ANNO XXXIV 4-5 LUGLIO-OTTOBRE 1982 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di serv1z10 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

ROMA 1982 



ABBONAMENTI 

ANNo ..........�....�...........�.. L. 25.600 


UN NUMERO SEPARATO .. .'.��..���� � � � � � � ���� � � � 4.700 

Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 
ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n. 387001 


Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(3219248) Roma, 1982 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 

defl'avv. Franco Favara) . pag.633 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
ZIONALE {a cura 
COMUNITARIA 
del/'avv. Oscar 
E INTERNA-
Fiumara) . � 675 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura degli avvocati Carlo Carbone, 
Carlo Sica e Antonio Cingolo) . � 697 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati 
Adriano Rossi e Antonio Catrical�) . . � . . � 741 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA 
del/'avv. Raffaele 
AMMINISTRATIVA 
Tamiozzo) . 
(a 
� 
cura 
� � 758 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a 
vocato Carlo Bafile) . � � 
cura dell'av� 
� � � � � 769 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio 
la Porta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) . . � 843 
Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avv.ti 
Paolo Di Tarsia Di Be/monte e Nicola Bruni) . � � 862 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE � . . � � � � � � � � � � � . � � � � pag. 167 


La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Giovanni CoNTU, Cagliari; 
Prancesco GUICCIARDI, Genova; Marcello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, 
L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Raffaele CANANZI, Napoli; Nicasio 
MANCUSO, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Francesco ARGAN, Torino; Maurizio 
DE FRANCHIS, Trento; Baolo.SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. 


NOTA REDAZIONALE 

L'indirizzo qwi pubb~icato � stato pronunciato 
.�J,a1l'Avvocato Generale dello Stato in 
occasione de1l'irnisediamento del Primo Presidente 
de1l:a CassazdOIIle Giuseppe MiraibeJ:li. 
Appena due wiorn~ ~ma 1s.i era svol~, :iinvece, 
UIIla cer1morua :JIIl onore del Pires~dente 
uscente Mario Ber�ri. 

In quell'oooasione l'Avvooato Generaile, nel 
riv~gere un saiLuto aJ Rresiidente Beni, aveva 
constatato come gli auspici formuiati aJJ'atto 
del �SUO insediamento si fossero pienamente 
realizzati nel corso di una feconda e felice 
Prima Presidenza. 

L'indiirizzo prornu1noiato dall'Avvocato Genera>
le in oocasiO!Ile dell'iinsediamento d~l 
Pr�sid�nte �Berri � staio pubblicato in questaRassegna nel n. 2 dd 1981. � � 

Tra i� primati, che sono stati test� illustrati, del Presidente Mirabelli 
c'� quello dell'immediatezza, che per la prima volta si verifica, della 
successione nell'altissima carica. 

C'� in questa immediatezza una continuit� di .sapore dinastico, con 
la sostituzione ovviamente al valore obsoleto del linguaggio di quello, ben 
pi� profondo, della nobilt� dello spirito e dell'elevatezza del pensiero. 

' Mi � gradito salutare in Giuseppe Mirabelli, sul piano personale, se 
egli me lo consente, l'amico illustre, al quale mi sento legato da un sentimento 
di antica e profonda ammirazione; come avvocato dello Stato 
ed a nome di tutti i colleghi saluto in lui il magistrato, il giurista, lo 
scienziato insigne; come servitore pubblico, quale mi onoro di essere, 
rendo omaggio al Grand Commis dello Stato, che ha dimostrato nella 
poliedricit� delle sue multiformi esperienze come nel giurista di razza 
si possano felicemente associare alla profondit� della scienza e alla 
dignit� dell'intemerata coscienza anche il senso dello Stato, come imperativo 
morale, ed il pragmatiSmo dell'azione, come espressione e aspirazione 
alla pi� completa realizzazione della propria personalit�. 

E la personalit� di Giuseppe Mirabelli si rivela tra le pi� compiute, 
suggestive ed ammirevoli, come testimonia il suo curriculum vitae. 


VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Uomo di pace, come tutti i giuristi saggi, assolve tuttavia i suoi doveri 
verso il Paese in guerra, pagando il tributo di una lunga prigionia. 

Uomo di scienza, concilia l'astrazione della teoria, insegnata dalla 
prestigiosa cattedra che fu di Andrea Torrente, con la concretezza del 
quotidiano cimento giudiziario. 

Uomo di toga, affronta l'esperienza dell'amministrazione attiva esercitando 
con capacit� ed efficienza compiti di alto impegno e responsabilit�. 


Le sue pubblicazioni scientifiche costituiscono punti fermi sullo 
sviluppo della dottrina giuridica, la sua carriera nella magistratura -fu 
primo nel concorso per l'Appello e in quello per la Cassazione -� un 
esempio raro e un ricordo dei tempi in cui il merito e il sacrificio personale 
erano la via maestra per il successo. Tempi verso i cui costumi, dopo 
non felici diverse esperienze, il pendolo della storia sembra avere iniziato 
il suo ritorno. 

Sono lieto ed onorato di essere tra quanti lo accolgono in questa 
aula con un saluto di benvenuto e mi sia consentito chiudere questo 
breve indirizzo con un augurio di � buon lavoro � che � anche la pi� 
facile delle profezie: sappiamo gi�, noi tutti qui riuniti, che la ;presidenza 
Mirabelli sar� per la Cassazione, per gli studiosi e gli operatori 
del diritto, per il P�~se, una d� quelle destinfl.fe a durare come indimen


ticabili nel tempo. . � � -� .. . .� . 

Sono questi il saluto e l'auspicio che formulo, caro Presidente, a 
nome dell'Avvocatura dello Stato -che ha il privilegio di essere la 
quotidiana interlocutrice di questa Suprema Corte -a nome di tutti i 
colleghi e mio personale con sentimenti di profonda ammirazione e di deferente 
amicizia. 

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ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI E QUESTIONI 

BAFILE C., Considerazioni sull'emersione di plusvalenze della societ� 
incorporante nell'operazione di fusione . . . . . . . . . . . . . pag. 769 

BAFILE C., Due diversi orientamenti nello stabilire gli effetti della 
dichiarazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 780 

DE 
$TEFANO A, Subingresso nella clausola compromissoria e successione 
nel rapporto di assegnazione di terreni soggetti alla riforma 
fondiaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

" 731 

FAVARA F., La �semplice estimazione� ed il controllo giurisdizionale 
sull'atto amministrativo di accertamento tributario . . . 

" 633 

FAVARA F., Un altro colpo alla legge Bucalossi n. 10 del 1977. 

" 644 

FIUMARA O., Sulle limitazioni alla libera circolazione dei cittadini comunitari 
per motivi di ordine pubblico; condizioni e garanzie 
procedurali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 687 

LA 
REDAZIONE, L'Avvocatura dello Stato e il patrocinio legale delle 
Regioni a statuto ordinario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

" 706 


PARTE PRIMA 
INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
PARTE PRIMA 
INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
AGRICOLTURA E FORESTE 

-Riforma agraria -Assegnmlione di terreni 
-Morte dell'assegnatarfo e rinuncia 
degM eredi al subentro -EstimJione 
del rapporto, con nota di 

A. DE STEFANO, 731. 
-Riforma agraria -Assegnazione di 
terreni -Morte dell'assegnatario Oggetto 
della successione, con nota 
di A. DE STEFANO, 731. 

- 
Riforma agmrfa -Controversie inerenti 
a pretese �indennit� mig1ioritarie 
-Giurisdizione dell'A.G.O. -
CondizioilJi e Mmi.ti, con nota di DE 
STEFANO, 731. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubblkhe -Arbitrato 
-Deolinatoria cli competenza 
arbitrale -Termine -Inderogabilit�, 

843. 
-Appalto dQ opere pubbliche -Arbitrato 
-Discip1ina del capitolato generale 
opere pubbMche -RJlevanza 
normativa -Derogabilit� convenzionale 
-Esclusione -Fattispecie -Facolt� 
di declinare la competenza arbitrale, 
843. 

-Appalto di opere pubbHche -Onerosit� 
e �difficolt� di esecuzione Equo 
compenso -Pronunzia che esclude 
derivare il diritto da fatto 
colposo dell'Amministrazione e 
spettare interessi per il corso del 

giudizio -Impugnazione della seconda 
parte per violazione delio 
art. 36 ult. cpv d.P.R. 16 lug1io 1962, 

n. 1063 -Infondatezza, 849. 
- 
Appalto di opere pubbliche -Pagamento 
del prezzo -Interessi -Decorrenza 
-Disciplina prevista dall'art. 
36 comma 4 capitolato gen. 
oo.pp. -Enti non soggetti a controllo 
preventivo del1a Corte dei conti -
ApplkaooHt� -Esclusione -Art. 1224 
cod. civ. -Si applfoa, 843. 

-Appailto di opere pubb1iche -PI'ezzo Interessi 
-Decorrenza -Discip1ina 
del capitolato gen. oo~pp. -Deroga 
alla disciplina codicistica -Il!eghtimit� 
-Esclusione, 849. 

-Appalto di opere pubb1iche -Regione 
SioiLiana -Anticipazioni -Recupero 
-In oaso di rescissiione -Modalit� 
-Previa approvazione della 
contabilit� firnale -Prescrizione -
D�correnza -Dalla 'approvazione, 853. 

-Appalto di opere pubblkhe -Regione 
sioi1iana -Anticipazioni -Recupero 
-Mediante ingjunzione fiscale 
-Legittimit�, 853. � 

-Onerosit� e difficolt� di esecuzione 
-Discip~ina previista dall'art. 1664 
cod. oiv. -App1icazione a cause non 
naturali -Esclusione, 843. 

ARBITRATO 

-Clausola compromissoria -Sua autonomia 
e sua estensibilit� nei confronti 
degM eredi della parte contraente 
-Condizioni, con nota di A. 
DE STEFANO, 731. 

-Questioni in terna idi potest� decisionale 
deg1i arbitri -lHlevabildt� di 
ufficio, con nota di A. DE STEFANO, 

731. 
ATTO AMMINISTRATIVO 

-Attestato -Efficacia probatortla 
Limiti, 767. 

-Presunzione di legittimit� -Ammissibilit� 
di prova contrartla -Criterii Limiti, 
767. 

AVVOCATURA DELLO STATO 

-Patrocinio degli enti pubblici non 
statali -Deliberazione -Atto ~nterno 
-Esistenza del mandato -Contestazione 
-Inammissibilit�, con nota 
deHa Redazione, pag. 706. 

�: 

P1Pat111�t11J11111r:111I::111f~mrrJr:�Ba1:ri1:iilirr(rrt11::;1]:11=~:=:r1111&rr11:1tr1fsr�4 



INDICE DELLA GIURISPRUDENZ/\ 

-Regioni a statuto ordinario -P1atrocilllio 
della Avvocatura -Re_gimi processuaii 
preV1isti dall'art. 1107 d.P.R. 

n. 616 del 1977 e dall'art. 10 della 
legge n. 103 del 1979 -Diversit� di 
discipLina -Incompatibd1it� -Esclusione 
-Indipendenza funz;ionale dell'Avvocatura 
nei rapporvi isHtuzJi.o. 
m~li fra le Ammilllistriaz;iomi statali e 
regionald a garanz;ia dell'unit� dell'ordinamento 
giuridico, con nota 
della Redazione, pag. 705. 
COMPETENZA CIVILE. 

-Impiego pubbliico e privato -Diritti 
patrimoniali -Svalutazione moneta11fa 
-Giurisdizione amministrativa, 
758. 

COMUNITA' EUROPEE 

-Corte di gJustizia -Pronuncia pregiiucliziaJe 
ai sensi dell'art. 177 del 
tmttato CEE -Richiesta da parte 
di un arbitro convenzionaile -Irnicevibilit�, 
con nota di P. G. FERRI, 675. 

-Libe:m circolaz;ione delle persone 
Limitazione di ordine pubblico 
Conclizioni, 680. 

-Libera oircolazione de!Ie persone 
Limitazdoni per motiv'i di ordine 
pubblico -Garan:llie proceduraii, 680. 

CONTABILITA' PUBBLICA 

-Contratto del)a p.a. riure prfvatorum 
-Disciplina del rapporto -Norma 
del coctiice civile -App1icabiiit� -
Manoato pagamento del canone di 
locaziione -Risoluzione -.Ammissibilit�, 
757. ' 

-Obbligazioni pecuniarie contrattuali 
-BsigibUit� e� liquidit� -Mandato 
di pagamento -Interessi corl'lispettiv.
i -Non decorrono:,prima dell'emissione 
-.Interessi moratori -Decorrono 
se � configurabile la mora, 

757. 
COSA GIUDICATA PENALE 

-Sentenza -Effetti -Giudicato penale 
-Rapporto con il giudizio ammd


nistratiivo -Diversa valutaz;ione dei 
fatti materiald accertati -Crtlter�i, 

766. 
DEMANIO 

-Bellezze panoramiche -Tutela dei 
Colli Euganei -Censura di incostituzionalit� 
della legge 1097 del 1971 
in relaz;ione agl1i artt. 3 e 42 della 
Costltu:llione -Infondatezza, 766. 

-Bellezze panoramiche -Tutela dei 
Colli Euganei -Censura di incostituzionalit� 
della legge 1097 del 1971 
in relaz;ione all'art. '117 Cost. ~ Infondatezza, 
766. 

-Demando archeologico -Tutela di 
beni archeologici -Vdncolo diretto Es~
genza di una mot�ivazion� specif,
ica -Sussdste, 767. 

-Servit� pubb1iche -Deputatio ad 
cultum -Atto dell'autorit� ecclesfastica 
-Prova -Esposizione sec�lare 
al pubblico -Presunzione di es,i


stehza dell'atto -Esclusione, 741. 

-Servit� pubbliche -� Deputatio ad 
cultum -Effett-i nell'orddnamento 
civ.ile, 741. 

-Servit� pubb1iche -Estinzione -Dipinto 
esposto in chiesa� e sosmtuito 
con una copia -Estinzione della 
servit� -Esclusione, .741. 

-Servit� pubbliche -Dicatio ad. patriam 
-Condizioni, 741. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Concorso di pi� enti nella realizzazione 
dell'opera pubbldca -Deleg.azio� 
n�, affidamento, finanziamento, sostituzione 
-Legittimazione (attiva e 
passiva) ' nei confronti -dei soggetti 
che subisc6no l'esproprio -lndividuaz;
ione, 750. � 

-Occupazione -Costruzione di opera 
pubblica pur in mancanza del decreto 
di esprop11io -Illecito permanente 
-Esclusione, 746. 

FALLIMENTO 

-Sentenza dichiarathna -Successiva 
sentenza .penale di condanna -Credito 
delle spese processuali -Na



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tura -Differenziaziione rispetto alle 
spese di custodia preventiva -Ammissione 
a:l passivo -Esclusione, 

751. 
GIURISDIZIONE CIVILE 

-Agevolazioni tributarie -Previo accertamento 
di presupposti di fatto 
tassativamente prescritti dalla legge 
-.Posizione di coltivatore diretto Accertamento 
-Esclusione di. autonom]
a e di valutazione discreziona


1.e -Illegittimit� -Giurisdi:zdone oroinaria, 
con nota della Redazione, 
706. 
-Giuri.sdi2lione ordinaria e amm1rnstrativa 
-Controversia relativa allo 
accertamento dei presupposti per la 
attribuzione delle entrate sostitutive 
di cui art. 7 d.P.R. 26 ottobre 197'2 

n. 6~8 -Giurisdizione. del' ~iidi�� ordina11io, 
697. 
-Omissione contributiva -Controversie 
-Giurisdizione ordiooria e amministrativa 
-Criterio di ripartizione, 
730. 

-Regolamento preventivo -Proposizione 
da parte del convenuto che si 
ritiene estraneo alla lite -Questione 
sulla legdttima::zdone -AmmissibiHt�, 
725. 

-Sanit� -Servizio sall!itario nazionale 
-Ambulatori e strutture convenzionati 
-Rapporti -Posizioni di 
interesse legittimo -Lesione -Giurisdizione 
amministrativa, 725. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Ricorso straordinario -Trasposizione 
in sede giurisdizionale -Pu� essere 
richiesta anche dalla ammindstrazione 
resistente, se diversa dallo 
Stato, 668. 

GUERRA 

-Cont:riibuto -Diritto ~ Momento �n 
cui sorge -Lavori di ripriistino comp.
iuttl dallo Stato -Diritto di credito 
dello Stato -Conguaglfo -Ammissibilit� 
-Mancata liquidazione del 
cont:riibuto -Diritto di credito dello 
Stato per H ripristino -Mancato 
esercizio -Prescrittibilit�, 748. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Aillenatore di federazione sportiva Rapporto 
di lavoro subordinato e 
non autonomo -Giurisdizione ammill!
istmlliva, 7'59. 

-Rapporto a tempo determinato Regola11izzazione 
1assicurattiva -Diritto 
del dipendente -Prescrizione T,
ermine applicabi!le, 759. 

-Rapporto a tempo determinato ripetutamente 
rinnovato -Conversione 
iin mpporto a tempo dndetermin:
ato -Difetto di tempestiva dmpugnazione 
dell'apposizione del termine 
-Esclusione, 760. 

-Rapporto a termine ripetutamente 
rinnovato -Conversione m :rapporto 
a tempo indeterminato -Difetto 
di . tempestiva impugnazione delLa 
-a'pposiz�otte de1 t�fuifo:�; 759. 

-Stipendi, assegni e :indennit� -Svalutazione 
monetaria -Mora ex re Conseguenza 
-Atto di costituzione 
in mora -Non occorre, 758. 

-Stipendi, assegni e indennit� -Svalutazione 
monetaria -Rilevanza, 758. 

LAVORO 

-Infortunio -Infortunio in itinere Nozione, 
754. 

MINIERE E CAVE 

-PJano regolatore -Contenuto -Cave 
-Divieto di coltiva2lione -Legittimit� 
-Fattispecie, 760. 

OBBLIGAZIONI 

-Pagamento demindebito -Indebito 
oggettivo -Accepiens in buona fede 
-Restituzione dei frutti e degli 
interessi delta domanda, intesa come 
.domanda giudiziale -Fattispecie, 
747, 

PRESCRIZIONE 

-Interruz;ione -Domanda inammissibile 
-Efficacia di domanda giudiziiale, 
853. 


INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 
Xl 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Foro de11o Stato -Chiamata in giudizio 
iussu iudicis e chiamata din 
garanzia -Equiparabi1it� agli effetti 
dell'art. 6 della legge n. 16'11 del 
1933 -Costituzione della p.a. senza 
sollevare eccezioni -Equiw1lenza con 
l'intervento volontario, 721. 

-Regolamento di confini -Azione di 
�accertamento della propriet� della 
cosa prinoipale -Pregiudizialit� Esclusione, 
721. 

REATO 

-Invasione di terreni -Reato normalmente 
permanente -Struttura unitariia 
del reato permanente, 862. 

-Omissione di atti d'ufficio -Richiesta 
di informazioni alla P.A. ex art. 
213 c.p.c. -F.issazione di termine Non 
� previsto -Normalit� dei te:rnpi 
tecnici per la risposta -Insussisten-. 
za del l'eato, 863. 

REGIONI. 

-Disposizione legislativa regionale riproduttiva 
di disposizione legislativa 
statale -Applicabilit� residuale 
della norma riprodotta -Irriilevanza 
� Disposizione legislativa regionale 
confermativa di v,incoli urbandstici 
ad essa preesistenti � Efficacia 
retroattiva � Illegittimit� costituzionale, 
642. 

-Legge regionale � limite dei pni.ncipi 
fondamentali stabiliti dalle leggi 
deLlo Stato -lneffiicacia sopravvenuta 
delle licenze o concesSI�oni ediliziie 
-Disposta direttamente dalla 
legge regionale � Legittimit� costituzionale, 
642. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Dichiara:llione dei redditi � Effetti 
Tributi � locaLi -Imposta locale sui 
redditi � Deduzione ex art. 7 d.P.R. 
29 settembre 1973, n. 599 -Omessa 
1:1ichiesta con la dichiarazione -Richiesta 
successiva in sede di ricorso 
contro .il ruolo -Ammissibilit�, 799. 

-; 
Dichiarazione � Naturia � Iscrizione a 
ruolo -Rkorso � Imposta locale sui 
redditi -Deduzione ex art. 7 del 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 non 
domandata con la dichiarazione � 
Ammissibilit�, 781. 
-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
� Contributi ~n conto capitale � 
Ammortamento di beni strumentali � 
Valore al ilo!'do dei contributi, 8113. 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-EsenZJione decennale per nuove 
imprese artigiane o piccole !industrie 
in <localit� economicamente depresse 
-Omessa presentazione della domanda 
-Ddinizione del rapporto tr[butario 
a seguito di !iscrizione a ruolo 
e pagamento � Successi�JVo riconoscimento 
del diriitto all'esenzione � 
Estensione ai periiodi defiiruitl -Esclusione, 
780. 

-Imposta suii reddit�i di ricchezza mobile 
-Plusvalenza -Fusione di .socie-, 
t� -Rapporto favorevole .di� cambio 
delle aziioni -Esclusione, 769. 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Plusvalenza � Societ� -Accertamento 
della gestione di impresa 
commerciale � E' necessario -Attlvit� 
di imprese -Nozione, 805. 

-Imposta sui redditl idi ricchezza mobile 
-Redditi d.i capitale � Necessit� 
dii un titolo -Esposi1Jone in bilancio 
di un debito � Ittscossione di interessi 
� Illegittimit�, 821. 

-Imposta sulla societ� � Partecipazione 
di societ� di capita'li in societ� dri 
persone � Percezione del reddito � 
necessania, 808. 

-Imposta unioa sul reddito delle persone 
filsiche � Redditi di impresa Agente 
di commercio -Vii rientra, 

799. 
TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di fabbricazione � OHi minera1i 
-Soggetto passi"S!., -., .Frode 


� Autore della trasgressione diverso dal 
fabbruoonte -� obbligato per il tributo, 
841. 

-Imposta di registro � Agevolazfone 
per le case di abitazione non di lusso 
-Vendita di appartamento � Effettiva 
abitazione -Contestazione no



Xli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tari.le .. Va1idit� .. Prova contraria Ammissibi1it�, 
827. 

-Imposta di registro .. Cessione di 
azienda .. AvVliamento .. Aliquota .. Si 
considera immobile, 834. 

-Imposta di registro .. Concordato fallimentare 
-Senten:zia di omologazfo .. 
ne -Cosuituisce il Vlincolo per la tassazione 
di tutte le convenzioni, 776. 

-Imposta di registro -Trasferimento 
dd azienda .. Tassazione separata di 
mohlli e immobili .. Pertinenze .. Assimila7lione 
agli immobili .. Esclusione, 
776. 

TRIBUTI '(IN GENERE) 

-Accertamento .. Notificazione .. Consegna 
dell'atto a persona di iiamig1ia 
non conVlivente -Nullit� -Esclusione 
.. Dichiarai;ior�e ricevuta dall'ufficiale 
notif�icatore .. Prava contral1�.a, 

824. 
-Contenzioso tvibutario .:-' Competenza 
Commissione� -�'�Regolia:m.er�to di 
ufficio -Animissib~lit�,� ,793. 

-Contenl'lioso tributal1�.o .. Competenza 
Commissione tributarfa c�ntrale .. 
Eccesso di delega .. Non sussiste, con 
nota di F. FaVlara, 633. 

-Contenzioso tmbutario -Giudizio di 
terzo grado . -Estinzione sen;11p1ice .. 
Identificazione .dei caratteri del fatto 
-Accertamento dell'intento speculativo 
" Esi;stenia dd societ� di 
fatto -Deducibilit� fo terzo� grado .. 
Esclusione, 819. � 

-Contenzioso tributario -Procedimento 
innanzi a,il� Commissio'.nii' -Estensione 
: Art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972 

n. 636 -Effetti .. RiipropoSJizione di 
nuovo ricorso .. Inammissibilit�, 836. 
-Contenzioso tributario -Ricorso per 
cassazione -Termine -Comunicazfone 
del dispositivo �all'ufficio tvibutario Non 
decorre .. Art. 327 cod. proc. civ ... 
Si applica, 833. 

-Esecuzione fiscale .. Ingiunzione .. Opposiziione 
.. Posi:cione dell'opponente Attore 
.. Modil�iche della causa petendi 
-Limiti, 852. 

-Restituzione e rimborsi -Pagamento 
a titolo def.initivo .. Azione di indebito 
oggettivo -lnammissibil<it�, 816. 

URBANISTICA 

-Convenzione di Lottizzazione .. Vincolo 
di inedificabilit� sopravvenuto .. 
Annullamento giurisdizionale .. R>isarcibilit� 
del pregiudizio economico .. 
Esclusione -Svuotamento del diritto 
di propriet� senza �indennizzo .. Risarcibilit� 
del pregiudizio e�onom>ico 
-Proponibilit� deUa domanda, 
con nota di F. F1avara, 644. 

-Piano regolatore .. Contenuto -DiscipHna 
dell'attivit� estrattiva -Per 
tutela paesistica e ambientale .. Possib>
iliit�, 760. 

-Vincoli urb�nistici Jmpostii da .strumenti 
urbanistici... Legge Bucalossi .. 
Non ha direttamente innovato la di. 
sciplina dei Vlincoli .. Legge n. 1187 
del 1968 .. Leg.ittiirnit� costituzionale, 
con nota di F. Favara, 643. 

-Vincoli urbanistici preordinati a. sue..
cessiva espropriazione .. Termine di 
durata -Allungamento con legge regionale 
siciliana .. Legittiimit� costituzionale, 
641. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

25 marzo 1982, n. 57 pag. 633 

))

29 aprile 1982, n. 82 641 
29 aprile 1982, n. 83 642

)) 

))

12 maggio 1982, n. 91 642 
12 maggio 1982, n. 92 643

)) 

))

29 luglio .1982, n. 148 668 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

23 marzo .1982, nella causa 102/81 . . . pag. 675 
18 maggio 1982, nelle cause U5 e 116/81 680

)) 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 16 marzo 1981, n. 1474 pag. 741 
Sez. Un. Civ., 7 maggio 1981, n. 2951 )) 644 
Sez. Un., 13 luglio 1981, n. 4549 )) 697 
Sez. I, 1 settembre 1981, n. 5019 )) 769 
Sez. I, 15 ottobre 1981, n. 5401 

�. 776 
Sez. I, 21 ottobre 1981, n. 5506 )) 780 
Sez. I, 17 novembre 1981, n. 6095 )) 781 
Sez. I, 5 febbraio 1982, n. 658 . )) 793 
Sez. I, 16 febbraio 1982, n. 952 )) 799 
Sez. J, 16 febbmio 1982, n. 959 )) 805 
Sez. I, 27 febbraio 1982, n. 1268 )) 808 
Sez. I, 9 marzo 1982, n. 1471 )) 813 
Sez. I, �10 marzo 1982, n. 1544 . )) 816 
Sez. i; 13 marzo 1982, n. 1638 . )) 843 
Sez. Un., 15 marzo 11982, n. 1672 )) -705 
Sez. Un., 15 marzo 1982, n. 1674 )) 819 
Sez. I, 17 marzo 1982, n. 1731 )) 821 
Sez. I, 24 marzo 1982, n. 1856 )) 824 
Sez. I, 2 apnile 1982, n. 2021 )) 827 
Sez. I, 6 aprile 11982, n. 2107 )) 746 
Sez. I, 6 aprile 1982, n. 2108 )) 83�3 
Sez. I, 7 aprile 1982, n. 2138 )) 747 
Sez. I, 7 aprile 1982, n. 2139 )) 748 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XIV 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 14 aprole :1982,. n. 
Sez. I, 17' apl'1le 1982, n. 
Sez. I, 19 apnile 1982, n. 
Sez. I, 22 aprile 1982, n. 
Sez. I, 26 aprile 1982, n. 
Sez. I, 1 grugno 1982, n. 
Sez. Un., 9 giugno 11982, 

2233 

2340 

2407 

2478 

2554 

3343 

n. 3474 
Sez. Lav., 12 giiugino 1982, n. 3583 
Sez. I, 14 giugno 1982, n. 3618 . . 
Sez. III, 14 giugno 1982, n. 3624 . 
Sez. Un., 28 gLugino 1982, n. 3893 
Sez. I, 29 giugno 1982, n. 3904 . 

CORTE DI APPELLO DI BARI 

Sez. I, 30 aprile 1982, n. 284 ..................... 


GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI ST.\TO 

Ad. Plen., 15 dicembre 1981, 
Ad. Plen., 15 dicembre 1981, 
Ad. Plen., 23 febbraiio ;1982, 

Ad. Plen., 9 marzo 1982, 
Sez. VI, 12 gennaio 1982, 
Sez. VI, 29 gennaio 1982, 
Sez. VI, 29 gennaio 1982, 


n. 
n. 11 
n. :12 
n. 1 
3 . 
n. 19 
n. 39 
n. 45 
pag. 834 
)) 721 
)) 836 
)) 750 
)) 841 
� 751 
)) 725 
)) 754 
)) 849 
)) 757 
� 730 
� 852 

pag. 731 

pag. 760 
� 759 
� 758 
� 760 
� 766 
)) 767 
)) 767 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Il, 20 marzo 1982, n. 3006 ..................... pag. 862 


TRIBUNALE DI ROMA 
Sez. Il, 20 ottobre 1981 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 863 


PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


LEGISLAZIONE 

QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
I) Norme dichiarate incostituzionali pag. 167 
Il) Questioni dichiarate non fondate � 168 
III) Questioni proposte )) 171 


PARTE PRIMA 



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I 

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I

I 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE(*) 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1982 n. 57 -Pres. Elia -Rel. Saja -

Micang�li e altro (avv. Adonnino e Sarlo) e Presidente Consiglio dei 

Ministri (avv. Stato Angelini Rota). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario � Competenze della Commis� 

sione tributaria centrale � Eccesso di �delega � Non sussiste. 

(art. 76 Cost.; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 26). 

L'espressione �per soli motivi di legittimit��, usata dall'art. 10 n. 14 
della legge delega 9 ottobre 1971 n. 825, non si riferisce unicamente alle 
questioni di diritto, ma pu� comprendere -nei limiti stabiliti dall'art. 26 
del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 -anche talune questioni in punto di 
fatto. (1) 

(omissis), Con esse la Corte di cassazione dubita della legittimit� 
costituzionale dell'art. 26 della legge delegata, relativa alla revisione della 
disciplina del contenzioso tributario (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636), in 
riferimento all'art. 76 della Cost., per eccesso dai limiti posti dalla legge 
delega 9 ottobre 1971 n. 825 sulla riforma tributaria. Precisamente, si 

(*) Motivi di impaginazione hanno indotto a pubblicare gli articoli di questa primasezione in questa sede invece che nella parte II, ch� sarebbe stata la sua naturale. Gli 
articoli, infatti, esprimono solo il pensiero del loro autore, come tale non riferibile a questapubblicazione di servizio. 

(1) La �semplice estimazione � ed il controllo giurisdizionale sull'atto am� 
ministrativo di accertamento tributario. 
�Pu� a;pparire singolare che la Corte di cassazione, con la ordinanza di 
rinvio 15 maggio 1980, abbia rimesso aUa Corte costituzionale una questione 
di legittimit� costituzionale molto circoscritta, potrebbe dirsi � ritag!Jiata �, 
e riguardante soltanto l'art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (in relazione 
ahl:'art. 76 Cost.), senza estendere il sindacato costit�Zionale anche alla dispasizione 
(!l'art. lO n. 14 della legge delega 9 ottobre 1971 n. 825) che, irrazionalmente
� posponendo la proponibilit� dinanzi a:lila Corte di appello di uri 
giudizio anche � per questioni di fatto� (con l'eccezione di quelle �di semplice 
estimazione�) all'infruttuoso decorso del termine per ~a proposizione 
dinanzi ailfa Commiissione tributaria centrale di un giudizio � per soli motivi 
di legittimit��, ha reso inevitabile e �la sentenza in rassegna si � fatta 
esplicito carico di tale inevitabilit� -la � identit� di competenza� dei men� 
zionati due organi. 

Ci�, malgrado alla �iildentit� di competenza� (rectuis, dei ldmiti alla competenza) 
non segna affatto tma identit� dei poteri istruttori (dive11si, e nel 
compilesso :pi� ampi, quelli riconosciuti dal codice di procedura civile alla Corte 
d'appello) e neppure segna una simiglianza nei connotati dei due procediment,i 
(quello dinanzi alla Commissione tributaria centrale -lascia ben scarso spazio 
al contraddittorio tra le partii); e malgrado in dottrina non siano mancate perplessit� 
suhla costituzionalit� del sistema di giustizia tributaria sommariamente 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

634 

deduce che, mentre l'art. 10, secondo comma, n. 14, di detta legge prevede 
la possibilit� di ricorso alla Commissionae tributaria centrale �per soli 
motivi di legittimit��, il denunciato art. 26 dispone che il ricorso � pro� 
ponibile, oltre che per violazione di legge, anche per � questioni di fatto �, 
escluse soltanto quelle relative a valutazione estimativa ed alla misura 
delle pene pecuniarie. Questa �ultima norma potrebbe cos� dar luogo ad 
un contrasto con la norma posta dal menzionato art. 10, secondo comma, 

n. 14, in quanto essa amplierebbe illegittimamente la previsione accolta 
dal legislatore delegante. 
La questione non � fondata, dovendosi escludere il prospettato eccesso 
di delega. 
Preliminarmente � necessario stabilire il significato della espressione 
�per soli motivi di legittimit��, con cui nel ricordato art. 10, secondo 
comma, n. 14 della legge delega � indicata la competenza da attribuire da 
parte del legislatore delegato alla Commissione tributaria centrale. 

Nelle ordinanze con le quali � stata sollevata la questione di legittimit� 
costituzionale, si deduce che l'espressione � per soli motivi di legittimit� 
� potrebbe equivalere a motivi attinenti esclusivamente a questioni 

tratteggiato dalla legge delega, e proprio sul punto della posposizione della proponibilit� 
della � a:cione giudiziaria� (espressione questa usata dall'art. 10 n. 14 
citato soltanto rper il giud:izio dinanzi .alla Corte di ap"pehlo) e sul ruolo subalterno 
a tale � azione � assegnato. 

1Sarebbe dunque stata fogica la rimessione alla Corte costituzionale di tutte 
le disposizioni relative alta opzione tra Commissione tributaria centrale e Corte 
di appelolo: cosa questa che per� avrebbe messo in discussione la artificiosa 
saldatura tra i due gradi di merito dinanzi aHe commissioni tributarie ed il 
giudizio, sia pur eventuale, dinanzi alla Corte di appello, e -con essa la 
legittimit� dell'operazione di � giurisdizionadizzazione � di tutte le commissfoni 
tributarie (sulla quale sia consentito rinviare alla nota su Il doppio grado di 
giurisdizione di merito ed il processo tributario, su questa Rassegna, 1982/225). 
Si � .invece sohle\'ata una questione di costituzional.dt�, come osservato, accuratamente 
� ritagliata '" che -ove accolta -avrebbe solo condotto ad una riduzione 
dell'ambito di competenza della Commissione tributaria centvale, organo questo 
-non da tutti amato perch� � in condominio � tra le varie magistrature e 
con altri componenti. La singolarit� cui si � accennato in apertura pu� avere pi� 
spiegazioni al tl:ivello -insondabile -delle intenzioni. Oggettivamente essa si 
colloca in una linea -ben pi� esplicitamente espressa dalle sentenze delle Sezioni 
Unite della Corte di cassazione con �le quali � stato ritenuto iJ carattere 
� esclusivo � dellia competenza delle commissioni tributarie -di sostanziale sostegno 
ad un sistema di giustizia tributaria caratterizzato dalla emarginazione 
delila � azione giudiziaria � dinanzi aihle Corti di appello e da una accentuata 
valorizzazione di commissioni tributarie ormai egemonizzate dalila magistratura 
ordinaria. Ed, in effetti, mediante la valorizzazione delle commissioni, sono stati 
� indirettamente raggiunti � obiettivi lungamente perseguiti, quali: 

a) la demolizione deL limite della � estimazione semplice>>, che in passato 
er.a stato� contrastato mediante il ricorso alla nozione di � estimazione comptessa 
� o ad altri strumenti a volte (come fa � presunzione di verit�� dei bilanci 
societari) poco riguardosi delle esigenze fiscali; 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 635 

di diritto. Essa corrisponderebbe, in sostanza, al disposto dell'art. 360 n. 3 
cod. proc. civ. relativo all'ambito del giudizio di cassazione, nel quale, 
com'� noto, non � ammesso l'esame del � fatto �, sicch� l'attribuzione alla 
Commissione tributaria centrale della cognizione anche delle � questioni 
di fatto�, operata dalla legge delegata, trascenderebbe i limiti della 
delega. 

Tale corrispondenza non pu� per� ritenersi sussistente. 

La formula usata dalla legge delega � tradizionalmente propria del 
processo amministrativo, nel quale, secondo un orientamento generalmente 
accolto, il giudice, anche quando � investito del solo sindacato di 
legittimit� dell'atto amministrativo, ha il potere di conoscere le questioni 
di fatto la cui risoluzione � necessaria per verificare l'esistenza 
dei vizi dell'atto impugnato. Il giudice amministrativo, invero, dispone di 
un ampio potere di ricostruiI'e fa realt� materiale presupposta dall'atto 
amministrativo o sulla quale quest'ultimo deve esplicare i suoi effetti, in 

b) il superamento del di'Vlieto per qualsiasi giudice di �sostituire� gli atti 
della amministrazione (non a caso � stato negli ultimi decenni coltivato il tentativo 
di declassaTe l'atto di accertamento a semplice provocatio ad agendum); 

e) la devoluzione a sedi per certi versi di �arbitrato permanente� di un 
lavoro che altrimenti rientrerebbe nei normali doveri di servizio. 

Che un siffatto sistema di giustizia parallela sia o meno realmente compatibile 
con la Costituzione -ed anche con la legge delega n. 825 del 1971 -� 
preoccupazione che � stata accantonata e rimossa. Cos� � stato di buon grado 
accettato un appannamento dei pur fondamentali principi enunciati dai primi 
due commi dell'art. 102 Cost., appannamento operato mediante una discussa 
dilatazione del dovere di rewsione posto dalla VI disposizione transitoria; d'ailtro 
canto, non � stata adeguatamente avvertita la necessit� �di assicurare agili � estranei 
che partecipano aill'amministrazione della giustizia� (e si vuole sia � giustizia 
� pure quella resa dalle commissioni tributarie) una indipendenza da 
intendersi, prima che come insieme di � � guarentigie-privilegi �, come rigiido divieto 
di far incetta di incarichi o � benefici � poldtici, 'professiona:Li, amministrativi, 
ecc., e, al limite, come �divieto di aderire a partiti politiei (art. 98 Cost.). 

Qui per� interessa soprattutto sottolineare che si � tranquilJamente igno


rato e vanificato il limite alfa giurisdizione segnato daill'ultimo comma deH'art. 113 

Cost. (gli organi di giurisdizione possono solo annullare �nei casi e con gili 

effetti previs1li dailla legge � gli atti dehla pubblica amministrazione, e non anche 

sostituire tali atti ben pi� pesantemente invadendo l'ambito dell'Esecutivo), li


mite ben poco compatibide con una � giurisdizionalizzazione � di, commissioni tri


butarie rimaste dotate di poteri sostanzialmente amministrativi. Pervero, la 

sussistenza di detto limdte era stata avvertita dal IegisLatore delegante, il quale 

-pur con riferimento all'ambito della cognizione del giudice (in senso ilrato, la 

causa petendi) anzich� a quanto dal giudice ottenibHe (la controfigura del pe


titum) -aveva confermato il secolare divieto per il giudice di sindacare gli atti 

dell'amministrazione finanziaria per quanto attiene alle �questioni di sempdice 

estimazione �; J'ansia di pervenire ad una � giurisdizionalizzazione � :purchessia 

di tutte le commissioni tributarie ha per� celato la profonda irrazionalit� sul 

piano politico prima che giuridico di riconoscere ad organi quaJi le commis


sioni tributarie, meno rassicuranti di una giurisdizione professionale, un ambito 



636 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quanto l'erronea supposizione o conoscenza di detta realt� da parte della 
amministrazione pu� stare alla base dei vizi di legittimit� dell'atto: il che 
macroscopicamente si verifica nel caso di eccesso di potere per travisamento 
dei fatti. 

Il controllo sulla ricostruzione della realt� materiale risulta di pi� 
difficile distinzione dalla valutazione di tale realt� alla sfregua di precetti 
non giuridici (ossia. dalla valutazione �di merito�), quando il giudizio 
verta sull'applicazione di disposizioni di legge formulate per clausole 
generali (quali �urgenza�, �pericolosit��, �grave inadempimento�, � operazione. 
speculativa�) in cui il giudizio sul fatto si intreccia con giudizi di 
valore. Peraltro, anche gli apprezzamenti dell'amministrazione, sottratti 
per il loro oggetto al sindacato giurisdizionale, ben possono essere controllati 
dal giudice al fine di accertare la correttezza del procedimento di 
formazione di essi, per cui pu� essere necessaria la ricostruzione dei fatti 
posti a base della valutazione effettuata dalla pubblica amministrazione. 

L'espressione �per soli Il10tivi di legittimit�� non si riferisce dunque, 
nel suo significato letterale, ad un giudizio che verta esclusivamente su 

di cognizione pi� ampio e potevi decisionali pi� penetranti di quelli riconosciuti 
aLla magistratura ordinaria. 

A ben vedere, per�, proprio la esplicita conferma del permanere del limite 
della �.semplice estimazione� � dato normativo di sicura significativit� nel 
senso di escludere la degradazione dell'attivit� amministrativa di accertamento 
tributario ad attivit� meramente istruttoria ed equiparabile a quella svolta da 
qualsiasi creditore privato da oneri di domanda, di allegazione e di prova dei 
� fatti � costitutivi del proprio cred~to. Degradazione -questa -desiderata e 
perseguita da pi� parti, e con diverse� anche se convergenti motivazioni: m tal 
senso da decenni opera un insieme formato da un lato dai patrocinatori a 
vado titolo dei contribuenti e daild'altro fato da coloro che sono investiti di 
funzioni giurisdi2fonali in materia tributaria, insieme che si avvale di orienta� 
menti accademici non casualmente portati avanti su temi solo all'apparenza 
astratti ed innocui (ad esempio, sul carattere vincoLato e dichiarativo dell'attivit� 
di accertamento) e che forse, all'epoca defila riforma tributaria non ha incontrato 
sulla propria strada forze culturahl e politiche capaci di una adeguata 
resistenza. 

Sicch�, oggi si va diffondendo la sensazione che, prima deJ;le pronunce delle 

commissioni tributarie, non si incontri alcun atto amministrativo, e che i pro


cedimenti di imtposizione tributaria siano inidonei a produrre quei risultati che 

gli altri proceclJimenti amministrativi normalmente producono: in altre parole, 

si va diffondendo la sensazione che ogni potest� decisionale in materia tributaria 

sia in pratica devoluta ahle commissioni tributarie (salvo d'area spettante ai 

giudici penali) e che all'amministrazione finanziaria non residui altro ruolo che 

quello di un grande �ufficio is.truzione � per di pi� con poteri inquirenti (ri


dotti) ai~ servizio della giurisdizione. 

Letta neL contesto di tale problematica, la sentenza defila Corte costituzio


nale in rassegna appare di notevole interesse. Essa, al fine (di limitata impor


tanza) di � salvare � la predetta inevitabile equiparazione tra Corte di appello 

e Commissione tributaria centrale, tenta di ravvicinare due nozioni -quella 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE <>37 

questioni di diritto, ma comprende -nel senso e nei limiti predetti anche 
quello relativo alla realt� materiale. 

Conseguentemente la formula, usata dall'art. 10 n. 14 delJa legge delega 

n. 825 del 1971 per delimitare la competenza della Commissione centrale, 
non autorizza affatto l'interprete a ritenere che essa escluda la cognizione 
delle questioni di fatto. 
Ulteriori argomenti, di carattere storico e sistematico, confortano 
quanto ora ossevvato suH'elemento fotterade e �indrucono a dare con siourezza 
soluzione negativa al dubbio prospettato. 

Nel sistema del contenzioso tributario vigente all'epoca dell'approvazione 
della ricordata iegge delega n. 825 del 1971, la Commissione 
centrale delle imposte aveva una competenza che, per communis opinio, 
si estendeva anche alle questioni di fatto, restandone escluse solo le con� 
troversie di �estimazione semplice�; si controverteva in dottrina e in 
giurisprudenza sull'estensione di questa ultima nozione, ma non si dubi


di � motivd di legittimit�� e quehla di questioni di � semplice estimazione� che 
hanno avuto origini e storie motto diverse nel corso di oltre un secolo. 

Come � noto, la distinzione tra � legittimit�� e �merito � risale all'epoca 
(fine del XV.III sec(}lo) in cui si � affermato il � ;prlanaro della legge� (ossia del 
potere legisil:ativo esercitato, nell'effettivit�, della borghesia emergente) nei confronti 
da un lato del Re e dehl'esecutivo e d'altro lato dei giudici, ed evoca 
compiti di � controllo � sull'esercizio dei poteri subalterni al legislativo (<ad opera 
della Corte di oassa;?Jione francese post-rivoluzionaria); dn questo alveo si 
inserisce in epoca successiva anche ~a tematica del controllo di legittimit� :Sul� 
l'atto amminiistrativo. La nozione d!i � semplice estimazione� risale invece alla 
epoca de1la formazione dei catasti e deLL'introduzione dell'imposizione mobilliu:e, 
si coLlega ad un sistema tributario ( queHo degli anni immediatamente successivi 
all'unii.f�cazione nazionaile) che faceva largo ricorso a � stime� sostitutive della 
puntuale ricostruzione dei fatti, ed evoca un riparto tra una competenza esclusiva 
dell'esecutivo (a porre in essere le stime) e l'ambito aperto all'eseroizfo detla 
giurisdizione (all'epoca giurisdizione era solo quella �ordinaria�). � 

L'operazione di ravvicinamento tra queste due nozioni, tentata nella sen� 
tenza in rassegna attraverso Ja vaforizzazione di quella diversa e pi� estesa 
accezione dei � motivi di legittimit� � che i giudici amministrativi francese e 
italiano hanno sedimentato, appare alquanto audace, e forse anche non priva 
di qualche approssimazione. Anche se una rilettura de!Je sentenze rese dalla 
Cassazione romana tra ila fine del secolo XIX e il'inizio del secolo in corso 
conduce alla constatazione che la distinzione tra questioni di �semplice estima� 
zione � e questioni sottoponibirli ailla giurisdizione coincideva grosso modo con 
la distinzione tra q�aestiones facti (rimesse all'amministrazione finanziaria ed 
alle commissioni tributarie di essa facenti parte) e quaestiones juris (esamina� 
biU dal giudice). Un approfondimento dehle tematiche cui si � fatto cenno 
(rapporto tra �merito� e � semplice estimazione�, ambito delle � stime� ed 
ambito della ricostruzione dei fatti, etc.) eccederebbe le dimensioni della presente 
nota e porterebbe fontano. Qui dnteressa segnatare come la sentenza in 
rassegna della Corte costituzionale ,abbia esplicitamente ribadito il carattere 
�amministrativo� nell'accezione costituzionale del termine (cfr. artt. 97, 98 e 
113 Cost.) degli atti e delle attivit� di accertamento tributario, contrastando 



638 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

tava che le altre questioni di fatto (per esempio quelle concernenti i presupposti 
materiali necessari per l'imposizione tributaria ovvero richiesti 
per una agevolazione) rientrassero neLl'ambito della competenza della Commissione 
centrale. 

E ci�, malgrado che le diverse disposizioni di legge succedutesi nel 
tempo non si riferissero mai ad accertamenti o questioni di fatto, ma 
usassero solo espressioni varie, quali �applicazione della legge� (art. 48 

1. 24 agosto 1877 n. 4201 per l'imposta sui redditi di ricchezza mobile e 
art. 29 1. 7 agosto 1936 n. 1639 sulla riforma degli ordinamenti tributari) o 
�motivi di legittimit�� (art. 284 bis r.d. 14 settembre 1931 n. 1175, testo 
unieo sulla finanza locale), espressione questa ultima su cui all'evidenza � 
modellata la formula usata dalla legge delega. 
� Dato ci�, si deve ritenere che se il legislatore del 1971 avesse voluto 
innovare, escludendo dall'ambito della competenza della Commissione 
centrale qualsiasi questione relativa alla realt� materiale, non avrebbe 

quindi la tendenza ad una degradazione di tali atti ed attivit� ad un livello 
quasi-privatistico. Molto signj.f�catiivo � il passo delrla sentenza in cui si afferma 
che �anche gli apprezzamenti delL'amministra2:ione sottratti per il loro oggetto 
al sindacato giurisdizionale, ben possono essere contm11Jati dal giudice 311 fine 
di accertare la correttezza del procedimento di formazione di essi� (i corsivi 
sono dello scrivente): il sindacato .giurisdizionale sulil'attiVit� amministrativa di 
accertamento tributario � dunque qualificato come controllo portato � dall'esterno
� sulla � correttezza del procedimento di formazione� degli a;pprezzamenti 
fatti dalia p;a. H sindacato giurisdizionale incontra dunque, anche ne1la materia 
tributaria, l'atto dell'amministrazione il quale mantiene una propria autonoma 
consistenza e non si dissolve � come nebbia al sole � .per il semplice insorgere 
della controversia {come invece vorrebbero i sostenitori de1la degradazione de1lo 
atto anzidetto a mera p1�ovocatio ad agendum). Coerentemente la sentenza in 
rassegna precisa che � la ricostruzione dei fatti posti a base deMa valutazione 
effettuata dalla pubb1ica amministrazione� non � operazione da svolgersi ex 
novo, su terreno vergine, come accade ne1l'o11dinario giudizio civile tra privati, 
ma � finalizzata (e .perci� anche limitata) a1lo scopo � di accertare la correttezza 
del procedimento di formallione � deMa valutazione amministrativa. Tailuno ;potrebbe 
essere portato a sostenere che un control:lo �dall'esterno� sull'atto amministrativo 
con facolt� per il giudice di :procedere a � ricostru2li.one dei fatti � 
in pratica non si differenzi molto da un giudizio por.tato immediatamente sul 
� fatto� o1tre che sul � diritto �. Senonch�, le cose non stanno affatto cos�, e 
per almeno tre ragioni mo1to importanti: 

I) la configurazione di un giudizio come controllo � dall'esterno� sull'atto 
amministrativo impLica un crite1�io residuale di giudizio diverso da quello indicato 
dall'art. 2697 cod. civ., in quanto, in �assenza di prove concludenti 111e1' senso 
di una � non.correttezza � de1 procedi.mento di formazione della valutazione 
amministrativa, questa deve essere ritenuta ~egittima (� in ci� l'essenza della 
cosidetta �presunzione di legittimit�� dell'atto della p,a.); 

Il) premesso che le �presunzioni� (artt. 2727 e segg. cod. civ.) sono �prove 
critiche >>, ossia strumenti probatori composti dalla diretta o indiretta percezione 
di una o pi� circostanze indizianti � note � e da un giudizio probabilistico 
che da dette circostanze �note � nisale ad un fatto � ignoto '" un controllo 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 639 

adoperato, nell'indicare la possibilit� di ricorso, la espressione � per soli 
motivi di legittimit� �, la quale, come ora si � accennato, nella comune 
accezione in materia tributaria, non escludeva l'esame delle questioni di 
fatto. 

Peraltro, se il legislatore, pur adoperando una locuzione analoga o 
addirittura eguale a quella usata in leggi precedenti, avesse voluto mutarne 
il significato, avrebbe dato sicuramente esplicite indicazioni nel 
corso dei lavori preparatori, opportunamente enunciando le ragioni che 
lo avevano .indotto a distaccarsi dai criteri del precedente sistema. Tali 
lavori, per contro, nulla dicono al riguardo e il silenzio non pu� non 
risultare significativo e chiaramente rivelatore della volont� diretta a non 
introdurre sul punto alcuna innovazione. 

Sotto diverso profilo, va osservato che l'art. 10, secondo comma, n. 14 
cit. dispone l'alternativit� tra H ricorso alla Commissione centrale e l'impugnazione 
avanti la Corte d'appeUo, ma questa pu� essere proposta soltanto 
dopo che sia decorso inutilmente il termine per il ricorso alla 
Commissione centrale. 

giurisdizionaile � dahl'esterno � sulle �presunzioni� formate dall'amministrazione 
pubblica e da essa ut~1izzate non equivale a seIIlll?lice sovrapposizione e sostituzione 
di un giudizio probabilistico formulato ex novo ed in tutta Mbert� dal 
giudice sul (al) giudizio probabilistico formulato dail funzionario, ma si esaurisce 
in un sindacato sulla logicit� del giudizio formulato dal funzionario; con 
il corollario che, in difetto di illogicit�, tale giudizio non pu� essere sostituito 
da un diiverso giudizio elaborato in sede giurisdizionale; 

III) con Je � presunzioni � utilizzabili per la ricostruzione di uno o pi� 
fatti non possono essere confuse le �stime� che invece sono atti dell'amministrazione 
pubblica chiamati dal Jegislatore a fungere -in sostituzione di 
fatti direttamente percepiti dalla realt� extratributada -come componenti di 
fattispecie costitutive di crediti tributari; come rillevato da CARNELUTTI (La 
prova civile, 2a ed., 1947, 31 e segg.) il �processo di tr!ISformazione (da astratto 
in concreto) dei! comando contenuto nehla norma giuridica� � diretto �non 
alla conoscenza del fatto controverso cio� aMa sua posizione secondo la realt� 
effettiva, ma ad una sua determinazione o fissazione formale �, e a tal fine pu� 
essere disciplinato in modo da pervenire alla sostituzione di uno o pi� elementi 
della fattis,pecie �mediante un fatto diverso, che ne costituisce l'equivalente�; 
una �stima� formata dall'amministrazione � -appunto -un fatto diverso 
equivalente (ancorch� non �giudiziario�) ad una reailt� materiale, e non pu� 
che essere controhlata �dall'esterno�, se non si vuole pervenire -in contrasto 
con le disposizioni che prescrivono procedimenti amministrativi per la � determinazione 
formale � di tale � fatto diverso � -alla pura e semplice sottrazione 
alJ'amministraZJione e devoluzione al giudice del compito di porre in essere 
detta � determinazione formale �. 

Taluno potrebbe obiettare che trattasi di sfumature poco incisive, posto 
che in pratica un giudice pu� sempre trovare una pronuncia �rescindente � atta 
a consentiirgili una prqpria valutazione (giudizio probabilistico, stima, etc.) �rescissox1ia 
�. Sono per� sfumature tanto poco esili da non essere seriamente qualif�cabiH 
come � sfumature �; esse determinano una discip!iina tutt'altro che 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA. DELLO STATO

640 

Si tratta, com'� evidente, di un'alternativit� imperfetta, in quanto 
il legislatore delegato d� la preferenza al ricorso avanti la Commissione 

tributaria centrale (perch� pi� agevole ed economico), condizionando alla 
mancata proposizione di esso l'impugnazione alla Corte d'appello. Ora, 
poich� questa ha istituzionalmente competenza anche sulle questioni di 
fatto, il che � 11ibadito ooll'�art. 40 del cit..decreto delegato, sarebbe 

II

veramente assurdo, oltre che palesemente in contrasto con i precetti costituzionali 
(artt. 3 e 24 Cast.), che una parte fosse arbitra, ricorrendo alla 
Commissione tributaria centrale, di limitare la difesa del proprio contradittore 
impedendo il riesame sulle questioni di fatto. 

L'inaccettabile conseguenza ora rilevata esclude la possibilit� che il 
legislatore delegante abbia potuto volere una competenza differenziata tra 

I i due organi (Commissione. tributaria centrale e Corte d'appello) e impone 
di ritenere, invece, che l'ambito del giudizio sia lo stesso nei due casi, 
cos� che egualmente la decisione della Commissione di secondo grado 
possa essere impugnata per violazione di legge e per questioni di fatto 

secondaria . delfa � logica del giudice � e quindi oneri di motivazione tutt'altro 
che insi,gnif�canti, specie in un settore -quello della giustizia tributaria -nel 
qua.le la ricostruzione puntuale dei fatti � oltremodo difficoltosa e frequente� 
mente indiziaria. 

Una dehle ~agioni di scarsa funzionalit� della riforma tributaria del il971 
risiede proprio .in ci� che si � sottovalutata ;ta problematica delle :prove (fo 
disposizioni in terna di prove sono &parse qua e <l�, disorganicamente, per solito 
-ma non sempre -nel seno di norme sui cosiddetti �poteri degli uffici�) e 
si � legiferato, nei decreti delegati, sotto l'influenza di orientamenti giuridispru� 
den:lliali formati e di �apporti tecnici� forniti da giuristi (sovente magistrati) 
adusi !cl giudizio � civ~le �. Si � gi� avuto occasione di osservare (FAVARA, Per una 
ricomposizione della funzione amministrativa di imposizione tributaria, Tributi, 

ott. 1981, n. 24) che ila spinta a portare f'obb1igazione tributaria nello schema e 
sotto la disciplina dell'obbliga2lione civile ha perseguito anche l'obiettivo di � agganciare 
-come conseguenza per solito acriticamente tratta -una recezione 
nell'ambito tributario detla disciplina sostanziale delle prove dettata per i rapporti 
civiListdci. In tale direzione �aJlcuni passi sono stati compiuti nel corso degili 
uttimi decenni, in assenza purtroppo di una diffusa sensibilizzazione delle forze 
politiche. Pervero, il Parlamento, sia (con ampi dibattiti) negli rumi tra :H "1864 
ed H 1877 sia (.fuggevolmente) nel 1971, ha costantemente ritenuto che i giudici 
togati non debbano occuparsi di valutazione estimativa degLi drnmobili. Ci� � stato 
voluto, oltre che .per conservare un certo equilibrio tra iLe istituzioni (non reticenti 
in ;proposito gli atti pa11lamentari del secolo scorso), con dl dichiarato 
intento di sottrarre dn tal modo tutto l'insieme di fatti e di stime, necessario 
per la determinazione degli imponibili, a1le regole probatorie e sostanziali e 
processuali da �applicarsi nei normali giudizi civ~H; sicch�, ,iJl giudice ordinario 
ancor oggi viene chiamato non a procedere ad una propria ricostruzi-0ne e stima 
dei predetti fatti, ma solo a sindacare l'atto dell'Amministrazione � daU'esterno � 
e per le rimanenti questioni... Il regime probatorio di fatti ri1evanti per i rapporti 
civiListici si � venuto modellando nei secoli sulle esigenze del commercio 
giuridico tra privati, e tiene conto de!Jle .possibilit� per costoro di attivarsi per 
precostituire o acquisire materia:J.e ~robatorio. Tale regime probatorio non pu� 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 641 

(escluse, ben s'intende, quelle relative a valutazioni estimative ed alla 
misura delle pene pecuniarie). L'identit� di competenza costituisce perci� 
un'imprescindibile esigenza logica e giuridica e quindi, con�rari1Mnente a 
quanto si adombra nelle ordinanze di remissione e si afferma dalla difesa 
delle parti private, non pu� essere adottata per sostenere l'illegittimit� 
costituzionale della norma denunciata. 

Non � da trascurare infine che al testo dell'art. 26 cit. d.P.R. il. legislatore 
delegato pervenne consapevolmente, osservando in proposito, nella 
relazione allo schema di detto decreto, da sottoporre al parere della 
Commissione parlamentare istituita ai sensi dell'art. 17 della legge delega, 
che dal ,sistema voluto dalla legge ora menzionata doveva dedursi come 
il legislatore delegante avesse inteso parificare la competenza della Commissione 
tributaria centrale a quella della Corte d'appello. B la Commissione 
parlamentare diede la sua adesione, condividendo l'opportunit� di 
chiarire espressamente, nella norma delegata, che alla Commissione centrale 
erano devolute, oltre alle questioni di diritto, anche quelle di fatto 
non estimative. Il significato dell'art. 10 n. 14 della legge delega nel senso 
aocolto .da.I leg~slatore delegato risulta dunque ainche confortato .da 'Lllil 
organo, come la ricordata Commissione parlamentare, particolarmente 
idoneo per sua natura a ricostruire la volont� del legislatore delegante 
(rectius, delegato). (omissis) 

esser� trapiantato sic et simpliciter ai fatti rilevanti per d rapporti tributari, nei 
quali sd ha un soggetto -il contribuente -che per quanto pu� cerca di occultare 
i �fatti propri'" ed un altro soggetto -I'Amministramone -che .cerca 
di raccog.Jiere materiale informativo su � fatti altrui �, e, naturalmente, solo in 
parte pi� o meno esigua riesce a conoscere ci� che le serve per ['imposizione. 
In realt�, �per la ricostru2lione dei fatti rilevanti per i rapporti tributari � 
pi� congruo il regime probatorio :previsto dail:la legge per l'accertamento dei fatti 
penalmente rilevanti, che quello modehlato per d rapporti civili �. 

FRANCO RAVA:RA 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1982 n. 82 -Pres. Elia -Rel. Saja Daino 
(n.p.), Regione Sicilia e Presidente Consiglio dei Ministri (vice 
avv. gen. Stato Azzariti). 

Urbanistica -Vincoli urbanistici preordinati a successiva espropriazion~ Termine 
di durata -Allungamento con legge regionale siciliana -Legittimit� 
costituzionale. 
(Cost. artt. 3 e 42; Statuto Sicilia, art. 14; I. 19 novembre 1968, n. 1187, artt. 1, 2 e 

S� I. reg. Sicilia 5 novembre 1973 n. 38). 

La potest� legislativa delle regioni (nella specie, trattasi di potest� 
legislativa "esclusiva�) ha la sua ragion d'essere y,ella necessit� di adat




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

642 

tare la disciplina normativa alle particolari esigenze locali; la legge reg. 
Sicilia 5 novembre 1973 n. 38 che ha aumentato da 5 a 10 anni la durata 
dei vincoli preordinati all'espropriazione non contrasta con l'art. 3 Cost. 
in quanto finalizzata alla ripresa civile ed economica dei territori terremotati 
(1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1982 n. 83 -Pres. Elia -Rel. Saja � 
De Luca (n.p.) e Regione Lazio (avv. Cervati). 

Regione 7 Legge regionale � Limite del principi fondamentali stabiliti 
dalle leggi dello Stato -Inefficacia sopravvenuta delle licenze o concessioni 
edilizie � Disposta direttamente dalla legge regionale � Legittimit� 
costituzionale. 
(Cost. art. 117; 1. reg. Lazio. 2 luglio 1974 n. 30, artt. 1 2, 3 e 8). 

� Il .limite dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato 
consiste non gi� nel dovere di osservare le singole leggi statali, bens� nel 
dovere di conformarsi ai criteri generali cui si ispira la disciplina statale. 
Non supera tale limite il legislatore regionale che utilizza un istituto conosciuto 
dalla legislazione statale (nella specie, l'inefficacia sopravvenuta 
ope legis -per � misura di salvaguardia � -delle licenze e concessioni 
edilizie), sia pure con una disciplina nei dettagli diversa da quella da detta 
legislazione fornita (2). 

III 

CORTE COSTI'.fUZIONALE, 12 maggio 1982 n. 91 -Pres. Elia -Rel. Saja -
Saccaini (avv. Sivieri) e Regione EmHia-Romagna (avv. Predieri). 

Regione � Disposizione legislativa regionale riproduttiva di disposizione 

legislativa statale � Applicabilit� residuale della norma riprodotta � Ir� 

rilevanza � Disposizione legislativa regionale confermativa di vincoli 

urbanistici ad essa preesistenti � Efficacia retroattiva � Illegittimit� 

costituzionale. 

(Cost. art. 117; L reg. Emilia-Romagna 8 marzo 1976 n. 10, art. 5). 

Nel processo costituzienale non rileva che, nel caso sia pronunciata 
la illegittimit� costituzionale della disposizione regionale sub judice, resi


(1) Merita segnalare che non � stata esclusa in via pregiudiziale fa possibilit� 
di un sindacato ex art. 3 Cost. sulle differenziazioni derivanti, tra regione 
e regione, daHe diversit� delle legisfazioni regionaili: la Corte costituzionaile si � 
infatti riservata di valutare, caso per caso, la razionalit� o meno di dette differenziazioni. 
Sicch�, a giustilicare queste non sarebbe di per s� sufficiente il dato 
costituzionale dell'autonomia legislativa di ciascuna regione. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 643 

dui applicabile altra disposizione statale di identico contenuto. La legge 
regionale che disponga la validit� dei vincoli urbanistici previsti in programmi 
di fabbricazione approvati anteriormente alla sua entrata in vigore 
non ha efficacia meramente ricognitiva in quanto impedisce l'eventuale 
annullamento ope judicis degli atti amministrativi che tali vincoli hanno 
posto; avendo efficacia retroattiva detta legge � costituzionalmente illegittima 
(3). 

IV 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 maggio 1982 n. 92 -Pres. Elia -Rel. Saja -
Zuccari (n.p.) e Regione Umbria (n.p.). 

Urbanistica -Vincoli urbanistici imposti da strumenti urbanistici -Legge 

Bucalossi -Non ha direttamente innovato la disciplina dei vincoli 


Legge n. 1187 del 1968 -Legittimit� costituzionale. 

(Cost. artt. 3 e 42; I. 17 -agosto 1942 n. 1150, artt. 7, 34, 36 e 40; I. 19 novembre 
1968 n. 1187, art. 2; I. 28 gennaio 1977 n. 19, artt. I, 3, 4, 6, 11, 12 e 13). 

La legge Bucalossi n. 10 del 1977 non ha direttamente regolato la 
materia dei vincoli urbanistici, e non ha innovato la situazione normativa 
previgente. Peraltro, la legge n. 1187 del 1968, da interpretarsi ora nel siste


(3) La pronuncia lascia intravvedere un delicato problema istituzionale. Il 
procedimento di produzione deMe leggi regionahl � notevolmente pi� � facile � 
e sollecito del procedimento di produzione delle leggi statali. Ci� pu� condurre 
ad un rapporto empirico tra legge regionale e giurisdizione (com'� noto r1servata 
aLlo Stato) diverso da queHo che sii ha tra legge statale e giurisdizione; in pratica 
lo spazio decisionale (d'interpretazione integrativa) che rimane al giudice 
� pi� r~stretto, a cagione dehla relativa prontezza del legislatore regionaLe specie 
nelle regioni aventi maggioranze compatte e ben determinate a governare 
-nell'intervenire sull'ordinamento normativo per sottrarre al giudice Ia 
possibilit� di dare sue interpretazioni punto o poco conformi a1l'effettiva volont� 
politica del Consighlo regionale. 
Ora la Corte costituzionale -enfatizzando forse oltre mJsura hl principio 
di -irretroattivit� della legge regionale -nella sostanza cerca di recuperare 
spazio decisionale alla giuriisdizione, senza affrontare peraltro afila radice fil 
;problema se sia pi� sano un rapporto tra legislazione e giurisdizione che pi� o 
meno deliberatamente � deleghi � a quest'UJltima di trovare soluzioni ed equilibrii 
non raggiunti in seno a maggioranze parlamentari intimamente discordi, o invece 
un rapporto tra legislazione e giurisdizione che riconduca quest'ultima alla 
� soggezione � alla �legge, e cio� al ruolo costituzionale che dovrebbe esserle 
proprio: Un problema -questo -che dovrebbe essere posto, con i1 dovuto 
rispetto ma, al tempo stesso, con franchezza, anche per quelle parti delde sentenze 
della stessa Corte costituzionale nelle qua]ri (parti) tale Corte procede ad 
una interpretazione ricostruttiva dell'ordinamento normativo viigente: un esempio 
di quanto sia necessaria una presa di coscienza del problema cui si � 
accennato � offerta proprio dalle sentenze in rassegna, come illustrato neLla 
nota che segue. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

644 

ma disegnato dalla anzidetta legge Bucalossi, non contrasta con i principi 
affermati nella sentenza n. 55 del 1968 della Corte costituzionale (4). 

V 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. Civ., 7 maggio 1981, n. 2951 -Pres. Rossi Est. 
Granata -P. M. Saja (conf.) -Klitsche de la Grange (avv. Klitsche 
de la Grange) c. Comune di Tolfa (avv. Cervati), Regione Lazio (avv. 
Lagonegro) e Ministero lavo11i pubblici {avv. Stato Carbone). 

Urbanistica -Convenzione di lottizzazione -Vincolo di inedificabilit� 
. sopravvenuto -Anullamento giurisdizionale -Risarcibilit� del pregiudizio 
economico -� Esclusione -Svuotamento del diritto di propriet� 
senza mdennizz'O -Risarcibilit� del pregiudizio economico � 
Proponibilit� della domanda. 

Anche in presenza di una gi� avvenuta urbanizzazione di un'area, per


mane il potere dell'autorit� comunale di imporre su essa un vincolo di 
inedificabilit�; e l'annullamento giurisdizionale del relativo provvedimento 
non legittima il privato a proporre domanda di risarcimento danni. 
Tale domanda peraltro � proponibile allegando la lesione per � svuotamento
� senza indennizzo del diritto di propriet� sull'area. 

(1-2-4) Un altro colpo alla legge 'Bucalossi n. 10 del 1977 -Dopo le sentenze 

n. 5 del ,1980 e n. 92 del 1982 della Corte costituzionale viene naturale d�imandarsd 
se la �regge Bucal!ossi sia ancora una legge �urbanistica � o se non Sia stata nella 
sostanza ridotta a poco pi� di una sempltice �tributaria� (ossia sui �contributi 
da corrispondere per le concessioni ediHizie). 
Nella riota sentenza n. 55 del 1968 (in �questa Rassegna, !1968, I, 661), la 
Corte costituzionale si � posta. fil seguente quesito: � se :iL sottrarre senza un 
indennizzo gli immobild, quando essi siano da considerare edificabili in base 
all'ordinamento vigente nel momento in cui il vincolo intervenga, alila possibilit� 
cLi uti:Mzzazione .rappresentata dalla destinazione... a nuove costru:moni o comunque 
ad altri proficui impieghi... sia o meno costituzionalmente legittimo �. Un 
quesito, cmne si vede, per cos� dire � storicizzato � � � relattivo �, in quanto foi:'� 
muliato � ai1lo stato della legislazione ordinaria vii.gente�, ed in relazicfo.e ad essa. 
Un quesito �peraltro c�ntenente una contraddittoriet� intrinseca, parlandosi di 
� destinazioni � urbanistiche nel momento stesso in cui si punta a ridimensionare 
Ia d}evanza degli strumenti urbanistici e si rpostula come naturale fa � proficuit� 
� degli �impieghi � quasi che tale proficuit� fosse estensibile a tutte le 
utilizzazioni del territorio (del resto, in ;pi� pasi;i defila sentenza si a:1lude a 
connotati ed a Umhi �naturali� o �connaturali� della propriet�). Un quesito 
inoJtre privo di spessore quantitativo e quindi �sfuocato� e deviante, in esso 
rimanendo assente qualsiasi riferimento alle � Hmitazioni � derivanti dagli standards 
urbanistici (art. 41 quinquies aggiunto d.all'art. 17 deli1a ~egge ponte n. 765 
del 1967); e ci� ma1grado in tema di disciplina de1l'attivit� edilizia e di �valore � 

l: 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 645 

I 

(omissis) Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Palermo ha sollevato 
questione di legittimit� costituzionale degli artt. 1, 2, 5 della legge 
19 novembre 1968, n. 1187, e dell'art. 1 della legge 30 novembre 1973, 

n. 756, in relazione agli artt. 42, terzo comma, 3, nonch� 136 della Costituzione; 
ha inoltre impugnato la legge regionale siciliana 5 novembre 1973, 
n. 38, con riferimento all'art. 3 Cost. e 14 Statuto della Regione. 
Precisamente r.itiene il giudice a quo che la citata legge n. 1187 del 
1968, la quale ha stabilito il termine massimo di cinque anni per la 
validit� dei vincoli urbanistici a contenuto espropriativo, e quella n. 756 
del 1973, con cui � stato fissato provvisoriamente un altro termine di 
due anni, sarebbero illegittime perch� non hanno stabilito che in ogni 
caso � dovuto al proprietario del bene un previo indennizzo. 

La legge regionale n. 38 del 1973 sa~ebbe invece illegittima perch� 
avrebbe sostituito il termine suddetto con un diverso termine pi� 
ampio (dieci anni), creando cos� una disparit� di trattamento 'fra i proprietari 
dei beni situati in Sicilia e quelli del restante territorio nazionale. 

Osserva la Corte che ile due questioni, ~e quali si :riferiscono a un 
vincolo urbanistico preordinato a un successivo trasferimento (destinazione 
a verde pubblico), non sono fondate. � 

dei suoli, soluzioni equilibrate possano essere reperite -come dimostra l'esperienza 
francese de} plafond l�gal de densitli -propirio mediante strumenti 
� quantitati<VP �. Ce>ei'ente con la riferita impostazione del quesito � Dl brano 
della sentema n. 55, ove si evidenzia che Ǐ la steS.Sa 'lligente legge: urlJanistic� 
a considenre inerente esclusivamente abl�a pl'Of>riet� ogni attributo delll'imm& 
bfile�, e si aggiuDge-che �i proprie.tari che v�ngeno a subire un trasferim�nto 
coattivo conseguono d>l vawre venale attuale dei beni (art. 37) �. A� 'questo proposi.
te, siignificativo (e, deve rite11e:rsi, non casuale) � che non si faccia cenno al 
sm:�essivo art. 38 de1J.a tegge urbanistica del! 1942, dis:posizi.one che in quaranta 
anni ha avuto rare appliicazioni ed � Stata cosiantemente circondata 'da un 
sos-petto silenzio; laddove invece essa (.come del resto, il sopravv�n�to art. 16 
comma sesto della Iegge n. 865 del 1971) contiene una ehiara indicazione di prin�ipio, 
e cio� i'ind�cazione che l'edif�cab.ilit� -e le conseguenti plusvalenze de1le 
aree comprese nel1le �zone di �espansione,. � costituita, e non solo dichiarata, 
da~li strumenti urbanistici regolatori ed attuativi. 

Quail!e sia stata la �risposta della Corte costituzionale ai} quesito anzidetto � 
noto: i vinco1i urbanistici prodotti da zonizzazioni e localizzazioni sono stati 
considerati non come espressioni di un connotato intrinseco della propriet� 
fondiaria, ma come deroghe ad una supposta (o presupposta) rpienezza di tale 
'propriet�. � mancato qua:lsiasi sforzo rper un s�peramento della concezione 
romanistica della propriet� fondiaria; e ci�, malgrado .il modo di: essere della 
economia contemporanea conduca a ravvisare ne1Ia terra una mere commodity, 
un fattore del:la produzione, non diverso dagli altri (ma in molte patti la moti~ 
vazione de1la sentenza n. 55 del 1968 � culturalmente ascrivibile al primo ventennio 
del secolo che sta per concludersi). Peraltro, la stessa sentenza n. 55 
del 1968 non ha potuto. fare a meno di confermare che �il principio deihla 
necessit� deWindennizzo non opera nel caso di disposizioni le quali si rifer�




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

646 

La prima � frutto di un equivoco perch� il giudice a quo espressamente 
e ripetutamente afferma di volersi attenere alla statuizione contenuta 
nella sentenza n. 55 del 1968 di questa Corte ed appunto, invocando 
tale statuizione, ritiene che il legislatore era tenuto sia a fissare il termine 
di durata dei vincoli urbanistici, sia a stabilire che in ogni caso 
era previamente dovuto un indennizzo al proprietario del bene. Ma la 
ricordata decisione ha chiaramente posto un'alternativa, nel senso che 
ha ritenuto come necessaria la previsione di un indennizzo ovvero quella 
di un termine di durata dell'efficacia del vincolo. Data questa alternativa, 
pacificamente riconosciuta in dottrina e giurisprudenza, il legislatore correttamente 
si � limitato a fissare, per l'efficacia del vincolo, un termine 
massimo di durata. (omissis) 

Con l'impugnativa della legge regionale n. 38 del 1973, l'ordinanza 
di rimessione non contesta alla Regione siciliana, la potest� (legislativa 
e amministrativa) esclusiva in materia urbanist'ica, potest� e~pressamente 
prevista dall'art. 14 del�o Statuto, approvato con r.d.l.vo 15 maggio 
1946, n. 455, convertito in legge costituzionale con I. cast. 26 febbraio 1948, 

n. 2. Deduce invece che il maggior termine fissato da detta legge (dieci 
anni) rispetto a quello valido sul restante territorio nazionale (cinque 
anni) creerebbe un'ingiustificata disparit� di trattamento. 
scano a intere categorie di beni �; ed inoltre ha rilevato che un problema di 
� distacco tra l'operativit� immediata dei vincoli previsti dal p.r.g. e il conseguimento 
del risultato fina-le � (e quindi cli immediatezza deH'indennizzo) non si 
pone � per quanto riguarda quei vincoli che sono ordinati al mantenimento 
delle destinazioni attuali della propriet� �. Il che ha autorizzato ed autorizza a 
ritenere che uno scorporo generalizzato del jus aedificandi dalla propriet� fondiaria 
e, comunque, rifiuti di assenso all:a edificazione (o, �Come .poco esattamente 
suole clirsi, vincoli non aedificandi) posti anche da strumenti urbanistici 
per la sempldce conservazione de1le utilizzazioni in atto, non ingenerano necessit� 
di indennizzo i(e quincli a fortiori neppure necessit� cli indennizzo immecliato). 

Significativamente non v'�, nelJla motivazione della sentenza n. 55, alcun 
auspicio nel senso di uno scorporo generadlizzato del jus aedificandi; anzi, ~li 
auspici sono nel senso di un indennizzo immecliato a carico delle col1ettivit� 
locali dei vincoli conseguenti alle focalizzazioni ed anche a talune altre desti� 
nazioni, ossia nel senso di una soluzione :in pratica :incompatibile con 1e condizion~ 
della finanza ~ocaLe e quincli con lia sopravvivenza di una disciplina urbanistica. 
� rparso quindi subito evidente che la sentenza n. 55 avrebbe potuto tradursi 
in un boomerang per gli interessi usciti in quella sede vincenti. 

� noto che la sentenza n. 55 ha prodotto una rottura di equilibri ed uno 
sbandamento curi il legislatore ha risposto mediante la legge Natali 19 novembre 
.1968 n. 1'187, ahl!epoca qmrlificata �legge-tampone� e riguardata come soluzione 
:provvisoria. 

Dopo akune leggi intitofate -merita sottolinearlo -�proroga dell'efficacia 
della legge 19 novembre 1968 n. 1187 �, �, com'� noto, intervenuta la legge Bucalossi 
28 gennaio 1977 n. 10 che �pur non enunciando espressamente il .principio 
deUa separazione (dello jus aedificandi dal diritto di propriet�), afferma che 
H diritto di edificare pu� essere esercitato soltanto attraverso una concessione 



/ �l'~ I~ llJ;Z� .I,. cmJRISPRUDl!NZA COSTiTUZIONALI! 

On:l, sotto .UA as})etto generale, � evidente. che la potest� legislativa 
delle regioni ha la !lUa ragion d'essere nella necessit� di adattare la 
disciplfn+t 11(>1'tnl;ltiva �.�alle particolari esigenze locali e quindi ben pu� 
l),Jj~ l~~j5* tejlo~.al� (f�ttare una disciplina diversa da quella nazionale 
t.::t'.ifri lhiiiti~ 6e!l ~�U,,te11de, fissati dall'art. 117 Cost. ovvero dagli Statuti 

�� �.� mf<#\:lef t�rnfoH colpiti dai suddetti terremoti. 

;Ii~j1fHd31la -ohe aUa Camem dm Deputati Gbiglia).

delfon. 

� t;a l~ggfi't $u9alossi -appr�vata in esito ad un dibattito animato e frutto di 
AA# s~mqi �()tlW:roniesso:. tva posizi-0ni contrapposte -ha senza dubbio inteso 
. Jli~d~ ili lt19d<) S(.)stanzios� sulla propriet� fondiaria, e di certo non ha 

. 

�~-~;~-~~:::::.:: 

�man:Cltt<'V<z�ti ha argmn:�ntato che, tu~to considerato, fa nuova concessione ediili� 
;i:i~ :n.~ns~. diffeJ:'�n:derebbe graileh� (lll)llil'aprecedente licenza edii1iiia (cfr. SAN� 
\.�� nuv�.r;Nuq'.Yptegfm,"'d~~ $f40li ~c~stit~ifff,ei f;rJ. Riv~ giur. ed., 1978, II, 80 e segg.) . 

. . �� �l~~P~~8hl~=ri~u~t~o~g1!!: ~ ~~~~kk1~~~t~t~nc:=~~8!~~ ~~~ 

� (l;i1~p~~on,l su(tfitdic~ e q;uin;(l~ 9f1.it1tr dieta � � (talla sentenza n. 5 del 1980 della 
� C9tje c.0Stit11zior�il~ Jin questa Rasse~na, ,1980;. I,. 486, con nota di ALBISINNI, 

���<��fW�"'��tfE~f:t: 


sistema normativo u� demanda a:Ifa pubbUca autorit� ogni determinazione sul 
se .sul come .e anche sul quando .;. �delllreddficazione �:�.�dopo una siffatta affermazione 
sarebbe fogko. attendersi rie parole � quindi l'edificabilit� di un'area 
� costituita da:Ha �pubblica autorit��. Invece, si leggono parole (pervero, scarne 
e non proprio univoche) di tutt'altro tenore. 

La sentenza n. 5 infatti osserva che relativamente ai suoli � destinati dagli 
strumenti urbanistici all'edilizia residenziale ;pmvata � (quindi relativamente 
solo a questi suoli e non anche a tutti .gli raltri) �d'edificazione avviene ad opera 
del proprietario deH'�rea � (rla motivazione non aggiunge che per� il proprie


3 


648 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

II 

(omissis) Con l'ordinanza in epigrafe il Pretore di Minturno ha impugnato 
gli artt. 1 lett. a) e b), 2, 3 e 8 della legge della Regione Lazio 
2 luglio� 1974 n. 30 (l'efficacia di essa � stata: pror:ogata con la legge reg. 
31 dicembre 1974 n. 73), la quale, al fine di salvaguardare J'attuazione 
di un piano territoriale di coordinamento regionale non ancora approvato, 
vieta sino alla data di approvazione del piano stesso l'edificazione 
nei territori costieri di una determinata profondit� (m. 300 per il mare 
e m. 150 per i laghi) e stabilisce la decadenza delle licenze edilizie rilasciate 
per quei territori, salvo che i lavori siano stati iniziati e vengano 
completati entro due anni. Il giudice a quo dubita della legittimit� costituzionale 
di detta l�gge regionale, perch� essa, non attenendosi, secondo 
il suo giudizio, ai principi fondamentali della legislazione statale in subiecta 
materia, sarebbe in contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione. 
(omissis) 

Il primo principio fondamentale violato sarebbe, secondo il giudice 
a quo, quello per cui le misure di salvaguardia potrebbero essere previste 
soltanto da stmmen!i urbanistici, sicch� sarebbe illegittima fa previsione 
effettuata direttamente dalla legge. 

tario� pu� cessare di essere tale per espropriazione anche quando non edifica) 
� i<l quale, concorrendo ogni altra condizione, ha diritto ad ottenere la concessione 
... �. Come evidente, questa osservazione ha riguardo ad una soltanto 
-e neppure la pi� frequente -delle numerose ipotesd. possibili (e cio� all'ipotesi 
in cui sono operanti strumenti urbanistici anche attuativi e ~'edificazione 
� programmata dal p.p.a.), e ad una soltanto -e neppure la pi� estesa -delfo 
numerose destinazioni possibihi (e cio� alla destinazione ad edilizia residenziale 
privata); per ci� solo, dunque, s� tratta di osservazione di per s� non i.donea 
a costitufre H fondamento di una � ricostruzione� dell'intero sistema normativo. 

Comunque, la riportata osservazione sarebbe stata innocua se da essa non 
si fosse preteso di trarre, senza souplesse e -al tempo stesso -senza corredo 
dei doverosi approfondimenti, la deduzione � da ci� deriva che dl diritto di 
edificare continua ad inerire alfa propriet�... �. Giustamente � stato opposto 
(da MAZZAROLLI, Considerazioni sull'indennit� di espropriazione ..., in Giur.. cost., 
1980, I, 1262) che dalle sin qui riportate parole della Corte costituzionale avrebbe 
dovuto farsi discendere non gi� � 1a conclusione che il jus aedificandi � consustanziato 
al diritto di propriet�, ma semmai quelila che la facolt� dd costruire 
viene agganciata alla propriet� dei suoli dagli strumenti di pianificazione... �. 
� Se il diritto di costruire appartiene ai proprietari dei terreni destinati dagli 
strumenti urbanistici ailil'edilizia residenziale privata, se con altre parole solo 
i suoli cos� identificati possono qualificarsi come eddf�cabm, per essere conseguenti 
si dovrebbe per converso riconoscere che il jus aedificandi non appartiene 
ai 'proprietari dei suoli destinati da quegM stessi strumenti a (essere 
espropriati per fa realizzazione di) opere e impianti di pubblica utilit�"� Non 
� finito. Sulle riferite (e tanto dubbie) fondamenta, la sentenza n. 5 del 1980 
poggia anche una seconda deduzione: ancora una volta con la sola motivazione 
di un � ne consegue >>, si aggiunge che � la concessione ad edificare non 

f 

~~l~_..,,dWIA9JW~~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 649 

L'argomentazione non pu� essere �ondivisa. 

Le misure di salvaguardia sono dirette all'attuazi�ne di uno strumento 
urbanistico ancor prima dell'approvazione di esso e servono ad 
evitare che lo stato dei luoghi venga medio tempore pregiudicato con 
costruzioni incompatibili con quelle che saranno le previsioni urbanistiche 
e risulti cos� successivamente impossibile ovvero anche difficile la 
attuazione medesima; si tratta, cio�, di effetti prodromici di uno strumento 
che � sar� successivamente approvato, effetti che la legge consente 
che si producano, stabilendone i presupposti e le modalit�. 

Risulta pertanto evidente come le misure di salvaguardia non possano 
essere contenute negli strumenti urbanistici a cui si riferiscono, ma 
debbano precedere detti strumenti, alla cui futura attuazione sono preordinate. 
Ed appunto l'ordinamento statale. conosce alternativamente due 
modalit�, a seconda che la legge provveda direttamente ovvero autorizzi 
i pubblici poteri a provvedere con atti amministrativi: la prima soluzione 
� accolta ad esemp!o dalla legge statale 4 novembre' 1963 n. 1460 
per l'incremento dell'edilizia e�onomica e popolare nonch� dall'altra legge 
statale 20 marzo 1965 n. 217 sui programmi edilizi della GESCAL e degli 
altri enti, mentre l'altra soluzione � accolta dalla fondamentale legge 
3 novembre 1952 n. 1902, modificata dall'art. 3, ultimo comma, della 

� attributiva di diritti nuovi ma presuppone facolt� persiistenti, sicch� sotto 
questo profilo non adempie a fun2i�one sostanziailmente diversa da queMa del� 
l'antica licenza �. Se il primo � ne deriva � pu� essere tollerabiile tenuto conto 
della supercircostanziata ipotesi che <lo procede e lo circoscrive (illl que1la i.potesi 
-che � poi grosso modo quella ;prevista daill'art. 8 del dJ. Nicolazzi 23 gennaio 
1982 n. 9 -pu� arrivarsi a ritenere che gli strumenti urbanistici abbiano prodotto 
un aggancio dcl jus aedificandi alla propriet�), il secondo � ne consegue� 
non pare possa ricevere altro commento che un netto dissenso, temperato dal 
dovuto riguardo formale. La sentenza sembra trascurare che la concessione 
edilizia non sempre � atto del tutto vincolato e �dovuto� (anzi molto frequentemente 
non fo �) e sembra dare per scontato che la concessione edMizia nulla 
aggiunge alda situazione del proprietario. Del resto -e questa costituisce una 
notazione UJ!teriore -1a sentenza descrive J'atto a suo dire nominalmente concessione 
e sostanziailmente � antica licenza � in modo tanto riduttivo da far 
persino dubitare che esso rientri, an2lich� nella categoria deMe autorizzazioni, 
in quella degli atti di accertamento amministrativo � avente lo scopo di accertare 
1a ricorrenza delle condizioni ... per l'esercizio del diritto� (in sostanza, un 
seinpltice certificato d'uso). In sostanza, si riporta da sensazione che la sentenza 

n. 5 non sia riuscita a liberarsi dalfimmagine del diritto reale su bend materiaJLi:, 
e non sia riuscita a raffigurarsi la nozione di un procedimento concessorio I�!l 
quale sia �additivo� (PRFDIERI, La legge 28 gennaio 1977 n. 10 dell'edificabilit� 
dei suoli, 1977, 58) senza essere � tras1ativo � o �costitutivo ex novo�. Oi� appare 
alquanto singolare se si considera che da nozione di concessione additiva, ~ungi 
dall'essere figlia dclla ~egge Bucalossi, costituisce uno sVi�ilu;ppo di quanto osservato 
da BENVENUTI ben ventisette anilli fa, in uno scritto ultranoto (I limiti dello 
jus aedificandi e la natura giuridica della licenza edilizia, in Atti del Convegno 
di Sanremo sulle licenze edilizie, ItaJedi, 1957): �tra gli atti di autorizzazione 

650 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge n. 765 del 1967. Risulta evidente quindi come non esista n� possa 
logicamente esistere nella legislazione statale il principio supposto nell'ordinanza 
di rimessione. 

Per quanto concerne gli altri principi fondamentali che il giudice 
a quo ha ritenuto di potere individuare nell'ordinamento statale, va rilevato 
che 11 Hmite dei principi consiste non gi� nel dovere di osservare 
le singole leggi statali (perch�, se cos� fosse, il potere normativo regionale 
si ridurrebbe ad una semplice potest� regolamentare), bens� nell'obbligo 
di conformarsi ai criteri generali ai quali si ispira la disciplina 
statale in una deteI1Illinata materia e che di questa e dei relativi istituti 
sono espressione caratteristica (cfr. sent. 14 luglio 1958 n. 49). I principi 
fondamentali delle leggi dello Stato non possono essere confusi dunque 
con gli specifici disposti legislativi nella materia di cui trattasi (cfr. sent. 
18 gennaio 1977, n. 36), i quali, se non sono espressione di un criterio 
generale, non rilevano sulla potest� normativa regionale. 

Per contro il giudice a quo, in tutto il suo ragionamento, non ha 
preso in considerazione i criteri generali della legislazione statale, ma si 
� riferito' a singole disposizioni di dettaglio senza avvertire che nella 
stessa legislazione statale vi sono, come subito si accenner�, altre norme 
che contengono disposizioni analoghe a quella regionale impugnata, con 

e g.1i atti di concessione si sta inserendo un'altra categoria di provvedimenti... 
ai quaild pu� essere dato iii nome di consensi, ..-. categoria di atti nella quale 
dovrebbero confluire le ipotesi in cui �l'amministl'azione tutela propri interessi 
definendo l'espansione di un diritto privato... �; e ancora: � ... lo jus aedificandi 
non appartiene dn via assoluta al proprietario, ma questi deve esercitarlo 
in accordo con il titolare delil:'interesse coLlettivo... �. II� BENVENUTI ha avuto 
modo di chiarire (Da consenso a consenso, in Atti del Convegno di Trieste sulla 
edificabilit� dei suoli, Giuffr�, 1978) come lo �inquadramento sistematdco dclla 
normativa suLla licenza di costruzione� non possa ritenersi confermato dalla 
legge Bucalossi che ha dettato �una nuova disciplina del diritto di propiiet� � 
tale da dare maggiore consistenza� alla configurazione dell'intervento dell'amministrazione 
pubblica come atto di �consenso�. Ed � -evidente che dove e per 
quanto v'� necessit� di un � consenso � amministrativo non pu� esservi facolt� 
inerente a diritto reale e partecipe con questo del carattere della assolutezza 

erga omnes. 

In effetti, se da un 1ato a,'ppare inutile e perci� eccessivo mvvisare neL1a 
legge Bucalossi un provvedimento -che ha � trasfurito � il coacervo di tutti gli 
jura aedificandi dai proprietari ai soggetti pubblici, espropriandone i primi 
ed assegnandoti ai secondi (qualche equivoco in tal -senso pu� essere stato 
ingenerato daJJle asserziioni secondo cui la legge de qua avrebbe sancito uno 
� scorporo � o un � esproprio generailizzato � del jus aedificandi � riservandolo 
al potere pubblico�), d'altro lato, per�, neppure .pu� 1aprioristicamente rif.iutarsi 
la possibilit� di arricchire la nozione di concessione amministrativa di nuovi 
e possibili contenuti, e nep;pure pu� mortificarsi fa portata innovatrice di una 
legge frutto di un decennio di dibattiti entro lo schemetto obsoleto della contrapposizione 
tra concessione ed autorizzazione (quasi che compito dell'interprete 
fosse non gi� quehlo di pervenire a ricostruzioni del sistema normativo 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 651 

l'intuitiva conseguenza che esse non possono servire a integrare il limite 
dei principi. 

Precisamente, secondo il giudice a quo sussisterebbe nella legislazione 
statale un principio fondamentale per cui, in tema di misure di salvaguardia, 
sarebbe consentito il divieto di rilascio di nuove licenze, ma 
non gi� la decadenza di quelle gi� rilasciate. 

In contrario � per� da rilevare che questa materia � rimessa al potere 
discrezionale del legislatore, che pu� provvedere secondo le circostanze 
e le particolarit� della materia normativamente disciplinata senza che 
possa ritenersi sussistente una norma-principio del tipo ipotizzato. Invero 
la stessa legge 3 novembre 1952 n. 1902, indicata dal giudice a quo come 
unica legge statale, prevede anche essa la decadenza (rectius: l'inefficacia) 
delle licenze gi� rilasciate, sia pure a specifiche condizioni e su determinati 
presupposti; inoltre la legge 6 agosto 1967 n. 765 stabilisce, all'articolo 
10, undicesimo comma, la decadenza delle licenze in contrasto con 
nuove � previsioni � urbanistiche, se i lavori non siano stati gi� iniziati 
e non vengano completati nel triennio dall'inizio. Ancora, la legge 28 gennaio 
1977 n. 10, all'art. 18, prevede la decadenza delle licenze gi� rilasciate, 
salvo che i lavori siano stati gi� iniziati (s'intende, tempestivamente, ossia 
entro l'anno dal rilascio, di cui all'art. 10, decimo comma, legge n. 765 

adeguate alle Ieggi, ma que1lo di mutilare Je leggi per farle rientrare entro 
veicoli concettuald costruiti molti decenni prima per tutt'altre esigenze). Per 
inciso, sia consentito rispettosamente evidenziare come la Corte costituzionaile, 
allorquando incidentalmente si dedica alla interpretazione del:le leggi ordinarie 
(e sia la sentenza n. 55 del 1968 che la sentenza n. 5 del 1980 pronunciano sulllo 
�stato della vigente legis:lazione � ordinaria), sia tenuta a Jeggere le Jeggi secondo 
i normali canoni ermeneutici. 

A ben vedere, l'affermazione secondo cui �la concessione a edificare... presuppone 
facodt� preesistenti � � affetta da ambiguit� anche lessicale, poich� 
si allude alJla situazione soggettiva legittimante a richiedere fa concessione 
(di norma, il diritto di propriet�) e, al tem!Po stesso, si vuole arrivare alla 
specifica facolt� di edificare. Come parimenti affetta da 'ambiguit� � l'affermazione 
secondo cui �la concessione a ,edificare non � attributiva di diritti 
nuovi �, poich� si allude a diritti reali e, al tempo stesso, si mira a negare 
che il jus aedificandi possa essere riguardato come facolt� � nuova �. La novit� 

o non novit� di detta facolt�, fessere cio� essa o meno �costituita� (o -se si 
preferisce -�aggiunta�) da atti amministrativi (siano essi gli strumenti di 
piandficazione e programmazdone urbanistica o invece g,!Ji atti di concessione 
edHizia), em e rimane il quid demonstrandum; non pu� quindi assumersi la 
preesistenza della facolt� di edificare agli atti amministrativi menzdonati come 
un a priori determinato da una sorta di � legge di natura �. Ha osservato 
PororscHNIG (Commento alla sentenza n. 5 del 1980, in Leggi civili commentate, 
1980, 602): �c'� da domandarsi che cosa sia, nonch� come e quando sd determini 
per le singole aree quella destinazione all'edificazione di cui paruia Ja. sentenza. 
� indubbio che dail punto di vista giuridico la destinazione sorge solo 
per effetto (e solo ,ail momento) deM'approvazione. di uno strumento urbanistico 
generale il quale includa queHe aree tra quelle edificabiJi. Ma non � di questa 

652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del 1967) alla data della sua entrata in viiore e siano completati entro 
quattro anni dalla stessa data. 

L'istituto dell'inefficacia sopravvenuta delle licenze gi� rilasciate ha 
quindi cittadinanza nella legislazione statale, sebbene sia disciplinato in 
maniera diversa dalla normativa della Regione Lazio. Pertanto, non ha 
superato i limiti del suo potere il legislatore regionale che ha utilizzato 
un istituto conosciuto dalla legislazione statale, sia pure con una disciplina 
diversa nei dettagli da quella da essa fornita. 

Neanche pu� condividersi l'affermazione secondo cui sussisterebbe 
l'illegittimit� della normativa che fa decorrere gli effetti delle. misure 
di salvaguardia dalla data di entrata in vigore della legge regionale, 
perch� essa risulterebbe in contrasto con la citata legge n. 1902 del 1952, 
la quale, invece, prevede che dette misure decorrano dal m�imento della 
adozione del piano sottoposto ad approvazione. 

Anche qui, va osservato che non si pu� parlare di una norma-principio 
esistente nella legislazione statale, che avrebbe impedito al legislatore 
regionale, per il limite suindicato, di predisporre una disciplina come 
quella adottata. Il che risulta evidente ove si rilevi che non manca nella 
legislazione statale qualche esempio in cui le misure di salvaguardia non 
sono collegate ad uno strumento urbanistico adottato: precisamente, 
l'art. 1 del d.l. 17 aprile 1948 n. 740, riprodotto nell'art. 13 I. 27 ottobre 

destinazione di cui sembra parlare la sentenza (anche perch� in tal caso essa 
non avrebbe potuto ignorare la disposizione ... delrart. 38 de11a legge urbanistica). 
Si tratta invece di una destinazione che sorgerebbe naturaliter, per 
essere poste, queste aree, in zone gi� interessate aUo sviluppo edilizio. Insomma 
la destinazione .in questione sarebbe di fatto, non dii diritto... Il limite maggiore 
del ragionamento fatto da1la Corte sta nell'aver preteso di ricavare il regime 
di propriet� dei suoli da1la sola disciplina della concessione ad edificare, trascurando 
di considerare che il relativo provvedimento � soltanto l'atto puntuaile 
e ,applicativo nel tempo di una disciplina confermativa del diritto di propriet� 
del suolo, dettata dalla pubblica amministrazione mediante una serie di atti 
generalii :precedenti, a cominciare dagli strumenti urbanistici. � solo per effetto 
(e nei limiti) d.i questi atti che progressivamente prende �forma e spessore 
~a destinazione edi'1izia delle aree. Del resto J:a sentenza stessa, anche !l� dove 
afferma fa perdurante (a suo avviso) compenetrazione del diritto a costruire 
con la propdet� dell'area, � costretta subito ad ammettere che ci� vale soltanto 
relativamente ai suoli destinati dagli strumenti urbanistici aWedilizia residenziale 
privata. Il che, mentre contrasta con ~'affermazione precedente secondo 
cui Ia destinazione �ediiMzia delle aree sarebbe un fatto esclusivamente natura.le, 
finisce con l'ammettere che i~ regime dei suoli � determinato -assai prima 
che venga rilasciata fa ,concessione -daii provvedimenti generali con cui l'amministrazione 
stabilisce le destinazioni delle varie zone, nonch� i vincoli e i caratteri 
che vanno osservati in ciascuna zona. Per negare che fa !legge abbia scorporato 
lo jus aedificandi dal diritto di propriet�, non basta dunque dimostrare 
che il regime dettato per fa concessione non � idoneo a determinare (da solo) 
questo risultato; occorre invece avvertire se quest'uiltimo non si produca ugualmente 
in conseguenza detl'insieme dei poteri che sono dati alla p.a. per assicurare 
la funzione sociale di questa categoria di ben.i �. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 653 

1951 n. 1402, stabilisce che dopo la pubblicazione degli elenchi dei comuni 
obbligati all'adozione del piano di ricostruzione e fino all'approvazione 
del piano stesso, il prefetto pu� sospendere i lavori di costruzione, ricostruzione 
e grande trasformazione degli edifici privati, suscettibili di 
rendere pi� difficile o pi� onerosa l'attuazione del piano. In base alla 
predetta normativa � sufficiente dunque l'inclusione nei predetti elenchi 
perch� possano essere disposte le misure di salvaguardia, sicch� non 
pu� all'evidenza ritenersi sussistente un principio fondamentale nel senso 
voluto dal giudice a quo. 

Palesemente infondato � anche ,J'assunto della ordinanza di rimessione, 
secondo cui sussisterebbe nella legislazione statale il principio che 
le licenze gi� rilasciate possano perdere efficacia soltanto per il sopravvenire 
di contrastanti previsioni urbanistiche. Dato che, come si � detto, 
nella legislazione statale e regionale � consentito prescindere da un piano 
gi� adottato, l'argomentazione viene a mancare del suo indispensabile 
presupposto logico, perch� manca un termine di comparazione, e quindi 
si rivela del tutto inconsistente. (omissis) 

D'altro canto, � inesatto -sul piano .1ogico-giwidico -;porre a base di una 
� ricostruzione � del sistema della disciplina urbanistica fa constatazione che 
spesso (ma non sempre e non necessadamente) fa concessione edilizia � atto 
vincolato 'e dovuto. Come osservato da TRABUCCHI (La facolt� di edificare tra 
diritto pubblico e diritto privato, in Riv. dir. civ., 1980, II, 80) �il rpotere pubblico 
considerato rispetto alla concessione edi1izia non ha :fil significato di una 
indiscussa facolt� arbitmria. � vero, anzi, che la discrezionalit� della pubblica 
amministrazione non � ora molto pi� ampia di queHa a fondamento del potere 
collegato al precedente sistema della Licenza ,edilizia; ma quello che conta � il 
collegamento di tale sistema alle altre previsioni legislative che abbiamo 
ricordato {contributo e sanzioni per la costruzione non autorizzata)... Dove 
poi il jus aedificandi assume una nettissima qualificazione che lo stacca dalila 
naturale espressione del diritto di propriet� � nelle conseguenze del mancato 
es;pletamento delle facolt� costruftive previste in seguito all'applicazione dei 
piani particOl1areg~ati di 'attuazione; l'art. B della legge Bucalossi che prevede 
l'espropriazione dei terreni per il solo fatto che il suolo non sia stato edificato 
in corrispondenza con le previsioni che ne abilitavano il proprietario all'esercizio 
appunto di attivit� costruttive, � segno che, sopra la facolt� riconosciuta 
al proprietario esiste la pi� forte posizione dell'ente pubblico, rispetto al quale 
suil potere del ;privato prevale il corrispondente suo obbligo od onere�. 

U commento alla sentenza n. 5 del 1980 potrebbe impegnare ancora molte 
pagine; cosa che per�, oltre ad essere poco compatibile con le dimensioni nor� 
mali di una nota a sentenza, porterebbe fuori strada rispetto al tema trattato 
nelle sentenze ora in rassegna. Deve solo aggiungersi che i processi costituzionali 
concernenti disposizioni urbanistiche sono affetti da un � male oscuro� 
(che rpoi oscuno non �), e cio� dall'essere ila valutazione poLitico-giuridica deglli 
interessi urbanistici collocata in �pos.izione subalterna e persino incidentaile, 
rispetto alfa valutazione degli interessi dominicali privati. Sicch� invece di 
affrontare pdncirpalmente ed � al cuore � le tematiche specifiche del diritto 
(oggettivo) urbanistico, la Corte costituzionale finisce "per affrontare fo tema




654 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

III 

(omissis) Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale amministrativo 
regionale dell'Emilia-Romagna dubita della legittimit� della legge regionale 
8 marzo 1976 n. 10, che consente nei programmi di fabbricazione 
la previsione dei vincoli urbanistici a contenuto espropriativo (primo 
comma), e dispone altres� che sono validi gli ,strumenti urbanistici suddetti 
approvati anteriormente all'entrata in vigore della legge (secondo 
comma). 

Il giudice a quo ha dedotto che la norma in esame, nel suo secondo 
comma (applicabile alla fattispecie, nella quale si tratta di programma 
di fabbricazione approvato anteriormente all'entrata in vigore della legge), 
sarebbe in contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione 
perch� violerebbe un principio fondamentale della legislazione statale 
e cio� quello della irretroattivit� della legge, sancito dall'art. 11 delle 
Preleggi; si aggiunge inoltl'e che non mancano dubbi anche sul primo 
comma, per inosservanza del principio del c.d. � giusto procedimento �. 

La Regione Emilia-Romagna ha eccepito che la proposta questione 
non sarebbe rilevante perch�, anche se venisse pronunciata l'illegittimit� 
costituzionale della norma denunciata, nessuna conseguenza concreta si 

tiche concernenti d�I diritto (soggettivo) di propriet� fondiaria. Ci� � dovuto 
in parte dalla struttura stessa del processo costituzionale che, salvo lodevoli 
eccezioni, si � ridotto in pratica ad essere un prolungamento della tutela dei 
diritti soggettivi, ed in parte da una prolungata confidenza con la � giurisprudenza 
dei concetti �. 

Cos�, nella sentenza n. 5 del 1980, .Je scarne affermazioni in materia di diritto 
urbanistico, sono asservite al fine ,di pervenire ad affermare come � esatto � 
il criterio -si noti meno � storicizzato � e � relativo � di quello espresso nella 
sentenza n. 55 del 1968 -�che l'indennit� va liquidata in base a:I valore effettivo 
del bene espropriato, determinato in relazione alle sue caratteristiche e alla sua 
destinazione economica�: � appunto quest'ultimo aggettivo di punto d'arrivo 
desiderato, un punto di arrivo del tutto diverso dail rpunto di partenza della 
�destinazione (impressa) dagli strumenti urbanistici"� Tra �l'altro, n~pure nehla 
sentenza de qua � menzionata ~'incidenza economica delle disposizioni JegisJative 
in tema di standards urbanistici. 

La sentenza n. 5 del 1980, � appunto per evitare che apparisse una tal quale 
contraddizdone dal fatto che l'ente espropriante dovesse in qualche modo pagare 
quello che secondo una certa prospettiva costituiva f'oggetto di un suo potere 
di attribuzdone, ha ritenuto di dovere anche affermare in tesi generale che 
H jus aedificandi appartiene al proprietario che subisce l'esproprio e quindd 
pu� entrare nel com;puto delfindennizzo. LI legislatore aveva fogato insieme 
la normativa propriamente diretta all'edificazione dei suoli con la fissazione 
dei criteri per riconoscere il diritto all'indennizzo nelle avocazioni del terreno 
alfa mano pubblica; cos�, per valutare Ja Jegittimdt� costituziona.Je delle norme 
per n calcolo di dette indennit�, si � seguita la via di rivedere anche il collegamento 
delle stesse con ~'affermazione di un prevalente e assorbente diritto 
pubblico al1l'edificazione dei suo�d � (TRABUCCHI, op. cit., 45). 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 655 

verificherebbe rispetto al giudizio a quo, giacch� si dovrebbe applicare 
la legislazione statale, la quale sul punto dispone analogamente alla 
normativa regionale. 

