ANNO XXXVI -N. 4-5 LUGLIO-OTTOBRE 1984 RASSE.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1985 ABBONAMENTI ANNO 1985 ANNO L. 33.350 UN NUMERO SEPARATO � . . � � � . . . � . . � � � � � � � � 1t 6.100 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 "' -'~ , Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale dl Roma -Decreto n. 11089 del 13 luidlo 1966 (6219068) Roma, 1985 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/' avv. Franco Favara) .----.. pag. 617 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA de/l'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara) � 688 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDI� ZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) > 718 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Paolo Cosentino e Anna Cenerini) . � 727 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura gli avv. Raffaele Tamlozzo e G. P. Pollzzi) de: o 737 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Baflle) (a cura de/l'av> 758 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) 11 804 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Be/monte e Nicola Bruni} � 824 Parte seconda: QUESTIONI � RASSEGNA DI DOTIRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO RASSEGNA DI DOTIRINA (a cura de/l'avv. Ignazio Caramazza) pag. 77 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . . . . . )) 91 INDICE BIBLIOGRAFICO � 133 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauoo NoRI, Ancona; Fxancesco Cocco, Bani; F~ancesco GUICCIARDI, Genova,� Carlo BAFILE, L'Aquila; Nioaisio MANcuso, Palermo; Rocoo BERARDI, Potenza; Maull1i:zfo DE FRANCHIS, Trento; P1aolo SCOTTI, Trieste; Giianaarlo MAND�, Venezia. NOTA REDAZIONALE Saluto rivolto dall'Avvocato Generale dello Stato, Giuseppe Manzari, al prof. Antonino De Stefano, che il 1() ~ugltio 1984 ha lasciato la Corte Costituzionale. Quale Avvocato Generale dello Stato ho sentito il dovere ed ho voluto procurarmi il piacere di vestire oggi la toga per rivolgere al Presidente De Stefano il saluto dell'Istituto, cui ho l'onore di essere preposto e che ha l'onore di essere l'istituzionale interlocutore di questa Corte il saluto di tutti i colleghi e quello mio personale. Non ripercorrer� il cursus honorum del vice Presidente della Corte Costituzionale tanto autorevolmente illustrato con finissime notazioni dal Presidente Elia. Desidero per� portare la testimonianza di chi ha avuto la ventura, negli impegni vissuti, di seguire l'iter dell'ascesa e di assistere al manifestarsi di tante e varie virt� che hanno concorso a fare di uno studioso serio ed intelligente un giurista di razza ed un eminente uomo pubblico. Antonino De Stefano ha cominciato a segnare la sua traccia quale magistrato della Corte dei Conti, dove seppe subito acquistare grande autorevolezza anche tra i colleghi pi� anziani e qualificati e godette l'altissima stima e la illimitata fiducia di quel grande Presidente della Corte dei Conti che � stato Ferdinando Carbone, che ne preconizz� il luminoso cammino. Docente universitario � stato allievo di quel maestro di tutti noi che fu Arturo Carlo I emolo ed ha saputo seguirne lo stile di vita e di pensiero, impartendo dalla cattedra dei pi� prestigiosi Atenei d'Italia lezioni assai se~uite ed apprezzate. � Grand Commis '" e non aggiungo " dello Stato '" perch� la espressione nel senso pi� moderno o comprensivo non tollera pi� le limitazioni di angusti confini nazionali, ormai fuori del tempo, ha rappresentato nelle Comunit� europee con alta dignit� l'Istituzione superiore di controllo italiana ed ha ricoperto la prestigiosa carica di Presidente del Collegio dei Revisori dell'� International Institute for management of Tecnology �. Come scrittore ha portato acuti e f ondanientali contributi nei delicati e vari campi del diritto, accoppiando sempre al sottile intuito giuridico la consapevole attenzione -che � propria delle menti illuminate -alla attualit� dei problemi ed all'insegnamento della storia. Il suo � Rivoluzione e Religione nelle prime esperienze costituzionali � ne costituisce alta e significativa espressione. Giudice della Corte Costituzionale ha poi portato in questo altissimo consesso il frutto maturo di una vita di studio, di lavoro e d'esperienza, Vl RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sottoscrivendo come relatore importanti sentenze che restan� come tappe fondamentali dell'evolvere -e quale rapido evolvere -di una civilt� giuridica. Dal diritto civile a quello penale a quello amministrativo, al diritto del lavoro, dai rapporti tra Stato e Regioni a quelli tra Stato e Chiesa, dai problemi della riforma sanitaria a quelli dell'ammissibilit� dei referendum non vi � settore giuridico nel quale Antonino De Stefano non abbia lasciato da questo suo alto scranno l'impronta della sua poliedrica cultura. In questo egli pu� essere assunto a simbolo di come si � venuta forgiando nei cinque lustri di storia la vostra immagine, Signori della Corte Costituzionale, che � quella carismatica dei depositari di una scienza, di una saggezza e di un equilibrio superiori, che costituiscono al tempo stesso l'ultima risorsa ed il primo presidio per scongiurare i pericoli che possono insidiare la libert� del privato e l'autorit� dello Stato, che sono beni entrambi meritevoli di tutela in una democrazia ben ordinata, quale -nonostante tutto continua a essere -ed a crescere -la nostra, anche per non piccolo merito vostro. La storia di questa nostra epoca travagliata si scrive in gran parte nelle supreme istanze giudiziarie: � questa una verit� che ci viene da oltre Atlantico e da oltre Manica, ma che ha preso ormai cittadinanza nel Vecchio Continente, dove l'Italia non fa certo eccezione ed anzi riscopre e rinverdisce lontane e profonde radici della sua storia. Ebbene il vice Presidente della Corte Costituzionale lascia oggi il suo alto incarico consegnando a voi ed a noi il suo contributo di storia. Sono parole che posso pronunziare senza velo di rimpianto perch� ho la certezza che il Prof. De Stefano continuer� a scrivere altre importanti pagine ed a dire nuove cose importanti al servizio del paese, domani come ieri come sempre. Lo ascolteremo e lo leggeremo ancora, sempre con fruttuoso arricchimento. Ed uso il plurale non per retorico esercizio di eloquio, ma perch� nel pronunziare queste parole ho il privilegio e la certezza di interpretare e di esprimere i sentimenti dei colleghi dell'Avvocatura, che per mio tramite rivolgono al Presidente De Stefano un caldo saluto ed augurio, cui si aggiunge quello mio personale carico di profonda stima e deferente amicizia. Un augurio che � anche facile profezia di nuovi successi in continuit� di fecondo lavoro. PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE -Acque pubbliche -Competenza e giurisdizione -Cognizione diretta del Tribunale superiore -Ricorso contro ordinanza di ammissione ad istruttoria -Sussiste -Presenza di questioni preliminari o incidentali di .diritto soggettivo -Irrilevanza, 820. -Acque pubbliche -Concessione -Ammissione ad istruttoria -Immediata impugnabilit�, 820. -Acque pubbliche -Concessione Ammissione ad istruttoria in concorrenza -Domande di voltura o rinnovo -Illegittimit�, 821. -Acque pubbliche -Giudizio e procedimento -Tribunale superiore in sede di cognizione diretta -Ricorso -Termine -Decorrenza -Piena conoscenza -Rilevanza, 817. -Regioni -Bacini idrografici interregionali � Individuazione e delimitazione � Discrezionalit�, 623. - Valle d'Aosta -Grandi deviazioni per uso idroelettrico � Proroga delle concessioni con legge statale � Illegit� timit� costituzionale � Piano d'interesse nazionale � Limite all'attribuzione regionale, 622. APPALTO -Onerosit� e difficolt� dell'esecuzione -Revisione del corrispettivo � Clausola di esclusione � Effetti � Mutamento del tipo contrattuale � Esclusione � Allargamento dell'alea normale, 804. AVVOCATI E PROCURATORI -Esami di procuratore legale � Commissione giudicatrice � Collegio rappresentativo -Esclusione � Sostituzione membri effettivi � Possibilit� per ogni sostituto, 754. -Esami di procuratore legale -Commissione giudicatrice -Sostituzione Normativa che consente sostituzione qualunque membro, 754. CAMBIO E VALUTA -Residenza ai fini valutari � Lavoratore italiano all'estero -Lavoro autonomo � Altre attivit� economiche, 636. COMPETENZA CIVILE -Comunit� europee -Agricoltura � Mangimi � Aiuti ai produttori � Diritto soggettivo, 709. -Espropriazione per pubblica utilit� � Edilizia residenziale pubblica -Inclusione di fondo nel p.e.1.p. � Omessa apposizione di termini, 748. COMUNITA EUROPEE -Aiuti erogati dall'A.I.MA. � Fermo amministrativo � Limiti, 709. -Circolazione di autoveicoli � Assicurazione della responsabilit� civile � Ravvicinamento delle legislazioni Controllo della carta verde � Abolizione -Responsabilit� degli Uffici nazionali di assicurazione � Limiti, 689. -Circolazione di autoveicoli -Assicurazione della responsabilit� civile Ravvicinamento delle legislazioni Controllo della carta verde -Abolizione � Stazionamento abituale del veicol�' -Nozione, 688. -Libera circolazione delle merci � Misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione -Autobus usati � Controlli � Limiti, 705. - Libera circolazione delle merci -Paste alimentari -Presenza di grano tenero � Controlli, 702. Vlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONTABILITA PUBBLICA -Contratti della Pubblica Amministrazione -Concorso di idee -Assimilazione all'appalto-concorso -Conseguenze, 756. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Atto invasivo -Proposta interna di carattere tecnico e circolare interpretativa -Non sono tali, 622. ENTI PUBBLICI -Successione tra enti -Opera Nazionale Pensionati d'Italia -Soppressione -Ripartizione del patrimonio tra le regioni -Eventuali passivit� anteriori -Assunzione di queste da parte dell'Ufficio liquidazioni Ministero del Tesoro, 804. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA -Autorizzazione all'occupazione d'urgenza -Competenza -Sindaco -Opere di � spettanza comunale -Condizioni, 817. -Autorizzazione all'occupazione d'urgenza -Fissazione del termine -Motivazione -Necessit�, 817. -Determinazione dell'indennit� -Terreno con potenzialit� edificatoria Serio ristoro -Criterio di riferimento, 664. -Indennit� di espropriazione -Qualificazione di un'area come edificabile -Assenza di previsione urbanistica -Rileva per la determinazione del valore dell'area, 666. -Occupazione d'urgenza -Durata Scadenza della dichiarazione di pubblica utilit� -Termine massimo, 817. -Occupazione illegittima -Risarcimento del danno -Liquidazione Rivalutazione -Potere del giudice d'appello -Sussistenza -Criteri, 732. -Occupazione parziale -Risarcimento del danno -Spese di recinzione del fondo residuo -Sussistenza -Limiti, 733. -Occupazione temporanea -Area edificatoria in atto coltivata -Indennizzo -Commisurazione al valore edificatorio -Legittimit�, 732. GIURISDIZIONE CIVILE -Amministratori e dipendenti di enti locali -Responsabilit� amministrativa -Giurisdizione dell'A.G.O. -Legittimit� costituzionale, 641. -Decisione della Corte dei . Conti -Ricorso per Cassazione -Questione pregiudiziale -Attiene ai limiti esterni della giurisdizione -Ammissibilit� del ricorso, 721. -Decisioni del Consiglio di Stato - Ricorribilit� per Cassazione -Sindacato della Cassazione -Limiti, 718. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Appello -Termine breve -Decorrenza -Notifica sentenza all'ente pubblico -Inidoneit� -Notifica sentenza al procuratore costituito -Necessit�, 737. -Ricorso guirisdizionale -Giurisdizione esclusiva -Azioni di accertamento -Ammissibilit� -Condizione, 756. IMPIEGO PUBBLICO -Concorso -Brevit� operazioni correzione prove scritte -Eccesso di potere -Sviamento potere -Insussistenza, 754. -Dirigenti -Orario di servizio -Maggiorazione -Compenso per lavoro straordinario -Esclusione -Questione di costituzionalit� -Non manifesta infondatezza, 753. -Infermit� -Causa di servizio -Accertamento nesso causalit� -Parere del Comitato pensioni privilegiate Necessit�, 743. -Infermit� -Causa di servizio -Decreto accertamento nesso causalit� Annullamento d'ufficio -Carattere vincolante a tutti gli effetti, 743. -Orientamento delle carriere -Mera aspettativa di promozione -Non � posizione giuridica acquisita, 658. -Polizia di Stato -Trasferimento Normativa applicabible -Trasferimento per motivi di servizio -Motivazione -Non occorre, 755. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA -Trattamento economico -Prescrizione -Interessi e rivalutazione monetaria, 755. IMPUGNAZIONI CIVILI -Incidentali -Tardive -Ammissibilit� -Condizioni, 804. LOCAZIONE -Canone -Clausole di adeguamento Inefficacia legale -Ambito di applicazione, 727. PENSIONI -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti -Atti amministrativi attinenti al rapporto di pubblico impiego -Sindacato incidentale di legittimit� -Esclusione -Eccesso di potere giurisdizionale, 722. POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Mancato recapito di lettere raccomandate -Responsabilit� dell'Amministrazione -Onere di previo reclamo in via amministrativa, 643. PROCEDIMENTO CIVILE -Opposizione di terzo -Avverso ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione, 620. PROCEDIMENTO PENALE -Giudice penale -Poteri -Discrezionalit� amministrativa -Prezzi -Sindacato -Possibilit�, 617. PROVA PENALE -Interrogatorio libero di imputato di reato connesso -Condizioni di ammissibilit� -Connessione sostanziale di reati -Necessit�, 824. � REATO -Reati associativi -Banda armata Organizzazione -Requisiti, 824. -Reati contro la personalit� dello Stato -Banda armata -Concorso morale in delitti rientranti nel programma criminoso del sodalizio Concorso desunto dal vincolo di partecipazione al sodalizio -Illegittimit�, 824. REGIONI -Acque pubbliche -Bacini idrografici interregionali -Interventi statali per opere idrauliche di terza categoria Legittimit� costituzionale, 623. ____: Controlli statali -Ispettori statali sull'applicazione degli accordi collettivi -Non concretano controllo anomalo, 645. -Materia dell'organizzazione degli uffici -Recepimento di accordi collettivi -Adeguamento alle peculiarit� -Attribuzione regionale, 645. _:_ Pareri da parte delle regioni -Termine per esprimerli -Congruit�, 623. - Riforma economico-sociale -Nozione, 645. RELIGIONE, CULTO E CHIESE -Enti ecclesiastici -Natura giuridica nell'ordinamento interno -Rappresentanza sostanziale e processuale -Delega da parte del rappresentante ad altro soggetto -Ammissibilit�, 730. SANIT� -Unit� sanitarie locali -Personale dipendente -Accordi collettivi -Attribuzione regionale, 645. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Accertamento -Competenza dell'ufficio -Inderogabilit� -Presentazione della dichiarazione ad ufficio incompetente -Irrilevanza fino al momento in cui non giunge all'ufficio competente, 781. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenze -Fusione e incorporazione di societ� -Realizzo automatico di plusvalenze -Esclusione -Difetto di iscrizione di plusvalori in bilancio -lntassabilit�, 783. - Imposta sul reddito delle persone giuridiche e imposta locale sui redditi -Consorzio per prestazioni di X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA-DELLO STATO garanzie -Ente commerciale -Inte� ressi prodotti dal fondo rischi -Sono soggetti ad ILOR -Legge 12 agosto 1977, n. 675, art. 19 -� innovativa, 772. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Decadenza da agevolazione dovuta a fatto del compratore -Obbligazione solidale del venditore -Permane, 659. -Imposta sul valore aggiunto -Esercizio d'impresa -Impresa in liquidazione -Concordato preventivo, 778. -Imposte di fabbricazione -Interessi su pagamento dilazionato -Art. 3 quater dl. 6 luglio 1974, n. 251, introdotto con la legge di conversione 14 agosto 1974, n. 346 -Entrata in vigore -Data di pubblicazione della legge di conversione, 796. - Imposte doganali -Merci perdute � Furto -Non esclude l'imponibilit�, 766. - Imposte doganali -Perdita della merce -Evento successivo alla inosservanza del termine per la presentazione -Irrilevanza, 767. TRIBUTI (IN GENERALE). -Accertamento -Notificazione -Nullit� -Sanatoria, 780. -Accertamento -Sanzioni -Provvedimento di irrogazione -Natura -Nascita dell'obbligazione, 792. -Accertamento tributario -Notificazioni -Irreperibilit� del destinatario nel domicilio fiscale -Modalit�, 760. -Accertamento tributario -Prove � Presunzioni -Nozione, 776. - Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado -Valutazione -Criteri tecnici della stima -Censurabilit� in terzo grado -Esclusione, 758. -Contenzioso tributario -Impugnazione -Motivi -Necessit� -Richiamo alle deduzioni dei precedenti gradi -Insufficienza, 801. -Contenzioso tributario -Procedimento innanzi alle commissioni -Appello -Notifica ad istanza di parte e successivo deposito nella segreteria -Nullit� insanabile, 800. -Processo tributario -Composizione delle commissioni tributarie di primo grado -Componenti non � togati � -Idoneit�, 618. TRIBUTI LOCALI -Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili -Valore iniziale -Valore risultante da condono � vincolante, 798. URBANISTICA -Valore di mercato dei terreni -Speranza di edificabilit� -Previsioni urbanistiche vigenti o � in fieri � Sono rilevanti, 667. -�Valore di un terreno -Data di riferimento -Speranza di ottenere un permesso di edificare -Bozza di strumento urbanistico attuativo Rilevanza -Limiti -Sopravvenienza di detto strumento urbanistico -Irrilevanza, 667. -Vincoli preordinati alla espropriazione -Perdita di efficacia per decorso del quinquennio -Conseguenze -Edificabilit� solo nei limiti degli standard urbanistici legali, 665. -Vincolo di p.r.g. preordinato alla espropriazione -Mancata previsione del limite di durata -Non � lesiva della propriet�, 666. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 29 marzo 1984, n. 79 7 giugno 1984, n. 154 7 giugno 1984, n. 167 8 giugno 1984, n. 169 27 giugno 1984, n. 180 11 luglio 1984, n. 187 11 luglio 1984, n. 188 11 luglio 1984, n. 189 11 luglio 1984, n. 190 25 luglio 1984, n. 219 25 luglio 1984, n. 220 25 luglio 1984, n. 226 30 luglio 1984, n. 231 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 9 febbraio 1984, nella causa 344/82 9 febbraio 1984, nella causa n. 64/83 21 febbraio 1984, nella causa 202/82 27 marzo 1984, nella causa 50/83 . . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 10 giugno 1983, n. 3987 . . . . . . Sez. Un. civili, 11 novembre 1983, n. 6690 . Sez. Un., 7 dicembre 1983, n. 7293 . Sez. Ili, 27 febbraio 1984, n. 1398 . Sez. I, 10 maggio 1984, n. Sez. I, 15 maggio 1984, n. Sez. I, 15 maggio 1984, n. Sez. I, 15 maggio 1984, n. Sez. I, 17 maggio 1984, n. Sez. I, 21 maggio 1984, n. Sez. I, 21 maggio 1984, n. Sez. I, 24 maggio 1984, n. Sez. Un. 25 maggio 1984, Sez. I, 29 maggio 1984, n. Sez. I, 30 maggio 1984, n. Sez. I, 13 giugno 1984, n. 2857 . 2937 . 2943. 2947 . 3053 . 3109 . 3117 . 3191 . n. 3217 . 3273 . 3301 . 3531 . pag. 617 � 618 � 620 � 622 )) 636 )) 622 )) 623 � 641 � 643 )) 645 � 658 � 659 )) 664 pag. 688 � 689 � 702 ,, 705 pag. 666 � 718 � 721 � 727 )) 758 � 760 � 766 � 767 � 772 )) 776 � 778 � 780 � 783 � 792 � 796 )) 798 Xli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 13 giugno 1984, �J.. 3539 . . Sez. I, 13 giugno 1984, n. 3541 .. Sez. Un., 16 giugno 1984, n. 3611 . Sez. I civ., 10 luglio 1984, n. 4040 . Sez. I civ., 30 luglio 1984, n. 4553 . Sez. I, 20 settembre 1984, n. 4806 . CORTE DI CASSAZIONE FRANCESE Sez. III civ., 3 marzo 1983 . . . . . . LANDS TRIBUNAL FOR SCOTLAND 19 luglio 1984 . . . . . . . . . . . . . TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE 20 settembre 1984, n. 18 . 21 settembre 1984, n. 20 . . . . . . . . . . . . . . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 2 aprile 1984, n. 7 . Ad. Plen., 5 aprile 1984, n. 8 . Ad. Plen., 18 aprile 1984, n. 9 . Ad. Plen., 23 maggio 1984, n. 11 . Sez. IV, Ordinanza 2 aprile 1984, n. 204 Sez. IV, 27 aprile 1984, n. 300 . . Sez. IV, 31 maggio 1984, n. 423 . Sez. V, 18 maggio 1984, n. 371 . . Sez. VI, 15 maggio 1984, n. 260. Sez. VI, 15 maggio 1984, n. 261 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I penale, 18 maggio 1984, n. 309 pag. � � � � � pag. pag. pag. � pag. � ,, � � � � � � � pag. 800 801 709 730 732 804 666 667 817 820 665 737 743 748 753 754 755 755 756 756 824 IlI& f:.: 1:: (.; ,.. ~; ~; 1;: �'. ~j ! PARTE SECONDA INDICE DELLA LEGISLAZIONE RASSEGNA DI DOTTRINA . pag. 77 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti . . ............ -. . )) 91 QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I. -Norme dichiarate incostituzionali . Il. -Questioni dichiarate non fondate . III. -Questioni proposte INDICE BIBLIOGRAFICO . . . . . )) 91 )) 93 � 97 133 ! ! PARTE PRIMA lll�llllllllllllllll'1f1Ptllltlrlll1=1llllllllllllltllll�ll� GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 29 marzo 1984, n. 79 -Pres. Elia -Rel. Bucciarelli Ducci -Car� ed altri (n.p.) e Presidente �Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). Procedln�ento penale -Giudice penale -Poteri -Discrezionalit� amministrativa -Prezzi -Sindacato -Possibilit�. (Cast. art. 3; d.l. C.p.S. 15 settemb~e 1947 n. 896, artt. 7, 8 e 14). Il giud.,ice penale non incontra alcun ostacolo all'esercizio del suo potere di controllo giurisdizionale sulla legittimit� delle deliberazioni adottate dai comitati prezzi. Il Pretore di Sal� con ordinanze di identico contenuto e motivazione, ha sollevato questione.� incidentale di �legittli.mit� costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, degli artt. 7, 8 e 14 D.L.C.P.S. 15, settembre 1947, n. 896 (~uove disposizioni per la disciplina dei prezzi), in quanto sanzionano penalmente la viola2lione di un precetto che. verrebbe determinato unicamente attraverso un provvedimento amministrativ!l (di :l�issazione dei prezzi �di alcuni beni) interamente sottratto. -ad avviso del Pretore -al sindacato ghirisdiizi@nale del giudice ordinario. Si dubita nell'ordinanza di .rimessiqne che .le norme impugnat~ possano creare attraverso � l'arbitrio degli organi amministrativi � una � discri: m[nazione di categorie soggette a calmiere nel senso che il Comitato Provinciale Prezzi, non avendo strumenti idonei, discrimina di fatto tra i vari produttori dei beni �sottoposti 'al c�alnliere; in contrasto con l'art. 3 �della C�stituzione, che iimpon~ parit� di trattamento in �parit� di 'situazioni � (omissis) La motivazione delle ordinanze di;rnostra, peraltro, come la. discriminazione prospettata dal pretore riguardi non un diverso trattamento in linea generale tra soggetti che si trovano tin identiche condizioni, quanto piuttosto le eventuali differe~e di trattamento che si potrebbero avere .tra i produttori dei diversti beni soggetti a calmiere; differenze determinate da una non corretta� valutazfone di mercato, per mancanza da parte degli organi pubblici (comitati dei prezzi) di idonei strumenti di indagine, tale da rendere la fissazione dei prezzi puramente arbitraria e da impedire, quindi, al giudice qualsiasi sindacato sull'esercizio del potere discrezionale spettante alla pubbHca amministrazione. 2 RASSEGNA DEJL'AWOCA'IURA DELLO STATO Sul punto, tuttavia, questa Corte � gi� intervenuta con sentenza n. 103 del 25 giugno 1957, che ha escluso l'illegittimit� costituzionale dello stesso art. 14 del D.L.C.P.S. n. 896/1947, qui impugnato, pronunciandosi su una questione analoga, in cui si lamentava, in relaziione ad un diverso parametro costituzionale, la mancata prefissione di criteri per l'esercizio del potere discrezionale del CIP e dei comitati provinciali dei prezzi. La Corte in tale occasione ha affermato che il potere di tali comitati, �lungi dall'essere illimitato�, ... Ǐ collegato a elementi di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito �. Riiilevava infatti. Ja oita1:a sente:nm -n� vengono prospettati dal giudice a quo argomenti o profili nuovi .tali da indurre questa Corte a diversa valutazione -che la determinazione dei prezzi � preceduta da un iter istruttorio disciplinato legislativamente, nel corso del quale l'accertamento del costo delle merci viene compiuto da apposite commissioni, di cui fanno parte le stesse categorie interessate, non in maniera simboliica ma con precisi poteri consultivi e deliberanti, tanto che le deliberazioni adottate dai comitati prezzi, essendo ancorate a precisi elementi tecnici,� non sono sfornite di garanzie giurisdizionali, potendosi ricorrere contro di esse davanti al giudice amministrativo. Pertanto anche in sede ordinaria ii!l giudice penale, chiamato ad applicare le norme impugnate, non incontra alcun ostacolo al pieno esercizio del suo potere di controllo giurisdizionale di legittimit� sui provvedimenti, la cui violazione wene contestata all'imputato. Mancando, quindi, io stesso presupposto delila arbitraria discriminazione lamentata, cio� l'illimitata discrezionalit� della Pubblica Amministrazione, viene meno ogni pretesa violazione del principio di uguaglianza (o pi� precisamente viene meno la pretesa violazione del principio di imparzialit� della pubblica amministrazione, implicitamente richiamata mediante :l'invocazione deH'art. 3 Cost.), denunciata nell'ordinanza di rimessione. CORTE COSTITUZIONALE, 7 giugno 1984, n. 154 -Pres. Elia -Rel. Paladin -Fideltio (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Angelini Rota). Tributi (in generale) -Processo tributario -Composizione delle commissioni tributarle di primo grado -Componenti non � togati � -Idoneit�. (Cost., art. 102; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 4). Premesso che le commissioni tributarie sono giudici � speciali �, non pu� assumersi a parametro l'ordinamento giudiziario e in genere la normativa concernente i giudici �ordinari� (1). (1) All'affermazione riportata nella massima si � adeguata la proposta di legge n. 1952 (Atti Camera, IX legislatura). Il Parlamento -quando avr� modo di occuparsi del processo tributario (e la Corte costituzionale auspica ci� I I ' I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 619 (omissis) Viene impugm1.to l'art. 4 del decreto presidenziale 26 ottobre 1972, n. 636, relativo ai � requisiti per la nomina a componente delle commissiioni tributarie�: con implicito riferimento aMe Commissioni di primo grado, perch� solo a tali effetti la questione stessa pu� dirsi rilevante nei ~udizi a quibus. Quale parametro � poi richiamato l'art. 102 della Costituzione, ma non per quanto concerne il diviieto di istituire giudici straordinari o giudici speciali (rin ordine al quale la Corte si � gi� pronunciata, del resto, con le sentt. n. 215 del 1976, n. 196 e n. 217 del 1982), bens� per il contrasto che sarebbe ravvisabile fra fa norma impugnata e l'imperativo costituzionale dehl.'idonerit� di ogni giudice, ordinario o speciale che sia, � a svolgere la funzione giurisdizionale �. In ogni caso, la richiesta che sostanzialmente le ordinanze in esame rivolgono alla Corte � quella di paraldzzare il funzionamento delle Commissioni tributarie di primo grado -secondo l'eccezione sollevata dalla parte ricorrente -escludendone, perch� inidonei, tutti i componenti diversi dai presidentd e dai vicepresidenti delle Commdssioni stesse e delle loro sezioni. Peraltro, si tratta di un'impugnativa non fondata. Le ordinanze in esame non precisano in qual parte l'art. 102 deHa Costituzione sarebbe violato, ma si limitano a denunciare -ir1 termini affatto generici -la circostanza che l'idoneit� dei componenti delle Commissioni tributarie sia stata vagliata dal Je~slatore delegato diversamente che � per i giudici togati�: il che fa pensare che il ternnine di raffronto sia rappresentato -come gi� nelle eccezioni del ricorrente -dall'� ordinamento giudiziario � di cui al primo comma dell'armcolo medesimo. Senonch� il riferimento, cos� ricostruito, appare doppiamente inappropriato: da un lato, perch� lo stesso ordinamento giudiziario prevede giudici monocratici come quelli �conciliatori�, senza prescrivere per essi alcun requisito specifico di ddoneit�; d'altro Jato, perch� tale ordinamento concerne i soli �magistrati ordinari�, con la conseguenza che non si pu� farne un parametro per la valutazione della legittimit� costituzionale di norme riguardanti giudici speciali sia pur revisionati, quali sono -secondo questa Corte -le Commissioni tributarie disciplinate dal d.P.R. n. 636. N� sembra ,sostenibile che il .termine di raffronto sia I�Dvece costituito, nella prospettiva del giudice a quo, dai requisiti che il decreto �legislatdvo sulla revisione del contenzioso tributario stabildsce per quanto attiene ai presidentd ed ai vicepresidenti delle Commissdoni e delle loro sezioni: a parte ogni altra consideraziione, infatti, tali giudici non vanno necessariamente nominati fra i � magistrati, ordinari o ammindstrativi, in ser avvenga sollecitamente) -dovr� decidere anzitutto se mantenere l'attuale configurazione del giudice tributario come giudice � speciale " (nei primi due gradi) o invece inquadrarlo, mediante la formula organizzatoria delle sezioni specializzate, nell'ambito della magistratura � ordinaria�. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO v:izio o a,riposo �, di cui al quarto comma dell'art. 2, ma possono essere scelm -stando al medesimo comma -fra gili �intendenti di finanza e glii intendenti aggiunti di finanza a riposo� ovvero �fra laureati in giurisprudenza od in economia e commercio >>, che certo non sono equiparabili ai � giudici togati � dei quali ragiona il giudice a quo. Ci� basterebbe per imporre il rigetto dell'attuale impugnativa. Conviene per� aggiungere, comunque, che l'idoneit� dei componenti delle Oommissioni tributarie di primo grado non � garantita unicamente dal � diploma, cU istrumone secondaria di secondo grado '" richiesto dalla Iett. a) dell'impugnato art. 4; ma deve od almeno dovrebbe venire puntualmente assicurata mediante il complesso procedimento di scelta regolato dal quinto, sesto e settimo comma del oitato art..2 (procedimento che il giudice , a quo non censura ed an::m non considera per nulla): d:al momento che la scelta �Stessa non si effettua a caso entro la �massa dei d�plomati, in questione, bens� viene rimessa alle responsabili valutazioni del pr.esidente del Tribunale, sulla base di designazioni dei Consigli comunali territorialmente interessati e di elenchi formati dall'amministrazione fin<!.n::maria (nonch� di eventuali altri elenchi, appositamente richiesti dal presidente del Tribunale alle � camere di commercio, industria, agricoltura e artigianato ed ai consiglii degli ordini professionali degli avvocati, degli ingegneri, dei dottori commercialisti e dei ragionieri � ).. Dal che consegue che detti componenti delle Commissioni tributarie di primo grado, nell'intento del decreto n. 636, non dovrebbero risultare meno idonei dei membri delle sezioni specializzate progettate in tal campo, da una proposta di Jegge attualmente all'esame del Parlamento (Camera, n. 560 della .IX legislatura), in base alla quale verrebbero ap. punto prescritti �!il diploma di scuola media superiore e un'esperienz'il ,quinquennale nelle materie giuridiche o tributarie�. Con tutto quel)to, rimangono le molte deficienze del . contenzioso tributario, ampiamente segnalate in dottrina e dagli operatori del settore, per. le quali iil Pal'lamento � ora �chiamato �a porre rimedio. Ma l'urgenza di un riordino legislativo dell'intera: materia non toglie che la questlione in esame .lllob. abbia fondamooto, �os�, come � stata.prospettaita ed ai fini del giiudiz:io spettante alla Corte. CORTE COSTITUZIONALE, 7 giugno 1984, n. 167 � Pres. Elia � Rei, .Andrioli. Procediment~ civile ~ Opposizione di terzo -Avverso ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione. (Cost., artt. 3 e 24; cod..proc. civ., .art. 404). Contrasta con gli artt. 3 e 24 Cost. l'art. 404 cod. proc. civ; nella parte in cui non ammette l'opposizione. di terzo avverso l'ordinanza di conva t i,, � f. f f ~ f PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTlTUZIONALE lida. di sfratto per finita locazione, emanata per la mancata comparizione dell'intimato o per la mancata opposizione d-ell'intimato pur comparso. (omissis) La Corte deve prendere le mosse dagli orientamenti delila Corte di Cassazione in materia pur non nascondendosi che alcuni autori e non pochi giudici di merito -pur senza sospingere il dibattito sullo scrutinio cLi costituzionalit� -si sono impegnati a l1iconoscere a terzi, i quali lamentino di essere pregiudicati da ordinanze di convalida di sfratto, fa legittimazione all'opposizione ordinaria e/o revocatorfa: invero, Ja Corte di Cassazione per un verso ha rescritto che soltanto provvedimenti aventi la forma di sentenza possono formare oggetto della opposi2lione de qua per modo che ai terzi pregiudicati altra vda non sarebbe aperta all'infuori della azione cognitoria di accertamento negativo del diritto dell'intimante, a favore del quale sia stata resa ordinanza di convalida di sfratto (sentenze 161/1949, 1650/1979, 1651/1981), e per altro verso ha reputato inesperib1le l'opposizione .di cui all'art. 619 c.p.c. vuo~ contro, I'ordinanza di convalida di sfratto (sentenze 2616/1964), vuoi contro sentenze di rilascio rese in contraddittorio (sentenze 3635/1954,_ 151/1967, 508/1976). Ma poich� il diritto �vivente� non � :sempre conforme 'ai d�ttami della Carta Costituzionale, � da scrutinare. se H sistema applicativo, quale risulta dagli orientamenti del Giudice cui compete la nomofilachia, esibisca carte in regola con gli artt. 3 e 24, e la risposta � negativa. In 'disparte che la stessa Corte di Cassazione non esita a dire imp�gnabili per violazioni di legge, ai sensi dell'art. 111 Cost., provvedimenti decisori che p~r rivestano la , f�rma di ordinanza o di decreto, � palese la disparit� di trattamento iinflitta al terzo, nel campo del diritto di azione in una con il diritto di difesa assicurato dai due primi commi dell'art. 24 (sent. 137/1984; paragrafo 6), a seconda che si� assuma leso da sentenza passata in giudicato o, comunque, esecutiva,' pronunciata a seguito di cognizione ordinaria, ovvero da ordinanza di convalida di sfratto consecutiva al difetto di comparizione dell'intimato o dri non opposizione del pur� comparso intimato. � La discrepanza tanto pi���lesiva di quei canoni di ragionevolezza cui SI� ispira nella wiurisprudenza di questa Corte l'art. 3 pur se inserito nell'area coperta dall'art. 24, per quanto si rifletta che la sostanziale ingiustizia del provvedimento decisoriO � da temere nell'ordinanza di convalida. di� sfratto in assai maggior rriisura di quel che non possa lamentarsi in sent�nza passata� in giudicato o comunque esecutiva. : � La constatata violazione �.dei . richiam�ti canoni costituzioriald vale a dire fondata fa proposta questione di illegittimit�, ma non � inopportuno aggiungere che non possono preservare da .censura f'airt. 404 n� :iJl pur ipotiz_zato. riconoscimen~o al .terzo Jeso della legittimazione ~ spiegare l'opposizione ex ar�t. 615 c.p.c., per essere questo rimedio riservato a chi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dal titolo esecutivo � identificato come soggetto passivo dell'esecu2lio:ne forzata e ai suoi eredi (nonch� a coloro che l'art. 602 c.p.c. definisce terzi propl1ietari -si noti bene -nell'espropriazione forzata, non gi� nell;esecuzione per consegna o rilascio), n� la querela nullitatis prospettata dalla Corte di Cassazione perch� tale figura, la cui cittadinanza nell'odierno ordinamento ha formato oggetto di critica, per non inserirsi nel procedimento sommal1io per convalida di sfratto, e per riservare al terzo I un trattamento notevolmente diverso da quello che l'art. 668 c.p.c. garantisce alil'intimato non comparso, legittimandolo all'opposizione tardiva. Cos� giudicando la Corte non arreca offesa al diritto di azione del locatore intimante perch� l'efficacia esecutiva dell'ordinanza di convalida non � automaticamente neutralizzata dalla opposizione di terzo, sol che si ponga mente al combinato disposto degli artt. 373 e � novellato� 407 c.p.c. L'opposizione di terzo � sperimentabile -� appena 1H caso di chiarirlo -anche contro 1l'ordinanza di l1ilascio prevista nell'art. 30 1. '27 lu� glio 1978 n. 392 (disciplina delle loca2li.oni .di immobili urbani) (omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 8 giugno 1984 n. 169 � Pres. Elia -Rel. De Stefano � Regione Valle d'Aosta (avv. Romanelli) e Presidente Consiglio dei Ministri (V!ice avv. gen. Stato Del Greco). Acque � Valle d'Aosta � Grandi deviazioni per uso idroelettrico � Proroga delle concessioni con legge statale � Illegittimit� costituzionale � Piano d'interesse nazionale � Limite all'attribuzione regionale. (Statuto Valle d'Aosta, art. 7; d.!. 1� febbraio 1977 n. 13, art. 1). Premesso che i poteri riservati allo Stato da statuti regionali non possono essere tanto assorbenti da eliminare del tutto ogni residua competenza regionale, contrasterebbero con lo statuto valdostano disposizioni di legge statale le quali prorogassero tutte le concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice. La Regione Valle d'Aosta � tenuta a rispettare i limiti che discendono dal piano d'interesse nazionale relativo alla nazionalizzazione delle imprese elettriche. II CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1984, n. 187 -Pres. Elia -Rel. Bucciarelli Ducci -Regione Liguria (avv. Pericu), Regione Piemonte (avv. Romanelli), Regioni Veneto e Lombardia (avv. Lorenzoni), e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato AzzaritJi.). Corte Costituzionale � Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione � Atto invasivo � Proposta interna di carattere tecnico e circolare interpretativa � Non sono tali. ~: t ~ ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Regl�ni . Pareri da parte delle regioni � Termine per esprimerli � Congruit�. Acque . Regioni . Bacini idrografici interregionali � Individuazione e deli� mitazione � Discrezionalit�. Una proposta di carattere tecnico (preparatorio ed interno) espressa dal Consiglio Superiore dei Lavori pubblici ed una circolare interpretativa indirizzata dal Ministro dei Lavori pubblici agli organi periferici del proprio Ministero non sono atti invasivi di attribuzioni regionali. Nei casi in cui sia richiesto il parere delle regioni, per l'adozione di un parere dello Stato, questo pu� fissare un termine entro il quale i pareri stessi devono pervenire e decorso il quale il procedimento deve legittima� mente proseguire. In assenza di norma costituzionale che stabilisca la durata minima di detto termine, � sufficiente che esso sia congruo e non irrazionale; pu� ritenersi congruo il termine di quasi un mese. Una volta che il legislatore ha ritenuto di introdurre la distinzione tra bacini di carattere regionale e interregionale, attribuendo a questi ultimi prevalente interesse nazionale, tale da non poter essere sacrificato all'autonomia delle Regioni, rientra nella discrezionalit� del Governo, cui � affidata la tutela degli interessi nazionali in esame, adottare i criteri tecnicoamminis1rativi che ritiene rispondenti alla logica della distinzione voluta dal legislatore, quando questi non si manifestino chiaramente contrari ai canoni della ragionevolezza. III CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1984, n. 188 -Pres. Elia -Rel. Bucciarelli Ducci � Regione Piemonte (avv. Romanelli), Regione Lombard. ia (avv. Pototschrnig), Regione Emilia Romagna (avv. Gianrnirni) e Presidente Consiglio dei Ministri (V1ice avv. gen. Stato Azzariti). Regioni . Acque pubbliche � Bacini idrografici interregionali � Interventi statali per opere idrauliche di terza categoria � Legittimit� costituzionale. (Cost., artt. 117 e 118; I. 3 gennaio 1978, n. 2, art. 3). Il decreto delegato n. 616 del 1977 sebbene disciplini in via generale il trasferimento alle regioni di competenza statali, ed abbia pertanto particolare rilievo nella ripartiz.ione delle sfere di competenza tra Stato e regioni, non assume -per ci� solo -natura di legge costituzionale o comunque rinforzata cosicch� esso, per il suo carattere di legge ordinaria, ben pu� essere modificato da una legge successiva purch� questa non violi l'articolo 117 Costituzione. 6Z4 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DEIJ.O STATO Premesso che la competenza per le opere idrauliche ....:... ancorch� di terza categoria -ricadenti in bacini idrografici interregionali, � rimasta allo Stato, non contrasta con gli artt. 117 ~ 118 Cost. la l. n. 2 del 1978 che affida all'amministrazione statale l'effettuazione di interventi per il completamento ed il ripristino di opere idrauliche della valle Padana danneggiate, dalle alluvioni del 1977. I . Con il ricorso di cui in narrativa la Regione autonoma Valle d'Aosta chiede sia dichiarata la illegittimit� costituzional~ del decreto legge 1� fehbra�o 1977, n. 13 (Proroga delle concessioni di grandi derivazioni di acque Per uso di forza motrice), per violazione dell'art. 7 dello Statuto speciale per la VaHe d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), ch,e disciplina il regime delle acque pubbliche esi~tenti nella Regione. Il �decreto legge impugnato dispone, con .il primo comma dell'art. 1, che le concesSI�orm di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice assentite agli enti locali, in corso al 31 gennaio 1977 e scac:lenti in data anteriore al 31 gennaio 1980, sono. prorogate. fino aHa definizione dei rapporti di concessione di esercizio de�e attivdt� elettniche previste dall'art. 4, n. 5, della legge istitutiva dell'Ente nazionale per l'energ:ia elettrica 6 dicembre 1962, n. 1643, e comunque fino al 31 gennaio 1980. Per effetto del secondo comma dello stesso art. l, sono altres� prorogate sino a tale data le concessioni di grandi der.ivaziioni di acque per uso di forza motrice, in corso al 31 gennaio 1977 e scadenti in data anteriore al 31 gennaio 1980, assentite alle imprese a partecipazione statale, nonch� ad altre imprese autoproduttrici di energia elettrica, di cui all'art. 4, n. 6, della stessa legge n. 1643 del 1962. �NeJ ricorso, sottolineata l'importanza, tutta particolare, del pat11imonio � ��idrico della Valle, per i suoi caratteri naturali e geografici, si osserva che lo Statuto speoiale, per le � acque pubbliiche in uso di irrigazione e potabile�; prevede, all'art. 5, la loro appartenenza esclusiva ail demanio regionale; mentre, per le altre acque pubbliche, stabilisce, all'art. 7, che esse � sono date in concessione gratuita per novantanove anni alla Regione �, salvo che lo Stato non intenda farle oggetto di un piano d'interesse nazionale. Sono escluse dalla concessione le acque che alla data del 7 settembre 1945 abbiano gi� formato oggetto cli riconoscimento di uso o di concessione; per esse la Regione subentra nella con�essione alla cessazione . dell'uso o della preesistente concessione. Il momento deMa cessazione assume perci� per queste ultime una importanza decistiva, perch� segna l'inizio del concreto esercizio dei diritti della Regione. In proposito la nicorrente si richiama alla giurisprudenza ~elle Sezioni unite della Corte di cassazione, secondo� cui, quando l'art. 7 dello PARTE �I, SEZ. I, GitJiHSPRUDENZA'COSTITUZIONALE Statufo parla di cessazione della concessione, deve intendersi si sia riferito alla data di scadenza origiinaria della stessa; s� che a quel momento �la Regione diviene ex lege concessionaria, con esclusione perci� della possibilit� per fo Stato cli prorogare o rinnovare la concessione precedente. �Cosicch�, spostando, con la menzionata proroga, la data di cessaziione originariamente prevista, l'impugnato decreto legge si porrebbe in contrasto con l'art. 7 dello Statuto. Successivamente alla presentazione dd ricorso, la legge di conversione del decreto legge impugnato, 31 marzo 1977, n. 92,' ha inserito nell'art. 1 un quarto comma, in virt� del quale � sono fatti salvi li diritti �delle i:egioni� a statuto speciale�. Va tenuto, inoltre, presente che .Ja stessa formula di � salvezza � � stata poi ripetuta anche nel success:ivo d.l. 31 gennaio 1981, n. 13 (convertito con modificazioni in legge l� aprile 1981, n. 106), con il quale li.I termine di scadenza delle concessioni di grandi derivazioni �di acque per uso cli forza motrice, gi� prorogato al 31 gennaio 1981 dalla Iegge di conversione del dJ. n. 13 del 1977, � stato prorogato fino al 31 luglio 1981 (e fino al 31 ottobre 1981, in sede di conversione), anche per le concessioni scadenti entro tale data. Si legge, infatti, nel secondo comma del- 1~art t di tale d�creto legge, che �sono fatti salvi i diritti delle regiiom a � statuto speciale e deMe province autonome �. E sono specificamente �fatti salvi i diritti della Regione Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano� nel successivo d.l. 31 ottobre 1981, n. 619 (convertito in legge 22 dicembre 1981, n. 765), con il quale il termine di� scadenza suddetto � stato ulteriormente differito al 31 ottobre 1982. Anche la legge 29 maggio 1982,' n. 308, nel dettare norme sul contemmento dei consumi energetici, fo sviluppo deHe fonti rinnovabili cli energia e l'esercizio di centrali elettmche alimentate con combustibili diversi dagl\idrocarburi, �ha disposto, aill'art. 20, comma primo, che �resta ferma-la competenza della Regione Valle d'Aosta in materia di acque e concessioni idroelettriche ai sensi della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, della legge 5 luglio 1975, n. 304, e della legge regionale 8 novembre 1956, n. 4 �. Infine la [egge 7 agosto 1982, n. 529, con la quale sono stati disoiplinati i rapporti� tra l'ENEL, le imprese elettriche degli enti locali e le imprese autoproduttrici di energia elettrica, in materia di concessioni di grandi derivazioni tidroelettniche, prevede, all'art. 8, primo comma, che �nelle regioni autonome della Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige sono fatti salvi i dirittii e le attribuzioni derivanti dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione �. Dai lavori parlamentani relativi alla conversione in legge dell'impugnato decreto legge n. 13 del 1977, si evince chiaramente che la clausola della �salvezza� dei diritti delle regioni a statuto speciale trae specifica origine da un emendamento con il quale, �richiamata la particolare disciplina nella utilizzazione delle risorse idriche prevista dallo I l ~ 626 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Statuto della Regione Valle d'Aosta� si � inteso �escludere daH'applicazione del decreto legge le concessioni relative alla predetta regione ,,; Anche se, in prosieguo della discussione, ila � salvezza � � stata generalizzata, per �escludere l'applicabilit�� del provvedimento anche per le altre Regioni a statuto speciale, e cos� far �pienamente salve tutte le prerogative e tutti i diritti, anche di natura economica�, spettanti alle regioni medesime, onde � eliminare dubbi di illegittimit� costiituzionale per quanto concerne la tutela dell'autonomia delle Regioni a statuto speciaile �, in sede di approvazione non si � mancato di ribadire che con l'emendamento medesimo si intendeva soprattutto �salvaguardare in modo completo e senza possibilit� di dubbi i diritti particolari deHa Valle d'Aosta"� L'Avvocatura dello Stato obietta che il quarto comma inserito dalla legge di conversione neill'art. 1 de11.'timpugnato decreto legge n. 13 del 1977, va considerato �pleonastico�, sulla base della tesi da essa sostenuta: e oio�, che la proroga di cui si discute, riguarda concessioni comprese nel piano d'interesse nazionale relativo alla nazionalizzazione delle imprese elettriche, per cui opera l'ultimo comma dell'art. 7 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, secondo il quale la concessione gratuita per novantanove anni alla regione � � subordinata, in ogni caso, alla condizione che do Stato non intenda far oggetto le acque di un piano di interesse nazionale �. Non sarebbe, pertanto, ipotizzabil� una lesione di diritti della Regione che non esistevano, n� pu� certo �la salvezza di diritti valere a far sorgere diritti non esistenti �. Siffatta conclusione non pu� essere condivisa. Non v'ha dubbio che la Corte, con la sentenza n. 13 del 1964, alla quale si richiama l'Avvocatura dello Stato, abbia affermato che la nazionalizzazione delle imprese elettriche comporta un piano d'interesse namonale, essendo stata concepita come strumento di un sistema unitario di produzione e di distribuzione dell'energia elettrica: s� che la previsione dell'ultimo comma dell'art. 7 dello Statuto per ila Valle d'Aosta si � realJizzata appunto con la legge di nazionalJizzazione. In conseguenza, essendo le derivazioni a 'SCOPO idroelettrico uno degli essenziali strumenti per la produzione dell'energia elet1Jrica, la concessione dell'uso dell'acqua per tale scopo non pu� nascere e non pu� vivere � se non nell'�mbito della riserva stabiLita con la legge di nazionalizzazione �. Fdnch� le acque siano destinate o debbano essere destinate ad uso .di produzione .elettrica e nei limiti di tale uso, la Regione Valle d'Aosta -si legge ancora nella sentenza -�non pu� esercitare alcun diritto o alcun potere incompatiibile con la riserva � a favore dell'ENEL; ed � incompatibile con taile riserva � la pretesa di subentrare nella concessione delle acque al momento della cessazione dell'uso o della concessione ai sensi del terzo comma dell'art. 7 dello Statuto, quando le acque servano o debbano servire ad uso idroelettrico �. i I f ! I I I I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Ma va egualmente ricordato che la stessa sentenza concludeva richiamando un'affermazione contenuta in una precedente sentenza (n. 4 del 1964), e cio� che lo Stato pu� legittimamente avvalersi dei poteri che gli statuti regionali l?�li hanno riservato, ma la competenza �statale non pu� essere � cos� assorbente da limitare ogni altra competenza regionale fino ad eliminarla affatto �. Pertanto la Corte auspicava che il legislatore provvedesse ad un �contemperamento � tra fo esigenze nazionali e quelle regionali, � tenendo presenti i poter.i e i diritti delle Regioni a statuto speciale, che sono stati compresi per effetto della nazionalizzazione, ma che non devono essere sacrificati oltre d limiti I1ichiesti dall'attuazione e dai pieno funzionamento della riforma�; e invitava il legislatore medesimo, perci�, ad assicurare alle Regioni anzidette il � massimo di autonomia, nascente dagli stessi statuti, compatibili con la nuova disciplina unitaria�. Con la legge 5 lu~lio 1975, n. 304, venivano a tal fine dettate le � norme per la utiliizzazione delle acque pubbliche ad uso idroelettrico nella Regione Valle d'Aosta�. Dai relatiw lavori parlamentari risulta, infattli, che tale legge � stata emanata, in accoglimento della raccomandazione rivolta da questa Corte nella richiamata sentenza n. 13 del 1964, per apprestare �equa soluzione al problema concernente i diritti statutari della Valle d'Aosta in materfa di acque pubbliche ad uso :idro �elettmco �, ed ovviare cos� alle ripercussioni sfavorevoli, a danno della Regione medesima, derivanti dalle modalit� di applicazione della legge di nazionalizzazione n. 1643 del 1962. In questa sede � stato altres� ricordato che la concessione gratuita per novantanove anni alla Regione non va equiparata alle concessioni contemplate nel testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775, delle disposizioIJJi di legge sulle acque ed impianti elettrici, ma deve essere cons!iderata -secondo quanto ritenuto da questa Corte ne11a sentenza n. 8 del 1958 -�come attribumone alla Regione di un complesso di poteri, che essa deve esercitare, in <luogo degli organi statali, per fini di decentramento�: esercizio che viene appunto esplicato, di norima, mediante il ricorso all'iistituto della sub concessione, espressamente indicato nello stesso Statuto. In siffatta prospettiva � stato previsto, dal comma secondo del l'art. 1 della legge n. 304 del 1975, che la Regione Valle d'Aosta �sub concede � le acque pubbliche ad uso ddroelettrico all'ENEL e � agli altri enti previsti dalla legge 6 dicembre 1962, n. 1643 �, dn conformit� delle disposizioni contenute in quest'ultima legge, nonch� ne1la legge regionale 8 novembre 1956, n. 4, che ha stabilito le norme procedurali per la utilizzazione delle acque pubbliiche in VaiHe d'Aosta. La sub concessione da parte della Regione � stata prevista, dal successivo comma terzo dello stesso articolo, anche per le grandi derivazioni idroelettriche assentite dallo Stato prima del 7 settembre 1945, nel caso in cui l'ENEL intenda continuare l'esercizio deHe derivazioni. Il comma 628 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLo STATO secon:d�' dell'art. 20 della citata legge 29 maggio 1982, n. 308, ha in seguito demandato alla Regione Vaille d'Aosta -in deroga al menzi,onato disposto del comma secondo dell'art. 1 della legge n. 304 del 1975 ila potest� di subconcedere le acque relative a derivazioni idroelettriehe aventi potenza non superiore a 30;000 KW, oltJre che all'ENEL ed agli altri soggetti diversi �daill'ENEL previsti dalla legge n. 1643 del 1962, anche ad altri enti locali d consorzi di enti locali. Ed infine, la citata degge 7 agosto 1982, n. 529, dopo aver, come gi� detto, fatti salvi, con il p�'imo comma deH'art. 8, i didtti e le attribuzioni della Regione Valle d'Aosta, ha. previsto, nel successivo comma, che �anche per le derivazioni �idroelettriche di cui al terzo comma dell'art. 1 della legge 5 luglio 1975, n. 304 � (e cio� per quelle assentite dallo Stato prima del 7 settembre 1945), la regione medesima provveda a rilasciare le subconcessioni aH'ENEL o agli altri soggetti di cui alla legge n. 1643 del 1962, e successive modificazioni, secondo quanto previsto dai precedenti articoli della medesima legge n. 529 del 1982, nonch� daLl'art. 13 della legge 2 agosto 1975, n. � 393. In tal modo, essendo stata� resa � compatibile � -secondo quanto raccomandato da questa Corte nella richiamata sentenza n. 13 del 1964 la � concessione novantanovennale � alla Regione con la �legge di nazionalizzazione delle dmprese elettriche, il � subentro � della regione medesima nelle concessioni anteriori al 7 settembre 1945, alla loro scadenza, opera pur se esse rientrino nel piano d'interesse na2iionale. Ne consegue che la � proroga� delle concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motr.ice, disposta dall'impugnato decreto legge, veniva effettivamente a precludere il �subentro� nella .Regione Va1le d'Aosta nelle concessioni anzidette alla loro scadenza originaria, rinviandolo al successivo termine della proroga. Men che rivelarsi pleonastica, pertanto, fa � salvezza � dei diritti della Regione, introdotta dalla legge di conversione, escludendo l'applicabilit� della proroga alle concessioni assentii.te nel territorio della Valle d'Aosta, � valsa, appunto, a rimuovere l'ostacolo posto al �subentro�, ripristinando cos� la preesistente situazione. N� maggior pregio riveste l'assunto dell'Avvocatura dello Stato, l�econdo la quale, perch� la concessione novantanovennale possa diventare attuale,. e la regione possa a sua volta sub-concedere, �. necessario che prima venga redatto il � piano di utilizzazione � delle acque pubbliche ad. uso idroelettrico nel territorio deHa Regione, previisto dal primo comma dell'art. l della stessa legge n. 304 del 1975. La mancanza di tale piano -come giustamente si obietta ex adverso -non pu� impedire che la Regione subentri ex lege nelle concessioni assentite dallo Stato� prima del 7 settembre 1945; ailla Joro origiinaria scadenza, e proceda quindi alle conseguenti sub-concessioni, secondo quanto a tal \: . ~ f ~ f PARTE I, SEZ. I,.GIURISPRUDENZA COSTITUZIOKALE fine previsto dal terzo comma dell'art. 1 della legge n. 304 del 1975, ,ed espressamente poi riaffermato dal secondo comma dell'art. 8 della legge n. 529 del .1982. Come sopra si � detto, infatti, la sola condi2lione per l'esercizio di tale potere da parte della Regione, � da ravvisarsi. nel dspetto del piano d'interesse nazionale, relativo alla nazionalizzazione delle imprese elettriche, e dei Limiti che direttamente ne . derivano. La Corte, per quanto sopra esposto, ritiene che la dedotta violazione dell'art. 7 dello Statuto speciale per la Va1le d'Aosta sia venuta meno in sede di conversione dell'impugnato decreto legige. Ritiene, altres�, che la norm.a di salvaguardia dei diritti delle regioni a statuto speciale, e dunque della Regione Valle d'Aosta, a1l'uopo inserita (come quarto comma dell'art. 1) dalla fogge di conversione nel testo del decreto legge, operi fin dall'entrata in vigore del decreto medesimo. Con che resta eliminato ogni effetto che possa ricollegarsi, � nell'ambito del territorio della Regione Valle d'Aosta, alla proroga delle concessioni di grandi derivazioni di acqua per uso di forza motric~, diwosta dall'art. 1 del provvedimento suddetto: proroga che, per quanto concerne le concessioni assentite dallo Stato prima del 7 settembre 1945 ed ancora .in corso al 31 gennaio 1977, nelle quali la Regione VaMe d'Aosta ha diritto di subentrare alla loro scadenza originaria, deve appunto intendersi come non avvenuta. A suffragare tale interpretazione vale la considerazione, emergente daii ricordati lavori parlamentari, �che l'emendamento in parola � stato ispirato da un intento chiaramente restaurativo di. ,diritti costituzionalmente garantiti alle regioni a statuto. �speciale: manifesta appare, dunque, la volont� del legislatore, pur non estninsecata con apposita espressione, �di far retroagire la disposizione cbe ha modi:filcato in, parte qua hl decreto legge soggetto a conyersione, alla data dj-;entrata in vigore di quest'ultimo. i Venute cos� meno le ragiioni della censura mossa dal.la. ricorrente Regione -per effetto della modifica apportata, successivamente alla presentazione del ricorso, all'impugnata norma -va dichiarata, in conformit� alla giurisprudenza di questa Corte, fa cessazione .della materia del contendere. II La Corte � chiamata a decidere se siano o meno leSI�vi della ,sfera di competenza delle Regioni a statuto ordinario (artt. 117 e 118 Cost.) l'atto 3 ottobre 1977 del, Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, la lettera 28 ottobre 1977, n. 1668, del Ministro dei Lavori Pubblici, dl .decreto del Presidente del Consiglio 22 dicempre 1977 e fo due lettere circolari 30 dicembre 1977, nn. 1995 e 1996, del. Ministro dei Lavori Pubblici. Con tali atti infatti: a) sarebbe stata conservata allo Stato la competenza in tema di opere .idrauliche di terza categoria .se 630 RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO relative a bacini idrografici �nterregionali; !in violazione del disposto dell'art. 89, ultimo comma, d.P.R. 24 duglio 1977, n. 616; b) lo Stato si sarebbe trattenuta la competenza in tema di opere idrauliche di seconda categoria sulla base deHa appartenenza a bacini interregrionali, anche se la natura dehle opere non coinvolga !interessi nazionali; e) sarebbe stata trattenuta dallo Stato la competenza in tema d!i autorizzazioni all'escavazione di sabbia e ghiaia daM'alveo dei fiumi, qualora appartenenti a bacini intenregionali, in Vliolazione dell'art. 62, iett. a) d.P.R. n. 616/1977; d) sarebbe stata deliberata dal Governo una ind!i.Vliduazione e delimitazione dei bacini idrografici !interregionali basata su criteri tecnici del tutto opinab�J!Ji, che ne avrebbero d!ilatato esageratamente i perimetri ahlo scopo di restringere l'ambtito delle funzioni .attribuite aMe Regioni in materia di opere idrauliche, Vliolando, oltre aglii artt. 117 e 118 Cost., anche gli artt. 78 e 89 d.P.R. n. 616/1977. (omissis) Atteso ;il contenuto dei ricorsi, si deve affrontare in via preliminare il problema dell'ammissibilit� dei ricorsi stessi. Questa Corte si � posta ripetutamente il quesito di quali siano gli atti idonei a produrre un conf�ltitto attuale d!i attribuzione tra Stato e Regioni ed ha riconosciuto tale idoneit� a � quailsiaSli comportamento effettivamente significante dello Stato o di una Regione che possa configurare un atto invasivo dell'altrui sfera d!i competenza o tale da menomare le possibilit� di esercizio di altrui potest� � (ved. da uJtimo sent. n. 120 del 2 ottobre 1979). Ed � stato anche ritenuto dalla griurisprudenza della Corte che affinch� un atto possa considerarsi invasivo o lesivo dell'altrui competenza deve essere pur sempre � tidoneo a produrre un'immediata violazione o menomazione di attribu2li.oni, come, ad esempio, l'indebito rifiuto di adottare un provvedimento necessario affinch� una Regione sia posta in grado di esplicare un'attribuzione costituzionalmente ad essa spettante� (ved. sent. n. 111 del 23 aprile 1976). Anche un atto non definitivo che non invada direttamente la sfera del ricorrente, come ad esempio una circolare rniniisteriale, pu� essere oggetto -ha affermato la Corte -di regOilamento di competenza, purch� l'atto impugnato � consista ii.n una chiara manifestazione di volont� in ordine all'affermazione della propria competenza� (ved. citata sent. n. 120/ 1979 e sent. n. 123 dcl 17 iluglio 1980). In relazione ail ricorso della Regione Liguria la Corte osserva che degli atti impugnati soltanto due sono suscettibili di produrre confltitto di attribuzione alla luce dei principi giurisprudenziali ora esposti: il decreto del Presidente del Consigltio del 22 dicembre 1977 e la conseguente circolare n. 1996/1977 del Ministro dei Lavoro pubblici. Invece l'atto del 3 ottobre 1977, con fil quaile iil Presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici indii.Vlidua e delimita cinquanta bacini idrografici che avrebbero carattere interregionale, � d!ichiaratamente un atto tecnico-amministrativo interno e meramente preparatorio. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Esso non solo non con1Jiene ailcuna manifestazione di volont� rivolta all'esterno dell'Amministrazione dei lavori pubblici, ma non comporta nemmeno una decisione, costituendo esplicitamente una proposta di carattere tecnico rivolta agli origani amministrativi che dovranno decidere. Tanto � vero che succesSli.vamente i cinquanta bacini indicati dail. Consiglio Superiore LL.PP. verranno ridotti a ven1Jisette dal decreto del Presidente del Consiglio del 22 dicembre 1977. Carattere preparatorio, interno all'iter amministrativo previsto dall'art. 89 del d.P.R. n. 616/1977, ha anche la lettera del Ministro dei Lavori pubblici del 28 ottobre 1977, n. 1668. Con essa infatti non si fa che trasmettere alle Regioilli interessate la cartografia dei cinquanta bacini idrografici proposti dal Consiglio Superiore dei LL.PP., con fa richiesta alle Regioni di esprimere sul punto il parere previsto dallo stesso art. 89 e dall'art. 91, n. 5, citati. Anche questa lettera, quindi, non ha alcun contenuto decisorio e non comunica ahle Regioni alcuna manifestazione di volont�. Neppure la circolare del Ministro dei Lavori pubblici n. 1995 del 30 dicembre 1977 � invasiva della sfera di competenza costituzionale spettante alle Regioni. Essa, infatti, � diretta unicamente agli orgailli periferici dello Stato e sottolinea, in via chiaramente interpretativa, che devono ritenersi tuttora comprese � nella competenza dello Stato sia ile funzioni amministrative afferenti all'estr32J�.one di inerti da corsi di acqua sfa quelle concernenti le opere idrauliche di seconda e terza categoria�. Malgrado la inequivocabiliit� dii tale affermazione, essa non va al di l� del suo dichiarato !intento orientativo ed interpretativo -in una fase normativa di carattere esplicitamente temporaneo e transitorio, in attesa (come afferma lo stesso ilegislatore nel d.P.R. n. 616/1977) di una disciplina organica definitiva per le opere pubbliche -tanto che essa � destinata soltanto agli orgailli della stessa amministrazione dei Lavori pubblliai, operanti nell'ambito dello Stato-apparato, senza assumere alcun :rilievo come chiara manifestazione esterna di volont� deNo Stato stesso intesa a sottrarre alle Regioni sfere di competenza costituzionalmente riconosciute ... Quanto al decreto del Presidente del Consiglio del 22 diicembre 1977, esso � certamente un atto def�initivo rivoilro aJl'estenno icleWl'Ammimstra zione statale, come tale idoneo a determinare un conflitto di attribuzioilli. Ed � indubitabile che esso incida nella sfera di competenza regionaile, in quanto attraverso l'identificazione e la delimitarione dei bacini idrografici interregionali operata con il decreto sii vengono in sostanza a :ripartire le competenze tra Stato e Regioni in ordine alle opere idrauiliche che a talli baaiilli appartengono, secondo Je attribuzioni previste dal citato art. 89. � La prima censura che viene mossa a tale provvedimento concerne 0.1 difetto di potere del Presidente del Consiglio dei ministri nel momento in cui '1o ha emanato, e cio� -secondo le Regioni -prima ancora dell'entrata in VI�gore del d.P.R. n. 616/1977 che tale potere conferiva. La censura 632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � presuppone per� una infondata identificazione tra l'efficacia del testo normativo, fissata dall'art. 137 al 1� gennaio 1978, e la sua entrata in Vli gore, che rimane determinata a seguito della normale vacatio dalla pub blica2Jione nella Gazzetta Ufficiale (art. 73, terzo comma Cost. e 10 pre leggi) e oio� a parti1re da:l 13 settembre 1977, 1essendo stato liil d.P.R. n. 616 pubblicato il 29 agosto 1977 (G. U. n. 234). Il termine di un anno, per l'emania2lione da parte del Go\lerno deWaiuo prewsto daghl iartt. 89 e 91 citati, decorreva quindi da tale data e nessun rilievo pu� essere mosso al Governo stesso per avervi provveduto dl 22 dicembre 1977. N� appare fondata la censura relativa all'incompetenza del Presi dente del Consiglio� ad emanare il provvedimento, che si assume invece di spettanza del Consiglio dei ministri. In effetti il decreto � stato emanato a seguito dii deliberazione del Consiglio dei ministri, cosicch� � stata rispettata l'attribuzione di competenza al Governo contenuta nel citato art. 89. Altro motivo di impugnativa � la brevit� del termine concesso alle Regioni per formulare il loro parere circa la delimitazione dei baciD1i. Non vJ � tuttavia alcuna norma costituziona1e che statuisca. circa la durata dei termini nelle ipotesi in cui sia richiesto, per l'adozione di un provvedimento dello Stato, il parere delle Regioni. In ogni caso non pu� ritenersi incongruo o irramonaile il termine di un mese circa, che consentiva alle Regioni di comunicare le proprie osservazioni, come molte dii esse -in effetti -hanno potuto fare. La congruit� del termine va, peraltro, rapportata ai tempi� complessivi concessd allo stesso Governo dall'art. 89, cosicch�, se ad esso era stato possibile procedere all'individuazione dei bacini dn un .mese e mezzo dall'entrata in vigore della normativa (dal 13 settembre al 28 ottobre 1977), non si vede razio nalmente perch� non fosse suffJciente alle Regioni il termine di oltre un mese (dal 28, ottobre al 30 novembre) per le loro osservamoni. Comunque nel merito del provvedimento, dl Governo,� individuando e delimitando i ventisette bacini indicati nell'elenco e nella cartografia allegati al decreto, non ha fatto che esercitare un potere-dovere ad esso conferito dallo stesso d.P.R. n. 616/1977 (art. 89 citato) e non si � attri buita alcuna funzione rientrante in una sfera di competenza �lelle Re gioni protetta da garanzie costituzionali. Le Regioni Lombardia, Veneto e Lig.ria contestano, dnfatti, i criteri tecnici di individua:zJione. e delimitazione dei bacini, assumendo che dall'eccessiva estensione degli stessi verrebbe menomata la competenza ad .esse riconosciuta dalla Costituzione e sostenendo inoltre che l'adozione .di un. criterio meramente geografico non sarebbe sufficiente a qualificare fil carattere regionale o interregiiona!le di un bacino. La censura non pu� essere condivisa perch�: da UIIl 1ato�non rientra certamente nel potere di sindacato, d!i questa Corte esamiinare fil merito dei ori.temi tecnici pos:td dal .Governo a fondamento della propria decisione; dall'altro lato non si pu� PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE considerare in contrasto con la nozione di bacino interregionale -di cui all'art. 89 del d.P.R. n. 616/1977 -l'identificaZJione dei bacini stessi quando essi coinvolgano d tenrfrto�l:'i di due o pi� iregiom e si iravviisi nel contempo, da parte del Governo, !l'esigenza di soddisfare interessi d� natura nazionale. Una volta che il legislatore ha ritenuto di introdurre la distinzione tra bacini di carattere regionale e interregionale, attribuendo a questi ultimi prevalente interesse nazionaile, tale da non poter essere sacd:f:�icato ,a[il'autonomiia delle Regioni, rientra nella disOl'e:zJionailiit� del Governo, cUJi � affidata la tutela degli interessi nazionali in esame, adottare i criteri tecnico-amllli�nistrativi che ritiene rispondenti alfa logica della distinzione voluta dal legislatore, quando questi non si manifestino chiaramente contrari ai canoni della ragionevolezza. Oi� che certamente non si veri:f:�ica nel caso di specie, essendo la identificazione e la de1imitazione dei bacini tinterregionali sorrette da adeguate motivaziom tecniche ed essendo comunque tale identificazione modificabile attraverso fa stessa procedura (cfr. art. 89 citato, primo comma). In ordine a tale provvedimento il ricorso va, quindi, respinto. Lo stesso ordine d� considerazioni va svolto per quanto riguarda la circolare del Ministro dci Lavori Pubblici n. 1996 del 30 dicembre 1977. Con essa, infatti, il Ministro si Limita a comunicare alle Regioni l'adempimento da parte del Governo del disposto degli artt. 89 e 91 del d.P.R. n. 616/1977, attraverso l'emanazione, appunto, del citato decreto del Presidente del Consigliio del 22 dicembre 1977. Non avendo tale decreto invaso una sfera di competenza regionale costituzionalmente garantita, ne consegue che nemmeno la lettera che porta tale decreto a conoscenza delle Regiioni -senza alcuna ulteriore manifestazione di volont� -pu� essere lesiva di attribuzioni regionali tutelate da precetti costituzionalL III La questione sulla quale si deve pronunciare la Corte � se l'art. 3 (primo e secondo comma) della legge 3 gennaio 1978, n. 2 contrasti o meno con gli artt. 117 e 118 Cost., nella parte tin cui esclude le Regioni ricorrenti dag1i stanziamenti straordinari previsti (in occasione delle alluvioni dell'ottobre 1977) per i favori di sistemazione e completamento delle opere idrauliche di terza categoria, che dichiara essere attualmente di competenza dello Stato. Osservano le Regioni che 'tale esclusione contraddice i�l disposto dell'art. 89 ultimo comma del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il quale, a partire dal 1� gennaio 1978, attribuisce aille Regioni la competenza per le opere idrauliche di terza categoria. La norma impugnata, quindi, so 634 RASSEG!\A DELL'AV\.OCATt;RA DELLO STATO stengono le Regioni ricorrenti, invaderebbe la sfera di competenza legislativa regionale riconosciuta dall'art. 117 Cost., nonch� quella di competenza amministrativa prevista dall'art. 118 primo comma Cost. La questione � infondata. La legge n. 2 del 1978 aveva lo scopo di intervenire d'urgenza per iii completamento o per ti.I ripristino delle opere ~draul:iche danneggiate dalla alluvione del 1977 nella Valle Padana. Nel momento in cui iJ provvedimento veniva discusso e approvato le disposizioni vigenti in materia non dettavano e d'altra parte non dettano neanche attualmente una disciplina compiuta e permanente. Infatti il d.P.R. n. 616 de1 1977 al secondo comma deH'art. 89 dispone: �Per le opere idrauliche relative ali bacini idrografici interregionali. si provveder� iin sede di legge di riforma della Amministrazione dei LL.PP. In mancanza di tale legge le funztioni sono delegate a far data dail 1� gennaio 1980 alJe Regioni interessate che le esercitano sulla base di programmi fissati e coordinati daii competenti organi statali �. H predetto termine del 1� gennaio 1980 � stato ulteriormente prorogato con successive leggii e infine � stato diffeliito fino all'entrata in vigore delle norme di ristrutturazione dell'Amministrazione LL.PP. dal d;l. 12 agosto 1983, n. 372, convertito in legge 11 ottobre 1983, n. 547. D'altra parte gi� all'epoca della legge impugnata si prevedeva la necessit� di adottare una discipltina organica della difesa del suolo anche allo scopo d!i fornire un definitivo criterio per la ripartizione d!i competenza fra Stato e Regioni in materia di opere idrauliche ricadenti nei bacini tidraulici interregionali. La stessa interpretazione dehl'art. 89 del d.P.R. n. 616 del 1977, era fino ad allora nettamente contrastata. Infatti le Regioni davano alla sopra citata norma una determtinata interpretazione nel senso che a partire dal 1 � gennaio 1978 venivano attribuite alle Regioni tutte le opere di terza categoria, anche se appartenenti a bacini interregionali; mentre fa Presidenza del Consiglio, con l'intervento dell'Avvocatura generaile dello Stato, seguiva finterpretazione ministeriale, avvalorata poi dalla decisione della Corte dei Conti in sede di esame di controllo resa 1'8 giugno 1978, n. 881 e dal parere del Consiglio di Stato dato il 24 marzo 1982, nel senso che rimanessero di competenza statale le opere di 2� e 3" categoria, rientranti in bacini interregtionali. La legge n. 2 del 1978 con la norma impugnata non ha sottratto in concreto competenze dalla sfera delle Regioni perch� al momento della sua entrata in vigore le opere ,di terza categoria, purch� Iii.cadenti nei bacini idrografici tinterregtionali, non erano mai state trasferite -e non solo nelle zone alluvionate -alla competenza delle Regioni ma erano state trattenute nella sfera di competenza dello Stato dal 1978 in poi, come si evince oltre che dalla ctitata legge n. 2 del 1978, dall'analoga legge ! ~ I I I - PARTE I, SCZ. I, Gil"RISPRliDE:<.:ZA COSTITl"ZIONALE 19 gennaio 1979, n. 17, che per interventi in zone colpite da calamit� naturali, ripete all'art. 3 lo stesso dettato della norma impugnata, esplicitando che la competenza statale per le opere di 28 e 3a categoria riguarda quelle ricadenti nei bacini a carattere interregionale, e da tutte le leggi di bilancio susseguitesi dal 1978 in poi e precisamente: la legge 4 agosto 1978, n. 482 (relatJiva aMe variazioni di bilancio conseguentii alla attuazione del decentramento regionale), che reca nei capitoli 3402 e 7701 del bilancio del Ministero . dei Lavori pubblici . la nuova denomina2lione, e cio� rispettivamente � manutenZiione e riparazione � -oppure � costru: llione, sistemazione e riparazione -di opere Jdrauliche di 1a e 2a categoria, nonch� di quelle di 3a categoria ricadenti in bacini idrografici a carattere interregionale�; le leggi 28 marzo 1979, n. 88 (bilancio di previsione deHo Stato per l'anno 1979), 30 aprile 1980, n. 149 (bidanoio di previsione dello Stato per il 1980), 23 aprile 1981, n. 164 (bilancio di previstione dello Stato per il 1981), 20 novembre 1981, n. 652 (assestamento del bilancio di previsione dello Stato per il 1981), 30 aprile 1982, n. 188 (bilancio di previsione dello Stato per il 1982), che tutte ripetono la stessa denominazione ai capitoli di spesa 3402 e 7701 del bHancio dei lavori pubblici (rientranti rispettivamente nelle spese correnti e nelle spese in conto capitale). N� H lamentato contrasto con l'ultimo comma dell'art. 89 del d.P.R. n. 616 del 1977 vale ad integrare il vizio denunoiato di legittimit� costitutlonale. In ogni caso, infatti, il d.P.R. n. 616, sebbene disciplini in via generale il trasferimento alle Regioni di competenze statali, ed abbia pertanto particolare rilievo nella riipartizione delle sfere di competenza tra Stato e Regioni, non assume -per ci� solo natura di legge costituzionale o comunque rinforzata cosicch� esso, per il suo carattere di legge ordinaria, ben pu� essere modificato' da una legge successiva purch� questa non violi l'art. 117 Cost. Infine � certamente da escludere che la norma impugnata leda direttamente la sfera di autonomia garantita alle Regioni dagli artt. 117 e 118 Cost. nella quale rientrano -secondo il dettato costituzionale -i �lavori pubblici di interesse regionale�. Infattii nel caso in esame il Jegislatore, trattandosi di interventi che si rendevano urgenti e indilazionabili e che, riguardando il bacino del Po, esigevano un li.ndirizzo unitario, vuoi dal punto di vista programmatico, vuoi da quello organizzativo che solo lo Stato con i suoi organi all'uopo preposti poteva adeguatamente assicurare, ha ravvisato un interesse na2lionaile da tutelare; e la Corte trattandosi di bacini interregtionali non riHene che ricorra l'ipotesi di violazione degli artt. 117 e 118 Cost., laddove sti riservano alle Regtioni i soli lavori pubblici di interesse regtionale. Con la norma impugnata non si � quindi verificata violazione della sfera di competenza regionale costitu:llionalmente garantita. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 27 g:iugno 1984, n. 180 -Pres. Elia -Rel. De Stefano -Perini ed altri (n.p.) e Presidente Consigilio dei Ministri (avv. Stato Siconolfi). Cambio e valute -Residenza ai fini valutari -Lavoratore italiano all'estero Lavoro autonomo -Altre attivit� economiche. (Cost. artt. 3 e 35; 1. 8 ottobre 1976 n. 689, art. 2; 1. 23 dicembre 1976, n. 863, art. 2). Con il principio di eguaglianza non contrasta la diversit� di trattamento tra disponibilit� valutarie costituite all'estero mediante attivit� lavorative e mediante altre attivit� economiche (ad esempio, commerciali, da sfruttamento di beni immateriali) e contrasta invece la diversit� di trattamento tra disponibilit� valutarie costituite all'estero mediante lavoro autonomo professionale o artistico e mediante lavoro subordinato e artigianale; contrasta pertanto con gli artt. 3 e 35 Cast. l'ultimo comma dell'art. 1 del d.l. 4 marzo 1976 n. 31 (come modificato e sostituito dalle leggi successive) nella parte in cui fa riferimento al solo lavoro dipendente o artigianale svolto all'estero, e non anche al lavoro autonomo, previsto nel titolo III del libro V del codice civile, esplicato all'estero, nelle medesime condizioni, da persone fisiche di nazionalit� italiana. (omissis) Per stabHire gli esatti termini delle questioni sottoposte all'esame della Corte, conviene muovere dal d.1. 6 giugno 1956, n. 476, convertito con modificazioni in !legge 25 luglio 1956, n. 786, con il quale sono state emanate nuove norme valutanie ed � stato istituito � un me!'cato libero di biglietti di Stato e di banca esteri �, Tale decreto all'art. 1 prende in considerazione la c.d. � residenza ai fini valutari >>, disponendo, negili articoli successivi, una serie di obblighi e di divieti, in materia valutaria, per i � residenti � in J,talia, ai quali non sono tenuti, invece, i � non residenti �. Tra lle varie categorie di soggetti � considerati residenti � in Italia, il citato art. 1, al n. 4, indica �le persone fisiche di na2lionailit� italiiana, aventi la residenza all'estero, limitatamente all'attivit� produttrice di redditi esercitata nel territorio della Repubblica�. Successivamente, � stato emanato il d.I. 4 marzo 1976, n. 31, convertito con modificazioni in legge 30 aprile 1976, n. 159, contenente disposizioni penali !in materia di infrazioni valutarie. Esso � stato ispirato -come si � sottolineato nei lavori parlamentari relatii.vi ailla sua conversione in legge -dalla improrogabile eSligenza di reprimere o, quanto meno, di limitare al massimo il deleterio fenomeno della c.d. �fuga di capitali�. La nuova discipliina � ha trasformato !in delitti -puniti, nei casi pi� gravi, anche con la pena detentiva -tutte quelle attivit� illecite, tramite le quali il predetto fenomeno era andato assumendo dimensioni sempre pi� preoccupanti e per le quali la semplice sanzione amministratii.va, in precedenza prevista, sri era rivelata del tutto insufficiente �. In particolare, \ ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ai fini che qui interessano, va ricordato che l'art. 1 di detto provvedi -mento prevede al comma secondo sanzionii penali (aumentate nei casi contemplati dai commi successivi) per � chiunque costituisce fuori del territorio dello Stato, a favore proprio o di altri, disponioolit� valutarie o attivit� di qualsiasi genere senza l'autorizzazione prevista dalle norme in materia valutaria �. Con d.il. 10 agosto 1976, n. 543, il termine di tre mesi, stabilito dall'art. 2 della citata legge n. 159 del 1976 per la dichiarazione di possesso all'estero di di:sponibiliit� valutarie o attivit� di qualsiasi genere, veniva prorogato. Nel convertire in legge tale decreto, la legge 8 ottobre 1976, n. 689, apportava ulteriori modifiiche al d.l. n. 31 del 1976 ed alla legge n. 159 del 1976. Di tali modifiche va qui menzionato il'inserimento -operato con .J'art. 2 -dopo l'ultimo comma dell'art. 1 del d.l. n. 31 del 1976, come modificato dall'art. 1 della legge di conversione n. 159 del 1976, del seguente comma: �Agli effetti de1l'art. l, n. 4, del d.l. 6 giugno 1956, n. 476, convertito, con modificazioni, nella legge 25 luglio 1956, n. 786, per �residenza all'estero� si !intende il periodo in cui ile persone fisiche di nazi.onaHt� italiana, pur conservando la residenza anagrafica in Italia, hanno svolto ilavoro dipendente o artigianale ahl'estero, limitatamente alle disponibilit� ed attivit� ivi costituite, durante tale pel'iodo, con !� proventi del favoro medesimo �. Con d.l. 19 novembre 1976, n. 759, il termine sopra cennato veniva ulteniormente prorogato. In sede di conversione di tafo decreto legge, l'art. 2 della legge 23 dicembre 1976, n. 863, ha integralmente sostituito il testo dell'art. 1 della legge di conversione n. 159 del 1976, ed ulteriormente modificato dall'art. 2 della legge n. 689 del 1976. Nel nuovo testo dell'art. 1 -fermo restando il divieto, accompagnato da sanzioni penali, di costituire fuori del territorio italiano, a favore proprio o di altri., disponibilit� valutarie o attivit� di qualsiasi genere, senza l'autorizzazione prevista dalle norme in materia valutaria -l'ultiimo comma riproduce sostanzialmente il contenuto dell'ultimo comma inserito nel vecchio testo dall'art. 2 deHa legge n. 689 del 1976, cos� disponendo: �Agli effetti dell'art. 1, n. 4, del d.I. 6 giugno 1956, n. 476, convertito, con modificazioni, nella legge 25 luglio 1956, n. 786, la residenza all'estero, iVli considerata, s'intende riferita al periodo in cui le persone fisiche di nazionalit� italiana, pur conservando la residenza anagrafica in Italia, hanno svolto lavoro dipendente o artigianale all'estero, Limitatamente alle disponibilit� ed attivit� ivi costituite durante tale periiodo, con i proventi del lavoro medesimo�. Conclusivamente, per effetto delle riportate disposizioni, sono sottratte alla situazione dii illegalit� (ed alle conseguenti sanzioni penali) le costituzioni di disponibilit� valutarie all'estero, effettuate da cittadini italiani che, pur conservando la residenza anagrafica in Italia, abbiano svolto �lavoro dipendente o artigianale all'estero�, 1limitatamente ai RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 638 mezzi finanziari col� acquisiti attraverso le predette attivit� lavorative, nei periodi in cui esse si sono svolte. Delle sette ordinanze di cui in narrativa, le sei del trJbunale di Como soMevano questione di legittimit� costituzionale -in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione -dell'art. 2, ultimo comma, della legge 8 ottobre 1976, n. 689 (rectius, del comma 1inserito -per effetto dell'art. 2 della tlegge 8 ottobre 1976, n. 689 -dopo l'ultimo comma dell'art. 1 del d.l. 4 marzo 1976, n. 31, come modificato dall'art. 1 della legge dJ conversione 30 aprile 1976, n. 159); e deM'art. 2, penultimo comma, della legge 23 dicembre 1976, n. 683 (rectius, dell'ultimo comma deH'art. 1 del d.l. 4 marzo 1976, n. 31, come modificato dall'art. 1 della legge di conversione 30 aprile 1976, n. 159, ed ulteriormente modificato dall'art. 2 della legge 8 ottobre 1976i n. 689, nel testo sostituito dall'art. 2 della '1egge 23 dicembre 1976, n. 863). Il t11ibunale di Como, a sostegno della non manifesta infondatezza della sollevata questione, osserva che, mentre la persona fisica di nazionalit� italiana, anagraficamente residente in Italia, pu� costituire, senza preventiva autorizzazione, fuori del territorio dello Stato, a favore proprio o di altri, disponibilit� valutarie con proventi di lavoro, dipendente o artigianale, svolto all'estero, lo stesso di11itto non � riconosciuto al cittadino italiano che, pur versando nelle medesime condizioni, costitui~�a all'estero disponibnit� valutarie con proventi di lavoro non dipendente e non artigianale. Pertanto, l'impugnata normativa determinerebbe una ingiustificata disparit� _di trattamento tra cittadini italiani che svolgano lavoro all'estero, disc11iminandoli esclusivamen~e a seconda delle forme ed applicazioni del loro lavoro. L'ordinanza del tribunale di Bolzano deferisce a questa Corte analoga questione, denunciando l'art. 2, comma decimo, de1la legge 23 dicembre 1976, n. 683 (rectius, l'ultimo comma dell'art. 1 del d.l. 4 marzo 1976, n. 31, come modificato dall'art. 1 della legge di conversione 30 aprile 1976, n. 159, ed ulteriormente modificato dall'art. 2 della legge 8 ottobre 1976, n. 689, nel testo sosllituito daill'art. 2 della legge 8 ottobre 1976, n. 689, nel testo sostituito dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1976, n. 863), in riferimento al solo art. 3 della Costiituzione. Secondo il giudice a quo, l'impugnata norma contrasterebbe con il principio di eguaglianza, in quanto sottrae alla situazJione di illegale costituzione di disponibi1it� valutarie aill'estero, esclusivamente i cittadini italiani che esercitino attivit� di artiganato o che siano lavoratori dipendenti, mentre lascia assoggettati al divieto ed alle relative sanzJioni penali gli altri cittadini italiani che, nelle stesse condizioni, esercitiino all'estero un'attivit� commeroiale, professionale, industriiale o comunque di natura economica. La questione, pertanto, � posta dal triibunale di Bolzano con riferimento al solo principio di eguaglianza, ma in termini pi� ampi rispetto a quella sollevata dal tribunale di Como, in quanto viene prospet ~ �'. i' .. ... If.~ � - PARTE I, SEZ. I, GIURISPRl.DE~ZA COSTITl'ZIOKALE tata una disparit� di trattamento nell'�mbito non della sola attiv:it� lavoratliva, ma di qualsiasi attivit� economica esercitata all'estero da cittadini italiani. (omissis) La questione sollevata dal tribunale di Bolzano non � fondata. La disparit� di trattamento viene, invero, de.dotta, come innanzi esposto, ponendo a raffronto attivit� di lavoro dipendente o artigianale con attiVlit� economiche di qualsiasi natura svolte all'estero dal cittadino italiano che abbia conserv.ato in Italia iJ.a residenza �ainag11af�ica. Ma, come � agevole rilevare, si tratta di situazioni che sotto vari proffi1li si presentano nettamente diverse, e ii.n ordine alle quali non appaiono irrazionali le diverse scelte operate dal [egislatore nella sua discrezionalit�. Fondata �, invece, la questione, nei limiti e nei termini lin cui � stata posta dal tribunale di Como. Dai lavori parlamentari relativi alla conversione dei due decreti legge, 10 agosto 1976, n. 543, e 19 novembre 1976, n. 759, emerge che l'dmpugnata normativa ha inteso favorire quei lavoratori italiani che, recandosi all'estero per temporanee esigenze di lavoro, conservano la residenza anagrafica in Italia; rispetto a quest'ultimo dato formale, cio�, si � accordata prevalenza alla situazione di fatto connessa alla dimora all'estero per tutto il periodo in cui il cittadino italiano vi esplica la propria attivit� lavorativa. Favor che indubbiamente trova ispirazione e fondamento nel precetto dell'ultimo comma dell'art. 35 della Costituzione, secondo cui la Repubblica � riconosce la libert� di emigrazione... e tutela il lavoro italiano all'estero�. Ma una volta accertata la finalit� perseguita dalla normativa in esame, del tutto irrazionale appare l'aver circoscritto la disposizione di favore alle sole ipotesi di lavoro dipendente e di attiVIt� artig1anak. escludendo cos� dal beneficio quelle forme di lavoro autonomo, alle quali fa riferimento il titolo III del Libro V del codice civile. Si � venula, in tal guisa, a determinare -come ben rileva H giudice a quo -una ingiustificata disparit� di trattamento penale, fondata soltanto sulla natura del lavoro esplicato all'estero da cittadini italiani. Disparit� nella qua�e si concreta, pertanto, una violazione del principio di eguaglianz,1 in riferimento al diritto a quella �tutela�, che l'art. 35, ultimo comma, della Costituzione vuole assicurata al lavoro ita1iano all'estero, � in tutte le sue forme ed applicazioni �, come si ricava dal combinato disposto con il primo comma dello stesso articolo. Che se, a suffragare la validit� della deroga operata dal legislatore al generale divieto, al fine di mtelare la attivit� lavorativa (dipendente o artigianale) realizzata all'estero personalmente dal cittadino italiano, pu� valere i).a considerazione che i redditi scaturenti da tali attivit� lavorative non implicano esportazioni di capitali dall'Italia (se mai, la sola attivit� artigianale potrebbe comportare l'esportazione di modeste attrezzature), non va taciuto che iJ.a stessa '640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO considerazione pu� ripetersi per l'attivit� esplicata all'estero dal professionista e in genere dal Javoratore autonomo. L'Avvocatura dello Stato, a difesa dell'impugnata normativa, si richiama alla maggior durata della permanenza all'estero, cui � costretto il cittadino italiano che vi esplichi attivit� di lavoro subordinato o arti 1 gianale, rispetto a:ltla brevit� della dimora all'estero che 1riechied()[lo ailtire prestazioni di lavoro (come quelle artistJiche o professionali). Ma l'argomento non appare idoneo a giustificare le diversit� di trattamento: innanzi tutto perch� la maggiore o minore durata della dimora aH'estero non contraddistingue, certo, con carattere di esclusivit� l'uno o l'altro I tipo di prestazione di lavoro; e poi, perch�, :in linea di fatto, il lavoro temporaneo all'estero ben pu� svolgersi in un arco di tempo pi� o meno Ilungo, indipendentemente dalla natura del lavoro stesso (si pensi, ad es., ad un lavoro subordinato a carattere stagionale e non ricorrente, e, per altro verso, ad un'autonoma attivit� artistica o professionale che si esplichi all'estero con periodiche cadenze, alternate a periodi di espJicazione della stessa attiivit� dn Italia). Merita in proposito di venir anche ricordato che in un disegno di legge, presentato dal Governo nella ottava legislatura e recante modifiche ed integrazioni della legislazione penale valutaria (Camera dei deputati n. 2552), si prevedeva, fra l'altro, la estensiione dell'agevolazione de qua agitur a tutte le persone fisiche che, pur conservando la residenza anagrafica in Italia, avessero svolto attivit� lavorativa all'estero. Infatti, l'art. 1 del disegno in parola, nel sostituire ancora una volta il testo dell'art. 1 del d.l. n. 31 del 1976, convertito con modificazioni nella legge n. 159 del 1976, modificato dall'art. 2 della legge n. 689 del 1976, e successivamentt;" sosmtuito dall'art. 2 della legge n. M3 del 1976, ne riproduceva testualmente l'ultimo comma, con la eliminazione dell'inciso �dipendente o artigianale �. Nella relazione che accompagnava lil disegno di legge si chiariva al riguardo che era stata eliminata � la previsione limitativa contenuta nell'ultimo comma, il quale, consentendo la costituzione di disponibilit� ed attivit� all'estero soltanto al cittadino italiano che ivi abbia conseguito proventi da lavoro dipendente o artigianale, determina una irrazionale disparit� di trattamento fra cittadini svolgenti lavoro all'estero, discriminando i medesimi a seconda delle forme e applicazioni del loro lavoro�. Decaduto il disegno di legge anzidetto per l'intervenuto scioglimento delle Camere, nell'attuale nona legislatura � stato presentato da:l Governo ed � tuttora all'esame del Parlamento, un disegno di legge di pi� ampia portata, per la �revisione della >legislatura valutaria� (Senato della Repubblica -n. 316). Esso, nel sostituire il testo dell'art. 1, pi� volte gi� citato, non ne riproduce l'ultimo comma, del quale ora si discute; e nella relazione che lo accompagna si chiarisce che la � implicita abrogazione (in luogo dei perfezionamenti di cui al disegno di >legge n. 2552) deH'ul PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 641 timo comma dell'art. 1 della legge n. 159 (come successivamente modificata), introduttivo della nozdone di "non residenza " in favore dei lavoratori ita1iani all'estero�, si fonda sul convincimento che lo strumento pi� opportuno per adottare le previste condizioni di favore sia quello �amministrativo regolamentare� (omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1984, n. 189 -Pres. Eilia -Rel. Roehrssen � De Marchis e altro (n.p.) e Presiidente Consiglio dci M!inistri (vice avv. gen. Stato Carafa). Giurisdizione civile � Amministratori e dipendenti di enti locali -Respon sabilit� amministrativa � Giurisdizione dell'A.G.O. -Legittimit� costi tuzionale. Cast., artt. 103 e 108; r.d. 3 marzo 1934 n. 383, art. 265; d.l.P. Reg. Sicilia, 25 ottobre 1955 n. 6, art. 253). L'attribuzione alla A.G.O. anzich� alla Corte dei Conti della giurisdizione in materia di responsabilit� amministrativa degli amministratori e dei dipendenti degli enti locali rientra nella discrezionalit� del legislatore ordinario. (1) (omissis) La prima questione che viene sottoposta alla Corte costituzionale consdste nel decidere se l'art. 265 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), il quale attribuisce all'autorit� giudiziaria ordinaria i giudizi di responsabilit� previsti dai precedenti articoli 261, 263 e 264, violi o meno H disposto dell'art. 103, secondo comma, Cost., dn base al quale nelle � materie di contabilit� pubblica � la giurisdizione spetta alla Corte dei conti. La seconda questione riguarda la legittimit� costituzionale, in riferimento agli artt. 103 e 108 Cost., dell'art. 253 del d.I. P. Reg. sic. 29 ottobre 1955, n. 6 (Ordinamento amministrativo degli enti della Regione siciliana), successivamente trasfuso nella legge reg. sic. 15 marzo 1963, n. 6 (Ordinamento amministrativo degli enti locali della Regione Siciliana), 11 quale, riproducendo la normativa statale, a sua volta attribuisce al giudice ordinario la competenza a conoscere della responsabilit� degli amministratori e dipendenti degli enti locali della Regione siciliana per danni ad ess!� arrecati. Le questioni sono entrambi inammissibili. (1) La Corte conferma l'esistenza di una ampia discrezionalit� legislativa in punto di attribuzioni di specifiche "materie� all'una o altra autorit� giurisdizionale; principio questo la cui portata eccede l'ambito del caso deciso. 