ANNO XXXIM N. 4-5 LUGLIO-OTTOBRE 1981 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubbiicazione bimestrale di serv1z10 ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1981 ABBONAMENTI ANNO L. 22.000 UN NUMERO SEPARATO ................... . � 4.000 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (3219021) Roma, 1981 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Franco Favara} . . . . . . . . . . pag. 441 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNA-� ZIONALE (a cura del/'avv. Oscar Fiumara) . � � 463 ~�ezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo} � . � . � � � � 496 Sezione quarto: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Adriano Rossi e Antonio Catricol�} . . . . . . � 512 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Raffaele Tamiozzo} . . . .. . . . . . � 539 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato Carlo Baf�le) . . . . . . . . . . . � 542 ~ezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria} . . . � 597 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Belmonte e Nicola Bruni) 613 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE � � � . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Giovanni CoNTU, Cagliari; Francesco GUICCIARDI, Genova; Marcello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. NOTA REDAZIONALE Pubblichiamo il discorso pronunciato, quale relatore, dall'Avvocato Generale al Convegno di Messina-Taormina del 3-8 no vembre 1981, intitolato a � Cinquanta anni di esperienza giuridica in Italia�. Per la lettura della pi� ampia relazione scritta, con relativo corredo di note biblio grafiche, si rinvia alla pubblicazione degli atti del Convegno, curata dalla Giuffr�. � un onore ed un onere per me riaprire questa mattina i lavori di un congresso che ha rivelato, nella sua prima giornata, quanto felice sia stata l'idea organizzativa di cui gi� brillantemente il Prof essore Falzea in prima apertura ha fissato la trama. Una trama che subito � stata riempita di contenuti di altissimo livello dalla consonante e lucidissima relazione di Vezio Crisafulli, seguita, in chiusura di interventi, da quella cos� tesa, cos� densa ed acuta di Franco Piga: � per questo un onere non lieve riallacciare un discorso che ha raggiunto, anche con gli interventi del pomeriggio, toni cos� alti di sapienza e di dottrina giuridica. All'onore concessomi posso corrispondere mantenendo il mio intervento in limiti quanto possibile contenuti, rimandando, per altri aspetti, alla relazione che � stata, con tanta prontezza, pubblicata e distribuita (un'altra delle tante brillanti iniziative di cui la Casa Giuffr� arricchisce ogni giorno questo Convegno che gi� tanto le deve). Per il resto mi assiste la fortuna di poter limitare il mio compito a delineare -differenzialmente -il contributo specifico dell'Avvocatura dello Stato rispetto a quello, cui, sotto tanti profili, si apparenta, dell'esperienza professionale forense. Su questo tema parleranno ancora illustri e prestigiosi relatori che potranno integrare le manchevolezze e le insufficienze del mio intervento. Il mio proposito � quello di porre l'accento sui mutamenti istituzionali -e, su quelli qualitativi e quantitativi -dell'attivit� dell'Istituto, per porne in evidenza la stretta correlazione con l'evol RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO versi della societ� in cui esso, nel corso di quest'ultimo cinquantennio, ha operato ed opera. Tali mutamenti si riscontrano in corrispondenza con le due grandi crisi di trasformazione della societ�, che si possono individuare (sia pure attraverso schematizzazioni e semplificazioni inevitabili quando si debba condensare nel volgere di un breve discorso un mezzo secolo di eventi) l'una in quella intercorsa tra le due guerre mondiali e l'altra nella crisi contemporanea. L'esigenza di una difesa in.giudizio dello Stato nasce, ovviamente, dall'attuazione del principio illuministico della divisione dei poteri. Essa, tuttavia, assume diversa natura e connotazione col mutare dello Stato che si sottopone al giudizio e del diritto alla cui stregua l'affronta. Quando, poi, tale difesa sia affidata, come nell'ordinamento italiano, ad un organismo istituzionale, la natura di questo, come il tipo della sua attivit�, muteranno con il trasformarsi della concezione del diritto e dello Stato, secondo un processo che, come vedremo, � al tempo stesso non solo sintomatico ma anche, in qualche misura, causativo. Nel nostro sistema la difesa in giudizio dello Stato si � andata consolidando come attivit� esclusiva di un organo tecnico, distinto dall'Amministrazione parte in causa e progressivamente dotato di piena autonomia funzionale, ma sempre incardinato nell'organizzazione statale. Questa posizione consente all'Istituto di percepire (oggi con crescente sensibilit�) i segnali dell'esperienza giuridica non solo nel momento esteriore di partecipazione giudiziaria al formarsi del �diritto vivente�, ma anche nel momento interiore dell'appartenenza all'organismo statuale, cui � in grado di trasmettere impulsi idonei a promuoverne, nel suo mutare, l'adeguamento alla continua trasformazione della societ�. In questo mutare l'Avvocatura � sempre pi� coinvolta, rientrando, ormai, tra i suoi compiti istituzionali, quello di rappresentare al Governo -tramite l'attivit� consultiva, con le relazioni periodiche e con il suggerimento di iniziative legislative -quei f ermenti di divenire sociale, captati nel cimento giudiziario, cui l'ordinamento non riesca pi� a fornire adeguate risposte. D'altronde l'assoggettamento istituzionale dello Stato al giudizio rappresenta, nel variare delle sue regole e della sua prassi, tipica misura di un punto di equilibrio nel rapporto dialettico, che in larga parte si scandisce in giudizio, tra principio di autorit� e principio di libert�: un punto di equilibrio in spostamento continuo e sincronico col processo di evoluzione del diritto e dello Stato, al cui divenire l'Avvocatura � legata, come testimone e partecipe, NOTA REDAZIONALE Vll nel quotidiano esercizio di un contenzioso, la cui fisionomia va mutando tanto pi� intensamente quanto pi� si accelera il moto di trasformazione della societ� e quanto pi� lo spazio del settore pubblico acquista pluralit� di dimensioni e vastit� di espansione rispetto agli affari di natura eminentemente privatistica e patrimoniale che caratterizzavano, all'origine, il tradizionale contenzioso dello Stato. Vorrei rilevare, in proposito, una coincidenza, non certo casuale, tra data iniziale del periodo in esame e momento di sostanziale trasformazione dell'Avvocatura. I primi anni trenta videro, infatti, attraverso una serie sinergica di interventi legislativi, una sostanziale trasformazione dell'Istituto con un ampliamento di compiti e di funzioni veramente imponente. A ci� � seguita, nel secondo dopoguerra, l'innovatrice esperienza del regime costituzionale e democratico. * * * 2. -Nata nel 1876, l'Avvocatura rispecchiava, con la riduttiva denominazione di � Erariale �, le strutture dello Stato liberale, le cui istanze di tipo censitario trovavano piena regolamentazione in un diritto civile che aveva nell'istituto della propriet�, staticamente inteso, il proprio cardine. Il discrimine dell'assoggettabilit� dello Stato a giudizio era individuato nella natura dell'attivit� svolta � iure gestionis � o � iure imperii �; Un tale quadro di origine rifletteva la semplicit� geometrica di un ordinamento giuridico nato dalla fiducia illuministica nella dea Ragiqne e sublimato, al suo tramonto, nella costruzione kelseniana. Ma cos� il concettualismo come la concezione statica del diritto, che ne erano alla base, venivano travolti nei primi decenni del secolo, nel corso di una prof onda crisi di trasformazione della societ�, che si accentuava negli anni trenta (data d'inizio del cinquantennio in esame) ed alla quale faceva riscontro un'evoluzione dell'Istituto. Lo sviluppo economico e le prime avvisaglie dell'avvento di una civilt� di massa, l'accrescersi del numero e dell'importanza dei � gruppi intermedi � fra individuo e Stato, avevano ormai reso inadeguata la dimessa veste di � guardiano notturno >>, assunta dallo Stato liberale, ed indotto il pubblico potere ad intervenire con incisivit� sempre maggiore nelle attivit� economiche, ormai proiettate in una fase dinamica, in cui emergeva il profilo funzionale dell'istituto .proprietario, focalizzato nel momento socialmente pi� rilevante di una attivit� imprenditoriale (spesso eserc�ta, in via immediata o mediata, dalla mari.o pubblica). Vlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La crisi di trasformaz'ione alla quale ho� appena accennato, dipanandosi tra le due guerre mondiali, si rivel� altrettanto profonda di quella del 1789 e si estese a gran parte dell'Occidente, pur nella differenza dei regimi politici. Alcuni dei principi-base della rivoluzione di ottobre, avevano trovato, infatti, accoglienza ed erano ormai diventati patrimonio comune anche nei Paesi in cui l'ideologia marxista era pi� osteggiata, tanto che si sarebbe potuto allora dire del socialismo ci� che Croce ha poi detto del cristianesimo. Aleggi� allora, nonostante tutto, e forse pi� acutamente, quel �sapore d'Europa�, di cui ha parlato Montale. Non a caso, in Italia la funzione sociale della propriet� fu prevista a tutte lettere nel progetto di riforma del Codice Civile elaborato dalla Commissione reale e d'altronde quella funzione, pur se non formalmente riconosciuta, inform� nella sostanza molte norme del codice del '42. Da tale trasformazione della societ� nacque la necessit� di un ampliamento e di una articolazione della normativa e degli organi amministrativi e giudiziari chiamati ad eseguirla e ad applicarla. In tale evoluzione, il contenzioso dello Stato spost� il proprio centro di gravit� da un diritto privato di tradizione bimillenaria ad un diritto pubblico di ben pi� recente formazione, alle prese con sempre pi� complessi problemi di divisione di poteri e riparto di competenze. La relativa difesa in giudizio, che alle origini si era sostanzialmente risolta nella tutela del diritto di propriet� dello Stato nei confronti degli omologhi diritti dei privati, and� gradualmente trasformandosi nella tutela delle prerogative del potere pubblico nei confronti degli interessi dei privati con esso confliggenti (su di un piano, peraltro, di equiordinazione formale e di progrediente spostamento sostanziale del punto di equilibrio fra ragione pubblica e diritto di libert� dei privati). In significativo parallelo si realizz� una sostanziale riforma dell'Istituto: pochi anni dopo l'unificazione in Roma della Corte di Cassazione e la quasi contemporanea istituzione del foro dello Stato, Corte dei Conti ed Avvocatura dello Stato (fino allora dipendenti dal Ministero delle finanze) e Consiglio di Stato (gi� alle dipendenze del Ministero dell'Interno) furono incardinati nel plesso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, previo mutamento della denominazione dell'Istituto da <<Avvocatura Erariale� ad �Avvocatura dello Stato�, il che, all'evidenza, trascende la notazione meramente nominalistica, ove pure si consideri Vestensione del patrocinio a tutte le amministrazioni statali, anche.,.ad ordinamento autonomo e, potenzialmente, a tutti gli enti pubblici. . ~ NOTA REDAZIONALE Si realizzava cos� un disegno di riforma dell'Istituto che, maturato in quel torno di tempo, culminava nel Regio Decreto 30 novembre 1933 n. 1611. Ed accadeva che, in parte per una bizzarria, del resto non infrequente nella storia, in parte per l'influenza ancora viva, seppure latente, della crisi di trasformazione che agitava l'Occidente, la riforma, invece di rispondere alla logica accentratrice e illiberale del regime autoritario da cui proveniva, restituisse l'Istituto ad una sua lontana dimensione preunitaria e ad originarie vocazioni legalitarie e garantistiche, che affandavano le radici nella tradizione del leggendario regime preliberale della Toscana dei Lorena, nel quale l'� Avvocato Regio� aveva funzioni assai simili a quelle dell'ombudsman scandinavo. Questa originaria ispirazione, mortificata al momento del trapasso -nel mutato contesto istituzionale, culturale e socio-economico -dell'Istituto nelle nuove strutture del Regno d'Italia, riemergeva negli anni trenta, con la restituzione di maggiore dignit� alle funzioni dell'Avvocatura -che passava dalle anguste dimensioni dell'Erario a quelle totalizzanti dello Stato -con un risveglio di quella vocazione giustiziale, che dovr� poi trovare pienezza di attuazione nell'ordinamento nato dalla Costituzione repubblicana del 1948. L'innovazione procedurale, realizzata attraverso la concentrazione delle cause nel foro dello Stato, permise la loro trattazione diretta da parte dell'Avvocatura, acuendo sensibilit� e responsabilit�, e consentendo un miglior coordinamento delle politiche difensive. Si consegu�, inoltre, col monopolio delle notifiche, una pi� immediata percezione ed una pi� sicura direzione unitaria del contenzioso. L'innovazione sostantiva, poi, relativa all'ampliamento della sfera dei soggetti patrocinati ed al collocamento verticistico dell'Istituto nell'apparato pubblico, mut� il senso e la prospettiva dell'attivit� svolta, indirizzandola dal settoriale verso il generale. Questo potenziamento di compiti e di strumenti procedurali comport�, naturalmente, una trasformazione della funzione: la completa ed organica visione dell'interesse pubblico, che doveva informare l'Avvocatura nell'indirizzare con i pareri l'attivit� amministrativa e nel formulare le difese giudiziali, comport� necessariamente il ripudio di ogni interpretazione parziale dell'interesse contingente in gioco ed il perseguimento, invece, di un fine di giustizia sostanziale. A tanto non fu, poi, certo estraneo un altro importantissimo ampliamento di funzioni dell'Istituto, consistente nel patrocinio delle pubbliche amministrazioni dinanzi ad un giudice amministrativo -il Consiglio di Stato -le cui funzioni giurisdizionali erano state, com'� noto, nel periodo anteriore dapprima inesistenti, poi dubbie escludere nei confronti dell'Amministrazione le azioni dirette ad ottenere un facere, quelle possessorie e cautelari, di indebito arricchimento, di negotiorum gestio. Altra grande battaglia giudiziaria basata sulla improponibilit� della domanda fu quella sui limiti della responsabilit� aquiliana dell'Amministrazione in connessione con l'esercizio di un potere discrezionale. La battaglia, com'� noto, fino allora volgente in vantaggio dello Stato, fu perduta definitivamente, nei suoi termini generali, proprio nei primi anni trenta, con l'affermazione del principio del � neminem laedere �, come clausola generale, operativa, omisso medio, quale che fosse il tipo di potere il cui esercizio avesse occasionato la lesione di un diritto. Si ebbe, peraltro, in materia, un utile chiarimento sia attraverso la precisazione della rif eribilit� del principio solo ai diritti soggettivi primari, sia attraverso la discriminazione, ancora oggi riconosciuta valida, tra determinazione di operare, riservata discrezionalmente all'Amministrazione, ed eventuale colpa, sindacabile dal giudice, nell'impiego dei mezzi operativi. Ebbe, invece, riconoscimento la tesi -ancor oggi pacifica in giurisprudenza -della irrisarcibilit� dei danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi. Con riferimento al secondo aspetto pu� ricordarsi il contributo fornito alla tormentata evoluzione del concetto stesso di interesse legittimo, originariamente ancorato all'arcaica distinzione fra attivit� iure gestionis ed attivit� iure imperni e poi via via correlato escludere nei confronti dell'Amministrazione le azioni dirette ad ottenere un facere, quelle possessorie e cautelari, di indebito arricchimento, di negotiorum gestio. Altra grande battaglia giudiziaria basata sulla improponibilit� della domanda fu quella sui limiti della responsabilit� aquiliana dell'Amministrazione in connessione con l'esercizio di un potere discrezionale. La battaglia, com'� noto, fino allora volgente in vantaggio dello Stato, fu perduta definitivamente, nei suoi termini generali, proprio nei primi anni trenta, con l'affermazione del principio del � neminem laedere �, come clausola generale, operativa, omisso medio, quale che fosse il tipo di potere il cui esercizio avesse occasionato la lesione di un diritto. Si ebbe, peraltro, in materia, un utile chiarimento sia attraverso la precisazione della rif eribilit� del principio solo ai diritti soggettivi primari, sia attraverso la discriminazione, ancora oggi riconosciuta valida, tra determinazione di operare, riservata discrezionalmente all'Amministrazione, ed eventuale colpa, sindacabile dal giudice, nell'impiego dei mezzi operativi. Ebbe, invece, riconoscimento la tesi -ancor oggi pacifica in giurisprudenza -della irrisarcibilit� dei danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi. Con riferimento al secondo aspetto pu� ricordarsi il contributo fornito alla tormentata evoluzione del concetto stesso di interesse legittimo, originariamente ancorato all'arcaica distinzione fra attivit� iure gestionis ed attivit� iure imperni e poi via via correlato X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e che solo in quel torno di anni raggiungevano compiutezza di maturit� e pienezza di tradizione. * * * 3. -L'esperienza concreta dell'attivit� di istituto, nel periodo intercorrente tra gli anni '30 e la nuova crisi seguita all'assestamento del secondo dopoguerra, vede, in via di massima, concentrata l'attenzione dell'Avvocatura sull'individuazione della posizione che lo Stato assume in giudizio, con riferimento ai limiti del potere del giudice nei confronti dell'Amministrazione. Baster� accennare a tre aspetti r_iguardanti la delimitazione dei poteri del giudice ordinario nei confronti dell'amministrazione, il discrimine fra giurisdizione ordinaria ed amministrativa ed i limiti del giudizio di legittimit�. In relazione al primo aspetto, si deve ricordare l'elaborazione della tesi sulla improponibilit� della domanda, che condusse ad NOTA REDAZIONALE Xl alle sempre pi� affinate dicotomie tutela diretta -tutela indiretta, attivit� vincolata -attivit� discrezionale, norma di relazione -norma di azione. Il problema �, come � ben noto, l'originale nocciolo del diritto amministrativo italiano, che veniva evolvendosi, in quel torno di anni, in forme schiettamente pretorie con il costante contributo dialettico dell'Avvocatura. Con riguardo, infine, al terza aspetto, sembra opportuno ricordare due tesi difensive vittoriosamente sostenute dinanzi al giudice amministrativo, relative, l'una, alla necessit� di individuare in capo al ricorrente un interesse a ricorrere, oltre che un interesse leso, per dargli ingresso in giustizia; l'altra, alla impossibilit� di far valere i diritti come interessi dinanzi al giudice amministrativo secondo la nota teoria della � doppia tutela "� 4. -Passando ad esaminare il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, giova rilevare che, se per la prima grande crisi del secolo pu� -sia pure con semplificazione riduttiva -riguardarsi alla rivoluzione russa come punto di riferimento, la seconda grande crisi che ancora stiamo vivendo, non appare caratterizzata da eventi sufficientemente imponenti: fatti come i moti di Berkeley o il maggio francese sembrano, infatti, pi� che altro sintomi di un grande rivolgimento generale, punte emergenti di un iceberg di dimensioni ancora non identificabili. Con la doverosa riserva di approssimazione e semplificazione gi� fatta e che qui si deve ribadire, perch� il contemporaneo � il meno privilegiato degli osservatori, possiamo collocare la data d'inizio della crisi di trasformazione che ancora viviamo e che travaglia tutto l'occidente industrializzato alla fine dell'assestamento postbellico. La combinazione di un ideale politico informato ai concetti di welfare state e di sicurezza sociale con un fenomeno economico di prolungata e vistosissima crescita ha portato a quella che suole definirsi civilt� dei consumi e subito dopo alla sua crisi. L'accesso di una massa di persone ad una massa di beni, entrambe cos� enormi da essere inimmaginabili solo pochi anni addietro ha portato, come � stato acutamente rilevato, a peggiorare -e a volte in maniera drammatica -aspetti essenziali della qualit� della vita. Di qui l'avvio di una reazione di recupero dei valori non effimeri della persona umana, in una sorta di nuovo umanesimo che vede in ciascun uomo, affrancato dai bisogni e dai rischi, il consapevole membro di una societ� sostanzialmente (e non pi� solo formalmente) ugualitaria, partecipe della sua costruzione e del suo divenire cos� nel suo momento politico come in quello economico. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII Sarebbe presunzione pretendere di analizzare tutti i riflessi portati da tali rivolgimenti sul piano giuridico: pu� per� accennarsene qualcuno, a grandi linee. Si va appannando l'istituto della responsabilit� per colpa, man mano soppiantato, in progressione, da quello della responsabilit� oggettiva per rischio. Si accentua la crisi dell'istituto proprietario, inidoneo, da un lato, a garantire la tutela degli interessi diffusi e, dall'altro lato, sempre meno importante, in una economia in cui la vera grande ricchezza � rappresentata da valori controllati da soggetti non proprietari. Analoga svalutazione -anche se per ragioni diverse -patisce l'istituto del contratto, per effetto soprattutto della standardizzazione. Nell'impresa, infine, al valore del momento dinamico dell'attivit�, posto in luce dal diritto commerciale, si contrappone quello istituzionale della comunit� di lavoro in cui si realizza l'esigenza partecipativa dei membri della nuova societ�. In questo senso si � parlato della forza creatrice del diritto del lavoro e del diritto del lavoro come � nuova frontiera del diritto � in una visione della societ� che, recentissimamente, ha trovato il pi� alto avallo nell'enciclica papale � Laborem excercens �. Altrettanto profondi i rivolgimenti nel diritto pubblico (a cominciare dalla revisione della stessa nozione dell'antica netta dicotomia privato-pubblico). I poteri dello Stato si articolano ormai in modo assai diverso da quello elaborato dalla filosofia di Montesquieu e si moltiplicano i soggetti pubblici, esponenziali e non, talvolta con confusione di ruoli e di competenze in una situazione in rapido divenire ed in un quanto mai complesso check and balance. Si affaccia addirittura la teoria dell'annullamento, nello Stato moderno, della distinzione dei poteri. �Il potere � unico -scrive ::;.�� Garcia V aldecasas -e lo Stato � il suo profeta �. � una prospettiva pessimistica ed allarmante. Pi� realisticamente si deve riconoscere come l'evoluzione dell'ordinamento in questi ultimi anni abbia portato alla creazione di molte pi� strutture e procedure ibride -fra pubblico, privato e collettivo -di quante non siano le categorie classiche elaborate dalla giuspubblicistica tradizionale. Un tipico connotato di tale categoria di procedure -da taluno definite espressione caratteristica di democrazia consociativa o partecipativa -� l'intervento delle c.d. � parti sociali � nel procedimento di predisposizione del contenuto di atti normativi di vario rango. � evidente che in procedimenti di tale tipo, i sindacati non intervengono �in proprio�, nell'esercizio del loro specifico potere ~.r._,,,~.-J :-: NOTA REDAZIONALE XIU contrattuale, ma in una funzione esponenziale della categoria di appartenenza, volta ad esprimere il � consenso � della � pq,rte sociale � partecipando, ex lege, alla formazi9ne del contenuto dell'atto emanando dal pubblico potere. Nel diritto penale, invece, gravi ed importanti nuovi fenomeni hanno profondamente mutato il quadro dell'esperienza giuridica. In correlazione con l'aumento vertiginoso della ricchezza circolante, con l'ampliamento dei mercati su scala internazionale e col gi� ricordato sdoppiamento tra propriet� e controllo, si sono delineati nuovi tipi di reato (i c.d. delitti dei colletti bianchi) e si � determinata una crescita della criminalit�, ai margini del mondo dell'economia, che ha preoccupanti risvolti di rilevantissima incidenza sociale. La crisi, poi, dei valori tradizionali ed il fermento della ricerca e del consolidamento dei nuovi, ha visto scatenarsi, ai margini del mondo della politica, inquietanti e barbare forme di criminalit�, aggravate dalla collusione tra terrorismo e criminalit� comune e dall'impiego dei pi� avanzati strumenti delle moderne tecnologie. * * * 5. -Tali essendo, in rapidissima sintesi, le tendenze evolutive della crisi di trasformazione in atto, resta da verificare, secondo il programma, quale sia stato il correlativo mutamento istituzionale dell'Avvocatura e della sua concreta esperienza professionale. La Costituzione repubblicana del '48, pur non contemplando espressamente l'Avvocatura dello Stato, ha posto le basi di uno sviluppo legislativo che, spogliando l'Istituto delle anguste vesti di organo dello Stato-amministrazione, lo ha elevato al rango di organo dello Stato-ordinamento, conferendogli le parallele funzioni di organo dello Stato-comunit� ed attribuendogli una posizione di rilievo costituzionale, nell'ambito della �costituzione materiale� della Repubblica, attraverso una serie di norme succedutesi nel periodo in esame. Prima fra tutte deve citarsi la disposizione in forza della quale, nei giudizi dinanzi alla Corte Costituzionale, il Governo � rappre sentato e difeso dall'Avvocato Generale dello Stato o da un suo sostituto. Una seconda attribuzione di competenze particolarmente significativa, consacrata nella recente legge di riforma 3 aprile 1979 n. 103, � quella del patrocinio dello Stato italiano dinanzi alle Corti internazionali e sovranazionali (in relazione al fenomeno, non ancora sufficientemente approfondito, del graduale spostarsi del centro di XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO produzione normativo dalla sede nazionale a quella internazionale o sovranazionale) s� che -come significativamente ebbe a dichiarare in Parlamento il rappresentante del Governo -l'Avvocatura dello Stato deve considerarsi preposta alla difesa � degli interessi primari dell'ordinamento statuale... nonch� alla tutela dello Stato considerato com.e personificazione anche esterna di tutta la comunit� nazionale �, e ad essa deve riguardarsi come (< istituto fondamentale nell'assetto ... costituzionale del nostro ordinamento�. Terza importantissima attribuzione di competenze � quella del patrocinio delle Regioni a statuto speciale, prime e principali articolazioni di autonomia, al fine di garantire -come ha precisato la Corte Costituzionale -((l'unit� dell'ordinamento amministrativo generale... nel quadro del coordinamento fra l'organizzazione amministrativa dello Stato e quella delle Regioni�. Tale competenza � stata, poi, ampliata dal D.P.R. 616/1977, che ha conferito alle Regioni a statuto ordinario la facolt� di avvalersi del patrocinio e della consulenza dell'Avvocatura. La legge di riforma 103/1979 gi� citata ha, infine, completato il quadro prevedendo la possibilit�, per le Regioni a statuto ordinario, di avvalersi dell'organo legale dello Stato in via esclusiva ed organica mediante una semplice deliberazione amministrativa, con estensione della consulenza e del patrocinio anche ai Comuni e alle Provincie per quanto riguarda le funzioni delegate e sub-delegate. Da ultimo � necessario ricordare una attribuzione ulteriore di competenze consistente nell'assunzione del patrocinio di amministrazioni estere e organizzazioni internazionali per effetto di decreti del Presidente della Repubblica: importanti, fra tutti, i Comandi NATO con sede in Italia; la Commissione delle Comunit� Europee e la Banca Europea degli Investimenti. Da questa evoluzione del sistema giuridico costituzionale emerge un insieme di linee di tendenza che, seppure ancora in corso di costruzione, hanno portato l'Avvocatura dall'elementare funzione mediatrice fra amministrazione e giurisdizione, nell'ambito di un � esecutivo �, di ottocentesca concezione, ad un compito di attiva presenza su tutti i terreni in cui si verifica l'incontro -e non necessariamente lo scontro -di tutte le entit� attributarie di pubbliche potest�, mediando nel delicato equilibrio di una pluralit� di ordinamenti, a livello nazionale e sovranazionale. Essa �, infatti, ora chiamata a collaborare alla dialettica di una costante verifica della congruenza fra normativa ordinaria e normativa costituzionale, fra normativa interna e normativa sovranazionale, fra normativa nazionale, normativa regionale e normativa di rango inferiore nella gerarchia delle fonti. NOTA REDAZIONALE � xv * * * 6. -In questi termini si precisa e si caratterizza la funzione di avvocato pubblico istituzionale che, per la sua natura pluridimensionale e per la connaturale vocazione giustiziale, ha ormai assunto l'Avvocatura dello Stato. In tale quadro, acquista pi� pregnante rilievo l'attivit� consultiva, il cui apporto � stato di recente sottolineato in relazione all'elaborazione di testi normativi: l'art. 15 della legge n. 103 del 1979 ha, infatti, specificamente attribuito all'Avvocato Generale dello Stato il compito di segnalare al Presidente del Consiglio carenze, oscurit�, incongruit� della legislazione vigente che la pratica giudiziaria metta in rilievo. Tale norma, istituzionalizzando l'apporto� tecnico dell'Istituto all'esercizio della funzione legislativa, riafferma una volta di pi�, se mai ve ne fosse bisogno, la specifica posizione di rilievo costituzionale dell'Avvocatura, le cui funzioni sono caratterizzate, per altro verso e con specifico riferimento all'attivit� contenziosa, in forma che vorrei definire � irripetibile �. L'Avvocatura �, infatti, l'unico organismo al quale il nostro ordinamento attribuisca istituzionalmente la rappresentanza e difesa in giudizio, che altrimenti la legge sulla professione forense riserva (per diretto e specifico mandato relativo ad ogni singola lite), alle persone fisiche iscritte in apposito alb.o, ancorch� tali persone possano in ipotesi far parte di � uffici legali � come dipendenti di enti pubblici o privati. Questi uffici, infatti, non esercitano istituzionalmente la professione forense, non sono essi titolari del mandato, che � invece conferito dagli organi dell'Ente di appartenenza al singolo avvocato-dipendente. L'Avvocato dello Stato, per contro, ripete la sua abilitazione professionale dalla sola appartenenza all'Istituto, che � direttamente titolare, ex lege, della funzione di rappresentanza e difesa; e non riceve il suo mandato, a titolo personale, da organi dell'Amministrazione rappresentata, ma lo esercita in nome dell'Istituto, al quale. direttamente risponde del suo operato. Quanto ai rapporti tra organo legale e amministrazione rappresentata e difesa, essi intercorrono esclusivamente a livello istituzionale ed in termini di piena autonomia tecnica dell'Avvocatura, spettando la soluzione di eventuali divergenze all'Avvocato Generale dello Stato. Peraltro, in caso di disaccordo � di fondo � sulla costituzione o resistenza in giudizio o sull'abbandono di una lite, spetta al competente organo di governo dirimere il conflitto con atto � non delegabile � e quindi con diretta assunzione della relativa responsabilit� politica di vertice. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si tratta, come � evidente, di una originale formula istituzionale che, attenendo ad un problema di fondo dell'amministrazione della giustizia, � ormai entrata a far parte della costituzione materiale. * '~ * 7. -Quanto all'esperienza professionale maturata dall'Avvocatura nell'ordinamento repubblicano, giova precisare subito che non sempre -o forse quasi mai -l'ordinamento giuridico e la realt� sociale si muovono in sincronia: il primo suole essere, infatti, nel suo complesso o in qualche sua parte, ora in ritardo ed ora in anticipo sui tempi della seconda. Orbene, non v'� dubbio che l'ordinamento repubblicano postbellico, quanto meno per quanto concerne l'aspetto istituzionale delle idee-forza ispiratrici della Costituzione, tard� qualche poco a realizzarsi. Non a caso furono necessari ben otto anni, dopo l'entrata in vigore della Carta del '48, perch� la Corte Costituzionale venisse insediata. Anche l'attivit� di istituto -in sintonia, d'altronde, con tutte le altre istituzioni -ebbe un avvio che pu� apparire lento e pigro nell'adeguarsi alle riforme. � un fenomeno che caratterizza gli organismi pubblici di antica tradizione ma che offre, in compenso, il vantaggio di assicurare, in prosieguo, la matura e meditata gestione del nuovo attraverso il filtro di valori quali la tradizione e l'esperienza. Se Tornasi di Lampedusa (sembra d'obbligo citarlo in questa splendida cornice siciliana) rilevava con distaccata ironia che, perch� tutto resti com'�, bisogna che tutto cambi, si deve, al contrario, riconoscere che � necessario che alcune cose restino come sono perch� il cambiamento, scandito nei suoi giusti tempi di gradualit�, riesca ad inverarsi. Le parrucche bianche dei giudici anglosassoni testimoniano abbastanza bene questa verit�. Non interessa, quindi, nella logica e nell'economia di questa relazione, riferirsi a quella esperienza giuridica del periodo in _esame che rappresenta, in realt�, una continuazione di quella precedentemente vissuta e gi� considerata. Occorre, invece, appuntare l'attenzione su quei momenti in cui le linee di tendenza innovative, di cui si � detto, si sono concretamente ed operativamente trasferite dal mondo delle idee e delle norme di programma a quello delle cose, rendendo di plastica evidenza il vero e proprio salto di qualit� compiuto dall'Avvocatura rispetto al passato; un salto di tali proporzioni da essere comparabile con quello compiuto nel primo periodo in esame. NOTA REDAZIONALE XVIl 'In esso, come Sl e visto, l'Istituto si era trasformato da difensore di una amministrazione nella sua dimensione privatistica (in posizione uguale e contraria a quella del privato patrocinatore) in difensore di un potere pubblico e delle sue prerogative nei confronti dell'amministrato, nell'ambito pur sempre di un processo di parti,� ma di cui l'una -quella pubblica -doveva considerarsi �un po' meno parte� dell'altra per effetto di quel fine ultimo di giustizia che l'Avvocatura, quale avvocato pubblico istituzionale, deve, per definizione, perseguire. La ulteriore trasformazione, che si viene compiendo adesso, vede relegate ad un rango marginale le attivit� contenziose di istituto in cui il processo abbia ad oggetto un conflitto di interessi omologhi contrapposti, mentre risultano potenziate tutte le attivit� in cui l'Avvocatura assume la veste di collaboratrice di giustizia. Questa funzione si manifesta, in sede contenziosa, in modo pi� evidente nei giudizi di legittimit� costituzionale delle leggi, nei quali, come ha pi� volte riconosciuto la Corte Costituzionale, il Presidente del Consiglio partecipa non come capo di un'Amministrazione -e tanto meno come rappresentante di un potere, quello esecutivo, che ovviamente non � titolare della funzione legislativa ma come rappresentante dello Stato inteso come ordinamento unitario. Ci� qualifica il nuovo ruolo, di ordine costituzionale, attribuito all'Avvocatura, per la tutela di interessi immediatamente riferibili allo Stato-comunit�, come tali non riducibili ad espressione di una posizione di �parte�, cos� che l'Avvocato dello Stato assume la veste dello a:micus curiae, dello << interlocutore privilegiato �, che dialetticamente concorre alla tutela non del valore contingente del singolo prodotto legislativo, bens� del valore immanente dell'ordinamento unitario, di cui fanno parte integrante (ma non ugualmente importante, il che spiega la facoltativit� dell'intervento governativo) tutte le leggi conformi alla Costituzione. Tale ruolo rimane inalterato in tutti i giudizi di costituzionalit�, in cui �n vario modo si confrontano, al massimo livello, i valori di autorit�, di autonomia e di libert�. Salvo, infatti, il rigoroso rispetto del fedele patrocinio in favore del Governo (nel caso di conflitto con altri poteri dello Stato) o in favore dello Stato (in caso di conflitto con le Regioni), anche in questi giudizi l'Avvo�atura si muove in una .di.mensione di raccordo, in una delicatissima posizione di mediazione, che, senza prevaricare su alcuno degli interessi in conflitto, cospira alla realizzazione dell'unit� trascendente della giustizia, intesa come rispetta ed attuazione della Costituzione; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Altrettanto significativo di una tale linea di tendenza evolutiva appare il patrocinio -divenuto necessario -dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e dinanzi a varie Commissioni di conciliazione e Collegi arbitrali internazionali. In tali processi, infatti, l'Avvocatura dello Stato se assume, sul piano dell'ordinamento internazionale (o sovranazionale), le vesti caratteristiche del patrocinatore di parte, assume, per�, sul piano dell'ordinamento giuridico interno, quelle di organo rappresentativo della persona giuridica pubblica statuale nella sua globalit�. Sempre pi�, dunque, il contenzioso cui partecipa l'Avvocatura tende a spostare il suo centro nodale verso i grandi problemi del!' organizzazione dello Stato. In particolare quelli relativi sia all'osservanza effettuale delle rispettive sfere di competenza nei rapporti tra soggetti titolari di pubblici poteri, sia alla costante ricerca del pi� corretto equilibrio nel bilanciamento tra principio di autorit� e principio di libert� in una societ� ricca di sempre nuove tensioni e fermenti. * * ";�( 8. -Sembra utile indicare, a tal punto, in via esemplificativa, alcuni dei grandi temi su cui si � cimentata, in questo torno di anni, l'attivit� di istituto. Con riferimento ai giudizi di costituzionalit�, giova ricordare che fu in puntuale accoglimento delle tesi difensive sostenute dall'Avvocatura che il giudice delle leggi riconobbe come limite al proprio potere la discrezionalit� politica del legislatore ed afferm� la relativit� del principio di eguaglianza in relazione alla omogeneit� delle situazioni da disciplinare e la legittimit� della previsione di un indennizza per espropriazioni non corrispondente per intero al valore venale del bene espropriato. Assai importante, infine, l'evoluzione tuttora in corso della giurisprudenza della Corte in relazione ai rapporti tra leggi dello Stato e potere normativo della Comunit� sovranazionale europea. (Estremamente significative le due recentissime decisioni n. 176 e 177/81, che pur senza essere risolutive, segnano, in sintonia con le difese svolte dall'Avvocatura, un ulteriore affinamento della delicatissima materia del rapporto tra i due ordinamenti e indicano al legislatore che voglia attentamente considerarli utilissimi spunti per il raggiungimento di una necessaria integrazione). In tema di ammissibilit� di referendum popolare abrogativo di legge, l'Avvocatura dello Stato ha sostenuto dinanzi alla Corte che il giudizio di ammissibilit� comporta non un mero riscontro NOTA REDAZIONALE notarile delle prescrizioni di una norma costituzionale avulsa dal suo contesto, ma una valutazione sistematica di compatibilit� formale e sostanziale fra le norme di legge denunciate e quella peculiare forma di democrazia diretta che si esprime con il referendum abrogativo. In pieno accoglimento delle tesi cos� prospettate, la Corte Costituzionale, come � noto, ha riconosciuto estranee alla logica della Costituzione cos� la sottoposizione al corpo elettorale di quesiti contenenti una pluralit� di domande eterogenee, come le richieste di abrogazione di norme che, pur non essendo formalmente di rango costituzionale, siano per� � a contenuto costituzionalmente vincolato �, quali il Codice Militare di Pace o � a contenuto internazional mente vincolato>> perch� correlate a Trattati Internazionali. Per quanto attiene ai giudizi dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, sembra doveroso ricordare -nella stessa ottica -il successo ottenuto dall'Avvocatura dello Stato, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, nella difesa contro il dilagante abuso del ricorso all'art. 700 c.p.c. In pieno accoglimento delle tesi difensive dell'organo legale dello Stato la Suprema Corte ha, come � noto, affermato la perfetta coincidenza dell'area della �giurisdizione d'urgenza� con quella della giurisdizione di merito, delegittimando cos� avventati esperimenti di � supplenza �. Altro notevole successo di massima appare quello relativo alla qualificazione della situazione soggettiva dei titolari di emittenti televisive private, nell'attuale situazione di vuoto normativo, ritenuta dalla Cassazione -in conformit� con le tesi dell'Avvocatura interesse legittimo e non diritto soggettivo. Ulteriore potente spinta all'affrancazione dal contenzioso rutinario caratterizzato dal � litigio � inteso in senso tradizionale � venuta, poi, dalla riforma del contenzioso tributario ed amministrativo. Le cause fiscali, che erano state da sempre parte preponderante del lavoro dell'Avvocatura, attribuite ormai quasi totalmente alla competenza delle Commissioni tributarie, non vengono pi� trattate dall'Istituto se non nell'ultima fase, ormai decantata, del ricorso in Cassazione dalla Commissione Centrale (sono rari i casi di opzione per la Corte d'Appello dopo il secondo grado). Il che consente di concentrare l'impegno sulle questioni in apicibus e quindi di contribuire, pi� che alla soluzione della singola controversia, alla identificazione dei pi� corretti criteri di interpretazione della norma tributaria. Per contro, si sono decuplicati i processi amministrativi: la istituzione di organi periferici di giustizia, democratizzando tale giurisdizione, un tempo riservata ad un contenzioso di tipo elitario, xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ha ri~posto ad una domanda diffusa ed urgente. Nel processo amministrativo, peraltro; in misura assai maggiore che nel processo civile, l'Avvocatura rappresenta una parte assai "meno parte� dell'altra. Il dilatarsi delle funzioni di questo settore della giustizia �, quindi, perfettamente congruente con quella veste di amicus curiae, che l'Istituto � andato, in progressione, assumendo, quale rappresentante non gi� di un interesse settoriale ma di quello dello Stato nella sua unit�. Il riscontro � puntuale anche in altri campi, quale quello penale, in cui l'intervento dell'Avvocatura assume, nelle mutate dimensioni della giustizia punitiva, una connotazione assai diversa da quella originaria, che la vedeva tradizionalmente confinata e caratterizzata nella costituzione di parte civile contro i perseguiti per reati doganali o per appropriazione o cattivo uso del pubblico denaro. Superato il confine di tali anguste vesti, l'Istituto si trova ormai massicciamente impegnato contro quelle forme di criminalit� emergenti cui ho prima accennato, su quelle che sono state definite le nuove frontiere della giustizia penale. La relativa politica difensiva persegue una costante ed attiva presenza nei casi pi� importanti di evasione fiscale, di reati valutari, di reati di inquinamento, di reati di terrorismo. In tale tipo di giudizi penali appare evidente come il danno rilevante non sia tanto quello economico sopportato dall'organizzazione statuale, a volte addirittura difficilmente identificabile, quanto quello sofferto dalla comunit� colpita da una perdita di berti e valori talora irreparabile, nonch� dalla coscienza sociale di una collettivit� ferita e frustrata nella sua ansia di consolidarsi come civile, pacifico ed operoso consorzio. In particolare, per quanto attiene al barbaro flagello del terrorismo, l'Avvocatura � stata ed � presente in tutti i pi� importanti processi gi� celebrati o in corso di trattazione. Non si vuole qui tanto ricordarlo perch� la riaffermazione del principio della legittimazione dell'Avvocatura a costituirsi parte civile in rappresentanza della Presidenza del Consiglio per reati contro la personalit� dello Stato costituisce ulteriore conferma, sul piano dell'esperienza giuridica, della tesi istituzionale sin qui sostenuta, trascendendo, e non di poco, qualunque costruzione patrimonialistica, quanto per riaffermare un impegno di civile fermezza nella difesa dei principi della nostra civilt�. Una civilt�, in divenire, in rapida evoluzione, in crisi quanto si voglia ma purtuttavia indissolubilmente legata a valori irrinunciabili, primo fra tutti il rispetto della persona umana. Questo valore costituisce il filo di continuit� che accomuna, pur nelle diverse prospettive e con le tristi parentesi di sciagurate con NOTA REDAZIONALE tingenze storiche, le rivoluzioni o grandi crisi cui abbiamo fatto cenno che si sono succedute nell'arco di due secoli e di cui l'Avvocatura dello Stato, come pubblica istituzione, � figlia e partecipe di sorti. In questo valore crediamo fermamente, come pure fermamente crediamo che finch� la fede in esso ispirer� l'opera degli uomini di legge, di accademia o di foro che siano, potremo, nonostante tutto, guardare fiduciosi al futuro del nostro Paese e della nostra civilt�. NOTA REDAZIONALE Il nove gennaio 1982, nel suo paese natale di Adelfia, � stato commemorato Antonio Cafaro, nostro antico collega che concluse la carriera, nel 1919, come Avvocato distrettuale di Trani. Alla cerimonia -cui hanno partecipato numerose personalit� della politica e del foro pugliese -� intervenuto, oltre all'Avvocato distrettuale di Bari, l'Avvocato Generale dello Stato, che ha pronunciato il discorso che qui riproduciamo. Ho aderito assai volentieri all'invito a partecipare a questa cerimonia, desiderando rendere omaggio a questa nostra terra di Puglia, dalla quale trae i natali la personalit� che oggi celebriamo, ed insieme ad un collega illustre di tempi lontani, che ha lasciato una traccia indimenticabile nella storia dell'Avvocatura dello Stato per l'esemplare maestria della dottrina giuridica e per la luminosa altezza della figura morale. Sono qui, dunque, anche in rappresentanza dell'Istituto che ho l'onore di dirigere, per associarmi al tributo che oggi rendiamo alla memoria dell'illustre conterraneo Antonio Cafaro. All'Avvocato Di Mattia che, quale avvocato distrettuale in terra di Puglia, pu� considerarsi pi� direttamente il suo successore, lascio il grato compito di illustrare pi� diffusamente le altissime doti dell'uomo e del giurista. I o vorrei ricordare alcuni tratti salienti della personalit� del Caf aro e alcuni momenti della sua vita, che fanno di lui un collega al quale � andato e andr� sempre il sentimento di gratitudine �e di riverenza di tutti gli avvocati dello Stato. XXII RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Entrato a far parte, fin dalla sua fondazione, dell'Istituto, nel 1876, proveniente dalle file della magistratura, egli contribu� a caratterizzare quel primo sceltissimo nucleo di collaboratori del Mantellini, il quale, come ebbe a scrivere nella sua prima �relazione di Avvocato generale, si era ispirato nella scelta dei suoi avvocati al criterio della ricerca di uomini che � sappiano vestir toga e che abbiano dato buone prove... di valentia sperimentata e perci� di sicuro successo nell'avvocheria e nel patrocinio�. Mantellini fu buon giudice e quel � sicuro successo � arrise al Cafaro, che fu, in particolare, acuto e profondo studioso dei rapporti patrimoniali tra Stato e Chiesa: materia assai difficile ed intricata, che fu, in quel torno di anni, altrettanto delicata. All'inclinazione del giurista rispondeva, d'altronde, quella dell'uomo, permeato di una fede cristiana profondamente sentita e coerentemente vissuta, sempre nella specchiata fedelt� al servizio dello Stato. La sua religiosit� cos� alta ed il suo impegno civile di pubblico servitore evocano nel mio animo il commosso ricordo -permettetemi di esprimerlo come sentimento, io credo, a noi tutti comune di un altro figlio della terra di Puglia: un personaggio la cui figura storica di eccelso statista grandeggia aureolata del tragico martirio, che ne stronc� l'ammirevole opera politica. Non posso astenermi dal rendere questo omaggio alla memoria di Aldo Moro: io sento nel mio spirito, e sento intorno a noi, in questa terra in cui profuse la ricchezza del suo ingegno e del suo animo, un drammatico ed incolmabile vuoto. Nessuna parola potrebbe neppure per un momento riempirlo, eppure non posso sottrarmi al bisogno di parlarne per placare lo smarrimento dell'animo, che suscita il ricordo della sua scomparsa. Il mio pensiero si volge, riverente e commosso, a rievocare la delicatezza del suo animo, la sua superiore intelligenza, che sapeva esprimersi in lucide intuizioni politiche, la sua cultura di uomo di legge nel senso pi� comprensivo della parola, la sua fermezza e dirittura morale, e soprattutto -in questa occasione -il suo senso dello Stato. Questo illumin� la sua condotta nelle pi� alte cariche pubbliche: egli mai si sent� faziosamente uomo di parte, ma sempre e soprattutto servitore dello Stato, sdegnoso di ogni pompa o desiderio di onore o di ricchezza, e solo guidato dai due imperativi morali del cristiano e del cittadino. Il suo insegnamento di vita -ricevuto in una intensa collabo razione amministrativa con lui tutte le volte che egli � stato al Go verno -resta per me un bene prezioso; ed � sulla traccia di quel l'insegnamento, nello spirito di dedizione al servizio della cosa pub NOTA REDAZIONALE XXlll blica, che ho assunto il gravoso impegno che oggi ho l'onore di assolvere. � lo stesso spirito che gi� fu di tanti colleghi oggi scomparsi e di tanti colleghi oggi operosamente attenti al proprio lavoro: �, appunto, lo spirito che inform� Antonio Cafaro, � lo spirito che deve informare -pena la frustrazione -ogni avvocato dello Stato, nel suo difficile, grave, ma pur appassionante e nobile impegno. Privi di qualsiasi potere che non sia quello -ahim� di quanto arduo esercizio! -della persuasione; privi di qualsiasi libert� nel lavoro {vincolati come sono dalle scadenze di termini processuali che altri sceglie) che non sia quella della loro coscienza, soltanto nel pubblico servizio inteso in senso quasi missionario, gli avvocati dello Stato possono trovare la motivazione del loro impegno. Un impegno non suffragato certo dalle prospettive che pu� offrire l'esercizio della professione forense, e che, se trova riconoscimento morale nella equiparazione alle fatiche di altre assai importanti pubbliche funzioni, rispetto a queste impone oneri assai pi� pressanti e coercitivi. L'impegno civile e morale di Antonio Cafaro che fu, come abbiamo ricordato, uno dei padri fondatori dell'Avvocatura, segna dunque un punto di riferimento ed un insegnamento per tutto l'Istituto -dall'Avvocato generale al pi� giovane dei colleghi di procura chiamato adesso, a pi� di cento anni dalla sua fondazione ed all'indomani di una sua significativa riforma, ad una difficile opera che richiede un impegno sempre pi� efficiente, capace di fornire risposte adeguate alle domande di una societ� travagliata da una profonda crisi di trasformazione. Le due domande a cui l'Avvocatura principalmente si deve far carico di rispondere oggi sono quelle dell'efficienza dell'Amministrazione e della giustizia dell'Amministrazione (in essa e per essa). All'efficienza potremo contribuire con un potenziamento �mirato � della nostra attivit� consultiva, volta ad eliminare i temp� morti di procedimenti troppo .lunghi ed i ritardi dovuti ad errori o incertezze. La stessa attivit� consultiva dovr� tendere ad eliminare quanto pi� possibile il contenzioso, per ridurre la litigiosit� e rendere pi� efficace la difesa dello Stato nelle liti non evitabili. L'obbiettivo � quello di_ migliorare �il difficile rapporto tra Stato e cittadino �, come significativamente intitolava la Gazzetta del Mezzogiorno la notizia di un Congresso internazionale, che ho avuto recentemente l'onore di presiedere in Madrid. Lo stesso spirito � giustiziale � dovr� informare la nostra attivit�. difensiva dinan_zi a tutte le magistrature: da quelle di merito fino alle supreme istanze nazionali e sovranazionali. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ho avuto, pochi giorni fa, occasione di rileggere, nel Gabinetto dell'Attorney General degli Stati Uniti d'America, un motto che nel mio discorso di insediamento, nel 1979, dichiarai di voler assumere come guida della mia azione nella direzione dell'Istituto. Esso esprime un alto principio di giustizia che, con qualche approssimazione, potrebbe cos� tradursi: � lo Stato vince la sua causa ogniqualvolta venga resa giustizia in uno dei suoi Tribunali �. Due anni di lavoro, ormai largamente compiuti, mi consentono -grazie alla collaborazione, al valore ed all'impegno dei colleghi dell'Avvocatura -di aspirare ad un traguardo ancora pi� ambizioso: promuovere la giustizia preventiva nella Amministrazione, senza costringere i cittadini a ricorrere -se non come estrem~ garanzia -alla tutela delle loro ragioni dinanzi ai Tribunali dello Stato. � uno schietto ritorno alle lontane origini storiche dell'Istit, uto ed alla filosofia del suo fondatore, che ammoniva i colleghi ad essere � prima giudici e poi avvocati �. Nel Convegno, tenutosi nello scorso novembre a Taormina, intitolato a cinquanta anni di esperienza giuridica in Italia, ho avuto modo di ricordare che l'Avvocatura ha visto, negli ultimi tempi, dilatarsi, trasformarsi ed accrescersi le sue funzioni (basti pensare al suo patrocinio dinanzi alla Corte Costituzionale, dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunit� Europee ed ai giudici internazionali, al patrocinio delle Regioni e di soggetti internazionali o comunitari come la NATO o la Banca Europea degli Investimenti, al nuovo significato della sua partecipazione a processi penali per reati economici o di eversione dell'ordine democratico) assumendo, in superamento degli originari compiti di difesa settoriale, una funzione di difesa dello Stato inteso nella sua unit� di ordinamento. Ci� comporta un aggravio di lavoro non lieve per ciascun appartenente all'Istituto, sia in termini quantitativi che in termini di delicatezza di impegno: un impegno non tollerabile se non affrontato (in attesa di misure adeguate di ristrutturazione anche dei servizi), con quel sentimento di dedizione e di consapevolezza che l'unica ricompensa spettante � la soddisfazione del dovere compiuto. In quel sentimento Antonio Cafaro ci � stato maestro; se sapremo imitarlo, anche solo in piccola parte, saremo all'altezza dei compiti che ci sono affidati. Lo dico -per quanto attiene alla mia responsabilit� -con riguardo all'Avvocatura dello Stato, ma posso affermarlo come cittadino per tutti noi, qualunque sia la nostra attivit�, per tutta la societ� nella quale �viviamo ed operiamo, nella quale vogliamo che trionfino i valori di civilt�, di �libert�, di solidariet�, di progresso in cui dobbiamo credere" -e Ghe dobbiamo praticare -per la comune salvezza. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI C. BAFILE, Osservazioni sul rapporto tra la pronunzia del giudice tributario e l'atto amministrativo di esecuzione. . . . . . . . . . . . . pag. 542 N. BRUNI, Contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente da Paesi della CEE: art. 3 legge 10 dicembre 1975, n. 724 e articoli 10 e 11 della Costituzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 613 N. BRUNI, Danneggiamento di motovedetta della Guardia di Finanza ed art. 253 del Codice Penale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 615 O. FIUMARA, Ammodernamento delle aziende agricole e miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli: azioni comuni ai sensi dell'art. 6 del regolamento C.E.E. del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729 . . . . . . . . . . . . . . � 463 L. MARuorrr, L'evoluzione giurisprudenziale in tema di incidenza della� svalutazione monetaria (sulla indennit� di esproprio) intervenuta nel periodo di mora debendi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 522 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ARBITRATO COMUNIT� EUROPEE -Capitolato d'oneri per la fornitura dei materiali occorrenti all'Amministrazione aeronautica -Clausola predisponente un arbitrato -Previsione di derogabilit� -Arbitrato facoltativo e non obbligatorio, 597. -Compromesso -Oggetto -Controversie rientranti nella giurisdizione esclusiva -Ammissibilit� -Esclusione, 607. -Controversie compromesse in arbitri -Questione sull'appartenenza alla giurisdizione esclusiva -Questione di giurisdizione -� tale, 607. -Lodo -Casi di nullit� -Nullit� del compromesso -Deducibilit� per la prima volta in cassazione -Esclusione, 597. -Lodo -Casi di nullit� -Pronunzia fuori dei limiti del compromesso Oggetto -Controversie sull'esecuzione del contratto -Domanda di risoluzione per eccessiva onerosit� sopravvenuta -Sussistenza del vizio Esclusione, 597. AVVOCATI E PROCURATORI -Controversie di lavoro -Patrocinio a spese dello Stato -Liquidazione dei relativi compensi -Mancato contraddittorio con l'amministrazione tenuta al pagamento -Legittimit� costituzionale, 442. COMMERCIO -Commercio al minuto -Disciplina della legge 11 giugno 1971, n. 426 Contrasto con gli artt. 21 e 41 Cost. Manifesta infondatezza, 500. -Commercio al minuto -Rivendita di riviste e giornali -Obbligo dell'iscrizione ai sensi dell'art. 2 della legge 11 giugno 1971, n. 426, 501. -Agricoltura -Politica agricola comune -Azioni comuni: ammodernamenti delle aziende agricole e miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, con nota di 0. FIUMARA,. 463. -Libera circolazione dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali Cumulo -Limitazione -Diritto spettante in forza della sola legislazione nazionale -Norme anticumulo nazionali -Applicabilit� -Limiti, 476. -Libera circolazione dei lavoratori Previdenza sociale dei lavoratori migranti -Pensione di invalidit� e di vecchiaia -Norme anticumulo nazionali -Applicabilit� -Limiti, 477. -Libera circolazione dei lavoratori Previdenza sociale dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali della stessa natura -Clausole nazionali di riduzione, sospensione, soppressione -Inapplicabilit�, 477. -Previdenza sociale dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali Sovrapposizione di periodi assicurativi -Norme comunitarie e norme nazionali -Limiti all'applicazione delle norme nazionali, 477. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione tra Stato e Provincia di Bolzano -Pregiudizio non riparabile all'esercizio di funzione statale -Sospensione dell'atto, 441. CORTE DEI CONTI -Giurisdizione contabile -Conti dei tesorieri degli organi costituzionali Non sono sottoposti a giudizio di conto, 456. INDICE DELIA GIURISPRUDENZA XXVII DELITTI CONTRO LA PERSONALIT� DELLO STATO -Danneggiamento -Distruzione parziale di motovedetta della Guardia di Finanza da parte di equipaggio di nave contrabbandiera -Sussistenza -Delitto previsto dall'art. 253 C.P. Esclusione, con nota di N. BRUNI, 615. DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Resistenza a pubblico ufficiale -Violenze e minaccie da parte dell'equipaggio di nave contrabbandiera straniera nei confronti dell'equipaggio di motovedetta della Guardia di Finanza -Sussistenza -Delitto previsto dall'art. 110 del codice della navigazione -Esclusione, con .nota di N. BRUNI, 615. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Costruzione di opera pubblica -Frazionamento del fondo -Perdita della possibilit� di edificare -Perdita di visuale e aereazione -Danni all'espropriato -Irrisarcibilit� -Indennit� di esproprio, 514. -Espropriazione -Dichiarazione di pubblica utilit� -Decadenza -Rinnonovazione -Norme applicabili -Rapporti tra L. n. 2359 del 1865 e L. n. 865 del 1971, 539. -Indennit� -Attribuzione della giusta indennit� in seguito alla opposizione alla stima -Automatica rivalutazione durante la mora -Inapplicabilit� Prova del maggior danno rispetto agli interessi previsti dall'art. 1224 e.e. -Ammissibilit�, con nota di L. MARUOTTI, 522. -Occupazione -Danno ultrabiennale Interessi legali -Quantificazione Necessit� -Rivalutazione -Riferimento all'interesse legale, 519. - Sostituzione dello Stato al Comune Indennit� di esproprio -Obbligazione dello Stato -Sussiste -Fattispecie, 531. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Completamento e miglioramento delle strutture e degli impianti televisivi -Contributi regionali ad enti locali -Legittimit� costituzionale, 445. GIURISDIZIONE CIVILE -Commercio al minuto -Rivendita di riviste e giornali -Provvedimenti sanzionatori -Impugnativa -Competenza esclusiva del giudice amministrativo, 500. -Consiglio di Stato -Difetto di Giurisdizione -Limiti -Commercio Commercio al minuto -Rivendita di giornali e riviste -Disciplina della legge 11 giugno 1971, n. 426 -Applicabilit�, 500. -Espropriazione per p.u. -Dichiarazione di p.u. -Inefficacia -Compimento dell'opera -Danni -Controversia -Giurisdizione dell'A.G.O., 496. -Giurisdizione ordinaria o amministrativa -Giurisdizione esclusiva In materia di concessione di beni Riforma fondiaria -Recesso dell'assegnatario e domanda di indennizzo per i miglioramenti -Giurisdizione amministrativa -Sussiste, 607. -Impiego pubblico e privato -Collaudi di opere pubbliche -Giurisdizione -Commisurazione del compenso a tariffe professionali -Non rileva ai fini della giurisdizione, 54-0. -Pensione -Controversia sull'an e sul quantum -Giurisdizione della Corte dei Conti -Interessi compensativi e pretesa risarcitoria per la svalutazione monetaria -Controversie -Giurisdizione ordinaria, 497. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Appello -Rappresentanza e difesa della P.A. -Avvocatura dello Stato Mandato -Non occorre, 54-0. -Ricorso giurisdizionale -Motivi Motivi aggiunti -Facolt� del difensore munito di mandato speciale a ricorrere -Ammissibilit�, 539. IMPIEGO PUBBLICO -Professori universitari -Trattamento economico dei professori equiparati ai dirigenti generali di livello A - Omnicomprensivit� -Eccezione, 450. -Stipendi, assegni e indennit� -Omnicomprensivit� -Dirigenti del Ministero lavori pubblici -Compensi per collaudi opere pubbliche -Natura Spettanza -Sussiste, 540. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA 'D�LL� �STATO XXVIII -Stipendi, assegni e indennit� -Omnicomprensivit� -Dirigenti statali Art. 50 d.P.R. n. 748 del 1972 -Ambito di applicazione, 540. -Stipendi, assegni e indennit� -Omnicomprensivit� -Dirigenti statali Collaudo opere pubbliche -Compenso -Criteri di commisurazione -Effetti e limiti, 540. ISTRUZIONE E SCUOLE -Esami di maturit� -Giudizio finale Discrezionalit� tecnica -Natura, 539. -Esami di maturit� -Giudizio finale Discrezionalit� tecnica -Sindacato giurisdizionale -Limiti, 539. -Universit� -Cliniche universitarie Attivit� assistenziale in esse esercitata -Si compenetra nell'attivit� didattico- scientifica -Indennit� perequativa c.d. De Maria -� utile ai fini previdenziali, 450. OBBLIGAZIONI -Risoluzione per eccessiva onerosit� sopravvenuta -Effetti -Contratti ad esenzione continuata e periodica Limiti all'efficacia retroattiva -Condizioni di applicabilit�, 597. PREVIDENZA -Istituto Poligrafico dello Stato Obbligo di pagare i contributi -Ratei di pensione inferiori a quelli dovuti -Natura risarcitoria del credito, 534. -Istituto Poligrafico dello Stato -Possibilit� di volontaria assunzione di obbligo di pagare i contributi -Sussiste, 534. PROCEDIMENTO CIVILE -Consulenza tecnica -Conclusioni Accoglimento da parte del giudice di appello -Dettagliata confutazione Non � necessaria, 519. PUBBLLICA AMMINISTRAZIONE -Ferrovie dello Stato -Responsabilit� ciivle -Attraversamento dei binari all'interno della stazione -Sistema di allarme -Insufficienza, 512. -Ferrovie dello Stato -Responsabilit� civile -Norme da osservare -Presupposti, 512. -Ferrovie dello Stato -Responsabilit� Sindacato giudiziario -Cause del!' evento dannoso -Stazione ferroviaria -Ambiente particolarmente pericoloso -Rilevanza, 512. -Ferrovie dello Stato -Trasporto di cose -Traffico straordinario -Documentazione amministrativa -Contestazione della parte -Onere dell'Amministrazione di comprovare il contenuto della documentazione -Sussiste, 529. -Istituto Poligrafico dello Stato -Pubblico impiego -Natura -Ente pubblico non economico -Giurisdizione del giudice amministrativo -Limiti, 534. REATO -Reati finanziari -Contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente da Paesi della Comunit� Economica Europea -Questione di costituzionalit� degli artt. 1 e seguenti della legge 10 dicembre 1975, n. 724 per contrasto con gli artt. 10, 11, 41 e 43 della Costituzione in relazione agli artt. 12, 37 e 95 del Trattato C.E.E. Irrilevanza, con nota di N. BRUNI, 613. -Reati finanziari -Contrabbando di tabacco lavorato estero -Cattura di nave privata straniera in mare libero da parte di motovedetta della Guardia di Finanza -Legittimit� se ricorrono le condizioni di cui all'art. 23 della Convenzione di Ginevra sul mare libero del 29 aprile 1958, con nota di N. BRUNI, 615. RESPONSABILIT� CIVILE -Trasporto di cose sulle FF.SS. -Dolo o colpa grave della Amministrazione -Limite legale alla quantificazione del danno -Natura risarcitoria del debito, 529. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Accertamento -Competenza dell'Ufficio -Determinazione al momento della presentazione della dichiarazione -Variazione di domicilio successivo -Irrilevanza, 585. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA -Accertamento -Metodo induttivo Criteri di determinazione -Impugnabilit� -Limiti, 554. -Accertamento -Metodo induttivo Prova -Presunzioni -Caratteri, 554. -Accertamento -Motivazione -Imposta complementare -Tenore di vita Accertamento sintetico -Legittimit�, 554. -Accertamento -Motivazione -Metodo induttivo -Ricostruzione del conto economico -Non � necessaria, 582. -Accertamento -Motivazione sintetica -Dichiarazione solo apparentemente analitica -Legittimit�, 593. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenza -Fusione di societ� -Non si verifica, 574. -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche -Cumulo con altro prelievo tributario sul medesimo reddito -Violazione del principio di eguaglianza, 448. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Diritti doganali -Diritti per servizi amministrativi -Merci importate in Italia da Paesi aderenti all'accordo G.A.T.T. -Assoggettamento -Esclusione, 483. - Diritti doganali -Diritti per servizi amministrativi -Merci provenienti da Stati aderenti all'accordo G.A.T.T. non comprese nell'annessa lista XXVII -Applicazione -Legittimit�, 483. -Diritti doganali -Divieto di aggravamento per le merci importate da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Diritti per servizi amministrativi -Applicabilit� alle merci non incluse nella lista XXVII annessa all'Accordo -Necessit� di pronuncia pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia C.E.E., 484. -Diritti doganali -Divieto di aggravamento per le merci importate da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Idoneit� delle norme dell'Accordo a conferire diritti soggettivi ai singoli -Necessit� di pronuncia pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia C.E.E., 484. -Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Vendita di negozi unitamente all'intero fabbricato -Nozione di inter� fabbricato -Riferimento alla licenza edilizia -Esclusione, 561. -Imposta di registro -Atti soggetti a condizione sospensiva -Registrazione prima dell'azzeramento -Consolidazione del criterio di tassazione -Esclusione, 570. -Imposta di registro -Base imponibile -Valutazione automatica -Divisione -Si estende, 587. -Imposta di registro -Interpretazione dell'atto -Negozio collegato -Ricostruzione dell'effetto unitario di pi� atti -Legittimit�, 567. -Imposta di registro -Prescrizione e decadenza -Atti soggetti a condizione sospensiva -Deliberazione di aumento di capitale -Decorrenza dalla denuncia dell'avvenuta sottoscrizione, 570. TRIBUTI IN GENERE -Contenzioso tributario -Decisione della commissione -Imposta sulle societ� -Rinvio all'ufficio per la liquidazione -Legittimit�, con nota di C. BAFILE, 542. -Contenzioso tributario -Impugnazione alla corte di appello -Domande nuove -Improponibilit�, 563. -Contenzioso tributario -Provvedimento impugnabile -Accertamento in senso lato -Provvedimento che nega l'agevolazione -� tale, 579. -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale -Termine Art. 327 c.p.c. -Si applica -Notifica del dispositivo a cura della segreteria -Decorrenza del termine breve, 589. -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale -Termine -Comunicazione del dispositivo a cura della segreteria -Non fa decorrere il termine di 60 giorni -Termine annuale dalla pubblicazione -Si applica, 590. -Contenzioso tributario -Ricorso Presentazione -Consegna all'ufficio tributario -Nullit�, 595. -Prescrizione -Interessi -Atti interruttivi del credito d'imposta -Estensione agli interessi -Esclusione, 547. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 3 luglio 1981, n. 115 (ord.) 7 luglio 1981, n. 116 7 luglio 1981, n. 118 7 luglio 1981, n. 119 10 luglio 1981, n. 126 10 luglio 1981, n. 129 pag. )} )} )} }) }) 441 442 445 448 450 456 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 3 giugno 1981, nella causa 107/80 . . . . . . . . . . . . 1" sezione, 2 luglio 1981, nelle cause 116, 117 ,119, 120 e 121/80 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 8 settembre 1980, n. 5161 . Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5343 . Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5349 . Sez. I, 7 ottobre 1980, n. 5381 . Sez. I, 14 ottobre 1980, n. 5516 Sez. I, 16 ottobre 1980, n. 5563 Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6260 . Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6261 . Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6262 . Sez. I, 9 dicembre 1980, n. 6351 . Sez. I, 15 dicembre 1980, n. 6492 . Sez. I, 15 dicembre 1980, n. 6493 . Sez. I, 24 gennaio 1981, n. 542 . Sez. I, 27 gennaio 1981, n. 624 . Sez. I, 29 gennaio 1981, n. 687 . Sez. I, 4 febbraio 1981, n. 754 . Sez. III, 19 febbraio 1981, n. 1018 . Sez. I, 26 febbraio 1981, n. 1181 . Sez. I, 16 marzo 1981, n. 1477 . . . Sez. I, 1� aprile 1981, n. 1852-. III sez. civ., 2 aprile 1981, n. 1868 . pag. 463 }) 476 pag. � }) }) )} )} )} )} )} )} }) )) )} � }) � � � � � )} 542 547 554 561 563 567 570 574 579 582 585 587 589 590 593 595 512 514 519 522 529 INDICE DELLA GIURISPRUDENZA Sez. I, 8 aprile 1981, n. 2007 . . Sez. Un., 11 aprile 1981, n. 2130 . Sez. I, 22 aprile 1981, n. 2382 . Sez. I, 23 aprile 1981, n. 2398 Sez. Un., 7 maggio 1981, n. 2950 . Sez. Un., 7 maggio 1981, n. 2957 . Sez. Un., 25 maggio 1981, n. 3408 . Sez. I, 27 maggio 1981, n. 3474 . . Sez. Un., 21 luglio 198.1, n. 418 (ordinanza) Sez. Un., 10 dicembre 1981, n. 6517 . . . . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 23 giugno 1981, n. 304 . Sez. IV, 14 luglio 1981, n. 582 Sez. VI, 22 maggio 1981, n. 225 . GIURISDIZIONI PENALI TRIBUNALE DI LATINA Ordinanza, 13 febbraio 1981 Sentenza, 13 febbraio 1981 � 531 � 496 � 501 � 483 � 497 � 500 � 534 � 597 � 484 � 607 pag. 539 )) 539 )) 540 pag. 613 � 614 PARTE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I. -Norme dichiarate incostituzionali Il. -Questioni dichiarate non fondate III. -Questioni proposte pag. � � 51 52 54 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1981, n. 115 (ord.) -Pres. Amadei Rel. De Stefano -Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Ferri) e Presidente Giunta provinciale di Bolzano. Corte Costituzionale � Conflitto di attribuzione tra Stato e Provincia di Bolzano -Pregiudizio non riparabile all'esercizio di funzione sta tale -Sospensione dell'atto. Un concreto e non riparabile pregiudizio all'esercizio della funzione di difesa del territorio nazionale costituisce ragione di sospensione dell'esecuzione dell'atto che ha determinato l'insorgere di conflitto di attribuzione. (omissis) ... ritenuto che con decreto del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano, emanato il 16 dicembre 1980, �..� stato approvato il vincolo paesistico �Parco Naturale Monte Corno�; che il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 29 aprile 1981, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano, 1in relazione al suddetto decreto, limitatamente alle disposizioni di cui agli artt. 2, comma secondo, lett. e) ed 11, comma secondo, dell'elenco dei vincoli e delle relative prescrizioni: con la prima delle quali, sotto la rubrica � divieti parti. colari �, sono vietati �i campeggi e le esercitazioni militari � nel territorio vincolato a parco, e con la seconda, sotto la rubrica � effetti provoca1Ji. da rumori molesti �, � vietato, nello stesso territorio, � l'atterraggio e il decollo di aeroplani o elicotteri salvo che per operazioni di soccorso o per necessit� di trasporto materiali�; (omissis) che, in sede di audizione in camera di consiglio, l'avvocato dello Stato ha ribadito la gravit� deHe ragioni addotte a sostegno della richiesta sospensiva, rilevando come le impugnate disposizioni si risolvano in una vera interdizione di qualsiasi attivit� militare in una zona posta in prossimit� di confini nazionali, e come, in concreto, esse impediscano al Corpo d'armata alpino, nel cui �mbito operativo rientra la zona medesima, di svolgere ivi in qualsiasi forma il normale addestramento dei suoi reparti; (omissis) considerato che effettivamente le impugnate disposizioni, con il vietare le specifiche attivit� militari indicate dal ricorrente, possono 442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO determinare un concreto e non riparabille pregiudizio all'esercizio della funzione di difesa del territorio nazionale; che, pertanto, sussistono gravi ragioni per addivenire, in attesa della definizione del giudizrlo, alla sospensione della :loro esecuzione: sospensione che, per quanto tocca in particolave il divieto di atterraggio e decollo di aereoplani o elicotteri, va ovviamente circoscritta all'ipotesi di operazioni militari. CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1981, n. 116 -Pres. Amadei -Rel. Roehrssen -Bruscia ed altro (avv. Avezzano Comes) e Presidente Consiglio Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). Avvocati e .procuratori -Controversie di favoro � Patrocinio a spese dello Stato -Liquidazione dei relativi compensi � Mancato contraddittorio con l'amministrazione tenuta al pagamento � Legittimit� costituzionale. (Cost. art. 24; !. 11 agosto 1973, n. 533, artt. 13 e 14). I provvedimenti del giudice dinanzi al quale pende una controversia di lavoro, con i quali sono disposti l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la scelta del difensore e la liquidazione dei compensi a questo spettanti, sono provvedimenti amministrativi, emanati dal predetto giudice in luogo della amministrazione attiva. Pertanto, gli artt. 13 e 14 della l�gge 13 agosto 1973, n. 533, non violano l'art. 24 Cast. (1). (omissis) La Corte � chiamata a decidere se gli artt. 13, primo, secondo e terzo comma, e 14, secondo comma, della legge 11 agosto 1973, n. 533, siano in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, prevedendo (1) La pronuncia pu� dare luogo a qualche osservazione. Sembra non proprio esaustivo l'asserire che il giudice agisce � in luogo� dell'amministrazione, dal momento che una siffatta asserzione apre e lascia irrisolti tutta una serie di problemi anche di rilievo costituzionale. L'amministrazione, e cio� il potere esecutivo, opera -per dettati costituzionali -in regime di responsabilit�, fmche politica, e nel quadro di un sistema di controlli, anche contabili; responsabilit� e controlli sono essenziali specie laddove -come nella specie -una potest� amministrativa � caratterizzata da ampia discrezionalit�. D'altro canto, l'impossibilit� di affidare al giudice la gestione di capitoli del bilancio della spesa non pare possa essere riguardata alla stregua di un banale ostacolo aggirabile mediante l'espediente di attribuire ad un organo amministrativo il compito -si sottolinea � di carattere meramente esecutivo � di emettere gli ordinativi di pagamento. In realt�, la pronuncia risente di una certa propensione ad ammettere la possibilit� di una confusione tra i moli di magistrato e di amministratore. Lo PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 443 l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato, la nomina del difensore d'ufficio e la liquidazione del relativo compenso, con provvedimenti giurisdizionali che fanno stato nei confronti della pubblica amministrazione senza che questa abbia partecipato al procedimento nei quali furono emessi e senza che abbia alcuna possibilit� di difesa o di gravame. La questione non � fondata. Ad avviso della Corte occorre prendere le mosse dall'esame del contenuto della legge n. 533 del 1973, nella parte che qui interessa. Questa fogge, nel dettare la nuova disciplina processuale de1le controversie di lavoro e previidenziali, anticipando in parte la pi� generale normativa sul patrocinio statale per i non abbienti (Senato della Repubblica, VI legislatura, disegno di legge n. 453) ha per ora introdotto questa forma di patrocinio per le controversie indicate e, come risulta dai lav011i preparatori, nell'organizzare il relativo servizio ha voluto seguire criteri di particolare semplicit� e rapidit�. In omaggio a questi criteri, il legislatore ha abbandonato il sistema gi� seguito dal R.D. 30 dicembre 1923, n. 3282, I�il tema di gratuito patrocinio (preveduto anche dal suddetto progetto sul patrocinio statale per i non abbienti), consistente nell'affidare i relativi compiti ad appositi organi amministratiiv.i ed ha ritenuto, invece, opportuno inserire la. procedura predetta nel seno al procedimento giurisdizionale �in ordine al quale deve svolgersi l'opera defensionale. Perci� la legge ha affidato al giudice dinanzi al quale s.i svolge il giudizio la attivit� all'uopo necessaria, che si concreta essenzialmente nella� ammissione al beneficio, previo accertamento della esistenza delle condizioni sostanziali per la concessione del beneficio medesimo (art. 13, status del giudice � funzionale all'esercizio della giurisdizione (che � sovranit� -si noti -� condizionata � al sussistere di una domanda, di una lite), mentre ris)l1ta intrinsecamente incompatibile con l'esercizio di potest� amministrativa; a' meno da non proclamare che l'indipendenza del magistrato � un privilegio personale (esenzione di una persona da sottoordinazione, da controlli e da responsabilit�) operante in ogni circostanza, e cui non fa riscontro alcun limite o dovere. Quanto precede rende palese la necessit� di definire, quanto meno con norme interne, i criteri cui deve ispirarsi un corretto esercizio della potest� amministrativa in questione, che non pu� assumere i connotati di � potere libero �. Del resto, i casi che hanno dato origine alla controversia costituzionale hanno messo in evidenza la possibilit� di gravi deviazioni: i compensi a difensori sono stati liquidati in relazione a serie di cause conclusesi con sentenze di rigetto delle domande del ricorrente (quando le domande sono accolte, l'onere per le spese legali � posto a carico dei convenuti) dopo istruttorie che hanno accertato la totale (ed ab origine conoscibile) inconsistenza di dette domande. Si lascia al lettore di immaginare quali meccanismi le disposizioni de quibus, ove non integrate, consentano di attivare. