ANNO XXXIM N. 4-5 LUGLIO-OTTOBRE 1981 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubbiicazione bimestrale di serv1z10 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

ROMA 1981 



ABBONAMENTI 

ANNO L. 22.000 
UN NUMERO SEPARATO ................... . � 4.000 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in ltaly 

Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 
(3219021) Roma, 1981 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 




INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 

del/'avv. Franco Favara} . . . . . . . . . . pag. 441 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNA-� 
ZIONALE (a cura del/'avv. Oscar Fiumara) . � � 463 

~�ezione terza: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura degli avvocati Carlo Carbone, 
Carlo Sica e Antonio Cingolo} � . � . � � � � 496 

Sezione quarto: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati 
Adriano Rossi e Antonio Catricol�} . . . . . . � 512 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Raffaele Tamiozzo} . . . .. . . . . . � 539 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato 
Carlo Baf�le) . . . . . . . . . . . � 542 

~ezione settima: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio 
Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria} . . . � 597 

Sezione ottava: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati 
Paolo di Tarsia di Belmonte e Nicola Bruni) 613 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE � � � . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 


Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Giovanni CoNTU, Cagliari; 
Francesco GUICCIARDI, Genova; Marcello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, 
L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco 
BERARDI, Potenza; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; 
Giancarlo MAND�, Venezia. 



NOTA REDAZIONALE 

Pubblichiamo il discorso pronunciato, 

quale relatore, dall'Avvocato Generale al 

Convegno di Messina-Taormina del 3-8 no


vembre 1981, intitolato a � Cinquanta anni 

di esperienza giuridica in Italia�. 

Per la lettura della pi� ampia relazione 

scritta, con relativo corredo di note biblio


grafiche, si rinvia alla pubblicazione degli 

atti del Convegno, curata dalla Giuffr�. 

� un onore ed un onere per me riaprire questa mattina i lavori 
di un congresso che ha rivelato, nella sua prima giornata, quanto 
felice sia stata l'idea organizzativa di cui gi� brillantemente il Prof essore 
Falzea in prima apertura ha fissato la trama. Una trama che subito 
� stata riempita di contenuti di altissimo livello dalla consonante 
e lucidissima relazione di Vezio Crisafulli, seguita, in chiusura di 
interventi, da quella cos� tesa, cos� densa ed acuta di Franco Piga: 
� per questo un onere non lieve riallacciare un discorso che ha 
raggiunto, anche con gli interventi del pomeriggio, toni cos� alti 
di sapienza e di dottrina giuridica. 

All'onore concessomi posso corrispondere mantenendo il mio 
intervento in limiti quanto possibile contenuti, rimandando, per altri 
aspetti, alla relazione che � stata, con tanta prontezza, pubblicata 
e distribuita (un'altra delle tante brillanti iniziative di cui la Casa 
Giuffr� arricchisce ogni giorno questo Convegno che gi� tanto le 
deve). 

Per il resto mi assiste la fortuna di poter limitare il mio compito 
a delineare -differenzialmente -il contributo specifico dell'Avvocatura 
dello Stato rispetto a quello, cui, sotto tanti profili, si apparenta, 
dell'esperienza professionale forense. Su questo tema parleranno 
ancora illustri e prestigiosi relatori che potranno integrare 
le manchevolezze e le insufficienze del mio intervento. 

Il mio proposito � quello di porre l'accento sui mutamenti istituzionali 
-e, su quelli qualitativi e quantitativi -dell'attivit� dell'Istituto, 
per porne in evidenza la stretta correlazione con l'evol



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

versi della societ� in cui esso, nel corso di quest'ultimo cinquantennio, 
ha operato ed opera. 

Tali mutamenti si riscontrano in corrispondenza con le due 
grandi crisi di trasformazione della societ�, che si possono individuare 
(sia pure attraverso schematizzazioni e semplificazioni inevitabili 
quando si debba condensare nel volgere di un breve discorso 
un mezzo secolo di eventi) l'una in quella intercorsa tra le due guerre 
mondiali e l'altra nella crisi contemporanea. 

L'esigenza di una difesa in.giudizio dello Stato nasce, ovviamente, 
dall'attuazione del principio illuministico della divisione dei poteri. 
Essa, tuttavia, assume diversa natura e connotazione col mutare 
dello Stato che si sottopone al giudizio e del diritto alla cui stregua 
l'affronta. 

Quando, poi, tale difesa sia affidata, come nell'ordinamento italiano, 
ad un organismo istituzionale, la natura di questo, come il 
tipo della sua attivit�, muteranno con il trasformarsi della concezione 
del diritto e dello Stato, secondo un processo che, come vedremo, 
� al tempo stesso non solo sintomatico ma anche, in qualche 
misura, causativo. 

Nel nostro sistema la difesa in giudizio dello Stato si � andata 
consolidando come attivit� esclusiva di un organo tecnico, distinto 
dall'Amministrazione parte in causa e progressivamente dotato di 
piena autonomia funzionale, ma sempre incardinato nell'organizzazione 
statale. Questa posizione consente all'Istituto di percepire 
(oggi con crescente sensibilit�) i segnali dell'esperienza giuridica non 
solo nel momento esteriore di partecipazione giudiziaria al formarsi 
del �diritto vivente�, ma anche nel momento interiore dell'appartenenza 
all'organismo statuale, cui � in grado di trasmettere impulsi 
idonei a promuoverne, nel suo mutare, l'adeguamento alla continua 
trasformazione della societ�. 

In questo mutare l'Avvocatura � sempre pi� coinvolta, rientrando, 
ormai, tra i suoi compiti istituzionali, quello di rappresentare 
al Governo -tramite l'attivit� consultiva, con le relazioni 
periodiche e con il suggerimento di iniziative legislative -quei f ermenti 
di divenire sociale, captati nel cimento giudiziario, cui l'ordinamento 
non riesca pi� a fornire adeguate risposte. 

D'altronde l'assoggettamento istituzionale dello Stato al giudizio 
rappresenta, nel variare delle sue regole e della sua prassi, tipica 
misura di un punto di equilibrio nel rapporto dialettico, che in 
larga parte si scandisce in giudizio, tra principio di autorit� e principio 
di libert�: un punto di equilibrio in spostamento continuo 
e sincronico col processo di evoluzione del diritto e dello Stato, 
al cui divenire l'Avvocatura � legata, come testimone e partecipe, 


NOTA REDAZIONALE Vll 

nel quotidiano esercizio di un contenzioso, la cui fisionomia va 
mutando tanto pi� intensamente quanto pi� si accelera il moto di 
trasformazione della societ� e quanto pi� lo spazio del settore pubblico 
acquista pluralit� di dimensioni e vastit� di espansione rispetto 
agli affari di natura eminentemente privatistica e patrimoniale che 
caratterizzavano, all'origine, il tradizionale contenzioso dello Stato. 

Vorrei rilevare, in proposito, una coincidenza, non certo casuale, 
tra data iniziale del periodo in esame e momento di sostanziale 
trasformazione dell'Avvocatura. 

I primi anni trenta videro, infatti, attraverso una serie sinergica 
di interventi legislativi, una sostanziale trasformazione dell'Istituto 
con un ampliamento di compiti e di funzioni veramente imponente. 
A ci� � seguita, nel secondo dopoguerra, l'innovatrice esperienza del 
regime costituzionale e democratico. 

* * * 

2. -Nata nel 1876, l'Avvocatura rispecchiava, con la riduttiva 
denominazione di � Erariale �, le strutture dello Stato liberale, le 
cui istanze di tipo censitario trovavano piena regolamentazione in 
un diritto civile che aveva nell'istituto della propriet�, staticamente 
inteso, il proprio cardine. 
Il discrimine dell'assoggettabilit� dello Stato a giudizio era 
individuato nella natura dell'attivit� svolta � iure gestionis � o � iure 
imperii �; 

Un tale quadro di origine rifletteva la semplicit� geometrica di 
un ordinamento giuridico nato dalla fiducia illuministica nella dea 
Ragiqne e sublimato, al suo tramonto, nella costruzione kelseniana. 

Ma cos� il concettualismo come la concezione statica del diritto, 
che ne erano alla base, venivano travolti nei primi decenni del secolo, 
nel corso di una prof onda crisi di trasformazione della societ�, 
che si accentuava negli anni trenta (data d'inizio del cinquantennio 
in esame) ed alla quale faceva riscontro un'evoluzione dell'Istituto. 

Lo sviluppo economico e le prime avvisaglie dell'avvento di una 
civilt� di massa, l'accrescersi del numero e dell'importanza dei 
� gruppi intermedi � fra individuo e Stato, avevano ormai reso inadeguata 
la dimessa veste di � guardiano notturno >>, assunta dallo 
Stato liberale, ed indotto il pubblico potere ad intervenire con incisivit� 
sempre maggiore nelle attivit� economiche, ormai proiettate 
in una fase dinamica, in cui emergeva il profilo funzionale dell'istituto 
.proprietario, focalizzato nel momento socialmente pi� rilevante 
di una attivit� imprenditoriale (spesso eserc�ta, in via immediata o 
mediata, dalla mari.o pubblica). 


Vlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La crisi di trasformaz'ione alla quale ho� appena accennato, dipanandosi 
tra le due guerre mondiali, si rivel� altrettanto profonda 
di quella del 1789 e si estese a gran parte dell'Occidente, pur nella 
differenza dei regimi politici. 

Alcuni dei principi-base della rivoluzione di ottobre, avevano 
trovato, infatti, accoglienza ed erano ormai diventati patrimonio 
comune anche nei Paesi in cui l'ideologia marxista era pi� osteggiata, 
tanto che si sarebbe potuto allora dire del socialismo ci� che Croce 
ha poi detto del cristianesimo. Aleggi� allora, nonostante tutto, e 
forse pi� acutamente, quel �sapore d'Europa�, di cui ha parlato 
Montale. 

Non a caso, in Italia la funzione sociale della propriet� fu prevista 
a tutte lettere nel progetto di riforma del Codice Civile elaborato 
dalla Commissione reale e d'altronde quella funzione, pur 
se non formalmente riconosciuta, inform� nella sostanza molte norme 
del codice del '42. 

Da tale trasformazione della societ� nacque la necessit� di un 
ampliamento e di una articolazione della normativa e degli organi 
amministrativi e giudiziari chiamati ad eseguirla e ad applicarla. 
In tale evoluzione, il contenzioso dello Stato spost� il proprio centro 
di gravit� da un diritto privato di tradizione bimillenaria ad un 
diritto pubblico di ben pi� recente formazione, alle prese con sempre 
pi� complessi problemi di divisione di poteri e riparto di competenze. 
La relativa difesa in giudizio, che alle origini si era sostanzialmente 
risolta nella tutela del diritto di propriet� dello Stato nei 
confronti degli omologhi diritti dei privati, and� gradualmente trasformandosi 
nella tutela delle prerogative del potere pubblico nei 
confronti degli interessi dei privati con esso confliggenti (su di un 
piano, peraltro, di equiordinazione formale e di progrediente spostamento 
sostanziale del punto di equilibrio fra ragione pubblica e 
diritto di libert� dei privati). 

In significativo parallelo si realizz� una sostanziale riforma dell'Istituto: 
pochi anni dopo l'unificazione in Roma della Corte di 
Cassazione e la quasi contemporanea istituzione del foro dello Stato, 
Corte dei Conti ed Avvocatura dello Stato (fino allora dipendenti 
dal Ministero delle finanze) e Consiglio di Stato (gi� alle dipendenze 
del Ministero dell'Interno) furono incardinati nel plesso della Presidenza 
del Consiglio dei Ministri, previo mutamento della denominazione 
dell'Istituto da <<Avvocatura Erariale� ad �Avvocatura dello 
Stato�, il che, all'evidenza, trascende la notazione meramente nominalistica, 
ove pure si consideri Vestensione del patrocinio a tutte 
le amministrazioni statali, anche.,.ad ordinamento autonomo e, potenzialmente, 
a tutti gli enti pubblici. 

. ~ 


NOTA REDAZIONALE 

Si realizzava cos� un disegno di riforma dell'Istituto che, maturato 
in quel torno di tempo, culminava nel Regio Decreto 30 novembre 
1933 n. 1611. Ed accadeva che, in parte per una bizzarria, del 
resto non infrequente nella storia, in parte per l'influenza ancora 
viva, seppure latente, della crisi di trasformazione che agitava l'Occidente, 
la riforma, invece di rispondere alla logica accentratrice e 
illiberale del regime autoritario da cui proveniva, restituisse l'Istituto 
ad una sua lontana dimensione preunitaria e ad originarie 
vocazioni legalitarie e garantistiche, che affandavano le radici nella 
tradizione del leggendario regime preliberale della Toscana dei Lorena, 
nel quale l'� Avvocato Regio� aveva funzioni assai simili a 
quelle dell'ombudsman scandinavo. 

Questa originaria ispirazione, mortificata al momento del trapasso 
-nel mutato contesto istituzionale, culturale e socio-economico 
-dell'Istituto nelle nuove strutture del Regno d'Italia, riemergeva 
negli anni trenta, con la restituzione di maggiore dignit� alle 
funzioni dell'Avvocatura -che passava dalle anguste dimensioni 
dell'Erario a quelle totalizzanti dello Stato -con un risveglio di 
quella vocazione giustiziale, che dovr� poi trovare pienezza di attuazione 
nell'ordinamento nato dalla Costituzione repubblicana del 
1948. 

L'innovazione procedurale, realizzata attraverso la concentrazione 
delle cause nel foro dello Stato, permise la loro trattazione diretta 
da parte dell'Avvocatura, acuendo sensibilit� e responsabilit�, e consentendo 
un miglior coordinamento delle politiche difensive. Si consegu�, 
inoltre, col monopolio delle notifiche, una pi� immediata percezione 
ed una pi� sicura direzione unitaria del contenzioso. 

L'innovazione sostantiva, poi, relativa all'ampliamento della sfera 
dei soggetti patrocinati ed al collocamento verticistico dell'Istituto 
nell'apparato pubblico, mut� il senso e la prospettiva dell'attivit� 
svolta, indirizzandola dal settoriale verso il generale. 

Questo potenziamento di compiti e di strumenti procedurali comport�, 
naturalmente, una trasformazione della funzione: la completa 
ed organica visione dell'interesse pubblico, che doveva informare 
l'Avvocatura nell'indirizzare con i pareri l'attivit� amministrativa e 
nel formulare le difese giudiziali, comport� necessariamente il ripudio 
di ogni interpretazione parziale dell'interesse contingente in 
gioco ed il perseguimento, invece, di un fine di giustizia sostanziale. 

A tanto non fu, poi, certo estraneo un altro importantissimo 
ampliamento di funzioni dell'Istituto, consistente nel patrocinio delle 
pubbliche amministrazioni dinanzi ad un giudice amministrativo 
-il Consiglio di Stato -le cui funzioni giurisdizionali erano state, 
com'� noto, nel periodo anteriore dapprima inesistenti, poi dubbie 


escludere nei confronti dell'Amministrazione le azioni dirette ad 
ottenere un facere, quelle possessorie e cautelari, di indebito arricchimento, 
di negotiorum gestio. 
Altra grande battaglia giudiziaria basata sulla improponibilit� 
della domanda fu quella sui limiti della responsabilit� aquiliana 
dell'Amministrazione in connessione con l'esercizio di un potere 
discrezionale. 
La battaglia, com'� noto, fino allora volgente in vantaggio dello 
Stato, fu perduta definitivamente, nei suoi termini generali, proprio 
nei primi anni trenta, con l'affermazione del principio del � neminem 
laedere �, come clausola generale, operativa, omisso medio, 
quale che fosse il tipo di potere il cui esercizio avesse occasionato 
la lesione di un diritto. 
Si ebbe, peraltro, in materia, un utile chiarimento sia attraverso 
la precisazione della rif eribilit� del principio solo ai diritti 
soggettivi primari, sia attraverso la discriminazione, ancora oggi 
riconosciuta valida, tra determinazione di operare, riservata discrezionalmente 
all'Amministrazione, ed eventuale colpa, sindacabile dal 
giudice, nell'impiego dei mezzi operativi. 
Ebbe, invece, riconoscimento la tesi -ancor oggi pacifica in 
giurisprudenza -della irrisarcibilit� dei danni derivanti dalla lesione 
di interessi legittimi. 
Con riferimento al secondo aspetto pu� ricordarsi il contributo 
fornito alla tormentata evoluzione del concetto stesso di interesse 
legittimo, originariamente ancorato all'arcaica distinzione fra attivit� 
iure gestionis ed attivit� iure imperni e poi via via correlato 
escludere nei confronti dell'Amministrazione le azioni dirette ad 
ottenere un facere, quelle possessorie e cautelari, di indebito arricchimento, 
di negotiorum gestio. 
Altra grande battaglia giudiziaria basata sulla improponibilit� 
della domanda fu quella sui limiti della responsabilit� aquiliana 
dell'Amministrazione in connessione con l'esercizio di un potere 
discrezionale. 
La battaglia, com'� noto, fino allora volgente in vantaggio dello 
Stato, fu perduta definitivamente, nei suoi termini generali, proprio 
nei primi anni trenta, con l'affermazione del principio del � neminem 
laedere �, come clausola generale, operativa, omisso medio, 
quale che fosse il tipo di potere il cui esercizio avesse occasionato 
la lesione di un diritto. 
Si ebbe, peraltro, in materia, un utile chiarimento sia attraverso 
la precisazione della rif eribilit� del principio solo ai diritti 
soggettivi primari, sia attraverso la discriminazione, ancora oggi 
riconosciuta valida, tra determinazione di operare, riservata discrezionalmente 
all'Amministrazione, ed eventuale colpa, sindacabile dal 
giudice, nell'impiego dei mezzi operativi. 
Ebbe, invece, riconoscimento la tesi -ancor oggi pacifica in 
giurisprudenza -della irrisarcibilit� dei danni derivanti dalla lesione 
di interessi legittimi. 
Con riferimento al secondo aspetto pu� ricordarsi il contributo 
fornito alla tormentata evoluzione del concetto stesso di interesse 
legittimo, originariamente ancorato all'arcaica distinzione fra attivit� 
iure gestionis ed attivit� iure imperni e poi via via correlato 
X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
e che solo in quel torno di anni raggiungevano compiutezza di maturit� 
e pienezza di tradizione. 
* * * 

3. -L'esperienza concreta dell'attivit� di istituto, nel periodo 
intercorrente tra gli anni '30 e la nuova crisi seguita all'assestamento 
del secondo dopoguerra, vede, in via di massima, concentrata l'attenzione 
dell'Avvocatura sull'individuazione della posizione che lo 
Stato assume in giudizio, con riferimento ai limiti del potere del 
giudice nei confronti dell'Amministrazione. Baster� accennare a tre 
aspetti r_iguardanti la delimitazione dei poteri del giudice ordinario 
nei confronti dell'amministrazione, il discrimine fra giurisdizione 
ordinaria ed amministrativa ed i limiti del giudizio di legittimit�. 
In relazione al primo aspetto, si deve ricordare l'elaborazione 
della tesi sulla improponibilit� della domanda, che condusse ad 


NOTA REDAZIONALE Xl 

alle sempre pi� affinate dicotomie tutela diretta -tutela indiretta, 
attivit� vincolata -attivit� discrezionale, norma di relazione -norma 
di azione. 

Il problema �, come � ben noto, l'originale nocciolo del diritto 
amministrativo italiano, che veniva evolvendosi, in quel torno di 
anni, in forme schiettamente pretorie con il costante contributo 
dialettico dell'Avvocatura. 

Con riguardo, infine, al terza aspetto, sembra opportuno ricordare 
due tesi difensive vittoriosamente sostenute dinanzi al giudice 
amministrativo, relative, l'una, alla necessit� di individuare in capo 
al ricorrente un interesse a ricorrere, oltre che un interesse leso, 
per dargli ingresso in giustizia; l'altra, alla impossibilit� di far 
valere i diritti come interessi dinanzi al giudice amministrativo 
secondo la nota teoria della � doppia tutela "� 

4. -Passando ad esaminare il periodo successivo alla seconda 
guerra mondiale, giova rilevare che, se per la prima grande crisi 
del secolo pu� -sia pure con semplificazione riduttiva -riguardarsi 
alla rivoluzione russa come punto di riferimento, la seconda 
grande crisi che ancora stiamo vivendo, non appare caratterizzata 
da eventi sufficientemente imponenti: fatti come i moti di Berkeley 
o il maggio francese sembrano, infatti, pi� che altro sintomi di un 
grande rivolgimento generale, punte emergenti di un iceberg di 
dimensioni ancora non identificabili. 
Con la doverosa riserva di approssimazione e semplificazione 
gi� fatta e che qui si deve ribadire, perch� il contemporaneo � il 
meno privilegiato degli osservatori, possiamo collocare la data d'inizio 
della crisi di trasformazione che ancora viviamo e che travaglia 
tutto l'occidente industrializzato alla fine dell'assestamento postbellico. 
La combinazione di un ideale politico informato ai concetti 
di welfare state e di sicurezza sociale con un fenomeno economico 
di prolungata e vistosissima crescita ha portato a quella che suole 
definirsi civilt� dei consumi e subito dopo alla sua crisi. L'accesso 
di una massa di persone ad una massa di beni, entrambe cos� enormi 
da essere inimmaginabili solo pochi anni addietro ha portato, come 
� stato acutamente rilevato, a peggiorare -e a volte in maniera 
drammatica -aspetti essenziali della qualit� della vita. 

Di qui l'avvio di una reazione di recupero dei valori non effimeri 
della persona umana, in una sorta di nuovo umanesimo che 
vede in ciascun uomo, affrancato dai bisogni e dai rischi, il consapevole 
membro di una societ� sostanzialmente (e non pi� solo formalmente) 
ugualitaria, partecipe della sua costruzione e del suo 
divenire cos� nel suo momento politico come in quello economico. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XII 

Sarebbe presunzione pretendere di analizzare tutti i riflessi 
portati da tali rivolgimenti sul piano giuridico: pu� per� accennarsene 
qualcuno, a grandi linee. 
Si va appannando l'istituto della responsabilit� per colpa, man 
mano soppiantato, in progressione, da quello della responsabilit� 
oggettiva per rischio. 
Si accentua la crisi dell'istituto proprietario, inidoneo, da un 
lato, a garantire la tutela degli interessi diffusi e, dall'altro lato, 
sempre meno importante, in una economia in cui la vera grande 
ricchezza � rappresentata da valori controllati da soggetti non 
proprietari. 
Analoga svalutazione -anche se per ragioni diverse -patisce 
l'istituto del contratto, per effetto soprattutto della standardizzazione. 
Nell'impresa, infine, al valore del momento dinamico dell'attivit�, 
posto in luce dal diritto commerciale, si contrappone quello 
istituzionale della comunit� di lavoro in cui si realizza l'esigenza 
partecipativa dei membri della nuova societ�. 
In questo senso si � parlato della forza creatrice del diritto 
del lavoro e del diritto del lavoro come � nuova frontiera del diritto 
� in una visione della societ� che, recentissimamente, ha trovato 
il pi� alto avallo nell'enciclica papale � Laborem excercens �. 
Altrettanto profondi i rivolgimenti nel diritto pubblico (a cominciare 
dalla revisione della stessa nozione dell'antica netta dicotomia 
privato-pubblico). I poteri dello Stato si articolano ormai 
in modo assai diverso da quello elaborato dalla filosofia di Montesquieu 
e si moltiplicano i soggetti pubblici, esponenziali e non, 
talvolta con confusione di ruoli e di competenze in una situazione 
in rapido divenire ed in un quanto mai complesso check and 
balance. 
Si affaccia addirittura la teoria dell'annullamento, nello Stato 
moderno, della distinzione dei poteri. �Il potere � unico -scrive ::;.�� 
Garcia V aldecasas -e lo Stato � il suo profeta �. � una prospettiva 
pessimistica ed allarmante. Pi� realisticamente si deve riconoscere 
come l'evoluzione dell'ordinamento in questi ultimi anni abbia portato 
alla creazione di molte pi� strutture e procedure ibride -fra 
pubblico, privato e collettivo -di quante non siano le categorie 
classiche elaborate dalla giuspubblicistica tradizionale. Un tipico 
connotato di tale categoria di procedure -da taluno definite espressione 
caratteristica di democrazia consociativa o partecipativa -� 
l'intervento delle c.d. � parti sociali � nel procedimento di predisposizione 
del contenuto di atti normativi di vario rango. 
� evidente che in procedimenti di tale tipo, i sindacati non 
intervengono �in proprio�, nell'esercizio del loro specifico potere 

~.r._,,,~.-J 
:-: 


NOTA REDAZIONALE XIU 

contrattuale, ma in una funzione esponenziale della categoria di 
appartenenza, volta ad esprimere il � consenso � della � pq,rte sociale
� partecipando, ex lege, alla formazi9ne del contenuto dell'atto 
emanando dal pubblico potere. 

Nel diritto penale, invece, gravi ed importanti nuovi fenomeni 
hanno profondamente mutato il quadro dell'esperienza giuridica. 

In correlazione con l'aumento vertiginoso della ricchezza circolante, 
con l'ampliamento dei mercati su scala internazionale e col 
gi� ricordato sdoppiamento tra propriet� e controllo, si sono delineati 
nuovi tipi di reato (i c.d. delitti dei colletti bianchi) e si � 
determinata una crescita della criminalit�, ai margini del mondo 
dell'economia, che ha preoccupanti risvolti di rilevantissima incidenza 
sociale. 

La crisi, poi, dei valori tradizionali ed il fermento della ricerca 
e del consolidamento dei nuovi, ha visto scatenarsi, ai margini del 
mondo della politica, inquietanti e barbare forme di criminalit�, 
aggravate dalla collusione tra terrorismo e criminalit� comune e 
dall'impiego dei pi� avanzati strumenti delle moderne tecnologie. 

* * * 

5. -Tali essendo, in rapidissima sintesi, le tendenze evolutive 
della crisi di trasformazione in atto, resta da verificare, secondo il 
programma, quale sia stato il correlativo mutamento istituzionale 
dell'Avvocatura e della sua concreta esperienza professionale. 
La Costituzione repubblicana del '48, pur non contemplando 
espressamente l'Avvocatura dello Stato, ha posto le basi di uno 
sviluppo legislativo che, spogliando l'Istituto delle anguste vesti di 
organo dello Stato-amministrazione, lo ha elevato al rango di organo 
dello Stato-ordinamento, conferendogli le parallele funzioni di organo 
dello Stato-comunit� ed attribuendogli una posizione di rilievo costituzionale, 
nell'ambito della �costituzione materiale� della Repubblica, 
attraverso una serie di norme succedutesi nel periodo in 
esame. 

Prima fra tutte deve citarsi la disposizione in forza della quale, 

nei giudizi dinanzi alla Corte Costituzionale, il Governo � rappre


sentato e difeso dall'Avvocato Generale dello Stato o da un suo 

sostituto. 

Una seconda attribuzione di competenze particolarmente significativa, 
consacrata nella recente legge di riforma 3 aprile 1979 n. 103, 
� quella del patrocinio dello Stato italiano dinanzi alle Corti internazionali 
e sovranazionali (in relazione al fenomeno, non ancora 
sufficientemente approfondito, del graduale spostarsi del centro di 


XIV 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

produzione normativo dalla sede nazionale a quella internazionale 

o sovranazionale) s� che -come significativamente ebbe a dichiarare 
in Parlamento il rappresentante del Governo -l'Avvocatura 
dello Stato deve considerarsi preposta alla difesa � degli interessi 
primari dell'ordinamento statuale... nonch� alla tutela dello Stato 
considerato com.e personificazione anche esterna di tutta la comunit� 
nazionale �, e ad essa deve riguardarsi come (< istituto fondamentale 
nell'assetto ... costituzionale del nostro ordinamento�. 
Terza importantissima attribuzione di competenze � quella del 
patrocinio delle Regioni a statuto speciale, prime e principali articolazioni 
di autonomia, al fine di garantire -come ha precisato 
la Corte Costituzionale -((l'unit� dell'ordinamento amministrativo 
generale... nel quadro del coordinamento fra l'organizzazione amministrativa 
dello Stato e quella delle Regioni�. Tale competenza � 
stata, poi, ampliata dal D.P.R. 616/1977, che ha conferito alle Regioni 
a statuto ordinario la facolt� di avvalersi del patrocinio e 
della consulenza dell'Avvocatura. La legge di riforma 103/1979 gi� 
citata ha, infine, completato il quadro prevedendo la possibilit�, 
per le Regioni a statuto ordinario, di avvalersi dell'organo legale 
dello Stato in via esclusiva ed organica mediante una semplice deliberazione 
amministrativa, con estensione della consulenza e del patrocinio 
anche ai Comuni e alle Provincie per quanto riguarda le 
funzioni delegate e sub-delegate. 

Da ultimo � necessario ricordare una attribuzione ulteriore di 
competenze consistente nell'assunzione del patrocinio di amministrazioni 
estere e organizzazioni internazionali per effetto di decreti 
del Presidente della Repubblica: importanti, fra tutti, i Comandi 
NATO con sede in Italia; la Commissione delle Comunit� Europee 
e la Banca Europea degli Investimenti. 

Da questa evoluzione del sistema giuridico costituzionale emerge 
un insieme di linee di tendenza che, seppure ancora in corso di 
costruzione, hanno portato l'Avvocatura dall'elementare funzione mediatrice 
fra amministrazione e giurisdizione, nell'ambito di un � esecutivo 
�, di ottocentesca concezione, ad un compito di attiva presenza 
su tutti i terreni in cui si verifica l'incontro -e non necessariamente 
lo scontro -di tutte le entit� attributarie di pubbliche potest�, 
mediando nel delicato equilibrio di una pluralit� di ordinamenti, 
a livello nazionale e sovranazionale. Essa �, infatti, ora chiamata 
a collaborare alla dialettica di una costante verifica della 
congruenza fra normativa ordinaria e normativa costituzionale, fra 
normativa interna e normativa sovranazionale, fra normativa nazionale, 
normativa regionale e normativa di rango inferiore nella gerarchia 
delle fonti. 


NOTA REDAZIONALE � xv 

* * * 

6. -In questi termini si precisa e si caratterizza la funzione 
di avvocato pubblico istituzionale che, per la sua natura pluridimensionale 
e per la connaturale vocazione giustiziale, ha ormai 
assunto l'Avvocatura dello Stato. 
In tale quadro, acquista pi� pregnante rilievo l'attivit� consultiva, 
il cui apporto � stato di recente sottolineato in relazione all'elaborazione 
di testi normativi: l'art. 15 della legge n. 103 del 1979 
ha, infatti, specificamente attribuito all'Avvocato Generale dello Stato 
il compito di segnalare al Presidente del Consiglio carenze, oscurit�, 
incongruit� della legislazione vigente che la pratica giudiziaria metta 
in rilievo. 

Tale norma, istituzionalizzando l'apporto� tecnico dell'Istituto 
all'esercizio della funzione legislativa, riafferma una volta di pi�, 
se mai ve ne fosse bisogno, la specifica posizione di rilievo costituzionale 
dell'Avvocatura, le cui funzioni sono caratterizzate, per 
altro verso e con specifico riferimento all'attivit� contenziosa, in 
forma che vorrei definire � irripetibile �. 

L'Avvocatura �, infatti, l'unico organismo al quale il nostro 
ordinamento attribuisca istituzionalmente la rappresentanza e difesa 
in giudizio, che altrimenti la legge sulla professione forense 
riserva (per diretto e specifico mandato relativo ad ogni singola 
lite), alle persone fisiche iscritte in apposito alb.o, ancorch� tali 
persone possano in ipotesi far parte di � uffici legali � come dipendenti 
di enti pubblici o privati. Questi uffici, infatti, non esercitano 
istituzionalmente la professione forense, non sono essi titolari del 
mandato, che � invece conferito dagli organi dell'Ente di appartenenza 
al singolo avvocato-dipendente. 

L'Avvocato dello Stato, per contro, ripete la sua abilitazione 
professionale dalla sola appartenenza all'Istituto, che � direttamente 
titolare, ex lege, della funzione di rappresentanza e difesa; e non 
riceve il suo mandato, a titolo personale, da organi dell'Amministrazione 
rappresentata, ma lo esercita in nome dell'Istituto, al 
quale. direttamente risponde del suo operato. Quanto ai rapporti 
tra organo legale e amministrazione rappresentata e difesa, essi 
intercorrono esclusivamente a livello istituzionale ed in termini di 
piena autonomia tecnica dell'Avvocatura, spettando la soluzione di 
eventuali divergenze all'Avvocato Generale dello Stato. 

Peraltro, in caso di disaccordo � di fondo � sulla costituzione 

o resistenza in giudizio o sull'abbandono di una lite, spetta al competente 
organo di governo dirimere il conflitto con atto � non 
delegabile � e quindi con diretta assunzione della relativa responsabilit� 
politica di vertice. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si tratta, come � evidente, di una originale formula istituzionale 
che, attenendo ad un problema di fondo dell'amministrazione 
della giustizia, � ormai entrata a far parte della costituzione materiale. 


* '~ * 

7. -Quanto all'esperienza professionale maturata dall'Avvocatura 
nell'ordinamento repubblicano, giova precisare subito che non 
sempre -o forse quasi mai -l'ordinamento giuridico e la realt� 
sociale si muovono in sincronia: il primo suole essere, infatti, nel 
suo complesso o in qualche sua parte, ora in ritardo ed ora in 
anticipo sui tempi della seconda. 
Orbene, non v'� dubbio che l'ordinamento repubblicano postbellico, 
quanto meno per quanto concerne l'aspetto istituzionale 
delle idee-forza ispiratrici della Costituzione, tard� qualche poco a 
realizzarsi. Non a caso furono necessari ben otto anni, dopo l'entrata 
in vigore della Carta del '48, perch� la Corte Costituzionale 
venisse insediata. 

Anche l'attivit� di istituto -in sintonia, d'altronde, con tutte 
le altre istituzioni -ebbe un avvio che pu� apparire lento e pigro 
nell'adeguarsi alle riforme. 

� un fenomeno che caratterizza gli organismi pubblici di antica 
tradizione ma che offre, in compenso, il vantaggio di assicurare, in 
prosieguo, la matura e meditata gestione del nuovo attraverso il 
filtro di valori quali la tradizione e l'esperienza. Se Tornasi di 
Lampedusa (sembra d'obbligo citarlo in questa splendida cornice 
siciliana) rilevava con distaccata ironia che, perch� tutto resti com'�, 
bisogna che tutto cambi, si deve, al contrario, riconoscere che � 
necessario che alcune cose restino come sono perch� il cambiamento, 
scandito nei suoi giusti tempi di gradualit�, riesca ad inverarsi. 
Le parrucche bianche dei giudici anglosassoni testimoniano 
abbastanza bene questa verit�. 

Non interessa, quindi, nella logica e nell'economia di questa 
relazione, riferirsi a quella esperienza giuridica del periodo in _esame 
che rappresenta, in realt�, una continuazione di quella precedentemente 
vissuta e gi� considerata. 

Occorre, invece, appuntare l'attenzione su quei momenti in cui 
le linee di tendenza innovative, di cui si � detto, si sono concretamente 
ed operativamente trasferite dal mondo delle idee e delle 
norme di programma a quello delle cose, rendendo di plastica evidenza 
il vero e proprio salto di qualit� compiuto dall'Avvocatura 
rispetto al passato; un salto di tali proporzioni da essere comparabile 
con quello compiuto nel primo periodo in esame. 


NOTA REDAZIONALE XVIl 

'In esso, come Sl e visto, l'Istituto si era trasformato da difensore 
di una amministrazione nella sua dimensione privatistica (in 
posizione uguale e contraria a quella del privato patrocinatore) in 
difensore di un potere pubblico e delle sue prerogative nei confronti 
dell'amministrato, nell'ambito pur sempre di un processo di 
parti,� ma di cui l'una -quella pubblica -doveva considerarsi 
�un po' meno parte� dell'altra per effetto di quel fine ultimo di 
giustizia che l'Avvocatura, quale avvocato pubblico istituzionale, 
deve, per definizione, perseguire. 

La ulteriore trasformazione, che si viene compiendo adesso, 
vede relegate ad un rango marginale le attivit� contenziose di istituto 
in cui il processo abbia ad oggetto un conflitto di interessi omologhi 
contrapposti, mentre risultano potenziate tutte le attivit� in cui 
l'Avvocatura assume la veste di collaboratrice di giustizia. 

Questa funzione si manifesta, in sede contenziosa, in modo 
pi� evidente nei giudizi di legittimit� costituzionale delle leggi, nei 
quali, come ha pi� volte riconosciuto la Corte Costituzionale, il 
Presidente del Consiglio partecipa non come capo di un'Amministrazione 
-e tanto meno come rappresentante di un potere, quello 
esecutivo, che ovviamente non � titolare della funzione legislativa ma 
come rappresentante dello Stato inteso come ordinamento 
unitario. 

Ci� qualifica il nuovo ruolo, di ordine costituzionale, attribuito 
all'Avvocatura, per la tutela di interessi immediatamente riferibili 
allo Stato-comunit�, come tali non riducibili ad espressione di una 
posizione di �parte�, cos� che l'Avvocato dello Stato assume la 
veste dello a:micus curiae, dello << interlocutore privilegiato �, che 
dialetticamente concorre alla tutela non del valore contingente del 
singolo prodotto legislativo, bens� del valore immanente dell'ordinamento 
unitario, di cui fanno parte integrante (ma non ugualmente 
importante, il che spiega la facoltativit� dell'intervento governativo) 
tutte le leggi conformi alla Costituzione. 

Tale ruolo rimane inalterato in tutti i giudizi di costituzionalit�, 
in cui �n vario modo si confrontano, al massimo livello, i 
valori di autorit�, di autonomia e di libert�. Salvo, infatti, il rigoroso 
rispetto del fedele patrocinio in favore del Governo (nel caso 
di conflitto con altri poteri dello Stato) o in favore dello Stato 
(in caso di conflitto con le Regioni), anche in questi giudizi l'Avvo�atura 
si muove in una .di.mensione di raccordo, in una delicatissima 
posizione di mediazione, che, senza prevaricare su alcuno degli 
interessi in conflitto, cospira alla realizzazione dell'unit� trascendente 
della giustizia, intesa come rispetta ed attuazione della Costituzione; 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Altrettanto significativo di una tale linea di tendenza evolutiva 
appare il patrocinio -divenuto necessario -dinanzi alla Corte 
di Giustizia delle Comunit� Europee, dinanzi alla Corte Europea 
dei Diritti dell'Uomo e dinanzi a varie Commissioni di conciliazione 
e Collegi arbitrali internazionali. 

In tali processi, infatti, l'Avvocatura dello Stato se assume, sul 
piano dell'ordinamento internazionale (o sovranazionale), le vesti 
caratteristiche del patrocinatore di parte, assume, per�, sul piano 
dell'ordinamento giuridico interno, quelle di organo rappresentativo 
della persona giuridica pubblica statuale nella sua globalit�. 

Sempre pi�, dunque, il contenzioso cui partecipa l'Avvocatura 
tende a spostare il suo centro nodale verso i grandi problemi del!'
organizzazione dello Stato. In particolare quelli relativi sia all'osservanza 
effettuale delle rispettive sfere di competenza nei rapporti 
tra soggetti titolari di pubblici poteri, sia alla costante ricerca del 
pi� corretto equilibrio nel bilanciamento tra principio di autorit� 
e principio di libert� in una societ� ricca di sempre nuove tensioni 
e fermenti. 

* * ";�( 

8. -Sembra utile indicare, a tal punto, in via esemplificativa, 
alcuni dei grandi temi su cui si � cimentata, in questo torno di 
anni, l'attivit� di istituto. Con riferimento ai giudizi di costituzionalit�, 
giova ricordare che fu in puntuale accoglimento delle tesi 
difensive sostenute dall'Avvocatura che il giudice delle leggi riconobbe 
come limite al proprio potere la discrezionalit� politica del 
legislatore ed afferm� la relativit� del principio di eguaglianza in 
relazione alla omogeneit� delle situazioni da disciplinare e la legittimit� 
della previsione di un indennizza per espropriazioni non 
corrispondente per intero al valore venale del bene espropriato. 
Assai importante, infine, l'evoluzione tuttora in corso della giurisprudenza 
della Corte in relazione ai rapporti tra leggi dello Stato 
e potere normativo della Comunit� sovranazionale europea. (Estremamente 
significative le due recentissime decisioni n. 176 e 177/81, 
che pur senza essere risolutive, segnano, in sintonia con le difese 
svolte dall'Avvocatura, un ulteriore affinamento della delicatissima 
materia del rapporto tra i due ordinamenti e indicano al legislatore 
che voglia attentamente considerarli utilissimi spunti per il 
raggiungimento di una necessaria integrazione). 
In tema di ammissibilit� di referendum popolare abrogativo 
di legge, l'Avvocatura dello Stato ha sostenuto dinanzi alla Corte 
che il giudizio di ammissibilit� comporta non un mero riscontro 


NOTA REDAZIONALE 

notarile delle prescrizioni di una norma costituzionale avulsa dal 
suo contesto, ma una valutazione sistematica di compatibilit� formale 
e sostanziale fra le norme di legge denunciate e quella peculiare 
forma di democrazia diretta che si esprime con il referendum 
abrogativo. 

In pieno accoglimento delle tesi cos� prospettate, la Corte Costituzionale, 
come � noto, ha riconosciuto estranee alla logica della 
Costituzione cos� la sottoposizione al corpo elettorale di quesiti contenenti 
una pluralit� di domande eterogenee, come le richieste di 
abrogazione di norme che, pur non essendo formalmente di rango 
costituzionale, siano per� � a contenuto costituzionalmente vincolato 
�, quali il Codice Militare di Pace o � a contenuto internazional


mente vincolato>> perch� correlate a Trattati Internazionali. 

Per quanto attiene ai giudizi dinanzi alla Suprema Corte di 
Cassazione, sembra doveroso ricordare -nella stessa ottica -il 
successo ottenuto dall'Avvocatura dello Stato, in sede di regolamento 
preventivo di giurisdizione, nella difesa contro il dilagante 
abuso del ricorso all'art. 700 c.p.c. 

In pieno accoglimento delle tesi difensive dell'organo legale 
dello Stato la Suprema Corte ha, come � noto, affermato la perfetta 
coincidenza dell'area della �giurisdizione d'urgenza� con quella 
della giurisdizione di merito, delegittimando cos� avventati esperimenti 
di � supplenza �. 

Altro notevole successo di massima appare quello relativo alla 
qualificazione della situazione soggettiva dei titolari di emittenti 
televisive private, nell'attuale situazione di vuoto normativo, ritenuta 
dalla Cassazione -in conformit� con le tesi dell'Avvocatura interesse 
legittimo e non diritto soggettivo. 

Ulteriore potente spinta all'affrancazione dal contenzioso rutinario 
caratterizzato dal � litigio � inteso in senso tradizionale � venuta, 
poi, dalla riforma del contenzioso tributario ed amministrativo. 

Le cause fiscali, che erano state da sempre parte preponderante 
del lavoro dell'Avvocatura, attribuite ormai quasi totalmente alla 
competenza delle Commissioni tributarie, non vengono pi� trattate 
dall'Istituto se non nell'ultima fase, ormai decantata, del ricorso in 
Cassazione dalla Commissione Centrale (sono rari i casi di opzione 
per la Corte d'Appello dopo il secondo grado). 

Il che consente di concentrare l'impegno sulle questioni in 
apicibus e quindi di contribuire, pi� che alla soluzione della singola 
controversia, alla identificazione dei pi� corretti criteri di interpretazione 
della norma tributaria. 

Per contro, si sono decuplicati i processi amministrativi: la 
istituzione di organi periferici di giustizia, democratizzando tale 
giurisdizione, un tempo riservata ad un contenzioso di tipo elitario, 


xx 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ha ri~posto ad una domanda diffusa ed urgente. Nel processo amministrativo, 
peraltro; in misura assai maggiore che nel processo civile, 
l'Avvocatura rappresenta una parte assai "meno parte� dell'altra. 

Il dilatarsi delle funzioni di questo settore della giustizia �, 
quindi, perfettamente congruente con quella veste di amicus curiae, 
che l'Istituto � andato, in progressione, assumendo, quale rappresentante 
non gi� di un interesse settoriale ma di quello dello Stato 
nella sua unit�. 

Il riscontro � puntuale anche in altri campi, quale quello penale, 
in cui l'intervento dell'Avvocatura assume, nelle mutate dimensioni 
della giustizia punitiva, una connotazione assai diversa da quella 
originaria, che la vedeva tradizionalmente confinata e caratterizzata 
nella costituzione di parte civile contro i perseguiti per reati doganali 
o per appropriazione o cattivo uso del pubblico denaro. 

Superato il confine di tali anguste vesti, l'Istituto si trova ormai 
massicciamente impegnato contro quelle forme di criminalit� emergenti 
cui ho prima accennato, su quelle che sono state definite le 
nuove frontiere della giustizia penale. 

La relativa politica difensiva persegue una costante ed attiva 
presenza nei casi pi� importanti di evasione fiscale, di reati valutari, 
di reati di inquinamento, di reati di terrorismo. In tale tipo di 
giudizi penali appare evidente come il danno rilevante non sia 
tanto quello economico sopportato dall'organizzazione statuale, a 
volte addirittura difficilmente identificabile, quanto quello sofferto 
dalla comunit� colpita da una perdita di berti e valori talora irreparabile, 
nonch� dalla coscienza sociale di una collettivit� ferita e 
frustrata nella sua ansia di consolidarsi come civile, pacifico ed 
operoso consorzio. 

In particolare, per quanto attiene al barbaro flagello del terrorismo, 
l'Avvocatura � stata ed � presente in tutti i pi� importanti 
processi gi� celebrati o in corso di trattazione. 

Non si vuole qui tanto ricordarlo perch� la riaffermazione del 
principio della legittimazione dell'Avvocatura a costituirsi parte civile 
in rappresentanza della Presidenza del Consiglio per reati contro 
la personalit� dello Stato costituisce ulteriore conferma, sul piano 
dell'esperienza giuridica, della tesi istituzionale sin qui sostenuta, 
trascendendo, e non di poco, qualunque costruzione patrimonialistica, 
quanto per riaffermare un impegno di civile fermezza nella 
difesa dei principi della nostra civilt�. Una civilt�, in divenire, in 
rapida evoluzione, in crisi quanto si voglia ma purtuttavia indissolubilmente 
legata a valori irrinunciabili, primo fra tutti il rispetto 
della persona umana. 

Questo valore costituisce il filo di continuit� che accomuna, pur 
nelle diverse prospettive e con le tristi parentesi di sciagurate con



NOTA REDAZIONALE 

tingenze storiche, le rivoluzioni o grandi crisi cui abbiamo fatto 
cenno che si sono succedute nell'arco di due secoli e di cui l'Avvocatura 
dello Stato, come pubblica istituzione, � figlia e partecipe 
di sorti. 

In questo valore crediamo fermamente, come pure fermamente 
crediamo che finch� la fede in esso ispirer� l'opera degli uomini 
di legge, di accademia o di foro che siano, potremo, nonostante 
tutto, guardare fiduciosi al futuro del nostro Paese e della nostra 
civilt�. 

NOTA REDAZIONALE 

Il nove gennaio 1982, nel suo paese natale 
di Adelfia, � stato commemorato Antonio 
Cafaro, nostro antico collega che concluse 
la carriera, nel 1919, come Avvocato distrettuale 
di Trani. 

Alla cerimonia -cui hanno partecipato 
numerose personalit� della politica e del 
foro pugliese -� intervenuto, oltre all'Avvocato 
distrettuale di Bari, l'Avvocato Generale 
dello Stato, che ha pronunciato il 
discorso che qui riproduciamo. 

Ho aderito assai volentieri all'invito a partecipare a questa 
cerimonia, desiderando rendere omaggio a questa nostra terra di 
Puglia, dalla quale trae i natali la personalit� che oggi celebriamo, 
ed insieme ad un collega illustre di tempi lontani, che ha lasciato 
una traccia indimenticabile nella storia dell'Avvocatura dello Stato 
per l'esemplare maestria della dottrina giuridica e per la luminosa 
altezza della figura morale. 

Sono qui, dunque, anche in rappresentanza dell'Istituto che ho 
l'onore di dirigere, per associarmi al tributo che oggi rendiamo alla 
memoria dell'illustre conterraneo Antonio Cafaro. 

All'Avvocato Di Mattia che, quale avvocato distrettuale in terra 
di Puglia, pu� considerarsi pi� direttamente il suo successore, lascio 
il grato compito di illustrare pi� diffusamente le altissime doti dell'uomo 
e del giurista. 

I o vorrei ricordare alcuni tratti salienti della personalit� del 
Caf aro e alcuni momenti della sua vita, che fanno di lui un collega 
al quale � andato e andr� sempre il sentimento di gratitudine �e 
di riverenza di tutti gli avvocati dello Stato. 


XXII 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Entrato a far parte, fin dalla sua fondazione, dell'Istituto, nel 
1876, proveniente dalle file della magistratura, egli contribu� a caratterizzare 
quel primo sceltissimo nucleo di collaboratori del Mantellini, 
il quale, come ebbe a scrivere nella sua prima �relazione di 
Avvocato generale, si era ispirato nella scelta dei suoi avvocati al 
criterio della ricerca di uomini che � sappiano vestir toga e che 
abbiano dato buone prove... di valentia sperimentata e perci� di 
sicuro successo nell'avvocheria e nel patrocinio�. 

Mantellini fu buon giudice e quel � sicuro successo � arrise al 
Cafaro, che fu, in particolare, acuto e profondo studioso dei rapporti 
patrimoniali tra Stato e Chiesa: materia assai difficile ed intricata, 
che fu, in quel torno di anni, altrettanto delicata. 

All'inclinazione del giurista rispondeva, d'altronde, quella dell'uomo, 
permeato di una fede cristiana profondamente sentita e coerentemente 
vissuta, sempre nella specchiata fedelt� al servizio dello 
Stato. 

La sua religiosit� cos� alta ed il suo impegno civile di pubblico 
servitore evocano nel mio animo il commosso ricordo -permettetemi 
di esprimerlo come sentimento, io credo, a noi tutti comune di 
un altro figlio della terra di Puglia: un personaggio la cui figura 
storica di eccelso statista grandeggia aureolata del tragico martirio, 
che ne stronc� l'ammirevole opera politica. 

Non posso astenermi dal rendere questo omaggio alla memoria 
di Aldo Moro: io sento nel mio spirito, e sento intorno a noi, in 
questa terra in cui profuse la ricchezza del suo ingegno e del suo 
animo, un drammatico ed incolmabile vuoto. Nessuna parola potrebbe 
neppure per un momento riempirlo, eppure non posso sottrarmi 
al bisogno di parlarne per placare lo smarrimento dell'animo, 
che suscita il ricordo della sua scomparsa. 

Il mio pensiero si volge, riverente e commosso, a rievocare la 
delicatezza del suo animo, la sua superiore intelligenza, che sapeva 
esprimersi in lucide intuizioni politiche, la sua cultura di uomo di 
legge nel senso pi� comprensivo della parola, la sua fermezza e 
dirittura morale, e soprattutto -in questa occasione -il suo senso 
dello Stato. Questo illumin� la sua condotta nelle pi� alte cariche 
pubbliche: egli mai si sent� faziosamente uomo di parte, ma sempre 
e soprattutto servitore dello Stato, sdegnoso di ogni pompa o desiderio 
di onore o di ricchezza, e solo guidato dai due imperativi 
morali del cristiano e del cittadino. 

Il suo insegnamento di vita -ricevuto in una intensa collabo


razione amministrativa con lui tutte le volte che egli � stato al Go


verno -resta per me un bene prezioso; ed � sulla traccia di quel


l'insegnamento, nello spirito di dedizione al servizio della cosa pub




NOTA REDAZIONALE XXlll 

blica, che ho assunto il gravoso impegno che oggi ho l'onore di 
assolvere. 

� lo stesso spirito che gi� fu di tanti colleghi oggi scomparsi 
e di tanti colleghi oggi operosamente attenti al proprio lavoro: �, 
appunto, lo spirito che inform� Antonio Cafaro, � lo spirito che 
deve informare -pena la frustrazione -ogni avvocato dello Stato, 
nel suo difficile, grave, ma pur appassionante e nobile impegno. 

Privi di qualsiasi potere che non sia quello -ahim� di quanto 
arduo esercizio! -della persuasione; privi di qualsiasi libert� nel 
lavoro {vincolati come sono dalle scadenze di termini processuali 
che altri sceglie) che non sia quella della loro coscienza, soltanto 
nel pubblico servizio inteso in senso quasi missionario, gli avvocati 
dello Stato possono trovare la motivazione del loro impegno. Un 
impegno non suffragato certo dalle prospettive che pu� offrire 
l'esercizio della professione forense, e che, se trova riconoscimento 
morale nella equiparazione alle fatiche di altre assai importanti 
pubbliche funzioni, rispetto a queste impone oneri assai pi� pressanti 
e coercitivi. 

L'impegno civile e morale di Antonio Cafaro che fu, come abbiamo 
ricordato, uno dei padri fondatori dell'Avvocatura, segna dunque 
un punto di riferimento ed un insegnamento per tutto l'Istituto 
-dall'Avvocato generale al pi� giovane dei colleghi di procura chiamato 
adesso, a pi� di cento anni dalla sua fondazione ed all'indomani 
di una sua significativa riforma, ad una difficile opera che 
richiede un impegno sempre pi� efficiente, capace di fornire risposte 
adeguate alle domande di una societ� travagliata da una profonda 
crisi di trasformazione. 

Le due domande a cui l'Avvocatura principalmente si deve far 
carico di rispondere oggi sono quelle dell'efficienza dell'Amministrazione 
e della giustizia dell'Amministrazione (in essa e per essa). 

All'efficienza potremo contribuire con un potenziamento �mirato 
� della nostra attivit� consultiva, volta ad eliminare i temp� 
morti di procedimenti troppo .lunghi ed i ritardi dovuti ad errori 

o incertezze. La stessa attivit� consultiva dovr� tendere ad eliminare 
quanto pi� possibile il contenzioso, per ridurre la litigiosit� 
e rendere pi� efficace la difesa dello Stato nelle liti non evitabili. 
L'obbiettivo � quello di_ migliorare �il difficile rapporto tra Stato 
e cittadino �, come significativamente intitolava la Gazzetta del Mezzogiorno 
la notizia di un Congresso internazionale, che ho avuto 
recentemente l'onore di presiedere in Madrid. 
Lo stesso spirito � giustiziale � dovr� informare la nostra attivit�. 
difensiva dinan_zi a tutte le magistrature: da quelle di merito 
fino alle supreme istanze nazionali e sovranazionali. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ho avuto, pochi giorni fa, occasione di rileggere, nel Gabinetto 
dell'Attorney General degli Stati Uniti d'America, un motto che nel 
mio discorso di insediamento, nel 1979, dichiarai di voler assumere 
come guida della mia azione nella direzione dell'Istituto. Esso esprime 
un alto principio di giustizia che, con qualche approssimazione, 
potrebbe cos� tradursi: � lo Stato vince la sua causa ogniqualvolta 
venga resa giustizia in uno dei suoi Tribunali �. 

Due anni di lavoro, ormai largamente compiuti, mi consentono 
-grazie alla collaborazione, al valore ed all'impegno dei colleghi 
dell'Avvocatura -di aspirare ad un traguardo ancora pi� ambizioso: 
promuovere la giustizia preventiva nella Amministrazione, 
senza costringere i cittadini a ricorrere -se non come estrem~ 
garanzia -alla tutela delle loro ragioni dinanzi ai Tribunali dello 
Stato. � uno schietto ritorno alle lontane origini storiche dell'Istit,
uto ed alla filosofia del suo fondatore, che ammoniva i colleghi 
ad essere � prima giudici e poi avvocati �. 

Nel Convegno, tenutosi nello scorso novembre a Taormina, intitolato 
a cinquanta anni di esperienza giuridica in Italia, ho avuto 
modo di ricordare che l'Avvocatura ha visto, negli ultimi tempi, 
dilatarsi, trasformarsi ed accrescersi le sue funzioni (basti pensare 
al suo patrocinio dinanzi alla Corte Costituzionale, dinanzi alla Corte 
di Giustizia delle Comunit� Europee ed ai giudici internazionali, 
al patrocinio delle Regioni e di soggetti internazionali o comunitari 
come la NATO o la Banca Europea degli Investimenti, al nuovo 
significato della sua partecipazione a processi penali per reati economici 
o di eversione dell'ordine democratico) assumendo, in superamento 
degli originari compiti di difesa settoriale, una funzione 
di difesa dello Stato inteso nella sua unit� di ordinamento. 

Ci� comporta un aggravio di lavoro non lieve per ciascun appartenente 
all'Istituto, sia in termini quantitativi che in termini di delicatezza 
di impegno: un impegno non tollerabile se non affrontato 
(in attesa di misure adeguate di ristrutturazione anche dei servizi), 
con quel sentimento di dedizione e di consapevolezza che l'unica 
ricompensa spettante � la soddisfazione del dovere compiuto. 

In quel sentimento Antonio Cafaro ci � stato maestro; se sapremo 
imitarlo, anche solo in piccola parte, saremo all'altezza dei 
compiti che ci sono affidati. 

Lo dico -per quanto attiene alla mia responsabilit� -con 
riguardo all'Avvocatura dello Stato, ma posso affermarlo come cittadino 
per tutti noi, qualunque sia la nostra attivit�, per tutta la 
societ� nella quale �viviamo ed operiamo, nella quale vogliamo che 
trionfino i valori di civilt�, di �libert�, di solidariet�, di progresso 
in cui dobbiamo credere" -e Ghe dobbiamo praticare -per la 
comune salvezza. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

C. 
BAFILE, Osservazioni sul rapporto tra la pronunzia del giudice tributario 
e l'atto amministrativo di esecuzione. . . . . . . . . . . . . pag. 542 
N. BRUNI, Contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente da 
Paesi della CEE: art. 3 legge 10 dicembre 1975, n. 724 e articoli 10 
e 11 della Costituzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 613 
N. BRUNI, Danneggiamento di motovedetta della Guardia di Finanza ed 
art. 253 del Codice Penale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 615 
O. 
FIUMARA, Ammodernamento delle aziende agricole e miglioramento 
delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti 
agricoli: azioni comuni ai sensi dell'art. 6 del regolamento 
C.E.E. del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729 . . . . . . . . . . . . . . � 463 
L. 
MARuorrr, L'evoluzione giurisprudenziale in tema di incidenza della� 
svalutazione monetaria (sulla indennit� di esproprio) intervenuta 
nel periodo di mora debendi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 522 

PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ARBITRATO COMUNIT� EUROPEE 

-Capitolato d'oneri per la fornitura 
dei materiali occorrenti all'Amministrazione 
aeronautica -Clausola predisponente 
un arbitrato -Previsione 
di derogabilit� -Arbitrato facoltativo 
e non obbligatorio, 597. 

-Compromesso -Oggetto -Controversie 
rientranti nella giurisdizione 
esclusiva -Ammissibilit� -Esclusione, 
607. 

-Controversie compromesse in arbitri 
-Questione sull'appartenenza alla 
giurisdizione esclusiva -Questione di 
giurisdizione -� tale, 607. 

-Lodo -Casi di nullit� -Nullit� del 
compromesso -Deducibilit� per la 
prima volta in cassazione -Esclusione, 
597. 

-Lodo -Casi di nullit� -Pronunzia 
fuori dei limiti del compromesso Oggetto 
-Controversie sull'esecuzione 
del contratto -Domanda di risoluzione 
per eccessiva onerosit� sopravvenuta 
-Sussistenza del vizio Esclusione, 
597. 

AVVOCATI E PROCURATORI 

-Controversie di lavoro -Patrocinio 
a spese dello Stato -Liquidazione 
dei relativi compensi -Mancato contraddittorio 
con l'amministrazione 
tenuta al pagamento -Legittimit� 
costituzionale, 442. 

COMMERCIO 

-Commercio al minuto -Disciplina 
della legge 11 giugno 1971, n. 426 Contrasto 
con gli artt. 21 e 41 Cost. Manifesta 
infondatezza, 500. 

-Commercio al minuto -Rivendita di 
riviste e giornali -Obbligo dell'iscrizione 
ai sensi dell'art. 2 della legge 
11 giugno 1971, n. 426, 501. 

-Agricoltura -Politica agricola comune 
-Azioni comuni: ammodernamenti 
delle aziende agricole e miglioramento 
delle condizioni di trasformazione 
e commercializzazione 
dei prodotti agricoli, con nota di 

0. FIUMARA,. 463. 
-Libera circolazione dei lavoratori 
migranti -Prestazioni previdenziali Cumulo 
-Limitazione -Diritto spettante 
in forza della sola legislazione 
nazionale -Norme anticumulo nazionali 
-Applicabilit� -Limiti, 476. 

-Libera circolazione dei lavoratori Previdenza 
sociale dei lavoratori 
migranti -Pensione di invalidit� e 
di vecchiaia -Norme anticumulo 
nazionali -Applicabilit� -Limiti, 477. 

-Libera circolazione dei lavoratori Previdenza 
sociale dei lavoratori 
migranti -Prestazioni previdenziali 
della stessa natura -Clausole nazionali 
di riduzione, sospensione, soppressione 
-Inapplicabilit�, 477. 

-Previdenza sociale dei lavoratori 
migranti -Prestazioni previdenziali Sovrapposizione 
di periodi assicurativi 
-Norme comunitarie e norme 
nazionali -Limiti all'applicazione 
delle norme nazionali, 477. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzione tra Stato 
e Provincia di Bolzano -Pregiudizio 
non riparabile all'esercizio di funzione 
statale -Sospensione dell'atto, 

441. 
CORTE DEI CONTI 

-Giurisdizione contabile -Conti dei 
tesorieri degli organi costituzionali Non 
sono sottoposti a giudizio di 
conto, 456. 


INDICE DELIA GIURISPRUDENZA 
XXVII 

DELITTI CONTRO LA PERSONALIT� 
DELLO STATO 

-Danneggiamento -Distruzione parziale 
di motovedetta della Guardia 
di Finanza da parte di equipaggio 
di nave contrabbandiera -Sussistenza 
-Delitto previsto dall'art. 253 

C.P. Esclusione, con nota di 
N. BRUNI, 615. 
DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 


-Resistenza a pubblico ufficiale -Violenze 
e minaccie da parte dell'equipaggio 
di nave contrabbandiera straniera 
nei confronti dell'equipaggio di 
motovedetta della Guardia di Finanza 
-Sussistenza -Delitto previsto 
dall'art. 110 del codice della navigazione 
-Esclusione, con .nota di 

N. 
BRUNI, 615. 
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Costruzione di opera pubblica -Frazionamento 
del fondo -Perdita della 
possibilit� di edificare -Perdita di 
visuale e aereazione -Danni all'espropriato 
-Irrisarcibilit� -Indennit� di 
esproprio, 514. 

-Espropriazione -Dichiarazione di 
pubblica utilit� -Decadenza -Rinnonovazione 
-Norme applicabili -Rapporti 
tra L. n. 2359 del 1865 e L. n. 865 
del 1971, 539. 

-Indennit� -Attribuzione della giusta 
indennit� in seguito alla opposizione 
alla stima -Automatica rivalutazione 
durante la mora -Inapplicabilit� Prova 
del maggior danno rispetto 
agli interessi previsti dall'art. 1224 

e.e. -Ammissibilit�, con nota di L. 
MARUOTTI, 522. 
-Occupazione -Danno ultrabiennale Interessi 
legali -Quantificazione Necessit� 
-Rivalutazione -Riferimento 
all'interesse legale, 519. 

- 
Sostituzione dello Stato al Comune Indennit� 
di esproprio -Obbligazione 
dello Stato -Sussiste -Fattispecie, 
531. 

FRIULI-VENEZIA GIULIA 

-Completamento e miglioramento delle 
strutture e degli impianti televisivi 
-Contributi regionali ad enti 
locali -Legittimit� costituzionale, 

445. 
GIURISDIZIONE CIVILE 

-Commercio al minuto -Rivendita di 
riviste e giornali -Provvedimenti 
sanzionatori -Impugnativa -Competenza 
esclusiva del giudice amministrativo, 
500. 

-Consiglio di Stato -Difetto di Giurisdizione 
-Limiti -Commercio Commercio 
al minuto -Rivendita di 
giornali e riviste -Disciplina della 
legge 11 giugno 1971, n. 426 -Applicabilit�, 
500. 

-Espropriazione per p.u. -Dichiarazione 
di p.u. -Inefficacia -Compimento 
dell'opera -Danni -Controversia 
-Giurisdizione dell'A.G.O., 496. 

-Giurisdizione ordinaria o amministrativa 
-Giurisdizione esclusiva In 
materia di concessione di beni Riforma 
fondiaria -Recesso dell'assegnatario 
e domanda di indennizzo 
per i miglioramenti -Giurisdizione 
amministrativa -Sussiste, 607. 

-Impiego pubblico e privato -Collaudi 
di opere pubbliche -Giurisdizione 
-Commisurazione del compenso 
a tariffe professionali -Non rileva 
ai fini della giurisdizione, 54-0. 

-Pensione -Controversia sull'an e sul 
quantum -Giurisdizione della Corte 
dei Conti -Interessi compensativi e 
pretesa risarcitoria per la svalutazione 
monetaria -Controversie -Giurisdizione 
ordinaria, 497. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Appello -Rappresentanza e difesa 
della P.A. -Avvocatura dello Stato Mandato 
-Non occorre, 54-0. 

-Ricorso giurisdizionale -Motivi Motivi 
aggiunti -Facolt� del difensore 
munito di mandato speciale a 
ricorrere -Ammissibilit�, 539. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Professori universitari -Trattamento 
economico dei professori equiparati 
ai dirigenti generali di livello A -
Omnicomprensivit� -Eccezione, 450. 

-Stipendi, assegni e indennit� -Omnicomprensivit� 
-Dirigenti del Ministero 
lavori pubblici -Compensi per 
collaudi opere pubbliche -Natura Spettanza 
-Sussiste, 540. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA 'D�LL� �STATO

XXVIII 

-Stipendi, assegni e indennit� -Omnicomprensivit� 
-Dirigenti statali Art. 
50 d.P.R. n. 748 del 1972 -Ambito 
di applicazione, 540. 

-Stipendi, assegni e indennit� -Omnicomprensivit� 
-Dirigenti statali Collaudo 
opere pubbliche -Compenso 
-Criteri di commisurazione -Effetti 
e limiti, 540. 

ISTRUZIONE E SCUOLE 

-Esami di maturit� -Giudizio finale Discrezionalit� 
tecnica -Natura, 539. 

-Esami di maturit� -Giudizio finale Discrezionalit� 
tecnica -Sindacato 
giurisdizionale -Limiti, 539. 

-Universit� -Cliniche universitarie Attivit� 
assistenziale in esse esercitata 
-Si compenetra nell'attivit� didattico-
scientifica -Indennit� perequativa 
c.d. De Maria -� utile ai fini 
previdenziali, 450. 

OBBLIGAZIONI 

-Risoluzione per eccessiva onerosit� 
sopravvenuta -Effetti -Contratti ad 
esenzione continuata e periodica Limiti 
all'efficacia retroattiva -Condizioni 
di applicabilit�, 597. 

PREVIDENZA 

-Istituto Poligrafico dello Stato Obbligo 
di pagare i contributi -Ratei 
di pensione inferiori a quelli 
dovuti -Natura risarcitoria del credito, 
534. 

-Istituto Poligrafico dello Stato -Possibilit� 
di volontaria assunzione di 
obbligo di pagare i contributi -Sussiste, 
534. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Consulenza tecnica -Conclusioni Accoglimento 
da parte del giudice di 
appello -Dettagliata confutazione 
Non � necessaria, 519. 

PUBBLLICA AMMINISTRAZIONE 

-Ferrovie dello Stato -Responsabilit� 
ciivle -Attraversamento dei binari 
all'interno della stazione -Sistema 
di allarme -Insufficienza, 512. 

-Ferrovie dello Stato -Responsabilit� 
civile -Norme da osservare -Presupposti, 
512. 

-Ferrovie dello Stato -Responsabilit� 
Sindacato giudiziario -Cause del!'
evento dannoso -Stazione ferroviaria 
-Ambiente particolarmente pericoloso 
-Rilevanza, 512. 

-Ferrovie dello Stato -Trasporto di 
cose -Traffico straordinario -Documentazione 
amministrativa -Contestazione 
della parte -Onere dell'Amministrazione 
di comprovare il contenuto 
della documentazione -Sussiste, 
529. 

-Istituto Poligrafico dello Stato -Pubblico 
impiego -Natura -Ente pubblico 
non economico -Giurisdizione 
del giudice amministrativo -Limiti, 

534. 
REATO 

-Reati finanziari -Contrabbando di tabacco 
lavorato estero non proveniente 
da Paesi della Comunit� Economica 
Europea -Questione di costituzionalit� 
degli artt. 1 e seguenti della 
legge 10 dicembre 1975, n. 724 per 
contrasto con gli artt. 10, 11, 41 e 
43 della Costituzione in relazione agli 
artt. 12, 37 e 95 del Trattato C.E.E. Irrilevanza, 
con nota di N. BRUNI, 613. 

-Reati finanziari -Contrabbando di 
tabacco lavorato estero -Cattura di 
nave privata straniera in mare libero 
da parte di motovedetta della Guardia 
di Finanza -Legittimit� se ricorrono 
le condizioni di cui all'art. 23 
della Convenzione di Ginevra sul mare 
libero del 29 aprile 1958, con nota 
di N. BRUNI, 615. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Trasporto di cose sulle FF.SS. -Dolo 

o colpa grave della Amministrazione 
-Limite legale alla quantificazione 
del danno -Natura risarcitoria del 
debito, 529. 
TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Accertamento -Competenza dell'Ufficio 
-Determinazione al momento 
della presentazione della dichiarazione 
-Variazione di domicilio successivo 
-Irrilevanza, 585. 


INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

-Accertamento -Metodo induttivo Criteri 
di determinazione -Impugnabilit� 
-Limiti, 554. 

-Accertamento -Metodo induttivo Prova 
-Presunzioni -Caratteri, 554. 

-Accertamento -Motivazione -Imposta 
complementare -Tenore di vita Accertamento 
sintetico -Legittimit�, 

554. 
-Accertamento -Motivazione -Metodo 
induttivo -Ricostruzione del conto 
economico -Non � necessaria, 582. 
-Accertamento -Motivazione sintetica 
-Dichiarazione solo apparentemente 
analitica -Legittimit�, 593. 
-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Plusvalenza -Fusione di societ� 
-Non si verifica, 574. 
-Imposta unica sul reddito delle persone 
fisiche -Cumulo con altro prelievo 
tributario sul medesimo reddito 
-Violazione del principio di eguaglianza, 
448. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Diritti doganali -Diritti per servizi 
amministrativi -Merci importate in 
Italia da Paesi aderenti all'accordo 

G.A.T.T. -Assoggettamento -Esclusione, 
483. 
- 
Diritti doganali -Diritti per servizi 
amministrativi -Merci provenienti 
da Stati aderenti all'accordo G.A.T.T. 
non comprese nell'annessa lista 
XXVII -Applicazione -Legittimit�, 

483. 
-Diritti doganali -Divieto di aggravamento 
per le merci importate da 
Paesi aderenti al G.A.T.T. -Diritti per 
servizi amministrativi -Applicabilit� 
alle merci non incluse nella lista 
XXVII annessa all'Accordo -Necessit� 
di pronuncia pregiudiziale da parte 
della Corte di Giustizia C.E.E., 

484. 
-Diritti doganali -Divieto di aggravamento 
per le merci importate da 
Paesi aderenti al G.A.T.T. -Idoneit� 
delle norme dell'Accordo a conferire 
diritti soggettivi ai singoli -Necessit� 
di pronuncia pregiudiziale da 
parte della Corte di Giustizia C.E.E., 

484. 
-Imposta di registro -Agevolazione 
per le case di abitazione non di lusso 
-Vendita di negozi unitamente 

all'intero fabbricato -Nozione di inter� 
fabbricato -Riferimento alla 
licenza edilizia -Esclusione, 561. 

-Imposta di registro -Atti soggetti 
a condizione sospensiva -Registrazione 
prima dell'azzeramento -Consolidazione 
del criterio di tassazione 
-Esclusione, 570. 

-Imposta di registro -Base imponibile 
-Valutazione automatica -Divisione 
-Si estende, 587. 

-Imposta di registro -Interpretazione 
dell'atto -Negozio collegato -Ricostruzione 
dell'effetto unitario di pi� 
atti -Legittimit�, 567. 

-Imposta di registro -Prescrizione e 
decadenza -Atti soggetti a condizione 
sospensiva -Deliberazione di aumento 
di capitale -Decorrenza dalla 
denuncia dell'avvenuta sottoscrizione, 
570. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Contenzioso tributario -Decisione 
della commissione -Imposta sulle 
societ� -Rinvio all'ufficio per la 
liquidazione -Legittimit�, con nota 
di C. BAFILE, 542. 

-Contenzioso tributario -Impugnazione 
alla corte di appello -Domande 
nuove -Improponibilit�, 563. 

-Contenzioso tributario -Provvedimento 
impugnabile -Accertamento 
in senso lato -Provvedimento che 
nega l'agevolazione -� tale, 579. 

-Contenzioso tributario -Ricorso per 
cassazione contro decisione della 
Commissione centrale -Termine Art. 
327 c.p.c. -Si applica -Notifica 
del dispositivo a cura della segreteria 
-Decorrenza del termine breve, 
589. 

-Contenzioso tributario -Ricorso per 
cassazione contro decisione della 
Commissione centrale -Termine -Comunicazione 
del dispositivo a cura 
della segreteria -Non fa decorrere 
il termine di 60 giorni -Termine annuale 
dalla pubblicazione -Si applica, 
590. 

-Contenzioso tributario -Ricorso Presentazione 
-Consegna all'ufficio 
tributario -Nullit�, 595. 

-Prescrizione -Interessi -Atti interruttivi 
del credito d'imposta -Estensione 
agli interessi -Esclusione, 547. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 
INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 
3 luglio 1981, n. 115 (ord.) 
7 luglio 1981, n. 116 
7 luglio 1981, n. 118 
7 luglio 1981, n. 119 

10 luglio 1981, n. 126 
10 luglio 1981, n. 129 

pag. 

)} 
)} 
)} 
}) 
}) 

441 
442 
445 
448 
450 
456 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 
3 giugno 1981, nella causa 107/80 . . . . . . . . . . . . 
1" sezione, 2 luglio 1981, nelle cause 116, 117 ,119, 120 e 121/80 
GIURISDIZIONI CIVILI 
CORTE DI CASSAZIONE 
Sez. I, 8 settembre 1980, n. 5161 . 
Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5343 . 
Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5349 . 
Sez. I, 7 ottobre 1980, n. 5381 . 
Sez. I, 14 ottobre 1980, n. 5516 
Sez. I, 16 ottobre 1980, n. 5563 
Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6260 . 
Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6261 . 
Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6262 . 
Sez. I, 9 dicembre 1980, n. 6351 . 
Sez. I, 15 dicembre 1980, n. 6492 . 
Sez. I, 15 dicembre 1980, n. 6493 . 
Sez. I, 24 gennaio 1981, n. 542 . 
Sez. I, 27 gennaio 1981, n. 624 . 
Sez. I, 29 gennaio 1981, n. 687 . 
Sez. I, 4 febbraio 1981, n. 754 . 
Sez. III, 19 febbraio 1981, n. 1018 . 
Sez. I, 26 febbraio 1981, n. 1181 . 
Sez. I, 16 marzo 1981, n. 1477 . . . 
Sez. I, 1� aprile 1981, n. 1852-. 
III sez. civ., 2 aprile 1981, n. 1868 . 
pag. 463 
}) 476 
pag. 
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542 
547 
554 
561 
563 
567 
570 
574 
579 
582 
585 
587 
589 
590 
593 
595 
512 
514 
519 
522 
529 

INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

Sez. I, 8 aprile 1981, n. 2007 . . 
Sez. Un., 11 aprile 1981, n. 2130 . 
Sez. I, 22 aprile 1981, n. 2382 . 
Sez. I, 23 aprile 1981, n. 2398 
Sez. Un., 7 maggio 1981, n. 2950 . 
Sez. Un., 7 maggio 1981, n. 2957 . 
Sez. Un., 25 maggio 1981, n. 3408 . 
Sez. I, 27 maggio 1981, n. 3474 . . 
Sez. Un., 21 luglio 198.1, n. 418 (ordinanza) 
Sez. Un., 10 dicembre 1981, n. 6517 . . . . 


GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 23 giugno 1981, n. 304 . 
Sez. IV, 14 luglio 1981, n. 582 
Sez. VI, 22 maggio 1981, n. 225 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

TRIBUNALE DI LATINA 

Ordinanza, 13 febbraio 1981 
Sentenza, 13 febbraio 1981 

� 531 
� 496 
� 501 
� 483 
� 497 
� 500 
� 534 
� 597 
� 484 
� 607 

pag. 539 

)) 539 

)) 540 

pag. 613 
� 614 


PARTE SECONDA 
LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
I. -Norme dichiarate incostituzionali 
Il. -Questioni dichiarate non fondate 
III. -Questioni proposte 
pag. 
� 
� 
51 
52 
54 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1981, n. 115 (ord.) -Pres. Amadei 

Rel. De Stefano -Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Ferri) 

e Presidente Giunta provinciale di Bolzano. 

Corte Costituzionale � Conflitto di attribuzione tra Stato e Provincia di 

Bolzano -Pregiudizio non riparabile all'esercizio di funzione sta


tale -Sospensione dell'atto. 

Un concreto e non riparabile pregiudizio all'esercizio della funzione 
di difesa del territorio nazionale costituisce ragione di sospensione dell'esecuzione 
dell'atto che ha determinato l'insorgere di conflitto di attribuzione. 


(omissis) ... ritenuto che con decreto del Presidente della Giunta 
provinciale di Bolzano, emanato il 16 dicembre 1980, �..� stato approvato 
il vincolo paesistico �Parco Naturale Monte Corno�; 

che il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato 
il 29 aprile 1981, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti 
della Provincia autonoma di Bolzano, 1in relazione al suddetto decreto, 
limitatamente alle disposizioni di cui agli artt. 2, comma secondo, 
lett. e) ed 11, comma secondo, dell'elenco dei vincoli e delle relative 
prescrizioni: con la prima delle quali, sotto la rubrica � divieti parti. 
colari �, sono vietati �i campeggi e le esercitazioni militari � nel territorio 
vincolato a parco, e con la seconda, sotto la rubrica � effetti 
provoca1Ji. da rumori molesti �, � vietato, nello stesso territorio, � l'atterraggio 
e il decollo di aeroplani o elicotteri salvo che per operazioni di 
soccorso o per necessit� di trasporto materiali�; (omissis) 

che, in sede di audizione in camera di consiglio, l'avvocato dello 
Stato ha ribadito la gravit� deHe ragioni addotte a sostegno della 
richiesta sospensiva, rilevando come le impugnate disposizioni si risolvano 
in una vera interdizione di qualsiasi attivit� militare in una zona 
posta in prossimit� di confini nazionali, e come, in concreto, esse impediscano 
al Corpo d'armata alpino, nel cui �mbito operativo rientra la 
zona medesima, di svolgere ivi in qualsiasi forma il normale addestramento 
dei suoi reparti; (omissis) 

considerato che effettivamente le impugnate disposizioni, con il 
vietare le specifiche attivit� militari indicate dal ricorrente, possono 



442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
determinare un concreto e non riparabille pregiudizio all'esercizio della 
funzione di difesa del territorio nazionale; 
che, pertanto, sussistono gravi ragioni per addivenire, in attesa 
della definizione del giudizrlo, alla sospensione della :loro esecuzione: 
sospensione che, per quanto tocca in particolave il divieto di atterraggio 
e decollo di aereoplani o elicotteri, va ovviamente circoscritta 
all'ipotesi di operazioni militari. 
CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1981, n. 116 -Pres. Amadei -Rel. 
Roehrssen -Bruscia ed altro (avv. Avezzano Comes) e Presidente 
Consiglio Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). 
Avvocati e .procuratori -Controversie di favoro � Patrocinio a spese 
dello Stato -Liquidazione dei relativi compensi � Mancato contraddittorio 
con l'amministrazione tenuta al pagamento � Legittimit� 
costituzionale. 
(Cost. art. 24; !. 11 agosto 1973, n. 533, artt. 13 e 14). 
I provvedimenti del giudice dinanzi al quale pende una controversia 
di lavoro, con i quali sono disposti l'ammissione al patrocinio a spese 
dello Stato, la scelta del difensore e la liquidazione dei compensi a 
questo spettanti, sono provvedimenti amministrativi, emanati dal predetto 
giudice in luogo della amministrazione attiva. Pertanto, gli artt. 13 
e 14 della l�gge 13 agosto 1973, n. 533, non violano l'art. 24 Cast. (1). 
(omissis) La Corte � chiamata a decidere se gli artt. 13, primo, 
secondo e terzo comma, e 14, secondo comma, della legge 11 agosto 1973, 
n. 533, siano in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, prevedendo 
(1) La pronuncia pu� dare luogo a qualche osservazione. Sembra non proprio 
esaustivo l'asserire che il giudice agisce � in luogo� dell'amministrazione, dal momento 
che una siffatta asserzione apre e lascia irrisolti tutta una serie di problemi 
anche di rilievo costituzionale. L'amministrazione, e cio� il potere esecutivo, 
opera -per dettati costituzionali -in regime di responsabilit�, fmche politica, 
e nel quadro di un sistema di controlli, anche contabili; responsabilit� e controlli 
sono essenziali specie laddove -come nella specie -una potest� amministrativa 
� caratterizzata da ampia discrezionalit�. 
D'altro canto, l'impossibilit� di affidare al giudice la gestione di capitoli del 
bilancio della spesa non pare possa essere riguardata alla stregua di un banale 
ostacolo aggirabile mediante l'espediente di attribuire ad un organo amministrativo 
il compito -si sottolinea � di carattere meramente esecutivo � di 
emettere 
gli ordinativi di pagamento. 
In realt�, la pronuncia risente di una certa propensione ad ammettere la 
possibilit� di una confusione tra i moli di magistrato e di amministratore. Lo 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 443 

l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato, la nomina del 
difensore d'ufficio e la liquidazione del relativo compenso, con provvedimenti 
giurisdizionali che fanno stato nei confronti della pubblica 
amministrazione senza che questa abbia partecipato al procedimento 
nei quali furono emessi e senza che abbia alcuna possibilit� di difesa 

o 
di gravame. 
La questione non � fondata. 
Ad avviso della Corte occorre prendere le mosse dall'esame del 
contenuto della legge n. 533 del 1973, nella parte che qui interessa. 

Questa fogge, nel dettare la nuova disciplina processuale de1le controversie 
di lavoro e previidenziali, anticipando in parte la pi� generale 
normativa sul patrocinio statale per i non abbienti (Senato della Repubblica, 
VI legislatura, disegno di legge n. 453) ha per ora introdotto 
questa forma di patrocinio per le controversie indicate e, come risulta 
dai lav011i preparatori, nell'organizzare il relativo servizio ha voluto seguire 
criteri di particolare semplicit� e rapidit�. 

In omaggio a questi criteri, il legislatore ha abbandonato il sistema 
gi� seguito dal R.D. 30 dicembre 1923, n. 3282, I�il tema di gratuito 
patrocinio (preveduto anche dal suddetto progetto sul patrocinio statale 
per i non abbienti), consistente nell'affidare i relativi compiti ad 
appositi organi amministratiiv.i ed ha ritenuto, invece, opportuno inserire 
la. procedura predetta nel seno al procedimento giurisdizionale �in 
ordine al quale deve svolgersi l'opera defensionale. 

Perci� la legge ha affidato al giudice dinanzi al quale s.i svolge il 
giudizio la attivit� all'uopo necessaria, che si concreta essenzialmente 
nella� ammissione al beneficio, previo accertamento della esistenza delle 
condizioni sostanziali per la concessione del beneficio medesimo (art. 13, 

status del giudice � funzionale all'esercizio della giurisdizione (che � sovranit� 
-si noti -� condizionata � al sussistere di una domanda, di una lite), mentre 
ris)l1ta intrinsecamente incompatibile con l'esercizio di potest� amministrativa; 
a' meno da non proclamare che l'indipendenza del magistrato � un privilegio 
personale (esenzione di una persona da sottoordinazione, da controlli e da 
responsabilit�) operante in ogni circostanza, e cui non fa riscontro alcun limite 

o dovere. 
Quanto precede rende palese la necessit� di definire, quanto meno con 
norme interne, i criteri cui deve ispirarsi un corretto esercizio della potest� 
amministrativa in questione, che non pu� assumere i connotati di � potere 
libero �. Del resto, i casi che hanno dato origine alla controversia costituzionale 
hanno messo in evidenza la possibilit� di gravi deviazioni: i compensi a 
difensori sono stati liquidati in relazione a serie di cause conclusesi con sentenze 
di rigetto delle domande del ricorrente (quando le domande sono accolte, 
l'onere per le spese legali � posto a carico dei convenuti) dopo istruttorie che 
hanno accertato la totale (ed ab origine conoscibile) inconsistenza di dette 
domande. Si lascia al lettore di immaginare quali meccanismi le disposizioni 
de quibus, ove non integrate, consentano di attivare. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

secondo comma), nella scelta del difensore (art. 13, terzo comma) e, 
infine, nella liquidazione dei diritti, delle competenze e degli onorari 
spettanti al difensore (art. 14, secondo comma). 

Da tutta questa attivit�, come appare evidente, rimane estraniata 
l'Amministrazione dello Stato, ai cui organi sono affidati, dalla legge 
in esame, due soli compiti. 

Il primo (art. 11, settimo comma) consiste nella facolt� accordata 
all'Intendente di finanza di prospettare al giudice, in qualsiasi stato della 
causa, gli elementi di cui egli sia dn possesso in ordine alla esistenza 
ed alla persistenza dei requisiti di legge per l'ammissione al beneficio, 
chiedendo la revoca del relativo provvedimento: questo intervento 
(sebbene definito ricorso) si concreta in una forma di collaborazione, 
la quale, mentre ha lo scopo di fornire al giudice tutti gli elementi del 
caso e di conseguire la pi� esatta osservanza della legge, non intacca 
i poteri del giudice, al quale soltanto spetta di adottare le decisioni 
definitive in argomento {art. 11, settimo comma, cit.). 

Il secondo compito, a sua volta, di carattere meramente esecutivo, 
� successivo e conseguenziale al provvedimento del giudice, consiste nel 
provvedere al pagamento della spesa Iiquidata dal giudice a norma 
dell'art. 14 nonch� alla prenotazione a debito per la eventualit� della 
ripetizione degli onorar.i a norma dello stesso art. 14, primo comma. 
� appena il caso di avvertire che quest'ultimo compito non poteva 
essere affidato al giudice, il quale non amministra i capitoli del bilancio 
della spesa: di conseguenza l'art. 14 ha posto la regola che H giudice 
fissa l'ammontare del credito del difensore ed i competenti organi 
amministrativi provvedono alla esecuzione, la quale, contrariamente a 
quanto rileva l'Avvocatura generale dello Stato, non consente alcun 
sindacato sul contenuto del provvedimento del giudice competente. 

In questo contesto e se questa � l'organizzazione del servizio adottata 
dal legislatore in base ad una scelta discrezionale, le censure mosse 
dai giudici a quibus alla normativa esaminata, in quanto non consentirebbe 
alla Amministrazione dello Stato di intervenire nel procedimento 
e di impugnare i provvedimenti del giudice non hanno pregio: a parte 
che una qualche forma di intervento � preveduta dall'art. 11, penultimo 
comma, le censure stesse poggiano, infatti, su una pretesa contrapposizione 
fra il giudice e l'amministrazione statale che invece non trova 
alcun riscontro nel sistema della legge n. 533, la quale, come si � visto, 
ha ritenuto pi� congruo ed opportuno affidare la applicazione delle 
norme in questione non alla Amministrazione attiva, ma al giudice, il 
quale agisce in luogo della medesima. 

N� si possono condividere le considerazioni svolte dall'Avvocatura 

dello Stato circa la possibilit� che si verifichino frodi nella scelta dei 

difensori, trattandosi, se mai, di meri inconvenienti che, d'altro canto, 


PARTE I,. SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

445 

non potrebbero essere eliminati da una qualsiasi ingerenza di organi 
amministrativi. 

Tutto ci� posto, � da escludere che sii possa ravvisare nel sistema 
rifer.ito una violazione dell'art. 24 della Costituzione a danno dell'Ammi� 
nistrazione dello Stato. (omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1981, n. 118 � Pres. Amadei � Rel. 
Gionfrida � Presidente Consiglio dei Miillistn (vice avv. gen. Stato 
Azzariti) e Regione Friuli-Venezia Giulia. 