642 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quanto alla prima questione, essa, in realt�, anche se formalmente proposta sotto iil profilo della pretesa violazione dell'art. 103, secondo comma, Cost., �solleva un problema che non consiste soltanto nello stabilire se la materia contemplata nell'art. 265, rientri o meno nell'ambito delle � mate11ie di contabilit� pubblica�. Questa Corte ha gi� da tempo ritenuto (da ultimo sent. n. 185 del 1982) che l'art. 103, secondo comma, Cost., nel riservare alla Corte dei conti � le materie di contabilit� pubblica � ha assunto d:i queste, sotto l'aspetto oggettivo, la mozione tradizionalmente accolta nella rlegislazione e neHa giurisprudenza, per cui detta mate11ia risulta comprensiva sia dei giudizi di conto sia di quelli di responsabilit� a carico degli impiegati ed agenti dello Stato e degli enti pubbLici in genere i quali cagionino danni allo Stato o ad altra amministrazione. Senonch� la legislazione ordinaria, a partire dalla legge 30 dicembre 1888, n. 5865, ha fatto eccezione per quel che riguarda i giudizi di responsabilit� amministrativa per i fatti preveduti dagli artt. 261, 263 e 264 del T.U. 3 marzo 1934, n. 383, che l'art. 265 del medesimo testo unico affida alla giurisdizione della autorit� giudiziaria ordinaria. Questa situazione comporta alcune notevoli diversit� che non toccano soltanto aspetti meramente proced:imentali dei giudizi in parola: infatti, lo stesso art. 265 stabilisce che <l'azione ivi preveduta si prescrive in cinque anni dal giorno nel quale avvenne il fatto dannoso (mentre l'azione di responsabilrit� amministrativa dinan2li alla Corte dei conti �si prescrive nel termine di dieci anni); dinanzi al giudice ordinario non pu� trovare applicazione il disposto dell'art. 83, primo comma, del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 (riprodotto nell'art. 52, ultimo comma del T.U. delle leggi sulla Corte dei conti, rappmvato con R.D. 12 lugi1io 1934, n. 1214), rin Vlirt� del quale la Corte pu� porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto; infine, a norma delle citate disposizioni del T.U. n. 383 ,del 1934, l'a2lione di responsabilit� pu� essere promossa soltanto dai competenti organi dell'ente danneggiato (salvo l'intervento sostitutivo della autorit� di controllo a norma dell'art. 264 del ripetuto T.U. n. 383), mentre l'azione di responsabilit� dinanzi alla Corte dei conti � promossa dal procuratore generale presso fa Corte medesima. E' agevole allora constatare che i giudizi di responsabilit� che sri svolgono dinanzi alle due predette giurisdizioni si configurano in modo notevolmente diverso e possono comportare effetti diversi nei l1iguardi tanto dei responsabili quanto dei soggetti danneggiati. La questione sollevata dalla Corte dei conti con le ordinanze in epi� grafe, di conseguenza, attraverso la denuncia delle cennate specifiche disposizioni, pone sostanzialmente in discussione il complesso della disciplina della responsabilit� ammirnstrativa degli amminristratori e dei dipendenti degli enti territoriali, poich� si tratta di operare una scelta fra �.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.�r.�.�.�.�.�.�r.�.-.�.�.�.-.-.--;s.,.����--.�.�.-.-.�.-. � � � � � � � � � � � � � ��.�.-.-.-.-.-.�.�r.�.�.-.-,,-.--.-.-.-.�.�.z.-:�:�:-:-zr-:-��:���:-'.������-::�z.r.�.-.�.;r.-.-.z.-y.-.-.;.�.:��--. .-.-.---�-:c�:�x�:�Y�:-�-:r.z.�r. .-.-.-.�.z�z�z�z-::-::�:�:�;�..-:�:�;�.�.�.�Y.�:�.-.>.�:�.�.�.-.'.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.-.-.�.�.-.�.-.�.-.�.'.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.~ lllfl�lf:ll!lil/tlitlllllllilllllllllrrrllilli8rtlllllli!liillilllllllllllllld PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITt:ZIOKALE 643 il regi.ie proprio del giudizio dinanzi ai tribunali ordinari e quello proprio dei� rgiudizi dinanzi al giudice contabile. Ma un giudizio di questo genere supera le competenze di questa Corte, rientrando nella discrezionalit� del potere legislativo, al quale soltanto pu� spettare di valutare se e quali siano le soluzioni pi� idonee ailla salvaguardia dei pubblici interessd insiti nella materia de qua. Conseguentemente va ddchiarata inammissibile anche ila seconda questione, riguardante l'art. 253 del d.l. P. Reg. sic. 29 ottobre 1955, n. 6 (�Ordinamento amministrativo degli enti focali della Regione siciliana�) soMevata dalla ordinanza 18 ottobre 1978 della Corte dei conti. Tale norma, infatti, � meramente riproduttiva di quella statale e pertanto una sua declaratoria d'iillegittimit� costituzionale sarebbe priva di 1;ilevanza, dato che la norma statale rimane Jn vigore per effetto della precedente dichiarazione di ~nammissibilit� della relativa questione di legittimit� cos~ituzionale sollevata dalla Corte dei conti con le medesime ordinanze. CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1984, n. 190 -Pres. Elia -Rel. De Stefano -Manicuti ed altri (n.p.), Banca d'Itailiia (avv. Giannini e Sangiorgi) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Vittoria). Poste e telecomunicazioni -Mancato recapito di lettere raccomandate Responsabilit� dell'amministrazione � Onere di previo reclamo in via amministrativa. (Cost., artt. 3, 38 e 113; d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93). Quando il mittente non ha presentato reclamo in via amministrativa entro il termine perentorio, l'amministrazione postale � liberata da ogni responsabilit� per la perdita manomissione o avaria di oggetti raccomandati; conseguentemente � inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del c.d. codice postale (testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, approvato con d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156), nella parte in cui stabiliscono che il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni non � tenuto a nessuna forma di risarcimento, oltre all'indennit� prevista dall'art. 28 dello stesso decreto legislativo, nel caso di mancato recapito di raccomandate con le quali siano stati spediti vaglia cambiari, o, in genere, titoli di credito, commutanti titoli di spesa dello Stato. Tre ordinanze deferiscono a questa Corte '1a questione di legittimit� costituzionale -in riferimento agli artt. 3, 28 e 113 della Costituzione degli artt. 6, 28, 48 e 93 del testo unico dclle disposizioni :legisraitdve in RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni (codice postale e delile telecomunicazioni), approvato con d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, nella parte in cui, nel loro combinato disposto, stabiliscono che .il Ministero delle poste e delle comunicazioni non � tenuto ad alcuna forma di risarcimento, oltre all'indennit� prevista dallo stesso art. 28, nei casi di mancato recapito di raccomandate, con le qualii siano stati spediiti vaglia cambiari o, in genere, titoli di credito commutanti titoli di spesa dello Stato. (omissis) Va, innanzi tutto, presa in consiiderazione l'eccezi�ne di inammissibilit� prospettata daH'Avvocatura dello Stato. Questa in proposiito de� duce che il tribunale avrebbe omesso di decider� sulla richiesta, avanzata daLI'amministrazione deHe poste all'atto della sua costituziione nel .giudiziio a quo, di rigetto della domanda proposta nei suoi confronti dalla Banca d'Italia, la quale, non avendo tempestivamente proposto il reclamo di cui al citato art. 91 del codice postale, sarebbe decaduta da ogni di:i-Jtto ad indennizzo, essendo ormai tardiva la doglianza del mittente per il mancato arrivo della raccomandata al destinatario. (omissis) Ora, non v'ha dubbio che H codice postale, al comma secondo del menzionato art. 20, subordina espressamente la proponibihlt� dell'azione giudiziaria contro l'amministrazione delle poste per i servizi dal codice stesso disciplinati, alla previa presentazione dii reolamo in via amministrativa, entro un termine perentorio (che, per le corrispondenze raccomandate, � fissato, dal successivo art. 91 in sei mesi dalla data d'impostazione). A sua volta, il citato art. 96, lett. f), prevede che, quando il mittente non abbia presentato reclamo nel termine previsto dall'art. 91, l'amministrazione � liberata da ogni responsabi1it� per la perdita, manomissione od avaria di oggettii raccomandati. Per poter, dunque, esaminare il meriito deHa controversia sottoposta alla sua cognizione, il giudice ad�to doveva preliminarmente verificare la proponibilit� della esperita aziione, come, del resto, gli veniva espressamente richiesto dalla stessa amministraZlione delle poste. In quella sede andava, infatti, accertato, per ciascun giudiz.�o, se la Banca d'Italiia avesse presentato, nel prescritto termine, il reclamo de quo agitur: ipotes�i, oltre tutto, non esclusa dalla stessa amministrazione resistente, in quanto J'onere della prova del soddisfatto adempimento, che rende proponibile l'azfone giudiziaria, incombe ovviamente su chi esperisce l'azione medesima. Soltanto ove fosse stato positivamente superato tale stadiio, con l'accertata proponibilit� dell'azione, ciascun procedimento avrebbe potuto proseguire il suo corso: ed avrebbero potuto, solo allora, trovar appHcazione neJ giudizio a quo, quelle norme, della cui legittimit� costituzionale si dubita in quanto delimitano la responsabrnt� dell'amministrazione per il mancato recapito delle corrispondenze raccomandate. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE In proposito va ricordato che questa Corte ha gi� affermato, da ultimo con fa sentenza n. 300 del 1983, che il requisito dehla rilevanza, secondo il disposto dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, implica necessariamente che la sollevata questione di legittimit� costituzionale abbia nel procedimento a quo un'incidenza attuale e non meramente eventuale. Ed !invero, la pregiudizialit� della questione medesima, conditio sine qua non ai fini del giudizio incidentale di :legittimit� costituzionale, si concreta solo allorch� il dubbio investa una norma, dalla cui appliicazione, ai fini della definizione del giudizio innanzii a lui pendente, il giudice a quo dimostri di non poter prescindere. Le tre ordinanze di rimessione, alle quali fa riferimento l'Avvocatura dello Stato, non 'lumeggiano, invece, il profilo sopra indicato; n� da esse risulta se ['ecce2lione di improponibilit� dell'azione sia stata .presa in esame, e con quale esito. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 25 lugilio 1984, n. 219 -Pres. Elia -Rel. Reale Regioni Lombardia e Trentino-Alto Adige (avv. Pototschnig e Onida), Regioni Friuli-Venezia Giulia (avv. Paaia), Regione Veneto (avv. Viola e D'Aloja), Regione Valile d'Aosta (avv. Romanelli), Regione Liguria (avv. Romanelli e Acquarone), Province autonome di Trento e di Bolzano (avv. Guarino) e Presidente Constlg1io dei Ministri (avv. Stato Vittoria). Regioni � Riforma economico-sociale -Nozione. (Cost., art. 117; Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 5; Statuto Valle d'Aosta, art. 2; Statuto Friuli-Venezia Giulia, art. 4; I. 29 marzo 1983, n. 93, art. 1). Sanit� -Unit� sanitarie locali -Personale dipendente -Accordi collettivi . Attribuzione regionale. (Cost., art. 117; Statuto Trentino Alto Adige, art. 4; I. 29 marzo 1983 n. 93, art. 9). Regioni -Controlli statali -Ispettori statali sull'applicazione degli accordi collettivi -Non concretano controllo anomalo. (Cost., artt. 124, 125 e 127; I. 29 marzo 1983, n. 93, art. 27). Regioni -Materia dell'organizzazione degli uffici -Recepimento di accordi collettivi -Adeguamento alle peculiarit� � Attribuzione regionale. (Cost., artt. 97 e 117; I. 29 marzo 1983 n. 93, art. 10). Ad attribuire ad una normativa statale la qualit� di riforma economico- sociale non � sufficiente la mera declaratoria del legislatore,� detta qualit� deve emergere dall'oggetto, scopo e contenuto della normativa, dalla sua motivazione politico-sociale, e dalle innovazioni che essa apporta. Anche una normativa di contenuto cosiddetto procedimentale pu� assurgere a riforma economico-sociale. La � legge-quadro sul pubblico im RASSEGNA DELL'AVVOCATGRA DELLO STATO piego" 29 marza 1983 n. 93 deve essere qualificata riforma economicosociale. Premesso che le U.S.L. non possono venire assimilate agli enti dipendenti dalle regioni e che i dipendenti di esse non sono dipendenti regionali, l'art. 9 della legge n. 93 del 1983 contrasta con l'art. 117 Cost. (e con l'art. 9 dello Statuto Trentino-Alto Adige) in quanto viola lo spazio di competenza assegnato alle regioni (ed alle province autonome di Trento e Bolzano). L'istituzione di un corpo di cinque ispettori presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri col compito di verificare la corretta applicazione anche da parte delle regioni degli accordi collettivi stipulati ai sensi della legge n. 93 del 1983 non concreta un controllo anomalo, posto che a detti ispettori � affidata una attivit� solo conoscitiva (1). Spetta alle leggi regionali non la pura e semplice riproduzione dell'accordo sindacale in sede nazionale, ma il suo adeguamento, quando sia necessario, alle peculiarit� dell'ordinamento degli uffici ed alle disponibilit� del bilancio regionale; contrasta pertanto con l'art. 117 Cost. l'art. 10, terzo comma, della legge 29 marzo 198J, n. 93 nella parte in cui non p1�evede che la legge regionale approvativa dell'accordo possa apportare gli adeguamenti resi necessari dalla � disciplina di legge � in materia di ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto, prevista dal precedente art. 2 e quelli richiesti dalle altre peculiarit� del rispettivo ordinamento, nonch� dalle disponibilit� del bilancio regionale (2). (omissis) Le regioni a statuto speciale Trentino-Alto Adige, VaHe d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e le province autonome di Bolzano e Trento con i loro ricorsi denunciano come costituzionalmente ii11egittimi, ciascuna in riferimento alle disposizioni del rispettivo statuto speciale, l'art. 1 della legge 29 marzo 1983, n. 93 (legge-quadro sul pubblico impiego) in quanto esso afferma che �i princ�pi desumibili dalla presente legge costituiscono... per le regioni a statuto speciale e per Ie province autonome di Trento e di Bolzano norme fondamentali di riforma economico- sociale della Repubblica�, capaci quindi, a tenore dei loro rispettivi statuti, dii costitUJire un limite alla loro autonomia legislativa e amministrativa. lnnaml� tutto viene negato che la natura di legge di riforma economico- sociale possa desumersi dahla semplice affermazione del legislatore anzich� dall'effettivo contenuto deLla legge, del quale si esclude il (1) Il princ1p10 affermato potrebbe aprire la strada ad una diversa organizzazione dei controlli statali sugli enti regionali e locali. (2) La sentenza non ha eliminato la disposizione (terzo comma dell'art. 10) che � stata censurata soltanto � nella parte in cui... �. ! I I I PARTE I, SEZ. I, GHJRISPRUDE:-<ZA COSTITUZIONALE carattere innovatore sostanziale (e non meramente procedimentale) proprio di ogni normativa che voglia assurgere a � riforma economicosociale �. La Corte non ritiene che tale censura (fa quale dalla Regione FriuliVenezia Giulia � riiferita ail combinato disposto degH artt. 1 e 3, n. 1, della legge n. 93 dalla Provincia autonoma di Bolzano alla legge ne[ suo complesso, dalla Provincia autonoma di Trento all'art. 3 ed alla legge nel suo complesso) sia fondata. � evidente che la natura di riforma economico-sociafe di una normativa non pu� essere determinata dailla sola apodittica affermazione del legislatore e che essa deve invece ricercarsri. nell'oggetto della normativa, nella sua motivazione politico-sociale, nel suo scopo, nel suo contenuto, nella modificazione che essa apporta nei rapporti sociali. Ora la considerazione di tutti questi elementi consente di attribuire a1la legge n. 93 la portata cli riforma economico-sociale. La Jegge costituisce il punto di approdo di un dibattito politico, sociale e dottrinale ultra decennale. A partire dalle note denunce della � giungla delle retribuzioni �, attraverso la istituzione di una Commissione parlamentare di !inchiesta (Ja Commissione Coppo) le cui conclusi�mi ufficializzarono sperequazioni e rincorsa di retribuziorui, difetto di informazione del Parlamento e del Governo, mancanza di ogni indirizzo e controllo della dinamica delle posizioni giuridiche ed economiche dei pubblici dipendenti, e la conseguente necessit� d[ una omogeneizzazione dei trattamenti in ambito nazionale, si giunse nel novembre 1978 all'approvazione unaruime, da parte del Senato, di una mozione nella quale il Governo veniva impegnato a � proporre al Parlamento una legge-quadro per tutto iil settore del pubblico impiego neHa quaile si definiscano i soggetti ad ogni livello della pubblica amministrazione, titolari della contrattazione sindacale, in particolare l'autorit� governativa dotata d[ poteri di negoziazione con i sindacati dei lavoratori dello Stato e degli enti pubblici e di poteri di indirizzo e coordinamento della politica retributiva di regioni, province, comuni e aziende col.legate; si prevedano procedure per la formazione e l'applicazione degli accordi sindacali in detto settore, che dovranno avvenire nel quadro delle direttive fissate dal Parlamento anche in relazione alla spesa pubblica; siano contenute nuove norme per alcilni aspetti comuni del rapporto di impiego, come la selezione, l'assunzione, l'addestramento; e siano previsti ol'dinamenti unificanti, per grandi branche della pubblica amministrazione, dei principailti istituti normativi, come l'orario di lavoro, le ferie, le aspettative, i congedi, i permessa, i trasferimenti, nonch� disposizioni tendenti ad &:deguare, per quanto possibile, i &ritti sindacali dei pubblici dipendenti a quelli dei dipendenti privati �. La stessa Corte costituzionale, dcl resto, non aveva mancato l'occa sione di sottolineare la necessi1t� dli una � discipliina generale che pre suppone evidentemente la posslibilit� di definire una corrispondenza 648 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO abbastanza precisa tra qualifiche, mansioni e trattamenti econom1c1 �, agwiungendo che in tal modo si sarebbe realizzato � nel rispetto delle autonomie regionali e provinciali, quel contenuto essenziale di eguaglianza (in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituziione) che � richiesto dall'assetto unitario della Repubblica e dal principio del buon andamento della pubblica amministra21ione � (sent. n. 21/1978). In quale misura le finalit� della legge n. 93, corrispondenti aU'auspicio della Corte costituzionale e ai1le conclusioni del prolungato dibattito politico-sociale, verranno realizzate, non pu� essere ancora verificato, a poco pi� ,di un anno dall'emanazione della legge stessa. Certo �, per�, i!1 proposito del legislatore e finalizzati al suo raggiunwimento sono gli strumenti che egli ha scelto e che realizzano S!i.curamente un novum nel rapporto di pubblico impiego. Negare che la legge realizzi una grande rnforma economico-sociale non si pu� senza dimen1licare i princ�pi da essa desumibili, quali. sono certamente quello della � disciplina in base ad accordi � sia nella sede nazionale che in quella delle regioni e province a statuto speciale (art. 3), con la definizione della materia riservata a � disciplina dii legge � (art. 2); il �principio di omogeneizzazione � delle posizioni e trattamenti (art. 4), quello della �mobilit� � (arti. 19), quelli dn tema di responsabilit� (art. 22, secondo comma). Le difese delle ricorrenti rewioill� e province a statuto speciaile negano la �novit�� di tali prunc�pi (e quindi fa loro attitudine a sostanziare una �riforma�); ma la Corte ritiene che anticipazioni parzdal!i. che possono essersi verificate costituiscono punti di partenza o intermedi di un percorso, iil cui punto di arrivo nella generalizzazdone e sistemazione della legge n. 93 consente di attribuirle senz'altro H valore di riforma economico-sociale. Nella relazione al disegno di legge poi approvato veniva evidenziata la � svolta di rJLievo storico nell'ambito del pubblico rimpiego, in quanto (la fogge) 1sall2liona d:l definitivo abbandono di U1I1 sistema che fino a pochi anni fa era tutto incentrato sul� momento autoritativo in favore di un ai1tro sistema che al contrario fa perno sul consenso dei soggetti interessati �. E, quanto al valore di principio di riforma economico-sociale che deve essere riconosciuto alla omogeneizzazione dei trattamenti prevista dalla legge, si deve sottolineare che gi� la Corte costituzionale nella sentenza n. 45 del 1978, e proprio nei confronti di regioni e province a statuto speciale, aveva affermato che �il pl1�ncipio ... per cui i'l trattamento di contingenza dev'essere in linea di massima comune per tutti i lavoratori interessati e comunque contenuto entro certi limiti � (principio ricavato dal d.l. n. 13 del 1977 convertito nell.a legge n. 91 del 1977) �potrebbe veill�re classificato tra le "norme fondamentaJii delle riforme economico- sociali della Repubblica" �. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Le difese deHe ricorrenti affermano che di riforma economico-sociale non si pu� parlare a proposito di una riforma meramente procedimentiale, quale sarebbe appunto quella della legge n. 93. Senonch� princ�pi di questa legge non sono soltanto quelli relativi ai � procedimenti � ed agli �accordi contemplati nella presente legge�, ma sono tutti quelli sostamiiali, che dalla Jegge si desumono. E inoltre, anche una riforma di contenuto cosiddetto procedimentale (si pensi, fra l'altro, alla procedura della programmazione) ben potrebbe assurgere a riforma economico- sociale. Le difiese delle ricorrentii osservano ancora che ~ � princ�pi �, dovrebbero essere espressi, non �desumibili dalla disc:iiplina '" come mspone il secondo comma deH'art. 1 della fogge. Ma si tratta di un falso problema, una volta che si riconosca che nella legge i princ�pi ci sono, n� costitu~ sce obiezione di pregio il fatto che, come tante altre norme generali o particolari, essi debbano essere individuati e qualificati in via interpretativa. Le difese delle ricorrenti affermano iinf�ne che primo e secondo comma deli'art. 1 finiscono col dare diversa defiil11�zdone ( � princ�pi fondamentali ai sensi dell'arrt. 117 deMa Costituzione�; �norme fondamentali di riforma economico-sociaile della Repubblica�) alla stessa materia normatiiva, col conseguente rischio di vincolare ai rpI1ind:pi fondamentali di cui all'art. 117 anche le regioni e province a statuto speciale. Sostanziailmente ana:loga � la censura svolta idaihla Regione Valle d'Aosta con riferimento all'art. 2 dello statuto e all'art. 117 della Costituzione. Ma anche questa affermazione va crespinta. Quale che sia iii gi!."ado dii perfezione tecnica che ~i voglia riconoscere ailla formulazdone dell'art. 1 della 1legge, la confusione non � possibile quando -come �si vede -tutta la legge, e non salo un artiicolo, venga presa in coDisiiderazione. Tanto meno � possibile supporre che anche le regioni e province a statuto speciale si:alll.o soggette aJl'applicaziOllle degli accordi siindacali raggiunti in sede nazdonaile. Su questa ipotesi, prospetta\a dalle regioni ricorrenti e contestata dall'Avvocatura dello Stato, hanno insistito le parlli anche nella discussione all'udienza. Ma l'ipotesi � inconsistente, dipendendo da una errata lettura dell'art. 10 della legge n. 93, il qualle bench� nell'epigrafe parJi di �accordi sIDdacaihl per i dipendenti delle regioni e degli enti pubblici non economici da esse dipendenti � -nel testo regola solo gli accordi � riguardanti il personaile delle regioni a statuto oridinario nonch� degli enti pubblici nOlll economici da esse dipendenti �, escludendo quindi dal procedimento le regioni a statuto speciale. Ci�, del resto, � confermato anche dalla circostanza che nel dii.segno di Jegge n. 678 il testo dell'art. 9 (poi diventato art. 10 della legge n. 93) prevedeva fa partecipazdone ailla delegazione regionale di � sette membri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in rappresentanza delle regiorui anche a statuto speciale� e che, invece, il testo app:rovato non menziona in alcun modo le regioni stes1se. La difesa della Regione Trentino-Alto Adige afferma inoltre che in ogni oaso ['accordo IIlOIIJ. cosrtituirebbe solo un vincolo iaJ:l'autonomia reg!i.onaile, ma di fatto si sostituirebbe alla legge del:le regioni, la quale dovrebbe lim1itarsi ad � approvare � la disciplina contenuta ne1l'accordo. E ci� perch� se � anche l'art. 10 deMa legge fosse ritenuto non applicabile direttamente aHe �regioni a statuto speciale, si deve presumere che esso esprima un "prmdpiio" desumibile dabla fogge e che come tale esso vtlncoli anche i:l T:rentino-Allto Adige�. Ma questa � presunzione � non � fondata per le ragioni sopra esposte: l'art. 10 si mferisce letteralmente alle sole regioni a statuto ordinario, e non � possibiile desumerne un principio da applica:re anche alle regioni e province a statuto 1speciale. Che 1se poi la �difesa della :regione intendesse rifemrsi non gi� ag[i accordi SI�ildacaili nazionali, ma a quelili regionald, per sostenere che anche H 1cosiddetto loro �recepimento � nella legge regionale costiturlirebbe violazione ailla potest� legislativa deilla regione, la quale verrebbe vincolata da~i accordi medeSli.mi, basterebbe per dimostrare l'inconsistenza deMa dog]Jianza, il rilievo che in tale dpotesi le regioni finirebbero con l'approvare per legge il contenuto di accordi da esse medesime liberamente contratti. Ma ad esdudere, in ogni caso, che la legge regionale debba puramente, sempHcemente e addimttma fonnalmente accogliere i!l contenuto degli accordi sindacali, come la ricorrente asserisce al fine di dimostrare lo svuotamento defila sua potest� legislativa, stanno (a fortiori per le regioni e le province a statuto speciale) [e concluSlioni cui la Corte, come pi� oltre si esporr�, perviene circa la ~Megittimit� del terzo comma dell'art. 10 della legge n. 93, che le regioni a 1statuto ordillla:rio hanno indicato come fonte del loro obblligo di mero � recepimento � dell'accordo sindacale nelle leggi regionali. Sempre a sostegno della presunta iiJJlegittimit� costituzionale dell'a: rt. 1 della legge n. 93 (questa volta con riferimento all'art. 3 della Costituzione) la Provincia autonoma dii Bolzano affemna che, non sussistendo nella legge alcuna distinzione tra � princ�pi fondamentali ai senSli dell'art. 117 della Costitu2lione � e �norme fondamentali di riforma economico-sociale dellJla Repubblica�, Sii pretenderebbe di attribuire contemporaneamente ad una 1stessa reailt� normativa due distinte qua1ifiloazioni giuridiche, con la conseguenza �di un trattamento eguale per le regioni e provt�!nce a statuto �speciale e per le regioni a statuto ordinario. Ma l'affermazdone non ha fondamento: dalle cnnsidemzioni che precedono e da quelle che seguiranno appare ben distinto il'dmpatto deHa fogge quadro con le leggi delle regioni e province a statuto 1speciaile e con quelle delle regioni a statuto oJ'.1dinanio. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Lo stesso � a diirsi per la denunzia di incostituzionallit� che la Provinoia di Trento riforisce al complesso della legge ed agli artt. 1, secondo comma, e 2 (in relazione al 3) de1la ~egge stes,sa, in quanto prescrivono ci� che dev'essere disciplinato con legge e ci� che deve formare oggetto di accordo sindacale. Come osservato, questa distinzione tra materJa riservata aJla legge e materia che presuppone l'accordo sindacale costituisce un pnincipio fondamentale della riforma, mentre la fonte normativa ultima �. sempre la legge, non l'accordo smdacale, che, quando ci� � rprescritto, ne costituisce hl pTesupposto, necessario. A questo punto la Corte ritiene di poter concludere che, una volta interpretati correttamente i primi due commi dell'art. 10 della legge n. 93, e quindi esclusa l'app1icazione aille regioni e province autonome a 1statuto speciale del procedimento in essi previsto, le doglianze delle regioni e province fin qui esaminate, cio� relative al sistema della legge, sono infondate. La Regione Trentino-Mto Adige denuncia di incostituzionalit� l'art. 8 della legge n. 93, relativo agli accordi sindacali per �i dipendenti dei comuni, delle province, delle �omumt� montane e dei loro consorzi e associazioni �. L'ultimo comma del detto articolo stabillisce che � gli enti focaili emanano gli atti amministmtivi cOIJJseguenti alla discipl1ina fissata nel decreto del Presidente della Repubblica idi cui al precedente articolo 6, ultimo comma �. La regione rileva che questo procedimento, in sede nazionaile, essendo eguale a quello che l'art. 6 stabilisce per i dii.pendenti dello Stato (con in pi� la partecipazione agli accordi di cinque membri dell'ANCI, di quattro dell'UPI e di due rappresentanti dell'UNCEM, senza rappresentanti regionald) e concludendosi con un decreto presidenziale 1seguito dagli atti ammdnista:'ativi degli enti locali, estromette totalmente la legge regionale dalla disciplina della materia, con violazione degli a'l1tt. 5, n. 1 e 65 deMo Statuto speciale del Trentino-Alto Adige. La censura � fondata. L'art. 5, n. 1, inffttti, attribuisce alle province della regione la � potest� �di emanare norme legislative � in materia di � ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto �, e l'art. 65 stabiilisce che � l'ordinamento del personale dei comuni � regolato dai comuni stessi, sailva l'osservanza dei princ�pi generali che potrianno essere stabiliti con 'legge regionale �. Trattasi di una competenza legisfativa 1tiipica, che lo statuto attribuisce alla regione. La Corte, giuddcando in �sede di conflitto di attribuzione (sent. n. 100 ldel 1980), ha gi� �dichiarato che �non spetta allo Stato il potere di dettare la dilisciplina del rapporto ,di lavoro del personale degli enti locali, senza far 1salve Je attribuzioni spettanti alla Regione Trentino-Alto Adige in base all'art. 65 dello statuto speciale�. � quindi evidente che l'art. 8 de1la legge n. 93, nella parte in cui dispone per i dipendenti delle amministrazioni dei comuni e delle province senza 652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO far salve le competenze regionali inidicate nello statuto, � costituzionalmente illegittimo e tale deve essere dichiarato. La Regione Trent�no-A:lto Adige con riferimento ahl'art. 4, n. 7, dello statuto, che attribuisce alle <regioni potest� leg.islativa dn materia di oi;dinamento degli enti sanitari e ospedalieri, denu!I1da come incostituzionale l'art. 9 della legge n. 93 il quale dispone che per gili accordi sindacali dei 1dipendenti delle Unit� Sanita11ie Locali (USL) si applicano �ile norme e i procedimenti della stessa legge � e che � � abrogata ogni contraria disposizione �. La stess�a censura � rivolta aJ.l'atrt. 9 della legge n. 93 dalila Provincia autonoma di Bolzano con iriferimento alil'art. 9, n. 10, dello statuto e anche in relazione aille peculiari esigenze derivanti nella provincia dalla proporzionale etnica e dalla parificazione delle llim.gue italiana e tedesca. Infine anche la Regione Lombaivdia con riferimento agli artt. 117, 118, 119 e 97 della Costituzione, imputa all'art. 9 della legge n. 93 ila violazione della competenza regionale in materia sanitaria, aggitlllllgendo che le regioni risulterebbero escluse dalla delegazione della pubblica amministra2Ji.one e quindi da ogni partecipazione all'accordo sindacale. La questione cos� variamente sollevata pu� essere unitariamen,te esaminata. (omissis). I dipendenti delle USL non sono dipendenti delle regioni: l'art. 9, infatti, parla di �dipendenti delle Unit� Sanitarie Locail� >>, mentre l'airt. 10 si �riferisce al � pevsonaie delle regioni a statuto ordinairio �. N�, d'altra parte, le USL possono venire assimilate a quegli enti �dipendenti dalle regioni, idei quaili si tratta nello stesso art. 10 (trattandosi invece, di � una struttura operativa dei comuni, singoli o associati, e deHe Comu111it� montane�, ai sensi dell'art. 15, primo comma, della ~egge n. 833 del 1978). Pertanto il procedimento richiamato dall'art. 9 1dsclta non quello dell'art. 10, ma quello centralizzato che l'art. 8 prescrive per i dipendenti dei comuni e deHe pirov.in.ce e che si conclude col decreto presidenziale �di cui a11'ultimo comma del['airt. 6 della legge n. 93. Il procedimento esclude, qmndi, le regioni e viola lo spazio di competenza che la Costituzione riserva loro nella materna. Spazio che la Corte (sent. n. 307 del 1983), affenmaindo che �l'ente deputato ailla supervisione delle esigenze rappresentate da!lle Unit� Sanitarie Looali per l'�ssunzione di personale in deroga al blocco vigente per l'aa:mo 1983, ed alla conseguente em31Ilazione, ricorrendone ii presupposti, dli puntuali provvedimenti autorizzativi, non pu� essere altri che la regione territorialmente competente�, ha riconosciuto alle regioni in virt� de1la loro autonomia, dichti.arando in conseguenza la illegittimit� costituzionale dell'art. 9, quarto comma, della legge 26 aprile 1983, n. 130, �nella parte in cui non prevede che siano Je regioni -anzich� il Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro del Tesoro -a deterrruinare, vfilutate le eventuali necessit�, i singoli casi in cui sia indiispensabile procedere PARTE I, sr:z. I, GIURISPRl"DENZA COSTITUZIONALE ad assunzione dii personalle nelle Unit� Sanitarie Locali esistenti ne!hl'ambito territoriale di rispettiva competenza, ferme Testando le funzioni di indirizzo e coordinamento previste dall'art. 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 �. Nella lettura che il suo testo impone l'art. 9 della legge � costituzfonalmente iililegJittimo, conclusione che vale �sia per quanto Tiguarda le regioni a statuto ordinario, che, a fortiori, per quanto riguaTda '1e regioni e province a statuto �speciale. La Regione Trentino-Alto Adige denuncia come illegittimo l'art. 26, primo comma, della legge n. 93, .in quanto dispone che �la presente legge sJ applica anche ai dipendenti... delile Camere di Commercio �. La Regione afferma che questa disposizione si pone in contrasto con l'art. 4, n. 8, dello statuto speciale, che le attribuisce, per quanto attiene a[ personale deLle Camere di Commercio, competenza legiislat�va primaria, concretamente esercitata con la legge regJionale 9 agosto 1982, n. 7. Ma tale contrasto non �sussiste sulla base di una corretta interpretazfone della norma impugnata e del .suo ambito territoriale di operativit�. In effetti la Corte costituzionale, con 1a sentenza n. 65 del 1982, ha dichiarato la competenza della RegJione friuli-Venezia Giulia, in materia di trattamento del personale camerale, pure in assenza, nello statuto, di una norma espressa come quella dello statuto TTentino-Alto Adige. E che la competenza della Regione Trentino-Alto Adige debba ritenersi sallva anche dopo l'�ntrnta in vigore della legge n. 93, risulta dal fatto che nessuno dei procedimenti specificamente previsrtli dalla legge stessa � suscettibile di applicazione diretta ai dipendenti delle Camere w Commercio site in quella regione. Ci� non esclude, tuttavia, che rin applicazione del principio generale della disciplina in base ad accordi che vale anche, come si � visto, per le regioni e province a statuto speciale, queste debbano legiferare anche in materia di personale del.le Camere di Commercio col presU!pposto dell'accordo sindacale in sede regJionale. La Regione TreDJtino-Adto Adige e la Provincia autonoma di Bolzano impugnano l'art. 27, quarto comma, dell.a legge n. 93, il quale prevede ila nomina di dnque ispettori alla dipendenza della Presidenza del Consiglio col � compito di verificare ila corretta applicazione degli accordi collettivi stipulati ... presso le regioni, ile province, i comuni e gili altri enti pubblici di cui alla presente legge. Gli ispettori, nell'esercizio delle loro fuDZJi.oni, hanno piena autonomia funzionale ed. hanno l'obblligo di denunciare alla Procura Generalle della Corte dei coDJti ile fa-regolarit� riscontrate �. Questa forma 'di controllo -assumono le ricorenti -non � pevista dallo statuto speciale e perci� � in contrasto con l'autonomia deLle regioni e delle province. La stessa impugnazione v�iene proposta daMa Regione Lombardia con riferimento agli artt. 118, 124 e 125 della Costituzione; dalla Regione Ve RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 654 neto con riferimento agli artt. 117, 124 e 125 della Costituzione; dalla Regione Liguria con riferimento agli airtt. 124, 125 e 127 della Costlituzione. Quello disposto dall'art. 27, quarto comma, della legge n. 93, �sarebbe infatti un contrdllo anomalo, fosivo dell'autonomia rregionale legislativa e amministrativa perch� diverso dal controllo che Sii esprime nel visto del Commissario di Governo per �le leggi e dal controllo di legittimit� di cui all'art. 125 della Costituzione. La censura di illegittimit� non ha fondamento. L'art. 27, comma quarto, della legge n. 93, infatti, attribuisce agli ispettori solo '1o svolgimento di una attivit� conosdtiva, di venificazione, che pu� essere utilizzata dail Dipartimento della funzione pubblica sia ai fini del cooI'dinamento e della programmazione, �sia aii fini della predisposizione della relazione al Parlamento di cui all'art. 16 della legge n. 93; ed � a questa attivit� conoscitiva che dnerisce �l'obbligo di denunciare alla P0rocura generale della C01:1te dei contli le eventuali irregolarit� amministrative riscontrate. Questa attivit� conoscitiva attribuita agli ispettori � cosa ben diversa daJ �controllo sUJ1le leggi regionali, ai fini del vtl.sto, disposto dall'art. 127 della Costituzione e dail controllo di legittimit� sugli aitti amministrativi di cui alLI'art. 125 della Costituzione, e non pu� ritenersi che essa violi l'autonomia delle regioni. La Provincia autonoma di Bolzano impugna come incostiitu:li�onali, per contrasto con J'art. 89 dello statuto speciale della regione, gli artt. 5, secondo comma, 6, quarto comma, 8, 9, 12, terzo comma, 14, 25 e 30, terzo comma, della legge n. 93 � ne11� misura in cui (talle disciplina) pretenda di essere vincolante anche nei confronti della Provincia dii Bolzano �. La incostituzionaJlit� delle disposizioni impugnate deriverebbe dal fatto che esse � attrubuiscono il potere di far parte delle delegaziond ed organismi sindacali in questione ai soli :riappresentanti delle organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative, ovvero alle confederazioni maggiormente rappresentative su base nazionale�, senza tenere conto dei � princ�pi rJvolti in particolare ailla tutela delle minoranze rtedesca e ladina�, dai qualii discende che, in ordine all'esercizio di qualsiasi attivit� sindaca!le, alle associazioni sindaca:hl costituite esclusivamente tra lavoratori delle minoranze linguistiche tedesca e ladina �debbano essere garantiti tutti i diiritti riconosciuti alle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale �. La Corte ritiene che le norme di legge impugnate non violino quelle di valore costituzionale richiamate come parametro, solo che si affermi come si deve, che tali norme di legge debbono essere applicate per la ! ~ i ' i I I I I I I 1111l!a1,11111111111.1111@r111111111111:1111111111111r1111r111�1r'1 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Provincia autonoma di Bolzano solo compatibilmente con la tutela delle minoranze disposta con gli artt. 89 dello istatuto <dellla Regione T["entinoAlto Adige e 9 delil.e relative norme di attuazione. La Provincia autonoma di Bolzano denuncia come incostituzionale l'art. 14 della legge n. 93 concernente gli � aocordi decentrati per �Singole branche della pubblica amministrazione e per singoli enti, anche 1 per aree terrJtoria1mente delimitate negli accordi di comparto�, accordi che ila detta norma consente al fine di determinare �i criteri per l'organizzazione del lavoro di cui all'art. 3, n. 2, la disciplina dei carichi di lavoro, ila formulazione di proposte per il'attuazione degli istituti concernenti la foomazione professionale e l'a:ddestriamento nonch� �tutte le altre misure volte ad assicurare l'efficienza degli uffici�. Poich� il dtato art. 14 stabiHsce nel secondo comma �che tali accordJ sono stipulati fra la delegazione sindacale, da un ilato, e, � quallora l'accordo riguardi una pluralit� di uffki locali dello Stato�, da una delega2lione statale presieduta � dail Commissario del Governo o dal corl1ispondente organo neMe �regioni a s�tatuto speciale � la Provincia di Bdlzano assume ila iillegittimi.t� di � tale disciplina, nella misura in cui debba iintendersi riferita anche agLi uffici �statali della Provincia 1di Bolzano�, per contrasto con i peculiari princ�pi che regolano ['organizzazione dei pubblici uffici anche istatali della Provincia di Bolzano stabiliti nell'art. 89 dello statuto de1la Regione Trentino-.Mto Adige e nelle relative Norme di attuazione (art. 5 del d.P.R. n. 752 del 1976, nel testo modiif�cato dal- 1'.art. 31 del d.P.R. n. 751 del 1978, art. 13 del d.P.R. n. 752 del 1976), e in virt� dei quali, �i:n dspecie a garanzia deMa proporzionale etnica e del bilinguismo nel pubbilico impiego, � Tkhiesta un'intesa fra il Commissario del Governo e la Provincia di Bolzano per ci� che concerne i criteri per la valutazione della conoscenza delle due lingue onde assicurare il buon andamento del servizio, la istituzione dei corsi di addestramento linguistico, '1a determina2lione dei posti da mettere a conco11so e dei tempi di questo. La Corte ritiene che la ipotizzata incostituzionalit� non esista perch� la dJsciplina dell'art. 14 della legge non � applicabile aMa Provincia di Bolzano: ci� che non solo deriva dallla specificit� delle disposizioni del suo statuto �e delle relative norme di attuazione, ma si pu� desumere anche dail testo stesso dell'art. 14, secondo comma, il quale, nel regolare le delegazioni per gli accmdd relativi ad una pluralit� di uffici locali dello Stato aventi sede nella medesima regione, stabildsce che essa sia presieduta � da~ Commissario del Governo e dal corrispondente organo nelle regioni a statuto speciale�, senza menzionare le province autonome. (omissis) La Regione Lombardia impugnando l'intero titolo I della legge n. 93 con oc-iferimento agli artt. 97, 117 e 5 della Costituzione, la Regione Ve 656 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO neto impugnando gli artt. 10 e 12 deMa legge medesima con riferimento all'art. 113 deMa Costituzione, la Regione Ligwria impugnando gli artiicoli 3, 5, 6 e 10 della legge con riferimento agli artt. 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, denunciano che, come risulta dall'ultimo comma dell'art. 10 della legge confrontato con '1'ultimo comma dell'art. 6, il �recepimento � degli accordi sindacali nella legge regionale non sarebbe altro che un atto di forirnale recezione escluderute ogni ambito di autonomia legislativa regionale in materia di ol'ganizzazione degli uffici e dli conseguente determinaz�.one della spesa. La Regione Liguria parla addkittura di � accordo nazionaile e d.P.R. che lo sanziona�, e ci� con evidente errore, giacch� il d.P.R. � previsto dalla legge n. 93 (art. 6, ultimo comma) solo per gli �accordi sindacali per i dipendenti delle amministrazfoni de1lo Stato anche ad ordinamento autonomo�. In effetti, tuttavia, l'ultimo comma dell'art. 10 della legge n. 93, il quaile stabilisce che �al fine del r.ispetto dei princ�pi della prresente legge, la disciplina contenuta nell'accordo � approvata con provvedimento regionale in conformlit� at singolli ordinamenti�, non lascia spazio akuno alla autonomia regionale. Ci�, se non addirittum una negazione, costitwsce una non necessaria e inammissibile forzatura del sistema di disciplina � in base � ad accordi �regolata nell'art. 3 della iegge. E a quanto risulta, nella prassi applicativa della legge n. 93, si pretende una perfetta corrispondenza delle leggi rregionali (naturalmente dehle regioni a statuto ovdinario) al contenuto detl'accordo. Il che non pu� essere consdderato conforme all'art. 117 della Costituzione, il quale attribuisce alle regioni la potesit� dli emanare nei iLimiti dei princ�lpi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato norme legi:slatdve relative agli orrdinamenti degli uffici. Ora il principio della disciplina .in base ad accordi desunto dall'art. 3 deHa legge n. 93 non pu� essere identificato senza tener conto che, nel regoJ.are la discipHna in base ad accordd, l'art. 3 richiama la necessaria � osservanza dei princ�pi di cud all'art. 97 della Costituzione e di quanto previsto dal precedente am. 2 �. E ci� significa che,Q nella sua operativit�, il principdo de'lla disciplina in base ad accordi va conciliiato col principio enunciato nehl'art. 2 della stessa legge n. 93, secondo il quale, nelle regioni, deve essere regolato con legge, l'ordinamento degli uffici e del personale ad essi addetto, quanto agli ambiti indicati ne1l medesimo articolo. Ne consegue che spetta alle leggi regionali non la pura e semplice riproduzione dell'accordo sindacale in sede nazionale, ma il suo adeguamento, quando sia necessario, alle pecu1iarit� deH'o11dinamento degli uffici ed alle disponibilit� del bilancio regionale... PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITl�ZIONALE Nella sua fo11mulazione, il terzo comma dell'art. 10 dehla legge n. 93 esolude ogni flessibihlt�, ogni possibilit� di adattamento dell'accordo s.indacaJe nazionale alle peculiarit� regionali. Per questo ed in questi limiti esso deve reputarsi Jn contrasto con l'art. 117 nonch� con l'art. 97 della Costituzione. Questa conclusione dispensa la Corte dall'esaminare la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 10 deMa legge n. 93 che la Regione Lombardia sohleva nel suo ricorso anche con riferimento all'art. 81 della Costituzione. � invece non fondata la specifica censura della Regione Liguria all'art. 11, comma secondo, della legge n. 93, che fa divieto (anche alle regioni) di concedere ai dipendenti trattamenti integrativi e comunque importanti oneri aggiuntivi. Questo divieto costituisce non una proposizione eventuale degli accordi sindacali di cui parla l'art. 10, ma un principio stabilito. dalla legge n. 93 e come tale operante prima in sede di accordo, poi in sede di legislazione regionale. Escluderne, dunque, la :illegittimit� costituzionale non � :in contrasto con le conclusioni cui la Corte � pervenuta a proposito del terzo comma dell'art. 10 della legge n. 93. A questo punto la Corte esprime l'auspicio che nell'applicazione della legge i rapporti tra Stato e Regioni ubbicliscano assai pi� che a una gelosa, puntigliosa e formalistica difesa di posizioni, competenze e prerogative, a quel modello di cooperazione e integrazione nel segno dei grandi !interessi unitari. della Nazione, che Ja Corte ritiene compatibile col carattere garantistico delle norme costituzionali. p.q.m. (omissis) 2. -dichiara la illegiittimit� costituzionaile dell'art. 8 dehla legge 29 marzo 1983, n. 93, nella parte in cui non fa salva la competenza della Regione Trentino-Alto Adiige in materia di ordinamento deil personale dei comuni prevista dall'art. 65 deMo statuto speciale della regione; 3. -dichiara la illegittimit� costituzionale dell'art. 9 della legge 29 marzo 1983, n. 93; 4. -dichiara la illegittimit� costituzionale dell'art. 10, terzo comma, della legge 29 marzo 1983, n. 93 nella parte in cui non prevede che 1a legge regionale approvativa dell'accordo possa apportare gli adeguamenti resi necessari. dalla �disciplina di legge� in materia di ordinamento degli uffici regionali e deil personale ad essi addetto, prevista dal precedente art. 2 e quelli richiesti dalle altre peculiarit� del nispettivo ordinamento, nonch� dalle disponibilit� deil hilancio Tegionale; (omissis) 658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 25 luglio 1984, n. 220 -Pres. Elia -Rel. Maccarone -Brune1li (avv. Mercuri) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato De Frarnoisci). Impiego pubblico -Orientamento delle carriere -Mera aspettativa di pro mozione -Non � posizione giuridica acquisita. (Cost., art. 76, d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, artt. 111, 149 e 153; d.P.R. 30 di cembre 1972 n. 748, art. 65). Non contrasta con l'art. 76 Cost. un decreto legislativo che, nel preminente interesse della amministrazione, influisce su una mera aspettativa di promozione (subordinata all'esito favorevole di uno scrutinio). L'art. 2 della legge 8 dicembre 1961, n. 1265 stabiliva che le promozioni a!d ispettore principale del personale dell'Azienda autonoma FF.SS. si conseguivano dopo quattro anni di anzianit� nella qualifica di provenienza. Sulla base di tale norma i ricorrenti avrebbero dovuto essere promossi a decorrere dal 1� gennaio 1971, data di scadenza del quadriennio di loro pe:rananenza nella qualifica di provenienza (dspettore di prima classe). Senonch�, essendo nel frattempo intervenuto il d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, concernente il riordinamento delle carriere degli limpiegati dello Stato, che agli artt. 15 e 149 prevede la promozione per la detta categoria mediante scrutinio per merito comparativo accessib1le dopo solo tre anni e sei mesi di effettivo servlizio disponendo con l'art. 153 la retrodatazione al 1� luglio 1970 delle promozioni stesse nella prima applicazione del decreto, i ri:correntJi appunto in ottemperanza a tale nuova normativa furono promossi con decreto 19 dicembre 1972 a decorrere dalla predetta data del 1� luglio 1970. (omissis) Secondo il Consiglio di Stato ci� concreterebbe una violazione dei princ�pi e crateri direttiivi indicati nel.la [egge di delega n. 775 del 1970, in base alla quale risulta emanato il d.P.R. n. 1077 del 1970 e che, all'art. 16, <1.ett. i, stabiHsce fra l'altro che in sede di emanazione delle norme transitorie di:rette ad attuar�e iJl graduale passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento deve essere garantita aii funzionari direttivi in servizio al 30 giugno 1970 �ila piena valutazione del servizio prestato e la conservazione dei trattamenti economiai e delle posizioni giuridiche conseguite �. Il legislatore delegato andando cos� oltre d Hmiti della delega avrebbe operato in contrasto con 'l'arit. 76 Cost. (omissis) Nel merito la questione non � fondata. La pretesa esorbitanza dai limiti segnati dalla legge delega si verificherebbe anzitutto per effetto deLla lesione della posiizione giuridica acquisita dai ricorrenti sulla base della normativa poi sostitu~ta dal d.P.R. n. 1077. Ma al niguavdo deve osservarsi che, secondo la costante giuri PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sprudenza dello stesso Consiglio di Stato, l'ordinamento del personaile dipendente dagli Enti pubblici pu� essere, in Hnea di principio, disciplinato diversamente nel corso del tempo senza che tale possibiiliit� sia condizionata dalla posizione di 1canriera alla quale siano gi� pervenuti i singoli im.piegaiti o categorie di essi, e ci� in quanto la disciplina del rapporto di pubblico impiego � improntata al preminente interesse della pubblica aim.m.ini:strazione e non pu�, quindi, incontrare Limiti nella situazione soggettiiva dei dipendenti, salvo ovviamente fa limitazione collegata al rispetto delle posizioni g,iuI1idico-econom.iche gi� acquisite. Ed � appunto a tale concetto che si riferisce la formula della legge di delega invocata da!l Consiglio di Stato. Ora, com.e risulta da quanto premesso circa lo sviiuppo della situazione in cui sono venuti a trovarsi aricorrenti, nel periodo successivo al 1� luglio 1970, al quale si � estesa la retroattivit� del d.P.R. n. 1077, e che ne ha reso necessaria l'applicazione ai fini delle promozioIJJi in esame, essi avevano semplicemente maturato il quadriennio da anzianit� necessaria ad accedere allo scrurtinio per merito comparativo aillora previsto per conseguire la prom.o:l'J�one. Bd � noto che t~le forma di scrutinio implica la considerazione di una seme di elementi attinenti fra l'altro al rendimento, alla capacit�, aille specifiche attitudini del soggetto, considerazione che non conduce necessariamente ad una valutazione positiva ai fini della promozione. Non si trattava quindi nelfa specie di una � posizione giuridica acquisita �, m.a piuttosto di una possibilit� di promozione apertasi con i1l maturare del quadriennio di anzianit�, cio� si trattava di una mera aspettativa subordiinata aM'esito favorevole dello scrutinio. � noto che, per principio pacifico, tale aspettatiiva non �, per sua natura, da considerare entrata definitivamente nel patrimonio giuridico dell'interessato e la situazione vantata dai ricorrenti non era quindi tale da essere coperta dailla formula della legge di delega che, come si � detto, imponeva il rispetto sdlta111to delle posizioni giuridiche � acquisite �. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 25 luglio 1984, n. 226 -Pres. Elia -Rel. Corasaniti -Rippa ed altri (n.p.) e Presidente Cons1iglio dei Ministri (avv. Stato Baccari). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Decadenza da agevolazione dovuta a fatto del compratore � Obbligazione solidale del venditore -Permane. (Cost., artt. 3, 24 e 53; r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 93). Il ripristino dell'obbligazione tributaria (nella specie, proporzionale di registro) nella interezza del suo contenuto, dei suoi termini soggettivi e 660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della sua potenzialit� di realizzazione (plumlit� di obbligati con vincolo solidale) quando sono rimasti frustrati gli scopi per i quali l'obbligazione stessa era rimasta sospesa (per condizione sospensiva), oltre a rispondere adeguatamente all'interesse del fisco, si rivela equa e razionale in quanto bilancia vantaggi che dal beneficio fiscale della sospensione ritraggono anche soggetti venditori (1). (omissis) Entrambe 1le ordinanze mettono in dubbio la legittimit� in riferimento agli stessi parametni -artt. 3, 24, 53 Cost. -dell'art. 93, n. 1 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, e cio� della normativa che assoggetta al pagamento deLI'imposta cld registro il venditore in solido col compratore. E ci� anche se il dubbio � formulato in relazione ailla particolare ipotesi di assoggettamento solidale del venditore all'imposta nella . misura normale in relazione alla decadenza, dovuta a fatto del compratore, dal beneficio dell'imposizione a misura fissa preVlisto in materia edilizia. (omissis) Per giurisprudenza costante deLla Corte di CassazJione (sentenze numero 4730 del 1981, n. 3369 del 1977) e cio� per diritto vivente, la normativa in base aNa quale 'le parti del contratto, e quindli. anche il venditore, sono �tenute in solido. al pagamento dell'imposta di registro nella misura normale in caso di decadenza dal beneficio, si concentra nell'art. 93, n. 1, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, essendo fa vicenda ricostruita con riguardo al mancato avveramento di una condizione sospensiva apposta all'obbligazione tributaria quale originariamente prevista daHa detta disposi2lione e a1la conseguente operativit� ex tunc. dell'obbligazione medesima. (1) La sentenza in rassegna merita un apprezzamento particolarmente positivo soprattutto perch� supera con un vigoroso argomento di carattere sostanziale le frequenti quanto superficiali resistenze, anche in sede di produzione legislativa, all'operare (e alla estensione) della solidariet� tra i soggetti che pongono in essere trasferimenti (o cessioni) di beni. Come esattamente rilevato, l'imposizione proporzionale sui trasferimenti (ed il discorso concerne imposta di registro, IV A ed imposte sulle successioni e donazioni), ancorch� apparentemente �indiretta�, � nella sostanza almeno in parte una imposizione patrimoniale, sul patrimonio dell'alienante (o cedente); tant'� che nel diritto britannico la capitai transfer fax � gestita dalla amministrazione delle imposte dirette (lnland Revem�e). Ci� dovrebbe essere tenuto presente -ma raramente lo � quando si esentano esplicitamente (con norme agevolate) o indirettamente (passando dal �campo registro� al �campo IVA�) taluni trasferimenti, e quando si attenuano per essi le aliquote da applicarsi: si pensi ad esempio alla troppo incondizionata inclusione nel campo IVA dei � terreni � con esclusione di quelli �non suscettibili di utilizzazione edificatoria� (nozione questa non precisata e, a ben vedere, non precisabile). Il discorso meriterebbe di essere allargato al troppo circoscritto spazio lasciato alla solidariet� (tra cedente e cessionario) nella disciplina dell'IVA: il nostro �legislatore delegato�, sostanzialmente rifiuta di avvalersi appieno della discrezionalit� in proposito lasciata agli Stati membri dalla VI direttiva CEE. I l Ii PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 661 Cos� individuato il meccanismo normativo oggetto delle censure, pu� passarsi all'esame di queste, che prospettano: a) il contrasto del detto meccanismo con 1l'art. 3 Cost., in quanto esso, ponendo a carico anche del venditore, sotlto il profilo della solidariet�, gli effetti negativi (pagamento dell'imposta neLla misura normale e degli interessi) del mancato avveramento della condiZJione sospensiva cui � subordinata J'obbligazione tributania dell'imposta nella misura normale -sebbene tale mancato avveramento sia imputabile al solo compratore -determinerebbe ingiustificata disparit� dii trattamento fra le parti del contratto; b) iil contrasto del detto meccanismo con l'art. 24 Cost., in quanto esso non consentirebbe al venditore di agire contro il compratore per coswingerlo ad adoperarsi per l'avveramento della condizione; e) il contrasto del detto meccanismo con 1l'art. 53 Cost., in quanto l'imposizione t:nibutaria a carico del venditore, in solido -col compratore, prescinderebbe dalla sussistenza specifica della capacit� contributiva del primo. Per il modo stesso in cui opera 1il meccanismo normativo denunciato, la questione introdotta con fa censura sub e) assume carattere pre~udiziale, in quanto finisce per toccare l'imposizione del debito d'imposta di registro a carico del venditore, in solddo� con J'arltro contraente, anche [ndipendentemente dal condizionamento connesso al beneficio fiscale. Il venditore, infatti, � gi� in origine tenuto, �n solido col compratore, al pagamento dell'imposta nella m�sura normale ed � tale originaria obbligazione solidaile (che il condizionamento sospende sostituendola con fobbligaZJione -peraltro parimenti a suo carico in via solidale -del pagamento dell'imposta a misura fissa) a niprendere vigore ex tunc, come se mai fosse stata -condizionata, in caso di mancato avveramento della condizione. Per ritenere non fondata la questione stessa sotto tale profilo � sufficiente rifarsi agli orientamenti emerSli nella giurisprudenza dd questa Corte in tema di capacit� contributiva con specifico Jftferimento alle dimensioni soggettive deill'obbJigazione tributaria nell'imposta di registro. Punto fermissimo deLla detta giurisprudenza � anzitutto che per capacit� contributiva deve intendersi la idoneit� soggettiva aill'obbligazione t11ibutaria desumibile dal presupposto d'imposta, e che il collegamento come istituito dal legislatore fra il presupposto e i soggetti dell'obbligazione non � sindacabile, in riferimento a:l parametro ora invocato, se non sotto il profilo dell'arbitrariet� e irraZJionalit� (sentenze nn. 120 e 144 del 1972). Ci� posto, questa Corte ha ammesso che il collegamento stabilito, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, dalla normativa in argomento con soggetti non direttamente pamecipi dell'atto soggetto a llll�lllllfllllll?ll;llllflllll�lllflll�lllflllllllrllllllll 662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO registrazione, e la conseguente .imposizione solJidale a loro carico del debito d'imposta, non sono irrazionali n� arbitrari quante volte intercorrano rapporti economico-giuridici fra i detti soggetti e quelli direttamente partecipi dell'atto (sent. n. 120 del 1972). E sulla base di taile criterio ha escluso l'irrazionalit� dell'imposiz;ione solidale a carico del procuratore ad negotia di una delle parti contraenti (sent. n. 178 del 1982). In ,tal modo questa Corte ha implicitamente ritenuto che non sono irrazionali il co1legamento con l'atto, come istituito dalla Jegge, delle stesse parti contraenti, senza distinzione fra compratore e venditore, e la imposizione tri.butaria solidale a carico di entrambi. D'altra parte anche a muovere dalle sole premesse ed affermazioni espHcite d� questa Corte sull'al'gomento, non si vede come potrebbe ritenersi irrazionale o arbitrario dl collegamento col presupposto, che sia costituito da un contratto di venddta, delle stesse parti contraenti e quindi del venditore. Senza dire che, se si accedesse a una nozione delila capacit� contributiva qua!le capacdt� economica rivelata dal presupposto, neanche in tal caso potrebbe apparire irrazionale avere ravvisato la capacit� contributiva, in relazione ahla portata economica deH'affare, nel venditore, che dispone del bene, che ne � oggetto, e ne riscuote il prezzo. Sotto l'aspetto, pur enucleabifo dalla censura sub e), del dubbio circa la razionalit� dell'aittribuzione di una nuova e diversa capacit� contributiva a~ venditore quale base del ripristinamento dehl'dmposizione a suo carico solidale in conseguenza di un fatto addebitabile al solo compratore, la questione per un verso deve ritenersi senz'altro non fondata, perch�, come � stato chiarito, non si tratta d� una capacirt� contributiva nuova e diversa, ma dell'originario co1legamento istituito con l'atto di vendita, sulla base del quale cohlegamento soltanto � ripristinata, in virrt� del congegno conddzionale, a carico deil contraente venditore, l'obbligazione solidale per l'imposta nella misura normale (in Juogo dell'ob�biigazione per l'imposta nehl.a misura fissa, pur essa -a suo carico -solidale). Per altro verso deve ritenersi strettamente connessa, anzi sostanzialmente iidentica al!la questione sollevata con a.a censura sub a) e pertanto esposta a seguirne le sorti. La questione proposta con la censura sub a) concerne fa legittimit� ex art. 3, comma primo Cost. del meccanismo risultante dall'inserimento del congegno condizionale nehl.o schema dell'obbligazione (solidale) tributaria delfimposta d� registro in re<la2lione al noto beneficio, e particolarmente il modo di operare del meccanismo nel senso che il ripristinamento ex tunc dell'obbligazione solidaile per l'ii.mposta nella misura normale a carico di turtti 1i contraenti -rectius, d� tutti 1g;li originari debitori solidali (giacch� quii. il contratto viene in considerazione solo come presupposto di imposta e la quaHt� di contraente viene in consideraziione solo in quanto criterio di individuazione dci debitori d'imposta) -anche quando il mancato avveramento � imputabile a uno solo di essi (qui il PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE compratore), determinerebbe un ingiustificato sfavore a danno degli altri (qui il venditore). Ma un tale meccanismo e hl suo modo obiettivo -che � il modo suo proprio -di funzionamento ricorrono, al di l� de~l'iipotesi di obbligazione solidale tributaria in argomento, in ogni caso di obbligazione solidale condizionata, giacch� 'trovano la loro causa per un verso ne1la struttura del fenomeno condiziionale e per altro verso in quella dehl'obbligazione solidatle. � da osservare infatti: a) che il parziale accostamento compiuto dall'art. 1359 e.e. fra mancato avveramento della condizione e ina!dempimento (imputabile) dell'obbligazione -che sono fenomeni diversi, perch� ['avveramento della condizione non � in obligatione -col riferire la cosiddetta � finzione di avveramento� della condizione ahl'imputabilit� del mancato avveramento al debitore che vi � interessato, opera nei soli rapporti fra creditore e debitore al fine di garantire il primo nei confronti del secondo, non anche nei rapporti fra debitori solidali al fine di discriminare fra questi rispetto atl creditore 'rendendo esenti dagli effetti del mancato avveramento i debitori :incolpevoli; b) che, anzi, nelle obbligazioni solidali, in relazione al fenomeno deLI'tinadempimento imputabiQe delil'obbligazione (cio� dell'inadempimento vero e proprio), vige hl principio dell'irrilevanza dell'imputabihlt� del detto inadempimento a uno solo dei debitori solidali al fine di liberare gfil altrti (art. 1307 e.e.). E il discorso valle egualmente per la decorrenza degli interessi, dipendente anche essa dal funzionamento obiettivo del meccanismo (oltre che dalla operativit� dehl'art. 1282, comma primo e.e.). Poich�, peraltro, non gi� Ja legittimit� costituzionale del detto meccanismo in s� � qui messa in dubbio, ma quella della sua adozione nell'obbligazione tributaria in argomento -senza che sia neppure precisato se '.iil dubbio nasca tin relaziione a,Ua natura 'di obbligazione ex lege, anzich� ex contractu (nella quale ipotesi esso investirebbe ogni obbligazione tributaria, anzi ogni obbligazione ex lege) ovvero in relazione a particolari caratterti dell'imposta di registro -� sufficiente rispondere che la contestata adozione � frutto di scelta legislativa per nulla irrazionale o arbitraria, e che d'altra parte essa non i.111troduce ingiustificata disparit� di trattamento n� fra le parti contraenti -come iimpropriamente si osserva nel!la ordinanza di rimessione (� stato chiarito che qui venditore e compratore vengon~ in considerazione come coobbligati e non come contraenti) -n� fra coobbli.gaiti solidali. Infatti da un fato la misura normativa risponde adeguatamente all'in teresse del fisco, ritenuto prevalente dal legislatore, a che l'obbligazione tributaria nella interezza del suo contenuto (ammontare nella misura norma!le), nonch� dei suoi termini soggettivi e delila sua potenzialit� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 664 di realizzazione (pluralit� di obbligati con vincolo solidale), sia ripristinata quando comunque sono mmasti frustrati gli scopi per i quali soltanto l'obbligazione medesima era stata sospesa col beneficio fiscale. Dall'altro essa controbilancia adeguatamente i vantaggi che daHa sospensione 'e dal beneficio fiscale ritraggono tutti i coobbligati solidali: nella specie anche il venditore il quale, come � stato opportunamente sottolineato (vedi le argomentazioni dell'Avvocatura dello Stato), beneficia, oltre che defila sospensione, delle occasioni pi� numerose e pi� favorevoli che l'agevolazione fiscale, come ogni a~tra forma di incentivazione, induce nel mercato edilizio. Anche la questione sollevata con la censura sub a) � dunque non fondata. La questione proposta con la censura sub b) � del pari non fondata. L'inesperibilit�, anche essa risalente alla natura e al funzionamento del meccanismo sopra descritto, di mezzi di tutela preventiva di tipo inibitorio o anticipatorio da parte del condebitore solida[e, nel caso di obbiligazione sospenSlivamenite condizionata, nei confronti di ogni altro condebitore solidale, che sia in grado di influire col proprio comportamento sul mancato avveramento della condizione sospensiva, non importa per se stessa violazione dell'art. 24 Cost. A parte la limitatezza della tutela preventiva che in tema di cogni: zilone pendente � data alilo stesso creditore (a11t. 1356 e.e.), la giurisprudenza di questa Corte � infatti nel senso che 1a denunciata violazione non ricorre per la sola mancanza dii mezzi dii tutela di un dato tipo, quando ne soccorrono altri (cfr. da ultimo sentenza n. 63 del 1982); e nella specie a favore del detto condebitore soccorrono mezzi di tutela successiva, quanto meno di tipo reintegrativo (regresso). N� si tratta qui di diritti I�.n relazione alla cui natura sia ipotizzabile, sostenendosene la significanza, l'essenziailit� della tutela preventiva del tiipo sopra indicato. I CORTE COSTITUZIONALE, 30 lugilio 1984, n. 231 � Pres. Elia -Rel. La Pergola -Petermeier ed altri (n.p.) e Provincia di Bolzano (avv. Guarino). Espropriazione per pubblica utilit� � Determinazione dell'indennit� � Terreno con potenzialit� edificatoria � Serio ristoro � Criterio di rife� rimento. (Cost., artt.. 3 e 42; I. prov. Bolzano 20 agosto 1972 n. 15, artt. 12, 13, 15 e 24). La potenzialit� edificatoria di un terreno pu� essere desunta -indipendentemente dalle determinazioni degli strumenti urbanistici -da un PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 665 complesso di elementi certi ed obiettivi, relativi alla ubicazione del terreno stesso, alla sua accessibilit�, ed alla presenza di infrastrutture. Contrastano con gli artt. 3 e 42 Cost. le disposizioni legislative (nella specie emanate dalla Provincia di Bolzano) che mancano di riferirsi alle caratteristiche essenziali del terreno ablato. Il � serio ristoro � garantito all' espropriato non deve necessariamente corrispondere all'integrale effettivo valore del bene (valore che peraltro rileva come criterio di riferimento) e pu� tener conto del plusvalore derivante, alla parte non espropriata del terreno (o insieme di terreni messi in comunione), dalla realizzazione della iniziativa pubblica (1). II CONSIGLIO DI STATO, Ad. ~len., 2 aprile 1984, n. 7 -Pres. Pescatore Est. Vacirca -D'Arcangeli (avv. Labriola) c. Comune di Roma (avv. Carnovale). Urbanistica -Vincoli preordinati alla espropriazione -Perdita di efficacia per decorso del quinquennio -Conseguenze -Edificabilit� solo nei limiti degli standards urbanistici legali. Quando un vincolo urbanistico preordinato alla espropriazione o che comporti inedificabilit� perde efficacia per decorso del quinquennio, l'area gi� assoggettata a vincolo pu� essere edificata solo nei limiti stabiliti, per la situazione di mancanza degli strumenti urbanistici generali, dall'art. 4, ultimo comma, della legge Bucalossi n. 10 del 1977 (2). (1-5) Per un commento alle sentenze in rassegna si rinvia allo scritto di FAVARA, Previsioni degli strumenti urbanistici ed indennit� di espropriazione, in uno dei prossimi numeri di questa Rassegna. Per agevolare la lettura della sentenza della Corte di Cassazione francese si riportano, tradotti in italiano, i testi dell'art. 13-15 -II, alinea 1 e 2, del Codice dell'espropriazione e dell'art. P2-1 del Codice urbanistico, attualmente vigenti in Francia. I menzionati alinea dell'art. 13-15-II recitano: � Sono considerati edificabili ai fini del presente codice i terreni che, un anno prima del giorno di inizio della procedura in esito alla quale � dichiarata la pubblica utilit�... sono, quale che sia la loro utilizzazione in atto, effettivamente serviti, al tempo stesso, da una via d'accesso, da una rete elettrica, da un acquedotto e, nella misura in cui le norme urbanistiche e sanitarie lo prescrivono per costruire, da tma rete fognaria, ed a condizione che queste infrastrutture siano situate nell'immediata prossimit� (� proximit� immediate) dei terreni in questione ed abbiano portata o capienza atte a sopportare il maggior carico urbanistico. Nella valutazione dei terreni qualificati edificabili ai sensi del comma precedente, le potenzialit� di edificazione non possono essere considerate superiori a quelle che risultano dal limite legale di densit� (plafond l�gal de densite'). 5 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 666 III CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 giugno 1983, n. 3987 -Pres. Moscone -Est. Maresca -P. M. Corasaniti (concl. diff.) -Rivolta (avv. Giorgianilli e Lado) c. Comune di Seregno (avv. Corsetti, Bonomi e Crugnola) (regol. di giurisdizione). Urbanistica -Vincolo di p.r.g. preordinato all'espropriazione -Mancata previsione del limite di durata� -Non � lesiva della propriet�. Non lede la propriet� privata il piano regolatore generale che, senza espressa previsione di un termine di durata, imponga vincoli di natura sostanzialmente espropriativa (3). IV CORTE DI CASSAZIONE FRANCESE, Sez. III civ., 3 marzo 1983 � Pres. Leon -Rei. Didier � SIVOM c. Pithois. Espropriazione per pubblica utilit� -Indennit� di espropriazione -Qualificazione di un'area come edificabile -Assenza di previsione urba� nistica -Rileva per la determinazione del valore dell'area. L'art. 13-15 II del Codice dell'espropriazione prescrive che il giudizio sulla qualificazione di un terreno come edificabile sia distinto dal giudizio sul valore del terreno previamente qualificato edificabile: l'assenza di strumenti urbanistici rileva per questo secondo giudizio, non anche per il primo (4). La valutazione dei terreni edificabili tiene conto delle potenzialit� di edificazione al tempo stesso legali ed effettive, esistenti alla data di riferimento prevista nel primo comma, della capacit� delle infrastrutture sopradette, delle servit� limitanti l'utilizzazione dei suoli e segnatamente delle servit� o limitazioni poste nell'interesse pubblico tra esse comprese le limitazioni amministrative alla facolt� di costruire, a meno che la loro costituzione sia, dall'espropriante, preordinata ad una riduzione dell'ammontare dell'indennit� �. Questo il testo dell'art. 112-1 ove viene d~finito il plafond l�gal de densit�: � La facolt� di costruire � connessa alla propriet� del suolo. Detta facolt� pu� essere esercitata nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari relative all'utilizzazione del suolo. II rapporto tra le superfici calpestabili (surface de plancher) di una co struzione e la superficie del terreno sul quale detta costruzione � o sar� situata � denominato densit� di costruzione. II limite legale della densit� di costruzione � pari ad 1. Per la citt� di Parigi, detto limite � fissato in 1,5. Oltre tale limite, denominato "plafond l�gal de densit� ", la facolt� di costruire proviene al proprietario dalla collettivit� (rel�ve de la collectivit�) alle condizioni stabilite nel presente capitolo �. PARTE I, SEZ. I, GHJRISPRUDE'.\!ZA COSTITl'ZIO~LE V LANDS TRIBUNAL FOR SCOTLAND, 19 foglio 1984 -Pres. Lord Elliott - David Lowe & Sons Ltd. c. Inland Revenue. Urbanistica -Valore di un terreno -Data di riferimento -Speranza di ottenere un permesso di edificare -Bozza di strumento urbanistico attuativo -Rilevanza -Limiti -Sopravvenienza di detto strumento urbanistico -Irrilevanza. Urbanistica -Valore di mercato dei terreni -Speranza di edificabilit� Previsioni urbanistiche vigenti o � in fieri � � Sono rilevanti. Nella determinazione del valore venale di mercato di un terreno deve tenersi conto delle speranze di edificazione se e nella misura in cui esse sono plausibili, tenuto conto degli strumenti urbanistici vigenti o � in fieri�. Il rischio di non .conseguimento del permesso di edificare deve essere computato nella determinazione del predetto valore, anche nei casi in cui il non conseguimento dipenda da un atto dell'autorit� amministrativa che riserva il terreno ad utilizzazioni pubbliche (5). I Viene in considerazione la normativa altoatesina posta nella legge provinciale 20 agosto 1972, n. 15 (� legge dii riforma dell'edilizia abitativa �). Le cause di merito vertono sUJll'opposizione alla determinazione dell'indennit� di esproprio; la Corte d'appello di Trento ha soHevato un duplice ordine di questioni di legittimit� costituzionale. La prima delle anzidette questioni ha per. oggetto gli artt. 12, 13 e 15 della citata legge provinciale (e successive modificazioni), che il giudice a quo assume abbiano offeso gli artt. 3 e 42 Cost. Ai sensi della normaitiva censurata l'indennit� dovuta ai1I'espropriato consiste nel giusto prezzo che, a giudiziio deWufficio tecnico provinciale, va attribuito all'area quale terreno agricolo considerato libero da vincoli di contratti agrari, secondo i tipi di coltura effettivamente praticati. Questo cniterio � stabilito dall'art. 12, primo comma. L'art. 13 configura, dal canto suo, i casi in cui l'indennit� viene maggiorata. Se l'area da espropriare non � compresa in un centro edificato ma � coltivata direttamente dail proprietario o appartiene ad una azienda agricola condotta dal proprietario, l'ammontare deM'indenrui.zzo -determinato, come sopra si � detto, ai sensi dehl'avt. 12 -� moltiplicato rper il coefficiente 2,5; se l'area ha le caratteristiche di un'azienda agricola di montagna, � previsto il coefficiente 3. Per le aree comprese nei centni edificati, escluse le zone di espansione, l'indennit� di espropriazione � commisurata al valore agricolo della coltura pi� redditizia tra quclle che nel comune coprono una superficie superiore al 10 % su quelle coltivate nel comune stesso. Detto valore � inoltre moltiiplicato per 3. 668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il regime test� descritto offenderebbe l'art. 42 e l'art. 3 Cost., perch� la determinazione dell'indennizzo � sempre e necessariamentt;! fondata sul valore agricolo del terreno espropriato, laddove, deduce il giudice a quo, ['area espropriata deve, in ogni caso di cui egli � investito, ritenersi provvista di valore edificatorio, o pevch� � �situata nel centro edificato, ovvero perch�, sebbene non ricada nel �centro, quale risulta dalla perime668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il regime test� descritto offenderebbe l'art. 42 e l'art. 3 Cost., perch� la determinazione dell'indennizzo � sempre e necessariamentt;! fondata sul valore agricolo del terreno espropriato, laddove, deduce il giudice a quo, ['area espropriata deve, in ogni caso di cui egli � investito, ritenersi provvista di valore edificatorio, o pevch� � �situata nel centro edificato, ovvero perch�, sebbene non ricada nel �centro, quale risulta dalla perimetrarione disposta dall'autorit� amministrativa, essa �, comunque, sicuramente interessata dal processo di urbanizzazione. Ad avviso della Corte d'appello, il valore agricolo -pur dove esso possa essere corretto, grazie allle magigiorazioni previste dalla stessa ilegge -resta ancora lontano dal valore di mercato, il quale andrebbe calcolato con riguardo alle caratteristiche essenZJiali del bene ablato. Id criterio !invece adottato dalla legge provinciale sarebbe inficiato dal vizio di aver fatto astrazione dalla realt�, con ill risultato, per un verso di condurre �a irra2lionali discriminazioni fra gli espropriati, per l'altro di non assicurare il serio ristoro garantito secondo Costituzione al soggetto privato. La Corte d'appello conclude pertanto che la normativa censurata disattende i criteri posti nella sentenza n. 5 del 1980 di questa Corte in tema di indennizzo. Del resto, la questione � soMevata sull'esplicito assunto che iJ legislaitore altoatesino, nel dettare la normativa dedotta nella presente controversia, si � uniformato alla disciplina statale dichiarata illegittima con la suddetta pronuncia. Va poi precisato che la viola2lione deU'art. 3 Cost., � delineata sotto un duplice profilo: a) una prima ingiustificata disparit� di trattamento degli espropriati starebbe in ci�, che alle aree incluse nel perimetro del centro edificato � attribuito il valore della coltura pi� redditizia nel territorio' comunale, mentre, fuori del centro edificato, il terreno � vallutato esolusivamente sulla base del valore agricolo effettivo; b) un'ulteriore irrazionalit� della disciplin~ discenderebbe dall'avere aa legge provinciale previsto la maggiorazione del vallore della coltura pi� redditizia, che vJene moltiplicato per il coefficiente tre, sempre e solo con riguardo alle aree interne a[ centro edificaito, laddove nessun correttivo del valore base deil1a stima � oonsentito dn relarione alle aree esterne al oentro. I criteri discretivi in base ai quali l'indennit� � aumentata, e anche sensibilmente, nell'un caso e non nell'altro, sono quindi denunaiati come lesiva del principio di eguaglianza, in punto di razionalit�. Si assume, in definitiva, che essi non soltanto prescindono da[ valore effettivo del bene espropriato, ma non hanno nemmeno alcuna razionale correlazione con il valore agricolo di base, al quale il. legiffiatore provinciale ha inteso riferirsi. La seconda questione mento di quella sollevata � prospettata in via subordinata all'accogliin via principale. La norma qui denunciata, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sempre in riferimento agli artt. 3 e 42 Cast., � l'art. 24 de1la legge n. 15 del 1972. In <taile disposizione (e ne1le rimanenti altre della parte III della medesima legge: artt. 16-33 bis) � dettato un particolare regime per le cosiddette zone idi esrpanSlione. La statui2lione censurata dispone che, U1I1a volta costituita ila comunione tra i proprietari interessati ai sensi dell'art. 21 della legge n. 15/72, il Comune acquisisce le aree (mediante cessione volontaria, ad un prezzo aumentato del 10 %, rispetto alla stima), mentre la quota di propriet� dei dissenzienti � espropri.ata ai sensi de1la stessa legge n. 15/72. Detta norma individua ailtres� il regime applicabile alla quota non destinata all'edilizia agevolata (cfr. art. 34, commi quarto, quinto e sesto del T.U. 23 giugno 1970, n. 20). La questione � in sostanza oos� formuJata: una volta �ritenuta fondata l'altra questione, proposta dn via principale, il valore urbanistico dei terreni torna ad avere riJevanza ai fini della determinazione dell'indennit� di esproprio; e allora, ad avviso del giudice a quo, non pu� non tenersi conto del fatto che, nelle zone di espansione, il terreno della comunione -il quale residua allo stralcio di quello destinato aU'edilizia abitatdva agevolata ed �, si soggiunge, restcituito agli espropriati -viene perci� stesso ad acquistare un pregio pi� elevato, subito registrato dal mercato. I proprietari dei fondd collocati fuori dalle aree urbane, che hanno destinazione iedili.:ztia fin dall'origine aw:iebbe:ro t�.11 vantaggio che loro deriiva dal perdere una prurte del terreno ma dail riceverne un'1altra trasformata in iarea ediliZlia. I Rropri.etani dei terreni compres!i. lllelile 1a:ree urbane, prosegue ml giudice a quo, rimangono soggetti al rischlio de]Jl'.espropniazione: :la iliiquidazfone del relativo �ID.denJilizzo non corrisponde �in alcUIIl caso all'dllltegra:le riparazione, ma seirve, semmai, a concretare nJ. 1serio iristoro del :sacriffoio �imposto .aJ. privato, secondo le disposizioni che iiJ fogisJatore ordinario vorr� stabi:1ire 1in seguito a11a .pronunda di accogliime:rnto del11a questione soJ.leva�a in via principaile. Anche dn questo caso iil proprieta1fo � p1nivato di una parte dell'area ma ne acqUJist1a in compenso un'ialtra, destinata aiJJ.'ediliria resMoozia!le (cfr. art. 20 del.la Jegge); l'area restituita 1a:l proprietario � perail!tro sottratta al rischio di u[teriori. espropriazioni a favore de11'edil1izfo agevolata, � cos� affirancata dal titolo dii. espropri.azione, che s�arebbe � di gran lunga il pi� frequente�. Senonch�, sii. tratterebbe di una docupletazione sine causa. H vantaggfo di cui verrebbe a iirlllire ch!i � espropriato dn zona di espansione sarebbe oozi doppiamente ing��UJsHficato: anzirtutto, perch� risulterebbe offeso il prinoipio �secondo cui l'indenndt� di esproprio pu� al massimo rappresentare liJ corrispettivo del sacrificio subito dal privato e non pu� eccederne il valore, giacch�, se cos� fosse, si traitterebbe di un donativo, VI�etato ai sensi dell'art. 42, terzo comma, Cost.; in secondo luogo, perch� sussisterebbe un'irrazionale diseguaglianza nel trattamento indennitario di chi subisce l'esproprio nelle zone di espansione, e di chi � fovece espropriato in altra zona. 670 R<\SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO :B pertanto chiesto a questa Corte di pronunciare una sentenza di i1legittimit� costituzionale dell'art. 24, primo comma, per la parte in cui, dove sono previsti il prezzo da versare e 111indennizzo da corrispondere rispettivamente ai proprietari consenzienti e a quelli dissenzienti, detta statuizione non dispone che da � tale prezzo ed indennizzo � si detragga �il plusvalore urbanistico dell'area restituita al proprietario ed irrevocabilmente destinata aM'edilizia residenziale privata�. In ordine logico, viene anzitutto in considerazione la questione proposta in via principale. Opportuno un priimo e preliminare rilievo, che concerne la normativa provinciale oggetto della presente controversia. La Corte d'appehlo di Trento ha sottoposto al giudizio di questo Collegio la legittimit� costituzionale dei critem che presiedono alla determinazione dell'indennit� di esproprio. La questione, cos� come formulata, rimane dunque circoscritta esclusivamente a quest'aspetto della disciplina dettata dal legislatore altoatesino, che investe le aree, comprese nel centro edificato oppur no, alle quali il giudice remittente riconosce, aHa stregua della sentenza n. 5 del 1980, valore edificatorio. Ai fini de11'indagine demandata alla Corte rilevano, di conseguenza, solo quelle statuizioni del testo censurato, che si occupano dei criteri per la determinazione dell'indennit� di esproprio: art. 12, primo comma, art. 13, primo comma, art. 15, terzo comma, della legge n. 15 del 1972. Posto ci�, occorre subito esaminare l'eccezione di inammissibiHt� della questione, avanzata dalla difesa della Provincia di Bolzano e dal patrocinio del Consorzio fra i comuni di.... Deducono, infatti, la Provincia ed il suddetto Consorzio che i terreni espropriati sono destinati neg1i strumenti urbanistici ad attrezzature co1lettive, o ad edilizia abitativa agevolata od economico-popolare: comunque, al perseguimento di scopi pubblicistici. Tali indicazioni di piano, si soggiunge, comportano dichiarazioni di pubblica utilit� ai sensi dell'ordinamento urbanistico provinciale, in quanto incidono su aree determinate e le assoggettano a vincoli preordinati all'espropriazione, o che determinano l'inedificabilit�. Le indicazioilli perdono efficacia e le relative aree sono considerate verde agricolo, qualora, entro i dieci anni dalla data di approvazione del piano urbanistico comunale, gli enti competenti non abbiano provveduto all'acquisizione (o all'esproprio) delle aree stesse (cfr. art. 16 T.U. 23 giugno 1970, n. 20: �ordinamento urbanistico provinciale�). Il che iimplicherebbe che le aree espropriate -prive di valore edificatorio in forza dei vigenti strumenti urbanistici -siano 1terreni agrkoli e come tali vadano considerate anche dopo la mchiesta declaratoria di incostituzionalit�, la quale non potrebbe, dunque, infiluire sull'esito della causa di merito. Dalla difesa del Consorzio si eccepisce altres� che la questione � irrilevante per la definizione del giudizio a quo: il caso di specie, si dice, riguarda l'espropriazione di un'area che risulta edificata ed urbanizzata ai sensi dell'art. 36 del citato T.U. delle leggi provinciali e perci� cade sotto il disposto del PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE secondo comma ddl'art. 12 della legge n. 15 del 1972, laddove la Corte d'appello non censura questo comma, ma il primo ed iJ terzo comma della disposizione in parola. Ora, n� tale t�!timo rilievo, n� quello di ordine generale sopra rife. rito, possono essere condivisi. Con l'ordinanza si contesta pur sempre il criterio relativo al calcolo dell'indennizzo, in relazione al valore agricolo contemplato nel primo comma del citato art. 12: la disposizione del comma per ultimo richiamato � anzi, come sopra si diceva, la sola del testo censurato, che riilevd per il presente giudizio di legittimit�. costituzionale. Del pari, va disatteso il punto di vista secondo cui l'irrilevanza della questione discende necessariamente darlle previsioni degli strumenti urbanistici, che sottrarrebbero l'area espropriata alla libera edificabilit� del privato, collocandola fuori commercio e assoggettandola al vincolo posto in funzione del perseguimento degli scopi pubblicistici prefigurati dal legislatore provfaciale. Il fatto � che il giudice a quo censura in radice le norme di legge, che disconoscerebbero il valore inerente alle aree sulle quali insiste il vincolo di inedificabilit� o la destinazione del piano. La questione � appunto prospettata -in riferimento ai parametri invocati, e sulla traccia di un orientamento giurisprudenziale sancito anche da questa Corte -nel presupposto che il terreno espropriato ha potenzialit� edificatoria indipendentemente dalle determinazioni deg1i strumenti urbanistici: e in base ad un complesso di elementi certi ed obiettivi, relativi all'ubicazione del terreno stesso, alla sua accessibilit�, alla presenza di infrastrutture che attestano una concreta attitudine del suolo aU'utilizzazione edilizia. Del resto, l'edificabilit�, cos� intesa, pu� essere desunta, secondo ila consolidata giurisprudenza della Corte di cassa2)ione, oltre che dall'ubicazione dell'area nel centro abitato, dall'esistenza di strade pubbliche, nelle :immediate achiacenze, di collegamento con d.l nuoleo urbano, dall'edificazione gi� iniziata nelila zona, dalla presenza di servdzi pubblici necessari ailla vita cittadina, e da ailtri ana<loghi e puntuali elementi di valutazione, ai quali la Corte d'appello di Trento fa riferimento, per i casi in esame, nelle parti motive dei provvedimenti di remissione. Questa Corte ha dal canto suo statuito, nella pronunzia n. 5 del 1980, che �per le aree destinate all'edificazione, in quanto poste d.n zone gi� interessate dallo sviluppo edilizio, deve ritenersi essenziarle tale destinazione e di essa occorre tener conto nella determinazione della misura dell': indennit� di espropr�azione, da rapportare al valore del bene�. Deve perci� ritenersi che la rilevanza della dedotta questione sussista: la declaratoria di incostituzionalit� � richiesta in quanto indispensabile perch� all'area espropru.ata sia attribuito quel valore, che, ad avviso del giudice a quo, la normativa censurata trascura, e preclude, di prendere in considerazione. Nel merito, la quesitione � fondata. Le norme denunziate mancano di riferirsi alle essenziali caratteristiche del bene ablato, incorrendo per tal RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 672 via nello stesso viziio dii astrattezza e divergenza dalla realt�, che da Corte ha rinvenuto nel criterio di determinazione dell'indennizzo, adottato daHa legislazione statale, della quale la sentenza n. 5 del 1980 ha dichiarato la il!legittimit� costituzionale. Questo cmterfo, che lede gli artt. 3 e 42 Cost. �, !infatti, per quanto qui interessa, sostanzialmente riprodotto nella normativa altoatesina oggetto di censura. La 'conclusione test� enunciata si impone, poi, anche per Ja considerazione che Ja legge provinciale, pur emanando dalla competenza primaria sotto vario riguardo garantita all'ente autonomo (cfr. artt. 4, 8-5) 6) 10) 17) 22) dello Statuto speciale del Trentino- Alto Adige) non pu� certo conformare il diritto di propriet� ed il 1regiime di ediificabiilit� del suolo in � difformit� dai princ�pi che traggono supporto dal testo fondamentale e caratterizzano l'ordinamento giuridico dello Stato. Il risultato raggiunto nella sentenza n. 5 del 1980 e in altre successive pronunzie di questa Corte (n. 13 del 1980), n. 223 del 1983), sempre in ordine alla disciplina costituzfonale dell'indennit� di esproprio, vale quindi, a fortiori, per l'attuaile giudizio. Ci� dispensa la Corte dall'occuparsi di ogni residuo profilo della questione. Va per� precisato che la Corte non ha mai ritenuto, n� intende ora affermare, che il serio ristoro, garantito ail privato, debba corrispondere arll'integrale valore effettivo del bene espropriato. Detto valore. viene bens� in mlievo, ma come criterio di riferimento, e non necessariamente, come misura, nella determinazione dell'indennit�: il legislatore, anche quello provinciale, gode allora, entro i limiti stabN:iti in Costituzione, della discre:lli.onalit� di valutazione che giova a contemperare fa scelta del valore effettivo con l'adozione di un qualche altro meccanismo normativo, sempre in modo, beninteso, che l'ammontare dell'indennizzo non scada sotto l'indispensabille livello di congruit�. Se cos� �, il criterio del valore agricolo, qual � previsto neHe vagenti disposizioni altoatesine, non pu� ritenersi lesivo dei princ�pi costituzionali invocati in questa sede, se riferito alle aree prive dell'attitudine edificatoria, intesa nel senso che sopra si � visto. Detto criterio potrebbe, d'altronde, essere ancora correttamente utilizzato in ordine alle stesse aree, che dell'attitudine edificatoria sono, invece, provviste: ma solo a condizione -� appena il caso di aggiungere -che esso sia !inquadrato, secondo la formula che verr� prescelta dal legislatore provinciale, in un nuovo, idoneo e rnzionale schema di previsione dell'indennit� cli esproprio, iil quale tenga adeguatamente in conto anche il valore effettivo deill'!immobile, come si � detto, in relazione alle sue essenziali e oggettive caratteristiche. Resta da esaminare la questione soHevata -con riguardo agli espropri delle aree situa:te nelle suddette zone di espansione -in subordine aH'accoglimento dell'altra, posta in via principale. La Corte d'appello di Trento assume che, una volta riconosciuta la rilevanza del valore edificatorio nella determinazione dell'indennit� di esproprio, 11 particolare regime delle zone di espansione, imperniato sulla comunione dei PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE proprietari e sulla restituzione ai comunisti delle quote non destinate altl'ediliziia agevolata, determinerebbe un'ingiustificata locupletazione degli espropriati, con la conseguente violazione degli ar.tt. 3 e 42, terzo comma, Cost. La questione deve ritenersi inammissibile, anche a prescindere dalla considerazione che la norma da censurare in questo caso fosse l'art. 21, e non, come si dice nelle ordinanze di rinvio, l'art. 24 della legge n. 15 del 1972. Soccorre in proposito pi� di un rilievo. In primo luogo, si pu� dubitare se le censure mosse dal giudice a quo nei confronti del citato art. 24 concernano le statuizioni regolatrici della specie, le quali hanno per oggetto esclusivamente l'esproprio ed �'I relativo indennizzo. La questione posta in via subordinata dalla Corte d'appello di Trento, al pari di quella sollevata in via principale e sopra esaminata, non pu�, infatti, non riferiirsi a queste previsioni della normativa provinciale, Je sole a rillevare per la definizione delle controversie demandate a detto Collegio. Con riguardo alle zone di espansione, la violazione degli artt. 3 e 42 Cost. � per� argomentata in base alla complessiva disciplina del fenomeno, che investe la restituzione ai proprietari delle quote non destinate all'edilizia abitativa agevolata, e cos� trascende la sfera del regime indennitario in senso proprio. A parte ci�, occorre considerare come il giudice a quo prospettrl. l'asserito plusvalore delle quote anzidette e l'irrazionale vantaggio, che l'espropriato� 1lucrerebbe a differenza di chi subisce l'esproprio in altra zona. La Corte d'appello di Trento I1itiene che si tratti di necessa:ni.e ed immediate conseguenze dell'accoglimento della questione da essa posta in via principale. Questo, precisamente, � :l'assunto su cui si basa la questione subordinata, ora in esame. Ma la situazione normativa conseguente alla dichiarazione di iHegittimit� costituzionale degli artt. 12, primo comma, 13, primo comma, 15, terzo comma, della legge n. 15 del 1972, che la Corte ora pronunzia, si atteggia diversamente da come asserisce il giudice remittente. Le conseguenze che egli ipotizza, va precisato, si verificherebbero solo se ed in quanto il legislatore altoatesino non tenesse conto, nel ridefinire il regime indennitario sotto i profilo qui censurati, del trattamento di favore che nelle ordinanze di �rinvio si assume riservato ai terreni e ai soggetti espropriati nelle zone di espansione. D'a!ltra parte, non vi � alcun principio costituzionale che impedisca alla Provinoia di Bolzano di adeguare opportunamente le previsioni in materia di indennizzo, che essa � chiamata ad adottare in conseguenza e conformit� de1l'at:tuale decisione, anche alle esigenze di una raziionale disciplina dell'esproprio ne11e zone di espansione, in considerazione del peculiare regime ail quale queste soggiacciono. p. q. m. 1) dichiara limitatamente al regime dell'dndennit� di esproprio previsto per le aree comprese nel centro edificato o altrimenti provviste, 674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lin relazione alle oggettive caratteristiche del bene ablato, dell'attitudine edificatoria -l'i1legittimit� costituzionale: 'I a) dell'art. 12, primo comma, della legge deHa Provincia di Bolza. % ~ no 20 agosto 1972, n. 15 (�legge di riforma dell'edilizia abitativa�), come modificato dall'art. 5 della legge provinciale 22 maggio 1978, n. 23 e da1l'art. 20 deMa legge provinciale 24 novembre 1980, n. 34; b) dell'art. 13, p11imo comma, della legge della Provincia di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, come modificato dall'art. 7 della legge provinciale 6 maggio 1976, n. 10 e dall'art. 7 della ~egge provinciale 22 maggio I 1978, n. 23; I e) dell'art. 15, terzo comma, della legge deHa Provincia di Bolzano I 20 agosto 1972, n. 15, come modificato dall'art. 9 della legge provinciale I ~ 6 maggio 1976, n. 10; 2) dichiara inammissibile la questione di Jegittimit� costituzionale I dell'art. 24, primo comma, della legge della Provincia di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, sollevata dalila Corte d'Appello di Trento, con le ordinanze J nn. 229, 622, 623 del 1982, in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost. ~ i j i II i: Deve, in primo luogo, esaminarsi se sia tuttora vigente l'art. 2, comma 1, 1. 