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO secondo comma), nella scelta del difensore (art. 13, terzo comma) e, infine, nella liquidazione dei diritti, delle competenze e degli onorari spettanti al difensore (art. 14, secondo comma). Da tutta questa attivit�, come appare evidente, rimane estraniata l'Amministrazione dello Stato, ai cui organi sono affidati, dalla legge in esame, due soli compiti. Il primo (art. 11, settimo comma) consiste nella facolt� accordata all'Intendente di finanza di prospettare al giudice, in qualsiasi stato della causa, gli elementi di cui egli sia dn possesso in ordine alla esistenza ed alla persistenza dei requisiti di legge per l'ammissione al beneficio, chiedendo la revoca del relativo provvedimento: questo intervento (sebbene definito ricorso) si concreta in una forma di collaborazione, la quale, mentre ha lo scopo di fornire al giudice tutti gli elementi del caso e di conseguire la pi� esatta osservanza della legge, non intacca i poteri del giudice, al quale soltanto spetta di adottare le decisioni definitive in argomento {art. 11, settimo comma, cit.). Il secondo compito, a sua volta, di carattere meramente esecutivo, � successivo e conseguenziale al provvedimento del giudice, consiste nel provvedere al pagamento della spesa Iiquidata dal giudice a norma dell'art. 14 nonch� alla prenotazione a debito per la eventualit� della ripetizione degli onorar.i a norma dello stesso art. 14, primo comma. � appena il caso di avvertire che quest'ultimo compito non poteva essere affidato al giudice, il quale non amministra i capitoli del bilancio della spesa: di conseguenza l'art. 14 ha posto la regola che H giudice fissa l'ammontare del credito del difensore ed i competenti organi amministrativi provvedono alla esecuzione, la quale, contrariamente a quanto rileva l'Avvocatura generale dello Stato, non consente alcun sindacato sul contenuto del provvedimento del giudice competente. In questo contesto e se questa � l'organizzazione del servizio adottata dal legislatore in base ad una scelta discrezionale, le censure mosse dai giudici a quibus alla normativa esaminata, in quanto non consentirebbe alla Amministrazione dello Stato di intervenire nel procedimento e di impugnare i provvedimenti del giudice non hanno pregio: a parte che una qualche forma di intervento � preveduta dall'art. 11, penultimo comma, le censure stesse poggiano, infatti, su una pretesa contrapposizione fra il giudice e l'amministrazione statale che invece non trova alcun riscontro nel sistema della legge n. 533, la quale, come si � visto, ha ritenuto pi� congruo ed opportuno affidare la applicazione delle norme in questione non alla Amministrazione attiva, ma al giudice, il quale agisce in luogo della medesima. N� si possono condividere le considerazioni svolte dall'Avvocatura dello Stato circa la possibilit� che si verifichino frodi nella scelta dei difensori, trattandosi, se mai, di meri inconvenienti che, d'altro canto, PARTE I,. SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 445 non potrebbero essere eliminati da una qualsiasi ingerenza di organi amministrativi. Tutto ci� posto, � da escludere che sii possa ravvisare nel sistema rifer.ito una violazione dell'art. 24 della Costituzione a danno dell'Ammi� nistrazione dello Stato. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1981, n. 118 � Pres. Amadei � Rel. Gionfrida � Presidente Consiglio dei Miillistn (vice avv. gen. Stato Azzariti) e Regione Friuli-Venezia Giulia. Friuli� Venezia Giulia � Completamento e miglioramento delle strutture e degli impianti televisivi � Contributi regionali ad enti locali � Legittimit� costituzionale. (Statuto Friuli V. G., artt. da 4 a 7 e 54). La realizzazione di opere infrastrutturali e meramente accessorie per il completamento ed il miglioramento delle strutture e degli impianti televisivi rientra nella materia �lavori pubblici di interesse locale o regionale�; � quindi costituzionalmente legittima una delibera legislativa regionale con la quale si concedano contributi per la realizzazione di dette opere (1). (omissis) La legge riapprovata il 16 giugno 1978 dal Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia (intitolata �Interventi regionali per il potemiiamento e fa massima diffusione del servizio pubblico radiotelevisivo nel Friuli-Venezia Giulia)� -dopo un'ampia premessa introduttiva (contenuta nel comma primo dell'art. 1), secondo cui la Regione �promuove e favorisce la massima diffusione dei servizi pubblici radiotele (1) � stato gi� osservato (cfr. Commento al d.P.R. n. 616 del ,1977, coordinato da CAPACCIOLI e SATTA sub art. 3) che le elencazioni delle � materie � attribuite alle Regioni contenute nell'art. 117 Cost. ed in altre disposizioni di livello costituzionale finiscono per affastellare nozioni non omogenee (talune teleologiche, altre ontologiche, etc.). Ed � stato pure osservato (ivi, sub art. 87) che i �lavori pubblici � in realt� non dovrebbero costituire una � materia� a s� stante, con la predetta espressione indicandosi solo un momento, e strumentale, nello svolgimento di una serie di attivit� pubbliche (ad esempio, per la gestione delle ferrovie, per il regime delle acque, per la difesa, etc.). In questo quadro, la massima cautela � doverosa nel ravvisare ambiti di <:ompetenza regionale desunti (e, per cosi dire, derivati) dalla previsione della realizzazione di un � lavoro pubblico�, nel complesso iter di una attivit� ammi� nistrativa. Nella sentenza in rassegna si � ritenuto di poter superare le (pur avvertite) remore, mediante l'osservazione che i lavori de quibus �non iner�� scono direttamente a servizi statali... in quanto consistono in opere... meramente accessorie �: � -questo -un criterio che, per la sua elasticit� ed approssimazione, introduce fin troppo evidenti elementi di incertezza. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO � 446 visivi, soprattutto in favore delle popolazioni residenti nelle zone pi� periferiche e disagiate, anche ,in riferimento alla programmazione regionale prevista sia in lingua italiana che in lingua slovena con l'attivazione della terza rete televisiva della RAI � -stabilisce (al comma secondo dello stesso art. 1) che, a tal fine, l'amministrazione re~ionale � autorizzata a �concedere contributi in conto capitale per il completamento ed il miglioramento delle strutture e degli impianti televisivi �. Le disposizioni dei successivi artt. 2 a 6 disciplinano, poi, le condizioni, i limiti e le modalit� di erogazione dei contributi in questione, elencandone i potenziali beneficiari (Comunit� montane, comuni e loro consorzi) ,ed indicando esemplificativamente le opere per la cui realizzazione questi possono essere concessi (acquisizione di aree, costruzioni dii elettrodotti... e di ogni altra infrastruttura necessaria per il funzionamento e la manutenzione delle opere tecniche � a carico degli enti predetti in base ad apposita convenzione stipulata tra i medesimi e la RAI�. Di tail legge, il Governo deduce -come in narrativa detto -l'illegittimit� costituzionale per contrasto con gli articoli 4 a 7 e 54 dello Statuto di autonomia approvato con legge costituzionale n. 1 del 1963. Sotto un primo profilo, argomenta, infatti, che le enunciazioni programmatiche di cui alla prima parte della legge, non solo sono operate in assenza di ogni specifica attr.ibuzione statutaria, ma si trovano altres� in patente contraddizione con i principi e le procedure di programmazione nazionale, di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, che detta nuove norme per la disciplina del servizio pubbltlco di diffusione radiofonica e televisiva. In secondo luogo discenderebbe, appunto, come logico corollario, dall'acclarata inesistenza di una competenza legislativa (ed amministrativa) della Regione nella materia in questione, [a parallela esclus.ione di un potere di spesa sull'identico oggetto. Trattandosi in particolare di interventi economici in favore di comuni, questi -sempre secondo il r.icorrente -avrebbero dovuto semmai essere realizzati nelle forme previste dal citato art. 54 dello Statuto e cio�, con assegnazione di quota annua delle entrate regionaJ:i, ricorrendo lo scopo di �adeguare le finanze dei comuni al raggiungimento dehle finalit� ed all'esercizio delle funzioni stabilite dalla legge �. La questione non � fondata. Confrariamente all'assunto dell'Avvocatura dello Stato, la legge impugnata non incide sulla materia del servizio pubblico radiotelevisivo (la cui riserva allo Stato non � minimamente posta in discussione dalla Regione), restando, invece, ci!'coscritta, nel suo oggetto, al pi� ristretto e specifico settore dei �lavori pubblici�: che l'art. 4, n. 9, dello Statuto del Friuli-Venezia Giultla attribuisce (con formula sostanzialmente equivalente a quelle che, con varianti solo formali, si ritrovano in altri statuti di autonomia e nell'art. 117 della Costituzione, per le regioni a statuto PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ordinario) alla competenza regionale, ove trattisi (come nella specie) di lavori di �interesse locale e reg:ionale �. '� infatti proprio ed esclusivamente alla realizzazione di opere pubbliche, quali appunto le infrastrutture occorrenti per l'installazione e [a manutenzione di impianti televisivi (anche per la terna rete) che la legge impugnata ha riguardo, mirando ad agevolarle: attraverso la disciplinata facolt� di concessione di contributi aii comuni, cui tali opere facciano c~ico in base a convenzionii stipulate con la RAI-TV. L'enunciazione di principio, contenuta in apertura della stessa legge, aJl di l� di una evidente ridondanza ed enfatizzazione de11a formula, si rileva come meramente introduttiva alle dette disposizioni di sostegno economico. E si risolve in una esplicitazione dei motivi di interesse (alla massima fruizione del servizio televisivo) che nella circostanza determinano l'intervento del legislatore regionale; interessi, per altro, che il legislatore nazionale prende anch'esso in considerazione nella citata legge n. 103 del 1975 (in particolare agli artt. 5 e 8) per attribuire precisi (sia pur collaterali) compiti (di indicazione, proposta, ecc.) alle regioni, nel settore della programmazione televisiva. D'altra parte, che le opere pubbliche alla cui realizzazione si rife:nisce fa legge impugnata siano da ricondurr,e, in particolare, nel novero di quelle di � interesse regionale� non � revocabile in dubbio ove si richiami il criterio interpretativo -desumibile dal contesto dell'art. 4, n. 9, dello Statuto Friuli-Venezia Giulia e delle correlate disposizioni di attuazione (artt. 22 e 26 d.P.R. 1965 n. 1116, 21 lett. a), 23 lett. f) d.P.R. 1975 n. 902; e che trova ora anche riscontro per le regioni a statuto ordinario negli artt. 87, 88 del d.P.R. n. 616 deiJ. 1977 -secondo cui la materia dei lavori pubblici di interesse regionale deve, in linea di massima, intendersi caratterizzata da duplice connotazione: da un elemento positivo di carattere spaziale rappresentato dalla ubicazione in ambito infraregionale dell'opera da effettuare, e da un elemento negativo, rappresentato dalla non inerenza dell'opera stessa a servizi dello Stato. Entrambi tali requisiti risultano. nella specie puntualmente esistenti, dacch� i lavori previsti nella legge denunciata insistono indiscutibilmente in ambito infraregionale, e, d'altro lato, non ineriscono direttamente a servizi statali, cio� al servizio televisivo, in quanto, come si � .detto, consistono in opere infrastruttura]J e quindi meramente accessorie, le quali, appunto perch� tali, rimangono, del resto, in propriet� dei comuni e dei consorzi che le eseguano. N� gfova infine :nichiamare i limiti desumibili dall'art. 54 dello Statuto di autonomia� del Friuli-Venezia Giulia perch� tale norma, che ha riferimento ad interventi di sostegno finanziario in favore dei Comuni per finalit� e funzioni ,stabilite dalle leggi, non esclude il ricorso da parte della Regione al normale potere di spesa che le compete nelle materie di propria competenza. 448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1981, n. 119 -Pres. Amadei -Rel. De Stefano -Mancini e altro (avv. Ravajoli e Simi) e Presidente Consiglio dei Ministri (vii.ce avv. gen. Stato Azzariti). Tributi erariali diretti -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche Cumulo con altro prelievo tributario sul medesimo reddito -Violazione del principio di eguaglianza. (Cost., artt. 3 e 53; I. 13 luglio 1967, n. 583, art. 22; I. 20 marzo 1968, n. 369, art. unico; I. 3 giugno 1975, n. 160, art. 31). Contrastano con il principio di eguaglianza (in relazione alla capacit� contributiva) le disposizioni che hanno mantenuto la � ritenuta progressiva sulle alte pensioni� anche dopo l'assoggettamento di queste alla IRPEF (1). (omissis) Con l'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583, veniva istituito, con decorrenza 1� gennaio 1968, un �contributo di sollidariet� � a favore del Fondo sociale, di cui alla Jegge 21 luglio 1965, n. 903, ed a carico delle pensioni erogate dal Fondo speciale di previdemia per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia, il cui importo annuo superasse le lire 7.200.000. A tal fine l'INPS, in sede di liquidazione della pensione, doveva provvedere ad operare una �ritenuta progressiva� (del 16 per cento della pensione fino a 12 milioni di lire, e del 32 e deil 48 per cento, rispettivamente per le parti eccedenti i 12 milioni fino a 18 milioni, ed oltre i 18 milioni); il contributo cos� prelevato andava poi direttamente versato dal medesimo Istituto al Fondo sociale. L'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 369, nel differire la decorrenza della ritenuta al 1� aprile 1968, la estendeva, sempre con le medesime percentuali e negli stessi limiti, a tutti ii titolari di pensioni a carico d�ll'assicurazione generale obbligatoria per la invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti, nonch� dei fondi sostitutivi od integrativi dell'assicurazione medesima, gestiti dall'INPS. Successivamente la ritenuta � stata abolita, in forza dell'art. 31 della legge 3 giugno 1975, n. 160, a decorrere dal 1� genna:io 1976. (omissis) La medesima questione, come si � gii� detto, � stata anche sollevata con due ordinanze del tribunale di Roma. Per il suo esame nel merito, (1) La pronuncia, di specie, non sembra faccia sorgere dubbi di legittimit� costituzionale per le non rare disposizioni che pongono, a carico dei cittadini percettori di redditi non bassi, oneri di contribuzione ai costi di prestazioni pubbliche (ad esempio, i cosiddetti tickets). Peraltro, v'� in essa una esplicita indicazione nel senso della necessit� per il legislatore di tener conto e coordinare ogni forma di fiscalit� parallela con l'imposizione progressiva determinata dalla curva delle aliquote IRPEF. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE va innanzi tutto ricordato che questa Corte si � gi� espressa sul � contributo di solidariet� � imposto a favore del Fondo sociale, dichiarando non fondata, con la sentenza n. 146 del 1972, la questtione di costituzionalit� che allora le era stata deferita per l'asserito contrasto con gli art. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione, degli artt. 22 della legge n. 583 del 1967 ed unico della legge n. 369 del 1968, istitutivi di detto contributo. In quell'occasione la Corte pervenne alla sua pronuncia, riconoscendo, fra l'altro, -che �la ritenuta progressiva sulle alte pensioni... ha sostanzialmente carattere di prestazione imposta � al fine di concorrere alla copertura delle rilevanti spese conseguenti alla �istituzione delle nuove pensioni sociali�. In attesa che il relativo onere -per effetto dell'art. 1 della legge 30 aprile 1969, n. 153 -venisse assunto, a decorrere dal 1� gennaio 1976, a completo carico dello Stato, sopperiva infatti, accanto agli altri mezzi di copertura, �un contributo progressivo straordinario e temporaneo a carico di coloro che -secondo la valutazione del legislatore -hanno la capacit� contributiva�. � stato cos� messo in preminente evidenza il nesso teleologico tra il carattere obbligatorio della prestazione patrimoniale autoritativamente imposta e la destinazione del relativo provento alla realizzazione di un interesse pubblico, quale la collaborazione nell'appvestamento dei mezzi .per l'attuazione di quel principio generale di sicurezza sociale, sancito nel primo comma qell'art. 38 della. Costituzione, cui � appunto informata la istituzione delle pensioni sociali (come questa Corte ha di recente riaffermato anche nella sentenza n. 157 del 1980). La �ritenuta progressiva sulle alte pensioni� veniva perci� sostanzialmente collocata sul piano dei tributi: ed infatti la Corte, premesso che le pensioni dei lavoratori � non si sottraggono al regime tributario�, sottolineava che quelle assoggettate a contributo beneficiavano, d'altra parte, della � esenzione dal pagamento della ricchezza mobile �, concessa ai sensi dell'art. 124 del r~d.I. 4 ottobre 1935, n. 1827. L'�mbito normativo preso allora in considerazione datlla Corte � stato, peraltro, incisivamente modificato -come posto in rilievo dal giudice a quo -per effetto della sopravvenuta riforma tributaria. In applicazione dei principi cui essa � informata, � stata infatti .istituita, con il d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e con decorrenza dal 1� gennaio 1974, una imposta sul reddito complessivo netto delle persone fisiche (IRPEF), alla quale sono state assoggettate anche le pensioni, mentre � venuta meno la loro esenzione dall'imposta di ricchezza mobile, abolita con la stessa decorrenza. Le pensioni assoggettate alla � vitenuta � sono state dunque, nel biennio che intercorre tra il 1� gennaio 1974 (inizio dell'applicazione del� l'IRPEF) ed il 1� gennaio 1976 (cessazione dell'efficacia delle disposizioni istitutive del contributo di solidariet�), incise da un dupl.ice prelievo per effetto di due concomitanti imposizioni, la cui progressivit�, caratteristica di entmmbe, non � stata nemmeno coordinata. Appare in conse RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO guenza vulnerato il princ1p10 dell'eguaglianza in rela:zrl.one alla capacit� contributiva, sancito dagli artt. 3 e 53 de1la Costituzione, atteso che, nei confronti dei titolari di altri redditi, e pi� specificamente di redditi da lavoro dipendente (cui Ia pensione, ai fini dell'applicazione dell'IRPEF, � assimilata dall'art. 46, comma secondo, del citato d.P.R. n. 597 del 1973), i titolari delle pensioni su cui si � applicato tanto l'IRPEF quanto la ritenuta a favore del Fondo saciale, sono stati, a parit� di reddito e di capacit� contributiva, colpiti in misura ingiustificatamente e notevolmente maggiore. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio 1981, n. 126 -Pres. Amadei -Rel. Roehrssen -Andreani ed altri (avv. Sandulli), Pio Istituto S. Spirito (avv. Nigro), Larizza (avv. Ricci), Universit� degli Studi di Roma e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Camfa). Istruzione e scuole -Universit� -Cliniche universitarie -Attivit� assistenziale in esse esercitata -Si compenetra nell'attivit� didattico-scientifica -Indennit� perequativa c.d. De Maria -� utile ai fini previdenziali. (Cast., artt. 3, 36 e 38; I. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4; d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31). Impiego pubblico � Professori universitari -Trattamento economico dei professori equiparati ai dirigenti generali di livello A -Omnicomprensivit� -Eccezione. (Cast., art. 3; d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 50). Le cliniche universitarie sono organi delle Universit�, e l'attivit� assistenziale in esse prestata dai professori universitari si compenetra nell'attivit� didattico-scientifica; non �, quindi, possibile parlare di un duplice rapporto di impiego o di un lavoro supplementare o aggiuntivo, e ravvisare una disparit� di trattamento nella equiparazione del trattamento retributivo dei prof es sori universitari a quello dei sanitari ospedalieri, ancorch� questi ultimi svolgono solo l'attivit� assistenziale. Contrasta con l'art. 38 Cast. l'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213, nella parte in cui stabilisce che l'indennit� in esso prevista .non � utile � ai fini previdenziali e assistenziali�. Il criterio della omnicomprensivit� si applica anche nei riguardi dei professori universitari con parametro 825 (equiparati agli ambasciatori); tuttavia a tale criterio si sottrae la indennit� c.d. De Maria, a cagione della sua particolare finalit� perequativa (1). (l) Cfr. Corte cost. 6 dicembre 1979, n. 141 (in questa Rassegna, 1980, I, 25) e Corte cost. 17 luglio 1975, n. 219 (in Foro it., 1975, I, 18&1). L'affermazione contenuta nella prima parte della massima appare avere oggi un ambito di PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 451 (omissis) Con le ordinanze di rimessione di cui in epigrafe sono state sottoposte all'esame della Corte due questioni riguardanti l'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213 (recante: �Soppressione dei compensi fissi per i ricoveri ospedalieri di cui aM'art. 82 del regio decreto 30 settembre 1938, n. 1631, e della Cassa nazionale di conguaglio di cui al decretolegge 18 novembre 1967, n. 1044, convertito in legge 17 gennaio 1968, n. 4 �) ed una terza questione riguardante l'art. 50 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 (recante: � Discip1ina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo�): tali questioni attengono tutte al trattamento economico dei professori ullliversitari delle facolt� di medicina e chirul'gia che opevino in unit� ospedaliere ed involgono l'esame di problemi analoghi o connessi. (omissis) La prima delle questioni sottoposte alla Corte investe l'art. 4, secondo comma, della legge 213 del 1971, partendo dal presupposto che i professori universitari operanti nelle cliniche universitarie sarebbero titolari di un duplice rapporto d'impiego o, quanto meno, sarebbero tenuti ad una pluralit� di prestazioni lavorative la quale imporrebbe una retribuzione diversa e maggiore di quella posta con la norma in parola. Ci� richiede che la Corte accerti preliminarmente la reale siituazione giuridica dei professori univers�tari che siano anche direttori di cliniche universitarie o, pi� in generale, dei professori universitari che operino nelle cliniche stesse. Questa Corte, con la sentenza n, 103 del 1977 ha gi� riconosciuto che l'attivit� che viene svolta dai docenti universitari nelle cliniche e negli istituti di ricovero e cura non solo non � incompatibile con l'attiv. it� didattico-scientifica, ma, al contrario, che esse sono �suscettibili di ottimale collegamento o addirittura compenetrazione �. Ed infatti, come � noto, le cliniche annesse alla Facolt� di medicina e chirurgia forniscono i mezzi necessari per lo svolgimento delle lezioni e dehle esercitazioni universitarie nonch� per le indagini scientifiche alle quali � tenuto il personale insegnante ed assistente delle Facolt� medesime, sicch� loro caratteristica � la preminenza del fine didattico-scientifico su quel.lo meramente assistenziale. Da ci� discende che ~e cliniche costituiscono organi delle Universit� e che l'attivit� assistenz�ale dei docenti predetti si inquadra senz'altro nella attivit� propria dei docenti universitari. Sulla base di questa premessa sia l'art. 84 del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592 (�Testo unico delle leggi sull'dstruzione superiore�), sia l'art. 6, applicazione pi� diffuso, posto che le recenti disposizioni sulla docenza universitaria (d.P.R. n. 382 del 1980), oltre a confermare il collegamento �al vertice� tra il trattamento economico del professore universitario all'ultima classe di stipendio e quello del dirigente generale di livello A, hanno esteso l'operativit� di tale collegamento a favore di tutti i professori universitari (anche associati), mediante rapporti percentuali per cos� dire �a cascata�. 452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO ultimo comma, della [egge 18 marzo 1958, n. 311 (recante: � Norme sullo sitato giuridico ed economico dei professori universitari�) hanno chiarito che fra gli obblighi dei professori universitari rientrano anche quelli di attendere alla direzione o alla esplicazione della propria attivit� di collaborazione nei gabinetti, istitu1Ji, cliniche, laboratori e simili, cio� in tutte quelle istituzioni che concorrono in vario �modo a[lo svolgimento delle attivit� proprie delle Universit�: in altni termini, il servizio prestato dai docenti universitari nei reparti clinico-ospedalieri fa parte integrante dei doveri inerenti al loro status, alla pari di qualsiasi altra forma di partecipazione alla vita universitaria in genere (laboratori, istituti, ecc.). Di conseguenza tale servizio non pu� non essere ricompreso nefila normale retribuzione spettante ai docentii medesimi. Il carattere proprio delle cliniche universitarie e la�natura dell'opera ivi espletata dai professori addetti non � stata mutata dalla riforma ospedaliera del 1968. L'art. l, terzo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, .infatti, si hlmita a constatare che l'assistenza ospedaliera viene svolta anche neille cliniche universitarie, aggiungendo che ad esse si applicano le norme di detta legge �limitatamente all'esercizio della attivit� assistenziale�. Come questa Corte ha osservato nella citata sentenza n. 103 del 1977, con le disposizioni in parola il legisrlatore ha inteso mobilitare, per l'assolvimento del servizio in cui si concreta l'assistenza ospedaliera pubblica, anche gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, le cliniche e gli istituti universitari, dichiarandoli soggetti, per la parte assistenziale, alla disciplina unitaria posta dalla stessa [egge di riforma: ma ci� se ha inciso sull'ordinamento interno dei servizi di assistenza delle c1iniche, non ha operato sulla posizione giuridica dei docenti universitari incaricati nei cennati istituti e cliniche, posizione giuridica la quale rimane soggetta alle norme precedentemente ricordate. Di conseguenza modifiche non sono state apportate, su questo punto, neppure dalle norme contenute nel d.P.R. 27 marzo 1969, n. 129 (recante: � Ordinamento interno dei servizi di assistenza defile cliniche e degli istituti universitari di ricovero e cura�), emanato in attuazione della delega di cui agli artt. 40 e 42 della legge n. 132 del 1968 e destinato a dare applicazione al principio affermato nell'art. l, terzo comma, gi� citato-. In particolare l'art. 3, quando stabilisce che i professori universitari di ruolo (nonch� gli aggregati e gli incaricati) in quanto responsabili di una divisione o di un servizio speciale di diagnosi e cura, assumono � a tali effetti�, la qualifica di primari ospedalieri e, conseguentemente, nei confronti dell'ente ospedaliero, i diritti ed i doveri dei primari �in quanto applicabili�, altro non fa che meglio chiarire e precisare la posizione del professore in rapporto alla attivit� assistenziale che si svolge nell'ambito della clinica, non essendo da dubitare che anche prima della riforma PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 453 detti docenti fossero soggetti agli obbllighi ed alle responsabilit� inerenti all'esercizio delle relative funzioni. Non diversamente dispone il secondo comma del medesimo art. 3 per quel che riguarda gli aiuti e gli assistenti. Il concetto � stato ripreso integralmente dall'art. 102, primo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (recante: �Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonch� sperimentazione organizzativa e didattica�), aggiungendosi che dell'adempimento dei doveri ineren1li. alle funzioni assistenziali il� personale universitario � risponde alle autorit� accademiche competenti�, il che sottolinea la unicit� del rapporto di impiego dei detti professori. Con.segue da quanto si � detto che gli stessi professori universitari inseriti nelle cliniche ed istituti di ricovero e di cura non sono soggetti ad un duplice rapporto di impiego e neppure che essi, in quanto operino in dette cliniche ed istituti, svolgano una attivit� fa quale abbia caratteristiche diverse da quella loro propria. Al pi� � possibile parlare di un'attivit� la quale pu� rendere e di fatto rende pi� oneroso il lavoro dei docenti addetti agli istituti in parola ed � certamente in considerazione di ci� che il legislatore, fin ab antiquo, ha .rivolto una particolare attenzione a questa situa2lione prevedendo qualche speciale compenso. Ne � gi� parola nel r.d. 13 novembre 1859, n. 3725 (comunemente conosciuto come �legge Casati�): nella nota alla tabella B) ivi allegata si dice infatti che � i professori i quali oltre le lezioni hanno od una clinica o uno stabilimento �cui prestar la loro cura e sorveglianza godranno dell'aumento determinato dalla relativa pianta�. Contrariamente a quanto si afferma dalle parti private, il testo unico n. 1592 del 1933, non parla espressamente di compensi del genere (limitandosi, nell'art. 59, che prevede prestazioni a pagamento, a rinviare al regolamento di esecuzione circa la loro utilizzazione: e l'art. 133 del r.d. 6 aprile 1924, n. 674, che appr�v� il regolamento generale universitario, a sua volta, parla genericamente della destinazione delle somme provenienti da dette prestazioni, fra l'.altro, a compensi al personale). Invece con l'art. 82 del r;d. 30 settembre 1938, n. 1631 (recante: � Norme generali per l'ordinamento dei servizi sanitam e del personale sanitario degli ospedali�) si introdusse fa facolt� di imporre un compenso fisso per ogni ricoverato in corsia comune a carico di enti mutualistici, compenso che sarebbe stato poi devoluto ai sanitari curanti. Ma con la legge 25 marzo 1971, n. 213, il legislatore, nella sua discrezionalit� e per scopi chiaramente perequativi, ha ritenuto di mutare sistema, sopprimendo i compensi fissi previsti dal r.d. n. 1631 del 1938 e stabilendo con l'art. 4 (ora riprodotto nell'art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, recante: �Stato giuridico del personale delle unit� sanitarie locali�) che gli enti ospedalieri versino alle Universit� la somma corrispondente al costo necessario per dotare di personale medico ospe� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO daliero a tempo definito ogni unit� a direzione universitaria. � poi l'Universit� che destina tale somma alla corresponsione al personale medico undversitario che svolga comunque attivit� assistenziale di una indennit� che non pu� essere superiore, nel suo ammontare, a quanto occorrente per equiparare :i!l trattamento economico a quello del personale medico ospedaliero di pari funzioni ed anzianit�: in tal modo si � voluto fondamentalmente addivenire alla equiparazione economica fra sanitari ospedal�eri e docenti univers>itari che operino nelle cliniche universitarie, ma rispettando la posizione dei docenti universitari i quali ricevono la indennit� non dall'ente ospedaliero ma dalla Amministrazione universitaria. Il legislatore, pertanto, ha preso '�il considerazione [a posizione degli universitari inseriti nelle cliniche, ma ha pi� volte variato il criterio in base al quale calcolare l'emolumento: da ultimo ha ritenuto di dovere seguire il criterfo, certo non irrazionale, di equiparare, nei limiti del possibile, la posizione economica dei sanitari ospedailieri e dei docenti un,iversitari operanti nelle cliniche. Da tutto quanto si � venuto fin qui esponendo emerge, ad avviso della Corte, che per i docenti universitari dei quali si tratta non � possibile parlare di un duplice rapporto di impiego n� di un lavoro supplementare o aggiuntivo che s.ia da considerar,e al di fuori dei doveri inerenti allo status di professore univ�ersitario: il compenso per il pi� oneroso svolgimento della Joro attivit� trova �tradizionalmente base in una valutazione discrezionale del legislatore, la quale soprattutto non deve trascura. re la posizione dei professori a tempo pieno. Ma se cos� �, nessuno dei profili di incostituzionalit� denunciati dalle ordinanze di rimessione risulta fondato. Infatti per quanto attiene alla pretesa violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) si osserva che: a) non pu� parlarsi di disparit� di trattamento con ~i ospedalieri che .non siano docenti universitari e che percepiscono ii.I medesimo stipendio pure svolgendo solo attivit� assistenziale, p�xj.ch� per i professori dei quali qui si tratta la attivit� assistenZJiale si compenetrn con quella didattico-scientifica; b) non esiste possibilit� di operare un confronto fra i professori in parola e gli ospedalieri cui sia conferito un qualsiasi incarico di insegnamento universitario, in quanto questi ultimi svolgono in effetti due lavori separati e distinti e sono titolari di due distinti rapporti di impiego: e) infine non pu� parlarsi di disparit� di trattamento con i do centi universitari appartenenti. ad altre faco!lt� ai quali sia consentito il cumulo di pi� rapporti di impiego, sempre perch� per i docenti in questione non si ha alcun cumulo ma, ripetesi, soltanto la esplicazione di una attivit� sostanzialmente unitaria. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE N� pu� ritenersi violato l'art. 36 della Costituzione, poich�, come si � veduto, la fogge riconosce ai professori in parola, proprio per il maggior lavoro al quale essi sono assoggettati, uno speciale compenso, la cui entit� rientra, come gi� detto, nell'apprezzamento discrezionale del legislatore. (omissis) Fondata, invece, appare la seconda questione sottoposta all'esame della Corte. Invero la indennit� ohe viene corr.isposta a norma dell'art. 4 costituisce pur sempre una componente del complessivo trattamento economico spettante aJl professore universitario quando svolga attivit� assistenziale sanitaria e come tale essa non pu� non essere utile ai fini assistenziali e previdenziali, in applicazione dell'art. 38 Cost.: il divieto all'uopo posto nell'art. 4 viola, di conseguenza, tale norma costituzionale, tanto pi� che gli enti assistenziali, nel versare alle Universit� le somme di cui al ripetuto secondo comma dell'a11t. 4, vi comprendono anche i contributi previdenziali, i quali non possono poi rimanere nelle casse universitarie e non produrre, quindi, alcun benefico effetto nei riguardi dei soggetti ai quali si riferiscono. -Deve, di conseguenza, dichiararsi la illegittimit� costituzionale del citato art. 4, secondo comma, nella parte nella quale stabilisce � non utile ai fini previden:lliali ed assistenziali � la indennit� de qua. In conseguenza della declaratoria di illegdttimit� costituzionale dell'art. 4, secondo comma, nella parte or ora citata, la Corte, avvalendosi dell'art. 27 delila legge 11 marzo 1953, n. 87, deve dichiarare fa illegittimit� costituzionale anche dell'art. 31, primo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, nella parte in cui stabilisce che la indennit� livi preveduta, identica a quella gi� preveduta dall'art. 4 suddetto, non � utile ai fini previdenziali ed assistenziali. Fondata �, iinfine, anche la terza delle questioni sottoposte a questa Corte, che investe iiil disposto dell'art. 50 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748; Questa disposizione, come � noto, ha posto il divieto di corrispondere ai �funzionari dirigenti�, oltre all'indennit� di funzione, ulteriori � iindennit�, proventi o compensi a qualsiasi titolo in connessione con la carica, salvo che abbiano carattere di generalit� per tutti gl'impiegati civili dello Stato�. Tale divieto, in conseguenza di quanto statuito nella sentenza n. 219 del 1975 di questa Corte, si applica anche ai professori Uili�versitari con pa:mmetro 825, ancorch� prestino la loro opera in cliniche universitarie, cosicch� essi non possono usufruire dell'indennit� prevista dall'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213. Ma il suddetto divieto, nei limiti in cui si estende all'indennit� prevista daU'avt. 4 sopra citato, appare irragionevole, ove si tenga conto della particolare finalit� deHa indennit� in questione, diretta a perequare il trattamento dei professori universitari con quello dei medici ospedalieri di pari funzioni e anzianit�. 456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La circostanza che un professore universitario raggiunga il parametro 825, non elimina l'esigenza di perequazione, ove per qualunque ragione il suo stipendio venga ad essere inferiore a quello del medico ospedaliero di pari funzioni ed anzianit�. L'art. 50 del d.P.R. 30 giugno 1972 va pertanto dichiarato costituzionalmente iMegittimo, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui esclude che ai docenti universitari che operino in cliniche universita11ie ed abbiano raggiunto il parametro 825 possa essere corrisposta l'indennit� prevista gi� dall'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213 ed ora dall'art. 31 del citato d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761. Rimane assorbita la dedotta violazione dell'art. 36 della Costituzione. CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio 1981, n. 129 -Pres. Amadei -Rel. Paladin -Presidente della Repubblica (avv. SanduUi), Presidente del Senato della Repubblica (avv. Crisafulli) e Presidente della Camera dei Deputati (avv. Barile). Corte dei Conti -Giurisdizione contabile -Conti dei tesorieri degli organi costituzionali -Non sono sottoposti a giudizio di conto. Le norme costituzionali scritte possono essere integrate, quando non dettano una disciplina compiuta, da consuetudini costituzionali, formatesi mediante la ripetizione costante di comportamenti uniformi. In conformit� con una � antica prassi� e per diretto riflesso .della spiccata autonomia di cui le Camere del Parlamento e la Presidenza della Repubblica dispongono, spetta a tali organi costituzionali dettare le disposizioni regolamentari che ognuno di essi ritenga pi� opportune per garantire una corretta gestione delle somme affidate ai rispettivi tesorieri e disporre l'attivazione dei corrispondenti rimedi, amministrativi od anche giurisdizionali. Pertanto, non spetta alla Corte dei conti il potere d� sottoporre a giudizio di conto i tesorieri della Presidenza della Repubblica, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (1). (omissis) I ricorsi per conflitto di attribuzione, proposti dal Presidente della Repubblica, dal Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente del Senato della Repubblica, nei confronti deHa Sezione I giurisdizionale della Corte dei conti, riguardano i contemporanei ed analoghi decreti, datati 30 ottobre 1979 e depositati il 19 febbraio 1980, con cui tale Sezione ha prescritto ai tesorieri della Presidenza della Repub (1) L'ordinanza Corte cost. 12 novembre 1980, n. 150, � pubblicata in questa Rassegna, 1980, I, 900. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 457 blica, della Camera e del Senato il termine di mesi sei per la presentazione dei conti relativi aif.le gestioni degJi armi dal 1969 al 1977: Pertanto i tre giudizi, gi� riuniti mediante l'ordinanza n. 150 del 1980, si prestano ad essere decisi con Ul1i�ca sentenza. Nella predetta ordinanza, �riservato ogni definitivo giudizio sull'ammissibilit� e sul merito dei ricorsi�, la Corte li ha dichiarata. ammissibili, in applicazione dell'art. 37, terzo comma, della legge n. 87 del 1953. Le argomentazioni allora svo!lte vanno confermate in questa fase del procedimento, tanto pi� che sul punto non sono state sollevate eccezioni di sorta. Sotto il profilo soggettivo, pu� dunque ripetersi che non � dubbia la legittimazione a promuovere conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, spettante .ai Presidenti. delle Camere, sulla base di conformi deliberazioni del~e rispettive assemblee parlamentari; poich� l'una e l'altra sono �competenti a dichlarar�e definitivamente la volont� del potere cui appartengono� (come stabilito dall'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953), con particolare riguardo ai' casi iin cui si tratti di attribuzioni rivendicate in nome dell'indipendenza �e dell'autonomia di ciascun ramo del Parlamento. Del pari, legittimato � il P.residente della Repubblica, che ricorre anch'esso per salvaguardare la propria autonomia, sostenendo che .il Segretariato generale della Presidenza svolgerebbe compiti serventi rispetto alla �funzione presdJdenziale �, costituzionalmente garantita, non gi� rispetto ad una �funzione amministrativa� genericamente assunta. N� pu� contestarsi la legittimazione passiva della Sezione I giurisdizionale della Corte dei conti: anche nell'ambito della giurisdizione contabile, quello giurisdizionale � un potere �diffuso� (cfr. la sentenza n. 231 del 1975), sicch� ogni sua componente, nell'esercizio di funzioni giurisdizionali delle quali si ritenga titolare, pu� essere parte di conflitti. Sotto il profilo oggettivo, � ben vero che la Sezione I giurisdizionale della Corte dei conti -non costituitasi negli attuali giudizi -non ha inteso determinare una situazione di conflitto, ledendo l'indipendenza e l'autonomia dei ricorrenti, che anzi i decreti impugnati affermano esplicitamente di voler lasciare integre; e lo conferma la circostanza che i decreti stessi impongono la presentazione dei conti ai tesorieri e non agli organi costituzionali di appartenenza (sebbene la notificazione giudiziale sia stata effettuata per il tramite delle rispettive Presidenze). Tuttavia, ci� non toglie che i ricorrenti considerino invece meno mata, qualora la giurisdizione contabile si estenda �ai loro tesorieri (ed agli altd agenti del tipo indicato dall'art. 44 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214), una sfera di competenza costituzionalmente tutelata. Tale prospettazione � sufficiente a dimostraJ:1e che � esiste la materia di un conflitto � (in base all'art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953), anche se nei casi in esame non si controverte circa la spettanza di una � X� ;--/ � m� . %: mii'/ fil ~::;::/ . ----. m . 1@ :::::." . . W%.X' .� / , x-...m-W-x% ���~;,.:r..::: , . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 458 stessa attribuzione, ma circa l'estensione della giurisdizione propria della Corte dei conti, nel rapporto con l'autonomia organizzativa e funzionale rivendicata dai tre organi costituzionali che hanno sollevato conflitto. � infatti consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, H criterio per cui la figura dei conflitti di attribuzione, sia tra lo Stato e le Regioni sia tra i poteri dello Stato, �non si restringe 1alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per s�, ma si estende a comprendere ogni ipotesi dn cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate all'altro soggetto� (cfr. Ja sentenza n. 110 del 1970).. Nel merito, i decreti impugnati si fondano sulla comune premessa che l'art. 103, s�econdo comma, della Costituzione riservi ed attribuisca senz'altro alla Corte dei conti la giurisdizione in qualunque materia di contabilit� pubblica: elevando a principio di genera1issima portata; riferibile anche ai tesorieri degli organi costituzionali ricorrenti, Ja disposizione dell'art. 44 del r.d. n. 1214 del 1934, per cui la Corte dei conti giudica � sui conti dei tesorieri, dei ricevitoDi, dei cassieri e degli agenti incaricati di riscuotere, di pagare, di conservare e di maneggiare danaro pubblico o di tenere in custoria valori e materie di propriet� dello Stato�. A sostegno della sua tesi, fa Sezione I giurisdizionale richiama la sentenza di questa Corte n. 114 del 1975, per desumerne -come gi� si � ricordato in narrativa -che �lo strumento del rendiconto giudiziale� e l'apposito � giudizio sul conto� debbano trovare immediata applicazione nei riguardi di tutti coloro che maneggino danaro o custodiscano valori o materie, neH'ambito degli oDdinamenti della Presidenza della Repubblica, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Senonch� la giurisprudenza finora elaborata da questa Corte, quanto alla giurisdizione della Corte dei conti nelle materie di contabilit� pubblica, non conforta la tesi della Sezione I giurisdizionale. In primo luogo, non � pertinente il richiamo della sentenza n. 114 del 1975, poich� tale decisione ha risolto un problema ben lontano da quello in esame, dichiarando l'iillegittimit� costituzionale di una legge della Regione Trentino- Alto Adige, nella parte in cui questa rendeva eventuali anzich� necessari i giudizi sui conti degli agenti contabili dei rispettivi enti loca1i, e fa� cendo valere in tal senso la specifica esigenza di non determinare �una palese situazione di disparit� di trattamento... rispetto ag1i .agenti contabili degli enti locali del restante territorio nazionale�; sicch� i citati assunti della motivazione non possono venire universalizzati, estrapolandoli dal contesto della decisione stessa. In secondo luogo, questa Corte ha pi� volte ritenuto -a partire dalla sentenza n. 110 del 1970 -che �il principio dell'art. 103 conferisca capacit� espansiva alla disciplina dettata dal testo unico del 1934 per g1i agenti contabili dello Stato, consentendone l'estensione a situazioni j.,, !::: ii: I! 11111&BillfllJ:i#lf:lilf&il&w#11t111111t:111111~~111rtr&111~:1t,11trr11w11~t1r111rr111r~1~1== PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 459 non espressamente regolate in modo specifico�. Ma in quella stessa pronuncia si avverte che l'espandersi della giurisdizione costituzionalmente attribuita alla <Corte dei conti, lungi dall'essere incondizionato, deve considerarsi circoscritto �laddove ricorra identit� oggettiva di materia, e beninteso entro i �limiti segnati da a1tre norme e princ�pi costituzionali �. Ed in questi termini si � ancor pi� chiaramente espressa la sentenza n. 102 del 1977: nella quale la Corte -sia pure dichiarando inammissibili le proposte questioni di legittimit� costituzionale deHe norme sulla responsabilit� civile degli amministratoI1i e dipendenti degli enti locali ha in sostanza escluso che il precetto stabilito dal secondo comma dell'art. 103 Cost. sia caratterizzato da una �assoluta (e non tendenziale) genera1it� � e sia dunque dotato d'� immediata operativit� in tutti i casi�. In terzo luogo, determinante � la contrapposizione che Ja ricordata sentenza n. 110 del 1970 ha operato, di fronte alla giurisdizione contabile della Corte dei conti, fra le attribuzioni delle assemblee regionali e quelle spettanti alle assemblee parlamentari. Nell'argomentare che le prime s.i svolgono �a livello di autonomia�, mentre .le seconde sono collocate �a livello di sovranit��, la Corte ne ha infatti ricavato che �deroghe alla giurisdizione... sono ammissibili soltanto nei confronti di organi immediatamente partecipi del potere sovrano dello Stato, e perci� situati al vertice dell'ordinamento, in posizione di assoluta indipendenza e di reciproca parit� �. Pur precisando che deroghe del genere sono � sempre di stretta interpretazione�, tale sentenza respinge pertanto -in un modo inequivoco -la meccanica assimilazione fra i tesorieri dei Consigli regionali e quelli degli organi costituzionali; e fu trasparire, almeno per quanto rJguarda le Camere del Parlamento, l'opposta convinzione che i loro agenti contabili rimangano esenti dalJl'apposito giudizio di conto, in nome delle �prerogative riservate agli organi supremi dello Stato�. Questo orientamento va ora tenuto fermo, nel risolvere i casi in esame. A ta.1 fine, dev'essere anzitutto analizzato l'intero complesso delle fonti normative e delle norme vigenti in materia. Al riguardo i decreti impugnati presuppongono, infatti, che nessun ostacolo si frapponga all'esercizio della giurisdizione contabile nei confronti dei tesorieri della Presidenza della RepubbLica, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica: salvo un �privilegio anacronistico�, che soltanto di fatto li svincolerebbe dall'obbligo di rendere il conto delle foro gestioni, senza alcun fondamento suscettibile di giustificare la conseguente disapp1icazione degli artt. 103 Cost. e 44 del r.d. n. 1214 del 1934. Ma i termini della questione non sono cos� semplici. Occorre considerare, al contrario, che la disciplina dettata dalle norme costituzionali scritte, quanto al regime organizzativo e funzionale degli apparati serventi gli organi costituzionali, non � affatto compiuta 460 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO e dettagliata. Ad integrazione di esse ed in corrispondenza alle peculiari posizioni degli organi medesimi, si sono dunque affermati principi non scr:itti, manifestatisi e consolidatisi attraverso la ripetizione costante di comportamenti uniformi (o comunque retti da comuni criteri, in situazioni identiche o analoghe): vale a dire, nella forma di vere e proprie consuetudini costituzionali. Tale, in particolar modo, � stato ed � il caso dei rapporti fra gli organi costituzionali in esame e la Corte dei conti quale giudice sull'attivit� gestoria degli agenti contabili dell'amministrazione dello Stato. Effettivamente, sotto H vigore dello Statuto aJbertino, per quanto risulta a questa Corte, non si � mai dubitato che i tesori&i della Real Casa e delle due Camere del Parlamento fossero esentati dalla giurisdizione contabile. N� quell'� antica pmssii �, alla quale accennano esplicitamente i decreti concernenti i tesorieri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, � stata interrotta dall'instaurazione dell'ordinamento repubb1icano: sia perch� ii soggetti che diversamente avrebbero dovuto presentare il conto non hanno ritenuto di essere obbligati a siffatti adempimenti; sia perch� la Corte dei conti -con la sola eccezione d'una serie di note del 15 gennaio 1968, che per altro non hanno avuto alcun seguito -non ha rivolto loro alcuna intimazione, riconoscendo in sostanza di non poter esercitare lin questo oampo la sua giurisdizione. D'altronde, non sarebbe fondato sostenere che si tratti di una prassi irrilevante dal punto di vista del diritto costituzionale. L'esenzione dei loro agenti contabili dai giudizi di conto rappresenta, viceversa, il diretto riflesso della spiccata autonomia di cui tuttora dlispongono i tre organi costituzionali ricorrenti. Tale autonomia si esprime anzitutto sul piano normativo, nel senso che agli organi in questione compete la produzione dli apposite norme giuridliche, disciplinanti l'assetto ed il funzionamento dei loro apparati serventi; ma non si esaurisce nella normazione, bens� comprende -coerentemente -il momento applicativo delle norme stesse, incluse le scelte riguardanti la concreta adozione deHe misure atte ad assicurarne l'osservanza. Rispetto alla materia del presente conflitto, ci� significa da un lato che spetta alle Camere del Parlamento ed alla Presidenza della Repubblica dettare autonomamente le disposizioni regolamentari che ognuno di tali organi ritenga pi� opportune per garantire una corretta gestione delle somme affidate ai rispettivi tesorieri; e comporta d'altro lato che 11ientri nell'esclusiva disponibilit� di detti organi, senza di che la loro autonomia verrebbe dimezzata, J'attivazione dei corrispondenti rumedi, amministrativi od anche giurisdizionali. Relativamente alle assemblee parlamentari, � dunque in tal senso che va inteso il primo comma dell'art. 64 Cost., per cui � ciascuna Camera adotta iii proprio regolamento�; ed � questa la chiave del problema in esame, indipendentemente dai molti altri articoli della Costituzione, su cui fanno leva i ricorsi della Camera dei deputati e del PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Senato della Repubblica. Ma la conclusione non pu� essere diversa nei riguardi della Presidenza della Repubblica, malgrado per essa non sussista alcuna previsione costituzionale analoga a quella concernente i regolamenti parlamentari. Al di l� del testo dell'ultimo comma dell'art. 83 Cost., che si limita a rinviare alla legge la determinazione dell' � assegno � e della �dotazione� spettanti al Presidente deMa Repubblica, � infatti indiscusso in dottrina che anche quest'organo abbisogni di un proprio apparato, non solo e non tanto per amministrare i beni rientranti nella �dotazione� stessa, quanto per consentire un efficiente esercizio delle funzioni presidenziali, garantendo in tal modo la non-dipendenza del Presidente iispetto ad altri poteri dello Stato; sicch� il Segretario generale della Presidenza defila Repubblica non pu� essere riduttivamente configurato -come invece si legge nel relativo decreto della Sezione I ~urisdizionale della Corte dei conti -quale �apparato burocratico di regime giuridico eguale a quello di ogni altro apparato dell'amministrazione dello Stato�. Non a caso, hl secondo comma dell'art. 3 della legge 9 agosto 1948, n. 1077, dispone che �il Segretario generale della Presidenza della Repubblica � nominato e revocato con decreto del Presidente della Repubblica�, sia pur �controfirmato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei minist11i �; ed � il Presidente della Repubblica che approva -in virt� del terzo comma del citato articolo -il cosiddetto � regolamento .interno � ed �i �provvedimenti relativi al personale�, sia pure su proposta del Segretario generale. Per quanto non siano completamente assimilabili ai regolamenti delle Camere, anche i l:'egolamenti approvati a questa stregua dal Presidente della Repubblica debbono considerarsi sorretti da un implicito fondamento costituzionale (in vista del quale la fogge n. 1077 del 1948 assume sul punto -come � stato chiariito gi� nel corso dei lavori preparatori di essa -un carattern ricognitivo piuttosto che attributivo); tanto pi� che fonti del genere, se cos� non fosse, non potrebbero legittimamente inserirsi nell'attuale sistema degli atti normativi dello Stato. Da tutto questo consegue che il problema dei rapporti fra il giudice contabile, la Presidenza della Repubblica e le Camere del Parilamento non pu� essere risolto limitandosi a notare che la Carta costituzionale non introduce in proposito alcuna esplicita deroga, rispetto a quella norma di generalissima portata che si vorrebbe desumere dal secondo comma dell'art. 103 Cost. Vero �, viceversa, ohe J'esenzione dai giudizi di conto s'inserisce fa un regime fondamentalmente comune a tutti gli organi costituzionali ricorrenti, rinsaldato da una lunga tradizione e J'adicato nell'autonomia spettante agli organi stessJ. I tre ricorsi vanno pertanto accolti. In via di principio, la giurisdizione sui conti giudiziali � retta da un impulso d'ufficio, determinante processi di tipo inquisitorio, che prescindono dalle istanze delle �amministrazioni; ed anzi presenta -allo RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 462 stato attuale dell'ordinamento -un carattere necessario e continuo, risolvendosi inevitabHmente i:n t�anti giudizi quanti sono i conti che periodicamente si susseguono. Pur investendo le sole gestioni degli agenti contabili (dalle quali debbono restar distinte -a questi specifici effetti le gestioni degli ordinatori della spesa), �. predetti giudizi di conto non sono pertanto compatibili con le autonome valutazioni, costituzionalmente spettanti alla Presii<lenza della Repubblica, ailla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica. Ma da ci� non discende per nulla, circa gli agenti contabili degli organi in questione, che non venga assicurata una corretta gestione del danaro pubblico, nonch� degli altri valori e materie di propriet� dello Stato. Nell'ambito degli apparati della Presidenza della Repubblica e delle assemblee parlamentari, puntua1i garanzie sono offerte fin d'ora dalle rispettive norme regolamentari (si vedano, in particolar modo, gli artt. 27, 28 e 65 del regolamento di contabilit� per .i servizi del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, approvato con decreto presidenziale 1� settembre 1980, n. 42; gili artt. 9, 25, lett. g), 26, 27, 28, 32, 37 e 39 del regolamento di amministrazione e contabilit� del Senato della Repubblica, adottato il 23 ottobre 1940; gli ailtt. 9, 32, 33, 35 e 38 del corrispondente regolamento di amministrazione e contabilit� della Camera dei deputati). N� si pu� dire che l'esonero dai giudizi di conto neces�sari va1ga ad escludere .i r:apporti in esame dalla giurisdizione in genere. Anche a non voler co'ilsiderare Ja giurisdizione penale, che nei rtguardi dei tesorieri degli organi costituzionali rucorrenti non soffre eccezioni di sorta, residuano pur sempre le azioni esercitabH� dagli stessi interessati. Ma non compete alla Corte precisare in questa sede quali siano 1i procedimenti, utilizzabili ad iniziativa di parte, che meglio si armonizzino con le posizioni peculiari della Presiden:zJa della Repubblica e delle assemblee parlamentari. (omissis) . SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 3 giugno 1981, nella causa 107/80 -Pres. Mertens de Wilmarn -Avv. Gen. Capotorti Cattaneo Adorno (avv. Cappelli e De Caterini) c. Commissione delle Comunit� europee (ag. Campogrande), con intervento del Governo itaHano (avv. Stato Fiumara). Comunit� europee -Agricoltura -Politica agricola comune -Azioni comuni: ammodernamenti delle aziende agricole e miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. (Trattato CEE, art. 39; regolamento CEE del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, artt. 1 e 6; regolamento CEE del Consiglio 15 febbraio 1977, n. 355; direttiva CEE del Consiglio 17 aprile 1972, n. 72/159). Rientra nel campo di applicazione del regolamento CEE del Consiglio 15 febbraio 1977, n. 355, un progetto destinato al miglioramento della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se questi provengono dalla stessa azienda in cui debbono essere realizzati gli investimenti, qualora esso possa <dfettivamente contribuire alla razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione (1). (omissis) 1. -Con atto depositato in cancelleria il 3 1aiprile 1980, il sig. Oattaneo Adorno ha proposto a questa Corte, in forza dell'art. 173, (1) Con la decisione in rassegna la Corte ha accolto il ricorso della ditta Cattaneo Adorno, in favore della quale era intervenuto in giudizio il Governo italiano, le cui osservazioni qui di seguito si riportano (della direttiva n. 72/159 la Corte di giustizia si � occupata anche con la sentenza 6 maggio 1980, nella causa ,152/79, LEE, in Racc., 1495; circa la mancanza di una definizione comunitaria generale e uniforme di azienda agricola universalmente valida per l'intero settore delle disposizioni legislative e regolamentari concernenti la produzione agricola, cfr. la sentenza della Corte 28 febbraio 1978, nella causa 85/77, Az. AGRICOLA S. ANNA, in questa Rassegna, 1978, I, 69, con nota di MARZANO): Ammodernamento delle aziende agricole e miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli: azioni comuni ai sensi dell'art. 6 del regolamento C.E.E. del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729. (omissis). -2. -�Da una retta interpretazione della direttiva 72/159 CEE e del reg. 355/77 scaturisce che un progetto presentato da un imprenditore RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 464 secondo comma, del Trattato CEE, un ricorso inteso all'annullamento della decisione della Commis~ione in data 24 gennaio 1980, con la quale veniva rifiutato un contributo del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione orientamento, per un progetto d'investimento da lui presentato ai sens.i del regolamento del Consiglio 15 febbraio 1977, n. 355, relativo ad un'azione comune per il miglioramento delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli (G.U. n. L 51, pag. 1). 2. -Il J"icorrente � titolare di un'impresa agricola avente sede in Gabiano Monferrato (Piemonte). L'impresa � costituita da due aziende, comprendenti terreni per una superficie di circa 176 ettari, tradizional� mente destinati �alla viti-vinicoltura e atti a produrre vini di alto livello qualitativo. Col progetto d'investimento in questione, 11 ricorrente intende creare un nuovo centro vinicolo, destinato a migliorare l'attivtit� di vinif�� cazione delle uve prodotte nell'impresa, a razionalizzare il magazzinaggio agricolo concernente la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli pu� essere ammesso ai benefici del regolamento medesimo pur se i prodotti stessi provengono, esclusivamente o prevalentemente, dall'azienda agricola cui il progetto inerisce. All'affermazione di questo principio conseguono l'annullamento della decisione della Commissione richiesto dal ricorrente e la riammissione del progetto all'istruttoria per la verifica della ricorrenza degli altri requisiti previsti dalla normativa comunitaria. 3. -La direttiva del Consiglio del 17 aprile 1972, relativa all'ammodernamento delle aziende agricole, n. 72/159/CEE, mira a contribuire alla riforma delle strutture agrarie, che costituisce un elemento fondamentale dello sviluppo della politica agricola comune. La direttiva � stata adottata considerando in particolare: -(4� considerando) �che la struttura agraria � caratterizzata nella Comunit� da un vasto numero di aziende agricole in cui mancano le condizioni strutturali che consentano di assicurare un equo reddito e condizioni di vita comparabili a quelle delle altre professioni; che, inoltre, aumenta in modo permanente il divario fra il reddito delle aziende che per la loro situazione strutturale sono in grado di adeguarsi allo sviluppo economico e il reddito delle altre aziende�; -(5� considerando) �che, in futuro, le uniche aziende in grado di adeguarsi allo sviluppo economico sono quelle il cui capo d'azienda possiede una adeguata qualificazione professionale, la cui redditivit� � verificata mediante una contabilit� e che sono in grado, applicando razionali metodi di produzione, di garantire un equo reddito, nonch� di assicurare condizioni di lavoro soddisfacenti per le persone che lavorano in tali aziende; che occorre pertanto che la riforma della struttura agraria di produzione favorisca la costituzione e lo sviluppo di tali aziende�. La direttiva prevede, quindi, .in primo luogo (titolo I), un � regiime di incoraggiamento a favore delle aziende agricole in grado di svilupparsi >>, che consiste essenzialmente nella messa a disposizione di terre, di aiuti sotto forma di abbuono di interessi per gli investimenti necessari per l'attuazione del piano di sviluppo, di garanzie per i mutui contratti. In questo regime l'art. 1 dispone che � allo scopo di creare condizioni strutturali che consentano un sensibile ( J'. '~~ I�� f� _,.,Amr-Il 1:: PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 465 e la conservazione del vino, a migliorare i collegamenti nei trasporti fra le due aziende e ad abbreviare il circuito di vendita del vino, migliorando nel contempo Ja qualit�, la presentazione e il condizionamento del prodotto. 3. -Nella decisione impugnata si constatava che detto progetto non poteva essere preso in considerazione per la concessione del contributo del FEAOG, sezione orientamento. La Commissione considerava che la domanda di contributo rientrava nella sfera d'applicazione della diretHva del Consiglio 17 aprile 1972, n. 72/159, relativa all'ammodernamento delle aziende agricole (G.U. n. L 96, pag. 1); che i provvedimenti contemplati da tale direttiva costituiscono una �azione comune � ai sensi dell'art. 6, n. 1, del regolamento del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al finanziamento de1la politica agri.cola comune (G.U. n. L 94, pag. 13); che, a norma dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 355/77, i progetti che possono fruire di aiuti comunitari nell'ambito di altre azioni comuni non rientrano nel campo di questo regolamento. miglioramento del reddito e delle condizioni di lavoro e di produzione in agricoltura, .gli Stati memb:rii ismtuiscono un rng,ime selettivo �di li!ncoraggiamento delle aziende agricole in grado di svilupparsi, volto a favorire le attivit� e lo sviluppo in condizioni razionali �. Sono considerate aziende agricole in grado di svilupparsi quelle in cui l'imprenditore possiede determinati requisiti: in particolare egli deve esercitare l'attivit� agricola in via principale, possedere una sufficiente capacit� professionale ed elaborare un piano di sviluppo dell'impresa (a:ritt. 2 e 4) U qll!aille dimostri che, una volta attuato, ~'>azienda agricola in via di ammodernamento sar� in grado di raggiungere almeno un reddito di lavoro paragonabile a quello di cui fruiscono le attivit� non agricole della zona. Misure complementari al regime di incoraggiamento delle aziende agricole in grado di svilupparsi sono indicate nel titolo II: ivi sono previsti un regime di incoraggiamento a11a tenuta deillia contabilLirt� delae ,aziende agricole (1art. '11, in relazione al 14� considerando), la concessione di un aiuto di avviamento alle associazioni riconosciute aventi come scopo l'assistenza interaziendale, una pi� :riazionale utilizzazione in comune del materiale agricolo o un'attivit� in comune (art. ,12, in relazione al 15� considerando), l'istituzione di regimi di aiuto alle opere di irrigazione e di ricomposizione (art. 13, in relazione al 16� considerando). Le spese effettuate dagli Stati membri nel quadro delle azioni sopra indicate sono .finanziate pairzia:1mente dal F.E.A.OJG. (airt. 19). Pier concentrare gLi aiuti finanziari nella realizzazione dell'obiettivo primario dell'ammodernamento delle aziende (17� considerando) l'art. 14 vieta altri aiuti pur soltanto nazionali agli investimenti nelle aziende agricole, salvo alcune specifiche eccezioni. In attuazione della direttiva l'Italia ha emanato la legge 9 maggio 1975, n. 153, convalidata dalla Commissione delle C.E., con la quale � stato istituito un regime di aiuti -art. 1, lett. a) -con lo scopo di �promuovere sollecitamente l'ammodernamento ed il potenziamento delle strutture agricole a deter� minare il miglioramento delle condizioni di produzione, di lavoro e di reddito in agricoltura �. In questa prospettiva � stato stabilito -art. 11 -che le provvidenze si applicano alle aziende agricole, singole ed associate, che siano in grado di conseguire attraverso una pi� razionale ed efficace organizzazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. -I cinque mezzi dedotti dal ricorrente sono rispettivamente fondati sulla violazione del regolamento n. 355/77, e in particolare degli artt. 1, 6 e 15, n. 2; sul difetto di motivazione della decisione impugnata; sull'errata applicazione della direttiva 72/159, e in particolare degli artt. 1 e 2; sull'incompetenza deUa Commissione ad individuare i beneficiari del regime di aiuti stabilito dalla direttiva; sulla violazione del divieto di discriminazione. 5. -Poich� la controversia J"iguarda principalmente la delimitazione delle rispettive sfere d'appUcazione del regolamento n. 355/77 e della direttiva 72/159, � opportuno esaminare anzitutto, congiuntamente, il primo ed il terzo mezzo. 6. -Il ricorrente sostiene che la direttiva 72/159 non pu� applicarsi al suo caso. A suo avvJso, il regime di incoraggiamento previsto da tale direttiva ha infatti lo scopo di consentire alle �aziende in grado di svilupparsi� di adattarsi al progresso economico nell'ambito di un ade- dei fattori della produzione, anche sotto forma di impianti e serv1z1 comuni, adeguati livelli di reddito: a) che siano condotte da imprenditori agricoli a titolo principale; b) che abbiano una produzione tale da determinare un reddito di lavoro inferiore al reddito medio dei lavoratori non agricoli della zona in cui ricade l'azienda. 4. -Il regolamento (CEE) n. 355/77 del Consiglio del 15 febbraio 1977 relativo a un'azione comune per il miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli mira al miglioramento delle strutture di mercarto dei prodotti .agrkoli. Esso � stato adottato considerando in particolare: -{1� considerando) �che nella Comunit� i prodoHii: agricoli sOIIlo sottoposti per la maggior parte a trasformazione prima di giungere al consumatore finale; che, inoltre, il miglioramento delle attivit� di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, segnatamente mediante il miglioramento della qualit� e della presentazione, permette di conquistare pi� ampi sbocchi, di meglio valorizzare i prodotti e di contribuire di conseguenza all'incremento della produttivit� dell'agricoltura �; -(3� considerando) �che per assicurare un miglioramento coerente della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli conviene che la partecipazione del F.E.A.O.G., sez. orientamento, a progetti di investimento sia subordinata all'inserimento di questi ultimi in programmi specifici contenenti una precisa analisi della situazi�ne del settore in questione e del miglioramento previsto �; -(4� considerando) �che, per poter beneficiare del finanziamento comunitario, i progetti devono in particolare permettere di garantire tanto il miglioramento e la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, quanto effetti positivi duraturi nel settore agricolo�. Il regolamento, quindi, avvia -art. 1 -�un'azione comune destinata a permettere di sviluppare e razionalizzare imprese che si occupano del trattamento, della trasformazione o della commercializzazione dei prodotti agricoli�, al fine .di � migilliorare le strutture di mercato dei prodo.tt,i agricoli e, in par�ticolare, facilitare gli adeguamenti o gli orientamenti dell'agricoltura resi neces� r ~f: I I ~== ~:'. i:: PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 461 guato piano di sviluppo. Le aziende che possono beneficiare di tale regime in forza della direttiva sono quelle il cui titolare ha un reddito di favoro inferiore ad un livdlo equo, o la cui struttura� sia tale da compromettere il mantenimento del reddito ad un livello equo. Questi presupposti non ricorrono nel caso di imprenditori che, come il ricorrente, dirigono aziende agricole le quali hanno raggiunto un reddito di lavoro analogo, o addirittura superiore, a quello di cui beneficiano le attivit� non agricole nella stessa zona. 7. -Il ricorrente sostiene che, stando cos� le cose, non pu� essergli opposto l'art. 15, n. 2, del 1.'ego1amento n. 355/77 in quanto questa norma, secondo cui non rientrano nel campo di applicazione di tale regolamento i progetti � che possono beneficiare di aiuti comunitari nel quadro di altre azioni comuni � ai sensi del regolamento n. 729 /70, ha l'unico scopo di evitare il cumulo di aiuti comunit,ari per la rea1izzazione di uno stesso progetto. sari dalle conseguenze �conomiche della politica agricola comune o intesi a rispondere alle esigenze di quest'ultima �. 1\ ammesso ai benefici, che consistono in sovvenzioni in conto capitale, �qualsiasi progetto di investimento in beni materiali (di persone fisiche o giuridiche o di loro associazioni), pubblico, semipubblico o privato, relativo in tutto o in parte ad attrezzature destinate in particolare: a) alla realizzazione o allo sviluppo del magazzinaggio, del condizionamento, della conservazione, del trattamento o della trasformazione di prodotti agricoli: b) al miglioramento dei circuiti di commercializzazione; e) ad una migliore conoscenza dei dati relativi ai prezzi ed alla formazione dei prezzi sui mercati dei prodotti agdcoli � (art. 6). Il progetto deve �contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione agricola di base; ... e in particolare assicurare un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano� (art. 9). L'art. 111 indica pi� specificatamente gli scopi alternativi che debbono perseguire i progetti: orientamento della produzione o creazione di nuovi sbocchi per essa; alleggerimento dei meccanismi di intervento delle organizzazioni comuni di mercato; localizzazione in regioni che presentano difficolt� di mercato; semplificazione dei circuiti commerciali; miglioramento del prodotto. L'art. 15, n. 2, precisa che � non rientrano nel campo di applicazione del regolamento i progetti che possono beneficiare di aiuti comunitari nel quadro di altre azioni comuni ai sensi dell'art. 6, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 729/70 �. 5. -Sia le misure previste dalla direttiva 72/,159 che quelle previste dal regolamento 355/77 rivestono un interesse comunitario e hanno lo scopo di conseguire le finalit� di cui all'art. 39, paragrafo 1, lett. a), del trattato, e costituiscono pertanto un'azione comune ai sensi dell'art. 6 del regolamento CEE n. 729/70 (cfr. il 19� considerando dell'una ed il 2� considerando dell'altro; cfr., peraltro, il 1� considerando della direttiva, che richiama anche la lett. b) dell'art. 39, par. 1, cit.). Le une e le altre hanno dunque lo scopo di � incrementare la produttivit� dell'agricoltura, sviluppando il progresso tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola come pure un impiego migliore dei fattori di produzione, in particolare della mano d'opera �. 468 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 8. -La Commissione refuta l'inte:ripretazione data dal ricorrente all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 355/77. A suo avviso, � inconcepibile che il legislatore comunitaTio abbia voluto concedere i maggiori vantaggi pvevisti dal regolamento ad investimenti riguardanti esclusivamente l'ammodernamento di un'azienda agl'icola, oggetto della direttiva 72/159, qualora tali investimenti non 11ispondano ai criteri definiti dalla direttiva. Per questi motivi, la Commissione� ha escluso ab initio dal campo d'applicazione del regolamento tutti i progetti che, come quello presentato dal ricorrente, rientrano, in base a:l tipo deg1i investimenti proposti, nel campo d'applicazione della direttiva, anche se, per motivi non .ineventi ai progetti, bens� alle dimensioni o alla redditivit� dell'impresa, Jl titolarie di questa non abbia diritto agli aiuti contemplati dalla direttiva. 9. -Il Governo italiano, interv,eniente, ha criticato il modo astratto in cui la Commissione ha proceduto �alla valutazione del progetto presentato dal ricorrente. A suo avviso, da un esame del testo e del pream- In questa prospettiva comune, la direttiva prevede specificamente piani di sviluppo, di aziende non ancora sviluppate, nel quadro delle strutture agrarie; il regolamento prevede progetti di investimento, in aziende non specificamente delimitate, nel quadro delle strutture di mercato. Ictu oculi appare dunque una prima distinzione di fondo: l'una intende favorire � razionali metodi di produzione � attraverso una � riforma della struttura agraria di produzione� (5� considerando); l'altro intende favorire �il miglioramento e la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli� ed effetti positivi duraturi nel settore agricolo ( 4� considerando). Le due normative (l'una diretta agli Stati, l'altra diretta anche ai singoli) hanno dunque due specifici campi di applicazione, diversi e separati fra di loro. � possibile, ed � anzi naturale per l'interdipendenza dei due campi, che vi siano delle interferenze. Un piano di sviluppo secondo la direttiva potrebbe riguardare anche la prima trasformazione dei prodotti (art. 38, n. 1, del trattato) e influisce sulla commercializzazione dei prodotti stessi; e un piano di investimento per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, ai sensi del regolamento, permette non solo di conquistare plli� �arnJpi sboochi d�. meroato, ma anche � di meglio valorizzare i prodotti e di contribuire di conseguenza all'incremento della produttivit�� (1� considerando del regolamento). Le interdipendenze e le interferenze non tolgono, per�, che scopo diretto del piano di sviluppo previsto dalla direttiva � il miglioramento della struttura agraria di produzione e scopo diretto del progetto di investimento previsto dal regolamento � il miglioramento della struttura di trasformazione e commercializzazione. Peraltro, un'altra distinzione si pone fra direttiva e regolamento, finanche indipendente da quella sopra indicata. L'ambito di operativit� della direttiva � infatti ulteriormente circoscritta dalla limitatezza dell'obiettivo prefissosi: essa, istituendo un regime selettivo di incoraggiamento delle aziende ag,rico1Je in grado di sviLupparsi persegue ili fine di ammodernare queste e so1o ~:~ ('.'. queste (cfr. Corte di giustizia, 6 maggio 1980, nella causa 152/79, Lee c. Min. agricoltura irlandese), per farle pervenire ad un livello di reddito comparabile f.: 1 ~ ~ I�~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 469 bolo del regolamento n. 355/77 e della direttiva 72/159 risulta che le due normative hanno campi di applicazione specifici e distinti. La direttiva intende favorire razionali metodi di produzione attraverso una riforma del1a struttura produttiva agricola; il 'regolamento mira, invece, a favorire il miglioramento e la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli. Stando cos� le cose, la Commissione avrebbe dovuto esaminare il progetto d'investimento presentato dal ricorrente, per determinarne la portata e l'oggetto, alla luce dei criteri stabiliti e delle indicazioni fomite dai due atti di cui trattasi, invece di limitarsi a qualificarlo come un progetto di � ammodernamento �. 10. -La Commissione fa valere inoltre che gli aiuti contemplati dalla direttiva sono destinati al ~anziamento delle aziende agricole, mentre i contributi previsti dal regolamento riguardano attivit� extra-agricole di prima trasformazione o di commercializzazione, anche se queste vengono esercitate da operatori che svolgono, parallelamente, un'attivit� agricola. A suo avviso, il regolamento n. 355/77 non ha, infatti, lo scopo di a quello di cui beneficiano le attivit� non agricole della zona (nella prospettiva indicata dalla lettera b dell'art. 39, par. 1, del trattato, richiamata appunto, insieme alla lett. a, nel primo considerando). Ed � per questo che beneficiario delle misure indicate nella direttiva pu� essere solo un imprenditore agricolo che possegga determinati requisiti. Il regolamento, invece, si prefigge scopi molto pi� ampi. Si tratta qui dello sviluppo o della razionalizzazione delle imprese che si occupano del tratta� mento, della trasformazione o della commercializzazione dei prodotti agricoli � per migliorare le strutture di mercato dei prodotti agricoli � (art. 1), per contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione agricola di base e... per assicurare un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano � (art. 9), nel quadro di specifici prognimmd elaborarti dagli Stati membri (rut. 2; salve le' disposizioni transitorie dell'art. 12), con l'assicurazione di effetti economici duraturi nel settore agricolo (art. 10). E qui, essendosi ben al di l� di un mero ammodernamento di un'azienda sottosviluppata, beneficiari del contributo del Fondo -ben pi� consistente, per l'evidente maggior impegno della spesa necessaria, di quello della direttiva -possono essere genericamente e indiscriminatamente � le persone fisiche e giuridiche o le loro associazioni su cui grava, in ultima istanza, l'onere finanziario relativo alla realiz21azione del progetto� (art. 19). 6. -Pur nella diversit� e nella separazione dei rispettivi ambiti di applicazione, potrebbero verH�.carsi -non solo per 1'mterdipendem1a degli scopi gi� messa in luce, ma anche per la natura delle opere progettate -che una iniziativa presenti caratteristiche teoricamente idonee a conseguire entrambi i benefici della direttiva e del regolamento, o addirittura ulteriori benefici previsti nel quadro di altre azioni comuni. Per far fronte a questa eventualit� l'art. 15, n. 2, del regolamento statuisce che � non rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento i progetti che possono beneficiare di aiuti comunitari nel quadro di altre azioni 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO garantire un reddito equo ad imprenditori agricoli, bens� quello di migliorare le strutture dei mercati. La Commissione ne desume che un imprenditore agricolo potrebbe beneficiare dei contributi previsti dal regolamento soltanto qualora si propones�se, grazie al iiafforzamento delle strut�ture di prima trasformazione e di commercializzazione della propria azienda, di modificare l'equhlibrio dell'attivit� aziendale per orientarlo in maniera significativa verso la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti altrui. Ma ci� non si verificherebbe nel caso del progetto presentato dal ricorrente. 