 
onde � il contrario della buona fede in senso oggettivo si risolve nel 
concetto (oggettivo) di inadempimento � (MENG�NI, Sulla natura� della 
responsabilit� precontrattuale, Riv dir comm., _1956, II, 364). 
Parlare di uno specifico vincolo obbligatorio, governato da principii 
privatistici, che sorgerebe per l'Amministrazione statale nei confronti 
di soggetti privati per il solo fatto dell'inizio di un procedimento contrattuale, 
appare perci� inaccettabile, se � vero che neppure dal contratto 
formato la legge speciale consente che sorgano obbligazioni per lo Stato, 
fino a che non sia intervenuto l'atto discrezionale dell'approvazione,. 
e che le norme disciplinanti la formazione dei contratti statali sono 
poste a diretta tutela-dell'interesse pubblico e non gi� del privato contraente, 
a favore del quale possono sorgere soltanto posizioni di interesse 
legittimo (B.oEHRSSEN, I contr�tti della P.A. cit., 34). 

Il problema, pertanto, non � pi� di buona fede oggettiva, ma di 

(2) Sulla trattativa privata v. Cass., Sez. Un., 28 settembre 1955, 
n. 2658, Foro it., 1956, I, 1138 e segg.; Cons. Stato, Ad. Plen., 28 gennaio 
1%1, n. 3, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 8; Id., Sez. V, 18 ottobre 
1963, n. 870, fvi,. 1963, I, 1369. � 
L'insegnamento di massima della sentenza in rassegna offre lo spunto 
alle seguenti : 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 497 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 3 febbraio 1964, n. 272 -

Pres. Caizzi -Est. Sbrocca -P.M. Gentile (conf.). -Mini


stero Difesa-Esercito (avv. stato Santoro -Passarelli) c. So


ciet� Filatura cascami di seta (avv. Faraone). 

Prescrizione -Atti interruttivi -Idoneit� -Quando sussiste. 
{e.e., art. 2943). 

Danni di guerra -Carattere sussidiario del!a relativa normazione 


Fatto illecito -Risarcibilit� del danno secondo le norme del codice 

�ivile -Divieto del cumulo. 

O. 26 ottobre 1940, n. 1543, artt. 1 e segg.; d.lg. C.P.S. 6 settembre 
1946, n. 226, art. 1; ora 1. 27 dicembre 1953, n. 968, artt. 1 e segg.; 
e.e., art. 2043). 

correttezza amministrativa e, se si vuole, anche, di buona fede in senso 
soggettivo della persona preposta all'ufficio contrattante. Ora, a proposito 
dell'illegittimo uso di poteri discrezionali, deve ripetersi in questa sede 
che la situazione soggettiva di interesse legittimo de jure condito � tutelata 
soltanto con l'annullamento dell'atto in vista del quale essa sorge {CASETTA, 
L'illecito degli enti pubblici, Torino s.d., ma 1953, 27 e 139; v. anche Gu1cCIARDI, 
Risarcibilit� di interessi legittimi, Giur. it., 1'963, I, l, 1103 e segg.; 
pi� in generale v. FOLIGNO, La pretesa responsabilit� della Pubblica 
amministrazione per lesione di interessi legittimi, Foro it., 1'963, IV, 81 
e segg), mentre deve ribadirsi che non . esiste �per l'Amministrazione 
l'obbligo giuridico di portare a termine il procedimento di gara, cos� 
come non le si pu� negare il potere di non addivenire alla stipulazione 
per motivi di pubblico interesse {RoEHRSSEN, I contratti della P.A. cit., 
287 e 299). Neppure � lecito parlare di un legittimo affidamento del. 
privato nella validit� del contratto con lo Stato: � il vizio di legittimit� 
� non solo conoscibile, ma deve essere conosciuto da tutte le 
parti contraenti. Chi contratta con l'Amministrazione non pu� ignorare 
qual'� l'organo competente a deliberarne il contratto, quale quello competente 
a trattare e quello competente a concludere, n� pu� ignorare 
quali sequenze di atti debbansi seguire per perfezionare il contratto o 
quali clausole siano apponibili. Tutte queste statuizioni sono stabilit<; 
da norme giuridiche, l'ignoranza delle quali non � ammessa e non � 
opponibile... alla amministrazione contraente... anche se trattasi di atti 
che promanano non dalle parti contraenti insieme, ma dalla sola amministrazione
� (GIANNINI M.S., La resp. precontratt. cit. 276-277). Non � 
possibile, d'altronde, parlare di mala fede �nel contegno dell'organo 
contrattante, che induca in errore la controparte di media diligenza, 
senza coinvolgere un problema di dolo (MENGONI, Sulla natura della 
responsabilit� precontrattuale cit., 363), che, coerentemente con i principi 
della responsabilit� diretta, ii.on pu� avere come conseguenza oltre 
alla personale responsabilit� del funzionario anche quella della P.A. Di 
attivit� illecita degli agenti dell'Amministrazione, giuridicamente imputabile 
ad essi, come persone fisiche, nonch� all'Amministrazione medesima 
(art. 28 Cost.), pu� parlarsi ovviamente soltanto se ed in quanto 
si tratti, appunto, di attivit� di organi (v. nostri rilievi in questa Rassegna, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1 


.

I 

I ~ 

Perch� un atto sia idoneo ad interrompere la prescrizione 
di un diritto fatto valere in giudizio, � necessario che esso costituisca 
esercizio di quel diritto e non gi� di un diverso potere, < 
attribuito al soggetto ad altro titolo e con altro contenuto, sia 
pure in relazione alle stesse, obiettive circostanze di fatto. La 
domanda di concessione dell'indennizzo per danni di guerra non 
� idonea, pertanto, ad interrompere, sia pure nei confronti dello 
stesso Ministero e tanto pi� nei confronti �di altro, la prescrizione 
del diritto al risarcimento del danno per fatto illecito (1). 

La pretesa al risarcimento dei danni di guerra nei confronti 
dello Stato non si concreta in un diritto soggettivo. perfetto, 
ma nell'interesse legittimo ad una discrezionale erogazione (2). 

Le norme della legislazione sui danni di guerra susseguitesi 
nel tempo hanno avuto ed hanno tuttora una funzione meramente 
sussidiaria, epper�, se del danno, che secondo la legislazione 
speciale � considerato di guerra perch� occasionato da 
fatti di guerra, possa dimostrarsi la causa efficiente, imputabile 
all'atto di un terzo (e la conclusione � valida non solo per 

j

i danni alle cose, ma anche in materia di danno alle persone, 
come si desume dalla legge 10 agosto 1950, n. 648 sul riordina


I

mento delle pensioni di guerra), il danno stesso � anche risar


1964, 331, nota 2). Ma l'attivit� dolosa resta attivit� di persone fisiche e 
non diventa anche attivit� organica, non essendo concepibile e non potendosi 
formalmente imputare all'Ente pubblico altro che l'attivit� svolta 
per realizzare i suoi fini istituzionali, dai quali esula certamente quello 
di arrecare offese antigiuridiche a terzi (v. nostri rilievi in questa 
Rassegna, 1964, 106-107, nota 7; 318-319, nota 3). Pare appena il caso di 
avvertire, infine, che, se in linea di principio non � neanche sicuro che l'art. 
1359 e.e. possa applicarsi alle condizioni legali, a prescindere pure dalla disputa 
sulla natura dell'approvazione dei contratti dello Stato (su cui 

v. ROEHRSSEN, I contratti della P.A. cit., 342 e segg.)1 la quale perde, 
peraltro, buona parte del suo interesse in relazione alla valida critica 
mossa in dottrina alla distinzione fra elementi costitutivi e requisiti 
di efficacia del negozio (RUBINO, La fattispecie e gli effetti giuridici pre~ 
liminari, Milano, 1939, 59 e segg.; SCOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria 
deL negozio giuridico, Napoli 1950, 328 e seg., 373 e seg.), non pu� dubitarsi 
che, trattandosi, comunque, di un atto amministrativo, � essa non 
pu� essere superata od eliminata dall'accordo o dall'inerzia delle parti, 
rl� surrogata da equipollenti� (Cass., Sez. Un., 14 agosto 1953, n. 2736, 
Giur compi. Cass. Civ., 1954, 3�, 86; OLMI, I contratti della pubblica 
amministrazione e l'art. 1359 e.e., ivi, 88 e segg.; GIANNINI, La resp. 
precontr. cit., 290), mentre � La legge stessa ad esdudere un preteso 
diritto del privato alla vigenza del contratto (art. 19, comma primo, 
r.d. n. 2440 del 1923) e, quindi, la possibilit� di un risarcimento del 
danno in caso di mancata approvazione ( cfr. RoEHRSSEN, I contratti 
della P.A. cit., 341). 
FRANCO CARUSI 


PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 499 

cibile in base alle norme ordinarie, fermo, beninteso, il divieto 
di cumolo delle due liquidazioni, l'una per fatto di guerra e l'altra 
per responsabilit� da atto illecito e ferma, altre s�, la perdita 
dei benefici della legislazione speciale, qualora il danneg-' 
giato tenti di eludere il divieto anzidetto (3). 

(1) Cfr. Cass., 19 agosto 1955, n. 2545, Giust. civ., Mass. Cass., 1955, 
948, e Foro it., 1956, I, 915, e in part. 916, nella motivazione; 16 maggio 
1949, n. 1215, Foro it., Rep. 1949, v. Prescrizione in materia civile, c. 1283, 
n. 14; 23 gennaio 1959, n. 187, Giust. civ., 1959, I, 437; 25 marzo 1961, 
n. 681, Giust. civ., 1961, I, 975, ove si insegna che gli atti interruttivi 
della prescrizione ai fini dall'azione di risarcimento di danni ex contractu, 
non valgono ad interrompere la prescrizione del. diritto al risarcimento 
dei danni per responsabilit� extracontrattuale; 22 giugno 1962, 
n. 1597, in Foro it., Rep. 1962, v. Prescrizione in materia civile, c. 2152, 
n. 63, e, con la motivazione, in questa Rassegna, 1962, 150-151. 
(2) Conf. Cass., Sez. Un., 22 febbraio 1954, n. 491, Giust. civ., 1954, 
381; Cass. 9 maggio 1955, n. 1320, ivi, 1956, I, 513 e segg., con nota del 
FAVARA; Sez. Un., 15 novembre 1957, n. 4399, Giust. civ., Mass. Cass., 1957, 
1676-1677; 11 aprile 1958, n. 1190, Giust. civ., 1958, I, 1299-1300, con nota 
di richiami; Cass., 20 giugno 1959, n. 1954, Foro amm., 1959, II, 1, 397; 
9 settembre 1959, n. 2572, Giust. civ., Mass. Cass., 1959, 875-876; Sez. 
Un., 29 maggio 1962, n. '1293, ivi, 1962-648-649; 13 maggio 1963, n. 1179, 
ivi, 1963, 560. In dottrina CINNANTE, Risarcimento per danni di guerra 
e competenza giurisdizionale, Foro it., 1957, IV, 42 e segg.; SCARCELLA, 
Profili giurisdizionali ecc., Giur. it., 1957, I, 2, 134 e segg.; FAVARA, Contributo 
di ricostruzione, danni di guerra e legittimazione alla concessione 
cit., Giust. civ., 1956, I, 513 e segg.; RICCIO e PAOLUCCI, Il danno 
bellico (commento alla legge 27 dicembre 1953, n. 968), Padova, 1954, 
7 e segg. 
(3) Conf. Cass., Sez. Un., 22 febbraio 1954, n. 491, Giust. civ., 1954, 
381 e segg.; Cass., 8 novembre 1957, n. 4310, Foro it., 1957, I, 1929. 
CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 14 febbraio 1964 n. 334 -Pres. 
Fibbi -Rel. Di Majo -P.M. Tavolaro (diff.) De Luca (avv. 
Boccadamo) c. Amm. Prov. di Catania (avv. Floreno e Mineo). 

Opere pubbliche � Strada � Mutamenti di quota � Conseguente accesso, 
maggiormente difficoltoso, ai fabbricati � Danno permanente � Oh� 
bligo dell'indennizzo ai sensi dell'art. 46 legge espropriativa � Sussiste. 

Opere pubbliche � Strada � Mutamento di quota � Danno permanente� 
ai fabbricati frontisti � Indennizzo � Criterio di determinazione. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46). 
Procedimento civile � Consulente tecnico � Perizia � Valutazione nel gin� 
dizio di appello � Limiti. 
(c.p.c., artt. 453 e 465). 


500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La pubblica amministrazione, la quale, modificando le con


dizioni di una pubblica strada, sia pure per ragioni di interesse 

generale, elevi o abbassi il suolo stradale in modo da rendere 

l'accesso ai fabbricati, in relazione alla loro destinazione, sensi


bilmente pi� difficoltoso e meno agevole, � tenuta ad indennizza


re il privato che dalle dette modificazioni venga leso: ci� in base 

al principio generale contenuto nello art. 46 della legge sulla 

espropriazione per pubblica utilit�, dovendo ricondursi in tale 

norma, con criteri di analogia, tutte le ipotesi di dq,nno perma


nente alle private propriet� immobiliari, legato all'opera pub


blica da un nesso di causalit� obiettiva (1). 

L'indennizzo deve essere commisurato al danno effettivamente 

ed oggettivamente prodotto all'immobile, escluso ogni altro pre


giudizio economico, come quello relativo ad una industria che 

nell'immobile stesso veniva esercitata e che risulti interrotta o 

sospesa in seguito alla esecuzione dell'opera pubblica (2). 

L'art. 453 cod. proc. civ. (il quale prevede l'obbligo per il giu


dice di nominare un nuovo consulente tecnico in appello, se la 

pronuncia di primo grado sia fondata su accertamenti compiuti 

dal consulente) � compreso ~ra le norme sulle controversie in ma


teria di lavoro, per le quali viene predisposto una particolare di


sciplina che si esaurisce nell'ambito della subiecta materia e di 

quella relativa alle controversie di previdenza ed assistenza per 

il richiamo ad essa fatto dal successivo art. 465 cod. proc. civ., 

ma non pu� trovare applicazione nel pi� vasto campo delle inda


gini tecniche, concernenti controversie di diversa natura. Per 

queste ultime vale, invece, il principio che il giudice, pur 

avvalendosi della .attivit� ausiliaria del consulente tecnico, pu� 

apprezzare discrezionalmente il risultato delle relative indagini, 

anche in grado di appello ed a seguito di specifico gravame, senza 

essere per nulla vincolato all'obbligo di nuovi e ulteriori accer


tamenti (3). 

(1) Natura giuridica dell'interesse del frontista di strada pubblica. 
Con la sentenza, che si annota, la Corte Suprema ha confermato la 

interpretazione dell'art. 46 della legge sulle espropriazioni gi� adottata 

con precedenti decisioni. 

Era stato infatti ammesso l'indennizzo ex art. 46 allorch� dalla modificazione 
del tracciato di strade pubbliche derivava l'interclusione di 
un immobile (Cass. Sez. Un. 10 giugno 1936, Diritto Beni Pubblici, 1937, 
� 148); parimenti era stato riconosciuto il diritto allo indennizzo quando 

I 


dal mutamento .di livello di una strada erano derivate l'occlusione di un 
edificio o la menomazione della statica e dell'estetica (App. Roma. 12 
luglio 1947, Giur. eompl. e.e., Voi. XXIV, 325); l'indennizzo era stato 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 501 

(Omissis). -,.--Con l'unico mezzo, articolato in due censure, il 
ricorrente denuncia la violazione dell'art. 46 della L. 25 giugno 
1865 e dell'art. 453 cod. civ. e lamenta la contraddittoriet� della 
motivazione della sentenza di merito. 

Deduce che la Corte d'Appello non avrebbe potuto discostarsi 
dalle conclusioni del consulent.e tecnico, senza disporre una 
nuova consulenza di ufficio, e che, una volta riconosciuto che una 
�certa svalutazione� dell'immobile si era verificata, non poteva 
disattendere le conclusioni del consulente tecnico in base a considerazioni 
soggettive ed a valutazione arbitrarie e giungere a 

riconosciuto nel caso di interruzioni. a vie di comunicazioni per effetto 
della costruzione di una strada ferrata con danni a terreni per sistemazioni 
fluviali (rispettivamente Cass. Sez. Un. 18 marzo 1937, Diritto 
Beni Pubblici, 1937 540 e Cass. Sez. Unite 23 luglio 1939, ivi, 1938, 163). 

Il principio dell'obbligo dell'Amministrazione all'indennizzo � sostanzialmente 
riportato dalla giurisprudenza alla norma del � suum cuique 
tribuere � (Cass. 4 agosto 1945, Sett. Cass. 1946, 11 -per una critica 
in questa Rassegna, 1948, 1, 5). 

La dottrina si era proposta il quesitO gi� dalla fine del secolo 
scorso (tra i primi SCHULTZENSTEIN, op. Citata dal GUICCIARDI, n Demanio, 
Padova, 1934, 312 nota n. 3). 

Ci si era infatti domandati se il proprietario frontista si fosse trovato 
nella medesima situazione giuridica di un altro .utente della strada 
pubblica o se invece la sua situazione giuridica dovesse essere ritenuta 
diversa. 

L'esame di tale questione secondo una parte della dottrina (ALESSI 
R., La responsabilit� della Pubblica Amministrazione, Milano, 1951, 446 
nota 10) non avrebbe pregiudicato quella relativa all'indennizzo ai proprietari 
degli immobili latistanti i cui diritti sono lesi dalle modifiche ai 
beni demaniali. Secondo tale dottrina l'indennizzo non doveva considerarsi 
in relazione alla lesione del diritto di uso del bene demaniale sebbene 
per la lesione del proprio diritto di propriet� sul fondo frontista. 

Sulla questione � anche interessante seguire le note dottrinali nella 
bibliografia citata dal Guicciardi: Cfr. GABBA, IZ risarcimento dei danni 
arrecati ad edifici priv�ti per effetto di innovazioni introdotte nell'area 
pubblica, Giur. it. 1901, I, 1, 765 e segg.; ROMANO, Principi di dir. ammin., 
491 e Corso di dir. Amministrativo, 202 e seg.; MAIORANA, la Teoria del 
Dir. pubblici reali, 134 e segg.; RANELLETTI, Concetto, Na,tura e limiti del 
demanio Vol. V, 250 e segg. GIAQUINTO, La responsabilit� degli enti pubblici, 
407 e segg.; CAMMEO, Corso di Dir. Amministrativo, Vol. II, 1001; 
SALEMI, Natura giuirdica dell'uso comune, 86 e seg.; FERRARA, Trattato 
di Dir. Civ., Vol. 1, 766 e nota 1). 

Escluso che la posizione giuridica del frontista della strada pubblica 
� ancorch� il suo interesse all'uso della strada sia indubbiamente pi� 
spiccato e meglio qualificato che non l'interesse di qualsiasi altro cittadino> 
sia diverso dalla posizione di un quivis de populo, escluso quindi 
l'interesse giuridico del frontista in quanto utente sia quello di portatore 
di un determinato diritto e quindi di una determinata protezione e titolo 
giurisdizionale, si deve conseguentemente escludere che il motivo dell'indennizzo 
possa essere rapportato alla lesione di un tale interesse. 


502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 
riconoscere, in concreto, una svalutazione corrispondente al costo 
del raccordo tra il piano stradale e quello di calpestio dell'immo


I 

~

bile. :::: 

.?.j

Le censure sono infondate. 

Afferma il ricorrente che la Corte di Appello avrebbe dovuto 
nominare un proprio consulente ai sensi dell'art. 453 c.p.c. Il rilievo 
� erroneo, perch� tale precetto concerne le controversie di 
lavoro. In effetti questa Corte Suprema ha gi� avuto occasione di 
precisare al riguardo -e qui si conferma -che l'art. 453 cod. 
proc. civ. (il quale prevede l'obbligo per il giudice di nominare 

Ed infatti si � detto che la deminutio proveniva al frontista per effetto 
della lesione del suo diritto di propriet� menomato dal mutamento 
verificatosi nel bene pubblico �ella strada. 

Sarebbe interessante svolgere ulteriormente questo punto. Infatti � 
indubbio che il bene privato � immutato nella sua consistenza e che il 
mutamento si riferisce esclusivamente al bene pubblico. 

Si deve arguire che il diritto dominicale sulla strada pubblica deve 
ritenersi limitato da interessi giuridicamente protetti dei privati frontisti 
i quali finiscono col porre dei veri e propri limiti al bene pubblico 
attiguo ai beni di loro propriet�: il che non � previsto in nessuna norma 
dell'ordinamento giuridico positivo. 

La giurisprudenza che ammette l'indennizzo d� per implicito il postulato 
della particolare tutela dell'interesse privato, pur negando che il 
proprietario frontista si trovi in una posizione diversa da quella di altro 
utente (Gu1ccIARDI, Op. cit., 314). Secondo l'autore test� citato (op. citata 
317, 318) il frontista si pu� ritenere titolare talvolta di semplice interesse 
di fatto, tal altra di un interesse legittimo. I casi esemplificati sono appunto 
dell'autorit� comunale che abbia disposto la variazione del livello 
stradale e la trasformazione di una strada in una gradinata per modo che 
il frontista non possa pi� giungere con la sua automobile fino all'accesso 
della sua casa. In simile ipotesi se le variazioni accennate corrispondono 

j

alle esigenze ed agli interessi del pubblico, l'interesse da parte del fron-~ 
tista viene �sacrificato senza rimedio �. Viceversa se l'interesse pubblico 
� mal perseguito, �l'interesse individuale del frontista riveste la figura 
dell'interesse occasionalmente protetto e legittima il suo portatore ad 
impugnare l'atto amministrativo davanti alle giurisdizioni amministrative 
per ottenerne lo annullamento �. 


Poich� la risarcibilit� dell'interesse legittimo � da escludere, ne 
deriva che al proprietario frontista non spetti n� il risarcimento del danno 
n� l'indennizzo ex art. 46. 

Una indagine pi� approfondita, peraltro, non potrebbe non tener 
conto del particolare rapporto esistente tra le propriet� pubbliche e le 
propriet� private. 

Richiamandosi l'art. 46 della legge sulle espropriazioni appare rile


vante che il legislatore ha previsto l'indennizzo solo per quegli interessi 

che sono garantiti dall'ordinamento giuridico_ come diritti soggettivi. 

Si tratta quindi di verificare se il proprietaro frontista sia titolare 

di un interesse, assurto a diritto soggettivo, a mantenere la strada, lungo 

lu quale sorge l'immobile di sua propriet�, nello statu quo ante. 

Difatti posto che l'immobile sia di sua propriet� � rimasto immutato, 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

un nuovo consulente tecnico in appello, se la pronuncia di primo 
grado sia fondata su accertamenti compiuti da consulente) � compreso 
tra le norme sulle controversie in materia di lavoro, per le 
quali viene predisposta una particolare disciplina che si esaurisce 
nell'ambito della subiecta materia e di quella relativa alle 
controversie di previdenza ed assistenza, per il richiamo ad essa 
fatto dal successivo art. 465 cod. proc. civ. ma non pu� trovare 

e il mutamento si riferisce esclusivamente al livello stradale � evidente 
che l'eventuale lesione giuridica sorge per effetto della modificazione del 
piano e cio� del bene altrui. 

E' chiaro che qui non � discutibile il principio della responsabilit� 
per atto legittimo, ma � posta in discussione la natura dell'interesse del 
proprietario frontista. 

Come � stato post.o in rilievo dalla dottrina (v. tra gli altri VITTA 
C., Diritto amministrativo, voi. II 112, ed. 1955), non tutti gli interessi 
allegati e collegati al diritto di propriet� sono tutelati dall'ordinamento, 
� quando per la esecuzione dell'opera pubblica sia diminuita l'aria, la 
luce, il prospetto, donde consegue la diminuzione del valore della cosa � 
non � sicuro che l'indennit� sia riconosciuta � perch� niun proprietario 
di un fondo ha diritto che il vicino compia opere, le quali possano to-. 
gliergli tale utilit�, allorch� costui nel compiere le opere stesse osserva le 
distanze e le cautele imposte dalla legge �. 

Il punto decisivo quindi � la determinazione della natura dell'interesse 
del proprietario frontista. 

Se si esclude che egli sia titolare di un particolare diritto di uso 
sulla strada, se si esclude che egli abbia alcUn diritto soggettivo a mantenere 
1a strada nello statu quo ante, appare evidente che egli � solo 
portatore di un interesse che pu� solo occasionalmente coincidere con 
l'interesse pubblico, ma che se con esso non coincide non trova alcuna 
giuridica garanzia e tutela. 

Che il frontista abbia alcun diritto soggettivo 'rispetto al livello della 
strada appare escluso dall'ordinamento, che non prevede in nessuna sua 
norma un diritto del genere. 

Che egli potesse garantirsi di fatto rispetto ad innalzamenti e soproelevate, 
pu� apparire dalla scelta fatta al momento della edificazione. 

Se, per altro, di fronte all'edificazione del vicino privato egli era 
sfornito di interessi giuridicamente protetti, non� si vede perch� dovrebbero 
ammettersi interessi giuridicamente protetti allorch� il fondo confina 
con immobili di pubblica propriet�. 

Il suo rappresenta un interesse non giuridicamente tutelato ed � 
esclusa, pertanto, dall'ordinamento la sua indennizzabilit�. 

In definitiva non pu� non porsi in rilievo che accanto alla dominica 
potestas del privato � da porsi la dominica potestas dell'ente pubblico, 
il quale nella gestione del bene di sua propriet� trova solo limitazioni 
della coincidenza con il pubblico interesse: una volta soddisfatti i limiti 
sostanziali e formali imposti dall'ordinamento all'azione amministrativa, 
appaiono i propri diritti nella stessa pienezza che � attribuita e riconosciuta 
a quelli dei soggetti privati. 

ALDO ALABISO 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

applicazione nel pi� vasto campo delle indagini tecniche, concernenti 
controversie di diversa natura. 

Per queste ultime vale, invece, il principio che il giudice, pur 
avvalendosi dell'attivit� ausiliaria del consulente tecnico, pu� apprezzare 
discrezionalmente il risultato delle relative indagini, anche 
in grado di appello ed a seguito di specifico gravame, senza 
essere per nulla vincolato all'obbligo di nuovi e ulteriori accertamenti 
(sent. 1258 del 1962; 517 del 1963). 

Non sussiste poi il denunciato difetto di motivazione. 
Si tratta di stabilire l'eventuale diminuzione del valore venale 
dell'immobile in conseguenza del dislivello causato dai lavori 
di sistemazione della pubblica stra4a. 
Ora su questo punto decisivo della controversia la Corte di 
merito ha richiamato, a fondamento della sua decisione, l'esatto 
principio di diritto che la pubblica amministrazione, la quale, modificando 
le condizioni di una pubblica strada, sia pure per ragioni 
di interesse generale, elevi o abbassi il suolo stradale in 
modo da rendere l'accesso ai fabbricati, in relazione alla loro destinazione, 
sensibilmente pi� difficoltose e meno agevole, � tenuta 
ad indennizzare il privato che dalle dette modificazioni venga 
leso: ci� in base al principio generale contenuto nello art. 46 
della legge sull'espropriazione per pubblica utilit�, dovendo ricondursi 
in tale norma, con criteri di analogia, tutte le ipotesi di 
danno permanente alle private �propriet� immobiliari, legato all'opera 
pubblica da un nesso di causalit� -obiettiva: e l'indennizzo 

deve essere commisurato al danno effettivamente ed oggettivamente 
prodotto all'immobile, escluso ogni altro pregiudizio eco


I

nomico, come quello relativo ad una industria che nell'immobile 
stesso veniva esercitato e che risulti interrotta o sospesa in se


I 

guito alla esecuzione dell'opera pubblica (sent. 1810 del 1960). 
E alla stregua di tale principio, la Corte stessa, nell'analizzare 
gli elementi probatori acquisiti al processo, con logica e adeguata 
motivazione ha spiegato le ragioni del suo dissenso dal parere 
espresso dal consulente tecnico (le cui indagini erano state 
rinnovate in appello) puntualizzando essenzialmente che il dislivello 
tra la strada e la casa del De Luca era di proporzioni irrisorie 
per cui il danno risarcibile doveva essere contenuto nella 
somma di lire 50.000 quante appunto ne sarebbero occorse per la 
costruzione di un raccordo tra la strada ed il piano di calpestio 
di un vano adibito a custodia� di autoveicolo. La Corte di merito 
ha poi� esclusa la sussistenza di altri pregiudizi all'immobile, ditalch� 
riesce agevole scorgere che la censura investe apprezzamenti 
di mero fatto insindacabili in sede di legittimit�. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 febbraio 1964, n. 414 -
Pres. Pece -Est. Caporaso -P.M. Tuttolomondo (conf.) Comune 
S. Giuseppe Vesuviano (avv. Fragola) c. Annunziata 
(avv. Villa): 

Espropriazione per pubblica utilit� -Giunta speciale per le espropriazioni 
per p.u. presso la Corte di appello di Napoli -Determinazione 
dell'indennit� di espropriazione � Formazione del giudizio � In� 

formazioni di carattere tecnico-professionale fornite dai membri 
tecnici della Giunta -Legittimit�. 

<r.d 17 aprile 1921, n. 762, art. 12). 
Alla formazfone del giudizio sul valore dell'immobile espropriato, 
demandato alla Giunta speciale per le espropriazioni per 
pubblica utilit� presso la Corte. d'Appello di Napoli, possono 
legittimamente concorrere le notizie di carattere professionale 
e di dati obiettivi forniti dai tecnici che compongono la Giunta 
medesima (1). 

(1) La sentenza in rassegna sottolinea che trattasi di �attivit� di 
giudizio�, da non confondere �con quella istruttoria, che � viceversa 
un mezzo di prova, da compiersi nelle forme di legge ed in contraddittorio 
con le parti�. Pu� osservarsi, in proposito, che il giudice ha 
l'obbligo della valutazione critica delle prove, e che la premessa maggiore 
del sillogismo probatorio � costituita precisamente da una massima 
di esperienza o, a volte, da conoscenze non puramente empiriche, 
ma qualificate da valutazioni di carattere tecnico ( cfr. CARNELUTTI, Massime 
di esperienze ecc., in Riv. dir. proc., 1959, 639 e seg.). La conoscenza 
del mercato dei suoli edificatori �, appunto, di questo secondo 
tipo. Anche le conoscenze tecnicamente qualificate possono essere acquisite 
dal Giudice direttamente (cfr. PUGLIATTI, Conoscenza, Enciclopedia 
del diritto, voi. IX, Milano, 1961, 92). Ma, mentre normalmente 
il Giudice si avvale della collaborazione di consulenti tecnici, 
nel caso della Giunta speciale per le espropriazioni per p. u. presso la 
Corte di Appello di Napoli deve considerarsi che, per la sua composizione, 
essa deve compiere direttamente valutazioni di carattere tecnico 
e solo eccezionalmente, a norma dell'art. 12 r.d. 17 aprile 1921, n. 762, 
pu� avvalersi, per accertamenti e rilievi locali, dell'opera di persone 
tecniche estranee al Collegio, �quando lo ritenga assolutamente necessario 
e non crede di potere all'uopo provvedere a mezzo di uno o pi� 
dei suoi componenti�. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 7 aprile 1964, n. 771 -Pres. 
Mastropasqua -Est. Bartoloinei -P.M. Pedace (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Societ� Emme


. pigas (avv. Lecciso). 
Scrittura � Data certa � Determinazione � per relationem � .. Ammissi� 
bilit�. 
(e.e., art. 2704). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 


1


::: 

Pignoramento Opposizione di terzo � Prova del diritto sui beni pigno� 
rati � Autofattura � Irrilevanza. 
( c.p.c., artt. 619 e segg.). 

La data certa di una scrittura privata non autenticata, n� 
registrata, pu� essere desunta per relationem non solo quando il 
contenuto della scrittura sia riprodotta in un atto pubblico, ma 
da qualunque altro fatto, che, secondo una valutazione da farsi 
dall'interprete caso per caso, stabilisca in modo egualmente certo 
l'anteriorit� della formazione del documento (1). 

L'autofattura, come documento proveniente dallo stesso terzo 
opponente, non vale a costituire a favore del medesimo la prova 
del suo acquisto del vantato diritto di propriet� sul bene pignorato 
(2). 

(1) L'enunciazione contenuta nell'art. 2704 e.e. dei fatti in base ai 
quali la data della scrittura privata non autenticata n� registrata deve 
ritenersi certa e computabile rispetto ai terzi non � tassativa: cfr. Cass., 
14 ottobre 1961, n. 2139, Foro it., R�p. 1961, v. Scrittura, c. 2294, nn. 32~33; 
12 agosto 1963, n. 2296, ivi, 1963, voce cit., c. 2492, n. 19 ed in Riv. Leg. 
fisc., 1963, 2348. Se il documento che contiene la scrittura privata formi 
un unico corpus con il foglio su cui � stato apposto il timbro postale per 
la spedizione, la data risultante in modo chiaro e non equivoco dal timbro 
deve ritenersi come data certa della scrittura, ai fini della computabilit� 
di, fronte ai terzi. Infatti la timbratura eseguita in un pubblico 
ufficio deve considerarsi equivalente ad un'attestazione autentica che 
il documento � stato inviato nel medesimo giorno in cui essa ebbe luogo: 
cfr. Cass., 14 ottobre 1957, n. 3799, Foro it., 1957, I, 1772, in part. 
1773; 14 ottobre 1961, n. 2139, Foro it., Rep. 1961, v. Scrittura, c. 2294, n. 
33; 12 agosto 1963, n. 2296, ivi, 1963, voce cit., c. 2492, n. 19. In dottrina, 
sulla data certa, v. GIACOBBE, Data certa, Enciclopedia del Diritto, vol. 
XI, Milano, 1962, 700 e segg ed ivi letteratura e giurisprudenza. 

(2) Nel caso di specie, l'autofattura della Societ� (che aveva proposto 
opposizione di terzo riguardo al pignoramento di una macchina per 
scrivere eseguito dall'Amministrazione Finanziaria) con allegato scontrino 
di pagamento IGE a mezzo postagiro sul prezzo di acquisto del 
bene pignorato, recante il timbro a data dell'Ufficio postale, era stata 
completata dalla sottoscrizione, per quietanza, del venditore, epper� in


tegrava una scrittura di trasferimento di propriet� del bene medesimo 
a favore dell'opponente; ma la sentenza in rassegna ha osservato che 
� riferendosi il postagiro all'autofattura e non anche alla firma di quietanza, 
non pu� escludersi che la quietanza stessa in calce all'autofattura 
sia stata apposta e sottoscritta dal venditore irt epoca successiva alla 
data del postagiro. E poich�, nel caso, la sottoscrizione del venditore 
costituisce l'unica prova del perfezionamento della vendita, � ovvio come 
la data del postagiro non possa essere assunta come data certa del 
perfezionamento del negozio giuridico �. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 aprile 1964, n. 862 -Pres. 
Vistoso -Est. D'Amico .., �P.M. Silocchi (conf.) -Comune di 
Pianoro (avv. Vighi) c. Ministero dei Lavori Pubblici (avv. 
Stato Carbone}. 

Piano regolatore, di ricostruzione � Potere del Ministero dei Lavori 
Pubblici di sostituirsi ai Comuni nell'attuazione totale o parziale 
dei piani di ricostruzione � Facolt� di procedere all'espropriazione 
delle aree occorrenti a mezzo degli Uffici del G;enio Civile � Riguar� 
dano esclusivamente le opere di ricostruzione ancora da compie� 
re � Disciplina procedure esprop1iative � Estensione della sosti� 
tuzione. 

O. 25 giugno 1949, n. 409, artt. 11 e segg.; d.1.1. 1 ,marzo 1945, n. 154, 
art. 9). 
Espropriazione per p.u. � Accordi sulla misura dell'indennit� e sul tra� 
sferimento della propriet� dell'immobile � Natura � Effetti. 

O. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 25, 28). 
Ricostruzione � Beni degli enti pubblici locali, delle istituzioni pubbliche 
di beneficenza e delle Chiese parrocchiali e assimilate distrutti da 
eventi bellici � Intervento del Ministero dei Lavori Pubblici � Neces� 
sit� di ricostruzione in altra sede � Onere del costo delle aree espro� 
priande � Incidenza � Decorrenza. 

O. 26 ottobre 1940, n. 1543, art. 27 ; 1. 25 giugno 1949, n. 409, art. 11; 
1. 27 ottobre 1951, n. 1402, art. 15). 
Occupazione � Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione 
per p.u. � Scadenza del biennio � Mancato perfezionamento della 
procedura espropriativa � Illiceit� � Risarcimento del danno � Criteri 
di liquidazione � Incrementi di valore dell'immobile per effetto del� 
l'approvazione ed esecuzione di piano di ricostruzione � Computa� 
bilit�. 

O. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 42, 71 e 73; 1. 14 agosto 1942, n. 1150, 
artt. 37 e 38; e.e.; artt. 2043 e 2056). 
Il potere attribuito dall'art. 11 della legge 25 giugno 1949, n. 
409 all'Amministrazione dei Lavori Pubblici di sostituirsi ai Comuni, 
che non siano in grado per ragioni tecnico-finanziarie di 
provvedere direttamente all'attuazione totale o parziale dei piani 
di ricostruzione approvati ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 
1 marzo 1945, n. 154, nell'attuazione medesima a mezzo 
degli uffici del Genio Civile e l'onere di procedere a mezzo degli 
Uffici stessi all'espropriazione delle aree occorrenti, ricadenti nei 
limiti dei piani di ricostruzione, riguardano esclusivamente le 
opere non eseguite dai Comuni per difficolt� tecnico-finanziarie, 
operando la sostituzione anzidetta solo per l'avvenire. Non possono, 
pertanto, cedere a carico dello Stato le conseguenze di atti



508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vit� precedentemente svolte dai Comuni, come il pagamento di 
indennit� per espropriazioni gi� eseguite o il risarcimento del 

danno, qualora il Comune, ottenuto il decreto di occupazione temporanea 
e l'approvazione del piano di ricostruzione, abbia eseguito 
le opere senza condurre a tempestivo compimento la procedura 
espropriativa, che, a norma dell'art. 9 del decreto legislativo 
luogotenenziale 1 marzo 1945, n. 154, � assoggettata alle 
norme della legge 25 giugno 1865, n. 2359, salva la pi� rapida 
procedura prevista e disciplinata dai comma successivi dello stesso 
articolo (1). 

In entrambe le ipotesi di accordo sulla misura dell'indennit� 

o anche sul trasferimento della propriet� dell'immobile ass�ggettato 
ad espropriazione, il negozio si configura come negozio di 
diritto pubblico, quando il procedimento espropriativo ne abbia 
costituito il motivo determinante, nel senso che il proprietario 
dell'immobile sia stato indotto a cederlo per l'inevitabilit� del 
trapasso, che � senz'altro dimostrata se il piano di ricostruzione 
sia stato approvato (2). 

(1) Non risultano precedenti in termini. Per riferimenti sui piani di 
ricostruzione in genere v. Cass., 7 novembre 1963, n. 206, Foro it., Rep. 
1963, v. Piano regolatore ecc., c. 1997, .nn. 96-97; 8 maggio 1961, n. 1063, 
ivi, 1961, v. cit., c. 1857-1858, nn. 86-88; 22 ottobre 1958, n. 3396, ivi, 
1958, c. 1833-1834, nn. 73 e 82-86; 29 ottobre 1957, n. 4188, ivi, 1957, c. 
1858, nn. 24-26. Sull'intervento sostitutivo del Ministero dei Lavori Pubblici 
nell'attuazione del piano di ricostruzione v. Relazione Avvocatura 
dello Stato, 1942-1950, vol. III, Roma, 1953, 361 e 368; Id., 1951-1955, 
vol. II, Roma, 1957, 789; sui rapporti tra piano di ricostruzione e piano 

regolatore generale, v. GARGIULO, .Rapporti tra piano di ricostruzione e 
piano regolatore generale, in questa Rassegna, 1964, 339 e seg.). 

(2) La sentenza in rassegna precisa, per�, che �diversi sono gli effetti, 
a seconda che l'accordo abbia per volont� delle parti efficacia traslazione 
del diritto di propriet� o abbia soltanto per oggetto la misura 
dell'indennit�: nella prima ipotesi l'accordo va parificato ad una compravendita 
di diritto privato, nella seconda ipotesi, invece, l'accordo � condizionato 
alla conclusione del procedimento di espropriazione e resta quindi 
caducato se il procedimento non si perfeziona nelle forme previste dalla 
legge�, secondo Cass., 29 luglio 1961, n. 1840, Foro it., 1961, I, 1664: �affinch� 
gli accordi fra la pubblica amministrazione ed i privati, relativamente al 
trasferimento di beni espropriabili, possano considerarsi negozi di diritto 

pubblico, � necessario che essi si inseriscano nel corso di un procedimento 
espropriativo gi� in atto, in guisa da costituirne atti integrativi e 
perci� che tali accordi intervengano dopo la dichiarazione di pubblica 
utilit� dell'opera e l'inclusione dei beni nel piano di esecuzione. In mancanza 
di tale presupposto, non valgono a conferire il carattere pubblico 
al negozio la mera possibilit� dell'espropriazione o il proposit� di evitarla 
e neanche la comune previsione delle parti che il bene sia trasferito 
per essere destinato ad un'opera di pubblica utilit�, poich� tutto 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

L'art. 27 della legge 26 ottobre 1940, n 1543 disponeva che 
alla ricostruzione a carico dello Stato dei beni degli enti pubblici 
locali;. delle istituzioni pubbliche di beneficenza, nonch� delle 
chiese parrocchiali e assimilate, distrutti da eventi bellici, doveva 
essere pro'l?veduto dal Ministero dei Lavori Pubblici, e non prevedeva 
che fosse a carico dello Stato anche il costo delle aree 
occorrenti, qualora la ricostruzione dovesse avvenire in altra sede. 
L'onere delle somme afferenti al ripristino di opere pubbliche da 
eseguire anche in altra sede fu posto a carico dello Stato solo con 
le successive leggi 25 giugno 1949, n. 409 (art. 11) e 27 ottobre 1951, 

n. 1402 (art. 15), senza essere, peraltro, esteso alle ricostruzioni gi� 
effettuate, epper� l'acquisto delle aree, nell'ipotesi di ricostruzione 
degli edifici pubblici in altra sede, grava sullo Stato, senza possibilit� 
di recupero, solo a decorrere dall'entrata in vigore delle 
leggi predette (3). 
ci� attiene ai motivi dell'atto, valutabili nell'ambito della sfera dell'autonomia 
negoziale, e non alla causa del trasferimento, il quale si inserisce 
nel procedimento espropriativo e pu� considerarsi coattivo solo quando 
sia giustificato, a norma dell'art. 834 e.e., dalla destinazione effettiva del 
bene alla soddisfazione di un pubblico interesse in virt� dell'emanazione 
degli atti suindicati da parte della P.A. �. Trattandosi di negozi di 
diritto pubblico, � inesatto parlare di parificazione ad una compravendita 
privat�: v. nota di riferimenti sub 1 a Cass. 20 gennaio 1964, n. 108, in 
questa Rassegna, 1964, 322; v. anche, sull'argomento, la Relazione deH'Avvocatura 
dello Stato, 1951-1955, vol. II, Roma, 1957, 150-151. Per Cass., 
13 gt.gno 1959 n. 1811, Foro Amm., 1959, II, 1, 380 e segg., se gli accordi 
hanno per oggetto solo la misura dell'indennit� e �le altre condizioni� 
del trasferimento e siano stati intenzionalmente posti in essere � in vista 
e nel quadro � del procedimento espropriativo, si tratta di negozi di diritto 
pubblico e �concorrendo questa ipotesi, il cui accertamento implica 
una indagine di fatto,� non sindacabile in Cassazione, i detti accordi non 
hanno in s� e per s� efficacia traslativa e restano caducati, se il procedimento 
�non si perfezioni nelle forme previste dalla legge�. 

(3) L'eccezione al principio del recupero (totale o parziale, in trenta 
rate annuali costanti, senza interesse) dal Comune della spesa occorsa 
all'attuazione totale o parziale del piano di ricostruzione (in caso di 
sostituzione del Ministero dei Lavori Pubblici in tale attuazione) fu introdotta 
dal terzo capoverso dell'art. 11 1. 25 giugno 1949, n. 409, relativamente 
alle � somme afferenti al ripristino di opere pubbliche, anche 
se esse debbano essere eseguite in altra sede per effetto dell'attuazione 
del piano di ricostruzione ovvero per altri motivi riconosciuti ammissibili 
dall'Amministrazione dei lavori pubblici�. L'art. 15, comma quarto, 
della successiva 1. 27 ottobre 1951, n. 1402 esclude dal recupero �le 
opere pubbliche comunali distrutte da eventi bellici, al cui ripristino lo 
Stato sia tenuto a norma dell'art. 27 della legge 26 ottobre 1940, n. 1543, 
anche se le opere stesse, in base alle previsioni del piano di ricostruzione, 
debbano essere eseguite in sede diversa da quella originaria�.. Non pare, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se in seguito all'attuazione di un piano di ricostruzione un 
terreno, avente natura agricola al momento dell'occupazione tem


I 


I

poranea, abbia successivamente acquistato caratteristiche� di suo.
1 
lo edificatorio, nella determinazione del risarcimento del danno, 
spettante al proprietario in difetto dell'emanazione del decreto di 
espropriazione, e da rapportarsi al valore dell'immobile al momento 
della liquidazione giudiziale, deve calcolarsi anche l'incremento 
di valore conseguito dall'immobile per effetto dell'approvazione 
e dell'esecuzione del piano di ricostruzione medesi


mo (4). 

pertanto, giustificato il ragionamento della sentenza in rassegna, che pone 
a� carico dello Stato, senza possibilit� di recupero, il costo delle aree 
occorrenti alla ricostruzione di opere pubbliche da eseguire in altra 
sede, sia pure con la limitazione risultante dalla massima (3). No:r� 
solo l'espressione � ricostituzione �, usata dall'art. 27 1. 26 ottobre 
1940, n. 1543, o ricostruzione, ma anche quella � ripristino �, usata 
dalle leggi successive, � da queste riferita sia alle opere da eseguire in 
altra sede, che a quelle da eseguire in loco, epper� non si vede come nel 

concetto_ di ripristino possa farsi rientrare quello che la sentenza .in rassegna 
afferma esulare dal concetto di ricostruzione, ossia anche. il costo 
della nuova area, e ci� tanto pi�, in quanto, come s'� visto, il quarto 
comma del citato art. 15 I. n. 1402 del 1951 riferisce l'esclusione del 
recupero alle �opere pubbliche comunali distrutte da eventi bellici�. 

(4) cfr. Cass., 14 dicembre 1960, n. 3249, Giust. Civ., Mass. Cass., 
1960, 1269 con nota di richiami; 23 maggio 1962, n. 1189, ivi, 1962, 599-600; 
v. anche in questa Rassegna, 1964, 113-115 e 320-321, con note di richiami: 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 aprile 1964, n. 866 -Pr.es. 
Celentano -Est. Jannuzzi -P.M. Trotta (conf.) -Ministero 
Difesa-Marina (avv. Stato Tracanna) c. Gentili (avv. Angiolillo). 


A.ppello � Proposizione di azione di arricchimento senza causa fondata 

sulla stessa situazione di fatto dedotta in primo grado � Mutamento 
della domanda � Insussistenza. 
(e.p.e., art. 345). 


\rricchimento senza causa � Riconoscimento esplicito o implicito del� 
l'utilit� dell'opera da parte della P .A. � Proponibilit� dell'azione con� 
tro la P.A. 
(e.e., art. 2041; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4). 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Arricchimento senza causa � Azione di arricchimento contro la P.,\.. � 

Mezzi di prova diretti ad accertare se sussistano circostanze idonee 

a far ritenere il riconoscimento da parte della P .A. dell'utilit� del� 

l'opera � Ammissibilit�. 

(e.e., art. 2041; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4). 

Sussiste solo modificazione della causa petendi e non .mutamento 
della domanda, allorch�, essendo stata rigettata la domanda 
principale nel giudizio di primo grado, l'istante proponga in appello 
domanda di indennizzo per arricchimento senza causa, fondata 
sulla stessa situazione di fatto dedotta in primo grado (1). 

Il riconoscimento dell'utilit� dell'opera da parte della P.A., ai 
fini della proponibilit� contro la medesima dell'azione generale di 
arricchimento senza causa, pu� risultare, anche per implicito, 
dalla sua concreta utilizzazione (2). 

Proposta azione di arricchimento senza causa contro la P.A., 
sono ammissibili mezzi di prova, diretti, non gi� ad acquisire 
elementi di un giudizio sostitutivo sull'utilit� dell'opera, ma ad 
accertare se sussistano circostanze di fatto idonee a far ritenere 

(1) cfr. Cass., 21 aprile 1955, n, 1125, Giust. civ., 1956, I, 958, con 
richiami; 30 ottobre 1958, n. 3562, id., Mass. Cass., 1958, 1281; 25 febbraio 
1959, n. 537, ivi, 1959, 188; 13 settembre 1963, n. 2491, Foro it., Rep. 1963, 
v. Appello civile, c. 127, n. 127. Sul concetto di domanda nuova intesa 
come mutamento del fatto costitutivo del diritto vantato in giudizio v. 
Cass., 27 ottobre 1956, n. 4000, Giust. civ., 1956, I, 1998, con richiami. 
Sul potere del giudice di dare al rapporto un nomen juris diverso, col 
rispetto del principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato e 
del divieto di sostituire d'ufficio un'azione diversa da quella espressamente 
e formalmente proposta, v. Cass., 11 luglio 1957, n. 2774, Giust. 
Civ., Mass. Cass., 1957, 1064; 30 ottobre 1958, n. 3562, ivi, 1958, 1281, ove 
si parla di rispetto del principio dispositivo e del diritto al contraddittorio. 
Sul principio dispositivo v. LIEBMAN, Fondamento del principio 
dispositivo, Riv. dir. proc., 1960, 551 e segg. 
(2) cf'r. Cass., 22 dicembre 1937, n. 3320, Foro it., Mass. 1937, 714; 
21 luglio 1939, n. 2705, ivi, 1939, 532; 22 aprile 1941, n. 1124, ivi, 1941, 
271; 19 luglio 1946, n. 922, ivi, 1946, 216; Sez. Un., 8 ottobre 1956, n. 3412, 
Giust. civ., Mass. Cass. 1956, 1155; Cass. 22 marzo 1958, n. 970, ivi, 1958, 
343-344; 6 novembre 1958, n. 3617, ibidem, 1303; 22 febbraio 1960, n. 302, 
ivi, 1960, 117; 27 febbraio 1962, n. 365, ivi, 1962, 175; v. anche Relazione 
Avvocatura dello Stato, 1956-1960, vol. III, Roma 1961, 673, nonch� SAMBATARO, 
Intorno al riconoscimento dell'utilit� nell'azione di arricchimento 
contro la P.A., Arbitrati e appalti, 1962, 313; in generale: TRIMARCHI P., 
Sulla struttura e sulla funzione della responsabilit� per arricchimento 
senza causa, Riv. dir. civ., 1962, I, 227. 


512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che la P.A. abbia essa stessa effettuato quel riconoscimento, mediante 
la concreta utilizzazione dell'opera (3). 

(3) cfr. Cass., 22 maggio 1948, n. 778, Giur. compl. Cass. Civ., 1948, 
2� quadr., 680, con nota di ALESSI (683 e segg., in part. 685-686); 30 maggio 
1963, n. 1469, Foro it., Rep. 1963, v. Arricchimento senza causa, c. 
174, n. 18. Secondo Cass., 28 febbraio 1963, n. 507, Temi nap;, 1963, I, 
242, �l'utilizzazione va misurata in danaro e nel presupposto che il debito 
dell'Amministrazione da liquidare � di valore e non di valuta, poich� 
ha per contenuto la rifusione dei valori venuti meno nel patrimonio 
impoverito�. Nella sentenza 26 marzo 1964, n. 686, Giur. it., Mass. 1964, 217, 
la Suprema Corte regolatrice sottolinea, invece, che il compenso o indennizzo 
� dovuto soltanto nei limiti del vantaggio conseguito dall'Amministrazione 
e che �la relativa valutazione non pu� essere fatta dall'A.G., 

� poich� cos� si 
verrebbero a stabilire apprezzamenti che sono propri dell'ente 
pubblico, ma unicamente dall'Amministrazione stessa�. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1964, n. 990 -Pres. 
Fibbi -Est. Straniero -P.M. Gedda (conf.) -Costantino (avv. 
Moschella) c. Ministero Lavori Pubblici "(avv. Stato�Agr�). 
Ministero Lavori Pubblici, Patania e Comune Messina. 

Cassazione � Procura conferita al difensore . nell'atto che contiene il 
controricorso � Vale anche per il (contestuale) ricorso incidentale. 
(c.p.c., art. 371). 

La procura conferita al difensore nell'atto che contiene il 
controricorso ed il ricorso incidentale, anche se p�r la sua impetfetta 
formulazione sembri limitata al controricorso, si deve 
ritenere estesa al ricorso incidentale, indipendentemente dalle 
espressioni in concreto usate, dal momento che l'art. 371 c.p.c. 
non richiede per il ricorso in questione una pr�cura autonoma, 
distinta da quel.la che riguarda il controricorso (1). 

(1) cfr. Cass., 25 settembre 1963, n. 2617, Foro it., Rep. 1963, v. 
Cassazione civile, c. 325, n. 198: �Nell'art. 371 c.p.c. relativo al ricorso 
incidentale non si richiede una procura autonoma per tale ricorso, distinta 
cio� da quella concernente il controricorso, e, poich� il ricorso 
incidentale � contenuto nello stesso documento del controricorso, la procura 
apposta su quest'ultimo non pu� non ritenersi estesa ad entrambi 
gli atti, anche se, per la sua imperfetta formulazione, essa appaia limitata 
ad uno solo di essi, e precisamente al controricorso �; contra, invece, 
Cass., 3 aprile 1957, n. 1139, Giust. Civ., Mass. Cass., 1957, 448: �per la 
proposizione del ricorso incidentale, inteso ad .ottenere la rifor.ma della 
sentenza solo parzialmente favorevole, � necessario che la procura al 
difensore contenga in modo espresso la facolt� di proporre il ricorso 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI APPELLO DI MILANO, Sez. I, 20 dicembre 1963, 

n. 2120 -Pres. Ammatuna -Est. Veltri -Lovati c. Ministeri 
Difesa Esercito e Tesoro. 
Prigionieri di guerra -Prigionieri in mano americana -Richiesta di 
paga giornaliera per il lavoro prestato in prigionia -Obblighi assunti 
dal Governo Italiano -Accordo 14 gennaio 1949 -Interpretazione. 


In virt� dell'accordo, stipulato il 14 gennaio 1949 tra il Governo 
americano ed il Governo italiano al fine di definire -'-senza, 
peraltro, uniformarsi alla Convenzione di Ginevra -la liquidazione 
dei crediti vantati dai reduci (gi� prigionieri cooperatori 
in mano americana), il Governo italiano ha assunto l'obbligo di 
pagare a questi ultimi le somme da essi guadagnate per il lavoro 
prestato durante la prigionia (e diverso dalla manutenzione dei 
campi di prigionia), secondo l'ammontare che risulta dai certifi.!. 
cati di credito o dai. mandati militari di pagamento stilati in dollari 
(ad essi rilasciati a titolo di ricevuta) e che corrisponde alla 
paga giornaliera di 0.80 cents, dovendosi escludere che il Governo 
medesimo abbia assunto impegni maggiori di. quelli risultanti 
da detta documentazione e da detta paga. Il Governo italiano 
ha puntualmente eseguito l'accennato obbligo, come � provato 
dalla pubblicazione del Libro Bianco, dal quale si rileva che 

stesso �. Questa pronuncia ritiene, tuttavia, che la procura per il controricorso 
valga anche per il ricorso incidentale condizionato; cfr. anche 
SATTA, Commentario al codice di procedura civile, libro secondo, p. II, Milano, 
1962, 249: �per proporre ricorso incidentale non � sufficiente la procura 
rilasciata per resistere al ricorso principale�. Secondo la giurisprudenza 
della Corte di Cassazione, per il conferimento della procura (speciale) 

a ricorrere �non � necessaria alcuna forma particolare, ove risulti la 
volont� della parte� diretta a conferirla (Cass., 23 luglio 1955, n. 2361, 
Giust. Civ., Mass. Cass., 1955, 882; 22 agosto 1953, n. 2839, ivi, 1953, 
2848). Sembra quasi superfluo avvertire, comunque, che il controricorso 
ed il ricorso incidentale sono atti . diversi, anche se necessariamente 
contestuali (art. 371, comma primo, c.p.c.), aventi diversa funzione: 
� qualora la parte cui viene notificato il ricorso principale intenda non 
gi� a questo contraddire, ma a sua volta impugnare la sentenza censurata, 
sia pure con semplice adesione a detto ricorso principale, ci� 
deve aver luogo, per il combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., 
con ricorso autonomo incidentale, munito di distinto deposito per il 
caso di soccombenza� (Cass., 20 maggio 1949, n. 1274, Foro it., Rep. 
1949, v. Cassazione Civile, c. 247, n. 160; 20 luglio 1957, n. 3082, Giust. 
Civ., Rep. 1957, v. Cassazione Civile, n. 63; 14 marzo 1958, n. 841, id., 
Rep. 1958, voce cit., n. 31). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lo Stato Italiano ha provveduto, dopo la verifica della predetta 
documentazione, ad estinguere tutti i mandati di credito intestati 
ai reduci dalla prigionia americana, distribuendo agli 
stessi la somma corrispondente all'ammontare di 26 milioni di 
dollari rimessa dal Governo americano (1). 

(Omissis). -Per una chiara visione della materia, � utile 
premettere che nessun accordo per il trattamento economico 
dei prigionieri risulta essere stato mai stipulato tra l'Italia e 
gli Stati Uniti. Si legge nella risposta del Dipartimento di Stato 
Americano alla richiesta di informazioni di questa Corte -e 
non � ora contestato in causa -che nel 1942 il Governo degli 
Stati Uniti si sforz� di giungere -nel quadro della Convenzione 
di Ginevra -alla conclusione di un accordo per la corresponsione 
ai prigionieri di guerra americani in mano italiana 
di una paga pari a quella corrisposta dagli Stati Uniti ai 
prigionieri di guerra italiani adibiti a lavori diversi dalla manutenzione 
dei campi di prigionia; ma che nessun accordo pot� 
essere concluso. 

Norme, invece, vennero emanate unilateralmente dal Governo 
degli Stati Uniti, il quale fiss� ai prigionieri italiani cooperatori 
una paga di 0,80 cents al giorno, portata per taluni 
(dal 1944 in poi) a dollari 1,20, nel caso di lavoratori cottimisti, 
qualora un certo risultato di lavoro fosse stato concluso 
(oltre una indennit� mensile di 3 dollari agli inabili al lavoro). 
Le somme dovute a titolo di paga ed indennit� venivano iscritte 
in conti individuali intestati ai prigionieri, dedotte le spese personali. 
Finita la guerra, un rendiconto venne consegnato a ciascun 
prigioniero, al momento del rimpatrio, ed � pacifico che 

(1) La sentenza merita, anche in relazione alle altre analoghe vertenze 
in corso, particolare interesse per la esauriente motivazione, che 
descrive le fasi delle trattative intercorse tra il Governo italiano e il 
Governo americano per la definizione delle pretese vantate dagli ex 
prigionieri e interpreta l'accordo concluso in data 14 gennaio 1949, precisando 
la natura ed i limiti degli obblighi assunti dal Governo italiano. 
� In senso sostanzialme.te conforme si sono pronunciati: la Corte di 
Appello di Palermo con sentenza 13 luglio 1963 in causa Guerrera ed altri 

c. Ministeri Difesa-Esercito e Tesoro; il Tribunale di Milano con sentenza 
18 marzo 1960, in questa Rassegna, 1960, 92 e il Tribunale di Bologna con 
sentenza 20 maggio 1964, in causa Brozzi ed altri, c. Min. Difesa. In analoga 
causa De Bettin ed altri c. Min. Difesa il Tribunale di Venezia, invece, 
con ordinanza 6 febbraio -20 aprile 1964 ha sollevato di ufficio la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 d.l.C.P.S. 28 novembre 
1947, n. 1430, in relazione all'art. 76, � 1, 2, primo periodo, e 5 del Trat-. 
tato di pace ed agli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione. 
,

i/. 

. 

I.I,... 
, 
. 
. 

. 

. 

.

. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA ,CIVILE 515 

i Comandi Americani rilasciarono ai prigionieri non soddisfatti 
del loro avere ordini militari di pagamento e certificati di 
credito. 

E' assolutamente smentito dal Dipartimento di Stato, n� 
risulta da alcuna altra fonte, che la somma accreditata ai prigionieri 
fosse maggiore o che dovesse essere maggiore in base 
a quanto disposto dalla Potenza detentrice e che parte di essa 
venisse trattenuta con finalit� particolari. 

Comunque, preme stabilire se il Governo Italiano, contro 
cui � rivolta la domanda, abbia assunto obblighi diversi, o, in 
ipotesi, pi� onerosi di quelli riconosciuti dal Governo Americano. 
In proposito, � il caso di ricordare che nel 1946 gli Stati 
Uniti del~garono Uffici militari americani di stanza in Italia 
per il saldo delle pendenze verso i reduci dalla prigionia, ma, 
non avendo quel provvedimento dato risultati soddisfacenti, 
si addivenne al trasferimento del servizio all;Amministrazione 
Italiana, come da accordo 14 febbraio 1948, noto sotto la denominazione 
di �Memorandum Tasca -Del Vecchio�. Ora, dal testo 
di tale atto risulta, oltre alle ragioni che lo avevano determinato, 
che il Governo Italiano si impegnava ad assumere il 
servizio di pagamento ai prigionieri di guerra, che risultassero 
detentori di ordini militari di pagamento e di certficati di credito, 
previa raccolta di detti titoli e versamento dei medesimi 
alle competenti autorit� Americane, incaricate di verificarli e 
di restituirli, in esito alla accertata autenticit�, allo stesso Governo 
Italiano, con dichiarazione di saldo attivo, unitamente 
alla provvista della valuta corrispondente. E', perci�, escluso 
che, almeno a quel tempo, il Governo Americano riconoscesse 
di dovere ai prigionieri cooperatori una differenza di paga oltre 
quella indicata nei titoli anzidetti. 

Comunicati a mezzo stampa (18 febbraio 1948) e circolari 
del Ministero della Difesa (28 febbraio 1948) avevano preciso 
riferimento a �crediti risultanti da ordini militari di pagameno 
ed a certificati in mano dei prigionieri, non ancora liquidati
�. Risale all'aprile 1948 la rimessa al Governo Italiano di 
un assegno di oltre 4 milioni di dollari, a copertura dei � pagamenti 
in corso�. 

Avendo le Autorit� Italiane consegnato, in esecuzione del 
Memorandum 14 febbraio 1948, tutti i certificati di credito raccolti 
presso i prigionieri, si addiveniva tra il Governo Italiano e 
quello degli Stati Uniti all'accordo definitivo 14 gennaio 1949, 
in forza del quale il Governo Italiano (art. 1) si impegnava a 
soddisfare il saldo �a) delle somme guadagnate dai prigionieri 


516 RASSEGNA DELL'AVVOCAT\'.1RA DELLO STATO 

} 

di guerra, personale assimilato o internati civili, le quali fossero 
state ufficialmente riconosciute sotto forma di certificati 


I

di credito e di mandati di pagamento militari, stilati in dollari 
e rilasciati ai predetti cittadini italiani a titolo di ricevuta di 
tali somme; b) delle somme guadagnate da cittadini italiani 
. nelle suddette qualit�, ai quali non fossero stati rilasciati mandati 
di pagamento militari e certificati di credito e che dopo 
il loro rimpatrio non fossero stati rimborsati delle somme suddette, 
n� direttamente da Autorit� Americane, n� da Banche Italiane 
per conto degli Stati Uniti; c) degli oggetti e valute consegnati 
ad organi del Governo degli Stati Uniti ecc.�. A sua 
volta il Governo Americano (art. 2) si impegnava a versare al 
Governo Italiano la somma di 22 milioni di dollari, � a completa 
liberazione del Governo Americano (unitamente a quanto 
versato in precedenza) dei tipi di impegni di cui ai para


I

grafi Ia) Ib) le)�. 
E il Governo Italiano conveniva di liberare il Governo degli 
Stati Uniti da ogni impegno per i titoli sopra riferiti. 
Tale essendo il testo dell'accordo, non si comprende c'?me 
possano da esso farsi derivare obbligazioni pi� vaste e diverse 
ai quelle in esso consacrate. E, per vero, dall'art. 1 dell'accordo 
si desume lassunzione da parte del Governo Italiano del pagamento 
agli ex prigionieri italiani in mano americana delle 
sorrime da essi guadagnate durante la prigionia, n,ell'ammonta


I ~ 

re risultante dai certificati di credito o da mandati militari di 
pagamento stilati in dollari, ad essi rilasciati a titolo di ricevuta, 
e parimenti, nel caso previsto dal successivo comma b), 
l'obbligo del Governo Italiano di soddisfare il pagamento delle 
somme guadagnate allo stesso titolo da prigionieri, ai quali 
non furono rilasciati mandati di pagamento o certificati di credito, 
e che non vennero dopo il loro rimpatrio rimborsati delle 
somme suddette, da calcolarsi ovviamente in base ai criteri 
fissati per le paghe degli altri prigionieri cooperatori dalle competenti 
autorit� americane. 


Tali essendo i limiti della obbligazione assunta dal G�verno 
Italiano, resta da esaminare se l'attore Lovati vantasse titolo ad 
ottenere una liquidazione di somme com� sopra guadagnate. 


Ora, si ha in atti la prova documentale -prodotta dal Lovati 
Giacomo -che egli, nella posizione di prigioniero di guerra, 
in effetti prest� la propria opera di falegname al servizio 
delle forze Armate Americane, esattamente dal 18 aprile 1944 
al 12 Ottobre 1945; ma si ha anche la prova documentale (prodotta 
da parte convenuta) che al nome del Lovati fu aperto. 


. 
. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

presso il campo di prigionia di Yuma un conto delle somme 
guadagnate per prestazioni di lavoro per un importo complessivo, 
alla data del 12 ottobre 1945, di dollari 185,90. Tale conto 
risulta saldato dalla, documentazione dimessa. Il Lavati, che 
nell'atto di citazione non aveva fatto alcun cenno della circostanza, 
l'ha ammessa in memoria 2-4-1948, spiegando che quella 
somma corrispondeva ai .risparmi realizzati sulla paga di 0,80 
cents al giorno a lui corrisposta, la quale, per�, sarebbe stata 
solo parte della maggiore mercede (dollari 2.10), che il governo 
americano avrebbe promesso ed anzi inteso corrispondere ai 
prigionieri cooperatori, trattenendo poi la differenza a garanzia 
di presunti danni di guerra. Ora, , mentre tale ultima versione 
non � sorretta da alcun elemento di convinzione obbiettivo, si 
ha, nell'accordo sopra citato, la prova sicura che il Governo 
Italiano non ha assunto verso i reduci della prigionia americana 
impegni maggiori di quelli che risultavano dai mandati 
militari, dai certificati di credito rilasciati ai prigionieri dalle 
autorit� americane e, comunque, eccedenti la misura della mercede 
come sopra adottata. E poich� il Lovati non lamenta di non 
essere stato soddisfatto delle somme guadagnate in quella misura, 
bens� pretende di ottenere una liquidazione con criteri diversi, 
resta da esaminare se tali diversi criteri possano trovare giustificazione 
al di fuori della lettera del testo citato. 

Ora, le vicende che hanno condotto all'accordo del 14 gennaio 
1949, secondo la esposizione che se n'� fatta pi� sopra, non 
lasciano alcun dubbio sullo intendimento delle altre parti contraenti 
di portare fine a ogni pendenza relativa alla liquidazione 
delle ragioni di credito vantate dai reduci (gi� prigionieri in 
mano americana) e di precisarle. 