19 novembre 1968, n. H87, il quale stabilisce che �le indi� Icazioni di piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni ~ determinati ed assoggetrtano i beIJJ.i stessi a vincoli preordinati all'espro 11 priazione od a vincoli che comportino l'inedificabhlit�, perdono ogni r. efficacia qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano I regolatore generale non siano stati approvati i relativi piani particola� reggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati�. La soluzione positiva data a1la questione dalla Corte Costituzionale I (sentenza 12 maggio 1982, n. 92, da11a Corte di Cassazione a sezioni urnite (sentenza 10 giugno 1983, n. 3987), dalla Se2lione V di questo Consiglio (decisione 11 luglio 1983, n. 320) nonch� da numerosi Tribunali �ammmistrat! ivi ,regionali (T.A.R. Lazio, Sez. I, 22 dicembTe 1982; ~d., Sez. II 8 :novembre 1982; T.A.R. Marche, 15 ottobre 1982; T.A.R. Abruzzo, 12 novembre 1981 e 8 aprile 1982), va condivisa. � certo, in primo luogo, che la norma trascritta � stata formulata come disposizione di carattere permanente, suscettibile di trovare indefinitamente applicazione fino alla sua abrogazione, a nulla rilevando la circostanza che con essa si fosse inteso adottare, in seguito alla sentenza l I I PARTE I, SEZ. I, GHJRISPRUDEl'\ZA COSTIT(;ZIONALE 675 29 maggio 1968, n. 55 dellia Corte cosllituzionale, wna soluzione itemporanea tin visTa di una gel1!erarte rii.forma del regime dei suoli ,edif)icabihl. � da ritenere, poi, che la 1. 28 gennaio 1977, n. 10, non abbia abrogato la legge n. 1HS7 del 1968 n� espressamente n� tacitamente. Sotto quest'ultimo profilo va rilevato che la legge n. 10 del 1977 non contiene alcuna disposi~ione incompatibile con la durata limitata di ,taluni vincoli di piano regolatore generale, n� regola la materia dei vincoli urbanistici. Vero � che con la stessa legge si intese elaborare un regime giuridico dei suoli edificabili � in grado di superare le conseguenze della decisione de1la Co11te � (Relazione al disegno di legge n. 500); tuttavfa, senza che occorra qui stabilire se il legislatore sia riuscito nell'intento, � sufficiente rilevare che era stato perseguito non gi� il risultato di abrogare il limite temporale dei vincoli di inedificabilit� dii piano regolatore generale, bens� quello di porre fo premesse per rendere compatibile con fa Costituzione una norma che, come l'art. 7 della 1. 17 agosto 1942, n. 1150, attribuisse durata indefinita a tutti i vincoli di piano regolatore generale. Una norma di tale genere, per�, non risulta dettata. ' Meno agevole � stabHire se la legge n. 1187 del 1968 sia stata abrogata dalla L. 30 novembre 1973, n. 756. Non possono trarsi elementi decisivi dal titolo della legge ( � proroga dell'efficacia de1la L. 19 novembre 1968, n. 1187, concernente la materia urbanistica�), il quale in realt� si attaglia pi� alla proposta di legge d'iniziativa parlamentare (Atto Camera n. 2226) che non al testo elaborato dalla Commissione lavori pubblici della Camera e successivamente approvato, con qualche 11ieve modificazione. La proposta odginaria si risolveva, infatti, in una semplice proroga (�Con decorrenza dall'entrata in vigore della presente <legge, � prorogata di tre anni l'efficacia dei vincoli di cui agli artt. 2 e 4 della L. 19 novembre 1968, n. 1187 �), che non incideva in alcun modo sulla vigenza della norma permanente, ma si limitava a introdurvi una deroga temporanea. Ben diverso � il testo della legge n. 756 del 1973, che cos� recita: �Le indicazioni del piano regolatore generale, o del programma di fabbricazione, nella parte in cui incidono su be111i determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione o a vincoli che comportino l'inedificabilit�, conservano la loro efficacia fino all'entrata tin vigore delle leggi emanate da1le regioni in applicazione delle norme che stabiliranno i prundpi fondamentali del loro potere legislativo in materia urbanistica nonch� per ila riforma del regime d'uso dei suoli e, comunque, non oltre-due anni dall'entrata in vigore della presente legge�. Taluni argomenti potrebbero indurre a ravvisare nella legge n. 756 del 1973 una nuova disciplina della intera materia gi� regolata dall'art. 2 legge n. 1187 del 1968. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 676 In tal senso militano: a) ila circostanza che si sia riprodotta, nella prima parte, la formulazione della novma precedente; b) il fatto che, accanto ai11e indicazioni di piano regolatore generale, si siano previste anche quelle contenute in programmi di fabbricazione, innovando in tal modo la precedente disciplina. Tuttavia, se il �termine di cinque anni (decorrente, per ciascun piano, daMa sua approvazione) previsto dailla L. n. 1187 del 1968 Sii ritenesse sostituito da un termine unico per tutti i piani e indipendente dalla data di approvazione, si perverrebbe a una conclusione in contrasto con l'intenzione del legislatore, che era quella di prolungare e non di abbreviare la durata dei vincoli. I piani approvati dopo l'entrata in v1igore della legge n. 756 del 1973, in questa prospettiva, avrebbero potuto dettare vincoli di inedificabillit� destinati a durare ail massimo fino a!l 1� dicembre 1975, e ci� proprio mentre si prorogava fino ad altri due anni la durata di analoghi vincoli imposti ciinque anni prima o anche in momenti anteriori (art. 2, cpv. legge n. 1187 del 1968). Ancor pi� incongrua appa_re, poi, un'ulteriore conseguenza che deriverebbe dalla tesi dell'abrogazione itadta della legge n. 1187 del 1968 ad opera della legge n. 756 del 1973: la durata dei vincoli di inedificabiHt� imposti da piani regOilatori generali approvati immediatamente prima dell'emanazione di quest'ultima legge si sarebbe ridotta da cinque anill� a non pi� di due, e ci� riswlterebbe in contrasto con la finalit� della legge, che -come risulta dai lavori preparatori era stata determinata dall'esigenza di impedire �un vero e proprio terremoto urbanistico � nei comuill� che non avevano potuto provvedere all'adozione di strumenti urbanistici esecutivi entro il termine del 1� dicembre 1973 (Atti paru. Camera, VI legis1atura, p. 10614). Deve, infine considerarsi che, se non fosse tuttora in vigore il limite quinquennale di efficacia dei vincoli di inedificabil.it�, sorgerebbero dubbi non manifestamente infondati di legittimit� costituzionale della relativa disciplina. Indipendentemente, infatti, dalla questione se il diritto di edlificare continui a inerire alla proprJet� dell'area anche dopo l'entrata in vigore dehla legge n. 10 del 1977, come ha ritenuto ila Corte costituzionaile con la sentenza 30 gennaio 1980, n. 5, apparirebbe comunque di dubblia legittimit� una disciplina che consentisse all'ailliillinistrazione di negare, indefinitamente e senza indennizzo, a taluni proprietari la facolt� di edificare mentre accorda (sia pur subordinatamente al pagamento di contributi e, nella maggior parte dei casi, all'adozione di programmi pluriennat1i di attuazione) '1a stessa facolt� ad altri proprietad, i qua'1i conseguono H duplice vantaggio di poter sfruttare i�'I suolo e di vederne incrementato �.l valore per effetto dei vincoli gravanti sui fondi vicini. N� PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE rileva, sotto questo profilo, la circostanza che l'edificazione resti subordinata, salve alcune eccezioni (art. 6 D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito nella L. 25 marzo 1982, n. 94), all'adozione discrezionale �di programmi pluriennaili di attuazione, giacch� la semplice inclusione di un'area fra quelle edificabili � sufficiente a far realizzare sul mercato il valore che da tale destinazione demva. Pertanto, se non fosse ancora in vigore il limite quinquennale previsto dalla legge n. H87 del 1%8, sarebbe prof�labile non soltanto una violazione dehl'art. 42 Cost., ma anche una lesione del principio di uguaglianza, sia con riguardo a una �disciplina discriminatoria delle fa. colt� inerenti al diritto di propriet�, sia con riguardo a una analoga disciplina delle concessioni ediJJ.izie, che assuma il diritto di propriet� a presupposto per il rilascio di tali concessioni. Va, quindi, preferita la interpretazione della normativa vigente che risuilti pi� conforme ailila Costituri.one. In base alle considerazioni esposte deve concludersi che la prima legge di proroga n. 756 del 1973 si riferisse soltanto alle situazioni transitorie, ossia ai tevmini prossimi ailla scadenza, e che la legge !Il. 1187 del 1968 sia rimasta in vigore, come norma permanente subendo una deroga. Ci� vale, a maggior ragione, per le sucoessiive proroghe, acco:ridate con D.L. 29 novembre 1975, n. 562, convertito nella L. 22 dicembre 1975, n. 696 e con D.L. 26 novembre 1976, n. 781, conve:ritito ne1la L. 24 gennaio 1977, n. 6. Risolta in senso positivo la questione della attuale vigenza dell'art. 2 legge n. 1187 del 1968, occorre esaminare quali effetti derivino dalla sua applicazione. La norma predetta stabilisce che �le indicazioni di piano regolatore generale, nella parte dn cui assoggettano beni determinati a vincoli preordinati all'espropriazione o a vincoli di inedificabilit�, � pe:ridono ogni efficacia � qualora decorra dl termine di cinque anni senza che sia stato approvato il relativo piano par�ticolareggiato o sia stato autorizzato un piano di lottizzazione convenzionato. Un primo risultato interpretativo sicuro riguarda la decorrenza del l'inefficacia: la legge � chiara nel senso che i vincoli di inedificabilit� produrranno i loro effetti fino al momento in cui non si compia il termine quinquennale. La perdita di efficacia ex nunc �, peraltro, meramente eventuale, es sendo subordinata alla mancata tempestiva approvazione di uno stru� mento �di attuazione. Ci� consente di escludere che, in seguito aiHa perdita di efficacia, riviva la situazione anteriore all'impoSltazione del vincolo, giacch� essa resta definitivamente superata dalla nuova !indicazione di piano. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 678 Deve, altres�, sicuramente escludersi che i vuoti lasciati nella disciplina urbanistica vadano colmati con l'espansione delle destinazioni impresse aHe aree limitrofe. Iii rinvenimento di zone omogenee costituirebbe, infatti, operazione necessariamente arbiitraria, che finirebbe con l'invadere la sfera di discrezionalit� dell'amministrazione. Inoltre, poich� l'applicazione della norma sul termine quinquennale comporterebbe il contemporaneo venir meno di tutti i vincoli preordinati alla realizzazione di servizi pubblici, '1'espansione generalizzata deUa destinazione edificatoria privata darebbe luogo a nisultati abnormi, determinando il sorgere di quartieri totalmente sprovvisti di spazi verdi, scuole, ospedali e persino strade, in evidente contrasto con le finalit� perseguite dalla fogislazione urbanistica. Arbitrato sarebbe anche distinguere fra finalizzazione pubblicistica (implicitamente espropni.ativa) e destip.azione in s�, ammettendo la sopravvivenza di quest'ultima. Una simile soluzione si 1imbatte in tre ostacoli: in primo iluogo la legge stabilisce che le indicazioni di piano perdano ogni efficacia, mentre la permanenza di una destinazione privata corrispondente equivarrebbe a conservare una parte d:i detta efficacia. In secondo luogo, in difetto di precisi criteri e di una chiara volont� delle amministrazioni competenti, non � possibile istituire in concreto un sicuro nesso di corrispondenza fra destinazioni diverse. Infine deve escludersi che destinazioni private rispondano alle medesime esigenze cui si ispirano destinazioni pubbliche simili alle prime soltanto sotto il prof�ilo mateniale: il verde pnivato, ad esempio, non consente di raggiungere le finalit� proprie del verde pubbLico, cos� come gli edifici per servizi gestiti in regime privatisrtico non rispondono alle. esigenze proprie deg1i edifici per servizi pubblici. Del pari insoddisfacente, per analoghe ragioni, � l'opinione che suggerisce di equiparare le aree gi� colpite da vincoli decaduti aMe c.d. zone bianche, ossia alle zone aHe quali gli strumentii urbanistici non abbiano dato alcuna particolare destinazione. Rispetto a tali zone � stata ammessa in giurisprudenza il'edificazione entro i limiti previsti dal codice civile e dal regolamento ediliziio comunale nel presupposto che l'autorit� competente, pur contemplandole nel piano, abbia consapevolmente ritenuto indifferente il modo di utilizzazione delle zone stesse. Per queste aree, dunque, si � posto non il problema di individuare il regime urbanistico in difetto di quailsiasi disciplina di piano, ma quello di interpretare un particolare modo di dettare tale discipliina, consistente nel prendere in considerazione certe aree senza prevedere espressamente particolari vincoli o limitazioni. La questione, affrontata per la prima vdlta con riguaroo al piano regolatore de11a Oitt� di Roma, approvato con R.D. 9 lu~o 1931 n. 981, � stata risolta nel senso che col piano f PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE si fosse inteso non gi� conservare il preesistente assetto edilizio neUe zone �bianche�, ma consentirvi l'edificazione nel rispetto delle norme generaLi (Cons. Stato, Sez. V, 14 gennaio 1955 n. 60). La stessa solu::r.ione � stata seguita dalla giurisprudenza successiva (Cons. Stato, Sez. V, 26 settembre 1969 n. 979; id., 3 foglio 1970 n. 658; id., 22 giugno 1979 n. 335; 1970, I, 1307; 1979, I, 1031), con II'iferimento a fiattispeoie realizzatesi tutite pnima deMa em.tcr~ata in v1igoire dehla 1egge n. 10 del 1977. A parte ogni rilievo sUill'attuaLit� della riferita opinione giurisprudenziale nel vtigente sdstema, certo � che essa non pu� essere richiamata nel caso di inefficacia sopravvenuta di vincoli di inedificabilit� imposti dal p.iano regolatore generale, e ci� per due ragion!i: in primo duogo perch� si tratta di accertare ii regime dettato dalla 1legge e non dal p.iano; in secondo luogo perch� sarebbe arbitrario imputare a quelle stesse amministrazioni, che hanno stimato necessario vietare l'edificazione privata in certe aree, la volont� di consentii.re !l'edificazione stessa nei limiti previsti dal codice civile e dal regolamento edilizio. Deve anche escludersi che rispetto alle aree gi� assoggettate a vincoli di inedificabilit� decaduti trovino applicazione i limiti di volume, e di altezza previsti dall'art. 17 sesto comma, della legge n. 765 del 1967 (rispettivamente 3 mc/mq. e m. 25), giacch� tale norma si riferisce esclusivamente all'ipotesi d!i zone sprovviste di strumenti attuaitivi, ma contemplate come edificabili nel piano regolatore generale. �, invece, applicabhle l'art. 4, ultimo comma deilla legge n. 10 del 1977, il quale stabilisce entro quali limiti possa rilasciarsi una �con cessione di edificare � nei Comuni sprovvtisti degli strumenti urbanisti.ci generali. Detta norma non si riferisce esclusivamente al caso di Comuni del tutto privi di tal.ti strumenti. Nella fattispecie in essa contempilata rientra anche l'ipotesi di piani generali che abbiano in parte perduto [a loro effficacia, n� la ,lettera della disposizione offre ellementi per una inteI'pretazione restrittiva, ben po tendo un Comune risultare � sprovvisto � di strumento urbanistico gene rale limitatamente ad una parte del suo territorio. Al medesimo risultato inteI'pretativo conduce la consliderazione della ratio legis. La previsione di una facolt� di edificare entro ilimiti assai rigorosi (0,03 mc/mq e soltanto fuori del perimetro dei centri abitati) risponde, infatti, all'esigenza di non compromettere, con una intensiva uthlizzazione del territorio comunale, ogni possibiiliit� di una futura razionale discipl!ina urbanistica. Tale esigenza si. avverte a maggior ragione allorch� le aree vicine abbiano gi� ricevuto da un p.iano una destinaz!ione edificatoria pr1ivata, 680 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO giiacch� iin simili ipotesi la disponibilit� complessiva di zone libere in rapporto al territorio comunaile � minore rispetto al caso di totale mancanza di strumento urbanistico generale mentre maggiiore ne � i'l fabbisogno, onde � da ritene::e necessario, in attesa di nuove determinazioni della Amministrazione, un regime dei suoli rimasti privi di destiinazione che non precluda definitivamente un razionale assetto urbanistico. N� pu� obiettarsi che in tal modo le aree comprese nel perimetro dei centlli abitati passino per effetto della caducazione dei vincoli, da un regime di <temporanea inedificabilit� a un regime di inedificabilit� permanente. Poich� �i Comuni sono obbligati a dotarsi di uno strumento urbanisti.ico generale che copra l'intero territorio, la situazione di inedificabilit� conseguente ailla sopravvenuta inefficacia di talune destinazioni di piano � per sua natura provvJsoria, essendo destinata a durare fino all'obbligatoria integrazione del piano (o del progra1IT1ma di fabbrica: ziione), divenUJto parzialmente inoperante. In caso di inerzia del Comune, poi, il privato che vJ abbia dnteresse pu� promuovere gli interventi sostitutivi della Regione oppure agire in via giurisdi:l'Jionale, seguendo il procedimento del silenzio-rifiuto. In base alle considerazioni sdn qui svolte deve concludersi che i ricorrenti abbiano tuttora interesse a coltivare iJl gravame, giacch� l'eventuale accoglimento farebbe loro consegui.re una utiLit� maggiiore di quella derivan< te dalla decadenza dei vincoli di car�ttere espropriati.ivo: l'annullamento di una previsione contenuta in una variante ad un precedente piano regolatore, in virt� del suo effetto retroattivo, comporta, infatti, la reVliviscenza della destinarione preesistente. (omissis) III I ricorrenti deducono che il piano regolatore generaile del comune di Seregno, adottato con delibera consigliare del 5 mawgio 1973 e modificato da successiva delibera del 14 aprile 1976, aveva assoggettato i fondi di foro propriet� a un vincolo di uso pubblico, preordinato all'espropriazione, e senza predeterminazione di a1cun indennizzo e limite di durata; che l'imposizione di un siffatto vincolo mediiante pdano regolatore generaile e dopo che la Corte competente, con decisdone del 29 maggio 1968 n. 55, aveva dichiarato costituzionalmente illegi<ttimi l'art. 7, n. 2, 3 e 4, e l'art. 40 della I. 17 agosto 1942 n. 1150 -dovevasi ritenere contra legem sin dall'origiine, a nulla rilevando in contrario le nuove leggi che si erano suocedute (n. 1187 del 1968, n. 756 del 1973 e n. 562 del 1975), in considerazilone della foro portata meramente riparatrice; che tale illegittimit� incideva su di un rapporto avente contenuto di diritto soggettivo perfetto, qual era appunto il diritto di propriet� del suolo mai degradato a interesse legittimo perch� l'atti.ivit� deMa pubblica amministrazione si I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 681 era svolta in assoluta carenza di potere; che, pertanto, la domanda di risarcimento del danno, come sopra avanzata dagli stessi ricorrenti, era propornbile, e giurisdizionalmente competente a conoscerne era l'autorit� giudiziaria ordinaria. I ricorrenti lamentano la illegittimit� della denunciata imposizione anche sotto un secondo profilo, sotto que1lo, cio�, deHa genericit� del vincolo di uso pubblico in quanto il comune, nell'imporlo, non aveva l'itenuto di dover attribuire a esso alcuna destinazione specifica che giustificasse :il sacrificio della propriet� privata e, anzi, ne aveva assoggettato fa sussistenza e l'operativit� alla discreZlionalit� del sindaco (art. 26 deHe norme di attuazione). Quanto al primo profilo delle deduzioni come sopra svolte dai ricorrenti, giova premettere che con la citata sentenza n. 55 del 1968 la Corte costituzionale, sviluppando un orientamento gi� accennato nella decisione n. 6 del 1966 e ribadito in quella n. 56 dello stesso anno 1968, aveva dichiarato costiturionalmente iUegittime -in riferimento a:ll'art. 42, comma 3, Cost. -le disposiziicmi dell'art. 7, n. 2, 3 re 4 e dell'art. 40 della L. urb. 17 agosto 1942 n. 1150, nella parte in cui non prevedevano, per le limitazioni aventi contenuto esprop11iativo, operanti immediatamente e a tempo indeterminato, un !indennizzo a favore dei soggetti che avessero un diritto reale sui beni gravat:i daHe limitazioni medesime. A seguito di questa decisione, il legislatore prontamente interveniva con la L 19 novembre 1968 n. 1187, recante � modifiche e integrazioni alla L. urb. 17 agosto 1942 n. 1150 �. Con essa fa legislazione precedente era opportunamente adeguata alla ricordata decisione della Corte Costituazionale stabilendosi, fra l'altro, che i predetti vincoli perdessero efficacia qualora, entro cinque anni dalla data di approvaziione del piano !'egolatore generale, non fossero stati approvati i relativi piani particolareggiati o autorizzati i piani di lottizzaZJione convenzionati. Successivamente era emanata la L. 30 novembre 1973 n. 756, la quale statu� che i vincoli urbanistici sarebbero stati efficaci sino all'entrata in vigore della nuova legislazione sul regime dei suoli e, comunque, non oltre due anni dall'entrata iI?-vigore della degge, termine prorogato, una prima volta, di un anno (d.l. 29 novembre 1975 n. 562, convertito nella L. 22 dicembre 1975 n. 696) e, poi, di due mesi (d.l. 26 novembre 1976 n. 781, convertito nelila L. 24 gennaio 1977 n. 6) 1e cio� sino alil'entrata dn vigore della L. 28 gennaio 1977 n. 10. Ora la Corte Costituzionale, con sentenza del 12 maggio 1982 n. 92, nell'esaminare alcune questioni di legittimit� degli art. 7 (n. 2, 3 e 4), 34, 36 e 40 della L. 17 agosto 1942 n. 1150, in relazione alle leggi sopra citate, non sussistendo al riguardo un'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale (c.d. � ddritito vivente�), ha dovuto procedere dire.ttamente alla interpretazione della complessa normativa. E ha, in primo luogo, escluso che la legge n. 10 del 1977 abbfa regolato fa materia dei vincoli urbanistici 682 RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO preordinati a un successivo trasferimento coattivo. Ha, quindi, poritato la sua mdagine sulla precedente normativa, nell'ambito della quale ha riconosciuto carattere permanente alla legge n. 1187 del 1968, attribuendo, invece, natura telll'poranea alla legge n. 756 del 1973 e alle successive disposizioni di proroga. La sopra citata sentenza delila Corte Costituzionale osserva in proposito che, mentre questi ultimi provvedimenti, secondo l'espressa previsione contenuta nei medesimi, dovevano avere efficacia sino all'entrata in vigore della nuova disciplina sul regime dei suoli e, pertanto, hanno cessato di essere operanti a seguito dell'emanazione della degge n. 10 del 1977, la legge n. 1187 del 1968 non prevede alcun termine finale, giacch� anzi il suo contenuto eS'Clude che razionalmente potesse essere apposta una Jimitazione di carattere temporale. Onde detto suo contenuto non niguarda una situazione transeunte ma regola in maniera definitiva la materia, sostlituendo con fo �pportune modificazioni e integrazioni le norme della legge urbanistica, dichiarate incostituzionali, relative al contenuto dei piani regolatori alle misure di salvaguardia, aille Limitazioni per l'allineamento degli edifici, nonch� al termine di efficacia dei vincoli urbanistici. � Rispetto a quest'ultimo punto -prosegue fa sopra citaita sentenza ~ non � superfluo aggiungere come la legge concerna non soltanto i piani regodatori gi� approvati, ma anche quelli che, senza alcun limite temporale, sarebbero stati. successivamente adottati�. Ne discende che un comune ben pu� adottare un piano regolatore generale che, senza preVlisione di indennizzo o di un temnine di durata, imponga vincoli di. natura sostanzialmente espropriamva su aree di propriet� privata, solo avendo -in tal caso -il dovere, a pena di inefficacia dei suddetti vincodi, di approvare entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale, i relativi piani particolareggiati o di autorizzare, entro identico termine, ii piani di lottizzazione convenzionati. Ma allora una carenza di potere potr� essere ravvisata non rispetto al piano regolatore generale, ma nei confronti del successivo atto amministrativo, lesivo del dinitto di propriet� privata, che il comune abbia eventualmente posto in essere, in aipplicaZJione di qucl piano, senza la preventiva approvazione deii piani particolareggiati o la preventiva autorizzazione dei piani di dottizzaZJione convenzionati, nei termini di legge. Talch� non pu� consentirsi con i ricorrenti quando, a fondamento della domanda di risarcimento del danno dagli stessi proposta dinanzi al giudice ordinario, sostengono che l'attivit� del comune �di Seregno -con l'adozione di un piano regolatore generale che, senza la predeterminazione della rclativa indennit� o di alcun Limite temporale, aveva imposto vincoli aventi contenuto espropniativo .,.-�si sarebbe svolta in assoluta carenza di potere. Onde la domanda risarcitoria devesi ritenere improponibile. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Egualmente devesii. ritenere anche in relazione al secondo profilo delle deduzioni svolte dai ricorrenti, quehlo -oio� -della genericit� del vincolo di uso pubblico per preteso difetto di una sua specifica destinazione. Al riguardo devesi rilevare che il piano regolatore generale del comune di Seregno, nell'art. 26 delle sue norme tecniche di attuazione, sotto il titolo � norme particolari per la zona delle aree destinate alla formazione di spazi e impianti di uso pubblico�, distingue due gruppi di aree: il primo, comprendente aree sulle quali. � ammessa la costruzione di edifici di uso pubbllico � aventi di norma la destinazione preVI�sta dagli elaborati grafici del piano� (distintamente indicatii); e il secondo, comprendente aree sulle quaili sono ammessi edifici e impianti di :interesse pubblico, del tipo: stazioni d!i autolinee, biblioteche, impianti per spettacoli sportivi et coetera. E nel corrispondente art. 26 delle norme di attuazione del piano, cos� come modificate dal consiglio comunale con deliberazione n. 283 del 14 aprile 1976, [eggesi che il primo gruppo com 1 prende � aree ri:servate alfa creazione di parchi, spazi Hberi per H gioco e la ricreazione, per parcheggi e per la realiizzazione di impianti, attrezzature ed edifici pubblici o a uso pubblico, come previsto dal decreto interministeriale 2 apritle 1968 n. 1444 e dalla L. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 44 �, Pertanto, la destiinazione specifica dei vincoli di uso pubblico risulta sufficientemente determinata. E fa preoccupazione manifestata dai ricorrenti, che le previsioni del piano regolatore, in parte qua, integrino � un mero inammissibile espediente per vincolare 1l'edificabilit� dei suoli al di fuori di ogni previsione di legge�, non pu� ritenersi giustificata. (omissis) IV Attendu qu'il est fait grief � l'arret attaqu� (Rennes, 20 novembre 1981) d'avoir, pou'r fixer l'indemrnit� d'expropriation due � M. Louis Pithois, retenu pour la parceMe concern�e la qualification de terrain � batir, alors, selon ile moyeli, � que d'une part, les alin�as 1er et 2 de l'art. L. 13-15-11' ont leur doniaine propre, le premier d�fin:issant les conditions de ila qualif�ication de terrain � ba.tir, le second fixant les r�gles d'�valuation pour le iterrain ayant re�u cette qualification: que le Sivom et le commissaire du Gouvernement, ayant d�ni� � fa parcelle Pithois, la qua:lification de 1terrain � ba.tir, faute d'un r�~eau d'eau adapt� � la capac:it� de construotion, l'arret attaqu� ne leur a reproch� d'ajouter une exigence � l'alin�a 2 qu'en violant l'art. L. 13-15-11, alin�a 1�r, seul invoqu� par eux; que, d'autre part, ila condition d'adaptation des r�seaux, dont celui d'eau a la capacit� de construction de l'emprise, rtelle que pos�e. par l'alin�a 1er susvis�, n'est pas subordonn�e � l'existence d'une 684 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO r�gle locale ou sp�ciale d'urbanisme; qu'ainsi l'arret attaqu� qui aboutit � privcr de port�e l'exigence d'adaptation sur tous les terriitoires communaux non soumis, � la date de r�f�rence, � une r�glementation sp�ciale d'urbanisme "'t � cr�er une confusion entre les r�gles d'�valuation et celles pr�alables de qualificat:ion � viol� l'art. L. 13-15-II, alin�a pr C. expropr. �; Mais attendu que l'arret �nonce exactement que, loin d'avoir une incidence sur fa qualification juridique du terrain, les possibiJit�s effecdves de construction ne peuvent avoir d'influence que sur l'�valuation de ce demier; qu'apr�s avoir constat� qu'� la date de r�f�rence, le terrain, objet de l'emprise; �tait effectivement desservi � la fois par une voie d'acc�s, un r�seau d'eau et un r�seau �lectrique situ�s � prmcimit� et avoir relev� qu'aucune r�glementation particUJli�re d'urbanisme ne d�finissait la capacit� de construction de ce terrain, la Cour d'appel a fait une juste application des dispositions de l'art. L. 13-15-II, 1�r, en quahlfiant la parcelle de terrain � b�tiir; d'o� il suit que le moyen n'est pas fond�; (omissis) V (omissis) � difficile dare una valutazione delle prospettive di ottenere dl permesso di edificare, considerate dal punto di vista di un ipotetico acquirente nel marzo del 1979. Assumendo <l'ottiica di tale data, piuttosto che quella � a posteriori � odierna, si pu� verosimilmente considerare che itale ipotetico acquirente non si sarebbe aspettato di ottenere immediatamente il permesso di edificare; egli avrebbe dovuto dnformarsi circa le previsioni degli strumenti urbanistici ed avrebbe cos� conosciuto che, recentemente, la Iicenza di edificare era stata rifiutata con la motiva2lione di prematurit� (� prematurity �); cosa questa, peraltro, non preclusiva del buon esito di una nuova domanda, in un momento successivo. Comunque, l'ipotetico acquirente non �avrebbe considerato come un ostacolo insormontabile la destina2lione urbanistica a � zona vevde � (� green belt �), qualora fossero emerse esigenze dell'edilizia abitativa. Vd erano gi� delle costruzioni su tre lati di Stoneyhilil e visibiilmente l'area in questione non faceva .pi� parte deMa �zona verde � e neppure era pi� utilizzabil� per scopi diversi dallo svilU1ppo abitativo. Non vi erano prove manifeste dd alcun bisogno di spazi ricreat:iVli. Mr. Farquhar (fun2lionario del competente ufficio urbanistico) ha fornito utile prova circa cosa un ipotetico acquirente avrebbe conosciuto acquisendo le informazioni del caso presso il suo ufficio: detto acquirente sarebbe stato avvertito della impossibilit� di Ollltenere [a licenza di edificare in breve tempo. Comunque, qualche speranza gli sarebbe rimasta, se avesse chiesto di vedere la bozza dei piano � locale ,,. concernente il settore occi ! 11311,11a11r1111111r11a1111111111��111�1t1111111111111~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE dentale, bozza che designava espressamente Stoneyhill come zona di non prossima urbanizzazione (� gap site for development �) e che tale sviluppo avrebbe potuto riguardare anche l'edilizia residenziale. Riteniamo che tali indicazioni a liveilfo locale non erano contraddette dalla bozza di strumento urbanistico regionale (� regional structure plan �), strumento essenzialmente orientativo e che non individuava le singole aree destinate all'edilizia residenziale, compito questo dell'autorit� urbanistica del distretto. In ogni caso, H punto di vista del Lothian Regional era che Stoneyhilll potesse essere esclusa dalla � zona verde � ed usata per edificare, se fosse stata dimostrata la necessit� d� abitazioni. Peraltro, noi accettiamo la tesi secondo cui nel marzo del 1979 un ipotetico acquirente non avrebbe potuto conoscere l'esistenza di richieste di varianti alla bozza del piano regionale in relazione a necessit� abitative. In questa situazione, il tribunale ritiene che un ipotetico acquirente, nel 1979, avrebbe ragionevolmente sperato di poter ottenere la licenza di edif:icare entro all'incirca 5 anni. Tuttavia, conveniamo con gli appellanti che, oltre alla prospettiva quanto meno di una attesa, vi era anche un altro rischio: vi era anche il (seppur non consistente) pericolo di non ottenere affatto la licenza di edificare, eventualit� questa molto meno remota nel caso di un'area vasta e costosa che in quello di una pi� piccola. V'i era inoltre il rischio che ilo East Lothian District Council insistesse sulla previsione di costruzione, in quella zona, di una casa popolare, posto che, secondo quanto affermato da Mr. Farquhar, il Comune aveva perseguito una ben riuscita politica di miscelare edilizia abiitativa pubblica e privata. Chiaramente tutto ci� va ad aggiungersi all'incertezza dell'ipotetico acquirente, e deve influire sulla determinazione del vailore venale. D'altro canto, un ipotetico acquirente, pagante il valore venale corrente nel 1979, avrebbe dovuto sopportare un carico fiscale per l'imposta sulla plusvalenza da passaggio dall'uso agricolo a queillo edificatorio (� development land tax �), se, nel momento in cui avesse dato l'avViio alla realizzazione concreta dell'edificazione, il valore del terreno con Jicenza di edificare fosse aumentato. Egili avrebbe comunque beneficiato dell'incremento di valore seppur al netto del carico fiscale anzidetto (che peraltro � applicabile solo per quanto eccede i limiti di esenzione). Tuttavia, poich� ci� pu� riguardare qualS>iasi costruttore, non riteniamo che tale onere sia un fattore che incide in modo sostanziale sul prezzo di mercato. � stato a suo tempo notificato un atto con il quale 11 comune ha ma nifestato l'intenzione di acquistare l'area dii che traHasi, ai sensi del Community Land Act del 1975; tale provvedimento, provocato dalla ri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO chiesta della licenza di edificare avanzata dal dante causa dell'attua!le proprietario il 6 luglio 1977, annuncia che il Comune intende acquistare se fa licenza edilizia venisse concessa conformemente allila richiesta. Il citato Community Land Act � rimasto in vigore fino al 1980; quindi un ipotetico acquirente sarebbe stato consapevole del fatto che, se la Hcenza di costruire fosse stata a lui concessa, la stessa avrebbe potuto essere ritirata per permettere all'autorit� di decidere se acquistare o meno lil terreno in questione. Questo fattore poteva in qualche maniera influire sulla commerciabilit� e quindi sul valore del terreno. (omissis) Nel marzo del 1979, il tasso bancario era del 13 %. Considerando i ruschi e gli svantaggi� esposti dianzi, riteniamo che un ipotetico acquirente ridimensionerebbe la sua offerta per poter tenerne conto. Una maniera per fare ci� consiste nell'attualizzare al 1979 il valore corrente per acro ad una percentuale che rifletta il 11ischio. Mr. Ramsay (consulente tecnico per il privato) ha usato il 13 % e Mr. Wood (funzionario dell'amministrazione finanziaria) il 12,5 %, in relazione a periodi di attesa rispettJivamente di 10 e 3 anni. Ovviamente, pi� il periodo di attesa considerato � lungo, e pi� bassa dovrebbe essere la percentuaile di rischio. Il valore di Mr. Ramsay di 147,000 sterline, se riferito ad una attesa di 5 anni, mostrerebbe un tasso di rischio del 28 %. Il valore di Mr. Wood di 316,500 sterline, per una attesa di 5 anni, a 26,000 sterline 11'acro, mostra un tasso di r:ischio di poco pi� del 10 %. Come gi� detto, i1a base dehla valutazione, <Secondo la legge del 1976 (sul.ila � development land tax �) �, come in alt!"e leggi fiscali, il valore sul mercato aperto (�open market value �), �e per vendita sul mercato aperto � non si .intende una vendita eseguita da chi vuol vendere la sua propriet� a qualsiasi prezzo� (cfr. la sentenza Inland Revenue Commissioners contro Clay del 1914). Quindi, con riferimento ail. 29 marzo 1979, il valore che il terreno avrebbe potuto avere nelle trattative tra una persona disposta a vendere ed una persona parimenti disposta a comperare sarebbe stato influenzato anche dalla speranza di ottenere la licenza di edificare e dai II'ischi e gli svantaggi dei '"aru fattori dei quaili abbiamo trattato. Poich� abbiamo accertato ~che un acquirente arriverebbe alla conclusione che la licenza di costruire verrebbe probabilmente concessa all'incirca dopo 5 anni, non ci resta che determinare l'eil.emento di rischio che � necessario prendere in considerazione ed esprimerlo in termini di tasso di attualizzazione. Noi determiniamo tale tasso ne11a misura del 21 per cento. Applicando tale percentuale alle altre dfre, stabilite e convenute, il nostro calcolo del valore sperato (� hope value �) � iJl seguente: PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 687 valore di mercato ape11to della terra, presupponendo che sia stata concessa la licenza di costruiire per lo sviluppo residenziale di 19.64 acri, a 26,000 sterline l'acro diciamo 510,000 sterline valore attualizzato di sterlina differita di 5 anni, al 21 % 0,39 198,900 sterline La prova di una uti1lizzazione temporanea del terreno fino all'iniziio dell'edificazione � stata vaga, ma se ne pu� ammettere un modesto uso agcicolo durante i 5 anni. Mr. Wood aveva valutato il re�ldito per 3 anni in 600 sterline, cos� che se arrotondassimo il vafore a 200,000 ster1ine, ci� rispecchierebbe il valore per l'uso temporaneo. Quindi stabiliamo che il valore dei 19,64 acri sia di 200,000 sterline. (omissis) [traduzione dall'inglese a cura di F.F.] SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 9 febbraio 1984, nella causa 344/82 -Pres. Koopmans -Avv. Gen. Slynn -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d'appello di Parigi nella causa s.a. Gambetta Auto c. Bureau centra! fran�ais (avv. Funck -Btrentano) e FOlllds de garantie automobile -Interv.: Governi italiano (avv. Stato Fiumara) e del Regno unito (ag. Bellis) e Commissione delle C.E. (ag. Delmoly). Comunit� europee -Circolazione� di autoveicoli -Assicurazione della responsabilit� civile -Ravvicinamento delle legislazioni -Controllo della carta verde -Abolizione � Stazionamento abituale del veicolo -Nozione. (Direttiva CEE del Consiglio 24 aprile 1972, n. 72/166,. artt. 1, 2, 3, 4 e 7). Il veicolo il quale rechi una targa regolarmente rilasciata deve essere considerato come stazionante, ai sensi della direttiva del Consiglio 24 aprile 1972, n. 72/166, nel territorio dello Stato d'immatricolazione, anche se all'epoca di cui trattasi l'autorizzazione ad usare il veicolo era stata revocata (1). (1) Soluzione conforme a quella proposta dal Governo italiano. �L'art. 1, n. 4, della direttiva -si era detto nella memoria di intervento -, stabilisce che per "territorio in cui il veicolo staziona abitualmente" si intende "il territorio dello Stato in cui il veicolo � immatricolato" (primo trattino), ovvero, "qualora non sia prevista l'immatricolazione per un tipo di veicolo, ma questi rechi una targa assicurativa o un segno distintivo analogo alla targa d'immatricolazione, il territorio dello Stato in cui � stata rilasciata tale targa o segno" (secondo trattino). Solo come ulteriore criterio sussidiario, in man� canza di immatricolazione, targa assicurativa o segno distintivo, deve farsi riferimento al domicilio del detentore (terzo trattino). � Dal disposto dei primi due trattini sopra detti si deduce che la direttiva ha inteso riferirsi al segno di riconoscimento (sia esso una targa di immatricolazione, o una targa assicurativa o altro) che il veicolo porti con s� ("rechi", dice il secondo trattino), indipendentemente dalla validit� che lo stesso possa avere ai fini della circolazione nello Stato, in cui il segno � stato rilasciato; la direttiva si preoccup~ della localizzazione del veicolo e non della legittimit� della sua circolazione, che pu� venir meno per molteplici cause non necessariamente legate al segno di riconoscimento. �Solo con questa interpretazione (che la seconda direttiva in materia, in corso di elaborazione, intende rendere ancor pi� chiara, prevedendo espressa PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 689 II CORTE DI GIUSTIZIA DEiiLE COMUNIT� EUROPEE, 9 febbraio 1984, ne.IJ1a causa n. 64/83 -Pres. Koopmans -Avv. Gen. Slynn -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di cassazione francese nella causa Bureau centrai fran�ais (avv. Funck -Brentano) c. Fonds de garantie automobile (avv. Vinc~nt) -Interv.: Governi francese (ag. Bersani), italiano (avv. Stato Fiumara) e del Regno unito (ag. Hower e Be!Hs) e Commissione del.le C.E. (ag. Delmoly). Comunit� europee -Circolazione di autoveicoli -Assicur~zione della re sponsabilit� civile -Ravvicinamento delle legislazioni -Controllo della carta verde -Abolizione -Respon sabilit� degli uffici nazionali di assi curazione � Limiti. (Direttiva CEE del Consiglio 24 aprile 1972, n. 72/166, artt. 1, 2, 3, 4� e 7). L'espressione "alle condizioni stabilitei dalla propria legislazione nazionale relativa all'assicurazione obbligatoria� di cui all'art. 2, n. 2, della direttiva del Consiglio 24 aprile 1792, n. 72/166, deve essere interpretata nel senso che essa si riferisce ai limiti e alle condizioni della mente che per paese di stazionamento abituale deve intendersi lo "Stato del quale il veicolo porta una targa di immatricolazione ") la direttiva in questione pu� trovare concreta applicazione e svolgere i suoi positivi effetti in ordine alla liberalizzazione della circolazione internazionale delle persone e degli autoveicoli. Se cos� non fosse, occorrerebbe di volta in volta verificare alla frontiera la validit� del documento di circolazione; e poich�, malgrado il controllo, non si potrebbe giammai essere certi di tale validit�, che potrebbe essere cessata per fatti non accertabili "prima facie", gli Stati sarebbero costretti a richiedere in ogni caso il documento assicurativo, rendendo vana la direttiva. � Di conseguenza non accettabile appare la tesi secondo cui un veicolo non pi� abilitato a circolare, secondo le leggi del paese in cui � stato immatricolato, non potrebbe essere considerato "stazionante abitualmente" nel paese di cui ancora porta la targa di immatricolazione, per assimilazione della targa priva di validit� ad una targa falsa. �Se la targa falsa (e dovrebbe considerarsi falsa non solo la targa materialmente falsificata, ma anche quella apposta ad un veicolo diverso da quello per il quale essa � stata rilasciata) correttamente viene ritenuta non comprovante alcuna immatricolazione e quindi alcun territorio di stazionamento, e per tale motivo gli uffici nazionali di assicurazione hanno concordato di escludere espressamente il loro intervento nel caso di danno provocato da veicoli con targa falsa, la targa scaduta, invece, quali che siano gli effetti in ordine alla legittimazione alla circolazione del veicolo cui � applicata, cionondimeno appare da considerarsi ancora significativa ai fini della individuazione del paese di stazionamento abituale del veicolo stesso. La targa scaduta, pertanto, ancorch� non valida ai fini della circolazione, non pu� essere equiparata ad una targa falsa. �Il caso che ha dato origine alla causa � emblematico. Ivi la targa di origine � stata considerata scaduta per la scadenza della polizza assicurativa 690 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO responsabilit� civile che si applicano all'assicurazione obbligatoria, fermo restando che il conducente del veicolo al momento in cui il sinistro si � verificato � considerato coperto da una assicurazione valida in con� formit� a detta legislazione (2). I (omissis) 1. -Con sentenza 21 dicembre 1982, pervenuta alla Corte il 29 dicembre successivo, la Cour d'Appel di Parigi ha sollevato, ai sensi dell'art. 177 del trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione della direttiva del Consigt1io 24 apri.le 1972, n. 72/166, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in fatto di assicurazione della responsabilit� civile risultante dalia circolazione di veicoli, e di controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabiHt� (G.U. n. L 103, pag. 1), e in paTticolare delila nozione di �stazionamento abituale d'un veicolo �. 2. -L~ questione � stata sollevata nell'ambito di una lite fra la societ� Gambetta Auto e il Bureau Centrai fran�ais dalle compagnie di assicurazione contro gli incidenti automobilistici (BCF) nonch� il (il sistema vigente in alcuni paesi � quello di collegare la targa del veicolo, e quindi la sua circolazione, con l'esistenza di un valido contratto assicurativo): considerato che la direttiva prevede l'intervento degli uffici nazionali nel caso di sinistro provocato da veicolo di altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che detto veicolo sia assicurato o meno, il dettato della direttiva verrebbe ad essere sostanzialmente vanificato se il veicolo con targa scaduta proprio per non essere pi� assicurato venisse sottratto alla garanzia degli uffici nazionali. Il paese in cui la targa di immatricolazione � stata rilasciata non pu� rifiutarsi di considerare il veicolo come stazionante abitualmente nel suo territorio finch� il veicolo stesso conserva la targa originale (proprio questo rifiuto, per le sue conseguenze sulla rivalsa degli uffici nazionali dei paesi in cui i sinistri si sono verificati, ha indotto questi ultimi a sollecitare la definizione della nozione di stazionamento abituale). E ci� perch� quando un paese chiede, ai sensi della menzionata direttiva e del ripetuto accordo fra uffici nazionali, di far entrare e di far circolare sul territorio di altro paese membro i propri veicoli senza che siano assoggettati al controllo della carta verde, detto paese deve altres� farsi carico anche delle conseguenze da ci� derivanti, e cio� deve sostenere l'onere, in via di rivalsa, conseguente ai sinistri che i veicoli, recanti la targa del paese stesso, possano causare all'estero, anche se non fossero abilitati a circolare per mancanza di assicurazione �. (2) Anche la seconda sentenza ha risposto al quesito in senso sostanzialmente conforme a quanto proposto dal Governo italiano (conforme, successivamente, la sentenza 21 giugno 1984, nella causa n. 116/83, FANTOZZI, ancora inedita). �La direttiva 24 aprile 1972 n. 72/166/CEE del Consiglio -si era osservato -stabilisce, nell'art. 2, che le sue disposizioni (con eccezione degli PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 691 Fonds de Garantie Automobile (FGA), creato per coprire d. sinistri provocati da veicoli non assicurati e per i quali il BCF non risponde. 3. -Il 19 luglio 1979 in Parigi, un autoveicolo appartenente alla Gambetta Auto era stato infatti danneggiato, mentre era in sosta, da un veicolo recante una targa d'immatricolazione austriaca, il cui conducente si era dato alla fuga. L'autorizzazione alla circolazione del veicolo austriaco era stata revocata il 9 marzo 1979, poich� il contratto di assicurazione era stato disdetto due giorni prima. Inoltre, non era stato possibile rintracciare il proprietario del veicolo. 4. -Dato .che il Tribu1nail d'instanoe del IX ar.rondissement di ~arigi aveva Tespinto la domanda di :risarcimento proposta dai1la Gambet1la, questa mterponeva appello. Tanto davanti ail T[1ibU1I1al d'1instanoe quanto davanti alla Cour d'Appel, la Gambetta si richiamava alla direttiva del Consiglio 24 aprile 1972, che mira a sopprimere, nell'ambito della Comunit�, il controllo della � carta verde � per i veicoli che � stazionano abitualmente �. in uno Stato membro -o in un paese terzo -per i quali. gli uffici nazionali di assicurazione abbiano stipulato un � accordo di garanzia�. Tale accordo � intervenuto il 16 ottobre 1972. La Gambetta artt. 3 e 4) "hanno effetto dopo che sia stato concluso un accordo fra i sei uffici nazionali d'assicurazione ai sensi del quale ogni ufficio nazionale si renda garante, alle condizioni stabilite dalla propria legislazione nazionale relativa all'assicurazione obbligatoria, per la definizione dei sinistri sopravvenuti nel suo territorio e provocati dalla circolazione dei veicoli stazionanti abitualmente sul territorio di un altro Stato membro indipendentemente dal fatto che siano assicurati o no". � La direttiva fa riferimento ad un accordo fra gli uffici nazionali di assicurazione, accordo effettivamente intervenuto il 16 ottobre 1972 e, con ambito pi� esteso, il 12 dicembre 1973, nel quale, all'art. 2, si precisa che il proprietario, il detentore e/o il conduttore del veicolo avente il suo stazionamento abituale in uno Stato e circolante in altro Stato ed ivi soggetto all'assicurazione obbligatoria della responsabilit� civile, " sono considerati come degli assicurati ai sensi della convenzione tipo fra gli uffici nazionali e come titolari d'un certificato di assicurazione in corso di validit� rilasciato dall'ufficio nazionale del paese ove il veicolo ha il suo stazionamento abituale... ". � E la convenzione tipo fra uffici nazionali, nel disciplinare tutto il sistema del certificato internazionale carta verde e i rapporti fra i vari uffici, stabilisce all'art. :1, lett. e) che la polizza assicuratrice irilasciata ad un assicurato per coprire la responsabilit� derivante dall'uso del veicolo "sar� considerata coprire esattamente le garanzie richieste dalla legge sulla assicurazione obbligatoria della responsabilit� civile autoveicoli vigente nel paese nel quale il sinistro ha avuto luogo". � L'art. 2 della direttiva, dunque, va interpretato anche alla luce di quanto previsto dall'accordo stipulato in esecuzione di essa e dalla convenzione in esso richiamata. � E il principio in materia appare essere quello che l'ufficio nazionale del paese del sinistro, nel provvedere a liquidare il danno causato da veicolo abitualmente stazionante nell'altro paese � tenuto ad agire come una delle RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO 692 ed il BCF proponevano interpretazioni opposte deHa nozione di � stazionamento abituale �: secondo la Gambetta Auto, tale nozione significava il territorio dello Stato di cui il veicolo porta la targa di immatrico! dzione, prescindendo dal se l'immatricolazione sia valida; per contro, i1l BCF che giarantiva 'l'uffiioio austriaco e che agiva per. ordine e per conto di questo, sosteneva che l'immatricolazione revocata -come nel caso di specie -andava equiparata ad una falsa immatricolazione e di conseguenza ostava all'applicazione della c:IJirettiva comunitaria, nonch� dall'accordo di garanzia stipulato fra gli uffici d'assicurazione, e rendeva imposSI�bJie nel caso di specie qua:lsiasi garan:tia deH'ufficio austriaco e quind~ del BCF. 5. -La questione soJlevata dailla Cour d'Appel di Parigi � cos� formulata: Posto che il territorio in cui un autoveicolo staziona abitualmente, ai sensi della direttiva 24 aprile 1972 del Consiglio delle Comunit� Europee, sia il territorio dello Stato in ctl1� esso � immatricolato, se si possa e si debba considerare come stazionante abitualmente in un paese la vettura peir Ia quale stia stato accertato che essa ha una targa d'immatricolazione di questo paese, qua,lora sia stato dichiarato daille autorit� competenti, che a:l!la data di tale contratto l'ammissione a:l1la ci['colazione della vett'tlra stessa era stata dei�initivame.nte annullata. imprese autorizzate all'esercizio dell'assicurazione obbligatoria sulla responsabilit� civile nello stesso paese. L'ufficio nazionale che gestisce il sinistro, cio�, � tenuto ad operare alla stessa stregua degli assicuratori nazionali e risponde, quindi, nei limiti fissati dalla propria legislazione nazionale in tema di assicurazione obbligatoria. Se per il sinistro di cui si tratta, ove causato da veicolo nazionale, le assicurazioni nazionali non risponderebbero in forza delle sole norme sull'assicurazione obbligatoria, non v'� ragione di ritenere che per il medesimo, ove commesso da veicolo estero, debba rispondere l'ufficio nazionale: e ci� perch�, appunto, per il veicolo stazionante abitualmente in altro paese non � prevista, in forza della direttiva, una posizione diversa da quella in cui si trovano i veicoli del paese del sinistro in forza dell'assicurazione obbligatoria. �La disposizione comunitaria va pertanto interpretata come riferentesi a tutto il sistema della assicurazione obbligatoria vigente in un paese, e non, in senso restrittivo, come riferentesi ai soli massimali di legge ivi previsti o ad altre condizioni particolari. � Questa conclusione, che porta -invero -a differenti risultati da paese a paese, dipende, in effetti, dalla mancata armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di assicurazione obbligatoria. Proprio per eliminare, infatti, tali incongruenze la seconda direttiva in materi~, in avanzato stato di elabo razione, prevede la inefficacia nei confronti dei terzi danneggiati di alcune clausole contrattuali che limitano attualmente l'intervento assicurativo in alcuni paesi, fra le quali quelle relative ai sinistri causati da veicoli rubati�. In tema di carta verde cfr. anche la precedente sentenza della Corte di giustizia 9 giugno 1977, nella causa 90/77, in questa Rassegna, 1977, I, 512, con nota di MARZANO, Carta verde e prestazione dei servizi dei � loss adjusters �. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 6. -La direttiva del Consliglio 24 aprHe 1972 ha posto in atto un sistema le cui caratteristiche sostanziali si trovano chiaramente illustrate nei tre ultimi considerandi: �Considerando che la soppressione del controllo della 'carta verde', per i veicoli stazionanti abitualmente in uno Stato membro e che entrano nel territorio di un altro Stato membro, pu� essere realizzata in base ad un accordo tra Li sei uffici nazionali d'assicurazione, secondo cui ogni ufficio nazionale garantirebbe, alle condizioni previste dalla legislazione, nazionale, <l'dJndenD!izzo dei dannli che comportano diiiritto a :ripanazione causati sul suo territorio da uno di tali veicoli, anche se non assicurato; considerando .che il suddetto accordo di garanzia si basa sulla presunzione che tutti gli autoveicoli comunitari che circolano nel territorio della Comunit� sono coperti da un'assicurazione, ~ che � quindi opportuno prevedere in ogni legislazione nazionale degli Stati membri l'obbligo di assicurazione della responsabilit� civile risultante da tali veicoli con una copertura valida per il complesso del territorio comunitario; che tuttavia le stesse legislazioni nazionali possono prevedere deroghe per talune persone e taluni tipi di veicoli; considerando che il regime previsto dalla direttiva potrebbe essere esteso ai veicolii stazionanti abitualmente nel territorio di un paese terzo per il quale gli uffici nazionali dei sei Stati membri abbiano concluso un accordo analogo;� 7. -L'art. 2, n. 1, del>la diTettiva dispone che dascUIIlo Staito membro si astiene dall'effettuare il controllo dell'assicurazione sulla responsabilit� civile risultante dalla circolazione di veicoli qualora questi stazionino abitualmente nel territorio di un altro Stato membro. 8. -Per i veicoH del genere di quello di cui trattasi nel caso di specie, l'art. 1, n. 4 dispone che per �territorio in cui il veicolo staziona abitualmente� va imteso �il territorio, dello Stato liin cui iil veicolo � !immatricolato �. 9. -L'art. 2 n. 2, recita: � Per quanto concerne i veicoli stazionanti abitualmente nel territorio di uno degli Stati membri, le disposizioni della presente direttiva, eccettuati gli articoli 3 e 4, hanno effetto: -dopo che sia stato concluso un accordo tra i sei uffici nazionali d'assicurazione ai sensi del quale ogni ufficio nazionale si renda garante, alle condizioni stabilite dalla propria legislazione nazionale relativa all'assicurazione obbligatoria, per la definizione dei sinistri sopravvenuti nel suo territmiio 1e provocat:Ji dia:Lla C�!rco1a:?Jione dei veicoli stazionanti abitualmente sul territorio di un altro Stato membro indipendentemente dail fatto che :siano assicurati o mo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -a decorrere dalla data fissata dalla Commissione, dopo che essa av,r� constatato, 1in stretta coMaboriazione con gH Stati memb11i, 1l'esistenza del suddetto accordo; -per la durata dell'accordo. 10. -L'art. 7, n. 2, recita: �Tuttavia i veicoli che stazionano abitualmente in un paese terzo sono consideratli. come Vleicoli stazionanti abituailmente nehla ComUJIJ1it� se gli uffici nazionali di tutti gli Stati membri si rendono garanti individualmente -ciascuno alle condizioni stabilite dalla propria legislazione nazionale relativa all'assicurazione obbligatoria -per la definizione dei sinistri sopravvenuti .nel loro territorio e provocati dalla circolazione di tali veicoli �. 11. -Il regime cos� stabilito dalla direttiva � stato esteso, con accordo complementare stipulato il 12 dicembre 1973 fra gli uffici nazionali, ai veicoli aventi stazionamento abituale nel territorio di taluni Stati terzi: la Svezia, la Finlandia, la Norvegia, l'Austria e la Svizzera, in conformit� ai principi dell'art. 7, n. 2, della direttiva; con tale accordo, stipulato per una durata indeterminata e denunciabile con preavviso di dodici mesi, gli uffici nazionali degli Stati membri si rendono garanti per la liquidazione dei sinistri sopravvenuti nel loro territorio e provocati dalla circolazione dei veicoli che stazionino abitualmente nel territorio d'uno dei summenzionati paesi terzi. L'ar~. 2, lett. b), dell'accordo dispone che sono considerati come aventi il loro stazionamento abituale in uno dei paesi indicati nell'art. l, lett. a): �i veicoli a motore che vi sono !immatricolam �. A complemento della direttiva del 24 aprile 1972, va menzionata la seconda decisione della Commissione 6 febbraio 1974, n. 74/167, relativa all'applicazione della summen:zfonata direttiva del Consiglio (G.U. n. L. 87, pag. 14), la quale fissa al 15 maggio 1974 la data in cui �ciascun Stato membro si astiene dall'effettuare il controllo dell'assicurazione responsabilit� civile risultante dalla circolazione dei veicoli che stazionano abitualmente nel territorio della Svezia, della Finlandia, della Norvegia, dell'Austria e della Svizzera, come previsto dalla convenzione stipulata dagli uffici nazionali d'assicurazione il 12 dicembre 1973 � (art. 1). 12. -Davanti alla Corte, il BCF ha detto di dover sostenere una tesi diversa da quella gi� svolta dinanzi ai giudici fr.ancesi, ed ha fatto proprio l'assunto della Gambetta Auto secondo cui il veicolo dli cui trattasi aveva il proprio � stazionamento abiituale � in Austria, ai sens�i de1Ua direttiva. Il Governo italiano e la Commissione hanno proposto la stessa interpretazione. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 695 13. -Va ricordato che la direttiva mira ad abolire il controllo della carta verde a11a ,frontiera. A questo pTOposito � indiispensablitle che fo Stato di stazionamento sia facilmente identificabile, il che viene garantiw dal rilascio d'una targa d'immatricolazione. Infatti, pretendere che tale targa sia tuttavia valida equivarrebbe a sostituire al controllo della carta verde il controllo sistematico dell'immatricolazione, rendendo la direttiva praticamente inefficace. 14. -Ne consegue che, ai fini dell'applicazione della direttiva del Consiglio, il. veicolo recante questa targa va considerato come 1stazionante nel territorio d'immatricolazione, anche se l'autorizzazione a servirsene � stata nel frattempo revocata. 15. -Per i motivi sopra esposti, la questione sollevata dal giudice a quo va quindi risolta nel senso che il veicolo il quale rechi una targa regolarmente rilasciata dev'essere considerato come stazionante, ai sensi della direttiva n. 72/166, nel territorio dello Stato d'immatricolazione, anche se all'epoca di cui trattasi l'autorizzazione ad usare il veicolo era stata revocata (omissis). II (omissis) 1. -Con sentenza 22 febbraio 1983, pervenuta alla Corte il 22 aprile seguente, la Cour de cassatJion francese ha proposto, a 111orma dell'iart. l77 del Trnttato CEE, UIIla questione ;pregiudiziale irelrativa all'dnterpretJamone dehl'airt. 2, 111. 2, deilJ.a direttiva del Consiglio 24 apri.iLe 1972, n. 72/166, ooncenne:nte i[ :mvvioinamento delle leg;is1a2iiO'rl!i degld Stati membri in m0Jteria di assiclllI'azione della �responsabdldt� civiJe cis~tanre dalla circolazione di autoveicoli e di controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilit� (G.U. 111. 103, pag. 1). 2. -Detta questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia fra il Bureau centrai fran�ais des socd�t�s d'assurance contre les accidents d'automobile (BCF) ed il Fonds de Garantie Automobile (FGA), istituito per �oprire i sinistri provocati da autoveicoli non assicurati e per i quali iii BCF non risponde. 3. -Il BCF � uno degli uffici nazionali istituito nell'ambito del sistema dehla carta internazionale di assicurazione (�carta verde�). Una delle particolarit� del sistema � che esso si basa su accorcli di diritto privato conclusi bilateralmente tra gli uffici nazionali d'assicurazione, in base ad un modello detto � convenzione tipo tra uffici �. In forza dei suddettii accordi, ciascun ufficio nazionale si impegna a definire, nel proprio paese, i sinistri causati dagli autoveicoli immatricolati negli altri paesi membri, mUIJliti. della carta verde, e a rimborsare gli uffici esteri che hanno definito i sinistri provocati da autoveicoli assicurati nel proprio paese. RASSEG1\A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. -Il 18 luglio 1976, presso Fontvieille (Bouches du Rh�ne, Francia), un'autovettura con targa tedesca entrava in collisione con un autoveicolo immatricolato in Francia. 5. -Il proprietario dell'autoveicolo francese citava dinanzi al Tribuna! de grande instance di Tarascona per il Pisarcimento dei danni un certo sig. Buchwieser, che dopo l'incidente si era presentato alla gendarmeria come proprietario dell'autovettura tedesca, ma successivamente si era reso irreperibile, e il BCF, invocando un accordo concluso il 7 ottobre 1972 tra gli uffici nazionali in base all'art. 2, n. 2, della direttiva n. 72/166. 6. -Nel corso del procedimento diina1nzi ail suddetto Tribunale risulrtava che til veicolo tedesco era stato rubato e, di COIIlseguenza, cancellato dal registro automobilistico della Repubblica federale di Germania. 7. -Di conseguenza, il BCF si richiamava all'art. 2, n. 2, della direttiva n. 72/166, a tenore del quale l'ufficio nazionale si rende garante per la definizione dei sinistri solo � alle condizioni stabilite dalla propria legisla2lione nazionale relativa all'assicurazione obbligatoria�. Poich� il vieicolo di cui watJtasi era stato rubato e la normatiWl francese esdude dall'assicurazione obbligatoria la responsabilit� del detentore o del conducente non autorizzato, il BCF sosteneva di non essere tenuto a risarcire il proprietario dell'autovettura francese. 8. -fil Tribuna! de grande dnstanoe di Tarascona, dopo aver iinV'itJato, con sentenza interlocutoria, il FGA ad intervenire nel procedimento, respingeva, con sentenza 9 febbraio 1979, la domanda di risarcimento nei contronti del BCF, tenuto conto della lettta�a dell'art. 2, n. 2, della direttiva n. 72/166 e della normativa francese, e dichiarava che l'ente che ,, doveva risarcire l'attore non poteva essere che il FGA. 9. -Il FGA interponeva appello contro questa sentenza dinanzi alla Com d'appel di A!iX.,fill�ProV'ellce, i1a qualle, con sentenza 6 lug]Jio 1981, affermava che il BOF doveva assumersi l'onere del risarcimento poich�, nell'art. 2, n. 2, della direttiva n. 72/166, il riferimento alle � condizioni stabitlitJe dailla propria 1egis!.a:ziione !llazionailie � concerne '1a dJef�iini:ziione dei sinistri e non l'assiicura:ziione e, di conseguenza, 11.1iguarda solo rul masSI�male dell'assicurazione obbligatoria, fissato, all'epoca, in un milione di franchi per i danni materiali. 10. -Adita dal BCF, La Cour de cassation, con sentenza 22 febbraio 1983, ha chiesto alla Corte di giustiziia di pronunciarsi in via pregiudiziale �sul significato dell'espressione condizioni stabilite dalla propria legislazione nazionale relativa !lll'assicurazione obbligatoria di cui all'art. 2, n. 2, della direttiva 24 aprile 1972, e sulla questione se un vei,~ ~ l ~ f j PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE colo dichiarato fuori circolazione in uno Stato della Comunit� Economica Europea in cui era stato immatricolato possa essere considerato come ancora stazionante abitualmente nel suddetto Stato con riguardo all'art. l, n. 4, della direttiva 24 aprile 1972 �. 11. -La direttiva del Consiglio 24 aprile 1972 ha istituito un sistema le cui carattel'�stiche essenziali sono chiaramente esposte negli ultimi considerandi: � considerando che la soppressione del controllo della ' carta verde ', per i veicoli stazionanti abitualmente in uno Stato membro e che entrano nel territorio di un altro Stato membro, essere realizzata in base ad un accordo tra i sei uffici nazionali d'assicurazione, secondo cui ogni ufficio nazionale garantirebbe, alle condizioni previste dalla legislazione nazionale, l'indennizzo dei danni che comportano diritto a riparazione, causati sul suo territorio da uno di tali veicoli anche se non assicurato; considerando che il suddetto accordo dii garanzia si basa sulla pres�nzione che tutti gli autoveicoli comunitari che circolano nel territorio della Comunit� 1sono coperti da U1I1'assicura7li0111e e che � qumdii opportuno prevedere !in ogni legislazione nazionale degli Stati membri l'obbligo di assicurazione della responsabilt� civile risultante di tali. veicoli con una copertura valida per il complesso del territorio comunitario; che tuttavia le stesse legislazioni nazionali possono prevedere deroghe per talune persone e taluni tipi di veicoli; considerando che il regime previsto dalla direttiva potrebbe essere esteso ai veicoli stazionanti abitualmente nel territorio di un paese terzo per il quaile gli uffici nazionali dei sei Stati membri abbiano concluso un �accordo analogo �; 12. -L'art. 2, n. l, della direttiva dispone cbe ogni Stato membro Sii. astiene daill'effettuare il controllo dell'assicurazione della responsabilit� civile risultante dalla circolazione di veicoli qualora questi stazionino abitualmente nel territorio di un altro Stato membro. 13. -Per i veicoli del genere di cui trattasi nella fattispecie, l'art. 1, n. 4, stabilisce cbe per � territorio in cui il veicolo staziona abitualmente � bisogna inroendere �il terr1tooio del!lo Stato I�iil cUI� llil veioolo � immatricolato�. 14. -In conformi1t� a questa dirett1h~a, \neniv.a 1stipu1Iata il 16 ottobre 1972, una 00Il\nen7lione complementare foa uffiloi nazionali (sopm mOOZJionata). Uart. 2, :Lett. a), dii questa con\nen7J�OI11e cos� dispone: Qualora un autoveicolo abitualmente stazionante in uno Stato il cui ufficio � firmatario della presente convenzione venga messo in circolazione nel territorio di un altro Stato firmatario, membro della CEE, ed dw assoggettato iaJl'assicuriazi0111e obbligait:ori.a die11a responsabilit� ciwie in vigore in quest'ultimo Stato, il proprietario, il detentore e/o il con RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO <lucente sono considerati assicurati ai sensi della convenzione tipo tra uffici e titolari di un certificato di assicurazione in corso di validit� rilasciato dall'ufficio del paese in cui il veicolo staziona abitualmente, dndipendentemente dal fatto chre siano o no effettivamente titoLaTli di un certificato in corso di validit�. Per quanto riguarda la convenzione tipo tra uffici, l'art. l, lett. e), precisa che: Indipendentemente dai termini della polizza, quest'ultima sar� considerata coprire esattamente le garanzie richieste dalla legge sull'assicurazione obbligatoria degli autoveicoli del paese in cui il sinistro ha avuto luogo e niente pi�; queste garanzie rimangono assoggettate alle condizioni e alle limitazioni che detta polizza contiene e che sono consentite dalla legge. Sulla prima parte della questione. 15. -La prima parte della questione si risolve, in definitiva, nel chiedere se la garanzia che ogni ufficio nazionale deve fornire riguardi la definizione dei sinistri provocati nel suo territorio da autoveicoli abitualmente stazionanti nel territorio di un altro Stato membro, in base alle norme sull'assicurazione obbligatoria in vigore nello Stato in cui esso esercita la sua attivit� o in base a qualsiasi altra disposizione che non tenga conto dei casi di esclusione dell'assicurazione contemplati dalla normativa di questo Stato. 16. -Il BCF, il FGA e il Governo francese sostengono che la direttiva � intesa a consentire la libert� di circolazione, nell'intera Comunit�, degli autoveicoli assicurati in uno Stato membro. A loro avviso, tenendo conto di eventuali massimali di responsabilit�, l'ufficio dello Stato in cui si � verificato l'incidente deve considerare l'autoveicolo assicurato contro qualsiasi eventuale sinistro quando l'assicurazione sia obbligatoria per gli autoveicoli di questo tipo in questo Stato. La domanda di risarcimento dei danni causati da un sinistro non potrebbe essere respmta din base ad esruraiOnJi 'specifiche de11'1assicu11azione obbligatori.a contemplate dalla legge nazionale. L'ufficio incaricato della definizione pagherebbe e recupererebbe la somma corrispondente nello Stato in cui il veicolo staziona abitualmente presso l'ufficio corrispondente, se il veicolo � assicurato, o presso il fondo di garanzia se non lo �. 17, -Dinanzi alla Corte di giustizia il BCF ha espresso un punto di vista diverso da quello difeso dinanzi al giudice nazionale. Esso fa presente che, nell'ambito di una controversia davanti ai giudici nazionali, l'ufficio del paese in cui si � verificato il sinistro � .in pratica costretto a sostenere la tesi dell'ufficio nazionale del paese di origine dell'autoveicolo, per conto del quale agisce. Per contro, qualora la Corte PARTE I, SI.Z. II, Glt;RIS. CO.MCNITARIA E 11'TERNAZIONALE 699 di giustizia venga adita con una domanda d'interpretazione, esso potrebbe adottare una posizione imparziale tenendo conto degli interessi delle Comunit� e dell'interesse delle vittime di sinistri causati da autoveicoli immatricolati regolarmente o no, rubati o no, in Stati membri o aderenti. 18. -Esso fa presente che in ogni Stato membro esistono un ufficio nazionale ed un ente di garanzia. In ciascun paese vigerebbe la garanzia di copertura integrale dovuta in base ad obblighi congiunti e complementari degli assicuratori e dell'ente di garanzia. Infatti, qualora la legge nazionale dell'ufficio gestore (ufficio del paese in cui � avvenuto il sinistro) contenga talune clausole di esclusione, l'ente di garanzia del paese di stazionamento si sostituirebbe all'assicuratore quando queste clausole si applicano. L'abbinamento obbligo di garanzia dell'assicuratore/ obbligo di garanzia del fondo di garanzia, sarebbe presente in ciascuna normativa e costituirebbe un tutt'uno che consentirebbe alla vittima di essere garantita in ogni caso. Secondo la logica del sistema, l'ufficio nazionale del paese di stazionamento dell'autoveicolo definirebbe tutti i sinistri causati all'estero da questo autoveicolo e ripeterebbe dal suo ente di garanzia le somme pagate in mancanza di copertura assicurativa. L'ufficio gestore non disporrebbe, in proposito, di alcun margine di discrezionalit�. Istituendo una presunzione assoluta di assicurazione, la direttiva non consentirebbe un'interpretazione diversa. 19. -Infatti, prosegue il BCF, il progetto di direttiva presentato al ConsigHo il 24 giugno 1970 (G. U. n. 105, pag. 17) stabiliva, all'art. 4, che in assenza di assicurazione ciascuno Stato incarica un ente di accollarsi l'onere finale dei sinistri causati all'estero da veicoli immatricolati in questo Stato. Successivamente, qualsiasi riferimento ad enti. del paese di origine incaricati di accollarsi l'onere dei sinistri sarebbe scomparso dalla direttiva assieme all'art. 4 del progetto, senza che, in pratica, la soluzione cambiasse. Infatti, il Parlamento Europeo avrebbe ritenuto inopportuno l'art. 4, che non indicava chiaramente l'ente cui si riferiva, mentre l'inclusione di quest'ultimo nel sistema avrebbe potuto falsare il funzionamento degli accordi tra uffici. 20. -Il BCF aggiunge che anche il Comitato Economico e Sociale propose di sopprimere l'art. 4 del progetto per evitare qualsiasi allusione all'intervento del fondo di garanzia. Il Comitato avrebbe cos� spiegato il suo atteggiamento: �Comunque gli accordi tra gli uffici nazionali garantiscono l'assunzione in carico, da parte dell'ufficio del paese in cui avviene l'incidente, dei danni subiti dalle vittime d'incidenti; la somma pagata da quest'ul RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO timo ufficio viene rimborsata dall'ufficio del paese d'origine del responsabile dell'incidente. In caso di non assicurazione tale ufficio cercher� di trovare, ove fosse necessario, le modalit� pi� appropriate per ricuperare la somma versata�. 21. U Goviel1Ilo deLla Repubblica f~anoese osserva che iJ sistema istituito dalla direttiva si basa su un principio fondamentale secondo cui il paese che chieda l'entrata dei suoi autoveicoli nel territorio di un altro Stato membro senza controllo della. carta verde deve assumere a proprio carico le conseguenze che possono derivarne ed in particolare le conseguenze dei sinistri che autoveicoli recanti la sua targa potrebbero causare in un altro Stato membro, anche se non fossero autorizzati a circolare in quanto non assicurati. Come contropartita dell'obbligo dello Stato membro ospitante di astenersi dal controllo della carta verde, la direttiva avrebbe imposto obblighi correlativi agli Stati membri di stazionamento. U ipll.'\imo, 1stabil�to daill'airrt. 3, oonsisterebbe neill'adottare �tutte le misure necessarie affinch� la responsabilit� civile relativa alla circolazione dei veicoli che stazionano abitualmente nel suo territorio sia coperta da un'assicurazione � e affinch� � il contratto di assicurazione copra anch!'! i danni causati nel territorio degli altri Stati membri, secondo la legislazione in vigore in questi Stati �. Il secondo, stabilito dall'art. 4, consisterebbe, qualora uno Stato membro intenda deirogare, nei Jimiti def�illlitii dallo stesso art. 4, 1al 1� comma, lett. a), all'art. 3, nell'adotttare i provvedimenti idonei al fine di garantire il risarcimento dei danni causati nel territorio degli altri Stati membri da veiiooli che non fossern assoggiettiatii ai1l'obbhlgo di assicurazione. 22. -L'interpretazione suggerita dal Governo francese avrebbe ispirato l'elaborazione delle norme francesi vigenti in materia, ed in particolare delle disposizioni relative all'intervento del Fonds de garantie. La legge 21 dicembre 1972, destinata a trasporre la direttiva nel diritto francese, avrebbe esteso la competenza territoriale dell'ente suddetto, al fine di consentirgli di assumere a proprio carico il risarcimento di danni relativi ad incidenti causati all'estero da autoveicoli' immatricolati in Francia e non assicurati, in quanto a questo risarcimento abbia previamente provveduto l'ufficio nazionale del paese in cui si � verificato l'incidente. Correlativar:nente, il Fonds de garantie sarebbe stato esonerato dall'intervenire a favore delle vittime di incidenti causati in Francia da veicoli non assicurati e immatricolati in uno Stato membro della Comunit�. 23. -Dal canto loro, i Governi italiano e britannico e la Commissione sono del parere che la direttiva possa essere interpretata solo nel senso che le domande di risarcimento di dam1i causati da autoveicoli ~ li PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE provenienti da altri Stati membri devono essere trattate alla stessa stregua delle domande relative ad autoveicoli coperti da assicurazione obbligatoria nello Stato dell'ufficio incaricato della definizione. Questa interpretazione sarebbe peraltro conforme alla convenzione tipo tra uffici �ed� alla convenzione complementare, sopra menzionate. 24. -Bisogna rilevare come dal settimo considerando della direttiva risulti che la soppressione del controllo della carta verde � contemplata solo subordinatamente alla conclusione, tra gli uffici nazionali di assicurazione, di un accordo secondo il quale ciascun uffic;io nazionale garantisca, alle condizioni stabilite dalla legislazione nazionale, l'indennizzo per i danni che comportano diritto a riparazione, causati nel suo territorio da un veicolo abitualmente stazionante in un altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che sia assicurato o no. 25. -In conformit� a questo considerando, l'art. 2, n. 2, della direttiva stabilisce che le disposizioni pertinenti della direttiva hanno effetto: � dopo che sia stato concluso un accordo tra i sei uffici nazionali d'assicurazione ai sensi del quale ogni ufficio nazionale si renda garante, alle condizioni stabilite dalla propria legislazione nazionale relativa all'assicur~one obbligatoria, per la definizione dei sinistri sopravvenuti nel suo territorio e provocati dalla circolazione dei veicoli stazionanti abitualmente sul territorio di un altro Stato membro indipen, dentemente dal fatto che siano assicurati o no �. 26. -La direttiva ha pertanto l'effetto di equiparare qualsiasi veicolo abitualmente stazionante nel territorio di un altro Stato membro ad un veicolo debitamente assicurato, alle condizioni stabilite dalla legi~ lazione nazionale dello Stato del sinistro, al momento in cui il sinistro � avvenuto. ll fatto che la direttiva contempli tale conseguenza, indipendentemente dal se i veicoli � siano assicurati o no �, sta ad indicare che il controllo alla frontiera non deve concernere la validit� dell'assicura2i�one per quanto riguarda Ja persona che ha :la responsabiHt� dei veicolo al momento dell'attraversamento della frontiera nazionale, e, a maggior ragione, durante la permanenza nel territorio nazionale. 27. -Nell'ottavo considerando della direttiva si dichiara che l'accordo di garanzia tra gli uffici � basato sulla presunzione che qualsiasi autoveicolo comunitario che circoli nel territorio della Comunit� sia coperto da assicurazione. In conformit� a questo principio, la direttiva non contempla l'intervento dei vari fondi di garanzia, ma solo quello dell'ufficio nazionale di ciascuno Stato membro. Quest'ufficio deve provvedere al risarcimento, rivolgendosi all'ufficio dello Stato membro di immatricolazione per ottenere il rimborso delle somme erogate. In man RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO canza di assicurazione, l'ufficio del paese di stazionamento pu� rivolgersi a sua volta al fondo di garanzia dello stesso paese. 28. -Ne consegue che, per ogni veicolo al quale si applica la direttiva, l'ufficio nazionale dello Stato membro in cui � avvenuto il sinistro si rende garante per la definizione dei sinistri che devono essere coperti dall'assicurazione obbligatoria di questo paese, nei limiti e alle condizioni stabilite dalla propria legislazione nazionale, indipendentemente dal fatto che il conducente sia o no coperto da un'assicurazione. 29. -In base a queste oonsddera2iion1i, fa piiima parte della questione sollevata dal giudice a quo va risolta come segue: l'espressione � alle condizioni stabilite dalla propria legislazione nazionale relativa all'assicurazione obbligatoria�, di cui all'art. 2, n. 2, della direttiva n. 72/166, dev'essere interpretata nel senso ch'essa si riferisce ai limiti e alle condizioni della responsabilit� civile che si applicano all'assicurazione obbligatoria, fermo restando che il conducente del veicolo al momento in cui il sinistro si � verificato � considerato coperto da un'assicurazione valida in conformit� a detta legislazione. Sulla seconda parte della questione. 30. -Per i motivi esposti nella sentenza della Corte (Prima Sezione) nella causa 344/82 (Gambetta), la seconda parte della questione va risolta nel senso che il veicolo il quale rechi una targa regolarmente rilasciata dev'essere considerato stazionante abitualmente, ai sensi della stessa direttiva, nel territorio dello Stato d'immatricolazione anche se all'epoca di cui trattasi l'autorizzazione ad usare il veicolo era stata revocata, indipendentemente dal fatto che la revoca dell'autorizzazione renda l'immatricolazione invalida o ne implichi la revoca. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 21 febbraio 1984, nella causa 202/82 � Pres. Mertens de W.ilmars . Avv. Gen. Mancini Commissione delle C.E. (ag. Wagenbaur) c. Repubblica francese (ag. Guillaume e Botte) � Interv.: Governo italiano (avv. Stato Bragug1ia). Comunit� Europee � Libera circolazione delle merci . Paste alimentari Presenza di grano tenero � Controlli. (Trattato CEE, art. 30). L'applicazione, da parte della Repubblica francese, alle paste alimentari importate, fabbricate esclusivamente con semola di grano duro e legalmente messe in commercio in un altro Stato membro, di un metodo 703 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE di controllo del tenore di giano tenero presente nel prodotto diverso da quello adottato nello Stato esportatore ma ugualmente affidabile, non costituisce ostacolo all'importazione del prodotto (1). (omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 19 agosto 1982, la Commissione del:le Comunit� Europee ha presentato, in forza dell'art. 169 del Tmttato CEE, un ricorso diretto a far constatare che la Repubblica francese, appldcando alle paste alimentar.i importate prodotte esclusivamente con grano duro un metodo per la determinazione del tenore di grano :tenero, nonch� tolleranze circa la presenza di grano tenero, atti a costituire ostacoli aHe importazioni, � venuta meno agli obblighi che ad essa :incombono in forza deH'art. 30 del Trattato CEE. 2. -Il ricorso della Commissione :rtiguarda ostacoli che la Francia frapporrebbe all'importazione delle paste alimentari legalmente prodotte e messe in commercio in Italia. Le leggi di entrambi questi paesi presentano la caratteristica comune per cui le paste alimenta11i debbono essere prodotte esolusiv�amente con grano duro ed � vietato produrve o mettere in commercio paste alimentari contenenti grano tenero. Il ricorso della Commisisone non si riferisce a questo divieto, in ordine al quaile � pacifico che esso non crea ostacoli all'importazione per le paste alimentari legalmente prodotte e messe in commercio in Italia, ma alle norme adot� tate in Francia per garantire il rispetto del dfrieto stesso. (1) Il Governo italiano � intervenuto nella causa a sostegno della Repubblica francese, anche in consideraziollle della rilevanza di massima del problema relativo alla diversit� dei controlli. Precisato, innanzitutto, che in Italia la pasta alimentare contenente grano tenero non pu� considerarsi legialmelllte prodotta o messa in consumo, e che di � toUeriamza � della presenza di una minima percentuale di g:mno tenero pu� parlairai solo �lll quanto questa sia conseguente ad una impurit� naturale della semola dd grano duro, a fronte della quale, in consideI1aZione deUa manoanza di dolo del produttore, il fatto � ritenuto non punibile, il Governo italiano ha ritenuto che, in via generale, non pu� imporsi che il controllo del rispetto delle norme sostanZJ�alii vigenti nel paese esportatore sia operato dal paese importatore secondo i metodi di analisi apphloati nel primo paese. Gi� in altre occasioni la Corte (senrtenza 30 settembre 1975, nelle cause riunite 89/74, 18 e 19/75, ARNAUD, in Racc., 1975, .1023, e nelle cause niunite 10-14/75, LAHAILLE, ib., 1053) aveva dmplicitamente riconosciuto il principio secondo cui, in mancanza di un metodo di analisi comune, il paese !importatore pu� legittimamente apphloare il proprio metodo di analisi. Per una questJione relativa allo scarto fra il prezzo d'entrata del grano duro e quello del grano tenero �e i r.iflessd sul meroaito delle paste allinentari cfr. la sentenza della Corte 17 dicembre 1981, nelle cause 197..200, 243, 240 e 247/80, in questa Rassegna, 1982, I, 256. Per un'altra quesitdone :rielativa all'applicazione di importi compensativi monetari sulle paste alimenillari in considera2lione di una :ttitenuta perturbazione del mercato per iil grano duro, cfr. la sen� tenza della Corte 10 maggio 1979, nella causa 12/78, ITALIA c. COMMISSIONE, ibidem, 1979, I, 402. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU..O STATO 3. -Sia le autorit� francesi che quelle italiane hanno adottato un metodo ufficiale di analisi che consente di rivelare la presenza di grano tenero nelle paste. Il metodo francese, detto � di Montpellier >>, e il metodo italiano, �letto � di Resmmi >>, si differenziano quanto ai particolari ma si basano entrambi sull'identificazione di una proteina contenuta solo nel grano tenero; ogni campione in cui si pu� ritracciare la presenza di tale proteina contiene necessa:riamente grano tenero. 4. � La Commissione ha asserito che la disparit� fra i due metodi di controllo � tale da creare un ostacolo all'importazione delle paste italiane legalmente prodo1Jte e messe in commercio in ItaHa. Secondo la Commissione, si deve presumere che le merci fabbricate in un a:ltro Stato membro siano state legalmente prodotte e messe in commercio e sullo Stato membro importatore che intenda vietare la i,nessa in commercio deHa merce stessa incombe l'onere di dimostrare il contr.ario basandosi sulle norme sostanziali di conrt:roHo vigenti nello Stato membro� produttore. La Commissione ha anche espresso dubbi suH'affidabilit� del metodo francese e sulla sua corretta applicazione da parte dei laboratori specializzati in Francia. 5. -La tesi principale della Commissione va respinta. Appare chiaramente infatti che l'importazione in Francia deile paste alimentari italiane interamente pro<!otte con grano duro non � soggetta ad ostacoli in quanto dai risultati di qualsiasi anailisi effettuata dail servizio francese cli repressione delle frodi pu� soltanto essere confermata l'assenza di grano tenero. Inoltre, anche se l'art. 30 obbliga gli Stati membri, a contribuire attivamente, a determinate condizioni, alla libera circolazione delle merci legalmente prodotte e messe in commercio in altri Stati membri -in particolare prendendo in considerazione i certificati rilasciati dalle 'competenti autorit� degli altri Stati membri -tale obbligo non aniiva al punto di costringerli ad effettuare controlli secondo i metodi stabiliti dalle :leggi degli aHri Stati membri. Tale obbligo comporterebbe la necessit� di dotarsi dell'ulteriore apparecchiatura corrispondente e di personale specializzato. Questa soluzione, dispendiosa sul piano economico, non presenta a.Jc.un interesse per il rispetto della libera circolazione delle merci, in particolare quando quest'ultima pu� essere efficacemente garantiita da altri strumenti. 6. � Per quanto concerne i dubbi espressi dalla Commissione riguardo all'affidabiilit� del metodo francese e alla sua corretta applicazione, dai chiarimenti forniti dal Governo francese e dal Governo italiano, inter� venuto a sostegno delle conclusioni di questo, risulta che lo scopo dei due metodi consiste nel rivelare la presenza di grano tenero neHe paste e non, principalmente, nell'accertare la percentuale esatta di questo in PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE un determinato campione. I due metodi appaiono sotto questo �profihlo ugualmente affidabili di talch� le leggere differenze che possono per il resto distinguerli non present�no interesse nell'ambito del presente ricorso. Sembra inoltre che la soluzione proposta dalla Commissione comporterebbe risultati meno sicuri di quelli che risultano dahla s�ituazione attuale in qu�nto il personale incaricato del controllo mancherebbe di esperienza per impiegare il metodo in vigore negli altri_ Stati membri. 7. � La Commissione ha sostenuto infine che le autorit� francesi sarebbero p�� severe in materia di tolleranze ammesse rispetto alle autorit� italiane. Cos�, l'Italia ammetterebbe in pratica la presenza del 7% di grano tenero, limite al disotto� del quale un operatore non sarebbe perseguito o, quanto meno, non sarebbe condannato, mentre in Francia la tolleranza sarebbe solo del 4%. 8. -Va constatato che questa censura della Commissione non � stata provata. Dai chiarimenti dei Governi francese e italiano risulta che la situazione piuttosto � inversa, nel senso che le tolleranze applicate in Itailia sono attualmente pi� rigide di queHe vigenti in Francia. 9. -D'altronde, in quanto non � staito n� provato n� sostenuto che un divieto di importare paste contenenti grano tenero sarebbe contrar.io al diritto comunitario, non pu� ritenersi che prassi amministrative o giudiziarie repressive delle infrazioni a tale divieto rientrino nell'ambito di applicazione del diritto comunitario, almeno in mancanza di un trattamento discriminatorio nei confronti delle importazioni. 10. -Risulta dal complesso delle considerazioni svolte che il riicorso deHa Commissione va respinto (omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 27 marzo 1984, <neMa causa 50/83 -Pres. ff. Koopmains -Avv. Gen. Slynn -Commissione delle C.E. (ag. Prozzillo) c. Repubblica Italiana (avv. Stato Ferri). Comunit� Europee -Libera circolazione delle merci � Misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione � Autobus usati -Controlli � Limiti. (Trattato CEE, artt. 30 e 36; direttiva del Consiglio 29 dicembre 1976, n. 77/153/CEE; decreti ministeriali 10 luglio 1980 e 14 dicembre 1982). Le autorit� italiane, ove ritengano -ai fini dell'immatricolazione di un autobu.t; la cui costruzione risale ad oltre sette anni -di dover non soltanto sottoporre il veicolo a visita e prova ma anche conoscere i suoi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DFJ..LO STATO precedenti tecnici per il periodo durante il quale il veicolo ha circolato in un altro Stato membro, possono richiedere la presentazione degli atte� stati tecnici da esse ritenuti necessari. Spetta alle autorit� italiane, in questo caso, valutare tali attestati quando essi non rientrino nelle previ� sioni della diretti1,a del Consiglio 29 dicembre 1976, n. 77/143/CEE. Esse non possono per� riifiutare puramente e semplicemente di ammettere a visita e prova per l'immatricolazione tutti gli autobus costruiti da oltre sette anni ed importati da un altro Stato membro. (omissis) 1. -Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 29 marzo 1983, l~ Commissione delle Comunit� Europee ha proposto, a norma dell'art. 169 del trattato CEE, un ricorso diretto a far constatare che la Repubblica italiana, vietando l'imporllazione di autobus usati, pro� venienti da un altro Stato membro, la cui data di costruzione sfa :anteriore al settimo anno antecedente a quello della richiesta di visita e prova, � venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell'art. 30 del Trattato CEE. 2. -Importa innanzitutto circosc11ivere l'oggetto del ricorso dato che nel parere motivato emanato a norma dell'art. 169, primo comma, del Trattato non si contesta alla Repubblica italiana il fatto di avere vietato l'importazione di vecchi autobus, ma di aver vietato "l'immatricolazione di autobus usati provenienti dall'estero la cui data di costruzione sia anteriore al settimo anno antecedente a quello della richiesta di visita e prova�. 3. -La Commissione fonda il proprio ricorso esclusivamente sull'arti� colo 1 del decreto ministeriaJe italiano 10 luglio 1980 (G.U.R.I. n. 191, del 14 luglio 1980) che stabilisce che �non sono ammessi a visita e prova per l'immatricolazione, gH autobus usati provenienti dall'estero, la cui data di costruzione accertata sia anteriore al settimo anno antecedente �::t quello defila il"ichilesta di vi:siita 1e prov,a �. La Commissione stessa ha d'altronde riconosciuto che il ricorso non riguarda l'importazione di autobus usati destinati non ad essere immatricolati ma ad essere utilizzati ad altri scopi, ad esempio come rottami. 4. �-Ne consegue che dl ricorso pu� 1essere �esaminato solo iin quanto inteso a far dichiarare che Ia Repubblica italiana � venuta meno ai propd obblighi non ammettendo alla visita e prova ai fini dell'immatricolazione gli autobus, costruiti da oltre sette anni, provenienti dagli altri Stati membri. 5. -Quanto al merito, la Commissione sostiene che l'art. 1 del precitato decreto ministeriale del 1980 costituisce, nella misura in cui concerne gli autobus importati da altri Stati membri, una misura di effetto equi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE valente ad una restrizione quantitativa alle importazioni ai sensi dell' 1art. 30 del Trattato. 6. -La non ammissione di questi autobus alla visita e prova per la immatricolazione renderebbe infatti impossibile la loro importazione in Italia al fine di una loro utilizzazione come autobus adibiti al trasporto su strada mentre gli autobus gi� immatricolati in Italia potrebbero continuare a circolare anche oltre sette anni datlla loro data di costruzione. 