11. -� d'uopo esaminare anzitutto quest'ultima tesi che, se fondata, sarebbe decisiva, '�n .quanto iii ricorrente non ha sostenuto che il progetto da lui presentato abbia lo scopo di orientare in modo significativo le attivit� della sua azienda verso 1a trasformazione e la commercializzazione di prodotti provenienti da altre aziende. comuni ai sensi dell'art. 6, par. 11, del regolamento (CEE) n. 729/70 � (fra i quali sono compresi quelli previsti nella direttiva in questione). Il significato fondamentale di questa disposizione -forse non formulata impeccabilmente -� evidente: non si possono cumulare due benefici (per una norma analoga, si veda l'art. 14, n. 2, lett. a, della direttiva, dove si dice che gli Stati membri possono concedere aiuti transitori a imprenditori che �non possono ancora beneficiare delle indennit� annue di cui all'art. 2, par. 1, della direttiva concernente l'incoraggiamento alla cessazione dell'attivit� agricola �). Resta poi da vedere se un'iniziativa che possa astrattamente godere di entrambi i benefici debba essere ammessa per l'intero all'uno o all'altro secondo un criterio di prevalenza, o in parte all'uno e in parte all'altro a seconda dell'inerenza delle singole opere progettate agli scopi di ciascuna normativa: ma � un problema concreto che non interessa la presente controversia, quantomeno allo stato attuale. 7. �La Commissione, invece, proprio dal disposto dell'art. 15, n. 2, del regolamento trae spunto per dire: a) che le J.nizi:ative dii armmoderOO!ffiento attengono ra1~a produzione, alla trasformazione e alla commercializzazione del prodotto agricolo; b) che i benefici all'ammodernamento di cui alla direttiva esauriscono il campo dell'azione comunitaria in favore dell'impresa agricola in quanto tale. Essendo, quindi, costretta a trovare un campo di applicazione anche per il regolamento n. 355/77, la Commissione conclude: e) che i benefici del regolamento spettano ai progetti elaborati per un'impresa che non sia destinata a rimanere esclusivamente tale, cio� ai progetti per interventi che, situandosi a valle della fase di produzione, estendono anche a produttori diversi dal beneficiario ii vantaggi eoonormici che ne derivano (�si pensi -precisa la Commissione -ad una unit� produttiva destim;tta alla lavorazione ed a1Ha commeroiiailizzazione dii prodotti non solo dell'azienda, ma anche di altri produttori�), La soluzione della Commissione cos� artico}ata non appare accettabile. Con riferimento a quanto ritenuto sub a), osserviamo che la direttiva parla di ammodernamento con riferimento esplicito alle aziende agricole che non abbiano ancora raggiunto un certo livello e necessitino perci� di un F k i''iii:: ~~~ E:: I; ~jj PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E I)l!TERNAZIONALE 471 12. -L'esame del testo e del preambolo del regolamento n. 355/77 non permette di giungere alla conclusione propugnata dalla Commissione. Secondo l'art. 19, possono beneficiare del contributo finanziario contemplato dal regolamento_f:r:a l'altr;o le_persone fisiche su cui grava, in ultima istanza, l'onere finanziamo relativo alla realizzazione del progetto. L'art. 6 dispone che, ai sensi del regolamento, per progetto si intende, fra l'altro, qualsiasi progetto d'investimento privato in beni materiali, l'elativo in tutto o in parte ad attrez2lature destinate in particolare alla razionalizzazione o allo sviluppo del magaz:llinaggio, del condizionamento, della conservazione o della trasformazione di prodotti agricoli -senza alcuna precisazione circa la provenienza di questi prodotti -, nonch� al miglioramento dei circuiti ili commercializLlazione. I progetti, secondo l'art. 7, devono riguaroare la commercializzazione dei prodotti agricoli compresi nell'allegato II del Trattato o la produzione dei prodotti trasformati ivi riportati. 13. -Dal complesso delle suddette disposizioni risulta che un progetto destinato -al mig1ioramento della trasformazione -e dehla commercia- aiuto ..perch� sia assicurato un grado di � produzione � remunerativo. Al di fuori di questa ipotesi non pu� parlarsi di � ammodernamento�, nel senso voluito dalia .di1rettiva, e un progetto di investimento inteso 1a ~gliiorare e raziona1izzare le strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, con effetti positivi duraturi nel settore agricolo, sfugge al concetto di mero �ammodernamento e pu� ipotizzarsi solo nei confronti di un'efficiente organizzazione imprenditoriale gi� esistente. L'art. 15, n. 2, non pu� essere interpretato come conferma che la direttiva si occupi anche dei piani di . trasformazione e di commercializzazione, inserendoli nell'omnicomprensJ. vo concetto di ammodernamento, poich� esso .ha il solo scopo di evitare un possibile cumulo del beneficio di cui al regolamento con altri benefici comunitari (i quali non sono necessariamente quelli concessi per l'ammodernamento delle aziende sottosviluppate: si pensi anche soltanto. agli aiuti comu� nitari previsti nel titolo II della direttiva stessa). Quanto alla affermazione sub b), non pu� non rilevarsi che la limitazione operata dalla Commissione � veramente illogica. Come ha posto in luce, con attenta e documentata analisi, la parte ricorrente nella, sua meDlQI'ia di replica, � inesatto ed arbitrario ritenere che le aziende atte a svilupparsi siano le sole rispond�nti alla concezione e agli indirizzi di politica comune, poich�, �nzi, la impresa assunta come punto di riferimento della politica comune � l'impresa effiaiente e cio� qucllla gi� sviluppata. La direttiva 712/,159 sii: occupa delil'ammodernamento delle aziende in grado di svilupparsi e per esse prevede dei benefici particolari di non rilevante entit� proprio perch�, in definitiva, i piani di sviluppo idonei allo scopo prefisso non possono che essere di modeste proporzioni. Ma se un progetto non � destinato ad una mera ristrutturazione di un'azienda non sviluppata che consenta a questa di raggiungere un minimo di redditivit�, ma prevede qualcosa di pi�, si entra allora nel campo di applicazione del regolamento n. 355/77: quest'ultimo, infatti, prevede non meri piani di sviluppo, ma progetti di investimento con scopi pm vasti ed ambiziosi, che non possono non riguardare che azi-einde gi� in buona efficienza. Ed � logico, 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 472 1izzazione dei prodotti agricoli provenienti dalla stessa azienda in cui devono essere realizz�ati gli investimenti non � affatto escluso dal campo di applicazione del regolamento, qualora possa effettivamente contribuire alla razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione. 14. -� vero che l'art. 9 del regolamento stabilisce che i progetti devono contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione .agricola di base, ed in particolare assicurare un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano; questa norma, la quale ammette la possibilit� che persone diverse daii produttori del prodotto agricolo di base possano beneficiare del contributo previsto dal regolamento, non limita tuttavia il campo d'applicazione di quest'ultimo a questa sola ipotesi. 15. -D'altra parte, nel preambolo del regolamento n. 355/77 viene messo in rilievo che il inigLioramento delle attivit� di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, ial quaile mira il regolamento, pu� essere raggiunto mediante il miglioramento della qualit� e della per l'entit� dell'onere finanziario necessario e per gli obiettivi pi� generali e duraturi perseguiti, che il contributo del F.EA.O.G. sia molto pi� considerevole. Con l'affermazione sub e) la Commissione ammette che il progetto di investimento debba presentare un quid pluris rispetto al mero piano di sviluppo, ma ritiene -argomentando dall'art. 9 del regolamento -che questo quid sia l'estensibilit� del vantaggio economico anche a produttori diversi dal beneficiano: e ci� si realizzerebbe o no a seconda che il beneficiario preveda la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti altrui o solo dei prodotti propri. Possiamo anche discutere deHa equit� del criterio con il quale sono stati determinati in sede comunitaria i benefici della direttiva e quelli del regolamento. QueUa che, per�, ci sembra assolutamente ingiustificata � fa discriminazione proposta dalla Commissione: -essa non � sorretta da alcun argomento letterale; l'art. 9 citato dalla Commissione si limita a pretendere che sia assicurata �un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano�, il che significa che � sufficiente che del vantaggio economico goda anche un solo produttore del prodotto di base, che ben pu� essere il beneficiario del contributo, ove lo sfruttamento delle sue sole risorse produt tive sia ddoneo a � contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione agricola di base �; -ed essa si fonda, !inol�tre, su una tlogtlca di ben difficile com;prensione, visto che si agevolerebbe chi utilizza prodotti altrui (magari di un solo pro duttore) e non chi utilizza il prodotto proprio, dimostrando un'efficienza orga niz:mtiva che meriterebbe certamente un maggior favore da parte del legi slatore comunitarfo e non certo l'esclusione di qualsiasi�aiuto (di quelli della direttiva e di quelli del regolamento: per eliminare questo inconveniente non � sufficiente il disposto della prima parte dell'art. 14, n. 2, della direttiva, poich� ivi sono previsti solo eventua1i aiuti nazionali non imputabili al F.E.A.O.G.). Seppure, quindi, dovesse ritenersi che il oampo di applicazione della diret tiva riguardi non solo lo sviluppo della produzione, ma anche il miglioramento PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 473 presentazione dei prodotti stessi, e che la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli deve avere effetti positivi duraturi nel settore agricolo. I progetti presentati da agricoltori possono contribuire alla reailizzazione di questi obiettivi, in quanto la loro esecuzione potrebbe avere effetti che, pur favorendo la produzione agricola, siano atti ad influire suHe strutture di trasformazione e di commercializzazione in una certa regione o in un certo mercato. 16. -Secondo quanto risulta dal fascicolo presentato dal ricorrente alla Commissione, il progeHo di cui trattasi non riguarda principalmente lo sviluppo delle .attivit� concernenti la produzione del prodotto di base, e cio� dell'uva, bens� la razionalizzazione del magazzinaggio e della conservazione del vino, il miglioramento della qua1it�, della presentazione e del condizionamente della produzione vinicola e l'abbreviazione del circuito di vendita. Da quanto precede risulta che tali sforzi di raziona1izzazione sono per l'appunto quelli contemplati dal regolamento n. 355/77 e che il proget�to presentato dal ricorrente va considerato, in vda di specifico delle condizi�ni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, e che il campo di applicazione del regolamento sia complementare o residuale, bisognerebbe allora concludere che l'applicabilit� della direttiva dovrebbe essere valutata in concreto e non in astratto, come invece ritenuto dalla Commissione. L'inapplicabilit� della direttiva (per essere l'azienda gi� efficiente), la cui verifica � di competenza delle autorit� nazionali, dovrebbe rendere possibile ~'aippd�oobi'.lii� del regolla!lnento, sempre che, ovviiamente, il progetto di investimento risponda agli altri requisiti richiesti nel regolamento stesso: ma fra questi requisiti non v'� certo quello della utilizzazione dei prodotti altrui. 8. -Avendo la Commissione ribadito la sua tesi con la precisazione che la linea di demarcazione fra campo di applicazione del regolamento e campo di applicazione della direttiva � costituita dalla destinazione delle opere realiz� zande ad attivit� interne ovvero ad attivit� esterne all'azienda agricola (anche se realizzate da agricoltori) e che il criterio per individuare le attivit� esterne all'azienda agricola � appunto quello della utilizzazione di prodotti esclusivamente propri, o propri e altrui, si � replicato osservando che non v'� una definizione comunitaria generale ed uniforme di azienda agricola (si ricorda in proposito la sentenza della Corte nella causa �Azienda Avicola S. Anna>>, 28 febbraio 1978, nel procedimento n. 85/77). N� una definizione particolare � possibile ricavare dalla direttiva o dal regolamento, anche ai liinitati effetti della loro applicazione: anzi, � proprio la direttiva (art. 3) a rinviare alle normative nazioanli per la definizione della nozione di �imprenditore agricolo a titolo principale�. Si pu�, per�, ben dire che, secondo un'accezione comune, l'ambito di attivit� dell'azienda agricola non si esaurisce nella produzione e nella raccolta del frutto, ma si estende al normale ciclo produttivo, che comprende certamente la prima trasformazione e l'alienazione del prodotto, purch� queste si inseriscano nel consueto e ben delimitato ciclo dell'economia agricola: se, viceversa, trasformazione e commercializzazione richiedessero un'organizzazione o un'attrezzatura che esulano, per la loro complessit�, dal normale ciclo produt� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 474 principio, come un progetto d'investimento ai sensi dell'art. 6 di detto regolamento. 17. -� perci� necessario stabilire se l'art. 15, n. 2, del regolamento, che esclude dall'ambito di applicaziione di quest'ultimo i progetti che possono beneficiare di aiuti comunitad nell'ambito di altre azioni comuni, sia applicabile nella fattispecie, ed accertare 1in particolare se il progetto presentato dal a:-icorrente possa essere qualificato come un progetto di ammodernamento ai sensi della direttiva 72/159. 18. -La direttiva 72/159 ha lo scopo di delineare la riforma delle strutture agricole. Il quinto punto del preambolo precisa che tale riforma deve favorire la costituzione e lo sviluppo di a2Jiende capaci di adeguarsi allo sviluppo economico, cio� di quelle il cui �titolare possiede un'adeguata qualifioa2Jione professionale, la cui redditivit� � verificata su basi contabili e che sono in grado, applicando razionali metodi & produzione, di garantire un equo reddito e di assicurare soddisfacenti condizioni di lavoro ahle persone che dn esse 1avoriano. Gli artt. 2, 3, 4; 11 �e 12 tornano su questi vari elementi, mentire altre disposizioni prevedono aiuti 'rieltivo, si uscirebbe dall'ambito dell'attivit� agricola, e si dovrebbe parlare di. attivit� industriale e/o commerciale. Dunque deve ritenersi pacifico che il criterio di discriminazione fra attivit� agricola e attivit� non agricola (cio� industriale o commerciale) non � affatto costituito esclusivamente dalla provenienza dei prodotti utilizzati per la trasformazione e la commercializzazione da uno o da pi� produttori. � certamente vero che la trasformazione e la commercializzazione di prodotti altrui (a meno che non si tratti di un'utilizzazione del tutto marginale) esclude il carattere agricolo (o strettamente agricolo) dell'attivit�; ma anche la trasformazione e la commercializ2lazione di soli prodotti propri pu� snaturare il carattere agricolo (o strettamente agricolo) dell'attivdt�, se appunto si tratta di un qualcosa di ben pi� consd.stente del naturale svolgimento del normale ciclo produttivo. Se cos� �, donde ricava la Commissione il suo convincimento che l'elemento discriminatore per applkare la direttiva o il regolamento sia proprio la provenienza del prodotto, solo dal richiedente l'aiuto o anche da altri produttori? Sotto un primo profilo, certamente l'esistenza del requisito della provenienza del prodotto da una pluralit� di produttori non � richiesto esplicitamente dal regolamento. L'aiuto � infatti concesso (art. 19) non solo ad associazioni di produttori, ma anche a imprese individuali. E ben troppo labile -non pu� non riconoscerlo la stessa Commissione -� l'accenno ai � produttori � (al plurale) contenuto neWart. 9: qui infatti si vuol solo dire che il progetto deve condurre ad un vantaggio economico non per i commercianti, ma per gli agricoltori; � sufficiente, per la norma, che il vantaggio vada ai produttori agricoli, ma questi possono essere pi� d'uno o anche uno soltanto. Fermo dunque che la provenienza del prodotto da trasformare o commercializzare da una pluralit� di produttori non � richiesta esplicitamente dal regolamento, per accogliere b tesi della Commissione si dovrebbe allora dire che la necessariet� di questo requisito (la provenienza appunto da una plura PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 475 l'ambito di operazioni di irJ.'igazione �e di ricomposizione, nonch� nell'ambito della costruzione di fabbricati aziendali o delle opere di miglioramento fondiario. 19. -Risulta, perc10, che gli aiuti contemplati dalla direttiva hanno lo scopo di migliorare ~e condizioni di produzione dei prodotti agricoH di base, nella prospettiva di un aumento della redditivit� delle aziende agricole ad un livello adeguato. 20. -Pertanto, la direttiva 72/159 ha un campo di applicazione specifico, che, in generale, non si confonde con quello del regolamento n. 355/77. 21. -Poich� non ha lo scopo di aumentare la redditivit� dell'azienda attraverso il miglioramento delle condizioni di produzione dei prodotti agricoli di base, bens� quello di migliorare la trasformazione e la comlit� di produttod) si ricava da una discriminazione (desumibile dalle norme stesse) fra attivit� strettamente agricole (contemplate nella direttiva) -e attivit� non strettamente agricole (contemplate nel regolamento). Ma si � visto che la discrimin.azione fra le une e le altre non � solo nella provenienza del prodotto, ma anche nella eccedenza delle operazioni di trasformazione e commercializzazione rispetto al normale ciclo di produzione: cio� la utilizzazione del prodotto altrui esclude che possa parlarsi di attivit� strettamente agricola; ma di attivit� strettamente agricola non pu� ugualmente parlarsi nemmeno se si utilizza soltanto il prodotto proprio, se, in tal caso, le operazioni di trasformazione e commercializzazione fuoriescono, per la loro complessit�, dal normale ciclo produttivo. E allora, ammesso e non concesso che la linea di demarcazione fra direttiva e regolamento fosse la natura agricola o non agricola delll'attivit�, non s�i potrebbe escludere 'l'app1icabHdt� del rego~amento sol perch� il prodotto da trasformare e commercializzare proviene da un solo produttore. E, del resto, sotto un terzo profilo, la discriminazione operata dalla Commissione, fondata esclusivamente sull'�ppartenenza del prodotto, � inacc�ttabile se sii considera che il regolamento ammette llaiuto (e la stessa Commissione non lo nega) in favore di progetti presentati da associazioni di produttori: le associazioni, infatti, utilizzano, � vero, prodotti di pi� produttori, ma qui la pluralit� dei produttori non determina una � altruit� � del prodotto, perch� il prodotto utilizzato � quello stesso dei produttoni assodati. Per essere coerente con la sua tesi la Commissione dovrebbe .sostenere anche (ma non lo sostiene per �l'evidente ccmtrariet� .con le disposizioni regolamentari) che, nel .caso di associazioni, il prodotto deve essere fornito anche da produttori non associati. Non pretendendo ci�, la Commissione in definitiva rinuncia anche, forse senza volerlo, a discriminare fra attivit� agricola e attivit� non strettamente agricola: l'utilizzazione, da parte di un'associazione, dei prodotti di tutti gli associati non snatura -e questo � pacifico -l'attivit� agricola di trasformazione e di commercializza2iione svolta in comune utilizzando i prodotti di ciascuno. (omissis) La soluzione che noi proponiamo, attraverso la distinzione fra miglioramento delle strutture agranie di produzione (ambito di applicazione della direttiva) e miglioramento delle strutture di mercato ~ambito di applicazione del 476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mercializzazione di tali prodotti, il progetto presentato dal ricorrente non rientra nel campo di applicazione della direttiva. 22. -Ne consegue che la decisione impugnata manca di base kgale, in quanto vi si riteneva che la domanda di contributi pvesentata dal ricorrente rientrava nel campo di �aipp1icazione della direttiva 72/159 e vi si rJfiutava di prendere in considerazione tale domanda ai sensi del regolamento n. 355/77, senza accertare se ricovressero i presupposti stabiliti da questo regolamento. 23. -In considerazione di queste circostanze, la decisione impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario prendere in esame gli altri mezzi dedotti dal ricorrente. (omissis) regolamento), consente di attribuire alla normativa comunitaria nel suo complesso una funzione di propulsione dell'agricoltura, esattamente nel suo spirito, nelle varie fasi e senza inspiegabili vuoti. Gi� l'art. 12 del regolamento n. 17/64, sulle condizioni di concorso del F.E.A.O.G., parlava di miglioramento della produzione (attraverso una combinazione efficace dei fattori di produzione) e di miglioramento della commercia� lizzazione (attraverso un miglioramento delle attrezzature), riferendosi, specifi� camente, in tutti i casi alla singola impresa agricola, a pi� imprese agricole, a imprese non agricole: pi� che la struttura e la natura di chi richiede l'aiuto, interessava e I�nteressa, in definitiva, che dall'aiuto tragga giovamento diretto l'agricoltura e con essa i produttori; che poi da ogni ini:ciativa tragga giovamento un solo produttore o pi� produttori tutti insieme � un fatto che al pi� potr� assumere rilievo in sede istruttoria (ove si rendesse necessaria una scelta) ma non cento in sede di esame di nicevibiJLit�. {omissis) OSCAR FIUMARA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 1� sezione, 2 luglio 1981, nelile �cause 116, 117, 119, 120 e 121/80 -Pres. Koopmans � Avv. Gen. Slynn -Domande di pronunda preg.iudiziale proposte dalla Cour du TiraY.ail di Anv.evsa nelle cause fra l'Office National des pensions pour travailleurs salari�s e Celestre, Dreilkh, Bohnfeld e Lex e nella causa fra il Fonds national de retraite des ouvriers mineurs e Strehl -Interv.: Governo belga, Governo italiano (avv. Stato Favara), Governo olandese e Commissione delle Comunit� europee (ag. Amphoux). Comunit� europee � Libera circolazione dei lavoratori migrant�i -Prestazioni previdenziali � Cumulo � Limitazione -Diritto spettante in forza della sola legislazione nazionale -Norme anticumulo nazionali � Applicabilit� � Limiti. (Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, artt. 12 e 46)L PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 477 Comunit� europee � Libera circolazione dei lavoratori � Previdenza so ciale dei lavoratori migranti � Pensione di invalidit� e di vecchiaia � Norme anticumulo nazionali � Applicabilit� � Limiti. (Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, art. 12). Comunit� europee � Libera circolazione dei lavoratori � Previdenza sociale dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali della stessa natura � Clausole nazionali di riduzione, sospensione, soppressione � Inappli� cabilit�. (Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, artt. 12 e 46). Comunit� europee � Previdenza sociale dei lavoratori migranti � Prestazioni previdenziali -Sovrapposizione di periodi assicurativi � Norme comunitarie e norme nazionali � Llmiti all'applicazione delle norme nazionali. � (Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574, artt. 15 e 46). Finch� il lavoratore percepisce una pensione in forza delle sole leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che vengano interamente applicate nei suoi confronti le sole leggi nazionali, ivi comprese le norme anticumulo nazionali, restando inteso che, se l'applicazione di dette leggi si rileva meno favorevole per il lavoratore dell'applicazione del regime di cui all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, va applicato questo articolo (1). Qualora il lavoratore fruisca di prestazioni di invalidit� trasformate in pensione� di vecchiaia in forza delle leggi di uno Stato membro o di prestazioni d'invalidit� non ancora trasformate in pensione di vecchiaia in forza delle leggi di un altro Stato membro, la pensione di vecchiaia e le prestazioni di invalidit� vanno considerate come aventi la stessa natura. Di conseguenza, si applica il capitolo 3 del regolamento n. 1408/71 e, in forza dell'ultima frase dell'art. 12, n. 2, del regolamento, l'applica� zione delle norme anticumulo nazionali � esclusa (2). Qualora il lavoratore fruisca di prestazioni della stessa natura d� invalidit� e di vecchiaia, che sono liquidate dagli enti di due o pi� Stati membri, in conformit� all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, le clausole di riduzione, di sospensione o di soppressione contemplate dal diritto nazionale non si applicano. Ne consegue che l'importo di cui all'art. 46, n. 1, � l'importo cui il lavoratore avrebbe diritto secondo le leggi nazionali se non fruisse di una pensione in forza delle leggi di un altro Stato membro. Se, in forza delle leggi nazionali, il lavoratore che ha maturato un certo numero di anni di assicurazione ha diritto ad una pensione (14) La prima massima conferma l'indirizzo gi� delineato con le sentenze 13 ottobl.'e 1977, neLle cause 22/77, MuRA, e 37/77, GRECO, in questa Rassegna, 1977, I, 7'81, con nota, e 14 marzo �197'8, nefile cause 98/77, SCHAAP, e 105/7'/, KERSIJES, ibidem, 1978, I, 188: per di principio affermato appaiono tuttora valide le riserve espresse nella nota alle prime due sentenze. Le altre massime sono RASSEGNA DEi.L'AWoCATURA DELLO STATO completa, va preso in considerazi�ne l'importo di questa pensione completa (3). Il regolamento del Consiglio 21 marzo 1972, ii. 574, che stabilisce le modalit� di applicazione del regolamento n. 1408/7!; contiene, agli artt. 15 e 46, disposizioni che disciplinano la sovrapposizione di periodi assicurativi maturati in base alle leggi di� due o pi� Stati membri. Non � quindi consentito all'ente di uno Stato� di applicare, per il cumulo e la .ripartizione prorata di periodi assicurativi, norme nazionali che siano meno fqvorevoli al lavoratore di quelle del regolamento (4). (omissis) 1. -Con sentenze 22 aprile 1980, pervenute in cancelleria il 5 e iJ 7 maggio successivi, l'Arbeidshof di Anversa (divisione di Hasselt) ha chiesto a questa Corte di pronunciars,i, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, sull'interpretazione dell'art. 51 dello stesso TJ."attato e dell'art. 46 del rngolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai wavoratori subordinati e aii loro familiari che si spostano all'interno della Comunit� (G.U. n. L 149, pag. 2), in relazione al problema esposto nehla motivazione delle sentenze. 2. -Detta motivazione pu� cos� Lriassumersi. Il Celestre, cittadino italiano, il Dreilich e :il Bohnefeld, cittladini tedeschi, lavoravano in Belgio come minatori di galleria per 27 e 28 anni, rispettivamente. In preoedenza essi avevano svolto attivdt� subordinate d'indole ddversa nei loro paesi d'origine. L'Office national des pensions pour triavailleurs sailari�s (ONPTS), ente belga competente, attribuiva loro una pensione di vecchiaia in base ai periodi assicurativi maturati in Belgio. Essi fa:uiscono di una pensione di vecchiaia anche nei rispettivi paesi d'origine. La vedova Rydlakowski fruisce, dal canto suo, di una pensione per superstiti in base al dirutto tedesco e al diritto belga, in quanto il coniuge aveva svolto attivit� lavorativa dipendente in Germania e per 25 anni era poi stato occupato nell'industria estrattiva, come minatore di galleria, in Belgio. 3. -Aditi dagli interessati, i Tribunaux du ttravail di Hasseilt e di Tongres dichiaravano che il Celestre, il Dreilich, H Bohnefeld e la Rydlakowsky avevano diritto ad una pensione di vecchiaia o per superstiti calcolata in base ad una carriera completa di minatore di galleria in Belgio, cio� 30 armi di attivit�. 4. -L'ONPTS impugnava le sentenze di primo grado dinanzi all'Arbeidshof di -Anversa (div1isione di Hasselt), sostenendo che l'art. 40, n. 2, l'espressione di un orientamento di fondo che tende a circoscrivere gli effetti del primo principio: cfr. anche, nello stesso solco, le sentenze 16 maggio 1979, neLla causa 236/78, MURA, in questa Rassegna, 1979, I, 254, nonch� fa sentenza 15 ottobre 1980, nella causa 4/80, D'AMICO, in Racc., 1980, 2951, che aveva gi� affermato il principio di cui alla seconda massima. PARTE I, SEZ. II, GiURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE del regio decr�to belga n. 50 contiene una norma anticumulo in forza della quale ai lavoratori che sono stati occupati in miniera e in altri settori spetta una pensione di vecchiaia da calcolars�i moltiplicando per il coefficient� 1,5 gli anni lavorativi dn miniera, con un massimo di 45/45, e la pensione di vecchiaia (o per superstiti) a carico degli enti previdenziali belgi non pu� superare l'importo spettante in base ag1i anni di lavoro minerario in sotterraneo, con la mserva che la somma delle pensioni di vecchia.fa tedesca, o italiana, e belga deve risultare almeno pari alfa pensione di vecchiaia integrale spettante per gli anni di lavoro mineranio in sotterraneo. 5. -L'attore nella causa prinoipale da cui � scaturito il procedimento 121/80, sig. Strehl, cittadino tedesco, ha diritto tanto ad una pensione d'invalidit� tedesca quanto ad una pensione d'invalidit� belga per il il:avoro svolto in miniera. Il FNROM ha impugnato la sentenza in cui il Tribuna! du travail di Hasselt, in considera21ione del1a senten:za pregiudiziale in causa 62/76 (Strehl, Racc. 1977, pag. 211), ha dichiarato che all'interessato spetta una pensione di invalidit� calcolata in base ad una carr. iera completa di minatore di galleria fa Belgio. 6'. -Il regime deHe pensioni di vecchiaia per i minatori, disciplinato dail regio decreto belga 24 ottobre 1967, n. 50, stabilisce: La pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello durante il quale l'interessato ha presentato la domanda, e al pi� presto (art. 4): dal primo giorno del mese successivo a quello durante il quaile J'interessato: a) ha compiuto l'et� normale della pensione: 55 anni o 60 anni a seconda che si tratti di una pensione di vecchiaia spettante peir un'occupa21ione come minatore di gahleria o, rispettivamente, come minatore in superficie; b) o comprova di essere st�ato occupato abitualmente e principalmente come operaio di galleria nelle miniere di carbone per 25 anni �. A norma dell'art. 10, in deroga al n. l, secondo comma:, il lavorato.re: � 1� che sia stato occupato abitualmente e principalmente come minatore per almeno 20 anni, pu� fruire di una pensione di vecchiaia calcolata :in ragione di un trentesimo per anno civile di occupazione come minatore. Se eg1i non ha maturato complessivamente trenta anni civili di occupazione abituale e principale come minatore di gaHeria nelle miniere, o nelle cave in sotterraneo, ma ne �ha maturati almeno 25, si presume provata la sua occupazione abituale e principale come tale per un numero di anni civili supplementari rpari a1la differenza tra 30 e il riumero di anrii civili di occupazione normale e principale comprovata 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II mente maturati in questa attivit�. Ciascuno di detti anni supplementari 1 � considerato come anno di lavoro fa gaHeria nelle miniere di oarbone f,,, I� anteriore al 1955 �. 1 i Il regime delle pensioni d'invalidit� per i minatori � retto dal regio i. f decreto 19 novembre 1970, che dispone: i �Art. l, n. 1. La pensione d'invalidit� spetta alle condizioni �s1tabilite I pi� oltre: l a) all'operaio soggetto al regime previdenziale dei minatooi che abbia cessato effettivamente il 1avoro presso le imprese minerarie per I malattia comportante incapacit� di prestare normale servizio in galleria I e in supemcie presso dette imprese; b) aill'operaio soggetto al regime previdenziale dei minatori che, dopo aver prestato servizio in galleria, abbia cessato effettivamente iJ. lavoro presso dette imprese a causa di una malattia comportante incapacit� di prestare normale servi2lio in galleria presso dette imprese. -n. 2. La pensione d'invalidit� � concessa: 1) all'operaio di cui alla lett. a) del n. l, se ha maturato almeno dieci anni di servizio presso le imprese minerarie; 2) all'operaio di cui alla [ett. b) del n. l, se ha maturato U minimo di anni di servizio di cui al n. 1 �e se detto minimo comprende almeno cinque anni di servizio effettivo in gallema presso le imprese minerarie. Art. 23, n. 1. La pensione d'invalidit� concessa a norma del presente decreto pu� venir cumulata con una o pi� pensioni di vecchiaia o d'invalidit� solo. fino a concorrenza dell'importo annuo della pensione, stabilito all'art. 4, nn. l, 2 o 4, a seconda che si tratti di un operaio coniugato o di un operaio celibe, vedovo o divorziato o s�eparato �. 7. -Il problema sollevato dall'Arbeidshof consiste, in sostanza, nello stabilire se !"art. 51 del Trnttato e i regolamenti adottati per la sua attuazione vadano interpretati nel senso che, al momento della Liquidazione delle prestazioni da versare ahl'interessato in base al diritto di uno Stato membro, non si possano computare due volte periodi assicurativi, specie per quel che dguarda il cumulo di periodi assicurativi effettivamente maturati �in un altro Stato membro con periodi �fittizi � riconosciuti nel primo Stato membro. 8. -La Corte .di giustizia non � competente, nell'ambito del prooedimento contemplato dall'art. 177 del Trattato, ad interpretare H diritto nazionale. I� tuttavia possibile mettere in ris�alto determinate norme di diritto comunitario che possono essere utili per la soluzione della controversia dinanzi al giudice nazionale. 9. -� opportuno i11�Cordare anzitutto che, come la Corte ha affermato, tra l'altro, nella sentenza 14 marzo 1978 (Schaap, 98/77, Racc., PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE pag. 707), fil)ch� H lavoratore percepisce una pensione in forza delle sole leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che vengano interamente applicate nei suoi confronti le sole leggi nazional<i, ivi comprese le norme anticumulo nazionali, Testando inteso che, se l'applicazione di dette leggi si rivela meno favorevole per il lavoratore dell'applicazione del regime di cui all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, va applicato quest'uJtimo articolo. 10. -Spetta al giudice nazionale pronunciarsi circa iil contenuto e l'interpretazione delle disposizioni delle sue leggi nazionali per quel che riguarda il cumulo delle pvesitazioni ed operare H raffronto necessario per stabilire in ogni singolo caso se l'applicazione delle leggi nazionali sia meno favorevole al lavoratore dell'applicazione della normativa comunitaria come � stata interpretata dahla Corte. In effetti il lavoratore deve fruire delle presta~ioni pi� vantaggiose. 11. -Nella sentenza 15 ottobre 1980 (D'Amico, 4/80, ancora inedita) la Corte ha dichiarato che, qualora il lavoratore fruisca dii prestazioni d'invalidit� trasformate rin pensione di vecchiaia in forza delle leggi di uno Stato membro e di prestazioni di invalidit� non ancora trasformate in pensione di vecchiaia in forza delle leggi di un altro Stato membrn, la pensione di vecchiaia e le prestazioni di invalidit� vanno considerate come aventi fa stessa natura. Di conseguenza si applica il capitolo 3 del regolamento n. 1408/71 e, dn forza dell'ultima frase dell'art. 12, n. 2, del regolamento, l'applicazione delle norme anticumulo nazionali � esclusa. 12. -Per quel che riguarda l'applicazione dell'art. 46 del regolamento n. 1408/71, � opportuno ricordare che dall'ultima frase dell'art. 12, n. 2, del regolamento, risulta che le clausole di riduzione, ,di sospensione o di soppressione contemplate dal diritto nazionale non s[ applicano. Ne consegue che l'importo di cui all'art. 46, n. l, � l'importo cui H lavoratore avrebbe diritto secondo le leggi nazionali se non fruisse di una pensione in forza delle leggi di un altro Stato membro. Se, in forza delle leggi nazionali, il lavoratore che ha maturato un certo numero di anni di assicurazione ha diritto ad una pensione completa, va preso in considerazione l'importo di questa �pensione completa. 13. -Il regolamento del Con&iglio 21 marzo 1972, n. 574, che stabilisce le modaliit� d'applicazione del regolamento n. 1408/71 (G.U. n. L 74, pag. 1), contiene, agli artt. 15 e 46, disposizioni che disciplinano Ja sovrapposizione di periodi assicurativ.i maturati iin base alle leggi di due o pi� Stati membri. Non � quindi consentito all'ente di uno Stato membro applicare, per il cumulo e Ia ripartizione prorata di pe11iodi assicurativi, norme nazionali che siano meno favorevoli al lavoratore di quelle del regolamento. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14. -� opportuno ricordare, in particolare, il disposto dell'art. 15, n. 1, lett. e), di detto regolamento che recita: � nel caso in cui non sia possibile determinare in modo preciso l'epoca alla quale taluni periodi di assicurazione sono stati compiuti sotto la legislazione di uno Stato membro, si presume che tali periodi di assicurazione n:on si sovrappongano a periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione di un altro Stato membro e di ess1i si tiene conto nella misura in cui possono utiJmente essere '.PJ'esi in considerazione�. 15. -Si deve quindi risolvere nel modo seguente la questione sottoposta dall'Arbeidshof di Anversa: a) finch� il lavoratove percepisce una pensione in forza delle sole leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che vengano intera� mente applicate nei suoi confronti le sole leggi nazionali, ivi comprese le norme anticumulo nazionali, �restando inteso che, se l'applicazione di dette leggi si rivela meno favorevole per il lavoratore deU'app1icazione del regime di cui all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, va applicato questo articolo. b) Qualora il lavoratore fruisca di prestazioni di invalidit� trasformate in pensione di vecchiaia in forza de1le leggi di uno Stato membro e di prestazioni d'invalidit� non ancora trasformate in pensione di vecchiaia in forza delle leggi di un altro Stato membro, 1a pensione di vecchiaia e le prestazioni di invalidit� vanno cons[derate come aventi la stessa natura. Di conseguenza, si applica il capitolo 3 del regolapJento n. 1408/71 e, in forza dell'ultima frase deWart. 12, n. 2, del regolamento, l'applicazione delle norme anticumulo nazionali � esclusa. e) Qualora il lavoratori'! fruisca di prestazioni della stessa natura di invalidit� o �di vecchiaia, che sono liquidate dagli enti di due o pi� Stati membri, in conformit� all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, le clausole di �riduzJ.one, di sospensione o di soppressiione contemplate dal diritto nazionale non si applicano. Ne consegue che l'impovto di cui all'art. 46, n. 1, � !',importo cui il lavoratore avrebbe diritto secondo le leggi nazionali se non fruisse di una pensione in forza delle leggi di un altro Stato membro. Se, in forza delle ~eggi nazionali, il lavoratore che ha maturato un certo numero di anni di assicurazione ha diritto ad una pensione completa, va preso in considerazione l'importo di questa pensione completa. d) Il regolamento del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574, che stabilisce le modalit� di appl:icazione del regolamento n.1408/71, contiene, agli artt. 15 e 46, disposizioni che � discip1inano la sovrapposizione di periodi assicurativi maturati in base alle leggi di due o pi� Stati membri. Non � quindi consentito all'ente di uno Stato �membro di applicare, per dl cumulo e la ripartizione prorata di periodi assicurativi, norme nazionali che siano meno favorevoli al lavoratore di quelle del regolamento. (omissis) 483 PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E IN~ERNAZIONALE I. CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, �23 aprile 1981, n. 2398 -Pres. Marchetti Est. Martinelli -P. M. Ca11isto (conf.) -Amministraziione delle Finanze (avv. Laporta) c. Fall. Atlastimbers s.p.a. Tributi erariali indiretti -Diritti doganali -Diritti per servizi amministrativi -Merci importate in Italia da Paesi aderenti all'accordo G.A.T.T. Assoggettamento � Esclusione. (Accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso es. con legge 5 aprile 1950, n. 295; legge 15 giugno 1950, n. 330). Tributi erariali indiretti -Diritti doganali -Diritti per servizi amministrativi -Merci provenienti da Stati aderenti all'accordo G.A.T.T. non comprese nell'annessa lista XXVII -Applicazione -Legittimit�. (Accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso es. con legge 5 aprile 1950, n. 295; legge 15 giugno 1950, n. 330). I diritti per i servizi amministrativi rientrano fra i diritti doganali e, pertanto, sono inapplicabili alle merci importate dai Paesi aderenti all'accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso esecutivo con legge 5 aprile 1950 n. 295 (1). E legittima l'applicazione di diritti per i servizi amministrativi, istituiti con la legge 15 giugno 1950, n. 330, con riferimento a merci che, seppure provenienti da Stati aderenti all'accordo G.A.T.T., non fossero comprese nell'anni~ssa lista XXVII, in quanto l'introduzione del tributo non � ostacolata dalla successiva entrata in vigore di nuove convenzioni interna~ zionali che abbiano previsto l'estensione del regime agevolativo anche a 4ette merci, stante il carattere irretroattivo delle nuove convenzioni, che, in ordine a tributi introdotti medio tempore in modo legittimo, impongono, come unico limite, il divieto del loro inasprimento (2). (1) Questione pm volte esaminata dalla Corte di Cassazione e sempre decisa nel senso della � massima >>, in base al rilievo che la norma, di ambigua portata, istitutiva del diritto per servizi amministrativi fosse da interpretare in maniera compaitibi1e con gli impegni iTIJtemazionaihl assunti dallo Stato e, [n ispecie, con l'art. II G.A.T.T. comportante il divieto, per i Paesi aderenti, di aggravare il Jivel:l:o de111e dmposizioni colLate11ali aihl'importazione (divel'Se, cio�, da dazi doganali) rispetto a quello esistente nell'ordinamento interno alla data di adesione all'Accordo. Da notare che, particolarmente nelle prime pronuncie in materiia, la ora riassunta argomentazione si trova giustapposta all'altra secondo cui, per le sue caratteristiche di norma self-executing, l'art. II par. 1, lett. b) del G.A.T.T. non richiedeva ulteriori norme (interne) di ,adattamento dell'ordinamento nazionale agli effetti della sua a:lionabilit� in giudizio da parte degli operatori 484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II. CORTE DI CASSAZIONE, sezioni unite, 21 luglio 1981, n. 418 (ordinanza) - Pres. Berri -Est. Granata -P. M. G!iirna1di (conf;) -Arnrninistrazione delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. S.P.I. -Soc. Petrolifera Italiana s.p.a. (avv. Scarpa e Guarino). Tributi erariali indiretti -Diritti doganali -Div.ieto di aggravamento per le merci importate da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Idoneit� delle norme dell'Accordo a conferire diritti soggettivi ai singoli -Necessit� di pronuncia pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia C.E.E. {Accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso es. con legge 5 aprile 1950, n. 295; Trattato CEE, art. 177). Tributi erariali indiretti � Diritti doganali -Divieto di aggravamento per le merci importate da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Diritti per servizi amministrativi � Applicabilit� alle merci non incluse nella lista XXVII annessa all'Accordo � Necessit� di pronuncia pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia C.E.E. {Accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso es. con legge 5 aprile 1950, n. 295; legge 15 giugno 1950, n. 330; Trattato CEE, art. 177). L'idoneit� delle disposizioni dell'Accordo G.A.T.T., una volta immesse nell'ordinamento nazionale, a costituire diritti ed obblighi nei rapporti intersoggettivi e, quindi, ad attribuire ai cittadini situazioni soggettive direttamente tutelabili dal giudice nazionale, involge questione di interpretazione da deferire, a sensi dell'art. 177 del Trattato di Roma, alla competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia C.E.E., in considerazione della sostituzione della Comunit� agli Stati membri negli accordi internazionali da questi conclusi in materia doganale (3). commerciali, che dalle norme interne (sopravvenute) avessero visto pregiudicata la situazione giuridica soggettiva loro derivante dalla disposizione G.A.T.T. (3) L'ordinanza torna, meditatamente, ad affrontare il problema degli effetti derivati, sulle norme G.A.T.T. recepite nell'ordinamento interno, dalla successiva attribuzione alla Comunit� europea della competenza in materia di politica commerciale. Sul punto le stesse sezioni unite, con sentenza 20 ottobre 1976, n. 3616 (in questa Rassegna, 1976, I, 932, con nota critica di MARZANO) avevano, com'� noto, giudicato privo di fondamento l'assunto secondo cui la normativa G.A.T.T. avrebbe dovuto ritenersi parte integrante dell'ordinamento comunitario, cos� da richiedere necessariamente una uniforme interpretazione ed applicazione nei Paesi membri della e.E.E. Val la pena di ricordare che, in occasione della discussione del ricorso Finanze c. Soc. Marsud (deciso con la richiamata sentenza n. 3616/1976), erano state segnalate le gravi conseguenze che sarebbero derivate � dal considerare le norme del G.A.T.T. idonee, solo nel nostro ordinamento, ad attribuire diritti PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 485 Va deferita alla competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia C.E.E. la questione, involgente interpretazione di atti delle Istituzioni della Comunit�, relativa alla portata ed agli effetti delle liste di concessioni tariffarie negoziate in ambito G.A.T.T. e destinate a sostituire le liste dei singoli Stati m�mbri (4). I. (omissis) Con 'i due motivi del ricorso, che, stante la loro interdipendenza logica vanno congiuntamente esaminati, l'Ammillistnazione finanziaria dello Stato lamentando la violazione dell'art. 2 legge 15 giugno 1950, n. 330 e dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in genernle premesse al codice oivile, nonch� dell'art. II G.A.T.T. (legge 5 aprile 1950, n. 295), dell'art. 346 c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. censura l'impugnata sentenza: a) per aver escluso che le importazioni provenienti da un Paese sottoscrittore dell'accordo .G.A.T.T. non siano soggette al diritto per i servizi amministrativi (ex art. 2 legge 15 giugno 1950, n. 330); b) per aver ritenuto che il divieto di inasprimento dei diritti doganali, previsti dall'accordo GA.T.T. si estenda pure alile meroi non incluse nella lista di concessioni (XXVII) annessa all'Accordo e negoziata dall'Italia con iJ protocollo di ANNECY. soggettivi � nel momento in cui la Corte di Giustizia C.E.E. aveva, dal canto suo, negato che le norme G.A.T.T. fossero tali -nell'ambito dell'ordinamento comunitario -da conferire ai singoli il diritto di esigerne giudizialmente la osservanza (v., amplius, MARzANO, loc. cit.). (2-4) Il problema della relazione esistente tra la lista di concessioni tariffarie n. XXVII (negoziata dall'Italia col Protocollo di Annecy, di adesione al G.A.T.T.) e la lista c.d. comune (XL), negoziata nel corso delle conferenze tariffarie cui parteciparono gli Organi e.E.E., risulta esaminato tre volte dalla Cort� Suprema: una prima volta, da Cass., S.U., 20 ottobre 1976, n. 3616 cit. e risolto nel senso che la lista XL (o comune) avesse sostituito con effetto ex tunc la lista XXVII; la seconda volta, dalla sentenza sopra� riprodotta; infine, nuovamente, dail!le se2'ioni unite che, con ~�ordinanza 21 lugildo 1981, n. 418 (ed altre coeve di identico contenuto), hanno investito della questione la Corte di Giustizia delle Comunit� Europe. Per incidens va rilevato che la sentenza n. 2398/1981 e l'ordinanza n. 418/1981 testimoniano, sia pur imp1icitamente, di persistenti perplessit� interpretative di fronte al disposto dell'ultimo comma dell'art. J77 del Trattato di Roma che, com'� noto, dichiara � tenuta � La giurisdizione di ultima istanza a rimettere alla Corte di giustizia le questioni pregiudiziali sull'interpretazione del trattato e degli atti delle Istituzioni della Comunit�. In argomento va segnalata la pi� recente ordinanza 22 ottobre 1981, con la quale la stessa Corte Suprema ha rimesso all'organo di giustizia C.E.E. l'interpretazione della richiamata disposizione del Trattato. S.L. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 486 Il primo motivo di censura, a cui, peraltro, l'Avvocatura dello Stato ha rinunciato, � destituito di fondamento. Invero, questa Corte, con giurisprudenza ormai costante ha ritenuto che i diritti per i serv;izi amministrativi ,riientrano tra i diritti dogana1i; e come tali, sono inapplicabili alle merci importate daii paesi adeTenti all'accordo G.A.T.T. reso esecutivo nel territorio nazionale con legge 5 aprile 1950, n. 295 (cfr. Sez. Un. 17 aprile 1972, n. 1196; Sez. Un. 21 maggio 1973, n. 1455; Sez. Un. 20 ottobre 1976, n. 3616; Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4064; Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4068; Sez. Un. 8 gennaio 1980, n. 117; Sez. Un. 30 gennaio 1980, n. 117; Sez. Un. 14 febbraio 1980, n. 1063; Sez. Un. 21 febbraio 1980, n. 1239 ecc). � invece fondato il secondo mezzo. Va, innanzitutto rilevato pregiudizialmente che il _giudice dJ II grado esattamente ha �escluso il carattere di eccezione, seppure in senso improprio, nella difesa prospettata dall'Amministrazione finanziaria, la quale aveva -rilevato che dalla mancata previsione del legname importato nella lista XXVII, allegata al trattato G.A.T.T. non poteva che discendere la piena applicabilit� dei diritti per i servizi amministr:ativi introdotti con legge successiva alla data di entrata iin vigore del trattato nell'ordinamento giuridico interno. Quindi, in modo corretto, ha escluso che nella fattispecie debba ravvisarsi un'eccezione preclusa in quanto non riproposta in grado di appello. Trattasi, infatti, iin subiecta -materia, non di una quaestio facti, nella quale si inquadrano le eccezioni in senso proprio ed improprio come fatti modificativi, estintivi ed impeditivi della pretesa giudizialmente fatta valere, ma di un'indubbia quaestio iuris, attinente all'-interpretazione del trattato, della sua portata di applicazione, come legge dello Stato a segutito del suo inserimento nell'ordinamento giuridico ai sensi deHa legge 5 aprile 1950, n. 295 ed � come tale rilevabile d'ufficio d!;lll giudice e non soggetta alla preclusione di cui all'art. 346 c,p.c. N� alcun ril!ievo pu� assumere la distinzione che 'S'i vuole introdurre nel trattato, tra parte del medesimo che assume cara,ttere contrattuale e quella che riveste natura normativa, cosicch� (secondo una certa tesi, formulata in dottrina) alla lista annessa al trattato dovrebbe riconoscersi natura meramente negozfale; e, di conseguenza al suo richiamo da parte dell'Amministrazione finanziaria, carattere di eccezione in senso improprio. Infatti, a prescindere dalla natura controversa che assume detta distinzione in dottrina e in giurisprudenza, � indubbio che riveste carattere di trattato normativo tutto oi� che opera come fonte di produzione normativa; ovverossia che integm l'ordinamento giuridico internazionale e quello interno a seguito dehl'ordine di esecuzione, stante la sua natura di astrattezza; mentre, per converso assume carattere contrattuale il trattato che realizza, soltanto, il momento attuativo o la fattiispecie concreta della norma giuvidioa internazionale. -�,��.�.�,��x��;:; .... �:.-X �I-. .-::.:�����::';:�.�.�-:� PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 481 Ora � indubbio che riveste natura normativa la lista, annessa al trattato in esame, stante il carattere integrativo e completivo, che assume la medesima in ordine alla previsione normativa di cui agli artt. I e II. Pertanto, va escluso che la sentenza impugnata sia fondata su una duplice ratio decidendi dalla quale possa desumersi, oltre che il rigetto �nel mwito � delle difese prospettate daJl'Amministrazione Finanziaria dello Stato, altres� una declaratoria di inammissibilit� della medesima (ex art. 346 c.p.c.). Tuttavia, la Corte di Appello � incorsa in erirore allorch�, nel merito ha affermato che indipendentemente dall'originaria inclusione del legname {in esame) nella lista merceologica XXVII, allegata al Trattato G.A.T.T., ugualmente dovrebbe trovare applicaziione il divieto di imposizione in ordine ai diritti per i servizi amministrativi ~is1Jituti con fogge 15 giugno 1950, n. 330); atteso che, comunque, detta merce risulta inclusa nella lista Comune XL della C.E.E. Detto errore appare in tutta la sua evidenza, ove si consideri che il divieto di creazione di nuovi tributi 'e l'inasprimento di quelli preesistenti (ex art. I e Il) del trattato G.A.T.T. riiguarda in modo esclusivo le merci originariamente contemplate nella lista XXVIII cosicch� le merci non previste in detta lista, rendevano legittima l'imposizione tributaria, s�alvo il rispetto dei limiti pro~ammatici previsti nell'art. XI. L'anzidetta conclusione � confortata da al'gomenti logici e sistematici, oltre che dalla chiara formulazione letterale delle disposizioni del trattato, che rendono palese la volont� degli Stati contraenti. Va, dnnanzitutto, rilevato che l'accordo G.A.T.T. (General agreement en Tariffs and Trade). conclusosi a Ginevra il 30 ottobre 1977 ed entrato in Vligore il 1� gennaio 1978, ed al quale l'Italia ader� con il protocollo ANNECY (reso esecutivo con legge 5 aprile 1950, n. 295), trov� la sua occasio legis nella mancata raitifioa deHa Carta dell'Avana, cosicch� la ratio di detto trattato non fu quella di dare una definitiva e compiuta regolamentazione del commercio interna21ionale, quanto di preparare ed assicurarne una graduale attua21ione attraverso il congelamento dei regimi doganali, esistenti alla data di entrata .in vigore del trattato, e la conseguente generalizzazione delle tariffe doganali ricollegate atlle clausole dello �Stato pi� favorito�. Tale intento, quindi, non poteva che essere perseguito con riferimento ai regimi doganali, gi� es_istenti nei singoli Stati, e con il richiamo alle particolari merci indicarte nella lista XXVII; provvedendosi, altres�, ad impegnare i Paes[ contraenti, seppure sul piano programmatico (art. XI) ad attuare nel tempo ed in modo graduale, un regime tributario (e pi� specificamente doganale), tale da non costituire un ostacolo alla libert� e al progresso del commercio internazionale con misure discriminatorie e limitative delle impol1tazioni e delle esportazioni. Va infine considerato che i successivi accordi internazionali, che hanno esteso la portata del trattato G.A.T.T. a nuove merci (o attraverso i quali 488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA i>ELLO STATO nuovi Stati hanno fatto adesione), hanno previsto una clausola, fedelmente ricalcata su que!lla dell'art. 5 del Protocollo di ANNECY, che prevede '1a decorrenza di ogni effetto giuridico in ordine alle nuove merci indicate nelle liste annesse dalla data di entrata in vigore di ogni singolo trattato (Pr�tocollo di Torquay del 21 aprile 1951, ratificato con legge 27 ottobre 1951, n. 1172; Protocolli di Ginevra del 7 giugno 1955 e de!l 13 maggio 1956, ratificati con leggi 15 aprile 1957, n. 336 e 2 gennaio 1958, n. 25). Identica clausola � stata inoltre prevista per le ldste di concessione, negoziate dalla Comunit� Economica Europea a seguito delle Conferenze tariffarie del 1960-1962 (art. 5 Dillon Round) e del 1964-1967 (K:ennedy Round), cos� come si desume dalla decisione del Consiglio della Comunit� Europea del 27 novembre 1967, pubbJicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunit� Europea c<>n il Tichlamo all'art. 4. -� Detta norma prevede quanto segue: � In ogni caso in cui � commi b) e c) del paragrafo 1 dell'art. 2 dell'Accordo generale menzionano la data di detto accordo, la data applicabile ai prodotti, oggetto di una concessione contemplata nell'elenco allegato al presente protocollo, sar� quella del presente protocollo con riserv� degli obblighi in vigore a questa data ... �. Ora � indubbio che dalla lettura dell'accordo G.A.T.T. e delle convenzioni internazionali successive si �evince, in modo chiaro: A) che il regime agevolativo ;riguarda, in modo esclus&vo, le merci incluse nelle liste annesse ai singoli trattati; B) che le convenzioni successive al trattato� G.A.T.T. non hanno dispiegato effetti ex tunc cosicch� i diritti doganali introdotti medio tempore su merci in precedenza non contemplate ma previste nelle nuove �liste annesse ai successivi accordi internazionali, rimangono conservate, salvo il divieto del loro inasprimento. Infatti, ove si dovesse accedere alla tesi contraria, la quale afferma che con il Trattato G.A.T.T. si � volut� lntrodurre ~imitazioni anche in ordine a nuove imposizioni di tributi su merci non incluse nella lista XXVII, non troverebbe alcuna fondata giustificazione l'dntroduzione, nei singoli trattati, di norme di diritto intoctemporale, formulate in modo tale, da escludere ogni effetto retroattivo. Peraltro, non pu� rilevarsi che l'art. 11 assume caTattere meramente� programmatico in ordine alla futura poldtica doganale dei singoli Statii per quanto riguarda le merci non espressamente contemplate nelle liste annesse, ponendo, soltanto, un esclusivo divrieto di tributi o di altre misure discriminatorie, tale da costituire un concreto ostacolo aHa ldbert� e al progresso del commercio internazionale Da ci� consegue la piena legittimit� dell'applica:ziione di diritti per i servizi amministrativri con riferimento a merci, che, seppure provenienti da Stati aderenti a:H'accordo G.A.T.T., non fossero comprese nell'annessa lista XXVII; considerato che l'eventuale introduzione del tributo sulla medesima non � ostacolato dal.la successiva entrata in vigore di nuove con PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE \'e'IlZioni internazionali, che abbiano previsto, come nella specie, l'estensione del regime agevolativo anche a dette meroi; stante H carattere irretroattivo delle nuove convenzioni, che in ordine a tributi introdotti medio tempore in modo legittimo, impongono, come unico limite, il divieto del loro inasprimenrto. N� pu� ritenersi che l'introduzione del diritto sui servizi amministrativi assuma carattere discriminatorio (ex art. 11) iin considerazione della sua particolare funzione e della sua modica entit�. Dall'accoglimento del secondo motivo consegue che ila causa va rinviata per il nuovo esame. (omissis) II (omissis). -Considerato in diritto -che con la precedente s,entenza n. 3616 del 1976, alla quale la decisione impugnata si � uniformata, queste Sezioni Unite -proprio in tema di inrerpretazione ed applicazione della legge istitutiva del diritto per servizi amministrativi (fogge n. 330 del 15 giugno 1950) -hanno escluso (postulando la necessit� di interpretare la legge nazionale in senso conforme alla normativa de1l'Accordo G.A.T.T., ratificato con legge 5 aprile 1950, n. 295, ed in specie del suo art. Il, ora III, n. 1, lett. � b �) che detta impositlone riguairdasse le merci� provenienti da paesi aderenti, pur se non contemplate dalla originaria lista XXVII-Ita[ia ed incluse, invece, per la prima volta nella lista XL-CEE, sostitutiva di tutte le siingole liste degli Stati membri della Comunit� e facenti parte del G.A.T.T.; -che, cosi statuendo, la citata sentenza deHe Sezioni Unite (non tenuta presente dalla recente pronunzia difforme a sezione semplice n. 2398 del 23 aprile 1981) ha necessariamente, pur se per implicito pre� supposto che il divieto di aggravamento dei dazi e delle imposizioni collaterali all'importazione, sancito dal citato art. II (ora III), n. 1, lett. � b �,va inteso nel senso che esso, anche per le merci incluse successivamente nella lista XL-CEE, va riferito alla situazione impositiva esistente al momento della adesione dell'Italia al G.A.T.T. e non a quella esistente alla data defila nuova ldsta che per la prima volta includa la merce in questione, posto che, diversamente, le Sezioni Unite non ,avrebbero potuto ritenere la istituzione dei diritti per servi:zii amministrativi in potenziale contrasto con il mentlonato divieto di aggravamento; -che, peraltro, le contrapposte tesi dell'Amministrazione ricorrente e della societ� resistente rimettono in discussione proprio tale regola e, con essa, pi� in generale, il problema della interpretazione delle disposizioni GAT.T. e della loro valenza nell'ordinamento nazionale; interpretazione e valenza implicate anche dalla ulteriore tesi svolta in questa sede dalla societ� resistente, la quale sostiene che, indipendentemente dal divieto di aggra 490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vamento delle �imposizioni esistenti sancito dall'art. II (ora III), n. l, lett. � b �,per le merci incluse nelle liste ivi menzionate, un divieto generale di istituire �nuove� imposizioni (quali indubbiamente sono i diritti per servizi amministrativi rispetto alla situaz;ione esistente al momento della adesione italiana all'accordo G.A.T.T.) rr:isulterebbe, per implidto, sancito per tutte le merci, incluse o no nella lista, dal combinato disposto del Preambolo (oggi art. 1) con gli artt. II (ora III), n. 1, lett. � b �, VI e VIII; -che tale problematica coinvolge, nella sua stessa impostazione in apicibus e nei suoi possibili svolgimenti, questioni di interpretazione, che devono essere defedte alla competenza pregiudiZJiale della Corte di Giustizia delle Comunit� Europee ai sensi dell'art. 177 del Tirattato, per le seguenti ragioni: a) nella giurisprudenza di questa Corte Suprema si � venuta affermando, a far tempo dal 1968, l'opinione che le disposiz;ioni dell'Acco!'do G.A.T.T. siano idonee, in conseguenza della loro immissione nell'ordinamento nazionale operata con la legge di ratifica 5 aprile 1950, n. 295, a costituire diritti ed obblighi a livello di rapporti inrtersoggettivi e quindi ad attribuire ai cittadini situazioni soggettive azionabili in giudizio (Cass. 6 luglio 1968, n. 2293; Cass. Sez. Un. 17 aprile 1972, n. 1196; Cass. Sez. Un. 8 giugno 1972, n. 1771; Cass. Sez. Un. 8 giugno 1972, n. 1773; Cass. Sez. Un. 21 maggio 1973, n. 1455; Cass. Sez. Un 4 gennaio 1975, n. 2; Cass. 7 gennaio 1975, n. 10). Tale opinione � stata confermata anche in esplicito confronto con il diverso orientamento assunto dalla Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, che con le sentenze 12 dicembre 1972 in c. 22-24/72 e 24 ottobre 1973 in c. 9-73, e poi ancora con la sentenza 19 novembre 1975 in c. 38/75, pronunziando in punto di validit� di atti comunitari in tesi confliggenti con disposizioni dell'Accordo G.A.T.T., ha per contro negato .la idoneit� di questa normativa ad attribuire ai singoli diritti soggettivi azionabili in giudizio. Infatti questa Corte Suprema -tornando ad occuparsi del problema in cause nelle quali la norma G.A.T.T. veniva in rilievo o come regola direttamente disciplinante il rapporto controverso (Cass. Sez. Un. 20 ottobre 1975, n. 3403 e Cass. Sez. Un. 20 ottobre 1975, n. 3407 sulla parit� fiscale in materia di imposizioni interne: art. III, ora IV, n. 2) oppure come elemento indiretto di interpretazione della norma nazionale statuente la regola del rapporto (Cass. Sez. Un. 20 ottobre 1976, n. 3616 sul divieto di aggravamento delle imposizioni all'importazione in materia di diritti per servizi amministrativi, la cui legge istitutiva 15 giugno 1950, n. 330, proprio alla luce del precetto dettato con J'art. II, ora III, n. 1, lett. � b �,si ritenne contemplante soltanto Je .merci non fruenti del regime G.A.T.T.; conformi citata sent. n. 1455 del 1973 e Cass. Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4066) -ha ritenuto, pur prendendo atto di quel diverso orientamento della Corte di Giustizia, di non modificare l'indirizzo adottato, argomentando che il giudice naziona:le, pi� di chiunque altro, pu� valutare .la � concretezza che le norme dell'Accordo Generale possono acquisire con l'in PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE serzione nella legislazione dei singoli Stati aderenti... [n termini diversi per ciascun Stato� (sent. cit. n. 3403 e 3407 del 1975; conforme sent. n. 3616 del 1976 pure citata). Inoltre questa Corte Suprema, sollecitata ad investire la Corte di Giustizia della questione di interpretazione circa il �livello� di operativit� della normativa G.A.T.T., ha ritenuto di potersene esimere, sia rilevando che le questioni portate al suo esame non implicano (a differenza, come si � detto, delle controversie sottoposte alla Corte di Giustizia) alcun problema di � validit� � di un qualche atto comunitario, sia negando che nella specie si prospettasse questione di � interpretazione � di un atto avente siffatta natura, in quanto doveva escludersi che la normativa dell'Accordo G.A.T.T. fosse da considerarsi ormai parte dell'ordinamento comunitario, essendo esso invece �un ,accordo esterno all'ordinamento comunitario� (oit. sent. n. 3616 del 1976). b) Oggi, peraltro, appare necessaria una rinnovata riflessione sul problema, stimolata non soltanto dalla :riconsiderazione di alcuni spunti emergenti dalle gi� ricordate sentenze della Cmte di Giustizia, ed in sp~e di quella resa nella causa 38/75, ma anche dalle indicazioni che la giurisprudenza deHa stessa Corte di Giustizia � venuta sempre pi� nettamente fornendo la rilevanza � per� l'ordinamento e �nello� ordinamento comunitario degli accor& internazionali stipulati dagli ocgani della Comunit�, e correlativamente circa l'ambito della competenza pregiudiziale ad essa Corte di Giustizia spettante in punto di 1interpretazione di tali accordi. Deve prendersi, invero, atto, da un lato, che la possibilit� di diversificare l'operativit� della normativa G.A.T.T. negli ordinamenti dei singoli Stati membri in ragione della distinta sua inserzione in ciascuno di questi secondo le norme ad esso proprrie, affermata nelle ricordate sentenze nn. 3403 e 3407 del 1975 e n. 3616 del 1976, appare resistita dalla recisa enunciazione della sentenza dalla Corte di Giustizia resa nella causa 38/75 (formu).ata, sembra, in termini affaUo generali e svincolati dalla fattispecie, relativa come si sa al giudizio di �validit�� di un atto comunitario), secondo la quale �essendosi la Comunit� sostituita agli Stati membri per quanto riguarda l'adempimento degl,i impegni contemplati dal G.A.T.T., l'effetto giuridico cogente di tali impegni va valutato in relazione alle afferenti disposizioni dell'ordinamento giuridico-comunitario, non gi� in relazione a que1'le che 1i rendevano precedentem�nte efficaci negli ordinamenti giuridici nazionali� (proposdzione motiva sub 16). Per altro verso, poi, va tenuto presente che la Corte di Giustizia, con riferimento ad accoirdi internazionali negoziati e conclusi dalla Comunit�, in pi� occasioni: -ha affermato (sent. in c. 181/73 e 87/ 75; parere 1/76), o di fatto ha esercitato (sent. in c. 40/72; 147/73; 65/77) la propria competenza pregiudiziale, non soltanto ai fini del giudizio di vailidit� d[ un confliggente atto comunitario (sent. ,in c. 181/73 cit.), ma anche fuori da una siffatta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO situazione (sent. citate in c. 40/72, 147/73, 87/75, 65/77; parere cit. 1/76) in via di interpretazione diretta della convenzione internazionale al fin~ di picavarne la regola diretta del giudi:z�io sul rapporto controverso, e ci� sul rilievo ,esplicito che � l'acco11do... � st,ato concluso dail Consiglio in conformit� ag1i artt. 228 e 238 del Trattarto... Esso costituisce, quindi, per quanto riguarda la Comunit�, un atto compiuto da una delle istituzioni della Comunit�, nel senso di cui all'art. 177, primo comma, lett. � b � .. Le sue disposizioni formano, dal momento della sua entrata in vigore, parte integrante dell'ordinamento comunitavio. La Corte � perci� competente, nell'ambito del suddetto ordinamento, a pronunziarsi in vj,a pvegiudiziale sull'intevpretazione dell'accordo� (principio, questo, enundato dalla sent. in c. 181/73 in un giudizio suHa. validit� di un atto comunitario in rapporto ad un accordo internazionale, ma ripetuto in via generale nel parere 1/76 citato); -ha riconosciuto .l'azionabilit�, davanti al giudice, dei diritti nascenti da tali <J,.cco11di (sempre che idonei ad 'attribuir1i: ,sent. in c. 87/75) pure in contmsto con norma nazdonale (sent. in c. 87/75 cit.; sent. in c. 65/77 cit.). e) Alla stregua dehle riferite considerazioni, sembra inevitabile porre il quesito se gli stessi effetti prodotti dalla ricezione, 1all1inteirno dell'ordinamento comunitar�.o e dei singoli Stati membri, delle regole dettate dagli accordi internazionali stipulati originariamente dalla Comunit� (operativit� di tali regole, se formulate in termini congrui, con efficacia attributiva di diritti soggettivi ai singoli; competen:z;a pregiudiziale, comunque, della Corte di Giustizia per la interpretazione delle stesse regole) non si ve11i:fichino in forza di ci� che � statQ definito un fenomeno di � comunitarizzazione a posteriori �, anche nelle ipotesi in cui la Comunit� � si sostituisce� agli Stati membri negli accordi internazionali preesistenti alla sua costituzione, come appunto � accaduto (cfr. citata sent. in c. 38/75) riguardQ all'Accordo G.A.T.T.; se cio�, una volta che la Comunit�, nei rapporti esterni verso i terzi StaN contraenti, si sia sostituita agili Stati membri,. non operi lo stesso fenomeno di � comunitarizzazione �, vale a dire di ricezione della norma che si verifica riguardo agli accordi stipulati dalla Comunit�, per cui le disposizioni di quel dato acc�wdo internazionale preesistente non viv-rebbero pi�, anche all'interno degli ordinamenti nazionali degli Stati membri, in forza del tipo di ricezione previsto da ciascuno di essi, bens� in forza della particolare ricezdone che della � comunitarizzazione � � l'effetto. Certamente � ipotizzabile -ed in concreto � stata data da una pa11te 1del1a doUrina -una dsposta che limita siffatta � comunitarizza2lione � alla sola ipotesi in cui la noirma G.A.T.T. venga in rilievo come misura della validit� di un atto comunitario e la nega, invece, in caso di sua applicabilit� diretta in concorso, e in contrasto, con un atto. normativo naz.ionale, con la conseguenza che .soltanto nel primo caso, ,e non anche nel secondo, il giudice nazionaile PARTE I, SEZ. l;I, GIURIS �. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 49~ sarebbe v:incolato alla interpretazione data, alla norma G.A.T.T., dalla Corte di Giustizia, sicch� la medesima norma potrebbe dallo stesso giudice essere intesa ed applicata in sensi div�ersi nei due casi ipotizzati. Ma, a parte ogni dubbio sulJa logicit� ed attendibiLit� di una risposta siffatta, essa costituisce pur semp1;1e una delle possibili soluzioni del complesso q_uesito se la Cocte di Giustrnia sia competente, e comunque se essa tale si reputi ai sensi dell'art. 177 del Trattato, ad interpretare l'Accordo G.A.T.T. anche nelle cause in. cui le disposizioni di questo vengano invocate .come diretta regola del giudizio da rendere, o come criiterio interpretativo della norma nazionale con esse concorrente; nell'affermativa, quale sia la interpretazione della specifica norma G.A.T.T. che venga in discussione; quale sia, infine, il liv~llo di operativit� della noi::ma G.A.T.T. cos� interpretata nell'oridinamento interno del singolo Stato membro (aspetto, questo ultimo, in relazione al quale la negazione della operativit� del G.A.T.T. a livel:lo di rapporti intersoggettivi in ragione deHa � flessibilit� � delle sue disposizioni -gi� cviticata da una parte della dottrina per la considerazione che tale flessibilit� non escluderebbe che 1a singola disposizione, fino a che non derogata ne.i modi prev1isti, produca gli effetti vincolantJi che le sono proprii -potrebbe essere rimeditata sul rHievo che, -0ve fosse riconosciuta fa ricezione nell'ordinamento comunitario della normativa G.A.T.T., questa all'interno della Comunit� sarebbe garantita -pur nei limiti delle deroghe di volta in volta poste in essere a livello interna2lionale -dalla uniforme sua applicazione assicurata dalLa Corte di Giustiziia, onde risulterebbe cos� assicurato anche al sistema G.A.T.T. q_uel � maggior grado di juridisation � che, secondo un autore dii �lingua faglese, caratterizzerebbe, 1rispetto ad �esso, il sistema comunitariio). Orbene, non sembra potersi dubitare che un. siffatto compfosso dl. q_uesiti, preliminari a quelli specifici dibattuti in oausa, propriio perch� appare muoversi nell'area dell'art. 177 del Triattato, si appartenga alfa competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia deLle Comunit� Europee. d) Alle svolte considerazioni gene.mli se ne aggiunge altra, specifica al tema delle liste oggetto della causa. Invero -se, come sottolineato dalla stessa Corte di Giustizia nella pi� volte oitata sentenza in c. 38/75; �ile concessioni tariffarie e le consolidazioni effettuate nell'ambito del G.A.T.T., ancora prima del 1� luglio 1968, sono state negoziate dalle autorit~ comunitarie, in conformit� all'art. III del Trattato� -potrebbe da ci<) trarsi la conseguenza che tali .concessioni e consolidazioni, cio� appunto la lista XL-CEE nelle sue successive edizioni, sono �atti comunitari� e come tali comp1resi nel novero, e quindi ammess�i 1al relativo regime giuridico, di quelli che, in quanto compiuti da organi della Comunit�, dcadano nell'area di applicazione deWart. 177, pJimo comma, lettera � b �, del Trattato (cfr. la pure gi� citata sentenza in c. 181/73 ed ii1 parere, .anche citato, 1/76). Al merito della prospettata questione, 1ininfluente quindi ad incidere sulla competenza a conoscerne, attiene poi la eventuale diver RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sit� di effetti cor,relata alla eventuale diversit� di modi, in cui la partecipazione della Comunit�, attraverso i suoi organi, si sia in concreto esplicata neHe vaI"ie convenzioni tariffarie succedutesi nel tempo (prima, quelila del Dillon round, cui 1a Comunit� avrebbe partecipato non in sostituzione, ma msieme agli Stati membri, in forza della decisione del Consiglio 4 dicembre 1961, per effetto della quale, secondo la Relazione della Commissione per l'anno 1962, p. 243 dell'edizione italiana -e cfr. pure la Relazione per ,l'anno 1963, p. 272 deLla sress:a edizione -�le nuove negoziazioni di questo tipo sono ormai di competenza della Comunit� e non saranno pi� condotte individuaJ.menrte dagli Stati membri beneficiari delle concessioni di cui venga richiesta la rrevO�a e la modifica�; successivamente, quella del Kennedy round, aJl'esito delle cui negoziazioni gli accordi raggiunti furono �conclusi � con fa decisione del Consig1io del 27 novembre 1967 in G.U.C.E. 19 dicembre 1968 N.L. 303/1 e ss.). Onde anche sotto questo ulteriore, specifico profilo si ravvisa il preciso dovere per questa Corte Supvema di Cassazione, in ragione della sua colloca7Jione al vertice delle giurisdizioni nazionali, di promuovere l'esercizio della competenza pregiudiziale attribuita dall'art. 177 del Trattato alla Corte di Giustizia. P.Q.M. visto l'art. 177 del Ttrattato di Roma 25 marzo 1977, istitutivo della Comunit� Economica Europea, ratificato con legge 14 ottobre 1957, n. 1203; visto l'art. 20 del protocollo sullo statuto della Corte di Giustizia approvato il 17 aprile 1957 e fort. 3 della 1rnlativa legge di rat1fica 13 maTzo 1958, n. 204; visti gli artt. 295, 297 e 134 c,p.c.; 1�) sospende B giudizfo fino alla pregiudiziale pronunzia della Corte di Giustizia prevista dall'art. 177 del Tmttato sulle ques�tioni oggetto dei seguenti quesiti: A) in linea preliminare: se, per essersi .Ja Comunit� sostituita agli Stati membri per quanto riguarda l'adempimento degli impegni contemplati dall'Accordo G.A.T.T. e per avere negoziato essa le concessioni e le consolidazioni effettuate nell'ambito di questo ancor prima del 1� luglio 1968, le disposizioni dell'Accovdo e le Jiste cos� negoziate rientrino (nell'affermativa: da quando ed in quali limiti) fra .gli atti per la cui interpretazfone rico11re la competenza pregiudiziale attribuita alla Corte di Giustizia dall'art. 177 del Trattato, anche nel caso in cui il giudice nazionale sia richiesto di farne applicazione o comunque di compierne la interpretazione, con riferimento a rapporti intersoggettivi, a fini diversi da quello di valut�re la validit� o la invalidit� di un atto comunitario; PARTE I, SBZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE B) nel caso di risposta affermativa al precedente quesito: se e quali effetti (e, se diversi nel tempo, con quale graduazione cronologica) siano derivati, all'interno dell'ordinamento giuridico della Comunit� e di quello degli Stati membri, dall'essersi la Comunit� sostituita agli Stati membri, per quanto riguarda l'adempimento degli impegni contemplati dall'Accordo G.A.T.T. e dall'avere negoziato essa la nuova lista comune XL-CEE; in particolare, se il giudice nazionale, al fine di trarne argomento in ordine alla interpretazione, ovvero regola in omine alla applicazione, di una norma nazionale successiva, in tesi contrastante con le disposizioni dell'Accordo, debba ritenere -nella osservanza del iI'iparto di competenza fissato dall'art. 177 del Trattato -che l'Accordo G.A.T.T., con specit�co riferimento alle disposiizioni menzionarte nei quesiti seguenti, oper.i a live1lo di mero impegno internazionale senza effetti diretti nell'ordinamento interno, ovvero sia in questo efficace nei rappoTti intersogettivi, e, in tale seconda evenienza, in _posizione pariordinata o sovraocdinata rispetto alla confliggente norma nazionale; C) nel caso ancora di risposta positiva al quesito sub � A � ed in presenza di qualsiasi risposta al quesito � B �, al fine di somministrare al giudice nazionale indicazioni utili alla interpretazione della norma nazionale: C/1) se dall'Accordo G.A.T.T. -ed in particOilare dal preambolo (oggi art. I, n. 2) in correlazione con gli artt. II (ora III), n. l, lett. � b �, e n. 2, III (ora IV), n. 2, VI e VIII -sia statuito il divieto di istituire per qualsiasi prodotto, anche se non compreso nelle liste di cui all'art. II (ora III) citato, nuovi diritti doganali o altri diritti o imposizioni di ogni natura all'impor1la2tlone o in occasione dell'importaziione; C/2) se, per prodotti inclusi nella lista delle concessioni accordate da uno Stato successivamente alla sua adesion� aill'Accordo G.A.T.T. -ed in particolare, quanto agli Stati membri anche della Comunit� Economioa Europea, per le merci <incluse nella lista XL-CEE formata all'esito del DiJJ.on round, prima, e del Kennedy ll'Ound, dopo -, il momento, cui deve farsi a:iferimento per individuare la misura dei dazi e delle altre imposizioni all'importazione rispetto alla 'quale opera H divieto di aggravamento stabilito dall'art. II (ora III), n. l, lett. � b �, dell'Accordo G.A.T.T., sia quello della adesione all'Accordo ovvero quello del protocollo introducente la nuova concessione. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 aprile 1981, n. 2130 -Pres. Novelli - Rel. Sgroi -P. M. Benii -Fattor (avv. Lorenzoni) c. Ministero dei LL.PP. (avv. Stato Del Greco). Giurisdizione oivil.e -Esproprianone per p.u. -Dichiarazione di p.u. Inefficacia -Compimento dell'opera -Danni -Controversia -Giuri sdizione deM'A.G.O. La inefficacia della dichiarazione di p.u. e la cessazione del potere espropriativo per effetto della vana scadenza del termine fissato per il compimento dell'esproprio, non trovano ostacolo nella circostanza che l'opera pubblica sia stata ugualmente e tempestivamente realizzata, sicch� anche in questa ipotesi la scadenza del termine implica che la propriet� risorge come diritto soggettivo ed � tutelabile dinanzi l'A.G.O. con l'azione di risarcimento del danno per la irreversibile perdita del bene, pur dopo la tardiva pronuncia del decreto di esproprio (1). (omissis) Costituisce ius receptum il principio che 1vienrt:ra nella competenza giurisdizionale dell'A.G.O. la cogniZJione delle cootroversie relative all'accertamento della illegittimit� del decreto di espropriazione per mancata prefissione o per scadenza dei termini di cui all'art. 13 del1a legge n. 2359 del 1865, a11a quale deve riconoscersi la natura di. norma di relazione (cfr. Cass. 15 febbraio 1979, n. 985; Oass. 19 Juglio 197.7; n. 3216; Cass. 15 luglio 1974, n. 2125; Cass. 21 febbraio 1974, n. 482; Cass. 28 febbmio 1973, n. 550). � poi inutile darsi carico del problema se l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilit� consegua a11a scadenza dell'ultimo dei quattro termini p1revisti dal1a norma citata (come hanno ritenuto Cass. 3 giugno 1978, n. 2774, e, sostanzialmente, Cass. 27 gennaio 1978, n. 386) oppure occol'ra aver riguardo all'osservanza puntuale di ciascuno dei due termini finali, rispettivamente fissati per il copipimento dei favori e della proceduria, perch� -anche a voJer seguire l'indiirizzo pi� favorevole alla P.A. espropriante -nella specie � pacifico in fatto che H decreto di esproprio � stato �emanato dopo 1a scadenza dell'ultimo termine. (1) Giurisprudenza ancora costante anche nel caso di esecuzione dell'opera pubblica successivoamente alla inefficacia della dichiarazione di p.u.: cfr. Cass. 26 nov. ,1979, n. 6171, I -Foro It. Rep. 1979, voce Esipropr1azione ;per p.u., n. 64. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SQ QUESTIONI DI. GIURISDIZIONE 497 Ci� precisato, il caso di tempestiva ultimazione dei lavori e di tardivo compimento della procedura �. stato preso in esame da una !1ecente sentenza di questa Suprema Corte (Oass. 26 novembre 1979, n. 6171), Ja quale ha enunciato il principio che l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utHit� e la cessazione del potere espropriativo, per effetto della vana scadenza del termine fissato per il compimento dell'espropria2lione (art. 13 della L. 25 giugno 1865, n. 2359), non trovano os,tacolo nella circostanza che l'opera pubblica, cui la dichiarazione medesima si riferisce, sia stata ugualmente e tempestivamente realizzata, sicch� anche tin questa i.potesi la scadenza di detto termine implica che la propriet� risorge nella sua pienezza di dirhto soggettivo e, come tale, � tute1abHe dinanzi al giudice ordinario con l'a2lione di risarcimento del danno per firneversiba.le perdita del bene, pur dopo l'eventuale tardiva pronuncia del decreto di espropriazione. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 maggio 1981, n. 2950 -Pres. Iannuzzi - Rel. Sandulli -P.M. Siloochi '(conf.) -Ministero del Tesoco (V. Avv. Gen. Giorgio Azzariti) e, Giordano (avv. Cipollone). Giurisdizione civile -Pensione � Controversia sull'� an � e sul � quantum � � Giurisdizione della Corte dei Conti � Interessi compensativi e pretesa risarcitoria per fa svalutazione monetaria � Controversie � Giurisdizione ordinaria. . La giurisdizione della Corte dei Conti deve ritenersi circoscritta all'esame del contenuto dei _provvedimenti di concessione, di rifiuto o di riduzione della pensione, ossia ai provvedimenti attinenti al trattamento di quiescenza, lesivi del diritto dell'ex dipendente in ordine all'an e al quantum della pensione (1). Rientra nella giurisdizione ordinaria la controversia sulla pretesa creditoria degli interessi compensativi dovuti sulla somma corrisposta a titola di arretrati di pensioni, per il mancato godimento dell'importo tardivamente versato e quella risarcitoria tesa ad ottenere il ristoro del pregiudizio conseguente alla svalutazione monetaria nel frattempo intervenuta in quanto sia gli interessi, sia il danno trovano la loro ragione giustificatrice in un titolo distinto ed autonomo rispetto a quello relativo al rapporto pensionistico attenendo non al diritto di quiescenza, bens� al diritto di credito, originato dal mai:zcato godimento della somma integrante l'assegno vitalizio tardivamente versato e dal pregiudizio conse (1-2) GiurisprucLenz� pooifica: dr. Oass. 29 genna:io 11971, n . .2!21; Cass. 12 maggio 1976, n. 1656; Cass. 27 febbraio 1976, n. 630. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 498 guente alla svalutazione monetaria intervenuta fra il momento in cui la prestazione pensionistica avrebbe dovuto essere adempiuta e quello dell'effettivo adempimento (2). (omissis) La ricorrente sostiene che, nella spede, sussista la giurisdizione della Corte dei Conti, in quanto J'art. 60 deH'oroinamento della Cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti focali, approvato con r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, attribuirebbe, agli effetti dell'art. 62, secondo comma, del !!'.d. 12 luglio 1934, n. 1214, �alla Corte dei Conti la competenza giurisdiziionaile a conosoere delle controversie relative alle pensioni corrisposte dalJ.a Cassa ed in quanto il prooedimento previs�ro dagli artt. 442 e segg. c.rp.c., promosso innanzi al Pretore quale giudice del lavoro, presupporrebbe una controversia vertente in mate:riia di pensioni, giacch� altrimenti non si giustificherebbe la competenm per maiteria e valore del Pretore adito n� lo speciale prooedimento introdotto. La tesi � priva di fondamento. L'unico problema (residuale) sottoposto all'esame delle Sezioni Unite � se la cognizione della controversia avente ad oggetto il pagamento di interessi su somme al.1I'etrate tardivamente corrisposte a titolo di pensione ed il ristoro dei danni conseguenti �alla svalutazione monetaria spetti al giudice oridinanio o alla Corte dei Conti. In ovdine ad esso, pu� escludersi che, nella specie, si abbia materia per la giurisdizione della Corte dei Conti. L'Azienda Municipal!izzata gas ed acqua di Genova -dopo aver provveduto a seguito della ri1iquidazione della pensione �:in un ammontare superiore a quello in un primo momento attribuito, aJla corresponsione degli arretrati -ha omesso di conteggiare e versare gli !interessi compensativi su questi dovuti ed un imporito per la incidenza negativa della svalutazione monetaria. Fatta valere in giudizio innanzi al giudice ordinario la pretesa �reditoria degli interessi e quella risaircitorfa dei danni conseguenti alla svalutazione monetaria e proposta, nella fase incidentale di regolamento preventivo, questione di giurisdizione, J'unico problema da risolvere in questa sede � se le pretese azionate siano ricollegabili all'originario titolo del diritto alla pensione o trovino fondamento in un diverso, autonomo, titolo, :ravvisabile nel diritto di credito derivato dal mancato godimento delle somme tavdivamente cor:risposte e dall'ultel'iore pregiudizio cagionato dail tardivo adempimento, e se conseguentemente la controversia avente ad oggetto Ja corresponsione degli interess� e dei danni rientri nella giur�sdi:zlione della Corte dei Conti o in quella del giudice ordinario (esulando dal tema del decidere in sede di determinazione della giurisdizione ogni problema attinente alla competen~). 111111111rrli!�xmmill~r1~1rr11111~rrr&iir;,r~1~i1rr!.fft~r11wi11rr1,1gir11;11ir1r!fr111r111t14lf.atllm&1~ PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE La linea di tendenza della giurisprudenza di queste Sezioni Unite, in tema di discriminazione fra Ja giurisdizione della Corte dei Conti e quella del giudice ordinanio, � nel senso che, agli effetti degli artt. 13 e 62 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (t.u. delle leggi sulla Corte dei Conti), l.a giurisdizione della Corte dei Conti debba ritenersi circoscritta all'esame del contenuto dei provvedimenti di concessione, di nifiuto o di riduzione della pensione, ossfa ai provvedimenti attinentii. al trattamento di quiescenza, lesivi del diritto dell'ex dipendente in ordine all'an ed al quantum della pensione, con '1a conseguenza che la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti possa avere ad oggetto soltanto le questioni relative agli elementi costitutivi del diritto alla pensione ed attinenti alla sussistenza, al contenuto ed all'estensione di detto diritto e, quindi, alle condizioni che determinano lo stesso in relazione all'ammontare ed alla durata dell'assegno pensionistico (cfr. Cass. 12 maggio 1976, n. 1656; sent. 27 febbraio 1976, n. 630; sent. 29 gennaio 1971, n. 221; sent. 28 settembre 1969, Il.. 2995). Per modo che -pwr potendo i.1 giudizio della Corte dei Conti spingersi oltre ii.I momento di liquidazione del vitalizfo, essendo consentito di esprimersi su qualunque aHo di rifiuto o di riduzione che incida sull'an o sul quantum del diritto di pens!ione -deve ritenersi che le controversie che abbiano per oggetto non il diritto deH'ex dipendente in ordine all'an ed al quantum della pensione, ma il pagamento dell'anzidetto assegno e, quindi, le modalit� di esecuzione della obbligazione di corrispondere la pensione, �rientrino nella giurisdizione del giudice ordinario, vertendosi in materia di diritto di credito, naturalmente demandata aHa competenza giurisdizionale di detto giudice. Ed alla luce dei princ�pi sopra enunciati pu�, quindi, senz'altro affermarsi che quando non sia in �contestazione ~n diritto alla pensione in relazione ad un J?.rovvedimento che in tutto o in pairte lo disconosca, ma si controv:erta esclusivamente su pretese creditorie delil.'ex dipendente azionate nei confronti dell'ente obbligato alJa corresponsione della pensione, il quale non contesti il titolo pensionistico, non sussiste la giurisdizione della Corte dei Conti. Invero, la pretesa creditoria degli interessi compensativJ dovuti sulla somma corri.';posta a �titolo di arretrati di pensioni, per iJ. mancato godimento dell'importo tardivamente v:ersato e quella risarcitoria tesa ad ottenere il 1nistoro del pregiudizio conseguente alla svalutazione monetaria nel frattempo intervenuta, trovano Ja loro ragione giustificatrice dn un titolo distinto ed autonomo ll'ispetto a quello relativo al rapporto pensionistico, attenendo non al diritto di quiescenza, bens� al dinitto di credito, originato dal mancato godimento della so~ma integrante l'assegno vitalizio tardivamente versato e dal pregiudizio conseguente alla svalutazione moneta1:1ia intervenuta fra il momento in cui la prestazione pensionistica avrebbe dovuto essere 1adempita e quello dell'effettivo adem� 500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pimento, e quindi, afferendo ad un .rapporto autonomo e differenziato rispetto a quello di pensione. Deve, pertanto, escludersi che la contestazione oggetto di esame integri una controversia in materia pensionistica devoluta alla giurisdizione esclusiva della COrte dei Conti. (omissis) I. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 maggio 1981, n. 2957 -Pres. Novelli - Rel. Sandulli -P. M. Cossuto (avv. Di Gravio) c. Mrinistero IndustrJa (Avv. Stato Bruno). Giurisdizione civile -Consiglio di Stato -Difetto di Giurisdizione -Limiti -Commercio -Commercio al minuto -Rivendita di giornali e riviste -Disciplina della legge 11 giugno 1971, n. 426 -Applicabilit�. Commercio -Commercio al minuto -Disciplina della legge 11 giugno 1971, n. 426 -Contrasto con gli artt. 21 e 41 Cost. -Manifesta infondatezza. Giurisdizione civile -Commercio al minuto -Rivendita di riviste e giornali -Provvedimenti sanzionatori -Impugnativa -Competenza esclusiva del giudice amministrativo. Il sindacato attribuito alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato � circoscritto all'osservanza dei soli limiti esterni della giurisdizione e pu� riguardare, pertanto, i soli vizi che attengono all'essenza della funzione giurisdizionale con esclusione dei vizi derivanti da errores in giudicando, concernenti il modo di esercizio della funzione stessa (1). Ai sensi della legge 11 giugno 1971, n. 426, art. 1, secondo comma, n. 2, nella nozione di esercente l'attivit� di commercio al minuto in punti fissi di vendita rientra chiunque professionalmente acquista merci a nome e per conto proprio e le rivende direttamente al consumatore finale, comprendendovi non solo l'ipotesi nella quale, mediante contratti di compravendita, si acquista la propriet� di beni per trasferirli ad altri ma anche la diversa ipotesi nella quale, attraverso contratti estimatori, si consegue (1-5) Sulla rrima massima la giurisprudenza � pacifica: cfr. Cass. 26 novembre 1979, n. 6173; Cass. 19 novembre 1979, n. 6016. SulL� seconda e quinta massima non risultano precedenti, pur rilevandosi che la Suprema Corte, in sede civile, si pone in contrasto con la pronuncia emessa nella stessa materia in sede penale: v. Cass., Sez. VI, 28 luglio 1976, n. 8410; la quinta massima statuisce una competenza esclusiva del giudice amministrativo sia per la lesione degli interessi legittimi che per le lesioni dei diritti soggettivi, enucleando cos� un principio che, nella 'materia in esame, appare esatto. PARTH I, SEZ. nr; GIURIS. su QUESTIONI DI GI'CJRISDIZIONE il potere di disporre dei beni per trasferirli ad altri nell'esercizio della funzione terziaria propria delle� operazioni commerciali, con la conseguenza che i venditori di giorn�li e riviste, potendo disporre delle cose ad essi consegnate e destinate ad essere trasferite a terzi, devono considerarsi agli effetti della legge n. 426 del 1971, sullo stesso piano dei commercianti al minuto e quindi sottoposti, nella loro attivit�, alla autorizzazione del sindaco, nonostante che, per rifornirsi della merce venduta, stipulino con gli editori contratti estimatori (2). E manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 21 e 41 della Cast., la norma degli artt. 1 e 5 della legge n. 426 del 1971 laddove subordina l'apertura dell'esercizio di vendita di giornali e riviste all'autorizzazione del sindaco (3). La norma dell'art. 32 della legge n. 426, nell'attribuire al giudice amministrativo la cognizione dei � ricorsi � contro i provvedimenti del sindaco, comprende in tale formula tutti i provvedimenti riservati in subiecta materia al sindaco, e cio� anche quelli sanzionatori, statuendo in tal modo un� competenza esclusiva concernente anche le questioni su diritti soggettivi (4). II. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 aprile 1981, n. 2382 -Pres. La Farina - Rel. Oaturani -P. M. Cantagalli -Certola (avv. Di Gravio) c. Ministero Industria (Avv. Stato Gargiulo). Commercio � Commercio al minuto � Rivendita di riviste e giornali Obblig9 dell'iscrizione ai sensi dell'art. 2 della legge 11 giugno 1971, n. 426. Ai sensi dell'art. 2 della legge 11 giugno 1971, n. 426, � sottoposta all'obbligo dell'iscrizione (e della autorizzazione comunale) l'attivit� di commercio sia all'ingrosso che al minuto, nelle varie forme di uso, nella quale rientra anche la rivendita di giornali e riviste periodiche che si inquadra in un'azione di intermediazione nello scambio di beni, tipica dell'attivit� dell'imprenditore, senza che possano avere rilevanza i rapporti interni tra editore e giornalaio concretati nel contratto estimatorio (5). I. (omissis) Secondo la tesi dei resistenti, le censure rivolte alJ.a decisione del Consiglio di Stato, denunciando l'erronea interpretazione di statuizioni legislative, non sarebbero riconduoibi.li ~d alcuna delle ipotesi RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 502 Idi difetto 'di giurisdizione previste dalla legge, con la implicazione che (.: -essendo ammesso, per l'art. 111, terzo comma, Cost., il ricorso per ili cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato soltanto per motivi ~ inerenti alla giurisdizione -il ricorso, proposto ex art. 362, primo comma, c.p.c. per motivi non attinenti alla giul'isdizione del giudice ammJnis1Jrativo, sarebbe inammissibile. Secondo la ricorrente, il Consiglio di Stato avrebbe erroneamente. interpretato gli artt. 1 e 29 (rectius: 24) della legge 11 giugno 1971, n. 426, I sulla disciplina del commercio, assegnando un ambito lato alila locuzione contenuta nel n. 2 del secondo comma dell'art. 1, secondo cui, agli effetti di detta legge, esercita l'attiviit� di commercio al minuto in sede fissa � chiunque professionalmente acquista merci a nome e per conto p1roprio e le rivende direttamente ,al consumatore� finale�, s� da l'icomprendere nell'attivit� commerciale al minuto anche l'attivit� di vendita di giornali e riviste, nonostante che questa non sia preceduta -come richiesto ex lege -dall'acquisto del (diritto sul) la merce da parte del riivenditore, rifornendosi l'edicolante-giornalaio mediante ~la stipula di) contratti estimatori; ed avrebbe �assoggettato -attraverso tale non corretta !�nterpretazione e la conseguente sussunzione dell'esercizio di vendita dei giornali sotto il regime gim1idico p!'eordin:ato ailla disciplina dell'attivit� di commercio al minuto -J'attlvit� di vendita di giornali e riviste all'obbligo deHa preventiva autorizzazione amministrativa, prevista dall'art. 24 ddla legge n. 426 del 1971 per l'apertura di esercizi di commernio al minuto, pronunciando in materia di diritti soggettivi, sottratti alla giurisdizione amministrativa. � noto che, per il coordinato disposto degili artt. 48 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 (t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato), 360, n. 1, 362, primo comma, c,p.c. e 111, terzo comma, Cost., iJ sindacato attriibuito alle Sezioni Unite de!Ja Corte di Cassazione suHe decisioni giurisdizionali del Consiglio di Sta�to � circoscritto all'osservanza dei soli limiti esterni della giurisdizione e pu� riguardare, pertanto, i so1i vizi che attengono all'essenza della funzione giurisdizionale (quali l'eccesso di potere giurisdizionale per inv�asione dell'area riservata alla discrezionalit� della pubblica amminist'fazione, quando si .affermi la giurisdizione del giudice amministrativo in campi privi di tutela giurisdizionale: ad es., attinenti a semplici interessi di fotto; l'invasione della sfera di giurisdizione attribuita ,aJ giudice ordinario o ad altro giudice speciale; l'esplicazione di un sindacato di merito, allorch� Ja potestas judicandi sia limitata all'indagine sulla legittimit� dell'atto amministrativo; la declinatoria di gitwisdizione, sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto, in modo assoluto, di funzione giurisdizionale o non entri nella giuriswzione del Consiglio di Stato), con esclusione dei vizi derivanti da errores in judicando, concernenti iil modo di esercizio della funzione stessa (quali quelli che attengono all'interpretazione di norme di divitto o di atti PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE amministrativi, ana valutazione di situazioni di <illegittimit�, alla sufficienza ed alla logicit� della motivazione della decisione) (cfr. Cass. 21 novembre 1977, n. 5061; Cass. 2 febbraio 1976, n. 327). Per modo che, se con 1a censuria promossa d.aJla ricorrente si fosse inteso denunciare ex se l'erronea interpretazione delle disposizioni legislative contenute negli artt. 1 e 24 della legge n. 426 del 1971, indubbiamente nel caso di specie ricorverebbe un'ipotesi di inammissibilit� del ricorso, in quanto ex art. 326, primo comma, c.p.c. si farebbe valere un errar in judicando, vale a dire un vizio attinente a.rl contenuto della decisione, e non un vizio afferente all'osservanza dei limi<ti esterni della giurisdizione, al cui esclusivo controllo � limitato il sindacato esercitabile dalle Sezioni Unite delila Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato (c:fr. Cass. 26 novembre 1979, n. 6173; Cass. 19 novembre 1979, n. 6016). Invero, l'erronea interpretazione di norme di legge da parte del Consiglio di Stato non consente il ricorso per cassazione a norma dell'art. 362 c.p.c., non dando luogo a vizi della decisione denunciabili per motivi attinenti alla giurisdizione (cfr. Cass. 2 novembre 1979, n. 5687). Peraltro -poich� con fa complessa doglianza delineata la ricorrente �tende al riconoscimento che il ConsigJfo di Stato, ricomprendendo, attraverso l'erronea lata interp.retazione dei11a espressione contenuta nel n. 2 del secondo comma de11'art. 1 della legge n. 426 del 1971, m rela2lione alla disposi2lione dettata nel primo comma del successivo art. 24, neill'ambito dell'attivit� di commercio al minuto l'attivit� di vendita di giornali e riviste ed assoggettando conseguentemente l'esercizio di tale attiwt� alla prieventiva autorizzazione amministrativa, abbia esercitato funzioni eccedenti il proprio potere giucisdi2lionaJe ed abbia pronunciarto in materia di diritti soggettivi, non occorrendo per"l'�apettUJra del libero esercizio dell'attivit� di vendita di giomaili e riviste periodiche alcun provvedimento autorizzativo -non pu� negars�i che 1a questione propos~, concernendo la configurabilit� o meno di una situazione giuridica soggettiva suscettibile di tutela giurisdizionale innanzi aJ. Consiglio di Stato, coinvolga un problema di giurisdizione, �attinente ai limiti esterni delle attribuzioni di detto giudice, e sia pertanto deducibile con ricorso a11e Sezioni Unite della Corte di Cassazione, a norma dell'art. 362 c.p.c. (omissis) Come si � visto, ai fini della risoluzione della PTima eccezione d'inammissibilit�, con l'unico motivo, Ia ricorrente, -denunciarto � l'eccesso rispetto ai limiti del sindacato giuriisdizionale �, nonch� l'omessa e perplessa motivazione della decisione -.sostiene che il Consiglio di Stato abbia pronunciato su una questione che, attenendo a diriittii soggettivi (e non ad interessi legittimi), non rientrerebbe nella sua giu!r'i� sdizione. 504. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .Secondo la tesi della ricorrente, il Consiglrio di Stato sarebbe pervenuto alla denunciata decisione attrav.erso l'erronea interpretaz�ione dell' �art. l, secondo comma, n. 2, della legge 11 giugno 1971, n. 426 (sulla disciplina del commercio), che se inteso in modo da ricomprendere nell'ambito dell'attivit� di commeroio al minuto in sede fissa anche l'1aittivit� di vendita di giornali �e riviste, sarebbe affetto da illegittimit� costituzionale per contrasto con gli artt. 21, 41 e 9 deHa Costituzione. Secondo tale costruzione, i v�enditori di giornali e Tiviste periodiche -stipulando con gli editol'i contratti estimatori e non di compravendita -non potrebbero essere ricompresi neH'ambdto di coloro che, ai sensi ed agli effetti della legge n. 426 del 1971, vengono consdderati esercenti �attivit� di commercio al minuto�, e cio� di coforo cl;le � professionalmente acquistano merci a nome e per conto proprio e le rivendono in sede fissa (o mediante altre forme di distribuzione) direttamente al consumatore f�na:le � e non potrebbero, quindi, ritenersi assoggettati ex art. 29 (rectius: 24, primo comma) della citata legge n. 426 1alla ptreventiva autorizzazione amministrativa del sindaco. Dal che la implicazione che -dovendo considerarsi pienamente libera l'apertura (e la gestione) di esercizi di vendita di giornali e riviste (p�er� non essere la stessa soggetta a provvedimenti autorizzativd o concessivi) i provvedimenti amministrativi 1incidenti suMa gestione dell'attivit� di vendita di giornali e riviste verrebbero �ad operare su situazioni giuridiche soggettive configurabil:i come diritti soggettivJ ed �attribuite, quindi, alfa cognizione del giudice ordina.l'io. L'unico motivo di l'ioorso, in cui � articolata Ja complessa riiassunta. censura, � privo di fondamento. Va, innanzi tutto, vilevato che, qualora, ai fini della determinazione della giurisdizione, si controverta sulla portata e la iinterpretazione di una norma di legge, la Corte Suprema -dovendo procedere alita rivalu tazione dei presupposti di diritto (e di fatto) in base ai quali la giurisdi zione va stabilita -pu� procedere, avvaierrdosi dei poteri attribuitile dalla legge, attraverso la verifica della interpretazione della statuizione legislativa, alla individuazione e qualificazione degli elementi giuridici atti a determinare la giurisdizione secondo il normale criterio di iriparto, da essa emergenti. \T.a, poi, osservato -nel condurre Ja verifica dell'interpretazione ope rata dal Consiglio di Stato, iin ordine aJla portata del contenuto de11a disposizione legislativa, dettata nel n. 2 del secondo comma dell'art. 1 della legge 11 giugno 1971, n. 426, la quale qualifica (aglri �effetti di detta legge) come �esercente l'attivit� di commercio al minuto in punti fissi di vendita � chiunque professionalmente acquista merci 1a nome e per conto proprio e le rivende direttamente al consumatore finaile � -come il Consiglio di Stato, tenute presenti le finalit� dehla citata legge, dirette alla salvaguardia dell'interesse pubblico ed alla composizione dei coesi PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI Dl�GIURISDIZIONE stenti interessi collegati a11a funzione economico-sociaile delle attivit� commerciali, abbia correttamente ;interpvetato fa norma nel senso che con la suddetta definizione il legislatore abbia inteso riferirsi non soltanto a chi, mediante contratti di compravendita, acquista, in ,senso tecnicogiu: riidico la propriet� di beni per trasferirli ad altri, ma anche a chi, attraverso la stipulazione di contratti estimatori, consegue il potere di disporre dei beni per tmsreridi ad aJ1lr�i, assolvendo cos� rulla funzione terziaria propria delle operazioni commerciali. In vero, nel contmtto estimatorio (che, secondo Ja prevalente dottrina, d� origine ad un ;rapporto complesso, costituente un misto di deposirto, autorizzarione e vendita, in cui il .ricevente assume l'obbligo di pagare il p;rezzo della cosa mobile stimata consegnatagli per la vendita -libro, giornale, ecc. -salvo che non voglia restituire Ja cosa ricevuta e rimasta incorrupta in sua mano) l'accipiens, pur non acquistando fa propriet� della cosa, pu� disporre della stessa, tTasfer.endola a terzii, mentre .U tradens, pur continuando ad essere titolare del diritto sulla cosa affidata per la vendita, non pu� disporne fino a che la stessa non gli sia Testituita. Per modo che -pur passando la propriet� del giornale o della rivista dall'editore al terzo acquirente !�n forza dell'autorizzazione a ven� dere concessa 1all'edicolante-giornaJaio, in quanto l'effetto tiraslativo, pur trovando la sua giustificazione nell'autorizzazione iniziale, si attua soltanto nel momento dell'acquisto che il terzo fa dall'accipiens -deve ritenersi che i venditori di giornali e riviste, potendo disporre deHe cose ad essi consegnate e destinate ad essere trasferite a terzi, debbano considerarsi ag1i effetti della legge n. 426 del 1971 sullo stesso piano dei commercianti al minuto che abbiano acquistato 1e merci da rivendere e, quindi, assoggettati come questi alla disciplina del commercio dettata dalla citata legge, nonostante che per rifornirsi delle merci vendute stipulino con gli editori cont11atti estimatori e non contratti di compravendita. N� tale interpretazione pu� far considerare non manifestamente infondati i profili di illegittimit� costituzionale degli artt. 1 e 45 delila legge n. 426 del 1971, nelle parti in cui non escludono dalla loro sfera di applicazione i venditori di giornali e rivisre, riproposti dalla ricorrente in sede di Jegittiimit� per conwasto con gli artt. 21, 41 e 9 de11a Costituzione. In ordine all'mt. 21 Cost., v�a rilevato che la subordinazione dell'apertura dell'eserci21io di vendita di giornali e riviste �alla conoess1ione dell'autorizzazione amministrativa da parte del Sindaco nel cui territorio ha sede l'esevcizio non incide in alcun modo sulla libert� di espressione del pensiero, garantita, con divieto di assoggettamento deHa stampa ad autorizzazioni o censure, daUa suddetta norma costituzionale, la quale attiene alla manifestazione del pensiero dell'uomo con la parola, lo saritrto ed ogni altro mezzo. 506 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per modo che -dovendo il divieto di autoriz:l'lazione imposto daJJ.a disposizione costituzionale rife11irsi esclusivamente alJ.a manifestazione del pensiero attraverso la stampa e rientrando l'autoriz:l'lazione alla gestione di un esercizio di vendita di giornali e Tiviste nel quadrn del1a disciplina delle attivit� commerciati -deve ritenersi che la autorizzazione del Sindaco, prevista dall'art. 24, primo comma, de11a legge n. 426 del 1971 per l'apertura di un'edicola di giornali, non investa il contenuto delle libere espressioni di pensiero manifestate att:iraverso la stampa e non operi, nell'ambito deHe pubbldcazioni, alcuna coercizione o limitazione del1a libert� di stampa. D'altro canto, va rilevato come i limiti conseguenti alla conclusione del procedimento di decisione sulla domanda di autmizzazione all'iapertura di un esercizio di vendita di giornali e riviste non potrebbero in alcun modo essere ta1i da causaTe un ostacolo 'apprezzabHe ailla diffusione ed a1Ia distribuzione capillare �dei mezzi di manifesta:l'Jione del pensiero costituenti la stampa, [ntervenendo de ,autorizza:l'lioni dei punti di vendita in base ,aina visione programmatica del pi,ano commerciale comunale, �teso ad asskwrare un oppovtuno equilibrio commerciale nell'ambito de1Ia zona considerata. La prospettata illegittimit� costituzionale non sussiste neppure sotto il rprofilo dell'art. 44 Cost., il quale, nell'affermare il principio della Jibert� dell'iniziativa economica pvivata, in cui rientra la libert� di commercio, stiabilisce che essa non pu� svolgersi in contrasto con l'utiliit� sociale o in modo da recare danno alla skurez:l'la, alla libert�, a1la dignit� umana ed affida al degislatore il compito di determinare i programmi e i controlli opportuni perch� l'attivit� economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coOl'dinata a[ fini sociali. In vero, la disciplina dettata con le disposizioni degli artt. l, 45 e 24 segg. della legge n. 426 del 1971 -rientrando pienamente nei limiti anzidetti -non cont:irasta con interessi pubblici e rfinaHt� sociali e non pregiudica in alcun modo la sicurezza, 1a libert� e la dignit� umana. Neppure, per le considerazioni innall:l'Ji esposte, pu� ritenersi che le citate norme della legge n. 426 vfolino l'art. 9 Cost., in quanto la disciplina della vendita de1ila stampa periodica dettata da detta legge non comprime in alcun modo il conseguimento delle finalit� di promozione dello sviluppo della cultura e della ,ricerca scientifica e tecnica. Tutti i profili di Hlegittimit� costituzionale dclineati dalla ricorrente sono, quindi, da ritenere manifestamente infondati. Stabilita l'assoggettabiilit� dell'esercizio di vendita di giornali e riviste aHa disciplina generale dettata dalla legge n. 426 del 1971 e, quindi, al regime gimidico dalla stessa ordinato, che comporta ex art. 24 per J'aper tura di esso la necessit� della concessione della prevenrtiva autorizzazione amministrativa da parte del Sindaco del comune nel cui territorfo ha sede l'esercizio, dovrebbe procedersi -ove, ai fini della determinazione PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE della giurisdizione, si dovesse fare 1aipplioazione del normale criterio di discriminazione delle gimisdizioni -a:lila qualificazione della situazione giuridica soggettiva attribuita al privato prima della concessione delJ.'autorizzazione amministrativa, controveritendosi, nel caso di specie, intorno alla legittimit� del provvedimento di chiusura di un esercizio di vendita di giornali e riviste, disposto ex art. 39, terzo comma, per essere lo stesso stato aperto senza la preventiva autorizzazione del sindaco. Pertanto, in tale contesto litigioso, ove dovesse farsi applioatlone del normale criterio di riparto delle giurisdizioni, si dovrebbe scrutinaire se, di fronte al potere del Sindaco di concedere l'autorizzatlone all'apertura dell'esercizio di vendita di giornali e riv1iste sussista, in epoca anteriore all'intervento del provvedimento 1autooizzatorio, una situaziione giuridica soggettiva qualificabile come iil!teresse legittimo o come diritto soggettivo; e ci� al fine di stabilire se il provvedimento sanzionatorio di chiusura dell'esercizio aperto senza fa preventiva autorizzazione verrebbe ad incidere (o meno) su un diritto soggettivo. Una siffatta indagine si presenterebbe, per�, 1in termini di particolare delioatezza, in quanto -pur essendo la disciplina dettata dalJ.a legge n. 426 del 1971 contrassegnata (come pu� rilevarsi in base ai princ�pi ispiratori ed informatori che traspaiono dai lavori preparatori) dalla tendenza ad antioipaTe le scelte amministrative al momento della pianificazione e programmazione della rete distributiva dei punti di vendita e ad accentuare 1a vinco1aitivi!t� dehl'azfone amministrativa nel momento di attuazione del piano, cio� del governo in concreto dei singoli rapporti autorizzativi, s� che, in mancanza di poteri di scelta (discTezionalit�), sia sufficiente, per findividu�izione del diritto soggettivo nella fattispecie sostanziale, un giudizio di accertamento (sul rapporto), attTaverso lo schema (di fondo) nonna-fatto (invero, nel terzo comma dell'art. 24 si dispone che �l'autorizzazione � negata solo quando il nuovo esercizio risulti in contrasto con le disposizioni del piano e della fogge�) -non pu� sottacersi come un'autorevole dottrina abbia sostenuto che -anche se non sia facile ravvisa:re nella struttura di diTitto sostanziale della fattispecie dell'autorizzazione amministrativa spazi per un potere di scelta del Sindaco -non possa apl'ioristicamente escludersi ogni margine di discrezionalit�, in quanto questa potrebbe ricorrere almeno [n ordine all'apprezzamento da compieve in sede di pTeferenza fra pi� domande corrispondenti, quando sii tratti di valutare se taluna di quesrte assicuri la migliore soluzione dal punto di vista urbanistico (aTt. 30, p1rimo comma, della legge n. 426). Per modo che -pur rilevando che per lo pi� iii. compito del Sindaco � tendenzialmente limitato alla constatazione della Ticorrenza in fatto dei requisiti, positiva. e negativi, prederterminati da norme, con valutazioni non discrezionali, comportanti posizioni di diritto soggettivo per gli aspi ranti e, conseguentemente, competenm giudiziaria in ordine ailile lag;nan secondo i principi generali, di tutte le questioni, anche relative a diritti soggettivi (escluse queUe attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali) - secondo i principi generali, di tutte le questioni, anche relative a diritti soggettivi (escluse queUe attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali) - S-08 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ze -non potrebbe escludersi 1in viia asso~uta che in taluni oasi possa sussistere il poteire dell'autorit� di provvedere alfassetto delle si:tuazioni soggettive, s� che in tali .ipotesi, fasevendos,i neHa fattispecie sostanziale Uii potere autoritativo, verrebbe a realizzarsi (attraverso lo schema normapotere- fatto) la sequenza fattispecie sostanziale potere autoritativo-interesse legittimo-giudizio di annullamento, con la conseguente devoluzione delle doglianze alla cognizione del giudice amministrativo. Peraltro, da tale indagine delimitaHva pu� prescindersi, in quanto nel sistema delineato dalla legge n. 426 del 1971 il regime del contro1lo degli atti 1emessi dalla pubblica :amministrazione nella materia relativa alla licenza, oggi � autoriz2ia2iione �, di commercio non � ispirato al nor~ male criterio di riparto delle giurisdizioni, ma � cariatterizzato dall'attribuzione ex lege in via generale ed indiscriminata della relativa giurisdizione al giudice amministraHvo. In vero, in tal senso deve intendersi -come hanno gi� ritenuto queste Sezioni Unite della Corte Suprema, con la dedsione 5 ottobre 1979, n. 5145 -il disposto dell"art. 32, che sotto la rubrica �1ricorsi � attribuisce al giudice ~mministrativo la cognizione dei ricorsi �contro i provvedimenti del sindaco >>, ricomprendendo in tale formula tutti i provvedimenti che la legge stessa attribuisce in subiecta materia alla competenza del sinda�'o. Per modo che trattasi di una competenza esclusiva del giudice amministrativo, per la cui attmibuzione non occorre necessariamente l'uso di formule sacramentali, essendo sufficiente a tal fine che, come nel caso d_i speoie, la legge dimostri chiaramente la volont� di assegnare la giurisdizione in via esclusiva. E -poich� la formula usata nell'art. 32 � estremamente ampia deve ritenersii ohe nella competenza giurisdizionale del giudice amministrativo rientri la cognizione dei giudizi promossi in ordine a tutti i pmvvedimenti emessi dal sindaco nell'esercizio dei poteri att11ibuitig1i dalla legge e cio� -oltre che riguardo ai provvedimenti costitutivi ed a quelli modificativi o di 1r.itiro, incidenti sul rapporto sos1tanziale d.i esercizio del commercio al minuto (compreso quello di diniego di provvedere alla sostituzione, dn via transitoria, del vecchio con hl nuovo titolo autorizzativo) -anche relativamente ai provvedimenti sanzfonatori, la cui natura repressiva -volta a consentire, attraverso l'imposizione e l'irrogazione di san:llioni nei oasi di inosservanza delle norme stabiJite dalla legge n. 426 del 1971, la Tego1are attuazione della disciplina dettata da detta legge e fa compiuta riea1izzazione del iregime giuridico dalla stessa predisposto -spiega la collocazione delle statuizioni che li prevedono, ratione materiae, nel capo IV, relativo �alle disposizioni finali, e quindi, successivamente alla norma sulla giurisddzione. Pertanto -trattandosi di una giurisdi2fone esclusiva, comprensiva, PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI' DI GIURISDIZIONE ne deriva che della_ questione riguardante la confonnit� a legge del provvedimento sanzionatorio di chiusura di un esercizio di vendita di giomail.i e riviste, aperto senza 1a preventiva autorizzaz;ione ,amministrativa del sindaco, non possa non conoscere, in ogni caso, il giudice amministrativo, sia che la non conformit� a legge si atteggi come i11ioeit� per difetto nella pubblica amminis1Jl1a:z;ione del potere esercitato in pregiudizio del diritto soggettivo nascente dalla Jegi1ltima:z!ione ad esercitare i1iberamente {senza bisogno della pveventiva autorizzazione del sindaco) l'attivit� di vendita di giornali 'e 'riviste, sia che 11a stessa debba qualificarsi come mera illegittimit� per oattivo esercizio del potel'e. (omissis) IL (omissis) Con il primo motivo del ricorso, assumendos,i violazione e falsa applicazione del1a legge 11 giugno 1971, n. 426, in ,relazione all'art. 360, n. 3 e 5 c.p.c., si sostiene che se la norma prevede >l'acquisto di merci a nome e per conto proprio, tale non sarebbe l'acquisto del :rivenditore di giornali che stipula un contratto estimatorio, oaratterizzato daJ fatto che l'accipiens non acquista la propriet� del bene consegnatogli, ma solo la disponibilit� per cederlo a terzi, onde avrebbe errato il Pretore per aver ritenuto che la rkorrente fosse soggetta all'obbligo dell'iscrizione nel registro e della Hcenza di commercio. La censura non � fondata. La fogge 11 giugno 1971, n. 426, contenente lla disciplina del commer cio, ha sottoposto all'obbligo de1fisorizione previsto dail.l'-art. 2 e della soggezione all'autorizzazione comunale prevista dall'art. 24, l'attivit� di commercio sia all'ingrosso che al minuto, nelle varie forme in uso. Agli effetti della suddetta legge, svolge attivit� di commercio ail mi nuto chiunque professfonalmente acquista merci o. nome e per conto proprio -e le rivende in sede fissa o mediante altre forme di distribu ZJione, d~rettamente_ al consumatore finale (al't. l, secondo comma, n. 2). Nel presente giudizio tr.at1lasi di stabiHre se la tesi sostenuta dall'im pugnata sentenza, secondo cui -anche i rivenditori di giornali e iriviste periodiche, quali commercianti al minuto, sono soggetti alle prescrizioni ammi'[)Jistrart:ive accennate, sia conforme al diritto. lil Collegio ne condivide le conolusioni in base ai seguenti rhlievi. L'argomento principale su cui fla leva la difesa del1a 1ric011rente per sostenere la tesi opposta, punta sul fatto che la 1egge 1971, n. 426, nel .definire l'attivit� di commercio al minuto fu riferimento all'acquisto di merci a nome e per conto proprio ed alla successiva rivendita, di modo che '1a rivendita dei giornali e delle riviste periodiche sfuggirebbe a tale definizione in quanto i1l giornalaio non conclude contratti di compravendita -con gli editori, ma consegue la disponibilit� del1a merce uti1izzando lo schema del contratto estimatorio (art. 1556 e.e.), attiraverso-cui una 510 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO parte consegna una o pi� cose mobili all'altra e questa si obbliga a pagarne il prezzo, salvo che !I"es1lituisca le cose nel termine stabilito. Poich� non � dubbio che l'attivit� economica svolta dal giornrulaio si inquadra in una azione di intermediazione nello scambio di beni, tipica delJ'attivit� dell'imprenditore (art.� 2082, 2195, n. 2, e.e.), non esplicano alcun rilievo nel senso preteso dal ricorrente le modalit� concrete attraverso cui -nei rapporti inte!I"Ili tra editooe e giornaJ.aio -quest'ultimo consegue il potere di disposizione (in proprio) sulla merce che trasferisce a tentl verso corrispettivo. L'obbligazione fondamentale che l'accipiens contrae con il contratto estimatorio consiste nell'obb1igo di pagare il prezzo che si pone in posizione sina11agmatioa con la consegna della merce da parte del tradens, mentre, ai fini che si considerano, � del tutto irrilevante che quest'ulrtimo conservi comunque il diritto di propriet� sulle cose consegnate, giacch� questo serve a gius1lificare soltanto la restituzione delle cose che l'accipiens ha facolt� di eseguire nel termine stabi1ito nel caso che esse II"imangano invendute. Ci� che il'ileva invece � che, in caso di rivendita, il giornalaio fa propria la differenza fra <il prezzo medesimo e J.a maggior somma eventualmente ricevuta. N� pu� dirsi che in tal modo verrebbe meno il requisito economico che caratterizza sempre l'attivit� delil'imprenditore (art. 2082 e.e.), perch� la circostanza accennata, secondo cui il giornalaio non � tenuto a pagare iii prezzo dei giornali se non quando ~i abbia �rivenduti a terzi, potendo invece in caso contrario �restituirli all'editore, attiene soltanto �al rapporto interno con quest'ultimo ed � previsto dalla fogge per agevo1aire l'attivit� economica di chi in genere d<ispone�di piccoli capitali per poterJ.a svolgere. Questo, tuttavia, non esclude che il requisito del rischio dcorra pur sempre nelJa specie ed esso si risolve nella esistenza stessa di un profitto che dai! complesso/della sua attivit� economica il giorna1aio riesca a realizzare come differenza tra spese di gestione ed entrate conseguite. N� pu� sostenersi, secondo J;� tesi seguita da questa Cocte in sede penale (sent. sez. VI 28 luglio 1976, n. 8410), che le prescrizioni della legge in esame non sarebbero applicabili ai giornali e riviste di carattere periodico, i quali hanno contenuto prevalentemente informativo della opinione pubblica, onde in materia sarebbe sufficiente l'autorizzazione rilasciata dalla commissione paritetica tra editori e rivenditori. Basti consideraTe al riguardo che il giornaJ.e e la <rivista periodica, pur avendo la funzione posta in foce nel precedente accennato, non perdono tuttavia 1a loro natoca di beni s.scettibili di scambio in senso economico, iidonei quindi a costituire � roerci � oggetto di contratta,.,ione nel senso previsto dall'ruct. :J della legge ,J971, n. 426. D'aJ.tra parte, l'attivit�.. di rivendita dei giorna1i non rientra in alcuna delle ipotesi previste dall'art. 45 della legge, le quali sono sottratte in PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIU)USDIZIONE modo specifico �aJla sua applicazione, n� � compresa nel caso in cui, ai sensi dell'art. 47, n. 7, l'esercizio dell'atrtivit� commerciale � diso1plinata da Jeggi speciali. Ne consegue che l'a.tfermazione contenuta nell'impugnata sentenza, secondo cui l'attivit� di diffosione delle pubblicazioni periodiche � soggetta alle prescrizioni della legge 1971, n. 426, essendo compresa nell'attivit� di commercio al minuto, non merita alcuna censura. Il primo motivo del ricorso deve essere, pertanto, .respinto. Con il secondo motivo si sostiene la hllegittimit� costituzionaJe deg1i artt. 1 e 45 della legge 11 giugno 1971, n. 426, in riferimento agli artt. 21, 41 �e 9 Cost., in quanto si assume che il sottoporre la vendita dei giornali ad una preventiva autorizzazione potrebbe provocare, specie nei piccoli centri, inammissibili restrizioni alla possibi1it� di accedere alla conoscenza del pensiero liberamente manifestato. N� si renderebbe necessario il controfilo previsto dall'art. 41 Cost., non potendo verificarsi in matenia finalit� di carattere non sociale. In ogni caso, si afferma che tale controllo costitukebbe un ostacolo allo sviluppo defila cultura e della ricerca. La censura � priva di fondamento. Giova premettere che la deducibilit� e rtllevabilit�, �anche d'ufficio, in ogni srtato e grado del giudizio, delle questioni di legittimit� costituzionale comporta che la riproposizione delle medesime in sede di legittimit� non si traduce in un'impugnazione della pronuncia di manifesta infondatezza resa dal giudice del merito, n�, quindi, impqne un lt1�esame critico delle argomentazioni svolte da quel giudice, ma configura una istanza diretta a sollecitare da parte della Suprema Corte una nuova ed autonoma valutazione della manifesta o meno infondatezza dei dubbi di costituzionalit� prospettati con riguardo alle norme applicate dalla sentenza impugnata (Cass. 10 aprile 1978, n. 1667; 25 novembre 1976, n. 4450). Orbene, la fogge in questione, svolgendo una fun:tione diretta ad assicurare il corretto esercizio delle attivit� commerciali all'ingrosso ed al minuto nell'interesse pubblico, non incide in alcun modo sul diritto di libert� di stampa, il quale � tutelato dalla Costituzione nel senso che le idee e le opinioni che sono divUJlgate non possono essere assoggettate ad alcuna autorizzazione o censura (art. 21). Ognuno intende, infatti, la netta distinzione esistente tra G.! prodotto del pensiero divulgato a mezzo della stampa e Ja res (il giornaJe) ti.I cui contenuto non � affatto influenzato dalla necessit� dell'dscrizione e dell'autorizzazione amministrativa per chi svolge professionalmente l'attivit� destinata ailla sua diffusione. D'altm parte, lo stesso art. 41 Cost. prevede espressamente che J'atti vit� economica privata possa essere sottoposta a controlli nell'inrteresse pubblico; n� questi conhrolli incidono ovviamente sul compito dello Stato di promuovere la diffusione della cultura (art. 9). (omissis) SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE * SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE * CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 19 febbraio 1981, n. 1018 -Pres Pedace - Rel. Cruciani -P. M. Bonanti -Russo (avv. Picciotto) c. FF.SS. (avv. Stato De Francisci). Pubblica amministrazione � Ferrovie dello Stato � Responsabilit� civile . Norme da osservare � Presupposti. Pubblica Amministrazione . Ferrovie dello Stato . Responsabilit� civile . Attraversamento dei binari all'interno della stazione � Sistema di allarme � Insufficienza. Pubblica amministrazione � Ferrovie dello Stato � Responsabilit� � Sinda� cato giudiziario � Cause dell'evento dannoso � Stazione ferroviaria . Ambiente particolarmente pericoloso � Rilevanza. L'Amministrazione ferroviaria, nell'esercizio delle linee ferrate, .ha il dovere di adottare tutte le cautele suggerite dalla scienza e dalla pratica per prevenire ed evitare qualsiasi sinistro, in osservanza sia del principio del neminem laedere (art. 2043 e.e.) sia dell'art. 2 del R.D. 1687 del 1873 (1). Non � sufficiente, ai fini della esclusione della responsabilit� dell'Am� ministrazione ferroviaria, qualora l'utente attraversando i binari all'interno della stazione venga investito da un convoglio sopravveniente, l'aver posto in funzione il campanello segnalante l'arrivo del treno, ma � necessario che il sistema acustico sia in grado di essere percepito da chiunque attraversi i binari (2). Il giudice, in sede di accertamento concreto della responsabilit�, dovr� tener conto di tutti gli elementi che hanno concorso alla causazione del* AMa redazione delile massime e delle note di ques�ta Se:llione hanno coJrlaborato gli avvocati LUIGI MARUOTTI e CARMINE VOLPE. {1-3) Cfr., in te11m~ni, Cass. Sez. Un., 20 luglio 1970, n. 1187, Foro it. 1970, I, 2080 (con nota), la quale precisa la natura ed il limite che il r.d. n. 1687 fissa al potere� discrezionale dell'amministrazione ferroviaria. V. anche Il contenzioso dello Stato 1971-75, III, 516. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 513 l'evento dannoso, in un ambiente, quale la stazione ferroviaria, di per s� obiettivamente pericoloso e tale da vincolare l'Amministrazione ad adottare concrete cautele e chiunque a usare la massima prudenza (3). Con l'unica censura la ricorrente si duole della violazione degli artt. 1 e 2 R.D. 31 ottobre 1873, n. 1687 in relazione all'art. 2043 e.e., addebitando alla sentenza impugnata di averie in sostanza affermato che l'attivit� discrezionale dell'Amministrazione ferroviaria nell'attuare Je direttive poste da quelle disposizioni sfugge ad ogni controllo e non pu� consentire una valutazione ai fini dell'osservanza del precetto del neminem laedere. Rileva la Russo che l'organizzazione del servizio, pur nell'ambito discrezionale, trova un preciso limite giuridico laddove l'art. 2 del R.D. 1687/1973 dispone che �nell'esercizio delle Ferrovie si dovranno prendere tutte le misure ed usare tutte le cautele suggerite dalla scienza e dalla pratica per prevenire ed evitare qualunque sinistro�.. La decisione impugnata si � espressamente proposta l'indagine sulla violazione del principio del neminem laedere in relazione all'osservanza delle disposizioni del regolamento ferroviario; nella specie ha ritenuto irrilevante la circostanza che l'attraversamento dei binari fosse assicurato soltanto da una passerella e che non vi fosse alcun intervento del personale nel regolare l'attraversamento dei passeggeri, in considerazione delle dimensioni della stazione e della presenza di un solo agente. Ci� premesso, la Corte ha rilevato che la � sicurezza passiva � dell'attraversamento era assicurata dall'uso di mezzi di preavviso meccanici e precisamente dal campanello che segnalava l'arrivo di un treno; in proposito riteneva irrilevante la circostanza che il campanello cessasse di suonare poco prima che il treno giungesse in stazione, a circa m. 1.200 dalla direzione di provenienza, poich� da questo momento vi era la possi bilit� di visualit� diretta della �linea ferroviaria. Questa Suprema Corte ha costantemente affermato (Cass. 1640/64 - Cass. 1606/66 -Cass. 844/70 -Cass. Sez. Un. 1187/70) che nel settore delle strade ferrate l'esercizio della attivit� della Pubblica Amministrazione deve sempre avvenire -� quali siano i mezzi tecnici da essa discrezional mente scelti per il miglioramento del servizio -non solo nel pieno rispetto della norma primaria del neminem laedere, ma anche nell'assoluta osservanza dell'art. 2 del regolamento di polizia ferroviaria, che impone all'amministrazione stessa l'obbligo specifico di prendere tutte le misure e di usare tutte le cautele suggerite dalla scienza e dalla pratica per prevenire ed evitare qualunque sinistro. Il giudice di merito � quindi tenuto a compiere una precisa indagine sulla idoneit� -in punto di fatto -dei mezzi adottati e finalizzati alla osservanza della norma sopra indicata. (omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 514 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 febbraio 1981, n. 1181 -Pres. Santosuosso -Est. Sensale -P. M. Dettori (conci. conf.) -P.anepinto (avv. Cacopardo) -Azienda Nazionale Autonoma delle Strade (Avv. Stato Del Greco). Espropriazione per pubblica utilit� -Costruzione di opera pubblica � Fra zionamento del fondo -Perdita della 'posSli.bilit� di edificare � Perdita di visuale e aereazione -Danni all'espropriato � Irrisarcibilit� � Inden nit� di esproprio. (Legge 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 40 e 46). In caso di espropriazione parziale i danni che incidono sulla parte residua del fondo, sia che derivino direttamente dal provvedimento ablatorio, sia che traggano origine dall'esecuzione dell'opera o dal pubblico esercizio cui essa � destinata, devono essere considerati al fine della determinazione dell'indennit� di esproprio e non sono, pertanto, autonomamente risarcibili (1). (omissis) Con citazione del 16 aprile 1970 Giovanni Panepinto, rappresentato dal figlio Vincenzo, suo procuratore speciale, convenne dinanzi al Tribunale di Palermo l'ANAS, in persona del Ministro dei lavori pubblici, e, assumendo di essere proprietario di un terreno sito in contrada Corvo-Filieri di Trabian gi� in parte espropriatogli per la costruzione dell'autostrada Palermo-Catania e rimasto diviso in due parti dal rilevato autostradale con conseguente grave deprezzamento a causa della perdita, nelle parti residue, della destinazione edificatoria e della panoramicit�, chiese la condanna dell'ANAS, ai sensi dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, al risarcimento dei danni in suo favore nella misura di L. 170.000.000. La domanda -impugnata dall'azienda convenuta -fu rigettata dal Tribunale, dopo che il C.T.U. aveva ritenuto che il rilevato autostradale avesse diviso il fondo in due parti, privando quella a monte della sua naturale destinazione edilizia e quella a valle (gi� inclusa nel perimetro urbano del Comune di Trabia) del requisito della panoram.icit�. La decisione del Tribunale � stata confermata dalla Corte d'appello di Palermo con la decisione impugnata in questa sede. (1) La Corte di Cassazione ha peraltro subordinato, nel caso concreto, l'operativit� del principio espresso all'esistenza della provata circostanza che l'esecuzione dell'opera sia avvenuta in conformit� del progetto e dei piani esecutivi preordinati per l'espropriazione, e che l'uno e gli altri siano stati assoggettati all'approvazione e alle forme di pubblicit� normativamente previste. In senso conforme alla massima cfr. Cass., 23 giugno 1980, n. 3932, in Mass. Foro it. 1980 c. 186; Cass. 6 ~ugilio �1978, n. 3342 ibidem 19718, c. 637. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Ha osservato la Corte del merito che, nell'ipotesi di sacrificio e di limitazione della propriet� per il soddisfacimento dell'interesse generale alla costruzione dell'opera pubblica, deve operarsi una distinzione tra il sacrificio del diritto altrui che, come nel caso concreto, � conseguenza della diretta ed immediata finalit� dell'attivit� amministrativa (art. 40 della citata legge, per quanto interessa iJ. caso in esame) e quello dipendente dall'esecuzione di un'opera di pubblica utilit�, rapportabile nell'ambito di previsione dell'art. 46 della stessa legge. Infatti, per quanto sia unico il fondamento dell'indennit� dovuta per l'espropriazione e di quella dovuta per l'esecuzione dell'opera (in quanto scaturiscono entrambe le responsabilit� da atti legittimi), differente � la fonte dell'obbligazione, che nel primo caso ha la sua causa nell'opera pubblica e che nell'altro ha in quest'opera la semplice occasione. Ha, quindi, rilevato -la Corte palermitana -che l'espropriazione parziale imposta al Panepinto fu preordinata e concretata nell'estrinsecazione di una legittima potest� dell'Amministrazione per la costruzione dell'�tutostrada, che necessit� di progettazione, dell'approntamento di piani esecutivi e di quelle altre molteplici formalit� di approvazione e anche di pubblicit� normativamente previste e cio� di una complessa attivit� diretta al conseguimento dell'opera, quale doveva essere nelle sue esigenze tecniche funzionali; che proprio nella previsione di questo tipo di opera pubblica era compreso il rilevato o terrapieno di sostegno al manto stradale e l'indennit� di espropriazione concernente la perdita imposta al privato, liberamente concordata ed accettata, non pu� considerarsi che l'integrale indennizzo della perdita sub�ta dal privato, ristorata nella sua interezza, proprio perch� nell'occupazione parziale di un immobile l'indennizzo � commisurato alla differenza tra giusto prezzo dell'immobile stesso prima dell'occupazione e quello della parte residua dopo l'occupazione, il che importa che le perdite o le diminuzioni delle parti residue, di qualunque materiia possano essere, purch� suscettibili di valutazione economica, non possono che ritenersi soddisfatte da quel particolare tipo di determinazione dell'indennizzo. Oltre che per tali ragioni -ha aggiunto la Corte di merito -la previsione normativa dell'art. 46 non � applicabile nel caso concreto perch� l'oggetto dell'indennizzo previsto da tale norma � 1limitato ad un sacrificio intrinseco, effettivo ed attuale del bene danneggiato dall'attivit� della pubblica Amministrazione e non � suscettibile di estensione ad un pregiudizio del bene nella sua consistenza puramente potenziale o ad una valutazione correlata a sviluppi futuri e incerti della sua possibilit� di sfruttamento, quali potrebbero essere quelli di destinazione a costruzioni residenziali, e perch� nell'ordinamento giuridico non si rinviene alcuna norma a tutela della panoramicit� delle costruzioni, in quanto esula dalla previsione dell'art. 46 e di ogni altra norma in materia d'indennizzo per perdita RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 516 di utilit�, conseguente a vicinanza o contiguit� dell'opera pubblica e consistente nella perdita dell'amenit� dei luoghi. Per la cassazione di tale sentenza Vincenzo e Sebastiana Maria Panepinto hanno proposto ricorso svolgendo tre motivi illustrati con memoria. L'ANAS ha resistito con controricorso. Con il primo motivo i ricorrenti, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., denunziano la violazione degli art. 40 e 46 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, nonch� il vizio di omesso esame di punti decisivi della controversia, lamentando che -pur essendosi accertato in sede di consulenza tecnica che il fondo espropriato era rimasto danneggiato sotto il triplice profilo: a) -del frazionamento di 'esso in due parti rimaste separate dal rilevato autostradale; b) -della perdita, sub�ta dalla parte a monte, della sua naturale destinazione edilizia, in quanto ila perimetrazione del centro urbano, effettuata ai sensi della legge 6 agosto 1967 n. 765, comprendente la parte a vaMe, si era dovuta arrestare al rilevato autostradale, lasciando aJ di fuori la parte a monte; e) -della perdita della panoramicit� della parte a va1le, avente concreta destinazione edilizia -la Corte d'appello ha deciso la controversia tenendo conto unicamente della perdita della panoramicit�. Con il secondo motivo i ricorrenti, denunziando la violazione e falsa applicazione delle stesse norme ed il medesimo vizio di omesso esame, oltre a quello di insufficienza di motivazione, lamentano che la Corte d'appello, avendo omesso di prendere in esame punti decisivi della controversia, non ha potuto procedere ad una corretta applicazione delle norme citate, decidendo la causa in base ad astratti principi 1di diritto, peraltro errati, senza nessuna aderenza alla realt� dei fatti, e non tenendo in nessuno conto la riduzione di valore subita dal fondo per la presenza del rilevato autostradale. Con il terzo motivo i ricorrenti denunziano la violazione delle stesse norme nonch� il vizio d'insufficienza e contraddittoriet� di motivazione (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.) per avere -la Corte di merito -erroneamente ritenuto che la tutela dell'art. 46 deLla legge n. 2359 del 1865 � limitata a chi sfa costretto al sacrificio soltanto come conseguenza indiretta e mediata di un'attivit� Jegittima della pubblica Amministrazione con diritto ad indennizzo per quei danni e quelle diminuzioni di carattere permanente insorti per il comportamento tenuto nella esecuzione dell'opera; e per avere, poi, contraddittoriamente affermato che il danno lamentato aveva trovato ristoro nell'indennit� di espropriazione. La Corte di merito, secondo i ricorrenti, avrebbe dovuto svolgere un ragionamento articolato in relazione ai diversi tipi di danno accertato, tenendo conto del fatto che, mentre il danno derivante dalla divisione del fondo in due parti poteva ricondursi alla espropriazione, gli altri danni erano correlati alla PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 517 opera pubblica ed al suo modo d'essere quale risultato della concreta esecuzione di essa. I tre motivi del ricorso -che devono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi fra loro -sono infondati. Deve, innanzi tutto, precisarsi che i punti de~la controversia che i ricorrenti assumono non esaminati dalla Corte d'appello (danni derivanti dal frazionamento del fondo espropriato; dalla perdita della destinazione edificatoria della parte a monte del rilevato autostradale e dal pregiudizio subito dalla parte a valle nella sua concreta attitudine edificatoria) erano rimasti superati e privati del carattere della decisivit� in conseguenza dell'impostazione data dalla Corte di merito alla controversia, in base ai presupposti generali dell'applicabilit�, nel caso concreto dell'art. 40 e non dell'art. 46 della Iegge n. 2359 del 1865 e dall'assorbimento nell'indennit� di espropriazione (nel caso, concordata tra espropriante ed espropriati) di tutti i danni subiti dalla parte residua del fondo, trattandosi di espropriazione parz�ale preordinata �e concretata, nell'estrinsecazione di una legittima potest� amministrativa, per la costruzione di una autostrada, in base ad una progettazione ed a piani esecutivi compiutamente formalizzati, approvati e pubblicizzati, e cio� in base ad una complessa attivit� diretta al cons�guimento dell'opera, quale doveva essere nelle sue esigenze tecniche e funzionali, con la previsione del rilevato o terrapieno di sostegno al manto stradale. Da tali presupposti la Corte di merito ha coerentemente tratto la conclusione che l'indennit� di espropriazione non poteva non compren dere l'integrale ristoro della perdita subita dalle parti residue, di qual siasi natura fossero, da ritenersi soddisfatte dalle particolari modalit� di liquidazione dell'indennit� ai sensi dell'art. 40 della legge citata; ed ha, inoltre, considerato che l'art. 46 non poteva, comunque, trovare applica zione perch� .insuscettibile di estensione a pregiudizi del bene nella sua consistenza puramente potenziale o correlati a sviluppi futuri ed incerti della sua possibilit� di sfruttamento e perch� nessuna norma dell'ordina mento. prevede la corresponsione d'indennizzi per la perdita di utilit�, conseguente alla vic::inanza o contiguit� dell'opera pubblica, che consista nella perdita di amenit� dei luoghi. L'impostazione data alla controversia dalla Corte di merito e le con clusioni che ne �sono state tratte non meritano censura. � stato ripetutamente affermato da questa Corte il principio, secondo cui, nella determinazione dell'indennit� di espropriazione, deve tenersi conto di tutti i danni che incidano sulla parte residua del fondo parzial mente espropriato, rimasta in propriet� dei titolari di esso assoggettati al provvedimento ablatorio, sia che traggano origine dall'espropriazione, sia che derivino dalla esecuzione dell'opera o dal pubblico esercizio cui essa sia destinata (sentenza n. 777 del 1972; 1664 del 1976, 1269 e 3342 del 1978 e 3932 del 1980). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pertanto, l'assunto dei ricorrenti, secondo cui solo alcuni danni sub�ti dalla parte residua del loro fondo sarebbero riconducibili all'espropriazione, mentre altri sarebbero correlati con l'opera pubblica in s�, non ha alcun rilievo nel caso concreto, in cui la Corte di merito ha insindacabilmente accertato che l'esecuzione di essa avvenne secondo il progetto ed i piani esecutivi preordinati per J'espropriazione e che l'uno e gli altri furono assoggettati alle formalit� di approvazione e di pubblicit� normativamente previste. In particolare, nell'ambito della complessa attivit� diretta alla realizzazione dell'oper:a pubblica quale doveva essere nelle sue esigenze tecniche e funzionali al fine di soddisfare gli scopi propri della sua realizzazione, il rilevato o terrapieno di sostegno al manto stradale era compreso nella previsione dell'opera pubblica cos� come era stata progettata. Se questa � la reale situazione di fatto, � evidente come, in relazione al principio di diritto poc'anzi richiamato, i danni lamentati dai ricorrenti, indipendentemente dai limiti della previsione normativa dell'art. 46 della legge n. 2359 del 1865 e della compatibilit� dell'applicazione di tale norma con quella dell'art. 40 della stessa legge, non possono trovare la loro disciplina concreta che in quest'U!ltima norma. Ed �, del pari, evidente, per l'ipotesi che gli espropriati non abbiano considerato tali danni in sede di determinazione convenzionale dell'indennit�, l'impossibilit� di rimetterne in discussione la misura, che discende da un principio di autoresponsabilit� per la inosservanza di un onere di conoscenza che faceva loro carico per legge. Deve, in proposito, ricordarsi che il piano particolareggiato di esecuzione dell'opera viene depositato nell'ufficio comunale (art. 17 della legge citata), in modo che le parti interessate possano prenderne conoscenza (art. 18), con la conseguenza che le modalit� di esecuzione e le caratteristiche costruttive dell'opera, che venga poi realizzata in conformit� al progetto di massima e del piano particolareggiato, non possono essere legittimamente ignorati dall'espropiato in sede di accettazione dell'indennit�. Ne consegue che, a parte il danno derivante dal frazionamento del fondo (sicuramente riconducibile all'espropriazione, come i ricorrenti riconoscono), gli espropriati -ahlo stesso modo in cui non possono pretendere alcun indennizzo per le limitazioni legali ed i vincoli obiettivi derivanti alla propriet� residua, in via generale, dalla costruzione dell'opera pubblica (Cass. 26 aprile 1974, n. 1195; 6 dicembre 1975, n. 4047; 4 agosto 1977, n. 3475; 29 novembre 1977, n. 5177 e 9 dicembre 1977, n. 5332), neppure ai sensi dell'art. 46 (Cass. 14 aprile 1976 e 24 settembre 1977, n. 4063) -non possono dolersi della perdita della possibilit� di edificare che derivi da successivi strumenti urbanistici, i quali, tenendo conto della situazione territoriale cos� come determinatasi in seguito alla costruzione dell'opera pubblica, siano tuttavia effetto dell'esercizio in via generale di una attivit� PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 519 amministrativa di natura discrezionale. N� possono dolersi (neppure ai sensi dell'art. 46: Cass. 24 ottobre 1955 n. 3465) della perdita della visuale o dell'aerazione di cui godeva il fondo. Il ricorso, pertanto, dev'essere rigettato. omissis CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1981, n. 1477 -Pres. Marchetti - Rel. Corda -P. M. La Valva -I.N.P.S. (avv. Pandolfi) c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Viola). hocedimento civile -Consulenza tecnica -Conclusioni -Accoglimento da parte del giudice di appello -Dettagliata confutazione -Non � ne cessaria. Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione � Danno ultrabiennale Interessi legali. � Quantilicazione -Necessit� � Rivalutazione � Riferimento all'interesse legale. Il giudice di merito non deve in sede di motivazione confutare dettagliatamente .le critiche rivolte nei confronti delle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, qualora vi aderisca, dal momento che � sufficiente che indichi le fonti del suo convincimento, non essendovi la necessit� di una trascrizione, seppur solo per riassunto della relazione di consulenza (1). Il risarcimento del danno per occupazione ultrabiennale, nel caso venga liquidato con riferimento al criterio sussidiario costituito dagli interessi legali sulla somma rappresentativa dell'indennit� di espropriazione, deve essere quantificato tenuto conto che questi costituiscono una obbligazioni di valuta. Poich� alla somma base va aggiunto l'ammontare degli interessi compensativi pari al 5 per cento, dovuti per compensare il proprietario del mancato percepimento dei frutti del fondo, la rivalutazione del danno deve operarsi mediante il solo riferimento all'interesse legale annuo del 5 per cento sull'importo cos� ottenuto (2). (omissis) Col primo motivo di censura, il ricorrente I.N.P.S. denuncia � violazione e falsa applicazione degli articoli 39 e 40 della legge 25 giugno 1865 n. 2358, degli articoli 1223 e.e. e degli articoli 61, 62 e 113 c.p.c. �, nonch� �omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione�. Con esso si duole che i giudici di secondo grado non abbiano ritenuto fondato il motivo di appello col quale era stato lamentato che il Tribunale, per determinare in lire 7.000 al mq. il valore unitario del terreno, si era (1-2) Sulla prima massima la giurisprudenza � pacifica. Sulla seconda, da un punto di vista generale, cfr. Il Contenzioso dello Stato per gli anni 1971-1975, III, 491; Cass. 7 settembre 1979 n. 4742; Cass. 20 novembre 1979, n. 6060. 8 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO limitato a recepire il parere del consulente tecnico di ufficio (Ing. Valore) di una delle due cause (prima della loro riunione), senza confutare il parere del consulente dell'altra causa (Ing. Giacobello) che aveva indicato tale valore in lire 10.500 al mq. per i primi due lotti e in lire 10.000 al mq. per il terzo lotto. Sostiene che i giudici di appello, convalidando l'errore del Tribunale sarebbero incorsi in un vizio di motivazione, per avere, anch'essi, recepito immotivatamente le conclusioni del predetto consulente tecnico, cio� senza avere previamente esaminato e confutato le critiche che a tali conclusioni erano state mosse. Chiarisce, in proposito, che la censura proposta in questa sede �travolge con s� anche il valore attribuito alla parte residua della propriet� dell'I.N.P.S. non espropriata, e per l'effetto la liquidazione monetaria del degrado del valore ad essa derivato, atteso che la motivazione espressa in sentenza � inficiata dai medesimi vizi sopra denunciati �. Chiarisc�, inoltre, che la stessa censura travolge altres� i valori rispettivamente determinati per le varie espropriazioni in discorso a titolo di indennit� di occupazione legittima ed a titolo di risarcimento danni per il periodo di occupazione illegittima�. La censura � infondata. Per quanto attiene al valore determinato in lire 7.000 al mq. � decisiva l'osservazione che i giudici di merito non hanno fatto altro che adeguarsi al parere espresso dal consulente tecnico di ufficio, per cui non occorreva, in proposito, alcuna specifica motivazione. �, infatti, ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che il giudice di merito, quando accoglie e fa proprie le conclusioni della consulenza tecnica di ufficio, non �. tenuto ad esporre le ragioni in base alle quali ritiene di doversi uniformare al parere del consulente, e pu� adempiere il dovere di dimostrare di aver tenuto conto delle critiche mosse alla consulenza stessa anche senza una dettagliata confutazione, poich� l'obbligo della motivazione � soddisfatto quando il giudice indichi le fonti del suo convincimento, sicch� le contrarie deduzioni, se non confutate esplicitamente, restano disattese per implicito (v. sent. 18 luglio 1979, n. 4239). Una specifica motivazione, se mai, sarebbe occorsa nel caso che i detti giudici si fossero discostati dal detto parere. Infatti, se � logico ritenere, da un lato, che rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito il discostarsi dai rilievi tecnici e dalle conclusioni del consulente di ufficio, non pu� ritenersi, dall'altro, che il medesimo giudice debba formulare, in maniera congrua ed adeguata, le ragioni di sostanza che sorreggono il suo dissenso, dimostrando, comunque, in termini sufficientemente convincent�i, di aver tenuto nel debito conto, nel suo contrario apprezzamento, degli accertamenti, delle valutazioni tecniche e degli argomenti addotti dal perito di ufficio a sostegno del suo opposto parere (v. sent. 12 novembre 1979, n. 5865). Ed � stato chiaro il motivo di tale diverso atteggiamento del giudice, perch� nel primo caso (adesi~ne al parere del I I I; PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE consulente) la motivazione che sorregge la conclusione � gi� contenuta nella relazione di consulenza e la sua eventuale trascrizione, anche solo per riassunto, si ridurrebbe a un inutile esercizio di ricopiatura; nel secondo, invece, dovendosi contrastare quella motivazione, � indispensabile che le ragioni di contrasto vengano specificamente indicate, poich� le stesse non potrebbero essere altrimenti conosciute dalle parti. Nella specie, quindi, trattandosi di un caso in cui il giudice ha prestato piena adesione alle conclusioni del consulente, non occorreva, in proposito, alcuna motivazione. E se � pur vero quanto asserisce il ricorrente, che agli atti del giudizio di primo grado erano allegate due relazioni di consulenza, fra loro divergenti circa l'indicazione del valore unitario del terreno, non � men vero che, sul punto, il giudizio critico del giudice di merito vi � stato, allorquando la Corte di Appello ha affermato che doveva presentarsi maggior credito al consulente che aveva indicato il valore pi� basso (lire 7.000 al mq.), poich� i dati assunti dall'altro, poi fatti propri dall'appellante I.N.P.S., erano relativi �ad aree di maggior pregio �. Col secondo motivo, il ricorrente I.N.P.S. denuncia � violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 1226, 2043, 2056 c. c. e omessa motivazione �. Con esso lamenta che le somme �determinate dalla Corte di Appello di Messina come spettanti a favore dell'I.N.P.S. per i vari titoli considerati (valori dei fondi espropriati, degrado di valore della parte residua, indennit� di legittima occupazione, risarcimento danni per occupazione illegittima)� non siano state rivalutate �alla data della decisione�. La censura non ha fondamento. L'obbligo di pagamento delle indennit� di occupazione biennale e di espropriazione d� luogo a un � debito di valuta � (Sez. Un. 11 ottobre 1979 n. 5275), per cui non � possibile quella �rivalutazione� che il ricorrente, con l'ermetica censura sopra riportata, sembra pretendere. La liquidazione delle due predette indennit�, va, perci�, fatta con riferimento al valore che aveva la moneta al momento dell'occupazione e dell'espropriazione: il ritardo nel pagamento �, quindi, compensato con gli interessi legali che in concreto sono stati attribuiti, n� alcun risarcimento doveva essere attribuito per il �maggior danno� derivante dal ritardo (art. 1224 c. c.), poich� nessuna specifica domanda era stata in tal senso formulata. Per quanto, poi, attiene al risarcimento del danno per l'occupazione ultrabiennale, in relazione al quale l'invocata rivalutazione deve essere operata, va osservato che, in concreto, la detta rivalutazione non era possibile se non mediante l'attribuzione dell'interesse legale. Il quantum del danno risarcibile, infatti, era stato liquidato col criterio sussidiario dell'interesse legale sulla somma rappresentativa della indennit� di espropriazione (pari al valore venale del bene espropriato); e, pertanto, se la somma � capitale � non � rivalutabile (perch� si tratta, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO appunto, di un �debito di valuta�) e il saggio dell'interesse annuo � sempre quello del 5 per cento, la somma rappresentativa del danno ri sarcibile � sempre uguale, in qualunque momento venga effettuata. Ma poich� la rivalutazione deve, in ogni caso, essere effettuata, non � possibile procedervi se non mediante l'attribuzione dell'interesse � compensativo � sulla somma rappresentativa del danno per ciascun anno (o frazione di esso) del periodo dell'occupazione illegittima. Ossia, per ciascun anno deve essere corrisposta una somma pari al 5 per cento del valore venale del fondo espropriato (per compensare il proprietario del mancato percepimento dei frutti del fondo); la rivalutazione, quindi, si ottiene attribuendo ancora, sulla somma come sopra ottenuta, l'interesse legale annuo del 5 per cento. Ora, per�, poich� nel caso concreto tale interesse compensativo � gi� stato attribuito, la censura in esame si appalesa come del tutto priva di concreto interesse (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� aprile 1981, n. 1852 . Pres. Vigorita Est. Lipari � P. M. Antoci -Ingoglia (avv. Rocoella) c. Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Caramazza). Espropriazione .per pubblica utilit� -Indennit� -Attribuzione della giusta !indennit� in seguito alla opposizione alla stima � Automatica -rivalutazione durante la mora -Inapplicabilit� -Prova del maggior danno rispetto agli interessi previsti dall'art. 1224 e.e. -Ammissibilit�. L'indennit� di espropriazione costituisce un debito di valuta verso l'espropriato e in quanto tale si applica il principio nominalistico, che non consente la sua automatica rivalutazione economica anche durante la mora nella quale sia incorso il debitore. L'espropriato, che abbia percepito la giusta indennit� in seguito alla opposizione alla stima, ha solo diritto agli interessi legali sulla somma maggiore fissata dal giudice rispetto a quella indicata nel decreto d'espropriazione, salvo il risarcimento del maggior danno a norma dell'art. 1224, 2� comma c. c. (1). --(1) L'evoluzione giurisprudenziale in tema di incidenza della svalutazione monetaria (sulla indennit� di esproprio) intervenuta nel periodo di mora debendi. Questa sentenza, pur ribadendo la natura di credito di valuta dell'indennit� di esproprio e della inammissibilit� della valutazione automatica, affronta una problematica la cui definitiva elaborazione dogmatica ancora non pu� dirsi completamente compiuta. Essa conferma il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza del 4 luglio 1979 n. 3776 (in questa Rassegna 1979, I, 286) la quale ha mediato due indirizzi giur0isprudenzia1i, risolvendone .i'J reLativo contraisto, in materia di nisarcimento del danno derivante al creditore per effetto della -�svalutazione monetari.a intervenuta nel periodo di mora debendi. Il primo orientamento giurisprudenziale sul punto dovette inizialmente risolvere un problema di carattere concettuale circa la compatibilit� del confe ~i ;:: !:: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 523 (omissis) 1. A seguito di giudizio di opposizione alla stima in procc:> dimento di espropriazione per pubblica utilit�, conclusosi con la determinazione di un'indennit� di L. 1.200 al mq. e con il diniego dei maggiori danni da svalutazione monetaria ex art. 1224 comma 2� c. c., l'espropriato si duole che sia stata respinta la relativa richiesta. Con il primo mezzo, denunciando la violazione degli artt. 1223 e 1224 c. c. si censura la sentenza per avere ritenuto che l'espropriata avesse chiesto il risarcimento del mancato guadagno, laddove essa si era limitata a domandare il ristoro della perdita subita per effetto della diminuzione del potere di acquisto della moneta e si invoca la sentenza n. 5670 del 1978 la quale, radicalmente innovando il precedente orientamento giurisprudenziale, ha stabilito che, in tema di obbligazioni pecuniarie, tra i maggiori danni che possono spettare al creditore in aggiunta agli interessi legali, ai sensi dell'art. 1224 comma 2� c. c., vanno compresi quelli dipendenti dalla svalutazione monetaria verificatasi durante la mora del debitore, sicch� il creditore che si limiti a richiedere il risarcimento della perdita subita per effetto della diminuzione del potere di acquisto della moneta, ben pu� dedurre ed utilizzare a suo favore il solo fatto notorio della svalutazione, senza necessit� di fornire la prova di avere concretamente predisposto il reimpiego della somma dovutagli, prova che invece deve essere offerta nel caso in cui venga richiesto il risarcimento del mancato guadagno. 