Come si � visto, la somma rimessa dal Governo americano 
a quello italiano fu calcolata in base alla raccolta e alla conoscenza 
dell'entit� dei mandati e dei certificati di credito, in 
esito alla verifica dei medesimi; sicch� il caso di prestazione di 
lavoro non documentata deve reputarsi del tutto eccezionale. 
La prova di ci� si ha dalla pubblicazione del Libro Bianco dimesso 
in causa in questo grado, dal quale risulta che lo Stato 
Italiano ha provveduto -in base a certificati di pagamento 
verificati -ad estinguere 67.986 mandati di credito di reduci 
dalla prigionia americana, come da appostazioni individualmente 
riferite a ciascun nominativo, distribuendo la somma complessiva 
di oltre 15 miliardi di lire, corrispondente ai 26 milioni 
di dollari ricevuti dal Governo americano. Con ci� viene a cadere 

�1a presunzione che la somma fosse di gran lunga superiore 


518 RASSEGNA DELL'AVVOCAT"CJRA. DELLO STATO 

I,.. 

all'ammontare della liquidazione sulle basi della mercede di 
0,80 cents per giornata lavorativa, risultante dai certificati 

rilasciati dalle autorit� americane ai creditori. L'impegno as. 
sunto del Governo Italiano � stato, dunque, pienamente eseguito. 

Quanto all'assunto che la paga corrisposta non corrisponda 
ai criteri della convenzione di Ginevra, baster� rilevare che 
l'America non ha inteso ad essa uniformarsi. Il Dipartimento 
di Stato Americano ha in proposito spiegato che un accordo 
circa il trattamento economico dei prigionieri di guerra, bench� 
caldeggiato dagli Americani presso la potenza neutrale cui 
era affidata la protezione degli interessi italiani, non pot� essere 
concluso. Non ha, peraltro, rilevanza pratica la disputa 
circa la applicabilit� della convenzione di Ginevra, la quale 
non potrebbe essere in nessun caso opposta al Governo Italiano, 
che ha assunto il pagamento dei crediti di lavoro agli ex prigionieri 
cooperatori, secondo i criteri adottati dagli Stati Uniti 
d'America e menzionati nell'accordo. E', poi, il caso di ricordare 
che l'art. 34 della Convenzione di Ginevra 27 luglio 1929 riserva 
la misura della mercede da corrispondersi ai prigionieri cooperatori 
ad accordi tra le potenze belligeranti e, solo in pendenza 
delle trattative per tali accordi, fissa il criterio dell'adeguamento 
alla mercede percepita dai militari della potenza detentrice addetti 
a lavori analoghi o alle tariffe praticate per tali lavori. 

Non avendo, nel caso, le potenze belligeranti concluso accordo 
alcuno ed essendosi le trattative (avviate in qual tempo) 
rivelate sterili, il disposto detlla convenzione di Ginevra sembra 
inapplicabile al caso. 

A torto, infine, la difesa del Lovati si studia di trarre argo


mento a favore della propria tesi dalla risposta data dal Ministro 
della . Difesa del tempo all'interrogazione rivolta al Governo 
in sede parlamentare. Dal verbale della seduta 24 aprile 
1952 risulta che l'interrogante desiderava conoscere se �somme 
accantonate per ciascun prigioniero dal Governo Americano 
oltre gli 80 cents, in relazione alla costituzione di un fondo danni 
di guerra, fossero state versate al Governo Italiano per il pagamento 
ai prigionieri suddetti�, dopo la rinuncia del Governo 
Americano a quei danni. 

E la risposta del Ministro -nella sua parte essenziale fu 
solo una parafrasi del testo dell'accordo 14-1-1949. 

Disse, infatti, il Ministro che la somma di 22 milioni di 
dollari costituiva � liberazione del Governo degli Stati Uniti dagli 
impegni dei claims, di cui ai paragrafi I a) e I b) dell'accordo 
�, (di tali paragrafi si � riferito il testo nelle premesse e si 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

� indicata la restrittiva portata) e assicur� che le operazioni di 
distribuzione erano in corso e che il Governo ne avrebbe quanto 
prima reso noti i risultati. Il che � avvenuto col Libro Bianco, 
il quale d� conto� fino all'ultimo centesimo dell'impiego delle 
somme a favore dei prigionieri in possesso dei titoli richiesti, 
con appostazioni specifiche, le quali non sono oggetto di contestazione. 
La frase dalla quale in modo particolare s'intende 
ricavare argomento di prova a favore della domandi:). � quella 
con la quale il Ministro accenna alla connessione dell'accord� 
con la convenzione di Ginevra. 

Ma la convenzione di Ginevra � quell� che detta il principio 
della retribuzione del lavoro ai prigionieri, segnando un passo 
avanti nella moralizzazione della degradante condizione riservata 
ai medesimi nel passato, onde la retribuzione del lavoro 
dei prigionieri si connette sempre ai principi della Convenzione. 

Dal generico accenno del Ministro alla Convenzione di Ginevra 
non si desume per� -n� vi si potrebbe annettere 
conseguenze giuridiche -che l'Italia, contrariamente al testo 
dell'accordo, si fosse impegnata a riservare ai reduci dalla prigionia 
in mano Americana un trattamento analogo a quello 
goduto dai militari americani (a qual tempo pagati -a quanto 
si vuole -con dollari 2,10 al giorno), secondo la regola fissata 
dalla convenzione di Ginevra nella situazione illustrata pi� 
sopra, non seguita dal Governo Americano. 

L'accertata inesistenza del credito dedotto in causa non 
consente il ricorso a principi estranei al suo giuridico titolo e 
tanto meno alla Costituzione Italiana, invocata come ultima 
�ratio� dall'appellante. -(Omissis). 

CORTE DI APPELLO di Napoli, Sez. I, 25 gennaio 1964 -Pres. 
Avitabile -Est. D'Alfonso -Ministero Agricoltura e Foreste 
e Sezione Speciale per la riforma fondiaria presso l'O.N.C. 
(avv. stato Carusi) c. Cosimini Nella e Lina (avv. Turco). 

Corte Costituzionale -Natura dei giudizi incidentali di legittimit�. 

costituzionale -Giurisdizione di diritto obiettivo -Carattere �pa


ralegislativo � delle pronunce. 

(Cost., artt. 134, 136; 1. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; 1. cost. 

11 marzo 1953, n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 14, 23, 

25, 26, 27, 29, 30; Reg. int. e.e., pubbl. in G.U. n. 71 del 24 marzo 

1956, art. 22). 


520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Corte Costituzionale -Giudizio <<"a quo� -Ordinanza di trasmissione 
degli atti alla Corte Costituzionale -Natura decisoria -Esclusione. 
(L 11 marzo 1953, n. 87, artt. 23, 24). 

Appello ~ Sospensione del processo per la rimessione della questione 
di legittimit� costituzionale -Mancata riassunzione nel termine 
di sei mesi dal deposito della sentenza della Corte Costituzionale Estinzione 
-Passaggio in giudicato della sentenza appellata. 

(1. 11 marzo 1953, N. 87, art. 23; c.p.c., artt. 297, 338). 
Il giudizio incidentale di legittimit� costituzionale non � una 

. 
fase del giudizio incidentata, perch� � esercizio di giurisdizione di 
diritto obiettivo e si conclude con una pronuncia, che, sia di accoglimento 
o di rigetto, ha sempre carattere normativo. (1). 

L'ordinanza, con cui il giudice a quo, di secondo grado, 
ritenendo non manifestamente infonda:ta e rilevante ai fini della 
decisione della causa la questione di legittimit� costituzionale, 
sollevata nel corso del giudizio, dispone l'immediata trasmissione 
degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio 
in corso, � provvedimento meramente ordinatorio e non 
modifica la sentenza appellata, neppure sotto il profilo della 
giurisdizione (2). 

(1) Ma si veda, invece, Cass., Sez. Un., ord. 23 giugno 1956, Giust. Civ., 
1956, CXXI; sui caratteri della giurisdizione di diritto obiettivo, v. CAMMEO, 
Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, Voi. I, Milano, 
s.d., 279 e segg. Per il CARNELUTTI, Effetti della pronuncia negativa 
della Corte Costituzionale sul processo pendente, Riv. dir. proc., 1959, 
478 e segg., si tratterebbe, piuttosto, di giurisdizione volontaria, secondo 
la nota tesi del CAPPELLETTI, La pregiudizialit� costituzionale nel processo 
civile, Milano, 1957, 4 e segg., per la critica della quale v. CARUSI 
Decisioni di rigetto della Corte Costituzionale ed estinzione del processo 
d'appello incidentato, in questa Rassegna, 1963, 165 e segg. Il CARNELUTTI, 
altra volta (Interesse ad agire nel processo costituzionale?, Riv. 
dir. proc., 1960, 286), ha negato che il giudice che provoca il giudizio di 
costituzionalit� possa essere considerato parte. Sul carattere di sospensione 
impropria del giudizio a quo e sulla appartenenza al medesimo, 
come fase, analoga a quella del regolamento di giurisdizione o di competenza, 
del giudizio incidentale di costituzionalit� delle leggi, v. LIEBMAN, 
Sulla sospensione propria ed impropria del processo civile, Riv. 
dir. proc., 1958, 160 e segg. 
(2) v. Cass., 6 febbraio 1959, n. 374, Foro it.; 1959, I, 352, che non 
esamina, per�, lo specifico problema attinente all'ordinanza di trasmissione 
degli atti alla C.C. La sentenza in rassegna equipara tale provvedimento 
a quello con cui il giudice di appello sospende il merito, per 
ammettere mezzi istruttori, che, secondo la Corte, � certamente � non � 
modificativa della sentenza �di primo grado : contra, invece, si vedano 
I 
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r.;: 

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. 
.� 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

La mancata riassunzione del processo d'appello incidentato, 
nel termine di sei mesi dal deposito della sentenza della Corte 
Costituzionale, che abbia giudicato difformemente da quan., 
_to ritenuto, a norma della VII disp. trans. Cost., dalla senten~ 
za appellata, fa: passare quest'ultima in giudicato (3). 

(Omissis). -Contro la natura meramente ordinatoria del 
provvedimento di trasmissione alla Corte Costituzionale si sostiene 
che, per la fonte da cui promana (Pretore in sede giudicante, 
Collegio), per il contenuto (giudizio circa la non manifesta 
infondatezza e rilevanza) e per la sua irrevocabilit�, esso 
ha effetto pregiudiziale sulla sentenza che dovr� essere ema-

ZANZUCCHI, Dir. proc. civ., vol. II, Milano 1948, 188; SATTA, Commentario 
a codice di procedura civiLe, Libro II, p. 2, Milano 1962, 98. 

(3) Conf. App. Catanzaro, 22 novembre 1961, Giur. it., 1963, I, 2, 210, 
che, pur riconoscendo che il processo costituzionale � de jure condito 
�legato al processo principale non solo da un rapporto genetico ed 
occasionale, ma anche da un rapporto funzionale �, in modo da affermare 
che la pronuncia della Corte Costituzionale spiega una preclusione nel processo 
principale, con scarsa coerenza e s�nza approfondire la portata 
dell'art. 338 c.p.c;, ha finito per concludere che � la dichiarata legittimit� 
del provvedimento-legge rimane estranea al processo principale e 
non pu� in esso essere utilizzata�. Per di pi�, il problema dell'efficacia 
pan-processuale della pronuncia della Corte Costituzionale non � stato neppure 
intravisto dalla Corte di Appello di Catanzaro. In dottrina � stato 
messo in evidenza (PIERANDREI, Corte Costituzionale, in Enciclopedia del 
del diritto, vol. X, Milano 1962, 978) che le decisioni di rigetto della � 
C:C. hanno un'efficacia analoga a quella delle sentenze sul merito passate 
in giudicato. La giurisprudenza della Corte di Cassazione �, appunto, 
nel senso del giudicato inter partes: cfr. Cass., Sez. Un., 22 gennaio. 
1958, n. 147, Giust. civ., 1958, I, 1093; Cass., 9 ottobre 1963, n. 2683, in 
questa Rassegna, 1964, 84-85, 93 .(�la pronuncia opera nel giudizio a quo 
come una decisione giurisdizionale e quindi vincola il. giudice con l'efficacia 
di un giudicato: questo effetto si produce sia per le pronunce d'accoglimento, 
sia per quelle di rigetto�). 
0-3) Ancora in tema di efficacia delle decisioni di rigetto della 
Corte Costituzionale. 

L'annotata sentenza ha testualmente ammesso �la opinabilit� delle 
questioni trattate, che trovano largo ed autorevole conforto della dottrina 
anche nel senso contrario a quello ritenuto dalla Corte �. Non 
sembra, tuttavia, che l'opinione di quest'ultima, quale trasfusa nella 
sentenza, sia stata sorretta da congrua ed approfondita motivazione, 
idonea � dimostrare, quanto meno, la minore attendibilit�, de jure 
condito, della tesi contraria. La riprova di tale scarso approfondimento 
emerge da altra, testuale proposizione della sentenza: che non sia fuor 
di luogo, cio�, � anche se ivi si prospetta il caso opposto a quello in 
discussione, il richiamo... della sentenza n. 1705 del 1963 della Corte 


522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nata e modificativo della sentenza che lo precede, in relazione 
alla quale ritiene di no;n potere n� riformare, n� confermare, 
non avendo giurisdizion.e in. proposito ed investendo della questione 
la sede ormai competente. 

La irrevocabilit�, o meno, non fa cambiare la natura del 
provvedimento, perch� essa non � requisito esclusivo dell'ordinanza 
di trasmissione alla Corte Costituzionale per il giudizio 
di legittimit�, essendo previsti casi del genere anche dal codice 
di rito (articoli 177, n.ri 1, 2, 3, 4 e 308). 

Sono d'accordo le parti, ed � del resto giurisprudenza consolidata 
(da ultimo Cassazione, 20 aprile 1963, n. 975), che la 
natura di un provvedimento del giudice va desunta, non dalla 

di C11ssazione a Sezioni Unite �, secondo la quale (Foro it., 1963, I, c. 1366 e 
segg.) l'efficacia retroattiva della pronuncia di illegittimit� costituzionale 
lascia intatta la cosa giudicata civile gi� formatasi. Ed invero, nel 
caso esaminato, occorreva tener presente che: a) nel momento in cui 
divenne operativa, col deposito in Cancelleria, la pronuncia della Corte 
Costituzionale sulla questione di legittimit� del decreto di scorporo di 
cui trattasi, sollevata dalla Corte d'Appello nel precedente giudizio, 
poscia estintosi per mancata riassunzione, la relativa sentenza del Tribunale, 
appellata dalle Amministrazioni, non era ancora passata in giudicato, 
ma tale passaggio si sarebbe verificato soltanto sei mesi dopo il 
deposito della pronuncia del Giudice Costituzionale (a norma dell'art. 338 
c.p.c., in dipendenza della estinzione del processo d'appello, il passaggio in 
giudicato della sentenza di primo grado si verifica ipso jure, con effetto 
retroattivo al momento dell'evento estintivo, cfr. Cass., 27 gennaio 1954, 

n. 196, Giust. civ., 1954, 124, con nota di GALLO; in part. v. pagg. 125 e 
126 in nota; v. anche CARNELUTTI, Istituzioni del nuovo processo civile italiano, 
voi. II, Roma 1951, 156, n. 544); b) la cennata pronuncia della Corte 
Costituzionale era di rigetto e non gi� di accoglimento, epper� priva della 
efficacia erga omnes prevista dall'art. 136 Cost., rispetto alla quale, soltanto, 
senza alcun pregiudizio dell'efficacia inter partes delle pronunce 
medesime, avrebbe avuto senso invocare la riferita giurisprudenza della 
Corte di Cassazione, in ordine all'intangibilit� della cosa giudicata civile. 
Che il giudizio della Corte Costituzionale non fosse una fase di quello 
incidentato, nonostante il chiaro dettato dell'art. 1 legge cost. 9 febbraio 
1948, n. 1 e dell'articolo 23 I. 11 marzo 1953, n. 87, l'annotata sentenza (la 
quale non ha, poi, chiarito come, ci� non pertanto, la pronuncia di rigetto, 
pur essendo, a suo dire, sfornita anche di efficacia di giudicato, dovrebbe 
e potrebbe spiegare la sua pur riconosciutale operativit� nel giudizio 
a quo) ha creduto di provare, con una affermazione, che avrebbe richiesto, 
a sua volta, una precisa dimostrazione, mentre � stata soltanto 
apoditticamente formulata: si tratterebbe, questa volta, di giurisdizione 
di diritto obiettivo, a differenza di quella del giudice a quo. 
Ma, se dato indefettibile di tale tipo di giurisdizione � l'efficacia erga 
omnes del giudicato (cfr. CAMMEO, Commentario delle leggi sulla giustizia 
amministrativa, vol. I, Milano, s.d., 283), proprio nel caso esaminato, 
mancando tale efficacia, la proposizione risultava smentita. Stra



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

qualifica ad esso attribuita e dalla forma di cui � rivestito, 

bens� dal suo contenuto sostanziale e dagli effetti che esso pro


duce, in ordine alla materia cui si riferisce. 

Ma, a parte che la Corte di Cassazione (sentenza n. 1728 del 

1960) ha espressamente qualificato ordinanza il provvedimento 

relativo alla questione d'illegittimit� costituzionale, non si com


prende come, per effetto della semplice delibazione della non 

infondatezza della questione d'illegittimit� e per l'affermazione 

della rilevanza della stessa nel caso concreto da decidere, tale 

provvedimento possa avere effetto di modificare la sentenza 

gravata di appello. 

Il giudice ha l'obbligo, salvo espressa dispensa (per es. ar


ticolo 313 cod. civ.), di motivare ogni provvedimento e le ordi


no questo mutar di natura di una funzione secundum eventum. An


cora pi� strano, poi, che l'organo propulsore della �impugnativa � 

(trattasi, invece, di denuncia: non v'�, de fure condito, un'azione di 

annullamento dell'atto legislativo in s�, cfr. in questa Rassegna, 1964, 

80-81, nota) non fosse neppure ammesso a costituirsi nel giudizio, nel 

quale sarebbe stato altrettanto vano ricercare altro organo statuale, 

nella veste di convenuto. Se in esso, in effetti, era prevista soltanto la 

costituzione delle parti del giudizio a quo, ci� dimostra che sarebbe stato 

un fuor d'opera parlare di causa petendi obiettiva e di giudice attore. 

Che senso ha, poi, riconoscere ugualmente, come fa la sentenza, 
che la pronuncia della Corte Costituzionale � �operante... nel processo 
a quo �, parlare quindi, di giudisdizione di diritto obiettivo, ma negare 
che la pronuncia di rigetto non solo sia relativa ad una fase del 
giudizio a quo, ma sia suscettibile di passaggio in giudicato, afferman. 
do, tuttavia, che essa, come quella di accoglimento, ha � carattere 
normativo�? E che peso poteva avere, infine, l'argomento del


la mancanza di un obbligo di notificazione o comunicazione della 

pronuncia della C. Cost. �alle parti�, se di essa era previsto il deposito 

nella Cancelleria, � col quale la decisione, non� soggetta ad alcuna 

impugnazione (art. 137 Cost.), diviene definitiva� (Cass., 2 ottobre 1959, 

n. 2634, Giur. Cast., 1960, 1318)? Obiezione per obiezione, si pu� ricordare 
che delle pronunce di rigetto non � prevista, allora, neppure la pubblicazione, 
di cui al primo comma dell'art. 136 della Costituzione. D'accordo 
'Ohe la natura dell'atto deve restare la stessa, e ci� anche quando 
la questione di legittimit� riguardi una lex in privos lata. Ma proprio 
questo caso, nel quale sembra incontestabile � l'inesistenza di destinatari 
della norma-provvedimento diversi dalle parti del giudizio a quo � 
(ANDRIOLI, Note sulle sentenze della Corte Costituzionale in tema di 
riforma fondiaria, Giur. Cost., 1959, 643), avrebbe dovuto far riflettere 
la Corte d'Appello sulla funzione intrinseca, propria delle pronunce della 
Corte Costituzionale, come atti giurisdizionali.. Con quella non 
pu� confondersi l'eventuale efficacia erga omnes prevista dall'articolo 
136 Cost. per le pronunce di accoglimento, la quale, appunto 
per il suo carattere avventizio e sproporzionato alla regola di legitt.imazione 
del giudizio, resta qualcosa di estraneo ( cfr. AzZARITI, Gli ef

524 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

nanze, �comunque motivate� (artt. 177 e 279, penultimo comma, 
c.p.c.), non possono mai pregiudicare la decisione della cau


i 

sa, a meno che abbiano contenuto sostanziale di sentenza, ma -~ 
in tale caso sono imprescindibili i requisiti di cui alla prima 
parte del gi� richiamato articolo 279 c.p.c. e debbono, detti provvedimenti, 
attribuire o negare ad alcuna delle parti un bene 
della vita (Cass. 6 febbraio 1959, n. 374), con la possibilit� di 
creare il giudicato su di una determinata situazione. 


La motivazione riguardante la rilevanza, invece, � comune 
a tutte le ordinanze che dispongono mezzi istruttori, che non 
possono concedersi, se non sono rilevanti. 

Pi� specificamente, si osserva che, nel sistema del nostro 
codice di procedura civile, ogni provvedimento di sospensione 


fetti deHe pronunce sulla costituzionalit� delle leggi, in Problemi attuali 
di diritto costituzionale, Milano 1951, 151) ed esterno alla fun


I 

zione giurisdizionale della Corte ( cfr. LIEBMAN, Contenuto ed efficacia 
delle decisioni della Corte Costituzionale, Riv. dir. proc., 1957, 507 e 
segg.; sulla diversit� della fattispecie produttiva di tale efficacia 


v. SANDULLI; Natura, funzioni ed effetti delle pronunce della Corte Co'
I

stituzionale sulla legittimit� delle leggi, Riv. trim. dir. pubbl., 1959, 43). fil 
Si parli pure, a tal_ proposito, di una ulteriore funzione paralegislativa o 
superlegislativa; ci� non autorizzava e non autorizza, tuttavia, a disco
�:

I 

noscere il dato e le caratteristiche costanti e necessarie dell'istituto del 
controllo giurisdizionale incidentale della costituzionalit� delle leggi. Costruire 
tale istituto esclusivamente sull'art. 22 del Regolamento interno 
della Corte (che, evidentemente, ha di mira, in definitiva, quella. funzione 
indiretta e intende ad alleggerirne, nei limiti del possibile, il condizionamento 
de jure condito), significa dimenticare che quella norma, emanata 
in virt� dell'art. 14 I. 11 marzo 1953, n. 87, pu� valere a disciplinare l'esercizio 
delle funzioni della Corte, ma non pu�, certo, modificare o snaturare 
quella giurisdizionale, affidatale nei limiti ed alle condizioni di 
cui agli artt. 134 Cost., 1 I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 I. 11 marzo 
1953, n. 87 ( cfr. art. 1 I. cost. 11 marzo 1953, n. 1). Essa, pertanto,. andava 
e va interpretata in armonia col sistema, che condiziona l'esercizio 
della funzione paralegislativa o superlegislativa, che dir si voglia, 
a quello della funzione giurisdizionale e questa configura, appunto, come 
necessariamente ancorata ad una controversia concreta e ad una 
causa petendi subiettiva (cfr. Cass., Sez. Un., ordinanza 23 giugno 1956, 
Giust. civ. 1956, CXXI: �il sistema si ispira ad un'esigenza di concretezza 
dell'interesse a, sollevare la questione �; � la questione stessa 
non pu� sorgere in via astratta, avulsa da un interesse specifico all'attribuzione 
di un bene della vita... �). E trattasi, precisamente, di un vincolo 
non solo genetico, ma funzionale, tant'� vero che la questione 
rimessa alla Corte Costituzionale deve essere rilevante ai fini della 
decisione della causa in cui essa � sorta, onde, anche nel caso di 
estinzione del processo a quo, bene � stato osservato che la Corte 
.non pu� �svellere� la sua pronuncia �da qualsiasi riferimento, sia 
pure potenziale, alla causa in cui � sorta la questione sulla legge �, 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA C1VILE 

ha carattere ordinatorio (Cass. 23 gennaio 1958, n. 158), e poich�, 
quando le leggi speciali non regolano espressamente l'istituto 
della sospensione del processo, da esse previsto, deve necessariamente 
ritenersi recepito, come si � detto, il sistema 
del codice di rito civile, l'art. 23 della legge 11 marzo 1963, 

n. 87, che tale sospensione prevede in modo del tutto generico, 
postula l'applicazione delle norme di cui all'art. 295 e segg. 
c.p.c. (Cass. 2 ottobre 1959, n. 2634), le quali prevedono, appunto, 
un provvedimento di natura squisitamente ordinatorio. 
Del resto, altro � avere il dubbio che la norma da applicare 
possa essere illegittima, altro � la declaratoria di illegittimit� 
della norma stessa. 

Ci� non significa, per�, che tale effetto debba riconoscersi 
alla sentenza della Corte Costituzionale, sia quando si limita a 

competendo � al giudice non costituzionale, ove e quando se ne presenti 
l'occasione, decidere se lo scioglimento di quella questione possa 
avere efficacia o rilevanza tra le parti della causa � (MONTESANO, Le 
sentenze costituzionali e l'individuazione delle norme, Riv. dir.. proc., 

1963, 43). La stessa Corte Costituzionale non ha mancato di avvertire che, 
� nel sistema adottato dalla Costituzione e dalle leggi successive, il con. 
trollo della legittimit� costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza 
di legge pu� essere esercitato solo in occasione e in funzione di un giudizio 
principale, la cui proposizione presuppone la sussistenza di un interesse 
alla tutela giurisdizionale, senza di che mancherebbe la causa 
giuridica valida e del processo principale e del processo costituzionale � 
(ordinanza 13 marzo 1957, n. 48, Giur. Cast., 1957, 607 e segg., con nota 
del CRISAFULLI; in part., ivi, 616). Nello stesso ordine di idee, la Corte 
di Cassazione non ha mancato di ribadire l'interdipendenza funzionale 
. dei due giudizi, equiparando la pronuncia di rigetto della C. Cost. ad � una 
sentenza emessa dallo stesso giudice, che ha rimesso la questione � 
(Cass., Sez. Un., 18 aprile 1962, n. 770, Giust. civ., 1962, III, 253, ove, pur 
avendosi di mira l'effetto di quella pronuncia nel processo incidentale 
e parlandosi, quindi, di preclusione, si propone implicitamente il tema 
dell'efficacia extraprocessuale della pronuncia medesima. Il CARNELUTTI, 

Bffetti della pronuncia negativa della Corte Costituzionale sul processo 
pendente. R.iv. dir. proc., 1959, 479, riconosce che anche la sentenza della 

C. Costituzionale � � una decisione su un punto di diritto �, ma ritiene che, 
a differenza della Corte di Cassazione, la Corte Costituzionale non giudicpi 
circa rem, ma extra rem, opinione ripudiata, come s'� visto, dalla 
giurisprudenza dei due supremi Consessi; cfr. anche CRISAFULLI, in nota 
alla citata ordinanza della C. Cost. in data 22 marzo 1957, n. 48, Giur. Cast., 
1957, 614: �la Corte decide questioni concrete e non astrattamente immaginate; 
presupposto del giudizio di legittimit� costituzionale �... la rilevanza 
effettiva della questione ai fini del giudizio comune�; cl�e fosse questione 
pregiudiziale di merito quella sottoposta alla Corte Costituzionale riconosce 
ilCARNELUTTI in: Un caso singolare, ecc., Riv. dir. proc., 1963, 669; sui con-� 
cetti di efficacia panprocessuale ed efficacia materiale del giudicato v. 
REDENTI, Il giudicato .sul punto di diritto, in Scritti giuridici in onore di 

526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA IJELLO STATO 

negare l'esistenza della denunciata illegittimit�, nel qual caso 
non si forma proprio un giudicato sostanziale, sia quando la 
dichiara. 

I due giudizi, il costituzionale e l'a quo, sono diversi, come 
� stato ritenuto con la sentenza appellata, della quale peral-. 
tro non tutte le argomentazioni possono condividersi, non ravvisandosi 
l'assoluta, affermata indipendenza. 

Infatti, l'ordinanza di trasmissione alla Corte Costituzionale 
� la premessa logica per la decisione del caso concreto. 
Perci� il legame col processo a quo non pu� dirsi sempffcemente 
genetico ed occasionale, se, come � certo, il giudice di questo 
non pu� prescindere dalla decisione, positiva o negativa, del giudice 
costituzionale. Ci� si rileva testualmente dal gi� citato articolo 
23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che, nel definire i 
presupposti, cui la sospensione � subordinata, stabilisce che 
� ��� il giudizio (principale) non possa essere definito indipendentemente 
dalla risoluzione della questione di legittimit� costituzionale
�. 

Per�, non � accettabile la contraria tesi delle Amministrazioni 
appellanti, per quanto avallata da autorevole dottrina, con 
la quale si sostiene che il processo costituzionale sia una fase, 
sia pure devoluta alla cognizione di un giudice diverso, dello 
stesso processo in cui la questione viene rilevata. 

Come giustamente in proposito ha rilevato la sentenza appellata, 
il processo costituzionale, dove le parti non intervengono 
necessariamente (art. 26, comma secondo, legge 11 marzo 
1953, n. 87), ha un petitum ed una causa petendi del tutto diversi 
dal processo principale, giusta l'espresso dettato dell'articolo 
22 delle norme integrative per i giudizi dinnanzi la Corte 
Costituzionale (pubblicate in Gazzetta Ufficiale n. 71 del 24 mar-

F. Carnelutti, voi. II, Padova 1950, 695 e segg.; osserva l'ANDRIOLI, Il 
principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, Riv. dir. proc., 
1952, I, 282, che �la pronunzia panprocessuale si pone mediatrice tra 
norma e specie concreta e obbedisce ai principi in tema di limiti obiettivi 
e subiettivi della cosa giudicata in non minor misura delle pronunce 
con efficaca materiale-processuale � ). Se avesse tenuto conto di tali considerazioni, 
l'annotata sentenza non avrebbe potuto ignorare, che il dedotto 
accertamento inter partes, racchiuso nella. sentenza <;lella Corte 
Costituzionale -che il decreto di scorporo non era in contrasto con le 
norme denunciate -aveva, nel processo non ancora estintosi, direttamente 
modificato, sul punto, la prima sentenza del Tribunale e costituiva 
un giudicato intangibile, al rispetto del quale il Tribunale e la Corte 
di Appello restavano, comunque, vincolati. 

'FRANCO CARUSI 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

zo 1956), di cui invano la difesa delle Amministrazioni appellanti 
cerca di contrastare il chiaro significato letterale, che non distingue 
affatto fra le diverse finalit� che si propone di raggiungere 
il giudizio dinnanzi la Corte Costituzionale. 

Si prospettano ancora dalle appellanti sottili ed eleganti 
questioni dottrinarie circa la posizione (uno status?) dei cittadini 
e del giudice rispetto alla norma, della legittimit� della quale si 
dubita, ma il problema va guardato pi� semplicemente, tenendo 
presente l'urgente bisogno di adeguare alla Costituzione una 
massa di leggi, ispirate da criteri be'n diversi. 

A tal fine, poich� il giudice � l'organo espressamente delegato 
all'applicazione della legge, � stato demandato ad esso di 
delibare sulla bont� della norma, e, nel fondato dubbio che questa 
possa essere in contrasto con la Costituzione, di denunciare 
la questione all'organo espressamente delegato a tale controllo. 

Come bene ha ricordato il Tribunale, il vincolo genetico, 
pi� intimo per� di quanto ritenuto, � stato posto soprattutto 
in funzione della legittimazione ad agire, � ...per evidenti ragioni 
di politica legislativa, volte ad evitare che chiunque pos


. sa ergersi a tutore della costituzionalit� per mera ostentazione 

o baldanza.;.�. 
La pronuncia della Corte Costituzionale, pur essendo operante, 
come si � detto, nel processo a quo, non ne costituisce 
�una fase�, perch� l'esercizio di giurisdizione da parte sua � 
di diritto obbiettivo, non di diritto subbiettivo, quale � invece 
quella dell'autorit� giudiziaria ordinaria. 

Sia quando dichiara l'illegittimit� costituzionale di una legge, 
sia quando la nega, la Corte Costituzionale emette pronunce 
di carattere normativo, � paralegislativo �, � stato detto, quando 
dichiara l'illegittimit� costituzionale. N� pu� cambiare la 
natura delle .pronunce della Corte Costituzionale, quando, come 
nella fattispecie, viene denunciata l'illegittimit� di un atto che 
� legge solo formalmente. 

Alle valide argomentazioni del Tribunale la Corte crede di 
potere aggiungere che, ove si trattasse di fase dello stesso processo, 
dovrebbe essere imposta la notificazione o comunicazione 
della sentenza della Corte Costituzionale alle parti. 

Ci�, invece, certamente non avviene, essendone prevista 
solamente (art. 29 legge n. 87 del 1953) la trasmissione al giudice 
che ha promosso il giudizio di legittimit� costituzionale e 
la decorrenza del termine, al fine della estinzione del processo, 
va dal deposito in Cancelleria della sentenza o ordinanza che 
definisce il giudizio di legittimit� costituzionale. 


528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In sostanza, nella fattispecie, il giudice di appello ha sospeso 
di giudicare sul gravame avverso la decisione definitiva 
del Tribunale, per il dubbio sulla legittimit� della norma da applicare. 


E' la situazione analoga a quando sospende di giudicare per 
ammettere mezzi istruttori integrativi del giudizio. Certamente, 
in questo caso, il provvedimento che il giudice emette non � 
modificativo degli effetti della sentenza impugnata, che, in conseguenza 
(Cass. 7 novembre 1957, n. 4276), se vi � estinzione del 
processo, passa in giudicato (art. 338 c.p.c.). Non diversa � la 
soluzione, nella specie, salvo che il giudice di appello ha sospeso 
per accertare la legittimit� di un presupposto di diritto, 
invece di uno di fatto. 

N� sembra fuor di luogo, anche se ivi si prospetta il caso 
opposto a quello in discussione, il richiamo della difesa Cosimini 
alla sentenza n. 1705 del 1963 della Corte di Cassazione, a 
Sezioni Unite, la quale afferma: � l'efficacia retroattiva della 

i,decisione di illegittimit� costituzionale, emessa dalla Corte Costituzionale, 
incontra dei limiti, quando, in relazione agli atti 

: ed ai rapporti precostitaiti, si siano determinate situazioni giu) 
' 
ridiche esaurite e perci� consolidate ed intangibili, il che si ve' 
rifica o per la preclusipne nascente da giudicato o per l'effetto f;i 
' 
di atti amministrativi che abbiano esaurito i loro effetti o in 

* 

dipendenza di atti negoziali o di altri atti e fatti, che, sul piano 

sostanziale o processuale, siano rilevanti, nonostante l'inefficacia 

della norma costituzionale �. 

Tanto premesso, � evidente che l'appello proposto dal Ministero 
dell'Agricoltura e dell'O.N.C. 'Za rigettato. -(Omissis). 

TRIBUNALE DI FIRENZE, 23 marzo 1964, Pres. Calamari -Est. 
Piragino -Lorini e Masti c. Ministero Difesa-Esercito. 

Responsabilit� civile � Responsabilit� della P.A. per atti legittimi � Danni 

alla persona � Esclusione � Ammissibilit� della sola responsabilit� 

per colpa. 

(Cost., art. 42; 1." 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46; e.e., art. 2043). 

La responsabilit� per danni da attivit� legittima si fonda sul 
principio, per cui la Pubblica Amministrazione, che impone ad 
un diritto individuale un particolare sacrificio, non compreso nei 
limiti normali dello stesso, n� reso necessario dalla condotta del 
~uo titolare, deve indennizzare costui adeguatamente, tenendo 
conto del vantaggio eventualmente. derivatone insieme col danno. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Quest'obbligo presuppone che la P.A. agisca nell'ambito dei suoi 
poteri e, pur essendo alcune volte imposto dalla legge, quantunque 
il pregiudizio del diritto del privato sia conseguenza di una necessit� 
che possa considerarsi rispetto alla P.A. come un caso di 
forza maggiore, esso sussiste sempre, allorch� un atto della P.A. 
importi il sacrificio particolare di un determinato soggetto e il 
danno consista nella privazione o riduzione di un diritto soggettivo 
patrimoniale perfetto e non gi� di un diritto personale o di 
un interesse legittimo o di una mera aspettativa (1). 

L'indennizzo per il sacrificio di un� diritto personale, come 
quello alla vita e all'integrit� fisica, da parte della P.A. non pu� 
configurarsi che sotto il profilo della responsabilit� aquiliana (2). 

(1) In argomento si veda Cass. Sez. Un., 12 ottobre 1960, n. 2687, 
Giust. Civ., Mass. Cass., 1960, 1021; Foro It., Rep. 1960, v. Responsabilitd 
civile, c. 2267, n. 253 e, con la motivazione, in questa Rassegna, 1961, 18 
e seg., con nota di commento. In dottrina: SALERNI, La c.d. responsabilitd 
per atti legittimi della P.A., Milano s.d. (ma 1912), 87 e segg.; FORTI, In tema 
di responsabilitd per atti legittimi della P.A., Foro it., 1942, I, 835; SANDULLI, 
Spunti in tema di indennizzo per atti legittimi della P.A., Id., 1947, I, 938 ed 
in senso pi� restrittivo Id., Manuale di dir. amm., Napoli 1955, 452-453, ove 
si nega che trattisi di principio generale e si precisa trattarsi piuttosto 
di una direttiva alla quale il legislatore si ispira. Il CASETTA, L'illecito 
degli enti pubblici, Torino s. d., ma 1953, 104, sottolinea che l'art. 42, 
comma terzo, Cost. e l'art. 46 1. 25 giugno 1865, n. 2359 sono norme che 
hanno di mira un ristabilimento di equivalenza patrimoniale, piuttosto 
che esser fondate su ragioni di giustizia distributiva. Nessuna disposi


zione suscettibile di generale applicazione sembra invocabile, quando si 
tratti di un decremento patrimoniale del privato, cui non corrisponde 
un vantaggio economico dell'ente pubblico (ID., op. dt., 105). Lo ZANOBINI, 
Corso di diritto amministrativo, vol. I, Milano 1958, 350, mentre ammette 
la possibilit� di applicazione analogica dell'art. 46 I. org. espr. per p. u., 
quando si tratti di sacrificio imposto alla propriet� con atto amministrativo 
particolare, avverte, peraltro, che, se una norma autorizzi il 
sacrificio di un diritto individuale, senza nulla dire riguardo all'obbligo 
dell'indennit�, deve ritenersi che questa non sia dovuta (op. cit., 349). 

Per i casi particolari v. dottrina citata da GUICCIARDI, La giustizia 
amministrativa, Padova 1954, 321, in nota. Sui casi di espressa esclusione 
de jure dell'indennizzo, v. SANDULLI, Manuale cit., 453. Di recente, sul 
tema, v. Rocco F., La responsabilitd dello Stato per atti legittimi e l'art. 24 
della Cast. rep., Giur. it., 1963, IV, 113 e segg. Per l'eccezionalit� del 
principio di cui all'art. 46 I. org. espr. per p.u. v. invece Relazione Av


vocatura Stato, 1942-1950, vol. I, Roma, 1953, 160 e segg.: il danno da 
atto legittimo non � indennizzabile se non in� presenza di una espressa 
disposizione di legge (ivi, 164) Id., 1951-1955, Roma 1957, 121 e segg. 

(2) Ma su casi di applicazione dell'art. 2�45 e.e. si vedano osservazioni 
in Relazione Avvocatura Stato, 1942-1950, vol. I cit., 165 e segg.; Id. 
1951-1955, vol. I cit., 123; Id. 1956-1960, vol. Il, Roma 1961, 169. 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. pl. 26 febbraio 1964, n. 6 -Pres. 
Bozzi -Est. Di Pace -Elli ed altri (avv. Tolla e Lodi) c. 
Ministero LL. PP. (Avv. Stato Carafa) e Comune di Milano 
(Avv. Consolini, Mainetti, Sartogo). 

Piano regolatore (e di ricostruzione) � Variante � Autorizzazione mini� 
steria!e � Natura. 

Atto amministrativo � Convalida e sanatoria � Presupposti � Applicazione 
a variante cli piano regolatore non preventivamente autorizzata . 

. Nel sistema della legge urbanistica, l'autorizzazione alla variante 
costituisce una condizione preliminare, anteriore al procedimento 
di approi,azione della variante stessa, e pertanto va 
qualificata come una �condizione di procedibilit�� (1). 

Gli atti amministrativi viziati (come in genere tutti i negozi 
giuridici annullabili) possono essere sanati: o med_iante convalida, 
che si ha allorquando l'autorit� che ha emanato l'atto o altra 
autorit� a ci� competente dichiari di conoscere il vizio dell'atto 
e di volerlo correggere; o mediante sanatoria, in senso stretto, 
nella quale il sopravvento di atti nuovi e diversi elimina o rende 
inoperante il motivo d'invalidit�. La sanatoria in senso stretto 
pu� aversi, allorquando si verifichino le seguenti condizioni : a) 
che gli atti successivi, aventi efficacia sanante, colmino le lacune 
d'istruttoria e di accertamento, derivanti dall'emissione degli atti, 
che hanno determinato il vizio, in modo che gli interessi da salvaguardare 
mediante il compimento degli atti, �che sono stati 
omessi, siano ugualmente presi in considerazione e tutelati; b) 
che, nel frattempo, fra l'emanazione dell'atto viziato e l'atto, che 
potrebbe operare la sanatoria, non siano sorti diritti di terzi che 
non possono essere lesi da atti altrimenti idonei a sanare i vizi 
dell'atto invalidato. E' pertanto sanabile il provvedimento di ap


(1-2) Su entrambe le massime, cfr. rispettivamente Sez. IV, 27 settembre 
1961 n. 427, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 1396,; Sez. IV, 7 marzo 
1962 n. 225, ivi, 1962, I, 419. 

La decisione applicata, con esatti criteri, la sanatoria dell'atto invalido, 
la quale � possibile nei casi in cui con un atto successivo vengano 
eliminate le cause di illegittimit�, con effetti ex tunc: cfr :, per tutti, 
RAVA, La convalida dell'atto amministrativo, 50. 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 531_ 

plicazione e di variante al piano regolatore non autorizzato dal 
Ministero dei LL. PP. se questi interviene nelle successive fasi 
della proposta di approvazione e se il Consiglio Sup. dei LL. PP. 
esamina le ragioni che giustificano la variante (2). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 dicembre 1963 n. 945 -Pres. 
De Marco -Est. Meregazzi -Langella (Avv. Quinto) c. 
Ministero del Tesoro (Avv. Stato Carbone). 

Danni di guerra � Beni perduti all'estero per trattato di pace � Albania 
Rivalutazione � Criteri � Legittimit�. 

Danni di guerra � Beni perduti all'estero _per trattato di pace � Albania 
Sequestro operato nel 1943 � Fatti_ successivi � Irrilevanza. 

Ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 1050/1954, nei casi in cui 
non sia stato possibile determinare il valore dei beni in -sede internazionale, 
per mancanza di a�cordi speciali con gli Stati interessati, 
il valore stesso viene stabilito tenendo conto di tutti gli 
elementi acquisiti agli atti dell'Amministrazione, sempre in relazione 
ai valori correnti alla data di entrata in vigore del Trattato 
di pace per ciascun Paese, restando escluso il_ lucro cessante, e, 
a sua volta l'articolo 5 del d.P.R. n. 946/1955 stabilisce che per 
valori correnti alla data di entrata in vigore del Trattato di pace 
si intendono i valori di comune commercio (vigenti, per l'Albania, 
alla data del 20 ottobre 1947: data, per l'appunto, di entrp,ta in 
vigore del Trattato), in mancanza, i prezzi di comune commercio 
correnti al 1938 nei vari Paesi, adeguati, secondo equit� e tenuto 
conto della situazione economica di ciascun paese, della consistenza 
nonch� della funzionalit� economica dei beni da indennizzare, 
alla data predetta di entrata in� vigore del Trattato di pace. 

Legittimamente, pertanto, l'Amministrazione del Tesoro, con 
la collaborazione del Ministero delle Finanze' e su conforme parere 
della competente Commissione, di cui all'articolo 3 della legge 
29 ottobre 1954 n. 1050, con la partecipazione degli esperti e 
dei rappresentanti delle categorie interessate, ha proceduto, anzitutto, 
alla determinazione dei coefficienti da applicare alla generalit� 
dei beni per l'adeguamento dei valori del 1938 al 1947; 
sulla base di una abbondante documentazione circa i prezzi del. 
1938 (monografie, prezziari ecc.), e valendosi delle indagini e dell'apprezzamento 
tecnico dell'Ufficio tecnico erariale: il risultato 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

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r~ 

di questi studi � stata la determinazione del coefficiente 22 per 
i beni immobili e 20 per gli immobili (1). . 

Ai fini della liquidazione dell'indennizzo dei beni confiscati in 
Alb�nia in applicazione del trattato di pace, la consistenza dei 
beni era fatta con riferimento alla data in cui � avvenuto il primo 
sequestro dei beni stessi, mentre tutto ci� che � avvenuto dopo 
(deperimenti, dispersioni ecc.) non pu� porsi a carico di colui che 
ha subito la confisca (2). 

(l-2) Sull'argomento cfr. Sez. IV, 22 giugno 1962 n. 469, Il Consiglio 
di Stato 1962, I, 1106; Sez. IV, 30 ottobre 1963 n. 658, ivi, 1963, I, 1335). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 febbraio 1964 n. 84 "' Pres. 
De Marco -Est. Landi -Soc. Edison, Elettrochimica Ligure 
ed altre (Avv. Dedin) c. Comitato interministeriale dei prezzi 
(C.I.P.) e Ministero Industria e Commercio (Avv. Stato Ca


samassima). 

Prezzi � Disciplina dei prezzi � Organi competenti � Commissione cen� 
trale e Comitato interministeriale � Composizone � Intervento nelle 
assemblee di persone estranee ai collegi � Annullamento giurisdizio� 
nale delle deliberazioni � Esecuzione del giudicato � Convocazione 
delle assemblee in regolare composizione � Rinnovazione della deli� 
berazioile annullata con efficacia ex nunc, senza alcuna indagine 
aggiornata dei �osti � Illegittimit�. 

(d.1.1. 10 ottobre 1944 n. 347; d.1.1. 23 aprile 1946 n. 363; d.1. C.p.S. 15 
settembre 1947 n. 896). 
Annullate in sede giurisdizionale le deliberazioni della Commissione 
centrale e del Comitato interministeriale dei prezzi, 
perch� prese da assemblee cui avevano partecipato persone estra


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I

~

nee alla composizione dei collegi, le successive deliberazioni, adottate, 
in esecuzione del giudicato, dagli stessi organi convocati in 
regolari assemblee, sono illegittime, ove si limitino a riprodurre 
il contenuto dei precedenti atti annullati, sia pure con efficaeia 
ex nunc, senza procedere a nuova discussione e votazione e senza 
compiere alcuna indagine aggiornata d�i costi dei prodotti (1). 

(1) Sulla rilevanza che pu� avere ai fini della validit� della deliberazione, 
la partecipazione ad assemblee di soggetti estranei alla composizione 
del collegio, vedi Cons. Stato, Ad. pl. 11 novembre 1963 n. 19, 
retro, 322, con nota. 
Sulla soluzione adottata dal Consiglio di Stato in ordine alla illegittimit� 
dei provvedimenti-prezzi impugnati, occorre svolgere, da un 
punto di vista generale, le seguenti osservazioni: 

Il Consiglio di Stato, pur ispirandosi alla esatta qualificazione dei 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA. AMMINISTRATIVA 533 

(Omissis). -L'annullamento del provvedimento del Comitato 
interministeriale dei prezzi 14 settembre 1960 n. 884, disposto 
con la decisione della IV Sezione 26 giugno 1963 n. 494, aveva per 
effetto di ripristinare le disposizioni del precedente provvedimento 
5. agosto 1959 n. 812. 

Il Comitato interministeriale, col provvedimento 7 agosto 
1963 n. 1039, in questa sede impugnato non ha inteso sanare 
retroattivamente la situazione verificatasi (il che, ovviamente, 
non sarebbe stato legittimo) bens� stabilire i nuovi prezzi dei 
concimi chimici con la normale efficacia ex nunc. 

Senon.ch�, il primo fattore, che ha sviato le determinazioni 
degli organi competenti, fu quello di identificare come semplici 
�vizi formali� quelli, relativi alla composizione della Commissione 
centrale e del Comitato, ed alla documentazione in verbale 
delle proposte e dei deliberati, che avevano determinato l'annullamento 
( cfr., nel verbale della riunione 2 agosto 1963 della Commissione 
Centrale dei prezzi, la tesi dei rappresentanti dei Ministeri 
del Tesoro, della Agricoltura, della Confederazione Agricoltori 
e della C.G.I.L.; e nel verbale della riunione 7 agosto 

provvedimenti-prezzi fatta dalla Corte Costituzionale (sentenza 8 luglio 
1957, n. 103, Giuris. cost. 1957, 976), ne ha tratto delle conseguenze 
che nel loro rigore non p9ssono condividersi, perch� il giudice amministrativo, 
attraverso la parvenza di un riesame della motivazione dei 
provvedimenti sottoposti al sindacato di legittimit�, � penetrato, in 
definitiva, nell'ambito del merito. La, Corte costituzionale, invero, ha 
qualificato come atto amministrativo sia dal punto di vista formale, sia 
dal punto di vista sostanziale, il provvedimento adottato dal C.I.P. e 
CP.P. per stabilire i prezzi delle merci, dei servizi e delle prestazioni, 
ma ha anche precisato che detti organi svolgono una attivit� discrezionale 
che non � illimitata, essendo rivolta ad apprezzare l'interesse 
pubblico in relazione ai fatti economici che influenzano la disciplina dei 
prezzi (svolgono cio� una attivit� tecnico-discrezionale); ci� risulta, come. 
si legge nella citata sentenza, dalla qualit� tecnica dei �componenti 
degli �rgani consultivi e deliberativi, dalla possibilit� di avvalersi di 
un servizio ispettivo e dalla istruttoria svolta dall'Istituto Centrale di 
Statistica per accertare i .costi di produzione, le condizioni di mercato e 
i fattori che comunque operano nella determinazione dei prezzi. 

Poste tali precisazioni, il Consiglio di Stato richiede nei singoli 
provvedimenti sottoposti al suo sindacato una motivazione cosi dettagliata 
nell'iter seguito dagli organi amministrativi per la determinazione 
del prezzo, da rendere possibile il riesame, in ogni particolare, sia del 
criterio, sia delle varie fasi della variazione del prezzo. Tale indirizzo, 
se da qualche aspetto appare legittimo (cos� ad es. laddove richiede una 
indagine sui costi: Sez. IV, 4 ottobre 1963, n. 600, Ii Consiglio di Stato, 
1963, I, 1305; Sez. IV, 13 marzo 1963, n. 160, ivi, 363), non pu� invece 
condividersi laddove, come si � detto, l'indagine, attraverso un apparente 
sindacato di legittimit�, penetra nell'ambito del merito ammini



534 RASSEGNA DBLL'AWOCATURA DELLO STATO 

I 


1963 del Comitato la relazione del Ministro per l'Industria ed il 
Commercio). 

In collegi �perfetti � in cui cio� la votazione � preceduta da 
discussione, quali sono indubbiamente sia la Commissione, sia il Comitato, 
il vizio di composizione dell'organo collegiale non pu� con


. siderarsi di mera forma: al contrario, la partecipazione alle sedute 
di elementi estranei, o la composizione del collegio in modo 
diverso da quello voluto dalla legge, influisce sostanzialmente 
sui deliberati, in quanto da una parte le opinioni manifestate 
sono rilevanti per l'orientamento della maggioranza, e dall'altra 
la volont� collegiale, identificata con quella della maggioranza, 
pu� essere la risultante di volont� individuali espresse da soggetti 
che non avrebbero potuto contribuire col loro voto alla sua formazione. 
Il che, nella specie, era stato notato, con riferimento 
agli atti, nella decisione d'annullamento. Il carattere sostanziale 
del vizio diviene ancor pi� manifesto, perch�, come pure rilevava 
la citata decisione, mancava .nei verbali ogni accenno a 
votazioni attraverso cui l'accordo, o il parziale disaccordo, sulle 
proposte della Commissione si era esternato, e queste consistevano 
in semplici deduzioni del presidente, che, se pure esatte, 
non avevano certamente il valor formale e sostanziale -cos� 
testualmente la decisione -di una deliberazione collegiale. 
Era quindi in errore il Ministro dell'Industria e del Commercio, 
quando affermava nella sua relazione che �l'annullamento... 
fu dovuto ad irregolarit� formali... e non a vizi che possano 
influire sulle determinazioni del Comitato�. 
L'errata premessa ha determinato altrettanto erronee conclusioni. 
Nella Commissione, una parte dei membri sostenne che 
�soluzione giuridica del problema potrebbe essere quella di convalidare 
i prezzi annullati. salvo a sanare i vizi formali del provvedimento 
annullato�. Al che, altri oppose che la situazione dei 

strativo, e, ancora di pi�, laddove appare vario e oscillante in relazione 
.alle singole specie decise; cos� ad es.: il provvedimento che varia il 
prezzo di un medicinale, stabilito in sede di registrazione da,l Ministro 
della Sanit�, perch� � stato ridotto il prezzo di un prodotto che ne � il 
componente, � stato dichiarato illegittimo, laddove, pur tenendo conto e 
precisando tale riduzione, non sia stato giustificato in relazione alle componenti 
economiche che hanno subito variazioni e che devono essere indieate 
con ogni dettaglio in modo da stabilire in sede di sindacato di 
legittimit� in quale misura esse incidano sul prezzo (Sez. IV, 27 febbraio 
1963 n. 101, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 174); il provvedimento 
che stabilisce il prezzo dei libri di testo delle scuole elementari, pur 
essendo giustificato in relazione al costo delle materie prime, della mano 
d'opera e delle operazi�mi tipografiche, � illegittimo qualora non chiarisca 
nella sua motivazione come siano stati condotti e in quale operazioni 


PARTE I,,SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 535 

costi di produzione e distribuzione era ben diversa da quella del 
1960. Non essendosi raggiunto l'accordo, la Commissione si limit� 
a �prospettare quanto sopra al CIP�, per la definitiva determinazione. 
In queste considerazioni, riprodotte anche nella relazione 
della Segreteria per il CIP, � difficile tuttavia riscontrare 
quel che � detto n~lla relazione del Ministro in seduta del Comitato, 
che cio� la Commissione aveva �in via di massima rit~nuto 
che la relazione tecnica ed economica predisposta a suo tl'!mpo 
dalla Commissione� potesse �costituire la base per assumere un 
provvedimento che sostituisca quello annullato, in �attesa di un 
aggiornamento a pi� o meno breve scadenza� (aggiornamento 
che, peraltro, non � stato ancora compiuto). Il Ministro, inoltre, 
rappresentava �la necessit�, anche in relazione alla situazione 
che si � creata sul mercato interno che minaccia di intralciare 
la normale distribuzione dei fertilizzanti con ripercussioni negative 
sulla agricoltura, di un intervento immediato del CIP�, 
riconosceva che �non si era potuta compiere, dato il breve tempo 
trascorso, una indagine aggiornata dei costi per i prodotti in 
questione �, e proponeva � di confermare gli stessi prezzi stabiliti 
per tali prodotti nel 1960, in attesa delle indagini che dovranno 
essere condotte a termine nel pi� breve tempo per l'accertamento 
di eventuali variazioni sopravvenute nei costi di questo 
ultimo periodo�. La proposta era approvata dal Comitato. 

Da tutto ci�, risulta indiscutibile che tanto la Commissione 
centrale, quanto il Comitato interministeriale, erano perfettamente 
a conoscenza che esistevano variazioni di costi, tali da 
potere rendere non pi� corrispondenti a realt� le conclusioni 
cui erano pervenuti nel 1960; e che riconoscevano del pari la 
mancanza di qualsiasi indagine, che consentisse di accertare la 
entit� e l'incidenza delle dette variazioni. E tuttavia, il Comitato 

e valutazioni si siano conc.retati i relativi accertamenti (Sez. IV, 23 marzo 
1963, n. 152, ivi, 355); il provvedimento che varia il prezzo dell'olio combustibile 
� stato ritenuto illegittimo qualora, pur facendo con ampi~zza 
di particolari riferimento ai costi, non implichi n� giustifichi in modo 
decisivo la scelta tra le varie soluzioni proposte-(Sez. IV, 22 maggio 
1963, n. 337, ivi, 697). 

Come rilevasi, il Consiglio di Stato (limitando la critica alle decisioni 
pi� recenti) ha richiesto, in relazione alle specie decise, sempre 
qualche nuovo elemento che potesse giustificare, con un calcolo preciso 
e matematico, la determinazione o la variazione del prezzo, spingendo 
cos� la sua indagine, attra,verso il riesame della motivazione, agli aspetti 
del merito amministrativo (tra i quali rientrano ad es. le componenti 
economiche che possono influire, sia pure in certi limiti, sul prezzo; la 
scelta delle operazioni compiute per accertare i costi; la decisivit� degli 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comermava i prezzi del 1960 (determinati, tra l'altro, in base a 
deliberazioni illegittime) per le considerazioni di opportunit� ad~ 
ditate dal Ministro, e condivise dal Comitato stesso. Manifesta � 
il vizio di eccesso di potere. Il Comitato interministerale� dei prezzi, 
come � stato precisato anche dalla Corte costituzionale (sent. 
8 luglio 1957 n. 103) ha una funzione limitata all'accertamento dei 
prezzi, nei rapporti tra produttori e consumatori, e deve svolgerla 
in base a criteri tecnico-economici, fondati sull'accertamento dei 
costi� e non gi� secondo valutazioni discrezionali di politica econo~ 
mica: Il provvedimento deve essere pertanto annullato. -(Omissis). 

elementi che possono incidere sulla determinazione del prezzo). In tal 
modo il predetto organo -e ci� va osservato da un punto di vista 
generale -� andato al di l� dei limiti della sua giurisdizione di legittimit�, 
violando, tra l'altro, la ratio cui si informano le leggi sulla disciplina 
dei prezzi, le quali lasciano invece una discrezionalit� di valutazione 
come � chiaramente detto nella loro formulazione (art. 4 1. 
n, 347 �il Comitato pu� determinare i prezzi di qualsiasi merce, ecc.�; 
art. 1 1. 896 � il Comitato, ai fini della perequazione dei prezzi, pu� istituire 
casse di conguaglio, ecc.�) e ostacolando l'attivit� del C.I.P. e dei 
C.P.P., la quale deve, tuttavia, svolgersi con �arattere di continuit� e 
permanenza in modo da apprezzare, in relazione al pubblico interesse, 
i fattori economici, vari e contingenti, che possono influenzare la disciplina 
dei prezzi. 

I 
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I CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 marzo 1964 n. 106 -Pres. 

De Marco -Est. Potenza -Trosini Maria (avv. Stoppani) c. 

Prefetto di Teramo (Avv. Stato Carafa). 

I 

Espropriazione per p. u. � Espropriazione � Mezzogiorno � Industrializ� 
zazione � Termine ex art. 13 I. n. 2359 del 1865 � Obbligatoriet� 
Fattispecie. 

(1. 25 giugngo 1865 n. 2359, art. 13; I. 14 dicembre 1947 n. 1598). 
I termini stabiliti dall'art. 13 l. 25 giugno 1865 n. 2359, e cio� 
i termini entro i quali dovranno iniziarsi e compiersi le espropriazioni 
ed i lavori, devono essere previsti anche se la pubblica 
utilit� dell'opera � dichiarata dalla legge, come � previsto per 
le espropriazioni� regolate dalle leggi per la industrializzazione del 

I

Mezzogiorno: tali termini devono essere stabiliti nel primo atto 
che d� inizio al procedimento e.spropriativo (che pu� essere anche 

I 


PARTE I, SEZ. IV, 'GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 537 

la dichiarazione di pubblica utilit� ove venga emessa dal Pre'." 

fetto) (1). 

(1) In un primo momento la giurisprudenza riteneva che alla dichiarazione 
di p.u. derivante direttamente dalla legge non fossero applicabili 
le norme che riguardavano l'apposizione dei termini entro i quali le 
espropriazioni ed i lavori si devono iniziare e compiere (cos� Sez. IV 
28 gennaio 1955 n. 89, Il Consiglio di Stato, 1955, I, 20). Successivamente 
sia la: dottrina (cfr. SANDULLI, Dichiarazione di p.u. ex lege e termine 
di esecuzione delle opere, Foro it.,� 1955), sia l'orientamento giurisprudenziale 
hanno sub�to modifiche (Ad. plen. 2 luglio 1958, n. 18, Il Consiglio 
di Stato, 1958, I, 773). 
Infatti, la deroga che la legge speciale (ad es, la legge 14 dicembre 
1947, n. 1958) apporta alla legge generale sull'espropriazioni concerne 
esclusivamente la dichiarazione di p.u. che � fatta dal legislatore, e non 
dall'autorit� prefettizia, la quale si limita solo ad accertare se le opere 
da eseguire rientrino nella categoria prevista dalla legge; ma non si 
estende alle altre formalit� che ineriscono al procedimento espropriativo, 
tra le quali rientrano appunto i termini per l'espletamento dello 
esproprio e per �l'esecuzione dei lavori. E' evidente per� che, �mancando 
la dichiarazione di p.u. come atto prefettizio, i termini verranno apposti 
nel primo atto che d� inizio al procedimento espropriativo. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 marzo 1964 n. 109 -Pres. 
Polistina -Est. Di Capua -Impresa Adornl.-Ferroni Schiavetti 
(avv. Sorrentino) c. Prefetto Parma (avv. Stato Carafa) e 
Camera commercio industria e agricoltura di Parma (avv. 

� Bussi e Giannini). 

Espropriazione per p. u. � Espropriazione � Piano particolareggiato � � 
Aree ricadenti nei comparti edificatori � Pretesa inespropriabilit� 
Non sussiste. 

Atto amministrativo � Eccesso di potere � Contradittoriet� � Atti di auto� 
rit� diverse � Esclusione. 

Espropriazione per p. u. � Espropriazione � Procedimento � Osservazioni 
ex art. 5 I; n. 2352 del 1865 � Natura. 

(1. 17 agosto 1942 n. 1150, artt. 16, 23; 1. 25 giugno 1865 n. 2359, 
artt. 1, 2, 5). 
La previsione di comparti edificatori nel piano particolareggiato 
non determina la inespropriabilit� delle aree su cui sorgono 
gli edifici di cui � prevista la demolizione, se sia stata accertata 
e dichiarata una ragione di interesse pubblico all'espropriazione, 
non potendo avere rilevanza, ai fini dell'esproprio, la posizione 
giuridica in cui pu� trovarsi il bene che vi � soggetto e in parti



RASSEGNA. DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

colare la destinazione che pu� essergli attribuita nel piano regolatore 
generale e nel piano particolareggiato (1). 

Non � ipotizzabile il vizio di eccesso di potere per contradittoriet� 
fra l'invito del Comune di costituire un consorzio per l'edificazione 
privata e l'espropriazione, disposta dal Prefetto, per una 
diversa destinazione, tratta;,,dosi di atti di autoritq diverse operanti 
nell'ambito di poteri diversi e autonomi (2). 

Le osservazioni previste dall'art. 5 l. 25 giugno 1865 n. 2359 
sono l'esercizio di una facolt� spettanti non al proprietario, ma 
a �qualsiasi cittadino s�" che esse costituiscono non tanto un mezzo 
per .la tutela di un diritto o di un interesse legittimo, quanto un 
modo. per richiamare l'attenzione della p. a. sulla convenienza e 
legittimit� della procedura iniziata e perci� una forma di collaborazione 
con tale autorit�: il che porta ad escludere, nel caso di 
rigetto, la necessit� di una confutazione Circostanziata ed implica 
l'obbligo della motivazione solo sui punti essenziali delle osservazioni 
(3). 

~1-3) La prima massima esamina un aspetto particolare che inP-risce 
alla posizione dei proprietari degli immobili compresi nei comparti edificatori, 
affermando che la previsione di tali comparti -al di fuori delle 
condizioni indicate dall'art. 23 della legge urbanistica -non esclude la 
espropriazione quando, secondo il procedimento previsto dalla legge n. 
2359 del 1865, venga accertata una ragione di interesse pubblico che 
giustifica l'espropriazione. 

In genere la giurisprudenza si era occupata della posizione dei proprietari 
di immobili assoggettati dal piano particolareggiato ad oneri di 
trasformazione e del momento in cui quella posizione �si qualifica di


ritto soggettivo o degrada ad interesse legittimo: cfr. Sez. un. 19 febbraio 
1957 n. 591, Giust. civ., 1957, I, 1037; Sez. un. 24 ottobre 1958 n. 
3457, ivi, 1958, I, 2029; Sez. un. 9 dicembre 1960 n. 3212, ivi 1961, I, 
223; e in dottrina cfr. SANDULLI, Espropriazione per l'edificazione di comparti 
di piano regolatore e competenza giurisdizionale, ivi, 1961, I, 223: 

Le altre due massime confermano una giurisprudenza pacifica; Sez. 
V, 25 settembre 1963 n. 797, Il Consiglio di Stato, I, 1207; Sez. IV, 23 
aprile 1958, n. 356, ivi, 1958, I, 414. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1964 n. 150 -Pre$. 
� Polistina -Est. Urciuoli -Spadeo ( avv. Ferrari) c. Ministero 
.del Tesoro (avv. Stato Dallari). ~: 

Atto amministrativo � Delega del Ministro al Sottosegretario di Stato 
per decidere un ricorso gerarchico � Ammissibilit�. Il 
Ct. u. 3 marzo 1934 n. 383, art. 5; r. d. 10 luglio 1924 n. 1100, art. 2; 

d. 1. 14 settembre 1946 n. 112, art. 2). 

PARTE I1 SBZ. IV, GIURISPRUDBNZ~ AMMINISTRATIVA 539 

In virt� della delega conferita dal Ministro del Tesoro, il Sottosegretario 
di Stato, che viene cos� autorizzato a firmare tutti 9li 
atti relativi all'accertamento e alla liquidazione dei danni di guerra, 
pu� legittimamente decidere i ricorsi gerarchici che vengono 
proposti al Ministro avverso� i provvedimenti presi dall'Intendente 
di Finanza per la liquida~ione di danni di guerra, non rientrando 
tale potere di decisione nella competenza riservata al Ministro 
(1). 

(1) In tema di delega a decidere i ricorsi gerarchici. 
La soluzione adottata dal Consiglio di Stato con questa decisione 
pu� condividersi. Non pu�, invece, condividersi la motivazione, laddove 
ammette che tra gli atti delegabili ;rientra la decisione su ricorsi gerarchici 
(per un precedente specifico cfr. le decisioni Sez. IV, 20 marzo 1962 

n. 286, Ii Consiglio di Stato, 1962, e Sez. VI, 19 ottobre 1962, VI, ivi, 1960, 
1881, che si ricollegano alla decisione dell',Adunanza plenaria 3 maggio 
1960 n. 8, ivi, 822, la quale ha ammesso la delega da parte del Ministr.o 
al direttore generale; v. anche Relazione Cons. Stato 1947 -50, �III, 30. 
La giurisprudenza per� non � pacifica; v. in senso contrario, Sez. VI, 16 
maggio 1950, Il Consiglio di Stato, 1950, 980; Sez. IV, 7 luglio 1939, Foro 
it., Rep., 1939, voce Ricorso gerarchico n. 4-5; Sez. IV, 10 gennaio 1940, 
n. 12). 
La motivazione trae origine da una imprecisa interpretazione dello 
art. 5 del t.u. c. e p. 3 marzo 1934 n. 383, perch� afferma che tale norma, 
nell'individuare il Ministro come organo competente a decidere i ricorsi 
gerarchici con provvedimento definitivo, non ha sottratto la materia ai 
principi generali che �attengono alla delega delle attribuzioni ammini-� 
strative. 