L'eccezione non pu� essere condivisa. 

Infatti, per stabilire la rilevanza di una questione di costituzionalit�, 
occorre fare esclusivo riferimento alla legge denunciata e accertare se 
essa debba trovare applicazione nel giudizio a quo. A tal fine nulla importa 
se, come si deduce nella specie dalla difesa della Regione, in caso di 
pronuncia di illegittimit� costituzionale della norma impugnata, sia applicabile 
altra norma di identico contenuto: infatti, il giudice a quo deve 
in tal caso fare capo ad una fonte normativa diversa da quella che avrebbe 
dovuto applicare se non vi fosse stata la pronuncia di illegittimit� 
e ci� � sufficiente per considerare rilevante la sollevata questione di 
costituzionalit�. Il che, non solo vale sul piano c9ncettuale, ma pu� non 
essere privo, nella multiforme variet� dei casi, anche di ri~ievo concreto, 
dovendo il giudice tenere conto di tutte le vicende relative alla legge 
effettivamente applicata (come modificazioni, abrogazioni, ecc.); vicende 
le quali 'ben possono non corrispondere a quelle della legge dichiarata 
costituzionalmente illegittima. 

Passando al merito, osserva la Corte che, per il suo carattere assorbente, 
va esaminata preliminarmente la denunzia relativa al secondo 

Avrebbe potuto seguirsi anche una via diversa, anzi opposta: come osservato 
da MAZZAROTTI (op. cit., 1260), �la constatazione che permangono norme 
che presuppongono, a certi fini, il valore edificatorfo delle aree, potr�, se mai, 
portare a riconoscere la loro jncostituzionalit�, una volta che risulti vigente 
una legge che abbia so;ppresso il jus aedificandi, e quindi la dlevanza dell'edificabiilit� 
sotto i~ suo pi� sostanziale profilo; ma non pu� costituire valido supporto 
per una forzMura deH'interpretaziione di tale legge, onde pervenire alla 
negazione che da essa derivi il venire meno, nel settore cui d� disciplina, 
di tale rilevanza �. 

Per pervenire a dare la riportata indicazione �in positivo � la Corte ha 
fatto ricorso all'art. 3 Cost., � Viene da domandarsi -ha osservato PoTOTCHNIG 
(op. cit., 603) -perch� mai fa Corte si sia spinta sino a questo punto. 
Tanto pi� che dopo aver accolto le eccezioni di iincostituzionaldt� proposte per 
violazione dell'art. 42, la Corte avrebbe ben potuto dichiarare assorbita ogni 
altra questione, senza nulla togldere agli effetti . della propria decisione. In 
linea generale occorre dire infatti che l'utilit� di una pronunzia ulteriore, che 
esamini sotto un secondo o un terzo profilo norme che gi� vengono dichiarate 
incostituzionali, sussiste invero solo quando si vogHano dare al futuro legislatore 
indicazioni precise sul come evitare domani una nuova disciplina che 
presti iJ fianco ad ulteriori censure. Invero, se vi � una questione sulla quale 
l'articolo 3 non poteva e non doveva essere invocato, questa � esattamente 
quehla deMa propriet� dei suoli. E la ragione, semplicissima, � che manca per 
essi il presupposto stesso, :per J'applicazione dcl � principio di ugua~ianza, 
ossia della omogeneit� delle situazioni che richiede identit� di disciplina. 
I suoli infatti sono, per definizione, diversi tra loro, anche quando siano 



656 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comma della disposizione impugnata, ritenuta dal giudice a quo in contrasto 
con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in quanto violerebbe 
il principio fondamentale della legislazione statale relativa alla 
irretroattivit� delle norme giuridiche (art. 11 delle Disposizioni sulla legge 
in generale). 

Nessun dubbio pu� esservi sul fatto che .la norma denunciata, disponendo 
che sono validi anche i vincoli urbanistici prev~sti in programmi 
di fabbricazione approvati anteriormente alla data di entrata in vigore 
della legge, prenda in considerazione e disciplini situazioni giuridiche 
verificatesi anteriormente alla data suddetta. 

Ci� riconosce la stessa difesa della Regione, la quale tuttavia sostiene 
che non possa parlarsi di retroattivit� in senso tecnico perch� la no~a 
ripete una regola della legislazione statale e risulta quindi inutile: infatti, 
anche se essa non vi fosse, sarebbero pur sempre validi -in base a tale 
ultima legislazione -i vincoli urbanistici contenuti in programmi di 
fabbricazione approvati anteriormente all'entrata in vigore della legge 
in esame. 

Del problema questa Corte si � occupata in un caso del tutto analogo 
a quello in questione e cio� a proposito dell'art. 48 della legge della 
Regione Lombardia 15 aprile 1975 n. 51, ritenendo che la disposizione 

compresi in una medesima zona e ricevano, in atto, ,!a medesima destinazione. 
Infatti � a seconda della loro concreta ubicazione che essi finiscono col ricevere 
una diversa destinazione. Gli strumenti urbanistici tra<:ciano invero un 
disegno territoriale che viene a rendere necessariamente di�somogenee tra loro 
le singole aree, anche nell'ambito d� quelle che hanno, a giudizio della Corte, una 
n�turale destinazione edilizia. E ci� non solo nel senso che gli strumenti urbanistici 
imprimono alle aree destinazioni diverse (residenziale, artigianale, 
agricola, ecc.) ma anche nel senso che essi consentono H pi� dehle volte, nei 
confronti di aree che pur ricevono la medesima destinazione, utHizzazioni molto 
diverse tra loro: ad esempio, quando varia la densit� edHizia o ila tipologfa 
ammessa nell'ambito delle singole zone �. 

Poich� ci si trova a parlare dell'art. 3 Cost., appare doveroso aggiungere 
brevemente che la sentenza n. 5 del 1980 ha pure lasciato cadere -malgrado 
i:! rilievo riconosciuto nelfa coeva sentenza n. 13 del 1980 al}'art. 13 della 
legge Bucafossi -Io spunto che avrebbe potuto esserle offerto dalla menzione 
(pur in essa contenuta) dei programmi pluriennali di attuazione. Com'� noto, 
la legge Bucalossi ha affiancato ailla :_pianificazione territoriale (ossia deHa 
dimensione spazio) una programmazione dell'attivit� edificativa (nella dimensione 
tempo), estendendo l'attuazione programmata degli strumenti urbanistici 
generali al di l� dei limiti (edillizia pubblica, insediamenti produttivi, etc.) in 
cui essa gi� era operata in precedenza: in ciascuno dei periodi di tempo :in 
cui � suddivisa >l'attuazione del piano territoriaire, debbono, in Unea di principio 
essere operate tutte e solo le trasformazioni edL!izie ed urbanistiche 
sulle aree incluse nel p.p.a. (e quindi essere rifiutate le concessioni per interventi 
al di fuori di dette aree). Ci� comporta che il jus aedificandi nelle aree 
escluse daJ p;p.a. non sussiste :per alcuno, indipendentemente dalle destinazioni 
(ed eventuali relativi viincoili) �impresse dai piani territoriali. Il rispetto 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 657 

fosse costituzionalmente illegittima (cfr. sent. n. 23 del 1978), e tale indirizzo 
merita di essere confermato e seguito. 

Osserv� allora la Corte che una norma del contenuto di quella considerata 
non ha vaiore puramente ,ricognitivo perch�, quanto meno, � ha 
voluto fissare con riguardo ai rapporti pendenti nel momento dell'entrata 
in vigore della legge regionale, l'interpretazione delle leggi statali vigenti...
� e ci� all'intuitivo �scopo di impedire... l'eventuale annullamento 
dei programmi che avessero configurato vincoli considerati illegittimi 
dalla prevalente giurisprudenza amministrativa "� La Corte aggiunse che 
l'art. H7, primo comma, Cost. risultava altres� violato anche sotto diverso 
profilo, in quanto una norma siffatta � si propone di risolv.ere autenticamente 
questioni interessanti la disciplina di principio della materia urbanistica 
come quelle relative alla funzione e ai contenuti del programma 
di fabbricazione�. 

Questi rilievi valgono anche per l'ipotesi qui consideraUt, del tutto 
analoga, ripetesi, a quella in precedenza considerata dalla Corte. (omissis) 

IV 

Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria 
ha sollevato questione di legittimit� costituzionale degli artt. 7 
(nn. 2, 3 e 4), 34, 36 e 40 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 in relazione 

del princ1p10 di eguaglianza � in tal modo ottenuto .livellando al basso (nessuno 
pu� edificare) come � in facolt� del legislatore ordinario, anzich� livellando 
verso J'ailto {tutti possono costruire ovunque edifici di �edilizia residenzia1e 
privata�, come, con ottica solo abitativa, ipotizza fa sentenza n. 5). 

Si � indugiato nell'esame delle sentenze n. 55 del 1968 e n. 5 del ,1980, 
perch� la sentenza n. 92 del 1982 oggi in rassegna (l'ordinanza del T.A.R. Umbria 
7 novembre 1978 che l'ha provocata � in Trib. amm. reg. 1979, II, 63, con 
nota di KLITSCHE DE LA GRANGE, e in Regioni, con nota di AMOROSINO) � conseguenza 
diretta di quelle precedenti pronunce. In particolare, se la sentenza n. 5 
non .avesse proclamato in modo tanto tranchant che � ti diritto di edificare 
continua (anche dopo la 1legge Bucalossi) ad inerire ,aJlfa propriet��, se essa 
avesse colto appieno la portata innovativa della programmazione delle attivit� 
edilizie mediante i p.p.a., ti problema dei cosiddetti vincoli urbanistici 
sarebbe risultato svuotato per cos� dire � daH'interno � e dunque risolto. 
Come si � V1isto ci� nori � avvenuto. 

Anche la sentenza n. 92 procede alla interpretazione non tanto di norme 
costituzionali quanto deUa Jegislazione ordinaria, e perviene ad una �ricostruzione 
� di questa mediante deduzioni tratte da una enunciazione pervero 
alquanto sommaria. !La sentenza in esame parte dall'enunciazione �va escluso 
che la Iegge n. 10 del 1977 abbia regolato la materia dei vincoli urbanistici�, 
e da essa desume che � la nuova legge, non disciplinando l'istituto, ha lasciato 
inalterata, sotto il .profilo che qui interessa, ila situazione preesistente�. AHo 
istituto del p.p.a., pur tanto rilevante per riportare nelle giuste dimensioni 
(anche temporali) la questione dei cosiddetti vincoli urbanistici viene riservata 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

658 

all'.art. 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, alla legge 30 novembre 1973 

n. 756, al decreto legge 29 novembre 1975 n. 562 convertito neHa legge 
22 dicembre 1975 n. 696, al decreto legge 26 novembre .1976 n. 781 convertito 
nella legge 24 gennaio 1977 n. 6 (ove ritenuti tuttora in vigore) nonch� 
degli artt. l, 3, 4, 6, 11, 12 e 13 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, nella 
parte in cui tutte le suddette norme consentono la possibilit� di imporre, 
mediante strumenti urbanistici, vincoli di natura sostanzialmente 
espropriativa su aree di propriet� privata, senza la previsione di indennizzo 
n� di un termine di durata non prorogabile dei v.incoli stessi, per 
contrasto con gli artt. 3, 41, primo, secondo e terzo comma, e 42, primo, 
secondo e terzo comma, 47, secondo comma, e 97, primo comma, della 
Costituzione. 
Per intendere esattamente la complessa problematica, � opportuno 
premettere delle considerazioni relative ai presupposti da cui muove 
l'ordinanza di rimessione. 

Con la sentenza n. 55 del 1968 questa Corte, sviluppando un indirizzo 
gi� accennato nella decisione n. 6 del 1966 e ribadito in quella n. 56 dello 
stesso anno 1968, ha dichiarato costituzionalmente illegittime le disposizioni 
dell'art. 7 nn. 2, 3, 4 e dell'art. 40 della legge urbanistica 17 agosto 

solo una fuggevole menzione, che par quasi volta a certificare di avere diligentemente 
assolto al dovere di conoscere le leggi. NuMia si dice ;in merito 
allo jus aedificandi ed aUa fattispecie costitutiva di esso; forse -ma � solo 
una su;pposizione -si � reputato l'argomento gi� esaurito con le riferite (e 
purtuttavia solo incidentali) affermazioni fatte nella sentenza n. 5 del 1980. 

Limitando le osservazioni a ci� che la sentenza n. 92 dice (e non anche ad 
paralipomena), si rileva anzitutto che parlare di una �materia dei vincoli 
urbanistici� sembra poco corretto (sul piano logico-giuridico) e alquanto 
deviante. Una siffatta � materia � non esiste, o quanto meno non � separabile 
dal tessuto d'insieme de1la disciplina urbanistica. Giustamente � stato osservato 
(BONACCORSI e D'ANGELO, Corte costituzionale e indennit� di esproprio, jn 
Riv. giur. edil., 1980, Il, 12) che la sentenza n. 55 del 1968 � sembr� fin dal suo 
primo aipparire fare proprio un ordine concettuaile quanto m�no obsoleto, 
che determin� problemi !interpretativi e tentativi cli traduzione in sede legislativa 
molto ardui. Infatti la sentenza ragionava in termini di vinco1i al diritto 
di propriet�, imposti dagli strumenti urbanistici, in particolare dai piani regolatori 
generali (art. 7 tlegge urbanistica). Or � vero che hl testo dello stesso 
art. 7, cos� come altre norme della legge urbanistica, parla di vincoli, ma � parimenti 
vero che a questo 'l{Ocabolo non si � mai attribuito un significato giuridico 
rigoroso �. 

Invero, i cosiddetti limiti del jus aedificandi � non sono altro se non gli 
elementi definitori detlila stessa estensione del diritto di propriet�, e appunto 
perch� definitori essii non sono dci limiti in senso proprio � {ha osservato, 
gi� nel 1956, BENVENUTI, I limiti cit., 15); lo stesso discorso pu� e deve essere 
fatto per tle situazioni giuridiche dei soggetti pubblici preposti al governo del 
territorfo, avendo pera1tro presente che �la potest� :pubblica non viene a 
regolare o 1imitaire il diritto del singolo proprietario, ma riserva a s�, con 
carattere di prevalenza, il diritto a determi�nare la struttura del territorio� 
(TRABUCCHI, op. cit., 48). 



PARTE. I, SEZ. l, Glt:JRISPRUD�NZA COSTITUZIONALE 659 

1942 n� USO nella parte in cui non prevedevano, per le limitazioni con 
contertuto �sproprlativo, operanti immedi~tatnente ed a tempo indeter� 
minato, un ind�nnizzo a favore dei soggetti che avevano un diritto reale 
sui beni gravati . d~le dette limitazioni. 

A ~~to dt queiJa; decisione, H� legislatore intervenne tempestiva
� ..�� J;ijeMe !C91l Ja, 1-!Jg~ 19 m:niembi'e 1968: n, 118:7 intitolata ({ Modifiche ed in te� 
/. i<i jJ;azj(>p.i allaJ(,g~ Hfl()~pisdca 17 agosto 1942, n. 1150 �. Con essa la legi..
�.. $J~2:i9P:~HPt~ci~ct~Pte venne opportunamente adeguata alla ricordata deci> 
$J9#~ Wq~~~t� C!)ite e, tra.l'altro, si stabil� che i predetti vincoli avreb. 
b~td ~~~<) ~fticacia: qualora, entro cinque anni dalla data di approva>/ 
Jl!igll,~ i;\(;?~. pi~J:lQ _regpl~:d?re generale, non fossero stati approvati i relativi 
...���... �l'}:i~ p~~f.j�qfar~g~�tij)d autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati; 

� [~fi#ll~~~~~fftifilfh!r~:~~;c::~i1~:0:~!::1~ad:~::id:~~ata in vigo$'
1l�C)!!l$.stv~~l:lt~ venne emanata la legge 30 novembre 1973 n. 756, 
la &�~�~ ~t�tt.� dti~t~ vincoli urbanistici sarebbero stati efficaci sino alla 
�rttr~t~ in 'vig�:t'~ della nuova legislazione sul regime dei suoli e, comun. 
�� qijej t@:f ()lire due anni dall'entrata in vigore della legge; tale termine .fu i#J�. p:#llila VQlta�prorogato di un anno con il d.1. 29 novembre 1975 
rt, 562 cQllivertito nella legge 22 dicembre 1975 n. 696 e poi di due mesi 

Fri:l.mtnentare Ia disciplina urbanistica e ddurla ad un ammasso informe di 
��!!tituti � ciascuno separato ed a s� stante (cos� sono considerate le �misure 
�lJ salvaguardia� neHa sentenza n. 83 del 1982) � operazione mediante ila quale 
si �pu�� pervenire, con argomentaziom formalistiche apparentemente dignitose, 
ai o:"isultati pi� arbitrari; Qualsiasi disctplina urbanistica in un paese � pluriclasse
� (e quindi, in notevole misura, anche capitalistico) � inevitabilmente 
una costruzione di compromesso, di equilibrio, che opera (e va compresa) 
come � sintesi � tra interessi contra;pposti e inconciliabilmente confilliggenti: 
da un parte, gli interessi d� taluni pt\ivati in grado di gestire (e di piegare 
ai propri interessi) i processi di produzione e di appropriazione -erga omnes 
ed eventualmente contra omnes -dei beni immobili manufatti capaci non 
solo di produrre utili (e quindi di avere e conservare � valori � commerciali) 
ma �anche di iincorporare plusva:lori in cospicua misura generati dalla irealizzazione 
di infrastrutture (le quali per� sono realizzate a spese della coHet� 
tivit�); da un'altra pao:"te, gli interessi delle collettivit� nazionale regionali e 
loea:li, e -in seno ad esse -della generail:it� dei cittadini, a che ['edificazione 
e l'ap;propriazione priwta dei predetti manufattii incrementi . e non distrugga 
fa ricchezza complessiva, non degradi il territorio, non comprometta ila qualit� 
delJa vita e non impedisca fa realizzazione delle infrastrutture goclibild 
dalla generalit�. Del resto, posto che l'edificazione di ogni metro quadro del 
territorio non � possibile (e non � desiderata neppure dai � proprietari � 

� che divengono i primi controinteressati a!ll'edificazione �altrui�), solo una 
modesta parte del territorio pu� e deve essere destinata ad utilizzazioni � proficue 
� e capaci di incorporare plusvalori. 

� I conflitti e le mediazioni si intersecano nel macro-diritto e nel microdiritto; 
nella formazione delle leggi dove il compromesso si �sposta ora verso 
un :polo, ora verso l'altro, sino a modificare i connotati de1la propriet�-istitu� 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

660 

con il d.l. 26 novembre 1976 n. 781 convertito nella legge 24 gennaio 
1977 n. 6 e cio� sino all'entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977 n. 10 

(c.d. legge Bucalossi). Peraltro, in detta legge non vi � riferimento alcuno 
ai vincoli urbanistici. 
In tale realt� normativa, l'ordinanza di rimessione pone alternativamente 
le seguenti questioni di costituzionalit�: o della materia dei vincoli 
urbanistici si � occupata sia pure implicitamente la cit. legge n. 10 del 
1977 ed allora la relativa disciplina, non prevedendo alcun termine di 
efficacia per detti vincoli e ripristinando quindi la situazione anteriore 
alla sentenza n. 55 del 1968 di questa Corte, sarebbe incostituzionale; 
ovvero, se � rimasta in vigore la normativa precedente nella parte in cui 
pu� esserle riconosciuta natura permanente (cio� limitatamente alla legge 

n. 1187 del 1968), deve ritenersi che questa � ugualmente incostituzionale 
perch� in essa manca una norma che� faccia divieto di prorogare il suindicato 
termine di cinque anni. (omissis) 
Prima di procedere all'esame della detta questione non � superfluo, 
peraltro, formulare due precisazioni. 
La prima concerne la legittimit� costituzionale degli atti normativi 
che consentono, come nella specie, l'imposizione di vincoli urbanistici 

zione, area del macrodiritto; nella attuazione delle leggi, nei processi di formazione 
dei piani urbaniistici, � arena deHe pressioni dei gruppi sociali e dei 
singoli, canalizzate nei procedimenti o agenti in modo occulto al di fuori, 
fissate nei compromessi. e nehle mediazioni dei piani urbanistici, che incidono 
sulle situazioni soggettive dei singoli proprietari e cio� sulla conformazione 
cli ogni posizdone proprietaria, area del microdiritto. Le tensioni fra un 
polo e l'altro, nei due livelli macro e microgiuridici, oltre che in campo socioeconomico, 
sono una costante dei nostri tempi, della nostra era del discontinuo � 
(PREDIERI e CHITI, Casa e urbanistica nella legge 25 maggio 1982 n. 92, 1982, 59). 
In questo quadro -del resto ultranoto (sono almeno 60 anni che s.i di


batte diffusamente sull'uso e suJ governo del territorio) -un approccio non 

di insieme ma rivolto ad � istituti � previamente stralciati ed isolatamente con


siderati lJare vdziato sul piano concettua,le e pu� condurre a risultati iniqui 

e ad assurde � demonizzazioni �. 

Lo stralcio della cosiddetta � mat�ria dei vincoli urbanistici ,, ha esone


rato la Corte costituzionale dal compiere nuovamente que1l'esame � storiciz


zato� e � re~ativo � (ail:lo stato della legislazione ordinaria vigente) che aveva 

-costituito J.a premessa della sentenza n. 55 del 1968. Ci� per� rende :la pro


nuncia n. 92 in esame ancor pi� preoccupante, sia perch� le valutazioni in 

essa espresse potrebbero essere intese come definitive (affrancate cio� da 

quel marchio di provvisoriet� che ha accompagnato le valutazioni fatte nehla 

sentenza del 11968), sia -e soprattutto -perch� il sistema giuridico-politico 

costruito dalla legge Bucalossi attraverso il distacco del jus aedificandi (salvo 

successivo suo � riaggancio � alla propriet�) viene per cos� dire accantonato come 

ininfluente e non incisivo. La legge Bucalossi, pur voluta dal Parlamento 

con il respiro e l'ampiezza di una � legge di princ�pi ,, (anche agli effetti 

dell'art. 117 Cost.), � daMa sentenza n. 92 colpita con Io strumento pi� subdolo 

e distruUivo: iii fin de non recev�ir. 



PARTE I, SEZ. I, GluRISPRuDENZA COSTITUZIONALE 661 

con il programma di fabbr.icazione, � non mediante piani regolatori generali, 
legittimit� gi� riconosciuta da questa Corte con la sent. n. 23 del 
1978, alla quale � sufficiente far riferimento. 

La seconda concerne la portata della prospettata questione, la quale, 
riferendosi ad un vincolo a verde pubblico, riguarda esclusivamente le 
limitazioni alla propriet� e ad altri diritti reali preordinate ad un successivo 
trasferimento coattivo. 

Il thema decidendum risulta quindi cir�oscritto soltanto a tale categoria 
di vincoli urbanistici, rispetto alla quale rimane indubbiamente 
ferma la ratio della pi� volte ricordata sent. n. 55 del 1968. Deve ritenersi, 
invero, che contrasta con la garanzia stabilita dall'art. 42, terzo comma, 
.della Costituzione il fatto che la propriet� rimanga indefinitamente gravata 
(senza indennizzo) da un vincolo, il quale, per lo stato di incertezza 
che crea, incide profondamente sul complesso di facolt� consentite dalla 
legge al titolare del diritto, sottraendogli la possibilit� di una adeguata 
e razionale utilizzazione. 

Ci� posto, osserva la Corte che, non sussistendo sul problema un'elaborazione 
giurisprudenziale e dottrinale (c.d. �diritto vivente�), occorre 
procedere direttamente all'interpretazione della complessa normativa. 

E tutto ci� quando sarebbe stata sufficiente una lettura p1u generosa 
dell'art. 13 defila legge Bucailossi per constatare che -quanto meno nei comuni 
dotati di p.p.a. -un problema di legittimit� costiituzionaLe delle �disposizioni 
sul<la durata dei cosiddetti vincoli urbanistici non ha pi� ragione di esistere: 
in presenza di un p.p.a. non v'� pi� ddseguaglianza tra i proprietari di terreni 
vincolati m attesa di espropriazione (solo questa era l'ipotesi sottoposta ano 
esame della Corte costitumonaile) ed i ;proprietari di terreni edificabili in 
modo per essi � proficuo �, gli uni e gli altri essendo sottoposti �alle cadenze 
temporali di una medesima unitari�a programmazione. E' un fatto, per�, che 
l'istituto del p.p.a. (ora alquanto depotenziato dal d.d. Nicolazzi n. 9 del 1982 
conv. con legge n. 94 del 1982) ha incontrato fin dall'origine vivaci osillit�. 
CAIANIELLO V. (Le misure di rilancio� dell'edilir.ia, in Atti della tavola rotonda 
sugli effetti del silenzio-assenso, ltaledi, 14) si � cos� espresso: �In verit�, gli 
ingenui compilatori della legge (ma tali non erano coloro che al volo capirono 
quale fosse l'importanza politica di tale strumento) avevano concepito i programmi 
pluriennali come programmazione nel tempo dello svilup;po delle 
citt� correlato alle previsioni di crescita ed alile direttrici di espansione, 
mentre ci si � avvalsi di quello strumento come elemento di pressione sui 
proprietari nel momento in cui si deve operare per sottrarre completamente 
le aree agli interventi di iniziativa privata�. Di avviso nettamente diverso 
PREDIERI (Casa e urbanistica, cit., 27): � ci� non esclude �che la legge n. 10 
del 1977 possa aver avuto un effetto perverso; basta dimostrarlo ... nelle relazioni 
ai decreti n. 663 del 1981 e n. 9 del �1982 e alla legge n. 94 del 1982 no~ 

troviamo invece n� anailisi n� documenti �. 

La Corte costituzionale, forse per attenuare l'impatto delle sue enunciazioni 
suhle quesmoni di fondo, e forse anche con l'ambizione di � costruire � 
(mediante una sua pronuncia formalmente di rigetto e non demolitoria) un 
sistema � obbediente � agli auspici contenuti nella sentenza del 1968, ha scelto 



662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Al riguardo, va escluso anzitutto che la legge n. 10 del 1977 abbia 
regolato la materia dei vincoli urbanistici. A dimostrazione di ci�, si rileva 
che nessuna norma fa riferimento esplicito o implicito a detta materia 
e che, per di pi�, espressamente nei lavori preparatori (vedasi fa Rel. 
governativa al disegno di legge) � precisato che dei vincoli urbanistici 
la nuova normativa non ha inteso occuparsi. 

Dopo quanto ,sopra osservato rispetto ai vincoli urbanistici preordinati 
a un successivo trasferimento coattivo, i quali costituiscono, come 
pur si � detto, l'esclusivo oggetto del giudizio, non � il caso di soffermarsi 
sul m.otivo che ha potuto indurre il legislatore in tal senso, essendo sufficiente 
la constatazione che la nuova legge, non disciplinando l'istituto, 
ha lasciato inalterata, sotto il profilo che qui interessa, la situazione 
preesistente. 

Occorre pertanto far riferimento alla normativa vigente prima dell'entrata 
in vigore di detta legge, nell'ambito della quale normativa sembra 
alla Corte, pur con le innegabili difficolt� ermeneutiche create da una 
legislazione disorganfoa e farraginosa, che vada ricon�soiuto carattere 
permanente alla cit. legge n. 1187 del 1968, mentre di natura temporanea 
risultano 1a legge n. 756 del 1973 e ile success,ive disposiziom di :proroga. 

la seconda strada. Sicch� -a suo avviso -iii termine quinquennale di efficacia 
dei vincoli urbanistici che incidono su beni determinati e sono � preordinati 
a!Jl:'es,'propriazione � (e pi� in generale connessi aille localizzazioni) ovvero 
� comportino J.'iinedificabilit� � ( cosidetti vincoli non aedificandz), pur potendo 
-detto termine -essere prolungato dalla legislazione regionale in considerazione 
di �particolari condizioni� locaili {sentenza n. 82 deJ. 1982), sarebbe 
tuttora pienamente operainte; l'art. 2 della legge n..1187 del 1968 che tale termine 
ha stabilito (come risposta provviseria �ailila sentenza n. 55 del 1968) eonterrebbe 
una disposizione �a� regime � non abrogata o comunque superata 
dalla legislazione statale degli anni Settanta. Sicch�, il piano regolatore generale, 
pur rimainendo strumento urbanistico in linea di principio non sottoposto 
a limiti temporali di efficacia, avrebbe in s� il tarlo della breve durata dei 
predetti vincoli. 

Non pare il caso di spendere :parole sulila ritenuta mancata prodt�zione 
ad opera delila ~egge 30 novembre 1973 n. 756 (intitolata, come si � detto, 
�proroga della degge 19 novembre 1968 n. 1187 �) e nei successivi similari provvedimenti 
i!Jegislativi del 1975 e 1976, di un effetto di implicita abrog.azione della 
legge Natll!li del 1968; solo si osserva che iii! degislatore ordinario potrebbe 
essere da questo episodio indotto a farsi maggiormente consapevole, per l'avvenire, 
de!Jl:e potenzialit� di quelili che esso abbia a ritenere � relitti � normativi. 

Molto bisognerebbe dire, invece, sulile conseguenze anche pratiche della 
sentenza n. 92. 1Mentre non giustificate aippaiono differenze di disciplina tra 

p.r.g. approvati prima del 28 gennaio 1977 (data di entrata in vigore della 
legge Bucalossi) e ;p.r.g. approvati dopo detta data, numerose rimangono le 
questioni che, se non risolte da un intervento 'legislativo, dovranno essere 
affrontate dalla giurisprudenza. 
Anzitutto, manca nell� legge Nataili (mentre v'� neHa legge n. 756 del 1973) 
un esplicito riferimento alle � indicazioni ... �lei programmi di fabbrica: 



PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 663 

Questi ultimi provvedimenti, secondo l'espressa previsione contenuta 
nei medesimi, dovevano avere efficacia sino all'entrata in vigore� della 
nuova disciplina sul regime dei suoli e pertanto hanno cessato di essere 
operanti a seguito dell'emanazione della legge n. 10 del 1977. La legge n. 1187 
del 1968 non prevede, invece, alcun termine finale, giacch� anzi il suo 
contenuto esclude che razionalmente potesse essere apposta una limita� 
zione di carattere temporale. Essa, infatti, ha modificato e integrato la 
legge urbanistica, la quale, in s� considerata, ben poteva sopravvivere alla 
nuova disciplina sull'edificabilit� dei suoli, come in effetti � sopravvissuta, 
e quindi non sarebbe stato giustificato limitarne aprioristicamente .l'efficacia 
sino all'�ntrata in vigore di detta normativa. Il suo contenuto non 
riguarda una situazione transeunte ma regola in maniera definitiva la 
materia, sostituendo con le opportune modificazioni e integrazioni le 
norme della legge urbanistica, dichiarate incostituzionali, relative al .contenuto 
dei piani regolatori, alle misure di salvaguardia, alle limitazioni 
per l'allineamento degli edifici, nonch� al termine di efficacia dei vincoli 
urbanistici; rispetto a questo ultimo punto, non � superfluo aggiungere 
c9me la legge concerna non soltanto i piani regolatori gi� approvati, 
ma anche quelli che, senza alcun limite temporale, sarebbero stati successivamente 
adottati, il che sta a dimostrare ulteriormente come la normativa 
venne emanata con l'intento che essa operasse in permanenza. 

zione � (in proposito, del resto, cfr. Cons. Stato, V, 11 .Juglio 1975, n. 1024, in 
Cons. Stato, .1975, I, 903). 
Inoltre, premesso che la sentenza n. 92 ha in sostanza fatto propria la iegge 
n. 1187 del 1968 riconoscendon� la coerenza con le indicazioni della sentenza 

n. 55 del 1968, v'� la necessit� di individuare con chiarezza quali siano i vin� 
coli sottoposti a termine quinquennale di efficacia. :E:: da escludersi che tra 
essi possano includersi le prescrdzioni urbanistiche, incidenti o meno su 
� beni determinati �, che � conformano � la edificabildt� (ad esempio, mediante 
limiti di volumetria), e le prescrizioni urbanistiche che, mediante destinazioni 
� a verde agricolo � o �a verde privato '" nella sostanza proporzionano o 
delimitano le zone o aree utilizzabili per l'edificazione urbana dalle altre 
parti del territorio. 
Rimangono le ipotesi di aree qualificabiili � beni determinati� incluse da 
uno strumento urbanistico tra quelle edificabili e ;poi, con variante o altri� 
menti, sottratte a!Jia ediificazione priv%ta per sopravvenuta locaildzzazione o per 
specifica prescrizione di inedificabilit�. Per queste ipotesi -non molto frequenti 
-<l'ultima parte della sentenza n. 92 ,asserisce che la cessazione del 
vincolo faT� venire meno soltanto lo specifico onere (rectius, divieto) relativo 
e il titolare del bene si trover� quindi nella medesima situazione di tutti 
gili -altri aventi un diritto reale sui beni �, fermo restando peraltro che il 
proprietario continuer� ad essere �assoggettato a tutto quanto la legge (e in 
questa parola senza dubbio rientrano le disposizioni legislative in tema di 
standards urbanistici, di distanze dalle strade o altro, etc.) e gli strumenti 
urbanistici, compreso il programa pluriennale di attuazione, dispongono �. 

Non si pu� dire che questo brano della sentenza n. 92 fornisca adeguati 
chiarimenti in ordine alle conseguenze derivanti dalla � cessazione del vincolo �. 

4 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

664 

Conseguentemente, va esaminato l'ulter.iore dubbio del giudice a quo, 
secondo cui anche la disciplina della ricordata legge n. 1187 del 1968 non si 
sottrarrebbe a rilievi di incostituzionalit� perch� non stabilisce che il 
termine di cinque anni non � prorogabile. 

In proposito osserva la Corte che la previsione espressa di improrogabilit� 
non avrebbe alcun rilievo perch� non avrebbe impedito alla legge 
successiva, trattandosi di atti normativi� di eguale grado gerarchico, di 
modificare la disciplina precedente e disporre la proroga del_ termine. 
D'altro canto, un divieto del genere non sarebbe neppure logicamente 
giustificato, potendo insorgere, nella realt� sociale sempre in trasformazione, 
delle esigenze che consigliano al legislatore di emanare una legge 
di proroga, soggetta, peraltro, al controllo di questa Corte sotto il profilo 
dell'arbitrariet� e irrazionalit� in relazione agli artt. 3 e 42, tezo comma, 
Cost. 

Per le suesposte considerazioni, ritiene la Corte che la legge n. 1187 
del 1968 sia ancora in vigore e disciplini la materia in esame conformemente 
alla decisione n. 55 del 1968. 

� appena il caso di aggiungere che detta normativa va adesso interpretata 
nel sistema che si � venuto ad integrare successivamente alla sua 
emanazione; in particolare, la cessazione del vincolo far� venire meno 

In ;particolare, non si comprende bene cosa significhi l'asserzione secondo cui, 
una volta caduca�ta la specifica prescrizione urbanistica di vincolo incidente 
su bene determinato, il relativo proprietario si verrebbe a trovare (non gi�' 
titolare di una <1.z9n� bianca � ma) �ne1la medesima situazione � di altri 
proprietari: non � agevole infatti individuare quali siano questi � altri proprietari 
� e quale sia la � situazione� foro riconosciuta. Pi� in generale non 
si comprende bene cosa significhi assoggettamento del proprietario :liberato 
dal cosiddetto vincolo a � tutto quanto... gli strumenti U!rbanistici ... dispongcmo 
� per la sua �area. 

Nel complesso, si riporta la sensazione che tutto il gran parlare che si � 
fatto dal 1968 in poi sui cosiddetti vincoli urbanistici e tutto fil gran resistere 
ad un pur par2liale distacco del jus aedificandi dalla '.Propriet�, finisca per 
condurre non tanto alfa � edificabilit� selvaggia� da molti temuta, quanto 
ad episodi sperabilmente sporadici di � indennizzo � di ipotetici lucri cessanti, 
previa ricomposizione, m determinate circostanze, di situazioni di diritto soggettivo 
laddove in precedenza erano meri interessi legittimi (cfr. Cass. S.U. 7 maggio 
1981 n. 2951, qui riportata). Si perverrebbe, in ta:l modo, ad una soluzione 
tutt'altro che nuova per il nostro ordinamento, che in molte situazioni vede 
cotfsistere l'autoritariet� ed esecutoriet� degli atti della amministrazione con 
una � monetizzazione � dei pi� gravi pregiudizi sub�tii dai � proprietari �, Tutto 
ci� per� � molto lontano da quanto voluto dal legislatore con la legge n. 10 
del 1977. 

Ma forse, nel giro di pochi anni, calo demografico, crisi delle citt� e 
� crescita zero � de1l'economia faranno venir meno la � rendita edilizia � e 
ridimensioneranno buona parte dei ;problemi urbanistici. 

FRANCO FAVARA 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

soltanto lo specifico onere relativo e il titolare del bene si trover� quindi 
nella medesima situazione di tutti gli altri aventi un diritto reale sui beni, 
restando cos� assoggettato a tutto quanto la legge e gli strumenti urbanistici, 
compreso il programma pluriennale di attuazione, dispongono. 
Deve pertanto concludersi che le proposte questioni non sono fondate. 

V 

(omissis) :B principio ricevuto dalla costante giurisprudenza di queste 
sezioni unite che di fronte al potere di governo dei modi e delle forme 
di utilizzazione edilizia ed urbanistica del territorio, attribuito dall'ordinamento 
positivo ai competenti organi della p.a., la posizione soggettiva del 
privato � ab origine di interesse legittimo, cio� � nasce � come tale in capo 
al proprietario, onde l'eventuale illegittimit�, ed il conseguente annullamento 
anche giurisdizionale del provvedimento con cui quel potere venga 
in concreto esercitat_o non possono conferire a quella posizione una diversa 
consistenza di diritto soggettivo, che essa, per intrinseca ed originaria 
sua natura, appunto non ha. 

N� la p.a. pu� validamente ed efficacemente obbligarsi in alcun modo 
nei confronti,del privato all'esercizio vincolato, nell'an nel quomodo e nel 
quando, di tale potere. 

Anche di fronte alle c.d. convenzioni di lottizzazione si � costantemen


te riconosciuto (cfr. da ultimo, ampiamente, Cass., sez. un., 25 luglio 1980 

n. 4833; gi� prima Cass., sez. un., 10 ottobre 1976 n. 4587; Cass., sez. un., 
9 aprile 1975 n. 1283) che rimane integra la potest� pubblicistica del 
comune in materia di disciplina dell'assetto del territorio e di regolamentazione 
urbanistica, sicch� per effetto della permanente titolarit� 
di detto potere il comune medesimo, in relazione ad esigenze sopravvenute 
ovvero all'adozione di nuovi criteri di valutazione ritenuti pi� rispondenti 
al perseguimento del pubblico interesse, ha facolt� di libemrsi dal 
vincolo contrattuale, pure mediante la modifica delle previsioni urbanistiche 
p1recedentemente adottate, pervenendo anche a porre limiti assoluti 
di inedificabilit� o vincoli finalizzati a successive espropriazioni per 
terreni dei quali era stata programmata la lottizzazione ai fini edificatori. 
Sul modo di esercizio in concreto di tale potere, ovviamente, si esplicano 
i normali controlli anche giurisdizionali di legittimit� per cui il difetto 
di una congrua motivazione del diverso opinamento adottato dalla 

p.a. decidente pu� condurre -come nella specie � avvenuto -all'annullamento, 
da parte del giudice amministrativo, del provvedimento in cui 
quel mutamento si � estrinsecato, senza per�, si ripete, che ne derivi al 
privato una situazione di diritto soggettivo, sulla cui base gli sia dato 
di avanzare pretese risarcitorie contro l'amministrazione che cos� abbia 
provveduto. 

666 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� a conclusioni diverse pu� nella specie pervenirsi sotto i due particolari 
profili, che il ricorrente -richiamandosi a due precedenti di queste 
sezioni unite (Cass., sez. un., 22 dicembre 1976 n. 4702 e Cass., sez. un., 
9 luglio 1976 n. 2593) -insistentemente prospetta, per un verso sottolineando 
che la zona in questione, tanto nella porzione ricadente in territorio 
di Allumiere, quanto in quella ricadente in territorio di Tolfa, era 
stata gi� largamente urbanizzata, e in parte edificata, acquistando cos� 
una oggettiva � vocazione � edificatoria, e, per altro verso, argomentando 
che in realt� egli fa valere soprattutto il diritto soggettivo di vendere 
ci� che � suo, cio� lo ius vendendi, il cui concreto esercizio la p.a. gli 
avrebbe reso impossibile con la illegittima imposizione di vincoli di totale 
inedificabilit�, poi annullati dal giudice amministrativo. 

Entrambi i precedenti, infatti, che concernono peculiarissime fattispecie, 
dai medesimi chiaramente messe in evidenza, sono non pertinenti al 
caso in esame, rispetto al quale quindi, .indipendentemente da qualsiasi 
verifica di principio dei foro enunziati, non yossono essere utilmente 
richiamati. 

Ed invero, a differenza della sentenza n. 4702 del 1976, nella specie 
si � avuta, rispetto ad un'area assunta come gi� urbanizza.ta ed in parte 
edificata, l'imposizione non di una destinazione affatto incongrua e del 
tutto irrealizzabile rispetto alla situazione di fatto data come esistente 
(quale era, nella vicepda in que1la oe:casione decisa, M 'V'e1:de agnicolo), 
bens� l'imposizione di un vincolo assoluto di inedificabilit� ovviamente 
destinato ad operare soltanto nel futuro, la cui astratta suss~ibilit� 
nello schema normativo del potere pubblico non � revocabile in dubbio, 
non potendosi negare alla p.a. la facolt� di vietare ogni ulteriore edificabilit� 
in un'area gi� del tutto urbanizzata, eventualmente proprio in 
ragione della ritenuta incompatibilit� con l'interesse pubblico di una pi� 
intensa e maggiore edificazione. 

Nel caso poi, deciso con la sentenza n. 2593 del 1976 era in discussJ.one 
il complessivo comportamento illecito della p.a. �lesivo�, come si legge 
in quella motivazione, �del pri1noiipio generale del neminem laedere �, del 
quale gli atti di esercizio del potere di governo del territorio non costituivano, 
o comunque non venivano prospettati, come uniche manifestazioni 
sintomatiche, ma ne rappresentavano solo un momento, un aspetto, 
ad essi accompagnandosi una serie di altri comportamenti lesivi della 
sfera giuridica del privato, posti in essere dal sindaco nel quadro di un 
preordinato scopo di distogliere dall'acquisto dei lotti gli eventuali aspiranti. 
Per contro, nella specie, il comportamento delle amministrazioni 
comunali convenute si esaurisce proprio in atti di esercizio del potere 
pubblico loro attribuito, rispetto al quale, si ripete, non � configurabile 
una posizione di diritto soggettivo. 

Soluzione diversa, ovviamente nei limiti della questione di giurisdizione, 
si impone invece rispetto all'altro profilo della domanda principale. 

~ 

! 

~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

� sancito a livello di norma costituzionale (art. 42 comma 3, Cost.) 
il principio della inespropriabilit� della propriet� privata senza indennizzo, 
ricomprendendosi nella garanzia cos� statuita anche le c.d. espropriazioni 
di valore che, senza immutare la titolarit� formale del diritto, comportano 
per� il radicale svuotamento del suo contenuto economico (C. cost. 
29 maggio 1968 n. 55). E secondo l'indirizzo ripetutamente affermato da 
queste sezioni unite (sent. n. 1759 e 1760 del 7 maggio 1975; sent. n. da 1933 
a 1739 del 6 giugno 1972), � �fatto� lesivo di diritto soggettivo, legittimante 
il suo titolare al� risarcimento del danno, la imposizione di un 
vincolo ablatorio senza indennizzo. 

Sul piano del riparto delle giurisdizioni, � quindi questione di diritto 
soggettivo quella fatta valere con il (secondo) capo della domanda in 
esame,. mentre attiene alla sua fondatezza, cio� .al merito, il verificare 
se. veramente si tratti di misure sostanzialmente ablator.ie -coperte dalla 
garanzia dell'indennizzo; se ed in quali limiti la norma positiva che ne 
disciplina il modo di essere e di operare si discosti dal paradigma costituzionale. 


Come� pure non interessa la giurisdizione stabilire, in principio; quali 
debbano essere i precisi risultati della eventuale ortopedia costituzionalizzante: 
se, cio�, debba cadere radicalmente la norma attributiva del potere 
(di imporre misure ablatorie senza indennizzo), come appunto da queste 
sezioni unite si � ritenuto con le ricordate sentenze, o se, invece -secondo 
altro avviso, al quale sembrano richiamarsi decisioni del giudice costituzionale 
(C. cost. 30 gennaio 1980 n. 5; gi� prima n. 139 del 22 maggio 
1974) ed amministrativo (Cons. St., sez. IV, 1� maggio 1979 Ii. 312), peraltro 
non condivise da alcune ordinanze di rimessioni degli atti alla Corte 
Costituzionale rese da giudici di merito ordinari (Trib. Palermo 16 maggio 
1975, in G. U. n. 242 del 1975, 6368) ed amministrativi (TAR Umbria 
7 novembre 1978, in G. U. n. 182 del 1979, 5562) -la norma stessa debba 
essere caducata soltanto nella parte in cui non prevede l'indennizzo. Anche 
nel secondo caso, infatti, verrebbe pur sempre in giuoco una posizione 
di diritto soggettivo, radicante la competenza giurisdizion�le del giudice 
ordinario. 

A quest'ultimo ordine di considerazioni si ricollega, in linea di tesi, 
la domanda subordinata del ricorrente, che ha appunto per oggetto il 
diritto alfindennizzo per l'espropriazione di valore assertivamente impostagli 
con le misure adottate dalle amministrazioni comunali convenute, 
poi annullate.. dal giudice amministrativo. 

Ma -nell'ipotesi -proprio il sopravvenuto annullamento giurisdizionale, 
allegato dallo stesso ricorrente, esclude che sia configurabile, 
alla stregua dell'ordinamento positivo pur rettificato in conformit� a costituzione 
nel senso da ultimo indicato, il diritto cos� fatto valere, in quanto 
la rimozione ex tunc del vincolo (assertivamente) ablativo conseguita 
all'annullamento giammai consentirebbe di qualificare in termini di inden



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

668 

nit� per espropriazioni il ristoro (in senso lato) patrimoniale eventualmente 
spettante al proprietario, ma ancora e sempre si tratterebbe cli 
risarcimento del dainno sofferto per la illecita compressione in fatto interinalmente 
sofferta dal suo diritto, refluente come tale nell'ambito del 
secondo profilo della domanda principale, del quale gi� si � discorso. 

(omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 luglio 1982 n. 148 -Pres. Elia -Rel. De 
Stefano -Comune di Anzola Emilia ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio 
Ministri (vice avv. gen. S~ato Carafa). 

Giustizia amministrativa -Ricorso straordinario � Trasposizione in sede 
giurisdizionale � Pu� essere richiesta ��anche dalla ..~mlilinistrazione 
resistente, se diversa dallo Stato. 

(Cost. 3, 24 e 113; d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, art. 10). 

Dall'esercizio dell'attivit� consultiva del Consiglio di Stato (nella specie, 
dal parere su ricorso straordinario) pu� derivare una compromissione 
della tutela giurisdizionale dinanzi ai giudici amministrativi delle situazioni 
soggettive facenti capo alle amministrazioni pubbliche; pertanto, 
l'art. 10 del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 � costituzionalmente illegittimo 
nella parte in cui non riconosce alle amministrazioni pubbliche di
�verse dallo Stato la facolt�, spettante ai controinteressati, di chiedere che 
un ricorso straordinario sia deciso in sede giurisdizionale (1). 

(1) NeMa relazione sui lavori del congresso di Madrid del novembre scorso 
(Il primo centenario dell'Avvocatura dello Stato spagnola, in questa Rassegna, 
1982, Il, 1) si � riferito esse11e emerso l'orientamento che � la necessit� di 
salvaguardare la reciproca separazione del potere giudiziario da quehlo esecutivo 
e il!a mdipendenza dei giudici anche dagli 'avvisi da loro stessi espressi 
conducono ad attribuire carattere eccezionale alle disposizioni che attribuiscono 
compiti consUJ!tivi ad organi giurisdizionali �. E, del resto, il nostro giudice 
amministrativo ha, da sempre, avvertito la necessit� (ed anche la difficolt�) 
di � evitare, in merito ad una data controversia e nei riguardi deHe medesime 
parti, una duplicit� e una eventuale difformit� di pronunce, l'una in 
sede consultiva e l'altra in sede giurisdizionale, da parte del Consiglio di 
Stato� (fa frase � tratta daJJa decisione Ad. plen. ,lQ giugno 1969 n. 21, in 
Foro it., 1969, III, 323). 
Ora, con La sentenza in rassegna Ja Corte Costituziona1e evidenzia [a intrinseca 
contraddittoriet� della figura del � giudice-consulente � e ne afferma 
fa insuperabhle incompatibilit� con la Carta costituzionale: pur dn ;presenza 
di una disposi2Jione -quale l'art. 100 comma primo Cost. -che taluno vor� 
rebbe i111terpretare come idonea ,a fornire ampia legittimazione ad una attivit� 
di consulenza giuridico-legale del Consiglio di Stato, ila Corte Costitu2Jionale 
ha, in sostanza, 1ritenuto che fattribuzione di compiti consultivi ad un 
giudice pu� aver ,luogo solo se e nei limiti in cui non pregiudichi, neppure 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 669 

(omissis). Il primo comma dell'art. 10 del d.P.R. 24 novembre 1971, 

n. 1199 (emanato in attuazione di delega conferita con l'art. 4 della legge 
18 marzo 1968, n. 249, nel testo sostituito con l'art. 6 della legge 28 ottobre 
1970, n. 775), avente ad oggetto la �semplificazione dei procedimenti 
in materia di ricorsi amministrativi�, stabilisce, a proposito del ricorso 
straordinario al Presidente della Repubblica, che i controinteressati, entro 
il termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso (eseguita 
nei loro.confronti in applicazione del rpreoedente art. 9), possono irichiedere, 
con atto notificato al ricorrente e all'organo che ha emanato l'atto 
impugnato, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale. In tal caso 
il ricorrente, qualora intenda insistere nel ricoriso, dev� depositare nella 
segreteria del giudice amministrativo. competente, nel termine di sessanta 
giorni dal �ricevimento dell'atto di opposizione, l'atto di costituzione in 
giudizio, dandone avviso mediante notificazione all'organo che ha emanato 
l'atto impugnato ed ai controinteressati; e il giudizio segue in sede giurisdizionale. 
Le ordinanze dei Tribunali amministrativi regionali per l'Emilia Romagna 
e per la Lombardia sollevano, come esposto in narrativa, questione 
di legittimit� costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 
della Costituzione, della menzionata norma, nella parte in cui non prevede 
che la facolt�, attribuita ai controinteressati, di chiedere che il ricorso 
sia deciso in sede giurisdizionale, possa venire ese~citata anche dalla 
autorit� amministrativa che ha emanato l'atto impugnato, quando si 
tratti di ente pubblico diverso dallo Stato. (omissis) 

La questione � fondata. Giova ricordare che questa Corte, con sentenza 
n. 1 del 1964, ebbe a dichiarare la illegittimit� costituzionale del 

indirettamente o in via di fatto, l'esercizio dei compiti giurisdizionali; conseguentemente 
dovrebbero ritenersi affette da illegittimit� costituzionale tutte 
le disposizioni che consentono ad un giudice -e parlando di giudice si allude 
all'organo e non ail'la persona fisica -di rendere �parere � su questioni suHe, 
quali potr� essere chiamato a rrendere pronunce giurisdizionali. 

Ed infatti 1l'illegittimit� costituzionale dell'art. 10 del d.P.R. n. .U99 del 
1971 (decreto sotto molteplici :profili di non brilillante f�attura) � stata dichiarata 
dopo essersi rflevato come �il parere che, sul vicorso straordinario, il 
Consigilfo di Stato � chiamato a rendere pu� determinare una compromissione 
della tutela giudsdizionale. 

Sono parole -queste -molto simili {anche nel lessico) a quelle usate 
in uno scritto �di ormai parecchi anni fa (FAVARA, Ricorso straordinario al Capo 
dello Stato, e tutela dei controinteressati, lin Riv. dir. proc., 1970, 629), ove si � 
osservato che � pu� dirsi mancato sinora quel contenimento della attivit� consuJtiva 
(del Consiglio di Stato)... �auspicato come strumento necessario, ancorch� 
delicato, per pervenire al superamento delle riilevate disarmonie e dif� 
ficolt� e .per assicurare un pi� libero esercizio deU'attivit� giurisdizionale. Al 
contrario, si � avuta, proprio con le vicende dn tema di ricorso straordinario, 
la manifestazione di una propensione a :portare l'attivit� CCllllsultdva anche l� 
dove il suo esercizio comporta la compressione di quella giurisdizionale; cos� 



670 

RASSEGNA DELL'AWOCA'l;URA DELLO STATO 

secondo e del terzo comma dell'art. 34 del testo unico delle leggi sul 
Consiglio di Stato, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, �in quanto il 
procedimento per la proposizione e la risoluzione del ricorso straordinario 
al Presidente della Repubblica non assicura ai � controinteressati la possibilit� 
della tutela giurisdizionale �. 

A seguito di tale pronuncia la giurisprudenza del Consiglio di Stato 
accolse una diversa interpretazione delle cennate norme, riconoscendo 
anche ai controinteressati (e non soltanto, secondo la precedente interpretazione, 
ai coint_eressati) la facolt� di richiedere la trattazione del 
ricorso in sede giurisdizionale. A siffatto principio si � appunto ispirata 
la disciplina della �opposizione dei controinteressati �, che forma oggetto 
del menzionato art. 10 del d::f.R. n. 1199 del 1971. Il quale viene ora 
denunciato per non aver collocato sqllo stesso pianodel controinteressato, 
ai fini deLla � sc;:elta � fra ie. vie straordinaria o giuriisdizionale, J'autorit� 
amministrativa che ha emanato l'atto impugnato con il ricorso straordinario, 
allorch� si tratti cii un ente pubblico diverso dallo Stato. 

L'assunto dei giudici a quibus va condiviso. Come questa Corte ha gi� 
affermato in altra sentenza (n. 31 del 1975), il ricorso in parola contro atti 
amministrativi definitivi costituisce � un rimedio singolare, anomalo, alternativo 
al ricorso giurisdizionale... caratterizzato da uno speciale procedimento 
contenzioso sui generis, con limitato contraddittorio, che si 
svolge interamente a livello governativo, e si conclude con un decreto del 
Capo dello Stato -atto ministeriale, non di prerogativa -di cui il 
Ministro proponente, o il Presidente del Consiglio, assume con la con


giiungendosi a negare Ja tutela giurisdizionale, garantita sempre dalia Costituzione, 
pur di no11-limitare l'intervento consultivo che la Costituzione consente 
ma non impone�. 

In tale scritto (ivi, 627) si � rilevato anche che �i~ problema di un rapporto 
tra attivit� consultiva e attivdt� giurisdizionale del Consiglio di Stato 
si pone non soltanto 'in relazione al ricorso straordinario ma ogni volta che 
viene impugnato in sede giurisdizionale un atto emesso dopo i'intervento con� 
sultivo dii detto Consesso... � e che � lecito avanzare qualche riserva suUa 
adeguatezza, tenuto conto del pi� rigoroso sistema di garanzie introdotto dalla 
Costituzione repubblicana, degli accorgimenti tradizionalmente usati per armonizzare 
l'eserci7iio delle due funzioni. Da un canto, �infatti, si � sottovalutata 
l'importanza del diritto di difes�a quando si � sostenuta l'equivalenza del parere 
reso in via amministrativa alla decisione resa nel processo, cos� in sostanza 
esaurendo tutte le garanzie del cittadino {e anche della Amministrazione) 
in quella, fondamentale ma non esclusiva, dehla posizione neutrale del 
Consiglio di Stato. D'altro canto, si � continuato ad im,postare il problema 
della concHiabHit� tra le due funzioni in termini di applicazione dell'art. 43 
comma 2� del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 (nei quale si dispone che "non possono 
prendere parte aMe decisioni i consiglieri che avessero concorso a dar 
parere, nella sezione consultiva, sull'affare che forma oggetto del ricorso") e 
del collegato �art. 33 comma 1� dello stesso T.U.; laddove questa cautela, oltre 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 671 

trofirma la responsabilit� politica e giuridica�. Ed � alla competenza 

esclusiva dei Ministri e del Governo che resta, pertanto, affidato, dalla 

vigente come dalla preesistente disciplina, l'intero procedimento istrut


torio e decisionale. Appunto sotto questo profilo, non si pu� non conve


nire sulla diversit� della posizione dell'autorit� resistente, a seconda che 

l'atto, cop.tro il quale � rivolto il ricorso, provenga da un organo dello 

Stato o� :di altro ente pubblico. Nel primo caso, infatti, � pur sempre la 

stessa amministrazione, in un �mbito organizzativo unitario, che decide 

sull'impugnativa avverso l'atto che da essa �mana, collocandosi perci� 

nel procedimento, come rilevano le ordinanze di rimessione, su un piano 

di sostanziale preminenza di fronte al ricorrente ed ai controinteressati. 

Diversa nel procedimento in parola � la posizione de�l'au:torit� non sta


tale, la quale vi assume la veste di mera controparte rispetto al ricor


rente, senza alcun potere di decidere, e neppure di influire, pi� di quanto 

non sia dato alle altre parti, sulla decisione. ~d infatti, giurisprudenza e 

dottrina riconoscono all'amministrazione non statale, appunto perch� non 

emana da essa la decisione sul ricorso, quella facolt� d'impugnare in sede 

giurisdizionale la decisione medesima, che non � ovviamente accordata 

all'amministrazione dello Stato. Impugnativa, poi, che non soffre di 

quelle limitazioni ai soli �vizi di forma o di procedimento>>, che lo 

stesso art. 10, nel suo ultimo comma, pone ai controinteressati in ragione 

del mancato esercizio della facolt� di chiedere la trasposizione in sede 

giurisdizionale, prevista a loro favore dal primo comma. 

�La posizione dell'autorit� non statale che ha emanato l'atto impu


gnato, si afi�anca, perci�, nel procedimento che s'instaura con il ricorso 

a non essere umlizzabile quando il parere sia per quailisivo~ia ragione stato 

reso da�Lla Adunanza generale, risulta di per s� sola insoddisfacente. se � 

considera che tl!'imputazione del parere al Consesso nel suo complesso e non 

al singolo magistrato ha un significato e un peso non esclusivamente for


male�. 

Nei fatti, � indubbio che il parere previamente reso da�l giuddce iinfluisce 
-e non poco -sulil'esito del giudizio; sicch�, ne risultano vulnerati sia l'in� 
dipendenza del giudice � da se stesso� (se a giudicare � il Consiglio di Stato) 
o -quel che � pi� grave -dall'organo sovraordinato (se a giudicare � un 
T.A.R.) sia il � diritto di difesa � esso pure costituzionalmente garantito (ed 
anche atl!le amministrazioni �;parti�). Se si vogliono chiamare tl!e cose con il 
loro vero nome si deve dire -con franchezza -che ci� che si desidera 
ottenere dal � giudice-consulente� � non tanto un parere quanto una sorta 
di anticipazione di giudizio: il parere reso dal giudiice � serve di pi�� all'entit� 
che pur legittimamente J'ottiene proprio perch� limita l'indipendenza del 
. giudice che lo rende indipendentemente dahla eventuale bont� degli argomenti 
addotti. Non si vede per� come le anticipazioni di giudizio possano essere 

compatibHi con i richiamati principi costituzionali. 

DeI resto, che d pareri del Consiglio di Stato siano .pi� giudizi che consigli' 

risulta evideinte daJ. tono siesso che li caratterizza: per solito, non viene ad� 



672 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

straordinario, a quella del controinteressato. Ed invero, se resta pur sempre 
una innegabile differenza sul piano sostanziale, mirando l'una e l'altro 
alla conservazione dell'atto, ma con distinta ispirazione e per distinta 
finalit�, sul piano processuale ad entrambi � comune l'interesse a resistere 
in giudizio. Sotto questo profilo, assume quindi decisivo rilievo 
quella opzione, tra il resistere nella sede straordinaria o in quella giurisdizionale, 
che la denunciata no11mativa accorda al c01I1tro�intereS1sato ma 
non all'amministrazione non statale. Va in proposito ricordato che il 
principio dell'alternativit� in subiecta materia tra ricorso straordinario al 
Capo dello Stato e ricorso giurisdizionale, � stato da questa Corte riconosciuto 
non in contrasto con l''art. 113 della Costituzione (sentenza n. 78 
del 1966), argomentando appunto dalla �piena libert�� per il ricorrente 
di adire la tutela ,giurisdizionale o rinunciare ad essa. E sempre in nome 
dello stesso precetto, ,questa Corte, con la menzionata sentenza n. 1 del 
1964, aveva dichiarato la illegittimit� costituzionale della normativa del 
testo unico n. 1054 del 1924, in quanto il procedimento instaurato con il 
ricorso straordinario non assicurava ai controinteressati la possibilit� della 
tutela giurisdizionale. La diversa interpretazione dell'anzidetta normativa 
accolta poi nell'art. 10 del successivo decreto n. 1199 del 1971, ha esteso 
anche ai controinteressati la libera scelta tra la sede straordinaria e la 
sede giurisdizionale: essi possono, infatti, optare immediatamente per la 
trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale, o restare, invece, nella 

dotto ogni possibile argomento pro e contra al fine di persuadere suhla preferibilit� 
di una soluzione, ma, da una posizione di autorit�, si fa della juris 
dictio (nel senso letterale di queste parole). 

In realt� 1a figura del �giudice-consulente� appare un relitto di assetti 
costituziona!Li ormai superati, caratterizzati da una concentrazione di � funzioni 
� pubbliche ii:n capo dapprima ad un sovrano e, successivamente, ad un 
ceto di governo sostanzialmente omogeneo nell':ideologia e negli interessi (non 
� un caso che proprio i costituzionalisti del regime fascista abbiano teorizzato 
la opportunit� di operare distinzioni di funzioni anzich� una vera e 
propria divisione dei poteri dehlo Stato). 

Va anche sottolineato come 1a Corte costituzionale non si sia lasciata per 
nulla fuorviare da costruzioni artificiose ed un po' troppo � domestiche � messe 
in circolazione negli ultimi venti anni nel tentativo di conciliare l'inconciliabile, 
quali J'asserita estraneit� del:l'attiv<it� consultiva del Consigilio di Stato 
rispetto aWambito costituifonale proprio del potere esecutivo-(estraneit�, com'� 
noto, sostenuta media��te. ul1a enfatizzaziorte oltre misura debla cosidetta � ausiliariet� 
�), e l'asserita r.iiferibilit� della attivit� consultiva de qua allo Stato� 
ordinamento anzich� al:lo Stato-apparato. 

Sicch�, deve auspicarsi che future pronunce della Corte costituzionale incidano 
in modo pi� deciso sulla residua trama di commistioni tra giurisdizione 
ed amministrazione. E ci� anche stabilendo criteri rigorosi per la interpretazione 
dell'art. 100 comma primo Cost., sia per quanto attiene ai limiti 
dellla attivit� consultiva del Consiglio di Stato, che per quanto attiene alla 
rilevanza giuridico-formale dei pareri resi nell'esercizio di tale attivit�. 



PARTE l, SEZ. l, GIURISPRUDENZA COSTlTUZIONALE 

sede straordinaria prescelta dal ricorrente, con ci� stesso rinunciando 
alla tutela giurisdizionale, in quanto la mancata opposizione preclude 
loro l'impugnativa della dechdone per vizi che non siano di forma o del 
procedimento. Ma ;i parametri costituzionali invocati dai giudici a quibus 
}"est~rel"!bero certamente vt.tlner.ati se eguale potest� non venisse attribuita 
all'aftjttdnisfrazforie ri�rt sfatale che ha emarta.to l'atto impugnato, non 
es~~#ct�yfl-llgionevolfe plausibili :tnotivi a sostegno dell'attuale disparit� 
dfif~tti@erifo, cht:l. lifvien rist:l.rvafa. Per eliti:t�riare tale disparit� occorre, 
P�r~iey, !i.1;�j6foare anche p�r T�.fuministrazione rion statale il momento 
4e�a. s��lta 'tra .rinuncia . o ricorso .. alla tutela . giurisdizionale, dall'interveritita 
decisione sul ricorso straordinario alla c�noscenza dell'avvenuta 

:pi;opo~1~~<:)1;le �~lel :t'if<:>rS() 1:Jl"'desil'Il(), ~.;i*~ f?.n)a 1sua :notjti~ JaJd opera 
p.�l tjc<>l-re9te� Il ciu~1e, :P\lr sei ~vyalend9si f\el .� �Usposto. dell'art. 9 del 
decreEf,>! �.n� :JJ99., �~t; ~~'�f{'fllStlA�Jli. jJ.ricorso .��llt��.� ~4 Mmisterq �competente �, 
c\ljl\ve �llitWt~s~ e~~l'Il~.te�~()~gett()~l:l'on~e ~la n9tlifica �a:lJl'iautorit� ema'.
l;l~rl,t� l'~ttoln.tJ}\.tgJia.to._ allorch� si tratti di ente pubblico diverso dallo 
Statot p(;)J;tat<>fe; q.i.nc.li,; di un proprio. qualificato interesse a contraddire 
nefconffo�iti df@� dl>riianda aveiit~ ad oggetto l'annullamento del proprio 
provvedimento. Ben vero che aH.'amministrazione non statale � stato 
riconosciuto, come innanzi ricordato, in conseguenza della negata facolt� 
di scelta in pendenza del procedimento, il diritto ad impugnare senza 
limitazioni la .intervenuta decisione sul ricorso straordinario proposto 
contro l'atto da essa emanato; ma ci� non appresta adeguato riparo contro 
gli svantaggi che p�ssorto derivare tanto dal ritardo nell'adire la tutela 
giurisdizionale quanto dalla eventuale compromissione della tutela medesima 
per effetto del parere che sul ricorso straordinario � chiamato a rendere 
il Consiglio di Stato (artt. 11-13 del decreto n. 1199 del 1971). Svantaggi 
nei quali non incorrono, invece, i controinteressati, in virt� della tempestiva 
facolt� di scelta loro accordata. 

Per le suesposte considerazioni deve, pertanto, dichiararsi la illegittimit� 
costituzionale del primo comma dell'art. 10 del decreto n. 1199 del 
1971, nella parte in cui, ai fini dell'esercizio della facolt� di scelta ivi 
prevista, non equipara ai controinteressati l'ente pubblico, diverso dallo 
Stato, che ha: emanato l'atto impugnato con ricorso straordinario al Presidente 
della Repubblica. 

La Corte ritiene, inft1;1e, di l;iever fare {lppJicazione dell'a.rt. 27 della 
legge 11 marzo 1953, n. 87, in ordine all'ultimo comma dello stesso art. 10. 
In conseguenza, infatti, della decisione che si adotta per il primo comma, 
va dichiarata la illegittimit� costituzionale anche di tale norma, nella 
parte in cui, ai fini della preclusione dell'impugnazione contro la decisione 
di accoglimento del ricorso straordinario, per effetto del mancato 
esercizio della facolt� di scelta, prevista dal primo comma dello stesso 
articolo, non equipara ai controinteressati l'ente pubblico, diverso dallo 


674 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Stato, che ha emanato l'atto impugnato, al quale sia stato notificato 
il ricorso medesimo. 

P.Q.M. 
1) dichiara la illegittimit� costituzionale del primo comma dell'art. 10 
del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in 
materia di ricorsi amministrativi), nella parte in cui, ai fini dell'esercizio 
della .facolt� di scelta ivi prevista, non equipara ai controinteressati l'ente 
pubblico, diverso dallo Stato, che ha emanato l'atto impugnato con ricorso 
straordinario al Presidente della Repubblica; 

2) dichiara -in applicazione dell'art. 27 della 0.legge 11 marzo 1953, 

n. 87 -1a illegittimit� costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 10 del 
d.P.R 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in 
materia di ricorsi amministrativi), nella parte in cui, ai fini della preclusione 
dell'impugnazione contro la decisione di accoglimento del� ricorso 
straordinario, p�r effetto del mancato eserczio della facolt� di scelta, prevista 
dal primo comma dello stesso articolo, non equipara ai controinteressati 
l'ente pubblico, diverso dallo Stato, che ha emanato l'atto 
impugnato, al quale sia stato notificato il ricorso medesimo. 

SBZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 23 marzo 1982, 
nella causa 102/81 -Pres. f.f. Bosco -Avv. Gen. Reischl -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal sg. W. Richter, presidente 
dello Hanseatisches Oberlandesgericht di Brema, in qualit� di arbitro, 
nella causa Nordsee Deutsche Hochseef�scherei GmbH c. Reederei 
Mond di Bremerhaven + 1. lnterv.: Governi del Regno Unito (avv. 
Steward Boyd Q,C.), danese e italiano (avv. Stato Ferri) e Commissione 
delle C.E. (ag. Grunwald). 

Comunit� europee -Corte di giustizia -Pronuncia pregiudiziale ai sensi 
dell'art. 177 del trattato CEE -Richiesta da parte di un arbitro convenzionale 
-Irricevibilit�. 
(Trattato CEE, art. 177; art.. 806 cod. proc. civ.). 

L'arbitro convenzionale, anche se deve decidere secondo diritto e se 
il suo lodo avr�, nei confronti delle parti, efficacia di cosa giudicata, non 
pu� qualificarsi � giurisdizione di uno Stato membro � e non pu�, quindi, � 
rivolgersi alla Corte di giustizia in via pregiudiziale a norma dell'art. 177, 
secondo comma, del trattato CEE (1). 

(1) Gi� con la sentenza 30 giugno ,1966, nella causa 61/65, GoBBBELS, in 
Racc., ;1966, 407, la Corte aveva esaminato :il problema delila iricevdbilit� di domande 
di pronuncia pregiudiziale formulate, ai sensi dell'art. 177 del: Trattato 
C.E.E., da co1legi arbitrali (ancora in tema di venifioa da parte della 
Corte della provenienza de1la questione sottopostale da una �giurisdizione nazionale
�, cfr. da ultimo, Ja sentenza 14 gennaio 1982, nella causa 65/81, REINA, 
in questa Rassegna, ante, I, 70, nonch� le sentenze ivi citate in nota 1). Allora, 
in presenza di uno speciale tribunale arbitrale o1andese, fa Corte, concludendo 
per la ricevibiWit� della domanda, non si era limitata a constatare che 
i.I soggetto richiedente era -legittimamente investito, secondo il diritto interno, 
della risoluzione di una controversia mediante la obbligatoria applicazione di 
norme giuridiche e secondo una procedura in contraddittorio, ma aveva dato 
rilievo ad altri profili pi� strettamente soggettivi, con riguardo sia alla costi� 
tuzione dell'organo decidente sia alla determinazione della sua competenza 
decisoria. Sotto :hl primo profilo, era stato tenuto nel �debito conto che Si trat� 
tava di un organo costituito in modo permanente, ~ cui membri ricevono la 
relativa dnvestitura per atto dell'autorit�; sotto iU secondo, che una disposizione 
di diritto interno attribuiva ad esso una competenza generaile a dirimere 
una categoria di controversie astrattamente predeterminate. 
Ben diversa � la condizione del giudice arbitrale, privo di staibi:lit� e fondato 
su una legittimazjone convenzionale, j,J �quale non pu� qualificarsi � organo 



676 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) 1. -Con ordinanza 22 aprile 1981, pervenuta alla Corte 
il 27 aprile 1981, l'arbitro di una controversia fra tre imprese di diritto 
tedesco, con sede 1n Bremerhaven, ha sollevato, a norma dell'art. 177 
del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione 
del Trattato e, rispettivamente, dei regolamenti del Consiglio 5 febbraio 
1964, n. 17/64 (G. U. 1964, pag. 586), 21 aprile 1970, n. 729/70 (G. U. n. L 94, 
pag. 13), e 19 dicembre 1972, n. 2722 (G. U. n. L 291, pag. 30), tutti e tre 
relativi al concorso della sezione orientamento del Fondo europeo agricolo 
d'orientamento e di garanzia (in prosieguo: FEAOG). 

2. -La causa principale verte sull'adempimento di un contratto con. 
eluso, 
il 27 giugno 1973, tra alcune jmprese armatoriali tedesche. Tale 
contratto, nell'ambito di un progetto comune per la costruzione di tredici 
navi attrezzate per Ja lavorazione del pesce, mirava a ripartire tra le 
parti contraenti tutti gli aiuti finanziari che avessero ottenuto dal FEAOG 
in modo che la costruzione di ciascun peschereccio fruisse di un tredicesimo 
dell'importo complessivo delle sovvenzioni concesse. I contraenti 
avevano gi� di comune accordo presentato al FEAOG domande di concorso 
finanziario per la costruzione di nove pescherecci. 

3. -La Commissfone accoglieva in definitiva solo sei delle nove 
domande, mentre le altre venivano ritirate o respinte. Un'impresa che 
aveva partecipato al progetto di costruzione ha chiesto a due delle altre 
imprese iJ, versamento delle somme spettantile in forza del contratto 
27 giugno 1973. 
giurisdizionale >>, difettando alla sua decisione l'attributo dell'atto di autorit�, 
fin tanto che taile forza non le venga conferita da un successivo intervento di 
un giudice titolare di potere giurisdizionale. Su questa Jiinea era stato im:postato 
l'intervento del Governo italiano, sviluppato ulterformente nella fase 
orale del processo. 

� La dottrina processualistica italiana -si � appunto osservato -� tradizionailmente 
e prevalentemente orientata nel senso di negare al giudizio . arbitrale 
un carattere giurisdizionale. La giurisdizione -� stato precisato -� H 
potere d!� rendere giustizia attraverso Jo ius dicere. cio� mediante un comando 
imperativo che attua itJ.t diritto rendendo concreta fa volont� astrattamente 
enunciat�a nelLa norma. Essa � un potere fondamentale defilo Stato. Perch� 
l'arbitro sia .partecipe . di questo potere occorrerebbe una delega dello Stato. 
Ma non � su una delega di potere che si fonda l'arbitrato, bensi nel riconoscimento 
d�Ha autonomia delle parti di scegliere un modo alternativo per 
risoJvere le loro controversie; taile scelta � ammessa come espressione della 
facolt� dei privati di dis,'porre dei loro diritti; quella stessa facolt� che consentirebbe 
ad essi cli transigere ila loro vertenza con un componimento amichevole. 
Lo Stato autorizza la rinuncia delle parti ad avvfilersi del! gi:iud!�ce pubblico; 
tuttavia, non riconosce alfa pronuncia delll:'arbitro ~ia forza coattiva che 
� posseduta dalla sentenza emessa da una giurisdizione stataile. Perch� il lodo 
arbitrale acquisti questa forza . � necessario l'intervento del giudice, che lo 
dichiara esecutivo dopo aver verificato l'esistenza di certe condizioni. Prima 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 677 

4. -La controversia sorta in proposito, � stata sottoposta ad arbitrato. 
Il contratto del 1973 conteneva infatti una clausola secondo cui, 
in caso di disaccordo tra le parti su questioni derivanti dal contratto, 
la decisione definitiva sarebbe stata adottata da un arbitro, restando 
esclusa qualsiasi azione dinanzi al giudice ordinario. Conformemente 
a tale clausola, l'arbitro veniva designato dalla Camera di commercio 
di Brema, in quanto le parti non erano riuscite ad accordarsi sulla persona 
dell'arbitro. 
5. -Dinanzi all'arbitro, le convenute hanno sostenuto l'invalidit� del 
contratto d�l 1973 in quanto mirava a far fruire della sovvenzione del 
FEAOG la costruzione di navi per cui la Commissione non l'aveva concessa. 
Secondo le convenute, la sovvenzione del FEAOG � legata all'esecuzione 
di un progetto determinato ed il beneficiario non pu� quindi trasferirla 
ad un altro progetto. 
6. -L'arbitro ha ritenuto che, a norma del diritto tedesco, la validit� 
della ripartizione contrattuale dei contributi finanziari del FEAOG 
dipendesse dal se la ripartizione stessa sia un'irregolarit� ai sensi dei 
regolamenti comunitari. Ritenendo necessaria una decisione su questo 
punto, per potersi pronunziare, egli ha rinviato alla Corte. 
deiWexe;qu~tut.. o, senza l'exequatur il giudizio arbitrale � uno svolgimento di 
attivi#1. .privata. �n~a quale manca qualsiasi manifestazione di imperio; gli 
arbitri non hanno poteri coercitivi per acquisire prove o concedere misure 
cautelari. 

�Vanno poi considerati i caratteri essenziali della giurisdizione intesa 
come garanzia per d singoli dii attuazione coattiva dei propri diritti. 

�Vi � un criterio che tende ad identificare i caratteri della giurisdizione 
con que1li che sono propri dell'attivit� con cui essa si esprime; secondo questo 
orientamento vi � giurisdizione quando .la ragione e il torto sono assegnati 
alle parti secondo un :procedimento che rispetta certe regole ispirate atl principio 
fondamentale del contraddittorio. Questo criterio di valutazione appare 
per� insufficl~tt:: a c~Iiere da solo H punto essenziale della giurisdizione; 
basti considerare come alcune garanzie del processo che si richiamano al princ1p10 
del contraddittorio sono state estese ad attivit� pubbliche di altra natura: 
si vedano le pi� recenti evoluzioni del procedimento amministrativo, 
dove il peso dell'autorit� trova un sempre maggiore contemperamento nella 
illltroduzione dialettica degli. interessi in gioco. 

� In reaJt�, la vera identit� della giurisdizione si sposta dail profilo oggettivo 
dell'attivit� a quello soggettivo della costituzione del giudice. �> stato 
efficacemente detto che se la quahi.t� di parte dipende dal:l'avere un interesse 
all'oggetto dd giudizio, �la qualit� di giudice presu;ppone estraneit� ed indifferenza 
al:la lite come garnnzia di imparziadit�. Questa garanzia non si esaurisce 
nell'iistituto delila ricusazione che � applicato anche agli arbitri; essa 
deve collocarsi ad un Hvello pi� alto che assicuri una posizione istituzionale 
di indipendenza e di attitudine generale ad aipplicare fa ilegge con assoluta 
obbiettivit�. Questa qualit� del giudice viene perci� assicurata datl procedimento 
l'egaJe con cui si compie la sua investitura. L'atto di nomina � un atto 



678 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sulla possibilit� di applicare l'art. 177. 

7. -Poich� l'arbitro che ha rinviato alla Corte � stato istituito con 
contratto stipulato tra privati, � opportuno accertare innanzitutto se esso 
vada considerato un giudice di uno degli Stati membri ai sensi dell'art. 177 
del Trattato. 
8, -La prima questione sollevata dall'arbitro riguarda questo problema. 
Essa � cos� formulata: 

l' Se un tribunale arbitrale tedesco, che deve risolvere una controver:;
ia non gi� secondo equit�, ma applicando la legge e il cui lodo nei 
confronti delle parti ha valore di sentenza pronunciata da un giudice 
ordinario (c.p.c. ted. 1040) possa rivolgersi alla Corte di giustizia delle 
C�munit� Europee in via pregiudiziale a norma dell'art. 177, secondo 
comma, del Trattato CEE �. 

9. -In proposito va rilevato che -come indica del resto la questione 
-la competenza della Corte a pronunziarsi sulle questioni sollevate 
dipende dalle caratteristiche proprie dell'arbitrato di cui trattasi. 
10. -� vero che l'attiv.it� dell'arbitro in questione, come l'arbitro 
ha rilevato nella _propria questione, consente taluni raffronti con l'attivit� 
giudiziaria, in quanto l'arbitrato si svolge nell'ambito della legge, l'arbitro 
deve decidere secondo il diritto e H suo lodo avr�, nei confronti delle 
parti, efficacia di cosa. giudicata, potendo costituire titolo esecutivo una 
che proviene da una autorit� de!Jo Stato; nella scelta e nella nomina del giu� 

dice operano sempre dei criteri che tengono conto della idoneit� della per� 

sona a svolgere fa funzione giudicante, in particolare la sua preparazione 

professionale in carn,'po giuridico. Su questo punto si � espressa la Corte Co


stituzionaile italiana affermando la necessit� di una tare verifica come presup. 

posto legale del legittimo accesso all'ufficio di giudice. 

� Altro concetto che sembra ormai inseparabile dalla figura del giudice 

� quello che suole definirsi col termine di "giudice naturaile ". Giudiice naturale 

� quelJJ.o stabilmente precostituito e che risolve una dite in base ad una norma 

generale di competenza che abbraccia una categoria di controversia astratta� 

mente predeterminata. Il principio del giudice naturale ha ncl nostro ordina


mento dignit� costituzionale; l'art. 25 della Costituzione afferma che "nes


suno pu� essere dissolto dal giudice naturale precostituito per legge". � ovvio 

che non ha senso parlare delta garanzia del giudice naturale a proposito del


l'arbitro soel'to dalle parti anche dopo l'insorgere della lite; nel caso delrarbi


tro, alla garanzia oggettiva del giudice legalmente precostituito si sostituisce 

una garanzia diversa. Questa garanzia � una garanzia soggettiva che non inte


ressa l'intera comunit� e che vaile solo per le ;parti del giudizio arbitraile; essa 

si fonda sulla loro personale fiducia nell'arbitro. 

� Tutto questo per� conferma quanto ~'istituto delil'arbitrato si discosti 

dalla figura vera del giudice come titolare defila giurisdizione�, 

All:'obiezione che fa 1eva sul fatto che, precludendosi agii arbitri di sol� 

levare la pregiudiziale interpretativa, la Corte rinuncerebbe ad orientare l'ap. 



PARTE I, ~E)!l. lit.GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 679 

volta ottenuto l'exequatur. Ciononostante, tali caratteristiche non sono 
sufficienti per conferire all'arbitro lo status di � giurisdizione di uno 
Stato membro�, ai sensi dell'art. 177 del Trattato. 

U. ':""'" In primo lu0go .va detto che, al momento della conclusione del 
>C()IJitr!'l,tto .~ 1973, i�� �911traenti erano liberi di affidare la soluzione delle 
Je>rn ~y~.tlll:ltl~ g>~tre>versie al giudice ordinario o di scegliere la via del, 
l'~fl:)lg~t& iij~eten4<> nel contratto una clausola in tal senso. Dal fascicolo 
....... .............. .. . . . 


:�i Ct~�Wn~ �lj~ ;t10n e~isteva, per i contraenti, alcun obbligo, n� giuridico, 
.ll� di f~tfo, di. r,isolvere le loro liti mediante arbitrato. 

.�.� J,2. -:--L�. Seconda constatazione che s'impone � che le pubbliche autorit� 
tedesche non sono implicate nella scelta della via dell'arbitrato e che 
non possono iintervenire d'ufficio 111e1lo svolgJmento del procedimento 
dinanzi all'arbitro. Come Stato membro della Comunit�, responsabile dell'adempimento 
degli obblighi .derivanti dal diritto comunitario nel proprio 
territorio a norma degli artt. 5 e 169-171 del Trattato, la Repubblica 
federale di Germania non ha affidato n� concesso a privati la cura di 
far rispettare tali obblighi nel campo di cui trattasi nella fattispecie. 

13. -Da queste considerazioni discende che il nesso tra il presente 
arbitrato e l'organizzazione dei mezzi d'impugnazione ordinari nello Stato 
membro interessato, non � abbastanza stretto perch� l'arbitro possa qualM�carsi 
�giurisdizione di uno Stato membro� ai sensi dell'art. 177. 
p1kiazione .� del diritto c�:inunitario in tutta queM~ampia fascia dell'esperienza 
giuridiiea che opera. come �fenomeno spontaneo al di fuori del contr�hlo deMe 
giurisdizioni statail!i . dei Paesi membri, si � :risposto che, pur dovendosi tener 
conto dd siffatta dLrettiva finalistica deN"art. 177, nella norma stessa "questa 
spinta espansiva deUa ragione che la anima � consapevo1mente contenuta nei 
confini entro i quali si � ritenuto esistere un rischio reale per fa corretta 
ed uniforme attuazione .�dell'ordinamento comUI!iitatio. Il mancato :intervento 
detlla Corte pu� far s� che in un sillogismo giudiziaile si inserisca una falsa o 
non adeguata interpretazione di una norma cmnunitaria. Ma questo evento ha 
un ;peso profondamente diverso a secooda che :r.iguardi una sentenza di un 
giudice o un verdetto arbitrale. Nel primo caso il siMogismo inquinato dalla 
falsa i!l)terpretazione si salda in modo . indissolubile con �a .volont� sovrana 
espressa �riel comando del giudice. Nel seco11do Cllso. Q.esto .. siiJilogismo acquista 
ooa forza coattiva parri alfa sentenza s6fo pef un successivo fotetvento del 
.giudice che per� non fa propria quella pronuncia, poich� !il controllo del giudice 
sii arresta alla rego1arit� furmale e non attinge alta sua .giustizia sostanziale. 


� Dichia11ando esecutivo iil '1odo il giudice non attesta con il:a sua autorit�, 

che 1a pronuncia arbitrai.e � conforme al diritto, Lnterno o comunitario. 

�La pronuncia de11'arbitro resta sempre un atto di privata .giustizia i 

cui enunciati non hanno l'effetto di propagazione nelil!a rea.Jot� giuridioa che � 

propria della sentenza dei giudici �. 

PIER GIORGIO FERRI 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

14. -Come la Corte ha ricordato nella sentenza 6 ottobre 1981 (causa 
246/80, Broekmeulen, non ancora pubblicata), l'importante � che il diritto 
comunitario sia interamente osservato nel territorio di tutti gli Stati 
membri; le parti di un contratto non hanno quindi la facolt� di derogarvi. 
In tale prospettiva, � opportuno richiamare l'attenzione sul fatto 
che, se un arbitrato convenzionale solleva questioni di diritto comunitario, 
il giudice ordinario pu� esaminarle, vuoi nell'ambito del contributo 
che offrono gli organi arbitrali, in particolare assistendoli in taluni atti 
processuali o nell'interpretare il diritto da applicare, vuoi nell'ambito 
del controllo del fodo arbitrale, pi� o meno ampio a seconda dei casi, 
che 1spetta loro in caso di appello, di opposizione, di exequatur, o di 
qualsiasi altra impugnazione contemplata dalla normativa nazionale di 
cui trattasi. 
15. -Spetta ai detti giudici nazionali controllare se si debba r.inviare 
alla Corte ai sensi dell'art. 177 del Trattato, per ottenere l'interpretazione 
o la valutazione della validit� delle disposizioni di diritto comunitario 
ch'esse debbano applicare nell'esercizio di tali funzioni d'assistenza o di 
controllo. 
16. -Se ne desume che, nella fattispecie, la Corte non � competente 
a pronunziarsi. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 18 maggio 1982, 
nelle cause 115 e 116/81 -Pres. Mertens de Wilmars -Avv. Gen. Capotorti 
-Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale 
,di prima is1ta:nza idi Liegi nelile cause Adoui e CornuaHle c. Stato belga 
-Interv.: Governi belga (avv. Soumagne e Jeunehomme), francese 
(ag. Geoffroy), italiano (avv. Stato Fiumara), olandese (ag. Italianer), 
e del Regno Unito (ag. Ricks), e Commissione delle C.E. (ag. Amphoux). 


Comunit� europee -Libera circolazione delle persone -Limitazioni per 
motivi di ordine pubblico -Condizioni. 
(Trattato CEE, artt. 7, 48, 56 e 66; direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE). 

Comunit� europee -Libera circolazione delle persone -Limitazioni per 
motivi di ordine pubblico -Garanzie procedurali. 
(Trattato CEE, artt. 7, 48, 56 e 66; direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE; 

d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656, e succ. mod.). 
Uno Stato membro non pu� in forza della riserva relativa all'ordine 
pubblico di cui agli artt. 48 e 56 del Trattato, allontanare dal propri0> 

~ 

f 


-


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 681 

territorio un cittadino di un altro Stato membro n� rifiutargli l'accesso 
al proprio territorio a motivo di un comportamento. che, ove sia posto 
in essere da cittadini del primo Stato membro, non d� luogo a misure 
repressive o ad altri provvedimenti concreti ed effettivi volti a combatterlo. 
Non possono essere presi in considerazione, nei confronti dei cittadini 
degli Stati membri della Comunit�, per quanto concerne i provve.
dimenti intesi alla tutela dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza, 
motivi che prescindano dal caso singolo. Qualsiasi cittadino di uno degli 
Stati membri che desideri cercare lavoro in un altro Stato membro pu�, 
qualora sia stato adottato, in precedenza, nei suoi confronti, un provvedimento 
di allontanamento dal territorio di questo Stato, chiedere nuovamente 
un permesso di soggiorno. Tale domanda, se presentata dopo un 
ragionevole periodo di tempo, va esaminata dall'autorit� amministrativa 
competente dello Stato ospitante che deve prendere in considerazione, 
in particolare, le ragioni addotte dall'interessato per dimostrare il mutamento 
obiettivo delle circostanze in base alle quali era stato adottato 
il primo provvedimento di allontanamento. La comunicazione dei motivi 
su cui � basato un provvedimento di allontanamento o il rifiuto del permesso 
di soggiorno deve essere sufficientemente dettagliata e precisa onde 

consentire all'interessato la difesa dei propri interessi (1). 

(1-2) I quesiti posti dal giudice belga erano i seguenti: 

� A. Sulla nozione di ordine pubblico. 
� 1) Si chiede alla Corte di definire Ja nozione di ordine pubblico, quale 
pu� venir dnvocata a norma deg1i artt. 48 e 56 del Trattato. 
� 2) Ripetutamente aa Corte ha dichiarato che la nozione d'ordine pubblico 
pu� costituire oggetto di valutazione da parte degli 'Stati membri entro 
i [imiti del diriitto comunitario. La Corte � pregata di preoisare questi limiti. 
� 3) Come la Corte ritiene che possa conciliarsi quanto affermato nella 
sentenza Van Duyn {causa 41/74) con il principio di non discriminazione cli 
cU!i ailil:'rart. 7 del Trattato, principio consacrato peraltro ne~i artt. 48 e seguenti 
del Trattato. In quali dpotesi e entro quali Wi.mdti precisi la [egislazione 
e lla prassi di uno Stato membro possano operare una discriminazione tra i 
cittadiini dello Stato stesso e i cittadini deg1i rutri Stati membri sotto l'aspetto 
della Libera circolazione deHe persone garantita dal Trattato. 
� 4) Se .sia concepibdle che "comportamento personale costituente una mi� 
naccia effettiva ed abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali deYa 
cohlettivi.t�" (causa Bouchererau 30/77) non siJa passibile di sanzione penale 
neLlo Stato membro che intende qualificare :in questo modo detto comportamento 
onde ail!lontanare un cittadino di un altro Staito membro. 
� 5) Se sia concepdbile che sia dn gioco un interesse fondamentale della 
collettivit� quafora detto interesse non sia quanto meno gi� stato dichiarato 
tale da una [egge, da un regolamento oppure da un atteggiamento equipOll~ 
lente dello Stato che lo invoca, anche se questo comportamento non � penalmente 
sanzionato. 
� 6) Poich� l'ai1lontammento dal territorio ha sovente indole dii sanzione 
tailvruta molto pi� grave di una sanzione penale, se non sia necessario appli




RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

682 

Il diritto comunitario non impone che l'autorit� competente di cui 
all'art. 9 della direttiva n. 64/221 sia un organo giurisdizionale o sia composta 
da magistrati, n� che i suoi membri siano nominati per un periodo 
determinato. Il diritto comunitario non osta a che i membri dell'autorit� 
vengano retribuiti a carico del bilancio dell'amministrazione di cui fa 
parte l'autorit� competente ad adottare eventuali provvedimenti n� a che 
un dipendente della stessa amministrazione funga da segretario dell'autorit� 
competente. La direttiva n. 64/221, pur non escludendo che l'autorit� 
co1(11petente venga adita direttamente dall'interessato, tuttavia non 
lo impone, lasciando gli Stati membri liberi di scegliere al riguardo, 
purch� tale adizione sia garantita una volta che l'interessato l'abbia chiesta. 
Il parere dell'autorit� competente va debitamente notificato all'interessato. 
L'interessato deve poter far valere i propri mezzi di difesa dinanzi 
all'autorit� competente e farsi assistere o rappresentare secondo le modalit� 
procedurali contemplate dal diritto nazionale. Tali modalit� non possono 
essere meno favorevoli all'interessato di quelle che si applicano 
dinanzi ad altre analoghe autorit� nazionali (2). 

care per analogia l'art. 7 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei 
diritti cteLI'uomo e ritenere che sia necessario che :iJl comportamento criticato 
costituisca un'ctnfrazione contemplata penalmente dalla Legge penale ad momento 
in ,cui viene compiuta. In subordine, quale soluzione propone la Corte 
onde evitare in questo campo ['arbitrio de~le aimminist11azioni nazionali. 

� 7) il.a Corte, usando l'espressione "minaccia sufficientei:nente gl'ave ", con 
l'avverbio "sufficientemente " int!l'oduce un'idea di proporzionailit�. Se la Corte 
abbia inteso dire che si deve misurare da un !lato ~a gravit� del comportamento 
che costituisce minaccia per l'ordine pubblico e dall'altro la gravit�, 
che pu� variare di volta in volta, del provvedimento di allontanamento. 

� 8) Se, in alcuni casi, ~'aliontanamento possa costituire una mri.sura tal


mente g11ave da doversi escludere in quanto trattamento disumano: pad!l'e o 

madre di famiglia numerosa, coniuge o genitore di un cittadino dello Stato 

che decreta il!'espUJlsione, minore, persona che non potr� :probabilmente, per 

motivri. d'et� o di salute, adattarsi ,ad un altro paese, persona nata e che � 

vissuta per ilungo tempo nel territorio de1lo Stato che decreta l'espulsione. 

� 9) Entro quali limiti gli Stati membri abbiano H diritto di tener conto, 

onde rifiutare o revocare un permesso di soggiorno, de!Jla moralit� privata 

degli interessati, qualora il comportamento degli stessi non sia tale da creare 

nelil'O Stato ospj,tJante ,dJsordini materialmente ed oggettivamente rilevabili in 

pubblico. Se l'aggettivo "pubblico " non esoluda quailsdasi va:lutazione sulla 

vita privata, 1a momlit� e ile idee dei singoli interessati, ove queste non deb


bano normalmente esprimersi in una condotta nei confronti di terzi che possa 

creare disordri.ni matertalmente ed oggettivamente i11Hevabili in pubblico. 

� 10) Qualova uno S:tato membro, nel desiderio di eliminare dail proprio 

territorio ae ;prostitute che giungono da un paese determinato, in quanto esse 

potrebbero costituire un punto d'appoggio per il bandri.tismo, lo faccia siste


maticamente ,dichiarando che ila professione di prostituta costituisce un peri� 

colo per fordine pubblico, senza nemmeno controllare se le interessate possano 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 683 

(omissis). 1. -Con ordinanze 8 maggio 1981, pervenute alla Corte il 
12 maggio seguente, il presidente del Tribuna! de premi�re instance di 
Liegi, in sede di procedimento d'urgenza, ha proposto, ai sensi dell'art. 177 
del Trattato CEE, una serie di questioni pregiudiziali relative all'interpretazione 
degli artt. 7, 48, n. 3, 56, n. l, e 66 del Trattato, nonch� della 
direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n. 64/221, per il coordinamento 
dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno 
degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza 
e di sanit� pubblica (G. U. 1964, pag. 850), ed in particolare degli 
artt. 3, 6, 8 e 9 della stessa. 

2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di controversie 
sorte fra lo Stato belga e le attrici nelle cause principali, cittadine francesi, 
a seguito del rifiuto del permesso di soggiorno nel territorio belga 
da parte dell'autorit� amministrativa motivato dal comportamento delle 
essere sospettate di rapporti con la malavita, se detto Stato non pratichi un 
Sii.sterna di prevenzione generale vietato dai pl'incipi sanciti nella sentenza Bonsignore 
(causa h7/74) e se il suo provvedimento sia effettivamente basato sul 
comportamento ;personale del:l'interessato. 

� 11) Se uno Stato membro possa ritenere improvvisamente the le persone 
che esercitano una determinata professione hanno un comportamento personale 
che costituis�e una minaccia reaile e sufficientemente grave per un interesse 
fondamentale della comunit� mentre invece questa professione non � 
v~etata ne~ suo territorio, ma anzi viene esercitata senza alcun ostacolo da 
svariate migJiaia di persone, per anni l'accesso a detta professione � stato 
consentito ai cittadini stranieri, detta professione d� luogo ailiia regolare riscossione 
d'imposte, lungi dal vietare questa attivit�, Jo Stato in questione aveva 
adottato una disciplina a tutela di coloro che ,esercitano detta professione 
nei confronti di determinate forme di sfruttamento ,0ppure se determinati 
cittadini stranderi continuano ad esercitarua. 

� 12) Se l'avvocato generaiJe, usando nelle conclusioni Bonsignore (causa 
67/74) le espressioni � presenza che diviene intollerabile ,, e � soluzione necessaria 
�, traduca correttamente iJ grado di gravit� necessario ;per giustificare 
l'aiJilontanamento dal territorio dd uno Stato membro. 

� 13) In qual:i ipotesi una persona cui � stato rifiutato o revocato iH permesso 
di soggiorno, in quanto il suo comportamento personailie costituiva un pericolo 
per l'ordine pubblico deHo Stato ospitante, possa in seguito accedere 
nuovamente al territorio dello Stato di cui trattasi e chiedere un nuovo permesso 
di soggiorno. Se si possa adottare nei confronti di un cittadino di uno 
Stato membro la decisione di allontanarlo definitivamente dal territorio. 

� 14) L'art. 6 della direttiva 64/221 stabildsce che i cittadini degli Stati 

membri devono venire informati dei motivi di ordine pubblico, di pubblica 
sicurezza o di sanit� pubblica che giustificano una decisione adottata nei 
loro confronti. Se l'esposizione di detti motivi debba venire redatta nella madre 
lingua dell'interessato. Se quest'esposizione, sailvo per ragioni inerenti alla 
sicurezza dello Stato, debba essere esauriente, dettagliata e veritiera. Se uno 
Stato possa far ricorso a formule di motivazione generali, ripetute in numerosi 
casi 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

684 

interessate, ritenuto contrario all'ordine pubblico perch� esse svolgevano 
l'attivit� di cameriere in un bar equivoco dal punto di vista del buon 
costume. 

3. -La legge belga 21..agosto 1948, che abolisce la disciplina legale 
della prostituzione, vieta l'adescamento, l'incitamento 'al vizio, lo sfruttamento 
della prostituzione, Ja tenuta dei locali di meretricio o di case 
di 1prostituzio�e e. il lenodnio. Ess~ contempla ,fa rpossibiJit� ohe vetligano 
emanati regolamenti comunali a caratt�re integrativo ove si propongano 
lo scopo di tutelare la morale o la quiete pubblicjle. Il regolamento di 
polizia della citt� di Liegi 25 marzo 1957 e i decreti successivi dispongono 
che, a coloro che sono dediti alla prostituzione, � vietato esporsi 
alla vista dei passanti, che le porte e le .finestre dei locali ove essi praticano 
la loro attivit� devono essere chiuse ed impedire la vista dell'interno, 
e che agli stessi soggetti � vietato stazionare sulla via in prossimit� 
di tali locali. 
� B. Sulle garanzie procedurali. 
� 1) Nella sentenza Pecastaing del 5 marzo 1980, la Cor�te ha precisato che 
l'art. 9 della direttiva 64/221 ha come oggetto la costituzione di garanzie processuali 
minime a favore de1le persone colpite da un provvedimento di .revoca 

o di rifiuto del permesso di soggiorno. La Corte � pregata di indicare, precisare 
ed elencare ile garanzie processuali che gli Stati membri devono offrire aildo 
straniero che promuove un ricorso a norma deLl'art. 9 del:l1a direttiva. 
� 2) La direttiva menziona una "autorit� diversa". Se ci� :implichi che il 

ricorso deve poter venir presentato ad un'autorit� impaTziale e totalmente 

indipendente rispetto all'autorit� che adotta la decisione. 

Se si possa definire sufficientemente .indipendente l'autorit� diversa com� 

posta da membri designati daill'autorit� che adotta la decisione. Se non sia 

auspicabile che g,ti Stati membri conferiscano ai giudici Ja com;petenza ad esa


minare i ricorsi contemplati dagli artt. 8 e 9 della' direttiva. 

� 3) Nelle conclusioni presentate alla Corte nell'ambito della oausa Peca


staing, l'avvocato genera!le ritenev�a che l'indipendenza effettiva dell' "autorit� 

diversa " implica che la persona o le persone che compongono l'origano con


sultivo non abbiano alcun vincolo di dipendenza rispetto aM'autorit� chiamata 

a decidere. 1Se la Corte ritenga, come l'avvocato generail'e, che un dipendente 

deLl',amministrazione incaricata cti decidere non possa essere membro di detta 

autorit�. 1Se un dipendente del-l'amministrazione che prenda ra decisione possa 

fungere da segretariio di detta autorit�. Se sono vfotati i rapporti gerarchici 

tra i membri dell' "autorit� diversa" e l'autorit� che adotta la deciSil.one; 

nei paesi in cui detta materia � di competenza del ministero della giustizia. 

se non debba essere vietato che i magistrati che svo1gono la funzione di pubblico 

ministero facciano parte di detta autorit�. 

Se un dipendente del Governo, ma che fa parte di un'altra amministrazione, 
possa entrare a far parte dell'autorit� come membro. Se le nomine di membri 
dell'autorit� debbano venire effettuate per un termine pi� o meno lungo e 'in 
qua1siasi caso a tempo determinato. Se sia normale che l'autorit� che adotta 
le decisioni sia quella che versa le remunerazioni ai membri della " autorit� 
diversa". 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 685 

4. -Le questioni sollevate dal giudice nazionale, la cui formulazione 
� praticamente identica nei due procedimenti, vengono suddivise 
dal Tribunale di rinvio in due gruppi dai titoli rispettivi � Sulla nozione 
di ordine pubblico� e �Sulle garanzie procedurali�. Attesa la quasi 
identit� delle questioni nelle due cause � opportuno riunire queste ultime 
ai fini <.lella sentenza. 
I. Sulla nozione di ordine pubblico. 
Sulle questioni 1, 9, 11 e 12. 

5. -Le questioni 1-9, 11 e 12 a.ttengon� sostanzialmente al� problema 
di stabilire se gli Stati membri, in forza delle riserve contenute negli 
artt. 48 e 56 del Trattato, possano allontanare dal loro territorio il cittadino 
di un altro Stato membro, ovvero rifiutargli l'accesso al territorio 
stesso, in quanto svolga attivit� che, ove svolte dai propri cittadini, non 
diano luogo a misure repressive. 
� 4) Se dl cittadino di uno Stato membro colpito da un provvedimento 
non debba avere fa possibi.Ut� di adire direttamente la "auto11it� dirversa ". Se 
sia normare che l'auto11it� che adotta la decisione sia l'unica autorit� che pu� 
adire la "autorit� diversa", convocare fo straniero ad un'udienza dell'autorit� 
e qmndi essere arbitra del ritmo pi� o meno rapido del procedimento. 

� 5) Se le decisioni della "autorit� diversa " debbano venir motivate. Se ci� 
non implichi che lo straniero ha il diritto di ottenerne una copia da cui risultino 
le firme dei membri dell'autorit� nonch� il loro nome e la loro qaalit�. 

� 6) Salvo casi d'urgenza debitamente giustificata, se lo straniero o il suo 
difensore, impediti per motivi validi e gravi di assistere ad un'udienza della 
"autorit� diversa ' debbano ;poter ottenere il rinvio dell'esame della pratica ad 
un'udienza successiva. . 

� 7) Se nella decisione dell'autorit� diversa debbano veruir trattati dettagldatamente 
ed esaurientemente tutti i mezzi di diritto e di fatto dedotti dallo 
straniero. Se esso debba avere 1a facolt� di presentare memorie �contenenti i 
suoi mezzi e un fascicolo. 

� 8) Se l'autorit� che adotta la decisione abbia l'obbLigo c� trasmettere a]J)Ja 
"autorit� diversa " un fascicolo che dimostri che la decisione di revoca o di 
rifiuto del permesso di soggiorno sottoposta alla valutazione deWautorit� diversa 
� fondata su fatti reali, oircostanzi:ali e gravi. Se la prova dei fatti sui 
quali si ronda J'autorit� che adotta la decisione debba essere esauriente ed 
incontes�1Jata. Se lo straniero che contesta 1a sufficienza deJJla prova possa 
irnvooare a proprio favore H beneficio del dubbio. Se le denunce anonime e i 
rapporti di polizia che non indicano le fonti Possano essere usati dall'autorit� 
che adotta la decisione. 

� 9) Poich�, a norma dell'art. 3 della direttiva 64/221, l'esistenza di condanne 
penali non � sufficiente a giustificare automaticamente il provvedimento 
di rifiuto o di revoca del permesso di soggiorno, se non si possa sostenere che, 
qualora i fat1Ji di cui si fa carico allo straniero, costituiscano reato, l'autorit� 
che adotta la decisione � costretta a pro'"are detti fatti mediante la produzione 
di una condanna penale. 

� 10) Se da un .rap;porto sulla figura morale di una persona si possa desu 
mere J,a prova che questa si comporta in modo contrario 1all'ordine pubblico. 



686 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

6. -Le questioni cos� poste sono motivate dal fatto che la prostituzione 
in quanto tale non � vietata nell'ordinamento belga, restando 
inteso che ricadono sotto i rigori della legge talune attivit� accessorie, 
particolarmente nocive sotto il profilo sociale, quali lo sfruttamento della 
prostituzione e svariate forme di incitamento al vizio. 
7. -Le riserve contenute negli artt. 48 e 56 del Trattato consentono 
agli Stati membri di adottare, nei confronti dei cittadini di altri Stati 
membri, per i motivi che dette norme contemplano, fra cui in particolare 
quelli di ordine pubblico, provvedimenti che essi non possono disporre 
nei confronti dei propri cittadini, nel senso che ad essi manca il 
potere di allontanare questi ultimi dal territorio nazionale o di vietare 
loro di accedervi. Tale disparit� di trattamento, relativa alla natura dei 
provvedimenti adottabili, va quindi rhenuta lecita; tuttavia deve sottolinearsi 
che, negli Stati membri, le autorit� competenti a prendere tali 
provvedimenti non possono basare l'esercizio dei loro poteri su valuta� 
11) Se lo strallliero e H suo patrono abbiano il diritto cli chiedere la 
comunicaziione del fascicolo trasmesso dall'iautorit� che adotta ~a decisione 
aihla "autorit� diversa". Poich�, per motivi di sicurezza dello Stato, � consentito 
all'autorit� che adotta la decisione non comunicare allo straniero o al suo 
patrono determinati documenti, se detta autorit� possa tuttavia avvalersi 
delle informamoni che sono contenute iin un documento che essa rifiuta di trasmettere 
alla "autorit� diversa". 