7. -Nel controricorso, il Governo italiano ricorda di aver gi� preannunciato, durante la fase precontenziosa, il suo intendimento di modificare la norma di cui � causa, in modo da elimjnare la disparit� di trattamento tra autobus nazionale e autobus importati. A tal fine, il decreto ministeriale 10 luglio 1980 sarebbe stato nel frattempo sostituito dal decreto ministeriale 14 dicembre 1982 (G.U.R.I., n. 6, del 6 gennaio 1982), iil cui art. 1 dispone in maniera generale che gli autobus la cui costruzione sia anteriore al settennio non sono ammessi a visita e prova per la prima immatricolazione in Italia. 8. � La Commissione contesta l'affermazione secondo cui .il decreto ministeriale del 1982 ha equiparato nel trattamento i prodotti nazionali e quelli importati. Si tratterebbe di un'identit� di trattamento puramente formaile, dato che, WJJi. autobus �mportatJi. debbono, di norma, 1esse11e sottoposti alla procedura di immatr>icolazione. Se il Governo italiano ritenesse veramente che gli autobus usati costituiscono un pericolo per la sicurezza de1la iaircola:zllone, dov11ebbe vietarne ['utilizzazione rundipendentemente dalla loro provenienza. 9. -Questi argomenti della Commissione debbono essere accolti. Un regime in base al quale gli autobus importati, costruiti da oltre sette anni, sono sogget1Ji a divieti o a restrizioni da non applicare agli autobus gi� utilizzati sul territorio nazionale costituisce un ostacolo agli scambi intracomunitari vietato dall'art. 30 del Trattato. 10. -Il Governo italiano sostiene tuttavia che, comunque, iil regime contestato � giustifioato in for2la dell'art. 36 del T1rat1Jato. I decreti min!�steriali del 1980 e del 1982 sarebbero stani ispirati da preoccupazioni inerent~ esclusivamente alla sicurezza della circolazione. Tenuto conto dell'impiego degli autobus ai fini del trasporto di persone, la sicurezza tecnica di tali veicoli sarebbe un requisito essenziale per la prevenzione degli incidenti e per la salvaguardia della vita delle persone. 11. -Queste stesse preoccupazioni farebbero comprendere perch� un regime meno severo sia applicato agli autobus aventi oltre sette anni che s�iamo gi� stati uitildzzati sul termto11io italiano. Infatti, Li serviizi tecil!i:ci 708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEI.LO STATO incaricati dei controlli tecnici sugli autoveicoli potrebbero rintraco.i�re i precedenti tecnici del veicolo interessato nel caso in cui lo stesso sia immatricolato in Italia, in particolare, grazie alle attestazioni di controllo rilasciate regolarmente per i veicoli gi� immatricolati. Mancherebbero elementi tecnici analoghi per quanto riguarda i veicoli importati. 12. -Al riguardo, va innanzitutto constatato che nell'attuale fase di sviluppo del diritto comunitario, spetta agli Stati membri garantire Ia sicurezza della circolazione sul loro territorio e istituire i controlli tecn�ici da essi ritenuti necessari a tal fine. Perch� tali controlli possano giustifioare eventuali ostacoli all'importazione, bisogna tuttavia ch'essi siano necessari per raggiungere lo scopo perseguito. 13. -La Commissione ha ricordato che attualmente la materia � disciplrinata dalla direttiva del Consi!W.io 29 dicembre 1976, n. 77/143, concernente il ravvicinamento delle legisfa~ioni degli Stati membri relative a:l controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (G.U. n. L 47, pag. 47). Contemplando l'obbligo di sottoporre i veicoli a motore a controUi tecnici periodici, la direttiva osterebbe a qualsiasi rifiuto di immatricolazione per considerazioni tecniche. 14. -Questo punto di vista non pu� essere condiviso. L~ direttiva si propone, secondo il suo quarto considerando, d'annonizzare per quanto possibifo la periodicit� dei controllii tecnici e gilii elemen1Ji. da comralil'alre obbligatoriamente. In base all'art. 3, la direttiva non osta a che gli Stati membri sottopongano qualsiasi veicolo ad un controllo prima della sua immatricolazione. 15. -La direttiva disciplina tuttavia �i controUi periodici posteriori o, nel caso di importazione di un veicolo usato, anteriori al controllo per l'immatricolazione. A norma dell'art. 5, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinch� si possa dimostrare che il veicolo � stato sottoposto, con esito positivo, ad un controHo periodico ai sensi della direttiva; tali provvedimenti sono comunicati agli aJ.tri Stati membri e alla Commissione. 16. -Il Governo italiano ha dichiarato di aver comunicato, in conformit� a. tale norma, il modulo dell'attestato tecnico periodicamente rilasciato per i veicoli immatricolati in Italia. Esso sarebbe disposto ad ammettere, ai fini dell'immatricolazione di autobus importati da altri Statii membri, la prova che tali veicoli sono stati sottoposti con esito positivo ai controlli tecnici periodici stabiliti nello Stato di precedente immatricolazione in conformit� alla direttiva. Dal momento in cui quest'ultima sar� stata applicata per un periodo di sette anni, non sar� pertanto pi� neces PARTE I, SEZ. II,. GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE sario mantenere in vita il regime speciale in vigore per gli autobus usati provenienti da altri Stati membri. 17. -La Corte ritiene tuttavia che anche prima della scadenza del settennio da1l'entrata in vigore della direttiva, il rifiuto totale di ammettere gli autobu;> usati a visita e prova per l'immatricolazione ecceda quanto necessario per garantire la sicurezza della circolazione sul territorio italiano. 18. -Infatti, le autorit� italiane, ove ritengano -ai fini dell'immatricolazione di un autobus la cui costruzione risale ad oltre sette anni di dover non soltanto sottoporre il veicolo a visita e prova ma anche conoscere i suoi precedenti tecnici per il periodo durante il quale .il veicolo ha circolato iJl.1 un ~ltro Stato membro, possono rich�edere fa presentazione 1 degli attestati tecnici da esse ritenuti necessari. Spetta alle autorit� italiane, in questo caso, vaLutare tali attestati quando essi non rientrino nelle previsioni della direttiva. Esse non possono per� rifilutare puramente e semplicemente dli ammettere a Vlisita ie pmve per :l'dmmalll1icola2lione .tutti gli autobus costruiti da oltre sette anni e importati da un altro Stato membro. 19. -Ne consegue che la Repubblica italiana, non ammettendo a visita e prova per l'immatricolazione gli autobus costIUiti da oltre sette anni e provenienti da altri Stati membri, � ven1Uta meno a~i obblighi che ad essa incombono in forza dell'art. 30 del Trattato, e che il �ricorso � per il resto irricevibile. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Seziioilli Unite, 16 giugno 1984, n. 361il -Pries. Greco -Rel. Corda -P. M. Caristo (parz. diff.) -A:.I.M.A. (avv. Stato Fiumara) c. S.A.G.I.P. (avv. Davoli e Formiggini). Competenza civile -Comunit� europee -Agricoltura -Mangimi -Aiuti ai produttori � Diritto soggettivo. {L. 20 marzo 1865, n. 2248 al!. E, artt. 2, 4 e 5; regolamento CEE della Commissione 15 maggio 1972, n. 990). Comunit� europee -Aiuti erogati dall'A.I.M.A. -Fermo amministrativo Limiti. (R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69; d.P.R. 24 dicembre 1974, n. 727, art. 2). In tema di contributi erogati dall'A.I.M.A. in favore dei produttori di mangimi ottenuti con l'impiego di latte in polvere, ai sensi del regolamento CEE della Commissione 15 maggio 1975, n. 990, la posizione del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'imprenditore privato ha natura di interesse legittimo nella fase, rivolta a conseguire il riconoscimento dell'idoneit� all'aiuto, mentre ha natura di diritto soggettivo nella fase successiva diretta a conseguire l'aiuto, una volta ottenuto il riconoscimento (1). Il potere di un'amministrazione dello Stato di disporre il fermo amministrativo del pagamento di somme dovute al privato, a salvaguardia dell'eventuale compensazione con un credito anche se ancora non liquido ed esigibile che la stessa o altra amministrazione pretenda nei confronti del privato stesso, pu� essere esercitato nei confronti di somme dovute dall'A.l.M.A. per provvidenze comunitarie, solo a tutela di crediti dell'A. l.M.A. stessa, derivanti da pagamenti indebiti inoppugnabilmente accertati (2). (omissis) 1. -Col primo motivo la ricorrente A.I.M.A. ripropone l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario imperniata sull'assunto dell'insussistenza di un diritto soggettivo a ottenere gli aiuti elargiti dalla CEE. Al fine di confutare gli argomenti addotti dalla sentenza impugnata per respingere tale eccezione, la ricorrente sostiene che �ll Regolamento deil!La Commissione CEE 15 maggiio 1972, n. 990, prevedte la concessione di contributi in favore non di tutte le aziende che trasformano il latte scremato in polvere in mangime per animali, ma solo di quelle che, con apposito provvedimento amministrativo, sono � riconosciute � in possesso di determinati requisiti tecnici, amministrativi e contabili, i quali, peraltro, devono risultare sempre perduranti, all'esito (1) Nella stessa linea, oltre le sentenze citate in motivazione (Cass., Sez. Un., 14 marzo 1977, n. 1009, in questa Rassegna, 1977, I, 391, in tema di aiuti alla produzione di grano duro, e Cass., Sez. Un., 26 aprile 1977, n. 1545, ibidem, 1977, I, 532, in tema di rilascio di titoli di importazione di bovini), cfr. anche Cass., Sez. Un., 26 aprile 1977, n. 1561, ibidem, 1977, I, 376, e Cass., Sez. Un., 24 giugno 1981, n. 4107, in Giust civ., 1982, I, 1, 693, in tema di restituzioni previste dall'ordinamento comunitario alla esportazione di prodotti agricoli. (2) La pronuncia sul punto non appare convincente. La Corte Suprema ha esattamente affermato che il fermo amministrativo di cui all'art. 69 della legge cont. Stato ben pu� essere esercitato, in linea generale, oltre che per una ragione di credito di un'Amministrazione su un debito di altra Amministrazione, anche, ovviamente, per una ragione di credito di un'Amministrazione su un debito della stessa Amministrazione, non essendo necessario che il credito sia certo, liquido ed esigibile, perch� in tal caso non sarebbe necessario il fermo ma potrebbe operarsi la compensazione (cfr. Corte costituzionale 19 aprile 1972, n. 67, pur citata in motivazione, in questa Rassegna, 1972, I, 551). Diversa, per�, ha affermato la Corte, � la posizione dell'A.I.M.A., per .le provvidenze comunitarie, per effetto del disposto dell'art. 2, secondo comma, del d.P.R. 24 dicembre 1974, n. 727. � pacifico (e sul punto, ovviamente, non PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 711 delle ispezioni e dei controlli. Di modo che esse, proprio per via di tale discrezionale valutazione, si trovano, rispetto alla concessione degli aiuti, in posizione di interesse legittimo; la conseguenza � che la legittimit� deil'operato dell'A.I.M.A., nel concedere o rifiutare i contributi predetti, non � soggetta al sindacato del giudice ordinario. Osservano le Sezioni Unite che la questione di giurisdizione, cos� come formulata dalla ricorrente A.I.M.A. appare, per un verso, non pertllinente al rema 1iin decisione e, per altro verso, fofondata. La ricorrente, invero, sembra essersi soprattutto preoccupata di delineare da consistenza della posizione soggettiva dell'azienda che aspiri ad avere quel �riconoscimento� che la norma comunitaria (l'art. 9, paragr. 2, del Regolamento della CommisSI�.one 15 maggio 1972, n. 990/72) pone come condizione per la concessione degli �aiuti al latte scremato e al latte scremato in polvere destinato all'alimentazione degli animali�. E, in questa ristretta ottica, � sicuramente nel vero allorch� -richiamando le singole disposizioni (punto 8 del �considerando�; art. 8, paragr. 1, Iett. a, e paragr 2, primo comma) che indicano quali accertamenti ciascuno Stato membro deve compiere per individuare le aziende che possono essere ammesse a beneficiare dei contributi -conclude che versa in posizione di interesse legittimo quel soggetto che aspiri a ci sono dubbi) che nessun'altra Amministrazione pu� esercitare il fermo amministrativo (o sequestro, pignoramento, ecc.) su debiti dell'A.I.M.A. della natura suddetta: e ci� per la evidente ragione di non frustrare lo scopo delle provvidenze stesse. Peraltro, ha osservato la Corte, neanche l'A.I.M.A. pu� disporre un fermo amministrativo sulle somme stesse per altre provvidenze, se queste non risultino gi� indebitamente versate, cio� non dovute a seguito di un accertamento �in modo inoppugnabile�. Questa ultima conclusione non pu� essere condivisa. � vero che la norma autorizza l'A.I.M.A. al sequestro, pignoramento, fermo, solo �per il recupero di pagamenti indebiti di tali provvidenze�, ma la norma, per quanto riguarda il fermo, va interpretata logicamente, nel senso cio� che il fermo stesso pu� essere operato quando l'A.I.M.A. vanti una mera ragione di credito, senza che sia necessario l'accertamento, per il pi� inoppugnabile (non chiaro �, comunque, questo concetto di inoppugnabilit� dell'accertamento cui fa riferimento la sen tenza): in tal caso infatti il fermo sarebbe � finalizzato ,, al recupero del credito, allorch� certo, liquido ed esigibile. Ma se fosse necessario attendere un accer tamento inoppugnabile, non vi sarebbe alcun motivo di applicare il fermo, in quanto opererebbe gi� la compensazione. Considerato che, seguendo la tesi della Corte Suprema, l'A.I.M.A. perde rebbe la possibilit� di tutelarsi in numerosi casi in cui appaiono evidenti irregolarit� nei pagamenti (per frodi o altro), per le quali � per� necessario attendere un accertamento giudiziale, il che appare del tutto contrario allo spirito della norma speciale, sembra opportuno riproporre la questione in altra occasione all'esame del Supremo Collegio, auspicando un cambiamento di in dirizzo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 712 ottenere il detto riconoscimento di idoneit� (per una fattispecie analoga, cfr. la sent. Sez. Un. 26 aprile 1977, n. 1545). Le disposizioni predette, infatti, attribuiscono a ciascuno Stato membro il potere di valutare discrezionalmente la concreta esistenza dei requisiti che le aziende debbono avere per essere ammesse a godere del beneficio. E sembra indubbio che tale discre:llionalit� �appartiene (111on al!La Comllll!i.it�, ma) 1ai11o Stato membro (e, in particolare, con riferimento al caso in discussione, allo Stato Italiano), il quale esprime il giudizio di idoneit� previa valutazione dei propri interessi pubblici interni, essendo indifferente alla Comunit� -purch� il comando sia integrato nel rispetto dell'interesse sovranazionale fissato -che la scelta cada su un soggetto, piuttosto che su un altro. � chiaro, allora, che l'eventuale illegittimit� del prov. vedimento amministrativo italiano che abbia escluso una determinata azienda dal beneficio deve essere valutata raffrontando l'interesse pubblico con l'interesse privato. Il caso concreto, per�, riguarda la diversa (e, in certo senso, opposta) fattispecie in cui il predetto riconoscimento di idoneit� era gi� avvenut�, di modo che il diritto (di credito), sorto come fievole, aveva gi� trovato espansione proprio nel fatto dell'avvenuto riconoscimento di idoneit� a partecipare all'elargizione dei contributi CEE. Il Regolamento della Commissione prima citato -dopo avere tra l'altro, premesso (nel terzo ((considerando�) che ((� necessario assicurare che il !latte 1soremato .e rel �latte scremato iin pol.Vlell1e ai qllil!li sono concessi aiuti siano effettivamente utiH~zati per l'alimenta:llione degli animali � e che � � opportuno prevedere disposizioni atte ad evitare che il medesimo prodotto benefici diverse volte dell'aiuto�; e, altres� (nell'ottavo �considerando�) che ai fini di un efficace �controllo � devono essere ammesse al beneficio solo qu�lle aziende che � offrono delle garanzie sufficienti � e che, pertanto, Ǐ opportuno sancire l'esistenza di queste garanzie da parte dell'organismo competente dello Stato membro interessato a prescrivere una contabilit� conforme ai particolari requisiti per la concessione degli aiuti � -ha disposto (per quail!to :iinteressa): che un'0.2lioo:d:a produtitnice dii alimeintli composti per animali pu� beneficiare degli aiuti solo se Ǐ riconosciuta a questo fine dall'organismo competente dello Stato membro nel cui territorio si effettua la produzione� e �tiene il bilancio mensile� (art. 8, parag. 1); che �il riconoscimento � accordato alle aziende che dispongono di impianti tecnici appropriati e di mezzi amministrativi e contabili che permettano l'esecuzione delle disposizioni di cui al presente regolamento nonch� dei requisiti supplementari fissati in applicazione delle disposizioni dell'art. 4, paragrafo 3 � (art. 8, parag. 2, primo comma). In concreto il provvedimento amministrativo di riconoscimento era stato emesso (com'� pacifico fra le parti) e, da quel momento, era PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 713 sorto :il diritto di credito della SAGIP di percepire gli aiuti Jn relazione alla quantit� di latte in polvere scremato utilizzato nella produzione di alimenti per animali. Ora, per�, la ricorrente sembra sostenere che neppure dopo il riconoscimento la posizione soggettiva dell'azienda si era espansa fino .ad acquistare la consistenza di un vero e proprio diritto soggettivo, in quanto la norma comunitaria (il citato Regolamento della Commissione) prevede che lo Stato membro eserciti una serie di controlli tendenti ad accertare la perdurante condizione (dell'azienda) che aveva condotto al riconoscimento. Ed � con riferimento a questa deduzione che, all'inizio, si � detto che la tesi era priva di fondamento. Gi� esaminando una situazione analoga (relativa ai produttori di grano duro ammessi a godere dei benefici comunitari), queste Sezioni Unite hanno osservato che la consistenza del diritto soggetttivo non viene meno per il fatto che la norma comunitaria prevede un sistema di controlli, poich� la relativa attivit� non concerne il momento costitutivo della posizione giuridica del soggetto ammesso a godere dei benefici, in quanto � successiva alla fase genetica del rapporto (sent. 14 marzo 1977, n. 1009). E tale conclusione non pu� non essere riconfermata, soprattutto se si considera che, nel caso in esame, trattasi non di controllo vero e proprio (inteso come atto di accertamento dichiarativo incidente, con efficacia retroattiva, sugli atti compiuti dal soggetto controllato), ma di una semplice �sorveglianza� (termi~e, questo, che � anche adoperato dal Regolamento della Commissione) esercitata ai fini della eventuale revoca del riconoscimento. � peraltro vero che, qualora fosse stata disposta la revoca predetta (per il fatto verificatosi, descritto nella parte espositiva), il diritto soggettivo avrebbe perso la propria consistenza e sarebbe degradato a interesse '1egitrimo. Ma neJ. caso concreto -poich� non erano evidentemente venute meno le condizioni che avevano portato al riconoscimento -non � ~�tato ma:i pronunaiato alcun provvedimento .di revoca. Era stato emesso, invece, un provvedimento di � fermo amministrativo � del pagamento, di per s� idoneo a degradare a interesse legittimo il diritto di credito; ma la relativa questione sar� qui di seguito esaminata trattando del secondo motivo di ricorso. 2. -Col secondo motivo (denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 69 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, dell'art. 2 del D.P.R. 24 dicembre 1974, n. 727, e il difetto di giurisdizione) la ricorrente A.I.M.A. censura la sentenza impugnata per avere escluso che il diritto soggettivo della S.A.G.I.P. fosse degradato a interesse legittimo dopo l'emissione del provvedimento di fermo amministrativo dei pagamenti. 714 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAIO Anche questo motivo di ricorso �, per�, infondato. 714 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAIO Anche questo motivo di ricorso �, per�, infondato. Come si � detto nella parte espositiva, la S.A.G.I.P. aveva chiesto il risarcimento dei danni derivanti dal fatto che l'A.I.M.A., avendo disposto il fermo amministrativo sulle somme . che ad essa spettavano, l'aveva costretta a ricorrere al credito bancario. La fattispecie, perci�, era stata cos� configurata: � ben vero che col provvedimento di fermo, se � legittimo, il diritto soggettivo si affievolisce e degrada in interesse legittimo; in concreto, per�, il provvedimento predetto era illegittimo; il dirittto soggetttivo, quindi, non ne� era rimasto effievolito e la lesione di esso ben legittimava la proposizione dell'azione risarcitoria. Ai fini della proposizione di detta azione, quindi, la S.A.G.I.P. aveva in definitiva chiesto la disapplicazione del detto atto amministrativo, prospettandone un'illegittimit� originaria. Ha, cio�, sostenuto che non ricorrevano in concreto i presupposti per l'esercizio del potere di disporre il fermo amministrativo, sia perch� la fattispecie concreta era diversa da quella configurata dall'art. 69 della legge sulla contabilit� dello Stato (in quanto il credito opposto era della stessa amministrazione debitrice, non di un'altra amministrazione), sia perch� di detto credito era di entit� inferiore al credito vantato dalla S.A.G.I.P. nei confronti dell'A.I.M.A. La sentenza impugnata ha accolto la tesi prospettata dalla SAGIP, ma con un ragionamento ancora pi� radicale. Dopo avere premesso che il fermo amministrativo pu� essere disposto solo se il creditore (�privato�) abbia un debito verso un'amministrazione diversa da quella che � sua debitrice (che, in caso contrario, si verificherebbe l'ipotesi del � conteggio o della compensazione fra crediti reciproci dei due soggetti; ipotesi questa che non degrada i diritti di credito da estinguere a meri interessi legittimi�), ha espressamente negato che sussistesse alcun credito dell'AIMA verso la SAGIP, osservando che dal fatto oggetto di accertamento da parte del giudice penale poteva, al pi�, derivare all'AIMA non un credito, ma �la possibilit� di vedere diminuito quello (il credito) dell'altra�. Ha rilevato, infine, un'illegittimit� del provvedimento di fermo amministrativo nel fatto della sproposizione fra il preteso credito garantito (dell'AIMA) e il credito della SAGIP. Ha concluso, perci�, che l'AIMA, emettendo quel provvedimento, aveva � travalicato i limiti dei suoi poteri �. Questa conclusione si accorda, in linea teorica, con l'enunciato giurisprudenziale secondo cui il giudice ordinario in tanto pu� negare applicazione a un atto amministrativo ritenuto non conforme al diritto, in quanto si tratti di controversia ch'egli pu� conoscere. Deve; cio�, trattarsi di controversia nella quale � configurabile una posizione di diritto soggettivo, nel senso che quest'ultimo non � rimasto affievolito, in quan PARTE I, SEZ. Il, Git:RIS. COMUNITARIA E l!\TERNAZIONALE to l'atto amministrativo astrattamente idoneo a determinare l'affievolimento non ha concretamente operato in tal senso, perch� illegittimo fin dall'origine, essendo stato emesso �in carenza di potere�. Ora, la conclusione cui � pervenuta la sentenza impugnata � sicuramente da condividere, anche se si rende opportuna la precisazione di alcuni concetti. Giustamente la sentenza ha disatteso l'assunto della SAGIP, secondo cui l'emissione del provvedimento di fermo amministrativo sarebbe possibile solo nell'ipotesi in cui il credito sia non gi� dell'Amministrazione che emette il provvedimento, bens� di un'altra. Infatti � da osservare, in via di principio, che l'art. 69, sesto comma, del r.d. 18 novembre 1924, n. 2440 (legge sulla contabilit� generale de:l!lo Stato), ne1lo stabi1l!i!re che fa sospensione del pagamento pu� esserie disposta � qualora un'amministrazione dello Stato abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da al~re amministrazioni�, non 'esaurisce tutte le ipotesi di credito in relazione alle quali il fermo amministrativo pu� essere disposto, non potendosi pensare che il legislatore abbia, con l'adozione di quella formula, inteso escludere la possibilit� del fermo nel caso in cui si profili la possibilit� di un oredito (ev�entuaile) da parte della stessa ammiillistrazione debitrice. Deve, ovviamente, tmttarsJ c:IIi un crec:IIito ancora illiiquido o 111on ancora es!�gibile, perch�, !in caiso amtmnio, sii verserebbe neU'iipotesi delil'immediata compensazione, non fili quelJa di formo preordinato a una compensazione solo eventuaJle; ma � runtlllitiivo che se il'ammtliniistrazfone creditrice ha [11 potere gi.iuric:IIico dii chiedere a un'a1tira amministrazione di sospendere ihl pagamento nei confronti di un soggetto che sia debitore deilla prima e creditoce dehla seconda, a fortiori ha il potere di � formare � H pagamento nei confront!� del piroprtio credi1toce, qua'1ora dil fumus di un proprio credito tragga ori!?fi,ne dailila pendenza di un qualsiasi pmcedimento dal cU!i. esito derJvi .queJil'accertJameill1:o. Questa stessa mteirpretazJione, del tresto, ha gii� espresso 1a Corte Cost�.tuzlionaile con la sentenza 19 apri[e 1972, n. 67, aJllorich� ha affermato che l'1airt. 69, comma sesito, deihla Jegge su:Na c.onrtab!iJJiit� � generaJe dello Stato prevede il formo amministmtivo 1 come {( diretto a regitittimaire aa sospen.Slione del pagamento dii un debito ed esiigibi1e da parte di urn'ammiirnistriazli.Ollle dello Stato, a siailviagoordia dell'eventuaJ.e compensaziione di esso con un arecHto, anche se n0111 attualmente Jiquido ed esdgi.ibiae, che fa stessa, o a[tra branca dell'ammim.istra: cione srbatalle, COITTsiderata ne:Ua unicit� di soggetto dii irapport!� giuridici, pretenda di avere nei confrooti del suo oreditore �. Da ci� deriva, ovviamente, che l'AIMA pu�, ricorrendone i presupposti di legge, emettere il provvedimento di fermo amministrativo sui pagamenti che essa stessa deve effettuare. 716 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La legge regolatrice della specifica materia (l'art. 2, secondo comma, del d.P.R. 24 dioembre 1974, n. 727), per�, �esoliude categoricamente che un tale provvedimento possa essere emesso in un caso come quello esaminato, ossia nel caso in cui sussista solo il fumus di un credito, poich� prescrive che il provvedimento in questione pu� essere emesso unicamente per il recupero dei pagamenti indebitamente effettuati. La norma, infatti, prescrive che � le somme dovute dall'AlMA agli aventi diritto, in attuazione di provwdenze indicate all'art. 1 del d.P.R. 4 fogli� 1973, n. 532 e all'art. 1 del presente decreto, non possono essere sequestrate, pignorate o formare oggetto di provvedimenti cautelari, ivi compresi i fermi amministrativi di cui all'art. 69, ultimo comma, del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, tranne che per il recupero da parte dell'AIMA di pagamenti indebiti di tali provvidenze �. � chiara, allora, la duplicit� delle limitazioni imposte dalla norma. Anzitutto quella soggettiva, poich� le misure esecutive cautelari (compresa quella di autotutela) possono essere adottate dall'AIMA soltanto, e non anche da altri soggetti creditori (fra esse comprese anche le amministrazioni statali); in secondo luogo quella oggettiva, poich� le misure predette possono essere adottate solo nell'ipotesi in cui il credito dell'AIMA sia certo, liquido ed esigibile e derivi, specificamente, dall'avvenuta effettuazione di un pagamento indebito. � peraltro vero che la norma menziona, in un unico contesto, tanto le misure esecutive, che presuppongono la liquidit� e l'esigibilit� del credito, quanto quelle cautelari (compresa la misura di autotutela), che, per definizione, presuppongono la illiquidit� o la non attuale esigibilit� del credito. Ma allorquando la norma chiarisce che le misure stesse possono essere adottate solo per ili recupero di indebiti. pagamenti delle provvidenze, sancisce il principio che l'AIMA pu� agire in via esecutiva o cautelare solo se ricorra il presupposto dell'indebito pagamento effettuato. Dispone, perci�, che in presenza di quel fatto (accertato) l'AIMA pu�: a) agire esecutivamente o cautelarmente sulle somme che gi� hanno formato oggetto di (indebito) pagamento; b) ovvero disporre il fermo amministrativo su ulteriori somme che dovrebbero essere corrisposte a titolo di provvidenza. Non pu�, invece, disporre il fermo amministrativo (su somme che dovrebbero essere corrisposte) se non sia stato gi� iaooertato, iim modo iinoppugnabile, con i pagamenJti tiirl precedenza effettuati siano stati � indebiti �. Ora, nel caso concreto, il provvedimento di autotutela � stato emesso senza che ricorresse il presupposto (accertato) del pagamento inde� bito; ed � con riferimento a tale fatto che la sentenza impugnata ha escluso �l'esistenza del credito�. Chiaramente, perci�, i giudici di appello hanno inteso, con tale negazione, porre in rilievo l'insussistenza del presupposto di emissione PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE del provvedimento di fermo amministrativo, ossia l'inesistenza di un credito derivante dalla gi� avvenuta effettuazione di un pagamento � indebito �. Ed � ovvio che, difettando il presupposto per l'esercizio del potere di emettere il provvedimento, la fattispecie si presentasse (ai detti giudici) come � tipica � per la disapplicazione del provvedimento stesso, ai sensi degli artt. 4 e 5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. civili, 11 novembre 1983, n. 6690 � Pres. Moscone � Rel. Onnis � P.M. Agroi (concl. conf.) � Ministero dei Trasporti (avv. Stato Sernicola) c. S.p.A. A.S.I.J. (avv. Chidichimo, Ricci, Salerno). Giurisdizione civile � Decisioni del Consiglio di Stato � Ricorribilit� per Cassazione � Sindacato della Cassazione � Limiti. (Art. 48 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054; artt. 360, n. 1 e 362, primo comma, c.p.c.; art. 111 Costituzione). Le decisioni del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite con ricorso per cassazione soltanto per i motivi attinenti alla giurisdizione, nel senso che il controllo della Corte � limitato all'osservanza dei soli limiti esterni della giurisdizione del Consiglio di Stato, cio� all'esistenza di quei soli vizi attinenti all'essenza della funzione, con esclusione di ogni sindacato sui modi di esercizio della funzione medesima (1) . ... Con il primo motivo del ricorso, denunziandosi violazione del giudicato sulla giurisdizione derivante dalla pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte in sede di regolamento preventivo ed il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato circa la questione oggetto della pronun: zfa medesima (aiI"tl�coli 37, 41, 360 n. 1 e 362 �cod. piroc. civ.), ~;,i sostiene che l'impugnata decisione, con l'escludere la possibilit� di un qualsiasi intervento autoritativo del Ministero dei trasporti al fine dell'assunzione da parte della Gestione governativa, senza il consenso del concessionario, dell'esercizio di autoservizi pubblici, oggetto di concessione in corso, abbia affermato l'assoluta carenza del potere discrezionale della pubblica amministrazione con l'implicito riconoscimento della natura di diritto soggettivo dell'interesse leso dall'atto amministrativo, dn contrasto con La solll2lione adottaitla irn sede di regolamento dai11a Cort1e (1) Giurisprudenza costante -Tanto per citarne alcune: cfr. Cass. S.U., 7 maggio 1981, n. 2957, in Giust. civ., 1981, I, 1955; id., 2 novembre 1979, n. 5687, in Foro lt., 1979, I, 2848 con nota di C. M. BARONE; id., 10 gennaio 1979, n. 149, ibidem, 2704, con nota di A. PROTO PISANI; id., 21 novembre 1977, n. 5061, in Mass., 1977; id., 13 giugno 1977, n. 2444, in Foro it., 1978, I, 729 con nota redazionale di C. FIUMAN�; id., 2 febbraio 1976 n. 327, in Giust. civ., 1976, I, 1330. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. Sl' QUESTIONI D� GIURISDIZIONE di � Cassazione, la quale, ammettendo l'esfstenza dell'anzidetto potere, aveva ravvisato nella societ� A.S.T.J. una posizione di �interesse legittimo, costituente appunto il necessario presupposto della giurisdizione del giudice amministrativo. Al riguardo giova anzitutto richiamare i principi affermati in maierua dalla oostantie giurisprudenza di questa Corte Suprema, secondo ti quali, per il coordinato disposto degli articoli 48 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 (t.u. delle leggi sul Consiglio di Stafo), 360 n. l, 362 comma primo, cod. proc. civ. e 111, comma terzo, le decisioni del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite con ricorso per cassazione soltanto per motivi attinenti alla giurisdizione, nel senso che il controllo della Corte � limitato all'osservanza dei soli limiti esterni della giurisdizione del Consiglio di Stato, vale a dire all'esistenza di quei soli vizi che� attengono all'essenza della funzione, con esclusione di ogni sindacato sui m�di di esercizio della funzione stessa. I1 controllo delle Sezioni Unite sulle decisioni del Consiglio di �Stato � quindi configurabile quando� l'anzidetto organo di giustizia amministrativa abbia giudicato su materia attribuita ad altra giurisdizione, cio� al giudice ordinario o ad altro giudice speciale; su materia riservata al potere legislativo o al potere amministrativo (c.d. eccesso di potere giurisdizionale), o nel caso in cui il ricorrente non possa vantare se non un semplice interesse di fatto non qualificato; ovvero abbia esercitato un sindacato di merito laddove la sua potestas iudicandi sia limitata alla sola indagine sulla legittimit� dell'atto amministrativo; abbia denegato l'esercizio della propria g�urisd�zione sull'erroneo presupposto che la materia non possa essere oggetto, in modo assoluto, di funzione giurisdizionale o che non possa essere �oggetto della funzione propria del Consiglio di Stato; vi sia stata, infine, illegittima costituzione del collegio giudicante, atteso che la mancanza dei presupposti costitutivi essenziali dell'organo �� riconducibile an�h'essa al difetto di giurisdiz�one. Al di fuori di tali ipotesi, restano sottratte al sindacato della Supre �ma Corte le violazioni che dipendono, comunque, da erronea o falsa applicazione di norme giuridiche, da vizio del processo logico della decisione, da una manchevole valutazione delle prove e dell'inosservanza delle norme che regolano lo svolgimento del processo (cfr. in materia: Cass. S.U. 7 maggio 1981, n. 2957; 2 novembre 1979, n. 5687; 21 novembre 1977, n. 5061; 6 novembre 1975, n. 3720; 18 giugno 1973, n. 1767; 7 luglio 1967, n. 1673; 18 maggio 1965, n. 964). Ci� precisato, � da respingere preliminarmente l'assunto della societ� A.S.T.J., secondo cui il motivo di ricorso sarebbe inammissibile, siccome concernente soltanto una delle ragioni giuridiche, distinte ed indipendenti, poste dal Consiglio di Stato a base della decisione impugnata, la quale ove pure il motivo stesso fosse fondato, rimarrebbe tuttavia ferma, valendo a sorreggerla le altre non censurate ragioni. 720 !!ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Invero, i vizi di legittimit� (violazione di legge ed eccesso di potere, nonch�, in relazione a questo, difetto di motivazione), che hanno indotto il Consiglio di Stato ad annullare il provvedimento ministeriale, sono tra loro strettamente connessi e tutti logicamente e giuridicamente subordinati all'unica premessa di carattere generale, secondo la quale, alla stregua delle leggi regolanti la materia (1. 28 settembre 1939, n. 1822; I. 23 dicembre 1963, n. 1855; I. 18 marzo 1968, n. 368), il Ministero non aveva, nel caso concreto, al di fuori delle tassative ipotesi previste, il potere di emanare un provvedimento ablatorio che incidesse sulla concessione delle autolinee, di cui era ancora titolare la societ� A.S.T.J., giacch� il � rilievo � delle stesse da parte della Gestione governativa avrebbe potuto avvenire solo su base consensuale, con la mera � approvazione � dello stesso Ministero, sentito il parere del comitato per le gestioni governative. Premessa, questa, ulteriormente sviluppata nel senso che il Ministero non poteva neppure unilateralmente disporre, come aveva in effetti disposto col provvedimento impugnato, la protraziione delil'esercizio �provvisorio� delle autolinee da parte della gestione governativa I j sino al � rilievo � definitivo, dopo che le convenzioni al riguardo sti I pulate dalla stessa Gestione e dalla societ� A.S.T.J. su un piano pari j tetico erano venute a scadenza, e quest'ultima reclamava il ripristino, I in suo favore, dell'esercizio degli autoservizi, di cui era rimasta con j cessionaria. � Ora, � per l'appunto tale generale premessa della decisione impu! gnata che viene investita dal mezzo in esame, deducendosi la violazione da parte dell'organo di giustizia amministrativa dei limiti esterni della sua sfera giurisdizionale, sicch� il mezzo stesso, concernendo l'unica I questione di carattere pregiudiziale su cui pu� esplicarsi il controllo i delle Sezioni Unite, � da ritenersi ammissibile, essendo ogni altra ceni sura che riguardasse i particolari vizi di legittimit� del provvedimento ministeriale, alla stregua dei richiamati principi, di per se stessa sottrat I ta al sindacato di questa Corte Suprema, e comportando comunque l'eventuale accoglimento del mezzo proposto la caducazione di tutte le I altre parti della decisione logicamente dipendenti dalla parte cassata. Il motivo � peraltro infondato. La decisione del Consiglio di Stato � intervenuta dopo che le Sezioni Unite, in sede di regolamento preventivo della giurisdizione, avevano ! I I I! dichiarato, in relazione all'oggetto sostanziale della domanda, inizialmente proposta dinanzi al giudice ordinario, la giurisdizione del giudice amministrativo, ravvisando nella pretesa della societ� A.S.T.J. di recuperare, dopo la scadenza delle anzidette convenzioni con la Gestione i governativa, l'esercizio delle autolinee, di cui era tuttora concessionaria, i� i ~ una posizione che, dinanzi al provvedimento ministeriale di carattere \j autoritativo, diretto a modificare unilateralmente la concessione, aveva I natura e consistenza di interesse legittimo. I I i I �t I I I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Ci� posto, non pu� dirsi che il Consiglio di Stato, con la sua decisione di annullamento del provvedimento ministeriale impugnato, abbia violato i limiti esterni della sua giurisdizione, atteso che ha� pronunziato su materia che, alla stregua della menzionata sentenza di queste Sezioni Unite in tema di regolamento preventivo, punto fermo e incontrovertibille n'el.11.a vicenda iprocessuai.le, perfettamente ri:entrava nel�la sua sfera giurisdizionale, esplicando riguardo all'anzidetto provvedimento il sindacato generale di legittimit� che gli competeva, in relazione ai denunziati e rilevati vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, anche sotto il profilo del difetto di motivazione. Il Consiglio di Stato, lungi dal negare la propria giurisdizione, in contrasto con il regolamento delle Sezioni Unite, ha dunque esercitato il potere giurisdizionale che gli era stato in materia per l'appunto riconosciuto. N� pu� dirsi che da esso abbia esorbitato se, nel pervenire al risultato decisorio sopra indicato, ha offerto delle citate leggi una determinata interpretazione che si assume erronea, ci� concernendo esclusivamente il contenuto intrinseco della sua pronunzia, non vincolata in proposito dalla sentenza di regolamento delle Sezioni Unite, la cui funzione si esauriva nella indicazione del Consiglio di Stato come giudice fornito di giurisdizione, libero quest'ultimo di valutare, nell'ambito delle sue attribuzioni, le modalit� e la legittimit� con cui il potere della pubblica amministrazione era stato nel caso concreto esercitato. Respinto il primo motivo, si osserva che le considerazioni fin qui svolte dimostrano altres� l'inammissibilit� del secondo motivo, con cui, in subordine, denunziandosi violazione della legge n. 1822 del 1939, n. 1855 del 1963 e n. 368 del 1968, nonch� dei principi generali in materia di concessioni amministrative di pubblici servizi, si sostiene che nel regime delle citate leggi il rilievo dei servizi di cui trattasi pu� essere effettuato, ove occorra, anche in via autoritativa, con provvedimento dell'autorit� amministrativa competente, la quale pu� anche adottare provvedimenti di carattere provv�sonio nehle more del riilievo defiruitlivo. Si:iffatte censure concernono invero pretesi errori in iudicando della decisione impugnata, implicanti un sindacato, sul modo di esercizio da parte del Consiglio di Stato della funzione giurisdizionale, interdetto a queste Sezioni Unite, alla stregua dei principi pi� sopra richiamati. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 dicembre 1983, n. 7293 -Pres. Gambogi -Rel. Cantillo -P. M. Miccio (concl. conf.) -Pilon ed altri (avv. Lorenzoni e Benvenuti) c. C.P.D.E.L. (avv. Stato De Francisci). Giurisdizione civile -Decisione della Corte dei Conti -Ricorso per Cassazione -Questione pregiudiziale -Attiene ai limiti esterni della giurisdizione -Ammissibilit� del ricorso. (Art. 111, terzo comma, Cost.; art. 71 r.d. 12 dicembre 1934, n, 1214). nz RASSEGNA DELL'AWOCATURA �DELLO STATO Pensioni -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti -Atti amministrativi attinenti al rapporto di pubblico impiego -Sindacato incidentale di legittimit� -Esclusione -Eccesso di potere giurisdizionale. (Art. 62 r.d. 12 dicembre 1934, n. 1214). �. ammissibile il ricorso per Cassazione avverso decisione della Corte dei Conti, in quanto la censura proposta comporta .una indagine che, diretta a stabilire se la controversia su un punto pregiudiziale possa .essere delibata incidenter tantum dallo stesso giudice della causa principale, quale mera questione pregiudiziale, o debba essere necessariamente d.ecisa principaliter con apposito giudizio, costituendo causa pregiudiziale, involge un problema attinente ai limiti esterni della giurisdizione, quando, avuto riguardo al suo soggetto, tale causa pregiudicata appartenga alla giurisdizione diversa da quella del giudice della causa pregiudicata (1). Se la �corte dei Conti, nell'esercizio della giurisdizione esclusiva in materia pensionistica, sindachi in via incidentale la legittimit� di atti amministrativi rilevanti per l'an o il quantum della pensione, ma direttamente attinenti al rapporto d'impiego e non pi� impugnabili, si realizza un'ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale (2). 1. -Con l'unico motivo di ricorso, denunziando la violazione del. l'art. 62 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (t.u. delle leggi sulla Corte dei Conti), i ricorrenti sostengono che la decisione impugnata, nel ritenere illegittima la delibera del Comune di Venezia con la quale furono trattenuti in servizio e le altre conseguenziali, attinenti al loro stato giuridico ed economico, ha ecceduto il limite de1la giurisdiZJione pensionistica della Corte dei Conti, la quale, mentre � abilitata ad accertare se un determinato emolumento concesso in base al rapporto di attivit� sia o non sia computabile in quiescenza, non pu� spingersi a sindacare la legittimit� del provvedimento che lo ha istituito o. addirittura, come nella specie, di atti illcidenti sulla stessa esistenza del rapporto di impiego. La censura merita accoglimento alla stregua dei principi enunciati da queste Sezioni Unite con la setenza n. 6084 del 1982, con la quale, (1-2) La sentenza rappresenta puntuale applicazione dei principi di cui alla precedente sentenza di Cass., Sez. Un., 13 novembre 1982, n. 6084, in Foro it., 1983, I, 359. Cfr. inoltre Cass., 12 dicembre 1979 11. 429, in Mass., 1979; Corte dei Conti, Sez. III, 8 aprile 1977, 11. 38474, in Rep., Foro it., 1978, voce Pensione n. 336; id., 4 dicembre 1963 n. 16979, in Foro amm., 1964, II, 239 con nota di E. CANNADA BARTOLI, Disapplicazione di provvedimento impugnabile e giurisdizione della Corte dei Conti. Sull'eccesso di potere giurisdizionale cfr. in dottrina, E. T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, III vol., Milano, Giuffr�, 1976, p. 73; V. ANDRIOLI, Diritto processuale civile, Napoli, Jovene, 1979, p. 858. 111111r111111111,~r11r1111t1111111i11111i111111111111111ar1111A11111r11111111�l� PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI. DI GIURISDIZIONE affrontando la stessa problematica in analoga� vicenda, esse hanno avuto modo di pronunziarsi su entrambe le questioni che si dibattono nella presente controversia; la prima attinente all'ammissibilit� del ricorso, la seconda ai limiti della cognizione incidentale della Corte dei Conti sugli atti dii carriera� rilevanti ai fini del trattamento pensionistico. 2. -Quanto all'ammissibilit� del ricorso -anche oggi contestata dall'Amministrazione con riferimento all'art. 71 del t.u. n. 1214 del 1934, sul rilievo che la censura non attiene ai limiti esterni della giurisdizione della Corte dei Conti, in quanto gli atti del rapporto di impiego sono stati ritenuti illegittimi al solo scopo di statuire .sul provvedimento di liquidazione della pensione, e, dunque, nell'esercizio del potere di cognizione incidentale spettante ad ogni giudice, in relazione al quale non si configurano problemi di giurisdizione o di competenza -con la sentenza suddetta � stato osservato che questo principio, valido per le questioni che possono essere decise in via incidentale (posto che la cognizione incidentale �, per definizione, interna alla competenza del giudice .adito), non lo �, invece, per quelle che danno luogo ad una causa pre giudiziale; ci� che si verifica nei casi in cui, in base alla disciplina della pregiudizialit� nel processo della causa pregiudicata, la controversia sul l'antecedente logico debba essere decisa principaliter da altro giudice, in un autonomo giudizio di cui costituisca l'oggetto esclusivo. In queste ipotesi non soccorre pi�, manifestamente, la competenza incidentale e riprendono vigore, rispetto alla causa pregiudiziale, le ordinarie regole sul riparto della competenza e della giurisdizione; con la conseguenza che se il giudice ad�to ritenga erroneamente di poter decidere incidenter una causa pregiudiziale appartenente ad un diverso apparato giurisdizionale (invece di provvedere, se possibile, a sospendere il processo di sua competenza), la pronunzia adottata al riguardo � viziata per difetto di giurisdizione, in quanto si risolve in siffatto vizio l'errore sulla spettanza della competenza incidentale. � stato pertanto affermato che l'inda~ne diretta a stabilire se la controversia insorta intorno ad un punto pregiudiziale possa essere delibata incidenter tantum dallo stesso giudice della causa principale, costituendo una mera questione pregiudiziale, o debba essere necessariamente decisa principaliter con apposito giudizio, costituendo, cio�, una causa pregiudiziale, involge un problema attinente ai limiti esterni della giurisdizione quando, avuto riguardo al suo soggetto, tale causa pregiudiziale appartenga ad una giurisdizione diversa da quella del giudice della causa pregiudicata. E si � conseguenzialmente ritenuto che un tale problema si riscontra nelle fattispecie suddette, in quanto occorre stabilire se la Corte dei Conti, nell'esercizio della giurisdizione esclusiva in materia di pensioni, abbia o non abbia il potere di sindacare in via incidentale, per escluderne l'efficacia ai fini pensionistici, la legittimit� RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO cli. atti amministrativi che sono rilevanti ai fini dell'an e del quantum della pensione (perch� incidono sull'esistenza o sulla durata dell'impiego, sulla qualifica o sul trattamento economico conseguito, ecc.), ma attengono direttamente al rapporto cli attivit�, ragion per cui le relative controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo proprio cli tale rapporto. 3. -La sentenza n. 6084 del 1982 ha dato risposta negativa al quesito, enunciando il principio secondo cui la Corte dei Conti ha il poteredovere di delibare g1i �atti amministrativi intervenuti nel pregresso rapporto d'impiego, inerenti allo status del dipendente ed al suo trattamento economico, al fine di stabilirne la rilevanza sul trattamento di quiescenza, ma non pu� decidere, neppure in via incidentale, sulla legittimit� di detti atti, trattandosi cli questione pregiudiziale che � devoluta alla giurisdizione del rapporto cli impiego, ove gli atti siano ancora impugnabili, e che resta preclus� quando questi siano divenuti definitivi in conseguenza di mancata impugnazione o di giudicato. Questo orientamento, espresso gi� con precedenti pronunzie (richiamate nella stessa sentenza), viene ora criticato dalla resistente essenzialmente sul rilievo che il potere di disattendere gli atti di carriera illegittimi compete, prima che al giudice della pensione, all'amministrazione tenuta a liquidarla, la quale per due ragioni non sarebbe vincolata dalla definitivit� di tali atti: sul piano generale, perch� l'efficacia degli stessi nel rapporto cli quiescenza, che � autonomo da quello di servizio, deve essere nuovamente valutata ai fini del provvedimento pensionistico; con riguardo alle pensioni dei dipendenti degli enti locali, perch� la Cassa, in quanto soggetto diverso dall'ente datore di lavoro, � libera di negare la legittimit� dei provvedimenti di questo ultimo e, comunque, � a ci� implicitamente abilitata dalla normativa in materia. La critica non � fondata. Quanto al primo argomento, � esatto che nel liquidare la pensione la quale, com'� noto, forma oggetto di un diritto soggettivo perfetto dell'impiegato (v. Corte Cost. n. 97 del 1980) che preesiste al provvedimento di liquidazione, avente natura dichiarativa, ed � regolato da preci: se dispos.iziioTili di Iegge riguardaniti l'an e �iil quantum -la Pubbllica Amministrazione dispone di un autonomo potere di accertamento dei presupposti in base ai quali, in diretta applicazione della legge, provvede in ordine alla spettanza del trattamento di quiescenza e alla sua quantificazione; e all'uopo deve prendere in esame le vicende del rapporto di impiego relative alla durata del servizio e all'entit� dello stipendio percepito, per valutarne le conseguenze secondo i particolari criteri dettati per il rapporto di quiescenza (circa il servizio effettivo e quello utile, la computabilit� di determinati servizi ed emolumenti, ecc.). PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Sennonch� questa valutazione non implica il potere di verificare ex novo la legittimit� degli atti di carriera e di ritenerli inoperanti per vizi che ne avrebbero comportato l'invalidit� nel rapporto di impiego, 11.u:l quale, 1nvece, sono dii.venuti definitiiV1i. T,anto si potrebbe ammettere se essi fossero direttamente produttivi di effetti in quiescenza, operan do quali fatti costitutivi o conformativi dell'obbligo pensionistico a prescindere dal rapporto di impiego, .cio� avulsi dal contesto organizzatorio nel quale si sono formati ed hanno operato. Ma cos� non �, posto che quei provvedimenti esauriscono in esso la loro efficacia diretta e assumono ,niJlievo iin qudescen2ia non di .per s�, ma .appunto d:n quanto atti del medesimo rapporto, per gli effetti che hanno prodotto sullo stato giuridico ed economico dell'impiegato. Essi vengono in considerazione, cio�, quali elementi qualificativi delle posizioni dal medesimo conseguite nel rapporto di attivit�, in base alle quali va stabilito il trattamento di quiscenza, e hanno, dunque, il valore di meri antecedenti della fattispecie pensionistica, dei quali si deve tenere conto secondo il contenuto e il grado di stabilit� risultante da quel rapporto. Si configura perci� un'ipotesi di efficacia oggettiva indiretta tra rapporti distinti per struttura e funzione e tuttavia legati per qualche aspetto da un nesso di necessaria dipendenza, in quanto talune vicende dell'uno sono destinate a ripercuotersi nell'altro; nei quali casi i provvedimenti da cui esse derivano incidono indirettamente sul rapporto dipendente, ma in questo la loro legittimit� non pu� essere messa in discussione allorquando siano diventati incontestabili nel rapporto in cui hanno operato. N� ci� contrasta con l'autonomia del rapporto di pensione, che rispetto agli atti di carriera si manifesta, come si � visto, nel potere-dovere deilil'ammims1:Jra2Jione di quaJLid�ca:rne gli effetti 1ailla stregua della legge regolatrice della pensione; laddove, se si riconoscesse all'amministrazione il potere di accertare la legittimit� di detti atti, si verrebbe a sancire, in pratica, l'irrilevanza del rapporto di impiego quale concretamente si � svolto, posto che '1a oaroieira .potrebbe 1essere ll.1�costiruita, sia pure agli effetti della pensione, in modo affatto diverso (e, ovviamente, non solo in senso favorevole al soggetto obbligato). 4. -lil ril1Jev:aito co11egamento oggettivo fra i due .rapparitii vale a respingere anche il secondo argomento, nella parte in cui fa leva sulla diversa soggettivit� giuridica della C.P.D.E.L. Tanto meno � vero, poi, che il potere di disattendere gli atti di carriera trovi fondamento nella specifica disciplina delle pensioni erogate dalla Cassa. Come normalmente accade, anche nella determinazione di tali pensioni non sono computabili tutti gli emolumenti corrisposti in attivit�, in quanto, ai sensi degli artt. 15 e 16 della legge 15 dicembre 1959, RASSEGNA DELL'AWOCATURA �DELLO .STATO 726 n. 1077, .fanno parte della retribuzione pensionabile gli emolumenti che sono previsti da leggi, regolamenti o. contratti collettivi (a seconda della categoria di appartenenza) e presentano le caratteristiche indicate in dette norme, per cui debbono essere fissi, continuativi o ricorrenti e .::ostituire iremUDJera:ziiOlile dclila no:rmwe attivit� lavorativa relativa al posto ricoperto dall'iscritto; Ci� significa, per�, che in sede di liquidazione della pensione occorre verificare se l'emolumento di cui si discute sia contemplato in una delle fonti normative suddette e se, alla stregua delle stesse, abbia ~ :reqwsiitii ora ricordarti, mentre nuJJia consente di ritenere che d'amministrazione possa negare la legittimit� dei provvedimenti definitivi in base ai quali gli emolumenti provvisti di quei requisiti sono stati corrisposti. 5. -Sul piano dell'accertamento giudiziale della pensione, le considerazioni svolte conducono a confermare, quindi, il principio come sopra enunciato da queste Sezioni unite � e risulta conseguenzialmente chiaro, nella specie, l'eccesso di potere giurisdizionale, per avere la Corte dei Conti ritenuto illegittimi atti non pi� impugnabili nel rapporto di impiego, in ordine ai quali ogni questione era perci� preclusa. Infatti, tanto i provvedimenti con i quali gli attuali ricorrenti vennero trattenuti in servizio come impiegati civili dopo il compimento del cinquantacinquesimo anno (limite di et� previsto, peraltro, per i vigili urbani e non per gli altri impiegati del Comune di Venezia), quanto i provvedimenti con i quali furono collocati a riposo con i benefici della legge n. 336 del 1970, erano .diventati definitivi molto tempo prima della liquidazione della pensione, non essendo stati impugnati nella sede giurisdizionale competente. Ne consegue che, in accoglimento del ricorso, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla stessa Corte dei Conti, affinch� riesamini la controversia ahla stregua del principio di diritto qui riaffermato. (omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 27 febbraio 1984, n. 1398 � Pres. Guerrieri. -Est. !annotta -P. M. Minetti (concl. conf.). -Comunit� Israelitica di Roma (avv. L. Calabrese) c. Istituto Centrale di Statistica (avv. Stato Catrioail�). Locazione -Canone -Clausole di adeguamento -Inefficacia legale � Ambito di applicazione. (D.!. 24 luglio 1973 n. 426, art. 1, quarto comma; I. 26 novembre 1%9, n. 833, art. 8; d.!. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56). L'inefficacia delle clausole di adeguamento dei canoni di locazione (c.d. clausole Jstat), dirette a compensare eventuali effetti della svalutazione monetaria, disposta dall'art. 1, 4� comma, del D.L. 24 luglio 1973, n. 426, concerne soltanto i contratti di locazione soggetti a proroga e non investe pertanto quei contratti di locazione aventi termine finale � scadente dopo la data della proroga stessa (1). (omissis) Con l'unico motivo la ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del D.L. 24 luglio 1973, n. 426, in relazione aM'art. 360, 111. 3 .c.ip.c., il:amiellita che il TribU111ale, nonostante ['accertamento in fatto della scadenza della loca2lione de qua in data successiva a quella della proroga legale, abbia ritenuto inoperante la clausola contrattuale di revisione del canone sul presupposto erroneo della inefficacia delle clausole di adeguamento (cosiddette clausole Istat), a partire dall'entrata (1) La sentenza in rassegna � conforme all'indirizzo, che pu� ritenersi ormai definitivo, instaurato da SS.UU. 6 aprile 1981 n. 1923 (in Foro lt., 1981, I, 960), che hanno risolto il contrasto esistente nella giurisprudenza della stessa sez. III in m;dine alla estensione o meno ai contratti liberi da proroga legale della inefficacia (disposta dall'art. 1, 4� comma, del D.L. 426 del 1973) delle clausole di adeguamento dei canoni di locazione (cfr. in senso contrario a detto indirizzo Cass. 22 giugno 1973 n. 3510, in Foro lt., 1979, I, 1676; in senso conforme: Cass. 18 maggio 1978 n. 2419, ibidem, 1978, I, 2507 e Cass. 25 giugno 1979 n. 3550, ibidem, Rep. 1979, voce Locazione, n. 523; nonch�, successivamente all'avv�nto delle SS.UU., Cass. 15 gennaio 1982 n. 247; Cass. 23 aprile 1982 n. 2535; Cass. 6 luglio 1982 n. 4031; Cass. 20 novembre 1982 n. 6275 (citate in motivazione). Tale indirizzo .interpretativo della Cassazione, che ha avuto il plauso di una parte della dottrina (v. per tutti PREDEN, in Giust. civ., 1982, I, 491) non ha RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 728 in vigore del citato decreto legge n. 426 del 1973, indistintamente per tutte Je :}ocazioni iin corso 1e non soltanto per queMe soggette 1a proroga ~egaile. A sostegno della diversa tesi de11a :limitata operativit� di detta sanzione di 1im.efficada per Je sole locazioni prorogate, :la 1nicorreinte :nichiama l'accertamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con le sentenze n. 1923, e n. 1925 del 6 aprile 1981. La censura � fondata. Con le sentenze indicate le Sezioni Unite hanno composto il contrasto rnanii�estiatosii neihla giurispruden:lla di questa Sez:ione 1ed 1affermato d:l principio che l"inefficac�:a delle clausole di adeguamento dei canoni di loca2iione dirette a compensare eventuali �effetti della svalutazione monetavia, disposta dail quarto comma dei11'1art. 1 del D.L. n. 426 del 1973, concerne soltanto i contratti di locazione soggetti a proroga e non investe quim.dii 1tu1Jtli ii oontrattli di [ooazione, compresi quelJJi con tennine finale scadente dopo t1a data della proroga stessa. Tale conclusione rappresenta il risultato di una penetrante indagine ermeneutica che, vailonizzando il'demento fotrerale e quello Jogico-<siistematico, fa leva in particolare: a) sul rilievo dell'inserimento della discussa disposizione nell'unico articolo di un decreto legge recante provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti di locazione e sublocazione degli immobili urbani, con conseguente limite deniV1ante dai ieonf�ni :segnati da1l'oggetlto stesso della disciplina legislativa; b) sullo stretto collegamento dei vari commi delJo stesso articolo che porta ad escludere un blocco dei canoni anche per i contratti non prorogati, dei quali non viene fatta alcuna menzione n� diretta n� indiretta; e) suLla inconfigurabilit� di un blocco generalizzato dei canoni in rapporto alla mancata previsione del diivieto d� aumento dei canoni anche nell'ipotesi di rinnovazione del contratto con altro conduttore, previsione costituente, nella normativa sia precedente che successiva, un elemento ricorrente ed essenziale in quanto volto ad evitare l'elusione mancato, peraltro, di sollevare riserve anche di carattere costituzionale (cfr. Pret. Messina, ord. 7 dicembre 1981, in Arch. locazioni, 1982, 405; idem, 21 luglio 1981, in Giur. cost., 1981, II, 1555) sulle quali, a tutt'oggi, la Corte costituzionale non si � pronunciata. � da rilevare che, se da un lato appare alquanto dubbia la conformit� di tale interpretazione restrittiva all'intento antinflazionistico proprio del D.L. n. 426 del 24 luglio 1973 (come di tutte le coeve misure di emer.genm disposte in quell'occasione dal Governo), �dall'altro sembra pressoch� certo che il legislatore del 1978, nell'emanare le disposizioni transitorie della legge 27 luglio 1978 n. 392, ebbe ad operare nel presupposto incontestato della inefficacia totale delle clausole di adeguamento contenute nei contratti di locazione; altrimenti risultando, quanto meno, incongrua la disciplina recata dall'art. 65, 3� e 5� comma, e dall'art. 71, 4� comma, della citata legge. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE del divieto di legge che sarebbe, invece, facilmente conseguibile mediante la disdetta del contratto, non vincolato quanto alla durata, e la instau razione di un diverso rapporto locativo con un nuovo conduttore; d) sulla conciliabilit� dell'interpretazione accolta con le finalit� ispi ratrici della legge. Siffatto orientamento, gi� ribadito in numerose decisioni successive (Cass. n. 247/82; n. 2535/82; n. 4031/82; n. 6275/82), deve essere tenuto fermo non essendo state addotte dal resistente ragioni nuove atte ad in firmarlo. Il resistente Istituto di Statistica sottolinea in particolare la finalit� antinflazionistica del D.L. 426 del 1973 (e di altri provvedimenti legi slativi dello stesso periodo) per rappresentare il generale blocco dei ca noni come la naturale conseguenza dello scopo perseguito dal legislatore. Ma al riguardo � stato gi� rilevato dalle Sezioni Unite (nelle sentenze citate) che l'obiettivo antinflazionistico non � il solo avuto di mira dal legislatore; che nella discussione in Parlamento il riferimento alla � ge neralizzazione del blocco� fu fatto con riguardo al �blocco dei contrat ti�; che lo scopo predetto, nell'ambito� della scelta dei mezzi rimessa alla discrezionalit� dello stesso legislatore, poteva essere conseguito, sia pure in modo meno pieno, operando sui canoni delle sole locazioni pro rogate costituenti, peraltro, la parte pi� cospicua dei contratti di loca zione; che un'estensione del blocco dei canoni alle locazioni libere, in cidendo in modo notevole sull'autonomia delle parti, avrebbe richiesto un'espressa main[f�es1la2lione di vol:cmt� il:egisJ:ativa. � da pl'ecisare a quest'ultimo riguardo che anche quando il legislatore ha espressamente disposto il parziale divieto di aumento dei canoni re lativi ai contratti non prorogati (art. 1bis, comma terzo, della leg ge 12 agosto 1974, n. 351 e art. 1 ter, comma quarto, della legga 31 set tembre 1975, n. 363) lo ha fatto unicamente per i contratti sottratti a proroga per ragioni di reddito del conduttore e scadenti comunque entro e non oltre la data della proroga fissata dagli stessi provvedimenti legi slativi. Il che conferma l'interpretazione di cui innanzi, nel senso che anche quando � stata esplliaitamente regolata la mdisura del canone per d con tratti non prorogati, il legislatore ha escluso dalla specifica disciplina le locazioni con scadenza eccedente il dies ad quem della proroga le gale. In definitiva, se la finalit� antinflazionistica ispir� il divieto di au mento dei canonl� e J'dnefliicacia delle clausdle di adeguamento, � [eciito ri tenere che ci� avvenne nell'ambito del �blocco dei contratti� in re. !azione cio� alle locazioni prorogate. Ne consegue che fino alla scadenza convenzionale del contratto, finch� questo non risulti cio� attratto nella. disciplina vincolistica della pro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 730 roga (dettata anche da provvedimenti legislativi successivi al D.L. 426 del 1973, i quali mantennero ferma la disposizione di detto decreto qui in discussione) il regime del corrispettivo � quello autonomamente previsto dalle parti, per cui restano operanti anche le clausole di adeguamento (cosiddette clausole Itat) (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I civ., 10 luglio 1984, n. 4040 -Pres. Falcone -Est. Corda � P. M. Ferraiuolo (concl. conf.). -Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Vittoria) c. Congregazione femminile delle serve dei poveri �Boccone del povero� (avv. Cipollone). Religione, culto e chiese � Enti ecclesiastici � Natura giuridica nell'ordinamento interno � Rappresentanza sostanziale e processuale � Delega da parte del rappresentante ad altro soggetto � Ammissibilit�. (Legge 27 maggio 1929 n. 848, artt. 4 e 27; R.D. 2 dicembre 1929 n. 2262, artt. 7, 8 e 9; C/C 1917, canoni 1649 e 1653). Gli enti ecclesiastici sono, nell'ordinamento civile italiano, persone giuridiche private e pertanto per essi non vige, in via generale, il principio; che vale invece per le persone giuridiche pubbliche, secondo cui la rappresentanza, sostanziale e processuale, dell'ente non pu�, salvo che ci� sia consentito da una precisa disposizione di legge, essere delegata a persona diversa da quella cui la legge attribuisce poteri di rappresentanza (e in ispecie non pu� essere delegata ad un procuratore generale) (1). (omissis) Col primo motivo (denunciando la violazione di legge) la ricorrente censura la sentenza nel punto in cui ha ritenuto che l'ente ecclesiastico potesse essere rappresentato in giudizio dal � procuratore generale � del legale rappresentante. Sostiene che ci� sarebbe erroneo, perch� gli enti ecclesiastici sono � persone giuridiche pubbliche � e, pertanto, al loro rappresentante legale non � consentito di delegare ad altri i propri poteri di rappresentanza. Aggiunge che ad analoga conclusione si perverrebbe in concreto se si ritenesse che gli enti predetti sono persone giuridiche private, giacch� quel potere di delega, appunto per le persone giuridiche private, esiste solo se l'atto costitutivo e lo statuto dell'ente lo consentano: e, di fatto, lo statuto della Congregazione, interpretato al [wne dei canoni 1649, 1653 dcl (vecchio) codice di diiriit<to (1) Sulla delegabilit� dei poteri di rappresentanza da parte degli organi delle per�sone giuridiche private e in particolare delle societ� di capitali cfr. Cass. 28 luglio 1977 n. 3373 (in Foro lt., 1978, I, 142); Cass. 14 febbraio 1977 n. 681 (ibidem, 1977, I, 1821), entrambe citate in motivazione. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE canonico, vieterebbe al legale rappresentante di farsi rappresentare in giudizio da altro soggetto. La censura � infondata. La disputa dottrinale se l'ente ecclesiastico dotato di personalit� giuridica nel nostro ordinamento (tenuto conto che vi sono enti che, per l'ordinamento canonico sono persone giuridiche e che tali, invece, non sono per il nostro ordinamento) sia persona giuridica pubblica o privata pu� dirsi definitivamente risolta neJ senso che � persona giuridica privata. Ha influenzato questo convincimento il fatto che gli istituti ecclesiastici restano sottoposti all'ordinamento canonico, per quanto riguarda la loro struttura, il coordinamento delle loro attivit� generali con i fini perseguiti dailila Chiesa cattolica (sempre che ci� non sia in contrasto con la legge italiana), nonch� la considerazione che essi non fanno parte dell'organizzazione statale, ma di un diverso ordinamento giuridico rundlipendente e sowaino (art. 7 Cost.). Oi.� non esclude, perailtro, che se ai detti istituti vengono affidate, dall'ordinamento italiano, attribuzioni pubbliche, essi possono inserirsi nell'ordinamento predetto come enti pubblici. Ma questa � una ipotesi particolare che, in ogni caso, non riguarda il caso concreto. La natura privata degli istituti ecclesiastici non � contraddetta dal fatto che lo Stato, per l'interesse allo svolgimento dell'attivit� religiosa, possa intervenire accordando aiuti economici, ovvero possa intervenire sottoponendo a controllo l'aWvit� da essi svolta: ci�, infatti, non implica di necessit� la pubblicit� dell'ente, essendo pi� che normale, e comprovata da numerosissimi esempi, la possibilit� che un'attivit� siffatta sia esercitata nei confronti dei soggetti privati. Stabilito, quindi, che gli enti ecclesiastici riconosciuti sono persone giuriqiche private, non vige per essi, in via generale, il principio che vale, invece, per le persone giuridiche pubbliche, per le quali � operante la regola che la rappresentanza, sostanziale e processuale, non pu� essere delegata a persona dlive1I1sa da queNa cui _la legge aHnibuisce, applllllto, ipotesi di rappresentanza. 1:: principio generale del nostro ordinamento, in tema di persone giuridiche pubbliche, che il soggetto preposto a un organo (e, generalmente, anche quello preposto a un ufficio) non possa delegare ad altri -se una precisa norma di legge non lo consente, espressamente o implicitamente -le proprie at1mibllZI�ODJi.. E cos�, se quel soggetto � colui che ha la rappresen,tanza processuale .della persona giuridica pubblica, gli � del tutto preclusa la possibilit� di fame delega a un soggetto diverso. Principio opposto, per�, vale per le persone giuridiche private, per le quali la giurisprudenza esprime ormai costantemente la regola che l'organo investito della legale rappresentanza di un ente che ha personalit� giuridica pu� validamente delegare ad altro soggetto, pur estraneo, il potere di rappresentanza giudiziale dell'ente, col conseguente conferimen 732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO <to del:1a legittrl.IDJa2lione iprooessuale (dir., J�ra J.e altive, ile sent. 5751/77, 3533/77, 3373/77, 735/77, 681/77, 552/77). La giurisprudenza, tuttavia, non omette di precisare che (proprio con riferimento alla persona giuridica privata) ci� � possibile, in relazione ai singoli casi, solo se l'atto costitutivo o lo statuto lo consentono. Ed � proprio con riferimento a questo limite di applicabilit� della regola generale che la ricorrente Amministrazione statale deduce, in via subordinata, la concreta inoperativit� della regola predetta, richiamando, da un lato, le norme dell'ordinamento statale (gli articoli 4 e 27 della legge 27 maggio 1929, n. 848, e 7, 8 e 9 del R.D. 2 dicembre 1929, n. 2262) che stabiliscono quali requisiti debbano avere gli enti ecclesiastici per ottenere il riconoscimento della personalit� giuridica e, dall'altro, le norme del codiioe di ili11itto oaincmico (aain. 1649 ;e 1653) che drscipldnaino la rappresentanza processuale degli istituti predetti, alla luce delle quali dovrebbe essere interpl'etato lo statuto della Congregazione. Senonch�, jn proposito, � sufficiente osservare che le norme statali sopra richiamate concernono unicamente la rappresentanza sostanziale (mentre, nel caso concreto, si verte in tema di rapresentanza processuale) e che le norme canoniche, pure invocate dalla Amministrazione ricorrente, riguardano la rappresentanza processuale davanti alle giurisdizioni ecclesiastiche. E questo rilievo, unito al fatto che lo statuto della Congregazione (allegato agli atti del giudizio di merito ed esaminabile ctirret1Jamente da questa Corte, poich� 1a maitJemia COIJJtJroversia concenne la legittimazione ad processum) non contiene alcuna disposizione che viettl i8il 1.iegaile irapp:resienitJamitle delil'ente di fa!I'si mppresentave, il1ei g1udiz[ davanti al giudice statale da persona diversa, consente la sicura conclusione che la Congregazione predetta, in quanto persona giuridica privata, pu� legittimamente esercitare quella facolt� che il nostro ordinamento riconosce a qualsiasi persona giuridica privata (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I civ., 30 luglio 1984 n. 4553 -Pres. Falcone -Est. Senofonte -P. M. Dettori (concl. conf.). -Stipa (avv. Giacobbe e Carrozza) c. ANAS (avv. Stato D'Amico). Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione illegittima � Risarci� mento del danno � Liquidazione -Rivalutazione � Potere del giudice d'appello � Sussistenza � Criteri. (Cod. civ., artt. 1223, 1224 e 2043; cod. proc. civ., art. 115). Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione temporanea � Area edifi� catoria in atto coltivata � Indennizzo � Commisurazione al valore edifi� catorio � Legittimit�.. (Legge 25 giugno 1865 n. 2359, artt. 71 e 73; cod. civ., artt. 1223, 1224, 2043 e 2054). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 733 Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione parziale -Risarcimento del danno -Spese di recinzione del fondo residuo -Sussistenza Limiti. (Cod. civ. artt. 1223, 1224, 2043 e 2054). Il giudice di appello ha il potere-dovere di aumentare, anche d'ufficfo, l'ammontare del danno, liquidato nella sentenza di primo grado per risarcimento di occupazione illegittima di terreni, e ci� al fine di adeguarlo al valore effettivo del bene al momento della decisione d'appello, ma tale possibilit� non consegue in modo automatico alla svalutazione monetaria intervenuta medio tempore, essendo il valore dei terreni massimamente influenzato da fattori molteplici di altra natura e segnatamente dalla situazione locale di mercato (1). Il danno dipendente dall'occupazione temporanea di un'area con vocazione edificatoria, ancorch� in concreto destinata a coltura agricola, va commisurato agli interessi legali sul valore edificatorio non gi� sul valore agricolo (2). Il diritto al risarcimento della spesa di recinzione del fondo pu� essere riconosciuto al proprietario del fondo parzialmente occupato soltanto nel caso di preesistenza della recinzione all'occupazione ovvero solo se il medesimo proprietario fornisca la prova che la recinzione, prima inesistente, si sia resa necessaria per effetto della esecuzione dell'opera pubblica (3). (omissis) Con il primo motivo, lo Stipa, denunciando violazione ed e:rxonea app~licatlone degi1i aJPtit. 115 c.p.c., 1223, 1224, 2043 e 2727 e.e., nonch� insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo deHa c0111tJrovierisia ~art. 360, :111Il. 3 e 5, c.p.c.), sii duo1e che Ja Coritie d'appeHo, pur preS1tando formaile adesione aJ principio di �11iv;alui1lahiJJ.t� dei debiti di valore, rlo abbiia, mconcreto, disapplicato, negando fa 11iva1uta:ll�one del debito dell'A.N.A.S. (che -secondo il ricorrente -avrebbe dovuto, invece, rivalutare in dipendenza del fatto notorio rappresentato dalla (1) Cfr. Cass. 17 febbraio 1983 n. 1218( in Foro It., Mass. 1983, col. 245); Cass. 8 maggio 1982 n. 2859 (ibidem, Mass. 1982, col. 591); Cass. 7 novembre 1981 n. 5879 (ibidem, Mass. 1981, col. 1196); Cass. 11 giugno 1979 n. 3286 (ibidem, Mass. 1979, col. 663); tutte citate in motivazione. (2) Affermazione conforme alla interpretazione accolta da SS.UU. 15 marzo 1982 n. 1673 (in Giust. civ., 1982, I, 1516 e in Giur. lt., 1983, I, 1, 121), a composizJ.one del contrasto giurisprudenziale precedente; conformi da ultimo, Cass. 2 maggio 1983 n. 3016 (in Foro lt., Mass. 1983, col. 629; Cass. 24 marzo 1983 n. 2057 (ibidem, col. 423); Cass. 9 marzo 1983 n. 1754 (ibidem, col. 364); Cass. 26 febbraio 1983 n. 1464 (in Foro It., 1983, I, 626); tutte citate in motivazione. (3) Cfr. Cass. 26 aprile 1974 n. 1195 (in Foro It., Mass. 1974, col. 296); Cass. 12 dicembre 1972 n. 3576 (ibidem, Mass. 1972, col. 1039); Cass. 16 marzo 1972 n. 777 (in questa Rassegna, 1972, I, 237). 734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO� svaluta:rione monetaria intervenu.ta tra la data della sentenza di primo grado e quella d'appello) sulla base di un argomento (immutato valore dei ruoli nella zona considerata). da un lato, ancorato ad un dato apodittico (staticit� del mercato locale) e, dall'altro, non pertinente, perch� le condizioni di mercato avrebbero potuto, comunque, spiegare una qualche 11ilev:air.J2Ja ineLlleconomia de1la �decisione soltanto ove fosse dn discussione l'aumento di v1allore delle 1aree, 111on gi� Ja ri\llalluta2lione del debito conseguente .ad fatto dl!leoito. Il motivo non � fondato. Se � vero, infatti, che nella materia � pacificamente riconosciuto al giudice d'appello il potere-dovere di aumentare (anche d'ufficio) l'ammontare del danno, liquidato dalla sentenza appellata, al fine di adeguarlo al valore effettivo del bene al momento della decisione, � parimenti certo che codesta esigenza non scaturisce automaticamente <;lal mutato potere di acquisto della moneta, poich� il valore dei suoli � massimamente influenzato da fattori molteplici di altra natura e segnatamente dalle condizioni della situazione locale di mercato (Cass. � 1218/1983, 2859/1982, 5879/1981. 977/1978), alle quali la Corte di merito (nell'ambito dell'orientamento giurisprudenziale, i~ questa sede non contestato, secondo cUJi. d1l trti:saroimento spettante :ail proprietaTio illegi.1trtimamente spossessato del bene deve essere commisurato al valore di esso al momento delila decisione: sentenze citate, cui � adde �: Oass. 2991/1980, 2406, 3286 e 3790/1979) ha, nel caso di specie, fatto, appunto, riferimento sottolineandone non gi� -come il ricorrente sostiene -la staticit�, ma la mam.canz;a di prova deli':andamenito 1eventualmente diverso 1rispetto 1a queHo accertato dal giudice di primo grado e capace, quindi, di indurre ad una corrispondente quantificazione del danno in misura maggiore. Con il secondo motivo, deducendo contraddittoria, omessa e insufficie! Illte motivmone (rarit. 360, n. 5, c.p.c.), il :ricOll.'rente .censura la deoisione impugnata perch�, dopo aver ricon�sciuto che la parte residua del fondo aveva perduto la sua edificabilit�, per effetto della costruzione dell'opera pubblica, ha ritenuto di dover ridurre sensibilmente il relativo deprezzamento, sulla base di considerazioni del tutto ipotetiche e arbitrarie, (in quanto non risultanti dagli atti del processo) quali la pretesa utilizzabilit� dell'area come corte di eventuali costruzioni o una persistente appetibilit� della stessa da parte dei proprietari di unit� immobiliari retrostanti prive di adeguto sbocco sulla via pubblica. Neppure questo motivo � fondato. La statuizione impugnata � frutto, infatti, di un apprezzamento �d.I�!Screzionaile 1e ilogicamente motivato del giudice dii. memto �:riiguao:-dante dati (fatti) di comune esperienza e, quindi, non bisognosi di prova specific� (art. 115, cpv., c.p.c.),, in quanto fondati sull'id quod ple-rumque accidit (Oass. 479/1980, 1219/1978), n� diversamente �apprezzabtli dn questa 1sede di legittimit� o, comunque, suscettibili di revisione, in mancanza di PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRtJDENZA CIVILE elementi (neppure dedotti) atti a far ritenere possibile una deviazione nel caso oonoreto daihl'iagJiI1e che, neJJle oondimoni date, ila generale esperienza normalmente propone. Fondato �, invece, il terzo motivo, col quale si denuncia vfolazione. ed erronea applicazione degli artt. 71 e 73 I. 2359/1865, 1223, 1224, 2043 e 2054 e.e.; errata e contraddittoria motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), per aver la Corte d'appello commisurato il danno dipendente dall'occupazione tempomnea delJI'miea ag}.i interessi legaLi non sul valore edirficato: riio, ma su quello agmoolo dell1a medeSlima. � noto, infatti, che il contrasto giurisprudenziale creatosi sulla questione � stato definitivamente composto dalle Sezioni unite di questa Corte, che oon ila 'sentem21a n. 1673/1982 (conf. Oass. 3016, 2057, 1754, 1464 e 346/1983, nonch� nn. 6427 e 5566/1982) ha accolto la tesi ora riproposta dal ricorrente, in base alla considerazione che quand'anche il fondo, di natura edificatoria, sia concretamente sfruttato a scopi agricoli al momento dell'occupazione, il proprietario perde, dall'inizio di quest'ultima, la facolt� di utilizzare il b�ne e viene, quindi, meno la possibilit� di presumere il protrarsi dello sfruttamento agricolo in luogo di quello edilizio. A questo indirizzo, ormai consolidato, il Collegio, in mancanza di nuovi stimoli per il riesame, intende uniformarsi, con conseguente accoglimento del mezzo. Col quarto motivo, il ricorrente, deducendo errata e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonch�, nuova� mente, violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1224, 2043 e 2054 e.e., lamenta che la sentenza impugnata non gli abbia riconosciuto il diritto al conseguimento della somma occorrente per la recinzione dell'area residua solo perch� non era stata dimostrata la preesistenza di siffatta protezione del fondo; mentre la circostanza sarebbe �del tutto priva di rilevanza, configurandosi l'esigenza della recinzione come conseguenza immediata e diretta dell'occupazione del bene e della sua parziale utilizzazione per la realizzazione dell'opera pubblica. Il motivo � infondato. Il risarcimento del danno �, infatti, finalizzato alla reintegrazione della sfera patrimoniale del danneggiato e non pu� essere, quindi, da lui invocato per il conseguimento di indennizzi relativi alla (non ipo tizzabile) perdita di beni o altre utilit� che non facessero parte del suo patrimonio al momento dell'illecito. Sotto questo aspetto, �, dunque, evidente che, il diritto alla spesa di recinzione pu� essere riconosciuto al proprietario del fondo parzialmente occupato soltanto nel caso di preesistenza del manufatto; contrariamente, il diritto non spetta, salva la prova da parte del danneggiato che la recinzione (prima inesistente) si sia resa necessaria per effetto dell'esecuzione dell'opera pubblica, che, modificando lo stato dei luoghi, abbia esposto la parte residua al pericolo di immissioni nuove o pi� gravi di quelle originamie e non pre 736 RASSEGNA DELL'AVVOCl\TURA DELLO STATO venibili se non mediante l'apprestamento di adeguate opere protettive. A questi criteri � coerentemente ispirata la giurisprudenza di questa Corte nella materia (v. sentenze nn. 3576 e 777/1972, 1195/1974), alla quale si � uniformata la decisione impugnata, che, sul punto, non merita pertanto, censura e che deve essere, quindi, cassata soltanto in relazione all'accogilimento del terzo motiivo, con assorbimento del quinto (relativo al regolamento delle spese di lite) e rinvio per nuovo esame, limitatamente al motivo accolto, ad altra sezione della Corte d'appello di Messina, che si atterr� nella decisione al corrispondente principio di diritto sopra enunciato e provveder� anche sulle spese di questo sitac:hlo del processo. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., S aprJle 1984, n. 8 -Pres. Pescatore Est. Lignani. Comune di Campi Bisenzio (avv. Predieri) c. Conti (avv. Lessona e Marchetti). Giustizia amministrativa � Appello � Termine breve � Decorrenza � Notifica sentenza all'ente pubblico � Inidoneit� � Notifica sentenza al procuratore costituito � Necessit�. Anche nei confronti degli enti pubblici non difesi dall'Avvocatura dello Stato il termine abbreviato per l'appello non comincia a decorrere dalla notificazione della sentenza presso la sede dell'ente, ma solo dalla notifica effettuata presso il procuratore costituito in primo grado. (1) (omissis) 1. -La prima questione da risolvere � quella della tempestivit� dell'appello; in ragione di essa il ricorso � stato deferito all'adunanza plenaria. Come risulta dalla esposizione dei fatti, la sentenza del Tribunale amministrativo � stata notificata al Comune soccombente ad istanza della parte vittoriosa, mediante consegna di copia autentica, diretta al Sindaco, a mani di un impiegato comunale, nella sede del Comune, in Campi Bisenzio. Se si ritiene la notifica fatta in tal guisa idonea a far decorrere il termine breve (sessanta giorni), non vi � dubbio che (1) La decisione riportata segna un brusco revirement della Adunanza Plenaria il cui precedente contrario era solo del 1979 ed aveva trovato persino il placet della Cassazione nella richiamata sentenza 6350/1983. Per quanto la questione appaia priva di un sostanziale rilievo fino a quando il Consiglio di Stato continuer� a fare largo uso dell'errore scusabile per rimettere in termini il gravame tardivo, � interessante esaminare la differenza tra gli approcci utilizzati per arrivare alle due soluzioni contrapposte da Ad. plen. 9/79 e 8/84. La decisione pi� antica (si fa per dire) � tutta centrata sull'esame dei sistemi normativi applicabili, individuati nei tre complessi costituiti in ordine successivo dalle norme della L. 1034/1971, dal regolamento di procedura dinanzi al Consiglio di !Stato, R.D. 17 agosto 1942, n. 6fJl ed infine dai princ�pi generali ricavabili dal codice di rito. lin questa ottica l'Ad. plen. del 1979, rilevata la mancanza di disposizioni spedfiche nella legge sui T.A.!R., riteneva di poter fare applicazione dell'art. S2 del R.D. 607/1942, facendogli dire pi� di quanto in realt� vi sia scritto: difatti nel primo comma si dispone solo che le comunicazioni delle dedsioni vengano date alle autorit� interessate, il che appare privo di rilievo, per quanto con 738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'appello risulta tardivo (sia pure di soli tre giorni) come eccepito dall'appellato (e si pu� porre, al .pi�, il problema della eventuale rimessione in termini per errore scusabile). Se, invece, si ritiene che quella notifica non fosse idonea a dar corso al termine breve, l'appello � da considerare senz'altro tempestivo, giacch� � pacifico che quando esso � stato proposto non era ancora decorso l'anno dalla pubblicazione della sentenza, n� d'altra parte, erano state compiute altre notificazioni oltre quella di cui si discute. Se si volesse avere riguardo alla giurisprudenza di quest'Adunanza plen:ar.i1a (decisione 23 marzo 1979, n. 9), la questione sa~ebbe iriso1ta de plano nel .pmmo senso. 1111 qud1a deoisione, dnfatJti, � stato affermato a seguito di maturo �esame, �che inei confronti degli Bnti pubbliici hl Juogo di not:Jifiaa2tlone della �sentenza del T1I'ibunaile ammiinistmtJivo, ai fini della decor.renza del termine per appeUairie, � il domicilio reaile (sede) dell'.entJe, e non il domidlio eletto per i�l giudiZlio. Talle p11ina1pio risulta mutuato e fatto prop!1io ainche da.JWa Oortle di Cassa:z�one (1semt. 27 ottobre 1983, n. 6350) per quanto concerne fa decorirenza del �termine per l'impugnativa delle decisii.Oil!i. del Consiglliio di Stato davanti 1alla Cor.te di oassa21iorre. Numeriose decisioni del!le Sezioni g.iul1ispruden2tlaJ1i di questo Consiglio, tinoltJre, si sono umformate a questo orientamento (es. deoisioni am. 145 e 839 del 1982 della Sez. V; dedsione n. 270 del 1982 deUa Sez. IV; deo~siione n. 408 del 1982 deilta Sez. VI). 2. -Nondimeno, il principio in parola non si pu� dire del tut.to consolidato. A parte l'ordinanza emessa dalla Sezione V nel presente giudizio, la stessa Sezione lo ha apertamente disatteso con decisione 15 ~uglio 1983, n. 326; e, in precedenza, aveva affermato il principio contrario (idoneit� della notifica solo se eseguita presso il procuratore cerne il diverso problema delle notifiche ad istanza di parte; ed il secondo comma prescrive che le notificazioni siano fatte nelle forme stabil:i.te per la notifica dei ricorsi, col che sembrano richiamarsi le modalit� per l'esecuzione delle notifiche ma non quelle concernenti il destinatario, soprattutto dop� che questo si sia costituito �n giudizio con il patrocinio e l'assistenza di un legale. La presente sentenza invece, consapevole delle difficolt� di trovare un appiglio normativo convincente in un sistema cos� eterogeneo anche sotto il profilo temporale, muove dallo studio delle ragioni di ordine pratico per approdare poi all'esame della funzione processuale della notifica della sentenza. Sotto il primo profilo essa evidenzia il maggior interesse dell'ente pubblico a che la sentenza venga notificata al legale in modo che questi possa subito esprimersi in proposito, richiamando tacitamente una tematica propria del rapporto particolare che ha l'Avvocatura dello Stato con l'Amministrazione difesa. Per quanto poi concerne la funzione l'Ad. plen. esclude che si tratti di un mezzo per assicurare la conoscenza della sentenza, preferendo considerarla PARTE I,.SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 739 costituito) con riferimento, bens�, al caso di notificazione diretta alla parte privata, ma con argomentazioni pienamente utilizzabili anche per il caso della notificazione ad ente pubblico (decisione 10 foglio 1982, n. 615). Ino11Jre, dopo che quest'Adilnanza plenarJa si era pronunciata nel senso dinanzi ricordato, il quadro normativo ha subito una importante innovazione, rappresentata dalla promulgazione della L. 3 aprile 1979 n. 103, che ha ribadito e reso generale il principio che tutti gli atti giudiziari (compresi quelli attinenti alla giurisdizione amministrativa) diretti alle Amministrazioni dello Stato debbono essere notificati presso l'Avvocatura dello Stato; sicch� questa stessa Adunanza plenaria, con decisione 6 maggio 1980, n. i2, ha riconosciuto che per le Amministrazioni difese dall'Avvocatura dello Stato il luogo della notificazione della sentenza in primo grado � l'ufficio dell'Avvocatura e non la sede del" l'Amministrazione o dell'organo emanante l'atto impugnato. . In tale situazione, si giustifica dunque un riesame �critico dell'orientamento affermato con la decisione n. 9 del 1979, la quale del resto, era intervenuta dopo una esperienza troppo breve del doppio grado di giudizio della giustizia amministrativa (appena quattro o cinque anni dalla proposizione dei primi appelli) perch� potesse esprimere un giudizio definitivo. 3. -Riprendendo, dunque, in esame la questione nella sua completezza, si pu� innanzitutto affermare un criterio orientativo di massima; e cio� che non conviene differenziare il regime degli atti processuali a seconda della qualit� della parte che ne sia autrice o destinataria, a meno che non vi siano .congrue ragioni, o di ordine pratico, o di diritto positivo, in senso contrario. come una sorta di interpello dell'intendimento della parte avversaria di continuare il giudizio o di definirlo. Sotto questo profilo essa afferma anzitutto la irrilevanza di notifiche ad istanza dell'ufficio o di un terzo e giunge poi a rilevare che si tratta di un istituto ignoto al regolamento di procedura del 1907, di cui pertanto esclude l'applicazione. Sono ancora da segnalare due interessanti rilievi contenuti nella decisione: uno concerne � l'esistenza di una regola generale secondo la quale gli atti processuali debbono essere notificati nel domicildo eletto per H giudizio ,, desunta sia dal codice di rito 'sia dalle norme di procedura per i giudizi amministrativi; l'altro r'1guarda la c01I1siderazione dell'art. 3 della I. 3 aprile 1979, n. 103, che ha riconosciuto per le Amministrazioni difese dall'Avvocatura dello Stato come luogo della notifica della sentenza l'ufficio dell'Avvocatura stessa, effettuata per supportare l'esame critico del precedente orientamento (Ad. plen. 9/79) ed affermare che � non conviene differenziare il regime degli atti processuali a seconda della qualit� della parte, a meno che non vi siano ragioni di ordine pratico o di diritto positivo in senso contrario �. Si tratta evidentemente di due spunti notevoli sui quali sar� interessante seguire l'evoluZI�one giurisprudenziale del Consiglio di Stato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quanto alle ragioni di ordine pratico, non se ne ravvisano tali che siano sufficienti a giustificare un regime della notifica della sentenza di primo grado alle Amministrazioni pubbliche non statali, differente da quello vigente per la stessa notifica nei confronti delle parti private e delle Amministrazioni statali. Se si ha riguardo alla convenienza per la parte che promuove la notifica, non vi � dubbio che la notifica � pi� agevole presso il procuratore costituito che non nel domicilio reale (che non di rado � una localit� diversa da quella in cui si � svolto il giudizio). Se si ha riguardo alla convenienza per la parte che riceve la notifica, non si ravvisano elementi risolutivi per ritenere preferibile una solu: i;ione piuttosto che l'altra. Se � vero che il difensore dell'Ente pubblico, ancorch� investito di ampio mandato, non pu�, d'ordinario, promuovere l'appello di sua iniziativa, senza una formale deliberazione dell'ente, � anche vero che presumibilmente nessun ente pubblico delibera, in materia, senza aver prima acquisito il parere del difensore. D'altro canto, sta di fatto che nel giudizio civile si applica pacificamente agli enti pubblici la regola generale della notifica presso il procuratore, senza che nessuno vi abbia mai ravvisato una fonte d'inconvenienti tale da giustificare l'adozione di una regola diversa. 4. -Passando al diritto positivo, si deve osservare che, in effetti, la decisione n. 9 del 1979 (cit.), � motivata con argomenti desunti dai testi normativi: si fa riferimento, da un lato, all'assenza di disposizioni espresse, sul punto, nell'art. 28 del!la L. 6 dicembre 1971, n. 1034 (mentre per la notificazione dell'appello � espressamente richiamato l'art. 330 cod. proc. civ.); e, dall'altro, aM'esistenza di disposizioni specifiche, rela tive alla notifica delle decisioni, nel regolamento di procedura approvato con R.D. 17 agosto 1907, n. 642: in particolare, l'art. 87, secondo comma, per il quale � la notificazione delle decisioni ad istanza delle parti interessate deve essere fatta nelle forme stabilite per la notificazione dei ricorsi�. Quanto al primo aspetto (mancanza di disposizioni espresse che richiamino l'art. 185 cod. proc. civ.) si deve riconoscere che, in realt�, n� la legge de[ 1971, n� alcun'altra cLi:sposizione trattano esplicitamente del modo di notificare la sentenza del Tribunale amministrativo regionale. Tuttavia non pu� negarsi l'esistenza di una regola generale secondo la quale gli atti processuali debbono essere notificati nel domicilio eletto per il giudizio. Tale regola � desumibile, oltre che dal codice di procedura civile, nonch� da talune disposizioni espressamente dettate per !il processo davanti ai giudici amministrativi (art. 28 della legge n. 1034 del 1971, sul punto della notificazione del ricorso in appello; art. 37, secondo comma, T.U. n. 1054 del 1924, in tema di proposizione del ricorso incidentale; art. 38, reg. proc. 1907, in tema di intervento), ma i. t: ffi i:: i: fu PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA soprattutto dalla norma che prevede l'elezione di domicilio �per gli atti e gli effetti del ricorso� nella citt� in cui ha sede l'autorit� giurisdizionale, ed anzi precisa che, in mancanza, il domicilio s'intende eletto presso la segreteria del giudice adito (art. 35 secondo comma, T.U. n. 1054 del 1924). Proprio quest'ultimo aspetto dimostra che l'ele:llione di domicilio nella citt� sede del giudice non � una facolt� concessa alla parte perch� se ne serva nel proprio interesse, ove lo ritenga, ma �, al contrario, un onere imposto alla parte nell'interesse dell'ufficio giurisdizionale e delle controparti. L'istituto stesso dell'elezione di domicilio, dunque, sottintende e presuppone la regola per cui, una volta che il domicilio sia stato eletto o s'intenda eletto nella segreteria, quello � il luogo in cui possono e debbono essere dirette tutte le comunicazioni e notificazioni attinenti al processo. Il fatto poi che le leggi processuali amministrative contengano le disposizioni espresse dianzi citate, riferite ad ipotesi determinate, appare non gi� come l'introduzione di eccezioni ad una (ipotetica) regola in senso contrario, bens� all'opposto, la conferma della regola; conferma che si � ritenuto opportuno esplicitare, perch� gli atti in questione (proposizione dell'appello, del ricorso incidentale, dell'intervento in giudizio), pur presupponendo un rapporto processuale in corso, sono costitutivi di un rapporto nuovo (quanto al grado e al giudice, nella prima ipotesi; quanto alla materia del contendere, nella seconda; quanto ai soggetti, nella terza) sicch�, mancando una norma espressa, si sarebbe potuto ragionevolmente dubitare dell'applicabilit� della regola dettata per gli atti processuali in senso stretto. In questa luce, appare del tutto irrilevante la questione se nel giudizio amministrativo il difensore legale assuma o meno anche la rappresentanza della parte, oltre che l'assistenza (per vero, del resto, nella stragrande maggioranza dei casi viene conferito espressamente un mandato con rappresentanza). Inoltre, con riferimento proprio al caso della notificazione della sentenza, la Corte di cassazione (sent. 19 febbraii.o 1981, n. 1036) ha ritenuto indifferente che la notifica sia fatta � alla parte presso il procuratore � ovvero � al procuratore quale rappresentante della parte�, ricorrendo, in un caso e nell'altro, l'intermediazione del professionista legale. 