Il vero � che, a nostro avviso, proprio in tale materia la delega no.n 
� ammissibile perch� l'organo che decide un ricorso in qualit� di superiore 
gerarchico ha una competenza riservata, cio� esclusiva. La competenza 
a decidere i ricorsi appartiene all'organo nella sua veste di superiore 
gerarchico, inerisce alla sua posizione di supremazia, e ne � cos� 
essenziale e caratteristica che l'organo non pu� privarsene senza violare 
i principi sUlla gerarchia (cfr. RAGNisco -RossANO, I ricorsi amministra.:; 
tivi, 213). Jl rilievo vale in ogni caso, e cio� sia laddove la legge indi�a 
espressamente l'organo (ad es. il Ministro) che decide il ricorso gerarchico, 
sia laddove l'attribuzione sia in dipendenza di una ripartizione 
interna della materia �assegnata ad un determinato ramo dell'Amministrazione 
che fa capo ad un unico vertice; � e ci� perch� sia nel primo 
caso, per espressa disposizione di. legge, sia nel . secondo caso, in seguito 
alla ripartizione interna fra organi diversi di un'identica competenza 
funzionale, il potere di decidere i ricorsi deriva sempre dalla particolare 
posizione di preminenza che il superiore riveste nei confronti dell'inf~riore; 
e di essa egli non pu� privarsene senza perdere la supremazia che 
la legge gli assegna e senza commettere una violazione della legge stessa. 
Si deve cos� escludere la delega a favore di qualsiasi altro organo, 
sia quando non esiste, sia quando esiste, rispetto al delegante, un ra:p:. 
porto gerarchico: nella seconda ipotesi la delega verrebbe, -tra l'altro, �a 


540 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis).---.:.. La giurisprudenza del Consiglio di Stato � ferma 
nel ritenere che i Sottosegretari di Stato svolgono� una funzione 
vie!lria e quindi legittimamente..pu� essere ad . essi delegata .la 
trattazione di tutti. quegli affari, che non siano,. per legge, riser'vati 
alla esclusiva competenza del Ministro. Nessun dubbio che 
fra gli atti delegabili rientrino an�he:i ricorsi gerarchici, in quanto 
l'art.. 5 del T.U. della legge comunale Provinciale 3 marzo 1934, 
individuando nel Ministro l'organo competente a decidere tali ricorsi 
con provvedimento definitivo, non per questo ha sottratta 
la materia ai principi che attengono alla delega delle atttibuzi�>ni 
amministrative .(decisione IV Sezione n. 2$6 del 1962). 

Poich� in base aila delega conferitagli dal Ministro dell'epoca, 
il Sottosegretario di .Stato al Tesoro preposto al relativo servizio, 
_era stato a\ltorizzato a firmare, tutti gli atti.relativi all'apcertamento 
ed alla liquidazione dei danni di guerra non � riscontrabile 
nella specie alcuna� di �quelle illegittimit� denunciate col 
ricorso. 

violare la garanzia che l'ordinamento giuridico, nel prevedere. il riesame 

da parte-del superiore gerarchico, concede a cblui che si ritiene leso dal 
provvedimento aml:ninistrativo. 

A uguale conclusione pu� pervenirsi per gli altri poteri del superiore 
gerarchico; ad es. per quello di imprimere direttive, di d�are otdini, .di 
coordinare l'azione o dirimere conflitti; etc. Ma per il potere ora in esame 
la' delega� ha'. aspetti p�rticolari (Cfr. AMORTH, La nozione di gerarchia). 

Fermo restando le premesse osservazioni, anzi a :conferma delle 
stesse, la delega pu� ritenersi ammissibile soltanto la dove la legge 
espressamente la prevede: � il caso frequente della decisione su ricorso� 
gerarchico. che. pu� essere delegata dal :Ministro. al� Sottosegretario o al 
Direttore gen�erale. La previsione legislativa � contenuta nelle norme che 
istituis�ono i Sottosegretari-di Stato, i quali data la loro natura di organi 
secondari (SANDULLI, .Manuale, 319), non hanno competenza propria, ma 
esercitano solo le funzioni delegate dal Ministro '(d. 18 febbraio 1888 n �. 

I


5195; r.d; �1 marzo 1888 n .. 5247; d.l. 10. luglio 1924 n. 1100). Tra tali .fun'zioni 
rientra, data. la amplia previsione legislativa; �anche la delega a 
decidere i ricorsi gerarchici. Altra previsione legislativa � contenuta 
nelle norme-che disciplinano la posizione dei Direttori� generali, ai quali 
il Ministro pu� delegare: non �solo la firma-�(reg .. 23 'ottobre 1953 n. 1611,. 
art. 15, che per� � sempre�attestazione di volont� del Ministro; cfr. DE 
VALLES, Teoria giuridica dell'organizzazione dello Stato,� I, 306; FRANCHINI; 
In 'tema di .. delega di firma, Foro� amm. 1956); ma anche� singole 
materie di sua competenza (t. u. 10 gennaio 1957 n. 3 art. 155), e quindi 
ed anche la decisione � su ricorso gerarchico. 

� Ma la delega d� luogo a un ricorso all'organo .delegante avverso l'atto 
emanato, in virt� di essa; dall'organo delegato? 
-�.La delega delle attribuzioni aml:ninistrative non d� h:10go a� rapporto ge.... 
rarchico; �n� �elimina� tale rapporto nel caso che questo preesisteva: essa 
interviene tra� uffici, intercorrendo tra delegante e delegato, e �non fa 
parte,' ..n� modifica l'organizzazione. precostituita. della persona giuridica 


PARTE 1; SEZ�IV, GIURISPR�i>ENZA� AfMMlN�ETRATIVA 541. 

Per quanto superfluo; si rileva, infine,: che,. contrariamente 
a quanto sembra ritenere il ricorrente, il sindacato di legittimit�; 
per quanto penetrante vogli�. e possa essere, non� pu� estendersi 
a quelle .valutazioni di puro merito, che hanno indotto il Ministro 
del Tesoro a �delegare ad uno dei Sottosegretari di Stato le sue 
attribuziqni in una materia non riservata, per legge, .. alla sua 
esclusiva competenza. (Omissis). 

pubblica (DE VALLES op, cit., I, 306). Ben vero la delega non esclude 
il ricorso gerarchico solo se questo preesisteva ad essa (RAGNisco, op. 
cit., 214; Cons. Stato, Ad. gen. 5 marzo 1953. Il Consiglio di Stato, 1953, 
1954) cos� ad es.; la delega del Ministro al Sottosegretario� non rende a,mmissibile 
il ricorso gerarchico a:vverso l'atto emesso dal Sottosegretario; 
la delega del Ministro al Prefetto non esclude il .ricorso gerarcl:iico avverso 
l'atto prefettizio. Il ricorso al superiore gerarchico, come garanzia prevista 
dall'ordinamento, deve considerarsi, in mancanza di norme contrarie, 
sempre ammesso. Esso � perci� possibile anche nel caso di,delega. da 
parte del superiore gerarchico ad organo:infetior'e; in virt� della delega 
l'autorit� delegante non si priva dei poteri propri in ordine� 'all'attivit� 
delegata e pu� svolgere. qualsiasi ingerenza in ordine ad essa (cfr. sul 
se il delegato svolga attribuzioni proprie il cui esercizio � �possibile ap�pena 
viene emesso l'atto di delega, FRANCHINI, La delegazione ~mministrativa, 
61). 

�, U. GARGIULO. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 18 dicembre 1~63n. l()19-:: Pres. 
D'Avino -Est. Breglia -Repetto ed altri (Avv. Sgavari e 
Muti) c. Ministeri Agricoltura . e foreste .e Grazia e. Giu~tizia. 
(Avv. Stato Lan�ia). 

Caccia e pesca � Caccia � Riserva di caccia � Inclusione coattiva � T. U� 
-�� 1016 del 1939 ari. 44 �-Eccezione di .incostituZio.nalit� per �violazione 
� � �dell'art. 42 Cost. �. Manifel!lta infondatezza. 

C~cia e p~sca � Cacci& � :Riserva di ca�cia � Inciusione ~oattiva � Natura 
Limita~one al diritto di propriet�. , . �._. : . � . . 
(Co~t. art. 42; t. u. 5 giugno 1Q_39 n~ 1016, art. 4~, 3� comma). 

E' manifestamente infondata la questione di legittimit�� costituzionale, 
per violazione dell'art. 42 Cost., dell'art. 44, terzo 
comma, t. u. 5 giugno 1939 n. 1016, nella parte in cui prevede .ld 

. possibilit� di disporre coattiv�mente l1incluSione in una riserva di 
caccia di terreni per -i �quali -non sia stato -dato iL �onsenso, giacch� 
deve escludersi che detta norma� autorizzi�sostanzialmente'una 


542 � RASSEGNA DBU.'AVVOCATURA Dl!UO STATO 

espropriazione del diritto di caccia sul proprio fondo per una 
utilit� privata (1). 

La .inclusione coattiva di terreni in una riserva di caccia va 
qualificata come limitazione al diritto .di propriet� nell'interesse 
pubbHco (2). 

" 

(1-2) Sulla nozione ed i limiti del diritto di caccia, anche per quanto 
riguarqa i rapporti con la propriet� privata v. CACCIA, Noviss. dig. it., Il, 
Torino, 1958 e Encicl. dir., V, Milano 1959, 746. �-� �.. ����� � 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 29 gennaio 1964, n. 61 -Pres. 
Stumpo -Est. Anelli -Turri (avv. Cavini e Baldi Papini) c. 
Ministero P. I. (avv. Stato Carafa). 

Demanio � Demanio storico e artistico � Provvedimento di vincolo per� 
thienziale � Interesse ad agire da parte del proprietario del bene � 
Sussistenza. �� 

Demanio � Demanio storico e arlistico � Vincolo pertinenziale � Presupposti. 
� et 1. giugno 1939 n. 1089, art. 11 >. � 
Il proprietario di una cosa mobile, vincolata ai senSi della� 1. 
l giugno 1939 n. 1089 quale pertinenza immobiliare, ha interesse 
i impugnare il provvedimento di vincolo perch� non � per lui inliff 
erente la esistenza del vincolo, venendo la sua libera volont� 
li far cessare, quando voglia, la destinazione del bene a servizio 
> ornamento di altri, subordinata alla volont� della p. u. (1). 
E' illegittimo un provvedimento che costituisce il vincolo per:
inente iure pubblico quando il rapporto pertinenziale iure prirato 
non sia mai esistito o sia gi� cessato (2). 

(1-2) Massime esatte. Non v'�. dubbio che, una volta costituito il vin:
olo pertinenziale iure pubblico, la destinazione di un bene a servizio 
li altro bene non pu� mutare n� cessare a volont� del proprietario, ma 
~ sempre �necessarfa l'autorizzazione della p.a. a tutela dell'interesse aristico 
o storico gi� accertato con l'emanaziorie del provvedimento di 

�incolo; cfr. per. i precedenti Sez. IV 23 giugno 1939 n. 355; 5 I)larzo 
943 n. 61. 
~ONSIGIJO DI STATO, Sez. VI, 4 marzo 1964 n. 207 -Pres. 
Stumpo -Est. Anelli -Morelli (Avv. Cervati e Marimpietro) 

c. Commissariato Usi Civici di Roma e Ministero Agricoltura 
e Foreste (Avv. Stato. Ciardulli). 
I 



PARTE I, SllZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Giustizia amministrativa � Interesse a .ricol'rere � Usi civici � Cassazione 
della sentenza che ne accerta l'esistenza � Difetto sopravvenuto di 
interesse � Effetti sul giudizio amministrativo proposto contro il 
provvedimento di liquidazione �. 

In seguito alla cassazione della sentenza della Corte di Appello 
che ha accertato l'esistenza di usi civici, contestualmente 
alla quale venne emanato il provvedimento di liquidazione, diviene 
improcedibile, per difetto di interesse, il ricorso al Consiglio 
di Stato proposto contro tale provvedimento, atteso che la pronuncia 
sarebbe inutiliter data quando sopravvenga o passi in 
giudicato una decisione denegatoria della esistenza dell'uso (1). 

(1) Massima di particolare interesse: sulla causa pregiudiziale cfr. 
GuGLIELMI, La pregiudiziale amministrativa, retro, 399; v. anche la nota 
di A. ROMANO, pubblicata con la decisione in Foro amm., Il, 86. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 18 marzo 1964, n. 286 -Pres. 
Toro. -Est. Daniele -Baraldi (avv. Rescigno e Barillaro) c. 
Giovent� Italiana (avv. Stato Casamassima). 

Obbligazione e contratti � Contratti della p.a. � Licitazione privata � 
Offerta per persqna da nominare � Nullit�. 
(reg. 23 maggio 1924 n. 827, art. 89). 

Nel procedimento per licitazione privata non sono valid� le 
offerte per persona da nominare (1). 

(1) Non risultano pr�cedenti �sull'offerta per persona da nominare 
nella licitazione privata. Le decisione applicata con esattezza la norma 
espressa nell'art. 89 reg. 23 marzo 1924 n. 827. Nel procedimento per incanti 
esiste una norma diversa (art. 81, 4� collUlla) che ammette l� 
offerte per terza persona: cfr. Sez. V, 26 maggio 1937 n. 704, Foro amm. 
1937, 1, 2,.246. 

I,

I
I
. 
,
SEZIONE QUINTA 

.

' 

m 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA� t��: 

���::, �.�. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez, I, 25 novembre 1963; n. 3035 .-." 
��Pres. Va:rallo -Est. Pece:_. P. M~ Pedote _.�Soc~ Odero Terni.:. 
:Orlando (avv. Francesco Porreca) c. Ministero Finanze (avv. 
��� �� . Stato'Tavassi La �Greca). � 

�,� " 
lmp�sta -generale , sull'entrata -Pagamenti per. costruzioni o modifi


cazioni navali eseguiti per conto di stranieri nei cantieri nazio


nali -Esenzione -Applicabilit�. -Limiti. 

���� � (d.�. 't~.P.s: 29 -giugno i947, n. 779, art. �9>. � 

. . e .� . . . . . . ' . '. . . , . . 

In esecuzione dell'accordo italo-francese di �ui alla legge 
13 novembre 1947, n. 1422, il beneficio fiscale previsto nell'ultimq.,.
e01nmq. dell'.art. 9. del D.L. C.P.S. 29 giugno 1947, n. 779, si 
applica anche ai .pagamenti per riparazioni, modificazioni e trasformar.
ioni eseg14ite, �dietro commessa del Governo l.taliano, su 
navi francesi, net cani:teri e stabilimenti italiani (1). 

(Omissis). -Passando ��ed esaminare il ricorso principale 
proposto dalla OTO, va �ilev�to che questa, con il pdmo mezzo, 
4en,t.J.z.ia, cP,~ _a .tortq la se:p.tenza impugpata ha ritenuta la inapplicabilit� 
del beneficfo di cuL all.'ultimo comma dell'art. 9 del 

D.L.C.P.S. 29 giugno 1947, n.'779, il quale test�almente stabilisce 
�b,~ �S<mQ ~nch~. es~nti__�:Jall'imposta. _(generale suffentrata) i 
. . . . .. . ,. 
.. ' . . . . .., : 


(1) II tema di esenzione; dall'I.G.E .. sui pagamenti per costruzioni 
n~vali e1Seg:uite per -c�nto �di stra~ieri in cantieri. nazionali~ . 
� �"Il que~ito sottoposto all'�sam� dell� Corte S�prein� � c~e si desume 
d�lla massima di cui sopra, � stato risolto sfavorevolment� per l'Amministrazione 
delle Finanze dello Stato. Tuttavia, in vista della particolare 
delicatezza e rilevanza della questione, l'Amministrazione medesima si 
ripropone di sottoporlo ancora all'attenzione della S.C., la quale di certo 
ne far� oggetto di nuovo ed approfondito riesame. 

Riteniamo opportuno riprendere il tema della controversia. 

In base a scambio di note fra l'Italia e la Francia, effettuato in 
Roma il 1� giugno 1946, ed approvato e reso esecutivo con legge 13 novembre 
1947 n. 1422 (G.U. 23 dicembre 1947 n. 294), il Governo Italiano 
assunse formale impegno di provvedere, direttamente o servendosi di 
lmprese private (� directement ou par l'entremise d'entreprises priv�es �) 
a rimettere a galla alcune navi francesi affondate nelle acque territoriali 
ltaliane ed indicate nella lista A allegata a dette note, nonch� di proceiere 
a mezzo di cantieri navali italiani, alle relative riparazioni, in 


pagamenti per costruzioni, �riparazioni; modificazioni� e trasformazioni 
navaH -eseguite per conto di stranieri nei cantieri ci stabilimenti 
nazionali >~; 

.. . La, censura � fondata. . 

E' pacifico .ehe i lavori di riparazione all'Armand Blanc rientrano 
nel quadro di esecuzione della convenzione .italo-francese, 
approvata con� la legge 15 novembre 1947 -n. 1422. In virt� di 
tale convenzi@n:e, il Gov�rno Italiano si impegnava a procedere 
aJ recupero ed alla riparazione, direttamente o a mezzo di imprese 
private, di navi� francesi affondate in acque t~rrito:dali italiane 
e che venivano indicate in una lista A) allegata all'accordo; 
A-sua volta il Govern� francese,� come contropartita, cedeva al 
Governo� Italiano alGune navi elencate in :una lista J3); 

modo da p'orre le navi stesse in perfette condizioni di�mwigabilit� (art. 1). 

Tutti+:lavori dovevano essere effettuati sotto la: responsabili((1. e.<J... 4 
$.pese del Governo Italiano; come pure la mano' :d'opera ed i materia_Ii 
nece�ssari per i lavori stessi �dovevano essere� forniti dall'Italia. 

Veniva, p�raltro, stabilito che le opere dovessero eseguirsi sotto la 

sorv.eglianza .della Marina .Mercantile Francese e del �Bureau Veritas '~ 

o del � Ltoyd Register �, restando a caijco. del Governo Italiano aJJ.Che 
le spese relative (artt. 2 e 3). ~: 
A titolo di corrispettivo (� compensation. �) per la� intera prestazione; 

il Governo francese cedeva a. quello italiano la propri�t� �li altre� navi 

francesi,. indicate .nella lista B), allegata alle predette note, nello stato 

in cui queste ultime� si tTovavano, assume:r;tdo� esso Governo �fran;cese a 

proprio carico la regolarizzazione dei� rapporti con i rispettivi �proprietari 

e comunque garantendo lo Stato Italiano di qualsiasi molestia da� parte 

di��aventi diritto su questo secondo gruppo di navi.Hista B,'art.� 5). ; 

Giova, infine, tener presente che nello stesso accordo veniva .chiarit-0 

che ,11 :Governo francese avrebbe direttamente proceduto�� a rimettere a 

galla e� riip:arare battelli fluviali francesi .affondati nelle� acque territoriali 

itaHane e Ci� a mezzo di privati imprenditori italiani; con i quali avrebbe; 

sempre �direttamente, concluso particolari convenzioni: Per queste �.opere 

il Governo 'Italiano restava impegnato solo nel senso d�� dare assistenza 

ai '-delegati francesi, incaricati della sorveglianza tecnica dei relativi lavori. 

-, L lavori �di rimessa a galla, �ed in efficienza delle navi di cui alla 

lista A) vennero dalla Amministrazione della Marina Militare affidati �a 

�antieri �navali �italiani. fra i quali la Societ� �Odero Terni Orlandm Ora 

questa, nel 'presente giudizio ha sostenuto; e co:r;t esito positivo, di poter 

usufruire delle agevolazioni� tributarie previste dalle vigenti disposizioni 

per�� il� naviglio della Marina Mercantile e. pi� particolar!llente. della ,esen� 

zione �.dell'I.G.E. sui corrispettivi derivanti. dai lavori-in questione, invo


��ndo ;Ja applicazione; al caso .di specie, . della disposizione di cui , all'ul


timo comma dell'art. 9 del D.L.C.P.S. 29 giugno 1947 n, 779; recante ��modi� 

ficazioni al R.D.L. 10 aprile 1938 n. 330, concerhente _provvidenze�a favo.re 

dell'armamento e della industria. delle costruzioni navali �. 

�,Il _predetto art. 9 stabilisce che sono esenti dalla I.G.E. i pagamenti 
per .costl'.lizioni, riparazioni,� modificazioni� o tr!;lsformazioni navali, nonch� 


546 PARTE 1,� SBZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La� sentenza impugnata, pur avendo riconosciuto che l'Armand 
Blanc era una nave �ppartenente alla Francia e che i la 
vori di riparazione erano stati eseguiti in dipendenza del detto 
accordo, ha tuttavia negata l'applicabilit� del sopra trascritto ultimo 
comma dell'art. 9 del D.L.C.P.S. n. 779 del 1947, assumendo 
che: 1) trattandosi di una norma avente contenuto di 
agevolazione fiscale, la stessa non era �suscettibile di interpretazione 
anologica; 2) l'appartenenza della nave alla Francia non 
era rilevante, in quanto i lavori di riparazione erano stati commessi 
alla OTO dalla Amm.ne Difesa-Marina, la quale si era assunta 
l'obbligazione del relativo pagamento; 3)' sotto il profilo 
economi�o, l'Amministrazione italiana, nel commettere i lavori, 
aveva perseguito 1m interesse proprio e cio� quello di avvalersi 

per acquisto di navi estere, eseguiti da nazionali per attuare la ricostruzione 
del naviglio sinistrato per causa di guerra (primo comma) e che 
sono anche esenti dall'imposta i pagamenti per lavori di recupero e 
rimessa in efficienza di navi mercantili affondate o sinistrate, previsti dal 

D.L.L. 19 ottobre 1945 n. 686 (secondo comma), precisando che le sud� 
dette esenzioni spettano anche pei pagamenti effettuati, dopo la data 
di entrata in vigore del decreto, in forza di contratti stipulati prima di 
tale data (terzo comma) e che le esenzioni medesime sono subordinate 
alla attestazione, da parte del Ministero della Marina Mercantile, che 
i contratti, in base ai quali i pagamenti debbono effettuarsi, attuano 
gli scopi previsti dai primi due commi della disposizione (quarto comma). 
Stabilisce infine detto art. 9 nel quinto ed ultimo comma -che 
� quello che pi�� direttamente interessa la questione -che � sono anche 
esenti dalla imposta i pagamenti per costruzioni, riparazioni, modi'fi,cazioni, 
e trasformazioni navali, eseguite per conto di stranieri nei cantieri o 
stabilimenti nazionali. 
Ora, in via generale, � esclusa ogni agevolazione fiscale per i lavori 
sul naviglio militare in ispecie e sul naviglio delle altre Amministrazioni 
statali itali�ne in generale (R.D.L. 10 i:narzo 1938 n. 330; D.L.P. 26 giugno 
1946 n. 77; D.L.C.P.S. 20 giugno 1941 n. 779 e L 8 marzo 1949 n. 75). 
Tuttavia si sostiene dei cantieri navali che nel caso di specie si tratterebbe 
di lavori eseguiti, secondo la espressione dell'ultimo comma del 
gi� citato art. 9 del D.L. 779 � per conto di stranieri nei cantieri o stabilimenti 
nazionali � � 

. Viceversa � da escludere che possa al caso di specie competere il 
beneficio della esenzione dall'I.G.E. Infatti la esecuzione dei lavori di 
cui trattasi venne affidata alle ditte appaltatrici mediante contratti stipulati 
dal Ministero della Difesa-Marina, sul cui bilancio grava la relativa 
spesa. Peraltro i rapporti giuridici ed economici assunti da tali contratti 
intercorrono esclusivamente tra la Amministrazione della Marina Militare 
e le ditte assuntrici, le quali restano, pertanto, assolutamente estranee 
all'obbligo assunto dallo Stato italiano. Inoltre si tratta nella specie 
di lavori eseguiti � per conto � della Marina Militare. 

Riguardando nel suo complesso l'art. 9 del D.L. n. 779 del 1947, 
giova innanzi tuttQ rilevare che mentre il primo ed il secondo comma 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 547 

del risultato utile di essi come mezzo di scambio per ottenere 
in compensazione, dal Governo francese, naviglio da inserire 
nella flotta italiana; 4) nell'art. 10 del r.d.l. 10 marzo 1938, numero 
330 e nell'art. 28 della legge 8 marzo 1949 n. 75, che prevedevano 
altre provvidenze a favore dell'industria navale e dell'armamento, 
era stato precisato che le predette altre provvidenze 
non erano concesse � alle navi costruite per conto di Amministrazioni 
dello Stato o ad esso appartenenti�, 

Le richiamate argomentazioni non hanno carattere decisivo. 

Infatti: A) poich� l'applicabilit�. del beneficio in discussione 
ai lavori di riparazione dell' � Armand Blanc � � direttamente 
aderente, come or ora si dir�, alla lettera ed alla ratio dell'ultimo 
comma dell'art. 9 del D.L.C.P.S. n. 779 del 1947, si .addimo" 
stra non rilevante il richiamo alla regola che esclude la appli~ 

racchiudono disposizioni di favore, rivolte al fine della ricostruzione della 
flotta mercantile nazionale, l'ultimo comma, invece, contiene agevolazioni 
che sono pi� direttamente a favore dell'industria delle costruzioni 
navali, e solo in via indiretta, concorre allo scopo perseguito attraverso 
le disposizioni dei commi precedenti. Il che trova conferma nella rela. 
zione al menzionato decreto, nella quale, dopo essersi affermato che i 
benefici tributari, di cui ai primi due commi, trovano fondamento nell'analogo 
beneficio concesso con il D.L. 7 giugno 1945 n. 322 per la ricO. 
struzione edilizia, si chiarisce che � la stessa agevolazione � stata prevista 
anche nei riguardi dei contratti per costruzioni, riparazioni, modifl� 
cazioni e trasformazioni navali � per conto � di stranieri (quinto comma). 
E ci� perch� le relative commesse, incrementando l'attivit� dei cantiei:i1 
concorrono a ridurre, con evidente vantaggfo anche dei committenti 
nazionali, l'onere delle spese generali incidenti sulle singoli lavorazioni�. 

Peraltro il quarto comma dell'art. 9 (attestazione del Ministero della 
Marina Mercantile), si riferisce solo ai primi due commi e non anche 
al quinto ed ultimo comma e ci� sia per il fine diverso che caratt~ 
rizza i primi due dall'altro, sia perch� soltanto a quelli, ed agli scopi 
dagli stessi perseguiti, esso fa espresso richiamo e sia, infine, per la 
sistemazione che nell'articolo in esame � data al suddetto quarto �ornma; 
il quale segna una delimitazione fra le disposizioni dei primi commi e 
quella dell'ultimo comma, che si fonda su diverso principio informa� 
tore. Del resto � evidente che per le riparazioni al naviglio straniero fa 
difetto il presupposto che � alla base della disposizione di cui al quarto 
comma in parola e che mira evidentemente ad assicurare solo la ricostruzione 
effettiva del naviglio nazionale. 

Le quali cose premesse, la soluzione della questione pu� prescindere 
dalla interpretazione dei primi quattro commi dell'art. 9 e resta ancorata 
all'interpretazione del quinto comma, e pi� particolarmente consiste 
nello stabilire il preciso significato che deve darsi all'espressione �per 
conto di stranieri>>, in relazione al negozio interceduto fra la Amministrazione 
della Marina Militare e la ditta Odero Terni per la rimessa 
in efficienza di navi francesi comprese nella lista A) allegata alle note 
'scambiate fra i due Governi. 


548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cazione analogica in materia di benefici fiscali. B) L'ultimo comma 
del detto art. 9, parlando di riparazioni, modificazioni e tr�sformazioni 
navali eseguite �per conto di stranieri nei cantieri 

o stabilimenti nazionali � intende riferirsi all'interesse degli 
stranieri ai lavori di cui sopra. 
In caso diverso, infatti, la legge avrebbe parlato di costruzioni, 
riparazioni, modificazioni e trasformazioni navali commesse 
da stranieri ai cantieri o stabilimenti nazionali. 

Del resto, l'uso della locuzione � per conto � al fine di sottolineare 
la divergenza tra la partecipazione formale e la partecipazione 
sostanziale ad un negozio giuridico, � usuale nella tecnica 
formale legislativa (ad es. nella definizione del mandato 
senza rappresentanza, ex artt. 1703 e 1705 e.e.; nella definizione 
del contratto di commissione, ex art. 1731 stesso codice). 

E' da escludere innanzi tutto che la espressione � per conto � possa 
equivalere alla espressione � nello interesse �. N� pu� porsi l'accento al 
riguardo, sullo aspetto economico, del rapporto e sugli effetti che da 
esso derivano, in quanto il negozio, possa essere a vantaggio e beneficio 
esclusivo dello straniero. 

In sostanza, anche sotto l'aspetto esclusivamente economico, non 
pu� non tenersi conto di quello che costituisce il precedente del negozio 
intercorso fra l'Amministrazione della Marina Militare e le ditte italiane. 

Ed il precedente � rappresentato dalla convenzione fra i due Governi, 
attraverso la quale la rimessa in efficienza delle navi della lista A) costituiva 
la contropartita (� compensation �) per la cessione a favore dell'Italia 
delle navi della lista B. Per cui deve bene ammettersi che sussista 
un interesse ecopomico diretto e ben delineato da parte dell'Amministrazione 
della Marina Militare rispetto al negozio in parola. 

Ma poi decisivo per la soluzione della questione � che non tanto 
l'aspetto economico del rapporto viene in considerazione, ai fini della 
interpretazione della disposizione di cui trattasi, quanto il profilo tecnico


giuridico della espressione �per cgnto �. Nella specie � un'agevolazione 
fiscale che � concessa dal legislatore e la norma che l'introduce � norma 
di eccezione e quindi di stretta interpretazione (art. 14 preleggi). Per 
cui � da ritenere che l'espressione in esame sia stata usata con riguardo 
~l riflesso giuridico del rapporto. 

In sostanza, sotto l'aspetto tributario, ci� che acquista rilevanza 
� il. lato formale del rapporto stesso. Nel caso concreto parti contraenti. 
sono l'Amministrazione della �Marina e la ditta alla quale il lavoro venne 

affidato, mentre l'onere del contratto grava esclusivamente sull'Ammini


strazione medesima. 

Giova ancora tener presente che l'esame della convenzione fra i due 
Governi esclude nel modo pi� assoluto che fra questi sia potuto sorgere 
un rapporto di intermediazione. Come � stato gi� posto in rilievo, da 
tale convenzione deriva l'obbligo del Governo itailano a procedere direttamente 
-quindi non per conto del Governo francese -alla esecuzione 
delle opere, sia pure con facolt� di avvalersi _di imprese private. I lavori 
dovevano essere effettuati sotto la responsabilit� del Governo italiano. � 

I


mI 

.

I. 
~ 

I 



PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

C) La interpretazione affermata nella sentenza impugnata 
lede la ratio della norma da interpretare. Infatti, mentre .tale 
ratio, come gi� sottolineato nella sent. n. 1952 del 1963 di questa 
stessa Sezione, consiste nell'agevolare e l'incremento, della 
flotta mercantile italiana e l'industria cantieristica nazionale, al 
�ontrario la interpretazione, di cui alla sentenza impugnata, escluderebbe 
dalla esenzione dall'I.G.E. i pagamenti inerenti a con"'.' 
tratti che, come quello dell'Armand Blanc, realizzano in pieno 
entrambe le suddette finalit�, in quanto si tratta di lavori commessi 
a cantieri italiani ed eseguiti per rimettere in efficienza 
navi specificamente destinate a far affluire in Italia (attrayer"'.' 
so il meccanismo di cui -all'accordo italo-francese) altre navi da 
destinarsi al naviglio mercantile nazionale. . 

D) Non � rilevante n� il richiamo all'art. 10 del R.D.L. 

E ci� anche in relazione all'interesse proprio di questo di ottenere che 
1;iavi fossero poste in condizioni di navigabUit�, .al fine di costituire partita 
di scambio. per l'acquisto delle navi di cui alla lista B). Tutte le 
opere dovevano essere eseguite a spese del Governo italiano, senza possibilit� 
di rivalsa e qualunque potesse esserne l'importo, Circostanze 
.queste che escludono per se stesse che possa sussistere una qualsiasi 
intermediazione. In sostanza il Governo italiano era tenuto direttamente 
all'esecuzione delle opere di rimessa in efficienza delle navi, per cui 
intervenne nei contratti come portatore di un interesse proprio e diretto; 

D'altronde se il fine della disposizione di cui all'�ltimo capoverso 
dell'art. 9 del D.L. n. 779 � quello di spingere gli stranieri ad avvalersi 
di cantieri italiani, attraverso agevolazioni fiscali che si ripercuotono favorevolmente 
sul costo delle opere, � pur certo che nel caso concreto� tale 
fine non veniva in considerazione, dal momento che le spe�se delle opere 
stesse gravavano esclusivamente sul Governo Italiano. 

E'. opportuno ancora rilevare che nella convenzione fra i due Stati 
esiste una distinzione fra le navi di cui si discorre e i battelli fluviali 
(�rt. 6). 
� Per questi ultimi, invero, � chiarito che il -Governo francese avrebbe 
provveduto direttamente ed a sue spese alle opere necessarie, concedepdone 
l'esecuzione a imprese private italiane. Di modo che solo' per 
questi battelli pu� dirsi che le opere erano eseguite per conto dello 
stesso Governo francese, e si rendeva applicabile l'ultimo comma �del 
riportato art. 9. � 

Sotto altro riflesso a nulla giova il richiamo alle particolari disposizioni 
dell'accordo italo-francese, a termini del quale il Governo fran� 
cese si riservava la sorveglianza circa la buona esecuzione delle opere. 
Tale sorveglianza invero, attiene alle modalit� della convenzione stessa, 
con necessaria ripercussione sul rapporto interceduto fra l'Amministrazione 
della Marina e le ditte che procedettero alla messa in efficienza 
delle navi, nel senso che nel relativo contratto vennero inserite clausole 
particolari al riguardo. Ma ci� non incide sulla sostanza del negozio, 
che venne comunque ad estrinsecarsi fra l'Amministrazione della Marina 
e le ripetute �litte, mentre il. rapporto doveva considerarsi concluso per 
conto ed a spese di quella e nell'interesse della stessa; inteso tale inte� 


550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 


10 marzo 1938, n. 330 n� quello all'art. 28 della legge n. 75 del 

* 


1949, perch�, a prescindere da ogni ulteriore superflua considerazione 
inerente agli altri due mezzi del ricorso principale, 
trattasi di norme relative a benefici fiscali di diversa natura 
e che, come tali, ben potrebbero avere -in ipotesi -una estensione 
diversa da quella dell'ultimo comma dell'art. 9 del D.L. 

n. 779 del 1947. 
Concludendo, il primo mezzo del ricorso principale deve 
essere accolto. E poich� tale accoglimento � sufficiente alla cassazione 
della intera sentenza impugnata, restano assorbiti il 
secondo e terzo mezzo dello stesso ricorso principale. 

La causa deve essere rinviata per nuovo esame ad altra 
Seziorie della Corte di appello di Roma, la quale si uniformer� 
al principio che il beneficio fiscale di cui all'ultimo comma dell'art. 
9 del D.L.C.P.S. 29 giugno 1947, n. 779 si applica anche 
ai pagamenti per riparazioni, modificazioni e trasformazioni 
eseguiti, dietro commessa del Governo italiano, su navi francesi, 
nei cantieri e stabilimenti italiani, in esecuzione dell'Ac


i


cordo italo-francese di cui alla legge 13 novembre 1947, n. 1422. 

(Omissis). 

resse sia dal punto di vista giuridico, come da quello economico, tenuto 
conto che la rimessa in efficienza delle navi di cui trattasi, costituiva 
per lo Stato italiano -giova ripeterlo -la contropartita per la cessione 
a suo favore delle altre navi di cui alla lista B) dell'Accordo Italo
�Francese. 

D'altronde per l'esatta interpretazione delle norme di cui all'art. 9' 
soccorre anche la relazione al D.L.L. n. 779 del 1947. In tale relazione, 
gi� sopra richiamata, l'agevolazione fiscale � giustificata per l'influenza che 
le commesse straniere spiegano sulla riduzione delle spese generali delle 
lavorazioni dei cantieri nazionali. Ma nel caso in esame le commesse provengono 
da un'Amministrazione Italiana, per cui deve escludersi che 
possa spettare alcuna esenzione tributaria, vietandolo le disposizioni legislative 
in materia. 

Infine una conferma dell'esattezza della tesi sostenuta � fornita dall'art. 
28 della legge 8 marzo 1949 n. 75, recante � provvedimenti a favore 
dell'industria delle costruzioni navali e dell'armamento �. Nella norma 
contenuta nel predetto art. 28 � stabilito che i benefici fiscali disposti 
per la ricostruzione del naviglio non sono concessi, fra l'altro, � alle 
navi costruite per conto di Amministrazioni dello Stato o ad esso appartenenti
�. Ove la distinzione tra il caso di nave costruita �per conto� 
di dette Amministrazioni ed il caso che le navi appartengano allo Stato, 
pur essendo identiche le conseguenze, nel senso della inapplicabilit� del 
beneficio, dimostrano che il legislatore fiscale ha tenuto espressamente 
presente il caso di nave che, pur non appartenendo alle suddette Amministrazioni, 
venga costruita per conto e cio� nell'interesse e dietro com~ 
messa delle stesse. 

L. TAVASSI LA GRECA 

PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 febbraio 1964, n. 377 -Pres. 
Stella Richter -Est. -Caporaso -P.M. Trotta ( conf.) -Santini 
c. Ministero Finanze (avv. Stato Lancia). 

Imposta di registro (ed imposta di bollo) -Atti e contratti stipulati 

ai fini della legge 23 maggio 1952, n. 623 -Esenzioni -Requisiti 


Prova -Atti equipollenti -Inammissibilit�. 

(1. 23 maggio 1952, n. 623, art. 11; d.1. 25 giugno 1953, n. 492; r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3269). 
L'unico documento valido -senza che siano consentiti 
equipollenti -per conseguire la registrazione a tassa fissa e 
la esenzione dal bollo, previste nell'art. 11 della legge 23 maggio 
1952, n. 623, � quello contenente la dichiarazione dell'Amministrazione 
dei lavori pubblici, la quale attesti che trattasi di 
atto o contratto stipulato ai fini e per gli effetti della legge 
agevolatrice (opere di riparazione dei danni derivati' da alluvioni 
e mareggiate verificatesi nell'autunno-inverno 1950-1951) (1). 

(1) Nessun dubbio dell'esattezza delle adottate statuizioni. 
L'art. 11 de)la legge 23-5-1952, n. 623 nel precisare i presupposti di 
fatto e le condizioni alle quali � subordinato il trattamento di favore 
fiscale, non si limita, dato il suo chiaro tenore, ad imporre al contri� 
buente, nel momento in cui presenta l'atto alla registrazione, il solo 
onere di domandare il trattamento di favore, ma esige che : 

a) in � ogni singolo atto o contratto� sia � contenuta� una dichiarazione 
.di verit� o di scienza, proveniente da un organo dello Stato che, 
fornito di specifica competenza tecnica nel particolare settore, attesti la 
rispondenza dell'atto ai fini della legge particolare attraverso un giu� 
dizio di valutazi�ne compiuto, ai dichiarati fini tributari, per il rapporto 
con l'atto stesso disciplinato; 

b) che tale attestazione, caratterizzata e distinta dal giudizio di 
valutazione suddetto, �si accompagni all'atto in maniera � contestuale �, 
con la conseguenza che, dovendo essere �contenuta� nell'atto, ne di� 
venti elemento costitutivo. 

Nell'alternativa, pertanto, di fare dei presupposti di fatto ipotizzati 
per il trattamento di favore fiscale degli elementi estrinseci al conte� 
nuto dell'atto o'Vvero degli elementi intrinseci al contenuto predetto, il 
legislatore tributario, per i casi contemplati nell'art. 11 della legge 623 
del 1952, ha scelto la seconda ipotesi con la conseguenza che, solo nel 
rigoroso rispetto �dei requisiti di forma e di sostanza tassativamente 
prescritti, il trattamento di favore fiscale avrebbe potuto legittimamente 
esplicare i propri effetti. La ragione � intuitiva: dovendosi conciliare. 
il principio, per il quale il debito di imposta sorge nel momento in 
cui si verifica il presupposto di fatto ipotizzato dalla legge con la man� 
canza per la Amministrazione Finanziaria di un obbligo di compiere indagini, 
all'atto della registrazione, sul fine economico e giuridico che le 
parti, attraverso la posizione del rapporto, hanno voluto raggiungere, nei 
casi in cui il rapporto in concreto attuato, concernente settori di pub



552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO 

(Omissis). ;__ Con .il primo motivo il ricorrente contesta 
la esattezza del principio di diritto affermato dalla denunciata 
sentenza della Cotte di Appello di Roma, secondo cui l'unico 
documento valido per conseguire la esenzione dal bollo e la 
registrazione a tassa . fissa previste dall'art. 11 della legge 23 � 
maggio 1952, n. 623, � la dichiarazione dell'Amministrazione 

� dei LL.PP. che trattasi di atto o contratto stipulato ai fini e 
per glt'effetti della legge �nzidetta (opere di riparazione dei 
danni derivati da alluvioni e mareggiate verificatesi nell'autunnoinverno 
1950-51). 
La censura non � fondata. 
Il principio di diritto enunciato ed applicato� dal giudice 
del merito � pienamente conforme al precetto di legge conten�t� 
nell'ultimo comma del citato art. 11. Questo testualmente 
dispone che � per conseguire le suindicate agevolazioni occorre 
che. 0gni �singolo contratto corttenga la contestuale , dichiarazione 
dell'Amministrazione dei LL.PP. che esso � stipulato ai 
fini della presente legge�, 
Nel contratto stipulato dal ricorrente Santini con il Coi:
pune di Montecompatri, avente per oggetto lavori di riparazioni 

blico generale interesse, richiede una rapida definizione anche nell'aspetto 
tribut�rio; per le ripercussioni che quest'ultimo finirebbe per determinare. 
nello stesso settore tutelato, il legislatore tributario non si � limitato a 
ch�edere la semplice dichiarazione della parte contraente, riservando il 
controllo suocessivo sulla veridicit� della stessa, ma ha imposto la pro-� 
duzl�ne contestuale della dimostrazione relativa fissandone i requisiti di 
forma e di sostanza attraverso l'intervento di un organo statuale. 

C�n la legge 623 ,del 1952 sono contemplati lavori di particolare urgenza 
e per gli atti relativi ai lavori stessi la concessione delle agevola� 
zibni, in attuazione della ricordata esigenza, � stata collegata al fatto 
obiettivo dell'intervento nell'atto o contratto di un organo dello stato 
che, ai fini dichiarati del trattamento tributario, attraverso una sua dichiar�izione 
di scienza, fornisca irrevocabilmente e con forza di PROVA 
LEGALE; la dimostrazione della sussistenza della condizioni di fatto alla 
q.�le � collegato il trattamento fiscale derogativo. 

La contes(uale dichiarazione dell'Amministrazione dei LL.PP., �, pertanto, 
nella economia della norma, un requisito formale e sostanziale al: 
tempo stesso che, caratterizzando l'atto o contratto in una determinata 
direzi'one, ne fissa, sin dall'origine, la regolamentazione fiscale.� 

Il carattere di prova legale della certificazione della Amministrazione 
dei LL. PP. e la necessit� imposta dalla norma di favore fiscale della 
contestualit� della dichiarazione stessa, nel contesto di ogni singolo atto 

o contratto sono cose che escludono in radice che le esigenze imposte 
dalla .particolare norma di favore fiscale possono esser soddisfatte da atti 
successivi Cfr. Cassaz.; Sez. l, 7-2-1961, n. 254 Riv. leg. fisc. 1961, 956:-965.: 
. Tale possibilit� ricorre nei casi in cui alla parte sia richiesto il solo.� 
onore di domandare l'agevolazione e, senza la prefissione di alcun ter


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PARTB I, SBZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 553 

di strade comunali non risulta che ci sia stata tale contestuale 
dichiarazione ed essa non poteva essere di �certo sostituita da 
quella emessa dallo stesso Comune, che era parte del contratto, 
quale committente in proprio, dei suddetti lavori di riparazione. 

Trattasi di un requisito formale specificatamente e tassati� 
vamente indicato dalla legge, mancando il quale si decade dal 
relativo benefi.do tributario. 

E' ben vero che in linea generale basta ch� i presupposti 
necessari per l'applicazione di un privilegio tr~butario sussistano 
al momento della stipulazione dell'atto che di tale privilegio 
beneficia. Ma ci� non vale per le fattispecie in cui il beneficio 
sia subordinato a determinate formalit� o ad un particolare 
termine perentorio, come � nella previsione dell'art. 11, laddove 
la esenzione � condizionata alla esistenza di una dichiarazione 
di scienza del competente Ministero dei LL.PP. la quale deve 
essere cor;ttenuta nel testo dell'atto sottoposto a registrazione. 

Con il secondo motivo il ricorrente assume che nella specie 
la dichiarazione voluta dalla legge era gi� contenuta nella pre� 
cedente lettera del provveditorato alle 00.PP. relativa al concesso 
accreditamento della somma occorrente per la esecuzione 
dei lavori in oggetto, nella quale lettera si avvertiva, per 
altro, che il Comune avrebbe dovuto presentare �la documen� 
tata domanda per .Ja concessione del contributo definitivo �. 

mine di decadenza, l'esibizione dei dooumenti giustificativi dei presupposti 
di fatto, che condizionano la concessione dell'agevolazione richiesta, 
serba il valore di mero accertamento dei presupposti stessi. Analoghe 
ragioni escludono che le esigenze imposte dalla particolare norma di 
favore poss('lno essere soddisfatte da atti equipollenti. Tall in ogni caso 
non sono n� la comunicazione relativa all'avvenuta concesisone del con� 
tributo n� l'attestazione del ,sindaco, contenuta in contratto, che i lavori 
appaltati rientrano nelle previsioni di legge. Non la prima perch� l'at� 
tivit� dell'Amm.ne dei LL.PP. �allorch� prende in esame le domande 
di contributo fatte dal Comune, � rivolta, nell'esercizio di un potere 
discrezionale, ad accertare se ricorrono o meno le _condizioni per 
la concessione del _contributo e si concreta, con tali caratteristi� 
che e finalit�, in una dichiarazione di volont� (atto amministrativo 
negoziale). Al contrario -� stato gi� precisato -l'attivit� della 
Amministrazione� dei LL. PP., allorch� interviene per dichiarare che il 
contratto di appalto � stipulato ai fini della legge 623 del 1952, � rivolta, 
nell'esercizio di un potere di controllo, ad accertare che i lavori appaltati 
corrispondono a quelli per i quali il contributo � stato concesso e 
si concreta, con tali caratteristiche e finalit�, in una dichiarazione dt 
scienza (atto amministrativo certificativo). � 

Non la seconda perch� la attestazione del Sindaco circa la stipulazione 
dell'atto ai fini ed in attuazione della legge 623 del 1952 proviene 
dalla parte contraente e non dall'organo dello Stato al cui potere di 
controllo l'art. 11 della legge stessa ha affidato la paternit�. 


' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

' �Come bene h� rilevafo la impugnata sentenza tale documento 
attiene ad una fase . anteriore alla stipulazione. del con~ 
tratto di appalto delle opere in questione. Comunque, esso non 
trovasi inserito nel contratto de quo e pertanto manca il pr~ 
seritto �'requisito della contestualit�. 

� D'altr~ parte, neppure per quanto riguarda il suo contenuto 
i;nateriale detto documento adempie al precetto della legge, poicp� 
la determinazione dell'Amministrazione di procedere allo 
accredit~mento della somma in vista ed in contemplazione della. 
pre�ii~posta riparazione delle strade del Comune di Montecompatri 
. non pu� equivalere alla dichiarazione di scienza che 
l'�rt. l.1 prescrive, quale la certificazione della identit� delle 
opere assunte in contratto con i lavori per cui � stato concesso 
�l fi,nanziamento statale. 

� :g� quindi esatto quanto ha ritenuto la Corte del merito, 
che cio� la comunicazione relativa alla concessione del contribufo 
1,1.0n pu� costituire e sostituire la dichiarazione, formai~ e contestuale, che la P.A. deve rilasciare ai fini del pi� volte 
menzionato art. 11. 

� � Tanto meno detta dichiarazione pu� essere supplita da una 
attestazion� fatta dal Sindaco nel contratto che i lavori appaltati 
rientrano nella previsione cl.ella norma in esame, come si 
�' sostenuto col terzo motivo di ricorso. 

La dichiarazione del Sindaco, cio� di uno dei soggetti della 
convenzione tassata, non � in alcun modo riferibile all'Ammini~
traziorte dei L�...PP. a cui � esclusivamente demandato dalla 
fogge cli fare� la dichiarazione di cui si tratta. 

���Pertanto, neanche sotto qu�sto ultimo profilo il ricorso 
pu� ~s.sere accolto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 465 -Pres. 
� Lonardo -Est. Felicetti -P.M. Pepe (conf.) -Ministero Finan
�ze (Avv. Stato Carbone) c. Interlandi (avv. Soddu). 

Profitti di � regune � :Rettifica . dell'accertamento ex art. Mt�.IJ. n. 159 
� � del � 1944 � � � Competenza � Sezione speciale della Commissione Cen� ., 
trale � Natura giurisdizionale della . pronuncia relativa. 

(d.1.1. 159 del 1944 art. 34). 
I

Profitti ~_r~g4n,e � :Rettifica dell'accertamento ex art. 34 r.d.l. n. 159 
' .. del 194~ � Abrogazione a � norm:a dell'art. 5 della legge n. 1 del 1956 
e del 'T.U. n. 645 del 1958 � '.Esclusione. . 

(d.1.1. 159 d.�l 1944 art. 3'l:; legge n. 1 del 1956 art. 3; t.u. 645 del 1958). .
I 


PARTE I, SBZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 5$5 

Profitti di regime � Rettifica dell'accertamento ex art. 34 r.dJ�. 159 del 
1944 � Definitivit� dell'accertamento da rettificare � Necessit� � 
Esclusione. 

(d.1.1. n. 159 ciel 1944 art. ~4). 
Profitti di regime � Accertamento� � Determinazione della imposta sugli 
incrementi patrimoniali � Criteri e periodo di riferimento � �Valore 
effettivo per fatti sopravvenuti � Svalutazione monetaria � Irrile� 
vanza. 

La Commissione Centrale delle Imposte -Sezione Speciale 
per i profitti di regime, nel procedere, nell'ipotesi. prevista dall~ 
�rt. 34 del r.d.l. n. 159/1944 alla ret#fica dell'accertamento, esplica 
ftmzioni prev�lentemente giurisdizionali ed il relativo provvedimento, 
emanato nell'ambito delle attribuzioni di le9ge; �bstituisce 
decisione ricorribile in Cassazione (1). 

(1-4) La funzione che la Sezione Speciale dell� Commissione Centrale 
delle Imposte istituita per l'avocazione dei profitti di regime, � 
chiamata a svolgere dall'art. 34 del d.1.1. 27 luglio 1944 n. 159, con sa,nzioni 
contro il fascismo, � stata dalle Sez. Un. della Cassazione, nella: 
sentenza in nota, rettamente ritenuta di natura giurisdizionale. � 

La distinzione fra funzione amministrativa e funzione giurisdizionale 
secondo i criteri dettati dalla �ccezione comunemente data ai 
due termini (amministrazione e giurisdizione) non esaurisce il campo 
d'indagine essendo la stessa condizionata alle resultanze del diritto positivo 
(cfr. Mo:aTATI, IstituZioni di diritto pubblico Ed. 1962; 170); Chiaramente 
ispirate a tale principio le Sezioni Unite� hanno posto l'accento 
sulla natura dell'organo� chiamato dalla legge alla particolare attivit�., 
sul modo in cui la stessa provvede all'attivit� stessa; sulla forma del 
provvedimento terminale, sulla portata e sulla efficacia: di ��quest'ultimo. 
La qual cosa trova riscontro nei criteri costantemente seguiti dal Consiglio 
di �Stato nella individuazione dell'atto ricor'r�bile �con Ricorso 
straordinario (cfr. Ad. Gen., 11 febbraio 1954, n Consiglio di Stato, 1954, 
830 e Relazione del Consiglio di Stato, vol. Ili). � ' 

La rettifica prevista dall'art, 34 del d.1.1. 159 del 1944 � condizionata 
alla esistenza di fatti di e importanza notev�ole che non resultino dalla 
motivazione delle decisioni essere stati considerati nei procedimenti 
anteriori >; � chiesta �dal Ministero delle Finanze, sostituito dall'art. '1 
del d.U. 22 dicembre '1945 n. 623 all'Alto Commissari� previsto d�l ricordato 
art. 34; � precisata nei limiti quantitativi. Con t�li caratteristiche 
viene dalla Sezione speciale vagliata, con le garanzie del contraddittori� 
ed attuata con l'accoglimento o il rigetto importa una modifica dell'eseguito 
accertamento, nonostante !;eventuale raggiunta definitivit�; 
e, per forza di cose, delle' decisioni in precedenza intervenute. L'attivit� 
cos� sv�lta, .esula, pertanto, d�lla pura e semplice �ttivit� di accerta.:. 
mento, di tipica amministrazione attiva; e si sostanzia nell'applicazione 
in concreto del principio di legge della corrispondenza del particolare 
tributo alla effettiva base Imponibile, a tutela dei rispettivi diritti: �da 
parte di un organo, che di riconosciuta natura giurisdizionale, sta ed 
agisce al di sopr� delle� parti. � 

Decisivi al riguardo sono due ordini di considerazioni: 


556 ~S&OONA D_m:J;;'AVVQCA11JRA DELL9 STAT(}: 

L'�rt. �.34.del r.d.l. n. 159/1944, relativo alla rettifica dell'ac� 
certamento dei profitti di /regime, non � stato abrogato n� espressamente 
dalle disposizioni normative recate dall'art. 5 dell� l. 

n. 111956 che limita la sua forza abrogativa al sola art. 43 del 
t'. u. del 1877 sulla r. m., n� tacitamente da quelle corJ,tenute nel 
t. u. 28 gennaio 1958 n. 645, che limitando, per la precisazione contenuta 
nell'a:,.t. �1; il 'proprio campo di applicazione alle imposte 
dirette dallo stesso regolate, lasciano in vigore, anche se con esse 
in. contrasto, le norme regolatrici delle altre imposte (2). . 
: ':A differenza di quanto avviene nell'ordinario giudizio di revoc�:
�Z:ione discipliTAato dall'art. 39,5 del c.p.c., la rettifica d<f?llo ac~ 
c�rtamento perprofitti di �i-'egimi:; da parte della Sezione Speciale 

k) il ratto che'l'art. .23 dei c�.1.1. n. 134 de� 1946 demanda alla Sezione 
speciale la cognizione di tutte le questioni, anche pregiudiziali ed incidentali 
relative all'accertamento ed alla liquidazione dei. profitti di regim�, 
escluso .�soltanto le questioni di falso, ,di. s,tato e� di capacit�; b) il 
fatto che '(cfr. SANDfULLI, in �Gi'l,tstizia civile, 1964, 975 e .segg.) le. decisioni 
adottate in attuazione delle norme suddette dalla Sezione speciale 

I della Commissione Centrale, gi� impugnabili in Cassazione pe.r dif�tto 
di giurisdizione a norma. Q.egli artt. 32 e 33 del d.1.1. 15~ del 1944 e.� 20� 
del d1J. 134 del 1946, sono con l'entrata. in vigore della Garta costituzionale~ 
(art, 111) impugnabili in Cassa.zio11e a norma dell'art. 360 c.P,.c~. 
per i� motivi ivi indicati (cfr. Sez. Un. 5. ottobre 1956 n. 3360). 

Esattamente, infine, le SS. UU. hanno. posto . in. rilievo che la ret�, 
tifica.regolata dall'art. 34 del q.1.1. 159. del 19441 una volta eseguita, comporta 
la modifica di una decisione dell.a cui natura giurisdJzionale non � 
dato. dubitare, data la interpretazion,!:! giurisprudenziale intervenut.a sw� � 
la natura delle Commissioni Tributarie. Cosa,, pe:r:altro, affatto nuov::i 
avve11endo in altri .campi <le settore .giuri~dizionale, co.me quello della 
revJsione., nel processo penai-e (cfr. SANDUL,LI, op. e Zoe., cit.). � 

Le affermazio:p.i� oggetto . della 2a e 3a massima, relative, rispettiva. 
mente alla mancata� abrogazione dell'art: 34 ~el 9,.1.l. 159/1944 da parte 
dell'art. 5 della legge 1/1956 e.-del t. u. 645/195&.. ed alla non necessaria: 
def}:o.i.tivi,:t�, .dell'accerta:rnento pe:r provocare, n,~le dovute forme, la re


I 


latiya rettW<Ja, trovfil\Q sicuro riscontro l'una nei pri:.cipi di:)l'.lcontro-:-; 
versa. applicazione in tema di efficacia �ostitutiva delle �i;iorme di legge 
(cfr. .Ca$saz. 22301()4, 25~�'?/59 l'a,J.tra nel chiaro ed inequivocabile .te;?tqdi 
legge, che.eonfiguraJ'Jstituto della .rettifica in .modo pe�mliar~ e. d~ffe� 
renziato ,da� quello della :r:evoca.zione neU'ordina:ri<;> .processo civile :(~fr.: 
;F'o;r,1q~o; �C<m;fisca �dei. beni .e avoc;azione. �dei. profitti. di regime,; I!~-e. segg), 
� � :.:L'affermazione oggetto: della Aa i:nassima,:�.relativa a,lla i;rrileyp.p.;<1~; dei 
fatti, sop-J;aggiunti . ch,e abbj.ano .determinato un mutam.ei;ito ,,in epcessQ<� 
dei valori, � ol:liaramente. ispirata all'orienta:rnel'.ltO: al ri-guarcio, assitpto. 
daUe Sezioni Sing<>Le con la sentenza.1746/53. Le..:ragioni di.indubbio rt,.. 
lievo; tratt�. dal. con�l:>i~to disposto degii ;:irtt. )4Jett..c ~ �7, nQn Pare~~ 
pel'�, c):le ..esauriscano il l!ampo <;i.i indagine non ris.ltando �� suffic~entes:, 
m;entl:\ V;alutato �il fatto (!he .it profittq avqcal;?ile, .da, accertarsi al',,JllOliQ~,..,: 
to .in .cui .~"S<)rt.o, .va .rival.ta~o, quando .non z:isulti determimtto :qel .su(};: 
valore, al momento dell'avocazione, risultando altrimenti., sacrificato .il�� 
fondamento del .partic<;>larfl. tr�:.~uto ..~l'.l relaziol.le.alla .natur~ d�l .credito:'' 

~ 


PARTB ~' .SEZ V; GIJ,JIUSPRUDSNU :'IRJBUTAIW 55'7 

della Commisisone Centrale prevista dall'art. 34 del .d.t. 159 1.944, 
potendo essere richiesta nonostante la r.aggiunta d.efinitivit�, del~. 
l'accertamento, prescinde da detta definitivit� ~�� pu� avere lu,ogo 
an.che prima che. questa ultima si sia verificata (3). � . . 

La determinazione dell'importo degli incrementi. patrimonia


li. dovuti a profitti di regime, va eseguita in base al valore di cost� 
che i beni, entrati o usciti dal patrimonio nel periodo intercorrente 
fra il 3 gennaio 1925 e la data ~i entrata in vigore del d.l.l. n. 
134 del 1956, avevano rispettivamente nel giorno in cui si verific� 
l'entrata o l'uscita del bene del patrimonio predetto. Resta escluso 
sia il riferimento al valore effettivo acq'l.{-istato �lal bene in epoca 
s'l.!-ccessiva sia. l'incidenza della sv�lutaiione monetaria sopraggiunta 
a distanza di anni. Nel c.aso. di aii.enda distrut{~ c�ri dispersione 
di beni e con conseguente .risarcimento dei danni .. conseguiti 
dal proprietario, a distanza di anni, in via gfodiziaria, 
l'ammontare di tale risarCimento che della sopraggiunta: svalutazione 
abbia, peraltro, ten�to conto, non pu� �ssere senz'dliro preso 
a base della determinazione del profitto avocabil_e (4) ... 
I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez .. Un.,, 2 marzo 1964, n. 472 . -Pres . 

. Tavolaro -<Est. Di MaJo -P.lV�. Pepe (con{) -Soc, <<'Unione 

Cementi.. Marchino� (Avv. Giulio Polcaro) c.. Ministero c;l�ile � 

Finanze (Avv. Sfa~o Luigi Masi). . � � � � � � � 
Imposta .generale .sull'entrata ��Societ� � Gruppo di societ�_.~ Rim~ors~. 
. spese . di anuninistr.~ione . alla capo~ruP.po .~ A,ssoggett,aJ>ilita al~ 
l'iniposta. � 

O. 19 giugno 1940, n. 762, art. D. 
Imposta generale sull'entrata � Entrata imponibile � Mezzi di pagamento. 
sosti~utiVi del d�n�ro � �Assoggettabilit� all'imposta. 

o. 19 giugno 1940, n'. '762; ark 1).: ... 
Sono .soggetti all'impost� generale� sulrentrata��.i� v~~;arnenti: 
che una societ�.esegue: a favore di altra� societ� apparten�rite aUe. 
stesso .gr,Upp� e incari~atci dell'amminjStra.Zione ccimune/p~r�'ri'T!�bor~
o <;li ~pese geriera1i (1): . � � ,�: �_ .� .�' . � . ' 

.. 

( 1-4) Le decisioni della Suprema Corte si riallacciano ad un. indidzzoc 
gi� ��chiaramente affermatosi in. precedenti� pronunce e vanno .pienamente 
condivise. . salvo per �. quanto riguarda l'interpretazione� deU':a;rt. 
52 � .� Legge � IGE, � sul qual.� punto� rinviamo �lla . nota : successi-, 
va� (Cass.~ 25 giugno 1952, n. 1884; in Riv: �dir.. fin,! 1953, ll, 127, 
con .�nota di Napolitano; .CasS; 7: luglio 1952, n. 2059, -in-Dir. prat.<trib.~� 
1953, II,. 91, con nota di Uckmar; Cass. 27' febbraio-1953., n..:AM,, in:.Eor.o. 


. llASSll6NA DEL�..'AVVOCAl'tJRA DBLLO STATO 

I


, 

Costituisc� entrata imponibile a sensi dell'art. 1 � zegge 19 giU~ . 
.

Igno 1940, n. 762, istitutiva dell'IGE, non soltanto quella che importa 
materiale consegna di denaro, ma anche quella che ha luogo I con mezzi di pagament� sostitutivi del denaro medesimo (nella 
specie:� versamento in� conto corrente) (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. _2 marzo 1964:; n, 473 -Pres. 

Tavolaro-Est. Pi Majo -P.M. Pep~ (coni;_.) -Ministero dell~ 

finanze (Avv. Sfato Luigi Masi) c. Soc. � :Uni�me Cerri.enti 

... Marchino� (�vv. Giulio Polcaro). � 

Imposta generale sull'entrata � Ordinanza intendentizia �x art. 52 legge 
isiitutiva dell'IGE � � Mancato ricorso al Ministro � Azione giudiziaria 

� Proponibilit�. � � � 
o. 19 giugno 1940, n. 762, art~ 52). 
Imposta generale sull'entrata � Gruppo di societ� � Rimborso spese di 
amministrazione al capogruppo ,. Assoggettabillt� all'imposta. 

(1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 1). 
!JJ' ammessa l'azione giudiiiaria contro l'ordinanza _intendentizia, 
emessa a. sensi dell'art. 52 legge istitutiva deWIGE, anche� 
se, nei casi consentiti, non sia stato proposto ricorso al Ministro (3). 

Sono soggetti all'imposta generale sull'entrata i versamenti 
�he u'fi:a societ� esegue af�vor� di altra societ� appart�nente allo 
stesso .gtuppo e inc�ricata .. dell'amministrazione comun�, p~r rimborso 
di spese generali (4). 

. . 

it., 1954, I, 214, con nota di Berliri �e in Giur. it., 1954, I, 1, 493 con nota 
di Greco; Cass. 9 settembre 1953, n. 2994, in Dir. e prat. trib., .1954; II, 
33, con note di Cesareo e Aloisini e in Giur. it., 1954, I, 1, 642, con nota 
C�i A1l�rfo,-=-tutte in�materia di contributi e spese di gestio~e dei c�nsorzi�nti 
�all'Ente consortile:-, e Cass: 18 mar.zo 1959, n: �802, 803� e 809, .in 
f!'oro it., 1959, I, 1319, .in�.materia di. contributi. per .spese di lavorazione. 
e gestione dei soci alla cooperativa agricola i ancor pi� chiaro � il. caso. 
prospettato nelle sentenze annotate, in quanto, �lell;holding: la . autono.:. 
mia della societ� capogruppo sotto il profilo giuridico-tributario � fuori 

:liscusSione). � � � � � ' � 
E' int�ressante notare che� la � maggiorariza della dottrinit � contrarla 
~ :questo orientamento (dr. NAPOLITANO, UcKMAR> BERLIRI; AI.�oiuo :ed 
!\i::.orsxNr nelle note alle succitate sentenze della Corte Suprema, ed� an~
ora AD. G:rANNINi, lstitiuzio?1-i di diritto tributario, Milano, 1960, pag. 
14'1; GtussANI, I contributi'� versati �i consorzi ed,. rnti Similari e l'importa 
sulle entrate, in Riv. it. diT. fin. 1941, '!. p; 252; co'fitra, per�:� CocIV�RA; 


PARTB I, S~ V, GIURISPRmlENZA tRIBUTAltli 

I 

(Omissis). -Con il secondo ed il terzo mezzo del ricorso, 
intimamente connessi, si denuncia la violazione dell'art. 1, terzo 
comma lett. c) 'della legge 19 giugno 1940 n, 762 istit~tiva della; 

I.G.E. . 
Si assume che nel caso concreto le note di addebito rilasciate 
dalle societ� amministratrici (Istriana Cementi e Cementi Mar~ 
chino) a titolo di rivalsa per spese di. amministrazione in favor� 

della societ� a.unihistrata (Valle Mareccia) costituivano meri 
movimenti di capitale nell'ambito delle societ� appartenenti allo 

Imposta generale 81,Lll'entrata, Milano 1948, p. 76 e. sgg.; GRECO e CESAREO 
nelle note succitate). 
� Secondo la maggioranza della dottrina il contributo ordinari� versato 
per spese generali di gestione non � corrispettivo della prestazione di tin 
servizio, ma � un vero e proprio movimen.to di un capitale, esente dall'IGE 
a sensi dell'art. 1 lett. a)� della legge organica. La differenza fra il caso ill 
esame� e lo scambio-atto economico, che costituisce il presupposto di fatto 
per l'applicazione dell'imposta, consisterebbe in ci�: nel .caso de quo la 
prestazione di servizi � condizionata dal versamento dei cont,ributi, 
mentre nel caso dell'atto economico imponibile il pagamento del �corrispettivo 
ha come� antecedente logico, come causa economica e giuridica, 
la cessione di un bene o la prestazione di un servizio. 

Tali osservazioni, ad avviso della dottrina, troverebbero riscontro 
nel principio, sovente affermato in giurisprudenza (Cass. 3 luglio 1951, 

n. 2272, in F. I. 1952, I, 1549; App. Bologna, 24 marzo, 1949, id. 1949, I, 
842), per il qu3Ie, gli effetti dell'imposta R.M., tanto i contributi ordinari 
versati annualmente dai consorzisti e destinati a fronteggiare le normali 
spese di gestione, quanto gli avanzi di gestione debbono identificarsi con 
il capitale dell'Ente. . 
Le osservazioni formulate dalla dottrina citata non appaiono fondate. 

La ragione determinante dell'imposizione -� noto -� stata individuata 
nel fatto che, per il combinato Q.isposto dagli artt. 1 e 4 della 
legge n. 762 del 1940, l'imposta sull'entrata colpi~� l'entrata in denaro, 

o con mezzo sostitutivo del denaro, conseguita in �co1"rispondenza Q.ella 
cessione di beni o della prestazione di un servizio; ' ..Senza alcun riguardo 
al _lucro ovvero all'arricchimento del soggetto passivo .della imposizione. 
Giustamente quindi la Corte Suprema ha ritenuto, nelle due sentenze 
�annotate che quando le somme sono versate dalle s�ciet� ammi:. 
nistrate in correlazione e in dipendenza dalla prestazione di servizi effettuati 
dalle societ� amministratrici, tutto ci� viene a realizzare un'attivit� 
economica di scambio, come tale assoggettabile all'imposta. A tali 
effetti _non ha.alcuna rilevanza il perseguimento di interessi comuni (cor~ 
rispettivo), essendo del tutto indifferente lo svolgimento di un'attivit� 
speculativa. 