� 12) Se la necessit� di una adeguata dil�esa non implichi che fo straniero 

o il �suo patrono possano chiedere fa trasmissione dell'originale del fascicOllo 
oppure �di una copia, eventuailmente previia corresponsione di un compenso 
non proibitivo. Se l'obbligare l'avvocato delilo straniero a recarsi neHa oapitaile 
dello Stato membro, specie �allorch� si tratta di uno Stato membro molto vasto 
:per esaminare il fasoicOllo messo a sua disposizione non comporti dn rea1t� 
spese sproporzionate per lo stmniero, tali da pregiudicare il suo diritto a 
difendersi. 
� 13) Entro quale termine, prima deihl'udienza, lo strandero o il suo avvocato 
debbano avere comunicazione del: fascicolo. Se dl termine di un mese non 
costdtuisca un termtine .ragionevole onde consentire allo straniero di preparare 
la sua dife,,a, compilare iii fascicolo di parte raccogliendo i documenti 
ed eventuailmente redigere una memoria. 

�114) Se, adducendo motivi di sicurezza dello Stato, l'autorit� che .adotta 
la decisione possa includere nel fascicolo un documento non comunicato 
allo straniero o al suo avvocato per celare il'ddentit� di un dnformatore della 
po1izia. Se un documento impugnato per faLso dallo straniero non v�ada 
escluso dagli atti. 

� 15) Se non sia indispensabile che lo straniero o il suo patrono siano 
avvisati della data dell'udienza con un anticipo sufficiente, onde consentire 
la preparamone efficace di d�tta udienza, ad esem;pio con un mese di anticipo. 

A questi quesiti la Corte. ha dato risposte sostanzialmente conformi a 
quelile proposte dal Governo ita1i~o intervenuto in causa, fa cui memoria qui 
di seguito si' trascrive (adde ora, sul diritto cli soggiorno, aMe sentenze citate 
netta nota che segue, le pi� recent.i sentenze della Corte 23 marzo 1982, neHa 
causa 53/81, LEVIN e 27 ottobre 1982, nelle cause 35 e 36/82, MoRSON e JHANJAN): 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 687 

zioni di taluni comportamenti da cui conseguano discriminazioni arbitrarie 
nei confronti di cittadini di altri Stati membri. 

8. -� opportuno ricordare al riguardo che il richiamo da parte 
di un'autorit� nazionale alla nozione di ordine pubblico presuppone, 
come la Corte ha dichiarato nella sentenza 27 ottobre 1977 (causa 30/77, 
Bouchereau, Racc. pag. 1999), l'esistenza �di una minaccia effettiva e 
abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettivit� �. 
Bench� il diritto comunitario non vincoli gli Stati membri ad osservare 
una scala uniforme di valori in merito alla valutazione dei comportamenti 
che possono considerarsi ,c0ntrari all'ordine pubb1ico, va tuttavia 
rilevato che un comportamento non pu� considerarsi abbastanza grave 
da legittimare restrizioni all'accesso o al soggiorno, nel territorio di uno 
Stato membro, di un cittadino di un altro Stato membro, nel caso in 
cui il primo Stato non adotti misure repressive o altri provvedimei;iti 
Sulle limitazioni alla libera circolazione dei �ittadini comunitari per motivi 
di ordine pubblico: .condizioni e garanzie procedurali. 

(omissis) A. -Con la sentenza 4 dicembre 1974, nella causa 41/74, VAN 
DUJN (in Racc., 1337) la Corte ha precisato che �fa nozione di ordine pubblico 
nel contesto comunitario, specie !in quanto autorizza una deroga al principio 
fondamentale della libera circolazione dei lavoratori, va intesa in senso stretto, 
col risultato di escluderne ogni valutazione unilaterale da parte dei singoli 
Stati membri senza il controllo delle dstrituzioni comunitarie �. � Non si pu� 
tuttavia negare -ha aggiunto la Corte -che la nozione di ordine pubblico 
varia da un paese aH'altro e da un'epoca all'altra: � perci� necess�ario ~asciaa:e 
in questa materia alle competenti autorit� un certo :potere discrezionale entro 
i ,lim!iri dmposti dal trattato �. Sussistono ragioni di ol'dine pubblico, ha ril.evato 
fa Corte, i:n relazione �ad attivit� ritenute � antiisociali. � anche se non 
vietate a norma dd legge. 

Con la sentenza 28 ottobre 197'5, nella causa 36/75, RUTILI (dn Racc., 1219, 
pubbl. anche in questa Rassegna, 1975, I, 838, con nota), la Corte ha ancora 
precisato che Je � 11mitiazioni giustdf�cate � di cui all'art. 48 n. 3 del trattato 
sono soJo quelle conformi a.Ile esigenze del dhiitto, ivi compreso il diritto 
comun1tario, e che a tali effetti vanno prese in considevazione sia le norme 
di diritto sostanziale che quelle formali e procedurali che condizionano l'esercizio, 
da parte degli Stati membri, dei poteri fatti salvi dalla norma suddetta, 
in materia di ordine pubblico e di sicurez:lla pubblica. Gld Stati, ha 
confermato la Corte, � restano sostanzialmente liberi di determdnare, conformemente 
alle loro necessit� nazionaH, le es!igenze di ordine pubblico�, ma 
tale nozione � va intesa in senso restrittivo, di guisa che JJa sua portata non 
pu� essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il 
controllo delle istituzioni comunitarie�, nel senso �he restrizioni possono 
essere poste solo !in presenza di � una minaccia effettiva ed abbastanza grave � 
per l'ordine pubblico e, in aderenza ad un ;principio generale sancito nella 
convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e dei diritti fondamentali, 
non possono andare oltre ci� che � necessario per ~e esigenze di ordine 
pubblico e di sicurezza pubblica � in una societ� democratica �; sotto iii profilo 
proceduraJe, devono essere consentiti agli interessati idonei mezzi di ricorso. 



688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

concreti ed effettivi volti a reprimerlo, ove lo stesso comportamento sia 
posto in essere da propri cittadini. 

9. -Le questioni 1, 9, 11 e 12 vanno quindi risolte nel senso che 
uno Stato membro non pu�, in forza della riserva relativa all'ordine pub� 
blico di cui agli artt. 48 e 56 del Trattato, allontanare dal proprio terri� 
torio un cittadino di un altro Stato membro n� rifiutargli l'accesso al 
proprio. territorio a motivo di un comportamento che, ove sia posto in 
essere da cittadini del ,primo Stato qiembro, non d� luogo a misure 
r,epressive o ad alt,ri .provvedimenti concreti ed effettivi vQltLa combatterlo. 
Sulla 10� questione. 

10. -Con la 10� questione il giudice n~ionale chiede se l'operato di 
uno Stato membro che, � nel desiderio di eliminare dal proprio terri� 
torio le prostitute che giungono da un paese determinato, in quanto 
esse potrebbero costituire un punto d'appoggio per il banditismo, lo 
faccia sistematicamente dichiarando che la professione di prostituta 
Questi principi, unitamente alle altre precisazioni contenute nelle predette 
due sentenze nonch� nelle variie altre sentenze che hanno affrontato la problematica 
de~la 1Iibera oircolazione delle persone (in particolare Ie sentenze 26 feb� 
braio 1975, �nella causa 67/74, BoNSIGNORE, in Racc., 297; 8 aprile 1976, nella 
causa 48/75, RoYER, in Racc., 497; 7 luglio 11976, 1nella causa .U8/75, WATSON, ~n 
Racc., 1185, nonch� in questa Rassegna, 1976, I, 730, con nota; 14 1luglio 1977, 
nelila causa 8/77, SAGULO, in Racc., 1495; 27 ottobre 1977, nella causa 30/77, BouCHEREAU, 
in Racc., 1999; 5 marzo 1980, nella causa 98/79, PECASTAING, in Racc., 691; 
22 maggio 1980, nella causa Bl/79, SANTILLO, in Racc., 1585, nonch� in qu,esta 
Rassegna, 1980, I, 729; 3 luglio 1980, nella causa 1'57/79, PIECK, in Racc., 1980, 
217'1), consentono di rispondere a gran parte dei quesiti formulati dal giudice 
belga. 

Cos� non sembra (quesito A. 1) che la Corte possa definire la nozione di 
ordine ;pubbliico (che �varia da un paese all'.altro e da Wl'epoca aLI'altra �) se 
non richiamandosi ancora una volta all'� antisocialit� �, non necessariamente 
legata ad un divieto di carattere penale (sentenza VAN DuYN), concetto che, 
appunto, � diverso da paese a paese e varia con il passar del tempo. 

Comuni agli Stati possono invece essere i limiti (quesito A�2): ma si 'tratta 
di �Mmiti �, cio� di un confine che vieta l'espandersi, ma non fornisce la 
definizione del concetto. I limiti sono il rispetto delle specifiche norme comu� 
nitarie in materi1a, nonch� dei priincipi generali di diritto che tutelano i diritti 
fondamentali e regolano una societ� democratica, propri anche del diritto 
comunitario, i quali impongono, fra J'ailtro, l'applicazione di criteri di ragionevolezm 
e di proporzionalit�. E, trattandosi di far V'ailere una eccezione (l'or� 
dine ;pubblico) ad una regola. fondamental:e del Trattato (la libera circola� 
zione), � chiaro che l'interpretazione dei limiti, ove essi siano incerti, debba 
essere fatta in modo restri.ttivo. 

1' certo (quesito A� 3) che le misurn restrittive giustificate da motivi di 

ordine pubblico adottate da uno Stato nei confronti del cittadino di un altro 

Stato membro, in quanto Limitano la Iibera circolazione dei lavoratori, possono 

costituire una posizione differenziata per lo straniero. Ma, come ha osservato 

lia Corte nehla sentenza VAN DuYN, � un principio di divi,tto ~nternazionale, che 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 689 

costituisce un pericolo per l'ordine pubblico, senza nemmeno controllare 
se le interessate possano essere sospettate di rapporti con la malavita �, 
configuri un provvedimento di prevenzione generale ai sensi dell'art. 3 
della direttiva n. 64/221. 

11. -� opportuno ricordare che l'art. 3, n. l, della direttiva prescrive 
che i provvedimenti d� ordine pubblico o di pubblica sicurezz.a 
devono essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento 
personale dell'individuo nei riguardi del quale sono applicati. Basta rinviare, 
al riguardo, alla sentenza 26 febbraio 1975 (causa 67/74, Bonsignore, 
Racc. pag. 297), in cui la Corte ha dichiarato �che non possono 
essere presi in considerazione, nei confronti dei cittadini degli Stati 
membri della Comunit�, per quanto concerne i provvedimenti intesi 
alla tutela dell'ordine pubblico e d�lla pubblica sicurezza, i motivi che 
il trattato non ha certamente reso inoperante nei rapporti fra gli Stati membri, 
impedisce ai singoli Stati di negare ai propri cittadini l'ingresso e il soggiorno 
nel proprio territorio �; ammettere lo stesso impedimento assoluto 
.anche nei confronti del cittadino di un altro Stato membro significherebbe 
cancellare la riiserva, fatta espressamente nell'art. 48, n. 3, del trattato, �di 
adottare misure restrittive per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza 
e sanit� :pubblica. Ll priincipio contenuto ne11'art. 7 del trattato va letto e 
interpretato in uno con la regola e l'ecce:llione alla regola fissate nel successivo 
.art. 48. I limiti, la cui definizione i1l giudice belga dnvoca, sono que11i indicati 
appunto nehl'art. 48, interpretato come si � detto a proposito dei primi due 
quesiti. 

In ailcune sentenze (RUTILI, BoucHEREAU) la Corte ha precisato che il richiamo 
alla nozione di ordine pubblico presuppone l'esistenza di �una minaccia 
effettiva ed abbastanza grave per uno degH interessi fondamentali della 
coH:ettivit� �: chiede il giudice be1ga (quesito A-4) se sia concepibile che un 
comportamento che costituisca una siffatta minaccia non sia passibiile di sanzione 
penale. Innanzitutto ci par opportuno 'precisare che l'ordine pubblico va 
invocato .essenzia~mente in sede di prevenzione (prevell2lion� specifica e non 
_genera.Je, come ha precisato la Corte nella sentenza BoNsIGNORE): come la 
sola esistenza di una condanna penale non pu� automaticamente giustificare 
l'adozione di provvedimenti di espulsione (art. 3 della direttiva n. 64/221), 
perch� la condanna non � indice assoluto della pericolosit� di un soggetto, 
�Cos� l'assenza attuale di un comportamento illegale non signifka che il 
soggetto non sia pericoloso e che non possa configurarsi nel suo comportamento 
una minaccia nel senso suddetto, sebbene si possa parlare di sanzione 
solo allorch� la minaccia si traduce nell'aggressione concreta del bene mina.e.
dato. Con questa :precisazione, riteniamo che si possa rispondere al quesito 
posto nel senso che la aggressione (in relazione aMa quale la sola presenm 
�di una minaccia effettiva e abbastanza grave � sufficiente per giustificare la 
misura restrittiva) non deve necessariamente essere sanzionata penalmente. 
� noto, infatti, che la san2lione penale non segue necessariamente i comportamenti 
pi� gravi, ma � previista, per una scelta poLitico-legislativa, soprattutto per 
i casi in cllli, per La particolare natura del comportamento, � ritenuta il mezzo 
pi� efficace di dissuasione e, in minor misura, di repressione. La Corte, neHa 
.sentenza VAN DUYN, ha parlato di rilevanza di comportamentJi �antisociali�, 
non necessariamente vietati, e nella sentenza BoucHEREAU ha parlato di �:per




690 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prescindano dal caso singolo, come pure risulta fra l'altro da una disamina 
del n. 1, in forza del quale � �esclusivamente� determiinainte il 
� comportamento personale � di coloro nei cui confronti i provvedimenti 
vengono applicati�. 

Sulla 13� questione. 

12. -Per quanto riguarda la possibilit�, da parte di coloro nei cui 
confronti vengano adottati provvedimenti di allontanamento dal territorio 
di uno Stato membro, di accedere nuovamente al territorio dello 
Stato interessato e chiedervi un nuovo permesso di soggiorno, va rilevat.
o che qualsiasi cittadino di uno degli Stati membri che desideri 
cercare lavoro in un altro Stato membro pu� chiedere nuovamente un 
turbazione dell'ordine sociaile insita in qualsiasi infrazione della legge �: riteniamo 
che con questa seconda espressione si sia voluto faT merimento all'id 
quod plerumque accidit, nel senso cio� che � quasi normale che un comportamento 
antisociale sria anche esplicitamente vietato, e costituisca quindi un 
�illecito�, sfa esso penale, amministrativo o civile; ma non pu� escludersi 
che talvolta l'antisocialit� non si traduca in illiceit� (come nel caso VAN DUYN, 

secondo dJ diritto del Regno Unito) per una scelta politico-legislativa, n che 
non toglie, per�, che H comportamento meramente antisociaile possa essere 
considerato contrario a1I'ordine pubblico. 

E conseguentemente (quesito A-5) la individuazione dd un interesse fondamentale 
deilita collettivit� va fatta non ricercando sempre una specifica 
norma che quelrnnteresse preveda e tuteli, comminando sanzioni per la sua 
inosservanza, ma analizzando il complesso dehle norme esistenti in un certo 
Paese e l'interpretazione che di e~se viene data in una certa epoca storica 
riguardo alla tutefa del bene ;pubblico. 

Cic sembra che dalle considerazioni suddette si possa tmrre una risposta 
per il quesito A-6. L'art. 7 della convenzione europea per la salvaguardia dei 
diritti dell'uomo afferma che nessuno pu� essere � punito� per un fatto che 
non era reato al momento in cui fu commesso. Le misure restrittive nei confronti 
deJ.l�o straniero non sono � puni:1lioni >>, ma misure essenzialmente � preventive>>, 
sfa (e non potrebbe essere diversamoote) allorch� sono dirette a 
negare l'ingresso, sia quando sono dirette a far cessare il soggiorno. � certamente 
vero che un provvedimento di espulsione pu� essere pi� grave, in cerd 
casi, di una condanna penale, ma ci� ha rhlievo solo nel senso che l'interpretazione 
deUa norma che consente la misum deve essere restrittiva e prudente, 
con rispetto dei principi di ragionevolezza e '.ProporzionaJdt�. 

Pertanto sembra che possa darsi risposta positiva a~ quesito A -7 e che, I�n 
relazione al quesito A� 8, le circostanze ivi indicate debbano essere valutate 
seriamente neWI'adozione del provvedimento, anche e soprattutto in quanto influenti 
sullia pericolosit� stessa del soggetto. 

Con il quesito A -9 il giiudice belga chiede se e in quaili limiti gli Stati 
membri abbiano diritto di tener conto della moraJ~t� privata degli interessati, 
qualora il comportamento degli stessi non sia tale da creare disordini materialmente 
e oggettivamente dlevabhli in pubblico. Certamente la sfem deHa. 
moralit� privata appartiene esclusivamente ai singoli e non � ammissibiJe alcuna 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 691 

permesso di soggiorno. Tale domanda, se presentata dopo un ragionevole 
periodo di tempo, va esaminata dall'autorit� amministrativa competente 
dello Stato ospitante che deve prendere in considerazione, in partiticolare, 
le ragioni addotte dall'interessato per dimostrare il mutamento 
obiettivo delle circostanze in base alle quali era stato adottato il primo 
provvedimento di allontanamento. Tuttavia, qualora sussista nei confronti 
dell'interessato, e continui a produrre effetti giuridici s� da trattenerlo 
fuori dal territorio dello Stato di cui trattasi, w1 provvedimento di 
allontanamento validamente adottato a norma del diritto c.omunitario, 
quest'ultimo non gli attribuisce affatto il diritto di accedere al suddetto 
territorio nelle more dell'esame della nuova domanda. 

Sulla 14� questione 

13. -L'art. 6 della direttiva n. 64/221 prescrive che vengano portati 
a conoscenza dell'interessato i motivi di ordine pubblico, di pubblica 
interferenza di qualsivoglia autorit� statale; la moralit� di ciascuno diviene 
rilevante a1 fini de1l'ordine pubblico solo in quainto si manifesti in un comportamento 
esteriore che assuma le caratteristiche dell'illecito (o, a fini di 
prevenzione, nel pericolo di tale comportamento) o quantomeno dehl'antisocialit� 
nel .senso sQ'pra precisato. 

Riispetto al quesito A-10, precisato anzitutto che ii principi 1iberald del 
trattato. non appaiono invocabili relativamente alla prostituzione intesa come 
�professione�, non sembra che possa escludersi in via di principio che, nei 
confronti della persona che, avendo altr.imenti diritto alla tutela comunitaria, 
tale attivit� svolga, possa essere fatta una valutazione di antisocialit� nel 
senso sopra .precisato, purch� ancorata al comportamento personale del soggetto 
stesso. 

Le considerazioni svolte rispetto al quesito A-3 danno una risposta anche 
al quesito A-U. La ;prostituzione � un fenomeno ineldminabhle ed � logico 
che gli Stati abbiano tentato e tentino di controllarla per limitarne gli effetti 
nocivi. Ci� non togilie, dn Linea astratta, che, secondo la valutazione di ciascuno 
di essi, e secondo le diverse epoche storiche, ~�esercizio di essa possa 
essere consideriato, quantomeno in akune sue manifestazioni, un fenomeno 
antisociaile che pu� costituire una m1naccia effettiva ed abbastanza grave per 
gM interessi fondamentali della cohlettivit�, malgrado che possa essere stato 
ritenuto inoppol'tuno, dal punto di vasta socio-pooitico, adottare misure repressive 
generalizz;ate deH'esercizio stesso. E l'impossibildt� di vietare il reingresso 

o 1a permanenza nel territorio ai propri cittadini che esercitino fa prostituzione 
non dncide sulla possibilit� di adottare, ad sensi dell'art. 48, n.. 3, del 
trattato, misure dd prevenzione specifica nei confronti della persona straniera. 
Non ;pu�, peraltro, non rilevarsi, in linea concreta, reail~sticamente, che la 
prostituzione � un fenomeno generalizzato e tollerato in tutti i paesi delila 
Comunit� �e che (al di fuori dei oasi di forme organizzate, magari con fa 
partedprazione di lenoni e con il reclutamento o la tratta di altre giovani 
donne, ovvero nei casi di scoperte e moltepldci forme di adescamento, e pi� 
in generailie quando il fenomeno assume i.ti. carattere di pfaga di una determinata 
locaiHt�, sia essa quartiere, citt�, provincia o altro) � ben difficile che 

692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sicurezza o di 'sanit� pubblica su cui � fondato il provvedimento preso 
nei suoi confronti, salvo il caso in cui vi ostino motivi inerenti alla 
sicurezza dello Stato. Si evince dallo scopo della direttiva che la comunicazione 
dei motivi deve essere sufficientemente dettagliata e precisa 
onde consentire all'interessato la difesa dei propri interessi. Per quanto 
concerne la lingua da impiegare, risulta dail fascicolo di causa che le 
attrici nelle cause principali sono cittadine francesi e che i provvedimenti 
nei loro confronti sono stati redatti in francese, talch� non � 
evidente la pertinenza della questione. Basta, comunque, che Ja notifica 
venga effettuata in condizioni tali da consentire all'interessato di rendersi 
conto del suo contenuto e dei suoi effetti. 

II. Sulle questioni relative alle garanzie procedurali 
14. -Tali questioni riguardano essenzialmente la compos1z1one del1'
� autorit� competente� menzionata nell'art. 9 della direttiva n. 64/221, 
possa essere consiiderato come minaccia grave all'ordine pubblico l'esercizio 

individuale, magari cauto e riservato, del mestiere: in questo ordine di consi


derazioni non pu� non po11si in luce che l'app1ioazione di un criterio troppo 

rigido� potrebbe condurre facilmente ad abusi, jn considerazione de11.'estrema 

difficolt� di valutare l'ampiezza della moo-oot� sessuale. 

Le espressioni usate daM'avvocato generale Mayras neHe conclusioni della 

causa BoNSIGNORE, -�;presenza che diviene intol:Ierabile � e � soluzione neoes


saria � -, (quesito A� 12), danno certamente una misura del:Ia grav.it� della 

minaccia all'ordine p�bbtlko, ma vanno pur sempre collegate ad una valutazione 

nazionale dell'o11dine pubblico. 

Quanto al quesito A-13, deve ritenersi che la !limitazione consentdta dal


l'art. 48, n. 3, deve essere giustificata da ragioni di prevenzione (srpeoi~e) e 

non di repressione: venuta meno 1a mmaccia all'ordine pubblico, non v'� al


cuna ragione di mantenere o rinnovare una misura restrittiva contraria al1a 

libera circolazione delle persone e� fa posizione dehl'interessato ben potr� es


sere rivailutata. 

Relativamente al quesito A-14 si osserva che certamente [ provvedimenti 

restrittivi devono essere motivati (come si desume chiaramente dall'art. 6 della 

direttiva 64/221, sailvo I� limdti ivi indicati), e con una motivazione vera e non 

apparente; non necessaria appare I�nvece la redazione nel1a madre-lingua dello 

interessato, in quanto essa non appare affatto mdispensabLle perch� finteres


sato stesso '.Possa prendere � conoscenza � del provvedimento. 

B. -Nelfa sentenza '.PECASTAING la Corte ha precisato, con riferimento 1al� 
J'art. 8 della direttiv1a n. 64/221, che la natura dei ricorsi consentiti .dipende 
dalla struttura deJi1'ordinamento giudiziario di ciascuno Stato membro. Anailoga 
risposta .deve� essere data (quesito B -�) per l~art. 9. Questa norma gi� 
indl�oa che le ga~anzie debbono essere o la rpossibhliit� di un ricorso giurisdi� 
zionale non limttato al controllo di legittimit� e con effetto sospensivo o il 
parere di un'autorit� competente del paese ospitante dinanzi alla quale l'interessato 
possa effettivamente difendersi (autorit� che pu� essere anche amministrativa, 
purch� diversa e ,indipendente da quelila che adotta 00: provvedi� 
mento, come ha precisato la Co~te nella sentenza 1SANTILLO). Non sembra post! 


! 
!
f: 

...................J 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA b INTERNAZIONALE 693 

la qualifica e la durata dei mandato dei suoi componenti, l'eventuale 
-legame fra questi ultimi e l'autorit� che provvede alla loro retribuzione, 
le modalit� ,secondo cui l'autorit� va adita ed il procedimento dinanzi ad 
essa. 

15. -L'art. 9, n. l, della direttiva ha Io scopo di attribuire un minimo 
di garanzie procedurali ai soggetti colpiti da un provvedimento di allontanamento. 
Nel caso in cui i ricorsi giurisdizionali contro gli atti amministrativi 
vertano soltanto sulla legittimit� del provvedimento, l'intervento 
dell'autorit� competente deve consentire di ottenere un esame dei 
fatti e delle circostanze, compresi i motivi di opportunit� su cui si 
fonda il provvedimento considerato, prima che �esso venga definitivamente 
adottato. L'interessato deve essere in grado di far valere i propri 
mezzi �li difesa dinnanzi a tale autorit� e di farsi assistere o rappresensibille 
una ulteriore precisazione delle � garanzie processuali � che gli S~ti 

membri devono offrire a chi � promuove un ricoI'So >>, perch� � sufficiente che 

questo ricorso (come abbiamo visto alternativo al �parere� di cui si � detto) 

sia giurisdizionale (e consenta quindi la difesa del ricorrente), non sia limi


tato alla sola legittimit�, abbia effetto sospensivo: ila regolamentazione della 

procedura per ricorrere non pu� che essere quella nazionale, diversa da Stato 

a Stato. 

AUa prima parte del quesito B -2 la Corte ha gi� risposto con la sentenza 

SANTILLO, nel senso sopra detto. Quanto alla seconda parte la mera � designa


zione� dei membri (in particolare modo se si tratta solo di alcuni membri: 

cfr. in Italia, '.hl d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656, fil quale nell'art. 9 prevede 

una Commissione di cinque membri, di cui due designati dal Ministero dell'ln


teTno, nella cui competenza ricadono i provvedimenti di cui si tratta, e gfil altri 

tre designati dai Ministeri degli Esteri, del Lavoro e de11a Sanit�) non implica 

una supremazia gerarchica e non viola nndipendenza del designato. Non ap


pare ammissibhle ed � comunque mal formulata, invece, la :parte di quesito 

che chiede se non sia � auspicabHe � che g�i Stati assegmno ad .giudici �fa 

competenza ad esrumnare i r:icorsi contemplati dagli artt. 8 e 9 della diret


tiva�: :l'art. 9 defila direttiva parla di � ricorsi giurisdizionali � e solo in man


canza di questi richiede un �parere � di un'autorit� diversa da quella che 

adotta il provvedimento. 

Sui quesiti B -3 si precisa che in Italia, a norma del citato art. 9 del 

d.P.R. n. 1656/1965, ,fil parere di cui aiH'art. 9 della direttiva � reso da una 
Commissione, istituita presso il 'Ministero dell'Interno, nominata con decreto 
del Ministro per ['interno, che � composta �,da .un prefetto, che [a presiede, 
da un questore e da a:ltri tre membri, con qualifica non inferiore a quella 
di direttore di divisione o equiparata, designati rispettivamente dai Ministeri 
degli affari esteri, del lavoro e deLLa previdenza sodale e della sanit�; un 
funzionario de1l'amministrazione dehl'interno... adempie alle funzioni di segretario
�. Una siffatta strutturazione garantisce pienamente l'interessato: � naturale 
che, per questioni organizZJative, da sede della Commissione si1a ;presso la 
amministrazione dell'interno), che d'n vfa generale si occupa dei problemi di 
cui! si tratta, ed � altres� ovvio che alcuni membri appartengano, per ragioni di 
competenza spedfica, alla medesima amministrazione; il formale atto di no

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

694 

tare secondo le modalit� procedurali contemplate dal diritto nazionale. 
Lo stesso articolo, al n. 2, di:spone che i soggetti destinatari di una 
decisione, con cui si rifiuti il rilascio del primo permesso di soggiorno, 
nonch� di un provvedimento di allontanamento prima ancora del rilascio 
di detto permesso, possono chiedere che tali provvedimenti siano sottoposti 
all'esame dell'autorit� competente. 

16. -La direttiva non precisa le modalit� di nomina �dell'autorit� 
competente di cui all'art. 9, non impone che essa sia un organo giurisdizionale 
o sia composta da magistrati, n� tampoco prescrive che i suoi 
membri siano nominati per un periodo determinato. L'essenziale � che 
risulti chiaramente che l'autorit� esercita in piena autonomia le proprie 
funzioni e che, nel loro esercizio, essa non .sia sottoposta, direttamente 
o indirettamente, al controllo dell'autorit� cui spetta l'adozione dei 
mina da parte del Ministro dell'Interno non mina certo, in uno Stato di 
diritto, iJi'incliJpendenza dell'organo. Sembra che ai quesiti posti dal giudice belga 
debba darsi una risposta conseguenziale a queste osservazioni. 

A norma dehl'art. 9 della direttiva n. 64/221 l'autorit� diversa � deve � 
essere sentita, e ad essa J'.interessato pu� presentare i propri mezzi di difesa. 
i> chiaro (quesito B -4) che Je regolie procedurali debbano essere nazionali e 
devono consentire che dl parere espresso sia effettivo e ,attuale. i> 01ltres� 
chiaro (quesito B-5) che jil �parere�, ;proprio in quanto parere, debba essere 
motivato; mentre non sembra necessario (e saranno Je norme nazionali a stabilirlo) 
che esso contenga �le firme dei membri deH'autorit�, nonch� il loro 
nome e la l'Oro qualit��. n procedimento, diverso da quel1o giurisdizionaJ.e, 
indicato ne11'.art. 9 deLla direttiva deve consentire una ~donea difesa dehl'interessato 
e l'emissione di un parere, come si � detto, motivato, efEettivo e attuaJ.e. 
La regolamentazione del proceilimento (quesiti B -6, 7 e 8) spetta ailila normativa 
nazionale, la quale deve solo offrire le garanzie suddette. 

A questi principi � ispirata la normativa italiana di .attuazione defila direttiva. 
Il d;PR. n. 1656/1%5., gi� citato, �dispone, dm.fatti, in particolare: 

�art. 6: ..;Salvo il caso che vi si oppongono motivi inerenti alila sicurezza 
dehlo Stato, i motivi di ordine pubbfilco, di pubblica sicurezza o di san!�t� 
:pubbllica, sui quali si basa il provvedimento che lo concerne, sono portati ,a 
conoscenZJa dell'interessato. 

� Di ogni rapporto o denunzia all'autorit� giudiziaria a camco di stranieri 
deve essere data circostanziata notizia ,a!Jla autorit� provinciale di ;pubblica 
sicurezza. 

� art; 7: U provvedimento di ammisSlione al soggiorno o di diniego di 
ammissione al ,soggiorno deve essere 1adottato entro sei mesi da11a data della 
presentazione deLl'istanza di rilascio del documento di soggiorno (cos� mod. 
del1a Legge 4 aiprfile 1977, n. 127). 

� L'linteressato � autorizzato a dimorare provvisoriamente sul termtorio fino 
a quando non intervenga Ja decisione di rilascio o c:U diniego del permesso di 
soggiorno. 

�art. 8: 1Sal'vo motivi di urgenza il termine concesso 1ail cittadino di uno 
Stato membro della Comunit� economica europea per abbandonare I�!!: territorio 
nazionale non pu� essere inferiore a 115 giorni -nel caso di diniego di 
ammissione al soggiorno -e ad un mese nel caso di runiego del rinnovo del 

II 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 695 

provvedimenti presi in considerazione dalla direttiva. Purch� ricorra 
tale condizione, n� le disposizioni n� lo scopo della direttiva ostano in 
.alcun modo a che i membri dell'autorit� vengano retribuiti a carico del 
bilancio dell'amministrazione di cui fa parte '1'autorit� competente ad 
.adottare eventu.aiLi. provvedimenti ovvero a che un dipendente deNa stessa 
amministrazione funga da segretario dell'autorit� competente. 

17. -Per quanto riguarda le modalit� secondo cui va adita l'autorit� 
competente nel caso di cui all'art. 9, n. 2, della direttiva, quest'ultima 
non contiene alcuna disposizione vincolante. Pur non escludendo che 
l'autorit� venga adita direttamente dall'interessato, essa tuttavia non lo 
impone lasciando gli Stati membri liberi di scegliere al riguardo, purch� 
tale adizione sia garantita una volta che l'interessato l'abbia chiesta. 
sog~orno o del provvedimento di allontanamento dal territorio della Repubblica. 

�Scaduto il termine concessogli, ['autorit� di pubblica sicurezza provve<
ler� al.'l'avviamento dell'interessato alla frontiera mediante il foglio di via 
obbligatovio. 

�Art. 9: Il provvedimento di diniego del rinnovo del soggiorno o quello 
.di aLlontanamento dal territorio defila RepubbUca della persona gi� autorizzata 
a soggiornare su questo stesso � adottato, sal'Vo motivi di urgenza, dopo 
aver sentito H parere di �apposita Commissione, dinanzi alla quale ~'interessato 
1>U� farsi assistere o rappresentare da persone di sua fiducia... (che non deve 
essere necessariamente un avvocato). 

� Su richiesta delfinteressato sono sottoposti aLl'es�ame della Commissione 
il provved!imento di diniego di ammissione. a1 soggiorno o que1lo di allonta� 
namento dal territorio della RepubbJtica che intervenga prima dell'ammissione 
al soggiorno. 

�!L'interessato pu�, in tal caso, essere ammesso a presentare personalmente, 
i propri mezzi di difesa, a meno che non vi si oppongano motivi cLi 
sicurezza dello Stato �. 

Si � gi� osservato, a proposito dei precedenti quesiti, che l'esistenza di 
-condamne penali non � condizione sufficiente ma neanche necessaria per fa 
.adozione di misure .restr.ittive per ragioni d:i ordine pubMico: sembra, quindi, 
�che si debba dare ris,'posta negativa al quesito B -9. 

E (quesito B -10), in analogia a quanto rilevato a proposito del quesito 
A-9, da1la figura morale di una persona nulla si pu� ricavare per ['adozione 
<lri misure restrittive se non emerge un comportamento o dl pericolo (in via 
di prevenzione) di un comportamento personale concreto che possa costituire 
minaccia per ~ordine pubblico. 

Salvo che per � motivi di sicurezza dello Stato >>, la documentazione presa 
in considerazione da!ltl'autorit� che adotta ill provvedimento deve essere trasmessa 
dntegral.mente all'autorit� che emette il parere e deve poter essere 
<:onosoiuta dall'interessato (quesito B-11). 

Spetta aLla normativa nazionale, come gi� si � detto, .regooare il procedimento 
di cui all'art. 9 della direttiva, purch� tale regolamentazione consenta 
un'idonea difesa, con spese proporzionali, aLl'interessato, secondo criteri di 
ragionevolezza (quesiti B 12 e 13). 



696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

18. -In ordine alla forma del parere dell'autorit� competente, 
questo, come si ricava dagli scopi del sistema istituito dalla direttiva, va 
debitamente notificato all'interessato, ma la direttiva non impone l'obbligo 
di indicarvi i nomi o k qualit� dei membri dell'autorit�. 
19. -Per quanto concerne le questioni refative allo svolgimento del 
procedimento dinanzi all'autorit� competente, ivi comprese non soltanto 
le norme procedurali ma altres� quelle attinenti alla prova, basta ricordare, 
come accennato in precedenza, che ia direttiva n. 64/221 stabilisce 
espressamente, all'art. 9, n. 1, che l'interessato deve poter far valere i 
propri mezzi di difesa dinanzi all'autorit� di cui trattasi e farsi assistere 
o rappresentare secondo le modalit� procedurali contemplate dal diritto 
nazionale. Tali modalit� non possono essere meno favorevoli all'interessato 
di quelle che si applicano dinnanzi ad altre analoghe autorit� nazionali. 
(omissis) 
Per motivi di sicurezza dello Stato, dovrebbe in linea di massima, essere 
consentito celare all'interessato H nominativo di un informatore deJila polizia, 
mentre da rilevanza di un documento impugnato per falso, finch� sulda falsit� 
non si sia pronunciato H giudice competente, � rimessa alila regolamentazione 
di ogni singolo 'Stato (quesito B-14). 

Per il quesito B -15 valgono le considerazioni svolte per i precedenti quesiti 
B-12 e B. (omissis) (OSCAR FIUMARA). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
�U�� Q'{.1E~Tl()~l .DI GIURISDIZIONE 



eoa:tE DI C~$8t\ZlONS/Se�i Vrt/13\ Ju~fo 1981, n. 4549 -Pres. Rossi; 

.������������������~f�~~fu~;ctf;~~!if~1~?h~�~k�:-nfd~u~~~~a~~:~)n~~~i~is~;;;i~:~~ 


� � fi):l~tlz~(~vv.. Stato (?~ytito)� 

/ /.. �tlf~~Ue �t~e � ~l~o~ �rd~~: e awfuinistrativa � Cont~ 
� ll�rSta telatiy~ a!lta~rl�mlento dei .presupposti per l'attribuzione 
~e]Ie. ~tra!e. sost.f~uttY:e di �~ 'rt. 7 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 638 � Giu� 
�����~~ne.��4e����~e~.�911(,l~a.rJ.,. 

��������������������La������c~ntro;er~i~ i~;oit4����tt;.... l'1ntf{....focat~�ᥥe..�.lo Stato, quando si con. 
testi t<,i. legittimit� deU'oQerato d,i. quest'ultimo in sede di accertamento 
de.i presupposti . necessari per la � attribuzione di somme � secondo 

quanto dispostodmztqrt. 7. del l)'.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, appartiene 
a.JJti cog,nizione d~t$iudJCe .qrdifUit;io .qualtfnque .sia ... l'oggetto della do.
fftiliUhii ��. d?vend6si ll1! :�gturisdii.�one.� ilffermar� sulla base del criterio del 
petitum ~o;ftanziale Jt)'. � � 

J: .--Con l':istapi� di regolamento, la ricorrente Azienda Autonoma di 
Soggiorno�� e Tl.ltismh .di ,Ascoli � Piceno prospetta la tesi della competenza 
giurisdizionale del 'rril:>unale Amministrativo Regionale, sul rilievo che 
il soggetto � attributario � indfoato dall'art. 7 del D.P.R. 26 ottobre 1976 
n. 638. si troverebbe, nell� fase procedhnentale � anteriore alla effettiva 
liMd.ta del credit<> �, verso lo Stato; .�in posiiione di � interesse legittitho 
�. �� �� �� � �. �. ��� � 

� Pei contrastare l'assl.l'lit<:> d~1h\mministrazione Finanziaria (somma:
ciam&::tte sv!Jil~() gavfu1ti a~ 1'.A.R. delle Marche), secondo :cui il soggetto 


(1) ~. t1;1Jta'Via, opportuno til'eVare .che se la presenza di elementi discrezional!
i ne1l/attiv.tt� ammindstrativa � vate senz'altro a negare il�a sussistenza di 
un dll�tto soggettivo tutelabile clinanzi l'�.g.o, il carattere vincolato deill'aittiv.
iiJ:� medesima non � sufficiente per . affermare la sussistenza de1 diritto soggettivo, 
ogni quail.volta la norma che disciplina tale attivit� ti.sulti essere non Ullla 
inorm.a d� reliazione, m� una norma di � azione, che costituisce a carico deLlia 

p.a. doveri giuridici ad: quali non corrisponde alcun diritto a favore dei terzi: 
cfr. sez. Un. 1'1 apriile 1%4, n. 894; Giust. Civ. 1964, l, �1825 e Sez. Un. 25 maggio 
1979, n. 3018, ivi, 1979, l, 658. 
--. ---r 




-


698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

predetto sarebbe titolare di un vero e proprio diritto soggettivo, la 
ricorrente articola l'istanza nelle seguenti proposizioni: 

a) per affermare la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria 
.non � sufficiente negare l'esistenza di un potere discrezl.onale, occorrendo 
ancora esaminare se sia legittimo l'operato della Pubblica Amministrazione; 


b) neppure ci si pu� �Jiimitare 1aHa sola .constatazione che Jia norma 
legittimante l'intervento della P.A. sia � norma di relazione �, poich� � non 
� detto che le norme di azione sono disposizioni che incidono nei rapporti 
giuridici inter-relazionari, mentre non � detto che sempre le norme 
di relazione implichino questioni di diritti soggettivi�; 

c) fa denunciata violazione dell'art. 7 del D.P.R. 26 ottobre 1972 

n. -638 attiene alla fase procedimentale della liquidazione del � contributo
�, rispetto alla quale l'Azienda pu� vantare solo un interesse legit� 
timo; 
d) la giurisdizione dell'A.G.O. sussiste solo quando vi sia �carenza 
di potere� delJ.a P.A.; mentre rientra nella cognizione del potere ammiindstrativo 
l'annUlllamento del provvedimento amministrativo, allorch� (come 
nella specie) viene richiesto. 

A sua volta, l'Amministrazione Finanziaria, nel resistere a tale prospettazione, 
abbandona .la tesi dell'esistenza di un diritto soggettivo (del 
soggetto � attributario �), accennata davanti al T.A.R. e propone, in via 
gradata, due tesi: 

a) la prima, proposta in via principale, nega ogni possibile difesa 
�giurisdizionale� all'interesse dell'Ente, nella fase �anteriore alla nascita 
del credito�. 

Dalla norma in questione nascerebbe, nell'Ente, solo un interesse 
semplice, poich� si tratterebbe di norma di organizzazione della .finanza 
pubblica, diretta unicamente a realizzare l'interesse generale a un'equa 
ridistribuzione della ricchezza nazionale fra tutti gli Enti locali. Essa, 
pertanto, lungi dal regolare un rapporto fra Stato ed Ente locale, agirebbe 
unicamente in modo unilaterale solo sulla Pubblica Amministrazione 
statale, creando limitazioni e doveri cui non corrisponderebbero n� inte� 
ressi legittimi, n� diritti soggettivi in altri soggetti. 

b) La seconda tesi, proposta in via subordinata, 1'.lipiega �su:1l'assunto 
dell'interesse legittimo, ma seguendo una costruzione che si assume 
diversa da quella prospettata dall'Azienda. 

Prendendo le mosse dall'istituto giuridico dell'obbligazione di diritto 
pubblico, la resistente distingue fra norme che ricollegano la nascita di 
detta obbligazione a situazioni regolate , da un apprezzamento discrezionale 
dell'Amministrazione (cui non possono fare riscontro altro che 
interessi legittimi) e norme che ricollegano il sorgere dell'obbligazione 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

predetta a situ..izioni analiticamente descritte, ossia tassativamente disciplinate 
(cui possono far riscontro sia interessi legittimi che diritti soggettivi). 
In base a tale premessa, sostiene che, nella fattispecie esaminata,. 
l'attivit� della P.A. statale sarebbe vincolata al solo interesse .pubblic0> 
(come dovrebbe desumersi dal rilievo della �direzione delle norme�): si 
sarebbe, perci�, in presenza di una �attivit� vincolata�, regolata, per�, 
da norme di azione. La posizione soggettiva dell'Ente � attributario �, 
perci�, non sarebbe altro che di interesse legittimo. 

2. -Osserva Ja Corte che nessuna delle tesi prospettate in questa 
sede dalle parti pu� essere condivisa, mentre appare rispondente alla 
realt� giuridica quella appena accennata, davanti al T.A.R., �dall'Amministrazione 
statale, secondo cui la competenza giurisdizionale appartiene al 
giudice ordinario (tenuto conto del petitum sostanziale), essendo il rapporto 
caratterizzato da posizioni di diritto soggettivo. 
Delle tesi esposte in questa sede, la meno fondata, sicuramente, � 
quella che vede, nella disposizione regolatrice della materia in esame, una 
semplice norma �di azione�, volta unicamente all'organizzazione della 
finanza pubblica, il cui scopo precipuo sarebbe il garantire l'esercizio, 
da parte degli enti locali, delle funzioni e dei servizi pubblici di loro 
competenza in favore delle collettivit� da essi amministrate. Da tale 
norma -secondo l'assunto -nascerebbe in capo all'Amministrazione 
statale non gi� un'obbligazione. (pubblica), bens� un semplice obbligo 
(rectius: potere-dovere) cui, per definizione, non farebbero riscontro, in 
capo all'altro soggetto, posizioni di interesse giurisdizionalmente tutelabile. 


Una siffatta impostazi011e, invero, non potrebbe ritenersi senz'altro 
ed in ogni caso giustificata neppure se fosse del tutto discrezionale 
l'attivit� statale di �attribuzione� (dehle somme) agli enti locali, giacch� 
anche rispetto all'attivit� discrezionale della Pubblica Amministrazione 
sono configurabili interessi legittimi (qualora si lamentino incompetenza, 
o vizi formali, o eccesso di potere, nella sue varie forme). � certo, 
per�, che quando l'attivit� predetta, lungi dall'essere discrezionale, sia 
interamente vincolata dalla legge, il � privato � che sia destinatario e 
beneficiario deLla attivit� 1stessa versa sicuramente in ;posi:zJione o di 
interesse legittimo o di diritto soggettivo, non gi� in posizione di interesse 
semplice, o di mero fatto. 

Ora, per�, sostenere che sia discrezionale la predetta attivit� di 
� attribuzione� rivelerebbe, anzitutto, una non approfondita analisi della 
molteplicit� dei rapporti e delle situazioni soggettive dell'ente locale nei 
riguardi delle attribuzioni della autorit� amministrativa statale, divenuta 
particolarmente attuale dopo la riforma tributaria che ha, in certo senso, 
istituzionalizzato il concorso degli organi statali nella realizzazione delle 
entrate degli enti locali. La particolarit� della fattispecie in esame, invero, 


700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sarebbe risultata sicuramente pi� delineata nei �suoi contorni se si fosse, 
previamente, operata un'analisi delle varie fattispecie individuabili attraverso 
l'esame della complessa normativa: dalla comparazione di esse, 
infatti, sarebbe risultata pi� chiara la relativit� delle posizioni giuridiche 
soggettive e, quindi, pi� delineato il profilo del rapporto intercorrente 
fra l'ente locale che chiede l'attribuzione della somma e l'Amministrazione 
statale che accerta i presupposti dell'attribuzione. 

Nell'ambito delle entrate che gli enti locali realizzano con il concorso 
dell'Amministrazione statale � stata, opportunamente, operata la distinzione 
fra entrate autonotne (entrate, cio�, che pervengono all'ente locale 
direttamente da una� generalit� di �Ofttirlbli.l:enti, anche se vi � ila partecipazione 
dello Stato all'attivit� di accertamento dei presupposti di fatto 
dell'iimposizione) ed entrate non autonome (entrate, cio�, che pervengono, 
all'ente locale, dallo Stato e non gi� da una generalit� di contribuenti). 

Nelle categorie delle entrate autonome rientrano i � tributi locali � 
e le �addizionali locali a tributi statali�; e non v'� dubbio che, in relazione 
ad esse, l'ente locale versi in posizione di diritto soggettivo, posto 
che l'attivit� di attribuzione � sicuramente vincolata e che il vincolo 
deriva da l.ina norma ( � di relazione �) che prende in specifica e diretta 
considerazione l'interesse di un soggetto determinato (cio�, in concreto, 
del singolo ente locale), anche se ci� avviene, pur sempre, in funzione 
di Un pubblico interesse generale. Tale affermazione, del resto, gi� si 
rinviene nella giurisprudenza di questa Corte Suprema (Sez. Un. 8 luglio 
1972 n~ 2286, 26 ottobre 1959 n. 3110 e 27 febbraio 1942 n. 582), con riferimento 
all'imposta comunale sulle industrie, i commerci, le arti e le 
professioni (ICAP), ora soppres.sa, la quale rappresentava, appunto, 
l'esempio tipico di entrata che perveniva all'ente locale direttamente da 
una generalit� di contribuenti, pur con la partecipazione dello Stato 
all'attivit� di accertamento dei presupposti dell'imposizione. Nella categoriia 
del:le entrate non .autonome rientrano, invece, le � imposte stata:li 
attribuite agli enti locali� (di cui sono tipico esempio, nella legislazione 
vigente, l'I.N.V.I.M. e rLL.O.R.), le �compartecipazioni� (di cui, nella 
passata legisla7Jione, era tipico esempio la compairtecipazione focale al 
gettito dell'l.G.E.) e i �contributi� (fra i quali va ricompresa l'attribuzione 
di cui Occorre occuparsi). 

Nell'ambito di tale . seconda categoria, le posizioni soggettive sono, � 

skuramente, differenziate, a causa della molteplicit� delle fattispecie; e 

non v'� dubbio che da una pur limitata comparazione di esse potr� 

risultare pi� evidente il diverso atteggiarsi della posizione soggettiva 

dell'ente locale, in rapporto alla natura e alla peculiarit� delle norme che 

disciplinano l'attivit� che l'Amministrazione statale deve, di volta in 

volta, esplicare. Va, per�, subito chiarito -anche perch� la questione � 

stata dibattuta dalle parti -che una volta emesso, dall'Amministrazione 

statale, il provvedimento di attribuzione (della somma), � incontestabile 

�.-:_:::: ___._._. ?:::::-~ ...-. ---==--~�%.... fil.. :-:.


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li'AA'i'a '.r; SEZ; 1II, (!lUlt:IS� SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

resistenza, i�: capo al soggetto attdbutario, di un vero e proprio diritto 
dLcredito1 dotato dei caratteri della certezza e dell'esigibilit�: ci�, del 
resto,: :� ammesso�. <:talla stessa Afll:ministraziol:le resistente, anche quando 
sostiene che, nella.fa$e antceriore .��a111enfal1!1Zi�11e d!;ll provvedimento, la 
p~i1;iAA~��:��sogget~iy.<:t����li~lt'ente..�.�199ale:�ᥥ�sare})\)~�ᥥ.'cti�����~nteresse� semplice. Il 
:th:()kl~~ ila. ris()N~J:<~, ~er�,� qu~ll-0; 4elli ili<.iiv�ditllZione della posizione 

�.�.�:.�ii##~~���~c>gg~t~W~�.ti~Ua.��f~st\\!���~1;1tet.'ii:lr.e>.���amemanazione���predetta, proprio 
_t5~f�.ll~( *~l �~$J:> $ottoposil:) A�l'�s;.Un.e di�.� questa Corte, la .controversia . ~ti s(}�ffiift&# #fbrifuent& *1fa fase proeedimentale cui doveva far seguito, 
app1.l.�lt9t � refuanl;\zione c!eLprovvedimento di � attribuzione �. 
9911. tifer@jjll�,t<f ~li� categoria di entrate non autonome � sufficiente, 
.Caj:n#ll,q.�:,; occuparsi dei soli ((contributi�, e neppure dell'intera sottocategor�a, 
ma solo di quel particolare contributo che ha la funzione di 
.�.\Ssk..:rare all'ente locale, mediante la �attribuzione� di una somma, 
AA'<i);tttata 1>atj.<a quella che,. prima della riforma tributaria, si verificava 
se:># ~~ ns�c:)�~~�ne i;tf.Jtetenninati. proventi tributari; nonch� di quello 
. ((;c)ii).ij(;l#~to, apptintc), come elemento di comparazione) che ha la specifica 
;f.~i()xl,e cii.� at:1:�fare, mediant~ 1Ult:l ~ ~l"CJgaziglle �.di somme, il risanamento 
4�Fl#J,.a,ll,qi~ <�>s�qrr~�. ~~f9!~>, grendere s);>��+~C:affi~nte.�.in esame la norma 
�<:n1(e,#.t?, ##l'a;J:t. 1 c.l~l c.ll@teto n. 638 �deJ)97,Z (C()ll, riferimento alla 
qij@:e� e scrrta. l� cc)#tr9Y:�J:s$~) '". quelle con1:etill:i� ne[d.tajJ:eto n. 651 del 
:t9?Z (che .. d~s(:iplii'lll.n6, li~}il.�ilt(1~ l'attivit�. sfii@:� df)<#rc)gazione � di 
s�iit1lle. 4~.st�A~tea ds~~itl~tjt() 4�i b.ilanci����c.lf d~~�nnillitF enti locali). 
��.�ᥥ (Ji:a,, J;>�r <lija,vtp ~tti~lle atte ~,�fogaziorir~ Va, 1;>6sfo i# rilievo� che te 
p()tjtle ~~olat#9~. 4~lll.i *1a#ria (e particol~riliente; ~H aft;ii;:91i 1, 2, 3, 4 
~ $ del .'.~�~� ~~ c)tfol)J:� .t?12 n'..� ~51) aftrii?\l~scc)I1() all'~l1lirlisfrazione 
st~~le tlll �. p()t�re di$cr�zi91l~e et( ititehr~t(), �ssendo. all'�ppc)sito Comitato
� �(istituito presso il� Ministero d:�de �. 'Fi.tlll.nze, Dfrezione ����generale per 
la finap,za, locale) !:leW.li,l,rnia,to (art. 5) di dete,rminare �i �riteri di massima 
da s~i'e peJ: l� vaJiti2:i()i1e . delle doll�.a�e. 1:eJ:len4cf�#cbe (;()l)t(} della 
i1:foUt�~za�.. che����~t��� rtsll.n~�hfo�����4ei�����1'111l.n~i�����p~tr���ᥥaveie����su~li �..��ihc�lrlzzi di 
��#(>~i~i�a����econ9niica~fr . i;\c)~tri#a. cpe,s'�. Ckcupata c1e~r#rgoajento, del 
re#o,, llOil ha nepptire. posfo in cltiboio che la posizione <tegli enti locali 
<f~l;)rfo.tzji A l~ pf9V:iti6�j ~iali# q.�s~<) 9~(), di int~res~�S~1llI>lice, avendo 
�1a.u<>����foVa,���a..pptmt&,����sm.�����fon��t~6����di��.�ttfs~r�ifoI1alit�����~ll1itiisfrativa, e, 
corretativiI1l~.(~,����sw1'~sseaitt����cit�ᥥ \lii � i<�f~Ji)~c;>Ji6,���.s111~1d.i�9 >~� ita���l'Al1ln�ni� 
strazfone� statale e� Ij�llte locale, �ifr relazforie al �quate (ra]:>PQ.Ho,Y possa 
<:onfigurarsi una. situazione giuridica sostanziale e.li tale �rite~ in assenza 
di tale rapp()rto, quindi, 11impossibilit���di �I1 intervento della giurisdi


zione rende ,evidente la presenza di interessi che necessariamente debbono 
essere considerati come interessi di fatto. 

Del tutto diversa, invece, � la posizione giuridica degli enti locali 
cui .devono essere attribuite somme sostitutive di entrate tributarie 
soppresse: in questo caso, invero, non si riesce a scorgere alcun margine 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

di discrezionalit� amministrativa o tecnica nell'attivit� dell'Amministrazione 
statale, la quale ultima deve solo verificare l'es~stenza del presupposto 
di fatto dell'attribuzione. Stabilisce, invero, l'art. 7 del D.P.R. 
26 ottobre 1972, n. 638 (che � la norma regolatrice della fattispecie in 
esame, emessa, peraltro, in piena conformit� al disposto della legge 
delegante, ossia dell'art. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, concernente 
la � Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria
�) che �per il biennio 1974-75 sono attribuite annualmente alle aziende 
autonome di soggiorno, cura e turismo, somme di importo pari alle 
entrate riscosse nell'anno 1973, per i seguenti tributi: 

a) contributo speciale di cura; 
b) contribuzioni sui pubblici spettacoli; 
c) tassa di musica (il secondo comma, poi, regola l'entit� delle 


attribuzioni per il biennio successivo). 

Ora, non pare dubbio che, in questo caso, l'attivit� dell'Amministrazione 
statale sia da considerare �vincolata�; in virt� della norma predetta, 
infatti, all'Amministrazione statale non � concesso alcun margine 
di discrezionalit� nell'attribuzione delle somme sostitutive delle entrate 
tributarie soppresse, non essendole consentito di valutare l'opportunit� 
della concessione del � contributo � o di determinare il quantum di esso. 
L'Amministrazione statale �, al contrario, tenuta a uniformarsi a una 
regola rigida e inderogabile che impone, unicamente, di adeguare l'azione 
a una situazione analitic�mente descritta, ossia tassativament� c�sciplinata. 
L'Amministrazione statale, infatti, deve solo accertare che l'ente 
locale abbia, nel biennio considerato, riscosso determinate entrate tributarie 
e, quindi, procedere, con l'emanazione di un apposito atto amministrativo, 
all'attribuzione �di somme di pari entit�. 

La fase procedimentale da prendere in considerazione, ai .fini della 
determinazione della giurisdizione, quando sia sorta controversia sulla 
legittimit� dell'attivit� svolta dall'Amministrazione statale, � perci� da 
individuare nella attivit� di accertamento della quale si � detto. Ed � 
ovvio che la risoluzione del problema dovr� trovare sbocco nell'individuazione 
della, posizione soggettiva in cui versa l'ente locale in quel particolare 
momento. 

In ogni caso, ai fini di escludere che nella fattispecie di cui si discute 
si sia in presenza di un interesse semplice, o di mero fatto, � senz'altro 
decisiva la considerazione che i soggetti (gli enti locali) contemplati dalla 
norma come beneficiari (o comunque destinataa-i) dell'attivit� ammiruistrativa 
si trovano in una posizione qualificata e differenziata, in quanto 
portatori di interessi che �si inquadrano nella sfera di applicazione della 
norma. Essi, quindi, sono comunque coinvolti nella attivit� della Pubblica 
Amministrazione; e, in ci�, sta il dato caratteristico dell'interesse legit



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

timo. Si tratter�, poi, di stabilire, tenuto conto della � ratio � e della 
�direzione� della norma stessa, se i detti interessi assumano, o meno, 
la consistenza di veri e propri diritti soggettivi. 

3. -Pur nell'intento di sostenere la tesi della sussistente giurisdizione 
del giudice amministrativo, la ricorrente ha, peraltro, qualificato �norma 
di relazione � quella di cui si tratta; ma ci� � dipeso soprattutto da un 
improprio riferimento alla portata delle formule � norma di azione � e 
� norma di relazione � e della distinzione tra questi due tipi di norma, 
elaborata dall'orientamento tradizionale della dottrina e della giurisprudenza 
quale criterio per stabilire, nei singoli casi, se si sia in presenza 
di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo; ma, nella sostanza, 
l'argomentazione della ricorrente si riferisce in definitiva a quel tipo di 
norme che, secondo la terminologia tradizionale, sono definite � di azione
�, in quanto dettate essenzialmente a tutela dell'interesse pubblico. 
Inconferente, poi, � il richiamo fatto dalla ricorrente alla distinzione 
tra �carenza di potere� e �illegittimo esercizio del potere�, giacch� tale 
distinzione vale, ai fini della discriminazione della giurisdizione, rispetto 
all'attivit� discrezionale destinata a incidere su diritti soggettivi, in guisa 
da degradarli a diritti affievoliti. E questa, com'� evidente, � una fattispecie 
del tutto diversa da quella in esame. 

Infondato, infine, � l'assunto della sussistente giurisdizione del giudice 
amministrativo incentrato sul rilievo che il petitum concerneva l'annullamento 
del provvedimento portato alla cognizione del T.A.R. 

Tale tesi, infatti, sembra non tener conto che, per costante giurispru~ 
<lenza, la giurisdizione va determinata in base al criterio del petitum 
sostanziale secondo cui, in piena aderenza al fondamentale precetto contenuto 
. nell'art. 2 della legge abolitiva del contenzioso, il criterio determinativo 
fra la competenza giurisdizionale del giudice ordinario e quella 
del giudice amministrativo va individuato nella causa petendi (diritto 
soggettivo o interesse legittimo), mentre il petitum viene in considerazione 
solo in relazione alla determinazione dei poteri che, nella sfera della 
propria rispettiva competenza, sono attribuiti a ciascun giudice. 

4. -Sostanzialmente aderente all'impostazione tradizionale, nelle 
sue linee generali, �, invece, la tesi subordinata prospettata dall'Ammi� 
nistrazione Finanziaria, perch� basata sul concetto che occorre dar 
rilievo, sempre ai fini della discriminazione della giurisdizione, alla �direzione 
deHe norme vincolanti �. Laddove, per�, tale tesi appare d[Jaocettabile, 
� quando conclude che nella specie si tratterebbe di � norme di 
azione �, poich� le stesse avrebbero di mira solo l'interesse pubblico 
generale (assetto della finanza pubblica). . 
Secondo l'orientamento tradizionale, � norma di relazione quella che 
prende in specifica e diretta considerazione l'interesse in un altro soggetto 
determinato, anche se ci� avviene pur sempre in funzione di un 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

704 

interesse pubblico: in questa ipotesi, l'interesse contemplato �, senz'altro, 
un diritto soggettivo (proprio perch� l'interesse predetto � direttamente 
considerato dalla norma), per cui la giurisdizione in ordine alla controversia 
su di esso insorta appartiene necessariamente al giudice ordinario. 

Norma di azione, �, invece, quella che tutela in modo diretto e 
specifico l'interesse pubblico che fa capo alla Pubblica Amministrazione~ 
agente, anche se l'interesse � privato � ne risulti, in modo indiretto od 
occasionale, tutelato. � cio� quella che vincola, in qualche modo, l'attivit� 
della Pubblica Amministrazione in funzione del solo pubblico interesse: 
in questa ipotesi, la posizione del � privato�, cui giovi l'osservanza 
della norma, � configurabile come interesse legittimo, e la tutela di esso, 
da parte del giudice amministrativo, trova la sua ratio nel fatto che il 
comportamento della Pubblica Ammmistra21ione, regolato da:1la norma 
predetta (di azione), incide o, comunque, si riflette sulla sfera giuridica 
di altl'i soggetti, dando luogo, eventualmente, a rapporti giuridici con i 
medesimi. 

� chiaro, quindi, che secondo l'impostazione tradizionale la distinzione 
predetta (tra norme di azione e norme di relazione) ha ragion 
d'essere proprio in correlazione a quella tra diritto soggettivo e interesse 
legittimo, nel senso che se la norma, per la specifica direzione, � di 
relazione, si � in presenza di un diritto soggettivo; mentre, se � di azione, 
perch� essenzialmente ed esclusivamente dettata in contemplazione di 
un interesse pubblico, l'interesse � privato � che si giovi dell'osservanza 
di essa �, invece, interesse legittimo. E non v'� dubbio che questo criterio 
si rivela il pi� sicuro e puntuale, ai fini dell'individuazione delle posizioni 
giuridiche soggettive o della conseguente discriminazione della giurisdizione. 


Applicando, quindi, tale criterio al caso di specie, appare evidente 
che la norma in esame � norma di relazione, perch�, se pare dettata in 
funzione di un interesse pubblico mirante ad assicurare le entrate finanziarie 
agli enti �locali, prende sicuramente in diretta e specifica considerazione 
l'interesse di ciascun ente locale a vedersi assegnata un'entrata 
pari, per entit�, a quella che, nel biennio considerato, aveva conseguito 
in virt� di specifiche entrate di natura tributaria. Ed � chiaro, perci�, 
che l'ente locale si trova -anche nella fase procedimentale in esame in 
posizione di diritto soggettivo. 

Contro tale possibile conclusione � stato obiettato, in sede dottrinale, 
che non potrebbe ravvisarsi una posizione di diritto soggettivo, 
nella fase procedimentale �anteriore alla nascita del credito� (rectius: 
nella fase anteriore all'emanazione del provvedimento amministrativo di 
attribuzione), sia perch� non sarebbe configurabile, in quanto non pre� 
vista dalla legge, una tutela giurisdizionale (nei riguardi dell'azione amministrativa, 
in ogni momento direttamente e positivamente regolata dalla 
legge) della mera �aspettativa del credito�, sia perch� neppure sarebbe 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 705 

configurabile � un diritto ,soggettivo pubblico anteriore al sorgere del 
credito�. 

Una siffatta obiezione, per�, resta agevolmente superata dalla ovvia 
considerazione che H credito nasce col verificarsi dei presupposti di 
fatto e di diritto previsti dalla legge per l'emanazione del provvedimento 
amministrativo di attribuzione, non gi� in virt� dell'emanazione predetta. 
Non esiste, cio�, iri relazione alla richiamata � fase procedimentale � una 
posizione di mera aspettativa del di:fitto, perch� il diritto soggettivo di 
cui l'ente � titolare, allorch� richiede all'ufficio finanziario l'attribuzione 
della somma, � proprio il diritto di credito: il provvedimento amministrativo 
di attribuzione, infatti, ha mero carattere dichiarativo o ricognitivo, 
nel senso che svolge l'esclusiva funzione di attribuire al credito i 
caratteri della certezza e della liquidit�. 

In definitiva, posto che -in aderenza ai suesposti criteri -il 
problema deve essere pur sempre irisolto tenendo conto della � ;ratio � 
e della � direzione � della norma che vincola l'attivit� della Pubblica 
Amministrazione, la conclusione cui perviene in questa sede anche la 
difesa della resistente � senza dubbio infondata, giacch� -come gi� 
accennato -si deve escludere che la � direzione � della norma in esame 
sia orientata verso l'esclusivo interesse pubblico. � invero, pi� rispondente 
alla realt� giuridica ritenere che proprio la �direzione della norma� 
(nel significato pi� volte ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte 
Suprema: sent. 12 dicembre 1973 n. 3377; 19 maggio 1967 n. 1076; 19 settembre 
1967 n. 2183; 11 aprile 1958 n. 1190) induce alla considerazione che 
l'interesse primario tenuto di mira (anche se ci� avviene, pur sempre, 
in funzione dell'interesse pubblico) � proprio quello del soggetto beneficiario 
della norma stessa, ossia dell'ente locale attributario. 

La logica conseguenza di ci� � che la controversia insorta tra l'ente 
locale e lo Stato, quando si contesti la legittimit� dell'operato di questo 
ultimo, in sede di accertamento dei presupposti necessari per la � attribuzione 
di somme� prevista dall'art. 7 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 638, 
appartiene alla cognizione del giudice ordinario, qualunque sia l'oggetto 
della domanda (dovendo la giurisdizione -come si � detto -essere 
affermata col criterio del petitum sostanziale). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 marzo 1982, n. 1672 -Pres. Berri -
Rel. Sandulli -P. M. Silocchi -Regione Lombardia (avv. Stato Conti) 

c. Dolci (avv. Paoletti). 
Avvocatura dello Stato -Regioni a statuto ordinario -Patrocinio della 
Avvocatura -Regimi processuali previsti dall'art. 107 d.P.R. n. 616 
del 1977 e dall'art. 10 della legge n. 103 del 1979 -Diversit� di disciplina 
-Incompatibilit� -Esclusione -Indipendenza funzionale della 
Avvocatura nei rapporti istituzionali fra le Amministrazioni statali e 
regionali a garanzia dell'unit� dell'ordinamento giuridico. 


706 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Avvocatura dello Stato -Patrocinio degli enti pubblici non statali -Deliberazione 
-Atto interno -Esistenza del mandato -Contestazione � Inammissibilit�. 


Giurisdizione civile -Agevolazioni tributarie -Previo accertamento di 
presupposti � di fatto tassativamente prescritti dalla legge � Posizione 
di coltivatore diretto � Accertamento � Esclusione di autonomia e di 
valutazione discrezionale -Illegittimit� -Giurisdizione ordinaria. 

L'art. 107 del D.P.R. n. 616 del 1977 si limita ad includere le Regioni 
a statuto ordinario fra gli enti dei quali l'Avvocatura dello Stato pu� 
assumere la rappresentanza e la difesa secondo il regime di cui agli 
artt. 43, 45 e 47 del t.u. n. 1611 del 1933, mentre l'art. 10 della legge �n. 103 
del 1979 prevede un particolare procedimento attraverso il quale le 
Regioni a statuto ordinario (uniche fra tutti gli enti pubblici) possono 
ottenere l'applicazione dell'intero regime processuale speciale di assistenza 
legale valevole ex lege per le Amministrazioni dello Stato: pi� precisamente, 
l'art. 107 inquadra il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato alle 
Regioni a Statuto ordinario nell'ambito del regime delle Amministrazioni 
non statali, non comportante deroghe alla disciplina ordinaria del 
processo; l'art. 10 completa, invece, il sistema processuale nel senso che 

�il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, attribuito alle stesse Regioni, 
deve essere inquadrato (in virt� delle deliberazioni prese, in necessario ed 
auspicabile gradualismo, dalle Amministrazioni regionali) nell'ambito del 
regime proprio delle Amministrazioni statali, con la conseguenza che 
tale art. 10 non provvede all'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario 
dell'assistenza legale e del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (gi� 
disposta dall'art. 107), ma estende alle stesse la normativa che disciplina 
i rapporti fra le amministrazioni statali e -l'Avvocatura, nonch� la posizione 
dello Stato in giudizio, in quanto � le funzioni dell'Avvocatura dello 
Stato nei riguardi dell'amministrazione statale �, alle quali fa riferimento 
il primo comma, non si esauriscono nello jus postulandi nei confronti 
dei terzi, ma comprendono tutti i vincoli istituzionali che individuano la 
reciproca posizione delle Amministrazioni e dell'organo legale dello Stato; 
onde lo jus postulandi, gi� attribuito dall'art. 107, � semplicemente presupposto 
dell'art. 10, che ne prevede l'inquadramento in una diversa e 
ben caratterizzata configurazione di rapporti istituzionali (1). 

(1) L'Avvocatura dello Stato ed il patrocinio legale delle regioni a statuto 
ordinario. Com'� noto, a norma dell'art. 10 della legge 3 aprile 1979, n. 103, 
�le funzioni deH'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'Amministrazione statale 
sono estese aiHe Regioni a statuto ordiinario che decidano di avvalersene 
con deliberazione del consiglio regionale da :pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale 
deHa Repubblica e nel Bollettino Ufficiale della !Regione�. L'adozione della 
del.ibera prevista da questa norma comporta tre rilevanti conseguenze: la tutela 
I 


l 

I 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 707 

La deliberazione, mediante la quale gli enti pubblici non statali decidono 
di affidare all'Avvocatura dello Stato il patrocinio, non pu� assumere 
che valore di atto interno, esimente dalla esteriorizzazione mediante 
conferimento di un formale mandato, e deve perci� escludersi che la contestazione 
dell'esistenza del mandato per mancanza di una specifica deliberazione 
sia consentita ai terzi, in quanto l'art. 45, per il richiamo (in 
esso contenuto) all'art. l, comma 2, del t.u. n. 1611 del 1933, esclude che 
l'Avvocatura dello Stato abbia bisogno di mandato (2). 

Qualora si disputi intorno ad un concreto rapporto tributario, insorto 
a seguito della stipulazione e registrazione di un atto di compravendita 
di un fondo rustico, e sia demandato all'autorit� amministrativa (oggi 
regionale) di procedere, senza alcuna valutazione discrezionale, all'accertamento 
dei presupposti obiettivi tassativamente prescritti dalla legge per 
l'attribuzione delle agevolazioni -in ordine all'eventuale illegittimit� dell'atto 
di accertamento non pu� ipotizzarsi, stante la mancanza di autonomia 
di esso, altra lesione che quella del diritto soggettivo del contribuente 
a corrispondere il tributo nella misura ridotta. Di conseguenza, 
qualora si disputi esclusivamente sulla misura dell'imposta dovuta, deve 
escludersi la configurabilit� di una pluralit� di posizioni giuridiche tutelate, 
non potendo individuarsi, oltre il diritto di non pagare pi� del 
dovuto per legge, altro interesse giuridico del contribuente (3). 

In via pregiudiziale, .vanno esaminati i profili di inammissibilit� del 
ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, delineati dal resistente, 
il quale -negando la vigenza della norma dell'art. 107, comma 3, 
del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, in base alla quale la rappresentanza e la 

legale degli interessi della Regione yiene assunta dall'Avvocatura quale compito 
istituzionale e permanente, salva la fiacolt� dehla Regione di avvalersi di 
avvocati de1 libero .Foro �in particolari oasi e con .provvedimento motivato � 
(art. J.O, 5� comma); .si applicano anche nei confron1li del!l!'Amministrazione regionale 
le disposizioni processuali speciali valevoli per le Amministrazioni dello 
Stato (art. 10, 20 comma); l'Avvocatura, infine, .pu� assumere iJl: patrocinio anche 
dei comuni, delle prOVlince, dei consorzi e deglii altri enti per le controversie 
relative alle funzioni delegate o sub-delegate dalla Regione (art. 10, 6<> comma). 

L'entrata in vigore di questa nuova disciplina fece, a suo tempo, sorgere il 
problema se, in virt� di essa, dovesse considerarsi abrogato l'art. 107, terzo 
comma, del d,PJR.. 24 luglio 1977, n. 616, che gi� attribuiva ahle Regioni la 
facolt� di avvalersi dli voltJa in volta, senza necessit� di una ;preventiva deli:bera 
di cal'attere genemle, del .patrocinio legale e della consulenza delll'Avvocatura. 
Dopo un primo contrario ovientamento rAvvocatura pervenne all'avviso che 
l'art. 107 del d.P.R. 616/77 non potesse considerarsi abrogato, perci� ritenne, 
mdirpendentemente dall'adozione della delibera di cui all'art. .10 della legge 
103/79, di poter continuare a prestare la propria consulenza legale e ad assumere 
il patrocinio nelle vertenze affidate nell'eseroi:z;io delle facolt� di cui all'art. '107.. 

Un'attenta considerazione della �ramo� del!l'art. 10 della legge 103/79 convince, 
infatti, che il legislatore non ha inteso regolare ex novo ed in maniera 



708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

difesa della Regione Lombardia sono state assunte dall'organo legale 
dello Stato, in q1,1anto la stessa sarebbe stata abrogata dall'art. 10 
della legge 3 aprile 1979 n. 103, e denunziando la mancanza di una specifica 
delibera e deLla procura speciale di conferimento detl'incanico deilla 
difesa -ha contestato lo jus postulandi dell'Avvocatura dello Stato e rilevando 
l'omessa notificazione a tutte le parti del giudizio di merito ha 
sostenuto l'inidoneit� del ricorso alla valida instaurazione della fase 
processuale incidentale di regolamento della giurisdizione. 

Le profilate eccezioni di inammissibilit� sono prive di fondamento. 

Secondo la tesi del �resistente, il ricorso per regolamento di giurisdizione 
sarebbe inammissibile: a) perch� -essendo state assunte la rappresentanza 
e la difesa della Regione Lombardia in questa sede (oltre 
che dinanzi al T.A.R.) dall'organo legale dello Stato ai sensi dell'art. 107, 
comma 3, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (in virt� del quale �le Regioni 
possono avvalersi del patrocinio legale e della consulenza dell'Avvocatura 
dello Stato�) ed essendo questa norma stata abrogata dall'art. 10 della 
legge 3 aprile 1979, n. 103 (il quale dispone che �le funzioni dell'Avvocatura 
dello Stato nei riguardi dell'Amministrazione statale sono estese alle 
Regioni a statuto ordinario che decidono di avvalersene con deliberazione 
del Consiglio regionale da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale e 
nel bollettino ufficiale della Regione�) -l'Avvocatura dello Stato sarebbe 
priva dello jus postulandi (per conto e nell'int.ei:ease della" Regione Lombardia); 
b) perch� -non essendo stata presa da parte della Regione 
Lombardia alcuna deliberazione circa la proposizione del ricorso e l'affidamento 
della difesa all'Avvocatura dello Stato e non essendo stata 

completa tutta la materia del patrocinio legale delle Regioni, ma ha voluto 
soltanto attribuire ad esse, in aggiunta alle facolt� di scelta gi� consentite 
da!lil'art. 107 del d;P.R. 616/77, t!'uiteriore e pi� ampio potere di rendere operativa 
Ja ~revista, compJeta estensione anche dn favore deM'istituzione regionale di 
tutto il complesso deLle nomne speciali. dettate per l'assistenza legale e ra difesa 
in giudizio de1lo Stato. Non pu� ravvisaTsi ail.cuna incompatibilit� fra questa 
attribuzione di una nuova facolt� (I�ll cU!i esercizio fa scattare, secondo ra previsione 
di legge, l'estensione di una discipddna legifilativa a!ltrimenti non apprdcabile 
alle Regioni) ed il permanere delie facolt� di ben di.versa portata e contenuto 
gi� precedentemente accordate alle Regioni. In assenza, perci�, di qualunque 
dichiarazione espressa del fogislatore, non pu� paruarsi, alla stregua 
dei principi fiissam dailll'art. 15 delJe � Disposizioni sulla legge dn generale�, di 
abrogazione dell'art. 107 del d.P .R. 616/n. 

Ci� � 'confermato anche dall'assenza di qualunque disciplina transitoria,. 

che, nell'j;potesi dd soppressione del regime dell'art. 107, si sarebbe resa eviden


temente necessaria per regolare Ja sorte delle numerose vertenze in corso nel:le 

quald rAvvocatura aveva gi� assunto iJ. patrocinio delle Regiond. 

Ma, soprattutto, va sottolineato che, cos� inteso, �l'aTt. 10 si adegua piena


mente alla particolarissima posizione che, ne1 nostro ordinamento, � attribuita 

aJJe Reglioni. Nel dettare una discip1ina speciale per il patrocinio delie Regiom,. 

diversa dahla disciplina generale valevoJe per gli altri enti pubbJ[ci (art. 43 del 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 709 

rilasciata a questa alcuna procura speciale -l'Avvocatura dello Stato 
sarebbe priva del mandato a proporre il ricorso; e) perch� -non essendo 
stato notificato ad alcuna delle parti del giUJdiizio di merito (Ispettorato 
provinciale dell'Agricoltura di Bergamo ed Assessorato per l'Agricoltura 
della Regione Lombardia) -non sarebbe idoneo alla valida instaurazione 
del giudizio di regolamento della giurisdizione. 

Il profilo, con cui sub a) si contesta lo jus postulandi dell'Avvocatura 
dello Stato, attiene al problema generale dell'assistenza legale e del patrocinio 
delle Regioni a statuto ordinario, che va esaminato nel pi� ampio 
quadro dell'attuazione e del funzionamento dell'ordinamento regionale. 

Trattasi di stabilire se l'art. 107, comma ~. del d.P.R. 24 luglio 1977, 

n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, 
n. 382, concernente norme sull'ordinamento regionale e sull'organizzazione 
della pubblica amministrazione) sia tuttora in vigore, o se, invece, 
non debba ritenersi abrogato dall'art. 10 della legge 3 aprile 1979, n. 103 
(modifiche de11'or.dim.iamento dell'Avvocatura dello Stato). 
L'ipotesi dell'abrogazione tacita dell'art. 107 -non essendo condivisibile 
la tesi dell'interferenza o dell'incompatibilit� fra le norme su 
citate -non pu� rappresentarsi come accettabile alternativa. 

� noto che -disponendo l'art. 10 della legge n. 103 del 1979 che �le 
funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'Amministrazione 
statal� sono estese alle Regioni a statuto ordbiario c:be decidono di avvalersene 
con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi nella 
Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino Ufficiale della Regione
� -all'emanazione di detta delibera consiliare (non ancora adot


t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, come modificato dall'art. 11 della legge 103/79), il 
legislatore si � evidentemente ispirato all'esigenza di garantire la foro piena 
autonomia. � logico e conseguente ritenere, perci�, che il:a libert� di scelta 
assicurata alle Regioni ;possa continuare ad esplkarsi in un completo arco cli 
possibilit�, che vanno dahl'affidamento del patrocinio di un affare isolato fino 
ailJ'instaurazione di un regime di coJlaborazione permanente fra Regione e 
Avvocatura in tutto il campo della consulenza legale e della difesa in giudizio. 
Avendo continuato quindi ad assicurare il patrocinio alle Regioni che ne 
facevano richiesta anche prima dell'adozione de1!la delibera di cui all'art. 10, 
i'Avvocatura ha avuto cura di soHecitare un definitivo chiarimento giurisprudenziale, 
che � ora intervenuto con la sentenza della Corte dd Cassazione (Sezioni 
Unite) del 15 marzo 1982, n. 1672. 

Con taile pronuncia �la Corte Suprema, dopo ampio e approfondito esame 
della questione, ha accolto in pieno Ja tesi sopra riassunta. Ha osservato, in 
particolare, che � l'art. 107 del d.P .R. n. 616 del 1977 e l'art. 10 della legge n. 103 
del 1979 si coJlocano su due piani diversi, sicch� fra le cennate due norme 
non � configurabile 1alcun rapporto di incompatibilit� che, a norma dell'art. 15 
delle dis;posizioni sulla fogge in generaile, possa dar luogo aili fenomeno dcl� 
l'abrogazione tacita�. Infatti, �potendo svolgersi il patrocinio dell'Avvocatura 
deiJ.ilo Stato neWambito di due regimi rprocessuali diversi (non comportante, il 
pJ1imo, deroghe alla disciplina ordinaJ1ia ed introducente, l'altro, disposizioni 



710 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

tata, nell'ipotesi di specie, dalla Regione Lombardia) conseguono le 
implicazioni: -che la tutela legale degli interessi della Regione � 
assunta dall'Avvocatura dello Stato quale compito istituzionale e permanente, 
salva soltanto la facolt� della Regione di avvalersi di avvocati del 
libero foro �in particolare casi e con provvedimento motivato� (art. 10, 
comma 5); -che si applicano anche nei confronti dell'Amministrazione 
regionale le disposizioni processuali speciali valevoli per le Amministrazioni 
dello Stato (cosiddetto foro dello Stato e regime delle notifiche: 
art. 10, comma 2); -e che la Avvocatura dello Stato pu� assumere il 
patrocinio anche dei Comuni, delle province, dei consorzi e degli altri 
enti in 011diine aille cont1roversie relative ail:le ~ioni delegate o 1subdelegate 
dalla Regione (art. 10, comma 6). 

In base all'attento esame della ratio di detta norma, deve, quindi, 
escludersi che la sua emanazione abbia comportato l'abrogazione dell'art. 
107, comma 3, del d.P.R. n. 616 del 1977, che gi� attribuiva alle 
Regioni la facolt� di avvalersi, senza necessit� di una preventiva determinazione 
di carattere generale, del patrocinio legale e della consulenza 
dell'Avvocatura dello Stato. 

Invero, il legislatore del 1979 non ha disciplinato ex novo ed in maniera 
completa tutta la materia del patrocinio delle Regioni a statuto ordinario, 
ma ha inteso soltanto attribuire ad esse, in aggiunta alle facolt� 
consentite dall'art. 107 del d.P.R. n. 616 del 1977, l'ulteriore e pi� ampio 
potere di rendere operativa in loro favore la estensione del complesso. 
delle norme speciali dettate per l'assistenza legale e la difesa in giudizio 
dello Stato. 

speciaili), va rilev-ato come, mentre l'art. .107, attribuendo il patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato alle Regioni a statuto ordinario, inquadra tale patrocinio 
neWambito del re~me deL!e Amministrazioni non statali, non comportante 
deroghe allia disciplina ordinaria de~ processo, l'art. 10 completa il sistema 
processuale nel senso che H patrocinio deLI'Avvocatura dello Stato, attribuito 
.aJ:re Regiorui a statuto ordinario, debba essere inquadrato (in virt� del:le deliberazioni 
prese, in necessario ed auspicabile gradualismo, dal�e Amministraziom 
regionali) nelil!'ambito dcl regime proprio delle Amministrazioni statali (dovendosi 
coordinare J:'organizzazione amministrativa de11e Regioni con quella dcllo 
Stato, nelil'uruit� deli1'ordinamento amministrativo generale: cfr. Corte Cost., 
20 a.'Pvile 1968, n. 30) �. 

g chiaro, perci�, che, cos� interpretato, l'art. 10 � non provvede aill'attri� 
buzione alle iRe~oni a statuto ordinario deLl'assistenza legale e de1 patrocinio 
dell'Avvocatura dcllo Stato (gi� disposta dalJ:'art. 107), ma estende alle stesse 
la normativa che disciplina i rapporti fra 1e amministrazioni statali e l'Avvocatura, 
nonch� la posizione dello Stato in giudizio, iin quanto "le funzioni del� 
,l'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'amministrazione stataile ", ailJ.e quaili 
fa rit�erimento d:1 primo comma, non si esauriscono neLio jus postulandi nei 
c0nfronti dei terzi, ma comprendono tutti i vdncoti istituzionaili che individuano 
la reciproca posizione delle Amministrazioni e dell'organo legale dello Stato; 
onde lo jus postulandi, gi� attribuito dall'art. 107, � semplicemente presupposto 