5. -Conviene, a questo punto, sottolineare la funzione strettamente processuale della notifica della sentenza ai fini della decorrenza del termine per appellare; e conviene farlo anche per dimostrare l'impossibilit� di assiinilare quest'atto aHa notifica della decisione (definitiva) del Consiglio di Stato, di cui all'art. 87 reg. proc. 1907, che ha funzione, :invece, eminenitemen.te stragiudiziale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 742 La notificazione della sentenza, ai fini della decorrenza dei termini per l'impugnazione (art. 285 cod. proc. civ.) non ha la funzione di portare la parte soccombente a conoscenza dell'esistenza e del conte.: mto de11a sentenza stessa; se cos� fosse, i1l termine decorrerebbe dalla conoscenza comunque acquisita, semprech� se ne possa dare la prova (non diversamente da ci� che avviene per il termine per impugnare gli atti amministrativi, compresi quelli per i quali � prescritta la notificazione) o, quanto meno, dalla notificazione fatta, per avventura, anche dall'ufficio o da un terzo. La notificazione in parola, � invece, una sorta d'interpello: come � stato messo in luce da autorevole dottrina, con la notificazione della sentenza la parte vuole esprimere la volont� di concludere il processo, mettendo in moto i termini per l'impugnazione. Ci� che viene reso noto al destinatario della notificazione non � dunque, in realt�, la sentenza bens� la volont� della �controparte di abbreviare i termini del processo. Coerentemente, non �solo � inefficace (ai fini di cui si discute) la notificazione fatta per iniziativa dell'ufficio o di un terzo,. ma � inefficace, altres�, quella che, pur essendo fatta ad istanza di parte, non palesi inequivocamente il soggetto richiedente; come si argomenta dalle pronunce della Corte di cassazione (tra le altre, sent. 10 dicembre 1981, n. 6540) nelle qoolti Sii. afremm che � il.a prescrizione delil'airt. 285 cod. proc. civ., secondo cui, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, la sentenza deve essere notificata ad istanza di parte pu� riteners�. adempiuta quando, nonostante la mancanza di apposita indicazione nella relazione dli notifica, non vi sia comunque incertezza assoluta sulla parte istante, cio� sia possibile individuare fa parte a cui richiesta � stata eseguita la notificazione �. Ed il rigore formale, lin proposito, � tale �che si ritiene inefficace la notificazione richiesta bens� rie1l'interesse della parte, ma da un difensore non munito dli procura e come tale non abilitato a rappresentare la parte stessa (Cass., 28 lugJio 1975, n. 2913). 6. -Se questa � la natura e lo� scopo della notificazione della sentenza di primo grado (ed � tale anche nell'ambito del processo giurisdizionale amministrativo) si deve dire che si tratta di un atto ignoto al regolamento di procedura del 1907, e ad esso totalmente estraneo, sicch� la sua disciplina non pu� essere desunta dall'art. 87 del regolamento stesso; mentre pare chiaro che il legislatore del 1971 (legge n. 1034, art. 28, secondo comma) quando ha parlato della notificazione della sentenza come evento che segna il decorso del termine breve per l'appello, ha inteso riferirsi all'analogo e ben caratterizzato istituto della procedura civile. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDE~ZA AMMINISTRATIVA 743 Ne consegue, inoltre, che trattandosi di atto formale e tipico, che incide restrittivamente sulle facolt� processuali della parte cui la notificazione � diretta (imponendole il termine breve in luogo di quello lungo), esso pu� ritenersi compiuto ed idoneo allo scopo solo in quanto siano integralmente rispettate le prescrizioni formali, comprese quelle relative al lu9go della notificazione, e con l'esclusione di ogni equipollente, come costantemente ritenuto dalla., giurisprudenza in materia di processo civile. Si pu� dunque concludere che, anche nei confronti degli enti pubblici non difesi dall'Avvocatura deMo Stato, costituiti in giudizio, il termine breve per l'appello decorre dalla notificazione della sentenza fatta valere presso il procuratore costituito, a norma dell'art. 285 cod. proc. civ., e non da quella eventualmente fatta presso la sede dell'ente. 7. -Applicando la suddetta regola al caso in esame, ne consegue che !la !Ilotifioazione fatta ad istanza del sig. Conti ad Comune di Campi Bisenzio nella sua sede si deve considerare inidonea ai fini di cui si discute; e che l'appello proposto dal Comune � tempestivo e ricevibile. (omissis) CONSIGLIO DI STATO -Ad. Plen., 18 aprile 1984, n. 9 -Pres. Pescatore Est. Rosioi. MiniSlte:ro dehl'Interno (avv. St. Laporta) c. Monacem. (avv. Ricci e Dinacci). Impiego pubblico -Infermit� -Causa di servizio -Accertamento nesso causalit� -Parere del Comitato pensioni privilegiate -Necessit�. Impiego pubblico -Infermit� -Causa di servizio -Decreto accertamento ,nesso causalit� -Annullabilit� d'ufficio -Carattere vincolante a tutti gli effetti. Nell'ordinamento vigente � necessario l'intervento del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie ogni volta che debba dichiararsi con decreto la dipendenza dell'infermit� dell'impiegato da causa di servizio sia per il riconoscimento del diritto alla retribuzione durante l'aspettativa, sia per il rimborso delle spese di cura, sia per l'equo indennizzo, sia per il trattamento di quiescenza privilegiato (1). ~1-2) Con questa decisione l'Adunanza Plenaria ha accolto la tesi gi� chiaramente esposta nel pairere della Commissione speciale i22 giugno 1981, n. 161/116/81 (in Consiglio di Stato, 1983, I, 373) alla cui lettura si rinvia anche per una pi� chiara intelligenza del principio massimato. Si � dovuta operare una ricostruzione coerente del sistema normativo concernente il riconoscimento dell'infermit� per causa di servizio oltre che ai fini dell'art. 68 d..PJR.. 10 giennaio 1957, n. 3 anche per il trattamento privilegiato pensionistico, quale risultante dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, il quale mentre ha introdotto il Comitato per le pensioni privile 744 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quando sia stata riconosduta la dipendenza della infermit� da causa di servizio senza l'intervento del Comitato per le pensioni privilegiate l'Amministrazione pu� annullare d'ufficio il relativo decreto ma non pu� disapplicarlo per negare l'equo indennizzo (2). (omissis) -A norma dell':art. 68, settimo e ottavo comma, D.P.R 10 gennaio 1957, n. 3, col riconoscimento che l'infermit� deM'impiegato dipende da causa di servizio l'Amministrazione assume questi obblighi: a) di corrispondergli tutti gli assegni durante l'eventuale aspettati va; b) di assumere a suo carico le eventuali spese di cura di ricovero e di protesi; c) di concedergli un equo indennizzo -da liquidarsi a cura dell'art. 49 D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 -nel caso che a seguito della malattia l'impiegato abbia perduto l'integrit� fisica. Nel procedimento finalizzato alla concessione e alla liquidazione dell'equo indennizzo � previsto l'intervento del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie che deve pronunciarsi (art 55 d.P.R. n. 686 del 1957) � suMa chlpenden'.lla deHa menomamone della mteg:rit� rfisioa da oa,usa di servizio � oltre che, se del caso, sulla categoria cui la menomazione va ascritta e sulla misura dell'indennizzo da liquidare. Peraltro il Comitato pu� trovarsi di fronte a un giudizio, sulla dipendenza dell'infermit� da causa di servizio, che � stato pronunciato per gli altri effetti, diversi dalla concessione dell'equo indennizzo (e che questa sia, anzi, l'ipotesi normale, si ricava dagli artt. 35, 51, 52 e 53 d.P.R. n. 686 del 1957; ed � significativo il caso in esame, per cui l'Amministrazione ha riconosciuto la dipendenza dell'infermit� da causa di serviizio a norma del titolo IV, capo 2�, del d.P.R. n. 686 del 1957 che regola la concessione della aspettativa per infermit� dipendente da causa di servizio, bench� non si trattasse di concedere l'aspettativa alla sig.ra Monacelli che non l'aveva richiesta); un giudizio, s'intende, dell'Amministrazione attiva, con effetto costitutivo. La rilevanza del giudizio del Comitato, allora, postula che esso abbia un oggetto diverso giate ordinarie con funzioni del massimo riilevo nel procedimento per l'attribuzione della pensione privilegiata ha nel contempo attribuito efficacia vincolante ai provvedimenti gi� adottati di accertamento della dipendenza della infermit� da cause di servizio. Onde evitare la possibilit� di un aggiramento dell'esame del suddetto Comitato attraverso il riconoscimento richiesto per fini diversi da quelli pensionistici, il Consiglio di Stato ha dovuto affermare la necessit� dell'intervento del Comitato ogni volta che l'Amministrazione si pronunci sulla dipendenza in questione a qualunque fine ci� avvenga. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA dal riconoscimento -gi� effettuato aliunde -della dipendenza del� l'infermit� da causa di servizio. Su questa linea interpretativa s'� consolidata la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ponendo in evidenza, alla stregua dei dati normativi letterali, che il Comitato deve esprimersi non gi� su questa relazione (tra la infermit� e la causa di servizio) ma su quella tra l'infermit� e la menomazione, per stabilire se questa dipenda da quella; e che, comunque, non pu� riprendere in esame le questioni gi� risolte, esplicitamente o implicitamente, dai precedenti atti di riconoscimento della dipendenza dell'infermit� da causa di servizio; i quali sono produttivi di tutti gli effetti giuridici loro attribuiti dalla legge, fra cui quello di costituire un pvesupposto, non pi� contestabile, per l'attribuzione dell'equo indennizzo, se l'infermit� riconosciuta come dipendente da causa di servizio abbia prodotto, fra l'altro, una menomazione dell'integrit� fisica (Ad. pJen. 10 apniile 1970, n. 2). Il rilievo che in tal modo resta sottratta alla competenza del Comitato per le penSI�oni privi!legiate ordinarie proprio la problematica pi� strettamente giuridica della vicenda (il giudizio della dipendenza dell'infermit� da causa di servizio), non pot� essere eluso dopo l'entrata in vigore del nuovo testo unico sulle pensioni (d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092), il cui 'aait. 163 stabili1soe �Che m caso in cui l'Ammiirnist11azione centraile abbia gi� 1adottato un provvedimento def�l111itivo, sul!la dipendenza di !infermit� o !lesioni, ai sensi delle norme conoemnen1:ii. '1o stato giu11idico del person:aJle, le questioni risolute con detto provvedimento lllOIIl possono essere .riesamimate ai fini del trattamento di quiescenza pirivi! legioato. Questa norma � stata interpretata dalla Corte dei conti (Sez. controHo Stato, 14 giugno 1979, n. 982), nel �senso che per �provvedimento defiil1!�tdvo � debba !i!Il!llende11SI� queHo adottato �n sede di ooncessdone dell'equo dndennJizzo, p;revio pairere del Comitato per !le pensioni pll"iv1idegiate ordinarie m ordine a rtutti i fatti costitutivi, compresa, quindi, la dipendenm de1l'iinfermi!t� da causa di servi2'lio. &ichdiamandosii al cai11attere non definiitivo delil'accertamento deUa dipendenza da oausa dii �Serv:izfo � a futura memoma � diisciplinato dagli artt. 31-43 R.D. 5 settembre 1895, n. 603, :nonch� ail!le norme del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 (artt. 35 e 42) che, .inveoe, rioolil.egJa1110 effetti diiretti a detto accertam'elllto, ai filni del dii11itto agili 1assegnli. dmainte l'aspettativa e al trimbocso delle spese di cura, ila Col'te ha ritenuto che questi effetti sono i soli:i pirodottii dell'accertamento, che fascerebbe impregiudicata ogm questione aJi. find � della concessione deWequo dndemrizzo e del!.a pensdone priv1illegiatia, in ordine aii quaili dovrebbe sempre intieirvrenire ti:l Comitato � a gairanziia sfa del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO J'erartlo chre dei pubhlici dipenderni �, esp:riimendo !il proprJo pao:iere 1aJI1che suilila clipendell7Ja defila d!nfurmit� da oausa dii �servi.zii.o. Questa mterpretlaZI�one restll1ittiva delJ'art. 163 rt.u. [l. 1092 del 1973 1.on � stat�a oondiiwsa daJlil:a Comm!is�sione specialle petr i1l pubblico impiego di questo Consigliio, che niel iparere del 22 giugno 19811, n. 161 ha osservato: che essa non trova giusrt!if�cazione ne11a ilettlera delila nOII'ma, la quaJe, d'1ail1ma parte, linspii:rarta com'� dalla :esigen2'la dii eviitrure provvedimenti controddii1ttori e dii assicu:raire la coerenza dcl['azione ammm!istra �tiva, avvallora Ja tesi deJla I�!rretmttabi1it� delil'accertamento della d!ipoodenm deill'linfermi1t� da causa dii serwzio, estendendone ['efficacia anche ad finii pensl�omstJici; che l'accertamenrto del[a dipendeinza de:1l'iinfeirmit� da oausa di serv!izio wene effettuato, ai 1se:nsi delhl'.ao:it. 35 d.P.R n. 686 del 1957, non soltanto ai fini �del cll�!I1�tto ailla iretlrlibuzlione durante '1'aspetrt:ativa e aJ rimborso deill1e spese di cura, ma ia111che a!i finii deilla conoessiione deil:l'equo lindennl�zzo, come risuJta sia dall ir.ifemimento, nell'art. 35, ai � benefici prewsrti da1l'rurit. 68, s1ettlimo e ottavo comma, de[ t.u. 10 gennafo 1957, n. 3 �, fra I�. qua!Li rientra anche l'equo 1ndelillillizzo, 1s!�a da:ll'1a11t. 51 del d.P.R. n. 686 del 1957, che disciplina i[ procediimento per fa iliquida: zione dell'equo dndenmdzzo ne[ presupposto che s1ia gi� concluso quello per fa dichia::ra2lione della dii.pendenm deihl'Wermit� da causa dii 1seirv!i2'lio, sfa dagli 1a.rtt. 51 e 52 defilo stesso d.P.R. n. 686 dei!. �1957, che prescrtlvono accer>tiamenti da parte degilii organi tecnlici .sodo peir quanto conceirne aspetti che non abbl�ialllo formato oggetto del preoedenrte pirooediimento per ['accertamento de\lila dii.pendenm da oausa dii seir'WZJio; e che l'esigenza garantisrtioa, pos:tla dailla 1Coirte ia fondamento dehl'linteirviento deil Comitato, swebbe pe.ir 1s� sufficiente a dimos>tmre che detrto orgia1110 debba esp['imere il prop1rio parere �SU rtwttJi i profilrl. in sede di [liquidaZJione delJ'equo indennizzo, ove 'sii ammettesse che aif.tri efl�etti �economiicamente rilevant�i poss01110 derivaire da proVV1ediimenti., pe.ir ila cu!i adozione i.ill Comitato � chiamato ad esprimere a[cun parere. Per assicurare la coerenza dell'azione amministrativa non resta -ha considerato la Commissione special~ nel suindicato parere -che riconoscere la necessit� dell'intervento del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie tutte le volte in cui debba dichiararsi con decreto -ai fini del riconoscimento del diritto dell'impiegato sia alla retribuzione durante l'aspettativa, sia al rimborso delle spese di cura, sia all'eventuale equo indennizzo, come pure se del caso, al trattamento di quiescenza privilegiato -la dipendenza dell'infermit� da causa di servizio. Il fondamento normativo di tale soluzione sta nel rinvio operato dall'art. 68, ultimo. capoverso, t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, e dall'art. 35 d.P.R. 3 maggio 1957, n. 386, alle norme procedurali del r.d. 5 settembre -: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1895, n. 603; che, trattandosi di un rinvio formale, deve ora intendersi riferito a quelle del titolo II, capo II, del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092: tra gli organi ivi previsti figura il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, che deve essere sentito (art. 177) nel caso in cui la Commissione medica (\Spedaliera abbia espresso il parere che l'infermit� dipenda da causa di servizio nonch� quando l'Amministrazione ritenga di non uniformarsi al parere contrario della stessa Commissione medica. L'Adunanza plenaria condivide la soluzione suggerita dalla Commissione speciale per il pubblico impiego e la costruzione ermeneutica che la sorregge; la quale � confortata dalla collocazione sistematica della norma sul Comitato (art. 166 t.u. n. 1092 del 1973), elencato tra gli organi titolari di competenze nel procedimento di attribuzione del trattamento privilegiato di quiescenza, subito dopo la commissione medica ospedaliera, nella Sezione I, Capo II del titolo II del t.u. sulle pensioni. Dopo l'entrata in vigore di esso (1� giugno 1974), pertanto, il decreto di riconoscimento della dipendenza di una infermit� da causa di servizio, previsto dagli artt. 35 e segg. d.P .R. 3 maggio 1957, n. 686, deve essere preceduto dal parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, ai sensi dell'art. 177 cit. I decreti di riconoscimento della dipendenza dell'infermit� da causa di servizio, se emessi, dopo il 1� giugno 1974, senza l'intervento del Comitato, sono illegittimi per vizio del procedimento. L'Amministrazione pu�, dunque, annullarli in via di autotutela. 1Se, tuttavia, non lo fa, non pu� disapplicarli per negare l'equo indennizzo; in sede di concessione dell'equo indennizzo i decreti di riconoscimento della dipendenza dell'infermit� da causa di servizio, che non siano stati rimossi, sono vincolanti per l'Amministrazione; conclusione, questa, che costituisce applicazione di noti principi. I decreti di cui trattasi, infatti, non hanno il carattere di atti procedimenta: li (la cui illegittimit� pu� essere rilevata in sede di emissione del provvedimento conclusivo), essendo costitutivi di effetti autonomi ai fini della concessione dell'equo indennizzo. Illegittimamente, dunque, il Ministero dell'interno ha negato alla signora Monicelli l'equo indennizzo per l'insussistenza -ritenuta dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie -del presupposto della dipendenza dell'infermit� da causa di servizio, dopo aver riconosciuto tale dipendenza col decreto del 13 febbraio 1979. Va confermata, pertanto, la decisione di primo grado che ha annullato il d.m. del 12 luglio 1980 siccome viziato da tale illegittimit�; salvi restando, ovviamente, gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione. (omissis) RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO -Ad. Plen., 23 maggio 1984, n. 11 -Pres. Pesca tore -Est. Llgnani. Curi ed altro (avv. Bartolomei) c. Comune di Pedaso (avv. Castellani). Regione Marche ed altri (non cost.). Competenza civile -Espropriazione per pubblica utilit� � Edilizia residen ziale pubblica -Inclusione di fondo nel p.e.e.p. � Omessa apposizione di termini. L'inclusione di un fondo nel piano di zona per l'edilizia economica e popolare � sufficiente a degradare il diritto soggettivo del proprietario ad interesse legittimo; sicch� ogni eventuale contestazione riguardo alla legittimit� dell'espropriazione rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, ivi comprese le contestazioni attinenti alla mancata apposizione di termini. L'art. 13 della legge n. 2359 del 1965 (legge generale sulle espropriazioni) � inapplicabile alle espropriazioni conseguenti al1' attuazione di un PEEP, perch� sostituito ed assorbito dalle disposizioni speciali che delimitano nel tempo, ope legis, l'efficacia del piano stesso, nonch� da quelle (es. programmi di attuazione) che in vario modo disciplinano i ritmi temporali di attuazione di esso (1). (omissis) 1. -La sentenza del Tribunale amministrativo regionale merita senz'altro conferma (come ha gi� osservato la IV Sezione nell'ordinanza di rinvio a quest'Adunanza pi~naria) nella parte in cui ha dichiarato irricevibile (per tardivit�) il primo dei quattro riq>rsi riuniti, relativamente all'impugnazione della delibera 5 aprile. 1976,' n. 26, del Consiglio comunale di Pedaso, ed ha dichiarato, ancora, inammissibile il secondo ricorso. � vero, infatti (e valgano, sul punto, le pi� diffuse argomentazioni dell'ordinanza di rinvio), che il piano di zona per l'edilizia economica (1) � noto l'annoso contrasto giurisprudenziale che divide il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione, con riferimento alle conseguenze derivanti dall'inosservanza dell'articolo 13 della legge generale sulle espropriazioni (n. 2359 del 1965). Secondo la linea che il Consiglio di Stato ha sempre mantenuto ferma, l'omessa indicazione del termine nella dichiarazione di pubblica utilit� (o nell'atto che ne svolge le funzioni) comporta la semplice illegittimit� dell'atto medesimo, con tutte le conseguenze i::elative (inoppugnabilit� in caso di mancata tempestiva eccezione, giurisdizione del giudice amm.vo). Secondo l'orientamento invece della Corte di Cassazione, in linea generale l'omessa indicazione dei termini sarebbe produttiva dell'inefficacia dell'atto dichiarativo della pubblica utilit�, con la conseguenza che gli atti successivi sarebbero viZiati da carenza di potere e quindi rientrerebbero nella cognizione del giudice ordinario. Quando tuttavia si verta in tema di provvedimenti ablatori finalizzati alla �secuzione di piam di edilizia economica e popolare, il contrasto di fondo fra due Consessi scompare. Entrambi infatti sembrano d'accordo nel ritenere non necessaria l'esistenza �di una dichiarazione esplicita di pubblica utilit�, in quanto la vis degradatoria � riconnessa alla semplice inclusione del bene 749 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA e popolare (PEEP) � atto direttamente impugnabile, sin dalla sua approvazione, che il relativo termine decorre dalla notificazione del piano ai proprietari inter�ssati, salva la possibilit� della prova della piena conoscenza acquisita aliunde; che nella specie, a prescindere dalla notificazione (la cui effettuazione � controversa), � incontestabile il fatto dell'avvenuta presa di conoscenza in data certa; e che alla data di proposizione del ric011so d�l termine decorrente dallfa suddetta piresa di conoscenza era ampiamente scaduto. Allo stesso modo, � da confermare che la delibera del Consiglio comunale n. 26 del 5 aprile 1975, quale atto meramente interno e preparatorio, non era suscettibile d'impugnazione diretta. Infine, si deve confermare che era suscettibile d'impugnazione il decreto del Presidente della Giunta regionale con il quale � stata determinata l'indennit� provvisoria di espropriazione, e ci� per le seguenti ragioni: a) nella parte in cui tale impugnazione pu� intendersi diretta contro il PEEP, essa � tardiva per le ragioni gi� dette; b) nella parte in cui pu� intendersi diretta a contestare la legittimit� dell'esproprio, � inammissibile perch� l'atto impugnato, sotto questo profi.!lo, ha UITT.a funzione meramente p['eparatoria; e) nella parte in cui essa pu� intendersi come diretta a contestare il quantum dell'indennit�, � inammissibile per difetto di giurisdizione, trattandosi di questione attinente a diritti soggettivi, come tale riservata al giudice civile. 2. -Rimangono, dunque, da prendere in considerazione le doglianze contenute nel terzo e nel quarto dei quattro ricorsi riuniti in primo grado. Si tratta dei ricorsi proposti, rispettivamente, contro il decreto d'occupazione d'urgenza e contro quello di espropriazione. privato nel PEEP; entrambi convengono ora che la giurisdizione in tema di illegittimit� del procedimento espropriativo per carenza di potere derivante dall'omessa prefissazione dei termini ex art. 13 l. 2359/1865 spetta al giudice amministrativo. Tuttavia, mentre tale conclusione � stata sempre sostenuta dal Consiglio di Stato, ad essa la Cassazione � pervenuta solo molto di recente (Cass. SS.UU. 8 settembre <1983, nn. 5515, 55116, 5517) mutando l'orientamento precedentemente consolidatosi (v. Cass. 15 luglio 19174, n. 2125, Cass. �18 ottobre 1976, n. 3552 e da ultimo Cass. 27 aprii.le 1981, nn. 2510, 2516). Per quanto concerne invece la seconda parte della massima, e cio� l'inap plicabilit� dell'art. 13 l. 2359/1865 alle espropriazioni conseguenti all'attuazione di un PEEP, l'Adunanza Plenaria supera alcune precedenti pronunzie delle Sezioni (v. ad es. Cons. Stato 2 giugno 1981, n. 432), che avevano ritenuto l'illegittimit� del decreto di espropriazione mancante dell'indicazione dei ter mini iniziale e finale, anche nell'ipotesi in cui detto decreto costituisse attua zione di uno strumento urbaillistico avente durata rigorosamente prestabilita. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Conviene sottolineare, comunque, che relativamente a tali ricorsi (in s� considerati tempestivi ,ed ammissibili) sono tuttavia inammissibili le doglianze in qualche modo riferibili alle soelte effettuate in sede di formazione del PEEP. Ci� perch�, come si � gi� avvertito, il piano � divenuto a suo tempo inoppugnabile per decorso dei termini, e pertanto, come non � possibile l'impugnazione tardiva, allo stesso modo non � consentito rimetterlo, indirettamente in discussione mediante l'impugnazione contro gli atti applicativi. 3. -Ci� premesso, viene in esame la questione pi� rilevante, in ragione della quale il ricorso � stato deferito all'Adunanza plenaria; e cio� quella dell'ammissibilit� ed, eventualmente, della fondatezza delle doglianze sollevate dai ricorrenti con riferimento al fatto, che n� il decreto d'occupazione n� quello d'esproprio sarebbero stati preceduti da un atto idoneo a delimitare nel tempo il potere d'espropriazione, derivante dalla dichiarazione di pubblica utilit�. Com'� noto (e com'� stato ripetutamente riaffermato anche da questo Consiglio) la disposizione di cui all'art. 13 della legge generale sulle espropriazioni (n. 2359 del 1865), secondo la quale nella dichiarazione di p.u. debbono essere stabiliti � i termini, entro i quali dovranno cominciarsi e compiersi le espropriazioni ed i lavori�, esprime un principio generale, di rilevanza costituzionale; e cio� il principio per cui l'efficacia della dichiarazione di p.u. non pu� mai avere durata illimitata, affinch� non accada che i beni privati rimangano soggetti, a tempo indefinito, ad una espropriazione preannunciata ma non ancora attuata. La prefissione di un limite temporale alla dichiarazione di p.u. adempie ad una duplice funzione di garanzia; da un lato, ess,a � la riprova dell'attualit� dell'interesse pubblico che si vuol soddisfare, e della seriet� ed effettivit� del relativo progetto; dall'altro, essa garantisce al proprietario (gi� concretamente inciso nel godimento del bene o comunque nella sua commerciabilit�, ma temporaneamente senza indennizzo) che la situazione si risolver� entro un tempo definito, o con la formale espropriazione (ed il relativo pagamento dell'indennit�) o con la restituzione del bene alla piena libert�. 4. -Se, in linea di massima, non sorgono dubbi\ sulla necessit� della prefissione del termine, si pongono varie questioni su, aspetti secondari, ma di grande importanza. Una prima questione � quella degli effetti della omessa indicazione del termine nella dichiarazione di p.u., o nell'atto che ne tiene luogo (o, in certi casi, nel primo atto successivo). Secondo una linea giurisprudenziale (espressa da questo Consiglio, sia con talune pronunce esplicite sul punto, sia con un numero notevole di decisioni che, senza affrontare direttamente la questione, la presuppongono risolta in questo senso) tale omissione d� luogo alla mera t ! f i! f �' & PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA illegittimit�-annullabilit� della dichiarazione di p.u., con la conseguenza, tra l'altro, che, in mancanza di tempestiva ed utile impugnazione di questa, il vizio non pu� essere dedotto in sede di ricorso contro l'espropriazione. Secondo un'altra linea giurisprudenziale (espressa dalla Corte di Cassazione), invece, l'omissione rileva come causa d'inefficacia dell'atto, sicch�, indipendentemente dall'eventuale ricorso contro la dichiarazione, di p.u., gli atti conseguenziali (e in particolare H decreto d'esproprio) sarebbero radicalmente viziati per difetto di presupposto (carenza di potere). Una seconda questione, connessa alla prima, � quella della giurisdizione; seguendo la tesi dell'illegittimit�-annullabilit�, infatti, si riconosce la giurisdizione del giudice amministrativo; seguendo la tesi dell'inefficacia e della conseguente carenza di potere, si riconosce la giurisdizione del giudice ordinario. La tesi dell'inefficacia, peraltro, pone gravi problemi di ordine sistematico. Non ci si pu� nascondere, infatti, che l'ipotesi di un atto amministrativo totalmente incapace di produrre gli effetti cui � rivolto (atto nullo) � considerata ,eccezionale, e viene ricollegata, in genere, a situazioni d'incompetenza assoluta, di difetto di attribuzioni, o a radicali vizi di forma, tali da impedire lo stesso riconoscimento della qualit� di atto amministrativo. Il caso della dichiarazione di p.u. manchevole di una clausola accessoria, ancorch� indispensabile, quale la fissazione dei termini, non sembra rientrare in questo schema. La presente controversia, tuttavia, pu� essere risolta anche prescin dendo dal problema ora accennato. La questione, infatti, si pone in termini diversi quando il potere espropriativo si fonda, come nella fattispecie, sull'inclusione del fondo nel piano di zona per !',edilizia economica e popolare. Vero � che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. 27 aprile 1981, n. 2510), ha aff1emmarto che anche quando �i�l pote11e ,espropriiativo si f01Dda sull'aipprova:zllone d!el PEEP, Ja dogliianza del privato a:ie1atliva alla mancata 1apposizione dei ~termilni (fondata o infondata che 1silla) 1sii pone, comunque, come denuncia di (1asserita) caremJa ,di poteire, e deve, pertanto, ,esserie giudidata dal giudfoe ordinario. Ma pi� reoenrtemente fa stessa Corte (sentenze 8 settembrie 1983, n:n. 5515, 5516 e 55'17), ha mutato ii:l proprio avviso 1sU!l punto, affiermando che l'inclusione di Ulll fondo niel PEEP � sufficiente a degriada11e iil diritto soggettivo deil propa.iietario ad interesse legittimo; sicch� ogni eventua-le contestaziOiil!e riguardo raiJfa i1eg1ttintit� dell'esprop11ia:zfone rioot;ra nella giur.isdi21ione del giudiioe amministrativo, ivd comprese le oontestariorui attinenti :a:Lia mancata apposfaione dei term1ni. 752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO Il nuovo orientamento della Corte di Cassazione � senz'altro da condividere, e giova sottolineare che la soluzione cos� data alla questione della giurisdizione si giustifica e si impone indipendentemente dalla circostanza che si ritenga (come, in effetti, ha ritenuto la Corte con le pronunce ora citate) che la durata legale dell'efficacia del PEEP assolve, da sola, alle esigenze cui, in altro contesto, sopperiscono i termini di cui all'art. 13 (sicch� � superflua l'imposizione di specifici termini ai singoli atti espropriativi). Ed invero, anche chi volesse sostenere che il limite generale della �durata del PEEP non esime l'Amministrazione dal dover specificare i termini entro i quali debbono essere compiute le. singole espropriazioni, non potrebbe evitare di riconoscere che la precisazione di tali termini non avrebbe, comunque, la sua sede propria nello stesso atto di approvazione del PEEP, ma l'avrebbe, semmai, nel provvedimento (gi� appartenente alla fase di attuazione del piano) di cui, all'art. 11 della legge 22 ottobre 1971, n. 865: quel provvedimento, cio�, che segue alla pubblicazione del piano particolareggiato delle espropriazioni ed alla presentazione delle osservazioni, e con il quale il Presidente della Giunta regionale dichiara, � ove occorra >>, la pubblica utilit�, l'indifferibilit� e l'urgenza delle opere e, in ogni caso, si pronuncia sulle osservazioni degli interessati ed indica l'indennit� provvisoria di espropriazione. In sintesi: si ritenga, o meno, necessaria la fissazione dei termini ex art. 13 anche per le espropriazioni relative ad un PEEP, � certo che tale atto di fissazione dei termini dovrebbe semmai intervenire non gi� nella fase di fissazione del piano, bens� in quella della sua attuazione. E perci�, di fronte alla violazione di un tale dovere (ammesso che esista) il privato appare titolare non di un diritto soggettivo, bens� di un interesse legittimo. 5. -Spetta, dunque, al Giudice amministrativo, e non al Giudice ordinario, risolvere la questione se l'art. 13 della legge generale delle espropriazioni sia interamente applicabile anche per le espropriazioni relative all'attuazione di un PEEP. A tale quesito si deve dare risposta negativa. L'art. 13 della legge n. 2359 del 1865 � sostituito ed assorbito, per le espropriazioni conseguenti ai piani di zoria, dalle disposizioni speciali che delimitano nel tempo ope legis, l'efficacia del piano stesso, nonch� da quell� (ad esempio programmi di attuazione) che in vario modo disciplinano i ritmi temporali di attuazione di esso. Non ha pregio l'obiezione (prospettata dagli appellanti anche come censura di costituzionalit�) che in tal modo l'assoggettamento del privato ad una futura espropriazione viene protratto per un tempo eccessivo, s� da vanificare la stessa ratio dei termini perentori. f, ~: f: I i' !i I ~ r�w�-��11:11111dl�lll1t11111w11~=r111:111111111111111a:11'� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 753 Ed invero si deve replicare: primo, che anche a norma della legge del 1865 (che richiede bens� l'apposizione dei termini, ma non stabilisce un termine massimo, ed, inoltre, consente la proroga) sarebbero conce� pibili, e legittimi, termini decennali o ultradecennali; secondo, che l'esigenza di delimitare nel tempo il potere espropriativo va equilibrata con quella, contrapposta, di permettere all'Amministrazione pubblica una pro~rammazione di ragionevole ampiezza; terzo, che la diminuzione di garanzia derivante dalla maggiore durata del vincolo � compensata, per il privato, dalle diverse garanzie derivanti dalla complessit� e pubblicit� del procedimento di formazione del PEEP e dagli inerenti limiti alla discrezionalit� dell'Amministrazione. �L'eccezione d'incostituzionalit� �, dunque, manifestamente infondata. Si pu� dunque concludere, su questo punto, per il rigetto dell'appello. (omissis) CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, Ordinanza 2 aprile 1984, n. 204 -Pres. Mezzanotte -Est. Santelia-Mlilam ed altri. (avv. Puoti) c. Ministero delle Finanze e Ministero del Tesoro (avv. Stato Fiengo). Impiego pubblico -Dirigenti -Orario di servizio -Maggiorazione -Com� penso per lavoro straordinario � Esclusione -Questione di costituzionalit� � Non manifesta infondatezza. � Non � manifestamente infondata l'eccezione di illegittimit� costituzionale delle norme secondo le quali l'orario di lavoro dei dirigenti statali � maggiorato di dieci ore settimanali rispetto a quello dei p,ubblici dipendenti, ed inoltre gli stessi dirigenti sono tenuti, ove particolari esi~ enze del servizio lo richiedano, a protrarre la propria prestazione lavorativa anche oltre l'orario predetto restando escluso il diritto al compenso per il lavoro straordinario (1). (1) Sull'.interpretazione dell'art. 20 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 si era gi� pronunciato il Consiglio di Stato (par. Comm. spec. 2/76 del 25 marzo 1976 pubbl. in Cons. di St. 1980, p. 1253), rilevando che i dirigenti generali sono tenuti a prolungare le prestazioni giornaliere di servizio dopo il normale orario senza diritto ad alcun compenso e quindi senza neppure lo straordinario. Sempre sull'orario dei dkigenti statali si ricorda Sez. VI, 24 novembre 198:1, n. 710 secondo la quale, non essendo determinabile preventivamente il loro orario di lavoro, deve considerarsi lecito il provvedimento che congloba in una misura forfettaria gli eventuali compensi aggiuntivi per lavoro straordinario. Per qualche riferimento cfr. Corte Costituzionale 7 maggio 11975, n. 101 che ha riconosciuto legittimo l'art. 1, n. 4, 1. 22 febbraio 1934, n. 370 ai sensi del quale le disposizioni sul riposo settimanale e domenicale non si applicano al personale direttivo dell'azienda. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 aprile 1984, n. 300 -Pres. Paleo logo -Est. Cortese. Ministero di Grazia e Giustizia (v. avv. Stato Gargiulo) c. Cappiello (avv. Cappiello e Lorenzoni) ed altro (n.c.). Avvocati e procuratori -Esami di procuratore legale � Commissione giu� dicatrice � Collegio rappresentativo � Esclusione � Sostituzione membri effettivi � Possibilit� per ogni membro. Avvocati e procuratori � Esami di procuratore legale � Commissione giudicatrice � Sostituzione � Normativa che consente sostituzione qualunque membro. Impiego pubblico � Concorso � Brevit� operazioni correzione prove scritte Eccesso di potere � Sviamento potere � Insussistenza. Lii Commissione giudicatrice degli esami per la iscrizione nell'albo dei procuratori legali, pur essendo composta di membri di diversa estrazione, non costituisce un organo collegiale rappresentativo poich� la sua composizione mista � prevista in ragione della specifica competenza tecnico- professionale propria dei vari componenti, sicch� ciascuno di essi, pu� essere sostituito da un membro supplente indipendentemente dalla corrispondenza della categoria di provenienza (1). La espressa previsione normativa della possibilit� per il membro supplente di sostituire qualsiasi membro effettivo della Commissione giudicatrice degli esami per l'iscrizione nell'albo dei procuratori legali esclude la possibilit� di una interpretazione che imponga la sostituzione di un membro con un supplente appartenente alla medesima categoria (2). La breve durata delle operazioni di concorso non costituisce di per s� sintomo di sviamento di potere quando risulti verbalizzato che tutti gli elaborati sono stati esaminati, a meno che il tempo dedicato a eiasquno di questi non sia palesemente insufficiente per un'adeguata valutazione (3). (1-3) Non constano precedenti sulle prime due massime che appaiono coerenti con le norme di cui all'art. 1 n. 5 legge 23 marzo 1940, n. 254. Sui principi generali, dr. GARGIULO, I collegi amministrativi, Napoli, Jovene, 1962, 74 e segg. Sul tempo necessario per le operazioni concorsuali si ricorda il parere della Sez. I, 8 novembre 1974, n. 1423/73 (pubbl. in Cons. St. I, 1139) che ritenne illegittime le operazioni di una Commissione che in soli SO minuti aveva stabilito i oriteri di massima ed aveva cLassifioato e graduato 45 concorrenti esaminando i fascicoli per.sonali ed i titoli rispettivi, e Sez. VI �sent. il4 luglio 1982, n. 365 (ivi 1982, I, 1003) secondo la quale l'assoluta inadeguatezza del tempo di svol gimento delle operazioni concorsuali evidenzia l'eccesso di potere a meno che la brevit� del tempo non sia giustificata dal ridotto numero dei candidati e dalla semplicit� dei loro titoli da valutare. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 755 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 31 maggio 1984, n. 423 -Pres. Paleologo -Est. Monterosso. Papalia (avv. Ferrari) c. Ministero Interno (avv. Stato Bruno). Impiego pubblico � Polizia di Stato � Trasferimento � Normativa appli� cabile � Trasferimento per motivi di servizio � Motivazione � Non occorre. Nei confronti del personale della Polizia di Stato possono trovare applicazione le norme ed i principi che disciplinano il rapporto di lavoro della generalit� dei dipendenti civili dello Stato, solo se non sussista una particolare regolamentazione del rapporto di lavoro degli apparte� nenti ai ruoli dell'Amministrazione della P. S. e -anche in tal caso solo se le norme e i principi suddetti sono compatibili con i principi che si ricavano dall'ordinamento speciale della Pubblica Sicurezza. Con riferimento al provvedimento di trasferimento, cio� ad un atto suscettibile di immediata diffusione all'esterno, la indicazione di ragioni di servizio per loro essenza riservate si pone in contrasto con preminenti principi di interesse pubblico; deve pertanto escludersi la sussistenza di un obbligo di motivazione (1). (1) Il contenuto e la motivazione di questa decisione sono conformi a quanto gi� espresso dal Consiglio di Stato in sede consultiva, con il parere I 29/78 del 10 novembre 1978 (in Cons. Stato 1981, I, 477) cui si rinvia. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 18 maggio 1984, n. 371 -Pres. Laschena Est. Conti. Comune di Crocetta del Montello (avv. Steccanella e Faraone) c. Manildo (avv. Manildo e Viola). Impiego pubblico � Trattamento economico -Prescrizione . Interessi e rivalutazione monetaria. In tema di trattamento economico dei dipendenti di Enti P,ubblici il termine di prescrizione � quinquennale ex art. 2948 cod. civ. quando, ai fini della liquidazione, l'Amministrazione non deve compiere alcuna operazione di verifica, trattandosi di emolumenti determinati dalla legge (sia pure attraverso un rinvio) anche c0eil quaTIJtum. Il termine di prescrizione � invece decennale allorquando, in carenza di un atto amministrativo, le competenze, pur discendendo direttamente dalla legge, non possono essere riconosciute senza che l'Amministrazione abbia valutato le posizioni individuali dei soggetti contemplati dalla norma, al fine di accertare la sussistenza delle condizioni richieste per l'attribuzione dei benefici. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 756 Qualora il ritardo o l'inadempimento delle prestazioni retributive a favore dei pubblici dipendenti sia addebitabile alla Pubblica Amministrazione, viene meno il principio dell'insensibilit� delle obbligazioni pecuniarie alla svalutazione monetaria, in relazione all'esigenza di tener fer. mo il potere di acquisto delle somme costituenti il credito di lavoro. Il riconoscimento della rivalutazione monetaria si attua mediante un meccanismo automatico di reintegrazione della perdita subita con l'ap plicazione degli indici JSTAT; tale riconoscimento � strettamente con nesso con i diritti del dipendente per le prestazioni effettuate e non pu� essere riportato tra le questioni patrimoniali conseguenziali: rispetto ad esso non pu� non affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 15 maggio 1984, n. 260 -Pres. Quartulli -Est. Barberio Corsetti. Universit� degli Studi di Sassaii (avv. Melis) c. Ruin (avv. Bassu). Contabilit� pubblica -Contratti della Pubblica Amministrazione -Concorso di idee -Assimilazione all'appalto-concorso � Conseguenze. Il concorso di idee � una forma di gara progettuale atipica per molti versi assimilabile all'appalto-concorso dal quale si differenzia solo nello scopo -che � quello di un sondaggio di elaborati intellettivi e nella parte finale che lascia libera l'Amministrazione di vaZutare la convenienza dell'acquisto del progetto giudicato migliore. Ne deriva che proprio lo scopo di questa procedura, che non sbocca direttamente nell'aggiudicazione dell'opera progettata, ma che consiste nell'esplorazione di una serie di possibilit� operative, salva la discre zionalit� amministrativa circa la realizzazione dell'opera, deve far con cludere che l'obbligo del rispetto delle forme richieste dal bando, ove queste non rivestano carattere di indispensabilit�, non pu� essere pi� onerosa di quello previsto per la procedura dell'appalto-concorso. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 15 maggio 1984, n. 261 -Pres. Quartulli -Est. Vacirca. Manfredini ed altro (avv. Tesauro) c. Conservatorio di Musica Lorenzo Perosi ed altro (avv. Stato Braguglia). Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Giurisdizione esclusiva � Azioni di accertamento � Ammissibilit� � Condizione. Nel processo amministrativo le azioni di mero accertamento non sono in via generale consentite in materia di tutela di interessi legit PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 757 timi, la quale si realizza esclusivamente mediante l'annullamento di provvedimenti o mediante pronunzie dichiarative dell'illegittimit� del silenzio assimilabile a provvedimento. Allorch� per� si chieda la tutela di diritti soggettivi, anche non patrimoniali, l'azione di mero accertamento � ammessa nel processo amministrativo negli stessi limiti in cui sarebbe ammissibile in un processo civile, e cio� quando sussista un interesse ad eliminare una situazione di incertezza (1). (1) Il principio enunciato deve ormai ritenersi consolidato e perfettamente in linea oon l'evoluzione giurisprudenziale in materia di giurisdizione esclusiva. Per un'organica prospettazione del problema e una completa rassegna giurisprudenziale v. Cons. Stato Ad. Plen. 26 ottobre 1979, n. 25 e, successivamente, Cons. Stato Sez. IV 26 settembre 1980, n. 952. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 maggio 1984, n. 2857 -Pres. Mazzacane -Est. Caizzone -P. M. Cecere (conf.). Nelli (avv. Nelli) c. MiDJistero delle Finanze (avv. Stato Palatiello). Tributi in genere -Contenzioso tributario � Giudizio di terzo grado -Valutazione � Criteri tecnici della stima � Censurabilit� in terzo grado � Esclusione. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 26 e 40). La controversia sulla scelta del criterio della stima, ha carattere tecnico- economico ed � ricompresa nell'estimazione semplice, sottratta al giudice di terza grado, ove non presupponga la risoluzione di questioni di applicazione della legge (1). (omissis) Col secondo mezzo, denunciando violazione dii legge, i ricorrenti si dolgono che la Corte del merito abbia qualificato I�l secondo motivo d'impugnazione, relativo a preteso �errato calcolo dellla plusvalenza reailizzata � da parte del giudice tributario di rinvio, come questione di estimazione sempliice e, come 1:ale, ['abbia dichiarata improponibile per difetto di giurisdizione. Essi sostengono di aver censurato (subordinatamente al rigetto del primo motivo d'appello) non gi� l'entit� dei valori accertati ma il �criterio, il metodo ed il sistema di applicazione di detti vailori al caso dii specie � e cio� quel capo della decisione del giudice tributario di rinvio che aveva ridotto ai tre quarti -!in considerazione del fatto che era stata trasferita soltanto la nuda propriet� dell'azienda alberghiera non solo -come era giusto -il valore di 1realizzo, ma anche il valore di oolancio, o di costo, ovvero iniziale, il che gli appellanti assumevano come erroneo. Una tale questlone -sostengono gli odierni ricorrenti (1) Decisione da condividere pienamente. La distinzione tra la stima (in senso stretto) e i criteri che la informano era stata proposta da TESAURO, Nuovi orientamenti su � estimazione semplice � e � estimazione complessa� 2 (in Giur. It., 1977, I, 1, 597) per sostenere che sui criteri della stima, anche se inon giUJridici, � proponibile l'impugnazione di terzo grado. La prommcia si esprime in senso negativo riaffermando che la valutazione estimativa (sinonimo di estimazione semplice) non riguarda soltanto la mera stima ma abbraccia l'accertamento dei fatti e l'apprezzamento degli stessi ai fini della determinazione della base imponibile. Su ci� esiste ormai un orientamento consolidato (v. da ultimo Cass. 13 ottobre 1983, n. 5960, in questa Rassegna, 1984, I, 135). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA in quanto coinvolgente Ja questione giuridica dell'immutabilit� del vailore di bilancio e della sua esclusiva rilevanza ai fiilli dell'accertamento della plusvalenza (Cass. 1706/1971) avrebbe dovuto essere considerata come di estimazione complessa e, peTtanto esami!Ilata dailfa Corte d'appelilo. Anche questa censura � infondata. A tale riguardo va precisato che 1il giudice tributario di rinvii.o -come giustamente fa rilevare fa controricorrente sia nel controricorso che nella memoria illustrativa -non ha affatto �ridotto� ai tre qua11tii il valore iniziale ma lo ha semplicemente accertato ed individuato :in rapporto alla fattispecie concreta -trasferimento de1la nuda propriet� -seguendo il criterio della omogeneit� dei termini inizia~e e finale, ai fini della mera quantificazione de1la plusvalenza demandatagli dalla Commissione Tributaria Centrale; il che poteva certamente fare nei limiti deltl'estimazione semplice assumendo nel proprio calcolo -mera operazione matematiica -il dato offevtole da!ll'U.T.E. il quale aveva valutato la piena propriet�. Per altro verso, la dq~lianza mossa dagli appellanti avverso l'operato del giudice tributario di rinvio atteneva alla pretesa erroneit� di tale calcolo, poich� lo stesso giudice (v. compavsa conclusionale di appello p. 19) non avrebbe considerato che �l'immobile era, nel caso di specie, l'unico bene costituente ~'impresa stessa, che � stato interamente alienato sia pur limitatamente aHa nuda propriet��. Tanto premesso, � agevole rilevare che la controversia in ordine alla scelta del criterio di valutaz!ione e la determinazione del valore imponibile, nel caso idi specie, non presupponeva la risoluzione di questioni giuridiche di sorta ed al riguardo � anche opportuno rilevare che i ricorrenti in questa sede non hanno indicato quale sarebbe stata fa norma giuridica violata dal giudice tributario di rinvio -e dalla Corte d'appello che ne ha avallato l'operato -nell'accertamento del valore iniziale della nuda propriet� dell'immobile in questione, tant'� che hanno denunciato la violazione di una norma (art. 40 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) che non regola di certo tale accertamento, ma esclusivamente determina fa competenza in materia della Corte d'appello e detta le regole procedimentali della relatiiva impugnazione. Al contrario, si � trattato di controversia di carattere tecnico attinente alla rllevazione dell'obiettiiva consiistenza qualitativa e quantitativa del cespite, all'individuazione dei fattori di calcolo e all'espletamento di questo e, con puntuale riferimento al caso di specie, di controversia economico-contabile [n ordine all'inddenza deltla nuda propriet� dell'immobile nel complesso dei beni costituenti l'azienda alberghiera ai fini del calcolo della plusvalenza che i contribuenti pretendevano fosse ridotta dalla Corte d'appello da L. 32.000.000, come accertato dal giudice a quo, a L. 4.500.000. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 760 Orbene, una tale questione, per giurisprudenza �Costante di questa Suprema Corte (cfr. tra le tante, Cass. S.U. 1160/74, 1926/75, 3465/77, 5581/81, 1240/81, 3609/81, cfr. anche d criteri di 5960/83) deve qualificarsi come questione di estimazione semplice e, pertanto, bene ha la Corte del merito -sia pure con motivazione assai stringata che pu� essere integrata con le presenti osservazioni in punto di diritto -ritenuta fa domanda di cl.lii. al secondo motivo d'appello improponibile (invero � per difetto di giurisdizione�; rectius: per difetto di �competenza funzionale � -cfr. Cass. Sez. Un. 2350/83). (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 1984, n. 2937 -Pres. Mazzacane -Est. Rocchi -P. M. Valente (conf.). Monacelli c. Ministero de1le Finanze (avv. Stato Salimei). Tributi in genere -Accertamento tributario -Notificazioni -Irreperibilit� del destinatario nel domicilio fiscale -Modalit�. (T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38; c.p.c. artt. 139, 140 e 148). La notifica deU'accertamento e di tutti gli atti del procedimento tributario va sempre eseguita nel domicilio fiscale; conseguentemente se il contribuente abbia trasferito la residenza in altro comune senza darne comunicazione all'ufficio tributario, la notifica sar� legittimamente eseguita nel domicilio fiscale a norma dell'art. 38 lett. f (destinatario irreperibile). Quando invece il contribuente abbia spostato l'abitazione, l'ufficio o l'azienda nell'ambito dello stesso Comune deve essere diligentemente ricercato, anche attraverso ricerche anagrafiche delle quali deve darsi atto nella relazione (1). (omissis) Il ricorso � infondato. Il testo unico delle imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 contiene all'art. 38 norme sulle notificazioni degli avvisi e degli altri atti che la legge dispone siano notificati al contribuente (e che sono ripetute parzialmente nell'art. 32 del vigente d.P.R. 26 otto (1) La sentenza, con diligente completezza fa il punto della posmone faticosamente raggiunta dalla giurisprudenza (v. Relazione Avvocatura Stato, 197680, Il, 472 e le successive sentenze 29 marzo 1983, n. 533 e 16 aprile 11983, n. 2631 in questa Rassegna, 1983, I, 533 e 744) e contiene molte esatte considerazioni e riflessioni su tematiche discusse nelle numerose annotazioni comparse su questa Rassegna. � ormai un punto fermo importante la affermazione che l'ufficio non deve inseguire il ricorrente al di fuori del domicilio fiscale; la notifica ex art. 38 lettera f, che poi corrisponde a quella dell'art. 143 c.p.c., � legittimamente PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 761 bre 1972, n. 636, integrato dall'art. 32-bis introdotto con J'art. 20 l. n. 739 del 1981) le quali rappresentano una limitata deroga aHe norme del codice di procedura civile. Ai fini del decidere vengono esclusivamente in considerazione le norme del d.P.R. n. 645 del 1958, trattandosi di notificazione anteriore all'entrata in vigore della riforma tributaria. Alla lettera e) dell'art. 38 si precisa che fa notificazione deve essere fatta nel Comune di d.omicilio fiscale del contribuente, la cui nozione � data dall'art. 9 del t.u. con riferimento al Comune di iscrizione anagrafica (nello stesso senso dispone l'art. 58 del Vliigente .d.P.R. n. 600 del 1973). Ai sensi dell'art. 140 c.p.�. se non � possib�lle eseguire Ja consegna per irreperibilit�, o per incapacit� o nifiuto deMe persone iindicate .nell'articolo precedente (persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio, o all'azienda, o residualmente, portiere, ed, iin ulteriore subordine vicino) l'ufficiale giudiziario deposiita Ja copia nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi; affigge avviso del deposito alla porta della abitazione, o dell'ufficio o dell'allienda del destinatari.o e gliene d� notizia per raccomandata con ricevuta di ritorno. La notificazione si perfeziona con la spedizione della raccomandata, indipendentemente daLla consegna del plico al destinatario (Cass. 2989/80). In base aill'art. 38 lett. f), invece, quando nel Comune in cuii deve eseguirsi la notificazione (e cio� nel comune. di domicilio fiscale) non vii � abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l'aVVliso del deposito (prescritto dall'art. 140 cod. proc. civ.) si affigge nell'albo del Comune; e la notificazione si ha per eseguita ne!J'ottavo giorno successivo (nella specie vengono in considerazione le date 13, 21 novembre 1972), ed il messo NegittJimato alla notifica in luogo dell'ufficiale giudiziario) � esonerato eseguita ogni volta che non � possibile rinvenire un legame tra il destinatario e un luogo determinato nel domicilio fiscale. Parallelamente va a consolidarsi l'altra affermazione che il contribuente possa legittimamente occultarsi all'interno del Comune di residenza. Le ragioni di tale diversa conclusione, come gi� altre volte rilevato, non persuadono. Il domicilio fiscale, che � distinto dalla residenza anche se con essa materialmente coincidente, non � soltanto l'indicazione di un Comune ma anche della precisa individuazione in un luogo circoscritto (abitazione, ufficio o azienda); ogni variazione, sia del Comune che del luogo circoscritto non comunicata all'ufficio tributario � irrilevante per l'ufficio che conosce l'indicazione dichiarata dalla parte; n� pu� valere, ai fini dell'identificazione del domicilio fiscale, la sola variazione anagrafica perch� il domicilio fiscale deve essere autonomamente tenuto in evidenza. . Quando in sostanza si dice che la notificazione va sempre eseguita nel domicilio fiscale che deve necessariamente esistere (il che giustifica l'inapplicabilit� dell'art. 143 c.p.c.) non si dovrebbe lJO� pretendere che sia ogni volta verificata la residenza anagrafica, che � altra cosa. 11 t11l11111%1a111111w:11111r1111:111111111111&111=1111111111111a11111 ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dall'obb1igo dell'avviso che, giusta H tenore originario della precedente� lettera e), non era prescritto in nessuno dei casi in cui fa notificazione non avveniva in mani proprie. Specifica ulteniormente la lettera g) che non si applica, fra l'altro, la norma dell'art. 143 cod. proc. civ.; tale disposizione si spiega agevolmente atteso l'ingranaggio del domid.!Jio fiscale come punto obbligatorio di riferimento per le notifiche. Infine si precisa, nell'ultimo comma dell'art. 38 ait., che Je variaziioni del suddetto domicilio e le elezioni di domicilio non risultanti dalla dichiarazione dei redditi hanno effetto solo dal trentesimo ~orno da quello della concreta variazione (nel caso di specie, avvenuta nell'ottobre del 1975, mentre la notifica, radicata sul domicihio fiscale in Udine, � avvenuta nel 1972). Con sentenza n. 189 del 1974 la Corte costituzionale ha dichiarato l'iillegittimit� costituzionale dell'ar.t. 38 � 1ett. e) che -come si � appena sottolineato -consentiva al messo di non dare notizia al destinatanio della notificazione non fatta a mani proprie; ma ha precisato nel dispositivo cne era fatta sailva l'ipotesi dri:sciphinata dalla ~ett. f). La portata oggettiva della sentenza � chial'!issima: in tutti i casi in cui la notificazione non � fatta a mani proprie del destinatario, il messo � 1tenuto, giusta i principi generali, a provvedere a!ll'invio della raccomandata, dal quale si prescinde solo quando il destinatario risulta iirrepecibile (quando cio�: � nel Comune nel quale deve eseguirsi la notiificazione non vi � n� abitazione, n� ufficio n� azienda del contribuente�). La richiamata sentenza n. 189 del 1974 ha avuto cura di coordinare la questiione di cui veniva ad essere specificamente investita (circoscritta alla sola cautela aggiuntiva de1la spedizione della raccomandata) con le modaHt� caratteristiche della notificazione tnibutaria, con particolare riferimento a quelle attinenti al luogo in cui la notifica deve essere effettuata. Proprio perch� questo foogo si iidentifica con il domiicilio fiscail.e, che rappresenta un punto fermo ed imprescindiibile nei rapporti fra contribuente e fisco (e deve essere indicato in tutti gli atti, contratti, denunce e dichiaraziionni da presentare agli uffici finanziari), la ricerca del contribuente cui l'atto va notiificato, risultando circoscritta al predetto luogo, va compiuta con particolare diligenza per quanto attiene a tutti gli ulteriori adempimento. preordinati al rag~ungimento dello scopo della notificazione, che � quello di portare l'atto all'effettiva conoscenza del destinatario. Ha osservato, nelJa ricordata decisione, la Corte che l'omissione di una formalit� di semplice esecuzione, come la spedizione di una lettera raccomandata, ad un indirizzo gi� noto, non trova una giustificazione razionale, restringendo senza ragione la possibilit� del destinatanio di giungere alla conoscenza effetti.va del contenuto dell'atto in< lirizzatogli. ' . I! PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Da ci� ~l contrasto con gli artt. 3 e 24 Cast. che viene tuttavia espressamente escluso con riguardo a:ll'iipotesi de1la leut. f) riguardante la notificazione da eseguirsi, pur sempre, nel Comune di domicilio fiscale senza che, peraltro, in esso w sia effettiva abitazione, ufficio, o azienda del contribuente, il che potrebbe accadere, sia per errore da questi commesso nell'iindicare il �luogo del domdcilio fiscale; sia per trasferimento non �notificato nel[e dovute forme ailil'ufficio 1lributario, e nemmeno registrato in sede anagrafica; sia, infine, per qualunque altro motivo. In taile caso la notificazione va effettuata col solo deposito della copia, perch� non pu� addossarsi all'amministrazione finanziaria l'onere di ricercare dI contribuente fuori del suo domicilio fiscale; n� deve essere inviata alcuna lettera raccomandata � essendo ignoto ogni recapito del contribuente entro J'ambiiito del territorio in cui debba essere ricercato �; nel che, soggiunge la Corte cast., � da ravvisare una analogia con il rito della notificazione agli irreperibili (in assoluto) di cui aill'art. 143 cod. proc. civ. (disciplina rispetto alfa quale sono state introdotte delle opportune modificazioni). Nella sentenza n. 189 del 1974, sono enucleabili, pertalllto, per contrapposizione, due distinte, ma complementari, rationes decidendi che portano da un lato ailila pronuncia di incostiituzionalit� e dall'altro alla limitazione di questa pronuncia con esC'lusione dell'obbligo (altrimenti ge-. neraLizzato) dell'invio della raccomandata nell'ipotesi di � irreperibil!i.t� � del contnibuente, di cui la Corte riconosce la razionalit�. Esiste piena sintonia fra la richiamata pronuncia dehla Corte costituzionale e gli orientamenti giurispruden2liali di questa Corte di Cassazione. � stato infat1Ji ritenuto che la disposizione contenuta nella lett. f) dell'art. 38 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, che disciplina in via generale le notificazioni in materia di imposte erariali (e trova applicazione per tutti gli aHii del procedimento tributario, amministrativo o contenzioso), esonera l'ufficiale notificante dall'obbligo di dare notizia della notificazione effettuata al destinatario nell'ipotesi ih cui nel Comune di domicilio legale non vi � (effettiva) abitazione, ufficio od azienda del c�htribuente, essendo suffioiente il deposito della copia dell'atto nella casa del �comune dove la notificazione deve essere eseguita e l'affisS!ione dela'avvdso di depoS!ito nehl'a1bo del comune medesimo, neil qUJal caso [a notificazione si ha per eseguita nell'ottavo giorno succesS!ivo (Cass. 3527/79, 1503/78). Si � precisato, inoltre, che neille forme di notificazione previste per le :ipotesi in cui non sia stata possibile fa consegna dell'atto al des'linatario, o a persona a lui legata da particolari rapporti considerati dahla legge come tidonei ad assicurare il recapito dell'atto, S!ia in via generale nel codice di rito (artt. 140 e 143 cod. proc. civ.), sia nelle leg@. speciali (ad esempio: art. 38, :lett. f), del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645), irl depo RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO sito dell'atto nella casa comunale rappresenta, insieme con l'affissione dell'avviso nell'albo, un elemento della fattispecie di carattere esseillliale, in quanto indispensabile per mettere il destinatario in condizione di entrare �n possesso del documento �a lui destinato. Conseguentemernte se non 11isulta compiuta l'attivit� di consegna dell'atto, o quel>la sostitutiva prevista dalla legge, non vengono in considerazione le norme che disciplinano g1ii effetti della fattispecie, nemmeno quelle che �ne sanciscono la nulliJt�, ma si versa in caso di inesistenza deLla notifica:llione (Cass. 475/81, 3527/79 cit., 2720/78). In relazione ailla enucleazione della carenza di effettiva abitazione, ufficio od azienda del contribuente nel Juogo di domicilio legale, quale condizione di applicabilit� delle modailit� notificatorie ex art. 38 lett. f), si sottolinea la indispensabilit� che il messo notJificante svolga tutite le ricerche che il caso concreto richiede e faocia menzione dell'esito negativo di esse nella sua relazione (Cass. 4174/79, 6152/79). Con estrema puntualit� una recente decisione (n. 2631 del 1983) ha messo iin chiaro che, qualora i'1 contribuente abbia trasferito la propria abitazione (o ufficio o azienda) in un Comune diverso da quello ove � il suo domicilio fiscale, senza darne comunicazione all'ufficio� t11ibutario, la notJificazione dell'avviso di accertamento dell'imponribile, � ritualmente eseguito, a norma dell'art. 38 lett. f) d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, mediante deposito dell'atto nella casa comunale dove � stato fissato il domicilio fiscale e mediante affissione nell'albo comunale dell'avviso di deposito, senza spediziione di alcuna raccomandata e senza necessit� di ricerche anagrafiche; se non al fine dell'acce11tamento del fatto che il contl1ibuente si � trasferito in altro Comune, non essendo richiesto l'accertamento .del nuovo recapito. Il modello di notificazione ex art. 38 lett. f) presenta, infatti, autonomia .di fattispecie; non sii tratta, nonostante dJl contrario sembrerebbe risultare dalla superficiale lettura di talune decisioni di questa Corte, di unaJettifica del modello fogale dell'art. 140 cod. proc. civ., ma di una figura sui generis che si radica sul presupposto del domicilio fiscale come domicilio necessario, sicch� il contribuente in tesi non � mai di domidlio sconosciuto, ma � solo e sempre domiooiata ex lege nel Comune di iscrizione anagrafica, che sotto quesito profilo assume una rilevanza pregnante, e di cui deve accertare solo nell'ambito di quel Comune, sia pure con ogni diligenza, J'effettiva abitazione, ufficio od a2lienda, poich� in difetto di tali elementi diventa applicabile la modalit� notificatoria dettata dall'art. 38 leitt. f) cit., rispetto alla quaile dl richiamo aU'art. 140 cod. proc. civ. potrebbe risultare fuorviante ove sii pretenda di tracciare una sorta di parallelismo fra le due ipotesi, mentre � evidente il carat-� itere estremamente riduttivo del richiamo, avente il mero significato di indicare per relationem che deve essere inviata al notifilcando la lettera raccomandata secondo le modalit� pi� anailiticamente descritte in detta PARTE. I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA norma, la quale, nella econo.mia del codice di rito civile, ha una sua bc;,m specificata portata cui non pu� n� deve essere ricondotta la autonoma fattispecie dii notifica contemplata dalla legge tributaria all'art. 38 in esame, riprendendo vigore le norme di diritto comune solo in ;quanto non espressamente derogate. Pertanto fra le disposizioni applicabili aHe notificazioni tributarie va annoverato l'art. 148. cod. proc. civ., che fa obbligo all'ufficiale .giudiziario di procedere alle opportune ricerche ed. il cui proprium attiene per le notifiche siffatte al mutamento di indirizzo verificatosi nelfambito dello stesso Comune di domicilio .fiscale, mentre so110 del tut,to irrilevanti, attesa la centralit� essenziale del suddetto domicilio, le variazioni che comportano lo spostamento del contribuente in altro Comune (cfr. dJ recente Cass. 2237/1983 con specifico riferimento a1la notificazione ex art. 145 cod.. proc. civ. alle sooiet�, nonch� Cass. 624/81, 4378/79, 6154/78). � stata, pertanto, riconosciuta la nullit� della notifica dell'avviso di accertamento nelle forme dell'art. 38 lett. f) qualora il messo notificatore si . sia limitato ad accertare che il destinatario non abitava pi� all'inQ.irizzo indicato neU'atto da notificare, procedendo alla .affissione nell'albo pretorio, senza effettuare, .come previsto dall'art. 148 cod. proc. civ. (la cui applicabilit� non � esclusa dall'art. 38 lett. g) del t.u. citato) ricerche anagrafiche del notificando. (Cass. 624/81). In effetti sulla imprescindibilit� delle ricerche anagrafiche quale condicio sine gua non della notificaziione ex .art. 38 lett. t). si riscontra qualche, di~crasia nella giurisprudenza dii questa Corte che ,altr.e vdlte ha ritenuto non..necessaria. la menzione deUa effettuazione di tali ricerche (cfr. Cass. 408.6/80). Probabilmente la linea di. comp~sizim;1.e dei ;due in.dirizzi va rinvenuta nella possibilit� del supfiramento .deU'elemento formale attraverso H dato effettuale, (consentendosi in giudizio� l'integrazione delle risultanze anagrafiche con fa reale localiizzazione del contribuente, prescindendo dalla mancata ricerca anagrafica ogni qualvolta risulti acclarato a posteriori in giudizio che quelle ricerche non avrebbero comportato ~cquisizioni tali da inciqere sulle. adottate..modalit� notificatorie). Nella specie � accaduto che il messo,. non a~endo rinvenuto)! contribuente all'indirizzo di Via Solferino 31, corrispondente all'dscrizione anagrafica, si � dato carico di compiere 'le opportune ricerche, ed ha appurato, dandone atto nella relata, che hl . notificando si. sareJ?be �1trasferito a Monza ad un certo indirizzo di. Vda Ponchielli, in oi� esailrendo il proprio compito e potendo correlativamente procedere alla notificazione con Je�modalit� dettate dalla suddetta lett: f) dell'art. 38, perch� l'ambito tetritoria1Jmente circoscritto. dalle riicerche da compiere rendeva� del tutto irrhlevante tale � dndirizzo � extracomunale, verificandosi precisamente quella circostanza di carenza di abitazione, ufficio, o negozio nell'ambito RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del territorfo del Comune di domicilio fiscale, che fa correre l'alea al contribuente di essere ritenuto a conoscenza legale degli atti che si siano uniformati alle indicate modalit� (non comprendenti l'invio della raccomandata). Inattaccabile dal punto di vista formale, atteso l'esauriente tenore della � relata � di notifica, la modalit� seguita ex art. 38 lett. f) risulta rispondente alla legge anche sotto il profilo sostanziale, dato che al momento della notifica il Monacelli non aveva in Udine abitazione, ufficio o negozio e la sua pretesa circa H mantenimento di un � recapito � al vecchio indirJzzo di Via Solferino, anche se esatta in punto di fatto, risulterebbe del tutto irci.levante in punto di diritto, dato che il � recapito � non � criterio di collegamento cui ~'ordinamento giuridico attribuisce una qualche rilevanza nel sistema delle notificazioni: n� in quello generale, n� in quello specifico proprio del procedimento tci.butario. La Corte d'Appello nell'impugnata sentenza ha dato ampio spazio all'indagine sulla effettiwt� della abitazione, dell'ufficio o dell'azienda del contribuente, in una situazione in cui questi non pretende che l'accertamento negativo in tal senso reso non sia condividibile, ma sostiene che, avendo mantenuto in Udine quantomeno un � recapito �, questa circostanza sarebbe stata impeditiva di per s� dell'applicabilit� della norma di cwi. all'art. 38 lett. f) e quindi avrebbe ricondotto la notificazione nell'alveo della fattispecie retta dalla norma caducata dalla pronuncia di 1incostituzionalit�, diventando essenziiale il profilo detla incidenza o meno di quella pronunciata sul rapporto de quo, problema di cui dovrebbe tornl3Jre ad oocuparSli ila Conte in 1sede dii �l1mwo, restMJ.do 1aincora aperta al contribuente la � �chance � di vedere riconosciuta ila �tempestivit� del rJcorso alla Commissione e quindi dii ottenere l'esame nel merito delle ragioni giuridiche fatte valere contro l'accertamento. (omissis) I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 1984, n. 2943 -Pres. Granata Est. Cantillo -P.M. Paolucci. Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. Soc. Fariello e Luise. Tributi erariali indiretti -Imposte doganali -Merci perdute -Furto -Non esclude l'imponibilit�. (d.P.R. 26 gennaio 1973 n. 43 art. 37; l. 22 dicembre 1980 n. 891, art. 22 ter). A norma dell'art. 37 del d_.P.R. 26 gennaio 1973, n. 43, come interpretato autenticamente con l'art 22 ter della legge 22 dicembre 1980, n. 891, la perdita della merce, a seguito della quale si considera non avverato il presupposto dell'obbligazione tributaria, va intesa nel significato di di PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZ.\ TRIBUTARIA 767 spersione e non di sottrazione della disponibilit� del prodotto; non pu� di conseguenza rientrare nel concetto di perdita il furto delle merci introdotte nel ter1'itorio doganale (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio .1984, n. 2947 -Pres. Bologna Est. Sensale -P. M. La Valva. Unioncamere (avv. Pesce) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fiumara). Tributi erariali indiretti -Imposte doganali -Perdita della merce -Evento succeiJSivo alla inosservanza del termine per la presentazione -Irrilevanza. (d.P.R. 26 gennaio 1973 n. 43, artt. 36, 37). La perdita, la distruzione e le altre cause ostative al sorgere della obbligazione tributaria previste dall'art. 37 del d.P.R. 26 gennaio 1973, n. 43 devono verificarsi anteriormente al momento in cui l'obbligazione tributaria deve considerarsi sorta e conseguentemente nel caso di mancata osservanza del termine per la presentazione delle merci alla dogana, che fa presumere definitivamente immessa al consumo la merce, non ha rilevanza il successivo sequestro della merce ordinato dalla autorit� sanitaria (2). (omissis) Con l'unico motivo di ricorso, denunziando �a violazione dell'art. 37 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, l'Amministrazione Finanziaria critica la sentenza per avere affermato che il furto di merce sottoposta a vincolo doganale non realizza la presunzione di definitiva immissione al consumo, laddove il concetto di perdita o distruzione, enunciato da detta norma ai fini dell'esclusione del tributo, implica sempre la dispersione della merce medesima, come ha definitivamente chiarito, con interpretazione autentica, J'art. 22 ter del d.l. 31 ottobre 1980, n. 693, convertito nella legge 22 dicembre 1980, n. 891. La censura � fondata. Com'� noto, nell'esegesi dell'art. 37 cit. -secondo cui il presupposto del tributo doganale � SI� considera non avverato�, nelle fattispecie di �perdita o distruzione della merce� dovuta a caso fortuito, forza mag (1-2) Sulla prima massima per l'orientamento anteriore alla legge di interpretazione autentica v. Cass. 18 gennaio 1980 n. 431 in questa Rassegna, 1980, I, 640. Sulla seconda massima, di rilevante interesse, non constano precedenti specifici. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 768 giiore o a fatti imputabi1i a titolo di colpa non grave a terzii o ail.lo stesso soggetto passivo -questa Corte era pervenuta alla conclusione che l'espressione � perdita o distruzione� non � un'endiadi, ma fodica due serie di fatti aven1Ji natura diversa, g.iacch� il termine �distruzione� designa ogni evento di eliminazione fisica della merce, mentre il concetto di � perdita � � idoneo a comprendere ogni ipotesi di soggettiva ;impossibilit� di disporre della stessa, con la conseguenza. c;he fra de fattispecie di .quest'ultimo tipo pu� essere annoverato anche il furto; quale sottrazione del prodotto alla disponibilit� del detentore (v. sent: n. 431 del 1980 e n. 6148 del 1978; a questo insegnamento si � attenuta la sentenza in esame). Senonch� fa legge n. 891 del 1980; nel convertiie il d.l. n. 613 �deUo stesso �nno, ha �aggiunto l'a~t. 22�r, il cui primo com~a d�spone che �la parola perdita�, che sJ legge nel detto art. 37 (e nell'art. 20 della legge 15 dicembre 1971, n. 1161) �va intesa nel significato di dispersione e non di sottrazione della disponibilit� . deil prodotto >>. E in for.za di questa norma, alla quale il secondo comma deLla sitessa disposizione espressamente conferisce valore di interpretazione autentica, si deve riconoscere che per volont� esplicita del legislatore il furto mai � stato compreso nel. concetto di �perdita � della mere.e: questa realizza una .causa estintiva deM'obbliigazione. tributaria dogana'le solo in quanito si risolva nell'inutilizzabilit� assoluta e oggettiva della merce medesima; e. tale conseguenza non produce la delittuosa sottrazione, che determina soltanto di venir meno della disponibilit� deLla cosa da parte di un sog� getto per effetto deM'impossessamento da parte di altni. Giova aggiungere che questa disdplina � stata recentemente ritenu~ a. conforme all'ordinamento q>munitario daJJa Corte di�: giustizia delle comunit� europee (sentenza 5.ottobre 1983, in cause ri~nite 18~ e 187/82), la quale, investita della questione .con ri�hiesta di pro.unzia pregitJ.diziale formulata dailla Corte di appello di Catania. (ordinanza. del 18. giugno 1982), ha osservato che in ottemperanza alle dfrettive del Consiglio 4 marzo 1969, n. 69/74, e 25 giugno� 1979, n. 79/623 ~�relative all'armonizzazione delle legislaZJioni nazionaJ,i dn materia di obbligazioni doganali -fattispecie estintive di tali obbligazioni pos~ono essere previste solo con riguardo ad eventi che impediscano ;in modo oggeittivo l'immissione della merce al consumo, escludenti, cio�, che essa possa ricevere la destinazione economica finale cui � correlata l'applicazione dei dazi, laddove in caso di furto � !lecito presumere che le cose sottratte entrino ugualmente nel circuito commerciale della comunit�; e da ci� ha tratto la conseguenza che nella nozione di perdita della merce, contemplata dalla direttiva n. 79/623 come fatto impeditivo o estintivo� dell'obbligazione doganale all'importazione, non rientra H furto, quali che ne siano le modaJit� (dando altres� atto che questo pninoipio risulta in concreto applicato negli ordinamenti interni di tutti gli Stati membri). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Quanto detto evidenzia, p�i, anche, la ratio della diversa ci�sciplina del furto rispetto alla dispersione della merce e perci� � del pari privo di consistenza il dubbio, adombrato nella memoria della resistente, in ordine alla legittimit� costituzionaile dell'art. 22 cit. sotto il profifo della violazfone dell'art. 3 Cost. (omissis) II (omissis) Anche le censure formulate con il secondo motivo sono infondate. Vart. 36 del t.u.l.d. stabilisce che per le merci soggette. a diritti di confine itl presupposto dell'obbHgazione tributaria � costituito, relativamente alle merci e:tere, daUa loro destinazione al consumo� entro il� terriiitorio doganale (1� comma) e che; a tali effetti, si presume def�n�tivamente immessa in consumo la merce che sia stata indebitamente sottratta ai vincoli doganali o che comunque non sia stata presentata aille verifiche o controlLi doganali nei termini prescritti (5� comma). Quando la dogana, cui le merci estere siano state presentate, consente che le stesse siano spedite, per ulteriori operazioni doganali, ad. �altra dogana, rilascia Ja bolletta di cauzione, nella quale, fra l'altro, vtiene determinato il tempo entro il quale le merci devono giungere alla dogana di destinaz�one (1� e 5� comma); e qualora le merci stesse non vengano presen" tate alla dogana di destinazione, procede� al recupero dei .diritti� dovuti e accerta fa contravvenzione agN effetti dell'art. 305, 1� comma,� per il mancato scarico della� boUetta di cauzione (art. 145, uJtimo comma). In tal caso correlandosi gli artt. 141 e 145 con le disposizioni contenute ne1l'art. 36; . se ne deduce che la mancata presentaziione �delle merci nel termine assegnato con la bolletta� di cauzione ne fa presumere la � definitiva immissione in consumo; realizzando il presupposto . delJ'obbligazione tributaria cori conseguente obbligo del pagamento� dei diritti doga� nali, che non eSlime, ai sensi �dell'art. 338, 1� comma, dal pagamento del~ l'ammenda stabilita dall'art. 305, 1� comma, sailvo che la merce oggetto del contrabbando sia stata sequestrata, nel qual caso, esclud�ndo iii se� questro fa immissione in consumo, sono dovute saltanto le san:zioni previste. L'art. 37, 1" comma, correlato all'art. 36, 5� comma, indica� i limiti delil.a presunzione d'immissiione delle merci in consumo, stabilendo che si con sidera non avverato hl presupposto dell'obbligazione tributaria quando !il soggetto passivo dimostri che fa inosservanza dei vincoli doganali (e quindi, anche la mancata presentazione della merce nel termine asse ginato) ovvero ila mancanza iin tutto o ii:n parte dii essa all'atto dclilia pre sentazione, della verifica e dei controlli (questi ultimi -sempre che la presentazione sia avvenuta -anche successivi ail'accettazione della dichiaramone di destinazione al consumo) dipende dailla perdita o distru PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA mancata .presentazione delle merci nel termine prescritto, e che attribuiscono alle ipotesi richiamate connotati del tutto diversi, tali da non potersene desumere un fondamento uniforme, comune anche alla ipotesi che viene in esame nella presente controversia. D'altra parte, la legge doganale non lascia il �contribuente privo di tutela, consentendogli di giustificare il ritardo con il quale la merce estera sia presentata alla dogana di destinazione (art. 319, secondo comma, lett. a) e di denunciare la perdita o distruzione entro dieci giorni da quello in cui si � verificata ovvero da quello in cui egli ne sia venuto a conoscenza, in modo da consentire all'autorit� doganale J'acce.rtamento delle cause della perdita e fa sua dipendenza da caso fortuito o da forza maggiore. � evidente, infatti, che soltanto Lin presenza di una causa giustificativa del ritardo dimostrato dal contribuente e della tempestiva denuncia della perdita (dimostrazione e denuncia che nel caso concreto sono mancate), potrebbe porsi l'ulteriore problema (che � estraneo alla presente controversia) ~e ,l'autorit� doganale possa concedere una dilaz; ione del termine assegnato (s� da prorogare il sorgere dell'obbligazione tributaria) in modo che la perdita verificatasi durante l'ulteriore termine concesso possa operare come evento in presenza del quale il presupposto della obbligazione debba considerarsi come non avverato; o, anche, se pur in mancanza di una espressa proroga, l'evento verificatosi durante il giustificato ritardo possa produrre gli effetti medesimi; o, infine, se la perdita, pur verificatasi successivamente alla scadenza del termine, possa ricoJlegarsi ad un evento di forza maggiore o di caso fortuito precedente, dal quale in rapporto di accertata consecuzione �causale, 1la perdita debba considerarsi dipendente. Corretta, pertanto, � la conclusione, cui � pervenuta la Corte del merito, deHa !ii:ruidoneit� a viirnoere iJia presunzione di definitiva immisSlicme in consumo della merce, della distruzione della merce medesima da parte dell'autorit� sanitaria, essendosi questa, verificata dopo la scadenza del termine assegnato per ila presentazione ai controHi doganali, in dipendenza di un furto anch'esso avvenuto dopo tale termine, senza che il contribuente abbia mai giustificato la mancata osservanza o abbia mai provveduto a denunciare l'avvenuta perdita. Deve, infine, dichiararsi la manifesta infondatezza delle questioni di legittimit� costituZiionali sollevate con riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. Quanto alla prima (disparit� di trattamento rispetto alla ipotesi di sequestro per contrabbando, che esonera dal pagamento dei diritti doganali), bene ha osservato la Corte del merito che [a diversit� dei presupposti delle due ipotesi esclude la dedotta disparit� di trattamento, poich� il sequestro per contrabbando determina la disponib�llit� (e quindi la ipcamerabilit�) da parte dell'erario della merce contrabbandata e cio� la non immissione in 1consumo della merce medesima, mentre la mancata presentazione non solo impedisce che la merce possa essere acquisita RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 772 alfo Stato, nia ne determina la immissione in consuino, realizzando il presupposto dell'obbligazione tributaria, in virt� della presuniliohe Contenuta nell'art. 36, quintci coiriina. Quanto alla seconda (duplicazione della sanzione stabilita dall'art 305, primo comma, attraverso la imposizione di un onere tributario, che essend� diretto a sanzionare il comportamento del contribuente, avrebbe la stessa natura punitiva), � agevole osservare che � errato il presupposto da ciii essa muove, poich� H pagamento dei diritti doganali � �correlato non al comportamento in s� 'del contribuente,� ma al significato obiettivo tipico che �sso assume, nella prevJsione della legge, di !immissione in consumo della merce e di re�lizzazione del presupposto dell'obbligazione tributaria, mentre il comportamento, come tale, � autonomamente san~ zionato dall'art. 305, primo comma, s� che il comportamento medesimo produce il� duplice effetto �di far presumere, in virt� della legge, l'�lemento cbsmtutiv� dell!lia fatt�~specie impos!itiva e dli dar Iuog� a una !i!rtfrazione �he, �come tale, la legge assoggetta a sanzione. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 maggio 1984, n. 3053 -Pres. Scanzano � Est. Rocchi � P. M. Leo (diff). Consorzio Garanzia Collettiva Fidi c. Miillstero delle Finanze (avv. Stato D'Amico). Tributi erariali diretti� -Imposta sul reddito delle persone giuridiche e imposta-locale� sui redditi -�onsorzio per prestazioni di gw;anzie . Ente �commerciale -Interessi .prodotti dal .fondo risc,hi -Sono soggetti ad ILOR -Legge 12 agosto 1977, n. 675,. art. 19 � ~ innova.tiva. (d.P.R, 29 settembre. t973, n.. 598, art. 2; d.P.R, 29 settembi:e 197~. n. 5.97, art. Si; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1; d.P.R. 29 settembre 1973, n�. 600, �rt. 26; I. l1 agosto 1977, . n. 675, .ai;t. 19). . . U1-i consorzio costituito' fra pi�coze imprese per facilitare l1accesso al credito bancario mediante garanzie collettivamente organiz'zate ed un fondo rischi costituito con varie. r�sorse � un ente commerciale (art. 2, lett. b) d.P.R. n. 598/1973) in quanto esercita una attivit� commerciale intermedi�ria del credito e di gestione, del fondo (art: 51, d~P.R. n. 591/1973); conseguentemente gli interessi che maturano sul fondo rischi costituiscono redd�to d'impresa; sono da assoggettare a ritenuta d'accon'to e non d'imposta (art. 26 d.P.R. n~ 600/1973)' e non sono esenti dall'IWR (art. 1 1ett. c) d.P.R. ri. 559/1973). L'art. 19 della legge li agosto 1977, n. 675, che, neil'ambito di una legge d'incentivazione industriale, ha stabilito ch� ia attivit� di prest�zione di garanzta mutualistica esercitata da consorzi e coop�rativ� non costituisce attivit� commerciale, ha portata innovativa (1). � � � � I � � (1) Decisione importante, anche se sul punto specifico �non pi� attuale, che fissa alcuni concetti sulla nozione, � contorni molto indefiniti, di reddito di impresa con particolare riferimento ai consorzi. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBU'fARIA (omissis) Con il primo motivo, il ricorrente -denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 4 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599; 2 lett. e), 19, 20, 21 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, .51 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 nonch� omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un p4nto decisivo deHa controversia deduce a) che erroneamente ed immotivatamente la C.T.C. ha ritenuto il Consorzio un;i impresa commerciale e definito commerciale la sua attivit�, senza . con.siderare che il Consorzio � privo di quailsiasi organizza:z;ione aziendale, di persone e di mezzi, sua propri.a e che la sua attivit� � puramente mutualistica. e �interna�, esaurendosi nei rapporti con i consorziati e la banca convenzionata; e b) che il fondo rischi, costituente l'unico patrimonio del consorzio, non costituisce utile d'impresa.. Con il secondo motivo, il ricorrente -denunciando violazione e falsa applica:zJione de!ll"all1t. 19 della ~egge 12 ragosto 1977, :n. 675 -�deduce che erroneamente la C.T.C. ha escluso il carattere interpretativo e, quindi, la efficacia retroattiva dell'art. 19 della Jegge 12 agosto 1977, n. 675, (secondo il quale l'attivit� di prestazione di garanzie mutualistiche esercitate dai consorzi e dalle cooperative... non costituisce attivit� commerciale agli affiettli di cui a1l'rallt. 51, d.P.R. 29 setremb11e 1973, n. 597, e dell'art. 4 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). In via subordinata, il ricorrente eccepisce l'lillegittimit� costituzionaile delle norme indicate nel pl1imo motivo, ove esse si applrichino anche ai consorzi-fidi o comunque, ad aziende di mera erogazione, e non di produzione di l1icchezza per eccesso di delega rispetto alla Legge 9 ottobre 1971, n. 823, (che stabiliva doversi emanare norme miranti ad un trattamento tributario differenziato per i redditi derivanti daiH'esercizio di impresa commerciale); nonch� per contrasto con d valori costituzionalmente protetti deHa parit� di trattamento e della tutela della cooperazione �mutualistica senza fine speculativo. Entrambi ri motivi principali sono infondati. In ordine al primo motivo va precisato che hl Consorzio � costituito da piccole e medie imprese, operanti nella regione lariana, a favore delle quali l'ente esplica un'a:ziione tendente a favorire la concessione di fidi bancari con tassi agevolati. La materia imponibdle, poi, secondo l'ufficio fiscafo, � costituita dagli interessi attivii che maturano sul c.d. fondo rischi in deposito presso gli Istituti di credito. In queste premesse, la questione da risolvere � quehla del se le ritenute sugli interessd bancari dal Consorzio percepiti siano o meno a titolo di imposta defiruitiva, e non di acconto, cos� come previsto dahl'art. 26, del d.P.R. n. 600; solo, infatti, nell'ipotesli che dette ritenute risultino a titolo di imposta definitiva, non rientrando irl Consorzio FIDI tra i sog� getti passivi dell'Irpeg, il reddito costituito dagli iinteressi bancari in oggetto risulterebbe sottratto a1l'imposi2tlone dell'Ilor per il disposto del 774 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO l'art. l, secondo comma sub c) del d.P.R. n. 599, del 1973. L'indagine va, dunque, r.ivolta ad accertare se il Consorzio sia esente dall'Irpeg, perch� non riconducibile ai tipi di soggetti passivi previsti dal d.P.R. n. 598/73 art. 2, .in quanto non svolge attivit� commerciale ai sensi dell'art. 51 del decreto n. 597/73, o se, invece, realizza (in vfa esclusiva o principale) una attivit� avente carattere commerciale. In tale prospettiva, Ja Corte rileva che l'attivit� realizzata dail Consorzio, in attuazione dei propr.i fini istituzionali, � stata accertata dalla C.T.C., in termini sostailZliailmente coincidenti con quanto espone il ricorrente (che non ha, quindi, ragione di denunciare un difetto di motivazione); consliste nel rendere accessibile, in modo pi� facile e a migliori condizioni, il credito bancario alle piccole e medie imprese ed � posta in essere attraverso operazani di natura commerciale, quali sono sicuramente quelle di intermediazione del credito, ai sensi dell'art. 2195, n. 2 e.e. (Cass. n. 611/65). Sintomatico appare al riguardo il meccanismo stesso attraverso ~l quale il Consorzio attua i propiii. fini istituzionali, meccanismo che si concreta attraverso l'a!llestimento di garanzie collettive, consistenti sia nella prestazione di fideiussioni, d:n favore degli istituti eroganti il credito, che il Consorzio rende possibile � raccogNendo e convogiliando >>, e cio�, �organizzando�, le adesioni di tutti gli imprenditori associati; sia nella gestione e finalizzazione del f omio rischi, sul quale le aziende di credito possono immediatamente e direttamente soddisfarsi. Ta!le fondo -.i.nreg:riato ed ail~mentiato a) dai contribuenti di organlizza2lioni ed enti vari, pubblici e privati; b) dal versamento, da parte degli imprenditoiii. associati, di somme commisurate ad una frazione degli interessi corrisposti agli istituti di credito che erogano i mutui; c) da~ interessi corrisposti dahle banche sul danaro depositato -costituisce patrJmonJo autonomo, ancorch� esclusivo, del Consorzio, che ne ha da .piena disponibilit� e ne utilizza istituzionalmente la produttivit�. Il Consor2lio, dunque, non si limita alla attivit� di � raccolta � e di � convogliamento � delle fideiussionJ degli associati a scopo di garanzia collettiva n� si limita ad un'azione tendente ailla concessione di fidi bancari con tassi agevolati (attivit� queste che, peraltro, implicano organizzazione e finalit� imprenditoriali, dirette comunque, al consegwimento di utilit� economiche, nonch� rapporti esternli con le banche), ma estende il suo intervento a'1la raccolta ed alla gestione, in qualit� di titolare, di un fondo devoluto in via immediata alla garanzia delle operazionJ di credito in favore dei consorziati. Orbene, siffatta attivit� si propone, ad un tempo, come intermediaria del credito, a livello organizzativo imprenditoriale e produttiva di reddito, nella misura !in cui il fondo-rischi si accresce degli interessi attivi sui depositi, interessi che, ai fini in oggetto, costituiscono, comunque, dei � ricavii �, anche se non rappresentano il corrispettivo di un servizio reso. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La naittl!I'a deilil'attiwt� listiituziionaie posta in essere dai! Consorzio-fidi esclude, dunque, per lil suo cairaittere e 1a �Sua organizzazione di mezzli. e dli beni, fa non <I�conducihilit� dell'ente ai tipi di 1soggetti passivi dell'Irpeg e, conseguentemente esclude che le ritenute sugli interessi in oggetto avvengano a titolo di imposta definitiva. A sostegno del secondo motivo, il ricorrente assume che a risolvere ogni dubbio circa il carattere non commerciale dell'attiwt� svolta dal Consorzio- Fidi � intervenuto lo stesso legislatore con la norma denunciata, la quaile, avendo carattere squisitamente interpretativo, doveva ritenersi applicabifo anche alla fattispecie in esame. Vale ricordare che 1a qualificazione di una legge come atto di interpretazione autentica di preesistenti norme giuridiche non pu� fondarsi sul mero titolo del testo legislativo, ma presuppone una paI'ticolare struttura della fattispecie normativa, per la quale la degge, essendo rivolta ad imporre una data interpretazione di una precedente norma, con efficacia retroattiva, non � suscettibile dti. appl!icazione autonoma, ma si integra con 1a norma interpretata, nel senso che la disciplina da applicarsi ai singoli casi concreti deve essere desunta cumulativamente da questa uJtima e dalla norma interpretativa. In particolare, poi, va osservato che H carattere interpretativo di una legge dipende esclusivamente dal contenuto della medesima, caratterizzato dalla concorrenza di un momento logico-assertivo, consistente nella enunciazione di un apprezzamento interpretativo circa il significato di un precetto antecedente, cui la nuova norma Sii r.icolilega nella formula e ne1la ratio; nonch� di un momento precettivo, con il quale il legislatore conferisce vailore normativo alfa interpretazione della norma anteriore escludendo ogni altra (Cass. nn. 2289/74 e 5822/81, ancora Cass. n. 2132/82 in motivazione). Orbene la legge in esame, che reca !