. Poich� l'erogazione dei contributi per spese e per il rimborso delle 
quote spe,se sono pur sempre in funzione dei fini da raggiungere, in quanto 
i (!Ontributi vengono versati alla societ� . amministratrice per mettere appunto 
questa :r:iella condizione 9-i prestare quei dati servizi alle societ� 


�. �RASSEGNA DllLI}AVVQCATURA .DELLO STATO 

stesso gruppo ol holding e pertanto non potevano costituire materia 
imponibile per l'I.G,.E. 
La censura� non coglie nel segno. 

La questione rion � nuova all'esame di� questa Corte� regolatriee, 
la �quale in fattispecie analoga ha posto il principio che, nel 
caso in cui varie ditte si siano consorziate creando societ� comri:
lerciale destinata a svolgere attivit� per il soddisfacimento di un 
interesse comune, i contributi versati alla societ� dalle ditte con~
�r:Ziate, anche s� al solo . scopo di fornire alla-societ� stessa i 
mezzi idonei per sostenere le spese vive� di gestione,, comprensive 
di ogni ulteriore compenso, sono assoggettati all'imposta generale 

amlninistrate; appare inesatt� parlare di versamento di capitale: il contributo 
� un elemento per il funzionamento della societ� amministratrice 
ed �, conseguentemente, iri relaziOri.e causale con il servizio che� esso rende 
�gli �ammii:iiStr�ti. � � 

;, � E' stato altres� osser~at� che. irrilevante � il richiamo ai principi in 
tel'l1a di impo1!ia 'cii R.M. Il concetto di . capitale nelle imposte di R.M. e 
IGE hanrio caratteristiche e finalit� diverse: nella prima i contributi per 
spese di gestione possop.o � identifi�'arsi col capitale perch�, non collegandosi'at(
un'operaifon:e produttiva, non costiti.tiscono reddito;. nella seccmda, 
~~�ollegandosi ilcapitale ad un fondo di ricchezza o ad un'alienazione ,di 
beni mobili o immobili, non pu� costituire capitale ci� che viene_ versato 
in corrispondenza, anche se non di volta in volta, di una prestazione di

servizi. ... . . . . . 

; � Appunti ,s'ttn'art. 52 legge organica sull'IGE: un caso di giurisdizione 
�rdinaria. eoitdiZionata. t ' 

.J 1.. ;. La Corte Suprema con la sentenza annotata, decidendo a �Sezioni 
Unite, ha affermato che il ricorso al Ministro delle Finanze a norma 
dell'al"t. 52 della legge: istitutiva dell'imposta generale sull'entrata � 
facoltativo per il contribuente che lamenti la lesione di un suo diritto 
soggettivo e . che �.pertanto l'azione giuqiziaria non. � subordinata al 
previo esaurimento dell'iter amministrativo. � 

Poich� Tart. 113 Cost. consente, senza l�mitazioni di sorta; la tutela: 
dei diritti def privato contro gli atti della P. A. davanti all'Autorit� 
� Giudizi;iria e il processo ordinario � autonomo rispetto a quello 
dr accertamento tributario -cos� ha m�tivato la Corte regolatrice, richiain�ndo 
�una� �opiosa giurisprudenza conforme sul tema deirautoriomia 
...:._, l'esperimento del ricorso gerarchico o alle commiss~cini .amministrative,
� tranne espressa disposizione in contrario, non pu� �costituire 
condizione o� pr�supposto per la proponibilit� dell'azione giUdiziaria in 
ordine alla �questione sostanziale del debito d'imposta: � e l'art: 52 deila 
l�gge citata nori coilUene alcuna disposizione che� precluda l'azione giudiziaria 
a chi non abbia esperito la via gerarchica. 
' . 2 . .:. Pur non contestando l'esattezza dei principi sull'autonomia del 
proc�sso ordinario e sull'assenza di limiti alla tutela dei diritti lesi dalla 
P; A."cdavanti all'Autorit� Giudiziaria, non condividiamo la conclusione 
6ui �si �� perv�nuti nella decisione arinot�ta; per la quale non esiste, riel



PARTE �, SBZ V, 'GlURISPlnii>l!N2'..A TRIBUTARIA �561 

sull'entrata a norma dell'art. 1 della legge� 12 giugno 1940 n. 762 
(sent. '1884 e 2059 del 1952). 

Tale indirizzo deve essete qui confermato. 

Come si diceva in narrativa, nella fattispecie concreta � pacifico 
in punto di fatto -e la Corte del merito ne d� atto nell'impugnata 
sentenza --, che le societ� cementi�re del gruppo economico 
Marchino avevano -conferito a du� di esse (La Marchino 

e: l'Istriana Cementi) l'incarico . di amministrare tutte le . societ� 
del gruppo; costituendo presso le predette due �societ� un� fondo 
spese reintegrabile. � � 
Ora il presupposto oggettivo dell'l.G.E. � che l'entrata si 

l'art. 52 legge IGE, una disposizione che imponga la precedenz::\ :d.el 
ricorse al Ministro sull'azione giudiziaria. 
~' -Invero non appare indispensabile, per risolvere jl nostro pr9-: 
plema, il, ;richiamo al principio dell'autonomia del pro~esso' tributar;io. 

� Se l'azione giudiziar:ia sia ammissibile prima dell'esperimento del 
dcorso gerarchco �al Ministro � questione riguard!lllte esclu.sivame!;lte 
l'esistenza, allo stato, del potere giurisd�zipnale; solo .una voHa, che 
questo� poteJ:"e. sia stato riconosciuto pu� parlarsi di autonomia� del pro-: 
cesso ordinario, .la quale, � se. sussiste, influisce sol9 sull'estensione . del 
potere stessp, limitandolo o meno in relazione a quanto ha �gi� formato 
oggetto del procedimento dio accertamento tributai:-io. 

E' altres� indubbio e pacifico che nessun limite pu� porsi; in osservanza 
al precetto .dell'art. 113 Cost., al potere del Giudice �di sindacare 
l'attivit� della P. A. lesiva di. diritti del privato; .ma ci� non. toglie che 
il legislatore possa condizionare la proponibilit� dell'azione giudizla-: 
ria all'espletamento di alcuni incombenti, sempre che questi� non costituiscano 
un aggravio delle possibilit� di difesa del .. privato a tutto vruitaggiQ 
della P. A.. ,.. 

Nessun rapporto �intercede, di regola, fra il ricorso amm,inistrativo 
e il� giudizio innanzi ai tribunali ordinari, ove sussista il _potere del.
l'A.G.O. di conoscere la controversia..L'esperimento del �ri�_orso arami-, 
nistrativo. �, quindi,. sempre facoltativo per .chi lamenti la lesione di un 
suo diritto, prima di adire, a tutela di questo, il tril:>unale 01:dinario, 

Tuttavia, � ben possibile che la legge ponga delle eccezioni, stabi-, 

!endo che il previo -esperimento del ricorso, ad autorit� superiore o a 

commissioni, .� condizione per la proponibilit� dell'azione giudiziaria. 

Casi del genere, che .sogliono raggrupparsi sotto la denominazione 

di giurisdizione ordinaria condizionata, sono frequentissimi �� nella no-: 

stra legislazione in materia tributaria (tributi comunali e provinciali,� 

imposte dirette) e, fuori di. essa, in materia di leva militare, elezioni 

amministrative, protezione sociale, trasporti ferro.viari, congrue ed .altri 

assegni al clero �(cfr. GI/\NNINI, La giustizia amministrativa, Roma, 196a, 

pag. 119; ZANOBINI, Corso di dir.itto .amministrativo, Milano; 1954; .. I, 

pag. 81). 

Nessuna riserva di principio si pone acch� anche l'art. 52 .della l�gge 

IGE configuri .n caso di giurisdizione condizionata, sempre che in esso 

s,i ravvisi l'esistenza d una .condizione-ostacolo esplicitamente. posta. 

� La. Corte Suprema non nega il valore .del principio, ma nega, che, 


I

562 ~SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO 

l 

ricolleghi ad un atto di scambio .o ad una prestazione di servizio, 
senza che ai fini fiscali, abbia rilevanza la eonsiderazione se il 
titolo del versamento si riallacci oppur no ad un'attivit� speculativa. 


Ci� che interessa a quei fini .� che le somme vengano versate 
ed introitate in corrispondenza della prestazione di servizio, rimanendo 
ovviamente libere le parti, nella loro autonomia, di determinare 
il modo e la misura del corrispettivo dovuto, il quale 
non cessa di es:;ere tale per essere stato dalle parti medesime limitato 
al semplice rimborso delle spese di gestione. 

Spese di gestione che non sono d'altra parte limitate a quelle 

nella� specie, la legge IGE contenga alcuna norma che precluda l'azione 
giudiziaria a chi non abbia esperito. la via gerarchica in sede amministrativa, 
secondo la previsione dell'art. 52 (conformi alle conclusioni 
cui � pervenuta la decisione annotata: App. Ancona 18-1-1956, in Rep. 

F. I., 1956, voce e Tassa entrata >, n. 99; RASTELLO, La pena� pecuniaria 
nel diritto tributario, Roma, 1959, pag. 142 e segg. -con riguardo 
per� alla legge 7-1-1929 n. 4; gli mancano, quindi, come vedremo, le 
ragioni esegetiche desumibili dall'art. 52 -; DE BoNo, Dizionario dell'IGE, 
Mlano, 1954, pag. 22; difformi: Trib. Firenze, 16-5-1962, in Giust. Tosc., 
196~, 517; Trib. Bologna, 18-7-1955 e App. Milano, 2-12-1952, in Relaz. 
Avv. Stato, 1951-55, voi. I, pag. 724; SPINELLI, Norme generali per la 
repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, Milano, 1957, pag. 222; 
CARBONE-TOMASICCHIO, Le sanzioni fiscali, Torino, 1959, pag. 220). 
4. -L'esistenza della condizione-ostacolo nel disposto dell'art. 52 
appare, invece, in tutta evidenza. 

La legge espressamente dispone� che � consentito gravame dinanzi 
all'Autorit� giudiziaria contro l'ordinanza definitiva dell'Intendente di 
Finanza e contro il decreto del Ministro delle Finanze, nel termine di 
sessanta giorni alla notificazione della stessa ordinanza o decreto. 

. Il richiamo combinato al concetto di gravame e a quello di definitivit� 
dell'ordinanza intendentizia appare decisivo. 

Usando il termine gravame la legge ha chiaramente inteso configurare 
l'azione giudizi.aria come vera e propria impugnativa di uno specifico 
provvedimento amministrativo (cfr., a contrario, la diversa terminologia, 
ad esempio, dell'art. 22 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, in materia 
di imposte dirette; conforme App. Torino, 14 febbraio 1955, in 
Giust. civ., 1952, I, 1200, con nota e richiami di DE BIASI), ed ai fini dell'impugnazione 
un atto amministrativo � definitivo, -secondo il costante 
insegnamento -, o per natura, ossia per la posizione dell'autorit� 
dalla quale � emanato, oppure per disposizione espressa o implicita 
d-ella legge, e non perch�, essendo previsto l'esperimento del ricorso 
gerarchico, questo non abbia avuto luogo (contrario, ma. senza alcuna 
dimostrazione, DE BoNo, op. e Zoe. cit.). 

N� � pensabile che la legge, nell'art. 52, abbia inteso la definitivit� 
dell'ordinanza in senso lato, in quanto � nota la cura posta nelle leggi 
pi� recenti (segnatamente dop�. l'emanazione della legge comunale e 
provinciale del 1934) per discriminare con esattezza gli atti definitivi 
da quelli non definitivi, eliminando per quanto possibile le contesta


. 

. 

.

I 
I
�'* 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 563 

erogate a terzi dall'ente che amministra, in dipendenza di eventuali 
negozi giuridici intervenuti con essi, ma che comprendono 
nel loro ampio significato tutte le spese sopportate dall'ente stesso 
in relazione alla propria attivit� svolta a soddisfare l'interesse 
dell'amministrato (spese di organizzazione del servizio, del personale, 
ecc.). 

Se perci� presupposto oggettivo dell'ige �, tra l'altro, che vi 
sia un introito conseguito in dipendenza di prestazione di servizi, 
vale a dire in dipendenza di una attivit� economica di scambio 
(art. 1, primo comma, legge n. 762 del 1940, sent. n. 3041 del 1955),. 
� di chiara evidenza che quando le somme sono versate dalle so


zioni in merito (cfr., del resto, le disposizioni parallele degli artt. 56 
e 58 1. 7 gennaio 1929 n. 4: l'ordinanza non impugnata in termini con 
ricorso al Ministro diventa titolo esecutivo; il decreto del Ministro � 
definitivo. . . 

5. -Dimostrati i precisi limiti dell'art. 52 legge sull'IGE, non 
pu� sostenersi che un'azione giudiziaria � cionondimeno configurabile, 
richiamando l'ammissibilit� di azioni di accertamento negativo in ma-' 
teria tributaria. 
Anche se si ammettessero in linea generale tali azioni (in conformit� 
all'indirizzo della S. C. -Cass. S.U. 16 luglio 1957, n. 2901 e 7 
novembre,1957, n. 4259, entrambe in F. I., 1958, I, 1850 -, contrastato, 
per�, in dottrina: cfr. ALLORIO, Diritto process. trib., Torino 1962, p. 161 
e Processo tributario di mero accertamento, in Giur. it., 1952, I, 2, 349; 
Yedi anche, contra, Relaz. Avv. Stato, 1955-60, II, p. 720), esse sarebbero 
precluse nel nostro caso, in quanto l'art. 52, disciplinando in un dato 
modo l'azione giudiziaria, non consente -per un ovvio principio di 
ermeneutica -che essa possa proporsi altrimenti. Del resto un'azione 
fuori dell'ipotesi dell'art. 52 dovrebbe ritenersi soggetta, in mancanza 
di disposizione contraria, ai termini di decadenza cui � sottoposta la 
azione disciplinata dall'art. 52: il che �, evidentemente, un �issurdo. 

Giova, invece, ricordare che la legge n. 4 del 1929 non ammette 
nessun gravame contro l'ordinanza intendentizia o il decreto ministeriale 
e, cionondimeno, dottrina e giurisprudenza hanno costantemente 
ritenuto l'ammissibilit� dell'azione giudiziaria contro questi provvedimenti. 
Orbene, l'art. 52 della legge IGE, emanata dopo che l'orientamento 
dottrinale e giurisprudenziale si era ampiamente delineato, contiene 
una disciplina esplicita e completa dell'azione giudiziaria~ ci� 
mostra con chiarezza che una sola azione giudiziaria � consentita e la 
sua ammissibilit� � subordinata alla definitivit� del provvedimento (nel 
senso sopra specificato) e alla proposizione nel termine di sessanta giorni. 

6. -Anche, inoltre, sotto il profilo logico-sistematico, la tesi accolta 
dalla Suprema Corte non pu� essere condivisa. 1 
. 
La particolare procedura prevista dall'art. 52 della legge IGE ha 
carattere repressivo sanzionatorio, e prevede una partecipazione diretta 
della pubblica amministrazione nell'accertamento della violazione tributaria, 
per modo che non sembra possibile che il giudice si sostituisca 
alla P.A., in detta fase di accertamento e repressione, se non dopo che �n 
provvedimento amministrativo abbia acquistato carattere di defin�



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ciet� amministrate in correlazione e in dipendenza alla prestazione 
di servizi effettuata dalle societ� amministratrici, tutto ci� 
viene a realizzare una attivit� economica di scambio, come tale 

assoggettabile all'imposta di cui si discute. 

Non ha pregio l'argomento che, nella fattispecie concreta, 

tra le societ� amministrate e le societ� amministratrici non si 

avrebbe alcuna contrapposizione, perseguendo le une e le altre 

interessi comuni (holding), perch� l'erogazione dei contributi per 

spese e il rimborso delle quote spese sono pur sempre in fun


zione dei fini da raggiungere in quanto i contributi vengono ver


sati alle societ� amministratrici per mettere appunto queste nella 

condizione di prestare quei dati servizi alle societ� ammini


strate. 

N� alcuna rilevanza pu� avere poi la circostanza che le 

societ� amministratrici non perseguano alcun fine di lucro e che I

si tratti di mero rimborso di spese generali e particolari, giacch� 

� decisivo ripetere che l'I.G.E. colpisce qualunque pagamento 

I 

destinato a procurare un servizio, non essendo necessario un fine 

di lucro o di arricchimeiito da parte del soggetto passivo dell'imig 


posizione (cfr. sent. n. 474 e 2994 del 1953, 803 e 809 del 1959). 

Con il quarto mezzo si censura la denunciata sentenza per 

avere affermato che la forma del conto corrente analogo a conto 

corrente bancario non produce trasformazione della natura giu-

I 

I 

, tivit� (in tal senso cfr. la giurisprudenza conforme alla nostra tesi, 

s�gnalata sotto il n. 3). Non � quindi ammissibile un richiamo analo


gico a principi e norme in materia di stretta imposizione tributaria, 

I

che facultizzano il contribuente a ricorrere, a sua scelta, all'impugnativa 
amministrativa o giudiziaria. 

7. -La Corte Suprema, infine, quasi che l'argomento valga a dirimere 
ogni possibile dubbio, d� rilievo al fatto che, nel caso di specie, 
la Finanza aveva preteso il credito avvalendosi del� procedimento di 
ingiunzione: l'opposizione del debitore, quindi, per resistere all'ingiunzione 
stessa, legittimamente veniva proposta innanzi al giudice ordinario. 
L'argomento appare irrilevante. 

E' chiaro infatti che, ammettendo -come noi ammettiamo -, che 
la mancata proposizione del ricorso al Ministro precluda la possibilit� 
di adire l'A. G. contro l'ordinanza intendentizia, la conseguente ingiunzione 
emessa dalla Finanza per la riscossione della somma portata dal!'
ordinanza non avrebbe il valore di atto di accertamento del credito, 
quanto invece di mero atto di precetto, essendo il titolo esecutivo rappresentato 
dall'ordinanza definitiva dell'Intendente o dal decreto del 
Ministro (in tal senso Trib. Firenze 14 dicembre 1951, in Giur. it., 1952, 
I, 2, 922; CARBONE-ToMASICCHIO, op. cit., pag. 222): l'opposizione del debitore 
sarebbe quindi configurabile solo contro la regolarit� formale dell'ingiunzione. 


OSCAR FIUll/[ARA 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ridica delle causali generatrici delle utilizzazioni parziali del fon


do precostituito e che quando le causali consistono in prestazione 

di servizi va ravvisata la imponibilit� dell'I.G.E., quale che sia il 

mezzo di pagamento. 

In tal modo, si dice, si � dato come dimostrato quel che do


vevasi dimostrare affermando apoditticamente che la causale era 

di prestazione di servizi. 

Si era affermato infatti dalla ricorrente, nel corso del giudizio, 
che la sentenza di primo grado aveva violato la presunzione 
derivante dalla effettuata applicazione della tassa di bollo in corrispondenza 
del contenuto economico giuridico reale con quello 
formale, con il conseguente onere probatorio a carico della amministrazione. 
N� a tal fine, � sufficiente osservare che mentre 
l'I.G.E. assorbe l'imposta di bollo, non � vero il contrario, restando 
insoluta la questione del come dalla nota di addebito sorga la 
prova documentale e logica della effettiva prestazione di servizi. 

Anche questa censura � infondata. 

Pacifico che la societ� amministrata Valle Marecchia aveva 
depositato presso la societ� amministratrice un fondo da utilizzare 
per le spese di amministrazione a suo carico e da gestire 
mediante conto corrente, esattamente la Corte del merito ha considerato 
che l'adozione di un sistema analogo al conto corrente 
bancario per la gestione di un fondo vincolato a destinazione determinata 
non importava trasformazione giuridica delle causa�i 
(prestazioni di servizi) di utilizzazione parziale del :fondo stesso, 
causali che risultavano documentate nelle note di addebito. 

Costituisce infatti entrata imponibile ai sensi dell'art.. 1 della 
legge n. 702 del 1940 non soltanto quella che importa materi.aie. 
consegna di danaro ma anche quella che ha luogo con mezzi di 
pagamento sostitutivi del denaro medesimo (sent. 809 del 1959). 

Ed � poi da aggiungere, come a ragione ha osservato la difesa 
della resistente amministrazione delle finanze dello Stato, 
che � irrilevante la presunzione che la societ� ricorrente vorrebbe 
poter trarre dall'applicazione, da essa stessa fatta originariamente 
della tassa di bollo sulle cennate note di addebito, e ci� al 
fine di sottrarre i rapporti dalla sfera di imposizione dell'I.G.E. 
per trasferirli in quella di imposizione del bollo, perch�, trattasi 
in ogni caso di un'operazione spontaneamente eseguita dalla 
stessa societ� amministratrice, mediante versamento in,conto corrente 
postale, e quindi senza ingerenza e preventivo controllo dei 
competenti organi finanziari. 

Infine con il quinto mezzo si censura la sentenza per avere 
affermato che, ancorch� componenti di un gruppo di concen



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

trazione industriale, le societ� non avevano perduto la individualit� 
propria come soggetti di diritto, sicch� la prestazione dell'una 
all'altra costituiva atto giuridico economico assoggettabile alla 

I.G.E. 
Ma nella specie, sostiene la ricorrente, non veniva in considerazione 
la distinta personalit� giuridica del tutto ovvia, in 
quanto l'appartenenza al medesimo gruppo ha una sua realt� giuridica 
che non pu� essere negata. 

E' sufficiente considerare, per disattendere anche tale ultima 
doglianza, che se il gruppo di societ�, aventi ciascuna autonoma 
personalit� ma costituite a tutela di comuni interessi economici 
(holdi:p.g), pu� essere considerato unitario sotto il profilo economico, 
ci� non pu� dirsi sicuramente sotto quello giuridico-tributario 
che unicamente interessa ai fini della specifica imposizione, 
come gi� detto innanzi nell'esame del secondo e terzo mezzo. 


(Omissis). 

II 

(Omissis). -Con il primo mezzo la ricorrente amministrazione 
delle finanze dello Stato denuncia la violazione e falsa ap�plicazione 
dell'art. 52 del D.L. 9 gennaio 1940 n. 2, convertito nella 
legge 19 giugno 1940 n.. 762, istitutiva dell'imposta generale sulla 
entrata; degli art. 55, 56, 58 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, concernente 
norme generali per la repressione delle violazioni delle 
lggi finanziarie; delle norme e dei principi generali in tema di 
definitivit� degli atti e provvedimenti amministrativi ai fini delle 
impugnazioni, in relazione all'art. 360 n. 1, 3, 5 c.p.c. 

Si spiega che, secondo l'art. 52 della legge 19 giugno 1940 

n. 762, contro l'ordinanza definitiva dell'intendenza di finanza e 
contro il decreto del Ministro delle finanze � consentito gravame 
davanti alla autorit� giudiziaria. La legge, adoperando il termine 
gravame, configura l'azione come una impugnazione di uno specifico 
provvedimento amministrativo. Ma, se a'Vverso l'ordinanza 
intendentizia che sia suscettibile di ricorso al ministro nel termine 
previsto, non sia stato proposto ricorso gerarchico (come � avvenuto 
nel caso concreto), ne consegue la irretrattabilit� ed irrevocabilit� 
del provvedimento, donde la improponibilit� dell'azione 
giudiziaria. 
La tesi non ha consistenza. 
Sul punto i giudici del merito hanno considerato che la legge 
sull'IGE non contiene alcuna norma che preclude l'azione giu



PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 567 

diziaria a chi non abbia esperito la via gerarchica� in sede amministrativa 
secondo la previsione dell'art. 52 innanzi richiamato, 
s�cch� il ricorso ivi previsto � solo facoltativo per i contribuenti 
che lamentino la lesione di un loro diritto soggettivo. Ed il principio 
enunciato � esatto perch�, posta la autonomia del processo 
ordinario rispetto a quello di accertamento tributario, alla stregua 
della regola fondamentale che assicura contro gli atti della 
pubblica amministrazione la tutela dei diritti innanzi all'autorit� 
giudiziaria ordinaria (art. 113 cost), l'esperimento o meno 
del ricorso gerarchico o alle commisisoni amministrative, tranne 
espressa disposizione in contrario, non pu� ovviamente costituire 
condizione o presupposto per la proponibilit� dell'azione ~udiziaira 
in ordine alla questione sostanziale sul debito di imposta 
(sent. 1709 del 1952 -2295 del 1953 -128 del 1957 -242 del 
1961 -747 del 1962). Ma poi � decisivo rilevare che, avendo la 
finanza preteso il credito tributario avvalendosi del procedimento 
di ingiunzione, l'opposizione del debitore, per resistere all'ingiunzione 
stessa, legittimamente veniva proposta innanzi al giudice 
ordinario. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 2 marzo 1964 n. 475 -Pres. 
Tavolaro -Est. Ferrati -P.M. Pepe (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Azzariti G.) c. Thellung (avv. Malorni). 

Imposta di registro � Case di abitazione non di lusso di nuova costru� 
zione � Trasferimento contestuale della propriet� e dell'usufrutto 
a soggetti diversi � Agevolazioni previste dall'art. 17 della legge 
2 luglio 1949 n. 408 � Applicabilit� alla costituzione di usufrutto � 
Esclusione. 

(1. 2 luglio 1949 n. 408, art. 13, 17; r .d. 30 dicembre 1923 n. 3269 artt. 
8, 9, 21). 
I benefici fiscali previsti dall'art. 17 della legge 2 luglio 1949, 

n. 408, per i trasferimenti di case d'abitazione costruite ai sensi 
dell'art. 13 della medesima legge, non trovano applicazione in 
ordine alla costituzione a titolo oneroso di usufrutto a favore di 
un soggetto neppure quando questa sia effettuata contestualmente 
alla vendita ad altro soggetto della nuda propriet� della medesima 
casa (1). 
(1) La costituzione di usufrutto nel trattamento di favore fiscale 
della L. 408/49. 
Dopo alterne vicende nelle pronunce delle Commissioni tributarie 
e dell'a.g.o. (cfr. Comm. Cent. 13 marzo 1953 n. 45830, Riv. leg. 
fisc. 1954, 813; Comm. Cent. 28 gennaio 1958, ivi, 1959, 1146; Comm. 
Cent. 12 febbraio 1959 n. 13215, ivi, 1960, 437; Comm. Cent. 3 luglio 1959 

n. 18835, ivi, 1429; Corte Roma Sez. I; 13 aprile 1961 n. 775, inedita; 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 


, 

(Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente amministra~
ione denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 17 legge 
i luglio 1949, n. 408, lamentando che, in contrasto con l'espressione 
legislativa, tecnicamente considerata al lume di tutta la 
tradizione giuridica, agevolazioni previste per i trasferimenti di 
case di abitazioni siano state estese alla costituzione e ai trasferimenti 
dei diritti reali di godimento sulle case stesse. 

Con il secondo motivo la stessa amministrazione denuncia 
violazione e falsa applicazione dell'art. 9 r.d.l. 30 dicembre 1923 

n. 3269, il quale, nell'ipotesi di pi� disposizioni indipendenti o 
non derivanti necessariamente le une dalle altre, contenute nel 
me~esimo atto, prescrive che ciascuna di esse sia sottoposta a 
tassa di registro come se formasse un atto distinto: da tale disposizione 
la riGorrente trae argomento per escludere che il trasferimento 
o la costituzione dell'usufn1tto, in quanto avvenga 
contestualmente al trasferimento della nuda propriet�, possa beneficiare 
di una disposizione di favore dettata escluisvamente per 
il trasferimento della propriet�. 
Comm. Centr. 24 giugno 1960 n. 30542 inedita; Comm. Centr. 6 aprile 
1962 n. 87338, Riv. leg. fisc. 1962, 1612; Cass. Sez. I, 22 luglio 1958 n. 
2664, ivi, 1958, 1744; Cass. Sez. I, 9 gennaio 1963 n. 20, ivi, 1963, 1071) 
('oper,ativit� delle agevolazioni fiscali recate dall'art. 17 della 1. 2 luglio 
1949 � n. 408 per l'usufrutto delle case di abitazione non di lusso, costruite 
a norma dell'art. 13 delle leggi predette, costituito, contestualmente al 
trasferimento � della nuda propriet�, a persona diversa, � stata dalle 
Sezioni Unite della Corte di Cassazione definitivamente esclusa. La qual 
cosa, costantemente sostenuta dalla Amministrazione Finanziaria ( cfr. 

R.M. 29 maggio 1957 n. 111646, Riv. leg. fisc. 1958, 64; R.M. 31 luglio 
1~57 n. 112353, ivi, 1958, 664 e 1959, 1050) e condivisa dalla Corte di 
Cassazione (cfr. Sez. I, 12 settembre 1957 n. 3479 e 22 agosto 1958 n. 
2664) per le analoghe ipotesi previste rispettivamente dall'art. 1 del d.l. 
24 febbraio 1948 n. 114 e dall'art. 10 della legge regionale siciliana 18gennaio 
1948 n. 2 � assolutamente esatta (contra: !AMMARINO, Commento 
�lla legge di registro, vol. III, 78-79). Un precedente in termini � dato dalla
� sent. n. 20 del 1963 della I Sez. della Corte di Cassazione e le statuizioni 
ivi adottate sono state nella sentenza in rassegna confermate attraverso 
un esame �ondotto, con ineccepibile rigore giuridico, nelle varie sue 
direzioni.�Alla interpretazione letterale della norma recata dall'art. 17 della 
(. 408/49 per la quale, sia nel linguaggio comune che in quello tecnico 
�giuridico il trasferimento della propriet� comporta l'identificazione del 
relativo diritto con il suo oggetto (cfr. in diritto romano, ScIALOIA, Teoria 
della. pro'prietd, �voi.� I,� 302; in diritto civile, BARASSI, Diritti reali e possesso, 
1952, I, 407; BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato, II, 
Ed.1949; vol.� I, 212; CARIOtA FERRARA, Il negozio giuridico, 210; MEssINEO, 
Manu.aie di diritto civile e commerciale, vol. II, tomo I, 310) le Sezioni 
Vnite hanno fatto seguire la interpretazione logico-sistematica .della 
stessa, per dedurre che il trattamento di favore � riservato ai soli casi 
in �.i si ha una successione inter vivos, in senso stretto, del preesistente 

. 

~' 

.� 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Le due censure, che si integrano a vicenda, onde possono essere 
esaminate congiuntam~nte, sono fondate. 

La questione prospettata nel ricorso � gi� stata recentemente 
decisa da� questa corte suprema (sent. 9 gennaio 1963 n. 20) e le 
sezioni unite, riesaminando il problema, ritengono di dover mantener 
ferma la soluzione, favorevole all'assunto della ricorrente, 
che � stata adottata dalla sezione semplice. 

Premesso che la controversia verte sulla interpretazione dell'art. 
17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, a mente del quale ai 
trasferimenti di case di abitazioni non di lusso, costruite ai 
sensi del precedente articolo 13, che abbiano luogo entro quattro 
anni dalla dichiarazione di abitabilit� o dall'effettiva abitazione, 
� accordata la riduzione a met� dell'imposta di registro e al quarto 
dell'imposta ipotecaria, e premesso del pari che oggetto di discussione 
� esclusivamente il regime fiscale della costituzione di 
usufrutto, le sezioni unite . osservano che le argomentazioni addotte 
dalla corte di merito per interpretare la norma suddetta 
in senso favorevole al contribuente non reggono la critica. 

diritto di propriet� sulla cosa e non anche una successione costitutiva 
attraverso la costituzione, sul preesistente diritto di propriet�, di diritti 
reali limitati di godimento. Il risultato raggiunto, infatti, attraverso la 
necessaria differenziazione fra il concetto tecnico-giuridico di trasferimento 
di propriet� della cosa e di costituzione e di trasferimento di un 
diritto reale di godimento sulla cosa stessa, ha trovato conferma in tre 
ordini di fattori. Il primo per il quale data la impossibilit� ontologica 
di mutuare i due concetti, nei casi in cui, sia nel settore edilizio che in 
quello della piccola propriet� contadina, il legislatore ha voluto, per 
motivi contingenti, introdurre in un particolare trattamento di favore, 
anche l'ipotesi della successione costitutiva .di diritto, lo ha fatto con 
menzione espressa (cfr. legge 6 agosto 1954 n. 604 e 18 ottobre 1954 n. 34) 
condizionandone peraltro l'operativit� (vincoli di parentela fra i soggetti 
del negozio ed espressa esclusione di efficacia retroattiva). Il 
secondo per il quale dato il carattere eccezionale della norma di 
favore, derogativa della ordinaria imposizione tributaria, un richiamo 
alla finalit� di incremento edilizio recato dalla legge 408/49, per introdurre 
nel trattamento di favore negozi che, anche se idonei a raggiungere 
tale risultato, non sono previsti nel contesto normativo, determina 
una vera e propria applicazione analogica non consentita. La qual cosa, 
nel particolare settore, � di tutta evidenza dato che il legislatore, attraverso 
la indicazi�ne specifica degli atti agevolati, ha in realt� fissato i 
limiti in cui va contenuto il sacrificio finanziario dello Stato. Decisiva, 
al riguardo, � l'acuta precisazione fatta in sentenza, per la quale, sul 
piano giuridico, l'ipotesi del trasferimento della propriet� si differenzia 
qualitativamente e non quantitativamente da quella del trasferimento 
della nuda propriet� con contestuale costituzione, a favore di diverso 
soggetto, del diritto reale di usufrutto, anche se, sul piano economico, 
fra le stesse ipotesi pu�, in realt�, riscontrarsi un rapporto di eguaglianza 
e per ci� stesso di analogia. Il terzo per il quale l'opposta soluzione 
e in contrasto con i principi di diritto tributario recati dall'art. 9 


. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 


IK 

La sentenza impugnata poggia infatti su un primo argomento 
di carattere meramente lessicale: si rileva che la norma impiega 
il termine �trasferimento� e si dice che tale termine ha una accezione 
molto lata s� da comprend~rvi il trasferimento di qualsiasi 
diritto, onde non sarebbe lecito circoscrivere la portata ~1 
solo trasfem:ento della propriet�. 

A questo primo argomento � facile ribattere che la espressione 
usata nella norma in esame �trasferimenti di casa� ha un 
significato perfettamente identico tanto nel linguaggio comune 
quanto nel linguaggio giuridico: essa sta sempre a significare il 
trasferimento della propriet�, perch�, come giustamente osserva 
la ricorrente, l'identificazione del diritto di propriet� con il suo 
oggetto (la cosa in genere, la casa nell'ipotesi qui esaminata) affonda 
le sue radici nella concezione romanistica del diritto dominicale. 
In aderenza a tale concezione la dottrina giuridica moderna 
ritiene che alienare una cosa significa alienarla nell'inte


e dell'art. 21 della L.O.R. La: peculiare disciplina riservata alla costituzione 
di usufrutto rispetto a� quella del trasferimento della nuda pro.,. 
priet�, la quale ultima, nel risultato finale, non si differenzia nel sistema 
di tassazione ad essa riservata, dalla disciplina del trasferimento 
della piena propriet� (la percezione della imposta, al momento del trasferimento 
sul prezzo pattuito, la percezione; al momento della consolidazione 
della maggiore imposta sulla differenza fra il valore della piena 
propriet� all'epoca della consolidazione con l'aliquota vigente all'epoca 
del trasferimento della nuda propriet�) � indice sicuro di due dati obiettivi. 
-L'uno per il quale la costituzione di usufrutto � istituto separato e 
distinto dal trasferimento della cosa, con conseguente esclusione della 
possibilit� di considerare la vendita della nuda propriet� con contestuale 
costituzione di usufrutto a favore di altro soggetto, istituto che 
nel suo complesso, realizzi il pieno trasferimento della c osa. Il consolidamento, 
infatti, non comporta il pagamento di una imposta 
separata e distinta, ma determinando il ripristino nella sua interezza 
del� diritto di propriet�, comporta il pagamento di una maggiore 
imposta, di natura complementare rispetto a quella percetta all'atto dell'unico 
e solo trasferimento. L'altro dato dal fatto che la dicotomi& che 
caratterizza la �costituzione dell'usufrutto ed il trasferimento della propriet� 
della cosa richiama l'ipotesi prevista dallo art. 9 della L.O.R. 
per la quale e se in un atto sono comprese pi� disposizioni indipendenti 
e non derivanti necessariamente le une dalle altre ciascuna di esse � 
sottoposta a tasse, come se formasse un atto distinto� (cfr. Cass. 22 luglio 
1958 n. 2664). 

Nei casi del genere sussistono due negozi indipendenti e mancando 
fra di essi un qualsiasi rapporto di necessaria ed obiettiva interdipendenza, 
per essere la loro coesistenza, puramente occasionale, rimessa alla 
volont� delle parti, opera il cennato principio della separata e distinta 
tassazione con conseguente esclusione di tassazione beneficiata per quello 
dei due negozi che la legge di favore non ha espressamente previsto. 

L. CORREALE 

PARTE. I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 571 

grit� del suo alone giuridico, onde giudica perfettamente equivalenti 
tra loro le espressioni �alienare�, vendere, cedere, trasferire 
la cosa, ovvero �alienare, vendere, cedere, trasferire il diritto 
di propriet� sulla cosa stessa�. 

Ed anche il legislatore usa promiscumente tali espressioni 
per indicare sempre il medesimo concetto: basta riflettere alla 
formulazione degli artt. 923, 13.77, 1378, 1472, 1520, 1537 cod. civ., 
dettati rispettivamente in .tema di aqquisto dE;!lla propriet� per 
occupazione, di trasferimento di una massa di cose o di cosa de ... 
terminata solo nel genere, di vendita. con riserva di gradimento, 
di vendita a misura di un immobile, in cui il legislatore si . � 
riferito direttamente alla cosa per indicare il diritto di propriet� 
sulla medesima. 

N� regge quella contrapposizione che la sentenza impugnata 
ha voluto rinvenire tra il termine �trasferimento di case� usato 
nella prima parte dell'art. 17 ed il termine �vendita di negozi� 
usato nel capoverso del medesimo articolo, poich� non � esatto 
che la vendita abbia per oggetto esclusivamente la propriet�, postoch� 
per definizione legislativa (art. 1470 cod. civ.) oggetto della 
vendita � tanto il trasferimento della propriet� di una cosa quanto 
il trasferimento di altro diritto. 

E quando si rifletta che, come meglio si dir� pi� avanti, con 
la costituzione dell'usufrutto si d�. vita ad un diritto che prima 
non aveva autonoma esistenza, ben si comprende come il termine 
<<trasferimento� mal si attagli alla fattispecie in esame. 

Al fine di individuare l'intendimento del legislatore nel formulare 
la norma in questione opportunamente si � fatto riferimento 
ad altre disposizioni legislative che concernono agevolazioni 
tributarie analoghe a quella prevista dall'art. 17 della legge 

n. 408. 
Nel d.l. 24 febbraio 1948 n. 114 sulla formazione della piccola 
propriet� contadina � previsto un beneficio fiscale �per le 
compravendite di fondi rustici� e parimenti un'agevolazione fiscale 
� concessa dalla legge regionale siciliana 18 gennaio 1949 

n. 2 per le �compravendite di appartamenti� e non si � mai dubitato 
che con quelle espressioni il legislatore, nazionale e regio-: 
nale, abbia inteso indicare solo i contratti tipici di compravendita, 
nei quali oggetto del negozio� � un preesistente diritto, in particolare 
il diritto di propriet�, e che implicano una successione 
inter vivos in senso stretto, escludendovi, per contro, quei negozi 
che costituiscono sul preesistente diritto, diritti reali limitati 
di godimento ed implicano la cosiddetta successione costitutiva 
(:;ent. 9 gennaio 1963 n. 20 citata, 22 luglio 1958 n. 2264, 12 settembre 
1957 n. 3479). 

572 RASSEGNA DBLL'J\VVOCATURA DELLO STATO 

La riprova � fornita dallo stesso legislatore che, quando ha 
voluto estendere quei benefici tributari anche alla costituzione 
di usufrutto contestuale alla vendita, ha avvertito la necessit� di 
introdurre una apposita norma, dettando in sede nazionale la legge 
6 agosto 1954 n. 604 ed in sede regionale la legge 18 ottobre 1954 

n. 34, la cui portata innovativa � fatta palese dalla formulazione 
adottata specialmente se si consideri, quanto alla prima, che il 
beneficio cohcerne esclusivamente quei trasferimenti contestuali 
della nuda propriet� e dell'usufrutto che vengono posti in essere 
a favore di persone legate tra loro da stretti vincoli di parentela 
ed appartenenti allo stesso nucleo familiare e, quanto alla seconda, 
.che l'agevolazione si applica soltanto agli atti stipulati dopo l'entrata 
in vigore della legge. 

N�� maggior fondamento ha l'argomento logico-sitematico che 

costituisce l'altro perno della decisione impugnata. Senza dubbio 

la legge ha lo scopo di incrementare le costruzioni edilizie e di 

favorire i cittadini sprovvisti di alloggio, onde, come mezzo al 

fine, intende rendere meno onerosi, sotto il profilo fiscale, i tra


sferimenti delle case di nuova costruzione che. rispondano a de


terminati requisiti. Ma da questo non pu� indursi che l'agevola


zione fiscale debba trovar applicazione ogni qualvolta. il negozio 

sia, in concreto, idoneo a raggiungere quel risultato, come si ve


rifica appunto nel caso di trasferimento della propriet� con con


stituzione dell'usufrutto a favore di un soggetto diverso. 

E' proprio. sotto questo riflesso che in due decisioni (n. 13.215 

del 12 febbraio 1959 e n. 18.835 del 3 luglio 1959) la commissione 

centrale per le imposte ebbe ad adottare la tesi favorevole al 

contribuente, affermando che in quella ipotesi il complesso ne


gozio concreta il trasferimento di tutti i poteri di disposizione e 

di godimento dell'alienante. 

Ma a siffatta interpretazione osta anzitutto il carattere della 
norma in esame, la quale, in quanto contempla agevolazioni fiscali. 
in deroga ai criteri di ordinaria imposizione contenuti nella legge 
.di registro, non � suscettibile di applicazione analogica e deve, 

al contrario, essere interpretata restrittivamente; non v'� dubbio 

invero che risalire alla ratio della norma per poi ritenere appli.;. 

cabile la norma stessa a tutti i casi, diversi da quelli previsti, nei 

quali ricorre la stessa ratio costituisce tipica interpretazione ana


logica. 

Comunque, prescindendo da questo iniziale rilievo, di cui non 
si pu� disconosc�re. l'importanza, � d'uopo considerare che se una 
analogia pu� essere prospettata tra il caso in esame ed il caso 
del trasferimento puro e semplice della propriet� piena; tale analogia 
sussiste esclusivamente sul piano economico, giacch� solo 


P.UTB I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

sotto il� profilo meramente economico pu� aversi equivalenza tra 
il trasferimento della propriet� piena da un soggetto ad un altro 
ed il contestuale trasferimento della medesima cosa da un soggetto 
a due altri che l'acquistano l'uno per la nuda propriet� e 
l'altro per l'usufrutto. Sul piano giuridico, l'unico c):J.e realmente 
conti ai fini dell'applicazione della legge tributaria, le due ipotesi 
si differenziano nettamente. 

Nel vigente ordinamento giuridico il diritto di propriet� non 
� concepito come un fascio di diritti, taluni dei qual possano essere 
staccati a favore di altri soggetti, bens� come�un diritto unico 
ed indivisibile ed allorquando un soggetto acquista la nuda propriet� 
di un bene acquista il diritto di propriet� sul bene stesso 
cos� come concepito e voluto dalla norma positiva: tra propriet� 
ed usufrutto ricorre una differenza non quantitativa, ma qualitativa, 
perch� non � concepibile un usufrutto su cosa propria, l'usufrutto 
� un diritto reale limitato che presuppone il diritto di propriet� 
sulla cosa in capo ad un altro soggetto, acquista giuridica 
esistenza solo al momento della sua costituzione e limita nel tempo 
l'estrinsecazione del diritto del proprietario. 

Deve quindi escludersi che effetto della costituzione dell'usufrutto 
sia un trasferimento del bene che ne � soggetto: questo 
rimane sempre nella sfera giuridica del suo proprietario. E se, 
come dispone l'at. 8 della legge di registro, ai fini della tassazione 
occorre aver riguardo agli effetti giuridici dell'atto, si deve, necessariamente 
concludere che non � possibile applicare una disposizione 
dettata espressamente per il trasferimento ad un negozio 
che non implica alcun trasferimento. 

N� vale obbiettare che la legge �di registro pone sullo stesso 
piano, ai fini dell'applicazione dell'imposta, la costituzione del 
diritto di usufrutto prima non esistente ed il trasferimento del 
diritto di usufrutto gi� costituito: gli � che la legge di registrd 
intende colpire con l'imposta il passaggio di .ricchezza che avvi~ne 
d�' un soggetto ad un altro e siccome un passaggio di ricchezza si 
verifica indubbiamente tanto nell'ipotesi di costituzione del diritto 
di usufrutto quanto in quella di trasferimento del medesimo diritto, 
ben si spiega come la legge fiscale accomuni le due ipotesi 
sotto un'unica disciplina. 

Ma siffatta equiparazione non ha rilevanza di fronte ad una 
norma di favore che � stata dettata soltanto per il trasferimento 
delle case di abitazione e che sicuramente non � applicabile nel 
caso in cui la costituzione dell'usufrutto avvenga indipendentemente 
dal trasferimento della propriet� sulla casa. 

Giova piuttosto riflettere che la stessa legge di registr� al1'
art. 9 prescrive che se in un atto sono comprese pi� disposiziOni 


574 RASSEGNA DELI.'AVVOCA'fURA DELLO. STATO 

I....� 

' 
indipendent~ o non derivanti necessariamente le une dalle altre 
'

I

�~

ciascuna di esse � sottoposta a tassa come se formasse un atto 
distinto: � questa la norma che deve trovar� applicazione nella fat,.. I

.. :. 

tispecie, giacch� nel caso di trasferimento della nuda propriet� 
con contestuale costituzione . dell'usufrutto a favore di un altro 
soggetto si � precisamente in presenza di un atto che contiene 
due autonome disposizioni di negozi indipendenti e _distinti, .senza 
alcun rapporto di intrinseca necessariet� . tra loro, la cui connessione 
in un unico atto � dovuto esclusivamente alla volont� 
delle parti. 

Ciascuna disposizione � deve quindi. essere assoggettata alla 
imposta che le . � propria e se si � in presenza di un.trasferimento 
della propriet� che pu� rientrare nelle previsioni della legge spe'.'" 
ciale, non per questo vi deve rie.ntrare. anche la costituzione, per 
quanto contestuale, dell'usufrutto. 

Lo si argomenta proprio dalla particolare disciplina che la 
l_egge di registro detta per quel caso, prevedendo un'imposta che 
colpisce� l'usufruttuario ed un'altra imposta che colpisce il proprietario, 
imposte che nel loro insieme non devono necessariamente 
equivalere all'imposta che darebbe applicabile nel caso di 
trasferimento puro e semplice della propriet�. 

A nonna dell'art. 21 della legge di registro l'acquirente a titolo 
oneroso della nu.da propriet� � infatti tenuto subito -al pagamento 
della imposta sul prezzo o corrispettivo dichiarato nell'atto 
e poi, al momento della riunione dell'usufrutto, al pagamento 
dell'imposta sulla differenza tra quel prezzo o corrispettivo ed il 
valore della piena propriet� al momento della consolidazione: e 
questa secondl:}, lungi dall'essere una nuova imposta principale, 
ha natura� completementare della prima, giacch� � determinata 
dalle norme che erano in vigore al tempo del trasferimento� della 
nuda propriet�. 


Ci� significa che per la legge di registro l'acquisto della nuda 
propriet� non � soggetto a regime diverso da quello dell'acquisto 
de.Ila piena propriet�, che, in altri termini, la legge fiscale considera 
la pi$,na propriet� come fine del trasferimento sotto il riflesso 
che, estinguendosi il diritto di usufrutto, anzich� verificarsi un 
nuovo trasferimento, il diritto di propriet� Si espande auotmati'.'" 
carnente per quel carattere elastico e dinamico che lo caratterizza. 

In sostanza il passaggio per atto tra vivi a titolo oneroso della 
nuda propriet� da un soggetto all'altro fa sorgere immediatamente 
robbligo di pagamento dell'imposta di registro su tutto il valore 
della propriet� piena ma, poich� sotto il profilo economico il trasferimento 
si attua in due tempi, pure in due tempi viene ripartita 
la riscossione dell'imposta: il valore della nuda propriet�. � 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA .TRIBUTARIA 575 

assunto solo come imponibile provvisorio in attesa di stabilire 
quello globale definitivo al momento della consolidazione, quando, 
essendo venuto meno l'usufrutto, si sono .interamente verificati 
i presupposti economici per l'applicazione dell'imposta. 

Di fronte a siffatto meccanismo della: legge tributaria deve 
necessariamente dedursi che la costituzione dell'usufrutto � qualche 
cosa di estraneo e di diverso dal trasferimento dell'immobile, 
un incidente che ritarda nel tempo la realizzazione completa di 
tale trasferimento, onde non � possibile considerare la vendita 
della nuda propriet� con contestuale costituzione dell'usufrutto a 
favore di altro soggetto come atto che nel suo complesso realizza 
il pieno trasferimento dei diritti sulla cosa e non � quind_i !e�ito 
estendere al distinto ed autonomo negozio di costituzione dell'usufrutto 
un'agevolazione fiscale che la legge ha inteso concedere 
esclusivamente in relazione all'imposta che grava sul trasferimento 
del diritto di propriet�. 

S'impone pertanto l'accoglimento del ricorso e l'annullamento 
della sentenza impugnata con rinvio della causa ad altro giudice, 
il quale dovr� attenersi al seguente principio di diritto: �I benefici 
fiscali previsti dall'art.. 17 della legge 2 luglio 1949 n. 408, per i 
trasferimenti� di case d'abitazione costruite ai sensi dell'art. 13 
della medesima legge non trovano applicazione i�1 ordine alla costituzione 
a titolo oneroso di usufrutto a favore di un soggetto 
neppure quando questa sia effettuata contestualmente alla vendita 
ad altro soggetto della nuda propriet� della medesima Gasa�. 

-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 mar.zo 1964, n. 549 -Pres.. 

� Vistoso -Est.. Di Maio -P.M. Gentile (parz. di:ff,) -Sircb, (avy. 

Tabet) c. Societ� Riunione Adriatica di Sicurit� (av-v. 

Dameno). � 

Imposta di consumo � Materiali da costruzione � Ricostruzione di case 
volontariamente demolite � Esenzione � Estremi. 

Imposte di consumo � Agevolazioni fiscali nel settore edilizio � L. 6 -0t� 
tobre 1962 n. 1493 � Operativit� per accertamenti non definitivi alla 
data di entrata in vigore. 

. L'esenzione dell'imposta sui ma'(;etiali di costruzione, prevista 
dalla legge 2 luglio 1949, n. ~08 spetta per la ricostruzione 
di case di abitazione volontariamente d(lmolite sempre che, per 

7'1:;'' 


RASSEGNA DBLL'AWOCATURA DELLO STATO 

~ 

effetto della ricostruzione, si verifichi un incremento dei vani destinati 
ad abitazione (1). 
L'art. 1 della legge 6 ottobre 1962, n. 1493, per il quale le 
agevolazioni fiscali previste per le case di abit.azione non di lusso 

(l. n. 408/49; 112/54; 22/55; 166/56; 1416/56; 1218/57) si applicano 
�anche ai locali destinati a uffici e negozi, quando sia loro 
destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale 
nei piani superiori, opera anche per le costruzioni anteriori alla 
data di entrata in vigore della legge stessa, per le quali non siano 
ancora divenuti definitivi i relativi accertamenti dell'imposta di 
consumo (2). 

(1-2) La prima massima � conseguenziale al principio recepito dalla 
giurisprudenza, formatasi in ordine alla legge 408/49, per il quale le 
agevolazioni tributarie ivi previste operano anche nell'ipotesi in cui si 
provvede alla ricostruzione di case volontariamente demolite per sostituire 
alle stesse costruzioni con numero di vani maggiori e meglio utilizzabili 
(cfr. Cass. n. 198/64 in questa Rassegna n. 2 pag. 363, con nota 
di richiami). � 

ta seconda massima trova I-iscontro nella chiara lettera dell'ultimo 
comma dell'art. 1 della legge 1493 del 1962, per il quale � restono salvi 
gli accertamenti gi� effettuati e divenuti comunque definitivi n� si fa 
luogo alla restituzione dell'imposta gi� pagata�. L'argomentazione a 
contrario di tale norma porta decisamente a ritenere che, per i rapporti 
per i quali, alla �data di entrata in vigore della legge, era pendente 
l'accertamento del rapporto giuridico di imposta n� si era fatto 
luogo a pagamento dell'imposta stessa, la nuova disciplina normativa, 
di carattere indubbiamente innovativa per quanto concerne il limite 

posto alla superficie destinata a uffici o negozi, spiega tutta la sua 
efficacia. La qual cosa non contrasta con i principi sia perch� � fuori 
dubbio il potere del legislatore di estendere retroattivamente l'efficacia 
di nuove norme a rapporti che, sorti sotto l'imperio di norme precedenti, 
sono tutt'ora in corso di definizione (cfr. Cass. Sez. I, n. 3890157) sia 
perch� tale retroattivit� non � in contrasto con la Carta Costituzionale 
neanche in materia tributaria (cfr. Corte Cost. sent. n. 911959). 

Nello stesso senso di cui alla sentenza in nota cfr. Cass. Sez. I, n. 
1493/62). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 aprile 1964, n. 867 -Pres. 
Rossano -Est. Capaccioli -P.M. Trotta (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Soprano) c. Tozzoli (avv. Lanzara e 
Rubino). 

Imposta di registro � Atto dichiarato nullo per illiceit� della causa � Re. 
stituzione imposta � Compete. 
CT.U. 30 settembre 1923, n. 3269, art. 14 n. 2). 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 577 

A norma dell'art. 14, n. 2 della legge di registro, l'imposta � 
rimborsabile (o non � dovuta) quando venga accertato che l'atto 
� nullo e che la nullit� � tale per cui rispetto ad essa il volere 
delle parti non ha influenza alcuna: onde restano bens� escluse, 
da un lato, le ipotesi in cui la nullit� non possa essere accertata 
e dichiarata se non richiamandosi alla volont� delle parti (simulazione; 
negozi in frode alla legge; negozi innominati con causa 
il.lecita) ma risultano comprese, per contro, le ipotesi di nullit� 
oggettiva del negozio, come � tipicamente quella del suo diretto 
contrasto con una norma imperativa. 

(Nella specie l'atto di trasferimento era nullo, perch� relativo 
a terreno compreso nell'ambito della riforma fondiaria) (1). 

(Omissis). -Neppure pu� sostenersi che sussista un vizio 
rilevante di motivazione per non avere la Corte di Napoli adeguatamente 
apprezzato la circostanza che il contratto � .stato con


(1) La Suprema Corte ha affrontato ancora una volta, nella sentenza 
in rassegna, la delicata questione dell'interpretazione dell'art. 14 n. 2 
della Legge di �Registro. 
E' noto che sull'argomento l'insegnamento della Suprema Corte 
si era da gran tempo consolidato nel senso che � il rimborso dell'imposta 
di registro pagata su atti dichiarati nulli con sentenza passata in giudicato 
� dovuto soltanto quando la nullit� derivi da vizi alla cui produzione 
siano rimasti assolutamente estranei il consenso e la volont� 
delle parti e non anche quando l'esistenza de vizio risulti imputabile ai 
contraenti, come nell'ipotesi di contratto fondato su causa illecita> (Cass. 
18 ottobre 1956, n. 3706 in Riv. leg. fisc. 1957, 143 e, ancora prima; la fondamentale 
Cass. 25 febbraio 1931, n. 666 in causa Zontini c. Finanze in 
Riv. leg. fisc. 1931, 225; 22 giugno 1933, n. 2425 in RLF., 1935, 625; 
1 maggio 1936, 426; 23 aprile 1937 in RLF 1937, 449; per riferimenti cfr. 
Relazione Avvocatura Stato 1942-50, nn. 321-323; 1951-55 nn. 218-219; 
1955-60, n. 185). 

Per la giurisprudenza che, a conferma del principio, applica,-a seguito 
di declaratoria di nullit� di alienazione per causa illecita l'imposta 
di registro anche sulla retrocessione dei beni nullamente alienati in 
quanto rientrano nel patrimonio dell'alienante, per tutte: Cass. 20 marzo 
1958, n. 219 in Riv. leg. fisc., 1958, 1190. 

E' anzi da rilevare che la sentenza n. 3706 del 1956 sopra citata, intervenuta 
dopo un'isolata decisione della Commissione Centrale (24 
marzo 1950, n. 11614 in Riv. leg. fisc., 1952, 509) che rovesciava quel 
principio, ribadiva e precisava che il temperamento apportato dal n. 2 
dall'art. 14 al rigoroso principio dell'art. 11 per l'applicazione dell'imposta 
di registro agli atti comunque nulli, obbedisce a ragioni esclusivamente 
equitative ed � evidentemente accordato solo a quelle parti che 
lo meritino, cio� a quelle che non abbiano loro stesse� procurato la 
nullit� dell'atto. 

E a tale insegnamento anche la Commissione Centrale, dopo l'isolata 
pronuncia difforme, si era di nuovo adeguata. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

eluso dopo l'entrata in vigore della legge n. 841 del 1950. Invero, 
il fatto che le parti conoscessero, o dovessero conoscere, la nullit� 
non incide su ci� che questa, una volta che se ne ammetta l'esistenza, 
trae origine dal contrasto obbiettivo fra negozi e norma 
imperativa; contrasto , cui la conoscenza dei contraenti non aggiunge 
e non toglie nulla. Lo stesso art. 14, n. 2 della legge di 
registro non d� rilievo alcuno alla circostanza che la nullit� sia 
stata conosciuta dalle parti al tempo della stipulazione; esso fa 
questione che la nullit� �dipenda� o meno da volere dei contraenti. 


Senza dubbio la formula legislativa � tormentata. Ma qui � 
sufficiente enuclearne un contenuto minimo che appare sicuramente 
enunciabile nel senso che l'imposta � rimborsabile (o non 
� dovuta) quando venga accertato che l'atto �, secondo la terminologia 
oggi invalsa e meno oscillante di un tempo, nullo e che la 

��' 

Con la sentenza in rassegna la Cassazione si � distaccata dal pre' 


,

cedente insegnamento e, forse sotto la suggestione di alcuni orienta


iI ' 
menti dottrinali (cfr. BERLIRI, Le leggi di Registro, 366; RASTELLO, n 
Tributo di registro, 487; contra UcKMAR, l'imposta di Registro, 9; SAMMARINO, 
Commento Imp. Reg., 45 e segg., spec. 50; AVERSA, La legge sulle 

I;i,. 
tasse .di registro, commentata, I, 124; per riferimenti: Cass. 19 giugno . 

. 

1926, n. 1554 in questa Rassegna, 1962, 147 sub B) ha affermato che ~ 
l'espressione usata dal legislatore �nullit� per vizio .radicale che, indi,
pendentemente dalla volont� o. dal consenso delle parti, induca la nullit� 
dell'atto fin dalla sua origine > deve intendersi come � nullit� rispetto . 
. 


,

alla quale il volere delle parti non ha influenza alcuna>. 

�==� 
In base a tale interpretazione, secondo l'esemplificazione casistica ' 
proposta dalla stessa Corte, la restituzione dell'imposta sarebbe bens� ~�
esclusa nei casi in cui la nullit� non possa essere accertata e dichiarata 
se non richiamandosi alla volont� delle parti (simulazione, negozi in 
frode alla legge, negozi innominati con causa illecita) ma spetterebbe, 
invece, nelle ipotesi di nullit� obiettiva del negozio, come � tipicamente 
quella del suo diretto contrasto con una norma imperativa. 

Non pu�, pertanto, non esprimersi deciso dissenso da una tale interpretazione, 
la quale, � contraddetta, prima ancora che dalle ampie e 
meditate considerazioni che la stessa Corte Suprema aveva posto a base 
del precedente orientamento, dal semplice ed inequivoco dato testuale 
della norma che espressamente collega la fattispecie di cui all'art. H n. 2 
(di eccezione al disposto degli articoli 11 e 12) alla circostanza che il 
vizio dell'atto e la conseguente nullit� siano indipendenti dalla volont� 
delle parti. Orbene, il contenuto difforme da una norma imperativa 
dell'atto sottoposto a registrazione non � indipendente dalla volont� delle 
parti, ma anzi � direttamente e i.nscindibilmente connesso con essa, costituendone 
per l'appunto l'oggetto. 

I

Pertanto la nullit� dipendente dalla illiceit� della causa non pu�, 
rientrare nella previsione della norma dell'art. 14 n. 2, proprio perch� 
la causa non pu�, per definizione, dirsi non ricollegabile alla volont� 
dei contraenti. � 

I 


PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 579 

nullit� � tale per cui rispetto ad essa il volere delle parti non ha 
influenza alcuna: onde restano bens� escluse, da un lato, le ipotesi 
in cui la nullit� non possa essere accertata e dichiarata se non 
richiamandosi alla volont� delle parti (simulazione; negozi in frode 
alla legge; negozi innominati con causa illecita); ma risultano 
comprese, per contro le ipotesi di nullit� oggettiva del negozi.o, 
come � tipicamente quella del suo diretto contrasto con una norma 
imperativa. � 

La stessa ricorrente � indotta, dalla logica delle cose, a qualificare 
ripetutamente l'atto in questione come negozio in frode 
alla legge; in tal modo essa pu� richiamare correttamente�� la 
formula dell'art. 14 n. 2, perch� senza dubbio i negozi in frode 
alla legge sono da considerare inficiati da un vizio che, agli effetti 
e nel senso della norma fiscale, <<dipende dalla volont� e 
dal consenso delle parti�; ma, d'altronde e ad un tempo, cos� facendo 
la Finanza prescinde dalla realt� del caso di specie. Perch� 
il negozio in frode alla legge � quello (art. 1344 cod. civ.) ch�, 
tutt'altro che porsi direttamente e apertamente in contrasto con 
norme imperative, si presenta di per s�, come irrilevante rispetto 
a queste e viene usato dalle parti onde conseguire indirettamente 
un risultato elusivo di dette norme; nel' caso, invece, l'unica nullit� 
configurabile e configurata � non per elusione di norme imperative 
ma per difetto ed aperto contrasto con esse. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, rn aprile 1964, n. 871 .:. Pres. 
Varallo -Est. Caporaso -jP.M. Pedace (conf.) -Soc. F.lli 
Cosulich (avv. Uras) c. Ministero Finanze (avv. Stato 
Soprano). 

Dogana � Sbarco e presentazione delle merci � Obblighi per il capitano 
della nave � Modalit�. 

(1. 25 settembre 1940 n. 1424, art. 36-42; Cod. Navig. art. 295). 
Dogana � Sbarco e presentazione delle merci � Violazione degli obblighi 
imposti al capitano della nave � Effetti penali e civili. 

Dogana � Operazioni di sbarco e presentazione della merce affidata ad 

impresa di sbarco � Irrilevanza per la responsabilit� �del capitano 

della nave. 

(1. 25 settembre 1940, n. 1424; art. 130~145). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II

Nella spedizione marittima di merci soggette a dogana il Ca� 
pitano della nave � rappresentante del vettore marittimo e detenr 
tore del carico per conto degli aventi diritto. Incombono, per


I

tanto, al Capitano della nave gli adempimenti doganali (1). 

La violazione da parte del Capitano della nave degli obblighi 
previsti dall'art. 36 della l. 25 settembre 1940, n. �1424 per il manifesto 
di carico e di quelli previsti dall'art. 42 della legge predetta 
per la presentazione deZ-Ze merci nei modi dallo stesso articolo 
indicati, comporta le sanzioni penali stabilite dai successivi 
artt. 117, 124�e 130 nonch� il pagamento, da parte sua, dei diritti 
doganali (2). 

L'affidamento delle operazioni suddette ad una impresa di 
sbarco non esonera il Capitano dalla responsabilit� civile connessa 
alla violazione ~delle ricordate norme, perch� l'impresa 
agisce quale mandataria del Capitano, e quest'ultimo � responsabile, 
per principio codificato, dell'osservanza delle norme stabilite 
dalla legge doganale (3). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 giugno 1964 n. 1436 -Pres. 
Pece -Est. Bianchi d'Espinosa -P.M. Criscuoli (conf.) Agenzia 
Marittima Sereni (Avv. Lefebvre d'Ovidio) c. Ministero 
Finanze (Avv. Stato Soprano). 

Dogana � Sbarco e presentazione delle merci � Qbbligbi per il capitano 
della nave � Violazione � Effetti civili. 

Dogana � Diritto all'imposta � Momento in cui sorge. 

(1-5) Tornata sUll'argomento con le sentenze in nota, la Corte di Cassazione 
ha confermato l'indirizzo assunto al riguardo con la sent. n. 2025/62 
riportata in questa Rassegna 1962, pag. 141 e segg. La qual cosa � assolutamente 
esatta. -A norma del Codice della Navigazione -v. Rassegna 
citata -il Capitano della nave, per le merci trasportate, concentra in 
s� la duplice figura di rappresentante del vettore marittimo e di detentore 
del carico per conto dell'avente diritto (art. 295, secondo comma, 
305 e 312 Cod. Nav.). Quale titolare, pertanto, all'atto del passaggio � 
della linea doganale di un potere giuridico e fisico sulle merci trasportate, 
il Capitano della nave, nel sistema della legge doganale, partecipa 
della categoria dei soggetti passivi dell'obbligazione tributaria 
nella nozione datane dal combinato disposto degli artt. 5 e 16 della 
legge 1424 del 1940. Da ci� hanno origine gli adempimenti che, quale 
presupposti necessari per l'accertamento la liquidazione e la riscossione 

. 


PAR'rB I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRI~UTARIA 58~ 

Il Capitano della nave che non provvede alla presentazione 
delia merce in dogana o che non vi provvede con tutti gli adem:pimenti 
prescritti dalle norme della legge doganale, � .responsa".' 
bile per il pagamento dei diritti doganali (4). 

Il diritto alle imposte doganali sorge al momento del passaggio 
delle merci attraverso la linea doganale e non al momento 
successivo, in cui la merce viene dichiarata e visitata con 
conseguente liquidazione dei diritti doganali (5). 

dei diritti doganali, la legge predetta impone, per le merci trasport~te, 
al Capitano stesso sancendone, in via riassuntfva ed onnicomprensiva la 
responsabilit� personale, per il caso di inosservanza (art. 34), in via penale 
(art. 117, 124 e 130 primo comma) ed in via civile (art. 145). Conseguenziale 
a tali principi, ai quali � chiaramente ispirata ed uniformata 
la sentenza in nota, � l'ulteriore affermazione per la quale l'affidameht� 
di determinate operazioni doganali ad impresa di sbarco non esonera 
il Capitano della responsabilit� connessa con la violazione delle norme 
che regolano le operazioni stesse. L'impresa di sbarco agisce quale mandataria 
del Capitano e raccomandataria dello stesso per effetto di fideiussione 
appositamente convenuta, � legato al Capitano da un vincolo 
di solidariet� passiva per le obbligazioni ad esso facenti capo. E poich�, 
per le ragioni svolte la violazione dei ricordati adempimenti compGrta 
oltre alla responsabilit� penale del Capitano anche quella civile per il 
pagamento dei diritti di confine, la responsabilit� dell'impresa di sbarco 
�� una realt� obiettiva conseguenziale al cennato vincolo di solidariet� 
passiva. 

Il principio affermato nella quinta massima � di indubbia esattezza 
e trova riscontro nel chiaro ed inequivocabile disposto di legge (art. 4 
della 1. 25 settembre 1940 n. 1424). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 aprile 1964, n. 902 -Pres. 

Fibbi -Est. Capaccioli -P.M. Criscuoli (conf.) -Ministero 

Finanze (Avv. Stato Tavassi La Greca) c. Pincione (Avv. 