f. 
~~~l.rAlmr41111!19'~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 711 

Non pu�, pertanto, ravvisarsi alcuna incompatibilit� fra l'attribuzione 
di questa nuova facolt� ed il permanere delle facolt� precedentemente 
accordate alle Regioni. . 

L'art. 107 del d.P.R. n. 616 del 1977 e l'art. 10 della legge n. 103 del 
1979 si collocano, in realt�, su due piani diversi, sicch� fra le cennate 
due norme non � configurabile alcun rapporto di incompatibilit� che, 
a norma dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, possa dar 
luogo al fenomeno dell'abrogazione tacita. 

� noto che le funzioni dell'Avvocatura dello Stato possono svolgersi 
secondo due diversi regimi giuridici. Il primo, originariamente proprio 
delle sole Amministrazioni dello Stato (titolo I del r.d. 30 ottobre 1933 

n. 1611, t.u. delle leggi sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello 
Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato), ha come sua peculiare 
caratteristica la collocazione dell'intervento in giudizio dell'organo 
legale dello Stato nell'ambito di un sistema di norme processuali speciali, 
comportante modifiche della disciplina ordinaria riguardo, oltre che al 
titolo di legittimazione all'esercizio dello jus postulandi, alla �competenza 
per territorio (art. 25 cod. proc. civ.: foro della pubblica amministrazione) 
ed alla notifica degli atti giudiziari (art. 144 cod. proc. civ.: notificazione 
alle amministrazioni dello Stato). Il secondo, tipico, in genere, del patrocinio 
delle Amininistrazioni non statali (titolo III del t.u. n. 1611 del 1933), 
non comporta, invece, alcuna modifica della disciplina processuale ordinaria, 
salva soltanto l'esclusione della necessit� della procura alle liti 
(arL 45 del cit.t.u.), onde l'assunzione del patrocinio da parte dell'Avvodall'art. 
10, che ne prevede l'inquadramento in una diversa e ben �caratteruzzata 
configurazione di ra;pporti dstituziona1li �. 

Questo autorevole e definitivo chiadmento vale ad eliminare ogni eventuale 
tiimore di possibili pregiudizi alla posizione processuale delle Regioni di cui 
l'Avvocatura assuma .il patrocinio. Esso consente, perci�, che, nei rapporti tira 
l'organo legai1e e le istituzioni regional<i, si reailiizzi, sia pure con lii necessario 
graduaiLismo, una coliLaborazione sempre pi� pdena, Intensa e fruttuosa. 

A tale proposito, assume notevole rilievo un'acuta osservazione de11a Corte 
di Cassal'lione, La quale, opportunamente sottolinea come l'art. 10 della legge 
103/79 riappresenti � lo svil.uppo coerente dd un ;principio immanente ail nostro 
ordinamento giuridico, che pone l'Avvocatura dello Stato, in posil'lione di indipendenza 
.funzionale, come struttur;a di collegamento e di intermediazione tira 
le amministrazioru 1statali e regi()[lali, gairantendo, attraverso &J: f&Ltro di una 
visione g.eneriale, che 1'1attivit� amministl'ath~a si:a concretamente indirizzata, nel 
rispetto del pnincipio .di illega:lit�, 3Jl migliore soddisfacimento delil'interesse 
pubblico�, 

Viene esattamente ed efficacemente delineata, :in tal modo, quella posil'lione 
di � avvocato pubblico istituzionale�, che l'Avvocatura � venuta sempre pd� 
chiaramente assumendo nel nostro ordinamento. Ed � 1appunto in coerenza coo 
tale posizione che dJ .mpporto di collabo11azione con le Regioni non pu� non 
apparire, per sua propria natura, destinato a svolgersi, in prospettiva e con 

7 



712 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

catura non s'inserisce ad instar di .elemento di un pi� complesso sistema 
di norme processuali speciali. 

Orbene, mentre l'art. 107 del d.P.R. n. 616 del 1977 si limita ad includere 
le Regioni a statuto ordinario fra gli enti dei quali l'Avvocatura dello 
Sta~o pu� assumere Ja rappresentanza e la difesa secondo il regime di 
cui agli artt. 43, 45 e 47 del t.u. n. 1611 del 1933, e cio� alla stregua del 
secondo dei due regimi processuali su indicati, .J'art. 10 della legge n. 103 
del 1979 preve_de un particolare procedimento attraverso il quale le Regioni 
a statuto ordinario (uniche fra tutti gli enti pubblici) possono ottenere 
l'applicazione dell'intero regime processuale speciale di assistenza legale 
e di patrocinio valevole ex lege per le Amministrazioni dello Stato. 

Ora -potendo svolgersi (come si � visto) il patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato nell'ambito di due regimi processuali diversi (non comportante, 
il primo, deroghe alla disciplina ordinaria ed introducente, 
l'altro, disposizioni speciali) -va rilevato come -mentre l'art. 107, attri� 
buendo il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato alle Regioni a statuto 
ordinario, inquadra tale patrocinio nell'ambito del regime delle Amministrazioni 
non statali, non comportante deroghe alla disciplina ordina� 
ria del processo -l'art. 10 completa il sistema processuale nel senso 
che il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, attribuito alle Regioni a statuto 
ordinario, debba essere inquadrato (in virt� delle deliberazioni prese, 
in necessario ed auspicabile gradualismo, dalle Amministrazioni regionali) 
nell'ambito del regime proprio delle Amministrazioni statali (dovendosi 
coordinare l'organizzazione amministrativa delle Regioni con quella 
dello Stato, nell'unit� dell'ordinamento amministrativo generale: cfr. Cor


opportune gradualit�, in tutta una organica serie di momenti di intervento, 
sia in sede cootenziosa, che, soprattutto, dn ,sede consultiva, s� da superare lo 
stadilo dellle semplici, episodiche prestazioni tecnico-professionali non coordinate 
ed inquadrate in una visione unitarfa. In tal senso, nella PTOspettdva che matu� 
rino tem;pi e condizioni di attuazione del modeLl:o di assetto istituzionale 
delineato da:U'art. 10, potr� utilmente avv.~arsi una sempre .pi� razionale ed 
organioamente concordata applicazione dell'art. 107, in modo da integrare e 
sviluppare un legame di colilaborazione che ha gi� reso ottimi frutti e che 
certamente si manifester�, in futuro, sempre pi� ut:hle aJH'efficace persegu[� 
mento dei fini pubblici affidati alle cure delile Regioni. 

L'opportunit� di intesa risponde ad esigenze condivise dalle Sezioni Unite, 
che J'organizzazione amministrativa delle Regioni si coordini con queMa dello 
Stato, in modo che J'attivit� pubbliica, statale e regdonale, \ispirandosi aJ princiipio 
dehla aegailrit�, e nell'unit� c:lell'ordinamento amminiistrativo generale, possa essere 
indirizzata al migliore soddisfacimento dehl'interesse pubblico. Non �, mfattd, 
solo nella emanazione delle norme legislative, ma anche nell'esercizio delile 
singole funzioni amrninmstrative, che deve essere garantita, da ;parte delile Regioni, 
l'osservanza dei :pr.incipi fondamentali stabildtd dahle eleggi. dello Stato (art. 1.17 
Cost.). E tale osservanza �, certamente, megaio tutclata dall'Avvocatura che, 
attraverso l'organizzazione dei suoi uffici, pu� indirizzare in senso unitario le 
tesi sostenute nelle cause stia neLl'interesse dello Stato, sia nell'interesse deli).e 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 713 

te Cost. 20 aprile 1968 n. 30). Per modo che l'art. 10 (che rappresenta lo 
sviluppo coerente di un principio immanente al nostro ordinamento giuridico, 
che pone l'Avvocatura dello Stato in posizione di indipendenza 
funzionale, come struttura di collegamento e di intermediazione fra le 
amministrazioni statali e regionali, garantendo, attraverso il filtro di una 
visione generale, che l'attivit� amministrativa sia concretamente indirizzata, 
nel rispetto del principio di legalit�, al migliore soddisfacimento 
dell'interesse pubblico) non provvede all'attribuzione alle Regioni a statuto 
ordinario dell'assistenza legale e del patrocinio dell'Avvocatura dello 
Stato (gi� disposta dall'art. 107), ma estende alle stesse la normativa che 
disciplina i rapporti fra le amministrazioni statali e l'Avvocatura, nonch� 
la posizione dello Stato in giudizio, in quanto � le funzioni dell'Avvocatura 
dello Stato nei rigu,ardi dell'amministrazione statale �, alle quali fa 
riferimento il primo comma, non si esauriscono nello jus postulandi nei 
confronti dei terzi, ma comprendono tutti i vincoli istituzionali che individuano 
la reciproca posizione delle Amministrazioni e dell'organo legale 
dello Stato; onde Jo jus postulandi, gi� attribuito dall'art. 107, � semplicemente 
presupposto dall'art. 10, che ne prevede l'inquadramento in una 
diversa e ben caratterizzata configurazione di rapporti istituzionali. 

All'accoglimento della tesi contra:rfa potrebbe pervenirsi soltanto muovendo 
dall'inaccettabile presupposto che l'attribuzione ex art. 10 del patronio 
all'Avvocatura dello Stato secondo il regime proprio delle Amministrazioni 
statali comporti necessariamente che l'ente regionale sia privato, 
prima della delibera attributiva di detto patrocinio, della possibilit� 

Regiorui, svolgendo, ancor .prima della instaurazione dei giudizi, l'attivit� consul


tiva che ne uniforma l'azione ed il comportamento. 

Finora le Regioni che hanno adottato Ja delibera ai sensd del dt. art. 11} � 
sono: la Regione Veneto (delibera del 28 g~ugno 1979, n. 825 in Gazz. Uff. 
22 settembre 1979, n. 261); la Regione Umbria (delibera 8 ottobre 1979, n. 1329' 
in Gazz. Uff. 30 dicembre 1979, n. 354); l~ Regione Abruzzo (delibera 6 dicembre 
1979, n. 162/10 in Gazz. Uff. 14 gennaio 1980, n. 12). 

Per ciascuna Regione a statuto speciatle, .anche per quan1:o concerne ae 
controversie relative a funzioni delegate, sono state emanate, di volta dn volta, 
singole norme che o prevedono da un punto ili vista generale l'applicazione 
del!le disposizioni legislative e regolamentari concernenti la rappresentanza e la 
difesa dello 1Stato in giudizio (per la Regione '.Friuli-Venezia GiUilia, vedi dl>.R. 
23 gennaiio 1965, n. 78 (art. :1) oppure prevedono in modo espresso fap:Pt]dcazione 
dell'art. 25 (e dell'art. 144) del cod. proc. civ. e delle disposizioni contenute nel 

r.d. 30 gennaio 1933, n. 1611 (per la Regione sicfilliana vedi d~. 2 marzo 1948, n. 1142, 
artt. 1 e 2; per� 1a Regione sarda vedi le norme di attuazione dello statuto 
speda:le contenute nel d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250 art. 55, mornficato dall'art. 
73 dcl d:P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (29); per la tRegione della ValiLe d'Aosta 
vedm !legge 116 maggio 1978, n. 196, art. 59; per la Regione Trentino-Alto Adige, 
vedi diPiR. 30 giugno 11951, n. 574, .art. 42 (30). 
LA iR.EDAZIONE 



714 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di avvalersi dell'opera dell'organo legale dello Stato secondo il regime 
di cui �.Il'art. 43 del t.u. n. 1611 del 1933. 

Ma, in tal caso, non risulterebbe agevole comprendere le ragioni per 
cui l'ente, gi� ammesso a fruire del patrocinio de�'Avvocatura secondo 
il regime ordinario dell'art. 43, dovrebbe ritenersi escluso dalla possibilit� 
di promuovere l'emanazione dei provvedimenti necessari per rendere 
applicabile anche a s� il regime processuale speciale proprio dello Stato. 

In ordine alle Regioni a statuto 'ordinario -contrariamente a quanto 
accade per le Regioni a 'statuto speciale, a cui specifiche norme (art. 1 del 

d.l. 2 marzo 1948 n. 142 per la Sicilia; art. 55 del d.P.R. 19 maggio 1949 
n. 250 per la Sardegna; art. 42 del d.P.R. 30 giugno 1951 n. 574 per il Trentino-
Alto Adige; art. 1 del d.P.R. 23 gennaio 1965 n. 78 per il Friuli-Venezia 
Giulia) estendono direttamente il regime processuale dello Stato, non 
consentendo la contemporanea utilizzazione del patrocinio dell'Avvoca.
tura secondo la disciplina di cui all'art. 43 del t.u. n. 1611 del 1933 -deve, 
quindi, escludersi che, fino all'intervento del provvedimento della Regione 
che le estenda il regime processuale dello Stato, l'art. 10 sia d'ostacolo 
all'applicazione dell'art. 107 che consente il patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato, senza deroghe alla disciplina processuale ordinaria. 

Invero, l'art. 10, disciplinando gli effetti tipioi dell'adozione della delibera 
di estensione del regime processuale dello Stato, resta assolutamente 
indifferente rispetto alla posizione delle Regioni a statuto ordinario 
in giudizio ed al loro patrocinio prima e indipendentemente da tale 
delibera; ci� in quanto soltanto dopo l'adozione della cennata delibera 
il regime applicabile � quello dello Stato. 

(2) Suhla seconda massima cfr. Cass. Sez. Un., 24 febbvaio 1975, n. 700, in 
questa Rassegna, 1975, I, 696, oon note di LAPORTA. In senso contrario, Cons. Stato, 
Sez. VI, 15 marzo 1977, n. 243, ivi, 1977, I, 661. 
(3) La terza massima � esatta applicazione di pr�ncipi generailii e deve, quindi, 
essere condivisa, tuttavia, in senso contrario, Cass. 1Sez. I, .19 marzo 1981, n. �1616, 
la quale ha ritenuto che se la decadenza da .agevolazioni fiscaili � oohlegata a�lila 
revooa deMa licenza eclihizia, il. contl'ibuente pu� constatare dinanzi dl giudice 
ordinario J,a ,iJ1Iegit1imit� di taile revoca, ed ha enunciato la seguente massillma: 
� Neil! caso di decadenza daillle agevo~azioni fisoal�. previste dahla legge 2 luglio 11949, 
n. 408, per [a costruzione di case di abitazione non di }usso, per Ja revoca dclla 
licenza edilizia a suo tempo ottenuta, :iJ 'contribuente pu� dedurre dav.anti aMe 
Coi:nrrmssioni tributarie, al fine di contestare ta[e decadeil2la, ffi'iJleg;ittimit� de!Jlia 
menzionata revoca, invocando cos� i1a dIDsapplicazione �del relativo atto amm�ndstrativo, 
iin quanto questa � ricollegata non aill'interesse fogittimo ai1la d:r.revocabHit� 
della lkenza, bens� al rapporto 1tributario ed ai relativi diiritti 1soggetti'Vli 
del contribuente, di cui sono giudici le Commissioni � tributarie �. Data l'auto� 
nomia del1a revoca della licenza edili2lia �rispetto alla decadenza dalle agevola:llioni 
tributarie e la possibilit� di determinare, per effetto della revoca, la letsi�ne di 
interessi legittimi senza alcuna necessaria connessione con la decadenza dalle 
agevoliazioni, � da ritenersi che l'or�entamento delLa sentenza n. 1616 sia superato 
dalla sentenza, ampiamente motivata su tale aspetto, dalle Sezioni Unite. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 715 

Pertanto, non pu� ravvisarsi nell'art. 10 (che si adegua alla particolare 
posizione di autonomia,' attribuita dall'ordinamento giuridico, alle 
Regioni) un ostacolo (per intervenuta abrogazione tacita) all'applicazione 
dell'art. 107 alle Regioni a statuto ordinario che non abbiano adottato 
la suaccennata delibera. 

E conferma della validit� di �tale postrulato si ha nella assenza 111el:la 
legge n. 103 del 1979 di una disciplina transitoria tesa a regolare la sorte 
dei processi ill1 corso nei quali l'Avvocatura dello Stato abbia gi� assunto 
il patrocinio delle Regioni a norma dell'art. 107, in quanto una siffatta 
mancanza potrebbe trovare giustificazione esclusivamente nella conservazione 
della vigenza dell'art. 107 fino all'adozione della delibera ex art. 10 
da parte delle Regioni, non potendo accettarsi l'idea che la legge n. 103 
abbia voluto sottrarre lo jus postulandi all'Avvocatura dello Stato anche 
nelle cause in corso, con la conseguenza di obbligare la Regione a rivolgersi 
a legali del libero foro per poi imporre un nuovo mutamento (in 
senso inverso) del patrocinio in caso di adozione della delibera prevista 
dall'art. 10. 

Invero, se l'intento del legislatore fosse stato davvero quello di abrogare 
l'art. 107, la previsione di una norma transitoria si sarebbe resa 
assolutamente necessaria allo scopo di evitare situazioni particolari, quale 
quella innanzi profilata. 

Ulteriore conferma dell'intento del legislatore �di conservare il vigore 
dell'art. 107 fino al momento dell'adozione da parte delle Regioni a statuto 
ordinario della delibera ex art. 10 pu� agevolmente trarsi dall'esame 
dei lavori preparatori della legge n. 103 del 1979. 

Invero, nella seduta del Senato dell'll ottobre 1978, il relatore della 
legge De Matteis, nell'illustrare l'art. 10 (non contenuto nella proposta 
originaria ed introdotto dalla I Commissione), ha osservato che �il testo 
legislativo mira ad adeguare l'assetto dell'Avvocatura dello Stato alla 
previsione dell'attribuzione del patrocinio delle Regioni a statuto ordinario 
consentita dall'ultimo comma dell'art. 107 �; e, nella discussione svolt,
asi il 22 novembre 1978 innanzi alla Camera dei Deputati (I Cominissione 
in sede legislativa), il relatore Caruso ha precisato che �mentre in base 
all'art. 107 le Regioni a statuto ordinario possono avvalersi dell'ausilio 
dell'Avvocatura dello Stato, la legge n. 103 prevede un'opportuna regolamentazione 
del rapporto tra le Regioni e l'Avvocatura dello Stato� e che 
�con la procedura ex art. 10 'i rapporti tra Regioni e Avvocatura assumono 
un carattere di organicit�, in quanto la difesa in giudizio delle 
Regioni a statuto ordinario non � pi� una difesa eventuale ma diventa 
un rapporto reciprocamente obbligato �. 

Dai lavori preparatori, quindi, non solo non � dato trarre elementi 

a sostegno della tesi dell'abrogazione implicita dell'art. 107 ad opera della 

legge n. 103 del 1979, ma -sottolineandosi in essi l'intenzione di inte


grare con un'opportuna regolamentazione i rapporti tra l'Avvocatura e le 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Regioni nel caso particolare dell'adozione della delibera di cui al primo 
comma dell'art. 10 -si possono ricavare validi elementi in favore della 
soluzione contraria, e cio� della sopravvivenza dell'art. 107 fino all'adozione 
da parte delle Regioni a statuto ordinario della delibera di cui 
all'art. 10. 

Pertanto -dovendo escludersi l'abrogazione tacita dell'art. 107 del 

d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 da parte dell'art. 10 della legge 3 aprile 1979 
n. 103, non ricorrendo fra tali disposizioni normative alcuna ragione di 
incompatibilit�, e persistendo, nella ipotesi di specie, lo jus postulandi 
dell'Avvocatura dello Stato ex art. 107, non avendo la Regione Lombardia 
provveduto alla delibera prevista dall'art. 10 -il profilo d'inammissibilit� 
del ricorso, delineato sub a), deve ritenersi privo di fondamento. 
Va, quindi, presa in esame la seconda eccezione di inammissibilit� 
prospettata sub b) dal resistente, secondo cui il ricorso �in difetto di 
specifica delibera e di connessa procura speciale di conferimento dell'incarico 
all'Avvocatura� sarebbe inammissibile per �mancanza di mandato�. 

Anche tale profilo di inammissibilit� del ricorso � infondato. 

Va, innanzi tutto, osservato come, secondo la giurisprudenza della 
Corte Suprema (cfr. sent., Sez. Un., 24 febbraio 1975 n. 700), per il testuale 
disposto� dell'art. 45 del t.u. n. 1611 del 1933, anche per le amministrazioni 
e gli enti pubblici autorizzati per legge ad avvalersi del patrocinio 
dell'Avvocatura dello Stato trova applicazione la norma del secondo 
comma dell'art. 1 dello stesso testo unico, in forza della quale gli avvocati 
dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni 
ed in qualunque sede, senza aver bisogno di mandato, neppure nei casi 
nei quali le norme ordinarie richiedano il mandato speciale, bastando che 
consti la loro qualit�. 

Poich� alla deliberazione, mediante la quale gli enti pubblici non sta


tali decidono di affidare all'Avvocatura dello Stato il detto incarico, non 

pu� assegnarsi che valore di .atto interno, esimente dalla esteriorizzazio


ne mediante conferimento di un formale mandato, deve escludersi che 

la contestazione dell'esistenza del mandato per mancanza di una specifica 

deliberazione sia consentita ai terzi, in quanto l'art. 45, per il richiamo 

(in esso contenuto) all'art. l, secondo comma, del citato testo unico, 

esclude che l'Avvocatura dello Stato abbia bisogno di mandato. 

E ci� anche neWipotesi in cui il patrocinio delle Regioni a statuto 

ordinario sia assunto dall'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 107 

del d.P.R. n. 616 del 1977. 

Comunque, nell'ipotesi di specie -poich� le delibere de�la Giunta 
Regionale della Regione Lombardia, organo esecutivo della Regione (articolo 
121, terzo comma, Cost.), cui per l'art. 31, quarto comma, della 
legge 10 febbraio 1953 n. 62 (Costituzione e funzionamento degli organi 
regionali) e per l'art. 21, secondo comma, n. 8, dello Statuto della Regione 
Lombardia, spetta di deliberare in materia di liti attive e passive (oltre 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

che in materia di rinunzia e transazioni), rispettivamente prese in data 
20 novembre 1979 e 26 giugno 1980 e tese ad affidare il patrocinio all'Avvocatura 
dello Stato, sono state depositate sia nel giudizio introdotto 
innanzi al Tribunale amministrativo della Lombardia . (Sezione distaccata 
di Brescia) che nella fase processuale promossa con il ricorso per 
regolamento preventivo di giurisdizione -l'eccezione di inammissibilit� 
avanzata dal resistente sub b) deve considerarsi priva di giuridico fondamento. 


Va, infine, esaminato il profilo di inammissibilit� del ricorso per mancata 
notifica ad alcune delle parti del giudizio di merito, e cio� all'Assessorato 
per l'Agricoltura della Regione Lombardia ed all'Ispettorato 
Provinciale dell'Agricoltura di Bergamo. 

Pure tale eccezione di inammissibilit�, delineata sub e) dal resistente, 
risulta infondata. 

Invero, in virt� dell'art. 11, comma primo, lett. b), del d.P.R. 15 gennaio 
1972 n. 11 (Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle fun. 
zioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia 
e di pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici) -�il quale 
dispone che � sono trasferiti alle Regioni a statuto ordinario, nel cui 
territorio hanno sede, taluni uffici periferici del Ministero dell'Agricoltura, 
fra cui gli Ispettorati provinciali dell'Agricoltura� -l'Ispettorato Provinciale 
dell'Agricoltura di Bergamo, entrando a far parte dell'apparato organizzatorio 
regionale, � divenuto organo della Regione Lombardia. 

Poich� anche l'Assessorato per l'Agricoltura della Regione Lombardia 
non pu� non considerarsi organo dell'Amministrazione Regionale, deve 
ritenersi che il ricorso proposto nell'interesse di quest'ultimo, ossia dell'unico 
soggetto processuale parte nel processo di merito, essendo riferibile 
anche ai suoi organi, sia stato ritualmente proposto, non occorrendo 
la notifica a questi ultimi, non integrando gli stessi entit� soggettive 
distinte dall'ente cui sono legati da rapporto organizzatorio, e dotate 
di una propria, autonoma sfera� di interessi. 

Tutti i profili di inammissibilit� del ricorso prospettati dal resistente 
sono, quindi, privi di fondamento. 
Pu�, ora, passarsi all'esame della questione di giurisdizione, proposta 
dalla ricorrente. 

Con l'unico motivo, la Regione Lombardia sostiene che la controversia, 
promossa ~l fine di godere rdeMe agevolazioni tributarie, concesse 
dalla legge 6 agosto 1954 n. 604 in ordine agli �atti di compravendita 
posti in essere per la formazione e per l'arrotondamento della piccola 
propriet� contadina� (quando �.l'acquirente sia persona che dedica abitualmente 
la propria attivit� manuale alla lavorazione della terra � e ricorTa.
rio le altre condi:llioni richieste dall'art. 2 dehla citata [egge), rattrarvel'!so 
la caducazione, da parte del Tribunale amministrativo regionale, del certificato 
negativo dell'Ispettorato provinciale agrario circa la sussistenza 


718 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

della qualit� di coltivatore diretto, rientri nella giurisdizione del giudice 
ordinario, in quanto -essendo il cennato certificato � privo di autonomia 
rispetto all'imposizione tributaria � e � non integrando lo stesso un 
provvedimento discrezionale ed autoritativo� -il detto certificato non 
sarebbe autonomamente impugnabile innanzi al� giudice amministrativo 
e competente a conoscere della lesione del diritto soggettivo del contribuente, 
conseguente aWillegittimit� del certificato negativo, sarebbe il 
giudice ordinario (giudice tributario specializzato). 

Secondo la tesi del resistente, invece -essendo � il provvedimento 


certificato dell'ispettorato agrario� un atto autonomo del tutto distinto 
dall'imposizione tributaria e, se negativo, lesivo della sfera giuridica del 
coltivatore diretto, e potendo l'imposizione tributaria in misura ridotta 
, avvenire soltanto a seguito della rimozione e sostituzione di esso -competente 
a conoscere dell'illegittimit� di detto atto sarebbe il giudice ammi


nistrativo (e non quello ordinario). 

Fra le due contrapposte opinioni, queste Sezioni Unite ritengono che 
meriti consenso la tesi sostenuta dail:l'Ammiiniistirazione Regionale, sul 
duplice rilievo che l'atto di accertamento amministrativo previsto dall'art. 
3 della legge 6 agosto 1954 n.. 604, non assumendo carattere di autonomia 
rispetto al rapporto tributario ed essendo lesivo esclusivamente del 
diritto soggettivo del contribuente a corrispondere il tributo nei limiti 
di_ legge, possa essere assoggettato a sindacato giurisdizionale soltanto 
contemporaneamente alla cognizione giudiziaria del rapporto d'imposta 
e che -traendo origine il contenuto del cennato atto di accertamento 
dalla legge e :non da UJila valutazione discrezionale della pubbl:ioa amministrazione 
-nell'ipotesi di specie, non ricorra una posizione giuridica 
di interesse legittimo, donde l'esclusione della sfera giurisdizionale del 
giudice amministrativo. 

In ordine alla prima riflessione, al fine di accertare se, nella fatti


specie tributaria considerata, sia possibile isolare l'accertamento ammi


nistrativo dal rapporto d'imposta, e cio� se, nell'ipotesi di specie, venga 

in discussione un unico aspetto o momento di una medesima situazione 

giuridica, con conseguente unica tutela giurisdizionale, ovvero si tratti 

di. una duplice lesione di distinte situazioni giuridiche, con attribuzione 

di una doppia tutela giurisdizionale, occorre muovere dalla disciplina 

normativa predisposta da11a. legge 6 agosto 1954 n. 604 in tema di agevo


lazioni tiributarie a favore della piccola propriet� contadina. La citata 

legge n. 604 del 1954 -dopo avere precisato nello art. 1 il contenuto dei 

benefici .fiscali da essa previsti (disponendo che sono esenti dall'imposta 

di bollo e soggetti aila normale imposta di registro ridotta ad un decimo 

ed all'imposta ipotecaria nella misura di lire 500 gli atti, fra cui quelli 

di compravendita, posti in essere per la formazione o per l'arrotonda


mento della piccola propriet� contadina) -ha fissato, nell'art. 2, i requi


siti richiesti per l'applicazione delle dette agevolazioni (prescrivendo che 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

queste sono attribuibili quando l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta 
sia persona che dedica abitualmente la propria attivit� manuale alla coltivazione 
della terra; il fondo venduto, permutato o concesso in enfiteusi 
sia idoneo alla fovmazione o all'arrotondamento della piccola propriet� 
contadina; e l'acquirente, ,il permutante o l'enfiteuta, nel biennio precedente 
all'atto di acquisto o della concessione in enfiteusi, non abbia venduto 
ad altri fondi 'rustici), ha stabilito, nell'art. 3, che �per conseguire 
le cennate agevolazioni tributarie, l'acquirente, i permutanti e l'enfiteuta 
debbono produrre, al momento della registrazione, insieme all'atto, lo 
stato di famiglia e un certificato dell'Ispettorato provinciale agrario competente 
per territorio, attestante la sussistenza dei requisiti su indicati �; 
ed ha disposto, nell'art. 4, che, � in luogo di detto certificato, pu� essere 
prodotta una attestazione provvisoria dell'Ispettorato medesimo da cui 
risulti che sono in corso gli accertamenti per il rilascio�, e che, �in tal 
caso, le agevolazioni tributarie sono concesse al momento della registrazione, 
ma entro un anno da tale formalit� l'interessato deve presentare 
all'ufficio del Registro il certificato definitivo, attestante che i requisiti 
richiesti sussistevano fin dal momento della stipula dell'atto �. 

In base a tali dati di diritto positivo, H resistente -avvalendosi. nella 
ipotesi di specie, della facolt� attribuitagli dall'art. 4 -ha prodotto, al 
momento della registrazione, l'attestazione provvisoria dell'Ispettorato, 
ma non � stato in condizione di presentare entro l'anno successivo il 
certificato definitivo (positivo), non essendo stata riscontrata la .sussistenza 
della qualit� di coltivatove diretto deH':acqu�lrente del fondo. 

Questo, per ottenere la rimozione e la sostituzione dell'atto di accertamento 
negativo a lui sfavorevole, ha adito il giudice amministrativo, 
perch�, -riconosciuta l'illegittimit� dell'atto certificativo -fosse emessa 
una nuova certificazione di segno contrario a quella originaria. 

Al fine della delineazione dei limiti della giurisdizione nell'ipotesi 
contemp1at,a, findagim.e va por.nata suHa complessa fattispecie sosilanziaJe, 
oggetto di dibattito giudiziale. 

Il problema che, quindi, si pone � se, quando ricorra un rapporto 
tributario relativo a presupposti d'imposta ex lege definiti, la eventuale 
illegittimit� di un atto amministrativo di � certazione � che incida su tale 
rapporto concreto determini o no la lesione del diritto soggettivo del 
contribuente e sia o no deducibile soltanto davanti al giudice ordinario 
(giudice tributario specializzato). 

Queste Sezioni Unite ritengono che al quesito proposto debba darsi 
risposta positiva. 
Invero -qualora si disputi dntomo ad un concreto rapporto tribu


tario, insorto a seguito della stipulazione e registrazione di un atto di 
compravendita di un fondo rustico, e sia demandato all'autorit� amministrativa 
(oggi regionale) di procedere, senza alcuna valutazione discrezionale, 
all'accertamento dei presupposti obiettivi tassaNvamente prescrit



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

720 

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f.::

ti dalla legge per l'attribuzione delle agevolazioni -in ordine all'even


tuale illegittimit� dell'atto di accertamento non pu� ipotizzarsi, stante la 

!ii 

mancanza di autonomia di esso, altra lesione che quella del diritto sog� 

gettivo del contribuente a corrispondere il tributo nella misura ridotta. 

Per modo che -disputandosi esclusivamente sulla misura dell'imposta 
dovuta -deve escludersi la configurabilit� di una pluralit� di 
posizioni giuridiche tutelate, non potendo individuarsi, oltre il diritto 
di non pagare pi� del dovuto per legge, altro interesse giuridico del 
contribuente. 

E ci� in quanto -traendo origine la posizione di coltivatore diretto 
dalla legge e non da una valutazione discrezionale della pubblica amministrazione 
e non sussistendo alcun potere dell'Amministrazione di incidere 
discrezionalmente sulla sfera soggettiva del privato, comprimendone 
il diritto (con valutazione del pubblico interesse) -la posizione giuridica 
del contribuente correlata all'atto accertativo non pu� configurarsi in 
termini di Interesse legittimo, e non �, quindi, tutela?ile innanzi al giudice 
amministrativo. 

Soltanto se l'attivit� amministrativa si estrinsecasse in un provvedimento 
discrezionale ed autoritativo, la tutela della sfera giuridica del 
singolo potrebbe essere condizionata alla preventiva rimozione del provvedimento 
stesso. 

Ma -poich�, nell'ipotesi di specie, la attivit� amministrativa � priva 
di qualunque elemento di discrezionalit� (anche se possono ricorrere 
margini di apprezzamento puramente tecnico) e non si configura in 
termini di provvedimenti autoritativi, ma di semplici accertamenti di dati 
obiettivi -deve ritenersi che, non ricorrendo situazioni giuridiche di 
interessi legittimi, competente a conoscere della vicenda giudiziaria in cui 
si disputi intorno all'entit� del debito d'imposta (in base all'accertamento 
della sussistenza o no dei suoi presupposti) sia il giudice ordinario. 

E ci� perch� il contribuente, pur denunziando pretesi yizi dell'accertamento 
amministrativo e chiedendone l'aamul:lamento, nutl'rutro deduce 
se non la lesione del proprio diritto soggettivo alla legalit� dell'imposizione 
e non intende conseguire altro risultato che quello di sottrarsi 
al pagamento dell'imposta nella misura ordinaria. 

Pertanto, soltanto innanzi al giudice ordinario, competente a conoscere 
dei diritti soggettivi, possono dedursi i motivi di illegittimit� dell'accertamento 
amministrativo, facendo valere, mediante appropriate allegazioni 
probatorie, una diversa realt� fattuale. 

Onde, una volta dimostrata, da parte del contribuente, la rispondenza 
alla realt� storica delle proprie deduzioni, il giudice ordinario ben potr� 
pronunciarsi, in base alle prove addotte, sulla sussistenza (o no) del diritto 
del contribuente a godere dell'agevolazione tributaria. 

E tale linea � in conformit� del pensiero della dottrina tradizionale 
pi� autorevole, la quale sostiene che � il giudice ordinario, per gli atti di 

I 


! \: 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 721 

certezza di cui conosce, ha, in deroga ai principi della legge del 1865, 
giurisdizione piena �. 

N�, infine, per il consolidato orientamento della giurisprudenza della 
Corte Suprema e del Consiglio di Stato, � consentito al contribuente di 
far valere diritti come interessi. 

Per modo che, quando un atto amministrativo violi un diritto soggettivo, 
il giudice competente � quello ordinario, anche se l'atto, oltre 
a ledere il diritto ,soggettivo perfetto, . violi norme o direttive tese a tutelare 
il pubblico interesse. 

Invero, la possibilit� di una doppia tutela pu� essere ammessa, non 
nel senso propugnato dalla dottrina ormai definitivamente ripudiata, 
ma soltanto nel senso (non ricorrente nel �caso di specie) di autonoma 
tutela di distinte posizioni giuridiche soggettive. 

In conclusione, deve affermarsi che la competenza giurisdizionale a 
conoscere della controversia oggetto di esame spetti al giudice ordinario 
(e non a quello amministrativo). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 aprile 1982, n. 2340 -Pres. Brancaccio-
Maltese -P. M. Zema -Soc. Domiziana (avv. Giorgianni) c. Scalfati 
ed altri (avv. Fappalari) e Ministero delle Finanze (avv. Stato Del 
Greco). 

Procedimento civlle -Foro dello Stato -Chiamata in giudizio iussu iudicis 

e chiamata in garanzia � Equiparabillt� agli effetti dell'art. 6 della 

legge n. 1611 del 1933 � Costituzione della p.a. �senza sollevare ecce


zioni -Equivalenza con l'intervento volontario. 
Procedimento civile � Regolamento di confini -Azione di accertamento della 
propriet� della cosa principale -Pregiudizialit� -Esclusione. 

La chiamata in giudizio iussu iudicis per comunanza di causa regolata 
dall'art. 107 cod. proc. civ. � equiparabile alla chiamata in garanzia 
regolata dall'art. 106 (seconda parte) cod. proc. civ., e ci� agli effetti dell'art. 
6 della legge n. 1611 del 1933 sul foro dello Stato; e se la p.a., chiamata 
per qualsiasi motivo in giudizio o da chiunque sollecitato si presenti 
senza sollevare eccezioni, la sua costituzione equivale, agli effetti del cit. 
art. 6, a intervento volontario, e quindi rimane ferma la competenza 
territoriale ordinaria (1). 

La domanda di regolamento di confini non si pone in alcun rapporto 
di connessione o di pregiudizialit� con l'accertamento del diritto di propriet� 
della cosa principale (2). 

(1-2) ,Sulla prima mas~ima cfr. Cass. 15 aprile 1976, n. '1352 e 8 maggio 1976, 

n. 1922; pi� specificamente cfr. anche Cass. 28 maggio 1952, n. 11506. Sulla seconda 
massima cfr. Cass. 16 dicembre 1%8, n. 3989. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

722 

Ritiene, invero, questa Corte che la chiamata in giudizio � iUJSsu 
iudicis � per comunanza di causa ai sensi dell'art. 107 cod. proc. civ. sia 
equiparabile, agli effetti dell'art. 6 legge n. 1611 del 1933, alla chiamata 
in gaira.nzia, iregolata daU'a11t. 106, II p., cod. proc. civ. L'esegesli di quest'ulti.
ma norma ne offre una esauriente dimostrazione. 

Basta considerare che la chiamata in garanzia instaura, nell'ambito 
del rapporto principale, una causa comune col chiamato. Essa ha per 
fine immediato -com'� precipua caratteristica dell'intervento coatto l'estensione 
al terzo degli effetti della pronuncia. Sotto questo profilo, 
si differenzia dalla chiamata in giudizio per comunanza di causa -a 
istanza di parte o d'ufficio (art. 106 p.p. e 107 c.p.c.) -solo perch� 
il garantito esercita o pu� esercitare nei confronti del terzo anche l'azione 
di regresso. Ma tende al medesimo scopo immediato di estendere al 
terzo gli effetti della pronuncia nella causa principale. Tale finalit� � 
realizzabile, di norma, con la chiamata in giudizio � ad aidiuvandum �, 
che �mppres�enta una forma dli intervento coatto, diretta a con:sentke 
al terzo, titolare di un rapporto giuridico dipendente, necessariamente 
condizionato all'esito della decisione, di esercitare in giudizio le proprie 
difese, e nel contempo, a precludergli in futuro l'opposizione revocatoria, 
altrimenti da lui proponibile per dirimere l'efficacia riflessa del giudicato. 

Proprio secondo i moduli di una chiamata in giudizio �ad ad�uvan


dum �opera -come recenti studi hanno chiarito -la chiamata in garan


zia, al fine di assicurare al garantito l'assistenza in giudizio del garante, 

salvo l'ulteriore specifico effetto dell'estromissione del garantito, con 

esonero dagli obblighi di parte (art. 108 cod. proc. civ.). Mentre, conte


nuto eventuale e facoltativo della chiamata in garanzia � l'azione di 

regresso, ad essa non necessariamente conseguenziale, anzi, estranea per 

tradizione storica e gradualmente introdotta nel contesto� normativo della 

causa principale solo con l'evolversi e l'affinarsi delle tecniche procedurali. 

La distinzione fra questi due momenti -essenziale e accidentale 


della chiamata in garanzia dimostra che, mentre l'attore rimane estraneo 

alla causa eventuale e accessoria fra il garantito e il garante, quest'ulti


mo assume la veste di parte nel procedimento principale, come, nell'inter


vento coatto, il terzo, altrimenti soggetto -se titolare di �una posizione 

giuridica subordinata al diritto controverso -ai soli effetti riflessi del 

giudicato. Sotto questo profilo, pertanto, venendo ad assumere il garante, 

come il chiamato in giudizio, posizione di parte nella causa principale 

(.e potendo divenire, con fa estiromissione, sostituto process.uiaile del g1arain


tito) l'intervento per inizi�ativa d'ufficio o su istanza di uno dei contendenti 

� giuridicamente equipairabile alla chiamata in garanzia, agli effetti del


l'art. 6 della legge speciale sopracitata. 

Ne consegue che se, nella potenziale soggezione della p;a. ad un'azione 

di regresso per effetto della chiamata in garanzia, l'art. 6 esige una 

esplicita sua richiesta affinch� la controversia sia trattata davanti al foro 

i 

i 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

erariale, a parit� di ragione (se non a pi� forte ragione) la stessa richiesta 
deve ritenerSli necessaria per discutere davanti al foro erariale di una 
causa comune, cui l'amministrazione partecipi per iniziativa di parte 

o perch� il giudice ritenga, d'ufficio, opportuna la sua presenza, con riferimento 
alla sua posi:zfone giuridica, comunque connessa al rapporto principale, 
che virtualmente l'abiliterebbe in futuro all'opposizione (principale 
o revocatoria) di terzo. 
In realt�, secondo la ratio dell'art. 6, n� l'iniziativa del giudice n� 
quella cli parte, nella chiamata in giudizio per comunanza di causa, assume 
rilevanza giuridica diversa dalla iniziativa del garante e nella chiamata 
del gai:rantito. Sarebbe, invero, piuttosto singolare che l'ufficio chiamasse 
in giudizio fa p.a., nel presupposto della comunanza di causa, allo 
scopo ed al sicuro effetto di spogliarsi della competenza. 

Sempli!cemente, se la p;a., chiamata, per iqua:lsi:asi motivo, in giudizfo, 
e da chiunque sollecitata, si presenti senza sollevare eccezioni, la sua 
costituzione equivale, agli effetti della legge speciale, a un intervento 
volontario, e quindi rimane ferma la competenza territoriale ordinaria 
(art. 7 legge citata). Se non si costituisce e ne viene dichiarata la contumacia, 
la soluzione non muta, perch�, in omittendo, la p.a. esercita 
negativamente la exceptio. Onde la norma dell'art. 7 trova applicazione 
sia quando il chiamato in gairanzia non formuli alcuna richiesta sia 
quando l'interveniente coatto accetti la lite (v. sent. Cass. 28 maggio 
1952, n. 1506). 

E poich� la soluzione deve essere unitaria, affermare la competenza 
territoriale ordinaria in mancanza di una richiesta del1a p.a., chiamata 
iussu iudicis o su istanza di parte, � coerente con l'dndirizzo giurisprudenziale 
che riconosce la competenza del foro erariale nell'ipotesi inversa, 
in cui tale richiesta sussista (Cass., 15 aprile 1976, n. 1352; 8 maggio 
1976, n. 1922). 

� opportuno, infine, precisare che secondo l'interpretazione dei giudici 
di primo grado la chiamata in giudizio del Demanio, disposta dal 
giudice istruttore (a parte l'erronea indicazione del Demanio -Ministero 
delle Finanze, anzich� del Ministero della Marina Mercantile -Direzione 
generale del Demanio militaire, e del Miniistero dell'Agricoltura e Foreste Direzione 
generale delle Acque) si sarebbe, in realt�, risolta in una denunciatio 
litis, per cui il T!I'ibunale rilenne correttamente citato dall'attore 
il Demanio -Ministro delle Finanze con un semplice invito a intervenire, 
ove lo avesse creduto, e l'eventuale intervento della p.a. avrebbe 
avuto carattere volontario, senza importare conseguenza alcuna sulla 
competenza territoriale. Sotto ogni aspetto, pertanto, si deve ritenere 
inapplicabile la disposizione dell'art. 25 cod. proc. civ. sulla competenza 
esclusiva del foro erariale a conoscere della controversia; e, sottraendosii 
la decisione della Corte d'Appello a questa prima oensura della ricorrente, 
il motivo d'impugnazione ,si rivela infondato e deve essere disatteso. 


RASSEGNA '�EU.'AVVOCATURA DELLO STATO

724 

Col secondo motivo la Societ� ricorrente denuncia la �violazione e 
falsa applicazione degli artt. 28, lett. b) c. nav., 100 e 295 cod. proc. civ., 
nonch� del principio di esecutoriet� degli atti amministrativi e il vizio di 
omesso esame di un punto decisivo della controversia. 

Sostiene �he, essendo stato incluso il fondo � Lago di Paola � tra i 
benJ del Demanio marittimo con decreto immediatamente esecutivo, 
erroneamente la corte avrebbe riconosciuto la legittimazione attiva degli 
Scalfati per il solo fatto di essersi attribuiti la propriet� dei terreni circostanti 
il lago, da considerare semplici accessori del fondo, come tali non 
utilmente rivendicabili senza il preventivo accertamento del diritto di 
propriet� della cosa prinoipale. 

Quanto meno, sarebbe stato necessario sospendere il giudizio .fino alla 
definizione della controversia sorta in seguito all'impugnazione del detto 
decreto. 

Analoghe considerazioni la ricorrente svolge intorno alla legittimaz,
�one passiva di enti e persone fisiche convenuti dagli Scalfati, il cui 
riconoscimento sarebbe subordinato all'esito dei giudizi in corso sull'appartenenza 
dei terreni circostanti il lago. 

Infine, la Corte avrebbe omesso il necessario esame della pendenza 

di un altro procedimento davanti al Commissario per gli usi civici. 
Il motivo � infondato. 
Esattamente, invero, la Corte d'Appello ha osservato che la domanda 

di regolamento di confini non si pone in alcun rapporto di connessione 

o di pregiudizialit� con le pretese fatte valere negli altri procedimenti 
in corso tra gli Scalfati e i Ministeri della Marina Mercantile e delle 
Finanze circa la propriet� del lago. Onde la richiesta della p.a. diretta 
ad accertare l'appartenenza al Demanio del lago di :Baola non pu� subire 
aleun pregiudizio dalla decisione inter alios della presente controversia, 
avente ad oggetto la delimitazione dei confini tra il fondo stesso e i terreni 
circostanti. 
Gi� con sentenza 20 febbraio-27 maggio 1964 le Se2'lioni Unite, nel 
respingere l'i1starnza di regolamento preventirvo di giurisdiziO�lle proposta 
dalla soc. Domiziana, si erano espresse incidentalmente in tal senso; e correttamente, 
nell'alveo di tale giudizio, il Tribunale e la Corte d'Appello 
hanno ritenuto che non si condizionino reciprocamente le cause riflettenti 
un conflitto tra fondi, regolate da principi processuali diversi anche in 
relazione alla prova della legittimazione attiva, che, agli effetti dell'art. 950 
cod. civ., non richiede la rigorosa dimostrazione dell'art. 948, cod. civ. 
(Cass., 16 dicembre 1968, n. 3989): prova ritenuta sussistente dai giudici 
di merito con motivazione immune da viz;i logici � contraddizioni. 

Pertanto, anche sotto questo profilo la sentenza impugnata si sottrae 
alla censura della Societ� Domiziana e il ricorso, rivelandosi in ogni 
sua parte infondato, deve essere disatteso. 



PARTE I, SEZ. lII, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 725 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 giugno 1982, n. 3474 -Pres. Marchetti 
-Rel. Vela -P. M. Fabi -Regione Veneto (Avv. Stato Cosentino) 

c. Corte (avv. Benino) e Unit� Sanitaria Locale (n.c.). 
Giurisdizione civile -Regolamento preventivo -Proposizione da parte 
del convenuto che si ritiene estraneo alla lite � Ammissibilit�. 

Giurisdizione civile -Sanit� -Servizio sanitario nazionale -Ambulatori e 
strutture convenzionati � Rapporti � Posizioni di interesse legitti~ 
mo -Lesione -Giurisdizione amministrativa. 

Il convenuto, come tale, ha interesse a contestare la giurisdizione del 
giudice innanzi al quale deve comparire, anche se ritenga di essere estraneo 
alla lite, poich� qualunque pronuncia che quel giudice possa emettere, 
compresa quella sulla legittimazione, costituisce esercizio di potere 
giurisdizionale, e quindi ne presuppone l'esistenza in capo al suo 
autore (1). 

In base alla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale (legge 
23 dicembre 1978 n. 833) sono le unit� sanitarie locali che provvedono, 
di norma, ad erogare le prestazioni di prevenzioni, di cura e di riabilitazione, 
assicurando a tutti i cittadini i livelli di prestazion,i sanitarie, nei 
limiti oggettivi della loro organizzazione e in tal senso svolgono un ruolo 
primario, e sono legittimate ad autorizzare i titolari di ambulatori e strutture 
convenzionate ad effettuare le prestazioni di diagnostica strumenmentale 
e di laboratorio, per le quali, nel termine di tre giorni, le unit� 
locali non siano in grado di soddisfare le 'richieste, con la conseguenza 
che i titolari di dette strutture convenzionate non hanno, nell'esercizio 
delle loro prestazioni, quella indipendenza funzionale che � tipica del 
diritto soggettivo, bens� sono portatrici di interessi legittimi (al corretto 
esercizio del potere autorizzatorio), la cui tutela � affidata al giudice 
amministrativo (2). 

Occorre anzitutto verificare se il ricorso sia ammissibile,avendo il 
resistente eccepito che .Ja Regione Veneto non ha interesse a proporlo 
(art. 100 cod. proc. civ), in quanto ha addotto nel giudizio di merito 
di non essere legittimata a resistere all'azione ed esso attore, lungi dal 
contrastare tale assunto, si � rimesso alla decisione del Pretore � circa 
la richiesta di estromissione �. 

Il ricorso � ammissibile. 

Intanto, lo stesso ricorrente informa, con la memoria, che il Pre


tore ha provveduto in via d'urgenza sul merito, ad onta del regolamento 

(1-2) Sentenza di particolare interesse che dndividua i rapporti tra le unit� 
sanitarie locarli e 'le strutture convenzionate, la cui attivit�, di volta in volta, � 
autorizzata dalle prime, mentre solo 'la scelta del medioo di fiducia (e del [u0go 
d� cura) � Hbera per l'utente. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

di giurisdizione, senza estromettere la Regione. In secondo luogo, e pm 
in generale, deve rilevall'si che il convenuto ha, per il solo fatto di essere 
tale, interesse a contestare la giurisdizione del giudice innanzi al quale 
deve comparire, anche se ritenga di essere estraneo alla lite, poich� quaJunque 
pronunaia quel giudice possa emettere, compresa quel.ia su:l.Ja 
legittimazione delle parti alla causa, costituisce esercizio di potere giurisdizionale 
e quindi ne presuppone l'esistenza in capo al suo autore. 
Perci� l'art. 41, primo comma, cod. proc. civ., attribuisce a �ciascuna 
pairte � la facolt� di provocare l'incidente di giurisdizione e non pone 
altra condizione all'infuori della mancanza di una decisione di merito 
di primo grado. 

� dunque consentito l'esame dell'istanza di regolamento, con la quale 
la Regione Veneto sostiene che la domanda del dr. Costa non riguarda 
assolutamente il diritto soggettivo dell'individuo alla tutela della salute 
ed alla soelta delle strutture sanitarie atte :a realizzarlo, ma involge 
modalit� di organiz:mzione del servizio pubblico di assistenza sanitaria 
dclla generalit� dei aittadini e quindi materia nella quale lllOn so1tanto 
costoro, ma anche ed a maggior ragione i sanitari convenzionati con 
le amministrazioni non possono far vialel'e altro che interessi legittimi 
:_ tutelabili dal giudice amministrativo -o addirittura semplici -sforniti 
di ogni tutela, -essendo in essa predominante la presenza di potest� 
pubbliche, da esercitare per il bene de1la collettivit� piuttosto che dei 
singoli. Ancor pi� evidente, prosegue la Regione, � la carenza di giurisdizione 
del giudice ordinario rispetto alla domanda di provvedimento 
urgente, formulata dall'attore a norma dell'art. 700 cod. proc. civ., poich� 
mentre il Pretore non potrebbe mai imporre ad organi pubblici l'adozione 
di determinati comportamenti, l'ordinamento consente al titolare di un 
interesse <legittimo di chiedere al giudice amministrativo la sospensione 
del provvedimento da lui reputato illegittimo. 

Il ricorso pone una questione risolta recentemente in sede legislativa 

mediante il d.l. 26 novembre 1981 n. 678, convertito in legge -previa una 

modificazione di forma non essenziale, per quanto interessa -con legge 

26 gennaio 1982 n. 12, il cui art. 3 ha sostituito il sesto-e settimo .comma 

dell'art. 25 legge 23 dicembre 1978 n. 833, con prescrizioni che recepi


scono, ulteriormente puntualizzandola, 1a disciplina contenJUta nell'art. 3 

del gi� citato accordo del 22 febbraio 1980, reso esecutivo con d.P.R. 

16 maggio 1980. 

Bsse infatti precisano, fra l'altro: � Le prestazioni medico-speciali


stiche, dv.i comprese quelle di diagnostica swumentiale e dii ilalbooatocio, 

sono fornite, di norma, presso gli ambulatori e pres�di delle unit� sani


tairie Jocali di cui -l'utente f�a parte... Le stesse prestazioni possono essere 

fornite da gabinetti specialistici, da ambulatori e strutture convenzionati 

per -le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio per -le 

quali, nel termine di tre giorni, le strutture pubbliche non siano in grado 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

di soddisfare le nchieste di accesso alle prestazioni stesse. In tal caso 
l'unit� sanitaria locale rilascia immediatamente l'autorizzazione con apposita 
annotazione sulla richiesta stessa. Nei casi di richiesta urgente moti� 
vata... il mancato immediato soddisfacimento della richiesta presso le 
strutture di cui al sesto comma equivale ad autorizzazione ad accedere 
agli ambulatori e strutture convenzionati. In tal caso l'unit� sanitaria 
locale appone sulla richiesta la relativa annotazione. Le unit� sanitarie 
locali attuano misure idonee a garantire ohe .le prestazioni uirgenti siano 
erogate con priorit� nell'ambito delle loro strutture �. 

Queste disposizioni non hanno modificato, ma soltanto interpretato 
ed integrato fa precedente disciplina. Quindi sono applicabili anclie al 
caso in esame. 

Per rendersene conto, occorre considerare che il diritto di �libera 
:scelta del medico e del luogo di cura�, � assicumto � dall'art. 19, secondo 
comma, della legge 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del servizio sani� 
tarlo nazionaJe, .non ha quel carattere assoluto e quell'estensione che gli 
attribuisce il resistente, nell'intento di derivarne una propria posizione 
di pari consistenza. Esso appare, invece, condizionato, nella stessa legge, 
dall'altro e pi� vasto principio che, riservata � allo Stato, alle Regioni 
e agli altri enti territoriali�, l'attuazione del servizio sanitario (art. l, 
terzo comma), assegna alle unit� sanitarie locali, che dei comuni e delle 
comunit� montane sono organi, un ruolo primario nel rendere tale ser� 
vizio concretamente operante in ogni parte della Nazione (artt. 10 e 14). 

Gi� non � senza significato che l'art. 19 rechi, nel primo comma, 

l'affermazione che sono le unit� sanitarie locali quelle che � provvedono 

ad erogare le prestazioni di prevenzione, di cura, di riabilitazione e di 

medicina legale, assicurando a tutta la popolazione i livelli di presta� 

zioni sanitarie stabiliti ai sensi del secondo comma dell'art. 3 � (ossia: 

tutta l'assistenza sanitaria, ma nella misura predeterminata con l'appo� 

sita legge di approvazi�ne del piano sanitario nazionale); e che proprio 

nel secondo comma faccia seguire, alla proclamazione di quel principio, 

l'avvertenza che esso vale �nei limiti oggettivi dell'organizzazione dei 

servizi sanitari '" 

Ancor pi� specificamente, comunque, la scelta del medico e del luogo 

di cura appare circoscritta dall'art. 25 (testo originario). 

Se, infatti, si riflette sulla formulazione dell'intero articolo, si nota 

che all'indicazione delle prestazioni curative , erogabili dal servizio (assi


stenza medico-generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farma� 

.ceutica) segue ~a previisione della scelta del solo �medico di fiducia�, con 

.riferimento (esclusivo anch'esso) rall'esistenro generica e pediatrica e con 

il chiarimento -implicante perfetta equiparazione fra medici pubblici 

e privati -che questa � � prestata dal personale dipendente o conven� 

zionato del serviZiio �sanitario nazionale�. Le �disipos�izioni relative aiHe 

rimanenti forme di assistenza, invece, distinguono fra persone e sedi che 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

728 

le rend01I10 �di norma� e altre persone e sedi che pure poss0!11o effettuarle. 


In particolare, con riguardo alle prestazioni di diagnostica �strumentale 
e di laboratorio (che � il settore nel quale opera il dr. Costa), il sesto 
comma dispose che esse � sono fornite, di norma, presso le strutture 
delle unit� sainitarrie locali di cui l'utente fa .parte, o presso le str-utture 
convenzionate ai sensi della presente legge, o presso gli ospedali 
pubblici e g1i istitutJi convenzionati nel te~rit0J:1io, purch� tali pres�ldi 
corrispondano �a reqUJisiti di strutturazione, dotazione strumentale e 
qualificazione funzionale del personale, aventi caratteristiche uniformi 
per tutto il territorio nazionaile, secondo uno schema tipo�. 

Questo essendo il testo delle norme, se ne deve dedurre che gi� nel 
disegno iniziale della legge l'unit� sanitaria locale venne preferita alle 
strutture convenzionate. 

N� � possibile seguire il resistente, il quale senza avvedersi della 
prredetta locuzione avve:J'.'biaile, desume invece dalla proposdziOIIle �o�, posta 
fra le successive frasi del periodo, una situazione di parit� fra tutte 
le strutture che vi sono menzionate: tale interpretazione contrasta col 
�senso fatto palese dal significato prroprio delle parole, secondo la COIIlnessione 
di esse� e con l'intenzione del legislatore (art. 12, primo comma, 
disp. prelimin. legge in generale). 

La lettera della disposizione impone di considerare che la locuzione 
esiste ed � collocata fra due virgole immediatamente prima della menzione 
delle unit� sanitarie locali, quindi con evidente ed esclusivo riferimento 
ad esse. 

Il senso logico risulta .ohiaro dal rilievo che se, fra varie 1possibHM� 
prese in considerazione, � stata assegnata ad una sola il valore di 
� norma >>, significa che la si � posta come regola da seguire a preferenza 
delle altre: conseguentemente, la pairticehl1a �o� non pu� desig1naire parit�, 
almeno fra la prima e le successive ipotesi, ma alternativit�, che a 
sua volta in tanto pu� risolversi in quelle non reputate normali, in quanto 
esse e non la prima 1si appalesino, in 1concreto, capaci di essere reailizzate. 
Aggiungasi che la differente impostazione delle regole concernenti,. 
rispettivamnte, il medico generico ed il pediatra, da un lato, e gli altri 
sanitari e pres�di, dall'altro, ha una sua profonda 1ragion d'essere nel 
diverso carattere dei rapporti in cui l'individuo viene a trovarsi con gli 
uni e con gli altri. 

Il rapporto con �il medico generico e col pediatra si instaura essenzialmente 
su basi soggettive, ossia sulla fiducia del paziente e sulla peculiare 
conoscenza di costui da parte del medico: � dunque comprensibile 
che il cittadino sia lasciato libero di �ccedere all'assistenza privata o a 
quella prubb1ica. Nel .rapporto con specialistii, e pii� ancora con ospedali 
e laboratori, emergono, invece, prevalentemente esigenze obiettive, quali 
sono la competenza dei primi in certe materie e la efficienza dei secondi, 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

sicch� � plausibile che quella libert� sia limitata nel senso che si � 
detto. 

Infine, tutto ci� trova un conclusivo riscontro nell'art. 48,concernnente 
il trattamento economico e normativo del personale sanitario a 
rapporto convenzionale. Dopo aver prescritto, infatti, che tale trattamento 
sia stabi1ito in modo uniforme sull'intero territorio nazionale da 
convenzioni triennali, rese esecutive con decreto presidenziale e stipulate 
tra Governo, Regioni, associazioni dei comuni italiani ed organizzazioni 
sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale di ciascuna 
categoria, l'aTticolo enuncia un complesso di iregole generaJi sui rapporti 
fra quel personale e gli utenti del servizio, dalle quali traspare manifestamente 
la cura di riservare esclusivamente ai medici generici ed ai pediatri 
l'attributo di sanitari �di libera scelta� e di garantire quest'ultima 
all'utente solo con riferimento ad essi (cfr. numeri 1, 5 e 17 del terzo 
comma). 

Certamente la legge non detta indicazioni sugli strumenti giuridici 
utHizzabiilii per cooirc:!Jnare l'opera delle strutture pubbliche COiil quetl!la 
delle strutture private. Ma la lacuna non rileva ai fini che qui interessano, 
dal momento che non impedisce di constatare che neppiuire secoodo 
l'originaria formulazione deH'art. 25 la posizione dei titolari di laboratori 
di diagnosi rivelava, dspetto alle unit� fomite di :uguali ktboratori, queihla 
indipendenza funzionale che � tipica del diritto soggettivo. 

Il diritto soggettivo non tollera condizionamenti o menomazioni ad 

opera di altri poteri, tanto � vero che qualora ne sia ammessa dalla 

legge e ne sia stata di fatto attuata la compressione con atto autoritativo, 

oppure senza di questo non sia esercitabHe, Io si considera rispettiva� 

mente affievolito o in attesa di espansione e dotato, nell'uno e nell'altro 

caso, del connotato proprio dell'interesse legittimo. Invece l'instaurazione 

dei rapporti di prestazione d'opera professionale fra i predetti titolari 

di laboratori diaginostioi e utenti dcl servdzio sanitaa:'io fu dailfa legge subor


dinata all'organizzazione che del �senvizio stes,so fosse stata illl coocreto 

predisposta dall'amministrazione pubblica. 

� allora evidente che le sopra richiamate disposizioni dell'accordo 

del 1980 e della legge del 1982 (riconosoendo espressamente alle unit� 

sanitarie locali il potere di autorizzazione ed indicandone i presupposti 

di fatto ed i Hmiti temporali di esercizio, non hanno �degradato� ad 

interesse alcun diritto dei titolari di laboratori convenzionati, per cui 

n� l'articolo della convenzione pu� essere considerato come fonte di una 

condizione sospensiva potestatiVa, illegittimamente stipulata in favore 

dell'unit� sanitaria e sottoposta al sindacato del giudice ordinario, n� 

all'articolo della legge pu� essere ascritta efficacia innovativa e quindi 

irretroattiva, nella parte che qui interessa. 

Giova piuttosto rilevare, per una compiuta ricognizione della fatti


specie, che se in base alla legge del 1978 la riserva di intervento della 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

unit� sanitaria � ancorata alla normalit� e se la successiva disciplina 
ha chiarito che questa sussiste laddove l'unit� sanitaria sia in grado 
cli provvedere direttamente entro tre giorni, vuol dire che la situazione 
dei professionisti e dei presidi sanitari convenzionati � tutt'altro che 
abbandonata all'assoluta discrezione dell'unit� sanitaria e quindi non � 
priva di rilevanza giuridica -come pure sostiene la Regione -. Essa �, 
al contrar.i.o, qualificata dalla presenza di un vero e proprio interesse 
legittimo al corretto esercizio, da pate della unit� sanitaria, del potere 
autorizzatorio di cui si � detto. Anzi, se si considerano in generale le 
posizioni emergenti nei 11.�apporti condizionati ad autorizzazione amministrativa 
ed in particolare le posizioni dei professionisti che sono stati 
ammessi ad operare nell'ambito del servizio sanitario sulla base di un 
regime di � convenzionamento �, il cui presupposto risiede nella piena 
collaborazione fra strutture pubbliche e strutture private, si giunge alla 
conclusione che costoro sono titolari di interessi i quali preludono alla 
acquisizione di diritti,. ovvero di diritti in attesa� di espansione, secondo 
una nomenolatma che si � 1aVTUto modo di ooichiam\\llre. 

Ma la tutela di tali interessi � affidata al giudice amministrativo, a 
norma dell'art. 2, lett. b), n. 3 legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e pertanto 
� a costui, e non gi� ail giudice ordinar.io, <ehe il dir. Costa av;rebbe !dovuto 
rivolgere le sue doglianze sul modo di operare della Regione Veneto e 
dell'Unit� Sanitaria n. 6 dell'Alto Vicentino. 

Ogni ulteriore riflesso per quanto attiene ai poteri dell'adito Pretore 
di provvedere in via d'urgenza, � conseguentemente assorbito, ovvio essendo 
che il giudice ordinario non pu� interferire neppure se sollecitato 
dall'urgenza, in materie che sono sottratte alla sua giurisdizione e che 
trovano negli strumenti apprestati ad altri giudici la propria idonea 
tutela. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 giugno 1982, n. 3893 -Pres. Mirabelli 
-Rel. Lo Surdo -P. M. Fabi -Pala ed altri (avv. Bussi) c. I.N.P.S. 
(avv. Romoli) e Ministero del Bilancio (avv. dello Stato D'Avanzo). 

Giurisdizione civile � Omissione contributiva � Controversie � Giurisdizione 
ordinaria e amministrativa � Criterio di ripartizione. 

Rientrano nella giurisdizione amministrativa le controversie promosse 
dai dipendenti pubblici che, nel prospettare-omissioni contributive 
chiedono la condanna della p.a. al pagamento dei danni, previo l'accertamento 
del rapporto di impiego pubblico, oppure il pagamento dell'equivalente 
dei cont.ributi non versati all'ente assicuratore, dovendosi 
riconoscere a tale tipo di responsabilit� carattere contrattuale in 
quanto l'obbligo assicurativo si ricollega al rapporto di lavoro (di cui 


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PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 731 

parte in causa sono i soggetti di esso e ne rimane estraneo l'ente assicurator.
e); rientrano nella giurisdizione ordinaria le pretese formulate dai 
pubblici dipendenti contro l'ente assicuratore per la corresponsione delle 
prestazioni assicurative e per il pregiudizio derivante dall'inadempimento 
di natura previdenziale (1). 

(1) Giurisprudenza ormai pacifica: cfr. Cass. Sez. Un. 24 febbraio 1931, 
n. 1113, Foro lt. Rep., �19&1, voce Impiegato dello Stato, n. 1128 e 1129; Cass. Sez. 
Un. 19 novembre 1979, n. 6021, ivi, 1979 voce cit. n. 1318; v. anche Cass., Sez. Un. 
10 febbraio 1979, n. 833, retro, I, 84. 
CORtE DI APPELLO DI BARI, Sez. I, 30 aprile 1982, n. 284; Pres. Mezzina; 
Est. Semeraro -Ente di Sviluppo Agr.icolo im Basilicata .(E.S.A.B.) 
(avv. Stato De Stefano) c. Percioote VJncenzo ed alt�1i. 

Agricoltura e foreste � Riforma agraria � Controversie inerenti a pre. 

tese indennit� miglioratarle -Giurisdizione dell'A.G.O. � Condizioni 

e limiti. 

Agricoltura e foreste � Riforma agraria � Assegnazione di terreni � Morte 
dell'assegnatario e rinuncia degli eredi al subentro � Estinzione del 
rapporto. 

Arbitrato � Questioni fn tema di potest� decisionale degli arbitri -RHevabllit� 
di ufficio. 

Arbitrato � Clausola compromissoria � Sua autonomia e sua estensibi� 
lit� nei confronti degli eredi della parte contraente � Condizioni. 

Agricoltura � Riforma agraria � Assegnazione di terreni � Morte dello 
assegnatario � Oggetto della successione. 

Ai sensi dell'art. 5 legge 6 dicembre 1971 n. 1034, appartengono alla 
giurisdizione dell'a.g.o le questioni patrimoniali concernenti indennit� e 
canoni dovuti al privato o all'Ente concedente in virt� di un rapporto 
di �oncessione, ivi comprese le controversie inerenti alla pretesa liquidazione 
di una indennit� per le migliorie arrecate ad un terreno assegnato 
nell'ambito dei programmi di riforma fondiaria, sempre che non 
siano in discussione le questioni pregiudiziali relative all'esistenza e alla 
avvenuta cessazione del rapporto, che sono devolute alla giurisdizione 
esclusiva del Giudice Amministrativo (1). 

Subingresso nella clausola compromissoria e successione nel rapporto di assegnazione 
di terreni soggetti alla riforma fondiaria. 

(1) Conformi, Cass., 10 dicembre 1981, n. 6517, e Cass., 14 dicembre 1981, 
n. 6597, citate in motivazione, nonch� Cass., 18 gennaio 1982, n. 289, in Foro it., 
1982, I, p. 683 ss. 

732 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

In base alla dis�iplina della riforma agraria, nel caso di morte dell'assegnatario 
prima del riscatto del fondo a lui assegnato e di rinunzia 
unilaterale dei suoi eredi al loro diritto a subentrare nell'assegnazione, 
il rapporto si estingue ipso jure, con effetto dal momento della morte (2). 

Le questioni inerenti alla potestas decidendi degli arbitri sono rilevabili 
d'ufficio, perch� dirette ad accertare l'esistenza dei presupposti 
fondamentali del giudizio arbitrale (3). 

La clausola compr01nissoria non costituisce un patto accessorio del 
negozio giuridico sostanziale cui � addett.a, bens�. una. autonoma manifestazione 
di volont� negoziale ben distinta da quella del contratto stesso 
ed operante in modo indipendente, con la conseguenza che essa � estensibile 
ai successori dei contraenti originari, anche se manchi la successione 
nel rapporto sostanziale predetto, ove trattasi di far valere diritti 
da esso derivati (4). 

Prima del riscatto di un terreno assoggettato alla riforma agraria, 
i soli beni entrati nel patrimonio dell'assegnatario e devoluti in successione
� nel caso della sua morte, sono costituiti dal diritto_di conseguire 
il rimborso delle annualit� versate e l'indennit� per i miglioramenti recati 
al fondo (5). 

1. -Con una :prima censura l'E.S.A.B. denunzia fa nu11it� 1delLa clausola 
compromissoria contenuta nell'art. 19 del contratto accessivo alla 
concessione e la conseguente nullit� del lodo, eccependo sostanzialmente 
il difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria e quindi il 
difetto idi competenza degli arbitri sulla domainda proposta dagli eredi 
dell'assegnatario. Al suddetto fine l'E.S.A.B. deduce che il contratto di 
vendita dei terreni di riforma fondiaria, nell'ambito delle leggi che regolano 
la materia, � strettamente dipendente dall'atto di concessione -e che 
le questioni patrimoniali da esso derivanti presuppongono la previa riso{
2) Non constano precedenti spedi�ici. La massima � comunque conforme 
ai principi, sia che si ritenga che l'estinzione del rapporto avvenga per effetto 
de1la so1a morte dell'assegnatario, sia che si reputi che �l'as�segnazione si devoJva 
ai successib~l~ e si estingua in seguito alila !loro rinunzia al subentro; in quest'ultimo 
caso, !l'efficacia retroattiva consegue ad princirpi civilistici sulla rinunzia 
a11ia successione. Sul contrasto tra le due ipotesi anzidette, v. infra, sub n. 5). 

(3) Conformi: Cass., 22 luglio 1976, n. 2896, i�ill. Foro it., Rep. 1976, voce Arbitrato, 
coo. 149, n. 40; Cass., 23 aprile 1968, n. 1247, ivi, 1968, I, ;p. 1139 ss.; Cass., 
22 aprile 1963, n. 1026, in Giust. civ., 1963, I, p. 1560 ss.; Foro it., 1963, I, p. 1959 ss.; 
Riv. giur. edilizia, 1963, p. 963 ss., con nota adesiva di E. FAVARA, Inesistenza del 
compromesso ed effetti del procedimento arbitrale. 
(4) !La successione automatica nel patto arbitraile � solitamente ammessa 
in favore di colui che subentri nel rapporto sostanz~Je cui essa si riferisce, 
come ne11\iipotesi del cessionario del contratto, deL sub-concessionario, dell'assicuratore 
surrogatosi all'assicurato, o del nuovo socio che subentri al vecchio.
1

In talli casi, ne11a situazione giuridica complessiva oggetto del trasferimento pu� 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 733 

luzione delle questioni connesse alla cessazione del rapporto concessorio, 
ma queste, attenendo aM'esplicazione di un potere discrezionale della 

p.a. relativo a beni pubblici indisponibili, destinati cio� a:I raggiungimento 
dei fini propri della riforma fondiaria e agraria, rientrano sicuramente 
nella competenza del giudice amministrativo, specie dopo l'entrata 
in vigore della legge 6 dicembre 1971, n.. 1034. 
Con altre due censure l'E.S.A.B. d~nUJilzia poi fa nuHit� della clausola 
compromissoria e del lodo, sia deducendo che i. diritti nascenti dal 
rapporto di assegnazione, per loro natura indisponibili, non possono 
formare oggetto di transazione e non possono quindi dar luogo a controversie 
compromettibili in arbitri, ai sensi degli artt. 1966. c,c. e .806 
c.p.c., sia �sostenendo che il contratto sottostante al rapporto di assegnazione 
deve ritenersi compreso fra i contratti agrari cui fa riferimento 
l'art. 409 n. 2 c.p.c. e che quindi sussiste il divieto della compromissione 
in arbitri, quali amichevoli compositori, delle controversie da esso nascenti, 
ai sensi dell'art. 808 comma 2, cod. proc. civile. 

2. -L'eccezione di difetto di giurisdizione dell'a.g.o., che ha carattere 
preliminare e deve essere esaminata per prima, � priva di fondamento 
e va disattesa. 
essere infatti ricompresa anche la clausola compromissoroa che ad essa accede, 
pur in mancanza di una sua espressa accettaZJione, come affermato in dottrina 
da V. ANDRIOLI, Commento al Codice di Procedura Civile, IV, Napom, 1964, pp. 785789, 
e S. SATTA, Commentario al Codice di Procedura Civile, IV, 2� ;parte, Mdlano, 

p. 244, e come ritenuto dn giurisprudenza da Cass., 28 marzo 1%9, n. 1011, in 
Giust. civ., Rep. 1969, voce Compromesso, p. 581, n. 67; App. Torino, 18 aprile ll.961, 
ivi, 1961, I, p. �1887' ss.; Cass., 11 ottobre 1960, n. 2640, ivi, 1960, I, p. 1725 ss.; Cass., 
12 <luglio 1957, n. 2840, ivi, Rep. 1957, v. cit., p. 573, n. 85; Cass. 16 ottobre 1953, 
n. 3386, fa1 Foro it., Rep. 1953, voce Arbitramento, ool. 168, n. 28. Si veda ailtres� 
Cass., 17 settembre 1970, n. 1515, in Giust. civ., 1970, I, p. 11565 ss., che incongruamente, 
mentre ni:tiene che iH cessionado del credito succede automaticamente 
�anche nel :patto compromissorio accessivo ~rapporto sostanziale da cui iii credito 
deriva, osserva poi che ~l cessionario del contratto dovrebbe viceversa accettare 
espressamente la clausola ;predetta; ma quest'ultimo indirizzo risulta superato 
da Cass., 14 febbraio 1979, n. 965, in Giust. civ., Rep. 1979, voce Compromesso, 
p. 493, n. 52. 
La questione appare pi� complessa qualora si veril�ichi la successione dn 
talune posizioni particolari derivate da1 'l'apporto oggetto del patto arbitrale, 
senza che ~'avente causa subentri tuttavia neL1a stessa condizione giuridica del 

compromittente: in tair caso, a:Ua obbiettiva ricomprensione deHe situazioni giuridiche 
trasferite nell'ambito di operativ.i�t� della clausola comprom.issorfa, non 
corrisponde sempre festensibilit� soggettiva di quest'ultima nei confronti dei 
successor.i. 

Per ammettere a:�arbitrabiilit� delle controversie nascenti dn prQ'posito, non 
sembm infatti sufficiente Tifecirsi, -come fa la sentenza che si annota, -al 
noto principio della individua!H� e dell'autonomia deli}a clausola compromissoria 
rispetto al contratto cui � adiecta (su cui si vedano, da ultimo, Cass., 18 maggio 
1978, n. 2392, in Giust. civ., 1978, I, p. 1642 ss.; Foro it., 1979, I, p. 1158 ss.; 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

734 

La questione prospettata non � nuova, ma � stata affrontata e Tisolta 
dalla Suprema Corte con de recenti sentenze deHe Sezioni Unite civiH 

n. 6517 e n. 6597, rispettivamente del lO e del 14 dicembre 1981. Con 
dette pronunzie si � ribadito che il rapporto che scaturisce dagli atti 
di assegnazione dei fondi nel quadro della riforma fondiaria prevista 
dalla legge 12 maggio 1950 n. 230 e successive modificazioni � un rapporto 
unitario, complesso e disciplinato, secondo lo schema tipico della 
concessione-contratto, da nonne pubblicistiche che attengono al provvedimento 
di assegnazione, le quali integrano la disciplina privatistica 
che si adegua aJ. contratto di compravendita con riserva defila �propriet� 
e pagamento differito nel prezzo, accessivo alla concessione. La tutela 
giurisdizionale in ordine alle controversie a cui H suddetto complesso 
rapporto pu� dar luogo va ripartita, dopo la legge 6 dicembre 1971, 
n. 1034, fra i tribunali amministratiW regionali, con detta legge istituiti, 
e l'autorit� giudiziaria ordinaria secondo le previsioni dell'art. 5 della 
legge stessa, nel senso che appartengono alla competenza dei tribunali 
amministrati~ �regionali tutte quelle controverisie dn cui le questiOOii :patrJmo.
niali �presuppongono l,a previa risoluzione dedle questioni attinenti aUa 
cessazione del rapporto, per revoca o per mnunzia, e alla stess,a mterpreta-
Giur. it., 1979, I, 1, p. 1165 ss.; Cass., 29 ottobre 1973, n. 2801, tin Giust. civ., Rep. 
1973, v. cit. p. 473 n. 37; Cass . .11 ottobre 1972 n. 3003, in Foro it., 11973, I, �P� 7'1/;, ss.; 
Cass., 28 gennaio 1972, n. 244, ivi, 1972, I, p. 600 ss.). Se � vero infatti che da tale 
principio pu� astrattamente desumersi la trasferibilit� della clausola compromissoria 
indipendentemente dal rnpporto complessivo cui essa accede ed in rela� 
zione a singOtle :Posizioni soggettive da esso derivate, non sembra che il trasferimento 
del negozio processua�e possa avvenire in ogni caso in via impltioita, 
senza espressa accettazione da parte del successore neMe ~tuazioni parziarie. 
Una soluzione :rigorosa importa probabi:lmente una distinzione. La succes


sione automatica nell'accordo di arbitrato pu� effettivamente riferirsi al suc


cessore a titolo universale (come nel caso dell'erede che consegua n diritto 

a1la Hquida:zfone della quota sociale o succeda nel credito derivato dal contratto 

con la dausol1a compromissoria), il qua�e, nella qualit� di continuatore delila 

personalit� del de cuius, � tenuto alla osservanza cli tutti i negori da lui stipulati 

che non abbiano carattere personale, ivi compreso il patto compromissorio (per 

un caso simdle, cfr. Cass., n. 1525/11970, cit.). A diverse conclusioni si dovrebbe 

pervenire invece in riferimento a1Il'avente causa a titolo particolare nel diritto 

controverso, nei cui confronti il patto com:i>romissorio ad esso accessivo non 

dovrebbe avere effetto in mancanza della sua accettazione esplicita, ai sensi 

de1l'a:rt. 1372, secondo comma, cod. civ. (per un precedente conforme, cfr. Cass., 

n. 1026/1963, cit. sub nota precedente). In quest'ottica, � opinabiile ~'ammissibilit� 
dell'arbitrato proposto dai soggetti �specificati nell'art. 7 legge 29 maggio 1967, 
n. 379 per H conseguimento dei diritti patrimoniali conseguenti allo scioglimento 
del rapporto di assegnazione, trattandosi non necessariamente dii � eredi >>, quanto 
piuttosto di successori a .titolo rpa['ticolare individuati ex lege. 
Occorre tuttavia considerare che la giurisprudenza prevalente tende ad 
ammettere anche in queste dpotesi l'esperi~dt� dell'arbitrato, ~atando quindi 
l'efficacia soggettiva della o}ausola compromissoria. Risulta cos� su;perata ogni 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 735 

zione del contratto accessivo alla concessione, comportando queste non 
sono la valutazione dei diritti soggettivi del privato ma anche l'apprezzamento 
deH'.interesse pubb1ico inerente alla coocessione, mentre aippru:-tengono 
alla giurisdizione dell'autorit� giudfai~ia oIXlinaria le mere questioni 
patrimoniali concernenti mdennit� e canoni, dovuti al privato o al1l'ente 
concedente, che non poogano n discussione l'esistenza o la cessazione 
del rapporto di concessione. 

AHa stregua dei suddetti principi, che questo Collegio pienamente 
condivide, non � dubbio che la controversia insorta nella specie � compresa 
tra quelle per le quali l'art. 5 comma 2 ora ricordato f~ salva la 
giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria e per le quali deve ritenersi 
quindi ammissibile la comprom.isSlione marbitri. 

~ versa infatti in iipotesi di manifesta estinzione ope legis per morte 
dell'assegnatario del rapporto concessorio, da cui � residuata una mera 
controversia sui.resistenza e sull'entit� delcredito per li miglioramenti 11."ecati 
dalil'assegnatario defunto al fondo, rientirato, a seguito della .rinrunzia degli 
eredi aventi diritto, nena piena disponibilit� dell'ente di sviluppo 
agricolo. 

distinzione tra successione nel rapporto giuridico complessivo e nelle posizion!i 
parziarie da esso derivanti e, in questo caso, tra successione a titolo universale 
ed a titolo particolare, come rilevano, iin tema di cessione dii credito, Cass. 

n. 1525/1970, cit., e Cass., 29 luglio 1964, n. 2161, in Foro, pad., 1965, I, p. 976 ss., 
con nota critica di G. ScHIZZEROTTO, Questioni e questioncelle in materia di 
arbitrato. 
Di fronte a tale tendenza giurisprudenziale, -che sul piano pratico si 
giustifica con l'opportunit� di forn!ire soluzioni omogenee a problematiche .sostanzialmente 
anailoghe, -non resta che ritenere, sul piano dogmatico, che si verifica 
un'appliicazione generalizzata non tanto del prlncipfo dell'individualit� ed autonomia 
de11a clausola com;promissoria, quanto piuttosto di quello concorrente 
deUa sua �accessoriet�� {su cui cfr. Cass., 27 gennaio 1967, n. 221, in Giust. civ., 
Rep. 1967, v. cit., p. 567, n. 39 e, ,in dottrina, E. REDENTI, Diritto processuale civile, 
III, MHano, 1954, p. 461), in guisa che i.I negozio processuale, che investe ciascuna 
situazione giuridica nascente dal negozio di diritto sostanziale cui inerisce, ne 
� segue � poi le vicende, anche nel caso di mutamento della sua titolarit�. 

Per quanto concerne poi i limiti oggettivi di estensione della clausola compromissoria, 
� corretta e conforme a11a giurisprudenza dominante J'affermazione 
che essa �devolve a~i arbitri tutte le controversie insorgenti da;l contratto..., dalla 
nascita a11a fine, compresa quindi ila fase estintiva�, in modo che, � ove certe 
obbligazioni debbono essere eseguite dopo la scadenza del termine contrattuale 

o per effetto della estinzione del contratto, le controvers�: originate daitle suddette 
obbligazioni debbono ritenersi determd.nate e nascenti dai! contratto e 
facenti parte, per ci� stesso, della materia contemplata dalia clausola compromissoria 
� (neLlo stesso senso, da ultimo, Cass., 22 ottobre .1979, n. 5483, in Giust. 
civ., Rep. 1979, voce Compromesso, p. 493, n. 51; Cass., 12 febbraio �1979, n. 935, 
ivi, v. cit., p. 492, n. 33; Cass., 15 a."Prile 1976, n. 1343, ivi, Rep. 1976, v. cit., �P� 517, 
n. 28; Cass., 8 ma�rzo 1974, n. 616, ivi, 1974, I, p. 1266 ss.; Cass., 9 agosto 1973, n. 2297, 
ivi, Rep. 1973, p. 473, n. 38; Cass., 3 febbraio 1968, n. 353, ivi, .1968, I, p. 1179 ss.; 

736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ed invero, nel caso di morte dell'assegnatario prima del riscatto e 
di 1riinunzia dei suoi ,eredi al loro diritto a subentrare nell'assegnazione, 


I i 

il rapporto di concessione di estingue ipso iure, con effetto dal momento 
della morte, senza necessit� di alcun atto formale da parte dell'ente �oncedente, 
il quale dovr� solo provvedere ad una nuova assegnazione del 
podere ad atJtri e ad emettere, unilateralmente, gli atti necessari ad assicurare 
la continuit� delle trascrizioni nei confronti dei terzi. 

N� la rinunzia degli eredi al loro diritto di subentro nell'assegnazione 
deve essere accettata dall'ente concedente, perch� detta rinunzia 

I!

abdicativa, quale tipica espressione dell'autonomia negoziale privata, ha 
la struttura di atto unilaterale non recettizio e, pertanto, ai fini del suo i 
perfezionamento, � sufficiente che la . volont� di rinunzia venga esterio


I

rizzata, senza necessit� che sia portata a conoscenza di una persona determinata, 
anche se 1interessata, ed unica interessata, alla rinunzia stessa e i! 
senza necessit�, quindi, che venga da questa accettata. 

Agli arbitri quindi non restava che prend~re atto dell'avvenuta estin


I

zione del rapporto di. concessione e pronunziarsi sulle sole questioni di 

~ 

carattere patrimoniale nascenti dalla richiesta degli eredi, sicuramente 

' 

~ 

I 

I

Foro it., 1968, I, p. 3057 ss.; Cass., 25 gennaio 1968, n. 216, in Giust. civ., 1968, I, 

f 

p. 182 ss.; Por.o it., 1968 I, p. 970 ss.; Giur. it., 1969, I, 1, p. 1195 ss., con nota i 
f 
adesiva di G. ScHIZZEROTTO, Arbitrato e transazione). 
~ 

Nel caso di specie, la dipendenza del diritto fatto valere daL contratto sotto


! 

posto a clauso:Jia compromissoria e la conseguente arbitrabHit� de1la controversia ' f. 
sono state desunte dalila circostanza per cui l':indennit� migi~iorataria sarebbe ff 
sorta in diretto favore dell'assegnatario e sarebbe stata trasmessa ai ricoTrenti 

~ 

in forza de1Faperta successione; prJma del riscatto del fondo, anzi, :iil credito ! 
per tale indennit� avrebbe cost1tuito il solo �bene� entrato nel patrimonio del ff 
de cuius per effetto dehl'assegnazione ed il solo oggetto del trasferimento mortis 
causa in favore dei successibili. Queste uJtime affermazioni, -bench� abbiano 
carattere incidentale ai fini del decidere, -meritano tuttavia di essere verificate 

I 

criticamente, a confronto con 1'op;posta tesi .secondo cui dl diritto all'indennit� 
migiliorataria in favore dei chiamati che rinuncino a subentrare nel rapporto 

d:i assegnazione nascerebbe direttamente in favore di costoro, per esolusiva forza 
I 

cli legge, con .1a dedotta conseguenza di sottrarsi all'operativit� della clausola 
compromissoria inserita nel contratto. 

I 

(5) L'obiter dictum de1la Corte di Appello di Bari suil'la genesi dei diritti 
i 

fatt�i valere med�lante la procedura arbitrale in esame, consente di esaminare $ 
brevemente il complessivo fenomeno delfa successione nel rapporto di assegnazione 
dei terreni soggetti a riforma agraria. L'opinione accolta dalla sentenza 
annotata -per fa quale il credito per l'indennit� miglio11ataria sarebbe sorto 
in forza del contratto stipUJl'ato dal de cuius e sarebbe stato devoluto agJi eredi 
(rectius: ai successib�IIi ex art. 7 leggie 379/1%7) in virt� dell'apertura de1La successione 
-trova invero un autorevole riscontro nella decisione de1La Corte 
Costituzionale del 13 marzo 1974, n. 66 {in Foro it., 1974, I, p. 955 ss.; Cons. St., 
11974, Il, p. 316 ss.; Giust. civ., 1974, III, p. 164 ss.; Giur. it., 1974, I, l, a>. 1123 ss.; 
Giur. cast., 1974, p. 258 ss.), citata in motivazione, oltre che in talune pronunce 
delila giurisprudenza tributaria (cfr. Comm. Centr., 10 giugno 1%4, n. 10881, in 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 737 

comprese nella giurisdizione dell'autorit� giudiziaria e quindi nella competenza 
arbitrale. 

3. -Stabilita la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, deve 
ora esamiil1airsi, �se sussisteva o meno la potestas decidendi degli arbitri in 
seguito alla este.nsibhlit� agli eredi, ohe �abbiano .Pinunziato a s.uibentraire 
nell'assegnazione, della olausola compromissoria contenuta nell'art. 19 
del contratto .di assegnazione e vendita del fondo. 
Al quesito, che. involge una questione rilevabile anche d'ufficio, perch� 
diretta ad accertare l'esistenza dei p:res1.llpposti fondamentaili del 
gi'tl!dizio airbitrrale ed a IJ:'ilevare l'evenlluale a:s�soluto difetto di competenza 
degli arbitri, deve essere data risposta affermativa. 

Anche se �. vero, infatti, che la 1.Pinunzia degli eredi a subeintra'l'e 
nell'assegnazione comporta la estinzione della concessione e dell'intero 
rapporto instauratosi tra l'ente pubblico e l'assegnatario defunto, non 
pu� illega.PSi che l'estinzione del contratto non �travolge la clarusola compromissoria, 
la quale, come � pacifico in dottrina ed in giurisprudenza, 
nonostante la sua denominazione, non costituisce un patto accessorio del 

Massime, 1966, p. 55). Questa tesi non appare per� esauriente, e richiede comunque 
qualche opportuna puntualdzz!Wone. 

In primo luogo, � ovvio che, finch� perdura il rapporto di assegnazione, 
l'assegnatario che migliora il fondo non acquista nessun cred1to verso l'Ente, 
perch� egli lo mig;1iora per s�, e noll' per .t'Bnte, in considerazione del suo diritto 
ad acqudstarne la pr01Prdet� mediante affrancazione o riscatto. Il diritto aill'indennit� 
di miglioria � in rea1t� solo eventuale e futuro, ed � condizionato ahla 
risoluzione del rapporto di assegnazione ed aUa connessa pel'dita del di�ritto 
primario all'acquisto del podere. 

Suhla base di questa impostaziione di carattere generale e secondo una prima 
tesi interpreta:tiva, si pu� ritenere in verit� che il rapporto di assegnazione 
si risolva ipso jure al momento della morte dell'assegnatario, e che in quel 
momento il d~ritto aJJl'affrancazione o al riscatto si converta nel diTitto sostitutivo 
a conseguire l'indennit� mig1iorataria, che entrerebbe in tal modo a far 
parte de11'1asse eredita:ri.o. Da parte loro, i soggetti specificati nell'art. 7 fogge 
379/1967 vanterebbero una posizione di mero &nteresse 1legittimo al subentro 
nell'assegnazione, che dchiederebbe quindi una apposita delibera costitutiva 
dehl'Ente; in seguito alla morte dell'assegnatario, essi acquisterebbero dnvece 
il solo diritto ahl'indennit� migliorataria, sotto ila condizione risolutiva che 
non �1ntervenga una nuova assegnazione in loro favore. 

Questa interpretazione, tuttavia, bench� a;ppaia la pi� conforme ai principi 
genernli dn tema di assegnazione (in questo senso, cfr. Cons. Stato, 
20 novembre 1979, n. 792, 1in Cons. St., 1979, I, p. 1673; nello stesso senso, per 
un caso analogo di successione nel rapporto � di assegnazione di a1Loggi di 
edilizia economica e popolare, cfr. Cass., 13 ottobre 1980, n. 5460, in Giust. civ., 
198,}, I, p. 64 ss.), non sembra del tutto coerente con �la normativa speciale 
vigente neHa materia che qui interessa. Secondo questa disoiplina, non la morte 
del'l'assegnatario, ma la rinuncia o l'inidone1t� dei successibiJld a ,subentrare 
nel.l'assegnazione determina infatti la risoluzione del rapporto, che nelle pre� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

738 

negozio giuridico sostanziale cui � adietta, bens� una autonoma manifestazione 
di volont� negoziale ben distinta da quella del contratto stesso 
ed operante in modo indipendente (Cfr. Cass. 12 febbraio 1959 n. 57). 

Dal principio dell'autonomia della clausola compromissoria viene comunemente 
tratto il corollario che rientrano nell'ambito di detta clausola 
anche le controversie che �sorgono dopo la cessazione del contratto, 
in dipendenza di fatti pregressi. La clausola cio� devolve agli arbitri tutte 
le controversie insorgenti dal contratto ed attinenti a tutte le vicende 
del rapporto dallo stesso originato, dalla nascita alla fine, compresa, 
quindi, la fase estintiva. Sicch�, ove certe obbligazioni debbono essere 
eseguite dopo la scadenza del termine contrattuale o per effetto della 
estinzione del contratto, le controversie originate dalle suddette obbliga. 
zioni debbono ritenersi determinate e nascenti dal contratto e facenti 
parte, per ci� stesso, della materia contemplata dalla clausola compromissoria. 


Ma dal principio dell'autonomia del negozio compromissorio viene 
tratto anche l'altro corollario che detto negozio � estensibile ai successori 
ed aventi causa dei contraenti originari. A tal fine, come peraltro � 

v.isioni .Jegislative � destinato a continuare automaticamente in favore dd 
figlio o del coniuge nominato per testamento, o scelto per accordo reciproco, 

o designato dal Giudice civile con procedura di volontaria giurisdizione (cfr. 
sul punto, con esaurienti e decisive argomentazioni, R. ScoGNAMIGLIO, M. SPINELLI, 
M. COSTANTINO, Procedimenti arbitrali per migliorie richieste da assegnatari, 
in Giur. agr. it., 1980, :p. 466 ss.). In altri termini, se � vero, -come 
ha costantemente ritenuto la giurisprudenza civire, -che il fenomeno del 
subentro nel rapporto di assegnazione si inquadra nella categoria delle 
successioni mortis causa (cfr. Trib. Roma, 5 marzo 1%2, in Temi romana, 11%2, 
p. 322 ss.; App. L'Aquila, 1� febbraio 1958, in Foro it., Rep. 1958, voce Agricoltura, 
col. 63-64, n. 92; Pret. Avezzano, 14 gennaio 1959, in Riv. Giur. Umbro-abruzzese, 
1959, p. 383 ss.), e che i successibili vantano un diritto soggettivo perfetto alila 
trasmissione del rapporto in loro favore (in tal senso, Cass., 19 giugno 1957, 
n. 2337, �in Foro it., I, p. :Ll66 ss.; arg. pure da Cass., Sez. Un., 14 giugno 1980, 
n. 3794, ivi, 1981, I, p. 1091 ss.; Giust. civ., 1980, I, p. 2121 ss.), si dovr� ahlora 
dedurre che in seguito aJfa morte delJ:'assegnatario hl predetto �rapporto non 
si estingue, ma subisce semplicemente una modificazione soggettiva. 
La trasmissione mortis causa del rap:porto di assegnazione (e, quindi, del 
connesso dir1tto all'acquisto del fondo, al verificarsi deMe condizioni previste 
dalla legge), escluder� tuttavia 1l'ipotesi alternativa della trasmissione delffia 
indennit� migliorataria, che a quel momento non potr� ritenersi. compresa 
ne} patrimonio del de cuius (i:n tal senso, cfr. Trib. Roma, 5 marzo 1962, cit.; 
Cons. St., parere 25 maggio 1955, n. 413, in Cons. St., 1956, I p. 370; in dottrina, 

T. KurscHE DE LA FRANCE, In tema di assegnazione di fondi della riforma agraria, 
in Foro Amministrativo, 1975, II, p. 304). Il ddritto a ta:le indennit� potr� sorgere 
solo !in un momento successivo, in seguito alla r�isOtluzione del il'.'apporto 
trasmesso, per rinunzia dei successibiJ.i al subentro o per decadenza pronunziata 
dalfEnte; ma si tratter� allora di un diritto che nasce in forza di [egge, 
in diretto favore dei soggetti chiamati al subentro, nell'ambito della regOla


! 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 739 

stato gi� ritenuto in giurisprudenza (Cfr. Cass. 17 settembre 1970 n. 1525), 
� sufficiente considerare che, per un principio fondamentale del diritto 
di successione mortis causa, l'erede prende il posto del defunto in tutti 
quei rapporti che, non essendo intuitu personae, sono capaci di sopravvivere 
alla morte dell'originario titolare, e viene cos� a trovarsi nella 
medesima posizione giuridica in cui questi si trovava. 

Gli eredi, pertanto, pur non essendo succeduti a1 Perciante nella 
qualit� di assegnatario, per le ragioni gi� esaminate, gli sono subentrati 
in ogni altro rapporto capace di sopravvivere alla di lui morte e, quindi, 
anche in quello posto in essere con la stipulazione, tra esso Perciante e 
J,Ente, :della clausola compromissoria relamva ad ogni controversia 
nascente dal contratto, ivi compresa quella sul diritto a conseguire il 
rimborso__ delle annualit� versate e l'indennit� per i miglioramenti recati 
al fondo in caso di risoluzione o estinzione del rapporto prima del riscatto. 
Tali crediti, come � del tutto evidente, spettano agli eredi iure 
successionis e non iure proprio, perch� fu l'assegnatario a versare le quote 
di ammortamento del prezzo e a migliorare il fondo con il proprio lavoro, 
impiantandovi nuove culture o incorporandovi nuove costruzioni od opere, 
e divenendo quindi, per legge e per contratto, creditore del relativo valore 

mentazione dei rapporti tra essi e l'Ente, nella cui disponibilit� H fondo finisce 
per rito:mare; con il'a probabile conseguenza ulteriore che, non derivando direttamente 
dal contratto di assegnarione, ma trovando in esso un mero antecedente 
causale, non dovrebbe essere ricorn:preso tra le situazioni regolabili 
mediante arbitrato. 

In definitiva, il fenomeno della successione nel rapporto di assegnazione 
dei fondi soggetti a riforma agraria, incidentalmente analizzato dalla sentenza 
che si annota, ha bisogno di essere precisato e chiarito: o si tiene fermo iil 
principio deUa successione automatica, -secondo f'interpretazione pi� aderente 
al disposto della normativa speciale vigente ~n materia, -con tl'effetto che 
l'eventuale surrogazione dei diritti inerenti al riapporto di assegnazione con 
l'indennit� di miglioria incide direttamente ed es.elusivamente sul patrimonio 
dei chiamati a1 subentro; ovvero, -con maggiore aderenza ai principi generali 
di diritto ammimstrat:ivo, -si ritiene che H subentro dei chiamati nella posizione 
del de cuius necessiti di un provvedimento costitutivo dehl'Ente concedente, 
:in guisa che fino a quel momento il:'unico diritto da essi :legittimamente 
invocabile sia queLlo all'indennit� migliorataria derivante dalla (sia pur provvisoria) 
estinzione del rapporto originario. 

iLa giuris,'prudenza civile sembra seguire ;invece un orientamento eclettico 
e poco coerente, ammettendo per un verso che il rapporto di assegnazione 
si trasmetta automaticamente ai chiamati, e l'itenendo per un altro che_ l'oggetto 
deLla successione ereditaria sia costituito da:l diritto alla indennit� di migiliioramenrto, 
che presuppone invece festinzione del rapporto suddetto. Ma le soluzioni 
di volta in volta adottate non appaiono quasi mai �inserite !in un quadro 
di riferimento organico, e risentono comunque del difficile intreccio tra situazioni 
pubblicistiche e privatistiche che si registi;a in materia. 

Alessandro DE STEFANO 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

740 

nella fase antecedente al riscatto. I suddetti crediti, anzi, costituivano i 

f 
f 
i:'.

soli �beni � che, per effetto dell'assegnazione operata in suo favore, erano 
entrati nel �suo patrimonio prima del riscatto (Cfr., negli stessi termini, 
Corte Costituz. sentenza n. 66 del 13 rriarzo 1974). Del resto � la stessa 
legge (art. 7 comma 6 legge n. 379 del 1967) a disporre che, non verifican


I dosi il subentro degli eredi nell'assegnazione, ove nessuno di essi possegga 
i requisiti necessari o sia disposto a continuare nella coltivazione del 
fondo, e non applicandosi quindi la disciplina particolare dettata per 
evitare la successione collettiva pro indiviso nell'assegnazione e per rego


IIilare i rnpporti trn erede prefeiiito ed eredi esclusi, ~'Ente � teinuto a rimborsare 
agli eredi tutti, secondo le regole della successione ordinaria, � le 
annualit� versate dal loro dante causa� e l'� indennit� nella misura dell'aumento 
di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti da 
lui recati �. Trattasi di crediti per� che, per la successione verificatasi nel 
negozio compromissorio, debbono essere accertati e valutati col procedimento 
arbitrale, mediante una pronunzia degli arbitri quali amichevoli 
compositori e non soggetta ad alcun gravame, tanto nell'interesse degli 
eredi che dell'ente medesimo. Diversamente argomentando, infatti, si 
perverrebbe alla inaccettabile conclusione che gli eredi potrebbro far 
valere un diritto diverso e, per certi aspetti, pi� ampio di quello spettante 
al loro autore, potendo fruire per l'accertamento di tale diritto, nei 
oonfironti dell'ente. debitore, di una g~anzJiia �giurisdizionale ;pi� tata di 
quella assicurata dal procedimento arbitrale. 

Si deve in conseguenza affermare che gli eredi dell'assegnatario defunto, 
per la controversia relativa alla liquidazione dei crediti caduti nella 
successione dell'assegnatario medesimo, erano tenuti al rispetto della 
clausola compromissoria inserita nel contratto a suo tempo concluso con 
l'ente e che gli arbitri da loro aditi avevano quindi pieno potere decisorio 
al riguardo. 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 16 marzo 1981, n. 1474 -Pres. La Farina Est. 
C<;lntillo -P. M. Morozzo della Rocca -Tobler. (avv. Niccolai) c. 
Ministero Beni Culturali (v. avv. gen. Gargiulo). 

Demanio -Servit� pubbliche � Deputatio ad cultum � Atto dell'autorit� 

ecclesiastica � Prova � Esposizione secolare al pubblico � Presunzione 

di esistenza dell'atto � Esclusione. 
Demanio � Servit� pubbliche � Deputatio ad cultum � Effetti nell'ordinamento 
civile. 
Demanio � Servit� pubbliche � Estinzione � Dtphtto esposto in chiesa e 
sostituito con una copia � Estinzione della servit� � Esclusione. 
Demanio � Servit� pubbliche � Dicatio ad patriam � Condizioni. 

La sola circostanza certa dell'esposizione secolare, in chiesa di un 
quadro a soggetto religioso di propriet� privata, se-consente di ritenere il 
fatto oggettivo della venerazione da parte dei fedeli e la volont� del proprietario 
di consentire tale specifico uso, non implica, secondo l'id quod 
plerumque accidit, l'intervento del potere ecclesiastico attraverso un apposito 
atto di dicatio ad cultum (1). 

Perch� il provvedimento costitutivo ecclesiastico di deputatio ad cultum, 
per il quale � necessaria, ad substantiam, la forma scritta, produca 
effetti civili, � necessario il consenso, espresso o tacito, del proprietario 
alla destinazione della cosa allo specifico uso religioso (2). 

Le servit� di uso pubblico non si estinguono per il mancato esercizio, 

(1-3) Secondo fa giurisprudenza (cfr. Cass. Sez. Un. 31 dicembre 1948, n. 1951, 
in Foro it. 1949, I, 4 e il Contenzioso dello Stato, per gli anni 1950-55, I, 872, 
Ia deputatio ad cuittum presenta la carntteristica di una fatttspecie com1Plessa 
dovendo intervenire, a<:0anto �a:hl'intenzione del dicans ed al collocamento dellla 
cosa ~n luogo in cui iLa col1ettivit� possa eseroitare l'uso, l'atto di consacrazione 
dell'aiutor.it� ecclesiastica. 

Inoltre, all'ampiezza indiscriminata delJ1a destinazione che � propr1a delldla 
rucatio ad patriam, si contrappone 1a mdinore estensione propr1a del1a deputatio 
ad cultum, contrassegnata dalla spedaldt� dell'uso (destinazione 1al1a venera� 
zione. religfosa). 

1Posto tale concetto, la dest1nazione al culto pu�, di per s�, essere consi� 
derata come uso pubblico dehla cosa �sacra (oi� non �, tuttavia, senza contrasto 
ne1la dottrina) e, quindi, la deputatio ad cultum implica resistenza ili una 
intenzione s;peciale, accanto a quella generica di destinare la cosa a!Jl'uso pub




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ma o in virt� di un apposito provvedimento dell'ente pubblico titolare del 
diritto, o per un fatto tale da renderne impossibile l'esercizio, o allorch� 
il non uso sia accompagnato dalla volont� dell'amministrazione, comunque 
manifestata, di non mantenere il vincolo di destinazione; ove la servit� 
cada su un quadro in una chiesa aperta al pubblico, pertanto, la sos~ituzione 
dell'opera, con una copia, sostituzione non percepibile dalla generalit� 
della collettivit�, non fa venir meno la servit� in parola (3). 

La dicatio ad patriam, quale modo di costituzione delle c.d. servit� di 
pubblico godimento, non � un negozio, ma un mero fatto giuridico volontario, 
consistente nel porre una cosa a disposizione di una collettivit� indeterminata 
di cittadini, assoggettandola all'uso pubblico ammettendo il 
pubblico ad uri particolare godimento; la stessa si perfeziona, divenendo 
irrevocabile, con il concreto esercizio dell'uso consentito, senza che sia 
necessario che l'esercizio delle facolt� di godimento si protragga per un 
tempo determinato (4). 

La prima censura � fondata (ancorch� essa, come sar� chiarito pi� 
oltre, a proposito del secondo. motivo, non possa avere efficacia per il 
richiesto annullamento della sentenza). 

Ai fini della costituzione del vincolo della deputatio ad cultum, in 
forza del quale cose mobili o immobili, ancorch� in dominio privato, 
vengono destinate ad uso pubblico di culto e acquist�no la qualifica di 
res sacrae, venendo assoggettate al particolare regime inerente a questa 
categoria di beni, in base alle norme canoniche � necessario ad substantiam 
un atto rituale dell'autorit� ecclesiastica, consistente o nella c�nsacrazione, 
di cui � ministro competente -di regola -il vescovo, o nella 
benedizione, la quale pu� essere impartita da qualsiasi sacerdote (cfr. 
oan. 1148 par. 2 del Codex iuris canonici; la stessa disdp1ina vigeva in 
passato); e questi atti sacramentali, av�nti l'effetto di imprimere immediatamente 
detta destinazione, debbono ris'ultare da apposito documento, 

blico. Si deve, di conseguenza, ammettere che ogni qualvolta una res sacra sia 
anche pretiosa, cio� artistica, accanto alla deputatio ad cultum esiste una 
dicatio ad patriam, consistendo questa in una destinazione della cosa al godimento 
col!letitivo, e non si pu�, certamente, limitare ~'uso dehl:a cosa al:la sola 
venerazione religiosa (v. contro la confusione dei due dstituti cfr. PETRONCELLI, 
Deputatio ad cultum e dicatio ad patriam, in Rass. dir. pubbl., 1947, II, 557). 

Per questo motivo, fo Stato sar� sempre legittimato ad ri!ntervenire giudizialmente 
per richiedere che la res sacra e pretiosa rimanga esposta alla pubblica 
ammirazione (v. contra App. Finanze, 19 maggio 1950, in Foro it., 1951, I, 
353, con nota di A. SANDULLI). Si deve tuttavia ammettere che �i diritti di uso 
pubblico possono estinguersi per impossibmt� fisica deltl:'uso, come pure ;per 
manifestazione implicita della p.a.; cfr. RIZZATI, Le vie vicinali e la cessazione 
dell'uso pubblico, in Foro it., 11940, I, 47. La sentenza � pubblicata <anche in Giust. 
Civ., 1981, I, 1654 con nota e in Giuris. it. 1982, I, 1, 74, con nota di COLELLA. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

redatto in duplice esemplare (uno da conservare in ecclesia, l'altro 
in Curia: �can. 1158). 

Non si richiede, per il diritto canoni.co, un corrispondente atto dispositivo 
del proprietario, la cui volont� �, in sostanza, giuridicamente irrilevante, 
con la conseguenza che, ove oggetto del provvedimento ecclesiastico 
sia -come nella specie -un'immagine sacra, la deputatio � valida tanto 
se essa sia stata collocata dal dominus nel luogo di culto a scopo di venerazione 
da parte dei fedeli, quanto se la collocazione abbia una diversi!i: 
motivazione, e cos� per ornamento della chiesa, per attribuirle particolare 
decoro, per favorire il concorso di fedeli, etc. 

Ma nell'ordinamento statale la deputatio invito domino non � ammissibile, 
non potendo ritenersi validamente costituito un vincolo di destinazione 
senza il consenso del proprietario della res, e perci� tale elemento 
si pone come presupposto -la cui esistenza deve essere verificata dal 
giudice italiano -del riconoscimento dell'efficacia civile dell'atto canonico 
di dicatio (che �, invece, insindacabile). 

In questo �senso, quindi, va condiviso il principio -gi� affermato da 
questa Corte (sent. n. 1951 del 1948) -secondo cui nel nostro ordinamento 
la deputatio ad cultum si atteggia come fattispecie complessa, dovendo 
il provvedimento costitutivo ecclesiastico concorrere, affinch� produca 
effetti civili, con H consenso espresso o tacito del proprietario alla destinazione 
della cosa allo specifico uso religioso oggetto del provvedimento 
medesimo; e questo requisito pu� risultare, come pure � stato chiarito 
con detta sentenza, in qualsiasi modo, quindi anche mediante presunzione, 
deducendolo da fatti concludenti. 

Ora, la sentenza impugnata, dopo di avere a torto dubitato della 
necessit� di un atto liturgico di costituzione del vincolo, � nondimeno 
passata a verificarne l'esistenza ed � pervenuta a conclusione positiva con 
la motivazione che � pur non esistendo in atti la prova documentale della 
consacrazione del polittico� quest'ultima poteva �desumersi aliunde dal 
fatto ,pacifico, che il quadro-rappresentante la Madonna con il Bambino 
tra quattro santi e, quindi, di oggetto squisitamente religioso �, era rimasto 
esposto � per molti secoli nella chiesa, evidentemente destinato, anzitutto, 
alla venerazione dei fedeli �. 

Alla stregua dei principi sopra ricordati, questo discorso non merita 
�pprovazione per .due ragioni. 

Anzitutto, facendo ricorso alla presunzione per ritenere l'esistenza 
della consacrazione, la Corte non ha tenuto conto della prescrizione di 
forma racchiusa nel can. 1158 cit., la quale deve ritenersi dettata in funzione 
probatoria dell'atto liturgico e perci� sicuramente opera sul piano 
della prova in giudizio, limitandola secondo le regole ordinarie. 

Inoltre, anche quanto alla prova presuntiva, va rilevato che il provvedimento 
ecclesiastico � stato desunto da ci� che il quadro era, in concreto, 


744 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
destinato alfa venerazione dei fedeli; e questo fatto � stato presunto, a 
sua volta, in base al soggetto mistico del dipinto ed alla sua esposizione 
in chiesa. � agevole cogliere, quindi, la violazione dell'art. 2727 cod. civ., 
secondo cui il giudice pu� derivare presunzioni da fatti certi e non da 
altre presunzioni (praesemptum de praesunto): n� la presunzione finale 
presenta i caratteri di gravit� e univocit� richiesti dalla legge, posto che 
la sola circostanza (certa) dell'esposizione secolare in chiesa, se consente 
744 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
destinato alfa venerazione dei fedeli; e questo fatto � stato presunto, a 
sua volta, in base al soggetto mistico del dipinto ed alla sua esposizione 
in chiesa. � agevole cogliere, quindi, la violazione dell'art. 2727 cod. civ., 
secondo cui il giudice pu� derivare presunzioni da fatti certi e non da 
altre presunzioni (praesemptum de praesunto): n� la presunzione finale 
presenta i caratteri di gravit� e univocit� richiesti dalla legge, posto che 
la sola circostanza (certa) dell'esposizione secolare in chiesa, se consente 
di ritenere, al limite, H fatto oggettivo della venerazione da parte dei 
fedeli e la volont� dei proprietari di consentire tale specifico uso religioso 
(tra le molteplici motivazioni che, come si � detto, potevano giustificare 
il collocamento del polittico), non implica, neppure secondo l'id quod 
plerumque accidit, l'intervento del potere ecclesiastico attraverso un apposito 
atto di dicatio. 

La fondatezza della censura ora considerata dispensa dall'esame dell'altra, 
che deve ritenersi assorbita pevch� riguardante l'estinzione del 
vincolo canonico. 

2. -Con il secondo motivo si critica la decisione impugnata per avere 
ritenuto esistente il vincolo della dicatio ad patriam, costituito con la 
destinazione ab antiquo del dipinto all'ammirazione dei cittadini nella 
Chiesa di S. Iacopo e rimasto fermo nonostante la sostituzione dell'originale 
con una copia. Denunziando la violazione degli artt. 702, 2114 e 2115 
cod. civ. del 1865, 1161, 2729 e 2934 del cod. civ. vigente, nonch� vizi della 
motivazione, i ricorrenti sostengono che la Corte non abbia data adeguata 
dimostrazione degli elementi costitutivi della dicatio, omettendo di considerare, 
fra l'altro, il carattere privato della chiesa, escludente la sua frequentazione 
da parte della generalit� degli abitanti; ed abbia altres� 
erroneamente negata l'estinzione della dicatio per effetto dell'asp?rtazione 
dell'originale del quadro, avvenuta con il consenso del parroco, laddove in 
tal modo sarebbe cessato l'esercizio della pretesa servit� e perci� questa 
si sarebbe poi estinta per prescrizione, essendosi il non uso protratto per 
oltre un trentennio. 
Entrambe le censure sono infondate. 

Quanto alla prima, va detto che la dicatio ad patriam, quale modo di 
costituzione delle c.d. servit� di pubblico godimento, consiste nel fatto 
volontarjo del proprietario di porre una cosa a disposizione di una collettivit� 
indeterminata di cittadini, assoggettandola all'uso pubblico o ammettendo 
il pubblico ad un particolare godimento, e si perfeziona -diventando 
irrevocabile -con il concreto esercizio dell'uso consentito. In particolare, 
per le cose mobili di interesse storico e artistico, si richiede che il dominus 
abbia volontariamente dato alla cosa una particolare collocazione -in 
luogo pubblico, aperto o esposto al pubblico e, comunque, tale che questo 

possa vederla e contemplarla in 
modo da consentire ad una universitas 
incolarum la fruizione estetica in cui si concreta il godimento ammesso. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Non occorre, invece, che tale destinazione sia sorretta �da una specifica 
intenzione del dicans di dare vita al diritto di uso pubblico, giacch� la 
dicatio non � un negozio, ma un mero fatto giuridico; e neppure � necessario 
che l'esercizio della facolt� di godimento si protragga per un tempo 