�n rubrica � Provvedimenti per H coordinamento delila politica industriale, la ristrutturazione, la riconversione e lo svHuppo del settore �, ha finalit� e contenuto di legge di incentivazione e come tale non contti.ene alcun � apprezzamento !interpretativo �, cioca I�'l significato di una precedente normativa, ma si limita a definire, nel quadro del programma incentivante perseguito dall'intero provvedimento, l'attiVlit� di prestazione di garanzie mutualistiche esercitate dai consorzi e dalle cooperative come attivit� non commerciale, ai fini dell'art. 51 del d.P.R. n. 597 /73 e dell'art. 4 del d.P.R. n. 633/72. Tale enunciaZ'ione deve, dunque, essere ritenuta una �innovazione�, suscettibile di_ applti.caiione autonoma e irretroattiva e.non come una �interpretazione � di norme pregresse, priva in quanto tale di autonomia e svincolata dal principio di irretroattivit�. � evidente che detta irretroattivit� si riferisce al sistema che regola la successione nel tempo delle leggi tributarie, sistema secondo cuJi. fa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 776 fattisp~cie impositiva deve essere regolata in .base alla legge vigente nel momento della sua attuazione. Resta .. l'eccezione di incostituzionarlit� proposta nei termini di cui in precedenza. Nota la Corte, in primo luogo, al riguardo, che, il preteso vizJo' di eccesso di delega (che si sarebbe realizzato attraverso ~a disappldcazfone del principio del � tratttamento tributario clifferenziato per i redditi derJvanti dall'esercizio di imprese o di attivit� commerciali�) presuppone la natura �non commerciale � dell'attivit� svolta dal Consorzio-Fidi, natura che rimane, iinvece, esclusa, altla stregua delle considerazioni che precedono: dl che 1assorbe ogni questiione dii dilforenziiazione nel senso proposto. In secondo luogo, va rilevato che il preteso contrasto con � i va!lori costituzionalmente protetti della parit� di trattamento e deMa tutela della cooperazione mutualistica senza fine speculativo� presuppone anch'esso l'esistenza, appunto, di una �cooperazione mutualiistica �, esclusa nella specie dalla organizzazione 'imprenditoriale con protezione esterna, assunta dal Consorzio e dal carattere commeroiaile della relativa attivit�. L'eccezione va, pertanto disattesa, perch� manifestamente infondata o, comunque, '�ll1r�'Levante, giacch� ila tutela deHia coope11azione (considerata dal legislatore delegato nel titolo III D.P. 601/73) non deve condurre necessariamente all'esecuzione pretesa. (omissis) CORTE DI CASSAZION;E, Sez. I, 21 maggio 1984, n. 3109 -Pres. Falcone Est. Contu -P. M. Catelani (conf.). Soc. Coop. Edilizia 42 (avv. MaJorni) c. Ministero delle Finanze (avv. Laporta). Tributi in genere -Accertamento tributario � Prove � Presunzioni � Nozione. Per poter ritenere raggiunta la prova per presunzioni non occorre che i fatti su cui la presunzione si fonda siano tali da far apparire il fatto ignoto come unica conseguenza possibile dei fatti accertati secondo un legame di necessariet� assoluta ed esclusiva, bastando che l'operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di probabilit� con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti (1). (omissis) Con iii terzo motivo la ricorrente -denunziiando violazione dell'art. 2727 e segg. cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. -sviluppa l'accenno f�atto lllel srecollldo motdvo �alla urtJil1izzazione di ipresUIIlZionii (1) Giurisprudenza ormai costante: v. Relazione Avvocatura Stato, 1976-80, Il, 463. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA non conformi a!l dettato legislativo e deduce� in particOlare che da commissione �tributaria centrale avrebbe ritenuto erroneamente provati presuntivamente dei fatti che non apparivano come l'unica, logica e necessaria conseguenza di fatti noti, o che risultavano addirittura sment�.t�. da risultanze documentali. Anche tale censura � destituita di fondamento. La tesi giuridica sostenuta dalla ricorrente � contraddetta dal pi� recente orientamento giiurisprudenziale di questa Corte, secondo cui in tema di prova per presunzioni non occorre che i fatti su cui la presunzione si fonda siano tali da far apparire l'esistenza del fatto ignoto come l'unica conseguenza possibi;le dei fatti accertati in giiudizio secondo un legame di necessariet� assoluta ed esclusiva, bastando che l'operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di probabilit�, con rifemmento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verifiicarsi secondo regole di esperienza colte dal giudice per giungere all'espresso convincimento circa tale probabilit� di sussis�tenza e la compatibilit� del fatto supposto con quedlo accertato (Cass. 7026/82 -1978/78). Talli princ�pi, da cui non vii � motivo per discostarsi, sono pienamente compatibili con la decisione impugnata, c�n la quale � stato ritenuto l'intento speculativo della soaiet� cooperativa per effetto del meccanismo di assegnazione degli appartamenti, consistente ne1l'dscrizione degli assegnatam nel libro dei soci a distanza di molti anni dalla cost�.tu7Jione della societ� e senza che [a maggior parte dei soci orddnari avessero tratto vantaggli apparenti dall'adesione alla societ�, pur avendo necessariamente contribuito alle spese di costruzione, posto che la stessa era stata realizzata senza contributi da parte di chicchessia. Tali circostanze sono idonee, sul piano logico, a .far presumere l'assenza del fine mutualistico ed il perseguimento di un fine di lucro e ci� � sufficiente per valorizzarle come prove presuntive. H ricorso all'efficacia probatoria delle presunzioni appare quindi legittimo ed � sorretto da motivazione adeguata, in quanto le risultanze documentali relative all'esistenza dei reqlllisiti formali previsti dalle norme sulle societ� cooperative ed ailJa qualdt� di soci degli assegnatari sono state prese in esame e ritenute superate, con apprezzamento di fatto insindacabile in questa sede, a causa del sintomatico dngresso tarddvo degli assegnatari nella societ�. E 1'efficacia probatoria di tale circostanza, al fine dd escludere il fine mutualistico, non pu� essere disconosciuta, posto che li.I convincimento del giudice pu� fondarsi anche su una sola presunzione, purch� grave e precisa, nonch� su una presunzione che sia in contrasto con le altre prove acquisite, se si mtenga di tale precisione e gravit� da rendere inattendibiH gdi elementi dd giudizio ad essa contrari (Cass. 671/83 -1384/81). (omissis) .\!ASSE<�NA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 778 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 maggiQ 1984, n. 3117 -Pres. ~ologna ~ . Est. Pannella -P. M. Leo (conf.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato Laporta) c. Freda. Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Esercizio d'impresa � Impresa in ,liquidazione -Concordato preventivo. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 74 bis). L'impresa in liquidazione � pur sempre una impresa in attivit� come pure lo � la impresa assoggettata a concordato preventivo, anche se con cessione dei beni ai creditori; di conseguenza gli atti inerenti alla fase �di concordato preventivo sono da considerare compiuti nell'esercizio di impresa (1). (omissis) Con l'unico mezzo di annullamento la ricorrente, denunaiando la violazione degli artt. l, 4, 21, 74 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 come modificato con d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687 e con riferimento agli artt. 2272 e segg. c. c. e 160, 167 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., censura come erroneo il pensiero della Corte di merito l� dove ha ritenuto che la disposizione dell'art. 74 bis del succitato decreto Slia configurabile quale norma eccezionale, non applicabile aW,i istituti affini aiJ. fallimento ed alla liquidazione coatta amministrativa, come il concordato preventivo. Sostiene -viceversa -che quella norma, a!lla stregua dei priinc�pi generali e fondamenta1i della vita delle timprese commerciali ed in par ticolare dehle societ� commerciali, costituisce l'applicazione normale di una discip1ina desumibile del sistema, secondo cui anche le operazioni dti Hquidazione dei beni sono manifestazioni dell'esercizio dell'mpresa. Aggiunge che se sono soggette al pagameillto del tributo IV A le ope razioni poste in essere in sede di liquidazione fallimentare o coatta am ministrativa a maggior ragione sono da ritenersi assoggettabhli all'imposta predetta Ie opera:llioni compiute in sede dti concordato preventivo, in cui non pu� dirsi verificata neppure la cessazione della � gestione � del l'impresa. In ogni modo -conclude fa ricorrente -le operazioni compiute in esecuzione del concordato preventivo devono essere sempre qualificate (1) Decisione di evidente esattezza. L'impresa in liquidazione non cessa d'essere una impresa a tutti gli effetti e parimenti non viene a mancare lo status di imprenditore con il concordato preventivo che mira appunto allo scopo di salvare l'impresa. Perfettamente logica � quindi la norma dell'art. 74 bis del d.P.R. n. 633/19712 che dichiara soggette all'IVA le operazioni oompiute successivamente all'apertura del fallimento e all'inizio della liquidazione coatta amministrativa; non occorreva una norma per avere la certezza che nelle altre procedure concorsuali l'impresa resta in vita. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA attinenti all'esercizio dell'impresa sia che SI� guardino sotto il profilo di una funzione liquidatoria sia che si gua:ridino sotto quella di una funzione recuperatoria delil'impresa in dissesto. La censura � fondata. Per una esatta comprensione della questione sottoposta all'esame dti questa Corte � opportuno prendere le mosse dall'affermazione espressa nella decisione impugnata, secondo la quale le operaziioni di liquidazione dei berui d~ parte di societ� in istato di Hquidazfone non sarebbero assoggettabili all'imposta sul valore agg�.nto n� conseguentemente ai relativi adempimenm prescri.tti dalla legge, non essendo esse effeHuate nell'esercizio dell'impresa. L'inesattezza dell'assunto si rivela alla luce di due osservazioni. 1�) Nel concetto di �esercizio di impresa� non si pu� arbitrariamente escludere fa fase della l[qllli.dazione, se si tiene presente che 'la cessazione del perseglllimento dell'oggetto consistente nelila produzione dei beni o servizi non vuol dire estinzione dell'impresa ma perseguimento di un nuovo oggetto consistente nel � realizzzare � d beni e nel � saldare � i rapporti giuridici esistenm. Per le societ� (sia esse di persone che di capitali) il [egislatore ha fissato precise regole riflettentii. l'� esercizio delila impresa� nelle sue due distinte fasi: la prima relativa alla gesti.ione de1l'attivit� sociale; la seconda riguardante la liquidazione dei beni e fa cancellazione dal registro delle imprese. Per d'imprenditore individuale il fenomeno non � dissimile -anche se problematico � il tema de1le prove -sul riliievo che non deve considerarsi cessata l'attivit� commerciale di lui nella fase de1'la liquidazfone, nella quale eglii pu� compiere operazioni della stessa natura di quelle normalmente svolte nell'attiwt� di gestione. 2�) Con riferimento all'imposta IVA i!1 legislatore non ha mostrato di voler distinguere l'esercizio dell'impresa in due fasi: quella riguardante l'attivit� di gesti.ione e quella riflettente il momento della lii.quidaZJione; al contrario, ha previsto l'assoggettamento alle prescrizioni di dichiarazioni e di registrazione di tutte 1e operazioni dell'impresa sino ailla dartia �della d!ichliamziione f�inaile -!Ilel caso di ces1saztlo1I1e de!l!l'art:tivit� -consistente nella esposizione anche ~lelle ultime �transazioni� (termine economico) dei beni, compresi quelli destinati al consumo personale o familiiare dell'imprenditore o dei soci dell'impresa in sede di attribuZJione finale dopo l'estinzione delle passiVlit� (artt. 28, 29, 30, 35 e 2, 2� comma, n. 5 d.P.R. 633/72, art. 14 d.P.R. 30 dicembre 1980, n. 897). � evidente, quindi, che l'art. 74/bis, aggiunto al rt:esto originanio ~d.P.R. 633/72) daLl'ialrt. 1 del d;P.R. 23 diioembre 1974, n. 687 sucoessivamente modificato dall'art. 1 dt;l d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, non deroga ai princ�pi fissati dal legli:slatore sull'imponibilit� delle operaziorui effettuate nell'esercizio dell'impresa, costituendo esso un'evidente chiarifica RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 780 zione dell'originario intento legislativo, diretta ad escludere ogni dubbio sulla sottoposizione al tributo di tutte le operazioni di liquidazione delle imprese commerciali, anche se ,coattive, cio� conseguite con l'intervento delle autorit� giurisdizionali ed amministrative in sede ,di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa. Alla stregua della suesposta osserva21ione va chiarito inoltre che fa mancata previsione neM'art. 74 bis succitato della procedura di concordato preventivo, accanto alle altre due procedure concorsuali, non coSltituisce affatto una manifestazione implicita di volont� negativa del legislatore, ma semplicemente la conseguenza natura!le della natura giuriddca di detto istituto, in vil't� deLla qua;le non si tende a liquidare l.'impresa ma a sistemare, nel modo previsto dalla legge, le ragioni dei creditori per salvare dal falhimento l'impresa medesima, tant'� che all'imprenditore � dato di ,continuare l'esercizio dell'attivit� commerciale, sotto la vigilaw:a ed iil 'controllo del commissario giudiziale e con l'obbligo di non compiere atti se non nell'interesse del suo commeocio e dei creditori e di chiedere, per gli atti tipici ed in genere per quelli di straordinaria amministrazione, l'autorizzazione scritta del giudice delegato (art. 167 1. f.). Anche nella partJicolare ipotesi in cui il debitore abbia offerto ai creditori la cessione dei beni esistenti nel suo patrimonio e per effetto de1la sentenza di omologazione del concoridato ~ beni passino in propciet� ai cessionari, il rliquidatore (o i liquidatori art. 182 t f.) nominat� dal Tribunale deve provvedere alla realizzazione economica dei beni stessi per il soddisfacimento delle ragioni dei creditori medesimi. Anche rin questa fattispecie, sia che al liquidatore si voglia attribuire la qualifica di mandataruo alla vendita per conto dei creditori sia che ilo si voglia considerare una fiigura giuridica assimiilabile a quella del curatore, egli � pur sempre un continuatore del procedimento economico della realizzazione dei beni dell'impresa, con l'obbldgo per lui �di provvedere agli adempimenti di cui alla legisla:ttlone sull'IVA secondo le regole fissate daLl'art. 74 bis, la quale norma, -per quanto detto innanzi -non riientrando nell'ambito di una disciplina eccezfonale ma dovendo essere ricondotta all'art. 1 del d.P.R. 633/72, trova applicazione anche nella procedura di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 maggio 1984, n. 3191 -Pres. Santosuosso -Est. Tilocca -P. M. Grossi (conf.). Cantoni c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Cosentino). Tributi in genere -Accertamento -Notificazione -Nullit� -Sanatoria. (d.P.R. 26 ottobre 1972, art. 21 e 24; c.p.c. art. 156, 157, 160). PARTE I, SEZ. �VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 781 Tributi erariali diretti � Accertamento � Competenza dell'ufficio -Inderogabilit� � Presentazione della dichiarazione ad ufficio incompetente � Irrilevanza fino al momento in cui non giunge all'ufficio competente. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 12). La notificazione dell'accertamento � inesistente quando sia eseguita in modo assolutamente non previsto dalla normativa ed � viziata di nullit� sanabile quando sia eseguita nei confronti del destinatario mediante consegna in luogo e a persona diversi da quelli stabiliti dalla legge, ma che abbiano pur sempre qualche riferimento con il destinatario. La nullit� della notifica dell'accertamento � sanata dalla proposizione del ricorso contro di esso (1). La competenza dell'ufficio tributario � inderogabile; � quindi nullo l'accertamento emanato da ufficio incompetente e priva di effetti la dichiarazione presentata ad ufficio incompetente fino a quando non perviene all'ufficio competente (2). (omissis) Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 38, lett. f), d.P.R. 29 .gennaio 1958, n. 645, 60, lett. e), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 139, 140 e 148 c.p.c. in relazione aH'art. 360 c.p.c., nonch� difetto di motivaziione (art. 360, n. 5, c.p.c.). Deduce, precisamente, il ricorrente che la natii.fica de11'accertamento, per essere stata effettuata alla madre e nell di Jei domicilio senza l'osservanza delle formailit� previste dall'art. 38, lett. f), d.P.R. n. 645 del 1958, trasfuso nell'art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, deve intendersi inesistente e non meramente nulla. 1il motivo � infondato. � esatta l'affermazione del ricorrente secondo la quale ['atto di accertamento dell'Uffioio imposte dirette di Modena doveva essere .notificato secondo le modalit� previste dall'art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 d�l 1973 e gi� stabilite dall'art. 38, lett. f), del d.P.R. n. 645 del 1958, non avendo egli a Modena, sede del suo domicilio fiscale, abitazione n� uffilcio n� azienda. Stab:iilisce precisamente la predetta norma che in tale ipotesi l'avviso di deposito prescritto dall'art. 140 c.p.c. si affigge nell'albo del comune, e la notiificazione, ai fini della decorrenza del (1-2) La prima massima � importante, oltre che per la riaffermazione della sanabilit� della nullit� della notificazione (Cass. 23 Maggio 1978 n. 1408, in Foro It., 1979, I, 1855, 10 dicembre 1983 n. 7308, ivi, 1984, 1905), per aver messo sullo stesso piano l'art. 21 del d.P.R. n. 636/1972 e l'art. 91 C.P.C. (v. Relazione Avvocatura Stato, 1976-80, II, 477) e per aver precisato che il ricorso contro l'accertamento costituisce gi� sanatoria della notifica (Cass. 20 maggio 1980 n. 3306, in questa Rassegna, 1981, I,. 226; 27 aprile 1984, n. 2646, ivi, 1984, I, 569). Sulla seconda massima la giurisprudenza � ormai costante (sent. 27 aprile 1984 n. 2646 gi� citata). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STAT� termine pet ricorrere, si ha per eseguita nell'ottavo gi<'.>rno successivo a quello di affissione. � Nella spede, !l'accertamento suindicato venne notificato al ricorrente, sempre a Modena, ma mediante consegna alla madre, nella casa di abitia2iione delil!a medesima, sita ��!n ma Solmi, 16, delila quale �egli 1eria comproprieta11io e nella quale aveva abitato sino al suo trasferimento al~ l'estero. La notificazione � certamente invalida; ma si tratta di invalidit� riconducibi:le nella categoria delle nuil1it� sanabili, in l;>ase al complesso normativo di cui agli artt. 160, 156, 157 e 291 c,p,c. e artt. 21, 24 d.P.R, 26 ottobre 1972, n. 636 (successivamente sostituiti dagli artt. 13 e l5 d.P.R. n. 739 del 1981) e non, come invece sostiene il ricorrente, in quella dell'dnesistenza giuridica della notificazione, insuscettdbile di sanatoria. Questa Corte ha avuto occasione di precisare dpetutameme che l'ipotesi dell'inesistenza giuridica della notifica21ione ricorre quando quest'ultima sia effettuata in modo non assolutamente previsto dalla normativa; ta~e, cio�, che non possa essere sussunta nel modulo legale della figura e che, di contro, si ha mera nullit� aillorch� la notificazione sia stata eseguita nei confronti del destinatario mediante consegna in luogo e a persona diversi da quelli stabiliti da1la legge, ma che abbiano pur sempre qualche riferimento con il destinatario della notifica21ione stessa (2 maggio 1977, n. 1670; 26 gennaio 1981, n. 572). Nella specie l'opera2lione notificatoma presenta vari ed indubbi riferiimenti con il ricorrente, da far riitenere, sia pure in astratto e a priori, che essa, per quanto invalida, avrebbe ugualmente conseguito il suo fine istituzionale, avrebbe, cio�, determinato nel destinatamo la piena e compiuta conoscenza dell'atto. Una volta che l'invalidit� del procedimento di notificazione s'inquadra nell'ambito della nullit�, essa deve ritenersi sanata con l'impugnazione deH'atto notificato, proposta, peraltro entro il termine di decadenza, dal destdnatario. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia la W.olazione dell'art. 9 del t.u. n. 645 del 1958 e dell'art. 58 del d.P.R. n. 600 del 1958. Egli sostiene precisamente che la competenza degli uffici fiscali sia deroga-� bile e che, pertanto, il nuovo accef'tamento, effettuato daiM'Uffioio delle imposte dirette di Modena posteriormente a quello eseguito dall'Ufficio di Milano, sia radicalmente nullo. Anche questo motivo va respinto. L'art. 12, comma IV, del d.P.R. n. 600 del 1973 dispone, riproducendo la norma gi� contenuta nell'art. 29 del t.u. n. 645 del 1958, che la presentazione della dichiarazione ad ufficio diverso da quelli indicati nei commi precedenti si considera avven�ta nel giorno in �cui la dichiarazione � pervenuta all'ufficio competente. Da tale norma si evJnce chiaro il principio dell'inderogabilit� della competenza per territorio degli uffici delle imposte dirette; prinoipio, del resto, ripetutamente affermato da PARTE 'I, S�Z. VI,' GIURISPR�D!iNZA''tRI)JutARIA 783 questa Corte (15 dicembre 1980, n. 6492; 19 ottobre 1977, n. 462; 5 luglio 1980, n. 4277). Difatti, la competenza territorial� deglJi. uffici dn �parola � determiinata dall'interesse generale che gli accertamenti degli imponibilii siano compiuti da quegli organi dell'amministrazione tributaria �he; secondo le presunzioni derivanti dalle norme di Jegge in materia, sono i pi� idonei per lo svolgimento dell'attivit� accertatrice (Cas's., sent. n. 6492 del 1980). Da!l pnincipio dell'inderogabi1it� della competenza territoriale degli uffici de1le imposte discende la nullit� assoluta dell'accertamento eseguito dall'ufficio incompetente {Cass. sent. n. 4462 del 1977; n. 4277 del 1980) e il conseguente potere-dovere dell'uf:l�icio competente a procedere ad un nuovo e valido accertamento. H rkorrente, nono. stante avesse il domicilio iiiscale a Modena, present� la dichiarazione all'Ufficio delle Imposte 1dirette di Miilano e tale dichiarazione non risulta mai pervenuta all'ufl�icio competernt~ di Modena, che legittdmamente e doverosamente ha proceduto aH'accertamento impugnato, una volta r�levato che ad esso non era stata presentata fa dichiarazione dei redditi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 25 maggio 1984, n. 3217 -Pres. Gambogi -Est. Corda -P. M. Sgroi (conf.). Soc. SNAM (avv. Guerra) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pailatlello). Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenze -Fusione e incorporazione di societ� � Realizzo automatico di plusvalenze -Esclusione -Difetto di iscrizione di plusvalori in bilancio � Intassabilit�. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 81, 100 e 106). La fusione o incorporazione di societ� non d� luogo di per s�, come effetto necessario, al realizzo di plusvalenze, nemmeno nel caso che l'incorporante sia unico azionista dell'incorporata. Ci� non esclude che in occasione delle operazioni di fusione possa emergere una plusvalenza per iscrizione in bilancio; ma ove ci� non accada la fusione non d� luogo a plusvalenza tassabile (1). (1) L'approfondita pmnunzia, 1ricollegandos.i. all'altra/ importante decisione delle Sez. Unite 9 ottobre 1979, n. 5220 (in questa Rassegna 11981, I, 184) ha eSia1I111nato sotto i vari aspetti il problema della emersione di plusvalenze in occasione della incorporazione di una societ� in altra. Della sentenza sono particolarmente interessanti le parti ancora attuali per la vigente normativa. Che l'incorporazione di. per s� sola non � causa di realizzo � oggi espressamente affermato nell'art. 16 del d.P.R. n. 698/1973 e probabilmente in passato era questa la soluzione' pi� correta. Sembra tuttavia alquanto debole la distin RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 784 (omissis) 1. -La Commissione Tributania Centraile ha risolto positivamente il problema de1la configurabiliit� -e, quindi, della tassabilit� in R.M. (cat. B) e in imposta sulle societ� -di una plusvalenza nel caso in cui una societ� per aziorni si fonda per incorporazione in un'altra societ� per azioni, unica aziornista della societ� incorporaitiva, e, negli attJi necessari per la fusione, il patrimonio delila predetta societ� incorporata sia riportato col valore ad esso precedentemente attribuito. Il caso concreto riguardava un rapporto tributario sorto nel vigore del t.u. n. 645 del 1958; dii modo che erano applicabili le norme in esso contenute (artt. 81, 100, 104, 106 e 119), non invece la norma successiva che ha escluso l'imponibilit� (art. 16, pr.imo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598). E, dichiarando dii applicaire le norme piredette, iii giudice tributario ha ravvisato '1a sussistenza del presupposto di imponibilit� nel fatto che all'estinzione della societ� incorporata conseguirebbe la attnibuzione ( � distnibuzione �) al socio de1la plusvalenza, cio� dell'intero patrimonio che, al momento, ha un valore superiore a quello che aveva a!l momento dell'acquisto; �socio� che, in concreto, si .identifica con la societ� incorporante. Contro tale pronuncia la ricorrente ha proposto i due seguenti motivi di nicorso. Col primo assume che � erronea l'individuazione del presupposto di imponibilit� nell'estinzione delJa societ� incorporata, e sostiene che la fusione integra, invece, una fattispecie semplricemente �modificativa�. Col secondo, denunciando l'erronea applicazione dell'art. 106 del t.u. n. 645 del 1958, sostiene che iJ presupposto .tipico della tassabilit� � il realizzo, o la distribuzione, o la iscri:cione in bilancio della plusvalenza e che, nel oaso concreto, nessuno di tali casi pu� 1niteneiisii veriificato. Taili motiv.i, data la sostanziale unicit� della questione trattata, possono essere esaminati congiuntamente. zione tra la estinzione della societ� incorporata come soggetto passivo della imposta, in un ambito tributario, e la non estinzione ai fini civilistici aventi rilievo determinante nello stabilire se i beni sono usciti dal patrimonio del soggetto; dovrebbe essere prevalente il diritto tributario, e se il soggetto � estinto come soggetto del rapporto di imposta l'incorporazione ai fini tributari non pu� non essere una successione (a titolo universale). Questo si dice soprattutto per precisare che � necessario cristallizzare la situazione di reddito e di patrimonio dei soggetti estinti (che possono essere pi� di uno) e definirla tributariamente, evitando di fare un unico coacervo, sul presupposto che non vi � estinzione, tra il buono e il cattivo di ciascun soggetto estinto e della societ� incorporante e risultante dalla fusione. Con questa preci!sazione si pu� anche convenire sul punto che la incorporazione, quale successione a titolo universale, non comporta di per s� e necessariamente emersione di plusvalenza. � ben probabile tuttavia che l� plusvalenze emergano in bilancio come necessario passaggio delle operazioni di fusione (cfr. C. BAFILE, Considerazioni sull'emersione di plusvalenze della societ� PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 785 2. -Giova premettere che erroneamente la Commissione Tributaria Centrale ha riitenuto che il principio giiuridico espresso dalla sentenza di questa Corte da essa citata (sent. 7 giugno 1974, n. 1687) fosse espressione di un enunoiato � paoifico � nella giurisprudenza. In realt�, sulla questione oggi dibattuta le numerose pronunce finora intervenute hanno seguito due contrastanti ovientamenti. Nel senso deMa .tassabilit� si era espressa la sentenza 1687/74, la quale aveva affermato che la plusvalenza accertata ai fini dell'imposta con riferimento alla societ� che si esvingue � definitiva e non pi� suscettibile di variazfone, coincidendo l'estinzione della societ� a vantaggio della quale la plusva:lenza si � formata, con la cessazione di ogni attivit� della medes;ima e con la conclusione di un cicilo produttivo. In relazione a tale momento, pertanto, acquista rilevanza giuridica, mi fini impositivi, il valore effettivo del patrimonio della societ� estinta, il qua:le pu� risultare costitUli'!o, oltre che dal capita'1e iniziale di conferimento, anche dagli eventuali aumenti di valore dei beni della societ� (mai prima tassati perch� non evidenziati). A questo orientamento hanno, espressamente o implicitamente, prestato adesione le sentenze 2225/75, 462/78, 725/78, 2379/79; 3749/79, 4143/80 e 4808/80. Nel senso deUa non tassabilit� si era, invece, pronunciata la sentenza 2101/73, seguita poi da1le sentenze 4282/78, 5923/78, 2440/78; 6261/80 e 5018/81, in base al rilievo che quando i cespiti. deMa societ� incorporata, ancorch� suscettibili di rivalutazione, sono 1trasferiti al vatlore loro precedentemente attribUlito nel bilancio della societ� medesima, la configurabilit� di una plusvalenza tassabile deve restare esclusa, in quanto -tenendo conto delle moda:lit� di detto trasferimento e del perdurare della fusione e destinazione del comrplesso dei beni di detta societ� incorporata, sia pur come parte di un altro e pi� ampio compilesso -[ maggiori valori riscontrabi1i rispetto alla indicata iscrizione in bilancio restano allo stato potenziale e, perci�, ooventano tassabili solo e quando incorporante nell'operazione di fusione, in questa Rassegna, 1982, I, 769; v. anche Cass. 25 novembre 1980, n. 6261, ivi, 1981, I, 574); possono risultare gi� dalla situazione patrimoniale dell'incocpmanda (art. 2502 e.e.), come sottolinea la sentenza in esame (oggi questo non basta per ritenere realizzata la plusvalenza in capo all'incorporata, come stabilisce espressamente l'art. 16) o pi� frequentemente dal bilancio della societ� risultante dalla fusione, ed in tal caso saranno incontestabilmente tassate. Sotto questo profilo particolare rilievo assume la questione, specificamente esaminata, della societ� incorporante che � unica azionista dell'incorporata. Questa � una particolare incorporazione che non da luogo a cambio delle azioni e pu� quindi consentire di continuare a portare nel bilancio dell'incorporante i valori ufficiali del bilancio dell'incorporata, anche se molto lontani dal reale, senza incontrare le difficolt� che il rapporto di cambio ordinariamente impone. Sotto quest� aspetto il problema meriterebbe maggiore approfondimento. 786 RASSEGNA DELL'AVvOCATURA DELW STATO verranno realizzati, o distribuiti, o iscritti nel bilancio deMa societ� ;incorporante. � La ragione del �contrasto "."--.com'� agevole �constatare -nasce principalmente nel diverso modo di intendere d concetti di �plusvalenza� e di � realizzo � ~della plusvalenza). Alcuni punti fermi, che in sede giurisprudenziale consentono un pi� sicuro orientam~nto, sono statii per� espressi dalla sentenza 9 ottobre 1979, n. 5220, di queste stesse Sezioni Unite che, sebbene relativa a1ila diversa fattispecie della permuta senza conguagli di b~ni sociali (in concreto si trattava di stabilire se desse luogo a plusvalenza assoggettabhle a imposta di ricchezza mobile un contratto di permuta di immobili che una societ� per azioni aveva stipulato �senza conguagli� e, quindi, senza apportare alcuna va11iazione in biiancio), ha affermato dei principi giuridici che, ad avviso del Collegio, possono essere utilizzati anche per la risoluzione del problema oggi sottoposto al suo esame. Tali principi sono i seguenti. a) In via generale, la plusvalenza, in quanto ritenuta (dalla legge) imponibifo 1n ricchezza mobile, trova sul piano concettuale inquadramento tra d �redditi prodotti�; ai fini della imponibilit� (in ricchezza mobile), quindi, occorre anche in questo caso il sorgere di una ricchezza nuova, correlata in un rapporto eziologico con un fattore della produzione. Essa, perci�, costituisce presupposto di imposizione quando sia realizzata: diventa, do�, imponibile nei momento in cui si perfeziona il diritto in base al quale 11 bene esce dal patrimonio del soggetto cui ha appartenuto e si trasforma nel corrispondente valore (affermazione, questa, che dimostra piena adesione a quella impostazione dottrinale secondo cui per aversi plusvalenza tassabile � necessa11io che al posto del bene che esce dal patrimonio sia comunque acquisito o un altro bene, sostitutivo, o anche un vantaggio economico per il soggetto che del bene si � spogliato, purch� lo stesso sia in ogni caso concretamente e precisamente valutabile in denaro). b) Quando la plusvalenza � reailizzata da un soggetto tassabile in base al bilancio pu�, oltre il realdzzo, fungere da presupposto di tassabilit�, per espressa disposizione di legge, anche l'iscrizione in bilancio, oltre l'eventuale distribuzdone ai soai, prima del reailizzo; e poich�, in base alle osservazioni svolite nelle relazioni ministeriali alfa legge, insieme al presupposto del � reruizzo deve ricorrere il carattere di � certezza � (della plusvalenza) -d~ modo che traspare come il realizzo sda preso in considerazione in quanto � attributivo del carattere di certezza deMa plusvalenza � -ne deriva �che l'imponibilit� � subordinata al fatto che quel soggetto, in sede di formazione del bilancio, abbia di sua iniziativa atitribuito al cespite che �esce dail patI1imonio sociale un valore maggiore di quello che aveva al momento nel quale era stato acquisito (in modo PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA che, . in .. caso di permuta senza conguaglio, non ricorre il presupposto di tassabilit�, o quantomeno la tassabilit� resta allo stato pote~ziale, proprio perch� nessuna plusvaienza � stata iscritta iin bilancio).. e) Nei confronti dei soggetti tassabili in base a bilancio, la legge (art. 119, secondo e terzo comma, del t.u.) prevede casi tassativi in cui l'ufficio pu� procedere (solo) alla integrazione e correzione del!le impostazioni mancanti o tinesatte. L'ufficio, cio�, pu� fare ulteriori accertamenti al fine di individuare redditi che dn concreto non siano stati indicati ma che, secondo la fogge e dl principio della verit�, avrebbero dovuto essere 1iscritti in bilancio, ma non pu� -perch� non lo prevede la legge -accertare iii valore realmente conseguito dal contribuente, sa!lva l'ipotesi che si tratti di procedere alla constatazione di una simulazione (nel caso della permuta, cio�, non pu� procedere ad accertare, contro il dato msultante dall':iscrizione in bilancio, dl valore del negozio). d) Da!J'applicazione di tali principi non deriva affatto la possibilit� dell'evasione fiscale, ben potendo ila plusvalenza essere presa tin considerazione e assoggettata ailrimposta al momento finale dell'operazione e cio� in sede .di alienazione del bene; e ci� � pienamente conforme alla legge, perch� l'imposta di ricchezza mobile prescinde dail numero delle operaziOllli e dei passaggi di .11icchezza, e, in tema �di plusva1erraa, .guarrida esclusivamente al risultato finale, identificato nella differenza tra il prezzo pagato per l'acquisto e quello 11icavato dalla cessione. 3. -Si tratta ora di stabilire quanto gli affermati principi possono' giocare con rifenimento a una p'lusvalenza ravvvisata nel fatto dell'avvenuta fusione, per incorporazione, di una societ� per aziom in una societ� di analoga natura. Il contrasto giurisprudenziale al quale prima si � fatto cenno ha tratto spunto, anche, dalle diverse definizioni che possono essere date dal fenomeno giuI1idiico della fusione per incorporazione di una societ� in un'altra. ALiorquando il problema � stato imposto in termini puramente civilistici si � giunti (aderendo a una certa impostazione) a negare l'estinzione deMa societ� incorporata e a ritenere, quindi, che il ,fatto deHa prosecuzione dei rapporti sociali originari in una pi� ampia comp�sizione costituisce elemento per negare il presupposto della plusvalenza imponihll.e, ossia l'uscita del cespite dalla sooiet� predetta. Ma quando l'analisi del problema � stata condotta in aderenza ai principi detla norma tributaria si �, per l'opposto, rilevato che nell'ambito del t.u. del 1958 la fusione � sicuramente considerata come fenomeno � estiintivo � della societ� destinata a fondersi (v., tin particolare, :l'art. 22, il quale prescrive che, nei casi di fusione di soggetti tassabili in base a!l biJanoio, la societ� risultante dalla fusione e incorporante deve presentare, entro tre mesi, � la dichiara2lione relativa a'lil'ultimo esercizio dei diritti estinti�) e non semplicemente �modificativo�; di modo che, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 788 verificatasi quella estinzione, si verificherebbe, per ci� solo, qu~la uscita del cespite della societ� Jncorporata che � ril primo presupposto del verificarsi della realizzazione della plusvalenza. Ora, ad avviso del Collegio non pu� negarsi che una consistente parte di verit� sia insita :in ciascuna delle due riassunte prospettazioni, quantomeno nel senso che nell'ambWt:o dii una controversia .tributaria possano venire in considerazione gli aspetti squisitamente � civili � del fenomeno dii fusione, con la conseguente necessit� di far ricorso, per risolvere i relatiivi problemi, agli apporti che la dottrina e la giurispru denza hanno dato in questo campo. Non v'� dubbio, perci�, che quando debbano essere riguaroati gli aspetti strettamente tributari della questione (quali, ad esempiio, l'individuazione del soggetto d'<imposta, o del momento dn cui sorge il rap~ porto tributario), il fenomeno predetto deve essere definito ahla luce della norma tributaria, la quale, parJando espressamente di � estinzione � deMa societ� incorporata, esprime in modo chiaro l'idea del venir �meno di un soggetto d'imposta (e, perci�, della c.d. � cmstallizzazione � del valore dei suoi beni a quel momento). Ed � ovvio che gli effetti tipici della norma tributaria non potrebbero essere messi nel nuLla contrapponendo a quell'enunciato l'osservaztione che l'originario soggetto non cessa del tutto di esistere, ma sempLicemente perde fa propria idenHt�. Quando, per�, si deve stabilire qual'� la sorte giuridica dei beni che dalla societ� incorporanda (e, in concreto, questo particolare aspetto della questione sar� esaminato pi� avanti, aLlorch� saranno prese in esame le contrastanti posizioni delle parti, come definita nell'ultima pro speHazione fatta in questo giudizio di legittimit�), non � certo aMa norma tributaria che occorre fare riferimento, bens� aHe norme �civili�, e soprattutto all'interpretazione di esse quale eme11ge daii pi� recenti apporti di pensiero e di pratica giurisprudenziale. Nella controversia in atto si � verificato, come facilmente intuibile, che ciascuna delle parti ha elaborato una propria costruziione giiuridica del fenomeno in esame. Cos�, l'Amministrazione finanziaria ha sostenuto che, verificatasi la estinzione deMa societ� incorporata (e, quindi, lo scomparire di un auto nomo soggetto tdbuta11io, col conseguente �trapasso� del patrimonio a un altro soggetto, individuato in astratto nei soci e, in concreto, nell'unico socio) si verificherebbe, per effetto dell'annullamento delle azioni della societ� incorporata, la � dist11ibuzione � ai soci dii un quid navi che � rap presentato dail vailore del patrimonio (o addirittura daLl'intero pai1.irimondo, quando si ha l'annullamento deUe azioni); ci� che farebbe escludere l'ap plicab~lit� dei principi affermati da queste Sezioni Unite in tema di per muta senza conguaglio, perch� in quel caso (della permuta) non si avrebbe realizzo, in quanto nel patrimonio de[ soggetto che effettua fa permuta subentra un altro bene deilo stesso valore (sicch� la plusva PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA lenza si re~lizzer� al momento della sua cessazione), mentre nel caso della fusione per incorporazione sd ha il trapasso dell'intero patrimolllio del soggetto estinto nel patrimonio di un altro soggetto (i soci, o l'unico socio). A ci� aggiunge �che applicando al caso della fusione i prtincipi gi� espressi in tema di permuta, proprio perch� attraverso la fusione si opera il detto trapasso, si finirebbe per consentire di far scomparite le pJusvalenze gi� conseguite dalla societ� destinata a fondersi, restando le stesse assorbite con le eventuali perdite della societ� incorporante. La conseguenza sarebbe che se in concreto non subiscono danno i soci, perch� � nena specie sono glii stessi � subirebbero danno, invece, i creditori e :H fisco; ma mentre i prtimi hanno il potere di opporsi alla fusione (art. 2503 cod. civ.), nessun potere � attribuito all'Amministrazione f�nan:Maria �che in tal modo Vliene a vedersi sottratta ogni possibildt� di tassazione delle plusvalenze gi� realizzate�. Nella memoria illustrativa, poi J'Amministrazione resistente sviluppa i concetti esposti e conclude che quando una sooiet� di capitali � l'unica incorporante deMa societ� estinta, non si fa Juogo all'operazione di cambio delle azioni, ma la semplice acquisizione, aHa prima, del patrimonio della seconda. Il valore di detto patrJmonio � � acquisito dal soggetto inco11porato non in cambio delle azioni, ma in loro duogo; le azioni infatti si annu~lano perch� non c'� pi� iJ.a indispensabile alterit� soggettii. va tra 'l'azionista e la societ� azionaria�; di modo che se il detto patrtimonio comprende beni il cui valore � maggiore degli oriiginari costi non ammortizzati, � emeI'ge certamente una plusvalenza tassabile, perch� cristallizzata e cerit:a (data la estimiione d�lla societ�) e �distribuita� all'azionista ormai unico proprietario dei beni. La ricorrente, invece, sostiene (nella prima memoria) che dalJ1a fusione per incorporazione non deriva aii soci alcunch� di � aggiuntivo � ma si verifica esclusivamente il �concambio di azioni che, per definizione, debbono avere .n medesimo valore �. Nella seconda memoria, poi, aggiunge, che se l'incorporante � l'unico azionista delila societ� incorporata, poich� egli non ha alcun interesse alla fissazione di un rapporto di cambio (giiacch� le azioni sono destinate all'ammortamento), si verifica semplicemente che [, beni detla societ� incorporata passano a lui col medesimo valore economico di quelle azionl� che verranno, appunto, annullate. Non vi sarebbe, quindi, � trasferimento � dii beni (neil senso di �distribuzione di plusvalenze�) perch� al posto di quelle azioni J'aziondsta incorporante si trover�, a conclusione dell'operazione, semplicemente dei beni (accompagnati dalle correlatdve passivit�) del medesimo valore dei titoli predetti. 4. -Da quanto esposto emerge chiaro che le parti in contesa divergono, nelle loro impostazioni, su un problema del tutto particolare. RASSE;GNA .DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 790 Esse, invero, sembrano concordare sulla questione cli fondo; il momento rilevante per stabilire se un plusvalore economico si trad.ca in una plusvalenza tass.abile � quello. in cui uri bene, o un compJ.esso di benJi, ~sce dalla sfe:ra giuridica del soggetto cui ha appartenu'to; momento che, in caso di fusione di due societ� (in concreto: fusione per inco:rporazione), � quello in cUJi fa, societ� inco:rporanda deliibera di fondersi e redige quella sorta di �bilancio straordlinario � che ravt. 2502 cod. ciy. denomina � situazione Pa�trimonia,le della societ� al tempo della deliiberazione �. Laddove, invece, 'le parti divergono profondamente � nella risposta al quesito del � come � la plusv!idenza possa ritenevsi realizzata a quel momento. Secondo l'Amministrazione finanziaria (che sviluppa, con questo argomento, la tesi fatta propria dalla Commissdone Tributaria Centrale), con la deliibera di fusione ti beni ritornano aglii azionisti, perch� negozino il cambio con le si.zioni de!lla nuova societ�; e gi� ti:l fatto che i detti beni (plusvalenti) ad es�s� ritornino, appena escono datlla sfera della socliet�, concretizza quella fattispecie di �distribuzione� che la [egge tributaria considera come presupposto di imponibilit� della plusvalenza. In contrario, la contrtlbuente sostiene che fa fusione per inco:rporazione, nel caso che gli azionisti. della societ� inco:rporanda stiano divevsi dalla societ� inco:rporante, d� luogo a una sempHce operazione di concambio (dehle azioni); di modo che, apparendo quel � rtltorno � di beni plusvalenti ati soci come fittiztio e non �reale, non si � affatto verificata alcuna � distribuzione �. Del pari, questa ultima non si verifica se la societ� tinco:rporante � l'unico azionista della �societ� inco:rporata perch� 1 in tal caso si verifica semplicemente l'annuhlamento delle aztioni della seconda societ�, cm correlativo passaggio dei beni alla societ� incorporante (in quanto inco:rporante, non in quanto � socio �) al medesimo valore, anche se dti fatto plusvalenti, delle azionJi che, appunto, verranno annuliate. Escluso, perci�, che si sia verificata quella � distribuzione � considerata dalila norma tributaria, il presupposto dell'imponibilit� dovr� essere ricercato unicamente nella � iscriztione in bilancio "� Ma in concreto, non essendo stata fa plusvalenza iscritta in bdlancio (cio� nel � bilancio straordinario � redatto dalla societ� inco:rporanda ai :fini della fusione) difettava completamente il presupposto dell'imposrizione, tenuto anche conto che la Finanza non ha il potere di � correggere � le poste di bilancio in caso di omessa rivalutazione di un cespite. 5. -Ora, tenendo conto dei princ�pi gti� espressi da queste SezionJi Unite nella ricordata sentenza, nonch� della gi� prestata adesione alla impostazione civ:hlis1lica che, in tema di fusione di societ�, esclude l'estinzione (quantomeno nel senso voluto dalla resistente) della societ� incor PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRlBUTARIA porata, pare inelutltabWJ.e dover concludere per la fondatezza della tesi espressa dalla mcorrente. Allorquando si verifica la fusione per incorporazione Sii ha, bens�, il venir meno di un �soggetto d'imposta, ma non la estinzione vera e propria dehla societ� incorporata, i'l cUii. patrimonfo semplicemente confluisce in una pi� ampia sfera giuridico-economica. Rimane, allora, escluso che si verifichi quella � uscita � del bene economicamente plusvalente dalla societ� incorporata e, pi� ancora, quella acqUii.sizione ai soci che la norma tributaria considera sotto la specie della � distmbuzione. �; se, infatti, il patrimonio della societ� incorporata confluisce nella pi� ampia sfera di cui si � idetto, esso non ritorna ai soai neppure per un momento. Ed � ovvio, che, se non ritorna ai soci, non si venifica quella � distnibuzione � che, nella fattispecie esaminata, potrebbe costitUii.re !l'unico presupposto deN'iimponibilit�. Non si intende, con ci�, affermare e concludere che, in caso di fusione di una societ� in un'altra, non possano mali verificarsi delle plusvalenze imponibili. Si vuole, tinvece, semplicemente affermare che, in detta fattispecie, l'imponibilit� delle plusvalenze non Sii verifica in modo necessamo e automatico. Lia p1usviallenza �, 1mfatmi, tassabile sdlo quando �1si verifica�; ed essa, nel caso di soggetti tassabili in base al bilancio, si verifica solo quando � risuLtii dal bilancio �. Pi� in pal'.'ticolare, nel caso dli fusione di due societ� tassabili lin base al bilancio, essa si verifica solo nell'ipotesi ,che venga, come tale, iscritta nella �situazione patnimoniale � di cui aU'art. 2502 cod. civ. Laddove � chiaro che se la plusvalenza non risulta da tale atto, anche se pu� ritenersi verificata in senso economico, non potr� mai essere considerata come !imponibile, perch� non si � verificata in senso giumdico. Una indiretta conferma si ha nel diisposrto dell'art. 2, secondo comma, dehla legge 18 marzo 1965, n. 170, il quale -concludendo agevolazioni tributarie per le trasformazioni, fusioni e concentrazioni delle sooiet� commerciali, attuate iin un prefissato periodo di tempo -dichiara non assoggettabtili all'imposta di ricchezza mobile [e pJusva:lenze che msultano dal bilancio. Onde � chiaro che, se le pJusvalenze risultanti dal bilancio sono considerate �non assoggettabili ad timposta �, quelle non risultanti dal bilancio sono considerate semplicemente inesistenti. In conclusione, quindi, iin caso di fusione per incorporazione di due societ�, la plusvalenza imponibiie si venifica sofo quando fa societ� incorporanda, nel 'l"edigeve (:rui �sensi del ciii:. �airt. 2502 ood. civ.) i1a ��situazione patrimoniale� (che � liJl �bilancio� cui occorre fare riferimento per giiungere all'imponibilit� dehle plusvalenze) abbia per avventura dato atto, mediante iscrizione, dell'accresciuto valore economico di un bene, o del complesso deli beni. Ma � chiaro che se il bene, o il complesso dei benli (a!D.che [':iJl1rero patrimonio) viiene i:soritto al!lo stesso vallore che aveva 792 .RASSEGN� DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO . al momento dell'acquisto, difetter� completamente hl presupposto delfimponibilit�, una volta stabilito che, iin simi1e ipotesi, non � consentito all'ufficio tributario di correggere le � risultanze del biJlancio � ossia di procedere alla rivalutazione delle poste iscritte. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 maggio 1984, n. 3273 -Pres. Granata Est. Caturani -P. M. Vadente (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. Fallimento Soc. Zironi. Tributi in genere -Accertamento � Sanzioni -Provvedimento di irroga� zione -Natura -Nascita dell'obbligazione. L'obbligazione per la sanzione nasce al momento della consumazione dell'illecito, avendo il provvedimento che la irroga natura dichiarativa; conseguentemente il credito per sanzioni relative a fatti commessi anteriormente alla dichiarazione di fallimento, pu� essere insinuato nel passivo anche se non � ancora intervenuto il provvedimento sanzionatorio (1). (omissis) Con unico motivo denun:ztlandosi violazione e falsa applica: ztlone delil'art. 3 de1la legge 7 gennaio 1929, n. 4 nonch� degli art. 21 e segg. in relazione agli artt. 41 e segg. del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), si assume, contrariamente a quanto ritenuto dall'impugnata sentenza, che l'atto di irrogazione della sanzione non assurge ad elemento costitutivo della fatJtJispecie cui fa legge rico~lega il sorgere deN'obbligazione relativa alla pena pecuniaria, la quale esiste fin daHa commessa infrazione tributaria, onde ha errato la Corte d'appello quando ha negato che di credito per pena pecuniaria da infrazioni IVA potesse essere collocato al passivo falilimentare, identificando di momento in cui si costitu� la relativa obbHgazione con quello di !irrogazione della sanzione, successivo nel caso �di specie, adtla dichiiarazione di fallimento della societ�. La censura � fondata. Il problema che iii ricorso sottopone aill'esame del Collegio � stato gi� affrontato e riisolto dalla recente sentenza di questa Corte 13 set (1) Aricora una conferma del princ1p10 affermato con le sentenze 13 settembre 1983, n. 5552 e 19 marzo 1984, n. 1867, in questa Rassegna, 1983, I, 949 e 1984, I, 382. Da segnalare la precisazione che il credito pu� essere insinuato con riserva ancora prima dell'emanazione del provvedimento sanzionatorio, il quale potr� sempre intervenire dopo la dichiarazione di fallimento. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA tembre 1983, n. 5552 che ha affermato il principio secondo cui anche in tema di violazione alle norme sull'IVA, il procedimento sanzionatorio ed rl conseguente atto irrogativo della sanzione pecuil!iaria hanno la fun2' lione di accertare nei suoi termini anche quantitativi una obbligazione pecuil!iaria collegata ad un fatto costitutivo precedente (consumazione dell'dllecito tributario) e che se tale fatto � anteriore al fallimento dell'autore della violazione, i'l relativo credito de1lo .Stato � ammissibile al concorso dei creditori nella procedura fallimentare. Le considerazioni che sorreggono tale statuizione non sono scalfite da quanto ha dedotto in questa sede la difesa della resistente un favore delila tesi contraria. La sentenza impugnata, per pervenire aiHa conolusione della natura costitutiva dell'atto che irroga la sanzione� pecuniaria, pur prendendo le mosse dall'esame dell'accertamento tributario in generale, ha poi fermato l'indagine sulle carattemstiche intrinseche del procedimento riflettente l'applicazione delle sanzioni ed ha concluso [a propria esposizione osservando che, qualunque sia la tesi che voglia accogliersi civca la natura giuridica dell'accertamento tributario (anche se la Corte di appello most/11a di ,condividere fa rteona �costitutiva), susstlstono lin materia dii violazione di sanzioni pecUIJ!�arie autonome ragioni che valgono a far ritenere pi� attendibile ila tesi che sos,tiene ila natura costitutiva (ed in tal caso a maggior ragione rispetto all'accennato problema pi� generale) dell'atto che irroga la sanzione pecuil!iaria. Deve premettersi che, aii fini della decisione del vicorso, non � necessario prendere posizione circa la natura giuridica dell'accertamento tributario in genere (su cui comunque cfr., nella motivazione nel senso del suo carattere meramente dichiarativo, la sent. 2478/70). L'indagine avr� quindi per oggetto il tema delle violazionri delle norme tributarie e dell'applicazione delle cor:rtispondenti sanzioni con particolare rife:rtimento alla I.V .A. che interessa il presente giudizio. L'argomento-principe addotto dalla impugnata sentenza a favore dellla tesi che sostiene iJ. carattere costitutivo dell'atto che 1irroga la sanzione pecuniaria � il seguente: iii procedimento amIIl!�nistrativo attraverso cui si esercita il potere della pubblica amministra:Zlione � caratterizzato da un ampio potere discrezionale, di talch� all'atto conclustlvo di applicazione della sanzione deve riconoscersi la qualifica di provvedimento, espressione del momento dell'autorit�, con carattere costitutivo della pretesa fiscale. L'argomento; anche se suggestivo, in quanto fa leva sulla (originaria) indeterminatezza delda pena pecuniaria (diversamente dalla soprattassa che, com'� noto, si concreta in una somma fissa) non coglie nel segno in quanto non tiene conto del modo attraverso cui per legge si esplica il potere sanzionato:rtio delda p.a. 794 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'esercizio di questo potere che prende �l'avvio allorch� s1 e consumato l'illecito �tributariio con la violazione dell'obbligo imposto dall'ordinamento al contribuente, non implica in realt� alcuna potest� di carattere discrezionale amministrativo ove si rifletta che l'amministrazione, nell'ambito del relativo procedimento che conduce all'irrogazione della sanrione, non gode di alcuna libert� di scelta, non pu� determinarsi secondo criteri di pratica opportunit�, n� pu� procedere ad alcuna ponderazione degli interessi che sono coinvolti nella relativa procedura. Trattas1i invece di fattispecie la qua!le � caratterizzata daiLI'eserciZlio di una potest�-fun:llione, in cui l'attivJt� della pubblica amministrazione, essendo dominata dal principiio di stretta legalit�, deve svolgersi secondo canoni precisi per pervenire all'emanazione dell'atto irrogativo della sanzione. In tal caso, dnvero, la �situazione giuridica derivante daihl'aitto conclusivo del procedimento converge necessa11iamente cpn la situazione giuridica preesistente: un atto i.rrogativo di sanzione pecuniaria per vdolazione di un obbligo tributario pu� spiegare i propri effettli che il dhiitto gli assegna solo in quanto la violazione dell'obbligo preesiista nella reak� giuridica; i1l che implica che l'atto medesdmo si :limita a dare attuazione 1 alla volont� dii legge risultante dal �fatto� della violazione deH'obbligo giuridico e ne specifica soltanto il contenuto. La stessa possibilit� di non irrogare la sanzione, prevista dall'aflt. 48 ultimo comma del d.P.R. 1972, n. 633, secondo cui gli organi del contenziioso tributario possono dichiarare non dovute le pene pecuniarie quando la violazione � giustificata da obiettiive condizioni di incertezza su1la portata e sull'ambito d'applica:llione delle disposizdoni alle quali si riferisce, mentre da un lato � conferita al giudice rt:ributario (e non alla p.a. creditrice), dall'altra non si risolve in alcuna valutazione di carattere discrezionale amministrativo. Infatti, gli organi del contenrioso tributario esercitano soltanto un potere di accentamento della ricorrenza deMe precise condizioni cui la legge ricollega l'effetto giuridico della non applicabilit� deLla sanzione (poteire esteso dal!l'ant. 39 bis del d.P.R. 1981, n. 739 0:lle ailitre iimposte), mentre difetta qualsiasi scelta discrezionale circa l'opportunit� o meno dii far corso aihl'applicazione della pena, in quanto 'la relativa indagine sii esaurisce nel � dichiarare � se sussiste in concreto il dubbio ragionevole che abbia dato causa alla violazione dell'obbligo. In realt� deve riibadirsi in questa sede che il potere deH'amministraziione, nella fase del procedimento che conduce all'irrogazione deihla sanzione, � strettamente limitato e si riassume nella determinazione in concreto della pena tra !il minimo ed il massimo previsti dalla fowge attraverso una statuiziione che costituisce espressione solo dn questo ambito del merito amministrativo, non sindacabile dal giudice ordinario ma PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA soltanto da1le commissioni di primo e secondo grado, aii sensi degli artt. 16, 26, 29 e 40 del d.P.R. n. 636/72 ('Sent. S.U. 928/78), mentre per quanto concerne gli altni momenti del procedimento si � di fronte ad atti di mero accertamento che, in quanto tali si 'Limitano a specificare, come si � accennato, dl contenuto di una obbligazione preesistente. La struttura della fattispecie che si verifica alJorch� � commessa una vii.olazione agli obblighi tributari va, pertanto, apprezzata tenendo presente che il fatto idoneo a produrre l'obbJigazione si rdsolve nella consumazione deH'Hlecito tributario allorch� � stato leso l'interesse 'la cui violazione � sanzionata dalla pena pecuniama. In quel momento sorge il diritto dello Stato ad ottenere il pagamento delJa sanzione ed il corrispondente obbligo del trasgressore, mentre il procedimento previsto dalla legge ai fini dell'irrogazione della pena esplica la funzione di rendere liquido ed esigibile un credito gi� eslistente. La difesa della resistente, a sostegno della tesi della natura costitutiva dell'atto di irrogazfone della pena pecuniama, ha fatto particolare riferimento alla disoip1ina giuridica contenuta nel d.P.R. citato, specie per quanto riguarda 1a decorrenza degli interessi (art. 61). L'argomento tuttavia � privo c1i fondamento in quanto fa leva sul contenuto c1i dispoc sizioni che sono dettate per venire incontro ad esigenze di pratica opportuI11it� secondo precise scelte di politica legislativa e che quindi non costituiscono davi decisiV1i per ricavare dalia corrispondente disciplina la conformazione in astratto della fattispecie da cui nasce il diritto dello Stato alla pena pecuniaria. Le consdderazioni che precedono, mentre sono confermative de1l'indiriizzo gi� accolto da questa Corte con fa menzionata sentenza 5552/83, non consentono tuttavda di rdbadire quanto si � ritenuto nell'altro precedente 229/82, allorch� si � statuito che l'ammissione al passivo del fallimento di un credito dell'amministrazione per pena pecuI11iaria per violazione di norme tributarie postula il provvedimento irrogativo della sanzione. Deve invece rettificarsi questo principdo (che si riferiva comunque a fattispecie in cud anche dopo fa sentenza dichiarativa del faillimento ed in sede di ammii.ssione al passivo non era ancora intervenuto l'atto irrogativo della san:zrl.one pecuniaria) nel senso che, sia o meno stato emesso il suddetto atto amministrativo, per l'amrniissione con rdserva del relativo credito dell'amministrazione finanziarda a!l passivo del fa1limento (quando l'atto irrogativo della sanzione non sii.a ancora intervenuto neanche in sede dii ammissione al passivo), � decisivo che a1l'atto della dichiarazione dii. falJimento si sia gi� consumato l'illecito tributamo, essendo questo il momento in cui si realizza la fattispecie costitutiva del diriitto di credito che si fa valere al concorso con gli altri cre ditori. (omissis) . II 796 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 maggio 1984, n. 3301 -Pres. Scan~ zano -Est. Senofonte -P. M. Benanti (conf.). Ministero delle Fiinanze li (vioe 1avv. gen. Sfiato Azzar.iti) c. Soc. E�sso HJailia;na. Tributi erariali indiretti -Imposte di fabbricazione -Interessi su pagamento dilazionato -Art. 3 quater d.l. 6 luglio 1974, n. 251, introdotto con la legge di conversione 14 agosto 1974, �t. 346 -Entrata in vigore - Data di pubblicazione della legge di conversione. (d.l. 6 luglio 1974, n. 251, art. 3 quater; I. 14 agosto 1974, n. 346). La disposizione dell'art. 3 quat�r del d.l. 6 luglio 1974, n. 251, introdotta con la legge di conversione 14 agosto 1974, n. 356, che aumenta il tasso degli interessi con decorrenza � dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto � � entrata in vigore alla data di pubblicazione della legge di conversione e non nel normale termine di vacazione di quindici giorni dalla pubblicazione (1). (omissis) Con il primo motivo, l'Amministrazione finanziaria denuncia violazione 1e faJLsa apphlcazione del!l'art. 3 quater d.d. 6 du~hlo 1974, n. 251, convertito con I. 14 agosto 1974, n. 346, in quanto alla Corte d'appello sarebbe sfuggito che il nodo centrale della lite � costituito dall'individuamone della data di entrata in vigore non dell'emendamento innovativo di cui aMa norma citata, ma della legge di conversione che lo ha iintrodotto, e sostiene che se la Corte avesse indirizzato (come avrebbe dovuto fare) in questa direzione da propria indagine, piuttosto che riprodurre acriticamente la motivazione della sentenza di primo grado, non avrebbe potuto accogliere la domanda di rimborso, poich� la ~egge di conversione non � soggetta al termine di vacatio ed entra, quindi, in vigore dalla data della pubblicazione, con la conseguenza che ghl interessi contestati sarebbero stati, nel caso di specie, legittimamente riscossi. La censura � fondata. L'art. 3 quater del d.I. n. 251 (aggiunto dahla legge di conversione n. 346), dopo aver fissato il termine minimo dii dilazione per fil pagamento dell'imposta e il parametro di determinazione del saggio deglii J.nrt:eressi, dispone che, in sede di prima applicazione della nuova diiscip1ina, il Ministro per le Finanze dovr� prevedere � ohe il nuovo livehlo del saggio d'interesse dovuto per la maggiore illlamone si applichi sui versamenti effettuati a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto �. �, dunque, esatto che la Corte di merito, ancorando la propri.a indagine alla data di entrata in vdgore d~( 1) Viene riconfermata l'esatta interpretazione gi� affermata con la sentenza .16 giugno 19S3, n. 4126, .in questa Rassegna, 19S3', I, 925. PARTE� I; SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA l'emendamento innovativo, malgrado la chiara dizione della norma, che fa, invece, esp1icito riferimento alfa data di entrata rin vigore della legge dri conversione, non ha percepito il vero tema del dibatmto, correttamente individuato dalla ric01Tente nell'esigenza di stabi;Nre se per �data di entrata in vigore della legge di conversione � debba intendersi queHa della sua pubblicazione (17 agosto 1974) ovvero la data del successivo 1� settembre, coincidente con la scadenza del termine di vacatio previsto daill'art. 73 Cost. Sul problema questa Corte ha gi� avuto occasione di pronunciarsi nel primo senso con le sentenze n. 6448/1980, nn. 2299 e 4126 del 1983, accog1iendo l'opinione prevalente secondo la quale gli effetti delle leggi di conversione (evitare la decadenza ex tunc delle norme contenute nel decreto legge, esonerare il governo da oglll� responsabdilirt� per la sua adozione, conservare oltre H sessantesimo giorno da1la data di pubblicazione del decreto e per il futuro l'efficacia delle norme convertite) si producono immediatamente, aJ momento della pubblicazione, e fondando il propvio convincimento, in mancanza di espresse statuizioni, sulla disciplina costituzionale (art. 77 Cost.) delle leggi di conversione (volta a sostituire con un titolo giur.idico definitivo e certo il decreto, per sua natura, provvisorio e caducabile), nonch� s_ulla considerazione che la legge di conversione, istituzionalmente caratterizzata daUa riproduzione di un provvedimento suscettibile di efficacia immediata, non pu� che essere simmetricamente sottratta aHa rego1a della vacatio. Queste argomentazioni sono state integrate dalla sent. 4126/1983 cit. mediante il riliev� che, diversamente opinando, deriverebbe dalla pretesa vacatio della legge di conversione un inammissibile vuoto normativo nel caso di pubblicazione deHa medesima al sessantesimo giorno da1la data (dii pubblica~one) del decreto, ~l che Jnduce ll11teriormente a 1nitener� che essa debba entrare lin vigore all'atto della sua pubbHcazione. La ricorrente oppone, per�, che un problema di entrata in vigore delle leggi di conversione pure e semplici e, qulindi, di applicazione delle regole relative alla vacatio legis (istituto connesso con la pubbNcazione) non sarebbe neppure configurabile, poich� taili leggi si perfezionano e diventano efficaci con l'approvazione e la promulgazione, indipendentemente dalla pubblicazione. La tesi (contrariamente destinata a ritorcersi in danno della deducente) viene prospettata al dichiarato fine di coniugare il riferimento temporale contenuto nell'art. 3 quater cit. ( � data di entrata rin vigore �) non ailla legge di conversione, bens� all'emendamento innovativo di cui si driscute, operante -si sostiene -ex nunc, al pari di ogni altro emendamento della stessa natura e, quindi, soggetto alla normale vacatio. Ma gii� sul piano letterale la trasposizione del dato temporale (daUa legge di conversione, cui � testualmente riferito, aill'emendamento) si rJvela arbitraria e priva cli giustificazione; indipendentemente dalla con ~ 1 798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO I siderazione che la disposizione cos� strutturata sarebbe palesemente surperflua, perch� non altro potrebbe significare che l'emendamento diventa obbligatorio... quando entra in vigore (e non pu� pensarsi che il legislatore sentisse il bisogno di una precisazione simile: Cass. 1426/1983). Sul piano sistematico, poi, la tesi, pur contenendo nella premessa U!Il nucleo di verit�, non � oorndividibHe neMia sua assolutezza 1e neHe cooseguenze che []!e vorrebbetl.'o rtlr1airre. Se � vero, infatti, che per impedire la decadenza del decreto-legge basta 'la promulgazione (e, secondo alcuni, anche la sola approvazione) della legge di conversione, � altrettanto certo che questa, in disparte gli obblighi di attivazione a carico dei pubblici poteri che alla promulgazione conseguono, rion pu�, senza fa pubblicazione, considerarsi obbligato: riia e, quindi, efficace nei confronti dei consociati (art. 10 disp. prel., 73 Cost.), s� che si atteggia, sotto questo secondo aspetto, in maniera non dissimile da ogni altra legge, nel senso che, al fine indicato, da!lla pubblicazione non � dato prescindere, salva naturalmente la questione relativa all'individuazione del momento della sua entrata in vigore. Il problema :riifluisce, cos�, nell'alveo gi� segnato da!lle precedenti sentenze di questa Corte, il cui indirizzo, in mancanza di altri stimoli per il riesame, deve essere, dunque, confermato. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1984, n. 3531 -Pres. Scanzano -Est. Rocchi -P. M. Leo (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. MarchiLi. Tributi locali -Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili -Valore iniziale -Valore risultante da condono � � vincolante. (d.P.R. }6 ottobre 1972, n. 643, art. 6). Ai fini dell'imposta comunale sull'incremento di valore dei beni immobili il valore iniziale � quello definitivamente accertato in uno dei possibili modi (decorrenza dei termini, concordato, decisione definitiva), ivi compresa la definizione per condono (1). (omissis) Con l'unico motivo di :riicorso, l'Amministrazione delle Finanze denunzia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 e dell'art. 6 d.l. 5 novembre 1973, n. 660, come convertito con legge 19 dicembre 1973, n. 823, nonch� omessa o insufficiente motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.). (1) Decisione di evidente esattezza. ~ P.\RTE I, SEZ. VI, CIL:RISPRt:DE!'iZ.\ TRIBt:TARIA Deduoe, in pmitico1aJI'e, ['Amministrazione mc011rente che J',airit. 6 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 istitutiivo deH'INVIM, dopo aver indicato come valore finale �quello dichiarato o quello maggiore definitivamente accertato � per dl trasferimento del bene ai fini dell'imposta di registro o di successione, prosegue (allo stesso secondo comma) stabilendo doversi assumere come valore iniziale �quello analogamente dichiarato o accertato per H precedente acquisto� (salva il'ipotesi, che nella specie non viene in rilievo, di precedente valutazione tabellare del bene); e che, in tale presupposto normativo, andava assunto quale valore iniziale dell'dmmobile dn oggetto quelilo di L. 4.800.000 risultante dall'applicazione deil condono richiesto in relazione a!lla controversia riguardante l'dmponibile dell'imposta di successione e non quello ritenuto dalla Commissione tributaria centrale pari ail valore � dehl'ammontare accertato dall'Ufficio ai fini dell'imposta di successione� (L. 11.300.000). Trattasi, in sostanza, di stabilire se agli effetti della INVIM dovuta in occasione alla vendita di alcuni beni qualche tempo prima pervenutii, per successione, alle parti venditmci, il valore dniziale degli immobili deve essere considerato pani a quello � accertato � daH'Ufficio ai fini dell'imposta di successione ovvero a quello � definito �, allo stesso effetto, in applicazione del c.d. condono fiscale di cui ail d.J. 5 novembre 1973, n. 660 (converHto in legge 19 dicembre 1973, n. 823). 111 ricorso � fondato. Riileva la Corte che, per valore iniziale � analogamente accertato � in relazione ail precedente acquisto, deve iintendersi -nel contesto lo� gico-sistematico della disposizione richiamata -quello �definitivamente accertato�, prescindendosi dal modo dell'accertamento, che potr� egualmente avvenire per effetto di inutile scadenza dei termini del ricorso contro l'avviso d'accertamento di maggior valore, di concordato, di decisione non pi� impugnabile dalle competenti commissioni tributa11ie; od, infine, -come nella specie -di determinazione automatica conseguente all'applicazione di norme dettate per agevolare la definizione delle controversie tributarne. Tale interpretaz;ione ,trova puntuale conferma ne1le parole della relazione ministeriale allo schema del decreto delegato istitutivo dell'INVIM, secondo cui � per gli immobili trasferiti debbono assumersi, di norma, quali vailom, finale e ini2liale, quelli dichiarati o quelli maggiori definitivamente accertati agli effetti dell'imposta di registro o di successione�. In tale prospettiva appare, quindi, esatto il rilievo dell'Amministrazione finan2l�al1�a nel senso dell'immodiificabilit� del valore iniziale dell'immobile in oggetto, quale dichiarato nella denunzia INVIM (L. 4.800.000), in quanto corrispondente a quello derivato dall'applicazione della legge di condono fiscale come �maggior valore definitivamente accertato�, in conformit� e per g1i effetti dii cui alla disposizione richiamata (e ferma, al riguardo, in punto di fatto, la pacifica e incontestata corrispondenza 800 Jl,ASSEGNA DEU.'AWOCATURA DELLO STATO tra il dichiarato nehla denunzia INVIM ed H definitivamente accertato agli effetti dell'imposta sul precedente trasferimento mortis causa). N� vale ci.levare che l'art. 6 d.P.R. 643/1972, espressamente richiamandosi ai � vaJ.ori accertati � per il precedente trasferimento, non vincolerebbe in alcun modo ad assumere come valore iniziale quello dichiarato. Tale ri1ievo, infatti, appare sicuramente ininfluente in tuttii. quei casi nei quali -come nella specie -il valore imponibile del precedente trasferimento risulti definitivamente acce11tato e, iin quanto tale, cio�, per corrispondente importo, dichiarato come valore iniziale neMa denuncia INVIM; rimanendo in detti casi intangibili Slia il valore imponibile del precedente trasfel'imentwo (ai f�nJ INVIM), sia l'identico valore dichiarato come iniziiale nella denuncia INVIM. In conclusione, il ricorso va accolto, con rinvio della causa alla Commissione tributaria � centraJ.e perch� provveda in applicaziione del prinoipio affermato. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1984, n. 3539 -Pres. Falcone Est. Senofonte -P. M. Caristo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. De Luca. Tributi in genere � Contenzioso tributario � Procedimento innanzi alle Commissioni -Appello -Notifica ad istanza di parte e su�cessivo depo� sito nella segreteria -Nullit� insanabile. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 22). E nullo l'appello notificato ad istanza di parte e successivamente depositato nella segreteria e la nullit� non � sanabile con la partecipazione dell'appellato al giudizio (1) . .(omissis) L'Ammirnistrazione ricorrente, denunciando violazione degli a11tt. 156 e 160 cod. proc. civ. (richiamati innominatamente dall'art. 39 d.P.R. 636/1972), deduce che, quand'anche si volesse considerare non sempliicemente irregolare, ma nulla la notificazione dell'appello eseguita a richiesta dell'ufficio tributarti.o, '1a nullit� sarebbe stata, nel caso di specie, sanata dahl'avvenuta comparazione, dei contribuenti (sia pure al fine di eccepire l'inammissibilit�) e dal sostanziale raggfongimento dello scopo, per effetto delil'acquiSlizione deg1i atti da parite della Commissione di secondo grado. (1) Simile � altra sentenza in pari data n. 3542. Giurisprudenza ormai fermissima; v. da ultimo, 1fJ settembre 1983, n. 5692, in questa Rassegna, 1983, I, 954. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 801 La censura non � fondata. In fattispecie analoghe, questa Corte ha gi� espresso il proprfo orJentamento sulla questione, rilevando che i princ�pi di comminatoria legale dehle nullit� processuali e� di sanatori.a delle medesime per raggiiungimento dello scopo (art. 156 cod. proc. civ.) non sono utilizzabili nel caso specifico, che attiene ail compimento di atti non (sempLicemente) viziati, ma del tutto estranei, sul piano strutturale e funzionale, alla serie procedimentale disegnata dalJ.a legge e dominata da un 1impuJso officioso, che non ammette equipollenti e non pu� essere quindi, sostituito da atipiche iniziative di parte (sentenze numero 6027/1980, n. 1312/1981, n. 3442/1982, n. 5692/1983). Queste ultime, infatti, si risolvono in avoca:llioni arbitrari.e del:la legittimazione ad attivare il procedimento di notificazione e, dunque, nel compimento di atti che, non essendo ri.feribili al soggetto legittimato, sono giuridicamente inesristenti e, quindi, non idonei ad integrare il �tipo� legale n� suscettihili di sanatoria, per l'evidente rimpossibilit� logica di ipotizzare il recupero di atti che non esistono (cfr. Cass. 1/1979, Foro it. 1979, I, 1; Cass. 1613/1975, Giust. civ., 1975, I, 1082). (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1984, n. 3541 -Pres. Falcone Est. Scordo -P. M. Caristo (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Stipo) c. Cefiis. Imposte e tasse in genere -Contenzioso tributario -Impugnazione -Motivi -Necessit� -Richiamo alle deduzioni dei precedenti gradi -In� sufficienza. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n�. 636, artt. 15, 22, 26 e 39). Anche nel procedimento innanzi alle commissioni tributarie trovano applicazione i principi dell'effetto parzialmente devolutivo dell'impugnazione e della formazione del giudicato interno. Il Giudice dell'impugnazione non pu� pertanto conoscere una questione non dedotta nel ricorso, nemmeno se dibattuta nei precedenti gradi, non potendo avere valore il richiamo generico alle ragioni esposte nelle precedenti fasi del giudizio (1). (1) Decisione da condividere pienamente. Pi� in generale � stato affermato che il procedimento innanzi alle commissioni, anche in primo grado, non pu� non osservare il principio della domanda (Cass. 30 marzo 1983, n. 2290 e 2296 in questa Rassegna, 1983, I, 535 e 542). Pi� specificamente nel giudizio di impugnazione, il ricorso deve consentire di conoscere l'ambito dell'impugnazione s� da poter individuare .le parti della decisione che si intendono impugnare e quelle sulle quali si va a formare il giudicato e, per il giudizio di terzo grado, di verificare l'ammissibilit� dell'impugnazione (v. Cass. 15 lu� glio 1983, n. 4868, ivi, 948). 802 MSSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Col primo motivo, l'Amministrazione finanziaria dello Stato, denunziando la violazione degli artt. 15, 22, 25, 37 e 39 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, 112 cod. proc. civ., 2909 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, cod. proc. civ., sostiene che la decisione impugnata � incorsa nel vizio di ultrapetizione, ha violato il giudicato ed � affetta da motivazione carente e contraddittoria. Pone infatti rilievo che, con il mcorso alila Commissione centrale, H Cefis aveva posto in discussione il tema del criterio di tassazione di un atto a titolo oneroso concernente la ri.unione alla nuda propriet� di un usufrutto costituito sotto il vigore della vecchia legge di registro, ma non aveva contestato che l'atto sottoposto a registrazione avesse avuto ad oggetto -come avevano ritenuto le decisiollii rese nei primi due gradi -la rinunzia ad un diritto di usufrutto, punto sul quale si era perci� formato il giudicato, che non poteva essere travolto per ragioni che la parte non aveva neanche prospettato. Il motivo -che Sii traduce nella denunzia di un errar in procedendo e che, come tale, implica il potere del giudice di legittimit� di un diretto esame degli atti ail fin!e del suo �accertamento -� sostanzialmente fpndato. La Commissione tributaria di secondo grado, respingendo l'appello proposto dal Cei�is, :Pitenne che l'impugnativa avverso l'accertamento era basata su due iairgomentaziollii che non menita\'ano adesiione, e cio� suMa tesi che la tassazione non fosse stata effettuata, illegittimamente, con i criteri dettati dall'art. 24 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, e che fosse erronea, dn quanto avrebbe dovuto avere come base la capitalizzazione del valore della rendita. Sul primo punto la Commissione osserv� che, bench� l'usufrutto fosse stato costituito sotto :il vigore dehl.a vecchia legge, all'atto sottoposto a . registrazione era applicabile la nuova normativa di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, che assoggetta ad imposta proporzionale sia la rinunzia pura e semplice all'usufrutto, sia la costituzione di diritti reali di godimento, nel cui novero rientra la rinunzia traslativa; sul secondo rilev� che l'Ufficio si era attenuto ai critelli di valutazione dettati dall'art. 45 del d.P.R. n. 634/1972, determinando il valore dell'usufrutto sulla base di una �tabella di sopravvivenza in relazione al valore della piena propriet�. I giudici tributam decisero dunque l'impugnazione sulla premessa 1logico-giuri.d�ca delLa �esistenza di una 1dnumiia ad un diritto di usufrutto che non fu neanche oggetto di dubbio o di discussdone. Il ricorso prodotto dal contribuente contro questa decisione fu articolato in due motivi, diretti precisamente contro i due punti discussi e decisi in sede di appello, merc� la contestazione del fondamento delle argomentazioni in ordine sia aLla mancata adozione degli stessi criteri adottati per la tassazione per l'atto che diede origine al distacco dell'usufrutto della nuda propriet� al successivo atto di consolidamento, e sia alla erronea determinazione della base imponibile, alla stregua dell'art. 43 del d.P.R. n. 634/1972, in relazione all'art. 45. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � esatto perci� che la Commissione centrale, ponendosi (e risolvendo in senso negativo) il problema, pi� radicale, se fosse stato realmente costituito un usufrutto e, qUlindi, se l'atto sottoposto a registrazione contenesse o meno la dnunzia all'usufrutto, ha violato l'art. 30 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, annullando la deciSlione impugnata per motivi diversi da que11i dedotti da1la parte. Deve infatti ritenersi, in conformit� della giurisprudenza di questa S.C. (cfr. Cass. n. 6081/79; 3025/80; 1400, 1754, 2391 e 6552 del 1981; 4764/83), che anche nel procedimento innanzi alle commissioni tributanie, neHa disciplina introdotta dalla riforma e, segnatamente in forza de1I'art. 39, che estende al contenzioso tributanio le norme fondamentali del processo civile, trovano appLicazione i principi dell'effetto parzialmente devolutivo dell'impugnazione e della formaziione del giudicato interno. Non potrebbe, d'altra parte, rJtenersi che l'onere della riproposizione dehle questioni decise (esplicitamente o dmplicitamente) sia stato nella specie adempiuto con il .generico richiamo alle ragioni esposte nei ricorsi prodotti nei gradi precedenti: l'esigenza della specificazione dei motivi � proprio di ogni processo di impugnazione -e quindi anche di quello tributario (cfr. Cass. 2967 e 3175 �del 1981; 2296 e 4868 del 1983) -, essendo funzionalmente correlata alla necessit� di delimitare il thema decidenclum portato alla cognizione del giudice superiore, necessit� che non sarebbe soddisfatta se a tale scopo fosse indispensabile una ricevca di 1tutte le deduzioni svolte dalle parti nei precedenti gradi di g.iudiziio richiamate con un generico ed omnicomprensivo riferimento, poich� mancherebbe in tale ipotesi l'individuazdone e la motivaziione deHa dogLianza cui � correlata la richiesta di riesame del giudice dell'impugnazione. Sarebbe perci� vano, nel caso in esame, accertare se nelle precedenti fasi il resistente abbia realmente sottoposto ai gJudici tributari il tema della effettiva esistenza del diritto dell'usufrutto oggetto della rinunzia, dovendosi riconoscere che sul punto, per l'accertata mancanza di uno specifico motivo di impugna2lione, si era formato il giudicato. (omissis) SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 settembre 1984, n. 4806 -Pres. Santosuosso � Est. Sensale � P. M. Morozzo della Rocca (parz. cliff.) -Ministero del Tesoro, Ragioneria' Generale dello Stato, Ufficio liquidazione (0.N.P.I.) (avv. Stato Viittoria) c. Societ� Cooperativa Gran Sasso s.'r.il. (avv. Zaccagniini) e Regoiiine Abruzz,i (avv. V'ailentini). Enti pubblici -Successione tra enti -Opera Nazionale Pensionati d'Italia � Soppressione -Ripartizione del patrimonio tra le regioni � Eventuali passivit� anteriori -Assunzione di queste da parte dell'Ufficio liquidazioni Ministero del Tesoro. (d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 117; d.l. 18 agosto 1978, n, 481 conv. in 1. 21 ottob~ e 1978, n. 641, artt. 1 � sexies � e 1 � novies �. Impugnazioni civili � Incidentali � Tardive -Ammissibilit� � Condizioni. (c.p.c., art. 334). Appalto � Onerosit� e difficolt� dell'esecuzione � Revisione del corrispet� tivo . Clausola di esclusione � Effetti � Mutamento del tipo contrattuale � Esclusione � Allargamento dell'alea normale. (e.e., art. 1664). La disciplina fissata dagli artt. 1 � sexies " e 1 � novies " del d;l. 18 agosto 1978 n. 481, sub art. 1 legge 21 ottobre 1978 n. 641, rispondendo alla �ratio� che le regioni destinatarie del patrimonio ONPI debbano destinarlo all'assistenza degli anziani, esclude che esse debbano far fronte ad eventuali passivit� anteriori che sono assunte dallo Ufficio liquidazioni del Ministero del Tesoro. Pertanto, eventuali azioni nascenti dai precedenti rapporti obbligatori d~ll'ente soppresso non possono in alcun modo incidere sull'acquisto dei beni alle Regioni (1). (1) Per un'ipotesi analoga cfr. Cass., 29 maggio 1982, n. 3318, in Giust. civ. Mass. 1982, 1212, in cui un'obbligazione assunta prima della sua soppressione dall'ente giovent� italiana rimane a carico dell'Amministrazione del Tesoro e non si trasferisce alla Regione subentrante Nella propriet� dell'immobile cui inerisce l'obbligazione. Per una ipotesi in cui alla soppressione di un ente si accompagna, invece, una successione in tutti i rapporti attivi e passivi assimilabile a quella universale, cfr. Cass. 13 luglio 1982, n. 4121, Foro it. Mass. 1982, 858. Per ipotesi analoghe a quest'ultima, in cui il trasferimento delle situazioni attive e passive � collegato alle funzioni svolte dall'ente successore, cfr. Cass. 5 dicembre 1980, n. 6334, Giust. civ. Mass. 1980, 2631; Cass. 12 dicembre 1980, n. 6422, Giust civ. I I t PARTE I, SEZ. VII, GITJRIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APP!\LTI PUBBLICI 805 L'art. 334 c.p.c., nel consentire l'impugnazione incidentale tardiva, presuppone che questa sia diretta contro lo stesso capo di sentenza gi� investito dall'impugnazione principale, ovvero contro un capo dipendente o connesso, e che inoltre si ricolleghi ad un interesse insorto proprio per effetto della impugnazione principale (2). La clausola del contratto di appalto che esclude l'applicazione della disciplina contenuta nell'art. 1664, comma 1, e.e., pi� che contenere una rinunzia in senso� tecnico ad un diritto attribuito dalla legge, ne impedisce il sorgere, essendo la norma in questione dispositiva. Tale clausola non comporta alcuna alterazione della struttura o della funzione dell'appalto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio, ma solo un ulteriore allargamento del rischio e�onomico naturalmente insito in questo tipo di contratto (3). (omissis) Ai sensi dell'art. 335 c.p.c., deve preliminarmente disporsi la riunione del ricorso pnincipale del Ministero del Tesoro, del ricorso incidentale della Regione Abruzzo e dei ricorsi incidentali della Coopera- Mass. 1980, 2671; Cass. 11 ottobre 1978, n. 4516, Giust. civ. Mass. 1978, 1886 (tutte in materia di enti ospedalieri). In dottrina, cfr. SANDULLI A. M., Manuale di diritto amministrativo, Napol1, 1982, pagg. 189 e ss.; VIGNOCCHI, Successione tra enti pubblici, Novissimo Digesto Italiano, XVIII vol., pagg. 615 ss. (2) La sentenza � conforme ad un orientamento giurisprudenziale consolidato, inaugurato da App. Napoli, 18 settembre 1958, in Riv. dir. proc. 1958, Il, 488 con nota adesiva di LASERRA. Conformi tra le altre, Cass. 19 marzo 1981, n. 1619, in Giust. civ. Mass. 1981, 626; Cass. 15 ottobre 1981, n. 5417, in Giust. civ. Mass. 1981, 1920; Cass. 30 ottobre 1981, n. 5741, in Giust. civ. Mass. 1981, 2023; Cass. 26 febbraio 1982, n. 1231, in Giust. civ. Mass. 1982, 465; Cass. 17 gennaio 1983, n. 374, in Foro it. Mass. 1983; Cass. 14 marzo 1983, n. 1880, in Foro it. Mass. 1983, 389. In dottrina, in senso critico dell'orientamento della giurisprudenza, cfr. CERINO-CANOVA, Fermenti di novit� riguardo alla impugnazione incidentale tardiva, in Gim�. it. 1983, I, 1, 295; LIEBMAN, Arbitrarie limitazioni all'impugnazione incidentale tardiva, in Riv. dir. proc. 1969, 573; ATTARDI, Limiti di applicazione del gravame incidentale tardivo, in Riv. dir. proc. 1965, 173 ss. (3) Nel senso del carattere dispositivo della norma contenuta nell'art. 1664, cfr. Cass. 22 febbraio 1974, n. 529, in Giust. civ. Mass. 1974, 251; Cass. 25 novembre 1977, n. 5137, in Giust. civ. Mass. 1977, 205; Cass. 14 luglio 1980, n. 4514, in Giust. civ. Mass. 1980, 1922; Cass. 13 luglio 1955, n. 2206, Giur. op. pubbl. 1956, I, 257. In dottrina v., per tutti, RUBINO, L'appalto, in Trattato di dir. civ., Torino 1980, 702 ss. Sulla compatibilit� della clausola di esclusione della revisione dei prezzi con la natura commutativa dell'appalto, cfr. Cass. 23 aprile 1981, nn. 2404 e 2405, in Giust. civ. Mass. 1981, 912; Cass. 19 marzo 1980, n. 1818, Rass. Avv. Stato 1981, I, 410; Cass. 6 giugno 1977, n. 2326, ibidem, 1977, I, 572. In dottrina, RUBINO, cit., 704. In senso contrario, cfr. Cass. 25 novembre 1977, n. 5137, cit., e Cass. 25 giugno 1960, n. 1676, in Giur. sic., 1961, 716 (in motivazione). In dottrina, GIANNATTASIO, L'appalto, Milano, 1977, 127. 806 RASSEGNA DELL'AVVOCATL'RA DELLO STATO tiva Gran Sasso, proposti contro la sentenza resa daJla Corte d'appello di Roma in data 2 maggio 1981. Con il primo motivo del nicorso principale il Ministero denunllia la violazione e falsa applicazione degli artt. 117 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616; 1 sexies e novies del d.L 18 agosto 1978 n. 481 sub art. 1 della legge 21 ottobre 1978, n. 641, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato la legittimallione passiva di esso Miil!istero. Si sostiene, per contro, che l'art. 1 sexies del d.l. 18 agosto 1978 n. 481, ripartendo fra le regioni a sitatuto ordinario, secondo 'la regola dell'inerenza al territorio regionale contenuta nel pnimo comma dell'art. 117 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, l'intero patrimonio dell'ONPI (fatta eccezione per !i beni costituenti la sede sociale del['Ente), ha inteso riferirsi sia alle attivit� siia aHe passivit�. Aggiunge che, essendo 1intervenuta la soppressione dell'ONPI mentre il contratto con la cooperativa era ancora in corso di esecuzione, sarebbe stato necessario esaminare .gili effetti che la norma dettata dahl'art. 1 sexies del decreto 481/78 avrebbe potuto produrre su taJe s.Uuazione. In questa prospettiva, la tesi, secondo ila quale la presenza dell'immobile nel patnimonio dell'ONPI costituiva il presupposto necessario e sufficiente della sua attribuzione alla Regione e dehla estraneit� di questa al rapporto che aveva dato causa alla costruzione dell'oimmobile, non avrebbe retto al rilievo che, postulando un acquisto a titolo originario, si rendevano � acefale � siituazioni attive inerenti al rapporto, proiettantisi oltre la sua conclusione (come le azioni di garan:zJia); si attribuiva ahl'ufficio di liquidazione dell'Ente soppresso la possibilit� di esercitare il diritto di recesso (negandola alla Regione), con l'effetto di lasciare incompleta la costruzione, e la scelta della reductio ad aequitatem, nel caso fosse stata esperita la all�one di risolu2lione per eccessiva onerosit�, col risultato di sottrarre il bene alla Regione ove la reductio non fosse stata offerta. In realt�, secondo il Ministero, oggetto di liquidazione erano non i contratti in corso, ma i crediti e i debiti derivanti da contrattli gi� eseguiti, mentre il trasferimento dei beni, essendo collegato a quello delle funziorui, importava anche ila successione nei rapporti inerenti alle funzio111i attribuite e, nel caso, nell'dntero rapporto controverso, costituito per provvedere �l'Ente di un immobile da utiLizzare per i sum fini istitu2liona:li. In connessione con il primo motivo del ricorno principale vanno esarlllinati i nicorsi incidentali della Regione e della cooperatliva Gran Sasiso, I�a1 1quam.to tiinerenti ailla .Jegittimall�one passiva (rectius: aiMa �titolarit� passiva del rapporto controverso). La Regione -denunciando la violazione e falsa applicazione del- 1'a11t. 117, prJmo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 e dell'art. 1 novies del d.l. 18 aprile 1978 n. 481 ne[ testo introdotto con la legge di conversione 21 ottobre 1978 n. 641 (primo motivo); la violazione e I i i 1 r1111111111t111111=111�11111.1111111111111111a"''''''''a1111� PARTE I, SEZ. VII, GffRIS. IN .\1ATERIA DI ACQCE ED APPALTI PCBBLICI falsa applicazione dell'art. 2055 e.e. (secondo motivo); e il vizio di omessa, ,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (terzo motivo) -sostiene: a) che la Corte d'appello, pur avendo correttamente escluso la legittimazione passiva della Regione medesima con riguardo alla quasi totalit� delle domande della cooperativa, abbia erroneamente :rdtenuto sussistente tale legiHrt:imari.one, in solido con il Ministero, per i danni connessi al protrarsi oltre il dovuto dell'assistenza tecnica e della guardiania dell'immobile, del nolo delle attrezzature, delle riparazfoni, smontaggi, magazzinaggi ecc., omettendo di considerare che il passaggio dei beni patrimonial!i dell'ONPI alla Regione era avvenuto dopo la proposizione della domanda di risarcimento dei danni e che le passtivit� dell'Ente soppresso, fra le quali i danni in questione, dovevano gravare sull'Ufficio Liquidaziontl, non essendo conseguenti ad una inadempienza contrattuale della Regione n� ad alcuna responsabilit� extracontrattuale della stessa; b) che la Corte d'appehlo abbia imputato �l danno subito dalla cooperativa alla Regione, per avere provocato la lingiustificata interruzione dei lavori e per avere omesso di definire hl rapporto contrattuale, senza spiegare come l.a Regione, che non aveva adottato alcun provvedimento e non aveva preso possesso dell'immobile o svolto alcuna attivit� ad esso relativa, potesse avere provocato l'interruzione deli lavori e l'omessa definizione del rapporto contrattuale, sul quale sol1tanto il Ministero poteva dncidere come successore delLl'ONPI; e senza folID�!re alcuna motivazione iin ocdine al riconoscimento a ca:rdco dei debitori solidali (Regione e Mlinistero) dell'obbliigo di pagare L. 24.000.000 a tlitolo di rivalutazione del credito della cooperativa. Quest'ultima, contro il Mintlstero, ha proposto ricorso incidentale condizionato per violari.one e falsa applicazione degli artt. 117 del d.P.R. 616/77 e 1, sexies e novies, del decreto 481/78 sub. art. 1 della legge di conversione 641/78, deducendo che, nel caso di accogHmento del primo motivo del ricorso pri.ncipale, dovrebbe affermarsi che, se mai, entrambi gli Enti (Mlinistero e Regione) sono responsabili dei debiti verno la societ�, in solido o a �titolo parziaile diverso: il Ministero, per quelli gi� sorti al momento deNa soppressione dell'ONPI; Ja Regione, per quellli inerenti ailila propriet� dell'immobile. Le stesse deduzioni, sempre in relazione al primo motivo del ricorso principale, la cooperativa ha formulato � per doverosa cautela � contestualmente al controricorso proposto in risposta al o:iico['iso inoidentaJe delLla Regione, del quale, peraitiro, 1ecoeplisce fa tardivit� sul presupposto che esso debba iconsiderarsi autonomo e non dipendente dalla proposizione del :rdcorso principaile deJ Ministero. Quest'ultimo deduce la inammissibdlit� del :rdcorso inoidentale della Regione, nella pa1.1te in cui collegherebbe le questioni di diritto a presuppostli di fatto non discussi in sede di me:rdto (anteriorut� del danno al passaggio di propriet�; mancata presa di possesso prima deHa con RASSEGNA DELL'AWOCATURA DI:LLO STATO danna) e introdurrebbe argomenti giuridici non svolti nelle fasi di mer�.to. A sua volta la Regione eccepisce 1a inammissibilit� del ricorso incidentale condizionato della cooperativa, in quanto prospetterebbe una questione nuova. 