Friuli� Venezia Giulia � Completamento e miglioramento delle strutture 
e degli impianti televisivi � Contributi regionali ad enti locali � 
Legittimit� costituzionale. 

(Statuto Friuli V. G., artt. da 4 a 7 e 54). 

La realizzazione di opere infrastrutturali e meramente accessorie 
per il completamento ed il miglioramento delle strutture e degli impianti 
televisivi rientra nella materia �lavori pubblici di interesse locale 

o regionale�; � quindi costituzionalmente legittima una delibera legislativa 
regionale con la quale si concedano contributi per la realizzazione 
di dette opere (1). 
(omissis) La legge riapprovata il 16 giugno 1978 dal Consiglio regionale 
del Friuli-Venezia Giulia (intitolata �Interventi regionali per il potemiiamento 
e fa massima diffusione del servizio pubblico radiotelevisivo 
nel Friuli-Venezia Giulia)� -dopo un'ampia premessa introduttiva 
(contenuta nel comma primo dell'art. 1), secondo cui la Regione �promuove 
e favorisce la massima diffusione dei servizi pubblici radiotele


(1) � stato gi� osservato (cfr. Commento al d.P.R. n. 616 del ,1977, coordinato 
da CAPACCIOLI e SATTA sub art. 3) che le elencazioni delle � materie � attribuite 
alle Regioni contenute nell'art. 117 Cost. ed in altre disposizioni di livello costituzionale 
finiscono per affastellare nozioni non omogenee (talune teleologiche, 
altre ontologiche, etc.). Ed � stato pure osservato (ivi, sub art. 87) che i �lavori 
pubblici � in realt� non dovrebbero costituire una � materia� a s� stante, con 
la predetta espressione indicandosi solo un momento, e strumentale, nello 
svolgimento di una serie di attivit� pubbliche (ad esempio, per la gestione 
delle ferrovie, per il regime delle acque, per la difesa, etc.). 
In questo quadro, la massima cautela � doverosa nel ravvisare ambiti di 
<:ompetenza regionale desunti (e, per cosi dire, derivati) dalla previsione della 
realizzazione di un � lavoro pubblico�, nel complesso iter di una attivit� ammi� 
nistrativa. Nella sentenza in rassegna si � ritenuto di poter superare le (pur 
avvertite) remore, mediante l'osservazione che i lavori de quibus �non iner�� 
scono direttamente a servizi statali... in quanto consistono in opere... meramente 
accessorie �: � -questo -un criterio che, per la sua elasticit� ed 
approssimazione, introduce fin troppo evidenti elementi di incertezza. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO �

446 

visivi, soprattutto in favore delle popolazioni residenti nelle zone pi� 
periferiche e disagiate, anche ,in riferimento alla programmazione regionale 
prevista sia in lingua italiana che in lingua slovena con l'attivazione 
della terza rete televisiva della RAI � -stabilisce (al comma secondo 
dello stesso art. 1) che, a tal fine, l'amministrazione re~ionale � autorizzata 
a �concedere contributi in conto capitale per il completamento ed 
il miglioramento delle strutture e degli impianti televisivi �. 

Le disposizioni dei successivi artt. 2 a 6 disciplinano, poi, le condizioni, 
i limiti e le modalit� di erogazione dei contributi in questione, 
elencandone i potenziali beneficiari (Comunit� montane, comuni e loro 
consorzi) ,ed indicando esemplificativamente le opere per la cui realizzazione 
questi possono essere concessi (acquisizione di aree, costruzioni 
dii elettrodotti... e di ogni altra infrastruttura necessaria per il funzionamento 
e la manutenzione delle opere tecniche � a carico degli enti predetti 
in base ad apposita convenzione stipulata tra i medesimi e la RAI�. 

Di tail legge, il Governo deduce -come in narrativa detto -l'illegittimit� 
costituzionale per contrasto con gli articoli 4 a 7 e 54 dello 
Statuto di autonomia approvato con legge costituzionale n. 1 del 1963. 

Sotto un primo profilo, argomenta, infatti, che le enunciazioni programmatiche 
di cui alla prima parte della legge, non solo sono operate 
in assenza di ogni specifica attr.ibuzione statutaria, ma si trovano altres� 
in patente contraddizione con i principi e le procedure di programmazione 
nazionale, di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, che detta nuove 
norme per la disciplina del servizio pubbltlco di diffusione radiofonica e 
televisiva. 

In secondo luogo discenderebbe, appunto, come logico corollario, 
dall'acclarata inesistenza di una competenza legislativa (ed amministrativa) 
della Regione nella materia in questione, [a parallela esclus.ione di 
un potere di spesa sull'identico oggetto. Trattandosi in particolare di 
interventi economici in favore di comuni, questi -sempre secondo il 
r.icorrente -avrebbero dovuto semmai essere realizzati nelle forme previste 
dal citato art. 54 dello Statuto e cio�, con assegnazione di quota 
annua delle entrate regionaJ:i, ricorrendo lo scopo di �adeguare le finanze 
dei comuni al raggiungimento dehle finalit� ed all'esercizio delle funzioni 
stabilite dalla legge �. 

La questione non � fondata. 

Confrariamente all'assunto dell'Avvocatura dello Stato, la legge impugnata 
non incide sulla materia del servizio pubblico radiotelevisivo (la 
cui riserva allo Stato non � minimamente posta in discussione dalla Regione), 
restando, invece, ci!'coscritta, nel suo oggetto, al pi� ristretto e 
specifico settore dei �lavori pubblici�: che l'art. 4, n. 9, dello Statuto del 
Friuli-Venezia Giultla attribuisce (con formula sostanzialmente equivalente 
a quelle che, con varianti solo formali, si ritrovano in altri statuti 
di autonomia e nell'art. 117 della Costituzione, per le regioni a statuto 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

ordinario) alla competenza regionale, ove trattisi (come nella specie) di 
lavori di �interesse locale e reg:ionale �. 

'� infatti proprio ed esclusivamente alla realizzazione di opere pubbliche, 
quali appunto le infrastrutture occorrenti per l'installazione e [a 
manutenzione di impianti televisivi (anche per la terna rete) che la legge 
impugnata ha riguardo, mirando ad agevolarle: attraverso la disciplinata 
facolt� di concessione di contributi aii comuni, cui tali opere facciano 
c~ico in base a convenzionii stipulate con la RAI-TV. 

L'enunciazione di principio, contenuta in apertura della stessa legge, 
aJl di l� di una evidente ridondanza ed enfatizzazione de11a formula, si 
rileva come meramente introduttiva alle dette disposizioni di sostegno 
economico. E si risolve in una esplicitazione dei motivi di interesse (alla 
massima fruizione del servizio televisivo) che nella circostanza determinano 
l'intervento del legislatore regionale; interessi, per altro, che il 
legislatore nazionale prende anch'esso in considerazione nella citata legge 

n. 103 del 1975 (in particolare agli artt. 5 e 8) per attribuire precisi (sia 
pur collaterali) compiti (di indicazione, proposta, ecc.) alle regioni, nel 
settore della programmazione televisiva. 
D'altra parte, che le opere pubbliche alla cui realizzazione si rife:nisce 
fa legge impugnata siano da ricondurr,e, in particolare, nel novero di 
quelle di � interesse regionale� non � revocabile in dubbio ove si richiami 
il criterio interpretativo -desumibile dal contesto dell'art. 4, n. 9, 
dello Statuto Friuli-Venezia Giulia e delle correlate disposizioni di attuazione 
(artt. 22 e 26 d.P.R. 1965 n. 1116, 21 lett. a), 23 lett. f) d.P.R. 1975 

n. 902; e che trova ora anche riscontro per le regioni a statuto ordinario 
negli artt. 87, 88 del d.P.R. n. 616 deiJ. 1977 -secondo cui la materia 
dei lavori pubblici di interesse regionale deve, in linea di massima, intendersi 
caratterizzata da duplice connotazione: da un elemento positivo 
di carattere spaziale rappresentato dalla ubicazione in ambito infraregionale 
dell'opera da effettuare, e da un elemento negativo, rappresentato 
dalla non inerenza dell'opera stessa a servizi dello Stato. 
Entrambi tali requisiti risultano. nella specie puntualmente esistenti, 
dacch� i lavori previsti nella legge denunciata insistono indiscutibilmente 
in ambito infraregionale, e, d'altro lato, non ineriscono direttamente a 
servizi statali, cio� al servizio televisivo, in quanto, come si � .detto, 
consistono in opere infrastruttura]J e quindi meramente accessorie, le 
quali, appunto perch� tali, rimangono, del resto, in propriet� dei comuni 
e dei consorzi che le eseguano. 

N� gfova infine :nichiamare i limiti desumibili dall'art. 54 dello Statuto 
di autonomia� del Friuli-Venezia Giulia perch� tale norma, che ha 
riferimento ad interventi di sostegno finanziario in favore dei Comuni 
per finalit� e funzioni ,stabilite dalle leggi, non esclude il ricorso da 
parte della Regione al normale potere di spesa che le compete nelle materie 
di propria competenza. 


448 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1981, n. 119 -Pres. Amadei -Rel. 
De Stefano -Mancini e altro (avv. Ravajoli e Simi) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (vii.ce avv. gen. Stato Azzariti). 

Tributi erariali diretti -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche Cumulo 
con altro prelievo tributario sul medesimo reddito -Violazione 
del principio di eguaglianza. 
(Cost., artt. 3 e 53; I. 13 luglio 1967, n. 583, art. 22; I. 20 marzo 1968, n. 369, art. unico; 

I. 3 giugno 1975, n. 160, art. 31). 
Contrastano con il principio di eguaglianza (in relazione alla capacit� 
contributiva) le disposizioni che hanno mantenuto la � ritenuta progressiva 
sulle alte pensioni� anche dopo l'assoggettamento di queste alla 
IRPEF (1). 

(omissis) Con l'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583, veniva istituito, 
con decorrenza 1� gennaio 1968, un �contributo di sollidariet� � a 
favore del Fondo sociale, di cui alla Jegge 21 luglio 1965, n. 903, ed a 
carico delle pensioni erogate dal Fondo speciale di previdemia per il 
personale addetto ai pubblici servizi di telefonia, il cui importo annuo 
superasse le lire 7.200.000. A tal fine l'INPS, in sede di liquidazione della 
pensione, doveva provvedere ad operare una �ritenuta progressiva� (del 
16 per cento della pensione fino a 12 milioni di lire, e del 32 e deil 48 per 
cento, rispettivamente per le parti eccedenti i 12 milioni fino a 18 milioni, 
ed oltre i 18 milioni); il contributo cos� prelevato andava poi direttamente 
versato dal medesimo Istituto al Fondo sociale. 

L'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 369, nel differire la 
decorrenza della ritenuta al 1� aprile 1968, la estendeva, sempre con le 
medesime percentuali e negli stessi limiti, a tutti ii titolari di pensioni 
a carico d�ll'assicurazione generale obbligatoria per la invalidit�, la vecchiaia 
ed i superstiti, nonch� dei fondi sostitutivi od integrativi dell'assicurazione 
medesima, gestiti dall'INPS. 

Successivamente la ritenuta � stata abolita, in forza dell'art. 31 della 
legge 3 giugno 1975, n. 160, a decorrere dal 1� genna:io 1976. (omissis) 
La medesima questione, come si � gii� detto, � stata anche sollevata 
con due ordinanze del tribunale di Roma. Per il suo esame nel merito, 

(1) La pronuncia, di specie, non sembra faccia sorgere dubbi di legittimit� 
costituzionale per le non rare disposizioni che pongono, a carico dei cittadini 
percettori di redditi non bassi, oneri di contribuzione ai costi di prestazioni 
pubbliche (ad esempio, i cosiddetti tickets). Peraltro, v'� in essa una esplicita 
indicazione nel senso della necessit� per il legislatore di tener conto e coordinare 
ogni forma di fiscalit� parallela con l'imposizione progressiva determinata 
dalla curva delle aliquote IRPEF. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

va innanzi tutto ricordato che questa Corte si � gi� espressa sul � contributo 
di solidariet� � imposto a favore del Fondo sociale, dichiarando 
non fondata, con la sentenza n. 146 del 1972, la questtione di costituzionalit� 
che allora le era stata deferita per l'asserito contrasto con gli 
art. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione, degli artt. 22 della legge n. 583 del 
1967 ed unico della legge n. 369 del 1968, istitutivi di detto contributo. 
In quell'occasione la Corte pervenne alla sua pronuncia, riconoscendo, 
fra l'altro, -che �la ritenuta progressiva sulle alte pensioni... ha sostanzialmente 
carattere di prestazione imposta � al fine di concorrere alla 
copertura delle rilevanti spese conseguenti alla �istituzione delle nuove 
pensioni sociali�. In attesa che il relativo onere -per effetto dell'art. 1 
della legge 30 aprile 1969, n. 153 -venisse assunto, a decorrere dal 1� 
gennaio 1976, a completo carico dello Stato, sopperiva infatti, accanto 
agli altri mezzi di copertura, �un contributo progressivo straordinario 
e temporaneo a carico di coloro che -secondo la valutazione del legislatore 
-hanno la capacit� contributiva�. � stato cos� messo in preminente 
evidenza il nesso teleologico tra il carattere obbligatorio della prestazione 
patrimoniale autoritativamente imposta e la destinazione del 
relativo provento alla realizzazione di un interesse pubblico, quale la 
collaborazione nell'appvestamento dei mezzi .per l'attuazione di quel principio 
generale di sicurezza sociale, sancito nel primo comma qell'art. 38 
della. Costituzione, cui � appunto informata la istituzione delle pensioni 
sociali (come questa Corte ha di recente riaffermato anche nella sentenza 

n. 157 del 1980). La �ritenuta progressiva sulle alte pensioni� veniva 
perci� sostanzialmente collocata sul piano dei tributi: ed infatti la Corte, 
premesso che le pensioni dei lavoratori � non si sottraggono al regime 
tributario�, sottolineava che quelle assoggettate a contributo beneficiavano, 
d'altra parte, della � esenzione dal pagamento della ricchezza mobile
�, concessa ai sensi dell'art. 124 del r~d.I. 4 ottobre 1935, n. 1827. 
L'�mbito normativo preso allora in considerazione datlla Corte � stato, 
peraltro, incisivamente modificato -come posto in rilievo dal giudice 
a quo -per effetto della sopravvenuta riforma tributaria. In applicazione 
dei principi cui essa � informata, � stata infatti .istituita, con il 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e con decorrenza dal 1� gennaio 1974, 
una imposta sul reddito complessivo netto delle persone fisiche (IRPEF), 
alla quale sono state assoggettate anche le pensioni, mentre � venuta 
meno la loro esenzione dall'imposta di ricchezza mobile, abolita con la 
stessa decorrenza. 
Le pensioni assoggettate alla � vitenuta � sono state dunque, nel 
biennio che intercorre tra il 1� gennaio 1974 (inizio dell'applicazione del� 
l'IRPEF) ed il 1� gennaio 1976 (cessazione dell'efficacia delle disposizioni 
istitutive del contributo di solidariet�), incise da un dupl.ice prelievo per 
effetto di due concomitanti imposizioni, la cui progressivit�, caratteristica 
di entmmbe, non � stata nemmeno coordinata. Appare in conse



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

guenza vulnerato il princ1p10 dell'eguaglianza in rela:zrl.one alla capacit� 
contributiva, sancito dagli artt. 3 e 53 de1la Costituzione, atteso che, nei 
confronti dei titolari di altri redditi, e pi� specificamente di redditi da 
lavoro dipendente (cui Ia pensione, ai fini dell'applicazione dell'IRPEF, 
� assimilata dall'art. 46, comma secondo, del citato d.P.R. n. 597 del 
1973), i titolari delle pensioni su cui si � applicato tanto l'IRPEF quanto 
la ritenuta a favore del Fondo saciale, sono stati, a parit� di reddito e 
di capacit� contributiva, colpiti in misura ingiustificatamente e notevolmente 
maggiore. (omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio 1981, n. 126 -Pres. Amadei -Rel. 
Roehrssen -Andreani ed altri (avv. Sandulli), Pio Istituto S. Spirito 
(avv. Nigro), Larizza (avv. Ricci), Universit� degli Studi di Roma e 
Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Camfa). 

Istruzione e scuole -Universit� -Cliniche universitarie -Attivit� assistenziale 
in esse esercitata -Si compenetra nell'attivit� didattico-scientifica 
-Indennit� perequativa c.d. De Maria -� utile ai fini previdenziali. 

(Cast., artt. 3, 36 e 38; I. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4; d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, 

art. 31). 

Impiego pubblico � Professori universitari -Trattamento economico dei 
professori equiparati ai dirigenti generali di livello A -Omnicomprensivit� 
-Eccezione. 
(Cast., art. 3; d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 50). 

Le cliniche universitarie sono organi delle Universit�, e l'attivit� 
assistenziale in esse prestata dai professori universitari si compenetra 
nell'attivit� didattico-scientifica; non �, quindi, possibile parlare di un 
duplice rapporto di impiego o di un lavoro supplementare o aggiuntivo, 
e ravvisare una disparit� di trattamento nella equiparazione del trattamento 
retributivo dei prof es sori universitari a quello dei sanitari ospedalieri, 
ancorch� questi ultimi svolgono solo l'attivit� assistenziale. Contrasta 
con l'art. 38 Cast. l'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213, nella 
parte in cui stabilisce che l'indennit� in esso prevista .non � utile � ai 
fini previdenziali e assistenziali�. 

Il criterio della omnicomprensivit� si applica anche nei riguardi dei 
professori universitari con parametro 825 (equiparati agli ambasciatori); 
tuttavia a tale criterio si sottrae la indennit� c.d. De Maria, a cagione 
della sua particolare finalit� perequativa (1). 

(l) Cfr. Corte cost. 6 dicembre 1979, n. 141 (in questa Rassegna, 1980, I, 25) 
e Corte cost. 17 luglio 1975, n. 219 (in Foro it., 1975, I, 18&1). L'affermazione 
contenuta nella prima parte della massima appare avere oggi un ambito di 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 451 

(omissis) Con le ordinanze di rimessione di cui in epigrafe sono state 
sottoposte all'esame della Corte due questioni riguardanti l'art. 4 della 
legge 25 marzo 1971, n. 213 (recante: �Soppressione dei compensi fissi 
per i ricoveri ospedalieri di cui aM'art. 82 del regio decreto 30 settembre 
1938, n. 1631, e della Cassa nazionale di conguaglio di cui al decretolegge 
18 novembre 1967, n. 1044, convertito in legge 17 gennaio 1968, n. 4 �) 
ed una terza questione riguardante l'art. 50 del d.P.R. 30 giugno 1972, 

n. 748 (recante: � Discip1ina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni 
dello Stato, anche ad ordinamento autonomo�): tali questioni attengono 
tutte al trattamento economico dei professori ullliversitari delle 
facolt� di medicina e chirul'gia che opevino in unit� ospedaliere ed involgono 
l'esame di problemi analoghi o connessi. (omissis) 
La prima delle questioni sottoposte alla Corte investe l'art. 4, secondo 
comma, della legge 213 del 1971, partendo dal presupposto che i professori 
universitari operanti nelle cliniche universitarie sarebbero titolari di 
un duplice rapporto d'impiego o, quanto meno, sarebbero tenuti ad una 
pluralit� di prestazioni lavorative la quale imporrebbe una retribuzione 
diversa e maggiore di quella posta con la norma in parola. 

Ci� richiede che la Corte accerti preliminarmente la reale siituazione 
giuridica dei professori univers�tari che siano anche direttori di cliniche 
universitarie o, pi� in generale, dei professori universitari che operino 
nelle cliniche stesse. 

Questa Corte, con la sentenza n, 103 del 1977 ha gi� riconosciuto 
che l'attivit� che viene svolta dai docenti universitari nelle cliniche e 
negli istituti di ricovero e cura non solo non � incompatibile con l'attiv.
it� didattico-scientifica, ma, al contrario, che esse sono �suscettibili di 
ottimale collegamento o addirittura compenetrazione �. Ed infatti, come 
� noto, le cliniche annesse alla Facolt� di medicina e chirurgia forniscono 
i mezzi necessari per lo svolgimento delle lezioni e dehle esercitazioni 
universitarie nonch� per le indagini scientifiche alle quali � tenuto 
il personale insegnante ed assistente delle Facolt� medesime, sicch� loro 
caratteristica � la preminenza del fine didattico-scientifico su quel.lo meramente 
assistenziale. Da ci� discende che ~e cliniche costituiscono organi 
delle Universit� e che l'attivit� assistenz�ale dei docenti predetti si 
inquadra senz'altro nella attivit� propria dei docenti universitari. 

Sulla base di questa premessa sia l'art. 84 del r.d. 31 agosto 1933, 

n. 1592 (�Testo unico delle leggi sull'dstruzione superiore�), sia l'art. 6, 
applicazione pi� diffuso, posto che le recenti disposizioni sulla docenza universitaria 
(d.P.R. n. 382 del 1980), oltre a confermare il collegamento �al vertice� 
tra il trattamento economico del professore universitario all'ultima classe di 
stipendio e quello del dirigente generale di livello A, hanno esteso l'operativit� 
di tale collegamento a favore di tutti i professori universitari (anche associati), 
mediante rapporti percentuali per cos� dire �a cascata�. 



452 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO 

ultimo comma, della [egge 18 marzo 1958, n. 311 (recante: � Norme sullo 
sitato giuridico ed economico dei professori universitari�) hanno chiarito 
che fra gli obblighi dei professori universitari rientrano anche quelli di 
attendere alla direzione o alla esplicazione della propria attivit� di collaborazione 
nei gabinetti, istitu1Ji, cliniche, laboratori e simili, cio� in 
tutte quelle istituzioni che concorrono in vario �modo a[lo svolgimento 
delle attivit� proprie delle Universit�: in altni termini, il servizio prestato 
dai docenti universitari nei reparti clinico-ospedalieri fa parte integrante 
dei doveri inerenti al loro status, alla pari di qualsiasi altra forma di partecipazione 
alla vita universitaria in genere (laboratori, istituti, ecc.). Di 
conseguenza tale servizio non pu� non essere ricompreso nefila normale 
retribuzione spettante ai docentii medesimi. 

Il carattere proprio delle cliniche universitarie e la�natura dell'opera 
ivi espletata dai professori addetti non � stata mutata dalla riforma ospedaliera 
del 1968. 

L'art. l, terzo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, .infatti, 
si hlmita a constatare che l'assistenza ospedaliera viene svolta anche neille 
cliniche universitarie, aggiungendo che ad esse si applicano le norme di 
detta legge �limitatamente all'esercizio della attivit� assistenziale�. 

Come questa Corte ha osservato nella citata sentenza n. 103 del 1977, 
con le disposizioni in parola il legisrlatore ha inteso mobilitare, per l'assolvimento 
del servizio in cui si concreta l'assistenza ospedaliera pubblica, 
anche gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, le cliniche 
e gli istituti universitari, dichiarandoli soggetti, per la parte assistenziale, 
alla disciplina unitaria posta dalla stessa [egge di riforma: ma ci� se ha 
inciso sull'ordinamento interno dei servizi di assistenza delle c1iniche, 
non ha operato sulla posizione giuridica dei docenti universitari incaricati 
nei cennati istituti e cliniche, posizione giuridica la quale rimane 
soggetta alle norme precedentemente ricordate. 

Di conseguenza modifiche non sono state apportate, su questo punto, 
neppure dalle norme contenute nel d.P.R. 27 marzo 1969, n. 129 (recante: 
� Ordinamento interno dei servizi di assistenza defile cliniche e degli istituti 
universitari di ricovero e cura�), emanato in attuazione della delega 
di cui agli artt. 40 e 42 della legge n. 132 del 1968 e destinato a dare 
applicazione al principio affermato nell'art. l, terzo comma, gi� citato-. 

In particolare l'art. 3, quando stabilisce che i professori universitari 

di ruolo (nonch� gli aggregati e gli incaricati) in quanto responsabili di 

una divisione o di un servizio speciale di diagnosi e cura, assumono � a 

tali effetti�, la qualifica di primari ospedalieri e, conseguentemente, nei 

confronti dell'ente ospedaliero, i diritti ed i doveri dei primari �in quanto 

applicabili�, altro non fa che meglio chiarire e precisare la posizione del 

professore in rapporto alla attivit� assistenziale che si svolge nell'ambito 

della clinica, non essendo da dubitare che anche prima della riforma 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 453 

detti docenti fossero soggetti agli obbllighi ed alle responsabilit� inerenti 
all'esercizio delle relative funzioni. 

Non diversamente dispone il secondo comma del medesimo art. 3 per 
quel che riguarda gli aiuti e gli assistenti. 

Il concetto � stato ripreso integralmente dall'art. 102, primo comma, 
del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (recante: �Riordinamento della docenza 
universitaria, relativa fascia di formazione nonch� sperimentazione organizzativa 
e didattica�), aggiungendosi che dell'adempimento dei doveri 
ineren1li. alle funzioni assistenziali il� personale universitario � risponde 
alle autorit� accademiche competenti�, il che sottolinea la unicit� del 
rapporto di impiego dei detti professori. 

Con.segue da quanto si � detto che gli stessi professori universitari 
inseriti nelle cliniche ed istituti di ricovero e di cura non sono soggetti 
ad un duplice rapporto di impiego e neppure che essi, in quanto operino 
in dette cliniche ed istituti, svolgano una attivit� fa quale abbia caratteristiche 
diverse da quella loro propria. 

Al pi� � possibile parlare di un'attivit� la quale pu� rendere e di 
fatto rende pi� oneroso il lavoro dei docenti addetti agli istituti in parola 
ed � certamente in considerazione di ci� che il legislatore, fin ab antiquo, 
ha .rivolto una particolare attenzione a questa situa2lione prevedendo qualche 
speciale compenso. Ne � gi� parola nel r.d. 13 novembre 1859, n. 3725 
(comunemente conosciuto come �legge Casati�): nella nota alla tabella B) 
ivi allegata si dice infatti che � i professori i quali oltre le lezioni hanno 
od una clinica o uno stabilimento �cui prestar la loro cura e sorveglianza 
godranno dell'aumento determinato dalla relativa pianta�. 

Contrariamente a quanto si afferma dalle parti private, il testo unico 

n. 1592 del 1933, non parla espressamente di compensi del genere (limitandosi, 
nell'art. 59, che prevede prestazioni a pagamento, a rinviare al 
regolamento di esecuzione circa la loro utilizzazione: e l'art. 133 del 
r.d. 6 aprile 1924, n. 674, che appr�v� il regolamento generale universitario, 
a sua volta, parla genericamente della destinazione delle somme 
provenienti da dette prestazioni, fra l'.altro, a compensi al personale). 
Invece con l'art. 82 del r;d. 30 settembre 1938, n. 1631 (recante: � Norme 
generali per l'ordinamento dei servizi sanitam e del personale sanitario 
degli ospedali�) si introdusse fa facolt� di imporre un compenso fisso 
per ogni ricoverato in corsia comune a carico di enti mutualistici, compenso 
che sarebbe stato poi devoluto ai sanitari curanti. 
Ma con la legge 25 marzo 1971, n. 213, il legislatore, nella sua discrezionalit� 
e per scopi chiaramente perequativi, ha ritenuto di mutare 
sistema, sopprimendo i compensi fissi previsti dal r.d. n. 1631 del 1938 
e stabilendo con l'art. 4 (ora riprodotto nell'art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 
1979, n. 761, recante: �Stato giuridico del personale delle unit� sanitarie 
locali�) che gli enti ospedalieri versino alle Universit� la somma 
corrispondente al costo necessario per dotare di personale medico ospe� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

daliero a tempo definito ogni unit� a direzione universitaria. � poi l'Universit� 
che destina tale somma alla corresponsione al personale medico 
undversitario che svolga comunque attivit� assistenziale di una indennit� 
che non pu� essere superiore, nel suo ammontare, a quanto occorrente 
per equiparare :i!l trattamento economico a quello del personale medico 
ospedaliero di pari funzioni ed anzianit�: in tal modo si � voluto fondamentalmente 
addivenire alla equiparazione economica fra sanitari ospedal�eri 
e docenti univers>itari che operino nelle cliniche universitarie, ma 
rispettando la posizione dei docenti universitari i quali ricevono la indennit� 
non dall'ente ospedaliero ma dalla Amministrazione universitaria. 

Il legislatore, pertanto, ha preso '�il considerazione [a posizione degli 
universitari inseriti nelle cliniche, ma ha pi� volte variato il criterio in 
base al quale calcolare l'emolumento: da ultimo ha ritenuto di dovere 
seguire il criterfo, certo non irrazionale, di equiparare, nei limiti del 
possibile, la posizione economica dei sanitari ospedailieri e dei docenti 
un,iversitari operanti nelle cliniche. 

Da tutto quanto si � venuto fin qui esponendo emerge, ad avviso 
della Corte, che per i docenti universitari dei quali si tratta non � possibile 
parlare di un duplice rapporto di impiego n� di un lavoro supplementare 
o aggiuntivo che s.ia da considerar,e al di fuori dei doveri inerenti 
allo status di professore univ�ersitario: il compenso per il pi� oneroso 
svolgimento della Joro attivit� trova �tradizionalmente base in una valutazione 
discrezionale del legislatore, la quale soprattutto non deve trascura.
re la posizione dei professori a tempo pieno. 

Ma se cos� �, nessuno dei profili di incostituzionalit� denunciati dalle 
ordinanze di rimessione risulta fondato. 
Infatti per quanto attiene alla pretesa violazione del principio di 
uguaglianza (art. 3 Cost.) si osserva che: 

a) non pu� parlarsi di disparit� di trattamento con ~i ospedalieri 
che .non siano docenti universitari e che percepiscono ii.I medesimo stipendio 
pure svolgendo solo attivit� assistenziale, p�xj.ch� per i professori 
dei quali qui si tratta la attivit� assistenZJiale si compenetrn con quella 

didattico-scientifica; 

b) non esiste possibilit� di operare un confronto fra i professori 
in parola e gli ospedalieri cui sia conferito un qualsiasi incarico di 
insegnamento universitario, in quanto questi ultimi svolgono in effetti 
due lavori separati e distinti e sono titolari di due distinti rapporti di 
impiego: 

e) infine non pu� parlarsi di disparit� di trattamento con i do


centi universitari appartenenti. ad altre faco!lt� ai quali sia consentito 

il cumulo di pi� rapporti di impiego, sempre perch� per i docenti 

in questione non si ha alcun cumulo ma, ripetesi, soltanto la esplicazione 

di una attivit� sostanzialmente unitaria. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

N� pu� ritenersi violato l'art. 36 della Costituzione, poich�, come 
si � veduto, la fogge riconosce ai professori in parola, proprio per il 
maggior lavoro al quale essi sono assoggettati, uno speciale compenso, 
la cui entit� rientra, come gi� detto, nell'apprezzamento discrezionale del 
legislatore. (omissis) 

Fondata, invece, appare la seconda questione sottoposta all'esame 
della Corte. Invero la indennit� ohe viene corr.isposta a norma dell'art. 4 
costituisce pur sempre una componente del complessivo trattamento economico 
spettante aJl professore universitario quando svolga attivit� assistenziale 
sanitaria e come tale essa non pu� non essere utile ai fini 
assistenziali e previdenziali, in applicazione dell'art. 38 Cost.: il divieto 
all'uopo posto nell'art. 4 viola, di conseguenza, tale norma costituzionale, 
tanto pi� che gli enti assistenziali, nel versare alle Universit� le somme 
di cui al ripetuto secondo comma dell'a11t. 4, vi comprendono anche i 
contributi previdenziali, i quali non possono poi rimanere nelle casse 
universitarie e non produrre, quindi, alcun benefico effetto nei riguardi 
dei soggetti ai quali si riferiscono. 

-Deve, di conseguenza, dichiararsi la illegittimit� costituzionale del 
citato art. 4, secondo comma, nella parte nella quale stabilisce � non 
utile ai fini previden:lliali ed assistenziali � la indennit� de qua. 

In conseguenza della declaratoria di illegdttimit� costituzionale dell'art. 
4, secondo comma, nella parte or ora citata, la Corte, avvalendosi 
dell'art. 27 delila legge 11 marzo 1953, n. 87, deve dichiarare fa illegittimit� 
costituzionale anche dell'art. 31, primo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, 

n. 761, nella parte in cui stabilisce che la indennit� livi preveduta, identica 
a quella gi� preveduta dall'art. 4 suddetto, non � utile ai fini previdenziali 
ed assistenziali. 
Fondata �, iinfine, anche la terza delle questioni sottoposte a questa 
Corte, che investe iiil disposto dell'art. 50 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748; 

Questa disposizione, come � noto, ha posto il divieto di corrispondere 
ai �funzionari dirigenti�, oltre all'indennit� di funzione, ulteriori 
� iindennit�, proventi o compensi a qualsiasi titolo in connessione con 
la carica, salvo che abbiano carattere di generalit� per tutti gl'impiegati 
civili dello Stato�. Tale divieto, in conseguenza di quanto statuito nella 
sentenza n. 219 del 1975 di questa Corte, si applica anche ai professori 
Uili�versitari con pa:mmetro 825, ancorch� prestino la loro opera in cliniche 
universitarie, cosicch� essi non possono usufruire dell'indennit� 
prevista dall'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213. 

Ma il suddetto divieto, nei limiti in cui si estende all'indennit� prevista 
daU'avt. 4 sopra citato, appare irragionevole, ove si tenga conto 
della particolare finalit� deHa indennit� in questione, diretta a perequare 
il trattamento dei professori universitari con quello dei medici 
ospedalieri di pari funzioni e anzianit�. 


456 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La circostanza che un professore universitario raggiunga il parametro 
825, non elimina l'esigenza di perequazione, ove per qualunque 
ragione il suo stipendio venga ad essere inferiore a quello del medico 
ospedaliero di pari funzioni ed anzianit�. 

L'art. 50 del d.P.R. 30 giugno 1972 va pertanto dichiarato costituzionalmente 
iMegittimo, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella 
parte in cui esclude che ai docenti universitari che operino in cliniche 
universita11ie ed abbiano raggiunto il parametro 825 possa essere corrisposta 
l'indennit� prevista gi� dall'art. 4 della legge 25 marzo 1971, 

n. 
213 ed ora dall'art. 31 del citato d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761. 
Rimane assorbita la dedotta violazione dell'art. 36 della Costituzione. 
CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio 1981, n. 129 -Pres. Amadei -Rel. 
Paladin -Presidente della Repubblica (avv. SanduUi), Presidente 
del Senato della Repubblica (avv. Crisafulli) e Presidente della Camera 
dei Deputati (avv. Barile). 

Corte dei Conti -Giurisdizione contabile -Conti dei tesorieri degli organi 
costituzionali -Non sono sottoposti a giudizio di conto. 

Le norme costituzionali scritte possono essere integrate, quando 
non dettano una disciplina compiuta, da consuetudini costituzionali, formatesi 
mediante la ripetizione costante di comportamenti uniformi. In 
conformit� con una � antica prassi� e per diretto riflesso .della spiccata 
autonomia di cui le Camere del Parlamento e la Presidenza della Repubblica 
dispongono, spetta a tali organi costituzionali dettare le disposizioni 
regolamentari che ognuno di essi ritenga pi� opportune per garantire 
una corretta gestione delle somme affidate ai rispettivi tesorieri e disporre 
l'attivazione dei corrispondenti rimedi, amministrativi od anche 
giurisdizionali. Pertanto, non spetta alla Corte dei conti il potere d� sottoporre 
a giudizio di conto i tesorieri della Presidenza della Repubblica, 
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (1). 

(omissis) I ricorsi per conflitto di attribuzione, proposti dal Presidente 
della Repubblica, dal Presidente della Camera dei deputati e dal 
Presidente del Senato della Repubblica, nei confronti deHa Sezione I 
giurisdizionale della Corte dei conti, riguardano i contemporanei ed analoghi 
decreti, datati 30 ottobre 1979 e depositati il 19 febbraio 1980, con 
cui tale Sezione ha prescritto ai tesorieri della Presidenza della Repub


(1) L'ordinanza Corte cost. 12 novembre 1980, n. 150, � pubblicata in questa 
Rassegna, 1980, I, 900. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 457 

blica, della Camera e del Senato il termine di mesi sei per la presentazione 
dei conti relativi aif.le gestioni degJi armi dal 1969 al 1977: Pertanto 
i tre giudizi, gi� riuniti mediante l'ordinanza n. 150 del 1980, si prestano 
ad essere decisi con Ul1i�ca sentenza. 

Nella predetta ordinanza, �riservato ogni definitivo giudizio sull'ammissibilit� 
e sul merito dei ricorsi�, la Corte li ha dichiarata. ammissibili, 
in applicazione dell'art. 37, terzo comma, della legge n. 87 del 1953. Le 
argomentazioni allora svo!lte vanno confermate in questa fase del procedimento, 
tanto pi� che sul punto non sono state sollevate eccezioni di 
sorta. 

Sotto il profilo soggettivo, pu� dunque ripetersi che non � dubbia la 
legittimazione a promuovere conflitti di attribuzione tra i poteri dello 
Stato, spettante .ai Presidenti. delle Camere, sulla base di conformi deliberazioni 
del~e rispettive assemblee parlamentari; poich� l'una e l'altra 
sono �competenti a dichlarar�e definitivamente la volont� del potere cui 
appartengono� (come stabilito dall'art. 37, primo comma, della legge n. 87 
del 1953), con particolare riguardo ai' casi iin cui si tratti di attribuzioni 
rivendicate in nome dell'indipendenza �e dell'autonomia di ciascun ramo 
del Parlamento. Del pari, legittimato � il P.residente della Repubblica, che 
ricorre anch'esso per salvaguardare la propria autonomia, sostenendo 
che .il Segretariato generale della Presidenza svolgerebbe compiti serventi 
rispetto alla �funzione presdJdenziale �, costituzionalmente garantita, 
non gi� rispetto ad una �funzione amministrativa� genericamente 
assunta. N� pu� contestarsi la legittimazione passiva della Sezione I 
giurisdizionale della Corte dei conti: anche nell'ambito della giurisdizione 
contabile, quello giurisdizionale � un potere �diffuso� (cfr. la 
sentenza n. 231 del 1975), sicch� ogni sua componente, nell'esercizio di 
funzioni giurisdizionali delle quali si ritenga titolare, pu� essere parte 
di conflitti. 

Sotto il profilo oggettivo, � ben vero che la Sezione I giurisdizionale 
della Corte dei conti -non costituitasi negli attuali giudizi -non ha 
inteso determinare una situazione di conflitto, ledendo l'indipendenza e 
l'autonomia dei ricorrenti, che anzi i decreti impugnati affermano esplicitamente 
di voler lasciare integre; e lo conferma la circostanza che i 
decreti stessi impongono la presentazione dei conti ai tesorieri e non 
agli organi costituzionali di appartenenza (sebbene la notificazione giudiziale 
sia stata effettuata per il tramite delle rispettive Presidenze). 

Tuttavia, ci� non toglie che i ricorrenti considerino invece meno


mata, qualora la giurisdizione contabile si estenda �ai loro tesorieri (ed 

agli altd agenti del tipo indicato dall'art. 44 del r.d. 12 luglio 1934, 

n. 1214), una sfera di competenza costituzionalmente tutelata. Tale prospettazione 
� sufficiente a dimostraJ:1e che � esiste la materia di un conflitto 
� (in base all'art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953), 
anche se nei casi in esame non si controverte circa la spettanza di una 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

458 

stessa attribuzione, ma circa l'estensione della giurisdizione propria della 
Corte dei conti, nel rapporto con l'autonomia organizzativa e funzionale 
rivendicata dai tre organi costituzionali che hanno sollevato conflitto. 

� infatti consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, H criterio 
per cui la figura dei conflitti di attribuzione, sia tra lo Stato e le Regioni 
sia tra i poteri dello Stato, �non si restringe 1alla sola ipotesi di contestazione 
circa l'appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti 
contendenti rivendichi per s�, ma si estende a comprendere ogni 
ipotesi dn cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la 
menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate 
all'altro soggetto� (cfr. Ja sentenza n. 110 del 1970).. 

Nel merito, i decreti impugnati si fondano sulla comune premessa 
che l'art. 103, s�econdo comma, della Costituzione riservi ed attribuisca 
senz'altro alla Corte dei conti la giurisdizione in qualunque materia di 
contabilit� pubblica: elevando a principio di genera1issima portata; riferibile 
anche ai tesorieri degli organi costituzionali ricorrenti, Ja disposizione 
dell'art. 44 del r.d. n. 1214 del 1934, per cui la Corte dei conti giudica 
� sui conti dei tesorieri, dei ricevitoDi, dei cassieri e degli agenti incaricati 
di riscuotere, di pagare, di conservare e di maneggiare danaro pubblico 

o di tenere in custoria valori e materie di propriet� dello Stato�. A 
sostegno della sua tesi, fa Sezione I giurisdizionale richiama la sentenza 
di questa Corte n. 114 del 1975, per desumerne -come gi� si � ricordato 
in narrativa -che �lo strumento del rendiconto giudiziale� e 
l'apposito � giudizio sul conto� debbano trovare immediata applicazione 
nei riguardi di tutti coloro che maneggino danaro o custodiscano valori 
o materie, neH'ambito degli oDdinamenti della Presidenza della Repubblica, 
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
Senonch� la giurisprudenza finora elaborata da questa Corte, quanto 
alla giurisdizione della Corte dei conti nelle materie di contabilit� pubblica, 
non conforta la tesi della Sezione I giurisdizionale. In primo luogo, 
non � pertinente il richiamo della sentenza n. 114 del 1975, poich� tale 
decisione ha risolto un problema ben lontano da quello in esame, dichiarando 
l'iillegittimit� costituzionale di una legge della Regione Trentino-
Alto Adige, nella parte in cui questa rendeva eventuali anzich� necessari 
i giudizi sui conti degli agenti contabili dei rispettivi enti loca1i, e fa� 
cendo valere in tal senso la specifica esigenza di non determinare �una 
palese situazione di disparit� di trattamento... rispetto ag1i .agenti contabili 
degli enti locali del restante territorio nazionale�; sicch� i citati 
assunti della motivazione non possono venire universalizzati, estrapolandoli 
dal contesto della decisione stessa. 

In secondo luogo, questa Corte ha pi� volte ritenuto -a partire 
dalla sentenza n. 110 del 1970 -che �il principio dell'art. 103 conferisca 
capacit� espansiva alla disciplina dettata dal testo unico del 1934 per 
g1i agenti contabili dello Stato, consentendone l'estensione a situazioni 

j.,, 

!::: 

ii: 
I! 

11111&BillfllJ:i#lf:lilf&il&w#11t111111t:111111~~111rtr&111~:1t,11trr11w11~t1r111rr111r~1~1== 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 459 

non espressamente regolate in modo specifico�. Ma in quella stessa pronuncia 
si avverte che l'espandersi della giurisdizione costituzionalmente 
attribuita alla <Corte dei conti, lungi dall'essere incondizionato, deve considerarsi 
circoscritto �laddove ricorra identit� oggettiva di materia, e 
beninteso entro i �limiti segnati da a1tre norme e princ�pi costituzionali �. 
Ed in questi termini si � ancor pi� chiaramente espressa la sentenza 

n. 102 del 1977: nella quale la Corte -sia pure dichiarando inammissibili 
le proposte questioni di legittimit� costituzionale deHe norme sulla responsabilit� 
civile degli amministratoI1i e dipendenti degli enti locali ha 
in sostanza escluso che il precetto stabilito dal secondo comma dell'art. 
103 Cost. sia caratterizzato da una �assoluta (e non tendenziale) 
genera1it� � e sia dunque dotato d'� immediata operativit� in tutti i 
casi�. 
In terzo luogo, determinante � la contrapposizione che Ja ricordata 
sentenza n. 110 del 1970 ha operato, di fronte alla giurisdizione contabile 
della Corte dei conti, fra le attribuzioni delle assemblee regionali e quelle 
spettanti alle assemblee parlamentari. Nell'argomentare che le prime s.i 
svolgono �a livello di autonomia�, mentre .le seconde sono collocate �a 
livello di sovranit��, la Corte ne ha infatti ricavato che �deroghe alla 
giurisdizione... sono ammissibili soltanto nei confronti di organi immediatamente 
partecipi del potere sovrano dello Stato, e perci� situati al 
vertice dell'ordinamento, in posizione di assoluta indipendenza e di reciproca 
parit� �. Pur precisando che deroghe del genere sono � sempre di 
stretta interpretazione�, tale sentenza respinge pertanto -in un modo 
inequivoco -la meccanica assimilazione fra i tesorieri dei Consigli regionali 
e quelli degli organi costituzionali; e fu trasparire, almeno per 
quanto rJguarda le Camere del Parlamento, l'opposta convinzione che 
i loro agenti contabili rimangano esenti dalJl'apposito giudizio di conto, 
in nome delle �prerogative riservate agli organi supremi dello Stato�. 

Questo orientamento va ora tenuto fermo, nel risolvere i casi in 
esame. 

A ta.1 fine, dev'essere anzitutto analizzato l'intero complesso delle 
fonti normative e delle norme vigenti in materia. Al riguardo i decreti 
impugnati presuppongono, infatti, che nessun ostacolo si frapponga 
all'esercizio della giurisdizione contabile nei confronti dei tesorieri della 
Presidenza della RepubbLica, della Camera dei deputati e del Senato 
della Repubblica: salvo un �privilegio anacronistico�, che soltanto di 
fatto li svincolerebbe dall'obbligo di rendere il conto delle foro gestioni, 
senza alcun fondamento suscettibile di giustificare la conseguente disapp1icazione 
degli artt. 103 Cost. e 44 del r.d. n. 1214 del 1934. Ma i termini 
della questione non sono cos� semplici. 

Occorre considerare, al contrario, che la disciplina dettata dalle 
norme costituzionali scritte, quanto al regime organizzativo e funzionale 
degli apparati serventi gli organi costituzionali, non � affatto compiuta 


460 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

e dettagliata. Ad integrazione di esse ed in corrispondenza alle peculiari 
posizioni degli organi medesimi, si sono dunque affermati principi non 
scr:itti, manifestatisi e consolidatisi attraverso la ripetizione costante di 
comportamenti uniformi (o comunque retti da comuni criteri, in situazioni 
identiche o analoghe): vale a dire, nella forma di vere e proprie 
consuetudini costituzionali. Tale, in particolar modo, � stato ed � il caso 
dei rapporti fra gli organi costituzionali in esame e la Corte dei conti 
quale giudice sull'attivit� gestoria degli agenti contabili dell'amministrazione 
dello Stato. Effettivamente, sotto H vigore dello Statuto aJbertino, 
per quanto risulta a questa Corte, non si � mai dubitato che i tesori&i 
della Real Casa e delle due Camere del Parlamento fossero esentati 
dalla giurisdizione contabile. N� quell'� antica pmssii �, alla quale accennano 
esplicitamente i decreti concernenti i tesorieri della Camera dei 
deputati e del Senato della Repubblica, � stata interrotta dall'instaurazione 
dell'ordinamento repubb1icano: sia perch� ii soggetti che diversamente 
avrebbero dovuto presentare il conto non hanno ritenuto di essere 
obbligati a siffatti adempimenti; sia perch� la Corte dei conti -con la 
sola eccezione d'una serie di note del 15 gennaio 1968, che per altro non 
hanno avuto alcun seguito -non ha rivolto loro alcuna intimazione, 
riconoscendo in sostanza di non poter esercitare lin questo oampo la sua 
giurisdizione. 

D'altronde, non sarebbe fondato sostenere che si tratti di una prassi 
irrilevante dal punto di vista del diritto costituzionale. L'esenzione dei 
loro agenti contabili dai giudizi di conto rappresenta, viceversa, il diretto 
riflesso della spiccata autonomia di cui tuttora dlispongono i tre organi 
costituzionali ricorrenti. Tale autonomia si esprime anzitutto sul piano 
normativo, nel senso che agli organi in questione compete la produzione 
dli apposite norme giuridliche, disciplinanti l'assetto ed il funzionamento 
dei loro apparati serventi; ma non si esaurisce nella normazione, bens� 
comprende -coerentemente -il momento applicativo delle norme stesse, 
incluse le scelte riguardanti la concreta adozione deHe misure atte ad 
assicurarne l'osservanza. Rispetto alla materia del presente conflitto, ci� 
significa da un lato che spetta alle Camere del Parlamento ed alla Presidenza 
della Repubblica dettare autonomamente le disposizioni regolamentari 
che ognuno di tali organi ritenga pi� opportune per garantire 
una corretta gestione delle somme affidate ai rispettivi tesorieri; e 
comporta d'altro lato che 11ientri nell'esclusiva disponibilit� di detti 
organi, senza di che la loro autonomia verrebbe dimezzata, J'attivazione 
dei corrispondenti rumedi, amministrativi od anche giurisdizionali. 

Relativamente alle assemblee parlamentari, � dunque in tal senso 
che va inteso il primo comma dell'art. 64 Cost., per cui � ciascuna Camera 
adotta iii proprio regolamento�; ed � questa la chiave del problema 
in esame, indipendentemente dai molti altri articoli della Costituzione, 
su cui fanno leva i ricorsi della Camera dei deputati e del 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Senato della Repubblica. Ma la conclusione non pu� essere diversa nei 
riguardi della Presidenza della Repubblica, malgrado per essa non sussista 
alcuna previsione costituzionale analoga a quella concernente i 
regolamenti parlamentari. Al di l� del testo dell'ultimo comma dell'art. 83 
Cost., che si limita a rinviare alla legge la determinazione dell' � assegno � 
e della �dotazione� spettanti al Presidente deMa Repubblica, � infatti 
indiscusso in dottrina che anche quest'organo abbisogni di un proprio 
apparato, non solo e non tanto per amministrare i beni rientranti nella 
�dotazione� stessa, quanto per consentire un efficiente esercizio delle 
funzioni presidenziali, garantendo in tal modo la non-dipendenza del 
Presidente iispetto ad altri poteri dello Stato; sicch� il Segretario generale 
della Presidenza defila Repubblica non pu� essere riduttivamente 
configurato -come invece si legge nel relativo decreto della Sezione I 
~urisdizionale della Corte dei conti -quale �apparato burocratico di 
regime giuridico eguale a quello di ogni altro apparato dell'amministrazione 
dello Stato�. Non a caso, hl secondo comma dell'art. 3 della 
legge 9 agosto 1948, n. 1077, dispone che �il Segretario generale della 
Presidenza della Repubblica � nominato e revocato con decreto del 
Presidente della Repubblica�, sia pur �controfirmato dal Presidente del 
Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei minist11i �; ed � il Presidente 
della Repubblica che approva -in virt� del terzo comma del 
citato articolo -il cosiddetto � regolamento .interno � ed �i �provvedimenti 
relativi al personale�, sia pure su proposta del Segretario generale. 
Per quanto non siano completamente assimilabili ai regolamenti 
delle Camere, anche i l:'egolamenti approvati a questa stregua dal 
Presidente della Repubblica debbono considerarsi sorretti da un implicito 
fondamento costituzionale (in vista del quale la fogge n. 1077 del 
1948 assume sul punto -come � stato chiariito gi� nel corso dei lavori 
preparatori di essa -un carattern ricognitivo piuttosto che attributivo); 
tanto pi� che fonti del genere, se cos� non fosse, non potrebbero legittimamente 
inserirsi nell'attuale sistema degli atti normativi dello Stato. 

Da tutto questo consegue che il problema dei rapporti fra il giudice 
contabile, la Presidenza della Repubblica e le Camere del Parilamento 
non pu� essere risolto limitandosi a notare che la Carta costituzionale 
non introduce in proposito alcuna esplicita deroga, rispetto a quella norma 
di generalissima portata che si vorrebbe desumere dal secondo comma 
dell'art. 103 Cost. Vero �, viceversa, ohe J'esenzione dai giudizi di conto 
s'inserisce fa un regime fondamentalmente comune a tutti gli organi 
costituzionali ricorrenti, rinsaldato da una lunga tradizione e J'adicato 
nell'autonomia spettante agli organi stessJ. 

I tre ricorsi vanno pertanto accolti. 

In via di principio, la giurisdizione sui conti giudiziali � retta da 
un impulso d'ufficio, determinante processi di tipo inquisitorio, che prescindono 
dalle istanze delle �amministrazioni; ed anzi presenta -allo 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

462 

stato attuale dell'ordinamento -un carattere necessario e continuo, 
risolvendosi inevitabHmente i:n t�anti giudizi quanti sono i conti che 
periodicamente si susseguono. Pur investendo le sole gestioni degli agenti 
contabili (dalle quali debbono restar distinte -a questi specifici effetti le 
gestioni degli ordinatori della spesa), �. predetti giudizi di conto non 
sono pertanto compatibili con le autonome valutazioni, costituzionalmente 
spettanti alla Presii<lenza della Repubblica, ailla Camera dei deputati ed 
al Senato della Repubblica. 

Ma da ci� non discende per nulla, circa gli agenti contabili degli 
organi in questione, che non venga assicurata una corretta gestione del 
danaro pubblico, nonch� degli altri valori e materie di propriet� dello 
Stato. Nell'ambito degli apparati della Presidenza della Repubblica e 
delle assemblee parlamentari, puntua1i garanzie sono offerte fin d'ora 
dalle rispettive norme regolamentari (si vedano, in particolar modo, gli 
artt. 27, 28 e 65 del regolamento di contabilit� per .i servizi del Segretariato 
generale della Presidenza della Repubblica, approvato con decreto 
presidenziale 1� settembre 1980, n. 42; gili artt. 9, 25, lett. g), 26, 27, 28, 32, 
37 e 39 del regolamento di amministrazione e contabilit� del Senato della 
Repubblica, adottato il 23 ottobre 1940; gli ailtt. 9, 32, 33, 35 e 38 del 
corrispondente regolamento di amministrazione e contabilit� della Camera 
dei deputati). 

N� si pu� dire che l'esonero dai giudizi di conto neces�sari va1ga 
ad escludere .i r:apporti in esame dalla giurisdizione in genere. Anche 
a non voler co'ilsiderare Ja giurisdizione penale, che nei rtguardi dei 
tesorieri degli organi costituzionali rucorrenti non soffre eccezioni di 
sorta, residuano pur sempre le azioni esercitabH� dagli stessi interessati. 
Ma non compete alla Corte precisare in questa sede quali siano 1i procedimenti, 
utilizzabili ad iniziativa di parte, che meglio si armonizzino con 
le posizioni peculiari della Presiden:zJa della Repubblica e delle assemblee 
parlamentari. (omissis) 


. SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 3 giugno 1981, 
nella causa 107/80 -Pres. Mertens de Wilmarn -Avv. Gen. Capotorti Cattaneo 
Adorno (avv. Cappelli e De Caterini) c. Commissione delle 
Comunit� europee (ag. Campogrande), con intervento del Governo itaHano 
(avv. Stato Fiumara). 

Comunit� europee -Agricoltura -Politica agricola comune -Azioni comuni: 
ammodernamenti delle aziende agricole e miglioramento delle 
condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti 
agricoli. 

(Trattato CEE, art. 39; regolamento CEE del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, artt. 1 
e 6; regolamento CEE del Consiglio 15 febbraio 1977, n. 355; direttiva CEE del Consiglio 
17 aprile 1972, n. 72/159). 

Rientra nel campo di applicazione del regolamento CEE del Consiglio 
15 febbraio 1977, n. 355, un progetto destinato al miglioramento della 
trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli, anche 
se questi provengono dalla stessa azienda in cui debbono essere realizzati 
gli investimenti, qualora esso possa <dfettivamente contribuire alla 
razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione 
(1). 

(omissis) 1. -Con atto depositato in cancelleria il 3 1aiprile 1980, 
il sig. Oattaneo Adorno ha proposto a questa Corte, in forza dell'art. 173, 

(1) Con la decisione in rassegna la Corte ha accolto il ricorso della ditta 
Cattaneo Adorno, in favore della quale era intervenuto in giudizio il Governo 
italiano, le cui osservazioni qui di seguito si riportano (della direttiva n. 72/159 
la Corte di giustizia si � occupata anche con la sentenza 6 maggio 1980, nella 
causa ,152/79, LEE, in Racc., 1495; circa la mancanza di una definizione comunitaria 
generale e uniforme di azienda agricola universalmente valida per l'intero 
settore delle disposizioni legislative e regolamentari concernenti la produzione 
agricola, cfr. la sentenza della Corte 28 febbraio 1978, nella causa 85/77, Az. AGRICOLA 
S. ANNA, in questa Rassegna, 1978, I, 69, con nota di MARZANO): 
Ammodernamento delle aziende agricole e miglioramento delle condizioni di 
trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli: azioni comuni 
ai sensi dell'art. 6 del regolamento C.E.E. del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729. 

(omissis). -2. -�Da una retta interpretazione della direttiva 72/159 CEE 
e del reg. 355/77 scaturisce che un progetto presentato da un imprenditore 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

464 

secondo comma, del Trattato CEE, un ricorso inteso all'annullamento 
della decisione della Commis~ione in data 24 gennaio 1980, con la quale 
veniva rifiutato un contributo del Fondo europeo agricolo di orientamento 
e di garanzia (FEAOG), sezione orientamento, per un progetto 
d'investimento da lui presentato ai sens.i del regolamento del Consiglio 
15 febbraio 1977, n. 355, relativo ad un'azione comune per il miglioramento 
delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei 
prodotti agricoli (G.U. n. L 51, pag. 1). 

2. -Il J"icorrente � titolare di un'impresa agricola avente sede in 
Gabiano Monferrato (Piemonte). L'impresa � costituita da due aziende, 
comprendenti terreni per una superficie di circa 176 ettari, tradizional� 
mente destinati �alla viti-vinicoltura e atti a produrre vini di alto livello 
qualitativo. Col progetto d'investimento in questione, 11 ricorrente intende 
creare un nuovo centro vinicolo, destinato a migliorare l'attivtit� di vinif�� 
cazione delle uve prodotte nell'impresa, a razionalizzare il magazzinaggio 
agricolo concernente la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti 
agricoli pu� essere ammesso ai benefici del regolamento medesimo pur se i 
prodotti stessi provengono, esclusivamente o prevalentemente, dall'azienda agricola 
cui il progetto inerisce. All'affermazione di questo principio conseguono 
l'annullamento della decisione della Commissione richiesto dal ricorrente e la 
riammissione del progetto all'istruttoria per la verifica della ricorrenza degli 
altri requisiti previsti dalla normativa comunitaria. 

3. -La direttiva del Consiglio del 17 aprile 1972, relativa all'ammodernamento 
delle aziende agricole, n. 72/159/CEE, mira a contribuire alla riforma 
delle strutture agrarie, che costituisce un elemento fondamentale dello sviluppo 
della politica agricola comune. 
La direttiva � stata adottata considerando in particolare: 

-(4� considerando) �che la struttura agraria � caratterizzata nella Comunit� 
da un vasto numero di aziende agricole in cui mancano le condizioni 
strutturali che consentano di assicurare un equo reddito e condizioni di vita 
comparabili a quelle delle altre professioni; che, inoltre, aumenta in modo 
permanente il divario fra il reddito delle aziende che per la loro situazione 
strutturale sono in grado di adeguarsi allo sviluppo economico e il reddito 
delle altre aziende�; 

-(5� considerando) �che, in futuro, le uniche aziende in grado di adeguarsi 
allo sviluppo economico sono quelle il cui capo d'azienda possiede una 
adeguata qualificazione professionale, la cui redditivit� � verificata mediante 
una contabilit� e che sono in grado, applicando razionali metodi di produzione, 
di garantire un equo reddito, nonch� di assicurare condizioni di lavoro soddisfacenti 
per le persone che lavorano in tali aziende; che occorre pertanto che 
la riforma della struttura agraria di produzione favorisca la costituzione e lo 
sviluppo di tali aziende�. 

La direttiva prevede, quindi, .in primo luogo (titolo I), un � regiime di incoraggiamento 
a favore delle aziende agricole in grado di svilupparsi >>, che consiste 
essenzialmente nella messa a disposizione di terre, di aiuti sotto forma 
di abbuono di interessi per gli investimenti necessari per l'attuazione del piano 
di sviluppo, di garanzie per i mutui contratti. In questo regime l'art. 1 dispone 
che � allo scopo di creare condizioni strutturali che consentano un sensibile 

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PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 465 

e la conservazione del vino, a migliorare i collegamenti nei trasporti fra 
le due aziende e ad abbreviare il circuito di vendita del vino, migliorando 
nel contempo Ja qualit�, la presentazione e il condizionamento del prodotto. 

3. -Nella decisione impugnata si constatava che detto progetto non 
poteva essere preso in considerazione per la concessione del contributo 
del FEAOG, sezione orientamento. La Commissione considerava che la 
domanda di contributo rientrava nella sfera d'applicazione della diretHva 
del Consiglio 17 aprile 1972, n. 72/159, relativa all'ammodernamento delle 
aziende agricole (G.U. n. L 96, pag. 1); che i provvedimenti contemplati 
da tale direttiva costituiscono una �azione comune � ai sensi dell'art. 6, 
n. 1, del regolamento del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al finanziamento 
de1la politica agri.cola comune (G.U. n. L 94, pag. 13); che, a 
norma dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 355/77, i progetti che possono 
fruire di aiuti comunitari nell'ambito di altre azioni comuni non rientrano 
nel campo di questo regolamento. 
miglioramento del reddito e delle condizioni di lavoro e di produzione in agricoltura, 
.gli Stati memb:rii ismtuiscono un rng,ime selettivo �di li!ncoraggiamento 
delle aziende agricole in grado di svilupparsi, volto a favorire le attivit� e lo 
sviluppo in condizioni razionali �. Sono considerate aziende agricole in grado 
di svilupparsi quelle in cui l'imprenditore possiede determinati requisiti: in 
particolare egli deve esercitare l'attivit� agricola in via principale, possedere 
una sufficiente capacit� professionale ed elaborare un piano di sviluppo dell'impresa 
(a:ritt. 2 e 4) U qll!aille dimostri che, una volta attuato, ~'>azienda agricola 
in via di ammodernamento sar� in grado di raggiungere almeno un reddito 
di lavoro paragonabile a quello di cui fruiscono le attivit� non agricole della 
zona. 

Misure complementari al regime di incoraggiamento delle aziende agricole 
in grado di svilupparsi sono indicate nel titolo II: ivi sono previsti un regime 
di incoraggiamento a11a tenuta deillia contabilLirt� delae ,aziende agricole (1art. '11, 
in relazione al 14� considerando), la concessione di un aiuto di avviamento 
alle associazioni riconosciute aventi come scopo l'assistenza interaziendale, una 
pi� :riazionale utilizzazione in comune del materiale agricolo o un'attivit� in 
comune (art. ,12, in relazione al 15� considerando), l'istituzione di regimi di 
aiuto alle opere di irrigazione e di ricomposizione (art. 13, in relazione al 
16� considerando). 

Le spese effettuate dagli Stati membri nel quadro delle azioni sopra indicate 
sono .finanziate pairzia:1mente dal F.E.A.OJG. (airt. 19). Pier concentrare gLi 
aiuti finanziari nella realizzazione dell'obiettivo primario dell'ammodernamento 
delle aziende (17� considerando) l'art. 14 vieta altri aiuti pur soltanto nazionali 
agli investimenti nelle aziende agricole, salvo alcune specifiche eccezioni. 

In attuazione della direttiva l'Italia ha emanato la legge 9 maggio 1975, 

n. 153, convalidata dalla Commissione delle C.E., con la quale � stato istituito 
un regime di aiuti -art. 1, lett. a) -con lo scopo di �promuovere sollecitamente 
l'ammodernamento ed il potenziamento delle strutture agricole a deter� 
minare il miglioramento delle condizioni di produzione, di lavoro e di reddito 
in agricoltura �. In questa prospettiva � stato stabilito -art. 11 -che le 
provvidenze si applicano alle aziende agricole, singole ed associate, che siano 
in grado di conseguire attraverso una pi� razionale ed efficace organizzazione 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4. -I cinque mezzi dedotti dal ricorrente sono rispettivamente fondati 
sulla violazione del regolamento n. 355/77, e in particolare degli 
artt. 1, 6 e 15, n. 2; sul difetto di motivazione della decisione impugnata; 
sull'errata applicazione della direttiva 72/159, e in particolare degli artt. 1 
e 2; sull'incompetenza deUa Commissione ad individuare i beneficiari del 
regime di aiuti stabilito dalla direttiva; sulla violazione del divieto di 
discriminazione. 
5. -Poich� la controversia J"iguarda principalmente la delimitazione 
delle rispettive sfere d'appUcazione del regolamento n. 355/77 e della 
direttiva 72/159, � opportuno esaminare anzitutto, congiuntamente, il 
primo ed il terzo mezzo. 
6. -Il ricorrente sostiene che la direttiva 72/159 non pu� applicarsi 
al suo caso. A suo avvJso, il regime di incoraggiamento previsto da tale 
direttiva ha infatti lo scopo di consentire alle �aziende in grado di 
svilupparsi� di adattarsi al progresso economico nell'ambito di un ade-
dei fattori della produzione, anche sotto forma di impianti e serv1z1 comuni, 
adeguati livelli di reddito: a) che siano condotte da imprenditori agricoli a 
titolo principale; b) che abbiano una produzione tale da determinare un reddito 
di lavoro inferiore al reddito medio dei lavoratori non agricoli della zona in cui 
ricade l'azienda. 

4. -Il regolamento (CEE) n. 355/77 del Consiglio del 15 febbraio 1977 relativo 
a un'azione comune per il miglioramento delle condizioni di trasformazione 
e di commercializzazione dei prodotti agricoli mira al miglioramento delle 
strutture di mercarto dei prodotti .agrkoli. 
Esso � stato adottato considerando in particolare: 

-{1� considerando) �che nella Comunit� i prodoHii: agricoli sOIIlo sottoposti 
per la maggior parte a trasformazione prima di giungere al consumatore finale; 
che, inoltre, il miglioramento delle attivit� di trasformazione e di commercializzazione 
dei prodotti agricoli, segnatamente mediante il miglioramento della 
qualit� e della presentazione, permette di conquistare pi� ampi sbocchi, di 
meglio valorizzare i prodotti e di contribuire di conseguenza all'incremento 
della produttivit� dell'agricoltura �; 

-(3� considerando) �che per assicurare un miglioramento coerente della 
trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli conviene che 
la partecipazione del F.E.A.O.G., sez. orientamento, a progetti di investimento 
sia subordinata all'inserimento di questi ultimi in programmi specifici contenenti 
una precisa analisi della situazi�ne del settore in questione e del miglioramento 
previsto �; 

-(4� considerando) �che, per poter beneficiare del finanziamento comunitario, 
i progetti devono in particolare permettere di garantire tanto il miglioramento 
e la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e commercializzazione 
dei prodotti agricoli, quanto effetti positivi duraturi nel settore 
agricolo�. 

Il regolamento, quindi, avvia -art. 1 -�un'azione comune destinata a 
permettere di sviluppare e razionalizzare imprese che si occupano del trattamento, 
della trasformazione o della commercializzazione dei prodotti agricoli�, 
al fine .di � migilliorare le strutture di mercato dei prodo.tt,i agricoli e, in par�ticolare, 
facilitare gli adeguamenti o gli orientamenti dell'agricoltura resi neces� r 

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PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 461 

guato piano di sviluppo. Le aziende che possono beneficiare di tale 
regime in forza della direttiva sono quelle il cui titolare ha un reddito 
di favoro inferiore ad un livdlo equo, o la cui struttura� sia tale da compromettere 
il mantenimento del reddito ad un livello equo. Questi presupposti 
non ricorrono nel caso di imprenditori che, come il ricorrente, 
dirigono aziende agricole le quali hanno raggiunto un reddito di lavoro 
analogo, o addirittura superiore, a quello di cui beneficiano le attivit� 
non agricole nella stessa zona. 

7. -Il ricorrente sostiene che, stando cos� le cose, non pu� essergli 
opposto l'art. 15, n. 2, del 1.'ego1amento n. 355/77 in quanto questa norma, 
secondo cui non rientrano nel campo di applicazione di tale regolamento 
i progetti � che possono beneficiare di aiuti comunitari nel quadro di 
altre azioni comuni � ai sensi del regolamento n. 729 /70, ha l'unico scopo 
di evitare il cumulo di aiuti comunit,ari per la rea1izzazione di uno stesso 
progetto. 
sari dalle conseguenze �conomiche della politica agricola comune o intesi a 
rispondere alle esigenze di quest'ultima �. 

1\ ammesso ai benefici, che consistono in sovvenzioni in conto capitale, 
�qualsiasi progetto di investimento in beni materiali (di persone fisiche o giuridiche 
o di loro associazioni), pubblico, semipubblico o privato, relativo in 
tutto o in parte ad attrezzature destinate in particolare: a) alla realizzazione 

o allo sviluppo del magazzinaggio, del condizionamento, della conservazione, 
del trattamento o della trasformazione di prodotti agricoli: b) al miglioramento 
dei circuiti di commercializzazione; e) ad una migliore conoscenza dei 
dati relativi ai prezzi ed alla formazione dei prezzi sui mercati dei prodotti 
agdcoli � (art. 6). Il progetto deve �contribuire a migliorare la situazione del 
rispettivo settore di produzione agricola di base; ... e in particolare assicurare 
un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai 
vantaggi economici che ne derivano� (art. 9). L'art. 111 indica pi� specificatamente 
gli scopi alternativi che debbono perseguire i progetti: orientamento 
della produzione o creazione di nuovi sbocchi per essa; alleggerimento dei 
meccanismi di intervento delle organizzazioni comuni di mercato; localizzazione 
in regioni che presentano difficolt� di mercato; semplificazione dei circuiti 
commerciali; miglioramento del prodotto. 
L'art. 15, n. 2, precisa che � non rientrano nel campo di applicazione del 
regolamento i progetti che possono beneficiare di aiuti comunitari nel quadro 
di altre azioni comuni ai sensi dell'art. 6, paragrafo 1, del regolamento (CEE) 

n. 729/70 �. 
5. -Sia le misure previste dalla direttiva 72/,159 che quelle previste dal 
regolamento 355/77 rivestono un interesse comunitario e hanno lo scopo di 
conseguire le finalit� di cui all'art. 39, paragrafo 1, lett. a), del trattato, e 
costituiscono pertanto un'azione comune ai sensi dell'art. 6 del regolamento 
CEE n. 729/70 (cfr. il 19� considerando dell'una ed il 2� considerando dell'altro; 
cfr., peraltro, il 1� considerando della direttiva, che richiama anche la lett. b) 
dell'art. 39, par. 1, cit.). Le une e le altre hanno dunque lo scopo di � incrementare 
la produttivit� dell'agricoltura, sviluppando il progresso tecnico, assicurando 
lo sviluppo razionale della produzione agricola come pure un impiego 
migliore dei fattori di produzione, in particolare della mano d'opera �. 

468 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
8. -La Commissione refuta l'inte:ripretazione data dal ricorrente all'art. 
15, n. 2, del regolamento n. 355/77. A suo avviso, � inconcepibile 
che il legislatore comunitaTio abbia voluto concedere i maggiori vantaggi 
pvevisti dal regolamento ad investimenti riguardanti esclusivamente l'ammodernamento 
di un'azienda agl'icola, oggetto della direttiva 72/159, qualora 
tali investimenti non 11ispondano ai criteri definiti dalla direttiva. 
Per questi motivi, la Commissione� ha escluso ab initio dal campo d'applicazione 
del regolamento tutti i progetti che, come quello presentato dal 
ricorrente, rientrano, in base a:l tipo deg1i investimenti proposti, nel 
campo d'applicazione della direttiva, anche se, per motivi non .ineventi 
ai progetti, bens� alle dimensioni o alla redditivit� dell'impresa, Jl titolarie 
di questa non abbia diritto agli aiuti contemplati dalla direttiva. 
9. -Il Governo italiano, interv,eniente, ha criticato il modo astratto 
in cui la Commissione ha proceduto �alla valutazione del progetto presentato 
dal ricorrente. A suo avviso, da un esame del testo e del pream-
In questa prospettiva comune, la direttiva prevede specificamente piani 
di sviluppo, di aziende non ancora sviluppate, nel quadro delle strutture 
agrarie; il regolamento prevede progetti di investimento, in aziende non specificamente 
delimitate, nel quadro delle strutture di mercato. 
Ictu oculi appare dunque una prima distinzione di fondo: l'una intende 
favorire � razionali metodi di produzione � attraverso una � riforma della struttura 
agraria di produzione� (5� considerando); l'altro intende favorire �il 
miglioramento e la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di 
commercializzazione dei prodotti agricoli� ed effetti positivi duraturi nel 
settore agricolo ( 4� considerando). 
Le due normative (l'una diretta agli Stati, l'altra diretta anche ai singoli) 
hanno dunque due specifici campi di applicazione, diversi e separati fra di 
loro. � possibile, ed � anzi naturale per l'interdipendenza dei due campi, che 
vi siano delle interferenze. 
Un piano di sviluppo secondo la direttiva potrebbe riguardare anche la 
prima trasformazione dei prodotti (art. 38, n. 1, del trattato) e influisce sulla 
commercializzazione dei prodotti stessi; e un piano di investimento per la 
trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, ai sensi del regolamento, 
permette non solo di conquistare plli� �arnJpi sboochi d�. meroato, ma 
anche � di meglio valorizzare i prodotti e di contribuire di conseguenza all'incremento 
della produttivit�� (1� considerando del regolamento). Le interdipendenze 
e le interferenze non tolgono, per�, che scopo diretto del piano di 
sviluppo previsto dalla direttiva � il miglioramento della struttura agraria di 
produzione e scopo diretto del progetto di investimento previsto dal regolamento 
� il miglioramento della struttura di trasformazione e commercializzazione. 
Peraltro, un'altra distinzione si pone fra direttiva e regolamento, finanche 
indipendente da quella sopra indicata. L'ambito di operativit� della 
direttiva � infatti ulteriormente circoscritta dalla limitatezza dell'obiettivo prefissosi: 
essa, istituendo un regime selettivo di incoraggiamento delle aziende 
ag,rico1Je in grado di sviLupparsi persegue ili fine di ammodernare queste e so1o ~:~ 
('.'. 
queste (cfr. Corte di giustizia, 6 maggio 1980, nella causa 152/79, Lee c. Min. 
agricoltura irlandese), per farle pervenire ad un livello di reddito comparabile 
f.: 
1 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 469 

bolo del regolamento n. 355/77 e della direttiva 72/159 risulta che le due 
normative hanno campi di applicazione specifici e distinti. La direttiva 
intende favorire razionali metodi di produzione attraverso una riforma 
del1a struttura produttiva agricola; il 'regolamento mira, invece, a favorire 
il miglioramento e la razionalizzazione delle strutture di trasformazione 
e di commercializzazione dei prodotti agricoli. Stando cos� le cose, 
la Commissione avrebbe dovuto esaminare il progetto d'investimento 
presentato dal ricorrente, per determinarne la portata e l'oggetto, alla 
luce dei criteri stabiliti e delle indicazioni fomite dai due atti di cui 
trattasi, invece di limitarsi a qualificarlo come un progetto di � ammodernamento 
�. 

10. -La Commissione fa valere inoltre che gli aiuti contemplati dalla 
direttiva sono destinati al ~anziamento delle aziende agricole, mentre 
i contributi previsti dal regolamento riguardano attivit� extra-agricole 
di prima trasformazione o di commercializzazione, anche se queste vengono 
esercitate da operatori che svolgono, parallelamente, un'attivit� agricola. 
A suo avviso, il regolamento n. 355/77 non ha, infatti, lo scopo di 
a quello di cui beneficiano le attivit� non agricole della zona (nella prospettiva 
indicata dalla lettera b dell'art. 39, par. 1, del trattato, richiamata appunto, 
insieme alla lett. a, nel primo considerando). 

Ed � per questo che beneficiario delle misure indicate nella direttiva pu� 
essere solo un imprenditore agricolo che possegga determinati requisiti. 

Il regolamento, invece, si prefigge scopi molto pi� ampi. Si tratta qui dello 
sviluppo o della razionalizzazione delle imprese che si occupano del tratta� 
mento, della trasformazione o della commercializzazione dei prodotti agricoli 
� per migliorare le strutture di mercato dei prodotti agricoli � (art. 1), per 
contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione agricola 
di base e... per assicurare un'adeguata e duratura partecipazione dei 
produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano � (art. 9), 
nel quadro di specifici prognimmd elaborarti dagli Stati membri (rut. 2; salve le' 
disposizioni transitorie dell'art. 12), con l'assicurazione di effetti economici 
duraturi nel settore agricolo (art. 10). E qui, essendosi ben al di l� di un mero 
ammodernamento di un'azienda sottosviluppata, beneficiari del contributo del 
Fondo -ben pi� consistente, per l'evidente maggior impegno della spesa necessaria, 
di quello della direttiva -possono essere genericamente e indiscriminatamente 
� le persone fisiche e giuridiche o le loro associazioni su cui grava, 
in ultima istanza, l'onere finanziario relativo alla realiz21azione del progetto� 
(art. 19). 

6. -Pur nella diversit� e nella separazione dei rispettivi ambiti di applicazione, 
potrebbero verH�.carsi -non solo per 1'mterdipendem1a degli scopi gi� 
messa in luce, ma anche per la natura delle opere progettate -che una iniziativa 
presenti caratteristiche teoricamente idonee a conseguire entrambi i benefici 
della direttiva e del regolamento, o addirittura ulteriori benefici previsti 
nel quadro di altre azioni comuni. 
Per far fronte a questa eventualit� l'art. 15, n. 2, del regolamento statuisce 
che � non rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento i progetti 
che possono beneficiare di aiuti comunitari nel quadro di altre azioni 



470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
garantire un reddito equo ad imprenditori agricoli, bens� quello di migliorare 
le strutture dei mercati. La Commissione ne desume che un 
imprenditore agricolo potrebbe beneficiare dei contributi previsti dal 
regolamento soltanto qualora si propones�se, grazie al iiafforzamento delle 
strut�ture di prima trasformazione e di commercializzazione della propria 
azienda, di modificare l'equhlibrio dell'attivit� aziendale per orientarlo 
in maniera significativa verso la trasformazione e la commercializzazione 
dei prodotti altrui. Ma ci� non si verificherebbe nel caso del progetto 
presentato dal ricorrente. 
11. -� d'uopo esaminare anzitutto quest'ultima tesi che, se fondata, 
sarebbe decisiva, '�n .quanto iii ricorrente non ha sostenuto che il 
progetto da lui presentato abbia lo scopo di orientare in modo significativo 
le attivit� della sua azienda verso 1a trasformazione e la commercializzazione 
di prodotti provenienti da altre aziende. 
comuni ai sensi dell'art. 6, par. 11, del regolamento (CEE) n. 729/70 � (fra i 
quali sono compresi quelli previsti nella direttiva in questione). 
Il significato fondamentale di questa disposizione -forse non formulata 
impeccabilmente -� evidente: non si possono cumulare due benefici (per 
una norma analoga, si veda l'art. 14, n. 2, lett. a, della direttiva, dove si dice 
che gli Stati membri possono concedere aiuti transitori a imprenditori che 
�non possono ancora beneficiare delle indennit� annue di cui all'art. 2, par. 1, 
della direttiva concernente l'incoraggiamento alla cessazione dell'attivit� agricola
�). Resta poi da vedere se un'iniziativa che possa astrattamente godere di 
entrambi i benefici debba essere ammessa per l'intero all'uno o all'altro secondo 
un criterio di prevalenza, o in parte all'uno e in parte all'altro a seconda 
dell'inerenza delle singole opere progettate agli scopi di ciascuna normativa: 
ma � un problema concreto che non interessa la presente controversia, quantomeno 
allo stato attuale. 
7. �La Commissione, invece, proprio dal disposto dell'art. 15, n. 2, del 
regolamento trae spunto per dire: 
a) che le J.nizi:ative dii armmoderOO!ffiento attengono ra1~a produzione, alla 
trasformazione e alla commercializzazione del prodotto agricolo; 
b) che i benefici all'ammodernamento di cui alla direttiva esauriscono 
il campo dell'azione comunitaria in favore dell'impresa agricola in quanto 
tale. 
Essendo, quindi, costretta a trovare un campo di applicazione anche per 
il regolamento n. 355/77, la Commissione conclude: 
e) che i benefici del regolamento spettano ai progetti elaborati per un'impresa 
che non sia destinata a rimanere esclusivamente tale, cio� ai progetti 
per interventi che, situandosi a valle della fase di produzione, estendono anche 
a produttori diversi dal beneficiario ii vantaggi eoonormici che ne derivano 
(�si pensi -precisa la Commissione -ad una unit� produttiva destim;tta alla 
lavorazione ed a1Ha commeroiiailizzazione dii prodotti non solo dell'azienda, ma 
anche di altri produttori�), 
La soluzione della Commissione cos� artico}ata non appare accettabile. 
Con riferimento a quanto ritenuto sub a), osserviamo che la direttiva 
parla di ammodernamento con riferimento esplicito alle aziende agricole che 
non abbiano ancora raggiunto un certo livello e necessitino perci� di un 
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PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E I)l!TERNAZIONALE 471 

12. -L'esame del testo e del preambolo del regolamento n. 355/77 
non permette di giungere alla conclusione propugnata dalla Commissione. 
Secondo l'art. 19, possono beneficiare del contributo finanziario contemplato 
dal regolamento_f:r:a l'altr;o le_persone fisiche su cui grava, in ultima 
istanza, l'onere finanziamo relativo alla realizzazione del progetto. L'art. 6 
dispone che, ai sensi del regolamento, per progetto si intende, fra l'altro, 
qualsiasi progetto d'investimento privato in beni materiali, l'elativo in 
tutto o in parte ad attrez2lature destinate in particolare alla razionalizzazione 
o allo sviluppo del magaz:llinaggio, del condizionamento, della 
conservazione o della trasformazione di prodotti agricoli -senza alcuna 
precisazione circa la provenienza di questi prodotti -, nonch� al miglioramento 
dei circuiti ili commercializLlazione. I progetti, secondo 
l'art. 7, devono riguaroare la commercializzazione dei prodotti agricoli 
compresi nell'allegato II del Trattato o la produzione dei prodotti trasformati 
ivi riportati. 
13. -Dal complesso delle suddette disposizioni risulta che un progetto 
destinato -al mig1ioramento della trasformazione -e dehla commercia-
aiuto ..perch� sia assicurato un grado di � produzione � remunerativo. Al di 
fuori di questa ipotesi non pu� parlarsi di � ammodernamento�, nel senso 
voluito dalia .di1rettiva, e un progetto di investimento inteso 1a ~gliiorare e 
raziona1izzare le strutture di trasformazione e di commercializzazione dei 
prodotti agricoli, con effetti positivi duraturi nel settore agricolo, sfugge al 
concetto di mero �ammodernamento e pu� ipotizzarsi solo nei confronti di 
un'efficiente organizzazione imprenditoriale gi� esistente. L'art. 15, n. 2, non 
pu� essere interpretato come conferma che la direttiva si occupi anche dei 
piani di . trasformazione e di commercializzazione, inserendoli nell'omnicomprensJ.
vo concetto di ammodernamento, poich� esso .ha il solo scopo di evitare 
un possibile cumulo del beneficio di cui al regolamento con altri benefici 
comunitari (i quali non sono necessariamente quelli concessi per l'ammodernamento 
delle aziende sottosviluppate: si pensi anche soltanto. agli aiuti comu� 
nitari previsti nel titolo II della direttiva stessa). 

Quanto alla affermazione sub b), non pu� non rilevarsi che la limitazione 
operata dalla Commissione � veramente illogica. Come ha posto in luce, con 
attenta e documentata analisi, la parte ricorrente nella, sua meDlQI'ia di replica, 
� inesatto ed arbitrario ritenere che le aziende atte a svilupparsi siano le sole 
rispond�nti alla concezione e agli indirizzi di politica comune, poich�, �nzi, la 
impresa assunta come punto di riferimento della politica comune � l'impresa 
effiaiente e cio� qucllla gi� sviluppata. La direttiva 712/,159 sii: occupa delil'ammodernamento 
delle aziende in grado di svilupparsi e per esse prevede dei benefici 
particolari di non rilevante entit� proprio perch�, in definitiva, i piani di 
sviluppo idonei allo scopo prefisso non possono che essere di modeste proporzioni. 
Ma se un progetto non � destinato ad una mera ristrutturazione di 
un'azienda non sviluppata che consenta a questa di raggiungere un minimo 
di redditivit�, ma prevede qualcosa di pi�, si entra allora nel campo di applicazione 
del regolamento n. 355/77: quest'ultimo, infatti, prevede non meri piani 
di sviluppo, ma progetti di investimento con scopi pm vasti ed ambiziosi, che 
non possono non riguardare che azi-einde gi� in buona efficienza. Ed � logico, 

5 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

472 


1izzazione dei prodotti agricoli provenienti dalla stessa azienda in cui 
devono essere realizz�ati gli investimenti non � affatto escluso dal campo 
di applicazione del regolamento, qualora possa effettivamente contribuire 
alla razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione. 


14. -� vero che l'art. 9 del regolamento stabilisce che i progetti 
devono contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di 
produzione .agricola di base, ed in particolare assicurare un'adeguata e 
duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi 
economici che ne derivano; questa norma, la quale ammette la possibilit� 
che persone diverse daii produttori del prodotto agricolo di base 
possano beneficiare del contributo previsto dal regolamento, non limita 
tuttavia il campo d'applicazione di quest'ultimo a questa sola ipotesi. 
15. -D'altra parte, nel preambolo del regolamento n. 355/77 viene 
messo in rilievo che il inigLioramento delle attivit� di trasformazione e 
di commercializzazione dei prodotti agricoli, ial quaile mira il regolamento, 
pu� essere raggiunto mediante il miglioramento della qualit� e della 
per l'entit� dell'onere finanziario necessario e per gli obiettivi pi� generali e 
duraturi perseguiti, che il contributo del F.EA.O.G. sia molto pi� considerevole. 

Con l'affermazione sub e) la Commissione ammette che il progetto di investimento 
debba presentare un quid pluris rispetto al mero piano di sviluppo, 
ma ritiene -argomentando dall'art. 9 del regolamento -che questo quid 
sia l'estensibilit� del vantaggio economico anche a produttori diversi dal beneficiano: 
e ci� si realizzerebbe o no a seconda che il beneficiario preveda la 
trasformazione e la commercializzazione dei prodotti altrui o solo dei prodotti 
propri. Possiamo anche discutere deHa equit� del criterio con il quale sono 
stati determinati in sede comunitaria i benefici della direttiva e quelli del 
regolamento. QueUa che, per�, ci sembra assolutamente ingiustificata � fa 
discriminazione proposta dalla Commissione: 

-essa non � sorretta da alcun argomento letterale; l'art. 9 citato dalla 

Commissione si limita a pretendere che sia assicurata �un'adeguata e duratura 

partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che 

ne derivano�, il che significa che � sufficiente che del vantaggio economico 

goda anche un solo produttore del prodotto di base, che ben pu� essere il 

beneficiario del contributo, ove lo sfruttamento delle sue sole risorse produt


tive sia ddoneo a � contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore 

di produzione agricola di base �; 

-ed essa si fonda, !inol�tre, su una tlogtlca di ben difficile com;prensione, 

visto che si agevolerebbe chi utilizza prodotti altrui (magari di un solo pro


duttore) e non chi utilizza il prodotto proprio, dimostrando un'efficienza orga


niz:mtiva che meriterebbe certamente un maggior favore da parte del legi


slatore comunitarfo e non certo l'esclusione di qualsiasi�aiuto (di quelli della 

direttiva e di quelli del regolamento: per eliminare questo inconveniente non 

� sufficiente il disposto della prima parte dell'art. 14, n. 2, della direttiva, poich� 

ivi sono previsti solo eventua1i aiuti nazionali non imputabili al F.E.A.O.G.). 

Seppure, quindi, dovesse ritenersi che il oampo di applicazione della diret


tiva riguardi non solo lo sviluppo della produzione, ma anche il miglioramento 


PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 473 

presentazione dei prodotti stessi, e che la razionalizzazione delle strutture 
di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli 
deve avere effetti positivi duraturi nel settore agricolo. I progetti presentati 
da agricoltori possono contribuire alla reailizzazione di questi 
obiettivi, in quanto la loro esecuzione potrebbe avere effetti che, pur 
favorendo la produzione agricola, siano atti ad influire suHe strutture 
di trasformazione e di commercializzazione in una certa regione o in un 
certo mercato. 