2. Il ricorso � stato proposto quando ancora sul tema non si erano pronunciate le Sezioni Unite della Cassazione; e quindi l'assunto del ricorrente, secondo cui la perdita doveva essere risanata automaticamente, e contro la quale la difesa dello Stato svolge osservazioni particolarmente pregevoli, trova insormontabile confutazione nella presa di posizione delle S. U. alla quale il Collegio ritiene di uniformarsi. Le S.U., con sentenza 4 luglio 1979 n. 3776, hanno ribadito che le obbligazioni pecuniarie, le quali danno luogo al c.d. debito di valuta sono rimento al creditore insoddisfatto sia degli interessi moratori che del risarcimento del danno derivante dalla svalutazione monetaria. La giustificazione teorica di tale ammissibilit� fu fornita dalla riflessione per la quale ben pu� considerarsi presupposto di una obbligazione risarcitoria la violazione di una regola di condotta costituita dal pagamento dovuto allorquando dall'omissione di questo si verifica un effettivo depauperamento del patrimonio del creditore, legato dal rapporto causale con la svalutazione monetaria. Una volta per� ammessa in linea teorica questa possibilit�, la giurispru denza assolutamente prevalente (v. per tutte Cass. 2 gennaio 1951 n. 47; Cass. 16 gennaio 1953 n. 1; Cass. 19 ottobre 1955 n. 3307; Cass. 18 maggio 1963 n. 1288; Cass. 9 febbraio 1965 n. 214; Cass. 25 gennaio 1971 n. 156; Cass. 9 aprile 1975 n. 1309; Cass. 21 luglio 1975 n. 2885; Cass. 26 maggio 1976 n. 1906) negava che per effetto della sola svalutazione sorgesse l'obbligazione risarcitoria e, sebbene da parte della dottrina (v. per tutti MOSCO, Gli effetti giuridici della svaluta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 524 soggette al principio nominalistico, espresso dall'art. 1277 c. c., e manten,. gono tale soggezione anche dopo la scadenza; conseguentemente la prestazione si estingue, pur dopo che il debitore sia caduto in mora, con il pagamento della quantit� di moneta cui essa � commisurata, non rilevando che la moneta stessa, durante la mora abbia perduto parte del suo potere di acquisto per -effetto della svalutazione la quale di per s� non costituisce danno giuridico, ma integra una situazione suscettibile di aggravare il pregiudizio derivante al creditore dell'inadempimento. Ne consegue che la svalutazione monetaria verificatasi durante la mora del debitore non giustifica, in quanto tale, alcun risarcimento automatico (sotto il profilo del danno emergente), attuabile mediante rivalutazione della somma dovuta, ma pu� essere causa di danni maggiori di quelli coperti con l'attribuzione degli interessi legali. A tale fine il creditore (che domanda oltre a tali interessi anche i maggiori danni derivanti dalla mora) ha l'onere di allegar'e e dimostrare, volendosi senza alcuna limitazione di ogni possibile mezzo di prova, il pregiudizio patrimoniale risentito; ed il giudice pu�, in mancanza di altre specifiche prove utilizzare, oltre il notorio acquisto alla comune esperienza (destinazione del denaro all'acquisto di beni o servizi, impiego di esso in maniera coerente con le qualit� professionali, con i bisogni che le personali possibilit� finanziarie consentono di soddisfare, con le abitudini derivanti dalla mentalit� e dall'ambiente di vita) presunzioni su condizioni e qualit� personali del creditore e sulle modalit� di impiego del denaro coerenti, secondo i criteri della normalit� e della possibilit�, con tali elementi, per desumere dal complesso di questi dati integrati, ove occorra, con criteri equitativi, quali maggiori utilit� nei singoli casi la somma tempestivamente pagata avrebbe potuto procurare al creditore, rimanendo fermo per quest'ultimo l'onere di dimostrare in maniera pi� specifica l'eventuale danno emergente derivante dal fatto di avere dovuto procurarsi la somma non pa zione monetaria, Milano 1948, p. 95; NICOLO', Gli effetti della svalutazione della moneta nei rapporti di obbligazione, in Foro it., 1964 IV, p. 45 e ss) fu tentata una certa elaborazione nel campo del diritto sostanziale, secondo cui il principio nominalistico nella specie non trovava applicazione, tale indirizzo � stato costante nel tempo. Consapevole che la soluzione di ogni problema doveva essere ricercata nel campo non della natura dell'obbligazione ma in quello de11a prova, la giurispru denza richiese allora per il riconoscimento del maggior danno che il creditore dimostrasse concretamente di avere predisposto una vantaggiosa operazione economica che la mo1:1a del debitore e la concomitante svalutazione in atto avevano impedito nel suo felice esito. Si � altres� ritenuta non sufficiente, per la dimostrazione del danno, la prova dell'attivit� commerciale o industriale del creditore (Cass.. 23 luglio 1969, n. 2772) ed inoltre che in questo campo non hanno valore alcuno tutte v. Cass. 17 marzo 1978, n. 1352). le presunzioni (per i Ii l l I 1 : i PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 525 gatagli a condizioni svantaggiose, o mediante alienazione di beni reali, od il danno allegato con riferimento ad investimenti particolari specificamente programmati e resi impossibili dall'inadempimento del debitore. Per la dimostrazione dell'enunciato criterio giuridico sembra sufficiente richiamare la motivazione della citata sentenza delle S.U. la quale ha avuto cura di confutare persuasivamente la tesi giuridica sostenuta dalla III Sezione con la sentenza n. 5670 (che il ricorso si limita a riecheggia!' e senza alcuno specifico apporto argomentativo). Si � osservato al riguardo che la tesi della rivalutazione finiva con l'assimilare il danno extracontrattuale a quello contrattuale, considerando la prestazione dovuta dal debitore moroso come oggetto di una obbligazione di natura risarcitoria, senza avvertire che se cos� fosse, la disposizione dell'art. 1224 e.e. rischierebbe di apparire quanto meno superflua riguardo alla risarcibilit� del danno emergente. Alla stregua della tesi suddetta, verrebbe ad 'essere obliterato lo stesso principio nominalistico, riservandosi in ogni caso sul debitore, sia pure moroso, in via generale ed automatica, l'effetto della svalutazione, la quale si presenta come un'alea connaturale al tipo stesso della obbligazione pecuniaria, operando la risarcibilit� solo rispetto al pregiudizio di cui la svalutazione sia stata causa. Il generalizzato automatismo rivalutativo non si giustifica perch� se riferito all'obbliga:done principale viene a moltiplicare l'oggetto dell'obbligazione in violazione del principio nominalistico, e se riferito all'obbligazione di risarcimento postula, contro la realt�, un maggior danno emergente identico per tutti i possibili creditori. 3. -� noto che l'indennit� di espropriazione, da liquidarsi sulla base del giusto prezzo del bene al momento dell'espropriazione medesima che Quest'indirizzo in sostanza teorizzava che la svalutazione monetaria giuri dicamente non costituisce un fatto dannoso in re ipsa, ma non per questo fu ritenuto completamente soddisfacente per la difficolt� della prova al cui onere si sottoponeva il creditore. Resa oggetto di serrata crWca soprattutto dalla giurisprudenza dei giudici di merito, la soluzione adottata era costantemente ribadita dalla Corte di Cas sazione, con tanta frequenza che poteva ormai essere ritenuta ius receptum. Ma la pressione continua esercitata dalle corti di merito e soprattutto la necessit� di conferire una rilevanza giuridica al fenomeno svalutativo, che ormai aveva reso opposti i principi delle leggi economiche a quelli delle leggi civili, portarono ad un improvviso mutamento della giurisprudenza della Cassazione in tema di obbligazioni pecuniarie. Con la sentenza della III Sez. della Corte di Cassazione del 30 novembre 1978, n. 5670, si � affermato che, anche quando il creditore non riesce a provare il maggior danno ma si limita a chiedere il risarcimento di quello subito per effetto della svalutazione, a questi spetti ugualmente la somma corrispondente al deprezzamento di quanto dovutogli, poich� la svalutazione tecnicamente RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 526 si realizza con l'emanazione del decreto (alla stregua del princ1p10 della legge fondamentale del 1865, che � quella applicata nel caso in esame) configura un debito di valuta dell'espropriante verso l'espropriato, e come tale non � suscettibile di rivalutazione monetaria (automatica); il ritardo subito dall'espropriato, che abbia fatto opposizione alla stima, nel percepire la giusta indennit� trova compenso solo nel diritto degli interessi sulla maggiore somma fissata dal giudice rispetto a quella indicata nel decreto espropriato (Cass. 3482/77), salvo il risarcimento dell'ulteriore danno a norma dell'art. 1224 c. c. (Cass. 2733/78) e qui si innesta neMa sua limitata portata innovativa, la sentenza delle S.U. (rispetto alla dizione precedentemente ricorrente che richiedeva la dimostrazione del particolare pregiudizio dell'espropriato-creditore, consistente nel non aver potuto tempestivamente impiegare le somme dovute in modo da sottrarle agli effetti della svalutazione monetaria, ovvero per essersi dovuto privare di beni che, se conservati sarebbero� sfuggiti alla svalutazione medesima: cfr. in tal senso Cass. 2733/78 cit.). Nel corso della discussione orale la difesa dello Stato ha so~tenuto che, nella ipotesi di specie, la richiesta di maggiori danni restava preclu sa dal fatto che l'amministrazione espropriante non pu� dirsi iil mora ove si sia comportata uniformemente alle prescrizioni di legge, deposi tando la somma determinata dai periti (e non essendo nemmeno ipotiz zabile il deposito di una somma maggiore) ed ha chiesto la correzione della motivazione in tal senso. La tesi non pu� essere condivisa; la perizia si inquadra nel procedi mento amministrativo di espropriazione le cui conclusioni stanno necessa costituisce un fatto notorio che ha la capacit� di determinare sempre la dimi nuzione del potere d'acquisto della moneta. La sentenza, in tal modo, rompendo i legami con la precedente tradizione giurisprudenziale, ha consentito che molteplici conseguenze siano state tratte nel campo processuale. Si teorizz� la automatici~� della rivalutazione dei crediti di denaro in caso di inadempimento, consentendo che il richiamo all'art. 115 c.p.c. fosse addirit tura superato, con la conseguenza che alcuni giudici di merito ritenevano appli cabile d'ufficio la rivalutazione, anche in mancanza di esplicita richiesta. Inoltre, secondo questa corrente (che gi� ebbe un precedente: v. Cass. 13 novembre .1970, n. 2408), era possibile chiedere la rivalutazione per la prima volta in grado di appello, e perfino in sede di giudizio di rinvio. A favore della soluzione proposta dalla sentenza della III Sezione indubbiamente poteva essere addotta la discriminazione che, in caso contrario, mediante l'ausilio delle presunzioni, sarebbe stata attuata tra gli appartenenti alle categorie a reddito fisso da quelle degli imprenditori e commercianti in genere, a tutto detrimento dei primi. Portata la soluzione del contrasto giurisprudenziale all'attenzione delle Sezioni Unite, queste con la citata sentenza del 4 luglio 1979, n. 3776, della quale PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 527 riamente a carico dell'amministrazione espropriante che ne assume la responsabilit� per non essere stato calcolato esattamente sul piano determinativo il valore in comune commercio del bene costringendo l'espropriato al giudizio di opposizione, con divaricazione temporale fra il momento di conseguimento della giusta indennit� e quello del deposito della insufficiente indennit� calcolata dai periti di cui l'espropriante � responsabile, donde il diritto dell'espropriato di percepire gli interessi legali sulla differenza foa somma depositata e somma risultante all'esito del giudizio di opposizione alla stima, salvo il risar�imento di maggiori danni, giusto l'orientamento giurisprudenziale che si � appena ricordato. � quindi alla stregua della limitata portata innovativa della decisione delle S.U. (e non di quella della III Sezione, su cui esclusivamente si basa il ricorrente) che occorre procedere all'esame delle censure. Orbene anche se fosse vero che l'espropriata si limit� a richiedere il risarcimento della perdita subita per effetto della svalutazione, resta escluso che al risarcimento stesso si possa provvedere mediante automatica rivalutazione, e quindi il primo mezzo del ricorso deve essere senz'altro rigettato. Ma sorte migliore non spetta al secondo mezw con il quaile, sempre denunciando la violazione degli artt. 1223 e 1224 e.e., nonch� il vizio della motivazione, si sostiene che a torto la Corte del merito abbia escluso che fosse stata raggiunta la prova del reimpiego dell'indennit� di espropriazione tempestivamente corrisposta nell'acquisto di due appartamenti. Al riguardo la sentenza ha motivatamente disatteso l'assunto della espropriata osservando che le trattative si erano svolte secondo la stessa deduzione della deducente parecchi mesi prima della emanazione del decreto, sicch� doveva escludersi che l'acquisto fosse stato predisposto per quella annotata conferma il contenuto, hanno affermato che non comporta la svalutazione monetaria sempre l'automatica reintegrazione economica del credito ormai svilito, ma deve farsi sempre riferimento, caso per caso, all'effettivo pregiudizio patrimoniale del creditore !in relazione all'impiego che egli avrebbe presumibilmente operato per garantirsi dal fenomeno inflattivo. Il parziale ritorno al passato posto in essere con l'ultima citata sentenza ha preso luogo dalla considerazione che l'obbligazione pecuniaria costituisce una obbligazione di valuta soggetta al principio nominalistico� di cui all'art. 1277 e.e., restando tale anche dopo la sua scadenza, non trasformandosi in obblig. azione di valore. Si � riaffermato che la somma attribuita a titolo di risarcimento del danno al creditore non � attribuita quale commisurazione del danno originario, vale a dire del valore intrinseco della mancata prestazione (per questo orientamento, v. Cass. 24 marzo 1971 n. lH9), ma rientra nella previsione del maggior danno previsto dal 2� comma dell'art. 1224 e.e. Tuttavia, la sentenza delle Sezioni Unite ha confermato la validit� di quell'indirizzo secondo cui ai fini probatori � utilizzabile qualsiasi mezzo, ivi ricom 528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il reimpiego della indennit� di una espropriazione non ancora intervenuta, essendo ipotizzabile un mancato guadagno come �effetto della mancata disponibilit� delle somme. Conseguentemente i giudici hanno escluso la rilevanza, ai fini del decidere, della prova 'articolata dall'espropriato la quale si duole che nella motivazione all'uopo svolta non sia stato preso in espressa considerazione ii contenuto di un capitolo nel quale si articolava la circostanza che il prezzo dovuto per il progettato acquisto avrebbe dovuto essere pagato, mediante utilizzazione della indennit� di esproprio, entro il 31 dicembre 1972. La censura manifestamente impinge nel merito della operata valutazione e non tocca una circostanza decisiva, essendo chiaro, nella logica della argomentazione svolta per negare rilevanza alla prova, che i fatti dedotti erano apparsi inidonei ai giudici palermitani per il fondamentale rilievo che quando le trattative si svolsero il debito della P.A. non era n� liquido n� esigibile, sussistendo una mera aspettativa di indennizzo, sicch� la dilazione di parte del pagamento ad ,epoca successiva ,ano scadere della data di occupazione legittima non toccava il giudizio implicitamente (ma sicuramente) espresso nel senso della mancanza del nesso di causalit� fra l'interruzione delle trattative e la ritardata corresponsione dell'indennit�; e l'insussistenza di un nesso siffatto � addirittura paradigmatica posto che tale interruzione si sarebbe avuta ben sette mesi prima della scadenza del biennio di occupazione legittima. A chiusura del discorso deve quindi confermarsi in linea di diritto che in ordine alla dimostrazione del reimpiego non vi sono stati apporti innovativi nella giurisprudenza del S.C. e concludersi, in linea di fatto, che la motivazione in senso negativo espressa dai giudici di merito non appare suscettibile di riesame in questa sede. preso il fatto notorio determinato dalla comune esperienza, di per s� non sufficiente, e le presunzioni desumibili dalle qualit� personali del creditore, ed in particolare dalla sua attivit� lavorativa. L'orientamento, confermato dalla sentenza ora annotata, in sostanza de manda ai giudici di merito il compito di valutare la rilevanza delle qualit� personali del creditore ai fini della prova del maggior danno da svalutazione monetari.a: la sua posizione mediana tra le due soluzioni precedentemente pro poste � ictu oculi rilevabile, dal momento che essa da un lato riafferma che la svalutazione non � giuridicamente rilevante in modo automatico, riportandosi alla pluriennale tradizione giurisprudenziale sul punto, dall'altra accoglie le istanze sempre pi� frequentemente presenti nel dibattito giuridico per un allargamento delle ipotesi dn cui possa riconoscersi al creditore la rivaluta zione del proprio credito svilito. LUIGI MARUOTTI PARIB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA. CIVILE 529 CORTE DI CASSAZIONE, III sez. civ., 2 aprile 1981, n. 1868 -Pres. Pedroni -Rel. Cruciani -P. M. La Valva -Azienda Autonoma F.S. (avv. Stato De Francisoi) c. Piccolo (avv. Cardillo e avv. Trimarchi). Pubblica amministramone -Ferrovie dello Stato -Trasporto di cose Traffico straordinario -Documentazione amministrativa -Contestazione della parte -Onere dell'Amministrazione di comprovare il contenuto della documentazione -Sussiste. Responsabilit� civile -Trasporto di cose sulle FF.SS. -Dolo o colpa grave della Amministrazione -Limite legale alla quantificazione del danno Natura risarcitoria del debito. L'efficacia probatoria della documentazione amministrativa, prevista nell'art. 40 delle Condizioni e tariffe per i trasporti di cose, trova un preciso limite nella contestazione della parte, dovendo in tale eventualit� le Ferrovie dello Stato fornire la prova dei fatti contestati (1). Il risarcimento del danno nei casi di dolo o colpa grave delle Ferrovie dello Stato, ai sensi dell'art. 60 delle Condizioni e Tariffe per il trasporto di cose sulle Ferrovie dello Stato, � debito di valore, la cui natura non viene trasformata dalla esistenza di un limite, fissato dalla legge, alla misura del risarcimento; ed .eguale natura ha l'indennit� prevista dagli artt. 56, 57, 59 delle Condizioni e Tariffe (2). Con il primo motivo del ricorso l'Amministrazione ferroviaria -premesso che nella sentemia di rinvio 'era stato affermato il principio di diritto per il quale, agli effetti dei termini supplementari di resa di cui all'art. 40 par. 2 delle Condizioni e Tariffe per i trasporti di cose sulle FF.SS., la prova del traffico straordinario risultante sulla lettera di vettura pu� essere vinta mediante mezzi probatori idonei a dimostrare la erroneit� o falsit� dell'annotazione stessa -si duole che la Corte di Catania abbia disatteso il principio enunciato, affermando che -una volta contestata dal Piccolo l'annotazione -le FF.SS. non avevano dato prova del fatto causativo del ritardo per l'avvenuta eliminazione dagli archivi dei registri relativi al trasporto in oggetto. La censura non ha fondamento. La Corte di Catania si � attenuta correttamente al princ1p10 enunciato, per il quale l'efficacia probatoria della documentazione amministrativa trova un preciso limite nella contestazione della parte, in conseguenza della quale nasce l'onere alle FF.SS. di fornire la prova del traffico straordinario nella sua esistenza e ,entit�. (1-2) Sulla prima massima non risultano precedenti; sulla seconda cfr. Cass. 5 agosto 1964, n. 2229. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Pertanto -dal momento che l'annotazione sulla lettera di vettura non era di per s� sufficiente a determinare la modificazione del termine di resa, -dovevano le FF.SS. dare la prova dell'esistenza del fatto che modificava il termine per l'adempimento dell'obbligazione, secondo l'affermazione esplicitamente contenuta nella sentenza di rinvio. L'eliminazione dei registri del trasporto avvenuta legittimamente, ma in epoca posteriore alla instaurazione della vertenza -importa la logica conclusione -alla quale � pervenuta la Corte di merito nell'esercizio insindacabile dell'apprezzamento del materiale probatorio -che la prova cui era tenuta l'Amministrazione risultava nella specie carente. Sul punto ed in linea di fatto la Corte di merito non ha mancato di eseguire una puntuale indagine, in osservanza del principio affermato dalla sentenza di rinvio, per il quale �quando la veridicit� della annotazione viene contestata dall'altra parte, il giudice di merito, per fondare su di essa la propria decisione, deve accuratamente vagliare ogni circostanza di persone, di tempo e di luogo ed indicare in modo specifico i motivi che razionalmente giustificano la deduzione che ne trae in ordine al punto di fatto controverso�. Con il secondo motivo del ricorso l'Amministrazione ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1277 b.c., 48 par. I e 50 Condizioni e, Tariffe per i trasporti sulle F.S., nonch� omessa e insufficiente motivazione sul punto decisivo della controversia relativo alla rivalutazione della somma liquidata al Piccolo. Assume la ricorrente che la Corte di Catania avrebbe errato nel qualificare come debito di valore quello che l'art. 48 delle Condizioni, in relazione all'art. 50, configura come semplice indennizzo, ragguagliato alla somma dichiarata e comunque determinata entro precisi limiti. Anche questa censura � infondata. Gi� questa Suprema Corte (Cass. 5 agosto 1964, n. 2229) ha ritenuto che il risarcimento del danno -nei casi di dolo o colpa grave dell'Amministrazione ai sensi de1l'art. 60 delJe Condizioni e Tariffe -ha natura di debito di valore. N� pu� valere a trasformare in debito di valuta il debito di valore l'esistenza di un limite alla misura del risarcimento, fissato dalla legge, giacch� la semplice esistenza di un limite nelle obbligazioni a carattere risarcitorio non vale a snaturarle ed a trasformarle in semplici obbligazioni di valuta. Non diversa natura assume l'indennit� prevista dagli artt. 56, 57, 59 che pongono solo un limite massimo alla misura delle indennit�, ma esplicitamente prevedono la corrispondenza del valore ordinario delle cose, rapportato alla qualit�, specie e luogo e tempo dell'accettazione del trasporto. � evidente la funzione ripristinatoria della somma che viene liquidata per il risarcimento e stabilita in relazione al valore della cosa ed alla sua PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 531 utilizzabilit�," pur con un limite massimo, che non altera la natura della funzione, ma limita soltanto la quantit�. La somma re1ativa non costituisce, quindi -come assume l'Amministrazione -un indennizzo non valutabile -ma � rapportata alla apprezzabilit� della merce che ha natura quindi di un effettivo risarcimento del danno, rientrando nella classificazione dei debiti di valore. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 aprile 1981, n. 2007 -Pres. Marchetti Est. Caturani -P. M. Minetti -Comune di Palermo (avv. Di Stefano) Lupo (avv. Gallari) Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Viola) � altri. Espropriazione per pubblica utilit� . Sostituzione dello Stato al Comune � Indennit� di esproprio � Obbligazione dello Stato -Sussiste � Fat� tispecie. � Nei casi, in cui un ente pubblico curi l'esecuzione di un'opera pubblica di pertinenza di altro ente pubblico, la titolarit� del rapporto giuridico attinente alla espropriazione delle aree nei confronti dei terzi va determinata in base alla qualit� e quantit� dei poteri che siano conferiti al primo dalla legge o dall'atto amministrativo che danno luogo all'insorgere della particolare situazione. Dall'applicazione di tale principio pu� derivare una deroga alla regola secondo cui � parte del rapporto di espropriazione l'ente a favore del quale l'espropriazione � disposta (1). (omissis) Con l'unico motivo del ricorso principale -cui aderiscono Giuseppina e Agata Carcione con il primo motivo del ricorso incidentale -il comllil!e di Palermo denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 58 del D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261 in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. ed assume che erroneamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto il comune ric�rrente parte nei rapporti sostanziali dipendenti dalla espropriazione di cui si contende perch� parte in senso sostanziale era stata l'Amministrazione dei Lavori Pubblici che precedette in concreto alla �espropriazione, sostituendosi al comune e provvide in proprio al deposito della indennit�. La censura � fondata. Questa Corte ha gi� statuito il principio secondo cui qualora l'Ammi� nistrazione dei Lavori Pubblici, in relazione alla impossibilit� tecnicofinanziaria dei comuni di provvedere direttamente alla esecuzione dei (1) Cfr. conf. Cass., 13 giugno 1972, n. 1845; Cass. 12 febbraio 1971 n. 361; Oass. 13 luglio 1968, n. 2496, e Oass., 31 gennaio 1968 n. 311 in Giur. ital. 1968, I, p. 803 con interessante nota di BASSI, Brevi rifiessioni in tema di concorso di pi� enti pubblici alla esecuzione di una stessa opera pubblica. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO piani di ricostruzione di cui al D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, assuma su di s� l'attuazione delle relative opere, avvalendosi della facolt� prevista dall'art. 58 del citato decreto, si verifica una ipotesi di sostituzione che pone l'Amministmzione medesima nella posizione di parte nei confronti di terzi per i rapporti inerenti alle occupazioni ed espropriazioni preordinate al fine della realizzazione di quelle opere (salvo che non risulti il contrario dalle concrete modalit� con le quali il singolo rapporto venga posto in essere). In tale ipotesi, pertanto, l'Amministrazione dei Lavori Pubblici deve ritenersi passiviamente legittimata in ordine alla domanda proposta dal proprietario di un fondo occupato, per il risarcimento dei danni conseguenti all'illegittimo protrarsi dell'occupazione stessa, cos� come nei confronti della domanda di opposizione avverso la determinazione dell'indennit� espropriativa, nella quale detta originaria pretesa si sia automaticamente convertita per effetto del sopravvenuto decreto di espropriazione (sent. 10 marzo 1978, n. 1208). In tal caso, il problema della identificazione del soggetto che assume la posizione di parte nei rapporti con i terzi interessati alle relative attivit� deve essere risolto in base alla quantit� e qualit� dei poteri che a ciascuno degli enti pubblici sono conferiti dalla legge o dall'atto amministrativo che determina la concorrenza � delle attivit�. Pertanto, poich� nella ipotesi prevista dagli artt. 58 e 59 del D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261 e 15 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402 (nei piani di ricostruzione degli abitati distrutti dalla guerra) l'Amministrazione dei Lavori Pubblici ha la facolt� e non l'obbligo di sostituirsi al comune nella promozione dei procedimenti di esproprio, la legittimazione attiva e passiva nei confronti dei terzi espropriati va determinata accertando quale dei due enti abbia assunto in concreto l'iniziativa del procedimento, onde. ove risulti che tale iniziativa sia stata assunta dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici, deve ritenersi che il pagamento delle maggiori somme spettanti a titolo di indennit� espropriativa deve essere richiesto a quest� amministrazione (sent. 12 febbraio 1971, n. 361; 13 luglio 1968, n. 2496; 31 gennaio 1968, n. 313). Si � altres� precisato che soltanto nelle ipotesi del mero finanziamento o del semplice affidamento della esecuzione di certe opere, fente finanziante o affidatario resta estraneo al procedimento espropriativo (sent. 29 ottobre 1971, n. 3051; 13 giugno 1972, n. 1845). Orbene, nel caso che si esamina, la sentenza impugnata ha dato atto che: a) il Comune di Palermo richiese all'Amministrazione dei Lavori Pubblici di intervenire per l'attuazione del piano di ricostruzione della citt�; b) lo Stato assunse l'onere finanziario delle opere pubbliche, salvo rivalsa nei confronti del comune; e) il Provveditorato alle opere pubbliche nella esecuzione delle opere assunte, si serv� dell'intervento dell'ufficio tecnico comunale, il quale nel 1949 si immise in possesso dell'area da espropriare per delega del predetto Provveditorato; d) il decreto di espropriazione in data 26 ottobre 1962 fu emanato in favore del Comune di Pa PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE lermo, mentre l'Amministrazione dello Stato assunse l'obbligo di provvedere al deposito dell'indennit� di espropriazione. Sulla base di tali rilievi la Corte di Appello � pervenuta alla conclusione che, pur essendovi stato nella specie ed in maniera 11ilevante il concorso dello Stato nella realizzazione dell'opera pubblica, ci� non costituiva elemento sufficiente a far assumere al medesimo la posizione di parte nel rapporto espropriativo in luogo del comune, nonostante che l'Amministrazione dei Lavori Pubblici si fosse assunto l'onere di provvedere alla materiale esecuzione della opera, compresa l'attivit� inerente alle espropriazioni, � poich� quelle attivit� pi� che espletate nell'interesse del comune ma in nome dello Stato, sembrano essere state compiute in nome e per conto del comune stesso che l'opera richiese �. Sennonch�, motivando in tal modo, la Corte di Palermo non soltanto non ha tenuto conto dei diversi principi gi� affermati in materia da questa Corte, ma dando esclusiva rilevanza al fatto che il comune di Palermo come � evidente trattandosi di attivit� sostitutiva prevista dalla legge fu il destinatario del bene espropriato che entr� a far parte del suo demanio stradale, non ha considerato come dagli stessi accertamenti di fatto compiuti in sede di merito di cui la sentenza denunziata ha dato atto risultava che il comune di Palermo richiese l'intervento dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici non gi� per realizzare un'opera di finanziamento, ma perch� questa provvedesse alla attuazione del piano di ricostruzione della citt� di Palermo. La Corte avrebbe quindi dovuto stabilire, in conformit� all'accennata giurisprudenza -al fine di accertare chi fosse titolare del rapporto inerente al pagamento della indennit� di espropriazione nei confronti dei terzi espropriati -se l'attivit� posta in essere dallo Stato in sostituzione del Comune di Palermo potesse inquadrarsi nella ipotesi prevista dall'art. 58 del D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, nel qual caso l'amministrazione statale assume la posizione di parte sia nel rapporto espropriativo che in ogni altro rapporto inerente all'opera, spiegando perch� nel caso concreto si dovesse invece escludere il fenomeno della sostituzione amministrativa. Questa Corte, infatti, ha precisato al riguardo che, nei casi, in cui un ente pubblico curi l'esecuzione di un'opera pubblica di pertinenza di altro 1ente pubblico, la titolarit� del rapporto giuridico attinente alla espropriazione delle aree nei confronti dei terzi va determinata in base alla qualit� e quantit� dei poteri che siano conferiti al primo dalla legge o dall'atto amministrativo che danno luogo all'insorgere della particolare situazione. Quale sia il potere attribuito ad ognuno degli enti interessati; quale sia la posizione che ciascuno di essi assume nei rapporti con i terzi e a chi quindi debbano far capo le conseguenze degli atti che di volta in volta vengono compiuti non pu� essere dunque stabilito in astratto, ma va avvertito in relazione alle singole ipotesi con riferimento sia alle norme che prevedono e regolano il concorso di attivit� di pi� enti, sia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO agli atti amministrativi con cui sia stata conferita, o sia stata assunta, la potest� di provvedere in relazione ad un'opera di pertinenza di altro ente. Dall'applicazione di tale principio pu� quindi derivare una deroga alla regola secondo cui � parte del rapporto di espropriazione l'ente a favore del quale l'espropria:liione � disposta (sent. 31 gennaio 1968, n. 311 in motivazione). La sentenza impugnata, avendo invece posto l'accento sulla circostanza (in s� priva di rilevanza decisiva) che il comune di Pa1ermo era il beneficiario del procedimento di espropriazione ed intraprese l'occupazione materiale delle a11ee edificatorie, non ha tenuto conto che sotto il primo profilo gli stessi principi della cooperazione tra enti pubblici possono condurre ad una deroga alla regola accennata e che la mera situazione materiale di occupazione dei beni non pu� essere ritenuta sufficiente perch� sia affermata la legittimazione dell'ente occupante nei rapporti con i terzi conseguenti alla occupazione ed invece tale legittimazione va accertata attraverso l'esame delle specifiche circostanze in cui ha avuto luogo e delle norme e degli atti amministrativi che l'hanno determinata (Cass. 25 gennaio 1968, n. 212). N� la impugnata sentenza si sottrae a censura allorch� ha affermato che nella specie la esecuzione dell'opera pubblica sarebbe stata compiuta dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici in nome e per conto del comune di Palermo poich� tale deduzione non � sorretta da alcuna motivazione idonea, n� � stata preceduta dall'indagine preliminare cui si � innanzi accennato. Il ricorso principale del comune di Palermo deve essere, pertanto, accolto (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1981, n. 3408 -Pres. Rossi Est. Vela -P. M. Silocchi -Istituto Poligrafico dello Stato (avv. Stato Cerocchi) c. Gabellini (avv. Scorza). Pubblica amministrazione -Istituto �Poligrafico dello Stato -Pubblico impiego -Natura -Ente pubblico non economico -Giurisdizione del giudice amministrativo � Limiti. Previdenza � Istituto Poligrafico dello Stato � Possibilit� di volontaria assunzione di obbligo di pagare i contributi � Sussiste. Previdenza -Istituto Poligrafico dello Stato -Obbligo di pagare i contributi -Ratei di pensione inferiori a quelli dovuti -Natura risarcitoria del credito. L'Istituto Poligrafico dello Stato ha perduto il carattere di Ente Economico, conservando quello di Ente Pubblico in seguito alla legge 13 lu� glio 1966, n. 559, in virt� della quale i rapporti con il personale rientrano PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 535 nel pubblico impiego e come tali sono assoggettati alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre le controversie sui rapporti di lavoro, estinti in epoca anteriore alla �legge del 1966, sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario (1). La volontaria assunzione dell'obbligo da parte dell'Istituto Poligrafico di pagare i contributi di previdenza per i propri dipendenti all'INPDAI, pur in mancanza di una espressa normativa, vincola l'Istituto stesso, non rilevando se soltanto successivamente a tale assunzione una norma lo ob blighi al pagamento di detti contributi (2). Qualora a seguito di inadempienza del datore di lavoro dell'obbligo di pagare i contributi vengano corrisposti ratei di pensione inferiori a quelli dovuti, la differenza costituisce un credito di valore attesa la sua natura risarcitoria, non essendo al riguardo applicabile l'art. 429, 3� com ma, codice procedura civile che, per il suo carattere di specialit�, non � suscettibile di interpretazione analogica, con la conseguenza che la parte, ove intenda chiedere la differenza non riscossa dei ratei di pensione, non pu� pretendere la rivalutazione del relativo importo, ma deve chiedere� che il credito sia rivalutato, stante la sua natura risarcitoria (3). � solo a seguito dei mutamenti apportati con la legge 13 luglio 1966, n. 559, che l'Istituto Poligrafico defilo Stato ha perduto il carattere di ente economico, pur conservando la sua natura pubblica; e q�indi solo dailla emanazione di quella legge i rapporti con dl personal�, dovendo essi .seguire la nuova condizione giuridica dell'ente datore di l�voro, sono da considerare l'apporti di impiego pubblico ed assoggettati alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre dei rapporti estinti.si -come quello donde ha avuto origine l'attuale controversia -in epoca anterfore continua a conoscere J'autorit� giudi2li.arif. ordinaria (sentt. 1� marzo 1978, n. 1031; 12 dicembre 1978, n. 5863; 26 aprile 1979, n. 2378 e numerosissime altre). � pertanto consentito l'esame del merito dei ricorsi. La residua censura del ricorrente principale investe il capo di sen tenza col quale la Corte d'appello ha affermato che l'attore avrebbe do vuto essere iscritto all'INPDAI dal 1� gennaio 1939, e che, pertanto, ai fini del risarcimento del danno occorre considerare che l'omissione con tributiva ebbe inizio da quella data. Secondo l'Istituto, la statuizione � anzitutto inficiata da violazione � e falsa applicazione della legge 27 dicembre 1953, n. 967 e dell'art. 6 (1-3) Sugli elementi di individuazione dell'Ente pubblico econotnico cfr. Sez. Un. 17 febbraio 1964, n. 348, in questa Rassegna 1964, I, 666. Con la prima massima cfr. Cass. 1� marzo 1978, n. 1031; Cass. 12' dicembre 1978, n. 5863; Cass. 26 aprile 1979, n. 2378. 9 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c.c.n.l. 28 ottobre 1937 per i dirigenti industriali (in quanto ritenuto efficace .erga omnes); comunque, � errata nel merito, perch� solo con quella legge l'assicurazione all'INPDAI fu resa obbligatoria e sostitutiva di quella all'INPS; prima, i dipendenti venivano iscritti a tale Istituto in virt� della legge 28 luglio 1950, n. 633 e, nel periodo a questa precedente, unicamente a condizione che percepissero non pi� di 1.500 lire mensili (massimale, codesto, superiato dal Gabellini). Il motivo � palesemente infondato. Non � certo contestando l'obbligo di assicurare l'attore presso l'INPS che l'Istituto pu� dimostrare di non essere tenuto all'assicurazione presso l'INPDAI. N� gli giova sostenere che a quest'ultimo Ente non era dovuta alcuna contribuzione prima della legge 967 del 1953. Superando ogni questione sulla divetta applicabilit�, nella specie, dell'art. 6 c.c.n.l. 28 ottobre 1937 -di cui il Poligrafico denuncia apoditticamente la violazione e .falsa applicazione -la Corte di merito ha rilevato che il regolamento del personale, emanato nel 1938, richiamava la contrattazione collettiva dei dirigenti industriali e che anche l'Istituto aveva mostrato di tener presente, in un certo qual modo, tale disposizione, avendo effettuato sempre una trattenuta, sullo stipendio del Gabellini, pari alla quota di contribuzione posta a carico dei dipendenti dalla disposizione stessa e versando spontaneamente, a partire dal 1943, i contributi all'INPDAI. Questi rilievi non sono stati censurati. E quindi ora non resta che constatare come sia inutile negare l'esistenza di un obbligo Legale ad attivare l'assicurazione, quando l'impugnata statuizione si basa sull'accertamento di un obbligo direttamente assunto dal Poligrafico verso i propri dipendenti. Il ricorso principale, va pertanto, respinto. Il pnmo motivo del ricorso incidentale, mediante la denuncia di violazione e falsa applicazione dell'art. 2110 cod. civ., in relazione alle norme contrattuali � regolamentari in esso richiamate e dell'art. 27, secondo comma, legge 13 luglio 1966, n. 569, investe il rigetto del capo di domanda volto a far valere il diritto del Gabellini a restare in servizio ed a percepite l'intera retribi.lzione per sopravvenuta malattia, durante tutto il periodo di cosiddetto comporto, fissato in dodici mesi dalla disciplina colLettiva dei dirigenti industriali. Dalla premessa che le delibere adottate dal Consiglio di amministrazione dell'Istituto nel 1949 edal commissario straordinario nel 1953 per fissare i limiti di et� del personalie stesso, divennero invalide ed inefficaci perch� non furono sottoposte all'approvazione del Ministro del tesoro prevista dall'art. 23, primo comma, d.l.C.p.S. 22 settembre 1947, n. 1105, si deduce che il rapporto di impiego del Gabellini avrebbe dovuto intendersi a tempo indeterminato e che pertanto al momento dell'intimazione del recesso (tale dovendo considerarsi la lettera datata 4 giugno 1965 del .Presidente dell'Istituto) �era disciplina PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE dall'art. 2110 cod. civ., e dall'art. 6 c.c.n.l. 24 giugno 1961 per i dirigenti di aziende industriali, con la conseguenza che all'attore spettavano la conservazione del posto e la retribuzione per dodici mesi, stante la predetta malattia. N�, si aggiunge, questa conclusione pu� evitarsi rilevando che il decreto n. 1105 del 1947 non fu ratificato dal Parlamento a norma dell'art. 6 d.l. lgt. 16 marzo 1946, n. 98, perch� la decadenza di quel provvedimento mavolge tutti gli atti che vi sono collegati. Il motivo non � fondato. Poich� il ricorrente non sottopone alla Corte alcuna questione sulla legittimit� -per contrasto con norme legislative o collettive -della disposizione relativa al limite di et� applicata nei suoi confronti, ma si affida esclusivamente alla duplice tesi che tale disposizione � da ritenere o eliminata per mancata ratifica parlamentare del decreto presidenziale in cui era contenuta, oppure inefficace perch� non fu sottoposta all'approViazione ministeriale da essa stessa prevista, � sufficiente osservare che il primo profilo, se per un verso assorbe il secondo, essendo fuori quetione che il decreto n. 1105 del 1947 non venne ratificato dall'Assemblea costituente, �, per un altro verso, inaccettabile in quanto trae da tale fatto una conseguenza esorbitante, ai fini della soluzione del caso di specie. Esso presuppone che l'art. 23 del decreto, disponendo che �lo stato giuridico, 11 trattamento economico e la dotazione organica dell'Istituto Poligrafico dello Stato e dell'Officina carte valori sono stabiliti con distinti regolamenti organici, deliberati dal Consiglio cli amministrazione ed approvati dal Ministro per il tesoro �, attribuisse all'Ente un potere regolamentare che altrimenti non gli sarebbe spettato. Invero, le persone giuridiche pubbliche hanno come loro fondamentale prerogativa il potere autonomo di organizzazione, comprendente quello di disciplinare con regolamenti il proprio personale (cos�, fra le tante, Cons. Stato Sez. VI, 26 settembre 1975, n. 386); e tale. prerogativa � propria anche degli enti pubblici economici, i quali fanno pur sempre parte dell'amministrazione pubblica, ancorch� siano tenuti a conformarsi nei rapporti col personale, non alle regole di tale amministrazione, ma a que11e contenute nella disciplina legislativa e collettiva del lavoro privato (art. 209 cod. civ.). Quindi nel cit. art. 23 � da ravvisare una regola di esercizio, piuttosto che di attribuzione, del potere regolamentare, con l'ulteriore conseguenza (opposta, come ha opportunamente sottolineato la Corte d'appello, a quella propugnata dal Gabellini) che la sua caduca2�ione certamente non ha privato di base giuridica i provvedimenti in contestazione, ma pu� averne eliminato una condizione di efficacia (il punto, implicante un'indagine sulle norme di varia natura, preesistenti al decreto del 1947, non pu� essere risolto ora, non formando oggetto del motivo di ricorso). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 538 Con il secondo ed ultimo motivo, il ricorrente ascrive a1la Corte d'appello violazione e falsa applicazione dell'art. 429 ultimo comma, cod. proc. civ. e 150 delle relative disposizioni di attuazione (entrambi nel nuovo testo formulato con la legge 11 agosto 1973, n. 533), per aver respinto la richiesta di rivalutazione monetaria dei suoi crediti aventi ad oggetto le retribuzioni dovute durante il periodo di comporto ed il risarcimento del danno provocato dall'omessa contribuzione previdenziale. Neppure questa doglianza ha fondamento. � ovvio che non esiste pi� alcun problema di rivalutazione in relazione a quanto si fa dipendere dalla protrazione del rapporto di lavoro, posto che l'esito del primo motivo ha reso incontestabile il rigetto della pretesa del c.d. periodo di comporto. Ma la rivalutazione, cos� come viene richiesta, ossia in base all'indice dei prez:z;i calcolato dall'I.S.T.A.T. per la scala mobile dei lavor�tori dell'industria, secondo il procedimento previsto dai sopra citati articoli del codice di rito, non � consentita neanche per la differenza fra le rate di pensione riscosse e quelle dovute, che pure attiene ad un debito di valoi;e poich� proprio in quanto trattasi di credito per risarcimento di danno � cosa ben diversa dai � crediti di lavoro � esclusivamente ai quali ha riguardo !',art. 429 terzo comma cod. proc. civ. N� quest'ultimo � sus�ettibile di applicazione analogica atteso il suo carattere speciale (art. 14 .disp. prelim. al cod. civ.) che gli deriva dall'aver trasformato in debito �di valore uno specifico debito di ~aiuta e dall'averne predisposto un :apposito sistema di liquidazione automatica (giurisprudenza costante della Sezione del lavoro, peraltro formatasi in relazione al caso, diverso da quello in esame, di ritardo nel pagamento della pensione frapposto dall'Ente assicuratore). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA* CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 23 giugno 1981, n. 304 -Pres. Daniele, Est. Noccelli -Ministero pubblica ist.ruzione ed altro (avv. Stato Vittoria) c. Pipoli (avv. Toschez e Lorussi). Appello avverso T.A.R. Puglia, Bari, 10 maggio 1978, n. 398. Istruzione e scuole � Esami di maturit� � Giudizio finale . Discrezionalit� tecnica � Sindacato giurisdizionale � Limiti. Istl"U2Jione e scuole � Esami di maturit� � Giudizio finale � Discrezionalit� tecnica � Natura. Il giudizio demandato dalla legge alla Commissione per l'esame di maturit� implica una tipica valutazione di merito, come tale non sindacabile in sede di giudizio di legittimit� (1). La valutazione di merito propria del giudizio della Commissione per l'esame di maturit� non comporta un c.d. apprezzamento discrezionale, e cio� una scelta tra i contrapposti interessi pubblici e privati al fine di individuare quello che deve ritenersi prevalente secondo un ordine di priorit� gi� stabilito dall'ordinamento, ma implica l'individuazione, in capo al singolo candidato, di un giudizio che si concreta in una �misura di valore� (2). * alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato l'avv. LUIGI M~RUOTTI. (1-2) Giurisprudenza costante: per tutte, v. VI Sez., 6 marzo 1979, n. 130; VI Sez., 19 ottobre �1979, n. 702; VI Sez., 9 giugno 1978, n. 731, in Consiglio di Stato, rispettivamente, 1979, I, 402; 1979, I, 1418; 1978, I, 1181. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 luglio 1981, n. 582 -Pres. Imperatrice, Est. Noccelli -Ditta G. e R. Liscio (avv. Giuliani) c. Prefetto di Potenza ed altro (avv. Stato Ferri) ed A.N.A.S. (n.c.). Appello avverso decisione T.A.R. Basilicata, 30 marzo 1978, n. 67. Giustizia amministrativa � Ricorso �giurisdimona:le � Motivi � Motivi agg. funti � Facolt� del difensore mumto di mandato speciale a ricor� rere � Ammissibilit�. Espropriazione per pubblica utilit� � Espropriazione . Dichiarazione di pubblica utilit� � Decadenza � Rinnovazione � Norme applicabili � Rapporti tra L. n. 2359 del 1865 e L. n. 865 del 1971. Qualora al difensore sia stata conferita la procura speciale da parte del ricorrente per l'attivit� da svolgere nell'ambito del processo instaurato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO col ricorso, il difensore stesso pu� proporre motivi aggiunti, senza che vi sia bisogno della rinnovazione della procura o della espressa sottoscrizione dei motivi stessi da parte del ricorrente (1). Nelle procedure espropriative di competenza statale disciplinate dalla legge n. 2359 del 1865, l'intervenuta decadenza della dichiarazione di pubblica utilit� di un'opera non comporta che, successivamente alla rinnovazione della dichiarazione di p.u., trovino applicazione le norme previste nel titolo II della sopravvenuta L. 22 ottobre 1971, n. 865, dal momento che tali norme attengono ad un procedimento espropriativo di carattere generale, previsto per le sole opere di interesse regionale e subregionale (2). (1) Cfr. IV Sez., 18 ottobre 1967, n. 494 (in Il Consiglio di Stato 1967, I, 1773). Tale decisione ha mutato il precedente indirizzo giurisprudenziale, secondo cui l'atto contenente motivi aggiunti richiedeva La sottoscrizione oltre che dell'avvocato, anche della parte ricorrente, qualora il difensore non risultasse munito di mandato speciale. (Per tutte, v. Ad. PI. ,12 gennaio 1954, n. 1, ivi, 1954, I, 1). (2) Cfr. Ad. Plen. 19 gennaio .1979, n. 1, ivi, 1979, I, 1. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 22 maggio 1981, n. 225 -Pres. Daniele, Est. Trotta -Ministero lavori pubblici ed altiro (avv. Stato Mataloni) c. Martuscelli ed altri (avv. Sorrentino). Appello avverso decisione T.A.R. Lazio, I Sez. 21 maggio 1980, n. 552. Giustizia amministrativa -Appello -Rappresentanza e difesa della P.A. Avvocatura dello Stato -Mandato -Non occorre. - Giurisdizione civile -Impiego pubblico e privato -Collaudi pubbliche -Giurisdizione -Commisurazione del compenso professionali -Non rileva ai fini della giurisdizione. di opere a tariffe Impiego pubblico -Stipendi, assegni e Dirigenti statali -Art. 50 D.P.R. n. cazione. indennit� -Omnicomprensivit� 748 del 1972 -Ambito di appli� Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� � Omnicomprensivit� - Dirigenti del Ministero lavori pubblici � Compensi per collaudi opere pubbliche � Natura � Spettanza -Sussiste. Impiego pubblico � Stipendi, assegni e indennit� Dirigenti statali -Collaudo opere pubbliche . commisurazione -Effetti e limiti. -Omnicomprensivit� . Compenso -Criteri di All'Avvocatura dello Stato � conferito direttamente dalla legge il potere di esercitare ogni atto del proprio ministero e, in particolare, di appellare le sentenze dei tribunali amministrativi regionali, senza che vi sia la necessit� di un espresso mandato dell'Amministrazione rappresentata. Pertanto � irrilevante in sede giurisdizionale un eventuale contrasto tra ,.. ;:: fi \.: ~: ~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 541 la determinazione adottata dell'Avvocatura dello Stato e quella adottata .dall'Amministrazione in ordine ad una determinata controversia, dovendo il Giudice ritenere che la volont� dell'Amministrazione si presuma coincidente con la rappresentanza processuale affidata alla cura dell'Avvocatura dello Stato (1). Le controversie relative alla liquidazione di compensi, nella specie negati, per collaudi di opere pubbliche effettuati da funzionari statali in attivit� di servizio, anche se la misura del compenso debba aver luogo a norma delle tariffe professionali, appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (2). Il principio di omnicomprensivit� del trattamento economico, previsto per i dirigenti statali nell'art. 50 del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, trova applicazione allorquando le attivit� prestate siano rese in virt� del rapporto di impiego o in connessione con la carica o in rappresentanza dell'Amministrazione; qualora, invece, manchi tale presupposto per l'applicabilit� della norma, dovranno essere autonomamente retribuite tutte le prestazioni rese su speciali incarichi, e ci� in forza del principio generale della remunerabilit� di ogni prestazione (3). Poich� le operazioni di collaudo di opere pubbliche, in base all'articolo unico del D.L.vo 6 marzo 1948, n. 341, convertito nella L. 24 dicembre 1951, n. 1585, possono essere affidate anche a funzionari di ruolo a riposo dell'Amministrazione dei lavori pubblici o di altre Amministrazioni dello Stato, purch� provvisti di laurea in ingegneria, lo svolgimento di tali operazioni pu� considerarsi non rientrante tra i compiti dell'ufficio ricoperto dal funzionario incaricato, mancando la connessione tra le funzioni e la qualifica (connessione che costituisce il presupposto dell'applicazione del principio di omnicomprensivit� del trattamento economico), con la conseguenza che deve essere conosciuto il diritto al compenso, ogniqualvolta sussistano l'affidamento formale dell'incarico e la successiva accettazione del funzionario, accettazione che pu� aver luogo anche con l'effettivo espletamento delle operazioni di collaudo (4). In assenza di una espressa previsione normativa, la commisurazione del compenso dovuto ai dirigenti statali, che siano iscritti nell'albo degli ingegneri, per il collaudo di opere pubbliche pu� e deve essere determinata in base alle tariffe professionali. (1) Cfr. Sez. IV, 13 maggio 1980, n. 533, in Consiglio di Stato, 1980, I, 664. (2-4) Giurisprudenza pacifica. Per tutte cfr. Sez. IV, 9 novembre 1979, n. 967; Sez. IV, 24 aprile 1979, n. 292; Sez. IV, 11 dicembre '1979, n . .1142; Sez. IV, 25 aprile 1979, n. 290; Sez. IV, 6 febbraio 1979, n. 76; rispettivamente in Il Consiglio di Stato, 1979, I, 1550; 1975, I, 534; 1979, I, 1776; 1979, I, 534; 1979, I, 133. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 settembre 1980, n. 5161 -Pres. Sposato Est. Sensale -P. M. Gazzara (conf.) Soc. Fiorella (avv. Micheli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Rossi). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Decisione della collUllissione Imposta sulle societ� -Rinvio a:ll'ufficio per la liquidazione -Legittimit�. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 35; T.U. 29 gennaio 1945; n. 645, art. 150)1. Legittimamente la Commissione Tributaria che ha determinato il reddito dell'imposta sulle societ� in relazione a quello stabilito per l'imposta di ricchezza mobile rinvia all'Ufficio la mera operazione amministrativa di liquidazione del tributo (1). (Omissis) Con il primo motivo la ricmrente, denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 150 del t.u. delJe imposte dirette 29 gennaio 1958, n. 645, censura l'impugnata decisione per avere ritenuto legittimo l'operato della Commissione di secondo grado, che aveva rinviato all'ufficio gli atti relativi alla riliquidazione dell'imposta sulle societ� in base alla dec�siione adottata dalla stessa commissione per lo stesso periodo di impos�ta relativamente aiJ. tributo di �r.m. La ricorrente lamenta in parrticolare che la Commissione tributaria centmle sia giunta a rtale pronunzia violando l'art. 150 del t.u., applicando l'abrogato art. 31 della ~egge n. 1516 del 1937 e non l'art. 35 del d.P.R. n. 636 del 1972, mentre avrebbe dovuto (1) Osservazioni sul rapporto tra la pronunzia del giudice tributario e l'atto amministrativo di esecuzione. Della decisione sicuramente esatta non soddisfa la motivazione. Il problema generale del contenuto della pronuncia della commissione (ed anche del giudice ordinario) e della possibilit� di una conseguenziale attiVii.t� dell'ufficio per la determinazione in moneta dell'obbligazione � di notevole rilievo. Non giova a:lla soluzione adottata il richiamo all'art. 150 del T.U. delle imposte dirette il quale prevede semplicemente che sulla base dello stesso accertamento (della base imponibile) dell'imposta di ricchezza mobile e sui fabbricati, l'ufficio � deve � provvedere a notificare al contribuente la liquidazione dell'imposta. Ci� significa che l'automatica efficacia dell'accertamento stabilita nel primo comma dell'art. 150 non consente tuttavia di iscrivere a ruolo l'imposta sulle societ� senza una preventiva notifica della liquidazione dell'imposta. Ma la norma � riferita alla fase amministrativa (e certo non si dubita che l'uffici�' PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 543 essa Commissione .rideterminare l'imposta sulle societ� in base al reddito accertato ai fini dell'imposta di r.m. La censura � infondata. L'art. 150, 2� comma, del �t.u. 645/58 sancisce che l'accertamento dei redditi soggettivi all'imposta di r.m. spiega automatica efficacia ai fini dell'imposta sulle societ� e al terzo comma demanda in ogni caso all'ufficio di notificare al contribuente la liquida:llione de1l'imposta fatva in dipendenza del comma precedente. La Commissione di secondo grado fece puntuale applicazione di tale norma (che, avendo natura sosrtanziale, � norma ancora vigente per le situazioni sorte sotto .id suo vigore), in conseguenza de!Ja rettifica, operata con altra decisione, del reddito tassabile ai fini dell'imposta di r.m. accertato a suo tempo dall'Ufficio e tenuto a base per 1a liquidazione dell'imposta sulle societ�, rimettendo all'Ufficio l'adempimento di una operazione tipicamente amministrativa, qual'� quella della determinazione in ccmcveto dell'timposta nei suoi termini quantitativi in relazione all'accertamento del presupposto dell'imposta stessa; e ~egittimamente la Commissione �tributaria centrale ha confermato tale decisione. Non vertendosi in tema d'integra2lione dell'accertamento, per H quale possa sorgere il problema se il relativo potere debba essere esercitato direttamente dalle Commissioni tributarie o se queste abbiano rla facolt� di rimetterlo all'Ufficio delle imposte, non pu� ritenersi che nel caso si sia possa notificare la liquidazione o magari anche l'accertamento) e nulla se ne pu� ricavare per delimitare il potere della commissione. Ancor meno pertinente � l'art. 35 del d.P.R. n. 636/1972 che riguarda soltanto l'istruttoria. La soluzione va diversamente impostata e pu� essere unitaria per tutte le pronunce sui rapporti tributairi. . Sulla premessa che il processo tributario, sia quello del giudice ordinario che quello delle commissioni, � di accertamento del rapporto e che di conseguenza oggetto del processo � la determinazione degli effetti che .l'avveramento del presupposto produce nell'amhito della norma impositiva (su queste fondamentali premesse da ultimo si sono pronunziate le Sezioni Unite .con la sentenza 5 marzo 1980, n. 1471, retro, 345); la pronunzia, che non deve verificare al fine di eventuale annullamento la perfezione dell'atto di accertamento, deve soltanto stabilire, ovviamente in relazione alla domanda proposta, se si � o meno prodotto un�effetto. Ma per antica tradizione di legge e anche .di prassi, la sentenza, che peraltro non costituisce il titolo della riscossione o del rimborso, non contiene la liquidazione dell'imposta, bens� solo quegli elementi in base ai quali la liquidazione possa essere eseguita con una semplice operazione aritmetica. Ma questa operazione che � di routine per l'ufficio, � invece assai difficoltosa per il giudice sia per difetto di praticit� (certamente sarebbero poche le commissioni capaci di liquidare in tutte le v11rie voci, ad es., un'im� posta di successione e con essa l'imposta globale, la imposta di trascrizione i diritti catastali, i diritti fissi, gli interessi ecc.), sia per difetto di informazione su fatti verificatisi in pendenza di giudizio (pagamenti parziali ecc.), RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 544 erroneamente fatta applicazione di una norma abrogata dal nuovo contenzioso tributario e cio� dell'art. 31 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, secondo il quale J:a Commissione (distrettuale) che intendesse avvalersi della facolt� di accertare o di �aumentare i redditi, doveva notificare fa p~oposta al contribuente a mezzo dell'ufficio delle imposte. N� all'operato della Commissione di secondo grado �era di ostacolo ia norma di cui all'art. 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, applicabile nel caso in virt� della norma tmnsitoria contenuta nell'axt. 43 dello stesso decreto, che concede alle commissioni di primo grado e di �secondo grado tutte le fiacolt� di accesso, di �richiesta di dati e d'informazioni e consente a tali commissioni di demandare agili Uffici il compimento di quelle attivit�. � vero che la norma citata si Tiferisce soltanto alle attiv,it� istruttorie, escludendo implicitamente d:a1la facolt� di delega attivit� che non siano tali: ma quest'implicita esclusione, se pu� valern (ed fil ci� � la sua reale portata) per le attivit� processuali e comunque peT quelle attivit� che sono manifestazione dell'esea.-ci:llio di un potere giurisdizionale istituzionaimente attribuito alle Commissioni tributarie, non niguwda l'espletamento di una attivit� squisitamente amministrativa propria �dell'ufficio impositore, qual'� quella della liquidazione delJ.'imposta in base ad un presupposto non contestato o accertato giudizialmente: presupposto che, nel caso, era la determinazione del reddito di r.m., che, per l'automatica efficacia che spiega ma soprattutto perch� la controversia non sempre e non necessariamente investe l'intera obbligazione. Nelle dmposte indirette, in conseguenza della struttura del procedimento amministrativo, il ricorso, occasionato da atti diversd che inter vengono in tempi diversi, riguarder� o soltanto la determina2fone della base imponibile, o soltanto il criterio di liquidazione dell'imposta, ovvero altre ancor pi� 'limitate quesrtioni; nessuna delle decisioni che cadono su un elemento sol tanto dell'obbligazione potrebbe liquidare l'imposta. Nelle imposte dirette la con testazione cade solitamente su qualcuno soltanto deg1i elementi positivi o nega tivi del reddito o su una deduzione o una detrazione; dalla decisione della limitata controversia per arrivare alla liquidazione dell'imposta occorrerebbe ri mettere in gioco tante altre voci dell'accertamento che non sono oggetto del giudizio in ordine alle qua1i � perfino dubbio che il giudice possa pronunziarsi. La pronunzia del giudice si limita quindi a dichiarare quali sono gli effetti (controversi) che si sono prodotti ed a stabilire i criteri che, eventualmente componendosi con altri elementi non controversi o che sono stati oggetto di una diversa pronunzia, vanno seguiti per procedere alla completa liquidazione del tributo e degli accessori. Spetter� all'ufficio, che dopo la decisione torna ad essere il soggetto inve stito di autorit� amministrativa, dare attuazione concreta al giudicato attraverso un atto di ottemperanza che conterr� la espressione in moneta della obbligazione e degli accessori e che costituir� il titolo per la riscossione, ovvero per il rim� borso (v. la menzionata sentenza 5 marzo 1981, n. 1471). Questo non significa che il giudice abdica alla sua potest� o che l'ufficio usurpa le funzioni giurisdizionali. Quel che � mera attuazione burocratica del giudicato pu� ben essere lasciata all'ufficio tributario. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 545 ai fini dell'imposta sulle societ�, costituiva l'antecedente necessario di tale tributo che l'Ufficio dov.e~a �tenere presente nell'esercizio del potere amministrativo ad esso espressamente attribuito dal 3� comma dell'art. 150 del t.u. 645/58. Con il secondo motivo la rkorrente denunzia la violazione dell'art. 145 in rdazione all'art. 8 del t.u. 645/58 �ed 11 vizio di omessa motivazione, censurando la decisione impugnava per avere -Ia Commissione tributaria oentrale -motivato per relationem ad alta:a decisione della stessa Commissione, che aveva attenuato in tema di accertamento de1l'imponibile ai fin.i dell'imposta di r.m., togliendo, in tal modo, alla parte soccombente la possibilit� d'impugnare la decisione per i motiv1i desumibili dalla decisione di riferimento. La ricorrente ripropone, quindi, le questioni relative all'accertamento dell'imponibile di r.m. e chiede sospendersi il giudizio, ai sensi deM'art. 337 c.p.c., in attesa della decisione su tale imponibile. La censura si a;rtioola in una duplice direttrice, una relativa a1 difetto di motiivaziooe, svolta per relationem a quella de11a decisione in tema di imponibile di r.m.; e l'altra diretta a riproporre le questioni di merito svolte nel giudizio relativo a detto imponibile; essa � sotto entrambi i profili Naturalmente la decisione potr�, a seconda dell'oggetto della impugnazione, spingersi pi� o meno avanti nella specificazione degli elementi dell'obbligazione conseguenziali alla risoluzione della controversia (la casistica dei possibili schemi dii decisione � ilil�mirta!tia), .La!sciando ahl'ufficio per i provv:ecLicrnentli conseguenziailii. uno spazio pi� o meno esteso. Ma non sembra che possa concretamente sollevarsi il timore che la decisione giurisdizionale rischi una mutilazione in sede di esecuzione da parte dell'Amministrazione. Del resto il provvedimento che l'Amministrazione emetter� per dare attua zione concreta al giudicato sar� pur sempre un atto, in senso lato, di accerta mento (avviso di liquidazione, ingiunzione, ruolo, provvedimento di rimborso), a sua volta impugnabile ex art. 16 d.P.R. n. 636/1972 (per la definizione dell'atto impugnab11e come accertamento fa senso ampio V. 25 novembre !1980, n. 6262 in questo fascicolo pag. 579). La puntualizzazione che precede � rilevante per uno dei problemi di grande attualit� del contenzioso tributario, ossia per la caratterizzazione del giudizio della commissione centrale come giudizio di merito, cosa che ha destato sospetti di legittimit� costituzionale. Oggi indubbiamente la commissione centrale emette una pronunzia definitiva (di merito) senza rinvio, in tutti i casi fo cui non debba essere ripetuto il giudizio di valutazione estimativa (art. 29), a differenza, si afferma, di quanto avveniva prima� della riforma ove era normale l'annullamento con rinvio (art. 48 r.d. 8 luglio 1937, n. 115'16). Con la riforma i poteri della Commissione centrale risulterebbero ampliati con una evoluzione verso un giu� dizio di merito, ma ci� sarebbe in contrasto con la norma di delega che aveva delineato il nicorso alla Commissione centrale come una impugnazione per soli motivi di legittimit�. :B questo uno dei profili della complessa questione della impugnazione di terzo grado e delta sua legittimit� costituzionale (sull'argomento v. C. BAFILE, Oservazioni sul giudizio di terzo grado; ID., Nuove prospettive per il giudizio di terzo grado? in questa Rassegna, 1977, I, 874; 1981, I, 109); essa si fonda su una RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO infondata. Il primo � stato oggetto di esame e di decisione da parte di questa Corte con ile decisioni n. 1455 del 1966 e, recentemente, n. 1209 del 1980, con le quali � stato espressamente ,r.iconosciuto sufficiente, ne1la motivazione delle decisioni delle commissioni trr-ibutarie relative all'imposta sulle societ�, il 1richiamo alla parallela decisione, emessa il.o stesso giorno in ordine ahl'ammontare del reddito mobiliare cui veniva ad essere collegata per legge l'imposta. Con la seconda delle decisioni anzidette si � precisato che, quando l'accertamento dei redditi soggetti all'imposta di r.m. spiega 1automatica efficacia ai fini dell'imposta sulle societ� ai sensi e sotto il vigore degli art. 148 e 150 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, la Commissione tributaria, che s1a investita con separati ricorsi contro i due accertamenti, ha l'obbligo di sospende11e 1a controversia relativa alla seconda imposta, in attesa della defini2iione di quella sulla prima, solo quando esse vengono portate separatamente 1alla cognizione di diverse sezioni, ovvero si trovino in stati diversi d'istruzione e trattazione, mentre, quando giungano alla stessa sezione ne11a medesima seduta, ,le controversfo medesime possono essere definite entrambe, con motivazione della decisione sull'imposta sulle societ� per relationem, alla stregua dei principi affermati in tema d'imposta di r.m. ed in applicazione di detta automatica efficacia. errata .premessa: per l'appunto sulla asserita diversit� tra la anteriore e la attuale struttura della pronuncia della Commissione centrale sul punto della statuizione definitiva o con rinvio. Nel menzionato art. 48 del r.d. n. 1516, il rinvio non � considerato (come nel giudizio di cassazione) una conseguenza ineluttabile della sentenza di accoglimento (�quando la Commissione centrale rinvii...�), anche se la norma � totalmente muta 1suM:a individuazione delle !ipotesi in cui fil rinvio � necessario. Ma nella realt� e nell'esperienza di molti decenni le decisioni di rinvio sono sempre state poche rispetto al numero delle decisioni di accoglimento. E questo si spiega per l'appunto con la possibilit� di rimettere all'ufficio i provvedimenti consecutivi ed attuativi. La decisione della commissione non era e non � una pronun:cia che contiene �tutta :i!Iltera iJ:a regolamentazione del rapporto, come tale eseguibile; essa necessita di un ulteriore atto di specificazione degli effetti, ma questo atto non � mai consistito in una decisione del giudice di rinvio. La dichiarazione del rapporto d'imposta, anche se non espressa in tutti i suoi dettagli, � pur sempre una pronunzia di merito; tale � sempre stata ed �, sia la decisione della Commissione centrale sia la sentenza del giudice� ordinario. Sarebbe gravosissimo pretendere dalla Commissione centrale di pronunciare su tutti i dettagli della liquidazione della imposta e dei suoi accessori (e non meno difficoltoso lo sarebbe per la Corte d'appello); e sarebbe anche pericoloso far svolgere questa attivit� dal giudice di terzo grado, attesa la molto alta possibilit� di banale errore e la gravosit� dell'impugnazione. Sul terreno pratico-organizzativo � veramente salutare la concezione del processo in modo da non appesantirlo con attivit� ad un tempo misere e tecni cistiche (e questo vale anche per le commissioni di primo e secondo grado e fil 11 I I PARTE 1, SEZ. Vl, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 547 Dato, poi, l'automatismo dell'efficacia della decisione !l'elativa all'imponibile soggetto al tributo mobiliare su quella concernente la imposta sulle societ� e dato il contenuto dehla 'impugnata decisione, confermativa della decisione della Commissione di secondo grado di rinvio all'Ufficio della liquidazione dell'imposta sulle societ�, non v'� ragione di riproporre in questa sede le quesHoni Telative alla determinazione del reddito di r.m., di cui J'ufficio dovr� necesS'ariamente tener conto, nella misura definitiva di esso, al fine di liquidare l'imposta sulle societ�; n� pu� porsi un problema di sospensione del processo ai sensi dell'art. 337 c.p.c. proprio perch� alla liquidazione dell'imposta sulle societ� non ha provveduto la Commissione tributaria (omissis). per il giudice ordinario), s� che non sarebbe ragionevole una tendenza che in nome di un malinteso garantismo portasse a sopraccaricare il processo tributario. Ma indipendentemente da questa pur rilevante considerazione, bene si giustifica la limitazione del contenuto della pronunzia giurisdizionale sia con la ineliminabile connessione che il processo tributario ha con il procedimento amministrativo che lo deve precedere e seguire, sia con la natura� della pronunzia giurisdizionale che non costituisce il titolo della riscossione e non pu� mai eliminare la necessit� di un atto dell'amministrazione attuativo del gudicato, sia infine con la fondamentale natura dichiarativa di accertamento del processo tributario rivolto a verificare la sussistenza sostanzi�ale del rapporto di imposta indipendentemente dagli atti del procedimento amministrativo che non vengono n� annullati n� sostituiti con la pronunzia giurisdizionale. CARLO BAFILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5343 -Pres. Mirabelli Est. Lipari -P. M. Caristo (conq.� Ministero deHe Finanze (avv. Stato D'Avanzo) c. Uliscia. Tributi in genere � Prescrizione � Interessi -Atti mterruttivi del . credito d'imposta � Estensione agJ.� interessi -Esclusione. Gli interessi sui tributi costituiscono una obbligazione autonoma, soggetta a prescrizione quinquennale, sulla quale non si riflettono gli effetti degli atti interruttivi della prescrizione del credito di imposta (1). (omissis) 1. Si tratta di stabilire se le �cause di interruzione della prescrizione riguardanti il tributo indiretto si estendano �automaticamente al debito accessorio riguardante gli interessi. E pi� specifioamente di verificare se un principio generale desumibile in tal S'enso ~i app1ichi anche nella i~tesi di credito tributario per imposta (1) Era stato ripetutamente affermato sia che gli atti che interrompono la prescrizione del credito di imposta producono effetto sulla distinta obbligazione di interessi (19 novembre 1979, n. 6034, in Riv. Leg. Fisc., 1980, 92) sia che il corso della prescrizione degli interessi non inizia prima che sia accertato defin� 548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO supplettiva, cui acceda l'obbligazione di interessi fondati sud~a previsione specifica della Legge n. 29 del 1961. Secondo la Commissione tributaria centrale, stante l'autonomia della obbligazione di :imposta e di quella per interessi, l'interruzione della prescrizione operata rispetto alla prima non si estende automaticamente alla seconda. Secondo l'Amministrnzione finanziaria -invece -l'autonomia, che si riflette nella differenziazione di disciplina gi.ridica, non vale a cancellare il carattere della accessoriet� che postu~a un collegamento fra l'una e l'altra obbligazione, riflettentesi necessariamente nel campo della prescrizione e della sua interruzione. Viene, pertanto, denunciata, con l'unico motivo del ricorso, i.a violazione. degli artt. 2935 e 2945 cod. civ. e degli artt. 1, 2, 3, 4 ,e 5 della L. 26 gennaio 1961, n. 29, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. L'accessoriet�, si sostiene, determina un nesso indissolubile fra obbligazione principale ed obbiigazione degli mteressi, e tale coHegamento, desumibile dai principi, assume rilievo di d�!ritto pos�!tivo per effetto del1a specifica regolamentazione dettata dalla Jegge n. 29 del 1961, fa quale stabilisce che gli interessi sulle somme dovute all'erario per tasse ed imposte indirette sugili affari (art. 1), nonch� sulle somme indebitamente corrisposte a titolo di tributo, si computano e sono dovuti solo alla fine del procedi-. mento di accertamento riguavdante l'obbligazione principale Telativa alla imposta. Ed, invero, si soggiunge, fino al1a definizione dell'accertamento non si � stabilita, in modo certo e non pi� modificabHe, la misuro de1l'imposta che costituisce la base per il calcolo, e quindi per la commisl!Jl'azione dei rispettivi interessi. Di conseguenza, la notificazione dell'mgiun2lione fiscale relativa al pagamento dell'imposta interrompe necessariamente anche la prescrizione relativa agli interessi; e se vi � stata opposizione aill'ingii.unzione la iinterrurione perdura finch� il relativo giudizio non sia definito con giudicato, poich� la pendenza del giudizio su1l'esistenza del credito rende il diritto agli interessi incerto e non esigibhle. L'ampiezza degli effetti dell'atto interruttivo, che si estende all'Jntero rapporto tributario, incidendo fino alla definizione della controversia, sull'ammontare dei relativ;i interessi, porta, secondo ,l'Amministrazione nicortivamente il credito di imposta (5 gennaio 1972, n. 20, in questa Rassegna, 1972, I, 281). Le affermazioni della sentenza ora intervenuta non sono invero persuasive: l'autonomia non impedisce che la contestazione dell'unico fatto che nell'ambito della legge fa sorgere l'obbligazione sia rilevante tanto per l'obbligazione tributaria che per i suoi accessori. Se poi tutto il problema si risolve con l'inclusione negli atti dell'Amministrazione di una formula di stile (oltre interessi a norma di legge o simile) tutto il costrutto risulta eccessivamente formalistico. !i 1: li f: !! PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rente, ad estendere anche 1rispetto a questi ultimi l'operativit� dell'interruzione. 2. Osserva :il Collegio che la giurisprudenza del S.C. appa-re non univoca sul punto. Sembra peraltro corretta la sol~ione che porta a mantenere indipendenti fa prescrizione del credito principale da quella del credito di interessi maturati (in tal senso l'orientamento giurisprudenziale si � venuto consolidando) e correlativamente ad escludere che finterruzione relativa alla prescrizione per il credito prinoipaile si comunichi al credito di interessi. Per una corretta impostazione deHa questione occorre prendere le mosse dalla puntualizzazione del carattere de!J'accessoriet�, che viene costantemente indicato come essenziale connotato deUa obbldgazione di interessi. Gli interessi, secondo correnti definizioni, sono queHe prestazioni acoessorie, omogenee rispetto �alla prestazione principale, che si aggiungono ad essa per effetto del decorso del tempo, e che sono commisurate ad una aliquota della stessa. La decorrenza degli interessi inizia con il sorgere della obbligazione principale e cessa con l'estinzione di questa. L'accessoriet� sta a significare il collegamento generico con l'obbligazione principale; ma, una volta maturati, in funzione di tale collegamento gli interessi stessi costituiscono una obbligazione autonoma, le cui vicende sono indipendenti da quella della obbligazione principale e possono formare oggetto di separati atti giuridici. L'estensione del principio dell'.accessoriet�, che riflette solo il venire in essere degli interessi in dipendenza di una obbligazione principale (sicch� l'estinzione di questa necessariamente comporta hl venir meno per il futuro degli interessi stessi, che in tanto erano dovuti in quanto tale obbHgazione si protraeva nel tempo) ag1i interessi gi� maturati, che sono oggetto di una obbligazione autonoma, ha portato ad estendere il parallelismo della vicenda <relativa alla produzione a que11a riguardante la disciplina del credito di interessi gi� maturati. Si � quindi argomentato sovrapponendo i conc;etti di accessoriet� ed autonomia, laddove le sfere di incidenza del principio dell'accesso riet� e di quello dell'autonomia restano totalmente separate, attinendo la prima al flusso produttivo degli interessi medesimi, e riflettendo la seconda gli interessi gi� prodotti che come tali si distaccano dalla ma trice genetica e vivono di vita propria. In questa prospettiva il problema degli effetti della interruzione ri5petto agli interessi si presenta quale mero corollario del problema della disciplina della loro prescrizione che viene ormai, con giurispruden'. ila ricorrente, risolto nel pr,esupposto esclusivo dell'autonomia, con la conseguenza che il termine prescrizionale operante � quello quinquen RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 550 nale stabilito dall'art. 2948 n. 4 del codice civiJe e non quello che per la legge speciale tributaria si applica al tributo principale. Le affermazioni in questo senso sono univoche e rkorrenti. Gli interessi dovuti, configumno un debito autonomo rispetto al debito di capitale, ancorch� quest'ultimo sia contestato, e restano, pertanto, soggetti alla prescrizione quinquennale ex arrit. 