determinato, essendo sufficiente al sorgere del vincolo -come pure ha 
chiarito questa Co~te (sent. n. 270 del 1979; n. 1429 deil 1978; n. 3175 del 
1971) -l'inizio dell'uso pubblico, sempre che la messa a disposizione della 
collettivit� si presenti con caratteri di continuit�, non di precariet� e 
tolleranza. 

A questi concetti si � puntualmente attenuata la Corte di appello, 
riscontrando i presupposti della dicatio in ci� che il polittico, per volont� 
dei proprietari, era rimasto esposto al pubblico godimento da tempo 
remotissimo nella chiesa di S. Jacopo, cos� da consentire l'apprensione 
del messaggio visivo artistico da una quantit� indeterminata di cives; nei 
quali non si richiedono -bene ha osservato Ia sentenza -specifiche 
cognizioni d'arte o un particolare senso critico, essendo sufficiente che 
l'oggetto della contemplazione sia cosa di immanente. bellezza, tale da 
commuovere ed affascinare (il quadro in questione � l'unico polittico 
completo, in buone condizioni di conservazione, della scuola pittorica 
pisana del trecento). 

La qu�stione circa il carattere privato della chiesa non risulta, poi 
dibattuta nelle fasi di merito, sicch� � inammissibile in questa sede; ma 
� opportuno rilevare che, secondo quanto accertato dalla sentenza, sul 
punto non censurata, la chiesa era aperta al pubblico, onde ben poteva 
attuarsi quella destinazione alla� generalit� della comunit� che � propria 
della dicatio ad patriam. 

La seconda censura si infrange contro un accertamento di fatto qui 
insindacabile, perch� sorretto da congrua e logica motivazione. L'_estinzione 
della dicatio � stata esclusa dalla Corte fiorentina, infatti, in base al 
duplice rilievo che la rimozione del quadro originale era stata richiesta dai 
proprietari e consentita dal parroco a titolo transitorio, per il tempo 
necessario alla riparazione dell'edificio di culto; e che, comunque, non 
essendo la sostituzione con la copia percepibile dagli utenti del diritto 
di godimento, non era configurabile una dismissione del suo esercizio da 
parte del titolare. 

Ora, le c.d. servit� di uso pubblico non si estinguono per il mancato 
e,,<!rcizio, ma o in virt� di apposito provvedimento dell'ente pubblico 
titolw-e del diritto o per un fatto tale da renderne oggettivamente 
impossibile l'esercizio (perdita della cosa, sua alterazione etc.) oppure 
quando al non uso si accompagnino circostanze idonee a far presumere 
la volont� dell'Amministrazione di non mantenere il vincolo di destinazione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 aprile 1982, n. 2107 -Pres. Sandulli -
Rel. Maltese -P. M. Morozzo della Rocca -ANAS (avv. Stato Del Greco) 

c. Nugnes (avv. Falco). 
Espropriazione per p.u. -Occupazione � Costruzione di opera pubblica 

pur in mancanza del decreto di esproprio � Illecito permanente 


Esclusione. 

L'illecito permanente postula che l'agente sia in grado di far cessare 
la perdurante situazione dannosa e che la cessazione della condotta illecita 
possa comportare la reintegrazione in forma specifica del titolare della 
posizione soggettiva lesa, mentre nel caso dell'illecita destinazione del bene 
occupato alla realizzazione di un'opera pubblica la condotta dell'autore 
dell'illecito si esaurisce con la realizzazione dell'opera �che determina la 
definitiva e irreversibile perdita della facolt� di godimento e di disposizione 
spettanti al proprietario del bene� (1). 

Col rprimo motivo l'amministrazione ricorrente sostiene che, in violazione 
degli artt. 2697, 2043 e.e. e omettendo l'esame di un punto decisivo 
della controversia, la corte di appello, nel respingere l'eccezione di prescrizione, 
avrebbe, nonostante la totale mancanza di prove, implicitamente affermato 
la fondatezza della domanda relativa all'asserita occupazione del 
1956. 

Col secondo motivo osserva che, in violazione degli artt. 2934 e 2935 

e.e. nel respingere la stessa eccezione, i giudici di appello avrebbero, senza 
alcun fondamento, disconosciuto, contro la giurisprudenza di questa Corte, 
il carattere istantaneo dell'illecito, ravvisando in esso un connotato di 
permanenza in realt� inesi1stente. 
Il secondo motivo � fondato e dev,e essere accolto, con effetto assorbente 
del primo. 

Invero nel discorde parere della giurisprudenza ritiene il Collegio di 
doversi attenere alla decisione pronunciata da questa sezione, con sentenza 
del 17 luglio 1979, n. 4172 (che richiama i precedenti giurisprudenziali in 
materia) secondo cui l'illecito permanente postula che l'agente sia in grado 
di far cessare la perdurante situazione dannosa e che la cessazione della 
condotta illecita possa comportare la reintegrazione in forma specifica 
del titolare della posizione soggettiva lesa, mentre nel caso dell'illecita 
destinazione del bene occupato alla realizzazione di un'opera pubblica la 
condotta dell'autore dell'illecito si esaurisce con la realizzazione dell'opera 
�che determina la definitiva e irreversibile perdita della facolt� di godimento 
e di disposizione spettanti al proprietario del bene �. 

La condotta illecita, pertanto ,� si conclude e si consuma con la destinazione 
del bene alla costruzione dell'opera pubblica, la cui realizzazione 

(1) Cfr. Caiss. 17 luglio 1979, n. 4172; Cass. 10 giugno 1981, n. 3757, retro, I, 94. 

PARTE. I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 747 

segna anche il momento in cui l'illecito esaurisce la sua potenzialit� 
dannosa, rendendo definitiva la perdita del bene �. 

Dato il carattere istantaneo dell'illecito, � da escludere, quindi, che il 
termine prescrizionale decorra dalla cessazione dell'occupazione, protrattasi 
dopo la realizzazione dell'opera pubblica. 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 7 aprile 1982, n. 213S -Pres. Mazzacane -
Rel. Ricciardelli -P. M. Morozzo della Rocca -Ministero del Tesoro 
(avv. Stato Del Greco) c. Boglino (avv. qccotti). 

Obbligazioni e contratti . Pagamento dell'indebito � Indebito oggettivo � 

Accepiens in buona fede � Restituzione dei frutti e degli interessi 

dalla domanda, intesa come domanda giudiziale � Fattispecie. 

L'accipiente in buona fede, oltre alla restituzione di quanto ha ricevuto, 
� tenuto alla restituzione dei frutti e degli interessi dal giorno della 
domanda, intendendosi per tale, nella sua accezione giuridica, la domanda 
proposta al giudice, cio� la domanda giudiziale, con la conseguenza che, 
nel caso di riparazione sostenuta dallo Stato su un immobile sinistrato 
per fatto di guerra, il proprietario � tenuto a restituire le spese soste'
nute per il ripristino oltre gli interessi, tenendo conto della disciplina 
all'uopo prevista dalla legge n. 968 del 1953 per la parte corrispondente al 
contributo di gu~rra (1). 

Con la prima censura, l'Amministrazione ricorrente deduce la violazione 
dell'art. 2033 c. civile nella parte in cui pone a carico di colui che 
ha ricevuto il pagamento dell'indebito in buona fede, l'obbligo della corresponsione 
degli interessi dalla domanda; infatti il giudice di merito 
avrebbe ritenuto sufficiente, a determinare il sorgere di tale obbligo, la 
richiesta stragiudiziale in luogo della domanda giudiziale, esplicitamente 
prevista dalla norma in esame. 

La censura � fondata. 

Non � dubbio che nella fattispecie ricorre l'ipotesi dell'indebito oggettivo 
perch� la causa del rapporto, originariamente esistente, in virt� della 
normativa che obbligava il Boglino a corrispondere i due terzi delle spese 
sostenute dallo Stato per le riparazioni dei danni di guerra, � successivamente 
venuta meno, per la parte corrispondente al contributo liquidato a 
norma della legge n. 968 del 1953 che disciplin� in misura diversa il peso 
sopportato dallo Stato per i danni di guerra (condictio indebiti ob causam 
finitam). 

In siffatta ,]potesi, regolata appunto da1l'airt. 2033 c. cliv.ile, tl'�aicc�lpiente 
in buona fede, oltre alla restituzione di quanto ha ricevuto, � tenuto alla 

(1) Cfr. Cass. 9 dicembre 1980, n. 6370, Foro Jt. Rep. 1980, voce Indebito, n. 3). 

748 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

restituzione dei frutti e degli interessi dal giorno della domanda; questo 
ultimo termine va per� inteso nel senso tecnico di domanda proposta 
giudizialmente, avendo il legislatore usato un'espressione eHittica, in cui 
la qualificazione �giudiziale� � stata ritenuta superflua. Ci� non tanto 
sul rilievo di ordine letterale, secondo cui la locuzione � domanda � nella 
comune accezione giuridica indica ci� che si richiede al giudice, quanto e 
soprattutto per considerazioni di natura logica e sistematica, poste in 
rilievo dalla costante giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, 
Cass. n. 6370/80; n. 447/78). 

Invero, per quanto concerne il primo aspetto del procedimento interpretativo, 
� appena il caso di osservare che le volte in cui, nella codificazione,
� si parla di � domnada � (vedasi per '1a maggior freciuenza il libro 
sulla tutela dei diritti) si vuol~ semp_re fare riferimento alla domanda 
giudiziale, mentre, pe~ converso, quando si � definito l;atto produttivo 
degli effetti della costituzione in mora del debitore si � fatta menzione 
della intimazione o richiesta per.iscritto: dunque l'applicazione del criterio 
razionale conforta il risultato interpretativo ottenuto dall'elemento letterale, 
perch� quando il legislatore ha voluto che fosse sufficiente la richiesta 
stragiudiziale non ha usato atecnicamente il termine domanda e si � 
servito dell'espressione generica � intimazione �. 

Ma l'argomento risolutivo � quello sistematico e si riallaccia al principio 
che regola gli effetti del possesso di buona fede e riconosce� al possessore 
il diritto di fare suoi i frutti naturali e i frutti civili fino al giorno 
della domanda giudiziale (art. 1148 e.e.); l'equiparabilit� del trattamento 
giuridico di due situazioni analoghe per l'identit� dell'elemento intenzionale, 
balza evidente solo se si consideri che, come la buona fede nel 
possesso altro non significa se non la ignoranza di ledere l'altrui diritto, 
cos� la buona fede dell'accipiente dell'indebito oggettivo vuol dire che 
egli ignora che il pagamento non gli sia dovuto e si presta al negozio 
solutorio nel convincimento che questo abbia una valida � causa sol vendi �. 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 7 aprile 1982, n. 2139 � Pres. Mazzacane � 
Rel. Ricciardelli � P. M. Morozzo delal Rocca -Calarieti (avv. Bianchi) 

c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Del Greco). 
Guerra � Contributo � Diritto -Momento in cui sorge -Lavori di ripristino 
compiuti dallo Stato -Diritto di credito dello Stato -Conguaglio 
� Ammissibilit� -Mancata liquidazione del contributo � Diritto 
di credito dello Stato per il ripristino -Mancato esercizio � 
Prescrittibilit�. 

Quando il contributo sia stato liquidato, sorge un diritto di credito 

i 

a favare del cittadino che, nei casi in cui i lavori di ripristino siano stati 

I 
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I

I 

I I 


PARTE. I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 749 

eseguiti direttamente dallo Stato, dev'essere conguagliato con il relativo 
credito dello Stato; ma i due rapporti restano pur sempre disti11ti e 
separati e soggetti alla disciplina particolare di ciascuno, con il limite che, 
per la parie del credito dello Stato, corrispondente all'ammontare del 
contributo, deve considerarsi venuta meno la causa dell'obbligazione, e 
quindi sar� indebito il pagamento eventualmente fatto dal cittadino anche 
di tale parte (indebitus ob causam finitam), mentre, ove il contributo 
non sia stato liquidato, ci� non impedisce allo Stato di esercitare il suo 
diritto, trattandosi di un ostacolo di fatto; ne consegue che tale diritto, 
se non viene fatto valere nel tempo occorrente per la prescrizione, si 
estingue (1). 

A diverse conclusioni deve pervenirsi �riigu:ardo a!l .secondo motivo, con 
il quale 1si pone a questa Suprema Corte n quesito se, contabilizzato e 
liquidato l'ammontare della spesa di riparazione d'ell'immobile danneggiato 
per fatto di guerra e ripristinato direttam�nte dallo. Staio, la prescrizione 
del diritto di credito sorto a favore dello Stato medesimo nei confronti 
del privato resti influenzata dalla successiva Jegge modificatrice delle 
disposizioni concernenti concessioni di indennizzi e contributi (legge 
29 settembre 1967 n. 955) la quale prevede il conguaglio tra la spesa di 
ripristino e il contributo. 

La Corte di merito ha risposto positivamente al quesito affermando 
che la nuova disciplina vieta che lo Stato possa agire per la riscossione 
delle spese di ripristino prima di avere liquidato il contributo, potendo 
agire solo per l'eventuale differenza. In altri termini, posto che il credito 
dello Stato, neMa fattispecie, era sorto e poteva essere fatto vr-lere prima 
della legge n. 955 del 1967 -ed � pacifico che in concreto sia stato fatto 
valere con la notifica dell'ingiunzione effettuata nel 1960 -la norma 
relativa al conguaglio avrebbe avuto la funzione e l'efficacia di una causa 
interruttiva della prescrizione. 

Per vero, i1 provvedimento impugnato afferma che, con l'entrata in 
vigore della legge del 1967, sarebbe venuto meno il diritto di agire per 
il credito anteriormente sorto, aggiungendo che .l'esercizio del nuovo diritto 
sarebbe possibile a partire dall'entrata in vigore della suddetta legge. 
A parte la imprecisione terminologica che si coglie laddove si parla di 
un nuovo diritto, quasi che il credito per le spese di ripristino sostenute 
dallo Stato sia estinto, la fattispecie concreta riguarda proprio quel credito 
determinato attrave:riso la contabilizzazione delle spese occorse; orbene 
la norma successiva la quale commisura diversamente il contributo 
per danni di guerra non pu� determinare l'estinzione del credito dello 
Stato per il rimborso delle spese �e nemmeno l'interruzione del corso 

(1) V. Cass. Sez. Un. 17 giugno 1981, n. 3945, retro, I, 76, con nota. 

750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della prescrizione per l'esercizio del diritto, attesa la tipicit� delle cause 
d'interruzione. 

La legge che obbliga lo Stato al pagamento di un contributo, in una 
certa misura, a favore del cittadino danneggiato per fatti di guerra, in 
ragione del principio che le conseguenze della guerra devono es,sere sopportate, 
per quanto � possibile, dall'intera collettivit�, fa sorgere, una 
volta che il contributo sia stato liquidato, un diritto di credito del cittadino 
che, nei casi in cui i lavori di ripristino siano stati eseguiti direttamente 
dallo Stato, dev'essere conguagliato con il relativo credito dello 
Stato; ma i due rapporti restano pur sempre distinti e separati e soggetti 
alla disciplina particolare di ciascuno, con il limite che, per la 
parte del credito dello Stato, corrispondente all'ammontare d~I contributo, 
deve considerarsi venuta meno la causa dell'obbligazione, e quindi 
sar� indebito il pagamento eventualmente fatto dal cittadino anche di tale 
parte (indebitus ob causam finitam) sempre che, ripetesi, il contributo 
sia gi� �Stato Hq'Ulirdato. V!iceversa, ove il contmbuto non sia stato liquidato, 
ci� non impedisce allo Stato �di esercitare riil suo d1nitto, itratumdosi di 
un ostacolo di fatto; ne consegue che, :se non fatto vailere nel ,tempo occorrente 
per :la prescnizione, tale .diritto s:i estingue. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 aprile 1982, n. 2478 -Pres. Brancaccio 
-Rel. Scanzano -P. M. Valente -Assessorato del Turismo della 
Regione Siciliana (v. avv. gein. Ga11giulo) c. Comune di Barcel:lona 
(avv. Fazio). 

Espropriazione per p.u. -Concorso di pi� enti nella realizzazione della 
opera pubblica -Delegazione, affidamento, finanziamento, sostituzione 
-Legittimazione (attiva e passiva) nei confronti dei soggetti 
che subiscono l'esproprio -Individuazione. 

Nell'ipotesi di concorso di due enti nell'esecuzione di un'opera pubblica, 
obbligato, nei confronti dell'avente diritto, al pagamento dell'ind�nnit� 
relativa alle espropriazioni all'uopo necessarie, � quello a cui 
favore � pronunciato il decreto di espropriazione, le cui risultanze possano 
essere disattese solo quando si accerti che sia stato l'altro ente, in forza 
di legge o di atto amministrativo, ad assumere direttamente la posizione 
di autore dell'opera pubblica e di parte dei connessi procedimenti espropriativi 
sicch� la pronunzia del detto decreto a favore dell'ente che in 
definitiva beneficia dell'opera stessa serve solo a realizzare la condizione 
formale per l'acquisizione di questa al suo demanio o patrimonio (1). 

(<1) Cfr. in senso conforme Cass. 22 gennaio 1976, n. 195; 18 maggio 1976, 
n. 1755, con riferimento aJila Regione Siciaiana; 8 aprile 1981, n. 2007. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 751 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 giugno 1982, n. 3343 -Pres. Brancaccio 
-Rel. Battinelli -P. M. Iannelli -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Fiumara) c. Fallimento Contri (avv. Bergonzoni). 

Fallimento -Sentenza dichiarativa � Successiva sentenza penale di condanna 
. Credito delle spese processuali -Natura � Differenziazione 
rispetto alle spese di custodia preventiva � Ammissione al passivo � 
Esclusione. 

Non esiste una completa equiparazione tra l'obbligo del rimborso delle 
spese di custodia preventiva, di cui all'art. 188 cod. pen. e l'obbligo del 
pagamento delle spese processuali di cui all'art. 488 cod. proc. civ., in 
quanto il debito di quest'ultima, al pari di una obbligazione di contenuto 
pat_rimoniale, si trasmette agli eredi, ed � tenuto in solido la persona 
civilmente responsabile; il che deve escludersi per l'altro obbligo, che � 
strettamente personale e non patrimoniale, stante la natura di vera e propria 
sanzione. Ne consegue che il credito delle spese processuali, che 
t_rovano il loro titolo direttamente nella sentenza penale di condanna passata 
in giudicato, non possono retrodatarsi e quindi non possono essere 
ammesse al passivo qualora sorgano successivamente alla sentenza dichiarativa 
del fallimento (1). 

In sostanza, le ragioni su oui la ricorrente fonda la propria tesi sono 
due: l'equiparabilit� del credito dello Stato per le spese del giudizio 
penale a quello per il rimborso delle spese di custodia preventiva (sul 
presupposto di una analogia fra la condanna al rimborso di queste ultime 
spese e quella al pagamento delle spese giudiziali, cui dovrebbe riconoscersi, 
appunto per analogia, la natura di sanzione civile); e la natura risarcitoria 
del credito in questione, in conseguenza dell'obbligatoriet� dell'azione 
penale. 

Quanto alla prima di dette prospettazioni difensive, va osservato, 
anzitutto, che non � possibile una applicazione analogica di norme sanzionatorie, 
e che, di conseguenza, possono qualificarsi sanzioni civili solo 
quelle espressamente previste nel Titolo VII del Libro I del Codice Penale, 
nella cui normativa non rientra affatto la condanna alle spese del 
processo; d'altronde, una completa equiparazione, quanto alla concreta 
regolamentazione, non esiste fra l'obbligo del rimborso delle spese di 
custodia preventiva, di cui all'art. 188 cod. nav. e quello del pagamento 
delle spese processuali, di cui all'art. 488 cod. proc. civ., posto che il 
debito di queste ultime si trasmette agli eredi del condannato, al pari 
di qualsiasi altra obbligazione di contenuto patrimoniale, e che al paga


(1) In materia di spese processuaH civili, cfr. Cass. 7 febbraio 1962, n. 249, 
in Diritto -fahlimentare, 1961, U, 44. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

mento di dettle spese � tenuta in solido la persona civil:meinte responsabile, 
mentre l'obbligazione di cui all'art. 188 cod. pen. non grava anche 
sul responsabile civile e non si trasmette agli eredi, il che � conseguenza 
della sua natura, strettamente � personale � e non � patrimoniale �, di 
vera e propria sanzione; e la diversa regolamentazione innanzi sottolineata, 
per quanto attiene al pagamento delle spese processuali, conferma 
quanto gi� in precedenza detto circa la impossibilit� di considerare 
il pagamento delle spese come una sanzione. 

N� rileva il fatto che per il credito di dette spese sia prevista la possibilit� 
di ipoteca legale o di sequestro sui beni dell'imputato, ai sensi 
dell'art. 189, n. 2, cod. pen., trattandosi di provvedimenti meramente cautelari, 
che ben possono essere adottati, in base ai principi generali, 
a tutela di un credito non ancora sorto o non ancora accertato; tanto 
pi� che la norm� in questione assoggetta alla stessa disciplina crediti 
di natura diversa, alcuni dei quali non hanno certamente natura sanzionatoria, 
quale il credito di cui al n. 4 (spese sostenute da un pubblico 
istituto sanitario a titolo di cura e di alimenti per la persona offesa), 

o quello di cui al n. 6 (spese anticipate dal difensore e somme a lui dovute 
per onorario). 
Escluso pertanto che possa sostenersi che il credito per il pagamento 
delle spese processuali sorga al momento della commissione del 
reato in conseguenza di una sua specifica natura sanzionatoria, -lUale 
sanzione civile per il reato, � da escludersi altres� che tale retrodatazione 
del credito possa fondarsi sulla affermata sua natura risarcitoria, al pari 
di qualsiasi altra obbligazione civile nascente dal disposto dell'art. 2043 
cod. civ.; tesi, questa, che la difesa dell'Amministrazione ricorrente fonda 
sull'affermazione della obbligatoriet� dell'azione penale, dal che conseguirebbe 
l'obbligo dell'imputato, riconosciuto colpevole, di risarcire il 
danno provocato, col suo comportamento antigiuridico, all'organizzazione 
statale, costretta a porre in movimento la macchina della giustizia per 
ripristinare l'ordine violato. 

Ed invero la ragion d'essere della normativa di cui all'art. 2043 cod. 

civ. � quella del ristabilimento, in natura o per equivalente, di una situazione 
patrimoniale lesa, con l'eliminazione degli effetti patrimoniali nocivi 
di una condotta antigiuridica: il che non pu� riconoscerni sussistente nel 
caso di commissione di reato (a parte, s'intende, quanto attiene all'obbligo 
del risarcimento del danno direttamente arrecato alla persona offesa), 
essendo la potest� punitiva funzione essenziale dello Stato, stabilmente 
organizzato nel suo espletamento; e non venendo posto in essere, al 
momento della commissione del reato, alcun concreto aggravio di spese 
dell'apparato giurisdizionale. Le spese, infatti, sono erogate successivamente 
e gradualmente, e costituiscono niente altro che un onere patri� 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

moniale direttamente connesso alla funzione giurisdizionale in astratto; 
e per esse, aJ pari di quelle civili, vige il principio comune dell'onere 
dell'anticipazione da parte di chi esercita l'azione e il principio dell'incidenza 
economico-patrimoniale a carico della �parte soccombente�, s� 
che, per la loro qualificazione come obbligazione conseguente alla condanna, 
ed avente titolo in questa, non rileva il fatto che l'azione sia 
obbligatovia in sede penale e rimessa alla discrezionalit� della parte 
in sede civile, posto che per tutto il resto la regolamentazione delle spese 
� del tutto identica, nelle sue linee essenziali. (D'altronde, anche l'azione 
civile pu� essere � obbligatoria � per chi riveste determinate cariche pubbliche 
o espliichi determinate funzioni comportanti il recupero di crediti, 
anche risarcitori). E va ricordato in proposito che, in materia di spese 
processuali civili, questa Corte si � gi� pronunciata ,in un caso analogo, 
ritenendo non ammissibili al passivo fallimentare le spese di un giudizio 
civile conclusosi dopo la dichiarazione di fallimento (sent. 7 febbraio 1961, 

n. 249). 
D'altronde, se fosse esatto quanto sostenuto dalla ricorrente, che 
oio� l'obbligo del pagamento delle spese di un procedimento penale avesse 
la natura risarcitoria che le si fatende attribuire nei sensi innanzi esposti, 
ne conseguirebbe che basterebbe, ad affermare la responsabilit� dell'imputato 
per il danno da lui arrecato allo Stato per aver fatto anticipare 
le spese con un suo comportamento antigiuridico che lo Stato aveva 
l'obbligo di perseguire penalmente, il semplice riconoscimento della 
commissione del fatto e della .sua qualificazione come reato, indipendentemente 
da una concreta sentenza definitiva di condanna. La tesi sostenuta 
dalla ricorrente, invero comporterebbe che, nel caso in cui l'imputato, 
:dconosduto colpevole .in primo e in secondo grado, impugni fa 
sentenza unicamente per la mancata concessione di attenuanti o per 
ottenere una pena di misura minore, o nel caso in cui la sentenza di 
condanna sia impugnata solo dal P. M. e, nelle more dell'impugnazione, 
intervenga la morte dell'imputato o un provvedimento di amnistia, essendo 
comunque pacifico che il fattoreato � stato commesso dall'imputato, 
alla natura risarcitoria che si assume propria del debito in questione 
seguirebbe ugualmente l'obbligo del pagamento delle spese erogate (e riconosciute 
fondatamente erogate). Il che �invece non �, e ci� dimostil:la, 
quindi, che la ragion d'essere (�il titolo�) dell'obbligazione in questione 
� diversa da quella sostenuta dalla ricorrente, e non trova il suo fondamento 
nell'art. 2043 cod. civ., ma, in astratto, nel generale principio 
della �soccombenza� in giudizio -identico sia per i procedimenti civili 
che per quelli penali -e, in concreto, nella sentenza di condanna � ad 
hoc �, emessa ai sensi dell'art. 488 cod. pen. 

La sentenza penale di condanna, invero, ha natura non d� mero 
accertamento, non si limita cio� ad accertare che l'imputato ha commes



754 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

so un reato, ma ha altres� natura costitutiva per quanto attiene alle 
statuiZioni conseguenziali (irrogazione della pena, delle sanzioni civili, 
eventuale condanna al risarcimento dei danni e alle spese a favore della 
parte civile, nonch� condanna alle spese processuali) e, come ogni sen



tenza di accertamento costitutivo, mirando a creare una situazione nuova, 
prima inesistente, opera 1non ex tunc, ma ex nunc, ed ha �1a natura di essere 
essa stessa il titolo o la causa giuridica delle obbligazioni che da essa 

Iconseguono; il che comporta che i relativi crediti -in particolare, per 
quanto qui interessa, il credito per il rimborso delle spese processuali 
-in particolare, per quanto qui interessa, il credito per il rimborso delle 
spese poces,suali -hanno origine dalla sentenza stessa, direttamente, 
sorgono al momento del passaggio in giudicato e non possono, quindi, 
retrodatarsi, per cui va concluso che esattamente fa sentenza impugnata 
ha affermato che il credito in questione, 1in quanto sorto successivamente 
alla sentenza dichiarativa di fallimento, non poteva essere ammesso al 
passivo. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lav., 12 giugno 1982, n. 3583 -Pres. Coletti -
Rel. Frisina -P. M. Martinelli -Cuttone (avv. D'Agostino) c. Ferrovie 
dello Stato (avv. Stato Stipo). 

Lavoro -Infortunio � Infortunio -in itinere -Nozione. 

L'infortunio in itinere pu� essere indennizzabile anche quando l'evento 
dannoso sia verificato in condizioni e modalit� tali per cui il rischio 
generico che incombe a tutti gli utenti della strada sia divenuto rischio 
specifico connesso ad una prestazione lavorativa, che imponga un determinato 
percorso, o l'utilizzazione di mezzo proprio in mancanza di mezzi 
pubblici (1). 

Con l'unico motivo il ricorrente denunciando violazione dell'art. 2 
del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 cod. civ. e vizi di motivazione, censura 
l'impugnata sentenza in punto di valutazione circa la sussistenza dii un 
rischio specifico, connesso con l'attivit� lavorativa, e sintetizzato in condizioni 
obbiettive di aggravamento del rjschio generico da accertarsi, 
occorrendo, con la dedotta prova testimoniale: l'unica strada che il Cut


(1) Cass. 18 lugilio 1979, n. 4234, Foro It. Rep. 1979, voce Infortuni sul lavoro, 
207. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

tone poteva percorrere per allontanarsi dal posto di lavoro � la via Oreto 
dove accadde l'infortunio; il Cuttone non era in grado di ritornare a casa 
a piedi ed aveva bisogno di un mezzo di trasporto; nella zona, all'epoca 
dell'infortunio, non vi erano mezzi di trasporto pubblici urbani, e perci� 
l'utilizzo dell'autovettura era necessario. 

Il motivo � fondato. 

Indubbiamente l'espressione � in occasione di lavoro� di cui all'art. 2 
del t,u. approvato con d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 non � inteso in senso 
cos� lato da potersi considerare sufficiente, ai fini dell'indennizzabilit� 
di un infortunio occorno a un Lavoratore, un co1legamento pUJramente 
marginale con la prestazione d'opera ovvero con un semplice rapporto 
cronologico o topografico con il lavoro. 

Infatti � sempre necessario che sussista un nesso di causalit� tra 
lavoro ed infortunio. E sulla base di tale interpretazione delle disposizioni 
di legge oitate, questo Supremo Collegio ha ripetutamente affermato che 
l'infortunio in itinere, risralendo ovviamente a 1dsohi comuni a qualsiasi 
soggetto, debba ritenersi, di massima non indennizzabile, a meno che 
non concorra il rischio specifico di lavoro, e di questo non possa negarsi 
la sussistenza, allorquando il prestatore d'aperta, per necessit� inerenti 
al lavoro e per ordine dell'imprenditore, a quei rischi non si sottragga, 

o per essere costretto ad un percorno che presenti periooli diversi da 
quelli delle ordinarie vie di comunicazione, o per essere costretto a valersi, 
in stretta relazione con le mansioni affidategli, di mezzi di trasporto 
forniti o prescritti dal datore di lavoro. 
In definitiva -esistano oppure no pubblici servizi di trasporto nel 
caso considerato, poich� il datore di lavoro mette a disposizione dei 
dipendenti propri mezzi, l'infortunio si rivela connesso alla pi.-estazione 
di lavoro ed � quindi indennizzabile, in quanto tali mezzi vengono ad 
essere usati appunto in funzione della prest�Ul�.one dell'attivit� lavorativa 
oggetto del rapporto di lavoro, per cui il relativo uso � evidentemente 
da essa determinato. 

Senonch� le circostanze ipotizzate dal Cuttone erano diverse ed il 
Tribunale di Messina le ha trascurate enunciando a fondamento della 
sua decisione, negativa del diritto vantato dall'attore, una massima giurisprudenziale 
non pertinente, riguardando chiaramente altri presupposti 
di fatto. 

Invero l'infortunio in itinere pu� essere indennizzabile anche quando 
l'evento dannoso si sia verificato in condizioni e modalit� tali per cui 
il rischio generico che incombe a tutti gli utenti della strada sia divenuto 
rischio specifico connesso ad una prestazione lavorativa, che imponga un 
determinato percorso, o l'utilizzazione di mezzo proprio ,in mancanza 
di mezzi pubblici (v. Cass. 18 luglio 1979 n. 4234). 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Posto, cio�, il principio che l'infortunio per cause violente � in occasione 
di lavoro� denota l'intendimento del ilegislatore di coprire con 
l'assicura:llione i fatti traumatici che il concreto ed attuale esercizio delle 
attivit� lavorative, pur non essendo in rapporto di diretta conseguenzialit�, 
pu� avere tuttavia occasionalmente determinato, assumono pur 
sempre, rilievo le situazioni nelle quali ,il lavoratore debba effettuare 
tragitti con mezzi che non siano quelli approntati dai pubblici mezzi 
di trasporto, sia 1n relazione all'ubicazione dell'azienda e sia, se del caso, 
al particolare orado di svolgimento del lavoro. 

L'occasiione dell'infortunio, che eventualmente colpisce il lavoratore 

durante il suo trasferimento veTso il luogo di lavoro o .durante il ritorno 
di esso, pu� :civelarsi specificamente determinata dalla prestazione di 
lavoro, in quanto questa debba essere eseguita secondo l'organizzazione 
e le direttive del datore di lavoro. 

� allora indispensabile che di volta in volta, con riferimento alle 
concrete situazioni di fatto, sia accertato se le esigenze della prestazione 
dell'attivit� lavorativa e le modalit� della stessa siano state tali da effettivamente 
determinare per il lavoratore la necessit� di impiego di mezzi 
di trasporto diversi da quelli pubblici e se tale impiego sia perci� rapportabile 
specificamente alla medesima attivit� lavorativa. 

In proposdto giova appena osservare che la relativa indagine non 
pu� che competere al giudice di merito nell'esercizio del suo istituzionale 
potere di accertamento e .di valutazione dei fatti. 

Se il luogo di dimora del lavoratore e quello neil quale egli deve 
svolgere l'attivit� lavorativa siano collegati da pubblici servizi di trasporto, 
in questo caso l'dnfortunio che colga il lavoratore per avere egli 
fatto uso diverso non � certamente indennizzabile, dal momento che esso 
non � stato necessitato dalle modalit� di prestazione del lavoro ed il rischio 
� stato dai! lavoratore stesso 1i:beramente scelto (c,d. � 11ischio eilettivo �). 

Se, invece, i pubblici servizi di trasporto non esistono, l'accertamento 
del giudice di merito deve essere analitico ed esauriente, nel senso che 
il medesimo giudice debba prendere esatta cognizione delle distanze 
intercorrenti tra I�l luogo di residenza del lavoratore e quello �di lavoro, 
onde verificare se sia o non sia ragionevole che le distanze vengano percorse 
a piedi. e poi, ove si riconosca la necessit� delllimpiego da parte 
del lavoratore del diverso mezzo di trasporto, � irrilevante la circostanza 
che H mezzo stesso appartenga al lavoratore e non sia stato fornito dal 
datore di lavoro, oppure a quest'ultimo sia stato o meno autorizzato 
l'uso. 

In siffatta tematica, per nulla affrontata dai giudici d'appello, si inse


risce la situazione prospettata dal l'icorrente come del resto risulta al 

lume della proposta prova testimoniale, per la quale vi � stata assoluta 

omissione di esame e di pronuncia. 

f 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 757 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 14 giugno 1982, n. 3624 -Pres. Cusani Est. 
Finalicli -P. M. Ianneni -Ministero dell'Interno (avv. Stato Rossi) 

c. Poli ed altri (avv. Castelli). 
Contabilit� pubblica -Obbligazioni pecuniarie contrattuali � Esigibilit� 
e liquidit� � Mandato �di pagamento -Interessi corrispettivi � Non 
decorrono prima dell'emissione � Interessi moratori � Decorrono se 
� configurabile la mora. 

Contabilit� Pubblica -Contratto della p.a. iure privatorum � Disciplina 
del rapporto � Norma del codice civile . Applicabilit� . Mancato 
pagamento del canone di locazione � Risoluzione -Ammissibilit�. 

I debiti pecuniari dello Stato diventano liquidi ed esigibili e generano 
l'obbligo del pagamento degl'interessi di diritto solo quando la relativa 
spesa sia stata ordinata con l'emissione del mandato di pagamento ai sensi 
dell'art. 270 del regolamento per la contabilit� generale dello Stato, riguarda 
soltanto gl'interessi corrispettivi e non vale per gl'interessi moratori, i 
quali, ove ricorrano i presupposti per la configurabilit� della mora, sono 
dovuti dall'Amministrazione Pubblica debitrice indipendentemente dalla 
emissione o meno del titolo di spesa, n� � applicabile per le obbligazioni 
contrattuali. 

Nel caso di pagamenti da effettuare dalla Pubblica amministrazione, 
in esecuzione di contratti stipulati dure pirivatorum, sono applicabili i principi 
generali e le norme stabilite dalla legge comune, con particolare riguardo 
a quelle relative all'accertamento dell'inadempimento, ai fini della 
risoluzione del contratto, non potendosi desumere una diversa disciplina 
dalle norme contenute nel regolamento e la contabilit� generale dello 
Stato e, in particolare dall'art. 270 di tale regolamento approvato R.D. 
23 maggio 1924 n. 827; pertanto, il ritardo nell'adempimento, da parte della 

P.A. (nella specie, del canone di locazione, convenuto con scadenza semestrale 
e previa emissione dei ruoli di spesa) dovuto al mancato esaurimento 
.dei vari stati cui � soggetta la spesa, lungi dal liberare l'Amministrazione 
dalla responsabilit� per inadempimento, costituisce, invece, non equivoco 
elemento di colpa nel comportamento dell'Amministrazione in quanto la 
stessa, pur consapevole del tempo necessario per i vari incombenti, non si 
� curata di iniziare le pratiche e di seguirle diligentemente nel loro iter, 
s� da poter adempiere esattamente alle obbligazioni assunte. 
(1) In senso .conforme (Cass. 29 maggio �1978, n. 2708, e 2 giugno 1978, 
n. 2762, in questa Rassegna 1979, I, 13, con nota critica di A. Rossi; v. anche, 
di recente, Oass. Sez. Un. 29 marzo 1980, n. 2065, in Foro lt. Rep. 1980, voce Contab11it� 
deHo Stato, n. 41. 

SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

I 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 23 febbraio 1982, n. 1 -Pres. Pescatote, 
Est. Agresti -Russo ed altri (avv. Capaccioli e D'Amelio) c. Ministero 
della Pubblica. Is.truzione (vice avv. gen. Carafa). 

Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Svalutazione monetaria 
-Rilevanza. 

Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Svalutazione monetaria 
-Mora ex re -Conseguenza -Atto di costituzione in mora Non 
occorre. 

Competenza civile -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali Svalutazione 
monetaria -Giurisdizione amministrativa. 

La vigenza del criterio nominalistico che caratterizza le prestazioni 
retributive a favore dei pubblici dipendenti non preclude l'effetto di far 
venire meno -nel caso in cui sussistano il ritardo o l'inadempimento di 
tali prestazioni da parte dell'Amministrazione -il principio dell'insensibilit� 
delle obbligazioni pecuniarie alla svalutazione monetaria, dovendo trovare 
questa automatica applicazione in forza del rischio che il ritardo 

o l'inadempimento pongono a carico dell'Amministrazione debitrice (1). 
Non sussiste alcuna necessit� di costituire preventivamente in mora 
l'Amministrazione in materia di svalutazione monetaria delle retribuzioni 

(1-2-3) La sentenza conferma l'orientamento gi� assunto con le decisioni 
della Ad. Plen. 30 ottobre 1981, n. 7 (in 11 Cons. Stato 1981, I, 9%) e della 
Sez. IV, 116 febbraio 1982 n. 83 (ivi, 1982, I, 109) che segnano una ~nnovazione 
ne!J1a giurii<sprudenza. Taile questione, peraltro, � gi� stata, !in 1a}tra ,anailoga controversia, 
sottoposta ai1l'esame de1Ia Corte di Cassazione, e si � tuttora !in 
attesa dehla decisione, di particolare im;portan2'la anche allo scopo di superare 
le perplessit� derivanti dal criterio, seguito dal Consiglio di Stato, di non 
affe!'mare l'applicabHit�, diretta o analogica, delil'al't. 429, 1oomma terzo, codice 
di proceduria civhle (come risulta dalla modifica di cui aLia legge n. 533/1973), 
al quale si fa r1f.enimenrto solo ai fini interpretativi deLl'art. 1224 codice civile, 
e di ricollegare, invece, il problema de!Jl1a r�ivalutazione ai principi della responsabilit� 
per mora di diritto comune per fondame da soluzione sulla discipHna 
propraa degiU artt. 1218 e 1224 codice civile, il che, fra l'altro, non parrebbe 
neppure coerente con le norme e fa discipLina attuale del:la contabilit� di Stato 
(cfr. in termini Cass. 17 gennaio 1980, n. 384, in Foro It. 1980, I, 958). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 759 

tardivamente erogate ai pubblici dipendenti, vigendo al riguardo il prin


cipio della mora ex re (2). 

I momenti di maturazione dei crediti di lavoro dei pubblici dipen


denti e quelli dei relativi interessi e della svalutazione, realizzano una 

fattispecie unica e complessa; pertanto, mantenendo il quid .pluris in cui 

la detta svalutazione si sostanzia il carattere della retribuzione dovuta 

al dipendente per le prestazioni effettuate, sussiste in materia la giuri


sdizione del giudice amministrativo (3). 

II 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 15 dicembre 1981, n. 12 -Pres. Pescatore, 
Est. Trotta -C.O.N.I. (avv. W. Prosperetti) c. Ragni (avv. 
Minieri). 

Impiego pubblico -Allenatore di federazione sportiva -Rapporto di lavoro 
subordinato e non autonomo -Giurisdizione amministrativa. 

Impiego pubblico -Rapporto a termine ripetutamente rinnovato -Conversione 
in rapporto a tempo indeterminato -Difetto di tempestiva 
impugnazione dell'apposizione del termine. 

Impiego pubblico -Rapporto a tempo determinato -Regolarizzazione 
assicurativa -Diritto del dipendente -Prescrizione -Termine applicabile. 


Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto 
costituisce rapporto di lavoro subordinato e non di lavoro autonomo, 
il rapporto intercorso tra una federazione sportiva, organo del C.0.N.I., 
e un allenatore che provvedeva, nell'ambito della federazione, alla preparazione 
degli atleti, effettuando la prestazione di lavoro con carattere 
di continuit� (sia pure con rapporti a termine, ma ininterrottamente rinnovati), 
con predeterminazione di retribuzione mensile e corresponsione 
di tredicesima mensilit�, in presenza di atti comunque sostitutivi ed equipollenti 
dell'atto di nomina (4). 

Va pronunciata la inammissibilit� del ricorso col quale il pubblico 
dipendente, assunto a termine, anche se in forma contrattuale, intenda 
far valere la conversione del rapporto, ripetutamente rinnovato, in rapporto 
a tempo indeterminato, in difetto di tempestiva impugnazione dell'atto 
autoritativo, �oncernente l'apposizione del termine; vanno dichia


{4) Sui criteri distintivi del lavoro autonomo �e del lavoro subordinato, 
cfr. Cass. 20 settembre 1979 n. 4855, 4 ~'uw!io 1979 n. 3802; 28 maggio 1981 n. 3499 
e, in :particolare, 22 clioembre .1976 n. 4716; in questa Rassegna 1977, I, 132, con 
nota di richiamo. 

10 



760 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DBLl.O STATO 

rate altres� inammissibili per identiche ragioni le pretese patrimoniali 
che da tale conversione si assumono essere derivate (5). 

Il diritto, inerente alla posizione previdenziale dell'impiegato assunto 
a tempo determinato � soggetto alla prescrizione decennale e non a quella 
quinquennale (6). 

III 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 15 dicembre 1981, n. 11 -Pres. Pescatore, 
Est. Trotta -Istituto D. Martuscelli (avv. Abbamonte) c. Zaccaro 
(avv. Leone). 

Impiego pubblico -Rapporto a tempo determinato ripetutamente rin� 
novato � Conversione in rapporto a tempo indeterminato -Difetto di 
tempestiva impugnazione dell'apposizione del termine � Esclusione. 

Va pronunciata la inammissibilit� del ricorso col quale il pubblico 
dipendente, assunto a termine, intenda far valere la conversione del 
rapporto a tempo indeterminato, in difetto di tempestiva impugnazione 
dell'atto autoritativo concernente l'apposizione del termine (7). 

(~71 � questo l'o.ggetto della decisione di maggiore itnteresse che risolve 
il contrasto creatosi nella giurisprudenza amministrativa. In �senso conforme 
sez. VI, 8 marzo 1980, n. 394; sez. V, 6 ottobre 1979, n. 629; contra sez. V, 11 gennaio 
1980, n. 6; v. anche Ad. Ptlen. 30 marzo 1982, n. 5 e Ad. Pil:en. 21 giugno 1968, 

n. 15. Le motivazioni .c.telJle decisioni sono .gi� pubblicate su11a rivista Il Consiglio 
di Stato, 1982, I, 1. 
CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 9 marzo 1982, n. 3 . Pres. Pescatore, 
Est. Giovannini � Paccioselli ed altri (avv. De Ferrari e Nigro) e Cortesia 
ed altri (avv. Ferrari) c. Regione Ligur~a (avv. 1Periou). 

Urbanistica � Piano regolatore � Contenuto � Disciplina dell'attivit� estrat� 
tiva � Per tutela paesistica e ambientale � Possibilit�. 

Miniere e cave ~ Piano regolatore � Contenuto � Cave � Divieto di coltvia� 
zione � Legittimit� � Fattispecie. 

� legittima la disciplina urbanistica dell'attivit� estrattiva contenuta 
nel piano regolatore generale per fini di tutela paesistica ed ambientale 
(1). 

(1-2) Si riporta la motivazione di particolare interesse della decisione e si 
fa riferimento ailla sentenza del TAR La2lio, sez. I, 11 gennaio 1978 n. 42, in 
questa Rassegna 1978, I, 589, con nota di TAMIOZZO, la quaile, �in tema di pianifi




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 761 

� legittimo il divieto di coltivazione delle cave, anche nel sottosuolo, 
posto con le norme del piano regolatore generale (fattispecie relativa al 

p.r.g. del Comune di Portovenere del 1972, che ha posto il divieto de quo 
per le isole di Palmaria e del Tino) (2). 
(omissis) Con il secondo ordine di censure viene posta la questione 

in relazione alfa quale la IV Sezione ha rimesso i ricorsi a questa 
Adunanza plenaria -sul punto se un piano regolatore generale sia suscettivo 
di legittimamente contenere, come � avvenuto nel caso, norme e prescrizioni 
volte �a disciplinare l'attivit� estrattiva da cave esistenti nel 
territorio comunale. 

Al riguardo, pu� convenirsi con la doglianza degli ~stanti per i quali, 
nel risolvere positivamente detta questione, il Tribunale regionale si � 
eccessivamente fondato sulla normativa sopravvenuta in epoca posteriore 
alla formazione del piano de quo (approvato, secondo innanzi specificato, 
nell'ottobre del 1975) e cos�, segnatamente, sulla legge 28 gennaio 
1977, n. 10 nonch� sull'art. 80 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, mancando 
in tal modo di prestare completa osservanza al noto principio secondo 
cui la legittrimit� di ogni provvedimento amministrativo va saggiata alla 
stregua della situazione (di fatto e) di diritto esistente al momento del 
suo venire in essere. Tuttavia, pur riguardata in rapporto alle disposizioni 
di legge vigentii al 1975, la questione non pu� essere risolta difformemente 
da quanto fatto in prime cure. 

All'uopo appare utile rimarcare che l'introduzione nel nostro ordinamento 
degli strumenti di pianificazione urbanistica fu originariamente 
operata con riguardo, in effetti, alla sola attivit� edilizia inerente i nuclei 
abitati e che entro tali limiti di oggetto detti strumenti vennero mantenuti 
per lungo tempo: basti in proposito ricordare che l'art. 70 del regolamento 
della legge comunale e provinciale approvato con r,d. 8 giugno 
1865 n. 2321, ebbe ad annoverare fra le materie proprie dei regolamenti 
edilizi comunali i �piani regolatori dell'ingrandimento e della livellazione 

o di nuovi aUineamenti delle vie, piazze o passeggiate pubbliche�; basti 
ricordare, altres�, che la legge 25 giugno 1865 n. 2359 consent� ai Comuni 
di dotarsi di � piani regolatori edilizi � e di �piani di ampliamento�, indicando 
i primi (art. 86) come destinati a tracciare �le linee da osservarsi 
nella ricostruzione di quella parte dell'abitato in cui sia da :riimediare alla 
viziosa disposizione degli edifici, per raggiungere l'intento� e i secondi 
(art. 93) come destinati di contro a tracciare � le norme da osservarsi 
cazione urbanistica dei territori che comprendaino beni del demanio minerario, 
richiede il previo concerto o l'intesa tria le amministrazioni, comuna:li e regiortaJi, 
e ['Amministrazione statrule interessata. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nell'edificazione di nuovi edifici, al fine di provvedere alla salubrit� dell'abitato 
ed alla pi� sicura, comoda e decorosa sua disposizione �. N�, 
d'altro canto, pi� ampio oggetto ebbero le successive leggi che, con procedura 
speciale, approvarono gli strumenti urbanistici di talune citt�, 
dalla legge 11 aprile 1889 n. 6020, relativa al �piano regolatore edilizio 
e di ampliamento� della citt� di Bologna, alla legge 5 aprile 1908 n. 141 
relativa al � piano regolatore unico � per la citt� di Torino, al 1r.d.l. 
6 luglio 1931 n. 981 convertito nella legge 24 marzo 1932 n. 355 relativo 
al piano regolatore della citt� di Roma, alla legge 19 febbraio 1934 n. 433 
relativa al �piano regolatore di massima edilizio e di ampliamento� della 
citt� di Milano, etc. 

In presenza di siffatta situazione normativa, appare di tutta evidenza 
la portata innovativa -puntualmente, del resto, sottolineata nei lavori 
preparatori.: cfr. la relazione al disegno di legge n. 2038 in Camera dei 
fasci e delle corporazioni, XXX legislatura, Raccolta di atti e documenti, 
vol. XXI -dell'art. 7 deMa legge 17 agosto �1942 n. 1150 l� dove stabil�, 
al primo comma, che � il piano regolatore generale di un Comune deve 
considerare la totalit� del territorio comunale�. 

Vero � che la correlazione di detto art. 7, primo comma, con la definizione 
che della disciplina urbanistica la stessa legge del 1942 forniva 
all'art. 1, sembrava voler continuare a limitare l'ambito di tale disciplina 
medesima e, di riflesso, degli strumenti pianificatori attuativi di essa, 
alla sola attivdt� edilizia. Cos� come � vero che ci� trovava sostanziale 
riscontro nelle specie di elementi elencati al secondo comma del menzionato 
art. 7, destinati a concretizzare le indicazioni essenziali dei piani 
regolatori generali, tanto da indurre la giurisprudenza ad affermare, in 
pi� occasioni, la legittimit� delle previsioni di classificazioni a verde agricolo 
solo in quanto dirette a contenere l'ampliamento dei nuclei abitati 
(Sez. IV, 19 ottobre 1960 n. 855; Sez. IV, 27 fobbriaio 1959 lll. 269, :iin Rassegna 
C. Stato 1960, I, 1727; 1959, I, 173). Simile limitazione, iper�, deve mtendersi 
venuta meno allorch� l'art. 1 della legge 19 novembre 1968 n. 1187, 
alla necessaria considerazione da parte del piano dell'intero territorio 
comunale, sald� la prescrizione della indicazione in esso anche � dei vincoli 
da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico �; 
in tal modo, infatti, allo sganciamento avvenuto nel 1942 dei piani regolatori 
generali dal loro originario stretto riferimento ai nuclei abitati, 
ha finito col correlarsi un elemento atto a trovare esplicazione, a differenza 
di quelli contemplati dalla primitiva formulazione del pi� volte 
citato art. 7, secondo comma, pur su parti inedificate e inedificabili del 
territorio comunale, in funzione di difesa da possibili fattori pregiudiziali 
di qualunque tipo, eppertanto anche diversi dall'attivit� edilizia. 

E che proprio tale portata debba attribuirsi a detto elemento risulta 
chiaramente dalla circostanza che l� dove, come nell'art. 17, quinto com



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

ma, della legge 6 agosto 1967 n. 765, in sede di regolamentazione urbanistica 
il legislatore ha voluto circoscrivere la tutela dei caratteri storici, 
artistici ed ambientaH ai soli nuclei abitati lo ha fatto usando non gi� il 
generico termirie di �zone�, bens� quello specifico di �agglomerato 
urbano�. 

Quando, pertanto, il d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8 attribu� alla competenza 
delle Regioni, fra l'altro, in una con l'approvazione dei piani regolatori 
generali (art. l, secondo comma, lettera d), anche la redazione ed 
approvazione dei piani territoriali paesistici di cui all'art. 5 della legge 
29 giugno 1939 n. 1497 (a.rt. 1, ultimo comma), non fece che prendere atto 
e fornire, ad un tempo, ulteriore conferma della connessione ormai presente 
-a livello pianificatorio -tra le due materie, connessione che 
-ripetesi, a tale livello e fatte salve le difformi notazioni attinenti a profili 
della materia di grado diverso -la Corte costituzionale ben ha qualificato, 
nella sentenza 24 luglio 1972 n. 141, con il concetto di inscindibilit� 
(cfr., per riferimenti, Cons. St. Sez. I, 28 febbraio 1975 n. 2810/74). 

Se d'altro canto � vero, come questa stessa Adunanza plenaria ha 
avuto modo di affermare ~dee. 8 ilugilio 1980 n. 28, in C .Stato Rassegna 
1980, I, 828), che una volta avvenuto il trasferimento delle attribuzioni 
in materia urbanistica alle Regioni, anche dalla legislazione da esse 
emessa vanno desunti argomenti di interpretazione, pur a tal stregua 
la conclusione sopra raggiunta ne riesce suffragata. Gi� al 1975, infatti, 
numerose erano le leggi regionali le quali direttamente o indirettamente 
annoveravano tra le funzioni dei piani urbanistici la tutela ambientale, 
paesaggistica e storica del territorio in genere: vedansi in t.al senso gli 
artt. 4, 8, 13, 14 e 18 della L. Regionale Lombardia 15 aprile 1975 n. 51; 
g1i artt. 2 e 14 della L. Regione Umbria 3 �giiugno 1975 n. 40; l'art. 3 della 

L. Regione Lazio 12 giugno 1975 n. 72. La stessa Regione Liguria sembra, 
del resto, aver seguito identico orientamento l� dove l'art. 3 delh legge 
30 maggio 1975, n. 28, ha previsto in favore di comuni e comunit� montane 
la collaborazione di esperti della Regione �medesima per le indagini con� 
cementi il patrimonio storico, artistico ed ambientale, necessarie ai fini 
della formazione degli strumenti urbanistici. 
. Resta in tal modo aperta la via per ritenere che, gi� all'epoca, i piani 
regolatori generali potessero disciplinare l'attivit� estrattiva da cave nei 
loro profili attinenti l'interesse alla salvaguardia ambientale e paesistica. 
Che, infatti, detta attivit� sia da annoverare fra quelle atte a (negativa� 
mente) incidere su ambiente e paesag~io, � oircostanm di tutta evtiideinz,a e 
su cui non appare, pertanto, necessario particolarmente insistere. D'altro 
canto, una conferma di ci� in stretto diritto positivo pienamente si trae, 
in via ermeneutico-sistematica, clal combinato degli artt. 11 della legge 29 
giugno 1939 n. 1497 e 30 del R.D. 3 giugno 1940 n. 1357 che, proprio ai 


764 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fini della tutela del paesaggio conferiscono vari poteri al competente sovraintendente 
in materia di cave. 


N� in contrario pu� valere la circostanza, invocata dagli appellanti, 
della esistenza di una particolare regolamentazione concernente le cave, 
quale contenuta nel R.D. 29 luglio 1927 n. 1443. Al riguardo va, invero, 
rilevato come detta regolamentazione presenti una connotazione strettamente 
settoriale e, cio� a dire, mi11i a disciplinare l'attivit� estrattiva da 
cave unicamente in relazione alla sua attinenza all'interesse (pubblico) a).lo 
sfruttamento dei minerali nazionali; del che indice pi� manifesto � l'originarfo 
affidamento della sua applicazione alla sola Amministrazione dell'industria 
e commercio ed ai rispettivi organi periferici. Essa non esclude, 
pertanto, l'incidenza su detta attivit� di regolamentazioni contenute in 
altre leggi, suscettive di governarne profili attinenti ad interessi diversi, 
come � nel caso e come, del resto, risponde a generali principi pi� volte 
ribaditi dalla giurisprudenza. Cos�, ad esempio, la sottoposizione alla .legislazione 
urbanistica � stata affermata, malgrado l'esistenza di regolamentazioni 
di settore nelle rispettive fattispecie contemporaneamente operanti, 
riguardo all'apertura di sale cinematografiche (Sez. IV, 9 maggio 
1978, n. 396; Sez. IV, 9 aprile 1974, rn. 310; Sez. V, 26 aprile 1972, n. 320; 
Sez. IV, 9 foglio 1971 111. 684, in Rassegna C. Stato 1978, I, 767; 1974 I, 542; 
1972, I, 668; 1971, I, 1336), alla esecuzione di impianti di deposito di oli 
minerali (Sez. V, 6 febbraoi 1968 :n. 23 !�:n Rassegna C. Stato 1968, I, 189) e dii 
�J1ifornimento di oarb'Ulrante (Sez. V, 14 novemibre 1972 n. 873, ilil Rassegna 

C. Stato 1972, I, 2030), a1l'approvazione di progetti di tmsd'ooma7liOIIle 
o di ampliamento di alberghi � (Sez. IV, 9 dicembre 1969 111. 770, ID. 
Rassegna C. Stato 1969, I, 2480); parimenti, mail.grado 1a effistenza della citata 
regolamentazione speciale di cui al R.D. 29 luglio 1927 n. 1443, le cave 
sono state ritenute egualmente soggette alla legislazione sulla industrializzazione 
del Mezzogiorno, ove richieste per la realizzazione degli interessi 
relativi (Sez. IV, 19 dicembre 1975 n. 1303; Sez. IV, 3 maggio 1961 
IIl. 297, in Rassegna C. Stato 1975, I, 1351; 1961, I, 876). 
Detto oi�, va per� anche aggiunto che la natura stessa della richiamata 
normativa contenuta nel R.D. da ultimo menzionato, tutta intesa a 
favorire e, addirittura, a sollecitare la coltivazione delle cave, evidenzia 
la assoluta rilevanza attribuita dall'ordinamento alla positiva esplicazione 
di tale attivit�, rilevanza la quale non pu� non postulare adeguate 
garanzie ogniqualvolta l'interesse pubblico (strettamente afferente, come 
si � detto, allo sfruttamento dei minerali nazionali) ad essa sotteso venga 
in conflitto o, comunque, sia chiamato a comporsi con contrapposti interessi 
pubblici. Il che, in virt� di generali principi pi� volte affermati in 
dottrina ed in giurisprudenza, nell'ambito della pianificazione urbanistica 
logicamente comporta, sotto il profilo procedimentale, il necessario intervento 
in sede di formazione dei piani dell'autorit� preposta al settore 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

(vedasi, per l'applicazione del medesimo principio, in un caso in cui l'in� 
teresse urbanistico pertinente Comune e Regione era chiamato a com� 
porsi con l'interesse alla protezione di un parco nazionale di pertinenza 
dello Stato: Corte cost. 14 luglio 1976 n. 175, im. Rassegna C. Stato 1976, II, 
672) e, sotto il profilo formale-sostanziale, che limiti e divieti alla colti� 
vazione di cave a fini di tutela paesistica ed ambientale siano imposti a 
mezzo dei piani regolatori solo in presenza di ragioni specifiche, parti� 
colarmente gravi, . delle quali va data congrua motivazione nei relativi 
elaborati. 

Ora, nel caso concreto in esame, nessuna questione pu� pOrsi in or� 
dine al primo profilo, atteso che l'autorit� preposta all'epoca al settore e, 
cio� a dire, fa Regione ex art. 1 del d.P.R. 14 gennaio 1972 n. 2, � inter� 
venuta nel procedimento di formazione� del piano al momento della sua 
approvazione. 

In ordine poi al secondo profilo, va osservato 'come non possa anzi� 
tutto negarsi la sussistenza di una affatto congrua giustificazione del 
divieto da coltivazi01I1e deMe oav�e nelle isole deHa Pailmaria e del Tino. 
Emerge, infatti, dagli atti che la situazione geologica� delle isole fu fatta 
oggetto di apposito studlo da parte del prof. Alberto Castellaria il quale, 
in riferimento specifico alle attivit� estrattive, giunse a prospettare la 
� distnu~ione �, dell'isola PalmaTia, ove delle stesse fosse stata �OIJ!S'OO� 
tita la prosecuzione; dagli atti emerge, altres�, che tale studio fu .tenuto 
espressamente presente in sede di formazione del .piano, giusta risultante 
dalla deliberazione del Consiglio comunale di Portovenere 29 settembre 
1972 n. 42 (cfr. pag. 2 della copia versata in giudizio); parte quarta del 
piano regolatore generale. e, d'altro lato, si sostanzierebbe in uno strumento 
urbanistico non contemplato dall'ordinamento. 

A correzione dei rilievi svolti sul punto dai primi giudici, che in 
verit� si sono limitati ad asserire un assunto difetto di concretezza della 
censura, va considerato, in primo luogo che il piano regolatore generale 
contiene in .realt� ben precise indicazioni circa l'assetto urbanistico delle 
isole (dalla generale riserva a parco naturale alla individuazione delle 
aree con destinazioni particolari, alla specificazione di tali destinazioni, 
etc.), s� da pienamente adempiere, quanto meno, alla sua naturale fun. 
zione programmatoria; va considerato, in secondo luogo, che a mente 
dell'art. 25 delle norme di attuazione, il c.d. piano unitario � delineato 
come semplice �schema di massima di organizzazione e di progetto�, 
cui i piani particolareggiati sono chiamati a fare riferimento. Trattasi, 
cio� a dire, di un atto destinato ad enunciare i criteri ispiratori della 
disciplina urbanistica di dettaglio per le parti gi� non vincolativamente 
regolamentate dal piano regolatore generale. Del che non � dato vedere 
contrasto alcuno con norme di legge. 


766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 12 gennaio 1982, n. 19 -Pres. Benvenuto 
-Est~ Cortese -Stopiglia (avv. Barillaro e Muraro) c. Sovrintendente 
di Venezia e altro (avv. dello Stato Ferri). 

Cosa giudicata penale -Sentenza � Effetti -Giudicato penale -Rapporto 
con il giudizio amministrativo � Diversa valutazione dei fatti materiali 
accertati -Criteri. 

Demanio -Bellezze panoramiche � Tutela dei Colli. Euganei � Censura di 
incostituzionalit� della legge 1097 del 1971 in relazione all'art. 117 .�. 
Cost. � Infondatezza. 

Demanio -Bellezze panoramiche -Tutela dei Colli Euganei � Censura di 
incostituzionalit� della legge 1097 del 1971 in relazione agli �rtt. 3 e 
42 della Costituzione -Infondatezza. 

In relazione ai limiti dell'aut9rit� del giudicato penale in sede civile 

o amministrativa, limiti che l'art. 28 del codice di procedura penale intende 
riferire alla mera sussistenza dei fatti materiali sotto il profilo 
della loro realt� f enomen,ica e oggettiva, non pu� ritenersi preclusa una 
diversa valutazione dei fatti stessi e una diversa configurazione giuridica 
che gli stessi sono destinati ad assumere nell'ambito di un giudizio civile 
o amministrativo (1). 
Posto che la legge 29 novembre 1971 n. 1097 sulla tutela delle bellezze 
naturali e delle attivit� estrattive nei colli Euganei disciplina materia 
paesistica, come tale di competenza statale, considerato che l'art. 9 
della Costituzione include la tutela del paesaggio fra i principi f ondamentali 
della Carta, come tutela di un bene appartenuto alla intera comunit� 
nazionale, va dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimit� 
costituzionale della predetta legge 1097 in relazione all'art. 117 
della Costituzione (2). 

Le disposizioni contenute nella L. 29 novembre 1971 n. 1097 (recante 
norme per la tutela delle bellezze naturali e per le attivit� estrattive nei 
Colli Euganei) non introducono alcuna differente disciplina rispetto ai 
criteri generali forniti dalla legge 29 giugno 1939 n. 1497 in tema di tutela 
delle bellezze �naturali; pertanto, poich� il vincolo sui beni di interesse 
paesaggistico viene originariamente impresso dalla legge� nel pubblico 
interesse, e conseguentemente nessun indennizzo pu� e deve es.sere previsto 
per le limitazioni imposte a tutela del pae~aggio, va dichiarata manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale d,ella legge 
stessa in rr~lazione agli artt. 3 e 42 della Costituzione (3). 

(1) Cfr. Corte Costituzionale, 19 giugno 1981 n. 102 in Il Consiglio di Stato 
1981, ili, 662; sez. IV, 17 giugno 1980 n. 665 e V, 24 ottobre 1980 n. 883 ivi 1980, 
I, 893 e 1365; Cass. 3 maggio 1979, n. 2547 ivi 1979, II, 943. 
(2-3) Cfr. Corte Costituzionale 20 febbr�io 1973, n. 9 in C. Stato 1973, .u, 196. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 767 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 29 gennaio 1982 n. 45 -Pres. Daniele 


Est. Brandi -Quadro (avv. Cattaneo) c. Ente Autonomo Teatro S. 

Carlo di Napoli (Avv. Stato Cerocchi). 

Atto amministrativo -Presunzione di legittimit� � Ammissibilit� di prova 
contraria -Criteri -Limiti. 

Atto amministrativo � Attestato � Efficacia probatoria -Limiti. 

Gli atti amministrativi sono assistiti dalla presunzione di legittimit� 
la quale opera anche qualora sia parte nel giudizio amministrativo 
l'Ente dal quale promana l'atto; tale presunzione pu� essere superata 
non gi� attraverso mere contestazioni di parte o prove testimoniali, queste 
ultime inammissibili in sede giurisdizionale amministrativa, bens� 
con la dimostrazione di fatti e circostanze concrete (1): solo attraverso 
la proposizione della querela di falso pu� essere contestata la efficacia 
probatoria di un atto proveniente da un Ente pubblico (2). 

(1) Cfr. Cass. civ. 21 dicembre 1978 n. 6135 in Il Consiglio di Stato 1979, 
Il, 210; 'Sez. VI 13 ~uglio 1976 n. 299; Sez. V 3 aprile 1970 n. 333; Sez. VI 5 febbraio 
1969 n. 75, ivi 1976, I, 859; 1970, I, 625; ;1969, I, 95. 
(2) Cfr. Sez. IV 23 novembre 1971 n. 1049 e 24 giugno 1980 n. 691, ivi 1971, 
I, 2121; 1980, I, 905. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 29 gennaio 1982 n. 39 -Pres. Benvenuto, 
Est. Brandi -Ferracuto (avv. Galateria e Galvani) c. Ministero della 
Pubblica Istrnzione (avv. Stato Matalooi). 

Demanio -Demanio archeologico -Tutela di beni archeologici -Vincolo 
diretto -Esigenza di una motivazione specifica -Sussiste. 

L'imposizione di un vincolo di particolare interesse archeologico su 
beni di propriet� privata deve essere specificamente motivato, in 1�elazione, 
particolarmente, ai criteri seguiti dall'Amministrazione per una 
congrua valutazione degli elementi sui quali si basa il vincolo stesso, 
considerato che ai fini della emanazione di un vincolo diretto � necessario 
che sussista l'acquisita certezza da parte dell'Amministrazione 



768 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

sia in ordine alla esistenza dei beni da tutelare sia in ordine alla esatta 
consistenza ed estensione dei medesimi (1). 

(1) Cfr. Sez. VI, 30 settembre 11980 n. 778 in Il Cons. St. 1980, I, il186; Sez. ,IV, 
16 giugno 1981 n. 477, ivi 1981, I, 652 (in quest'ultima era stato specificato che 
ai fini de~fa tutela di beni di interesse storico e artistico la detenmnazione de:lLa 
ampiezza deLla fascia di rispetto del bene tutelato deve sempre essere congruamente 
motivata �in 1termini concreti: s& trattava neil caso di specie di un vincolo 
di zona di rispetto monumentale ex art. 21 1. 1� giugno 1939 n. 1089 e i~ Consiglio 
di Stato nell'occasione aveva ritenuto non motivata la determinazione di 
una foscia di rispetto di oirca 14 ettari per una viilia a1 fine di evitare la perdita 
del carattere di antico insediamento ruvale posseduto dal manufatto). 
Cfr. 1anche in merito ailil"obbligo e ai! Cl'iteri di .sufficienza de1la motiva� 
zione Sez. IV, 4 aipri:le .1978 n. 254, ,Sez. VI, 19 giugno 1%3, n. 350 in Il Consiglio 
di Stato .197'8, I, 552; 1963, I, 1039; per un caso di motivazione generica, :priva 
di riscontri oggettivi, 'Sez. IV, 25 gennaiio 19TI n. 53, ivi 1977, I, 6. 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� settembre 1981, n. 5019 -Pres. La 
Farina � Est. Zappulli -P. M. Leo (conf.). -Soc. Cementir (avv. Gambino 
e Coglioti Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pala


tiello). 

Tributi erariali diretti � Imposta sui redditi di riccheua mobile � Plu/ 
svalenza -Fusione di sQCiet� -Rapporto favorevole di cambio delle 
~oni -Esclusione. 

(T.U�.29 gennaio 1958, n. 645, artt. 1-00 e 106). 
La fusione per incorporazione di societ� produce una successione 
a titolo universale non conseguente confusione dei patrimoni nella quale' 
non p�� r~vvisarsi un reddito per la societ� incorporante a seguito di 
un vantaggio ottenuto nel rapporto di cambio delle azioni: La fusione 
pu� dar luogo ad una emersione di plusvalenza qualora questa si sia gi� 
f ormatfl in capo_ alla societ� incorporata e sia evidenziata in occasione 
della fusione (della imposta, riferibile alla societ� incorporata, ormai 
estinta, risponde a titolo successorio l'incorpgrante), ma non pu� esservi 
plusvalenza o sopravvenienza che per effetto della fusione si formi direttamente 
in capo alla societ� incorporante (1). 

(omissis) Con il secondo motivo, la societ� ricorrente ha� lamentato 
la violazione degli art. 81 primo e secondo comma e 83 lett. B) del T.U. 
sulle imposte dirette approvato con ~l d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, 
2501, 2325 comma II e seg., nonch� l'omesso esame di punto decisivo 
della controversia, in quanto la fusione di pi� societ� realizza una situa


(1) Considerazioni sull'emersione di plusvalenze della societ� incorporante 
nell'operazione di fusione. 
La �pur elaborata motivazione della sentenza non sembra che abbia centrato 
il problema occasionato daHa controversia. 
Se � vero che la fuzione delle soo~et� d� luogo ad una successione a titolo 
universale, non � tuttavia esatto che ta}e successione determina una confusione 
che non consente� di r.avV'isare un reddito ,per fa societ� risultante da11a fusione 

o incorpomnte connesso con <l'operazione. � infatti stabilito (art. 22 e 124, 
t.u. delile ~mposte dirette, 'oggi �art. 73, d.PiR. n. 597/197�3; art. 16, d.P;R. 598/1973; 
art. 11, dJP.R. n. 600/11973) che per lo spezzone di periodo di imposta della 
(o de1le) societ� fuse o incorporate debba essere compilato un bilancio e presentata 
una dichiarazione per la liquidazione de1le imposte dovute dai sog

770 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione giuridica corrispondente a quella di una successione universale e 
produce l'estinzione delle societ� con contestuale sostituzione della societ� 
risultante dalla fusione o incorporazione senza alcun fenomeno di 
scambio e di lucro per la differenza tra il prezzo che si assume pagato 
e i.I valore del patl'imonio de.Ila societ� incorporata. Ha, inolt�re, rilevato 
la ricorrente che quella fusione per incorporazione non importava alcun 
reddito, n� alcuna nuova ricchezza o utilit� imponibile, n�, ancor meno, 
evidenziava alcuna plusvalenza, che, comunque, non si poteva realizzare 
se non con una successiva rivendita. 

Il motivo � fondato. 

Invero, va premesso che, come precisato dalla migliore dottrina, 
nella fusione di societ� si ha un negozio corporativo, il quale opera immediatamente 
nelle organizzazioni sociali, e soltanto di riflesso sulle posizioni 
dei soci e sul patrimonio. La partecipazione alla societ� incorporante 
o che risulta dalla fusione d� luogo alla �onfusione dei patrimoni 
in un unico organismo di organizzazione diversa. Si attua, pertanto, 
necessariamente una successione a titolo universale della societ� incorporante 
a quella incorporata o di quella che risulta dalla fusione delle 
societ� le quali, in conseguenza, perdono la loro autonomia. 

getti estinti; i dovel'i formaM e sostanziali fanno carico alila societ� incorporante 
o risu11:ante dalla fusione, quale successore, ma J'obbligazione deve considerarsi 
sorta distiintamente !in capo ai soggetti estinti. Non si verifica quindi 
confusione, ed � evidente che non vi pu� essere compensazione tra. J;edditi 
e :perdite deilila societ� fuse o incorporate e nemmeno tra le societ� originarie 
e quella subentrata (v. annotazione a Cass. 2 giugno 1980, n. 3596, in questa 
Rassegna, 1981, I, 366). 

La fusione non sarebbe nemmeno di 9stacolo ad una normale tassazione 
delle plusvalenze, giacch� essa consiste, anche se si producono effetti d.i successione 
universale, in un trasfer�imento a 'titolo oneroso; se pertanto ord.inaTiamente 
la fusione non costituisce realizzo di plusvalenza, � solo perch� espresse 
norme cos� dispongono, in via derogativa (art. 16, d.P.R. n. 598/1973); ed infatti 
per ia fusione � stabilita fa stessa regola imposta per la trasformazione (art. 15 

d.P.:R. cit.), sebbene assai diversi siano i due fenomeni quanto alla modificazione 
soggettiva. 
Ma la norma dell'art. 16 ammette de1le eccezioni, alcune esplicite, altre da 
ricercare in v}a di .interpretazione. Una eccezione esplicita si trova nel richiamo 
dell'art. 16 ahl'.art. 12, che contiene in forma pi� completa il principio che era 
gi� enunciato nehl'�rt. 106 del t.u. del 1958: l'emersione in bilancio, indipendentemente 
dalla cessione dei beni� e daMa distribuzione ai soci, anche se connessa 
alle operazioni di fusione, � presu;pposto sufficiente per la tassazione. E si deve 
sottolineare che l'emeTsione della plusvalenza si ha non soltanto quando iJ bene 
viene iscritto per un valore superiore a queHo che gi� risuMava, ma anche 
(art. 16 .secondo comma) quando risulti � con o senza iscrizione al capitale� 
da una qualunque voce, pi� o meno mascherata, dal bilancio. 

Questa espJkita deroga � rif.erita dall'art. 16 al bilancio deHa societ� risultante 
dal�.1a fusione o incorporante e si riconnette soprattutto all'eventuaLit� 
che un bene gi� iscritto neHa societ� .incorporata per un valore determinato 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 771 

In seguito a ci�, indubbiamente, come recentemente posto in rilievo 
da questa Suprema Corte (sent. 25 novembre 1980, n. 6261), che ha riconfermato 
la definibilit� di tal fenomeno quale successione a titolo universale, 
le rispettive deliberazioni di fusione con le statuizioni sul cambio 
tra le azioni (o quote) delle rispettive societ�, pur dovendo, in linea di 
massima, rispecchiare i valori patrimoniali delle due societ�, nel caso 
di alterazione recano un pregiudizio non alla societ� estip.ta, ma, eventualmente, 
solo ai soci di quest'ultima. La confusione dei patrimoni 
delle due (o pi�) societ� importa che i dedotti vantaggi dell'una e i 
pregiudizi dell'altra si annullano reciprocamente in virt� della suddetta 
successione universale e che non sussiste una compravendita che possa 
dar luogo a un lucro corrispondente alla differenza tra valore e prezzo. 

Escluso, pertanto, che la societ� incorporante, cos� come trasformata 
dalla fusione, abbia conseguito un profitto con corrispondente perdita 
di quella incorporata, resta da considerare se, ci� nonostante, la: differenza 
di valore nominativo delle azioni di quest'ultima, ammessa nella 
decisione impugnata come pari al valore effettivo, rispetto a quello delle 

si vitrovi nel bilancio della societ� incorporante per un valore maggiore; se non 
venisse tassata ila plusvalenza in questo momento si avrebbe un salto di impo� 
sta. Ma, come ricorda anche la sentenza in esame, allo stesso risultato si perv.
iene anche quando la plusvalenza che si � realizzata in capo alfa societ� incorporata 
viene iscritta nel suo bilancio in occasione dell'incorporazione (Cass. 
7 giugno 1974, n. 1667, in questa Rassegna, 1974, I, '1239). 

In sostanza � sempre un incremento patrimoniale delola societ� incorporata 
che v1ene .in evidenza, in modi diversi. 

All di fuori di queste ipotesi, la sentenza sembrerebbe esoludere altra possi� 
biHt� di tassazione di plusvalenze {o sopravvenienze), in particolare sembrerebbe 
non ammettere che in occasione della fusione possa emergere una plusvalenza 
realizzata dailita incorporante. 

B qui che l'anaiLrsi si rive}a insufl�iciente e non focalizzata alfa particolarit� 
deHa fattispecie. 

La societ� incorporante aveva cambiato 1e proprie aZJioni con quella deHa 
societ� incorporata in un rapporto notevolmente sbifanciato; tutto questo 
sarebbe normale se le ris:pettive situazioni patrimoniaM avessero rivelato un 
tale rapporto. Era .invece accaduto che la societ� incorporante aveva .iscritto 
al fondo sovrapprezzo azioni una rHevante somma corrispondente ahl:a differenza 
1:m il valore patrimoniale della societ� .incorporata e il valore delle azioni 
cedute. Una singolare operazione contabifo che deve far riflettere: perch� mai 
fa �societ� incorporante ha ritenuto necessario riconoscere spontaneamente 
l'esistenza di questa differenza e lasciarne traccia nel suo bilancio con una 
manovra manifestamente irl'egolare? La sentenza si � limitata a riilevare che 
certamente non era giustificata la collocazione di quella somma nel .fondo 
sovrapprezzo azioni; ma non � ar.data oltr�e, nella convinzione che a causa 
deHa successione universale e della confusione dei patrimoni non fosse confi� 
gurabii~e la possibilit� che fa incorporante realizzasse un vantaggio a danno 
dell'incorporata. 

� per� doveroso chiedersi in che modo doveva essere contabilizzata quella 
somma che illegittimamente era stata trascritta al fondo sovrap:prezzo azioni. 



772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

azioni della societ� incorporante assegnate agli azionisti di quella incorporata, 
possa costituire ugualmente reddito tassabile sotto altro profilo. 

Al riguardo va preliminarmente rilevato che diversa � la questione 
da decidere nell'attuale giudizio rispetto a quella esaminata da questa 
Suprema Corte con la sentenza 17 giugno 1968, n. 1945, nella quale, in 
sede di applica:ll�one dell'imposta di registro sull'aumento del capitale 
delle societ� per azioni nel caso di incorporazione, fu ritenuta la inapplicabilit� 
di essa solo quando l'aumento di capitali della societ� incorporante 
risulti pani alla somma dei capitali delle societ� fuse �perch� 
la imposta di registro, quale imposta d'atto, � dovuta in relazione all'effettivo 
contenuto e valore dell'atto registrato, il quale, come va precisato, 
avviene tra le sooiet� prima della incorporazione e della conseguente 
confusione. Invece, l'imposta di ricchezza mobile, richiesta nella specie, 
concerneva un reddito necessariamente successivo e dipendente dalla 
avvenuta incorporazione, onde, sotto questo diverso profilo, non appare 
la tassabilit� della differenza in questione, quale ne sia la esatta definizione. 


n problema non. sta nel verificare se l'incorporante abbia o meno realizzato 
un vantaggio a danno dell'incoqioraita (se con l'operazione ,abbia realiz


Izato un buono o un cattivo affare), perch� sotto questo profilo sarebbe valida 
rosservazione che la successione a titolo universale elimina una tale possibiJlit�, 
ma pu� consistere nel verificare se dall'operazione di incorporazione, per le 
modalit� delila sua attuazione, non affiori un plusvalore tassabile. Su questa 
prob~ematica d!l caso di specie offre foccasione per alcune riflessionli. 

Vincoriporazione si attua assegnando ai rsoci dell'incorporata, le cui aziorui 
vengono annullate, azioni della incorporante suHa base di un rap:porto di cambio 
corrispondente ahle situazioni patrimoniali dehl'e due societ� (art. 2502 e.e.). Ma 
taJ:e rapporto di cambio, � determinato dMle situazioni patrimoniali reali che 
possono essere notevolmente difformi, in pi� o tn meno, delle valutazioni degli 
ultimi bilanci. E pertanto assai probabile che l'operazione di incor.porazione 
dia luogo necessariamente ad una emersione di plusvalenze: per poter effettuare 
il cambio tenendo conto di una situazione patrimoniale, questa finisce per essere 
ufficializzata. :B bens� vero che in base al menzionato art. �16 del d.P.R. n. 598/1973 
la dnclusione delle plusvalenze nelle srituazioni patrimoniali non � da sola sufficiente 
a giustificarne la tassazione; ma dopo che la situazione patrimoniale � 
servita di base al cambio, div.enta difficile sott<rarsi alla necessit� di isc11ivere nel 
bilancio successivo alla incorporazione gli stessi valori della situazione patrimoniale. 
Questa esigenza si presenta con maggior frequenza, per la societ� incorporante 
che � solitamente quella economi�amente pi� forte. 

Per evitare di iscrivere nel b1lanc:io i maggiori vailori risultanti d~a situazione 
patrimoniaile si potrebbe mettere in atto una operazione di questo tipo: 
anzich� rivalutare ,i[ patrimonio della incorporante, sr provvede a sottovalutare 
:tl patrimonio de11a incorporanda 1asoiando immutato il rapporto di cambio. 
Ma per recupemre 'il valore :Patrimoniale delnncorporanda che � stato artifi� 
ciosamente ridotto, si riporta ila differenza tra H vaJ:ore rea:J<e del patrimonio 
e queldo in base al quale � avvenuto il cambio rn un fondo (ne1 caso di specie 
nel fondo sovrapprezzo azioni, in altri casi in un fondo particolare che suole 
denomrnarsi di riserva di concambio). 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 773 

Invero, � erronea, come eccepito dall'Amministrazione Finanziaria, 
la sua indicazione nel bilancio della CEMENTIR quale sovrapprezzo 
azionario in quanto non 11isulta il suo pagamento da parte degli azionisti, 
come � proprio di tale categoria di entrate. Ma d'altra parte, non pu� 
ravvisarsi una plusvalenza in senso stretto, la quale presuppone una 
diversit� di indicazioni di valori per gli stessi singoli beni, per i quali, 
invece, � pacifica l'assenza di mutamenti nei successivi bilanci delle due 
societ� o una reaLizzazione degli utili attraverso una alienazione a titolo 
oneroso, la quale � ugualmente mancata dopo la fusione. 

Esclusa tale quaHfica, va osservato che la commissione centrale ha 
ravvisato in quella partita una � vera e propria sopravvenienza attiva 
contabilizzata � quale acquisizione patrimoniale della societ� incorporante 
a causa della mancanza di pariit� tra il patrimonio della societ� 
incorporata e il (minore) valore delle azioni attribuite ai soci della 
stessa. In tal modo essa ha posto a base della suddetta definizione non 
la emersione, quale evidenziazione, di un aumento del patrimonio della 
suddetta societ� incorporata non indicato nei suoi bilanci in regime di 
autonomia, e quindi una sopravvenienza anteriore alla fusione, ma una 
acquisizione della societ� incorporante CEMENTIR per il lucro costituito 
dalla suddetta differenza, e cio� dovuta alla fusione stessa. 

:�. utile a questo punto un esempio in numeri: poniamo che l'incorPorante 
A e l'incorPoranda B abbiano ciascuna un patrimonio valutato nei ris�pettiV!� 
bilanci in 100; ma che A abbia un patrimonio rea�e para a 200, B un patrimonio 
reale corrispondente a que1Io ufficiailizzato neLle scritture; :il rap;porto di 
cambio delle azioni dovr� essere 1 : 2. Per realizzare questo risUJ!.tato anzich� 
aumentare H patr;imoill�o di A da 100 a 200, per adeguarlo al reale, si sottovaluta 
d~ patrimonio di B da 100 a 50, in modo che resti immutato :il mpporto 1 : 2. 
Ma la somma corrispondente ahla riduzione artif�cia�e dcl patrimOill�o di B viene 
trasportata in un fondo particolare. In tail modo a seguito deM'operazione 
il'incorPorante �ritrover� nel b:ii1ancio un valore di (150 + 50) 200 che corrisponde 
a1la somma dci patrimoni (ufficiali) dehle due societ� e tuttavia si sar� rispet� 
�tato iili rapporto di cambio 11 : 2 senza procedere alla rivalutazione del: .patri� 
momo di A. 

:�. questa verosimilmente 1ta spiegazione della, apparentemente iWlogioa, iscri� 
zione di una grossa somma al fondo sovrapprezzo azioni e dell'ev,idente difficolt� 
~n cui si � trovata la societ� nel contabilizzare una tale somma. 

L'oper,azione che ha dato luogo alla controversia pu� anche essersi svoota 
diversamente (dalla sentenza risulta ben poco in punto di fatto); resta m spontanea 
ammds.sione ooUa societ� 'incorpo11ante di avere acquisito con l'incorPora� 
zione un valore eccedente rispetto a quello risultante dalila situazione patrimoniale 
ed al quale cerca di dare una coLl'ocazione nel bilancio. Ma l'avvenuta 
iscrizione, ,in una qualunque voce, � gi� sufi�iciente a far emergere una plusvalenza 
tassabile; si � gi� ricordato che a norma deWart. 16 del: d.P.R. n. 598/.1973, 
ogni i�sccizione in bilancio, � con o senza imputazione a capitale�, .giusti.fica 
La tassazione. Ci� significa che se sii trova nel bhlancio un fondo o una somma 
che non � la trasformazione o il trasporto di altra partita o comunque non 
ha una giustificazione contabHe, ma appare sorta come dail nulla senza una 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

774 

Tale interpretazione � confermata dai ripetuti accenni al � trasferimento 
� dei beni, alla acquisizione patrimoniale, all'ulteriore vantaggio 
rispetto alle risult�nze del bilancio per il maggiore incremento del patrimonio 
effettivo della societ� incorporata per crediti non considerato 
dall'uffioio � con una 1pruden2Ja che si potrebbe defin�.re anche eoces,siva �. 

Ci� premesso, deve tenersi presente la necessaria distinzione relativa 
alla dedotta sopravvenienza� tra la sua attribuzione meramente alla 
societ� incorporante quale lucro conseguente alla fusione, cos� come 
appare dalla decisione impugnata, e il riconoscimento espresso di una 
sua preesistenza a favore della societ� incorporata, con successivo trasferimento 
all'altra e semplice posteriore evidenziazione, attraverso .il 
bilancio di quest'ultima, di quell'aumento precedente del patrimonio della 
incorporata fino allora rimasto occulto ai fini della imposizione. 

Invero, pur secondo l'ampia formula degli art. 100 II comma (� sopravvenienza 
attiva conseguita nell'esercizio dell'impresa�) e 106 (� comunque 
conseguita nell'esercizio dell'impresa�) del citato t.u. del 1958, si 
presuppone nella decisione impugnata quell'utile come derivato dalla 
fusione alla societ� incorporante rispetto alla incorporata, che, .invece, � 
stato, come sopra precisato, escluso per la rilevata successione universale, 
non potendo la stessa darvi luogo, di per s�, per la incompatibilit� di 
esso, pur nella forma della menzionata sopravvenienza, con la conseguente 
confusione dei patrimoni delle due societ�. 

ragionevole angine, questo valore proviene da risorse gi� esistenti e che non 
figuravano in bilancio. :Si ;potr� allora discutere se tratUsi di plusvalenze patrimoniali 
in senso proprio o di riserve occulte (oggi sopravvenienze attive), ma 
sicuramente si � in presenza di un redd~to. 

Ove la societ� incorPoranda arvesse avuto un patrimonio di valore effettivo 
inferiore .a quelfo ufficiale, il rapporto di cambio sotto la pari avrebbe rispettato 
la realt� e nessun f01J1do avrebbe dovuto costruire l'incorporante. Se invece 
questo fondo viene costituito vuol dire che si deve rimettere a posto quailcosa, 
ossia bisogna frur riemergere un valore {del patrimonio de11'incorporanda) artificiosamente 
compresso. / 

In definitiva si presenta lo stesso problema cui d� luogo la costituzione 

o l'aumento di una riserva o di �altro fondo; se, mdiipendentemente dalla fusione, 
una societ� in qualunque momento iscrive net1 suo bilancio un vailore che non 
ha una provenienza giustificata fa emergere un reddito o da riva:lutazione del 
pat11imonio o da ;palesemento di riserva. 
Si potrebbe obiettare che ne1l'opernre 1ba fusione si pu� (o forse anche 

1

si deve) mantenere inalterata la valutazione dei patrimoni delle due societ� 
secondo i costi storici (nell'esempio 100 e 100) ma �che dovendosi determinare 
il rapporto di cambio secondo le situazioni patrimoniali effettive (nell'esemdio 
1 : 2) �diventa necessario ridurre il patrimonio di B (da 100 a 50) non potendosi 
aumentare il patrimonio di A (da 100 a 200); a questo punto diventerebbe necessario, 
per un'�esigenza di verit�, far riemergere in qualche modo il valore compresso 
di B riportando la differenza di 50 in un fondo particolare. Si tratterebbe cio� 
di una corretta O[perazione, necessaria per rispettare il dovere di non modi-

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1 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 775 

Diversamente, se si fosse tassata quella sopravvenienza non quale 
lucro conseguente alla incorporazione, ma come verificatosi anteriormente 
alla stessa a favore della preesistente societ� poi incorporata, e 
ci� in virt� della sua successiva evidenziazione o emersione (secondo il 
termine usato), si sarebbe verificata la diversa ipotesi gi� considerata 
da questa Suprema Corte nella sentenza 7 giugno 1974, n. 1687. In quel 
caso le citate plusvalenze o sopravvenienze erano state considerate tassa� 
bili solo in quanto prodottesi anteriormente in capo alla societ� poi 
estinta per incorporazione e solo evidenziate attraverso la fusione, con 
trasferimento alla incorporante, per successione universale, del conseguente 
debito fiscale corrispondentemente sorto a carico della societ� 
cos� estinta. 

Ma, proprio per la rilevata diversit� tra la dipendenza dell'imposizione 
dal detto lucro della incorporante -il quale presuppone, secondo 
la decisione impugnata un previo raffronto tra il patrimonio di questa 
ultima e il valore delle nuove azioni attribuite ai suoi soci -e la dipendenza 
della tassazione medesima dalla successiva evidenziazione di un 
precedente aumento di valore, viene a sussistere una corrispondente 
diversit� di questioni di fatto e di diritto. 

Al riguardo, non pu� trascurarsi che l'appello dell'ufficio 30 novembre 
1973, alla commissione di secondo grado, dopo avere riaffermato la 

ficare le valutazioni (art. 2425 e.e.) e che si artdcola su valori gi� ufficializzati 
(e gi� tassati) e che non vengono modificati, consentendo quindi di rinviare 
l'emersione della plusvalenza ad un tempo futuro. 

Non sembra che una tale operazione possa cortsi1derarsi. regolare. Premesso 
che deve riiteners1i consentito di modificare Je vaJ'utazioni in occasione 
defila fusione suHa base della situazi!one patrimoniail.e (non avrebbero senso 
diversamente Je menzionate norme degili artt. 12 e 16 del d.P.R.. n. 598/1973), 
sembra che il ridurre arbitrariamente le valutazioni sia operia:llione Hlegittima 
non meno deH'aumentarle, specie se si .tratta di una ridu:llione simulata. Se 
l'incorporanda ha una situazione reale di patrimonio che giustifica la riduzione, 
non sorge problema; diversamente fa situazione patrimoniale, che � oggetto 
di verifiche e controlli.ii, non pu� non 1rispettare ffia realt�. Di conseguenza non 
pu� mai essere giustificata J'dscrizione in bi1lancio in un fondo quaile che sia 
di una somma di cui non si riesce a dare una provenienza chiara, ma costituisce 
:hl recupero di un valore che si era occultato. Sembrerebbe pertanto che 
l'incorporante non possa evitare di palesare le sue plusvalenze e che pertanto 
non possa sottrarre alla imposizione la somma fatta scivolare in modo anomalo� 
in un fondo particolare. 

Le manipoJazioni fattibHi possono essere assai pi� complesse e pi� sapientemenrte 
arcmtettate; e quindi numerose e clifficild. possono essere Je questioni 
giuridiche da affrontare. Quella che � stata esposta � sru~anto una ipotesi di 
lavoro; ma ci sembra che meriti un approfondimento <iil probJema della possibiLit� 
che Ja fusione costituisca l'occasione per l'emersione di una plusvalenza 
formatasi neL!a societ� incorporata, possi1b.hlit� che la S.C. ha escluso in modo 
netto con una disamina non adeguata. 

CARLO BAFILE 

li 



776 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
menzionata differenza tra il patrimonio della incorporata e il valore delle 
azioni assegnate ai suoi soci, nel negare il carattere di soviraipprezzo deHe 
azioni alla relativa differenza, sosteneva che si trattava �di un vero e 
proprio utile derivante dai1la incorporazione e, come tale, soggetto a tassazione 
mobiliare � senza nulla dedurre rispetto alla evidenziazione o emersione 
successiva di una sopravvenienza anteriore alla fusione. In conformit� 
a tale motivo dell'appello la decisione della commissione di secondo 
grado aveva fatto riferimento fondamentale unicamente a quella differenza, 
mentre solo a quest'ultima si era richiamato l'ufficio nella memoria 
alla Commissione Tributaria Centrale. 

Conseguentemente, tali Jimiti delle deduzioni dell'ufficio e de.hl.a sud.detta 
decisione di secondo grado da un lato confermano la interpretazione 
della motivazione di quella della commissione centrale stessa nel senso 
sopra indicato, dall'altro �precludevano aJl'Ammd<nistrazione Fii.manzi.aria 
ogni deduzione e difesa per una eventuale correzione o integrazione di 
motivazione della decisione ex adverso impugnata. 

Pertanto, quest'ultima va cassata, con rinvio alla Commissione Tributaria 
Centrale, la quale si dovr� attenere al principio in virt� del quale, 
secondo la disciplina vigente sotto il T.U. del 1958 approv~to con D.P.R. 
29 gennaio 1958, n. 645, -poich� la fusione della societ� per azioni (o a 
responsabilit� limitata) nella forma della hicorporazione realizza una 
successione universale nella societ� incorporante rispetto a quella incorporata, 
con confusione dei relativi patrimoni -la eventuale differenza 
tra H patrimonio di quest'ultima alla data della fusione e il valore nominale 
delle azioni (o delle quote) della incorporante attribuito ai soci 
della seconda in cambio di quelle gi� loro appartenenti non dava luogo 
di per se, a reddito tassabile con l'imposta sulla ricchezza mobile. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 ottobre 1981, n. 5401 -Pres. Mazzacane Est. 
Battimelli -P. M. Martinelli (diff.). Del Plato (avv. Pranzataro) 
c.. Ministero delle Finanze (avv. Stato Bruni). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Concordato fallimentare Sentenza 
di omologazione -Costituisce il titolo per la tassazione di 
tutte le convenzioni. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 4, 62 e 72). 
Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Trasferimento di azienda Tassazione 
separata di mobili e immobili � Pertinenze -Assimilazione 
agli immobili � Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 46 e 47; e.e. art. 812, 817, 818 e 819). 
Poich� il concordato in s� non � produttivo di effetti, la sentenza di 
omologazione, che trasforma in obbligo giuridico vincolante per il fallito, 
per i creditori e per i garanti l'originaria proposta del debitore, costituisce 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 777 

l'atto soggetto all'imposta di registro e non � soltanto il mezza indiretto 
attraverso il quale vengono enunziati negozi autonomamente imponibili (1). 

Nel trasferimento di azienda, in applicazione dell'art. 46 dell'abrogata 
legge di registro, vanno applicate separatamente le diverse aliquote per 
immobili e mobili, semprech� esista una distinta determinazione di prezzo, 
non potendosi far ricorso al concetto di pertinenza per valutare unitariamente 
l'azienda come immobile; il rapporto pertinenziale lega il bene 
mobile alla sorte dell'immobile, e pu� quindi essere rilevante ai fini 
dell'art. 47 in materia di presunzione di trasferimento, ma non trasforma 
la natura del bene (2). 

-(omissis) Il primo motivo di ricorso, con cui si sostiene l'illegittimit� 
della tassazione, con imposta proporzionale, della sentenza di omologazione 
del concordato, non merita accoglimento, sia pure per ragioni diverse 
da quelle assunte, a sostegno della decisione impugnata, nella motivazione 
che va corretta e integrata, essendo comunque il dispositivo conforme 
a diritto, a sensi dell'art. 384 c.p.c. 

Ed invero, come gi� questa Corte ha avuto occasione di chiarire 
(sent. 6 gennaio 1980, n. 119), sotto il vigore della legge di registro del 
1923, ed a sensi dell'art. 126 della Tariffa all. A, seppure la sentenza di 
omologazione di concordato era soggetta, di per s�, alla tassazione con 
imposta fissa, la nota aggiunta a detto articolo� precisava'��che detta imposta 
era dovuta indipendentemente da quella stabilita per il concordato 
all'art. 32 della stessa tariffa; e quest'ultima norma sottoponeva a tassazione 
con imposta proporzionale il concordato come fonte di obbligazioni 
a contenuto pecuniario, in applicazione del principio generale di cui 
all'art. 4, 2� comma, della legge, che prevedeva l'applicazione dell'imposta 
proporzionale sugli atti contenenti obbligazioni o deliberazioni di somme 

o prestazioni (e non vi � dubbio, n� il ricorrente lo contesta, che oggetto 
del concordato era l'assunzione del pagamento di determinate somme ai 
creditori). 
Da ci� discende che, posto che il concordato, in s� e per s�, non � 
produttivo di effetti, la sentenza di omologazione (che � l'atto che, a 
conclusione della procedura, rende concrete e produttive di effetti le 

(1..2) SuMa prima massima, da condiwdere pienamente, v. Cass. 6 gennado 
:1980, n. 119, in questa Rassegna, 1980, I, 631. Sulila seconda massima sorgono 
dubbi sulla poss1bdiliit� di determinare s~:aratamente ~e ail!i.quote nel caso di 
trasferimento d'azienda nella quale la valutazione di beni dii ogni genere, anche 
immateriali, di rapporti di vantaggio e di svantaggio e dell'avv1amento non 
potrebbe non essere unitaria. La nuova ~egge di registro (art. 22), dn senso 
nettamente contrario al principio della massima, stabil.isce� che le perdnenze 
sono in ogni caso soggette aiL1a disciplina prevista per :fil bene al cui servizio 
o ornamento sono destinate, anche se per. ~e aziende ammette la separazione 
di mobili ed immobili. � 



778 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

obbligazioni di pagamento assunte, trasformando in un obbligo giuridico, 
vincolante per il fallito, per tutti i creditori e per l'assuntore, l'originaria 
proposta del debitore) � soggetta di per s� a tassazione, in quanto costituisce 
appunto >I'� atto� da cui sorge I'obbligazione di pagamento (essendo 
indifferente, ai fini del citato art. 4 della legge, che l'� atto� sia di natura 
unilaterale, o contrattuale, o giudiziaria). 

Ai fini dell'imposta di registro, pertanto, detta sentenza � diversa da 
una normale sentenza di accertamento o di condanna che ponga fine al 
giudizio di cognizione, e da cui scaturisca la possibilit�, per la finanza, di 
tassare atti di altro genere, semplicemente connessi con l'oggetto proprio 
del giudizio, in base al principio della tassazione per enunciazione, di cui 
all'art. 62 della legge, o, meglio ancora, con la cosiddetta imposta di titolo, 
a sensi dell'art. 72; la sentenza in questione, invero, non costituisce il 
mezzo indiretto attraverso cui il fisco tassa determinati atti, diversi dalla 
sentenza e gi� in precedenza soggetti a registrazione e non registrati, e la 
cui esistenza risulta, come rilevante ai fini fiscali, dalla sentenza, bens� 
costituisce, in tutto il suo contenuto, l'oggetto diretto della tassazione, 
essendo atto di per s� produttivo di determinati effetti a contenuto economico. 
(omissis) 

(omissis) Vanno invece accolti il secondo e terzo motivo di ricorso, 
che possono esaminarsi congiuntamente in quanto, sotto diverse angolazioni, 
investono la medesima questione. Premesso che � esatto quanto 
assunto nel secondo motivo, e cio� che l'art. 46 della legge di registro 
del 1923 � applicabile anche in caso di trasferimento di amenda comprensiva 
di beni mobili ed immobili (ed in tali sensi questa Corte si � gi� 
espressamente pronunciata con la sentenza n. 1147 del 24 marzo 1977, alle 
cui argomentazioni qui ci si riporta), va osservato, quanto al terzo motivo, 
che giustamente esso crJtica la sentenza impugnata per aver ritenuto 
tassabile con l'aliquota immobiliare anche il trasferimento dell'arredamento 
dell'albergo, in quanto costituente pertinenza dell'immobile. 

Ed invero va precisato che il suddetto art. 46 prevedeva la poss�ibilit� 
di distinta tassazione con diverse aliquote per gli immobili e per i mobili 
nel caso in cui, con unico atto traslativo di beni di diversa natura, fosse 
stato stabilito in contratto un diverso prezzo per ciascun tipo di beni (il 
che ricorre nel caso di speoie e non forma oggetto di contestazione), 
tranne che i beni astrattamente classificabili come mobili non fossero 
� dalla legge civile parificati agli immobili �. 

Si tratta di un evidente caso di rinvio non recettizio, ma semplicemente 
formale, avendo ritenuto inutile il legislatore ripetere, spedficamente, 
la nomenclatura contenuta negli artt. da 409 a 414 del codice 
chdle del 1865, ailil'epoca vigente, s� che, sotto iil vigore di detto codioe, 
non vi era dubbio che fossero soggetti all'aliquota immobiliare i trasferimenti 
dei cosidetti beni immobili per destinazione di cui agli artt. 413 e 
414 del codice; ma, una volta che il nuovo codice ha mutato la classifi




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

cazione dei beni mobili ed immobili, comprendendo fra i primi solo quelli 
indicati nei primi due commi dell'art. 812 e sancendo espressamente, al 
terzo comma di detto articolo, che � sono mobili tutti gli altri beni � 
diversi da quelli in precedenza indicati, non pu� pi� farsi ricorso alla 
nozione di � pertinenza � per ritenere ancora tassabili come immobili i 
mobili costituenti pertinenza, per il solo fatto della loro destinazione al 
servizio di un immobile e dell'attivit� specifica espletata nell'immobile 
stesso (e in questi sensi gi� questa Corte si � pronunciata fin dalla 
sentenza n. 2908 del 27 luglio 1956); e ci� perch� la natura di pertinenza, 
che poteva dirsi comune ai beni indicati negli artt. 413 e 414 del vecchio 
codice, poteva rappresentare la ragione della parificazione dei mobili agli 
immobili, ma non sarebbe stata di per s� sufficiente, in mancanza di 
espressa volont� legislativa, ad attribuire necessariamente natura immobiliare 
a beni mobili, senza lo specifico dettato legislativo secondo cui 
� sono beni immobili per destinazione le cose che il proprietario di un 
fondo vi ha posto per il servizio (art. 413) o �tutti gli oggetti mobili 
annessi dal proprietario ad un fondo o ad un edificio per rimanervi 
stabilimente � (art. 414); in altri termini, il concetto di pertinenza valeva 
per evidenziare il carattere comune e la funzionalit� economica-produttiva 
di determinati beni, per giustificare il perch� dello speciale trattamento, 
quanto alla loro essenza giuridica, voluto dal legislatore; ma non � pi� 
valido, in base al nuovo codice, per attribuire natura di bene immobile 
a beni che, per espresso dettato legislativo, sono considerati senza eccezione 
beni mobili (art. 812, 3� comma), e che sono unificati, con la definizione 
datane all'art. 817, a fini diversi, che non attengono gi� alla natura 
immobiliare dei beni, ma, pi� semplicemente, per il disposto degli articoli 
818 e 819, ad un regime giuridico che, in mancanza di diversa espressa 
volont� contrattuale, li assoggetta alle stesse vicende e agli stessi rapporti 
giuridici cui sono soggetti gli immobili al cui servizio sono destinati in 
conseguenza degli �atti� e dei �rapporti giuridici� (che sono qualcosa di 
ben diverso dalla realt� dell'essenza immobiliare o mobiliare) che riguardano 
gli immobili cui sono annessi, salv,i ~n ogni caso i diritti dei terzi. 

La nozione di �pertinenza�, quindi, � valida per risolvere le questioni 
che possono sorgere dall'applicazione dell'art. 47 della legge di registro del 
1923 in materia di presunzione di trasferimento, per la particolare regolamentazione 
che in parte anticipava, ai fini fiscali, il regime giuridico di 
cui al secondo comma dell'art. 818 e all'art. 819 del nuovo codice; ma non 
pu� essere utilizzata per risolvere la diversa fattispecie delrnmposizione, 
con un'aliquota piuttosto che con un'altra, di un trasferimento non presunto, 
ma specificatamente disposto in un atto tassato, e per il quale ci� 
che rileva, unicamente, � la natura mobiliare o immobiliare del bene in 
s� e per s�, natura che, in forza del rinvio formale contenuto nell'art. 46 
della legge di registro del 1923, non pu� desumersi altro che, dopo l'entrata 
in vigore del nuovo codice civile, dal disposto dell'art. 812 di detto codice. 


780 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Ci� comporta che, per dsolvere il caso di specie, non era sufficiente n� 
utile ricorrere al concetto di pertinenza, ma doveva accertarsi, se possibile, 
per stabilire la natura mob11iare e immobiliare dei beni la cui tassazione 
era contestata (e sempre, s'intende, nei limiti fissati al giudice di 
appello dalle richieste formulate dalle parti in detta sede), se ricorressero 
le condizioni di cui al 1� comma dell'art. 812 cod. civ. per qualificare come 
immobili determinati beni, riconoscendo, invece, come beni mobili tutti 
gli altri: nel che appunto va delimitato il compito del giudice di rinvio 
per la soluzione del caso di specie. (omissis) 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 ottobre 1981, n. 5506 � Pres. Santosuosso 
-Est. l.;ipairi -P. M. Vailente (conf.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Mari) c. Baschi (avv. De Angelis). 

Tributi erariali diretti � Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Esenzione 
decennale per nuove imprese artigiane .o piccole industrie in 
localit� economicamente depresse � Omessa presentazione della domanda 
-Deflnizione del rapporto tributario a seguito di iscrizione a 
ruolo e pagamento � Successivo riconoscimento del diritto alla esenzione 
-Estensione ai periodi definiti -Esclusione. 

(L. 29 luglio 1957, n. 635, art. 8; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 188). 
Quando per il riconoscimento di una esenzione � prevista la presentazione 
di una domanda documentata sulla quale la Amministrazione deve emettere 
un provvedimento avente natura di decisione amministrativa, 
il tardivo riconoscimento della esenzione, bench� di natura dichiarativa, 
non travolge i periodi d'imposta ormai definiti con l'iscrizione nel ruolo 
formato sulla base della dichiarazione e il pagamento o con l'accertamento 
non opposto (1). 

(1-2) Due diversi orientamenti nello stabilire gli effetti della dichiarazione. 

La prima sentenza riconosce una � capacit� di resistenza � dell'obbligazione 
adempiuta in manie11a legittima su11a base della dicrnarazione e dehl'iscrizione 
a ruofo {a titolo definitivo), pur di fronte ad un provvedtmento di riconoscimento 
deli1a esenzione che, per essere dichiarativo, potrebbe produrre 
effetti retroattivi. La sentenza a;pprezza con senso realistico la situazione di 
consolidamento che si ve11if�ca, per ciascun peciodo di imposta, con :iJl pagamento 
del tributo di cui con J,a dichiarazione si � riconosoiuto l'obbligo. 

La seconda sentenza conforme a numerose altre non attribwsce alla dichia


razione aikun valore giuridico e quindi facilmente ammette che si possa �senza 

preclusdoni impugnare il ruolo formato dn base alla dichiarazione o doman


dare il1' rimborso di quanto si � pagato suLla base di essa. Il prob~ema deLla 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 781 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez .. I, 17 novembre 1981, n. 6095 -Pres. Mazza. 
cane -Est. Pannella -P. M. Paolucci (conf.). Ministero delle� Finanze 
(avv. Statg Cosentino) c. Mencarelli. 

Tributi erariali diretti � Dichiarazione � .Natura � Iscrizione a ruolo � 
Ricorso � Imposta locale sui redditi � Deduzione ex art. 7 del d.P .R. 
29 settembre 1973, n. 599, non domandata con la dichiarazione � Am� 
missibilit�. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 2, 9, 36 bis; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599; 
art. 7; d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, artt. 14 e 39; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16). 
Proponendo ricorso contro il ruolo formato sulla base della dichiarazione 
pu� essere domandata, anche in via di rimborso, la deduzione del 
reddito prevista dall'art. 7 del d.P.R. 29 settembre �1973, n. 699, che non 
era stata domandata con la dichiarazione, giacch� questa quale dichiarazione 
di scienza diretta a fornire all'ufficio uno strumento per l'accertamento, 
pu� essere corretta o integrata (2). 

I 

(omissis) 1. -Ai sensi dell'art. 8 della legge� 29 luglio 1957, n. 635, le 
nuove imprese artigiane e le nuove piccole industrie (impieganti cio� 
normalmente meno di cento operai) costituite nelle localit� economicamente 
depresse dell'Italia settentrionale e centrale, indicate come tali dalla 
legge �sono esenti per dieci anni dalla data di inizio dell'attivit� produt1liva, 
rilev,abile con atto della competente Camera di commercio industlria 
ed agrtlcolturia, da ogni imposta sul reddito �. 

La disposizione estende le agevolazioni tributarie a favore dell'industmi.
a, dettate per l'Ita:lia meridionale dal d.l.C.P.S. 14 dicembre 1947, 

n. 5198, e prorogate dall'art. 29 della legge 29 luglio 1957, n. 634. 
La relativa disciplina � stata integrata con leggi 13 giugno 1961, n. 526, 
e 22 luglio 1966, n. 614, modificata all'art. 17, comma 2, riguardante specifi


definizione della dichiarazione come � atto di scienza � � esaurito motto sbrigativamente 
e senza tener conto delle non poche recenti !indicazioni normatlive 
che autorizzano una conclusione diversa (v. C. BAFILE, Osservazioni sulla natura 
giuridica della dichiarazione tributaria, in questa� Rassegna, 1980, I, 361, nonch� 
Cass. 24 gennaio 1980 n. 579 e 19 febbraio 1980 n. 1218, ivi, 1980, I, 815 e 823). 

Superficiale � 1anche l'interpreta:zJione delrart. 16 del d.P.R. n. 636/1973 nel 
senso che, iil ruolo non preceduto daLl'a dichLariazione � thlimitatamente limpugnabhle; 
certamente � da escludere la preclusione processuale che si verifica 
quando il ruolo � preceduto dall'accertamento, ma ci� non significa che la 
dichiarazione sia del tutto irrilev~te ai fini sostanziali. Non si considera invece 
che 1e imposte liquidate ~n base aLla dichiarazione sono iscritte a ruolo a titolo 



782 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

camente l'agevolazione in esame con legge 6 agosto 1967, n. 690. I benefici 
tributari per nuove iniziative produttive trovano eco anche nella riforma, 
all'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, con riflessi sull'ILOR. 

Il problema interpretativo che si pone consiste nello stabilire se 
l'esenzione riguardante una imposta il cui periodo di applicazione si commisura 
all'anno, una volta che ne sia stata riconosciuta la sussistenza 
degli elementi costitutivi, operi per l'intero periodo pluriennale (nella 
specie decennale) previsto o debba essere esclusa rispetto alle annualit� 
comprese nell"arco temporale di esenzione per le quali, in mancanza di 
richiesta del beneficio all'atto della presentazione della dichiarazione dei 
redditi o di opposizione al ruolo fondata sulla pretesa all'esenzione, l'accertamento 
sia divenuto definitivo. 

Al problema la Corte d'appello ha dato soluzione negativa ammettendo 
l'integrale conditio indebiti per l'intero periodo di esenzione previsto 
dalla legge senza dare rilievo al modo di operare nell'ordinamento tributario 
delle norme di esenzione (anzi muovendo da una errata ricostruzfone 
della struttura e della funzione della fattispecie di esenzione) e senza 
considerare ~l carattere tipico dell'imposta di ricchezza mobile, dovuta su 
redditi maturati anno per anno. 

La sentenza viene impugnata dall'amministrazione finanziaria, lamentando 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 della legge. 29 luglio 
1957, n. 635, e 5 del d.l. 18 novembre 1966, (in G. U. n. 293 del 1966), 
nonch� dell'art. 188 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645. 

Premette la Finanza che si tratta di stabilire se la maggiore o minore 