16. -Secondo quanto risulta dal fascicolo presentato dal ricorrente 
alla Commissione, il progeHo di cui trattasi non riguarda principalmente 
lo sviluppo delle .attivit� concernenti la produzione del prodotto di base, 
e cio� dell'uva, bens� la razionalizzazione del magazzinaggio e della conservazione 
del vino, il miglioramento della qua1it�, della presentazione 
e del condizionamente della produzione vinicola e l'abbreviazione del 
circuito di vendita. Da quanto precede risulta che tali sforzi di raziona1izzazione 
sono per l'appunto quelli contemplati dal regolamento n. 355/77 
e che il proget�to presentato dal ricorrente va considerato, in vda di 
specifico delle condizi�ni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti 
agricoli, e che il campo di applicazione del regolamento sia complementare 

o residuale, bisognerebbe allora concludere che l'applicabilit� della direttiva 
dovrebbe essere valutata in concreto e non in astratto, come invece ritenuto 
dalla Commissione. L'inapplicabilit� della direttiva (per essere l'azienda gi� 
efficiente), la cui verifica � di competenza delle autorit� nazionali, dovrebbe 
rendere possibile ~'aippd�oobi'.lii� del regolla!lnento, sempre che, ovviiamente, il 
progetto di investimento risponda agli altri requisiti richiesti nel regolamento 
stesso: ma fra questi requisiti non v'� certo quello della utilizzazione dei 
prodotti altrui. 
8. -Avendo la Commissione ribadito la sua tesi con la precisazione che 
la linea di demarcazione fra campo di applicazione del regolamento e campo 
di applicazione della direttiva � costituita dalla destinazione delle opere realiz� 
zande ad attivit� interne ovvero ad attivit� esterne all'azienda agricola (anche se 
realizzate da agricoltori) e che il criterio per individuare le attivit� esterne 
all'azienda agricola � appunto quello della utilizzazione di prodotti esclusivamente 
propri, o propri e altrui, si � replicato osservando che non v'� una definizione 
comunitaria generale ed uniforme di azienda agricola (si ricorda in proposito 
la sentenza della Corte nella causa �Azienda Avicola S. Anna>>, 28 febbraio 1978, 
nel procedimento n. 85/77). N� una definizione particolare � possibile ricavare 
dalla direttiva o dal regolamento, anche ai liinitati effetti della loro applicazione: 
anzi, � proprio la direttiva (art. 3) a rinviare alle normative nazioanli per la 
definizione della nozione di �imprenditore agricolo a titolo principale�. 
Si pu�, per�, ben dire che, secondo un'accezione comune, l'ambito di 
attivit� dell'azienda agricola non si esaurisce nella produzione e nella raccolta 
del frutto, ma si estende al normale ciclo produttivo, che comprende certamente 
la prima trasformazione e l'alienazione del prodotto, purch� queste si 
inseriscano nel consueto e ben delimitato ciclo dell'economia agricola: se, viceversa, 
trasformazione e commercializzazione richiedessero un'organizzazione o 
un'attrezzatura che esulano, per la loro complessit�, dal normale ciclo produt� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

474 

principio, come un progetto d'investimento ai sensi dell'art. 6 di detto 
regolamento. 

17. -� perci� necessario stabilire se l'art. 15, n. 2, del regolamento, 
che esclude dall'ambito di applicaziione di quest'ultimo i progetti che 
possono beneficiare di aiuti comunitad nell'ambito di altre azioni comuni, 
sia applicabile nella fattispecie, ed accertare 1in particolare se il 
progetto presentato dal a:-icorrente possa essere qualificato come un progetto 
di ammodernamento ai sensi della direttiva 72/159. 
18. -La direttiva 72/159 ha lo scopo di delineare la riforma delle 
strutture agricole. Il quinto punto del preambolo precisa che tale riforma 
deve favorire la costituzione e lo sviluppo di a2Jiende capaci di adeguarsi 
allo sviluppo economico, cio� di quelle il cui �titolare possiede un'adeguata 
qualifioa2Jione professionale, la cui redditivit� � verificata su basi 
contabili e che sono in grado, applicando razionali metodi & produzione, 
di garantire un equo reddito e di assicurare soddisfacenti condizioni di 
lavoro ahle persone che dn esse 1avoriano. Gli artt. 2, 3, 4; 11 �e 12 tornano 
su questi vari elementi, mentire altre disposizioni prevedono aiuti 'rieltivo, 
si uscirebbe dall'ambito dell'attivit� agricola, e si dovrebbe parlare di. 
attivit� industriale e/o commerciale. 

Dunque deve ritenersi pacifico che il criterio di discriminazione fra attivit� 
agricola e attivit� non agricola (cio� industriale o commerciale) non � affatto 
costituito esclusivamente dalla provenienza dei prodotti utilizzati per la trasformazione 
e la commercializzazione da uno o da pi� produttori. 

� certamente vero che la trasformazione e la commercializzazione di prodotti 
altrui (a meno che non si tratti di un'utilizzazione del tutto marginale) 
esclude il carattere agricolo (o strettamente agricolo) dell'attivit�; ma anche 
la trasformazione e la commercializ2lazione di soli prodotti propri pu� snaturare 
il carattere agricolo (o strettamente agricolo) dell'attivdt�, se appunto si tratta 
di un qualcosa di ben pi� consd.stente del naturale svolgimento del normale 
ciclo produttivo. 

Se cos� �, donde ricava la Commissione il suo convincimento che l'elemento 
discriminatore per applkare la direttiva o il regolamento sia proprio 
la provenienza del prodotto, solo dal richiedente l'aiuto o anche da altri produttori? 


Sotto un primo profilo, certamente l'esistenza del requisito della provenienza 
del prodotto da una pluralit� di produttori non � richiesto esplicitamente 
dal regolamento. L'aiuto � infatti concesso (art. 19) non solo ad associazioni 
di produttori, ma anche a imprese individuali. E ben troppo labile -non 
pu� non riconoscerlo la stessa Commissione -� l'accenno ai � produttori � 
(al plurale) contenuto neWart. 9: qui infatti si vuol solo dire che il progetto 
deve condurre ad un vantaggio economico non per i commercianti, ma per 
gli agricoltori; � sufficiente, per la norma, che il vantaggio vada ai produttori 
agricoli, ma questi possono essere pi� d'uno o anche uno soltanto. 

Fermo dunque che la provenienza del prodotto da trasformare o commercializzare 
da una pluralit� di produttori non � richiesta esplicitamente dal 
regolamento, per accogliere b tesi della Commissione si dovrebbe allora dire 
che la necessariet� di questo requisito (la provenienza appunto da una plura



PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 475 

l'ambito di operazioni di irJ.'igazione �e di ricomposizione, nonch� nell'ambito 
della costruzione di fabbricati aziendali o delle opere di miglioramento 
fondiario. 

19. -Risulta, perc10, che gli aiuti contemplati dalla direttiva hanno 
lo scopo di migliorare ~e condizioni di produzione dei prodotti agricoH 
di base, nella prospettiva di un aumento della redditivit� delle aziende 
agricole ad un livello adeguato. 
20. -Pertanto, la direttiva 72/159 ha un campo di applicazione specifico, 
che, in generale, non si confonde con quello del regolamento 
n. 355/77. 
21. -Poich� non ha lo scopo di aumentare la redditivit� dell'azienda 
attraverso il miglioramento delle condizioni di produzione dei prodotti 
agricoli di base, bens� quello di migliorare la trasformazione e la comlit� 
di produttod) si ricava da una discriminazione (desumibile dalle norme 
stesse) fra attivit� strettamente agricole (contemplate nella direttiva) -e attivit� 
non strettamente agricole (contemplate nel regolamento). Ma si � visto che la 
discrimin.azione fra le une e le altre non � solo nella provenienza del prodotto, 
ma anche nella eccedenza delle operazioni di trasformazione e commercializzazione 
rispetto al normale ciclo di produzione: cio� la utilizzazione del prodotto 
altrui esclude che possa parlarsi di attivit� strettamente agricola; ma di 
attivit� strettamente agricola non pu� ugualmente parlarsi nemmeno se si 
utilizza soltanto il prodotto proprio, se, in tal caso, le operazioni di trasformazione 
e commercializzazione fuoriescono, per la loro complessit�, dal normale 
ciclo produttivo. E allora, ammesso e non concesso che la linea di demarcazione 
fra direttiva e regolamento fosse la natura agricola o non agricola 
delll'attivit�, non s�i potrebbe escludere 'l'app1icabHdt� del rego~amento sol 
perch� il prodotto da trasformare e commercializzare proviene da un solo 
produttore. 

E, del resto, sotto un terzo profilo, la discriminazione operata dalla Commissione, 
fondata esclusivamente sull'�ppartenenza del prodotto, � inacc�ttabile 
se sii considera che il regolamento ammette llaiuto (e la stessa Commissione 
non lo nega) in favore di progetti presentati da associazioni di produttori: 
le associazioni, infatti, utilizzano, � vero, prodotti di pi� produttori, ma qui la 
pluralit� dei produttori non determina una � altruit� � del prodotto, perch� il 
prodotto utilizzato � quello stesso dei produttoni assodati. Per essere coerente 
con la sua tesi la Commissione dovrebbe .sostenere anche (ma non lo sostiene 
per �l'evidente ccmtrariet� .con le disposizioni regolamentari) che, nel .caso di 
associazioni, il prodotto deve essere fornito anche da produttori non associati. 
Non pretendendo ci�, la Commissione in definitiva rinuncia anche, forse senza 
volerlo, a discriminare fra attivit� agricola e attivit� non strettamente agricola: 
l'utilizzazione, da parte di un'associazione, dei prodotti di tutti gli associati 
non snatura -e questo � pacifico -l'attivit� agricola di trasformazione e di 
commercializza2iione svolta in comune utilizzando i prodotti di ciascuno. 

(omissis) 

La soluzione che noi proponiamo, attraverso la distinzione fra miglioramento 
delle strutture agranie di produzione (ambito di applicazione della direttiva) 
e miglioramento delle strutture di mercato ~ambito di applicazione del 



476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mercializzazione di tali prodotti, il progetto presentato dal ricorrente 
non rientra nel campo di applicazione della direttiva. 

22. -Ne consegue che la decisione impugnata manca di base kgale, 
in quanto vi si riteneva che la domanda di contributi pvesentata dal 
ricorrente rientrava nel campo di �aipp1icazione della direttiva 72/159 e 
vi si rJfiutava di prendere in considerazione tale domanda ai sensi del 
regolamento n. 355/77, senza accertare se ricovressero i presupposti stabiliti 
da questo regolamento. 
23. -In considerazione di queste circostanze, la decisione impugnata 
deve essere annullata, senza che sia necessario prendere in esame gli 
altri mezzi dedotti dal ricorrente. (omissis) 
regolamento), consente di attribuire alla normativa comunitaria nel suo complesso 
una funzione di propulsione dell'agricoltura, esattamente nel suo spirito, 
nelle varie fasi e senza inspiegabili vuoti. 

Gi� l'art. 12 del regolamento n. 17/64, sulle condizioni di concorso del 
F.E.A.O.G., parlava di miglioramento della produzione (attraverso una combinazione 
efficace dei fattori di produzione) e di miglioramento della commercia� 
lizzazione (attraverso un miglioramento delle attrezzature), riferendosi, specifi� 
camente, in tutti i casi alla singola impresa agricola, a pi� imprese agricole, 
a imprese non agricole: pi� che la struttura e la natura di chi richiede l'aiuto, 
interessava e I�nteressa, in definitiva, che dall'aiuto tragga giovamento diretto 
l'agricoltura e con essa i produttori; che poi da ogni ini:ciativa tragga giovamento 
un solo produttore o pi� produttori tutti insieme � un fatto che al pi� 
potr� assumere rilievo in sede istruttoria (ove si rendesse necessaria una scelta) 
ma non cento in sede di esame di nicevibiJLit�. {omissis) 

OSCAR FIUMARA 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 1� sezione, 2 luglio 
1981, nelile �cause 116, 117, 119, 120 e 121/80 -Pres. Koopmans � 
Avv. Gen. Slynn -Domande di pronunda preg.iudiziale proposte dalla 
Cour du TiraY.ail di Anv.evsa nelle cause fra l'Office National des 
pensions pour travailleurs salari�s e Celestre, Dreilkh, Bohnfeld e 
Lex e nella causa fra il Fonds national de retraite des ouvriers mineurs 
e Strehl -Interv.: Governo belga, Governo italiano (avv. Stato 
Favara), Governo olandese e Commissione delle Comunit� europee 
(ag. Amphoux). 

Comunit� europee � Libera circolazione dei lavoratori migrant�i -Prestazioni 
previdenziali � Cumulo � Limitazione -Diritto spettante in forza 
della sola legislazione nazionale -Norme anticumulo nazionali � 
Applicabilit� � Limiti. 

(Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, artt. 12 e 46)L 


PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 477 

Comunit� europee � Libera circolazione dei lavoratori � Previdenza so


ciale dei lavoratori migranti � Pensione di invalidit� e di vecchiaia � 

Norme anticumulo nazionali � Applicabilit� � Limiti. 

(Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, art. 12). 

Comunit� europee � Libera circolazione dei lavoratori � Previdenza sociale 
dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali della stessa natura � 
Clausole nazionali di riduzione, sospensione, soppressione � Inappli� 
cabilit�. 
(Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, artt. 12 e 46). 

Comunit� europee � Previdenza sociale dei lavoratori migranti � Prestazioni 
previdenziali -Sovrapposizione di periodi assicurativi � Norme 
comunitarie e norme nazionali � Llmiti all'applicazione delle norme 
nazionali. � 
(Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574, artt. 15 e 46). 

Finch� il lavoratore percepisce una pensione in forza delle sole leggi 

nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che vengano interamente 

applicate nei suoi confronti le sole leggi nazionali, ivi comprese le norme 

anticumulo nazionali, restando inteso che, se l'applicazione di dette leggi 

si rileva meno favorevole per il lavoratore dell'applicazione del regime 

di cui all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, va applicato questo articolo (1). 

Qualora il lavoratore fruisca di prestazioni di invalidit� trasformate 

in pensione� di vecchiaia in forza delle leggi di uno Stato membro o di 

prestazioni d'invalidit� non ancora trasformate in pensione di vecchiaia 

in forza delle leggi di un altro Stato membro, la pensione di vecchiaia 

e le prestazioni di invalidit� vanno considerate come aventi la stessa 

natura. Di conseguenza, si applica il capitolo 3 del regolamento n. 1408/71 

e, in forza dell'ultima frase dell'art. 12, n. 2, del regolamento, l'applica� 

zione delle norme anticumulo nazionali � esclusa (2). 

Qualora il lavoratore fruisca di prestazioni della stessa natura d� 

invalidit� e di vecchiaia, che sono liquidate dagli enti di due o pi� Stati 

membri, in conformit� all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, le clausole 

di riduzione, di sospensione o di soppressione contemplate dal diritto 

nazionale non si applicano. Ne consegue che l'importo di cui all'art. 46, 

n. 1, � l'importo cui il lavoratore avrebbe diritto secondo le leggi nazionali 
se non fruisse di una pensione in forza delle leggi di un altro Stato 
membro. Se, in forza delle leggi nazionali, il lavoratore che ha maturato 
un certo numero di anni di assicurazione ha diritto ad una pensione 
(14) La prima massima conferma l'indirizzo gi� delineato con le sentenze 
13 ottobl.'e 1977, neLle cause 22/77, MuRA, e 37/77, GRECO, in questa Rassegna, 
1977, I, 7'81, con nota, e 14 marzo �197'8, nefile cause 98/77, SCHAAP, e 105/7'/, 
KERSIJES, ibidem, 1978, I, 188: per di principio affermato appaiono tuttora valide 
le riserve espresse nella nota alle prime due sentenze. Le altre massime sono 

RASSEGNA DEi.L'AWoCATURA DELLO STATO 

completa, va preso in considerazi�ne l'importo di questa pensione completa 
(3). 

Il regolamento del Consiglio 21 marzo 1972, ii. 574, che stabilisce le 
modalit� di applicazione del regolamento n. 1408/7!; contiene, agli artt. 15 
e 46, disposizioni che disciplinano la sovrapposizione di periodi assicurativi 
maturati in base alle leggi di� due o pi� Stati membri. Non � quindi 
consentito all'ente di uno Stato� di applicare, per il cumulo e la .ripartizione 
prorata di periodi assicurativi, norme nazionali che siano meno 
fqvorevoli al lavoratore di quelle del regolamento (4). 

(omissis) 1. -Con sentenze 22 aprile 1980, pervenute in cancelleria 
il 5 e iJ 7 maggio successivi, l'Arbeidshof di Anversa (divisione di Hasselt) 
ha chiesto a questa Corte di pronunciars,i, a norma dell'art. 177 del Trattato 
CEE, sull'interpretazione dell'art. 51 dello stesso TJ."attato e dell'art. 46 
del rngolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione 
dei regimi di sicurezza sociale ai wavoratori subordinati e aii loro 
familiari che si spostano all'interno della Comunit� (G.U. n. L 149, pag. 2), 
in relazione al problema esposto nehla motivazione delle sentenze. 

2. -Detta motivazione pu� cos� Lriassumersi. Il Celestre, cittadino 
italiano, il Dreilich e :il Bohnefeld, cittladini tedeschi, lavoravano in Belgio 
come minatori di galleria per 27 e 28 anni, rispettivamente. In preoedenza 
essi avevano svolto attivdt� subordinate d'indole ddversa nei loro paesi 
d'origine. L'Office national des pensions pour triavailleurs sailari�s (ONPTS), 
ente belga competente, attribuiva loro una pensione di vecchiaia in base 
ai periodi assicurativi maturati in Belgio. Essi fa:uiscono di una pensione 
di vecchiaia anche nei rispettivi paesi d'origine. La vedova Rydlakowski 
fruisce, dal canto suo, di una pensione per superstiti in base al dirutto 
tedesco e al diritto belga, in quanto il coniuge aveva svolto attivit� lavorativa 
dipendente in Germania e per 25 anni era poi stato occupato 
nell'industria estrattiva, come minatore di galleria, in Belgio. 
3. -Aditi dagli interessati, i Tribunaux du ttravail di Hasseilt e di 
Tongres dichiaravano che il Celestre, il Dreilich, H Bohnefeld e la Rydlakowsky 
avevano diritto ad una pensione di vecchiaia o per superstiti 
calcolata in base ad una carriera completa di minatore di galleria in 
Belgio, cio� 30 armi di attivit�. 
4. -L'ONPTS impugnava le sentenze di primo grado dinanzi all'Arbeidshof 
di -Anversa (div1isione di Hasselt), sostenendo che l'art. 40, n. 2, 
l'espressione di un orientamento di fondo che tende a circoscrivere gli effetti 
del primo principio: cfr. anche, nello stesso solco, le sentenze 16 maggio 1979, 
neLla causa 236/78, MURA, in questa Rassegna, 1979, I, 254, nonch� fa sentenza 
15 ottobre 1980, nella causa 4/80, D'AMICO, in Racc., 1980, 2951, che aveva gi� affermato 
il principio di cui alla seconda massima. 


PARTE I, SEZ. II, GiURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

del regio decr�to belga n. 50 contiene una norma anticumulo in forza 
della quale ai lavoratori che sono stati occupati in miniera e in altri 
settori spetta una pensione di vecchiaia da calcolars�i moltiplicando per 
il coefficient� 1,5 gli anni lavorativi dn miniera, con un massimo di 45/45, 
e la pensione di vecchiaia (o per superstiti) a carico degli enti previdenziali 
belgi non pu� superare l'importo spettante in base ag1i anni di 
lavoro minerario in sotterraneo, con la mserva che la somma delle pensioni 
di vecchia.fa tedesca, o italiana, e belga deve risultare almeno pari 
alfa pensione di vecchiaia integrale spettante per gli anni di lavoro mineranio 
in sotterraneo. 

5. -L'attore nella causa prinoipale da cui � scaturito il procedimento 
121/80, sig. Strehl, cittadino tedesco, ha diritto tanto ad una pensione 
d'invalidit� tedesca quanto ad una pensione d'invalidit� belga per 
il il:avoro svolto in miniera. Il FNROM ha impugnato la sentenza in cui il 
Tribuna! du travail di Hasselt, in considera21ione del1a senten:za pregiudiziale 
in causa 62/76 (Strehl, Racc. 1977, pag. 211), ha dichiarato che all'interessato 
spetta una pensione di invalidit� calcolata in base ad una carr.
iera completa di minatore di galleria fa Belgio. 
6'. -Il regime deHe pensioni di vecchiaia per i minatori, disciplinato 
dail regio decreto belga 24 ottobre 1967, n. 50, stabilisce: 

La pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo 
a quello durante il quale l'interessato ha presentato la domanda, e 
al pi� presto (art. 4): 

dal primo giorno del mese successivo a quello durante il quaile J'interessato: 
a) ha compiuto l'et� normale della pensione: 55 anni o 60 anni 
a seconda che si tratti di una pensione di vecchiaia spettante peir un'occupa21ione 
come minatore di gahleria o, rispettivamente, come minatore in 
superficie; b) o comprova di essere st�ato occupato abitualmente e principalmente 
come operaio di galleria nelle miniere di carbone per 25 anni �. 

A norma dell'art. 10, in deroga al n. l, secondo comma:, il lavorato.re: 

� 1� che sia stato occupato abitualmente e principalmente come minatore 
per almeno 20 anni, pu� fruire di una pensione di vecchiaia calcolata 
:in ragione di un trentesimo per anno civile di occupazione come 
minatore. Se eg1i non ha maturato complessivamente trenta anni civili 
di occupazione abituale e principale come minatore di gaHeria nelle miniere, 
o nelle cave in sotterraneo, ma ne �ha maturati almeno 25, si presume 
provata la sua occupazione abituale e principale come tale per 
un numero di anni civili supplementari rpari a1la differenza tra 30 e il 
riumero di anrii civili di occupazione normale e principale comprovata



480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II

mente maturati in questa attivit�. Ciascuno di detti anni supplementari 

1 

� considerato come anno di lavoro fa gaHeria nelle miniere di oarbone f,,, 

I� 

anteriore al 1955 �. 1

i 

Il regime delle pensioni d'invalidit� per i minatori � retto dal regio i.
f 
decreto 19 novembre 1970, che dispone: i 
�Art. l, n. 1. La pensione d'invalidit� spetta alle condizioni �s1tabilite I 
pi� oltre: 

l

a) all'operaio soggetto al regime previdenziale dei minatooi che 
abbia cessato effettivamente il 1avoro presso le imprese minerarie per I 
malattia comportante incapacit� di prestare normale servizio in galleria 

I

e in supemcie presso dette imprese; 
b) aill'operaio soggetto al regime previdenziale dei minatori che, 
dopo aver prestato servizio in galleria, abbia cessato effettivamente iJ. 
lavoro presso dette imprese a causa di una malattia comportante incapacit� 
di prestare normale servi2lio in galleria presso dette imprese. 
-n. 2. La pensione d'invalidit� � concessa: 

1) all'operaio di cui alla lett. a) del n. l, se ha maturato almeno 
dieci anni di servizio presso le imprese minerarie; 

2) all'operaio di cui alla [ett. b) del n. l, se ha maturato U minimo 
di anni di servizio di cui al n. 1 �e se detto minimo comprende almeno 
cinque anni di servizio effettivo in gallema presso le imprese minerarie. 

Art. 23, n. 1. La pensione d'invalidit� concessa a norma del presente 
decreto pu� venir cumulata con una o pi� pensioni di vecchiaia o d'invalidit� 
solo. fino a concorrenza dell'importo annuo della pensione, stabilito 
all'art. 4, nn. l, 2 o 4, a seconda che si tratti di un operaio coniugato o 
di un operaio celibe, vedovo o divorziato o s�eparato �. 

7. -Il problema sollevato dall'Arbeidshof consiste, in sostanza, nello 
stabilire se !"art. 51 del Trnttato e i regolamenti adottati per la sua attuazione 
vadano interpretati nel senso che, al momento della Liquidazione 
delle prestazioni da versare ahl'interessato in base al diritto di uno Stato 
membro, non si possano computare due volte periodi assicurativi, specie 
per quel che dguarda il cumulo di periodi assicurativi effettivamente 
maturati �in un altro Stato membro con periodi �fittizi � riconosciuti nel 
primo Stato membro. 
8. -La Corte .di giustizia non � competente, nell'ambito del prooedimento 
contemplato dall'art. 177 del Trattato, ad interpretare H diritto 
nazionale. I� tuttavia possibile mettere in ris�alto determinate norme di 
diritto comunitario che possono essere utili per la soluzione della controversia 
dinanzi al giudice nazionale. 
9. -� opportuno i11�Cordare anzitutto che, come la Corte ha affermato, 
tra l'altro, nella sentenza 14 marzo 1978 (Schaap, 98/77, Racc., 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

pag. 707), fil)ch� H lavoratore percepisce una pensione in forza delle sole 
leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che vengano interamente 
applicate nei suoi confronti le sole leggi nazional<i, ivi comprese 
le norme anticumulo nazionali, Testando inteso che, se l'applicazione di 
dette leggi si rivela meno favorevole per il lavoratore dell'applicazione 
del regime di cui all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, va applicato quest'uJtimo 
articolo. 

10. -Spetta al giudice nazionale pronunciarsi circa iil contenuto e 
l'interpretazione delle disposizioni delle sue leggi nazionali per quel che 
riguarda il cumulo delle pvesitazioni ed operare H raffronto necessario 
per stabilire in ogni singolo caso se l'applicazione delle leggi nazionali 
sia meno favorevole al lavoratore dell'applicazione della normativa comunitaria 
come � stata interpretata dahla Corte. In effetti il lavoratore 
deve fruire delle presta~ioni pi� vantaggiose. 
11. -Nella sentenza 15 ottobre 1980 (D'Amico, 4/80, ancora inedita) 
la Corte ha dichiarato che, qualora il lavoratore fruisca dii prestazioni 
d'invalidit� trasformate rin pensione di vecchiaia in forza delle leggi di 
uno Stato membro e di prestazioni di invalidit� non ancora trasformate 
in pensione di vecchiaia in forza delle leggi di un altro Stato membrn, 
la pensione di vecchiaia e le prestazioni di invalidit� vanno considerate 
come aventi fa stessa natura. Di conseguenza si applica il capitolo 3 del 
regolamento n. 1408/71 e, dn forza dell'ultima frase dell'art. 12, n. 2, del 
regolamento, l'applicazione delle norme anticumulo nazionali � esclusa. 
12. -Per quel che riguarda l'applicazione dell'art. 46 del regolamento 
n. 1408/71, � opportuno ricordare che dall'ultima frase dell'art. 12, 
n. 2, del regolamento, risulta che le clausole di riduzione, ,di sospensione 
o di soppressione contemplate dal diritto nazionale non s[ applicano. 
Ne consegue che l'importo di cui all'art. 46, n. l, � l'importo cui H lavoratore 
avrebbe diritto secondo le leggi nazionali se non fruisse di una 
pensione in forza delle leggi di un altro Stato membro. Se, in forza 
delle leggi nazionali, il lavoratore che ha maturato un certo numero di 
anni di assicurazione ha diritto ad una pensione completa, va preso in 
considerazione l'importo di questa �pensione completa. 
13. -Il regolamento del Con&iglio 21 marzo 1972, n. 574, che stabilisce 
le modaliit� d'applicazione del regolamento n. 1408/71 (G.U. n. L 74, pag. 1), 
contiene, agli artt. 15 e 46, disposizioni che disciplinano Ja sovrapposizione 
di periodi assicurativ.i maturati iin base alle leggi di due o pi� Stati 
membri. Non � quindi consentito all'ente di uno Stato membro applicare, 
per il cumulo e Ia ripartizione prorata di pe11iodi assicurativi, norme 
nazionali che siano meno favorevoli al lavoratore di quelle del regolamento. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

14. -� opportuno ricordare, in particolare, il disposto dell'art. 15, 
n. 1, lett. e), di detto regolamento che recita: 
� nel caso in cui non sia possibile determinare in modo preciso 
l'epoca alla quale taluni periodi di assicurazione sono stati compiuti sotto 
la legislazione di uno Stato membro, si presume che tali periodi di assicurazione 
n:on si sovrappongano a periodi di assicurazione compiuti sotto 
la legislazione di un altro Stato membro e di ess1i si tiene conto nella 
misura in cui possono utiJmente essere '.PJ'esi in considerazione�. 

15. -Si deve quindi risolvere nel modo seguente la questione sottoposta 
dall'Arbeidshof di Anversa: 
a) finch� il lavoratove percepisce una pensione in forza delle sole 
leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che vengano intera� 
mente applicate nei suoi confronti le sole leggi nazionali, ivi comprese le 
norme anticumulo nazionali, �restando inteso che, se l'applicazione di dette 
leggi si rivela meno favorevole per il lavoratore deU'app1icazione del regime 
di cui all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, va applicato questo 
articolo. 

b) Qualora il lavoratore fruisca di prestazioni di invalidit� trasformate 
in pensione di vecchiaia in forza de1le leggi di uno Stato membro e 
di prestazioni d'invalidit� non ancora trasformate in pensione di vecchiaia 
in forza delle leggi di un altro Stato membro, 1a pensione di vecchiaia e 
le prestazioni di invalidit� vanno cons[derate come aventi la stessa natura. 
Di conseguenza, si applica il capitolo 3 del regolapJento n. 1408/71 e, in 
forza dell'ultima frase deWart. 12, n. 2, del regolamento, l'applicazione 
delle norme anticumulo nazionali � esclusa. 

e) Qualora il lavoratori'! fruisca di prestazioni della stessa natura di 
invalidit� o �di vecchiaia, che sono liquidate dagli enti di due o pi� Stati 
membri, in conformit� all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, le clausole di 
�riduzJ.one, di sospensione o di soppressiione contemplate dal diritto nazionale 
non si applicano. Ne consegue che l'impovto di cui all'art. 46, n. 1, 
� !',importo cui il lavoratore avrebbe diritto secondo le leggi nazionali se 
non fruisse di una pensione in forza delle leggi di un altro Stato membro. 
Se, in forza delle ~eggi nazionali, il lavoratore che ha maturato un certo 
numero di anni di assicurazione ha diritto ad una pensione completa, va 

preso in considerazione l'importo di questa pensione completa. 

d) Il regolamento del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574, che stabilisce 
le modalit� di appl:icazione del regolamento n.1408/71, contiene, agli artt. 15 
e 46, disposizioni che � discip1inano la sovrapposizione di periodi assicurativi 
maturati in base alle leggi di due o pi� Stati membri. Non � quindi 
consentito all'ente di uno Stato �membro di applicare, per dl cumulo e 
la ripartizione prorata di periodi assicurativi, norme nazionali che siano 
meno favorevoli al lavoratore di quelle del regolamento. (omissis) 


483

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E IN~ERNAZIONALE 

I. 
CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, �23 aprile 1981, n. 2398 -Pres. Marchetti Est. 
Martinelli -P. M. Ca11isto (conf.) -Amministraziione delle Finanze 
(avv. Laporta) c. Fall. Atlastimbers s.p.a. 

Tributi erariali indiretti -Diritti doganali -Diritti per servizi amministrativi 
-Merci importate in Italia da Paesi aderenti all'accordo G.A.T.T. Assoggettamento 
� Esclusione. 
(Accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso es. con legge 5 aprile 1950, n. 295; legge 15 

giugno 1950, n. 330). 

Tributi erariali indiretti -Diritti doganali -Diritti per servizi amministrativi 
-Merci provenienti da Stati aderenti all'accordo G.A.T.T. non 
comprese nell'annessa lista XXVII -Applicazione -Legittimit�. 
(Accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso es. con legge 5 aprile 1950, n. 295; legge 15 

giugno 1950, n. 330). 

I diritti per i servizi amministrativi rientrano fra i diritti doganali e, 
pertanto, sono inapplicabili alle merci importate dai Paesi aderenti all'accordo 
G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso esecutivo con legge 5 aprile 1950 

n. 295 (1). 
E legittima l'applicazione di diritti per i servizi amministrativi, istituiti 
con la legge 15 giugno 1950, n. 330, con riferimento a merci che, seppure 
provenienti da Stati aderenti all'accordo G.A.T.T., non fossero comprese 
nell'anni~ssa lista XXVII, in quanto l'introduzione del tributo non � ostacolata 
dalla successiva entrata in vigore di nuove convenzioni interna~ 
zionali che abbiano previsto l'estensione del regime agevolativo anche 
a 4ette merci, stante il carattere irretroattivo delle nuove convenzioni, 
che, in ordine a tributi introdotti medio tempore in modo legittimo, 
impongono, come unico limite, il divieto del loro inasprimento (2). 

(1) Questione pm volte esaminata dalla Corte di Cassazione e sempre 
decisa nel senso della � massima >>, in base al rilievo che la norma, di ambigua 
portata, istitutiva del diritto per servizi amministrativi fosse da interpretare 
in maniera compaitibi1e con gli impegni iTIJtemazionaihl assunti dallo Stato e, 
[n ispecie, con l'art. II G.A.T.T. comportante il divieto, per i Paesi aderenti, di 
aggravare il Jivel:l:o de111e dmposizioni colLate11ali aihl'importazione (divel'Se, cio�, 
da dazi doganali) rispetto a quello esistente nell'ordinamento interno alla data 
di adesione all'Accordo. 
Da notare che, particolarmente nelle prime pronuncie in materiia, la ora 
riassunta argomentazione si trova giustapposta all'altra secondo cui, per le 
sue caratteristiche di norma self-executing, l'art. II par. 1, lett. b) del G.A.T.T. 
non richiedeva ulteriori norme (interne) di ,adattamento dell'ordinamento nazionale 
agli effetti della sua a:lionabilit� in giudizio da parte degli operatori 



484 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II. 
CORTE DI CASSAZIONE, sezioni unite, 21 luglio 1981, n. 418 (ordinanza) -
Pres. Berri -Est. Granata -P. M. G!iirna1di (conf;) -Arnrninistrazione 
delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. S.P.I. -Soc. Petrolifera Italiana 


s.p.a. (avv. Scarpa e Guarino). 
Tributi erariali indiretti -Diritti doganali -Div.ieto di aggravamento per 
le merci importate da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Idoneit� delle 
norme dell'Accordo a conferire diritti soggettivi ai singoli -Necessit� 
di pronuncia pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia 

C.E.E. 
{Accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso es. con legge 5 aprile 1950, n. 295; Trattato 
CEE, art. 177). 

Tributi erariali indiretti � Diritti doganali -Divieto di aggravamento per 
le merci importate da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Diritti per servizi 
amministrativi � Applicabilit� alle merci non incluse nella lista XXVII 
annessa all'Accordo � Necessit� di pronuncia pregiudiziale da parte 
della Corte di Giustizia C.E.E. 
{Accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso es. con legge 5 aprile 1950, n. 295; legge 15 

giugno 1950, n. 330; Trattato CEE, art. 177). 

L'idoneit� delle disposizioni dell'Accordo G.A.T.T., una volta immesse 
nell'ordinamento nazionale, a costituire diritti ed obblighi nei rapporti intersoggettivi 
e, quindi, ad attribuire ai cittadini situazioni soggettive direttamente 
tutelabili dal giudice nazionale, involge questione di interpretazione 
da deferire, a sensi dell'art. 177 del Trattato di Roma, alla competenza 
pregiudiziale della Corte di Giustizia C.E.E., in considerazione della 
sostituzione della Comunit� agli Stati membri negli accordi internazionali 
da questi conclusi in materia doganale (3). 

commerciali, che dalle norme interne (sopravvenute) avessero visto pregiudicata 
la situazione giuridica soggettiva loro derivante dalla disposizione G.A.T.T. 

(3) L'ordinanza torna, meditatamente, ad affrontare il problema degli effetti 
derivati, sulle norme G.A.T.T. recepite nell'ordinamento interno, dalla successiva 
attribuzione alla Comunit� europea della competenza in materia di politica 
commerciale. Sul punto le stesse sezioni unite, con sentenza 20 ottobre 1976, 
n. 3616 (in questa Rassegna, 1976, I, 932, con nota critica di MARZANO) avevano, 
com'� noto, giudicato privo di fondamento l'assunto secondo cui la normativa 
G.A.T.T. avrebbe dovuto ritenersi parte integrante dell'ordinamento comunitario, 
cos� da richiedere necessariamente una uniforme interpretazione ed applicazione 
nei Paesi membri della e.E.E. 
Val la pena di ricordare che, in occasione della discussione del ricorso 
Finanze c. Soc. Marsud (deciso con la richiamata sentenza n. 3616/1976), erano 
state segnalate le gravi conseguenze che sarebbero derivate � dal considerare 
le norme del G.A.T.T. idonee, solo nel nostro ordinamento, ad attribuire diritti 


PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 485 

Va deferita alla competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia 

C.E.E. la questione, involgente interpretazione di atti delle Istituzioni della 
Comunit�, relativa alla portata ed agli effetti delle liste di concessioni tariffarie 
negoziate in ambito G.A.T.T. e destinate a sostituire le liste dei singoli 
Stati m�mbri (4). 
I. 
(omissis) Con 'i due motivi del ricorso, che, stante la loro interdipendenza 
logica vanno congiuntamente esaminati, l'Ammillistnazione finanziaria 
dello Stato lamentando la violazione dell'art. 2 legge 15 giugno 1950, 

n. 330 e dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in genernle premesse al 
codice oivile, nonch� dell'art. II G.A.T.T. (legge 5 aprile 1950, n. 295), dell'art. 
346 c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. censura l'impugnata 
sentenza: a) per aver escluso che le importazioni provenienti da un Paese 
sottoscrittore dell'accordo .G.A.T.T. non siano soggette al diritto per i servizi 
amministrativi (ex art. 2 legge 15 giugno 1950, n. 330); b) per aver 
ritenuto che il divieto di inasprimento dei diritti doganali, previsti dall'accordo 
GA.T.T. si estenda pure alile meroi non incluse nella lista di concessioni 
(XXVII) annessa all'Accordo e negoziata dall'Italia con iJ protocollo 
di ANNECY. 
soggettivi � nel momento in cui la Corte di Giustizia C.E.E. aveva, dal canto 
suo, negato che le norme G.A.T.T. fossero tali -nell'ambito dell'ordinamento 
comunitario -da conferire ai singoli il diritto di esigerne giudizialmente la 
osservanza (v., amplius, MARzANO, loc. cit.). 

(2-4) Il problema della relazione esistente tra la lista di concessioni tariffarie 
n. XXVII (negoziata dall'Italia col Protocollo di Annecy, di adesione al 
G.A.T.T.) e la lista c.d. comune (XL), negoziata nel corso delle conferenze 
tariffarie cui parteciparono gli Organi e.E.E., risulta esaminato tre volte dalla 
Cort� Suprema: una prima volta, da Cass., S.U., 20 ottobre 1976, n. 3616 cit. 
e risolto nel senso che la lista XL (o comune) avesse sostituito con effetto 
ex tunc la lista XXVII; la seconda volta, dalla sentenza sopra� riprodotta; infine, 
nuovamente, dail!le se2'ioni unite che, con ~�ordinanza 21 lugildo 1981, n. 418 (ed 
altre coeve di identico contenuto), hanno investito della questione la Corte di 
Giustizia delle Comunit� Europe. 

Per incidens va rilevato che la sentenza n. 2398/1981 e l'ordinanza n. 418/1981 
testimoniano, sia pur imp1icitamente, di persistenti perplessit� interpretative 
di fronte al disposto dell'ultimo comma dell'art. J77 del Trattato di Roma che, 
com'� noto, dichiara � tenuta � La giurisdizione di ultima istanza a rimettere 
alla Corte di giustizia le questioni pregiudiziali sull'interpretazione del trattato 
e degli atti delle Istituzioni della Comunit�. In argomento va segnalata la pi� 
recente ordinanza 22 ottobre 1981, con la quale la stessa Corte Suprema ha 
rimesso all'organo di giustizia C.E.E. l'interpretazione della richiamata disposizione 
del Trattato. 

S.L. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

486 

Il primo motivo di censura, a cui, peraltro, l'Avvocatura dello Stato 
ha rinunciato, � destituito di fondamento. 

Invero, questa Corte, con giurisprudenza ormai costante ha ritenuto 
che i diritti per i serv;izi amministrativi ,riientrano tra i diritti dogana1i; 
e come tali, sono inapplicabili alle merci importate daii paesi adeTenti all'accordo 
G.A.T.T. reso esecutivo nel territorio nazionale con legge 5 aprile 
1950, n. 295 (cfr. Sez. Un. 17 aprile 1972, n. 1196; Sez. Un. 21 maggio 1973, 

n. 1455; Sez. Un. 20 ottobre 1976, n. 3616; Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4064; 
Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4068; Sez. Un. 8 gennaio 1980, n. 117; Sez. Un. 
30 gennaio 1980, n. 117; Sez. Un. 14 febbraio 1980, n. 1063; Sez. Un. 21 febbraio 
1980, n. 1239 ecc). 
� invece fondato il secondo mezzo. 

Va, innanzitutto rilevato pregiudizialmente che il _giudice dJ II grado 
esattamente ha �escluso il carattere di eccezione, seppure in senso improprio, 
nella difesa prospettata dall'Amministrazione finanziaria, la quale 
aveva -rilevato che dalla mancata previsione del legname importato nella 
lista XXVII, allegata al trattato G.A.T.T. non poteva che discendere la 
piena applicabilit� dei diritti per i servizi amministr:ativi introdotti con 
legge successiva alla data di entrata iin vigore del trattato nell'ordinamento 
giuridico interno. Quindi, in modo corretto, ha escluso che nella fattispecie 
debba ravvisarsi un'eccezione preclusa in quanto non riproposta in grado 
di appello. 

Trattasi, infatti, iin subiecta -materia, non di una quaestio facti, nella 
quale si inquadrano le eccezioni in senso proprio ed improprio come fatti 
modificativi, estintivi ed impeditivi della pretesa giudizialmente fatta valere, 
ma di un'indubbia quaestio iuris, attinente all'-interpretazione del trattato, 
della sua portata di applicazione, come legge dello Stato a segutito del 
suo inserimento nell'ordinamento giuridico ai sensi deHa legge 5 aprile 
1950, n. 295 ed � come tale rilevabile d'ufficio d!;lll giudice e non soggetta 
alla preclusione di cui all'art. 346 c,p.c. 

N� alcun ril!ievo pu� assumere la distinzione che 'S'i vuole introdurre 
nel trattato, tra parte del medesimo che assume cara,ttere contrattuale e 
quella che riveste natura normativa, cosicch� (secondo una certa tesi, 
formulata in dottrina) alla lista annessa al trattato dovrebbe riconoscersi 
natura meramente negozfale; e, di conseguenza al suo richiamo da parte 
dell'Amministrazione finanziaria, carattere di eccezione in senso improprio. 

Infatti, a prescindere dalla natura controversa che assume detta distinzione 
in dottrina e in giurisprudenza, � indubbio che riveste carattere 
di trattato normativo tutto oi� che opera come fonte di produzione normativa; 
ovverossia che integm l'ordinamento giuridico internazionale e 
quello interno a seguito dehl'ordine di esecuzione, stante la sua natura 
di astrattezza; mentre, per converso assume carattere contrattuale il trattato 
che realizza, soltanto, il momento attuativo o la fattiispecie concreta 
della norma giuvidioa internazionale. 



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PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 481 

Ora � indubbio che riveste natura normativa la lista, annessa al trattato 
in esame, stante il carattere integrativo e completivo, che assume la 
medesima in ordine alla previsione normativa di cui agli artt. I e II. 

Pertanto, va escluso che la sentenza impugnata sia fondata su una 
duplice ratio decidendi dalla quale possa desumersi, oltre che il rigetto 
�nel mwito � delle difese prospettate daJl'Amministrazione Finanziaria 
dello Stato, altres� una declaratoria di inammissibilit� della medesima 
(ex art. 346 c.p.c.). 

Tuttavia, la Corte di Appello � incorsa in erirore allorch�, nel merito 
ha affermato che indipendentemente dall'originaria inclusione del legname 
{in esame) nella lista merceologica XXVII, allegata al Trattato G.A.T.T., 
ugualmente dovrebbe trovare applicaziione il divieto di imposizione in 
ordine ai diritti per i servizi amministrativi ~is1Jituti con fogge 15 giugno 
1950, n. 330); atteso che, comunque, detta merce risulta inclusa nella lista 
Comune XL della C.E.E. 

Detto errore appare in tutta la sua evidenza, ove si consideri che il 
divieto di creazione di nuovi tributi 'e l'inasprimento di quelli preesistenti 
(ex art. I e Il) del trattato G.A.T.T. riiguarda in modo esclusivo le merci 
originariamente contemplate nella lista XXVIII cosicch� le merci non previste 
in detta lista, rendevano legittima l'imposizione tributaria, s�alvo il 
rispetto dei limiti pro~ammatici previsti nell'art. XI. 

L'anzidetta conclusione � confortata da al'gomenti logici e sistematici, 
oltre che dalla chiara formulazione letterale delle disposizioni del trattato, 
che rendono palese la volont� degli Stati contraenti. 

Va, dnnanzitutto, rilevato che l'accordo G.A.T.T. (General agreement en 
Tariffs and Trade). conclusosi a Ginevra il 30 ottobre 1977 ed entrato 
in Vligore il 1� gennaio 1978, ed al quale l'Italia ader� con il protocollo 
ANNECY (reso esecutivo con legge 5 aprile 1950, n. 295), trov� la sua 
occasio legis nella mancata raitifioa deHa Carta dell'Avana, cosicch� la 
ratio di detto trattato non fu quella di dare una definitiva e compiuta 
regolamentazione del commercio interna21ionale, quanto di preparare ed 
assicurarne una graduale attua21ione attraverso il congelamento dei regimi 
doganali, esistenti alla data di entrata .in vigore del trattato, e la conseguente 
generalizzazione delle tariffe doganali ricollegate atlle clausole dello 
�Stato pi� favorito�. Tale intento, quindi, non poteva che essere perseguito 
con riferimento ai regimi doganali, gi� es_istenti nei singoli Stati, e 
con il richiamo alle particolari merci indicarte nella lista XXVII; provvedendosi, 
altres�, ad impegnare i Paes[ contraenti, seppure sul piano programmatico 
(art. XI) ad attuare nel tempo ed in modo graduale, un regime 
tributario (e pi� specificamente doganale), tale da non costituire un 
ostacolo alla libert� e al progresso del commercio internazionale con misure 
discriminatorie e limitative delle impol1tazioni e delle esportazioni. 

Va infine considerato che i successivi accordi internazionali, che hanno 
esteso la portata del trattato G.A.T.T. a nuove merci (o attraverso i quali 



488 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA i>ELLO STATO 

nuovi Stati hanno fatto adesione), hanno previsto una clausola, fedelmente 
ricalcata su que!lla dell'art. 5 del Protocollo di ANNECY, che prevede '1a 
decorrenza di ogni effetto giuridico in ordine alle nuove merci indicate 
nelle liste annesse dalla data di entrata in vigore di ogni singolo trattato 
(Pr�tocollo di Torquay del 21 aprile 1951, ratificato con legge 27 ottobre 
1951, n. 1172; Protocolli di Ginevra del 7 giugno 1955 e de!l 13 maggio 1956, 
ratificati con leggi 15 aprile 1957, n. 336 e 2 gennaio 1958, n. 25). Identica 
clausola � stata inoltre prevista per le ldste di concessione, negoziate dalla 
Comunit� Economica Europea a seguito delle Conferenze tariffarie del 
1960-1962 (art. 5 Dillon Round) e del 1964-1967 (K:ennedy Round), cos� come 
si desume dalla decisione del Consiglio della Comunit� Europea del 27 novembre 
1967, pubbJicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunit� Europea 
c<>n il Tichlamo all'art. 4. 

-� Detta norma prevede quanto segue: � In ogni caso in cui � commi 
b) e c) del paragrafo 1 dell'art. 2 dell'Accordo generale menzionano la data 
di detto accordo, la data applicabile ai prodotti, oggetto di una concessione 
contemplata nell'elenco allegato al presente protocollo, sar� quella 
del presente protocollo con riserv� degli obblighi in vigore a questa data 
... �. 

Ora � indubbio che dalla lettura dell'accordo G.A.T.T. e delle convenzioni 
internazionali successive si �evince, in modo chiaro: A) che il regime 
agevolativo ;riguarda, in modo esclus&vo, le merci incluse nelle liste annesse 
ai singoli trattati; B) che le convenzioni successive al trattato� G.A.T.T. 
non hanno dispiegato effetti ex tunc cosicch� i diritti doganali introdotti 
medio tempore su merci in precedenza non contemplate ma previste nelle 
nuove �liste annesse ai successivi accordi internazionali, rimangono conservate, 
salvo il divieto del loro inasprimento. 

Infatti, ove si dovesse accedere alla tesi contraria, la quale afferma che 
con il Trattato G.A.T.T. si � volut� lntrodurre ~imitazioni anche in ordine 
a nuove imposizioni di tributi su merci non incluse nella lista XXVII, non 
troverebbe alcuna fondata giustificazione l'dntroduzione, nei singoli trattati, 
di norme di diritto intoctemporale, formulate in modo tale, da escludere 
ogni effetto retroattivo. 

Peraltro, non pu� rilevarsi che l'art. 11 assume caTattere meramente� 
programmatico in ordine alla futura poldtica doganale dei singoli Statii per 
quanto riguarda le merci non espressamente contemplate nelle liste annesse, 
ponendo, soltanto, un esclusivo divrieto di tributi o di altre misure 
discriminatorie, tale da costituire un concreto ostacolo aHa ldbert� e al 
progresso del commercio internazionale 

Da ci� consegue la piena legittimit� dell'applica:ziione di diritti per i 
servizi amministrativri con riferimento a merci, che, seppure provenienti 
da Stati aderenti a:H'accordo G.A.T.T., non fossero comprese nell'annessa 
lista XXVII; considerato che l'eventuale introduzione del tributo sulla medesima 
non � ostacolato dal.la successiva entrata in vigore di nuove con



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

\'e'IlZioni internazionali, che abbiano previsto, come nella specie, l'estensione 
del regime agevolativo anche a dette meroi; stante H carattere irretroattivo 
delle nuove convenzioni, che in ordine a tributi introdotti medio tempore 
in modo legittimo, impongono, come unico limite, il divieto del loro 
inasprimenrto. 

N� pu� ritenersi che l'introduzione del diritto sui servizi amministrativi 
assuma carattere discriminatorio (ex art. 11) iin considerazione della 
sua particolare funzione e della sua modica entit�. 

Dall'accoglimento del secondo motivo consegue che ila causa va rinviata 
per il nuovo esame. (omissis) 

II 

(omissis). -Considerato in diritto -che con la precedente s,entenza 

n. 3616 del 1976, alla quale la decisione impugnata si � uniformata, queste 
Sezioni Unite -proprio in tema di inrerpretazione ed applicazione della 
legge istitutiva del diritto per servizi amministrativi (fogge n. 330 del 
15 giugno 1950) -hanno escluso (postulando la necessit� di interpretare 
la legge nazionale in senso conforme alla normativa de1l'Accordo G.A.T.T., 
ratificato con legge 5 aprile 1950, n. 295, ed in specie del suo art. Il, ora 
III, n. 1, lett. � b �) che detta impositlone riguairdasse le merci� provenienti 
da paesi aderenti, pur se non contemplate dalla originaria lista 
XXVII-Ita[ia ed incluse, invece, per la prima volta nella lista XL-CEE, 
sostitutiva di tutte le siingole liste degli Stati membri della Comunit� e 
facenti parte del G.A.T.T.; 
-che, cosi statuendo, la citata sentenza deHe Sezioni Unite (non 
tenuta presente dalla recente pronunzia difforme a sezione semplice 

n. 2398 del 23 aprile 1981) ha necessariamente, pur se per implicito pre� 
supposto che il divieto di aggravamento dei dazi e delle imposizioni 
collaterali all'importazione, sancito dal citato art. II (ora III), n. 1, 
lett. � b �,va inteso nel senso che esso, anche per le merci incluse successivamente 
nella lista XL-CEE, va riferito alla situazione impositiva esistente al 
momento della adesione dell'Italia al G.A.T.T. e non a quella esistente alla 
data defila nuova ldsta che per la prima volta includa la merce in questione, 
posto che, diversamente, le Sezioni Unite non ,avrebbero potuto ritenere 
la istituzione dei diritti per servi:zii amministrativi in potenziale contrasto 
con il mentlonato divieto di aggravamento; 
-che, peraltro, le contrapposte tesi dell'Amministrazione ricorrente e 
della societ� resistente rimettono in discussione proprio tale regola e, con 
essa, pi� in generale, il problema della interpretazione delle disposizioni 
GAT.T. e della loro valenza nell'ordinamento nazionale; interpretazione e 
valenza implicate anche dalla ulteriore tesi svolta in questa sede dalla societ� 
resistente, la quale sostiene che, indipendentemente dal divieto di aggra



490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vamento delle �imposizioni esistenti sancito dall'art. II (ora III), n. l, 
lett. � b �,per le merci incluse nelle liste ivi menzionate, un divieto generale 
di istituire �nuove� imposizioni (quali indubbiamente sono i diritti per 
servizi amministrativi rispetto alla situaz;ione esistente al momento della 
adesione italiana all'accordo G.A.T.T.) rr:isulterebbe, per implidto, sancito 
per tutte le merci, incluse o no nella lista, dal combinato disposto del 
Preambolo (oggi art. 1) con gli artt. II (ora III), n. 1, lett. � b �, VI e VIII; 

-che tale problematica coinvolge, nella sua stessa impostazione in 
apicibus e nei suoi possibili svolgimenti, questioni di interpretazione, che 
devono essere defedte alla competenza pregiudiZJiale della Corte di Giustizia 
delle Comunit� Europee ai sensi dell'art. 177 del Tirattato, per le 
seguenti ragioni: 

a) nella giurisprudenza di questa Corte Suprema si � venuta affermando, 
a far tempo dal 1968, l'opinione che le disposiz;ioni dell'Acco!'do 

G.A.T.T. siano idonee, in conseguenza della loro immissione nell'ordinamento 
nazionale operata con la legge di ratifica 5 aprile 1950, n. 295, a costituire 
diritti ed obblighi a livello di rapporti inrtersoggettivi e quindi ad attribuire 
ai cittadini situazioni soggettive azionabili in giudizio (Cass. 6 luglio 1968, 
n. 2293; Cass. Sez. Un. 17 aprile 1972, n. 1196; Cass. Sez. Un. 8 giugno 1972, 
n. 1771; Cass. Sez. Un. 8 giugno 1972, n. 1773; Cass. Sez. Un. 21 maggio 1973, 
n. 1455; Cass. Sez. Un 4 gennaio 1975, n. 2; Cass. 7 gennaio 1975, n. 10). Tale 
opinione � stata confermata anche in esplicito confronto con il diverso 
orientamento assunto dalla Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, 
che con le sentenze 12 dicembre 1972 in c. 22-24/72 e 24 ottobre 1973 in 
c. 9-73, e poi ancora con la sentenza 19 novembre 1975 in c. 38/75, pronunziando 
in punto di validit� di atti comunitari in tesi confliggenti con disposizioni 
dell'Accordo G.A.T.T., ha per contro negato .la idoneit� di questa 
normativa ad attribuire ai singoli diritti soggettivi azionabili in giudizio. 
Infatti questa Corte Suprema -tornando ad occuparsi del problema 
in cause nelle quali la norma G.A.T.T. veniva in rilievo o come regola 
direttamente disciplinante il rapporto controverso (Cass. Sez. Un. 20 
ottobre 1975, n. 3403 e Cass. Sez. Un. 20 ottobre 1975, n. 3407 sulla parit� 
fiscale in materia di imposizioni interne: art. III, ora IV, n. 2) oppure 
come elemento indiretto di interpretazione della norma nazionale statuente 
la regola del rapporto (Cass. Sez. Un. 20 ottobre 1976, n. 3616 
sul divieto di aggravamento delle imposizioni all'importazione in materia 
di diritti per servizi amministrativi, la cui legge istitutiva 15 giugno 1950, 
n. 330, proprio alla luce del precetto dettato con J'art. II, ora III, n. 1, 
lett. � b �,si ritenne contemplante soltanto Je .merci non fruenti del regime 
G.A.T.T.; conformi citata sent. n. 1455 del 1973 e Cass. Sez. Un. 13 luglio 1979, 
n. 4066) -ha ritenuto, pur prendendo atto di quel diverso orientamento 
della Corte di Giustizia, di non modificare l'indirizzo adottato, argomentando 
che il giudice naziona:le, pi� di chiunque altro, pu� valutare .la � concretezza 
che le norme dell'Accordo Generale possono acquisire con l'in

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

serzione nella legislazione dei singoli Stati aderenti... [n termini diversi 
per ciascun Stato� (sent. cit. n. 3403 e 3407 del 1975; conforme sent. 

n. 3616 del 1976 pure citata). Inoltre questa Corte Suprema, sollecitata ad 
investire la Corte di Giustizia della questione di interpretazione circa il 
�livello� di operativit� della normativa G.A.T.T., ha ritenuto di potersene 
esimere, sia rilevando che le questioni portate al suo esame non implicano 
(a differenza, come si � detto, delle controversie sottoposte alla Corte 
di Giustizia) alcun problema di � validit� � di un qualche atto comunitario, 
sia negando che nella specie si prospettasse questione di � interpretazione � 
di un atto avente siffatta natura, in quanto doveva escludersi che la 
normativa dell'Accordo G.A.T.T. fosse da considerarsi ormai parte dell'ordinamento 
comunitario, essendo esso invece �un ,accordo esterno all'ordinamento 
comunitario� (oit. sent. n. 3616 del 1976). 
b) Oggi, peraltro, appare necessaria una rinnovata riflessione sul problema, 
stimolata non soltanto dalla :riconsiderazione di alcuni spunti 
emergenti dalle gi� ricordate sentenze della Cmte di Giustizia, ed in 
sp~e di quella resa nella causa 38/75, ma anche dalle indicazioni che la 
giurisprudenza deHa stessa Corte di Giustizia � venuta sempre pi� nettamente 
fornendo la rilevanza � per� l'ordinamento e �nello� ordinamento 
comunitario degli accor& internazionali stipulati dagli ocgani della 
Comunit�, e correlativamente circa l'ambito della competenza pregiudiziale 
ad essa Corte di Giustizia spettante in punto di 1interpretazione di tali 
accordi. 

Deve prendersi, invero, atto, da un lato, che la possibilit� di diversificare 
l'operativit� della normativa G.A.T.T. negli ordinamenti dei singoli 
Stati membri in ragione della distinta sua inserzione in ciascuno di 
questi secondo le norme ad esso proprrie, affermata nelle ricordate sentenze 
nn. 3403 e 3407 del 1975 e n. 3616 del 1976, appare resistita dalla 
recisa enunciazione della sentenza dalla Corte di Giustizia resa nella causa 
38/75 (formu).ata, sembra, in termini affaUo generali e svincolati dalla 
fattispecie, relativa come si sa al giudizio di �validit�� di un atto comunitario), 
secondo la quale �essendosi la Comunit� sostituita agli Stati 
membri per quanto riguarda l'adempimento degl,i impegni contemplati 
dal G.A.T.T., l'effetto giuridico cogente di tali impegni va valutato in relazione 
alle afferenti disposizioni dell'ordinamento giuridico-comunitario, non 
gi� in relazione a que1'le che 1i rendevano precedentem�nte efficaci negli 
ordinamenti giuridici nazionali� (proposdzione motiva sub 16). 

Per altro verso, poi, va tenuto presente che la Corte di Giustizia, con 
riferimento ad accoirdi internazionali negoziati e conclusi dalla Comunit�, 
in pi� occasioni: 

-ha affermato (sent. in c. 181/73 e 87/ 75; parere 1/76), o di fatto 
ha esercitato (sent. in c. 40/72; 147/73; 65/77) la propria competenza pregiudiziale, 
non soltanto ai fini del giudizio di vailidit� d[ un confliggente 
atto comunitario (sent. ,in c. 181/73 cit.), ma anche fuori da una siffatta 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

situazione (sent. citate in c. 40/72, 147/73, 87/75, 65/77; parere cit. 1/76) 
in via di interpretazione diretta della convenzione internazionale al fin~ 
di picavarne la regola diretta del giudi:z�io sul rapporto controverso, e ci� 
sul rilievo ,esplicito che � l'acco11do... � st,ato concluso dail Consiglio in conformit� 
ag1i artt. 228 e 238 del Trattarto... Esso costituisce, quindi, per 
quanto riguarda la Comunit�, un atto compiuto da una delle istituzioni 
della Comunit�, nel senso di cui all'art. 177, primo comma, lett. � b � .. Le 
sue disposizioni formano, dal momento della sua entrata in vigore, parte 
integrante dell'ordinamento comunitavio. La Corte � perci� competente, 
nell'ambito del suddetto ordinamento, a pronunziarsi in vj,a pvegiudiziale 
sull'intevpretazione dell'accordo� (principio, questo, enundato dalla sent. 
in c. 181/73 in un giudizio suHa. validit� di un atto comunitario in rapporto 
ad un accordo internazionale, ma ripetuto in via generale nel 
parere 1/76 citato); 

-ha riconosciuto .l'azionabilit�, davanti al giudice, dei diritti nascenti 
da tali <J,.cco11di (sempre che idonei ad 'attribuir1i: ,sent. in c. 87/75) pure 
in contmsto con norma nazdonale (sent. in c. 87/75 cit.; sent. in c. 65/77 
cit.). 

e) Alla stregua dehle riferite considerazioni, sembra inevitabile porre 
il quesito se gli stessi effetti prodotti dalla ricezione, 1all1inteirno dell'ordinamento 
comunitar�.o e dei singoli Stati membri, delle regole dettate 
dagli accordi internazionali stipulati originariamente dalla Comunit� (operativit� 
di tali regole, se formulate in termini congrui, con efficacia attributiva 
di diritti soggettivi ai singoli; competen:z;a pregiudiziale, comunque, 
della Corte di Giustizia per la interpretazione delle stesse regole) non 
si ve11i:fichino in forza di ci� che � statQ definito un fenomeno di � comunitarizzazione 
a posteriori �, anche nelle ipotesi in cui la Comunit� � si 
sostituisce� agli Stati membri negli accordi internazionali preesistenti 
alla sua costituzione, come appunto � accaduto (cfr. citata sent. in c. 
38/75) riguardQ all'Accordo G.A.T.T.; se cio�, una volta che la Comunit�, 
nei rapporti esterni verso i terzi StaN contraenti, si sia sostituita agili 
Stati membri,. non operi lo stesso fenomeno di � comunitarizzazione �, 
vale a dire di ricezione della norma che si verifica riguardo agli accordi 
stipulati dalla Comunit�, per cui le disposizioni di quel dato acc�wdo 
internazionale preesistente non viv-rebbero pi�, anche all'interno degli 
ordinamenti nazionali degli Stati membri, in forza del tipo di ricezione 
previsto da ciascuno di essi, bens� in forza della particolare ricezdone 
che della � comunitarizzazione � � l'effetto. Certamente � ipotizzabile -ed 
in concreto � stata data da una pa11te 1del1a doUrina -una dsposta che 
limita siffatta � comunitarizza2lione � alla sola ipotesi in cui la noirma 

G.A.T.T. venga in rilievo come misura della validit� di un atto comunitario 
e la nega, invece, in caso di sua applicabilit� diretta in concorso, e in 
contrasto, con un atto. normativo naz.ionale, con la conseguenza che .soltanto 
nel primo caso, ,e non anche nel secondo, il giudice nazionaile 

PARTE I, SEZ. l;I, GIURIS �. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 49~ 

sarebbe v:incolato alla interpretazione data, alla norma G.A.T.T., dalla Corte 
di Giustizia, sicch� la medesima norma potrebbe dallo stesso giudice 
essere intesa ed applicata in sensi div�ersi nei due casi ipotizzati. Ma, a 
parte ogni dubbio sulJa logicit� ed attendibiLit� di una risposta siffatta, 
essa costituisce pur semp1;1e una delle possibili soluzioni del complesso 
q_uesito se la Cocte di Giustrnia sia competente, e comunque se essa 
tale si reputi ai sensi dell'art. 177 del Trattato, ad interpretare l'Accordo 

G.A.T.T. anche nelle cause in. cui le disposizioni di questo vengano invocate 
.come diretta regola del giudizio da rendere, o come criiterio interpretativo 
della norma nazionale con esse concorrente; nell'affermativa, quale sia la 
interpretazione della specifica norma G.A.T.T. che venga in discussione; 
quale sia, infine, il liv~llo di operativit� della noi::ma G.A.T.T. cos� interpretata 
nell'oridinamento interno del singolo Stato membro (aspetto, questo 
ultimo, in relazione al quale la negazione della operativit� del G.A.T.T. a 
livel:lo di rapporti intersoggettivi in ragione deHa � flessibilit� � delle 
sue disposizioni -gi� cviticata da una parte della dottrina per la considerazione 
che tale flessibilit� non escluderebbe che 1a singola disposizione, 
fino a che non derogata ne.i modi prev1isti, produca gli effetti vincolantJi 
che le sono proprii -potrebbe essere rimeditata sul rHievo che, 
-0ve fosse riconosciuta fa ricezione nell'ordinamento comunitario della 
normativa G.A.T.T., questa all'interno della Comunit� sarebbe garantita 
-pur nei limiti delle deroghe di volta in volta poste in essere a livello 
interna2lionale -dalla uniforme sua applicazione assicurata dalLa Corte 
di Giustiziia, onde risulterebbe cos� assicurato anche al sistema G.A.T.T. 
q_uel � maggior grado di juridisation � che, secondo un autore dii �lingua 
faglese, caratterizzerebbe, 1rispetto ad �esso, il sistema comunitariio). 
Orbene, non sembra potersi dubitare che un. siffatto compfosso dl. 
q_uesiti, preliminari a quelli specifici dibattuti in oausa, propriio perch� 
appare muoversi nell'area dell'art. 177 del Triattato, si appartenga alfa 
competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia deLle Comunit� Europee. 

d) Alle svolte considerazioni gene.mli se ne aggiunge altra, specifica 
al tema delle liste oggetto della causa. Invero -se, come sottolineato 
dalla stessa Corte di Giustizia nella pi� volte oitata sentenza in c. 38/75; 
�ile concessioni tariffarie e le consolidazioni effettuate nell'ambito del 
G.A.T.T., ancora prima del 1� luglio 1968, sono state negoziate dalle autorit~ 
comunitarie, in conformit� all'art. III del Trattato� -potrebbe da ci<) 
trarsi la conseguenza che tali .concessioni e consolidazioni, cio� appunto 
la lista XL-CEE nelle sue successive edizioni, sono �atti comunitari� e 
come tali comp1resi nel novero, e quindi ammess�i 1al relativo regime giuridico, 
di quelli che, in quanto compiuti da organi della Comunit�, dcadano 
nell'area di applicazione deWart. 177, pJimo comma, lettera � b �, 
del Trattato (cfr. la pure gi� citata sentenza in c. 181/73 ed ii1 parere, 
.anche citato, 1/76). Al merito della prospettata questione, 1ininfluente quindi 
ad incidere sulla competenza a conoscerne, attiene poi la eventuale diver



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sit� di effetti cor,relata alla eventuale diversit� di modi, in cui la partecipazione 
della Comunit�, attraverso i suoi organi, si sia in concreto 
esplicata neHe vaI"ie convenzioni tariffarie succedutesi nel tempo (prima, 
quelila del Dillon round, cui 1a Comunit� avrebbe partecipato non in 
sostituzione, ma msieme agli Stati membri, in forza della decisione del 
Consiglio 4 dicembre 1961, per effetto della quale, secondo la Relazione 
della Commissione per l'anno 1962, p. 243 dell'edizione italiana -e cfr. 
pure la Relazione per ,l'anno 1963, p. 272 deLla sress:a edizione -�le 
nuove negoziazioni di questo tipo sono ormai di competenza della Comunit� 
e non saranno pi� condotte individuaJ.menrte dagli Stati membri beneficiari 
delle concessioni di cui venga richiesta la rrevO�a e la modifica�; 
successivamente, quella del Kennedy round, aJl'esito delle cui negoziazioni 
gli accordi raggiunti furono �conclusi � con fa decisione del Consig1io 
del 27 novembre 1967 in G.U.C.E. 19 dicembre 1968 N.L. 303/1 e ss.). 

Onde anche sotto questo ulteriore, specifico profilo si ravvisa il preciso 
dovere per questa Corte Supvema di Cassazione, in ragione della 
sua colloca7Jione al vertice delle giurisdizioni nazionali, di promuovere 
l'esercizio della competenza pregiudiziale attribuita dall'art. 177 del Trattato 
alla Corte di Giustizia. 

P.Q.M. 
visto l'art. 177 del Ttrattato di Roma 25 marzo 1977, istitutivo della 
Comunit� Economica Europea, ratificato con legge 14 ottobre 1957, n. 1203; 

visto l'art. 20 del protocollo sullo statuto della Corte di Giustizia 
approvato il 17 aprile 1957 e fort. 3 della 1rnlativa legge di rat1fica 13 maTzo 
1958, n. 204; 

visti gli artt. 295, 297 e 134 c,p.c.; 

1�) sospende B giudizfo fino alla pregiudiziale pronunzia della Corte 
di Giustizia prevista dall'art. 177 del Tmttato sulle ques�tioni oggetto dei 
seguenti quesiti: 

A) in linea preliminare: 

se, per essersi .Ja Comunit� sostituita agli Stati membri per quanto riguarda 
l'adempimento degli impegni contemplati dall'Accordo G.A.T.T. e 
per avere negoziato essa le concessioni e le consolidazioni effettuate nell'ambito 
di questo ancor prima del 1� luglio 1968, le disposizioni dell'Accovdo 
e le Jiste cos� negoziate rientrino (nell'affermativa: da quando ed 
in quali limiti) fra .gli atti per la cui interpretazfone rico11re la competenza 
pregiudiziale attribuita alla Corte di Giustizia dall'art. 177 del Trattato, 
anche nel caso in cui il giudice nazionale sia richiesto di farne applicazione 
o comunque di compierne la interpretazione, con riferimento a 
rapporti intersoggettivi, a fini diversi da quello di valut�re la validit� o 
la invalidit� di un atto comunitario; 


PARTE I, SBZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

B) 
nel caso di risposta affermativa al precedente quesito: 

se e quali effetti (e, se diversi nel tempo, con quale graduazione cronologica) 
siano derivati, all'interno dell'ordinamento giuridico della Comunit� 
e di quello degli Stati membri, dall'essersi la Comunit� sostituita 
agli Stati membri, per quanto riguarda l'adempimento degli impegni contemplati 
dall'Accordo G.A.T.T. e dall'avere negoziato essa la nuova lista 
comune XL-CEE; in particolare, se il giudice nazionale, al fine di trarne 
argomento in ordine alla interpretazione, ovvero regola in omine alla 
applicazione, di una norma nazionale successiva, in tesi contrastante con 
le disposizioni dell'Accordo, debba ritenere -nella osservanza del iI'iparto 
di competenza fissato dall'art. 177 del Trattato -che l'Accordo G.A.T.T., 
con specit�co riferimento alle disposiizioni menzionarte nei quesiti seguenti, 
oper.i a live1lo di mero impegno internazionale senza effetti diretti nell'ordinamento 
interno, ovvero sia in questo efficace nei rappoTti intersogettivi, 
e, in tale seconda evenienza, in _posizione pariordinata o sovraocdinata 
rispetto alla confliggente norma nazionale; 

C) 
nel caso ancora di risposta positiva al quesito sub � A � ed in presenza 
di qualsiasi risposta al quesito � B �, al fine di somministrare 
al giudice nazionale indicazioni utili alla interpretazione della norma 
nazionale: 

C/1) se dall'Accordo G.A.T.T. -ed in particOilare dal preambolo (oggi 
art. I, n. 2) in correlazione con gli artt. II (ora III), n. l, lett. � b �, e n. 2, 
III (ora IV), n. 2, VI e VIII -sia statuito il divieto di istituire per 
qualsiasi prodotto, anche se non compreso nelle liste di cui all'art. II 
(ora III) citato, nuovi diritti doganali o altri diritti o imposizioni di ogni 
natura all'impor1la2tlone o in occasione dell'importaziione; 

C/2) se, per prodotti inclusi nella lista delle concessioni accordate da 
uno Stato successivamente alla sua adesion� aill'Accordo G.A.T.T. -ed 
in particolare, quanto agli Stati membri anche della Comunit� Economioa 
Europea, per le merci <incluse nella lista XL-CEE formata all'esito del 
DiJJ.on round, prima, e del Kennedy ll'Ound, dopo -, il momento, cui deve 
farsi a:iferimento per individuare la misura dei dazi e delle altre imposizioni 
all'importazione rispetto alla 'quale opera H divieto di aggravamento 
stabilito dall'art. II (ora III), n. l, lett. � b �, dell'Accordo G.A.T.T., sia 
quello della adesione all'Accordo ovvero quello del protocollo introducente 
la nuova concessione. (omissis) 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 aprile 1981, n. 2130 -Pres. Novelli -
Rel. Sgroi -P. M. Benii -Fattor (avv. Lorenzoni) c. Ministero dei 
LL.PP. (avv. Stato Del Greco). 

Giurisdizione oivil.e -Esproprianone per p.u. -Dichiarazione di p.u. 


Inefficacia -Compimento dell'opera -Danni -Controversia -Giuri


sdizione deM'A.G.O. 

La inefficacia della dichiarazione di p.u. e la cessazione del potere 
espropriativo per effetto della vana scadenza del termine fissato per il 
compimento dell'esproprio, non trovano ostacolo nella circostanza che 
l'opera pubblica sia stata ugualmente e tempestivamente realizzata, sicch� 
anche in questa ipotesi la scadenza del termine implica che la propriet� 
risorge come diritto soggettivo ed � tutelabile dinanzi l'A.G.O. con l'azione 
di risarcimento del danno per la irreversibile perdita del bene, pur dopo 
la tardiva pronuncia del decreto di esproprio (1). 

(omissis) Costituisce ius receptum il principio che 1vienrt:ra nella competenza 
giurisdizionale dell'A.G.O. la cogniZJione delle cootroversie relative 
all'accertamento della illegittimit� del decreto di espropriazione per mancata 
prefissione o per scadenza dei termini di cui all'art. 13 del1a legge 

n. 2359 del 1865, a11a quale deve riconoscersi la natura di. norma di relazione 
(cfr. Cass. 15 febbraio 1979, n. 985; Oass. 19 Juglio 197.7; n. 3216; 
Cass. 15 luglio 1974, n. 2125; Cass. 21 febbraio 1974, n. 482; Cass. 28 febbmio 
1973, n. 550). � poi inutile darsi carico del problema se l'inefficacia 
della dichiarazione di pubblica utilit� consegua a11a scadenza dell'ultimo 
dei quattro termini p1revisti dal1a norma citata (come hanno ritenuto 
Cass. 3 giugno 1978, n. 2774, e, sostanzialmente, Cass. 27 gennaio 1978, 
n. 386) oppure occol'ra aver riguardo all'osservanza puntuale di ciascuno 
dei due termini finali, rispettivamente fissati per il copipimento dei favori 
e della proceduria, perch� -anche a voJer seguire l'indiirizzo pi� favorevole 
alla P.A. espropriante -nella specie � pacifico in fatto che H decreto 
di esproprio � stato �emanato dopo 1a scadenza dell'ultimo termine. 
(1) Giurisprudenza ancora costante anche nel caso di esecuzione dell'opera 
pubblica successivoamente alla inefficacia della dichiarazione di p.u.: cfr. Cass. 
26 nov. ,1979, n. 6171, I -Foro It. Rep. 1979, voce Esipropr1azione ;per p.u., n. 64. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SQ QUESTIONI DI. GIURISDIZIONE 497 

Ci� precisato, il caso di tempestiva ultimazione dei lavori e di tardivo 
compimento della procedura �. stato preso in esame da una !1ecente sentenza 
di questa Suprema Corte (Oass. 26 novembre 1979, n. 6171), Ja quale 
ha enunciato il principio che l'inefficacia della dichiarazione di pubblica 
utHit� e la cessazione del potere espropriativo, per effetto della vana 
scadenza del termine fissato per il compimento dell'espropria2lione (art. 13 
della L. 25 giugno 1865, n. 2359), non trovano os,tacolo nella circostanza 
che l'opera pubblica, cui la dichiarazione medesima si riferisce, sia stata 
ugualmente e tempestivamente realizzata, sicch� anche tin questa i.potesi 
la scadenza di detto termine implica che la propriet� risorge nella sua 
pienezza di dirhto soggettivo e, come tale, � tute1abHe dinanzi al giudice 
ordinario con l'a2lione di risarcimento del danno per firneversiba.le perdita 
del bene, pur dopo l'eventuale tardiva pronuncia del decreto di espropriazione. 
(omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 maggio 1981, n. 2950 -Pres. Iannuzzi -
Rel. Sandulli -P.M. Siloochi '(conf.) -Ministero del Tesoco (V. Avv. 
Gen. Giorgio Azzariti) e, Giordano (avv. Cipollone). 

Giurisdizione civile -Pensione � Controversia sull'� an � e sul � quantum 
� � Giurisdizione della Corte dei Conti � Interessi compensativi 
e pretesa risarcitoria per fa svalutazione monetaria � Controversie � 
Giurisdizione ordinaria. 

. La giurisdizione della Corte dei Conti deve ritenersi circoscritta all'esame 
del contenuto dei _provvedimenti di concessione, di rifiuto o di 
riduzione della pensione, ossia ai provvedimenti attinenti al trattamento 
di quiescenza, lesivi del diritto dell'ex dipendente in ordine all'an e al 
quantum della pensione (1). 

Rientra nella giurisdizione ordinaria la controversia sulla pretesa creditoria 
degli interessi compensativi dovuti sulla somma corrisposta a 
titola di arretrati di pensioni, per il mancato godimento dell'importo 
tardivamente versato e quella risarcitoria tesa ad ottenere il ristoro del 
pregiudizio conseguente alla svalutazione monetaria nel frattempo intervenuta 
in quanto sia gli interessi, sia il danno trovano la loro ragione 
giustificatrice in un titolo distinto ed autonomo rispetto a quello relativo 
al rapporto pensionistico attenendo non al diritto di quiescenza, bens� al 
diritto di credito, originato dal mai:zcato godimento della somma integrante 
l'assegno vitalizio tardivamente versato e dal pregiudizio conse


(1-2) GiurisprucLenz� pooifica: dr. Oass. 29 genna:io 11971, n . .2!21; Cass. 12 maggio 
1976, n. 1656; Cass. 27 febbraio 1976, n. 630. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

498 

guente alla svalutazione monetaria intervenuta fra il momento in cui la 
prestazione pensionistica avrebbe dovuto essere adempiuta e quello dell'effettivo 
adempimento (2). 

(omissis) La ricorrente sostiene che, nella spede, sussista la giurisdizione 
della Corte dei Conti, in quanto J'art. 60 deH'oroinamento della 
Cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti focali, approvato con r.d.l. 
3 marzo 1938, n. 680, attribuirebbe, agli effetti dell'art. 62, secondo comma, 
del !!'.d. 12 luglio 1934, n. 1214, �alla Corte dei Conti la competenza giurisdiziionaile 
a conosoere delle controversie relative alle pensioni corrisposte 
dalJ.a Cassa ed in quanto il prooedimento previs�ro dagli artt. 442 e segg. 
c.rp.c., promosso innanzi al Pretore quale giudice del lavoro, presupporrebbe 
una controversia vertente in mate:riia di pensioni, giacch� altrimenti 
non si giustificherebbe la competenm per maiteria e valore del Pretore 
adito n� lo speciale prooedimento introdotto. 

La tesi � priva di fondamento. 

L'unico problema (residuale) sottoposto all'esame delle Sezioni Unite 
� se la cognizione della controversia avente ad oggetto il pagamento di 
interessi su somme al.1I'etrate tardivamente corrisposte a titolo di pensione 
ed il ristoro dei danni conseguenti �alla svalutazione monetaria 
spetti al giudice oridinanio o alla Corte dei Conti. 

In ovdine ad esso, pu� escludersi che, nella specie, si abbia materia 
per la giurisdizione della Corte dei Conti. 

L'Azienda Municipal!izzata gas ed acqua di Genova -dopo aver provveduto 
a seguito della ri1iquidazione della pensione �:in un ammontare 
superiore a quello in un primo momento attribuito, aJla corresponsione 
degli arretrati -ha omesso di conteggiare e versare gli !interessi compensativi 
su questi dovuti ed un imporito per la incidenza negativa della 
svalutazione monetaria. 

Fatta valere in giudizio innanzi al giudice ordinario la pretesa �reditoria 
degli interessi e quella risaircitorfa dei danni conseguenti alla 
svalutazione monetaria e proposta, nella fase incidentale di regolamento 
preventivo, questione di giurisdizione, J'unico problema da risolvere in 
questa sede � se le pretese azionate siano ricollegabili all'originario titolo 
del diritto alla pensione o trovino fondamento in un diverso, autonomo, 
titolo, :ravvisabile nel diritto di credito derivato dal mancato godimento 
delle somme tavdivamente cor:risposte e dall'ultel'iore pregiudizio cagionato 
dail tardivo adempimento, e se conseguentemente la controversia 
avente ad oggetto Ja corresponsione degli interess� e dei danni rientri 
nella giur�sdi:zlione della Corte dei Conti o in quella del giudice ordinario 
(esulando dal tema del decidere in sede di determinazione della giurisdizione 
ogni problema attinente alla competen~). 

111111111rrli!�xmmill~r1~1rr11111~rrr&iir;,r~1~i1rr!.fft~r11wi11rr1,1gir11;11ir1r!fr111r111t14lf.atllm&1~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

La linea di tendenza della giurisprudenza di queste Sezioni Unite, 
in tema di discriminazione fra Ja giurisdizione della Corte dei Conti e 
quella del giudice ordinanio, � nel senso che, agli effetti degli artt. 13 e 62 
del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (t.u. delle leggi sulla Corte dei Conti), l.a 
giurisdizione della Corte dei Conti debba ritenersi circoscritta all'esame 
del contenuto dei provvedimenti di concessione, di nifiuto o di riduzione 
della pensione, ossfa ai provvedimenti attinentii. al trattamento di quiescenza, 
lesivi del diritto dell'ex dipendente in ordine all'an ed al quantum 
della pensione, con '1a conseguenza che la giurisdizione esclusiva della 
Corte dei Conti possa avere ad oggetto soltanto le questioni relative agli 
elementi costitutivi del diritto alla pensione ed attinenti alla sussistenza, 
al contenuto ed all'estensione di detto diritto e, quindi, alle condizioni 
che determinano lo stesso in relazione all'ammontare ed alla durata dell'assegno 
pensionistico (cfr. Cass. 12 maggio 1976, n. 1656; sent. 27 febbraio 
1976, n. 630; sent. 29 gennaio 1971, n. 221; sent. 28 settembre 1969, 
Il.. 2995). 

Per modo che -pwr potendo i.1 giudizio della Corte dei Conti spingersi 
oltre ii.I momento di liquidazione del vitalizfo, essendo consentito 
di esprimersi su qualunque aHo di rifiuto o di riduzione che incida 
sull'an o sul quantum del diritto di pens!ione -deve ritenersi che le 
controversie che abbiano per oggetto non il diritto deH'ex dipendente in 
ordine all'an ed al quantum della pensione, ma il pagamento dell'anzidetto 
assegno e, quindi, le modalit� di esecuzione della obbligazione di 
corrispondere la pensione, �rientrino nella giurisdizione del giudice ordinario, 
vertendosi in materia di diritto di credito, naturalmente demandata 
aHa competenza giurisdizionale di detto giudice. 

Ed alla luce dei princ�pi sopra enunciati pu�, quindi, senz'altro affermarsi 
che quando non sia in �contestazione ~n diritto alla pensione in 
relazione ad un J?.rovvedimento che in tutto o in pairte lo disconosca, ma 
si controv:erta esclusivamente su pretese creditorie delil.'ex dipendente azionate 
nei confronti dell'ente obbligato alJa corresponsione della pensione, 
il quale non contesti il titolo pensionistico, non sussiste la giurisdizione 
della Corte dei Conti. 

Invero, la pretesa creditoria degli interessi compensativJ dovuti sulla 
somma corri.';posta a �titolo di arretrati di pensioni, per iJ. mancato godimento 
dell'importo tardivamente v:ersato e quella risarcitoria tesa ad 
ottenere il 1nistoro del pregiudizio conseguente alla svalutazione monetaria 
nel frattempo intervenuta, trovano Ja loro ragione giustificatrice dn 
un titolo distinto ed autonomo ll'ispetto a quello relativo al rapporto 
pensionistico, attenendo non al diritto di quiescenza, bens� al dinitto di 
credito, originato dal mancato godimento della so~ma integrante l'assegno 
vitalizio tardivamente versato e dal pregiudizio conseguente alla svalutazione 
moneta1:1ia intervenuta fra il momento in cui la prestazione 
pensionistica avrebbe dovuto essere 1adempita e quello dell'effettivo adem� 


500 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pimento, e quindi, afferendo ad un .rapporto autonomo e differenziato 
rispetto a quello di pensione. 

Deve, pertanto, escludersi che la contestazione oggetto di esame 
integri una controversia in materia pensionistica devoluta alla giurisdizione 
esclusiva della COrte dei Conti. (omissis) 

I. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 maggio 1981, n. 2957 -Pres. Novelli -
Rel. Sandulli -P. M. Cossuto (avv. Di Gravio) c. Mrinistero IndustrJa 
(Avv. Stato Bruno). 

Giurisdizione civile -Consiglio di Stato -Difetto di Giurisdizione -Limiti 
-Commercio -Commercio al minuto -Rivendita di giornali e 
riviste -Disciplina della legge 11 giugno 1971, n. 426 -Applicabilit�. 

Commercio -Commercio al minuto -Disciplina della legge 11 giugno 1971, 

n. 426 -Contrasto con gli artt. 21 e 41 Cost. -Manifesta infondatezza. 
Giurisdizione civile -Commercio al minuto -Rivendita di riviste e giornali 
-Provvedimenti sanzionatori -Impugnativa -Competenza esclusiva 
del giudice amministrativo. 

Il sindacato attribuito alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulle 
decisioni del Consiglio di Stato � circoscritto all'osservanza dei soli limiti 
esterni della giurisdizione e pu� riguardare, pertanto, i soli vizi che 
attengono all'essenza della funzione giurisdizionale con esclusione dei 
vizi derivanti da errores in giudicando, concernenti il modo di esercizio 
della funzione stessa (1). 

Ai sensi della legge 11 giugno 1971, n. 426, art. 1, secondo comma, n. 2, 
nella nozione di esercente l'attivit� di commercio al minuto in punti fissi 
di vendita rientra chiunque professionalmente acquista merci a nome e 
per conto proprio e le rivende direttamente al consumatore finale, comprendendovi 
non solo l'ipotesi nella quale, mediante contratti di compravendita, 
si acquista la propriet� di beni per trasferirli ad altri ma anche 
la diversa ipotesi nella quale, attraverso contratti estimatori, si consegue 

(1-5) Sulla rrima massima la giurisprudenza � pacifica: cfr. Cass. 26 novembre 
1979, n. 6173; Cass. 19 novembre 1979, n. 6016. SulL� seconda e quinta 
massima non risultano precedenti, pur rilevandosi che la Suprema Corte, in 
sede civile, si pone in contrasto con la pronuncia emessa nella stessa materia 
in sede penale: v. Cass., Sez. VI, 28 luglio 1976, n. 8410; la quinta massima 
statuisce una competenza esclusiva del giudice amministrativo sia per la 
lesione degli interessi legittimi che per le lesioni dei diritti soggettivi, enucleando 
cos� un principio che, nella 'materia in esame, appare esatto. 


PARTH I, SEZ. nr; GIURIS. su QUESTIONI DI GI'CJRISDIZIONE 

il potere di disporre dei beni per trasferirli ad altri nell'esercizio della 
funzione terziaria propria delle� operazioni commerciali, con la conseguenza 
che i venditori di giorn�li e riviste, potendo disporre delle cose 
ad essi consegnate e destinate ad essere trasferite a terzi, devono considerarsi 
agli effetti della legge n. 426 del 1971, sullo stesso piano dei commercianti 
al minuto e quindi sottoposti, nella loro attivit�, alla autorizzazione 
del sindaco, nonostante che, per rifornirsi della merce venduta, 
stipulino con gli editori contratti estimatori (2). 

E manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 21 e 41 della 
Cast., la norma degli artt. 1 e 5 della legge n. 426 del 1971 laddove subordina 
l'apertura dell'esercizio di vendita di giornali e riviste all'autorizzazione 
del sindaco (3). 