3. -Il primo motivo del r�.corso principale � infondato. Com'� noto, con l.egge 22 luglio 1975 n. 382 furono emanate norme sull'ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione. Con l'art. 1 di detta legge il Governo fu delegato ad ema1Dare, per fo ireg�oni a sitaituto ordiinmio, decreti aventi via[ore di [egge ordinaria, diretti, fra l'altro, a trasferire le funzioni !inerenti alle materie indicate nell'art. 117 Cost., esercitate da �nt� pubblici nazionalii e interregionali, nonch� gli uffici e ii beni relativi. All'attuazione della delega si provvide con il d.P.R. 24 luglio 1977 n. 615, iii quale, con riguardo agli enti indicati in apposita rtabeLla (B), fra i quali era l'ONPI, regol�, aLl'art. 113, la procedura necessaria per accertare la natura pubblica o privata dell'ente, �.ndividuandone le fun. zioni esercitate, i beni, il personale e le entrate, e per stabilire se ta1i funzioni fossero, oppur no, integralmente comprese in quelle trasferite o delegate a:Ile regioni, con 1a previsione della estiinzione, da dichiararsi con decreto, di quegli enti che non svolgessero funzioni residue. Il successivo art. 117 dispose di trasferimento alle regioni, secondo �.l criterio della inerenza territoriale, dei patrimoni mobiliari e immobiliari degli enti compresd neLla tabella B, precisando che, fatta eccezione per i beni patrimoniali costituenti le sedi centra:1i deg)i enti (che r�.manevano nell'amministrazione, con facolt� di alienazione, dell'ufficio Hquidazion�. presso il Min�.stero del Tesoro, di cui alla legge 4 dicembre 1956 n. 1404), tutti gli altri beni immobiliari sarebbero stati trasfer�.ti aHe regioni e sarebbero stati amministrati dalla regione nel cui terr�.torio fossero situati. (quarto comma) e che li residui beni moMliari, compresi il numerario ed �. titoli di credito, sarebbero stati attribuiti alle regioni, fra le quali sarebbero state pure ripartite le passivit�, con criteri. propornon~ i alle attribuzioni patrimoniali: ci� analogamente a quanto sta� biWito con rifer�.mento ad altri :settori, ad esempio dal!l':airt. 68 I�.in velazione alla soppressione dell'azienda di Stato per Ile foreste demaniali. Senonch�, quest'ultima disposizione � stata modificata con �.l d.l. 18 agosto 1978 n. 481, convertito, con modificazioni, nella legge 21 ottobre 1978 n. 641, che, dopo avere disposto (art. 1 bis) la soppressione dell'ONPI e di altri enti compresi nehla tab. B allegata a!l decreto 616/77 e dopo avere precisato che entro il 31 marzo 1979 si sarebbe provveduto a[ trasfer�.mento alle regioni dei beni e del personale dei predetti enti (e, �.n realt�, per l'ONPI si provvide con decreto presidenziale del 9 marzo PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 809 1979, pubblicato nella G. U. del 31 marzo) ha stabilito: a) che il patrimonio e le entrate dell'ONPI sarebbero stati interamente ripartiti tra le regioni e che, fino alla emanazione delle leggi regionali per il riordino delle mater�e trasferite, le entrate sarebbero rimaste destinate all'ass�stenza degli anziani (art. 1sexies); b) che i residui beni mobiliani, compresi il numerario ed, i tii.toli di �credito, sarebbero statii. attnibuiti all'Ufficio liquidazioni presso il Ministero del Tesoro e che questo avrebbe � altres� � provveduto ad assumere Je eventualii passivit�, per la cui copertura avrebbe potuto destinare, in tutto o in parte, d proventi netti derivanti� dall'amministrazione e dalla eventuale alienazione dei beni costituenti le sedi centrali deglii enti, rimastJi nell'amministrazione, con facolt� di alienazione, deLI'Ufficio fiquidazioni (art. 1 novies, che espressamente ha sostituito il sesto comma dell'art. 117 del d.P.R. n. 616 del 1977, secondo cui le passivit� erano nipartite fra le regioni). Il chiaro dettato n�rmativo e la esplicita volont� legisiJativa di modificare la preesistente disposizione, attmbutiva alla regione delle passivdt� ricollegantis� a fonti obbligatorie anteriori al trasferimento del bene, non consentono soluzioni della questione diverse da quella accolta dalla Corte d'appello, la quaile ha 1inddviduato la ratio delle norme sopra esaininate neLia circostanza che le regioni destinatarie del patrimonio dell'ONPI non avrebbero potuto far fronte ad eventua'li pass�vit�, avendo la legge destinato le entrate dell'Opera all'assistenza degli anziani e non alla estinzione delle passivJt� e non avendo previsto alcun'altra entrata che potesse essere destinata al pagamento di tali passivit� da parte della regione; ed ha correttamente ritenuto che il d.P.R. 9 marzo 1979, nell'attribuire il complesso immobiliare, di cui si controverte, alla regiione, ha presupposto che esso fosse gi� entrato a far parte del patri� monio dello ONPI, il che, del resto, era aderente al contenuto del contratto stipulato dall'ente con la cooperativa Gran Sasso. Deve aggiungersi che rla esistenza di una particolare ddsdp]Jina ad hoc esclude che possa farsi applicazione nel caso in esame dci principi (eventualmente ddversi, ma giustificati da una differente disciplina normativa) elaborati in altre ipotesi di successione fra enti pubWici (cfr. sent. 5558/79, 3850/80, 217/81, 5770/81, 3178/81; ma, per una ipotesi analoga a quella in esame, con mferimento alla soppress�one dell'ente � Giovent� italiana� nel quadro deLla legge 18 novembre 1975 n. 764, v. sent. 3318/82, pervenurta a!lle stesse conclusioni sopra accolte). N� potrebbero in contrario dnvocarsi quelle decisioni -relative agli effetti della soppressione dell'E.C.A. (sent. 4121/82) e dell'azienda di Stato per le foreste demaniali (sent. 3110/83) -adottate neLI'ambito di applicazione del d.P.R. 24 lughlo 1977 n. 616, poich� rispetto alla disciplina delle ipotesi suddette (v. rispettJivamente, artt. 22 ss. e 66 e ss. del citato decreto), quella dettata per l'ONPI (e per altri entii consimili) � diversa per mani� 810 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO festo intento legislativo e per la particolare giustificazione razionale della discip1ina in tal caso voluta dal Legislatore. Atteso il chiaro dettato normativo, le obiezioni formulate (peraltro lin modo ipotetico e, quindi, non incidenti concretamente nella controversia in esame) dal Ministero, che prospetta pretesi inconvenienti che deriverebbero dal postulare un acquisto a titolo originario del bene da parte della regione (esperibiliit� delle azioni dii garanzia; esercizio deUa facolt� di recesso; scelta della reductio ad aequitatem nel caso di proposizione dell'azione di risoluzione per eccessiva onerosit�), cadono di fronte ai1la ocmsdcLeraz�orne che, avendo [a [egge espressam~te �e compiut: amenre regolato ilia materia, la fattilsrpecde sfugge aillla [ogioa negoziale cui si richiama il Ministero. La disciplina normativa speciooe, :ispirata ad esigenze e a finalit� di diritto pubbhlco, fa s!� che le norme privatistiche o non hanno alcuna possibilit� di operare o devono, comunque, far salvi ghl effetti del trasfeDimento voluti dalla legge, con la conseguenza che le eventuali az�ond nascenti dai precedenti rapporti obbligatori dell'ente soppresso non potrebbero in nessun modo incidere sull'acquisto (da pa11te della Regione) del bene, che � trasferito come tale, a prescindere dal permanere di obbligazioni, anteriori al trasferimento, a carico dei soggetti del relamvo rapporto (v., per una ipotesi analoga, la gi� citata sentenza n. 3318/82). 4. -In conseguenza del rigetto del primo motivo del ricorso principale, devono dichiararSi� assorbit!i i due ricorsi 1incidentali, proposti da:1la coooperativa Gran Sasso condizionatamente a1l'accoglimento di quel motivo. Non se ne pu�, infatti, ritenere la inammdssiibilit�, come infondatamente sostiiene la Regione sul presupposto della sua novit�, in quanto la tesi della responsabilit� solidale dei due enti (Ministero e Regione), riproposta dalla cooperativa ned suoi ricorsii inicidentali, era stata posta sin dall'iinizio a fondamento delila domanda e mantenuta ferma nei confronti degli enti medesimi. 5. -Deve, invece, esaminarsi H ricorso i:incidentale proposto dalla Regione, del quale la coorperamva Gran Sasso e iil Ministero eccepiscono, sotto profili cLiversi, la inammissibilit�, precisandosi:i subito che tali eccezioni sono infondate. Con riguardo all'eccezione formulata dalda cooperativa Gran Sasso, occorre richiamare fil principio, pi� volte enunciato da questa Corte, secondo cui l'art. 334 cod. proc. civ., nel consentire l'impugnazione iincidentale tardiva, presuppone che questa sia diretta contro lo stesso capo di sentenza gi� investito dall'impugnazdone principale, ovvero contro un capo dipendente o �connesso, e che linolitre sii ricolleghi ad un interesse insorto proprio per effetto dell'impugnazione principale (v. sent. 1619, 5417 e 5741/81 e 1231/82). PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQCE ED APPALTI PUBBLICI Nel caso in esame, nel contrasto esistente tra Regione e Ministero in relazione alla legittimazione passdva (rectius: alla titolarit� passiva del rapporto controverso), la Corte d'appello ha riitenuto che la domanda proposta dalla cooperativa Gran Sasso, al fine di ottenere la condanna di entrambi gli enti al pagamento dei maggiori corrispettiw dovutd ai senffi dell'art. 1664 cod. civ. e ail risarcimento dei danni conseguenti al comportamento colposo degli enti suddetti nel provocare la ingiustificata interruzione dei lavora e nell'omettere la definizione del rapporto controverso, dovesse accogliersi, per la prima parte, nei confronti dell solo Ministero, per le ragioI11i da questo infondatamente censurate con dl priimo motivo del ricorso principale; e che dovesse, invece, accolffeersi, per [a parte residua, nei confronti di entrambi gli enti, 11itenutd solidalmente responsabili, l'uno come parte del contratto d'appalto e l'altro come proprietario dell'immobile, del danno provocato dalla interruzione dei favori e daHa. omessa definizione del rapporto contrattuale. Ne consegue che, attenendo la decdslione al tema della ti.tolarit� passiva del rapporto dedotto in giudizio, scaturente in tutti i suoi aspetti dal contratto d'appalto, l'interesse della Regione ad impugnare la staituizione � insorto per effetto deHa impugnazione principale, che tendeva a mmettere in discussione l'intero problema de1la responsabii:lit� verso l'appaltatrice cooperativa, e che l'impugnazione incidentale � diretta contro una medesima statuizione (non importa se distinta in due capi nel dispositdvo della sentenza), che aveva visto la Regione in gran parte wttoriosa e, in parte minore, soccombente, ed ha natura di impugnazione dncidentale dipendente, proponibile tardivamente a norma deH'art. 334 cod. proc. civ. L'ammissdbilit� del ricorso incddenta!le della Regione non pu� essere, poi, contestata sotto il profilo, dedotto dal MiI11istero, del collegamento di questioni di diritto a presupposti di fatto non discussi in sede ili merito e dell'introduzione dd argomenti giuridici nuovi. Basta cons1iderare, al riguardo, che la Regione aveva contestato la propria titolarit�, dal lato passivo, del rappo11to controverso in base a'lle norme che avevano disposto la soppressione de1l'ONPI, con conseguente attribUZJione del suo patrimornio 1alfu Regione medesima e del!l'onere deNe paisffiwt� anteriori all'Ufficio liquidazioni presso il Ministero del Tesoro, e che, qudndi, presupposto implicito ma necessamo era la estranedt� della Regione al rapporto dal quale queMe passivit� erano scaturite e l'anteriorit� delile stesse al trasferimento dell'immobile nel patrimonio della Regione: cio� quanto con il ricorso incidentale questa contdnua a sostenere, deducendo che ila Corte del mellito non avrebbe tratto, come doveva, a'lcuna conseguenza a favore della Regione da elementi acquisiti al processo, quali l'anteriorit� del danno al trasferimento dell'immobile alla Regione stessa, avvenuta con decreto del 9 marzo 1979 emanato successivamente alla proposi: zlione della domanda nella quale :il danno era gi� stato dedotto, e che 812 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non avrebbe correttamente applicato, come doveva di ufficio, de norme che regolano la responsabilit� solidale da fatto illecito. Il ricorso incidentale deMa Regione, oltre che ammissibile, � nei terminii che saranno di segcito precisati -fondato. Che il trasferimento dell'immobile costruito dalla �cooperativa Gran Sasso e gi� compreso nel patrimonio dell'ONPI (ente committente) fosse stato trasferito alla Regione con decreto presidenziale del 9 marzo 1979 (pubblicato nella G. U. del 31 marzo) � un dato risultante dalla stessa sentenza impugnata; e che il danno lamentato daHa cooperait�va fosse stato dedotto con l'atto di citazione (notificato il 26 marzo 1979) � elemento che si desume, anch'esso, dalla sentenza della Corte d'appello. In presenza di queste circostanze, in una alla considerazione della estraneit� della Regione al rapporto di appalto, la Corte d'appello avrebbe dovuto svolgere una pi� penetrante indagine al fine di giust�ficare l'affermazione (che non appare sorretta da sufficiente motivazione) della responsabilit� defila Regione, quale proprietaria dell'immobile, in solido con dl Ministero, quafo successore ne1le passivdt� deM'ONPI, per i danni subiti da1la cooperativa appaJtatrice in conseguenza della ingiustificata interruzione dei lavori e della omessa definizione del rapporto contrattuale. Avrebbe dovuto, cio�, dare pi� persuasiva giustificazione della ritenuta responsabilit� della Regione, accertando l'anteriorit�, o meno, del verificarsi del danno rispetto alla presa di possesso dell'dmmobile da parte deHa Regione e precisando in virt� di quald poter~ e di quali doveri di iniziativa essa potesse incidere sul regolare svolgimento dei lavori e suhla definizione del rapporto contratituale; dopo di che avrebbe potuto quantificare !il danno da porre eventualmente a cartlco della Regione e procedere alla rivalutazione di esso (come ha correttamente fatto, contrariamente a quanto sostiene l'ente ricorrente incidenta:le nell'ultima parite del terzo motivo, trattandosi di debito di valore e con il richiamo deg1i dndici di svalutazione forniti dall'Istat). \ 6. -Con 111 secondo motivo del ricorso principale i!I Ministero denuncia la violazione e fa1sa applicazione degli artt. 1322, 1346, 1467, 1469 e 1664 cod. civ.; da violazione dell'art. 1363 dello stesso codice e dei prtlnc�pi in tema di interpretazione, nonch� il vizio di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisavo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato da nulliit� della clausola contenuta nel contratto stipulato dall'ONPI con fa cooperativa Gran Sasso, a termini della quale non era applicabile ari contratto stesso la dispoffiZJi.one di cui all'art. 1664 cod. civ. All'affermazione, contenuta 01el[a sentenza dmpugnaita, che [e parti possono, s�, oonvendre che tafo disposizione non si applichi al rapporto scaturito dal contratto, ma soltanto quando si siano rappresentate la possibilit� dri sopravvenienze onerose (senza cli che iill contratto sarebbe aleatorio e la rinunZJi.a pre: PARTE I, SEZ. VII, GICRIS. l:\r :MATERIA DI ACQl.iE ED APPALTI PUBBLICI 813 ventiva alla revisione del corrispettivo rimarrebbe senza causa), hl. Ministero, dopo avere rilevato che la Corte d'appello sarebbe incorsa nel vizio di omessa motivazione per non avere esamJnato le altre ragioni poste dal triibunale a sostegno della decisione di primo grado (inesistenza della clausola; superamento deHa stessa dail comportamento successivo delle parti), oppone le seguenti osservazioni: a) nell'autonomia negoziale rientra anche la possibilit� di stipulare validamente contratti aleatori; b) una clausola diretta a rendere inoperante il temperamento dii cui all'art. 1664, primo comma, cod. civ. non �implica alterazione della struttura ovvero della funzione dell'appalto nel senso di renderlo aleatorio, ma solo un ulteriore allargamento del rischio, senza che questo esorbiti dall'alea normale, n�, di conseguenza, postula un particolare rigore d'indagine suMa volont� delle parti; e) la nuillit� della clausola, che escluda l'applicabilit� dell'art. 1664 cod. civ., non pu� essere affermata sotto .n profilo eh.e essa conterrebbe una rinunzia a un diritto futuro; d'altra parte, non sarebbe corretto ragionare in termini di riinuncia preventiva a un diritto che la legge riconosce, in quanto il contratto, sin dal suo venire in essere, resta sottratto, per questa parte, a11a disciplina legale e l'unica .indagine da fare � di stabi1lire se ~e parti abbiano voluto tale sottrazione (e su ci� la Corte del merito ha omesso di motivare); e) l'affermazione della i;iullit� delJ.a clausola siccome implicante una 11inunzia pura e semplice priva di causa, contenuta nehla sentenza impugnata, non � sorretta da alcuna motiva2lione fo ordiine alla ricerca del ruolo della causa� nel contesto complessivo del contratto, che trovava giustificazione nell'anticipazione, sia pure parziale, del prezzo. 7. -La Cooperativa Gran Sasso eccepisce la inammissibilit� del secondo motivo del Dicorso principale, assumendo che fa Corte d'appello aveva fondata la sua statuizione su tre distinte argomentazioni, ciascuna sufficiente a sorreggere la decisione (nuJ:lit� per mancanza di oggetto, in quanto le parti avevano escluso l'applicabilit� dell'art. 1664 cod. civ. senza essere fa grado dii conoscere con sufficiente approssimazione la perdita che, per l'effetto, la cooperativa avrebbe subito; nullit� per mancanza di causa; nunit� per mancanza di vOilont�, in quanto, per effetto della clausola, �l'appalto si sarebbe trasformato, contro la volont� delle parti, in contratto aleatorio); e che la censura del Minis�tero � rivolta unicamente a provare l'esistenza della causa. L'ecce2lione � iinfondata. Invero, la Corte d'appello ha iimpostato iJ suo ragionamento muovendo dalla premessa che le parti del contratto di appalto possono escludere la revisione del cor11ispettivo purch� siano in condizione di conoscere con sufficiente approssimazione la perdita che per l'effetto subiscono, ma che, nel caso in esame, trattavasi di una rinuncia preventiva sine causa a un diritto riconosciuto da:lla Jegge, che alterava il sina1lagma e rendeva aleatorio il contratto. Il ragionamento RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 814 della Corte d'appeno -cos� come unitariamente svolto per giungere alla conclusione della nullit� della clausola -� stato censurato dal Ministero in ciascuno dei passaggi in cui esso si articola, negandoSI� che sia inibito alla volont� delle parti di configurare come aleatorio il contratto d'appalto e che, comunque, la rinuncia all'applicazione della revisione I�mplichi fa trasformazione del contratto da commutativo dn aleatorio; sostenendo che tale rinuncia non ha ad oggetto un diritto che la legge riconosce, posto che il contratto resta sottratto per questa parte alla disciplina legale sin dal suo venire ad esistenza; dolendosi, infine, della mancanza o, quanto meno, insufficienza della motivazione circa il ruolo che ila dlausdlia assumeva neil contesto 1oomplesSI�vo del contmtto, tenuto conto dell'anticipazione, sia pure parziale, del prezzo. 8. -Oltre che ammissibile, il secondo motivo del ricorso priincipaile � fondato. Punto fermo della decisione (in quanto non investito da censure) � la qualificazione del contratto intercorso tra l'ONPI e <la cooperativa come appalto di diritto privato, il che esclude che possano ad esso applicarsi le disposiilloni concernenti la revisione dei prezzi degli appalti pubblici e assoggetta ~l rapporto alla disciplina dettata dal codice civile per il contratto d'appalto. Questa, all'art. 1664, primo comma, stabilisce che, qualora per effetto di circostanze imprevedibHi si siano verificati aumenti o diminu:llioni nel costo dei materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiord al decimo del prezzo complessivo convenuto, l'appa:ltatore o lil committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo, che pu� essere accordata solo per la differenza che eccede il decimo. � opinione unanimemente ricevuta (anche nella giurisprudenza di questa Corte: v. sent. 529/74, 5137/77, 4514/80) che tale norma ha carattere dispositivo e che, pertanto, se l'appaltatore, con apposita clausola, si sia accollato i rischi del maggior costo che pu� determinarsi per il ver�fioairisi o '1o �soopr.irsi di oifricostanze imprevedJibiH 1J!el momento del<1a conclusione del contratto (fra le quali si � da tailuno inclusa la svalutazione monetaria, anche se gi� in corso al momento di tale conclusione), egli perde il diritto alla reviSI�one se in seguito si ver�.ficano o si scoprono circostanze del genere. Il ritenere, quindi, che fa clausola di esclusione sia vailida solo quando il maggiore rischio sia stato previsto ed accettato dai contraenti (come 1sembxa 1s1i 1sia rJtenuto con 11a precedente decisione n. 529/74, illn ipotesi, peraltro di pattuizione �forfettaria� del prezzo e di rimozione convenzionale deil ~mi!te ileg:a1e di un deoimo) 1equivale ad attribmre ai1la norma un carattere inderogabile, che <invece non ha, e a privare la clausola stessa di qualsiasi significato, posto che, operando l'art. 1664 solo per i rischi imprevedibili, l'esclusione deilla revisione per li rischi preve PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN l\IATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI dibi.Ii (per i quali essa non pu� essere chiesta ai sensi della citata norma) non potrebbe avere alcun effetto derogatorio del precetto dalla norma stessa sancito. Trattandosi di norma dispositiva, la clausola che ad essa deroghi, pi� che contenere una rinunzia in senso tecnico a un diritto attribuito dalla legge, ne impedisce il sorgere: :la regola deil rapporto �, invero, quella che Ie parti, nell'esercizio de1l'autonomia negoziale, stabHiscono con il contratto e in tale disciplina -la quale pu� essere integrata dailla legge per ci� che esse non avrebbero potuto prevedere in contrasto con norme imperative -nessun dirtltto (cui l'appaltatore abbia rinunciato) poteva a suo favore derivare dalla � Jegge �, che fra le rparti � dl contlraHo, poich� l'iamt. 1664 non contiene U!Oa norma 1impooati.va e [e parti ne hanno espressamente escluso 'l'applicabilit�. N� la validit� della clausola di esclusione della revisione pu� essere contestata sotto il profilo de1la sua incompatibi1it� con la natura commutativa dell'appalto. Come questa Corte ha ritenuto, con l'adesione di qua1ificata dottrina, l'alea connaturaile al contratto d'appaiito non inoide sulle prestazioni delle parti in modo da renderle quantitativamente e qualitativamente incerte, ma dnveste soltanto fa sfera economica dei contraenti, restando estranea al contenuto giuridico del rapporto, iin nulla differendo, se non per la maggiore intensit� e latitudine, dall'alea economica presente in ogni contratto a prestazioni corrispettive, e, in particolare, in quelli ad esecu2Jione differita, periodica o continuativa, nei quaili le vicende economiche sopravvenute possono alterare la situazione di equilibrio fra le prestazioni considerate da1le parti al momento della stipulazione. Riientrano, pertanto, nell'alea normale del contratto anche le sopravvenienze imprevedibili, rispetto alle quali i nimedi previsti dall'art. 1664 cod. civ. sono finalizzati esclusivamente ail contenimento del rischio economico (sentenza 1818/80 e, sostanzialmente conf., 2845/76, 3754/79 e 4339/79). Nel solco di questa impostazione si � poi precisato che ila clausola con :la quale le parti, ne1l'eseroizio deLla loro autonomia contrattuale, escludono, in deroga aWart. 1664 cod. civ., iil didtto dell'appaltatore ad ulteriore compenso in conseguenza di oiroostanze che iinfluisc()[}O sui ,costi di esecuzione dell'opera non comporta alcuna alterazione della struttura o della funzione deLI'appalto nel senso di renderlo un contratto aleatorio, ma solo un ulteniore allargamento del rischio naturalmente insito in questo tiipo di contratto (sent. 2405/81 e, sostanzialmente conf., 2325/77 e 1364/79, quest'ultima a proposito del rischio geologico). Di tali principi -che il giudice di rinvio dovr� avere presenti nel rtlesaminare la controversfa in conseguenza dell'accogHmento del secondo motivo del ricorso pnincipale -la Corte d'appcllo di Roma non ha tenuto conto, pervenendo, in base a ragioni di diritto che non possono RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO essere in questa sede condivise, all'affermazione della nUJ!lit� della clausola. Ta!le er-rore ha negativamente influito sul!l'indawine di merito dalla quale iJ gtiudice di appello, coerentemente con le premesse di diritto che aveva accolto, si � ritenuto dispensato, dopo avere interpretato il contratto ai fini delila qualificazione, ad esso niconosciuta, ru appalto e non (secondo il nomen juris che le parti vi avevano dato) di vendita dii cosa futura. � tuttavia evidente che l'affermazione della validit�, in astratto, de1la clausola non priva il giudice dii rinvio del potere di stabiiliire se essa precluda altri rimedi apprestati dall'ordinamento (e se essi siano ancora esperibili) n� del potere di verificare la r<ispondenza in concreto della clausola e la portata derogatoria di essa, che dovr� essere apprezzata nel contesto contrattuaile in cuii fu inserita ed in relazione al nomen juris che le parti (erroneamente, secondo la statuizione del giudice d'appello non censurata in questa sede) avevano dato al contratto, indagandosi sulla sua portata in relazione ailla prevedibilit� o meno delle eventuali sopravvenienze che potessero incidere sull'equilibnio economico del contratto e, come sostiene il Ministero, anche in relazione a1la parziale anticipazione del corrispettivo: tutto d� attraverso la complessiva consideraiJione della peculiarit� del caso concreto e del ruolo che la clausola assumeva nella economia del contratto. 9. -L'accoglimento del secondo motivo del ricorso principaile determina l'assorbimento del terzo motivo (concernente il momento -offerta o stipula:llione del contratto -al quale devono riferirsi Je variazioni dei prezzi) e del quarto motiivo (con il quale si deduce ila tardivit� dell'appello incidentale deHa cooperativa relativo alla richiesta di liquidazione del maggior danno dernvante dal ritardato pagamento degl'!importi revisionali), trattandosi di questiom il cui esame � subordinato aMa decisione che in sede di rinvio sar� adottata sugli effetti della clausola cui fa riferimento il secondo motivo. 10. -Pertanto -rigettato il primo motivo del ricorso prnncipale (con assorbimento dei ricorsi incidentaili condizionati della cooperativa Gran Sasso) e accoltone il secondo, con assorbimento del terzo e del quarto; accolto, inoltre, il ricorso tincidentale della Regione nei limiti precedentemente precisati -la sentenza impugnata dev'essere cassata nelle parti investite da1le censure accolte, con rinvio ad altra sezione deLla Corte d'appello di Roma, che riesaminer� la controversia, tenendo conto delle osservazioni svolte a sostegno dell'accoglimento del ricorso della Regione e uruiformandosi, neti sensi gi� precisati, ai princ�pi di diritto sui quali si fonda l'accogHmento del secondo mot,ivo del ricorso principale. Il giudice di rinvio provveder� anche suHe spese del giudizio di cassazione. (omissis) PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN ~IATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 817 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 20 settembre 1984, n. 18 -Pres. Pratis - Rel. Reg~o D'Aci -Venino Spinola (avv. F. Paoletti e Baroni) c. Comune di Milano (avv. Marchese, Tucci, Sindaco e Pirocchi), Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Vlittoria), Regione Lombardia (n.c.) e Comune di Settimo Milanese (n.c.). Acque pubbliche � Giudizio e procedimento -Tribunale superiore in sede di cognizione diretta -Ricorso -Termine -Decorrenza -Piena conoscenza -Rilevanza. (T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143, secondo comma). Espropriazione per pubblica utilit� -Autorizzazione all'occupazione d'urgenza -Competenza -Sindaco -Opere di spettanza comunale -Condizioni. (d.P.R. 27 luglio 1977, n. 616, art. 106, terzo comma). Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Durata Scadenza della dichiarazione di pubblica utilit� -Termine massimo. Espropriazione per pubblica utilit� -Autorizzazione all'occupazione d'urgenza -Fissazione del termine -Motivazione -Necessit�. (!. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 20). Il termine di 60 giorni per il ricorso al Tribunale superiore delle acque pubbliche preveduto dall'art. 143, secondo comma, del T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775 decorre, in mancanza di precedente notifica, dalla piena conoscenza del provvedimento impugnato (1). L'art. 106, terza comma, del d.P.R. 27 luglio 1977 n. 616 non legittima il sindaco ad adottare provvedimenti di autorizzazione all'occupazione di urgenza per realizzare opere pubbliche che interessino anche il territorio di altri comuni (2). All'occupazione d'urgenza non pu� essere assegnato un termine finale che vada oltre quello stabilito per il completamento di lavori ed espropriazioni nell'atto che dichiara la pubblica utilit� (3). Nello stabilire la durata dell'occupazione d'urgenza, l'autorit� che emette il relativo provvedimento non pu� limitarsi a consentirne la protrazione sino a 5 anni dalla presa di possesso, con generico richiamo (1) Nello stesso senso, Trib. Sup Acque, 26 aprile 1979, n. 14, in Cons. Stato 1979, II, 459; 8 novembre 1963, n. 26, in Cons. Stato 1963, II, 465; 7 maggio 1938, in Foro it. Rep. 1938, acque pubbliche, 43. (2) Nello stesso senso, T.A.R. Lazio, Sez. I, 2 maggio 1979, n. 410, Trib. Amm. Reg., 1979, I, 1465. (3) Nello stesso senso, T.A.R. Piemonte, 13 luglio 1983, n. 477, e 12 ottobre 1983, n. 625, Trib. Amm. Reg., 1983, I, 2423 e 3470. In senso contrario, Cons. St.. Sez. IV, 17 giugno 1975, n. 594, Cons. Stato 1975, I, 729; T.A.R. Lombardia -Brescia, 16 dicembre 1980, n. 387, Trib. Amm. Reg. 1981, I, 506. 818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al disposto dell'art. 20 legge 22 ottobre 1971 n. 865, ma deve fissarla in base ad un concreto e specifico apprezzamento delle esigenze dell'intervento da operarsi (4). (omissis) L'eccezione di iirricevibhlit� del ricorso proposto dall'Avvocatura dello Stato � fondata nella parte in cui Jl gravame si r.ivolge avverso gli atti (delibera del Consiglio Comunale di Mhlano n. 925 del 3 dicembre 1979 e decreto del Magistrato per il Po di Parma n. 13080 dell'8 ottobre 1980) con cui � stato approvato iil progetto esecutivo dei lavori di costruzione del canale derivatore del fiume Olona (3� lotto, 5� straloio). Ci� in quanto, come si evince anche dalle premesse in fatto, con il primo ricorso datato 9 apri!le e notificato dl 9-20 aprile 1982 (ma mai depositato nei termini prescritti a pena di decadenza daU'art. 194 del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775), la 11icorrente ha dimostrato di conoscere esattamente nelle sue caratteristiche essenziali gli atti men:llionati, tant'� che li impugnava, deducendo gli stessi vizi in prosieguo proposti col ricorso ora in esame (que1lo del giUJgno 1982). Sicch� il termine di 60 giorni di cui all'art. 143 del medesimo t.u. deve farsi decorrere dalla data di sottosc11izione di tale pr.imo ricorso (8 aprile 1982), poi non coltivato, e scadeva 1'8 giugno successivo; essendo stato il nuovo riicorso not�fioato H 14-23 g1iugno esso �, quindi, mrd~vo :nelJ.e parti in cUJi impugna i due atti gi� impugnati con il primo. N� a diversa conclusione pu� portare l'argomentazione difensiva svolta dalla ricorrente, secondo la quale il termine stabilito dall'art. 143 del t.u. sulle acque pubbiliche si applicherebbe solo nei casi di � notificazione � del provvedimento (notificazione che nella specie non c'� stata). In proposito basta osservare che fa notiificazione di un atto costituisce un mezzo per realizzare in modo certo la piena conoscenza dell'atto da (4) In materia di termini di durata dell'occupazione la giurisprudenza pm recente � nel senso che il decreto d'occupazione debba contenere una predeterminazione della durata dell'occupazione consentita, non potendo questa essere desunta dalla legge, giacch� le norme in materia si limitano a stabilire il periodo massimo oltre il quale non pu� esser protratta: in tal senso, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29 marzo 1977, n. 280, in Cons. Stato 1977, I, 295; T.A.R. Lombardia -Milano, 16 luglio 1980, n. 884, Trib. Amm. Reg. 1980, I, 3545; T.A.R. Sardegna, 25 febbraio 1981, n. 88, ivi, 1981, I, 1454; T.A.R. Sicilia -Catania, 5 aprile 1982, n. 170, ibidem 1982, I, 1707; T.A.R. Piemonte 6 giugno 1983, n. 415, Trib. Amm. Reg. 1983, I, 2404. In senso contrario, cfr. per�, Cons. St., Sez. IV, 18 novembre 1980, n. 1082, Cons. Stato 1980, I, 1532; T.A.R. Piemonte, 1� dicembre 1981, n. 945, Trib. Amm. Reg. 1982, I, 432; T.A.R. Sardegna, 29 ottobre 1982, n. 389, e 22 ottobre 1983, n. 517, ivi, 1982, I, 3665 e 1983, I, 3725; T.A.R. Lombardia -Milano, 22 ottobre 1983, n. 1449, ibidem, 1983, I, 3504; T.A.R. Lazio Sez. I, 25 gennaio 1984 n. 79, Trib. Amm. Reg. 1984, I, 443; T.A.R. Campania, 22 dicembre 1983, n. 1310, PARTE I, SEZ. VII, 'GIURIS. DI MATERIA DI ACQl'E ED APPALTI PUBBLICI 819 parte del destinatanio, ma non si pone come condizione necessaria ai fini della decorrenza dei termini per l'impugnabilit� di esso da parte di chi Vii abbia interesse. I termini in parola, fissati come � noto a pena di decadenza daJJ.'ordinamento per drcoscnive,pe nel 1tempo ila possi:ibiJLi1t� per i privati di farne valere le eventuali illegittimit� che possano inficiaPli e garantirne, quindi, la certezza giuridica in brevi spazi, decorrono, invece, per tutti (e quindi anche per i soggetti diversi dai destinatari) dalla piena conoscenza dell'atto, con qualunque mezzo essa sia realizzata; sarebbe del resto palesemente irragionevole pretendere che l'Amministra: zJione sia costretta, aillo scopo di far decorrere i termini di impugnativa e di conseguire la sicurezza della situazione giuriidica, alla notifica dei proprii provvedimenti nei confronti di tutti coloro che comunque siano da essi interessati e si:iano legittimati a gravarsene. Per quel che concerne 1l'1impugnativa del decreto di occupazione numero 233366 del 5 maggio 1982 e le censure nei confronti di questo avanzate (pag. 16-25 del ricorso) ritiene il Tribunale che sian.o fondate e assorbenti quelle di cui ai motivi n. 2, 4 e 5. Si rileva, infatti, che iil provvedimento in parola � stato emesso dail Sindaco di Milano ai sensi dell'art. 106 del d.P.R. 27 luglio 1977 n. 616, cos� come si evince da1le sue premesse. Ora fa norma in parola, come ha esattamente messo in eV1idenza la ricorrente, � del tutto inapplicabile al caso, in quanto nella speoie ~�opera da realizzare non � di stretto interesse comunale, ma investe aree site in diversi comuni e, in particolare, in quello di Settimo Milanese. N� pu� seguirsi la difesa dell'Amministrazione comunale a1lorch� questa sostiene che in realt� iil Sindaco si � avvalso dei poteri concessigli dallo Stato con hl decreto del Magistrato per il Po di Parma n. 13080 in data 8 ottobre 1980. Sta dli fatto, invece, che il citato atto di concessione non � affatto menzionato nel provvedimento di occupaz>ione d'urgenza tanto da far ritenere che hl Sindaco lo ivi, 1984, I, 679 (con riferimento all'art. 71 legge 25 giugno 1865, n. 2359); T.A.R. Toscana 14 gennaio 1984, n. 7, ibidem, 1984, I, 995. Richiedono, poi, in conformit� della decisione in rassegna, un'espressa motivazione, T.A.R. Emilia-Romagna 7 maggio 1975, n. 194. Trib. Amm. Ree:. 1975, I, 2127; T.A.R. Piemonte 23 giugno 1981, n. 482, ivi, 1981, I, 2553; T.A.R. Toscana 2 luglio 1981, n. 301, ibidem, 1981, I, 2714; T.A.R. Piemonte 13 luglio 1983 n. 477, Trib. Amm. Reg. 1983, I, 2423. La necessit� della motivazione � esclusa da T.A.R. Piemonte 16 dicembre 1980, n. 1148, Trib. Amm. Reg. 1981, I, 444; T.A.R. Lombardia -Milano 4 marzo 1981, n. 261, e 1� aprile 1981, n. 442, ivi, 1981, I, 1614 e 1658; T.A.R. Toscana 30 settembre 1981, n. 378, ibidem, 1981, I, 3367; T.A.R. Lombardia Milano 4 dicembre 1981, n. 1532, Trib. Amm. Reg. 1982, I, 492; T.A.R. Liguria 15 aprile 1982, n. 194, ivi, 1982, I, 1551; T.A.R. Sicilia -Catania 5 aprile 1982, n. 161, ibidem 1982, I, 1705; T.A.R. Campania 12 aprile 1983, n. 334, Trib. Amm. Reg. 1983, I, 1669; T.A.R. Puglia -Bari 30 maggio 1983, n. 296, ivi, 1983, I, 2270; T.A.R. Puglia -Lecce 12 dicembre 1983, n. 401, ibidem 1984, I, 1101. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 820 abbia ignorato e abbia inteso invece servirsi di competenze diverse (quelle di cui all'art. 106 citato) che non gli spettavano. In materia di termini risultano pure violati da parte del Comune quelli fissati dal decreto di approva:z;ione del progetto e di dichiarazione di pubblica utilit� (decreto del Magistrato per il Po di Parma n. 13080 deill'8 ottobre <1980), che statuiva ~art. 3) che �ai sol:i fim.!i espropiriativi i lavori e le procedure di esproprio avevano... termine entro il 31 dicembre 1984 �. Il decreto d'occupazione d'urgenza in esame ha, infatti, stabilito (art. 2) che l'occupazione avrebbe potuto essere protratta fino a 5 anni dalla presa di possesso degli immobili (e cio� fino ail 1987) e quindi ben oltre la data ultima prescritta per ii.I compimento degli espropri. N� la circostanza che il Comune avrebbe potuto ottenere una proroga del termine indicato nel provvedimento del Magistrato alle acque del 1980 (cos� si legge a pag. 21 della comparsa conalusionale del Comune) pu� evidentemente comportare la legittimit� della fissazione di tempi successtivi aU'epoca per intanto determ~nata come ultima; solo dopo l'auspicata proroga poteva semmai i[ Comune agire in conseguenza. Del resto anche la determinazione del termine come possibilit� di � protrazione dell'occupa2lione fino a 5 anni � si rivela iiUegittima perch� con ci� si dimostra che l'Amministrazione non ha operato un concreto e specifico apprezzamento delle particolari circostanze di fatto al fim.e di stabilire il tempo occorrente per l'esecuzione di lavori, ma si � genericamente e senza motivazione alcuna rifatta a,l termine massimo di 5 anni che l'art. 20 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 fissa come limite all'esercizio del potere dell'Amministrazione. Sicch� !in definitiva la durata della occupazione non � stata determinata dalle esigenze effettive dell'intervento da operarsi, ma daMa intenzione deihl'Amministrazione di prolungarla comunque fino al periodo massimo ammesso. (omissis) TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 21 seHembre 1984, n. 20 -Pres. Pratis -Rel. Reggio D'Aci -ENEL (avv. Bortoluzzi ed E. Conte) c. ing. designato Prov. Verona del Magistrato delle .acque (avv. deHo Stato Fiumara), Cartiere di Verona S.p.A. e Cartiere Fedrigoni S.p.A. (avv. Boneschi e Lais). Acque -Acque pubbliche -Competenza e giurisdizone -Cognizione diretta del Tribunale superiore -Ricorso contro ordinanza di ammissione ad istruttoria -Sussiste -Presenza di questioni preliminari o incidentau di diritto soggettivo -Irrilevanza. (R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 28; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 197). Acque -Acque pubbliche -Concessione -Amissione ad istruttoria -Immediata impugnabilit�. (T.U. 11 dcembre 1933, n. 1775, art. 7). PARTE I_, SEZ. VII, Gll'RIS. IN MATERIA DI ACQJ;E ED APPALTI PLBBLICI 821 Acque -Acque pubbliche -Concessione -Ammissione ad istruttoria in concorrenza -Domande di voltura o rinnovo -Illegittimit�. (T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 7, 25 e 30). Appartiene alla cognizione diretta del Tribunale superiore delle acque pubbliche il l'icorso proposto contro l'ordinanza che animette ad istruttoria domande di concessione n� la giurisdizione del Tribunale � esclusa nel caso in cui, per risolvere la questione se il concorrente ammesso potesse o no partecipare all'istruttoria, si debba stabilire se esiste o meno in capo a quello un diritto soggettivo, trattandosi al pi� di questione da decidere in via incidentale (1). L'ordinanza che ammette ad istruttoria in concorrenza tra loro domande di concessione di acque pubbliche costituisce un provvedimento ed � immediatamente impugnabile (2). � illegittima l'ordinanza che ammette ad istruttoria domanda non intesa a una nuova concessione d'acqua pubblica, ma alla voltura o rinnovo di precedente concessione (3). (omissis) Vanno in via preliminare esaminate le questioni di giur.isdizfone e di inammissibiilit� del ricorso per carenza d'interesse proposte dalle parti resi.stenti (dailla Cartiera Fedriigoni la prima e da tutti gli opponenti la seconda). Per ci� che concerne !a giurisdizione, 1l'assunto secondo cui nella specie si farebbe questione di diritti soggettivi -dovendoSli discutere se titolare della Concessione fosse ~l Consorzio Camuzzoni ovvero i soci pro-quota del Consorzio stesso nonch� se Je due Societ� abbiano o meno diritto al Ilinnovo in loro favore delle due com::essioni di piccdle demvazioni di cui erano gi� titolari -e non gi� di interessi legittimi non pu� essere condiviso. L'oggetto immediato del presente giudizio, infatttl, cos� come risulta d'al ricorso introduttivo presentato dall'ENEL, � costiitwto dailila richiesta di annullamento dell'ordinanza n. 2 emessa in data 3 gennaio 1981 dell'Ingegnere designato per la provdncia di Verona e relattlva all'ammissione a istruttoria a fini concesfilvd, delle domande di deriva (1-3) L'immediata impugnabilit� dell'ordinanza di ammissione ad istruttoria in concorrenza -enunciata dalla seconda massima -� da lungo tempo affermata dalla giurisprudenza: cfr. Trib. Sup. Acque 1� giugno 1966, n. 16, Foro Amm. 1%6, I, 1, 483; Trib. Sup Acque 29 maggio 1969, n. 16, Cons. Stato 1969, II, 621. Per varie fattispecie in cui si � discusso della sussistenza di un interesse alla impugnazione, cfr. Cass., 7 ottobre 1969, n. 3194, in questa Rassegna 1969, I, 965; Trib. Sup. Acque 27 ottobre 1977, n. 32, ivi 1978, I, 394; Trib. Sup. Acque 6 maggio 1980, n. 110, e 19 gennaio 1974, n. l, ibidem, 1980, I, 861 e 11974, I, 499, relative alla carenza di legittimazione dei proprietari di aree interessate dalle opere da costruil1Si per stabilire la derivazione, rispetto ai quali l'ordinanza rileva come atto preparatorio ordinato alla dichiarazione di pubblica utilit�; Trib. Sup. Acque 6 maggio 1980, n. 11, Cons. Stato 1980, II, 746. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione d'acqua dal fiume Adige in localit� Chievo del Comune di Verona. Ci� stante � ev�dente come di fronte al provvedimento fo parola, che costituisce il primo atto dell"iter procedimentale previsto per farsi foogo aLla concessione di acqua pubblica, gli interessati non vantino n� possono vantare diritti di sorta, non avendo essi capacit� di avanzare pretese di nessun genere, ma essendo semmai titolari. di una legittima aspettativa al corretto uso, da parte dell'autori1t�, del potere concessorio. N� muta tale situazione la circostanza che si possa, in ipotesi, far questione dell'idoneit� o meno di un certo soggetto a partecipare alla istruttoria per la concessione d'acqua pubblica facendo leva sull'esistenza o !inesistenza in capo ad esso delila titolarit� di un diritto soggettivo; tratterebbesi nella specie di controversia che comunque non costtituirebbe l'oggetto principale del giudizio (determinato dalla legittimit� d'ammissione all'istruttoria), ma tutt'al pi� una questione pregiudiziiale o incidentale la cui risoluzione potrebbe essere in ipotesi necessaria per pronunciare sulla questione principale di competenza di questo Tribunale (art. 28 r.d. 26 g!iugno 1924 n. 1054 e art. 197 del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775). Quanto all'interesse ail rkorso � ben vero quanto sostengono gli opponenti -che cio�, nella specie, l'ingegnere designato per la provincia di Verona ha, proprio con l'ordinanza impugnata, dato espressamente atto che le domande presentate dalle Cartiere di Verona e Fedrigoni non costituivano istanze d!i concessione d'acqua -ma � altrettanto vero che l'affermazione !in parola � contenuta neLla parte motiva e preliminare del provvedimento, mentre il dispositivo di quest'uil.1timo � nel senso di ammettere a istruttoria, ai sensi dell'art. 7 e ss. del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, tutte le domainde presentate (iVli comprese quel!le dehle due Cartiere) e ci� allo scopo di porle tra loro in concorrenza in relaz!ione ailla derivazione d'acqua considerata. Ci� � sufficiente per radicare nell'ENEL, presentatore anch'esso di una autonoma domanda, l'interesse a contestare Ja legittimit� del provvedimento. Questo Tribunale ha, infattli, pi� volte avuto modo di affermare che l'ordinanza di ammissione ad istruttoria delle domande di concessione di derivazione di acque pubbliche, emessa ai sensi dell'art. 7 del t.u. n. 1775 del 1933, produce �l'effetto procedimentale di prepara2lione del provvedimento concessorio ed � immediatamente impugnabile da parte di chi si dolga dell'uso fatto del potere di ammissione ad istruttoria lamentando, ad esempio, l'ammissione dell'altrui domanda. Nel merito appare fondato e assorbente il primo motivo del ricorso con il quale l'Ente ricorrente lamenta la violazione del citato art. 7 per essere '1e due domande delle Cartiere, ammesse a istruttoria, dirette non gi� a ottenere una nuova concessione d'acqua, ma la voltura in proprio favore e pro-quota della precedente concessione di cui era <titolare �ll Consorzio Camuzzoni. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI Il procedimento, infattJi, previsto dall'art. 7 e seguenti del t.u. su1le acque pubbliche, � finaiLizzato, come 1sii evince da11a S<tessa [e�teira deU1a legge, all'istruttoria e selezione delle domande per nuove concessioni e utilizzazione d'acqua e ci� aHo scopo di consentire all'autorit� in proposito preposta di valutare i vari interessi in gioco e dii individuare quale sia la soluzione pi� idonea a soddisfare nel contempo l'foteresse pubblico e quello privato allo sfruttamento dcll'acqua. In tale situazione appare evidente che in esso non possono essere coinvolte !istanze che nulla hanno a che fare con una nuova concessione d'acqua, ma si riferiiscono, invece, come nel caso dii specie, a:lla voltura o rinnovo di precedenti concessioni. In particolare queste ultime domande non possono essere poste in concorrenza con quelle che siano dirette a ottenere nuove denivazioni, poich� i problemi che in tal caso si pongono sono due e tra loro diversi: da una parte quehlli relativi all'esistenza o meno di w1 diritto alla voltura o al rinnovo di precedenti concessioni in favore di chi lo richieda; dall'altra quelli concernenti rr[ rilascio di una nuova concesslione. Il primo problema va risolto con applicazione delle norme che regofano l'a11gomento della scadenza e del rinnovo delle concessioni d'acqua (es. art. 25 e 30 del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775) e pone, quindii, solo questiom iinterprntaithne della Jeg;ge ,e dii mera [egittimit�; il secondo, invece, deve necessariamente trovare la sua soluzione a mezzo dello svolgimento di un apposi1to procedimento che metta tra loro in concorrenza tutte le domande alla concessione e comporta, perci�, anche (o soprattutto) vailutazioni dii opportunit� tecniica e amministrativa. La commistione tra Je due questioni non � possibile, trattandosi di affari aventi diversa natura e richiedenti l'applicazione dJ norme e procedure ad hoc. Nel caso in esame che le due domande delle Cartiere di Verona e Fedrigoni non fossero tese a ottenere la concessione di una nuova derivazione d'acqua, ma solo la voltura pro-quota della precedente concessione del Consorzio Camuzzonli � dimostrato iinequivocamente dagli atti e di tale circostanza, del resto ha dato anche atto nella premessa delJ'ordinanza impugnata (come si � gi� visto) d'Ingegnere designato per la provincia di Verona. Il ricoriso va dunque accolto per violazione dell'art. 7 pi� volte citato con assorbimento degl!i altri motJivi. (omissis) SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, Sez. I penale, 18 maggio 1984, n. 309 -Pres. Fasani -Rel. MO!linari -Rie. Ceriani Sebregondi Paolo (1). Prova penale -Interrogatorio libero di imputato di reato connesso Condizioni di annnissibilit� -Connessione sostanziale di reati -Necessit�. Reato -Reati associativi -Banda armata -Organizzazione -Requisiti. Reato -Reati contro la personalit� dello Stato -Banda armata -Concorso morale in delitti rientranti nel programma criminoso del sodalizio � Concorso desunto dal vincolo di partecipazione al sodalizio -Illegittimit�. Per l'applicabilit� dell'art. 348 bis C.P.P., in istruzione, e dell'articolo 450 bis stesso codice, nel dibattimento, � necessario che le persone da sentire, con interrogatorio libeto, siano imputate di reati connessi, con riferimento a tutte le ipotesi previste dall'art. 45 C.P.P., e che si tratti di connessione sostanziale di reati e non di riunione occasionale, per ragioni di economia processuale, di procedimenti. In una banda armata il ruolo di organizzatore, che � da distinguersi da quello di capo o dirigente, va attribuito a chi svolge attivit� essenziali per assicurare la vita e l'efficienza dell'organizzazione, promuovendone eventualmente anche l'incremento. Nell'ipotesi di banda armata, perch� possa ascriversi a carico di un soggetto che fa parte della banda il concorso morale nell'impresa criminosa commessa materialmente da altri membri del sodalizio, non � sufficiente il solo elemento dell'appartenenza alla struttura unitaria ma � necessaria la prova che il soggetto abbia voluto l'evento ed abbia ad esso -e non a generici indeterminati propositi criminosi, pur se finalizzati ad un comune scopo -apportato consapevolmente un contributo casuale. (omissis) In ordine logico deve essere ora trattato il terzo motivo, con Jl quale il ricorrente denuncia Vliolazione dell'art. 348 bis c.p.p., deducendo che Barbone Marco sarebbe stato sentito, con interrogatorio libe (1) Si segnala la sentenza soprattutto per la terza massima, che rappresenta un mutamento del precedente orientamento del S.C. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE ro, al �di fuori dei casi consentiti dalla fogge, mentre poteva essere sentito come testimone, prestando per�, giuramento, con assunzione delle relative responsabilit�. Il motivo � infondato. Il ricorrente non contesta il presupposto di fatto in base al quale fu disposta l'audizione, ossia che in un procedimento, all'epoca pendente presso l'ufficio di istruzione di Milano, Barbone Marco e Ceriani Sebre� gondii Paolo erano entrambi coimputati sotto l'accusa di partecipazione alila banda armata � formazioni combattenti comuniste,,; ma assume che Barbone era estraneo a11a vicenda di Patrica e che i due procedimenti, per i quali non era stata disposta alcuna 'sep'!lrazione, non sono strettamente connessi, come richiede la 'legge. Tali dedUZioni, rimasta�ferma l'esiistenza di quel procedimento, sono giuridicamente inconsistenti. Per :l'applicabilit� dell'art. 348 bis c.p.p., irt istruziione, e dell'art. 450 bis stesso codice, nel dibattimento, la legge 'richiede che ~e persone da sentire, con dnterrogatorio libero, siano imputate di reati connessi, con riferimento a tutte le ipotesi previste dall'art. 45 c.p.p. Non ha rilevanza, ai fini che qui interessano, la ragione per la quale �si procede separatamente, ossia se si tratti di un procedimento cumulativo dall quale sia stata separata una parte, relativa ad alcuni reati e ad alcuni amputati, oppure di procedimenti fin dall'origine �separati, ad esempio perch� iniziati da autorit� giudiziarie con �diversa competenza territoriale. � necessar.io; invece, che si tratti di connessione sostanziale di reati e non di una riunione occasionale, per ragioni di economia processuale, di procedimenti. Infatti .in quest'ultiimo; caso, anche se si procede cumulativamente, tra i reatii oggetto dei procedimenti riiuniti non esiste il vincolo della connessione, con ila conseguenza che, nei confronti di chi riSponde di reati non connessi agli altri reati di cui sono accusam ailtri imputati, non opera l'ecce2Jionale limitamone, alla generale capacit� di testimoniare, prev.ista dal comma 3� dell'art. 348 c.p.p. Ci� posto, poich� Ceriani Sebregondi in questo procedimento � accusato anche di partecipazione alla banda armata � formazioni combattenti comuniste�, sussiste evtidentemente connessione, ai sensi dei numeri 1 e 4 dell'art. 45 c.p.p., con il reato di partecipazione alla stessa banda oggetto deld'aitro procedimento, pendente a Milano e nel quale, o1tre [o stesso Ceriani Sebregondi, figura imputato Barbone Mairco. E tanto basta per giustificare l'audizione, ai sensi del combinato disposto degfil. artt. 348 bis e 450 bis c.p.p., di Barbone Marco nel presente procedimento, mentre non � necessario che fa connessione riguardi tutt!�. g1i ia!ltri reati dei qooili deve !J.11spcmdere ~�attuale mcorrente, con conseguente irrilevanza dell'estraneit� �di Barbone �agli omicidi commessi a Patrica. .. �=�: 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di fogge in relazione alle norme sul concorso di persone nel reato e vizi di motiviamone illl puillto di prova della 1responsiabi11H�, deducendo che ihl. giudice d'appello, espressamente presoindendo dal collegamento -ritenuto, invece, essenziale dal primo giudice -tra l'autovettura Fiat 131 in sosta a:lla stazione di Latina e l'agguato mortale di Patrica, aveva attribuito egualmente all'iimputato la partecipazione a banda armata, con qualifica di organizzatore, essenzialmente in base alile dichiarazioni di Marco Barbone, peraltro accentuandole nelle parti apparentemente accusatorie ed omettendo di considerare le partii favorevoli, dichiarazioni delle quali non era stata vagliata l'attenddbilit� in. base agili elementi di riscontro; che, in relazione agli omicidi ed ai reati ad essi strettamente connessi, il giudice d'appello aveva, da un lato, ribailtato i principi in materia di prova, attribuendo alla possibilit� di non esclusione di un evento il valore di certezza deLla verificazione dell'evento stesso e, d'ailtro Iato, aveva erroneamente applicato i princip,i in materia di concorso morale nel ireato, dn quanto fiinanco da!lJle dichJi.airazioni di Marco Bairbone lllOn erano desumibili gild elementi necessari per tale concorso sotto qualsiasi aspetto; che peraltro, anche �l prelievo delil'autovettura alla stazione di Latina era, successivo all'azione criminosa di Patr.i.ca, mentre il collegamento tra quelil'aUltovettura e gli omicidi nemmeno avrebbe potuto essere preso in considera.71�.one, dato che nei motivi dii appello, ignorati dal ~udice di appelilo, era stata dedotta, e dimostrata, l'insussistenza di un valido e legittimo giudizio di identit� tra le chiavi del Capone e quelle del Sebregondi. n motivo � par:zfalmeD!te fondato, nei �Limiti appresso precisati. Per una esatta comprensione delle questioni vanno premesse le circostanze che, secondo da ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito, introdussero nel processo Ceriani Sebregondi Paolo. I colpi mortaili in agro di Patrica vennero esplosi da Roberto Capone, rimasto ucciso per errore ad opera dei correi, da Valentino Nicola, da Biondi Maria Rosaria e da un uomo non identificato, ma comunque non corr.i.spondeDJte ai tratti somatici di Ceriani Sebregondi Paolo. Dopo l'eccidio gild autori materiali si aillontanarono con una autovettura Fiat 125, poi abbandonata, con a bol'do il cadavere di Capone, in contrada � IIlori � poco distante da Patrica. Dahl'identifica:zrl.one di Capone gli inquirenti risalirono aii suoi intimi amici Biondi e Valentino; nell'abitazione di quest'ultimo, nella quaile, in Napoli, i tre si erano trasferiti, venne tra l'altro, ritrovato un biglietto ferroviario, rilasciato il 7 novembre 1978, giorno precedente l'eccidio, per la tratta Latina-Napoli. Gli inquirenti ritennero che da qucl bigLietto fosse desumibile una prova generale, effettuata !il giorno precedente, e che gli autori dell'impresa criminosa Sii fossero recati con altra autovettura dalla contrada � Illori � alla stazione di Latina. Estese le ricerche in talle localit� venne accertato I I i: i: ~ PARTE I, SEZ. VIII, GllJRISPRCDE~ZA PEliiALE che sullo spiazzale di detta stazione era in sosta una autovettura Fiat 131 (di provenienza furtiva e con targhe sottratte ad altro veicofo), che, per i segni sul frontale e suHa carrozzeria, faceva pensare ad una sosta o �d un transito in 'Zona coperta da ricca vegetazione, come appunto la contrada � Illori �. Effettuati continui appostamenti, nel pomeriggio dell'll novembre 1978 si avvicin� al veicolo un giovane, ia quale si accingeva ad aprirlo, quando, alla intimazione dei carabinieri, si dava alla fuga e veniva poi arrestato dopo essere stato ferito alle gambe. In possesso del giovane, munito di documenti falsi, ma iidentificato per Paolo Ceriani Sebregondi -da Milano ma residente a Roma -vennero trovate '1e chiavii ortlginali dell'autovettura Fiat 131, copia dehle quali era stata trovata addosso al cadavere dii Capone unitamente ad altre chiavii, alcune delle quali aprivano i lucchetti di una catena insanguinata trovata nell'abitacolo della stessa Fiat 131. Ci� posto, va anzitutto precisato che il motivo di rtlcorso, pur iinvestendo genericamente tuttii i capi d'dmputazione, in concreto e specificamente non contiene alcuna censura in relazione aHa ricettazione di un modulo di carta d'identit� (capo F) ed alla falsit� materiale, commessa da privato, di una carta d'identit� e di una patente di guiida (capo G), per fatti accertati dn relazione ai documenti trovati addosso all'imputato al momento del suo arresto. � appena il caso di aggiungere che il delitto dii. falsit� materiale in certificati amministrativi commesso da privato (artt. 477 e 462 c.p.p.), pur essendo astrattamente compreso, in relazione alla pena eclittalle, nell'amnistia concessa con il d.P.R. 18 clli.cembre 1981, n. 744, tuttaviia �, in concreto, oggettivamente escluso dall'amIJJistia, che, ai sensi delJ'art. 2, lettera d), del citato decreto non si applica ai reati commessi per finalit� di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico. Non occorre, poi, che tale finalit� sia contestata sotto forma della circostanza aggravante di cui aill'art. 1 del d.il. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, in legge 6 febbraio 1%0, n. 15, circostanza nella specie non applicabile perch� dntrodotta successivamente al!la consumazione dei reati contestati. � sufficiente, infatti, perch� operi l'esclusione, che in concreto sia accertata detta finalit�. E, nella specie, � stata addirittura contestata e ritenuta la circostanza aggravante del nesso teleologico con il delitto di banda armata con finalit� di sovversione violenta deWli ordinamenti defilo Stato, sicch�, essendo infondato il ricorso relativo alla banda armata, come subito si vedr�, resta esclusa l'applicazione del decreto di clemenza. Quanto alla banda armata, contestata o ritenuta nell'ipotesi di cui al comma 1� dell'art. 306 c.p. con l'attribuzione dehla quaihi1� di organizzatore (Capo A), ~e censure sono infondate. Il giudice di merito ha desunto che l'imputato fosse un compoi; iente, con funzioni organizzative, della banda armata denominata � for 828 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO mazioni combattenti comuniste� (che subito rivendic� l'eccidio di Patrica) in base a diversi elementi probatori, e precisamente: a) il fatto certo costituito dal tentativo �di recupero deld.'autovettura Fiat 131, di cui la banda aveva la disponibilit�; b) le risposte date da:lilo �stesso imputato ad una intervista al giornale � Lotta Continua � del fratelilo Fdliberto (il quale in sostanza escludeva l'appartenenza di Paolo al terrorismo organizzato), risposte, consistenti in un comunicato indinizzato allo stesso giornale �ed in una lunga lettera al fratello, nelle quali l'imputato smentiva il fratei11o e rivendicava la militanza accanto a Roberto Capone (comunicato) ed inootr17 (nella lettera) rimproverava aspramente il fratello (per avere tentato di accreditare una sua presa di distanza dalla lotta armata, daLle organizzazioni combattenti e da Roberto Capone) ed affermava, tra l'altro di non essere capitato per caso aillo scalo di Latina e di rappresentare nel['orgainizm:zJione un � pdlo �, Uill '� rpU!llrto di �I1iferi.mento �; e) le attendibili dlichiarazioni di Marco Barbone, dalle quali era risultato, per dirette personali conoscenze di Barbone, che Paolo Ceriani Sebregondi teneva i contatti tra le � formazioni combattenti comuniste � del sud e queJJle del nord e con altre organizzazioni ev~sive. Si tratta di prove che, provenienti finanche dallo stesso imputato (l'autenticit� del comunicato e della lettera �sono del tutto pacifiche), il giudice di menito ha valutato, con .adeguata motiva:zJione priva cli vizi logici o giuridici, anche per quanto riguarda la attendibilit�, per questa parte, di Marco Barbone, inserendosi le dichiara:zJioni di questi in uri gi� sufficiente complesso probatorio con reciproci riscontri. Quanto alla qualit� di organizzatore la censura del ricorrente � del tutto generica. Tuttavia � opportuno precisare che tale ruolo, che � distinto da quello di capo o dirigent�. 'deve essere attribuito a chii svolge attivit� essenziali per assicurare tla vita e l'efficienza dell'organizzazione, promuovendone eventualmente anche l'incremento, mentre il sempliice partecipante svolge soltanto attivit� fungibili tipicamente esecutive. Non � poi necessario, ail fine della qualifica di orgaQizzatore, che l'attivit� consista ne1l'organizzare il lavoro di altri, requisito che attiene piuttosto alla qualifica di dirigente, in quanto mlevante � la quantit� dell'attivit� svolta, che pu� essere anche �solitaria, purch� sempre faquadrata in quella generale de1la banda. Quindi del tutto correttamente il giudice di memto ha ritenuto organizzatore l'dmputato, dorpo avere accertato, con motivazione insindacabile in sede di legittimit�, che costui, qualificatosi egli stesso un � punto di riferimenfo � delle � formazioni combattenti comuniste�, ha di fatto svolto, a livello nazionale, l'importalllte funzione di co11egamento tra i vam gruppi della stes�sa organizzazione ed anche con altre associazioni eversive. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Per quanto, invece, r.iguarda gli omicidii volontari pluriaggravati (Capo B), i reati sulle armi (capo C); le ricettazioni delle autovetture e delle targhe (capo D) ed il favoreggiamento personale (capo E), la sentenza impugnata deve essere annullata. In seguito ai1le ordinanze di rinvii.o a giudizio -del giudice istruttore e della sezione ii.s,truttariia -relativamente a mli reati a!1 giudice del dibattimento venJva lasciata, anche attraverso imputazioni alternative, la scelta, oJtlre che delll'aiss00uzri.0111e tin ordii.ne a �tutti ri. reati sopra clencati, tra queste varie ipotesi: a) condanna per favoreggiamento personale, con esclusfone del con0011so negjlii ailtri reati; b) condanna per ti[ fuvareggiamento personale ed anche, ricorrendone autonomamente gli estremi; per [a :ricettazione dell'autovettura Fiat 131 e delle relative targhe, con esclu� sione del concorso negli altri teati; e) condanna per ricettazione dell'autovettura e delle rclative targhe, con assoluzione dal favoreggiament�� e dal. concorso negli altri reati; d) condanna per concorso negli omicidi volontari, nei reati sulle armi e nelle ricettazioni dellle autovetture e delle targhe, con esclusione del favoreggiamento. Il giudice d'appello ha ritenuto, contrariamente ail�primo giudice che aveva optato per ['ti.potesi 1sub a), che ricooresse ['u11.lima ti.potesti, sotto l'aspetto del concorso moraile dli Ceriani Sebvegondli nell'timpresa crJminosa, commessa materialmente da altri (Capone, Valentino, Biondi ed ignoti). Per pervenfure a questa conclUS>iO!lle iiJ giudice d'appeililo ha affermato che la prova del concorso morale in delitti inquadrabili in �un geneI1ico programma di una associazfone criminosa possa essere desunta dal vincolo derivante dalla sola partectipazione a tale sodalizio, qualora, per i rapporti interpersonali, ciascuno dei soggetti eserciti una arttiva infl.uenza sU!ll'altro, orientandone, rafforzandone ed agevolandone i propositi criminosi. Siffatta affermazione, nella sua astratta formulazione -ed anche, come si vedr� nella concreta applicazione che ne ha fatto il giudice d'appello -coinvolge automatieamente, come concorrenti moralti, in tutti i reati commessi, entro .1l'ambito dei fini del sodaltizio criminoso, tutti i partecipanti al soda:lizio stesso, purch� abbiano avuto rapporti non occasionali con gli autori materiali dei reatti. Pertanto non pu� essere condivisa, perch� contrasta con i princ1p1 fondamentali del vigente ordinamento g�uridlico penale, che hanno trovato anche �solenne affermazione nel primo comma dell'art. 27 della Costituzione, il quale proclama che la responsabilit� penale � personaile; nonch� con l'autonomia dei deliitti associativi in genere e dclla banda armata in particolare, della quale si risponde unicamente per averne fatto piairte (Jo dispone espressamente l'iairt. 306 c.p. con le parOile � per ci� solo �), con la conseguenza che come, da. un lato, la partecipazione alla banda armata non � esclusa dal fatto che ti.[ partecipante non abbia commesso alcuno dei reati genericamente programmati, cos�, d'altro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 830 lato, la sola partecipazione al sodalizio criminoso non implica necessariamente il concorso nei delitti, pur rientranti nel generico programma criminoso, commessi da altri partecipanti, �che ne rispondono personalmente unitamente al delitto associativo. Deve essere, quindi, riaffermato il principio che anche in tali casi il concorso di persone nel reato, prev; isto d�all'art. HO c.p., non SI� sotooae a[le regole rprobatorie proprie del processo penale e che pu� essere ritenuto sol�tanto se risult�. provato. Ovviamente la prova, in applicazione del principio del libero convincimento del giudice; pu� essere desunta anche da iindizi e presunzioni, come da tutte 1le cosiddette prove cnitiche ed indirette, a condizione che gli elementi indiretti, giudizialmente accertatd -ossia costituiti da fatti certi nella loro esistenza -risultino, attraverso un vaglio accurato ed una logica coordinazione, con compiuta e rigorosa ddsamina critica, gravli, univoci e convergenti, sicch� possano confluire, nel loro complesso, in un giudizio dii certezza del fatto ignoto cui l'indagine � diretta. Quanto all'indagine probatoria diretta ad accertare la partecipazione ori:minosa di una persona nel !I'eato, devono 1essere >tenuti presenti ii principi iin materia di concorso di persone nel reato, previsto nel nostro ordiinamento con riferimento ad una struttura unitaria, nella quale confluiscono tutti gli atti dei compartecipi, sicch� gli atti dei singoli �sono nello stesso tempo loro propri ed anche degli altri. Perch� ricorra tale concorso mentre non ha rilevanza in quale fase -iideazione, organizzazione ed esecuzione -della condotta criminosa l'atto del singolo intervenga (quindi basta !':intervento anche in una sola di dette fasi) �e non � richiesto che l'atto sia indispensabile ai fini della realizzazione dell'evento, � sempre, i�nvece, necessario: sotto l'aspetto oggettivo che tra gli atti dei singoli sussista una connessione causale rispetto all'evento; sotto l'aspetto soggettivo che� ciascuno sia consapevole del collegamento finalistico dei vari atti, ossia che hl singolo volontariamente e �coscientemente apporti ill suo cont11ibuto, materiale o unicamente psicologico, alla realizzazione dell'evento da tutti voluto. Entro quest'ambito l'apporto del singolo pu� presentarsi anche sotto il profilo della determinazione e del rafforzamento o dell'agevolazione dii uno specifico proposito criminoso di ailtri, senza nemmeno che sia necessario un previo accordo, dato che l'adesione all'altrui condotta, purch� non successiva ailil'esecuzione del reato, pu� essere anche istantanea. Ma anche sotto ta!le profilo � sempre necessario dimostrare che il singolo abbia voluto quel determinato evento ed abbia ad esso -e non a generici iindeterminati propositi criminosi, pur se finalizz�ti ad un comune scopo -apportato consapevolmente un contributo causale. Ci� posto, neLla specie il giudice d'appello, fuorviato dalla inesatta affermazione di prj,ncipio di cui si � detto, ha ritenuto, da un lato, limrilev;an1li l'aooeutamenro di cirioostainze e fa valutazione di irisultam:e probatorie, che, invece, non potevano essere trascurate al fine di una PARTE I, SEZ. VIII, Glt:RISPR!JDEN:ZA PENALE ricostruzione completa della vicenda per poterne poi trarre le ,conclusioni giuridiche, e, d'altro lato, ha attribuito, in via presuntiva, significato decisivo ad elementi indiziari senza il necessario esame approfondito e completo. Infatti ha espressamente escluso la necessit� di accertare se ~�auto� vettura Fiat 131, in sosta sul piazzale della staziione di Latina, fosse stata impiegata nell'eccidio di Patrica, come uno dei veicoli predisposti per assicurare la fuga degli autori del delitto; conseguentemente ha omesso totalmente di prendere in esame quanto in proposito aveva riferito, sia pure � de �reliato �, Mairco Barbone (I�J qua[e ave~a app!l1eso che [',autovettura sarebbe stata estranea all'eccidio di Patrica) e di accertare se esistessero elementi obiettivi di collegamento tali da superare le informazioni che Barbone aveva ricevuto da altri. Eppure propmo tale collegamento era stato posto a base dell'accusa, come elemento concreto per ancorare l'azione di recupero delil'autovettura agli omicidi, anche se tale azione, effettuata dall'imputato dopo l'esecuzione del delitto, imponeva, comunque, un �accurato e penetrante vaglio delle risUJl:tanze processuali al fine di accertare se rientrasse nello schema del ,concorso di persone nel reato, sia pure come assicuraZI�one di aiuto data prima della consumazione del delitto, oppure riferibile ad una attivit� di favoreggiamento personale. Inoltre Jl giudice di appello ha ritenuto fa responsabil!it� a titolo di concorso negli omicidi e nei reati connessi, considerando: che la preminenza delll'imputato nel gruppo eversivo dimostrasse che I�l collegamento operativo con Capone non poteva essere stato interrotto in relaz.ione allo eccidio di Patrica, che di quel gruppo � stata la pi� rilevante manifestazione; e che con la rivendicata �militanza accanto ail Capone� l'imputato in effetti avesse proolamato la volont�, comune ad entrambi, diretta alla consumazione dell'efferata impresa criminosa. Tale motivazione -in definitiva unico sostegno aLla decisione in punto di concorso di persone nel reato -si presenta: non sorretta da un adeguato vaglio de11e risultanze processuali, delle quaH alcune vengono del tutto trascurate, pur essendo rilevanti nella necessaria disamina, compiuta e rigorosa, degli elementi indiziari posti a base della decisione; contraddetta da ailtri accertamenti della stessa sentenza; illogica nella parte finale. Anzitutto, nell'ambito dell'argomentazione del giudice di appello, la ritenuta ip11eminenza ,di Cfilliam Sebreg0111di nell'orgamzziazione ,evers!�va, sul piano log.ico richiedeva, per avere rilevanza ai fini del concorso morale nel reato, l'accertamento sia del ruolo effettivamente svolto e sia dell'appartenenza non solo ad un gruppo ristretto ma anche allo stesso gruppo di Capone e degli altri autori materiali dell'impresa criminosa. Quanto al ruolo lo stesso giudice di appello ha accertato, in base a puntuali risultanze processuali, che Ceriani Sebregondi svolgeva fun RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO zioni di coMegamento in sede nazionale tra i vani gruppi eversivi costituenti le �formazioni combattenti comuniste� ed� operanti sfa nel settent: rtione che nel meridione d'Italia. � Quindi il giudice per pervenire a quelle conclusioni, doveva� accertare l'adempimento .anche di funzioni diverse oppure spiegare le ragioni per fo quali quell'unico ruolo imponesse, da un lato, ne�ess�riamente la partecipazione, od �ailmeno l'assenso preventivo, aille decisioni dei singoli gruppi e si conciliasse, d'altro lato, con 1l'appartenenza al gruppo di Capone, tanto pi� in constidera:lli.one del fatto che, secondo gli accertamenti dello stesso. giudiice di appello, Cap�ne. e� gli altri autori materiali risiedevano a Napoli, meritre Ceriani Sebregondi risiedeva a Roma. Poich�, sempre secondo gli accertamenti dcl giudice d'appello, Valentino e Biondi, dopo quell'impresa criminosa nella quale aveva trovato la morte per imperizia degli esecutori, anche il loro compagno Capone, si erano trasferiti a� Roma, ove erano poi trasmigrati nelle � b:rtigate rosse�, doveva lo stesso giudice porsi il quesito,. che, invece, ha del tutto trascurato, se hl� possesso delile �chiavi originali dell'aut�vettura Fiat' 131 da parte di Ceriani Sebregondi, residente in Roma,� non trovasse una spiegazione diversa da quella di� un possesso anteri.ore alila consumazione del delitto; dal quale soltanto sarebbe stata deducibile una precedente stretta unit� operativa con Capone, in� possesso di una copia di dette chiavi. Non senza considerare che, ~n un processo di natura !indiziaria, di fronte alle specifiche deduzioni difensive � che contestavano, nei motivi di appello, l'identit� tra le chiavi rispettivamente in possesso deltl'imputato e di Capone, il giudice d'appello, sfa pute al fine di dimostrarne l'infondatezza; non poteva esimersi dal prenderle in considerazione. Infine il giiudice d'appello non ha spiegato per quaJ.e ragione la rivendicata comune militanza con Capone, correttamente ritenuta valida ai fini deM'appartenenza di entrambi �alla banda armata � formazioni combattenti comuniste�, debba anche assumere il significato di una p.roclamazione cli un concorso cniminoso nell'eccidio dii Patrica, sicch� taile conclusione si configura, in mancanza della necessaria adeguata spiegazione, come un vero . e proprJo salto logico. Ed � appena il caso di aggiungere che finanche l'approvazione dell'operato di altri successiva alla consumazione del reato non costituisce, da sola, concorso nel reato, ma pu� eventualmente, qualora ricorrano i requisiti richiesti, configurare un autonomo delitto,� quale ad esempio l'apologia nelle varie ipotesi criminose previste dal codice penale (artt. 303, comma secondo, oppure art. 327, seconda potesi, oppure 414, comma terzo, c.p.) o da leggi speciali (art. 4 Jegge 20 giugno 1952 n. 645); che, nella specie, l'approvazione, ed anche l'esaltazione, dell'impresa criminosa trovava, peraltro, spiegazione nel comune generico programma crimi PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE noso della banda armata, sicch� da essa soltanto non poteva essere desunto il concorso nel reato. Pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente ai capi pi� sopra precisati, con rnnvio, ad aJ.tra corte di assise di appello, che 1si reputa designare fo queMa di Perugia. Il giudice di nnvio, nei limiti dell'annultlamento parziale ed uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati, provveder� per il resto �illl piena Jibert� ad accertare, dopo pi� accurato e completo va~io delle risu1tanze processuali, quale delle varie tipotesi, anche aJ.ternative, prospettabili sia stata realizzata ne:fila specie, traendone, anche in relazione alle questioni conseguenzia~i, ,tutte le necessarie conseguenze giuridiche. (omissis) I I ~ ~ r. PARTE SECONDA \ RASSEGNA DI DOTTRINA DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO GABRIELLA VENTURINI, Sulla diretta applicabilit� delle norme del G.A.T.T., in Rivista di Diritto Internazionale n. 4/83, pp. 784-825. Nell'articolo si affronta, con ampi riferimenti di giurisprudenza, il problema della applicabilit� nell'ordinamento interno delle norme GATT con riferimento alla successiva emanazione di norme statali contrastanti con quelle pattizie ed alla c.d. � presunzione di conformit� � del diritto interno al diritto internazionale; si .esaminano quindi i requisiti richiesti alla normativa GATT affinch� abbia diretta efficacia nell'ordinamento interno,� nonch� il problema della natura ed efficacia della � clausola di riserva limitativa� e di altre specifiche pattuizioni: tutto ci� alla luce dei rapporti con la normativa comunitaria e delle pi� recenti pronunzie della Corte di Giustizia CEE. (M. Salvatorelli). DIRITTO COSTITUZIONALE GIULIO CoRREALE, La legittimazione della Sezione di controllo della Corte dei Conti a sollevare questioni di legittimit� costituzionale ed i limiti del sindacato di legittimit�: aspetti problematici, in Giurisprudenza Costituzionale 1983, pag. 1544. L'A., nella nota alla decisione della Corte dei conti -adunanza del 27 maggio 1983 -pone l'accento sull'orientamento pi� volte espresso dalla Corte Costituzionale (da ultima sent. 12 novembre 1976, n. 226) in ordine al riconoscimento della legittimazione della C.d.c. a sollevare questioni di legittimit� costituzionale quando essa eserciti la sua funzione di controllo su atti puntuali oltrech� nell'esercizio delle sue funzioni giurisdizionali. Passa poi ad esaminare gli aspetti problematici relativi ai limiti del sindacato di legittimit� della Corte stessa. (N. Palmieri). GAETANO D'AURIA, L'organizzazione dei ministeri: norme e prassi applicative, in Riv. Trim. dir. pubbl. 1983, pagg. 1347 s.s. L'Autore, esaminata preliminarmente la nozione teorica di attivit� organizzativa della P.A., ne tenta una ricostruzione storica a partire dall'epoca della costituzione c.d. oligarchica, ossia dal 1848. Particolare attenzione viene dedicata al problema delle fonti, in quanto a giudizio dell'Autore la materia dell'organizzazione si pone ai confini tra la legge ed il regolamento. Con riferi� mento alla normazione primaria sono esaminate le varie leggi di delega per 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR~ DELLO STATO la riforma dell'amministrazione statale, il d.P.R. 748/72 sulla dirigenza ed il d.P.R. 617/77 sulla soppressione di uffici centrali. Con riferimento a quella secondaria l'Autore tratta della categoria dei regolamenti organizzatori ai sensi della legge n. 100/26 e dell'art. 97 Cost., soffermandosi sulla giurisprudenza costituzionale in materia. (V. Nunziata). GIUSTINO D'ORAZIO, In tema di rapporti tra Presidenza della Repubblica e Governo nella pi� recente esperienza costituzionale italiana, in Riv. Trim. dir. pubbl. 1983, pagg. 1181 ss. L'Autore, traendo spunto dalle vicende politiche del periodo 1978-82, sottolinea il maggior grado di �presidenzialit� ,, delle ultime crisi di governo, esaminando lo stato della dottrina in merito alla natura (parlamentare e non) delle stesse. Sempre in base alla prassi costituzionale di questi ultimi anni, vengono descritti gli ambiti di intervento del Presidente della Repubblica in materia di controllo sugli atti del Governo ex art. 87 Cost. e specificamente in materia di decreto-legge, esaminandosi infine il contenuto dei pi� recenti messaggi di rinvio alle Camere. (V. Nunziatd). AMEDEO FRANCO, Natura e profili costituzionali del canone di abbonamento nel quadro del rapporto di utenza radiotelevisiva, in Giurisprudenza Costituzionale 1983, pag. 1629. L'A. trae spunto dalla vicenda giudiziaria dei cittadini di Marcheno per analizzare la natura e i presupposti dell'obbligo di pagamento del canone di abbonamento nel quadro del rapporto di utenza radiotelevisiva. In particolare si sofferma sulla evoluzione della normativa e sullo stato attuale della disciplina, sulla natura e presupposti della licenza d'uso e della tassa di concessione governativa, sugli abbonamenti alle radioaudizioni, per poi passare ad analizzare criticamente le tesi che riconoscono al canone di abbonamento la natura di �imposta� o �tassa� o �tributo in genere�. L'A. esclude, infatti, che il canone abbia natura tributaria ed auspica in proposito maggiori approfondimenti dottrinari, ripensamenti giurisprudenziali e razionalizzazioni e semplificazioni da parte del Legislatore nel settore. Afferma la necessit� del presupposto della possibilit� di godimento individualizzato del pubblico servizio radiotelevisivo. L'articolo termina con ulteriori considerazioni sulla questione di costituzionalit� sollevata dal Tribunale di Torino con ordinanza del 14 maggio -27 settembre 1982. (N. Palmieri). GIORGIO LoMBARDI, Riproduzione transitoria di norme illegittime ed elusione di giudicato costituzionale tra Junctim-Klausel e �serio ristoro'" in Giurisprudenza costituzionale 1983, pag. 1338. � L'articolo trae spunto dalla sentenza della Corte Costituzionale del (15) 1� luglio 1983, n. 223, per trattare del contrasto che insorge tra Corte e Legislatore quando quest'ultimo tenda a disapplicare o a sospendere l'efficacia delle pro PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA nuncie di quella riproponendo le norme dichiarate illegittime. Il problema � affrontato, in particolare, con riferimento all'annoso problema dell'indennizzo in materia espropriativa. Esaminato l'attuale ruolo assunto dalla Corte di legislatore sussidiario, l'A. passa in rassegna, nelle esperienze straniere, i diversi effetti di pronuncie di incostituzionalit� per giungere, alla luce di esse, a criticare la proposizione da parte del Legislatore italiano di soluzioni provvisorie e temporanee. Aderisce al contenuto della sentenza che vede nell'indennizzo la realizzazione di un serio ristoro commisurato al valore di mercato del bene assoggettato ad espropriazione. (N. Palmieri). STELIO MANGIAMELI, Indennizzo e serio ristoro, ovvero: della impossibilit� di dare un seguito legislativo ad una sentenza-indirizzo della Corte costituzionale, in Giurisprudenza Costituzionale 1983, pag. 1347. Con nota alla sent. della Corte Costituzionale del (15) 1� luglio 1983, n. 223, l'A. analizza i passaggi logici e la motivazione della stessa, confrontandola con altre pronuncie in cui la Corte si � ugualmente determinata, almeno nell'impostazione dei problemi. Criticata la nozione di serio ristoro come contenuto che il legislatore dovrebbe prendere in considerazione per l'indennizzo espropriativo, stante la indeterminatezza e la elasticit� e la non facile aoolicazione concreta di tale nozione, vede in auesta orooosta della Corte uno straripamento dai suoi compiti naturali. Conclude, dopo aver esaminato varie dottrine, proponendo come base per la determinazione dell'indennizzo il valore reale del bene. (N. Palmieri). SERGIO MArrARELLA, Il bicameralismo, in Riv. Trim. dir. pubbl. 1983, pagg. 1161 ss. L'Autore analizza dettagliatamente il sistema parlamentare italiano, esaminando le ragioni che indussero l'Assemblea Costituente all'adozione di questo sistema e le sue attuali disfunzioni, prevalentemente dovute alla sostanziale identit� dei poteri esercitati e della struttura rappresentativa delle due Camere. Segue un esame ragionato delle principali proposte di modifica suggerite negli ultimi anni. (V. Nunziata). VINCENZO ZENO-ZENCOVICH, Legittimit� del suggellamento dell'apparecchio radiotelevisivo e natura giuridica del cosiddetto canone R.A.I., in Giurisprudenza Italiana 1984, III, 1, col., 179 ss. L'autore trae spunto da una recente decisione� del TAR della Lombardia (25 maggio 1983, n. 1040) per ricostruire la storia della legislazione e tracciare le linee generali dell'attuale situazione normativa in materia di canone radiotelevisivo. ' .. ;,~ 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pur dopo aver rilevato che, con consolidato orientamento, la giurispru~ ,.' denza (ed in particolare quella della Corte di Cassazione) ribadisce la natura {: di tributo del canone radiotelevisivo e l'obbligo del suo pagamento per il mero f: fatto della detenzione -cos� facendo proprie, sul punto, le tesi e le argot mentazioni tradizionali dell'Avvocatura dello Stato -l'Autore suggerisce al i\ lettore spunti di riflessione critica, proponendo una diversa qualificazione dell'istituto tolto in esame. ~ In particolare, richiamate le posizioni dottrinali che attenuano il momento ~ tributario, dando al contrario rilevanza al momento contrattuale-privatistico, l'Autore propone �di riconoscere al canone radiotelevisivo la natura di corrispettivo per la prestazione fornita dalla RAI e la sua qualit� di � prezzo amministrato"� La soluzione proposta consentirebbe di risolvere in senso positivo il pro I blema della possibilit� giuridica di sottoporre a suggellamento i soli canali della RAI, lasciando liberi gli altd, nonch� consentendo gli �usi alternativi ,; I del televisore. (A. Palmieri). I I RAPPORTI FRA GIURISDIZIONI 1 LUIGI GIAMPAOLINO, Ripartizione di giurisdizione tra Consiglio di Stato e Corte i dei Conti in materia pensionistica, in Rivista della Corte dei Conti, gennaio aprile 1983, I, 248-250. I Ogni -controversia vertente sul rapporto pensionistico del pubblico dipendente rientra nella giurisdizione della Corte dei Conti, anche se concernente il recupero di somme indebitamente erogate al pensionato. (E. Figliolia). DIRITTO AMMINISTRATIVO MICHELE � ANNUNZIATA, Disciplina delle cave secondo la normativa vigente, da Il Foro Amm.vo n. 12, dicembre 1983, pag. 2513. L'articolo esamina lo stato attuale della normativa inerente alle cave e l'elaborazione che dottrina e giurisprudenza hanno fatto delle principali que stioni che si pongono nella materia. In particolare, l'Autore tratta il problema della necessit� o meno (a seconda del diverso inquadramento che venga dato all'attivit� estrattiva rispetto alle nozioni di �costruzione�, di � trasforma zione urbanistica � ecc.) della concessione edilizia, e giunge alla conclusione negativa. Si riporta il sommario: 1. Le cave nel regime urbanistico. Limiti e metodo d'indagine. 2. La nozione di costruzione nella dottrina e nella giurisprudenza, con riferimento alle cave. PARTE II, R~SSEGNA DI DOTTRINA 3. La nozione �trasformazione urbanistica� nella legge 28 gennaio 1977, n. 10, e le cave. 4. La legislazione regionale in materia di cave. 5. Le opere di impianti necessari per l'attivit� estrattiva e loro regime urbanistico. 6. Abusi edilizi da parte del titolare della cava. 7. Teorie contrastanti e loro diverse conseguenze. 8. Nostra opinione. 9. Urgenza di intervento legislativo per disciplinare le cave dal punto di vista urbanistico. (A. D'Elia). PIETRO CARNEVALE, La �legge quadro sul pubblico impiego. I poli della nuova normativa, in T AR, gennaio 1984, parte Il, pp. 21-31. L'autore delinea brevemente gli aspetti principali della nuova normativa, soffermandosi in particolare sulle materie delegificate, oggetto di contrattazione collettiva, e sui principi normativi di omogeneit� in materia di pubblico impiego. (M. Salvatorellz). GAETANO CAROTENUTO, L'intervento del giudice nella tutela dell'ambiente, in Impresa, Ambiente e Pubblica Amministrazione, 1982, 91-99. L'autore esamina l'attivit� di contemperamento di interessi contrastanti propria dello Stato (come legislatore, amministratore e giudice), in tema di industrie insalubri, nell'ambito dei limiti posti dalla Costituzione (artt. 32, 41 e 2) e alla luce dell'art. 216 T.u.l.s. e della legge Merli, nonch� dell'art. 844 e.e.; concludendo nel senso che proprio questa ultima norma, una volta superata la fase dell'identificazione della posizione giuridica soggettiva, � lo strumento pi� duttile e sapiente di tutela. (G. Palmieri). ALBERTO DE ROBERTO, Appunti in tema di silenzio-rigetto, in Rivista Amministrativa .della Repubblica Italiana, 1984, 197 ss. Dopo aver tracciato un breve excursus sull'evoluzione storica dell'istituto, soffermandosi in particolare sull'art. 5 del T.U. n. 383/34 e sugli artt. 6 del d.P.R. 1199/71 e 20 del d.P.R. 1034/71, nonch� sulle note pronunce dell'Adunanza Plenaria n. 8/60 e n. 4/78, l'Autore sottopone a critica l'impostazione seguita da quest'ultima decisione. (V. Nunziata). PIER GIORGIO FERRI, Il Ministero dell'Ecologia, in Rivista Amministrativa della Repubblica Italiana, 1984, 226 ss. L'Autore esamina struttura e compiti del Ministero dell'Ecologia, sottolineando come la legge istitutrice non abbia semplicemente attuato una riorganizzazione di funzioni gi� esistenti, ma si sia posta l'ambiziosa finalit� di RASSF.GNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 82 fondare, secondo una visione organica, una funzione pubblica di tutela dell'ambiente. Viene cos� messo in evidenza lo sforzo legislativo di intervento nel settore dell'assetto e utilizzazione al territorio, anche attraverso un richiamo coordinato al d.P.R. 616/77. Analogamente, e pi� diffusamente, viene trattato il pi� generale profilo della tutela ambientale, da un lato aderendosi a quell'impostazione dottrinale che ne nega la natura di materia organica, definendolo invece come un connotato finalistico che prevede i pm disparati settori del diritto, dall'altro sottolineandosi per� l'opportunit� di un assetto organizzativo unitario. (V. Nunziata). MICHELE UMBERTO FRANCESE, Brevi note sull'oggetto del giudizio amministrativocontabile, in Rivista della Corte dei Conti, gennaio-aprile 1983, III, pp. 2%-301. L'illecito amministrativo costituisce fattispecie diversa da quella dell'illegittimit� dell'atto amministrativo. Nel giudizio in esame non � possibile fare applicazione n� dell'istituto della disapplicazione di cui all'art. 5, legge 2245/1865, all. E, n� sono operanti i limiti di cui agli artt. 4 e 5 stessa legge. L'indagine di questo giudizio consiste nell'accertamento dell'attivit� dolosa o colposa realizzata dall'impiegato, e non sulla eventuale irrazionalit� delle scelte da questo operate. (E. Figliolia). GIUSEPPE GRECO, Come la normativa di origine europea incide sulle posizioni soggettive di accesso e/o sulla legittimazione dei privati a negoziare con la pubblica amministrazione, da Il Foro Amministrativo n. 12, dicembre 1983, pag. 2526. Si esamina l'influenza che la normativa comunitaria ha sulla discipliina interna della contrattazione :ka privati e P.A., e che si manifesta attravel.'so il perseguimento della par condicio dei privati di tutti i Paesi membri della Comunit� che vogliono stipularr-e con l'Amministrazione di ciascuno di detti Paesi. Tra i mezzi per l'attuazione della par condicio vengono in rilievo la pub blicit� dei 1Sandi di gara, l'estensione soggettiva ed oggettiva dell'applicazione delle normative di origine comunitaria, la diversa qualificazione di alcune posizioni soggettive private, e la disciplina dell'appalto-concorso e dell'albo nazionale dei costruttori. Si esaminano infine i vari profili di una figura derivata dal sistema anglo sassone, la � Joint venture�, ossia il raggruppamento temporaneo di imprese. (A. D'Elia). TEODORO KLITSCHE DE LA GRANGE, Gli organi amministrativi straordinari, in Il Consiglio di Stato, 1984, n. 3 (marzo), pagg. 431-49. L'A., si sofferma ai fini della precisa definizione dell'organo amministrativo straordinario, sui problemi connessi alla individuazione dell'Autorit� costituzionale straordinaria. PARTE II, RASSEGNA DI DOTl'RINA Operate talune precisazioni circa i rapporti fra altri istituti cli emergenza e gli organi in esame, illustra brevemente le funzioni pi� frequentemente ad essi affidate, taluni principi ad essi relativi, la tipologia che pu� farsene rispetto alle competenze, alla discrezionalit� ecc. L'A. infine trae spunto dall'analisi effet� tuata per talune considerazioni generali sull'ordinamento giuridico. (G. Lancia). ANDREA LuGO, Giudizio di ottemperanza ed esecuzione per rilascio, in Giustizia civile, aprile 1984, pp. 1376-1378. A seguito della sentenza n. 15/83 della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, si svolgono alcuni brevi rilievi sulla progressiva estensione -ad opera della giurisprudenza -dell'area di utilizzazione del giudizio cli ottemperanza, in alternativa con i rimedi esecutivi ordinari, per l'esecuzione di sentenze di condanna a carico della P.A. (M. Salvatorelli). FORTUNATO PAGANO, Riflessioni sui programmi poliennali di attuazione, in Riv; giur. ed., 1983, I, 1095. Sorta di bil<lncio (degli effetti) della programmazione urbanistica, anche alla luce degli interventi ,dei Comuni in sede di formazione dei p.p.a., prescritta dall'art. 13, legge 28 gennaio 1977, n. 10. L'A. esamina anche i profili attinenti alla mancata attuazione da parte dei privati, configurando, in tal caso, l'esproprio come obbligatorio. (G. Palmieri). FRANCO PIGA, Attivit� di impresa, funzioni pubbliche e responsabilit� civile verso lo Stato (nota a Cass., Sez. Un., 21 ottobre 1983, n. 6177), da Foro amm.vo n. 12, dicembre 1983, 2348. La sentenza viene annotata con riferimento specifico al punto relativo alla natura del rapporto fra lo Stato e le banche agenti dell'U.I.C., che la Corte ha ritenuto lato sensu � di servizio '" in quanto inserirebbe quegli Istituti di credito nell'organizzazione valutaria pubblica (con la conseguente estensione al rapporto medesimo della giurisdizione della Corte dei Conti). Il notista si discosta da questa visione, e ritiene preferibile l'inquadramento dei suddetti rapporti nell'ipotesi di esercizio privato di pubbliche funzioni. (A. D'Elia). FILIPPO SATTA, La legge 25 marzo 1982, n. 94, ed il governo del territorio, in Impresa, Ambiente e Pubblica Amministrazione, 1982, 131-147. Si tratta della relazione tenuta al Convegno di Perugia del maggio 1982 � Innovazioni urbanistiche nell'ultima legge "Nicolazzi" �. Affronta i problemi dei rapporti fra Stato e Regione nel periodo antecedente alla legge c.d. Bucalossi, mentre dopo la legge Nicolazzi-bis, i conflitti 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR'\. DELLO STATO di competenza fra i due Enti finiscono per celare conflitti di interessi sull'uso del territorio. Dopo aver segnalato i limiti del concetto di demanio e di patrimonio indisponibile dato l'evolversi della situazione sociale, l'A. evidenzia il problema del territorio e, cio�, il problema del coordinamento e della graduazione degli interessi che lo investono. (G. Palmieri). MIRKO TRAP�, L'Istituto Autonomo per le Case Popolari: un ente pubblico in cerca di autore, in Riv. giur. ed., 1983, II, 435. Revisione critica della tradizionale impostazione del problema circa la natura giuridica degli I.A.C.P., esamina i compiti istituzionali che essi svolgono e si sofferma, in particolare, sulla posizione degli I.A.C.P. nel diritto tributario. (G. Palmieri). GIOVANNI VERDE, Rimozione degli atti amministrativi ed effettivit� della tutela, in Rivista di diritto processuale 1984, 42 ss. L'Autore esamina lo stato della dottrina e della giurisprudenza in tema di disapplicazione degli atti amministrativi, sottoponendo a critica sia la tesi che esclude la possibilit� per il g.o. di disapplicare l'atto amministrativo ove questo sia emanato in carenza assoluta di potere, sia quella che individua il criterio discriminatore della cognizione del g.o. sul fatto che l'atto gli sia sottoposto principaliter o incidenter tantum. Viene quindi esaminata una serie di fattispecie concrete a dimostrazione della impossibilit� di operare una ricostruzione unitaria dell'istituto, con particolare riferimento alle ipotesi in cui risulti possibile la sospensione del giudizio ordinario ex art. 295 c.p.c. al fine di attendere la definizione di quello amministrativo, ovvero a quelle, a giudizio dell'Autore, di notevole attualit�, in cui sia il giudice penale a disapplicare l'atto. (V. Nunziata). ACQUE ED APPALTI PAOLO CARBONE, Brevi considerazioni circa il valore probatorio del certificatQ di ultimazione dei lavori, in Giustizia Civile, aprile 1984, pp. 1188-1192. Prendendo spunto dalla sentenza n. 6108/83 della Cassazione, si affronta il problema della natura sostanziale degli atti di certificazione -distinti in certificazioni proprie (produttive di certezza legale) ed improprie (produttive di certezza informativa) -e si conclude per la appartenenza del certificato di ultimazione del direttore dei lavori alla seconda categoria, mancando i requisiti della destinazione a pubblica fede e della provenienza da pubblico ufficiale, individuato non secondo la nozione ricavabile dalla normativa penale, bens� da quella amministrativistica. (M. Salvatorelli). PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA DIRITTO E PROCEDURA CIVILE CARLO MARIA BARONE, Nota a Cass., Sez. Un. Civili, 12 gennaio 1984, n. 222, e id., 2 aprile 1984, n. 2145, in Foro it. 1984, maggio, I, 1242-1244. L'autore della nota critica la impostazione data dalle pronuncie del Supremo Collegio alla operativit� della sospensione ex art. 367 c.p.c. a seguito di proposizione di regolamento di giurisdizione nel corso di un processo amministrativo ed ordinario. Vengono altres� prospettate perplessit� sulle conclusioni a cui addivengono le sentenze annotate, che da un lato sanciscono il principio che il giudicante a seguito del regolamento di giurisdizione perde la potestas iudicandi, dall'altro attribuiscono al magistrato il potere di accertare l'ammissibilit� e procedibilit� del regolamento di giurisdizione e di procedere ad indagini pi� complesse. (E. Figliolia). FEDERICO CARPI, Gli aspetti processuali della riforma dell'arbitrato, in Riv. trim. di dir. e proc. civ., 1984, l, 47-65. L'autore analizza le modifiche apportate dalla legge 9 febbraio 1983, n. 28, alla disciplina codicistica dell'arbitrato (in particolare agli articoli 812, 823, 825 e 829, n. 5, c.p.c.) e si sofferma sulla efficacia vincolante della decisione arbitrale, posto che la riforma ha eliminato l'obbligatoriet� del deposito del lodo, passando in rassegna le opinioni in proposito recentemente espresse da autori quali Ricci, Punzi e aderendo, infine, all'ipotesi intermedia formulata da Montesano. (G. Palmieri). CIPRIANO Cossu, Diritto pretorio e impresa radiotelevisiva privata: ancora sulla nozione di ambito locale e sulla liceit� della interconnessione funzionale, in Giustizia Civile, aprile 1984, pp. 1362-1368. Partendo dalle opposte conclusioni raggiunte dai Pretori di Palestrina e Milano sulla rilevanza penale degli attuali sistemi di diffusione di programmi su scala nazionale adottati dalle televisioni private, si porta un contributo alla determinazione del concetto di �ambito locale ,, alla luce della giurisprudenza costituzionale; in particolare, si esamina il problema della delimitazione dell'attivit� con riferimenti strettamente territoniali, nonch� il fenomeno della c.d. �interconnessione funzionale� fra le emittenti. (M. Salvatorellz). FRANCESCO P. LUISO, Azione di reintegrazione e successione nel diritto controverso, in Giustizia Civile, aprile 1984, pp. 1264-1266. Partendo da una rapida indagine sullo stato della dottrina e della giurisprudenza relative al trasferimento del possesso del bene dall'autore dello spoglio al terzo nel corso del giudizio di reintegra ed alla opponibilit� della successiva sentenza, si conclude per la efficacia del titolo anche nei confronti dell'avente causa; si svolgono infine alcune generali considerazioni sul campo di applicazione dell'art. 111 c.p.c. (M. Salvatorellz). 