fruibilit� dell'esenzione dall'imposta di R.M., prevista dalla norma agevolativa, 
dipende o meno dalla data della relativa domanda; se cio� la 
domanda medesima esplichi efficacia anche rispetto ai periodi di imposta 
precedenti alla presentazione, per i quali l'imposta � stata iscritta a ruolo 
e regolarmente riscossa, ovvero operi soltanto per il futuro, riguardando 
la parte di decennio non ancora decorsa dall"inizio dell'attivit�, donde 
l'irripetibilit� delle imposte gi� riscosse per il periodo ante:rfore. 

defilnitli.vo (art. 14 d.P.R. n. 602/1973) allo stesso modo di quelle .liquidate iin base 
ad accertamenti definditivi ed ai redditi fondiari determinati catastalmente; tale 
def�nd,tivit� non avrebbe senso se M ruOtlo fosse M>limitatamente hnpugnahi:le. 

Riguardo ai!: problema ;pi� specifico deHia deduzione cli cui ailil'art. 7 del 
d.P;R. n. 599/1973, non si � consideralto che trattandosii dd una deduzione dal 
redddrto ,ammess,a mconcorrenza con detel1ID�nati requisiti soggettivi essa deve 
essere contenuta neHa dichiarazione, perch� ne sia controllata ~a spettanza, 
e che il termine de1l'ultimo comma � manifestamente perentorio. Ammettendosii 
che con l'opposizione contro il molo si !POSS�a domandare per la prima 
vo1ta [a dedumone, si va anche ad affermare che fa comrrrlssione possa riconoscere 
al contribuente un diritto sul qUale l'Amrniimstrazione non �Si � mai pronunziata. 
!Ma quando, entro quali termini, �ed in quale sede si �andr� a verificare 
se sussistano [e condizioni volute dal secondo comma de11'art. 7? Si dovr� fare 
un secondo accertamento nel momento in cui la deduzione � domandata? 

CARLO BAFILE 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

E ricorda che la medesima questione di fondo si � posta rispetto 
all'analogo beneficio, previsto per gli stabilimenti industriali impiantati 
nel Mezzogiorno, a proposito dell'art .29 della legge 29 luglio 1957, n. 634, 
cui hanno fatto seguito l'art. 13 della legge 26 giugno 1965, n. 717, e le 
relative modalit� di applicazione stabilite con d.m. 14 dicembre 1965; ed 
� stata decisa da questa Corte con ,sentenza n. 2462 del 1977, la quale ha 
stabiUto che l'esenzione non opera automaticamente, rper N solo verifioa:risi 
dei prescritti presupposti di fatto, postulando una iniziativa del contribuente, 
e cio� una sua domanda di ammissione all'esenzione, in difetto 
della quale l'amministrazione finanz;iaria legittimamente procede all'accertamento 
ed alla riscossione con la conseguenza che il contribuente, in 
caso di presentazione della domanda in epoca successiva alla data di 
completamento dei lavori di impianto del nuovo stabilimento, perde il 
beneficio relativo agli anni trascorsi e per i quali i rapporti si siano 
esauriti con la definitivit� dei ruoli; e conseguentemente non pu� ripetere 
quanto versato in adempimento dell'obbligazione tributaria consacrata in 
quei ruoli. 

Alle argomentazioni della richiamata sentenza la difesa dell'amministrazione 
si riporta, sottolineando il carattere periodico della imposta di 
ricchezza mobile, cui l'esenzione si riferisce, che trova la sua base imponibile 
nella produzione annuale di un reddito, e viene percepita anno per 
anno, con procedure di accertamento del tutto autonome l'una dall'altra, 
contemplanti ciascuna una serie di preclusioni e di decadenze, verificatesi 
le quali il .rapporto di imposta, per il singolo anno, si esaurisce e diviene 
definitivo; secondo l'amministrazione ricorrente che l'esenzione medesima 
trova il suo imprescindibile condizionamento di operativit� nella iniziativa 
del contribuente, che deve attivarsi presentando apposita domanda od 
opponendosi al ruolo. Non essendo la Finanza tenuta ad accertare di 
propria iniziativa se sussistano situazioni oggettive di esenzione, risulta 
legittima la sottoposizione del reddito alla normale tassazione, in mancanza 
di qualsiasi iniziativa del contribuente, quale esplicazione del normale 
potere di imposizione che non � impedito dall'esistenza di situazione 
riconducibile al modello di esenzione, non ancora prospettata all'amministrazione 
e da questa controllata, dovendo il contribuente imputare a se 
stesso, ed alla propria negligenza, la tardivit� della domanda da cui 'dipende 
l'irripetibilit� dei precedenti pagamenti riferiti a rapporti tributari 
ormai esauriti, e la conseguente impossibilit� di godere del trattamento 
tributario di favore per l'intero periodo previsto dalla legge. 

Soggiunge la difesa dell'amministrazione che la Corte d'appello non 

ha nemmeno tenuto presente la struttura della fattispecie di esenzione 

comportante l'onere di richiesta del beneficio da parte del contribuente 

interessato. Non giova osservare che in determinati casi la ripetizione � 

stata ammessa anche rispetto a pagamenti eseguiti 1suilla base di aocerta


menti definitivi, poich� in quei casi a presupposto delle richieste stava 


784 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

la assoluta carenza di potere impositivo, mentre nella specie il comportamento 
dell'amministrazione, correlato. alla. dichiarazione del contribuente, 
� stato del tutto legittimo. 

'� Non si pu� fondare la condictio sull'accertamento definitivo della non 
debenza ab origine del tributo (sussistendo i presupposti della esenzione) 
contenuto nella decisione della Commissione centrale, perch� l'autorit� 
giudiziaria era stata adita dalla finanza proprio per fare accertare che 
nonostante quella pronuncia, al contribuente spettava il rimborso soltanto 
rispetto alle imposte pagate in dipendenza dei ruoli pubblicati prima 
della data della domanda di esenzione, sicch� l'efficacia della riconosciuta 
esenzione costituiva il quid disputandum e non un dato da cui muovere 
per decidere la lite. 

2. -Il ricorso � fondato. 
Ritiene il Collegio che anche rispetto all'art. 8 della legge 29 luglio 1957, 
n. 635, si debba pervenire alla stessa soluzione raggiunta a proposito dell'art. 
29 della legge 29 luglio 1957, n. 634, restando condizionata l'operativit� 
della esenzione (che non comporta automaticamente ed ad origine l'esenzione 
dell'obbligazione tributaria per il solo fatto del venir in essere dei 
suoi presupposti di fatto) alla iniziativa del contribuente che incontra le 
preclusioni eventualmente verificatesi, rispetto al singolo rapporto tributario 
annuale, perdendo il beneficio con riguardo alle annualit� is�:nitte a 
ru�lo definitivamente ed alle correlative somme pagate, non potendo 
pi� ripetere quanto versato in dipendenza di rapporti ormai definiti. 
L'impugnata sentenza si basa su una inesatta visione del modo di 
incidenza della fattispecie di esenzione nel rapporto tributario quando 
afferma, con evidente imprecisione, che di fronte alla norma di esenzione 
la obbligazione tributarfa � non sorge � perch� la norma particolare derogando 
a quella generale vi si oppone. 

Pur dovendosi riconoscere che la sistemazione concettuale delle esenzioni 
tributarie non � agevole, un punto appare sicuro, il riconoscimento 
cio� che la norma di esenzione rappresenta un quid pluris rispetto alla 
fattispecie costitutiva dell'obbligazione di imposta, operando nel senso 
di consentire che il tributo non sia corrisposto pur sussistendo tutti gli 
elementi della fattispecie, perch� oltre a questi sono venuti in essere altri 
fatti valorizzati dal legislatore per sottrarre alla disciplina generale del 
tributo o certi soggetti oppure date situazioni soggettive, accanto alla 
norma impositiva l'ordinamento detta altra norma la quale esclude l'applicazione 
del tributo a situazioni compr~se nella fattispecie dell'imposizione. 
Sebbene ricorrano gli estremi del presupposto di imposta, il tributo non 
pu� essere preteso in quanto la legge non lo consente per .la presenza 
di determinate circostanze di fatto (e come conseguenza dell'accertamento 
delle circostanze stesse). Vi pu� quindi essere, a seconda della struttura 
dell'accertamento tributario, e deWinserirsi nel medesimo della fattispe



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

cie astratta di esenzione, una molteplicit� di procedimenti tipologicamente 
differenziati ;per disciplinare il modus operandi della esenzione. Di questi 
schemi viene in considerazione, ai fini del decidere, quello della � dichiarazione
�, che opera come � onere a carico del contribuente tenuto comunque 
a rappresentare alla Finanza la situazione integrante gli estremi del 
diritto all'esenzione e subisce le conseguenze della propria inerzia o del 
ritardo con cui si � mosso. 

L'esenzione -come � noto -va distinta dalla � esclusione � di imposta 
(e la mancata percezione di questa distinzione � addebitabile alla sentenza 
impugnata) venendo a circoscrivere la figura dell'esclusione (conformemente 
al suo valore lessicale) i casi in cui la mancata applicazione 
del tributo � giustificata da una valutazione negativa che il legislatore 
compie a priori circa l'attitudine di una data situazione a porsi come presupposto 
di imposta. 

Il legislatore � ovviamente libero di strutturare l'esenzione in procedimento 
autonomo rispetto a quello impositivo in senso stretto subordinando 
l'applicazione dell'esenzione al compimento tempestivo di determinati 
atti, e collegando all'inosservanza dei termini la sanzione della 
decadenza. 

Indubbiamente quando (ma non � il caso di specie) la legge pone 
un termine per la presentazione della domanda di esenzione, il mancato 
r:ispetto di detto termine da parte del contr.i!buente importa la perdita 
del beneficio che pu� essere definitiva o riguardare i singoli periodi di 
imposta cui l'onere di presentazione si correla. 

Nel caso in esame non di decadenza si tratta, ma di maggiore o 
minore fruibilit� dell'agevolazione da parte del contribuente sulla quale 
certamente incombe l'onere di attivarsi perch� la fattispecie � costruita 
in modo da dare riilievo alle circostanze che determinano il sorgere del 
diritto all'esenzione solo in quanto siano rappresentate al fisco; trattandosi 
di circostanze che non risultano al fisco medesimo in alcun modo, 
n� potrebbero risultargli se non a seguito della deduzione dell'interessato. 

E qui si innestano le considerazioni sopra svolte a proposito della 
stmttura della fattispecie di esenzione intesa come un quid pluris rispetto 
ai T�equisiti del presupposto di imposta paralizzante l'esigibilit� tributaria 
(e non gi� impeditivo in radice) del sorgere sussistendo tutti i presupposti 
per la dichiarazione (annuale) del reddito di impresa cui il contribuente 
imprenditore � tenuto per legge. 

Non si nega c:he sotto l'etichetta di esenzione in diritto positivo, 
nella terminologia corrente, possano profilarsi situazioni in cui l'obbligazione 
tributaria nemmeno sorge, ma si tratta di situazioni che, evidenziano 
una imperfetta tecnica di normazione e in realt� non rientrano nell'area 
della esenzione propriamente intesa, che neutralizza una pretesa 
tributaria ineccepibile e legittima nelle sue componenti costitutive, e si 


786 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

risolvono nell'� escludere� che la situazione medesima si ponga quale 
idoneo fatto genetico della fattispecie impositiva, rientrano> nella nozione 
sopra enucleata di � esclusione �. Non vi � dubbio tuttavia che nel caso 
in esame il legislatore ha voluto introdurre una � esenzione � in senso 
proprio, sovrapponendo alla fattispecie costitutiva del tributo il fatto 
impeditivo dell'esigibilit� dell'obbligazione che altrimenti si dovrebbe 
adempiere. 

L'agevolazione prevista per il primo impianto di stabilimenti Jndustriali, 
opera se ed in quanto l'imprenditore interessato si attivi e l'am� 
ministra2lione riconosca che al contribuente spetta l'esenzione concessa 
dalla legge nel concorso di determinati requisiti (sia pure rigidamente 
predeterminati dalla norma, in guisa che non sussista rispetto ad essi 
alcun margine di apprezzamento discrezionale). Il relativo provvedimento, 
che ha indubbiamente carattere dichiarativo (e non costitutivo), si 
presenta come una decisione amministrativa (essendo idoneo a risolvere 
un potenziale conflitto di interessi circa la ricorrenza degli elementi 
costitutivi della fattispecie legale di esenzione) e quindi il contribuente 
ha l'onere non soltanto di prendere l'iniziativa perch� l'amministra:ziione 
provveda, ma subisce le conseguenze dell'atteggiamento passivo serbato 
rispetto all'eventuale contenuto di tale decisione, totalmente negativa, 
ovvero o meno favorevole rispetto all'individuazione del momento 
iniziale e finale del periodo di esenzione (Cass. 3342/78). 

Tale dichiarativit� comporta che il provvedimento che riconosca 
l'esenzione (o la decisione giurisdizionale che abbia risolto il relativo 
conflitto) abbia potenzialit� a riallacciarsi al momento di decorrenza legale 
dell'esenzione medesima, incontrando, peraltro, il limite di preclusioni 
derivanti dalla definitivit� di accertamenti gi� intervenuti. 

La possibilit� di una pluralit� di accertamenti tributari che vengano 
a riflettersi sull'area temporale dell'esenzione dipende -infatti -dal 
carattere delle imposte sui redditi che sono imposte periodiche, dovute 
anno per anno (cfr. puntualmente l'art. 7 del d.P.R. n. 597 IRPEF secondo 
cui � l'imposta � dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corri� 
sponde una obbligazione autonoma �; cfr. pure l'art. 8 del d.P.R. n. 598 
IRPEG, che sottolinea ancora la tendenziale autonomia dell'obbligazione 
corrispondente al periodo di imposta rapportato all' � esercizio � o periodo 
di gestione del soggetto passivo, determinato dalla legge o dall'atto costitutivo). 


Con riferimento alle norme applicabili nella specie va ricordato, che, 
secondo l'art. 3 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, �le imposte sono dovute 
per periodi di imposta, a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione 
tributaria autonoma �, precisandosi, nel secondo comma, che il 
periodo di imposta � costituito di norma dall'anno sociale, ovvero, altrimenti, 
dall'esercizio sociale. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Ne risulta, quindi, i'essenziale connotazione della esenzione in esame 
di riferirsi a un tri.buto che si determina in maniera autonoma, ed in 
misura non necessariamente coincidente, anno per anno, esercizio sociale 
per esercizio sociale, dando luogo a vicende che afferiscono autonomamente 
a ciascun periodo, dieci dei quali consecutivi ed a decorrere dal 
nuovo impianto, godono ciascuno in s� per s�, e quindi indillpendentemente 
l'uno dall'altro, della totale esenzione dall'imposta dal reddito 
che si sarebbe dovuta corrispondere alla stregua della dichiarazione. 

3. -Il problema che si pone risulta allora essenzialmente quello 
della capacit� di resistenza dell'accertamento divenuto definitivo, per 
una o pi� annualit� rispetto al diritto alla esenzione non fatto tempe" 
stivamente valere e che si innesta su una obbligazione tributaria che, 
nel momento in cui era stata adempiuta con il pagamento, risultava 
sicuramente valida e legittima perch� non le era stato aincooa con1Jraipposto 
il diritto all'esenzione il cui riconoscimento non � idoneo a travolgere 
colla definitivit�. 
Il ragionamento in termini di conditio indebiti appare falsamente suggestivo 
perch� la potest� impositiva pienamente sussisteva nel momento 
in cui l'imposta veniva iscritta a ruolo, divenendo definitiva, ed in cui 
il pagamento chiudeva il rapporto relativamente al tributo che ne aveva 
formato oggetto (e non � mai venuta meno retroattivamente). L'esenzione, 
infatti, non impedisce il sorgere della fattispecie legale di imposizione 
(che rispetto alle imposte sui redditi, si rinnova nel suo fondamento 
genetico anno per anno), presentandosi come fatto impeditivo 
perch� la relativa pretesa possa essere fatta valere nei confronti del contribuente, 
paralizzandola. Il diritto all'esenzione, pertanto, non esplica 
i suoi effetti elidendo, ora per allora, la potest� impositiva che si � correttamente 
esplicata nemine contradicente per l'inerzia serbata dal contribuente, 
ma rende attuale la inesigibilit� dall'imposta, di ciascuna separata 
imposta afferente ad annualit� rientranti nel periodo temporale cui 
l'esenzione si riferisce nei limiti in cui si trattava di fare ancora valere 
quella pretesa, senza che ne restassero travolti i pagamenti effettuati 
mediante una condictio indebiti, di cui difettano i presupposti perch� 
l'esenzione non fa venir meno ab origine il potere impositivo, rendendolo 
privo di causa, ma accerta l'esistenza di presupposti che rendono non 
esigibile la pretesa tributaria. L'accertamento del diritto all'esenzione 
si viene a situare nel tempo con ogni possibile capacit� espansiva, ma 
non pu�, retroagendo, travolgere la definitivit� delle pretese impositive 
gi� consolidatesi. 

Si presenta a questo punto naturale il parallelo con gli effetti delle 
sentenze dichiarative della incostituzionalit� di norme impositive. 
Il relativo dibattito � stato lungo e complesso, ma ha trovato ormai 
consolidato assetto nel rilievo che la legge incostituzionale non � nulla, 


788 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

ma invalida, e quindi la sentenza che accerta le invalidit� nel suo operare 
retroattivamente non travolge gli effetti definitivamente verificatisi. 

In tema di imposta sulle aree fabbricabili l'orientamento giurisprudenziale 
� stato univoco nel puntualizzare che la pronuncia di incostituzionalit� 
della norma impositiva spiega i suoi effetti sul rapporto 
tributario sorto in base a tale 11orma nel senso che, ancoroh� isca:�:t:ite 
a ruolo, non sono pi� dovute le imposte, o rate di dmposte, non ancora 
scadute, e comunque non ancora soddisfatte entro il giorno della pubblicazione 
del dispositivo della sentenza nella Gazzetta Ufficiale, mentre 
sono ripetibili entro il termine ordinario prescrizionale quelle pagate 
successivamente, restando invece completamente insensibili alla pronuncia 
i pagamenti del tributo o delle rate di imposta gi� avvenuti entro 
la data predetta, in confonnit� di accertamento divenuto definitivo per 
non avere il contribuente esperito tempestivamente contro l'accertamento 
medesimo i rimedi giurisdizionali. Il nucleo fondamentale di tale orientamento 
consiste nel distinguere il rapporto chiuso e definito dal rapporto 

I aperto rispetto alla sopravvenuta dichiarazione, che porta a riconoscere 
l'inidoneit� della norma invocata a fondarlo, nel presupposto che la norma 

I

fil

ab origine era suscettibile peraltro di produrre un qualche effetto rimuo


ili 

vibile con efficacia ex tunc, salva appunto tale definitivit�, che potrebbe r 
essere travolta solo riconoscendo, ora per allora, l'assoluta totale inidoneit� 

I I 

alla produzione di effetti giuridici della legge incostituztonale. 

Ci� significa, in termini normativi, contrapporre la norma nulla-inesistente 
alla norma invalida-annullabile, ed in termini di potest� impositiva, 
contrapporre la radicale ed originaria carenza di potere impositivo 
alla inesigibilit� della pretesa nonostante la ricorrenza di tutti J presupposti 
della imposizione per la congiunta ricorrenza degli estremi della fatti


I 

specie di esenzione che impedisce di far valere la pretesa medesima nei 

f$ 

confronti del contribuente che gode dell'esenzione. 

Ne risulta, mutatis mutandis, che la situazione del contribuente che 
non abbia fatto tempestivamente valere il proprio diritto alla esenzione 
non potrebbe ricevere dall'ordinamento trattamento pi� favorevole di quello 
riservato al contribuente che non si sia attivato contro la potest� impositiva 
ricollegata ad una norma di dubbia costituzionalit� non ammesso 
a ripetere quanto pagato alla stregua di accertamenti definitivi. 

~ 

Pur non avendo operato l'accostamento con la fattispecie di incosti~ 
tuzionalit� della legge impositiva, che sembra al Collegio, particolarmente 

I ~ 

pregnante, la precedente decisione della Corte n. 2462 del 1977 cit., ha 
avuto chiara consapevolezza della non riconducibilit� del caso in esame 
(di ritardo nella richiesta di una esenzione che abbraccia distinti e con-!~ 

~= 

secutivi periodi di imposta con la possibilit� di scontrarsi con accerta{' 
menti gi� divenuti definitivi rispetto a talune di tali annualit�) a quelli l: 
in cui la condictio indebiti si esplica puntualmente giacch� non si control' 
verte del diritto a godere di un'esenzione rispetto ad una ,imposizione tribu-

I 

ii

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i 

r11111111111111�11111s1l1:wtrfil[trrt11J,11111111:1111r1r1111t1fi&fiilfllllr11r&rllir1ri1 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

789 

taria giuridicamente fondata, ma della stessa sussistenza del potere di 
imporre alcunch�. 

Quando, come nella specie, il potere di imposizione � sicuramente sussistente 
ed il comportamento del fisco :nisulta rispondente alla legge ed 
alla stessa dichiarazione del contribuente alla legge ed alla stessa dichiarazione 
del contribuente che non si � attivato di fronte alla (legittima) 
iscrizione a ruolo facendo valere (tempestivamente) il divitto alla esenzione 
(a suo tempo non dedotto nella dichiarazione dei redditi) e l'imposta 
� stata applicata nella sussistenza di tutti i suoi presupposti giustificativi, 
tale applicazione non pu� essere travolta dal provvedimento di concessione 
dell'agevolazione, indipendentemente dal carattere dichiarativo del 
provvedimento stesso che, nello spiegare i suoi effetti, deve arrestarsi 
ovviamente di fronte a quegli accertamenti ormai diventati definitivi. 

N� cos� argomentando si finisce col dare efficacia determinante alle 
disposizioni regolamentari appositamente emanate (nella specie con il 
decreto mi(lliisterial� 18 novembre 1966, G. U. 21 novembre 1966, n. 293) 
poich� non si tratta di valorizzare in senso positivo le statuizioni che stabiliscono 
che la domanda di esenzione va presentata o nel contesto della 
dichiarazione annuale, o in sede di opposizione all'avviso di accertamento, 
o, in mancanza di questo, in sede di opposizione al ruolo, ma di operare 
alla stregua di principi generali (di cui quelle norme regolamentari costi-.. 
tuiscono mera applicazione) correlati da un lato alla struttura della agevolazione 
(che � �chiedibile� ed in tanto rileva in quanto la situazione 
che la integra sia portata a conoscenza dell'amministrazione finanziaria 
e �riconosciuta sussistente da questa), e dall'altro alla resistenza degli 
accertamenti definitivi in tutte le situazioni in cui non si tratta di conte� 
stare in radice il potere di imposizione, ma di paralizzarlo contrapponen� 
dovi il diritto all'esenzione che non pu� quindi fondare la pretesa alla 
restituzione di quanto -in difetto della relativa deduzione -� stato 
legittimamente preteso e corrisposto. 

Non rileva quindi la circostanza che la legge non ponga espressa� 
mente alcun limite alla presentazione della domanda di esenzione. L'assenza 
di tale limite giova nel senso che il contribuente non incorre in decadenza 
rispetto alla possibilit� di fruire dell'esenzione per l'intero periodo, 
ovvero per l'1annualit� di imposta considerata, indipendentemente dal verificarsi 
delle ipotesi di definitivit� dell'accertamento) perch� la preclusione 
applicativa discendente dalla definitivit� dell'accertamento trova fondamento 
nei principi generali e non gi� in specifiche disposizioni di legge 
e di regolamento. 

Ne consegue -alla stregua delle svolte considerazioni -che resta 
esclusa la perdita dell'agevolazione per le annualit� decorse se pur essendo 
stata omessa la richiesta di esenzione nella dichiarazione dei redditi, il 
relativo diritto si faccia valere successivamente e pur dopo la scadenza 
di un primo (o di pi�) periodo di imposta compreso nel decennio, sempre 


790 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che, relativamente a tale (o a tali) periodo, non sia intervenuta l'iscrizione 
a ruolo definitiva o l'avviso di accertamento non opposto. 

Sembra infatti, che la previsione normativa dell'agevolazione che 
abbraccia un decennio (e cio� le annualit� di imposta che si susseguono 
continuativamente nell'arco di un decennio: non essendo il caso di prendere 
posizione circa le suggestive tesi secondo cui non si dovrebbe avere 
riguardo alla continuit� del decennio, ma alle dieci annualit� successive 
all'impianto-nelle quali l'impresa abbia prodotto reddito) comporta appunto 
la possibilit� di riferire l'agevolazione medesima non gi� puntualmente 
ed analiticamente a ciascuna delle annualit�, considerate autonomamente, 
ma al loro insieme (sia pure con riferimento all'arco di tempo ancora 
aperto). 

4. -Le argomentazioni che precedono valgono ad un tempo a sottolineare 
sia gli errori di impostazione su cui � caduta la sentenza dei giudici 
marchigiani sia la puntualit� delle critiche ad essa mosse sia infine la non 
concludenza delle argomentazioni contenute nel contro:rkorso. 
Nel caso in esame � as1solutamente pacifico in causa, costituendo, anzi, 
dato da cui muove la impugnata sentenza, la definitivit� dell'accertamento 
cui si correlavano i pagamenti rispetto ai quali � stato escluso il rimborso. 
Al riguardo va soggiunto che tale definitivit� non rappresenta nella specie 
un dato meramente estrinseco, ma la proiezione della dichiarazione dei 
redditi a suo tempo presentata dal contribuente, e non contestata in s� 
e per s�, posto che soltanto rnnvocazione ed il riconoscimento del diritto 
all'esenzione avrebbe potuto valere appunto ad �esonerare� il beneficiario 
dal pagamento del tributo sicuramente dovuto. E quindi negando la ripetizione 
non si 1attribuisce al titolo esecutivo in forza del quale il pagamento 
del tributo venne effettuato una �astratta� idoneit� a giustificare il pagamento 
anche in assenza di una causa solvendi, ma si contestano i presupposti 
sostanziali della condictio indebiti, perch� si esclude che il pagamento 
non fosse dovuto al momento della solutio, pienamente giustificata 
dal legittimo titolo esecutivo (non paralizzato dal diritto all'esenzione non 
ancora fatto valere). A fondamento dell'indebito non pu� invocarsi l'avvenuto 
accertamento della spettanza dell'esenzione decennale, giacch� il 
punto da decidere non riguardava il riconoscimento che nella specie, e con 
decorrenza da una certa data, spettasse l'esenzione decennale dalle imposte 
dirette sui iredditi, ma la suscettibilit� di questo accertamento di V1ailore 
non soltanto dal giorno della domanda in poi, ma anche per il passato, con 
specifico riferimento a pagamenti gi� avvenuti e che si correlavano ad iscrizioni 
a molo non opposte. Ed in questo 1senso il supporto argomentativo 
della impugnata sentenza che l'obbligazione non era sorta (n� poteva 
validamente sorgere) una volta accertata, sia pure ex post, la spettanza 
dell'esenzione, non .regge per le considerazioni che si sono venute diffusamente 
svolgendo. (omissis) 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

II 

(omissis) Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione delle Finanze 
denuncia la violazione dell'art. 7 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, la violazione 
e la falsa applicazione dell'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 in 
covrela2lione a~i avtt. 11, 14, 39 d.P.R. 29 settembi'e 1973, n. 602 ed in relazione 
all'art. 360, n. 3, cod .proc. civ. 

Deduce che la sentenza impugnata non avrebbe ritenuto: 

a) che la � richiesta � della deduzione ex art. 7 succitato sarebbe 
da qualificarsi condizione essenziale per l'applicazione delle agevolazioni 
tributarie; b) che, dovendo essere inserita nella dichiarazione dei redditi, 
sarebbe stato fissato dalla legge un termine essenziale e perentorio non 
sost~tuibile con quello del ricorso contro il ruolo; e) che il ricorso contro 
il � ruolo � sarebbe validamente proposto �solo quando si denunciasse l'illegittimo 
comportamento dell'Ufficio nell'effettuazione dell'iscrizione a ruolo 
delle imposte. E ci� -si aggiunge -non si sarebbe v.erificato dato che, 
in difetto della � richiesta � .in tempo utile da parte del contribuente, legittimamente 
l'Ufficio avrebbe proceduto alla iscrizione a ruolo del tributo 
senza tener conto delle deduzioni eventualmente spettanti. 

Per ragione di priorit� logica va esaminata per. pvima l'ultima delle 
questioni sollevate, la quale, se fondata, si presenta con carattere assorbente 
rispetto alle altre. Essa per altro involge un'osservazione tecnicogiuridica 
di carattere generale: cio�, sul se il ricorso contro il ruolo sia 
limitato alle sole ipotesi in cui l'iscrizione del tributo abbia avuto luogo 
in conseguenza di un'attivit� illegittima dell'amministrazione finanziaria. 

La risposta � negativa alla luce dell'interpretazione dell'art. 16 d.P.R. 

n. 636/1972. 
Fuori dei casi dei.vizi propri del ruolo, la norma prevede anche l'ipotesi 
del ricorso contro il ruolo quando l'iscrizione sia avvenuta senza notific;l 
dell'atto di imposizione. 

Ora dal momento che la legge consente l'iscrizione a ruolo a titolo 
definitivo dei tributi corrispondenti agli imponibili dichiarati dal contribuente 
ai sensi degli artt. 14 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e 36-bis d.P.R. 
29 settembre 1973, n. 600 senza la necessit� di un preventivo atto di accertamento 
o di imposizione discende -quale lo~ca conseguenza -che 
l'impugnazione del ruolo pu� essere proposta indipendentemente da illegittima 
attivit� dell'Amministrazione finanziaria. 

Vi � di pi�. 

Il ricorso contro il ruolo deve ritenersi ammissibile anche nell'ipotesi 
in cui il contribuente abbia eseguito il pagamento dell'imposta spontaneamente, 
in virt� dell'autotassazione e successivamente abbia ritenuto 
di avere diritto al rimborso. Questa facolt� costituisce un minus rispetto 
a quella sancita dall'ultimo comma dell'art. 16 d.P.R. n. 636/72 ed una 


792 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

puntuale applicazione della regola sancita nel secondo comma dell'art. 39 

d.P.R. n. 602/73. 
Tali interpretazioni, gi� esplicatesi nella ermeneutica della dottrina 
e della giurisprudenza delle Commissioni tributarie, corrispondono ad esigenze 
di una sana giustizia tributaria 'in forza del principio della legalit� 
dell'imposizione, conferendosi al contribuente la possibilit� di chiedere 
la correzione di errori, commessi nella liquidazione del tributo, sia per 
fatto dell'Amministrazione, sia per fatto suo proprio (Cass. 26 maggio 1981, 

n. 
3459). 
Le altre censure non meritano sorte diversa. 
Si sostiene che la � richiesta � di riduzione a met� dell'imponibile, 
ai fini dell'imposta ILOR come prevista dal primo comma dell'art. 7 del 

d.P.R. 28 settembre 1973, n. 599 da inserirsi nella dichiarazione am;male 
dei redditi (ultimo comma del citato art. 7) costituirebbe una condizione 
per l'ottenimento delle agevolazioni e come tale sarebbe soggetta al termine 
perentorio, coincidente con quello fissato per la dichiarazione dei 
redditi. 
Ebbene, se pu� ritenersi vera l'affermazione secondo la quale la 
� richiesta � costituisce �una condizione o meglio un presupposto per il 
conseguimento delle deduzioni, non altrettanto pu� dirsi circa l'affermazione 
della perentoriet� del' termine. 

L'imposizione tributaria ha natura di attivit� inquisitoria e legalitaria, 
rispetto alla quale la dichiarazione dei redditi si pone come attivit� di 
collaborazione del contribuente per la determinazione della base imponibile. 

Sicch� l'accertamento di ufficio alla ricerca dell'obiettivo reddito 
imponibile e meglio ancora della capacit� contributiva del soggetto costituisce 
un'attivit� amministrativa che pu� prescindere -comunque dalla 
dichiarazione dei redditi. Da ci� la riprova che la dichiarazione, 
quale atto di scienza del contribuente, non ha altra funzione che quella 
di fornire uno strumento di controllo alla p.a., per l'accertamento dei 
redditi di lui e perci� dell'imponibile soggetto alla liquidazione dell'imposta. 


Per la determinazione di tale imponibile il legislatore ha posto a 
carico del soggetto l'onere di richiedere e di specificare -ai fini 
dell'ILOR -le deduzioni di cui, a norma dell'art. 7 del d.P.R. n. 599/73, 
egli ritenga di avere diritto, rappresentandole nella stessa dichiarazione 
annuale dei redditi. 

� evidente che la � richiesta � deHe deduz.ioni � partecipe della 
natura della �dichiarazione dei redditi�. Sicch� l'eventuale errore od 
omissione che attenga alla predetta �richiesta�, deve essere configurato 
come errore od omissione insito nella dichiarazione dei redditi stessa. 

N� contro tale osservazione si pone la regola giuridica dell'ultima 
parte dell'ultimo comma dell'art. 7 succitato l� dove al contr.ibuente � 
fatto carico di presentare la � richiesta delle deduzioni � anche nell'ipo



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 793 

tesi in cui il contribuente sia esonerato dall'obbligo della dichiarazione, 
perch� la funzione primaria di tale richiesta resta pur sempre quella 
di consentire all'Amministrazione finanziaria un esatto controllo per 
l'accertamento di ufficio del reddito imponibile. 

Da quanto espost� discende che come per la � dichiarazione dei 
redditi� il mancato rispetto del termine fa scattare nell'Amministra


.zione il potere~dovere dell'applicazione� delle sanzioni, cos� la mancata 
�richiesta deUe deduzioni� nella dichiarazione dei redditi consente 
all'Amministrazione di iscrivere a ruolo la parte di tributo eventualmente 
non pagata c;on tutte le conseguenze -a carico del contribuente derivanti 
dal carattere di esecutoriet� del ruolo stesso. 

Nell'uno come nell'altro caso, quindi, non pu� dirsi che la scadenza 
del termine escluda definitivamente nel soggetto la possibilit� di far 
conoscere direttamente all'ufficio finanziario oppure in sede contenziosa 
i presupposti oggettivi del suo reale debito tributario o di far valere 
gli errori o le omissioni insiti nella sua dichiarazione. 

Tale possibilit� si deduce dalla retta interpretazione degli artt. 9 
ultimo comma d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 16 d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 636. 
Opinare il contrario significherebbe stravolgere oltre che il principio 
della legalit� anche quello di un corretto rapporto tra Stato e contribuente, 
assoggettando quest'ultimo al pagamento di tributi oggettivamente 
non dovuti. 

In definitiva, va detto che, escluso il concetto di perentoriet� del 
termine come attributo dalla ricorrente alla � richiesta � delle detrazioni 
previste dal primo comma dell'art. 7 d.P.R. n. 599/73, validamente 
e tempestivamente il contrlbuente propose ricorso contro il ruolo al fine 
di far valere il suo diritto al riconoscimento di quelle detrazioni, com'� 
stato ritenuto dalla decisione impugnata. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 febbraio 1982, n. 658 -Pres. Miele Est. 
Zappulli -P. M. Nicita (diti'.) -Coop. S. Anna Vallarsa c. Ufficio 
registro di Rovereto. 

Tributi {in genere) -Contenzioso tributarlo -Competenza Commissione � 
Regolamento di ufficio -Ammissibilit�. 
�. (c.p.c., art. 45). 

E ammissibile il regolamento di competenza richiesto d'ufficio a norma 
dell'art. 45 cod. proc. civ. (1). 

(1) Un repentdno mutamento cli mdkizzo. Nelil'abrogato sistema del contenzioso, 
ncl quale le questioni di coill(petenza (per materia) erano molto fu"equenti, 
� sempre stato riaffermato che il regolamento di competenza, istituto 

794 I

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Deve preliminarmente essere accertata l'ammissibilit� del 
regolamento di cqmpetenza rkhiesto ex art. 47, quarto comma, cod. proc. 
dv., con oricliinainza della commissione tributaria di .primo grado di Rovereto, 
dopo che la commissione di pari grado di Trento aveva dichiarato 
la propria incompetenza per territorio trasmettendole gli atti relativi al 
ricorso proposto avverso l'accertamento per l'imposta di registro effettuato 
dall'ufficio tributario di Rovereto. L'ordinanza con la quale � stato 
richiesto il suddetto regolamento ha affermato la inapplicabilit� al procedimento 
tributario dell'art. 50, cod. proc. civ., e cio� della translatio 
iudicii dal giudice ritenuto incompetente a quello competente, rilevando 
che quello primieramente adito avreb�e dovuto dichiarare l'inammissibilit� 
del ricorso per la incompetenza della commissione alla quale era 
stato presentato. In base a detta premessa la commissione di Rovereto 
ha rilevato il conflitto negativo di competenza e ha richiesto d'ufficio 
a questa corte regolatrice la definizione di tale conflitto. 

Il procuratore generale presso questa Suprema corte ha eccepito, 
al riguardo, l'1inammissibilit� in linea generale del regolamento di competenza 
per le pronunzie delle commissioni tributarie a causa della limitazione, 
posta nel rinvio contenuto nell'art. 39 d.P.R. 26 ottobre 1972 

n. 636, in matevia di contenzioso tributario, alle norme contenute nel 
primo libro del codice di rito solo � in quanto compatibili � con esso, 
men.tre l'estraneit� di quelle commissioni all'ordine giudiziario, nonostante 
il loro carattere giurisdizionale, esclude che il regolamento suddetto 
possa trovare applicazione Jn tal materia. 
Ritiene questa Suprema corte, nel riesaminare il problema che ha 
gi� formato oggetto di sue precedenti pronunzie conformi alla tesi del 
procuratore generale, che debba, invece, riconoscersi l'ammissibilit� del 
suddetto regolamento per le decisiioni delle commissioni tributarie. 

ilirp:ko del processo orddnario, � inammissibile nel procedimento innanzi alle 
commissioni (cfr. Relazione Avv. Stato, 1971-75, II, 564). Nel s~stema processuale 
vigente, nel quale wa individuazione della commissione com;petente, in relazione 
alla sede dell'ufficio nei cui confront1 � proposto il ricorso, � assai pi� agevole, 
era gii� ,stata .r.ioonfermata 'm inammissibill'it� del regolamento di competenza 

~Cass. 7 marzo 1978, n. 1122, in Foro it., 1978, 11, 1327, ed a:1Jtre di cui non � noto 
il testo). Ora invece si imbocca la vda della ammissibilit� del regolamento. 

La motivazione � per ta verit� piuttosto fragi!l.e: l'applioabiJJJit� delle norme 
del primo libro del cod. proc. civ. � argomento ,troppo generico e poco risolutivo; 
la. eventua�lit� dcll'impugnazione in terzo grado innanzi alLa Corte di 
appello (rimessa aliLa mera discrezionalit� delle partii) non trasforma il>a giurisdizione 
delle commissioni in giurisdi2'lione ordiinaria anche se resta innegabille 
che le commissioni, giudici dei diritti, si differenziano nettamente daJ!lJa giurisdizione 
amministrativa; infine la mera opportunit� di risolvere ila. questione 
di competenza senza .trascinarla :per tre gira.di � solo un apprezzamento pratico. 

� vero che non � previsto .fil rinvio (anzi megi!lio: la rimessione) ail; primo 
giudice che si era erroneamente dichiarato incompetente, ma � anche vero 

r111111111111;111J.11111111~111111111;11;11,11:1f1;11111;11f:i11111111r1111111rr1:1rr1111=w1111:=:,::1 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 795 

Le contrarie pronunzie di questa stessa corte, invero, erano state 
fondate nelle citate sentenze sulla estraneit� delle suddette commissiom 
all'ordine giudiziario e sulla limitazione del regolamento alla ripartizione 
dei compiti tra organi appartenenti al medesimo ordine, e cio� su elementi 
che non appaiono pi� attendibili in via assoluta. 

Infatti, nell'attuale riesame, non pu� trascurarsi l'accentuato collegamento 
tra le suddette commissioni e il giudice ordinario nella nuova 
disciplina del contenzioso tributario mentre non si ravvisa alcuna n�rma 
che escluda la proponibilit� del regolamento anzidetto, il quale appare 
corrispondente alle esigenze di rapido e chiaro funzionamento del nuovo 
procedimento tributario considerato unitariamente nelle sue fasi innanzii. 
le ripetute commissioni e le corti d'appello e di cassazione. 

In primo luogo va rilevato che l'art. 39 (intitolato �norma di rinvio�) 

d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 statuisce espressamente che al procedimento 
dinanzi le commissioni tributarie si applicano, in quanto compatibili con 
le norme dd quel decreto e delle leggi che disciplinano le singole imposte, 
le norme contenute nel libro primo del codice di procedura civile, con 
esclusione degli artt. da 6-1 a 67, dell'art. 68, primo e secondo comma, degli 
artt. da 90 a 97 e dell'art. 128. Conseguentemente, le norme sul regolamento 
di competenza, contenute negli artt. da 41 a 50 cod. proc. civ., 
non rientrano tra quelle espressamente escluse mentre fanno parte del 
libro del codice di rito richiamato nel suo complesso dal cit. art. 39, 
il quale, poi, contiene altra riserva espressa solo per le disposizioni relative 
alle singole imposte, senza che alcuna sua formula escluda, sul 
piano letterale, l'applicabilit� del menzionato regolamento.. 
che non � prevista la rimessione nemmeno quando sia stato dichiarato ii:l 
difetto di giurisdizione; si pu� di conseguenza ritenere che, pur nel silen2Ji.o 
delle norme particolari, debba trovare applicazione l'art. 353 c.p.c. sia per di 
difetto di giurisdizione che per ~'incompetenza. 

Quaie che potT� essere Ja definitiva .J.isoluzione del problema, sul! quale 
certamente sar� necessario tornare, si possono dntanto fissare alcuni punti mteressanti. 


Sembra innanzi tutto dato come premessa pacifica che la com;petenza 
deHa commissione di primo grado �sia da considerare funzionale o per territorio 
inderogabile, tale da ammettere H Tegolamento cli uft�ioio sollevato d~hi 
commissione anteriormente dichiarata competente (art. 45 c.p.c.). 

Ci� dovrebbe invero implicare 1Fapplicabi:liit� al .processo innanzi ailile commissfoni 
dell'art. 50 c.p.c., questione che 1l1a pronuncia in esame Lascia invece 
aperta. La traslatio indicii, con salvezza dcl termine, � infatti la premessa di 
tutto il problema; se alla dichiarazione di .incompetenza dovesse seguire l'mammissibiilit� 
del ricorso con J'impossibi.Jit� di riassumerlo innanzi ai! ,giudice competente, 
diverrebbe inutile risolvere anticipatamente la questione di competenza. 

La ;pronunzia in esame si occupa specificamente del regolamento di ufficio 
in caso di conflitto negativo (art. 45 c.p.c.) ed esplicitamente ritiene ammdssi




796 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Esclusa, in tal modo, la esistenza di una norma letterale contraria, 
non pu� ritenersi che, nella nuova disciplina, la mera estraneit� organica 
delle commissioni tributarie all'ordine giudiziario renda inammissibile 
nella materia in questione il suddetto regolamento di competenza in 
quanto il principio della separazione degli ordini giurisdizionali � stato 
affermato e posto 1in rilievo principalmente nella lunga tradizione giurisprudenziale 
relativa alla contrapposizione tra giudici ordinari e giudici 
speciali, specialmente con riferimento ai giudici amministrativi, sulla base 
di norme poste espressa.mente per questi ultimi, onde non ~ da escludere 
che altre norme consentano quel regolamento per i giudici tributari 
secon�lo la nuova specifica disciplina. 

Infatti, l'art. 37 cod. proc. civ. si limita a regolamentare � nei confronti 
della p.a. e dei giudici speciali � la rilevabilit� d'ufficio del difetto 
di giurisdizione del giudice ordinavio in qualunque stato e grado del giudizio 
e la conseguente. proponibilit� del regolamento di giurisdizione. 
La esclusione del regolamento di competenza o di un qualsiasi analogo 
giudizio sulla impugnabilit� dei provvedimenti tra i diversi gradi dei 
giudici amministrativi � stata affermata da questa Suprema corte con 
riferimento al Consiglio di Stato e ai tribunali amministrativi regionali, 
ma per questi giudici l'unico collegamento con l'autorit� giudiziaria 
ordinavia � quello con le sezioni unite della Corte regolatrice, quale supremo 
organo coordinatore, attraverso il ricorso, oltre che per il generale 
regolamento di giurisdizione, � per assoluto difetto di giurisdizione del 
Consiglio di Stato � previsto dall'art. 48 t.u. sul medesimo 26 giugno 1924, 

n. 1054. 
bile anche il rego~amento faco1tativo (art. 43). � difficile per� estendere la 
regoLa fino ad affermare anche l'appiLicahiillit� dell'art. 42 sul regolamento necessario; 
introdurre nel processo tributari.o a struttura semp1ice ed ,elementare 
un meccanismo cos� tecnico, che preclude l'ordinaria impugnazione, sembrerebbe 
contrado ail principio ispiratore del processo tributario. 

Nel: processo con un grado ~n pi�, il regolamento dd competenza diventa 
pensabiLe anche rispetto aHa decisione di appelfo �e, ove questa rimetta lle ;parti 
al primo giudice, hl conflitto potrebbe sorgere tra :hl giudice di appffilo e quello 
di primo grado ail quale iii processo � rimesso (tale fu La questione affrontata 
con l'ordinanza della S.C. 18 settembre 1976, n. 479, riportata in nota alla menzionata 
sentenza 7 marzo 1978, n. 1122). Il regolamento di competenza si rivela 
aiMom non soltanto ammissibile nel processo tributario ma in esso operante 
con e:ffietti di pi� ampfa ,estensione. Forse questo deve far riflettere s'lllYa pmma 
proposizione: sulla ammissibilit� del regolamento in un processo che � certamente 
,di giurisdizione s,'peciale e nel quail.e comunque le norme della procedura 
civi�le si rivelano insufficienti (baisti pensare ail termine di trenta giorni stabilito 
per di rngo1amento a confronto con il termine di sessanta giorni previsto 
per '1'impugnazione ordinaria). 

C. BAFILE 

PARTE I; SEZ. V!, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . 797 

Viceversa, mentre non vi � nessuna norma specifica per le commissioni 
tributarie, uno stretto collegamento, pur nella distinzione dei rispettivi 
organi e procedimenti, � stato introdotto dall'art. 40 cit. d.P.R. del 
1972 attraverso la �impugnazione dinanzi alla corte d'appello� delle decisioni 
di $econdo grado. Queste ultime, per il ripetersi del termine di 
h:npugnaziorte nel titolo e nel testo dell'articolo, sono poste in tal modo 
in un diretto collegamento, e con preciso riferimento, ad �uno specifico 
ufficio giudiziario,. il quale, invece, non era stato formalmente indicatonelle preeederi.ti leggi, nelle quali si parlava di {( ricorso � o {( azione �" conseguente 
all'autorit� giudiziaria, genericamente indicata, pur se la nuova 
impugnazione � limitata alle controversie per violazione di legge � per 
motivi di fatto con esclusione di quelle relative a valutazioni estimative 
ed alla misura di pene pecuniarie. 

Non �, poi, da �lubitare che, a causa dell'ampiezza della nuova norma, 
anche le controversie sulla competenza o meno delle commissioni adite 
rientrano . nella competenza del giudice ordinario. 

Il detto collegamento � stato manifestato, nella nuova disciplina, 
anche attraverso la corrispondenza territoriale delle commissioni di primo 
grado ai tribunali, statuendosi, nell'art. 2 d.P.R. n. 636 del 1972, che �le 
commissioni di primo grado hanno competenza territoriiale e sedi identiche 
a quelle dei tribunali �, mentre quelle di secondo grado, secondo 
il�successivo art. 3, hanno sede e competenza corrispondenti alle singole 
province, e cio� con una ripartdtione intermedia rispetto a quella previ.
sta dall'art. 40, terzo comma, per il quale la competenza � a conoscere 
del gravame � successivo � della � corte d'appello nel cui distretto ha 
sede la commissione che ha emesso la decisione impugnata �. 

Va pure considerato che il fine istituzionale del regolamento di competenza 
� quello di evitare che la contestazione sulla stessa sia mantenuta 
in tutti i gradi del successivo giudizio con rischio di avere una decisione 
definitiva con attribuzione ad un diverso giudice di primo grado 
dopo l'inutile e prolungato intero procedimento, tanto pi� grave nel 
giudizio tributarfo nel quale � maggiore il numero delle possibili impugnazioni, 
e ci� sia per il regolamento richiesto dalla parte sia per quello 
d'ufficio. �pertanto, proprio� �per il riconosciuto carattere. giurisdizionale 
delle commissiOni tributarie e per la possibilit� di impugnazione alla 
corte d'appello anche per la competenza delle commissioni, appare giustificata 
e legittima la sua applicabilit� alle loro decisioni, in entrambe 
le forme considerate, nell'assenza di una espressa norma che la escluda 
espressarp.ente o per una manifesta incompatibilit�. 

N� � da trascurare che, poich� l'art. 24 d.P.R. del 1972, a differenza 
dell'art. 353 cod. proc. civ., non ha ammesso il rinvio da parte della 
commissione di secondo grado a quella di primo grado che si sia erroneamente 
dichiarata incompetente, appare tanto pi� opportuna e corri




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

spondente ai princ�pi consacrati nella Costituzione la proponibilit� anche 
contro la prima decisione dell'istanza, d'ufficio o di parte, per regolamento 
di competenza per evitare che la parte stessa sia privata di un 
grado di giurisdizione, anche se per una norma che il legislatore ha 
ritenuto di non ripetere in questa materia, probabilmente in considerazione 
della presenza nel procedimento tributario dell'ulteriore -impugnazione 
alla corte d'appello. 

Ritenuta, pertanto, in linea gener:ale la ammissibilit� della suddetta 
istanza, occorre precisare che nella specie la stessa non � esclusa dalla 
formulazione ambigua e dal particolare contenuto del provvedimento 
con il quale il regolamento � stato 1riohiesto con ~'oodinamJa della commissione 
tributaria di Rovereto. � pur vero che nella sua motivazione 
si prospetta la iinammissibilit� del ricorso iniziale del contribuente all'altra 
commissione (di Trento), ma � facile osservare che la stessa � stata 
indicata solo ipoteticamente e strumentalmente, quale elemento che 
avrebbe impedito la translatio iudicii e la conseguente competenza della 
commissione di Rovereto stessa; quest'ultima, nel rimettere alla Corte 
regolatrice la decisione sulla competenza, ha, secondo il suo assunto, 
necessariamente .indioato la ragione de1La de1ibata ipropria dncompetenza e 
ha escluso di avere emesso una decisdone al irj.guarido con il:a stessa rimessione, 
come manifestato anche da:ll'uso del verbo al cOillc:lizionale. � :logico, 
infatti, che quale stia l'esattezza o meno del rilievo di quella commissione, 
questa sarebbe caduta in una contraddizione esclusa dalla citata formulazione 
strumentale, ove avesse emesso un provvedimento. in. forma 
decisoria sulla inammissibilit� di un dicorso che essa stessa dichiarava 
sottratto alla propria competenza. 

Giova tener presente, a conferma di tale interpretazione del provvedimento 
e per il giudizio sulla sua ammissibilit�, che nel regolamento 
di competenza d'ufficio il provvedimento negativo del primo giudice deve 
avere, per poterne costituire il presupposto, la natura decisorfa della 
sentenza, pure se non ne abbia eventualmente la corrispondente intitolazione. 
Invece, alla richiesta dell'ufficio stesso va riconosciuta la natura 
sostanziale d'ordinanza in quanto essa non contiene una decisione sulla 
competenza, ma solo una richiesta fatta con carattere ordinatorio sulla 
base di una mera delibazione degli elementi presi in esame. 

Conseguentemente, ritenuta l'ammissibilit� della richiesta dell'ufficio, 
va rilevato, in relazione alla specie, che trova applicazione il secondo 
comma del gi� citato art. 2 d.P.R. del 1972, in virt� del quale la competenza 
della commissiione di primo grado � � determinata dal luogo ove 
ha sede l'ufficio finanziario nei cui confronti � proposto il ricorso�, 
onde va dichiarata la competenza di quella di Rovereto, salva rimanendo 
ogni decisione della commissione dichiarata competente sulla ammissibilit� 
o meno del ricorso proposto a quella incompetente. (omissis) 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 799 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 febbraio 1982, n. 952 -Pres. Granata Est. 
Sgroi -P. M. Leo (conf.) -Ministero� delle Finanze (avv. Stato 
Baccari) c. Genga. 

Tributi erariali diretti � Imposta unica sul reddito delle persone fisiche � 
Redditi di impresa � Agente di commercio -Vi rientra. 

� (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 49 e 51; e.e., art. 2195; I. 12 marzo 1968, n. 316). 

Tributi erariali diretti -Dichiarazione dei redditi -Effetti -Tributi locali Imposta 
locale sui redditi -Deduzione ex art. 7 d.P .R. 29 settembre 
1973, n. 599 -Omessa richiesta con la dichiaraiione -Richiesta suc� 
cessiva in sede di ricorso contro il ruolo -Ammissibilit�. 

(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1 e 9; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 4 
e 7; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16). 
L'agente di commercio, bench� secondo la legge 12 marza 1968, n. 316, 
svolga una �professione�, agli effetti dell'art. 51 del d.P.R. n. 597 /1973 
esercita una attivit� che, quale ausiliaria di quella di commercio (art. 2195 

n. 5 cod. civ.), produce reddi~i di impresa (1). 
Poich� la dichiarazione produce sempre effetti anche quando � tardiva 
e pu� essere rettificata quando non sia consapevolmente errata, non 
incorre in decadenza il contribuente che abbia omesso di domandare con 
la dichiarazione la deduzione del reddito l.L.O.R. prevista dall'art. 7 del 

d.P.R. n. 599/1973; la richiesta di deduzione pu� essere proposta successivamente, 
anche in via di ricorso contro il ruolo formato in base alla 
dichiarazione (2). 
(Omissis). Con l'unico motivo, l'Amministrazione Finanziaria deduce 
la violazione dell'art.. 7 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, e la violazione 
e falsa applioa:l'iione dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in C()['relazione 
agli artt. 11 e 14 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, a termirii 
dell'art. 360 n. 3 c.p.c. osservando che con la prescrizione dell'art; 7 del 

d.P.R. n. 599 cit., secondo cui le deduzioni devono essere richieste dagli 
(1-2) La p11ima massima, da condividere, enuncia, in ternWlii. molto som� 
ma'l"i una regola che � ancora oggetto di vivace discussione; per una completa 
disamina dci numerosi problemi sull'impresa e particolarmente �Sui conf�I�ii 
tra reddito di .impresa e reddito di �lavoro autonomo v. da ultimo FANTOZZI, 
Imprenditore e Impresa nelle imposte sui redditi e nell'IVA, Milano 1982. 

La seconda massima conforme a nume'l"ose altre pronllil7iie (17 novembre 
1981, n. 6095, in questo fascicolo pag. 781) desta molte incertezze non solo 
sulla conalusione ma pi� ancora sullla motivazione. La ,sOila proposimone che 

~si :pu� integra~.mente condiv.idere � che la deduzione ex art. 7 d.P.R. n. 599/1973 
� un elemento della dichiarazione; ma da ci� non possono discendere le conseguenze 
cui � g<iunta la S.C. e proprio perch� la deduzione � uno degM elementi 
di quell'atto assai articolato che � la dichiarazione, � quanto meno difficoltoso 



800 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

aventi diritto, � stata attribuita alla richiesta una funzione condizionante 
dell'applicazione delle deduzioni, tanto � vero che la. richiesta deve essere 
inoltrata, sempre nel medesimo termine, anche in caso che il contribuente 
avente diritto alla deduzione sia esente dall'obbligo della presentazione 
della dichiarazione, 1con il ch� � dimostrato che il comportamento 
imposto al contdbuenJ:e non si inserisce nella funzione gener'Jca della 
dichiarazione, ma costituisce un onere specifico, al quale la legge condiziona 
l'applicabilit� della deduzione con riferimento al rispetto del 
termine. 

Si tratta di un elemento a s� stante, con funzioni proprie, per cui il 
mancato adermpimento in quel termine deve ritenersi che precluda la 
produzione di effetti equivalenti ad un'attivit� di rettificazione svolta 
fuori di quel termine, allo stesso modo che sarebbe assurdo considerare 
ammissibile, sotto il profilo della rettificazione, la presentazione di una 
denuncia fuori termine. 

Secondo l'Amministrazione, la funzione condizionante della richiesta 
rende superfluo il riferimento espresso alla perentoviet� del termine, venendo 
tale perentoriet� a corrispondere alla funzione stessa della norma, 
la quale -altrimenti -sarebbe inutile. Al termine fissato dalla legge 
non pu� sostituirsi il diverso termine previsto per la proposizione del 
ricorso contro H ruolo ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. n. 636 del 1972. 

D'altra parte, poich� il ricorso contro il ruolo � un rimedio contro 
l'illegittimit� dell'atto, non pu� costituire strumento per la realizzazione 
autonoma di una pretesa del contribuente non connessa con una illegittimit� 
dell'attiivit� dell'Ufficio. Illegittimit� che non sussiste, perch� 
l'art. 11 del d.P.R. n. 602 del 1973 prevede l'iscrizione a ruolo delle impo


ipotizzare che uno deg1i elementi possa essere isoLato dal complesso per diven� 
tare oggetto di una separata e successiva istanza. 

Sono numevose le norme che impongono inequivocabilmente di concentrare, 
a pena ili decadenza, nehla dichiarazione tutti gli elementi richiesti e 
P'artico1armente tutti gli e1ementi vantaggiosi per H dichiamnte: solo a titolo 
esemplificativo possiamo ricordare che devono essere non solo esposte nella 
dichiarazione ma anche documentate a pena di inammiss,ibiltit� Je deduzioni 
e Ie detrazioni degili artt. 10 e 15 d.P.R. n. 597 (iart. 3 comma quarto d.P.R. n. 600); 
del pari a pena di decadenza va dchiesta con La dichiarazione la detrazione 
per crediti di iiiln,'posta sui redditi prodotti all'estero (art. 18 d.P,R. n. 597) e per 
crediti di imposta sugli utm distribuiti dahle societ� ~art. 2 1. 16 dicembre 1977 

n. 904); sempre ne1la dichiiamzione deve essere confermato {perch� se ne 
richiede una anteribre denunzia) lo stato di non 1locazione dei fabbrfoati (art. 38 
d.P.R. n. 597). Naturalmente tutta J,a documentazione, a comindare dal biilancio, 
che ,il contribuente allega a tuo favore deve essere presentata assieme alfa 
dichiara2iione. 
La ratio di tutto questo � che tutti gli elementi della dichiarazione che 
portano aHa determinazione del reddito ed rulla Jiiquidazione unitaria deLl'imposta, 
che devono essere owiamente controllati ed eventualmente rettificati dal




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 801 

ste dovute in base alle dichiarazioni; l'art. 14 dello stesso d.P.R. n. 599 
ribadisce che sono iscritte a titolo definitivo nei ruoli le imposte corrispondenti 
agli imponibili dichiarati dai contribuenti ed il potere degli 
uffici di correggere errori materiali e di calcolo non comprende l'inserimento 
di una deduzione non richiesta dal contribuente, non potendosi 
tale omissione considerare alla stregua di un errore di calcolo o materiale. 

Il ricorso � infondato. Si deve, in primo luogo, d'ufficio (trattandosi 
di verificare l'applicabilit� di uno jus superveniens, rispetto alla data 
della notifica del ricorso, 27 settembre 1979) stabilire se alla presente 
controversia si applichi la dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
dell'art. 4, n. 1, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, e dell'art. 1, comma 2, del 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, in quanto non escludono i redditi di 
lavoro autonomi, che non siano assimilati ai redditi di impresa, daUo 
ILOR (sentenza Corte Cost. 26 marzo 1980, n .. 42). Infatti, la sentenza 
della Corte cost. ha dato atto che la disciplina delle deduzioni a favore 
dei lavoratori autonomi � resa a sua volta inoperante, circa i rapporti 
ai quali non possa pi� essere applicato l'art. 1 del d.P.R. n. 599, gi� in 
forza della dichiarazione di illegittimit� parziale della disciplina riguardante 
il presupposto dell'ILOR. 
L'indagine suddetta, come � specificato nella motivazione della sentenza 
cit., va condotta alla stregua della discriminazione positiva fra i 
redditi di lavoro autonomo e quelli d'impresa (art. 49 e 51 del d.P.R. 29 
settembre 1973, n. 597). La prima norma, a parte alcune specifiche configurazioni 
di �lavoro autonomo � previste daI terzo e quarto comma (,ohe 
qui non rilevano ictu oculi), fissa un criterio che, pur ancorato ad un 
dato positivo (esercizio di arti e professioni), � in definitiva convertibile 

l'Ufficio, devono ,essere concentrati onde evitare H frazionamento dehl'accertamento 
e lo spezzettamento del tributo che invece, specie sulle due imposte 
personallii, � unioo. A ci� si aggiunge, in Tela2lione ana ~egislazione pi� recente, 
l'app1ica2lione genera:l:izzata, anche per l'LL.O.R., della regola deli1a autoliquidazione 
dell'imposta e del versamento diretto che presuppone la concentrazione 
nel!Ja dichiarazione di tutti g1i elementi comunque influenti. 

Sembra pertanto che la piana inte~pretazioIJJe dell'art. 7 del d.P.R. n. 599 
� chiaira nel senso che illa deduzione deve essere richiesta a pena di decadenza 
nella dichiarazione; ne � conferma la precisazione che i contribuenti esonerati 
dall'obbHgo deHa dichiarazione devono presentare apposita denuncia ,entro lo 
stesso termine previsto per la dichiarazione. 

Ma la riprova di quanto precede � che il termine per I.a presentazione della 

dichiarazione, che come si sottolinea nella sentenza non pu� avere natura 

diversa da queUa per fa deduzione ex art. 7, � anch'esso un termine di deca


denza. Non si pu� condiv,idere finterpreta2liJone data a.U'ultimo comma del


Fart. 9 del d.P.R. n. 600; l'affermazione che una dichiara2lione presentata con 

r�tardo superiore al mese � pur sempre una normale dichiarazione, ;peTch� 

il ritardo influisce soltanto sulle sainzioni � evddentemente errata. Una tale 

dichiarazione si considera omessa a tutti gli effetti (e non soltanto agli effetti 



802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
nel criterio dell'esclusione delle attivit� considerate nei titoli II e V (e 
cio� di quelle attivit� che danno origine ai redditi fondiari ed ai redditi 
d'impresa), posto che la definizione data dal comma secondo dell'art. 49 
� basata sulla identificazione delle attivit� diverse da quelle considerate 
nei titoli II e IV ed � quindi eviidente ohe, per stabilire rtale diversit� 
non pu� tralasciarsi di descrivere le attivit� di cui ai titoli II e V. 
Nella specie, trattandosi di un (rappresentante o) agente di commercio, 
mentre � palese l'inutilit� di un confronto con i redditi di cui al 
titolo Il, sorge l'esigenza di stabiHre se taile attiivit� va compresa fu-a 
quelle che danno luogo ai redditi d'impresa (art. 51), piuttosto che ai 
redditi di lavoro autonomo, sia perch� la legge 12 marzo 1968, n. 316 si 
intitola � disciplina della professione di agente e rappresentante di commercio
�, sia perch� si tratta di attivit� in cui � possibile riscontrare un 
prevalente contributo personale rispetto al capitale ed all'organizzazione. 
La risposta � nel senso dell'applicabilit�. dell'art. 51, secondo cui per 
reddito d'impresa si intende quello che deriva dall'esercizio di imprese 
commerciali e per esercizio di imprese commerciali si intende l'esercizio 
per professione abituale, ancorch� non esclusiva, delle attivit� commerciali 
di cui all'art. 2195 e.e., anche se non organizzate dn forma d'impresa. 
Infatti, nell'ambito delle attivit� ausiliarie di cui al n. 5 dell'art. 2195 
rientra quella dell'agente di commercio (Cass. 23 maggio 1973, n. 1516) anche 
con rappresentanza ~art. 1752 e.e.). Pertanto -poich�, come � stato 
acutamente notato, non � stata sancita l'incostituzionalit� dell'ILOR sui 
redditi d'impresa assimilabili a quelli di lavoro autonomo, e cio� sui redditi 
delle piccole imprese (saliva l'adozione di puri criteri quantitativi 
per individuare i differenti regimi di categorie di soggetti, quali le � imdehle 
sanzioni) ed � evidente che con essa il dichiarante non pu� eserdtare 
nessuno dei diritti che ~a legge impone di esercitaTe con la dichiaramone. 
U fatto che la dichiarazione tardiva � pur sempre efficace come atto di riconoscimento 
delil:'obb1igazione, non sta certO a dimostrare che essa conserva 
tutti i ca:mtteri deHa dichiarazione. A seguito di una tale dichiarazione sar� 
emesso un ,accertamento di ufficio, con tutte 1e conseguenze che ci� compocta, 
e non un accert!llIIlento in rettifica di dichiarazione. 
Oggi la omessa deduzione della dichiarazione d� luogo alfa I.iquidazione 
ed al pagamento dell'imposta intera, s� che J,a s.uccesstiva deduzione comporta 
una domanda di rimbOTso. Qui S'i innesta l'altro difficile problema del rimbOTso 
di somma pagata suhla base della dichiarazione, e delle relative preclusioni. 
Questa questione non � stata affrontata nella sentenza, che per� non ha esitato 
minimamente a riconoscere proponibiile il ricorso contro .hl ruolo fOTIDato 
sul1la base della dichiarazione, affermando da un fato che Ja dichiarazione, 
802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
nel criterio dell'esclusione delle attivit� considerate nei titoli II e V (e 
cio� di quelle attivit� che danno origine ai redditi fondiari ed ai redditi 
d'impresa), posto che la definizione data dal comma secondo dell'art. 49 
� basata sulla identificazione delle attivit� diverse da quelle considerate 
nei titoli II e IV ed � quindi eviidente ohe, per stabilire rtale diversit� 
non pu� tralasciarsi di descrivere le attivit� di cui ai titoli II e V. 
Nella specie, trattandosi di un (rappresentante o) agente di commercio, 
mentre � palese l'inutilit� di un confronto con i redditi di cui al 
titolo Il, sorge l'esigenza di stabiHre se taile attiivit� va compresa fu-a 
quelle che danno luogo ai redditi d'impresa (art. 51), piuttosto che ai 
redditi di lavoro autonomo, sia perch� la legge 12 marzo 1968, n. 316 si 
intitola � disciplina della professione di agente e rappresentante di commercio
�, sia perch� si tratta di attivit� in cui � possibile riscontrare un 
prevalente contributo personale rispetto al capitale ed all'organizzazione. 
La risposta � nel senso dell'applicabilit�. dell'art. 51, secondo cui per 
reddito d'impresa si intende quello che deriva dall'esercizio di imprese 
commerciali e per esercizio di imprese commerciali si intende l'esercizio 
per professione abituale, ancorch� non esclusiva, delle attivit� commerciali 
di cui all'art. 2195 e.e., anche se non organizzate dn forma d'impresa. 
Infatti, nell'ambito delle attivit� ausiliarie di cui al n. 5 dell'art. 2195 
rientra quella dell'agente di commercio (Cass. 23 maggio 1973, n. 1516) anche 
con rappresentanza ~art. 1752 e.e.). Pertanto -poich�, come � stato 
acutamente notato, non � stata sancita l'incostituzionalit� dell'ILOR sui 
redditi d'impresa assimilabili a quelli di lavoro autonomo, e cio� sui redditi 
delle piccole imprese (saliva l'adozione di puri criteri quantitativi 
per individuare i differenti regimi di categorie di soggetti, quali le � imdehle 
sanzioni) ed � evidente che con essa il dichiarante non pu� eserdtare 
nessuno dei diritti che ~a legge impone di esercitaTe con la dichiaramone. 
U fatto che la dichiarazione tardiva � pur sempre efficace come atto di riconoscimento 
delil:'obb1igazione, non sta certO a dimostrare che essa conserva 
tutti i ca:mtteri deHa dichiarazione. A seguito di una tale dichiarazione sar� 
emesso un ,accertamento di ufficio, con tutte 1e conseguenze che ci� compocta, 
e non un accert!llIIlento in rettifica di dichiarazione. 
Oggi la omessa deduzione della dichiarazione d� luogo alfa I.iquidazione 
ed al pagamento dell'imposta intera, s� che J,a s.uccesstiva deduzione comporta 
una domanda di rimbOTso. Qui S'i innesta l'altro difficile problema del rimbOTso 
di somma pagata suhla base della dichiarazione, e delle relative preclusioni. 
Questa questione non � stata affrontata nella sentenza, che per� non ha esitato 
minimamente a riconoscere proponibiile il ricorso contro .hl ruolo fOTIDato 
sul1la base della dichiarazione, affermando da un fato che Ja dichiarazione, 
quale dichiarnzione di scienza, pu� essere rettificata se �,inconsapevolmente 
inesatta � e dall'altro che l'ufficio ha il dovere di rettificare i dati della dichiarazione 
non cordspondenti aUa reat1t� anche a beneficio del dichiaTante. Su 
~�una e sull'altra :proposizione, che toccano un problema vastissimo, si deve 
dissentire,. ma non se ne pu� trattare in questa sede. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

prese minori � ai fini fiscali, regimi che peraltro non int~ressano ai fini del 
presente ricorso) -la controversia deve decidersi negli stessi termini nei 
quali � stata impostata dinanzi alle Commissioni tributarie. 

Passando all'esame del ricorso, deve confermarsi il costante indirizzo 
interpretativo, risalente a Cass. 26 maggio 1981, n. 3459, secondo il 

. quale l'art. 7 del d.P.R. n. 599 del 1973 non pone alcun termine di decadenza, 
per la richiesta di deduzione, in quanto essa non costituisce altro 
che uno degli elementi della dichiarazione dei redditi. Invero, l'errore 
di prospettiva da cui muove l'Amministrazione � quello di isolare la 
deduzione dal contesto della dichiarazione unioa dei redditi e� di farne 
oggetto di un autonomo diritto, da esercitarsi in un certo termine, a pena 
di decadenza.�In tale costruzione, infatti, il diritto alla deduzione � collegato 
ad un onere di richiesta entro il termine previsto per la dichiarazione 
dei redditi, realizzandosi cos� il tipico meccanismo della decadenza, 
la quale -anche se non espressamente comminata dalla legge -risulta 
dal collegamento fra il diritto e l'onere di compiere determinati 
attli., per preservarlo, ennro un dato termine, ai 1sensi dell'art. 2964 cod. civ. 
(cfr., in generale, Cass. 6 novembre 1976, n. 4043). 

A tale costruzione si deve opporre, ili primo luogo, che il termine 
di decadenza presuppone che � il diritto possa essere esercitato anche 
prii.ma che il termine stesso venga a scadere. Il c�ntribuente, invece, pu� 
chiedere la deduzione soltanto nella dichiarazione dei redditi e non prima 
(all'infuori del caso speciale in cui, essendo esonerato dall'obbligo 
della dichiarazione, la richiesta debba esser fatta con apposita denuncia, 
neHo -stesso termine previsto per la dichiarazione dei redditi). Non si pu�, 
per�, dare risalto a tale caso speciale, per definire la natura e gli effetti 
della richiesta di deduzione, quando essa � contenuta nella dichiara2lione 
dei redditi. In tal caso, infatti, la disciplina di quest'ultima pone in luce 
che la deduzione non � oggetto di un autonomo diritto, indipendente 
dalla dichiarazione. A norma dell'art. 1 del d.P.R. 29 settembre 1973, 

n. 600 la dichiarazione deve contenere l'indicazione degli elementi attivi 
e passivi necessari per la determinazione degli imponibili secondo le 
norme che disciplinano le imposte sul reddito delle persone fisiche o giuridiche 
e l'ILOR. La deduzione ex art. 7 del d.P.R. n. 599 non � altro che 
uno degli elementi passivi, che concorrono per la determinazione dello 
impondbile, e cio� una specificazione della base imponibile disciplinata 
dall'art. 4 del d.P.R. n. 599. Infatti, gli elementi passivi di cui all'art. 1 
del d.P.R. 111. 600 non pos�sono !liminarsi aMe sole componenti !Dlegati.ve 
dei singoli redditi a cui fa rii.feci.mento [':a:i1t. 4 del d.P.R. n. 599, in quanto 
la base imponibile dell'ILOR � a sua volta 1autonomamente determilllata, 
in quell'entit� aUa quale si applica l'�a1iquota d'imposta, che � per sua 
natura globale ed uniitaria. Ai fini dell'ILOR ['a:Liq.uota, ii.n altri termillli, 
non pu� applicarsi ial lordo deHe deduzioni 51petta111ti, ma si pu� iaipplicare 

804 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

solo al netto. Se l'aliquota ILOR sii. applicasse ai redditi al lordo deHe 
deduzioni, per poter poi tener conto di esse, si dowebbe liquidare l'imposta 
suille deduzioni detraendola dall'imposta sui <redditi lo:ridi: ci� non 
� previsto dalla legge, che commisura l'aliquota a:l reddito netto cimpon.ibile, 
dopo il calcolo della deduzione spettante. 

Pertanto, correlato l'art. 7 del d.P.R. n. 599 con l'art. 1 del d.P.R. 

n. 600, si deve ammettere che il termine � devono � usato nella prima 
norma ha lo stesso significato del termine � deve � usato nella seconda 
norma. Non si tratta di un onere a cui � collegata una decadenza, ma di 
un obbligo. Il contribuente nei confronti degli elementi attivi e passivi 
� nella stessa situazione di � obbligo �, perch� non pu� ritenersi che egli 
abbia l'obbtigo di dichiarare soltanto con riguardo agli elementi atmvi, 
mentre avrebbe un � diritto ,, di dichiarare gli elementi passivi. Con 
questa ricostruzione l'unit� della dichiarazione verrebbe frantumata, e 
si disconoscerebbe la funzione della dichiarazione, che � quella di porre 
in essere la prima liquidazione dell'imponibile e dell'imposta dovuta 
(salvo il controllo dell'Ufficio). 
Sulla base di tali premesse, � agevole risolvere il problema di causa. 
Il termine di cui all'art. 7 non � un termine autonomo per l'esercizio di 
un diritto, ma � lo stesso termine per la dichiarazione, di guisa che� la 
sua disciplina va ritrovata nelle disposizioni generali dell'art. 9 del 

D.P.R. n. 600 il quale, fra l'altro, dispone che le dichiarazioni presentate 
con ritardo superiore al mese si considerano omesse a tutti gli effetti, 
ma costituiscono titolo per la riscossione delle imposte dovute in base 
agli imponibili in esse indicati. � evidente che una dichiarazione tardiva 
pu� benissimo contenere la richiesta di deduzione e che, in tal caso, 
l'Ufficio ha titolo per la riscossione nei limiti dell'imponibile cos� determinato 
da chi ha fatto una dichiarazione tardiva. Non si vede come si 
possa trattare diversamente (e comminando a suo carico una decadenza) 
il contribuente che ha rispettato la legge, presentando la dichiarazione 
nei termini, ma omettendo soltanto la richiesta di deduzione. 
Per evitare tale illegittima disparit� di trattamento, si deve reperire 
nella legge un rimedio a favore del secondo contribuente. 

Il sistema della legge � chiaro nel senso che la tardivit� pu� aver 
rilievo ai fini delle sanzioni, ma non ai fini della determinazione dell'imponibile. 
Il potere di revisione dell'Ufficio si esercita ugualmente, in 
entrambi i casi, ma ci� non ha nulla a che vedere con la liquidazione 
dell'imponibile in base alla dichiarazione della parte. Nell'ipotesi di 
reddito d'impresa, per esempio, la deduzione � condizionata ai requisiti 
di cui al comma secondo dell'art. 7, che devono essere controllati, ma 
tale potere di controllo non � in correlazione con la tempestivit� o meno 
della dichiarazione (e della contestuale richiesta di deduzione). Nessun 
ostacolo di principio si oppone a che la dichiarazione e la richiesta di 
deduzione siano contenute in atti diversi, una volta superato il supposto 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ostacolo del termine, sulla base della disciplina di questo, che non 
riguarda soltanto la deduzione, ma la dichiarazione come fenomeno unitario 
e cio� come atto richiesto per la determinazione dell'imponibile, 
nonch� per la liquidazione dell'imposta dovuta. 

Invero, posto che la dichiarazione dei redditi � una dichiarazione di 
scienza (da ultimo, Cass. 6 marzo 1980, n. 1500) e posto che solo la dichiarazione 
di scienza consapevolmente inesatta non pu� essere ritirata, 
mentre quella inconsapevolmente inesatta e cio� erronea pu� essere 
corretta, il contribuente pu� presentare una dichiarazione rettificativa. 
L'imponibile trasfuso dalla dichiarazione al ruolo pu�, quindi, essere 
impugnato, dimostrando tale errore, a norma dell'art. 16 del D.P.R. numero 
636 del 1972 sul contenzioso tributario, e cio� dimostrando la 
discrepanza fra la dichiarazione e il dato reale. Invero, l'ultima obiezione 
dell'Amministrazione secondo cui non � esperibile il rim�dio del 
ricorso contro il ruolo, che � un rimedio con un atto illegittimo, dn 
quanto il ruolo (formato sulla base della dichiarazione) � per definizione 
legittimo, costituisce una petizione di p11incipio. Il ricorso contro il ruolo 
serve appunto a dimostrare la sostanziale illegittimit� dell'iscrizione dell'imponibile 
dichiarato, derivante dall'errore che dalla dichiarazione si 
� trasfuso nel ruolo, come atto omologo ad essa. Invero, poich� la liquidazione 
dell'irh'posta: deve avvenite sulla base di presupposti reali, la 
posizione dell'Amministra:mone e del contribuente � complementare, nel 
senso che il contribuente ha il dovere di dichiarare esattamente i redditi 
posseduti, comprensivi degli� elementi attivi e passivi e l'Amministrazione 
ha il dovere-potere di rettificare quei dati, se non corrispondenti a 
realt�; tale rettifica pu� essere sollecitata dal priv�ato. con d rimedi 
previsti dalla legge per ev.itare la definitivit� degli accertamepti. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 febbraio 1982. n. 959 -Pres. Miele Est. 
Battimelli -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). Soc. Monte Orobio 
(avv. Carboni Corner) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini 
Rota). 

Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Plusvalenza 
� Societ� -Accertamento deHa gestione d'impresa commerciale 
-E' necessario � Attivit� di impresa � Nozione. 

Non basta per la tassabilit� di una plusvalenza la semplice appartenenza 
del bene ad una societ� commerciale, ma occorre sempre accertare 
che questa abbia veste di imprenditore esercente un'attivit� commer



806 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

ciale; � tale una societ� che, sulla base dello statuto, sia co~tituita, per 
l'acquisto la costruzione, la vendita e la gestione d'immobili (1). 

(omissis) Ci� posto, e passando all'esame del merito del ricorso, 
questa Corte, pur condividendo appieno l'interpretazione che d� il ricorrente 
dell'art. 100 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, ritiene che il ricorso 
non possa essere accolto. 

Le doglianze sollevate dal 11icorrente nella premessa del ricorso, 
invero, avrebbero ragione di essere se la Commissione Tributaria Centrale, 
con la decisione impugnata, avesse risolto il caso di specie ignorando 
che, in forza dei limiti della delega contenuta nell'art. 65 della 
legge 5 gennaio 1956, n. 1, suddetto -art. 100 del t.u. deve interpretarsi 
in conformit� del disposto dell'art. 20 della stessa legge n. 1/56, ossia, 
come ha chiarito la Corte CostitU7Jionale con la sentenza n. 32 del 25 febbraio 
1975, nel senso che, anche in caso di sussistenza di plusvalenze di 
beni appartenenti al patrimonio di una delle societ� indicate nell'art. 2200 
C.C., non basta per la tassabilit� la semplice appartenenza del bene alla 
societ�, ma occorre pur sempre che quest'ultima abbia la veste di imprendifore 
esercente un'attivit� commerciale, a sensi degli artt. 2082 e 
2195 e.e.. 

Un simile addebito, peraltro, non pu� muoversi alla decisione in 
esame, la� quale non ha affatto risolto il caso sottopostole affermando la 
legittimit� della tassazione per il solo fatto che gli immobili venduti" si 
appartenessero ad una societ�, ma, come risulta dall'esposizione in precedenza 
fatta della motivazione della decisione stessa, dopo aver premesso 
l'esame di tutta la normativa in questione, non si � fermata alla 
semplice constatazione della natura sooietaria del soggetto contribuente 
ed � passata all'indagine sulla natura e gli scopi della societ�, attraverso 
una completa disamina del suo atto costitutivo, pervenendo cos� alle 
conclusione che si trattasse di una societ� costituita per la gestione di 

Gl) La sentenza sfiora .alcuni problemi inerenti a:lle c.d. societ� ~mmobiliari. 
La prima proposizione, con Jia qua:Le ,si da per certo che anche per le ,societ� 
commeroialii del:l'a<rt. 2200 e.e. � necessario accertare volta a volta se siano 
imprese ai fini dehl'app1icabildt� delll'art. 106 del t.u. delLe imposte dirette, non 
pu� essere conddvisa. Il rilievo � esatto se riferito ai soggetti tassabili dn base 
a biilanoio, fra i quald possono ri.entrare enti che non sono imprese, ma noi;i 
se riferito aLLa pi� ristretta categoria delle societ� commercda1i costituite in 
una deLle forme deL1',art. 2200 e.e., che s9no dmmancabilmente dmprese commerciali. 
Oggd questa regola � espressa in norme molto esplicite {artt. 40, 44, 
53, 54, 55 d.PJR.. n. 597/1'173 ed art. 5 d:P.R. n. 598/1973). 

� stata invero talvolta ammessa la possibilit� di una � societ� senza 

impresa� proprio in relazione alla �mera comunione di godimento� {Cass. 

10 agosto 1979, n. 4644 in Comm. trib. centr. 1980, II, 43); ma una tail.e possibilit� 

� da escludere sia sul piano cdwListico (non potrebbe ottenere la registrazione 



PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 807 

una impresa commerciale e eh~, di conseguenza, la plusvalenza realiz


zata nell'esercizio di detta impresa era tassabile. 

Nessun errore di diritto, sul punto, pu� addebitarsi alla decisione 

�npugnata e fin:dagine di questa Corte deve pertanto ridursi ad accer


tare se correttamente sia stata affermata la natura imprenditoriale della 

attivit� <d�lla societ�, e la risposta non pu� essere che positiva. 

~Q..iJ}V'er<>; mentre per una persona fisica , il carattere imprenditoriale 
professio:iiale della sua attivit� pu� riconoscersi esistente solo in presenza 
deU'esetciz.io abituale di una serie di atti �di commercio, per una societ�, 
il cui ogg�tto non �pu� essere indeterminato, ma deve essere ben definiito 
nell'atto costitutivo, la natura commerciale o meno della sua attivit� 
non pu� accertarsi se non in base a quanto prev,isto dai soci al momento 
della sua costituzione, posto che, all'infuori delle previsiioni statutarie, 
nessun� altro tipo di attivit� pu� essere esercitato; per cui, per qualificare 
come imprenditore una societ�, occorre ed � sufficiente accertare che 
lo scopo sociale sia quello di compiere atti di commercio (ved. in questi 
sensi, sia pure per una diversa fattispecie, la sentenza di questa Corte 

n. 2067 del 22 giugno 1972). Una simile indagine � stata compiuta dalla 
decisione impugnata, che, attraverso la disamina dell'atto costitutivo e 
della attivit� svolta, � pervenuta, attraverso una corretta motivazione 
(il cui merito non � censurabile in questa sede -n� d'altronde la ricorrente 
�sul punto muove alcuna censura -) alla conclusione che la contribuente 
avesse come unico scopo l'esercizio di una attivit� imprenditoriale 
e che questa �aveva svolta attraverso l'acquisto di un immobile. 
Tale concluSione va pertanto condivisa, non potendosi dubitare della 
natura esclusivamente commerciale; e quindi imprenditoriale, di una 
societ� costituita, come risulta dalla decisione impugnata, per l'acquisto, 
la vendita, la costruzione, la locazione e la gestione di beni immobili sia 
in proprio che per conto di terzi ed essendo di conseguenza pacifico ed 

una societ� di capitale che sia nullia di pi� di un condominio) e pi� ancora 
sui: pioo,o tributario. 

Sulil�a seconda proposizione defilai massima si deve precisare che se ['esoliu� 
S�.!VO riferlirnento alllo �. stlittuto � sufficiente a stabilire la natw:a dmprenditoriale 
del soggetto, non � tt:ttt;:wia escluso che l'esercizio di un'attivit�, eventual� 
mente iin contrasto con ilo st!!-tuto; sia eguailinrente sufficiente alila medesima 
quati:ficazione; ai fini tributari quel ch� t.ileva � soltanto l'attiv1t� che realizza 
hl presupposto, anche se � l'effetto di un atto nullo o si concreta in un com� 
portamento non conforme ia precetti di natura privata o pubblica o addirittura 
ilileoirto. 

SuH'ultimo punto � da segnalate ila precisazione che una, ,anche generica, 
attivit� di acquisto, vendita, costruzione, k>cazione e gestione di immobifili, 
J>ropri o di terzd, ha natura commeroiJaJie. Ne msu1ta quindi che potrebbe 
escludersi Ia natura commerciaile del:le societ� immobiliari, soltanto quando 
la totaile mancanm cli dmprenditoriiad!�it�, come neMe comunioni di godimento, 
impedisce che la societ� sia ricon0S01biile come tale. 

13 



BOB RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

indiscutibile il fatto che gli immobili della cui plusvalenza si tratta 
furono acquistati ,in conformit� all'oggetto sociale come sopra delineato. 
Il semplice fatto, quindi, della riconducibilit� allo scopo sociale dell'acquisto 
� sufficiente, come esattamente ha affermato la Commissione 
Centrale, a ritenere l'acquisto stesso collegato ad una attivit� imprenditoriale, 
non avendo importanza accertare se la societ� abbia compiuto 
altri atti di commercio, posto che comunque la sua attivit�, anche se 
minima, ha avuto, come ritenuto nella decisione impugnata, natura di 
atto di commercio. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 febbraio 1982, n. 1268 -Pres. Miele Est. 
Battimelli -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze 
(Avv Stato Laporta) c. Soc. Finanziaria Alba. 

Tributi erariali diretti -Imposta sulla societ� � Partecipazione di societ� 
di capitali in societ� di persone -Percezione del reddito -E' necessaria. 

(T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 135 e 148). 
I redditi prodotti dalle societ� di persone, mentre sono immediatamente 
imputabili per la quota ai soci persone fisiche ai fini dell'imposta 
complementare (art. 135 lett. c) del T.U. sulle Imposte dirette) sono 
imputabili ai soci persone giuridiche ai fini dell'imposta sulle societ� 
soltanto al momento della effettiva percezione (art. 148; lett. d) (1). 

(omissis) La questione dibattuta fra le parti � stata gi� risolt~, in 
. senso contrario alla tesi dell'Amminist1razione ricorrente, da questa 

Corte con due precedenti pronunce dalle quali, rionostante l'approfon


dimento che del problema ha fatto la difesa dell'amministrazione, non 

vi � ragione di discostarsi. 

Ed invero n� quanto osservato dalla ricorrente in merito alla posi


zione dei soci di una societ� di persone, rispetto ai beni sociali, n� i 

richiami fatti alla originaria normativa di cui alla legge 6 agosto 1954, 

n. 603, n� i rilievi di carattere costituzionale sollevati a proposito del 
(1) Conformi sono varie altre sentenze in pari data nn. 1269-1275 e la sent. 
6 aprile 1982, n. 2108 di cui viene pubblicata riin questo fascicolo altra parte 
della motivazione. Sul contenuto della statuizione sono il.ocite riserve. Il .problema 
� oggi superato dail1a normati'Va wgente poich� in ogni caso i redditi 
(e Je perdite) della societ� di persone sono sempre imputati ai soci � indipendentemente 
dalla effetti'Va percezione � siano essi persone fisiche o giuridiche 
(art. 5 d.P.R. n. 597/1972; art. 6 d.P.R. n. 600/1973). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

raffronto fra detta normativa e quella del T.U. n. 645 del 1958, convincono 
questa Corte ad aderire alla tesi della ricorrente, secondo cui, anche in 
materia di imposta sWl� societ�, varrebbe il principio della automatica 
imputazione alle societ� partecipanti, quale imponibile, degli utili della 
societ� di persone partecipata, cos� come previsto, per l'imposta complementare, 
dall'art. 135, lett. c.) del suddetto T.U. 

Questa Corte ha gi� chiarito, infatti, come proprio la diversit� di 
formulazione dell'art. 135, lettere c) e d), del T.U., rispetto alla formulazione 
dell'art. 148, lett. d), sta a significare, non potendosi attribuire a 
mancanza di coordinamento fra le due norme, la precisa intenzione del 
legislatore di differenziare i presupposti per la determinazione della base 
imponibile delle due diverse imposte, per le ragioni che di seguito s.i 
diranno, il che proprio impedisce che il principio di cui alla lett. c) 
dell'art. 135 possa assurgere a principio generale o, quanto meno, a 
criterio di interpretazione dell'art. 148, lett. d); ch� anzi deve ritenersi 
che la differente formulazione delle due norme sia stata voluta per 
ragioni di politica tributaria, e che ci� non viola i limiti della delega legislativa 
per contrasto con la preesistente normativa, coordinata nel T.U. 

Sta di fatto, invero, che l'art. 5, lett. d), della legge 6 agosto 1954, 

n. 603, istitutiva dell'imposta sulle societ�, adoperava, a proposito della 
questione qui dib�ttuta, l'espressione �utili derivanti da partecipazioni�, 
di evidente portata generale e non chiaramente definita; e che, al contrario, 
l'art. 3 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3069 (istitutivo dell'imposta 
complementare), . stabiliva, al secondo comma, che �i redditi che le 
persone fisiche percepiscono dalla societ� in qualit� di... soci, azionisti, 
portatori di obbligazioni e per qualsiasi altro titolo, vanno tenuti a calcolo 
nei confronti dei� percipienti per essere colpiti di imposta al nome della 
persona che ne ha la disponibilit��, con un'espressione che non consen 
tiva dubbi circa il requisito della �percezione� e della �disponibilit�,,. 
del reddito quali presupposti della tassazione. Sicch�, posto che l'espressione 
�derivanti� di cui alla legge del 1954 non ha un significato preciso,. 
stando essa unicamente ad indicare la � fonte � del reddito, non anche 
necessariamente la materiale disponibilit� o, al contrario, la pura spettanza 
(ossia il rilievo da darsi piuttosto ad una situazione di �cassa� 
che ad una di �competenza>>, o viceversa), deve convenirsi che l'espressione 
pone una categoria generale, in cui possono includersi cos� i redditi 
materialmente percepiti come quelli meramente spettanti, e che di 
conseguenza costituisce una petizione di principio l'affermazione secondo 
cui l'art. 148, lett. d), del T.U. del 1958, se interpretato cos� come l'ha 
interpretato la decisione impugnata, risulterebbe .affetto da illegitthnit� 
costituzionale per contrasto con l'art. 76 della Costituzione, per avere 
ecceduto il legislatore delegato dai limiti assegnatigli con la legge di 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

delega, modificando arbitrariamente la norma, che sarebbe stata trasfusa 
nel T.U. in una formulazione contrastante con quella originaria. 

Ch� anzi, a portare l'esame della questione sotto la visuale del ri� 
spetto dei princ�pi costituzionali (ai quali, comunque, nei casi dubbi, 
l'interprete deve richiamarsi), deve riconoscersi che un dubbio di costituzionalit�, 
an2litutto, potrebbe sussistere proprio in merito alla formulazione 
dell'art. 135, lett. c) (ossia proprio in relazione alla norma che, 
secondo la tesi dell'amministrazione, dovrebbe costituire il cardine interpretativo 
per una giusta comprensione del significato dell'art. 148, lett. d), 
posto che essa sembra contrastare con il preciso testo della normativa 
dall'imposta complementare, anteriore al t.u. (come innanzi chiarito nel 
riportare il testo dell'art. 3 del R.D. n. 3062 del 1923), per cui potrebbe 
semmai in relazione ad esso, piuttosto che in relazione all'art. 148, sollevarsi 
il problema de11a sussistenza di una violazione dell'art. 76 della 
Costituzione (il che peraltro non avrebbe rilevanza ai fini della decisione 
del presente giudizio); e posto che, soprattutto, il principio costituzionale 
che pi� direttamente potrebbe apparire violato � quello del rispetto, 
neil'imposizione, della effettiva capacit� contributiva, sancito dall'art. 53 
della Costituzione, non potendosi dubitare che in base alla norma costituzionale 
l'imposi2lione diretta deve 1gra~are isu dii una capacit� contiributiva 
e su di un reddito effettivamente esistenti e goduti, e non semplicemente 
presunti. Il che, in conclusione, porta a ritenere che l'art. 148, 
lett. d), vada proprio interpretato valorizzando, come ha fatto la decisione 
impugnata, il letterale significato dell'espressione �somme percepite 
� in esso adoperata. 

N� una simile interpretazione pu� ritenersi errata per le argomentazioni 
sviluppate dalla difesa dell'amministrazione circa fa d~versa posizione 
dei soci di societ� di persone rispetto a quella dei soci di societ� 
di capitale e circa la diretta attribuzione ai primi, e non anche ai 
secondi, della titolarit� dei diritti sui beni sociali, per mancanza di 
una distinta personalit� giuridica della societ�, a differenza di ci� che 
avviene per le societ� di capitali. A parte, infatti, che tali argomentazioni 
prescindono dalla considerazione che, in ogni caso, anche a proposito 
di societ� di persone, � sempre ipotizzabile un patrimonio separato, 
che ben pu� giustificare una diversit� di regolamentazione fiscale 
rispetto alla regolamentazione del diritto comune, va osservato che 
tutto quanto sviluppato in proposito negli scrittj difensionali dell'amministrazione 
� senz'altro da condividersi dal punto di vista del diritto 
civile vero e proprio, ma che non va dimenticato, come pare abbia 
dimenticato la difesa del Fisco, che il diritto tributario risponde a 
crlteri ed esigenze diverse, di natura pubblicistica, da quelle che le norme 
civilistiche tendono a regolamentare, e che il diritto comune non � affatto 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 811 

cogente rispetto ad un diritto speciale, quale quello tributario, che ben 
pu� discostarsi da esso, sia pure prendendo, a substrato del proprio 
operato, come oggetto del proprio intervento, il fenomeno costituito 
dalla realt� regolamentata dal diritto comune. 

Con ci� vuol dirsi che l'interpretazione dell'art. 148, lett. d), criticata 
dalla ricorrente, non va, n� pu�, intendersi come affetta da violazione di 
norme cogenti di di�ritto civile e che essa lllOn contrasta affatto con i 
prindpi civilisti.Cii illl mater.ia dii pa:rtecipa2liOllle a societ� cli persOllle, oui 
si richiama la ricorrente; al contrario, essa ne tiene conto, ma nei 
limiti imposti dall'ordinamento tributario, e in modo non del tutto 
inconciliabile con la normativa civilistica. In altre parole, affermare che 
gli utili di societ� di persone in tanto sono tassabili ai fini dell'.imposta 
sulle societ� in quanto sono percepiti dalle societ� partecipanti non 
significa affatto violare il principio di spettanza ai soci dell'attivo sociale, 
ma unicamente riconoscere� che il legislatore tributario, nell'ambito della 
sua discrezionalit�, giustificata dalle particolari finalit� da conseguire 
(e non censurabile in questa sede se non sotto il profilo di una illegitti�� 
mit� costituzionale che si � gi� chiarito non potersi riconoscere sussistente), 
ha distinto, tenendo ben presente la normativa civilistica, fra 
il momento della �competenza � e il momento della �cassa�, quali 
componenti del trapasso degli utili dalla disponibilit� della societ� alla 
disponibilit� dei soci, ed ha valorizzato piuttosto il secondo che non il 
primo. 

Ci�, oltretutto, chiaramente si evince dal fatto che la norma non si 
limita a dichiarare tassabili le �somme percepite�, ma precisa (distinguendo 
chiaramente fra gli utili delle societ� di capitale e gli utili delle 
societ� di persone) che la perce:l'lione � in funzione del �titolo di distribuzione 
o ripartizione�, con ci� dimostrando di non ignorare il processo 
di passaggio degli utili dalle societ� ai soci, evidenziano il �titolo�, ossia: 
lo strumento e la causa giuridica (delibera di distribuzione o approvazione 
del rendiconto) mediante il quale i soci fanno direttamente proprio 
(ossia ne acquistano la disponibilit� -come gi� testualmente si espvimeva, 
a proposito dell'imposta complementare, l'art. 3 del R.D. n. 3062 
del 1923 -) un reddito che fino a quel IJ10mento, seppure in certi casi 
potesse considerarsi gi� di loro spettanza, non si era comunque trasferito 
nella loro diretta possibilit� di godimento. E in questi sensi, invero, 
devono �inteJ1>retarsi gli artt. 130 e 145 del T.U. del 1958, allorch� ipotizzano, 
come presupposto delle due imposte, complementare e sulle societ�, 
il � possesso � di un reddito, dovendosi escludere che l'espressione sia 
adoperata nel suo senso tecnico nell'ambito dei dir.itti reali, e dovendosi 
ritenere che essa stia ad indicare la �concreta disponibilit�� delle somme 
costituenti il reddito; s� che del tutto inconferente potrebbe esisere, m 
proposito, ogni considerazione sul possesso come esercitabile in modo 


812 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

diretto o a mezzo di detentore, trattandosi di distinzione che non ha 
senso in materia economico-finanziaria. Il 

r 

D'altronde, come gi� questa Corte ha avuto pi� volte occasione cti i: 
ricordare, non solo a proposito del tema qui specificamente affrontato ~: 

I 
I 
~: 

(ved. sentt. n. 3889/80 n. 5785/80), ma anche in via generale (ved. sentt. 

n. 2953/77, n. 1877/78 e n. 2324/79), in materia di imposta sulle societ� 
il reddito imponibile, giusta quanto disposto dall'art. 150 del T.U., � 
quello determinato sulla base delle risultanze del bilancio, per cui non 
pu� pretendersi di tassare somme che non risultino nell'attivo del 
bilancio delle societ� partecipanti, come percepite per effetto della 
partecipazione, a meno che il bilancio non venga impugnato con la 
I 

ppocedoca espressamente prevista, il che non risulta essere avvenuto 
nel caso di specie. 
Infine, per confutare definitjvamente la tesi secondo cui la tassazione 
in questione dovrebbe effettuarsi in conformit� del principio gene


I rale contenuto nell'art. 135, lett. e), del T.U., va considerato che detta 
norma, piuttosto che indicatrice di un criterio generale di tassazione, 
ha natura del tutto peculiare, dovuta a ragioni di politica tributaria; va 

I 

considerato, cio�, che il legislatore delegato, nell'esercizio degli ampi ~ 

f:
poteri di perfezionamento e razionalizzazione dell'attivit� dell'Ammini


i 

strazione nell'app1icazione dei tributi e nell'accertamento dei redditi, conferitigli 
dai nn. 1) e 2) dell'art. 63 legge n. 1 del 1956), ha tenuto presente 
la necessit� di colpire comunque, o con imposta complementare, o con 

I

imposta sulle societ�, tutti i redditi complessivi dei vari possibili sogf 
f. 
getti di imposta; e pu� perci� ritenersi che abbia formulato la partiIi 


t

colare normativa dell'art. 135, lett. e), per il fatto che l'imposta sulle r

i

societ� colpiva soltanto le persone giuridiche �e quella complementare 

! 

soltanto le persone fisiche, s� che, in definitiva, sarebbero rimasti esenti 

I ~ 

da imposizione complessiva i redditi di societ� di persone; e pertanto 
ha inteso colpire queste ultime indirettamente, attraverso la diretta 
tassazione dei soci, 1co1pendo iil reddito delle societ� ,appena formatosi, 
indipendentemente dalla sua distribuzione, realizzando un'imposizione 
fondata su presunzione nei confronti dei soci persone fisiche, gli unici 

I 

assoggettabili all'imposta complementare aggiungere: e nei confronti dei j

! 

quali la percezione del reddito sarebbe st�ta pi� difficilmente accertabile [ 

!

che non nei confronti di soggetti tassati in base a bilancio (il che � 

1 

stato puntualmente ripetuto, con il perseguimento dello stesso risultato, ! 
dal nuovo sistema di tassazione unica del reddito, come realizzato in 
materia di IRPEF nell'art. 5 del D.P.R. n. 597 del 1973): ragioni, queste, 
di politica tributaria, che non sussistevano affatto nei confronti di soggetti 
gi� direttamente tassati di per s�, ossia delle persone giuridiche 
assoggettate all'imposta ,su1le societ�. (omissis). 




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 813 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 marzo 1982, n. 1471 -Pres. Brancaccio 
-Est. Sensale -P. M. Dettori (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Laporta) c. E.N.E.L. (avv. Cogliati Dezza). 

Tributi erariali diretti � Imposta sui redditi di ricche~ mobile � Contributi 
in conto capitale� Ammortamento di beni strumentali� Valore 
ail lordo dei contributi. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 83). 
Quando siano stati erogati contributi dello Stato o di altri enti pubblici 
in conto capitale, come tali non soggetti ad imposta a norma dell'art. 
83 lett. e) del t.u. sulle imposte dirette, i beni strumentali con essi 
acquistati vanno posti in ammortamento in base al valore iscritto in bilancio 
(costo di acquisto) al lordo dei contributi (1). 

(omissis) Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione delle finanze 
denunzia la violazione degli artt. 83 e 98 del t.u. 29 gennaio 1958~ 

n. 645 e degli artt. 2425 e 2427 cod. civ. e deduce che, se � esatto che il 
contributo per spese d'impianto non � soggetto ad imposizione perch� 
costituisce conferimento di capitale, ammettendo l'ammortamento, oltre 
che delle spese sostenute, anche dei contributi d'impianto, si finisce per 
trasformare questi ultimi in contributi per spese di produzione soggetti 
ad imposta in base all'art. 83 del citato t.u. N� -secondo la ricorrente vale 
replicare che il costo degli impianti iscritto fa bilancio non pu� 
essere diverso da quello effettivamente sostenuto, s� che deve essere 
ammortizzato per intero, perch� se ci� � vero dal punto di vista civilistico, 
non lo � da quello tributario, dove dal reddito prodotto sono detraibili 
soltanto i costi effettivamente sostenuti, quali non sono gli impianti 
realizzati con i contributi statali o regionali. 
Il ricorso � infondato. 
La questione, che si prospetta, se nel vigore del t.u. 29 gennaio 1958, 


n. 645 le quote annuali di ammortamento degli impianti, detraibili ai 
fini dell'imposta di ricchezza mobile e dell'imposta sulle societ�, debbano 
calcolarsi al lordo ovvero al netto dei contributi pagati dallo Stato e da 
altri enti pubblici ed utilizzati per l'acquisto degli impianti stessi, � stata 
gi� risolta da questa Corte in senso sfavorevole all'Amministrazione �delle 
finanze con le sentenze n. 6264 del 29 novembre 1979, e n. 76 del 7 gennaio 
1980; e tale orientamento va tenuto fermo, non essendo prospettate 
nuove argomentazioni che possano indurre a discostarsene. 
L'art. 98 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 stabiliva la detraibilit�, a partire 
dall'esercizio di entrata in funzione dei relativi cespiti, ai fini dell'imposta 
di ricchezza mobile ed, in virt� dell'art. 150, dello stesso t.u., ai 
fini dell'imposta sulle societ�, delle quote annuali di ammortamento dei 
costi ammortizzabili a norma degli artt. 2425 n. 1-3 e 7 e 2427 cod. civ. 

(.1) Viene confermata la sent. 7 gennaio 1980, n. 76 ~in questa Rassegna, 
1980, I, 623, con nota critica), ma restano valide le riserve su di essa esposte. 



814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(fra i quali i costi degli impianti) calcolate .in relazione alla residua 
durata dei cespiti ai quali si riferiscono. D'altra parte l'art. 83 dichiarava 
non soggetti all'imposta i contributi di ogni genere pagati dallo Stato 
e da altri enti pubblici, che non costituiscano concorso in spese di produzione 
o passivit� detraibili. 

In relazione alle norme surriportate, nelle quali vengono tenuti bene 
distinti l'esenzione del contributo, �in quanto provento, e l'iammor.tamento, 
in quanto costo, questa Corte ha precisato, con le richiamate�decisioni, 
che devono considerarsi separatamente la fase di acquisizione del 
contributo (che costituisce un fenomeno fiscalmente irrilevante, avendo 
il legislatore stabilito che esso rientra tra i proventi non tassabili) e la 
fase concernente l'acquisto o la costruzione dell'impianto, che � tanto 
autonoma da poter anche precedere la prima e della quale l'Ufficio deve 
interessarsi nei limiti in cui esso � interessato a tutti i cespiti ammortizzabili, 
esistenti nel patrimonio amendale. 

Ci� che rileva, ai fini dell'ammortamento, non � il modo in cui 
l'imprenditore abbia acquistato le disponibilit� finanziarie, necessarie 
all'acquisto del cespite (disponibilit� proprie, finanziamenti esterni o contributi 
pubblici), ma il fatto obiettivo che questo faccia parte dell'economia 
aziendale e sia, per sua natura, soggetto a deperimento o a consumo, 
s� che si possa ragionevolmente supporre che, decorso un certo numero 
di anni, sopravvenga la necessit� di sostituirlo. Ai fini, cio�, della deducibilit�, 
o meno, delle quote annuali di ammortamento, l'Ufficio non 
deve indagare circa la provenienza del denaro impiegato nell'acquisto del 
bene, non avendo alcun rilievo n� le modalit� �n� il trattamento fiscal� 
dell'operazione (utilizzazione di redditi propri, aumento di capitale, 
sovrapprezzo azionario, contributo pubblico), ma deve soltanto accertare, 
da un lato, che i contributi pagati dallo Stato o da altro ente pubblico 
non costituiscano concorso in spesa di produzione o passivit� detraibili; 
dall'altro, che il bene sia, per sua natura, ammortizzabile e costituisca 
uno strumento per la produzione del reddito lordo, dal quale va dedotta 
la quota annuale di ammortamento. 

Non pu� condividersi l'argomento addotto in contrario dalla ricorrente, 
secondo cui, qualora si ammettesse l'ammortamento al fordo dei 
contributi, le sovvenzioni si risolverebbero in concorso nelle spese di produzione 
o in passivit� detraibili, sicch� tali contributi non sarebbero 
esenti, ai sensi dell'art. 83 del t.u. 645/58. 

La tesi della ricorrente � viziata dall'equivoco di fondo costituito 
dalla confusione fra due fenomeni distinti. Infatti, una cosa � il titolo 
in base al quale si acquisisce una somma da destinare alla costruzione 
dell'impianto, definito dal legislatore non tassabile; ed altra cosa, del 
tutto distinta e indipendente dalla prima, � l'acquisizione dell'impianto 
e l'ammortamento del relativo costo, che in nulla differisce o pu� differire 
dall'identico fenomeno che si verifica nei confronti di altri beni 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

aziendali, qualunque sia la fonte delle disponibilit� che ne abbiano consentito 
l'acquisto. Esatto �, in proposito, il rilievo dell'ente controricorrente 
che, seguendo la tesi dell'Amministrazione, potrebbe giungersi alla 
conclusione, sicuramente inaccettabile, che anche le quote di ammortamento 
degli impianti, acquistati mediante l'impiego del capitale sociale, 
dovrebbero iscriversi in bilancio al netto del capitale impiegato, perch� 
questo non costituisce reddito e non � 1tassabile. 

D'altra parte, come si � rilevato da questa Corte nelle precedenti 
pronunzie, il diverso trattamento previsto per ii. contributi in conto capitale 
rispetto a quelli costituenti concorso in spese di produzione o passivit� 
detraibili s'inquadra nel sistema e trae origine dalla nozione di 
reddito. Mentre i primi non costituiscono reddito e perci� il legislatore 
li ha inclusi non fra i redditi esen1:i (art. 84) ma tra i proventi non tassabili 
(art. 83) i secondi, incidendo sulle spese di produzione del reddito 

o nelle passiviit� detraibili, hanno, per foro ootuma, oaaiattere reddituale. 
Analogo criterio -'-si � ulteriormente precisato -� adottato nei 
confronti dei versamenti dei soci, che, se avvengono in conto capitale 

o come conferimento o come sovrapprezzo azionario, non costituiscono 
reddito (onde la loro acquisizione alle societ� non � tassabile ed i beni 
acquistati per mezzo di tali versamenti sono certamente ammortizzabili), 
mentre, se avvengono in conto esercizio, contribuiscono a formare il 
reddito imponibile della societ� (Cass. 1768/73). 
Analoghe ragioni consentono di disattendere l'ulteriore osservazione 
dell'Amministrazione e cio� che la tesi accolta nella sentenza impugnata, 
se � esatta dal punto di vista civilistico, non lo � sotto il profilo tributario 
che richiede, per la detraibilit�, costi effettivamente sostenuti. Infatti, 
a parte la pe11sistente confusione da parte dell'Amministrazione di fenomeni 
diversamente e separatamente considerati dal legislatore fiscale, 
la spesa sostenuta per l'acquisto degli impianti costituisce �costo� dal 
punto di vista economico, essendo diretta a fronteggiare il logorio tecnico 
ed economico degli strumenti della produzione, sia che l'imprenditore si 
avvalga a tal fine di capitali propri, sia che utilizzi capitali di diversa 
provenienza. 

Infine, non potrebbe obiettarsi che, aderendo alla tesi accolta dalla 
sentenza impugnata, si permette al contribuente di godere due volte dello 
stesso beneficio fiscale. Infatti, a parte il rilievo che nel caso si tratta 
di distinti e compatibili benefici incidenti sulle due diverse fasi dell'acquisizione 
del contributo e dell'acquisto degli impianti, � vero il contrario, 
e cio� che, accedendo alla tesi dell'Amministrazione, si finirebbe per 
vanificare 1�ill concreto la esenzione dei contributi concessi m conto capitale 
e 'si frustrerebbe lo scopo, perseguito dallo Stato e dagli altri enti 
pubblici e rHenuto meritevole di tutela da .parte del legislatore fisoole, 
di favorire gli operatori industriali per lo sviluppo e l'incentivazione della 
produzione di determinati beni o servizi. (omissis) 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

816 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 marzo 1982, n. 1544 -Pres. Mazza-
cane -Est. Bologna -P. M. Nicita (conf.) -Ospedale di Bressanone 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta). 
Tributi (in genere) � Restituzione e rimborsi � Pagamento a titolo definitivo 
� Azione di indebito oggettivo � Inammissibilit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 188; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 37 e 38). 
Le azioni di rimborso sono previste nell'ordinamento tributario e 
sono subordinate al rispetto di termini e di forme; non � consentito eludere 
l'effetto di queste norme configurando come indebito oggettivo il 
rimborso di somma pagata a titolo definitivo (1). 

(omissis) Con il ricorso l'Ente deduce la violazione degli artt. 81, 85, 
188 d.P.R. n. 645 del 29 gennaio 1958 e dell'art. 2033 cod. civ., e rileva ai 