La norma dell'art. 32 della legge n. 426, nell'attribuire al giudice amministrativo 
la cognizione dei � ricorsi � contro i provvedimenti del sindaco, 
comprende in tale formula tutti i provvedimenti riservati in subiecta 
materia al sindaco, e cio� anche quelli sanzionatori, statuendo in tal modo 
un� competenza esclusiva concernente anche le questioni su diritti soggettivi 
(4). 

II. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 aprile 1981, n. 2382 -Pres. La Farina -
Rel. Oaturani -P. M. Cantagalli -Certola (avv. Di Gravio) c. Ministero 
Industria (Avv. Stato Gargiulo). 

Commercio � Commercio al minuto � Rivendita di riviste e giornali Obblig9 
dell'iscrizione ai sensi dell'art. 2 della legge 11 giugno 1971, 

n. 426. 
Ai sensi dell'art. 2 della legge 11 giugno 1971, n. 426, � sottoposta 
all'obbligo dell'iscrizione (e della autorizzazione comunale) l'attivit� di 
commercio sia all'ingrosso che al minuto, nelle varie forme di uso, nella 
quale rientra anche la rivendita di giornali e riviste periodiche che si 
inquadra in un'azione di intermediazione nello scambio di beni, tipica 
dell'attivit� dell'imprenditore, senza che possano avere rilevanza i rapporti 
interni tra editore e giornalaio concretati nel contratto estimatorio 
(5). 

I. 
(omissis) Secondo la tesi dei resistenti, le censure rivolte alJ.a decisione 
del Consiglio di Stato, denunciando l'erronea interpretazione di 
statuizioni legislative, non sarebbero riconduoibi.li ~d alcuna delle ipotesi 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

502 

Idi difetto 'di giurisdizione previste dalla legge, con la implicazione che (.: 
-essendo ammesso, per l'art. 111, terzo comma, Cost., il ricorso per ili 
cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato soltanto per motivi ~ 
inerenti alla giurisdizione -il ricorso, proposto ex art. 362, primo comma, 

c.p.c. per motivi non attinenti alla giul'isdizione del giudice ammJnis1Jrativo, 
sarebbe inammissibile. 
Secondo la ricorrente, il Consiglio di Stato avrebbe erroneamente. 
interpretato gli artt. 1 e 29 (rectius: 24) della legge 11 giugno 1971, n. 426, 

I

sulla disciplina del commercio, assegnando un ambito lato alila locuzione 
contenuta nel n. 2 del secondo comma dell'art. 1, secondo cui, agli effetti 
di detta legge, esercita l'attiviit� di commercio al minuto in sede fissa 
� chiunque professionalmente acquista merci a nome e per conto p1roprio 
e le rivende direttamente ,al consumatore� finale�, s� da l'icomprendere 
nell'attivit� commerciale al minuto anche l'attivit� di vendita di giornali 
e riviste, nonostante che questa non sia preceduta -come richiesto ex 
lege -dall'acquisto del (diritto sul) la merce da parte del riivenditore, 
rifornendosi l'edicolante-giornalaio mediante ~la stipula di) contratti estimatori; 
ed avrebbe �assoggettato -attraverso tale non corretta !�nterpretazione 
e la conseguente sussunzione dell'esercizio di vendita dei giornali 
sotto il regime gim1idico p!'eordin:ato ailla disciplina dell'attivit� di 
commercio al minuto -J'attlvit� di vendita di giornali e riviste all'obbligo 
deHa preventiva autorizzazione amministrativa, prevista dall'art. 24 ddla 
legge n. 426 del 1971 per l'apertura di esercizi di commernio al minuto, 
pronunciando in materia di diritti soggettivi, sottratti alla giurisdizione 
amministrativa. 

� noto che, per il coordinato disposto degili artt. 48 del r.d. 26 giugno 
1924, n. 1054 (t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato), 360, n. 1, 362, 
primo comma, c,p.c. e 111, terzo comma, Cost., iJ sindacato attriibuito alle 
Sezioni Unite de!Ja Corte di Cassazione suHe decisioni giurisdizionali del 
Consiglio di Sta�to � circoscritto all'osservanza dei soli limiti esterni 
della giurisdizione e pu� riguardare, pertanto, i so1i vizi che attengono 
all'essenza della funzione giurisdizionale (quali l'eccesso di potere giurisdizionale 
per inv�asione dell'area riservata alla discrezionalit� della pubblica 
amminist'fazione, quando si .affermi la giurisdizione del giudice 
amministrativo in campi privi di tutela giurisdizionale: ad es., attinenti 
a semplici interessi di fotto; l'invasione della sfera di giurisdizione attribuita 
,aJ giudice ordinario o ad altro giudice speciale; l'esplicazione di un 
sindacato di merito, allorch� Ja potestas judicandi sia limitata all'indagine 
sulla legittimit� dell'atto amministrativo; la declinatoria di gitwisdizione, 
sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto, in 
modo assoluto, di funzione giurisdizionale o non entri nella giuriswzione 
del Consiglio di Stato), con esclusione dei vizi derivanti da errores in 
judicando, concernenti iil modo di esercizio della funzione stessa (quali 
quelli che attengono all'interpretazione di norme di divitto o di atti 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

amministrativi, ana valutazione di situazioni di <illegittimit�, alla sufficienza 
ed alla logicit� della motivazione della decisione) (cfr. Cass. 21 novembre 
1977, n. 5061; Cass. 2 febbraio 1976, n. 327). 

Per modo che, se con 1a censuria promossa d.aJla ricorrente si fosse 
inteso denunciare ex se l'erronea interpretazione delle disposizioni legislative 
contenute negli artt. 1 e 24 della legge n. 426 del 1971, indubbiamente 
nel caso di specie ricorverebbe un'ipotesi di inammissibilit� del 
ricorso, in quanto ex art. 326, primo comma, c.p.c. si farebbe valere un 
errar in judicando, vale a dire un vizio attinente a.rl contenuto della decisione, 
e non un vizio afferente all'osservanza dei limi<ti esterni della 
giurisdizione, al cui esclusivo controllo � limitato il sindacato esercitabile 
dalle Sezioni Unite delila Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio 
di Stato (c:fr. Cass. 26 novembre 1979, n. 6173; Cass. 19 novembre 1979, 

n. 6016). 
Invero, l'erronea interpretazione di norme di legge da parte del Consiglio 
di Stato non consente il ricorso per cassazione a norma dell'art. 362 
c.p.c., non dando luogo a vizi della decisione denunciabili per motivi 
attinenti alla giurisdizione (cfr. Cass. 2 novembre 1979, n. 5687). 

Peraltro -poich� con fa complessa doglianza delineata la ricorrente 
�tende al riconoscimento che il ConsigJfo di Stato, ricomprendendo, 
attraverso l'erronea lata interp.retazione dei11a espressione contenuta nel 

n. 2 del secondo comma de11'art. 1 della legge n. 426 del 1971, m rela2lione 
alla disposi2lione dettata nel primo comma del successivo art. 24, neill'ambito 
dell'attivit� di commercio al minuto l'attivit� di vendita di giornali 
e riviste ed assoggettando conseguentemente l'esercizio di tale attiwt� 
alla prieventiva autorizzazione amministrativa, abbia esercitato funzioni 
eccedenti il proprio potere giucisdi2lionaJe ed abbia pronunciarto in materia 
di diritti soggettivi, non occorrendo per"l'�apettUJra del libero esercizio 
dell'attivit� di vendita di giomaili e riviste periodiche alcun provvedimento 
autorizzativo -non pu� negars�i che 1a questione propos~, 
concernendo la configurabilit� o meno di una situazione giuridica soggettiva 
suscettibile di tutela giurisdizionale innanzi aJ. Consiglio di Stato, 
coinvolga un problema di giurisdizione, �attinente ai limiti esterni delle 
attribuzioni di detto giudice, e sia pertanto deducibile con ricorso a11e 
Sezioni Unite della Corte di Cassazione, a norma dell'art. 362 c.p.c. 
(omissis) Come si � visto, ai fini della risoluzione della PTima eccezione 
d'inammissibilit�, con l'unico motivo, Ia ricorrente, -denunciarto 
� l'eccesso rispetto ai limiti del sindacato giuriisdizionale �, nonch� l'omessa 
e perplessa motivazione della decisione -.sostiene che il Consiglio di 
Stato abbia pronunciato su una questione che, attenendo a diriittii soggettivi 
(e non ad interessi legittimi), non rientrerebbe nella sua giu!r'i� 
sdizione. 


504. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
.Secondo la tesi della ricorrente, il Consiglrio di Stato sarebbe pervenuto 
alla denunciata decisione attrav.erso l'erronea interpretaz�ione dell'
�art. l, secondo comma, n. 2, della legge 11 giugno 1971, n. 426 (sulla 
disciplina del commercio), che se inteso in modo da ricomprendere 
nell'ambito dell'attivit� di commeroio al minuto in sede fissa anche 
l'1aittivit� di vendita di giornali �e riviste, sarebbe affetto da illegittimit� 
costituzionale per contrasto con gli artt. 21, 41 e 9 deHa Costituzione. 

Secondo tale costruzione, i v�enditori di giornali e Tiviste periodiche 
-stipulando con gli editol'i contratti estimatori e non di compravendita 
-non potrebbero essere ricompresi neH'ambdto di coloro che, ai 
sensi ed agli effetti della legge n. 426 del 1971, vengono consdderati esercenti 
�attivit� di commercio al minuto�, e cio� di coforo cl;le � professionalmente 
acquistano merci a nome e per conto proprio e le rivendono 
in sede fissa (o mediante altre forme di distribuzione) direttamente al 
consumatore f�na:le � e non potrebbero, quindi, ritenersi assoggettati ex 
art. 29 (rectius: 24, primo comma) della citata legge n. 426 1alla ptreventiva 
autorizzazione amministrativa del sindaco. 

Dal che la implicazione che -dovendo considerarsi pienamente libera 
l'apertura (e la gestione) di esercizi di vendita di giornali e riviste (p�er� 
non essere la stessa soggetta a provvedimenti autorizzativd o concessivi) i 
provvedimenti amministrativi 1incidenti suMa gestione dell'attivit� di 
vendita di giornali e riviste verrebbero �ad operare su situazioni giuridiche 
soggettive configurabil:i come diritti soggettivJ ed �attribuite, quindi, 
alfa cognizione del giudice ordina.l'io. 

L'unico motivo di l'ioorso, in cui � articolata Ja complessa riiassunta. 

censura, � privo di fondamento. 

Va, innanzi tutto, vilevato che, qualora, ai fini della determinazione 

della giurisdizione, si controverta sulla portata e la iinterpretazione di 

una norma di legge, la Corte Suprema -dovendo procedere alita rivalu


tazione dei presupposti di diritto (e di fatto) in base ai quali la giurisdi


zione va stabilita -pu� procedere, avvaierrdosi dei poteri attribuitile 

dalla legge, attraverso la verifica della interpretazione della statuizione 

legislativa, alla individuazione e qualificazione degli elementi giuridici 

atti a determinare la giurisdizione secondo il normale criterio di iriparto, 

da essa emergenti. 

\T.a, poi, osservato -nel condurre Ja verifica dell'interpretazione ope


rata dal Consiglio di Stato, iin ordine aJla portata del contenuto de11a 

disposizione legislativa, dettata nel n. 2 del secondo comma dell'art. 1 

della legge 11 giugno 1971, n. 426, la quale qualifica (aglri �effetti di detta 

legge) come �esercente l'attivit� di commercio al minuto in punti fissi 

di vendita � chiunque professionalmente acquista merci 1a nome e per 

conto proprio e le rivende direttamente al consumatore finaile � -come 

il Consiglio di Stato, tenute presenti le finalit� dehla citata legge, dirette 

alla salvaguardia dell'interesse pubblico ed alla composizione dei coesi



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI Dl�GIURISDIZIONE 

stenti interessi collegati a11a funzione economico-sociaile delle attivit� 
commerciali, abbia correttamente ;interpvetato fa norma nel senso che 
con la suddetta definizione il legislatore abbia inteso riferirsi non soltanto 
a chi, mediante contratti di compravendita, acquista, in ,senso tecnicogiu:
riidico la propriet� di beni per trasferirli ad altri, ma anche a chi, 
attraverso la stipulazione di contratti estimatori, consegue il potere di 
disporre dei beni per tmsreridi ad aJ1lr�i, assolvendo cos� rulla funzione 
terziaria propria delle operazioni commerciali. 

In vero, nel contmtto estimatorio (che, secondo Ja prevalente dottrina, 
d� origine ad un ;rapporto complesso, costituente un misto di deposirto, 
autorizzarione e vendita, in cui il .ricevente assume l'obbligo di pagare 
il p;rezzo della cosa mobile stimata consegnatagli per la vendita -libro, 
giornale, ecc. -salvo che non voglia restituire Ja cosa ricevuta e rimasta 
incorrupta in sua mano) l'accipiens, pur non acquistando fa propriet� 
della cosa, pu� disporre della stessa, tTasfer.endola a terzii, mentre .U 
tradens, pur continuando ad essere titolare del diritto sulla cosa affidata 
per la vendita, non pu� disporne fino a che la stessa non gli sia Testituita. 

Per modo che -pur passando la propriet� del giornale o della 
rivista dall'editore al terzo acquirente !�n forza dell'autorizzazione a ven� 
dere concessa 1all'edicolante-giornaJaio, in quanto l'effetto tiraslativo, pur 
trovando la sua giustificazione nell'autorizzazione iniziale, si attua soltanto 
nel momento dell'acquisto che il terzo fa dall'accipiens -deve 
ritenersi che i venditori di giornali e riviste, potendo disporre deHe cose 
ad essi consegnate e destinate ad essere trasferite a terzi, debbano considerarsi 
ag1i effetti della legge n. 426 del 1971 sullo stesso piano dei commercianti 
al minuto che abbiano acquistato 1e merci da rivendere e, 
quindi, assoggettati come questi alla disciplina del commercio dettata 
dalla citata legge, nonostante che per rifornirsi delle merci vendute 
stipulino con gli editori cont11atti estimatori e non contratti di compravendita. 


N� tale interpretazione pu� far considerare non manifestamente infondati 
i profili di illegittimit� costituzionale degli artt. 1 e 45 delila 
legge n. 426 del 1971, nelle parti in cui non escludono dalla loro sfera 
di applicazione i venditori di giornali e rivisre, riproposti dalla ricorrente 
in sede di Jegittiimit� per conwasto con gli artt. 21, 41 e 9 de11a 
Costituzione. 

In ordine all'mt. 21 Cost., v�a rilevato che la subordinazione dell'apertura 
dell'eserci21io di vendita di giornali e riviste �alla conoess1ione dell'autorizzazione 
amministrativa da parte del Sindaco nel cui territorio 
ha sede l'esevcizio non incide in alcun modo sulla libert� di espressione 
del pensiero, garantita, con divieto di assoggettamento deHa stampa ad 
autorizzazioni o censure, daUa suddetta norma costituzionale, la quale 
attiene alla manifestazione del pensiero dell'uomo con la parola, lo saritrto 
ed ogni altro mezzo. 


506 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per modo che -dovendo il divieto di autoriz:l'lazione imposto daJJ.a 
disposizione costituzionale rife11irsi esclusivamente alJ.a manifestazione del 
pensiero attraverso la stampa e rientrando l'autoriz:l'lazione alla gestione 
di un esercizio di vendita di giornali e Tiviste nel quadrn del1a disciplina 
delle attivit� commerciati -deve ritenersi che la autorizzazione del 
Sindaco, prevista dall'art. 24, primo comma, de11a legge n. 426 del 1971 
per l'apertura di un'edicola di giornali, non investa il contenuto delle 
libere espressioni di pensiero manifestate att:iraverso la stampa e non 
operi, nell'ambito deHe pubbldcazioni, alcuna coercizione o limitazione 
del1a libert� di stampa. 

D'altro canto, va rilevato come i limiti conseguenti alla conclusione 
del procedimento di decisione sulla domanda di autmizzazione all'iapertura 
di un esercizio di vendita di giornali e riviste non potrebbero in 
alcun modo essere ta1i da causaTe un ostacolo 'apprezzabHe ailla diffusione 
ed a1Ia distribuzione capillare �dei mezzi di manifesta:l'Jione del 
pensiero costituenti la stampa, [ntervenendo de ,autorizza:l'lioni dei punti 
di vendita in base ,aina visione programmatica del pi,ano commerciale 
comunale, �teso ad asskwrare un oppovtuno equilibrio commerciale nell'ambito 
de1Ia zona considerata. 

La prospettata illegittimit� costituzionale non sussiste neppure sotto 
il rprofilo dell'art. 44 Cost., il quale, nell'affermare il principio della Jibert� 
dell'iniziativa economica pvivata, in cui rientra la libert� di commercio, 
stiabilisce che essa non pu� svolgersi in contrasto con l'utiliit� sociale o 
in modo da recare danno alla skurez:l'la, alla libert�, a1la dignit� umana 
ed affida al degislatore il compito di determinare i programmi e i controlli 
opportuni perch� l'attivit� economica pubblica e privata possa essere 
indirizzata e coOl'dinata a[ fini sociali. 

In vero, la disciplina dettata con le disposizioni degli artt. l, 45 e 24 
segg. della legge n. 426 del 1971 -rientrando pienamente nei limiti anzidetti 
-non cont:irasta con interessi pubblici e rfinaHt� sociali e non pregiudica 
in alcun modo la sicurezza, 1a libert� e la dignit� umana. 

Neppure, per le considerazioni innall:l'Ji esposte, pu� ritenersi che le 
citate norme della legge n. 426 vfolino l'art. 9 Cost., in quanto la disciplina 
della vendita de1ila stampa periodica dettata da detta legge non 
comprime in alcun modo il conseguimento delle finalit� di promozione 
dello sviluppo della cultura e della ,ricerca scientifica e tecnica. 

Tutti i profili di Hlegittimit� costituzionale dclineati dalla ricorrente 

sono, quindi, da ritenere manifestamente infondati. 

Stabilita l'assoggettabiilit� dell'esercizio di vendita di giornali e riviste 

aHa disciplina generale dettata dalla legge n. 426 del 1971 e, quindi, al 

regime gimidico dalla stessa ordinato, che comporta ex art. 24 per J'aper


tura di esso la necessit� della concessione della prevenrtiva autorizzazione 

amministrativa da parte del Sindaco del comune nel cui territorfo ha 

sede l'esercizio, dovrebbe procedersi -ove, ai fini della determinazione 


PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

della giurisdizione, si dovesse fare 1aipplioazione del normale criterio di 
discriminazione delle gimisdizioni -a:lila qualificazione della situazione 
giuridica soggettiva attribuita al privato prima della concessione delJ.'autorizzazione 
amministrativa, controveritendosi, nel caso di specie, intorno 
alla legittimit� del provvedimento di chiusura di un esercizio di vendita 
di giornali e riviste, disposto ex art. 39, terzo comma, per essere lo stesso 
stato aperto senza la preventiva autorizzazione del sindaco. 

Pertanto, in tale contesto litigioso, ove dovesse farsi applioatlone 
del normale criterio di riparto delle giurisdizioni, si dovrebbe scrutinaire 
se, di fronte al potere del Sindaco di concedere l'autorizzatlone all'apertura 
dell'esercizio di vendita di giornali e riv1iste sussista, in epoca anteriore 
all'intervento del provvedimento 1autooizzatorio, una situaziione giuridica 
soggettiva qualificabile come iil!teresse legittimo o come diritto 
soggettivo; e ci� al fine di stabilire se il provvedimento sanzionatorio 
di chiusura dell'esercizio aperto senza fa preventiva autorizzazione verrebbe 
ad incidere (o meno) su un diritto soggettivo. 

Una siffatta indagine si presenterebbe, per�, 1in termini di particolare 
delioatezza, in quanto -pur essendo la disciplina dettata dalJ.a 
legge n. 426 del 1971 contrassegnata (come pu� rilevarsi in base ai princ�pi 
ispiratori ed informatori che traspaiono dai lavori preparatori) dalla 
tendenza ad antioipaTe le scelte amministrative al momento della pianificazione 
e programmazione della rete distributiva dei punti di vendita 
e ad accentuare 1a vinco1aitivi!t� dehl'azfone amministrativa nel momento 
di attuazione del piano, cio� del governo in concreto dei singoli rapporti 
autorizzativi, s� che, in mancanza di poteri di scelta (discTezionalit�), 
sia sufficiente, per findividu�izione del diritto soggettivo nella fattispecie 
sostanziale, un giudizio di accertamento (sul rapporto), attTaverso lo 
schema (di fondo) nonna-fatto (invero, nel terzo comma dell'art. 24 si 
dispone che �l'autorizzazione � negata solo quando il nuovo esercizio 
risulti in contrasto con le disposizioni del piano e della fogge�) -non 
pu� sottacersi come un'autorevole dottrina abbia sostenuto che -anche 
se non sia facile ravvisa:re nella struttura di diTitto sostanziale della 
fattispecie dell'autorizzazione amministrativa spazi per un potere di scelta 
del Sindaco -non possa apl'ioristicamente escludersi ogni margine di 
discrezionalit�, in quanto questa potrebbe ricorrere almeno [n ordine 
all'apprezzamento da compieve in sede di pTeferenza fra pi� domande 
corrispondenti, quando sii tratti di valutare se taluna di quesrte assicuri 
la migliore soluzione dal punto di vista urbanistico (aTt. 30, p1rimo comma, 
della legge n. 426). 

Per modo che -pur rilevando che per lo pi� iii. compito del Sindaco 

� tendenzialmente limitato alla constatazione della Ticorrenza in fatto 

dei requisiti, positiva. e negativi, prederterminati da norme, con valutazioni 

non discrezionali, comportanti posizioni di diritto soggettivo per gli aspi


ranti e, conseguentemente, competenm giudiziaria in ordine ailile lag;nan



secondo i principi generali, di tutte le questioni, anche relative a diritti 
soggettivi (escluse queUe attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali) -
secondo i principi generali, di tutte le questioni, anche relative a diritti 
soggettivi (escluse queUe attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali) -
S-08 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ze -non potrebbe escludersi 1in viia asso~uta che in taluni oasi possa 
sussistere il poteire dell'autorit� di provvedere alfassetto delle si:tuazioni 
soggettive, s� che in tali .ipotesi, fasevendos,i neHa fattispecie sostanziale 
Uii potere autoritativo, verrebbe a realizzarsi (attraverso lo schema normapotere-
fatto) la sequenza fattispecie sostanziale potere autoritativo-interesse 
legittimo-giudizio di annullamento, con la conseguente devoluzione delle 
doglianze alla cognizione del giudice amministrativo. 

Peraltro, da tale indagine delimitaHva pu� prescindersi, in quanto 
nel sistema delineato dalla legge n. 426 del 1971 il regime del contro1lo 
degli atti 1emessi dalla pubblica :amministrazione nella materia relativa 
alla licenza, oggi � autoriz2ia2iione �, di commercio non � ispirato al nor~ 
male criterio di riparto delle giurisdizioni, ma � cariatterizzato dall'attribuzione 
ex lege in via generale ed indiscriminata della relativa giurisdizione 
al giudice amministraHvo. 

In vero, in tal senso deve intendersi -come hanno gi� ritenuto 
queste Sezioni Unite della Corte Suprema, con la dedsione 5 ottobre 1979, 

n. 5145 -il disposto dell"art. 32, che sotto la rubrica �1ricorsi � attribuisce 
al giudice ~mministrativo la cognizione dei ricorsi �contro i provvedimenti 
del sindaco >>, ricomprendendo in tale formula tutti i provvedimenti che la 
legge stessa attribuisce in subiecta materia alla competenza del sinda�'o. 
Per modo che trattasi di una competenza esclusiva del giudice amministrativo, 
per la cui attmibuzione non occorre necessariamente l'uso di 
formule sacramentali, essendo sufficiente a tal fine che, come nel caso 
d_i speoie, la legge dimostri chiaramente la volont� di assegnare la giurisdizione 
in via esclusiva. 

E -poich� la formula usata nell'art. 32 � estremamente ampia deve 
ritenersii ohe nella competenza giurisdizionale del giudice amministrativo 
rientri la cognizione dei giudizi promossi in ordine a tutti i 
pmvvedimenti emessi dal sindaco nell'esercizio dei poteri att11ibuitig1i 
dalla legge e cio� -oltre che riguardo ai provvedimenti costitutivi ed 
a quelli modificativi o di 1r.itiro, incidenti sul rapporto sos1tanziale d.i 
esercizio del commercio al minuto (compreso quello di diniego di provvedere 
alla sostituzione, dn via transitoria, del vecchio con hl nuovo titolo 
autorizzativo) -anche relativamente ai provvedimenti sanzfonatori, la 
cui natura repressiva -volta a consentire, attraverso l'imposizione e 
l'irrogazione di san:llioni nei oasi di inosservanza delle norme stabiJite 
dalla legge n. 426 del 1971, la Tego1are attuazione della disciplina dettata 
da detta legge e fa compiuta riea1izzazione del iregime giuridico dalla 
stessa predisposto -spiega la collocazione delle statuizioni che li prevedono, 
ratione materiae, nel capo IV, relativo �alle disposizioni finali, e 
quindi, successivamente alla norma sulla giurisddzione. 

Pertanto -trattandosi di una giurisdi2fone esclusiva, comprensiva, 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI' DI GIURISDIZIONE 

ne deriva che della_ questione riguardante la confonnit� a legge del provvedimento 
sanzionatorio di chiusura di un esercizio di vendita di giomail.i 
e riviste, aperto senza 1a preventiva autorizzaz;ione ,amministrativa del 
sindaco, non possa non conoscere, in ogni caso, il giudice amministrativo, 
sia che la non conformit� a legge si atteggi come i11ioeit� per difetto 
nella pubblica amminis1Jl1a:z;ione del potere esercitato in pregiudizio del 
diritto soggettivo nascente dalla Jegi1ltima:z!ione ad esercitare i1iberamente 
{senza bisogno della pveventiva autorizzazione del sindaco) l'attivit� di 
vendita di giornali 'e 'riviste, sia che 11a stessa debba qualificarsi come 
mera illegittimit� per oattivo esercizio del potel'e. (omissis) 

IL 

(omissis) Con il primo motivo del ricorso, assumendos,i violazione e 
falsa applicazione del1a legge 11 giugno 1971, n. 426, in ,relazione all'art. 360, 

n. 3 e 5 c.p.c., si sostiene che se la norma prevede >l'acquisto di merci a 
nome e per conto proprio, tale non sarebbe l'acquisto del :rivenditore 
di giornali che stipula un contratto estimatorio, oaratterizzato daJ fatto 
che l'accipiens non acquista la propriet� del bene consegnatogli, ma solo 
la disponibilit� per cederlo a terzi, onde avrebbe errato il Pretore per 
aver ritenuto che la rkorrente fosse soggetta all'obbligo dell'iscrizione 
nel registro e della Hcenza di commercio. 
La censura non � fondata. 

La fogge 11 giugno 1971, n. 426, contenente lla disciplina del commer


cio, ha sottoposto all'obbligo de1fisorizione previsto dail.l'-art. 2 e della 

soggezione all'autorizzazione comunale prevista dall'art. 24, l'attivit� di 

commercio sia all'ingrosso che al minuto, nelle varie forme in uso. 

Agli effetti della suddetta legge, svolge attivit� di commercio ail mi


nuto chiunque professfonalmente acquista merci o. nome e per conto 

proprio -e le rivende in sede fissa o mediante altre forme di distribu


ZJione, d~rettamente_ al consumatore finale (al't. l, secondo comma, n. 2). 

Nel presente giudizio tr.at1lasi di stabiHre se la tesi sostenuta dall'im


pugnata sentenza, secondo cui -anche i rivenditori di giornali e iriviste 

periodiche, quali commercianti al minuto, sono soggetti alle prescrizioni 

ammi'[)Jistrart:ive accennate, sia conforme al diritto. 

lil Collegio ne condivide le conolusioni in base ai seguenti rhlievi. 

L'argomento principale su cui fla leva la difesa del1a 1ric011rente per 

sostenere la tesi opposta, punta sul fatto che la 1egge 1971, n. 426, nel 

.definire 
l'attivit� di commercio al minuto fu riferimento all'acquisto di 
merci a nome e per conto proprio ed alla successiva rivendita, di modo 
che '1a rivendita dei giornali e delle riviste periodiche sfuggirebbe a tale 
definizione in quanto i1l giornalaio non conclude contratti di compravendita 
-con gli editori, ma consegue la disponibilit� del1a merce uti1izzando 
lo schema del contratto estimatorio (art. 1556 e.e.), attiraverso-cui una 


510 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

parte consegna una o pi� cose mobili all'altra e questa si obbliga a pagarne 
il prezzo, salvo che !I"es1lituisca le cose nel termine stabilito. 

Poich� non � dubbio che l'attivit� economica svolta dal giornrulaio 
si inquadra in una azione di intermediazione nello scambio di beni, tipica 
delJ'attivit� dell'imprenditore (art.� 2082, 2195, n. 2, e.e.), non esplicano 
alcun rilievo nel senso preteso dal ricorrente le modalit� concrete attraverso 
cui -nei rapporti inte!I"Ili tra editooe e giornaJ.aio -quest'ultimo 
consegue il potere di disposizione (in proprio) sulla merce che trasferisce 
a tentl verso corrispettivo. 

L'obbligazione fondamentale che l'accipiens contrae con il contratto 
estimatorio consiste nell'obb1igo di pagare il prezzo che si pone in posizione 
sina11agmatioa con la consegna della merce da parte del tradens, 
mentre, ai fini che si considerano, � del tutto irrilevante che quest'ulrtimo 
conservi comunque il diritto di propriet� sulle cose consegnate, giacch� 
questo serve a gius1lificare soltanto la restituzione delle cose che l'accipiens 
ha facolt� di eseguire nel termine stabi1ito nel caso che esse II"imangano 
invendute. 

Ci� che il'ileva invece � che, in caso di rivendita, il giornalaio fa 
propria la differenza fra <il prezzo medesimo e J.a maggior somma eventualmente 
ricevuta. 

N� pu� dirsi che in tal modo verrebbe meno il requisito economico 
che caratterizza sempre l'attivit� delil'imprenditore (art. 2082 e.e.), perch� 
la circostanza accennata, secondo cui il giornalaio non � tenuto a pagare 
iii prezzo dei giornali se non quando ~i abbia �rivenduti a terzi, potendo 
invece in caso contrario �restituirli all'editore, attiene soltanto �al rapporto 
interno con quest'ultimo ed � previsto dalla fogge per agevo1aire l'attivit� 
economica di chi in genere d<ispone�di piccoli capitali per poterJ.a svolgere. 

Questo, tuttavia, non esclude che il requisito del rischio dcorra pur 
sempre nelJa specie ed esso si risolve nella esistenza stessa di un profitto 
che dai! complesso/della sua attivit� economica il giorna1aio riesca a 
realizzare come differenza tra spese di gestione ed entrate conseguite. 

N� pu� sostenersi, secondo J;� tesi seguita da questa Cocte in sede 
penale (sent. sez. VI 28 luglio 1976, n. 8410), che le prescrizioni della 
legge in esame non sarebbero applicabili ai giornali e riviste di carattere 
periodico, i quali hanno contenuto prevalentemente informativo della 
opinione pubblica, onde in materia sarebbe sufficiente l'autorizzazione 
rilasciata dalla commissione paritetica tra editori e rivenditori. Basti 
consideraTe al riguardo che il giornaJ.e e la <rivista periodica, pur avendo 
la funzione posta in foce nel precedente accennato, non perdono tuttavia 
1a loro natoca di beni s.scettibili di scambio in senso economico, iidonei 
quindi a costituire � roerci � oggetto di contratta,.,ione nel senso previsto 
dall'ruct. :J della legge ,J971, n. 426. 

D'aJ.tra parte, l'attivit�.. di rivendita dei giorna1i non rientra in alcuna 

delle ipotesi previste dall'art. 45 della legge, le quali sono sottratte in 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIU)USDIZIONE 

modo specifico �aJla sua applicazione, n� � compresa nel caso in cui, ai 
sensi dell'art. 47, n. 7, l'esercizio dell'atrtivit� commerciale � diso1plinata 
da Jeggi speciali. 

Ne consegue che l'a.tfermazione contenuta nell'impugnata sentenza, 
secondo cui l'attivit� di diffosione delle pubblicazioni periodiche � soggetta 
alle prescrizioni della legge 1971, n. 426, essendo compresa nell'attivit� 
di commercio al minuto, non merita alcuna censura. 

Il primo motivo del ricorso deve essere, pertanto, .respinto. 

Con il secondo motivo si sostiene la hllegittimit� costituzionaJe deg1i 
artt. 1 e 45 della legge 11 giugno 1971, n. 426, in riferimento agli artt. 21, 
41 �e 9 Cost., in quanto si assume che il sottoporre la vendita dei giornali 
ad una preventiva autorizzazione potrebbe provocare, specie nei piccoli 
centri, inammissibili restrizioni alla possibi1it� di accedere alla conoscenza 
del pensiero liberamente manifestato. 

N� si renderebbe necessario il controfilo previsto dall'art. 41 Cost., 
non potendo verificarsi in matenia finalit� di carattere non sociale. 
In ogni caso, si afferma che tale controllo costitukebbe un ostacolo 
allo sviluppo defila cultura e della ricerca. 

La censura � priva di fondamento. 

Giova premettere che la deducibilit� e rtllevabilit�, �anche d'ufficio, 
in ogni srtato e grado del giudizio, delle questioni di legittimit� costituzionale 
comporta che la riproposizione delle medesime in sede di legittimit� 
non si traduce in un'impugnazione della pronuncia di manifesta 
infondatezza resa dal giudice del merito, n�, quindi, impqne un lt1�esame 
critico delle argomentazioni svolte da quel giudice, ma configura una 
istanza diretta a sollecitare da parte della Suprema Corte una nuova ed 
autonoma valutazione della manifesta o meno infondatezza dei dubbi di 
costituzionalit� prospettati con riguardo alle norme applicate dalla sentenza 
impugnata (Cass. 10 aprile 1978, n. 1667; 25 novembre 1976, n. 4450). 

Orbene, la fogge in questione, svolgendo una fun:tione diretta ad 
assicurare il corretto esercizio delle attivit� commerciali all'ingrosso ed 
al minuto nell'interesse pubblico, non incide in alcun modo sul diritto 
di libert� di stampa, il quale � tutelato dalla Costituzione nel senso che 
le idee e le opinioni che sono divUJlgate non possono essere assoggettate 
ad alcuna autorizzazione o censura (art. 21). Ognuno intende, infatti, la 
netta distinzione esistente tra G.! prodotto del pensiero divulgato a mezzo 
della stampa e Ja res (il giornaJe) ti.I cui contenuto non � affatto influenzato 
dalla necessit� dell'dscrizione e dell'autorizzazione amministrativa per chi 
svolge professionalmente l'attivit� destinata ailla sua diffusione. 

D'altm parte, lo stesso art. 41 Cost. prevede espressamente che J'atti


vit� economica privata possa essere sottoposta a controlli nell'inrteresse 

pubblico; n� questi conhrolli incidono ovviamente sul compito dello Stato 

di promuovere la diffusione della cultura (art. 9). (omissis) 


SEZIONE QUARTA 
GIURISPRUDENZA CIVILE * 
SEZIONE QUARTA 
GIURISPRUDENZA CIVILE * 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 19 febbraio 1981, n. 1018 -Pres Pedace -
Rel. Cruciani -P. M. Bonanti -Russo (avv. Picciotto) c. FF.SS. (avv. Stato 
De Francisci). 

Pubblica amministrazione � Ferrovie dello Stato � Responsabilit� civile . 
Norme da osservare � Presupposti. 
Pubblica Amministrazione . Ferrovie dello Stato . Responsabilit� civile . 
Attraversamento dei binari all'interno della stazione � Sistema di 
allarme � Insufficienza. 
Pubblica amministrazione � Ferrovie dello Stato � Responsabilit� � Sinda� 
cato giudiziario � Cause dell'evento dannoso � Stazione ferroviaria . 
Ambiente particolarmente pericoloso � Rilevanza. 
L'Amministrazione ferroviaria, nell'esercizio delle linee ferrate, .ha 
il dovere di adottare tutte le cautele suggerite dalla scienza e dalla 
pratica per prevenire ed evitare qualsiasi sinistro, in osservanza sia del 
principio del neminem laedere (art. 2043 e.e.) sia dell'art. 2 del R.D. 1687 
del 1873 (1). 
Non � sufficiente, ai fini della esclusione della responsabilit� dell'Am� 
ministrazione ferroviaria, qualora l'utente attraversando i binari all'interno 
della stazione venga investito da un convoglio sopravveniente, l'aver posto 
in funzione il campanello segnalante l'arrivo del treno, ma � necessario 
che il sistema acustico sia in grado di essere percepito da chiunque attraversi 
i binari (2). 
Il giudice, in sede di accertamento concreto della responsabilit�, dovr� 
tener conto di tutti gli elementi che hanno concorso alla causazione del* 
AMa redazione delile massime e delle note di ques�ta Se:llione hanno coJrlaborato 
gli avvocati LUIGI MARUOTTI e CARMINE VOLPE. 
{1-3) Cfr., in te11m~ni, Cass. Sez. Un., 20 luglio 1970, n. 1187, Foro it. 1970, I, 
2080 (con nota), la quale precisa la natura ed il limite che il r.d. n. 1687 fissa 
al potere� discrezionale dell'amministrazione ferroviaria. V. anche Il contenzioso 
dello Stato 1971-75, III, 516. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 513 

l'evento dannoso, in un ambiente, quale la stazione ferroviaria, di per s� 
obiettivamente pericoloso e tale da vincolare l'Amministrazione ad adottare 
concrete cautele e chiunque a usare la massima prudenza (3). 

Con l'unica censura la ricorrente si duole della violazione degli artt. 1 
e 2 R.D. 31 ottobre 1873, n. 1687 in relazione all'art. 2043 e.e., addebitando 
alla sentenza impugnata di averie in sostanza affermato che l'attivit� discrezionale 
dell'Amministrazione ferroviaria nell'attuare Je direttive poste da 
quelle disposizioni sfugge ad ogni controllo e non pu� consentire una 
valutazione ai fini dell'osservanza del precetto del neminem laedere. 

Rileva la Russo che l'organizzazione del servizio, pur nell'ambito discrezionale, 
trova un preciso limite giuridico laddove l'art. 2 del R.D. 1687/1973 
dispone che �nell'esercizio delle Ferrovie si dovranno prendere tutte le 
misure ed usare tutte le cautele suggerite dalla scienza e dalla pratica per 
prevenire ed evitare qualunque sinistro�.. 

La decisione impugnata si � espressamente proposta l'indagine sulla 
violazione del principio del neminem laedere in relazione all'osservanza 
delle disposizioni del regolamento ferroviario; nella specie ha ritenuto 
irrilevante la circostanza che l'attraversamento dei binari fosse assicurato 
soltanto da una passerella e che non vi fosse alcun intervento del 
personale nel regolare l'attraversamento dei passeggeri, in considerazione 
delle dimensioni della stazione e della presenza di un solo agente. 

Ci� premesso, la Corte ha rilevato che la � sicurezza passiva � dell'attraversamento 
era assicurata dall'uso di mezzi di preavviso meccanici 
e precisamente dal campanello che segnalava l'arrivo di un treno; in 
proposito riteneva irrilevante la circostanza che il campanello cessasse di 
suonare poco prima che il treno giungesse in stazione, a circa m. 1.200 
dalla direzione di provenienza, poich� da questo momento vi era la possi


bilit� di visualit� diretta della �linea ferroviaria. 

Questa Suprema Corte ha costantemente affermato (Cass. 1640/64 -

Cass. 1606/66 -Cass. 844/70 -Cass. Sez. Un. 1187/70) che nel settore delle 

strade ferrate l'esercizio della attivit� della Pubblica Amministrazione 

deve sempre avvenire -� quali siano i mezzi tecnici da essa discrezional


mente scelti per il miglioramento del servizio -non solo nel pieno rispetto 

della norma primaria del neminem laedere, ma anche nell'assoluta 

osservanza dell'art. 2 del regolamento di polizia ferroviaria, che impone 

all'amministrazione stessa l'obbligo specifico di prendere tutte le misure 

e di usare tutte le cautele suggerite dalla scienza e dalla pratica per 

prevenire ed evitare qualunque sinistro. 

Il giudice di merito � quindi tenuto a compiere una precisa indagine 

sulla idoneit� -in punto di fatto -dei mezzi adottati e finalizzati alla 

osservanza della norma sopra indicata. (omissis) 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

514 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 febbraio 1981, n. 1181 -Pres. Santosuosso 
-Est. Sensale -P. M. Dettori (conci. conf.) -P.anepinto (avv. Cacopardo) 
-Azienda Nazionale Autonoma delle Strade (Avv. Stato Del 
Greco). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Costruzione di opera pubblica � Fra


zionamento del fondo -Perdita della 'posSli.bilit� di edificare � Perdita 

di visuale e aereazione -Danni all'espropriato � Irrisarcibilit� � Inden


nit� di esproprio. 

(Legge 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 40 e 46). 

In caso di espropriazione parziale i danni che incidono sulla parte 
residua del fondo, sia che derivino direttamente dal provvedimento ablatorio, 
sia che traggano origine dall'esecuzione dell'opera o dal pubblico 
esercizio cui essa � destinata, devono essere considerati al fine della 
determinazione dell'indennit� di esproprio e non sono, pertanto, autonomamente 
risarcibili (1). 

(omissis) Con citazione del 16 aprile 1970 Giovanni Panepinto, rappresentato 
dal figlio Vincenzo, suo procuratore speciale, convenne dinanzi 
al Tribunale di Palermo l'ANAS, in persona del Ministro dei lavori pubblici, 
e, assumendo di essere proprietario di un terreno sito in contrada 
Corvo-Filieri di Trabian gi� in parte espropriatogli per la costruzione dell'autostrada 
Palermo-Catania e rimasto diviso in due parti dal rilevato 
autostradale con conseguente grave deprezzamento a causa della perdita, 
nelle parti residue, della destinazione edificatoria e della panoramicit�, 
chiese la condanna dell'ANAS, ai sensi dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865, 

n. 2359, al risarcimento dei danni in suo favore nella misura di 
L. 170.000.000. 
La domanda -impugnata dall'azienda convenuta -fu rigettata dal 
Tribunale, dopo che il C.T.U. aveva ritenuto che il rilevato autostradale 
avesse diviso il fondo in due parti, privando quella a monte della sua 
naturale destinazione edilizia e quella a valle (gi� inclusa nel perimetro 
urbano del Comune di Trabia) del requisito della panoram.icit�. 

La decisione del Tribunale � stata confermata dalla Corte d'appello 
di Palermo con la decisione impugnata in questa sede. 

(1) La Corte di Cassazione ha peraltro subordinato, nel caso concreto, 
l'operativit� del principio espresso all'esistenza della provata circostanza che 
l'esecuzione dell'opera sia avvenuta in conformit� del progetto e dei piani 
esecutivi preordinati per l'espropriazione, e che l'uno e gli altri siano stati 
assoggettati all'approvazione e alle forme di pubblicit� normativamente previste. 
In senso conforme alla massima cfr. Cass., 23 giugno 1980, n. 3932, in 
Mass. Foro it. 1980 c. 186; Cass. 6 ~ugilio �1978, n. 3342 ibidem 19718, c. 637. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Ha osservato la Corte del merito che, nell'ipotesi di sacrificio e di 
limitazione della propriet� per il soddisfacimento dell'interesse generale 
alla costruzione dell'opera pubblica, deve operarsi una distinzione tra il 
sacrificio del diritto altrui che, come nel caso concreto, � conseguenza della 
diretta ed immediata finalit� dell'attivit� amministrativa (art. 40 della 
citata legge, per quanto interessa iJ. caso in esame) e quello dipendente 
dall'esecuzione di un'opera di pubblica utilit�, rapportabile nell'ambito di 
previsione dell'art. 46 della stessa legge. Infatti, per quanto sia unico il 
fondamento dell'indennit� dovuta per l'espropriazione e di quella dovuta 
per l'esecuzione dell'opera (in quanto scaturiscono entrambe le responsabilit� 
da atti legittimi), differente � la fonte dell'obbligazione, che nel 
primo caso ha la sua causa nell'opera pubblica e che nell'altro ha in 
quest'opera la semplice occasione. 

Ha, quindi, rilevato -la Corte palermitana -che l'espropriazione 
parziale imposta al Panepinto fu preordinata e concretata nell'estrinsecazione 
di una legittima potest� dell'Amministrazione per la costruzione 
dell'�tutostrada, che necessit� di progettazione, dell'approntamento di piani 
esecutivi e di quelle altre molteplici formalit� di approvazione e anche di 
pubblicit� normativamente previste e cio� di una complessa attivit� diretta 
al conseguimento dell'opera, quale doveva essere nelle sue esigenze tecniche 
funzionali; che proprio nella previsione di questo tipo di opera pubblica 
era compreso il rilevato o terrapieno di sostegno al manto stradale e 
l'indennit� di espropriazione concernente la perdita imposta al privato, 
liberamente concordata ed accettata, non pu� considerarsi che l'integrale 
indennizzo della perdita sub�ta dal privato, ristorata nella sua interezza, 
proprio perch� nell'occupazione parziale di un immobile l'indennizzo � 
commisurato alla differenza tra giusto prezzo dell'immobile stesso prima 
dell'occupazione e quello della parte residua dopo l'occupazione, il che 
importa che le perdite o le diminuzioni delle parti residue, di qualunque 
materiia possano essere, purch� suscettibili di valutazione economica, non 
possono che ritenersi soddisfatte da quel particolare tipo di determinazione 
dell'indennizzo. 

Oltre che per tali ragioni -ha aggiunto la Corte di merito -la 
previsione normativa dell'art. 46 non � applicabile nel caso concreto perch� 
l'oggetto dell'indennizzo previsto da tale norma � 1limitato ad un sacrificio 
intrinseco, effettivo ed attuale del bene danneggiato dall'attivit� della 
pubblica Amministrazione e non � suscettibile di estensione ad un pregiudizio 
del bene nella sua consistenza puramente potenziale o ad una valutazione 
correlata a sviluppi futuri e incerti della sua possibilit� di sfruttamento, 
quali potrebbero essere quelli di destinazione a costruzioni residenziali, 
e perch� nell'ordinamento giuridico non si rinviene alcuna norma a 
tutela della panoramicit� delle costruzioni, in quanto esula dalla previsione 
dell'art. 46 e di ogni altra norma in materia d'indennizzo per perdita 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

516 

di utilit�, conseguente a vicinanza o contiguit� dell'opera pubblica e consistente 
nella perdita dell'amenit� dei luoghi. 

Per la cassazione di tale sentenza Vincenzo e Sebastiana Maria Panepinto 
hanno proposto ricorso svolgendo tre motivi illustrati con memoria. 
L'ANAS ha resistito con controricorso. 

Con il primo motivo i ricorrenti, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., 
denunziano la violazione degli art. 40 e 46 della legge 25 giugno 1865 

n. 2359, nonch� il vizio di omesso esame di punti decisivi della controversia, 
lamentando che -pur essendosi accertato in sede di consulenza 
tecnica che il fondo espropriato era rimasto danneggiato sotto il triplice 
profilo: a) -del frazionamento di 'esso in due parti rimaste separate dal 
rilevato autostradale; b) -della perdita, sub�ta dalla parte a monte, della 
sua naturale destinazione edilizia, in quanto ila perimetrazione del centro 
urbano, effettuata ai sensi della legge 6 agosto 1967 n. 765, comprendente 
la parte a vaMe, si era dovuta arrestare al rilevato autostradale, lasciando 
aJ di fuori la parte a monte; e) -della perdita della panoramicit� della 
parte a va1le, avente concreta destinazione edilizia -la Corte d'appello 
ha deciso la controversia tenendo conto unicamente della perdita della 
panoramicit�. 
Con il secondo motivo i ricorrenti, denunziando la violazione e falsa 
applicazione delle stesse norme ed il medesimo vizio di omesso esame, 
oltre a quello di insufficienza di motivazione, lamentano che la Corte 
d'appello, avendo omesso di prendere in esame punti decisivi della controversia, 
non ha potuto procedere ad una corretta applicazione delle 
norme citate, decidendo la causa in base ad astratti principi 1di diritto, 
peraltro errati, senza nessuna aderenza alla realt� dei fatti, e non tenendo 
in nessuno conto la riduzione di valore subita dal fondo per la presenza 
del rilevato autostradale. 

Con il terzo motivo i ricorrenti denunziano la violazione delle stesse 
norme nonch� il vizio d'insufficienza e contraddittoriet� di motivazione 
(art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.) per avere -la Corte di merito -erroneamente 
ritenuto che la tutela dell'art. 46 deLla legge n. 2359 del 1865 � limitata a 
chi sfa costretto al sacrificio soltanto come conseguenza indiretta e 
mediata di un'attivit� Jegittima della pubblica Amministrazione con diritto 
ad indennizzo per quei danni e quelle diminuzioni di carattere permanente 
insorti per il comportamento tenuto nella esecuzione dell'opera; e per 
avere, poi, contraddittoriamente affermato che il danno lamentato aveva 
trovato ristoro nell'indennit� di espropriazione. La Corte di merito, secondo 
i ricorrenti, avrebbe dovuto svolgere un ragionamento articolato 
in relazione ai diversi tipi di danno accertato, tenendo conto del fatto 
che, mentre il danno derivante dalla divisione del fondo in due parti 
poteva ricondursi alla espropriazione, gli altri danni erano correlati alla 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 517 

opera pubblica ed al suo modo d'essere quale risultato della concreta 
esecuzione di essa. 
I tre motivi del ricorso -che devono essere esaminati congiuntamente 
in quanto connessi fra loro -sono infondati. 

Deve, innanzi tutto, precisarsi che i punti de~la controversia che i 
ricorrenti assumono non esaminati dalla Corte d'appello (danni derivanti 
dal frazionamento del fondo espropriato; dalla perdita della destinazione 
edificatoria della parte a monte del rilevato autostradale e dal 
pregiudizio subito dalla parte a valle nella sua concreta attitudine edificatoria) 
erano rimasti superati e privati del carattere della decisivit� in 
conseguenza dell'impostazione data dalla Corte di merito alla controversia, 
in base ai presupposti generali dell'applicabilit�, nel caso concreto dell'art. 
40 e non dell'art. 46 della Iegge n. 2359 del 1865 e dall'assorbimento 
nell'indennit� di espropriazione (nel caso, concordata tra espropriante ed 
espropriati) di tutti i danni subiti dalla parte residua del fondo, trattandosi 
di espropriazione parz�ale preordinata �e concretata, nell'estrinsecazione 
di una legittima potest� amministrativa, per la costruzione di una 
autostrada, in base ad una progettazione ed a piani esecutivi compiutamente 
formalizzati, approvati e pubblicizzati, e cio� in base ad una complessa 
attivit� diretta al cons�guimento dell'opera, quale doveva essere 

nelle sue esigenze tecniche e funzionali, con la previsione del rilevato o 

terrapieno di sostegno al manto stradale. 

Da tali presupposti la Corte di merito ha coerentemente tratto la 

conclusione che l'indennit� di espropriazione non poteva non compren


dere l'integrale ristoro della perdita subita dalle parti residue, di qual


siasi natura fossero, da ritenersi soddisfatte dalle particolari modalit� di 

liquidazione dell'indennit� ai sensi dell'art. 40 della legge citata; ed ha, 

inoltre, considerato che l'art. 46 non poteva, comunque, trovare applica


zione perch� .insuscettibile di estensione a pregiudizi del bene nella sua 

consistenza puramente potenziale o correlati a sviluppi futuri ed incerti 

della sua possibilit� di sfruttamento e perch� nessuna norma dell'ordina


mento. prevede la corresponsione d'indennizzi per la perdita di utilit�, 

conseguente alla vic::inanza o contiguit� dell'opera pubblica, che consista 

nella perdita di amenit� dei luoghi. 

L'impostazione data alla controversia dalla Corte di merito e le con


clusioni che ne �sono state tratte non meritano censura. 

� stato ripetutamente affermato da questa Corte il principio, secondo 

cui, nella determinazione dell'indennit� di espropriazione, deve tenersi 

conto di tutti i danni che incidano sulla parte residua del fondo parzial


mente espropriato, rimasta in propriet� dei titolari di esso assoggettati al 

provvedimento ablatorio, sia che traggano origine dall'espropriazione, sia 

che derivino dalla esecuzione dell'opera o dal pubblico esercizio cui essa 

sia destinata (sentenza n. 777 del 1972; 1664 del 1976, 1269 e 3342 del 1978 

e 3932 del 1980). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pertanto, l'assunto dei ricorrenti, secondo cui solo alcuni danni sub�ti 
dalla parte residua del loro fondo sarebbero riconducibili all'espropriazione, 
mentre altri sarebbero correlati con l'opera pubblica in s�, non 
ha alcun rilievo nel caso concreto, in cui la Corte di merito ha insindacabilmente 
accertato che l'esecuzione di essa avvenne secondo il progetto 
ed i piani esecutivi preordinati per J'espropriazione e che l'uno e gli altri 
furono assoggettati alle formalit� di approvazione e di pubblicit� normativamente 
previste. In particolare, nell'ambito della complessa attivit� 
diretta alla realizzazione dell'oper:a pubblica quale doveva essere nelle sue 
esigenze tecniche e funzionali al fine di soddisfare gli scopi propri della 
sua realizzazione, il rilevato o terrapieno di sostegno al manto stradale 
era compreso nella previsione dell'opera pubblica cos� come era stata 
progettata. 

Se questa � la reale situazione di fatto, � evidente come, in relazione 
al principio di diritto poc'anzi richiamato, i danni lamentati dai ricorrenti, 
indipendentemente dai limiti della previsione normativa dell'art. 46 
della legge n. 2359 del 1865 e della compatibilit� dell'applicazione di tale 
norma con quella dell'art. 40 della stessa legge, non possono trovare la 
loro disciplina concreta che in quest'U!ltima norma. Ed �, del pari, evidente, 
per l'ipotesi che gli espropriati non abbiano considerato tali danni in 
sede di determinazione convenzionale dell'indennit�, l'impossibilit� di 
rimetterne in discussione la misura, che discende da un principio di 
autoresponsabilit� per la inosservanza di un onere di conoscenza che 
faceva loro carico per legge. 

Deve, in proposito, ricordarsi che il piano particolareggiato di esecuzione 
dell'opera viene depositato nell'ufficio comunale (art. 17 della legge 
citata), in modo che le parti interessate possano prenderne conoscenza 
(art. 18), con la conseguenza che le modalit� di esecuzione e le caratteristiche 
costruttive dell'opera, che venga poi realizzata in conformit� al 
progetto di massima e del piano particolareggiato, non possono essere 
legittimamente ignorati dall'espropiato in sede di accettazione dell'indennit�. 


Ne consegue che, a parte il danno derivante dal frazionamento del 
fondo (sicuramente riconducibile all'espropriazione, come i ricorrenti riconoscono), 
gli espropriati -ahlo stesso modo in cui non possono pretendere 
alcun indennizzo per le limitazioni legali ed i vincoli obiettivi derivanti 
alla propriet� residua, in via generale, dalla costruzione dell'opera 
pubblica (Cass. 26 aprile 1974, n. 1195; 6 dicembre 1975, n. 4047; 4 agosto 
1977, n. 3475; 29 novembre 1977, n. 5177 e 9 dicembre 1977, n. 5332), neppure 
ai sensi dell'art. 46 (Cass. 14 aprile 1976 e 24 settembre 1977, n. 4063) -non 
possono dolersi della perdita della possibilit� di edificare che derivi da 
successivi strumenti urbanistici, i quali, tenendo conto della situazione 
territoriale cos� come determinatasi in seguito alla costruzione dell'opera 
pubblica, siano tuttavia effetto dell'esercizio in via generale di una attivit� 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 
519 

amministrativa di natura discrezionale. N� possono dolersi (neppure ai 
sensi dell'art. 46: Cass. 24 ottobre 1955 n. 3465) della perdita della visuale 

o 
dell'aerazione di cui godeva il fondo. 
Il ricorso, pertanto, dev'essere rigettato. omissis 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1981, n. 1477 -Pres. Marchetti -
Rel. Corda -P. M. La Valva -I.N.P.S. (avv. Pandolfi) c. Ministero Lavori 
Pubblici (avv. Stato Viola). 

hocedimento civile -Consulenza tecnica -Conclusioni -Accoglimento da 

parte del giudice di appello -Dettagliata confutazione -Non � ne


cessaria. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione � Danno ultrabiennale Interessi 
legali. � Quantilicazione -Necessit� � Rivalutazione � Riferimento 
all'interesse legale. 

Il giudice di merito non deve in sede di motivazione confutare dettagliatamente 
.le critiche rivolte nei confronti delle conclusioni del consulente 
tecnico d'ufficio, qualora vi aderisca, dal momento che � sufficiente 
che indichi le fonti del suo convincimento, non essendovi la necessit� di 
una trascrizione, seppur solo per riassunto della relazione di consulenza (1). 

Il risarcimento del danno per occupazione ultrabiennale, nel caso 
venga liquidato con riferimento al criterio sussidiario costituito dagli 
interessi legali sulla somma rappresentativa dell'indennit� di espropriazione, 
deve essere quantificato tenuto conto che questi costituiscono una 
obbligazioni di valuta. Poich� alla somma base va aggiunto l'ammontare 
degli interessi compensativi pari al 5 per cento, dovuti per compensare 
il proprietario del mancato percepimento dei frutti del fondo, la rivalutazione 
del danno deve operarsi mediante il solo riferimento all'interesse 
legale annuo del 5 per cento sull'importo cos� ottenuto (2). 

(omissis) Col primo motivo di censura, il ricorrente I.N.P.S. denuncia 
� violazione e falsa applicazione degli articoli 39 e 40 della legge 25 giugno 
1865 n. 2358, degli articoli 1223 e.e. e degli articoli 61, 62 e 113 c.p.c. �, 
nonch� �omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione�. 

Con esso si duole che i giudici di secondo grado non abbiano ritenuto 
fondato il motivo di appello col quale era stato lamentato che il Tribunale, 
per determinare in lire 7.000 al mq. il valore unitario del terreno, si era 

(1-2) 
Sulla prima massima la giurisprudenza � pacifica. 

Sulla seconda, da un punto di vista generale, cfr. Il Contenzioso dello Stato 
per gli anni 1971-1975, III, 491; Cass. 7 settembre 1979 n. 4742; Cass. 20 novembre 
1979, n. 6060. 

8 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

limitato a recepire il parere del consulente tecnico di ufficio (Ing. Valore) 
di una delle due cause (prima della loro riunione), senza confutare il 
parere del consulente dell'altra causa (Ing. Giacobello) che aveva indicato 
tale valore in lire 10.500 al mq. per i primi due lotti e in lire 10.000 al mq. 
per il terzo lotto. 

Sostiene che i giudici di appello, convalidando l'errore del Tribunale 
sarebbero incorsi in un vizio di motivazione, per avere, anch'essi, recepito 
immotivatamente le conclusioni del predetto consulente tecnico, cio� senza 
avere previamente esaminato e confutato le critiche che a tali conclusioni 
erano state mosse. Chiarisce, in proposito, che la censura proposta in questa 
sede �travolge con s� anche il valore attribuito alla parte residua della 
propriet� dell'I.N.P.S. non espropriata, e per l'effetto la liquidazione monetaria 
del degrado del valore ad essa derivato, atteso che la motivazione 
espressa in sentenza � inficiata dai medesimi vizi sopra denunciati �. Chiarisc�, 
inoltre, che la stessa censura travolge altres� i valori rispettivamente 
determinati per le varie espropriazioni in discorso a titolo di indennit� 
di occupazione legittima ed a titolo di risarcimento danni per il 
periodo di occupazione illegittima�. 

La censura � infondata. 

Per quanto attiene al valore determinato in lire 7.000 al mq. � decisiva 
l'osservazione che i giudici di merito non hanno fatto altro che adeguarsi 
al parere espresso dal consulente tecnico di ufficio, per cui non occorreva, 
in proposito, alcuna specifica motivazione. �, infatti, ius receptum, nella 
giurisprudenza di questa Corte, che il giudice di merito, quando accoglie 
e fa proprie le conclusioni della consulenza tecnica di ufficio, non �. tenuto 
ad esporre le ragioni in base alle quali ritiene di doversi uniformare al 
parere del consulente, e pu� adempiere il dovere di dimostrare di aver 
tenuto conto delle critiche mosse alla consulenza stessa anche senza una 
dettagliata confutazione, poich� l'obbligo della motivazione � soddisfatto 
quando il giudice indichi le fonti del suo convincimento, sicch� le contrarie 
deduzioni, se non confutate esplicitamente, restano disattese per implicito 

(v. sent. 18 luglio 1979, n. 4239). 
Una specifica motivazione, se mai, sarebbe occorsa nel caso che i 
detti giudici si fossero discostati dal detto parere. Infatti, se � logico 
ritenere, da un lato, che rientra nei poteri discrezionali del giudice di 
merito il discostarsi dai rilievi tecnici e dalle conclusioni del consulente 

di ufficio, non pu� ritenersi, dall'altro, che il medesimo giudice debba 
formulare, in maniera congrua ed adeguata, le ragioni di sostanza che 
sorreggono il suo dissenso, dimostrando, comunque, in termini sufficientemente 
convincent�i, di aver tenuto nel debito conto, nel suo contrario 
apprezzamento, degli accertamenti, delle valutazioni tecniche e degli argomenti 
addotti dal perito di ufficio a sostegno del suo opposto parere (v. 
sent. 12 novembre 1979, n. 5865). Ed � stato chiaro il motivo di tale diverso 
atteggiamento del giudice, perch� nel primo caso (adesi~ne al parere del 

I 
I
I; 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

consulente) la motivazione che sorregge la conclusione � gi� contenuta 
nella relazione di consulenza e la sua eventuale trascrizione, anche solo 
per riassunto, si ridurrebbe a un inutile esercizio di ricopiatura; nel 
secondo, invece, dovendosi contrastare quella motivazione, � indispensabile 
che le ragioni di contrasto vengano specificamente indicate, poich� 
le stesse non potrebbero essere altrimenti conosciute dalle parti. 

Nella specie, quindi, trattandosi di un caso in cui il giudice ha prestato 
piena adesione alle conclusioni del consulente, non occorreva, in 
proposito, alcuna motivazione. E se � pur vero quanto asserisce il ricorrente, 
che agli atti del giudizio di primo grado erano allegate due relazioni 
di consulenza, fra loro divergenti circa l'indicazione del valore unitario 
del terreno, non � men vero che, sul punto, il giudizio critico del 
giudice di merito vi � stato, allorquando la Corte di Appello ha affermato 
che doveva presentarsi maggior credito al consulente che aveva indicato 
il valore pi� basso (lire 7.000 al mq.), poich� i dati assunti dall'altro, 
poi fatti propri dall'appellante I.N.P.S., erano relativi �ad aree di maggior 
pregio �. 

Col secondo motivo, il ricorrente I.N.P.S. denuncia � violazione e falsa 
applicazione degli articoli 1223, 1226, 2043, 2056 c. c. e omessa motivazione
�. 

Con esso lamenta che le somme �determinate dalla Corte di Appello 
di Messina come spettanti a favore dell'I.N.P.S. per i vari titoli considerati 
(valori dei fondi espropriati, degrado di valore della parte residua, 
indennit� di legittima occupazione, risarcimento danni per occupazione 
illegittima)� non siano state rivalutate �alla data della decisione�. 

La censura non ha fondamento. 
L'obbligo di pagamento delle indennit� di occupazione biennale e di 
espropriazione d� luogo a un � debito di valuta � (Sez. Un. 11 ottobre 1979 

n. 5275), per cui non � possibile quella �rivalutazione� che il ricorrente, 
con l'ermetica censura sopra riportata, sembra pretendere. La liquidazione 
delle due predette indennit�, va, perci�, fatta con riferimento al valore 
che aveva la moneta al momento dell'occupazione e dell'espropriazione: 
il ritardo nel pagamento �, quindi, compensato con gli interessi 
legali che in concreto sono stati attribuiti, n� alcun risarcimento doveva 
essere attribuito per il �maggior danno� derivante dal ritardo (art. 1224 
c. c.), poich� nessuna specifica domanda era stata in tal senso formulata. 
Per quanto, poi, attiene al risarcimento del danno per l'occupazione 
ultrabiennale, in relazione al quale l'invocata rivalutazione deve essere 
operata, va osservato che, in concreto, la detta rivalutazione non era possibile 
se non mediante l'attribuzione dell'interesse legale. 

Il quantum del danno risarcibile, infatti, era stato liquidato col criterio 
sussidiario dell'interesse legale sulla somma rappresentativa della 
indennit� di espropriazione (pari al valore venale del bene espropriato); 
e, pertanto, se la somma � capitale � non � rivalutabile (perch� si tratta, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

appunto, di un �debito di valuta�) e il saggio dell'interesse annuo � 

sempre quello del 5 per cento, la somma rappresentativa del danno ri


sarcibile � sempre uguale, in qualunque momento venga effettuata. 

Ma poich� la rivalutazione deve, in ogni caso, essere effettuata, non 
� possibile procedervi se non mediante l'attribuzione dell'interesse � compensativo
� sulla somma rappresentativa del danno per ciascun anno (o 
frazione di esso) del periodo dell'occupazione illegittima. Ossia, per ciascun 
anno deve essere corrisposta una somma pari al 5 per cento del valore 
venale del fondo espropriato (per compensare il proprietario del 
mancato percepimento dei frutti del fondo); la rivalutazione, quindi, si ottiene 
attribuendo ancora, sulla somma come sopra ottenuta, l'interesse 
legale annuo del 5 per cento. 

Ora, per�, poich� nel caso concreto tale interesse compensativo � gi� 
stato attribuito, la censura in esame si appalesa come del tutto priva di 
concreto interesse (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� aprile 1981, n. 1852 . Pres. Vigorita Est. 
Lipari � P. M. Antoci -Ingoglia (avv. Rocoella) c. Ministero dei 
Lavori Pubblici (avv. Stato Caramazza). 

Espropriazione .per pubblica utilit� -Indennit� -Attribuzione della giusta 
!indennit� in seguito alla opposizione alla stima � Automatica -rivalutazione 
durante la mora -Inapplicabilit� -Prova del maggior danno 
rispetto agli interessi previsti dall'art. 1224 e.e. -Ammissibilit�. 

L'indennit� di espropriazione costituisce un debito di valuta verso 
l'espropriato e in quanto tale si applica il principio nominalistico, che 
non consente la sua automatica rivalutazione economica anche durante 
la mora nella quale sia incorso il debitore. L'espropriato, che abbia percepito 
la giusta indennit� in seguito alla opposizione alla stima, ha solo 
diritto agli interessi legali sulla somma maggiore fissata dal giudice rispetto 
a quella indicata nel decreto d'espropriazione, salvo il risarcimento 
del maggior danno a norma dell'art. 1224, 2� comma c. c. (1). 

--(1) L'evoluzione giurisprudenziale in tema di incidenza della svalutazione 
monetaria (sulla indennit� di esproprio) intervenuta nel periodo di mora debendi. 
Questa sentenza, pur ribadendo la natura di credito di valuta dell'indennit� 
di esproprio e della inammissibilit� della valutazione automatica, affronta 
una problematica la cui definitiva elaborazione dogmatica ancora non pu� 
dirsi completamente compiuta. Essa conferma il principio di diritto affermato 
dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza del 4 luglio 1979 

n. 3776 (in questa Rassegna 1979, I, 286) la quale ha mediato due indirizzi 
giur0isprudenzia1i, risolvendone .i'J reLativo contraisto, in materia di nisarcimento 
del danno derivante al creditore per effetto della -�svalutazione monetari.a intervenuta 
nel periodo di mora debendi. 
Il primo orientamento giurisprudenziale sul punto dovette inizialmente 

risolvere un problema di carattere concettuale circa la compatibilit� del confe


~i 

;:: 

!:: 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 523 

(omissis) 1. A seguito di giudizio di opposizione alla stima in procc:> 
dimento di espropriazione per pubblica utilit�, conclusosi con la determinazione 
di un'indennit� di L. 1.200 al mq. e con il diniego dei maggiori 
danni da svalutazione monetaria ex art. 1224 comma 2� c. c., l'espropriato 
si duole che sia stata respinta la relativa richiesta. 

Con il primo mezzo, denunciando la violazione degli artt. 1223 e 1224 

c. c. si censura la sentenza per avere ritenuto che l'espropriata avesse 
chiesto il risarcimento del mancato guadagno, laddove essa si era limitata 
a domandare il ristoro della perdita subita per effetto della diminuzione 
del potere di acquisto della moneta e si invoca la sentenza n. 5670 del 
1978 la quale, radicalmente innovando il precedente orientamento giurisprudenziale, 
ha stabilito che, in tema di obbligazioni pecuniarie, tra 
i maggiori danni che possono spettare al creditore in aggiunta agli interessi 
legali, ai sensi dell'art. 1224 comma 2� c. c., vanno compresi quelli 
dipendenti dalla svalutazione monetaria verificatasi durante la mora del 
debitore, sicch� il creditore che si limiti a richiedere il risarcimento della 
perdita subita per effetto della diminuzione del potere di acquisto della 
moneta, ben pu� dedurre ed utilizzare a suo favore il solo fatto notorio 
della svalutazione, senza necessit� di fornire la prova di avere concretamente 
predisposto il reimpiego della somma dovutagli, prova che invece 
deve essere offerta nel caso in cui venga richiesto il risarcimento del 
mancato guadagno. 

2. Il ricorso � stato proposto quando ancora sul tema non si erano 
pronunciate le Sezioni Unite della Cassazione; e quindi l'assunto del ricorrente, 
secondo cui la perdita doveva essere risanata automaticamente, 
e contro la quale la difesa dello Stato svolge osservazioni particolarmente 
pregevoli, trova insormontabile confutazione nella presa di posizione delle 
S. U. alla quale il Collegio ritiene di uniformarsi. 
Le S.U., con sentenza 4 luglio 1979 n. 3776, hanno ribadito che le obbligazioni 
pecuniarie, le quali danno luogo al c.d. debito di valuta sono 

rimento al creditore insoddisfatto sia degli interessi moratori che del risarcimento 
del danno derivante dalla svalutazione monetaria. 

La giustificazione teorica di tale ammissibilit� fu fornita dalla riflessione 
per la quale ben pu� considerarsi presupposto di una obbligazione risarcitoria 
la violazione di una regola di condotta costituita dal pagamento dovuto allorquando 
dall'omissione di questo si verifica un effettivo depauperamento del 
patrimonio del creditore, legato dal rapporto causale con la svalutazione 
monetaria. 

Una volta per� ammessa in linea teorica questa possibilit�, la giurispru


denza assolutamente prevalente (v. per tutte Cass. 2 gennaio 1951 n. 47; Cass. 

16 gennaio 1953 n. 1; Cass. 19 ottobre 1955 n. 3307; Cass. 18 maggio 1963 n. 1288; 

Cass. 9 febbraio 1965 n. 214; Cass. 25 gennaio 1971 n. 156; Cass. 9 aprile 1975 

n. 1309; Cass. 21 luglio 1975 n. 2885; Cass. 26 maggio 1976 n. 1906) negava che 
per effetto della sola svalutazione sorgesse l'obbligazione risarcitoria e, sebbene 
da parte della dottrina (v. per tutti MOSCO, Gli effetti giuridici della svaluta

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

524 

soggette al principio nominalistico, espresso dall'art. 1277 c. c., e manten,. 
gono tale soggezione anche dopo la scadenza; conseguentemente la prestazione 
si estingue, pur dopo che il debitore sia caduto in mora, con il 
pagamento della quantit� di moneta cui essa � commisurata, non rilevando 
che la moneta stessa, durante la mora abbia perduto parte del suo 
potere di acquisto per -effetto della svalutazione la quale di per s� non 
costituisce danno giuridico, ma integra una situazione suscettibile di aggravare 
il pregiudizio derivante al creditore dell'inadempimento. Ne consegue 
che la svalutazione monetaria verificatasi durante la mora del debitore 
non giustifica, in quanto tale, alcun risarcimento automatico (sotto 
il profilo del danno emergente), attuabile mediante rivalutazione della 
somma dovuta, ma pu� essere causa di danni maggiori di quelli coperti 
con l'attribuzione degli interessi legali. A tale fine il creditore (che domanda 
oltre a tali interessi anche i maggiori danni derivanti dalla mora) 
ha l'onere di allegar'e e dimostrare, volendosi senza alcuna limitazione di 
ogni possibile mezzo di prova, il pregiudizio patrimoniale risentito; ed il 
giudice pu�, in mancanza di altre specifiche prove utilizzare, oltre il notorio 
acquisto alla comune esperienza (destinazione del denaro all'acquisto 
di beni o servizi, impiego di esso in maniera coerente con le qualit� 
professionali, con i bisogni che le personali possibilit� finanziarie 
consentono di soddisfare, con le abitudini derivanti dalla mentalit� e dall'ambiente 
di vita) presunzioni su condizioni e qualit� personali del creditore 
e sulle modalit� di impiego del denaro coerenti, secondo i criteri 
della normalit� e della possibilit�, con tali elementi, per desumere dal 
complesso di questi dati integrati, ove occorra, con criteri equitativi, 
quali maggiori utilit� nei singoli casi la somma tempestivamente pagata 
avrebbe potuto procurare al creditore, rimanendo fermo per quest'ultimo 
l'onere di dimostrare in maniera pi� specifica l'eventuale danno emergente 
derivante dal fatto di avere dovuto procurarsi la somma non pa


zione monetaria, Milano 1948, p. 95; NICOLO', Gli effetti della svalutazione della 
moneta nei rapporti di obbligazione, in Foro it., 1964 IV, p. 45 e ss) fu tentata 
una certa elaborazione nel campo del diritto sostanziale, secondo cui il principio 
nominalistico nella specie non trovava applicazione, tale indirizzo � 
stato costante nel tempo. 

Consapevole che la soluzione di ogni problema doveva essere ricercata nel 

campo non della natura dell'obbligazione ma in quello de11a prova, la giurispru


denza richiese allora per il riconoscimento del maggior danno che il creditore 

dimostrasse concretamente di avere predisposto una vantaggiosa operazione 

economica che la mo1:1a del debitore e la concomitante svalutazione in atto 

avevano impedito nel suo felice esito. 

Si � altres� ritenuta non sufficiente, per la dimostrazione del danno, la prova 

dell'attivit� commerciale o industriale del creditore (Cass.. 23 luglio 1969, n. 2772) 

ed inoltre che in questo campo non hanno valore alcuno 
tutte v. Cass. 17 marzo 1978, n. 1352). 

le presunzioni (per 

i 

Ii 

l 

l

I 

1

: 

i 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 525 

gatagli a condizioni svantaggiose, o mediante alienazione di beni reali, 
od il danno allegato con riferimento ad investimenti particolari specificamente 
programmati e resi impossibili dall'inadempimento del debitore. 


Per la dimostrazione dell'enunciato criterio giuridico sembra sufficiente 
richiamare la motivazione della citata sentenza delle S.U. la quale 
ha avuto cura di confutare persuasivamente la tesi giuridica sostenuta 
dalla III Sezione con la sentenza n. 5670 (che il ricorso si limita a riecheggia!'
e senza alcuno specifico apporto argomentativo). Si � osservato 
al riguardo che la tesi della rivalutazione finiva con l'assimilare il danno 
extracontrattuale a quello contrattuale, considerando la prestazione dovuta 
dal debitore moroso come oggetto di una obbligazione di natura risarcitoria, 
senza avvertire che se cos� fosse, la disposizione dell'art. 1224 e.e. 
rischierebbe di apparire quanto meno superflua riguardo alla risarcibilit� 
del danno emergente. 

Alla stregua della tesi suddetta, verrebbe ad 'essere obliterato lo stesso 
principio nominalistico, riservandosi in ogni caso sul debitore, sia pure 
moroso, in via generale ed automatica, l'effetto della svalutazione, la quale 
si presenta come un'alea connaturale al tipo stesso della obbligazione 
pecuniaria, operando la risarcibilit� solo rispetto al pregiudizio di cui la 
svalutazione sia stata causa. Il generalizzato automatismo rivalutativo non 
si giustifica perch� se riferito all'obbliga:done principale viene a moltiplicare 
l'oggetto dell'obbligazione in violazione del principio nominalistico, 
e se riferito all'obbligazione di risarcimento postula, contro la realt�, un 
maggior danno emergente identico per tutti i possibili creditori. 

3. -� noto che l'indennit� di espropriazione, da liquidarsi sulla base 
del giusto prezzo del bene al momento dell'espropriazione medesima che 
Quest'indirizzo in sostanza teorizzava che la svalutazione monetaria giuri


dicamente non costituisce un fatto dannoso in re ipsa, ma non per questo fu 

ritenuto completamente soddisfacente per la difficolt� della prova al cui onere 

si sottoponeva il creditore. 

Resa oggetto di serrata crWca soprattutto dalla giurisprudenza dei giudici 

di merito, la soluzione adottata era costantemente ribadita dalla Corte di Cas


sazione, con tanta frequenza che poteva ormai essere ritenuta ius receptum. 

Ma la pressione continua esercitata dalle corti di merito e soprattutto la 

necessit� di conferire una rilevanza giuridica al fenomeno svalutativo, che ormai 

aveva reso opposti i principi delle leggi economiche a quelli delle leggi civili, 

portarono ad un improvviso mutamento della giurisprudenza della Cassazione 

in tema di obbligazioni pecuniarie. 

Con la sentenza della III Sez. della Corte di Cassazione del 30 novembre 1978, 

n. 5670, si � affermato che, anche quando il creditore non riesce a provare il 
maggior danno ma si limita a chiedere il risarcimento di quello subito per 
effetto della svalutazione, a questi spetti ugualmente la somma corrispondente 
al deprezzamento di quanto dovutogli, poich� la svalutazione tecnicamente 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

526 

si realizza con l'emanazione del decreto (alla stregua del princ1p10 della 
legge fondamentale del 1865, che � quella applicata nel caso in esame) 
configura un debito di valuta dell'espropriante verso l'espropriato, e come 
tale non � suscettibile di rivalutazione monetaria (automatica); il ritardo 
subito dall'espropriato, che abbia fatto opposizione alla stima, nel percepire 
la giusta indennit� trova compenso solo nel diritto degli interessi 
sulla maggiore somma fissata dal giudice rispetto a quella indicata nel 
decreto espropriato (Cass. 3482/77), salvo il risarcimento dell'ulteriore 
danno a norma dell'art. 1224 c. c. (Cass. 2733/78) e qui si innesta neMa 
sua limitata portata innovativa, la sentenza delle S.U. (rispetto alla dizione 
precedentemente ricorrente che richiedeva la dimostrazione del particolare 
pregiudizio dell'espropriato-creditore, consistente nel non aver potuto 
tempestivamente impiegare le somme dovute in modo da sottrarle 
agli effetti della svalutazione monetaria, ovvero per essersi dovuto privare 
di beni che, se conservati sarebbero� sfuggiti alla svalutazione medesima: 

cfr. in tal senso Cass. 2733/78 cit.). 

Nel corso della discussione orale la difesa dello Stato ha so~tenuto 

che, nella ipotesi di specie, la richiesta di maggiori danni restava preclu


sa dal fatto che l'amministrazione espropriante non pu� dirsi iil mora 

ove si sia comportata uniformemente alle prescrizioni di legge, deposi


tando la somma determinata dai periti (e non essendo nemmeno ipotiz


zabile il deposito di una somma maggiore) ed ha chiesto la correzione 

della motivazione in tal senso. 

La tesi non pu� essere condivisa; la perizia si inquadra nel procedi


mento amministrativo di espropriazione le cui conclusioni stanno necessa


costituisce un fatto notorio che ha la capacit� di determinare sempre la dimi


nuzione del potere d'acquisto della moneta. 

La sentenza, in tal modo, rompendo i legami con la precedente tradizione 

giurisprudenziale, ha consentito che molteplici conseguenze siano state tratte 

nel campo processuale. 

Si teorizz� la automatici~� della rivalutazione dei crediti di denaro in caso 

di inadempimento, consentendo che il richiamo all'art. 115 c.p.c. fosse addirit


tura superato, con la conseguenza che alcuni giudici di merito ritenevano appli


cabile d'ufficio la rivalutazione, anche in mancanza di esplicita richiesta. Inoltre, 

secondo questa corrente (che gi� ebbe un precedente: v. Cass. 13 novembre .1970, 

n. 2408), era possibile chiedere la rivalutazione per la prima volta in grado di 
appello, e perfino in sede di giudizio di rinvio. 
A favore della soluzione proposta dalla sentenza della III Sezione indubbiamente 
poteva essere addotta la discriminazione che, in caso contrario, mediante 
l'ausilio delle presunzioni, sarebbe stata attuata tra gli appartenenti alle 
categorie a reddito fisso da quelle degli imprenditori e commercianti in genere, 
a tutto detrimento dei primi. 

Portata la soluzione del contrasto giurisprudenziale all'attenzione delle 
Sezioni Unite, queste con la citata sentenza del 4 luglio 1979, n. 3776, della quale 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 527 

riamente a carico dell'amministrazione espropriante che ne assume la 
responsabilit� per non essere stato calcolato esattamente sul piano determinativo 
il valore in comune commercio del bene costringendo l'espropriato 
al giudizio di opposizione, con divaricazione temporale fra il momento 
di conseguimento della giusta indennit� e quello del deposito della 
insufficiente indennit� calcolata dai periti di cui l'espropriante � responsabile, 
donde il diritto dell'espropriato di percepire gli interessi legali 
sulla differenza foa somma depositata e somma risultante all'esito del 
giudizio di opposizione alla stima, salvo il risar�imento di maggiori danni, 
giusto l'orientamento giurisprudenziale che si � appena ricordato. 

� quindi alla stregua della limitata portata innovativa della decisione 
delle S.U. (e non di quella della III Sezione, su cui esclusivamente si 
basa il ricorrente) che occorre procedere all'esame delle censure. 

Orbene anche se fosse vero che l'espropriata si limit� a richiedere il 
risarcimento della perdita subita per effetto della svalutazione, resta 
escluso che al risarcimento stesso si possa provvedere mediante automatica 
rivalutazione, e quindi il primo mezzo del ricorso deve essere 
senz'altro rigettato. 

Ma sorte migliore non spetta al secondo mezw con il quaile, sempre 
denunciando la violazione degli artt. 1223 e 1224 e.e., nonch� il vizio della 
motivazione, si sostiene che a torto la Corte del merito abbia escluso che 
fosse stata raggiunta la prova del reimpiego dell'indennit� di espropriazione 
tempestivamente corrisposta nell'acquisto di due appartamenti. 

Al riguardo la sentenza ha motivatamente disatteso l'assunto della 
espropriata osservando che le trattative si erano svolte secondo la stessa 
deduzione della deducente parecchi mesi prima della emanazione del decreto, 
sicch� doveva escludersi che l'acquisto fosse stato predisposto per 

quella annotata conferma il contenuto, hanno affermato che non comporta la 
svalutazione monetaria sempre l'automatica reintegrazione economica del credito 
ormai svilito, ma deve farsi sempre riferimento, caso per caso, all'effettivo 
pregiudizio patrimoniale del creditore !in relazione all'impiego che egli avrebbe 
presumibilmente operato per garantirsi dal fenomeno inflattivo. 

Il parziale ritorno al passato posto in essere con l'ultima citata sentenza ha 
preso luogo dalla considerazione che l'obbligazione pecuniaria costituisce una 
obbligazione di valuta soggetta al principio nominalistico� di cui all'art. 1277 
e.e., restando tale anche dopo la sua scadenza, non trasformandosi in obblig.
azione di valore. 

Si � riaffermato che la somma attribuita a titolo di risarcimento del danno 

al creditore non � attribuita quale commisurazione del danno originario, vale a 

dire del valore intrinseco della mancata prestazione (per questo orientamento, 

v. Cass. 24 marzo 1971 n. lH9), ma rientra nella previsione del maggior danno 
previsto dal 2� comma dell'art. 1224 e.e. 
Tuttavia, la sentenza delle Sezioni Unite ha confermato la validit� di quell'indirizzo 
secondo cui ai fini probatori � utilizzabile qualsiasi mezzo, ivi ricom




528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il reimpiego della indennit� di una espropriazione non ancora intervenuta, 
essendo ipotizzabile un mancato guadagno come �effetto della mancata 
disponibilit� delle somme. 

Conseguentemente i giudici hanno escluso la rilevanza, ai fini del decidere, 
della prova 'articolata dall'espropriato la quale si duole che nella 
motivazione all'uopo svolta non sia stato preso in espressa considerazione 
ii contenuto di un capitolo nel quale si articolava la circostanza che il 
prezzo dovuto per il progettato acquisto avrebbe dovuto essere pagato, 
mediante utilizzazione della indennit� di esproprio, entro il 31 dicembre 
1972. 

La censura manifestamente impinge nel merito della operata valutazione 
e non tocca una circostanza decisiva, essendo chiaro, nella logica 
della argomentazione svolta per negare rilevanza alla prova, che i fatti 
dedotti erano apparsi inidonei ai giudici palermitani per il fondamentale 
rilievo che quando le trattative si svolsero il debito della P.A. non era 
n� liquido n� esigibile, sussistendo una mera aspettativa di indennizzo, 
sicch� la dilazione di parte del pagamento ad ,epoca successiva ,ano scadere 
della data di occupazione legittima non toccava il giudizio implicitamente 
(ma sicuramente) espresso nel senso della mancanza del nesso 
di causalit� fra l'interruzione delle trattative e la ritardata corresponsione 
dell'indennit�; e l'insussistenza di un nesso siffatto � addirittura paradigmatica 
posto che tale interruzione si sarebbe avuta ben sette mesi prima 
della scadenza del biennio di occupazione legittima. 

A chiusura del discorso deve quindi confermarsi in linea di diritto 

che in ordine alla dimostrazione del reimpiego non vi sono stati apporti 

innovativi nella giurisprudenza del S.C. e concludersi, in linea di fatto, 

che la motivazione in senso negativo espressa dai giudici di merito non 

appare suscettibile di riesame in questa sede. 

preso il fatto notorio determinato dalla comune esperienza, di per s� non 

sufficiente, e le presunzioni desumibili dalle qualit� personali del creditore, ed 

in particolare dalla sua attivit� lavorativa. 

L'orientamento, confermato dalla sentenza ora annotata, in sostanza de


manda ai giudici di merito il compito di valutare la rilevanza delle qualit� 

personali del creditore ai fini della prova del maggior danno da svalutazione 

monetari.a: la sua posizione mediana tra le due soluzioni precedentemente pro


poste � ictu oculi rilevabile, dal momento che essa da un lato riafferma che la 

svalutazione non � giuridicamente rilevante in modo automatico, riportandosi 

alla pluriennale tradizione giurisprudenziale sul punto, dall'altra accoglie le 

istanze sempre pi� frequentemente presenti nel dibattito giuridico per un 

allargamento delle ipotesi dn cui possa riconoscersi al creditore la rivaluta


zione del proprio credito svilito. 

LUIGI MARUOTTI 


PARIB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA. CIVILE 529 

CORTE DI CASSAZIONE, III sez. civ., 2 aprile 1981, n. 1868 -Pres. Pedroni 
-Rel. Cruciani -P. M. La Valva -Azienda Autonoma F.S. (avv. 
Stato De Francisoi) c. Piccolo (avv. Cardillo e avv. Trimarchi). 

Pubblica amministramone -Ferrovie dello Stato -Trasporto di cose Traffico 
straordinario -Documentazione amministrativa -Contestazione 
della parte -Onere dell'Amministrazione di comprovare il contenuto 
della documentazione -Sussiste. 

Responsabilit� civile -Trasporto di cose sulle FF.SS. -Dolo o colpa grave 
della Amministrazione -Limite legale alla quantificazione del danno Natura 
risarcitoria del debito. 

L'efficacia probatoria della documentazione amministrativa, prevista 
nell'art. 40 delle Condizioni e tariffe per i trasporti di cose, trova un 
preciso limite nella contestazione della parte, dovendo in tale eventualit� 
le Ferrovie dello Stato fornire la prova dei fatti contestati (1). 

Il risarcimento del danno nei casi di dolo o colpa grave delle Ferrovie 
dello Stato, ai sensi dell'art. 60 delle Condizioni e Tariffe per il trasporto 
di cose sulle Ferrovie dello Stato, � debito di valore, la cui natura non 
viene trasformata dalla esistenza di un limite, fissato dalla legge, alla misura 
del risarcimento; ed .eguale natura ha l'indennit� prevista dagli artt. 
56, 57, 59 delle Condizioni e Tariffe (2). 