2948 n. 4 cod. civ. e non all'eventuale diversa presc:dzione stabilita dalla legge per detto capitale (Cass. 687 e 686/80, 1884/1977: in tema di ripetizione di tributi doganali indebitamente percepiti). Gli interessi mo:mtori in tema di Jmposta di successione, pur costituendo un debito collegato all'obbligazione t:riibutairia, non sono ad essa equipa:riabili per quanto attiene all'individuazione del tennine di prescdzione, il quale via fissato in cinque anni ex art. 2948 n. 4 cod. civ. e non gi� in tre anni, come stabilito dall'art. 84 del r.d. n. 3270 del 1923 (Cass. 2474/79). L'autonomJa del debito per . interessi moratori rispetto all'obbligazione tributaria principale, .si trova ribadita da Oass. n. 159/76, 3110/75, 1658/74, 2805/73, 2394/72, e, fuori dalLa materia dei crediti tributari, � costante il riconoscimento dell'autonomia del debito di interessi da quello di capitale, al fine di derivarne 1a necessit� sul piano processua:l:e, di una specifica domanda del creditore (Cass. 1762/69, 800/72, 1779/72, 1574/73; 503/74, 1075/76, 336/78, 4188/79). Sembra quindi �al Collegio, che n� Ja individuazione di un nesso di accessoriet�, n��il riconoscimento della identit� di natura fra debito per interessi di mora e debito tributario possano comportare la identit� di regime giuridico prescrizionale e l'estensione delle cause di inte.rruzione dall'uno all'altro. Il principio della accessoriet� esaurisce i suoi effetti con :riiguardo alle sole vicende genetiche delrobbligazione di �interessi e non si riflette sulle vicende del debito di interessi maturati; e ci� non solo nel senso che i termini prescrizionali non debbano necessa:riiamente coincidere, ma anche nel senso che cos� come alla prescrizione del debito principale non deve necessariamente cor.l'ispondere quella del debito di interessi (gi� maturati), la interruzione operata nispetto al primo non si riflette necessariamente sul secondo. Con il principio di accessoriet�, �limitato al momento genetico, � compatibile l'indipendenza delle vicende successive alla fattispecie che non si riflettano su tale momento; ad esso non si pu� quindi fare utilmente .ricorso per postulare n� un parallelismo dn termini di durata del periodo prescrizionale, n� ;una conte:f):1poraneit� �Qella prescrizione, n� la comunicazione .degli effetti interrutiivi. ,... Le decisioni di questo S.C. sec6hdo cui, .in liinea di . p:ri,ncipio, la interruzione della prescrizione per pendenza di lite sul credd.to �Si comu 1-:,, t ~....J PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA nica agli interessi, con conseguente interruzione e correlativa sospensione del decorso del �termine quinquennale di cui all'art. 2948 n. 4 cod. civ. fino al passaggio in giudicato della sentenza (Cass. 20/72), trattandosi di prestazione accessOl'ia che segue la disciplina giu1:1idica della prestazione principale (Cass. 645/73), muovono da una concezione della accessoriet� che non tiene distinto il momento genetico della causa debendi dal momento in cui l'obbligazione di interesse, essendo gi� maturata in forza di quel collegamento, vive di vita autonoma. L'accentuazione del momento dell'iautonomia comporta, invece, che la contestazione sull'ammontare del debito principale (ed .al 1imite sulla sua esistenza) non si riflette sul problema della prescrizione, e degli evientuali eventi interruttivi, se non sotto ila limitata angolazione del nesso genetico. Questi principi non appaiono denegati dalla disciplina specifica della l"iscossione delle imposte. Nel sistema di riscossione, l'emanazione della ingiunzione di pagamento, concretizzando la pretesa ed 1intimandone il pagamento, postula indubbiamente che 0:1 debito sia certo liquido ed esigibile e, mettendo dn mora di pagamento il contribuente, viene a costituire fa fonte di interessi moratori. IJ. sistema dell'ingiunzione fiscaile a contradditto11io invertito, consente al contribuente di contestare il credito, nel _quantum o addirittura nell'an, ma questa contestazione non determina di 'per �S� la paralisi del nesso genetico di produzione degli interessi, che contJi:nuano a decorreve; e son� quindi suscettibili di prescr. iversi, indipendentemente dalla definizione della contestazione che, ridimensionando la fonte, consente una nuova pi� esatta riliquidazione, giustificando l'eventuale azione di ripetizione per quanto indebitamente pagato in eccesso. Non � quindi esatto che la contestazione del credito portato daiUa ingiunzione escluda che gli interessi possano cominciare a decorrere, tanto � vero che nella normale prassi amministrativa, la pretesa consacrata nella ingiunzione viene articolata richiedendo ad un tempo la sorte e gli interessi in corso di maturnzione, e solo le successive ingiunzioni, con finalit� intevruttiva e del credito p11incipale e di quello di interessi, si preoccupano di intimare il pagamento degili interessi gi� maturati., provvedendo ad apposito calcolo. 3. J?eve dunque tenersi per fermo che accessoriet� ed autonomia non si presentano congiuntamente a disciplinare il fenomeno degli intevessi, rria 'riguardano rispettivamente il sorgere dell'obbligazione e l'ol> bligazione gi� sorta, donde la possibilit� di dissodare il regime giuridico dell'obbligazione principal� da quello della obbligazione di interessi, quando non venga in considerazione detto nesso. E taJ.e dissoci.azione si manifesta in campo civilistico nella prnvisione di distinti termini presc-rizionaJ.i per obbligazione principale e per debito di interessi. 552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ne consegue che, intesa l'accessoriet� in senso 1limitativamente genetico, il collegamento frn interessi e sorte si riflette solo sulle vicende attinenti al venir in essere deLla c.d. obb1igazione accessonia e non spiega pi� alcuna giuridica rilevanza quando non sd tratta di rifarsi a quel vincolo, ma vengono 'in considerazione le vicende successive che attengono a:l regime giuridico del credito di interessi (gi� maturati). n 'legislatore, 4nvero, ha positivamente disatteso il criterio di parallelismo simmetrico, contrapponendo ad una moltep1icit� di terminl� prescrizionali per i singoli diritti considerati ~'unicit� di quello specificamente attinente alla obbligazione di interessi, ,considerando l'obbliga2lione relativa al pagamento degli interessi (gi� maturati) come categoria a s�, cui si �applica un termine prescrizionale del tutto indipendente quanto a durata ed unico qualunque sia fa natura del credito principale. Dal sistema generale della prescrizione si ricava, pertanto, il principio dello sganciamento del termine prescrizionale unico quinquennale ex art. 2948 n. 4 cod. civ. sia da quello ordinario, sia da quello riguardante le prescrizioni brevi e presuntive. Ci� significa che tende:n:llialmente 1a natura giuridica del credito non influisce sulla durata del termine prescrJzionale dei relativi interess, i, e che le vicende della obbligazione relative ad 1interessi gi� sorH, a:lla stregua dell'evidenziato nesso di accessoriet� genetica, sono del tutto indipendenti da quella della obbligazione principale, il cui prescriversi non importa di per s� la correlativa. prescnizione del diritto agli interessi (gi� maturati) e Ja cui interruzione del pari non si riflette automaticamente ed ope legis sul relativo termine prescrizionale. La contraria tesi dell'amministra;z;ione, che postula 1a coesistenza di autonomia (riflessa nell'orientamento giurisprudenziale in tema di termini prescrizionali) e di accessoriet� (che manterrebbe l'indissolubile nesso relativamente all'estensione dell'atto interiruttivo), si fonda su due ordini di argomentazioni: si richiama cio� da un fato alla disciplina speciale della legge n. 29 del 1961, che detterebbe la regola del computo degli interessi sv,incolandoli dalla regola dell'art. 2948 cod. civ. e si sostiene d'altro lato che rispetto ad un oredito contestato nel suo ammontare la pretesa di interessi non sarebbe ancora esigibile sicch� ex art. 2935 cod. civ. Ja prescrizione non potrebbe nemmeno cominciare a decorrere. 4. Ta1i argomenti non possono essere condivisi. Non sembra al Collegio che la speciale disciplina degli interessi moratoni ex lege n. 29 del 1961 sposti i termini del problema. Anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 20 del 1961, che ha dettato disposizioni di carattere generale in tema di interessi moratori per debiti di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, per la disciplina relativa doveva farsi ricorso alle norme del codice civile. In. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA base alla legge n. 29 del 1961 e 147 del 1962 si � stabilito che i! contribuente deve corrispondere gli interessi non gi� dal momento in cui la. imposta complementare � divenuta esigibile, essendo stata liquidata, ma dail momento in cui, con il presupposto dell'obbligazione, � sorto il diritto dell'erario a percepire l'imposta nel suo intero ammontare, commisurata al valore venaile dei beni quale risulter� dal definitivo accertamento; tale decorrenza retroattiva degli interessi resta, invece, esclusa, ogni qualvolta l'insufficiente dichiarazione possa qualificarsi come fatto non imputabile al contribuente. Questa 'impostazione attiene esclusivamente ,ahl'ipotesi in cui si .richieda una imposta complementare, e non potrebbe comunque applicarsi nel caso dii specie in cui si tratta di imposta suppletiva, �in col'.'rezione di un mero e11rore di calcolo, e vengono in considerazione interessi pretesi dal giorno della notifica della . ingiunzione, e non anche per il passaito. Ma nemmeno con riferimento all'iimposta complementare fa diversa soluzione che appare adottata dalla sentenza n. 831 del 1973, e n. 4090 del 1976, pu� essere seguita. Il proprium della disciplina introdotta dalla Legge del 1961 � stato, a parte la misura del tasso, la possibilit� di pretendere gli .interessi retroattivamente, ed � indubbio che questa retroattivit� incide sul momento genetico della obbligazione facendola discendere da un particolare evento, l'.imputabilit� al cont11ibuente della rita["data liquidazione, nel senso che fino a quando taile imputahiilit� non sia accertata non � possibile stabilire la decorrenza degli interessi medesimi, e quindi il dies a quo della p11escrizione agganciata al momento in cui il dirti.Ho medesimo pu� farsi valere. Ma la retroattivit� della pretesa non incide sulla adottata impostazione; il nesso fra l'obbligazione per interessi e quella tributaria si presenta invero con le medesime caratteristiche sia che l'evento da cui scaturisce J'obbligo accessorio si collochi in un dato momento temporale, sia che fo si faccia risailfre all'indietro poich� nella richiesta dell'imposta complementare non � mai .implicita, n� nell'uno n� nell'aJtro caso, anche la rrkhiesta di interessi. 5. Considerato, quindi, che l'obbligazione relativa agli interessi g1a maturati costituisca una obbligazione pecuniaria autonoma, che trova la sua disciplina prescrizionale nella disposizione dell'art. 2948 n. 4 ~in mancanza di disposizioni speciaili ad hoc dettate dalrla legge tributaria), deve ritenersi che il termine di prescrizione degli 'interessi non si aggancia a quello previsto per il tributo cui detti interessi accedono e che cos� come la presorizione del credito pr1ncipale non comporta automaticamente la prescriizione del credito relativo 'agli interessi maturati, l'interruzione della prescrizione riguardante il Ol'edito di imposta non si estende 'al credito per gli interessi indipendentemente da1la fonte deg1i interessi medesimi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (siano cio� essi regolati dalle disposizioni generali sulle obbligazioni pecu niarie, ovvero trovino fondamento in leggi tributarie speciali: nella specie le legg.i n. 29 del 1961 e 147 del 1962). Rrtiene cio� -conclusivamente -il Collegio che la posizione giurisprudenziale specifica al tema della interruzione, caratterizzata dalla affermazione di una regola Winterruzione de11a presarizione per pendenza di lite sul credito tributar-io si comunica agli interess,i con conseguente interruzioni e correlativa sospensione del termine quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, e.e. sino ,al passaggio in giudicato della sentenza, trattandosi di prestazione accessoria che segue nella disciplina giuridica la prestazione principale, operando la interruziione rrispetto all'intero rnpporto tributario, comprensivo di sorte ed interessi: Cass. 30/72, 645/73, 2023/73) e dalla introduzione di una eccezione (tuttavia l'interruzione non si comunica quando vengono in considerazione gli !interessi moratori previsti dalle leggi n. 29 del 1961 e !Il. 147 del 1962: Gass. 831/73, 1658/74, 4090/76) debba essere armonizzata e resa coerente con il iriconoscimento della autonomia dell'obbligazione di interessi per quanto attiene all'individuazione del termine di prescrizione fissato nell'art. 2948, n. 4, e.e. (Cass. 687, 686/80, 2414/79, 1884/77, 159/76, 3110/75, 1658/74, 2805/73, 2394/72). Ne consegue che tale autonomia, correlata a11a puntualizzazione in senso genetico del nesso di accessoriet�, comporta che l'iinterruzione operata rispetto al debito di imposta non impedisce che la prescrizione continui a decorrere rispetto ai relativi interessi, indipendentemente dalla contestazione riguardante il debito principale (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5349 -Pres. Sandulli Est. Lipari -P. M. Morozzo della Rocca (conf.) -De Laurentis (avv. Castana) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Camerini). Tributi erariali diretti -Accertamento -Motivazione -Imposta complementare � Tenore di vita � Accertamento sintetico -Legittimit�. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 137). Tributi erariali diretti -Accertamento -Metodo induttivo -Criteri di determinazione � Impugnabilit� � Limiti. Tributi erariali diretti � Accertamento -Metodo induttivo -Prova -Presunzioni � Caratteri. E non solo legittimo ma obbligatorio per l'uf�tcio controllare con metodo induttivo l'accertamento al quale si � pervenuti con metodo analitico ed allorch� fatti indice desumibili da varie fonti, e particolarmente i I 1: I 555 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dal tenore di vita, portino a ritenere le risultanze dell'accertamento analitico inadeguate all'effettiva capacit� contributiva del soggetto (1). Quando si procede all'accertamento con metodo induttivo si seguono criteri necessariamente empirici ed approssimativi sui quali si opera con un margine ineliminabile di discrezionalit�; la determinazione della base imponibile cos� ottenuta d� luogo ad una questione di estimazione di cui innanzi al giudice di terzo grado pu� essere verificata soltanto la congruit� della motivazione (2). La prova dei fatti sui quali si basa l'accertamento induttivo si concreta nella presunzione di un reddito superiore a quello risultante dalla determinazione analitica, ma non si tratta di una presunzione in senso tecnico regolata dalle norme civilistiche n� per la certezza dei fatti presupposti n� per l'esclusione della possibilit� di presunzioni di secondo grado (3). (omissis) Le censure che si sono venute diffusamente esponendo non sono fondate. Occorre al riguardo tenere distin1Ji, nei limiti 1istituzionali del giudizio di cassazione, i profili attinenti alla adozione del metodo induttivo da quelli che si riflettono esclusivamente sulla quantificazione del reddito, enuoleando ile doglianze riguardanti la pretesa inadeguatezza della decisione di secondo grado rispetto ai motivi prospettati in quella fase di giudizio (e sulle quali per fa verit� non si � pi� insistito nella memoria e nella discussione orale) dalle censure -1le sole giuridicamente rilevanti -che investono la motivazione della decisione della Commissione centrale. ~1-3) La sentenza non propone novit�, ma � da segnalare per la sintesi che opera nei molti problemi dell'accertamento ,induttivo. La prima massima � molto importante sulla enunciazione del principio (ancora oggi affermato dall'art. 38, quarto comma, d.P.R. n. 600/1973) che' � addirittura un dovere dell'Ufficio verificare se il risultato dell'accertamento analitico (che potrebbe essere un dato formalistico o troppo manipolato) corrisponde al reddito attribuibile al soggetto con un apprezzamento sintetico basato su fatti certi (Cass. 18 luglio 1979, n. 4261 dn questa Rassegna, 1979, I, 769; 5 marzo 1979, n. 1363,, in Riv. leg. fisc., 1980, 216). Importante � la precisazione della seconda massima: non si pu� pretendere di trovare nell'accertamento induttivo la precisione e la sicurezza che solo l'analisi pu� dare; non pu� essere eliminata una residua discrezionalit� (cui corrisponde una valutazione equitativa del giudice) che � tipica del giudizio quantitativo. Corollario di ci� � la non impugnabilit� in terzo grado dell'accertamento sinte1li:co se mm per tlJa congruit� deHa motivazione (Cass. 9 gennaio 11978, n. 48 in Riv. leg. fisc., 19718, 807; 8 agosto 1919, n. 4576, ivi, 1980, 706). La terza massima, infine, realisticamente riconosce che nel procedere all'acoertamento sriintetico non possono essere osserva1e ile regole probatorie civdJri:stiche, nemmeno 'per ci� che concerne ile presunziioilli (Cass. 8 novembre 1973, n. 2922, in questa Rassegna, 1974, I, 237). - 556 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Sotto il primo profilo della legitnimit� del ricorso al metodo di accertamento sintetico adottato dall'Uff�icio l'impugnata decisione appare inec cepibile. Esattamente la difesa de11'amministu:iazione osserva che sarebbe dcl tutto assurdo ipotizzare che il contribuente, con d'l 'reddito dichi:aTato nella misura di appena 20 milioni potesse mantenere il tenore di vita evidenziato dai fauti indice minuziosamente elencati nell'iatto di accertamento, e riecheggiati con grande precisione dalla decisione della Commissione centrale. Al riguardo l'a:rt. 137 del D.P.R. del 1958 � chiarissimo richiamandosi ail � tenore di vita del contribuente � o ad altri elementi o circostanze di fatto che fanno presumere un reddito netto superiore a quello risultante dalla determinazione analitica. Nell'interpretare tale norma questa S.C. ha avuto modo di osservia;re che in tema di imposta complementare sul reddito il ricorso al metodo sintetico, indubbiamente obbligatorio ai fini del controllo dell'esattezza del.l'accertamento �al quale si � 'pervenutLcon il metodo analitico, deve ritenersi legittimo, allorch� fatti indice desumibili dalle pi� svariate direzioni, e particolarmente dal tenore di vita del contribuente, portino l'ufficio a ritenere che le risultanze emerse attraverso l'adozione del metodo anaJ.itico, si manifestino inadeguate a rivelare l'effettiva capaJCit� contri 1 butiva del soggetto (Cass. 219/67, 571/73) poich� l'imposta colpisce tale capacit� non quale emerge attraverso la tassazione dei singo1i cespiti, ma nella globalit� rilevata da elementi ulteriori che concorrono ad evidenziarla (Cass. 2503/68). Condicio sine qua non per l'adozione di tale metodo � la fondata presunzione, di cui deve essere data prova, che esistano reddirni sottiratti interamente alfa applicazione delle relative imposte; in tal caso, poich� le risultanze analitiche non sono sufficienti a rilevare fa effettiva capacit� contributiva del soggetto, gli organi accertatori sono legittimati all'accertamento induttivo. Ed ovviamente il giudizfo circa. tale insufficienza, cos� come � insindacabile da pa:rte della Commissione tr:ibutaria centrale, non pu� formare oggetto di censura in questa sede di legittimit�. Nell'evidente sproporzione fra le risultanze della dichiarazione ed il tenore di vita 'elevatissimo, da cui ~mergeva che il contr.ibuente aveva sottratto �alla imposizione cospicui redditi, e -infine -nella constatazione puntuale delle relative circostanze va iravvisata l'adeguata dimostrazione dello espresso convincimento dei giudici di merito tributari, ratificato dalla Commissione tributaria centrale. Posto, dunque che il ricorso al metodo sintetico � legittimo ogni qualvolta l'ufficio ritenga che H reddito accertato attrave,rso il metodo analitico non corrisponda alla effettiva capacit� contributiva e poich� il relativo apprez;z;amento, ove non sia infidato da v:izi logici o giuridici, . r1111t1trlf1~rr@111~:t.fi1~~1r.r1:~1~i�~r1~:11111~tr~lrf111::111~1;1i;i1ir;,:;::r~fiiiri~irlfririltrirtirrt11111,,1111=:111:11r1r11~1r:11rtili-I ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA si sottrae a sindacato di legittimit�, non ~iova Tichiamarsi per negare l'applicabilit� di tale metodo alla possibilit� di integrazione correttiva della dichiarazione in via analitica fino al raggiungimento di redditi notevolmente superiori a quelili indicati ed abbastanza vicini a quelli indutti- vamente accertabili, essendo evidente che i giudici di meTito trJbutari hanno �ritenuto -sia pure �in via di motivazfone implicita ma certa che l'eventuale integrazione analitica non appaTiva adeguata a giustificare l'evidenziato tenore di vita. In effetti la difesa del contribuente, passando sotto silenzio la grave evasione da questi tentata dichiarando appena 20 milioni di redditi, laddove sarebbe stata possibile una ricostruzione analitica fino all'importo di 89 mHioni, fa leva sulila relativa vicinanza di questa cifra rispetto .all'accertamento sintetico di L 150 mi�Lioni negando che nel divario liinitato foa le due cifre si realizzi il presupposto necessario dell'assoluta inconoiliabilit� del tenore di vita stesso con il reddito accertato con tl metodo analitico. Ma, a parte la �eccessiva rigorosit� della formulazione cui H rJcor.rente .si riferisce, � evidente che ;l'adeguatezza del �reddito analiticamente accertato alla capacit� contributiva risultante aliunde, e precipualmente accertato dal tenore ili vita si risolve in un apprezzamento di merito, e non � imputabile a1l'ufficio (ed �alla Commissione che ne avalla le deduzioni) un errore di diritto, ma se mai un errore estimativo (come tale insinda<: abile in questa sede), laddove il parametro legale della adozione del metodo sintetico muove dalla rilevata. sproporzione fra il coacervo dei redditi certi conseguiti rispetto al tenore di vita r.icostruito suHa base degli indici posti a base dell'accertamento �sintetico; �e cevtamente non � irrazionale ipotizzare un'integrazione di 61 milioni nel divario ka le risultanze analitiche e quelle sintetiche. Sicch�, a tutto concedere, !'�addebito che si potrebbe muovere alla Commissione di merito � quello di non avere esplicitamente motivato al riguardo (dovendosi in proposito -come si � accennato -ipotizzaire una motivazione implicita) mentre non pu� farsi carico alla Commissione t11ibutaria centrale di non essersi occupata di un problema meramente estimativo, che esulava dalla sua competenza. In altre parole non pu� pi� discutersi in questa sede se l'accertamento (analitico) di 117 milioni fosse conciliabile con iJ tenore di vita puntualizzato con elementi di specifica evidenza nell'accertamento sintetico. E nel ricorso si tende a sovrapporre i profili deHa astratta possibilit� <li applicazione deWart. 137 t.u.i.d. da valutare alla s�tregua dell'accertamento concretamente operato con quelli attinenti �alla concreta congruit� <lei fatti indici e della loro quantificazione in termi1ni di 'redditi, esorhi-, tanti pacificamente dall'ambito di una censura di stretta legittimit�. 558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I 3. Ma una volta riconosoiuto che il'adozione del metodo sintetico � I r: stata conforme alla legge, il discorso estimativo, che fa difesa del conf.: tribuente imposta, riisulrt:a del tutto ster.ile, pretendendo di sottoporre a revisione oritica le vailutazioni operate le quaJ:i, proprio perch� espresse r~ in termini induttivi, non possono essere 1a risultante di un procedimento rigorosamente univoco nella quantificazione del rnddito. Come ha ben visto la Commissione tributar.ia centra:le, non si tratta di rinnovare in sede di ,leghtimit� quel giudizio, ma di controllare se il risultato cui si � giunti appaia congruamente motivato. Non giova quindi, contestare i criteri, necessariamente empirici ed approssimativi, cui si � fatto 'ricorso, poich� un margine di discrezionalit� non pu� non i.ineriire a 11agionamenti siffatti; e non giova nemmeno tentarn di trasferiire agli accertamenti sintetici il canone probatorio civilistico in tema di presun zioni, sia nella assunzione di fatti certi quali presupposti dell'operata inferenza, sia per escludere la possibilit� ,di utilizzare presunzioni di secondo grado, giacch� il rapporto tenore di vita-reddito presuppone necessariamente un �sistema di accertamento che gli indici di detto tenore monetizzi, desumendo dalla operata monetizzazione una misura di spesa che sottende un reddito adeguato al sostentamento anche di tali spese. L'accertamento induttivo si fonda suHa �presunzione� di un reddito netto superfore a quello :risultante dalla determinazione anaHtica, che non � fa presunzione in senso tecnico quale strumento di prova equipa rabhle agli altri offerti dell'ordinamento per giungere all'accertamento dei fatti, ma l'espressione di una discr.asia fra il modo di vita e le fonti di reddito che dovrebbero ma non sono in grado di giustificarlo, il che consente all'ufficio di determinare dette fonti non gi� attiraverso una rigorosa consecuzione di :l�atti noti e fatti ignoti, ma ipotizzando un reddito occulto, adeguato a spiegare i livelli di vita secondo una misura che non comporta necessariamente rispondenza fra entrate e spese, dov.endosi tene;r conto anche della quota di Tisparql!io tanto pi� cospicua quanto pi� sono alti i Tedditi di cui si pu� disporre. In questa prospettiva, quindi, gli elementi certi e positivi che ven gono in consiide.riazione sono' quelli a~sunti a fondamento della r.avvisata eccedenza del ireddito effettivamente goduto rispetto a. quello dichiarato (o comunque determinabile analiticamente). Una volta superata 1a soglia dell'accertamento sintetico, alla stregua dei suddetti elementi certi, la concreta determinazione del reddito 1risulta sganciata dai canoni probatori civilistici operanti in tema di presunzione. Non � certo in questa sede che pu� riesaminarsi iil problema <leUa disponibilit� -propriet� delle ville, del 'resto indicato abbastanza som. messamente; essendo comunque agevole ll'ispondere che sia l'ufficio, sia la commissione di merito si sono mosse nel presupposto che tali inte PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA stazioni fossero fittizie, 1rappresentando uno schermo a fini di evasione fiscale. E non sii pu� neppure riesaminare l'impostazione che ha portato a ravvisare distintamente l'onere per il personale dall'onere per la manutenzione delle ville. A parte il rilievo che Ja disponibilit� delle suddette ville rappresentava una fondamentale, ma non esclusiva componente del tenore di vita posto a base dell'accertamento sintetico, Ja relativa eccezione del ricorrente pecca di formalismo filologico, presupponendo una accezione del termine � manutenzione � in cui sia incluso anche il personale non esclusivamente addetto �alla custodia, Jaddove altro � provvedere a che un immobile non sii deteriori, altro � corredarlo di un servizio di alta classe con personale che sta a disposizione per <l'arco dell'iintero anno e non soltanto per il periodo di occupazione da parte del contribuente (e dei suoi ospiti). Anzi a questo riguardo appare veramente singolare l'argomentazione volta a sostenere che poich� le viLle non potevano essere occupate con.temporaneamente, ed erano tre, riJ reddito induttivamente accertato a\'rebbe dovuto essere ridotto ad un terzo (sicch� risulterebbe estremamente vantaggioso per .i contribuenti, adusi a dichiarazioni infedeli, disporre di qualche dozzina di dimore, comportando ci� a fronte di eventuali accertamenti induttivi U'Il .ridimensionamento del �reddito tale da sfiOt'are l'indigenza). Tutto �il discorso estimativo, pertanto; ..si sottrae a possibili censure limitate necessar~amente al giudizio espresso dalla Commissione tributaria centrale la quale non era tenuta a dare conto minutamente delle critiche volte contro la decisione. di secondo gmdo (e T�iecheggiate in questa sede) dovendosi tenere. dis~into -come si � gi� rilevato -il profilo attinente allia quantificazione del reddito, che ben si poteva esaminare davanti alla Commissione di merito, da quello sulla intrinseca logicit� e correttezza dell'apprezzamento reso da quel giudice, il solo ritualmente proponibile davanti al giudice di [egittimit� tributario (ed. a fortiori, ordinario). Ed, in questi Hmiti, la decisione della Commissione centrale nella sua lineare schematicit� e concisione, appare insindacabile poich� riconosce adeguato l'apprez:mmento estimativo reso in sede di merito, mentre il contribuente scattato il principio di iinversione delil'onere delle prove si � guardato bene dal fOI1Il:i!re La dimostrazione della sua scarsa agiatezza ed �anzi sembra dare per pacifica l'esattezza dell'accertamento analitico di 89 milioni. 4. La determinazione sintetica dei redditi, che trova giustificazione nella inconciliabilit� fra quelli emersi in via analitica e tenO!I'e di vita, facendo �presumere� l'esistenza di iredditi sommersi (ed occuhati), innesta un meccanismo che muo\'endo dagli indici .di capacit� contributiva che il suddetto Hvello di vita (-ed altre circostanze �rimesse alfa discre I ~ 560 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ ~ zionale rilevazione dell'ufficio) evidenziano, alla relativa determinazione ~i perviene non gi� secondo oriteri di ll1igorosa conseguenziariet�, ma attuanf.: i: do, Jn via di necessaria approssimazione, l'adeguamento del reddito � presunto � ai suddetti indici. i: In sede di legi!ftimit� H relativo procedimento applicativo pu� essere I censurato sotto l'aspetto deHa assoluta illogicit� e dehla irragionevolezza. I Ma le pur acute notazioni della difesa del contribuente non consentono di varcare la soglia della sindacabilit�. I Valgano, al riguardo, le brevi cons�iderazioni che seguono. L'ipotizzato rapporto da uno a cinque fra spese di manutenzione I delle villle e redditi globa'1i conseguiti appare tutt'aJtro che irrazionale, ed H .richiamo alla esteriorizzazione del tenore di vita propria del mondo cinematografico, non risulta determinante per infidado in radice, operandosi pur sempre secondo valutazioni latamente discrezionali il cui supporto di razionalit� risiede nell'ovvia constatazione che normalmente la spesa � indicativa di un corrispondente guadagno e non della contra IIzione di un debito; questo comunque � stato il parametro scelto dal legislatore che ha posto, dettando l'art. 137, l'equazione dalla quale l'interprete non pu� prescindere (e del resto il nostro ordinamento tribu-" ~ < tario ha conosciuto imposte sulla �spesa�: tipioa in questo senso il'imposta & di famiglia). i Il Ma se la spesa deve correlarsi 1ad un reddito (presunto) � perfettamente coerente l'ipotesi di accertamento sintetico che si basi sul carattere valutario de1la spesa medesima, sull'a!Hssimo standard di vJta che essa postula per monetizzare il reddito presunto ad un livello assai elevato. ili � certo che nessuna legge, n� economica n� giuridica, impone ai f.: soggetti passivi delfimposta complementare (ed oggi della IRPEF) di mantenere un certo Tapporto f:tia detti costi voluttuari ed ii redditi effet . '�) . . .. , ' . ' . If. " ' t1vamente ~conseg�1t1. Ma � altrettanto certo che comporta un mdubb10 *-; nucleo di razionalit� il ~�gionari�ento che alla entit� di varie spese voluttuarie concretamente individuate (e che sono tutte quelJe tn ipotesi Ii sostenute, potendosi inferire che il contribuente il quale mantenga ville, motoscafi etc. si conceda secondo analoghi canoni i lussi pi� raffinati I che offre ila moderna societ� consumis1lica) fa corrispondere altre spese per cos� dire ordinarie, ipotizzando che non tutto il reddito guadagnato venga speso. Al riguardo sembra totalmente reversibile il Tagionamento I svolto nella memoria, secondo cui gli enormi costi col'rispondenti ad un f:'i:: elevatissimo costo di vita, esaurirebbero H reddito, senza maTg1ni di i.l risparmio; vero �, invece, che i redditi medi e bassi offrono scarsa I;' possibilit� di risparmio, mentre l'accantonamento di parte del reddito, e secondo aliquote proporzionali sempre pi� cospicue si cOI'I1ela al pro� ~gressivo aumento dei redditi la cui entit� consente pi� ampi margini di ~: ! capitalizzazione. -I r: 111&111i11:rEP1Jr1111=�r!lm1110;~mw&1!r!tffi1;m=\it:1=1~;~1:::rmr111w1~11r1i11:!!1111%1111&&1lflllilrrrltlfltlj PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 561 Ci� posto ~l procedimento che muove da fatti specifici per enucleare una spesa, sia pure induttivamente determinata, e per tale spesa valorizza �Come indice del reddito espresso secondo un moltiplicatore della spesa stessa non incontra le critiche che si muovono secondo gli schemi della prova presuntiva, $�aoch� l'accertamento induttivo non � ingabbiato dalle reg�le di detta pro~a, se non nel si:i.o momento generico lin quanto pu� essere invocato solo se vengano evidenziati elementi che indicano i['ufficio a ritenere �presuntivamente� che .il credito effettivo sia superiore a quello dichiarato (od analiticamente rettificabile). Una volta evidenziata, eventualmente, attraverso strumenti presuntivi, la misll!ra del tenore di vita e le altre circostanze postulanti la percezione di redditi in misura superiore alla determinazione dell'ufficio. l'.accertamento sintetico si muove nel senso di colmare tale divario la cui entit� dipende dal rapporto J�ra detti indici ed il reddito mediante presupposto dal loro venire in essere. Non giova obiettare che l'accertamento induttivo deve comunque fondarrsi su fatti precisi e concreti, giacch� si rischia di confondere 1i fatti che giustificano l'adozione del metodo (e sono queHi che nella specie, sono stati enucleati nell'accertamento, diretti appunto ad eviden~iare il divario fra redditi denunciati e redditi presunti) con i parametri valutativi della �entit� dell'operato accertamento necessariamente governati da margini di elasticit� applicativa (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 ottobre 1980, n. 5381 -Pres. Marchetti Est. Corda -P. M. Antoci (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota) c. Soc. Val di Sole. Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Vendita di negozi unitamente all'intero .fabbricato -Nozione di intero fabbricato -Riferimento alla licenza � edilizia -E5cJusione. (!. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17). La nozione di �intero fabbricato� necessaria per fruire dell'agevolazione dell'art. 17 della Legge 2 luglio 1949, n. 408, per la vendita di negozi � empirica e va determinata caso per caso; non pu� invece utilizzarsi a tale fine il riferimento alla licenza edilizia (1). (1) Si deve riconoscere che il criterio formale del :dferimento alla licenza edilizia non pu� funzionare sia perch� la licenza potrebbe riguardare una parte soltanto dell'intero fabbricato ovvero pi� fabbricati autonomi, sia perch� l'agevolazione dell'art. 17 � sganciata da11a licenza edhliizia ed applicabile, almeno fino all'entrata in vigore d:el'l'amt. 15 della ~egge 6 agosto 11967, n. 765, aHe case costruite senza licenza purch� effettivamente abitate. 562 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Con l'unico motivo di censu:ria, la ricorrente amministrazione Finanziaria denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 17, secondo comma, della legge 2 luglio 1949, n. 408 e sostiene ohe per � intero fabbricato � (unitamente al quale il � negozio � deve essere venduto, per beneficiare della agevolazione tributaria concessa con la norma predetta) deve intenderrsi tutta la costruzione che ha formato oggetto della autorrizzazione contenuta nella licenza edilizia, non gi� una parte del fabbricato stesso, anche se � funzionalmente autonoma� (come ha ritenuto la sentenza impugnata). Il ricorso � infondato. L'art. 17 della legge 2 luglio 1949r n. 408 (per questa parte rimasto in vigore, dopo le modificazioni ailla legge), il quale concede la riduzione a met� dell'imposta di registro e al quarto dell'imposta ipotecaria ai tmsferimenti delle � case di abitazione, ,anche se comprendono uffici e negozi, che non abbiano il carattere di abitazione di lusso�, stabilisoe, nel secondo comma, che daJl'agevol:a:tione � esclusa la vendita dei negozi, qualora la stessa �'llon sia effettuata con Io stesso atto con il quale viene trasferito l'intero fabbricato �. Ora, i:Amministrazione Finanziairila -per negare che i.I beneficio potesse essere applicato alla vendita di un negozio (irn realt� un denominato �magazzino�; ma � pacifico, in fatto, che. si trattasse di un locale soggetto alla disciplina dettata per i �negozi�) comprreso neMa porzione �da cielo a terra� del fabbricato in questione -sostiene che il concetto di � intero fabb:rifoato � pu� essere definito solo con riferimento al contenuto della licenza edilizia. L'intero fabbricato, cio�, sarebbe tutta la costruzione che aveva forrmato oggetto deUa autorizzazione contenuta nella licenza edilizia; '<li modo che, nel caso concreto, rriguairdando ~a � porzione da cielo a tellra � solo una parte della costru2lione � autorizzata�, l'agevolazione do:i.rrebbe .essere esclusa. Tale assunto, che pure avrebbe il pregio di fornire un metro uniforme per fa concreta concessione del beneficio, non ha, perr�, un sicuro aggancio alla voluntas legis, sia perch� nella norma in questione non � fatto riferimento alcuno ,aJl'oggetto deHa licenza edilizia, sia, sopratrtutto, perch� l'uso di termini di significato quanto mai generico (quali �case, negozi, fabbricato�) lascia chiaramente intendeTe che il legislatore ha voluto, in subiecta materia, adottare un criterio empirico, rimettendo cio� all'interprete di stabilire, di volta in volta, il ilimite e l'estensione dell'intero fabbricato. Del resto, proprio il fatto che il ~egisfatore non abbia dato la definizione di � fabbricato �, ed abbia, 'anzi, adopernto quel termine, che � il pi� generico possibile per indicare i manufatti dell'habitat umano, chiaramente significa che ha inteso lasciare all'interprete di stabilire, in base al suo prudente apprezzamento, quando una vendita riguardi l'intero fabbricato, ovvero una sola parte di esso. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA �, pertanto, vero che iJ giudice, nel dichiarare che una vendita ha avuto ad oggetto l'intero fabbricato, deve dare conto di tale suo convincimento. Ma, nel caso di specie, non pu� certo negarsi che taile obbligo di motivazione sia stato adempiuto, avendo i giudici bolognesi desunto tale loro conclusione dal fatto che Ja porzione di immobile venduta era caratterizzata da una �autonomia funzionai.e �. In altri termini, detti giudici hanno ritenuto per implicito che quello di � intero fabbricato � era un concetto empirico e, pertanto, lungi dall'esprimere una regola giuridica di carattere genemle, hal][lo affermato che, nel caso concreto, il requisito della �interezza� poteva essere desunto dal fatto che la porzione di immobile venduta (nella 9uale era compreso anche il � negozio �) aveva una fisionomia e una comp1etez2Ja individuale. Ora, chiarito in �tali sensi H reale significato della motivazione espressa dal giudice di appello, non pu� non rilevarsi che l'Amministrazione ricorrente (attardatasi nella impossibile dimostirazione di una regola generale va1ida per ogni possibile fattispecie concreta) ha completamente omesso di censurare la motivazione stessa sotto l'unico profilo possibile, ossfa come ragionamento volto a sorreggere un accertamento di fatto (avirebbe, in ipotesi, potuto denunciare che i giudici di appello non avevano seguito un ragionamento logico, quando av�evano affermato che Ja porzione di edificio in questione era caratteruzzata da una �autonomia funzionale�). Il principio giuridico enunciato in questa sentenza -secondo cui il legislatore, adoperando la generica locuzione � mtero fabbricato � e omettendo completamente di definire .H concetto di �fabbricato�, ha �lasciato libero l'interprete di stabilire, volta per volta, in base alle concrete circostanze, se anche la semplice porzione di un pi� vasto edificio possa essere considerata, essa stessa, come �intero fabbricato� -si rinviene, del resto, implicitamente recepito da una precedente pronuncia di questa Corte. Con la sentenza 13 luglio 1979, n. 4078, infatti, l'analogo ricorso dell'Amministrazione Finanziaria era stato rigettato sul rilievo che �appariva immune da vizi logici e giuridici '1a motiv~ione espressa dai giudici del merito a sostegno della conclusione che, in fatto, la porzione di immobile venduta era � funzionalmente autonoma�, tanto da poter essere considerata come �intero fabbricato� (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1980, n. 5516 -Pr.es. Mirabelli -Est. Bologna -P. M. Minetti (conf.) -Bilancioni (avv. Bracci) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato D'Amico). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Impugnazione alla corte di appello � Domande nuove � Improponibilit�. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40; c.p.c., art. 345). Il ricorso alla corte d'appello disciplinato dall'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 non � un'azione autonoma bens� una impugnazione nella 564 RA!j;SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale, essendo applicabile l'art. 345 c.p.c., non sono proponibili domande non proposte nei gradi inferiori (1). (omissis) Con il primo motivo del ricorso principale si deduce che erroneamente la Corte d'.appeHo aveva dichiarato inammissibili akuni motivi del gravame proposto davanti alla medesima (esistenza di una pretesa societ� di fatto tra il Bilancioni ed il frateHo, difetto di motivazione dell'accertamento, pretesa duplicazione d'imposta) m quainto non formulati davanti alle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado; secondo il ricorrente, all'impugnazione deHa decisione della Commissione tributaria di secondo grado davanti ailla Corte d'appello ai sensi dell'art. 40 del D.P.R. n. 636 del 26 ottobre 1972 dovrebbe essere :riconosciuto carattere autonomo con riferimento ai poteri dell'autorit� giudiziaria ordinaria ed in detta sede do\llrebbe ritenersi ammissibile sollevare anche per la prima volta �questioni di legittimit� sostanziale�. La censura � infondata. Avendo riguardo al citato art. 40 ed alla disciplina del ricorso alla Corte d'Appello avverso le decisioni delle Commissioni Tributarie di secondo grado si :rileva che dette decisioni, in quanto non abbiano formato oggetto di ricorso alla Commissione tributaria centrale; possono essere impugnate entro novanta giorni davanti alla Corte d'Appeno (nel cui distretto ha sede la Commissione che ha emesso la decisione impugnata) per violazione di legge e per questioni di fatto, con esclusione di quelle relative a valutazione estimativa ed alla misura delle pene pecuniarie. Ed ai sensi del quinto comma della medesima dispos1izione nel procedimento davanti ailla Corte d'appello debbono essere applicate le nonne del Codice di procedura civile sul giudizio di appello, salvo quelle non compatibili con la natura del rapporto �tributario. In relazione a ci�, nel procedimento impugnativo davanti alla Corte di appello, previsto dall'art. 40, d.P.R. n. 636 del 1972, deve trovare applicazione l'art. 345 c.p.c. comminante il divieto di domande nuove nei giudizi di secondo grado; e precisamente deve trovare applicazione il principio desumibile da tafo disposizione, secondo cui il divieto di domande nuove deve essere inteso nel senso che restano precluse '1e domande dirette aHa �trasformazione obiettiva del contenuto intrinseco della natura (1) L'affermazione della p:tiima parte della massima, per quanto evidente, � sempre opportuna per dare la giusta collocazione all'impugnazione di terzo grado. E' quindi una ovvia necessit� conseguenziale ritenere improponibili le domande non proposte in primo grado e non riprodotte in appello (27 aprile 1979 n. 2439, in Riv. Leg. fisc. 1%9, 1964). Se mai si dovrebbe valutare se per l'impugnazione di terzo grado non valgono limiti ancor pi� stretti di quelli dell'art. 345 c.p.c. che riguarda l'appello. r f il ~: ~~Ar- . �: ~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA e del fondamento della pretesa formulata in primo grado, dei relativJ presupposti di fatto e delle �situazioni giuridiche corrispondenti, e presupponenti nuove indagini su elementi di fatto diversi da quelli dedotti a fondamento della pretesa origina:riia. Il divieto di domande nuove in 1appello nel senso suindicato � pienamente compatibile con la natura del �rapporto tributario, cui non pu� essere est11anea .l'esigenz;a di una ordinata e coerente disciplina delle controversie tributarie secondo una articolata previsione dei gmdi di giudizio e dei relativi procedimenti, cos� come risultanti dal vigente contenzioso tributario (D.P.R. n. 636 del 26 ottobre 1972). Ed al riguardo pu� essere opportuno precisare che anche sotto la vigenza del precedente ordinamento delle controversie tributarie (R.D. 8 Juglio 1937 n. 1516) erano ritenute appUoabili tutte Ie norme ed i principi genem1i del dlaiitto processuale comune, che non trovassero nelle leggi speciali una deroga espressa e che non fossero con esse contrastanti (Cass. 1971 n. 489; 1970 n. 2081 ed altre). N� appare utile il richiamo (contenuto nel ricorso) alla sentenza di questa Corte n. 4462 del 1977, nella quale fa proponibi.Jit� di una questione messa davanti al Giudice ordimaTio dopo l'esperimento dei ricorsi aJle Commissioni tributairie � ammessa soltanto quando la questione stessa verta sull'esistenza di un vizio radicale e sostanzfale comportante la nullit� assoluta dell'atto impugnato e sia 11ilevabi:le d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento tributario avente per oggetto l'atto medesimo. Invero le questioni sollevate per la prima volta davanti alla Corte di Ancona ai sensi dell'art. 40 D.P.R. n. 636 del 1972 non deducevano alcun vizio radicale dell'atto di accertamento gi� impugnato davanti alle Commissioni tributarie e non si traducevano in nullit� assolute rilev1abm ex officio in ogni stato e grado del procedimento tTibutario, 11iguardando la pretesa esistenza di una societ� di fatto T!:'a il l'icorrente ed il fratello, il preteso difetto di motivazione dell'accertamento fiscale, una pretesa duplicazione di imposta. Con il secondo e terzo motivo, che debbono essere esaminati congiuntamente in ragione della stretta connessfone deUe censure, si deducono la violazione dell'art. 65 D.P.R. n. 645 del 1958 e vizi di motivazione, peT non avere fa Corte di merito �adottato corretti criteri e per avere quimdi esclusa la natura agricola, ed affermata quella industr:iale del reddito percepito dal :ricorrente, e per non avere dato rilievo alJa documentazione riguardante il rapporto tra la superficie dei terreni uti~ izzati ed il numero dei capi di bestiame allevati sui terireni stessi. Le censure sono infondate. Ai fini della distinzione tra reddito ag11airio e reddito commerciaJe ed industriale avendo riguardo al contenuto degli arrtt. 30 legge 8 giugno 1936 n. 1231 e 65 del T.U. sulle imposte dirette (D.P.R. n. 645 del 566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1958), si deve osservare che i criteri l�gali di ider:itificazione del reddito agrario, desumibili dall'esistenza di attivit� rientranti nell'esercizio normale dell'agricoltura secondo 1a tecnica che la governa e coerenti ai limiti di potenzialit� del fondo, privilegiano l'indagine oggettiva circa la normalit� (in relazione all'esercizio di un'rimpresa agricola) �di quelle attivit� che non siano definibili come strettamente agricole ma che siano riconducibila. all'impresa agricola stessa in armOillia con '1a potenzialit� agraria del fondo uti1izzato. Sostanzialmente a detti criteri si � ispi['.ata ,fa sentenza impugnata, la quale ha ritenuto di poter rigettare fa tes�i del .ricorrente, secondo cui iJ suo reddito avrebbe dovuto essere qualificato come agricolo in quanto prodotto nell'ambito di una azienda agricola e con il capitale di esercizio .ad essa specificatamente destinato e nei limiti de11e esigenze dell'azienda stessa. A:I rigetto la sentenza � pervenuta, con motivazione adeguata, sulla base delle prove acquisite e valutando le dichiarazioni della medesima paTte interessata re1ativ:amente ai :redditi per J'anno 1973. In particolare Ja motivazione dei giudici d'appello ha fatto riferimento ai documenti forniti dalla guardia di finanza di Fossombrone e comprovanti la qualit� di allevatore di bovini propria del Bilanoioni, il numero dei capi di bestiame (varie centinaia) l'utilizzazione di operai, l'dnsufficienza del terreno 1a disposizione (tre ettari) alle esigenze della attivit� armentizia del BHancioni, la necessit� per quest'ultimo di prendere in affitto terreni altrui per �riaccogliere il mangime necessario al suo bestiame. Inoltre il Bilanoioru ha dichiarato di avere esercitato nel 1973 attivit� industriale del medesimo tipo di quella in questa sede contestata. Gli ulteriori riilievi critici del ricorrente circa un presunto travisamento dei fatti di causa, conseguente al travisamento delle �risultanze processuali, esulano dai limiti del sindacato di Jegittimit� di questa Corte, Ia quale ha sopra �rileV'ata la presenza di sufficiente e corretta motiivazione della sentenza impugnata (Cass. 1978 n. 2387 ed altre decisioni), e si isp�'rano piuttosto �ad una ipotesi di causa di revocazfone secondo l�. previsione del n. 4 dell'art. 395 cod. proc. civ. Sembra conclusivamente a questa Corte che nel complesso delle sue censure iii ricorrente solleciti il riesame del merito della controversia, proponendo un confronto 1lra gli elementi probatori utilizzati dai giudici di Appello e quelli che -secondo Ie sue difese -sarebbern pi� rispondenti alla realt�. Con il ricorso incidentale, che deve essere qualificato come condizionato in ragione del suo contenuto e deHa sua incidenza su punti di diritto che potrebbero assumere �rilevanza solo per effetto dehl'accoglimento del ricorso principale, la amministrazione finanziiaria delJo Stato deduce la violazione dell'art. 15 del D.P.R. n. 636 del 26 ottobre 1972 per avere la Corte di Merito ritenuto erroneamente che il ricorso del BHancioni alla PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 567 Commissione tributaria di primo grado contenesse la specificazione dei motivi, mentre il ricorso stesso denunz~ava genericamente ed apoditticamente l'eccessivit� dell'accertamento. Il ricorso incidentale condizionato deve iritenersd assorbito a seguito del rigetto del ricorso pr�ncipale 'e della conseguente conferma dell'accertamento tributanio :a oarico del Bilam.cioni. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre 1980, n. 5563 -Pres. Mirabelli -Est. Lipari -P. M. Caristo (conf.) -Ministero de1le Finanze (avv. Stato Gargiulo) c. Tino. Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Interpretazione dell'atto Negozio collegato -Ricostruzione dell'effetto unitario di pi� atti Legittimit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; 1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13). In base all'art. 8 dell'abrogata legge di registro per determinare l'intrinseca natura e gli effetti dell'atto indipendentemente dalla forma apparente, � consentito valutare l'effetto unitario prodotto da pi� negozi collegati (applicazione all'ipotesi di vendita di area edificabile collegata ad appalto per la costruzione di una casa con il che si realizz� il risultato di una permuta) (1). (omissis) 1. Si discute in causa del regJ.me di tassazione, ai fini della applicazione dell'imposta di registro, di due atti che, secondo i contribuenti, concernendo rispettivamente la vendita di un'area fabbricabile e l'appalto per la cos1l~ione di case di abitazione, :f�ruirebbero entrambi delle agevolazioni di cui alla Legge n. 408 del 1949, mentire secondo l'amministrazione finanziaria, nel reciproco collegamento negoziale, verrebbero a realiz:zJare una permuta di terreno con costruendi appartamenti da assegnarsi �in propriet� al venditore del suolo, la quale, concernendo il trasferimento di cosa futura, non � ammessa all'agevolazione. Le Commissioni tributarie hanno disatteso ila tesi della Finanza, facendo esclusivamente leva sul tenore letterale (se non addirittura sulla intitola:zJione) degli atti contrattuali comportanti da un lato vendita dei diritti di propriet� con riserva superficiaria, rispetto alla quale era stato esercitato lo ius aedificandi, dall'altro la stipulazione di un appalto. (1) Viene opportunamente rinverdita una proposizione esatta, ma che trova molti contrasti (cfr. Cass. 9 maggio 1979 n. 2658, in questa Rassegna, 1979, I, 757, con richiami). Il RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Ed anche La Commissione centrale S!�. � limitata ad osservare che nel rogito Sarno del 4 ottobre 1971 Ja vendita deH'area noo era stata effettuata contro il corrispettivo di unit� immobilia11i da costruirsi, ma per il prezzo dich1arato di 12 milioni e che neH'atto ei:ia contenuta soltanto la riserva di favore dei venditori di diritti superficiari; e che l'uti lizzazione di dettii diritti per la costiruzione in appalto di appartamenti si era avuta mediante autonomo negozio sottoposto �a registrazione. Con l'unico motivo di ricorso llamminist11azione delle finanze lamenta che i giudici tributari Sii. sono sottratti al fondamentale dovere cli stabi1ire se sussistesse il collegamento fra i due negozi interpretati alla stregua della fondamentaile disposizione dell'art. 8 della 1legge di iregistro, che impone di aver riguardo all'intrinseca natura ed agli effetti degli atti e dei trasferimenti anche se non vi co:r.risponde til titolo e ~a forma apparente e sostiene che di conseguenza la motivazione dell'impugnata decisione risulta del tutto carente. Ritiene il CoHegio che la censura colga nel segno e debba essere accolta, disattendendo preliminarmente le eccezioni di 'iillammissibHit� dedotte dai resistenti. (omissis) (omissis) 5. In questa sede di legittimit� non si t�ratta di verificaire se la soluzione giuridica sottoposta dall'ammdnistrazione finanziaria dello Stato ana Commissione Tributaria Centrale fosse esaHa, ma di controllare se il risultato cui � pervenuta tale Commissione sia sorretto da esatti criteri giuridici, e se la decisione possa ireggersi, pur avendo totalmente pretermesso l'esame delle tesi svolte dalla Finanza. Orbene appare pienamente� centmta la censura della difesa erariale che addebita alla decisione impugnata di non avere affatto affrontato q�ello' che era il problema fondamentale della causa, che comportava l'indagine suHa possibilit� di un collegamento negoziale fra due distinti atti ai 'fiili della imposfaione di tregistro�� (possibilit� che viene data per presupposta nel ricorso) e della lettura degli atti cos� collegati secondo un criterio interpretativo basato su1l'art. 8 della �brogata legge di registro (applicabile ratione temporis alla fattispeci� e che comunque � stato sostanzialmente recepito anche nell'art. 19 del D.P.R. n. 634 del 1972). Invece <la decisione 'impugnata si � basata sulla rilevazione puramente �estrinseca del nomen iuris attribuito al negozio. Ma � noto �he il nomen �iuris se, in liinea di principio, non ha particolare peso di carattere-esegetico quando si tratta di qualificare il contratto, ne ha ancor meno in tema di imposta di registro, tenuto conto dell'art. 8 della legge del 1923 (e dell'art. 19 di quella vigente) in cui si impone di considerare l'atto oggettivamente per gli effetti giuridici che esso � potenzialmente idoneo a produrre, �anche se non rientranti ne11a previsione delle Pii!rti, purch� �riconducibili allo schema negoziale iricavabile dalle clausole del documento presentato per <la registrazione. E se Il PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA esiste contrasto fra il titolo del negozio ed ii.il suo contenuto, ai fini deM'esatta tassazione deve essere ricercata l'efi�ettiva portata dell'atto, senza possibilit� di fermarsi aHa denominazione ed alla forma (Cass. 2306/73, 2349/72, 1808/72, 2623/70, 1192/67, 326/65). L'indagine sulil'intirinseca natura giuridica e gli effetti giuridici di un auto, ai sensi dello art. 8 oit., pur dovendosi fondaire principalmente suJ documento presentato per la registrazione, pu� avvalersi di elem_ent1i es�tri.nseci all'atto medesimo, che 1I1e costituiscano il presupposto, comunque siano ad esso connessi. Pertanro � stato ritenuto che una permutJa di immobile contro buoni del tesoro, a1tJraverso H collegamento di una pregressa donazione dei buorni medesimi avvenuta fra le stesse parti, possa evidenziare '1'�efi�etto indiretto del trasferimento gratuito dell'immobile, giustificando l'app1ioazione del pi� oneroso trattamento tJributaTio pTevisto per la donazione immobiLiare (Oass. 2658/79). Ed invero il princi: Pio secondo cui il contenuto e la natura dell'atto da registrarsi debbono ricavarsi esclusivamente dalle clausole di esso, senza possibilit� di modificarne od integraTne i risultati, in base ad elementi desunti aliunde, deve trovare limitata attua2lione nei casi in cui -l'esame di altTi elementi, estrinseci al.il'atto da tassare, ma coi quali siano oohlegati, o ne costituiscano il presupposto, possa condune ad una diversa valutazione di esso, fermo restando che, in ogni caso, oggetto principale dell'indagine resta !i�l testo dell'atto da sottoporire all'imposta di Tegistro, la quale lo colpisce per le dichiarazioni ivi racchiuse e per la potenziale idoneit� de1l'atto stesso a produrre gli effetti giuridici di cui � capace, in relazione al contenuto ed alla natura suoi propri (Oass. 1737/76). Si deve quindi, ritenere 11a possibiHt� di operare un collegamento negoziale e di avvalersi di tale collegamento per interpretare il testo dell'atto principale, non gi� alla stregua dei meni canoni della letteralit�, ma considerando tutta �la potenzialit� delle clausole. medesime, poste in relazione fra loro per ricercare 1l'effettivo intento pe!rseguito ed attuato dalle parti, indipendentemente dal nomen iuris prescelto, ed addirittura, oltre tale intento soggettiv�, la oggettiva portata del regolamento nego ziale attuato (1123/78, 5693/78). La circostanza che l'imposta di registro_ sia un'imposta d'atto non .significa che la sagace segmentazione di un disegno inegozdale untitario in una pluralit� di atti impedisca di collegare i nrammenti e ristabilire l'unit� suscettibile di qualificare secondo una particolare accentuazione lo specifico atto (principale) considerato, quando esso va ad !inserirsi in un pi� articolato �regolamento di interessi. Se fosse vero il contrario, l'artificio di CTeare una pluralit� di atti consentirebbe di eludere l'imposizione. E l'unitar.iet� del disegno, e quindi l'opportunit� di procedere ad una valutazione globale, risulta ancora pi� chiaramente quando g1i atti colle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gati sono stati posti in essere ne11o stesso torno di tempo, fra Je stesse parrti. 6. Il vizio della decisione in esame �, quindi, essenzialmente UIIl vizio che attiene ad uno scorretto uso dei canoni 'ermeneutici per essersi limitata fa Commissione centrale alla considerazione della mera apparenza degli atti negoziali in 'esame, senza procedere alla analitica rilev:azione delle clausole dei medesimi, soffiermandosi sul collegamento delJe clausole stesse all'interno di ciascun nego:llio, ed ulteriiormenrte sul collegamento fra negozi che sarebbe potuto emergere dall'interconnessione di dette clausole. Questi rilievi non depongono direttamente ed. immediaitamente per l'affermazione della fondatezza della pretesa del fisco, che potrebbe trovare un'addentellato nella sentenza n. 604 del 1967 ma consentono sicu~ amente di riconoscere che la decisione 'impugnata si � sottratta al fondamentale compito di valutare la tesi dell'ufficio alla fooe de11'art. 8 della Jegge di registro ed alJla stregua del collegamento che legava !La c.d. compravendita all'appad.to e che era �suscettibile di dare fondamento ad una pretesa tributaria che 'l'intestazione e la lettem dell'atto non :giustificavano. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6260 -Pres. Sposato -Est. Canti:llo -P. M. Grossi (conf.) -Soc. Export Preservfa1g c. Ministero de11e Ftinanze (avv. Stato Mari). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Prescrizione e decadenza Atti soggetti a condizione sospensiva -Deliberazione di aumento di capitale � Decorrenza dalla denuncia dell'avvenuta sottoscrizione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 137; I. 15 febbraio 1949, n. 33, art. 7; d.P.R. 26 ottobre 1~72, n. 634, art. 18, 26 e 74). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Atti soggetti a condizione sospensiva -Registrazione 'Prima dell'azzeramento -Consolidazione del criterio .di tassazione -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 17; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 26). Le deliberazioni societarie di aumento di capitale sono considerate .ai fini dell'imposta di registro (nella abrogata come nella vigente legge) atti soggetti a condizione sospensiva; di conseguenza il termine di prescrizione (o di decadenza) per pretendere l'imposta proporzionale comincia a decorrere dalla data di avveramento della condizione, ossia dalla data della denuncia dell'avvenuta sottoscrizione delle azioni o quote (1). (1-2) Decisione di evidente esattezza che sottolinea la conservazione del prindpio dalla vecchia alla nuova legge di registro. Sulla prima massima v. Cass. 18 giugno 1973, n. 1793, in questa Rassegna 1973', I, 938. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Agli atti soggetti a condizione sospensiva, che vengono inizialmente registrati con la percezione dell'imposta fissa e solo dopo l'avveramento della condizione con l'imposta ordinaria, non � applicabile la regola della consolidazione del criterio di tassazione con riferimento alla prima registrazione (2). (omissis) Con i primi due motivi di ;ricorso, che vanno esaminati insieme perch� connessi, la societ� :ricovrente oritica sotto due profili la sentenza impugnata neHa parte in cui ha affermato che, nel vigore della precedente disciplina della imposta di registro, il termine di prescrizione entro il quale l'Amminis�trazione doveva accertare iJ. diritto all'esenzione dal tr:ibuto, invocata per le delibere di aumento del capitale sociale, decorreva non dalla registriazione dell'atto ma dalla data della denuncia di sottoscrizione de1le �azioni. DenunZJiando ila violazione dehl'art. 137 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 e dell'art. 7 1. 15 febbraio 1949 n. 33, nonch� vizi della motivazione, anzitutto contesta che la prima di ta1i norme, riguardante la prescrizione nei negozi sospensivamente condizionati, sria applicabile alle delibere in questione, assumendo che il rifer�imento al Tegime fiscale di siffatti negozi, racchiuso nella seconda deposizione, debba r:itenerisi circosc11it1to al procedimento di tassazione e perci� non comporti deroga alla regola per cui la prescrizione decorre dalla data della formalit�; in secondo luogo, sostiene che il principio applicato dalla sentenza di merito valga per la determinazione del quantum del tributo, non anche per la qualificazione giuridica dell'atto e per ogni altra questione attinente al titolo di tassaZJione, come, appunto, ila veDif�ca dei presupposti del diritto all'esenzione, non avendo alcun rilievo, r.ispetto ad essa, la successiva denuncia di sottoscrizione delle azioni. Entrambe le censure sono infondate. La prima si infrange entro il consolidato indirfazo di questa Corte, la quale ha da tempo chiarito, nell'eseges�i dell'art. 7 del1a 1. n. 33 del 1949, che fa delibera di aumento di capitale del.le sooiet� aventi personalit� giuridica viene assoggettata, ai fini della legge di registro, allo stesso regime degli atti sospensivamente condiZJionati, giacch� la definitiva liquidazione dell'imposta -provvisoriamente percepita in misura filssa -� subordinata e commisurata al concreto aumento dcl capitale, reaHzZJantesi con la sottosorizione (o il collocamento) deille nuove azioni o quote; e che pertanto a tali de1ibere sono applicabili, tin vlia principale, itutte le norme riflettenti gli atti sottoposti a condizione sospensiva, ivi comprese quelle sui termini di prescri2lione, con 1a conseguenza che !i.l didtto della finanza� all'imposta propornionale dovuta sugli aumenti di capitaie si prescrive, ai sensi dell'art. 137 cit., nel termine di tre anni decorrente dalla data della denuncia di sottoscnizione del nuovo capitale o, in caso di mancata denuncia, col decorso di venti anni da1la data della sottoscrizione medesima (cfr., fra altre, sent. n. 1793 del 1973). 572 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO � i:l caso di aggiungere che il principio deJl'assimilaZJione agli atti conddziionati � stato puntualmente riprodotto dalla nuova legge di registro, disponendo l'art. 26, ultimo comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 che gli aumenti di capitale, attuati nel modo suddetto, � si considerano sottoposti alla condizione sospensiva della sottoscrizione o del coHocamento �, e l'�art. 74, secondo comma, che il termine di decadenza dell'azione deHa finanza (prevista in luogo della prescrizione) decorrn dalla dat�a della presentazione della denuncia di cui a:ll'art. 18, il quale, nel suo ultimo comma, ha riguardo appunto alfa denuncia di sottoscrizione del nuovo oapitaJ.e. Ci� pqsto, per respingere 1a seconda censura � sufficiente considerare che � priva di fondamento normativo la distinzione, cUJi essa si affida, fra le pretese della �finanzia relazionate al titolo e ai CT.i!teri di tassazione, per le quali il termine triennale di presorizione decorrerebbe dalla data della denuncia di avveramento della condizione. La norma dettata dall'art. 137 oit., rnella sua chiara ed ampia focmulazione, fissa in ogni oaso il dies a quo del termine di prescrizione, per gli atti sottoposti a condizione sospensiva, nel giorno in curi viene compiuto l'ulteriore adempimento suddetto (denuncia dell'evento condizionante) e nessun elemento letterale, logico o sistematico autorizza l'interprete a prrocedere alla discriminazione suddetta, la quale contrasta anche con il significaito giuridico �e la ratio del differimento de1la (eventuaJ.e) tassazione con la normale imposta (pTogressiva, proporzionale o gmduale). Posto che il tributo di registro colpisce l'atto nel suo contenuto giuridico, per gli effetti che pu� pTodurre di per s� �e secondo la fiattispecie normativa cui le parti si sono uniformate, in pendenza della condizione sospensiva non sussiste un diritto oerto e attuale della finanza ad una tassazione conforme alla virtuaJ.e portata de:H'atto, che, per essere medio tempore inefficace, � inidoneo a produrre effetti sostanziai-i fiscalmente rhlevan1Ji. Per questa ragione la prncedente disciplina della imposta (art. 17 r.d. n. 3269 del 1923) e la nuova (d.P.R. n. 634 del 1972) scandiscono Ja fattispecie impositiva nei due momenti della registrazione, che legittima la percezione della imposta in misura fissa, quale che sia iii contenuto del negozio registrato, o della denuncia di avveramento della condizione, che rende l'atto assoggettabile al tributo secondo le regole ordinarie, assumendo cos� anch'essa vailore determinante ai fini dell'esercizio del diritto della finanza (il che giustifica altres� �l'equipariazione della mancata de� nuncia alla .registrazione, sancita dall'art. 74 della nuova legge, ma afferrmata da questa Corte gi� nel vigore della precedente: cfr., sent. cit. n. 1793 del 1973). In tale sistema, quindi, il disposto de1l'art. 137 cit. relativo aglii atti condizionati costituisce espressione del pi� generale principio racchiuso I nell'art. 2935 cod. civ., secondo il quale la prescriZJione comincia a decor-'" .I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rere dal gforno in cui il diritto � perfetto (dies natae actionis), non configumndosi, prima dell'avveramento della condizione, un diTitto della Finanza suscettibile dii prescrizione. E ci� rende evidente, sotto due altri profili, l'Jnconsistenza della proposta esegetica che qui si respinge. In primo luogo, perch� i c.d. criteri deHa tassazione -cio� Je �regOile di d�ritto appliicate e le valutaziioni compiute allo scopo di determinare 1a concreta obbligazione tributaria -non possOtD.o formare oggetto autonomo di prescri2lione estintiva, la quale concerne, ovviamente, il diritto e non le ragioni che lo sorreggono e Jo quaLificano :in un certo modo, con la conseguell2la che, nelle ii.potesi in questione, mancando un diritto prescrittibile, a fortiori non pu� �aversi p:riesorizione quanto ai CTiteri che in ipotesJ, in sede di registrazione, siano stati enunciati in v.istia dclla futura ed ev:entuaJe tassazione. In secondo luogo, perch� prima dello avveramento della condi2lione non sorge il potere-doveTe dell'Ufficio di procedere alla qualificazione giuridica dell'atto e in genere, di stabilire i criteri dell'imposizione -quali Ja spettanza di un'agevolazione, la determinazione della aliquota, ecc. trattandosi di attivit� :inerenti 1alla tassazione definitiva e non richieste in sede di registraziione, per la quale � dovuta -come si � visto -sempre e soltanto la tassa fissa. Al qual proposito occorre aggiungere, anzi, che nel1a pregressa normativa, disciplinante la presente controversia, qualsiasi determinaziione delJ'Ufficio sui criteri di tassazione �era preclusa, in prati.ca, da ci� che, ai sensi dell'art. 17, l'atto andava tassato in :base al~a legge vigente al tempo .della denuncia di avveramento della condizione, quando, cio�, il regime impositivo poteva essere mutato <rispetto a quello appldcabile �alla datia .della registrazione Oa nuova legge, invece, in applicazione del principio .civilistico delJ.a normale ["etroattivit� della condizione verificata, ha adottato la regola opposta, stabilendo che la tassazione va effettuata mseguito .alla denuncia, ma �essendo le nomine vigenti �al tempo della formazione del .contratto: secondo comma art. 26 cit.). Infine, non viene utilmente :invocata, in senso contrari.o, J.a ~urispru< lenza di questa Corte in tema di contratti a corrispettivo variabile o presunto, di cui all'art. 32 della fogge abrogata, giacch� -a differenza degJi .atti condizionali -iii loro contenuto e d principi della tassazione andavano individuati al tempo della formalit�, mentre veniva rinviata ad un momento successivo solo la determinazione definitiva dell'imponibile; e oi� :giustificava il c.d. consolidamento dei ociteri deJ.l'imposiziione con il compimento del truennio dalla regJstrazione, potendo ravvisarsi un distinto termine di prescrizione, decorrente dalla definizione del corrispettivo, solo .quanto alla differenza di imposta ancora dovuta. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 574 Stante la rilevante assimHazione agli atti condizionali, correttamente la sentenza impugnata ha affermato, quindi, che il diiritto della Finanza all'imposta proporzionale dovuta sugli aumenti di capitale decorre in ogni caso, ai sensi dell'art. 137 dell'abrogata legge dri registro, dalla denuncia di sottoscrizione o di collocamento del nuovo capi:ta�le, senza che si possa ammettere un distinto termine, decorrente dalla registrazione deHa delibera, per le pretese motivate in base ai criteri di tassazione diversi da quelli invocati dal contl'ibuente alla regrstrazione medesima. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1980 n. 6261 -Pres. Mirabelli -Est. D'Orsi -P. M. Caristo (diff.). Soc. Immobiliare Mabi (avv. Nicol�) c. Ministero delle F�inanze (avv. Stato Rossi). Tributi erariali diretti. -Imposta sui redditi. di ricchezza mobile -Plusvalenza -Fusione di societ� -Non si verifica. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 100 e 106). La fusione di societ� per incorporazione non d� luogo di per s� alla realizzazione di plusvalenze tassabili (1). (omissis) La Commissione centrale delle imposte � stata chiamata a decidere la questione relativa alla conf�gurabiHt� di una plusvalenza nel caso in cui una societ� avente personalit� giuridica si fonda per incorporazione in altra societ� pur avente persona.ilit� giuridica, la quale sia per di pi� proprietaria del1a totalit� delle quote de11'a societ� inco~ata, e negli atti necessairi per J'operazione, gli immob:Hi del1a societ� incorporata, vengono riportati col valore loro precedentemente attribuito. (1) Per l'ipotesi di trasformazione della societ� da uno in altro tipo � stato gi� precisato che la trasformazione come tale non comporta affioramento di plusvalenze poich� il soggetto che si trasforma resta il medesimo; tuttavia la trasformazione pu� dare occasione all'emersione di plusvalenze quando, a seguito de11a 11eliazione di stima di cui aM'art. 2498 e.e. o per qual.s~as~ altra ragione, i beni sociali siano riportati nel bilancio della societ� trasformata per valori superiori a quelli figuranti nel bilancio anteriore alla trasformazione; questa � una vera e propria iscrizione in bi!lancio dii plusv.alen2le tassabili ex art. 106 (Cass. 7 novembre 1978, n. 5742, in questa Rassegna 1980, I, 412). Ci� � ormai chiaramente espresso nell'art. 15 del d.P.R. n. 598/1973 che esclude la trasformazione determini plusvalenza, ma rinvia all'art. 12. La presente pronu=ia tratta il diverso problema dehla fus!ione per incorporazione che produce l'estinzione di un soggetto e la successione; a titolo uni PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 575 L'esistenza di una plusvalenza tassabile, ad sensi deg1i artt. 100 e 106 del D.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645, � stata iriconosciuta dalla Commissione centrale delle imposte sulla base delle seguenti argomentazioni: a) la fusione per incorporazione, determinando �l'estinzione della societ� incorporata, avrebbe l'effetto di dist:cibuzione ai soai (e nella specie all'unico socio costituito dalla societ� incorporante) del patrimonio della societ� incorporata, quanto meno sotto ila forma di attribuzione di valore, tal.ch� si realizzerebbero le plusvalenze; b) nessun rilievo avrebbe i1a mancanza di determ~nati atti formali (evidenzianti le plusvalenze), perch� in caso contrario si verificherebbe un salto d'Jmposta; e) dal dettato legislativo, che in determinati casi aveva concesso uh regolamento speciale alle plusvalenze realizzaite a seguito di fusione o tirasformazione (art. 1 legge n. 1057 del 1948; art. 41 legge n. 25 del 1951; art. 2 legge n. 170 del 1965) appamiva evidente che in caso di operazione di fusione ben poteva determinarsi una plusvalenza tassabile; d) non poteva poi applicarsi nel1a specie J'art. 2 della Jegge n. 170 del 1965, in quanto tale articolo per il differimento della tassazione de1le plusvalenze richiedeva come �condizione essenzia'1e Ia loro iscrizione nel bilancio, cosa che n�11a specie non era avvvenuta. Questa decisione � censurata dalla s.p;a. Mabi con due mezzi di ricorso. Con il primo mezzo la ricorrente, denunciando la violazione dei priincipi in materia di accertamento e tassazione delle plusvalenze (art. 100 e 106 del D.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645) in relazione all'ipotesi di fusione per incorporazione d:i societ� di capita1i, in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, cod. proc. civ., censura la decisione �impugnata per aver ritenuto che con l'operazione di fusione per incorporazione si avrebbe esHnzione del sog versale, in tutti i suoi rapporti. Anche in questo caso si esclude la emersione di plusvalenze, come effetto necessario della trasformazione; ma, ancora una volta, non deve esservi iscrizione di maggiori valori nel bilancio della societ� incorporante in maniera che la tassazione della plusvalenza risulter� differita, ma non elusa; non potrebbe invece evitarsi la tassazione ove si J1iscontrasse una differenza di valori tra il bilancio dell'incorporata e quella dell'incorporante, che altrimenti si .verificherebbe un salto di imposta. La sentenza precisa ancora, cosa molto importante, che una plusvalenza (oggettivamente esistente come fatto eCOXlomico) pu� sottrarsi al:la tassazione solo quando il valore patrimoma1e restii immutato a tutti gli effetti �e quindi anche nel rapporto di cambio delle azioni (ipotesi che pu� verificarsi solo quando, come nel caso deciso, tutte le azioni dell'incorporanda erano gi� possedute dall'incorporante e non vi erano creditori che potessero opporsi all'operazione di fusione); che se per stabilire il rapporto di cambio si tiene conto del valore patrumoniale effettivo (sulla base della relazione di stima ex art. 2502 e.e.) viene alla luce una plusvalenza che realizza la societ� incorporata al momento della sua estinzione (Cass. 7 giugno 11974 n. 1687; in questa Rassegna 1974, I, 1239). Ed � da sottolineare che la sentenza in esame ritiene realizzata la plusvalen:m non soltanto quando venga iscritta nel bilancio 576 RASSEG'<A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO getto incorporato con conseguente distribuizone ai soci del patl1i.m0Illio sociale. Viceversa vi sarebbe solo J:a triasformazione dell'oggetto sociale e della, struttura aziendale, con la perdita della soggettivit� giuridica della societ� incorporata e i conseguenti effetti di una sucoessione universale inter vivos. 576 RASSEG'<A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO getto incorporato con conseguente distribuizone ai soci del patl1i.m0Illio sociale. Viceversa vi sarebbe solo J:a triasformazione dell'oggetto sociale e della, struttura aziendale, con la perdita della soggettivit� giuridica della societ� incorporata e i conseguenti effetti di una sucoessione universale inter vivos. La ricorrente nega poich� possa configurarsi plusvialenza pel solo fatto dell'iinoremento del valore certo e definitivo di un cespite, occorrendo, dnvece, che le plusvalenze vengano realizzate, distribuite o iscritte a bilancio. n mezzo � sostanziialmente fondato. Per 1a soluzione della questione occorre partire da un corretto inquadramento del fenomeno giuridico-economi:co della fusione tra societ�, limitando l'ambito del discorso, per restare nel caso in esame, alfa fusione per incorporazione. Il fenomeno, visto nel:la sua fase finaJe, pl'esenta la caratteristica di provoca['e J'estin21ione del1a societ� incorporiata e ~a successione nei diritti ed obblighi di quest'ultima da parte della societ� incorporante s� che esattamente si parla di successione a titolo universale; ma tale successione riguarda soprattutto i rapporti con i terzi. Nena fase attuativa vengono, invece, defill!iti '� :riapporti tra societ� incorpomnte e incorporata s� che pu� dirsi che si ha un soggetto (quello che si estinguer�) il quale � negozia � la sua successione. La deliberazione di fusione (che dascuna societ� deve adottare) contiene, fafatti, '1e condraioni della fusione le quali rifilettono -nel caso di societ� per azioni, (o a responsabilit� limitata) -il rapporto di cambio tra le azioni (o quote) della societ� mcorporantie e queJJe deJla societ� incorporata, che dovranno, appunto, essere sostituite dalle pr>ime. della societ� incorporante, ma anche se un plusvalore risulta soltanto dal rapporto di cambio delle azioni. Nella normativa attuale l'art. 16 del d.P.R. n. 698/1973, analogamente a quanto l'art. .15 stabilisce per la trasformazione, esclude che la fusione dia luogo necessariamente a realizzo di plusvalenza anche se risultanti dalla situazione patrimoniale; sono fatti salvi g1i effetti dell'iscrizione nel bilancio della societ� incorporanrte a norma delJJ:'art. 12; tuttaivia non si tiene conto ai fiini. dell'art. 112 delle plusvalenze iscritte in b�lancio per la parte corrispondente alla differenza tra il costo delle azioni o quote della societ� incorporata annullata per effetto della fusione ed il valore del patrimonio netto risultante dalle scritture contabili. Ci� naturalmente non esclude che le plusvalenze diventino tassabili allorch� saranno realizzate o distribuite ai soci (lo si evince chiaramente dall'art. 34 della Legge 2 dicembre 1975 n. 576 che dichiara applicabile l'art. 16 del d.P.R. n. 698 ai conferimenti di azienda), ma intanto la societ� incorporante potr� iscrivere nel suo bilancio la plusvalenza senza conseguenze. Non � chiaramente disciplinato l'effetto rispetto alla societ� incorporata del rapporto di cambio; se cio�, indipendentemente dalle vicende che seguiranno nei confronti della societ� incorporante, la societ� incorporata possa realizzare una plusvalenza al momento della sua estinzione e per effetto di essa, come ila sentenza in esame ritiene possibile con merimento ail1a '1~ione abrogaita. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La situazione patrimoniale da allegare ,ahla delibera di fusione dovrebbe rispecchiare i valori patrimoniali del momento della fusione e dovrebbe, quindi, tener conto delle plusvalenze verificatesi nel periodo di vita deHa societ� incorporata, perch� solo facendo valere queste ultime pu� rispondere alla reailt� economica e 1ai valori effet<t:ivi il trapporto tra le azioni (o quote). Ma, dato che la societ� 'incorporata cessa di esistere, l'eventuale altera~ ione del Tapporto non � qualche cosa che pregiudica la societ� estinta, bens� i suoi soci. E questi hanno, rispetto alfa delibera di fusione e alle condizioni in. essa previste, i norma1i poteri di impugnativa 1I1ei confronti delle deliberazioni sociali. Diverso�ambito ha l'opposizione che pos�sono propor11e i cred1tori (articolo 2503 cod. civ.); questi possono opporsi a;lla fusione, ma non al rapporto di cambio o alle altre condizioni poste per l'operazione. Dunque, se nella deliberazione di fusione la societ� che va ad estinguersi non rivaluta i suoi cespiti patrtlmoniali, c�loro che possono riceverne un danno sono i suoi soci, i quali vengono ad avere un numero 'di nuove azioni (o quote) inferiore a quello che sarebbe loro spettato rispetto ad una pi� esatta comparazione dei valorii patii:iimoniali delle due societ�; ma se essi sono danneggiati da una .tale operazione non si pu�, senza un'intima contmddizione, ritenere che ne abbiano anche un vantaggio per aver ricevuto l'attribuzione patrimon1ale costituita dalle plusvalenre. Queste, se non sono state 'iscritte in bilancio per essere stati gli immobili trasferiti al valore loro precedentemente attribuito dalla societ� incorporata, sono in realt� rimaste ,allo stato potenzia'1e e in tale condizione sono passate alla societ� incorporante. Sar� poi questa ad ottenere le plusvalenze nel momento in cui le .realizzer�. E solo allora Je plusvalenze saranno tassabiH. Il voler rtltenere che �la fusione tra societ� comporta sempre e in ogni caso la realizzazione delle plusvalenze � tesi inesatta. Questa inevitabile realizzazione avviene quando fa societ� cessa di esistere per altra causa e deve prooedere alfa liquidazione del patrimonio; ma non nel caso di fusione, in cui l'estinzJione defila societ� non � conseguente aHa cessazione dell'attivit�, continuando l'iinsieme dci beni organizzati a svolgere la loro dinamica funzione, sia pure come parte di altro .e pi� ampio complesso. Posto, quindi, che � possibile per una societ� incorporanda trasferire alla nuova societ� anche situazioni in fieri, come quella della rivaluta2ione dei cespiti, e che una mancata 1riv-ailutazione a'l momento dehla fusione pu� arrecaa" danno ai soci, ma non dncide sul f�enomeno economico-giuri. dico n� evade il rigore fiscale, perch� le plusvalenze (da rivalutare) saranno :assoggettate ad imposizione nel momento della loro realizzazione in capo .al nuovo ente, appare che nel caso G.n cui socio della societ� incorporata 578 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sia unicamente la sooiet� incorporante questa non pu� essere danneggiata in nessun senso se la l'ivaJ.utazione non avviene 1al momento deLla fusione. Il suo rinvio �ad un momento sucoessiivo non arreca pregiudi:llio ad alcuno. Ci� posto, conviene soffermarsi brevemente sulle varie argomentazioni addotte dalla Commissione centrale. � noto che, perch� una plusvalenza possa essere �tassata, � necessanio che cessi di essere allo stato potenziale e che sia realizzata, distribuita o iscritta in bilancio ~art. 106 D.P.R. n. 635 del 1958). Ci� per� non si verifica quando il cespite suscettibile di rivalutazione passa nel patrimonio deLla societ� incorpomnte al Vialore precedentemente iscritto nel bilancio della societ� incorporata. La tesi che in tal caso sri ha la distribuzione ai soci non pu� .essere condiv-isa nella sua assolutezza. Potr� aversi tale distribuzione neHa so1a ipotesi in cui il cespite venga riv�alutato nella situaz;ione patrimoniale s� da influire sul mpporto di cambio tra le azioni (nuove) della societ� incorporante e quelle {vecchie) della societ� incorporata e in tale ipotesi niun dubbio che si trat1li di plusvalenze tassabili; ma si tratta di ipotesi ben diversa da quelila in esame. N� la mancata realizzazione della plusvalenza determina un salto d'imposta, in quanto l'iimposta su:lla plusvalemia sar� pagata allorch� la societ� incorporante realizzer� la plusvalenza medesima. Seguendo Ja tesi della Commissione centrale, non di pericolo di salto d'imposta dov�rebbe panlarsi, ma di rischio di duplicazione d'imposta, perch� in un momento successivo certamente il cespite si trover� ad essere realizzato e sar� giustamente tassato. L'argomentazione sub c) contiene un'affermazione es�atta circa Ja possibilit� che nel caso di fusione o triasformazione vi siano pJusvalenze tassabili, ma altro � possibilit� di realizzazione di plusvalenze ed altro � obbligatoriet� di realizzazione. E tale obbligo non pu� ritenersi esistente. Questo indirizzo � in armonia con la sentenza n. 5220 del 9 ottobre 1979 delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui nel caso di permuta senza conguagli con dscrizione in bilancio del bene ricevuto per un valore pari al costo d'acquisto del bene ceduto, non pu� parlami di plusva1enza, facendo fede le risultanze del bilancio anche nei confronti dell'Ammirnstrazione finanziaria e non contrasta con le precedenti decisioni n. 3749� del 26 luglio 1978, n. 725 del 16 febbraio 1978 e n. 462 del 2 febbraio 1968,. le quali hanno considemto che si realizzava una plusvalenza allorch� si effettuava una permuta senza conguagld di un bene iscritto a bilancio per un valore inferiore a quello del bene ricevuto in permuta. � evidente che in tal caso vi era la realizzazione del bene dato in permuta per un vaJ.ore superiore a quello contabiEzza:to in bilancio e si aveva la realizzazione di una plusvalenza. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Apparentemente contrasta con 1a .sentenza n. 1687 del 7 giugno 1974, secondo cui al momento della fusione per incorporazione, avendosi l'estinzione della societ� (incorpomta), acquista rilevanza giuridica ai fini dell'imposizione tributaria, il valore effettivo del patrimonio della societ�. Ma in realt� questa sentenza vide .j,I momento della fusione come quello dell'� evidenziazione del valore dei beni della societ�, con !"accertamento del loro aumento di valore verificatosi nel f.rattempo. E H fenomeno � certamente frequente ricorrendo nella quasi totalit� dei casi in cui la diversit� delle persone dei soci itra Ia societ� incorporiata e quella incorporante rende indispensabile, per la fissazione del valore di scambio, tener conto del valore patrimoniale effettivo. Ma nel caso limHe in cui, come nella specie, Ja societ� incorporante sia unica socia dell'incorporata ed anche in quelilo in cui vi sia identit� assoluta nelle persone dei soci delle due societ�, ben pu� avvenire, come si � visto, che nel patrimonio della societ� incorpo!'am.te entirino beni suscettibili di rivalutaz;ioni e non necessariamente beni rivalutati. Questo �ragionamento non � contraddetto dall'ultima argomentazione della commissione centrale circa il riferimento alla legge 18 marzo 1965 n. 170. Tale legge, com'� noto, nell'intento di favorire le concentrazioni di societ� consent� nell'art. 2 di non tassare ai fini dell'imposta di ricchezza mobile e di que11a sulle societ�, mell'esercizio in cui era attuata la trasformazione o Ia fusione, i redditi e le plusvalenze, se indicati distintamente in bilancio, rimandandone la tassazione all'esercizio in cui sarebbero stati realizzati, portati a capitale oppure le azioni sarebbero state vendute o distribuite. La norma si riferisce a tutti �i oasi in cui per la diversit� dei soggetti interessati sia necessario un .esatto riapporto di cambio della partecipazione originaria con la nuova partecipaz;ione, ma non al caso .in cui il valore dei beni venga �riportato immutato. Qui vi � ninvio della rivalutazione, laddove nel caso dell'art. 2 vi � ['invio del.fa tassazione. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6262 -Pres. Sposato -Est. Cantillo -P.M. Catelani (conf.) Zeni (avv. Costa) c. Ministero delle Finanze (avv. stato Rossi). Tributi �in genere -Contenzioso tributario -Provvedimento impugnabile Accertamento in senso fato -Provvedimento che nega l'agevolazione . ~ tale. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 1 e 16). Per �avviso di accertamento�, che ai fini dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 costituisce il provvedimento contro il quale � propo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 580 nibile il ricorso alla commissione, deve intendersi ogni atto avente efficacia nei confronti del soggetto passivo, conclusivo di un procedimento o di un subprocedimento di accertamento, comtf.nque denominato, che accerta o dichiara, in tutto o in parte, l'obbligazione tributaria o un elemento di essa. � di conseguenza un accertamento impugnabile l'atto che riconosce solo in parte spettante una esenzione e contestualmente determina il reddito di un periodo di imposta (1). (omissis) 1. -Con il primo motivo, il l1icorrente denU'.112lia la violazione degli artt. 1 e 16 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 e sostiene che, per essere stato il diritto all'esenzione negato dall'Ufficio in astratto, senza specifico riferimento all'accertamento del ,reddito prodotto in un determinato anno, manoasse un atto suscettibile di impugnazione in sede contenziosa, sicch� la Corte di appello, e, prima ancora, Je Commissioni tributarie, avrebbero dovuto rHevare la giurod:ica inefficaoia del provvedimento medesimo senza esaminare il merito de11a questione, stante l'improponibilit� de11e azioni di accertamento negativo dell'obbligazione tributari.a. La censura � infondata. Come risulta dalla sentenza, l'esenzione decennale daJiLa imposta di R.M., prevista dall'art. 8 della legge 29 luglio 1966 n. 614 per le nuove iniziative industriali nei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale, fu chiesta dali1a ditta Zeni prima con la dichiairazione unica relativa al reddito prodotto neH'anno 1970 ,e poi, di nuovo, con apposita istanza del 1972. L'Ufficio distrettuale delle imposte di Merano si proo.unzi� su entrambe '1e 'richieste con provvedimento del 16 luglio 1974, con il quale, in via di principio, riconobbe dovuto il beneficio limitatamente al reddito di carattere industriale (relativo alla nuova attivit� di produzioo.e di salumi e insaccati tipici' della zona), con esclusione, quindi, del reddito �derivante dal commercio all'iingrosso e al minuto di carni fresche e congelaite �; in conoreto, poi, con riferimento all'anno 1970, stabil� la percentuafo di reddito (1) La sentenza ha affrontato per la prima volta e risolto in conformit� della tesi sostenuta dall'Avvocatura� l'assai delicato problema della definizione del provvedimento impugnabile ai fini dell'art. 16 del d.P.R. n. 636/1972. Sulla base di una interpretazione letterale e restrittiva, rimarrebbero esclusi dalla previsione dell'art. 16 diversi atti che pure incidono sulla situazione del soggetto passivo; se ne � dedotta la non esclusivit� della giurisdizione delle commissioni ed una residuale giurisdizione dell'A.G.O. e comunque Ia non rife ribilit� del termine stabilito nell'art. 16 agli atti in esso non contemplati. � pertanto di molta importanza la pronunzia ora intervenuta che consente d� riaffermare che la giurisdizione delle commissioni � generale per tutto ci� che � contendibile relativamente ai tributi elencati nell'art. :l, il diritto sog. gettivo del soggetto passivo (non soltanto il contribuente) sar� sempre intac . PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 581 imputabile alla prima di tali attivit�, per Ia quale andava concessa l'esenzione medesima. E appunto questo provvedimento, impugnato dal contribuente, ha formato oggetto della presente controversia. Ci� posto, inutilmente il ricorrente invoca H principio, affermato da questa Corte, secondo il quale nelle imposte di esclusiva competenza delle commissioni tributarie (art. 1 d.P.R. n. 636 del 1972), la tutela giurisdizionale dei diritti del contribuente si svolge, sia pure in funzione di un completo esame del merito del rapporto tributario, attTaveTso la impugnativa di speoifici atti dell'Ammimstrazione inerenti all'accertamento, alla riscossione, alla irrogazione di sanzioni o al rimborso di somme riscosse (airt. 16), la cui emanazione condiziona, quindi, l'esercizio de11a tutela medesima, con la conseguenza che un'azione preventiva di accertamento negativo dell'obbligazione tributaria non � proponibi�e n� dinanzi alle commissioni n� dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria (cfir. S.U. 8 marzo 1977 n. 942). Nella specie, infatti, si � chiaramente fuori da questa ipotesi, in quanto la controversia riguarda, come si � detto, un provvedimento della Finanza diretto a definire l'ambito di un'esenzione chiesta dal contribuente con riferimento (anche) al reddito dichiarato per un determinato periodo di imposta, rispetto a11a quale dichiairazione il prnvvediimento medesimo aveva, manifostamente, il valore sostanziale di un avviso di rettifioa, correggendola nella parte ril�lettente l'esenzione. Esso perci� rientrava nella categor1a degli atti di accertamento, che l'art. 16 oit., con la dizinne �'avviso di accertamento�, annovera fra quelli impugnabili. Ed � pacifico che l'espressione, agli effetti della norma, non designa soltanto gli atti cos� denominati nella terminologia legisla c�to da un atto che accerta o dichiara l'obbligazione o un elemento di essa e questo atto . � per l'appunto un avviso di accertamento impugnabile, osseivando il termine di decadenza, a norma dell'art. 16. Nel caso deciso il provvedimento impugnato aveva un duplice contenuto giacch� ai fini del beneficio dell'art. 8 della legge 29 luglio .1966, n. 614 (esenzione decennale dall'imposta di ricchezza mobile) dichiarava spettante solo in parte l'age:volazione con effetto per l'intero decennio e procedeva a determinare il reddito tassabile per un esercizio. Per questa seconda parte l'atto era sicuramente un accertamento, in senso stretto; ma lo era anche per la prima parte, perch� quando � previsto dalla legge un procedimento per la verifica dei presupposti di una agevolazione di durata pluriennale, !il provvedimento conclusivo � un accertamento suscettibile di diventare definitivo e vincolante per tutta la durata del beneficio (Cass. 6 luglio 1978, n. 3343, in questa Rassegna, 1978, I, 734). Sull'intera questione v. C. BAFILE, Introduzione al diritto tributario, Padova 1978, 284 ss. e I caratteri fondamentali del nuovo processo tributario delineato dalle Sezioni unite, in questa Rassegna, 1977, I, 302. ~~1 . ~ lli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tiva (altrimenti, soprattutto con riguardo ai nuovi tributi, Si� perverrebbe all'inaccettabile risultato di escludere la tutela giurisdizionale rispetto ai numerosi �accertamenti per i quali le singole leggi di imposna �sano UIIla diversa denominazione), bens� deve essere interpretata iin senso sostanzia: le, nel significato di atto, av�ente efficada nei confronti del soggetto passivo del tributo, conolusivo di un procedimento o di un sub-procedimento di accertamento, sioch� sono impugnabiti tutti i provvedimen1Ji, comunque denominati, che accertano o dichiarano, in tutto o in parte, l'obbligazione tributaria ovvero un elemento di essa. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 dicembre 1980 n. 6351; Pres. Sposato Est. Sandulli -P. M. Oatelani (conf.). Soc. Colussi (avv. Adragna) c. Ministero delle F1inanze (avv. Stato Rossi). Tributi erariali diretti -Accertamento -Motivazione -Metodo !induttivo Ricostruzione del conto economico -Non � necessaria. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 120 e 121). Quando ricorrono i presupposti per procedere all'accertamento con metodo induttivo nei confronti di un soggetto tassabile in base a bilancio, l'ufficio non deve tentare di ricostruire, sia pure induttivamente, il conto economico per ricavare la differenza tra ricavi e costi, ma pu� determinare il reddito con qualunque procedimento utilizzando elementi e dati comunque raccolti (1). (omissis) Con l'unico motivo, ~a societ� iricorrente -denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 120 del d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645, t.u. delle leggi sulle imposte dh-ette, in relazione agli artt. 81, 91, 117, 118, 119 dello stesso t.u. ed agili artt. 23 e 53 Cost., nonch� il difetto e la contraddittoriet� della motivazione -si duole che la Commissione Tributaria Centrale non abbia determinato il suo reddito di ricchezza mobile cat. B in base alfa ddfferenza fra i ricavi e i costi di produzione, sostenendo che dagli 1accertamenti della polizia tributaria risultassero non solo i ricavi ma anche d costi. H motivo � :in.fondato. (1) Decisione esattissima che affina ulteriormente l'argomento inesauribile dell'accertamento sintetico. I I i:: PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La Commissione Tributani:a Centrale -dopo avere riJevato che dalle indagini svolte dalla polizia �tributaria era emerso che Ja societ� contribuente teneva una doppia contabilit� ed aveva presentato la dlchiarazione del reddito dn base ad un bilianoio non veritiero fa cui veridicit� non era stata da essa in alcun modo sostenuta -ha ritenuto che l'ufficio abbia proceduto Jegittimamente 1all'accer.tameinto sintetico a norma dell'art. 120 del d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645 (t.u. delle leggi sulle imposte dirette) in base agli elementii e ai dam da esso comunque iraccolti. La societ� 11icorrente sostiene, �in sostanza, che 1l'ufficio, nel procedere all'accertamento del reddito rai sensi del citato art 120, avrebbe dovuto provvedere 1alla� .ricostruzione del conto �economico, operato dalla contribuente in modo alterato e non verimero. Ll problema proposto �, quindi, se, ai fini dell'accertamento del reddito di un soggetto tassabile in base al bhlam.cio, l'ufficio finanziario, nell'ipotesi :in cui facoia applicazione dell'art. 120 del t.u. n. 645 del 1958, debba o non provvedere, mediante la verifica dei dati forniti, a ricostruire il conto economico (e cio� il� reddito consistente nella differenza fra i ricavi ed i costi) della societ� contribuente sulla base degli accertamenti della polizia tributa11ia. Ai fini della risoluzione del quesito vrale �richiamare i dati normatrivi. L'art. 119 del t.u. n. 645 del 1958 -rdopo avere stabi1ito nel pTimo comma che �i redditi dei soggetti tassabili in base al bilancio sono determinati sulla base delle <risultanze del bilancio� (c.d. accertamento analitico) -dispone, nel terzo comma, che �quando sono indicate spese e perdite inesistenti e superio11i a quelle effettive e sono omesse o indicate in modo inesatto le entrate ovvero i fatN aziendali sono riportati inesattamente o irregolarmente, in modo da concludere con un risultato diverso da quello effettivo, l'ufficio procede anche induttivamente alla dntegrazione o correzione delle impostazioni di bilancio mancanti o inesatte�. L'art. 120, primo comma, attribuisce, poi alla Amministrazione � la facolt� di determinare il reddito in base alila situazione economica dell'azienda desunta dagli elementi e dai dati comunque raccolti quam.do risulta, attraverso il verbale di ispezione, che ill soggetto non ha tenuto o ha rifiutato di esibire le scritture contabili obbligatorie ovvero non le ha tenute in conformit� alle disposizioni degli airtt. 2215 e segg. c. civ.� (c. d. accertamento sintetico). L'art. 121, secondo comma, prescrive, infine, che, �in caso di contestazione, il reddito accertato dall'uff�oio non pu� essere dichiarato insussistente n� ridotto se il contribuente non abbia fornito la prova dell'inesattezza delle integrazioni e corJ:"ezioni apportate ovvero della inesistenza, in tutto o in parte, del reddito�. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In base alla delineata normativa, la Commissione Tributaria Centra: le ha ritenuto che, nel caso di specie -essendo i costi accertati dalla polizia wibutarria (rispetto a quelli dichiairati da11a societ� contribuente} del tutto insufficienti a stabilire gli effettivi costi di esercizio e consentendo <l'art. 120, nell'ipotesi in cui l'impresa commerciale nOltl abbia tenuto o esJbito le scritture contabili da cui possano ricavarsi i costi di produzione, all'ufficio fisca1e di determinare, attraverso un accertamento smtetico, i dati pi� idonei a riprodurre la reale situazione della azienda -operasse iJ meccanismo previsto dall'art. 121 che, nell'ipotesi in cui l'ufficio giustifichi J',adozione del criterio dell'accertamento sintetico, impone al contribuente ,l'onere di fornire la prova contraria all'accertamento dell'ufficio, con la conseguente implicazione che, in mancanza di una siffatta prova, non potesse procedersi alla caducazione o alla riduzione dell'accertamento condotto dall'ufficio. E tale processo Iogico-giuridico � indubbiamente corretto. Invero, poich� l'art. 120, nei casi iin esso previsti, abi1ita l'ufficio ad adottare il criterio �accertaVivo [1itenuto pi� idoneo a determinare il reddito -spetta al cont�ribuente provare la illegittimit� della pretesa tributaria; onde in difetto di una siffatta dimostrazione, l'accertamento sintetico dehl.'uffilcio deve considerarsi legittimo. E tale interpretazione della profilata normativa non contrasta con i principi della Carta Costituzionale, i quali garantiscono la commisurazione deH'imposizione alla capacit� contributiva del soggetto passivo del tributo. Invero, di frqnte al comportamento del contribuente volto ad impedire all'ufficio di acquisire elementi atti a consentirgli una tassazione conforme all'airt. 53 Cost., l'art. 120 non 1impone all'Ufficio di ricostruire, in base agli elementi ~in suo possesso, il �reddito effettivo del contribuente. La norma in esso contenuta �rimette all'ufficio la scelta e la utilizzazione degli elementi. ritenuti pi� convenienti a prospettare la reale sHuazione dell'azienda, mentre l'art. 121 impone, in caso di contestazione, al contribuente l'onere di dimostrare la realt� del suo reddito. E -trattandosi deH'applicazione del criterio di distribuzione dell'onere della prova che non incide in alcun modo sul principio della capacit� contributiva e consente al cont�ribuente la pi� ampia possibilit� di difesa -deve concludersi che correttamente Ja Commissione Tributaria Centrale abbia ritenuto legittimo l'accertamento sintetico del I'eddito condotto dall'ufficio, al quale non incombe alcun onere probatorio. L'unico motivo di impugnativa �, quindi, da disattendere. (omissis} PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 585 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 dicembre 1980 n. 6492 -Pres. Sposato -Est. Cochetti -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). Soc. Campbell (avv. Cagliati Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Viola). Tributi erariali d1retti -Accertamento � Competenza dell'Ufficio � Determinazione al momento della �presentazione della dichiarazione . Variazione di domicili.o successivo � Irrilevanza. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 29 e 33). La competenza dell'Ufficio delle Imposte a ricevere la dichiarazione e ad eseguire l'accertamento si �determina con riferimento al domicilio fisoale del dichiarante al momento della presentazione della dichiarazione; le successive variazioni del domicilio fiscale sono irrilevanti sulla competenza dell'Ufficio definitivamente radicata (1). (omissis) Con 1il primo mezzo del ricorso la ricorriente denuncia \do1azione degli artt. 9, 29 e 33 del T.U. delle imposte dirette n. 645 del 1958, sostenendo che l'Ufficio di Fovnovo Taro era incompetente ad eseguire l'accertamento, essendo competente l'Ufficio di Milano nella cui circoscrizione essa ricorrente av.eva il domicilio fiscale all'epoca della presentazione della dichiarazione dei vedditi e che l'accertamento promanante dall'Ufficio incompetente eria inidoneo ad interrompere i termini di cui all'avt. 32 del citato t.u., trattandosi di termini. da osservarsi a pena di decadenza, come espressamente sancito dall'articolo richiamato. La censura merita accoglimento. Va premesso che l'abrogato t.u. delle imposte dirette non discipH nava in modo espresso gli effetti delle variazioni del dmnicilio fiscale del contribuente posteriormente aHa presentazione della dichiarazione sulla competenza dell'ufficio accertatore, diversamente dall'a�rt. 31 del d.P.R. n. 600 del 1973 il quale attribuisce la competenza per l'accertamento 1all'Ufficio Distrettuale neHa cui circoscrizione � il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione �alla data in cui questa � stata o av.rebbe dovuto essere presentata�. Ma alla stessa soluzione doveva pervenirsi in base alle disposizioni degli art. 9, 29 e 33 del T.U. n. 645 del 1958, interpretate nella �loro reciproca correlazione. Invero, l'art. 33 del T.U. il quale individuava come competente per l'accertamento l'ufficio in cui si trova il domicilio fisca:le dd soggetto (1) La massima merita adesione. Degna di nota � l'individuazione della stretta relazione tra la dichiarazione, quale manifestaZJione di volont� di carattere ricettizio, e l'attivit� di accertamento. Per l'inderogabilit� della competenza dell'Ufficio v. la sentenza 5 luglio 1980 n. 4277, retro, 378. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO deve essere tiinquadrato nel sistema normativo e correlato con il precedente art. 29, il quale identificava l'ufficio competente a �ricevere �1a dichiarazione con quello nella cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del soggetto di imposta, sicch� ove si ponga mente alla natura della dichiarazione di manifestazione di volont� di carattere ricettizio intesa a portare a conoscenza dell'amministrazione glii elementi di fiatto irilevanti per l'esercizio del potere di imposdzi01ne e, quindi, di atto introduttivo del �relativo procedimento, non pu� non derivarne che l'ufficio competente a ricevere Ja dichiarazione � anche competente a compiere gli atti del procedimento di imposizione che spettano alla finanza e che a quell'atto si 11iferiscono. La circostanza, perci�, che in epoca successiva il domicilio fiscale sia stato modificato e 'le cause di ta'li modificaziioni non possono inflUJire su una situazione definita nei suoi elementi di fatto (domicilio fiscale; presupposti dell'obbligazione tiributaria; periodo di imposta) � sulla competenza dell'Ufficio mdicatasi ail momento della presentazione della dichiaTazione. Ci� attlche chiarisce peTch� il legisiLatore mentre ha esp11essamente contemplato gli effetti delle variazioni del domicilio fiscale successivo 1aJla dichia11azione ai fini delle notificazioni (art. 38 ultimo comma, T.U. cit.) non ha contemplato gli effetti delle variazioni stesse ai fini della competenza dell'Ufficio t11ibutarii.o; e la spiegazione risiede nella ti.irrilevanza delle variazioni del domdcilio fiscale successive alla dichiarazione (o alla data in cui questa avrebbe dovuto es�sere p!resentata) ai fini della competenza dell'Ufficio. Giova anche osservare che l'Ufficio del domicilio fiscaile al momento della dichiarazione � quello nella cui oircosorizione teirritociale deve presumersi che sia stata prevalentemente esercitatJa 1'attivit� del contribuente nel periodo di imposta per il quale la dichiarazione � stata presentata, ed � perci� il pi� qualificato a segui>re l'attivit� stessa e ad ac- 0ertare la capacit� contJributica del soggetto. E tale finalit� � chiaramente indicata dal sesto comma dell'art. 9, laddove fa riferimento, come criterio sussidiario per la determinazi:one del domicilio fiscale, al Comune dove si � prodotto i:l reddito e del quinto comma dello stesso arti. colo che 11ichiama, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, il Comune in cui esse svolgono in modo continuativo .1a foro p11incipale attivit�. La soluzione accolta, che riconosce rilevanza �al domicilio fiscale al tempo delle dichiarazioni, 1risponde anche all'esigenza di identificare in un momento fisso .e determinato l'Ufficio competente, sottraendo al contribuente e alla finanza la possibilit� di influire attraverso variazioni di .domicilio successive sulla scelta dell'ufficio stesso, cosa, questa, che non sarebbe possibile se si tenesse conto del domiciliio fiscale al momento dell'accertamento, giacch� l'accertamento tributario non si esaurisce uno actu, ma d� luogo ad una attivit� amministrntiva che si svolge in periodo di tempo durante il quale il domicilio fiscale pu� varioce, con l'inconveniente che l'acOeTtamento gi� iniziato da un Ufficio dovrebbe PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 5.87 essere rinnovato dall'ufficio del nuovo domicilio fiscale, con conseguente duplicazione di atti e di adempiment1i da parte di uffici diversi. Tanto premesso, deve osservarsi che la giurisprudenza di questa Corte ha gi� avuto occasione di sottolineare il carattere inderogabile della competenza territoriale degli Uffici delle Imposte, la quale non � determinata, come Jo � dnvece quehla dell'autorit� giudiziaria, da considerazioni di comodit� delle parti, ma� dall'interesse generale che gli accertamenti degli imponibili vengano compiuti da quegli organi del1' Amministrazione tributaria che secondo le presunzioni derivanti dalle norme di legge in materia sono i pi� idonei per Jo svolgimento dell'attivit� accertatrice. Ne discende la nullit�, rilevabiJe anche d'ufficio, dell'accertamento tributanio promanante, come neJla specie, da un Ufficio incompetente (v. sent. n. 4462/77; n. 1139/69; n. 226/68). Da ci� consegue, altres�, che poich� il termine previsto dall'art. 32 del t.u. per l'accertamento � un termine di decadenza, come espressamente sancito daJ. primo comma di detto articolo, era assoi!utamente fuor di luogo ogni questione relativa all'istituto della 1interruzione dei termini, proprio della prescrizione e non della decadenza, la quale ultima pu� essere impedita unicamente dalla esecuzione del fotto dovuto. E tale esecuzione, per essere valida, non pu� essere compiuta, ne'1la materia �in esame, che dal soggetto competente, per cui 1l'attivit� dell'ufficio incompetente non poteva sanare le conseguenze de11'inattivit� (e la decandenza del potere di accertamento) de�'Ufficio competente: il che � as.solutamente pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo le sentenze n. 3596 e 3597 del 1980) e .trova, d'altronde, una indiretta conferma neH'ultimo comma dell'art. 29 del t.u. del 1958 il. quaile esclude ogni effetto alla presentaZJi.one di una dichiarazione dei �riedditi effettuata ad un ufficio incompetente. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 dicembre 1980 n. 6493; Pres. Marchetti -Est. Zappul.lJ:i -P. M. Leo (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Mataloni) c. Poltrinieri. Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Base imponibile -Valutazione automatica -Divisione -Si estende. (I. 22 novembre 1962, n. 1706, art. 1; I. 27 maggio 1959, n. 355, art. 3). Il principio della valutazione automatica dei fondi rustici si applica anche agli atti di divisione di natura dichiarativa, dovendosi intendere l'espressione � trasferimento� in senso generico di atti relativi a fondi rustici (1). (1) Un netto cambiamento di rotta sulla interpretazione di una norma da tempo non pi� in vigore. Per il precedente orientamento v. Cass. 13 giugno 1972, n. 1861, in questa Rassegna, 1972, I, 1151. RASSEG'.'IA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) L'Amm1nistmzione Fiiinanziaria, con il primo motivo del ricorso, ha censurato la decisione impugnata della Commissione Tributa11ia Centrnle per viola:z;ione degli artt. 15 e 16 del r.d.1. 7 agosto 1936 n. 1639, 1 della L. 22 no\'embre 1962 n. 1706 nonch� delle il!eggi 20 ottobre 1954 n. 1044 e 27 maggio 1959 n. 355 per avere [a decisione suddetta erroneamente attribuito alla citata legge del 1962 valore di interpretazione autentica di quella del 20 ottobre 1954 n. 1044 anche per quanto concerneva gli atti di divisione di immobili rustici, comprendendoli tra gli atti traslativi nonostante il loro ca11attere meramente dichia'!1ativo. H motivo non pu� essern accolto. Invero, pur se precedenti pronunzie di questa Corte (sent. 13 giugno 1972 n. 1861, 15 dicembre 1972 n. 3606, 15 dicembre 1970 n. 2686) hanno affermato che la legge del 1962 e quella n. 355 del 1959, estendono le disposizioni della legge n. 1044 del 1954 sOll.o ai negozi con effetti traslativi, tria 1i quali non 1rientrriano Ie divisioni perch� aventi caTattere dichi. arativo, ,tale opinione non pu� essere mantenuta a seguito di un nuovo esame delle disposizioni citate. Infiatti anche se non pu� dubitarsi deHa natura dichiarativa della diviisione, non � a tale qua[ificazione .che deve farsi riferimento per intendere il significato delle disposizioni di Jegge in esame. Invero, l'espressione � atti tra vivii � contenuta negli al1tt. 1, 2 e 3 della legge del 1962 devce avere un significato pi� �ampio di quello di at.ti di trasferimento. Oi� non solo perch� in tale pi� ampia eccezione l'espressione � usata comunemente in testi legislativ�i, oltre che in dottrina 1e in giurisprudenza, ma sopratutto perch� ila ratio della legge � quella di con� cedere l'agevolazione fiscale a tutti gli iatti mortis causa o tra vivi (e questi ultimi sia di trasferimento che dichiarativi) relativi a fondi rustici, i quali debbano �essere sottoposti a vegistrazione. L'opinione non � solo confortata dalla individuazfone dello scopo che il legislatore si prefigge ma anche dagli atti preparatori della legge in questione. Infatti ne11a re1azione alla legge 22 novembre 1962 n. 1706, si legge che, con la precedente legge del 1959, �volont� del Senato era stata che per 1a valutazione dei fondi 1rustioi, din velazione alla quale si deve fare la tassazione agli effetti dell'imposta di successione e di que11a di registro e 1relativi 1access0Pi si debba .ricorreve ai moduli fissi (mol tiplicatori applicabili al reddito catastale) tutte Ie volte che il contri buente non denunci un valore minore di quello nisultante daJfa appli cazione dei moduli accermatJi �. Volont� del legislatore � stata, perci� quella di assicurare una uguale procedura, automatica e semplice, nella valutazione dei fondi rustici per tutte le categorie di atti ad essi inerenti con uniformit� di criteri e organizzazione degli uffici competenti, mentre la dedotta diversit� tra le divisioni e gli altri atti, gi� affermata per il carattere dichi~rativo 589 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA e non traslativo delle pvime, non appare tale da .giustifioare quella contrapposizione nel campo fiscale, per la quale esse sarebbero soggette ad un regime normalmente pi� oneroso proprio quando l'assenza di un trasferimento esclude l'aumento dei patrimoni dei singoli condividenti. Bene, poi, � stato illustrato dalla parte riesistente ffil grave inconveniente che pu� derivare dalla applicazione di criteri diversi tra le valutazioni delle parti assegnate e quel!la dei conguagli, per i quali non � �stata negata l'applioabi1it� del criterio automatico, senza che sia agevole distinguere le parti reali dei beni corrispondenti ai suddetti CQ[l_ guagli pecuniari, con conseguenti differenze notevoli di imposta. Cos� pure � da rilevare la connessione tra le successioni ereditariie e le conseguenti divisioni, per la quale la diverisit� dei criteri �di valutazione <farebbe luogo a differenze non giustificate dii imposizione. (omissis) I -CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 gennaio 1981 n. 542 -Pres. ed Est. Scanzano -P. M. Leo (conf.) -Ospedale Salesi c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Mari). 'Tributi in �genere -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale -Tel"llHne -Art. 327 c.p.c. Si applica � Notifica del dispositivo a cura della segreteria -Decorrenza del term!ine breve. (c.p.c., art. 327; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 38). Al ricorso per cassazione, contro decisione della Commissione centrale, � sempre applicabile l'art. 327 cod. proc. civ. in base al quale l'impugnazione non pu� essere proposta dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione, anche se deve ammettersi che la notifica del dispositivo a cura della segreteria a norma dell'art. 38 d.P.R. 636/1972, applicabile anche per le decisioni della Commissione centrale, fa decorrere il termine di 60 giorni (1). (1-2) :� ormai consolidata la giurisprudenza sull'applicabilit� del termine .annuale dell'art. 327 cod. proc. civ. al ricorso per cassazione contro la decisione della Commissione centrale. Regna ancora dncertezza sulla decorrenza �del termine breve. La prima sentenza dopo aver precisato che la norma generale dell'art. 38 del d.P.R. n. 636/1972 si applica anche alla decisione del1a commissione centrale, ritiene che la segreteria partecipando H dispositivo esegue una notificazione, idonea a mettere in moto il termine di 60 giorni; la seconda RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 590 II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1981, n. 624 -Pres. ed Est. Battimelili -P. M. Grossi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Viola) c. Barrafranca. Tributi in genere � Contenzioso tributario � Ricorso per cassazione contro decisione della CommisSli.one centrai.e � Termine � Comunicazione del dispositivo a cura della segreteria � Non fa decorrere il termine di 60 giorni � Termine annuale dalla pubblicazione � Si applica. (c.p.c., art. 327; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 38). Dovendosi applicare per il ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale le norme del rito civile, in mancanza di una particolare disciplina del d.P.R. n. 636 del 1972, il termine di 60 giorni decorre dalla � notificazione � e non dalla � comunicazione � del solo dispositivo; in mancanza della notificazione � applicabile il termine di un anno dell'art. 327 cod. proc. civ. (2). (omissis) Deve essere esaminata in via pregJudizia'1e, ed � fondata, I"eccezione di inammissibilit� del ricorso, formulata in udienza dal Procuratore Generale sul rildevo che, alla data notifica del 1ricorso medesimo, effettuata il 18 novemb11e 1978, .era da tempo decorso -pur tenendo conto della sospensfone di quarantaS'ei giorni di cui alla legge 7 ottobre 1969 n. 742 -il termine dii un anno deilla pubblicazione della decisione impugnata, avvenuta il 18 maggio 1977. Questa Corte ha altre volte chi1arito che al ricorso per cassazione contro le decisioni dehla Commissione tl1ibutaria centrale si app1ica �l termine annuale "ltl decadenza stabilito dall'art. 327 cod. proc. civ., in armonia con 11 consolidato indiPizzo secondo il qua'le la regola racchiusa nella norma ha una portata generale ed � destinata ad. operare in via sentenza, che non rinviene norme particolari nel d.P.R. n. 636 (owero non ritiene applicabile l'art. 38 per la decisione della Commissione centrale), facendo integrale applicazione delle norme del rito civile, definisce la partecipazione del dispositivo a cura della segreteria una comunicazione inidonea a far decorrere il termine. Non si pu� ammettere che il ricorso per cassazione sia soggetto sia al termine breve (in forza di norma particolare che ancora il decorso ad una notifica per estratto diversa da quella contemplata nel rito ordinario), sia al termine annuale (in forza della norma ordinaria non derogata dal decreto� sul contenzioso tributario). Ed infatti le numerose sentenze che hanno rite nuto applicabile l'art. 327 cod. proc. civ., sono partite dalla premessa che PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 591 diretta anche nei Ticorsi per oassazione avverso Je pronunzie di giudici speciali, in mam.canm --.: neNe singole leggi -di una deroga espressa o tacita ovvero di un diverso sistema di pubblicazione delle decisioni, tale da precludere all'interessato la tempestiva conoscibilit� del documento nella sua interezza, richiesta per I'appl�icabilit� del.ila disposiziione (v. sent. 5286 del 1979). E oi� non si verM�oa nel nuovo ordinamento del oontenzioso tributario, giacch� il d.P.R. n. 636 del 26 ottobre 1972, oltre a prevedere la pubblicazione del solo dispositivo (art. 28 secondo comma) -non sufficiente a far decorrere il termine per l'impugnazione, che postula Ja conoscibilit� deMe ragioni della pronunzia -prevede, come atto .processuale successivo e distinto, la pubblicazione dell'intero documento della decisione mediante deposito in segreteria (art. 38 primo comma), la quale formalit�, conforme a que11a prevista dall'art. 133 primo comma, realizza appieno il presupposto cui l'art. 327 ricollega il termine in questione. A questo or1entamento si � tuttavia obiettato che il processo tributario non prevede la comunioazione deil deposito della sentenza �allo scopo di darne notizia alle parti, come stabilisce, invece, il secondo comma del citato art. 133 cod. proc. civ., giacch�, pur disponendo l'art. 3S terzo co�nma che, entro die�i giorni della pubblicaziione deHa decisione, iJ dispositivo deve essere~ a cura del1a segreteria, notificato aJ. contribuente e comunicato all'Amministrazi<me, questi adempimenti hanno Ja diversa funzione di far decorrere, dalla data in cui vengono compiuti, fil termine per :impugnare 1a decisione medesima, ove essa non sia stata precedentemente notificata a cura d,i �na delle pairti (art. 38 ult. comma); questa diversa disciplina, oltre a giustificare l'assenza, nel processo iil!nanzi alle commissioni tributarie, di una disposizione analoga a1l'art. 327 cod. proc. civ., renderebbe inapplicabile la norma anche al .rfoorso per cassazione, ancorando in ogni caso il dies a quo del termine di impugnazione agli atti suddetti. La tesi non pu� essere condivisa. � esatto che llart. 38, inserito nella Sezione IV del d.P.R. n. 636 del 1972, relativa a!He �disposizioni generali e comuni al procedimento l'art. 38 del d.P.R. n. 636 prevedesse una comunicazione della avvenuta pubblicazione assimilabile a quella dell'art. 133 cod. proc. civ. Non � facile, invero, riconoscere che lo stesso atto disciplinato nell'art. 38 in via generale abbia valore di comunicazione per la decisione della centrale e di notificazione per le decisioni cli primo e secondo grado. Ma se si torna a discutere del valore della partecipazione del dispositivo e, pi� in generale, dell'esistenza e della validit� di norme del processo tributario che influiscono sul termine per la proposizione del ricorso per cassazione, bisogna rimettere in discussione anche l'app!dcabilit� dell'art. 327' cod. proc. civ. che � fondata sulfinesistenza {o non possibile esistenza) di norme particolari influenti sul ricorso per cassazione. 592 RASSEG'IA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO davanti ,alle commissfoni �, si applica anche alle decisioni della Commissione tributaria centriale. Ma, anche a voler ritenere, in base 1al tenore della disposizione ed al suo coordinamento con l'art. 29 del ci:tato d.P.R., che 1a decor:renza del termine di impugnazione della notificazione de[ dispositiivo si applichi pure al ricorso per cassazione, Ja reLativa disciplina riguarda, manifestamente, il termine breve di sessanta giorni previsto daihl.'art. 325 cod. proc. civ., non quello stabilito dal success.ivo art. 327, il quale, com'� noto, � correlato esclusivamente alla pubblicazione della decisione, sicch� la decadenza dall'impugnazione per il compimento dell'anno prescinde dalla notificazione (e si verifica indipendentemente da questa, cio� anche se nel corso dell'anno si sia provveduto a11a notifica e alla scadenza dehl'anno non sia ancora decorso 11 termine breve: cfr. fcra le a!ltre, sent. n. 2918 del 1974). La particolare normativa desumibile dal coordinamento anzidetto, quindi, non interferisce in alcun modo con l'art. 327, che, pertanto, 11isulta pienamente :appli:oabi:1e; e tanto meno pu� essere iinvoca:ta, rin senso contrari.o, :la ciircostamia . che per le decisioni in questione la notificazione prevista dall'art. 38 d.P.R. citato possa avere una funzione diversa da quella deJJl:a comunicazione di cui aU'1art. 133 secondo comma cod. proc. oiv., giacch� questa anche nell'ordinario sistema processuale � irrilevante ai fini della decorrenza dei termini di impugnazione, di modo che la sua mancanza non impedisce -come pure ha pi� volte affermato questa Corte (cfr., sent. n. 928 del 1978) -i.I decorso del termine annuale di decadenza. Vindirizzo suddetto deve essere perci� confermato. (omissis) II (omissis) Il resistente ha eccepito pveliminarmente l'inammissibilit� del ricorso per tardivit�, perch� proposto oltre i sessanta giorni da:1la ricezione della comunicazione all'Ufficio del dispositivo della decisione: l'eccezione � infondata, :in quanto, essendo applicabile al ricorso per cassazione, in mancanza di normativa ad hoc nel decreto n. 636 detl 1972, la normativa delle dmpugnazioni del codioe di rito civhle, ne consegue che il termine di giorni sessanta decorre dalla � notificazione � della decisione (notificazione che non riswta effettuata), non gi� della �comunicazione� del solo dispositivo; in mancan:m, � 1applioabile il termine di un anno dalla pubbllicazione, che, nel caso di specie, � avvenuta :i!l 14 ap11ile 1976, per cui il ricorso, proposito nel dicembre 1976, � da riconoscersi tempestivo. (omissis) PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 593 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 gennaio 1981 n. 687 -Pres. Bologna Est. Caturani -P. M. Valente (conf.) Mawa c. Ministero delle Fi nanze (avv. Stato Angelini Rota). Tributi erariali diretti -Accertamento -Motivazione sintetiica -Dichiarazione solo apparentemente analitica -Legittimit�. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 317 e 117). � legittimo l'accertamento con metodo induttivo quando sia stata presentata una dichiarazione non analitica ovvero una dichiarazione generica solo formalmente analitica (1). (omissis) Con il primo motivo del ~icorso il ricorrente, denunziando violazione e falsa applii.cazione degli artt. 37 e 117 del t.u. sulle !imposte dirette 29 gennaio 1958 n. 645 e de!H'art. 2697 cod. civ., nonch� difetto di motivazione, assume che nella specie Ja Commissione T'ributaria centrale non avrebbe consideriato che gli avvisi di accertamento in base ai .quali l'Ufficio ha proceduto alla determinazione dell'imposta erano affetti da nullit� perch� carenti di motivazione. La censura non � fondata. Il principio di diritto pi� volte applicato da questa Corte !in materia � che l'accertamento tributario non pu� prescindere da:lila denunzia deJ <:ontribuente e 'l'Ufficio deve, a pena di nullit�, motivare specificamente .l'accertamento medesimo soltanto qUJailora il contribuente abbia ,presentato una denun2lia dei redditi completa, esponendo a111aliticamente gli elementi del reddito e corredando Ja dichiarazione di dati, mediante esibizione di libri scri.ttura e documenti: tale motivazione analitica non � 'invece richiesta quando il contribuente abbia omesso di dichiarare il reddito cui J'accertamento si �riferisce (Cass. 10 dicembre 1979 !Il. 6386; 29 .novembre 1973 n. 3273) ovvero quando .1a dichiarazione sfa incompleta. Nella specie, la decisione impugnata si � attenuta ag1i accennati cr�i teri, avendo sottolineato che di fronte alle denunzie generiche (solo for malmente analitiche) presentate dal ricorrente, l'ufficio o per� ~ettamente procedendo :ad un accertamento generico in base agH elementi cui fa 11ichiamo .J'art. 117 del t.u. del 1958. D'altra paTte J'obb1igo imposto dall'art. 37 del t.u. del 1957 di moti vazione dell'avviso di accertamento dei reddit1i che il contribuente avesse (1) Sul punto specifico v. Cass. 3 marzo 1980 n. 1403, in questa Rassegna, 1981, I, 123. . 594 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO omesso cli dichiarare od avesse dichiarato senza indicazione analitica dei relativi elementi, attivi e passivi doveva considera!rsi assolto quando� l'atto poneva il contribuente �in grado cli conoscere la pretesa fiscale in tutti i s~oi elementi essenziali, ai fini di una effioace oontestaziQ/lle sull'an e sul quantum (Cass. 23 settembre 1976 n. 3162). Il che nella specie si � certamente verificato, non �essendo controverso, com'� confermato dall'ampia difesa svolta dal ricoprente a sostegno delle proprie iragiQllli,. che il Mazza � stato messo in condizioni di apprendere J. termini concreti de1la contestazione tributaria. Il pnimo motivo del ricorso deve �esse�re, pertanto, respinto. Con il secondo motivo del ricorso si sostiene, denunziando violazione degli artt. 37 e 117 del t.u. cli cui al primo motivo, degli artt. 112 e 339 cod. proc. civ., omessa pronuncia su specifici motivi di gravame, che !.a decisione impugnata siarebbe oaduta in errore allorch� ha rJtenuto provato neil quantum il reddito di cui agli accertamenti nCYtificati dall'ufficio. La censura � priva di fondamento. A parte le critiche mosse dal Ticorrente aHe decisioni trJbutarie di primo e �secondo grado, critiche che fuoriescono dall'oggetto del presente giuilizio, si �rileva che la Commissione Tributaria CentTale, con motivazione rrmmune da vizi logici e giuridici e pertanto non sindacabile in questa sede, ha confermato i reddHi di R.M. e per la imposta complementare determinati dalla Commissione Tributall1ia di secondo g<rado, da un minimo di !lire 1.600.000 per la R.M. e di lire 1.380.000 per !.a comp[ementare relativamente all'anno 1960, ad un massimo di lire 3.000.000 per entmmbe le imposte, ~n ordine agli anni 1968 e 1969. A sostegno di tahl accertamenti 1a decisione impugnata ha tenuto� conto non soltanto della circostanza secondo cui normalmente H professionista iritrae iredcliti professionali adeguati al sostentamento della fomig1ia, ma altres� del fatto che, secondo I'id quod plerumque accidit, accanto all'attivit� giudi:zJiaria doveva presumersi svolta dal medesimo anche una attivit� di carattere stragiudiziale; inoltre ta decisione ha messo in I1iJ:ievo che la esattezza degl1i accertamenti tributari trovava ulteriore e definitiva coni�erma nella Joro paliese tenuit� per tutto il periodo d'imposta considerato. N� il Mazza, nonostante l'invito dell'Ufficio ha ritenuto di rispondeife alle domande contenute nel questiQ/llario all'uopo inv~atogli, di modo che la Commissione Tributaria Centrale, valorizzando anche tale circo i'' stanza, ha espresso un CQ/llvincimento congruamente motivato circa i 1:: j;: redditi percepiti dal contribuente nel periodo d'imposta in questione. ,,, ,.. Il ricorso, nei due motivi in cui si articola deve essere pertanto " L respinto. (omissis) ~: 1:: i=~: f i .........,,~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 595 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 febbraio 1981 n. 754 -Pres. Sandulli Est. Virgilio -P. M. Cecero (conf.) Ministern delle Fianze (avv. Stato Angehlni Rota) c. P.ecodello (avv. Amatucci). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Ricorso -Presentazione Consegna all'ufficio tributario -Nullit�. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 17). Il ricorso alla commissione deve inderogabilmente essere presentato presso la segreteria della commissione adita e non produce effetto la presentazione presso l'ufficio tributario. Quando il �ricorso irritualmente presentato venga successivamente trasmesso alla segreteria della commis, sione, � rilevante ai fini del termine la data di ricezione da parte della segreteria, giacch� soltanto per il ricorso direttamente spedito alla segreteria � valida, per norma espressa, la data di spedizione (1). (omissis) Con il primo motivo si deduoe vio1azione e falsa applicazione deg1i articoli 16 e 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, e si sostiene �che la Commissione Centrale avrebbe dovuto dichiamre inammissibile il ricorso del contribuente alla Commissione tributaria di primo grado perch� una prima volta dl ricorso stesso ern stato diretto e presentato al� l'Ufficio dehle imposte di �vellino, ed UIJJa seconda volta -quando era gi� decorso il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della carteHa esattoriale -alla detta Commissione di primo grado. La censura � fondata. Premesso che con dl ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione � consentito, sotto il vigore della normativa di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, dedurre i vizi del procedimento svoltosi dinanzi .alla Commissione Tributaria Centrale (sent. n. 2880 del 2 luglio 1977), va rilevato che dagli atti risuJta che la cartella esattoriale fu notificata .al Pecoriello in data 10 settembre 1974 e che il 9 ottob:rie successivo egli present� due ricorsi, relativi alle imposte di R.M. e complementare, diretti all'Ufficio delle imposte dirette di A"l.'ellino, con i quali chiedeva che la Commissione annullasse la ii.scrizione a ruolo dei tributi. Risulta anche dagli atti che i suddet�i Ticorsi pervellJilero alla Commissione tributaria di primo grado (come si rileva dal timbro impresso sulla prima pagina di essi) il 31 gennaio 1975, ossia quando era abbondantemente decorso il termine di sess�anta giorni stabiUto dall'aTt. 16 del d.P.R. n. 636 del 1972. (1) Decisione di evidente correttezza che fa applicazione di norme dettagliate non suscettibili di interpretazione elastica. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Il contribuente invi� altro ricorso, ad integrazione del primo, ahla Commissione di primo grado, con letterra raccomandata del 16 novembre 1974, quando per� era scaduto rii termine suddetto. In tale S1ituazione non ,era possibile ritenere valida e tempestiva la presentazione dei due primi ricorsi. L'art. 17 del d.P.R. n. 636 del 1972 prescrive che rill. ricorso, insieme ad una copia in oarta sremp1ice, � � prresentato a11a commissione mediante consegna alla s,egreteria che ne rilasda ricevuta, ovvero mediante raccomandata con avviso di ricevimento�; e La stessa norma aggiunge che nel caso di spedizione per posta, � si considera come data di prresootazione quella di spedi:ZJione �. Dunque, le forma1it� di presentaZJione del ricorso sono compiutamente disciplinate dalla legge, sicch� non � consentito adottare sistemi diversi, ritenuti equipollenti. Va, tra l'altro, considerato che nella fiattispecie concreta i primi riicorsi non soltanto furono � fadirrizzati � e presentati a11'Uffioio delle imposte anzich� a1la Commissione tributaria (che � organo compJetamente autonomo ,rispetto 1al detto Ufficio), ma di fatto pervennero alla Commissione stessa dopo 1a scadenza del termine perrentorfo previisto per l'Jmpugnazione, dovendo aversi riguardo, ai fini del.l'osservanza del detto termine, a1la data di ricezione del rricorso da parte del!1a segreteria della commissione, ovvero a quella risultante daJ timbro postale di spedizione. Gli ulteriori ricorsi del contribuente spediti con raccomandata al.la Commissione erano intempestivi perch� '1a spedizione avvenne dopo il decorso del �termine di legge. (omissis) SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUPPLICI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 maggio 1981 n. 3474 -Pres. Marchetti -Rel. Sandulli -P. M. Valente (conf.) -Amministrazione della Difesa (Avv. Stato Corti) -Ditta A.P.I. Anonima Petroli Italiana S.p.A. (avv. Can1si). Arbitrato -Capitolato d'oneri per la fornitura dei materiali occorrenti ali'Amministramone aeronautica -Clausola predisponente un arbitrato � Previsione di derogabilit� � Arbitrato facoltativo e non obbligatorio. (D.M. 6 marzo 1934, artt. 2 e 75; Cost., artt. 24, primo comma, e 102, primo comma; cod. proc. civ., art. 806, primo comma, prima parte). Arbitrato � Lodo � Casi di nullit� � Nullit� del compromesso � Deducibilit� per fa prima volta in cassazione � Esclusione. (cod .. proc. civ., art. 829, n. 1). Arbitrato -Lodo -Casi di nullit� -Pronunzia fuori dei limiti del compromesso -Oggetto � Controversie sull'esecuzione del contratto � Domanda di risoluzione per eccessiva onerosit� sopravvenuta � Sussistenza del vizio � Esclusione. (cod. proc. civ., art. 829, n. 4; D.M. 6 marzo 1934, art. 75). Obbligazioni � Risoluzione p.er eccessiva onerosit� sopravvenuta � Effetti Contratti ad eserizi.one continuata e �periodica � Limiti all'efficacia retroattiva � Condizioni di applicabilit�. (cod. civ., artt. 1467, primo comma e 1458, primo comma). L'art. 75 del Capitolato d'oneri per la fornitura dei materiali occorrenti all'Amministrazione aeronautica, approvato con D.M. 6 marza 1934, predispone una forma di arbitrato non obbligatorio, ma facoltativo. L'art. 75 va infatti coordinato con l'art. 2 del medesimo capitolato che, nel disciplinare la predisposizione e la stipulazione dei contratti, stabilisce che � il Capitolato d'oneri, in quanto non sia modificato espressamente dai contratti, ha efficacia normativa tra le parti�. Con il che la soggezione delle controversie alla competenza arbitrale si determina in concreto e per effetto della sua mancata esclusione in sede di stipulazione del contratto (1). (1-3) La sentenza 28 gennaio 1980 n. 658 della Corte di Cassazione, che ha dichiarato illegittimo e disapplicato l'art. 51 del r.d. 17 marzo 1932 n. 366 � pubblicata in questa Rassegna 1980, I, 209 ed ivi � richiamata la sentenza della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione di nullit� della clausola compromissoria non pu� essere esaminata in sede di legittimit� se non sia stata prima dedotta come motivo di impugnazione del lodo (2). La domanda di risoluzione del contratto� per eccessiva onerosit� sopravvenuta d� luogo ad una controversia che attiene non alla originaria validit� dello stesso ma alla sua esecuzione e pertanto rientra nella competenza del collegio arbitrale, cui la clausola compromissoria deferisca � tutte le contestazioni che possano insorgere nell'interpretazione ed esecuzione del contratto� (3). Nel caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, se la prestazione di durata sia a carico della sola parte che ne lamenta la sopravvenuta onerosit�, mentre la controprestazione sia ad esecuzione istantanea e posticipata, la pronunzia di risoluzione per eccessiva one rosit� sopravvenuta estende i suoi effetti anche alle prestazioni gi� eseguite. Ne consegue che la parte che le ha ricevute � tenuta a resti. iuirne l'oggetto o a pagarne il controvalore (4). (omissis) In via pregiudiziale, va esaminata <la questione di nul!lit� del lodo arbitrale, delineata per la prima volta in sede di legittimit� dal l'Amministrazione ricorrente con la memoria difensiva er art. 278 cod. proc. oiv. Con 1a cennata memoria, l'Ammiruistra:z�ione militare -invocando l'autorit� della decisione della Corte Costituzionale n. 127 del 14 lugll.io 1977, la quale ha statuito che, a seguito del coordinato disposto degli artt. 24, primo comma Cost. (diritto dii azione in giudizio e correlativo esercizio, costituzionalmente garantito) e 102, primo comma, Cost. (ri :serva della funzione giurisdizionale ai giudici ordinari, salvo le eccezioni Corte Costituzionale 14 luglio 1977 n. 127 (che pu� leggersi in Foro it. 1977, I, 1848 e Giur. cast. 1977, I, 1103 e 1143 con nota di ANDRIOLI, L'arbitrato obbligatorio e la costituzione). Merita segnalazione il fatto che la Corte, nel caso in esame, � pervenuta .ad escludere la rilevabilit� di una questione di nullit� del compromesso dopo .aver ricondotto l'arbitrato predisposto dall'art. 75 del D.M. 6 marzo 1934 ad una filgura di arbitrato facoltativo. Cos� implicitamente ritenendo che una <:onclusione diversa avrebbe potuto raggiungersi ove l'arbitrato fosse stato -considerato obbligatorio (� interessante considerare che il profilo � evidenziato nella massima estratta dall'Ufficio del massimario e che suona cos�: � La �questione di nullit� del lodo arbitrale ex art. 829 n. 1 cod proc. civ. per ine. sistenza o nullit� della clausola compromissoria, ove non sia proposta in sede di impugnazione, non pu� essere fatta valere per la prima volta in sede di legittimit� qualora tale questione non integri un problema di disapplicazione .di norma regolamentare costituzionalmente illegittima rilevabile ex officio in ogni stato e grado del giudizio�: in Giust. civ. Mass. 1981, 1213). Nel caso deciso con la sentenza 14 maggio 1981 n. 3167 (in questa Rassegna 1981, I, 421, e in Giust. civ. �1981, I, 2635 con nota di CARBONE P., Natura giuridica dei PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 599 di cui all'art. 103 successivo, �ill quale prevede che le paTti possono, nell'esercizio di un potere di disposizione strettamente collegato al potere di azione, deferire una o pi� controversie al �giudizio di un arbitro o di un collegio arbitrale), il fondamento di quad.siasi arbitrato � da rinvenire nella libera scelta delle .pairti, in quooto sdltam.to la scelta dei soggetti (intesa come uno dei possibili mod[ di disporre, anche in senso 1I1ega� tivo, del dfritto di cui all'art. 24 Cost.) pu� derogare al precetto contenuto nell'art. 102, primo comma, Cost., sicch� La � fonte � dell'arbitrato non pu� rJ.oercarsi e porsi in mia legge ordinaria o, pi� generalmente, in una volont� automta1liva, con l'implicaziione che ili principio fissato nell'ar:t. 806, primo comma, prima pairte, del codiee di proeedura civile (� Le parti possono far decidere da arbitri le c�ntroversie tra Joro insorte... �) assume rnl cairiattere di principio generale, costituzional mente garantito, dell'lintero ordinamento -deduce 1a nullit� dell'arbi trato per � inesistenza � della dlausola compromissoria (e cio� della fonte attributiva del potiere arbitrale), sul profilo che, nel caso di specie derivando il potere giurisdizionale degli arbitri dall'art. 75 del capitolat� d'oner�. per la forruitura dei materiali occorrenti all'Amministrazione. aero-� nautica approvato con decreto ministeriale 6 marzo 1934 -J'arbitrato, 1 t11aendo 1a propria fonte da UIIla normativa eteronoma rispetto alla volont� deMe parti, integri un arbitrato rituale obbligatorio o necessario, privo di un valido supporto attributivo del potere arbitrale, contrastando il cirt:ato art. 75 con Je norme costituzionalli -parametro contenuto negli artt. 24 e 102 della Costituzione. L'Amminist11azione sostiene, quindi, che la Corte di Cassazione -nel la l!inea adottata dalla sentenza !Il. 658 del 28 gennaiio 1980, 1a quale ha disapplicato per illegittimit� costituzionale la norma dell'art. 51 dcl r.d. 17 marzo 1932 n. 366 (approvazione delle condizioni generali dell'appalto dei lavori del genio militare), che impone aille parti un arbitrato capitolati generali, carattere dispositivo delle norme che prevedono l'arbitrato quale strumento di composizione delle controversie e tempestivit� della riserva in caso di sospensione) 1a Cassazione aveva invece ritenuto che �la dedotta illegittimit� della norma del capitolato che predispone l'arbitrato, risolvendosi nell1'invamdit� �c:liru titolo di mvestitura degltl ocbirtri, d� luogo ad UJn'ipotesd riconducibile alla previsione dell'art. 829 n..1 cod. proc. civ.: cio� ad un motivo di nullit� della sentenza arbitrale, che avrebbe dovuto essere dedotto avanti alla Corte d'appello come motivo di impugnazione della sentenza stessa �. Nella specie la clausola di capitolato che veniva in questione era l'art. 51 del R.D. 17 marzo 1932 n. 366, gi� riconosciuto illegittimo dalla Cassazione con la sentenza 28 gennaio 1980, n. 658 richiamata in apertura. Il lodo 5 giugno 1975 reso nella controversia pu� leggersi in Giust. civ. 1975, I, 1589. (4) Nello stesso senso cfr., dn dottrina, DALMARTELLO, Risoluzione del con tratto, Nuovissimo Digesto, XVI, Milano, 1969, 127 e 148. 18 609 . RASSEGN.~ DELL'AVVOCATURA DELLO, ST~TO obpligatorio. in virt� di una. volont� .autorizzatjvfl del tutto estranea . alla. volont� c;lelle parti -debba disapplicare l'art. 75 del capitolato. d'oneri approvato con il c;lecreto minis.teriale. 6 marzo .1934, e conseguenteme:p.te dichiarare la nullit� del prnceddmento arbitrale e del lodo in esso reso. La societ� API, con la seconda memoria, prodotta ex art. 378 cod. proc. civ. prima dell'udienza dii discussione aUa quale la causa � stata rinviata da una precedente udienza pubblioa, ed in sede di difesa orale, eccepisce l'improponibiHt� della questione, dovendo la stessa dtenersi preclusa pe;r non avere fol'Il;l!ato oggetto d'impugnaZJione :innailZJi alla Corte d'Appello ex al11:. 829 cod. proc. civ., ed assume che, nel caso di specie -essendo il rinvii.o operato dalle pMti alle clausole del capitolato d'oner�i non meramente �ricognitivo, ma recettizio -non si abbia una eterointegrazione auto:riitativa e, quindi, un aTbitrato obbligatorio. L'eccezione d'dmproponibilit� de11a questione, avanzata dalla societ� resistente, � fundata. Per poter affermare la 1rilevabilit� in ogni stato e grado del giudizio e, quindi, Ja proponibilit� per 11a prima vo!lta in sede di Jegi-ttimit�, senza che incida il principio della conversfone dei motivi di nullit� in motivi di gravam�, dovxebbe ritenersi che la norma del pi� volte citato art. 75, imponga alle parti un arbitrato rituale necessario e che, conseguentemente la stessa sia affetta da illegittimit� per contrasto con gJi artt. 24 e 102 della Costituzione. Va rilevato, in base ai lavoni prepairatori deil'Assemhlea Costituente, come il legislatore costituente �abbia inteso assegnare una situazione nettamente distinta ai collegi riconosciuti come vere e proprie giurisdizioni speciaH ed agli �arbitrati �in materia civile, che si formano per volont� delle parti e si basano su loro facolt� e sul loro diritto, che non pu� ess,ere disconosciuto�, e come, prevedendosi dalla Costituzione soltanto giurisdizioni speciali ed arbitrnti volontari o facoltativi, fondati suHa libera opzione delle parti, non residui alcuno spazio per un terzo tipo di deroga al principio dell'unit� della giurisdizione, e cio� per gli arbitrati imposti dalla legge. La legittimit� costitu2lionale degli arbitrati obbligatoFi o necessati � stata, per�, sostenuta dalla giurisprudenza e da una parte detl!la dot trina, con la ragione del � convogliamento� dell'a~bitrato rituafo obbli gatorio (nOJ;tch� di quello volontarfo) nell'ambito del giuddzio ordinar.io mediante l'impugnazione di nullit� (oltre che attmV'filso il controllo ~n sede di decreto di omologazione). Ma la Corte Costituzionale, con Ja citata decisione n. 127 del 1977, ha ritenuto che l'opinione del ((convogliamento� non possa essere se, guita, essendo fondata s.ll'equivoco che la giustizia airbitrale assicuri le medesime garanzde assegnate da11'esercizio deHa potest� giurJsdizio nale, giacch� essa, svolgendosi al di fuori del rngime delda sovranit� statuale (per essere i margini in cui si muovono ~I giudice dell'omolo PARTE I, SEZ. vn, GIURIS. IN M~TERIA_DI "'CQUEJ!~ ,APPALTI PUBBLICI ,601 gazi,one d~l loqo ~.quello dnvestito dell'impugnazione per nuliHt� ex aTt. 829 cod. proc.-civ. estremamente ristretti), non va:le ad assicurare una tutela pari a quclla dell'attiv.it� giU11isdizionale esercitata dai giudici statali (essendo gli arbitri privi di poter.i coercitivi e cautelari),. E -poich� il Costituente ha inteso rtute1are la concentrazione deHa funzione giurisdizionalle sia nei confironti dehle giurisdizioni speciali che riguardo ai meccanismi volti 1a limitare <l'unit� di detta l�Nraione -non pu� pensarsi che, a fianco del procedimento di revisione costituzionale richiesto per l'istitu:ll�one di nuove giurisdizioni speciali, possa ammettersi un congegno legislativo che permetta di sottrarre mediante leggi ordinarie al giudice statuale particolari tipi di controversie -non potendosi incidere su!ll'unit� della giurisdizione con l'istituzione di arbitrati obbligatori ex lege, anzich� con fa creazione di nuove giurisdizioni speciali. In tale visione generale e nel rispetto dell'autonomia dei soggetti in ordine alle situazioni di vantaggio compromettibili, ,alla cui gan,mzia costituzionale l'ordinamento guarda con particolare cura -si � provveduto a daa:-e una nuova regolamentazione alla materia relath~a. al Oapitolato generale per '1'appa!Ito delle opere pubbliche dello Stato (Je cui clausole, aventi inatma normatiVia di rregolamenti di organizzazione, p:rima dell'intervento del decreto presddenziale 16 luglio 1962 n. 1063, e:rano inserite ex lege, �!ll virt� dell'art. 99 del .regolamento di contabilit� 23 mag� gio 1924 n. 827, in ogni contratto in cui era parte lo Stato), disponendo, con l'art. 47 del citato decreto presidel17jialle !Il. 1063 del 1962, una normativa che, consentendo sia alla parte attrice che a quella convenuta di escludere la competenza aa:-bdtmle, istituisce (in sostituzione di quello obbligatorio, necessario ex lege) un arootrato facoltativo, nel rispetto del principio fondamentale sancito nehl'art. 102 deHa Costituzione (�fir. Cass. 28 gennaio 1980 n. 6~8; Gass. 8 agosto 1978 n. 3852; Cass. 12 luglio 1978 n. 3515). Risultando riaffermata, anche su tale piano, la necessit� della tutela dell'autonomia delle parm, costituzionalmente garantita -pu� rrJievarsi come, stante il camttere rigido� della Cos.tituzione, fa legge ordinaria (o altro atto. autorritativo) possa soltanto predisporre, ma non disporre ~li arbitrati delle parti. Om -poich� Ja questione de1Ja Jegittimit� dell'art. 75 del Capito lato d'oneri approvato con decreto ministeriale 6 marzo 1934 � da ricom prendere nella pi� ampia questione della conformit� ailla Costituzione degli arbitrati obbligatori o necessari, non potendo, secondo !l'orJenta mento della costante giurisprudenza, il Collegio arbitrale in esso previsto considerarsi una giurisdizione speciale -il problema da esaminare, ai fini de1Ja proponibilit� della questione delineata in questa sede, � se il citato iart. 75 preveda un arbitrato obbligatorio (o necessario) o facolta tivo (o volontario). 602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 75, che nel titolo nono del Capitolato d'oneTi per la fornitura dei materiaM speciali occorrenti ahl'amminist:mzione aeronautica pone la clausola compromissorna nel senso che � tutte 'le contestazioni che possono sorgere sull'd.nterpretazione ed esecuzione dei singoli contratti sono deferite ad un Collegio arbitrale�, va coordinato con ill precedente art. 2 che, nel disciplinare la predisposizione e :la stipulazione dei contratti, stabilisce, nel terzo ,comma, che � il CapdtoLato d'oneri, in quanto non sia modificato espressamente dai contratti, ha efficacia normativa fra le parti �. E -poich� con taile formulazione, che si riferisce a tutte le clausole del Capitolato, compresa queMa compromissoria, s[ consente alle parti, mediante libera scelta, di ,escludere la competenza arbitrale -deve ritenersi che, nel caso di specie, ricorra non un arbiwato obbligatorio o necessario, avente fonte autoritativa eteronoma rispetto alla volont� delle parti, ma un arbitrato facoltativo, avente 1a sua fonte ne11a libera volont� delle parti. Conferma della libera scelta di un ,arbitrato volontairio nel caso di specie si ritrova nell'art 16 del oontvatto di fornitura, intervenuto in data 27 agosto 1973 l�.va J'Amministriazione della Difesa e la societ� API, che riguardando le condizioni genemli contrattuali, stabilisce che � per tutto quanto non modificatb nel contratto 1a fornitum si intende vincolata ai patti, oneri e condi:doni, espressi nel capitolato d'oneri� -i quali patti, oneri e condizJioni la societ� fornitrice � dichiara di ben conoscere e di accettare in ogni sua parte�. Va, quindi, rilevato come, al fine di stabiliLre convenzionalmente un arbitrato facoltativo, le parti 1abbiano fatto espresso riferimento aJ.ila clausola compromissoria, dettata nel ,capitolato dii oneri, recependo la stessa, attraveTso un rinvio recettizio (e non meramente ricognitivo) nel corpo della disciplina contrattuale. Per modo che -essendo l'ipotesi contemplata conforme a Costitu zione e non ponendosi, quindi, Ulil problema di diisaipplioazione di norma (regolamentare) costituzionalmente :illegittima, che potrebbe comportare la rilevabilit� ex officio (e fa proponibilit�) in ogni stato e grado del giudizio -via esaminato il profilo rie1ativo alla preclusione opposta dalla societ� resistente. Il dibattito intervenuto �!Imanzi a1l giudice dell'impugnazione s1 e svolto esclusivamente intorno aJ tema de11a nullit� del Jodo ex art. 829 n. 4 cod. proc. civ., per avere gli arbit11i pronunciato fuori. dei limiti della clausola compromissoria. Per la prima volta in questa sede di legittimit� si �, poi, dedotta la ulteriore questione della nullit� del lodo ex art. 829 n. 1 cod. proc. civ., per inesistenza o 111u11it� della clausola compromissoria. E -poich� tale questione non avendo formato oggetto d'impugnazione innanzi al giudice de11a nullit� (come avrebbe dovuto, in forza PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPAI.TI PUBBJ.ICI 603 del principio che i motivi di nullit� si convertono !in motivi di gravarne) ex art. 829 n. 1 cod. proc. civ., deve ritenersi preclusa -la stessa non pu� trovare mgresso in sede di Jegittirnit�. Venendo all'esame dei motivi di ricorso, va �rilevato come, con il primo mezzo, l'Arnrniinistrazione �ricorrente -denunciata la violazione dell'art. 75 del Capitolato di oneri approvato con decreto ministeriale 6 marzo 1934, dn relazione ahl'art. 360 n. 2 cod. proc. cliv. -sostenga l'incompetenza del cofilegio 1arbit:mle, in quanto esso non avrebbe potuto conosoere deJJa domanda di �risoluzione per eccessiva onerosit� del contmtto di fornitura, riguardando la clausoJa compromissoria contenuta nel citato art. 75 esclusivamente .te controversie attinenti all'esecuzione del contratto. ll motivo � privo di fondamellltO. Secondo fa tesi dell'Amministrazione ricorrente, fa controversia di risoluzione per eccessiva onerosit� deJla prestazione -afferendo non all'esecuzione (o aill'efficacia) ma alla V1aliidit� del contratto -non rientrerebbe nei limiti della clausola compromissoria, prevista dall'art. 75 del Capitolato d'oneri, la quale deferisce al Collegio arbitrale �tutte le contestazioni che possOlllo insorgere suJl'mterpretazione ed esecuzione del contratto �. La Corte d'Appello ha correttamente ritenuto che la controversda di risoluzione per eccessiva onerosit� r:ientri nehla previsione dehl'art. 75 ed appartenga, quindi, alla competen:lla arbitrale, dovendo la controverSiia sull'eccessiva oneroslit� della prestazioni di un contratto ad esecu2Jione continuata o periodica ex a'It. 1467 cod. civ. essere qua11ficata come controversia sull'esecuzlione. Invero -poich� il rapporto di reciproca dipenden2Ja fra le presta zioni sussiste non solo �al momento della formazione del v<i,ncolo contrat tuale (cosiddetto sinahlagma genetico) ma anche nel corso dello svolgi mento del rapporto originato dal 0911tratto (cos.iddetto sinaJlagma fun zionale) s� che, rimanendo la presta2Jione di una parte legata non soJo a:U'esistenm originaria, ma anche ail perdurare dell'obbligazione corrispon ~ ' dente deHa controparte, l'eccessiva onerosit� (come finadempimento o ia impossibilit� sopravvenuta) rompe �il vincolo dd corrispettivit�, eliminando la giustificazione causale che unisce le reciproche prestazioni, facendo sorgere nella parte contraente il diiritto ad essere sciolta dal vincolo (nonostante la validit� del negozio fonte delJ'obbliigazione) -deve ritenersi che la risoluzione del rapporto -nelJ'iipotesi in cui J'obb1igo della prestazione (assunto contrattualmente) sfa divenuto troppo oneroso per il sopravvenire di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, e cio� nell'ipotesi ��in cui il .rapporto tra le prestazionii neJ momento dell'esecuzione sia ddvenuto sproporzionato rispetto a quello stabillito al momento deJla conclusione del contriatto (laesio superveniens) -attenga ail(la fuse del)l'esecuzione del contratto, resa particolarmente gravosa e, quindi, . RASS�GNA DELL'AV�lOCATtiRA DELLO. STATO imp�dita' dalila insorgen:m della eccessh;;a onerosit� per cause straordinar�e ed imprev�dibili sconvolgenti �l'eqUJi;libxio � sinai1lagmatico formatosi all'epoca del perfezionamento del contratto. E ci� in quanto .l'azione di risoluzione -a differenza de1le azioni di nulJ.it� e di annullamento, che pl'esuppongono una fattispecie conta:" attuale 1ncompleta o viziata -consegue ad un difetto di f~onamento del contratto, e cio� ad un difetto che attiene a11'aspetto esecu1livo di esso. Invero, nelle ipotesi I�ll1 cui hl rapporto originato dal contratto possa soJ.tanto parzialmente 'I"eaHzzaire la sua fun.mone, a1le parti, Hbere a:Ll'wzio di determinare il contenuto del contl1atto, � dato di .decidere se il mpporto debba o 1110 essere esegui.to. Per modo che, nel caso di specie -avendo devoluto la clausola compromissoria, contenuta nell'art. 75 del OapHolato d'oneri, a!l colJegio arbitrale !la cognizione delle C01111lroversi:e .attinenti all'esecuzione deJ. contmtto ed afferendo, come si � visto, alla fase esecutiva del rnpporto la risolWlione per eccessiva onerosit� -deve �niteneirsi che la competenza del collegio arbitrale a conosoere della contestazione sulla eccessiva onerosit� del contratto di fornitura. promossa dalla societ� res[stente sia stata correttamente dichiarata dalla Corte d'Appe1Io. Il primo motivo di ricorso �, quindi, da disat�tendere. Con il secondo motJivo, l'Amminiistra.zione riconrente -denunciata la violazione dell'art. 75 del capitolato d'oneri approvato con decreto ministeriale 6 marzo 1934, ill1 relazione ail<l'art. 360 n. 2 cod. proc. aiv. sostiene fincompetenza del co1legio arbitrale, perch� non avrebbe potuto disporre, con la pronuncia di risolu21ione, la lrestitu:zri.one del combustibile o, in mainoanza, il pagamento del controvalore. Anche tale motJivo � pr:ivo di fondamento. Secondo la tesi dell'Amministrazione, non rientTerebbe nei poteri del Col1egio arbitrale la potest� di dispor.re, con J.a declaratoria di risoluzione, la condanna al pagamento del controvalore de11e po:"estazioni gi� eseguite (e non pi� restituibhli). La Corte d'Appello ha cor.rettamente ritenuto che, con la pronuncia di risoluzione, in mainoanza della restituzione deilla prestamone eseguita, ben possa essere disposto :�J. pagamento del controvalore. Invero, in ordme agli effetti dclfo. risoluzione, va considerato come -distinguendosi, nei contratti a presta:zri.oni corrispettive, fra contratti ad esecuzione istantanea e contratti ad esecuziione continuata o pe:dodica e tenendosi per i primi ad elimina.re ex tunc tuttf gli effetti po:"�dotti dal contratto sia obbligaitor:i (medliarite illlcidenza liberatoria e reci.iperatoria) sia reaLi (medianfo efficacia rea!le :inversa a quella po:"Odotta:) -riguardo alla oategoria dei contratti ad esecuzione'�ontinuata>o Jȏriodica, in" cui la continuazkme o periodicit� Si realizza or�6rrilalm�nfe parf'passu .it1, l:hodo da attuare costantemente l'equilibrio sinallagmatico PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI 0AC�UE 0ED �PPALTI PUBBLICI .605 fra le prestazioni, la locuzione � contratti �d esecuzi01I1e cont1rtuata o periodica�, usata nel primo comma d�1l'axt. 1458 cod. �iv." (richiamato dall'-art. 1467 cod. oiv.) per escludere dall'effetto retroattivo f1a oategoria di detti contratti, deve essere intesa restri:ttivamente s� da riferi:rila ai soli �ontratti che fanno sorgere obbligazioni dii dmata per entrambe le parti, in modo che 1a intera esecuzione del con1lratto debba avveniJre attraverso coppie di prestazioni da readizzarSI� contestualmenrte nel tem� po, Lasciando fuori dell'area previsionale della norma dell'art. 1458, primo comma, cod. civ. (richiamato daH'art. 1467 cod. civ.) quei con �watti ad esecuzione continuata o periodioa liirJ. cui la ~stazione di durata sia a cadco di una sola deMe parti, mentre quclil.a dovuta dal: 1.'altro contraente sia ad esecuzione istantanea (immediata, ~�attuare in via anticipata rispetto all'esamimento della prestazione di durata, o differita, eseguibile fino al momento finail.e del!1a prestazione di durat�, o posticipata, cio� oltre tale momento furale). Invero, se dn caso di controprestazione anticipata non pu� ammettersi l'irretroattdvit� della risoluzione, :in qua.rito essa favorirebbe la parte meno meritevole, consentendole di conservare f1a prestazione acquisita, anche nehl'ipdtesi di controprestazione posticipata non 'pu� ammettersi l'effioacia della risoluzione su tutte le prestaz~OIIli nori. ancora eseguite perch� una soluzione di tail. genere favo:riiirebbe il contraente� che avesse ricevuto fino ad un certo momento fa prestazione Continuata o le prestazioni periodiche e fosse rimasto da tale momento insoddi. sfatto, consentendogli, con la sua totaJ.e liiberazione dalla controprestazione ancora ineseguita, di tr:atteners,i Ila parte di prestazione continuata o tutte le prestaziond periodiche 'da lui ricevute, senza nUJlla prestare iin contropartita. Per i contratti soltanto unilateralmente ad esecuzione continuata o periodica deve, qUJindi, prevalere la regola dehla retroattivit�, che sola pu� attuare l'equilibrio inter partes, ripristinando, con 1a irestituziOrte (attuabile in idem corpus, quando l'oggetto del:la prestazione sia ancdra presente ed identifioabile presso ill soggetto passivo dell'obbligo, o �per tantundent, quando si tratti di una prestazione di genere) o con il pagamento dell'equivia!lente (quando l'obbt1igato non sia �n grado di attuare Ja restituzione), 1a situazione anteriore al o�ntratto. Ora -facendo appliicazione di itali prmcipi alla fattispecie in esame e sussistendo fino 'ailila richiesta � di risoluzione per eccessiva onerosit� l'equdilib:r.io sinaJ.lagmatico fra [e prestaZioni eseguite hinc inde alle quali, quindi, l'effetto della risoluZione non pu� estendersi -deve con�iludea:si che la Corte d'Appello abbia correttamente affermato 'che :il CoMegio arbitralt\; ,, condah�i:l!ndo, a' seguito della dichiarazione di \t'isoluzione del .contriatto di fornitura i'Amministria:lli.one deilla Difesa al pagamento del �ontrovalore del combustibile, non pi� in �SUO possesso per essere stato �Dnsumato, abbia pronunciato nei limiti dei Srioi poteri; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 606 Anche il secondo motivo �, quindi, da disattendere. H terzo ed il quinto motivo, foa foro inte:riamente connessi, vanno esamiinati congiuntamente. La ricorrente -denunciata la violazione dei limiti della materia devoluta agli arbitri e dell'art. 112 c.p.c., nonch� l'omessia, contraddittoria o insufficiente motivazione (art. 390 n. 4 e 5 c.p.c.) -sostiene: a) che -avendo chiesto la societ� forrntTice ilia condanna al pagamento dei soli importi eccedenti il prezzo contTattuale -fa Corte del merito non avrebbe potuto ritenere c01.1retta la decisione arbitrale che l'aveva condannata alla corresponsione dcll'iintero vailore monetario at1lI1iquito .al carburante (terzo motivo); b) che -avendo la societ� API �dichiarato espressamente di non avere interesse ad ottenere la restituzione del combustibile, reclamando soltanto la somma corrispondente al controvalore di esso -ilia Corte del merito non avrebbe potuto ritenere corretta la decisione arbitrale che l'aveva condannata aHia restituzione del carbumrunte (qUJi.nto motivo). Entrambi i profili di censura, basati su UJna impostazione non rispon dente alfa .realt� processuale, sono privi di fondamento. Come si � .visto nel corso :dell'esame dei precedenti motivi, ila .retro- att_ivit� della risoluzione comporta fa restituzione della prestazione� ese ~i:ta in idem corpus o per tantudem e, quando non possibile, la corre sponsione dell'equivalente monetario. Nel caso di spede, ila Corte del -merito -dopo avere rilevato che 1'~ restituzione del combustibile non era pi� possibile, essendo Jo stesso stato consumato ...,..,._ ha co11rettamente ritenuto che U collegio airbitraile, uniformandosi ai su esposti prfo;1cipi, abbia giustamente condam1aito l'Am ministrazione militare ali pagamento del controvalore. E ,..