Capozzi). 
Imposta di registro � Cessione quote di societ� a r. 1. � Tassa fissa a 
norma dell'art. 108 della T. A annessa alla legge 30 dicembre 1923, 

n. 3269, per le cessioni delle azioni� di societ� per azioni. 
Imposta di registro � Cessione quote di. societ� a r. 1. � Corrispettivo 
corrisposto non contestualmente, ma in precedenza � Requisiti n~� 
cessari per la tassa fissa a norma dell'art. 108 della T. A citata.. 

La cessione delle quote di partecipazione delle societ� a responsabilit� 
limitata � soggetta allo stesso regime tributario del-:la 
cessione delle azioni delle societ� per azioni. Stipulata _per 
atto pubblico o scrittura privata con contestuale pagamento del 
ptezzo in danaro o con azioni od obbligazioni, la cessione predetta 
sconta la tassa. fissa prevista dall'art. 108 della T.A. annessa alla 

L.O.R. 30 dicembre 1923, n. 3269 (1). 

582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il pagamento del prezzo in danaro non contestualmente all'atto, 
ma in precedenza, non esclude la registrazione a tassa fissa, 
sempre che il pagamento stesso non escluda essersi trattato di ope� 
razione che non esuli dalla pura commerciabilit� delle quote (2). 

(Omissis) -Col secondo motivo la ricorrente torna a riproporre 
la questione della tassazione dei trasferimenti delle quote 
delle societ� a responsabilit� limitata; non offre, tuttavia, argomenti 
tali da suggerire di allontanarsi dai precedenti in termini 
di questa Corte (sentenza 16 gennaio 1961, n. 56, 12 dicembre 
1961 n. 2801). In specie due rilievi, appaiono decisivi per ritenere 
che il regime tributario (imposta di registro) degli atti di cessione 
delle quote delle societ� a resp. limitata debba essere conforme 
a quello proprio dei trasferimenti delle azioni, in entrambi 

(1-2) Il principio affermato nella prima massima costituisce ormai 
ius receptum. La Corte di Cassazione con le sentenze (cfr. n. 56/1961, 
Riv. leg. fisc. 1961, col. 938; 280/61, ivi, col. 1006, 2133/63, ivi, 1963, 2314 
e la Commissione Centrale a Sezioni Unite con la decisione n. 101526/63, 
ivi, 1964, col. 848), hanno escluso, in radice, ogni utile richiamo, per le cessioni 
di quote a r.l., al combinato disposto degli art. 27 della L.0.R. 30 
dicembre 1923, n. 3269 ed 1 e 2 della T.A annessa. Hanno, infatti, i Supremi 
consessi giurisdizionali osservato che l'operativit� della tassa fissa 
prevista dall'art. 108 della T.A �, nei casi del genere, richiesta da un 
duplice ordine di motivi. L'uno dato dal fatto che, per unanime dottrina 
e costante giurisprudenza, le societ� a r.l. sono disciplinate, in via analogica, 
dai principi propri delle societ� di capitali, per le quali il regime 
fiscale della negoziazione dei titoli azionari � dato dal ricordato art. 108 
della T.A in relazione all'art. 10 della T.E. della legge di registro (tassa 
fissa per l'atto pubblico e per la scrittura privata che accompagna, per 
avventura, la negoziazione dei titoli sempre che il prezzo in denaro o in 
titoli sia stato contestualmente versato). La lettera dell'art. 108 citato 
limitato alle azioni nella formulazione datavi dallo art. 36 della legge 
6 agosto 1954, n. 603, � stato spiegato, nella sentenza in nota, nel riflesso 
che 1923, epoca della originaria formulazione della norma, le Societ� 
a r.l. non erano conosciute dal nostro ordinamento giuridico e che nel 
1954, epoca della sua modificazione, il legislatore, nel limitarsi alla modificazione 
della originaria formulazione, ha risentito del contenuto di 
quest'ultima. L'altro dato dal fatto che il regime fiscale cos� adottato 
trova la sua ragione determinante nel carattere surrogatorio che l'imposta 
sulle societ� operante anche per quelle a r.l., ha assunto nell'ordinamento 
giuridico vigente, rispetto all'imposta proporzionale di registro, 
con conseguente necessitata esclusione di cumulo. 

Tali considerazioni, corroborate dall'avvenuta parificazione legislativa, 
ai fini della R.M. e dalle altre imposte dirette delle Societ� a 

r.l. a quelle per azioni ed in accomandita per azioni (r.d. 12 aprile 1943, 
n. 205, art. 3), sono di portata determinante e non potendosi non condividere, 
colmano il disagio avvertito dalla dottrina (cfr. !AMMARINO, 
Commento alla legge sulle Imposte di Registro, voi. I, 141-144) della 
mancanza, per l'imposta di registro, di un intervento legislativo analogo 
a quello ricordato per le imposte dirette. 

PARTE ,I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRllUTARIA 

i casi essendo quindi dovuta la sola tassa fissa: a) il primo � che 
la lettera della legge (art. 108 della tariffa all. A alla legge di 
registro, e art. 10 della tabella all. E), che parla di azioni, e non 
di quote delle soc. r.l. non ha valore alcuno se si tenga conto 
del testo originario del 1923, perch� in tale epoca le societ� ~ rl. 
non esistevano nel nostro ordinamento: ed ha valore assai tenue 
pur se ci si riferisca al nuovo (ma analogo) testo recato dall'art. 
36 della legge 6 agosto 1954, n. 603,. testo che, essendo stato redatto 
in forma autonoma, ma come modificazione della formula 

Il princ1p10 affermato nella seconda massima non pu�, al contrario, 
essere condiviso, L'art. 108 della T.A annessa alla legge di registro sia 
nella formulazione originaria che in quella del legisatore del 1954 limita 
la registrazione a tassa fissa ai soli casi in cui il prezzo sia pagato nell'atto 
stesso o con danaro e con azioni od obbligazioni. Il requisito della 
contestualit� �, pertanto, nella lettera della norma elevato a elemento 
di carattere formale e sostanziale al tempo stesso, e non ammette il ricorso 
a differenziazioni per pagamento anticipato o posticipato, per ritetenere 
che il primo, nel caso in cui non escluda che la cessione si sia 
risolta in una pura e semplice commerciabilit� di titoli, partecipi della 
economia del ricordato art. 108 della T.A. 

E' esatto che la ratio connessa alla contestualit� del pagamento in 
danaro o in titoli � quella di attuare �la rapida circolazione dei titoli, 
che a sua volta giustifica l'istituzione di tributi surrogatori dell'imposta 
di registro, accertabili e riscuotibili su una base forfaitaria che agevola 
il compito degli uffici e degli stessi contribuenti �, ma, la lettera della 
norma e la portata inequivocabile della stessa, sono indicative di due dati 
obiettivi: l'uno dato dal fatto che, nel pensiero del legislatore, la rapida 
circolazione di titoli � assicurata solo dalla pi� volte detta contestualit�; 
l'altro dato dal fatto che, essendo la tassa fissa surrogatoria della proporzionale, 
soltanto le risultanze dell'atto sono idonee ad assicurare la Finanza 
che in concreto si � verificata, nonostante la stipulazione dell'atto 
pubblico o della scrittura privata, una pura e semplice commerciabilit� 
di titoli. 

La diversa soluzione, centrata sulla differenziazione, al di fuori dell'atto 
e del contenuto obiettivo voluto dalla norma, �fra operazioni per 
contanti ed operazioni che, a causa del carattere meramente obbligatorio 
ovvero non attuanti effettivi trasferimenti di titoli�, non soddisfa alle 
esigenze avvertite dal legislatore e tutelate con la cennata prescrizione.. 
di assicurare la tassa fissa nei soli casi in cui � la cessione dei titoli serva 
come mezzo o �orrispettivo di un contratto che esuli dalla pura e semplice 
commerciabilit� di titoli� (cfr. !AMMARINO, loco citato, voi. III, 837). 

La mancata contestualit� del pagamento del prezzo, per il carattere 
costitutivo alla contestualit� stessa riconosciuta, porta il rapporto fuori 
dell'ipotesi dell'art. 108 della T.A e data la natura mobiliare riconosciuta 
alle azioni ed ai titoli similari sia dalla dottrina che dalla legge 
fiscale (1� comma dell'art. 27 della legge di registro), lo introduce necessariamente, 
in quella dell'art. 2 della T.A. Ci� sempre che la ricerca 
della intrinseca natura e degli effetti destinati a produrre imposta dall'art. 
8 della legge di �registro non porti alla individuazione di altro rapporto 
tassabile a norma di altre voci della T.A, pi� volte detto. 


584 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

�riginaria, risente del contenuto di quest'ultima; b) il secondo 
rilievo � che la ratio della disposizione di favore risiede in ci� 
che si � voluta evitare una duplicazione d'imposta -in ordine ai 
trasferimenti gi� assoggettati ad un tributo (imposta sulle societ�) 
il cui carattere surrogatorio rispetto al tributo di registro �, 
al pari che -fu la precedente imposta di negoziazione, del tutto 
pacifico: e a detto tributo surrogatorio sono uniformemente soggette 
cos� le societ� p.a. come quelle a r.l. 

Col. terzo motivo, infine, la Finanza assume che comunque, 
anche ad ammettere che in linea di principio la cessione delle 
quote debba scontare solo la tassa fissa, nella specie il trattam~
nto di favore non spetterebbe perch� le norme sopra citate richiedono 
a tal fine che il prezzo (dell'azione, o delle quote) sia 
pagato contestualmente, all'atto della cessione, mentre nella specie 
la stessa scrittura privata d� att� di una riscossione gi� avvenuta 
prima della stipulazione. 

Al riguardo questa Corte osserva che in effetti le considerazioni 
svolte dai giudici di appello onde disattendere tale eccezione 
della Finanza non appaiono pertinenti. Si � detto, nella 

I
sentenza impugnata, che la prescrizione legislativa della contemporaneit� 
del pagamento del prezzo tende ad escludere che sia 

I


dovuta la sola tassa fissa nei casi in cui vi sia dilazione di pagamento, 
dovendosi allora scontare la c.d. <<tassa di obbligo� 
(cio�, di obbligazione), di cui all'art. 28 della tariffa all. A; che, 
pertanto, l'esclusione del beneficio non opera quando il pagamento 
sia, come nella specie, anteriore anzich� posteriore al


I
l'atto. Questa argomentazione non appare pertinente perch� la 
alternativa specifica che qui si pone � fra tassa fissa e imposta 
proporzionale con riferimento sempre e soltanto al trasferimento 
delle �azioni o quote; e la tassa fissa � stabilita non con riguardo 

I 
a ci� che non si verifichi l'ipotesi della tassa d'obbligo ma, come 
accennato, al fatto che per il medesimo trasferimento � corrisposto 
il tributo surrogatorio di quello di registro. L'eventualit� della soggezione 
alla tassa d'obbligo, dunque, � del tutto estranea all'ambito 
della fattispecie in esame. 

Tuttavia, la decisione della Corte di Genova deve nella sostanza 
restare ferma, anche se per diverso motivo giuridico. 

E' da notare, in primo luogo che la prospettazione sulla 
quale in buona parte si basa la ricorrente non trova preciso ri� 
scontro nei dati di fatto acquisiti alla causa. La Finanza argomenta 
presupponendo che l'atto di cessione in oggetto costituisca adempimento 
di una anteriore obbligazione del cedente; ma_ il fatto 
accertato incensurabilmente � che qui si � avuta una compraven



PARTE I, SBZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 585 

dita di quote con pagamento anticipato del prezzo. N� per certo 
si pu� sostenere che ogni volta in cui il prezzo di una compravendita 
risulti, dall'atto, corrisposto in precedenza, non si tratti 
in realt� di pagamento di prezzo ma tutto il negozio costituisca 
una datio in solutum rispetto ad un preesistente debito pecuniario 
del venditore (apparente). 

Ci� precisato, si osserva che questa Corte ha avuto occasione 
di indicare un criterio direttivo generale che gi� orienta anche nel 
caso. Nell'escludere, invero, il trattamento fiscale di favore in 
una ipotesi in cui si era bens� verificato un trasferimento di quote . 
di societ� r.l. ma non per via di contratto a titolo oneroso sibbene 
in forza di provvedimento espropriativo del giudice, si � osservato 
che quando il trasferimento avvenga per atto giudiziale o a titolo 
gratuito il beneficio � dalla legge (art. 10-11 dell'ali. E) escluso perch� 
allora l'imposta non � gi� stata scontata con quella surrogatoria, 
di negoziazione prima, sulle societ�, oggi (Cass. 16 gennaio 
1961, n. 56). E' un evidente richiamo a quella stessa ratio legis che 
� stata gi� sopra, ad altri fine, evidenziata: ci� che conta, in 
primo luogo, � che l'atto sia di quelli coperti dalla tassazione 
surrogatoria. E sotto questo profilo, come � evidente, che il prezzo 
venga corrisposto proprio in occasione dell'atto, o sia stato pagato 
prima, � circostanz�a del tutto ininfluente. 

Sotto un profilo pi� ravvicinato, poi, cui � necessario aver 
riguardo perch� i rilievi ora esposti potrebbero condurre, da soli 
a svalutare del tutto la pr�scrizione di contemporaneit� del pagamento 
stabilita dalla legge, si nota come la stessa Finanza additi 
la ratio della prescrizione medesima in ci� che solo le vendite 
per contanti attuano quel fenomeno della rapida circolazione dei 
titoli che a sua �volta giustifica l'istituzione di tributi surrogatori � 
dell'imposta di registro, accertabili e riscuotibili su una base forfettaria 
che agevola il compito degli uffici e degli stessi contribuenti. 
Ebbene, ammessa tale ratio, se ne desume che il punto 
sta nella distinzione fra operazioni per contanti e operazioni che, 
a causa del loro carattere meramente obbligatorio o perch� 
non attuanti effettivi trasferimenti dei titoli, non rispondono all'ordine 
di idee della rapida (ed effettiva) circolazione dei titoli 
medesimi e perci� non sono coperte dal tributo surrogatorio. E 
non sembra possa dubitarsi che anche sotto questo profilo non 
ris.ulta possibile distinguere fra vendita per prezzo pagato contestualmente 
e vendita per prezzo pagato in precedenza: entrambe 
infatti integrano ugualmente la fattispecie della vendita 
per contanti quale rileva ai presenti fini. Solo nell'ipotesi di una 
vendita per prezzo gi� prima corrisposto, che in concreto risul



RASSEGNA DE�..L'AVVOCATURA DELLO STATO 

tasse mascherare un rapporto diverso, si potrebbe escludere il 
trattamento di favore (che, del resto, � tale solo in apparenza, 
appunto perch� vige il tributo surrogatorio); ma ci� non diversa


mente da quanto potrebbe verificarsi anche per la vendita che 
..;...-contro verit� -dall'atto risultasse compiuta per prezzo pagato 
contestualmente nonch� per ogni altra e qualsiasi ipotesi di 
sip:m_lazione. Ma nella specie, come gi� rilevato, i dati di fatto 
~cquisitj dE!nunciano solo una comune cessione per prezzo pagato 
in precedenza. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 aprile 1964, n. 955 -Pres. 

-.Rossano -Est. Di Maio -P.M. Trotta (conf.) -Societ� p.a. 

:Acciaierie e Ferriere Lombarde Falk (avv. Piccardi) c. Mi


nistero Finanze (avv. Stato Coronas). -~ 

Dogana � Diritto di licenza � Importazione a dogana, avvenuta in epoca 

anterior� alla I. 15 giugno 1950, n. 330 abolitiva del diritto di licenza, 

a norma dei dd. mm. 13 aprile 1946 e 21 settembre 1949 � Esclusione. 

(r.d.l. 13 maggio 1935, n. 894 -1. 15 giugno 1950, n. 330). 
Il diritto di licenza introdotto dal r.d.l. 13 maggio 1935 n. 894 
e soppresso con la l. 15 giugno 1950, n. 330, non � dovuto per le 
importazioni a dogana delle merci contemplate nella tab. A del 

d.m. 13 aprile 1946 ed in quella annessa al d.m. 21 settembre 1949, 
(1) Il principio contenuto nella sentenza in nota si rinviene anche 
nelle successive sentenze n. 956-957 e958 del 1964 della Corte di Cassazione, 
ed essendo stato il diritto di licenza soppresso con la I. 15 giugno 
1950 n. 330 il principio stesso ha perduto di attualit�. I casi, infatti, affrontati 
e risolti, in diritto, con le sentenze predette riguardano importazioni 
avvenute --in epoca anteriore alla soppressione relative a merci 
per le quali i dd. mm. 13 aprile 1946 e 21 settembre 1949 avevano in-' 
tTddotto il sistema della cosidetta �importazione a dogana�. In constanza; 
infatti, dei divieti generali di importazione, instaurati dal d.l. 14 
novembre 1926. n. 1923 e ribadito dalle successive disposizioni contenute 
nei dd. mm. 28 dicembre 1939; 15 luglio 1940; 13 luglio 1940, e dalle 
deroghe a tali divieti consentite dall'art. 4 del ricordato d.l. attraverso 
i' permessi volta a volta concessi dal Ministero delle Finanze, intervenne 
il� d.l. 16 gennaio 1946 n. 12 che confer� al Ministero del Commercio con 
!_'Estero la competenza ad emanare, previo concerto con i Ministeri 
qelle Finanze e gli altri Ministeri interessati, i provvedimenti relativi 
ai divieti di importazione ed esportazione nonch�, in attuazione di 
t'ali poteri i dd. mm. 13 aprile 1946 e 21 settembre 1949. Con tali ultimi 
provvedimenti le Dogane furono autorizzate a consentire, in deroga ai 
divieti vigenti, l'introduzione di determinate merci, provenienti da determinati 
pa~si. 

Nella sentenza in nota e nelle quattro successive la Corte di Cassazione 
ha ritenuto non dovuto, per le merci suddette, il diritto di licen



PARTE I, SEZ V,. GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 58'2 

con i quali � stato attuato, per le merci stesse, una pie11a liberalizzazione 
degli scambi (1). 

za nel rilievo che, colpendo esso il soprarredito o il maggior incremento 
economico derivante, rispetto alla categoria, all'importatore singolarmente 
autorizzata a norma dell'art. 4 del d.l. n. 1923/1926, per le merci 
la cui importazione, per effetto dei dd. mm. 13 aprile 1946 e 21 settembre 
1949, non sarebbe stata ulteriormente vietata, il diritto stesso sarebbe 
mancato del suo necessario presupposto logico-giuridico. La ragione 
del decidere, pertanto, � stata riposta nel fatto che con i ricordati 
dd. mm. sarebbe stata attuata, per le merci pi� volte dette, una vera e propria 
liberalizzazione degli scambi, in relazione alla disciplina dei divieti 
di carattere economico. La lettera dei dd. mm. e la natura degli stessi 
determinano, per�, qualche perplessit� al riguardo, non apparendo, nel 
sistema allora in vigore, del tutto pacifico che i poteri autorizzativi affidati 
alle Dogane concernesser� il solo aspetto valutario. 

Dal testo dell'art. 5 del D.M. 15 aprile 1946 risulta infatti che la 
importazione �a dogana� delle merci, di cui alla tabella A, costituiva 
una vera e propria deroga � ai divieti � anzidetti; deroga, che presupponeva 
per forza df cose, il regime di e restrizioni � e che trovava la sua 
fonte in un e permesso � del competente Ministero: permesso, che si distingueva 
dalla �licenza � in senso stretto soltanto perch� non era 
concesso caso per caso, ma per categorie, ben precisate, di merci, le quali 
in tanto potevano essere importate in quanto era intervenuto un provvedimento 
ministeriale di natura discrezionale che aveva rimosso il generale 
divieto, sempre, per�, subordinatamente, all'adempimento di particolari 
oneri, da parte dell'importatore. Rispetto al sistema delle � importazioni 
a licenza�, che involgeva, l'autorizzazione, caso per caso, indubbiamente 
il regime di importazione a dogana ha rappresentato un 
passo notevole verso la � liberalizzazione degli scambi �, e, sul piano propriamente 
economico e dei rapporti internazionali, potrebbe anche ritenersi 
che, in pratica, abbia attuato una limitata �liberalizzazione� relativamente 
agli scambi con taluni Paesi per determinate categorie di merci 
(da ci� la formulazione della � � rubrica � del D.M. 21 settembre 1949). 
Sul piano giuridico ed ai fini tributari, per�, i considerati Decreti 
interministeriali non sono certo valsi ad abrogare il sistema legislativo 
che stabiliva divieti e limitazioni alle importazioni, ma in tale sistema 
si sono inseriti nel quadro delle deroghe dalla legge stessa contemplate 
e proprio perch�, in forza dei menzionati provvedimenti interministeria�i, 
si sono potute importare determinate categorie di merci, si � reso applicabile 
-correlativamente alla deroga -il diritto di licenza. 

Del che, del resto, non si � mai dubitato, ed appunto dal presupposto 
pacifico della applicazione del tributo ogni volta che la e nazionalizzazione
� fosse avvenuta anteriormente all'entrata in vigore della L. 
15 giugno 1950 n. 330, abolitiva del diritto di licenza, si � sviluppata la 
nota decisione, della Corte Suprema (sent. n. 3191 del 1957), che ha dichiarato 
essere dovuto il diritto di licenza nel momento in cui �la importazione 
da provvisoria fosse divenuta definitiva �. 

Ed � chiaro .che la questione circa l'atto o fatto generatore dell'op-' 
bligo tributario e circa il �momento� in cui tale obbligo sarebbe sorto 
neppur si sarebbe posta, ove si fosse versato in tema di libero scambio, al 
di fuori cio�, dell'ambito di applicazione del diritto di licenza alle stesse 
importazioni definitive. 


' .RASSEGNA DE�.L'AVVOCAT�RA DELLO STATO 

CORTE . DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1964 n. 986 "." Pres. 
Varallo -Est. D'Arrniento -Soc.. �Via Massua� (Avv. Pierantoni 
e Bevilacqua) c. Ministero Finanze (Avv. �Stato 
Gargiulo). 

Imposte dirette � Imposta straordinaria immobiliare � Azione �giudi� 
ziaria proposta in mancanza di . una decisione definitiva :della Com� 
, missione tributaria � Temp.oraneo difetto di giuris~zione.� � . 
li�iposte dirette � Azione giudiziaria i�l mancanza �di deciSiorie � � defi� 
. nitiva della Commissione . tributaria. e vrevia sottoscrizione' di con� 
.cordato tributario � Improponibilit� � Fattispecie. 

(1. 27 agosto 1936 n. 1639, art. 22; t.u. 9 maggio 1950 n. 203, art. 56). 
In materia di imposte dirette -e l'imposta straordinar~a irn'." 
mobiliare istitu,ita con d.Z. n. 1743 del 1936 � tale per iLsuo carat:. 
tere reale~il giudizio avanti l'a.g.o~ pu� essere proposto sol�J quando 
la decisione della commissione distrettuale o quella della commissione 
�provinciale siano divenute definitive ovvero quando la 
controversia sia stata decisa dalla commissione centrale, giacch�, 
in mancanza di tali condizioni, sussiste il� temporaneo .difetto di 
giurisdizione dell'a.g.o. (1). 

Non vale a superare tale difetto di giurisdizione l'intervenuto 
concordato, che rappresenta soltanto un atto unilaterale di accertamento 
dell'amministrazione finanziaria, con l'adesione del 
contribuente (2). 

(1-2) Si tratta di un principio pacifico: cfr. Sez. un. 11 ottobre 1954 

n. 3555, Foro it., Mass. 712; Sez. un. 25 maggio 1959, n. 602, ivi, 1959, 
802 .(che riguarda un �aso nel quale, essendo stato proposto ricorso alla 
c�ommissione centrale, questa non aveva ancora preso cognizione, adottando 
le pronuncie conseguenziali, della iinunzia del ricorrent�); Cass. 
13 aprile 1960. n. 861, ivi, 1960, 193. � � � 
Anche la seconda massima � ormai pacifica: cfr. S!;!2;. un, ~O febbraio 
1936 n. 593, ivi, 1936, 123; Cass. 13 diceml:;lre 1946 n. 1358, ivi, 1958; 309~ 

�ORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 28. aprile 1964 n. 1015 ~ Pres. 

�Lonardo -Est. Iannelli -.P.M. Criscuoli (coni.) -Soc. Imm. 
Sansovino (Avv. Nicol�) c. Ministero Finanze (Avv. Stato 
Azzatiti G.io ). � 

Imposte di registro �' Societ� � Deliberazione di proroga adottata dopo 
la scadenza .del termine �stabilito nell'atto costitutivo � Tassazione � 
�Imposta fissa. 

(r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269 Tariff� All. A, artt. 81, 86). 

PARTE I, SEZ V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La deliberazione di proroga del termine della durata della 
societ�, adottata dopo la scadenza di esso con la revoca .della liquidazione 
in corso, non comporta la ricostituzione di un nuovo 
ente distinto e separato dal precedente, ma implica, con l'eliminazione 
della causa di scibglimento, la ripresa della normale attivit� 
dell'ente, con la conseguenza che la detta deliberazione non 
� soggetta all'imposta proporzionale di registro, bens� all'imposta 
fissa (1). 

(1) Le Sezioni Unite hanno per la prima volta esaminato la _questfone 
sulla natura della deliberazione di proroga del termine di durata 
di Societ� al fine di precisare il criterio di tassazione, pronunciandosi 
nel senso che la deliberazione di proroga, adottata durante la fase della 
liquidazione dopo la scadenza del termine previsto nell'atto costitutivo, 
non importa la costituzione di un nuovo ente e di conseguenz� la deli.,. 
berazione stessa, non attuando alcun trasferimento di ricchezza, va registrata 
a tassa fissa e non a tassa proporzionale. Il Supremo Collegio 
ha esattamente applicato il principio che la Societ�, sia di capitale, sia 
di persona, dopo il suo scioglimento per qualsiasi causa, non rappresenta, 
nella successiva fase di liquidazione, un ente diverso da _quello �riginario, 
perch� continua a sussistere con la stessa personalit�, anche se 
con la capacit� pi� ristretta (limitata cio� alla liquidazione). Perci� la 
societ�, allorch� delibera di prorogare il termine di durata, non fa che 
eliminare la causa di scioglimento, revoca la liquidazione intrapresa 
e ripristina la normale attivit� sociale. 
Ci� premesso, la deliberazione di proroga, adottata durante la fase 
di liquidazione, non attua alcun trasferimento di ricchezza, e va perci� 
sottoposta a tassa fissa e non a tassa propo:rzion��e. In tali sensi l'ac:cennata 
questione va risolta, con l'adesione dell'Amministrazione, anche 
se precedentemente aveva trovato nella giurisprudenza una soluzione 
diversa (Trib. Venezia, 25 agosto 1962, Foro it., 1963, I, 603). In senso 
conforme alla annotata sentenza cfr. Cass. 24 marzo 1962 n. 595, Foro it. 
1962, I, 629. 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 maggio 1964, n. 1244 --Pres. 
Vistoso -Est. Arienzo -P.M. Trotta (conf.) -Ministero Finanze 
(Avv. Stato Tavassi La Greca) c. Musso (Avv. Columbo). 



Imposta di registro � Donazione fra coniugi � Immobile acquistato con 
danaro del marito � Sentenza che riconosce la propriet� dell'im� 
mobile a quest'ultimo � Imposta fissa. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 69 lett. m. 
Deve essere assoggettata alla �tassa fissa di registro, e non a 
quella graduale o proporzionale la sentenza che, dichiarata la 
nullit� della donazione di .una somma di denaro tra coniugi per 
l'acquisto di un immobile, riconosca in testa al donante, fin da�7 


590 ~SSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATQ 

l'origine, la propriet� del bene acquistato, data l'impossibilit� 
giuridica che esso entri a far parte del patrimonio del _donatario 
(1). 

(Omissis). -Con tre motivi di impugnazione, sotto il prof�.lo 
della violazione degli artt. 781, 1372', 1325, 1326, 1350, 782, 1414, 
1415, cod. civ.; 8, ll, 12, 14 e. 69 del r.d. 30 dicembre 1923, n: 3269 
in relazione agli artt. 360, n. 3 e 5 cod. proc. civ., la ricorrente 
sostiene che, in mancanza di un vincolo al reimpiego, oggetto della 
donazione tra i coniugi, deve ritenersi il danaro, ancorch� questo 
sia stato utilizzato per l'acquisto di un immobile, e che, sul 
punto, occorreva una indagine sulla volont� delle parti. L'esistenza 
del secondo trasferimento si deduceva dal fatto che, annullato il 
primo, l'immobile non era ritornato al proprietario bens� era 
passato al donante della somma di danaro e, agli effetti tributari, 

(1) Il regime fiscale, ai fini dell'imposta di Registro, della sentenza 
che dichiara di propriet� del marito l'immobile acquistato dalla moglie 
con danaro avuto dal marito in donazione, per la nullit� radicale che 
per quest'ultima commina l'art. 781 del e.e., ha formato oggetto di reiterate 
pronuncie della Corte di Cassazione. Dette pron�ncie, che vanho 
dal 1936 con la sentenza n. 2629, al 1959, con la n. 2695; al 1961, con la 
ri.. 2195; e al 1962 con la n. 3354, hanno costantemente affermato che le 
sentenze del genere sono soggette alla tassa fissa, che la� 69 lett. c della 
L.O.R. 30 dicembre 1923 n. 3279, stabilisce per le � sentenze �he dichiarano 
la nullit� assoluta dei negozi giuridici ~. Le ragioni sono state in..:. 
dividuate nel fatto che la sentenza oggetto di tassazione, nel dichiarare 
che, per effetto della nullit� della donazione, l'immobile deve ritenersi 
ab origine di propriet� del marito, d� concreta attuazfone al principio; 
costantemente affermato dalla giurispruderu;a, per il quale, colpendo 
la nullit� non solo l'elargizione del denaro, ma anche l'ulteriore� be:nefieio 
che il donatario ha conseguito con l'uso del denaro, l'immobile, per 
l'impossibilit� giuridica comminata dall'art. 781 del C.C. non � mai 
entrato a far parte del patrimonio della moglie donataria. La sentenza, 
infatti, accertato il lato negoziale della donazione, non manifestato nell'atto 
di trasferimento, rettifica la situazione finale, voluta dai coniugi� 
ed individuato nello immobile l'oggetto sostanziale della donazione, 
adegua la situazione finale s�ddetta alle esigenze dell'ordinamento 'giuridico. 
La regolamentazione giuridica cos� data al rapporto sostanziale e la 
portata, a tale effetto, riconosciuta alla nullit� comminata dall'art. 781 
del e.e,, portano ad accettare l'insegnamento della ricordata giurisprudenza. 
Stabilendo, infatti, la sentenza da registrare che la propdet� dello 
immobile appartiene al marito dal momento dell'acquisto dal terzo venditore, 
in conseguenza e per effetto di un trasferimento diretto, non � 
dato ai fini del Registro, prescindere da tali statuizioni .ravvisando nei 
rapporti fra i coniugi, e;ffetti traslativi che le statuizioni stesse hanno 
in realt� escluso. Il richiamo al principio racchiuso n�ll'art. � 8 � della 
L.O.R, a quello racchiuso nell'art. 14 n. 2 della stessa L.O.R., ed all'istituto 
della simulazione relativa costantemente invocati per .escludere il 


PARTE I, SBZ V, GIURISPRUDENZA TRIButARIA 

si era verificato il trasferimento a favore di un soggetto d_iverso 
da quello che figurava nell'instrumento notarile. Sostiene ancora 
la ricorrente la sua tesi della tassabilit� della sentenza con l'imposta 
graduale affermando che: a) l'imposta di registro deve essere 
applicata secondo gil effetti propri degli atti o dei trasferimenti 
(art. 8 L.R.), e, cio�, nel caso in esame, con riguardo alle 
concrete conseguenze della sentenza che era di attribuire al 
marito il behe che col contratto era stato acquistato dalla moglie; 
b) la declaratoria di nullit�, sebbene assoluta e radicale, della 
liberalit� tra coniugi non d� diritto alla restituzione dell'imposta 
pagata sulla donazione; c) la sentenza dichiarativa della nullit� 
della donazione fra coniugi ha efficacia nei confronti dei terzi, come 
l'Amministrazione delle finanze; d) l'attribuzione dell'immobile a 
favore di un terzo, estraneo all'atto di acquisto, come conseguenza 

ricorso all'art. 69 cit�to, � stato dalla pi� volte ricordata giurisprudenza 
escluso con motivazione convincente. Il richiamo all'art. 8 della L.0.R., va 
escluso perch� gli effetti economici e giuridici della sentenza da tassare 
non possono essere diversi e contrastanti. con quelli espressamente ac.:. 
certati e dichiarati. Nei casi del genere diversi e contrastanti con l'accertato 
acquisto ab origine dell'immobile da parte del marito donante 
del danaro. Non va trascurato, al riguardo, che per ius receptum, 
l'imposta di registro non colpisce gli effetti soltanto economici dell'atto 

o soltanto quelli giuridici; ma colpisce gli effetti economici-giuridici al 
tempo stesso (cfr. Cass. 10 luglio 1954 Mantegna c/ Finanze; 23 ottobre 
1959' Finanze contro Soc. Trombetta). 
. IT richiamo all'art. 14 n. 2 della stessa L.0.R., del pari va escluso 

perch� la norma in tale articolo contenuta, secondo la q�ale � ripetibile 

l'imposta corrisposta per. un atto nullo ab origine per causa non impu


tabile ai contraenti, non esplica alcun ruolo nei casi del genere. Essa, 

i!lfatti, concerne la restituzione dell'imposta regolarmente percetta e non 

la debenza dell'imposta su di una sentenza che dichiara la nullit� as


soluta�df un negozio giuridico. 

Il richiamo infine all'istituto della simulazione relativa, � escluso 

anch'esso perch� la sentenza oggetto di tassazione non contiene n� pu� 

contenere alcuna dichiarazione di simulazione relativa sog.gettiva. Nei 

casi del genere, infatti, non vi � simulazione perch� manca l'accordo 

simulatorio, ignorando il venditore che il danaro non � della moglie, m� 

del marito. La sentenza, pertanto, non afferma neanche implicitamente 

un rapporto simulato ma, partendo . da presupposto .che oggetto della 

donazione � l'immobile e non .il danaro (cfr. Cass. 27 marzo 1958 n. 467) 

dichiara che il diritto di propriet� sulla cosa � sorto al momento stesso 

dell'acquisto dal terzo venditore. Ci� in dipendenza e per effetto della 

nullit� della donazione fra coniugi e della conseguente impossibilit� giu


ridica dei trasferimenti della cosa in capo alla moglie� donatar~a. Esclusa 

la donazione, il diritto di propriet�, in altre parole, viene riconosciuto 

in capo al marito, donante, non in f()rza della sentenza puramente di,


chiarativa, ma in forza dell'originario diritto derivante dall'acquisto. Nel 

che non pu� non riconoscersi, per i casi del genere, con l'adesione della 

� Amministrazione, la legittimit� della imposta fissa. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d,ella dichiarata nullit� della donazione, costituisce, ai fini fiscali, 
un ulteriore effetto a s� stante non ricollegabile alla nullit� con 
rapporto di causalit� necessaria; e) la disposizione dell'art. 14 n. 
2 l.r. era stata violata, discutendosi, non della restituzione della 
imposta sull'atto di donazione dichiarato nullo, bens� del pagaIl).
ento dell'imposta sul successivo trasferimento del bene; f) la 
simulazione non � un vizio radicale che rende nullo l'atto fin 
dall'inizio, come richiesto dalla legge del registro per la minore 
imposizione fiscale, almeno rispetto ai terzi, per i quali restano 
fermi i diritti acquistati. 

La doglianza, sotto i vari aspetti con cui � prospettata, � 
infondata. 

Il quesito che si propone � se, dichiarata la nullit�, in base 
all'art. 781 cod. civ., di donazione fra coniugi di . una somma di 
danaro, con la quale sia stato realizzato dal donatario l'acquisto 
di un. immobile, sia o meno dovuta l'imposta proporzionale di 
registro sulla sentenza che, con la declaratoria della nullit�, abbia 
ritenuto altres� l'immobile di propriet� del coniuge donante. 
La Corte del merito ha dato risposta negativa al predetto quesito, 
in conformit� della giurisprudenza di questo S.C. (da ultimo 
Cass. 14 di.cembre 1962, ,n. 3354) che ha respinto la tesi dell' Amministrazione 
Finanziaria, la quale ripropone la questione con 
argomentazione abbondante ma infondata. 

La sentenza 24 maggio -15 giugno 1961 del Tribunale di 
Genova, infatti,. ha dichiarato che effettivo acquirente dell'immobile 
in questione fu il Musso in conseguenza della nullit� assoluta, 
sancita dall'art. 781 cod. civ., della donazione di danaro 
intervenuta tra lui e la moglie e, essendo il contenuto oggettivo 
del giudicato, le conseguenze giuridiche trattene dalla sentenza 
impugnata, in ordine all'applicazione della tassa di registro, sono 
ineccepibili, per cui non ha consistenza la censura di difetto 
di motivazione sulla volont� delle parti. E cos� pure l'assunto del 
doppio trasferimento, per il fatto che l'immobile diviene di propriet� 
del donante di cosa diversa, si fonda sul presupposto 
insussistente, perch� escluso dal giudicato, che oggetto della donazione 
sia stato il danaro anzich� l'immobile. 

Con riguardo alla seconda censura, mossa col primo motivo, 
devesi precisare che la sentenza dichiarativa della nullit� 
della donazione di un immobile da parte di un coniuge all'altro 
non fa che sanzionare la nullit� del trapasso �a causa della sua 
giuridica impossibilit� per il divieto della legge di qualsiasi liberalit� 
fra coniugi e la declaratoria della propriet� del coniuge 
donante � pronunciata, non come effetto di risoluzione e 
di restituzione, integrante un secondo trasferimento, bens� come 

I 


I.
I.�. 


, 

. 


PARTE.. I; S:ijZ ..V, .GIURISPRUDEli!ZA. TRIBUTARIA 

conseguenza della cennata giuridica impossibilit� del trapasso 
mediante donazione all'altro coniuge. L'opposta tesi, affermativa 
dell'esistenza dell'ulteriore trapasso dalla donataria al donc;inte 
quale copseguenza della dichiarata nullit�, presuppone un primo 
trasferimento che, invece, non sussiste per la suddetta impossibilit� 
giuridica del passaggio per donazione fra coniugi. N�, 
poi,� ha consistenza il rilievo che l'imposta debba essere applicata 
secondo gli effetti propri degli attf (art. 8) perch�, se � vero che 
l'imposta colpisce un :fenomeno economico, secondo la legge del 
registro il fatto giuridico �che fa sorgere il�rapporto di �imposta 
non � il trasferimento di un bene, ma l'esiStenza di un atto che, 
considerato in s� e per s�, sia capace di produrre il trasferimento: 
tale situazione non ricorre nella specie per �il carattere dichiarativo 
e non costitutivo della sentenza che ha pronunciato la 
nullit� della donazione. 

. E, neppure l'assunto, che la sentenza abbia carattere costitutivo 
nei -confronti del fisco, pu� giustific�re la tesi dell' A:mministraziOn�. 
Infatti,� l'efficacia nei� confronti del fisco della sen.:. 
teriza dichiarativa della nullit� di un negozio � regolata dagli artt. 
11 e segg. L.R., i quali, dopo �ver enunciato il principio generale 
della irrepet�bilit� delle� tasse legaln:iente percette nei negozi poi 
dichiarati nulli, stabiliscono eccezioni al principio e, tra le altre~ 
l'eccezione rispetto agli atti dichiarati nulli per vizio radicale, 
che, indipendentemente dalla volont� delle parti, produce la nul.;,. 
lit� dell'atto, come nella specie, fin dall'origine (art. 14 n. 2 L.R.), 
In sostanza l'imposta di registro anche se, in via di principio, 
pu� colpire movimenti di ricchezza solo . apparenti, deve, tutta':' 
via;: riferirsi a movimenti consentiti secondo il diritto sostanziale 
e no11 irrlp9~sibiii per un -esplicito� divieto di legge� perch�: non � 
tassabile ei� che � oggettivamente fil.ori della possibilit� gi(lri".' 
dica. In. relazione a qu�sti principi la� sentenza impugnata ha 
ritenuto cbe la nullit� della donazione tra i coniugi Musso-Porcile 
discendeva da un vizio �radicale non dipendente dalla volont� 
delle � pa.rti, ma da cause obbiettive, ad essa estranee, preesistenti 
alne_gozio e che, quindi ricorreva l'ipotesi dell'art. 14, n. 2 L.R. . 

. �In conseguenza di quanto esposto, non essendo validi gli arg()
ineriti �indotti <fall'Amministrazione Finanziaria per giustificare 
un mutamento di giurisprudenza si conferma il principio che dev� 
essere assoggettato a tassa fissa e non a quella graduale o proporzionale 
la �sentenza che, dichiarata la nullit� della donazion� 
di-una somma di danaro-tra coniugi per l'acquisto di un immobile, 
riconosc� in testa al donante, fin dall'origine, la propriet� 
del bene acquistato, data l'impossibilit� giuridica che esso. entri a 
far parte del patrimonio del donatario. -:-(Omissis). 


I 


594: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
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CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 maggio 1964, n. 1247 -Pres. 

Ir

Pece -Est. Perrone -P.M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Colletta) c. Capasso (avv. Postiglione). 


Imposte e tasse � Ricorso alla Commissione Centrale delle imposte � 
Procedimento � Ricorso interrutivo � Inammissibilit�. 

I 

Imposte e tasse � Ricorso alla Commissione centrale delle imposte � 
Procedimento � Ricorso incidentale � � Mancata indicazione dei mo� 
tivi � Inammissibilit�. 

Imposte tasse � Ricorso alla Commissione Centrale delle imposte � Pro� 
cedimento � Ricorso incidentale � Termine � Decorrenza � Conseguenze. 


(r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 46 e 48). 
E' inammissibile il ricorso alla Commissione centrale delle 
imposte che non contenga l'indicazione dei motivi, in conformit� 
del disposto dell'art. 46 R.D. 8 luglio 1937, n. 1516 (c.d. ricorso 
meramente interruttivo) (l).' 

I motivi di gravame devono essere �indicati, a pena di inammissibilit�, 
anche nei ricorsi alla Comm.ne centrale proposti in 
via incidentale, soggetti alla stessa disciplina dei ricorsi in via 
principale, salvo disposizioni particolari (2). 

(1-4) Il principio della inammissibilit� del ricorso c. d..interruttivo 
alla Commissione Centrale delle imposte, -cio� di una impugnazione 
d�l tutto generica, senza indicazione di motivi, � stato pi� volte affermato 
dalla corte Suprema (oltre alle sentenze annotate, cfr. Cass. 
11 giugno 1958 n. 1925, Giur. it. 1959, I, 1, 231, e, per incidens, Cass. 10 
agosto 1962, n. 253.8, Riv. leg. fisc. 1963, 301 e Cass. 19 maggio 1959 n. 
1505, Riv. leg. fisc. 1959, 1604) e pu� qrmai considerarsi ius receptum. 

Invero la chiarezza della disposizione dell'art. 46 r. d. 8 luglio 1937, 

n. 1516 (c... debbono .essere esposti il fatto, le questioni ed i capi della 
decisione contestata, indicando gli articoli di legge o di regolamento che 
si affermano violati od erroneamente applicati �) non avrebbe dovuto 
far nascere dubbi sulla sua portata, se la giurisprudenza, con interpretazione 
alquanto lata (ora decisamente affermatasi: cfr. le due sentenze 
n. 2538 .del 1962 e n. 1505 del 1959 sopracitate; in dottrina conf. 
RASTELLO, Il tributo di registro, Roma, 1955, 1017 e 1028, il quale per� 
non distingue ed ammette la validit� del ricorso interruttivo, a quel che 
pare, anche se diretto alla Comm.ne Centrale) non avesse consentito, in 
parziale deroga al principio generale di diritto processuale che gli 
atti di gravame, per essere validi, devono essere specificatamente motivati 
-, che, in via eccezionale, i ricorsi alle Commissioni Distrettuali 
e Provinciali possano essere del tutto generici, purch� la riserva dell'indicazione 
dei motivi sia sciolta tempestivamente, per consentire all'ufficio 
impositore di controdedurre, previa cognizione dei punti del con

PARTE I, SEZ V, GIURisPRUDENZA TRIBUTARIA 595 

Nei procedimenti innanzi alla Commissione centrale delle imposte 
la decorrenza del termine prescritto per il controricorso im'porta 
la inammissibilit� del ricorso incidentale per il quale non 
siano stati indicati i motivi (3). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 aprile 1964, n. 904 -Pres. 
Rossano -Est. Bianchi d'Espinosa -P.M. Pedate (coni). "" 
Pellicciani (a'vv. Barile) c. Ministero Finanze (avv. Stato Masi). 

Imposte e tasse � Ricorso alla Commissione . Centrale delle i;mposte 
come giudice di seconda istanza e di terza istanza � ProQ�dimento � 
Ricorso interruttivo � Inammissibilit� in entrambi i casi. 
(art. 46 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516). 

E' inammissibile il ricorso alla Commissione centrale delle 
imposte che non contenga l'indicazione dei motivi, in conformit� 
del disposto dell'art. 46 R.D. 8 luglio 1937, n. 1516 (c.d. ricorso 

tendere (ci� perch� gli artt. 24 e 37 r.d. cit., a differenza dell'art. 46, 
non imporrebbero esplicitamente l'obbligo di indicare i motivi). 
Conseguenziali sono gli altri principi affermati nelle sentenze 
annotate. 

a) Nessuna differenza sussiste infatti, per quanto riguarda il procedimento, 
fra il ricorso proposto alla Comm.ne Centrale come giudice 
di appello e quello proposto alla Comm.ne stessa come giudice di terza 
istanza. 

La legge non distingue un procedimento di appello da un procedimento 
di terza istanza, ma regola in modo del tutto autonomo, e con 
struttura diversa, il procedimento dinanzi alle Commissioni distrettuali 
e provinciali e quello dinanzi alla commissione centrale. L'art. 46 r.d. cit., 
disponendo intorno ai � ricorsi alla commissione centrale, per i casi 
ammessi dalla legge �, fa riferimento, indubbiamente, a tutti i ricorsi, 
comunque proponibili. 

b) N� alcuna differenza � prospettabile, sempre relativamente alla 
necessit� dell'indicazione dei motivi, fra ricorsi principali e ricorsi inci.
dentali. 

E' principio generale di diritto processuale, non derogato per il 
procedimento innanzi alla Comm.ne centrale da alcuna disposizione di 
legge particolare, che il ricorso incidentale, per la sua piena autonomia 
rispetto a quello principale, deve, al pari di quest'ultimo, a pena di 
inammissibilit�, contenere l'esposizione sommaria dei fatti, nonch� l'indicazione 
delle norme di diritto di cui si lamenta la violazione o la falsa 
applicazione (cfr. da ultimo, in generale, Cass. 3 gennaio 1962, n. 8; 
12 dicembre 1961, n. 2805; 18 giugno 1960, n. 1610; 31 maggio 1957, n. 2000). 

c) La Corte Suprema, infine, nella prima delle sentenze annotate, 
ha affermato che il ricorso incidentale deve essere proposto con l'atto 


:&ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

meramente interruttivo), sia nel caso in cui la Commissione giudichi 
in seconda istanza, sia nel caso in cui essa giudichi in terza 
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istanza (4). .

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che contiene il controricorso e quindi la decorrenza del termine per 
questo prescritto importa l'inammissibilit� del ricorso incidentale per 
il quale non siano stati enunciati i motivi. 

A parte la conseguenza -la cui esattezza � di intuitiva evidenza, 
date le premesse -la Corte ha dato per pacifico un principio gi� affermato 
in precedenti pronuncie (cfr. Cass. 20 gennaio 1962, n. 92, Riv. 
leg. fisc., 1962, 1090). In effetti l'art. 48 r.d. cit. non fissa il termine per 
il ricorso incidentale, come invece fa per il controricorso; ma la lacuna 
legislativa � facilmente colmabile, facendo ricorso alle norme di diritto 
processuale comune, -secondo quanto espressamente dispone, con 
riferimento all'appello incidentale avanti alla Commissione Provinciale, 
l'art. 40 del r.d. medesimo -, e quindi alle norme che disciplinano la 
proposizione del ricorso incidentale per Cassazione (conforme ALLORIO, 
Diritto processuale trib., Torino, 1962, 394 nota_ n. 39; RASTELLO, op. cit., 
1032). 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 

DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1964, n. 876 -Pres. 

Celentano -Est. Iannuzzi -P.M. Trotta (conf.) -Gorsalice 

(avv. Marino) c. Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pietrini). 

Appalto -Appalto di opera delle Ferrovie dello Stato -Contestazfoni 
relative a prescrizioni contrarie ai patti contrattuali -Riserva Termine 
di decadenza. 
(Capitolato generale di appalto delle opere ferroviarie, art. 14). 

Appalto -Appalto di opera pubblica -Prescrizioni contrarie ai patti 
contrattuali -Fattispecie. 

Appalto -Appalto di opera pubblica -Direttore dei lavori -N~n rappresenta 
l'amministrazione. 

A norma dell'art. 14 del capitolato generale di appalto delle 
opere ferroviarie, l'appaltatore � tenuto a proporre riserva nel 
termine di decadenza di cinque giorni, contro l'ordine di servizio 
contenente prescrizioni contrarie ai patti contrattuali (1 ). 

Sono tali non solo le prescrizioni che contraddicono ai 
patti, ma anche quelle diverse o al di fuori dei patti stessi, 
aventi ad oggetto l'esecuzione di lavori non previsti in contratto, 

o comunque esorbitanti dalle prescrizioni contrattuali (2). 
Il direttore dei lavori non ha il potere di rappresentare la 
amministrazione. Pertanto nessuna responsabilit� pu� addebitarsi 
alla stessa, per eventuali proposte od intese intervenute tra 
il medesimo e l'appaltatore (3). 

0-2) La precisazione � di notevole interesse, essendo la norma riportata 
anche nell'art. 23 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 sulle opere 
di competenza del Ministero dei LL.PP. E' da avvertire, peraltro, che 
in tale sede � fatta distinzione tra �contestazioni riguardanti fatti�, 
per le quali l'appaltatore � obbligato a formulare le proprie osservazioni 
nel termine di otto giorni dal verbale che li descrive, e , contestazioni 
di diversa natura, per le quali i diritti dell'appaltatore vanno 
fatti valere nella procedura ordinaria delle riserve. 

(3) Sulla figura del direttore dei lavori, cfr. in questa Rassegna, 
retro, 214. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI APPELLO di Roma, Sez. I, 22 aprile 1964 n. 829 -
Pres. Ciaccio -Est. Mazzacane -Ministero Lavori publici 
(avv. dello Stato del Greco) c. Impresa Vareschi (avv. Pallottino). 


Appalto � Appalto di opere pubbliche -Contratto regolato dal capitolato 
generale 28 maggio 1895 -Lodo emanato nel vigore del capitolato 
generale 16 luglio 1962, n. 1063 -Impugnabilit� per violazione 
di legge. 
(cap. gen. 28 maggio 1895, art. 49; cap. gen. 16 luglio 1962 n. 1063, 

art. 51; cod. proc. civ., art. 829, u.c.). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Firma 
del relativo verbale senza riserva � Decadenza dalle riserve per 
danni -Esclusione. 

(R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 16, 89). 
L'impugnazione per violazione di legge � ammessa anche 

I

per i lodi relativi a contratti regolati dall'abrogato capitolato 

f~

generale del 1895; sempre che risultino pronunciati dopo l' enf 
trata �in vigore del nuovo capitalato generale del 1962 (1). .

l

Nel caso di sospensione dei lavori per fatto non imputabile 
all'impresa, alla stessa � dovuto il risarcimento del danno, e 
la relativa domanda non � preclusa dalla mancata inserzione 

I 

di riserva nei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori (2). l'j 

(1) Nello stesso senso, cfr.: Cass. 19 gennaio 1963, n. 67, Foro it. 1963, 
I, 728, circa l'immediata applicabilit� delle nuove norme � regolanti il 
modus procedendi dell'arbitrato �, in quanto relative a situazioni giuridiche 
di carattere processuale. E' appena da aggiungere, che le disposizioni 
concernenti l'ordine dei giudizi, i gradi di giurisdizione, l'efficacia 
ed i mezzi di impugnazione, sono tutte di natura processuale, e quindi 
d'ordine pubblico, e perci� immediatamente cogenti (FURNO, Riv. trim. 
dir. e proc. civ., 1961, 1351 ). 
(2) In senso contrario, cfr.: lodo 19 dicembre 1962, n. 66, Arb. e app., 
1963, 201 e ss. Va tenuto presente, che l'art. 16 del R.D. 25 maggio 
1895, n. 350, testualmente impone all'appaltatore di firmare i verbali 
di sospensione e di ripresa dei lavori, e di indicarvi le riserve che 
ritiene di proprio interesse. Inoltre, la norma -per il caso di mancato 
intervento dell'appaltatore, o di firma con riserva -rinvia al successivo 
art. 89, secondo cui: a) nella prima ipotesi, l'appaltatore dovr� 
essere invitato per iscritto a firmare, nel termine perentorio di quindici 
giorni, con comminatoria di ritenere accertati i fatti e le circostanze registrate 
nei verbali; b) nella seconda ipotesi, il Direttore dei lavori 
iscrive le proprie controsservazioni; e le domande ed eccezioni dell'Impresa 
non hanno efficacia, e si considerano non avvenute, se non 
ripetute nel registro di contabilit� nei termini e modi precisati negli 
artt. 53 e 54 dello stesso Regolamento. 

PARTE I, SEZ. VI, GIUR. I~ MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 599 

(Omissis). -Rispetto agli altri motivi di impugnazione, la 
societ� Vareschi oppone, preliminarmente, che � esclusa l'impugnazione 
per violazione delle regole di diritto (art. 49 Cap. 
gen. del 1895 in relazione all'art. 829 u.c. c.p.c.). 

L'eccezione � infondata. Giova precisare che la costituzione 
del collegio arbitrale � avvenuta il 24 maggio 1962, nel vigore 
dell'abrogato Capitolato generale del 1895, mentre tanto la sent�nza 
arbitrale quanto l'impugnazione sono intervenute successivamente 
alla data di entrata in vigore del nuovo Capitolato 
(1.9.1962). Giova altres� precisare che, in dipendenza dell'unificazione, 
operata dal codice di rito vigente, dei distinti rimedi dell'appello 
e del giudizio di nullit� contemplati dal codice del 1865, 
nonch� in dipendenza della regolamentazione dallo stesso codice 
di rito vigente sancita (art. 827 a 830) per il rimedio cos� unificato, 
ossia per l'azione di nullit�, questa si svolge come un giudizio 
di secondo grado sostanzialmente assimilabile all'appello: 
sul che concorda la prevalente dottrina e l'orientamento del 
Supremo Collegio (Cass. 8 luglio 1957, n. 2183; Cass. 19 gennaio 
1963, n. 63). 

Conseguentemente, al fine di risolvere la questione in esame, 
occorre fare riferimento alla disciplina intertemporale in 
tema di impugnazione per il caso di successione di leggi, che 

Da tali prescrizioni chiaramente si desume che l'aver l'impresa firmato 
senza riserva i verbali ripetuti, costituisce un ostacolo insormontabile 
per l'ammissibilit� di una riserva di danni, essendosi con ci� verificata 
la decadenza del diritto di proporla. Sembra ovvio, infatti, che 
la dichiarata perentoriet� del termine da assegnarsi all'appaltatore, 
nel caso di non intervento alla firma, e la sanzione della inefficacia 
espressamente comminata per le domande ed eccezioni proposte con 
rituale riserva, nia non riportate successivamente nel registro di contabilit�, 
pienamente giustificano l'affermazione, secondo cui la firma senza 
riserva, dei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori, preclude 
-al pari del decorso del cennato termine di grazia -la facolt� di 
proporre utilmente eccezioni e domande comunque riguardanti la legittimit� 
della sospensione e della sua durata. In sostanza, cio�, � evidente 
che ad eccezioni e domande non proposte con rituale e tempestiva r,iserva, 
deve negarsi -a fortiori -quella efficacia, che il Regolamento 
nega ad eccezioni e domande tempestive, ma non ripetute ritualmente 
nel registro di contabilit�. 

I rilievi opposti nella sentenza annotata, non sembrano esatti, poich� 
dall'art. 16 del Regolamento, chiaramente si desume, che la disciplina 
per il verbale di ripresa, � identica a quella del verbale di sospensione. 
Se, quindi, per quest'ultimo si fa esplicita parola dell'inserzione di 
riserve, ovvie ragioni logiche e giuridiche impongono di ritenere, che 
anche per il primo l'impresa abbia non solo il diritto, ma il dovere, di 
esprimere eventuali riserve. 


600 RASSEGNA DELI.'AVVOCATURA DELW STATO 

diversamente dispongono in proposito, senza che all'uopo, come 
nella specie, siano state emanate delle apposite norme transitorie. 


. Rispetto a detta disciplina �due sono i criteri che risultano 
possibili e che in effetti sono stati proposti : l'uno secondo cui 
sarebbe applicabile la legge vigente al momento della proposizione 
del mezzo di impugnazione, e -l'altro per cui invece si dovrebbe 
applicare la legge imperante alla data della pronuncia 
del provvedimento impugnabile. 

Nel caso in esame, una indagine approfondita non risulta 
rilevante, in quanto, come si � detto, la sentenza arbitrale � 
stata emanata sotto l'imperio del nuovo Capitolato e parimenti 
H mezzo d'impugnazione. Sicch�, qualunque sia il criterio che 
s� intenda accogliere, la conclusione sarebbe in ogni caso la 
medesima, ossia quella della ammissibilit� della impugnazione 
del lodo per violazione delle regole di diritto. 

Non si pu� per� tacere che dei due criteri suaccennati il 
prim.o risulta generalmente respinto, mentre sia il Supremo C�llegio 
(cfr. tra l'altro: Cass. 23 maggio 1946, n. 641; Cass. 28 aprile 
1948, n. 613) sia la dottrina pi� autorevole, nella sua grande 
maggioranza, accoglie il secondo, ritenendo che il potere di impugnazione 
nonch� i relativi modi e termini sono disciplinati 

Inoltre, .l'art. 89 del Regolamento non riguarda solo i documenti 

contabili, ma pure gli altri, per i quali esista richiamo a tale norma: 

e questo �, appunto, il caso dell'art. 16. D'altr.o canto non pu� conte


starsi che l'articolo ripetuto pone principi d'ordine generale, sulla con


dotta ed amministrazione di un'opera pubblica e sulle contestazioni 

con l'appaltatore; come � reso evidente dai rinvii contenuti in altre 

disposizioni, e dal fatto che in esso, � ripetuta la stessa disciplina 

dettata per tipici documenti contabili (art. 54, 64 e 47). Tale ripetizione 

non avrebbe significato, se non fosse espressione di criteri e principi 

di generale applicazione in tutte le ipotesi, nelle quali l'appaltatore 

� �chiamato a convalidare e chiudere, con la propria firma, una deter


minata situazione nel progressivo svolgimento dei lavori. 

A questo proposito, � opportuno anche ricordare che -l'obbligo del


l'immediata proposizione delle riserve e domande, risponde ad indero


gabili esigenze dell'appalto pubblico; non solo per la necessit� del tem


pestivo controllo delle situazioni di fatto, ma anche e specialmente per 

peculiari ragioni di bilancio; che impongono il continuo controllo degli 

oneri gravanti sull'Amministrazione, al fine di non eccedere i limiti di 

spesa e di stanziamento. Tanto ci� � vero, che la stessa ha in ogni 

tempo la facolt� di rescindere il contratto (art. 345 legge sui LL.PP.). 

Questa esigenza � presente in ogni circostanza del rapporto, comun


que suscettibile di incidenze pecuniarie; e non � -quindi -assolu


tamente possibile disting.ere tra contestazioni .limitate e �verbalizza


zioni di fatti >>, e contestazioni economiche. 


PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 601 

dalla legge vigente quando la sentenza che si impugna viene 
pubblicata. Ci� in base al principio fondamentale dell'irretroattivit� 
della legge (art. 11 preleggi), valevole sia per il diritto sostanziale 
che per quello processuale, sicch�, nel caso di successione 
di leggi, rimangono fermi rispetto ai processi pendentj 
gli atti gi� compiuti e le loro conseguenze processuali secondo 
la legge anteriore, mentre si applicher� la nuova disciplina agli 
atti ancora da compiere, sempre che tale nuova disciplina sia 
compatibile con gli effetti gi� verificatisi, o in corso di verificazione, 
degli atti predetti. Ora, in tema di impugnazioni, la fattispecie 
generatrice del potere giuridico d'impugnazione � data 
dalla pronuncia del provvedimento impugnabile, in quanto da 
detta pronuncia scaturisce il potere stesso, sicch� lo stesso viene 
a configurarsi come un effetto giuridico di un atto (provvedimento 
del giudice) compiuto (con la sua emanazione) sotto l'imperio 
della legge successiva e quindi da questa regolato. 

Tali conclusioni, alle quali questa Corte � gi� pervenuta in 
altre precedenti decisioni (sentenza 2192/63), non possono essere 
contrastate dalle obiezioni (accolta dalla sentenza 18 febbraio 7 
giugno 1963 di questa Corte, cui fa richiamo la Soc. Vareschi) 
secondo cui il nuovo. Capitolato del 1962 non toglie efficacia agli 
accordi gi� conclusi (nella specie: quanto alla limitazione della 
impugnazione agli errori in procedendo, ai sensi dell'art. 49 del 
Cap. Gen. del 1895 in relazione all'art. 829 u.c. c.p.c.) nei quali la 
volont� delle parti intese recepire e far propria la disciplina 
delle impugnazioni come regolata dal capitolato in vigore al 
momento in cui esse conclusero il contratto. Invero tale principio 
pu� trovare applicazione nei capitolati che hanno carattere 
contrattuale, quali i capitolati predisposti da enti pubblici di,. 
versi dallo Stato, ed anche i capitolati generali dello Stato quando 
siano richiamati in contratti che non interessano lo Stato 
(come appunto nel caso esaminato dalla sentenza citata dalla 
Soc. Vareschi). Esso invece non pu� trovare applicazione per i 
capitolati generali dello Stato, i quali, secondo la costante giurisprudenza, 
hanno natura normativa di regolamenti di organizzazione, 
e per i quali, quindi, il problema va posto e risolto 
secondo il diverso aspetto sopra indicato. 

Deve pertanto concludersi che l'impugnazione di nullit�. 
prevista dal terzo comma dell'art. 51 del nuovo Capitolato per 
violazione delle regole di diritto, deve ritenersi ammissibile nella 
specie. -(Omissis). 

Con il quarto motivo l'Amministrazione denuncia la violazione 
degli artt. 16 ed 89 del Regolamento approvato con R.D. 


602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

25 maggio 1895 n. 350, nonch� degli artt. 1223 e ss. e 2729 e.e., 
in relazione all'art. 829 n; 4 ed u.c. del c.p.c. 

Il motivo concerne la risoluzione del sesto quesito, con il 
quale l'Impresa aveva posto in discussione la maggfore durata 
dei lavori, e quindi la legittimit� delle due sospensioni, ordinate 
dal 18 ottobre 1958.al 23 giugno 1959, e dal 21 ottobre 1959 al 
5 agosto 1960. L'impresa aveva sostenuto che le sospensioni predette 
enmo dipese da ragioni meteorologiche solo in minima 
parte (rispettivamente giorni 23 e 27), e che la mancata tempestiva 
ripresa dei lavori era stata causata dalla necessit� di attendere 
l'appmvazione della variante {prima sospensione) e dal 
disordine e dalla incuria della Direzione (seconda sospensione). 

Il Collegio arbitrale ha ritenuto che la prima sospensione 
fu giustificata da ragioni obiettive per soli 60 giorni su 248, e 
che la mancata tempestiva ripresa dei lavori doveva essere collegata 
con il ritardo nella approvazione della variante; ha liquidat~ 
.i danni richiesti dall'Impresa in lire 24.000.000 per spese 
generali ed in lire 51.512.240 per immobilizzo del macchinario. 

L'Amministrazione deduce che tale decisione � errata in 
quanto ilCollegio arbitrale ha trascurato di considerare che la 
pre.tesa dell'impresa era tardiva, perch� non avanzata immedia~ 
tamente all:;t ripresa dei lavori e nel relativo verbale, secondo il 
disposto degli arti. 16 e 89 del Regolamento del 1895. 

La Corte osserva: l'eccezione non risulta sollevata nel giudizio 
arbitrale. Comunque gli artt. 16 e 89 del R.D. 25 maggio 
1895 n. 350 non prevedono preclusioni o decadenze per la 
sottoscrizione senza riserva del verbale di sospensione e 
del verbale di ripresa. In particolare l'art. 16 citato non 
prevede nemmeno l'iscrizione di riserva, nel verbale di ripresa: 
l'art. 89 si riferisce ai documenti di natura contabile 
(fra i quali non pu� essere compreso il verbale di ripresa). 
J?eve aggiungersi che l'art. 89 commina la decadenza per le riserye 
.che non vengono ripetute in occasione della prima firma 
del registro di contabilit�, e tale ipotesi non essendosi verificata 
nella sp~cie, la norma predetta non sarebbe in alcun caso applicabik 
Va ancora ricordato che l� riserva sul verbale di ripresa 
potrebbe essere richiesta, eventualmente, per le difformit� 
fra verbalizzazione e fatti, o per le contestazioni sulla regolarit� 
della ripresa, ma non per le conseguenze economiche 
della sospensione e della sua durata le quali attengono solo a 
fatti contabili e vanno quindi iscritte sul registro di contabilit� 
(cfr. art. 11 regolamento citato). -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. VI, (lIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 603 

LODO 19 ottobre 1963 n. 53 (Roma) -Pres. ed Est. Novelli -Consorzio 
tra cooperative di produzi�ne e lavoro del Polesine 

c. Istituto autonomo case popolari di Treviso e Gestione 
case per lavoratorL 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Capitolati generali -Natura 
normativa -Clausole particolarmente onerose -Approvazione specifica 
per iscritto -Non necessaria. 
(cod. civ., art. 1341). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Appalto forfettario � Riferi� 
menti ai calcoli di perizia ed alle analisi di progetto -lnconferenza. 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto forfettario -Impugnazione 
per errore di calcolo e per errore vizio -Inammissibilit�. 
(cod. civ., artt. 1428, 1429 e 1430). 

Riconosciuta la natura normativa del Capitolato generale 

� d'appalto della Gestione Ina Casa, le clausole particolarmente 
onerose. non devono essere approvate specificamente per iscritto, 
ai sensi dell'art. 1341 del e.e. (1). 

Nell'appalto a forfait i richiami ai calcoli di perizia ed alle 
analisi �di prezzo non valgono a snaturare i requisiti tipici del 
negozio, ed il loro valore � meramente indicativo della modalit� 
di determinazione del prezzo complessivo (2). 

Nell'appalto a forfait non � ipotizzabile l'impugnazione per 
errore di calcolo, nemmeno sotto il profilo .della presupposizione, 
perch� il procedimento formativo delprezzo '� anteceden


(1-3) Sulla natura giuridica del Capitolato d'appalto della Gestione case 
per lavoratori e questioni connesse (inammissibiit�. dell'approvazlon� 
specifica per iscritto delle clausole particolarmente onerose e inammissibilit�. 
dell'impugnazione per errore di calcolo e per errore-vizio nel� 
l'appalto a fodait). 

(1) Da tempo la giurisprudenza, anche se con diversa motivazione, 
ha definito la natura normativa del Capit�lato generale dello Stato. 
E ci� sia per gli appalti di competenza statale, che per quelli stipu� 
lati da enti pubblici obbligatoriamente tenuti ad applicarlo (v. Rassegna 
completa in: ALBANO; Foro it., 1958, I, 1737). 
Peraltro, .ogni ulteriore dissenso in proposito dovrebbe considerarsi 
precluso dall'intervenuta approvazione con decreto presidenziale (d.p.r. 10 
lugho 1962, n. 1063) del Capitolato generale in vigore. Approvazione che 
pu� ritenersi consentita dalla espressa autorizzazione legislativa, conte



604 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DBLLO STATO 

te alla fase contrattuale, ed il consenso delle parti � espresso 
ed accettato unicamente in relazione al corrispettzvo .globale. Non 
� nemmeno ipotizzabile l'impugnazione per errore vizio, perch� 
essq non sarebbe comune alle parti, non avendo, .nell'appalto a 
corpo, l'accettazione dell'appaltatore nesso causale con i criteri 
determinativi del prezzo (3). 