Con il primo motivo del ricorso l'Amministrazione ferroviaria -premesso 
che nella sentemia di rinvio 'era stato affermato il principio di 
diritto per il quale, agli effetti dei termini supplementari di resa di cui 
all'art. 40 par. 2 delle Condizioni e Tariffe per i trasporti di cose sulle 
FF.SS., la prova del traffico straordinario risultante sulla lettera di vettura 
pu� essere vinta mediante mezzi probatori idonei a dimostrare la 
erroneit� o falsit� dell'annotazione stessa -si duole che la Corte di Catania 
abbia disatteso il principio enunciato, affermando che -una volta 
contestata dal Piccolo l'annotazione -le FF.SS. non avevano dato prova 
del fatto causativo del ritardo per l'avvenuta eliminazione dagli archivi 
dei registri relativi al trasporto in oggetto. 

La censura non ha fondamento. 

La Corte di Catania si � attenuta correttamente al princ1p10 enunciato, 
per il quale l'efficacia probatoria della documentazione amministrativa 
trova un preciso limite nella contestazione della parte, in conseguenza 
della quale nasce l'onere alle FF.SS. di fornire la prova del traffico straordinario 
nella sua esistenza e ,entit�. 

(1-2) Sulla prima massima non risultano precedenti; sulla seconda cfr. 
Cass. 5 agosto 1964, n. 2229. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Pertanto -dal momento che l'annotazione sulla lettera di vettura 
non era di per s� sufficiente a determinare la modificazione del termine 
di resa, -dovevano le FF.SS. dare la prova dell'esistenza del fatto che 
modificava il termine per l'adempimento dell'obbligazione, secondo l'affermazione 
esplicitamente contenuta nella sentenza di rinvio. 

L'eliminazione dei registri del trasporto avvenuta legittimamente, ma 
in epoca posteriore alla instaurazione della vertenza -importa la logica 
conclusione -alla quale � pervenuta la Corte di merito nell'esercizio 
insindacabile dell'apprezzamento del materiale probatorio -che la prova 
cui era tenuta l'Amministrazione risultava nella specie carente. 

Sul punto ed in linea di fatto la Corte di merito non ha mancato di 
eseguire una puntuale indagine, in osservanza del principio affermato 
dalla sentenza di rinvio, per il quale �quando la veridicit� della annotazione 
viene contestata dall'altra parte, il giudice di merito, per fondare 
su di essa la propria decisione, deve accuratamente vagliare ogni circostanza 
di persone, di tempo e di luogo ed indicare in modo specifico i 
motivi che razionalmente giustificano la deduzione che ne trae in ordine 
al punto di fatto controverso�. 

Con il secondo motivo del ricorso l'Amministrazione ricorrente lamenta 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1277 b.c., 48 par. 
I e 50 Condizioni e, Tariffe per i trasporti sulle F.S., nonch� omessa e 
insufficiente motivazione sul punto decisivo della controversia relativo 
alla rivalutazione della somma liquidata al Piccolo. 

Assume la ricorrente che la Corte di Catania avrebbe errato nel qualificare 
come debito di valore quello che l'art. 48 delle Condizioni, in relazione 
all'art. 50, configura come semplice indennizzo, ragguagliato alla 
somma dichiarata e comunque determinata entro precisi limiti. 

Anche questa censura � infondata. 

Gi� questa Suprema Corte (Cass. 5 agosto 1964, n. 2229) ha ritenuto 
che il risarcimento del danno -nei casi di dolo o colpa grave dell'Amministrazione 
ai sensi de1l'art. 60 delJe Condizioni e Tariffe -ha natura 
di debito di valore. 

N� pu� valere a trasformare in debito di valuta il debito di valore 
l'esistenza di un limite alla misura del risarcimento, fissato dalla legge, 
giacch� la semplice esistenza di un limite nelle obbligazioni a carattere 
risarcitorio non vale a snaturarle ed a trasformarle in semplici obbligazioni 
di valuta. 

Non diversa natura assume l'indennit� prevista dagli artt. 56, 57, 59 

che pongono solo un limite massimo alla misura delle indennit�, ma 

esplicitamente prevedono la corrispondenza del valore ordinario delle 

cose, rapportato alla qualit�, specie e luogo e tempo dell'accettazione 

del trasporto. 

� evidente la funzione ripristinatoria della somma che viene liquidata 

per il risarcimento e stabilita in relazione al valore della cosa ed alla sua 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 531 

utilizzabilit�," pur con un limite massimo, che non altera la natura della 
funzione, ma limita soltanto la quantit�. 

La somma re1ativa non costituisce, quindi -come assume l'Amministrazione 
-un indennizzo non valutabile -ma � rapportata alla apprezzabilit� 
della merce che ha natura quindi di un effettivo risarcimento 
del danno, rientrando nella classificazione dei debiti di valore. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 aprile 1981, n. 2007 -Pres. Marchetti Est. 
Caturani -P. M. Minetti -Comune di Palermo (avv. Di Stefano) 
Lupo (avv. Gallari) Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Viola) � 
altri. 

Espropriazione per pubblica utilit� . Sostituzione dello Stato al Comune � 
Indennit� di esproprio � Obbligazione dello Stato -Sussiste � Fat� 
tispecie. � 

Nei casi, in cui un ente pubblico curi l'esecuzione di un'opera pubblica 
di pertinenza di altro ente pubblico, la titolarit� del rapporto giuridico 
attinente alla espropriazione delle aree nei confronti dei terzi va determinata 
in base alla qualit� e quantit� dei poteri che siano conferiti al primo 
dalla legge o dall'atto amministrativo che danno luogo all'insorgere della 
particolare situazione. 

Dall'applicazione di tale principio pu� derivare una deroga alla regola 
secondo cui � parte del rapporto di espropriazione l'ente a favore del 
quale l'espropriazione � disposta (1). 

(omissis) Con l'unico motivo del ricorso principale -cui aderiscono 
Giuseppina e Agata Carcione con il primo motivo del ricorso incidentale 
-il comllil!e di Palermo denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 
58 del D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261 in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 

c.p.c. ed assume che erroneamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto 
il comune ric�rrente parte nei rapporti sostanziali dipendenti dalla 
espropriazione di cui si contende perch� parte in senso sostanziale era 
stata l'Amministrazione dei Lavori Pubblici che precedette in concreto 
alla �espropriazione, sostituendosi al comune e provvide in proprio al 
deposito della indennit�. 
La censura � fondata. 

Questa Corte ha gi� statuito il principio secondo cui qualora l'Ammi� 
nistrazione dei Lavori Pubblici, in relazione alla impossibilit� tecnicofinanziaria 
dei comuni di provvedere direttamente alla esecuzione dei 

(1) Cfr. conf. Cass., 13 giugno 1972, n. 1845; Cass. 12 febbraio 1971 n. 361; 
Oass. 13 luglio 1968, n. 2496, e Oass., 31 gennaio 1968 n. 311 in Giur. ital. 1968, 
I, p. 803 con interessante nota di BASSI, Brevi rifiessioni in tema di concorso 
di pi� enti pubblici alla esecuzione di una stessa opera pubblica. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

piani di ricostruzione di cui al D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, assuma su 
di s� l'attuazione delle relative opere, avvalendosi della facolt� prevista 
dall'art. 58 del citato decreto, si verifica una ipotesi di sostituzione che 
pone l'Amministmzione medesima nella posizione di parte nei confronti 
di terzi per i rapporti inerenti alle occupazioni ed espropriazioni preordinate 
al fine della realizzazione di quelle opere (salvo che non risulti 
il contrario dalle concrete modalit� con le quali il singolo rapporto venga 
posto in essere). In tale ipotesi, pertanto, l'Amministrazione dei Lavori Pubblici 
deve ritenersi passiviamente legittimata in ordine alla domanda proposta 
dal proprietario di un fondo occupato, per il risarcimento dei danni 
conseguenti all'illegittimo protrarsi dell'occupazione stessa, cos� come nei 
confronti della domanda di opposizione avverso la determinazione dell'indennit� 
espropriativa, nella quale detta originaria pretesa si sia automaticamente 
convertita per effetto del sopravvenuto decreto di espropriazione 
(sent. 10 marzo 1978, n. 1208). In tal caso, il problema della identificazione 
del soggetto che assume la posizione di parte nei rapporti con 
i terzi interessati alle relative attivit� deve essere risolto in base alla 
quantit� e qualit� dei poteri che a ciascuno degli enti pubblici sono conferiti 
dalla legge o dall'atto amministrativo che determina la concorrenza
� delle attivit�. 

Pertanto, poich� nella ipotesi prevista dagli artt. 58 e 59 del D.L.C.P.S. 
10 aprile 1947, n. 261 e 15 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402 (nei piani di 
ricostruzione degli abitati distrutti dalla guerra) l'Amministrazione dei 
Lavori Pubblici ha la facolt� e non l'obbligo di sostituirsi al comune nella 
promozione dei procedimenti di esproprio, la legittimazione attiva e passiva 
nei confronti dei terzi espropriati va determinata accertando quale 
dei due enti abbia assunto in concreto l'iniziativa del procedimento, onde. 
ove risulti che tale iniziativa sia stata assunta dall'Amministrazione dei 
Lavori Pubblici, deve ritenersi che il pagamento delle maggiori somme 
spettanti a titolo di indennit� espropriativa deve essere richiesto a quest� 
amministrazione (sent. 12 febbraio 1971, n. 361; 13 luglio 1968, n. 2496; 
31 gennaio 1968, n. 313). Si � altres� precisato che soltanto nelle ipotesi 
del mero finanziamento o del semplice affidamento della esecuzione di 
certe opere, fente finanziante o affidatario resta estraneo al procedimento 
espropriativo (sent. 29 ottobre 1971, n. 3051; 13 giugno 1972, n. 1845). 

Orbene, nel caso che si esamina, la sentenza impugnata ha dato atto 
che: a) il Comune di Palermo richiese all'Amministrazione dei Lavori 
Pubblici di intervenire per l'attuazione del piano di ricostruzione della 
citt�; b) lo Stato assunse l'onere finanziario delle opere pubbliche, salvo 
rivalsa nei confronti del comune; e) il Provveditorato alle opere pubbliche 
nella esecuzione delle opere assunte, si serv� dell'intervento dell'ufficio 
tecnico comunale, il quale nel 1949 si immise in possesso dell'area da 
espropriare per delega del predetto Provveditorato; d) il decreto di espropriazione 
in data 26 ottobre 1962 fu emanato in favore del Comune di Pa



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

lermo, mentre l'Amministrazione dello Stato assunse l'obbligo di provvedere 
al deposito dell'indennit� di espropriazione. 

Sulla base di tali rilievi la Corte di Appello � pervenuta alla conclusione 
che, pur essendovi stato nella specie ed in maniera 11ilevante il concorso 
dello Stato nella realizzazione dell'opera pubblica, ci� non costituiva 
elemento sufficiente a far assumere al medesimo la posizione di parte 
nel rapporto espropriativo in luogo del comune, nonostante che l'Amministrazione 
dei Lavori Pubblici si fosse assunto l'onere di provvedere alla 
materiale esecuzione della opera, compresa l'attivit� inerente alle espropriazioni, 
� poich� quelle attivit� pi� che espletate nell'interesse del comune 
ma in nome dello Stato, sembrano essere state compiute in nome e 
per conto del comune stesso che l'opera richiese �. 

Sennonch�, motivando in tal modo, la Corte di Palermo non soltanto 
non ha tenuto conto dei diversi principi gi� affermati in materia da questa 
Corte, ma dando esclusiva rilevanza al fatto che il comune di Palermo come 
� evidente trattandosi di attivit� sostitutiva prevista dalla legge fu 
il destinatario del bene espropriato che entr� a far parte del suo demanio 
stradale, non ha considerato come dagli stessi accertamenti di 
fatto compiuti in sede di merito di cui la sentenza denunziata ha dato 
atto risultava che il comune di Palermo richiese l'intervento dell'Amministrazione 
dei Lavori Pubblici non gi� per realizzare un'opera di finanziamento, 
ma perch� questa provvedesse alla attuazione del piano di ricostruzione 
della citt� di Palermo. La Corte avrebbe quindi dovuto stabilire, 
in conformit� all'accennata giurisprudenza -al fine di accertare 
chi fosse titolare del rapporto inerente al pagamento della indennit� di 
espropriazione nei confronti dei terzi espropriati -se l'attivit� posta in 
essere dallo Stato in sostituzione del Comune di Palermo potesse inquadrarsi 
nella ipotesi prevista dall'art. 58 del D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, 
nel qual caso l'amministrazione statale assume la posizione di parte sia 
nel rapporto espropriativo che in ogni altro rapporto inerente all'opera, 
spiegando perch� nel caso concreto si dovesse invece escludere il fenomeno 
della sostituzione amministrativa. 

Questa Corte, infatti, ha precisato al riguardo che, nei casi, in cui 
un ente pubblico curi l'esecuzione di un'opera pubblica di pertinenza di 
altro 1ente pubblico, la titolarit� del rapporto giuridico attinente alla 
espropriazione delle aree nei confronti dei terzi va determinata in base 
alla qualit� e quantit� dei poteri che siano conferiti al primo dalla legge 

o dall'atto amministrativo che danno luogo all'insorgere della particolare 
situazione. Quale sia il potere attribuito ad ognuno degli enti interessati; 
quale sia la posizione che ciascuno di essi assume nei rapporti con i terzi 
e a chi quindi debbano far capo le conseguenze degli atti che di volta 
in volta vengono compiuti non pu� essere dunque stabilito in astratto, 
ma va avvertito in relazione alle singole ipotesi con riferimento sia alle 
norme che prevedono e regolano il concorso di attivit� di pi� enti, sia 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

agli atti amministrativi con cui sia stata conferita, o sia stata assunta, 
la potest� di provvedere in relazione ad un'opera di pertinenza di altro 
ente. 

Dall'applicazione di tale principio pu� quindi derivare una deroga 
alla regola secondo cui � parte del rapporto di espropriazione l'ente a 
favore del quale l'espropria:liione � disposta (sent. 31 gennaio 1968, n. 311 
in motivazione). 

La sentenza impugnata, avendo invece posto l'accento sulla circostanza 
(in s� priva di rilevanza decisiva) che il comune di Pa1ermo era il 
beneficiario del procedimento di espropriazione ed intraprese l'occupazione 
materiale delle a11ee edificatorie, non ha tenuto conto che sotto il 
primo profilo gli stessi principi della cooperazione tra enti pubblici possono 
condurre ad una deroga alla regola accennata e che la mera situazione 
materiale di occupazione dei beni non pu� essere ritenuta sufficiente perch� 
sia affermata la legittimazione dell'ente occupante nei rapporti con 
i terzi conseguenti alla occupazione ed invece tale legittimazione va accertata 
attraverso l'esame delle specifiche circostanze in cui ha avuto 
luogo e delle norme e degli atti amministrativi che l'hanno determinata 
(Cass. 25 gennaio 1968, n. 212). 

N� la impugnata sentenza si sottrae a censura allorch� ha affermato 
che nella specie la esecuzione dell'opera pubblica sarebbe stata compiuta 
dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici in nome e per conto del comune 
di Palermo poich� tale deduzione non � sorretta da alcuna motivazione 
idonea, n� � stata preceduta dall'indagine preliminare cui si � innanzi 
accennato. 

Il ricorso principale del comune di Palermo deve essere, pertanto, 
accolto (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1981, n. 3408 -Pres. Rossi 
Est. Vela -P. M. Silocchi -Istituto Poligrafico dello Stato (avv. Stato 
Cerocchi) c. Gabellini (avv. Scorza). 

Pubblica amministrazione -Istituto �Poligrafico dello Stato -Pubblico 
impiego -Natura -Ente pubblico non economico -Giurisdizione del 
giudice amministrativo � Limiti. 

Previdenza � Istituto Poligrafico dello Stato � Possibilit� di volontaria 
assunzione di obbligo di pagare i contributi � Sussiste. 

Previdenza -Istituto Poligrafico dello Stato -Obbligo di pagare i contributi 
-Ratei di pensione inferiori a quelli dovuti -Natura risarcitoria 
del credito. 

L'Istituto Poligrafico dello Stato ha perduto il carattere di Ente Economico, 
conservando quello di Ente Pubblico in seguito alla legge 13 lu� 
glio 1966, n. 559, in virt� della quale i rapporti con il personale rientrano 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 535 

nel pubblico impiego e come tali sono assoggettati alla giurisdizione 

esclusiva del giudice amministrativo, mentre le controversie sui rapporti 

di lavoro, estinti in epoca anteriore alla �legge del 1966, sono attribuite 

alla giurisdizione del giudice ordinario (1). 

La volontaria assunzione dell'obbligo da parte dell'Istituto Poligrafico 

di pagare i contributi di previdenza per i propri dipendenti all'INPDAI, 

pur in mancanza di una espressa normativa, vincola l'Istituto stesso, non 

rilevando se soltanto successivamente a tale assunzione una norma lo ob


blighi al pagamento di detti contributi (2). 

Qualora a seguito di inadempienza del datore di lavoro dell'obbligo 

di pagare i contributi vengano corrisposti ratei di pensione inferiori a 

quelli dovuti, la differenza costituisce un credito di valore attesa la sua 

natura risarcitoria, non essendo al riguardo applicabile l'art. 429, 3� com


ma, codice procedura civile che, per il suo carattere di specialit�, non � 

suscettibile di interpretazione analogica, con la conseguenza che la parte, 

ove intenda chiedere la differenza non riscossa dei ratei di pensione, non 

pu� pretendere la rivalutazione del relativo importo, ma deve chiedere� 

che il credito sia rivalutato, stante la sua natura risarcitoria (3). 

� solo a seguito dei mutamenti apportati con la legge 13 luglio 1966, 

n. 559, che l'Istituto Poligrafico defilo Stato ha perduto il carattere di ente 
economico, pur conservando la sua natura pubblica; e q�indi solo dailla 
emanazione di quella legge i rapporti con dl personal�, dovendo essi .seguire 
la nuova condizione giuridica dell'ente datore di l�voro, sono da considerare 
l'apporti di impiego pubblico ed assoggettati alla giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo, mentre dei rapporti estinti.si -come 
quello donde ha avuto origine l'attuale controversia -in epoca anterfore 
continua a conoscere J'autorit� giudi2li.arif. ordinaria (sentt. 1� marzo 1978, 
n. 1031; 12 dicembre 1978, n. 5863; 26 aprile 1979, n. 2378 e numerosissime 
altre). 

� pertanto consentito l'esame del merito dei ricorsi. 

La residua censura del ricorrente principale investe il capo di sen


tenza col quale la Corte d'appello ha affermato che l'attore avrebbe do


vuto essere iscritto all'INPDAI dal 1� gennaio 1939, e che, pertanto, ai 

fini del risarcimento del danno occorre considerare che l'omissione con


tributiva ebbe inizio da quella data. 

Secondo l'Istituto, la statuizione � anzitutto inficiata da violazione 
� e falsa applicazione della legge 27 dicembre 1953, n. 967 e dell'art. 6 

(1-3) Sugli elementi di individuazione dell'Ente pubblico econotnico cfr. Sez. 
Un. 17 febbraio 1964, n. 348, in questa Rassegna 1964, I, 666. 
Con la prima massima cfr. Cass. 1� marzo 1978, n. 1031; Cass. 12' dicembre 
1978, n. 5863; Cass. 26 aprile 1979, n. 2378. 

9 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

c.c.n.l. 28 ottobre 1937 per i dirigenti industriali (in quanto ritenuto efficace 
.erga omnes); comunque, � errata nel merito, perch� solo con 
quella legge l'assicurazione all'INPDAI fu resa obbligatoria e sostitutiva 
di quella all'INPS; prima, i dipendenti venivano iscritti a tale Istituto 
in virt� della legge 28 luglio 1950, n. 633 e, nel periodo a questa precedente, 
unicamente a condizione che percepissero non pi� di 1.500 lire 
mensili (massimale, codesto, superiato dal Gabellini). 
Il motivo � palesemente infondato. 
Non � certo contestando l'obbligo di assicurare l'attore presso l'INPS 
che l'Istituto pu� dimostrare di non essere tenuto all'assicurazione presso 
l'INPDAI. 
N� gli giova sostenere che a quest'ultimo Ente non era dovuta alcuna 
contribuzione prima della legge 967 del 1953. 

Superando ogni questione sulla divetta applicabilit�, nella specie, dell'art. 
6 c.c.n.l. 28 ottobre 1937 -di cui il Poligrafico denuncia apoditticamente 
la violazione e .falsa applicazione -la Corte di merito ha rilevato 
che il regolamento del personale, emanato nel 1938, richiamava la contrattazione 
collettiva dei dirigenti industriali e che anche l'Istituto aveva mostrato 
di tener presente, in un certo qual modo, tale disposizione, avendo 
effettuato sempre una trattenuta, sullo stipendio del Gabellini, pari alla 
quota di contribuzione posta a carico dei dipendenti dalla disposizione 
stessa e versando spontaneamente, a partire dal 1943, i contributi all'INPDAI. 
Questi rilievi non sono stati censurati. E quindi ora non resta 
che constatare come sia inutile negare l'esistenza di un obbligo Legale ad 
attivare l'assicurazione, quando l'impugnata statuizione si basa sull'accertamento 
di un obbligo direttamente assunto dal Poligrafico verso i 
propri dipendenti. 

Il ricorso principale, va pertanto, respinto. 

Il pnmo motivo del ricorso incidentale, mediante la denuncia di violazione 
e falsa applicazione dell'art. 2110 cod. civ., in relazione alle norme 
contrattuali � regolamentari in esso richiamate e dell'art. 27, secondo 
comma, legge 13 luglio 1966, n. 569, investe il rigetto del capo di domanda 
volto a far valere il diritto del Gabellini a restare in servizio ed a percepite 
l'intera retribi.lzione per sopravvenuta malattia, durante tutto il 
periodo di cosiddetto comporto, fissato in dodici mesi dalla disciplina colLettiva 
dei dirigenti industriali. Dalla premessa che le delibere adottate 
dal Consiglio di amministrazione dell'Istituto nel 1949 edal commissario 
straordinario nel 1953 per fissare i limiti di et� del personalie stesso, divennero 
invalide ed inefficaci perch� non furono sottoposte all'approvazione 
del Ministro del tesoro prevista dall'art. 23, primo comma, d.l.C.p.S. 
22 settembre 1947, n. 1105, si deduce che il rapporto di impiego del Gabellini 
avrebbe dovuto intendersi a tempo indeterminato e che pertanto 
al momento dell'intimazione del recesso (tale dovendo considerarsi la 
lettera datata 4 giugno 1965 del .Presidente dell'Istituto) �era disciplina 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

dall'art. 2110 cod. civ., e dall'art. 6 c.c.n.l. 24 giugno 1961 per i dirigenti 
di aziende industriali, con la conseguenza che all'attore spettavano la 
conservazione del posto e la retribuzione per dodici mesi, stante la predetta 
malattia. 

N�, si aggiunge, questa conclusione pu� evitarsi rilevando che il decreto 
n. 1105 del 1947 non fu ratificato dal Parlamento a norma dell'art. 
6 d.l. lgt. 16 marzo 1946, n. 98, perch� la decadenza di quel provvedimento 
mavolge tutti gli atti che vi sono collegati. 

Il motivo non � fondato. 

Poich� il ricorrente non sottopone alla Corte alcuna questione sulla 
legittimit� -per contrasto con norme legislative o collettive -della 
disposizione relativa al limite di et� applicata nei suoi confronti, ma si 
affida esclusivamente alla duplice tesi che tale disposizione � da ritenere 

o eliminata per mancata ratifica parlamentare del decreto presidenziale 
in cui era contenuta, oppure inefficace perch� non fu sottoposta all'approViazione 
ministeriale da essa stessa prevista, � sufficiente osservare che il 
primo profilo, se per un verso assorbe il secondo, essendo fuori quetione 
che il decreto n. 1105 del 1947 non venne ratificato dall'Assemblea 
costituente, �, per un altro verso, inaccettabile in quanto trae da tale 
fatto una conseguenza esorbitante, ai fini della soluzione del caso di 
specie. 
Esso presuppone che l'art. 23 del decreto, disponendo che �lo stato 
giuridico, 11 trattamento economico e la dotazione organica dell'Istituto 
Poligrafico dello Stato e dell'Officina carte valori sono stabiliti con distinti 
regolamenti organici, deliberati dal Consiglio cli amministrazione 
ed approvati dal Ministro per il tesoro �, attribuisse all'Ente un potere 
regolamentare che altrimenti non gli sarebbe spettato. Invero, le persone 
giuridiche pubbliche hanno come loro fondamentale prerogativa il potere 
autonomo di organizzazione, comprendente quello di disciplinare con regolamenti 
il proprio personale (cos�, fra le tante, Cons. Stato Sez. VI, 26 settembre 
1975, n. 386); e tale. prerogativa � propria anche degli enti pubblici 
economici, i quali fanno pur sempre parte dell'amministrazione pubblica, 
ancorch� siano tenuti a conformarsi nei rapporti col personale, non 
alle regole di tale amministrazione, ma a que11e contenute nella disciplina 
legislativa e collettiva del lavoro privato (art. 209 cod. civ.). Quindi nel 
cit. art. 23 � da ravvisare una regola di esercizio, piuttosto che di attribuzione, 
del potere regolamentare, con l'ulteriore conseguenza (opposta, 
come ha opportunamente sottolineato la Corte d'appello, a quella propugnata 
dal Gabellini) che la sua caduca2�ione certamente non ha privato 
di base giuridica i provvedimenti in contestazione, ma pu� averne eliminato 
una condizione di efficacia (il punto, implicante un'indagine sulle 
norme di varia natura, preesistenti al decreto del 1947, non pu� essere 
risolto ora, non formando oggetto del motivo di ricorso). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

538 

Con il secondo ed ultimo motivo, il ricorrente ascrive a1la Corte 
d'appello violazione e falsa applicazione dell'art. 429 ultimo comma, cod. 
proc. civ. e 150 delle relative disposizioni di attuazione (entrambi nel 
nuovo testo formulato con la legge 11 agosto 1973, n. 533), per aver 
respinto la richiesta di rivalutazione monetaria dei suoi crediti aventi ad 
oggetto le retribuzioni dovute durante il periodo di comporto ed il risarcimento 
del danno provocato dall'omessa contribuzione previdenziale. 

Neppure questa doglianza ha fondamento. 

� ovvio che non esiste pi� alcun problema di rivalutazione in relazione 
a quanto si fa dipendere dalla protrazione del rapporto di lavoro, 
posto che l'esito del primo motivo ha reso incontestabile il rigetto della 
pretesa del c.d. periodo di comporto. 

Ma la rivalutazione, cos� come viene richiesta, ossia in base all'indice 
dei prez:z;i calcolato dall'I.S.T.A.T. per la scala mobile dei lavor�tori dell'industria, 
secondo il procedimento previsto dai sopra citati articoli del 
codice di rito, non � consentita neanche per la differenza fra le rate di 
pensione riscosse e quelle dovute, che pure attiene ad un debito di valoi;e 
poich� proprio in quanto trattasi di credito per risarcimento di danno 
� cosa ben diversa dai � crediti di lavoro � esclusivamente ai quali ha 
riguardo !',art. 429 terzo comma cod. proc. civ. N� quest'ultimo � sus�ettibile 
di applicazione analogica atteso il suo carattere speciale (art. 14 
.disp. prelim. al cod. civ.) che gli deriva dall'aver trasformato in debito 
�di valore uno specifico debito di ~aiuta e dall'averne predisposto un 
:apposito sistema di liquidazione automatica (giurisprudenza costante della 
Sezione del lavoro, peraltro formatasi in relazione al caso, diverso da 
quello in esame, di ritardo nel pagamento della pensione frapposto dall'Ente 
assicuratore). 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA* 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 23 giugno 1981, n. 304 -Pres. Daniele, 
Est. Noccelli -Ministero pubblica ist.ruzione ed altro (avv. Stato Vittoria) 
c. Pipoli (avv. Toschez e Lorussi). 
Appello avverso T.A.R. Puglia, Bari, 10 maggio 1978, n. 398. 

Istruzione e scuole � Esami di maturit� � Giudizio finale . Discrezionalit� 
tecnica � Sindacato giurisdizionale � Limiti. 

Istl"U2Jione e scuole � Esami di maturit� � Giudizio finale � Discrezionalit� 
tecnica � Natura. 

Il giudizio demandato dalla legge alla Commissione per l'esame di maturit� 
implica una tipica valutazione di merito, come tale non sindacabile 
in sede di giudizio di legittimit� (1). 

La valutazione di merito propria del giudizio della Commissione per 
l'esame di maturit� non comporta un c.d. apprezzamento discrezionale, e 
cio� una scelta tra i contrapposti interessi pubblici e privati al fine di individuare 
quello che deve ritenersi prevalente secondo un ordine di priorit� 
gi� stabilito dall'ordinamento, ma implica l'individuazione, in capo al singolo 
candidato, di un giudizio che si concreta in una �misura di valore� (2). 

* alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato 
l'avv. LUIGI M~RUOTTI. 
(1-2) Giurisprudenza costante: per tutte, v. VI Sez., 6 marzo 1979, n. 130; 
VI Sez., 19 ottobre �1979, n. 702; VI Sez., 9 giugno 1978, n. 731, in Consiglio di 
Stato, rispettivamente, 1979, I, 402; 1979, I, 1418; 1978, I, 1181. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 luglio 1981, n. 582 -Pres. Imperatrice, 
Est. Noccelli -Ditta G. e R. Liscio (avv. Giuliani) c. Prefetto di Potenza 
ed altro (avv. Stato Ferri) ed A.N.A.S. (n.c.). 
Appello avverso decisione T.A.R. Basilicata, 30 marzo 1978, n. 67. 

Giustizia amministrativa � Ricorso �giurisdimona:le � Motivi � Motivi agg.
funti � Facolt� del difensore mumto di mandato speciale a ricor� 
rere � Ammissibilit�. 

Espropriazione per pubblica utilit� � Espropriazione . Dichiarazione di 
pubblica utilit� � Decadenza � Rinnovazione � Norme applicabili � 
Rapporti tra L. n. 2359 del 1865 e L. n. 865 del 1971. 

Qualora al difensore sia stata conferita la procura speciale da parte 
del ricorrente per l'attivit� da svolgere nell'ambito del processo instaurato 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

col ricorso, il difensore stesso pu� proporre motivi aggiunti, senza che vi 
sia bisogno della rinnovazione della procura o della espressa sottoscrizione 
dei motivi stessi da parte del ricorrente (1). 
Nelle procedure espropriative di competenza statale disciplinate dalla 
legge n. 2359 del 1865, l'intervenuta decadenza della dichiarazione di pubblica 
utilit� di un'opera non comporta che, successivamente alla rinnovazione 
della dichiarazione di p.u., trovino applicazione le norme previste 
nel titolo II della sopravvenuta L. 22 ottobre 1971, n. 865, dal momento 
che tali norme attengono ad un procedimento espropriativo di carattere 
generale, previsto per le sole opere di interesse regionale e subregionale (2). 
(1) Cfr. IV Sez., 18 ottobre 1967, n. 494 (in Il Consiglio di Stato 1967, I, 1773). 
Tale decisione ha mutato il precedente indirizzo giurisprudenziale, secondo cui 
l'atto contenente motivi aggiunti richiedeva La sottoscrizione oltre che dell'avvocato, 
anche della parte ricorrente, qualora il difensore non risultasse munito 
di mandato speciale. (Per tutte, v. Ad. PI. ,12 gennaio 1954, n. 1, ivi, 1954, I, 1). 
(2) Cfr. Ad. Plen. 19 gennaio .1979, n. 1, ivi, 1979, I, 1. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 22 maggio 1981, n. 225 -Pres. Daniele, 
Est. Trotta -Ministero lavori pubblici ed altiro (avv. Stato Mataloni) 
c. Martuscelli ed altri (avv. Sorrentino). 
Appello avverso decisione T.A.R. Lazio, I Sez. 21 maggio 1980, n. 552. 
Giustizia amministrativa -Appello -Rappresentanza e difesa della P.A. 
Avvocatura dello Stato -Mandato -Non occorre. 
-
Giurisdizione civile -Impiego pubblico e privato -Collaudi 
pubbliche -Giurisdizione -Commisurazione del compenso 
professionali -Non rileva ai fini della giurisdizione. 
di opere 
a tariffe 
Impiego pubblico -Stipendi, assegni e 
Dirigenti statali -Art. 50 D.P.R. n. 
cazione. 
indennit� -Omnicomprensivit� 
748 del 1972 -Ambito di appli� 
Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� � Omnicomprensivit� -
Dirigenti del Ministero lavori pubblici � Compensi per collaudi opere 
pubbliche � Natura � Spettanza -Sussiste. 
Impiego pubblico � Stipendi, assegni e indennit� 
Dirigenti statali -Collaudo opere pubbliche . 
commisurazione -Effetti e limiti. 
-Omnicomprensivit� . 
Compenso -Criteri di 
All'Avvocatura dello Stato � conferito direttamente dalla legge il potere 
di esercitare ogni atto del proprio ministero e, in particolare, di appellare 
le sentenze dei tribunali amministrativi regionali, senza che vi sia 
la necessit� di un espresso mandato dell'Amministrazione rappresentata. 
Pertanto � irrilevante in sede giurisdizionale un eventuale contrasto tra ,.. 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

541 

la determinazione adottata dell'Avvocatura dello Stato e quella adottata 
.dall'Amministrazione in ordine ad una determinata controversia, dovendo 
il Giudice ritenere che la volont� dell'Amministrazione si presuma 
coincidente con la rappresentanza processuale affidata alla cura dell'Avvocatura 
dello Stato (1). 

Le controversie relative alla liquidazione di compensi, nella specie 
negati, per collaudi di opere pubbliche effettuati da funzionari statali in 
attivit� di servizio, anche se la misura del compenso debba aver luogo a 
norma delle tariffe professionali, appartengono alla giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo (2). 

Il principio di omnicomprensivit� del trattamento economico, previsto 
per i dirigenti statali nell'art. 50 del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, trova 
applicazione allorquando le attivit� prestate siano rese in virt� del rapporto 
di impiego o in connessione con la carica o in rappresentanza dell'Amministrazione; 
qualora, invece, manchi tale presupposto per l'applicabilit� 
della norma, dovranno essere autonomamente retribuite tutte le prestazioni 
rese su speciali incarichi, e ci� in forza del principio generale della 
remunerabilit� di ogni prestazione (3). 

Poich� le operazioni di collaudo di opere pubbliche, in base all'articolo 
unico del D.L.vo 6 marzo 1948, n. 341, convertito nella L. 24 dicembre 
1951, n. 1585, possono essere affidate anche a funzionari di ruolo a riposo 
dell'Amministrazione dei lavori pubblici o di altre Amministrazioni dello 
Stato, purch� provvisti di laurea in ingegneria, lo svolgimento di tali 
operazioni pu� considerarsi non rientrante tra i compiti dell'ufficio ricoperto 
dal funzionario incaricato, mancando la connessione tra le funzioni 
e la qualifica (connessione che costituisce il presupposto dell'applicazione 
del principio di omnicomprensivit� del trattamento economico), con la 
conseguenza che deve essere conosciuto il diritto al compenso, ogniqualvolta 
sussistano l'affidamento formale dell'incarico e la successiva accettazione 
del funzionario, accettazione che pu� aver luogo anche con l'effettivo 
espletamento delle operazioni di collaudo (4). 

In assenza di una espressa previsione normativa, la commisurazione 
del compenso dovuto ai dirigenti statali, che siano iscritti nell'albo degli 
ingegneri, per il collaudo di opere pubbliche pu� e deve essere determinata 
in base alle tariffe professionali. 

(1) Cfr. Sez. IV, 13 maggio 1980, n. 533, in Consiglio di Stato, 1980, I, 664. 
(2-4) Giurisprudenza pacifica. Per tutte cfr. Sez. IV, 9 novembre 1979, n. 967; 
Sez. IV, 24 aprile 1979, n. 292; Sez. IV, 11 dicembre '1979, n . .1142; Sez. IV, 
25 aprile 1979, n. 290; Sez. IV, 6 febbraio 1979, n. 76; rispettivamente in Il Consiglio 
di Stato, 1979, I, 1550; 1975, I, 534; 1979, I, 1776; 1979, I, 534; 1979, I, 133. 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 settembre 1980, n. 5161 -Pres. Sposato Est. 
Sensale -P. M. Gazzara (conf.) Soc. Fiorella (avv. Micheli) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Rossi). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Decisione della collUllissione Imposta 
sulle societ� -Rinvio a:ll'ufficio per la liquidazione -Legittimit�. 


(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 35; T.U. 29 gennaio 1945; n. 645, art. 150)1. 
Legittimamente la Commissione Tributaria che ha determinato il reddito 
dell'imposta sulle societ� in relazione a quello stabilito per l'imposta 
di ricchezza mobile rinvia all'Ufficio la mera operazione amministrativa 
di liquidazione del tributo (1). 

(Omissis) Con il primo motivo la ricmrente, denunziando la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 150 del t.u. delJe imposte dirette 29 gennaio 
1958, n. 645, censura l'impugnata decisione per avere ritenuto legittimo 
l'operato della Commissione di secondo grado, che aveva rinviato all'ufficio 
gli atti relativi alla riliquidazione dell'imposta sulle societ� in base 
alla dec�siione adottata dalla stessa commissione per lo stesso periodo di 
impos�ta relativamente aiJ. tributo di �r.m. La ricorrente lamenta in parrticolare 
che la Commissione tributaria centmle sia giunta a rtale pronunzia 
violando l'art. 150 del t.u., applicando l'abrogato art. 31 della ~egge n. 1516 
del 1937 e non l'art. 35 del d.P.R. n. 636 del 1972, mentre avrebbe dovuto 

(1) Osservazioni sul rapporto tra la pronunzia del giudice tributario e l'atto 
amministrativo di esecuzione. 
Della decisione sicuramente esatta non soddisfa la motivazione. Il problema 
generale del contenuto della pronuncia della commissione (ed anche del giudice 
ordinario) e della possibilit� di una conseguenziale attiVii.t� dell'ufficio per la 
determinazione in moneta dell'obbligazione � di notevole rilievo. 

Non giova a:lla soluzione adottata il richiamo all'art. 150 del T.U. delle 
imposte dirette il quale prevede semplicemente che sulla base dello stesso 
accertamento (della base imponibile) dell'imposta di ricchezza mobile e sui 
fabbricati, l'ufficio � deve � provvedere a notificare al contribuente la liquidazione 
dell'imposta. 

Ci� significa che l'automatica efficacia dell'accertamento stabilita nel primo 
comma dell'art. 150 non consente tuttavia di iscrivere a ruolo l'imposta sulle 
societ� senza una preventiva notifica della liquidazione dell'imposta. Ma la 
norma � riferita alla fase amministrativa (e certo non si dubita che l'uffici�' 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 543 

essa Commissione .rideterminare l'imposta sulle societ� in base al reddito 
accertato ai fini dell'imposta di r.m. 

La censura � infondata. 

L'art. 150, 2� comma, del �t.u. 645/58 sancisce che l'accertamento dei 
redditi soggettivi all'imposta di r.m. spiega automatica efficacia ai fini 
dell'imposta sulle societ� e al terzo comma demanda in ogni caso all'ufficio 
di notificare al contribuente la liquida:llione de1l'imposta fatva in dipendenza 
del comma precedente. 

La Commissione di secondo grado fece puntuale applicazione di tale 
norma (che, avendo natura sosrtanziale, � norma ancora vigente per le 
situazioni sorte sotto .id suo vigore), in conseguenza de!Ja rettifica, operata 
con altra decisione, del reddito tassabile ai fini dell'imposta di r.m. 
accertato a suo tempo dall'Ufficio e tenuto a base per 1a liquidazione 
dell'imposta sulle societ�, rimettendo all'Ufficio l'adempimento di una 
operazione tipicamente amministrativa, qual'� quella della determinazione 
in ccmcveto dell'timposta nei suoi termini quantitativi in relazione all'accertamento 
del presupposto dell'imposta stessa; e ~egittimamente la Commissione 
�tributaria centrale ha confermato tale decisione. 

Non vertendosi in tema d'integra2lione dell'accertamento, per H quale 
possa sorgere il problema se il relativo potere debba essere esercitato direttamente 
dalle Commissioni tributarie o se queste abbiano rla facolt� di 
rimetterlo all'Ufficio delle imposte, non pu� ritenersi che nel caso si sia 

possa notificare la liquidazione o magari anche l'accertamento) e nulla se ne 
pu� ricavare per delimitare il potere della commissione. 
Ancor meno pertinente � l'art. 35 del d.P.R. n. 636/1972 che riguarda soltanto 
l'istruttoria. 
La soluzione va diversamente impostata e pu� essere unitaria per tutte le 
pronunce sui rapporti tributairi. . 

Sulla premessa che il processo tributario, sia quello del giudice ordinario 
che quello delle commissioni, � di accertamento del rapporto e che di conseguenza 
oggetto del processo � la determinazione degli effetti che .l'avveramento 
del presupposto produce nell'amhito della norma impositiva (su queste fondamentali 
premesse da ultimo si sono pronunziate le Sezioni Unite .con la sentenza 
5 marzo 1980, n. 1471, retro, 345); la pronunzia, che non deve verificare 
al fine di eventuale annullamento la perfezione dell'atto di accertamento, deve 
soltanto stabilire, ovviamente in relazione alla domanda proposta, se si � o 
meno prodotto un�effetto. Ma per antica tradizione di legge e anche .di prassi, 
la sentenza, che peraltro non costituisce il titolo della riscossione o del rimborso, 
non contiene la liquidazione dell'imposta, bens� solo quegli elementi in 
base ai quali la liquidazione possa essere eseguita con una semplice operazione 
aritmetica. Ma questa operazione che � di routine per l'ufficio, � invece assai 
difficoltosa per il giudice sia per difetto di praticit� (certamente sarebbero 
poche le commissioni capaci di liquidare in tutte le v11rie voci, ad es., un'im� 
posta di successione e con essa l'imposta globale, la imposta di trascrizione 
i diritti catastali, i diritti fissi, gli interessi ecc.), sia per difetto di informazione 
su fatti verificatisi in pendenza di giudizio (pagamenti parziali ecc.), 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

544 

erroneamente fatta applicazione di una norma abrogata dal nuovo contenzioso 
tributario e cio� dell'art. 31 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, secondo il 
quale J:a Commissione (distrettuale) che intendesse avvalersi della facolt� 
di accertare o di �aumentare i redditi, doveva notificare fa p~oposta al 
contribuente a mezzo dell'ufficio delle imposte. N� all'operato della Commissione 
di secondo grado �era di ostacolo ia norma di cui all'art. 35 del 

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, applicabile nel caso in virt� della norma 
tmnsitoria contenuta nell'axt. 43 dello stesso decreto, che concede alle 
commissioni di primo grado e di �secondo grado tutte le fiacolt� di accesso, 
di �richiesta di dati e d'informazioni e consente a tali commissioni di demandare 
agili Uffici il compimento di quelle attivit�. 
� vero che la norma citata si Tiferisce soltanto alle attiv,it� istruttorie, 
escludendo implicitamente d:a1la facolt� di delega attivit� che non siano 
tali: ma quest'implicita esclusione, se pu� valern (ed fil ci� � la sua reale 
portata) per le attivit� processuali e comunque peT quelle attivit� che sono 
manifestazione dell'esea.-ci:llio di un potere giurisdizionale istituzionaimente 
attribuito alle Commissioni tributarie, non niguwda l'espletamento di una 
attivit� squisitamente amministrativa propria �dell'ufficio impositore, qual'� 
quella della liquidazione delJ.'imposta in base ad un presupposto non contestato 
o accertato giudizialmente: presupposto che, nel caso, era la determinazione 
del reddito di r.m., che, per l'automatica efficacia che spiega 

ma soprattutto perch� la controversia non sempre e non necessariamente investe 

l'intera obbligazione. Nelle dmposte indirette, in conseguenza della struttura del 

procedimento amministrativo, il ricorso, occasionato da atti diversd che inter


vengono in tempi diversi, riguarder� o soltanto la determina2fone della base 

imponibile, o soltanto il criterio di liquidazione dell'imposta, ovvero altre ancor 

pi� 'limitate quesrtioni; nessuna delle decisioni che cadono su un elemento sol


tanto dell'obbligazione potrebbe liquidare l'imposta. Nelle imposte dirette la con


testazione cade solitamente su qualcuno soltanto deg1i elementi positivi o nega


tivi del reddito o su una deduzione o una detrazione; dalla decisione della 

limitata controversia per arrivare alla liquidazione dell'imposta occorrerebbe ri


mettere in gioco tante altre voci dell'accertamento che non sono oggetto del 

giudizio in ordine alle qua1i � perfino dubbio che il giudice possa pronunziarsi. 

La pronunzia del giudice si limita quindi a dichiarare quali sono gli effetti 

(controversi) che si sono prodotti ed a stabilire i criteri che, eventualmente 

componendosi con altri elementi non controversi o che sono stati oggetto di 

una diversa pronunzia, vanno seguiti per procedere alla completa liquidazione 

del tributo e degli accessori. 

Spetter� all'ufficio, che dopo la decisione torna ad essere il soggetto inve


stito di autorit� amministrativa, dare attuazione concreta al giudicato attraverso 

un atto di ottemperanza che conterr� la espressione in moneta della obbligazione 

e degli accessori e che costituir� il titolo per la riscossione, ovvero per il rim� 

borso (v. la menzionata sentenza 5 marzo 1981, n. 1471). 

Questo non significa che il giudice abdica alla sua potest� o che l'ufficio 

usurpa le funzioni giurisdizionali. 

Quel che � mera attuazione burocratica del giudicato pu� ben essere lasciata 

all'ufficio tributario. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 545 

ai fini dell'imposta sulle societ�, costituiva l'antecedente necessario di tale 
tributo che l'Ufficio dov.e~a �tenere presente nell'esercizio del potere amministrativo 
ad esso espressamente attribuito dal 3� comma dell'art. 150 
del t.u. 645/58. 

Con il secondo motivo la rkorrente denunzia la violazione dell'art. 145 
in rdazione all'art. 8 del t.u. 645/58 �ed 11 vizio di omessa motivazione, censurando 
la decisione impugnava per avere -Ia Commissione tributaria 
oentrale -motivato per relationem ad alta:a decisione della stessa Commissione, 
che aveva attenuato in tema di accertamento de1l'imponibile 
ai fin.i dell'imposta di r.m., togliendo, in tal modo, alla parte soccombente la 
possibilit� d'impugnare la decisione per i motiv1i desumibili dalla decisione 
di riferimento. La ricorrente ripropone, quindi, le questioni relative 
all'accertamento dell'imponibile di r.m. e chiede sospendersi il giudizio, 
ai sensi deM'art. 337 c.p.c., in attesa della decisione su tale imponibile. 

La censura si a;rtioola in una duplice direttrice, una relativa a1 difetto 
di motiivaziooe, svolta per relationem a quella de11a decisione in tema di 
imponibile di r.m.; e l'altra diretta a riproporre le questioni di merito svolte 
nel giudizio relativo a detto imponibile; essa � sotto entrambi i profili 

Naturalmente la decisione potr�, a seconda dell'oggetto della impugnazione, 
spingersi pi� o meno avanti nella specificazione degli elementi dell'obbligazione 
conseguenziali alla risoluzione della controversia (la casistica dei possibili schemi 
dii decisione � ilil�mirta!tia), .La!sciando ahl'ufficio per i provv:ecLicrnentli conseguenziailii. 
uno spazio pi� o meno esteso. Ma non sembra che possa concretamente sollevarsi 
il timore che la decisione giurisdizionale rischi una mutilazione in sede 
di esecuzione da parte dell'Amministrazione. 

Del resto il provvedimento che l'Amministrazione emetter� per dare attua


zione concreta al giudicato sar� pur sempre un atto, in senso lato, di accerta


mento (avviso di liquidazione, ingiunzione, ruolo, provvedimento di rimborso), 

a sua volta impugnabile ex art. 16 d.P.R. n. 636/1972 (per la definizione dell'atto 

impugnab11e come accertamento fa senso ampio V. 25 novembre !1980, n. 6262 

in questo fascicolo pag. 579). 

La puntualizzazione che precede � rilevante per uno dei problemi di grande 

attualit� del contenzioso tributario, ossia per la caratterizzazione del giudizio 

della commissione centrale come giudizio di merito, cosa che ha destato sospetti 

di legittimit� costituzionale. Oggi indubbiamente la commissione centrale emette 

una pronunzia definitiva (di merito) senza rinvio, in tutti i casi fo cui non debba 

essere ripetuto il giudizio di valutazione estimativa (art. 29), a differenza, si 

afferma, di quanto avveniva prima� della riforma ove era normale l'annullamento 

con rinvio (art. 48 r.d. 8 luglio 1937, n. 115'16). Con la riforma i poteri della 

Commissione centrale risulterebbero ampliati con una evoluzione verso un giu� 

dizio di merito, ma ci� sarebbe in contrasto con la norma di delega che aveva 

delineato il nicorso alla Commissione centrale come una impugnazione per 

soli motivi di legittimit�. 

:B questo uno dei profili della complessa questione della impugnazione di 
terzo grado e delta sua legittimit� costituzionale (sull'argomento v. C. BAFILE, 
Oservazioni sul giudizio di terzo grado; ID., Nuove prospettive per il giudizio 
di terzo grado? in questa Rassegna, 1977, I, 874; 1981, I, 109); essa si fonda su una 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

infondata. Il primo � stato oggetto di esame e di decisione da parte di 
questa Corte con ile decisioni n. 1455 del 1966 e, recentemente, n. 1209 
del 1980, con le quali � stato espressamente ,r.iconosciuto sufficiente, ne1la 
motivazione delle decisioni delle commissioni trr-ibutarie relative all'imposta 
sulle societ�, il 1richiamo alla parallela decisione, emessa il.o stesso 
giorno in ordine ahl'ammontare del reddito mobiliare cui veniva ad essere 
collegata per legge l'imposta. Con la seconda delle decisioni anzidette si � 
precisato che, quando l'accertamento dei redditi soggetti all'imposta di 

r.m. spiega 1automatica efficacia ai fini dell'imposta sulle societ� ai sensi 
e sotto il vigore degli art. 148 e 150 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, la 
Commissione tributaria, che s1a investita con separati ricorsi contro i due 
accertamenti, ha l'obbligo di sospende11e 1a controversia relativa alla seconda 
imposta, in attesa della defini2iione di quella sulla prima, solo quando 
esse vengono portate separatamente 1alla cognizione di diverse sezioni, ovvero 
si trovino in stati diversi d'istruzione e trattazione, mentre, quando 
giungano alla stessa sezione ne11a medesima seduta, ,le controversfo medesime 
possono essere definite entrambe, con motivazione della decisione 
sull'imposta sulle societ� per relationem, alla stregua dei principi affermati 
in tema d'imposta di r.m. ed in applicazione di detta automatica 
efficacia. 
errata .premessa: per l'appunto sulla asserita diversit� tra la anteriore e la 
attuale struttura della pronuncia della Commissione centrale sul punto della 
statuizione definitiva o con rinvio. 

Nel menzionato art. 48 del r.d. n. 1516, il rinvio non � considerato (come 
nel giudizio di cassazione) una conseguenza ineluttabile della sentenza di accoglimento 
(�quando la Commissione centrale rinvii...�), anche se la norma � totalmente 
muta 1suM:a individuazione delle !ipotesi in cui fil rinvio � necessario. Ma 
nella realt� e nell'esperienza di molti decenni le decisioni di rinvio sono sempre 
state poche rispetto al numero delle decisioni di accoglimento. 

E questo si spiega per l'appunto con la possibilit� di rimettere all'ufficio 
i provvedimenti consecutivi ed attuativi. La decisione della commissione non 
era e non � una pronun:cia che contiene �tutta :i!Iltera iJ:a regolamentazione del 
rapporto, come tale eseguibile; essa necessita di un ulteriore atto di specificazione 
degli effetti, ma questo atto non � mai consistito in una decisione del 
giudice di rinvio. La dichiarazione del rapporto d'imposta, anche se non 
espressa in tutti i suoi dettagli, � pur sempre una pronunzia di merito; tale 
� sempre stata ed �, sia la decisione della Commissione centrale sia la sentenza 
del giudice� ordinario. 

Sarebbe gravosissimo pretendere dalla Commissione centrale di pronunciare 

su tutti i dettagli della liquidazione della imposta e dei suoi accessori (e non 

meno difficoltoso lo sarebbe per la Corte d'appello); e sarebbe anche pericoloso 

far svolgere questa attivit� dal giudice di terzo grado, attesa la molto alta 

possibilit� di banale errore e la gravosit� dell'impugnazione. 

Sul terreno pratico-organizzativo � veramente salutare la concezione del 

processo in modo da non appesantirlo con attivit� ad un tempo misere e tecni


cistiche (e questo vale anche per le commissioni di primo e secondo grado e 

fil 

11 

I 


I 



PARTE 1, SEZ. Vl, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 547 

Dato, poi, l'automatismo dell'efficacia della decisione !l'elativa all'imponibile 
soggetto al tributo mobiliare su quella concernente la imposta sulle 
societ� e dato il contenuto dehla 'impugnata decisione, confermativa della 
decisione della Commissione di secondo grado di rinvio all'Ufficio della 
liquidazione dell'imposta sulle societ�, non v'� ragione di riproporre in 
questa sede le quesHoni Telative alla determinazione del reddito di r.m., 
di cui J'ufficio dovr� necesS'ariamente tener conto, nella misura definitiva 
di esso, al fine di liquidare l'imposta sulle societ�; n� pu� porsi un problema 
di sospensione del processo ai sensi dell'art. 337 c.p.c. proprio perch� 
alla liquidazione dell'imposta sulle societ� non ha provveduto la 
Commissione tributaria (omissis). 

per il giudice ordinario), s� che non sarebbe ragionevole una tendenza che in 
nome di un malinteso garantismo portasse a sopraccaricare il processo tributario. 

Ma indipendentemente da questa pur rilevante considerazione, bene si giustifica 
la limitazione del contenuto della pronunzia giurisdizionale sia con la 
ineliminabile connessione che il processo tributario ha con il procedimento amministrativo 
che lo deve precedere e seguire, sia con la natura� della pronunzia 
giurisdizionale che non costituisce il titolo della riscossione e non pu� mai 
eliminare la necessit� di un atto dell'amministrazione attuativo del gudicato, sia 
infine con la fondamentale natura dichiarativa di accertamento del processo 
tributario rivolto a verificare la sussistenza sostanzi�ale del rapporto di imposta 
indipendentemente dagli atti del procedimento amministrativo che non vengono 
n� annullati n� sostituiti con la pronunzia giurisdizionale. 

CARLO BAFILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5343 -Pres. Mirabelli Est. 
Lipari -P. M. Caristo (conq.� Ministero deHe Finanze (avv. Stato 
D'Avanzo) c. Uliscia. 

Tributi in genere � Prescrizione � Interessi -Atti mterruttivi del . credito 
d'imposta � Estensione agJ.� interessi -Esclusione. 

Gli interessi sui tributi costituiscono una obbligazione autonoma, soggetta 
a prescrizione quinquennale, sulla quale non si riflettono gli effetti 
degli atti interruttivi della prescrizione del credito di imposta (1). 

(omissis) 1. Si tratta di stabilire se le �cause di interruzione della prescrizione 
riguardanti il tributo indiretto si estendano �automaticamente al 
debito accessorio riguardante gli interessi. 

E pi� specifioamente di verificare se un principio generale desumibile 
in tal S'enso ~i app1ichi anche nella i~tesi di credito tributario per imposta 

(1) Era stato ripetutamente affermato sia che gli atti che interrompono la 
prescrizione del credito di imposta producono effetto sulla distinta obbligazione 
di interessi (19 novembre 1979, n. 6034, in Riv. Leg. Fisc., 1980, 92) sia che il 
corso della prescrizione degli interessi non inizia prima che sia accertato defin�

548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
supplettiva, cui acceda l'obbligazione di interessi fondati sud~a previsione 
specifica della Legge n. 29 del 1961. 
Secondo la Commissione tributaria centrale, stante l'autonomia della 
obbligazione di :imposta e di quella per interessi, l'interruzione della prescrizione 
operata rispetto alla prima non si estende automaticamente alla 
seconda. 
Secondo l'Amministrnzione finanziaria -invece -l'autonomia, che 
si riflette nella differenziazione di disciplina gi.ridica, non vale a cancellare 
il carattere della accessoriet� che postu~a un collegamento fra l'una 
e l'altra obbligazione, riflettentesi necessariamente nel campo della prescrizione 
e della sua interruzione. 
Viene, pertanto, denunciata, con l'unico motivo del ricorso, i.a violazione. 
degli artt. 2935 e 2945 cod. civ. e degli artt. 1, 2, 3, 4 ,e 5 della 
L. 26 gennaio 1961, n. 29, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. 
L'accessoriet�, si sostiene, determina un nesso indissolubile fra obbligazione 
principale ed obbiigazione degli mteressi, e tale coHegamento, desumibile 
dai principi, assume rilievo di d�!ritto pos�!tivo per effetto del1a specifica 
regolamentazione dettata dalla Jegge n. 29 del 1961, fa quale stabilisce 
che gli interessi sulle somme dovute all'erario per tasse ed imposte indirette 
sugili affari (art. 1), nonch� sulle somme indebitamente corrisposte a 
titolo di tributo, si computano e sono dovuti solo alla fine del procedi-. 
mento di accertamento riguavdante l'obbligazione principale Telativa alla 
imposta. Ed, invero, si soggiunge, fino al1a definizione dell'accertamento non 
si � stabilita, in modo certo e non pi� modificabHe, la misuro de1l'imposta 
che costituisce la base per il calcolo, e quindi per la commisl!Jl'azione dei 
rispettivi interessi. 
Di conseguenza, la notificazione dell'mgiun2lione fiscale relativa al pagamento 
dell'imposta interrompe necessariamente anche la prescrizione relativa 
agli interessi; e se vi � stata opposizione aill'ingii.unzione la iinterrurione 
perdura finch� il relativo giudizio non sia definito con giudicato, poich� la 
pendenza del giudizio su1l'esistenza del credito rende il diritto agli interessi 
incerto e non esigibhle. 
L'ampiezza degli effetti dell'atto interruttivo, che si estende all'Jntero 
rapporto tributario, incidendo fino alla definizione della controversia, sull'ammontare 
dei relativ;i interessi, porta, secondo ,l'Amministrazione nicortivamente 
il credito di imposta (5 gennaio 1972, n. 20, in questa Rassegna, 
1972, I, 281). 
Le affermazioni della sentenza ora intervenuta non sono invero persuasive: 
l'autonomia non impedisce che la contestazione dell'unico fatto che nell'ambito 
della legge fa sorgere l'obbligazione sia rilevante tanto per l'obbligazione tributaria 
che per i suoi accessori. Se poi tutto il problema si risolve con l'inclusione 
negli atti dell'Amministrazione di una formula di stile (oltre interessi a 
norma di legge o simile) tutto il costrutto risulta eccessivamente formalistico. !i 
1: 
li 
f: 
!! 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

rente, ad estendere anche 1rispetto a questi ultimi l'operativit� dell'interruzione. 


2. Osserva :il Collegio che la giurisprudenza del S.C. appa-re non univoca 
sul punto. 
Sembra peraltro corretta la sol~ione che porta a mantenere indipendenti 
fa prescrizione del credito principale da quella del credito di interessi 
maturati (in tal senso l'orientamento giurisprudenziale si � venuto 
consolidando) e correlativamente ad escludere che finterruzione relativa 
alla prescrizione per il credito prinoipaile si comunichi al credito di interessi. 

Per una corretta impostazione deHa questione occorre prendere le 
mosse dalla puntualizzazione del carattere de!J'accessoriet�, che viene costantemente 
indicato come essenziale connotato deUa obbldgazione di 
interessi. 

Gli interessi, secondo correnti definizioni, sono queHe prestazioni 
acoessorie, omogenee rispetto �alla prestazione principale, che si aggiungono 
ad essa per effetto del decorso del tempo, e che sono commisurate 
ad una aliquota della stessa. 

La decorrenza degli interessi inizia con il sorgere della obbligazione 
principale e cessa con l'estinzione di questa. 

L'accessoriet� sta a significare il collegamento generico con l'obbligazione 
principale; ma, una volta maturati, in funzione di tale collegamento 
gli interessi stessi costituiscono una obbligazione autonoma, le 
cui vicende sono indipendenti da quella della obbligazione principale e 
possono formare oggetto di separati atti giuridici. 

L'estensione del principio dell'.accessoriet�, che riflette solo il venire 
in essere degli interessi in dipendenza di una obbligazione principale 
(sicch� l'estinzione di questa necessariamente comporta hl venir 
meno per il futuro degli interessi stessi, che in tanto erano dovuti in 
quanto tale obbHgazione si protraeva nel tempo) ag1i interessi gi� maturati, 
che sono oggetto di una obbligazione autonoma, ha portato ad 
estendere il parallelismo della vicenda <relativa alla produzione a que11a 
riguardante la disciplina del credito di interessi gi� maturati. 

Si � quindi argomentato sovrapponendo i conc;etti di accessoriet� 

ed autonomia, laddove le sfere di incidenza del principio dell'accesso


riet� e di quello dell'autonomia restano totalmente separate, attinendo 

la prima al flusso produttivo degli interessi medesimi, e riflettendo la 

seconda gli interessi gi� prodotti che come tali si distaccano dalla ma


trice genetica e vivono di vita propria. 

In questa prospettiva il problema degli effetti della interruzione ri5petto 
agli interessi si presenta quale mero corollario del problema 
della disciplina della loro prescrizione che viene ormai, con giurispruden'.
ila ricorrente, risolto nel pr,esupposto esclusivo dell'autonomia, con 
la conseguenza che il termine prescrizionale operante � quello quinquen



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

550 

nale stabilito dall'art. 2948 n. 4 del codice civiJe e non quello che per 
la legge speciale tributaria si applica al tributo principale. 

Le affermazioni in questo senso sono univoche e rkorrenti. 

Gli interessi dovuti, configumno un debito autonomo rispetto al debito 
di capitale, ancorch� quest'ultimo sia contestato, e restano, pertanto, 
soggetti alla prescrizione quinquennale ex arrit. 2948 n. 4 cod. civ. 
e non all'eventuale diversa presc:dzione stabilita dalla legge per detto 
capitale (Cass. 687 e 686/80, 1884/1977: in tema di ripetizione di tributi 
doganali indebitamente percepiti). 

Gli interessi mo:mtori in tema di Jmposta di successione, pur costituendo 
un debito collegato all'obbligazione t:riibutairia, non sono ad essa 
equipa:riabili per quanto attiene all'individuazione del tennine di prescdzione, 
il quale via fissato in cinque anni ex art. 2948 n. 4 cod. civ. e non 
gi� in tre anni, come stabilito dall'art. 84 del r.d. n. 3270 del 1923 
(Cass. 2474/79). 

L'autonomJa del debito per . interessi moratori rispetto all'obbligazione 
tributaria principale, .si trova ribadita da Oass. n. 159/76, 3110/75, 
1658/74, 2805/73, 2394/72, e, fuori dalLa materia dei crediti tributari, � costante 
il riconoscimento dell'autonomia del debito di interessi da quello 
di capitale, al fine di derivarne 1a necessit� sul piano processua:l:e, di 
una specifica domanda del creditore (Cass. 1762/69, 800/72, 1779/72, 1574/73; 
503/74, 1075/76, 336/78, 4188/79). 

Sembra quindi �al Collegio, che n� Ja individuazione di un nesso di 
accessoriet�, n��il riconoscimento della identit� di natura fra debito per 
interessi di mora e debito tributario possano comportare la identit� di 
regime giuridico prescrizionale e l'estensione delle cause di inte.rruzione 
dall'uno all'altro. 

Il principio della accessoriet� esaurisce i suoi effetti con :riiguardo 
alle sole vicende genetiche delrobbligazione di �interessi e non si riflette 
sulle vicende del debito di interessi maturati; e ci� non solo nel senso 
che i termini prescrizionali non debbano necessa:riiamente coincidere, ma 
anche nel senso che cos� come alla prescrizione del debito principale 
non deve necessariamente cor.l'ispondere quella del debito di interessi 
(gi� maturati), la interruzione operata nispetto al primo non si riflette 
necessariamente sul secondo. 

Con il principio di accessoriet�, �limitato al momento genetico, � compatibile 
l'indipendenza delle vicende successive alla fattispecie che non 
si riflettano su tale momento; ad esso non si pu� quindi fare utilmente 
.ricorso per postulare n� un parallelismo dn termini di durata del periodo 
prescrizionale, n� ;una conte:f):1poraneit� �Qella prescrizione, n� la comunicazione 
.degli effetti interrutiivi. ,... 

Le decisioni di questo S.C. sec6hdo cui, .in liinea di . p:ri,ncipio, la 

interruzione della prescrizione per pendenza di lite sul credd.to �Si comu


1-:,, 

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~....J 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

nica agli interessi, con conseguente interruzione e correlativa sospensione 
del decorso del �termine quinquennale di cui all'art. 2948 n. 4 
cod. civ. fino al passaggio in giudicato della sentenza (Cass. 20/72), trattandosi 
di prestazione accessOl'ia che segue la disciplina giu1:1idica della 
prestazione principale (Cass. 645/73), muovono da una concezione della 
accessoriet� che non tiene distinto il momento genetico della causa debendi 
dal momento in cui l'obbligazione di interesse, essendo gi� maturata 
in forza di quel collegamento, vive di vita autonoma. 

L'accentuazione del momento dell'iautonomia comporta, invece, che 
la contestazione sull'ammontare del debito principale (ed .al 1imite sulla 
sua esistenza) non si riflette sul problema della prescrizione, e degli 
evientuali eventi interruttivi, se non sotto ila limitata angolazione del 
nesso genetico. 

Questi principi non appaiono denegati dalla disciplina specifica della 
l"iscossione delle imposte. Nel sistema di riscossione, l'emanazione della 
ingiunzione di pagamento, concretizzando la pretesa ed 1intimandone il 
pagamento, postula indubbiamente che 0:1 debito sia certo liquido ed 
esigibile e, mettendo dn mora di pagamento il contribuente, viene a costituire 
fa fonte di interessi moratori. IJ. sistema dell'ingiunzione fiscaile a 
contradditto11io invertito, consente al contribuente di contestare il credito, 
nel _quantum o addirittura nell'an, ma questa contestazione non 
determina di 'per �S� la paralisi del nesso genetico di produzione degli 
interessi, che contJi:nuano a decorreve; e son� quindi suscettibili di prescr.
iversi, indipendentemente dalla definizione della contestazione che, 
ridimensionando la fonte, consente una nuova pi� esatta riliquidazione, 
giustificando l'eventuale azione di ripetizione per quanto indebitamente 
pagato in eccesso. 

Non � quindi esatto che la contestazione del credito portato daiUa 
ingiunzione escluda che gli interessi possano cominciare a decorrere, 
tanto � vero che nella normale prassi amministrativa, la pretesa consacrata 
nella ingiunzione viene articolata richiedendo ad un tempo la 
sorte e gli interessi in corso di maturnzione, e solo le successive ingiunzioni, 
con finalit� intevruttiva e del credito p11incipale e di quello di interessi, 
si preoccupano di intimare il pagamento degili interessi gi� maturati., 
provvedendo ad apposito calcolo. 

3. J?eve dunque tenersi per fermo che accessoriet� ed autonomia 
non si presentano congiuntamente a disciplinare il fenomeno degli intevessi, 
rria 'riguardano rispettivamente il sorgere dell'obbligazione e l'ol> 
bligazione gi� sorta, donde la possibilit� di dissodare il regime giuridico 
dell'obbligazione principal� da quello della obbligazione di interessi, 
quando non venga in considerazione detto nesso. E taJ.e dissoci.azione 
si manifesta in campo civilistico nella prnvisione di distinti termini 
presc-rizionaJ.i per obbligazione principale e per debito di interessi. 

552 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ne consegue che, intesa l'accessoriet� in senso 1limitativamente genetico, 
il collegamento frn interessi e sorte si riflette solo sulle vicende 
attinenti al venir in essere deLla c.d. obb1igazione accessonia e non 
spiega pi� alcuna giuridica rilevanza quando non sd tratta di rifarsi a 
quel vincolo, ma vengono 'in considerazione le vicende successive che 
attengono a:l regime giuridico del credito di interessi (gi� maturati). 

n 'legislatore, 4nvero, ha positivamente disatteso il criterio di parallelismo 
simmetrico, contrapponendo ad una moltep1icit� di terminl� prescrizionali 
per i singoli diritti considerati ~'unicit� di quello specificamente 
attinente alla obbligazione di interessi, ,considerando l'obbliga2lione 
relativa al pagamento degli interessi (gi� maturati) come categoria 
a s�, cui si �applica un termine prescrizionale del tutto indipendente 
quanto a durata ed unico qualunque sia fa natura del credito principale. 

Dal sistema generale della prescrizione si ricava, pertanto, il principio 
dello sganciamento del termine prescrizionale unico quinquennale 
ex art. 2948 n. 4 cod. civ. sia da quello ordinario, sia da quello riguardante 
le prescrizioni brevi e presuntive. 

Ci� significa che tende:n:llialmente 1a natura giuridica del credito 
non influisce sulla durata del termine prescrJzionale dei relativi interess,
i, e che le vicende della obbligazione relative ad 1interessi gi� sorH, 
a:lla stregua dell'evidenziato nesso di accessoriet� genetica, sono del tutto 
indipendenti da quella della obbligazione principale, il cui prescriversi 
non importa di per s� la correlativa. prescnizione del diritto agli interessi 
(gi� maturati) e Ja cui interruzione del pari non si riflette automaticamente 
ed ope legis sul relativo termine prescrizionale. 

La contraria tesi dell'amministra;z;ione, che postula 1a coesistenza di 
autonomia (riflessa nell'orientamento giurisprudenziale in tema di termini 
prescrizionali) e di accessoriet� (che manterrebbe l'indissolubile 
nesso relativamente all'estensione dell'atto interiruttivo), si fonda su due 
ordini di argomentazioni: si richiama cio� da un fato alla disciplina 
speciale della legge n. 29 del 1961, che detterebbe la regola del computo 
degli interessi sv,incolandoli dalla regola dell'art. 2948 cod. civ. e si 
sostiene d'altro lato che rispetto ad un oredito contestato nel suo ammontare 
la pretesa di interessi non sarebbe ancora esigibile sicch� ex 
art. 2935 cod. civ. Ja prescrizione non potrebbe nemmeno cominciare 
a decorrere. 

4. Ta1i argomenti non possono essere condivisi. 
Non sembra al Collegio che la speciale disciplina degli interessi moratoni 
ex lege n. 29 del 1961 sposti i termini del problema. 
Anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 20 del 1961, che ha 
dettato disposizioni di carattere generale in tema di interessi moratori 
per debiti di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, per la 
disciplina relativa doveva farsi ricorso alle norme del codice civile. In. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

base alla legge n. 29 del 1961 e 147 del 1962 si � stabilito che i! contribuente 
deve corrispondere gli interessi non gi� dal momento in cui la. 
imposta complementare � divenuta esigibile, essendo stata liquidata, ma 
dail momento in cui, con il presupposto dell'obbligazione, � sorto il 
diritto dell'erario a percepire l'imposta nel suo intero ammontare, commisurata 
al valore venaile dei beni quale risulter� dal definitivo accertamento; 
tale decorrenza retroattiva degli interessi resta, invece, esclusa, 
ogni qualvolta l'insufficiente dichiarazione possa qualificarsi come fatto 
non imputabile al contribuente. Questa 'impostazione attiene esclusivamente 
,ahl'ipotesi in cui si .richieda una imposta complementare, e non 
potrebbe comunque applicarsi nel caso dii specie in cui si tratta di imposta 
suppletiva, �in col'.'rezione di un mero e11rore di calcolo, e vengono in considerazione 
interessi pretesi dal giorno della notifica della . ingiunzione, 
e non anche per il passaito. 

Ma nemmeno con riferimento all'iimposta complementare fa diversa 
soluzione che appare adottata dalla sentenza n. 831 del 1973, e n. 4090 
del 1976, pu� essere seguita. 

Il proprium della disciplina introdotta dalla Legge del 1961 � stato, 
a parte la misura del tasso, la possibilit� di pretendere gli .interessi retroattivamente, 
ed � indubbio che questa retroattivit� incide sul momento 
genetico della obbligazione facendola discendere da un particolare evento, 
l'.imputabilit� al cont11ibuente della rita["data liquidazione, nel senso che 
fino a quando taile imputahiilit� non sia accertata non � possibile stabilire 
la decorrenza degli interessi medesimi, e quindi il dies a quo della 
p11escrizione agganciata al momento in cui il dirti.Ho medesimo pu� farsi 
valere. 

Ma la retroattivit� della pretesa non incide sulla adottata impostazione; 
il nesso fra l'obbligazione per interessi e quella tributaria si presenta 
invero con le medesime caratteristiche sia che l'evento da cui scaturisce 
J'obbligo accessorio si collochi in un dato momento temporale, 
sia che fo si faccia risailfre all'indietro poich� nella richiesta dell'imposta 
complementare non � mai .implicita, n� nell'uno n� nell'aJtro caso, anche 
la rrkhiesta di interessi. 

5. Considerato, quindi, che l'obbligazione relativa agli interessi g1a 
maturati costituisca una obbligazione pecuniaria autonoma, che trova la 
sua disciplina prescrizionale nella disposizione dell'art. 2948 n. 4 ~in mancanza 
di disposizioni speciaili ad hoc dettate dalrla legge tributaria), deve 
ritenersi che il termine di prescrizione degli 'interessi non si aggancia a 
quello previsto per il tributo cui detti interessi accedono e che cos� come 
la presorizione del credito pr1ncipale non comporta automaticamente la 
prescriizione del credito relativo 'agli interessi maturati, l'interruzione della 
prescrizione riguardante il Ol'edito di imposta non si estende 'al credito 
per gli interessi indipendentemente da1la fonte deg1i interessi medesimi 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(siano cio� essi regolati dalle disposizioni generali sulle obbligazioni pecu


niarie, ovvero trovino fondamento in leggi tributarie speciali: nella specie 

le legg.i n. 29 del 1961 e 147 del 1962). 

Rrtiene cio� -conclusivamente -il Collegio che la posizione giurisprudenziale 
specifica al tema della interruzione, caratterizzata dalla affermazione 
di una regola Winterruzione de11a presarizione per pendenza di 
lite sul credito tributar-io si comunica agli interess,i con conseguente 
interruzioni e correlativa sospensione del termine quinquennale di cui 
all'art. 2948, n. 4, e.e. sino ,al passaggio in giudicato della sentenza, trattandosi 
di prestazione accessoria che segue nella disciplina giuridica la 
prestazione principale, operando la interruziione rrispetto all'intero rnpporto 
tributario, comprensivo di sorte ed interessi: Cass. 30/72, 645/73, 
2023/73) e dalla introduzione di una eccezione (tuttavia l'interruzione non 
si comunica quando vengono in considerazione gli !interessi moratori 
previsti dalle leggi n. 29 del 1961 e !Il. 147 del 1962: Gass. 831/73, 1658/74, 
4090/76) debba essere armonizzata e resa coerente con il iriconoscimento 
della autonomia dell'obbligazione di interessi per quanto attiene all'individuazione 
del termine di prescrizione fissato nell'art. 2948, n. 4, e.e. 
(Cass. 687, 686/80, 2414/79, 1884/77, 159/76, 3110/75, 1658/74, 2805/73, 
2394/72). 

Ne consegue che tale autonomia, correlata a11a puntualizzazione in 
senso genetico del nesso di accessoriet�, comporta che l'iinterruzione operata 
rispetto al debito di imposta non impedisce che la prescrizione 
continui a decorrere rispetto ai relativi interessi, indipendentemente dalla 
contestazione riguardante il debito principale (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5349 -Pres. Sandulli Est. 
Lipari -P. M. Morozzo della Rocca (conf.) -De Laurentis (avv. 
Castana) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Camerini). 

Tributi erariali diretti -Accertamento -Motivazione -Imposta complementare 
� Tenore di vita � Accertamento sintetico -Legittimit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 137). 
Tributi erariali diretti -Accertamento -Metodo induttivo -Criteri di 
determinazione � Impugnabilit� � Limiti. 

Tributi erariali diretti � Accertamento -Metodo induttivo -Prova -Presunzioni 
� Caratteri. 

E non solo legittimo ma obbligatorio per l'uf�tcio controllare con 
metodo induttivo l'accertamento al quale si � pervenuti con metodo analitico 
ed allorch� fatti indice desumibili da varie fonti, e particolarmente i 

I 1: 
I 


555

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dal tenore di vita, portino a ritenere le risultanze dell'accertamento analitico 
inadeguate all'effettiva capacit� contributiva del soggetto (1). 

Quando si procede all'accertamento con metodo induttivo si seguono 
criteri necessariamente empirici ed approssimativi sui quali si opera con 
un margine ineliminabile di discrezionalit�; la determinazione della base 
imponibile cos� ottenuta d� luogo ad una questione di estimazione di cui 
innanzi al giudice di terzo grado pu� essere verificata soltanto la congruit� 
della motivazione (2). 

La prova dei fatti sui quali si basa l'accertamento induttivo si concreta 
nella presunzione di un reddito superiore a quello risultante dalla 
determinazione analitica, ma non si tratta di una presunzione in senso 
tecnico regolata dalle norme civilistiche n� per la certezza dei fatti 
presupposti n� per l'esclusione della possibilit� di presunzioni di secondo 
grado (3). 

(omissis) Le censure che si sono venute diffusamente esponendo non 
sono fondate. 

Occorre al riguardo tenere distin1Ji, nei limiti 1istituzionali del giudizio 
di cassazione, i profili attinenti alla adozione del metodo induttivo da 
quelli che si riflettono esclusivamente sulla quantificazione del reddito, 
enuoleando ile doglianze riguardanti la pretesa inadeguatezza della decisione 
di secondo grado rispetto ai motivi prospettati in quella fase di 
giudizio (e sulle quali per fa verit� non si � pi� insistito nella memoria 
e nella discussione orale) dalle censure -1le sole giuridicamente rilevanti 
-che investono la motivazione della decisione della Commissione 
centrale. 

~1-3) La sentenza non propone novit�, ma � da segnalare per la sintesi che 
opera nei molti problemi dell'accertamento ,induttivo. 

La prima massima � molto importante sulla enunciazione del principio 
(ancora oggi affermato dall'art. 38, quarto comma, d.P.R. n. 600/1973) che' � 
addirittura un dovere dell'Ufficio verificare se il risultato dell'accertamento analitico 
(che potrebbe essere un dato formalistico o troppo manipolato) corrisponde 
al reddito attribuibile al soggetto con un apprezzamento sintetico basato 
su fatti certi (Cass. 18 luglio 1979, n. 4261 dn questa Rassegna, 1979, I, 769; 5 marzo 
1979, n. 1363,, in Riv. leg. fisc., 1980, 216). 

Importante � la precisazione della seconda massima: non si pu� pretendere 
di trovare nell'accertamento induttivo la precisione e la sicurezza che solo l'analisi 
pu� dare; non pu� essere eliminata una residua discrezionalit� (cui corrisponde 
una valutazione equitativa del giudice) che � tipica del giudizio quantitativo. 
Corollario di ci� � la non impugnabilit� in terzo grado dell'accertamento 
sinte1li:co se mm per tlJa congruit� deHa motivazione (Cass. 9 gennaio 11978, n. 48 
in Riv. leg. fisc., 19718, 807; 8 agosto 1919, n. 4576, ivi, 1980, 706). 

La terza massima, infine, realisticamente riconosce che nel procedere all'acoertamento 
sriintetico non possono essere osserva1e ile regole probatorie civdJri:stiche, 
nemmeno 'per ci� che concerne ile presunziioilli (Cass. 8 novembre 1973, n. 2922, 
in questa Rassegna, 1974, I, 237). 



-


556 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Sotto il primo profilo della legitnimit� del ricorso al metodo di accertamento 
sintetico adottato dall'Uff�icio l'impugnata decisione appare inec


cepibile. 

Esattamente la difesa de11'amministu:iazione osserva che sarebbe dcl 
tutto assurdo ipotizzare che il contribuente, con d'l 'reddito dichi:aTato 
nella misura di appena 20 milioni potesse mantenere il tenore di vita 
evidenziato dai fauti indice minuziosamente elencati nell'iatto di accertamento, 
e riecheggiati con grande precisione dalla decisione della Commissione 
centrale. 

Al riguardo l'a:rt. 137 del D.P.R. del 1958 � chiarissimo richiamandosi 
ail � tenore di vita del contribuente � o ad altri elementi o circostanze 
di fatto che fanno presumere un reddito netto superiore a quello risultante 
dalla determinazione analitica. 

Nell'interpretare tale norma questa S.C. ha avuto modo di osservia;re 
che in tema di imposta complementare sul reddito il ricorso al metodo 
sintetico, indubbiamente obbligatorio ai fini del controllo dell'esattezza 
del.l'accertamento �al quale si � 'pervenutLcon il metodo analitico, deve 
ritenersi legittimo, allorch� fatti indice desumibili dalle pi� svariate direzioni, 
e particolarmente dal tenore di vita del contribuente, portino l'ufficio 
a ritenere che le risultanze emerse attraverso l'adozione del metodo 
anaJ.itico, si manifestino inadeguate a rivelare l'effettiva capaJCit� contri


1

butiva del soggetto (Cass. 219/67, 571/73) poich� l'imposta colpisce tale 
capacit� non quale emerge attraverso la tassazione dei singo1i cespiti, 
ma nella globalit� rilevata da elementi ulteriori che concorrono ad evidenziarla 
(Cass. 2503/68). 

Condicio sine qua non per l'adozione di tale metodo � la fondata 
presunzione, di cui deve essere data prova, che esistano reddirni sottiratti 
interamente alfa applicazione delle relative imposte; in tal caso, poich� 
le risultanze analitiche non sono sufficienti a rilevare fa effettiva capacit� 
contributiva del soggetto, gli organi accertatori sono legittimati all'accertamento 
induttivo. Ed ovviamente il giudizfo circa. tale insufficienza, cos� 
come � insindacabile da pa:rte della Commissione tr:ibutaria centrale, non 
pu� formare oggetto di censura in questa sede di legittimit�. 

Nell'evidente sproporzione fra le risultanze della dichiarazione ed il 
tenore di vita 'elevatissimo, da cui ~mergeva che il contr.ibuente aveva 
sottratto �alla imposizione cospicui redditi, e -infine -nella constatazione 
puntuale delle relative circostanze va iravvisata l'adeguata dimostrazione 
dello espresso convincimento dei giudici di merito tributari, ratificato 
dalla Commissione tributaria centrale. 

Posto, dunque che il ricorso al metodo sintetico � legittimo ogni 
qualvolta l'ufficio ritenga che H reddito accertato attrave,rso il metodo 
analitico non corrisponda alla effettiva capacit� contributiva e poich� il 
relativo apprez;z;amento, ove non sia infidato da v:izi logici o giuridici, 

. 

r1111t1trlf1~rr@111~:t.fi1~~1r.r1:~1~i�~r1~:11111~tr~lrf111::111~1;1i;i1ir;,:;::r~fiiiri~irlfririltrirtirrt11111,,1111=:111:11r1r11~1r:11rtili-I 
~ 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

si sottrae a sindacato di legittimit�, non ~iova Tichiamarsi per negare 
l'applicabilit� di tale metodo alla possibilit� di integrazione correttiva 
della dichiarazione in via analitica fino al raggiungimento di redditi notevolmente 
superiori a quelili indicati ed abbastanza vicini a quelli indutti-
vamente accertabili, essendo evidente che i giudici di meTito trJbutari 
hanno �ritenuto -sia pure �in via di motivazfone implicita ma certa che 
l'eventuale integrazione analitica non appaTiva adeguata a giustificare 
l'evidenziato tenore di vita. 

In effetti la difesa del contribuente, passando sotto silenzio la grave 
evasione da questi tentata dichiarando appena 20 milioni di redditi, laddove 
sarebbe stata possibile una ricostruzione analitica fino all'importo 
di 89 mHioni, fa leva sulila relativa vicinanza di questa cifra rispetto 
.all'accertamento sintetico di L 150 mi�Lioni negando che nel divario liinitato 
foa le due cifre si realizzi il presupposto necessario dell'assoluta 
inconoiliabilit� del tenore di vita stesso con il reddito accertato con tl 
metodo analitico. 

Ma, a parte la �eccessiva rigorosit� della formulazione cui H rJcor.rente 
.si riferisce, � evidente che ;l'adeguatezza del �reddito analiticamente accertato 
alla capacit� contributiva risultante aliunde, e precipualmente accertato 
dal tenore ili vita si risolve in un apprezzamento di merito, e non 
� imputabile a1l'ufficio (ed �alla Commissione che ne avalla le deduzioni) 
un errore di diritto, ma se mai un errore estimativo (come tale insinda<:
abile in questa sede), laddove il parametro legale della adozione del 
metodo sintetico muove dalla rilevata. sproporzione fra il coacervo dei 
redditi certi conseguiti rispetto al tenore di vita r.icostruito suHa base 
degli indici posti a base dell'accertamento �sintetico; �e cevtamente non � 
irrazionale ipotizzare un'integrazione di 61 milioni nel divario ka le risultanze 
analitiche e quelle sintetiche. 

Sicch�, a tutto concedere, !'�addebito che si potrebbe muovere alla 
Commissione di merito � quello di non avere esplicitamente motivato 
al riguardo (dovendosi in proposito -come si � accennato -ipotizzaire 
una motivazione implicita) mentre non pu� farsi carico alla Commissione 
t11ibutaria centrale di non essersi occupata di un problema meramente 
estimativo, che esulava dalla sua competenza. 

In altre parole non pu� pi� discutersi in questa sede se l'accertamento 
(analitico) di 117 milioni fosse conciliabile con iJ tenore di vita 
puntualizzato con elementi di specifica evidenza nell'accertamento sintetico. 


E nel ricorso si tende a sovrapporre i profili deHa astratta possibilit� 
<li applicazione deWart. 137 t.u.i.d. da valutare alla s�tregua dell'accertamento 
concretamente operato con quelli attinenti �alla concreta congruit� 
<lei fatti indici e della loro quantificazione in termi1ni di 'redditi, esorhi-, 
tanti pacificamente dall'ambito di una censura di stretta legittimit�. 


558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

3. Ma una volta riconosoiuto che il'adozione del metodo sintetico � 
I 
r: 

stata conforme alla legge, il discorso estimativo, che fa difesa del conf.: 
tribuente imposta, riisulrt:a del tutto ster.ile, pretendendo di sottoporre a 
revisione oritica le vailutazioni operate le quaJ:i, proprio perch� espresse 

r~

in termini induttivi, non possono essere 1a risultante di un procedimento 

rigorosamente univoco nella quantificazione del rnddito. 

Come ha ben visto la Commissione tributar.ia centra:le, non si tratta 

di rinnovare in sede di ,leghtimit� quel giudizio, ma di controllare se il 

risultato cui si � giunti appaia congruamente motivato. Non giova quindi, 

contestare i criteri, necessariamente empirici ed approssimativi, cui si 

� fatto 'ricorso, poich� un margine di discrezionalit� non pu� non i.ineriire 

a 11agionamenti siffatti; e non giova nemmeno tentarn di trasferiire agli 

accertamenti sintetici il canone probatorio civilistico in tema di presun


zioni, sia nella assunzione di fatti certi quali presupposti dell'operata 

inferenza, sia per escludere la possibilit� ,di utilizzare presunzioni di 

secondo grado, giacch� il rapporto tenore di vita-reddito presuppone 

necessariamente un �sistema di accertamento che gli indici di detto 

tenore monetizzi, desumendo dalla operata monetizzazione una misura 

di spesa che sottende un reddito adeguato al sostentamento anche di 

tali spese. 

L'accertamento induttivo si fonda suHa �presunzione� di un reddito 

netto superfore a quello :risultante dalla determinazione anaHtica, che 

non � fa presunzione in senso tecnico quale strumento di prova equipa


rabhle agli altri offerti dell'ordinamento per giungere all'accertamento 

dei fatti, ma l'espressione di una discr.asia fra il modo di vita e le fonti 

di reddito che dovrebbero ma non sono in grado di giustificarlo, il che 

consente all'ufficio di determinare dette fonti non gi� attiraverso una 

rigorosa consecuzione di :l�atti noti e fatti ignoti, ma ipotizzando un reddito 

occulto, adeguato a spiegare i livelli di vita secondo una misura che 

non comporta necessariamente rispondenza fra entrate e spese, dov.endosi 

tene;r conto anche della quota di Tisparql!io tanto pi� cospicua quanto 

pi� sono alti i Tedditi di cui si pu� disporre. 