fini del chiesto annullamento che il Supremo Collegio ha affermato non 
costituire gli avanzi di gesnione degli Enti Ospedalieri reddito soggetto 
all'imposta di ricchezza mobile (allora esistente) in quanto destinati 
secondo un preciso vincolo legislativo alla continuazione ed al perfezionamento 
dell'attivit� ospedaliera e del corrispondente pubblico servizio; 
l'ente ricorrente ha precisato che l'azione di ripetizione dell'indebito 
(~ggettivo) trova il suo unico limite nell'esistenza di decisioni che abbiano 
autorit� di cosa giudicata e nella prescrizione e che la Corte di Appello 
avrebbe erroneamente affermato !'.irripetibilit� dell'avvenuto pagamento 
perch� effettuato in base ad atti impositivi contro i quali n!:m erano state 
proposte le impugnazioni per essi specificamente previste. 

La censura � infondata e deve essere disattesa. 

� opportuno premettere che l'azione di indebito tributario risulta 
proposta nella presente fattispecie sulla base della sopravvenuta interpretazione 
(data dalla Corte di Cassazione: Cass. 1980 nn. 2408 e 386 e 
numerose altre decisioni nel medesimo senso) delle norme sull'imposta 
di R.M., secondo cui gli avanzi di gestione degli enti ospedalieri non 
sono soggetti all'imposta medesima, ed � diretta ad ottenere il rimborso 

(11) Identica � l'altra sentenza in pari data n. 1545. 
Decisione di moLto interesse. L'indebito oggettivo non pu� essere un espediente 
per aggirare le preclusioni' formatesi secondo 'le regole specifiche del 
tributo ail fine di ottenere il l'imborso e, anche se ci� non � detto nella sentenza, 
non pu� essere un espediente per portare �1a domanda, oome un'azJione 
non tributaria, innanzi all'A.G.O. Vimposta defuritivamente accertata e riscossa 
resta soggetta alde regole di questa anche se successivamente la norma di 
imposizione perde efficacia o viene diversamente interpretata. 

Si deve solo osservare che per giustificare l'effetto preclusivo dell'accertamento 
non � necessario partire dalla premessa (disattesa dalla prevalente giurisprudenza) 
che esso abbia efficacia costitutiva de1 diritto dell'ente itnfpOsiitore. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dell'imposta gi� versata spontaneamente per gli anni 1958-1971 dall'Ente 
Ospedaliero di Bressanone a detto titolo nel vigore del t.u. delle leggi 
sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. n. 645 del 29 gennaio 1958. 

Ci� premesso, si deve escludere che sia configurabile un indebito 
oggettivo tributario sia pure sopravvenuto, passibile di ripetizione, quando 
il pagamento dell'imposta (ritenuta non dovuta) sia stato effettuato spontaneamente, 
per concordato, ovvero senza esperimento dei rimedi impugnativi 
previsti dalla legge contro gli accertamenti e le imposizioni tributarie. 


In linea generale gli atti del processo impositivo tributario hanno 
l'effetto di costituire, a favore dell'Ente impositore, il diritto di ottenere 
�iilcontribuente una prestazione a titolo d'imposta (o di sanzione) sulla 
base della legge; avendo riguardo all'intrinseca natura del processo e dei 
suoi momenti, si ritiene che esso si articoli in atti amministrativi costitutivi 
di tale diritto dell'�nte, i quali, come tali, risultano essere dotati 
di imperativit� e di inoppugnabilit� corrispondenti nella loro estensione 
ed intensit� ai diversi tipi di atto. 

Quanto �all'inoppugnabilit�, che rappresenta una connotazione specifica 
degli atti amministrativi, ed ilil dipendenza da essa, _l'atto acquista 
definitivit� per ,effetto del decorso del termine di impugnazione, normalmente 
breve, in sede amministrativa o giurisdizionale, cos� che ne risultano 
inattaccabili gli effetti sostanziali. 

In rapporto con le osservazioni che precedono, l'accertamento tributario 
non contestato determina l'irretrattabilit� all'accertamento stesso 
e della pretesa correlativa, cio� la definitiva cristallizzazione del debito 
d'imposta sull'an e sul quantum anche rispetto a quegli eventi successivi 
che possono influire in astratto sulla pretesa stessa. 

Questa Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato questo principio 
(Cass. 1978 n. 3281, 1976 n. 4446 e numerose altre decisioni soprattutto 
in presenza della sopravvenuta dichiarazione d'illegittimit� costituzionale 
della norma tributaria in materia di aree fabbricabili). 

In particolare, le Sezioni Uniti civili con sentenza n. 2823 del 25 novembre 
1969, dopo avere analizzato gli effetti della sentenza dichiarativa 
dell'illegittimit� costituzionale di una legge e dopo avere precisato che 
gli atti di accertamento ed imposizione tributari hanno natura amministrativa 
e sono suscettibili di divenire definitivi ed irretrattabili, hanno 
enunciato il principio, peraltro applicabile in tutte le ipotesi di sopravvenuta 
inesistenza (per varie cause) di obbligazioni tributarie, secondo 
il quale la sentenza della Corte Costituzionale, dichiarativa dell'illegittimit� 
costituzionale di una norma tributaria (in quella occasione si trattava 
dblla decisione della Corte Costituzionale in data 23 maggio 1966, 

n. 44 e dell'art. 25, secondo comma, legge 5 marzo 1963, n. 246 in tema 
di tassabilit� dell'incremento di valore delle aree fabbricabili), esplica 

818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i suoi effetti sul rapporto tributario sorto in base alla norma dichiarata 
illegittima e comporta la non debenza delle rate d'imposta (sebbene iscritte 
a ruolo) non pagate alla data di pubblicazione della decisione stessa 
nella Gazzetta Ufficiale e la ripetibilit� delle rate pagate successivamente 
a tale data entro il termine ordinario di prescrizione, mentre non esplica 
alcun effetto rispetto ai pagamenti prima di tale data in conformit� di un 
accertamento divenuto definitivo (a seguito di concordato tributario ed 
altrimenti) per non avere il contribuente esperito .contro l'accertamento 
stesso i rime9i propri del processo tributario nei termini previsti per i 
rimedi stessi. 

I rilieW. ora esposti, riguardantd gLi affetti dellla mancata contestazione 
e deH'accertamento e della fondatezza deill.a pretesa ~mposdtivia :iJn 
mpporto con la sopra'V'Venuta mancanza di causa deMa pretesa medesima, 
trovano un convicente para1leliismo fogico-giuridico nei or.iteri rego1'ainti lii 
rimborso delJe imposte versate aH'Erario ma non dovute dal contribuente. 

Com'� noto, le azioni di rimborso sono previste nell'ordinamento tributario, 
ma sono strettamente subordinate al rispetto di termini precisi e 
brevi, riguardando sostanzialmente non un indebito oggettivo vero e proprio 
ma un debito oppugnabile. 

Invero, nell'ordinamento tributario di cui al d.P.R. n. 645 del 29 gennaio 
1958, applicabile nella specie in esame, l'ipotesi di inesistenza totale 

o parziale dell'obbligazione tributaria � inquadrata dall'art. 188 lett. e) 
tra quelle che comportano il ricorso contro l'iscrizione a ruolo (semprech� 
l'iscrizione non sia stata preceduta dalla notifica:zfone dell'avviso di 
accertamento) entro 30 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento 
(o degli equipollenti previsti dal secondo comma della medesima 
disposizione). 
Nell'ordinamento tributario ora vigente per effetto della riforma, 
l'ipotesi di inesistenza totale o parziale dell'obbligazione tributaria � considerata 
con riferimento sia alla ritenuta diretta dell'imposta e d� luogo 
a ricorso all'Intendente di Finanza nel termine prescrizionale di cui all'articolo 
2946 cod. civ. od eventualmente alla Commissione Tributaria di 
primo grado (art. 37 d.P.R. n. 602 del 1973) e sia ai versamenti diretti 
dell'imposta che d� luogo agli stessi ricorsi sopramenzionati nel termine 
decadenziale di 18 mesi dalla data di versamento (art. 38 del medesimo 
d.P.R.). 

Tutte le considerazioni sin qui svolte valgono a maiori nella particolare 
situazione dedotta rin ricorso, in relazione alla quale l'indebito. tributario 
sussisterebbe in dipendenza di una interpretazione giurisprudenziale 
(astrattamente moclificabile in futuro) della norma giuridica in forza 
della quale gli atti impositivi ed i relativi pagamenti erano ,stati ;predisposti, 
ed in relazione alla quale i pagamenti stessi erano stati effettuati 
con carattere di definitivit�. (omissis) 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 819 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 marzo 1982, n. 1674 -Pres. Mimbelli 
-Est. Zappuhl:i -P. M. Fabi ~com.). -BaJ!doni (avv. Maniand Marrinii) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Albishmi). 
Tributi (in genere) -Contenzioso tributarlo -Giudizio di terzo grado . 
Estimazione semplice � Identificazione dei caratteri del fatto . Accertamento 
dell'intento speculativo � Esistenza di societ� di fatto . 
Deducibilit� in terzo grado � Esclusione. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26 e 40). 
Rientra nell'estimazione semplice, riservata alla competenza delle 
commissioni di primo e secondo grado, ogni questione attinente all'esistenza 
del reddito ed alla identificazione dei caratteri del fatto che � fonte 
dell'obbligazione e quindi anche la determinazione dell'intento speculativo 
nelle attivit� economiche e l'accertamento dell'esistenza di una societ� 
di fatto, quando non, cada in discussione l'applicazione di norme giuridiche 
(1). 

(omissis) L ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata, con 
il primo motivo del ricorso, per violazione dell'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 636, consistente nell'avere la Corte d'Appello negato la propria 
giurisdizione sui motivi di impugnazione concernenti la affermata cooogurabilit� 
della societ� di fatto nel mero rapporto di comproprii:;t� tra 
essi gi� esistente per i beni rivenduti, e dell'art. 81 del t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645 per avere la medesima Corte definito quali questioni di valutazione 
estimativa quelle sull'intento speculativo e sui ricavi, nonch� 
per difetto di giurisdizione. Secondo i ricorrenti le questioni prospettate 
richiedevano pure l'interpretazione di norme di legge e qualificazioni 

(1) Decisione di molto interesse che, se pure succintamente, enuncia 
principi di molta importanza. � intanto interessante l'aver conservato la... 
abitudine di delimitare la potest� del giudice di terzo grado con la estimazione 
semplioe piuttosto che con la valutazione estimativa. E' PQi molto 
importante la l'iaffermazione che va :ricomp:resa nena estimazione semplice 
ogni questione ~ttinente, in punto ,di fatto, aili'esistenza del Teddito (o del 
presupposto) e ail:l'lidentiif�cazione dei caratteri del fatto che � fonte delila obbJW. 
gaziorre (nello ,stesso senso Cass. 21 maggio 1981, n. 3329 e 27 giugno 1981, 
n. 4185, in questa Rassegna, '1982, I, 140 e 152); l'una e l'altra indawne, che evidentemente 
esorbitano dalla mera va1utazione, restano pur sempre estranee al 
~iudizio idi terzo grado. Viene con ci� frenata la sentenza a ricomprendere nell'area 
del terzo grado tutto oi� che non si identifica con fa pura stima. 
1Sul:lia determinazione deLl'intento s:peculativo ,ai fini della plusvalenza vi � 
stata una certa osohllazione, ma � prevaJ.ente l'orientamento oggi riconfermato 
(Cass. 3 maggio .1879, n. 2553, in Riv. Leg. disc., 11979, 1963; 19 novembre 1979, 

n. 6022 dn questa Rassegna, 1980, I, 529; in senso contrario 4 marzo 1981, 
n. 1240, ivi, 1981, I, 813). 

820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giuridiche, che importavano il carattere complesso delle conseguenti 

I 

valutazioni: 
II motivo, che per tale suo contenuto attiene alla giurisdizione, � 
infondato. 

I

Invero, la decisione impugnata � stata motivata, in relazione ai precedenti 
ricorsi e decisioni, con affermazioni di fatti ed elementi contestati 
dai contribuenti nella loro corrispondenza a verit� ma non per i 

i 

conseguenti effetti giuridici e per le loro qualificazioni. 
In particolare, per quanto concerne l'intento speculativo, una volta 

I ritenuti in linea di fatto come determinanti quegli stessi elementi accertati 
dalla Guardia di Finanza indicati gi� nella prima decisione e men


I

zionati pur nella sentenza della Corte d'Appello, sia pure con riferimento 
ad altri motivi dell'impugnazione (brevit� dell'intervallo temporale tra 

I 

acquisto e rivendita, spezzettamento dei fondi e molteplicit� degli atti @ 
di vendita, ecc.), non sono state prospettate questioni di diritto sulla loro 

I 

qualificazione e sugli effetti della stessa ai fini dell'accertamento del fine 

I 

speculativo. 

I ~ 

� stato gi� precisato da questa Suprema Corte, proprio <�n materia 
di controversie sulle attivit� speculative, che, una volta che le stesse, 
rientrino nel paradigma legale dell'attivit� considerata, l'accertamento del 
fatto storico assunto tra gli elementi del paradigma fuoriesce o meno 
dall'area della valutazione estimativa, a seconda che insorga, o meno, la 

l 

corrispondente questione di qualificazione giuridica, e cio� di individuai: 


zione del paradigma normativo alla cui stregua va individuato il fatto 

giuridicamente rilevante ai fini impositivi considerati (Sez. Un. 19 novem


bre 1979, n. 6022). 

Ne consegue che, come pure in precedenza precisato nell'applicazione 

di tale principio da questa Suprema Corte, si deve ravvisare una que


stione di estimazione semplice, e come tale di competenza esclusiva delle 

commissioni tributarie di primo e di secondo grado, in quanto attinente 

all'esistenza del reddito tassabile, in quella relativa all'identificazione dei 

caratteri del fatto che � fonte dell'obbligazione tributaria, e quindi anche 

quando si tratti di determinare l'intento speculativo di operazioni econo


miche, quali l'acquisto, la lottizzazione e la rivendita di fondi agricoli 

senza che vi sia alcun �richiamo a nol'IIIle di �legge o ad 1ailtre questioni 

giuridiche '(Sez. Un. 17 maggio 1975, n. 1926). 

Giova osservare, infine, che i ricorrenti, nel foro ricorso, hanno generi,
camente asserito che � questione di diritto accertare se Jn determinate 

operazioni di acquisto e di rivendita vi possa essere intento speculativo, 

ma non hanno indicato gli elementi giuridici formanti oggetto di conte


stazione, n� hanno precisato le questioni di interpretazione di norme 

o di negozi che siano insorte nella specie. 
Il citato principio vige, ovviamente, anche per quanto concerne il 
riconoscimento di una societ� di fatto invece di una mera comunione, 


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111111111:1r111ri;1;~:~:r;,~==1rti1r1111lt!ili1!;t~li~r;1:a~11111tr1;irt1111~:11rtf1t:;ift;:!r1f~:t0~1rii;.;~11t111;1;i1111i;::i(lr1:1:::11~111:1rf1~:rif�~:~1&11rt~ 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 821 

quando la contestazione verta sulla esistenza, o meno, di specifici elementi 
di fatto propri del rapporto sociale, e non sulla loro qualificazione. Pure 
per questi ultimi, la sentenza impugnata ha posto in rilievo che non 
sono in contestazione � i presupposti di diritto (pacifici) per l'esistenza 
di una societ� di fatto� ma unicamente l'accertamento dell'esistenza di 
quei fattori mentre i ricorrenti neanche per tale punto hanno indicato 
questioni che possono concernere l'interpretazione o l'applicazione di 
norme o di negozi giuridici, limitandosi ad affermare, in linea generale 
e non in relazione alle specifiche contestazioni, la necessit� di indagini 
giuridiche. 

Pure se la motivazione della decisione impugnata � stata sintetica, 
vi sono sufficientemente spiegate le ragioni della pronunzia, e cio� 
l'assenza di questioni di diritto, in relazione alle deduzioni delle parti, 
sia sull'esistenza della societ� di fatto sia sul fine speculativo delle operazioni 
compiute, onde, in assenza di vizi logici e di lacune della motivazione 
stessa, non si possono ravvisare gli estremi per la cassazione della 
sentenza in relazione al primo motivo. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1982, n. 1731 -Pres. Mazzacane 
-Est. Battimelli -P. M. Nicita (diff.) -Soc. Cartiera Arbatax 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Mari). 
Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Redditi 
di capitale -Necessit� di un titolo � Esposizione iln bilancio di un 
debito -Riscossione di interessi -IUegittimit�. 

(T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 85, 86 e 127). 
Poich� come redditi di cat. A sono tassabili non tutti i proventi percepiti 
a titolo di interessi, ma soltanto quelli che, a norma degli artt. 85 
e 86 del t.u. delle imposte dirette, traggono origine da un titolo avente 
ad oggetto un particolare impiego del capitale, non � sufficiente constatare 
l'esistenza di debiti nel bilancio di una societ� per stabilire, presumendo 
la fruttuosit� delle operazioni, l'avvenuta percezione di un reddito 
di capitali; � sempre necessario identificare lo specifico titolo dell'operazione 
di impiego del capitale, giacch� l'esistenza di altri debiti non 
d� luogo a reddito tassabile anche se vi � corresponsione di interessi (1). 

(1) La pronunzia interpreta jn modo assai restrittivo J'a norma sulil'.impiego 
dei capitaJi e snatura il riferimento al tirtolo (fotto solo aii finii della detenni,. 
nazione della misura degli interessi) per trarne un'inaccettabile definizione del 
reddito di capitale. Certamente non � necessaria per la tassabilit� del reddito 

822 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

(omissis) I primi due motivi di ricorso, che trattano, sia pure sotto 

diversi profili, la medesima questione della ravvisabilit�, nel caso di spe


cie, di un debito produttivo di interessi tassabili con imposta di R. M. 

cat. A, possono esaminarsi congiuntamente e vanno accolti. 

La questione va risolta tenendo presente che il caso di specie rientra 
nella normativa degli artt. 85, 86 e 127 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, 
normativa che non risulta correttamente applicata nella decisione impugnata. 
Per la prima di dette norme, invero, sono tassabili con imposta 
di R.M. cat. A non tutti i redditi, ma 'solo 'i redditi di capitalle, i premi 
sui prestiti e le vincite di lotterie; per l'art. 86, i redditi di capitali dati 
a mutuo o altrimenti impiegati in modo che ne derivi un reddito in somma 
definita sono valutati nella misura risultante dai relativi titoli e senza 
alcuna detrazione e possono essere accertati e valutati anche se dal titolo 
non appare stipulato alcun interesse ovvero appare indicato un interesse 
in misura a quella effettiva; per l'art. 127, infine, i soggetti tassabili ~n 
base a bilancio sono obbligati al pagamento dell'imposta di R.M., cat. A, 
con facolt� di rivalersene verso reddituari mediante ritenuta, per gli 
interessi e premi dovuti, aventi natura di redditi di capitale. 

In base a quest'ultima norma H fisco ha ritenuto di poter tassare la 
societ� ricorrente (tassabile in base a bilancio quale societ� di capitale) 
come sostituto di imposta per un presunto reddito da essa corrisposto 
a societ� consociate, reddito costituito da interessi su somme dovu,te: e ci� 
ha preteso di fare sulla constatazione dell'esistenza in bHancio, di una 
voce del passdvo contabilizzata come debiti diversi verso societ� collegate; 
e la Commissione Centrale, con la decisione qui impugnata, ha ritenuto 
legittima l'imposizione con la motivazione innanzi riportJata, ritenendo, 
in sostanza, che da tale esposizione di bilancio potesse ricavarsi la presunzione 
di un debito produttivo di interessi tassabili, presunzione contro 
la quale non era stata data dal contribuente prova contraria. 

Questa decisione contrasta con la normativa del t.u., secondo la quale, 
come � bene evidenziato in tutti gli articoli innanzi citati, non tutti i 

la indi'Viduazione del titolo (negozio), che � .occulitabfil.e alla finanza con estrema 
facilit�, ed � ben possibfil.e ricostruire l'impiego del oapiJtaJl:e attraverso d bdikmci. 

Diverso problema � quello dehla tassabilit� di interessi peroepiti indipendentenrenite 
da una (volontaria) operazione di dmpiiego del capitale; � H problema 
degli interessi moratori molto dibattuto. Oggi il problema � legislativamente 
risolto con l'art. 41 del d.P1R. n. 5'17/1973 che, a conc1usione di una 
lunga elencazione, nella quale figurano .gli mteressd moratori, fa menzione 
deglii � ail~ � I�!nteressi non aventi natura com;pensativa. E' rimasta tuttavia 
pressoch� immutata ~a norma (art. 43) disponente che i redditi sono detemiinati 
nella mmsura risuiitante dai relaiti'Vii 'titOOi e senza a!1cuna deduzione; 
ma ci� mguail'da solitanto tl:a misura (!il titolo pu� anche essere la leg.ge o ila 
sentenza) e non giustifica (n� giustificava nel vigore del t.u. del 1958) una 
restrizione del oonoetto di reddito di capitale. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

debiti produttivi di interessi postulano, come contropartita, un reddito 
tassabile in cat. A, ma solo quelli aventi origine da impiego di capitale, 
e precisamente, come bene � precisato nell'art. 86, da capitali dati a 
mutuo o comunque impiegati in modo che ne derivi un reddito �in somma 
definita, concetto questo ribadito dall'art. 127, che ipotizza quali debitori 
principali di imposta i creditori; indicati come � reddituari �, di interessi 
e premi aventi natura di redditi di capitale, e come sostituti di imposta 
i debitori di dette somme. � bens� vero che l'art. 86 autorizza la presunzione 
della corresponsione di interessi, ma � altres� vero che, per testuale 
dettato della stessa norma, la presunzione � possibile in presenza di 
� titoli � da cui derivi un debito produttivo di interessi del genere: � necessario, 
cio�, che detti interessi derivino (o possano comunque derivare) 
da un debito avente origine in uno specifico �titolo�, ossia in un negozio 
giuridico avente ad oggetto il particolare impiego di capitale ipotizzato 
come produttivo di interessi tassabili in cat. A dall'art. 85, nonch� dal 
primo comma dell'art. 86 e della lettera b) dell'art. 127. Solo in presenza 
del � titolo� del genere (ad es.: negozio di mutuo, o di finanziamento, 

o di sottoscrizioni straordinarie di sooi di societ� ecc.) scatta la presunziione 
di cui al secondo comma dell'art. 86, e va riconosciuto che nel caso 
di specie mancavano i presupposti di tale presunzione. 
Ed invero non esisteva alcuna prova di uno specifico �titolo� dante 
causa ad un reddito di capitale; �sisteva soltanto una voce del bilancio 
della societ�, indicante genericamente l'esistenza �di debiti diversi, di cui 
n�n s!� indicava affatto la causa. La decisione impugnata ha erroneamente 
interpretato la normativa in questione, ritenendo che tale esposizione di 
bilancio costituisse il � titolo� ipotizzato daWart. 86, dimenticando che, 
come innanzi chiarito, per titolo deve intendersi uno sp~dfico negozio 
giuridico, e che il bilancio non costituisce affatto titolo o fonte di obbli� 
gazioni, ma unicamente l'esposizione di una situa2lione preesistente, s� 
che esso non poteva costituire il �titolo�, ma al massimo la fonte della 
prova dell'esisterizia di un titolo, ove questo fosse stato indicato; il che 
invece non era, posto che l'espressione � debiti diversi � non poteva essere 
unicamente interpretata, ma .si prestava a deduzioni di vario genere, 
potendo i debiti derivare, anzich� da mutui o finanziamenti, da operazioni 
di altro genere, come esposto dal contribuente nelle sue difese. 

N� pu� ritenersi che la decisione abbia comunque individuato il 
�titolo� facendo leva sulle affermazioni del contribuente circa l'esistenza 
di contabilizzazione in conto corrente dei movimenti di dare ed avere 
di somme con la societ� collegate. Sul punto, la decisione ha affermato 
che anche da un conto corrente possono derivare debiti produttivi di 
interesse, dimenticando sia che il conto corrente, in s� e per s�, non 
costituisce causa autonoma di obbligazioni, ma unicamente un modo 
per regolamentare, mediante compensazioni, l'esistenza di debiti aventi 
ciascuno una propria specifica autonoma oausa, sia che non basta, per 


824 RASSEGNA DELL'AVVOCA1'URA DELLO STATO 

quanto gi� detto, l'esistenza di un debito produttivo di interessi, ma 
occorre che si trattri di un debrito avente causa giuridica da particolari 
rapporti obbligatori, dei quali manoava la prova. 

In altri termini, � bens� vero che dall'esistenza di un debito pu� 
presumersi l'esistenza di un rapporto di mutuo o finanziamento, ma. � 
altrettanto vero che questa non � l'unica presunzione da trarsi da una 
situazione del genere, posto che un debito pu� derivare anche da rapporti 
di altro tipo, quali ad es. forniture di merci od operazioni commerciali 
in genere, e, se scaduto, pu� essere ugualmente produttivo di interessi, 
senza che peraltro detti interessi possano qualificarsi, a sensi dell'art. 85 
dc>l t.u., come imponibile di cat. A e senza che, di conseguenza, possa 
scattare automaticamente l'applicazione degli artt. 86 e 127; giustamente 
in proposito lamenta il ricorrente che il secondo comma dell'art. 86 autorizza 
bens� la presun:llione di interessi, ma non autorizza anche la presunzione 
di uno specifico titolo, ove questo non sia provato e che mai 
una presunzione univoca pu� farsi discendere unicamente da altra presunzione 
che non sia anch'essa univoca, come appunto non lo � la presunrione 
che � stata tratta dall'esposizione di un debito in bilancio, per 
tutto quanto innanzi chiarito. 

L'accoglimento dei primi due motivi di ricorso comporta l'assorbimento 
del terzo motivo, attinente alla commrinatoria di penalit�, presupponendo 
la penalit� l'esistenza di reddito non dichiarato. e �l'inadempimento 
dell'obbligo .di cui all'art. 127, presupposti che non potevano dirsi 
esistenti, come invece erroneamente ritenuto nella decisione impugnata; 
detta decisione va pertanto cassata, con rinvio alla stessa Commissione 
Tributaria Centrale, che decider� in conformit� ai principi di diritto 
innanzi enunciati. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 marzo 1982, n. 1856 -Pres. Miele Est. 
Sgroi -P. M. Morozzo della Rocca (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Dipace) c. Messina. 

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I ~ 
� 

Tributi (in genere) � Accertamento � Notificazione -Consegna dell'atto a 
persona Cli famiglia non convivente � Nullit� -Esclusione � Dichiarazione 
ricevuta dall'ufficiale notificatore -Prova contraria. 

i 

! ~ 

(c.p.c. art. 139; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38). 
i 

Per persona di famiglia, agli effetti dell'art. 139 cod. proc. civ., devono f 
intendersi non soltanto le persone in rapporto di stabile convivenza, ma 1 
anche tutte le altre legate al destinatario da vincoli di sangue o di parentela 
comportanti diritti e doveri reciproci che implicano la presunzione 

I 

\

della successiva consegna dell'atto al destinatario; ove la persona rinve


l

nuta nella casa di abitazione abbia dichiarato di essere autorizzata a rice


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vere l'atto, il che dispensa l'ufficiale giudiziario dallo svolgimento di 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 825 

accertamenti, la prova contraria non pu� consistere soltanto nella dimostrazione 
della non convivenza, attraverso certificati anagrafici, ma deve 
essere rivolta a dimostrare il difetto di autorizzazione a causa di una 
presenza del tutto occasionale (1). 

(omissis) Con l'unico motJi~o, l'Amministrazione deduoe la vtlolaziOIIle 
e falsa applicazione dell'art. 139 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 

n. 3 cod. proc. civ., nonch� omessa o comunque fosufficiente motivazione 
su un punto decisivo, a norma dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., 
osservando che la relazione immediata ed obiettiva fra il consegnatario 
e l'abitazione del destinatario non postula la convivenza dei due soggetti 
(che non � espressamente richiesta dalLa legge), quando l'appartenente 
al nucleo familiare conservi una certa comunanza di vita con il destinatario, 
come appunto lascia presumere la circostanza che il familiare venga 
rinvenuto nell'abitazione del destinatario durante l'assenza di questi. 
Solo una presenza occasionale pu� escludere una ragionevole presunzione 
del raggiungimento dello scopo della notificazione e pertanto il destinatario 
deve dimosnrare tale occasionalit� e non gi� la mera illOIIl convivenza, 
come ha rii.tenuto ila Corte d'appello, che avrebbe dovuto ritenere 
la validit� della notifica, in mancanza di prove idonee a dimostrare l'occasionalit� 
della presenza dell~ figlia nell'abit~ione. del genitore. 
Inoltre, la sentenza impugnata � infidata da una fondamentale omissione, 
non avendo affatto considerato che la Francesca Messina si era 
espressamente dichiarata autorizzata a ricevere l'avviso cli accertatr:nento. 
Doveva tenersi conto dell'espressa dichiarazione suddetta e dell'affidamento 
che il notificante era tenuto a prestare a siffatta dichiarazione. 
In presenza di essa, infatti, l'Ufficiale giudiziario era vincolato a ritenere 
che effettivamente la Messina, anche se non convivente, fosse stata posta 
in una relazione immediata ed obiettiva con l'abitazione del destinatario, 
quanto meno come persona addetta alla casa, ai finii della ricezione dell'atto, 
per i quali l'autorizzazione era intervenuta. La sentenza impugnata 
-non ha invece preso in alcuna considerazione tale aspetto, per cui doveva 
provarsi non che difettasse la convivenza, ma che l'autorizzazione non 
era intervenuta, e deve essere annullata a norma dell'art. 360 n. 5 cod. 
proc. civ. 

i(l) Decisione esatta che oppol'.'tunamente corregge l'orientamento delila 
sent. 26 apri<1e 1979, n. 2416 (in questa Rassegna, 1979, I, 750). Resta ancora 
qualche dubbio sulla possibilit� della prova contraria a quanto dichiarato dall'uffidaile 
gciudiziario; se questi � dispensato dal dovere di controlJliare la verit� 
di quanto Vliene dichiarato (cosa del resto impossibile) la prova contraria 
non pu� riguardare la verit� del fatto dichiarato (l'essere ila persona ilegata 
dal rapporto di parente o di servizio ecc.), ma soltanto la riconoscibilit� da 
parte dell'ufficiale notificante di un palese difetto di qualit�. Diversamente 
ogm notificaziione risc:P,ia di r'�swtare sucoessivamente i111vail:ida. 



826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il motJivo � fondato. Preliminarmente si deve respingere l'eccezione 
di inammissibilit� mossa dal controricorrente, sotto il profilo che sarebbe 
stato denunciato un errore di giudizio (art. 360 n. 3) e non un errore di 
attivit� (art. 360 n. 4), in quanto la violazione di una norma processuale 
(art. 139 cod. proc. civ.) non � stata correttamente sussunta entro lo schema 
della nullit� della sentenza o del procedimento (art. 360 n. 4 cod. 
proc. civ.). In contrario, basta osservare che si discuteva non gi� della 
notificazione di un atto del processo, ma dell'accertamento tributario, 
a norma del t.u. n. 645 del 1958 allora vigente (che all'art. 38 richiama 
gli artt. 137 e ss. cod. proc. civ., con le deroghe ivi previste), e cio� della 
notificazione di un atto extra-processuale, che il giudice ordinario doveva 
valutare sotto il profilo della nullit�. Inoltre, per la stessa 11agione, � 
ammissibile la censura di difetto di motivazione (che, invece, non sar(.'!bbe 
rilevante in sede di deduzione di vizio �in procedendo �, potendo in 
tal caso la Corte Suprema procedere ad un diretto esame degli atti del 
processo). 

Il giudice del merito, nonostante che abbfa integralmente trascritto 
la ;relazione di notificazione di cui si discuteva (mediante consegna 
�a Me:tis<ina Francesca nei Vecchio, nella sua qualit� di figlia autorizzata 
.a riceversi l'avviso�) non l'ha in realt� esaminata. in tutti gli aspetti 
ed in particolare in quello decisivo della (dichiarata) qualit� di figlia 
autorizzata a riceversi l'avviso. In sede di notifica ex art; 139 cod. proc. 

civ. devesi, in primo luogo, affermare che, nell'ambito del comune di 
residenza, esiste perfetta parit�; senza. obbligo di preferenza fra l'uno 
e l'altro luogo, fra � casa di abitazione �. da un lato e � ufficio o luogo 
di esercizio dell'industria e commercio� dall'altro (cfr. Cass. 19 febbraio 
1976, n. 543). I due luoghi, inoltre, possono coincidere, perch� l'imprenditore 
individuale potrebbe avere la sede della sua impresa nella casa di 
abitazione; e tale :indagine � necessania, perch� serve a chiaDire i termini 
della dichiarazione di autorizzazione resa dalla persona rinvenuta in tali 
luoghi, nel senso di farla considerare non tanto �persona di famiglia�, 
quanto � addetta alla casa, all'ufficio o �all'azienda �. 
Invero, sotto il primo profilo la persona di famiglia � comprensiva 
non solo delle persone in rapporto di stabile convivenza, ma anche dei 
soggetti legati al destinatario da vincoli di sangue o di parentela comportanti 
diritti e doveri reciproci che implicano la presunzione della successiva 
consegna dell'atto al notificando, per cui la validit� della notificazione 
pu� essere esclusa unicamente quando venga accertiata la presenza 
del parente, nel luogo di notificazione, del tutto occasionale e momentanea 
(da ultimo, Cass. 12 maggio 1981, n. 3134; 22 ottobre 1979, n. 5488). 

Sotto il secondo profilo; occorre riferirsi al rapporto di. fatto che lega 
il destinatario con 1a pe:t;sona, in ordine alla cui sussistenza l'ufficiale 
giudiziario non deve svolgere accertamenti, non potendo che affidarsi alle 
dichiarazioni che gli vengorn;> fatte (Cass. 17 ottobre )974, n. 2909), incom-i 

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-



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

bendo su colui che contesti la veridicit� di tale dichiarazione di dare 
l� prova del contrario. 

La sentenza impugnata � viziata sotto il profilo della violazione di 
legge perch� non ha considerato l'art. 139 in tutta la sua estensione 
e quindi non ha rettamente identificato il contenuto della prova contraria 
a carico del Messina, che doveva esser diretta non tanto contro il requisito 
della convivenza (e che, fra l'altro, non � sufficientemente raggiunta 
mediante la semplice produzione di un certificato anagrafico: Cass. 19 gennaio 
1979, n. 397; ca�ss. 20 novembre 1975, n. 3898), quanto invece contro 
la verit� della dichiarazione di � autorizzazione a ricever l'atto � raccolta 
dall'Ufficiale giudiziario. 

Inoltre, � viziata da insufficiente motivazione su un punto decisivo, 
perch� non ha affatto esaminato tale dichiarazione, mentre essa doveva 
essere valutata, alla stregua della identificazione del luogo della notifica 
non solo come casa di abitazione, ma eventualmente anche come sede 
dell'impresa del Messina, e del conseguente rapporto della figlia Messina 
Francesca sia con la �famiglia� (intesa nel senso largo sopra enunciato) 
che con l'ufficio od azienda del destinatario. 

Invero, � stato giustamente notato in dottrina che le persone rinvenute 
nelle sedi suddette, se accettano l'atto, fanno presumere l'esistenza 
di wi obbligo giuridico di recapitare l'atto al destinatario, in virt� dei 
propri rapporti con il notificando. Contro la presunzione deve esser data 
la prova contraria, avente di mira tale rapporto, nel quale l'autorizzazione 
(data dal destinatario) a ricevere l'atto � l'altra faccia dell'obbligo 
di riceverlo per poi consegnarlo. La prova contraria deve quindi investire 
l'esistenza del rapporto e, se non � data, rende del tutto vana la c0111testazione 
della convivenza familiare, che si svolge su un piano diverso, 
nell'ambito delle due specie di notifiche equivalenti regolate dal secondo 
comma dell'art. 139. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 aprile 1982, n. 2021 -Pres. Marchetti Est. 
Borruso -P. M. Grossi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Vittoria) c. Mulas. 

Tributi erariali indiretti � Imposta di registro � Agevolazione per le case 
di abitazione non di lusso � Vendita di appartamento � Effettiva abi� 
tazione � Contestazione notarile � Validit� � Prova contrarla � Am� 
missibilit�. 

(I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17). 
Ai fini della agevolazione dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, la 
effettiva abitazione dell'appartamento venduto pu� essere dimostrata at.
traverso un atto notarile di constatazione il quale non deve ,necessaria



828 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

mente specificare tutti i dati dai quali � desunto lo stato di abitazione. 
Tale constatazione costituisce tuttavia soltanto uno degli elementi della 
dimostrazione e ne pu� essere data la prova contraria (1). 

(Omissis) Con l'unico motivo di ricorso la Finanza sostiene che 
nella specie sarebbero stati violati gli artt. 17 comma 1� della legge 
2 luglio 1949, n. 408 e gli artt. 2699 e 2700 e.e. in quanto qualora si ammettesse 
che l'effettiva abitazione di un alloggio possa ritenersi provata 
sulla base di un verbale di constatazione notarile in cui il pubblico 
ufficiale si limiti ad attestare l'alloggio effettivamente abitiato senza per� 
indicare da quali elementi di fatto egli abbia tratto il proprio convincimento 
-si finirebbe col condizionare la concessione dei benefici fiscali 
dei quali trattasi al mero giudizio da parte del notaio sul significato dei 
fatt� da lui constatati e non a!Ll'obiettivo ~ilevamento dei medesiimi nonostante 
che: 

a) tale giudizio, ovviamente, non sia destinato a far fede fino a 
querela di falso; 
b) 1a legge non attribuisca al notaio in proposito alcun potere ._� 
tificazione; 
c) non vi sia alcuna possibilit� di contestare i fatti constatati da~ 
notaio in quanto non specificati nel verbale di constatazione. 

Inoltre la Commissione Centrale avrebbe omesso qualsiasi motivazione 
per ritenere sia che il verbale di constatazione de quo contenesse 
l'attestazione che l'alloggio era effettivamente abitato, sia che l'effettiva 
abitazione del medesimo potesse essere desunta dal semplic allaccia� 
mento di esso alla rete elettrica come attestato dall'ENEL, essendo tale 
circostanza idonea, al pi�, a dimostrare l'abilit� dell'alloggio. 

Il motivo nelle sue conclusioni � infondato, anche se la motivazione 
dell'impugnata decisione deve essere in parte corretta e largamente integrata 
con numerose precisazioni in punto di diritto. 

Va innanzitutto premesso che: 

1. -anche nel processo tributario vige il principio dell'onere della 
prova e, pertanto, incombe al contribuente, il quale assuma di dover 
pagare l'imposta di registro nella misura ridotta di cui all'art. 17 della 
L. 2 luglio 1949, n. 408, l'onere di provare l'effettiva abitazione dell'appartamento 
di nuova costruzione acquistato, cio� la ricorrenza del requisito 
cui -in alternativa con la dichiarazione di abitabilit� -� condizionata 
l'agevolazione tributania de qua; 
(1) La pronunzia mette chiarezza su una questione che � stata oggetto 
di molte dispute. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

2. -tale requisito non pu� essere provato per testimoni (cfr. in tal 
senso sentenze nn. 2625 del 1971 e 7771 del 1972); 
3. -come sar� meglio specificato in prosieguo, la Finanza ha sempre 
ammesso -e riconosce implicitamente ma chiaramente anche nel 
presente giudizio -che il contribuente adempie all'onere probatorio 
sopraspecificato quando esibisce, a dimostrazione dell'effettiva abitazione 
dell'alloggio acquistato, un verbale di constatazione notarile che, da solo 
o unitamente ad altri documenti venga ritenuta convincente; 
4. -trattandosi della valutazione di una prova, essa si risolve in un 
tipico accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimit� se scevro 
da erroni di diritto e sufficientemente motivato. In particolare, l'affermazione 
da parte del giudice di merito che l'atto esibito dal contribuente 
contenga o meno l'attestazione da parte di un notaio dell'effettiva abitazione 
di un alloggio costituisce apprezzamento di una circostanza di fatto 
che non pu� essere contestata .in Cassazione, potendo legittimare eventualmente 
solo un motivo di revocazione sotto il profilo del travisamento 
di un fatto (sent. n. 1767 del 1974 e 328 del 1977). 
Ci� posto, in ordine a quanto dedotto nel ricorso in esame, si osserva 
che: 

A) Frequenti dubbi sono sorti sul possibile contenuto e sull'efficacia 
del verbale di constatazione notarile in genere, perch� -salvo quanto si 
dir� in seguito a proposito della tariffa allegata alla legge notarile non 
esiste alcuna specifica normativa che attribuisca al notaio la competenza 
in linea generale a compiere tali atti. L'art. 2700 del e.e. -secondo 
cui � l'atto pubb1ico fa piena prova fino a querela di falso della 
provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato nonch� 
delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico 
uffidale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti � -non offre 
certamente, al riguardo, alcuna base di legittimazione, sia perch� esso, 
menzionando �le parti�, fa un chiaro ed esclusivo riferimento a dichiarazioni 
di contenuto negoziale o quanto meno relative ai negozi ai quali 
si � interessati (come certamente non sono le constatazioni di situazioni 
oggettive compiute direttamente dal notaio e formalmente indipendenti 
dai negozi da lui ricevuti), sia perch� il notaio, quando � chiamato semplicemente 
a constatare la situazione determinatasi per effetto di un 
fatto (come la effettiva abitazioI].e di un alloggio) non attesta certamente 
n� u~ fatto avvenuto in sua presenza n� tanto meno, un fatto 1dla !lui 
compiuto, sia infine perch� -come � stato giustamente Dilevato in 
dottrina -l'atto pubblico presuppone, .in conformit� di quanto 1espressamente 
previsto dall'art. 2699, cod. civ., che il pubblico ufficiale sia 
� autorizzato idail.1a 'legge a compierlo sioch�, richiamare Mi proposito 
l'art. 2700 significherebbe, iin definitiva, fare in proposito runa iTI1Utile 
petizione di principio, .in quanto iil dubbio da :risolvere � pmprio quello 
se il notaio sia autorizzato a ricevere atti del genere. 


830 ,RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

B) Il verbale di constatazione notarile de quo non � diretto alla 
raccolta di testimonianze, sia perch� l'acquisizione delle prove testimoniali 
volte all'accertamento della verit� di un fatto � compito esclusivo 
dell'Autorit� Giudiziaria nelle forme, alle condizioni e con le garanzie 
stabilite nei codici processuali anche. se eseguita in via preventiva rispetto 
ad un futuro giudizio (come evincesi dagli artt. 692-699 del c.p.c. dedicati 
appunto alla disciplina dei provvedimenti di istruzione preventiva), sia 
perch�, altrimenti, dovrebbe essere redatto nelle forme dell'atto notorio 
che la legge autorizza il notaio a ricevere per comprovare mediante testimonianze, 
la notoriet� di un fatto �rin materia civile e commerciale� (cfr. 
in via generale l'art. 1 n. E legge notarile del 16 febbraio 1913, n. 89). 

C) Anche tenendo presente che il verbale di constatazione di cui 
trattasi non raccoglie alcuna deposizione in quanto con esso il notaio 
si limita semplicemente a compiere il diretto accertamento di circostanze 
oggettive, si potrebbe pur sempre dubitare� della sua efficacia giacch� 
l'art. 696 c.p.c. dispose che: � chi ha urgenza di far verificare, prima 
del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualit� o la condizione di cose, deve 
chiedere all'Autorit� Giudiziaria che sia disposto un accertamento tecnico 

o una ispezione giudiziale preventivi �. 
Qui non � necessario affrontare tutte le delicate questioni che la solu


zione di tale dubbio comporterebbe: e, cio�, se sia rilevante o meno la 

intenzione del richiedente di usare l'atto in giudizio, se il rivolgersi 

all'A.G. costituisce solo una facolt� ovvero l'unica via per conseguire la 

acquisizione preventiva della prova di cui trattasi, se, infine, gli accer


tamenti e le ispezioni giudiziali preventive di cui al citato art. 696 

siano soltanto quelle che involgono una valutazione di ordine tecnico o 

che, per essere compiute, necessitino di un provvedimento autoritativo 

nei confronti di terzi, sicch� ben potrebbe il notaio -sul rilievo che 

tutto ci� che non � vietato, � consentito -procedere inter volentes a 

constatazioni obiettive, esclusa ogni valutazione d'ordine tecnico e ogni 

apprezzamento o giudizio, come 1esplicitamente ammesso da alcune 

norme, sia pure limitatamente a determinate materie, e, in via generale, 

nel progetto di legge (art. l, n. 6) sull'ordinamento del notariato pre


sentato dal Governo alla Camera il 9 ottobre 1972 (atto parlamentare 

VI legislatura n. 905) per rispondere ad esigenze di comodit�, speditezza 

ed efficacia dei privati che l'A.G. non sempre sembra in grado di sod


disfare. 

Lo stesso Ministero delle Finanze, infatti, ha riconosciuto, come si 
� detto, con la normale n. 14 del 1951 che il notaio, ai fini della concessione 
dei benefici previsti dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, per l'acquisto 
di alloggi possa comprovarne l'effettiva abitazione -non fittizia e non 
effimera -quanto. egli rimpegni fa sua responsabilit� attestando di aver 
constatato che non soltanto la casa si rivela abitata di fatto (ovviamente 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

per fa presenza in essa almeno di un minimo di mobilio e di suppellettili, 
di vestiario e dei pi� comuni oggetti d'uso e consumo personali .che 
si trovano solitamente in qualsiasi casa abitata), ma che coesistono elementi 
obiettivi di abitabilit� consistenti nella ultimazione della casa in 
tutti gli elementi e i servizi indispensabili all'uomo medio di oggi per 
vivervi con continuit�, sicurezza, tutela della salute e un minimo di conforto. 
(quali certamente il tetto, le pareti, gli intonaci, i pavimenti, gli 
infissi,. i servizi igienici funzionanti, la fornitura di corrente elettrica). 

Trattasi di condizioni oggettive assolutamente notorie e incontestabili, 
quanto meno nel loro insieme, sicch� non v'� neppure necessit� di 
descriverle o specificarle una ad una, dovendosi intendere necessaria~ 
mente richiamate per sottinteso quando ci si Jimiti alla 1s1ntetioa constatazione 
che l'alloggio si presenta come effettivamente abitato. 

D) Quale che sia l'opinione sui modi, le forme e i limiti da rispettarsi 
nella redazione del verbale di constatazione notarile non pu� dubitarsi 
che, quando ad esso vi proceda, il notaio compia un atto rientrante 
nell'esercizio della sua professione (salvo il giudizio su eventuali errori 
commessi nel suo svolgimento -in quanto il verbale di constatazione 
notarile � espressamente previsto -sia pure limitatamente -come � 
ovvio -in casi consentiti -nell'art. 13 della tariffa allegata alla legge 
del 1913 sul notariato e un detto articolo � stato ripi:odotto nel testo 
vigente all'art. 9 lett. b) con la dizione �verbali di constatazione�. 

A ci� consegue che, qualora un verbale di constatazione notarile Tisulti 
ideologicamente falso il notaio che lo ha fondato risponder� del 
reato di cui all'art. 479 c.p., che prevede e punisce la falsit� ideolowica 
commessa dal pubblico ufficiale in atti formati nell'esercizio del suo 
ministero in relazione ai fatti dei quali l'atto � destinato a provare la 
verit�. 

Tutte le suesposte considerazioni paiono autorizzare le seguenti conclusioni: 


1) contrariamente a quanto affermato nell'impugnata decisione, 

il verbale di constatazione notarile dell'effettiva abitazione di un alloggio 

non ne fa piena prova fino a querela di falso. 

Tuttavia, trattandosi pur sempre di un atto pubblico destinato inne


gabilmente a provare quanto in esso affermato, ne costituisce certamente 

almeno un indizio, liberamente apprezzabile dal giudice e contro cui � 

ammessa la prova contraria anche presuntiva avendo cos� la stessa effi


cacia probatoria dell'atto notorio; 

2) in mancanza di detta prova contraria, tale indizio pu� essere 

ritenuto, in concomitanza con altri elementi ma anche da solo, mezzo 

di prova sufficiente, ai sensi del 1� comma dell'art. 2729 e.e., dell'effettiva 

abitazione, non potendosi negare che, quando un notaio impegni la pro



832 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

pria responsabilit� anche penale nella constatazione di una determinata 

situazione, ci� ne costituisca una presunzione grave e precisa e non essendo 
indispensabile, in tal caso, che si abbia una pluralit� di indizi 
concordanti (cfr. a quest'ultimo proposito sent. n. 1653 del 1975 e 
982 del 1974); 

! 

3) neppure � indispensabile che il notaio specifichi e descriva, uno 

I ~ 

ad uno, tutti gli elementi di fatto il cui concorso ha inteso sintetizzare 
nell'affermazione di aver constatato che l'alloggio � effettivamente abitato, 
perch� -come in precedenza si � gi� avuto modo di rilevare qualora 
il giudice penale si convincesse che non sussiisteva al momento 

I 
della constatazione notarile quel minimo di condizioni oggettive necessarie 
per far ritenere oggi, a chiunque abitato un alloggio in modo non 
fittizio e non effimero, il notaio, anche se non le ha specificate e descritte, 
dovrebbe egualmente rispondere di falso a norma dell'art. 479 c.p., sicch� 
la sua constatazione, per la responsabilit� che anche in tal caso involge, 
conserva, sia pure nei limiti di una presunzione semplice, tutta la sua 
forza probante. 

La dimostrazione dell'esattezza di tali conclusioni esige un'ultima 
considerazione. 

� ben vero che, a norma del 2� comma dell'art. 2729 e.e., " le presunzioni 
non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova 
per testimoni �. Ma il diritto tributario, se da un lato sembra escludere, 
almeno 1in via di principio, le testimonianze, non esclude, invece, affatto le 
presunzioni tratte da dati obiettivi dimostrati documentalmente, che, 
anzi, costituiscono lo strumento di uno dei poteri principali della Finanza 
e aille qua:li, qu1ndi -per logico contrapposto -ben pu� richiamarsi 
anche il contribuente. A dimostrazione di ci� sembra qui sufficiente 
richiamare gli artt. 38, 39 e 41 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (recante 
disposizioni comuni in materiia di accertamento delle imposte sui 
redditi) che autorizzano rettifiche dei redditi dichiarati dal contribuente 

o accertamenti d'ufficio quando ricorrono presunzioni semplici, talvolta 
persino se non gravi, precise e concordanti, e nella specifica materia 
dell'imposta di registro gli artt. 15, 23, 25 e 48 del d.P.R. 26 ottobre 1972, 
n. 634, che sia pure per effetti diversi e in vario modo legittimano le 
presunzioni. 
Per tutte le suesposte considerazioni, tenuto conto che nella specie 
la Finanza non ha mai neppure minimamente adombrato il sospetto che 
l'appartamento oggetto del tirasforimento rdi propriet� tassato rnon fosse 
effettivamente abitato al momento cui si riferiva il verbale di constatazione 
notarile esibito dal contribuente per ottenere le agevolazioni fiscali 
che la c.d. �legge Turpini 1riconnette l'effettiva abitazione, deve concludersi 
che egli aveva indubbiamente diritto alle medesime e, pertanto, il 
dispositivo della impugnata sentenza va confermato. (omissis) 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 833 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. 6 aprile 1982, n. 2108 -Pres. Sandulli Est. 
Sensale -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato p,alatielilo) c. Soc. Fimaco (avv. Cogliatii Dezza). 

Tributi (in genere) � Contenzioso tributarlo . Ricorso per cassazione . 
Termine � Comunicazione del dispositivo all'ufficio tributarlo . Non 
decorre -Art. 327 c.p.c. � Si applica. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 38; c.p.c. art. 327; t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, 
art. 11). 
Il termine di 60 giorni per il ricorso per cassazione contro decisione 
della Commissione centrale decorre soltanto dalla notifica ad istanza di 
parte del testo integrale che, nei confronti dell'Amministrazione finan'
ziaria, deve eseguirsi presso l'Avvocatura dello Stato secondo la norma 
generale dell'art. 11 del t.u. 30 ottobre 1933 n. 1611; non � mai idonea a 
far decorrere il termine la comunicazione all'ufficio anche se la segreteria 
abbia comunicato il testo completo della decisione o comunque di 
questo l'ufficio abbia avuto conoscenza. � sempre operante il termine 
annuale dell'art. 327 c.p.c. (1). 

(Omissis) La societ� controricorrente ha preliminarmente eccepito 
l'inammissibi1it� del ricorso in quanto proposto oltre il termine di sessanta 
giorni dalla data di comunicazione della decisione impugnata. Nel 
caso, questa fu depositata il 3 dicembre 1980 e ne fu comunicato il dispositivo 
il 6 febbraio 1981. Il ricorso, notificato una prima volta il 3 aprile 
1981, ma non depositato, fu successivamente rinotif�cato il 25 maggio 
1981 e cio� oltre il termine di sessanta giorni dalla comunicazione del 
dispositivo della decisione impugnata. 

L'eccezione � priva di fondamento. 

Questa Corte ha ripetutamente affermato che al ricorso per cassazione 
avverso la decisione della commissione tributaria centrale deve 
niteners,i app1iicabiJe, in mancanza di normative ad hoc nel decreto 

n. 636 del 1972, la disciplina delle impugnazioni del codice di procedura 
civile. Pertanto il termine di sessanta giorni decorre dalla notificazione 
(1) Una volta affermatosi l'oriientamento ad ,escludere l'idoneit�, per la decorrenza 
del termine breve, della notificazione de~ disposiitivo delLa decisione, 
era di necessariia coerenza l'anailoga conclusione per la comunicazione all'ufficio; 
� evidente che la mera trasmissione della copia della decisione (mero 
fatto improduttivo dd effetti) nulla aggtunge al1a comunicazione del dispositivo, 
che � d~ solo atto formale. S~J.a, non sempre chiara, evoluzione delLa giurisprudenza 
suWapplicabilit� deLl'art. 327 c.p.c. e suL1'irnihlevanza della notificazione 
del dispositivo v. Cass. 19 giugno 1981, n. 4017, 10 febbraio J982, n. 813 e 
18 febbraio 1982, in. 1016, in questa Rassegna, 1982, I, 334 e 335 con ampi richiami. 
Sulla nuova proMematica originata dalla novella al d.P.R. sul contenzioso v. annotazione 
a Cass. 11 luglio 1981, n. 4508, ivi, I, 160. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEilO STATO 

della decisione, effettuata ad istanza di parte ai sensi dell'ultimo comma 
dell'art. 38 del citato decreto, e non gi� dalla comunicazione o notificazione 
del dispositivo, previsto dal terzo comma dello stesso articolo; 
ed, in manci.mza della notificazione di cui all'ultimo comma, � applicabile 
il termine di un anno dalla pubblicazione della decisione, previsto dall'articolo 
327 cod. proc. civ. (sent. 624, 3126, 4016, 4871 idei 1981 e numerose altre). 

Tale principio trova applicazione anche neI caso in cui l'Amministrazione 
delle Finanze abbia chiesto ed ottenuto copia integrale della 
decisione o l'abbia ricevuta dalla segreteria della commissione centrale 
con la comunicazione del dispositivo. Come si � rilevato, al ricorso per 
cassa:iione contro le decisioni della commissione tributaria centrale si 
applica la disciplina del codice di procedura civile, nel cui sistema nessuna 
rilevanza � attribuita alla piena conoscenza della sentenza ai fini 
della decorrenza del termine per impugnarla, che � sempre data dalla 
pubblicazione ovvero dalla notificazione ad istanza di parte. Ci� fa s� 
che la parte soccombente, la qual� ottenga copia della sentenza dalla 
cancelleria, no.n provoca per ci� la decorrenza del termine breve per la 
impugnazione; e ci� a maggior ragione deve ritenersi nei riguardi delle 
Amministrazioni statali, per le quali la notificazione della sentenza deve 
essere eseguita presso l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto 
ha sede l'autorit� giudiziaria che ha pronunciato la sentenza, e 
lo stesso principio deve osservarsi per ogni altro atto giudiziale (r.d, 30 
ottobre 1933, n. 1611, art. 11, 2� comma). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1982, n. 2233 -Pres. Marchetti Est. 
Gualtieri -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Gargiulo) c. Jacoarino. 

Tributi erariali indiretti � Imposta di registro � Cessione di azienda � Avviamento 
� Aliquota � Si considera immobile. 

(R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 46). 
Nella cessione di azienda l'avviamento quale valore aggiuntivo a 
quello degli elementi costitutivi, concorre ad integrare il valore di tutti 
i beni, mobili ed immobili, e non pu� essere tassato che con l'aliqu�ta 
dei trasferimenti immobiliari (1). 

(J) Simile � l'altra sentenza 23 marzo 1982, n. 1832 di cui si omette la pubblicazione. 
Decisione esattissima che risolve il problema non sul punto della separabili1� 
dei valori mobilliari dal valore unitario (Cass. 15 ottobre 1981, n. 5401, in 
questo fascicolo pag. 776), ma sul punto della oggettiva inerenza dell'avviamento 
ai beni immobiH e mobiili e della conseguente indivisibilit�. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

(Omissis). Devono essere, invece, esaminate le doglianze da f) ad 
h) poich� riguardano la parte della decisione impugnata in cui si afferma 
che �comunque, essendo stato tassato a parte l'avviamento, non v'� dubbio 
che l'aliquota propria applicabile a tale bene non poteva essere 
che quella mobiliare esattamente applicata in sede di concordato�. 

Tali censure sono sostanzialmente fondate. 

A norma dell'art. 46, comma l, legge di registro n. 3269 del 1923, 
l'atto traslativo a titolo oneroso di propriet� o di usufrutto o di altro 
diritto reale, quando si riferisca a beni mobili e immobi1i � soggetto alla 
tassa proporzionale di registro stabilita per la trasmissione degli immobili, 
eccetto che sia stato stipulato un prezzo particolare per gli oggetti 
mobili e questi non siano dalla legge civile parificati agli immobili. 

La ratio legis, che ben si scorge collegando la regola con l'eccezione, 
� .di tassare con l'aliquota pi� elevata H trasferimento contestuale di 
una pluralit� di beni, mobili. e immobili, quando l'unicit� del prezzo pattuito 
dai contraenti, ossia il carattere globale e indifferenziato del corri.spettivo 
riferito all'intero compendio dei beni alienati per modum unius, 
impedisce alla Finanza di verificarne i rispettivi valori, a ciascuno dei 
quali, altrimenti, andrebbe applicata l'aliquota che gli compete. 

Nell'ampia previsione della norma in esame rientra anche il caso 
della vendita di un'azienda comprensiva di beni mobili e immobili, con 
la conseguente tassazione in base alle rispettive aliquote o solo in base 
alle rispettive aliquote o solo in base a quella pi� elevata stabilita per 
gli immobili, secondo che il prezzo risulti distinto per le due categorie 
di beni ovvero sia indicato globalmente, come nella specie. 

Quanto sopra premesso, �devesi rilevare che l'art. 31 della legge in 
parola, con specifico riguardo al trasferi~ento dell'azienda, dispone che, 
ai fini della valutazione, vanno presi in esame � la quantit� ed il valore 
delle merci... la specie e il valore degli altri beni di ogni natura, compresi 
l'avviamento e i diritti di privativa. 

Orbene, essendo l'avviamento una qualit� dell'azienda, concretantesi 
nella attitudine dei beni organizzati a produrre utili diversi e maggiori di 
quelli che potrebbero essere conseguiti dall'utilizzazione separata di ciascuno 
di essi, e comportando, in quanto tale, un valore aggiuntivo a� 
quello degli altri elementi aziendali, l'avviamento stesso � un elemento 
che concorre a int�grare il valore dei beni immobili e mobili cui si riferisce; 
pertanto, esso non pu� che essere tassato con l'aliquota dei trasferimenti 
immobiliari. 

N� varrebbe obbiettare che, nella fattispecie, sia intervenuto un concordato 
separato tra contribuente e Fisco sul valore dell'avviamento, idoneo 
ad escludere una siffatta tassabilit�; invero, la stipulazione, ad opera 
dei contraenti di un prezzo particolare per i beni mobili, compreso l'avviamento, 
prevista dall'art. 46 citato come ipotesi di inapplicabilit�, in 
via di esecuzione, dal principio generale sancito nella prima parte di 


836 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

detta norma, non pu� essere in alcun modo assimilato alla definizione 
del valore dell'avviamento mediante concordato, intervenuta tra i contribuenti 
e la Finanza. 

Il ricorso va, pertanto, accolto, con conseguente cassazione della 
decisione impugnata ed il rinvio della causa, per nuovo esame, alla 
C.T.C., che si atterr� ai suesposti princ�pi di diritto. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 aprile 1982, n. 2407 -Pres. Miele Est. 
Falcone -P. M. Dettori (conf.). -Rassu (avv. Cardarelli) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). 

Tributi {in genere) . Contenzioso tributario � Procedimento innanzi alle 
Commissioni � Estensione -Art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 � 
Effetti � Riproposizione di nuovo ricorso -Inammissibilit�. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44). 
A seguito dell'estinzione del procedimento innanzi alle commissioni 
a norma dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, � inammissibile la 
riproposizione di nuovo ricorso, sia in prima istanza che in grado di 
impugnazione (1). 

(Omissis) L'unico motivo, svolto sotto la rubrica di violazione e 

falsa applicaUone dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636; dell'art. 310 

cod. proc. civ., dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e �dei 

princ�pi in materia � nonch� di diiifetto e con1lradiditooiet� di motiva


zioni, � diretto a censurare la tesi affermata dalia decistione dmpiuignata, 

dii inammissibilit� di un secondo 'ricorso alla commissione tribu1Jairia 

di primo grado, dopo �l'arvvenuta notifica dell'ordiiinanza �dii estmziioo.e 

del processo, a suo tempo introdotto con tempestivo ricorso, :per dio.os


servanza dell'onere di presentazione delLI'iistanza di trattazione imposta 

dalla norma transitoria dettata daihl'art. 4( del d.P.R. n. 636 su:llia revi


sione della disciplina del cont,enziioso tributario. 

Sostiene il ricorrente che, mancando nel processo tributario una 

norma disciplinatrice degli effetti dell'estinzione del processo, la ricerca 

di essa non poteva che essere compiuta facendo ricorso al codice di pro


cedura civile, col risultato di identificare nella disposizione dell'art. 310 

il prindpio, applicabile anche nella specie, secondo il quale l'estinzione 

del processo non estingue l'azione e quindi non preclude la possibilit� di 

farla valere nuovamente promuovendo un altro processo. 

(1) Decisione di evidente esattezza. Interessante � la a>recisaziione sulla 
compatibilit� tra la decadenza a causa dell'osservanza cli un termine perentorio 
e ~a natura del processo di accertamento del rapporto. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Aggiunge che la previsione della ricordata norma dell'art. 44 d.P.R. 

n. 636 del 1972, secondo cui dalla data di notificazione dell'ordinanza di 
estinzione del processo decorrono o riprendono a decorrere i termini 
di decadenza e di prescrizione, � stata ritenuta riferibile ai soli poteri e 
diritti di natura sostanziale derivanti dal rapporto tributario alla pubblica 
amministrazione, con motivazione insuJ�ficiente e contraddittoria. 
La tesi critica del ricorrente non meritfl. adesione ed il ricorso deve, 
pertanto, essere respinto. 

Sembra opportuno ricordare che, nel regime transitorio della disciplina 
del contenzioso tributario disciplinato dal d.P.R. n. 636 del 1972, 
il ricordato art. 44 ha stabilito che il contribuente, nel giudizio pendente 
innanzi alle Commissioni tributarie, � tenuto, entro un termine perentorio 
dalla data dell'insediamento della commissione competente, a chiedere 
la trattazione del ricorso o della propria impugnazione con una istanza 
per fissazione d'udienza, con la comminatoria, nel caso di mancato compimento 
di questo atto d'impulso processuale, dell'estinzione del processo, 
la quale (senza porsi il problema se e come, ove non rilevata possa 
essere pronunciata in un successivo grado del procedimento) viene dichiarata 
d'ufficio, dal Presidente della Commissione tributaria, con ordinanza 
reclamabile dinanzi al collegio (Cass. 7 maggio 1979, n. 2587; 7 febbraio 
1979, n. 824; 29 novembre 1978, n. 5638). 

In relazione a questa normativa � sotto il problema se l'avvenuta 
notificazione dell'ordinanza di estinzione del processo precluda o meno 
al contribuente il potere di adire nuovamente la commissione tributaria 
:riproponendo il ricorso introduttivo (in ipotesi di estinzione del giudizio 
pendente dinanzi alla commissione di primo grado) o quello d'impugnazione 
(nel caso di estinzione dello stesso giudizio in fase d'impugnazione), 
problema sul quale questa Corte ha avuto occasione di pronunciarsi 
con riferimento alla seconda eventualit� menzionata, affermando il principio 
che nel processo civile, le cui nornne sono applicabi.li in quanto non 
incompatibili, in quello tributario, l'estinzione del giudizio d'dmpugnazione 
fa divenire definitivo il provvedimento impugnato, quale che esso sia, 
sen7la riapriire i ten:nia:J,i per la sua impugniazione, onde festin'.lldone, prevista 
dal citato art. 44 non potrebbe egualmente consentire, in mancanza 
di una norma espres�sa, un nuovo esercizio del potere d'impugnazione 
ormai consumato (Cass. 4 giugno 1980, n. 3637). 

In questa stessa pronuncia la Corte ha avuto anche modo (per completezza 
di trattazione della problematica cos� come sollevata con le 
censure proposte) di esprimersi per la non ripmponibilit� del ricorso 
anche quando l'estinzione abbia riguardato il giudizio dinanzi alla commissione 
di primo grado, respingendo fa tesi dehl'.applioabiiliit� dell'1wt. 310, 
primo comma, del cod. prnc. civ. (secondo il quale l'estinzione del processo 
non estingue l'azione), sul rilievo del �carattere di impugnazione 
del ricorso alle commissioni tributarie �. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'indirizzo cos� segnato nella soluzione del problema che ne occupa 
merita conferma; e ne va condivisa, anzitutto, la premessa che rifiuta 
l'argomento fondato sulla portata del rinvio alle norme del codice di 
procedura civile nel processo dinanzi alle commissioni tributarie, risultante 
dall'art. 39 del cit. d.P.R. n. 363 del 1972 -il quale dichiara 
applicabili nei limiti della compatibilit� con le norme dettate per il 
nuovo contenzioso tributario e con quelle che disciplinano le singole 
imposte, le sole norme del primo libro del codice di rito (con alcune 
esclusioni) -perch� � imposto dalla coerenza e completezza del sistema 
e dalla stessa significatiiva portata del rinvio alle disposizioni generali 
di detto codice, l'applicabilit�,'nei limiti anzidetti, di princ�pi e di norme 
disciplinantii istituti generali del processo, quale -fra gli altr.i -la 
estinzione, di cui manchi una disciplina nel contenzioso tributario (v. sull'applicabilit� 
dell'art. 345, primo comma: � Cass. 27 aprile 1979, n. 2440; 
dell'art. 295: Cass. 14 maggio 1975, n. 1856). 

Dall'accoglimento di questa impostazione, peraltro, non segue come 
necessaria conseguenza l'adesione alla tesi prospettata, secondo. cui la 
regola della sopravvivenza dell'azione all'estinzione del processo, dettata 
dall'art. 310, primo comma cod. proc. civ. � compatibile con il procedimento 
contenzioso tributario, quale principio generale in esso non derogato, 
poich� l'inapplicabilit� di detto principio deriva da un limite che 
lo stesso incontra anche in ipotesi di azioni fatte valere a tutela di diritti 
soggettivi dinanzi all'autorit� giudiziaria, quando per l'esercizio della 
azione sia imposto come nella materia che ne occupa un termine di 
decaqenza. 

Questa Corte, con giurisprudenza conforme e di lontana formazione 

(v. Cass. 3 foglio 1980, n. 4214; 5 dicembre 1970, n~ 2561; 9 novembre 1970, 
n. 2296; 13 maggio 1968, n. 1506; 27 maggfo 1961, n. 1261; 5 luglio 1960, 
n. 1770; 9 ottobre 1954, n. 3524; 30 settembre 1954, n. 3172; 6 aprile 1949, 
n. 788; 17 febbraio 1947, n. 213) ha ripetutamente affermato che, quando 
la decadenza pu� essere impedita soltanto dall'esercizio d1 un'azione, la 
tempestiva proposizione della relativa domanda giudiziale consegue tale 
effetto non in quanto costituisce una manifestazione di volont� sostanziale, 
ma in quanto instaura un rapporto processuale, ponendosi come 
condizione dell'effetto utile che si ottiene soltanto con la sentenza di 
accoglimento; con la conseguenza che la sopravvenuta estinzione del 
processo, pur non essendo incompatibile con il nuovo esercizio della 
azione, �rende inefficaci tutti gli atti processuali compiti, compreso l'atto 
introduttivo della lite, al quale non pu� essere attribuito alcun effetto 
procesooale o sostanziale, e quiI11di neppure quello di impediire la decadenza 
del dirJtto dedotto in giudizio. 
� stato inoltre, osservato che tale principio � pienamente conforme 
al fondamento intrinseco dell'istituto della decadenza, la quale, pu� essere 
impedita soltanto mediante il compimento di un atto determinato, 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 839 

lnsuscettibile di equipollenza, (art. 2966 cod. civ.), la cui operativit� deve 
permanere durante tutto l'iter necessario al conseguimento dello scopo 
che gli � proprio; ed � stato chiarito come l'estinzione del processo si 
ponga quale condizione legale risolutiva dell'efficacia degli atti processuali 
compiuti (art. 310, secondo comma, c.p.c.), per cui essa travolge 
ineluttabilmente anche l'atto introduttivo della lite. 

Che, poi, il termine per adire le commissioni tr,ibutarie debba qualificarsi 
di decadenza non sembra dubitaibfile, ove 1si cons1deri che dJ. ricorso 
pu� essere proposto �contro� l'avviso di accertamento e gli altri atti 
indicati nelfart. 16 del d.P.R. n. 636 del 1972 (come modificato dal d.P.R. 
3 novembre 1981, n. 739), sicch� il provvedimento amministrativo si pone 
come antecedente necessario di tale giurisdizione (condizionata). 

� strettamente conseguente, infatti, al principio, pacifico nel nostro 
ordinamento, ,secondo cui il provvedimento invalido ha autorit� di prov� 
vedimento e quindi imperativit� finch� non ne sia dichiarata l'invalidit�, 
la fissazione di un termine, di solito molto breve, entro il quale � consentito 
adire il giudice competente, e la qualifica di tale termine, per 
effetto c;lel cui decorso, il provvedimento diventa inoppugnabile, come 
termine di decadenza, in considerazione della sua funzione. 

� ben vero che tanto nella giurisprudenza di questa Suprema Corte 
(Cass. 5 marzo 1980, n. 1471) quanto in quella della Commissione Tributaria 
Centrale (dee. 29 settembre 1979, n. 9666 e 27 marzo 1981, n. 3011) 
risulta chiarito che il processo tributario non si configura come processo 
di annullamento; m� la portata di questa affermazione; nel senso che 
trattasi di giurisdizione che non realizza la sua funzione con una mera 
pronuncia costitutiva di annullamento, essendo chiamata, .in virt� del 
principio inquisitorio che lo domina (art. 35 d.P.R. 636 del 1972), a vermcare 
la fondatezza o meno della pretesa tributaria, giudicando della controversia 
d'imposta (art. 1 d.P.R; cit.), non contrasta con le osservazioni 
innanzi svolte, che rimangono valide, dn presenza di un provvedimento 
che condiziona la giurisdizione e della cui legittimit� deve conoscersi per 
procedere, all'esito negativo della pertinente indagine, alla verifica della 
fondatezza o meno della pretesa tributaria. 

Nel senso che il termine per ricorrere, nel processo tributario, abbia 
sempre natura di termine di decadenza, si � espressa, giova ricordarlo, 
anche la Corte Costituzionale, (ordinanza n. 144 del 6 dicembre 1977) 
nel dichiarare manifestamente infondata la proposta questione di costituzionalit� 
dell'art. 44 (gi� in precedenza dichiarata .infondata con la 
decisione n. 63 del 1977) sotto il profilo di un preteso contrasto con l'articolo 
24 Cost. in quanto non pu� trovare applicazione in detto processo, 
per la natura del termine, l'art. 310 del codice di procedura civile. 

La decadenza, con la conseguente preclusione alla riproposizione 
di quell'azione idonea ad impedirla gi� fatta valere nel giudizio estinto 

15 



840 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

a norma dell'art. 44, consegue, per le ragioni esposte, dai princ�pi generali 
.in materia, che non risultano derogati dalla ulteriore disposizione a 
tenore della quale, dalla data della notificazione (dell'ordinanza dichiarativa 
dell'estinzione) decorrono o riprendono a decorrere i termini di 
decadenza e di prescrizione. 

Questa disposizione, il cui valore derogatorio dei princ�pi generali 
richiamati non risulta certamente espresso, come avrebbe richiesto 
l'incidenza sul sistema che si vorrebbe attribuirle, non pu�, tenuto anche 
conto della normativa propria della decadenza, secondo cui alla stessa 
non si applicano le norme relative all'interruzione e quelle che si riferiscono 
alla sospensione, salvo per queste ultime diversa dispos:raione 
(art. 2%4 cod. civ.), che riguardare i termini relativi all'esercizio dei 
poteri e dei diritti dell'amministrazione finanziaria, di natura sostanziale, 
nascenti dalla definizione del processo tributario e quelli rimasti 
sospesi o interrotti per la pendenza di esso (quale ad esempio il termine 
per l'iscrizione a ruolo di cui all'art. 180 del T.U. n. 645 del 1958). 

L'interpretarione propugnata dal ricorrente, con la correlativa incidenza 
derogatoria dei principi gi� accennata, risulta poi inaccettabile, 
per contrasto con la ratio della disciplina di cui si discute, del tutto 
coerente con le evidenti finalit� che l'hanno suggerita, di condizionare, 
per le esigenze connesse alla prima attuazione della riforma tributaria 
ed alla concessa .possibilit� di condono e di sistemazione delle vertenze 
in corso, l'ulteriore procedibilit� dei ricorsi e delle imp.gnazioni pendenti 
alla iniziativa degli interessati, al fine di smaltire e per quanto 
possibile eliminare rapidamente la massa dci procedimenti gi� proposti 
solo a scopo interruttivo e dilatorio, o divenuti inutili (v. Corte Cost. 
sent. n. 63 del 1977). 

� evidente che richiedere da un lato la conferma di un persistente 
interesse alla tutela giurisdizionale, imponendo a questo scopo l'onere 
di una specifica attivit� processuale, sanzionata, in caso di inosservanza, 
con l'estinzione del processo e quindi -per quanto gi� detto -con la 
decadenza del potere di ricorrere contro l'atto di imposizione, in conseguenza 
della sopravvenuta inefficacia di tutti gli atti del giudizio estinto, 
e perci� anche dell'atto introduttivo del processo impeditivo della decadenza, 
non potrebbe non <risultare in contirasto con una norma volta a!d 
eliminare, nel contempo, la decadenza verificatasi con il concedere un 
nuovo termine per consentire la riproposizione di quegli stessi ricorsi 
che, in conseguenza del dimostrato disinteresse della stessa parte, erano 
stati dichiarati estinti. 

Ed � appena il caso di ricordare che la Corte Costituzionale (sent. 

n. 63 del 1977, cit.) ha escluso che l'imposizione dell'onere dell'atto d'impulso 
processuale di cui trattasi rappresentasse un adempimento vessatorio 
e di difficile osservanza, ovvero un'insidiosa complicazione proces-� 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 841 

suale, tale da ledere il diritto di difesa dei contribuenti, sottolineando l'ampiezza 
del termine concesso la semplicit� dell'adempimento, la validit�, 
nella specie, della presunzione generale di conoscenza della legge, nonch� 
la natura non eccezionale dell'istituto. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE -Sez. I, 26 aprile 1982, n. 2554 -Pres. Mazza. 
cane -Est. Santosuosso -P.M. Sgroi . (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Braguglia) c. Borgonovo. 

Tributi erariali indiretti -Imposta di fabbricazione � Olii minerali � Soggetto 
passivo -Frode -Autore della trasgressione diverso dal fabbricante 
-E' obbligato per il tributo. 

(d.!. 28 febbraio 1939, n. 334, art. 23). 

Se pure nell'ipotesi di normale svolgimento del rapporto tributario 
soggetto passivo dell'imposta di fabbricazione � il fabbricante, in ipotesi 
anormale sono responsabili dell'imposta tutti i trasgressori che sottraendo 
con qualunque mezzo i prodotti petroliferi all'accertamento e al 
pagamenfo dell'imposta, pongono in essere fatti ricollegabili a quello pi� 
diretto del contrabbando (1). 

(omissis) Questa Corte suprema ha gi� avuto occasione (sent. 26 marzo 
1977, n. 1184) di disattendere nella sua assolutezza la tesi che debitore 
dell'imposta di fabbricazione sugli olii minerali sarebbe solo e sempre il 
fabbricante. Rilevata la differenza tra il normale svolgimento del rapporto 
tributario e quello anomalo, la citata sentenza osserva che debitori della 
imposta non pagata (e corrisposta in misura inferiore) possono essere 
ritenuti anche altri soggetti scoperti come autori di altre trasgressioni, 
oltre queiHa di ohi fabbrica o �raffina clandestinamente gli Otlii miinemli e 
derivati, e cio� chi sottrae con qualunque mezzo i prodotti petroliferi 
all'accertamento ed al pagamento dell'imposta, chi ha in deposito quantitativi 
non giustificati da regolari certificati di provenienza, chi miscela 
prodotti petroliferi liberi da tributo per ottenere prodotti non esenti o 
comunque soggetti ad aliquota d'imposta superiore a quella, assolta, chi 
destina prodotti petroliferi ad usi diversi da quelli previsti nelle tabelle 
allegate alla legge. Queste ed altre ipotesi desunte dalla normativa in 
materia (D.L. 28 febbraio 1939, n. 334, modificato con D.L. 3 dicembre 1953, 

n. 878, D.L. 5 maggio 1957, n. 271, convertito con modificazione nella legge 
2 luglio 1957, n. 474), hanno condotto la citata sentenza a concludere che 
(1) Giurisprudenza costante: v. Cas,s. 26 marzo 1977, n. 1184, in questa 
Rassegna, 1977, I, 322. 

842 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Isono responsabili dell'imposta tutti quei trasgressori che, sottraendo con 
qualunque mezzo i prodotti petroliferi all'accertamento e al pagamento 
dell'imposta, pongono in essere fatti ricollegabili a quello pi� diretto del 

I 

contrabbando. i: r. 

Per quanto pi� direttamente attiene alla fattispecie, va ricordato il 
lato normativo dell'a�rt. 13 della citata legge del 1957, in forza del quale 
<:hi detiene quantitativi di prodotti petroliferi senza adeguata giustificazione 
della loro legittima provenienza � punito penalmente ed � altres� 
responsabile del pagamento dell'imposta dovuta. 

Va, infine, ravvisata un'analogia di princ�pi con quelli contenuti nella 
legge doganale, in cui del tributo evaso sono solidalmente responsabili 
tutti coloro, ai quali direttamente o indirettamente pu� ricollegarsi il 
fatto di contrabbando. 

E sarebbe illogico che questa pi� estesa responsabilit� riguardasse 
solo l'ipotesi dell'importazione e non anche quella di chi sottrae al pagamento 
dell'imposta. orodotti fabbricati all'interno del terr;itorio nazio~ 
nale. (omissis) 

1 

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SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 marzo 1982 n. 1638 -Pres. La Farina -
Rel. Bologna -P. M. Iannelli (parz. dirff.) -Consorzio di bon�d�ca di 
secondo grado per il canale emiliano-romagnolo (avv. G. Mazzullo) 

c. Impresa Maggiulli Michele (avv. M. Ojetti). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Arbitrato � Disciplina del capitolato 
generale opere pubbliche � Rilevanza normativa � Derogabilit� 
convenzionale � Esclusione � Fattispecie � Facolt� di declinare la 
competenza arbitrale. 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 43 e 47). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Arbitrato � Declinatoria di competenza 
arbitrale � Termine � Inderogabilit�. 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 47). 
Appalto . Onerosit� e difficolt� di esecuzione � Disciplina prevista dal� 
l'art. 1664 cod. �iv. � Applicazione a cause non naturali � Esclusione. 
(Cod. civ., art. 1664, comma secondo). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Pagamento del prezzo � Interessi � 
Decorrenza � Disciplina prevista dall'art. 36 comma 4 capitolato 
gen. oo.pp �� Enti non sog.getti a controllo preventivo della Corte dei 
conti � Applicabilit� � Esclusione � Art. 1224 cod. civ. -Si applica. 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36 comma quarto; cod. civ., art. 1224). 
Le disposizioni dettate dagli artt. 43 e 47 del d.P.R. 16 luglio 1962 

n. 1063 -sempre che il Capitolato si applichi non per richiamo pattizio, 
ma con efficacia normativa -configurano un sistema di arbitrato facoltativo, 
il cui meccanismo applicativo, basato sulla scelta tra giudice arbitrale 
e ordinario in presenza di una controversia gi� sorta, non pu� 
costituire oggetto di deroga o rinunzia preventiva mediante clausole inserite 
nel contratto d'appalto, che escludano tale facolt� relativamente 
alle controversie eventuali e future cui il medesimo contratto sia per 
dar luogo (1). 
(1-2) La Corte, muovendo dal presupposto della natura regolamentare del 
capitolato e perci� dell'efficacia normativa delle sue disposizioni, ha considerato 
non derogabiile ~a disciplina relativa aY'arbirtrato predisposto dagli artiitcoli 
45 e 47, ponendo in rilievo, a questo fine, come la norma sia posta a tutela 



844 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La facolt� di escludere la competenza arbitrale, prevista dall'articolo 
47 del d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063, va esercitata con dichiarazione 
espressa ed inequivoca notificata nel termine di trenta giorni dalla notifica 
della domanda di arbitrato. (Nel caso, il S.C. ha ritenuto che l'ente 
aveva esercitato la propria facolt� in modo inefficace, avendo prima notificato 
la declinatoria a termine soaduto, poi nominato l'arbitro riservando 
per� di sollevarie formale eccezione in sede arbitrale) (2). 

Nell'art. 1664 comma 2 cod. civ. -che riconosce all'appaltatore il diritto 
ad un equo compenso in presenza di cause geologiche, idriche e 
simili che ne rendono la prestazione notevolmente pi� onerosa -l'aggettivo 
simili vale ad individuare soltanto le altre cause che presentino le 
stesse qualit� e caratteristiche intrinseche delle precedenti cause esplicitamente 
menzionate e non anche cause diverse sebbene produttive di 
effetti identici o omologhi. (Nel caso, il S.C. ha cassato la decisione di 
appello che aveva ritenuto ricompresi tra le cause previste dall'art. 1664 
comma 2 e.e. anche i fatti umani sociali ed economici che, in rapporto alla 
normale capacit� di controllo delle parti del rapporto, siano da ritenere 
imprevedibili e sopravvenenti, quale l'irreperibilit� di manodopera nel 
luogo di esecuzione dei lavori e la necessit� di reclutarla altrove) (3). 

cli un interesse pubblico, e la valutazione in ordine alla scelta tra competenza 
arbitrale e competenza del giudice ordinario sia operata in base ad una 
concreta causae cognitio, cio� in presenza di una controversia gi� sorta. 

L'opposta soluzione -prevalenza della clausola compromissoria sulla 
norma di capitolato -oltre che dailla sentenza annullata (App. Roma 19 febbraio 
1979 n. 575 in Arch. giur. op. pubbl. 1979, II, 389) si troV1a di recente affermata 
in numerose pronumiie arbitraiii: Lodo 3 marzo 1981 n. 13, Arch. giur. 
op. pubbl. 1981, III, 5; Lodo 3 luglio 1980, n. 38, Arch. giur. op. pubbl. 1980, III, 
258; Lodo 22 apl'ile 1980, n. 21, Arch giur. op. pubbl., 1980, III, 136 e altre. 

Sulla natura regolamentare del capitolato generale a:i>provato con il d.P.R. 
16 luglio 1962 n. 1063, affermata da costante giurisprudenza, cfr. Cass. 28 gennaio 
1980, n. 658 'e 24 novembre 1968, n. 5522, ii:n questa Rassegna 1980, I, 209 
con richiami alla precedente giurisprudenza; sulla problematica de1la ricostruzione 
deWarbitrato, predi�sposto dalle norme dei diversi capitolati, come facoltativo 
o obbligatorio, della i11egHtimit� deLle norme configuranti arbitrati 
obbligatori e sul rtlievo di taile dWlegittimit� nel giudizio arbitrale o in quello 
1nimato davanti al giudice ordinario, cfr. Cass. 27 maggio 1981, n. 3474, in questa 
Rassegna, 1981, I, 597; Cass. 14 maggio 1981, n. 3167, in questa Rassegna, 1981, 
I, 421, Arch. giur. op. pubbl. 1981, II, 120 e Giust. civ. 1981, I, 2635 con nota di 
CARBONE lP., Natura giuridica dei capitolati generali, carattere dispositivo delle 
norme che prevedono l'arbitrato quale strumento di composizione delle controversie 
e tempestivit� delle riserve in caso di sospensione; Cass. 28 gennaio 1980, 

n. 658 cit. e App. Roma 29 giugno 1981, n. 1219, Arch. giur. op. pubbl. 1981, II, 372. 
(3) Nehl:o stesso senso, Cass. 19 marzo 1980 n. 1818, in questa Rassegna 
1981, I, 410 e Arch. giur. op. pubbl. 1981, II, 1. 
In genere, suhl'applicabilit� dell'art. 11664 cpv. agli appalti di opere pubbliche, 
cfr. TORREGROSSA, L'� equo compenso� e la disciplina delle � sopravvenienze
� negli appalti pubblici {art. 1664, cpv., cod. civ.), in Cons. Stato 1980, 
II, 1393. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 845 

L'art. 36 comma 4 del capitolato generale d'appalto delle opere pubbliche 
approvato con il d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 non si applica agli 
appalti conferiti da enti per i quali non sia prevista la registrazione alla 
Corte dei conti del decreto emesso in esecuzione dell'atto risolutivo della 
controversia. Trova applicazione nel caso il principio generale dettato 
dall'art. 1224 e.e., con conseguente decorrenza degU interessi dalla data 
della domanda, primo atto di costituzione in mora (4). 

(omissis) I ricors.i principale ed incidentale, rispettivamente proposti 
dal Consorzio di bonifica per il canale emilio-romagnolo e dall'Impresa 
Maggiulli Michele, debbono essere riuniti investendo con le rispettive 
impugnazioni la medes,ima sentenza (art. 335 c.p.c.). 

Con il primo motivo del ricorso principale (violazione dell'art. 47, 
2" comma, D.P.R. n. 1063 del 1962, e degli artt. 1362, 1363, 1367 cod. civ.; 
vizi di motivazione) si deduce che il secondo comma dell'art. 47 del citato 
D.P.R., 1in ordine alla facolt� 1riconosoiuta alle parti del contratto di 
appalto di opere pubbliche di declinare la competenza del Collegio arbitrale 
previsto dagli artt. 43 e 45, per sua intrinseca natura non pu� essere 
derogato o rinunziato preventivamente dalla volont� delle parti con il 

'contratto di appalto, e che comunque erroneamente Ja Corte di Appello 

avrebbe ritenuta chiara espressione della volont� di deroga o di rinunzia 


sempre preventive -il richiamo (contenuto nel contratto di appalto) 

all'art. 43 D.P.R. n. 1063 del 1962 in tema di competenza arbitrale, e non 

anche all'art. 47 che, concede alle parti la facolt� di declinare la compe


tenza arbitrale. 

La censura � sostanzialmente infondata e non pu� trovare accoglimento. 


Si deve premettere, com'� ampiamente noto, che il capitolato generaile 
di appalto per le opere pubbliche di competenza del Ministero dei Lavori 
Pubblici approvato con D.P.R. n. 1069 del 16 luglio 1962 ha natura ed efficacia 
normativa di regolamento di organizzazione (Cass. 1975 n. 3018, 
Cass. 1970 n. 814) soltanto nei confronti delle amministrazioni statali, 

(4) Come 1a sentenza dcorda, la giurisprudenza delila Corte di cassazione 
� da tempo attestata net senso della massima: cfr. al riguardo, dopo Cass. 23 
novembre 1971 n. 3398, Foro it. 1972, I, 2N7 (riguardante l'art. 40 ult. cpv. del 
d.m. 25 maggio 1895 ed opere della Cassa per il Mezzagiorno); Cass. 25 maggio 
1973 n. 1527, Foro amm. 1974, I, 1, 124 (resa con riguardo anche all'art. 36 
ult. cpv. del d.P.R. 116-7-1962 n. 1063 e sempre con riguardo ad opere della Cassa 
per il Mezzogiorno); Cass. 27 novembre 1975 n. 3958, Arch. giur. op. pubbl. 
1975, II, 204 (art 40 e Comune di Roma); Cass. 9 agosto 1977 n. 3648, 10 agosto 
1977 n. 3679 e 13 dicembre 1977 n. 5413, Giust. civ. Mass. 1977, 1473 e 1486 e 
Cons. Stato 1978, II, 474 (concernenti la prima opere della Cassa per il Mezzogiorno, 
la seconda opere appaltate da un comune, la terza opere appaltate da 
una provincia). 



846 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mentre per gli altri enti, sebbene tenuti ad uniformare i propri capitolati 
a quello generale suddetto, le norme contenute nel suddetto capitolato 
costituiscono clausole negoziali operanti per richiamo pattizio e non 
imposte autoritariamente nel quadro di un rapporto implicante entro 
determinati limiti la subordinazione di un soggetto all'altro (Cass. 1981 

n. 1829, 1977 n. 3679, 1975 n. 3018 ed altre). 
Nella presente fattispecie, com'� pacifico tra le parti, e come � stato 
accertato dai giudici di merito, l'importo della spesa per la esecuzione 
nell'opera pubblica � stata assunta a totale carico dello Stato, e, conseguentemente, 
il CapJtolato de quo ha tra le parti efficacia normativa e 
come tale deve trovare applicazione. 

Ci� premesso, si deve rilevare che nel sistema deducibile dal coordinamento 
degli artt. 43 e 47 del Capitolato Generale approvato con D.P.R. 

n. 1063 del 1962 non sono consentite deroge o rinunzie preventive mediante 
clausole inserite nei contratti di appalto in vista di eventuali e future 
controversie alla facolt� di declinare la competenza arbitrale al fine di 
optare per quella del giudice ordinario, e ci� fondamentalmente per due 
ordini di ragioni. 
In primo luogo, l'arbitrato prev,isto dal capitolato generale sopramenzionato 
si differenzia nettamente da una giurisdizione speciale e, a differenza 
di quello disciplinato dall'art. 42 del precedente Capitolato Generale 
(di cui al D.M. 28 maggio 1895), � focoltativo e non obbUgatorio (Cass. 
1979 n. 400, 1978 n. 3515 ed altre sentenze), e preordinato a garantire nell'interesse 
pubblico la scelta del giudice competente causa cognita; e non 
pare dubbio che ammettere la rinunziabilit� preventiva alla facolt� di 
declinare la competezza arbitrale costitwrebbe sia un modo indiretto di 
introdurre nuove forme, assimilabili quo ad effectum ad un arbitrato obbligatorio, 
il quale a sua volta presenta aree rilevanti di contiguit�, concettuale 
ed operativa con la giurisdizione speciale, sia l'elusione di un potere 
di .valutazione dell'interesse pubblico (sulla base di una concreta causae 
cognitio) in ordine alla scelta tra la competenza arbitrale e quella ordinaria. 

In secondo luogo, il meccanismo applicativo dell'art. 47 del CapJtolato 
in tema di deroga alla competenza arbitrale presuppone che la controversia 
sia gi� sorta tra le parti e che si tratti di scegliere tra il giudice 
arbitrale e quello ordinario. 

E precisamente la competenza del Collegio arbitrale previsto dall'art. 
43 pu� essere derogata a norma del successivo art. 47, a favore del 
giudice ordinario, sia dall'attore e sfa dal C()II1tenuto: dal priimo, proponendo 
la domanda direttamente davanti al giudice ordinario (anzich� 
davanti al Collegio arbitrale), e dal secondo, (cui sia stata notificata la ~: 
domanda di arbitrato) notificando entro un termine preciso la sua contraria 
determinazione alla controparte, la quale a sua volta, se intenda li f 
proseguire il giudizio, deve propoI1re la sua domanda davanti al giudice 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

847 

competente a norma delle disposizioni del codice di procedura civile e del 

T.U. 30 ottobre 1933 n. 1611. (Cass. 1978 n. 3852, 1981 n. 5263 ed altre). 
Tuttavia tutte queste considerazioni, per quanto concerne la potest� 
di deroga alla competenza arbitrale da parte del convenuto ai sensi dell'art. 
47, 2� comma, del capitolato generale (e nella specie il Consorzio 
ricorrente era stato convenuto davanti al Collegio arbitrale) debbono 
essere integrate dal rilievo che l'esercizio del potere di deroga alla competenza 
arbitrale da parte del convenuto � subordinato a modi e tempi ben 
precisi. Invero, il convenuto deve notificare alla parte attrice che ha formulata 
la domanda di arbitrato, la propria volont� diretta ad escludere la 
competenza arbitrale, e detta notificazione deve aver luogo entro trenta 
giorni dalla notificazione della domanda di arbitrato. 

Questa Corte, procedendo all'esame della posizione del1a parte convenuta 
e dei suoi oneri, ha ritenuto che la manifestazione della volont� del 
convenuto deve essere espressa e non equivoca e che il termine entro 
il quale la volont� deve essere manifestata ha carattere perentorio (Cass. 
1971 n. 639). 

Nella specie, il Consorzio convenuto in sede arbitrale non ha ritualmente 
esercitato il potere di declinare la competenza arbitrale, risultando 
dagli atti di causa sul punto (esposti nello svolgimento del processo 
relativo alla sentenza della Corte d'Appello) che la domanda di arbitrato 
proposta dall'Impresa Maggiulli era stata notificata il 27 dicembre 1974, 
che il Consorzio aveva dichiarato con atto notificato il 27 marzo 1975 
(oltre trenta giorni dalla precedente notificazione) di voler declinare la 
competenza arbitrale ai sensi del secondo comma dell'art. 47 e con atto 
notificato il 17 giugno 1975 aveva invece confermata la designazione del 
proprio arbitro nella persona del Sostituto avvocato generale dello Stato 
Giorgio Zagari, riservandosi di sollevare in sede arbitrale formale eccezione 
di incompetenza. 

A seguito di tale incerto, contraddittorio ed intempestivo comportamento 
del Consorzio, la competenza del Collegio arbitrale � rimasta 
radicata ed il lodo risulta emanato da organo competente. 

Con il secondo motivo (violazione dell'art. 1664 2� comma cod. civ. e 
dei principi in tema di onere della prova -vizi motivaziornaili) si dedUJOO che 
la difficolt� dell'impresa di reperire mano d'opera in loco ed i maggiori 
oneri derivanti dalla necessit� di ricorrere a lavoratori reclutati in altre 
zone non darebbero diritto all'impresa di ottenere l'equo compenso previsto 
dal secondo comma dell'art. 1664 cod. civ. poich� le difficolt� lamentate 
non sono dipendenti da cause geologiche, idriche e simili e comunque 
non sarebbero state imprevedibili. 

La censura merita accoglimento. 

Secondo una recentissima sentenza di questa Corte (Cass. 1980 n. 1818), 
avendo riguardo al secondo comma dell'art. 1664 cod. civ. (�se nel corso 
dell'opera si manifestano difficolt� derivanti da cause geologiche, idriche 


848 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente prn onerosa 
la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto ad un equo compenso�), 
nel contesto dell'espressione � cause geologiche, idriche e simili �, determinanti 
una sopravvenuta onerosit� eccedente i limiti delle prestazioni 
contrattuali e legittimanti la pretesa di un equo compenso, l'aggettivo 
� simili � vale ad individuare soltanto le altre cause che presentino le 
stesse qualit� e caratteristiche intrinseche delle precedenti cause esplicitamente 
menzionate. L'enunciato normativo, che non lascia spazio a 
dubbi di ermeneutica letterale, fa riferimento alla tipologia causale, non 
a quella effettuale, cosicch� il diritto all'equo compenso � previsto in 
relazione a cause geologiche, id11iche e simili, non a diverse cause sebbene 
produttive di effetti identici o analoghi. Pertanto anche una interpretazione 
lata ed estensiva consente soltanto di comprendere nella norma e 
nella corrispondente disciplina le difficolt� di esecuzione dipendenti da 
cause naturali, non quelle provocate da sopravvenienze oggettive di tipo 
diverso, quali, ad esempio, il fatto del terzo ed il factum principis. 

In relazione al principio sopra enunciato, si presenta erronea l'affermazione 
motivazionale contenuta nella sentenza impugnata secondo cui 
l'elencazione delle cause previste dall'art. 1664, 2� comma, cod. civ. non 
pu� riguardare le sole cause naturali ed obbiettive, ma comprende tutte 
quelle altre cause che abbiano il comune denominatore della sopravvenienza, 
della obbiettivit� e della imprevedibilit� con incidenza su una sola 
delle contrapposte prestazioni, e precisamente comprende anche i fatti 
umani sociali ed economici che siano imprevedibili e sopravvenuti in 
rapporto con la normale capacit� di controllo da parte dei soggetti del 
rapporto (irreperibilit� di manodopera nel luogo di esecuzione dei lavori 
e necessit� di reclutarla altrove). 

Con il terzo motivo (violazione dell'art. 36, ultimo comma, D.P.R. 

n. 1063 del 1962) si censura la statuizione della Corte d'Appello, la quale, 
attribuendo all'.impresa Maggiulli gli .interessi legali sulle somme liquidate 
dalla data della domanda di arbitrato e ritenendo non applicabile 
la disposizione di cui all'art 36 ultimo comma del D.P.R. n. 1063 del 1962 
(perch� la controversia riguardava un ente per il quale non era prevista 
la registrazione presso la Corte dei Conti dell'atto. risolutivo della controversia), 
non avrebbe considerato che il citato art. 36 contiene un 
principio generale secondo il quale a carico dell'ente pubblico non possono 
correre interessi fino all'emissione del provvedimento definitivo in ordine 
alla risoluzione della lite. 
Il motivo � infondato e non pu� trovare accoglimento. 

Il citato art. 36 del Capitolato Generale di appalto delle opere pubbliche 
di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, nella parte in cui 
dispone che sulle somme dovute all'appaltatore a seguito di controversia 
g1i interessi legali cominciano a decorrere trenta giorni dopo la registrazione 
alla Corte dei Conti del decreto emesso in esecuzione dell'atto riso-

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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 849 

lutivo della controversia, non si applica agli appalti conferiti (come nella 
specie a proposito dei Consor2'li di Bonifica) da enti per i quali non sia 
prevista detta registrazione e nei confronti dei quali deve operare il principio 
generale dettato dall'art. 1224 cod. civ. e precisamente nel senso che 
gli interessi legali decorrono dalla data della domanda di arbitrato, primo 
atto di costituzione in mora. 

In tale senso � la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1977 

n. 5413, 1977 n. 3648, 1975 n. 3958, 1976 n. 8, 1973 n. 1527) e non si ravvisano 
adeguate ragioni per modificare detto indirizzo. (omissis) 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez I, 14 giugno 1982 n. 3618 -Pres La Farina -
Rel. Bo!�ruso -P. M. Antori (diff.) -Impresa Pietro FogJ:ia e fi.gi1i S.p.A. 
(avv. Piaggio) c. Amministrazione dei Lavori Pubblici (avv. Stato 
Onui�rio). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche � Onerosit� e difficolt� di esecuzione 
� Equo compenso � Pronunzia che esclude derivare il diritto 
da fatto colposo dell'Amministrazione e spettare interessi per il corso 
del giudizio � Impugnazione della seconda parte per violazione dell'art. 
36 ult. cpv. d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 -Infondatezza. 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36, quarto comma}. 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Prezzo � Interessi � Decorrenza � 
Disciplina del capitolato gen. oo.pp. � Deroga alla disciplina codicistica 
� Illegittimit� � Esclusione. 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36 quarto comma; cod. civ., art. 1282). 
Passato in giudicato, perch� non impugnato, il capo di decisione che 
ritenga il diritto dell'impresa all'equo compenso ex art. 1664 cpv. cod. civ. 
derivare non � da una inadempienza contrattuale, ma da una contestazione 
in corso d'opera circa la maggiore onerosit� della prestazione dell'appaltatrice
� non � censurabile per violazione dell'art. 36 ult. cpv. d.P.R. 16 luglio 
1962 n. 1063 il connesso capo di decisione che escluda il decorso degli 
interessi per la durata del giudizio. Tale norma non esclude che nelle 
more del giudizio promosso per far valere l'inadempimento dell'amministrazione, 
sulle somme domandate e riconosciute dovute decor;rano a 
titolo di danni interessi legali dalla domanda, ma deve trattarsi non gi� 
di interessi corrispettivi, rispetto ai quali opera la franchigia prevista 
dall'art. 36 ult. cpv., bens� di interessi moratori, la spettanza dei quali 
presuppone l'inadempimento o il ritardo (nella specie escluso) (1). 

(1-2) Cass. 2 af:OSto .1977 n. 3412, in Arch. giur. op. pubbl. 1977, II, 210 -richiamata 
in motivs.zione -afferm� per la prima volta che l'art. 36 ult. cpv. 
del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 non poteva venir inteso nel senso che � discipli� 



850 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Le norme disciplinanti gli interessi sulle somme dovute dall'amministrazione 
appaltante, contenute nel d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 i(in particolare 
l'art. 36 ult. cpv.), non sono in contrasto con le corrispondenti 

norme del codice civile (in particolare l'art. 1282, cod. civ., in tema di 
decorrenza degli interessi corrispettivi), giacch� le seconde sono derogabili 
dalle parti e le prime costituiscono norme regolamentari aventi la funzione 
di integrare il contenuto dei contratti di appalto conclusi con l'amministrazione 
dai privati appaltatori, che debbono conoscerle e accettarle al 
momento di concludere il contratto (2). 

(omissis) Con 'il primo motivo del ricorso, la societ� Foglia, denunciando 
la violazione degli artt. 36, ultimo comma, del D.P.R. 16 luglio 1963 

n. 1063, e degli artt. 1224 e 1227 cod. civ., deduce che la Corte d'appello 
avrebbe omesso di considerare che la disposizione contenuta nell'ultimo 
comma del capitolato generale di appalto del Ministero dei Lavori Pubblici 
concerne solo il ritardo dei pagamenti e non pu� essere inteso come 
esclusione di responsabilit� dell'amministrazione per inadempimento, trattandosi 
di una franchigia concessa all'amministrazione per espletare le 
pratiche burocratiche necessarie al materiale pagamento dopo il controllo 
success,ivo della Corte dei Conti. 
La censura muove dal presupposto che la pronuncia della Corte d'appello, 
circa la decorrenza degli interessi sulla somma attribuita all'appaltatore, 
sia fondata sulla ritenuta applicabilit� della regola posta dall'rt 
36, quarto comma, del capitolato generale delle opere pubbliche anche 
nel caso, ritenuto ricorrente nella specie, di accertato colpevole inadempimento 
della pubb1ica amministrazione nei suoi obblighi contrattuali, con 
conseguente esenzione della stessa amministrazione dal pagamento anche 
degli interessi di mora, dovuti a titolo di danno, fino a trenta giorni dopo 
la registrazione alla Corte dei Conti del decreto omesso a seguito del 
riconoscimento gfodiziale del debito e dell'inadempimento. Che questo sia 
il senso della censura, risulta ancora pi� chiaro dal richiamo fatto dalla 
ricorrente, come sostegno e contenuto della sua doglianza, alla sentenza di 
questa Suprema Corte n. 3412 del 1977, nella quale fu enunciato il principio 

nando espressamente la decorrenza degli interessi sulle somme contestate e riconosciute 
in sede contenziosa, con riferimento al tempo successivo a tale ricono� 
scimento, abbia implicitamente negato che le somme pretese per inadempimenti 
dell'amministrazione e contestate potessero essere produttive di interessi per 
tutto il tempo in cui, a seguito della contestazione poi dichiarata infondata, sia 
durato il giudizio conclusosi con il definitivo riconoscimento di esse �. Alla affermal'lione 
di taJe principio la Corte perveniva in quell'occasione avendo negato 
che nell'art. 36 potesse rinvenirsi una deroga alla regola generale di diritto civile 
sancita dall'art. 1224 cod. civ. 

Sulla seconda massima non constano precedenti ,in termini de1la cassamone. 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

che la suddetta norma del capitolato si riferisce solo al decorso degli interessi 
(corrispettivi) successivamente alla pronuncia giudiziale, ma non 
esclude che, nella more del giudizio promosso per far valere l'inadempimento 
dell'amministrazione sulle somme domandate o riconosciute dovute 
decorrano a titolo di danni, gli interessi legali dalla data della domanda 
a quella della pronuncia. 

Precisati in tal modo gli esatti termini della censura, essa non pu� 
trovare accoglimento per il preliminare assorbente rilievo che la ratio 
decidendi della pronuncia impugnata non � quella indicata dalla ricorrente 
e dalla stessa denunciata come giuridicamente erronea, ma risiede, 
invece, nell'affermazione che nella specie non era ravvisabile � un�inadempienza 
imputabile all'amministrazione�, poich� si era trattato di �una 
contestazione in corso d'opera circa la maggiore onerosit� della prestazione 
dell'appaltatriice �, escludendosi, cio�, proprio la ricorrenza in concreto 
del presupposto (colpa dell'amministrazione nell'inadempimento o nel 
ritardo) in presenza del quale, secondo la tesi sostenuta dalla ricorrente 
mediante il richiamo ai principi enunciati nella ~icordata sentenza di 
questa Corte n. 3412 del 1977, rimarrebbe �inoperante la franchigia dagli 
interessi concessa all'amministrazione nei termini previsti dall'ultimo 
comma dell'art. 36 del capitolato. 

E la predetta affermazione del giudice del merito circa l'insussistenza 
di un adempimento colposo dell'amministrazione non pu� essere esaminato 
e controllato da questa Corte n� sotto il profilo della correttezza 
giuridica, n� sotto quello dell'adeguatezza e della congruit� logica �della 
motivazione, poich� contro di essa non � stato proposto alcuno specifico 
rilievo critico, ed il relativo accertamento, quindi, � rimasto definitivamente 
ed incontestabilmente acquisito in causa. 

Ne derJva che la censura della ricorrente, che sostiene non potersi 
estendere la norma del capitolato applicata dalla corte di appello fino 
al punto da esonerare la pubblica amministrazione dalla responsabilit� 
per inadempimento, si presenta in concreto completamente priva di 
oggetto, essendo stati appunto esclusi in radice i presupposti che avrebbero 
potuto radicare la detta responsabilit�. 

N� la censura potrebbe trovare ingresso sotto il profilo della violazione 
del principio, definito dalla ricorrente nella memoria della �perpetuatio 
iurisdictionis �, che gli effetti della decisione retroagiscono al 
momento della domanda; infatti, pur facendo risalire l'accertamento del 
credito al momento della domanda giudi1Jiale, gli interessi che secondo 
la ricorrente ne dovrebbero �lerivare, essendo stata espressamente esclusa 
un'inadempienza imputabile all'amministrazione, non potrebbero mai 
definirsi moratori, dovuti cio� a titolo di danni per l'illecito contrattuale, 
ma sarebbero semmai interessi corrispettivi, ai quali non � dubbio che 
si applichi la regola dell'art 36, ultimo comma, del capitolato del 1962, 
secondo la quale, sulle somme contestate e riconosciute in sede ammini



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strativa o contenziosa, gli interessi cominciano a decorrere trenta giorni 
dopo la data delJta 1registrazione 1al1a Corte dei Conti del decreto emesiso 
in esecuzione dell'atto che ha definito la controversia. 

Con il secondo motivo del ricorso, proposto in via subordinata, la 
ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 1, 3 e 4 delle preleggi, 
deduce che l'art. 36, ultimo comma, del capitolato del 1962, essendo 
norma regolamentare, non potrebbe derogare al regime legale degli interessi 
e dei criteri o limiti per la determinazione delle conseguenze del-
1'-inadempimento, per cui la norma stessa dovrebbe essere disapplicata, 
in quanto illegittima. 

Per quanto riguarda il riferimento alle conseguenze dell'inadempimento, 
non pu� che ripetersi quanto si � gi� osservato a proposito dell'accertamento, 
contenuto nella sentenza impugnata e non pi� contestabile, 
dell'insussistenza di un',inadempienza imputabile all'amministrazione; 
la censura, tuttavia, mantiene la sua rilevanza nel punto in cui si 
deduce la violazione del regime 'legale degli 1interessi, peTch�, ove fosse 
da accogliersi, gli interessi (corr.ispettivi) dovrebbero decorrere a norma 
dell'art. 1282 cod. civ., dal momento in cui il credito � divenuto liquido 
ed esigibile, e non dal successivo momento indicato nella norma regolamentare. 


La censura, peraltro, � infondata. 

Il cosiddetto regime legale degli interessi, come previsto e disciplinato 
dal cOdice civile, costituisce semplicemente il regime ordinario degli' 
interessi sulle obb1iga2lioni pecuniarie, ma non � n� di ordine pubblico, 
n� indisponibile dalle parti, che possono regolare in piena autonomia 
il corso, la misura, la decorrenza, e la stessa debenza degli interessi. Non 
possono, perci�, ritenersi illegittime le norme disciplinanti gli interessi 
sulle somme dovute dall'amministrazione appaltante, contenute nel capitolato 
generale delle opere pubbliche, che costituisce un complesso di 
norme regolamentari aventi la funzione di integrare il contenuto dei contratti 
di appalto conclusi dall'amministrazione dei lavori pubblici, e che 
i privati appaltatori debbono conoscere ed accettare al momento di concludere 
il contratto. 

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 giugno 1982, n. 3904 -Pres. Tamburrino 
-Rel. Finocchiaro A. -P. M. Grimaldi (conf.) -Caffarelli (avv. 
Vocino) c. Assessorato regionale per i lavori pubblici della Regione 
Siciliana (avv. Stato Corti). 

Tributi (in genere) -Esecuzione fiscale � Ingiunzione -Opposizione � 

Posizione dell'opponente -Attore -Modifiche deHa causa petendi 


Limiti. 