(Omissis). -A questo punto potrebbe anche non esaminarsi 
l'altro aspetto del problema, che involge questioni pi� delicate, 
quello cio� della necessit� o meno della specifica approvazione 
ex art. 1341 delle clausole onerose del Capitolato predisposto 
dall'Ina-Casa. 

nuta nel titolo VI della legge sulle opere pubbliche (all. F alla legge 
20 marzo 1865, n. 2248); ovvero anche dai principi generali di cui alla 
legge 31 gennaio 1926, n. 100 (v. in questa Rassegna 1962, 65-66). Da 
tanto immediatamente consegue la obbligatoriet� ex se di tutte le norme 
del Capitolato generale suddetto; e l'inammissibilit� di qualunque riferimento 
all'art. 1341, 2� comm1:1, e.e. per le clausole particolarmente onerose 
(Cass., 9 marzo 1955, n. 715; id., 27 giugno 1956, n. 2342). 

Anche per il Capitolato generale della Gestione Ina-Casa, sembra 
sostenibile la natura normativa. La decisione riportata sostanzialmente 
ne d� atto, pur considerando ultronea una indagine 'al riguardo. 

In proposito va ricordato, che l'art. 6, secondo comma, del d.p.r. 22 
giugno 1949, n. 340, stabilisce espressamente che: �I capitolati di appalto 
(per la costruzione di alloggi lna-C�sa) dovranno uniformarsi a quello 
generale per le opere di conto del Ministero dei lavo�:-i pubblici �; e 
che l'art. 9 del r.d.l. 4 luglio 1949, n. 436, a sua volta, attribuisce al 
Consiglio Direttivo della Gestione, il compito di � stabilire i capitolati dj 
appalto per l'esecuzione dei lavori�. 

Da tali norme, si desume la duplice conseguenza, che i principi del 
Capitolato generale statale sono recepiti nella regolamentazione degli 
appalti della Gestione; e che alla stessa � attribuito un po1e1'e� regofa� 
mentare in materia, che si manifesta sia con lo stabilire il capitolato di 
appalto da osservare in ciascun lavoro, e sia con l'uniformare gli eventuali 
capitolati delle stazioni appaltanti a quello generale statale. Appunto 
in relazione a questo potere, la Gestione ha adottato un capitolato 
generale, di costante e necessaria applicazione in tutti gli appalti che 
la riguardano, essendo evidente che il potere di uniformare di . volta 
in volta i singoli capitolati a quello generale dello Stato, necessariamente 
ipotizza anche il potere di emanare un capitolato generale valido per tutti 
gli appalti. Infatti, in ciascuna delle ipotesi accennate, trattasi di applicazioni 
diverse, ma perfettamente equivalenti, dello :stesso potere, 
restando sempre fermo il modello al quale l'attivit� regolamentare viene 
uniformata. 

Quindi, la definizione della natura giuridica del Capitolato della 
Gestione Ina-Casa va posta negli stessi termini pi� volte definiti dalla 
giurisprudenza, a proposito del Capitolato generale della Cassa pei;il 
Mezzogiorno ; il cui carattere regolamentare . � stato riconosciuto non 


PARTE I, SEZ. VI, GIVR. IN MATERIA DI ACQVE, APPALTI E FORNITURE 605 

Peraltro il problema rion sorge ove si ritenga, e come pare 
debbasi ritenere con la giurisprudenza e la dottrina prevalente, 
che non si applichi l'art. �1341 ai contratti che la pi� moderna 
dottrina definisce ad evidenza pubblica. La stessa dottrina, inoltre, 
ritiene l'inapplicabilit� dell'art. 1341 ai Capitolati emanati 
con atti amministrativi, in quanto � l'atto di autorit� che vincola 
la stessa AmministFazione e come tale non d� luogo ad un 
contratto di adesione (cos� Giannini M.S., L'attivit� amministrativa, 
pag. 59). 

Alla stessa conclusione si giunge anche considerando che 
in questo tipo di contratto il contraente privato, invitato a parteciparvi, 
ha a sua disposizione prima della conclusione le con


solo per i lavori direttamente appaltati dalla Cassa, ma pure per quelli 
appaltati dagli enti concessionari (Cass., 23 giugno 1958, n. 2219, Foro it., I, 
1442). Infatti, la norma di cui all'ultimo comma dell'art. 9 della legge 
10 agosto 1950, n. 646,istitutiva della Cassa (secondo cui: � si osservano, 
in quanto applicabili, le norme vigenti per l'esecuzione delle opere pubbliche 
di competenza del Ministero dei lavori pubblici � ), esprime lo 
stess� principio fissato dal citato art. 6 del d.p.r. 22 giugno 1949, n. 340, 
prescrivendosi in entrambi i casi la necessit� di regolamentare gli appalti 
dei due Enti, con l'osservanza delle norme vigenti per gli appalti statali. 
Pertanto, se ormai non � dubbia la natura regolamentare e non contrat.:' 
tuale del capitolo generale della Cassa per il Mezzogiorno, ad identica 
conclusione sembra consentito pervenire per il capitolato generale della 
Gestione. � 

Sulla linea delle osservazioni che precedono, va segnalata l'interessante 
opinione recentemente espressa in dottrina, ed alla quale li! 
decisione riportata ha fatto esplicito richiamo (GIANNINI M.S., L'att'i: 
vit� amministrativa, 1962, n. 35). Secondo fa stessa, allorch� il capitolato 
generale sia emanato con atto amministrativo, estraneo all'appalto e ad 
esso anteriore, si sarebbe in presenza di un mero provvedimento determinativo 
di clausole generali; e vale a dire non di atto negoziale dell'amministrazione 
contraente e contrattante, ma di atto dell'autorit�, che vincola 
la stessa amministrazione. Ovvia conseguenza di tanto, sarebbe� la 
inapplicabilit� dell'art. 1341 e.e. 

E' opportuno aggiungere, che la tesi � sostenibile nella sola ipotesi 
che l'ente pubblico sia fornito del potere di emanare l'atto amministrativo 
regolamentare, come appunto risulta per la Gestione Ina Casa:, 
in base ai precedenti rilievi. 

Fuori dei casi in cui risulti chiara la natura regolamentare, l'opinione 
corrente � che i capitolati generali siano da qualificare come condizioni 
generali di contratto (CAPACCIOLI, nota in Foro it., 1958, I, col. 1444 

n. 3; GIANNINI M.S., op. e loc. cit.). La giurisprudenza, in proposito, � 
costante nell'affermare la necessit� ~lella specifica approvazione delle 
causole onerose; ma in contrario potrebbe obbiettarsi: a) che l'appalto 
pubblico non ipotizza un contratto di adesione, poich� l'iter contrattuale 
non si inizia con una proposta dell'amministrazione, ma con la presentazione 
dell'offerta da parte del terzo, alla quale segue -secondo le 

606 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dizioni della gara, i capitolati di oneri generali o speciali, dei 
quali si assume la vessatoriet� di alcune clausole, e viene quindi 
meno quel mptivo di particolare . tutela connesso alla fattispe~
ie normativa (in tali sensi Corte Cass. 29-7-1958, � n. 2752). 

�Cos� decidendo appare altres� del tutto ultroneo l'esame 
delle tesi relative alla pretesa illegittimit� costituzionale dell'articolo 
6 del D.P.R. 9-4-56, n. 1165, che sanciva l'obbligo della 
Gestione di adottare un Capitolato uniformato a quello statale, 
e che � stato invocato dalle parti convenute per attribuire efficacia 
normativa al Capitolato� generale per i lavori della. Gestione 
INA-Casa. Se, infatti, � la natura amministrativa del 
provvedimento di adozione del Capitol~to che esclude che il 

norme del tipo di gara adottato -l'accettazione dell'amministrazione. 
Prima della offerta,. non esiste alcun atto a contenuto negoziale, avendo � 
l'avviso d'asta o la lettera d'invito (come la dichiarazione di apertura 
della gara) il solo scopo di rendere note le condizioni alle quali potr� 
farsi luogo alla contrattazione. Le condizioni generali sono, perci�, predisposte 
in una fase anteriore a quella formativa del contratto, ed � 
l'offerta del terzo a richiamarle esplicitamente o implicitamente; b) 
anche ad ammettere con la pi� recente dottrina (GENOVESE, Enciclopedia 
del diritto, Voi. X, 1962, 2), che l'ambito di operativit� delle condizioni 
generali di contratto non � limitato ai cos� detti �contratti di adesione�, 
nei pubblici appalti mancherebbero sempre le premesse per l'applica~ 
zione dell'art. 1341 e.e., trattandosi di contratti a relazione perfetta,. data 
l'indubbia cooperazione delle parti nella scelta dell'atto di riferimento 
(capitolato generale) e nell'approvazione in contratto o nel capitolato 
speciale della clausola che prevede il rinvio (Cass., 1 febbraio 1962 n. 188, 
G�us( cfo. 1962, 1780). � 

(2) Cfr.: RUBINO, Appalto, 1951, pag. 134, secondo cui gli eventuali 
richiami ai prezzi unitari non possono avere altro valore, che di � semplice 
traccia indicativa delle modalit� di formazione de1 prezzo globale, 
destinata a restare nella fase precontrattuale e fuori del contenuto del 
contratto �. In giurisprudenza, cfr.: lodo 5 novembre 1953, in Acque; bonifiche 
e costruzioni 1954, pag. 88, con nota di richiami. Va aggiunto che 
l'art. 323 d�lla legge sui lavori pubblici del 1865 dichiara che il capitolato 
speciale di appalto � � affatto indipendente dalle perizie e dalle analisi 
che gli hanno servito di base �, Ed il successivo art. 330 ribadisce il �principio, 
disponendo che � fanno parte del contratto i disegni delle opere 
che si devono eseguire e il capitolato speciale di appalto, esclusi tutti gli 
altri documenti di perizia che erano annessi al progetto �. Inoltre, secondo 
l'art. 11 del d.m. 28 maggio 1895 (di approvazione dell'abrogato Capitolato 
generale delle opere pubbliche), l'Amministrazione deve consegnare 
all'appaltatore una copia autentica del contratto, corredata del capitolato 
stesso � e degli altri documenti, tassativamente indicati dall'art. 330 legge 
U.pp., qualunque altro escluso �. Infine, }'art. 7, u.c. del vigente Capitolato 
generale per gli appalti statali (d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063), pur prescrivendo 
l'indicazione nel capi~olato speciale e nei disegni di � tutti gli 
elementi sufficienti ad individuare la consistenza qualitativa e quantita� 

PARTE I, SEZ. VI, GIVR�.IN MATERIA DI ACQUE, Al'PALTI E FORNITURE 607 

contratto in virt� di esso stipulato possa qualificarsi adesivo, 
ovvero se il contratto di pubblica evidenza non richiede approvazione 
specifica, ogni disquisizione, sulla natura regolamentare, 
� irrilevante. Per altro, appa.re anche corretta l'argomentazione 
della difesa della Gestione, secondo cui l'INA-Casa eseguendo 
'spese pubbliche, che altrimenti dovrebbero essere eseguite 
dallo Stato, � tenuta ad osservare e far osservare tutta 
la normativa delle opere pubbliche, comprensiva di regolamento 
e di capitolato. (Omissis) . 

. Il contratto di appalto suole distinguersi a seconda del 
modo di determinazione del prezzo, in appalto a misura se il 
prezzo � stabilito per ogni unit� di misura di cui si compone 

tiva delle varie specie di opere �, non solo non si pone in contraddizione 
con il citato art. 323 della legge del 1865, ma sostanzialmente ne conferma 
la perdurante validit� (v. relazione ministeriale allo schema del Capitolato 
suddetto, Capo I, n. 2, in Arbitrati ed appalti, 1962, pag. 275).. 

Tali norme, prescrivendo l'assoluta indipendenza della perizia e delle 
analisi e l'esclusione dal contratto di tutti i documenti che erano annessi 
al progetto, pongono un obbligo a carico dell' Amministrazion.e: quello 
di non farli conoscere all'appaltatore. Conseguentemente, gli stessi non 
cjevono assumere, e non assumono, forza di contratto fra le parti. Ci� che 
costituisce l'oggetto, la causa, la legge del contratto sono unicamente il 
capitolato speciale ed i disegni di progetto: gli altri documenti, che se-. 
condo le norme e le discipline in vigore accompagnano, o che -secondo 
l'art. 330 legge 11.pp. -�erano annessi� al progetto (perizie, analisi computi 
metrici, ecc.), ne sono espressamente esclusi, perch� riguardano la 
formazione della �volont� interna dell'Ente e l'appaltatore non ha quindi 
diritto di conoscerli. � 

Le norme in questione, perci� sono di azione, in quanto preordinano 
una disciplina, che esaurisce i suoi effetti nell'ambito dell'Amministrazione 
e rende possibile Io studio ed il controllo degli organi competenti 
sui problemi tecnici relativi alla progettazione ed eseci.lzione dell'opera 
pubblica, ma escludono nel contempo ogni possibilit� di sindacato, sia 
dell'appaltatore che dello stesso giudice, sulla regolarit� ed esattezza dei 
progetti, dei calcoli di perizia e delle analisi dei prezzi. Dottrina e giuri:.. 
sprudenza sono concordi nel ritenere che �l'appaltatore, nell'accostarsi 
all'asta, fonda i suoi calcoli sulle condizioni contenute nel capitolato speciale, 
che rappresenta la vera legge del contratto ed � il solo documento, 
cltre i disegni delle opere, che abbia valore legale � (CUNEO, App. pubb. e 
priv., Cedam 1957, p. 92 e 96); che il �procedimento formativo dei. prezzi 
e le analisi che ne servono di base costituiscono fat'ti puramente interni 
dell'Amministrazione, e perci�, se anche nelle analisi per fa formazione 
dei prezzi di tariffa fossero incorsi degli errori, l'appaltatore non avrebbe 
titolo per richiederne la revisione, perch� per lui quelli che contano sono 
soltanto i p1ezzi offe1ti dalla. stazione appaltante, che � libero di accet-� 
tare o meno, ma se li accetta ne rimane vincolato, indipendentemente 
dall'esattezza o meno degli elementi tenuti presenti e valutati nella loro 
formazione� (Lodo 6 maggio 1941, Soc. Tomo contro Ministero LL. PP., 


608 RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DBLLO STATO 

l'opera ed appalto a corpo (o a forfait o per aversionem), se 

il prezzo � fissato al momento della stipula del contratto e glo


balmente. 

Si sostiene dal Consorzio in questa causa che nel contratto 

de quo: 1) le quantit� dei lavori da eseguire .erano esclusiva


mente quelle corrispondenti a grafici di progetto; 2) i prezzi, 

ai quali tali quantit� erano state valutate, erano quegli stessi 

dell'elenco prezzo da pagarsi per i lavori a misura; 3) �il for


fait globale � era stato stabilito attraverso un computo metri


co; cui si� era pervenuti applicando i prezzi unitari alle quantit� 

risultanti dai grafici. 

Ci�, a quanto precisa parte attrice, si evincerebbe dagli 

in Giur. 00. PP., 1941, 1, 268); che conseguentemente �il progetto del


l'opera e l'analisi dei prezzi non fanno parte del contratto e perci� non 

pu� ordinarsene la produzione in giudizio� (Lodo 11 dicembre 1939, 

Soc. lngg. Mangano e Nobili contro Min. LL.PP., ivi, 1940, 1, 201). 

I principi accennati sono indubbiamente applicabili anche a . fa


vore �della Gestione Ina Casa e di tutti gli enti che utilizzano finanzia


menti statali nella realizzazione di opere pubbliche. La normativa dei 

pubblici appalti ha riguardo non all'ident�t� del soggetto che material


inente compie i J:;wori, ma alla obbiettiva natura degli stessi ed al fatto 

che �comportino un onere economico a carico dello Stato, essendo essen


zialmente. posta a presidio degli interessi finanziari statali. 

Diretta conferma della tesi si ha nelle disposizioni di cui all'art. 80 

del t.u. sull'edilizia popolare ed economica (r.d. 28 aprile 1938 n. 1165); 

nell'art. 294 u.c. della legge comunale e provinciale del 1934; nell'art. 6 

u.c. della legge 10 agosto 1950, n. 646 sulla Cassa per il Mezzogiorno: in 
questi casi, trattandosi di lavori eseguiti con il concorso o il sussidio dello 
Stato, la normativa dei lavori pubblici statali � resa obbligatoria. E' da 
. aggiungere che. la giurisprudenza ha ritenuto di dare a tali norme un'interpretazione 
estensiva, appunto perch� risultano ispirate ai principi esposti 
(Cass., 18 aprile 1962, n. 754, Foro it., 1962, I, 619). 

(3) A proposito della presupposizione, � noto che la dottrina � orientata 
nel senso di negare riconoscimento all'istituto: se le parti hanno contrattato 
sul presupposto di una data situazione di fatto, quando ci� non sia 
stato tradotto in espressa clausola, il contratto resta sempre valido, poco 
i~portando se poi la situazione istessa era diversa da quella creduta (CARIOTA-
FERRARA: Negozio giuridico, n. 126; MARTORANO, nota in Giur. it. 1959, I, 
1, 329; ALCAMO, in Giur. Sic., 1959, 686). Al riguardo si arriva a sostenere 
c:he, anche quando la presupposizione risulti dal contratto, se le parti non 
si sii.io riservate un diritto di risoluzione, di recesso o di revoca, la pattuizione 
resiste ad ogni attacco. 
La giurisprudenza in passato � stata oscillante (in senso negativo: 
Cass. 20 giugno 1958, n. 2148, Giur. it. 1959, I, 1, 330, con richiami spec. a 
cot 333). Le ultime pronuncie, tuttavia, sembrano orientate verso una 
soluzione positiva (Cass. 5 luglio 1959, n. 2203; id. 19 febbraio 1960, n. 292; 
id. 10 novembre 1961, n. 2631); ma, contemporaneamente, pongono limiti 


PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI AC<lUE, APPALTJ�E FORNITURE 609 

artt. 30 e 41 del Capitolato speciale e dall'art. 1 del contratto di 
appalto: dall'art. 1 del contratto, in quanto si fa riferimento ad 
un appalto del valore peritale presunto di L. 479.764.900 a forfait
� e L. 9.030.000 a misura; dall'art. 30 del Capitolato speciale 
ove si indicano come parte integrante del contratto la lettera di 
invito, i disegni del progetto, i disegni costruttivi e l'elenco dei 
prezzi unitari che saranno adottati dall'Istituto per i lavori a 
misura e che hanno servito a determinare il �prezzo complessivo 
del lavoro e di conseguenza il forfait globale posto a base di asta. 

La citata disposizione, che dimostrerebbe lo stretto collegamento 
tra prezzo forfettario e prezzo unitario, sarebbe confermata 
dall'art. 2 dello stesso capitolato speciale, che prevede, ai fini 
delle eventuali variazioni entro i limiti previsti dall'art. 19 del ca-

rigorosi al riconoscimento dell'istituto, subordina:ndci l'efficacia risolutiva 
di una situazione presupposta al fatto che essa faccia parte del contratto 
e che sulla stessa esista l'accordo delle parti. E' necessario, cio�, che la 
situazione suddetta abbia carattere obbiettivo; e quindi sia indipendente 
-nel suo eventuale verificarsi -dalla volont� delle parti; che, inoltre, 
sia comune ad entrambe, e vale a dfre costituisca un esplicito presuppo� 
sto della -volont� negoziale, e che -per di pi� -chiaramente risulti 
dall'atto (cit. sent. n. 2631 del 1961). 

In buona sostanza, e facendo riferimento ad una corrente definizione, 
� necessario considerare la presupposizione come una � condizione non 
sviluppata, non svolta, implicita �; o, pi� esattamente, come un motivo 
rilevante perch� determinante la volont�, ma non assurto a condizione. 
La differenza con la condizione (propria o impropria) � nel fatto, che nella 
presupposizione le parti hanno la sieurezza che la circostanza presupposta, 
se � passata, esiste; se � futura, si verificher� immancabilmente: 
quindi manca quell'incertezza dell'avvenimento, che � la fondamentale 
caratteristica della condizione (e.e., art. 1353). Tutto ci� necessariamente 
importa la necessit�, che la eircostanza presuppost~ sia esteriormente 
riconoscibile, appunto quale � condizione non sviluppata �; e che perci� 
risulti� chiaramente dall'atto, per poter poi, nel caso di mancata realizzazione, 
invalidare il negozio. S.e cos� non fosse, si ammetterebbe. la rilevanza 
di. qualsiasi motivo interno della volont� o di riserva virtuale; e 
sarebbero annullate sia la necessaria sicurezza dell'affidamento, che la 
remora dell'autoresponsabilit�, determinandosi un'estrema incertezza nei 
rapporti giuridici. D'altro canto, che la presupposizione debba essere riconoscibile, 
si desume chi�ramente dal fatto che nei negozi nei quali la 
legge considera la rilevanza pratica e giuridica dei motivi .(negozi mortis 
causa o �a titolo gratuito), questi devono aver determinato -da soli ...._ 
la disposizione; e, per di pi�, devono risultare dalla stessa, e -cio� non 
devono essere rimasti nella sfera interna del dichiarante (e.e., artt. 
624, cpv. 648 cpv.; � 787; 793, u. cpv.); 

. Pertanto, a meno che non si voglia sostenere l'assurda tesi, che la 
situazione presupposta � rappresentata dalla certezza della rimunerativit� 
del prezzo, � evidentemente impossibile parlare di presuppos~ione negli 
appalti a forfait. Ci� urterebbe contro la particolare natura della pattui


� 


� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 


I ~ 

. 

.

pitolato generale per gli appalti del Ministero dei Lavori Pubblici; 
un calcolo con i prezzi contrattuali, nonch� dall'art. 3 che 

ffi

impone prezzi unitari per i lavori extra forfait e per quelli in :=: 
detrazione dal forfait, e dall'art. 42, che, per il caso di risoluzione 
senza colpa dell'Impresa, stabilisce che i rapporti saranno definiti 
corrispondendo per ogni fabbricato il prezzo che risulter� detraendo 
dall'importo forfettari� stabilito in contratto come se 
fosse ultimato, l'importo dei. lavori da eseguire, procedendo a 
valutazione �ai prezzi dell'elenco allegato al contratto�. 

Decisivo altres� sarebbe l'art. 41 dello stesso capitolato 
speciale, da cui si evincerebbe l'esistenza di un computo metrico 
estimativo ufficiale preso a base per l'adozione dei prezzi 
di elenco. � 

zione, che, per quanto tipicamente aleatoria, necessariamente determina 
a carico dell'imprenditore il rischio di non vedere avverate, in sede di ese, 
cuzione, le proprie previsioni economiche; e suonerebbe negazione della 
essenza stessa del negozio, che consiste esattamente nel precludere questioni 
del genere, mediante la predeterminazione di un corrispettivo per 
l'opera nel suo insieme, e non per le quantit� di lavoro occorrenti alla 
sua esecuzione. 

� E' noto che si ha errore di calcolo � quando ,in operazioni aritmetiche, 
posti come chiari, sicuri e fermi i termini da computare, si commette 
un errore materiale di cifra, che si ripercuote sul risultato finale. 
Si ha, invece, errore in quantitate, quando la parte ha avuto ragionevolmente 
una falsa rappresentazione, una falsa conoscenza della realt� riguardo 
ai dati �ritmetici o al criterio matematico, in base ai quali si debba 
effettuare il calcolo, il quale -posti quei dati e quel criterio -� 
esatto � (Cass. 22 luglio 1959, Rep. Giur. It., 1959, I, 1, 2505). In altre parole, 
� errore di calcolo emendabile, quello di computo nell'elaborazione 
di dati matematici, del quale sia possibile ed agevol� la correzione. Esso 
non incide sulla dichiarazione di volont� delle parti, perch� se le� stesse 
hanno voluto i singoli elementi del computo, non potevano non volere il 
risultato finale. 

Quindi, l'errore in questione, pu� configurarsi solo se il corrispettivo 
della prestazione sia stato pattuito con indicazione di numero, peso o 
misura, e mai nell'ipotesi di una somma fissa ed invariabile, in cui ogni 
riferimento alle unit� di misura � impossibile, perch� fuori della previsione 
contrattuale. In base a questo principio, la giurisprudenza ha negato 
l'applicabilit� dell'art. 1430 e.e. alla vendita di massa, appunto perch� 
il rimedio, riferendosi all'errore di computo aritmetico, non pu� 
estendersi anche all'errore di apprezzamento circa la convenienza del contratto 
(v. Rass. di giur. sul Cod. civ., Giuffr�, 1956, libro quarto, pag. 578); 
e, con maggiore aderenza al caso dell'appalto, la dottrina ha ritenutO, 
per la vendita di massa futura, che, � se il prezzo � stabilito a corpo e la 
quantit� risulta maggiore o minore, non si potr� pretendere l'aumento� o 
rispettivamente la diminuzione del prezzo � (RUBINO, La compravendita, ii 
Giuffr�, 1962, pag. 192). Analogamente per la vendita a corpo di immobile, 
la misura, eventualmente indicata nel contratto, non reagisce sulla determinazione 
del prezzo (Cass. 28 agosto 1956, n. 3151). 

I 


PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 611 

Tutte le richiamate disposizioni, ed in particolare quella 
dell'art. 30 del capitolato speciale circa le modalit� del calcolo 
del prezzo forfettario sarebbero, secondo parte attrice, proprio 
in funzione di un eventuale errore di calcolo e darebbero 
diritto a ricostruire il prezzo risalendo al computo metrico sulla 
base dei quale �ra stato determinato il prezzo globale, computo 
metrico che sarebbe stato dato in visione ai partecipanti 
alla gara. Dalle stesse norme risulterebbe altres�, indipendentemente 
dalla distinzione teorica tra appalto a misura e appalto 
a forfait, che nella specie si sarebbe di fronte ad un contratto 
nel quale pattiziamente le parti avrebbero fatto richiamo 
oltre che al prezzo a corpo ai computi di misura e prezzi 
determinativi del prezzo unitario. Questa particolarit� contrattuale, 
dalla difesa di parte attrice, � prospettata in pi� 
maniere che poi si concretano nella triplice tesi dell'errore di � 

In stretta aderenza a questi principi, la giurisprudenza arbitrale ha, 
perci�, affermato che nei .contratti a forfait non � assolutamente concepibile 
una rettifica per errore di calcolo (Coll. Arb., 15 gennaio 1957, Acque, 
ecc., 1958, p. 538; 13 gennaio 1958, ivi, 1958, pag. 309). N�, in ipotesi, 
sarebbe consentito sostenere una difformit� fra le quantit� che sarebbero 
occorse per l'esecuzione dell'opera secondo i disegni di progetto (o, il che 
� lo stesso, fra il prezzo globale presunto a base dell'appalto, e-quello 
ottenuto applicando i prezzi unitari dell'elenco alle quantit� previste 
dal computo metrico), poich� -in tal caso -sarebbe sempre da escludere 
un errore di calcolo nel senso illustrato di errore materiale in operazioni 
aritmetich?, dovuto al computo inesatto di criteri e dati correttamente 
presupposti. Si avrebbe, se mai, una falsa conoscenza o rappresen.
tazione dei criteri e dati posti a base del computo, che risulterebbe 
esatto in s�, ma errato per l'inesattezza degli elementi su cui si fonda. 
Tale ipotesi, per�, rimane estranea all'errore aritmetico, poich� l'eventuale 
divergenza riguarderebbe le previsioni considerate in sede di valutazione 
presuntiva delle quantit� di lavoro; e non avrebbe nulla in comune 
con un mero errore materiale, riscontrabile ictu oculi, e consistente 
nella difformit� tra il risultato e gli elementi assunti a base del calcolo. 

In definitiva, nell'appalto a forfait, la promessa di un'opera considerata 
nel risultato finale e la natura: aversionale del corrispettivo escludono 
la possibilit� logica e la rilevanza. giuridica dell'errore di calcolo. 

La eventuale difformit� tra la quantit� di lavoro occorrente per 
l'esecuzione dell'opera ed il prezzo pattuito non � denun_ciabile nell'a:Ppalto 
a forfait nemmeno sotto il profilo dell'errore vizio. Infatti, un errore 
del genere non sarebbe essenziale, perch� non cadrebbe sull'oggetto 
del contratto, n� sulla identit� dell'oggetto della prestazione, che sono 
rappresentati dall'opus promesso nel suo insieme, e non nelle singole 
quantit� di lavoro. L'errore -semmai -riguarderebbe il valore del 
bene, e cio� un elemento attinente ai motivi soggettivi, e non alla causa 
ed all'oggetto del contratto (Cass., 29 settembre 1954, n. 3157, Foro it. 1955, 
I, 30; 18 giugno 1957, n. 2315, ivi, 1958, I, 584). 

GIUSEPPE DEL GRECO 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

calcolo, dell'errore vizio � dolo e della presupposizione. 

Le controparti contestano vivacemente d�tte tesi, sostenendo 
che in ogni 'caso esse vollero stipulare un contratto di appalto 
a forfait nel quale i richiami ai calcoli di perizia ed alle analisi 
di prezzo hanno ben diversa finalit� e non valgono in ogni 
caso a snaturare la fisionomia del forfait, per essere contemporaneamente 
presenti i requisiti necessari a definire questa tipica 
figura contrattuale. 

Esposte cosl le tesi hinc inde dedotte, pare anzi tutto al 
Collegio che nella specie non possa dubitarsi che il contratto 
debba qualificarsi come contratto di appalto con determinazione 
del corrispettivo a forfait. 

La qualificazione in tal senso non costituisce un mero richiamo 
a nozioni teoriche, giacch� in tutta la economia dei 
contratti di appalto e della loro esecuzione incide profondamente 
l'intento delle parti di determinare il corrispettivo a misura 
o a corpo. 

Sotto questo profilo appare esatto il rilievo delle parti 
convenute circa l'impossibilit� di configurare un tertium genus, 
e peraltro neppure di genus si deve parlare, perch� tanto l'appalto 
a misura che quello a forfait restano nell'ambito dell'unitaria 
figura dell'appalto, distinguendosi solo in ordine ai crit�ri 
determinativi dei corrispettivi, senza che possa neppure 
ipotizzarsi qualificazione di contratto aleatorio, quale non � di 
certo l'appalto. 

Ci� premesso, appare chiaro, nel nierito, che nel caso in 
esame s� volle un contratto in cui, per la maggior parte dei lavori, 
questi dovevano essere remunerati a corpo. Invero nessun 
altro significato pu� avere la gara su di un prezzo a forfait 
riferito ad una determinata cubatura e d'altra parte proprio la 
distinzione di una parte di lavoro che convenzionalmente doveva 
tem�nerarsi a misura avvalora la tesi accolta. 

Qualsiasi richiamo eventualmente contenuto nel contratto 
ai prezzi unitari, non pu�, come gi� � stato chiarito in dottrina 
in fattispecie analoghe, avere altro valore, che di semplice 
traccia indicativa delle modalit� di formazione del prezzo globale, 
destinata a restare nella fase precontrattuale e fuori del 
contenuto del contratto. 

Non diversamente la giurisprudenza arbitrale ha stabilito 
che non � affatto incompatibile con la volont� di concludere un _::

..

appalto a forfait la previa elencazione e verifica dei prezzi dei 
. 
,

singoli elementi che costituiscono l'opus, sempre che accanto 
. 

,

al prezzo globale non sia fatta riserva di una liquidazione fi- 
, 

. 

, 
' 


PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 613 

nale dei conti; di modo che il richiamo a prezzi unitari,. lungi 
dall'inficiare la forza vincolante di quello totale concordato, pu� 
avere ed ha soltanto valore suo proprio di fornire la traccia in 
base a cui si � pervenuti alla determinazione della cifra complessiva. 
(Omissis). 

Identificata cos� la natura del rapporto contrattuale e la 
regolamentazione da dare ad esso, non perci� la controversia 
pu� dirsi esaurita, in quanto le tesi prospettate dalla parte 
attrice vanno ora esaminate con riferimento a quanto sopra 
detto e a quanto dedotto in fatto. 

Il Collegio non si nasconde la delicatezza del problema 
astratto dell'impugnativa per errore di un appalto a forfait, ma, 
salvo alcuni casi di palmare evidenza o puramente teorici quali 
ad es. quello dell'errore ostativo (indicazione di un prezzo 
diverso da quello in realt� voluto: art. 1423 e.e.; o dell'errore, 
affine al precedente, materiale o di calcolo contenuto nello 
stesso contratto come per le inesattezze nelle somme di diversi 
forfait), ritiene che gi� in via astratta sia ben difficile ipotizzare 
una valida impugnativa per errore. 

Tale tesi naturalmente prescinde dalle ipotesi in cui il problema 
si traduca in una questione .di ermeneutica, ove cio� la 
interpretazione del caso concreto possa indurre a ritenere che 
al prezzo globale non sia stato attribuito valore vincolante, ma 
solo di gara per la liquidazione finale complessiva del prezzo 
alla stregua dei computi metrici. Qui evidentemente ci si trova 
di fronte ad un appalto a misura, in cui � stata segnata solo a 
titolo indicativo una cifra a forfait. 

Salvo casi limiti, sicuramente estranei alla fattispecie, sembra 
che ripugni alla natura stessa del forfait ammettere la rilevanza 
di qualsiasi errore del committente nella fase precontrattuale, 
ovvero un qualsiasi errore dell'imprenditore circa il 
prezzo da lui accettato. 

Se, come ha scritto un insigne giurista (il PLANIOL) l'appalto 
a forfait si concreta in un patto di assicurazione della realizzazione 
dell'opera per il prezzo indicato dal committente, � 
evidente che una volta accettata, questa garanzia non possa 
cadere in base all'assunto che essa � stata chiesta per un importo 
eccessivamente oneroso, ovvero senza i necessari approfondimenti 
sulla convenienza. 

Potr� de iure condendo ritenersi pi� o meno opportuno 
che le pubbliche Amministrazioni si avvalgano del rigore del 
nostro ordinamento, il quale attribuendo efficacia all'autonomia 
negoziale, sacrifica gli interessi dell'imprenditore non avve



614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

duto o frettoloso, ma non pu� il Collegio, nell'ambito del diritto 
positivo, preterrnettere la tutela della stazione appaltante 
alla stregua dell'affidamento nell'impegno dell'appaltatore ad 
eseguire i lavori per il prezzo da essa comunque stabilito. 

Ci� in via pi� generale; passando ora all'analisi dei singoli 
profili, pu� subito sgombrarsi il campo riguardo alla tesi dello 
errore di calcolo, che � poi connessa con l'altra della presupposizione. 


Secondo parte attrice il riferimento nel contratto a valori 
peritali e a c�mputi metrici starebbe a significare che le parti 
hanno espresso la precisa volont� di rispettivamente offrire ed 
accettare il prezzo globale soltanto se ed in quanto esso costituisca
� il risultato di un computo metrico di cui venivano indicate 
e pattuite le componenti. Pertanto, ove si riscontri un errore 
di calcolo da ricostruirsi in relazione al conteggio prezzomisure, 
si potrebbe senz'altro rettificare questo errore rifacendo 
i conteggi in modo esatto e, come si � gi� detto, il rifiuto a 
compiere tale correzione importerebbe inadempienza della stazione 
appaltante. 

La tesi, che in fatto trova sicura smentita nel contenuto delle 
pattuizioni come innanzi riferito, in linea di diritto, � un fuor 
d'opera, perch� presuppone lo snaturamento del tipo di appalto 
adottato per trasformare uno specifico contratto con la 
indicazione di corpi e prezzi di essi, nel diverso tipo dell'appalto 
a misura, nel quale soltanto si procede� di volta in volta alle 
misure ed al pagamento in relazione ai prezzi stabiliti. N� a 
questa forma di appalto si pu� ritornare con la giustificazione 
della revisione di un errore, perch� se il prezzo � determinato 
a forfait, il procedimento peritale formativo non crea nell'al


I 
tro contraente un, diritto al riesame ma vale solo al pi� perch� 
anch'egli si adegui nella fase precontrattuale e compia misurazioni 
e conteggi per giungere all'unico risultato utile (ed utile 

I
anche se si verificano errori nei computi dall'una o dall'altra 
parte), quello dell'accettazione del prezzo che � unico corrispettivo 
contrattuale.� 

L'altra tesi della presupposizione � da respingere per gli 
stessi motivi per cui non pu� accettarsi quella della rettifica 
dell'errore di� calcolo. Peraltro, come presupposizione si vuole 
addurre la stessa fattispecie, sebbene con conseguenze diverse. 

Non � il caso in questa sede di soffermarsi sulla nota questione 
dell'ammissibilit� della presupposizione; anche ad aderire 
a quell'indirizzo giurisprudenziale che ammette la caducazione 
di contratti stipulati sul presupposto di una data situa



PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 615 

zione di fatto, occorre ricordare che ad essa � data rilevanza 
solo se la situazione presupposta faccia parte del contratto e 
su di essa esista l'accordo dei contraenti; sia cio� una situazione 
a, carattere obiettivo, comune ad entrambe le parti e 
chiaramente risultante dall'atto; deve trattarsi, in altre parole, 
di una condizione non sviluppata che, se non realizzata, 
invalida il negozio. Ed in ci� la presupposizione si distingue dai 
motivi che hanno portato al contratto. . 

Ci� premesso, � evidente che al pari. dell'errore di calcolo 
non pu� ipotizzarsi una presupposizione di adeguatezza con riferimento 
ad un corrispettivo a forfait in un contratto di appalto, 
e ci� per la evidente contraddizione. L'asserzione, quindi, 
di aver indicato o accettato un prezzo a forfait su previsioni 
inesatte potrebbe incidere sui motivi del negozio e non 
sul presupposto comune ad entrambi, se, come � certo, in tale 
contratto il prezzo globale � accettato indipendentemente dalla 
_meccanica della sua formazione. 

Si noti in proposito che considerare in un contratto con 
pr�zzo �a corpo come presupposto il conteggio misure -prezzi, 
� antinomico all'intento negoziale di questo tipo di contratto; 
ed � sintomatico a riguardo che l'acuta difesa di parte attrice, 
per sostenere coerentemente la propria tesi, � partita da una 
premessa (che gi� si � criticata) nella quale, pur non potendo 
disconoscere la natura di forfait del contratto, ha cercato qua.. 
si di configurarlo come un tertium genus in cui potessero valere 
presupposizioni o errore di calcolo. 

Rimane l'impugnativa per errore di quantit� o addirittura 
per dolo. 

Non � il caso di procedere ad astratte disquisizioni in materia. 
Certamente non pu� escludersi a priori l'ammissibilit� 
dell'impugnativa per dolo alla stregua della comune normativa 
privatistica applicabile ai contratti del genere, ma non pare rilevante 
un errore sulla quantit� in un contratto, come quello 
di specie con prezzo a forfait. Per potersi avere l'errore -vizio, 
occorre che l'errore sia comune ad entrambe le parti e nel contratto 
con pagamento a corpo ci� non pu� in concreto accadere, 
perch� anche se una delle parti ha erroneamente determinato 
l'importo, l'accettazione dell'altra non ha nesso causale 
con i criteri determinativi del prezzo e pertanto non pu� esservi 
comunanza di errore. 

Il problema non � nuovo: come � stato rilevato in dottri_
na non pu� dirsi che l'errore di calcolo in cui � caduta l'impresa 
costituisca errore di fatto che cada sopra la sostanza� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

~ 

della cosa che forma oggetto del contratto, perch� nel contratto 
di appalt-0 a prezzo unitario l'appaltatore che adisce l'asta 
accetta il prezzo riconoscendolo di sua convenienza, e non pu� 
lamentarsi della eventuale ulteriore scoperta della non remunerativit� 
dei prezzi. 

Inoltre non pu� mai identificarsi l'errore in un divario tra 
stima precontrattuale del committente e quella che, secondo 
l'appaltatore, potrebbe desumersi da richiami a misure, disegni, 
etc. Questi richiami costituiscono dati presuntivi che non 
possono denunziare un errore di per s� incompatibile con la 
opinabilit� degli apprezzamenti tecnici. N� l'errore potrebbe 
essere desunto dalle differenze, riscontrate nello stato di consistenza, 
fra l'importo forfettario e quello desunto dalle quantit� 
di lavoro accertate dopo la risoluzione dell'appalto. Invero, 
come � stato esattamente opposto, il divario accennato va 
posto in relazione alla circostanza che la stima precontrattuale 
non poteva tener conto delle concrete modalit� di esecuzione, 
rimesse al giudizio dell'impresa secondo calcoli effettuati _da 
tecnici di sua� fiducia. 

In ogni caso, il preteso errore in quantitate non sarebbe 
essenziale e determinante del consenso e quindi capace di. invalidare 
il contratto, E' noto al riguardo l'indirizzo della dottrina 
pi� autorevole, nonch� quello della giurisprudenza nel 
senso che lerrore sul valore della cosa, quale che sia la sproporzione 
tra il valore stesso e il corrispettivo, non costituisce 
errore essenziale che possa dar luogo all'annullamento del contratto 
ex art. 1429 e.e .. Nei contratti a titolo oneroso, come � 
stato pi� volte affermato, sacrificio e vantaggio di ciascun contraente 
stanno si, di regola, in rapporto di equivalenza o di 
equilibrio contrattuale, non per� nel senso oggettivo, essendo 
sufficiente che detta equivalenza sia soggettiva e con rispetto 
della piena libert� ed autonomia contrattuale. 

La Corte di Cassazione, con la sentenza 18 giugno 1957, 

n. 2315, ribaditi gli accennati principi, in relazione alla vendita 
a corpo di un terreno ritenuto meno esteso dalle venditrici, concludeva 
affermando che un errore del genere incideva esclusivamente 
sui motivi e come tale non poteva condurre all'annullamento. 
E ci� in quanto l'errore sul prezzo non riguarda le 
qualit� essenziali della cosa, perch� estraneo alla sostanza ed 
alla individuazione della stessa. 
Quanto riferito vale naturalmente, ed a maggior ragione, 
anche per l'appalto a corpo, nel quale il prezzo si intende accettato 
per l'intera opera perch� ritenuto congruo e remunera


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..: 


PARTE I, SEZ. VI, GIUR, IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 617 

tivo dall'appaltatore, in base a propria valutazione di convenienza 
ed a suo esclusivo rischio. Nel caso in esame, poi, che 
l'errore non ricadrebbe sulla sostanza del contratto ma sul va16re 
della cosa, deriva dal fatto che � incontroverso essere stata 
l'opera esattamente identificata nei disegni di progetto, n� 
� sorta contestazione sulla cubatura .degli edifici che tuttavia 
secondo it contratto era solo indicativa; � sorta .questione invece 
sulle quantit� di lavoro occorrenti per l'esecuzione della 
opera come parametro della determinazione del relativo prezzo, 
laddove � noto che l'oggetto dell'appalto a forfait si identifica 
nell'opus promesso e non nelle singole quantit� di lavoro. 

E' a questo punto da rilevare che anche la circostanza, vivacemente 
contestata in fatto dalle parti convenute, della .comunicazione 
del computo metrico anteriormente alla gara o 
della distribuzione ufficiosa dello stesso, non pu� indurre a 
diverse soluzioni in ordine al preteso vizio per errore. 

L'appaltatore di una pubblica gara deve fare la propria offerta 
vagliando l'opportunit� del contratto a suo rischio e pericolo 
e non pu� fare assegnamento su atti interni dell'Amministrazione. 
D'altro c�nto � decisivo in proposito che qualsiasi comportamento 
del genere potrebbe imputarsi esclusivamente .a determinate 
persone fisiche e non certo farsi risalii::e agli organi 
della stazione appaltante, che manifestano la loro volont� :attraverso 
atti formali e nelle vesti delle rispettive compe.tenze. 

Le questioni esaminate sono state decise in maniera del 
tutto analoga in numerosi lodi arbitrali (cfr. 11 dicembre 1939, 
Mangano c. Ministero LL.PP. in Giur. op. pubbl. 1940, I, 200; 
13 �giugno 1935, S.I.C.A.M. c. Ministero LL.PP. in Nuova rivista 
dei pubblici appalti 1935, I, 444; 14 aprile 1962, lm]>resa 
Cataldi c. Istituto Autonomo Case Popolari; 6 maggio 1941, 

S. A. Torno c. Ministero LL.PPI., in Giur. op. pubbl. 1941, I, 
268). Quest'ultimo ha stabilito che il procedimento formatiyo 
dei prezzi e le analisi che ne servono di base costituiscono fat~ 
ti puramente interni dell'Amministrazione, e perci� se anche 
nelle analisi per la formazione dei prezzi si fosse incorso in 
errore, l'appaltatore non avrebbe titolo per richiedere la revisione, 
perch� per lui quelli che contano sono soltanto i prezzi 
offerti dalla stazione appaltante, che � libero di accettare o 
meno, ma se li accetta ne rimane vincolato indipendentemeJ..lte 
dalla esattezza degli elementi tenuti presenti e valutati nella loro 
formazione. 
Quanto all'ultima impugnativa, quella di dolo, essa ii;i 
astratto, come gi� � stato accennato, pu� trovare ammissibilit�, 
in quanto un errore vol,utamente realizzato per ottenere un 


618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vantaggio pu� essere imputato anche ad una P. A. per quanto 
il caso possa apparire eccezionale. 

Perch� si possa parlare di dolo, occorre per�, che non solo 
vi sia un errore su elementi determinanti, ma che il raggiro costituente 
del dolo sia stato tale che senza di esso la parte non 
avrebbe contrattato. Nel caso, invece, le circostanze stesse che 
si vogliono provare escludono qualsiasi elemento circa una partecipazione 
degli organi competenti della stazione appaltante 
ad una determinazione dolosa del prezzo. Anche se in ipotesi 
nelle valutazioni precontrattuali vi sia stato un errore, non si 
� neppure dedotto che i mezzi adoperati siano stati adoperati 
con l'intenzione di ingannare. Nella specie, poi, non potendosi 
ritenere che la stazione appaltante abbia inteso porre in essere 
raggiri diretti ad ingannare tutti i partecipanti alla gara (n� 
ci� si chiede di provare) si dovrebbe pensare a raggiri di terzi, 
cio� a raggiri da parte degli organi che hanno partecipato alla 
formazione dei prezzi, adoperati contro l'aggiudicatario. Occorrerebbe, 
per�, provare ai sensi del 2� comma dell'art. 1439 cod. 

civ. la consapevolezza da parte della stazione appaltante e ci� 
� smentito dalla stessa deduzione dei fatti compiuta da parte 
attrice, che riferisce di errori obiettivi e palesi risultanti da 
computi o addirittura da atti che essa ha avuto in sue mani 
sia pure per poco tempo, il che sta senz'altro ad escludere la 
possibilit� di parlare di raggiri. 
Queste osservazioni, sono gi� sufficienti per negare l'ammissibilit� 
dei mezzi istruttori chiesti per accertare errori di 
calcolo, errori circa il presupposto, ovvero errore nella quantit�. 

In particolare � indiscutibile la frustaneit� dei mezzi istruttori 
richiesti circa l'esibizione degli elaborati di progetto, consistenti 
nel preventivo particolareggiato e nella relativa relazione 
nonch� nel computo metrico estimativo compilato dalla 
Gestione e dall'Istituto. 

Tale istruttoria, oltre ad essere diretta all'acquisizione di 
atti interni di una pubblica Amministrazione ed inerenti al 
procedimento contrattuale incide su elementi che anche se fossero 
legati al contratto, non varrebbero a spostarne l'economia. 

E ci� anche ai fini della impugnativa per dolo, perch�, come 
� stato accennato in precedenza, la esibizione di un .conto 
eventualmente errato da parte di un funzionario dell'INA-Casa 
-cos� come affermato da parte attrice -non importerebbe 
mai una responsabilit� contrattuale all'Ente, che non ha certamente 
autorizzato (n� si � chiesto di provare il contrario) tale 
comportamento del funzionario. (Omissis). 

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PARTE I, SEZ. VI, GIUR. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 619 

LODO 16 aprile 1964, n. 21 (Roma) -Pres. Girelli -Impresa Della 
Ragione (avv. Peri} c. Ministero Pubblica Istruzione e Gestione 
case per lavoratori (avv. Stato. Del Greco). 

Arbitrato -Notifica della domanda arbitrale presso l'Avvocatura dello 
Stato -Inderogabilit�. 

(1. 25 marzo 1958, n. 26{), art. 1). 
Le domande arbitrali devono essere notificate, a pena di 
nullit�, presso l'Avvocatura dello Stato, che, a norma della 
legge 25 marzo 1958 n. 260, ha assunto il ruolo di domiciliataria 

�generale di tutte le Amministrazioni dello Stato (1). 

(1) Le domande arbitrali prima della legge 25 marzo 1958, n. 260, 
andavano notificate direttamente all'Amministrazione. Con tale legge � 
stato affermato il principio dell'unit� delle notificazioni, innanzi a tutte 
le giurisdizioni, con la sola esclusione dei giudizi avanti ai Conciliatori 
ed ai Pretori. Come � noto, il .Consiglio di Stato, con la decisione dell'Adunanza 
Plenaria 15 gennaio 1960, n. 1. ha ritenuto di derogare al principio, 
per ragioni che non sembrano da condividere. 
La questione, relativamente ai giudizi arbitrali, � stata portata all'esame 
delle Sezioni unite della Corte di Cassazione-nell'udienza dell'll 
giugno 1964. 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 febbraio 1963 n. 4 -Pres. 
Tavolaro -Est: Erra -P.M. Violetti (conf.). Conflitto di competenza 
in c. Cogo ed altri. � 

Reato finanziario � Reato finanziario punito con ammenda connesso 

con reato comune � Comp.etenza dell'Intendente di Finanza � Ef� 

fetti della connessione � Insussistenza. 

(1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 21; c.p:c., art. 49). 
Nel caso di reati connessi alcuni di competenza dell'Intendente 
di finanza ed altri di competenza del Pretore non � applicabile 
il principio sugli effetti della connessione di cui all'art. 49 c.p.p. 
In tale ipotesi rimane ferma la competenza dell'Intendente di finanza 
in base all'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, per il 
quale � attribuita alla competenza dello stesso Intendente di finanza 
la cognizione delle contravvenzioni previste dalle leggi finanziarie 
e per le quali � commisurata la sola pena dell'ammenda. 
Poich� l'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 riguarda le contravvenzioni 
previste da leggi finanziarie, deve aversi riguardo 
alla natura finanziaria del testo legislativo in cui sono inserite le 
disposizioni sanzionate penalmente, con la conseguenza che la 
deroga alla competenza del pretore in caso di reati connessi deriva 
proprio dalla natura finanziaria del testo legislativo in cui la 
disposizione � contenuta (1). 

Il Pretore di Saluzzo, con sentenza del 12 aprile 1962, considerato 
che fra i reati addebitati agli imputati alcuni erano di 
natura finanziaria, dichiar� la propria incompetenza e rimise gli 
atti al Tribunale di Saluzzo, da esso ritenuto competente a conoscere 
dei reati finanziari in base all'art. 21, 17 gennaio 1929 
e del reato comune di cui all'art. 686 cod. penale in base all'art. 
49 cod. proc; pen. data la connessione fra tutti i reati. Senonch� 

(1) La sentenza, che � pubblicata in Arch. pen., 1964; II, 243, appare 
avere correttamente fatto applicazione del rapporto fra la norma dell'art. 
2l della legge n. 4 del 1929 ed il principio di cui all'art 49 c.p.c. 
Egualmente esatto appare l'altro principio in tema di definizione 
della natura di legge finanziaria con particolare riguardo al caso in cui 
una disposizione contenuta in un testo qualificato come complesso di 
norme finanziarie sia .munita della sanzione posta nel testo legislativo 
predetto. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

il Tribunale, ritenuto che agli imputati erano addebitati un reato 
comune contravvenzionale e reati finanziari punibili con la sola 
ammenda e che pertanto non poteva sussistere la competenza del 
tribunale, bens� i reati finanziari dovevano essere demandati alla 
competenza dell'intendente di finanza e quello comune doveva 
essere giudicato dal pretore, con ordinanza del 12 dicembre 1962 
ha dichiarato la propria incompetenza e ha rimesso gli atti a questa 
Corte Suprema per la risoluzione del conflitto. 

Ci� st�nte, in merito al problema della individuazione del giudice 
competente allorch� siano connessi reati finanziari di competenza 
dell'intendente di finanza (perch� punibili con la sola 
ammenda) e reati di competenza del pretore, va rilevato che la 
giurisprudenza di questa Corte Suprema ha espresso tre diversi 
indirizzi. 

Sulla base del principio generale sancito nell'art. 49 cod. proc. 
pen. secondo cui la competenza del giudice ordinario attrae quella 
del giudice speciale, si � ritenuto in un primo tempo e la tesi � 
stata ripresa anche in una recente decisione, che competente a 
giudicare sia i reati comuni sia quelli finanziari � il pretore. 

Si � poi affermato che, fermo rimanendo il principio della 
devoluzione di tutti i reati connessi, finanziari e comuni, al giudice 
ordinario, questo per� deve essere non il pretore, ma il tribunale, 
l'unico giudice ordinario di primo grado cui l'art. 21 della legge 
del 1929 sopraindicato riconosca la competenza a giudicare i reati 
finanziari non di competenza dell'intendente di Finanza. 

Si � infine, nelle meno remote decisioni, stabilito il principio 
che, nel caso di reati connessi di competenza alcuni dell'intendente 
di finanza e altri del pretore, non pu� .operarsi alcuno spostamento 
di competenza, e l'intendente di finanza e il pretore devono 
conoscere ciascuno dei reati di propria competenza. 

Un ulteriore esame della questione induce a confermare questo 
ult�mo orientamento. 

Stabilisce invero l'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che 
la cognizione dei reati preveduti dalle leggi finanziarie spetta: 
1) all'intendente di finanza se trattisi di contravvenzioni per le 
quali la legge stabilisca la sola pena dell'ammenda; 2) al tribunale 
quando si tratti di ogni altro reato. 

E' evidente perci� che, in tema di reati finanziari non devoluti 
alla cognizione del giudice speciale (intendente di finanza), 
la legge ha indicato come unico competente, fra i giudici ordinari 
di primo grado, il tribunale, cos� attribuendo a quest'organo giudiziario 
una competenza qualitativa. 

Se quindi al pretore � stata sottratta in modo assoluto la competenza 
per i reati finanziari, fare risorgere tale competenza at



622 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

traverso l'istituto della connessione significherebbe svuotare completamente 
di contenuto la tacita disposizione dell'art. 21 della 
legge del 1929. E' ben vero che nella sua formulazione letterale 
l'art. 49 cod. proc. pen. sembrerebbe contrastare la soluzione adottata, 
salva, si intende, la possibilit� da parte di questa Corte Suprema 
di ordinare, per ragioni di convenienza, la separazione dei 
procedimenti connessi. Ma l'apparente contrasto si dissolve, ove 
si consideri che una disposizione di legge � va interpretata non 
soltanto in relazione al suo testo, come se fosse avulsa da tutto il 
sistema, ma anche in relazione al suo spirito e all'esigenza di 
un'armonica coordinazione con le altre norme vigenti nella materia:. 
e l'art. 49 cod. proc. pen. non pu� essere. interpretato senza 
tener presente che le norme concernenti gli effetti della connessione 
sulla competenza per materia non sono assolute, ma consentono, 
in determinate ipotesi, la separazione dei procedimenti 
connessi (artt. 46 e 49 cod. proc. pen.) e senza collegare tale articolo 
con l'art. 21 della menzionata legge n. 4 del 1929. 

Esclusa la competenza del pretore a giudicare dei reati finanziari 
connessi, non si potrebbe peraltro profilare, per questi 
e per quelli comuni, la competenza del Tribunale in base alla 
considerazione che -dovendo conoscere di tutti i reati, ai sensi 
dell'art. 49 cod. proc. pen., il giudice ordinario -questi dovrebbe 
essere l'organo cui alla legge speciale � attribuita la competenza 
in generale per i reati finanziari. E' manifesto infatti che l'attrazione 
della compet�nza a norma dell'art. 49 cod. proc. pen. si attua 
nei confronti del giudice competente a conoscere dei reati comuni, 
ma non pu� avere risultato che il giudizio venga attribuito ad 
un terzo giudice che non � competente, originariamente, rispetto 
ad alcuno dei reati ascritti all'imputato. 

Si deve perci� concludere che, quando uno o pi� reati finanziari 
siano di competenza dell'intendente di finanza e siano connessi 
con uno o pi� reati di competenza del pretore, sono inapplicabili 
le regole sulla competenza per connessione dettate nell'art. 
49 cod. proc. pen. E l'esattezza di tale conclusione trova conferma 
nella considerazione che, diversamente opinando, si verrebbe a togliere 
all'imputato la possibilit� di addivenire, per i reati finanziari 
alla conciliazione amministrativa, posto che l'art. 14 della 
legge 7 gennaio 1929, n. 4 stabilisce che la relativa domanda (sulla 
cui ammissibilit� ogni valutazione � riservata all'autorit� finanziaria) 
deve essere fatta prima che il decreto penale di condanna, 
da emettersi dall'intendente di finanza, sia divenuto esecutivo, o 
anche dopo, prima per� dell'apertura del dibattimento innanzi la 
autorit� giudiziaria di primo grado, ma sempre che vi sia stato 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 623 

il decreto penale emesso dal giudice e a questo sia stata fatta opposizione. 


Ci� stabilito, si tratta ora di esaminare quali fra i reati ai tre 
imputati, siano di competenza del pretore e quali dell'intendente 
di finanza. 

Fuori discussione essendo la contravvenzione di cui all'art. 
686 cod. proc. pen. la quale appartiene alla competenza del pretore, 
l'indagine consiste nell'accertare se tutti gli altri reati attribuiti 
agli imputati siano di natura finanzi�ria, e quindi devoluti 
alla competenza dell'intendente di finanza, e se fra essi alcuno ve 
ne sia -come sostenuto dal Procuratore Generale presso questo 
Supremo Collegio -che debba essere considerato comune, e quindi 
attribuito alla competenza del pretore. � 

Dal combinato disposto degli artt. 1 e 21 della legge 1929, 

n. 4, emerge che l'intendente di finanza � competente a conoscere 
delle contravvenzioni prevedute dalle leggi finanziarie relative 
ai tributi dello Stato, per le quali � stabilita la pena soltanto 
dell'ammenda, e perci� la determinazione della competenza dell'intendente 
di finanza si connette alla nozione di legge finanziaria 
relativa ai tributi statali. E leggi finanziarie relative a tributi 
statali� sono quelle che impongono e disciplinano i tributi 
dello Stato e ne regolano la riscossione. 
E' per� ovvio che -una volta riconosciuto che una legge 
regola in generale l'imposizione o la riscossione di un tributo 
dello Stato -nessuna possibilit� esiste di distinguere in essa 
singole disposizioni a carattere fiscale da altre che tale carattere 
non avrebbero. 

Il carattere fiscale della legge nel suo complesso informa 
necessariamente tutte le norme in essa contenute, e quindi anche 
quelle che, pur non concernendo direttamente l'imposizione o la 
riscossione del tributo, sono tuttavia dirette a un fine di prevenzione 
e di controllo o, in generale, a disciplinare il modo della 
imposizione e della riscossione del tributo medesimo, sicch�, mentre 
� possibile che una disposizione di carattere venga inserita in 
una legge non avente nel complesso come oggetto l'imposizione o 
la riscossione di un tributo, deve escludersi l'ipotesi inversa, e 
cio� che una legge avente per scopo l'imposizione e la riscossione 
di un tributo possa contenere disposizioni spoglie del carattere fiscale. 
D'altra parte l'art. 21 della citata legge n. 4 del 1929 si riferisce 
alle contravvenzioni previste da leggi finanziarie, e d� quindi 
rilevanza al carattere finanziario non di singole norme, bens� del1'
intero testo legislativo in cui il precetto sancito penalmente � 
contenuto. La deroga alla giurisdizione ordinaria � collegata dun



624 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 


que al carattere finanziario della legge e attrae le infrazioni a 
tutte le singole disposizioni in essa contenute. 

I 


Poich� il d.l. 11 gennaio 1956, n. 108, concerne l'imposta di 
fabbricazione sui vini ed ha quindi carattere fiscale, ne consegue 
che tutti i reati in esso previsti sono, se punibili con la sola ammenda, 
di competenza dell'intendente di finanza. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 giugno 1963 -Pres. Poli. 
meno -Rel. Guadagno -P.M. De Gennaro (concl. parz. diff.) rie. 
P.M. c. Borzone. 

Peculato � :Peculato per distrazione � Destinazione diversa � Profitto altrui 

� Presupposti. 
Peculato � Qualit� di pubblico ufficiale � Esercizio di fatto di pubbliche 
funzioni o di pubblico esercizio � Ammissibilit�. 

(c. p., art. 314). 
Si ha peculato per distrazione quando l'agente imprime al 
danaro o alla cosa mobile posseduta una destinazione diversa da 
quella stabilita dalla p.a. Sussiste egualmente diversit� di destinazione 
quando il denaro o la cosa seppure rivolta ad uno scopo 
di interesse generale sia, peraltro, diverso da quello stabilito dalla 

p.a. anche se rientrante in quello stesso genericamente da quest'ultima 
stabilito. L'elemento del profitto altrui viene ad integrarsi 
anche quando il terzo si identifichi in una persona giuridica che 
non sia la p.a. (1). 
La qualit� di pubblico ufficiale pu� sussistere anche in difetto 
di nomina formale, purch� l'affidamento delle funzioni pubbliche 
derivi dal rapporto intervenuto con la stessa p.a. a seguito del 
consenso da quest'ultima prestato. ovvero per acquisizione. (2). 

(1-2) La sentenza che � pubblicata in Giust. pen. 1964, II, 452, risulta 
avere esattamente applicato i principi interpretativi in materia di 
peculato per distrazione; v. in senso conforme Cass. 20 settembre 1963, 
Giust. pen. 1964, II, 384, 457 (m.), e, particolarmente, nel senso che 
�l'uso difforme delle cose integra di per s� gli estremi della distrazione 
che sussiste anche quando si altera la destinazione specifica della 
cosa senza alterarne quella generica �. 

Per quanto riguarda l'assunzione della posizione di pubblico ufficiale 
da parte del soggetto che esplica � di fatto � pubbliche funzioni, 
sempre per� �.con il beneplacito dell'autorit� competente, nonostante il . 
difetto di una formale investitura � v. Cass. 6 marzo 1963, Giust. pen. 
1964, II, 294; v. anche RICCIO, I delitti contro la pubblica Amministrazione, 
40 e segg. 


PARTE I, SEZ. VIl, GIURISPRUDENZA PENALE 

(Omissis). -Occupandosi ora la Corte del motivo principale 
del don Barzone, le doglianze da questi avanzate in ordine alla 
sussistenza dgeli estremi del delitto di peculato mediante distrazione 
sono infondate. E' noto, infatti, che l'ipotesi del peculato 
mediante distrazione si realizza con il dare danaro alla cosa mobile 
posseduta, una destinazione diversa da quella stabilita dalla pubblica 
amministrazione cui appartiene. Nella specie � emerso che 
l'imputato ebbe a impiegare parte dei fondi assegnati ai cantieri 
di lavoro di cui aveva la gestione per la costruzione di opere della 
colonia parrocchiale ed elargizioni varie mentre non risultano accetrate 
le destinazioni date alle differenze di compensi versati al 
Lonardo Pietro ed Adriana. Ed il delitto di cui all'art. 314 c.p. 
sussiste egualmente se il denaro o la cosa vengano destinate ad 
uno scopo, anche di interesse generale, difforme da quello stabilito 
oppure, nell'ambito della stessa generica destinazione, venga 
alterata la destinazione specificamente imposta dalla pubblica amministrazione. 
N� pu� ritenersi sufficiente la dimostrazione della 
mancanza di un fine proprio e di un profitto personale da parte 
dell'agente, perch� la fattispecie normativa di cui all'art. 314 prevede 
che il profitto possa essere anche di altri. E nella nozione 
di profitto altrui, rientra qualsiasi vantaggio patrimoniale di cui 
si giovi persona (anche giuridica) che non sia la Pubblica Amministrazione. 
Questo indiTizzo interpretativo cui la Corte aderisce, 
� rispondente agli s�opi stessi della tutela e si ispira alla finalit� 
fatta palese dall'art. 314 di evitare che la confusione di fondi e le 
alterazioni giuridiche e materiali delle specifiche destinazioni date 
al denaro ed alle cose si traduca non solo in danno patrimoniale 
perJa pubblica amministrazione, ma sia turbato quello che � il regolare 
funzionamento della pubblica amministrazione e vengano 
esposti a un pregiudizio quelli che sono i precisi scopi stabiliti 
dalla legge per le :finalit� proprie della stessa Pubblica Amministrazione. 


N� a diversa soluzione poteva pervenire la Corte di merito, 
esaminando il problema sotto un profilo pi� strettamente subiettivo, 
essendo noto che ad integrare il dolo del delitto� di peculato, 
� sufficiente la cosciente volont� del pubblic� ufficiale di invertire 
in profitto proprio o di altri le cose o il denaro�� e di dare alle 
stesse, una destinazione diversa da quella stabilita. E per l'estraneit� 
dei motivi e moventi alla nozione di dolo, bene � stato ritenuto 
che le :finalit� di carattere morale e sociale di cui poteva 
essere accusato l'imputato potevano al pi� dar vita all'attenuante 
propria di cui all'art. 62 n. 1 c.p. 

Anche su tale punto della decisione, la doglianza � infondata. 

Affidata ad ampia motivazione risulta anche la dimostrazione 


626 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della Corte circa la qualit� di Pubblico Ufficiale del don Barzone, 
a nulla rilevando l'eventuale esercizio di fatto della stessa pubblica 
funzione. Esiste valido titolo all'esercizio delle funzioni pubbliche 
anche allorch� manchi una nomina esplicita, ma l'affidamento 
delle pubbliche funzioni odel pubblico servizio e quindi la 
esistenza del rapporto organico con la P.A. siano desumibili dallo 
stesso rapporto di fatto, instaurate per l'effetto del consenso e dell'acquiescenza 
della stessa pubblica Amministrazione. Avvertendo 
altres�, �che titolo non � soltanto quello legale o quello negoziale, 
ma che esso oltre a discendere dalle leggi o dalla consuetudine, 
pu� consistere in atto amministrativo espresso o tacito (consenso 

o acquiescenza da parte della P.A.). 
N� va tralasciato di osservare -quanto alla qualit� del soggetto 
attivo -che le persone addette ai cantieri scuola di cui alla 
legge 29 aprile 1949 n. 264, attese le finalit� particolari dei loro 
compiti organizzativi e direttivi rientranti nelle funzioni assistenziali, 
sociali ed economici dello Stato, debbono considerarsi pubblici 
ufficiali anche quando siano privati cittadini estranei alla 
pubblica amministrazione o facciano parte di organizzazioni non 
riconosciute come enti di diritto pubblico. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZ.IONE, Sez. III, 20 febbraio 1964, n. 202 -Pres. 
Auriemma -Est. Muscolo -P. M. Ponzi -(conf.) rie. Poli 
Osvaldo -Failla Giovanni Filippo -p.c. Ministero Finanze. 

Corruzione Concussione � Distinzione. 
Concussione � Induzione ex art. 317 c.p. � Nozione. 

La corruzione e la concussione si distinguono in quanto nella 
prima il privato e il pubblico ufficiale, patteggiando una retribuzione 
non dovuta, agiscono su un piano di assoluta parit� ai danni 
della pubblica Amministrazione, mentre nella seconda il privato 
� vittima del sorpruso del pubblico ufficiale e cede alla sua azione 
intimidatrice e fraudolenta (1). 

La induzione richiesta dall'art. 317 c.p. riguarda qualunque forma 
non esplicita mediante la quale, sempre attraverso il metus 
pubblicae potestatis, il privato pu� restare vittima del pu,bblico 
ufficiale (2). 

� (1-2) Conf. Cass. 20 marzo 1963, n. 835, rie. Vezzani ed altri, Riv. 
pen., 1964, II, 607 .. 