In questa prospettiva, quindi, gli elementi certi e positivi che ven


gono in consiide.riazione sono' quelli a~sunti a fondamento della r.avvisata 

eccedenza del ireddito effettivamente goduto rispetto a. quello dichiarato 

(o comunque determinabile analiticamente). Una volta superata 1a soglia 

dell'accertamento sintetico, alla stregua dei suddetti elementi certi, la 

concreta determinazione del reddito 1risulta sganciata dai canoni probatori 

civilistici operanti in tema di presunzione. 

Non � certo in questa sede che pu� riesaminarsi iil problema <leUa 
disponibilit� -propriet� delle ville, del 'resto indicato abbastanza som. 
messamente; essendo comunque agevole ll'ispondere che sia l'ufficio, sia 
la commissione di merito si sono mosse nel presupposto che tali inte



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

stazioni fossero fittizie, 1rappresentando uno schermo a fini di evasione 
fiscale. 

E non sii pu� neppure riesaminare l'impostazione che ha portato a 
ravvisare distintamente l'onere per il personale dall'onere per la manutenzione 
delle ville. 

A parte il rilievo che Ja disponibilit� delle suddette ville rappresentava 
una fondamentale, ma non esclusiva componente del tenore di 
vita posto a base dell'accertamento sintetico, Ja relativa eccezione del 
ricorrente pecca di formalismo filologico, presupponendo una accezione 
del termine � manutenzione � in cui sia incluso anche il personale non 
esclusivamente addetto �alla custodia, Jaddove altro � provvedere a che 
un immobile non sii deteriori, altro � corredarlo di un servizio di alta 
classe con personale che sta a disposizione per <l'arco dell'iintero anno 
e non soltanto per il periodo di occupazione da parte del contribuente (e 
dei suoi ospiti). 

Anzi a questo riguardo appare veramente singolare l'argomentazione 
volta a sostenere che poich� le viLle non potevano essere occupate con.temporaneamente, 
ed erano tre, riJ reddito induttivamente accertato a\'rebbe 
dovuto essere ridotto ad un terzo (sicch� risulterebbe estremamente 
vantaggioso per .i contribuenti, adusi a dichiarazioni infedeli, disporre 
di qualche dozzina di dimore, comportando ci� a fronte di eventuali 
accertamenti induttivi U'Il .ridimensionamento del �reddito tale da sfiOt'are 
l'indigenza). 

Tutto �il discorso estimativo, pertanto; ..si sottrae a possibili censure 
limitate necessar~amente al giudizio espresso dalla Commissione tributaria 
centrale la quale non era tenuta a dare conto minutamente delle 
critiche volte contro la decisione. di secondo gmdo (e T�iecheggiate in 
questa sede) dovendosi tenere. dis~into -come si � gi� rilevato -il 
profilo attinente allia quantificazione del reddito, che ben si poteva esaminare 
davanti alla Commissione di merito, da quello sulla intrinseca 
logicit� e correttezza dell'apprezzamento reso da quel giudice, il solo 
ritualmente proponibile davanti al giudice di [egittimit� tributario (ed. 
a fortiori, ordinario). Ed, in questi Hmiti, la decisione della Commissione 
centrale nella sua lineare schematicit� e concisione, appare insindacabile 
poich� riconosce adeguato l'apprez:mmento estimativo reso in sede di 
merito, mentre il contribuente scattato il principio di iinversione delil'onere 
delle prove si � guardato bene dal fOI1Il:i!re La dimostrazione della 
sua scarsa agiatezza ed �anzi sembra dare per pacifica l'esattezza dell'accertamento 
analitico di 89 milioni. 

4. La determinazione sintetica dei redditi, che trova giustificazione 
nella inconciliabilit� fra quelli emersi in via analitica e tenO!I'e di vita, 
facendo �presumere� l'esistenza di iredditi sommersi (ed occuhati), innesta 
un meccanismo che muo\'endo dagli indici .di capacit� contributiva 
che il suddetto Hvello di vita (-ed altre circostanze �rimesse alfa discre

I 

~ 

560 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

~ 
~ 

zionale rilevazione dell'ufficio) evidenziano, alla relativa determinazione 

~i 

perviene non gi� secondo oriteri di ll1igorosa conseguenziariet�, ma attuanf.:


i: 
do, Jn via di necessaria approssimazione, l'adeguamento del reddito � presunto
� ai suddetti indici. 

i: 
In sede di legi!ftimit� H relativo procedimento applicativo pu� essere 

I 

censurato sotto l'aspetto deHa assoluta illogicit� e dehla irragionevolezza. 

I

Ma le pur acute notazioni della difesa del contribuente non consentono 
di varcare la soglia della sindacabilit�. 

I 

Valgano, al riguardo, le brevi cons�iderazioni che seguono. 

L'ipotizzato rapporto da uno a cinque fra spese di manutenzione 

I

delle villle e redditi globa'1i conseguiti appare tutt'aJtro che irrazionale, 
ed H .richiamo alla esteriorizzazione del tenore di vita propria del mondo 
cinematografico, non risulta determinante per infidado in radice, operandosi 
pur sempre secondo valutazioni latamente discrezionali il cui 
supporto di razionalit� risiede nell'ovvia constatazione che normalmente 
la spesa � indicativa di un corrispondente guadagno e non della contra


IIzione di un debito; questo comunque � stato il parametro scelto dal 
legislatore che ha posto, dettando l'art. 137, l'equazione dalla quale l'interprete 
non pu� prescindere (e del resto il nostro ordinamento tribu-" ~ 

<

tario ha conosciuto imposte sulla �spesa�: tipioa in questo senso il'imposta & 
di famiglia). 

i Il

Ma se la spesa deve correlarsi 1ad un reddito (presunto) � perfettamente 
coerente l'ipotesi di accertamento sintetico che si basi sul carattere 
valutario de1la spesa medesima, sull'a!Hssimo standard di vJta che 
essa postula per monetizzare il reddito presunto ad un livello assai 
elevato. 

ili 

� certo che nessuna legge, n� economica n� giuridica, impone ai f.: 
soggetti passivi delfimposta complementare (ed oggi della IRPEF) di 
mantenere un certo Tapporto f:tia detti costi voluttuari ed ii redditi effet


. '�) . . .. , ' . ' . If.

" ' 

t1vamente ~conseg�1t1. Ma � altrettanto certo che comporta un mdubb10 *-; 
nucleo di razionalit� il ~�gionari�ento che alla entit� di varie spese voluttuarie 
concretamente individuate (e che sono tutte quelJe tn ipotesi 

Ii

sostenute, potendosi inferire che il contribuente il quale mantenga ville, 

motoscafi etc. si conceda secondo analoghi canoni i lussi pi� raffinati 

I

che offre ila moderna societ� consumis1lica) fa corrispondere altre spese 

per cos� dire ordinarie, ipotizzando che non tutto il reddito guadagnato 

venga speso. Al riguardo sembra totalmente reversibile il Tagionamento 

I 

svolto nella memoria, secondo cui gli enormi costi col'rispondenti ad un f:'i:: 
elevatissimo costo di vita, esaurirebbero H reddito, senza maTg1ni di i.l 
risparmio; vero �, invece, che i redditi medi e bassi offrono scarsa I;' 
possibilit� di risparmio, mentre l'accantonamento di parte del reddito, e 
secondo aliquote proporzionali sempre pi� cospicue si cOI'I1ela al pro� ~gressivo 
aumento dei redditi la cui entit� consente pi� ampi margini di 
~:

! 

capitalizzazione. 

-I 


r: 
111&111i11:rEP1Jr1111=�r!lm1110;~mw&1!r!tffi1;m=\it:1=1~;~1:::rmr111w1~11r1i11:!!1111%1111&&1lflllilrrrltlfltlj 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 561 

Ci� posto ~l procedimento che muove da fatti specifici per enucleare 
una spesa, sia pure induttivamente determinata, e per tale spesa valorizza 
�Come indice del reddito espresso secondo un moltiplicatore della spesa 
stessa non incontra le critiche che si muovono secondo gli schemi della 
prova presuntiva, $�aoch� l'accertamento induttivo non � ingabbiato dalle 
reg�le di detta pro~a, se non nel si:i.o momento generico lin quanto pu� essere 
invocato solo se vengano evidenziati elementi che indicano i['ufficio a 
ritenere �presuntivamente� che .il credito effettivo sia superiore a quello 
dichiarato (od analiticamente rettificabile). 

Una volta evidenziata, eventualmente, attraverso strumenti presuntivi, 
la misll!ra del tenore di vita e le altre circostanze postulanti la 
percezione di redditi in misura superiore alla determinazione dell'ufficio. 
l'.accertamento sintetico si muove nel senso di colmare tale divario la 
cui entit� dipende dal rapporto J�ra detti indici ed il reddito mediante 
presupposto dal loro venire in essere. 

Non giova obiettare che l'accertamento induttivo deve comunque fondarrsi 
su fatti precisi e concreti, giacch� si rischia di confondere 1i fatti 
che giustificano l'adozione del metodo (e sono queHi che nella specie, 
sono stati enucleati nell'accertamento, diretti appunto ad eviden~iare il 
divario fra redditi denunciati e redditi presunti) con i parametri valutativi 
della �entit� dell'operato accertamento necessariamente governati 
da margini di elasticit� applicativa (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 ottobre 1980, n. 5381 -Pres. Marchetti Est. 
Corda -P. M. Antoci (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Angelini Rota) c. Soc. Val di Sole. 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Agevolazione per le case 

di abitazione non di lusso -Vendita di negozi unitamente all'intero 

.fabbricato -Nozione di intero fabbricato -Riferimento alla licenza 

� edilizia -E5cJusione. 

(!. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17). 

La nozione di �intero fabbricato� necessaria per fruire dell'agevolazione 
dell'art. 17 della Legge 2 luglio 1949, n. 408, per la vendita di negozi 
� empirica e va determinata caso per caso; non pu� invece utilizzarsi a 
tale fine il riferimento alla licenza edilizia (1). 

(1) Si deve riconoscere che il criterio formale del :dferimento alla licenza 
edilizia non pu� funzionare sia perch� la licenza potrebbe riguardare una parte 
soltanto dell'intero fabbricato ovvero pi� fabbricati autonomi, sia perch� l'agevolazione 
dell'art. 17 � sganciata da11a licenza edhliizia ed applicabile, almeno 
fino all'entrata in vigore d:el'l'amt. 15 della ~egge 6 agosto 11967, n. 765, aHe case 
costruite senza licenza purch� effettivamente abitate. 



562 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Con l'unico motivo di censu:ria, la ricorrente amministrazione 
Finanziaria denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 17, secondo comma, della legge 2 luglio 1949, 

n. 408 e sostiene ohe per � intero fabbricato � (unitamente al quale il 
� negozio � deve essere venduto, per beneficiare della agevolazione tributaria 
concessa con la norma predetta) deve intenderrsi tutta la costruzione 
che ha formato oggetto della autorrizzazione contenuta nella licenza 
edilizia, non gi� una parte del fabbricato stesso, anche se � funzionalmente 
autonoma� (come ha ritenuto la sentenza impugnata). 
Il ricorso � infondato. 

L'art. 17 della legge 2 luglio 1949r n. 408 (per questa parte rimasto 
in vigore, dopo le modificazioni ailla legge), il quale concede la riduzione 
a met� dell'imposta di registro e al quarto dell'imposta ipotecaria ai 
tmsferimenti delle � case di abitazione, ,anche se comprendono uffici e 
negozi, che non abbiano il carattere di abitazione di lusso�, stabilisoe, 
nel secondo comma, che daJl'agevol:a:tione � esclusa la vendita dei negozi, 
qualora la stessa �'llon sia effettuata con Io stesso atto con il quale viene 
trasferito l'intero fabbricato �. 

Ora, i:Amministrazione Finanziairila -per negare che i.I beneficio potesse 
essere applicato alla vendita di un negozio (irn realt� un denominato 
�magazzino�; ma � pacifico, in fatto, che. si trattasse di un locale 
soggetto alla disciplina dettata per i �negozi�) comprreso neMa porzione 
�da cielo a terra� del fabbricato in questione -sostiene che il concetto 
di � intero fabb:rifoato � pu� essere definito solo con riferimento al contenuto 
della licenza edilizia. L'intero fabbricato, cio�, sarebbe tutta la 
costruzione che aveva forrmato oggetto deUa autorizzazione contenuta nella 
licenza edilizia; '<li modo che, nel caso concreto, rriguairdando ~a � porzione 
da cielo a tellra � solo una parte della costru2lione � autorizzata�, 
l'agevolazione do:i.rrebbe .essere esclusa. 

Tale assunto, che pure avrebbe il pregio di fornire un metro uniforme 
per fa concreta concessione del beneficio, non ha, perr�, un sicuro 
aggancio alla voluntas legis, sia perch� nella norma in questione non � 
fatto riferimento alcuno ,aJl'oggetto deHa licenza edilizia, sia, sopratrtutto, 
perch� l'uso di termini di significato quanto mai generico (quali �case, 
negozi, fabbricato�) lascia chiaramente intendeTe che il legislatore ha 
voluto, in subiecta materia, adottare un criterio empirico, rimettendo 
cio� all'interprete di stabilire, di volta in volta, il ilimite e l'estensione 
dell'intero fabbricato. 

Del resto, proprio il fatto che il ~egisfatore non abbia dato la definizione 
di � fabbricato �, ed abbia, 'anzi, adopernto quel termine, che � 
il pi� generico possibile per indicare i manufatti dell'habitat umano, 
chiaramente significa che ha inteso lasciare all'interprete di stabilire, 
in base al suo prudente apprezzamento, quando una vendita riguardi 
l'intero fabbricato, ovvero una sola parte di esso. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

�, pertanto, vero che iJ giudice, nel dichiarare che una vendita ha 
avuto ad oggetto l'intero fabbricato, deve dare conto di tale suo convincimento. 
Ma, nel caso di specie, non pu� certo negarsi che taile obbligo 
di motivazione sia stato adempiuto, avendo i giudici bolognesi desunto 
tale loro conclusione dal fatto che Ja porzione di immobile venduta 
era caratterizzata da una �autonomia funzionai.e �. In altri termini, 
detti giudici hanno ritenuto per implicito che quello di � intero fabbricato
� era un concetto empirico e, pertanto, lungi dall'esprimere una 
regola giuridica di carattere genemle, hal][lo affermato che, nel caso 
concreto, il requisito della �interezza� poteva essere desunto dal fatto 
che la porzione di immobile venduta (nella 9uale era compreso anche il 
� negozio �) aveva una fisionomia e una comp1etez2Ja individuale. 

Ora, chiarito in �tali sensi H reale significato della motivazione espressa 
dal giudice di appello, non pu� non rilevarsi che l'Amministrazione ricorrente 
(attardatasi nella impossibile dimostirazione di una regola generale 
va1ida per ogni possibile fattispecie concreta) ha completamente omesso 
di censurare la motivazione stessa sotto l'unico profilo possibile, ossfa 
come ragionamento volto a sorreggere un accertamento di fatto (avirebbe, 
in ipotesi, potuto denunciare che i giudici di appello non avevano seguito 
un ragionamento logico, quando av�evano affermato che Ja porzione di 
edificio in questione era caratteruzzata da una �autonomia funzionale�). 

Il principio giuridico enunciato in questa sentenza -secondo cui il 
legislatore, adoperando la generica locuzione � mtero fabbricato � e omettendo 
completamente di definire .H concetto di �fabbricato�, ha �lasciato 
libero l'interprete di stabilire, volta per volta, in base alle concrete circostanze, 
se anche la semplice porzione di un pi� vasto edificio possa 
essere considerata, essa stessa, come �intero fabbricato� -si rinviene, 
del resto, implicitamente recepito da una precedente pronuncia di questa 
Corte. Con la sentenza 13 luglio 1979, n. 4078, infatti, l'analogo ricorso 
dell'Amministrazione Finanziaria era stato rigettato sul rilievo che �appariva 
immune da vizi logici e giuridici '1a motiv~ione espressa dai giudici 
del merito a sostegno della conclusione che, in fatto, la porzione di immobile 
venduta era � funzionalmente autonoma�, tanto da poter essere 
considerata come �intero fabbricato� (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1980, n. 5516 -Pr.es. Mirabelli 
-Est. Bologna -P. M. Minetti (conf.) -Bilancioni (avv. Bracci) 

c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato D'Amico). 
Tributi in genere -Contenzioso tributario -Impugnazione alla corte di 
appello � Domande nuove � Improponibilit�. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40; c.p.c., art. 345). 
Il ricorso alla corte d'appello disciplinato dall'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 636 non � un'azione autonoma bens� una impugnazione nella 


564 

RA!j;SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quale, essendo applicabile l'art. 345 c.p.c., non sono proponibili domande 
non proposte nei gradi inferiori (1). 

(omissis) Con il primo motivo del ricorso principale si deduce che erroneamente 
la Corte d'.appeHo aveva dichiarato inammissibili akuni motivi 
del gravame proposto davanti alla medesima (esistenza di una pretesa 
societ� di fatto tra il Bilancioni ed il frateHo, difetto di motivazione 
dell'accertamento, pretesa duplicazione d'imposta) m quainto non formulati 
davanti alle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado; secondo 
il ricorrente, all'impugnazione deHa decisione della Commissione 
tributaria di secondo grado davanti ailla Corte d'appello ai sensi dell'art. 
40 del D.P.R. n. 636 del 26 ottobre 1972 dovrebbe essere :riconosciuto 
carattere autonomo con riferimento ai poteri dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria ed in detta sede do\llrebbe ritenersi ammissibile sollevare anche 
per la prima volta �questioni di legittimit� sostanziale�. 

La censura � infondata. 

Avendo riguardo al citato art. 40 ed alla disciplina del ricorso alla 
Corte d'Appello avverso le decisioni delle Commissioni Tributarie di 
secondo grado si :rileva che dette decisioni, in quanto non abbiano formato 
oggetto di ricorso alla Commissione tributaria centrale; possono 
essere impugnate entro novanta giorni davanti alla Corte d'Appeno (nel 
cui distretto ha sede la Commissione che ha emesso la decisione impugnata) 
per violazione di legge e per questioni di fatto, con esclusione di 
quelle relative a valutazione estimativa ed alla misura delle pene pecuniarie. 


Ed ai sensi del quinto comma della medesima dispos1izione nel procedimento 
davanti ailla Corte d'appello debbono essere applicate le nonne 
del Codice di procedura civile sul giudizio di appello, salvo quelle non 
compatibili con la natura del rapporto �tributario. 

In relazione a ci�, nel procedimento impugnativo davanti alla Corte 
di appello, previsto dall'art. 40, d.P.R. n. 636 del 1972, deve trovare applicazione 
l'art. 345 c.p.c. comminante il divieto di domande nuove nei giudizi 
di secondo grado; e precisamente deve trovare applicazione il principio 
desumibile da tafo disposizione, secondo cui il divieto di domande 
nuove deve essere inteso nel senso che restano precluse '1e domande 
dirette aHa �trasformazione obiettiva del contenuto intrinseco della natura 

(1) L'affermazione della p:tiima parte della massima, per quanto evidente, � 
sempre opportuna per dare la giusta collocazione all'impugnazione di terzo 
grado. E' quindi una ovvia necessit� conseguenziale ritenere improponibili le 
domande non proposte in primo grado e non riprodotte in appello (27 aprile 
1979 n. 2439, in Riv. Leg. fisc. 1%9, 1964). 
Se mai si dovrebbe valutare se per l'impugnazione di terzo grado non valgono 
limiti ancor pi� stretti di quelli dell'art. 345 c.p.c. che riguarda l'appello. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

e del fondamento della pretesa formulata in primo grado, dei relativJ 
presupposti di fatto e delle �situazioni giuridiche corrispondenti, e presupponenti 
nuove indagini su elementi di fatto diversi da quelli dedotti 
a fondamento della pretesa origina:riia. 

Il divieto di domande nuove in 1appello nel senso suindicato � pienamente 
compatibile con la natura del �rapporto tributario, cui non pu� 
essere est11anea .l'esigenz;a di una ordinata e coerente disciplina delle 
controversie tributarie secondo una articolata previsione dei gmdi di 
giudizio e dei relativi procedimenti, cos� come risultanti dal vigente 
contenzioso tributario (D.P.R. n. 636 del 26 ottobre 1972). 

Ed al riguardo pu� essere opportuno precisare che anche sotto la 
vigenza del precedente ordinamento delle controversie tributarie (R.D. 
8 Juglio 1937 n. 1516) erano ritenute appUoabili tutte Ie norme ed i 
principi genem1i del dlaiitto processuale comune, che non trovassero 
nelle leggi speciali una deroga espressa e che non fossero con esse 
contrastanti (Cass. 1971 n. 489; 1970 n. 2081 ed altre). 

N� appare utile il richiamo (contenuto nel ricorso) alla sentenza 
di questa Corte n. 4462 del 1977, nella quale fa proponibi.Jit� di una 
questione messa davanti al Giudice ordimaTio dopo l'esperimento dei 
ricorsi aJle Commissioni tributairie � ammessa soltanto quando la questione 
stessa verta sull'esistenza di un vizio radicale e sostanzfale comportante 
la nullit� assoluta dell'atto impugnato e sia 11ilevabi:le d'ufficio 
in ogni stato e grado del procedimento tributario avente per oggetto 
l'atto medesimo. 

Invero le questioni sollevate per la prima volta davanti alla Corte 
di Ancona ai sensi dell'art. 40 D.P.R. n. 636 del 1972 non deducevano 
alcun vizio radicale dell'atto di accertamento gi� impugnato davanti alle 
Commissioni tributarie e non si traducevano in nullit� assolute rilev1abm 
ex officio in ogni stato e grado del procedimento tTibutario, 11iguardando 
la pretesa esistenza di una societ� di fatto T!:'a il l'icorrente ed il fratello, 
il preteso difetto di motivazione dell'accertamento fiscale, una pretesa 
duplicazione di imposta. 

Con il secondo e terzo motivo, che debbono essere esaminati congiuntamente 
in ragione della stretta connessfone deUe censure, si deducono 
la violazione dell'art. 65 D.P.R. n. 645 del 1958 e vizi di motivazione, 
peT non avere fa Corte di merito �adottato corretti criteri e per 
avere quimdi esclusa la natura agricola, ed affermata quella industr:iale 
del reddito percepito dal :ricorrente, e per non avere dato rilievo alJa 
documentazione riguardante il rapporto tra la superficie dei terreni uti~
izzati ed il numero dei capi di bestiame allevati sui terireni stessi. 

Le censure sono infondate. 

Ai fini della distinzione tra reddito ag11airio e reddito commerciaJe 
ed industriale avendo riguardo al contenuto degli arrtt. 30 legge 8 giugno 
1936 n. 1231 e 65 del T.U. sulle imposte dirette (D.P.R. n. 645 del 


566 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1958), si deve osservare che i criteri l�gali di ider:itificazione del reddito 
agrario, desumibili dall'esistenza di attivit� rientranti nell'esercizio normale 
dell'agricoltura secondo 1a tecnica che la governa e coerenti ai 
limiti di potenzialit� del fondo, privilegiano l'indagine oggettiva circa 
la normalit� (in relazione all'esercizio di un'rimpresa agricola) �di quelle 
attivit� che non siano definibili come strettamente agricole ma che siano 
riconducibila. all'impresa agricola stessa in armOillia con '1a potenzialit� 
agraria del fondo uti1izzato. 

Sostanzialmente a detti criteri si � ispi['.ata ,fa sentenza impugnata, 
la quale ha ritenuto di poter rigettare fa tes�i del .ricorrente, secondo 
cui iJ suo reddito avrebbe dovuto essere qualificato come agricolo in 
quanto prodotto nell'ambito di una azienda agricola e con il capitale di 
esercizio .ad essa specificatamente destinato e nei limiti de11e esigenze 
dell'azienda stessa. A:I rigetto la sentenza � pervenuta, con motivazione 
adeguata, sulla base delle prove acquisite e valutando le dichiarazioni 
della medesima paTte interessata re1ativ:amente ai :redditi per J'anno 1973. 

In particolare Ja motivazione dei giudici d'appello ha fatto riferimento 
ai documenti forniti dalla guardia di finanza di Fossombrone e 
comprovanti la qualit� di allevatore di bovini propria del Bilanoioni, il 
numero dei capi di bestiame (varie centinaia) l'utilizzazione di operai, 
l'dnsufficienza del terreno 1a disposizione (tre ettari) alle esigenze della 
attivit� armentizia del BHancioni, la necessit� per quest'ultimo di prendere 
in affitto terreni altrui per �riaccogliere il mangime necessario al 
suo bestiame. 

Inoltre il Bilanoioru ha dichiarato di avere esercitato nel 1973 attivit� 
industriale del medesimo tipo di quella in questa sede contestata. 

Gli ulteriori riilievi critici del ricorrente circa un presunto travisamento 
dei fatti di causa, conseguente al travisamento delle �risultanze 
processuali, esulano dai limiti del sindacato di Jegittimit� di questa 
Corte, Ia quale ha sopra �rileV'ata la presenza di sufficiente e corretta 
motiivazione della sentenza impugnata (Cass. 1978 n. 2387 ed altre decisioni), 
e si isp�'rano piuttosto �ad una ipotesi di causa di revocazfone 
secondo l�. previsione del n. 4 dell'art. 395 cod. proc. civ. 

Sembra conclusivamente a questa Corte che nel complesso delle sue 
censure iii ricorrente solleciti il riesame del merito della controversia, 
proponendo un confronto 1lra gli elementi probatori utilizzati dai giudici 
di Appello e quelli che -secondo Ie sue difese -sarebbern pi� rispondenti 
alla realt�. 

Con il ricorso incidentale, che deve essere qualificato come condizionato 
in ragione del suo contenuto e deHa sua incidenza su punti di diritto 
che potrebbero assumere �rilevanza solo per effetto dehl'accoglimento del 
ricorso principale, la amministrazione finanziiaria delJo Stato deduce la 
violazione dell'art. 15 del D.P.R. n. 636 del 26 ottobre 1972 per avere la 
Corte di Merito ritenuto erroneamente che il ricorso del BHancioni alla 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 567 

Commissione tributaria di primo grado contenesse la specificazione dei 
motivi, mentre il ricorso stesso denunz~ava genericamente ed apoditticamente 
l'eccessivit� dell'accertamento. 

Il ricorso incidentale condizionato deve iritenersd assorbito a seguito 
del rigetto del ricorso pr�ncipale 'e della conseguente conferma dell'accertamento 
tributanio :a oarico del Bilam.cioni. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre 1980, n. 5563 -Pres. Mirabelli 
-Est. Lipari -P. M. Caristo (conf.) -Ministero de1le Finanze 
(avv. Stato Gargiulo) c. Tino. 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Interpretazione dell'atto Negozio 
collegato -Ricostruzione dell'effetto unitario di pi� atti Legittimit�. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; 1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13). 
In base all'art. 8 dell'abrogata legge di registro per determinare 
l'intrinseca natura e gli effetti dell'atto indipendentemente dalla forma 
apparente, � consentito valutare l'effetto unitario prodotto da pi� negozi 
collegati (applicazione all'ipotesi di vendita di area edificabile collegata 
ad appalto per la costruzione di una casa con il che si realizz� il risultato 
di una permuta) (1). 

(omissis) 1. Si discute in causa del regJ.me di tassazione, ai fini della 
applicazione dell'imposta di registro, di due atti che, secondo i contribuenti, 
concernendo rispettivamente la vendita di un'area fabbricabile 
e l'appalto per la cos1l~ione di case di abitazione, :f�ruirebbero entrambi 
delle agevolazioni di cui alla Legge n. 408 del 1949, mentire secondo l'amministrazione 
finanziaria, nel reciproco collegamento negoziale, verrebbero 
a realiz:zJare una permuta di terreno con costruendi appartamenti da 
assegnarsi �in propriet� al venditore del suolo, la quale, concernendo il 
trasferimento di cosa futura, non � ammessa all'agevolazione. 

Le Commissioni tributarie hanno disatteso ila tesi della Finanza, facendo 
esclusivamente leva sul tenore letterale (se non addirittura sulla 
intitola:zJione) degli atti contrattuali comportanti da un lato vendita dei 
diritti di propriet� con riserva superficiaria, rispetto alla quale era stato 
esercitato lo ius aedificandi, dall'altro la stipulazione di un appalto. 

(1) Viene opportunamente rinverdita una proposizione esatta, ma che trova 
molti contrasti (cfr. Cass. 9 maggio 1979 n. 2658, in questa Rassegna, 1979, I, 757, 
con richiami). 
Il 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Ed anche La Commissione centrale S!�. � limitata ad osservare che 
nel rogito Sarno del 4 ottobre 1971 Ja vendita deH'area noo era stata 
effettuata contro il corrispettivo di unit� immobilia11i da costruirsi, ma 
per il prezzo dich1arato di 12 milioni e che neH'atto ei:ia contenuta soltanto 
la riserva di favore dei venditori di diritti superficiari; e che l'uti


lizzazione di dettii diritti per la costiruzione in appalto di appartamenti 
si era avuta mediante autonomo negozio sottoposto �a registrazione. 

Con l'unico motivo di ricorso llamminist11azione delle finanze lamenta 
che i giudici tributari Sii. sono sottratti al fondamentale dovere cli stabi1ire 
se sussistesse il collegamento fra i due negozi interpretati alla 
stregua della fondamentaile disposizione dell'art. 8 della 1legge di iregistro, 
che impone di aver riguardo all'intrinseca natura ed agli effetti degli 
atti e dei trasferimenti anche se non vi co:r.risponde til titolo e ~a forma 
apparente e sostiene che di conseguenza la motivazione dell'impugnata 
decisione risulta del tutto carente. 

Ritiene il CoHegio che la censura colga nel segno e debba essere 
accolta, disattendendo preliminarmente le eccezioni di 'iillammissibHit� 
dedotte dai resistenti. (omissis) 

(omissis) 5. In questa sede di legittimit� non si t�ratta di verificaire 
se la soluzione giuridica sottoposta dall'ammdnistrazione finanziaria dello 
Stato ana Commissione Tributaria Centrale fosse esaHa, ma di controllare 
se il risultato cui � pervenuta tale Commissione sia sorretto da 
esatti criteri giuridici, e se la decisione possa ireggersi, pur avendo totalmente 
pretermesso l'esame delle tesi svolte dalla Finanza. 

Orbene appare pienamente� centmta la censura della difesa erariale 
che addebita alla decisione impugnata di non avere affatto affrontato 
q�ello' che era il problema fondamentale della causa, che comportava 
l'indagine suHa possibilit� di un collegamento negoziale fra due distinti 
atti ai 'fiili della imposfaione di tregistro�� (possibilit� che viene data per 
presupposta nel ricorso) e della lettura degli atti cos� collegati secondo 
un criterio interpretativo basato su1l'art. 8 della �brogata legge di registro 
(applicabile ratione temporis alla fattispeci� e che comunque � stato 
sostanzialmente recepito anche nell'art. 19 del D.P.R. n. 634 del 1972). 

Invece <la decisione 'impugnata si � basata sulla rilevazione puramente 
�estrinseca del nomen iuris attribuito al negozio. 

Ma � noto �he il nomen �iuris se, in liinea di principio, non ha particolare 
peso di carattere-esegetico quando si tratta di qualificare il contratto, 
ne ha ancor meno in tema di imposta di registro, tenuto conto 
dell'art. 8 della legge del 1923 (e dell'art. 19 di quella vigente) in cui si 
impone di considerare l'atto oggettivamente per gli effetti giuridici che 
esso � potenzialmente idoneo a produrre, �anche se non rientranti ne11a 
previsione delle Pii!rti, purch� �riconducibili allo schema negoziale iricavabile 
dalle clausole del documento presentato per <la registrazione. E se 

Il 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

esiste contrasto fra il titolo del negozio ed ii.il suo contenuto, ai fini 
deM'esatta tassazione deve essere ricercata l'efi�ettiva portata dell'atto, 
senza possibilit� di fermarsi aHa denominazione ed alla forma (Cass. 
2306/73, 2349/72, 1808/72, 2623/70, 1192/67, 326/65). 

L'indagine sulil'intirinseca natura giuridica e gli effetti giuridici di 
un auto, ai sensi dello art. 8 oit., pur dovendosi fondaire principalmente 
suJ documento presentato per la registrazione, pu� avvalersi di elem_ent1i 
es�tri.nseci all'atto medesimo, che 1I1e costituiscano il presupposto, comunque 
siano ad esso connessi. Pertanro � stato ritenuto che una permutJa 
di immobile contro buoni del tesoro, a1tJraverso H collegamento di una 
pregressa donazione dei buorni medesimi avvenuta fra le stesse parti, 
possa evidenziare '1'�efi�etto indiretto del trasferimento gratuito dell'immobile, 
giustificando l'app1ioazione del pi� oneroso trattamento tJributaTio 
pTevisto per la donazione immobiLiare (Oass. 2658/79). Ed invero il princi:
Pio secondo cui il contenuto e la natura dell'atto da registrarsi debbono 
ricavarsi esclusivamente dalle clausole di esso, senza possibilit� 
di modificarne od integraTne i risultati, in base ad elementi desunti 
aliunde, deve trovare limitata attua2lione nei casi in cui -l'esame di altTi 
elementi, estrinseci al.il'atto da tassare, ma coi quali siano oohlegati, o 
ne costituiscano il presupposto, possa condune ad una diversa valutazione 
di esso, fermo restando che, in ogni caso, oggetto principale dell'indagine 
resta !i�l testo dell'atto da sottoporire all'imposta di Tegistro, la 
quale lo colpisce per le dichiarazioni ivi racchiuse e per la potenziale 
idoneit� de1l'atto stesso a produrre gli effetti giuridici di cui � capace, 
in relazione al contenuto ed alla natura suoi propri (Oass. 1737/76). 

Si deve quindi, ritenere 11a possibiHt� di operare un collegamento 

negoziale e di avvalersi di tale collegamento per interpretare il testo 

dell'atto principale, non gi� alla stregua dei meni canoni della letteralit�, 

ma considerando tutta �la potenzialit� delle clausole. medesime, poste in 

relazione fra loro per ricercare 1l'effettivo intento pe!rseguito ed attuato 

dalle parti, indipendentemente dal nomen iuris prescelto, ed addirittura, 

oltre tale intento soggettiv�, la oggettiva portata del regolamento nego


ziale attuato (1123/78, 5693/78). 

La circostanza che l'imposta di registro_ sia un'imposta d'atto non 

.significa che la sagace segmentazione di un disegno inegozdale untitario 

in una pluralit� di atti impedisca di collegare i nrammenti e ristabilire 

l'unit� suscettibile di qualificare secondo una particolare accentuazione 

lo specifico atto (principale) considerato, quando esso va ad !inserirsi in 

un pi� articolato �regolamento di interessi. 

Se fosse vero il contrario, l'artificio di CTeare una pluralit� di atti 

consentirebbe di eludere l'imposizione. 

E l'unitar.iet� del disegno, e quindi l'opportunit� di procedere ad una 

valutazione globale, risulta ancora pi� chiaramente quando g1i atti colle



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gati sono stati posti in essere ne11o stesso torno di tempo, fra Je stesse 
parrti. 

6. Il vizio della decisione in esame �, quindi, essenzialmente UIIl vizio 
che attiene ad uno scorretto uso dei canoni 'ermeneutici per essersi limitata 
fa Commissione centrale alla considerazione della mera apparenza 
degli atti negoziali in 'esame, senza procedere alla analitica rilev:azione 
delle clausole dei medesimi, soffiermandosi sul collegamento delJe clausole 
stesse all'interno di ciascun nego:llio, ed ulteriiormenrte sul collegamento 
fra negozi che sarebbe potuto emergere dall'interconnessione di 
dette clausole. 
Questi rilievi non depongono direttamente ed. immediaitamente per 
l'affermazione della fondatezza della pretesa del fisco, che potrebbe trovare 
un'addentellato nella sentenza n. 604 del 1967 ma consentono sicu~
amente di riconoscere che la decisione 'impugnata si � sottratta al fondamentale 
compito di valutare la tesi dell'ufficio alla fooe de11'art. 8 
della Jegge di registro ed alJla stregua del collegamento che legava !La 

c.d. compravendita all'appad.to e che era �suscettibile di dare fondamento 
ad una pretesa tributaria che 'l'intestazione e la lettem dell'atto non 
:giustificavano. (omissis) 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6260 -Pres. Sposato 
-Est. Canti:llo -P. M. Grossi (conf.) -Soc. Export Preservfa1g c. 
Ministero de11e Ftinanze (avv. Stato Mari). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Prescrizione e decadenza Atti 
soggetti a condizione sospensiva -Deliberazione di aumento di 
capitale � Decorrenza dalla denuncia dell'avvenuta sottoscrizione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 137; I. 15 febbraio 1949, n. 33, art. 7; d.P.R. 
26 ottobre 1~72, n. 634, art. 18, 26 e 74). 
Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Atti soggetti a condizione 
sospensiva -Registrazione 'Prima dell'azzeramento -Consolidazione del 
criterio .di tassazione -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 17; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 26). 
Le deliberazioni societarie di aumento di capitale sono considerate 
.ai fini dell'imposta di registro (nella abrogata come nella vigente legge) 
atti soggetti a condizione sospensiva; di conseguenza il termine di prescrizione 
(o di decadenza) per pretendere l'imposta proporzionale comincia 
a decorrere dalla data di avveramento della condizione, ossia dalla 

data della denuncia dell'avvenuta sottoscrizione delle azioni o quote (1). 

(1-2) Decisione di evidente esattezza che sottolinea la conservazione del prindpio 
dalla vecchia alla nuova legge di registro. Sulla prima massima v. Cass. 
18 giugno 1973, n. 1793, in questa Rassegna 1973', I, 938. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Agli atti soggetti a condizione sospensiva, che vengono inizialmente 
registrati con la percezione dell'imposta fissa e solo dopo l'avveramento 
della condizione con l'imposta ordinaria, non � applicabile la regola 
della consolidazione del criterio di tassazione con riferimento alla prima 
registrazione (2). 

(omissis) Con i primi due motivi di ;ricorso, che vanno esaminati 
insieme perch� connessi, la societ� :ricovrente oritica sotto due profili la 
sentenza impugnata neHa parte in cui ha affermato che, nel vigore della 
precedente disciplina della imposta di registro, il termine di prescrizione 
entro il quale l'Amminis�trazione doveva accertare iJ. diritto all'esenzione dal 
tr:ibuto, invocata per le delibere di aumento del capitale sociale, decorreva 
non dalla registriazione dell'atto ma dalla data della denuncia di 
sottoscrizione de1le �azioni. DenunZJiando ila violazione dehl'art. 137 r.d. 30 
dicembre 1923 n. 3269 e dell'art. 7 1. 15 febbraio 1949 n. 33, nonch� vizi 
della motivazione, anzitutto contesta che la prima di ta1i norme, riguardante 
la prescrizione nei negozi sospensivamente condizionati, sria applicabile 
alle delibere in questione, assumendo che il rifer�imento al Tegime 
fiscale di siffatti negozi, racchiuso nella seconda deposizione, debba r:itenerisi 
circosc11it1to al procedimento di tassazione e perci� non comporti deroga 
alla regola per cui la prescrizione decorre dalla data della formalit�; in 
secondo luogo, sostiene che il principio applicato dalla sentenza di merito 
valga per la determinazione del quantum del tributo, non anche per la 
qualificazione giuridica dell'atto e per ogni altra questione attinente al 
titolo di tassaZJione, come, appunto, ila veDif�ca dei presupposti del diritto 
all'esenzione, non avendo alcun rilievo, r.ispetto ad essa, la successiva denuncia 
di sottoscrizione delle azioni. 

Entrambe le censure sono infondate. 

La prima si infrange entro il consolidato indirfazo di questa Corte, 
la quale ha da tempo chiarito, nell'eseges�i dell'art. 7 del1a 1. n. 33 del 1949, 
che fa delibera di aumento di capitale del.le sooiet� aventi personalit� giuridica 
viene assoggettata, ai fini della legge di registro, allo stesso regime 
degli atti sospensivamente condiZJionati, giacch� la definitiva liquidazione 
dell'imposta -provvisoriamente percepita in misura filssa -� subordinata 
e commisurata al concreto aumento dcl capitale, reaHzZJantesi con 
la sottosorizione (o il collocamento) deille nuove azioni o quote; e che 
pertanto a tali de1ibere sono applicabili, tin vlia principale, itutte le norme 
riflettenti gli atti sottoposti a condizione sospensiva, ivi comprese quelle 
sui termini di prescri2lione, con 1a conseguenza che !i.l didtto della finanza� 
all'imposta propornionale dovuta sugli aumenti di capitaie si prescrive, 
ai sensi dell'art. 137 cit., nel termine di tre anni decorrente dalla data 
della denuncia di sottoscnizione del nuovo capitale o, in caso di mancata 
denuncia, col decorso di venti anni da1la data della sottoscrizione medesima 
(cfr., fra altre, sent. n. 1793 del 1973). 


572 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

� i:l caso di aggiungere che il principio deJl'assimilaZJione agli atti conddziionati 
� stato puntualmente riprodotto dalla nuova legge di registro, 
disponendo l'art. 26, ultimo comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 che gli 
aumenti di capitale, attuati nel modo suddetto, � si considerano sottoposti 
alla condizione sospensiva della sottoscrizione o del coHocamento �, e 
l'�art. 74, secondo comma, che il termine di decadenza dell'azione deHa 
finanza (prevista in luogo della prescrizione) decorrn dalla dat�a della presentazione 
della denuncia di cui a:ll'art. 18, il quale, nel suo ultimo comma, 
ha riguardo appunto alfa denuncia di sottoscrizione del nuovo oapitaJ.e. 

Ci� pqsto, per respingere 1a seconda censura � sufficiente considerare 
che � priva di fondamento normativo la distinzione, cUJi essa si affida, fra 
le pretese della �finanzia relazionate al titolo e ai CT.i!teri di tassazione, per 
le quali il termine triennale di presorizione decorrerebbe dalla data della 
denuncia di avveramento della condizione. 

La norma dettata dall'art. 137 oit., rnella sua chiara ed ampia focmulazione, 
fissa in ogni oaso il dies a quo del termine di prescrizione, per gli 
atti sottoposti a condizione sospensiva, nel giorno in curi viene compiuto 
l'ulteriore adempimento suddetto (denuncia dell'evento condizionante) e 
nessun elemento letterale, logico o sistematico autorizza l'interprete a 
prrocedere alla discriminazione suddetta, la quale contrasta anche con il 
significaito giuridico �e la ratio del differimento de1la (eventuaJ.e) tassazione 
con la normale imposta (pTogressiva, proporzionale o gmduale). 

Posto che il tributo di registro colpisce l'atto nel suo contenuto giuridico, 
per gli effetti che pu� pTodurre di per s� �e secondo la fiattispecie 
normativa cui le parti si sono uniformate, in pendenza della condizione 
sospensiva non sussiste un diritto oerto e attuale della finanza ad una 
tassazione conforme alla virtuaJ.e portata de:H'atto, che, per essere medio 
tempore inefficace, � inidoneo a produrre effetti sostanziai-i fiscalmente 
rhlevan1Ji. Per questa ragione la prncedente disciplina della imposta (art. 17 

r.d. n. 3269 del 1923) e la nuova (d.P.R. n. 634 del 1972) scandiscono Ja 
fattispecie impositiva nei due momenti della registrazione, che legittima 
la percezione della imposta in misura fissa, quale che sia iii contenuto 
del negozio registrato, o della denuncia di avveramento della condizione, 
che rende l'atto assoggettabile al tributo secondo le regole ordinarie, assumendo 
cos� anch'essa vailore determinante ai fini dell'esercizio del diritto 
della finanza (il che giustifica altres� �l'equipariazione della mancata de� 
nuncia alla .registrazione, sancita dall'art. 74 della nuova legge, ma afferrmata 
da questa Corte gi� nel vigore della precedente: cfr., sent. cit. 
n. 1793 del 1973). 
In tale sistema, quindi, il disposto de1l'art. 137 cit. relativo aglii atti 
condizionati costituisce espressione del pi� generale principio racchiuso 

I

nell'art. 2935 cod. civ., secondo il quale la prescriZJione comincia a decor-'"


.I 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

rere dal gforno in cui il diritto � perfetto (dies natae actionis), non configumndosi, 
prima dell'avveramento della condizione, un diTitto della Finanza 
suscettibile dii prescrizione. 

E ci� rende evidente, sotto due altri profili, l'Jnconsistenza della proposta 
esegetica che qui si respinge. 

In primo luogo, perch� i c.d. criteri deHa tassazione -cio� Je �regOile 
di d�ritto appliicate e le valutaziioni compiute allo scopo di determinare 
1a concreta obbligazione tributaria -non possOtD.o formare oggetto autonomo 
di prescri2lione estintiva, la quale concerne, ovviamente, il diritto e 
non le ragioni che lo sorreggono e Jo quaLificano :in un certo modo, con 
la conseguell2la che, nelle ii.potesi in questione, mancando un diritto prescrittibile, 
a fortiori non pu� �aversi p:riesorizione quanto ai CTiteri che in ipotesJ, 
in sede di registrazione, siano stati enunciati in v.istia dclla futura ed 
ev:entuaJe tassazione. 

In secondo luogo, perch� prima dello avveramento della condi2lione 
non sorge il potere-doveTe dell'Ufficio di procedere alla qualificazione giuridica 
dell'atto e in genere, di stabilire i criteri dell'imposizione -quali 
Ja spettanza di un'agevolazione, la determinazione della aliquota, ecc. trattandosi 
di attivit� :inerenti 1alla tassazione definitiva e non richieste in 
sede di registraziione, per la quale � dovuta -come si � visto -sempre 
e soltanto la tassa fissa. 

Al qual proposito occorre aggiungere, anzi, che nel1a pregressa normativa, 
disciplinante la presente controversia, qualsiasi determinaziione delJ'Ufficio 
sui criteri di tassazione �era preclusa, in prati.ca, da ci� che, ai 
sensi dell'art. 17, l'atto andava tassato in :base al~a legge vigente al tempo 
.della denuncia di avveramento della condizione, quando, cio�, il regime 
impositivo poteva essere mutato <rispetto a quello appldcabile �alla datia 
.della registrazione Oa nuova legge, invece, in applicazione del principio 
.civilistico delJ.a normale ["etroattivit� della condizione verificata, ha adottato 
la regola opposta, stabilendo che la tassazione va effettuata mseguito 
.alla denuncia, ma �essendo le nomine vigenti �al tempo della formazione del 
.contratto: secondo comma art. 26 cit.). 

Infine, non viene utilmente :invocata, in senso contrari.o, J.a ~urispru<
lenza di questa Corte in tema di contratti a corrispettivo variabile o presunto, 
di cui all'art. 32 della fogge abrogata, giacch� -a differenza degJi 
.atti condizionali -iii loro contenuto e d principi della tassazione andavano 
individuati al tempo della formalit�, mentre veniva rinviata ad un momento 
successivo solo la determinazione definitiva dell'imponibile; e oi� 
:giustificava il c.d. consolidamento dei ociteri deJ.l'imposiziione con il compimento 
del truennio dalla regJstrazione, potendo ravvisarsi un distinto termine 
di prescrizione, decorrente dalla definizione del corrispettivo, solo 
.quanto alla differenza di imposta ancora dovuta. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

574 

Stante la rilevante assimHazione agli atti condizionali, correttamente 
la sentenza impugnata ha affermato, quindi, che il diiritto della Finanza 
all'imposta proporzionale dovuta sugli aumenti di capitale decorre in ogni 
caso, ai sensi dell'art. 137 dell'abrogata legge dri registro, dalla denuncia di 
sottoscrizione o di collocamento del nuovo capi:ta�le, senza che si possa 
ammettere un distinto termine, decorrente dalla registrazione deHa delibera, 
per le pretese motivate in base ai criteri di tassazione diversi da 
quelli invocati dal contl'ibuente alla regrstrazione medesima. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1980 n. 6261 -Pres. Mirabelli 
-Est. D'Orsi -P. M. Caristo (diff.). Soc. Immobiliare Mabi (avv. 
Nicol�) c. Ministero delle F�inanze (avv. Stato Rossi). 

Tributi erariali diretti. -Imposta sui redditi. di ricchezza mobile -Plusvalenza 
-Fusione di societ� -Non si verifica. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 100 e 106). 
La fusione di societ� per incorporazione non d� luogo di per s� alla 
realizzazione di plusvalenze tassabili (1). 

(omissis) La Commissione centrale delle imposte � stata chiamata a 
decidere la questione relativa alla conf�gurabiHt� di una plusvalenza nel 
caso in cui una societ� avente personalit� giuridica si fonda per incorporazione 
in altra societ� pur avente persona.ilit� giuridica, la quale sia per 
di pi� proprietaria del1a totalit� delle quote de11'a societ� inco~ata, e 
negli atti necessairi per J'operazione, gli immob:Hi del1a societ� incorporata, 
vengono riportati col valore loro precedentemente attribuito. 

(1) Per l'ipotesi di trasformazione della societ� da uno in altro tipo � stato 
gi� precisato che la trasformazione come tale non comporta affioramento di 
plusvalenze poich� il soggetto che si trasforma resta il medesimo; tuttavia la 
trasformazione pu� dare occasione all'emersione di plusvalenze quando, a seguito 
de11a 11eliazione di stima di cui aM'art. 2498 e.e. o per qual.s~as~ altra ragione, 
i beni sociali siano riportati nel bilancio della societ� trasformata per valori 
superiori a quelli figuranti nel bilancio anteriore alla trasformazione; questa � 
una vera e propria iscrizione in bi!lancio dii plusv.alen2le tassabili ex art. 106 
(Cass. 7 novembre 1978, n. 5742, in questa Rassegna 1980, I, 412). Ci� � ormai 
chiaramente espresso nell'art. 15 del d.P.R. n. 598/1973 che esclude la trasformazione 
determini plusvalenza, ma rinvia all'art. 12. 
La presente pronu=ia tratta il diverso problema dehla fus!ione per incorporazione 
che produce l'estinzione di un soggetto e la successione; a titolo uni



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 575 

L'esistenza di una plusvalenza tassabile, ad sensi deg1i artt. 100 e 106 
del D.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645, � stata iriconosciuta dalla Commissione 
centrale delle imposte sulla base delle seguenti argomentazioni: 

a) la fusione per incorporazione, determinando �l'estinzione della societ� 
incorporata, avrebbe l'effetto di dist:cibuzione ai soai (e nella specie 
all'unico socio costituito dalla societ� incorporante) del patrimonio della 
societ� incorporata, quanto meno sotto ila forma di attribuzione di valore, 
tal.ch� si realizzerebbero le plusvalenze; 

b) nessun rilievo avrebbe i1a mancanza di determ~nati atti formali 
(evidenzianti le plusvalenze), perch� in caso contrario si verificherebbe un 
salto d'Jmposta; 

e) dal dettato legislativo, che in determinati casi aveva concesso uh 
regolamento speciale alle plusvalenze realizzaite a seguito di fusione o tirasformazione 
(art. 1 legge n. 1057 del 1948; art. 41 legge n. 25 del 1951; 
art. 2 legge n. 170 del 1965) appamiva evidente che in caso di operazione 
di fusione ben poteva determinarsi una plusvalenza tassabile; 

d) non poteva poi applicarsi nel1a specie J'art. 2 della Jegge n. 170 
del 1965, in quanto tale articolo per il differimento della tassazione de1le 
plusvalenze richiedeva come �condizione essenzia'1e Ia loro iscrizione nel 
bilancio, cosa che n�11a specie non era avvvenuta. 

Questa decisione � censurata dalla s.p;a. Mabi con due mezzi di 
ricorso. 

Con il primo mezzo la ricorrente, denunciando la violazione dei priincipi 
in materia di accertamento e tassazione delle plusvalenze (art. 100 
e 106 del D.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645) in relazione all'ipotesi di fusione 
per incorporazione d:i societ� di capita1i, in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, 
cod. proc. civ., censura la decisione �impugnata per aver ritenuto che con 
l'operazione di fusione per incorporazione si avrebbe esHnzione del sog


versale, in tutti i suoi rapporti. Anche in questo caso si esclude la emersione 
di plusvalenze, come effetto necessario della trasformazione; ma, ancora una 
volta, non deve esservi iscrizione di maggiori valori nel bilancio della societ� 
incorporante in maniera che la tassazione della plusvalenza risulter� differita, 
ma non elusa; non potrebbe invece evitarsi la tassazione ove si J1iscontrasse una 
differenza di valori tra il bilancio dell'incorporata e quella dell'incorporante, che 
altrimenti si .verificherebbe un salto di imposta. La sentenza precisa ancora, cosa 
molto importante, che una plusvalenza (oggettivamente esistente come fatto 
eCOXlomico) pu� sottrarsi al:la tassazione solo quando il valore patrimoma1e restii 
immutato a tutti gli effetti �e quindi anche nel rapporto di cambio delle azioni 
(ipotesi che pu� verificarsi solo quando, come nel caso deciso, tutte le azioni 
dell'incorporanda erano gi� possedute dall'incorporante e non vi erano creditori 
che potessero opporsi all'operazione di fusione); che se per stabilire il rapporto 
di cambio si tiene conto del valore patrumoniale effettivo (sulla base della 
relazione di stima ex art. 2502 e.e.) viene alla luce una plusvalenza che realizza 
la societ� incorporata al momento della sua estinzione (Cass. 7 giugno 11974 n. 1687; 
in questa Rassegna 1974, I, 1239). Ed � da sottolineare che la sentenza in esame 
ritiene realizzata la plusvalen:m non soltanto quando venga iscritta nel bilancio 



576 RASSEG'<A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
getto incorporato con conseguente distribuizone ai soci del patl1i.m0Illio 
sociale. 
Viceversa vi sarebbe solo J:a triasformazione dell'oggetto sociale e della, 
struttura aziendale, con la perdita della soggettivit� giuridica della societ� 
incorporata e i conseguenti effetti di una sucoessione universale inter vivos. 
576 RASSEG'<A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
getto incorporato con conseguente distribuizone ai soci del patl1i.m0Illio 
sociale. 
Viceversa vi sarebbe solo J:a triasformazione dell'oggetto sociale e della, 
struttura aziendale, con la perdita della soggettivit� giuridica della societ� 
incorporata e i conseguenti effetti di una sucoessione universale inter vivos. 
La ricorrente nega poich� possa configurarsi plusvialenza pel solo fatto 
dell'iinoremento del valore certo e definitivo di un cespite, occorrendo, dnvece, 
che le plusvalenze vengano realizzate, distribuite o iscritte a bilancio. 

n mezzo � sostanziialmente fondato. 

Per 1a soluzione della questione occorre partire da un corretto inquadramento 
del fenomeno giuridico-economi:co della fusione tra societ�, limitando 
l'ambito del discorso, per restare nel caso in esame, alfa fusione per 
incorporazione. 

Il fenomeno, visto nel:la sua fase finaJe, pl'esenta la caratteristica di 
provoca['e J'estin21ione del1a societ� incorporiata e ~a successione nei diritti 
ed obblighi di quest'ultima da parte della societ� incorporante s� che 
esattamente si parla di successione a titolo universale; ma tale successione 
riguarda soprattutto i rapporti con i terzi. 

Nena fase attuativa vengono, invece, defill!iti '� :riapporti tra societ� incorpomnte 
e incorporata s� che pu� dirsi che si ha un soggetto (quello 
che si estinguer�) il quale � negozia � la sua successione. 

La deliberazione di fusione (che dascuna societ� deve adottare) contiene, 
fafatti, '1e condraioni della fusione le quali rifilettono -nel caso di 
societ� per azioni, (o a responsabilit� limitata) -il rapporto di cambio tra 
le azioni (o quote) della societ� mcorporantie e queJJe deJla societ� incorporata, 
che dovranno, appunto, essere sostituite dalle pr>ime. 

della societ� incorporante, ma anche se un plusvalore risulta soltanto dal rapporto 
di cambio delle azioni. 

Nella normativa attuale l'art. 16 del d.P.R. n. 698/1973, analogamente a 

quanto l'art. .15 stabilisce per la trasformazione, esclude che la fusione dia luogo 

necessariamente a realizzo di plusvalenza anche se risultanti dalla situazione 

patrimoniale; sono fatti salvi g1i effetti dell'iscrizione nel bilancio della societ� 

incorporanrte a norma delJJ:'art. 12; tuttaivia non si tiene conto ai fiini. dell'art. 112 

delle plusvalenze iscritte in b�lancio per la parte corrispondente alla differenza 

tra il costo delle azioni o quote della societ� incorporata annullata per effetto 

della fusione ed il valore del patrimonio netto risultante dalle scritture contabili. 

Ci� naturalmente non esclude che le plusvalenze diventino tassabili allorch� 

saranno realizzate o distribuite ai soci (lo si evince chiaramente dall'art. 34 della 

Legge 2 dicembre 1975 n. 576 che dichiara applicabile l'art. 16 del d.P.R. n. 698 

ai conferimenti di azienda), ma intanto la societ� incorporante potr� iscrivere 

nel suo bilancio la plusvalenza senza conseguenze. 

Non � chiaramente disciplinato l'effetto rispetto alla societ� incorporata del 

rapporto di cambio; se cio�, indipendentemente dalle vicende che seguiranno 

nei confronti della societ� incorporante, la societ� incorporata possa realizzare 

una plusvalenza al momento della sua estinzione e per effetto di essa, come 
ila sentenza in esame ritiene possibile con merimento ail1a '1~ione abrogaita. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La situazione patrimoniale da allegare ,ahla delibera di fusione dovrebbe 
rispecchiare i valori patrimoniali del momento della fusione e dovrebbe, 
quindi, tener conto delle plusvalenze verificatesi nel periodo di 
vita deHa societ� incorporata, perch� solo facendo valere queste ultime pu� 
rispondere alla reailt� economica e 1ai valori effet<t:ivi il trapporto tra le 
azioni (o quote). 

Ma, dato che la societ� 'incorporata cessa di esistere, l'eventuale altera~
ione del Tapporto non � qualche cosa che pregiudica la societ� estinta, 
bens� i suoi soci. E questi hanno, rispetto alfa delibera di fusione e alle 
condizioni in. essa previste, i norma1i poteri di impugnativa 1I1ei confronti 
delle deliberazioni sociali. 

Diverso�ambito ha l'opposizione che pos�sono propor11e i cred1tori (articolo 
2503 cod. civ.); questi possono opporsi a;lla fusione, ma non al rapporto 
di cambio o alle altre condizioni poste per l'operazione. 

Dunque, se nella deliberazione di fusione la societ� che va ad estinguersi 
non rivaluta i suoi cespiti patrtlmoniali, c�loro che possono riceverne 
un danno sono i suoi soci, i quali vengono ad avere un numero 'di nuove 
azioni (o quote) inferiore a quello che sarebbe loro spettato rispetto ad 
una pi� esatta comparazione dei valorii patii:iimoniali delle due societ�; 
ma se essi sono danneggiati da una .tale operazione non si pu�, senza 
un'intima contmddizione, ritenere che ne abbiano anche un vantaggio per 
aver ricevuto l'attribuzione patrimon1ale costituita dalle plusvalenre. 

Queste, se non sono state 'iscritte in bilancio per essere stati gli immobili 
trasferiti al valore loro precedentemente attribuito dalla societ� incorporata, 
sono in realt� rimaste ,allo stato potenzia'1e e in tale condizione 
sono passate alla societ� incorporante. 

Sar� poi questa ad ottenere le plusvalenze nel momento in cui le 
.realizzer�. E solo allora Je plusvalenze saranno tassabiH. 
Il voler rtltenere che �la fusione tra societ� comporta sempre e in ogni 
caso la realizzazione delle plusvalenze � tesi inesatta. 

Questa inevitabile realizzazione avviene quando fa societ� cessa di 
esistere per altra causa e deve prooedere alfa liquidazione del patrimonio; 
ma non nel caso di fusione, in cui l'estinzJione defila societ� non � conseguente 
aHa cessazione dell'attivit�, continuando l'iinsieme dci beni organizzati 
a svolgere la loro dinamica funzione, sia pure come parte di altro 
.e pi� ampio complesso. 

Posto, quindi, che � possibile per una societ� incorporanda trasferire 
alla nuova societ� anche situazioni in fieri, come quella della rivaluta2ione 
dei cespiti, e che una mancata 1riv-ailutazione a'l momento dehla fusione 
pu� arrecaa" danno ai soci, ma non dncide sul f�enomeno economico-giuri.
dico n� evade il rigore fiscale, perch� le plusvalenze (da rivalutare) saranno 
:assoggettate ad imposizione nel momento della loro realizzazione in capo 
.al nuovo ente, appare che nel caso G.n cui socio della societ� incorporata 


578 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sia unicamente la sooiet� incorporante questa non pu� essere danneggiata 
in nessun senso se la l'ivaJ.utazione non avviene 1al momento deLla fusione. 
Il suo rinvio �ad un momento sucoessiivo non arreca pregiudi:llio ad 

alcuno. 
Ci� posto, conviene soffermarsi brevemente sulle varie argomentazioni 
addotte dalla Commissione centrale. 

� noto che, perch� una plusvalenza possa essere �tassata, � necessanio 
che cessi di essere allo stato potenziale e che sia realizzata, distribuita o 
iscritta in bilancio ~art. 106 D.P.R. n. 635 del 1958). 

Ci� per� non si verifica quando il cespite suscettibile di rivalutazione 
passa nel patrimonio deLla societ� incorpomnte al Vialore precedentemente 
iscritto nel bilancio della societ� incorporata. 

La tesi che in tal caso sri ha la distribuzione ai soci non pu� .essere 
condiv-isa nella sua assolutezza. 

Potr� aversi tale distribuzione neHa so1a ipotesi in cui il cespite venga 
riv�alutato nella situaz;ione patrimoniale s� da influire sul mpporto di 
cambio tra le azioni (nuove) della societ� incorporante e quelle {vecchie) 
della societ� incorporata e in tale ipotesi niun dubbio che si trat1li di 
plusvalenze tassabili; ma si tratta di ipotesi ben diversa da quelila in 
esame. 

N� la mancata realizzazione della plusvalenza determina un salto d'imposta, 
in quanto l'iimposta su:lla plusvalemia sar� pagata allorch� la societ� 
incorporante realizzer� la plusvalenza medesima. 

Seguendo Ja tesi della Commissione centrale, non di pericolo di salto 
d'imposta dov�rebbe panlarsi, ma di rischio di duplicazione d'imposta, perch� 
in un momento successivo certamente il cespite si trover� ad essere 
realizzato e sar� giustamente tassato. 

L'argomentazione sub c) contiene un'affermazione es�atta circa Ja possibilit� 
che nel caso di fusione o triasformazione vi siano pJusvalenze tassabili, 
ma altro � possibilit� di realizzazione di plusvalenze ed altro � 
obbligatoriet� di realizzazione. E tale obbligo non pu� ritenersi esistente. 

Questo indirizzo � in armonia con la sentenza n. 5220 del 9 ottobre 
1979 delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui nel caso di permuta 
senza conguagli con dscrizione in bilancio del bene ricevuto per un valore 
pari al costo d'acquisto del bene ceduto, non pu� parlami di plusva1enza, 
facendo fede le risultanze del bilancio anche nei confronti dell'Ammirnstrazione 
finanziaria e non contrasta con le precedenti decisioni n. 3749� 
del 26 luglio 1978, n. 725 del 16 febbraio 1978 e n. 462 del 2 febbraio 1968,. 
le quali hanno considemto che si realizzava una plusvalenza allorch� si 
effettuava una permuta senza conguagld di un bene iscritto a bilancio per 
un valore inferiore a quello del bene ricevuto in permuta. 

� evidente che in tal caso vi era la realizzazione del bene dato in 
permuta per un vaJ.ore superiore a quello contabiEzza:to in bilancio e si 
aveva la realizzazione di una plusvalenza. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Apparentemente contrasta con 1a .sentenza n. 1687 del 7 giugno 1974, 
secondo cui al momento della fusione per incorporazione, avendosi l'estinzione 
della societ� (incorpomta), acquista rilevanza giuridica ai fini dell'imposizione 
tributaria, il valore effettivo del patrimonio della societ�. Ma 
in realt� questa sentenza vide .j,I momento della fusione come quello dell'�
evidenziazione del valore dei beni della societ�, con !"accertamento del 
loro aumento di valore verificatosi nel f.rattempo. E H fenomeno � certamente 
frequente ricorrendo nella quasi totalit� dei casi in cui la diversit� 
delle persone dei soci itra Ia societ� incorporiata e quella incorporante rende 
indispensabile, per la fissazione del valore di scambio, tener conto del 
valore patrimoniale effettivo. 

Ma nel caso limHe in cui, come nella specie, Ja societ� incorporante sia 
unica socia dell'incorporata ed anche in quelilo in cui vi sia identit� assoluta 
nelle persone dei soci delle due societ�, ben pu� avvenire, come si 
� visto, che nel patrimonio della societ� incorpo!'am.te entirino beni suscettibili 
di rivalutaz;ioni e non necessariamente beni rivalutati. 

Questo �ragionamento non � contraddetto dall'ultima argomentazione 
della commissione centrale circa il riferimento alla legge 18 marzo 1965 

n. 170. 
Tale legge, com'� noto, nell'intento di favorire le concentrazioni di societ� 
consent� nell'art. 2 di non tassare ai fini dell'imposta di ricchezza 
mobile e di que11a sulle societ�, mell'esercizio in cui era attuata la trasformazione 
o Ia fusione, i redditi e le plusvalenze, se indicati distintamente 
in bilancio, rimandandone la tassazione all'esercizio in cui sarebbero stati 
realizzati, portati a capitale oppure le azioni sarebbero state vendute o 
distribuite. 

La norma si riferisce a tutti �i oasi in cui per la diversit� dei soggetti 
interessati sia necessario un .esatto riapporto di cambio della partecipazione 
originaria con la nuova partecipaz;ione, ma non al caso .in cui il 
valore dei beni venga �riportato immutato. Qui vi � ninvio della rivalutazione, 
laddove nel caso dell'art. 2 vi � ['invio del.fa tassazione. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6262 -Pres. Sposato 
-Est. Cantillo -P.M. Catelani (conf.) Zeni (avv. Costa) c. Ministero 
delle Finanze (avv. stato Rossi). 

Tributi �in genere -Contenzioso tributario -Provvedimento impugnabile Accertamento 
in senso fato -Provvedimento che nega l'agevolazione . ~ 
tale. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 1 e 16). 
Per �avviso di accertamento�, che ai fini dell'art. 16 del d.P.R. 26 
ottobre 1972 n. 636 costituisce il provvedimento contro il quale � propo



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

580 

nibile il ricorso alla commissione, deve intendersi ogni atto avente efficacia 
nei confronti del soggetto passivo, conclusivo di un procedimento o 
di un subprocedimento di accertamento, comtf.nque denominato, che accerta 

o dichiara, in tutto o in parte, l'obbligazione tributaria o un elemento 
di essa. � di conseguenza un accertamento impugnabile l'atto che riconosce 
solo in parte spettante una esenzione e contestualmente determina 
il reddito di un periodo di imposta (1). 
(omissis) 1. -Con il primo motivo, il l1icorrente denU'.112lia la violazione 
degli artt. 1 e 16 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 e sostiene che, per essere 
stato il diritto all'esenzione negato dall'Ufficio in astratto, senza specifico 
riferimento all'accertamento del ,reddito prodotto in un determinato anno, 
manoasse un atto suscettibile di impugnazione in sede contenziosa, sicch� 
la Corte di appello, e, prima ancora, Je Commissioni tributarie, avrebbero 
dovuto rHevare la giurod:ica inefficaoia del provvedimento medesimo senza 
esaminare il merito de11a questione, stante l'improponibilit� de11e azioni 
di accertamento negativo dell'obbligazione tributari.a. 

La censura � infondata. 

Come risulta dalla sentenza, l'esenzione decennale daJiLa imposta di 
R.M., prevista dall'art. 8 della legge 29 luglio 1966 n. 614 per le nuove 
iniziative industriali nei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale, 
fu chiesta dali1a ditta Zeni prima con la dichiairazione unica relativa 
al reddito prodotto neH'anno 1970 ,e poi, di nuovo, con apposita istanza 
del 1972. L'Ufficio distrettuale delle imposte di Merano si proo.unzi� su 
entrambe '1e 'richieste con provvedimento del 16 luglio 1974, con il quale, 
in via di principio, riconobbe dovuto il beneficio limitatamente al reddito 
di carattere industriale (relativo alla nuova attivit� di produzioo.e di salumi 
e insaccati tipici' della zona), con esclusione, quindi, del reddito �derivante 
dal commercio all'iingrosso e al minuto di carni fresche e congelaite �; in 
conoreto, poi, con riferimento all'anno 1970, stabil� la percentuafo di reddito 

(1) La sentenza ha affrontato per la prima volta e risolto in conformit� 
della tesi sostenuta dall'Avvocatura� l'assai delicato problema della definizione 
del provvedimento impugnabile ai fini dell'art. 16 del d.P.R. n. 636/1972. Sulla 
base di una interpretazione letterale e restrittiva, rimarrebbero esclusi dalla 
previsione dell'art. 16 diversi atti che pure incidono sulla situazione del soggetto 
passivo; se ne � dedotta la non esclusivit� della giurisdizione delle commissioni 
ed una residuale giurisdizione dell'A.G.O. e comunque Ia non rife 
ribilit� del termine stabilito nell'art. 16 agli atti in esso non contemplati. � 
pertanto di molta importanza la pronunzia ora intervenuta che consente d� 
riaffermare che la giurisdizione delle commissioni � generale per tutto ci� 
che � contendibile relativamente ai tributi elencati nell'art. :l, il diritto sog. 
gettivo del soggetto passivo (non soltanto il contribuente) sar� sempre intac

. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 581 

imputabile alla prima di tali attivit�, per Ia quale andava concessa l'esenzione 
medesima. 
E appunto questo provvedimento, impugnato dal contribuente, ha formato 
oggetto della presente controversia. 

Ci� posto, inutilmente il ricorrente invoca H principio, affermato da 
questa Corte, secondo il quale nelle imposte di esclusiva competenza delle 
commissioni tributarie (art. 1 d.P.R. n. 636 del 1972), la tutela giurisdizionale 
dei diritti del contribuente si svolge, sia pure in funzione di un completo 
esame del merito del rapporto tributario, attTaveTso la impugnativa 
di speoifici atti dell'Ammimstrazione inerenti all'accertamento, alla riscossione, 
alla irrogazione di sanzioni o al rimborso di somme riscosse (airt. 16), 
la cui emanazione condiziona, quindi, l'esercizio de11a tutela medesima, 
con la conseguenza che un'azione preventiva di accertamento negativo dell'obbligazione 
tributaria non � proponibi�e n� dinanzi alle commissioni n� 
dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria (cfir. S.U. 8 marzo 1977 n. 942). 

Nella specie, infatti, si � chiaramente fuori da questa ipotesi, in quanto 
la controversia riguarda, come si � detto, un provvedimento della Finanza 
diretto a definire l'ambito di un'esenzione chiesta dal contribuente con 
riferimento (anche) al reddito dichiarato per un determinato periodo di 
imposta, rispetto a11a quale dichiairazione il prnvvediimento medesimo aveva, 
manifostamente, il valore sostanziale di un avviso di rettifioa, correggendola 
nella parte ril�lettente l'esenzione. 

Esso perci� rientrava nella categor1a degli atti di accertamento, che 
l'art. 16 oit., con la dizinne �'avviso di accertamento�, annovera fra quelli 
impugnabili. Ed � pacifico che l'espressione, agli effetti della norma, 
non designa soltanto gli atti cos� denominati nella terminologia legisla


c�to da un atto che accerta o dichiara l'obbligazione o un elemento di essa 
e questo atto . � per l'appunto un avviso di accertamento impugnabile, osseivando 
il termine di decadenza, a norma dell'art. 16. 

Nel caso deciso il provvedimento impugnato aveva un duplice contenuto 
giacch� ai fini del beneficio dell'art. 8 della legge 29 luglio .1966, n. 614 (esenzione 
decennale dall'imposta di ricchezza mobile) dichiarava spettante solo in parte l'age:volazione 
con effetto per l'intero decennio e procedeva a determinare il reddito 
tassabile per un esercizio. 

Per questa seconda parte l'atto era sicuramente un accertamento, in senso 
stretto; ma lo era anche per la prima parte, perch� quando � previsto dalla 
legge un procedimento per la verifica dei presupposti di una agevolazione 
di durata pluriennale, !il provvedimento conclusivo � un accertamento suscettibile 
di diventare definitivo e vincolante per tutta la durata del beneficio 
(Cass. 6 luglio 1978, n. 3343, in questa Rassegna, 1978, I, 734). 

Sull'intera questione v. C. BAFILE, Introduzione al diritto tributario, Padova 
1978, 284 ss. e I caratteri fondamentali del nuovo processo tributario delineato 
dalle Sezioni unite, in questa Rassegna, 1977, I, 302. 



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. ~ 
lli 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tiva (altrimenti, soprattutto con riguardo ai nuovi tributi, Si� perverrebbe all'inaccettabile 
risultato di escludere la tutela giurisdizionale rispetto ai 
numerosi �accertamenti per i quali le singole leggi di imposna �sano UIIla 
diversa denominazione), bens� deve essere interpretata iin senso sostanzia:
le, nel significato di atto, av�ente efficada nei confronti del soggetto 
passivo del tributo, conolusivo di un procedimento o di un sub-procedimento 
di accertamento, sioch� sono impugnabiti tutti i provvedimen1Ji, 
comunque denominati, che accertano o dichiarano, in tutto o in parte, 
l'obbligazione tributaria ovvero un elemento di essa. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 dicembre 1980 n. 6351; Pres. Sposato 
Est. Sandulli -P. M. Oatelani (conf.). Soc. Colussi (avv. Adragna) c. 
Ministero delle F1inanze (avv. Stato Rossi). 

Tributi erariali diretti -Accertamento -Motivazione -Metodo !induttivo Ricostruzione 
del conto economico -Non � necessaria. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 120 e 121). 
Quando ricorrono i presupposti per procedere all'accertamento con 
metodo induttivo nei confronti di un soggetto tassabile in base a bilancio, 
l'ufficio non deve tentare di ricostruire, sia pure induttivamente, 
il conto economico per ricavare la differenza tra ricavi e costi, ma pu� 
determinare il reddito con qualunque procedimento utilizzando elementi 
e dati comunque raccolti (1). 

(omissis) Con l'unico motivo, ~a societ� iricorrente -denunciata 
la violazione e falsa applicazione dell'art. 120 del d.P.R. 29 gennaio 1958 

n. 645, t.u. delle leggi sulle imposte dh-ette, in relazione agli artt. 81, 
91, 117, 118, 119 dello stesso t.u. ed agili artt. 23 e 53 Cost., nonch� il 
difetto e la contraddittoriet� della motivazione -si duole che la Commissione 
Tributaria Centrale non abbia determinato il suo reddito di 
ricchezza mobile cat. B in base alfa ddfferenza fra i ricavi e i costi di 
produzione, sostenendo che dagli 1accertamenti della polizia tributaria 
risultassero non solo i ricavi ma anche d costi. 
H motivo � :in.fondato. 

(1) Decisione esattissima che affina ulteriormente l'argomento inesauribile 
dell'accertamento sintetico. 
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I


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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La Commissione Tributani:a Centrale -dopo avere riJevato che 
dalle indagini svolte dalla polizia �tributaria era emerso che Ja societ� 
contribuente teneva una doppia contabilit� ed aveva presentato la dlchiarazione 
del reddito dn base ad un bilianoio non veritiero fa cui veridicit� 
non era stata da essa in alcun modo sostenuta -ha ritenuto che 
l'ufficio abbia proceduto Jegittimamente 1all'accer.tameinto sintetico a 
norma dell'art. 120 del d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645 (t.u. delle leggi sulle 
imposte dirette) in base agli elementii e ai dam da esso comunque iraccolti. 

La societ� 11icorrente sostiene, �in sostanza, che 1l'ufficio, nel procedere all'accertamento 
del reddito rai sensi del citato art 120, avrebbe dovuto 
provvedere 1alla� .ricostruzione del conto �economico, operato dalla contribuente 
in modo alterato e non verimero. 

Ll problema proposto �, quindi, se, ai fini dell'accertamento del reddito 
di un soggetto tassabile in base al bhlam.cio, l'ufficio finanziario, 
nell'ipotesi :in cui facoia applicazione dell'art. 120 del t.u. n. 645 del 
1958, debba o non provvedere, mediante la verifica dei dati forniti, a 
ricostruire il conto economico (e cio� il� reddito consistente nella differenza 
fra i ricavi ed i costi) della societ� contribuente sulla base degli 
accertamenti della polizia tributa11ia. 

Ai fini della risoluzione del quesito vrale �richiamare i dati normatrivi. 

L'art. 119 del t.u. n. 645 del 1958 -rdopo avere stabi1ito nel pTimo 
comma che �i redditi dei soggetti tassabili in base al bilancio sono 
determinati sulla base delle <risultanze del bilancio� (c.d. accertamento 
analitico) -dispone, nel terzo comma, che �quando sono indicate 
spese e perdite inesistenti e superio11i a quelle effettive e sono omesse o 
indicate in modo inesatto le entrate ovvero i fatN aziendali sono riportati 
inesattamente o irregolarmente, in modo da concludere con un 
risultato diverso da quello effettivo, l'ufficio procede anche induttivamente 
alla dntegrazione o correzione delle impostazioni di bilancio mancanti 
o inesatte�. 

L'art. 120, primo comma, attribuisce, poi alla Amministrazione � la 
facolt� di determinare il reddito in base alila situazione economica dell'azienda 
desunta dagli elementi e dai dati comunque raccolti quam.do 
risulta, attraverso il verbale di ispezione, che ill soggetto non ha tenuto 

o ha rifiutato di esibire le scritture contabili obbligatorie ovvero non le 
ha tenute in conformit� alle disposizioni degli airtt. 2215 e segg. c. civ.� 
(c. d. accertamento sintetico). 
L'art. 121, secondo comma, prescrive, infine, che, �in caso di contestazione, 
il reddito accertato dall'uff�oio non pu� essere dichiarato 
insussistente n� ridotto se il contribuente non abbia fornito la prova 
dell'inesattezza delle integrazioni e corJ:"ezioni apportate ovvero della 
inesistenza, in tutto o in parte, del reddito�. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In base alla delineata normativa, la Commissione Tributaria Centra:
le ha ritenuto che, nel caso di specie -essendo i costi accertati dalla 
polizia wibutarria (rispetto a quelli dichiairati da11a societ� contribuente} 
del tutto insufficienti a stabilire gli effettivi costi di esercizio e consentendo 
<l'art. 120, nell'ipotesi in cui l'impresa commerciale nOltl abbia 
tenuto o esJbito le scritture contabili da cui possano ricavarsi i costi 
di produzione, all'ufficio fisca1e di determinare, attraverso un accertamento 
smtetico, i dati pi� idonei a riprodurre la reale situazione della 
azienda -operasse iJ meccanismo previsto dall'art. 121 che, nell'ipotesi 
in cui l'ufficio giustifichi J',adozione del criterio dell'accertamento sintetico, 
impone al contribuente ,l'onere di fornire la prova contraria all'accertamento 
dell'ufficio, con la conseguente implicazione che, in mancanza di 
una siffatta prova, non potesse procedersi alla caducazione o alla riduzione 
dell'accertamento condotto dall'ufficio. 

E tale processo Iogico-giuridico � indubbiamente corretto. 

Invero, poich� l'art. 120, nei casi iin esso previsti, abi1ita l'ufficio ad 
adottare il criterio �accertaVivo [1itenuto pi� idoneo a determinare il reddito 
-spetta al cont�ribuente provare la illegittimit� della pretesa tributaria; 
onde in difetto di una siffatta dimostrazione, l'accertamento 
sintetico dehl.'uffilcio deve considerarsi legittimo. 

E tale interpretazione della profilata normativa non contrasta con 
i principi della Carta Costituzionale, i quali garantiscono la commisurazione 
deH'imposizione alla capacit� contributiva del soggetto passivo 
del tributo. 

Invero, di frqnte al comportamento del contribuente volto ad impedire 
all'ufficio di acquisire elementi atti a consentirgli una tassazione 
conforme all'airt. 53 Cost., l'art. 120 non 1impone all'Ufficio di ricostruire, 
in base agli elementi ~in suo possesso, il �reddito effettivo del contribuente. 


La norma in esso contenuta �rimette all'ufficio la scelta e la utilizzazione 
degli elementi. ritenuti pi� convenienti a prospettare la reale 
sHuazione dell'azienda, mentre l'art. 121 impone, in caso di contestazione, 
al contribuente l'onere di dimostrare la realt� del suo reddito. 

E -trattandosi deH'applicazione del criterio di distribuzione dell'onere 
della prova che non incide in alcun modo sul principio della 
capacit� contributiva e consente al cont�ribuente la pi� ampia possibilit� 
di difesa -deve concludersi che correttamente Ja Commissione Tributaria 
Centrale abbia ritenuto legittimo l'accertamento sintetico del 
I'eddito condotto dall'ufficio, al quale non incombe alcun onere probatorio. 


L'unico motivo di impugnativa �, quindi, da disattendere. (omissis} 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 585 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 dicembre 1980 n. 6492 -Pres. Sposato 
-Est. Cochetti -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). Soc. Campbell 
(avv. Cagliati Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Viola). 

Tributi erariali d1retti -Accertamento � Competenza dell'Ufficio � Determinazione 
al momento della �presentazione della dichiarazione . Variazione 
di domicili.o successivo � Irrilevanza. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 29 e 33). 
La competenza dell'Ufficio delle Imposte a ricevere la dichiarazione 
e ad eseguire l'accertamento si �determina con riferimento al domicilio 
fisoale del dichiarante al momento della presentazione della dichiarazione; 
le successive variazioni del domicilio fiscale sono irrilevanti sulla 
competenza dell'Ufficio definitivamente radicata (1). 

(omissis) Con 1il primo mezzo del ricorso la ricorriente denuncia 
\do1azione degli artt. 9, 29 e 33 del T.U. delle imposte dirette n. 645 del 
1958, sostenendo che l'Ufficio di Fovnovo Taro era incompetente ad eseguire 
l'accertamento, essendo competente l'Ufficio di Milano nella cui 
circoscrizione essa ricorrente av.eva il domicilio fiscale all'epoca della 
presentazione della dichiarazione dei vedditi e che l'accertamento promanante 
dall'Ufficio incompetente eria inidoneo ad interrompere i termini 
di cui all'avt. 32 del citato t.u., trattandosi di termini. da osservarsi a 
pena di decadenza, come espressamente sancito dall'articolo richiamato. 

La censura merita accoglimento. 

Va premesso che l'abrogato t.u. delle imposte dirette non discipH


nava in modo espresso gli effetti delle variazioni del dmnicilio fiscale 

del contribuente posteriormente aHa presentazione della dichiarazione 

sulla competenza dell'ufficio accertatore, diversamente dall'a�rt. 31 del 

d.P.R. n. 600 del 1973 il quale attribuisce la competenza per l'accertamento 
1all'Ufficio Distrettuale neHa cui circoscrizione � il domicilio fiscale 
del soggetto obbligato alla dichiarazione �alla data in cui questa � 
stata o av.rebbe dovuto essere presentata�. 
Ma alla stessa soluzione doveva pervenirsi in base alle disposizioni 
degli art. 9, 29 e 33 del T.U. n. 645 del 1958, interpretate nella �loro reciproca 
correlazione. 

Invero, l'art. 33 del T.U. il quale individuava come competente per 
l'accertamento l'ufficio in cui si trova il domicilio fisca:le dd soggetto 

(1) La massima merita adesione. Degna di nota � l'individuazione della 
stretta relazione tra la dichiarazione, quale manifestaZJione di volont� di carattere 
ricettizio, e l'attivit� di accertamento. Per l'inderogabilit� della competenza 
dell'Ufficio v. la sentenza 5 luglio 1980 n. 4277, retro, 378. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

deve essere tiinquadrato nel sistema normativo e correlato con il precedente 
art. 29, il quale identificava l'ufficio competente a �ricevere �1a 
dichiarazione con quello nella cui circoscrizione si trova il domicilio 
fiscale del soggetto di imposta, sicch� ove si ponga mente alla natura 
della dichiarazione di manifestazione di volont� di carattere ricettizio 
intesa a portare a conoscenza dell'amministrazione glii elementi di fiatto 
irilevanti per l'esercizio del potere di imposdzi01ne e, quindi, di atto introduttivo 
del �relativo procedimento, non pu� non derivarne che l'ufficio 
competente a ricevere Ja dichiarazione � anche competente a compiere 
gli atti del procedimento di imposizione che spettano alla finanza e che a 
quell'atto si 11iferiscono. La circostanza, perci�, che in epoca successiva 
il domicilio fiscale sia stato modificato e 'le cause di ta'li modificaziioni non 
possono inflUJire su una situazione definita nei suoi elementi di fatto 
(domicilio fiscale; presupposti dell'obbligazione tiributaria; periodo di 
imposta) � sulla competenza dell'Ufficio mdicatasi ail momento della presentazione 
della dichiaTazione. Ci� attlche chiarisce peTch� il legisiLatore 
mentre ha esp11essamente contemplato gli effetti delle variazioni del domicilio 
fiscale successivo 1aJla dichia11azione ai fini delle notificazioni 
(art. 38 ultimo comma, T.U. cit.) non ha contemplato gli effetti delle 
variazioni stesse ai fini della competenza dell'Ufficio t11ibutarii.o; e la spiegazione 
risiede nella ti.irrilevanza delle variazioni del domdcilio fiscale successive 
alla dichiarazione (o alla data in cui questa avrebbe dovuto es�sere 
p!resentata) ai fini della competenza dell'Ufficio. 

Giova anche osservare che l'Ufficio del domicilio fiscaile al momento 
della dichiarazione � quello nella cui oircosorizione teirritociale deve presumersi 
che sia stata prevalentemente esercitatJa 1'attivit� del contribuente 
nel periodo di imposta per il quale la dichiarazione � stata presentata, 
ed � perci� il pi� qualificato a segui>re l'attivit� stessa e ad ac-
0ertare la capacit� contJributica del soggetto. E tale finalit� � chiaramente 
indicata dal sesto comma dell'art. 9, laddove fa riferimento, come 
criterio sussidiario per la determinazi:one del domicilio fiscale, al Comune 
dove si � prodotto i:l reddito e del quinto comma dello stesso arti.
colo che 11ichiama, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, il Comune 
in cui esse svolgono in modo continuativo .1a foro p11incipale attivit�. 

La soluzione accolta, che riconosce rilevanza �al domicilio fiscale al 
tempo delle dichiarazioni, 1risponde anche all'esigenza di identificare in 
un momento fisso .e determinato l'Ufficio competente, sottraendo al contribuente 
e alla finanza la possibilit� di influire attraverso variazioni di 
.domicilio successive sulla scelta dell'ufficio stesso, cosa, questa, che 
non sarebbe possibile se si tenesse conto del domiciliio fiscale al momento 
dell'accertamento, giacch� l'accertamento tributario non si esaurisce 
uno actu, ma d� luogo ad una attivit� amministrntiva che si svolge 
in periodo di tempo durante il quale il domicilio fiscale pu� varioce, con 
l'inconveniente che l'acOeTtamento gi� iniziato da un Ufficio dovrebbe 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 5.87 

essere rinnovato dall'ufficio del nuovo domicilio fiscale, con conseguente 
duplicazione di atti e di adempiment1i da parte di uffici diversi. 