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO� STATO LAURA SALVANESCHI, Riflessioni sulla conversione degli atti processuali di parte, in Rivista di diritto processuale, 1984, 121 ss. Dopo aver esaminato i vari orientamenti dottrinali in riferimento all'applicabilit� dell'istituto della conversione alla materia processuale, l'Autore si sofferma su talune concrete ipotesi; in particolare viene affronta.to il problema della conversione dell'atto di citazione in ricorso e viceversa, della impugnazione principale tardiva in incidentale, del regolamento di competenza inammissibile in regolamento di giurisdizione e viceversa, nonch� del ricorso ordinario per cassazione in regolamento di competenza e viceversa. (V. Nunziata). I CHIARA RIGASI, Spunti critici sulla natura e sul regime della ordinanza di assegnazione del credito, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1984, 1, 208-314. I L'autrice, prendendo spunto dalla sentenza Cass., 24 novembre 1980, n. 6254, in Foro lt., 1980, I, l,101, ed esaminando le singole opinioni dottrinali, Ii.co I nosce l'istituto sotto il profilo della natura giuridica (pronuncia di carattere costitutivo non incidente sui diritti soggettivi delle parti), dei mezzi d'impugnazione (ex art. 617 c.p.c.) e della efficacia preclusiva. (G. Palmieri). 1 i # ! VINCENZO ZENO-ZENCOVICH, Norme sulla rettifica, diritti della personalit� e tutela costituzionale: .il problema del bilanciamento degli interessi, in Giustizia ! Civile, aprile 1984, pp. 1328-1336. ~ I ~ Si esaminano criticamente alcuni dei problemi posti al vaglio della recente giurisprudenza in materia di diritto di rettifica, con particolare riferimento I alla c.d. � equivalenza informativa >>, al principio dell'arricchimento notliziale, alla problematica coesistenza tra diritto alla libert� di stampa e diritto alla i tutela della dignit� personale. (M. Salvatorelli). I I SEGNALAZIONI DI NUOVE PUBBLICAZIONI RECENSITE DALLE RIVISTE ESAMINATE I DIRITTO COSTITUZIONALE ALESSANDRO PACE, Stampa, giornalismo, radiotelevisione (Problemi costituzionali e indirizzi di giurisprudenza), Padova, 1983. L'Autore affronta la complessa problematica dei rapporti tra art. 21 della Costituzione e mezzi di comunicazione di massa, con particolare riguardo alla stampa ed alla radiotelevisione. Il discorso argomentativo prende le mosse I I f ' PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA dalla individuazione del fondamento giuridico della libert� e del diritto all'informazione, snodandosi nell'analisi della disciplina processuale del segreto professionale, per giungere alla trattazione dei difficili problemi costituzionali dell'informazione radiotelevisiva, compresi tra i profili inerenti all'" accesso � al mezzo radiotelevisivo pubblico e all'individuazione dei c.d. " diritti dell'utente �. (V. Nunziata). DIRITTO AMMINISTRATIVO DIEGO CORJ\PI, Le Associazioni temporanee di imprese, Milano, Giuffr�, 1983, pp. VIII-154. La monografia affronta la problematica delle associazioni temporanee d'impresa alla luce della storia della legislazione, della giurisprudenza e della prassi, soprattutto in riferimento agli appalti pubblici. (G. Palmieri). VIRGILIO ILARI, Impiego pubblico -Manuale teorico-pratico, Milano, 1983. Il volume, dopo una introduzione sul rapporto di lavoro subordinato, tratta nella prima parte del rapporto giuridico di pubblico impiego, evidenziandone la natura giuridica ed i caratteri essenziali. La seconda parte � costituita da un modulario dei principali atti concernenti le vicende del pubblico impiego. In appendice sono indicate le principali fonti di leggi in materia. (V. Nunziata). Lucio MAROTTA, I nuovi profili dell'espropriazione pel' pubblica utilit�, Padova, Cedam, 1983, pp. 173. Oltre a ripercorrere le tappe successive alla ben nota sentenza della Corte Costituzionale n. 5/80, la monografia analizza il problema della occupazione illegittima della P.A., condividendo appieno i principi espressi dalle Sez. Un. della Cassazione nella recente e anch'essa ormai ben nota sentenza 26 febbraio 1983, n. 1464. (G. Palmieri). LUIGI PAP:M.NO, Il funzionario delegato, Editrice Compositori, Bologna 1984, pp. 512. L'opera, giunta alla terza edizione, � una completa guida tecnico-amministrativa del funzionario delegato. (G. Lancia). 88 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO R. POGGI, Rassegna di giurisprudenza sull'urbanistica, secondo aggiornamento al 31 dicembre 1982, Milano, Giuffr�, 1983, pp. 1546. Nuova appendice della seconda edizione della nota Rassegna curata da Poggi. (G. Palmieri). FEDERICO TEDESCHINI, Turismo e pubblici poteri, ed. Angeli, Milano 1983, pp. 160. Trattasi di una raccolta di scritti vari, tutti aventi riferimento alla problematica del turismo nei rapporti con l'autorit� pubblica, materia particolarmente trascurata dai .giuristi. (M. Salvatorelli). TITOMANLIO, PISELLI, SELLA, VIGNA, Appalto privato e pubblico, dizionario di giurisprudenza 1970-1982, Milano, 1983. L'opera esamina i profili giurisprudenziali dell'appalto relativamente ad un periodo indubbiamente fervido di elaborazioni sul punto. La consultazione si presenta molto agevole essendo stata la materia distribuita in pi� di settecento voci e sottovoci. Ampie sono le indicazioni bibliografiche. (V. Nunziata). DIRITTO PENALE S. VINCIGUERRA, La riforma del sistema punitivo nella legge 24 novembre 1982, n. 689, ed Cedam, Padova, 1983, pp. 452. L'autore approfondisce alcuni aspetti della problematica scaturente dalla c.d. � legge sulla depenalizzazione '" affrontando la materia con una suddivisione per argomenti. (M. Salvatorelli). � DIRITTO SANITARIO VIRGILIO ANDRIOLI, Le unit� sanitarie locali, Profili processuali e Jovene, Napoli, 1982, pp. 1-293. L'ispirazione di fondo dell'opera � di verificare l'applicazione fondamentali del processo civile alle U.S.L. (G. Palmieri). sostanziali, delle norme I [: I: I I: ! PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA DIRITTO TRIBUTARIO ANTONIO CICOGNANI, L'imposizione del reddito d'impresa, Cedam, Padova, 1980, pp. 1-400. L'autore si propone il fine di determinare il pi� esattamente possibile il concetto di reddito di impresa e di diversificare il concetto di reddito civile da quello di reddito fiscale, nonch� di esaminare analiticamente le norme fiscali sul bilancio. (G. Palmieri). VARIE VINCENZO NAPOLETANO, Dizionario bibliografico delle Riviste giuridiche italiane, ed. Giuffr�, Milano 1983, pp. 844. L'opera, giunta alla XXVI Edizione, � aggiornata al 31 gennaio 1983 e porta i riferimenti di circa 10.000 tra studi, note e articoli, nonch� di oltre 1.200 testi giuridici italiani e stranieri. (M. Salvatorelli). / ' RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (*) D.P.R. 15 marzo 1984, n. 218, � Regolamento sui lavori, le provviste ed i servizi da eseguirsi in economia da parte degli Uffici del Ministero delle partecipazioni statali � (G. U. n. 161 del 13 giugno 1984); legge 31 maggio 1984, n. 193, � Misure per la razionalizzazione del settore siderurgico e di intervento della GEPI S.p.A. � (G, U. n. 153 del 5 giugno 1984); legge 4 giugno 1984, n. 194, �Interventi a sostegno della agricoltura� (G. U. n. 153 del 5 giugno 1984); legge 8 giugno 1984, n. 212, " Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 9 aprile 1984, n. 62, concernente norme urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e di agevolazione alla produ� zione industriale delle piccole e medie imprese (G. U. n. 158 del 9 giugno 1984); legge 12 giugno 1984, n. 219, �Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 aprile 1984, n. 70, concernente misure urgenti in materia di tariffe, di prezzi amministrati e di indennit� di contingenza>>, (G. U. n. 163 del 14 giugno 1984); legge 12 giugno 1984, n. 222, " Revisione della disciplina della invalidit� pen� sionabile '" (G. U. n. 165 del 16 giugno 1984); d.L 29 giugno 1984, n. 273, � Misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali�, (G. U. n. 179 del 30 giugno 1984). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura penale, art. 384, n. 2, nella parte in cui tale norma, in caso di sentenza di proscioglimento per infermit� psichica, preclude al giudice istruttore di tener conto delle circostanze attenuanti . e di effettuare il giudizio di comparazione di cui all'art. 69 del c.p. tra queste e le circostanze aggravanti, ai fini dell'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o della determinazione della sua durata minima ai sensi dell'art. 222 del codice penale. Sentenza 30 luglio 1984, n. 233, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. (*) Si segnalano alcuni tra i provvedimenti normativi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale nel mese di giugno. � RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO codice penale militare di pace, art. 48, limitatamente all'inciso � e salva la disposizione dell'articolo seguente�. Sentenza 18 luglio 1984, n. 213, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. codice penale militare di pace, art. 49. Sentenza 18 luglio 1984, n. 213, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. r.d. 30 ottobre 1930, n. 1731, art. 4. Sentenza 30 luglio 1984, n. 239, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge 9 novembre 1955, n. 1122, art. 1, nella parte in cui non prevede la pignorabilit� per crediti alimentari delle pensioni, assegni e altre indennit� dovute dalla Cassa di previdenza dei giornalisti � G. Amendola �, negli stessi limiti stabiliti dall'art. 2, n. 1, del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180. Sentenza 18 luglio 1984, n. 209, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. legge prov. di Bob:ano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo comma [come modificato dall'art. 5 della legge provinciale 22 maggio 1978, n. 23 e dall'art. 20 della legge provinciale 24 novembre 1980, n. 34]. Sentenza 30 luglio 1984, n. 231, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 13, primo comma [come modificato dall'art. 7 della legge provinciale 6 maggio 1976, n. 10, e dall'art. 7 della legge provinciale 22 maggio 1978, n. 23]. Sentenza 30 luglio 1984, n. 231, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 15, terzo comma [come modificato dall'art. 9 della legge provinciale 6 maggio 1976, n. 10]. Sentenza 30 luglio 1984, n. 231, G. U . .8 agosto 1984, n. 218. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, sesto comma, nella parte in cui stabilisce che per il conferimento della pensione di riversibilit� al vedovo di una dipendente o pensionata statale occorre che il vedovo sia inabile a proficuo lavoro e vivesse a carico della� moglie. Sentenza 18 luglio 1984, n. 214, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. d.I. 4 marzo 1976, n. 31, art. 1, ultimo comma [come modificato dall'art. 1 legge di conversione 30 aprile 1976, n. 159, ed ulteriormente modificato dall'art. 2 della legge 8 ottobre 1976, n. 689], nella parte in cui fa riferimento al solo lavoro dipendente o artigianale svolto all'estero, e non anche al lavoro autonomo, previsto nel titol9 III del libro V del codice civile, esplicato all'estero, nelle medesime condizioni, da persone fisiche di nazionalit� italiana. Sentenza 27 giugno 1984, n. 180, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. d.I. 4 marzo 1976, n. 31, art. 1, ultimo comma [come modificato dall'art. 1 della legge di conversione 30 aprile 1976, n. 159, ed ulteriormente modificato dall'art. 2 della legge 8 ottobre 1976, n. 689, nel testo sostituito dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1976, n. 863] nella parte in cui fa riferimento .al solo lavoro dipendente o artigianale svolto all'estero, e non anche al lavoro autonomo, PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 9; previsto nel titolo III del libro V del codice civile, esplicato all'estero, nelle medesime condizioni, da persone fisiche di nazionalit� italiana. Sentenza 27 giugno 1984, n. 180, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. d.P.R. 29 aprile 1982, n. 240, artt. 1, 2, primo comma, lettere c) e d) e 11. Sentenza 18 luglio 1984, n. 212, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. legge 29 marzo 1983, n. 93, art. 8 nella parte in cui non fa salva la competenza della regione Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento del personale dei comuni prevista dall'art. 65 dello statuto speciale della regione. Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. legge 29 marzo 1983, n. 93, art. 9. Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. legge 29 marzo 1983, n. 93, art. 10, terzo comma, nella parte in cui non prevede che la legge regionale approvativa dell'accordo possa apportare gli adeguamenti resi necessari dalla � disciplina di legge � in materia di ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto, prevista dal precedente art. 2 e quelli richiesti dalle altre peculiarit� del rispettivo ordinamento, nonch� dalle disponibilit� del bilancio regionale. Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice di procedura penale, artt. 151, secondo e terzo comma, e 263-bis (art. 24 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 225, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. codice di procedura penale, artt. 378 e 381, secondo comma, ultima parte (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 233, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93, n. 1 (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 226, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, artt. 42, punto 3, e 58, allegato A (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 240, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 53, ottavo e nono comma, allegato A (artt. 24 e 113 della Costituzione). Sentenza 18 luglio 1984, n. 208, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 58, secondo comma, allegato A (art. 3 della Costituzione). Sentenza 18 luglio 1984, ri. 208, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 100 (art. 24 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 222, G. U. 1� agosto 1984, ri. 211. legge 2 marzo 1949, n. 143, art. 18 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1984, n. 192, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. legge 2 luglio 1949, n. 408, art. 20 (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 226, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, art. 10 (art. 24 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 225, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 68, ottavo comma (art. 97 della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1984, n. 191, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 16, primo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 27 giugno 1984, n. 181, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. legge 2 aprile 1968, n. 468 (art. 3 della Costituzione). 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 58, secondo comma, allegato A (art. 3 della Costituzione). Sentenza 18 luglio 1984, ri. 208, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 100 (art. 24 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 222, G. U. 1� agosto 1984, ri. 211. legge 2 marzo 1949, n. 143, art. 18 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1984, n. 192, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. legge 2 luglio 1949, n. 408, art. 20 (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 226, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, art. 10 (art. 24 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 225, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 68, ottavo comma (art. 97 della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1984, n. 191, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 16, primo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 27 giugno 1984, n. 181, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. legge 2 aprile 1968, n. 468 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 18 luglio� 1984, n. 210, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, art. 37 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 27 giugno 1984, n. 183, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, artt. 111, primo comma; 149, primo e secondo comma; 153, secondo comma (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 220, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 644, artt. 1 e 2 (artt. 25, 76 e 134 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 217, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. d.P.R. 29 ottobre 1972, n. 636, art. 2, secondo comma (artt. 25, 76 e 134 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 217, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 748, art. 65 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 220, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183 e 195 [nel testo sostituito con l'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 237, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334, primo comma, n. 2 [i primi due nel testo sostituito con l'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 237, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 184 e 195 [nel testo sostituito con l'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 237, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195 [nel testo sostituito con l'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 237, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 13, terzo comma (art. 3 . della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 218, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. ' d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 65, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). � Sentenza 11 luglio 1984, n. 193, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 238, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 19, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 238, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. d.l. 4 marzo 1976, n. 31, art. 1, ultimo comma [come modificato dall'art. 1 della legge di conversione 30 aprile 1976, n. 159, ed ulteriormente modificato dall'art. 2 della legge 8 ottobre 1976, n. 689, nel testo sostituito dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1976, n. 863] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 27 giugno 1984, n. 180, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. legge 30 aprile 1976, n. 159, art. 2, quinto comma, seconda parte [nel testo sostituito dall'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689] (art. 24 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 236, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 96 dJ. 10 dicembre 1976, n. 798, art. 1, terzo comma [convertito in legge 8 febbraio 1977, n. 16] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 238, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge 8 febbraio 1977, n. 16 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1984, n. 238, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge 3 gennaio 1978, n. 2, art. 3 (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1984, n. 188, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. legge 29 marzo 1983, n. 93, titolo I (artt. 117, 118, 119, 120 e 121 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1" agosto 1984, n. 211. legge 29 marzo 1983, n. 93, art. 1 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. legge 29 marzo 1983, n. 93 art. 1 (artt. 4 e 5 dello statuto reg. TrentinoAlto Adige). Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. legge 29 marzo 1983, n. 93, art. 1, secondo comma (artt. 4 e 5 dello statuto reg. Valle d'Aosta e 4, n. 1 dello statuto reg. Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. legge 29 marzo 1983, n. 93, artt. 3, 5, 6, 10, 11 e 15 (artt. 117, 118, 119, 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. legge 29 marzo 1983, n. 93, artt. 5, secondo comma, 6, quarto comma 8, 9, 12, terzo comma, 14, 25 e 30, terzo comma (art. 89 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1" agosto 1984, n. 211. legge 29 marzo 1983 n. 93, art. 14 (art. 89 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. legge 29 marzo 1983, n. 93, art. 26, primo comma (art. 4 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1" agosto 1984, n. 211. legge 29 marzo 1983, n. 93, art. 27, quarto comma (artt. 118, 124, 125 e 127 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1984, n. 219, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE III -QUESTIONI PROPOSTE codice civile, art. 263 (art. 30 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 17 gennaio 1984, n. 313, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. codice civile, art. 894 (artt. 9 e 42 della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 12 dicembre 1983, n. 370/84,, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. codice civile, art. 2106 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Saronno, ordinanza 17 gennaio 1984, n. 556, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. codice di procedura civile, artt. 140, 313 e 663 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Mestre, ordinanza 28 febbraio 1984, n. 547, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. codice di procedura civile, artt. 140, 313, secondo comma; e 660 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 9 dicembre 1983, n. 202/84, G. U. 14 agosto 1984, n. 224. codice di procedura civile, art. 404 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 24 novembre 1983, n. 342/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. codice di procedura civile, art. 429, terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Verona, ordinanza 12 ottobre 1983, n. 346/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. Pretore di Firenze, ordinanza 23 novembre 1983, n. 571/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. codice di procedura civile, art. 635, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 25 giugno 1983, n. 215/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. codice di procedura civile, art. 648, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Giudice istruttore presso Tribunale di Genova, ordinanza 12 marzo 1980, n. 339/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice procedura civile, art. 657 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Nuoro, ordinanza 2 febbraio 1984, n. 314, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. Pretore di Nuoro, ordinanza 8 febbraio 1984, n. 404, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. codice di procedu~a civile, art. 700 (artt. 3, 24, e 113 della Costituzione). Pretore di San Pietro Vernotico, ordinanza 2 marzo 1984, n. 559, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. codice penale, art. 2, ultimo comma (art. 77 della Costituzione). Tribunale di Udine, ordinanza 6 marzo 1984, n. 503, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. codice penale, art. 57 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 6 aprile 1982, n. 315/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. codice penale, art. 333 (artt. 3, 39 e 40 della Costituzione). Pretore di S. Don� di Piave, ordinanza 12 gennaio 1984, n. 362, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. codice penale, art. 519, secondo comma, n. 1 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 7 dicembre 1983, n. 408/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. codice penale, art. 590 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 23 dicembre 1983, n. 246/84, G. U. 1" agosto 1984, n. 211. codice penale, art. 699 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Spilimbergo, ordinanza 5 gennaio 1984, n. 243, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. codice di procedura penale, art. 41-bis (artt. 3, 24 e 97 della Costituzione). Giudice istruttore presso il tribunale di Belluno, ordinanza 12 gennaio 1984, n. 354, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. codice di procedura penale, art. 41-bis (artt. 3, 97 e 101 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 30 ottobre 1982, n. 232/84, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. Corte di cassazione, ordinanza 8 febbraio 1984, n. 497, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. Giudice istruttore presso il Tribunale di Roma, ordinanza 19 novembre 1983, n. 584/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. I I I~' PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE codice di procedura penale, art. 263-bis (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Teramo, ordinanza 18 febbraio 1984, n. 589, G. V. 11 luglio 1984, n. 190. codice di procedura penale, art. 281, secondo comma [come sostituito dall'art. 16 legge 12 agosto 1982, n. 532] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Napoli, ordinanza 14 dicembre 1983, n. 138/84, G. V. 18 luglio 1984, n. 197. codice di procedura penale, art. 387, terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 9 maggio 1984, n. 928, G. V. 17 ottobre 1984, n. 287. codice di procedura penale, art. 435 (art. 3 della Costituzione). Corte d'assise di Roma, ordinanza 14 gennaio 1984, n. 220, G. V. 18 luglio 1984, n. 197. codice di procedura penale, art. 502 (artt. 3, 13 e 24 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Roma, ordinanza 16 dicembre 1983, n. 348/84, G. V. 29 agosto 1984, n. 238. Tribunale per i minorenni di Roma, ordinanza 16 dicembre 1983, n. 347/84, G. V. 12 settembre 1984, n. 252. codice di procedura penale, art. 576, secondo comma (art. 27 della Costituzione). Pretore di Alatri, ordinanza 20 giugno 1983, n. 205/84, G. V. 18 luglio 1984, n. 197. Pretore di Alatri, ordinanza 24 giugno 1983, n. 280/84, G. V. 5 settembre 1984, n. 245. codice penale militare di pace, art. 180 (artt. 2, 3, 21 e 52 della Costituzione). Tribunale militare di Cagliari, ordinanza 30 gennaio 1984, n. 486, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. codice penale militare di pace, art. 191 (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare di Bari, ordinanza 9 febbraio 1984, n. 385, G. V. 19 settembre 1984, n. 259. codice penale militare di pace, art. 195, primo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare di Verona, ordinanza 27 gennaio 1984, n. 260, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. 100 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 8 agosto 1895, n. 486, art. 11, ali. T, all'art. 39 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Pescara, ordinanza 26 maggio 1983, n. 381/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 7 luglio 1901, n. 283, artt. 6, lett. b), 7 e 9 (artt.. 3, 24 e 33 della Costituzione). Tribunale di Pisa, ordinanza 28 luglio 1983, n. 95/84, G. U. 11 luglio 1984; n. 190. r.d. 16 luglio 1905, n; 646, art. 20 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Giudice dell'esecuzione presso il tribunale di Lecco, ordinanza 3 febbraio 1984, n. 434, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. r.d. 17 novembre 1924, n. 2367, art. 130 (art. 3 e 98 della Costituzione). Consiglio nazionale dei geometri, ordinanze (sei) 3 maggio 1983, nn. 446-451/84, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. r.d.l. 13 agosto 1926, n. 1459 artt. 1, primo comma, 2 e 3 (artt. 3, 24 e 33 della Costituzione). Tribunale di Pisa, ordinanza 28 luglio 1983, n.. 95/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. legge 28 giugno 1928, n. 1415, art. 1 (artt. 3, 24 e 33 della Costituzione). Tribunale di Pisa, ordinanza 28 luglio 1983, n. 95/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 15 dicembre 1981, n. 231/84,, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. Tribunale di Roma, ordinanza 25 dicembre 1981, n. 230/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 18 ali. A (art. 3 della Costituzione). Pretore di Vicenza, ordinanza 26 gennaio 1984, n. 312, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. r.d. 8 gennaio 1931 n. 148, art. 18 regolamento allegato A (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 16 novembre 1983,. n. 570/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 58, ali. A (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 11 maggio 1983, n. 431/84, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. Pretore di Firenze, ordinanza 25 maggio 1983, n. 430/84, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 1.01. r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116 (artt. 3, 25 e 27 della Costituzione). Pretore di Citt� di Castello, ordinanza 6 aprile 1984, n. 834, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. dJ. 28 febbraio 1939, n. 314, art. 23, primo comma [conv. in legge 2 giugno 1939, n. 739] (art. 53 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 6 marzo 1984, n. 829, G. U. 31 �ttobre 1984, n. 301. legge 24 aprile 1941, n. 633, art. 51 e seguenti (art. 3 della Costituzione). Pretore di Novara, ordinanze (due) 19 ottobre 1983, nn. 500 e 501/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 54 e 55, ultimo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 16 settembre 1983, n. 592/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 54, terzo comma, e 55, . primo. comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 23 novembre 1983, n. 571/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 59 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Verona, ordinanza 12 ottobre 1983, n. 346/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. Pretore di Firenze, ordinanza 23 novembre 1983, n. 571/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. r.d. 16 marzo 1942, n. 'i.67, art. �98, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Caltanissetta, ordinanza 8 febbraio 1984, n. 544, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. legge 17 agosto 1942, n 1150, art. 28, primo comma (artt. 24, 25 e 112 �della Costituzione). Pretore di Massa Marittima, ordinanza 16 febbraio 1984, n. 585, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. Pretore di Massa Marittima, ordinanza 16 febbraio 1984, n. 790, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. d.IJ. 27 luglio 1945, n. 475, art. 4 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 13 febbraio 1984, n. 521, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 8 febbraio 1948, n. 47 artt. 1, 9 e 13 (artt. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 6 aprile 1982, n. 315/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 2 marzo 1949, n. 144, art. 15 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Vicenza, ordinanza 7 dicembre 1983, n. 318/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 29 aprile 1949, n. 221, art. 23 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia, ordinanza 10 novembre 1983, n. 337/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2, primo comma, n. 3 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Catania, ordinanza 16 gennaio 1984, n. 254, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. legge 11 aprile 1950, n 130, art. 4, quarto comma [nel testo sostituito dall'art. 8 legge 8 aprile 1952, n. 212] (artt. 3, 36 e 37 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 25 maggio 1983, n. 143/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. legge 23 maggio 1950, n. 253, artt 4 e 7 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Lucera, ordinanza 4 aprile 1977, n. 835/83, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 15 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Forl�, ordinanze (tre) 10 novembre 1983, nn. 573-575/84, .G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 2 luglio 1952, n. 703, art. 39 (artt. 70 e 72 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanza 8 febbraio 1984, n. 562, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. legge 20 dicembre 1954, n. 1181, art. 7 (artt. 3 e 98 della Costituzione). Consiglio nazionale dei geometri, ordinanze (sei) 3 maggio 1983, nn. 446-451/84, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. legge 4 dicembre 1956, n. 1404, artt. 8 e 9 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 30 marzo 1984, n. 833, G. U. 31 ottobre '1984, n. 301. legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7-bis (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 14 marzo 1984, n. 791, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. I ~ ' {:: ~j PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 27 dicembre 1956, n. 1441, art. 4 (art. 24 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Torino, ordinanza 27 febbraio 1984, n. 826, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85 (artt. 3, 24 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 12 luglio 1983, n. 591/84, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. dJ. 5 maggio 1957, n. 271, art. 15, primo comina [conv. in legge 2 luglio 1957, n. 474] (art. 53 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 6 marzo 1984, n. 829, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. legge 4 febbraio 1958, n. 87, art. 11, primo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 24 marzo 1983, n. 400/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 23 dicembre 1983, n. 246/84, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. Pretore di Firenze, ordinanza 23 febbraio 1984, n. 519, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. d.p. reg. Sicilia 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, n. 3 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Caltagirone, ordinanza 22 dicembre 1983, n. 421/84, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. t.u. approvato con d.p. reg. Sicilia 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, nn. 6, 8 e 9 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Patti, ordinanza 26 ottobre 1983, n. 203/84, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. d.p. reg. Sicilia 20 agosto 1960, n. 3, art. 18, lett. c) (art. 15 dello Statuto speciale reg. Sicilia e 3 e 7 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 13 gennaio 1984, n. 455, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 20 dicembre 1961, n. 1345, art. 14, secondo comma (artt. 3 e 108 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 19 ottobre 1983, n. 341/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 20 dicembre 1961, n. 1345, art. 14, quarto comma (artt. 3 e 108 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanze (due) 19 ottobre 19S3, nn. 165 e 166/84, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. 104 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 30 aprile 1962, n. 283, art. 17 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Piombino, ordinanza 22 novembre 1983, n. 167/84, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 10 gennaio 1984, n. 262, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 16 gennaio 1984, n. 241, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) {art. 3 della Costituzione). Tribunale di Potenza, ordinanza 26 gennaio 1984, n. 294, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. Pretore di Trento, ordinanza 27 gennaio 1984, n. 338, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. Pretore di Modena, ordinanza 29 febbraio 1984, n. 405, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. Pretore di Brindisi, ordinanza 6 marzo 1984, n. 545, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287 Tribunale di Torino, ordinanza 14 marzo 1984, n. 795, G. U. 31 ottobre 1984. n. 301. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (artt. 3 e 38 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 1� luglio 1983, n. 516/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. Pretore di Palermo, ordinanza 28 febbraio 1984, n. 3%, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2 cpv. lett. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 12 dicembre 1983, n. 160/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. Pretore di Siena, ordinanza 14 febbraio 1984, .n. 437, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13 (artt. 3, 24 e 38 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 17 dicembre 1982, n. 821/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. legge 22 novembre 1962, n. 1646 art. 7, primo comma {artt. 2, 30 e 31 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 5 ottobre 1983, n. 398/84, G. U. 12 settembre 1984, Il. 252. PARTE li, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 2-ter, terzo, quarto e sesto comma [come modif. e integrato dall'art. 14 della legge 13 settembre 1982, n. 646] (artt. 41 e 42 della Costituzione). Tribunale di Catanzaro, ordinanza 29 dicembre 1983, n. 248/84, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4, n. 6 (artt. 3 �e 38 della Costituzione). Pretore di Piacenza, ordinanza 15 novembre 1983, n. 168/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. legge 21 luglio 1965, 11. 903, art. 22 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 17 febbraio 1984, n. 436, G.�U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 1� luglio 1983, n. 516/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. legge 6 dicembre 1966, n. 1077, art. 4 (art. 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 10 novembre 1983, n. 374/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 3 maggio 1967, n. 315, art. 13 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 24 marzo 1983, n. 400/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 17 ottobre 1967, n. 977, art. 22, terzo comma (artt. 3 e 41 della Costituzione). Pretore di Asti, ordinanza 6 aprile 1984, n. 831, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, lett. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 15 febbraio 1984, n. 364, G. V. 19 settembre 1984, n. 259. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, Iett. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore de L'Aquila, ordinanza 18 ottobre 1983, n. 583/84, G. V. 24 ottobre 1984, n. 294. legge 8 marzo 1%8, n. 152, art. 3, secondo comma, lett. a) (artt. 3, 29 e 37 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 19 dicembre 1983, n. 593/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 17 (artt. 3 e 23 della Costituzione). Tribunale di Messina, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 483/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (artt. 3, 4 e 38 della Costituzione). Pretore di Vicenza, ordinanza 3 aprile 1984, n. 564, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, art. 111 (artt. 3, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 28 febbraio 1984, n. 498, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 17 febbraio 1984, n. 436, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 1� luglio 1983, n. 516/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. d.I. 3 febbraio 1970, n. 7, artt. 10 e 11 [conv. in legge 11 marzo 1970, n. 83] (artt. 4 e 41 della Costituzione). Pretore di Minervino Murge, ordinanza 25 ottobre 1983, n. 546/84, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 7 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Saronno, ordinanza 17 gennaio 1984, n. 556, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. d.l. 19 giugno 1970, n. 370, art. 2, secondo comma [conv. in legge 26 luglio 1970, n. 576] (artt. 3, 97 e 116 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 11 luglio 1983, n. 222/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. dJ. 5 luglio 1971, n. 429, art. 1 [convertito con modif. nella legge 4 ago� sto 1971, n. 589] (art. 81 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 25 ottobre 1983, n. 279/84, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. d.P.R. 21 agosto 1971, n. 1275, art. 14 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Sala Consilina, ordinanza 2 febbraio 1984, n. 407, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge 29 settembre 1971, n. 587, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Potenza, ordinanza 26 gennaio 1984, n. 294, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 18 gennaio 1984, n. 558, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 30 dicembre 1971, n. �1204, artt. 4 e 10 (artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 19 ottobre 1983, n. 151/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. d.I. 30 giugno 1972, n. 267, art. 7 [conv. nella legge 11 agosto 1972, n. 485] (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 24 marzo 1983, n. 400/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, tabella VI, quadro C (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 22 febbraio 1983, n. 399/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 8 agosto 1972, n. 459 (artt. 4 e 41 della Costituzione). Pretore di Minervino Murge, ordinanza 25 ottobre 1983, n. 546/84, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo comma, primo periodo (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 6 marzo 1984, n. 406, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo comma, primo periodo e terzo comma, e 24, primo comma, primo e secondo periodo (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 31 gennaio 1984, n. 379, G. U. 19 settembre 1984, n. 2. Corte d'appello di Trento, ordinanza 6 marzo 1984, n. 494, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. Corte d'appello di Trento, ordinanza 21 febbraio 1984, ;n. 422, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo comma, primo periodo [come modif. dall'art. 20, primo comma, legge prov. di Bolzano 24 novembre 1980, n. 34] e terzo comma, e art. 24, primo comma, primo e secondo periodo (artt. 3 e 42 della Costituzione). � Corte d'appello di Trento, ordinanza 6 marzo 1984, n. 549, G.U. 17 ottobre 1984, n. 287. Corte d'appello di Trento, ordinanza 6 marzo 1984, n. 576, G.U. 24 ottobre 1984, n. 294. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo e terzo comma, e 24, primo comma, primo e secondo periodo (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 27 marzo 1984, n. 565, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 41 e segg. del titolo terzo (artt. 3, 24, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 28 novembre 1983, n. 507/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 58, quart� comma (art. 3 d�lla Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Cremona, ordinanza 7 novembre 1983, n. 288/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 74-bis, secondo comma (artt. 76 e 87 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Cremona, ordinanza 7 novembre 1983, n. 287/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16, primo comma [nel testo sostituito dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739] (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 19 dicem� bre 1983, n. 289/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 17 (artt. 53, 97 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Novara, ordinanza 1� marzo 1982, n. 216/84, G. U. 14 agosto 1984, n. 224. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 1, secondo comma (art. 76 della Costi� tuzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 14 febbraio 1979, n. 509/84, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. dP.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 3 ottobre 1977, n. 293/84, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183 e 195 (artt. 3, 41 e 43 della Costi� tuzione). Tribunale di Matera, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 282/84, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 70 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 29 dicembre 1983, n. 796/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Saluzzo, ordinanze (due) 15 dicembre 1983, nn. 258 e 259/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 29, marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334 [modificato dall'art.� 45 legge 14 aprile 1975, n. 103] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Chioggia, ordinanze (tre) 14 febbraio 1984, nn. 415-417, G. U 1� agosto 1984, n. 211. Pretore di Saluzzo, ordinanza 26 ottobre 1983, n. 257/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. Pretore di Chioggia, ordinanza 13 dicembre 1983, n. 278/84, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. Pretore di Chioggia, ordinanza 5 marzo 1984, n. 550, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. Pretore di Chioggia, ordinanze 1� marzo 1984, n. 552 e 8 marzo 1984, n. 551, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Prato, ordinanza 16 febbraio 1984, n. 395, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. Pretore di Prato, ordinanza 16 febbraio 1984, n. 420, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334, primo comma, n. 2 (art. 3 della Costituzione),Pretore di Prato, ordinanza l1 gennaio 1984, n. 465, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 185 e 193 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Vicenza, ordinanza 28 dicembre 1983, n. 350/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195, primo comma, n. 2 (art. 76 della Costituzione). Pretore di Legnano, ordinanza 20 ottobre 1983, n. 153/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. I) (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Novara, ordinanza 3 ottobre 1983, n. 343/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12 e 46 (artt. 38 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Trieste, ordinanza 20 ottobre 1983, n. 292/84, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12, lett. e) (artt. 3, 38, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Rimini, ordinanza 23 luglio 1983, n. 798/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. Commissione tributaria di primo grado di Rimini, ordinanza 26 maggio 1982, n. 794/84, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e), 14 e 46, secondo comma (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 30 dicembre 1983, n. 543/84, G. V. 26 settembre 1984, n. 266. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12, primo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Sanremo, ordinanza 30 novembre 1983, n. 290/84, G. V. 5 settembre 1984, n. 245. Commissione tributaria di primo grado di Sanremo, ordinanza 15 dicembre 1983, n. 291/84, G. V. 5 settembre 1984, n. 245. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e) e 46 cpv. (artt. 3, 38, 53, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, ordinanza 28 aprile 1983, n. 344/84, G. V. 4 luglio 1984, n. 183. Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, ordinanza 26 maggio 1983, n. 345/84, G. V. 4 luglio 1984, n. 183. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e) e 46, secondo comma (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Livorno, ordinanza 24 giugno 1983, n. 411/84, G. V. 26 settembre 1984, n. 266. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e) e 46, secondo comma (artt. 3, 38, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, ordinanza 10 dicembre 1983, n. 83/84, G. V. 4 luglio 1984, n. 183. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 46 e 48 (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Livorno, ordinanza 16 settembre 1983, n. 412/84, G. V. 11 luglio 1984, n. 190. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 46, primo comma e 48 (artt. 36 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Sanremo, ordinanze (cinque) 11 gennaio 1984, nn. 322-326, G. V. 4 luglio 1984, n. 183. Commissione tributaria di primo grado di Sanremo, ,ordinanza 11 gennaio 1984, n. 477, G. V. 11 luglio 1984, n. 190. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 51 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Terni, ordinanza 31 marzo 1983, n. 554/84, G. V. 17 ottobre 1984, n. 287. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, ordinanza 10 dicembre 1983, n. 98/84, G. V. 18 luglio 1984, n. 197. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Commissione tributaria di secondo grado di Macerata, ordinanza 19 ottobre 1983, n. 336/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. Commissione tributaria di primo grado di Temi, ordinanza 31 marzo 1983, n. 554/84, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. Commissione tribut;;tria di primo grado di Terni, ordinanza 31 marzo 1983, n. 553/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 23, secondo comma, lett. c) (artt. 3, 38, 53, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, ordinanza 28 aprile 1983, n. 344/84, G..U. 4 luglio 1984, n. 183. Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, ordinanza 26 maggio 1983, n. 345/84, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 46, 47 e 55 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Livorno, ordinanza 30 gennaio 1980, n. 413/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 47 e 55 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Imperia, ordinanza 8 febbraio 1984, n. 542, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Siracusa, ordinanza 6 aprile 1981, n. 87/84, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34, ultimo comma (artt. 3, 38, 53, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, ordinanza 28 aprile 1983, n. 344/84, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, ordinanza 26 maggio 1983, n. 345/84, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 42 (artt. 36 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo �grado di Sanremo, ordinanze (cinque) 11 gennaio 1984, nn. 322-326, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. Commissione tributaria di primo grado di Sanremo, ordinanza 11 gennaio 1984, n. 477, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 42 (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria �di primo grado di Livorno, ordinanza 16 settembre 1983, n. 412/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 (artt. 3 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Cuneo, ordinanza 20 ottobre 1983, n. 97/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (artt. 3 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Cosenza, ordinanza 14 febbraio 1980, n. 327/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 21 marzo 1979, n. 508/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 18 aprile 1979, n. 569/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98, sesto comma (artt. 3, 24, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 18 aprile 1979, n. 569/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. legge reg. Lombardia 25 novembre 1973, n. 48, art. 85, primo comma (art. 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 26 aprile 1983, n. 401/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. t.u., 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 13, primo comma (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 19 ottobre 1983, n. 457/84, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, primo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 19 ottobre 1983, n. 456/84, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 92, settimo comma (artt. 3 e 98 della Costituzione). Consiglio nazionale dei geometri ordinanze (sei) 3 maggio 1983, nn. 446451/ 84, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 133, primo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione sesta giurisdizionale, ordinanza 16 dicembre 1983, n. 441/84, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge reg. Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, art. 14 (art. 117 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 8 giugno 1983, n. 376/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. Tribunale di Como, ordinanze (due) 10 giugno 1983, nn. 377 e 378/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. I !I PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 44 (artt. 3, 21 e 41 della Costituzione). Tribunale di Alessandria, ordinanza 15 marzo 1984, n. 452, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 5, quarto e sesto comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bergamo, ordinanza 26 settembre 1983, n. 442/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 18 aprile 1975, n. llO, art. 5, ultimo cpv. (art. 3 della Costituzione). Pretore di Breno, ordinanza 16 febbraio� 1984, n. 439, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 15 (a_rtt. 3 e 25 della Costituzione). Pretore di Sestri Ponente, ordinanza 20 gennaio 1984, n. 249, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge reg. Emilia-Romagna 14 maggio 1975, n. 30, art. 15, quarto comma (art. 117 della Costituzione). Pretore di Forl�, ordinanza 29 dicembre 1983, n. 482/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 22 maggio 1975, n. 152, art. 19, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Arezzo, ordinanza 23 febbraio 1984, n. 472, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 10, quinto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 1� dicembre 1983, n. 213/84, G. U. 14 agosto 1984, n. 224. legge 8 luglio 1975, n. 306, artt. 8, 9, 10, ll e 12 (artt. 10 e 11 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, ordinanza 27 aprile 1983, n. 204/84, G. U. 14 agosto 1984, n. 224. legge prov. di Bolzano 12 luglio 1975, n. 35, art. 14-bis (artt. 8 e 9 dello statuto speciale reg. Trentino-Alto Adige). ' Tribunale di Bolzano, ordinanza 7 febbraio 1984, n. 444, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 22 luglio 1975, n. 319, art. 7 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 27 dicembre 1983, n. 164/84, G. U. 14 agosto 1984, n. 224. iB 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 47 cpv. e 50, secondo comma (artt. 3, 13 e 27 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 26 settembre 1983, n. 171/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 70 (art. 102 della Costituzione). Sezione di sorveglianza di Bologna, ordinanza 4 ottobre 1983, n. 822/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 29 aprile 1976, n. 177, art. 14 (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 19 ottobre 1983, n. 457/84, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 2 maggio 1976, n. 183, art. 22, ultimo comma (art. 81 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 25 ottobre 1983, n. 279/84, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 21, terzo comma (artt. 27 e 41 della Costituzione). Pretore di Pietrasanta, ordinanze (tre) 31 gennaio 1984, nn. 473-475, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. Pretore di Pietrasanta, ordinanza 13 gennaio 1984, n. 476, G. U. 3 ottobre 1984, n. 4_73. d.I. 13 maggio 1976, 11. 227, art. 42, settimo comma [convertito in legge 29 maggio 1976, n. 336] (artt. 3, 51 e 120 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia, ordinanza 24 novembre 1983, n. 581/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 8 ottobre 1976, n. 690, art. 1-quater (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Verona, ordinanza 9 febbraio 1984, n. 340, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. � Tribunale di Verona, ordinanza 9 febbraio 1984, n. 479, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge reg. Basilicata 8 febbraio 1977, n. 10, art. 28 (artt. 97, 118 e 128 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, ordinanza 24 febbraio 1983, n. 366/84, G. U 19 settembre 1984, n. 259. d.l. 3 dicembre 1977, n. 876, art. 1 [conv. in legge 3 febbraio 1978, n. 18 e prorogato con legge 26 novembre 1979, n. 598] (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 20 ottobre 1983, n. 200/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge reg. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 42 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 18 gennaio 1984, n~ 558, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. d.P.R. 6 dicembre 1977, n. 914, art. 5 (artt. 3 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria cli secondo grado cli Catania, ordinanza 24 febbraio 1982, n. 144/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 4 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale cli Pisa, ordinanza 26 ottobre 1983, n. 163/84, G. U. 11 luglio 1984, Il. 190. legge 9 dicembre 1977, n. 903, artt. 6 e 8 (artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione). Pretore cli Milano, orclinanrn 19 ottobre 1983, n. 151/84, G. U. 18 luglio 1984, Il. 197. d.I. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [conv. nella legge 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Alessandria, ordinanzR 10 novembre 1983, n. 316/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 2 febbraio 1978, n. 30, art. 9 (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 16 novembre 1983, n. 570/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 59 (art. 81 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 25 ottobre 1983, n. 279/84, G. U. S settembre 1984, n. 245. legge 27 luglio 1978, n. 392 (artt. 70 e 72 della Costituzione). Corte d'appello di Palermo, ordinanza 20 maggio 1983, n. 393/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 2, 3, 31, 32 e 42 della Costituzione). Pretore di Guardia Sanframondi, ordinanza 30 gennaio 1984, n. 261, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 58 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Tivoli, ordinanze (tre) 10 dicembre 1983, nn. 139-141/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 58 (art. 42 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanze (dieci) 28 gennaio 1984, nn. 529-538, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO Pretore di Napoli, ordinanze (due) 3 febbrai0 1984, nn. 539 e 540, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. Pretore di Napoli, ordinanze (sei) 8 febbraio 1984, nn. 523-528, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. Pretore di Napoli, ordinanza 10 febbraio 1984, n. 541, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. Pretore di Napoli, ordinanza 20 settembre 1983, n. 827/84, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. � Pretore di Napoli, ordinanza 28 gennaio 1984, n. 828, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3, 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Pretore di San Severo, ordinanza 15 dicembre 1983, n. 240/84, G. U. 14 agosto 1984, n. 224. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 6 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Sestri Poner:ite, ordinanza 30 gennaio 1984, n. 478, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16 (artt. 3, 24 e, 113 della Costituzione). Pretore di Valentano, ordinanza 5 dicembre 1983, n. 351/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado d� Genova, ordinanza 16 marzo 1982, 11. 361/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 30, 46 e 84 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Pizzo Calabro, ordinanze (sette) 3 marzo 1984, nn. 386-392, G. U. I 0 agosto 1984, n. 211. Pretore di Pizzo Calabro, ordinanza 4 febbraio 1984, n. 515, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 58 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Aversa, ordinanze (due) 25 gennaio 1984, nn. �352 e 353 G. U. 4 luglio 1984, n. 183. Pretore di Aversa, ordinanza 7 dicembre 1983, n. 142/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. Pretore di Aversa, ordinanza 23 gennaio 1984, n. 247, G. V. 22 agosto 1984, n. 231. Pretore di Alessandria, ordinanza 6 dicembre 1983, n. 266/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. Pretore di Milano, ordinanza 14 dicembre 1983, n. 410/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. Tribunale di Roma, ordinanza 6 febbraio 1984, n. 454, G. U. 26 settembre 1984., n. 266. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 26 settembre 1983, n. 284/84, G. U.�4 luglio 1984, 11. 183. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Pretore di Palermo, ordinanza 31 ottobre 1983, n. 286/84, G. U. 4 luglio 1984, n. 183. Pretore di Palermo, ordinanza 31 ottobre 1983, n. 285/84, G. U. 5 settembre 1984, .n. 245. Pretore di Brindisi, ordinanze (due) 14 febbraio 1984, nn. 800 e 801, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. Pretore di Maglie, ordinanza 5 aprile 1984, n. 572, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 60 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Sassari, ordinanza 25 febbraio 1984, n. 496, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 65, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 15 dicembre 1983, n. 804/84, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. legge 27 luglio 1978, n. 392 artt. 67 e 68 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Palermo, ordinanza 20 maggio 1983, n. 393/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 7, primo comma (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Belluno, ordinanza 15 novembre 1983, n. 384/84, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. Iegge prov. Trento 18 novembre 1978, n. 47, art. 3 (art. 24 Cost. e 8 e 9 statuto di autonomia). � Pretore di Pergine Valsugana, ordinanza 10 dicembre 1983, n. 86/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. legge 21 dicembre 1978, n. 843, artt. 16 e 18 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Alessandria, ordinanza 10 novembre 1983, n. 316/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Asti, ordinanza 1� dicembre 1983, n. 96/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. Pretore di Forl�, ordinanze (tre) 10 novembre 1983, nn. 573-575/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 57 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 394/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 57 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Vicenza, ordinanza 27 dicembre 1983, n. 194/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. 118 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 57, primo e secondo comma (art. 3, della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 8 marzo 1984, n. 792, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. Pretore di Pisa, ordinanza 16 marzo 1984, n. 793, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. 118 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 57, primo e secondo comma (art. 3, della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 8 marzo 1984, n. 792, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. Pretore di Pisa, ordinanza 16 marzo 1984, n. 793, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 76 (artt. 3, 32, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 7 dicembre 1983, n. 152/84, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. legge reg. Basilicata 2 febbraio 1979, n. 4, art. 15, primo comma (art. 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, ordinanza 27 gennaio 1984, n. 806, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. legge reg. Toscana 19 febbraio 1979, n. 10, artt. 2, 3 e 8 (artt. 3, 16, 31, 32, 35, 41 e 117 della Costituzione). Tribunale di Siena, ordinanza 16 dicembre 1983, n. 235/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge 2 aprile 1979, n. 97, art. 15 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 26 novembre 1983, n. 502/84. G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge reg. Toscana 17 agosto 1979, n. 38, artt. 40 e 48 (artt. 3, 35, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Toscana, ordinanza 11 novembre 1982, n. 596/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge reg. Veneto 24 agosto 1979, n. 64, art. 4 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 26 marzo 1984, n. 495, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. legge reg. Lazio 6 dicembre 1979, n. 93, art. 2 (art. 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 8 aprile 1983, n. 234/84, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. legge reg. La~io 6 dicembre 1979, n. 94, art. 1, n. 2 (art. 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 8 aprile 1983, n. 234/84, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. d.I. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3 [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 394/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3 [conv. con modif. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Alessandria, ordinanza 30 novembre 1983, n. 265/84, G. V. 29 agosto 1984, n. 238. Pretore di Milano, ordinanza 28 dicembre 1983, n. 317/84, G. V. 12 settembre 1984, n. 252. d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3, primo comma, lettera b) [conv. con modif. nella legge 29 febbraio 1980, n. 33] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanza 13 gennaio 1984, n. 250, G. V. 29 agosto 1984, Il. 238. legge 21 febbraio 1980, n. 28 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 23 febbraio 1983, n. 256/84, G. V. 25 luglio 1984, n.. 204. legge 29 febbraio 1980, n. 33 [di conversione dell'art. 3 del d.l. 30 dicembre 1979, n. 633] (artt. 3, 32, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 7 dicembre 1983, n. 152/84, G. V. 25 luglio 1984, n. 204. legge 29 febbraio 1980, n. 33, art. 3, punto b) (artt. 2, 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 21 novembre 1983, n. 365/84, G. V. 19 settem� bre 1984, n. 259. legge 29 febbraio 1980, n. 33 art. 14 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Forl�, ordinanze (tre) 10 novembre 1983, nn. 573-575/84, G. V. 12 settembre 1984, n. 252. d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538 (artt. 3, 32, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 7 dicembre 1983, n. 152/84, G. V. 25 luglio 1984, n. 204. d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. I (artt. 3, 53 e 97 della Costituzione). Pretore di Forl�, ordinanze (quattro) 1� marzo 1984, nn. 458-461, G. V. 10 ottobre 1984, n. 280. d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. I, terzo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 21 marzo 1984, n. 506, G. V. 26 settembre 1984, n. 266. legge 11 luglio 1980, n. 312, artt. 46, 51, 152 e 160 (artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 11 gennaio 1984, n. 433, G. V. 3 ottobre 1984, n. 273. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 120 d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 23 febbraio 1983, n. 256/84, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 13, primo e terzo comma (artt. 3, 36, 51 e 97 -:=della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 14 dicembre 1983, n. 453/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 4, 5, 6, 7, 10, 22 e 29 (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 31 dicembre 1983, n. 363/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 4, 5 e 7 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 25 novembre 1983, n. 382/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 10 e 22 (artt. 3, 31, 33, 35, e 38 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 24 gennaio 1983, n. 397/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 10, terzo comma, e 24 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 27 dit:embre 1983, n. 164/84, G. U. 14 agosto 1984, n. 224. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 22 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 30 novembre 1983, n. 419/84, G. U. 26 settem� bre 1984, n. 266. legge 30 dicembre 1980, n. 895, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Asti, ordinanza 1� dicembre 1983, n. 96/84, G. U. ~8 luglio 1984, n. 197. legge 3 gennaio 1981, n. 6, artt. 2, settimo comma, e 9, terzo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinan7a 9 novembre 1982, n. 432/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] (artt. 2, 23 e 53 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 394/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. I; lli1 ( ! ! 1:~: ti' PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. nella legge 26 settembre 1981, n. 537] (artt. 3, 32, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 7 dicembre 1983, n. 152/84, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. d.I. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 9 gennaio 1984, n. 195, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. Pretore di Alessandria, ordinanza 30 novembre 1983, n. 265/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. Pretore di Milano, ordinanza 28 dicembre 1983, n. 317/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. Pretore di Sondrio, ordinanza 21 marzo 1984, n. 506, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. d.I. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] (artt. 3, 53 e 97 della Costituzione). Pretore di Forl�, ordinanze (quattro) 1� marzo 1984, nn. 458-461, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12, sesto comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Vicenza, ordinanza 27 dicembre 1983, n. 194/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. legge 26 settembre 1981, n. 537, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Asti, ordinanza 1� dicembre 1983, n. 96/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 8 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Biella, ordinanza 10 gennaio 1984, n. 480, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 21, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Piacenza, ordinanza 29 novembre 1983, n. 170/84, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. Pretore di Modena, ordinanza 11 gennaio 1984, n. 255, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. Pretore di Piacenza, ordinanza 18 gennaio 1984, n. 306, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. legge 24 ~ovembre 1981, n. 689, artt. 53 e 77 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Montecchio Emilia, ordinanza 12 dicembre 1983, n. 102/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. Tribunale di Modena, ordinanza 27 gennaio 1984, n. 418, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. Pretore di Livorno, ordinanza 28 marzo 1984, n. 518, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 77, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Assisi, ordinanza 31 gennaio 1984, n. 356, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 77 e 126 (artt. 3 e 101 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 settembre 1983, n. 245/84, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo comma, 54 e 77, primo e secondo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Gubbio, ordinanza 11 novembre 1983, n. 162/84, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. Tribunale di Modena, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 283/84, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo comma, e 77 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 16 dicembre 1983, n. 355/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo comma, e 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Frattamaggiore, ordinanze (due) 26 marzo 1984, nn. 560 e 561, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo comma, e 77 primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 12 gennaio 1984, n. 224, G. U. 18 luglio 1984, Il. 197. Tribunale di Forl�, ordinanza 11 luglio 1983, n. 223/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. Pretore di Gubbio, ordinanze (due) 10 febbraio 1984, n. 492 e 493, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo e secondo comma, e 77, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Vigevano, ordinanza 22 novembre 1983, n. 281/84,__ G. U. 5 settembre 1984, n. 245. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60, penultimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Chioggia, ordinanza 16 febbraio 1984, n. 520, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. ! ~ p PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 12J legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Vigevano, ordinanza 13 ottobre 1983, n. 92/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. Pretore di Livorno, ordinanza 15 dicembre 1983, n. 137/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. Pretore di La Spezia, ordinanze (due) 14 febbraio 1984, nn. 467 e 468, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. Pretore di Catanzaro, ordinanza 23 novembre 1983, n. 360/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. Pretore di Camposampiero, ordinanze (tre) 10 gennaio 1984, nn. 371-373, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. Pretore di Fidenza, ordinanza 18 ottobre 1983, n. 471/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 226. Pretore di Mantova, ordinanza 21 gennaio 1984, n. 469, G.U. 26 settembre 1984, n. 266. Pretore di Gavirate, ordinanza 6 febbraio 1984, n. 445, G.U. 26 settembre 1984, n. 266. Tribunale di Padova, ordinanza 23 febbraio 1984, � n. 517, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. Pretore di La Spezia, ordinanza 13 marzo 1984, n. 499, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. Pretore di Mantova, ordinanza 27 febbraio 1984, n. 555, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Gubbio, ordinanza 10 febbraio 1984, n. 492, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. Pretore di Siena, ordinanza 17 febbraio 1984, n. 595, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. � legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (artt. 3, 24 e 27 della Costituzione). Tribunale di Bari, ordinanza 23 marzo 1984, n. 580, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Acqui Terme, ordinanza 2 febbraio 1984, n. 443, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77, primo comma (artt. 3, 24 e 27 della Costituzione). Pretore di Grumello del Monte, ordinanze (tre) 7 giugno 1983, nn. 577-579/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Poggibonsi, ordinanza 16 gennaio 1984, 11. 320, G.U. 12 settembre 1984, n. 252. Pretore di Poggibonsi, ordinanza 30 gennaio 1984, n. 321, G.U. 12 settembre 1984, n. 252. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 124 legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77, primo e secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Poggibonsi, ordinanza 5 1narzo 1984, n. 522, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 92 (artt. 2, 3 e 32 della Costituzione). Giudice istruttore Tribunale di Novara, ordinanza 3 febbraio 1984, n. 466, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 98 (art. 2 e 112 della Costituzione). Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 6 gennaio 1984, n. 548, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 139 (artt. 3, 25 e 27 della Costituzione). Pretore di Citt� di Castello, ordinanza 6 aprile 1984, n. 834, G. U. 31 ottobre 1984, n. 301. d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 6 [conv. in legge 26 febbraio 1982, n. 54] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 27 dicembre 1982, n. 582/84, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 14, quinto comma, lett. b) [convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94] (artt. 3, 24, 31 e 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanze (due) 29 novembre 1983, nn. 358 e 359/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 15-bis [convertito con modif. nella legge 25 marzo 1982, n. 94] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 23 dicembre 1983, n. 211/84, G. U. 14 agosto 1984, n. 224. Pretore di Poggibonsi, ordinanza 21 gennaio 1984, n. 263, G. U. 29 ago sto 1984, n. 238. Pretore di Monza, ordinanza 19 gennaio 1984, n. 35'7, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. Tribunale di Sanremo, ordinanza 25 febbraio 1984, n. 484, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. Tribunale di Sanremo, ordinanza 21 marzo 1984, n. 485, G. U. 17 octobre 1984, n. 287. Pretore di Pavia, ordinanza 25 febbraio 1984, n. 594, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. legge 25 marzo 1982, n. 94, art. 15-bis (art. 3 della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanze (due) 1� febbraio 1984, nn. 367-368, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 13 dicembre 1983, n. 369/84, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. : . PARTE II, RA~EGNA DI LEGISLAZIONE i2Y Pretore di Roma, ordinanza 3 novembre 1983, n. 83/84; G. U. 11 luglio 1984, n. 190. Pretore di Milano, ordinanza 15 dicembre 1982, n. 219/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. � Pretore df Fidenza, ordinanza 2 novembre 1983, n. 155/84, G. U. 25 luglio 1984, a~ . Pretore di Roma, ordinanza 23 dicembre 1983, n. 233/84, G. U. 1� agosto 1984, n. 211. Pretore di Ravenna, ordinanza 30 gennaio 1984, n. 349; G. U. 12 settembre 1984, n. 252. Pretore di Roma, ordinanza 18 gennaio 1984, n. 380, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. Pretore di P�rtna,. ordinanza 6 maggio 1983, n. 409/84, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 22 aprile 1982, n. 168; art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione triputaria di primo grado di Como, ordinanza 20 febbraio 1984, n. 414, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 . (artt. 3 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 8 'marzo 1984, n. 792, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. Pretore di Pisa, ordinanza 16� marzo 1984, n.� 793, �G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3, 32, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 7 dicembre 1983, n. 152/84. G. U. 25 luglio 1984, n. 204. � � � legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 9 gennaio 1984, n. 195, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. Pretore di Milano, ordinanza 28 dicembre 1983, n. 317/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. Pretore di Sondrio, ordinanza 21 marzo 1984, n. 506, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3, 53 e 97 della Costituzione). Pretore di Forl�, ordinanze (quattro)� 1� matzo 1984, nn. 458-461, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, primo e quarto comma (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 394/84, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. 126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW' STATO legge '26 aprile 1982, n. 181, art; 14, quarto comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretdre� di Vicenza; ordinanza Z7 dicembre 1983, Ii. 194/84, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. Pretore di Alessandria, ordinanza 30� novembre 1983, .n; 265/84,i G. U. 29 agosto 1984, n. 238. legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 25 (artt. 3 e 41 della Costituzione). � Triburi.ale di Ferino, ordinanze (due) 16 �dicembre 1983; nn. 463-464, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. Tribunale di Fermo, ordinanza 13 gennaio 1984, n. 487, G. U. 17. ottobre 1984, n. 287. Tribunale di Fermo, ordinanze (quattro) 20� gennaio ,1984, nn. 488-491, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25, 26, 27 e 29 (artt.. 3, 4, 41, 42, 43, 44 e 46 della Costituzione). � Corte d'appello di Venezia, ordinanza 16 novembre. 1983, n. 423/84, �. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 3 maggio 1982, D. 203, artt. 25, 26, 28 e 30 (artt. 3, 4, 41, 42, 43 e44 della Costituzi�ne}. Tribunale di �hieti, ordinanze (due) 21 dicembre 1983, nn. 512 e 513/84, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. Tribunale di Chieti, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 514/84, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25, 26, 28, 30 e 31 (artt. 3, 4, 41, 42, 43 e 44 della Costituzione). Tribunale di Reggio Emilia, ordinanze (tre) 7 novembre 1983, nn. 586-588/84, G. U. 12 settembre� �984; n. 252. � � . � legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25, 26 e 29 (artt. 3, 41, 42, 43 e 44 della Costituiione). � Corte d'appello qi Venezia, ordinanza 15 febbraio 1984, n. 403, G. U. 26 sett�mbre 1984, n. 266. � legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 31, terzo comma, u. p. (artt. 24 e 102 della Costituzione). Tribunale di Lecce, ordinanza 18 gennaio 1984, n. 440, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 29 maggio 1982, n. 297, .art. 5, secondo e terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di .Roma, ordinanza 1� marzo 1984, n. 470, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . , '� � Pretore� di S�luzzo,. ordinanza 27 febbraio 1984, n. 566, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. Pretore di Frosinone, ordinanza 12 marzo 1984, n. 563, G. U. 24 ottobre 1984, I),. ,294. legge 29 maggio 1982, ri. 297, art. 5, terzo comma (artt. 3 e .36 della Costituzione). Pretore di Montecchio Emilia, ordinanza 14 dicembre 1983, .n. 103/84, G. U. 18 luglio 1984, n. 197. Pretoi:e di Corteolona, ordinanza 17 febbraio 1984, n. 510, �;. u. 17 ottobre 1984, n. 287. Pretore di Corteolona, ordinanza 23 febbraio 1984, n. 511, G.U. 17 ottobre 1984, n. 287. dJ. 10 luglio 1982, n. 429, art. 16 [conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516] (artt. 3 e 97 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 20 dicembre 1983,. n, 810/84, G. V. 31 ottobre 1984; n. 301. legge 12 agosto 1982; n. 532, art. 17 (a.rtt. 3, 13 e 24 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Roma, ordinanza 16 dicembre 1983, n. 348/84, G. U. 29 agosto 1984, n. 238. Tribunale per i minorenni di Roma, ordinanza 16 dicembre 1983, -n. 347/84, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. legge reg. Piemonte 27 agosto 1982, n. 22, art. 3, secondo comma (artt. 41 e 117 della Costituzione). Tribunale �amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 25 gennaio 1984, n. 837, G, U. 31 ottobre 1984, n. 301. d.l. 30 settembre 1982, n. 688, art. 9 (artt. 3, 77 e 79 della Costituzione). Pretore di S. Don� di Piave, orqinanza 9 novembre 1983, n. 85/84, G. U. 4 luglio 1984, n. 183; d.l. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19 [convertito in legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3, 11, 23 e 24 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 8 giugno 1983, n. 435/84, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. d.l. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19 [conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 11, 23 e 24 della Costituzione). Tribunale di Ancona,' ordiri�nza 13 febbraio 1984, n. 590, G. U. 31 ottobre 1984, n; 301. d.L 30 s�tteml;lre 1982,. n. 688,. art. 19,, primo e secondo comma [conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3, 11 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Brescia, ordinanza 14 marzo 1984, n; 557, G. U. 17 ottobre 1984, n. 287. 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Corte d'appello di Firenze, ordinanze (due) 3 febbraio 1984, nn. 567 e 568, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. legge 20 ottobre 1982, n. 773, art. 2, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 11 novembre 1983, n. 812/84, G. U. 31 ottobre 1984, n. � 301. legge 20 ottobre 1982, n. 773, art. 2, primo comma, e 23 (art. 38 della Costituzione). Pretore �di Ancona, ordinanza 11 novembre 1983, n. 812/84, G. U. 31 ottqbre 1984, .t;i� 301. d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 14 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3 e. 53 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 9 gennaio 1984, n. 195, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. dJ. 12 settembre 1983, n. 463, art. 14; primo collima [conv. con modif. nella legge 11 novembre 1983, n. 638] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanza 13 gennaio 1984, n. 250~ G. U. 29 agosto ' 1984, n. 238. dJ. 12 settembre 1983, n. 464, art. 4, quarto comma [e legge di conversione 11 novembre 1983 n. 638] (artt. 3, 32, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 7 dicembre 1983, n. 152/84, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. d.l. 5 ottobre 1983, n. 529 (artt. 2 e 97 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 11 ottobre 1983, n. 481/84, G. U. 26 settembre 1984, .n..266. legge 11 novembre 1983,. n. 638, art. 14 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di La Spezia, ordinanza 6 febbraio 1984, n. 383, G. U. 19 settembre 1984, n. 259. legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 20 febbraio 1984, n. 402, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge U novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3, 53 e 101 della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 24 dicembre 1983, n. 236/84, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. Pretore di La Spezia, ordinanza 18 gennaio 1984, n. 462, G. U. 26 settem� bre 1984, n. 266. Pretore di Pisa, ordinanza 8 marzo 1984, n. 792, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. Pretore di Pisa, ordinanza 16 marzo 1984, n. 793, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14, primo e secondo conuna (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 13 gennaio 1984, n. 244, G. U. 22 agosto 1984, n. 231. legge 27 dl~mbre 1983, n. 730, art. 33 (artt. 3, 23 e 53 della C9stituzione). Pretore di Roma, ordinanza 20 febbraio 1984, n. 402, G. U. 26 settembre 1984, n. 266. legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33 (artt. 3, 53 e 97 della Costituzione). Pret�re di Forl�, ordinanze (quattro) 1� marzo 1984, nn. 458461, G. U. 10 �ttobre 1984, n.. 28o. cLL 15. febbraio 1984, n. .10, art. 3 (artt. 3, 36 e 39 della Costituzione). Pretore di Bologna, �ordinanza 12 marzo 1984, n. 505, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. Pretore di Bol<>gna, ordinanza 16 marzo 1984, n. 504, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. d.I. 17 aprile 1984, n. 70, art. 3 [cos� come convertito dalla legge 12 giugno 1984, n. 219) (artt. 3, 36 e 39 della Costituzione). Pretore di Sestri Ponente, ordinanza 5 luglio 1984, n. 1071, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. cLL 17 aprile 1984, n. 70, art. 3 (art. 39 della Costituzione). Pretore di Pavia, ordinanza 21 maggio 1984, n. 932, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. d.L 17 aprile 1984, n. 70, artt. 3 e 4 (artt. 3, 36, 39, 70 e 77 della Costituzione). ' Pretore di Roma, ordinanze (tre) 11 giugno 1984, nn. 1048-lOSO, G. U. 3 ottObre 1984, n. 273. legge 16 maggio 1984, n. 138, art. 5 (artt. 97, 117 e 123 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 5 luglio 1984, n. 18, G. U. 25 luglio 1984, n. 204. legge 16 maggio 1984, n. 138, art. 5, primo ed ultimo comma (art. 3 statuto speciale regione Sardegna). Regione Sardegna, ricorso 19 giugno 1984, n. 16, G. U. 11 luglio 1984, n. 190. . d.I. 24 maggio 1984, n. 153 (artt, 77, 115, 116, 119 e 136 della Costituzione e 2, 12, 14 e SO dello statuto della reg. aut. Valle d'Aosta). Regione aut. Valle d'Aosta, ricorso 28 giugno 1984, n. 17, G. U. 25. luglio 1984, n. 204. 11(} RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO d.l. 24 maggio 1984, n. 153, artt. l, teb:o �comma, 2, .3� e 4 �(attt: 119, 3 e�~7 �della Costituzione). � Regione Toscana, r�corso 6 'luglio 1984; n. 19, G . .U. 1� agosto.1984, n. 21L d.I. 29 maggio 1984, n. 176 (artt. 117, 118, 124, 97 e 77 della Costituzione). Regione Toscana, rie�rso 12 luglio 1984~ n. 22, G. V. 1� ag�Sto 1984, 'n: 211. legge 4 giugno 1984, n. 194, artt. 3, primo e secondo cpv., 5, 6, 7, 9, 11, primo, secondo, quarto e quinto comma, 13, primo comma e 17 (artt. 117, 118, 119 e 136 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 12 luglio 1984, n. 23, G. U. 8 agosto 1984, n. 218. Regione Emilia-Romagna, ricorso 12 luglio 1984, n. 24, G. U. 8 �agosto 1984, n. 218. legge 4 giugno 1984, n. 194, artt. 16, primo e secondo comma, e 19; secondo comma (artt. 3; 8, nn. 7, 8, 15, 16 e 21; 16; 78 e 79 dello statuto Trentino-Alto Adige). . Provincia� autonoma di Bolzano, ricorso 12 luglio 1984, .n. 20, G.. U. 25 luglio 1984, n. 204. legge 4 giugno 1984, n. 194, artt. 16, primo e secondo c~a, e. 19, secondo comma (artt. 8, n. 21; 16 e 78 dello statuto reg. Trentino-Alto. Adige). Provincia aut. di Trento, ricorso 12 luglio 1984, n. 21, G. f!. 1� agosto 1984, n. 211. legge 15 giugno 1984, n. 245 (artt. 4, n. 11 e 12, 44 e 47 ~ello statuto speciale reg. Friuli-Venezia Giulia). Regione 'Friuli-Venezia Giulia, ricorso 27 luglio 1984, n. 25; G. U. 5 Settembre 1984, n. 245. legge U giugno 1984, n. 245, art. 2 nel suo complesso e, in particolare, terzo ed ultimo comma (artt. 8, n. 5, n. 17, n. 18; 14, primo comma e 16, primo comma dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). � Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 27 luglio 1984, n. 26, G. U. 5 settembre 1984, n. 245. legge 15 giugno 1984, n. 246, art. 3, terzo e sesto c0mma (artt. 8, n. 14 e n. 17; 9, n. 8; e 16 dello statuto speciale reg. Trentino-Alto Adige). Provincia autonoma di Trento, ricorso 27 luglio 1984, n. 28, G. U. 12 settembre 1984, n.. 252. legge 15 giugno 1984, n. 246 nel suo complesso e, in particolare, artt. 3, terzo e sesto comma; 6, primo, quinto e sesto comma, e 7 (artt. 8, nn. 5, 6, 14, 17 e 19; 9, n. 3 e n. 8; 15, primo comma; 16, primo comma, e '78 dello st�tuto reg. Trentino-Alto Adige). 1 Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 27 luglio 1984, n: 27, G. U. 12 settembre 1984, n. 252. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 4 agosto 1984, n. 424, art. 1 (art. 117 della Costituzione). Regione Liguria, ricorso 6 settembre 1984, n. 29, G. U. 3 ottobre 1984, n. 273. legge 4 agosto 1984, n. 464, artt. 1, 2 e 3 (artt. 8, nn. 1), 14), 17), 24); 9, n. 9); 14 e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 17 settembre 1984, n. 30, G. U. 10 ottobre 1984, n. 280. dJ. 29 agosto 1984, n. 519, art. 3 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 11 ottobre 1984, n. 33, G. U. 24 ottobre 1984, Il. 294. d.l. 29 agosto 1984, n. 519, art. 3 (artt. 2 e 4 dello statuto della regione Valle d'Aosta). Regione autonoma Valle d'Aosta, ricorso S ottobre 1984, n. 32, G. U. 24 ottobre 1984, n. 294. d.I. 29 agosto 1984, n. 521 (artt. 3, 97, 117 e 119 della Costituzione). Regione Toscana, ricorso 2 ottobre 1984, n. 31, G. U. 24 ottobre 1984, Il. 294. INDICE �BmLIOGlt.AFICO delle opere aclJUisite dalla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato INDICE �BmLIOGlt.AFICO delle opere aclJUisite dalla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato NUOVE ACQUISIZIONI DELLA BIBLIOTECA DIRITTO AMMINISTRATIVO Atti del convegno C.1.D.I.S. (lesolo, 21-23 settembre 1979) Investimento e patrimonio edilizio nell'ordinamento vigente e nelle prospettive di evoluzione. Padova, Cedam, 1983, . .. . ' . �.� Atti del convegno di ; studi �(Napoli, 26-28 novembre 1981), Beni. culturali ed interessi religiosi. Napoli, Jovene, 1983. Atti del XXVI1 convegno di studi .di scienza dell'Amministrazione (Varenna, VUia Monastero, 17~19 settembre 1981). Il giudizio di ottemperanza. Milano, Gi�ffr�/1983.. . CARULLO Antonio, L'edificabilit� dei suoli dalla �legge Bucalossi � al �decreto Nicolaui �. Padova; Cedam; 1983. <:;AVALLO Bruno, DI PLINIO Giampiero, Manuale di diritto pubblico del1 l'economia. Milano, Giuffr�, 1983. C�CALA Mario. 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