Sulla distinzione v. GUERRIERI, Appunti in tema di corruzione e di 
conclusione, Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, 202; CHIAROTTI, Enc. dir., 
vol. VIII, voce Concussione 705, VENDITTI, ibidem, vol. X, voce Corruzione, 
765. 


PARTE SECO:m>A 


RASSEGNA DI DOTTRINA 


G. 
BALBI La donazione (Trattato di diritto civile diretto da Grosso e 
SANTORO PASSARELLI -vol. II, fase. IV), Milano, 1964, pagg. 121. 
Individuato lo scopo della disciplina data dal diritto positivo allo 
istituto, di cui si tratta, �nella adeguata ponderazione �, .che dovrebbe 
accompagnare la donazione l'A., gi� con l'introduzione, lo definisce come 
�il contratto gratuito, mediante il quale una parte (donante), disponendo 
di un diritto, che le appartiene, manifesta la volont�, personale, 
spontanea, e nella forma solenne richiesta, di attribuire all'altra 
parte (donatario) un diritto reale di godimento oppure di obbligarsi a 
procurarle in seguito tale attribuzione; e quest'altra parte manifesta la 
volont�, nella forma prescritta, di accettare la titolarit� del diritto, che 
le si vuole attribuire� (pagg. 5 e 6). 

Quindi, l'A. dimostra la bont� della definizione proposta, che, non 
essendo, invero, molto sintetica, contiene gi� in nuce la soluzione dei 
fondamentali problemi, che l'istituto pone. 

La donazione � pure per il Balbi, come del resto si legge anche nell'articolo 
769 e.e., un contratto, eccezione fatta per la donazione obnuziale, 
non richiedendosi per questa l'accettazione del donatario (art. 
785 e.e.), e con talune particolari caratteristiche in certe fattispecie: 
donazione manuale, donazione al nascituro, donazione ad enti, fondazione; 
mentre non ogni liberalit� contrattuale costituisce donazione (pagg. 
7-13). Per l'A., poi, l'arricchimento �in senso giuridico� (ma non pure 
necessariamente in senso economico) del donatario, come conseguenza 
dell'attribuzione senza corrispettivo, costituisce l'oggetto della donazione, 
lu cui causa consiste nella rappresentazione del risultato empirico di 
quell'arricchimento, restando in ci� assorbita la nozione di animus donandi 
(pagg. 13-16). Sempre nell'ambito dell'esame dei requisiti del 
contratto tipico di donazione, l'A. considera altres� distintamente i caratteri 
particolari della volizione del donante e del donatario, soffermandosi 
sulla capacit� degli stessi (pagg. 17-22 e 23-30), e la forma solenne richiesta 
per le manifestazioni di volont� del donante e del donatario 
(ma non anche per la revoca, beninteso nei limiti in cui pu� ipotizzarsi), 
sostituita dalla consegna nelle donazioni manuali (pagg. 31-35). 

Successivamente, l'A. passa ad esaminare gli effetti, che distingue in 
tipici principali -l'attribuzione, di cui si � detto nella definizione, e lo 
arricchimento, nel senso sopra precisato -a tal proposito considerando 
i possibili oggetti della donazione e la essenziale differenza tra questa e 
gli altri contratti gratuiti nominati (pagg. 37-44), tipici secondari -obbligo 
alimentare del donatario ed attenuata responsabilit� del donante 
per l'adempimento, per la evizione e per i vizi della cosa -(pagg. 3744), 
ed accidentali -condizioni, termine, riserva del donante di disporre 
di cose determinate -(pagg. 54-62); le donazioni speciali -remuneratoria, 
modale, con riserva di usufrutto, con clausola di sostituzione, a 


74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pm donatari, accennando qui all'accrescimento, mortis causa e de eo 
quod supererit -(pagg. 63-85); la revocazione -per ingratitudine e 
per sopravvenienza di figli -i suoi effetti e le donazioni non soggette 
a revocazione (pagg. 87-94); la nullit� e la convalida nei suoi peculiari 
aspetti (pagg. 95-105). 

Infine, con l'indagine sulle liberalit� diverse dal contratto di donazione, 
enucleate ex art. 809 e.e. (nonch� ex artt. 770 cpv. e.e., 742 e.e. 
e 1875 e.e.) ed alla cui disciplina sarebbe sottoposta la cosiddetta rinuncia 
donativa, nella quale si fanno rientrare molte ipotesi, che non costituirebbero 
negozio indiretto, il volume si conclude (pagg. 107-121). 

L'istituto della donazione, negli ultimi anni, � stato argomento di 
trattazioni condotte con grande rigore scientifico, e quanto meno di molto 
maggior respiro, da parte di giuristi famosi che vi hanno tra l'altro 
profuso il frutto di un'esperienza, maturata in campi diversi ma comunque 
preziosa per lo studioso (v. BIONDI, Le donazioni, nel Trattato di 
diritto civile italiano diretto da VASSALLI -vol. XII, tomo IV -Torino, 
1961, e TORRENTE, La donazione, nel Trattato di diritto civile e commerciale 
diretto da C1cu e MESSINEO, vol. XXII, Milano, 1956; v. pure, ma 
con pi� vasto oggetto, AzzARITI, e MARTINEZ, Successioni per causa di 
morte e donazioni, Padova, 1959). Il moltiplicarsi dei trattati a carattere 
monografico esige, peraltro, che in ognuno di essi non si !'!Scluda alcun 
istituto, sicch� magari nel breve volgere di otto anni il medesimo istituto, 
negletto per qualche intero decennio, costituisce oggetto specifico 
di numerose trattazioni: � il caso della donazione. Con questo non si 
vuole, ovviamente, negare l'utilit� di vari studi, anche contemporanei, 
sullo stesso istituto, in quanto almeno in astratto ciascuno pu� portare 
un suo contributo, non importa di quale entit�; certo � per� che chi, 
preceduto da altri, tratta lo stesso tema, dovrebbe dire di pi� o di meglio 

o almeno di diverso per rendere utile il .Proprio contributo. In questo 
senso il compito del Balbi era quanto mai difficile; ma egli lo ha adempiuto 
fornendo, sebbene la sua provata competenza in materia (v. dello 
stesso autore, Saggio sulla donazione in Memorie dell'Istituto giuridico 
di Torino, Torino, 1942 e Liberalit� e donazione, in Riv. dir. comm. 1948, 
I, 157 e segg.) poteva attrarlo verso .altra impostazione, una trattazione 
agile, laddove le precedenti erano ponderose, ed, anche se non del tutto 
esauriente, organica, molto ben sistemata e ricca di spunti interessanti, 
spesso originali, talvolta felici, pur se non sempre convincenti. 
In particolare, converr� soffermarsi su taluni punti, che pi� �da vicino 
possono riguardare i fini di questa rassegna: intendiamo riferirci 
principalmente, nell'ordine dell'esposizione fatta dall'A., alla donazione 
in favore di enti (riconosciuti o non riconosciuti), alla fondazione, alla 
capacit� di donare nelle persone giuridiche pubbliche. 

Prima, peraltro, sembra opportuno accennare ad un'osservazione di 
carattere generale, riflettentesi su ogni specie di donazione ed, anche, 
si ritiene, su ogni liberalit�. Benvero, porre la volont� del donante rispetto 
a quella del donatario come preminente e pi� influente nella formazione 
del contratto e nella determinazione del suo contenuto pu� apparire 
giustificato (v. pure BIONDI, op. cit., p. 132 e segg.), ma affermare 
lo stesso in quanto attiene all'interpretazione del contratto, � per 
cui dovr� aversi riguardo alla volont� del donante �, non pare in perfetta 
armonia con la costruzione dell'A. (pure altri fa analoga affermazione: 
ad esempio il BIONDI -op. cit. p. 134 -, ma dopo aver accettato 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

pi� che propugnato la natura contrattuale della donazione, respingendo 
nella sostanza come fuori della realt� i concetti di offerta e di accettazione, 
e, soprattutto, non senza formulare espressa eccezione per �la donazione 
modale) n� pare possa comunque condividersi. Infatti, e nei negozi 
inter vivos, nei quali, dal pi� al meno, le dichiarazioni determinano 
l'altrui affidamento, � precisamente il criterio dell'affidamento che domina 
l'interpretazione� (v. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto 
civile, Napoli, 1964, p. 228); mentre, nei negozi mortis causa, dove la 
preminenza della volont� del testatore � fuori di dubbio, tale preminenza 
non si motiva �per la gratuit� dell'attribuzione� (v. SANTORO 
PASSARELLI, op. cit., p. 234): del resto, le norme in materia di successione 
(mortis causa) anche per quanto riguarda la interpretazione non si ritiene 
siano applicabili alla donazione, se non espressamente richiamate 

(v. pure Cass. 16 marzo 1957 n. 921, menzionata dallo stesso A.). 
In merito alla donazione ad un ente, presentata come una proposta, 
irrevocabile nei termini in c�i l'irrevocabilit� � disposta dall'art. 782, 
quarto comma, e.e., e, per gli enti non riconosciuti, dall'art. 786 e.e., l'A. si 
limita a brevissime considerazioni e tra queste a quella della necessit� 
da parte del donante di attendere per poter revocare la propria dichiarazione, 
dopo l'autorizzazione o il riconoscimento, il tempo stabilito od 
un tempo congruo, onde l'ente possa provvedere ad accettare: ci�, essendo 
in armonia con la ritenuta natura contrattuale della donazione 
e con la costruzione come offerta della dichiarazione del donante (v. 
art. 1326, secondo comma, e.e.), dovrebbe valere tanto rispetto all'autorizzazione 
quanto rispetto al riconoscimento (che peraltro non escluderebbe 
la necessit� dell'autorizzazione: v. BIONDI, op. cit., p. 266) pure se 
l'accettazione potesse avvenire prima dell'autorizzazione o del riconoscimento 
salvo che, avvenendo, la donazione come tale sarebbe perfetta e 
l'acquisto subordinato all'autorizzazione �Od al riconoscimento (BIONDI, op. 
cit., p. 480; v. per� TORRENTE, op. cit., p. 376 e segg.). Ma non si d� carico 
l'A. della diversa terminologia usata negli articoli 782, quarto comma, 
e 786, primo comma, e.e., la quale potrebbe avere una sostanziale rilevanza, 
come non si d� carico di altre questioni connesse alle norme 
citate (v. in proposito BIONDI, op. cit., p. 263 e p. 266 e segg., nonch� 
TORRENTE, op. cit., p. 368 e segg.), il che, se pu� giustificarsi dato il rilevato 
carattere della trattazione, appare pur sempre una lacuna. 

Con riferimento alla fondazione l'A. sostiene l'applicabilit� dell'art. 
786 e.e., adombrando un negozio � unilaterale quanto alla volont� di costituire 
l'ente, mentre quanto all'attribuzione allo stesso (una volta riconosciuto) 
del patrimonio di dotazione, la volont� del fondatore� costituirebbe 
�una proposta di donazione, che dovr� venire accettata dall'ente 
dopo il riconoscimento � onde � si avrebbe cos� un vero e proprio 
contratto di donazione �. La tesi suggestiva ma non in armonia con la 
pi� autorevole dottrina, citata dallo stesso A. (alla nota 11), � motivata 
dalla mera enunciazione di gravi, ma .non indicate, conseguenze, le quali 
pervero non mancherebbero, invece, di certo, accogliendosi la costruzione 
prospettata: basti pensare alla ipotizzabile revoca od alla �caducit�� 

(v. BIONDI, op. cit., p. 488 e segg.) della donazione, dopo il riconoscimento 
dell'ente e prima dell'accettazione (che sarebbe necessaria, come 
l'autorizzazione, mentre n� l'una, ovviamente, n� l'altra sarebbero necessarie, 
ove non si scindesse il negozio di fondazione: v. TORRENTE, op. 
cit., p. 381), o, comunque, alla disciplina della revocazione, la quale 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

seppur non fosse ipotizzabile per ingratitudine, lo sembrerebbe per sopravvivenza 
di figli. 

Per quanto riguarda, infine, la capacit� di donare da parte delle 
persone giuridiche pubbliche l'affermata esclusione in ragione degli interessi 
che ne caratterizzano gli scopi con la conseguenza della nullit� 
delle donazioni compiute, eccettuandosi, comunque, �le attribuzioni gratuite 
� adempiute per dovere statuario, le quali donazioni non sarebbero 
perch� �non spontanee � ed � effetto � di atti amministrativi, avrebbe 
reso opportuna qualche precisazione. 

Intanto, come segnala lo stesso A., la giurisprudenza, pur non trascurando 
la natura dei fini, che le persone giuridiche pubbliche devono 
perseguire, ad esse riconosce una generica capacit� di donare mediante 
contratti di diritto privato (v., per tutte, Cass. S.U. 17 novembre 1953 

n. 3540 in questa Rassegna 1954, 58 ed ivi nota redazionale; Cass. 11 febbraio 
1958 n. 422 in questa Rassegna 1958, 60 ed ivi nota di Peronaci; 
Cass. S.U. 14 marzo 1961� n. 577). Ed, invero, mentre si pu� convenire 
nella natura pubblicistica di molte � elargizioni gratuite �, che � sotto forma 
di sussidi di beneficenza, di sovvenzioni di imprese di diritto pubblico, 
di borse di studio, etc., l'ordinamento consente espressamente nell'esercizio 
dei suoi scopi istituzionali � allo Stato ed alle altre persone 
giuridiche pubbliche (SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 
1952, p. 251; v. pure ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, voi. 
IV, Milano, 1958, p. 466), di fronte a taluni atti, che non solo assumono 
la forma contrattuale privata, ma non difettano almeno in principio del 
requisito della spontaneit�, si potrebbero nutrire fondate perplessit�. Si 
vuole alludere non tanto alle gratificazioni, il � cui scopo remunerativo � 
potrebbe valere a distinguerle dalle donazioni in senso stretto (v. ZANOBINI, 
op. e loco cit.), non sempre, per�, secondo i concetti del Balbi, lasciando 
comunque, tuttavia, almeno in parte, insoluto il problema (che resterebbe 
per le liberalit� diverse dalle donazioni), ma la cui essenza ne consentirebbe 
l'inquadra.mento tra gli atti amministrativi, quanto alle cessioni 
gratuite tra enti pubblici di beni del p,atrimonio disponibile. La necessit� 
dell'esistenza di �una utilit� per i fini dell'Amministrazione� (v. 
ZANOBINI, op. e loco cit.; V. pure SANDULLI, op. cit., Napoli, 1962, p. 
380 -381) cedente, o meglio �di uno specifico interesse pubblico 
da attuarsi attraverso l'avvantaggiamento � del cessionario � a spese 
dell'ente� (ALESSI, Sull'ammissibilit� di donazioni da parte di . 
enti pubblici, in Gmr. compi. cass. civ. 1947, XXV, p. 482) cedente, � 
fuori discussione, ma non sembra possa in s� risolvere il problema in 
quanto analoga necessit� sussiste per ogni volizione della Pubblica Amministrazione, 
anche se al relativo interesse od alla relativa utilit� si 
provveda mediante la conclusione di altri contratti privatistici (v. GuGLIELMI, 
I contratti della Pubblica Amministrazione, in questa Rassegna 
1951, p. 61), di certo ad essa non inibiti. 
Tutto questo potr� forse incidere alquanto sul requisito della spontaneit�, 
ma non sempre e non del tutto, giacch� spontaneit� noh pu� significare 
assenza di un interesse od anche di un'utilit� nel senso in cui 
qui se ne discorre ( v. in proposito Cass. S.U. 17 novembre 1953 n. 3540 
cit.); potr� piuttosto incidere su � I'animus donandi, che se c'� � irrilevante 
� (ALESSI, scritto e loco cit.) o che, comunque, si presenterebbe 
in modo particolare, senza per ci� snaturare l'essenza del contratto di 
donazione (v. Cass. S.U. ult. cit.), ma specialmente se la nozione di 
animus donandi come diversa dall'oggetto e dalla causa � superflua, e 

I. 
. 

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.�. 

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PARTB II, RASSEGNA DI DOTTRINA '2'1 

secondo la costruzione del Balbi lo �, o, almeno, in s�, come comunemente 
la si intende, non � indispensabile alla qualificazione del contratto, di cui 
si tratta, la soluzione del problema dovr� rinvenirsi per altra via. N� 
varrebbe osservare che spesso in quelle cessioni gratuite si rinviene una 
condizione od un modus, giacch� n� l'una n� l'altro, pure secondo il 
Balbi, snaturerebberro di per s� il contratto di donazione, come non 
varrebbe parlare genericamente di liberalit�, giacch� sarebbe un modo 
di aggirare nella forma il problema il quale nei suoi termini essenziali 
potrebbe riproporsi immutato. La verit� potrebbe essere che le liberalit� 
in genere e le donazioni in ispecie nei sensi ora. accennati non fossero 
assolutamente incompatibili con la natura di ente pubblico (v. pure 
Relazione Avvocatura Stato 1956-1960, vol. III, p. 80-81, SEPE, Contratti 
della Pubblica Amministrazione, in Enciclopedia del diritto, vol. IX, 
Milano, 1961, p. 989-990, MIELE, In tema di atti di liberalitd degli enti 
pubblici, Foro amm., 1958, II, 1, p. 500 e segg. e FERRARA, Teoria delle 
persone giuridiche, Napoli 1923, p. 866), ma, ad ogni modo, e il 
problema della validit� della trasmissione gratuita deve essere considerato 
problema concreto, da risolversi in concreto caso per caso, sganciandolo 
dalla questione astratta dell'ammissibilit� di donazioni da parte 
di enti pubblici� (ALESSI, scritto e loco cit.), non senza tener conto della 
potest� dell'ente, in relazione alle norme anche statutarie, che ne disciplinano 
l'attivit�, di porre in essere una trasmissione patrimoniale a 
titolo gratuito ed alla sussistenza di un interesse pubblico sufficiente a 
giustificare tale trasmissione (v. Relazione citata p. 81). Cos� potrebbero 
pure superarsi talune obbiezioni di principio (v. per tutti, con chiarezza 
di impostazione, larghezza di indagine, e dovizia di argomenti, TORRENTE, 
op. cit., p. 326 e segg., il quale tuttavia nota la peculiarit� nei rapporti 
tra enti pubblici, esclusa, invece, dal ROHERSENN, I contratti della Pubblica 
Amministrazione, vol. I, Bologna, 1959, p. 57 e segg.; v. pure C. 
CAMMEO, I contratti della Pubblica Amministrazione, Firenze, 1954, p. 
146 e segg., il quale, per�, negando rilevanza sostanziale a molte delle 
argomentazioni comuni ad altri autori, riconduce la impossibilit� per 
gli enti pubblici di porre in essere validi contratti di donazione ai principi 
dell'aderenza allo scopo e della competenza), se non risolversi ogni 
questione in relazione alle ipotesi prospettate (cfr. BIONDI, op. cit., pagg. 
209 e segg.). 

Collegata a questo problema �, sotto certi aspetti, la questione della 
stipula d� tali atti a mezzo degli ufficiali roganti delle Amministrazioni. 
La giurisprudenza ha ripetutamente affermato la nullit� della donazione 
fatta da un Comune, se _rogata dal Segretari.o comunale (v. Cass. S.U. 
14 marzo 1961 n. 577 c�t. e, da ultimo, Cass. 15 febbraio 1963 n. 329): 
l'A. ponendo la questione, in armonia con i presupposti, solo per l'accettazione 
(rectius: per le donazioni ricevute), esclude la possibilit� del 
compimento dell'atto a mezzo di ufficiale rogante per tutti gli enti pubblici 
(cos� pure TORRENTE, op. cit., p. 423; contra BIONDI, op. cit., p. 444 
e segg.), ma, in effetti, mentre sembra �nconferente il motivo addotto 
dell'assenza di specifiche norme in proposito (v. pure BIONDI, op. e loco 
ult. cit.), appare innegabile la diversa formulazione delle �pertinenti disposizioni 
della legge comunale e provinciale e della legge e del regolDmento 
di contabilit� dello Stato, diversa formulazione, che potrebbe far 
venir meno per quanto disciplinato dalle norme di contabilit� dello 
Stato quel rapporto tra le funzioni dell'ufficiale rogante e la particolare 
procedura: prevista di regola per i contratti della Pubblica Ammini



I


I 


I t.�: 
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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strazione e non applicabile alla donazione (v., per�, Cass. 9 ottobre 1962 

n. 2892 in questa Rassegna, 1963, 83, ma cfr. 
pure la nota redazionale ivi, 
p. 
84-85, e Relazione cit., p. 83). 
BENEDETTO BACCARI 
M. RossANo, L'espropriazione per pubblica utilit�, voi. I -Torino, 
1964, pp. 480. 
Il teni.a. dell'espropriazione per pubblica utilit� � di sempre vivo, 
anzi crescente, interesse, per lo sviluppo dei campi di applicazione delI'istituto, 
.. ed una nuova opera in materia, quindi, non pu� non richiamare 
l'attenzi�ne dello studioso, in genere, ed iri particolare di chi, 
nella .quotidiana pratica professionale, si trova ad affrontare questioni 
e problemi che, _nel considerato settore, e specialmente in rapporto a 
nuovi orientamenti su aspetti generali che necessariamente vi si connettono, 
non mancano di presentarsi con profili spesso delicati e, comunque, 
implicanti un coordinato ed armonico esame dei principi e 
della particolare disciplina positiva. 

Apche il nome del� chiaro A. -cui si deve, tra l'altro, la pur succinta, 
ma esauriente e chiara esposizione della voce � Espropriazione 
per pubblica utilit� :1> del Novissimo Digesto -, sollecita all'esame del 
lavoro in rassegna, il quale, frutto di una encomiabile fatica condotta 
con pari impegno alla ricerca di conclusioni su piano squisitamente 
s�ientifico, in ordine agli argomenti fatti oggetto della trattazione, ed 
alla applicazione, poi, dei risultati cos� raggiunti, alle varie situazioni 
che in� concreto possono venire in rilievo, si presenta come utile strumento 
di studio e�-di indagine, sia per il cultore che per l'operatore pratico 
. del diritto. 

Il disegno dell'opera, della quale ha visto ora la luce il primo volume, 
risponde ad. una impostazione sistematica, in funzione della quale, 
e dopo .alcuni interessanti cenni storici, l'istitut� dell'espropriazione per 

p.u. viene visto ed esaminato, in primo luogo, in rapporto ai principi nei 
quali esso si inquadra, e poi trattato con riferimento alle norme particolari 
�che lo regolano, nel nostro ordinamento; con approfondimento, 
alla stregua della legge 25 giugno 1865 n. 2359, in ordine alle varie fasi 
del procedimento (atti preparatori; dichiarazione di p.u.; designazione 
dei beni; determinazione dell'indennit�; decreto di espropriazione, etc.), 
nonch� circa la normativa concernente la retrocessione, le occupazioni 
temporanee, le espropriazioni per opere militari, quelle con obbligo di 
contributo, quelle di immobili di interesse storico o artistico, e quelle, 
sempre secondo la legge fondamentale, per i piani regolatori edilizi e di 
a,tp.plianiento: alla quale trattazione segue io studio delle materie regolate 
da leggi speciali, ed in particolare, in questo primo volume, delle 
disposizioni della nota legge 15 gennaio 1885 n. 2892 per la citt� di Napoli 
e di quelle che le dette norme hanno esteso successivamente ad altri 
casi di espropriazione, delle norme per la esecuzione di opere pubbliche, 
di cu� al R.D. B febbraio 1923 n. 422, di quelle della legge urbanistica 17 
agosto 1942 n. 1150, e di quelle, infine, sui piani di ricostruzione. 
� Quanto alla parte concernente pi� specificamente il procedimento, 
fn senso_ ampio, secondo l'accennata ripartizione di argomenti, va sottolineata 
l'ampiezza dei richiami giurisprudenziali, che sono spesso espo



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA '19 

sti, anzi, con riferimento ad una minuta casistica, la quale si rivela di 
particolare utilit� specialmente in relazione a quelle questioni che, per 
la loro stessa natura, vanno esaminate sulla base di una approfondita 
elaborazione di situazioni di specie, passate al crivello dell'esperienza 
giudiziaria: ed � quanto va detto, in particolare, delle questioni concernenti 
la qualificazione e la valutazione dei beni, per la determinazione 
dell'indennit�, e con speciale riguardo, inoltre, alle collegate e conseguenti 
applicazioni .in tema di espropriazione parziale, di incrementi valutabili 

o meno in dipendenza di piani regolatori urbani o di piani di sviluppo 
di zone industriali, di determinazione, infine, delle indennit� ex art. 46 
della legge fondamentale: per le quali questioni tutte, e con riferimento 
anche ai limiti del sindacato consentito, nella soggetta materia, alla Corte 
regolatrice, � sulla consistenza del bene in base ad elementi tipici � e 
� sull'applicazione di elementi tipici rilevanti per regole tecniche �, in 
genere, � veramente ricca l'informazione sullo stato della giurisprudenza 
(cfr. pp. 234-280 et passim). 
Anche copiose, d'altro canto, sono le citazioni riguardanti i temi 
di fondo della trattazione, in relazione ai quali, per�, i riferimenti assumono 
un diverso e pi� impegnativo significato, poich� l'A. se ne serve 
per saggip.re e confrontare, reciprocamente, posizioni dottrinarie e giurisprudenziali, 
rispetto alle une ed alle altre, inoltre, sempre avendo cura 
di indicare la propria adesione o il proprio dissenso, con motivazione che, 
quando apparentemente succinta, trova poi pi� ampia giustificazione nelle 
conclusioni additate nella parte preliminare, nella quale sono esaminate . 
in profondit�, in teoria generale, i fondamenti stessi dell'istituto della 
espropriazione per pubblica utilit�. 

Ed � tale prima parte, appunto, quella di maggiore interesse, per 
l'inquadramento dommatico delle questioni, al cui approfondimento il 

R. perviene con una accurata indagine sulla base dei principi costituzionali, 
da una parte, ed in relazione ai concetti di potere giuridico e di 
fattispecie, dall'altra, con le conseguenti considerazioni in tema di responsabilit� 
dell'a.p., di consistenza delle situazioni giuridiche dei privati 
rispetto ai quali il potere di espropriazione sia esplicato, ed in 
relazione ad eventuale illegalit� o illegittimit� dell'azione amministrativa, 
di discriminazione, infine, ed anche .in rapporto alle dette situazioni, 
delle competenze giurisdizionali. 
Si sarebbe tentati di dar conto pi� ampiamente dello sviluppo, negli 
accennati sensi, della trattazione, e delle conclusioni cui l'A. perviene, 
in relazione alle quali, per�, e derivando le stesse, come def resto � 
logico, dall'accettazione o meno di una o di altra concezione sui temi 
generali, si rischierebbe. di portare il relativo discorso ben oltre i limiti 
propri di una nota di recensione, eh.e vuole servire, ii:J: particolare, a 
segnalare l'opera per l'interesse che essa presenta nella specifica materia 
esaminata. 

Ed in tale ordine di idee, quindi, ci si limiter� ad accennare ad 
alcune peculiari questioni, e cos�, in primo luogo, a quella concernente 
la nozione di �indennizzo� secondo l'articolo 42 della Costituzione, in 
relazione al quale il R., esprimendo la propria perplessit� circa l'inter...; 
pretazione accolta dalla Corte Costituzionale (la quale, come � noto, ha 
avuto occasione di ribadire che l'indennit�, pur se non deve essere irrisoria, 
nemmeno deve, d'altro canto, necessariamente corrispondere al 
valore venale del bene espropriato: cfr. tra le altre, sent. 12 febbraio 
1960 n. 5 Relaz. Avv. Stato 1956-60, I, 290 segg., �ve ampi riferimenti 


80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anche a precedenti pronunce sul punto), sostiene, pur se non in termini 

di assolutezza, che appunto il criterio del valore venale dovrebbe, invece, 

e di regola � essere tenuto presente, anche alla stregua della coscienza 

sociale, quale espressa dalla elaborazione di vari progetti di riforma 

della legge sulle espropriazioni (p. 61): la quale opinione, e questo sem


bra anche il pensiero dell'A., in definitiva, non dovrebbe comunque esclu


dere ogni diversa valutazione, che non potrebbe non essere riservata al 

legislatore ordinario, dei criteri di contemperamento degli interessi pub


blici e di quelli dei privati, in relazione ai singoli considerati fini di 

utilit� generale, e secondo il principio, rilevato appunto dalla Corte Co


stituzionale, per cui l'indennizzo deve soltanto rappresentare � il massimo 

di contributo e di riparazione che, nell'ambito degli scopi di generale 

interesse, la pubblica Amministrazione pu� garantire all'interesse privato�. 

Quanto alle questioni che si pongono in relazione alla dichiarazione 

di pubblica utilit�, e pur se in alcuna conclusione, e sempre in relazione. 

a posizioni di principio, non sembra potersi consentire, va segnalata la 

specifica organica trattazione in ordine ai requisiti soggettivi ed oggettivi 

(p. 86-109), che consente una analitica ed interessante disamina, in particolare, 
dei problemi concernenti la competenza degli organi amministrativi, 
da una parte, e, dall'altra, la prefissione dei termini, e, quanto 
a questi, con speciale riguardo alla dichiarazione ex lege ed a quella implicita. 
Ed un cenno va fatto, infine, della conclusione cui l'A. perviene, 
con riferimento alla nozione di limiti estrinseci ed intrinseci del potere, 
ed alla distinzione esistenza-esercizio del potere, in rapporto alla dichiarazione 
di pubblica utilit� ed alla espropriazione: conclusione, secondo 
cui �il difetto dei requisiti di esistenza del potere (limiti intrinseci) implica 
l'inesistenza giuridica dell'atto che appaia emesso come atto di esercizio 
del potere � (p. 37), e sulla base della quale l'A. rileva che deve 
perci� ammettersi la risarcibilit� del danno, in detta ipotesi, e pure nel 
caso che sia soltanto violata una norma sull'esercizio del potere (della 
quale violazione effetto normale � l'annullabilit� dell'atto), quando la 
violazione abbia anche cagionato, sia pure e in modo mediato ed indiretto 
la lesione di un diritto soggettivo, che sia connesso all'interesse 
legittimo� (p. 38). E va detto, in particolare, che di tale conclusione (
che i limiti di queste note, si ripete, non consentono di pi� ampiamente 
discutere, e rispetto alla quale, ad ogni modo, non possono non formularsi 
riserve, che investono il pi� generale problema della risarcibilit� 
in rapporto a violazione di interessi legittimi: cfr. lo studio del FOLIGNO 
in questa Rassegna, 1963, I, ss., e le nostre brevi osservazioni nella recensione 
de �L'illecito�. dell'ALESSI, ivi, 1964, II, 25) -l'A. indica 
una peculiare applicazione in tema di concorrenza di tutele giurisdizionali 
in caso di inefficacia della dichiarazione di pubblica utilit� per scadenza 
del termine prefisso, tutela che dovrebbe ammettersi congiuntamente (p. 
107), e senza nemmeno il limite preclusivo del giudicato (p. 130), sotto 
il profilo che al giudice ordinario si chiederebbe la restaurazione del diritto 
leso, mentre da quello amministrativo si invocherebbe l'annullamento 
dell'atto in vista dell'interesse pubblico immediatamente protetto: 
la quale conseguenza, in verit�, appare eccessiva, giacch�, a prescindere 
dalle pi� generali questioni in materia di doppia tutela (si 
veda, in argomento, Relaz. Avv. Stato, 1956-60, II, 137 segg.), verrebbe 

.ad ammettersi, ed insieme a negarsi, la rilevanza dell'interesse pubblico 
e dell'atto amministrativo in concreto emanato, e ci�, inoltre, senza ade



PARTB II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

guato conto degli effetti di quest'ultimo e della sua inoppugnabilit�, 
quando verificatasi, da un canto, e, dall'altro, dei limiti della possibile 
disapplicazione da parte del giudice ordinario, al quale deve comunque 
ritenersi non consentito di esaminare e nemmeno in via pregiudiziale, 
la questione concernente la l~gittimit� dell'atto medesimo (cfr. GUGLIELMI, 
La pregiudiziale amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 399). 

Le riserve innanzi espres~e, ed in quanto relative a questioni ancora 
fatte oggetto di ampio dibattito, nulla tolgono, ovviamente, al pregio dell'opera; 
e di questa, quindi, va atteso con interesse anche il promesso 
completamento, in relazione al quale, per altro, sarebbe soltanto da auspicare 
di veder collocate in note, e specialmente per ci� che riguarda la 
parte pi� squisitamente teorica, le citazioni, spesso integrali, di disposizioni 
di legge che, inserite nel testo, come in questo primo volume, ne 
interrompono in qualche modo la pi� armonica lettura. 

MARIO FANELLI 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI* 

D.P.R. 14 FEBBRAIO 1964 n. 237 -Emanato in virt� della delega �conferita 
al Governo con la legge 12 dicembre 1962 n. 1862, detta disposizioni 
in materia di leva e reclutamento o~bligatorio nell'Esercito, nella 
Marina e nell'Aeronautica. Per le controversie di competenza dell'autorit� 
giudiziaria, in materia di arruolamento (art. 25, lettere b e c; art. 
54) � previsto che le stesse sono � giudicate con procedura di urgenza dal 
Tribunale nella cui giurisdizione siede il Consiglio di leva, in contraddittorio 
del Presidente del Consiglio di leva� (art. 55); per le sanzioni 
penali, dispongono gli articoli 128 e ss., con precisazione dei reati di 
competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria e di quelli devoluti alla 
cognizione dell'autorit� giudiziaria militare. (G. U. 5 maggio 1964 n. 110, 
suppl.). 
D.P.R. 5 MARZO 1964 n. 338 -Modifica gli articoli 53 e 260 del regolamento 
doganale, con semplificazione della procedura per le operazioni 
di esportazione di merci ammesse alla restituzione di diritti (G.U. 3 giugno 
1964 n. 134). 
D.P.R. 5 MARZO 1964 n. 339 -Modifica l'art. 2 del D.P.R. 27 febbraio 
1955 n. 192, contenente norme di attuazione della legge 31 luglio 1954 
n. 570, in tema di restituzione dell'imposta generale sull'entrata sui 
prodotti esportati (G.U. 3 giugno 1964 n. 134). 
LEGGE 24 GIUGNO 1964 n. 420 -Converte in legge, senza modificazioni, 
il D.L. 24 aprile 1964 n. 212, recante norme sul trattamento fiscale delle 
vendite di merci allo stato estero (G.U. 26 giugno 1964 n. 155). 

LEGGE 24 GIUGNO 1964 n. 421 -Converte in legge, con modificazioni, 
i1 I>. L. 24 aprile 1964 n. 213, recante disposizioni in materia di imposta 
di bollo e di bollo sui documenti di trasporto per atti relativi al commercio 
internazionale (G.U. 26 giugno 1964 n. 155). 

* Si segnalano quelli ritenuti di maggiore interesse. 
DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE 

PROPOSTA DI LEGGE n. 502, di iniziativa dei Deputati Foderaro e Sammartino, 
presentata alla Camera dei Deputati il 1� ottobre 1963 ed m 
�isrussione davanti alla X commissione permanente (trasporti), in sede 
referente: Risarcimento obbligatorio del danno alle vittime della circolazione 
dei veicoli a motore. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

PROPOSTA DI LEGGE n. 981, di iniziativa dei Deputati Orlandi, Gagliardi, 
Merenda, presentata alla Camera dei Deputati il 15 .febbraio 
1964 ed in discussione davanti alla X commissione permanente (trasporti), 
in sede referente: Assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore 
per responsabilit� civile verso i terzi. 

PROP-OSTA DI LEGGE n. 1310, di iniziativa dei Deputati Isgr�, Butt�, 
Colombo Vittorino, Bianchi Fortunato, presentata alla Camera dei Deputati 
il 28 aprile 1964 ed in discussione davanti alla X commissione 
permanente (trasporti) in sede referente: Provvedimenti relativi ai danni 
provocati dalla circolazione dei veicoli a motore. � 

* * * 

:J:.,e tre proposte sopraindicate verranno qui considerate nell'ordiI1e, 
ma in un'unica trattazione poich� � esse, attinenti ad. ana,loghe materie, 
presentano pure delle interferenze, onde congiuntamente s� ne discute 
davanti alla Commissione, cui sono state assegnate in sede referente. 

* * * 

La proposta n. 502 prevede l'istituzione di un Fondo, ente di diritto 
pubblico senza scopo di lucro sottoposto alla vigilanza del Ministero 
dell'Industria e� commercio, per il risarcimento obbligatorio del danno a 
favore di coloro che siano vittime di incidenti causati dalla circolazione 
dei veicoli a. motore per colpa del proprietario (e dell'usufruttuario? e 
dell'acquirente con patto di riservato dominio?) o del conducente dei 
veicoli stessi circolanti senza guida di rotaie o di filo per presa di cor-; 
rente sulle strade del territorio della Repubblica, nei casi, in cui il resp,
onsabile rimanga sconosciuto ovvero risulti totalmente o parzialmente 
insolvibile e non sufficientemente coperto da assicurazioni entro i masslmali 
previsti dalla medesima proposta (artt. 1-2). 

Tale proposta prevede lin:�iti nell'ammontare del risarcimento (quindici 
milioni per sinistro e tre milioni per ciascun sinistrato) -art. 4 ... 
e limiti per i danni risarcibili (danni di una determinata gravit� alla 
persona) -art. 3. -, esclude dal risarcimento una serie di soggetti (tra 
cui i trasportati, i soci ed i dipendenti dei responsabili, gli aventi 
diritto a prestazioni da assicurazioni contro gli inf�rtuni' sul lav�ro o 
sociali fino a concorrenza dei massimali) -art. 5 -, condiziona l'azione 
del danneggiato alla� denuncia in un breve termine (art. 6) e l'obbligo 
del' risarcimento, in caso di insolvibilit�, ad adempimenti tendenti ad 
accertarla (art. 7), disciplina il diritto di rivalsa del Fondo (art. 8) e 
ne stabilisce la composizione del consiglio di amministrazione (art. 11) 
e le fonti dei mezzi per l'attuazione degli scopi (artt. 9-10), con applicazione, 
in favore di esso, di privilegi tributari (art. 12). �� 

La pr�posta stessa � illustrata da una preinessa, in cui se ne -mettono 
in luce i pregi, principalmente di fronte al sistema della assicurazione 
obbligatoria, ma .i motivi addotti, data la loro natura, non 
c�stituiranno per ovvie ragioni �ggetto di considerazione� in questa� sede. 

Converr�, peraltro, segnalare che t�tte le argo�n�ntazioni svolte con 
riferimento alta prop�sta di cui si tratta sono esaminate punto per punto 
nella illustrazione premess� alla proposta di legge n. 981 (sulla base anche 
dei rilievi della Commissione permanente industria e commercio in 
merito ad altra proposta, di contenuto similare a quella n. 502, presen



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tata nella scorsa legislatura), illustrazione di ben ventinove facciate, corredata 
da tre allegati, nella quale si svolgono altresi osservazioni in 
ordine agli inconvenienti che la istituzione del Fondo potrebbe presentare. 
La completezza di siffatta illustrazione, la quale attiene anche agli aspetti 
giuridici del problema, esime pure da considerazioni del genere. 

Pu� solo aggiungersi � sul piano tecnico-giuridico che la facolt� attribuita 
al Fondo di avvalersi, per l'esercizio dell'azione di regresso, 
della legge 14 aprile 1910 n. 639 (prima parte del secondo comma dell'art. 
8 della proposta n. 502), seppur rispondente ad esigenze di pronta 
reintegrazione dei mezzi finanziari, non sembrerebbe, per quanto riguarda 
le somme esborsate in favore delle vittime di incidenti il cui responsabile 
dapprima sconosciuto sia poi identificato, in perfetta armonia con i principi 
di diritto, giacch� secondo questi occorrerebbe un giudizio normale 


(v. pure Cass. 16 luglio 1963 n. 1950); ed ancora rilevarsi come, alla 
stregua degli articoli 6 e 7 della proposta, di cui si tratta, qualsiasi 
danneggiato, in ogni caso, parrebbe costretto a fare la denuncia dell'incidente 
al Fondo ed a dargli notizia degli atti esecutivi intrapresi, giacch� 
nei brevi termini previsti per tali adempimenti potrebbe l'interessato 
I 

non sapere se ricorreranno gli estremi per l'azione nei confronti del 
Fondo medesimo. 

i 

* * * 

La proposta n. 981 �, come gi� accennato, illustrata da una premessa 
completa ed esauriente sotto ogni aspetto. Ci�, beninteso, non significa 
che gli argomenti addotti contro il sistema dell'assicurazione obbligatoria 
siano superati; ne � riprova la presentazione successiva. della proposta �: 
di legge n. 1310, di cui si dir�, e la discussione, tutt'ora in atto, mentre 
;;1 scrive, di questa proposta e della proposta n. 502, le quali entrambe 
contestano la bont� di quel sistema. 

I

Sta di �ratto, per�, che la proposta di legge n. 981 prende le mosse 
dagli � impegni che l'Italia ha assunto in sede internazionale con la W: 
firma della convenzione europea per l'assicurazione obbligatoria in materia 
di responsabilit� civile autoveicoli, promossa dal Consiglio di 
Europa�. 

E' vero che tale convenzione consente ampi margm1 di discrezionalit� 
nel modo di attuazione dei principi fissati e non � stata ancora 

iratificata, ma la sua importanza � innegabile, e, da un canto, il testo 

~ 

della proposta n. 981 appare molto aderente alla citata convenzione, dall'altro, 
la mancata ratifica, finora, di questa non consente illazioni in 
quanto �per effetto dell'art. 1 della convenzione� stessa �i paesi che 
ad essa hanno aderito sono impegnati � ad adottarne il sistema previsto 
�entro sei mesi dall'entrata in vigore nei loro confronti�, onde pu� ben 
ritenersi �che il nostro Governo, per presentare il disegno di legge di 
ratifica e di esecuzione, attenda � prima i provvedimenti del Parlamento 
rivolti ad introdurre quel sistema anche nel nostro Paese. 

ll testo della proposta di legge n. 981 si compone di ventinove articoli, 
i quali disciplinano: 

a) l'obbligo dell'assicurazione, l'estensione di tale obbligo e la portata 
dell'assicurazione (artt. 1-5), la prova dell'adempimento dell'obbligo 
(art. 7), le conseguenze del trasferimento del veicolo (art. 8) ed i massimali 
assicurativi (art. 9); 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 85 

b) l'esercizio dell'assicurazione obbligatoria da parte delle imprese assicuratrici 
(artt. 10-15); 
c) gli effetti dell'assicurazione obbligatoria quanto ai diritti ed alle 
azioni di tutti gli interessati (artt. 16-19); 

d) il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli 
per i quali comunque non sia stato adempiuto all'obbligo della assicurazione 
o che non vengano identificati (artt. 20-24); 

e) le sanzioni penali per il mancato adempimento dell'obbligo di 

assicurazione (art. 25); 
f) le situazioni transitorie (art. 26-27); 
g) le imposte relative (art. 28); 
h) l'emanazione del regolamento di esecuzione e l'entrata in vigore 

della legge (art.. 29). 
Per quanto qui interessa, converr�, innanzitutto, rilevare che pur 
nella vastissima estensione dell'obbligo, il quale si pu� dire non lasci 
scoperta alcuna ipotesi, beninteso nell'ambito dei massimali e salve le 
limitazioni per i terzi trasportati, escludendovi solo le macchine agricole 
ed i ciclomotori ma includendovi anche alcuni tipi di natanti, si � ritenuto 
di esonerare dall'assicurazione lo Stato e di prevedere la possibilit� 
di esonero per le aziende municipalizzate. Benvero, tali esoneri sono 
nella illustrazione premessa alla proposta n. 981 rapportati alle garanzie 
di solvibilit� (per la precisione nella citata convenzione si fa cenno a 
� garanties financi�res suffisantes pour demeurer leur propre assureur > e, 
prima ancora genericamente, alla facolt� di esenzione per i veicoli appartenenti 
Lj des autorit�s publiques nationales ou �tr�ang�res ou � 
des organisations intergouvernementales >), ma le ragioni su un piano 
pi� strettamente giuridico potrebbero consistere nel non essere consentita 
allo Stato la conclusione di contratti di assicurazione (v. oltre p. 100 
e segg.) e sotto questo aspetto, se non anche sotto l'accennato aspetto 
della garanzia di solvibilit�, quanto meno la possibilit� di esonero prevista 
per le aziende municipalizzate sarebbe da estendere a tutti gli 
enti pubblici. 
Converr� altres� ;rilevare come le disposizioni per garantire l'osservanza 
dell'obbligo dell'assicurazione, nella relativa modestia delle sanzioni 
previste a carico degli inadempienti, mentre sembrano efficienti per 
i contratti da stipulare con riferimento ai nuovi veicoli, i quali non potrebbero 
essere messi in circolazione senza la prova della stipula del 
contratto, non appaiono altrettanto adeguate per quanto attiene alle successive 
vicende, cui si riferisce lo art. 8 e potrebbe riferirsi l'art. 17 
della proposta senza chiarire compiutamente gli effetti di tali vicende; 
n� si ritiene che in relazione a tutto ci� sia da provvedersi con il regolamento 
di esecuzione. 
Qualche riserva, sempre sul piano giuridico, pu� farsi, sia pure 
dando atto di accuratissime disposizioni per garantire gli adempimenti 
delle imprese assicuratrici, con riferimento alla mancata previsione dell'ipotizzabile 
sottoposizione delle stesse a procedure concorsuali; mentre 
.rispondente, si ritiene, invece, la concessione della delega al Governo per 
la variazione, ove necessario, della misura di massimali, che nella prima 
applicazione della legge si sono prudentemente tenuti in limiti piuttosto 
bassi. 
A proposito, poi, dell'azione diretta del danneggiato (e degli enti 
anticipatari di spese ed indennit� in suo favore) nonch� dei pagamenti 
effettuati in buona fede dall'assicuratore, mentre non sembra disposta 


86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATI) 

una funzionale pubblicit� dei c::ontratti di assicurazione (magari mediante 
trascrizione presso il P.R.A.) per consentire agli aventi diritto di 
conoscere con tempestivit� l'impresa assicuratrice obbligata, anche prescindendosi 
dalla cooperazione dell'assicurato, non appaiono convenientemente 
tutelate le ragioni degli stessi di fronte al pericolo di un paga.
mento liberatorio dell'assicuratore, che li lascerebbe con un'azione di 
dubbia efficacia nei confronti del percipiente, cos� come lo sarebbero vietandosi 
i pagamenti prima della scadenza dei termini per le denunzie 
e prima dell'acquisizione, da parte dell'assicuratore ed a cura del danneggiato, 
della prova di tempestiva informazione a quegli enti, che po


trebbero aver diritto ai previsti rimborsi. 

Ancora per quanto riguarda il termine delle denunzie dei danni, 
causati da veicoli per i quali non risulti adempiuto l'obbligo dell'assicurazione 
e �risarciti nei limiti dei massimali previsti per l'assicurazione 
obbligatoria�, salva, si ritiene sottinteso, l'azione per il di pi� nei 
confronti dei responsabili, tenuti anche alla rivalsa dell'impresa assicuratrice 
designata, la scadenza fissata come per la denuncia nei casi normali 
di veicoli assicurati sembrerebbe da posticipare per la necessaria 
armonia con quanto in rapporto a tali casi � disposto, evitandosi denunzie 
tuzioristiche fin quando sia ancora possibile identificare utilmente 
l'assicuratore. 

Infine, per quanto attiene alla tutela contro il pericolo di frodi, nel 
caso �di richieste di risarcimento di danni provocati da veicoli non identificati
�, l'onere della denuncia di sinistro entro cinque giorni all'Autorit� 
Giudiziaria od agli organi di polizia giudiziaria, m~ntre costituisce 
una relativa remora per chi gi� si esporrebbe ad altri reati, imporrebbe 
un sovraccarico di lavoro per molti uffici, se non si limitasse, magari con 
il diritto al risarcimento, ai casi di danni alle persone. 

* * * 

La proposta n. 1310 muove da talune obbiezioni di principio al sistema 
dell'assicurazione obbligatoria, peraltro considerate dai fautori di 
tale sistema, nonch� da taluni rilievi di carattere statistico (per quanto 
del caso provvederebbe poi uno speciale reparto di studi e ricerche da 
costituire presso l'Istituto centrale di statistica: art. 1-2 della proposta) 
e si avvicina molto alla proposta n. 502, prevedendo la costituzione in 
consorzio �delle imprese assicuratrici, con lo � scopo di risarcire i danni 
alle persone causati dalla circolazione dei veicoli a trazione meccanica 
senza guida di rotaie... esclusi i ciclomotori, le macchine agricole ed i 
veicoli appartenenti allo Stato, nel caso in cui il responsabile: a) rimanga 
sconosciuto; b) non sia assicurato o lo sia presso un'impresa caduta 
in stato di insolvenza e non possa far fronte ai propri obblighi di 
risarcimento � (art. 3, prima parte). 

Le gestione di tale consorzio, avente personalit� giuridica, senza 
scopo di lucro, sottoposto alla vigilanza del Minister� della industria e del 
commercio, sarebbe affidata all'Unione italiana di riassicurazione e la 
amministrazione ad un apposito comitato (art. 3, seconda parte). 

La� proposta prevede un limite, variabile in futuro, per l'ammontare 
del risarcimento (L 15.000.000 per sinistro e L. 5.000.000 per sinistrato, 
c�n diritto del Consorzio di detrarre quanto dovuto al danneggiato 
per assicurazioni sociali) -art. 4 -, i mezzi per l'attuazione degli 
scopi �del consorzio (tassa sui premi, compensata ampiamente da di



PARTE II, .RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

�ninuzioni deUe attuali relative imposte, contributo dei proprietari dei 
veicoli, rimborsabile a chi contrae Ia assic�razi�ne; somme recuperate 
in sed� di regresso) -artt. 5 e 6 -, le categorie di persone escluse dal 
�beneficio� (art. 7). E' altres� prevista una dettagliata regolamentazione 
delle imprese assicuratrici del ramo (artt. 11-14) e sono disciplinate minutamente 
l'azione diretta del danenggiato nei confronti dell'assicuratore 

o contro il consorzio e la azione di regresso del consorzio stesso contro 
il responsabile, identificato, rafforzata dalla eventualit� di sospensione 
tlella patente di guida, che dovrebbe costituire pure una forma 'di coazione 
indiretta a contrarre l'assicurazione (artt. 8, 9 e 15). 
La proposta n. 1310 non si sottrae a molte delle considerazioni 
svolte nella richiamata illustrazione premessa alla proposta n. 981 e 
talune osservazioni gi� fatte in precedenza si prestano ad essere estese 
ad essa. Di particolare � da rilevare che la prevista non opponibilitii 
al consorzio non chiamato ad intervenire nel relativo giudizio delle sentenze 
emesse contro il responsabile del sinistro sembrerebbe consentire 
al danneggiato, il quale non conoscendo a priori la solvibilit� del r.esponsabile 
per non dover promuovere. un giudizio ex novo in ogni caso 
in cui potesse ipotizzarsi anche solo in via eventuale un suo .diritto nei 
confronti del consorzio una tale facolt� eserciterebbe, di chiamarlo in 
causa con le ovvie conseguenze che ci� comporta, senza dire delle questioni 
che in merito sempre sul piano giuridico sarebbero adombrabili 
con riferimento proprio al carattere dell'obbligo del consorzio. 

* * * 

A conclusione di quanto si � scritto, appare interessante ricordare 
che nella seduta della X commissione permanente (trasporti) della Camera 
in data 20 maggio 1964 il relatore ha espresso parere� favorevole 
alla proposta n. 981 e contrario alle proposte ri. 502 � 1310. 

PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI 

SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' 

DISPOSIZIONI DI LEGGE DELLE QUALI E' STATA DICHIARATA 
L'ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE . 

D.P.R. 9 MAGGIO 1961 n. 792, art. unico (Norme sul trattamento economico 
e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili. ed affini 
della provincia di Perugia). 
Dell'indicata norma, e nei limiti in cui con la stessa era disposta 
l'obbligatoriet� erga omnes delle clausole n. 8 e n. � 9 dell'accordo di 
lavoro 21 novembre 1959 per la provincia di Perugia, � stata dichiarata 
l'illegittimit� costituzionale, in relazione ai limiti della legge di delega 
14 luglio 1959 n. 741, ed in riferimento agli articoli 76 e 77, primo 
comma, della Costituzione (Corte Cost., sent. 23 giugno 1964 n. 59, G.U. 
27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). 


88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 

I '

I 

DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA 
DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' f~ 
COSTITUZIONALE. 8'." 

CODICE DI PROCEDURA CIVILE, art. 460. 

R.D.L. 4 OTTOBRE 1935 n. 1827, art. 97, quarto comma (Improponibilit� 
della domanda giudiziale, nelle controversie in tema di previdenza ed 
assistenza obbligatorie, prima dell'esaurimento dei procedimenti amministrativi 
prescritti). 
Le questioni, proposte in relazione alle indicate disposizioni, sono 
state, in riferimento all'art. 113 della Costituzione, dichiarate non fondate 
(Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 47, G.U. 27 giugno 1964 n. 157, 
ed. spec.). 

LEGGE 25 GIUGNO 1865 n. 2359, art. 34 (Espropriazioni per pubblica 
utilit�). 

R.D. 25 DICEMBRE 1933 n. 1775, art. 33, comma terzo (Testo unico 
delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici). 
Le questioni sollevate in relazione alle indicate disposizioni, concernenti 
la perizia per la determinazione dell'indennit� di espropriazione 
secondo la legge fondamentale n. 2359 del 1865 ed il procedimento particolare 
del T.U. n. 1775 del 1933 (determinazione ad opera del Genio 
Civile), sono state dichiarate non fondate, in riferimento agli articoli 24, 
primo e secondo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione 
(Corte Cost., sent. 19 maggio 1964 n. 35, G.U. 23 maggio 1964 

n. 126, ed. spec.). 
R.D. 19 OTTOBRE 1923 n. 2316, art. 15, ultimo comma, modificato dalla 
LEGGE 24 DICEMBRE 1928 n. 3241, art. 4 (Ordinamento deila giustizia 
militare). 
La questione di legittimit� dell'indicata disposizione, concernente l'attribuzione 
di funzioni temporanee di giudice istruttore a magistrati di 
altro ruolo dei Tribunali Militari, e viceversa, � stata dichiarata non 
fondata, in riferimento all'art. 108, comma secondo. della Costituzione 
(Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 43, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. 
spec.). 

LEGGE l _GIUGNO 1939 n. 1089, artt. 45 e 68 (Tutela delle cose di 
interesse artistico o storico). 

In relazione alle indicate disposizioni, che pongono una particolare 
disciplina per le ricerche archeologiche e comminano sanzioni a carico 
dei trasgressori, � stata dichiarata non fondata la sollevata questione 
di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 27 e 41 della 
Costituzione (Corte Cost., sent. 23 giugno 1964 n. 54, G.U. 27 giugno 
1964 n. 157 ed. spec.). 

D.L.L. 27 GIUGNO 1944 n. 159, art. 9 (Sanzioni contro il fascismo). 
La disposizione concernente la confisca� dei beni � stata ritenuta 
non in contrasto con gli articoli 25 e 27 della Costituzione (Corte Cost., 
sent. 16 giugno 1964 n. 46, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). 


PARTE II, RASSEGNA DI I.EGISLAZIONE 

LEGGE 22 OTTOBRE 1954 n. 1041, artt. 1, 3, 6, 18 e 25 (Disciplina della 
produzione, del commercio e dell'impiego degli stupefacenti). 

Le questioni di legittimit� delle indicate disposizioni, sollevate in 
riferimento all'art. 25 deila Costituzione, sono state dichiarate non fondate 
(Corte Cost., sent. 19 maggio 1964 n. 36, G.U. 23 maggio 1964 n. 
126, ed. spec.). 

LEGGE 4 APRILE 1956 n. 212, art. 1; art. 8, comma quarto (Norme per 
la. disciplina della. propaganda elettorale). 

In relazione alle indicate disposizioni, che disciplinano la propaganda 
con manifesti, tabelle, etc., e prevedono sanzioni a carico dei 
trasgressori, � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� 
costituzionale, in riferimento all'art. 21, primo e secondo comma, della 
Costituzione. (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 48, G.U. 27 giugno 1964 

n. 157 ed. spec.). 
LEGGE 26 OTTOBRE 1957 n. 1047, art. 6 (Estensione dell'assicurazione 
per invalidit� e vecchiaia ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni). 

La questione di legittimit� dell'art. 6 (istituzione presso l'INPS 
di una gestione speciale autonoma per le pensioni ai coltivatori, mezzadri 
e coloni), che era stata sollevata in relazione all'art. 1 della legge 
4 agosto 1955 n. 692, ed in riferimento all'art. 81, ultimo comm.a, della 
Costituzione, � stata dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 19 maggio 
1964 n. 33, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). 

D.P.R. 29 GENNAIO 1958 n. 645, art. 207 lett. b. (Testo unico delle leggi 
sulle imposte dirette). 
La questione di legittimit� della disposizione dell'art. 207 lett. b, 
la quale prevede che il coniuge ed i parenti ed affini, entro il terzo 
grado, del debitore, non possono proporre opposizione a norma dell'art. 
619 c.p.c., salvo in relazione a beni costituiti in dote con atto anteriore 
alla presentazione della dichiarazione o alla notifica dell'accertamento, 
� stata dichiarata non fondata, in riferimento agli articoli 24, primo 
comma, e 42, secondo comma, della Costituzione (Corte Cost., sent. 16 
giugno 1964 n. 42, G.U. 27 giugno 1964 n. 157, ed. spec.). 

LEGGE 20 FEBBRAIO 1958 n. 75, art. 3 n. 8 (Abolizione della regolamentazione 
della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento d�lla prostituzione 
altrui). 

La questione di legittimit� dell'art. 3 n. 8 (favoreggiamento e sfruttamento) 
� stata, in riferimento agli articoli 13 e 25 della Costituzione, 
dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 44, G.U. 
27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). 

LEGGE 16 SETTEMBRE 1960 n. 1014, art. 27 (Norme per contribuire alla 
sistemazione dei bilanci comunali e provinciali). 

La questione di legittimit� dell'art. 27, che consente ai Comuni ed 
alle Provincie, in determinati casi, di applicare le imposte e le sovrimposte 
con eccedenze oltre i limiti per le stesse fissate dalla legge, � 
stata, in riferimento all'art. 23 della Costituzione, dichiarata non fondata 
(Corte Cost., sent. 23 giugno 1964 n. 58, G.U.� 27 giugno 1964 n. 157 
ed. spec.). 


. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�LEGGE 12 GIUGNO 1962 n. 567, artt. 1 e 7 (Norme in materia di affitto 
di fondi rustici).� 

Le disposizioni indicate, concernenti la determinazione del canone 
di affitto di fondi rustici alla stregua di apposite .tabelle formate da 
commissioni tecniche provinciali, sono state ritenute non in contrasto 
con gli articoli 41, 42 e 101 della Costituzione (Corte Cost., se:p.t. 23 maggio 
1964 n. 40, G.U. 30 maggio 1964 n. 132 ed. spec.). 

LEGGE 22 NOVEMBRE 1962 n. 1706, art. 4. (Interpretazione autentica 
deUa iegge 20 ottobre 1954 n. 1044, richiamata dalia iegge 27 maggio 
1959 n. 355, in materia di accertamento di vaiore nei trasferimenti di 
fondi rustici; integrazioni e modifiche). 

La questione di legittimit� sollevata in relazione alla norma dell'art. 
4, che precisa l'applicabilit� delle disposizioni degli articoli 1 e 2 
della stessa legge n. 1706 del 1962 a far �data.dall'entrata in vigore delle 
leggi n. 1044 del 1954 e n. 355 del 1959, per altro escludendo ogni ripetizione 
di imposte gi� pagate, � stata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, 
dichiarata non fondata (Corte Cost., sent. 23 maggio 1964 

n. 39, G.U. 30 maggio 1964 n. 132, e.d. spec.). 
LEGGE 15 FEBBRAIO 1963 n. 150, art. unico (Modifica deH'art. 18 deHa 
legge 16 settembre 1960 n. 1014 ed interpretazione autentica deH'art. 117 
dei testo unico per ia finanza iocaie). � 

In relazione alle indicate disposizioni, concernenti la facolt� dei 
Comuni, ai fini dell'imposta di famiglia, di stabilire coefficienti di riduzione 
fino al massimo del cinquanta per cento, per redditi di lavoro 

o artigianali, e di fissare i limiti oltre i quali il detto beneficio non va 
applicato, � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� sollevata 
in riferimento agli articoli 41, 42, 43 e 53 della Costituzione 
(Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 45, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 
ed. spec.). 
DISPOSIZIONI 'DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO 
PROMOSSO GIUDIZIO DI �LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE. 

CODICE CIVILE, art. 2118, primo comma (Recesso dai contratto a tempo 
indetermin.ato). 

L'indicata disposizione che, in materia di rapporti di lavoro, consente 
il recesso del datore di lavoro dal contratto a tempo indeterminato, 
� parsa, al Pretore di Scalea, contrastante col precetto,� di cui all'art. 4, 
primo co111ma, della Costituzione (Ord. 28 febbraio 1964, G.U. 27 giugno 
1964 n. 157 ed. spec.). 

CODICE DI PROCEDURA CIVILE, art. 25 (Foro deHa Pubbiica Amministrazione). 


R.D. 30 OTTOBRE 1933 n. 1611, artt. 6, 7, 8 e 10 (Testo unico deHe 
ieggi e deUe norme giuridiche suUa rappresentanza e difesa in giudizio 
deUo Stato e suU'ordinamento �deH'Avvocatura deUo Stato). 
In relazione alle indicate norme, che dispongono in tema di compe



PARTE II, RASSEGNA DI LEGIS)'..AZIONB 91~ 

tenza per le cause in cui � parte l'Amministrazione dello Stato, il Pretore 
di Sant'Agata di Militello J:i.a ritenuto non manifestamente infondata 
la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 
24, primo comma, 25, primo comm�, e 113, primo e secondo comma, 
della Costituzione (Ord. 31 marzo 1964, G.U. 13 giugno 1964 n. 144). 
La questione, sia pure in relazione all'art. 55 del D.P.R. 19 maggio 1949 

n. 250, che estende alla Regione Sarda le norme sul foro dello Stato, 
ed in riferimento al solo art, 25, primo comma, della Costituzione, � 
stata gi� esaminata dalla Corte Costituzionale, e dichiarata non fondata 
(sent. 9 luglio 1963 n. 119, G.U. 13 luglio 1963 n. 187 ed. spec.). 
CODICE PENALE, art. 323 (Abuso di ufficio in casi non preveduti specificamente 
dalla legge). 

La questione di legittimit� dell'indicata norma � stata, dal Giudice 
Istruttore del Tribunale di Foggia, ritenuta non manifestamente infondata, 
in riferimento agli articoli 3 e 25, comma secondo, della Costituzione 
(Ord. 27 aprile 1964, G.U. 13 giugno 1964 n. 144, ed. spec.). 

CODICE PENALE, art. 509 (Inosservanza delle norme disciplinanti 
rapporti di lavoro e delle decisioni del Magistrato del lavoro). 

Il Pretore di Monsummano Terme ha ritenuto non manifestamente 
infondata la questione di legittimit� dell'indicata norma, in riferimento 
all'art. 39 della Costituzione (Ord. 23 marzo 1964, G.U. 13 giugno .1964 

n. 144 ed. spec.). La questione stessa, per altro, ed in riferimento allo 
stesso art. 39 della Costituzione, venne dalla Corte Costituzionale gi� 
dichiarata non fondata (sent. 17 aprile 1957, G.U. 20 aprile 1957 n. 104 
ed. spec.). � � 
CODICE PENALE, art. 570, primo comma (Violazione degli obblighi di 
assistenza familiare). 

In relazione all'indicata norma, il Pretore di S. Arcangelo ha ritenuto 
ipotizzabile un contrasto con i principi di cui agli articoli 13, 
prima parte, .16, prima parte e 29, comma secondo, della Costituzione. 
(Ord. 16 aprile 1964, G.U. 13 giugno 1964 n. 144 ed .spec.). 

CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 28 (Autorit� del giudicato penale 
in altri giudizi civili o amministrativi). 

Il Tribunale di Napoli, ritenendo l'indicata norma limitativa del diritto 
alla difesa ed alla integrit� del contraddittorio, e perci� in contrasto 
coh l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, ha rimesso la 
questione all'esame della Corte Costituzionale (Ord. 15 novembre 1963, 

G.U..30 maggio 1964 n. 132 ed. spec.). 
CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 164 n. 3 (Pubblicazione di atti di 
procedimenti penali, nei quali il dibattimento � tenuto a porte chiuse). 

Il Tribunale di Palermo, confermando il suo precedente avviso 
(ordinanza 30 novembre 1963, retro 11), ha ritenuto non manifestamente 
infondata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, la questione di 
legittimit� dell'indicata norma (Ord. 3 dicembre 1963, G.U. 13 giugno 
1964 n. 144 ed. spec.). 

CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 177 bis (Notificazioni all'imputato 
all'estero). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per ritenuto contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ed in relazione 
al disposto dell'art. 171 del codice di procedura penale, il Tribunale 
di Bassano del Grappa ha rimesso alla Corte Costituzionale la 
questione di legittimit� dell'indicata norma (Ord. 16 aprile 1964, G.U. 
27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). 

CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 392, primo comma (Forme dell'istruzione 
sommaria). � 

Nel rilievo dell'inapplicabilit� all'istruzione sommaria delle norme, 
dettate per l'istruzione formale, ih tema di avvisi, interventi del difensore 
e depositi di atti (artt. 304 bis, ter, quater, cod. proc. pen.), e per 
ritenuto contrasto con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione, il 
Tribunale di Varese ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale 
(Ord. 7 aprile 1964, G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). 

CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 553 n. 2 (Sentenze soggette a revisione). 
� 

In relazione all'indicata norma, nella parte in cui � esclusa l'ammissibilit� 
dell'istanza di revisione da parte del condannato per reato 
contravvenzionale, non dichiarato contravventore abituale o professionale, 
il Pretore di Sal� ha ritenuto non manifestamente infondata la 
questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 24 
della Costituzione (Ord. 15 aprile 1964 � G.U. 13 giugno 1964 n. 144 ed. 
spec.). 

T.U. 4 FEBBRAIO 1915 n. 148, artt. 8 e 158. 
T.U. 3 MARZO 1934 n. 383, art. 22. 
D.P.R. 5 APRILE 1951 n. 203, art. 10. 
(Autorizzazione del Presidente della Repubblica per i procedimenti 
a carico dei Sindaci per fatti commessi nell'esercizio delle funzioni di 
ufficiali del Governo). 

La questione di legittimit� delle indicate norme, gi� all'esame della 
Corte Costituzionale (ordinanze dei Pretori di San Cipriano Picentino e 
di Moncalieri, retro, 12), � stata ora ritenuta non manifestamente infondata 
anche dal Pretore di Serramanna, in riferimento agli articoli 3, 
28, 104 e 112 della Costituzione (ord. 15 marzo 1964, G.U. 23 maggio 
1964 n. 126, ed. spec.), e dal Tribunale di Vallo della Lucania, in riferimento 
ai soli articoli 3 e 28 (Ord. 14 febbraio 1964, G.U. 27 giugno 
1964 n. 157 ed. spec.). 

R.D. 30 DICEMBRE 1923 n. 3269, art. 50 (Legge del registro). 
In relazione all'indicata norma, e per la parte in cui sarebbe da 
essa escluso il procedimento di accertamento del valore venale dei beni 
acquistati ai pubblici incanti, la Commissione provinciale delle imposte 
di Avellino ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di 
legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione 
(Ord. 6 dicembre 1963, G.U. 13 giugno 1964 n. 144 ed. spec.). 

R.D. 30 DICEMBRE 1923 n. 3270, artt. 45 e 48 (Legge tributaria sulle 
successioni). 
Per ipotizzato contrasto con l'art. 53 della Costituzione, nel rilievo 
che le indicate norme, concernenti la prova dei debiti ai fini della deducibilit� 
dall'attivo ereditario, farebbero riferimento a una capacit� 

,

. 

. 

. 
. 


. 

�:?

I


. 

.