Tanto premesso, deve osservarsi che la giurisprudenza di questa 
Corte ha gi� avuto occasione di sottolineare il carattere inderogabile 
della competenza territoriale degli Uffici delle Imposte, la quale non 
� determinata, come Jo � dnvece quehla dell'autorit� giudiziaria, da considerazioni 
di comodit� delle parti, ma� dall'interesse generale che gli 
accertamenti degli imponibili vengano compiuti da quegli organi del1'
Amministrazione tributaria che secondo le presunzioni derivanti dalle 
norme di legge in materia sono i pi� idonei per Jo svolgimento dell'attivit� 
accertatrice. Ne discende la nullit�, rilevabiJe anche d'ufficio, dell'accertamento 
tributanio promanante, come neJla specie, da un Ufficio 
incompetente (v. sent. n. 4462/77; n. 1139/69; n. 226/68). Da ci� consegue, 
altres�, che poich� il termine previsto dall'art. 32 del t.u. per l'accertamento 
� un termine di decadenza, come espressamente sancito daJ. primo 
comma di detto articolo, era assoi!utamente fuor di luogo ogni questione 
relativa all'istituto della 1interruzione dei termini, proprio della 
prescrizione e non della decadenza, la quale ultima pu� essere impedita 
unicamente dalla esecuzione del fotto dovuto. E tale esecuzione, per 
essere valida, non pu� essere compiuta, ne'1la materia �in esame, che dal 
soggetto competente, per cui 1l'attivit� dell'ufficio incompetente non poteva 
sanare le conseguenze de11'inattivit� (e la decandenza del potere 
di accertamento) de�'Ufficio competente: il che � as.solutamente pacifico 
nella giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo le sentenze n. 3596 
e 3597 del 1980) e .trova, d'altronde, una indiretta conferma neH'ultimo 
comma dell'art. 29 del t.u. del 1958 il. quaile esclude ogni effetto alla 
presentaZJi.one di una dichiarazione dei �riedditi effettuata ad un ufficio 
incompetente. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 dicembre 1980 n. 6493; Pres. Marchetti 
-Est. Zappul.lJ:i -P. M. Leo (conf.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Mataloni) c. Poltrinieri. 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Base imponibile -Valutazione 
automatica -Divisione -Si estende. 

(I. 22 novembre 1962, n. 1706, art. 1; I. 27 maggio 1959, n. 355, art. 3). 
Il principio della valutazione automatica dei fondi rustici si applica 
anche agli atti di divisione di natura dichiarativa, dovendosi intendere 
l'espressione � trasferimento� in senso generico di atti relativi a fondi 
rustici (1). 

(1) Un netto cambiamento di rotta sulla interpretazione di una norma 
da tempo non pi� in vigore. Per il precedente orientamento v. Cass. 13 giugno 
1972, n. 1861, in questa Rassegna, 1972, I, 1151. 

RASSEG'.'IA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) L'Amm1nistmzione Fiiinanziaria, con il primo motivo del 
ricorso, ha censurato la decisione impugnata della Commissione Tributa11ia 
Centrnle per viola:z;ione degli artt. 15 e 16 del r.d.1. 7 agosto 1936 

n. 1639, 1 della L. 22 no\'embre 1962 n. 1706 nonch� delle il!eggi 20 ottobre 
1954 n. 1044 e 27 maggio 1959 n. 355 per avere [a decisione suddetta 
erroneamente attribuito alla citata legge del 1962 valore di interpretazione 
autentica di quella del 20 ottobre 1954 n. 1044 anche per quanto 
concerneva gli atti di divisione di immobili rustici, comprendendoli tra 
gli atti traslativi nonostante il loro ca11attere meramente dichia'!1ativo. 
H motivo non pu� essern accolto. 

Invero, pur se precedenti pronunzie di questa Corte (sent. 13 giugno 
1972 n. 1861, 15 dicembre 1972 n. 3606, 15 dicembre 1970 n. 2686) 
hanno affermato che la legge del 1962 e quella n. 355 del 1959, estendono 
le disposizioni della legge n. 1044 del 1954 sOll.o ai negozi con effetti traslativi, 
tria 1i quali non 1rientrriano Ie divisioni perch� aventi caTattere dichi.
arativo, ,tale opinione non pu� essere mantenuta a seguito di un 
nuovo esame delle disposizioni citate. Infiatti anche se non pu� dubitarsi 
deHa natura dichiarativa della diviisione, non � a tale qua[ificazione 
.che deve farsi riferimento per intendere il significato delle disposizioni 
di Jegge in esame. Invero, l'espressione � atti tra vivii � contenuta negli 
al1tt. 1, 2 e 3 della legge del 1962 devce avere un significato pi� �ampio 
di quello di at.ti di trasferimento. 

Oi� non solo perch� in tale pi� ampia eccezione l'espressione � 
usata comunemente in testi legislativ�i, oltre che in dottrina 1e in giurisprudenza, 
ma sopratutto perch� ila ratio della legge � quella di con� 
cedere l'agevolazione fiscale a tutti gli iatti mortis causa o tra vivi (e 
questi ultimi sia di trasferimento che dichiarativi) relativi a fondi rustici, 
i quali debbano �essere sottoposti a vegistrazione. 

L'opinione non � solo confortata dalla individuazfone dello scopo che 

il legislatore si prefigge ma anche dagli atti preparatori della legge in 

questione. Infatti ne11a re1azione alla legge 22 novembre 1962 n. 1706, 

si legge che, con la precedente legge del 1959, �volont� del Senato era 

stata che per 1a valutazione dei fondi 1rustioi, din velazione alla quale si 

deve fare la tassazione agli effetti dell'imposta di successione e di que11a 

di registro e 1relativi 1access0Pi si debba .ricorreve ai moduli fissi (mol


tiplicatori applicabili al reddito catastale) tutte Ie volte che il contri


buente non denunci un valore minore di quello nisultante daJfa appli


cazione dei moduli accermatJi �. 

Volont� del legislatore � stata, perci� quella di assicurare una uguale 
procedura, automatica e semplice, nella valutazione dei fondi rustici 
per tutte le categorie di atti ad essi inerenti con uniformit� di criteri 
e organizzazione degli uffici competenti, mentre la dedotta diversit� 
tra le divisioni e gli altri atti, gi� affermata per il carattere dichi~rativo 


589

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

e non traslativo delle pvime, non appare tale da .giustifioare quella contrapposizione 
nel campo fiscale, per la quale esse sarebbero soggette ad 
un regime normalmente pi� oneroso proprio quando l'assenza di un 
trasferimento esclude l'aumento dei patrimoni dei singoli condividenti. 

Bene, poi, � stato illustrato dalla parte riesistente ffil grave inconveniente 
che pu� derivare dalla applicazione di criteri diversi tra le 
valutazioni delle parti assegnate e quel!la dei conguagli, per i quali non 
� �stata negata l'applioabi1it� del criterio automatico, senza che sia agevole 
distinguere le parti reali dei beni corrispondenti ai suddetti CQ[l_
guagli pecuniari, con conseguenti differenze notevoli di imposta. Cos� 
pure � da rilevare la connessione tra le successioni ereditariie e le conseguenti 
divisioni, per la quale la diverisit� dei criteri �di valutazione 
<farebbe luogo a differenze non giustificate dii imposizione. (omissis) 

I 

-CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 gennaio 1981 n. 542 -Pres. ed Est. 
Scanzano -P. M. Leo (conf.) -Ospedale Salesi c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Mari). 

'Tributi in �genere -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione contro 
decisione della Commissione centrale -Tel"llHne -Art. 327 c.p.c. Si 
applica � Notifica del dispositivo a cura della segreteria -Decorrenza 
del term!ine breve. 
(c.p.c., art. 327; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 38). 

Al ricorso per cassazione, contro decisione della Commissione centrale, 
� sempre applicabile l'art. 327 cod. proc. civ. in base al quale 
l'impugnazione non pu� essere proposta dopo il decorso di un anno dalla 
pubblicazione, anche se deve ammettersi che la notifica del dispositivo 
a cura della segreteria a norma dell'art. 38 d.P.R. 636/1972, applicabile 
anche per le decisioni della Commissione centrale, fa decorrere il termine 
di 60 giorni (1). 

(1-2) :� ormai consolidata la giurisprudenza sull'applicabilit� del termine 
.annuale dell'art. 327 cod. proc. civ. al ricorso per cassazione contro la decisione 
della Commissione centrale. Regna ancora dncertezza sulla decorrenza 
�del termine breve. La prima sentenza dopo aver precisato che la norma generale 
dell'art. 38 del d.P.R. n. 636/1972 si applica anche alla decisione del1a commissione 
centrale, ritiene che la segreteria partecipando H dispositivo esegue 
una notificazione, idonea a mettere in moto il termine di 60 giorni; la seconda 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

590 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1981, n. 624 -Pres. ed Est. 
Battimelili -P. M. Grossi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Viola) c. Barrafranca. 

Tributi in genere � Contenzioso tributario � Ricorso per cassazione contro 

decisione della CommisSli.one centrai.e � Termine � Comunicazione del 

dispositivo a cura della segreteria � Non fa decorrere il termine di 

60 giorni � Termine annuale dalla pubblicazione � Si applica. 

(c.p.c., art. 327; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 38). 

Dovendosi applicare per il ricorso per cassazione contro decisione 
della Commissione centrale le norme del rito civile, in mancanza di una 
particolare disciplina del d.P.R. n. 636 del 1972, il termine di 60 giorni 
decorre dalla � notificazione � e non dalla � comunicazione � del solo 
dispositivo; in mancanza della notificazione � applicabile il termine di un 
anno dell'art. 327 cod. proc. civ. (2). 

(omissis) Deve essere esaminata in via pregJudizia'1e, ed � fondata, 
I"eccezione di inammissibilit� del ricorso, formulata in udienza dal Procuratore 
Generale sul rildevo che, alla data notifica del 1ricorso medesimo, 
effettuata il 18 novemb11e 1978, .era da tempo decorso -pur 
tenendo conto della sospensfone di quarantaS'ei giorni di cui alla legge 
7 ottobre 1969 n. 742 -il termine dii un anno deilla pubblicazione della 
decisione impugnata, avvenuta il 18 maggio 1977. 

Questa Corte ha altre volte chi1arito che al ricorso per cassazione 
contro le decisioni dehla Commissione tl1ibutaria centrale si app1ica �l 
termine annuale "ltl decadenza stabilito dall'art. 327 cod. proc. civ., in 
armonia con 11 consolidato indiPizzo secondo il qua'le la regola racchiusa 
nella norma ha una portata generale ed � destinata ad. operare in via 

sentenza, che non rinviene norme particolari nel d.P.R. n. 636 (owero non 
ritiene applicabile l'art. 38 per la decisione della Commissione centrale), facendo 
integrale applicazione delle norme del rito civile, definisce la partecipazione 
del dispositivo a cura della segreteria una comunicazione inidonea a far 
decorrere il termine. 

Non si pu� ammettere che il ricorso per cassazione sia soggetto sia al 

termine breve (in forza di norma particolare che ancora il decorso ad una 

notifica per estratto diversa da quella contemplata nel rito ordinario), sia 

al termine annuale (in forza della norma ordinaria non derogata dal decreto� 

sul contenzioso tributario). Ed infatti le numerose sentenze che hanno rite


nuto applicabile l'art. 327 cod. proc. civ., sono partite dalla premessa che 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 591 

diretta anche nei Ticorsi per oassazione avverso Je pronunzie di giudici 
speciali, in mam.canm --.: neNe singole leggi -di una deroga espressa 

o tacita ovvero di un diverso sistema di pubblicazione delle decisioni, 
tale da precludere all'interessato la tempestiva conoscibilit� del documento 
nella sua interezza, richiesta per I'appl�icabilit� del.ila disposiziione 
(v. sent. 5286 del 1979). E oi� non si verM�oa nel nuovo ordinamento del 
oontenzioso tributario, giacch� il d.P.R. n. 636 del 26 ottobre 1972, oltre 
a prevedere la pubblicazione del solo dispositivo (art. 28 secondo comma) 
-non sufficiente a far decorrere il termine per l'impugnazione, 
che postula Ja conoscibilit� deMe ragioni della pronunzia -prevede, come 
atto .processuale successivo e distinto, la pubblicazione dell'intero documento 
della decisione mediante deposito in segreteria (art. 38 primo 
comma), la quale formalit�, conforme a que11a prevista dall'art. 133 primo 
comma, realizza appieno il presupposto cui l'art. 327 ricollega il 
termine in questione. 
A questo or1entamento si � tuttavia obiettato che il processo tributario 
non prevede la comunioazione deil deposito della sentenza �allo 
scopo di darne notizia alle parti, come stabilisce, invece, il secondo comma 
del citato art. 133 cod. proc. civ., giacch�, pur disponendo l'art. 3S 
terzo co�nma che, entro die�i giorni della pubblicaziione deHa decisione, 
iJ dispositivo deve essere~ a cura del1a segreteria, notificato aJ. contribuente 
e comunicato all'Amministrazi<me, questi adempimenti hanno Ja 
diversa funzione di far decorrere, dalla data in cui vengono compiuti, 
fil termine per :impugnare 1a decisione medesima, ove essa non sia stata 
precedentemente notificata a cura d,i �na delle pairti (art. 38 ult. comma); 
questa diversa disciplina, oltre a giustificare l'assenza, nel processo 
iil!nanzi alle commissioni tributarie, di una disposizione analoga 
a1l'art. 327 cod. proc. civ., renderebbe inapplicabile la norma anche 
al .rfoorso per cassazione, ancorando in ogni caso il dies a quo del termine 
di impugnazione agli atti suddetti. 

La tesi non pu� essere condivisa. 
� esatto che llart. 38, inserito nella Sezione IV del d.P.R. n. 636 
del 1972, relativa a!He �disposizioni generali e comuni al procedimento 

l'art. 38 del d.P.R. n. 636 prevedesse una comunicazione della avvenuta pubblicazione 
assimilabile a quella dell'art. 133 cod. proc. civ. Non � facile, invero, 
riconoscere che lo stesso atto disciplinato nell'art. 38 in via generale abbia 
valore di comunicazione per la decisione della centrale e di notificazione per 
le decisioni cli primo e secondo grado. Ma se si torna a discutere del valore 
della partecipazione del dispositivo e, pi� in generale, dell'esistenza e della 
validit� di norme del processo tributario che influiscono sul termine per la 
proposizione del ricorso per cassazione, bisogna rimettere in discussione anche 
l'app!dcabilit� dell'art. 327' cod. proc. civ. che � fondata sulfinesistenza {o non 
possibile esistenza) di norme particolari influenti sul ricorso per cassazione. 



592 

RASSEG'IA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

davanti ,alle commissfoni �, si applica anche alle decisioni della Commissione 
tributaria centriale. 

Ma, anche a voler ritenere, in base 1al tenore della disposizione ed 
al suo coordinamento con l'art. 29 del ci:tato d.P.R., che 1a decor:renza 
del termine di impugnazione della notificazione de[ dispositiivo si applichi 
pure al ricorso per cassazione, Ja reLativa disciplina riguarda, manifestamente, 
il termine breve di sessanta giorni previsto daihl.'art. 325 
cod. proc. civ., non quello stabilito dal success.ivo art. 327, il quale, com'� 
noto, � correlato esclusivamente alla pubblicazione della decisione, sicch� 
la decadenza dall'impugnazione per il compimento dell'anno prescinde 
dalla notificazione (e si verifica indipendentemente da questa, 
cio� anche se nel corso dell'anno si sia provveduto a11a notifica e alla 
scadenza dehl'anno non sia ancora decorso 11 termine breve: cfr. fcra 
le a!ltre, sent. n. 2918 del 1974). 

La particolare normativa desumibile dal coordinamento anzidetto, 
quindi, non interferisce in alcun modo con l'art. 327, che, pertanto, 
11isulta pienamente :appli:oabi:1e; e tanto meno pu� essere iinvoca:ta, rin 
senso contrari.o, :la ciircostamia . che per le decisioni in questione la notificazione 
prevista dall'art. 38 d.P.R. citato possa avere una funzione diversa 
da quella deJJl:a comunicazione di cui aU'1art. 133 secondo comma 
cod. proc. oiv., giacch� questa anche nell'ordinario sistema processuale 
� irrilevante ai fini della decorrenza dei termini di impugnazione, di 
modo che la sua mancanza non impedisce -come pure ha pi� volte 
affermato questa Corte (cfr., sent. n. 928 del 1978) -i.I decorso del 
termine annuale di decadenza. 

Vindirizzo suddetto deve essere perci� confermato. (omissis) 

II 

(omissis) Il resistente ha eccepito pveliminarmente l'inammissibilit� 
del ricorso per tardivit�, perch� proposto oltre i sessanta giorni da:1la 
ricezione della comunicazione all'Ufficio del dispositivo della decisione: 
l'eccezione � infondata, :in quanto, essendo applicabile al ricorso per 
cassazione, in mancanza di normativa ad hoc nel decreto n. 636 detl 
1972, la normativa delle dmpugnazioni del codioe di rito civhle, ne consegue 
che il termine di giorni sessanta decorre dalla � notificazione � 
della decisione (notificazione che non riswta effettuata), non gi� della 
�comunicazione� del solo dispositivo; in mancan:m, � 1applioabile il termine 
di un anno dalla pubbllicazione, che, nel caso di specie, � avvenuta 
:i!l 14 ap11ile 1976, per cui il ricorso, proposito nel dicembre 1976, � da 
riconoscersi tempestivo. (omissis) 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 593 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 gennaio 1981 n. 687 -Pres. Bologna 


Est. Caturani -P. M. Valente (conf.) Mawa c. Ministero delle Fi


nanze (avv. Stato Angelini Rota). 

Tributi erariali diretti -Accertamento -Motivazione sintetiica -Dichiarazione 
solo apparentemente analitica -Legittimit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 317 e 117). 
� legittimo l'accertamento con metodo induttivo quando sia stata 
presentata una dichiarazione non analitica ovvero una dichiarazione generica 
solo formalmente analitica (1). 

(omissis) Con il primo motivo del ~icorso il ricorrente, denunziando 
violazione e falsa applii.cazione degli artt. 37 e 117 del t.u. sulle !imposte 
dirette 29 gennaio 1958 n. 645 e de!H'art. 2697 cod. civ., nonch� difetto 
di motivazione, assume che nella specie Ja Commissione T'ributaria centrale 
non avrebbe consideriato che gli avvisi di accertamento in base ai 
.quali l'Ufficio ha proceduto alla determinazione dell'imposta erano affetti 
da nullit� perch� carenti di motivazione. 

La censura non � fondata. 

Il principio di diritto pi� volte applicato da questa Corte !in materia 
� che l'accertamento tributario non pu� prescindere da:lila denunzia deJ 
<:ontribuente e 'l'Ufficio deve, a pena di nullit�, motivare specificamente 
.l'accertamento medesimo soltanto qUJailora il contribuente abbia ,presentato 
una denun2lia dei redditi completa, esponendo a111aliticamente 
gli elementi del reddito e corredando Ja dichiarazione di dati, mediante 
esibizione di libri scri.ttura e documenti: tale motivazione analitica non 
� 'invece richiesta quando il contribuente abbia omesso di dichiarare il 
reddito cui J'accertamento si �riferisce (Cass. 10 dicembre 1979 !Il. 6386; 
29 .novembre 1973 n. 3273) ovvero quando .1a dichiarazione sfa incompleta. 

Nella specie, la decisione impugnata si � attenuta ag1i accennati cr�i


teri, avendo sottolineato che di fronte alle denunzie generiche (solo for


malmente analitiche) presentate dal ricorrente, l'ufficio o per� ~ettamente 

procedendo :ad un accertamento generico in base agH elementi cui fa 

11ichiamo .J'art. 117 del t.u. del 1958. 

D'altra paTte J'obb1igo imposto dall'art. 37 del t.u. del 1957 di moti


vazione dell'avviso di accertamento dei reddit1i che il contribuente avesse 

(1) Sul punto specifico v. Cass. 3 marzo 1980 n. 1403, in questa Rassegna, 
1981, I, 123. . 

594 
RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

omesso cli dichiarare od avesse dichiarato senza indicazione analitica 
dei relativi elementi, attivi e passivi doveva considera!rsi assolto quando� 
l'atto poneva il contribuente �in grado cli conoscere la pretesa fiscale in 
tutti i s~oi elementi essenziali, ai fini di una effioace oontestaziQ/lle sull'an 
e sul quantum (Cass. 23 settembre 1976 n. 3162). Il che nella specie 
si � certamente verificato, non �essendo controverso, com'� confermato 
dall'ampia difesa svolta dal ricoprente a sostegno delle proprie iragiQllli,. 
che il Mazza � stato messo in condizioni di apprendere J. termini concreti 
de1la contestazione tributaria. 

Il pnimo motivo del ricorso deve �esse�re, pertanto, respinto. 

Con il secondo motivo del ricorso si sostiene, denunziando violazione 
degli artt. 37 e 117 del t.u. cli cui al primo motivo, degli artt. 112 
e 339 cod. proc. civ., omessa pronuncia su specifici motivi di gravame, che 
!.a decisione impugnata siarebbe oaduta in errore allorch� ha rJtenuto 
provato neil quantum il reddito di cui agli accertamenti nCYtificati dall'ufficio. 


La censura � priva di fondamento. 

A parte le critiche mosse dal Ticorrente aHe decisioni trJbutarie di 
primo e �secondo grado, critiche che fuoriescono dall'oggetto del presente 
giuilizio, si �rileva che la Commissione Tributaria CentTale, con motivazione 
rrmmune da vizi logici e giuridici e pertanto non sindacabile in 
questa sede, ha confermato i reddHi di R.M. e per la imposta complementare 
determinati dalla Commissione Tributall1ia di secondo g<rado, da 
un minimo di !lire 1.600.000 per la R.M. e di lire 1.380.000 per !.a comp[ementare 
relativamente all'anno 1960, ad un massimo di lire 3.000.000 per 
entmmbe le imposte, ~n ordine agli anni 1968 e 1969. 

A sostegno di tahl accertamenti 1a decisione impugnata ha tenuto� 
conto non soltanto della circostanza secondo cui normalmente H professionista 
iritrae iredcliti professionali adeguati al sostentamento della 
fomig1ia, ma altres� del fatto che, secondo I'id quod plerumque accidit, 
accanto all'attivit� giudi:zJiaria doveva presumersi svolta dal medesimo 
anche una attivit� di carattere stragiudiziale; inoltre ta decisione ha 
messo in I1iJ:ievo che la esattezza degl1i accertamenti tributari trovava 
ulteriore e definitiva coni�erma nella Joro paliese tenuit� per tutto il 
periodo d'imposta considerato. 

N� il Mazza, nonostante l'invito dell'Ufficio ha ritenuto di rispondeife 
alle domande contenute nel questiQ/llario all'uopo inv~atogli, di modo 
che la Commissione Tributaria Centrale, valorizzando anche tale circo


i'' 

stanza, ha espresso un CQ/llvincimento congruamente motivato circa i 
1:: 
j;:

redditi percepiti dal contribuente nel periodo d'imposta in questione. 
,,, 

,..

Il ricorso, nei due motivi in cui si articola deve essere pertanto " 

L

respinto. (omissis) 

~: 

1:: 

i=~: 

f 

i 

.........,,~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 595 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 febbraio 1981 n. 754 -Pres. Sandulli Est. 
Virgilio -P. M. Cecero (conf.) Ministern delle Fianze (avv. Stato 
Angehlni Rota) c. P.ecodello (avv. Amatucci). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Ricorso -Presentazione Consegna 
all'ufficio tributario -Nullit�. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 17). 
Il ricorso alla commissione deve inderogabilmente essere presentato 
presso la segreteria della commissione adita e non produce effetto la 
presentazione presso l'ufficio tributario. Quando il �ricorso irritualmente 
presentato venga successivamente trasmesso alla segreteria della commis,
sione, � rilevante ai fini del termine la data di ricezione da parte della 
segreteria, giacch� soltanto per il ricorso direttamente spedito alla segreteria 
� valida, per norma espressa, la data di spedizione (1). 

(omissis) Con il primo motivo si deduoe vio1azione e falsa applicazione 
deg1i articoli 16 e 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, e si sostiene 
�che la Commissione Centrale avrebbe dovuto dichiamre inammissibile il 
ricorso del contribuente alla Commissione tributaria di primo grado perch� 
una prima volta dl ricorso stesso ern stato diretto e presentato al� 
l'Ufficio dehle imposte di �vellino, ed UIJJa seconda volta -quando era 
gi� decorso il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione 
della carteHa esattoriale -alla detta Commissione di primo grado. 

La censura � fondata. 

Premesso che con dl ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 della 
Costituzione � consentito, sotto il vigore della normativa di cui al d.P.R. 
26 ottobre 1972 n. 636, dedurre i vizi del procedimento svoltosi dinanzi 
.alla Commissione Tributaria Centrale (sent. n. 2880 del 2 luglio 1977), 
va rilevato che dagli atti risuJta che la cartella esattoriale fu notificata 
.al Pecoriello in data 10 settembre 1974 e che il 9 ottob:rie successivo egli 
present� due ricorsi, relativi alle imposte di R.M. e complementare, diretti 
all'Ufficio delle imposte dirette di A"l.'ellino, con i quali chiedeva che la 
Commissione annullasse la ii.scrizione a ruolo dei tributi. 

Risulta anche dagli atti che i suddet�i Ticorsi pervellJilero alla Commissione 
tributaria di primo grado (come si rileva dal timbro impresso 
sulla prima pagina di essi) il 31 gennaio 1975, ossia quando era abbondantemente 
decorso il termine di sess�anta giorni stabiUto dall'aTt. 16 
del d.P.R. n. 636 del 1972. 

(1) Decisione di evidente correttezza che fa applicazione di norme dettagliate 
non suscettibili di interpretazione elastica. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Il contribuente invi� altro ricorso, ad integrazione del primo, ahla 
Commissione di primo grado, con letterra raccomandata del 16 novembre 
1974, quando per� era scaduto rii termine suddetto. 

In tale S1ituazione non ,era possibile ritenere valida e tempestiva la 
presentazione dei due primi ricorsi. 

L'art. 17 del d.P.R. n. 636 del 1972 prescrive che rill. ricorso, insieme 
ad una copia in oarta sremp1ice, � � prresentato a11a commissione mediante 
consegna alla s,egreteria che ne rilasda ricevuta, ovvero mediante raccomandata 
con avviso di ricevimento�; e La stessa norma aggiunge che 
nel caso di spedizione per posta, � si considera come data di prresootazione 
quella di spedi:ZJione �. 

Dunque, le forma1it� di presentaZJione del ricorso sono compiutamente 
disciplinate dalla legge, sicch� non � consentito adottare sistemi 
diversi, ritenuti equipollenti. 

Va, tra l'altro, considerato che nella fiattispecie concreta i primi 
riicorsi non soltanto furono � fadirrizzati � e presentati a11'Uffioio delle 
imposte anzich� a1la Commissione tributaria (che � organo compJetamente 
autonomo ,rispetto 1al detto Ufficio), ma di fatto pervennero alla 
Commissione stessa dopo 1a scadenza del termine perrentorfo previisto 
per l'Jmpugnazione, dovendo aversi riguardo, ai fini del.l'osservanza del 
detto termine, a1la data di ricezione del rricorso da parte del!1a segreteria 
della commissione, ovvero a quella risultante daJ timbro postale 
di spedizione. 

Gli ulteriori ricorsi del contribuente spediti con raccomandata al.la 

Commissione erano intempestivi perch� '1a spedizione avvenne dopo il 

decorso del �termine di legge. (omissis) 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUPPLICI 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 maggio 1981 n. 3474 -Pres. Marchetti 
-Rel. Sandulli -P. M. Valente (conf.) -Amministrazione della 
Difesa (Avv. Stato Corti) -Ditta A.P.I. Anonima Petroli Italiana S.p.A. 
(avv. Can1si). 

Arbitrato -Capitolato d'oneri per la fornitura dei materiali occorrenti 
ali'Amministramone aeronautica -Clausola predisponente un arbitrato 
� Previsione di derogabilit� � Arbitrato facoltativo e non obbligatorio. 


(D.M. 6 marzo 1934, artt. 2 e 75; Cost., artt. 24, primo comma, e 102, primo comma; 
cod. proc. civ., art. 806, primo comma, prima parte). 
Arbitrato � Lodo � Casi di nullit� � Nullit� del compromesso � Deducibilit� 
per fa prima volta in cassazione � Esclusione. 
(cod .. proc. civ., art. 829, n. 1). 

Arbitrato -Lodo -Casi di nullit� -Pronunzia fuori dei limiti del compromesso 
-Oggetto � Controversie sull'esecuzione del contratto � Domanda 
di risoluzione per eccessiva onerosit� sopravvenuta � Sussistenza 
del vizio � Esclusione. 
(cod. proc. civ., art. 829, n. 4; D.M. 6 marzo 1934, art. 75). 

Obbligazioni � Risoluzione p.er eccessiva onerosit� sopravvenuta � Effetti Contratti 
ad eserizi.one continuata e �periodica � Limiti all'efficacia 
retroattiva � Condizioni di applicabilit�. 
(cod. civ., artt. 1467, primo comma e 1458, primo comma). 

L'art. 75 del Capitolato d'oneri per la fornitura dei materiali occorrenti 
all'Amministrazione aeronautica, approvato con D.M. 6 marza 1934, 
predispone una forma di arbitrato non obbligatorio, ma facoltativo. 
L'art. 75 va infatti coordinato con l'art. 2 del medesimo capitolato che, 
nel disciplinare la predisposizione e la stipulazione dei contratti, stabilisce 
che � il Capitolato d'oneri, in quanto non sia modificato espressamente 
dai contratti, ha efficacia normativa tra le parti�. Con il che 
la soggezione delle controversie alla competenza arbitrale si determina 
in concreto e per effetto della sua mancata esclusione in sede di stipulazione 
del contratto (1). 

(1-3) La sentenza 28 gennaio 1980 n. 658 della Corte di Cassazione, che 
ha dichiarato illegittimo e disapplicato l'art. 51 del r.d. 17 marzo 1932 n. 366 � 
pubblicata in questa Rassegna 1980, I, 209 ed ivi � richiamata la sentenza della 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La questione di nullit� della clausola compromissoria non pu� essere 
esaminata in sede di legittimit� se non sia stata prima dedotta come 
motivo di impugnazione del lodo (2). 

La domanda di risoluzione del contratto� per eccessiva onerosit� 
sopravvenuta d� luogo ad una controversia che attiene non alla originaria 
validit� dello stesso ma alla sua esecuzione e pertanto rientra 
nella competenza del collegio arbitrale, cui la clausola compromissoria 
deferisca � tutte le contestazioni che possano insorgere nell'interpretazione 
ed esecuzione del contratto� (3). 

Nel caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, se la 

prestazione di durata sia a carico della sola parte che ne lamenta la 

sopravvenuta onerosit�, mentre la controprestazione sia ad esecuzione 

istantanea e posticipata, la pronunzia di risoluzione per eccessiva one


rosit� sopravvenuta estende i suoi effetti anche alle prestazioni gi� 

eseguite. Ne consegue che la parte che le ha ricevute � tenuta a resti.
iuirne l'oggetto o a pagarne il controvalore (4). 

(omissis) In via pregiudiziale, va esaminata <la questione di nul!lit� 

del lodo arbitrale, delineata per la prima volta in sede di legittimit� dal


l'Amministrazione ricorrente con la memoria difensiva er art. 278 cod. 

proc. oiv. 

Con 1a cennata memoria, l'Ammiruistra:z�ione militare -invocando 

l'autorit� della decisione della Corte Costituzionale n. 127 del 14 lugll.io 

1977, la quale ha statuito che, a seguito del coordinato disposto degli 

artt. 24, primo comma Cost. (diritto dii azione in giudizio e correlativo 

esercizio, costituzionalmente garantito) e 102, primo comma, Cost. (ri


:serva della funzione giurisdizionale ai giudici ordinari, salvo le eccezioni 

Corte Costituzionale 14 luglio 1977 n. 127 (che pu� leggersi in Foro it. 1977, I, 
1848 e Giur. cast. 1977, I, 1103 e 1143 con nota di ANDRIOLI, L'arbitrato obbligatorio 
e la costituzione). 

Merita segnalazione il fatto che la Corte, nel caso in esame, � pervenuta 
.ad escludere la rilevabilit� di una questione di nullit� del compromesso dopo 
.aver ricondotto l'arbitrato predisposto dall'art. 75 del D.M. 6 marzo 1934 ad 
una filgura di arbitrato facoltativo. Cos� implicitamente ritenendo che una 
<:onclusione diversa avrebbe potuto raggiungersi ove l'arbitrato fosse stato 
-considerato obbligatorio (� interessante considerare che il profilo � evidenziato 
nella massima estratta dall'Ufficio del massimario e che suona cos�: � La 
�questione di nullit� del lodo arbitrale ex art. 829 n. 1 cod proc. civ. per ine.
sistenza o nullit� della clausola compromissoria, ove non sia proposta in sede 

di impugnazione, non pu� essere fatta valere per la prima volta in sede di 

legittimit� qualora tale questione non integri un problema di disapplicazione 

.di norma regolamentare costituzionalmente illegittima rilevabile ex officio 

in ogni stato e grado del giudizio�: in Giust. civ. Mass. 1981, 1213). 

Nel caso deciso con la sentenza 14 maggio 1981 n. 3167 (in questa Rassegna 

1981, I, 421, e in Giust. civ. �1981, I, 2635 con nota di CARBONE P., Natura giuridica dei 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 599 

di cui all'art. 103 successivo, �ill quale prevede che le paTti possono, nell'esercizio 
di un potere di disposizione strettamente collegato al potere 
di azione, deferire una o pi� controversie al �giudizio di un arbitro o di 
un collegio arbitrale), il fondamento di quad.siasi arbitrato � da rinvenire 
nella libera scelta delle .pairti, in quooto sdltam.to la scelta dei soggetti 
(intesa come uno dei possibili mod[ di disporre, anche in senso 1I1ega� 
tivo, del dfritto di cui all'art. 24 Cost.) pu� derogare al precetto contenuto 
nell'art. 102, primo comma, Cost., sicch� La � fonte � dell'arbitrato 
non pu� rJ.oercarsi e porsi in mia legge ordinaria o, pi� generalmente, 
in una volont� automta1liva, con l'implicaziione che ili principio 
fissato nell'ar:t. 806, primo comma, prima pairte, del codiee di proeedura 
civile (� Le parti possono far decidere da arbitri le c�ntroversie tra 

Joro insorte... �) assume rnl cairiattere di principio generale, costituzional


mente garantito, dell'lintero ordinamento -deduce 1a nullit� dell'arbi


trato per � inesistenza � della dlausola compromissoria (e cio� della fonte 

attributiva del potiere arbitrale), sul profilo che, nel caso di specie 


derivando il potere giurisdizionale degli arbitri dall'art. 75 del capitolat� 

d'oner�. per la forruitura dei materiali occorrenti all'Amministrazione. aero-� 

nautica approvato con decreto ministeriale 6 marzo 1934 -J'arbitrato,

1

t11aendo 1a propria fonte da UIIla normativa eteronoma rispetto alla volont� 
deMe parti, integri un arbitrato rituale obbligatorio o necessario, 
privo di un valido supporto attributivo del potere arbitrale, contrastando 
il cirt:ato art. 75 con Je norme costituzionalli -parametro contenuto 
negli artt. 24 e 102 della Costituzione. 

L'Amminist11azione sostiene, quindi, che la Corte di Cassazione -nel


la l!inea adottata dalla sentenza !Il. 658 del 28 gennaiio 1980, 1a quale ha 

disapplicato per illegittimit� costituzionale la norma dell'art. 51 dcl 

r.d. 17 marzo 1932 n. 366 (approvazione delle condizioni generali dell'appalto 
dei lavori del genio militare), che impone aille parti un arbitrato 
capitolati generali, carattere dispositivo delle norme che prevedono l'arbitrato 
quale strumento di composizione delle controversie e tempestivit� della riserva 
in caso di sospensione) 1a Cassazione aveva invece ritenuto che �la dedotta 
illegittimit� della norma del capitolato che predispone l'arbitrato, risolvendosi 
nell1'invamdit� �c:liru titolo di mvestitura degltl ocbirtri, d� luogo ad UJn'ipotesd 
riconducibile alla previsione dell'art. 829 n..1 cod. proc. civ.: cio� ad un motivo 
di nullit� della sentenza arbitrale, che avrebbe dovuto essere dedotto avanti 
alla Corte d'appello come motivo di impugnazione della sentenza stessa �. Nella 
specie la clausola di capitolato che veniva in questione era l'art. 51 del 

R.D. 17 marzo 1932 n. 366, gi� riconosciuto illegittimo dalla Cassazione con 
la sentenza 28 gennaio 1980, n. 658 richiamata in apertura. 
Il lodo 5 giugno 1975 reso nella controversia pu� leggersi in Giust. civ. 
1975, I, 1589. 

(4) Nello stesso senso cfr., dn dottrina, DALMARTELLO, Risoluzione del con 
tratto, Nuovissimo Digesto, XVI, Milano, 1969, 127 e 148. 
18 



609 . RASSEGN.~ DELL'AVVOCATURA DELLO, ST~TO 
obpligatorio. in virt� di una. volont� .autorizzatjvfl del tutto estranea . alla. 
volont� c;lelle parti -debba disapplicare l'art. 75 del capitolato. d'oneri 
approvato con il c;lecreto minis.teriale. 6 marzo .1934, e conseguenteme:p.te 
dichiarare la nullit� del prnceddmento arbitrale e del lodo in esso reso. 

La societ� API, con la seconda memoria, prodotta ex art. 378 cod. 
proc. civ. prima dell'udienza dii discussione aUa quale la causa � stata 
rinviata da una precedente udienza pubblioa, ed in sede di difesa orale, 
eccepisce l'improponibiHt� della questione, dovendo la stessa dtenersi 
preclusa pe;r non avere fol'Il;l!ato oggetto d'impugnaZJione :innailZJi alla 
Corte d'Appello ex al11:. 829 cod. proc. civ., ed assume che, nel caso di 
specie -essendo il rinvii.o operato dalle pMti alle clausole del capitolato 
d'oner�i non meramente �ricognitivo, ma recettizio -non si abbia una 
eterointegrazione auto:riitativa e, quindi, un aTbitrato obbligatorio. 

L'eccezione d'dmproponibilit� de11a questione, avanzata dalla societ� 
resistente, � fundata. 

Per poter affermare la 1rilevabilit� in ogni stato e grado del giudizio 
e, quindi, Ja proponibilit� per 11a prima vo!lta in sede di Jegi-ttimit�, senza 
che incida il principio della conversfone dei motivi di nullit� in motivi 
di gravam�, dovxebbe ritenersi che la norma del pi� volte citato art. 75, 
imponga alle parti un arbitrato rituale necessario e che, conseguentemente 
la stessa sia affetta da illegittimit� per contrasto con gJi artt. 24 
e 102 della Costituzione. 

Va rilevato, in base ai lavoni prepairatori deil'Assemhlea Costituente, 
come il legislatore costituente �abbia inteso assegnare una situazione nettamente 
distinta ai collegi riconosciuti come vere e proprie giurisdizioni 
speciaH ed agli �arbitrati �in materia civile, che si formano per volont� 
delle parti e si basano su loro facolt� e sul loro diritto, che non pu� 
ess,ere disconosciuto�, e come, prevedendosi dalla Costituzione soltanto 
giurisdizioni speciali ed arbitrnti volontari o facoltativi, fondati suHa 
libera opzione delle parti, non residui alcuno spazio per un terzo tipo 
di deroga al principio dell'unit� della giurisdizione, e cio� per gli arbitrati 
imposti dalla legge. 

La legittimit� costitu2lionale degli arbitrati obbligatoFi o necessati 

� stata, per�, sostenuta dalla giurisprudenza e da una parte detl!la dot


trina, con la ragione del � convogliamento� dell'a~bitrato rituafo obbli


gatorio (nOJ;tch� di quello volontarfo) nell'ambito del giuddzio ordinar.io 

mediante l'impugnazione di nullit� (oltre che attmV'filso il controllo ~n 

sede di decreto di omologazione). 

Ma la Corte Costituzionale, con Ja citata decisione n. 127 del 1977, 

ha ritenuto che l'opinione del ((convogliamento� non possa essere se,


guita, essendo fondata s.ll'equivoco che la giustizia airbitrale assicuri 

le medesime garanzde assegnate da11'esercizio deHa potest� giurJsdizio


nale, giacch� essa, svolgendosi al di fuori del rngime delda sovranit� 

statuale (per essere i margini in cui si muovono ~I giudice dell'omolo




PARTE I, SEZ. vn, GIURIS. IN M~TERIA_DI "'CQUEJ!~ ,APPALTI PUBBLICI ,601 

gazi,one d~l loqo ~.quello dnvestito dell'impugnazione per nuliHt� ex aTt. 
829 cod. proc.-civ. estremamente ristretti), non va:le ad assicurare una 
tutela pari a quclla dell'attiv.it� giU11isdizionale esercitata dai giudici statali 
(essendo gli arbitri privi di poter.i coercitivi e cautelari),. 

E -poich� il Costituente ha inteso rtute1are la concentrazione deHa 
funzione giurisdizionalle sia nei confironti dehle giurisdizioni speciali che 
riguardo ai meccanismi volti 1a limitare <l'unit� di detta l�Nraione -non 
pu� pensarsi che, a fianco del procedimento di revisione costituzionale 
richiesto per l'istitu:ll�one di nuove giurisdizioni speciali, possa ammettersi 
un congegno legislativo che permetta di sottrarre mediante leggi 
ordinarie al giudice statuale particolari tipi di controversie -non potendosi 
incidere su!ll'unit� della giurisdizione con l'istituzione di arbitrati 
obbligatori ex lege, anzich� con fa creazione di nuove giurisdizioni 
speciali. 

In tale visione generale e nel rispetto dell'autonomia dei soggetti 
in ordine alle situazioni di vantaggio compromettibili, ,alla cui gan,mzia 
costituzionale l'ordinamento guarda con particolare cura -si � provveduto 
a daa:-e una nuova regolamentazione alla materia relath~a. al 
Oapitolato generale per '1'appa!Ito delle opere pubbliche dello Stato (Je 
cui clausole, aventi inatma normatiVia di rregolamenti di organizzazione, 
p:rima dell'intervento del decreto presddenziale 16 luglio 1962 n. 1063, e:rano 
inserite ex lege, �!ll virt� dell'art. 99 del .regolamento di contabilit� 23 mag� 
gio 1924 n. 827, in ogni contratto in cui era parte lo Stato), disponendo, 
con l'art. 47 del citato decreto presidel17jialle !Il. 1063 del 1962, una normativa 
che, consentendo sia alla parte attrice che a quella convenuta 
di escludere la competenza aa:-bdtmle, istituisce (in sostituzione di quello 
obbligatorio, necessario ex lege) un arootrato facoltativo, nel rispetto 
del principio fondamentale sancito nehl'art. 102 deHa Costituzione (�fir. 
Cass. 28 gennaio 1980 n. 6~8; Gass. 8 agosto 1978 n. 3852; Cass. 12 luglio 
1978 n. 3515). 

Risultando riaffermata, anche su tale piano, la necessit� della tutela 

dell'autonomia delle parm, costituzionalmente garantita -pu� rrJievarsi 

come, stante il camttere rigido� della Cos.tituzione, fa legge ordinaria (o 

altro atto. autorritativo) possa soltanto predisporre, ma non disporre ~li 

arbitrati delle parti. 

Om -poich� Ja questione de1Ja Jegittimit� dell'art. 75 del Capito


lato d'oneri approvato con decreto ministeriale 6 marzo 1934 � da ricom


prendere nella pi� ampia questione della conformit� ailla Costituzione 

degli arbitrati obbligatori o necessari, non potendo, secondo !l'orJenta


mento della costante giurisprudenza, il Collegio arbitrale in esso previsto 

considerarsi una giurisdizione speciale -il problema da esaminare, ai 

fini de1Ja proponibilit� della questione delineata in questa sede, � se il 

citato iart. 75 preveda un arbitrato obbligatorio (o necessario) o facolta


tivo (o volontario). 


602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 75, che nel titolo nono del Capitolato d'oneTi per la fornitura 
dei materiaM speciali occorrenti ahl'amminist:mzione aeronautica pone 
la clausola compromissorna nel senso che � tutte 'le contestazioni che 
possono sorgere sull'd.nterpretazione ed esecuzione dei singoli contratti 
sono deferite ad un Collegio arbitrale�, va coordinato con ill precedente 
art. 2 che, nel disciplinare la predisposizione e :la stipulazione dei contratti, 
stabilisce, nel terzo ,comma, che � il CapdtoLato d'oneri, in quanto 
non sia modificato espressamente dai contratti, ha efficacia normativa 
fra le parti �. 

E -poich� con taile formulazione, che si riferisce a tutte le clausole 
del Capitolato, compresa queMa compromissoria, s[ consente alle parti, 
mediante libera scelta, di ,escludere la competenza arbitrale -deve ritenersi 
che, nel caso di specie, ricorra non un arbiwato obbligatorio o necessario, 
avente fonte autoritativa eteronoma rispetto alla volont� delle 
parti, ma un arbitrato facoltativo, avente 1a sua fonte ne11a libera volont� 
delle parti. 

Conferma della libera scelta di un ,arbitrato volontairio nel caso di 
specie si ritrova nell'art 16 del oontvatto di fornitura, intervenuto in 
data 27 agosto 1973 l�.va J'Amministriazione della Difesa e la societ� API, 
che riguardando le condizioni genemli contrattuali, stabilisce che � per 
tutto quanto non modificatb nel contratto 1a fornitum si intende vincolata 
ai patti, oneri e condi:doni, espressi nel capitolato d'oneri� -i quali 
patti, oneri e condizJioni la societ� fornitrice � dichiara di ben conoscere 
e di accettare in ogni sua parte�. 

Va, quindi, rilevato come, al fine di stabiliLre convenzionalmente un 
arbitrato facoltativo, le parti 1abbiano fatto espresso riferimento aJ.ila 
clausola compromissoria, dettata nel ,capitolato dii oneri, recependo la 
stessa, attraveTso un rinvio recettizio (e non meramente ricognitivo) nel 
corpo della disciplina contrattuale. 

Per modo che -essendo l'ipotesi contemplata conforme a Costitu


zione e non ponendosi, quindi, Ulil problema di diisaipplioazione di norma 

(regolamentare) costituzionalmente :illegittima, che potrebbe comportare 

la rilevabilit� ex officio (e fa proponibilit�) in ogni stato e grado del 

giudizio -via esaminato il profilo rie1ativo alla preclusione opposta dalla 

societ� resistente. 

Il dibattito intervenuto �!Imanzi a1l giudice dell'impugnazione s1 e 

svolto esclusivamente intorno aJ tema de11a nullit� del Jodo ex art. 829 

n. 4 cod. proc. civ., per avere gli arbit11i pronunciato fuori. dei limiti della 
clausola compromissoria. 
Per la prima volta in questa sede di legittimit� si �, poi, dedotta 
la ulteriore questione della nullit� del lodo ex art. 829 n. 1 cod. proc. civ., 
per inesistenza o 111u11it� della clausola compromissoria. 

E -poich� tale questione non avendo formato oggetto d'impugnazione 
innanzi al giudice de11a nullit� (come avrebbe dovuto, in forza 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPAI.TI PUBBJ.ICI 603 

del principio che i motivi di nullit� si convertono !in motivi di gravarne) 
ex art. 829 n. 1 cod. proc. civ., deve ritenersi preclusa -la stessa non 
pu� trovare mgresso in sede di Jegittirnit�. 

Venendo all'esame dei motivi di ricorso, va �rilevato come, con il 
primo mezzo, l'Arnrniinistrazione �ricorrente -denunciata la violazione 
dell'art. 75 del Capitolato di oneri approvato con decreto ministeriale 
6 marzo 1934, dn relazione ahl'art. 360 n. 2 cod. proc. cliv. -sostenga 
l'incompetenza del cofilegio 1arbit:mle, in quanto esso non avrebbe potuto 
conosoere deJJa domanda di �risoluzione per eccessiva onerosit� del contmtto 
di fornitura, riguardando la clausoJa compromissoria contenuta 
nel citato art. 75 esclusivamente .te controversie attinenti all'esecuzione 
del contratto. 

ll motivo � privo di fondamellltO. 

Secondo fa tesi dell'Amministrazione ricorrente, fa controversia di 
risoluzione per eccessiva onerosit� deJla prestazione -afferendo non 
all'esecuzione (o aill'efficacia) ma alla V1aliidit� del contratto -non rientrerebbe 
nei limiti della clausola compromissoria, prevista dall'art. 75 
del Capitolato d'oneri, la quale deferisce al Collegio arbitrale �tutte le 
contestazioni che possOlllo insorgere suJl'mterpretazione ed esecuzione 
del contratto �. 

La Corte d'Appello ha correttamente ritenuto che la controversda 
di risoluzione per eccessiva onerosit� r:ientri nehla previsione dehl'art. 75 
ed appartenga, quindi, alla competen:lla arbitrale, dovendo la controverSiia 
sull'eccessiva oneroslit� della prestazioni di un contratto ad esecu2Jione 
continuata o periodica ex a'It. 1467 cod. civ. essere qua11ficata come controversia 
sull'esecuzlione. 

Invero -poich� il rapporto di reciproca dipenden2Ja fra le presta


zioni sussiste non solo �al momento della formazione del v<i,ncolo contrat


tuale (cosiddetto sinahlagma genetico) ma anche nel corso dello svolgi


mento del rapporto originato dal 0911tratto (cos.iddetto sinaJlagma fun


zionale) s� che, rimanendo la presta2Jione di una parte legata non soJo 

a:U'esistenm originaria, ma anche ail perdurare dell'obbligazione corrispon


~ ' 

dente deHa controparte, l'eccessiva onerosit� (come finadempimento o 
ia impossibilit� sopravvenuta) rompe �il vincolo dd corrispettivit�, eliminando 
la giustificazione causale che unisce le reciproche prestazioni, facendo 
sorgere nella parte contraente il diiritto ad essere sciolta dal vincolo 
(nonostante la validit� del negozio fonte delJ'obbliigazione) -deve 
ritenersi che la risoluzione del rapporto -nelJ'iipotesi in cui J'obb1igo 
della prestazione (assunto contrattualmente) sfa divenuto troppo oneroso 
per il sopravvenire di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, e cio� 
nell'ipotesi ��in cui il .rapporto tra le prestazionii neJ momento dell'esecuzione 
sia ddvenuto sproporzionato rispetto a quello stabillito al momento 
deJla conclusione del contriatto (laesio superveniens) -attenga ail(la fuse 
del)l'esecuzione del contratto, resa particolarmente gravosa e, quindi, 


. RASS�GNA DELL'AV�lOCATtiRA DELLO. STATO 

imp�dita' dalila insorgen:m della eccessh;;a onerosit� per cause straordinar�e 
ed imprev�dibili sconvolgenti �l'eqUJi;libxio � sinai1lagmatico formatosi 
all'epoca del perfezionamento del contratto. 

E ci� in quanto .l'azione di risoluzione -a differenza de1le azioni 
di nulJ.it� e di annullamento, che pl'esuppongono una fattispecie conta:"
attuale 1ncompleta o viziata -consegue ad un difetto di f~onamento 
del contratto, e cio� ad un difetto che attiene a11'aspetto esecu1livo 
di esso. 

Invero, nelle ipotesi I�ll1 cui hl rapporto originato dal contratto possa 
soJ.tanto parzialmente 'I"eaHzzaire la sua fun.mone, a1le parti, Hbere a:Ll'wzio 
di determinare il contenuto del contl1atto, � dato di .decidere se il 
mpporto debba o 1110 essere esegui.to. 

Per modo che, nel caso di specie -avendo devoluto la clausola 
compromissoria, contenuta nell'art. 75 del OapHolato d'oneri, a!l colJegio 
arbitrale !la cognizione delle C01111lroversi:e .attinenti all'esecuzione deJ. contmtto 
ed afferendo, come si � visto, alla fase esecutiva del rnpporto la 
risolWlione per eccessiva onerosit� -deve �niteneirsi che la competenza 
del collegio arbitrale a conosoere della contestazione sulla eccessiva 
onerosit� del contratto di fornitura. promossa dalla societ� res[stente sia 
stata correttamente dichiarata dalla Corte d'Appe1Io. 

Il primo motivo di ricorso �, quindi, da disat�tendere. 

Con il secondo motJivo, l'Amminiistra.zione riconrente -denunciata 
la violazione dell'art. 75 del capitolato d'oneri approvato con decreto 
ministeriale 6 marzo 1934, ill1 relazione ail<l'art. 360 n. 2 cod. proc. aiv. sostiene 
fincompetenza del co1legio arbitrale, perch� non avrebbe potuto 
disporre, con la pronuncia di risolu21ione, la lrestitu:zri.one del combustibile 
o, in mainoanza, il pagamento del controvalore. 

Anche tale motJivo � pr:ivo di fondamento. 

Secondo la tesi dell'Amministrazione, non rientTerebbe nei poteri del 
Col1egio arbitrale la potest� di dispor.re, con J.a declaratoria di risoluzione, 
la condanna al pagamento del controvalore de11e po:"estazioni gi� eseguite 
(e non pi� restituibhli). 

La Corte d'Appello ha cor.rettamente ritenuto che, con la pronuncia 
di risoluzione, in mainoanza della restituzione deilla prestamone eseguita, 
ben possa essere disposto :�J. pagamento del controvalore. 

Invero, in ordme agli effetti dclfo. risoluzione, va considerato come 
-distinguendosi, nei contratti a presta:zri.oni corrispettive, fra contratti 
ad esecuzione istantanea e contratti ad esecuziione continuata o pe:dodica 
e tenendosi per i primi ad elimina.re ex tunc tuttf gli effetti po:"�dotti 
dal contratto sia obbligaitor:i (medliarite illlcidenza liberatoria e 
reci.iperatoria) sia reaLi (medianfo efficacia rea!le :inversa a quella po:"Odotta:) 
-riguardo alla oategoria dei contratti ad esecuzione'�ontinuata>o 
Jȏriodica, in" cui la continuazkme o periodicit� Si realizza or�6rrilalm�nfe 
parf'passu .it1, l:hodo da attuare costantemente l'equilibrio sinallagmatico 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI 0AC�UE 0ED �PPALTI PUBBLICI .605 

fra le prestazioni, la locuzione � contratti �d esecuzi01I1e cont1rtuata o 
periodica�, usata nel primo comma d�1l'axt. 1458 cod. �iv." (richiamato 
dall'-art. 1467 cod. oiv.) per escludere dall'effetto retroattivo f1a oategoria 
di detti contratti, deve essere intesa restri:ttivamente s� da riferi:rila ai 
soli �ontratti che fanno sorgere obbligazioni dii dmata per entrambe le 
parti, in modo che 1a intera esecuzione del con1lratto debba avveniJre 
attraverso coppie di prestazioni da readizzarSI� contestualmenrte nel tem� 
po, Lasciando fuori dell'area previsionale della norma dell'art. 1458, 
primo comma, cod. civ. (richiamato daH'art. 1467 cod. civ.) quei con
�watti ad esecuzione continuata o periodioa liirJ. cui la ~stazione di 
durata sia a cadco di una sola deMe parti, mentre quclil.a dovuta dal:
1.'altro contraente sia ad esecuzione istantanea (immediata, ~�attuare 
in via anticipata rispetto all'esamimento della prestazione di durata, 

o differita, eseguibile fino al momento finail.e del!1a prestazione di durat�, 
o posticipata, cio� oltre tale momento furale). 
Invero, se dn caso di controprestazione anticipata non pu� ammettersi 
l'irretroattdvit� della risoluzione, :in qua.rito essa favorirebbe la 
parte meno meritevole, consentendole di conservare f1a prestazione acquisita, 
anche nehl'ipdtesi di controprestazione posticipata non 'pu� ammettersi 
l'effioacia della risoluzione su tutte le prestaz~OIIli nori. ancora eseguite 
perch� una soluzione di tail. genere favo:riiirebbe il contraente� che 
avesse ricevuto fino ad un certo momento fa prestazione Continuata 

o le prestazioni periodiche e fosse rimasto da tale momento insoddi.
sfatto, consentendogli, con la sua totaJ.e liiberazione dalla controprestazione 
ancora ineseguita, di tr:atteners,i Ila parte di prestazione continuata 

o tutte le prestaziond periodiche 'da lui ricevute, senza nUJlla prestare iin 
contropartita. 
Per i contratti soltanto unilateralmente ad esecuzione continuata o 
periodica deve, qUJindi, prevalere la regola dehla retroattivit�, che sola 
pu� attuare l'equilibrio inter partes, ripristinando, con 1a irestituziOrte 
(attuabile in idem corpus, quando l'oggetto del:la prestazione sia ancdra 
presente ed identifioabile presso ill soggetto passivo dell'obbligo, o �per 
tantundent, quando si tratti di una prestazione di genere) o con il 
pagamento dell'equivia!lente (quando l'obbt1igato non sia �n grado di attuare 
Ja restituzione), 1a situazione anteriore al o�ntratto. 

Ora -facendo appliicazione di itali prmcipi alla fattispecie in esame 
e sussistendo fino 'ailila richiesta � di risoluzione per eccessiva onerosit� 
l'equdilib:r.io sinaJ.lagmatico fra [e prestaZioni eseguite hinc inde alle quali, 
quindi, l'effetto della risoluZione non pu� estendersi -deve con�iludea:si 
che la Corte d'Appello abbia correttamente affermato 'che :il CoMegio arbitralt\; 
,, condah�i:l!ndo, a' seguito della dichiarazione di \t'isoluzione del .contriatto 
di fornitura i'Amministria:lli.one deilla Difesa al pagamento del �ontrovalore 
del combustibile, non pi� in �SUO possesso per essere stato 
�Dnsumato, abbia pronunciato nei limiti dei Srioi poteri; 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

606 

Anche il secondo motivo �, quindi, da disattendere. 
H terzo ed il quinto motivo, foa foro inte:riamente connessi, vanno 
esamiinati congiuntamente. 

La ricorrente -denunciata la violazione dei limiti della materia devoluta 
agli arbitri e dell'art. 112 c.p.c., nonch� l'omessia, contraddittoria o 
insufficiente motivazione (art. 390 n. 4 e 5 c.p.c.) -sostiene: 

a) che -avendo chiesto la societ� forrntTice ilia condanna al pagamento 
dei soli importi eccedenti il prezzo contTattuale -fa Corte del 
merito non avrebbe potuto ritenere c01.1retta la decisione arbitrale che 
l'aveva condannata alla corresponsione dcll'iintero vailore monetario at1lI1iquito 
.al carburante (terzo motivo); 

b) che -avendo la societ� API �dichiarato espressamente di non 

avere interesse ad ottenere la restituzione del combustibile, reclamando 

soltanto la somma corrispondente al controvalore di esso -ilia Corte 

del merito non avrebbe potuto ritenere corretta la decisione arbitrale che 

l'aveva condannata aHia restituzione del carbumrunte (qUJi.nto motivo). 

Entrambi i profili di censura, basati su UJna impostazione non rispon 

dente alfa .realt� processuale, sono privi di fondamento. 

Come si � .visto nel corso :dell'esame dei precedenti motivi, ila .retro-
att_ivit� della risoluzione comporta fa restituzione della prestazione� ese


~i:ta in idem corpus o per tantudem e, quando non possibile, la corre


sponsione dell'equivalente monetario. 

Nel caso di spede, ila Corte del -merito -dopo avere rilevato che 

1'~ restituzione del combustibile non era pi� possibile, essendo Jo stesso 

stato consumato ...,..,._ ha co11rettamente ritenuto che U collegio airbitraile, 

uniformandosi ai su esposti prfo;1cipi, abbia giustamente condam1aito l'Am


ministrazione militare ali pagamento del controvalore. 

E ,..__ pqich� il prezzo originariamente pattuito era stato gi� pagato 

dall'Amrni11istrazione c�>mmittente -ha, poi, ritenuto corretta l'opera


zione aritmetica eseguita dal colle~o 1airbitrale, detraendo daJ controva


lore, al cui pagamento ha condannato l'Amministrazione, la .som_ma gi� 

corrisposta in base al prezzo contrattuale. 

Tale sti;ttuizione -essendo perfettamente confonne a diritto, per 
e~sere stata resa nel pieno rispetto dei principi giuridici innanzi espressi, 
ed avendo a supporto uno svqlgimento motivazionale, immune da vizi 
_logici e da errori. giudirici -deve ritenersi corretta ed esente dai vizi 

denunciati con i dedotti motivi di doglianza. 

Pertanto il terzo ed il quinto motivo sono da disattendere. 

Con il quarto mo1Jivo, ila ricorrente l.~menta che la Corte d'A:ppelJo 

abbia ritenuto fa legittimit� della decisione, con la quale il collegio aTbi.
tmle ha. ..determinaOO;il valore del carbw;iante da corrispondere aitla societ� 
.fomitri~ con riferlmento al momento della pronuncia (e non con ri


guardo a quello della :c0nsegna tlel combus1Jibile). 

La censura � infondata, 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 607 

La Corte d'AppeHo ha correttamente affermato la legittimit� della 
decisione arbitrale che, ai fini di stabilire hl. valore del combustibile, 
si � riferita ai prezzi praticati al momento della pronuncia, sull'esatto 
rilievo che -costituendo il controvalore pecuniario H succedaneo della 
restituzione -la somma da cor:rispondere a11a fornitrice awebbe dovuto 
consentire l'acquisto di un corrispondente quantitativo di carburante, 
equivalente a queMo fornito anche nel.tla qualit�. 

Pure il quinto motivo �, quindi, da disattendere. 
In definitiva il ricorso va rigettato. 
Ricorrono giusti motivi per procedere alla compensazione fra le parti 


delle spese del presente giudizio di cassazione. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 dicembre 1981 n. 6517 -Pres. Mirabelli 
-Rel. Caturani -P. M. Saja (conf.) -Ente di sviluppo in 
Puglia e Lucania e Ente regionale di sviluppo agricolo deLla Puglia 
(avv. Stato Del Greco) c. Verillle (avv. Mitolo). 

Arbitrato � Controversie compromesse in arbitri -Questione sull'appar� 
tenenza alla giurisdizione esclusiva -Questione di giurisdizione � 
~ tale. 

Oompetenza e giurisdizione � Giurisdizione onlinaria o amministrativa Giurisdizione 
esclusiva -In materia di concessione di beni -Riforma 
fondiaria � Recesso dell'assegnatario e domanda di indennizzo per i 
Inigldoramenti -Giurisdizione amininistrativa -� Sussiste. 

(1. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, commi primo e secondo; 1. 12 maggio 1950, n. 230, 
artt. 16 e ss.; I. 21 ottobre 1950, n. 841). 
Arbitrato � �Compromesso � Oggetto -Controversie rientranti nella giuri� 
sdizione esclusiva � Aminissibilit� -Esclusione. 

(1. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, primo comma; cod. proc. civ., artt. 806 e 808). 
La questione se la domanda rientri nella giurisdizione esclusiva del 
giudice amministrativo non cessa di dar luogo a questione attinente alla 
giurisdizione anche se, proponendosi a riguardo di domanda conosciuta 
da arbitri, si profili come questione sulla competenza di questi (1). 

(1-3) Nello stesso senso cfr. Cass. 2 maggio 1979 n. 2522 in Giust. civ. 1979, 
I, 1699. 
Cass. 12 marzo 1981 n. � 1641, pure richiamata dalla sentenza in rassegna, pu� 
leggersi in Giust. civ. 1980, I, 1283. 
La sentenza cassata -App. Bari, 26 aprile 1969 -pu� leggersi in Riv. 
dir. agr. 1969, Il, 460, con ampia nota di richiami. La questione della validit� 

o meno della clausola compromissoria dal punto di vista della appartenenza 
della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo era stata in 

'RASSEGNA D�LL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo relativa 
a rapporti di concessione di beni pubblici la controversia insorta 
tra ente di riforma ed assegnatario che, abbandonato il fondo, pretenda 
di recedere unilateralmente dal rapporto ed assuma di aver diritto alla 
indennit� per i miglioramenti. In questo caso infatti la controversia non 
riguarda solo l'indennit�, ma si estende al controllo circa la esistenza dei 
presupposti che possano condurre, secondo il contratto accessivo alla 
concessione, ad una risoluzione del rapporto ad iniziativa dell'assegnatario 
(2). 

In difetto di contraria previsione normativa, deve escludersi la facolt� 
di compromettere in arbitri le controversie relative� a diritti soggettivi, 
gi� devolute al giudice ordinario, ma successivamente attribuite 
alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali (3). 

(omissis) Con il priimo motivo del <ricorso l'ente di sviluppo in Puglia 
e Lucania, denUJ11ziando difetto di giurisdizione, violazione e falsa applicazione 
dell'art. 5 deHa legge 6 dicembre 1971 n. 1034, degli art. 16 e segg. 
della legge 12 maggio 1950 n. 230, della legge 21 ottobre 1950 n. 841, degli 
artt. 808 e 829 n. 1 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 1, 3 e 5 cod. pro�. 
civ., assume che contrariamente a quanto ritenuto dall'impugnata .sentenza, 
deve riconoscersi la nullit� della clausola compromissoria prevista nel 
contratto di vendita con patto di riservato dominio di terreni assegnati 
nel quadro della riforma fondiaria, in quanto l'art. 5 della legge 6 dicembre 
1971 n. 1034 ha introdotto una nuova fattispecie di giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo irn tema di concessione di beni pubblici 
che, non riflettendo la controversia in esame � indennit�, canoni ed 
altrJ. corrispettivi � per i quali sussiste la riserva del giudice ordirnario, 
ai sensi dell'art. 5 comma 2 de11a legge, il collegio arbitrale mancava 
assolutamente di potere decisorio, c:Os� come privo di giurisdizione ;in 
materia sarebbe stato il giudice ordinru:iio. 

La censma � fondata. 

Non � dubhlo, anzitutto, che si versa nella specie in questioni attinenti 
�alla giurisdiziooe, poich� se i poteri decisori deg.li �arbitri sono 
considerati dalla fogge come sostitutivi della competenza delil'autooit� 
giudiziaria, �tanto che nei 1rapporti t!l"a arbitri e giudice ordina!rio si � 
soliti configurare problemi di competenre, la questione di competenza 

precedenza esaminata da App. Lecce 25 maggio 1979, in Riv. dir. agr. 1980, 
II, 144, che aveva per� escluso I�l difetto di competenza giurisdizionale per non 
esservi stato esercizio di poteri pubblicistici da parte dell'ente, ma solo l'accertamento 
e la valutazione dei miglioramenti. . . . 

Sul"arg�mento cfr., altres�, PRINCIGALLI A., Clausola compromissoria e natura 
giuridica delle assegnazioni delle terre, di' riforma, Nuovo dir. agr. 1979,' 403. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 609 

diventa necessa:damente questione di g�tw�sd�zione, tra arbitri e giudice 
amministrativo, cos� come di giurisdizione sono i rapporti che intercorrono 
trra giudice ordinario e giudice amministrativo (S.U. 4 lugiJ..io 1981 

n. 4360). 
D'altra parte � evidente che, per la soluzione del problema :interpretativo 
proposto, non pu� utilizzarsi i'l precedente d� queste Sezioni unite 
(cfr. S.U. 12 marzo 1980 n. 1641), che � stato pronunciato m tema di 
riscatto antioipato degli assegnatari delile terre de1la riforrma fondiaria, 
ai sensi della legge 30 ap11ile 1976 n. 386, in quanto, in quella sede non 
sorse alcuna questione ci.rea l'applicazione della nuova legge, Ja quale 
non � applicabile indiscriminatamente ai rapporti pregressi, ma secondo 
:i 011iteri previsti dalla disposizione transitoria contenuta nell'art. 38 della 
legge. 

Quatle sia .l'indirizzo seguito in proposito da queste Sezioni Unite, 
con esplicito riferimento a11a legge istitutiva dei TAR, rrisulta invece 
dalla sentenza 2 maggio 1979 n. 2522 che ha statuito :i<l principio secondo 
cui Ja domanda con fa quale il concessionario di un pubblico servizio 
nel territorio oomU111ale (distribuzione del gas) insorga avverso :iii. provvedimento 
di riscatto de1la concessione adottata dal comune concedente, 
pur rientrando nella giurisdizione dell'A.G.O. per J'epoca anteriore, � 
stata devoluta alla competenza giurisdizionale dei T.A.R., ai sensi degli 
artt. 5 e 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in forza dei quali la 
giurisdizione del giudice ordinario resta limitata alle cause riguardanti 
indennit�, canoni ed altri corriispettivi. 

Poich�, nel caso concreto, � pacifica tra Je parti J'apphlcabHit� in 
astratto alla fattispecie in esame dei nuovi criteri di giurisdizione in1rodotti 
dalla legge n. 1034 del 1971, � necessario prendere le mosse dalla 
testuale formulazione dell'art. 5 che � cos� concepito: �Sono devoluti 
alla competenza dei Tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro 
atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni o di 
servizi pubblici... Resta salva la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria 
ordin�ria per le controversie concernenti indennit�, canoni ed altTi corrispettivi 
�. 

Anzitutto non pu� revocarsi in dubbio che nel caso in esame si sia 
in presen2la di una concessione �amministrativa (concessione-contratto), 
secondo 1a ricostruzione deHa complessa materia che queste SeziOlli� Unite 
elaborarono con la sentenza 7 ottobre 1972 n:. 2914. Si osserv� in quella 
sed� che gli enti di rifOTma (om enti cm sviluppo) sono enti pubblici 
e sono pubbJici.. i beni oggetto della assegnazione.��� 1 t�rreni provenienti 
da espropriamoni 1n danno di pri\'ati proprietari s�no' infatti trasferiti 
agili enti anzidetti per il raggiungimento di fini di interesse pubblico e 
cio� dei fini propr� de11a riforma fondiaria� ed agraria, che sono �fondamentalmente 
qu�11i dell� migliore .ripartiiione della propriet�. fondlitirfa 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e della valorizzazione delle terre, attmverso una trasformazione delle 

colture. 

N� pu� sostenersi -seoondo la tesi fatta valere daJJla difesa degli 
assegnatari nella discussione orale, che non si verserebbe in materia di 
beni pubblici indisponibili in senso tecnico, giacch� per questi non vige, 
come per i beni demam:iali, 1.llila tipicit� normativa nel senso che possono 
appartenere soltanto allo Stato, con la estensione del relativo �regime alle 
provincie ed ai comuni per i beni indicati nell'art. 822 cpv. cod. civ., se appartengono 
a tali enti (art. 824 cod. civ.). I beni pubblici indisponibili, invero, 
jn quanto destinati ad un pubblico 1sel'\llizio (come pu� affermargj per i 

beni della riforma fondiaria) ove appartengano ad enti p�bblici non 
territoriali, sono egualmente soggetti a!lla disposizione contenuta nell'art. 
828 comma 2 cod. civ., e non possono quindi essere sottratti alla loro destinazione, 
se non nei modi stabiliti dalle leggi che H riguardano. 

Si comprende poi come non espl:ichl, ai fini che si cons�iderano, alcun 
rhl.ievo La drcostanza che, al �termine del mpporto giuridico costituito 
tra le parti, i beni si trasferiscono dal patrimonio dell'ente ahl'assegnatario 
in propri.et�, poich� la disciplina speciale propria deJ.la concessione-contratto 
ha modo di esplioarsi egualmente durante tutto il periodo in cui 
opera tra le parti l'atto di assegnazione. 

Non ha pregio inoltre l'altra obiezione secondo cui ~'art. 5 sarebbe 
inapplioabile ialla fattispecie perch� la controversia non presuppone la 
impugnativa di un atto o provvedimento detHa p.a. 

In tema di giurisdizione esclusiva, pur non potendosii disconoscere 
che hl. processo che si svolge innanzi al giudice amministrativo rimane un 
processo da ricorso, non pu� tuttavia essere sottov1alutato che il giudice, 
per la 1intima compenetrazione che sussdste fra H diritto soggettivo e 
l'interesse legittimo, esamina l'intero rapporto giuridico sostanziale e non 
si limita a riscontrare Ja legittimit� del provvedimento ammin!�strativo 
che, in ii.potesi, pu� anche mancare. 

Sono note, iinvero, le discussioni insorte in proposito circa la necessit� 
di rispettare anche in tal oaso i termini di decadenza per Ja impugnativa 
e come si sia conso1idato il'orientamento nettamente conwario,, sotto il 
profilo che, scendendo il giudice amminis.tmtivo ailil'esame di situazioni 
qualif�oabhl.i come dirittJi soggettivi, la loro tutela deve �rtitenersi ammessa 
per tutto il periodo di .prescrizione del dii.ritto. 

Ci� premesso, non vi sono perci� ostacoli di carattere pregiudiziale 
che si frappongano alla applicazione dell'art. 5 della ~egge a:bla fattispecie 
concreta, la quale rientra nella competenza giurisdiizionale del Tribuin.a:te 
amministrativo regionale, �ai sensi del p:rtimo comma della citata disposizione. 


Come risulta dal!l'i.mpugnata sentenza, nella specie, l'assegnatario, 
senza pervenire previamente ad 1alcun 1accordo con l'ente di sviluppo, ha 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

ritenuto unilateralmente di recedere dal :tiapporto, abbandonando ii1. fondo 
e quindi ha adito iil collegio arbitrale, �ai sensi dell'art. 19 del contratto, 
per far valere sulla base della affermata cessazione del rapporto il suo 
diritto alla indennit� per i miglior.amenti. Ne consegue che la controversia 
che si agita tra le parti non attiene al mero profilo patrimoniale che 
riguarda � l'indennit� � prevista dall'art. 5 comma 2 della legge, ma si 
estende al controllo drca ila esistenza dei presupposti che potevano indurre, 
nel caso concreto, ad una risoluzione del irapporto ad :i1rniziativa 
dell'assegnatario ed 1al1a interpretazione del complesso contratto accessivo 
alla concessione; il che importa che sia applicabile la regola, di cui 
al primo comma dehl'art. 5, che devolve la controversia alla giurisdizione 
del TAR. 

Poich� nel caso in esame la questione di giurisdizione (risolta nel 
senso del difetto di giurisdizione del g�iudice ordinario) � stata so11evata 
dal ricorrente come mezzo al fine di ottenere il riconoscimento giudiziale 
della non compromettibilit� in airbitri della presente controversia, 
� necessario stabilire se ed in quali limiti il difetto di giurisdizione del1'
A.G.O. in materia incida sui poteri decisori degli arbitri. 

L'indirizzo gi� accolto da queste Sezioni Unite (sent. 2 maggio 1979 

n. 2522; 24 febbraio 1981 n. 1112; 4 luglio 1981 n. 4360), che va confermato 
in questa sede, non essendo stati addotti in senso contrario 
argomenti che valgono a modificarlo, � nel senso che ove si tiratti di 
contr9versia relativa a diritti soggettivi, gi� devoluta al giudice ordinario, 
ma attualmente 1rientiiante nella giurisdizione esclusiva del TAR (in quanto 
non compresa nella riserva di �giurisdizione dell'A.G.O., limitata alle indennit�, 
canoni ed altri corrispettivi delle concessioni di beni o di 
servizi pubblici, a sensi dell'art. 5 comma 2 della legge), in difetto di 
contraria previsione normativa deve escludersi la facolt� di compromettere 
in arbitri. 
A sostegno di tale orientamento si sono addotti due argomenti fondamentali, 
dei quali ['thilo attiene a11a funzione propria del compromesso 
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, � sostitutivo 
od equivalente della giurisdizione ordinaria e quindi deroga convenziionalmente 
soltanto alla giurisdizione de11.'A.G.O., mentre l'altro pone l'accento 
sug1i effetti girnridici che si verificano allorch� determinate materie 
sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice speciale in relazione 
1ai diritti soggettivi de1le parti, i quali subendo necessariiamente le 
conseguenze che sono connesse all'intimo intreccio con gli interessi ~egittimi, 
perdono o riducono la loro disponibilit�, onde non sono pi� suscettibili 
tli essere compromessi in arbitri (art. 806 cod. proc. civ.). D'altra parte, 
si � sottolineato che ammettere la deferibilit� ad arbitri delle controversie 
relative a di.iritti che si pretendono lesi dal provvedimento concesso'l'io, 
non soltanto importerebbe che le controversie circa la distinzione 


612 


tra, dir:i.tti-e dnteresgj, permaini;ebbero ne.1la materia, ID. violazione della 
legge IJ,. 1034 del 1971, che � provvedimento d'ordine e .di ~nteresse pubblico, 
ma autorizzerebbe tllila deroga aJ.la concentrazione cli tutte le 
controversie nella gi,urisdizione ammini~trativa, che � stata �ritenuta la 
pi� idonea, in materia di concessioni amministrative, alla pi� completa 
e penetra.nte tutela deHe situazioni giuridiche soggettive lese dall'autorit� 
amministrativa. 

Devesi quindi dichiarare che, essendo la controversia insor.ta �tra le 
parti devoluta.~la giurisdizione esclusiva del T.A.R., ex art. 5, comma 1�, 
della legge 6 dicemoce 1971 n. 1034, Ja controversia medesima non � 
compromettibile in arbitri. (omissis) 


-.SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

TlpBUNALE DI LATINA, Ord. 13 febbraio 1981 � Pres. Colaiuta . Imp. 
Lefkokilos Angelos e altri � Parte civile Amministrazione Finanziaria 
dello Stato (Avv. Stato Nicola Bruni). 

Reato � Reati finanziari � Contrabbando di tabacco lavorato estero non 

proveniente da Paesi della Comunit� Economica Europea. Questione 

di costituzionalit� degli artt. 1 e seguenti della legge 10 dicembre 1975 

n. 724 per contrasto con gli artt. 10, 11, 41 e 43 della Costituzione in 
relazione agii artt. 12, 37� e 95 del Trattato C.E.E. � Irrllevanza. 
� inammissibile per difetto di rilevanza la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 3 della legge 10 dicembre 1975 n. 724 in procedimento 
penale per contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente 
da Paesi della Comunit� Economica Europea per contrasto con gli 
artt. 10, 11, 41 e 43 della Costituzione in relazione agli artt. 12, 37 e 95 del 
Trattato CEE in quanto la legge 10 dicembre 1975 n. 724 non disciplina 
come norma incriminatrice i fatti di contrabbando di tabacco lavorato 
estero proveniente da Paesi diversi da quelli che hanno sottoscritto il 
Trattato C.E.E. (1). 

(1) Contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente da Paesi della 
CEE: art. 3 legge 10 dicembre 1975 n. 724 e articoli 10 e 11 della Costituzione. 
La difesa degli imputati, cui erl'i ascritto il reato di contrabbando di tabacco 

lavorato estero non proveniente da Paesi della� Comunit� Economica Europea, 

ha sostenuto che la normativa da applicare nella fattispecie, ai fini della deter


minazione dell'ammontare dei tributi evasi e delle penalit�, fosse da individuare 

nell'art. 3 della legge 10 dicembre 1975, n. 724 e che la sovrimposta di confine 

prevista da tale norma rappresentava: 

-un vero e proprio dazio doganale, o quanto meno una tassa di effetto 

equivalente, imposta in violazione dell'art. 12 del trattato C.E.E.; 

-una imposta discriminatoria in favore ed a protezione dei prodotti nazio


nali in aperta violazione dell'art. 95 del trattato C.E.E.; 

-una violazione del divieto sancito dall'art. 37 n. 2 del trattato e.E.E. 

perch� vanifica la portata degli altri articoli del citato trattato miranti all'aboli


zione dei dazi doganali. 

Poich�, a differenza dei comuni trattati internazionali, il trattato C.E.E. ha 
istituito un proprio ordinamento, integrato nell'ordinamento giuridico degli Stati 
membri all'atto dell'entrata in vigore del trattato stesso e che i giudici nazionali 
sono tenuti ad osservare, e secondo cui gli Stati membri della CEE, con il 



614 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE DI LATINA -Sentenza 13 febbraio 1981 -Pres. Colaiuta -Est. 
Malinconico -Imp. Lefkokilos Angelos e altri -Parte Civile Ammmi,strazione 
Finanziaria deLlo Stato (avv. Stato Nico1a Bruni). 

Reato -Reati finanziari -Contrabbando di tabacco lavorato estero Cattura 
di nave privata straniera in mare libero da parte di motovedetta 
della Guardia di Finanza -Legittimit� se ricorrono le condizioni 
di cui all'art. 23 della Convenzione di Ginevra sul mare libero 
del 29 aprile 1958. 

Delitti contro la Pubbliica Amministrazione -Resistenza a pubblico ufficiale 
-Violenze e minacele da parte dell'equipaggio di nave contrabbandiera 
straniera nei confronti dell'equipaggio di motovedetta della 
Guardia di Finanza -Sussistenza -Delitto previsto dall'art. 110 del 
codice della navigazione -Esclusione. 

trasferimento di attribuzioni da essi alla Comunit�, hanno limitato, sia pure in 
campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato un complesso di diritto vincolante 
per i loro cittadini e per loro stessi nell'ambito dei rapporti svolgentisi 
all'interno della Comunit�, legittimo � -ha sostenuto la difesa degli imputati il 
ricorso da parte del giudice ordinario alla Corte Costituzionale ove ritenga 
non manifestamente infondata la illegittimit� costituzionale della norma interna 
per contrasto con quella comunitaria e quindi per violazione degli artt. 10 e 11 
della Costituzione. 

La tesi � stata giustamente ritenuta non fondata dal Tribunale. 

Invero, come rilevato dall'Avvocatura nell'interesse dell'Amministrazione Finanziaria 
costituitasi parte civile, anche se si riconoscesse l'esattezza di quanto 
sostenuto in merito alla portata delle norme comunitarie, sta di fatto che l'art. 3 
della legge 10 dicembre 1975 n. 724 fa espreso riferimento ai � tabacchi lavorati 
importati ai sensi del precedente art. 1 �, e l'art. 1 si riferisce alla �importazione 
nel territorio della Repubblica di tabacchi lavoratori (voce doganale 24, 02) di 
provenienza dai Paesi delle Comunit� economiche europee, destinati ad essere 
intr.odotti in depositi di distribuzione all'ingrosso, diversi da quelli dell'Amministrazione 
dei monopoli di Stato. 

Pertanto, trattandosi nella specie di tabacchi lavorati esteri non aventi la 
provenienza e la destinazione previste dal citato art. 3, le norme da applicarsi 
erano quelle di cui agli artt. 282 lett. e), 292, 293, 295 pp. e cpv. lettere a), b) e e) 
del d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 (Testo Unico delle disposizioni legislative in 
materia doganale) e all'art. 341 stesso d.P.R. -cos� come sostituito dall'art. 7 
della legge n. 724 del 1975 -che, equiparando i reati di contrabbando aventi ad 
oggetto i tabacchi esteri ai reati previsti dalla legge doganale, stabilisce che ai 
fatti di contrabbando che abbiano per oggetto tabacchi di provenienza estera si 
applicano esclusivamente le disposizioni del titolo VII del d.P.R. citato. 

Quanto alla determinazione dei tributi evasi il Tribunale ha correttamente 
applicato la tariffa doganale comune contenuta nel regolamento CEE n .. 950 del 
28 giugno 1968 cos� come modificato dal regolamento C.E.E. n. 2723/78,, e l'imposta 
di consumo sulla base delle tabelle annesse alla legge 13 luglio 1965 n. 825 cos� 
come sostituita dall'art. 2 della legge n. 724 del 1975. 

i:
NICOLA BRUNI 

I, 

1: 
i, 

.,~



PA:JG'Ei I, :SEz,: VIII, .GIURISPRUDENZA :PllNi\LE '615 

:Delitti contro�la.personalit� dello Stato,,: Danneggiamenfo ., Distruzione 
parziale di motovedetta della Guardia di Finanza da parte �.di.: equi.
p~ggio di nav~ contrabbandiera � Sussistem;a � I>elitto prevl$:to: dal


.. l'art. 253 C.P. � Esc~.iJione. 

. La nave pr_ivatd st;~nier�, pu� essere catturata in ma~e Iib�.o.,,.~ua~do, 
conformement� alle dispos1.zioni contenute nell'art. 23 della Conyenzione 
di Gi~evra sul ~are lib~ro del 29 aprile 1958, concorrono ze.. seguenti

',''!..,.� l'. ,,! . .. . . ., -. ' . 

condizioni: 1) siano state violate le leggi e i regolamenti dello Stato 
costiero; 2) la nave, o una delle sue imbarcazioni, o un'altra im/Jarcazione 
'op�rante in. � �quipe � e che si serve della nave come di nave-madre, 
si tro~i n�lle acq~f interne ~.~elle acque territoriali o nella zona contigua; 
3) l'inseguimento, iniziato nel mare territoriale o nella zon.a �ontigua 
e .continuato in mare libero anche se .ad qpera di altro mezzo inseguitore, 
non sia stato interrotto; 4) siano stati dati segnali ottici o acustici 
di alt, in modo da essere visti o uditi/ 5) l'itJSeg14imento avvenga ad 
opera .di navi da guerra o aeromobili militari o di altre navi o aeromobili 
in servizio pubblico appositamente autorizzati a ci� (1). 

Le violenze e le minaccie poste in essere con l'uso di .armi da parte 
dell'e;quipaggio di una nave contrabbandiera nei confronti dell'equipaggio 
di una motovedetta della Guardia di Finanza non integrano il delitto 
di cui all'art. 1100 del Codice della Navigazione ma il delitto di resistenza 
4i cui all'art. 337 c.p. aggravato ai sensi dell'art. 339 c.p. (2). 

la parziale distruzione di una motovedetta della Guardia d_i Finanza 
da parte deltequipaggio di una nav� contrabbandiera non integra il reato 
di cui all'art. 253 c.p. ma il reato di danneggiamento previsto dall'art. 635 
cpv. ~� 3 c.p. (3). 

(omissis) I difenso11i� dei prevenuti sollevavano questioni di legittimit� 
costituzioniaile che sono state dichiaraite manifestamente infondate con 
ordinanza emessa nel corso dell'udieilZJa odierna. Il Collegio deve peroi� 
limitarsi all'esame del merito della causa. Gli imputati in iStn.i.tt�ria 
hanno protestato la propria innocenza. 

La difesa degli stessi ha sostenuto Ja irichiesta di assol].izione oon 
niolt�plici motivi �afferenti alla materi.ailit� dei fotti ed alla non ricon


Danneggj,amento di motovedetta della Guardia di Finanza ed art�.253 del 
Codice Penal�. 

(1�2-3) In ordine alla prima massima deve osservarsi che correttamente 
il �Tribunale ha fatto riferimento all'art. 23 della Convenzione di Ginevra 29 
aprile 1958 sul mare territoriale, recepita nell'ordinamento dtaliano con legge 

n. 1658 del 1961, e non all'art. 24 di tale Convenzione. ,_: � '� � �, 
Invero, tale ultima disposizione �stabilisce che ..;su una zona dell'alto mare 
contigua: a: .quella del mare �territoriale ed estendentesi non oltre dodici miglia 
dalla linea'� di base per la determinazione 'dell'ampiezza di quest'ultimo, lo 

I4 



RASSEG.'IA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

616 

ducibiJit� degli stessi nelle fattispecie astratte sussunte nei capi di 
imputazione. 

Con riferimento al primo capo di imputazione tra l'altro ha dedotto 
che manca il presupposto della legittimit� dell'operazione svolta dalla 
Guardia di Finanza nei confronti della nave straniera � Panagiotis K � 
che avrebbe operato e sarebbe stata catturata in mare libero, senza nessun 
collegamento, sotto il profilo dell'attivit� materiale e normativa con 
i motoscafi che si aggiravano nella zoria, nessuno dei quali fu �oggetto 
di ins�guimento iniziato nelle acque territoriali. 

Tale ultima asserzione � smentita categoricamente dai dati irilevati 
e documentati dalle unit� operative de1la G. F., in particolare dagli elicotteri, 
riportati nel rapporto e negli 1atti allegati. Come innanzi detto, pex 
lo meno uno dei motoscafi contrabbandieri sicuramente fu catturato 
.,;ntro le acque territoriali ove era stato affiancato da ,aJt.ri motoscafi ch.;; 
furono successivamente inseguiti :in mare libero e che comunque tenta 
rono con manovre spericolate di ostacolare l'azione della G. F. rivolti:\ 
alla cattura delle unit� contrabbandiere satelliti e della nave � Panagiotis 
K �. 

Ritenute provate le esposte drcostanze di fatto, va affrontato il 
problem� della legittimit� dell'operazione aLla foce della normativa 
vigente. 

Conformemente a quanto ritenuto da raJtri pronunciati di. giudici 
di merito, la legge penale italiana, salvo le eccezioni riguardanti le c.d~ 
immunit�, obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel 
territorio dello Stato (art. 3, 1� comma c.p.), il quale � costituito dal 
territorio della Repubblica e da ogni rarltro luogo soggetto alla sovranit� 
dello Stato, comprese le navi �e gli aeromobili :italiani ovunque si trovino 
e salve le eccezioni di diritto internazionale (art. 4, II comma c.p.). 

Soggett� alla sovranit� dello Stato � 'il mare territoriale, delimitato 
a 12 miglia m�ri.ne dalle coste continentali ed insulari ed a 24 per �i 

Stato nv1erasco pu� esercitare il controllo necessario per prevenire e repriimere, 
tra l'altro, le trasgressioni alla legge doganale commesse nel suo territorio 
' o rtel mare territoriale. Pertanto, come ha affermato Cass. 10 maggio 
1978, sez; 3� pen., rie. Pasqualino (in Giust. pen. 1979, III, 600) la commissione 
del reato nel territorio dello St!lto . o nel mare territoriale � contemplata come 
condizione per esercitare il controllo repressivo nella zona� contigua. Tale 
presupposto nella fattispecie esaminata dal Tribunale non era sussistente. 