(Cod. proc. civ., artt. 112, 183, 184, 185 e 190; r.d. 14 aprile 1910 n. 639, artt. 2 e 3). 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 853 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Regione siciliana � Anticipazioni � 
Recupero � Mediante ingiunzione fiscale � Legittbnit�. 

(R.D. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 1 e ss.; I. reg. Sicilia 1 luglio 1947, n. 3; I. reg.
Sicilia 2 agosto 1954, n. 32, art. 15). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Regione siciliana � Anticipazioni Recupero 
-In caso di rescissione � Modalit� � Previa approvazione 
.della contabilit� finale -Prescrizione -Decorrenza � Dalla approvazione. 


(L. reg. Sicilia, 2 agosto 1954, n. 32, artt. 12 e 15; cod. civ., artt. 2934 e 2935). 
Prescrizione � Interruzione � Domanda inammissibile � Efficacia di domanda 
giudiziale. 
(Cod. civ., art. 2945, comma secondo). 

L'opposizione all'ingiunzione fiscale disciplinata dal r.d. 10 aprile 1910 

n. 639, a differenza dell'opposizione di diritto comune, costituisce atto 
introduttivo di un giudizio diretto all'accertamento negativo dei presupposti 
di legge che determinano l'obbligo di corrispondere le somme 
richieste con l'ingiunzione e in tale giudizio l'opponente ha la veste non 
solo formale ma anche sostanziale di attore e, come tale, � tenuto ad 
indicare sin dall'atto introduttivo le ragioni sulle quali fonda la sua 
domanda, mentre pu� apportare una modifica alla causa petendi solo 
se si traduca nella pr�spettazione di nuove tesi difensive e non quando 
implichi nuovi accertamenti di fatto o mutamenti del tema di indagine (1). 
La Regione siciliana, per il recupero delle somme corrisposte a titolo 
di anticipazione del prezzo degli appalti di opere pubbliche, pu� avvalersi 

(1) La massima � conforme all'indirizzo affatto prevalente che, in particolare 
con riguardo all'ingiunzione emessa per la riscossione di crediti tributari, 
confilgura il giudizio di opposizione come giudizio di cognizione in cui attore e 
convenuto sono l'opponente e l'amministrazione: da questa configurazione di 
base viene poi tratta la soluzione delle diverse questioni riguardanti i poteri 
processuali delle parti -tra le pi� recenti pronunzie in tal senso, Cass. 22 dicembre 
1981, n. 6759, Giust. civ. Mass. 1981, 2413 ~secondo cw [ncorre nel divieto 
della domanda nuova in appello la modifica delle ragioni, addotte dall'opponente 
a sostegno dell'opposizione); Cass. 28 luglio 1981 n. 4848, Giust. civ. Mass. 1981, 
1728 (sulla domanda riconvenzionale dell'amministrazione); Cass. 16 marzo 11981, 
n. 1479, Giust. civ. Mass. 1981, .582 (che come la sentenza in rassegna riconduce 
le modifiche delle ragioni poste a sostegno dell'opposizione al regime delle modi� 
fiche della causa petendi). 
Sul tema della distribuzione dell'onere della prova si registrano decisioni altrettanto 
recenti che lo ripartiscono in ragione della posizione sostanziale delle 
parti: cos�, Cass. 6 aprile 1981 n. 1937, Giust. civ. Mass. 1981, 738 ha appunto ritenuto 
che spetta all'ammini<Strazione, che ha parte sostanziale di attrioe, provare 
i fatti costitutivi della sua pretesa; Cass. 22 maggio 1980 n. 3'366, Foro it., 
1980, I, 2493 e 23 maggio 1979 n. 2980, Foro it. 1979, I, 1721 e Giur. it. 11979, I, l, 
1774, rese in tema di violazioni valutarie, hanno affermato che incombe nell'am� 
ministrazione l'onere di provare i fatti che integrano la violazione, siccome costitutivi 
del proprio diritto di reddito. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della procedura di riscossione coattiva delle entrate patrimoniali disciplinata 
dal r.d. 14 aprile 1910, n. 639 (1). 

Nel caso di rescissione del contratto di appalto, il diritto dell'amministrazione 
al recupero delle anticipazioni si rende azionabile dopo che, 
approvata la contabilit� finale ed operata la compensazione tra le opposte 
ragioni, si accerti la sussistenza di un credito dell'amministrazione 
appaltante per le anticipazioni non recuperate (2). 

La domanda, anche se inammissibile, introduce un valido rapporto 
processuale, sicch� sino a quando non passi in giudicato la pronunzia 
di. inammissibilit� permane l'effetto interruttivo della prescrizione conseguente 
alla domanda giudiziale (3). 

(omissis) Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli 
artt. 112, 183, 184, 185, 190 e 345 cod. proc. civ., 2 e 3 r,d. 14 aprile 1910 

n. 639, nonch� motivazione insufficiente ed illogica per avere la Corte 
ritenuto precluso in primo grado ed �inammissibile in appello il motivo 
di opposizione relativo al difetto di sottoscrizione demingiunzione amministrativa 
da parte del Pretore e per averlo comunque respinto nel merito. 
Secondo H ricorrente, la domanda proposta era diretta alla dichiara� 
zione d'illegittimit� dell'intimazione e da ci� derivavano due cons�guenze: 
la prima che le ragioni addotte a ~ostegno della illegittimit� costituivano 
semplici motivi di una stessa domanda e non una domanda nuova; 
la seconda che l'opponente, avendo la veste di convenuto, era legittimato 
a proporre, anche �in grado di appello, nuove eccezioni. La decisione, 
poi, di infondatezza del motivo era sicuramente viziata di illogicit�. 

Va innanzitutto esaminato il primo profilo di censura. 

� costante giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non c'� alcun 
motivo per derogare, che l'opposizione all'ingiunzione fiscale disciplinata 
dal r.d. 10 aprile 1910 n. 639, a differenza dell'opposizione all'ingiunzione 
di diritto comune, costituisce atto introduttivo di un giudizio diretto 
all'accertamento negativo dei presupposti di legge che determinano l'obbligo 
di corrispondere le somme con l'ingiunzione richiesta e che in tale 
giudizio l'opponente ha la veste non solo formale ma anche sostanziale 
di attore e, come tale, � tenuto ad indicare fin dall'atto introduttivo le 
ragioni sulle quali fonda la sua domanda, mentre il successivo muta


(2) Sulla comprensivit� dell'espressione �entrate patrimoniali�, cfr Relaz. 
Avv. Stato 1971, 1975, II, 984. 
(3) Non consta de~l'esistenza di precedenti delfa cassazione. 
(4) Nel senso che, agli effetti dell'art. 2945, comma 2, cod. civ., la categoria 
della senten:lla, che de:l�i:nisce H giudizio � suscettibi:le di passare in giudicato, 
comprende anche i provvedimenti di natura decisoria aventi ad oggetto pronunzie 
meramente processuali; Cass. 21 novembre :1981, n. 6227, Foro it., 11981, I, 1097 con 
osserv. di ORIANI, Processi definiti con sentenza non di merito e interruzione-
sospensione della prescrizione. 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

mento di questa o la deduzione di nuove ragioni a sostegno possono 
essere consentite solo nei limiti in cui la legge processuale consente la 
modificazione o l'ampliamento della domanda originaria (Cass. 4 marzo 
1978 n. 1087; Cass. 7 gennaio 1980 n. 74 e successive conformi). 

Sulla base di questo principio, quindi, l'opponente pu� apportare una 
modifica alla causa petendi soltanto se essa si traduca nella prospettazione 
di nuove tesi difensive e non implichi nuovi accertamenti di fatto, 
n� mutamento del tema di indagine (cfr. Cass. 11 novembre 1978 n. 5177). 

Nella specie, l'opponente, che a sostegno della illegittimit� dell'ingiunzione 
aveva, con l'atto di opposizione, dedotto solo la mancanza di 
data sul visto di esecutoriet� da parte del pretore, ha, con la comparsa 
conclusionale nel giudi2lio di primo grado, invocato anche la indecifrabilit� 
della firma del pretore. 

La deduzione di tale ulteriore vizio -non rilevabile d'ufficio sulla 
base della costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. fra le tante Cass. 
2 settembre 1977 n. 3869; Cass. 30 maggio 1978 n. 2372) -integrava un 
ampliamento della causa petendi -che � costituita non solo dalla dedotta 
illegittimit� dell'ingiunzione, ma anche dalle ragioni che tale illegittimit� 
concorrono a determinare -e implicando la necessit� di nuovi accertamenti 
di fatto non poteva essere esaminata dal tJribunaile, il quale doveva 
rilevare d'ufficio la relativa preclusione, in quanto l'accettazione del contraddittorio, 
che rende ammissibile la pronunzia su domande nuove 
irritualmente proposte, � ipotizzabile solo in relazione a domande proposte 
fino all'udienza di precisazione delle conclusioni e non per quelle 
contenute nella comparsa conclusionale destinata solo alla a.Ilustrazione 
delle conclusioni gi� formulate (Cass. 6 agosto 1977 n. 3612; Cass. 16 ottobre 
1978 n. 4633; Cass. 22 novembre 1978 n. 5457 e successive conformi). 

Esattamente, pertanto, la Corte d'appello, dalla preclusione verificatasi 
in primo grado ha fatto derivare l'inammissibilit� del motivo di censura 
proposto in appello avverso il punto della sentenza che aveva deciso 
nel merito la domanda nuova proposta con la comparsa conclusionale 
disattendendola. 

Dall'infondatezza di questo primo profilo di censura ed atteso il carattere 
assorbente del rilievo circa l'inammissibilit� del motivo di gravame, 
deriva l'irrilevanza dell'esame del secondo profilo con il quale si denuncia 
rnllogicit� della decisione impugnata nella parte in cui -peraltro solo� 
ad abundantiam -lo ha respinto nel merito. (omissis) 

Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione 
dell'art. 1 e seguenti r.d. 14 aprile 1910 n. 639 e delle leggi regionali 
1� lug1io 1947 n. 3 e 2 agosto 1954 n. 32, art. 15, sotto un duplice profilo 
per avere la Corte: a) accolto un'accezione particolarmente ampia dell'espressione 
�entrate patrimoniali � comprensiva anche delle �restituzioni 
di somme anticipate sul corrispettivo di un contratto di appalto, mentre 
in realt� tale espressione si riferisce solo a somme di denaro che spetta



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

856 

no all'ente pubblico in via per cos� dire originaria ed autonoma, come 
proventi, canoni, tribl.lti, prestazioni di ogni genere; b) non tenuto presente 
che, a seguito dell'ent;rata in vcigore della legge regionale siciliana 
2 agosto 1954 n. 32 non era pi� possibile per la regione fare ricorso alla 
procedura ex r.d. n. 639 del 1910 Jn quanto tale normativa regionale, 
disciplinando la procedura per il recupero delle anticipazioni sui contratti 
di appalto di opere pubbliche, aveva abrogato la normativa statale provvisoriamente 
recepita con la legge regionale 1� luglio 1947 n. 3. 

Per motiv.i di ordine logico va esaminato pregiudizialmente il secondo 
profilo di.censura essendo evidente che l'eventuale inapplicabilit� al territorio 
regionale del pi� volte citato r.d. n. 639 del 1910 renderebbe superfluo 
l'esame del primo profilo con il quale si censura l'interpretazione 
dell'espressione � ent,rate patrimoniali �. 

Tale secondo profilo � infondato. 
Pacifica e non contestata l'applicabilit� anche alla regione siooiana 
del r.d. 14 aprile 1910 n. 639 sulla base della legge regionale 1� luglio 1947 

n. 3 in forza della quale tutte le anteriori leggi dello Stato sono applicabili 
in Sicilia salvo espressa deroga o modifica non introdotta con ,riferimento 
al citato r.d.. non pu� ritenersi che una tale deroga sia stata 
mtroctotta con la successiva legge regionale 2 agosto 1954 n. 32, la quale, 
nello' stabilire all'art. 15 che ie anticipazioni del corrispettivo sugli appalti 
sono recuperati mediante trattenuta proporzionale sull'importo degli 
acconti disposti in base agli stati di avanzamento, si limita a prevedere 
una particolare forma di autotutela stragiudiziale dell'ente appaltante 
per il recupero per� dei suoi crediti, senza che ci� escluda in alcun 
modo n� la possibilit� per quest'ultima di esperire un ordinario giudizio 
di cognizione, n� la facolt� di avvalersi di altri mezzi di tutela -ci.correndone 
i presupposti -quali quelli previsti dal r.d. 14 aprile 1910 n. 639. 
Tale interpretazione � inoltre suffragata da due osservazioni: la prima 
di ordine formale e costituita dal fatto che la legge regionale n. 32 del 

1954 non contiene quella espressa deroga o modifica della ilegisla7J�O!Ile 

statale che sola, sulla base della richiamata 1. reg. n. 3 del 1947, ne con


sente l'inapplicabilit�; la seconda di ordine sostanziale e basata sul rilievo 

che con la legge regionale l'amministrazione � vista soprattutto nella 

sua qualit� di stazione appaltante, mentre il r.d. n. 639 considera l'ente 

nella sua qualit� di soggetto fornito di particolari poteri di ordine pub


blicistico. 

La legge regionale n. 32 del 1954 quindi se ha ampliato i poteri del-

l'Amministrazione regionale in quanto ente appailtante, non fornisce alcun 

elemento per iritenere :venuti meno quei poteri e quehle faiCOILt� clre aHa 

stessa competono nella sua qualit� di ente pubblico territoriale. 

N� maggiormente fondato � il primo profilo del terzo motivo di 
ricorso. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 857 

Costituisce giurisprudenza costante, esattamente applicata dalla decisione 
impugnata, che per il generico riferimento alle entrate patrimoniali, 
contenute nell'art. 1 r.d. 14 aprile 1910 n. 639, lo Stato e gli altri enti 
pubblici ivi previsti possono avvalersi dello speciale procedimento ingiunzionale, 
oltre che per le entrate strettamente di diritto pubblico, anche 
per quelle di diritto privato, purch� il credito in base ail quale venga 
emesso l'ordine di pagare la somma dovuta sia certo, liquido ed esigibile 
(Cass. 16 luglio 1963 n. 1950; Cass. 29 novembre 1963 n. 3065; Cass. 4 luglio 
1969 n. 2462). 

Nella specie, non essendo contestata la certezza, liquidit� ed esigibilit� 
del credito vantato non esiste alcun ostacolo per l'�amministrazione regionale 
a ricorrere alla procedura ingiunzionale speciale, non essendo ravvisabile 
nell'espressJone �entrata patrimoniale� quel limite che il rkorrente 
pretende ricavare e che sarebbe costituito dal fatto che l'entrata 
debba �sorgere con una causa propria ed anch'essa autonoma e cio� 
non debba nascere da un contratto �. 

� infatti la qualit� del soggetto 1ingiungente e la certezza, liquidit� 
ed esigibilit� del credito che legittima il i""icorso a tale procedura a prescindere 
daMa causa del credito, tanto� vero che mentre � stato ritenuto 
riscuotibile col procedimento ingiunzionale speciale il credito di un comune, 
proprietario di una strada, per il rimborso dell'imposta di consumo 
da esso pagata per i lavori st11adali commessi ad un appaltatore, nei confronti 
.di quest'ultimo a tanto espressamente impegnatosi nel contratto 
di appalto e nel relativo disciplinare o atto di sottomissione (Cass. 
29 novembre 1963 n. 3065) � sempre stata negata la possibilit� di avvalersi 
di tale mezzo per ottenere il risarcimento di dann~ per fatto illecito, 
in cui mancano i requisiti della certezza e della liquidit� del credito vantato 
(Cass. 16 luglio 1963 n. 1950; Cass. 4 luglio 1969 n. 2462) e in cui cio� 
la prova della sussistenza e dell'ammontare del credito stesso sono completamente 
al di fuori della sfera di determinazione dell'amministrazione 
(Cass. 16 marzo 1971 n. 736). 

Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applica


zione degli artt. 2934 e 2935 cod. civ. oltre che degli artt. 12 e 15 l.reg_ 

2 agosto 1954 n. 32, nonch� contraddittoriet� della motivazione per avere 

la Corte affermato che la prescrizione in ordine al credito richiesto con 

l'ingiunzione opposta iniziava a decorrere dalla approvazione della conta


bilit� finale, con ci� stesso ponendosi in contrasto con altre affermazioni 

contenute nella stessa sentenza e cio� con quella che il credito � sorto 

con certezza nel momento stesso in cui il pagamento fu eseguito e per 

effetto di esso, nonch� con l'altra per cui la pretesa dell'ente aveva ad 

oggetto un credito liquido ed esigibile per atti anteriori all'ingiunzione, 

perch� �fondata sull'obbligo legale (e convenzionale) dell'appellante di 

consentire l'integrale recupero della anticipazione, e sul correlativo diritto 

di recupero dell'amministrazione �. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

858 

Va 'innanzitutto disattesa l'eccezione di contraddittoriet� di motivazione 
in quanto il riferimento al � credito certo liquido ed esigibile per 
atti e fatti anteriori all'intimazione dell'ingiunzione � da una parte � fatto 
al fine dri stabilire la applicabilit� a tale credito della procedura ingiunzionale 
di cui al citato r.d. n. 639 del 1910 e dall'altra lo stesso non contrasta 
con il principio successivamente enunciato che pone il momento 
iniziale della prescrizione alla data dell'approvazione della contabilit� 
finale, avvenuta, pacificamente, molto tempo prima del ricorso all'ingiunzione 
fiscale. 

N� � idoneo a fondare un giudizio di contraddittoriet� il richiamo 
all'affermazione secondo cui il credito � sorto con certezza nel momento 
stesso in oui il pagamento era stato eseguito e per effetto di esso, dal 
momento che tale affermazione non va isolatamente considerata, ma 
va correlata con il successivo periodo per il quale � in relazione per� aHe 
modalit� legali (convenzionalmente confermate) della relativa riscossione, 
e in relazione inoltre alla disciplina legale e pattizia dell'appalto di 
opere pubbliche, il credito in concreto fatto valere, riferito alla parte 
dell'anticipazione non recuperata, � invece divenuto certo, liquido ed 
es�igibile, dopo la disposta rescissione dell'appalto e in dipendenza di 
questa, soltanto a seguito e per effetto della successiva formazione della 
contabilit� finale, per cui appunto fu definitivamente stabilita, con la 
rilevanza giuridioa attribuitavi per legge e con efficacia esecutiva, la 
misura del credito dell'appellante, per corrispettivo delle prestazioni contrattuali 
eseguite (non escluso dalla .rescissione), e la misura del suo residuo 
debito per restlituzione della parte non recuperata dell'anticipazione 
versatagli �. 

Superato il profilo di censura relativo alla contraddittoriet� della 
motivazione va esaminato quello che si riferisce alla dedotta violazione 
di legge circa il dies a quo della prescrizione. 

Va oio� individuato, a norma dell'art. 2935 cod. civ. e suMa base della 
normativ11; che lo disciplina, il momento in cui il diritto dell'amministrazione 
regionale al recupero delle anticipazioni effettuate, pu� essere fatto 
valere. 

� L'art. 15 della legge regionale n. 32 del 1954, pacificamente applicabile 
nella specie e richiamato nel capitolato d'appalto, nel prevedere la facolt� 
dell'amministrazione dei lavori pubblici di concedere, nel concorso di 
determinate condizioni, alle imprese appaltatrici una anticipazione fino 
ad un massimo dei due decimi dell'importo dei lavori appaltati e nello 
stabmre U 1recupero di tale anticipazione mediante trattenuta proporzionale 
sull'importo degLi acconti disposti in base allo stato di avanzamento 
dei lavori, disciplina una particolare forma di finanziamento all'impresa 
voluta dal legislatore regionale allo scopo di accelerare l'esecuzione delle 
opere pubbliche agevolando le imprese negli adempimenti contrattuali 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 859 

senza sottostare a pesanti oneri finanziari, fissando altres� le modalit� di 
recupero di tale anticipazione, collegata al pagamento degli acconti disposti 
in base agli stati di avanzamento. 

Ci� comporta che, una volta concessa l'anticipazione, sorge un obbligo 
dell'impresa di sottostare al recupero, ma anche un suo diritto di pretendere 
che tale recupero avvenga proporzionalmente e sulla base degli 
acconti sugli stati di avanzamento dei lavori, con l'ulteriore conseguenza 
che, fin quando all'impresa sono dovuti acconti, l'amministrazione regionale 
non pu� procedere al recupero diretto della anticipazione, dovendo 
il suo credito essere realizzato attraverso una compensazione con gli 
acconti dovuti all'appaltatore. 

A differenza quindi delle prestazioni senza termine o di quelle a termine 
incerto, la prestazione dell'impresa, costituita dall'obbligo di restituire 
l'anticipazione ricevuta, � sottoposta ad un termine c.d. implicito, 
nel senso che il termine per l'adempimento esiste e si desume con certezza 
dalle concrete modalit� del rapporto, sebbene non sia indicato 
espressamente. 

In questa ipotesi la prescrizione non pu� decorrere prima della scadenza 
del termine, poich� la sua esistenza impedisce al creditore di far 
valere il suo diritto. 

Tale termine scade, nell'ipotesi in esame e sulla base della ricostruzione 
operata, nel momento in cui si accerti che l'appaltatore non ha pi� 
diritto ad ulteriori pagamenti -in acconto o in saldo -per le opere 
eseguite e questo momento non pu� essere fissato, come pretende il 
ricorrente, in quello in cui si � verificata la cessazione del contratto, ma 
va determinato in quello in cui, con la approvazione della contabilit� finale, 
e previa compensazione fra le opposte ragioni di credito, si accerti 
la sussistenza di un credito dell'amministrazione appaltante per le anticipazioni 
non recuperate. 

La risoluzione o la rescissione del contratto di appalto se impedisce 
che il recupero si effettui sugli acconti non pi� dovuti, non fa venir meno 
il diritto dell'appaltatore a che il recupero dell'anticipazione avvenga sulla 
base dei corrispettivi ancora dovuti per le opere eseguite e ci� del resto 
in piena coerenza con la ratio della normativa dianzi richiamata e dettata 
proprio a tutela dell'appaltatore, mentre si rivela immotivatamente e formalisticamente 
riduttiva la tesi del ricorrente per cui, essendo previsto 
il recupero dell'anticipazione sugli acconti non sia possibile un recupero 
sul residuo corrispettivo ancora dovuto. 

Il secondo comma dell'art. 15 I.reg. n. 32 del 1954, nel prevedere il 

recupero dell'anticipazione sugli acconti, disciplina l'ipotesi di normale 

svolgimento del contratto di appalto, ove il debito per l'anticipazione rice


vuta � estinto in conformit� al piano predisposto dall'amministrazione 

appaltante, ma non esclude, ripetesi, il diritto dell'appaltatore, in ipotesi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

860 

di anticipata cessazione del contratto, di pretendere che tale debito venga 
estinto sulla base dei cor,rispettivi ancora dovuti e ci� costituisce motivo 
di impedimento legale all'inizio del decorso della prescrizione dell'azione 
dell'amministrazione per il recupero autonomo dell'anticipazione non 
ancora interamente restituita. 

La sentenza impugnata che si � attenuta a tali principi non merita 
quindi le censure prospettate con il quarto motivo di ricorso che va, 
pertanto, rigettato. 

Con il quinto ed il sesto motivo di ricorso da esaminarsi congiuntamente 
in quanto intimamente connessi si deduce violazione e falsa applicazione 
degli artt. 2934, 2935, 2943, 2947 e 2948 cod. civ. per avere la 
Corte: a) affermato che la prescrizione del credito de quo avrebbe avuto 
durata deoennale anzich� quinquennale (motivo 5); b) attribuito efficacia 
interruttiva nei confronti del ricorrente alla richiesta dell'amministrazione 
regionale rivolta alla compagnia assicuratrice fidejussore del ricorrente 
stesso (motivo 6); e) attribuito efficacia interruttiva alla domanda 
riconvenzionale dell'amministrazione proposta il 29 ottobre 1968 nel corso 
di un giudi;zio e diretta ad ottenere dal Caffarelli il recupero dell'antici-� 
pazione effettuata, malgrado tale domanda fosse stata dichiarata inammissibile 
con sentenza della Corte d',appello di Palermo passata in giudicato, 
essendo stato dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione 
avverso tale sentenza con decisione di questa Corte 19 luglio 1976 n. 2853 
e senza tener presente che al momento in cui la domanda era stata proposta 
la prescrizione si sarebbe gi� verificata (motivo 6). 

Tali motivi sono in parte infondati ed in parte inammissibili per 
difetto di interesse sopravvenuto in conseguenza della reiezione del quarto 
motivo di ricorso relativo all'inizio della decorrenza della prescrizione. 

Va innanzitutto dichiarato inammissibile il profilo di censura sub b): 
� infatti evidente che, fissato l'inizio della prescrizione in un momento 
successivo a quello in cui l'atto interruttivo era stato posto in essere 
� privo di interesse l'accertare se tale richiesta rivolta nei confronti del 
fidejussore abbia avuto efficacia interruttiva nei confronti dell'attuale 
ricorrente. 

In ordine agli altri profili di censura va esaminato pregiudizialmente 

per motivi di ordine logico ed atteso il suo carattere risolutivo rispetto 

a quello sub a), (esaminato solo ad abundantiam dalla seiritenza !impu


gnata), quello sub e). 

La censura � ,infondata nella parte in cui lamenta l'erroneit� della 

ritenuta rilevanza interruttiva della richiamata domanda riconvenzionale, 

anche se va corretta la motivazione della sentenza impugnata ex art. 384 

secondo comma cod. proc. civ. per avere la stessa ritenuto che l'inammis


sibilit� di una domanda giudiziale abbia efficacia istantanea al fine della 

interruzione della prescrizione. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

Si deve ,infatti affermare che ai fini degli effetti e della durata dell'interruzione 
della prescrizione proposta con domanda giudiziale inammissibile 
occorre applicare iJl secondo comma dell'art. 2945 cod. civ. e quindi 
ritenere che la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in 
giudicato la sentenza che definisce il giudizio, atteso il carattere eccezionale 
della disposizione di cui al terzo comma dello stesso articolo 
circa gli effetti solo istantanei della interruzione della prescrizione in 
caso di estinzione del processo: la domanda inammissibile introduce un 
valido rapporto processuale e finch� tale pronunzia di inammissibilit� non 
� passata in giudicato non c'� alcun motivq per negare gli effetti della 
interruzione della prescrizione conseguente alla proposizione di domanda 
giudiziale. (omissis) 


SEZIONE OTTAVA 
GIURISPRUDENZA PENALE 
SEZIONE OTTAVA 
GIURISPRUDENZA PENALE 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 20 marzo 1982, n. 3006 � Pres. Fasano Rei. 
Romeo. P. M. Amoruso (conf.) � Rie. Coccia (avv. Stato Di Tarsia). 

Reato . Invasione di terreni � Reato normalmente permanente � Struttura 
unitaria del reato permanente. 

(art. 633, cod. prov.). 

Il reato di invasione di terreni � reato permanente quando si protrae 
con una ininterrotta attivit� positiva, che riproduce in ogni suo momento 
l'ipotesi tipica del reato stesso. 

Il reaw permanente ha una intrinseca struttura unitaria, che ne impedisce 
la scomposizione in una pluralit� di reati (1). 

Con sentenza in data 2 dicembre 1978, il Pretore di Cagnano Varano 
dichiarava Coccia Giuseppina colpevole del delitto di invasione di terreni 
(art. 633 cod. pen.) in danno� dell'Ente regionale di sviluppo in Puglia 
e Lucania; con la citata sentenza, la Coccia veniva condannata alla pena� 
di mesi uno di reclusione nonch� al risarcimento dei danni verso la parte 
offesa, costituitasi parte civile. La pena inflitta veniva condonata, ai sensi 
del d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413. 
Il P. M., proponeva appello, deducendo l'illegittimit� dell'applicazione 
dell'indulto disposto con il citato d.P.R., e il Tribunale di Lucera, con 
la sentenza in epigrafe indicata, riformando la decisione del primo giudice, 
escludeva che del beneficio .in questione potesse fruire l'imputata. 
Costei ha ricorso per cassazione, sostenendo che il giudice di appello 
avrebbe dovuto applicare l'amnistia al reato ascrittole. 
Va premesso che, cos� come accertato dai giudici di merito e incontestato 
daM'odierna ricorrente, la � invasione � del fondo, appartenente 
all'Ente di sviluppo pugliese-lucano, venne commessa nel novembre 1975, 
ma si protrasse sino a tutto il 2 dicembre 1978, data in cui fu emessa 
la sentenza di primo grado. 
(1) La Suprema Corte conferma il suo dndirizzo in corretta aro>Licazione 
della fattispecie astratta per ila quale non � elemento essenziale del reato dd 
invasione H perdurare nel tempo del!la condotta animosa a differenza di quanto 
ad esempio si ritiene per il reato di sequestro di persona. 
La conseguenza, che viene tratta nella non applicabilit� delll.'anmistia � 
anch'essa corretta applicazione del carattere unitario del ireato permanente. 

-


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

L'imputata sostiene, in definitiva, che per il delitto di cui all'art. 633 
cod. pen., �reato non necessariamente permanente), non pu� rpa11loo:si 
<li w1 protrarsi della consumazione, ma del protrarsi di una condotta antigiuridica 
� che sd riproduce e fa rivivere sempre lo stesso reato �, COlll 
la conseguenza a parere deHa difesa delta Coccia, che .il'anmistiia avirebbe 
efficacia din.terruttiva della permanenm, analogamente a �quanto si ver.iftca 
per il reato continuato. 

Si osserva, anzitutto, che non v'� dubbio come nella specie, secondo 
quanto accertato dai giudici di merito, l'occupazione del fondo, da parte 
della ricorrente, si mantenne con una ininterrotta attivit� individuale 
dal novembre 1975 al dicembre 1978, mediante la costruzione di fabbnicati 
e l'uso abitativo cui erano stati adibiti quest'ultimi. Per tale ininterrotta 
attivit� il reato non pu� qualificarsi che come permanente, consi~erato 
che non si esaur� nel momento in cui si realizzarono i relativi elementi 
costitutivi, ma si protrasse con un'ininterrotta attiv�t� positiva, riproducente 
in ogni suo momento l'ipotesi tipica del reato stesso. 

La conseguenza, che in ordine alla fattispecie, la ricorrente vuol trarre 
� inaccettabile. Invero, al contrario di quanto assume la Coccia, questo 
Supremo Collegio non pu� che ribadire il proprio indirizzo giurisprudenziale, 
per cui il reato permanente ha un'intrinseca struttura unitaria, che 
ne impedisce la scomposizione in una pluralit� di reati, essendo unico 
e identico il bene leso nel corso della durata dell'azione od omissione; 
sicch� il reato in questione � insensibile all'intervento di cause estintive 
(quali l'amnistia) che operano soltanto se 1a permanenza sia cessata (cfr. 
Cass. Pen. 14" dicembre 1979, rie. Persico, in Riv. Pen. 1980, 421). 

E poich� si accert� che la permanenza nel reato era ancora presente 
al 2 dicembre 1978, bene iii giudice del merito, neg�, a norma delil'airt. 10 
del d.P.R. 4 agosto 1978, n; 413, l'applicazione dell'amnistia preveduta dal 
decreto stesso. 

TRIBUNALE DI ROMA, Sez. II, 20 ottobre 1981 -Pres. Panzarella -P. M. 
Del Giudice; appellanti Reali e Palesati (Avv. �deLlo Stato Paolo Di 
Tarsia). 

Reato -Omissione di atti d'ufficio -Richiesta di informazioni alla P.A. 
ex art. 213 c.p.c. � Fissazione di termine � Non � previsto � Normalit� 
dei tempi tecnici per la risposta � Insussistenza del reato. 

(c.p. art. 328; c.p.c. art. 213). 
Il potere riconosciuto al Giudice civile di chiedere informazioni alla 
Pubblica Amministrazione (art. 213 cod. proc. civ.) non si estende a quello 
di fissazione di un termine entro il quale le stesse devono pervenirgli. 

Il Giudice, alla pari di un qualsiasi altro utente dei servizi resi dalla 
Pubblica Amministrazione, deve ottenere la cennata risposta alla sua 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

richiesta di informazioni nei tempi tecnici normali del servizio e solo in 
difetto potr� porsi un problema di omissione indebita di un atto di 
ufficio (1). 

(omissis) Contro la sentenza del Pretore di Roma in data del 30 ottobre 
1980 con la quale Reali Alfredo veniva condannato a due mesi di 
reclusione per il reato p.p. dell'art. 328 cod. pen. e la Palesati Enza veniva 
assolta per insufficienza di prove, in Roma fine marzo e fino al novembre 
1979. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Appellanti come in epigrafe gli imputati chiedono di essere assolti 
dall'imputazione loro ascritta perch� il fatto non sussiste sostenendo che 
nella specie difetta la materialit� del reato loro contestato. La richiesta 
� fondata. Invero, il potere riconosciuto al Giudice civile di chiedere 
informazioni alla Pubblica Amministrazione (art. 213 cod. proc. civ.) non 
si estende a quello di fissazione di un termine entro il quale le stesse 
devono pervenirgli. Nella specie peraltro iii Giudice non fiss� alcun termine 
nello statuire al verbale che fossero richieste informazioni al Ministero 
degli Affari Esteri, ma fu il Cancelliere ad indicarlo autonomamente. 
Tanto premesso, si osserva peraltro che il Giudice, alla pari di un qualsias:
i altro utente dei 1servizi resi da:Ila Pubblica Amministrazione, deve 
ottenere la cennata risposta alla sua richiesta di informazioni nei tempi 
tecnici normali del servizio e solo in difetto potr� porsi un problema di 
omissione indebita di un atto di ufficio. Detti tempi tecnici sono stati 
nel caso conoreto rispettati. Infatti � provato che le due note del Tribunale 
di Rovereto sono pervenute per due volte ad ufficio incompetente 
per un errore del protocollo e si ha la certezza dell'arrivo all'ufficio com


l ~ 

petente solo dalla nota di sollecito alla fine di agosto 1979. � altres� provato 
che la risposta pervenne il 5 dicembre 1979 e che la situazione dell'ufficio 
competente era caratterizzata da carenza di personale, in particolare 
essendo stata assente per oltre due mesi e mezzo durante il periodo 
che ne occupa la Palesati, unica addetta al reparto assieme al Reali. Non 
pu� dirsi dunque, avuto riguardo alla notoria tendenza della macchina 
burocratica giustamente, ma inutilmente, deprecata dall'opinione pub-

l

!

i 

(1) La sentenza del Tribunale ha fatto giustizia degli erronei principi af~ 
fermati dal Pretore con la sentenza impugnata {v. in questa Rassegna, 1980, I, 
p. 874: Un reato di omissione di atti d'ufficio colposo o addirittura contravvenzionale?), 
affermando, correttamente, che non sussistendo un potere del giudice ' 
di imporre un termine alla P.A. nella richiesta di informazioni a norma dell'art. 
213 c.p.c., il reato di omissione o ritardo non pu� essere configurato quando 
le informazioni siano rese oltre il termine arbitrarfamente posto purch� (atten1


I 

zione!) sia rispettata la normalit� dei tempi propri delle attivit� dell'Amministra� 
zione stessa. 


i 

i 

I 

l 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

blica, che nella specie sia provata una rilevante tardivit� nell'operato 

degli organi competenti, dovendosi negare dignit� di prova in tal senso 

alla presunzione di cognizione tempestiva della richiesta affidata all'op


posizione, nella nota di sollecito del Tribunale, dell'annotazione � riasse


gnare aill'uffioio XII �, presso il quale operavano gli appellanti. Il verbo 

�'riassegnare� potrebbe s� indicare una reiterazione della precedente 

assegnazione all'ufficio XII della prima nota del Tribunale, ma anche 

contenere soltanto l'invito al protocollo di rinnovare la sua attivit� di 

assegnazione investendo questa volta l'ufficio competente. Tale assoluta 

equivocit� del presupposto sul quale � fondata la presunzione del Pretore 

ne evidenzia pertanto l'inattendibilit�. 

L'insussistenza del fatto materiale solleva questo Giudice dall'inda


gine, sollecitata dal Reali, sulla titolarit� della 1responsabilit� del settore 

dal quale la risposta al Tribunale di Rovereto doveva essere predisposta. 

P.Q.M. 
Visto l'.art. 523 C.P.P. 
In riforma della sentenza 30 ottobre 1980 del Pretore di Roma impugnata 
dal Reali Alliredo e Palesati Enza assolve entrambi dall'imputazione 
� loro ascritta perch� il fatto non sussiste. (omissis) 


PARTE SECONDA 



LEGISLAZIONE 


I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

codice penale, artt. 222, primo comma, 204, cpv. e 205, cpv. n. 2, nella parte 
in cui non subordinano il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico 
giudiziario dell'imputato prosciolto per infermit� psichica al previo accertamento 
da parte del giudice della cognizione e della esecuzione della persistente pericolosit� 
sociale derivante dalla infermit� medesima al tempo dell'applicazione della 
misura. 

Sentenza 27 luglio 1982, n. 139, G.U. 4 agosto 1982, n. 213. 

legge 27 novembre 1956, n. 1407, art. 5 [sostitutivo dell'art. 52 del regio de� 
creto 26 febbraio 1928, n. 619], nella parte in cui non comprende tra le categorie 
dei superstiti aventi diritto all'indennit� di buonuscita, rispettando l'ordine di 
precedenza indicato dall'art. 12, penultimo ed ultimo comma della legge 15 febbraio 
1958, n. 46, i genitori ultrasessantenni o inabili a proficuo lavoro, nullatenenti 
e a carico dell'is�ritto. 

Sentenza 8 luglio 1982, n. 125, G.U. 14 luglio 1982, n. 192. 

d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, art. 10, primo comma, nella parte in cui ai fini 
dell'esercizio della facolt� di scelta ivi prevista, non equipara ai controinteressati 
l'ente pubblico, div�rso dallo Stato, che ha eri:ianato l'atto impugnato con ricorso 
straordinario al Presidente della Repubblica. � 
Sentenza 29 luglio 1982, n. 148, G.U. 4 agosto 1982, n. 213. 

d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 10, ultimo comma, nella parte in cui, ai 
fini della preclusione dell'impugnazione contro la decisione di accoglimento del ricorso 
straordinario, per effetto del mancato esercizio della facolt� di scelta, prevista 
dal primo comma dello stesso articolo, non equipara ai controinteressati 
l'ente pubblico, diverso dallo Stato, che ha emanato l'atto impugnato, al quale 
sia stato notificato il ricorso medesimo. 
Sentenza 29 luglio 1982, n. 148, G.U. 4 agosto 1982, n. 213. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 12, ultimo comma, nella parte in cui esclude 
dal diritto ai compensi per la partecipazione alla decisione dei ricorsi in materia 
tributaria i componenti delle commissioni tributarie di primo e secondo grado che 
siano impiegati amministrativi dello Stato con trattamento onnicomprensivo. 
Sentenza 14 luglio 1982, n. 130, G.U. 21 luglio 1982, n. 199. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lettera f), limitatamente alle parole 
� nel territorio dello Stato �. 
Sentenza 27 luglio 1982, n. 142, G.U. 4 agosto 1982, n. 213. 

d.l. 8 luglio 1974, n. 264, art. 7, secondo comma (divenuto terzo con la legge 
17 agosto 1974, n. 386 di conversione). 
Sentenza 29 luglio 1982, n. 161, G.U. 4 agosto 1982, n. 213. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 30 marzo 1981, n. 119, art. 40, ottavo comma, nella parte in cui attribuisce 
al Ministro del tesoro la facolt� di variare con proprio decreto la percentuale 
o il livello massimo delle disponibilit� delle regioni e delle provincie autonome 
di Trento e Bolzano che le aziende di credito, incaricate del servizio di tesoreria, 
possono tenere presso di s�. 

Sentenza 22 ottobre 1982, n. 162, G.U. 27 ottobre 1982, n. 297. 

JI. -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

codice penale, art. 57 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 22 ottobre 1982, n. 168, G. U. 27 �ottobre 1982, n. 297. 

codice penale, art. 102 (art. 25 della Costituzione). 

Sentenza 27 luglio 1982, n. 140, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

codice penale, art. 206 (artt. 3, primo comma, e 27, secondo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 27 luglio 1982, n. 141, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

codice penale, artt. 222, primo comma, 204 cpv. e 215 cpv. n. 3 (artt. 4, 
primo e secondo comma, 27, primo e terzo comma, e 32, primo e secoli.do 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 27 luglio 1982, n. 139, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

codice penale, artt. 697 e 699 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 22 ottobre 1982, n. 167, G. U. 27 ottobre 1982, n. 297, 

codice di procedura penale, art. 88 (artt. 3, primo comma e 27, secondo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 27 luglio 1982, n. 141, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

codice di procedura penale, art. 315-bis (artt. 3 e 108 della Costituzione). 
Sentenza 14 luglio 1982, n. 135, G. U. 21 luglio 1982, n. 199. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 38 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 22 ottobre 1982, n. 166, G. U. 27 ottobre 1982, n. 297. 
r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 52 (artt. 24, 28, 42, 54 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 22 ottobre 1982, n. 164, G. U. 27 ottobre 1982, n. 297. 

r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 217, secondo comma (art. 3, primo comma, 
della Costituzione). 
Sentenza 27 luglio 1982, n. 145, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217, secondo comma (artt. 3, primo comma, 
e 27, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 27 luglio 1982, n. 146, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

r.d.l. 11 febbraio 1944, n. 31, art. 2 (artt. 3 e 25 d�lla Costituzione). 
Sentenza 14 luglio 1982, n. 133, G. U. 21 luglio 1982, n. 199. 
legge 8 febbraio 1948, n. 47, artt. 1, 9 e 13 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 22 ottobre 1982, n. 168, G. U. 27 ottobre 1982, n. 297. 

legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 12 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 22 ottobre 1982, n. 168, G. U. 27 ottobre 1982, n. 297. 

d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (artt. 2, 3, primo comma, 51 e 53, 
primo comma, della Costituzione). 
Sentenza 8 luglio 1982, n. 124, G. U. 14 luglio 1982, n. 192. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 136, secondo comma (artt. 32 e 53 della 
Costituzione). 
Sentenza 14 luglio 1982, n. 134, G. U. 21 luglio 1982, n. 199. 

legge 24 marzo 1958, 11. 195, art. 40 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 14 luglio 1982, n. 131, G. U. 21 luglio 1982, n. 199. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 83, penultimo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 14 luglio 1982, n. 132, G. U. 21 luglio 1982, n. 199). 

legge 2 ottobre 1967, 11. 895, artt. 2 e 7 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 22 ottobre 1982, n. 166, G. U. 27 ottobre 1982, n. �297. 

legge 2 ottobre 1967, n. 895, artt. 5 e 7 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 22 ottobre 1982, n. 167, G. U. 27 ottobre 1982, n. 297. 

legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 40, ultimo comma (art. 39, primo e 
quarto comma, della Costituzione). 

Sentenza 29 luglio 1982, n. 161, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, art. 33 (art. 39, primo e quarto comma, della 
Costituzione). 
Sentenza 29 luglio 1982, n. 161, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

legge 11 giugno 1971, n. 426, artt. 1 e 45 (artt. 9, 21 e 41 della Costituzione). 
Sentenza 22 ottobre 1982, n. 163, G. U. 27 ottobre 1982, n. 297. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 29 ottobre 1971, n. 889, art. 13, quarto comma (artt. 25, primo comma, 
e 102, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 29 luglio 1982, n. 149, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 18, quarto comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Sentenza 8 luglio 1982, n. 121, G. U. 14 luglio 1982, n. 192. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, primo comma (nel testo modificato 
dal d.P.R. 13 aprile 1977, n. 114, art 5) (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 27 luglio 1982, n. 143, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, primo comma (nel testo modificato 
dal d.P.R. 13 aprile 1977, n. 114, art 5) (artt 3, 47 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 27 luglio 1982, n. 143, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 10, primo comma, lettera d) e terzo 
comma, e 15, secondo comma n. 3 (nel testo sostituito dagli artt. 5 e 6 della 
legge 13 aprile 1977, n. 114) (artt. 3, 32, 38 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 29 luglio 1982, n. 151, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 3 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 8 luglio 1982, n. 123, G. U. 14 luglio 1982, n. 192. 
legge 18 dicembre 1973, n. 877 (artt. 70, i2 e 73 della Costituzione). 
Sentenza 29 luglio 1982, n. 152, G.U. 4 agosto 1982, n. 213. 


d.l. 8 luglio 1974, n. 264, art. 7, secondo e sesto comma (convertito in legge 
17 agosto 1974, n. 386) (art. 39, primo e quarto comma, della Costituzione). 
Sentenza 29 luglio 1982, n. 161, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 14 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 22 ottobre 1982, n. 166, G U. 27 ottobre 1982, n. 297. 

legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10, 12 e 14 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 22 ottobre 1982, n. 167, G. U. 27 ottobre 1982, n. 297. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 82 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 29 luglio 1982, n. 159, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 


legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 98 (artt. 3, 24, secondo comma, e 25, 
primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 29 luglio 1982, n. 158, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 171 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 100 e 101 (artt. 24, secondo comma, 
e 13 della Costituzione). 

Sentenza 29 luglio 1982, n. 160, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

d.P.R. 13 aprile 1977, n. 114, art. 23 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 27 luglio 1982, n. 143, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

legge 16 dicembre 1980, n. 858, artt. 1 e 3 (art. 25, secondo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 29 luglio 1982, n. 152, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 

legge 30 marzo 1981, n. 119, art. 35 (artt. 117 e 119 della Costituzione, 4, 

n. 7, 8 n. 1, 9 n. 10, 16 e 78 dello statuto speciale reg. Trentino-Alto Adige). 
Sentenza 22 ottobre 1982, n. 162, G. U. 27 ottobre 1982, n. 297. 

legge 30 marzo 1981, n. 119, art. 40, primo, secondo, quarto, quinto e decimo 
comma (artt. 117, 119 e .130 della Costituzione e artt. 1, 19, 20 e 36 statuto reg. 
siciliano; artt. l, 3, 4, 6, 7 ss. dello statuto reg. sardo; artt. 5, n. 1, e 66 dello 
statuto spec.' reg. Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 22 ottobre 1982. n. 162, G. U. 27 ottobre 1982, n. 297. 

III � QUESTIONI PROPOSTE 

codice civile, art. 894 (artt. 9 e 42 della Costituzione). 

Pretore di S. Vito al Tagliamento, ordinanza 5 febbraio 1982, n. 206, G. U. 
15 settembre 1982, n. 255. 

codice civile, art. 2059 (artt. 2, 24 e 32 della Costituzione). 

Tribunale di Salerno, ordinanza 4 dicembre 1981, n. 322/82, G. U. 13 ottobre 
1982, n. 283. 

codice civile, art. 2758, secondo comma (come modificato dalla legge 
29 luglio 1975, n. 426) (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 7 gennaio 1982, n. 325, G. U. 27 ottobre 
1982, n. 297. 

codice civile, art. 2948, n. 4 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 25 giugno 1977, n. 193/82, G. U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

codice di procedura civile, artt. 140, 313, secondo comma, e 660 (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Pretore di Martina Franca, ordinanza 25 gennaio 1982, n. 134, G. U. 4 agosto 
1982, n. 213. 


172 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura civile, art. 152 disp. att. (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 2 gennaio 1982, n. 200, G. U. 15 settembre 1982, 

n. 
255. 
codice di procedura civile, art. 608 (artt. l, 2, 3, secondo comma, 29, 31, 
36, 42 e 47 della Costituzione). 

Pretore di Finale Ligure, ordinanza 21 novembre 1981, n. 151/82, G. U. 
11 agosto 1982, n. 220. 

codice di procedura civile, artt. 623 e 624 (artt. 24 e 113 della Costituzione). 

Pretore di Gubbio, ordinanza 25 febbraio 1982, n. 269, G. U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

codice di procedura civile, art. 657 e seguenti (artt. 3 cpv., 41, secondo 
coonma e 42, secondo comma, della Costitu:llione). 

Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1982, n. 177, G. U. 8 settembre 
1982, n. 248. 

codice di procedura civile, artt. 796, 797 e 801 (artt. 2 e 30, primo e secondo 
comma, e 42, secondo comma, della Costituzione). 

Corte d'appello di Torino, ordinanza 1 dicembre 1981, n. 174/82, G. U. 8 set� 
tembre 1982, n. 248. 

codice di procedura civile, artt. 796, 797 e 801 (artt. 2 e 30, primo e secondo 
comma e 3, primo comma, della Costituzione). 

Corte d'appello di Torino, ordinanza 24 novembre 1981, n. 173/82, G. U. 
8 settembre 1982, n. 248. 

codice penale, art. 2, quinto comma (art. 77 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 17 febbraio 1982, n. 212, G. U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

codice penale, art. 37 (art. 27, terzo comma, della Costituzione). 
Pretore di Ciri�, ordinanza 5 novembre 1981, n. 153/82, G. U. 18 agosto 1982, 


n. 
227. 
codice penale, art. 57 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Monza, ordinanza 28 gennaio 1982, n. 154, G. U. 18 agosto 1982, 


n. 227. 
Tribunale di Roma, ordinanza 17 marzo 1981, n. 202/82, G. U. 25 agosto 1982, 

n. 234. 
Tribunale di Roma, ordinanza 20 gennaio 1982, n. 203, G. U. 25 agosto 1982, 

n. 
234. 
Tribunale di Roma, ordinanza 13 gennaio 1982, n. 227, G.U. 1 settembre 
1982, n. 241. 
Tribunale di Roma, ordinanza 12 gennaio 1982, n. 204, G.U. 15 settembre 
1982, n. 255. 



Tribunale di 
bre 1982, n. 255. 
Tribunale di 
bre 1982, n. 255. 

Tribunale di 
bre 1982, n. 255. 
Tribunale di 
bre 1982, n. 262. 
Tribunale di 

bre 1982, n. 262. 
Tribunale di 
bre 1982, n. 262. 

Tribunale di 
bre 1982, n. 269. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

Roma, ordinanza 27 gennaio 1982, n. 205, G.U. 15 settem-
Roma, ordinanza 10 febbraio 1982, n. 225, G.U. 15 settem-
Roma, ordinanza 13 gennaio 1982, n. 226, G.U. 15 settem-
Roma, ordinanza 20 febbraio 1982, n. 291, G.U. 22 settem-
Roma, ordinanza 9 febbraio 1982, n. 292, G.U. 22 settem-
Roma, ordinanza 27 febbraio 1982, n. 293, G.U. 22 settem-
Roma, ordinanza 17 febbrai0 1982, n. 294, G.U. 29 settem-

Tribunale di Monza, ordinanza 12 gennaio 1982, 

n. 
283. 
Tribunale di Roma, ordinanza 16 gennaio 1982, 
n. 
290. 
Tribunale di Roma, ordinanza 24 
n. 
297. 
Tribunale di Roma, ordinanza 23 
n. 
297. 
Tribunale di Roma, ordinanza 23 
n. 
297. 
Tribunale di Roma, ordinanza 10 
n. 
297. 
Tribunale di Roma, ordinanza 27 
n. 
297. 
Tribunale di Roma, ordinanza 24 
n. 297. 
marzo 1982, 
marzo 1982, 
marzo 1982, 
marzo 1982, 
marzo 1982, 
marzo 1982, 

n. 307, G. V. 13 ottobre 1982, 
n. 355, G. V. 20 ottobre 1982, 
n. 348, G. V. 27 ottobre 1982, 
n. 349, G. V. 27 ottobre 1982, 
n. 350, G. V. 27 ottobre 1982, 
n. 351, G. U. 27 ottobre 1982, 
n. 352, G. V. 27 ottobre 1982, 
n. 353, G. V. 27 ottobre 1982, 
codice penale, art. 157 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Desio, ordinanza 5 novembre 1981, n. 137/82, G. V. 28 luglio 1982, 

n. 206. 
codice penale, art. 159 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 9 aprile 1981, n. 171/82, G. V. 8 settembre 
1982, n. 248. 

codice penale, art. 164, ultimo comma (come modificato dall'art. 12 della 
legg~ 7 giugno 19!4, n. 220) (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 6 dicembre 1979, n. 310/82, G. V. 1 settembre 
1982, n. 241. 

codice penale, art. 204 (in relazione all'art. 222) (artt. 3, 24, 27 e 32 della 
Costituzione). 

Giudice istruttore presso Tribunale di Velletri, ordinanza 15 febbraio 1982, 

n. 311, G. V. 13 ottobre 1982, n. 283. 

174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

codice penale, artt. 204 e 222 (artt. 3, 24, 27 e 32 della Costituzione). 

i 
i
<I:: 

Tribunale di Velletri, ordinanza 27 marzo 1982, n. 361, G. U. 6 ottobre 1982, 

n. 276. 
codice penale, artt. 204, secondo comma, 215 e 222 (art. 3, primo comma, e 32 
della Costituzione). 

Giudice istruttore presso il Tribunale di Grosseto, ordinanza 21 dicembre 
1981, n. 287/82, G. U. 1 settembre 1982, n. 241. 

codice penale, artt. 204, secondo comma, e 222, primo comma (artt. 3 e 32 
della Costituzione). 

Giudice istruttore presso Tribunale di Torino, �ordinanza 24 febbraio 1982, 

n. 366, G. U. 6 ottobre 1982, n. 276. 
codice penale, artt. 215 e 222 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Giudice istruttore Tribunale di Bolzano, ordinanza 7 gennaio 1982, n. 117, 

G. U. _7 luglio 1982, n. 185. 
codice penale, art. 222 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Tribunale di Brindisi, ordinanza 6 aprile 1982, n. 384, G. U. 6 ottobre 1982, 

n. 276. 
codice penale, art. 376 (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). 

Corte d'assise di Torino, ordinanza 3 maggio 1982, n. 438, G. U. 6 ottobre 
1982, n. 276. 

codice penale, art. 688 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Pretore di Cesena, ordinanza 28 gennaio 1980, n. 172/82, G. U. 18 agosto 1982, 

n. 227. 
codice di procedura penale, art. 64, n. 3 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Lagonegro, ordinanza 14 aprile 1982, n. 408, G. U. 27 ottobre 1982, 

n. 297. 
codice di procedura penale, art. 236, cpv. (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 31 marzo 1982, n. 323, G. U. 13 ottobre 1982, 

n. 283. 
codice di procedura penale, artt. 378 e 384 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice istruttore presso Tribunale di Trapani, ordinanza 22 dicembre 1981, 

n. 132/82, G. U. 4 agosto 1982, n. 213. 
codice di procedura penale, art. 387 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 21 maggio 1981, n. 165/82, G. U. 8 settembre 
1982, n. 248. 


11111

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PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, art. 466 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 


Tribunale di Ravenna, ordinanza 2 febbraio 1982, n. 167, G. U. 25 agosto 
1982, n. 234. 

codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma, ultima ipotesi (art. 3 
della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 11 dicembre 1981, n. 119/82, 

G. U. 21 luglio 1982, n. 199. 
codice penale militare di pace, artt. 186, ultimo comma, e 189, primo comma 
(art. 3 della Costituzione). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 25 novembre 1981, n. 162/82, G. U. 
18 agosto 1982, n. 227. 

codice penale militare di pace, art. 189, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale militare di Padova, ordinanza 11 novembre 1981, n. 160/82, G. U. 
18 agosto 1982, n. 227. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 3 dicembre 1981, n. 161/82, G. U. 
18 agosto 1982, n. 227. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 18 settembre 1981, n. 219/82, G. U. 
25 agosto 1982, n. 234. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 18 novembre 1981, n. 255/82, G. U. 
1 settembre 1982, n. 241. 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 25 novembre 1981, n. 256/82, G. U. 
1 settembre 1982, n. 241. 

codice penale militare di pace, art. 189, primo comma, prima ipotesi (art. 3 
della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 15 ottobre 1980, n. 380/82, 

G. U. 6 ottobre 1982, n. 276. 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, artt. 2 e 4 (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). 


Pretore di Viterbo, ordinanza 13 febbraio 1982, n. 223, G. U. 15 settembre 1982, 

n. 255. 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, art. 4 (artt. 24 e 113 della Costituzione). 

Pretore di Gubbio, ordinanza 25 febbraio 1982, n 269, G. U. 22 settembre 1982, 

n. 262. 
r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 29, n. 1 e 39 (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). 
Pretore di Viterbo, ordinanza 13 febbraio 1982, n. 223, G. U. 15 settembre 
1982, n. 255. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

176 


r.d.I. 22 dicembre 1927, n. 2448, art. 1, primo comma (artt. 3, 25, 70 e 76 
della Costituzione). 
Giudice conciliatore di Sorrento, ordinanza 15 febbraio 1982, n. 419, G. U. 
27 ottobre 1982, n. 297. 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10 (modificato dalla legge 24 luglio 1957, 
n. 633) (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Brescia, ordinanza 14 dicembre 1981, n. 148/82, G. U. 28 luglio 
1982, n. 206. 
Pretore di Brescia, ordinanza 15 dicembre 1981, n. 149/82, G. U. 11 agosto 
1982, n. 220. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 38 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Macerata, ordinanza 22 gennaio 1982, n. 260, G. U. 22 settembre 
1982, n. 262. 
Tribunale di Macerata, ordinanza 5 febbraio 1982, n. 261, G. U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

legge 22 febbraio 1934, n. 370, artt. 3 e 5 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 1 dicembre 1981, �n. 176/82, G. U. 8 settembre 
1982, n. 248. 

legge 26 aprile 1934, n. 653, artt. 12, primo comma, e 13 (artt. 3, primo 
comma, e 37, primo comma, della Costituzione). 

Corte di cassazione -sezione lavoro -ordinanza 28 ottobre 1981, n. 102/82, 

G. U. 14 luglio 1982, n. 192. 
r.d. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9, cpv. (art. 25 della Costituzione). 
Tribunale di Catanzaro, ordinanza 12 marzo 1982, n. 283, G. U. 29 settembre 
1982, n. 269. 

r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, tabella ali. A (successive modificazioni) (artt. 3, 
36, 38 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 24 giugno 1981, n. 188/82, G. U. 8 settembre 
1982, n. 248. 

r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, allegate tabelle A e B e successive modifiche 
(artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). � 
Pretore di Milano, ordinanza 13 luglio 1981, n. 187/82, G. U. 8 settembre 1982, 

n. 248. 
legge 3 giugno 1940, n. 1078, attt. 5 e 7 (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Civitavecchia, ordinanza 22 gennaio 1982, n. 207, G. U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 43 (artt. 13 e 24 della Costituzione). 
Tribunale di Rimini, ordinanza 3 marzo 1982, n. 286, G. U. 29 settembre 
1982, n. 269. 

! 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 101 (art. 24, secondo comma, della Costi� 
tuzione). 
Corte d'appello di Messina, ordinanza 22 febbraio 1982, n. 359, G. U. 20 ot� 
tobre 1982, n. 290. 

d.lu.C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 9, quarto comma (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 9 febbraio 
1982, n 264, G. U. 22 settembre 1982, n. 262. 

d.lu. 5 febbraio 1948, n. 61, art. 1 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 9 febbraio 
1982, n. 264, G. U. 22 settembre 1982, n. 262. 

legge 8 febbraio 1948, n. 47, artt. 1, 9 e 13 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Monza, ordinanza 28 gennaio 1982, n. 154, G.U. 18 agosto 1982, 

n. 
227. 
Tribunale di Roma, ordinanza 17 marzo 1981, n. 202/82, G.U. 25 agosto 1982, 
n. 
234. 
Tribunale di Roma, ordinanza 20 gennaio 1982, n. 203, G.U. 25 agosto 1982, 
n. 
234. 
Tribunale di Roma, ordinanza 13 gennaio 1982, n. 227, G.U. 1 settembre 1982, 
n. 
241. 
Tribunale di Roma, ordinanza 12 gennaio 1982, n. 204, G.U. 15 settembre 1982, 
n. 255. 
Tribunale di Roma, ordinanza 27 gennaio 1982, n. 205, G. U. 15 settembre 1982, 
n. 
255. 
Tribunale di Roma, ordinanz� 10 febbraio 1982, n. 225, G.U. 15 settembre 1982, 
n. 
255. 
Tribunale di Roma; ordinanzl\ 13 gennaio 1982, n. 226, G.U. 15 settembre, 1982, 
n. 
255. 
Tribunale di Roma, ordinanza 20 febbraio 1982, n. 291, G.U. 22 settembre 1982, 
n. 
262. 
Tribunale di Roma, ordinanza 9 febbraio 1982, n. 292, G.U. 22 settembre 1982, 
n. 262. 
Tribunale di Roma, ordinanza 27 febbraio 1982, n. 293, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262. 
Tribunale di Roma, ordinanza 17 febbraio 1982, n. 294, G.U. 29 settembre 
1982, n. 269. 
Tribunale di Monza, ordinanza 12 gennaio 1982, n. 307, G.U. 13 ottobre 1982, 
a~ 


Tribunale di Monza, ordinanza 17 febbraio 1982, n. 308, G.U. 13 ottobre 1982, 

n. 
283. 
Tribunale di Monza, ordinanza 23 febbraio 1982, n. 309, G.U. 13 ottobre 1982. 
n. 
283. 
Tribunale di Roma, ordinanza 16 gennaio 1982, n. 355, G.U. 20 ottobre 1982, 
n. 290. 

178 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Tribunale di Roma, ordinanza 24. marzo 1982, n. 348, G.U. 27 ottobre 1982, 


n. 297. ~: 
Tribunale di Roma, ordinanza 23 marzo 1982, n. 349, G.U. 27 ottobre 1982, 

n. 297. 
i 

Tribunale di Roma, ordinanza 23 marzo 1982, n. 350, G.U. 27 ottobre 1982, 

n. 297. 
Tribunale di Roma, ordinanza 10 marzo 1982, n. 351, G.U. 27 ottobre 1982, 

n. 297. 
Tribunale di Roma, ordinanza 27 marzo 1982, n. 352, G.U. 27 ottobre 1982, 

n. 297. 
Tribunale di Roma, ordinanza 24 marzo 1982, n. 353, G.U. 27 ottobre 1982, 

n. 297. 
legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 13 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 16 marzo 1982, n. 342, G.U. 20 ottobre 1982, 

I

n. 290. 
I ~ 

legge 2 marzo 1949, n. 143, art. 18 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Padova, ordinanza 22 gennaio 1982, n. 258, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

f: 
I i; 

legge 11 aprile 1950, n. 130, art. 4, ultimo comma (artt. 3, 36 e 37 della Costituzione). 


Consiglio di Stato, sezione quarta, ordinanza 23 giugno 1981, n. 169/82, G.U. 
8 settembre 1982. n. 248. 

I i: 

legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 8 [modificato dall'art. 2-quinquies d. I. 19 giu� 
gno 1974, convertito con modif. nella legge 12 agosto 1974, n. 351] (art. 24 della 
Costituzione). f: 

Pretore di Firenze, ordinanza 27 gennaio 1982, n. 297, G. U. 22 settembre 1982, 

I

n. 262. 
I 

legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 11 (art. 44 della Costituzione). 

I 

Tribunale di Brindisi, ordinanza 4 novembre 1981, n. 130/82, G.U. 28 luglio ~ 
1982, n. 206. 

legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 35 (artt. 3/1, 24/l, e 113/I della Costituzione). 

I

Pretore di Domodossola, ordinanza 16 gennaio 1982, n. 277, G.U. 29 settembre 
1982, n. 269. ! 

legge 8 gennaio 1952, n. 6, art. 2 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). 


Pretore di Milano, ordinanz<t 10 aprile 1981, n. 217/82, G.U. 15 settembre 1982, 
n. 255. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 4 aprile 1952, n. 218, art. �15 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Sanremo, ordinanza 2 febbraio 1982, n. 118, G.U. 7 luglio 1982, 

n. 185. 
Pretore di Cagliari, ordinanza 10 marzo 1982, n. 437, G.U. 6 ottobre 1982, 
Il. 276. 

legge 25 luglio 1952, n. 991, art. 8, seconda parte (artt. 3 e 44, secondo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Cosenza, ordinanza 12 giugno 1981, n. 133/82, G.U. 11 agosto 
1982, n. 220. 

legge reg. Sicilia 28 aprile 1954, n. 11, art. 9 (artt. 3 della Costituzione e 36 
dello statuto speciale regione Sicilia). 

Commissione tributaria di secondo grado di Catania, ordinanze (sette) 28 
maggio 1981, nn. da 109 a 115/82, G.U. 7 luglio 1982, n. 185. 

legge 19 marzo 1955, n. 160, art. 10 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 18 novembre 
1981, n. 257/82, G.U. 22 settembre 1982, n. 262. 

legge 31 luglio 1956, n. 991, art. 1 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). 


Pretore di Milano, ordinama 10 aprile 1981, n. 217/82, G.U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modificato dall'art. 5 legge 5 maggio 
1976, n. 313] (artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione). 
Pretore di Riesi, ordinanza 25 marzo 1981, n. 195/82, G.U. 25 agosto 1982, 

n. 234. 
legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Verona, ordinanza 17 dicembre 1981, n. 157/82 G.U. 18 agosto 1982, 

n. 227. 
legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Mantova, ordinanza 17 dicembre .1981, n. 104/82, G.U. 7 luglio 
1982, n. 185. 
Tribunale di Isernia, ordinanza 3 dicembre 1981, n. 150/82, G.U. 11 agosto 1982, 
Il. 220. 

Pretore di Siena, ordinanza 25 febbraio 1982, il. 245, G.U. 1� settembre 1982, 

n. 
241. 
Pretore di Pisa, ordinanza 9 marzo 1982, n. 295, G.U. 22 settembre 1982, 
n. 262. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lettera a) (artt. 3 e 38 
della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 5 marzo 1981, 11. 135/82, G.U. 28 luglio 1982, 

11. 206. 
legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Isernia, ordinanza 3 dicembre 1981, n. 150/82, G.U. 11 agosto 
1982, n. 220. 
Tribunale di Macerata, ordinanza 3 febbraio 1982, n. 152, G.U. 18 agosto 1982. 
Il. 227. 

legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma (artt. 3 e 38, secondo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Fermo, ordinanza 19 marzo 1982, n. 381, G.U. 6 ottobre 1982, 

n. 276. 
d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (art. 3 della Costituzione). 
Corte d'Appello di Lecce, ordinanza 13 gennaio 1982, n. 147, G.U. 21 luglio 
1982, n. 199. 

Tribunale di Modena, ordinanza 10 giugno 1981, n. 259/82, G.U. 29 settembre 
1982, n. 269. 

d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 3, 11 e 41 della Costituzione). 
Tribunale di Modena, ordinanza 10 giugno 1981, n. 259/82, G.U. 29 settembre 
1982, Il. 269. 

d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). 
Corte d'Appello di Lecce, ordinanza 5 marzo 1982, n. 270, G.U. 22 settembre 
1982, Il. 262. 

d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Corte d'Appello di Lecce, ordinanza 21 gennaio 1982, n. 191, G. U. 1� settembre 
1982, n. 241. 

Tribunale di Pinerolo, ordinanza 17 febbraio 1982, n. 334, G.U. 20 ottobre 
1982, Il. 290. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 18 settembre 1981, n. 186/82, G.U. 25 agosto 
1982, Il. 234. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 e relativa tab. ali. 4 n. 38 [modificato 
dal d.P.R. 9 giugno 1975, n. 482] (artt. 3, 32, primo comma, e 38, primo comma, 
della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 17 maggio 1982, n. 470, G.U. 6 ottobre 1982. 
Il. 276. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4, terzo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 16 ottobre 1981, n. 120/82, G.U. 21 luglio 1982, 
Il. 199. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 77 (artt. 3 e 29 della Costituzione). 
Pretore di Reggio Emilia, .ordinanza 10 febbraio 1982, n. 211, G.U. 15 settemore 
1982, n. 255. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 83 e 137 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 16 dicembre 1981, n. 185/82, G.U. 1� settembre 
1982, n. 241. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di La Spezia, ordinanza 22 marzo 1982, n. 358, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 131 e 139 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Desio, ordinanza 5 novembre 1981, n. 137/82, G.U. 28 luglio 1982, 

n. 206. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 134 [correlato all'allegato 4, n. 44, modificato 
con dP.R. 9 giugno 1975, n. 482] (artt. 3, 24, primo comma e 38, secondo 
comma, della Costituzione) 
Pretore di Vercelli, ordinanza 27 gennaio 1982, n. 216, G.U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, combinato disposto art. 134, primo comma, e 
tabella allegato n. 4 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 10 rnarzo 1982, n. 317, G.U. 27 ottobre 1982, 

n. 
297. 
Pretore di Padova, ordinanza 10 marzo 1982, n. 318, G.U. 27 ottobre 1982, 
n. 297. 
legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 21, primo comma (artt. 3, 30, 31 e 38 della 
Costituzione). 

Pretore di Caltanissetta, ordinanza 17 marzo 1982, n. 388, G.U. 20 ottobre 
1982, n. 290. 

legge 4 agosto 1965, n. 1103, art. 12 (artt. 3 e 18 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 14 gennaio 1982, n. 326, G.U. 13 ottobre 1982, 

n. 283. 
legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Tribunale di Reggio Calabria, ordinanza 16 marzo 1982, n. 333, G. V. 27 ottobre 
1982, n. 297. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 2 ottobre 1967, n. 895, artt. 2 e 7 [sostituiti dalla legge 14 ottobre 1974, 

n. 497, artt. 10 e 14] (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 27 marzo 1981, n. 140/82, G.U. 11 agosto 
1982, n. 220. 

Tribunale di Macerata, ordinanza 22 gennaio 1982, n. 260, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

Tribunale di Macerata, ordinanza 5 febbraio 1982, n. 261, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 7 [sostituito dall'art. 14 legge 14 ottobre 
1974, n. 497] (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 8 marzo 1982, n. 271, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

legge 1" marzo 1968, n. 151, art. 2 (artt. 3, primo comma, e 36 della Costituzione). 


Pretore di Arezzo, ordinanza 9 febbraio 1982, n. 303, G.U. 13 ottobre 1982, 

n. 283. 
legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, Iett. b) (artt. 3, 36 e 38 
della Costituzione). 

Pretore di Venezia, ordinanza 1� aprile 1982, n. 364, G.U. 13 ottobre 1982, 

n. 283. 
legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (artt. 3, 4, 35 e 38 della Costituzione). 

Pretore di S. Vito al Tagliamento, ordinanza 19 febbraio 1982, n. 274, G.U. 
22 settembre 1982, n. 262. 

legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 10 e 11 (artt. 3 e 41 della Costitu7ione). 

Pretore di Sal�, ordinanza 12 gennaio 1982, n. 107, G.U. 7 luglio 1982, n. 185. 

d.P.R. 27 aprile 1968, 11. 488, art. 5 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 13 luglio 1981, n. 187/82, G.U. 8 settembre 1982, 

n. 248. 
Pretore di Milano, ordinanza 24 giugno 1981, n. 188/82, G.U. 8 settembre 
1982, Il. 248. 

d.l. 30 agosto 1968, n. 910, art. 18, nono comma [convertito in legge 25 ottobre 
1968, n. 1089] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Campobasso, ordinanza 22 ottobre 1979, n. 390/82, G.U. 20 ottobre 
1982, n. 290. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 14, sesto comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 13 luglio 1981, n. 187/82, G.U. 8 settembre 1982, 

n. 248. 
Pretore di Milano, ordinanza 24 giugno 1981, n. 188/82, G.U. 8 settembre 
1982, n. 248. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 18J 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 3 della Costituzione) .. 

Tribunale di Isernia, ordinanza 3 dicembre 1981, n. 150/82, G.U. 11 agosto 
1982, n. 220. 

Pretore di Siena, ordinanza 25 febbraio 1982, n. 245, G.U. 1� settembre 1982, 

n. 241. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 5 marzo 1981, n. 135/82, G.U. 28 luglio 1982, 

n. 206. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25 (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Camerino, ordinanza 8 febbraio 1982, n. 179, G.U. 8 settembre 
1982, n. 248. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 3, 24 e 25 �della Costituzione). 

Pretore di Viterbo, ordinanza 13 febbraio 1982, n. 223, G.U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

legge 24 maggio 1970, n. 336, artt. 3 e 4 (artt. 2, 3 e 52 della Costituzione). 

Tribunale di Parma, ordinanza 3 marzo 1982, n. 328, G.U. 20 ottobre 1982, 

n. 290. 
dJ. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 28 [convertito in legge 18 dicembre 1970, 

n. 1034] (artt. 3 e 23 della Costituzione). 
Pretore di Ventimiglia, ordinanza 26 aprile 1982, n. 383, G.U. 20 ottobre 
1982, n. 290. 

legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 16-ter [connesso con l'art. 47 del d.P.R. 
30 giugno 1972, n. 748] (artt. 3, 36, 103 e 104 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 3 giugno 
1981, n. 221/82, G.U. 8 settembre 1982, n. 248. 

legge 1� dicembre 1970, n. 898, art. 5, primo comma (artt. 3, 24 e 30 della 
Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 26 gennaio 1982, n. 376, G.U. 27 ottobre 1982, 

n. 297. 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 7 (artt. 10 e 76 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Napoli, ordinanza 25 settembre 
1981, n. 146/82, G.U. 21 luglio 1982, n. 199. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10 (art. 76 della Costituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, ordinanza 12 dicembre 
1981, n. 178/82. G.U. 8 settembre 1982, n. 248. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 11 (art. 76 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Udine, ordinanza 3 novembre 
1981, n. 266/82, G.U. 22 settembre 1982, n. 262. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 51 (artt. 3, 42 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 22 gennaio 1981, 

n. 
249/82, G.U. 22 settembre 1982, n. 262. 
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 22 gennaio 1981, 
n. 306/82, G. U. 13 ottobre 1982, n. 283. 
legge 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 7, 19 e 21 (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). 


Pretore di Viterbo, ordinanza B febbraio 1982, n. 223, G.U. 15 settembre 1982, 

n. 255. 
legge 30 dicembre 1971, n. 1204, artt. 4 e 10 (artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione). 


Pretore di Milano, ordinanza 12 febbraio 1982, n. 247, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262 

legge provinciale di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo e terzo 
comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 24 novembre 1981, n. 189/82, G.U. -8 settembre 
1982, n. 248. 
Corte d'appello di Trento, ordinanza 26 gennaio 1982, n. 272, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262 

legge provinciale di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo comma, 
primo periodo, e terzo comma (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 17 novembre 1981, n. 139/82, G.U. 
4 agosto 1982, n. 213. 
Corte d'appello di Trento, ordinanza 9 febbraio 1982, n. 230, G.U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

legge provinciale di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo comma, 
primo periodo, terzo comma, e art. 24, primo comma, primo e secondo periodo 
(artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 16 febbraio 1982, n. 229, G.U. 15 set� 
ternbre 1982, n. 255. 

legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 13, primo comma, secondo 
periodo [cos� come modif. dall'art. 7 legge prov. 22 maggio 1978, n. 23] (artt. 3 
e 42, terzo comma, della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 16 marzo 1982, G.U. 13 ottobre 1982, 
Il. 283 


PARTE II, LEGISLAZIONE 18) 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 50, quarto comma; e 58 (artt. 3 e 112 della 
Costituzione). 
Tribunale di Sassari, ordinanza 20 gennaio 1982, n. 263, G.U. 1� settembre 
1982, n. 241. 

Tribunale di Sassari, ordinanza 20 aprile 1982, n. 430, G.U. 29 settembre 
1982, n. 269. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 62 (artt. 24 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 7 novembre 
1981, n. 248/82, G.U. 22 settembre 1982, n. 262. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, artt. 4 e 47 tabella ali. A (artt. 10 e 76 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Napoli, ordinanza 25 settembre 
1981, n. 146/82, G.U. 21 luglio 1982, n. 199. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, art. 17, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Modena, ordinanza 9 aprile 1981, 

n. 218/82, G.U. 15 settembre 1982, n. 255. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 17 (art. 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Piacenza, ordinanza 30 ottobre 
1981, n. 156/82, G.U. 18 agosto 1982, n. 227. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 17, secondo comma, prima parte (artt. 
3, 24 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 3 novembre 
1981, n. 340/82, G.U. 29 settembre 1982, n. 269. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 22, primo comma, e 38, terzo comma 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado. di Ferrara, ordinanza 6 aprile 
1981, n. 345/82, G.U. 29 settembre 1982, n. 269. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. �636, art. 44, primo e terzo comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 16 maggio 1978, 

n. 166/82, G.U. 8 settembre 1982, n. 248. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 13, terzo comma (artt. 3 e 53 della Costi� 
tuzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Modena, ordinanza 19 giugno 
1981, n. 240/82, G.U. 22 settembre 1982, n. 262. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di. primo grado di Roma, ordinanza 16 febbraio 
1979, n. 208/82, G.U. 15 settembre 1982, n. 255. 


186 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Ferrara, ordinanza 15 giugno 
1981, n. 327/82, G.U. 27 ottobre 1982, n. 297. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (artt. 42, secondo e terzo comma, 
e 53, primo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 16 febbraio 
1979, n. 208/82, G.U. 15 settembre 1982, n. 255. 

legge prov. Trento 30 dicembre 1972, n. 31, art. 28, primo e quinto comma 
[come modif. dalla legge prov. Trento 23 ottobre 1974, n. 33] (artt. 3 e 42, terzo 
comma della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 16 febbraio 1982, n. 252, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

legge provinciale di Trento 30 dicembre 1972, n. 31, art. 28, primo, quinto e ottavo 
comma [modificata dalla legge provinciale 29 ottobre 1974, n. 33] (artt. 3 
e 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 15 dicembre 1981, n. 128/82, G.U. 28 luglio 
1982, n. 206. 

legge prov. di Trento 30 dicembre 1972, n. 31, art. 28, primo e quinto comma 
(artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 16 febbraio 1982, n. 235, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 332 (artt. 3 e 27, secondo comma, e 13, ultimo 
cpv., della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 10 luglio 1981, n. 231/82, G. U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93 (artt. 3, 28 e 113 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 18 novembre 1981, n. 233/82, G.U. 8 settembre 
1982, n. 248. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 4, 10 e 15 (artt. 3, 29, 30, 31 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 8 maggio 1981, 

n. 209/82, G.U. 15 settembre 1982, n. 255. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 5 e 10 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Biella, ordinanza 29 settembre 
1981, n. 122/82, G.U. 14 luglio 1982, n. 192. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. d) (artt. 3 e 32 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 
7 novembre 1981, n. 337/82, G.U. 1� settembre 1982, n. 241. 

I 


I


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t: 
I 


I 



.PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. d) [come modificato dalla legge 
11 aprile 1977, n. 111, art. 5] (artt. 6 e 32, primo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanza 22 dicembre 
1981, n. 496/82, G.U. 6 ottobre 1982, n. 276. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e) e 46, secondo comma (artt. 3, 
38, 53 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Napoli, ordinanza 10 dicembre 
1981, n. 302/82, G.U. 13 ottobre 1982, n. 283. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 13, secondo comma (artt. 3, 24 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 15 ottobre 
1981, n. 347/82, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 51, ultimo comma, e 58 (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Biella, ordinanza 21 settembre 
1981, n. 123/82, G.U. 7 luglio 1982, n. 185. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 68 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Belluno, ordinanza 12 novembre 
1981, n. 180/82, G.U. 8 settembre 1982, n. 248. 
Commissione tributaria di secondo grado di Belluno, ordinanza 12 novembre 
1981, n. 181/82, G.U. 8 settembre 1982, n. 248. 
Commissione tributaria di secondo grado di Belluno, ordinanza 12 novembre 
1981, n. 182/82, G.U. 8 settembre 1982, n. 248. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 74, secondo comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 22 ottobre 1981, 

n. 197/82, G.U. 25 agosto 1982, n. 234. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 46 (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, ordinanza 12 dicembre 
1981, n. 178/82, C.U. 8 settembre 1982, n. 248. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. dal 46 al 57 (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Udine, ordinanza 3 novembre 1981, 

n. 266/82, G. U. 22 settembre 1982, n. 262. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 47 e 55 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Imperia, ordinanza 11 novembre 
1981, n. 267/82, G. U. 29 settembre 1982, n. 269. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56 (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di Mantova, ordinanza 5 febbraio 1982, n. 301, G. U. 29 settembre 
1982, n. 269. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

188 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56, sesto comma (art. 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Gorizia, ordinanza 21 dicembre 
1981, n. 312/82, G. U. 20 ottobre 1982, n. 290. 

d.P.lt 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzi:One). 

Commissione tributaria di primo grado di Modena, ordinanza 13 ottobre 
1981, n. 239/82, G. U. 25 agosto 1982, n. 234. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 42 (artt. 10 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Napoli, ordinanza 25 settembre 
1981, n. 146/82, G. U. 21 luglio 1982, n. 199. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 6�2, artt. 7, 8, 92 e 98 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanta 14 maggio 
1980, n. 141/82, G. U. 11 agosto 1982, n. 220. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 54, secondo comma (artt. 24 e 113 della 
Costituzione). 
Pretore di Pergine Valsugana, ordinanza 9 gennaio 1982, n. 121, G. U. 28 lu� 
glio 1982, n. 206. 

legge 18 dicembre 1973, n. 877 (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). 
Pretore di Treviglio, ordinanza 4 novembre 1981, n. 279/82, G. U. ~ settembre 
1982, n. 241. 
Pretore di Treviglio, ordinanza 4 novembre 1981, n. 280/82, G. U. settembre 
1982, n. 241. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 30 luglio 1981, n. 315/82, G.U. 29 settembre 
1982, n. 269. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 30 luglio 1981, n. 316/82, G.U. 29 settembre 
1982, n. 269. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 28 ottobre 1981, n. 335/82, G. U. 29 settembre 
1982, n. 269. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 19 ottobre 1981, n. 336/82, G. U. 29 settem� 
bre 1982, n. 269. 

Pretore di Pistoia, ordinanza 21 ottobre 1981, n. 357/82, G. U. 6 ottobre 1982, 

n. 276. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 9 novembre 1981, n. 396/82, G. U. 6 ottobre 
1982, n. 276. 

legge 18 dicembre 1973, n. 877, art. 1, primo comma (artt. 70, 72 e 73 della 
Costituzione). 
Pretore di Piacenza, ordinanza 27 gennaio 1982, n. 136, G. U. 28 luglio 1982, 

n. 206. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 13, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per� la Lombardia, ordinanza 19 gennaio 
1982, n. 184, G. U. 8 settembre 1982, n. 248. 

-



PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ar. 169 (art. 76 della Costituzione). 
Corte dei Conti, sezione quarta, ordinanza 25 marzo 1980, n. 232/82, G. U. 
22 settembre 1982, n. 262. 

legge 14 giugno 1974, n. 270 (art. 42 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 15 dicembre 1981, n. 300/82, G. U. 13 ottobre 
1982, n. 283. 

d.l. 8 luglio 1974, n. 264, art. 4, primo comma [convertito in legge 17 agosto 
1974, n. ,386] (artt. 3 e 23 della Costituzione). 
Pretore di Ventimiglia, ordinanza 26 aprile 1982, n. 383, G. U. 20 ottobre 1982, 

n. 290. 
legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 14 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 19 febbraio 1982, n. 228, G. U. 15 settembre 
1982, n. 255. 
Corte d'appello de L'Aquila, ordinanza 10 febbraio 1982, n. 254, G. U. 22 set� 
tenibre 1982, n. 262. 
Tribunale di Udine, ordinanza 17 marzo 1982, n. 290, G. U. 22 settembre 
1982, n. 262. 
Tribunale di Roma, ordinanza 25 febbraio 1982, n. 288, G. U. 29 settembre 
1982, n. 269. 
Tribunale di Mantova, ordinanza 25 febbraio 1982, n. 289, G. U. 29 settembre 
1982, n. 269. 

legge reg. Veneto 17 aprile 1975, n. 36, artt. 1, 5, ultimo comma, 16 e 18 
(artt. 42 e 117 della Costituzione) � 

Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 5 luglio 1978, 

n. 
251/82, G. U. 1 settembre 1982, n. 241. 
legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, terzo comma (art. 25, secondo comma. 
della Costituzione). 

Tribunale di Orvieto, ordinanza 11 febbraio 1982, n 190, G. U. 25 agosto 1962, 

n. 
234. 
Tribunale di Udine, ordinanza 27 gennaio 1982, n. 220, G. U. 25 agosto 1982, 

n. 
234. 
Tribunale di Teramo, ordinanza 18 febbraio 1982, n. 242, G. U. 25 agosto 1982, 
n. 234. 
Tribl'male di Udine, ordinanza 15 gennaio 1982, n. 253, G. il. 1 settembre 1982, 
n. 
241. 
Tribunale di Udine, ordinanza 31 marzo 1982, n. 314, G. U. 29 settembre 1982, 
n. 
269. 
Tribunale di� Vigevano, ordinanza 29 ottobre 1981, 11; 391/82, G.U. 6' ottobre 
1982, n. 276. ' 
Tribunale di Vigevano, ordinanza 12 novembre 1981, n. 392/82, G. U. 6 ottobre 
1982; n. 276. 
Tribunale di Udine, ordinanza 14 maggio 1982, n. ,458, G. U. 6 ottobre 1982, 

n. 
276. 

190 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
Tribunale di Udine, ordinanza 30 aprile 1982, n. 459, G.U. 6 ottobre 1982, 

n. 
276. t 
Tribunale di Udine, ordinanza 14 maggio 1982, n. 497, G. U. 6 ottobre 1982, 
n. 276. ~� 
Tribunale di Udine, ordinanza 14 maggio 1982, n. 498, G.U. 6 ottobre 1982, 
I\'

n. 276. 
Tribunale di Udine, ordinanza 25 maggio 1982, n. 525, G. U. 6 ottobre 1982, 

n. 276. 
legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, terzo comma (artt. 3, 25, secondo comma, 
e 101 della Costituzione). 

Tribunale di Monza, ordinanza 14 aprile 1982, n 393, G. U. 6 ottobre 1982, 

n. 276. 
legge 18 aprile 1975, 11. 110, art. 2, terzo comma (artt. 25, secondo comma, e 
101 della Costituzione). 

Tribunale di Udine, ordinanza 15 gennaio 1982, n 210, G. U. 25 agosto 1982, 

n. 234. 
legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 5, quarto e sesto comma (art 3, primo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Ravenna, ordinanza 10 febbraio 1982, n. 168, G. U. 28 luglio 1982, 

n. 206. 
legge 20 maggio 1975, n. 164, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 16 ottobre 1981, n 98/82, G. U. 7 luglio 
1982, n. 185. 

legge 3 giugno 1975, n. 160, artt. 9 e 10 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 3 giugno 1981, n 213/82, G. U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 27, terzo comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 13 luglio 1981, n 187/82, G. U. 8 settembre 1982, 

n. 248. 
Pretore di Milano, ordinanza 24 giugno 1981, n. 188,'82, G. U. 8 settembre 
1982, n. 248. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 54 (art. 27 della Costituzione). 

Sezione di sorveglianza presso la Corte d'appello di Firenze, ordinanza 
28 ottobre 1981, n. 246/82, G. U. 22 settembre 1982, n. 262. 

legge reg. Lazio 2 dicembre 1975, n. 79, art. 1 (art. 117 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 6 luglio 1981, n. 126/82, G. U. 21 luglio 1982, 

n. 199. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 19 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanza 14 agosto 
1981, n. 175/82, G. U. 8 settembre 1982, n. 248. 
Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanza 15 aprile 
1981, n. 214/82, G. U. 15 settembre 1982, n. 255. 
Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanza 14 agosto 
1981, n. 215/82, G. V. 15 settembre 1982, n. 255. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 71, primo e quarto comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Tribunale di Sassari, ordinanza 30 marze> 1982, n. 341, G. V. 20 ottobre 1982, 

n. 
290. 
Tribunale di Sassari, ordinanza 8 aprile 1982, n. 429, G. V. 20 ottobre 1982, 
n. 290. 
legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 97, 99, 100, 101 e 102 (artt. 3, 32, 101 e 102 
della Costituzione). 

Pretore di Lecce, ordinanza 22 gennaio 1982, n. 159, G. V. 25 agosto 1982, 

n. 234. 
legge 5 maggio 1976, 11. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Montefiascone, ordinanza 11 marzo 1982, n. 421, G. V. 6 ottobre 
1982, n. 276. 

legge 10 maggio 1976, n. 319, artt. 6, primo comma, lettera a), 9, terzo comma, 
e 15, sesto e settimo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Ravenna, ordinanza 2 febbraio 1982, n. 167, G. U. 25 agosto 1982. 

n. 234. 
d.P.R. 24 dicembre 1976, n. 937, art. 9, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 27 gennaio 
1982, n. 373, G. li. 27 ottobre 1982, n. 297. 

d.P.R. 4 luglio 1977, n. 1184, art. 1, secondo comma (art. 76 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 12 giugno 1981, n. 158/82, G. V. 18 agosto 1982, 

n. 227. 
d.P.R. 22 luglio 1977, n. 422, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 novembre 1980, 

n. 222/82, G. U. 15 settembre 1982, n. 255. 
legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 4, primo comma (artt. 3 e 37 della Costituzione). 
� 

Pretore di Milano, ordinanza 7 ottobre 1981, n. 138/82, G. V. 28 luglio 1982, 

n. 206. 
legge 9 dicembre 1977, n. 903, artt. 6 e 8 (artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 12 febbraio 1982, n. 247, G. V. 22 settembre 
1982, n. 262. 


192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8, primo comma (artt. 42, secondo e terzo 
comma, e 53, primo comma, della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 16 febbraio 1979, 

n. 208/82, G. U. 15 settembre 1982, n. 255. 
I 

legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. Il, terzo comma (artt. 3, 8, 19 e 20_ della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Vercelli, ordinanza 17 feb� 
braio 1982, n. 304, G. U. 13 ottobre 1982, n. 283. 
Commissione tributaria di primo grado di Vercelli, ordinanza 17 feb� 
braio 1982, n. 305, G. U. 13 ottobre 1982, n. 283. 

d.-1. 23 dicembre 1977, n. 942 [con i commi aggiunti della legge di conversione 
27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, primo comma, 36 e 38 della Costituzione). 

II

Pretore di La Spezia, ordinanza 3 marzo 1982, n. 278, G. U. 13 ottobre 1982, 

n. 283. 
j

d.-1. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito in legge 27 febbraio 1978, n. 41] 

(artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 11 gennaio 1982, n. 108, G. U. 7 luglio 1982, n. 185. 

I 
~ 

legge 27 febbraio 1978, n. 41 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). ~ 
k 

' 

Tribunale di Torino, ordinanza 3 giugno 1981, n. 213/82, G. U. 15 settem� 
bre 1982, n. 255. 


legge 28 febbraio 1978, n. 41, art. 7 (artt. 3 e 44, secondo comma, della Co� 
stituzione). 


Tribunale di Cosenza, ordinanza 12 giugno 1981, n. 133/82, G. U. 11 ago� 
sto 1982, n. 220. 


d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (artt. 10 e 76 della Costituzione). 
I

Commissione tributaria di primo grado di Napoli, ordinanza ,25 settembre 
1981, n. 146/82, G. U. 21 luglio 1982, n. 199. 


I

legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, primo e secondo comma (artt. 3, 4Z e 44 

della Costituzione). ~ 

Tribunale di Salerno, ordinanza 22 gennaio 1982, n. 319, G.U. 29 settem� ~ 

I r: 

bre 1982, n. 269. 
Tribunale di Salerno, ordinanza 20 gennaio 1982, n. 321, r;. u. 29 .settem� 
bre 1982, n. 269. 


~ 

Tribunale di Salerno, ordinanza 20 gennaio 1982. n. 379, G. U. 6 ottobre 1982, 
Il. 276. �;-, ��~ if 


f 

Tribunale di Salerno, ordinanza 20 gennaio 1982, n. 320, G. U. 13 ottobre 1982, 

n. ;!83. ! 
legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, primo e secondo comma (artt. 42 e 136 
della Costituzione). 


Tribunale di Larino, ordinanza 30 marzo 1982, n..298, G. U. 1� settembre 1982, 

n. 241. 

PARTE li, LEGISLAZIONE 19, 

legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, secondo comma (artt.. 42, secondo comma, 
e 44, primo comma, della Costituzione). 

Corte d'appello di Napoli, ordinanza 24 marzo 1982, n. 409, G. U. 6 ottobre 
1982, n. 276. 

legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, secondo e terzo comma (artt. 3, 4, 42 e 44 
della Costituzione). 

Tribunale di Brindisi, ordinanza 2 dicembre 1981, n. 129/82, G. U. 21 luglio 
1982, n. 199. 

legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12, secondo comma (artt. 24 e 25 della Costituzione). 


Pretore di Urbino, ordinanza 25 gennaio 1982, n. 131, G. U. 28 luglio 1982, 

n. 206. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1 e 65 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1982, n. 177, G. U. 8 settembre 1982, 

n. 248. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 3, secondo comma, 41 e 42 della 
Costituzione). 

Pretore di Ciri�, ordinanza 2 febbraio 1982, n. 243, G. U. 22 settembre 1982, 

n. 262. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e. 65 (artt. 2, 41, 42 e 47 della Costituzione). 

Pretore di Ciri�, ordinanza 29 gennaio 1982, n. 244, G. U. 22 settembre 1982, 

n. 262. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 65 (artt. 2, 3, 41, 42 e 47 della Costituzione). 


Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1982, n. 177, G. U. 8 settembre 1982, 
n, 248. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 4 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di . Roma, ordinanza 27 novembre 1981, n. _155/82, G. U. 18 agosto 
1982, n. 227. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 6 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Rodi Garganico, ordinanza 21 dicembre 19$1, n. 116/82, G. U. 7 luglio 
1982, n. 185. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 13, quinto comma, lett. b) (art. 3 della Costituzione). 
� , , ... 

Pretore di Bologna, ordinanza 16 marzo 1982, n. 313, G. U. J3 ottobre.-1982, 

n. 283. 

194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Pretore di La Spezia, ordinanza 30 marzo 1982, n. 331, G. U. 20 ottobre 1982, 
Il. 290. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16 (artt. 3, 24, primo comma, e 113, primo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 18 gennaio 1982, n. 124, G. U. 21 luglio 1982, 
Il. 199. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16, primo comma (artt. 3 e 24, primo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di La Spezia, ordinanza 25 gennaio 1982, n. 163, G. U. 18 agosto 1982, 
Il. 2rJ. 

legge 27 foglio 1978, n. 392, art. 16, secondo comma (artt. 3, 24 e 113 della 
Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 21 ottobre 1981, n. 238/82, G. U. 8 settembre 1982, 

n. 248. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 27 e 67 (artt. 3, 35 e 41 della Costituzione). 

Pretore di Montefiascone, ordinanza 16 ottobre 1981, n. 100/82, G. U. 7 luglio 
1982, n. 185. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Forl�, ordinanza 7 gennaio 1982, n. 127, G. U. 21 luglio 1982, 

n. 199. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 65, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Genova, ordinanza 16 novembre 1981, n. 234/82, G. U. 15 settembre 
1982, n. 255. 
Pretore di Napoli, ordinanza 17 marzo 1982, n. 282. G. U. 29 settembre 1982, 

n. 269. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58, 59, n. 2, e 65 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 16 luglio 1981, n. 237/82, G. U. 22 settembre 1982, 
Il. 262. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 21.luglio 1979, n. 285/82, G. U. 29 settembre 1982, 

n. 269. 
legge 3 agosto 1978, n. 405, art. 12 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di Cassazione, ordinanza 24 giugno 1981, n. 164/82, G. U. 18 agosto 1982, 
Il. 2rJ. 

legge 21 dicembre 1978. n. 843, art. 16 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione) 

Tribunale di Torino, ordinanza 3 giugno 1981, n .213/82, G. U. 15 settem� 
bre 1982, n. 255. 

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PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 21 dicembre 1978, n. 843, artt. 16 e 18 (artt. 3, primo comma, 36 e 38 
della Costituzione). 

Pretore di La Spezia, ordinanza 3 marzo 1982, n. 278, G. U. 13 ottobre 1982, 

n. 283. 
legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 20 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Sanremo, ordinanza 2 febbraio 1982, n. 118, G. U. 7 luglio 1982, 

n. 
185. 
Pretore di Cagliari, ordinanza 10 marzo 1982, n. 437, G. U. 6 ottobre 1982, 
n. 276. 
legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 30 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Chiavari, ordinanza 13 maggio 1982, n. 439, G. U. 6 ottobre 1982, 

n. 276. 
d.P.R�. 29 gennaio 1979, n. 24, artt. l, punto 37, e 3, quarto comma (artt. 3 
e 25 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado dell'Aquila, ordinanza 27 ottobre 1980, 

n. 276/82, G. U. 29 settembre 1982, n. 269. 
d.-1. 30 gennaio 1979, n. 26, art. 4 [convertito in legge 3 aprile 1979, n. 95] 
(art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 8 marzo 1982, n 339, G. U. 29 settembre 1982, 

n. 269. 
legge 2 aprile 1979, n. 97, art. 15 (artt. 3, 36, primo comma e 53, primo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 9 dicembre 1981. 

n. 106/82, G. U. 14 luglio 1982, n. 192. 
legge reg. Lazio 28 settembre 1979, n. 79, art. 4 (artt. 117 e 119 della Costituzione). 


Tribunale di Roma, ordinanza 15 dicembre 1981, n. 250/82, G. U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

legge 23 novembre 1979, n. 595 (artt. 3, 4, 42 e 44 della Costituzione). 

Tribunale di Brindisi, ordinanza 2 dicembre 1981, n. 129/82, G. U. 21 lu 
glio 1982, p. 199. 

legge 23 novembre 1979,, u. 595 (artt. 42 e 136 della Costituzione). 

Tribunale di Larino, ordinanza 30 marzo 1982, n. 298, G. U. 1� settembre 1982, 

n. 241. 
d.-1. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 [modificato con legge 29 febbraio 1980, 

n. 33] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Cagliari, ordinanza 10 marzo 1982, n. 437, G. U. 6 ottobre 1982, 

n. 276. 

196 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 29 febbraio 1980, n. 33, art. 14 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Sanremo, ordinanza 2 febbraio 1982, n. 118, G. U. 7 luglio 1982, 

n. 185. 
legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 8 gennaio 1982, n. 194, G. U. 15 settembre 1982, 

n. 255. 
d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58 (artt. 3, 51, 76 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 3 dicembre 1981, 
n 296/82, G. U. 22 settembre 1982, n. 262. 

legge 29 luglio 1980, n. 385, art. 1 (artt. 24, 42 e 136 della Costituzione). 

Corte d'appello di Milano, ordinanza 3 novembre 1981, n. 145/82. G. U. 11 agosto 
1982, n. 220. 

legge 29 luglio 1980, n. 385, art. 1, primo, secondo e quarto comma (art. 42, 
terzo comma, e 136, primo comma, della Costituzione). 

Corte d'appello di Firenze, ordinanza 30 ottobre 1981, n. 198/82, G. U. 15 settembre 
1982, n, 255. 
Corte d'appello di Firenze, ordinanza 15 gennaio 1982, n. 199, G. U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

legge prov. di Bolzano 1� agosto 1989, n. 29, art. 30, terzo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Bolzano, ordinanza 12 febbraio 1982, n. 281, G. U. 29 settembre 1982, 

n. 269. 
legge 8 agosto 1980, n. 441, art. 10.bis, secondo comma (artt. 101, 102, 103, 104, 
3, 25 e 97 della Costituzione). 

Corte dei conti, sezione prima giurisdizionale, ordinanza 1� dicembre 1981, 

n. 467/82, G. U. 6 ottobre 1982, n. 276. 
legge 16 dicembre 1980, n. 858, art. 1 (art. 70 della Costituzione). 

Pretore di Piacenza, ordipanza 27 gennaio 1982, n. 136, G. U. 28. luglio 1982, 

n. 206. 
legge 16 dicembre 1980, n. 858, artt. 1 e 3 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). 


Pretore di Treviglio, ordinanza 4 novembre 1981, n. 279/82, G.U. 1� settembre 
1982, n. 241. 
Pretore di Treviglio, ordinanza 4 novembre 1981, n. 280/82, G.U. 1� settembre 
1982, n. 241. 
Pretore di Pistoiai ordinanza 30 luglio 1981, n 315/82, G. U. 29 settembre 1982, 

n. 
269. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 30 luglio 1981, n. 316/82, G.U. 29 settembre 1982, 
n. 269. 
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PARTE II, LEGISLAZIONE 

�Pretore di Pistoia, ordinanza 28 ottobre 1981, n. 335/82, G.U. 29 settembre 
1982, n. 269. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 19 ottobre 1981, n. 336/82, G.U. 29 settembre 
1982, n. 269. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 21 ottobre 1981, n. 357,/82, G.U. 6 ottobre 1982, 

n. 276. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 9 novembre 1981, n. 396/82, G.U. 6 ottobre 1982, 
n. 276. 
legge 22 dicembre 1980, n. 882, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 2 giugno 1981, 

n. 387/82, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. 
legge 12 febbraio 1981, n. 17, art. 1, lett. e) (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Messina, ordinanza l.1 dicembre 1981, n. 268/~2, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262. 

legge 1� aprile 1981, n. 121, art. 104, primo comma (art. 103, terzo comma, della 
Costituzione). 

Giudice istruttore presso Tribunale di Mantova, ordinanza 6 gennaio 1982, 

n. 196, G.U. 15 settembre 1982, n. 255. 
legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 25, secondo comma (artt. 24, 25, 101, 102 e 104 
della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 4 febbraio 1982, n. 324, G.U. 13 ottobre 1982, 

n. 283. 
legge 7 maggio 1981, n. 180, artt. 6 e 16, cpv. (VI disposizione transitoria 
in relaz. artt. 102 e 103 della Costituzione). 

Corte di Cassazione, ordinanza 24 aprile 1982,� n. 433, G.U. 29 settembre 1982, 

n. 
269. 
Corte di Cassazione, ordinanza 24 aprile 1982, n. 434, G.U. 29 settembre 1982, 
n. 
269. 
Corte di Cassazione; ordinanza 24 aprile 1982, n. 435, G.U. 29 settembre 1982, 
n. 269. 
Corte di Cassazione, ordinanza 24 aprile 1982, n. 510, G.U. 29 settembre 1982. 
n. 269. 
d.l. 28 luglio 1981, n. 398 [convertito in legge 25 settembre 1981, n. 535] (artt. 24. 
42 e 136 della Costituzione). 
Corte d'Appello di Milano, ordinanza 3 novembre 1981, n. 145/82, G.U. 11 agosto 
1982, n. 220. 

d.l. 20 novembre 1981, n. 663, art. 7 cpv. Iett. d) (artt. 3, 42 e 117 della 
Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza. 18 dicembre 1981, n. 262/82, G.U. 22 settembre 
1982, n. 262. 


198 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.I. 20 novembre 1981, n. 663, artt. 7, secondo comma, lettere a) e d) e terzo, 
e art. 8, primo, secondo, terzo e quinto comma (artt. 3, 9, 41 e 42 della Costi� 
tuzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 1'' dicembre 1981, n. 142/82, G.U. 28 luglio 1982. 
Il. 206. 

Pretore di Padova, ordinanza 1� dicembre 1981, n. 143/82, G.U. 28 luglio 1982, 

n. 
206. 
Pretore di Padova, ordinanza 1� dicembre 1981, n. 144/82, G.U. 28 luglio 1982, 
n. 206. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 19 marzo 1982, n. 329, G.U. 20 ottobre 
1982, n. 290. 
Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 26 marzo 1982, n. 330, G.U. 27 ottobre 
1982, n. 297. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 77 e 78 (artt. 3, primo comma, 24, primo 
e secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 16 dicembre 1981, n. 224/82, G.U. 15 settembre 
1982, n. 255. 

d.I. 26 novembre 1981, n. 678, art. 3 [convertito in legge 26 gennaio 1982, n. 12] 
(artt. 3, 32 e 33 della Costituzione). 
Pretore di Iseo, ordinanza 3 maggio 1982, n. 427, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. 

d.I. 9 dicembre 1981, n. 711, art. 4, quarto comma [recepito nella legge 5 feb� 
braio 1982, n. 25] (artt. 2 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Carrara, ordinanza 16 marzo 1982, n. 273, G.U. 29 settembre 1982, 

n. 269. 
legge 18 dicembre 1981, n. 743, art. 2, lettera c), n. 1 (artt. 76 e 79 della Costituzione). 


Pretore di Sal�, ordinanza 1� febbraio 1982, n. 241, G.U. 15 settembre 1982, 

n. 255. 
d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744 (art. 73 della Costituzione). 
Pretore di Messina, ordinanza 14 gennaio 1982, n. 170, G.U. 18 agosto 1982, 

n. 227. 
d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744 (artt. 76 e 79 della Costituzione). 
Pretore di Sal�, ordinanza 1� febbraio 1982, n. 241, G.U. 15 settembre 1982. 

n. 255. 
d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744 (art. 79 della Costituzione). 
Pretore di Orvieto, ordinanza 28 dicembre 1981, n. 125/82, G.U. 21 luglio 1982, 

n. 
199. 
Pretore di Orvieto, ordinanza 11 gennaio 1982, n. 236, G.U. 22 settembre 1982, 
n. 262. 

PARTE �:I, LEGtSLAZIONE 

d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744, art. 2, lett. c), n. 1, ultima parte (art. 3 della 
Costituzione). 
Pretore di Menaggio, ordinanza 21 april� 1982, n. 338, G.U. 13 ottobre 1982, 

n. 283. 
d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744, art. 2, lett. c), n. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Sal�, ordinanza 1� febbraio 1982, n. 241, G.U. 15 settembre 1982, 

n. 255. 
d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744, art. 4, secondo comma, n. 3 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Forl�, ordinanza 22 marzo 1982, n. 275, G.U. 29 settembre 1982, 

n. 269. 
d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 15, ultimo comma (artt. 3 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Napoli, ordinanza 12 febbraio 1982, n. 183, G.U. 15 settembre 1982, 

n. 255. 
legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 13, quarto comma (artt. 117, 123 e 130 della 
Costituzione e art. 70 statuto regione Toscana). 

Ricorso regione Toscana 1� giugno 1982, n. 26, G.U. 14 luglio 1982, n. 192. 

legge approvata dal consiglio regionale della Toscana il 29 aprile 1982 e riapprovata 
il 15 giugno 1982 (art. 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri,~ ricorso 8 luglio 1982, n. 30, G.U. 21 luglio 
1982, n. 199. 

legge 29 maggio 1982, n. 308, nel suo complesso ed in particolare artt. 2, 3, 
5, 6, 7, primo comma; 12, quarto comma e 15, primo e secondo comma (artt. 8, 
nn. 5, 6, 9, 10, 14, 17., 19, 20, 21, 28; 9, nn. 3, 8, 9, 11; 16, primo comma e 78 statuto 
speciale regione Trentino-Alto Adige). 

Presidente provincia autonoma di Bolzano, ricorso 15 luglio 1982, n. 33, G.U. 
20 ottobre 1982, n. 290. 

legge 29 maggio 1982 n. 308, artt. 7, primo comma, 12, quarto comma, e 15, 
primo comma (art. 8, nn. 5, 6, 9, 10, 14, 17, 19, 20, 21 e 28; art. 9, nn. 3, 8, 9 e 11; 
art. 16, primo comma e art. 18 dello statuto speciale reg. Trentino-Alto Adige). 

Presidente provincia autonoma di Trento, ricorso 15 luglio 1982, n. 32, G.U. 
20 ottobre 1982, n. 290. 

d.P.R. 8 giugno 1982 n. 470, ed in particolare artt. 3, 4, 5, 6 e 9 e allegati n. 
e n. 2 (artt. 8, nn. 6 e 24; 9, nn. 9 e 10; 16 e 107 dello statuto speciale regione 
Trentino-Alto Adige; e art. 76 dela Costituzione). 
Presidente giunta provincia autonoma di Trento, ricorso 26 agosto 1982, n. 35, 

G.U. 
20 ottobre 1982, n. 290. 
Presidente giunta provincia autonoma di Bolzano, ricorso 26 agosto 1982, 
n. 36, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

200 

legge approvata dal consiglio regionale della Valle d'Aosta 1'11 giugno 1982 
(artt. 2, lett. a), dello statuto speciale Valle d'Aosta, e 3 e 36 della Costituzione). 
Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 8 luglio 1982, n. 31, G.U. 21 luglio 
1982, n. 199. 

legge approvata dal consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia il 15 giugno 
1982 (art. 117 della Costituzione). 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 8 luglio 1982, n. 29, G.U. 21 luglio 
1982, n. 199. 

d.P.R. 3 luglio 1982, n. 515 e, h1 particolare, artt. 2, 3, 8, primo comma, e 9 
(artt. 8, nn. 6, 17 e 24; 9, nn. 9 e 10; 14, 16 e 107 dello statuto speciale regione 
Trentino-Alto Adige e art. 76 della Costituzione). 
Presidente giunta provincia autonoma di Trento, ricorso 9 settembre 1982, 

n. 
37, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. 
Presidente giunta provincia autonoma di Bolzano, ricorso 9 settembre 1982, 
n. 38, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. 
leooe approvata dal Consiglio regionale della Sicilia il 16 luglio 1982, art. 3 
(art. 17, lettera c), dello statuto speciale siciliano). 

Commissario per lo Stato nella regione Sicilia, ricorso 31 luglio 1982, n. 34, 

G.U. 11 agosto 1982, n. 220. 
legge 7 agosto 1982, n. 526, art. 38, secondo e terzo comma (artt. 3 e 136 della 
Costituzione e 12 e 50 dello statuto reg. Valle d'Aosta). 

Presidente giunta regione Valle d'Aosta, ricorso 14 settembre 1982, n. 39, 

G.U. 27. ottobre 1982, n. 297. 
legge 7 agosto 1982, n. 526, artt. 44 e 56 (artt. 8, nn. 1, 3, 17 e 21; 16 e 78 dello 
statuto speciale di autonomia regione Trentino-Alto Adige). 

Presidente provincia autonoma di Trento, ricorso 17 settembre 1982, n. 40, 

G.U. 
27 ottobre 1982, n. 297. 
Vice presidente provincia autonoma di Bolzano, ricorso 17 settembre 1982, 
n. 41, G.U. 27 ottobre 1982, n. 297. 
legge 7 agosto 1982, n. 529 (art. 13, ultimo comma, statuto speciale regione 
Trentino-Alto Adige). 

Presidente provincia autonoma di Bolzano, ricorso 22 settembre 1982, n. 43, 

G.U. 
27 ottobre 1982, n. 297. 
Presidente provincia autonoma di Trento, ricorso 22 settembre 1982, n. 42. 
G. U. 27 ottobre 1982,' n. 297.