I. 
:: 


PARTE Il, RASSEGNA DI LBGISLAZIONB 93 

contributiva soltanto presunta, la Commissione provinciale delle imposte 
di Palermo ha ritenuto non manifestamente infondata la� questione 
di legittimit� costituzionale (Ord. 25 marzo 1963, G.U. 27 giugno 1964 

n. 157 ed. spec.). 
R.D. 30 DICEMBRE 1923 n. 3270, art. 77 (Legge tributaria sulle successioni). 
La disposizione dell'art. 77, che� condiziona la proponibilit� di istanze 
in giudizio, o presso pubblici uffici amministrativi, in relazione ad 
eredit� o legati, alla prova dell'effettuata denuncia d.i successione, e, 
se siano scaduti i relativi termini, anche dell'eseguito pagamento dei 
tributi, � parsa, al Tribi..iale di Bari, in contrasto con gli articoli 3 e 24 
della Costituzione (Ordinanza 31 ottobre 1963, G.U. 23 maggio 1964 n. 
126 ed. spec.). In relazione ad analoghe disposizioni della legge del registro 
(articoli. 85, 106, 108, 118), la Corte Costituzionale dichiar� non 
fondata la questione, che era stata proposta in riferimento agli stessi 
articoli 3 e 24 della Costituzione (sent. 9 aprile 1963 n. 45, G.U. 13 aprile 
1963 n. 101, ed. spec.). 

R.D. 18 GIUGNO 1931 n. 773, art. 134 (Testo unico delle leggi di pubblica 
sicurezza). 
In relazione alla disposizione dell'art. 134, che richiede una speciale 

autorizzazione per la prestazione di opera di vigilanza o custodia di 

propriet� mobiliari o immobiliari, il Pretore di Oppido Mamertina ha 

ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� co


stituzionale, in riferimento all'art. 4 della Costituzione (Ord. 8 marzo 
.1963, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). 

R.D. 14 SETTEMBRE 1931 n. 1175, artt. 117 e 118. 
LEGGE 11 GENNAIO 1951 n. 25, art. 44, secondo comma. 
LEGGE 2 LUGLIO 1952 n. 703, art. 30 lett. a). 
LEGGE 16 SETTEMBRE 1960 n. 1014, art... 18, secondo comma ed ultimo 
alinea. 

(Disposizioni in tema di imposta di famiglia). 

In relazione alle indicate disposizioni, nella parte in cui rimettono 
ai Comuni di stabilire discrezionalmente la quota di reddito, corrispondente 
al fabbisogno fondamentale di vita, da mandare esente dall'imposta 
di famiglia, nonch� di determinare, e sempre discrezionalmente, una 
riduzione percentuale per alcune categorie di redditi (di lavoro dipendente 
o autonomo artigianale), la Commissione dei tributi locali di 
Castellammare di Stabia ha ritenuto non manifestamente infondata la 
questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 23 
e 53 della Costituzione (Ordinanza 10 marzo 1964, G.U. 23 maggio 1964 

n. 126 ed. spec.). La questione, in relazione alla legge 15 febbraio 1963 
n. 150 (di modifica dell'art. 18 della legge 16 settembre 1960 n. 1014 e 
di interpretazione autentica dell'art. 117. del testo unico per la finanza 
locale) � stata, intanto, esaminata dalla Corte Costituzionale, in riferimento 
agli articoli 41, 42, 43 e 53 della Costituzione, e ritenuta non 
fondata (sent. 16 giugno 1964 n. 45, retro, 90). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

R.D, 29. SETTEMBRE 1931 n. 1207 (Disciplina del commercio dei cambi). 

In relazione alla delega conferita, con la legge indicata, al Ministro 
delle Finanze, per la emanazione d� norme per la disciplina del commercio 
dei cambi, e per ipotizzato contrasto con ,gli articoli 76 e. 77 
della Costituzione, e, inoltre, sotto il profilo sostanziale, con l'art._ 41 
della stessa, il Tribunale di Roma ha rimesso la questione alla Corte 
Costituzionale (Ord. 20 dicembre 1963, G.U. 30. maggio 1964 n. i32 ed. 
spec.). 

R.D. 7 AGOSTO 1936 n. 1639, artt. 24 e 26, modificati dal 
R.D.L. 13 MAR~O 1944 n. 88, artt. 2 e 4. 
R.D. 8 LUGLIO 1937 n. 1516, artt. 2, 5, 6 e 10. 
(Riforma degli ordinamenti tributari). 

In relazione alle indicate norme, che demandano ad organi dell'Amministrazione 
delle Finanze la nomina dei componenti delle Commissioni 
distrettuali delle imposte, e per ipotizzato contrasto con l'art. 108, 
comma . secondo, della Costituzione, la Commissione distrettuale delle 
imposte di Sorrento ha ritenuto non manifestamente infondata la questione 
di legittimit� costituzionale (Ord. 7 aprile 1964, G.U. 30 maggio 
1964 n. 132 ed. spec.). 

R.D. 17 GIUGNO 1937, n. 1048, art. 24. 
R.D.L. 9 NOVEMBRE 1945 n. 788, art. 16. 
LEGGE 4 APRILE 1952 n. 218, art. 23, terzo comma. 
(Oisposizioni in materia di assegni familiari, integrazione dei guadagni 
degli operai dell'industria e pensioni dell'assicurazione obbligatoria 
per-l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti). 

In relazione alle disposizioni indicate, nella parte concernente l'obbligo 
dei datori di lavoro di fornire notizie e documenti per accertamenti 
nei loro confronti, il Pretore di Siracusa ha ritenuto non manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento 
all'art. 13 della Costituzione (Ord. 18 marzo 1964, ed altra conforme, 
di pari data: G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed.. spec.). 

R.D. 13 APRILE 1939 n. 652, artt. 8 e 9. 
D.L. 8 APRILE 1948 n. 514. art. 2. 
LEGGE 23 FEBBRAIO 1960 n. 131, artt. 1 e 2. 
D.M. 19 FEBBRAIO 1962 (G.U. 20 aprile 1962 n. 104). 
(Formazione del nuovo catasto edilizio urbano ed accertamento dell'imposta 
fabbricati). 

In relazione alle indicate disposizioni, nella parte in cui � previsto 
l'a�certamento del reddito,� ai fini dell'imposta fabbricati, secondo il 
criterio catastale, e, per altro, demandandosi al Ministr� delle Finanze 
di determinare i coefficienti di aggiornamento, la Commissione distret-� 
tuale delle imposte di Napoli ha ritenuto non manifestamente infondata 
la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli articoli 
23, 24, 53, 70, 76 e 134 della Costituzione (Ord. 4 marzo 1964, G.U. 
13 giugno 1964 ri. 144 ed. spec.). 

R.D. 30 GENNAIO 1941 n. 12, art. 105 (Ordinamento giudiziario). 
La disposizione dell'art. 105, nella parte in cui � previsto che un 
magistrato onorario (vice pretore) pu� essere chiamato ad integrare 
il collegio del Tribunale, � parsa, al Tribunale di Palermo, in contrasto 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB 95 

col disposto dell'art. 106 della Costituzione (Ord. 30 aprile 1964, G.U. 27 
giugno 1964 n. 157 ed. spec.). 

LEGGE 17 AGOSTO 1942 n. 1150, art. 7, n. 2 e 3 (Legge urbanistica). 

Il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione. siciliana ha 
ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
delle indicate norme, relative a vincoli di zona, in riferimento 
all'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione (Ord, 14 
gennaio 1964, G.U. 2 maggio 1964 n. 108 ed. spec., ed altra, conforme, di 
pari data, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). Le questioni solle:.. 
vate in relazione alla stessa legge 17 agosto .1942 n. 1150, nel suo complesso, 
ed in riferimento agli articoli 16 e 42 della Costituzione, vennero. 
dalla Corte Costituzionale dichiarate non fondate (sent. 10 maggio 19(i3 

n. 64, G.U. 18 maggio 1963 n. 132 ed. spec.). � 
D.L. 30 MAGGIO 1947 n. 439, modificato dalla 
LEGGE 11 FEBBRAIO 1952 n. 69. 
D.L. 5 SETTEMB,RE 1947 n. 888. 
D.L. 5 GENNAIO 1949 n. 7. 
LEGGE 4 LUGLIO 1950 n. 454. 
LEGGE 10 LUGLIO 1951 n. 541. 
LE~GE 26 GIUGNO 1952 n. 664. 
D.L. 21 GIUGNO 1953 n. 452, convertito nella 
LEGGE 21 AGOSTO 1953 n. 589. 
(Ammasso del grano per contingente). 

In relazione alle indicate norme, e per ipotizzato contrasto con 
l'art. 41 della Costituzione, sotto il profilo che non sarebbe stata� rispettata 
la riserva di legge per la classificazione del prodotto, la determina-" 
zione del prezzo e la gestione e distribuzione, il Tribunale di Bologna 
ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale, denunciando, � insieme, 
vari decreti ministeriali emessi in applicazione delle disposizioni impugnate 
(�rd. 12 febbraio 1964, G.U. 2 maggio 1964 n. 108). Questioni di. 
legittimit�, in riferimento allo stesso art. 41 della Costituzione, sono 
state altra volta �sami:tiate dalla Corte Costituzionale, e dichiarate non 
fondate (sent. 23 marzo 1964 n. 24, retro, 44). 

LEGGE 28 FEBBRAIO 1949 n. 43, art. 5 (Provvedimenti per incrementare 
L'occu'Razione operaia, agevolando La costruzione di case per Lavoratori). 

lh relazione all'indicata disposizione, che prevede contributi a� ca-' 
rico dei datori di lavoro e dei lavoratori, il Pretore di Barcellona Pozzo. 
di Gotto ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� 
costituzionale, in riferimento agli articoli 23 e 42 della Costituzione 
(Ord. 17 gennaio 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126, ed. spec.). 

LEGGE 15 AGOSTO 1949 n. 533, artt. 5 �e .7 (Norme surLa durata dei 
contratti individuali di Lavoro dei salariati fissi dell'agricoltura e sulle 
relative controversie). 

Il Pretore di Ferrara ha ritenuto non manifestamente infondata, 
in riferimento agli articoli 102, comma secondo, e 108 della Costitu-. 
zione, la questione di legittimit� delle norme che prevedono la nomina 
di consulenti tecnici che assistano il giudice nella decisione delle controversie 
di cui all'indicata legge (Ord. 9 maggio 1964, G.U. 13 giugno 
1964 n. 144 ed. spec.). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

LEGGE 27 DICEMBRE 1953 n. 959, art. 1 (Norme modificative del t.u. 
11 dicembre 1933 n. 1175, sulle acque e gli impianti elettrici, riguardanti 
l'economia montana). 

~EGGE 30 DICEMBRE 1959 n. 1254, art. 1 (Norme interpretative delle 
disposizioni della legge 27 dicembre 1953 n. 959). 

Il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha ritenuto non manifeslamente 
infondata la questione di legittimit� delle indicate� norme, 
in riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione, in quanto i sovracanoni, 
dalle dette disposizioni previsti in favore dei comuni montani, 
determinerebbero un trattamento disuguale nei confronti dei concessionari 
di bacini di pianura e di quelli montani, da una parte, e nei 
confronti, poi, dei concessionari da ritenere tutelati da leggi di incentiyazione 
(Ord. 23 novembre 1963, G.U. 2 maggio 1964 n. 108, ed. spec.). 

LEGGE 4 APRILE 1956 n. 212, artt. 2, 3 ed 8 (Norme per la disciplina 
della propaganda elettorale). 

Il Pretore di Roma ha ritenuto non manifestamente infondata la 
questione di legittimit� sollevata in relazione alle indicate norme, ed in 
riferimento agli articoli 21 e 49 della Costituzione (Ord. 28 febbraio 
1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). Le questioni di legittimit�, 
gi� sollevate in precedenza in relazione al quarto comma dell'art. 8 
citato, ed all'art. 1 della stessa legge n. 212 del 1956, sono state, in riferimento 
all'art.� 21, primo e secondo comma, della Costituzione, dichiarate 
non fondate (Corte Cost., sent. 16 giugno 1964 n. 48, retro, 89). 

D.P.R. 29 GENNAIO 1958 n. 645, art. 207 lett. b. (Testo unico delle leggi 
sulle imposte dirette). 
La questione, in riferimento agli articoli 24 e 42 della Costituzione, 
� stata dal Pretore di Soriano Calabro ritenuta non manifestamente infondata 
(Ord. 9 marzo 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). La 
questione stessa, in riferimento all'art. 24, primo comma, ed all'art. 42, 
secondo comma, della Costituzione, � gi� stata dalla Corte Costituzionale 
dichiarata non fondata (sent. 16 giugno 1964 n. 42, retro, 89). 

D.P.R. 29 GENNAIO 1958 n. 645, artt. 208 e 209 (Testo unico delle leggi 
sulle imposte dirette). 
Le disposizioni indicate, che disciplinano il ricorso all'Intendente 
di finanza contro gli atti esecutivi dell'esattore e la sospensione della 
procedura esecutiva, sono state gi� varie volte esaminate dalla Corte 
Costituzionale, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimit� 
sotto vari profili proposte. Il Pretore di Biella, ora, ha nuovamente 
sollevato la questione, ipotizzando un contrasto delle ridette norme 
con i principi di cui agli articoli 3, 24 e 42 della Costituzione (Ord. 
17 febbraio 1964, G.U. 2� maggio 1964 n. 108 ed. spec.). 

LEGGE 20 FEBBRAIO 1958 n. 75, art. 3 nr�. 3 e 8 (Abolizione della regolamentazione 
della prostituzione). 

La questione di� legittimit� della disposizione del n. 3 dell'art. .3 
� stata dal Tribunale di Ascoli Piceno, in riferimento all'art. 3 della 
Costituzione, ritenuta non manifestamente infondata (Ord. 6 aprile 1964, 

G.U. 
27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). 
La questione relativa alla; norma del n. 8 dello stesso art. 3 � 
I


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I 


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Ii 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 97 

stata rimessa, invece, dal Tribunale di Lanciano, per ipotizzato contrasto 
con gli articoli 13 e 27 della Costituzione (Ord. 8 aprile 1964, G.U. 
27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.); e tale questione, per altro, di cui gi� 
in precedenza era stata investita la Corte Costituzionale, � stata da 
questa, in riferimento agli a~ticoli 13 e 25 della Costituzione, dichiarata 
non fondata (sent. 16 giugno 1964 n. 44, retro, 89). 

LEGGE 27 FEBBRAIO 1958 n. 190, art. 1, terzo comma (Repressione delle 
frodi nella preparazione e nei commercio di sostanze di uso agrario .e 
di prodotti agrari). 

La questione di legittirtiit� in relazione alla norma indicata, per 
la parte in cui questa prevede termini perentori per la richiesta di 
revisione di analisi, i cui risultati siano da prendere a base dell'accerfamento 
delle violazioni, � stata, dal Pretore di Corteolona, ritenuta non 
:manifestamente infondata, in riferimento all'art. 24, comma secondo, 
della Costituzione (Ord. 17 gennaio 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. 
spec.). Le .questioni concernenti lo stesso art. 1, nonch� l'art. 2, della 
legge indicata, in precedenza sottoposte alla Corte Costituzionale, furono 
da questa dichiarate non fondate, in riferimento agli articoli 24 e 102 
della Costituzione (sent. 7 maggio 1963 n. 63, G.U. 18 maggio 1963 n. 132 
ed. spec.). 

D.P.R. 14 LUGLIO 1960 n. 1019, art. unico (Norme sui licenziamenti 
per riduzione di personate). 
In relazione alla disposizione indicata, che rende obbligatorio erga 
omnes l'accordo interconfederale 20 dicembre 1950 sui licenziamenti per 
riduzione di pers�nale, il Pretore di Monsummano Terme ha ritenuto non 
manifestamente infondate le questioni di legittimit�, �sollevate per eccesso 
rispetto alla legge di delega 14 luglio 1959 n. 741 ed in riferimento all'art. 
76 della Costituzione, nonch� per contrasto anche con gli ar~icoli 
25, prima parte, 39 e 102, secondo comma, della Costituzione medesima 
(Ord. 23 marzo 1964, ed altra conforme di pari data, G.U. 13 giugno 
1964 n. 144 ed. spec). 

D.P.R. 14 LUGLIO 1960 n. 1032, art. unico (Norme sui trattamento 
economico e normativo degli operai ed impiegati addetti alte industrie 
edilizie ed affini). 
La Corte di Appello di Napoli ha rimesso alla Corte Costituzionale 
la questione di legittimit� della disposizione indicata, per la parte in 
cui la stessa rende obligatoria erga omnes la norma dell'art. 55 del contratto 
nazionale 24 luglio 1959 n. 1 (Ord. 21 gennaio 1964, G.U. 2 m�ggio 
1964, n. 108,ed. spec.; e cfr., per riferimenti anche a pronuncia della 
Corte Costituzionale sulla stessa disposizione: ord. 27 dicembre 1963 della 
stessa Corte di Napoli, ed altre, retro, 48). 

LEGGE 21. DICEMBRE 1960 n. 1521, art. 2, primo comma lett. a) (Disciplina 
transitoria delle locazioni di immobili urbani). 
La questione � stata rimessa dal Tribunale di Venezia, sotto il profilo 
gi� considerato in precedente sua ordinanza (Ord. 30 gennaio 1964, 

G.U. 2 maggio 1964 n. 108 ed. spec.; e cfr. retro, 49). 
D.P.R. 9 MAGGIO 1961 n. 865, art. unico (Norme sui trattamento economico 
e normativo degli operai dipendenti dalle imprese editi ed affini 
delle provin.cie di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli. e Salerno). 

98. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
II

La questione di legittimit� della disposizione indicata, nei limiti in 
cui co:n la stessa � resa obbligatoria erga omnes la clausola dell'art. 7: 

ffi 

d.el contratto integrativo 2 ottobre 1959 per la provincia di Napoli, � 

~~ 

stata dl;ll Pretore di Casoria ritenuta non manifestamente infondata, in 
riferimento all'art. 76 della Costit�zione (Ord. L aprile 1964, G.U. 23 
maggio 1964 n. 126 ed. spec.; e cfr., per riferimenti sulla questione, Corte 
Cost., sent. 13 luglio 1963 n. 129 -G.U. 20 luglio 1963 n. 194 ed. spec. che 
diehiar� illegittimo il D.P.R. n.. 865 del 1961 per la �parte concernente 
l'obbligatoriet� erga omnes della clausola n. 6 dell'accordo integrativo 
per la provincia di Salerno). 

D.P.R. 11 DICEMBRE 1961 n. 1642, art. unico (Norme sul trattamento 
economico �e normativo degli operai dipendenti da imprese di escava:zione 
e lavorazione .di materiali lapidei della provincia di Palermo). 
Il Pretore �di Termini Imerese ha ritenuto non manifestamente in-� 
fondata la questione di legittimit� della disposizione indicata, per la 
parte concernente l'obbligatoriet� erga omnes delle clausole nn. 6, 9 e� 
13 del contratto integrativo per la provincia di Palermo, per eccess� 
rispetto alla legge di delega 14 luglio 1959 n. 741, ed. in .. riferimento 
all'art. 76 della Costituzione (Ord; 14 dicembre 1963, G.U:. 2 maggio 
1964 il., 108 ed. spec.). Con la stessa ordinanza � stata anche denunciata 
l'illegittimit� dell'art. unico del D.P.R. 14 luglio 1960 n. 1032, nella parte 
concernente l'obbligatori�t� erga omnes dell'art. 34, per il riferimento 
alle casse edili, e dell'art. 62, del contratto nazionale 24 luglio 1959 :� 
illegittimtt� gi� dichiarata, invece, con la sentenza della Corte Costituzionale 
del 13 luglio 1963 n. 129, G.U. 20 luglio 1963 n. 194 ed. spec. 

LEGGE 21' DICEMBRE 1961 n. 1527, artt.. 2 e 3 (Determinazione dei 
prezzi delle sanse). 

Iri relazion� alle indicate disposizioni, che demandano al C�mitato 
interministeriale ed ai Comitati provinciali dei prezzi di fissare i corrispettivi 
minimi per l'estrazione� delle sanse, il Consiglio di Stato ha 
ritenuto non manifestamente infondata le questioni di legittimit� costitu.:. 
donale, sollevate in riferimento agli articoli 23, 24, 36, 41 e 102 della 
8ostituzione (Ord. 29 gennaio 1964, G.U: 2 maggio 1964 n. 108 ed. spec.). 

. LEGGE 30 APRILE 1962 n. 283, art. 5, comma g. (Disciplina igienica della 
~roduzione e della vendita delle sostanze al�mentari �e delle bevande). 

In relazione alla disposizione indicata, ed in quant� con la stessa sa:
ebb� dato all'autorit� amministrativa �li imporre prescrizioni penalnien;
e sanzionate, e� quindi per ipotizzato contra~to con il principio di riserva 
l�lla legge in materia penale, il Pretore cli Torriglia ha ritenuto non 
nanifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale (Ord. 
!8 febbraio 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). 

LEGGE 12 GIUGNO 1962 n. 567, artt. 1, 2, 3, 7, 16 (Norme in materia di 
1ffitto di fondi. rustici). . 


In relazione alle indicate �lisposizioni, concernenti la determinazione 
lei canoni di affitto di fo;ndi rustici, che non. possono essere pattuiti; tra 
'altro, in misura superiore a quella stabilita da apposite Cominissidni, 
l Tribunal.e di Oristano, per gli articoli 1,. 2, 3 e 7 della l,egge, ed in 
iferimento. all'art. 101 della Costituzione,�� e quello di Lucera, per gli 
rti.coli l e 16, ed in i:iferimento agli articoli .41 e 42 della Costituzione� 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

medesima, hanno ritenuto non manifestamente infondate le sollevate 
questioni di legittimit� costituzional� (Ord. Trib. Oristano 24 marzo 
1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.; ord. Trib. Lucera 8 aprile 1964, 

G.U. 27 giugno 1964 n. 157 ed. spec.). Le questioni relative agli articoli 
1 e 7 della legge sono state, intanto, dalla Corte Costituzionale, dichiarate 
non fondate, in riferimento ai citati articoli 41, 42 e 101 della Costituzione 
(sent. 23 maggio 1964 n. 40, retro 90). 
LEGGE 22 NOVEMBRE 1962 n. 1646, art. 34; art. 35, ultimo comma (Mo


difica agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del 
Tesoro). 

Le indicate norme, nei limiti in cui � da ritenere che dispongano 
retroattivamente circa i requisiti per l'iscrizione obbligatoria alle Casse 
di previdenza, sono parse, alla Corte dei Conti, in contrasto con i principi 
fissati dall'art. 3 della Costituzione (Ord. 20 marzo 1964, G.U. 27 
giugno 1964 n. 157 ed. spec.). 

LEGGE 19 GENNAIO 1963 n. 15, art. 4 (Disposizioni in tema di assicurazione 
obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali). 
� � 

In relazione alla disposizione indicata, che pone a carico del datore 
di lavoro l'onere della retribuzione al lavoratore infortunato, per il pe.
riodo di carenza dell'assicurazione, il Pretore di Fe.rrara ha ritenuto non 
manifestamente infondata la questione di legittimit� co:;?tituzionale, ip. 
riferimento agli articoli 3, 23 e 38. della Costituzione (Ord. 26 febbraio 
1964, G.U. 2 maggio 1.964 n.108 ed. spec.). � 

LEGGE 25 Fl3EBRAIO 1963 n. 327 (Norme sui contratti a miglioria in uso 
nelle province del Lazio). � 

Le disposizioni dell'indicata legge, nel loro complesso, ed in particolare 
quelle degli articoli da 1 a 7, le quali dichiarano applicabili le 
norme sull'enfiteusi. a contratti di coloni8; migliorataria, e regolano in 
modo particolare l'affranco, sono parse, al Pretore di Alatri, contrastanti 
con i principi di cui agli articoli 3, 41, 42, 97, 101, 104 e 108 della 
Costituzione (Ord. 28 marzo 1964, G.U. 23 maggio 1964 n. 126 ed. spec.). 


QUESTIONI 


E' CONSENTITO ALLO STATO CONCLUDERE CONTRATTI 
DI ASSICURAZIONE? 

Negli ultimi anni talune Amministrazioni dello Stato hanno preso 
in considerazion� la conclusione di contratti di assicurazione e specialmente 
di assicurazione della responsabilit� civile. 

Tale fatto induce a prendere in esame la questione suindicata, ritenendosi 
che con riferimento alla Pubblica Amministrazione in genere 
ed ali.o Stato in ispecie essa vada impostata e risolta in termini peculiari. 

E' noto come sia oggetto di discussione la capacit� delle persone 
giuridiche pubbliche per gli atti di diritto privato ed � altrettanto noto 
come anche chi in linea astratta riconosca agli enti pubblici la possibilit� 
di avvalersi di tutti i contratti noti al diritto privato, ivi compresi 
quelli misti e quelli innominati, limiti, tuttavia, questa libert� in ragione 
della natura stessa di tali enti e del dovere che essi hanno di agire 
esclusivamente per il conseguimento dei propri fini nell'ambito delle 
leggi che li riguardano (v., per tutti, EuLA, in Commentario al codice 
civile, diretto da D'AMELIO, libro I, Firenze, 1940, 115-116 e ZANOBINI, 
Corso di diritto amministrativo, voi. IV, Milano, 1958, 466). Non manca, 
peraltro, chi pi� specWcamente esclude che la Pubblica Amministrazione 
abbia capacit� per qualsiasi atto di diritto privato (v., per tutti, 
SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1962, 380), pure, 
beninteso, prescindendo da quegli atti, che presuppongono l'esistenza 
della persona fisica (come, ad esempio, per restare in argomento, l'assicurazione 
suila vita). 

Il problema accennato � stato particolarmente agitato in materia 
di donazioni ed in tale specifica materia la dottrina � appunto orientata 
nel senso di es�ludere la capacit� di donare da parte degli enti pubblici 
(agli autori in ultimo citati si aggiungano tra i pi� autorevoli BIONDI, 
Le donazioni, Torino, 1961, 209 e segg. ~ TORRENTE, La donazione, Milano, 
1956, 326 e segg.) finanche ad altri enti pubblici (v. RoEHRSSEN, 
I contratti della Pubblica Amministrazione, Bologna, 1959, 57 e segg.). 
La giurisprudenza diversamente orientata (v. Cass. S.U. 17 novembre 
1953 n. 3540, in questa Rassegna 1954, 58 ed ivi nota� redazionale, nonch�, 
da ultimo, Cass. S.U. 14 marzo 1961 n. 577) e qualche isolato, seppur 
illustre autore, di opinione pi� o meno contraria (FERRARA, Teoria 
delle persone gi,"Uridiche, Napoli, 1923, 866, ALESSI Sull'ammissibilitd 
di donazioni da parte di enti pubblici, Giur. compl. cass. civ., 
1947, XXV, 480 e segg., MIELE. In tema di atti di liberalitd degli enti 
pubblici, Foro amm., 1958, II, 1, 500 e �segg.), variamente motivano il 
loro atteggiamento s� da non perdere, comunque, mai di vista la particolare 
situazione che la presenza della Pubblica Amministrazione 
determina (per una pi� approfondita indagine in proposito v. retro, p. 
73 e segg.). 

E' sintomatico, per�, notare come pure chi non escluda che e l'Am



�PARTE Il, QUESTIONI 101 

ministrazione � sia e legittimata a donare � in casi nei quali ad ogni 
modo possa riconoscersi �l'esistenza di un pubblico interesse�, osservando 
altres� che � identiche considerazioni possono farsi per la fideius.,. 
sione, la cui ammissibilit� era �stata negata�, affermi che c�non 
vi � legittimazione a stipulare contratti aleatori� (SEPE, Contratti 
della Pubblica Amministrazione, Enciclopedia del diritto, vol. IX, 
Milano, 1961, 989-990; nel senso che �sono ritenuti vietati alle pubbliche 
amministrazioni tutti i contratti aleatori �, eccezion fatta per e i 
contratti di gioco propri esclusivamente dello Stato� e disciplinati da 
leggi speciali, v. ZANOBINI, op. cit., 466-477). Altrettanto sintomatico � 
che, in un caso, per vero singolare, nel cjuale un ente pubblico cedette 
con particolari pattuizioni un bene ad una societ� commerciale, pur 
ammettendosi in astratto la capacit� di donare nell'ente pubblico,. si 
escluse la configurabilit� di una donazione per quanto modale anche 
in ragione della qualit� del cessionario, il cui scop0 non poteva non 
essere di lucro (C. App. Ancona, 30 aprile 1957, Acque bonifiche e co� 
struzioni, 1957, 300, con nota, per�, contraria di LASCHENA, ivi, 301). 

Orbene, il contratto di assicurazione � un � tipico contratto alea... 
torio� [v., per tutti, BuTTARO, Assicurazione (contratto di), Enciclopedia 
del diritto, vol. III, Milano, 1958, 455], mentre almeno in principio 
esso prevede un lucro dell'assicuratore. 

Bisogna, a questo punto, subito precisare che, pur escludendosi 
per la Pubblica Amministrazione �la legittimazione a stipulare contratti. 
aleatori�, suole aggiungersi che �sono ammessi i contratti assicurativi
� (v. SEPE, op. e loc. cit.). Un'affermazione del genere, che contrasta 
con la rilevata natura tipicamente aleatoria del contratto di assicurazione, 
viene motivata con la considerazione che l'alea del contratto 
di assicurazione non importi � un pericolo per le finanze dell'ente � 
(arg. da ZANOBINI, op. cit., 467). In particolare, si � osservato che e il 
contratto di assicurazione... rappresenta per l'assicurato il mezzo per 
coprirsi dei rischi della vita propria ed altrui e dei rischi dei danni alle 
cose �, onde, e a parte che la P. A.... non pu� per sua natura coprirsi 
dei rischi della vita propria, essa � pienamente legittimata a compiere 
contratti di assicurazione per coprirsi degli altri rischi : con ci� essa, 
lungi dal compromettere la consistenza del proprio patrimonio, viene 
a garantirla� (CAMMEO, I contratti della Pubblica Amministrazione, 
Firenze, 1954, 157; v. pure RoEHRSSEN, .op. cit., 61-62). 

L'osservazione � suggestiva, ma il contratto di assicurazione resta 
in ogni caso un contratto tipicamente aleatorio ed un contratto che 
implica un lucro, per l'assicuratore, oltre ad un rimborso delle spese 
generali.� 

In definitiva, per quanto attiene specialmente alla assicurazione 
contro i danni (dell'assicurazione sulla vita non pare sia il caso di trat� 
tare oltre tanto evidente � che non sia concepibile per lo Stato la 
conclusione dei relativi contratti), e attraverso l'adozione e l'attuazione 
di... fondamentali regole tecniche� l'assicuratore ottiene e col pagamento 
dei premi i mezzi necessari... per risarcire gli eventuali sinistri � 

(v. BuTTARO, Assicurazione, Enciclopedia del diritto, vol. III, Milano, 
1958, 430), per organizzare i propri servizi e per realizzare un lucro. 
Gi�, sotto questo� aspetto, quindi, almeno, le persone giuridiche pubbliche, 
in genere, e lo Stato, in ispecie, dovrebbero con quelle medesime 
regole accertare se non potessero pi� convenientemente con lo 
esborso di somme inferiori all'ammontare dei premi da corrispondere 


RASSEGNA DBLL'AVVOCATtJRA DELLO STATO 

in forza dei contratti di assicurazione sopportare, tutte le conseguenze 
degli eventuali danni, risparmiando cos� il rimborso delle spese di ~ 

un'organizzazione estranea ed ancor pi� lo scotto di un lucro dell'assicu. 
ratore,� che si potrebbe rivelare pertanto ingiustificato. E se l'accerta. 
mento fosse positivo, anche prescindendo dall'ammissibilit� o meno della 
�legittimazione � per i contratti di assicurazione, v� sarebbe di che 
sostanziare una risposta negativa alla. questione posta. � 


Ma vi � dell'altro. La conclusione di contratti di assicurazione con


itro i danni, e segnatamente della responsabilit� civile, dove tra l'evento 
dannoso \e la diminuzione del patrimonio dell'assicurato corre Ulll 
rapporto soltanto indiretto (v. SALANDRA, in Commentario aZ codice civile 
a cura di ScIALOJA e BRANCA, Bologna-Roma, 1958, libro IV, artt. 18611932, 
315 e segg.), contrasta con l'impostazione economico-finanziaria 
della gestione statale, la cui base, come � noto, � costituita dal bilancio 
di previsione, approvato con legge formale. Infatti, poich� lo scopo della 
gestione dell'azienda statale non � il lucro, n�,. pertanto, la conservazione 
pura e semplice del patrimonio, in quanto fine a se stesso o in 
quanto mezzo per conseguire vantaggi economici, sembra chiaro come 
pagare somme fisse a titolo di premi di assicurazione per evitare di 
dover subire solo in via eventuale e per �importi di cui non si conosce 
l'entit� le conseguenze di ipotizzabili danni significhi per lo Stato ri


I mettere sia pure in parte la funzione sua propria di formulare il bilancio 
di previsione della spesa ad un istituto assicuratore. E poich� sul 
bilancio di previsione della spesa si stabilisce il bilancio di previsione 
dell'entrata, ossia la misura dei tributi i quali dovranno gravare sui 
cittadini, mentre � ovvio che l'istitutq assicuratore nel formulare le sue 
previsioni per determinare la misura dei premi deve necessariamente 
tener conto pure del s�o guadagno, una parte dei tributi percepiti dallo 
Stato va a costituire il lucro di quello in evidente incompatibilit� con 
la natura e con la funzione dello Stato stesso. In altri termini, questo, 
per fare fronte alle conseguenze di eventuali danni pu� e deve provvedere, 
come provvede, con stanziamenti in appositi capitoli a seguito 
delle p:vevisio:r'li fatte da propri organi, cui un tal compito � demandato. 

Infine, lo Stato per i danni comunque subiti, mentre non pu� non 
agire nei confronti dei terzi, in caso di responsabilit� di questi, dovr�, 
in quanto i danni medesimi siano effetto di un comportamento antigi�ridico, 
anche se �solo presunto ex lege, di propri agenti, -e per lo 
pi� tertium� non -datur -esperire l'apposita azione nei confronti degli 
stessi in conformit� alla vigente legislazione (v., in particolare, gli articoli 
82 e 83 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, con nuove disposizioni 
sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello 
Stato, gli articoli 52 e 53 del r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, che approva 
il t. u. delle leggi sull'ordinamento dell� Corte dei Conti, nonch� gli 
a:rtt. 18 e segg. del d. P. R. 10 gennaio 1957 n. 3 con il t. u; delle disposizioni 
concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato). Ci� 
posto � evidente che una volta stipulati i relativi contratti di assicurazione 
si vengano sostanz�almente a rendere inoperanti i principi suindicati, 
in quanto lo Stato si assumerebbe, seppur in misura fissa, definitivamente 
e per l'intero, le conseguenze eventuali di un comportamento. 
antigiuridico di altri. Benvero, formalmente, il danno derivante 
da tale comportamento viene pagato dall'assicuratore, sicch� mancano 
i presupposti giuridici per l'applicazione di quei principi, ma non ne mancano' 
i presupposti� economici ossia una diminuzione sostanziale del 


PARTE Il, QUESTIONI 103 

patrimonio dello Stato o meglio una spesa a carico d�l bilancio dellb 
Stato, non recuperabile appunto per la sua determinazione generieii 
e forfettaria. L'assicurazione si� risolverebbe, adunq�e, ��nel co;ntriisfo 
insuperabile con i menzionati principi, in una sorta di contr::ttto a favore 
di altri, pure come tale non consentito allo Stato. . . . . .. . 

E' vero che in base all'ultima parte del comma secortdq dell'.art. 22 
del t. u., di cui al d. P. R. 10 gennaio 1957 n.. 3, ed agli artt.. 1 e segg, 
della legge 31 dicembre 1962 n. 1883 l'azione di riva~sa dello Stato riei 
confronti dei conducenti di veicoli � limitata ai casi di dolo o� colpa grave 
dei conducenti stessi, quasi come la conduzione di veicoli costituisca 
una complessa attivit� tecnica, rispetto alla quale, invece, per i funzionari 
che effettivamente la esercitano, l'azione di rivalsa non pare incontri 
cos� espliciti limiti. Ma, a parte la breccia aperta nel sistema 
(basti pensare che il terzo danneggato pu� agire direttamente in ogni 
caso contro il conducente, il quale non potrebbe mai pretendere dallo 
Stato quanto vada ad esborsare di conseguenza, seppur tenuto per 
colpa non grave), ci� riguarda una particolare branca della responsabilit� 
civile per fatto illecito ed anche nell'ambito di questa branca non 
abbraccia tutti i casi rientranti negli abituali contratti di assicurazione 
del ramo. Comunque, almeno nei ristretti limiti imposti dalle disposizioni 
ora richiamate, le quali prevedono pure un'apposita procedura, 
non pu� essere neanche parzialmente esclusa la rivalsa nei confronti 
dei conducenti, giacch�, oltretutto, rendendosi in concreto inutili le 
norme sostanziali e� procedurali test� citate, per essi potrebbe praticamente 
venir meno la residua remora all'osservanza nella condotta di 
guida di quel minimum costituito da un comportamento non� gravemente 
colposo. 

I doveri dello Stato nei confronti dei propri dipendenti ed i diritti 
di questi nei confronti dello Stato, poi, sono anch'essi minutamente re. 
golati sotto ogni aspetto .dalle vigenti leggi, alle quali non potrebbe 
derogarsi se non a mezzo di altre leggi e �rispetto alle quali la conclusione 
di contratti di assicurazione rappresenterebbe un'inammissibile 
deroga. In particolare per i cosiddetti rischi professionali degli impiegati 
in genere (n� vi sarebbe motivo di considerare specialmente i 
conducenti di veicoli gi� tanto favoriti dall'eccezionale legislazione che 
li riguarda e di cui si � scritto), comunque incontrati (ed anche, quindi, 
da �trasportati� su veicoli dello Stato, i quali trasportati altri non 
dovrebbero essere che dipendenti in servizio), provvedono ampiamente 
l'art. 68 del t. u. di cui al d. P. R. 10 gennaio 1957 n. 3, la 1. 1 novembre 
1957 n. J140 ed il t. u., di cui al r. d. 21 febbraio 1895 n. 70, e successive 
modificazioni, che disciplinano sostanzialmente e proceduralmente 
gli effetti delle infermit� (in senso lato) dipendenti da cause di servizio, 
nelle quali, soltanto, possono risolversi quei rischi; senza dire che gli 
effetti pregiudizievoli per il bilancio dello Stato di tali infermit� come 
in genere di ogni altro danno, salve le rare ipotesi di cause di forza 
maggiore, dovrebbero essere eliminate attraverso la ripetizione, a carico 
dei responsabili, delle somme conseguentemente esborsate, laddove 
per i motivi innanzi accennati ci� non potrebbe avvenire, in caso di 
assicurazione, con riferimento all'importo dei premi. 

N�, in alcuna ipotesi, varrebbe obbiettare che l'assicurazione potesse 
riguardare i casi di responsabilit� obbiettiva, giacch�, per quanto 
interessa, un simile tipo di responsabilit� non appare normalmente 
configurabile, ed anche la colpa presunta pu� essere esclusa dalla pro



lM RASSEGNA DBLL'AVVOCATVRA Dm.LO STATO 

va contraria, mentre quando presunzioni non esistono colui che pretende 
di avere un qualsiasi diritto deve dare la prova della fondatezza 
della propria pretesa nei vari aspetti, in cui tale fondatezza si 
concreta. 

Concludendo, alla questione posta si ritiene debba rispondersi negativamente; 
non solo, ma la conclusione, alla quale� si � pervenuti, 
nei limiti in cui le ragioni indicate a sostegno di siffatta conclusione 
siano applicabili mutatis mutandis agli enti pubblici diversi dallo Stato, 
dovrebbe valere anche per questi. 

LA REDAZIONE 


CONSULTAZIONI* 


ACQUE PUBBLICHE 

Delimitazione da parte del Prefetto degli alvei e delle sponde 

1) Quale sia la natura del potere attribuito al Prefetto, in materia 
di delimitazione degli alvei a sponde variabili od incerte, dall'art. 94 

t.u. 25 luglio 1904, n. 523. (n. 77). 
2) Se sia fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
94 t.u. citato in relazione agli artt. 24, 25 e 42 della Costituzione. (n. 77). 

Valle d'Aosta -Derivazioni idroelettriche -E.N.E.L. 
3) Quale sia la natura del rapporto che si instaura fra Stato e Regione 
in base all'art. 7 S.S.V.A., e se in materia di acque pubbliche sia 
ipotizzabile un conflitto di attribuzione fra Stato e Regione. (n. 78). 
4) Se, con l'entrata in vigore della legge istitutiva dell'E.N.E.L., 
possa ritenersi ancora sussistente il diritto della Valle d'Aosta alla concessione 
di acque a scopo idroelettrico. (n. 78). 

AGRIC(:)LTURA 

Riforma fondiaria -Rapporti con gli assegnatari 
Se in caso di alienazione dei terreni oggetto di assegnazione, da 
parte degli assegnatari si possa far dichiarare, nei loro confronti, la 
risoluzione del rapporto giuridico per inadempimento. (n. 35). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Transazioni 

Se gli atti con i quali si risolvono transattivamente le riserve avanzate 
dalle Ditte appaltatrici siano soggetti al parere obbligatorio di 
merito dell'Avvocatura dello Stato, ovvero al semplice visto di legittimit�. 
(n. 285). 

ANTICH-ITA' E BELLE ARTI 

Fondo per il Culto -Natura giuridica -Dichiarazione di importanza 
artistica 

1) Se per la dichiarazione di importanza storico-artistica di due 
chiese appartenenti al Fondo per il Culto debba provvedersi ai sensi 
dell'art. 822 e.e., secondo comma, ovvero ai sensi del combinato disposto 
dell'art. 830 e.e. e dell'art. 2 della legge 1 giugno 1939 n. 1089. (n. 51). 

2) Se il Fondo per il Culto sia soggetto distinto dallo Stato, fornito 
di autonoma personalit� giuridica. (n. 51). 

* La formulazione del quesito non riflette in alcun modo la soluzione 
che ne � stata data. 

106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Immobili adiacenti edifici monumentali 

3) Se sia legittima l'imposizione del divieto assoluto di edificabilit�, 
nei confronti di immobili adiacenti a edifici monumental�, sulla base dell'art. 
21 legge 1 giugno 1939, n. 1089. (n. 52). 

4) Se un tale divieto assoluto di edificabilit� possa imporsi in virt� 
della legge 30 giugno 1939 n. 1497. (n. 52). 

APPALTO 

Opere pubbliche -Cessione di contratto 
1) Quale sia la differenza tra l'ipotesi prevista dall'art. 334 legge 
30 marzo 1865 n. 2248 all. F e quella prevista dal successivo art. 339. 
�(n. 274). 
2) In quali condizioni possa ritenersi giustificato il rifiuto della p. a. 
ad acconsentire alla cessione del contratto di appalto da parte del deliberatario. 
(n. 274). 

Imposta di registro -Restituzione 
3) Se l'imposta di registro, relativa ad un contratto di appalto stipulato 
dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici in ordine al quale il 
Consiglio di Stato abbia dichiarato la illegittimit� della aggiudicazione 
(con il conseguente annullamento parziale, da parte della stessa Amministrazione, 
degli atti dell� predetta procedura ivi compreso il decreto 
di approvazione del contratto), debba esser'e restituita all'impresa. (n. 275). 

BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 

Valle d'Aosta -Tutela paesistica 
1) Se nel territorio della Valle d'Aosta sia applicabile la legge n. 
1497 del 1939 sulla tutela del paesaggio. (n. 10). 
2) Se sia annullabile una licenza di costruzione rilasciata dal Sindaco 
di un Comune della Valle d'Aosta in mancanza dell'autorizzazione 
del Soprintendente alle Antichit� e Belle Ar� e, nell'affermativa, quale 
procedura si debba seguire. (n. 10).. 
3) Se il Regolamento edilizio deliberato da un Comune della Valle 
d'Aosta ed approvato dalla Giunta Regionale debba essere sottoposto 
all'approvazione del Ministro dei Lavori Pubblici, a norma dell'art. 36 
Legge 17 agosto 1942 n. 1150. (n. 10). 

CONCESSIONI 

Beni indisponibili ad uso di abitazione 

Se il divieto degli aumenti dei canoni, di cui alla legge n. 1444 del 
1963, debba trovare applicazione anche per le concessioni-contratto riguardanti 
beni immobili indisponibili dello Stato adibiti ad uso di 
abitazione. n. 71). 

CONCORSI 

Ferrovie dello Stato -Concorso per soli titoli 
Quali siano i criteri da osservare per i concorsi per soli titoli ban



PARTE II, CONSULTAZIONI ]:07 

diti dalle Ferrovie dello Stato in base alla legge n. 304 del 1963 in ordine 
alla presentazione da parte dei candidati dei documenti necessari e alla 
valutazione dei singoli titoli. (n. 7). 

CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO 

Contratti 

1) �Se, a norma dell'art. 114 reg. Cont. Stato, allorch� nel capitolato 
di oneri o nello schema di contratto sia stabilito un termine per l'approvazione 
del contratto stesso, il contraente privato abbia diritto di esser 
liberato da ogni suo impegno, ove entro il termine predetto venga 
emesso il decreto di approvazione ma non intervengano il visto e la 
registrazione da parte della Corte dei Conti. (n. 198). 

2) Se la dichiarazione di scioglimento per mancata approvazione in 
termine del contratto resti superata dalla successiva spontanea esecuzione 
da parte del contraente privato, malgrado l'espressa riserva di ogni 
diritto nascente. dalla dichiarazione stessa. (n. 198). 

Transazioni 

3) Se gli atti con i quali si risolvono transattivamente le riserve 
avanzate dalle ditte appaltatrici siano soggetti al parere obbligatorio di 
merito della �Avvocatura dello Stato, ovvero al semplice visto di legittimit�. 
(n. 199). 

CONTRABBANDO 

Apparecchi di accensione -Sopratassa -Condono 
Se in virt� della legge 31 ottobre 1963 n. 1458 possa considerarsi 
condonata la sopratassa per contrabbando di apparecchi di accensione e 
di pietrine focaie prevista dall'art. 10 r.d.l. 26 febbraio 1930 n. 105. (n. 37). 

COSTITUZIONE 

Delimitazione da parte del Prefetto degli Alvei e delle sponde dei corsi 
di acque pubbliche 

1) Se sia fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
94 t.u. citato in relazione agli artt. 24, 25 e 42 della Costituzione. (n. 23). 

Corte Costituzione -Conflitti d{ attribuzione -Decorrenza del termine 
di cui alf'art. 39 l. 23 marzo 1953 n. 87 

2) Se il termine per proporre ricorso alla Corte Costituzionale per 
conflitto di attribuzioni, ai sensi dell'art. 39 legge 23 marzo 1953 n. 87, 
decorra per lo Stato dal giorno in cui il provvedimento che d� luogo 
a conflitto sia giunto a conoscenza del Ministero interessato opp.re alla 
Presidenza del Consiglio dei Ministri. (n. 24). 

DANNI DI GUERRA 

Reliquidazione danni di guerra 

Se sia legittimo, tramite una circolare,. disporre la reliquidazione 
dei danni di guerra anche relativamente a pratiche gi� liquidate e divenute 
definitive e secondo un criterio di liquidazione diverso da quello 
adottato in precedenza. (n. 114). 


108 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

DEMANIO 

Demanio forestale -Adeguamento canoni 
Se i criteri di adeguamento dei canoni demaniali, previsti nella legge 

n. 1501/1961, possano essere applicati ad una concessione-contratto di 
beni del demanio forestale dello Stato, nella quale il canone fu pattiziamente 
concordato. (n. 186). 
EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Cooperative edilizie -Restrizione ipotecaria 
Se in caso di restrizione ipotecaria, il versamento da effettuarsi 
dalle Cooperative edilizie a sensi dell'art. 8 t.u. 28 aprile 1938 n. ll65 
possa essere limitato alla somma corrispondente, proporzionalmente, al 
prezzo d'acquisto dell'area da liberare, ovvero debba adeguarsi al valore 
attuale dell'area stessa. (n. 147). 

ELETTRICITA' 

E.N.E.L. 
1) Se l'E.N.E.L. sia tenuta all'osservanza delle norme del T.U. sulle 
acque e sugli impianti elettrici che non siano state espressamente abrogate 
dalla legge istitutiva dell'E.N.E.L. 6 dicembr~ 1962, n. 1643. (n. 10). 

VaLLe d'Aosta -Derivazioni idroelettriche -E.N.E.L. 

2) Quale sia la natura del rapporto che si instaura fra Stato e 
Regione in base all'art. 7 S.S.V.A., e se in materia di acque pubbliche 
sia ipotizzabile un conflitto di attribuzione fra Stato e Regione. (n. 11). 

3) Se, con l'entrata in vigore della legge istitutiva dell'E.N.E.L. 
possa ritenersi ancora sussistente il diritto della Valle d'Aosta alla concessione 
di acque a scopo idroelettrico. (n. 11). 

ELEZIONI 

Infortunio a componente di seggio elettorale 

Se l'Amministrazione dell'Interno sia tenuta a risarcire il danno subito 
dal Presidente di un seggio elettorale a seguito di un incidente 
occorsogli per colpa di terzi mentre con la propria autovettura si recava 
a depositare i plichi elettorali, essendo stato autorizzato dal sindaco ad 
usare il proprio autoveicolo in assenza di ogni altro mezzo di trasporto 
pubblico o privato atto allo scopo. (n. 6). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

Fondo per iL Culto -Natura giuridica -Dichiarazione di importanza 
artistica 

1) Se per la dichiarazione di importanza storico-artistica di due 
chiese appartenenti al Fondo per il Culto debba provveder:si ai sensi 
dell'art. 822 e.e., secondo comma, ovvero ai sensi del combinato disposto 
dell'art. 830 e.e. e dell'art. 2 della legge 1 giugno 1939 n. 1089. (n. 41). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 109 

2) Se il Fondo per il Culto sia soggetto distinto dallo Stato, fornito 
di autonoma personalit� giuridica. (n. 41). 

ESECUZIONE FISCALE 

Regione Siciliana -ApplicabiHt� art. 140 t.u. 1963/858 
Se ii rapporto d'impiego dei dipendenti esattoriali in Sicilia debba 
ritenersi attualmente regolato dall'art. 140 t.u. 15 maggio 1963 :11. 858. 

(n. 67). � 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Regione Sarda -Impianti sportivi 
1) Se gli organi regionali siano competenti ad approvare i progetti 
per la costruzione di impianti sportivi in Sardegna. (n. 183). 
2) Se, inoltre, per l'approvazione di detti progetti sia necessaria 
l'intesa col Ministero dell'Interno e con quello de Turismo e dello Spettacolo. 
(n. 183). 

FERROVIE 

Concorso per .soli titoli 
1) Quali siano i criteri da osservare per i concorsi per soli titoli � 
banditi dalle Ferrovie dello Stato in base alla legge n. 304 del 1963 in 
ordine alla presentazione da parte dei candidati dei documenti necessari 
e alla valutazione dei singoli titoli. (n. 350). 

Lanci di oggetti dai treni 

2) In quali casi e in quali condizioni di tempo e di luogo il lancio 
di oggetti dai treni possa essere configurato come reato a termini dell'art. 
574 c.p. (n. 351). 

Riscatto di ferrovia concessa 

3) Se il riscatto delle ferrovie concesse. previsto dal t.u. 9 maggio 
1912 n. 1447 si debba intendere come riscatto di aziend� o come riscatto 
di impianti e cio� dei singoli beni che costituiscono la rete ferroviaria. 
(n. 352). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Cassa Conguaglio Tariffe Elettriche -Liquidazione -Trattamento del 
personale 

1) Se il personale licenziato dalla Cassa Conguaglio Tariffe Elettriche 
posta in liquidazione con provvedimento del C.I.P. n. 1012 del 
1962 abbia diritto alla corresponsione straordinaria prevista dall'art. 12, 
5� comma, della legge 4 dicembre 1956, n. 1404. (n. � 557). 

Dipendente Statale -Aggiunta di famiglia per i figliastri e i � figli di 
moglie divorziata 

2) Se spetti al dipendente statale la quota di aggiunta di famiglia 
anche per i figliastri. (n. 558). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 


... 3)� Se, spetti al di:rendente statale la quota di aggiunta di famiglia 
per il figlio della moglie divorziata da cittadino della Germania dell'Est, 
a carico del quale sia stato posto il mantenimento del minore, che non 

I
pu� essere adempiuto per la impossibilit� di trasferire moneta dalla 
Germania dell'Est in Italia. (n. 558). 

~e$.ponsabilit� dei conducenti di autoveicoli 

4)� Se� il 2� comma �dell'art. 8 legge 31 dicembre 1962 n. 1833, concernente 
la rinuncia dell'Amministrazione alla riscossione del credito 
(derivante da una decisione di condanna, non completamente eseguita, 
a carico del conducente per i danni cagionati senza dolo o colpa grave 
dalla conduzione dei veicoli pubblici), possa applicarsi anche pei casi di 
assunzione volontaria dell'obbligo di risarcire i danni prodotti. (n. 560). 

IMPOSTA DI :SOLLO 

ReclamJ. f �rroviari 

Se la presentazione del reclamo la cui validit� poggi su documenti 
non regolari di bollo valga ad interrompere la decadenza, dello 
avente diritto, comminata dall'art. 45, � 2 della C.I.M. (n. 24) . 

.l)'.IPOS~A .DI REGISTRO 

Pic�ola propriet� co~tadina -Agevolazioni fiscali -Decadenza 

1) Se .in caso di decadenza dalle agevolazioni fiscali previste dalla 
legge 1954 n. 604 il pagamento dei tributi ordinari sia posto a carico di 
tutte le parti contraenti o solo a carico dell'acquirente, del permutante 
e dell'enfiteuta. (n. 197). 

,. �1 � 

"" 

;r.-. 

Restituzione imposta di registro -Appalto di 00.PP. 

2) Se l'imposta di registro, relativa ad un contratto di appalto stipulato 
dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici in ordine al quale il 
Cons~glio,, di Stato abbia dichiarato la illegittimit� della aggiudicazione 
(con il: conseguente annullamento parziale,� da parte della st.essa Amminlitraiione, 
degli atti qella predetta procedura ivi compreso il decreto di 
approvazione del contratto), debba essere restituita alla impresa. (n. 198). 

Sentenza 

.. , 3)..S~ la sentenza che dichiara di propriet� .del marito l'immobile 
�cquisfato dalla moglie con danaro avuto dal coniuge in donazione debba 
ess~.re assoggettata alla tassa fissa ,di registro prevista nell'art. 69 lett. 
~} legge� ~organ~ca di� registro. (n. 199). 

<, ' M 

. �, 


IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

I.nve-i:i:tario 

1) Se l'inventario redatto dal rappresentante del minore oltre il 
termin~� dLtr,e mesi stabilito nell'art. 435 e.e., qualora il minore eserciti 
� possesso dei beni ereditari attraverso il rappresentante stesso, sia 


l"ARTE' 'II, CONSVLTAZION! ll:t 

idoneo a vincere la presunzione circa l'esistenza di gioielli e denaro 
stabilita dal 1� comma dell'art. 31 della legge tributaria di successione. 

(n. 104). 
Passivitd ereditarie 

2) Se, ai fini dell'art. 45 della legge organica sull'imposta di successione, 
la mancat!:l annotazione nel 'libro <lella Banca della singola operazione 
di sconto possa essere sostituit�i dalla annotazione dell'importo 
complessivo di tutti gli sconti effettuati nello stesso giorno nonch� dalla 
annotazione della singola operazione menzionata in un foglio assunto 
con tutti gli altri relativi ad altre operazioni, dal centro contabile meccanografico 
dell'istituto. (n. 105). 

IMPOSTE E TASSE 

Con�ono -d.P.R. 24 gennaio 1963 n. 5 
1) Quali' siano i criteri di applicazione della amnistia di . cui al 

d.P.R. 24 gennaio 1963, n. 5 ai reati,finanziari previsti dall'art. 6 del 
decreto stesso in relazione al secondo comma dell'art. 243 del t.u. 29 
gen�laio 1958 n. 645 sulle imposte dirette. (n. 368). , 
Condono -L. 1458/63 

2) Se sia applicabile il condono recato dalla legge n. 1458 del 1963 
quando il contribuente abbia .corrisposto, nel termine previsto dalla legge 
stessa, il tri:t>uto al fine di evitare l'esecuzione forzata. (n. 369). 

3) �se in tal caso debba restituirsi la pena pecuniaria eventualmente 
pagata insieme al tributo. (n. 369). � 

Imposta sulla pubbiicitd 

4) Se possa ipotizzarsi in favore dell'imposta di pubblicit� un privilegio 
sulla testata del giornale nel quale � stata compiuta l'attivit~ 
dal tributo. (n. 370). 

IPOTECHE 

Coopera~ive edilizie -Restrizione ipotecaria 
Se, in caso di restrizione ipotecaria, il versamento da effettuarsi 
dalle cooperative edilizie a sensi dell'art. 8 t.u. 28 aprile 1938 n.. 1165 
possa essere limitato alla somma corrispondente, proporzionalmente, al 
prezzo d'acquisto dell'area da liberare ovvero debba adeguarsi al valore 
attuale dell'area stessa. (n. 17). � � 

LOCAZIONI 

Blocco -Immobili indisponibili dello Stato 
Se il divieto degli aumenti dei canoni, di cui alla legge n. 1444 del 
1963, debba trovare applicazione anche per le cpn,cessioni-contratto riguardanti 
i beni immobili indisponibili dello Stato' adibiti ad uso di abi~ 
tazi�rie.: (il. 120). � 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

LOTTO E LOTTERIE 

Biglietto vincente 

1) Se in caso di denuncia di furto di un biglietto vincente alla 
Lotteria Italia, l'Amministrazione che gestisce la lotteria debba, ai fini 
del pagamento del relativo premio, controllare le cartoline spedite alla 
RAl .�per accertare chi ne sia stato possessore. (n. 22). 

2) Se ai biglietti delle lotterie nazionali si debbano applicare le 
norme sui titoli di credito. (n. 22). 

MATRIMONIO 

Dipendente statale -Aggiunta di famiglia per i figliastri e i figli di 
moglie divorziata 

1) Se spetti al dipendente statale la quota di aggiunta di famiglia 
anche per i figliastri. (n. 16). 

2) Se spetti al dipendente statale la quota di aggiunta di famiglia 
per il figlio della moglie divorziata da un cittadino della Germania dell'Est, 
a carico del quale sia stato posto il mantenimento del minore, 
che non pu� essere adempiuto per la impossibilit� di trasferire moneta 
dalla Germania dell'Est in Italia. (n. 16). 

OPERE PUBBLICHE 

Appalto -Cessione di contratto 
1) Quale sia la differenza tra l'ipotesi prevista dall'art. 334 legge 
20 marzo 1865 n. 2248 all. F e quella prevista dal successivo art. 339. 

(n. 
58). 
2) In quali condizioni possa ritenersi giustificato il rifiuto della Pubblica 
Amministrazione ad acconsentire alla cessione del contratto di 
appalto da parte del deliberatario. (n. 58). 

Regione Sarda -Impianti sportivi . 

3) Se gli orgaili regionali siano competenti ad approvare i progetti 
per la costruzione di impianti sportivi in Sardegna. (n. 59). 

4) Se, inoltre, per l'approvazione di detti progetti sia necessaria la 
intesa col Ministro dell'Interno e con quello del Turismo e dello Spettacolo. 
(n. 59). 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

Accordi italo-iugoslavi in materia di ass~curazione sociale 

Se, in materia di assicurazioni sociali, la validit� dei periodi di 
assicurazione, ai fini della pensione, debbono essere accertati sulla base 
della legislazione sotto la quale i periodi stessi sono stati compiuti. (n. 44). 

PROPRIETA' 

Immobili adiacenti edifici monumentali 

1) Se �sia legittima l'imposizione del divieto assoluto di edificabilit�, 


PARTE II, CONSULTAZIONI 113 

nei confronti di immobili adiacenti a edifici monumentali, sulla base 
dell'art. 21 della legge 1 giugno 1939 n. 1089 (n. 38). 
2) Se un tale divieto assoluto di edificabilit� possa imporsi in virt� 
della legge 30 giugno 1939 p. 1497 (n. 38). 

REGIONI 

Regione Sarda -Impianti sportivi 
1) Se gli organi regionali siano competenti ad approvare i progetti 
per la costruzione di impianti sportivi in Sardegna. (n. 111). 
2) Se, inoltre, per l'approvazione di detti progetti sia necessaria la 
intesa col Ministero dell'Interno e con quello del Turismo e dello Spettacolo. 
(n. 111). 

Regi�ne Siciliana -Applicabilit� art. 140 T.U. 
3) Se il rapporto d'impiego dei dipendenti esattoriali in Sicilia debba 
ritenersi attuamente regolato dall'art. 140 t.u. 15 maggio 1963 n. 858. 

(n. 112). 
Vane d'Aosta -Derivazioni idroelettriche -E.N.E.L. 
4) Quale sia la natura del rapporto che si instaura fra Stato e Regione 
in base all'art. 7 S.S.V.A., e se in materia di acque pubbliche sia 
ipotizzabile un conflitto di attribuzione fra Stato e Regione. (n. 113). 
5) Se, con l'entrata in vigore della legge istitutiva tlell'E.N.E.L., 
possa ritenersi ancora sussistente il diritto della Valle d'Aosta alla concessione 
di acqua a scopo idroelettrico. (n. 113). 

Vane d'Aosta -Tutela paesistica 
6) Se, nel territorio della� Valle d'Aosta sia applicabile la legge n. 
1497 del 1939 sulla tutela del paesaggio. (n. 114). 
7) Se sia annullabile una licenza di costruzione rilasciata dal Sindaco 
di un Comune della Valle d'Aosta in mancanza dell'autorizzazione 
del Soprintendente alle Antichit� e Belle arti. e, nell'affermativa, quale 
procedura si debba seguire. (n. 114). 
8) Se il Regolamento Edilizio deliberato da un Comune della Valle 
d'Aosta ed approvato dalla Giunta Regionale debba essere sottopdsto 
all'approvazione del Ministro dei Lavori Pubblici, a norma dello art: 36 
della legge 17 agosto 19~2 n. 1150. (n. 114). 

RESPONSABILITA CIVILE 

Dipendenti statali -Conduzioni veicoli -Risarcimento danni 
1) Se il 2� comma dell'art. 8 legge 31 dicembre 1962 n. 1833, concernente 
la rinunzia dell'Amministrazione alla riscossione del credito 
(derivante da una decisione di condanna, non completamente eseguita, 
a carico del conducente per i danni cagionati, senza dolo o colpa grave, 
dalla conduzione dei veicoli pubblici), possa applicarsi anche pei casi di 
assunzione volontaria dell'obbligo di risarcire i danni prodotti. (n. 212). 


114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA .DELLO STATO 

Eleziorii 

2) Se l'Amministrazione' dell'Interno sia tenuta a risarcire il danno 
subito dal Presidente di un seggio elettorale a seguito di un incidente 
occorsogli per colpa di terzi mentre con la propria autovettura si recava 
a depositare i plichi elettorali, essendo stato autorizzato dal sindaco ad 
usare il proprio autoveicolo in assenza di ogni altro mezzo di trasporto 
pubblico o privato atto allo scopo. (n. 213). 

J;lIFORMA FONDIARIA 

Rapporti con gli assegnatari 

Se ih caso di alienazione dei terreni, oggetto di assegnazione, �da 
parte degli assegnatari si possa far dichiarare, nei loro confronti, la 
risoluzione del rapporto giuridico per inadempimento. (n. 9). 

SENTENZA 

rmposta di registro 

Se la sentenza che dichiara di prop_riet� de1 marito l'immobile acqui;
tato dalla moglie con danaro avuto dal coniuge in donazione debba es;
ere assoggettata alla tassa fissa d� registro prevista nell'art. 69 lett. e) 
egge organica di registro. � (n. 15). �� 

;;ERVITU' 

;ervit� aeronautiche 

1) Se sia dovuta l'indennit� per l'imp-0sizione 4i una servit� aero1autica. 
che limiti il generico ius aedificandi del proprietario del suolo. 

n. �36). 
2) S~ sia dovuta l'indenIJit� quando, con la imposizipne di una ser
�it� aeronautica, si ordini la demolizione o soppressione di opere. n. 36) . 
.3) Se, quand'anche non sia ordinata.la demolizione, ma con. l'impoizione 
della servit� aeronautica, si sia limitata una costruzione gi� iniiata, 
tale limitazione faccia sorgere il diritto all'indennit� del proprietario 
ella costrmdon~.. (n. 36). 

ervit� telefoniche militari 

4) Se per l'imposizione di servit� telefoniche militari siano appliabili 
le disposizioni previste dal titolo II del Codice postale che regolano 
! servit� per i collegamenti delle telecomunicazioni ordinarie. (n. 37). 

TAMPA 

nposta sulla pubblicit� 

Se possa ipotizzarsi� in favore dell'imposta di pubblicit� un privigio 
sulla testata del giornale nel quale � stata compiuta l'attivit� col.
ta dal tributo. (n. ~). 


PARTE lI, CONSUL'tAZIONI . 

STRADE 

Funzionari dell' A.N.A.S. -Servizi di polizia stradale 
Quai siano i funzionari dell'ANAS �he possono essere abilitati al 
ser\rizio di � prevenzione e di accertamento dei reati in materia di 
circolazione ~. ai sensi dell'art. 137 del Codice della Strada. (n. 54). 

SUCCESSIONI 

Comunione ereditaria 

Se l'esercizio, da parte del pr�mogenito in virt� della legge 29 marzo 
1954 n. 1 della Provincia di Trento, del diritto di as�sumere l� propriet� 
del maso chiuso pagando ad ogni coerede la quota di valore del maso 
stesso, realizzi un modo di devoluzione dell'eredit� diverso dall'originario. 
-e quindi tassabile sulla base dei nuovi valori. -ovvero integri 
soltanto un modo di scioglimento della comunione ereditaria. (n. 69). 

TELEFONI 

Servit� telefoniche militari 

Se per l'imposizione di servit� telefoniche militari siano applicabili 
le disposizioni previste dal titolo II del Codice postale che regolano le 
servit� per i collegamenti delle telecomunicazioni ordinarie. (n. 26). 

TITOLI DI CREDITO 

Biglietti di lotteria 

Se ai biglietti delle lotterie nazionali si debbano applicare le norme 
sui titoli di credito. (n. 13). 

TRAN~AZIONI 

Parere dell'Avvocatura dello Stato 

Se gli atti con i quali si risolvono transattivamente le riserve avanzate 
dalle Ditte appaltatrici siano soggetti al parere obbligatorio di merito 
dell'Avvocatura dello Stato, oppure a semplice visto di legittimit�. 

(n. 10). 
TRASPORTO 

Lanci di oggetti dai treni 

In quali casi e in quali condizioni di tempo e di luogo il lancio di 
oggetti dai treni possa essere configurato come reato a termini dell'art. 
674 C.P. (n. 52). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Accordi italo-jugoslavi in materia di assicurazioni sociali 

Se, in materia �di assicurazioni sociali, la validit� dei periodi _di 
assicurazione, ai fini della pensione, debbono essere accertati sulla base 
della legislazione sotto la quale i periodi stessi sono stati compiuti. (n. 13). 


116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRATTATO DI PACE 

Beni di sudditi deUe NN. UU. 

Se in materia di tasso di cambio per il trasferimento dei dividendi 
sia ammissibile una transazione. (n. 82). 

2) Se l'art. 14 dell'accordo italo-britannico del 17 settembre 1947 
sia applicabiie ai rapporti simulati. (n. 82). 

Beni italiani in Ungheria 

3) Se lo Stato italiano possa ritenersi responsabile, in relazione alle 
disposizioni del trattato di pace che prevedono la cessione all'U.R.S.S. 
dei beni italiani in Ungheria, della mancata continuazione del versamento 
delle pensioni spettanti agli ex dipendenti ungheresi delle Compagnie 
di Assicurazione italiane aventi filiali gi� operanti in Ungheria. 

(n. 83).