Si condivide anche la seconda massima. Invero, nella imputazione era contestato 
l'art. 1100 del Codice della Navigazione in relazione all'art. 6 della 

1. 13 dicembre 1956 n. 1409 (Norme per la vigilanza marittima ai fini della 
repressione del contrabbando dei tabacchi). 
Tali disposizioni rispettivamente, stabiliscono: � Il comandante o l'ufficiale 
della nave che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da 
guerra nazionale � punito con la reclusione da tre a dieci anni. La pena per 
coloro che sono concorsi nel reato � ridotta da un terzo alla met� �. 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 617 

golfi, seni e le baie (art. 2 cod. navig. modif. dalla L. 14 agosto 1974 

n. 
539). 
Al di fa del mare territoriale si ha iJJ. mare Hbero o alto mare. 
Proprio la mancanza di sovranit� degli Stati sullo spazio di mare 
che va al di l� del mare territoriale crea il pr.itIJ.cipio di Hbert� di tale 
mare, il quale, come si esprime anche l'art. 2 della Convenzione di 
Ginevra sul mare 1libero del 29 aprile 1958, � � aperto a tutte Je nazioni �, 
nessuno Stato potendovi imporre il suo dominio ed essendone garantita 
ad ogni Stato l'utilizzazione (naviga21ione, sfruttamento delJe risorse ed 
ogni altra libert� -riconosciuta dai principi generali del diritto internazionale). 


Discende da ci� l'ulteriore principio di diritto internazionale (sia consuetudinario, 
che convenzionale ~ art. 6 della citata Convenzione di Ginevra 
-), recepito anche dalle legislazioni interne (per l'Italia, artt. 4 c.p. 
e 4 Cod. Navig.), secondo cui la nave che naviga in mare libero � soggetta 
soltanto alle leggi dello Stato della bandiera, salve le eccezioni .i diritto 
internazionale. 

Il principio di libert� dell'�alto maire non � per� illimitato, subendo 
deJile deroghe e deLle .Limitazioni in base alle consuetudini ed alle convenziolli. 
internazionali. 

-Gi�� la sentenza del 7 settembre 1927 della Corte Permanente di Giustizia 
nel caso del vapore � Lotus � aveva avuto modo di precisare che 
non esiste una norma di diritto internazionale consuetudinario la quale 
consacri La competenza esclusiva dello Stato delJa bandiera in merito 
a determinati fatti o atti riguardanti navi private straniere in alto 
mare; �e numerose norme interne di molti Stati ne danno conferma (ad 
esempio, 1art. 12 disp. p11el. cod. nav.). 

� Il capitano della nave nazionale che commette atti di resistenza o di 
violenza contro una unit� di naviglio della Guardia di Finanza � punito con 
le pene stabilite dall'art. 1100 �. 

Tali norme di diritto penale della navigazione non erano applicabili nella 
fattispecie, atteso che, in relazione alla prima, mancava l'elemento della nave 
da guerra nazionale (potendosi la motovedetta della Guardia di Finanza considerare 
solo quale unit� militare), e iin relazione alla seconda difettava nel 
soggetto attivo la qualit� di capitano di � nave nazionale �. 

� appena il caso di rilevare che, non risultando applicabile, per l'assenza 
dei requisiti indicati, la disciplina specifica del diritto penale della navigazione, 
i fatti, come esattamente ritenuto dal Tribunale, andavano riguardati e puniti 
alla stregua del diritto penale comune. 

Qualche perplessit� suscita invece l'ultima massima. Il Tribunale non ha 
ritenuto applicabile l'art. 253 cod. pen. non potendosi la motovedetta della 
Guardia di finanza considerare nave da guerra. 

Come noto, la prima classificazione che si pu� fare delle navi � quella 
di navi mercantili e di navi militari. Le prime servono agli scopi della Marina 
da commercio, mentre le altre sono quelle a cui ogni Stato marittimo� affida 
in tempo di guerra la difesa delle proprie coste e dei propri traffici attraverso 



RASSEGNA �DELL'AVVOCATURA -DELUO StATO' � 

: Inoltre,. iil �menzionato art. 2 della COnvenzione di Ginevra stabilisce 
che le libert� in �esame -si esercitano da parte di tutti gli Stati tenendo 
11agionevolmente cont� dell'interesse che 1a libert� dell'alto mare presenta 
per gli altri Stati. 

Tale precisazione, non fa che !recepire una consuetudine internazionale,. 
da ritenersi esistente al riguardo, sol che si pensi che il principio delJa 
libert� dell'alto mare (come � stato esattamente viilevato) non � nato come 
d:iiritto autonomo, ma si � andato formando come �libert�� di fatto in 
conseguenza dell'affermazione del principio deJla sovranit� degli Stati 
sul .mare territoriale e conseguente fissazione dei limiti di detto mare. 

Sarebbe sufficiente questo primo limite generale per risolvere positivamente 
il caso in esame. Premesso che la nave privata straniera si 
rese .responsabile (com'� stato dimostrnto e come in seguito ancora si 
puntualizzer�) di contrabbando in Juogo soggetto alla sovranit� dello 
Stato Italiano (mediante lo �sbarco� ed il tentato sbarco d� numerose 
tonnellate di sigarette estere), deve dedursi che legittima fu la cattura 
di tale nave in mare libero, essendo venuto meno ne1la speoie il fondament
� del principio deHa :libert� dei mari, non essendo stato ragionevolmente 
tenuto conto da parte della nave straniera de1l'interesse che 
la libert� dell'alto mare presentava per lo Stato costiero, avendo la nave 
utilizzato l'alto mare al solo scopo di ledere ~'interessi finanziari dello 
Stato costiero, ponendosi in prossimit� del Hmite del ma:re territoriale 
per scaricare. sulfa� terraferma, tramite motoscafi, merce in violazione 
delle leggi doganali del predetto Stato. 

; Altro limite (specifico) a!l principio in esame � quello relativo al 
diritto di inseguimento, !in base al quale lo Stato costiero pu� inseguire 
e catturare in mare Hbero le navi private straniere che si siano �rese 
responsabili di infrazioni alle leggi e regolamenti nelle acque interne o 

i mari e l'offesa di quelli nem1c1, mentre in tempo di pace affida ad esse la 
protezione dei propri connazionali all'estero e il compito di provvedere in ogni 
caso alla tutela della dignit� e del prestigio della propria bandiera. 

Pi� particolarmente le navi di Stato vengono classificate in due gruppi 

(v. voce Nave in Novissimp Digesto Italiano e in Enciclopedia del Diritto): 
quelle adibite ad una funzione amministmtiva (navi militari, in cui vanno 
ricomprese le navi da battaglia, le navi d'assalto, le navi sussidiarie tra cui 
quelle guardacoste e guardaporti ecc., navi di polizia, di controllo doganale 
e� tributario, navi adibite ad un servizio pubblico civile in genere), e quelle 
adibite al traffico commerciale (navi mercantili governative o requisite dallo 
Stato), suddivisione coincidente con quella di cui all'art. 826 cod. civ., nel 
sens�> che le navi del primo gruppo vanno comprese nei beni appartenenti al 
patrimonio indisponibile dello Stato, con le conseguenze di cui all'art. 828 e 
segg. cod. civ., e le navi del secondo gruppo nei beni facenti parte del patri� 
monio disponibile. 
Ora1 .se �, esatto che le motovedette della Guardia di Finanza, 
essendo �navi da battaglia �ina navi sussidiarie, sono pur sempr.e da 

pur non 
annove!: 
f:'
1: 
~ 
i: 


PMITE l, -5~V.-J:J.T,:.GIU.RISPR:t!DENZ~:PENALE 

nel-mare� te:rniitoriaile; �Taile��diritto �deve ritener.sii �in:hanzitutto ricoriosd�'fo 
.ctai1a--�consu.etudine"in.temazioniale; come risUilta Sia dalle applfoaziol:ii fattene 
ne�e: centroversie internazionali � ~neHe� quali i � confrasti furono 
prevalentemente� determmati dalle modalit� ru esercizi� d� t�le dirfttd), 
Sia ;lliil1e �asposte date ait riguardo dag�i sfuti in oceasione der I�v�ri 
della Conferenza di codificazione dell'Afa dei' i930, i quali, �-d~poo�f~ilo 
positivamente� all'unanimit� al questionariio d�iian�ato dalla Societ�. d~e 
Nazioni ed accordaindos'i focilrrtente sulla fOrrriulazione dell'art. � de1l'aP.. 
pend�ee�N:: 1 al rappo~to de1l� seconda Commissione, che ~�lo �di~�iP!iriava, 
non. feeero altro che prendere �atto dell'esisteffm di' fule c~su�tudruri~~ ~Ilo 

soopo di fissarne le modalit� ed i limiti per in�pedifp,e gli ab�si.-')'' .. ' 
Alle stess� conclusioni in sostanza perveclva la Coii~enzione di Gihev:
ra sull'alto mare, che riproduceva all'art. 23 i 'v~cchCprincipi; �~stendendone 
Ja portata (relativamente �a1la previsione anche della zona contigua, 
. alla possibil�t� di inseguimento con aeromob:iJ.i, alla illOil necessit� 
che il mezzo --inseguitore si trovi anch'esso nel� mare� tetritoriale, alla' 'rioo 
necessit� che il mezzo che opera fa cattura sia lo stesso che abbJ.a 
iniziato l'inseguimento, alla previsione di imbarcazioni operanti in 
�equipe�). 

Il citato art. 23 stabilisce che Ja nave privata str�niera pu� essere 
catturata in mare Hbero quando concorrono le seguenti condizioni: 1) siano 
state violate le leggi e i :regolamenti dello -Stato costiero; 2) Ja nave 
stessa, o una delle sue imbarcazioni, o un'a1ta:'a imbarcazione operante in 
� equipe � e che si serve della nave come di nave-madre, si trovi nelle 
acque in.teme o nelle acque territoriiald o ne11a zona contigua; 3) l'inse


rare tra le unit� militari, da ci� doveva pacificamente inferirsi l'applicabilit� 
nella specie dell'art. 253 cod. pen. 

Non risultano al riguardo precedenti giurisprudenziali del Supremo Collegio, 
ma � opportuno riesaminare il problema non essendo infrequente che navi 
contrabbandiere danneggino motovedette della Guardia di finanza. � il �caso 
che. per tali illeciti i giudici comincino ad applicare la giusta norma (che 
per noi � quella dell'art. 253 cod. pen.) e ad irrogare le 'severe sanzioni previste 
dalla norma medesima. 

La migliore dottrina (Manzini, Trattato di dir. pen., vol. IV, pagg. 165 
e segg.; Antolisei,. Manuale di dir. pen., parte speciale, vol. II, pag. 783~ rile\Ta 
che nel termine �navi � di cui al primo comma dell'art. 253 cod. pen. Si� comprende 
ogni costruzione che rientri in questa denominazione (e non quindi 
solo le nav~ da guerra, come parrebbe ritenere il Tribunale), essenziale essendo . 
che le cose elencate nel detto primo comma siano� � cose militari � o � adibite 
al servizio delle forze armate �, e che venga in considerazione un intere5se 
militare � qualsiasi 1s; riguardi esso l'impiego principale e caratteristico �'della 
forza armata, ovvero un servizio accessorio e secondario. Non va dimenticato 
che la Guardia di Finanza � una delle forze armate dello Stato e fa: patte 
integrante della forza pubblica. Come si legge nella legge 23 aprile 1959 n. 189 



620 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

guimento, imzia.to nel ma:re territoriale o nella zona contigua e contin1.11ato 
in mare libero anche se ad opera di a:ltrn mezzo inseguitore, non 
sia stato inteI1I"Otto; 4) siano stati dati segnali ottici o acustici di alt, 
in modo da esser visti o uditi; 5) l'inseguimento avvenga ad opera di 
navi da guerra o aeromobili militari o di altre navi o aeromobili in 
servizio pubblico appositamente autorizzati a ci�. 

In ordine alla prima condizione � superfluo ribadke che furono violate 
le leggi doganali dello Stato costiero italiano. 

La nave straniera, appostata nehle vicinanze del limite del mare territoriale 
italiano, riforn� di sigarette numerosi motoscafi che provenivano 
daUa terraferma, dove tentavano dii Tiportarle in violazione delle 
leggi doganali, finch� non intervenne 1a Guardia di Finanza a impedire 
lo �sbarco�, perlomeno da parte di alcuni motoscafi. 

Quanto a11a� seconda condizione si � detto che fa nave riforniva del 
suo carico i menzionati motoscafi, i qu:ali, ricevuti gli scatoloni di sigarette, 
lri trasportavano (o dovevano N'asportarli) sulla terraferma per 
rivenderle a grossisti o al minuto. 

La nave straniera, pertanto, si poneva nei confronti di queste imbarcazioni 
come nave-madre. 

Priva di consistenza � ~a tesi difensiva secondo cui non pu� ravvisarsi 
collaborazione, e quindi neanche il rapporto espresso in termini lessicali 
dalla locuzione �nave madre�, laddove ~i occcupanti dei motoscafi sono 
degli acquirenti, stante la contrapposizione dell.e parti sul piano negoziale 
che non si concilia col concetto di cooperazione n� di attivit� svolta in 

sull'ordinamento della Guardia di Finanza, questa concorre alla difesa politicorm1itare 
delle frontiere e, in ca:so di ,guer.ria, aihle O:peramoIJJi bclliiche. 

Ha rilevato inoltre la dottrina citata che la nozione del delitto di cui 
all'art. 253 primo comma cod. pen. non presuppone che lo Stato si trovi in 
guerra, e ci� alla stregua anche della relazione al codice penale in cui a chiare 
note � detto che � le previsioni dell'articolo in esame sono applicabili anche 
in tempo di pace �. Oggetto specifico della tutela penale in relazione all'art. 253 
cod. pen. � l'interesse concernente la personalit� internazionale dello Stato, 
sia in pace che in guerra, in quanto conviene evitare che vengano esposte a 
pericolo la preparazione e l'efficienza militare dello Stato. 

Se il fatto � commesso nel periodo di imminente pericolo di guerra al 
quale sia seguita la guerra, o durante la guerra, trovano luogo le aggravanti 
prevedute nei numeri 1 e 2 del secondo comma dell'art. 253 quando non sia 
applicabile l'art. 158 del cod. pen. milit. di guerra. 

Concludendo, nella fattispecie si trattava d:i unit� militare, i danni alla 
stessa arrecati dagli imputati la resero temporaneamente inservibile, evidente 
era la volont� dei medesimi di renderla tale per potersi dare alla fuga. Sussistevano 
quindi tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, richiesti dalla norma 
per potere ritenere gli imputati responsabili del reato di cui all'art. 253 
cod. pen. 

NICOLA BRUNI 

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PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDl!NZA PENALE 

� �quipe �. � evidente il tentativo di utilizmre una categoria di carattere 
privatistico laddove invece assume rilevanza unicamente la fattispecie del 
�concorso� di derivazione penalistica e comunque finalizzato dall'intento 
di violare, sia pure con l'adesione di una struttura che potrebbe essere 
rappe>rtata a quella negoziale, le leggi doganali dello stato interessato. 

L'opera di svuotamento della nave e conseguente trasporto sulla costa, 
organizzata dagli sconosciuti acquirenti e venditori, dai loro rappresentanti 
e dal comandante della nave, con J'ausilio degli � scafisti �. rivela 
chiaramente che tutte queste person� avevano uniti i loro sfor:ci m direzione 
de1lo stesso intento, appunto que1lo di fur pervenire ~e sigarette 
sulla terraferma in violazione delile foggi doganali italiane. n che � quanto� 
dire che lavoravano tutti i:n ǎquipe � sicch� �IIl base ial.1a regola in esame 
� come se la nave stessa si fosse portata nel territori.o dello Stato a 
scaricare sigarette. 

Tra l'aJtro � stato gi� dimostrato che Ulila di tali imbarooziorii fu 
sorpresa (e catturata) :nel mare territoriale italiano. 

In ordine aHa terzia condizione si � gi� visto che, a conclus[one �dell'inseguimento 
del motoscafo, protrattosi anche in mare territorial� ed 
ivi conclusosi, fu �immediatameLte e seinza soluzione di continuit� dato 
luogo aWinseguimento della nave straniera ad opera di aJtre unit� deHa 
Guardia di Firumza, conolusosi con ilia catturn della nave in aJto. mare. 

� di tutta evidenza che nessuna .rHevanza pu� avere nella specie 
il fatto che eventualmente J'mseguimento del motoscafo fosse iniziato in 
mare libero (per continuare, comunque, in mare territoriale dove si concluse 
anche), in quanto, trattandosi di .imbarcazione di nazionalit� italiana, 
l'inseguimento (e l'eventuale cattura), in mare Hbero era del tutto 
legittimo. Essendo, poi, l'inseguimento proseguito nel mare territoriale, 
fu tale circostanza che indusse esattamente gl'inseguitor,i a far ritenere 
avvera~ la condizione in esame per far � estendere � fil diritto di ins�~" 
mento alla nave strianie11a in mare libero. In orddine alla quarta e quinta 
condizione, ne � stata dimostrata la piena sussistenza, essendo stati dati 
segnali ottici ed acustici di a!lt ed essendo !'�inseguimento avvenuto con 
mezzi militani della Guardia di Finanza. 

Se la nave, ormai, pu� �essere definita �contrabbandiera�, contrabbandiere 
ne � tutto J'equipaggio che ag� associato. E llassociazione risulta 
;:<lntestata come aggravante specifica del deHtto di contrabbando. 

Essendosi gl'imputati associati per commettere delitti di contr:abbando 
ed essendo i delitti commessi tra quelli per cui l'associazione fu 
costituita, balza evidente la sussistenza deHa circostanm aggravante del 
contrabbando di cui alla lettera D dell'art. 295 della legge doganale 23 
gennaio 1973 n. 43, enunciato in fatto nel capo a) di imputazione. 

Sussiste per tale reato anche J'aggrav1anie contestata della connessione 
del delitto di contrabbando con reato contro la P.A.: nella specie, 


delitto:.di .resistenza:� �commesso::per: favorire :l;a: .ftlga deld.~~nave:-;ed�� evli=tmne 

la�:catturia�~:::�,,..> ,, ,:�;:.-.:: � ... ;�:1:: � ...." ... �� .... ....� ,, ..,.,.�.e... 1;;: ...ah�:�::��:-.: 
. r�, ��La.: s.ussistenza', dei fatti riportati,, aLcapo h);:.che �.trovano .:r.isrontro 
n,eU~: circosOO,:nze riferite. nel!l'apporto; ritenute. pienamente attendibili: da 
questo CQllegi<f>, e comunque:� �.on smeJ!.te da diverse prove� o indizi, GqSti~ 
tuisctl la prova .deHe ag~\'.001.t� di.cui ail-1'.arit. 295 ~ett. a) e c.) 4;P.R. 

n. 43/973,. . .~ . . � 
Afferma;~a, 1n definitiva,� I.a,� responsabirHt� dei prevenuti. in ordine. :al 
delit~o d.~ .capo a), concesse agli stessi Je; attenuanti generiche,. equi-va-� 
lenti ~e dette aggra~nti per il comand<WJ.te deHa�nave Lefkokilos� Evan�. 
gelos fl prevalenti, �-per gl:i e.altri; sulla base . de1l'arnmonta:re dei .::d�!Pitrti � di 
confine evasi, la pena v� comminata per il primo nella multa .4.n� lire 
914.703,000 e -per gli altri nella multa in eguale misura, ridotta, �per la 
detta prevalenza delle attenuanti generiche a L. 614.000.000. 

Quant<:l' aJ,,,:reato .del capo b), come gi� detto, il Collewio .ritiene� proV'ati 
i fatti contestati. � 
� ' Qsserv:a per�, conformemente .a costante,. giurisprudenza dei giudici 
dL merito; che le unit�. navali. della G. F. :non possono essere ricondotte 
nel..novero de1le �IIl!avi da guerra� nazionrui, potendo solo essere definite 
U111it� militari. 

11 reato contestato .a norma delrart. 1100 del codice de1l� navigazione, 
va pi� esattamente qualificato ai sensi degli ,airtt. 337 �c.p. aggrav�fo a 
norma dell'art. 339 c.p. per l'uso delle armi e la riunione di pi� di ci:lique 
persone, ferma restando l'altm aggravante del nesso teleologico. 

Anthe per tale rea'.to le circostanze attenuanti operano nel modo 
anzidetto sicch� al Lefkolcilos va comminata la pena di i:nesi sei di redusioril:
i' ed agli altri imputati quella di inesi quattro di reclusione. Non 
p'oten�t�sf ritenere la motovedetta � Atzei � de.Ifa G. E nave da guerra, il 
reato �sub c) va quailificato quaile danneggiamento aggravato a norma 
degli :artt. 635 cpv., n. 3 c.p. e, concorrendo i presupposti obbiettivi e 
subbi�ttivi, dichiarato estinto per il'anmistfa di' cui al d~P.R. n. 413/78 
fosieme'wl -'reato di cui all'art. 1099 C.N. contestato al solo Lefkokilos. 
Tutti gli imputarti vanno condannati. al pagamento dei tributi evasi ed 
alla rifusione delle spese di costituzione e rapppresentanza della parte 
ciV'ile. 

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PARTE SECONDA 



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LEGISl,AZIONE 


I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 69, nella parte in cui non prevede la facolt� 
di riscattare gli anni di iscrizione agli albi professionali, ove tale iscrizione 
costituisca necessario requisito all'immissione in carriera. 
Sentenza 10 luglio 1981, n. 128, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

d.P.R. 19 agosto 1954, n. 968, art. 7. 
Sentenza 24 luglio 1981, n. 149, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 

legge 13 luglio 1967, n. 583, art. 22, nella parte in cui prevede che la ritenuta 
progressiva a favore del Fondo sociale sulle pensioni eccedenti l'importo� di 
lire 7200.000 annue, venga applicata anche successivamente al 1� gennaio 1974. 

Sentenza 7 luglio 1981, n. 119, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

legge 8 marzo 1968, .n. 152, art. 3, nella parte in cui non comprende tra 
le categorie dei superstiti aventi diritto all'indennit� premio di servizio nella 
forma indiretta, rispettando l'ordine di precedenza indicato dall'art. 7 della 
legge 22 novembre 1962, n. 164~, i genitori ultrasessantenni o inabili a proficuo 
lavoro, nullatenenti e a carico dell'iscritto. 

Sentenza 25 giugno 1981, n. 110, G. U. 1� luglio 1981, n. 179. 

legge 20 marzo 1968, n. 369, nella parte in cui prevede che la ritenuta progressiva 
del Fondo sociale sulle pensioni eccedenti l'importo di lire 7200.000 
annue, venga applicata anche successivamente al 1� gennaio 1974. 

Sentenza 7 luglio 1981, n. 1'19, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

legge 25 marzo 1971, n. 213, art. 4, nella parte in cui stabilisce che l'indennit� 
in esso prevista non � utile ai fini assistenziali e previdenziali. 

Sentenza 10 luglio 1981, n. 126, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 50, nella parte in cui esclude. che ai docenti 
universitari, i quali operino in cliniche universitarie ed abbiano raggiunto il 
parametro 825 possa essere corrisposta l'indennit� prevista dall'art. 4 della 
legge 25 marzo 1971, n. 213 e dall'art. 3:1 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761. 
Sentenza 10 luglio 1981, n. 126, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 31,' nella parte in cui prevede che la ritenuta 
progressiva a favore del Fondo sociale sulle pensioni eccedenti l'importo 
di lire 7200.000 annue, venga applicata anche successivamente al 1� gennaio 
1974. 

Sentenza 7 luglio 1981, n. 119, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 25, quinto comma, 
Sentenza 30 luglio 1981, n. 173, G. U. 5 agosto 1981, n. 214. 



52 

71tA~~l'tt D~"lvV~ATj:lRA: �fil,f;�'. s:mo'.' 

._l., . ��--.~~ !....�.... .:. \.. ., � �' �~ �. /. --'� �� 

d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 25, sesto comma. 
Sentenza 30 luglio 1981, n. 173, G. U. 5 agosto 1981, n. 214. 
d.P.R. 24 luglio 1?~7, 1~.� 6-16, ,a1-"t. 25, s~_ttimo. 'i91llJ:1:lll~. limitatamente alle pa� 
role: �L'elenco di cui al commk'precedente � approvato con decreto del Presidente 
del Consiglio dei ministri. Ove, entro il 1� gennaio 1979, non sia approvata 
la legge di riforma di cui al prececiente quinto comma� e alle parole 
� nonch� il tr�sf�rimento dei beni �&ne.I.P:A.B. di. cui ai commi pr~cedenti �. 
Sentenza 30 luglio .1981, n. 173, G. U. 5 agpsto 1981, n. 214. 

d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 25, nono comma, limitatamente alle parole: 
�e 
delle I.P.A.B. di cui al presente articolo�. 
Sentenza 30. luglio 1981, n. 173, _G. U. 5 agosto 1981, n. 214. 

d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31, nella ,parte in cui stabilisce che 
�'ihderinit� in esso ~revista non � utile ~i . fini assistenziali e previdenziali. 
Sentenzit 10 luglio 1981. n, 126, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

II -QUESTIONI DICHIAR.A'I'E NON FONDATE 

codice civile, art 751, 747 e 750 (artt. 3 e 42, secondo. comma, della Costituzione). 
Sentenza 25 giugno 1981, n. 107, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. 

codice civile, artt. 826, ultimo comma e 828, ultimo comma (artt. 3, 24, 
28 e U3 della Costituzione). � 
Sentenza 21 lugli� 1981, n. 138, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 

codice civile, artt. 826, ultimo. comma, 828, ultimo comma, e 830, ultimo 
comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 21 luglio 1981, n. 138, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 

codice di procedura civile, art. 429, terzo comma (art. 36 della Costituzione). 

Sentenza 21 luglio 198'1, n. 139, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 

codice di procedura civile, art. 514, n. 5 (artt. 3, 24, 28 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 21 luglio 1981, n. 138, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 

codice penale, art. 584 (art. 3 della ,Costituzione). 

Sentenza 30 luglio 1981, n. 162, G. U. 5 agosto 1981, n. 214. 

legge 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E, art. 4 (artt. 3, 24, 28 e 113 della Costi


tuzione). 
Sentenza 21 luglio 1981, n. 138;-G. U. 29 luglio 1981, n. 2SJ7.. 


~AmB7AllF~4111F~,....,J 



� PARTB.. U;�LEGISLAZIONE ,;.,.,\ 

r.d.I. 8 luglio ;-1931, n. 981, art. 4, primo comma ["convertito nella legge 24 
marzo 1932, n. 355] (artt. 3 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 30 luglio 1981, n. 160, G.U. 5 agosto 1981, n. 214. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 24 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 21 luglio 1981, n. 139, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 42, 52, 92 e segg. (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Sentenza 21 luglio 1981, n. 139, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 59 (art. 36 della Costituzione). 
Sentenza 21 luglio 1981, n. 139, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 21 luglio 1981, n. 140, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 124, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 21 luglip 1981, n. 140, G. U. 29 luglio 1981, n. 207._ 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 23, 38, 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 10 luglio 1981, n. 127, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 e tabella n. 4 (artt. 3, 38 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 21 luglio 1981, n. 140, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 

d.I. 29 marzo 1966, n. 128, art. 1, terzo comma [convertito nella legge 26 maggio 
1966, n. 311] (artt. 3 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 30 luglio 1981, n. 160, G. U. 5 agosto 198'1, n. 214). 

legge 25 marzo 1971, n. 213, art. 4 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 10 luglio 1981, n. 126, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183, 195 (artt. 3, 21 e 43 della Costituzione). 
Sentenza 21 luglio 1981, n. 148, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 

legge 11 agosto 1973, n. 533, artt. 13, primo, secondo e terzo comma, e 14, secondo 
comma (art. 24 della Costituzione). 

Sentenza 7 luglio 1981, n. '116, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 24 luglio 1981, n. 151, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

54 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 163, secondo comma (artt. 3, 24 e 76 
della Costituzione). 
Sentenza 21 luglio 1981, n. 141, G. U. 29 luglio 1981, n; 207. Il 

d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 22, 113 e 114 e tabella B, n. 2 (artt. 76, 117 
e 118 della Costituzione). 
Sentenza 30 luglio 1981, n. 174, G.U. 5 agosto 1981, n. 214. 

legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 25 giugno 1981, n. 109, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. 


legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12 (artt. 3 e 30 della Costituzione). 

Sentenza 25 giugno 1981, n. 109, G.U. 1 luglio .1981, n. 179. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 16 giugno 1978 (artt. 4, 5, 6, 7 e 54 dello statuto 
speciale della regione .Friuli-Venezia Giulia). 

Sentenza 7 luglio 1981, n. 118, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 25 giugno 1981, n. 111, G. U. 1 lug�o 1981, n. 179. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

codice civile, art. 146, secondo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). 

Pretore di Chiavenna, ordinanza 18 novembre 1980, n. 308/81, G. U. 9 settembre 
1981, n. 248. 

codice civile, art. 244 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 3 dicembre 1980, n. 473/81, G. U. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

codice civile, art. 244, secondo comma (artt. 3 e 24 del.la Costituz�one). 

Tribunale di Roma, ordinanza 15 dicembre 1980, n. 426/81, G. U. 14 ottobre 
1981, n. 283. 

codice civile, art. 314/14, ultimo comma [inserito con legge 5 giugno 1967, 

n. 431, art. 4] (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Corte di Cassazione, ordinanza 20 novembre 1980, n. 341/81, G. U. 2 settembre 
1981, n. 241. 

codice civile, art. 581 (artt. 3 e 29 della Costituzione). 

Tribunale di Napoli, ordinanza 3 novembre 1980, n. 324/81, G.U. 23 settembre 
1981, n. 262. 


PARTE II, LEGISLAZIONE JJ 

codice civile, artt. 724, secondo comma, e 751 (art. 3 della. Costituzione). 

Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 settembre 1980, n. 481/81, G. U. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

codice civile, art. 2751-bis, n. l (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Monza, ordinanza 18 novembre 1980, n. 422/81, G. U. 14 ottobre 
1981, n. 283. 

codice procedura civile, art. 152 disp. att. (artt. 3 e 23 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 10 marzo 1981, n. 304, G. U. 16 settembre 1981, 

n. 255. 
codice procedura civile, art. 251 (artt. 2, prima e seconda parte, 3, primo 
comma, 8, 19, 21, 24, primo e secondo comma, e 112 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1981, n. 281, G. U. 9 settembre 1981, 

n. 248). 
codice di procedura civile, art. 404, primo e secondo comma (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Pretore di Pescara, ordinanza 16 maggio 1981, n. 469, G.U. 28 ottobre 1981, 

n. 297. 
codice di procedura civile, art. 444, secondo comma [come modif. dalla legge 
11 agosto 1973, n. 533, art. 1] (artt. 3, 24 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Bari, ordinanza 18 marzo 1981, n. 439, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. 

codice di procedura civile, art. 700 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 

Pretore di S. Pietro Vernotico, ordinanza 16 febbraio 1981, n. 305, G. U. 23 settembre 
1981, n. 262. 

codice penale, art. 162 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Serracapriola, ordinanze 16 marzo 1981, nn. 328, 329 e 330, G.U. 
30 settembre 1981, n. 269. 

codice penale, art. 164 [modif. da d.l. 11 aprile 1974, n. 99, art. 13] (art. 3 
della Costituzione). . 

Pretore di Francavilla Fontana, ordinanza 20 marzo 1981, n. 361, G. U. 7 ottobre 
1981, n. 276. 

codice penale, art. 169, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni dell'Aquila, ordinanze 25 febbraio 1981, nn. 338 
e 339, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. 

codice penale, artt. 204, secondo comma, 215 e 222 (artt. 3, primo comma, 
e 32 della Costituzione). 

Giudice istruttore presso il tribunale di Grosseto, ordinanza 20 maggio 1981, 

n. 480, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. 

56 I

RASSEGN"' -IIBLL!.AVYOCATURA DBLLO STATO 
codice�,penale, .art. 204, secondo� comma, :e.. 222,-primo comma (artt. 3 �e 32 


della Costituzione). 
Pr~tore di Pisa, ordinanza 21 marzo 1981, n. 360, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. 

codice penale, art. 212, primo comma (artt. 3 e 32 della Costituzione.). 

Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Modena; ordinanz.a 12 marzo 
1981, n. 295, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. . . 

co!}ice . penale, art. 376 (artt. 3 �e, 24, secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale _di Torino, ordinanza 9 .gennaio 1981; n. 293, G. U. 26 agosto 1981, 

n. 234. 
codice penale, art�. 519 e 544 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Ravenna, ordinanza 11 maggio f98L n. 474, G. U. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

codice penale, art. 570, primo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). 

Pretore di Chiavenna, ordinanza 18 novembre 1980, n. 308/81, G. U. 9 settembre 
1981, n. 248. 

codice penale, art. 584 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'assise di Sassari, ordinanza 1 dicembre 1980, n. 205/1981, G. U. 8 luglio 
1981, n. 186. 
Corte d'assise di Cagliari, ordinanza 23 febbraio 1981, n. 267, G. U. 19 agosto 
1981, n. 227. 

codice penale, art. 688 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Pergine Valsugana, ordinanza 2 aprile 1981, n. 479, G. U. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

codice penale, art. 688 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 
Tribunale di Como, ordinanza 18 marzo 1981, n. 399, G. U. 7 ottobr� 1981, 


n. 276. 
codice di procedura penale, artt. 107 e 110 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Genova, ordinanza 19 febbraio 1981, n. 355, G. U. 9 settembre 1981, 

n. 248. 
codice di procedura penale, art. 177-bis, 170 e 171 (artt. 10, secondo comma, 
e 24, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Tolmezzo, ordinanza 13 febbraio 1981, n. 321, G. U. 30 settembre 
1981, n. 269. 

codice di procedura penale, artt. 231 e 219 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Messina, ordinanza 15 gennaio :1981, n. 259, G. U. 16 settembre 
1981, n. 255. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 302, G. U. 23 settembre 1981, 

n. 
262. 
Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 404, G. U. 14 ottobre 1981 
n. 283. 
codice di procedura penale, art. 384, n. 2 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice istruttore tribunale di Catania, ordinanza 18 febbraio 198�1, n. 423, 

G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. 
codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma (artt. 3, 27 e 52, 
ultimo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Verona, ordinanza 19 dicembre 1980, n. 247/81, G. U. 16 set� 
tembre 1981, n. 255. 

codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma, prima ipotesi 
(artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 19 febbraio 1981, n. 209, 

G. U. 15 luglio �1981, n. 193. 
codice penale militare di pace, artt. 186, ultimo comma, prima ipotesi, e 189, 
primo comma, prima ipotesi (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 18 febbraio 1981, n. 215, 

G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 
codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma, ultima ipotesi 
(art. 3 della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 10 e 18 marzo 1981, 
nn. 352 e 353, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 
Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 11 marzo 1981, n. 284, 

G. U. 16 settembre 1981, n. 255. 
codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma, ultima ipotesi (artt. 
3 e 27, terzo comma, della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 24 febbraio 1981, n. 235, 

G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 
codice penale militare di pace, art. 189, primo comma (artt. 3 e 27, terzo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 5 marzo 1981, n. 283, 

G. U. 15 luglio 1981, n. 1193. 
codice penale militare di pace, art. 189, primo comma, prima ipotesi 
(art. 3 della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 27 gennaio .1981, n. 196, 

G.U. 8 luglio 1981, n. 186. 
Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 28 gennaio 1981, n. 208, 

G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

58 

RASSEGNA DELL1AVVOCATURA DELLO STATO 

Codice penale militare di pace, art. 189, primo comma, prima ipotesi (artt. 3 
e 27, terzo comma, della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 19 febbraio 1981, n. 209, 

G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 
Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanze 25 e 26 febbraio 1981, 
nn. 256 e 257, G. U. 12 agosto 1981, n. 221. 

codice penale militare di pace, art. 260, secondo comma (artt. 3 e 112 della 
Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 18 febbraio 1981, n. 255, 

G. U. 16 settembre 1981, n. 255. 
legge 7 luglio 1901, n. 283, artt. 6 lett. B, 7 e 9 [resi esecutivi con r.d. 19 dicembre 
1901, n. 547] (art. 33, quinto comma, della Costituzione). 

Tribunale di Pistoia, ordinanza 13 aprile 1981, n. 476, G. U. 28 ottobre 1981, 

n. 297. 
legge 13 giugno 1912, n. 555, art. 2, secondo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). 


Tribunale per i minorenni di Milano, ordinanza 3 ottobre 1980, n. 232/81, 

G. U . .26 agosto 1981, n. 234. 
legge 13 giugno 1912, n. 555, art. 8, ultimo capoverso (art. 3, primo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 14 aprile 1981, n. 434, 

G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. 
r.d. 3 maggio 1923, n. 1943, artt. 2 e 3 [come modif. con legge 13 luglio 1965, 
n. 386] (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Tribunale di Piacenza, ordinanza 11 marzo :1981, n. 382, G. U. 7 ottobre 1981, 

n. 276. 
r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825, art. 6, ultimo comma (artt. 3, 4, e 35 della 
Costituzione). 
Pretore di Siracusa, ordinanza 16 marzo 1981, n. 327, G. U. 30 settembre 1981, 

n. 269. 
r.d.l. 13 agosto 1926, n. 1459, art. 1, primo, secondo e terzo comma (art. 33, 
quinto comma, della Costituzione). 
Tribunale di Pistoia, ordinanza 13 aprile 1981, n. 476, G. U. 28 ottobre 1981, 

n. 297. 
legge 28 giugno 1928, n. 1415, art. 1 (art. 33, quinto comma, della Costituzione). 


Tribunale di Pistoia, ordinanza 13 aprile :1981, n. 476, G. U. 28 ottobre 1981, 
Il. 297. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 27 maggio 1929, 11. 810, art. 1 (art. 1, 2, 3, 7, 10, 11, 24, 29, 101 e 102 
della Costituzione). 

Corte d'appello di Roma, ordinanza 19 marzo 1981, n. 429, G. U. 21 ottobre 
1981, n. 290. 

legge 27 maggio 1929, 11. 847, art. 17 (artt. l, 2, 3, 7, 10, 11, 24, 29, 101 e 102 
della Costituzione). 

Corte d'appello di Roma, ordinanza 19 marzo 1981, n. 429, G. U. 21 ottobre 
1981, n. 290. 

r.d. 8 gennaio 1931, 11. 148, art. 10 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 119 gennaio 1981, n. 206, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10 [modif. della legge 24 luglio 1957, n. 633]. 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Tribunale di Salerno, ordinanza 27� gennaio 1981, n. 342, G. U. 2 settembre 
1981, n. 241. 
� Pretore di Roma, ordinanza 23 febbraio 1981, n. 296; G. U. 30 settembre 1981, 

n. 269. 
r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, secondo e terzo comma [nel testo risultante 
dalla legge 24 luglio 1957, n. 633] (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 26 maggio 1980, n. 384/81, G. U. 7 ottobre 1981, 

n. 276. 
r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, terzo comma-[modif. dalla legge 24 luglio 
1957, n. 633] (artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 28 gennaio 1981, n. 322, G. U. 30 settembre 
1981, n. 269. 
Pretore di Firenze, ordinanza 28 gennaio 1981, n. 323, G.U. 30 settembre 
1981, n. 269. 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 18 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Verona, ordinanza 23 aprile 1981, n. 454, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
regolamento allegato A regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, artt 18, primo 
e quarto comma, e 1, terzo e quarto comma (artt. 3 e 35 della Costituzione). 

Pretore di Guastalla, ordinanza 21 gennaio 1981, n. 438, G. U. 21 ottobre 
1981, Il. 290. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 156 (artt. 3, 8 e 19 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 3 aprile 1981, n. 430, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. 

r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 162 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 
Pretore di Desio, ordinanza 26 novembre 1980, n. 188/1981, G. U. 8 luglio 
1981, n. 186. 


60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, art. 12 [conv. in legge 11 agosto 1939, n. 1249, 
modif. da d.l. 8 aprile 1948, n 514, art. 2, n. 12] (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 17 luglio 1980, 
n. 204/1981, G. V. 22 luglio 1981, n. 200. 
r.d. 25 luglio 1940, n. 1077, art. 265 [sostituito da legge 6 giugno 1973, n. 341, 
art. 8] (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 21 maggio 1980, 
n. 263/81, G. V. 16 settembre 1981, n. 255. 
legge 6. febbraio 1941, n. 176, art. 34, primo comma, lett. a) (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti -sezione terza giurisdizionale -, ordinanza 6 febbraio 1978, 
n. 319/81, G. V. 7 ottobre 1981, n. 276. 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 99, ultimo comma (art. 3, primo comma, della 
Costituzione). 
Corte d'appello di Milano, ordinanza 19 novembre 1980, 
26 agosto 11981, n. 234. 
Corte d'appello di Milano, ordinanza 19 novembre 1980, 
5 agosto 1981, n. 214. 
Corte d'appello di Milano, ordinanza 25 giugno 1980, 
26 agosto :1981, n. 234. 
Corte d'appello di Milano, ordinanza 24 settembre 1980, 
16 settembre 1981, n. 255. 
n. 
n. 
n. 
n. 
269/81, 
270/81, 
271/81, 
272/81, 
G. U. 
G. V. 
G. V. 
G. U. 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 100 (art. 3 e 24 della Costituzione). 
Tribunale di 
bre 1981, n. 255. 
Ferrara, ordinanza 28 febbraio 1981, n. 258 (G. V. 16 settemd.
lgt. 5 aprile 1945, n. 141, art. 12 (artt. 45 e 47, secondo comma, della Costituzione). 
Commissione Tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 13 dicembre 
1978, n. 356/81, G. V. 2 settembre 1981, n. 241. 
accordo interconfederale 23 m~gio 1946, artt. 2 e 27 [trasfuso in legge con 
d.P.R. 28 luglio 1960,� n. 1098] (artt. 3, 4 e 35 della Costituzione). 
Pretore di Siracusa, ordinanza 16 marzo 1981, n. 327, G. U. 30 settembre 1981, 
n. 269. 
legge 8 febbraio 1948, n. 47, artt. 3 
Costituzione). 
Pretore di Messina, ordinanza 22 
bre 1981, n. 248. 
e 8 (artt. 3 e 
gennaio 1981, 
27, primo comma, della 
n. 260, G. V. 9 settemlegge 
2 marzo 1949 n. 143, art. 9, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 
Presidente tribunale di 
16 settembre 1981, n. 255. 
Vicenza, ordinanza 23 febbraio 1981, n. 265, G. U. !:::_: 
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PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 25 luglio 1952, n. 991, art. 8, seconda parte (artt. 3 e 44, secondo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 11 dicembre 1980, n. 163/1981, G. U. 1 luglio 
1981, n. 179. 

Tribunale di Palmi, ordinanza 12 marzo 1981, n. 394, G. U. 2 settembre 1981, 

n. 241. 
legge 19 marzo 1955, n. 160, artt. 9, 10 e 15 (artt. 3, primo comma e 97, primo 
comma, della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 12 dicembre 
1980, n. 419/81, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. 

d.P.R. 3 giugno 1955, n. 592, art. 1 (art. 3, 29 e 37 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 11 febbraio 1981, 

n. 387, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. 
d.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 3, secondo comma (artt. 41 e 3, primo comma, 
della Costituzione). 
Pretore di Legnano, ordinanza 10 dicembre 1980, n. 277/81 (G.U. 19 agosto 
1981, n. 227). 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9, primo e secondo comma [modif. da 
legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 8] (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Caltanissetta, ordinanza 14 gennaio 1980, n. 164/1981, G. U. 1 luglio 
1981, n. 179. 

d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 8, secondo comma .(artt. 3, primo comma, 
51, primo e terzo comma e 107, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 9 dicembre 
1980, n. 190/81, G. U. 12 agosto 1981, n. 221. 

d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (artt. 3, primo comma e 53, primo comma, 
della Costituzione). 
Pretore di Ravenna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 354, G. U. 9 settembre 1981, 

n. 248. 
d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, artt. 119 (art. 36, terzo comma, della Costituzione). 
Pretore di Ravenna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 354, G. U. 9 settembre 1931, 

n. 248. 
legge regione Sardegna 17 maggio 1957, n. 20, art. 6 (art. 108 della Costituzione). 
Corte Costituzionale, ordinanza 15 ottobre 1981, n. 680, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
legge 26 ottobre 1957, n. 1047, art. 18 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 2 febbraio 1981, n. 264, G. U. 16 settembre 
1981, n. 255. 


62 
RASSEG"fA DELL'AVVOCATUR~ DELLO STATO 

I

t.u. 
29 gennaio 1958, n. 645, art. 34 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanza 3 marzo 1978, ~: 

n. 290/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. 
� 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, primo comma (artt. 3, 24 e 113 della 
Costituzione). 
I

Pretore di Bologna, 16 gennaio 1981, n. 303, G. U. 12 agosto 1981 n. 221. 

legge 20 febbraio 1958, n. 55, art. 9 (artt..3 e 35 della Costituzione). 

Pretore di Udine, ordinanza 7 maggio 1981, n. 446, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
legge 20 febbraio 1958, n. 75, art. 4, n. 2 (artt. 3 e 25, secondo comma, della 
Costituzione). 

Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 7 aprile 1981, n. 417, G. U. 9 settembre 
1981, n. 248. 

legge 2 aprile 1958, n. 377, art. 27, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Ascoli Piceno, ordinanza 25 marzo 1981, n. 363, G. U. 7 ottobre 
1981, n. 276. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 80, tredicesimo, quindicesimo e sedicesimo 
comma, 83, quinto comma, e 94 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Cairo Montenotte, ordinanza 14 aprile 1981, n. 405, G. U. 7 ottobre 
1981, n. 276. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91, settimo comma (artt. 3, 4 e 27 della 
Costituzione). 
Pretore di Saronno, ordinanza 20 febbraio 1981, n. 273, G. U. 19 agosto 1981, 

n. 227. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modif. dalla legge 5 maggio 1976, 
n. 313, art. 5] (artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione). 
Pretore di Riesi, ordinanza 25 marzo 1981, n. 484, G. U. 9 settembre 1981, 

n. 
248. 
Pretore di Orvieto, ordinanze 9 marzo e 4 aprile 1981, nn. da 496 a 503, 
G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma, quarta ipotesi (art. 3 
della Costituzione). 
Pretore di Verbania, ordinanza 2 dicembre 1980, n. 466/81, G. U. 19 agosto 
1981, n. 227. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 141, quinto comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Egna, ordinanze 29 gennaio e 10 febbraio 1981, nn. 275 e 276, G.U. 
19 agosto 1981, n. 227. 


i'ARTE ll, LEGISLAZIONE 

legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 18 aprile 1980, 

n. 318/81, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. 
legge 25 novembre 1962, 11. 1684, art. 28 (artt. 2 e 32, primo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Messina, ordinanza 15 gennaio 1981, n. 259, G. U. 16 settembre 
1981, n. 255. 
Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 302, G. U. 23 settembre 
1981, n. 262. 
Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 404, G. U. 14 ottobre 1981, 

n. 283. 
legge 27 gennaio 1963, n. 19, artt. 1 e 4 (artt. 3 e 35 della Costituzione). 

Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G. U. 7 ottobre 
1981, n. 276. 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. U. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

legge 15 settembre 1964, n. 756, art. 14 (artt. 1, 3, 42 e 44 della Costituzione). 


Tribunale di Lecce, ordinanza 1� aprile 1981, n. 448, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Lecce, ordinanza 6 febbraio 1981, n. 217, G. U. 19 agosto 1981, 

n. 
227. 
Tribunale di Lecce, ordinanza 20 marzo 1981, n. 392, G. U. 30 settembre 
1981, n. 269. 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 11 dicembre 1980, n. 441/81, G. U. 
30 settembre 1981, n. 269. 
Tribunale di Brindisi, ordinanza 3 marzo 1981, n. 453, G. U. 21 ottobre 1981, 
Il. 290. 

d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 3, 11 e 41 della Costituzione). 
Tribunale di Ravenna, ordinanza 13 febbraio 1981, n. 301, G. U. 23 settembre 
1981, n. 262. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (art. 3 e 38 della Costituzione). 
Tribunale di Vicenza, ordinanza 30 gennaio 1981, n. 245, G. U. 19 agosto 
1981, Il. 227. 
Pretore di Cagliari, ordinanza 30 marzo 1981, n. 427, G. U. 9 settembre 1981, 

11. 248. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3, primo comma (artt. 3, primo comma, 
e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 24 marzo 1981, n. 336, G. U. 19 agosto 1981, 

n. 227. 

64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10 (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di La Spezia, ordinanza 12 novembre 1980, n. 483/81, G.U. 9 settembre 
1981, n. 248. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, secondo, terzo e quinto comma (articoli 
3, primo comma, e 24 della Costituzione). 
Pretore di Avellino, ordinanza 13 giugno 1980, n. 184/81, G. U. 29 luglio 1981, 

n. 207. 
d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, artt. 10 e 11 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Rovigo, ordinanza 6 aprile 1981, n. 393, G. U. 7 ottobre 198,1, 

n. 276. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Nuoro, ordinanza 15 aprile 1981, n. 436, G. U. 9 settembre 1981, 

n. 248. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85, terzo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 14 gennaio 1981, n. 443, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 134, secondo comma (art. 38, secondo 
comma, della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 3 febbraio 1981, n. 202, G. U. 8 luglio 1981, 

n. 186. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 135, secondo "�omma (artt. 3, secondo 
comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Monza, ordinanza 2 marzo 1981, n. 359, G. U. 14 ottobre 1981, 

n. 283. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145, primo comma, punto A (artt. 3 e 38 
della Costituzione). 
Pretore di Macerata, ordinanza 3 marzo 1981, n. 456, G. U. 26 agosto 1981, 
Il. 234. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, tabella ali. 5, voce n. 21 (artt. 38, secondo 
comma e 3 della Costituzione). 
Pretore di Ancona, ordinanza 12 gennaio 1981, n. 189, G. U. 8 luglio 1981, 
Il. 186. 

legge 13 luglio 1966, n. 615, artt. 1 e 20 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Pretore di Chivasso, ordinanza 14 febbraio 1981, n. 346, G. U. 7 ottobre 1981, 
Il. 276. 


64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10 (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di La Spezia, ordinanza 12 novembre 1980, n. 483/81, G.U. 9 settembre 
1981, n. 248. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, secondo, terzo e quinto comma (articoli 
3, primo comma, e 24 della Costituzione). 
Pretore di Avellino, ordinanza 13 giugno 1980, n. 184/81, G. U. 29 luglio 1981, 

n. 207. 
d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, artt. 10 e 11 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Rovigo, ordinanza 6 aprile 1981, n. 393, G. U. 7 ottobre 1981, 

n. 276. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Nuoro, ordinanza 15 aprile 1981, n. 436, G. U. 9 settembre 1981, 

n. 248. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85, terzo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 14 gennaio 1981, n. 443, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 134, secondo comma (art. 38, secondo 
comma, della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 3 febbraio 1981, n. 202, G. U. 8 luglio 1981, 

n. 186. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 135, secondo �omma (artt. 3, secondo 
comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Monza, ordinanza 2 marzo 1981, n. 359, G. U. 14 ottobre 1981, 

n. 283. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145, primo comma, punto A (artt. 3 e 38 
della Costituzione). 
Pretore di Macerata, ordinanza 3 marzo 1981, n. 456, G. U. 26 agosto 1981, 

n. 234. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, tabella ali. 5, voce n. 21 (artt. 38, secondo 
comma e 3 della Costituzione). 
Pretore di Ancona, ordinanza 12 gennaio 1981, n. 189, G. U. 8 luglio 1981, 

n. 186. 
legge 13 luglio 1966, n. 615, artt. 1 e 20 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Pretore di Chivasso, ordinanza 14 febbraio 1981, n. 346, G. U. 7 ottobre 1981, 

n. 276. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 65 

legge 13 luglio 1966, n. 615, art. 25 (art. 32, primo comma, della Costituzione). 


Pretore di Chivasso, ordinanza 14 febbraio 1981, n. 346, G. U. 7 ottobre 1981, 

n. 276. 
legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma (artt. 3, 4, primo comma, 
35, primo comma, e 41, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 12 febbraio 1981, n. 340, G. U. 2 settembre 
1981, n. 241. 

legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Chieti, ordinanza 25 giugno 1980, n. 325/81, G.U. 30 settembre 
1981, n. 269. 

legge 22 luglio 1966, n. 614, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanza 14 ottobre 
'1980, n. 452/81, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. 

legge 13 luglio 1967, 11. 583, art. 22 (artt. 3, primo comma, e 53, primo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 21 maggio 1981, n. 475, G. U. 9 settembre 1981, 

n. 248. 
legge 2 ottobre 1967, n. 895, artt. 1 e 2 (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 6 maggio 1981, n. 447, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
legge 9 ottobre 1967, 11. 973 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Brescia, ordinanza 8 gennaio 1981, n. 421, G. U. 14 ottobre 1981, 

n. 283. 
Tribunale dell'Aquila, ordinanze 6 marzo ,1981 nn. da 407 a 415/81, G. U. 
14 ottobre 1981, n. 283. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 30 marzo 1981, 

n. 459, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. 
legge 20 marzo 1968, 11. 369 (artt. 3, primo comma, e 53, primo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 21 maggio 1981, n. 475, G. U. 9 settembre 1981, 

n. 248. 
legge 20 marzo 1968, n. 369, art. un., secondo comma (artt. 3, prima parte, 
e 53, prima parte, della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 4 marzo 1981, n. 286, G. U. 26 agosto 1981, 

n. 234. 

66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (artt. 3, 4 e 38, terzo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Torino, ordirlanza 27 gennaio 1981, n. 201, G. U. 8 luglio 1981, 

n. 186. 
legge 25 ottobre 1968, n. 1089, art. 18, nono comma (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Cagliari, ordinanza 20 marzo 1981, n. 418, G. U. 14 ottobre 1981, 

n. 283. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Chieti, ordinanza 25 giugno 1980, n. 325/81, G. U. 30 settembre 
1981, n. 269. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 2 febbraio 1981, n. 264, G. U. 16 settembre 
11981, n. 255. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, artt. 26, terzo comma e n. 2, quinto comma 
(art. 3, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Voghera, ordinanza 24 settembre 1980, n. 153/81, G. U. 1 luglio 
1981, n. 179. 

d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22, primo comma [conv. in legge 11 marzo 
1970, n. 83] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Potenza, ordinanza 3 febbraio 1981, n. 194, G. U. 22 luglio 1981, 

n. 200. 
legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, primo e secondo comma (artt. 3, 4, 
primo comma, 35, primo comma, e 41, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 12 febbraio 11981, n. 340, G. U. 2 settembre 
1981, n. 241. 

legge 24 maggio 1970, n. 336, artt. 3 e 4 (artt. 3, 52, primo comma, 53, 
primo comma, 81, quarto comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 14 maggio 1981, n. 450, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
regolamento della Camera dei Deputati 18 febbraio 1971, art. 12, n. 3 
(artt. 24, 101, 108 e 113 della Costituzione). 

Corte di Cassazione -sezioni unite civili, ordinanza 10 luglio 1980, n. 315/81, 

G. U. 30 settembre 1981, n. 269. 
Corte di Cassazione -sezioni unite civili, ordinanza 10 luglio 1980, n. 316/81, 
G. U. 30 settembre 1981, n. 269. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6, primo e terzo comma (artt. 3, 52, primo 
comma, 53, primo comma, 81, quarto comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 14 maggio 1981, n. 450, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
l<!gge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 1, punto 1) (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Brescia, ordinanza 8 gennaio 1981, n. 421, G. U. 14 ottobre 1981, 

n. 283. 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, punto 6, n. 4 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Firenz;e, ordinanza 20 novembre 
1980, n. 433/81, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 11 (artt. 23 e 76 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanza 12 gennaio 
1979, n. 289/81, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, artt. 10, secondo comma, n. 14, e 15 (artt. 3, 
24 e 76 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanze 30 giugno 1980, 
nn. da 365 a 381/81, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. 

d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 10 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 21 novembre 
1979, n. 440/81, G. U. 21 ottobre :1981, n. 290. 

legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 21, ultimo comma (art. 3 e 113 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo J'egionale del Lazio, ordinanza 10 marzo 1980, 

n. 285/81, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. 
legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 37, secondo e terzo comma (artt. 3 e 
125, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 8 maggio 1980, 

n. 228/81, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 
legge 6 dicembre 1971, n. 1083, artt. 1, 3 e 5 (artt. 3 e 32 della Costitutuzione). 


Pretore di Varallo, ordinanza 9 gennaio 1981, n. 198, G. U. 8 luglio 1981, 

n. 186. 
legge della provincia di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo e terzo 
comma, e 13, primo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 21 ottobre 1980, n. 458/81, G. U. 28 ottobre 
1981, n. 297. 


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68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge della provincia di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo comma 
secondo periodo, terzo comma, e 15, terzo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). 


Corte d'appello di Trento, ordinanza 16 dicembre 1980, n. 300/81, G. U. 
23 settembre 1981, n. 262. 

legge regione Emilia-Romagna 11 ottobre 1972, n. 9, art. 4, secondo comma 
(art. 25 dello statuto approvato con legge 22 maggio 1971, n. 342 e artt. 123 
e 117 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione quarta, ordinanza 9 dicembre 1980, n. 460/81, 

G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 6, ultimo comma, ultima parte (artt. 3, 
42, 47 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, ordinanze 18 maggio 
1979, nn. 332, 333 e 334/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 8, 34 e 38 (artt. 3, 44 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Bari, ordinanza 27 novembre 
1979, n. 178/81, G. U. 12 agosto 1981, n. 221. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 37, sesto comma [integrato dal d.P.R. 
29 gennaio 1979, n. 24] (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Ascoli Piceno, ordinanza 16 ottobre 
1980, n. 326/81, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 58, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Alessandria, ordinanza 23 ottobre 
1980, n. 449/81, G. U. 21 ottobre '1981, n. 290. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60 (artt. 24 e 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado dell'Aquila, ordinanza 24 ottobre 
1980, n. 472/81, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 80, secondo comma (artt. 3 e 47 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 29 dicembre 
1980, n. 465/81, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 17, secondo comma, prima parte (artt. 3, 
primo comma, 24, primo comma e 113, primo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Paola, ordinanza 26 novembre 
1979, n. 233/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 69 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 35 e 39 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, ordinanza 2 ottobre 
1980, n. 344/81, G. V. 9 settembre 1981, n. 248. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39 (artt. 24 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, ordinanza 14 aprile 
1980, n. 199/1981, G.U. 1 luglio 1981, n. 179. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, 11. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanze 30 giugno 1980, 
nn. da 365 a 381/81, G. V. 7 ottobre 1981, n. 276. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Siracusa, ordinanza 18 marzo 
1980, n. 3H/81, G. V. 23 settembre 1981, n. 262. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Belluno, ordinanza 8 ottobre 
1980, n. 424/81, G. V. 14 ottobre 1981, n. 283. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6, secondo comma, ultimo periodo 
(artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 20 novembre 
1980, n. 433/81, G. V. 14 ottobre 1981, n. 283. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (art. 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Nuoro, ordinanza 19 giugno 
1978, n. 467/81, G. V. 28 ottobre 1981, n. 297. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 18, sesto comma [come modificato dal 
d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 688, art. 1] (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 15 ottobre 
1980, nn. 396, 397 e 398/81, G. V. 21 ottobre 1981, n. 290. 

legge della provincia di Trento 30 dicembre 1972, n. 31, art. 28, primo e quinto 
comma [come modificato dalla legge della provincia di Trento 23 ottobre 1974, 

n. 33 (artt. 3 e 42 della Costituzione). 
Corte d'appello di Trento, ordinanza 10 febbraio 1981, n. 457, G.U. 21 ottobre 
1981, n. 290. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. !83, 195 e 334, primo comma, n. 2 
(artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Tribunale di Livorno, ordinanza 11 marzo 1981, n. 358, G. V. 9 settembre 
1981, n. 248. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 184 e 195 [modificato dalla legge 14 aprile 
1975, n. 103, art. 45] (artt. 3, 21 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 14 gennaio 1981, n. 291, G. U. 23 settembre 1981, 

n. 262. 
legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 17 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 16 maggio 1979, 

n. 298/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 
legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 8 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Potenza, ordinanza 3 febbraio '1981, n. 194, G. U. 22 luglio 1981, 

n. 200. 
d.P.R. 28 settembre 1973, n. 60, art. 47 (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, ordinanza 
9 aprile 1980, n. 207, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 82 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Tribunale di Brescia, ordinanza 8 gennaio 1981, n. 421, G. U. 14 ottobre 1981, 

n. 283. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 1, lettera a) e 7, primo, secondo, terzo 
e quarto comma (art. 53, primo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Gorizia, ordinanze 3 dicembre 
1980, n. 212, 213 e 214/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 46, primo comma (artt. 3, 76 e 77, primo 
comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo. grado di Torino, ordinanza 24 novembre 
1980, n. 455/81, G.U. 21 ottobre 1981, n. 290. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 46, primo comma, 47, primo �omma 
e 54, primo comma (art. 3, 76 e 77, primo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanze 13 ottobre 
e 10 novembre 1980, nn. 249, 250, 251, 252, 253 e 254/81, G. U. 16 settembre 
1981, n. 255. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 47 (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Belluno, ordinanza 6 marzo 1981, 

n. 463, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 6011, art. 56, ultima parte (artt. 3 e 112 della 
della Costituzione). 
Giudice istruttore Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1981, n. 632, 

G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 32, secondo comma, ultima parte 
(artt. 3 e 47 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 29 dicembre 
1980, n. 465/81, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (artt. 2 e 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Modica, ordinanza 19 dicembre 
1980, n. 485/81, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, ordinanza 28 novembre 
1980, n. 343/81, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. 
Commissione tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 5 maggio 
1980, n.. 357/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 
Commissione tributaria di primo grado di Mantova, ordinanza 15 dicembre 
1980, n. 486/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 52, primo comma (artt. 3, 24 e 113 
della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 16 gennaio 1981, n. 303; G. U. 12 agosto 1981, 

n. 221. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (artt. 3, 76 e 77, primo comma, 
della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 26 mago 
gio 1980, n. 248/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. 

d.l. 1 ottobre 1973, n. 580, art. 3 [convertito in legge 30 .novembre 1973, 
n. 766] (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 3 dicembre 1980, 

n. 292/81, G. U. 26 agosto 11981, n. 234. 
legge 27 ottobre 1973, n. 629, art. 1, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 21 aprile 1980, 

n. 186/81 G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Caltanissetta, ordinanza 12 maggio 1981, n. 451, G. U. 21 ottobre 
198�1, n. 290. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 63 (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei Conti, sezione quarta giurisdizionale, ordinanza 22 settembre 
1980, n. 348/81, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. 


72 

RASSEG"IA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, sesto comma (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 18 aprile 1980, 

n. 318/81, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 93, sesto comma (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 21 aprile 1980, 

n. 186/11981, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. 
legge 2 febbraio 1974, n 64, art. 20 (artt. 2 e 32, primo comma, della Costituzione). 


Pretore di Messina, ordinanza 15 gennaio 1981, n. 259, G. U. 16 settembre 
1981, n. 255. 
Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 302, G. U. 23 settembre 1981, 

n. 
262. 
Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 404, G. U. 14 ottobre 1981, 
n. 283. 
d.l. 2 marzo 1974, n. 30, art. 3 [conv. in legge 6 aprile 1974, n. 114] (art. 3, 
primo comma della Costituzione). 
Pretore di Voghera, ordinanza 24 settembre 1980, n. 153/1981, G. U. 1 luglio 
1981, n. 179. 

d.l. 8 luglio 1974, n 264, art 7 (art. 39 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 18 dicembre 
1979, n. 420/81, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. 

legge 14 agosto 1974, n. 391 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 16 maggio 1979, 

n. 298/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 
Legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2 (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 6 maggio 1981, n. 447, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, terzo comma (art. 25, secondo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Agrigento, ordinanza 19 gennaio 1981, n. 274, G. U. 1 luglio 
1981, n. 179. 

legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 10, sesto, ottavo, nono e decimo comma 
(art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Ancona, ordinanza 18 febbraio 1981, n. 236, G. U. 16 settembre 
1981, n. 255. 

Tribunale di Ancona, ordinanza 18 febbraio 1981, n. 261, G. U. 16 settembre 
1981, n. 255. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 31 (artt. 3, prima parte, e 53, prima parte, 
della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 4 marzo 1981, n. 286, G. U. 26 agosto 1981, 

n. 234. 
legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 31 (artt. 3, primo comma, e 53, primo comma 
della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 21 maggio 1981, n. 475, G. U. 9 settembre 1981, 

n. 248. 
legge 29 luglio 1975, n. 426, art. 5 [modificativo dell'art. 2758 del codice 
civile] (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Reggio Emilia, ordinanze 1 aprile 1981, nn. 385 e 386, G.V. 
7 ottobre 1981, n. 276. 

legge regione Lazio, 2 dicembre 1975, n. 79, art. 1, prima parte (artt. 3, 39 
e 117 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 6 aprile 198�1, n. 442, G. U. 21 ottobre 1981, 

n. 290. 
legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 26, primo comma, e 28, primo comma 
(artt. 25, secondo comma, e 27, primo comma, della Costituzione). 

Giudice istruttore presso H Tribunale di Forl�, ordinanza 29 dicembre 
1980, n. 246/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 98 (art. 25 della Costituzione). 

Giudice istruttore Tribunale di Rovigo, ordinanze 30 aprile 1981, nn. 461 
c 462, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. 

d.I. 4 marzo 1976, n. 31, art. 3 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). 
Giudice istruttore Tribunale di Prato, ordinanza 10 marzo 1981, n. 306, 

G. U. 23 settembre il981, n. 262. 
d.l. 4 marzo 1976, n. 31, art. 4 (art. 3 della Costituzione). 
Giudice istruttore Tribunale di Prato, ordinanza 10 marzo 1981, n. 306, 

G. U. 23 settembre 1981, n. 262. 
legge 29 aprile 1976, n. 177, art. 3, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 2 giugno 1980, 

n. 187/1981, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. 
legge 10 maggio 1976, n. 319, artt. 6, primo comma, lettera a), 9, terzo comma, 
15, sesto e settimo comma, e tabelle C e A allegate (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 30 gennaio 1981, n. 185, G. U. 12 agosto 1981, 

n. 221. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 9 (art. 24 della Costituzione). 

Pretore di Codroipo, ordinanza 22 aprile 1981, n. 464, G. U. 28 ottobre 1981, 

n. 297. 
legge 10 maggio 1976, n. 319, artt. 13, 21, secondo comma, e 25 (art. 3 della 
Costituzione). 

Tribunale di Como, ordinanza 5 febbraio 1981, n. 416, G. U. 14 ottobre 1981, 

n. 283. 
legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 25 (art. 27 della Costituzione). 

Tribunale di Como, ordinanza 30 giugno 1980, n. 299/81, G. U. 23 settembr� 
1981, n. 262. 
Tribunale di Como, ordinanza 25 giugno 1980, n. 314/81, G. U. 23 settembre 
1981, n. 262. 
Tribunale di Como, ordinanze 24 novembre 1980, nn. 400, 401 e 402/81, G. U. 
14 ottobre 1981, n. 283. 

legge regione Lombardia, 20 agosto 1976, n. 28, art. 13, ultimo comma 
(artt. 5, 108 e 117 della Costituzione). 

Pretore di Legnano, ordinanze 17 e 20 marzo 1981, nn. 350 e 351, G. U. 7 ottobre 
1981, n. 276. 

legge 29 settembre 1976, n. 751, art. 1 (artt. 3, 29 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 19 aprile 
1978, n. 432/81, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. 

legge 8 ottobre 1976, n. 689, art. 2, ultimo comma (artt. 3 e 35 della Costituzione). 


Tribunale di Como, ordinanza 28 novembre 1980, n. 234/81, G. U. 12 agosto 
1981, n. 221. 
Tribunale di Como, ordinanza 5 febbraio 1981, n. 403, G. U. 30 settembre 
1981, n. 269. 

legge 8 ottobre 1976, n. 689, art. 3 (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Salerno, ordinanze 27 ottobre 1980, nn. 278, 279 e 280/81, G. U. 
22 luglio 1981, n. 200. 

legge 8 ottobre 1976, n. 690, art. 1-quater (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Mantova, ordinanza 6 dicembre 1980, n. 218/81, G. U. 29 luglio 
1981, n. 207. 

legge 8 ottobre 1976, n. 690, art. 1-quater (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Pretore di Bozzolo, ordinanza 18 dicembre 1980, n. 223/81, G. U. 29 luglio 
1981, n. 207. 
Tribunale di Mantova, ordinanza 4 marzo 1981, n. 331, G. U. 23 settembre 
1981, n. 262. i. 

I ~ 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 1, ultimo comma (artt. 3, 29 e 53 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 19 aprile 
1978, n. 431/81, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. 

legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 3 e 6 (artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione). 


Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanze 29 settembre 
1980, nn. 229 e 230/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 

legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 4 e 5 (artt. 3, 24, 31 e 53 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Casale Monferrato, ordinanza 
3 giugno 1980, n. 197/1981, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. 

legge 23 dicembre 1976, n. 863, art. 2, penultimo comma (artt. 3 e 35 della 
Costituzione). 

Tribunale di Como, ordinanza 28 novembre 1980, n. 234/81, G. U. 12 agosto 
1981, n. 221. 

legge 23 dicembre 1976, n. 863, art. 2, ultimo comma (art. 3 e 35 della Costi� 
tuzione). 

Tribunale di Como, ordinanza 5 febbraio 1981, n. 403, G. U. 30 settembre 
1981, n. 269. 

d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, artt. 2, primo comma, e 4 [convertito in legge 
31 marzo 1977, n. 91] (art. 39, ultimo comma, della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 20 febbraio 1981, n. 297, G. U. 16 settembre 1981, 

n. 255. 
legge 21 febbraio 1977, n. 28, articolo unico, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G.U. 7 ottobre 
1981, n. 276. 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. U. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

legge 13 aprile 1977, n. 114, artt. 19 e 20 (artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione). 


Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanze 29 settembre 
1980, nn. 229 e 230/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. 

legge della provincia di Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, art. 20 (art. 13 della 
Costituzione). 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 6 febbraio 1981, n. 244, G. U. 5 agosto 
1981, n. 214. 


76 

RASSEGll!A DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

legge della provincia di Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, art. 20 (art. 47 della 
Costituzione). 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 6 febbraio 1981, n. 244, G. V. 5 agosto 1981, 

n. 214. 
legge 8 agosto 1977, n. 583, art. 4, terzo comma (artt. 3, 32 e 38 della 
Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 27 aprile 1981, n. 428, G. V. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

d.l. 28 ottobre 1977, n. 778, art. 1 [convertito in legge 23 dicembre 1978, 
n. 928] (art. 3 della Costituzione). 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G. V. 7 ottobre 
1981, n. 276. 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. V. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

legge regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 56 (artt. 25, secondo 
comma, e 117 della Costituzione). 

Pretore di Arona, ordinanza 25 novembre 1980, n. 437/81, G. V. 14 ottobre 
1981, Il. 283. 

legge regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 71, primo comma 
(artt. 117, 118 e 128 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 17 febbraio 
1981, n. 337, G. V. 30 settembre 1981, n. 269. 

d.P.R. 6 dicembre 1977, n. 914, art. 5 (artt. 3, 70 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Siracusa, ordinanza 2 giugno 
1980, n. 155/1981, G. V. 1 luglio 1981, n. 179. 

legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 12 (artt. 3 e 29 della Costituzione). 

Pretore di Siena, ordinanza 2 maggio 1981, n. 478, G. V. 28 ottobre 1981, 

n. 297. 
dl. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito nella legge 27 febbraio 
1978, n. 41] (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Siena, ordinanza 16 maggio 1981, n. 477, G. V. 28 ottobre 1981, 

n. 297. 
d.l. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito in legge 27 febbraio 1978, 
n. 41] (artt. 3, 35, 36 e 39 della Costituzione). 
Pretore di Palermo, ordinanza 11 marzo 1981, n. 391, G. V. 7 ottobre 1981, 

n. 276. 
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PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.I. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito in legge 27 febbraio 1978, 
n. 41] (artt. 3, 38 e 42 della Costituzione). 
Pretore di Arezzo, ordinanza 9 marzo 1981, n. 345, G. U. 7 ottobre 1981, 

n. 276. 
d.l. �23 dicembre 1977, n. 942, artt. 1 e 2 [convertito in legge 27 febbraio 
1978, n. 41] (artt. 35 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 2 marzo 1981, n. 383, G. U. 7 ottobre 1981, 

n. 276. 
legge 3 gennaio 1978, n. 1, art. 5, ultimo comma (artt. 3, 24, 100, primo 
comma, 103, primo comma, 113 e 125, secondo comma, della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione quinta giurisdizionale, ordinanza 24 aprile 1981, 

n. 470, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. 
legge 21 febbraio 1978, 11. 843, art. 16, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Siena, ordinanza 16 maggio 1981, n. 477, G. U. 28 ottobre 1981, 

n. 297. 
legge 27 febb1�aio 1978, n. 41, art. 7 (artt. 3 e 44, secondo comma, della 
Costituzione). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 11 dicembre 1980, n. 163/1981, G. U. 1 luglio 
1981, n. 179. 

Tribunale di Palmi, ordinanza 12 marzo 1981, IL 394, G. U. 2 settembre 
1981, n. 241. 

d.l. 30 marzo 1978, n. 77, art. 1 [convertito in legge 24 maggio 1978, n. 220] 
(art. 3 della Costituzione). 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G. U. 7 ottobre 
1981, n. 276. 

Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. U. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

d.l. 24 giugno 1978, n. 298, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G. U. 7 ottobre 
1981, n. 276. 

Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. U. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 4, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Cant�, ordinanza 11 febbraio 1981, n. 406, G. U. 14 ottobre 
1981, n. 283. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16 (artt. 3, 24, primo comma e 113, primo 
comma .della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Firenze, ordinanza 13 aprile 1981, n. 395, G. U. 
14 ottobre 1981, n. 283. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

78 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 24 e 62, ultimo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Bari, ordinanza 24 dicembre 1980, n. 226/81, G. U. 12 agosto 
1981, n. 221. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 27, 29 e 73 (artt. 3 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Pulsano, ordinanza 28 febbraio 1981, n. 349, G. U. 
2 settembre 1981, n. 241. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 27, terzo comma, e 69, sesto e settimo 
comma (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G. U. 7 ottobre 
1981, n. 276. 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. U. 28 ottobre 
1981, n. 297. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 29, n. 2 (artt. 3, 35 e 41 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Diano Marina, ordinanza 28 gennaio 1981, n. 262, 

G. U. 16 settembre 1981, n. 255. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 57 (art. 3 della Costitwione). 

Giudice conciliatore di La Spezia, ordinanza 1 dicembre 1980, n. 362/81, 

G. U. 30 sett~mbre 1981, n. 269. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58, 59, nn. 3 e 6, e 65 (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Rieti, ordinanza 30 gennaio 1981, n. 309, G. U. 23 settembre 
1981, n. 262. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 65, primo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Pavia, ordinanza 13 febbraio 1981, n. 224, G. U. 15 luglio 1981, 

n. 193. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 59, nn. 6 e 8, 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). 


Giudice conciliatore di Milano, ordinanza 2 febbraio 1981, n. 211, G. U. 
29 luglio 1981, n. 207. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). 


Pretore di Rovigo, ordinanza 12 febbraio 1981, n. 195, G. U. 22 luglio 
1981, n. 200. 


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PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo comma (art. 42 della Costituzione). 


Pretore di Enna, ordinanza 19 gennaio 1981, n. 240, G. U. 16 settembre 
1981, n. 255. 
Pretore di Pescara, ordinanza 27 febbraio 1981, n. 288, G. U. 22 luglio 
1981, n. 200. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69 e 73 (artt. 3, 41, 42, 47 della Costituzione). 


Pretore di Patern�, ordinanza 29 gennaio 1981, n. 216, G. U. 22 luglio 
1981, n. 200. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69, 73 e 29 (artt. 3, 41, 42 e 47 della Costituzione). 


Pretore di Patern�, ordinanza 21 febbraio 1981, n. 294, G. U. 23 settembre 
1981, n. 262. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69, settimo comma, e 73 [come modificato 
dalla legge 31 marzo 1979, n. 93] (artt. 3, 42 e 47 della Costituzione). 

Pretore di Latina, ordinanza 21 febbraio 1981, n. 266, G. U. 23 settembre 
.1981, n. 262. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 (art. 3 della Costituzione). 
Giudice conciliatore di Arezzo, ordinanza 29 gennaio 1981, n. 231, G. U. 
5 agosto 1981, n. 214. 

Tribunale di Lecce, ordinanza 24 febbraio 1981, n. 320, G. U. 23 settembre 
1981, n. 262. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 [nel testo modificato dall'art. 1-bis del 

d.l. 30 gennaio 1979, n. 21] (artt. 41 e 42 della Costituzione). 
Tribunale di Trani, ordinanza 28 aprile 1981, n. 425, G. U. 14 ottobre 1981, 

n. 283. 
legge 3 agosto 1978, n. 405, art. 2 (artt. 3 e 25 della Costituzione). 

Pretore di Partinico, ordinanza 28 novembre 1978, n. 225/81, G. U. 26 agosto 
1981, n. 234. 

d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Voltri, ordinanza 5 febbraio 1981, n. 282, G. U. 9 settembre 
1981, n. 248. 

legge 9 agosto 1978, n. 463, art. 13, settimo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 8 luglio 1980, 

n. 310/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

80 

legge regione Sicilia 10 agosto 1978, n. 35, art. 2, primo comma (artt. 42, 

secondo comma e 97, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 19 aprile 1980, 

n. 435/81, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. 
legge regione Piemonte 22 novembre 1978, n. 69, art. 3, ultimo comma (art. 128 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 24 settembre 
1980, n. 183/1981, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. 

legge regione Sicilia 27 dicembre 1978, n. 71, art. 48 (artt. 3, 41, 101 della 
Costituzione e 14 dello Statuto regione Sicilia). 

Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 10 dicembre 
1979, n. 347/81, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. 

legge regione Abruzzo 28 dicembre 1978, n. 87, art. 15, quinto comma (artt. 117 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 30 aprile 1980, 

n. 227/81, G. U. 26 agosto 1981, n. 234. 
d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, art. 3, quarto comma [sostituito da d.P.R. 
31 marzo 1979, n. 94, art. 7] (art. 25, secondo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Ascoli Piceno, ordinanza 16 ottobre 
1980, n. 326/81, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. 

legge 3 aprile 1979, n. 95, art. 5, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Tribunale di Milano, ordinanza 11 novembre 1980, n. 268/81, G. U. 5 agosto 
1981, n. 214. 

legge 29 febbraio 198q, n. 33, art. 14, 14-bis e 14-ter (artt. 35 e 38 della Costituzione). 


Pretore di Padova, ordinanza 2 marzo 1981, n. 383, G. U. 7 ottobre 1981, 

n. 276. 
legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 4, ultimo comma, e 6, secondo comma (artt. 
3, 24 e 38 della Costituzione). 

Tribunale di Cosenza, ordinanza 9 gennaio 1981, n. 222, G. U. 19 agosto 
1981, n. 227. 

legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, primo e secondo comma (art. 3, primo 
comma, 24, primo comma, 25, primo comma e 102, primo comma, della Costituzione). 


Pretore di S. Maria Capua Vt!tere, ordinanze 17 marzo 1981, nn. 388, 389 
e 390/81, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, secondo comma (art. 24, primo e secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 9 marzo 1981, n. 287, G. U. 23 settembre 1981, 

n. 
262. 
Pretore di Genova, ordinanza 5 marzo 1981, n. 307, G. U. 23 settembre 1981, 
n. 262. 
legge 11 luglio 1980, n. 312, artt. 46, ultimo comma, e 51, primo, secondo 
e quinto comma (artt. 3, primo comma e 38, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Molise, ordinanza 12 febbraio 
1981, n. 471, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. 

legge 29 luglio 1980, n. 385, art. 1, primo e secondo comma (artt. 42, terzo 
comma, e 136, primo comma, della Costituzione). 

Corte d'app�llo di Firenze, ordinanze 3 aprile 1981, nn. 444 e 445, G. U. 
21 ottobre 1981, n. 290. 

legge 8 agosto 1980, n. 441, �art. 10-bis (artt. 3, 25, 28, 97, 101, 102, 103 e 104 

della Costituzione). 
Corte dei Conti � sezione prima giurisdizionale, ordinanza 14 novembre 
1980, n. 313/81, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. 

legge 12 marzo 1981, n. 58, art. 2 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Casoria, ordinanze 26 giugno e 2 luglio 1981, nn. 595, 596, 597 
e 598, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. 

d.l. 
28 maggio 1981, n. 246 (artt. 5, 115, 117, 119 e 123 della Costituzione). 
Presidente giunta regionale Veneto, ricorso 2 luglio 1981, n. 31, G. U. 15 luglio 
1981, n. 193. 

d.l. 28 maggio 1981, n. 246 (artt. 77, secondo comma, 81, 5, 117 e 119 della 
Costituzione). 
Presidente giunta regionale Piemonte, ricorso 1 luglio 1981, n. 28, G.U. 
15 luglio 1981, n. 193. 
Presidente giunta regionale Marche, ricorso luglio 1981, n. 30, G.U. 
15 luglio 1981, n. 193. 
Presidente giunta regionale Toscana, ricorso 3 luglio 1981, n. 35, G.U. 
15 luglio 1981, n. 193. 

d.I. 
28 maggio 1981, n. 246, art. 8 (art. 3, 97 e 119 della Costituzione). 
Presidente giunta regionale Liguria, ricorso 2 luglio 1981, n. 34, G.U. 15 lu� 
glio 1981, n. 193. 

d.l. 28 maggio 1981, n. 246, artt. 8, 9, e 10 (artt. 115 e 119 della Costituzione). 
Presidente giunta regionale Lombardia, ricorso 3 luglio 1981, n. 41, G. U. 
15 luglio 1981, n. 193. 


82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.l. 28 maggio 1981, n. 246, artt. 8, 9 e 12, parte prima (artt. 119, 117 e 118 della 
Costituzione). 
Presidente giunta regionale Emilia Romagna, ricorso 3 luglio 1981, n. 39, 

G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 
d.l. 28 maggio 1981, n. 246, art. 13 (artt. 7, 8, 54, quarto comma, dello Statuto 
speciale della Sardegna). 
Presidente della giunta regionale Sardegna, ricorso 7 luglio 1981, n. 45, 

G. U. 22 luglio 1981, n. 200. 
d.I. 28 maggio 1981, n. 247 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 
Presidente della giunta regionale Emilia Romagna, ricorso 3 luglio 1981, 

n. 37, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 
I I 

d.l. 28 maggio 1981, n. 247, art. 1, terzo, quarto e quinto comma (artt. 4, 
n. 7, 8, n. 1, 9, n. 10, 16, primo comma e 78 dello statuto speciale del Trentino 
Alto-Adige). 
Presidente della giunta provinciale di Bolzano, ricorso 7 luglio 1981, n. 44, 

G. U. 22 luglio 1981, n. 200. ~ 
d.l. 28 maggio 1981, n. 248 (artt. 5, 77, 81, 117 e 119 della Costituzione). 
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Presidente giunta regionale Piemonte, ricorso 1 luglio 1981, n. 27 G. U. 

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15 luglio 1981, n. 193. 
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Presidente giunta regionale Marche, ricorso luglio 1981, n. 29, G. U. 
15 luglio 1981, n. 193. 


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Presidente giunta regionale Toscana, ricorso 3 luglio 1981, n. 36, G. U. i:: 
15 luglio 1981, n. 193. ' 

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d.I. 28 maggio 1981, 11. 248 (artt. 5, 115, 117, 118, 119, 123, 128 della Costi, 
tuzione). '
l 

Presidente giunta regionale Veneto, ricorso 2 luglio 1981, n. 32, G. U. 
15 luglio 1981, n. 193. 

D.-L. 28 maggio 1981, n. 248 (artt. 77, secondo comma, 81, 5, 117 e 119 della 

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Costituzione). ~ 

Presidente giunta regionale Lazio, ricorso 7 luglio 1981, .n. 47, G.l.i ~ 
22 luglio 1981, n. 200. 

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D.L. 28 maggio 1981, n. 248 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). 
I

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Presidente della giunta regionale Emilia Romagna, ricorso 3 luglio 1981, 

f.' 

n. 38, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. fil 
d.l. 28 maggio 1981, n. 248, art. 1 (artt. 1, 48, 7, n. 1, dello statuto speciale 
della regione Friuli-Venezia Giulia). 
I

Presidente della giunta regionale Friuli-Venezia Giulia, ricorso 4 luglio 1981, 

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n. 42, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 
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PARTE II, LEGISLAZIONE 

D.-L. 28 maggio 1981, n. 248, art. 1 (artt. 3, 97, 115, 119 e 130 della Costituzione). 


Presidente giunta regionale Liguria, ricorso 2 luglio 1981, n. 33, G. U. 15 luglio 
1981, n. 193. 

d.I. 28 maggio 1981, n. 248, art. 1, terzo e quinto comma (artt. 4, n. 7, 8, 
n. 1; 9, n. 10; 16, primo comma, e 78 dello statuto sepciale del Trentino-Alto 
Adige). 
Presidente giunta provinciale di Bolzano, ricorso 7 luglio 1981, n. 43, G. U. 
22 luglio 1981, n. 200. 

d.l. 28 maggio 1981, n. 248, art. 1, terzo e quinto comma (artt. 7, 8, 54, quarto 
comma, dello statuto speciale della Sardegna). 
Presidente della giunta regionale Sardegna, ricorso 7 luglio 1981, n. 46, 

G. U. 22 luglio 1981, n. 200. 
d.I. 28 maggio 1981, n. 248, art. 1, quarto comma (artt. 117, 118 e 119 della 
Costituzione). 
Presidente della giunta regionale della Lombardia, ricorso 3 luglio 1981, 

n. 40, G.U. 15 luglio 1981, n. 193. 
legge regione Toscana 30 giugno 1981, n. 86/80 (artt. 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 27 luglio 1981, n. 48, G. U. 12 ago� 
sto 1981, n. 221. 

d~I. 29 luglio 1981, n. 400, artt. 1 e 3 (artt. 117, 118, 119 e 3 della Costi� 
tuzione). 

Presidente giunta regionale Emilia-Romagna, ricorso 24 agosto 1981, n. 49, 

G. U. 2 settembre 1981, n. 241. 
d.l. 29 luglio 1981, n. 401, artt. 2, 4, 5 e 6 (artt. 119, 117 e 118 della Costituzione). 
Presidente giunta regionale Emilia Romagna, ricorso 24 agosto 1981, n. 50, 

G. U. 2 settembre 1981, n. 241. 
d.I. 29 luglio 1981, n. 401, artt. 2, primo comma, e 6 (artt. 119, 97, 117 e 123 
della Costituzione). 
Presidente giunta regionale Liguria, ricorso 4 settembre 1981, n. 52, G. U. 
16 settembre 1981, n. 255. 

d.l. 29 luglio 1981, n. 401, art. 3 (artt. 7, 8 e 54, quarto comma, dello Statu� 
to speciale della regione Sardegna). 
Presidente giunta regionale Sardegna, ricorso 31 agosto 1981, n. 51, G. U. 
16 settembre 1981, n. 255. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

84 

legge 1 agosto 1981, n. 423 (artt. 8, n. 21, 9, n. 3, 16, primo comma, d.P.R. 
31 agosto 1972, n. 670). 

Presidente provincia autonoma di Bolzano, ricorso 11 settembre 1981, n. 54, 
�G. U. 23 settembre 1981, n. 262. 

legge 1 agosto 1981, n. 423, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 12, 14, 16, e 17 (artt. 8, n. 21, 
9, n. 3 e 16, primo comma, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670). 

Presidente provincia autonoma di Trento, ricorso 11 settembre 1981, n. 53, 

G. U. 23 settembre 1981, n. 262. 
legge 5 agosto 1981, n. 441 (art. 4 statuto di autonomia regione Friuli-Venezia 
Giulia). 

Presidente della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, ricorso 17 settembre 
1981, n. 55, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. 

legge approvata dal consiglio regionale della Liguria il 16 settembre 1981, 
artt. 4, quinto comma, e 14 (artt. 3, 36, 97 e 117 della Costituzione). 

Ricorso Presidente Consiglio dei Ministri 9 ottobre 1981, n. 56, G. U. 21 ottobre 
1981, n. 290.