__ pqich� il prezzo originariamente pattuito era stato gi� pagato dall'Amrni11istrazione c�>mmittente -ha, poi, ritenuto corretta l'opera zione aritmetica eseguita dal colle~o 1airbitrale, detraendo daJ controva lore, al cui pagamento ha condannato l'Amministrazione, la .som_ma gi� corrisposta in base al prezzo contrattuale. Tale sti;ttuizione -essendo perfettamente confonne a diritto, per e~sere stata resa nel pieno rispetto dei principi giuridici innanzi espressi, ed avendo a supporto uno svqlgimento motivazionale, immune da vizi _logici e da errori. giudirici -deve ritenersi corretta ed esente dai vizi denunciati con i dedotti motivi di doglianza. Pertanto il terzo ed il quinto motivo sono da disattendere. Con il quarto mo1Jivo, ila ricorrente l.~menta che la Corte d'A:ppelJo abbia ritenuto fa legittimit� della decisione, con la quale il collegio aTbi. tmle ha. ..determinaOO;il valore del carbw;iante da corrispondere aitla societ� .fomitri~ con riferlmento al momento della pronuncia (e non con ri guardo a quello della :c0nsegna tlel combus1Jibile). La censura � infondata, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 607 La Corte d'AppeHo ha correttamente affermato la legittimit� della decisione arbitrale che, ai fini di stabilire hl. valore del combustibile, si � riferita ai prezzi praticati al momento della pronuncia, sull'esatto rilievo che -costituendo il controvalore pecuniario H succedaneo della restituzione -la somma da cor:rispondere a11a fornitrice awebbe dovuto consentire l'acquisto di un corrispondente quantitativo di carburante, equivalente a queMo fornito anche nel.tla qualit�. Pure il quinto motivo �, quindi, da disattendere. In definitiva il ricorso va rigettato. Ricorrono giusti motivi per procedere alla compensazione fra le parti delle spese del presente giudizio di cassazione. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 dicembre 1981 n. 6517 -Pres. Mirabelli -Rel. Caturani -P. M. Saja (conf.) -Ente di sviluppo in Puglia e Lucania e Ente regionale di sviluppo agricolo deLla Puglia (avv. Stato Del Greco) c. Verillle (avv. Mitolo). Arbitrato � Controversie compromesse in arbitri -Questione sull'appar� tenenza alla giurisdizione esclusiva -Questione di giurisdizione � ~ tale. Oompetenza e giurisdizione � Giurisdizione onlinaria o amministrativa Giurisdizione esclusiva -In materia di concessione di beni -Riforma fondiaria � Recesso dell'assegnatario e domanda di indennizzo per i Inigldoramenti -Giurisdizione amininistrativa -� Sussiste. (1. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, commi primo e secondo; 1. 12 maggio 1950, n. 230, artt. 16 e ss.; I. 21 ottobre 1950, n. 841). Arbitrato � �Compromesso � Oggetto -Controversie rientranti nella giuri� sdizione esclusiva � Aminissibilit� -Esclusione. (1. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, primo comma; cod. proc. civ., artt. 806 e 808). La questione se la domanda rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non cessa di dar luogo a questione attinente alla giurisdizione anche se, proponendosi a riguardo di domanda conosciuta da arbitri, si profili come questione sulla competenza di questi (1). (1-3) Nello stesso senso cfr. Cass. 2 maggio 1979 n. 2522 in Giust. civ. 1979, I, 1699. Cass. 12 marzo 1981 n. � 1641, pure richiamata dalla sentenza in rassegna, pu� leggersi in Giust. civ. 1980, I, 1283. La sentenza cassata -App. Bari, 26 aprile 1969 -pu� leggersi in Riv. dir. agr. 1969, Il, 460, con ampia nota di richiami. La questione della validit� o meno della clausola compromissoria dal punto di vista della appartenenza della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo era stata in 'RASSEGNA D�LL'AVVOCATURA DELLO STATO Appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo relativa a rapporti di concessione di beni pubblici la controversia insorta tra ente di riforma ed assegnatario che, abbandonato il fondo, pretenda di recedere unilateralmente dal rapporto ed assuma di aver diritto alla indennit� per i miglioramenti. In questo caso infatti la controversia non riguarda solo l'indennit�, ma si estende al controllo circa la esistenza dei presupposti che possano condurre, secondo il contratto accessivo alla concessione, ad una risoluzione del rapporto ad iniziativa dell'assegnatario (2). In difetto di contraria previsione normativa, deve escludersi la facolt� di compromettere in arbitri le controversie relative� a diritti soggettivi, gi� devolute al giudice ordinario, ma successivamente attribuite alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali (3). (omissis) Con il priimo motivo del <ricorso l'ente di sviluppo in Puglia e Lucania, denUJ11ziando difetto di giurisdizione, violazione e falsa applicazione dell'art. 5 deHa legge 6 dicembre 1971 n. 1034, degli art. 16 e segg. della legge 12 maggio 1950 n. 230, della legge 21 ottobre 1950 n. 841, degli artt. 808 e 829 n. 1 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 1, 3 e 5 cod. pro�. civ., assume che contrariamente a quanto ritenuto dall'impugnata .sentenza, deve riconoscersi la nullit� della clausola compromissoria prevista nel contratto di vendita con patto di riservato dominio di terreni assegnati nel quadro della riforma fondiaria, in quanto l'art. 5 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 ha introdotto una nuova fattispecie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo irn tema di concessione di beni pubblici che, non riflettendo la controversia in esame � indennit�, canoni ed altrJ. corrispettivi � per i quali sussiste la riserva del giudice ordirnario, ai sensi dell'art. 5 comma 2 de11a legge, il collegio arbitrale mancava assolutamente di potere decisorio, c:Os� come privo di giurisdizione ;in materia sarebbe stato il giudice ordinru:iio. La censma � fondata. Non � dubhlo, anzitutto, che si versa nella specie in questioni attinenti �alla giurisdiziooe, poich� se i poteri decisori deg.li �arbitri sono considerati dalla fogge come sostitutivi della competenza delil'autooit� giudiziaria, �tanto che nei 1rapporti t!l"a arbitri e giudice ordina!rio si � soliti configurare problemi di competenre, la questione di competenza precedenza esaminata da App. Lecce 25 maggio 1979, in Riv. dir. agr. 1980, II, 144, che aveva per� escluso I�l difetto di competenza giurisdizionale per non esservi stato esercizio di poteri pubblicistici da parte dell'ente, ma solo l'accertamento e la valutazione dei miglioramenti. . . . Sul"arg�mento cfr., altres�, PRINCIGALLI A., Clausola compromissoria e natura giuridica delle assegnazioni delle terre, di' riforma, Nuovo dir. agr. 1979,' 403. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 609 diventa necessa:damente questione di g�tw�sd�zione, tra arbitri e giudice amministrativo, cos� come di giurisdizione sono i rapporti che intercorrono trra giudice ordinario e giudice amministrativo (S.U. 4 lugiJ..io 1981 n. 4360). D'altra parte � evidente che, per la soluzione del problema :interpretativo proposto, non pu� utilizzarsi i'l precedente d� queste Sezioni unite (cfr. S.U. 12 marzo 1980 n. 1641), che � stato pronunciato m tema di riscatto antioipato degli assegnatari delile terre de1la riforrma fondiaria, ai sensi della legge 30 ap11ile 1976 n. 386, in quanto, in quella sede non sorse alcuna questione ci.rea l'applicazione della nuova legge, Ja quale non � applicabile indiscriminatamente ai rapporti pregressi, ma secondo :i 011iteri previsti dalla disposizione transitoria contenuta nell'art. 38 della legge. Quatle sia .l'indirizzo seguito in proposito da queste Sezioni Unite, con esplicito riferimento a11a legge istitutiva dei TAR, rrisulta invece dalla sentenza 2 maggio 1979 n. 2522 che ha statuito :i<l principio secondo cui Ja domanda con fa quale il concessionario di un pubblico servizio nel territorio oomU111ale (distribuzione del gas) insorga avverso :iii. provvedimento di riscatto de1la concessione adottata dal comune concedente, pur rientrando nella giurisdizione dell'A.G.O. per J'epoca anteriore, � stata devoluta alla competenza giurisdizionale dei T.A.R., ai sensi degli artt. 5 e 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in forza dei quali la giurisdizione del giudice ordinario resta limitata alle cause riguardanti indennit�, canoni ed altri corriispettivi. Poich�, nel caso concreto, � pacifica tra Je parti J'apphlcabHit� in astratto alla fattispecie in esame dei nuovi criteri di giurisdizione in1rodotti dalla legge n. 1034 del 1971, � necessario prendere le mosse dalla testuale formulazione dell'art. 5 che � cos� concepito: �Sono devoluti alla competenza dei Tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni o di servizi pubblici... Resta salva la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordin�ria per le controversie concernenti indennit�, canoni ed altTi corrispettivi �. Anzitutto non pu� revocarsi in dubbio che nel caso in esame si sia in presen2la di una concessione �amministrativa (concessione-contratto), secondo 1a ricostruzione deHa complessa materia che queste SeziOlli� Unite elaborarono con la sentenza 7 ottobre 1972 n:. 2914. Si osserv� in quella sed� che gli enti di rifOTma (om enti cm sviluppo) sono enti pubblici e sono pubbJici.. i beni oggetto della assegnazione.��� 1 t�rreni provenienti da espropriamoni 1n danno di pri\'ati proprietari s�no' infatti trasferiti agili enti anzidetti per il raggiungimento di fini di interesse pubblico e cio� dei fini propr� de11a riforma fondiaria� ed agraria, che sono �fondamentalmente qu�11i dell� migliore .ripartiiione della propriet�. fondlitirfa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e della valorizzazione delle terre, attmverso una trasformazione delle colture. N� pu� sostenersi -seoondo la tesi fatta valere daJJla difesa degli assegnatari nella discussione orale, che non si verserebbe in materia di beni pubblici indisponibili in senso tecnico, giacch� per questi non vige, come per i beni demam:iali, 1.llila tipicit� normativa nel senso che possono appartenere soltanto allo Stato, con la estensione del relativo �regime alle provincie ed ai comuni per i beni indicati nell'art. 822 cpv. cod. civ., se appartengono a tali enti (art. 824 cod. civ.). I beni pubblici indisponibili, invero, jn quanto destinati ad un pubblico 1sel'\llizio (come pu� affermargj per i beni della riforma fondiaria) ove appartengano ad enti p�bblici non territoriali, sono egualmente soggetti a!lla disposizione contenuta nell'art. 828 comma 2 cod. civ., e non possono quindi essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che H riguardano. Si comprende poi come non espl:ichl, ai fini che si cons�iderano, alcun rhl.ievo La drcostanza che, al �termine del mpporto giuridico costituito tra le parti, i beni si trasferiscono dal patrimonio dell'ente ahl'assegnatario in propri.et�, poich� la disciplina speciale propria deJ.la concessione-contratto ha modo di esplioarsi egualmente durante tutto il periodo in cui opera tra le parti l'atto di assegnazione. Non ha pregio inoltre l'altra obiezione secondo cui ~'art. 5 sarebbe inapplioabile ialla fattispecie perch� la controversia non presuppone la impugnativa di un atto o provvedimento detHa p.a. In tema di giurisdizione esclusiva, pur non potendosii disconoscere che hl. processo che si svolge innanzi al giudice amministrativo rimane un processo da ricorso, non pu� tuttavia essere sottov1alutato che il giudice, per la 1intima compenetrazione che sussdste fra H diritto soggettivo e l'interesse legittimo, esamina l'intero rapporto giuridico sostanziale e non si limita a riscontrare Ja legittimit� del provvedimento ammin!�strativo che, in ii.potesi, pu� anche mancare. Sono note, iinvero, le discussioni insorte in proposito circa la necessit� di rispettare anche in tal oaso i termini di decadenza per Ja impugnativa e come si sia conso1idato il'orientamento nettamente conwario,, sotto il profilo che, scendendo il giudice amminis.tmtivo ailil'esame di situazioni qualif�oabhl.i come dirittJi soggettivi, la loro tutela deve �rtitenersi ammessa per tutto il periodo di .prescrizione del dii.ritto. Ci� premesso, non vi sono perci� ostacoli di carattere pregiudiziale che si frappongano alla applicazione dell'art. 5 della ~egge a:bla fattispecie concreta, la quale rientra nella competenza giurisdiizionale del Tribuin.a:te amministrativo regionale, �ai sensi del p:rtimo comma della citata disposizione. Come risulta dal!l'i.mpugnata sentenza, nella specie, l'assegnatario, senza pervenire previamente ad 1alcun 1accordo con l'ente di sviluppo, ha PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI ritenuto unilateralmente di recedere dal :tiapporto, abbandonando ii1. fondo e quindi ha adito iil collegio arbitrale, �ai sensi dell'art. 19 del contratto, per far valere sulla base della affermata cessazione del rapporto il suo diritto alla indennit� per i miglior.amenti. Ne consegue che la controversia che si agita tra le parti non attiene al mero profilo patrimoniale che riguarda � l'indennit� � prevista dall'art. 5 comma 2 della legge, ma si estende al controllo drca ila esistenza dei presupposti che potevano indurre, nel caso concreto, ad una risoluzione del irapporto ad :i1rniziativa dell'assegnatario ed 1al1a interpretazione del complesso contratto accessivo alla concessione; il che importa che sia applicabile la regola, di cui al primo comma dehl'art. 5, che devolve la controversia alla giurisdizione del TAR. Poich� nel caso in esame la questione di giurisdizione (risolta nel senso del difetto di giurisdizione del g�iudice ordinario) � stata so11evata dal ricorrente come mezzo al fine di ottenere il riconoscimento giudiziale della non compromettibilit� in airbitri della presente controversia, � necessario stabilire se ed in quali limiti il difetto di giurisdizione del1' A.G.O. in materia incida sui poteri decisori degli arbitri. L'indirizzo gi� accolto da queste Sezioni Unite (sent. 2 maggio 1979 n. 2522; 24 febbraio 1981 n. 1112; 4 luglio 1981 n. 4360), che va confermato in questa sede, non essendo stati addotti in senso contrario argomenti che valgono a modificarlo, � nel senso che ove si tiratti di contr9versia relativa a diritti soggettivi, gi� devoluta al giudice ordinario, ma attualmente 1rientiiante nella giurisdizione esclusiva del TAR (in quanto non compresa nella riserva di �giurisdizione dell'A.G.O., limitata alle indennit�, canoni ed altri corrispettivi delle concessioni di beni o di servizi pubblici, a sensi dell'art. 5 comma 2 della legge), in difetto di contraria previsione normativa deve escludersi la facolt� di compromettere in arbitri. A sostegno di tale orientamento si sono addotti due argomenti fondamentali, dei quali ['thilo attiene a11a funzione propria del compromesso che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, � sostitutivo od equivalente della giurisdizione ordinaria e quindi deroga convenziionalmente soltanto alla giurisdizione de11.'A.G.O., mentre l'altro pone l'accento sug1i effetti girnridici che si verificano allorch� determinate materie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice speciale in relazione 1ai diritti soggettivi de1le parti, i quali subendo necessariiamente le conseguenze che sono connesse all'intimo intreccio con gli interessi ~egittimi, perdono o riducono la loro disponibilit�, onde non sono pi� suscettibili tli essere compromessi in arbitri (art. 806 cod. proc. civ.). D'altra parte, si � sottolineato che ammettere la deferibilit� ad arbitri delle controversie relative a di.iritti che si pretendono lesi dal provvedimento concesso'l'io, non soltanto importerebbe che le controversie circa la distinzione 612 tra, dir:i.tti-e dnteresgj, permaini;ebbero ne.1la materia, ID. violazione della legge IJ,. 1034 del 1971, che � provvedimento d'ordine e .di ~nteresse pubblico, ma autorizzerebbe tllila deroga aJ.la concentrazione cli tutte le controversie nella gi,urisdizione ammini~trativa, che � stata �ritenuta la pi� idonea, in materia di concessioni amministrative, alla pi� completa e penetra.nte tutela deHe situazioni giuridiche soggettive lese dall'autorit� amministrativa. Devesi quindi dichiarare che, essendo la controversia insor.ta �tra le parti devoluta.~la giurisdizione esclusiva del T.A.R., ex art. 5, comma 1�, della legge 6 dicemoce 1971 n. 1034, Ja controversia medesima non � compromettibile in arbitri. (omissis) -.SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE TlpBUNALE DI LATINA, Ord. 13 febbraio 1981 � Pres. Colaiuta . Imp. Lefkokilos Angelos e altri � Parte civile Amministrazione Finanziaria dello Stato (Avv. Stato Nicola Bruni). Reato � Reati finanziari � Contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente da Paesi della Comunit� Economica Europea. Questione di costituzionalit� degli artt. 1 e seguenti della legge 10 dicembre 1975 n. 724 per contrasto con gli artt. 10, 11, 41 e 43 della Costituzione in relazione agii artt. 12, 37� e 95 del Trattato C.E.E. � Irrllevanza. � inammissibile per difetto di rilevanza la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3 della legge 10 dicembre 1975 n. 724 in procedimento penale per contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente da Paesi della Comunit� Economica Europea per contrasto con gli artt. 10, 11, 41 e 43 della Costituzione in relazione agli artt. 12, 37 e 95 del Trattato CEE in quanto la legge 10 dicembre 1975 n. 724 non disciplina come norma incriminatrice i fatti di contrabbando di tabacco lavorato estero proveniente da Paesi diversi da quelli che hanno sottoscritto il Trattato C.E.E. (1). (1) Contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente da Paesi della CEE: art. 3 legge 10 dicembre 1975 n. 724 e articoli 10 e 11 della Costituzione. La difesa degli imputati, cui erl'i ascritto il reato di contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente da Paesi della� Comunit� Economica Europea, ha sostenuto che la normativa da applicare nella fattispecie, ai fini della deter minazione dell'ammontare dei tributi evasi e delle penalit�, fosse da individuare nell'art. 3 della legge 10 dicembre 1975, n. 724 e che la sovrimposta di confine prevista da tale norma rappresentava: -un vero e proprio dazio doganale, o quanto meno una tassa di effetto equivalente, imposta in violazione dell'art. 12 del trattato C.E.E.; -una imposta discriminatoria in favore ed a protezione dei prodotti nazio nali in aperta violazione dell'art. 95 del trattato C.E.E.; -una violazione del divieto sancito dall'art. 37 n. 2 del trattato e.E.E. perch� vanifica la portata degli altri articoli del citato trattato miranti all'aboli zione dei dazi doganali. Poich�, a differenza dei comuni trattati internazionali, il trattato C.E.E. ha istituito un proprio ordinamento, integrato nell'ordinamento giuridico degli Stati membri all'atto dell'entrata in vigore del trattato stesso e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare, e secondo cui gli Stati membri della CEE, con il 614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE DI LATINA -Sentenza 13 febbraio 1981 -Pres. Colaiuta -Est. Malinconico -Imp. Lefkokilos Angelos e altri -Parte Civile Ammmi,strazione Finanziaria deLlo Stato (avv. Stato Nico1a Bruni). Reato -Reati finanziari -Contrabbando di tabacco lavorato estero Cattura di nave privata straniera in mare libero da parte di motovedetta della Guardia di Finanza -Legittimit� se ricorrono le condizioni di cui all'art. 23 della Convenzione di Ginevra sul mare libero del 29 aprile 1958. Delitti contro la Pubbliica Amministrazione -Resistenza a pubblico ufficiale -Violenze e minacele da parte dell'equipaggio di nave contrabbandiera straniera nei confronti dell'equipaggio di motovedetta della Guardia di Finanza -Sussistenza -Delitto previsto dall'art. 110 del codice della navigazione -Esclusione. trasferimento di attribuzioni da essi alla Comunit�, hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi nell'ambito dei rapporti svolgentisi all'interno della Comunit�, legittimo � -ha sostenuto la difesa degli imputati il ricorso da parte del giudice ordinario alla Corte Costituzionale ove ritenga non manifestamente infondata la illegittimit� costituzionale della norma interna per contrasto con quella comunitaria e quindi per violazione degli artt. 10 e 11 della Costituzione. La tesi � stata giustamente ritenuta non fondata dal Tribunale. Invero, come rilevato dall'Avvocatura nell'interesse dell'Amministrazione Finanziaria costituitasi parte civile, anche se si riconoscesse l'esattezza di quanto sostenuto in merito alla portata delle norme comunitarie, sta di fatto che l'art. 3 della legge 10 dicembre 1975 n. 724 fa espreso riferimento ai � tabacchi lavorati importati ai sensi del precedente art. 1 �, e l'art. 1 si riferisce alla �importazione nel territorio della Repubblica di tabacchi lavoratori (voce doganale 24, 02) di provenienza dai Paesi delle Comunit� economiche europee, destinati ad essere intr.odotti in depositi di distribuzione all'ingrosso, diversi da quelli dell'Amministrazione dei monopoli di Stato. Pertanto, trattandosi nella specie di tabacchi lavorati esteri non aventi la provenienza e la destinazione previste dal citato art. 3, le norme da applicarsi erano quelle di cui agli artt. 282 lett. e), 292, 293, 295 pp. e cpv. lettere a), b) e e) del d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale) e all'art. 341 stesso d.P.R. -cos� come sostituito dall'art. 7 della legge n. 724 del 1975 -che, equiparando i reati di contrabbando aventi ad oggetto i tabacchi esteri ai reati previsti dalla legge doganale, stabilisce che ai fatti di contrabbando che abbiano per oggetto tabacchi di provenienza estera si applicano esclusivamente le disposizioni del titolo VII del d.P.R. citato. Quanto alla determinazione dei tributi evasi il Tribunale ha correttamente applicato la tariffa doganale comune contenuta nel regolamento CEE n .. 950 del 28 giugno 1968 cos� come modificato dal regolamento C.E.E. n. 2723/78,, e l'imposta di consumo sulla base delle tabelle annesse alla legge 13 luglio 1965 n. 825 cos� come sostituita dall'art. 2 della legge n. 724 del 1975. i: NICOLA BRUNI I, 1: i, .,~ PA:JG'Ei I, :SEz,: VIII, .GIURISPRUDENZA :PllNi\LE '615 :Delitti contro�la.personalit� dello Stato,,: Danneggiamenfo ., Distruzione parziale di motovedetta della Guardia di Finanza da parte �.di.: equi. p~ggio di nav~ contrabbandiera � Sussistem;a � I>elitto prevl$:to: dal .. l'art. 253 C.P. � Esc~.iJione. . La nave pr_ivatd st;~nier�, pu� essere catturata in ma~e Iib�.o.,,.~ua~do, conformement� alle dispos1.zioni contenute nell'art. 23 della Conyenzione di Gi~evra sul ~are lib~ro del 29 aprile 1958, concorrono ze.. seguenti ',''!..,.� l'. ,,! . .. . . ., -. ' . condizioni: 1) siano state violate le leggi e i regolamenti dello Stato costiero; 2) la nave, o una delle sue imbarcazioni, o un'altra im/Jarcazione 'op�rante in. � �quipe � e che si serve della nave come di nave-madre, si tro~i n�lle acq~f interne ~.~elle acque territoriali o nella zona contigua; 3) l'inseguimento, iniziato nel mare territoriale o nella zon.a �ontigua e .continuato in mare libero anche se .ad qpera di altro mezzo inseguitore, non sia stato interrotto; 4) siano stati dati segnali ottici o acustici di alt, in modo da essere visti o uditi/ 5) l'itJSeg14imento avvenga ad opera .di navi da guerra o aeromobili militari o di altre navi o aeromobili in servizio pubblico appositamente autorizzati a ci� (1). Le violenze e le minaccie poste in essere con l'uso di .armi da parte dell'e;quipaggio di una nave contrabbandiera nei confronti dell'equipaggio di una motovedetta della Guardia di Finanza non integrano il delitto di cui all'art. 1100 del Codice della Navigazione ma il delitto di resistenza 4i cui all'art. 337 c.p. aggravato ai sensi dell'art. 339 c.p. (2). la parziale distruzione di una motovedetta della Guardia d_i Finanza da parte deltequipaggio di una nav� contrabbandiera non integra il reato di cui all'art. 253 c.p. ma il reato di danneggiamento previsto dall'art. 635 cpv. ~� 3 c.p. (3). (omissis) I difenso11i� dei prevenuti sollevavano questioni di legittimit� costituzioniaile che sono state dichiaraite manifestamente infondate con ordinanza emessa nel corso dell'udieilZJa odierna. Il Collegio deve peroi� limitarsi all'esame del merito della causa. Gli imputati in iStn.i.tt�ria hanno protestato la propria innocenza. La difesa degli stessi ha sostenuto Ja irichiesta di assol].izione oon niolt�plici motivi �afferenti alla materi.ailit� dei fotti ed alla non ricon Danneggj,amento di motovedetta della Guardia di Finanza ed art�.253 del Codice Penal�. (1�2-3) In ordine alla prima massima deve osservarsi che correttamente il �Tribunale ha fatto riferimento all'art. 23 della Convenzione di Ginevra 29 aprile 1958 sul mare territoriale, recepita nell'ordinamento dtaliano con legge n. 1658 del 1961, e non all'art. 24 di tale Convenzione. ,_: � '� � �, Invero, tale ultima disposizione �stabilisce che ..;su una zona dell'alto mare contigua: a: .quella del mare �territoriale ed estendentesi non oltre dodici miglia dalla linea'� di base per la determinazione 'dell'ampiezza di quest'ultimo, lo I4 RASSEG.'IA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 616 ducibiJit� degli stessi nelle fattispecie astratte sussunte nei capi di imputazione. Con riferimento al primo capo di imputazione tra l'altro ha dedotto che manca il presupposto della legittimit� dell'operazione svolta dalla Guardia di Finanza nei confronti della nave straniera � Panagiotis K � che avrebbe operato e sarebbe stata catturata in mare libero, senza nessun collegamento, sotto il profilo dell'attivit� materiale e normativa con i motoscafi che si aggiravano nella zoria, nessuno dei quali fu �oggetto di ins�guimento iniziato nelle acque territoriali. Tale ultima asserzione � smentita categoricamente dai dati irilevati e documentati dalle unit� operative de1la G. F., in particolare dagli elicotteri, riportati nel rapporto e negli 1atti allegati. Come innanzi detto, pex lo meno uno dei motoscafi contrabbandieri sicuramente fu catturato .,;ntro le acque territoriali ove era stato affiancato da ,aJt.ri motoscafi ch.;; furono successivamente inseguiti :in mare libero e che comunque tenta rono con manovre spericolate di ostacolare l'azione della G. F. rivolti:\ alla cattura delle unit� contrabbandiere satelliti e della nave � Panagiotis K �. Ritenute provate le esposte drcostanze di fatto, va affrontato il problem� della legittimit� dell'operazione aLla foce della normativa vigente. Conformemente a quanto ritenuto da raJtri pronunciati di. giudici di merito, la legge penale italiana, salvo le eccezioni riguardanti le c.d~ immunit�, obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato (art. 3, 1� comma c.p.), il quale � costituito dal territorio della Repubblica e da ogni rarltro luogo soggetto alla sovranit� dello Stato, comprese le navi �e gli aeromobili :italiani ovunque si trovino e salve le eccezioni di diritto internazionale (art. 4, II comma c.p.). Soggett� alla sovranit� dello Stato � 'il mare territoriale, delimitato a 12 miglia m�ri.ne dalle coste continentali ed insulari ed a 24 per �i Stato nv1erasco pu� esercitare il controllo necessario per prevenire e repriimere, tra l'altro, le trasgressioni alla legge doganale commesse nel suo territorio ' o rtel mare territoriale. Pertanto, come ha affermato Cass. 10 maggio 1978, sez; 3� pen., rie. Pasqualino (in Giust. pen. 1979, III, 600) la commissione del reato nel territorio dello St!lto . o nel mare territoriale � contemplata come condizione per esercitare il controllo repressivo nella zona� contigua. Tale presupposto nella fattispecie esaminata dal Tribunale non era sussistente. Si condivide anche la seconda massima. Invero, nella imputazione era contestato l'art. 1100 del Codice della Navigazione in relazione all'art. 6 della 1. 13 dicembre 1956 n. 1409 (Norme per la vigilanza marittima ai fini della repressione del contrabbando dei tabacchi). Tali disposizioni rispettivamente, stabiliscono: � Il comandante o l'ufficiale della nave che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale � punito con la reclusione da tre a dieci anni. La pena per coloro che sono concorsi nel reato � ridotta da un terzo alla met� �. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 617 golfi, seni e le baie (art. 2 cod. navig. modif. dalla L. 14 agosto 1974 n. 539). Al di fa del mare territoriale si ha iJJ. mare Hbero o alto mare. Proprio la mancanza di sovranit� degli Stati sullo spazio di mare che va al di l� del mare territoriale crea il pr.itIJ.cipio di Hbert� di tale mare, il quale, come si esprime anche l'art. 2 della Convenzione di Ginevra sul mare 1libero del 29 aprile 1958, � � aperto a tutte Je nazioni �, nessuno Stato potendovi imporre il suo dominio ed essendone garantita ad ogni Stato l'utilizzazione (naviga21ione, sfruttamento delJe risorse ed ogni altra libert� -riconosciuta dai principi generali del diritto internazionale). Discende da ci� l'ulteriore principio di diritto internazionale (sia consuetudinario, che convenzionale ~ art. 6 della citata Convenzione di Ginevra -), recepito anche dalle legislazioni interne (per l'Italia, artt. 4 c.p. e 4 Cod. Navig.), secondo cui la nave che naviga in mare libero � soggetta soltanto alle leggi dello Stato della bandiera, salve le eccezioni .i diritto internazionale. Il principio di libert� dell'�alto maire non � per� illimitato, subendo deJile deroghe e deLle .Limitazioni in base alle consuetudini ed alle convenziolli. internazionali. -Gi�� la sentenza del 7 settembre 1927 della Corte Permanente di Giustizia nel caso del vapore � Lotus � aveva avuto modo di precisare che non esiste una norma di diritto internazionale consuetudinario la quale consacri La competenza esclusiva dello Stato delJa bandiera in merito a determinati fatti o atti riguardanti navi private straniere in alto mare; �e numerose norme interne di molti Stati ne danno conferma (ad esempio, 1art. 12 disp. p11el. cod. nav.). � Il capitano della nave nazionale che commette atti di resistenza o di violenza contro una unit� di naviglio della Guardia di Finanza � punito con le pene stabilite dall'art. 1100 �. Tali norme di diritto penale della navigazione non erano applicabili nella fattispecie, atteso che, in relazione alla prima, mancava l'elemento della nave da guerra nazionale (potendosi la motovedetta della Guardia di Finanza considerare solo quale unit� militare), e iin relazione alla seconda difettava nel soggetto attivo la qualit� di capitano di � nave nazionale �. � appena il caso di rilevare che, non risultando applicabile, per l'assenza dei requisiti indicati, la disciplina specifica del diritto penale della navigazione, i fatti, come esattamente ritenuto dal Tribunale, andavano riguardati e puniti alla stregua del diritto penale comune. Qualche perplessit� suscita invece l'ultima massima. Il Tribunale non ha ritenuto applicabile l'art. 253 cod. pen. non potendosi la motovedetta della Guardia di finanza considerare nave da guerra. Come noto, la prima classificazione che si pu� fare delle navi � quella di navi mercantili e di navi militari. Le prime servono agli scopi della Marina da commercio, mentre le altre sono quelle a cui ogni Stato marittimo� affida in tempo di guerra la difesa delle proprie coste e dei propri traffici attraverso RASSEGNA �DELL'AVVOCATURA -DELUO StATO' � : Inoltre,. iil �menzionato art. 2 della COnvenzione di Ginevra stabilisce che le libert� in �esame -si esercitano da parte di tutti gli Stati tenendo 11agionevolmente cont� dell'interesse che 1a libert� dell'alto mare presenta per gli altri Stati. Tale precisazione, non fa che !recepire una consuetudine internazionale,. da ritenersi esistente al riguardo, sol che si pensi che il principio delJa libert� dell'alto mare (come � stato esattamente viilevato) non � nato come d:iiritto autonomo, ma si � andato formando come �libert�� di fatto in conseguenza dell'affermazione del principio deJla sovranit� degli Stati sul .mare territoriale e conseguente fissazione dei limiti di detto mare. Sarebbe sufficiente questo primo limite generale per risolvere positivamente il caso in esame. Premesso che la nave privata straniera si rese .responsabile (com'� stato dimostrnto e come in seguito ancora si puntualizzer�) di contrabbando in Juogo soggetto alla sovranit� dello Stato Italiano (mediante lo �sbarco� ed il tentato sbarco d� numerose tonnellate di sigarette estere), deve dedursi che legittima fu la cattura di tale nave in mare libero, essendo venuto meno ne1la speoie il fondament � del principio deHa :libert� dei mari, non essendo stato ragionevolmente tenuto conto da parte della nave straniera de1l'interesse che la libert� dell'alto mare presentava per lo Stato costiero, avendo la nave utilizzato l'alto mare al solo scopo di ledere ~'interessi finanziari dello Stato costiero, ponendosi in prossimit� del Hmite del ma:re territoriale per scaricare. sulfa� terraferma, tramite motoscafi, merce in violazione delle leggi doganali del predetto Stato. ; Altro limite (specifico) a!l principio in esame � quello relativo al diritto di inseguimento, !in base al quale lo Stato costiero pu� inseguire e catturare in mare Hbero le navi private straniere che si siano �rese responsabili di infrazioni alle leggi e regolamenti nelle acque interne o i mari e l'offesa di quelli nem1c1, mentre in tempo di pace affida ad esse la protezione dei propri connazionali all'estero e il compito di provvedere in ogni caso alla tutela della dignit� e del prestigio della propria bandiera. Pi� particolarmente le navi di Stato vengono classificate in due gruppi (v. voce Nave in Novissimp Digesto Italiano e in Enciclopedia del Diritto): quelle adibite ad una funzione amministmtiva (navi militari, in cui vanno ricomprese le navi da battaglia, le navi d'assalto, le navi sussidiarie tra cui quelle guardacoste e guardaporti ecc., navi di polizia, di controllo doganale e� tributario, navi adibite ad un servizio pubblico civile in genere), e quelle adibite al traffico commerciale (navi mercantili governative o requisite dallo Stato), suddivisione coincidente con quella di cui all'art. 826 cod. civ., nel sens�> che le navi del primo gruppo vanno comprese nei beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, con le conseguenze di cui all'art. 828 e segg. cod. civ., e le navi del secondo gruppo nei beni facenti parte del patri� monio disponibile. Ora1 .se �, esatto che le motovedette della Guardia di Finanza, essendo �navi da battaglia �ina navi sussidiarie, sono pur sempr.e da pur non annove!: f:' 1: ~ i: PMITE l, -5~V.-J:J.T,:.GIU.RISPR:t!DENZ~:PENALE nel-mare� te:rniitoriaile; �Taile��diritto �deve ritener.sii �in:hanzitutto ricoriosd�'fo .ctai1a--�consu.etudine"in.temazioniale; come risUilta Sia dalle applfoaziol:ii fattene ne�e: centroversie internazionali � ~neHe� quali i � confrasti furono prevalentemente� determmati dalle modalit� ru esercizi� d� t�le dirfttd), Sia ;lliil1e �asposte date ait riguardo dag�i sfuti in oceasione der I�v�ri della Conferenza di codificazione dell'Afa dei' i930, i quali, �-d~poo�f~ilo positivamente� all'unanimit� al questionariio d�iian�ato dalla Societ�. d~e Nazioni ed accordaindos'i focilrrtente sulla fOrrriulazione dell'art. � de1l'aP.. pend�ee�N:: 1 al rappo~to de1l� seconda Commissione, che ~�lo �di~�iP!iriava, non. feeero altro che prendere �atto dell'esisteffm di' fule c~su�tudruri~~ ~Ilo soopo di fissarne le modalit� ed i limiti per in�pedifp,e gli ab�si.-')'' .. ' Alle stess� conclusioni in sostanza perveclva la Coii~enzione di Gihev: ra sull'alto mare, che riproduceva all'art. 23 i 'v~cchCprincipi; �~stendendone Ja portata (relativamente �a1la previsione anche della zona contigua, . alla possibil�t� di inseguimento con aeromob:iJ.i, alla illOil necessit� che il mezzo --inseguitore si trovi anch'esso nel� mare� tetritoriale, alla' 'rioo necessit� che il mezzo che opera fa cattura sia lo stesso che abbJ.a iniziato l'inseguimento, alla previsione di imbarcazioni operanti in �equipe�). Il citato art. 23 stabilisce che Ja nave privata str�niera pu� essere catturata in mare Hbero quando concorrono le seguenti condizioni: 1) siano state violate le leggi e i :regolamenti dello -Stato costiero; 2) Ja nave stessa, o una delle sue imbarcazioni, o un'a1ta:'a imbarcazione operante in � equipe � e che si serve della nave come di nave-madre, si trovi nelle acque in.teme o nelle acque territoriiald o ne11a zona contigua; 3) l'inse rare tra le unit� militari, da ci� doveva pacificamente inferirsi l'applicabilit� nella specie dell'art. 253 cod. pen. Non risultano al riguardo precedenti giurisprudenziali del Supremo Collegio, ma � opportuno riesaminare il problema non essendo infrequente che navi contrabbandiere danneggino motovedette della Guardia di finanza. � il �caso che. per tali illeciti i giudici comincino ad applicare la giusta norma (che per noi � quella dell'art. 253 cod. pen.) e ad irrogare le 'severe sanzioni previste dalla norma medesima. La migliore dottrina (Manzini, Trattato di dir. pen., vol. IV, pagg. 165 e segg.; Antolisei,. Manuale di dir. pen., parte speciale, vol. II, pag. 783~ rile\Ta che nel termine �navi � di cui al primo comma dell'art. 253 cod. pen. Si� comprende ogni costruzione che rientri in questa denominazione (e non quindi solo le nav~ da guerra, come parrebbe ritenere il Tribunale), essenziale essendo . che le cose elencate nel detto primo comma siano� � cose militari � o � adibite al servizio delle forze armate �, e che venga in considerazione un intere5se militare � qualsiasi 1s; riguardi esso l'impiego principale e caratteristico �'della forza armata, ovvero un servizio accessorio e secondario. Non va dimenticato che la Guardia di Finanza � una delle forze armate dello Stato e fa: patte integrante della forza pubblica. Come si legge nella legge 23 aprile 1959 n. 189 620 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO guimento, imzia.to nel ma:re territoriale o nella zona contigua e contin1.11ato in mare libero anche se ad opera di a:ltrn mezzo inseguitore, non sia stato inteI1I"Otto; 4) siano stati dati segnali ottici o acustici di alt, in modo da esser visti o uditi; 5) l'inseguimento avvenga ad opera di navi da guerra o aeromobili militari o di altre navi o aeromobili in servizio pubblico appositamente autorizzati a ci�. In ordine alla prima condizione � superfluo ribadke che furono violate le leggi doganali dello Stato costiero italiano. La nave straniera, appostata nehle vicinanze del limite del mare territoriale italiano, riforn� di sigarette numerosi motoscafi che provenivano daUa terraferma, dove tentavano dii Tiportarle in violazione delle leggi doganali, finch� non intervenne 1a Guardia di Finanza a impedire lo �sbarco�, perlomeno da parte di alcuni motoscafi. Quanto a11a� seconda condizione si � detto che fa nave riforniva del suo carico i menzionati motoscafi, i qu:ali, ricevuti gli scatoloni di sigarette, lri trasportavano (o dovevano N'asportarli) sulla terraferma per rivenderle a grossisti o al minuto. La nave straniera, pertanto, si poneva nei confronti di queste imbarcazioni come nave-madre. Priva di consistenza � ~a tesi difensiva secondo cui non pu� ravvisarsi collaborazione, e quindi neanche il rapporto espresso in termini lessicali dalla locuzione �nave madre�, laddove ~i occcupanti dei motoscafi sono degli acquirenti, stante la contrapposizione dell.e parti sul piano negoziale che non si concilia col concetto di cooperazione n� di attivit� svolta in sull'ordinamento della Guardia di Finanza, questa concorre alla difesa politicorm1itare delle frontiere e, in ca:so di ,guer.ria, aihle O:peramoIJJi bclliiche. Ha rilevato inoltre la dottrina citata che la nozione del delitto di cui all'art. 253 primo comma cod. pen. non presuppone che lo Stato si trovi in guerra, e ci� alla stregua anche della relazione al codice penale in cui a chiare note � detto che � le previsioni dell'articolo in esame sono applicabili anche in tempo di pace �. Oggetto specifico della tutela penale in relazione all'art. 253 cod. pen. � l'interesse concernente la personalit� internazionale dello Stato, sia in pace che in guerra, in quanto conviene evitare che vengano esposte a pericolo la preparazione e l'efficienza militare dello Stato. Se il fatto � commesso nel periodo di imminente pericolo di guerra al quale sia seguita la guerra, o durante la guerra, trovano luogo le aggravanti prevedute nei numeri 1 e 2 del secondo comma dell'art. 253 quando non sia applicabile l'art. 158 del cod. pen. milit. di guerra. Concludendo, nella fattispecie si trattava d:i unit� militare, i danni alla stessa arrecati dagli imputati la resero temporaneamente inservibile, evidente era la volont� dei medesimi di renderla tale per potersi dare alla fuga. Sussistevano quindi tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, richiesti dalla norma per potere ritenere gli imputati responsabili del reato di cui all'art. 253 cod. pen. NICOLA BRUNI I I f ~j i:: PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDl!NZA PENALE � �quipe �. � evidente il tentativo di utilizmre una categoria di carattere privatistico laddove invece assume rilevanza unicamente la fattispecie del �concorso� di derivazione penalistica e comunque finalizzato dall'intento di violare, sia pure con l'adesione di una struttura che potrebbe essere rappe>rtata a quella negoziale, le leggi doganali dello stato interessato. L'opera di svuotamento della nave e conseguente trasporto sulla costa, organizzata dagli sconosciuti acquirenti e venditori, dai loro rappresentanti e dal comandante della nave, con J'ausilio degli � scafisti �. rivela chiaramente che tutte queste person� avevano uniti i loro sfor:ci m direzione de1lo stesso intento, appunto que1lo di fur pervenire ~e sigarette sulla terraferma in violazione delile foggi doganali italiane. n che � quanto� dire che lavoravano tutti i:n ǎquipe � sicch� �IIl base ial.1a regola in esame � come se la nave stessa si fosse portata nel territori.o dello Stato a scaricare sigarette. Tra l'aJtro � stato gi� dimostrato che Ulila di tali imbarooziorii fu sorpresa (e catturata) :nel mare territoriale italiano. In ordine aHa terzia condizione si � gi� visto che, a conclus[one �dell'inseguimento del motoscafo, protrattosi anche in mare territorial� ed ivi conclusosi, fu �immediatameLte e seinza soluzione di continuit� dato luogo aWinseguimento della nave straniera ad opera di aJtre unit� deHa Guardia di Firumza, conolusosi con ilia catturn della nave in aJto. mare. � di tutta evidenza che nessuna .rHevanza pu� avere nella specie il fatto che eventualmente J'mseguimento del motoscafo fosse iniziato in mare libero (per continuare, comunque, in mare territoriale dove si concluse anche), in quanto, trattandosi di .imbarcazione di nazionalit� italiana, l'inseguimento (e l'eventuale cattura), in mare Hbero era del tutto legittimo. Essendo, poi, l'inseguimento proseguito nel mare territoriale, fu tale circostanza che indusse esattamente gl'inseguitor,i a far ritenere avvera~ la condizione in esame per far � estendere � fil diritto di ins�~" mento alla nave strianie11a in mare libero. In orddine alla quarta e quinta condizione, ne � stata dimostrata la piena sussistenza, essendo stati dati segnali ottici ed acustici di a!lt ed essendo !'�inseguimento avvenuto con mezzi militani della Guardia di Finanza. Se la nave, ormai, pu� �essere definita �contrabbandiera�, contrabbandiere ne � tutto J'equipaggio che ag� associato. E llassociazione risulta ;:<lntestata come aggravante specifica del deHtto di contrabbando. Essendosi gl'imputati associati per commettere delitti di contr:abbando ed essendo i delitti commessi tra quelli per cui l'associazione fu costituita, balza evidente la sussistenza deHa circostanm aggravante del contrabbando di cui alla lettera D dell'art. 295 della legge doganale 23 gennaio 1973 n. 43, enunciato in fatto nel capo a) di imputazione. Sussiste per tale reato anche J'aggrav1anie contestata della connessione del delitto di contrabbando con reato contro la P.A.: nella specie, delitto:.di .resistenza:� �commesso::per: favorire :l;a: .ftlga deld.~~nave:-;ed�� evli=tmne la�:catturia�~:::�,,..> ,, ,:�;:.-.:: � ... ;�:1:: � ...." ... �� .... ....� ,, ..,.,.�.e... 1;;: ...ah�:�::��:-.: . r�, ��La.: s.ussistenza', dei fatti riportati,, aLcapo h);:.che �.trovano .:r.isrontro n,eU~: circosOO,:nze riferite. nel!l'apporto; ritenute. pienamente attendibili: da questo CQllegi<f>, e comunque:� �.on smeJ!.te da diverse prove� o indizi, GqSti~ tuisctl la prova .deHe ag~\'.001.t� di.cui ail-1'.arit. 295 ~ett. a) e c.) 4;P.R. n. 43/973,. . .~ . . � Afferma;~a, 1n definitiva,� I.a,� responsabirHt� dei prevenuti. in ordine. :al delit~o d.~ .capo a), concesse agli stessi Je; attenuanti generiche,. equi-va-� lenti ~e dette aggra~nti per il comand<WJ.te deHa�nave Lefkokilos� Evan�. gelos fl prevalenti, �-per gl:i e.altri; sulla base . de1l'arnmonta:re dei .::d�!Pitrti � di confine evasi, la pena v� comminata per il primo nella multa .4.n� lire 914.703,000 e -per gli altri nella multa in eguale misura, ridotta, �per la detta prevalenza delle attenuanti generiche a L. 614.000.000. Quant<:l' aJ,,,:reato .del capo b), come gi� detto, il Collewio .ritiene� proV'ati i fatti contestati. � � ' Qsserv:a per�, conformemente .a costante,. giurisprudenza dei giudici dL merito; che le unit�. navali. della G. F. :non possono essere ricondotte nel..novero de1le �IIl!avi da guerra� nazionrui, potendo solo essere definite U111it� militari. 11 reato contestato .a norma delrart. 1100 del codice de1l� navigazione, va pi� esattamente qualificato ai sensi degli ,airtt. 337 �c.p. aggrav�fo a norma dell'art. 339 c.p. per l'uso delle armi e la riunione di pi� di ci:lique persone, ferma restando l'altm aggravante del nesso teleologico. Anthe per tale rea'.to le circostanze attenuanti operano nel modo anzidetto sicch� al Lefkolcilos va comminata la pena di i:nesi sei di redusioril: i' ed agli altri imputati quella di inesi quattro di reclusione. Non p'oten�t�sf ritenere la motovedetta � Atzei � de.Ifa G. E nave da guerra, il reato �sub c) va quailificato quaile danneggiamento aggravato a norma degli :artt. 635 cpv., n. 3 c.p. e, concorrendo i presupposti obbiettivi e subbi�ttivi, dichiarato estinto per il'anmistfa di' cui al d~P.R. n. 413/78 fosieme'wl -'reato di cui all'art. 1099 C.N. contestato al solo Lefkokilos. Tutti gli imputarti vanno condannati. al pagamento dei tributi evasi ed alla rifusione delle spese di costituzione e rapppresentanza della parte ciV'ile. _.;< -.i" ��T' .�,I: . ,.i, PARTE SECONDA I I ~ !i � i'f ,,f I I i: fc LEGISl,AZIONE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 69, nella parte in cui non prevede la facolt� di riscattare gli anni di iscrizione agli albi professionali, ove tale iscrizione costituisca necessario requisito all'immissione in carriera. Sentenza 10 luglio 1981, n. 128, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. d.P.R. 19 agosto 1954, n. 968, art. 7. Sentenza 24 luglio 1981, n. 149, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. legge 13 luglio 1967, n. 583, art. 22, nella parte in cui prevede che la ritenuta progressiva a favore del Fondo sociale sulle pensioni eccedenti l'importo� di lire 7200.000 annue, venga applicata anche successivamente al 1� gennaio 1974. Sentenza 7 luglio 1981, n. 119, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. legge 8 marzo 1968, .n. 152, art. 3, nella parte in cui non comprende tra le categorie dei superstiti aventi diritto all'indennit� premio di servizio nella forma indiretta, rispettando l'ordine di precedenza indicato dall'art. 7 della legge 22 novembre 1962, n. 164~, i genitori ultrasessantenni o inabili a proficuo lavoro, nullatenenti e a carico dell'iscritto. Sentenza 25 giugno 1981, n. 110, G. U. 1� luglio 1981, n. 179. legge 20 marzo 1968, n. 369, nella parte in cui prevede che la ritenuta progressiva del Fondo sociale sulle pensioni eccedenti l'importo di lire 7200.000 annue, venga applicata anche successivamente al 1� gennaio 1974. Sentenza 7 luglio 1981, n. 1'19, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. legge 25 marzo 1971, n. 213, art. 4, nella parte in cui stabilisce che l'indennit� in esso prevista non � utile ai fini assistenziali e previdenziali. Sentenza 10 luglio 1981, n. 126, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 50, nella parte in cui esclude. che ai docenti universitari, i quali operino in cliniche universitarie ed abbiano raggiunto il parametro 825 possa essere corrisposta l'indennit� prevista dall'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213 e dall'art. 3:1 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761. Sentenza 10 luglio 1981, n. 126, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 31,' nella parte in cui prevede che la ritenuta progressiva a favore del Fondo sociale sulle pensioni eccedenti l'importo di lire 7200.000 annue, venga applicata anche successivamente al 1� gennaio 1974. Sentenza 7 luglio 1981, n. 119, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 25, quinto comma, Sentenza 30 luglio 1981, n. 173, G. U. 5 agosto 1981, n. 214. 52 71tA~~l'tt D~"lvV~ATj:lRA: �fil,f;�'. s:mo'.' ._l., . ��--.~~ !....�.... .:. \.. ., � �' �~ �. /. --'� �� d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 25, sesto comma. Sentenza 30 luglio 1981, n. 173, G. U. 5 agosto 1981, n. 214. d.P.R. 24 luglio 1?~7, 1~.� 6-16, ,a1-"t. 25, s~_ttimo. 'i91llJ:1:lll~. limitatamente alle pa� role: �L'elenco di cui al commk'precedente � approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Ove, entro il 1� gennaio 1979, non sia approvata la legge di riforma di cui al prececiente quinto comma� e alle parole � nonch� il tr�sf�rimento dei beni �&ne.I.P:A.B. di. cui ai commi pr~cedenti �. Sentenza 30 luglio .1981, n. 173, G. U. 5 agpsto 1981, n. 214. d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 25, nono comma, limitatamente alle parole: �e delle I.P.A.B. di cui al presente articolo�. Sentenza 30. luglio 1981, n. 173, _G. U. 5 agosto 1981, n. 214. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31, nella ,parte in cui stabilisce che �'ihderinit� in esso ~revista non � utile ~i . fini assistenziali e previdenziali. Sentenzit 10 luglio 1981. n, 126, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. II -QUESTIONI DICHIAR.A'I'E NON FONDATE codice civile, art 751, 747 e 750 (artt. 3 e 42, secondo. comma, della Costituzione). Sentenza 25 giugno 1981, n. 107, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. codice civile, artt. 826, ultimo comma e 828, ultimo comma (artt. 3, 24, 28 e U3 della Costituzione). � Sentenza 21 lugli� 1981, n. 138, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. codice civile, artt. 826, ultimo. comma, 828, ultimo comma, e 830, ultimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1981, n. 138, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. codice di procedura civile, art. 429, terzo comma (art. 36 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 198'1, n. 139, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. codice di procedura civile, art. 514, n. 5 (artt. 3, 24, 28 e 113 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1981, n. 138, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. codice penale, art. 584 (art. 3 della ,Costituzione). Sentenza 30 luglio 1981, n. 162, G. U. 5 agosto 1981, n. 214. legge 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E, art. 4 (artt. 3, 24, 28 e 113 della Costi tuzione). Sentenza 21 luglio 1981, n. 138;-G. U. 29 luglio 1981, n. 2SJ7.. ~AmB7AllF~4111F~,....,J � PARTB.. U;�LEGISLAZIONE ,;.,.,\ r.d.I. 8 luglio ;-1931, n. 981, art. 4, primo comma ["convertito nella legge 24 marzo 1932, n. 355] (artt. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1981, n. 160, G.U. 5 agosto 1981, n. 214. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 24 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1981, n. 139, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 42, 52, 92 e segg. (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1981, n. 139, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 59 (art. 36 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1981, n. 139, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1981, n. 140, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 124, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 21 luglip 1981, n. 140, G. U. 29 luglio 1981, n. 207._ d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 23, 38, 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1981, n. 127, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 e tabella n. 4 (artt. 3, 38 e 24 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1981, n. 140, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. d.I. 29 marzo 1966, n. 128, art. 1, terzo comma [convertito nella legge 26 maggio 1966, n. 311] (artt. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1981, n. 160, G. U. 5 agosto 198'1, n. 214). legge 25 marzo 1971, n. 213, art. 4 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Sentenza 10 luglio 1981, n. 126, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183, 195 (artt. 3, 21 e 43 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1981, n. 148, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. legge 11 agosto 1973, n. 533, artt. 13, primo, secondo e terzo comma, e 14, secondo comma (art. 24 della Costituzione). Sentenza 7 luglio 1981, n. '116, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 luglio 1981, n. 151, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 54 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 163, secondo comma (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1981, n. 141, G. U. 29 luglio 1981, n; 207. Il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 22, 113 e 114 e tabella B, n. 2 (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1981, n. 174, G.U. 5 agosto 1981, n. 214. legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 25 giugno 1981, n. 109, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12 (artt. 3 e 30 della Costituzione). Sentenza 25 giugno 1981, n. 109, G.U. 1 luglio .1981, n. 179. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 16 giugno 1978 (artt. 4, 5, 6, 7 e 54 dello statuto speciale della regione .Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 7 luglio 1981, n. 118, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 25 giugno 1981, n. 111, G. U. 1 lug�o 1981, n. 179. III -QUESTIONI PROPOSTE codice civile, art. 146, secondo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Chiavenna, ordinanza 18 novembre 1980, n. 308/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. codice civile, art. 244 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 3 dicembre 1980, n. 473/81, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. codice civile, art. 244, secondo comma (artt. 3 e 24 del.la Costituz�one). Tribunale di Roma, ordinanza 15 dicembre 1980, n. 426/81, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. codice civile, art. 314/14, ultimo comma [inserito con legge 5 giugno 1967, n. 431, art. 4] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 20 novembre 1980, n. 341/81, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. codice civile, art. 581 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 3 novembre 1980, n. 324/81, G.U. 23 settembre 1981, n. 262. PARTE II, LEGISLAZIONE JJ codice civile, artt. 724, secondo comma, e 751 (art. 3 della. Costituzione). Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 settembre 1980, n. 481/81, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. codice civile, art. 2751-bis, n. l (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Monza, ordinanza 18 novembre 1980, n. 422/81, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. codice procedura civile, art. 152 disp. att. (artt. 3 e 23 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 10 marzo 1981, n. 304, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. codice procedura civile, art. 251 (artt. 2, prima e seconda parte, 3, primo comma, 8, 19, 21, 24, primo e secondo comma, e 112 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1981, n. 281, G. U. 9 settembre 1981, n. 248). codice di procedura civile, art. 404, primo e secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Pescara, ordinanza 16 maggio 1981, n. 469, G.U. 28 ottobre 1981, n. 297. codice di procedura civile, art. 444, secondo comma [come modif. dalla legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 1] (artt. 3, 24 e 38 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 18 marzo 1981, n. 439, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. codice di procedura civile, art. 700 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di S. Pietro Vernotico, ordinanza 16 febbraio 1981, n. 305, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. codice penale, art. 162 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Serracapriola, ordinanze 16 marzo 1981, nn. 328, 329 e 330, G.U. 30 settembre 1981, n. 269. codice penale, art. 164 [modif. da d.l. 11 aprile 1974, n. 99, art. 13] (art. 3 della Costituzione). . Pretore di Francavilla Fontana, ordinanza 20 marzo 1981, n. 361, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. codice penale, art. 169, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale per i minorenni dell'Aquila, ordinanze 25 febbraio 1981, nn. 338 e 339, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. codice penale, artt. 204, secondo comma, 215 e 222 (artt. 3, primo comma, e 32 della Costituzione). Giudice istruttore presso il tribunale di Grosseto, ordinanza 20 maggio 1981, n. 480, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. 56 I RASSEGN"' -IIBLL!.AVYOCATURA DBLLO STATO codice�,penale, .art. 204, secondo� comma, :e.. 222,-primo comma (artt. 3 �e 32 della Costituzione). Pr~tore di Pisa, ordinanza 21 marzo 1981, n. 360, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. codice penale, art. 212, primo comma (artt. 3 e 32 della Costituzione.). Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Modena; ordinanz.a 12 marzo 1981, n. 295, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. . . co!}ice . penale, art. 376 (artt. 3 �e, 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale _di Torino, ordinanza 9 .gennaio 1981; n. 293, G. U. 26 agosto 1981, n. 234. codice penale, art�. 519 e 544 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 11 maggio f98L n. 474, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. codice penale, art. 570, primo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Chiavenna, ordinanza 18 novembre 1980, n. 308/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. codice penale, art. 584 (art. 3 della Costituzione). Corte d'assise di Sassari, ordinanza 1 dicembre 1980, n. 205/1981, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. Corte d'assise di Cagliari, ordinanza 23 febbraio 1981, n. 267, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. codice penale, art. 688 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pergine Valsugana, ordinanza 2 aprile 1981, n. 479, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. codice penale, art. 688 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 18 marzo 1981, n. 399, G. U. 7 ottobr� 1981, n. 276. codice di procedura penale, artt. 107 e 110 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 19 febbraio 1981, n. 355, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. codice di procedura penale, art. 177-bis, 170 e 171 (artt. 10, secondo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Tolmezzo, ordinanza 13 febbraio 1981, n. 321, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. codice di procedura penale, artt. 231 e 219 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 15 gennaio :1981, n. 259, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. PARTE II, LEGISLAZIONE Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 302, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 404, G. U. 14 ottobre 1981 n. 283. codice di procedura penale, art. 384, n. 2 (art. 3 della Costituzione). Giudice istruttore tribunale di Catania, ordinanza 18 febbraio 198�1, n. 423, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma (artt. 3, 27 e 52, ultimo comma, della Costituzione). Tribunale di Verona, ordinanza 19 dicembre 1980, n. 247/81, G. U. 16 set� tembre 1981, n. 255. codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma, prima ipotesi (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 19 febbraio 1981, n. 209, G. U. 15 luglio �1981, n. 193. codice penale militare di pace, artt. 186, ultimo comma, prima ipotesi, e 189, primo comma, prima ipotesi (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 18 febbraio 1981, n. 215, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma, ultima ipotesi (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 10 e 18 marzo 1981, nn. 352 e 353, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 11 marzo 1981, n. 284, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma, ultima ipotesi (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 24 febbraio 1981, n. 235, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. codice penale militare di pace, art. 189, primo comma (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 5 marzo 1981, n. 283, G. U. 15 luglio 1981, n. 1193. codice penale militare di pace, art. 189, primo comma, prima ipotesi (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 27 gennaio .1981, n. 196, G.U. 8 luglio 1981, n. 186. Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 28 gennaio 1981, n. 208, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 58 RASSEGNA DELL1AVVOCATURA DELLO STATO Codice penale militare di pace, art. 189, primo comma, prima ipotesi (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 19 febbraio 1981, n. 209, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanze 25 e 26 febbraio 1981, nn. 256 e 257, G. U. 12 agosto 1981, n. 221. codice penale militare di pace, art. 260, secondo comma (artt. 3 e 112 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 18 febbraio 1981, n. 255, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. legge 7 luglio 1901, n. 283, artt. 6 lett. B, 7 e 9 [resi esecutivi con r.d. 19 dicembre 1901, n. 547] (art. 33, quinto comma, della Costituzione). Tribunale di Pistoia, ordinanza 13 aprile 1981, n. 476, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. legge 13 giugno 1912, n. 555, art. 2, secondo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Milano, ordinanza 3 ottobre 1980, n. 232/81, G. U . .26 agosto 1981, n. 234. legge 13 giugno 1912, n. 555, art. 8, ultimo capoverso (art. 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 14 aprile 1981, n. 434, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. r.d. 3 maggio 1923, n. 1943, artt. 2 e 3 [come modif. con legge 13 luglio 1965, n. 386] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Piacenza, ordinanza 11 marzo :1981, n. 382, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825, art. 6, ultimo comma (artt. 3, 4, e 35 della Costituzione). Pretore di Siracusa, ordinanza 16 marzo 1981, n. 327, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. r.d.l. 13 agosto 1926, n. 1459, art. 1, primo, secondo e terzo comma (art. 33, quinto comma, della Costituzione). Tribunale di Pistoia, ordinanza 13 aprile 1981, n. 476, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. legge 28 giugno 1928, n. 1415, art. 1 (art. 33, quinto comma, della Costituzione). Tribunale di Pistoia, ordinanza 13 aprile :1981, n. 476, G. U. 28 ottobre 1981, Il. 297. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 27 maggio 1929, 11. 810, art. 1 (art. 1, 2, 3, 7, 10, 11, 24, 29, 101 e 102 della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 19 marzo 1981, n. 429, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. legge 27 maggio 1929, 11. 847, art. 17 (artt. l, 2, 3, 7, 10, 11, 24, 29, 101 e 102 della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 19 marzo 1981, n. 429, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. r.d. 8 gennaio 1931, 11. 148, art. 10 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 119 gennaio 1981, n. 206, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10 [modif. della legge 24 luglio 1957, n. 633]. (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Salerno, ordinanza 27� gennaio 1981, n. 342, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. � Pretore di Roma, ordinanza 23 febbraio 1981, n. 296; G. U. 30 settembre 1981, n. 269. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, secondo e terzo comma [nel testo risultante dalla legge 24 luglio 1957, n. 633] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 26 maggio 1980, n. 384/81, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, terzo comma-[modif. dalla legge 24 luglio 1957, n. 633] (artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 28 gennaio 1981, n. 322, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. Pretore di Firenze, ordinanza 28 gennaio 1981, n. 323, G.U. 30 settembre 1981, n. 269. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 18 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Verona, ordinanza 23 aprile 1981, n. 454, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. regolamento allegato A regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, artt 18, primo e quarto comma, e 1, terzo e quarto comma (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Guastalla, ordinanza 21 gennaio 1981, n. 438, G. U. 21 ottobre 1981, Il. 290. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 156 (artt. 3, 8 e 19 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 3 aprile 1981, n. 430, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 162 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Pretore di Desio, ordinanza 26 novembre 1980, n. 188/1981, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, art. 12 [conv. in legge 11 agosto 1939, n. 1249, modif. da d.l. 8 aprile 1948, n 514, art. 2, n. 12] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 17 luglio 1980, n. 204/1981, G. V. 22 luglio 1981, n. 200. r.d. 25 luglio 1940, n. 1077, art. 265 [sostituito da legge 6 giugno 1973, n. 341, art. 8] (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 21 maggio 1980, n. 263/81, G. V. 16 settembre 1981, n. 255. legge 6. febbraio 1941, n. 176, art. 34, primo comma, lett. a) (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti -sezione terza giurisdizionale -, ordinanza 6 febbraio 1978, n. 319/81, G. V. 7 ottobre 1981, n. 276. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 99, ultimo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Milano, ordinanza 19 novembre 1980, 26 agosto 11981, n. 234. Corte d'appello di Milano, ordinanza 19 novembre 1980, 5 agosto 1981, n. 214. Corte d'appello di Milano, ordinanza 25 giugno 1980, 26 agosto :1981, n. 234. Corte d'appello di Milano, ordinanza 24 settembre 1980, 16 settembre 1981, n. 255. n. n. n. n. 269/81, 270/81, 271/81, 272/81, G. U. G. V. G. V. G. U. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 100 (art. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di bre 1981, n. 255. Ferrara, ordinanza 28 febbraio 1981, n. 258 (G. V. 16 settemd. lgt. 5 aprile 1945, n. 141, art. 12 (artt. 45 e 47, secondo comma, della Costituzione). Commissione Tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 13 dicembre 1978, n. 356/81, G. V. 2 settembre 1981, n. 241. accordo interconfederale 23 m~gio 1946, artt. 2 e 27 [trasfuso in legge con d.P.R. 28 luglio 1960,� n. 1098] (artt. 3, 4 e 35 della Costituzione). Pretore di Siracusa, ordinanza 16 marzo 1981, n. 327, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. legge 8 febbraio 1948, n. 47, artt. 3 Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 22 bre 1981, n. 248. e 8 (artt. 3 e gennaio 1981, 27, primo comma, della n. 260, G. V. 9 settemlegge 2 marzo 1949 n. 143, art. 9, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Presidente tribunale di 16 settembre 1981, n. 255. Vicenza, ordinanza 23 febbraio 1981, n. 265, G. U. !:::_: g 1: 1' Il 1: r111tllrllfrti!::~:111w11tll.iri:iiri!:rr11r1:rrifir11111rrri~)wr1rr1tr&ffwltf~fi111fir;111irltiIBfirt1;1r1111t1ill PARTE II, LEGISLAZIONE legge 25 luglio 1952, n. 991, art. 8, seconda parte (artt. 3 e 44, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 11 dicembre 1980, n. 163/1981, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. Tribunale di Palmi, ordinanza 12 marzo 1981, n. 394, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. legge 19 marzo 1955, n. 160, artt. 9, 10 e 15 (artt. 3, primo comma e 97, primo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 12 dicembre 1980, n. 419/81, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. d.P.R. 3 giugno 1955, n. 592, art. 1 (art. 3, 29 e 37 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 11 febbraio 1981, n. 387, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. d.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 3, secondo comma (artt. 41 e 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Legnano, ordinanza 10 dicembre 1980, n. 277/81 (G.U. 19 agosto 1981, n. 227). legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9, primo e secondo comma [modif. da legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 8] (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Caltanissetta, ordinanza 14 gennaio 1980, n. 164/1981, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 8, secondo comma .(artt. 3, primo comma, 51, primo e terzo comma e 107, primo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 9 dicembre 1980, n. 190/81, G. U. 12 agosto 1981, n. 221. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (artt. 3, primo comma e 53, primo comma, della Costituzione). Pretore di Ravenna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 354, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, artt. 119 (art. 36, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Ravenna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 354, G. U. 9 settembre 1931, n. 248. legge regione Sardegna 17 maggio 1957, n. 20, art. 6 (art. 108 della Costituzione). Corte Costituzionale, ordinanza 15 ottobre 1981, n. 680, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. legge 26 ottobre 1957, n. 1047, art. 18 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 2 febbraio 1981, n. 264, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. 62 RASSEG"fA DELL'AVVOCATUR~ DELLO STATO I t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 34 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanza 3 marzo 1978, ~: n. 290/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. � d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, primo comma (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). I Pretore di Bologna, 16 gennaio 1981, n. 303, G. U. 12 agosto 1981 n. 221. legge 20 febbraio 1958, n. 55, art. 9 (artt..3 e 35 della Costituzione). Pretore di Udine, ordinanza 7 maggio 1981, n. 446, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. legge 20 febbraio 1958, n. 75, art. 4, n. 2 (artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 7 aprile 1981, n. 417, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. legge 2 aprile 1958, n. 377, art. 27, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ascoli Piceno, ordinanza 25 marzo 1981, n. 363, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 80, tredicesimo, quindicesimo e sedicesimo comma, 83, quinto comma, e 94 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cairo Montenotte, ordinanza 14 aprile 1981, n. 405, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91, settimo comma (artt. 3, 4 e 27 della Costituzione). Pretore di Saronno, ordinanza 20 febbraio 1981, n. 273, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modif. dalla legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5] (artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione). Pretore di Riesi, ordinanza 25 marzo 1981, n. 484, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. Pretore di Orvieto, ordinanze 9 marzo e 4 aprile 1981, nn. da 496 a 503, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma, quarta ipotesi (art. 3 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 2 dicembre 1980, n. 466/81, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 141, quinto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Egna, ordinanze 29 gennaio e 10 febbraio 1981, nn. 275 e 276, G.U. 19 agosto 1981, n. 227. i'ARTE ll, LEGISLAZIONE legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 18 aprile 1980, n. 318/81, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 25 novembre 1962, 11. 1684, art. 28 (artt. 2 e 32, primo comma, della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 15 gennaio 1981, n. 259, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 302, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 404, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. legge 27 gennaio 1963, n. 19, artt. 1 e 4 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. legge 15 settembre 1964, n. 756, art. 14 (artt. 1, 3, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Lecce, ordinanza 1� aprile 1981, n. 448, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lecce, ordinanza 6 febbraio 1981, n. 217, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. Tribunale di Lecce, ordinanza 20 marzo 1981, n. 392, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. Corte d'appello di Bologna, ordinanza 11 dicembre 1980, n. 441/81, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. Tribunale di Brindisi, ordinanza 3 marzo 1981, n. 453, G. U. 21 ottobre 1981, Il. 290. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 3, 11 e 41 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 13 febbraio 1981, n. 301, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (art. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Vicenza, ordinanza 30 gennaio 1981, n. 245, G. U. 19 agosto 1981, Il. 227. Pretore di Cagliari, ordinanza 30 marzo 1981, n. 427, G. U. 9 settembre 1981, 11. 248. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3, primo comma (artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 24 marzo 1981, n. 336, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di La Spezia, ordinanza 12 novembre 1980, n. 483/81, G.U. 9 settembre 1981, n. 248. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, secondo, terzo e quinto comma (articoli 3, primo comma, e 24 della Costituzione). Pretore di Avellino, ordinanza 13 giugno 1980, n. 184/81, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, artt. 10 e 11 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Rovigo, ordinanza 6 aprile 1981, n. 393, G. U. 7 ottobre 198,1, n. 276. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Nuoro, ordinanza 15 aprile 1981, n. 436, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85, terzo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 14 gennaio 1981, n. 443, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 134, secondo comma (art. 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 3 febbraio 1981, n. 202, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 135, secondo "�omma (artt. 3, secondo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Monza, ordinanza 2 marzo 1981, n. 359, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145, primo comma, punto A (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Macerata, ordinanza 3 marzo 1981, n. 456, G. U. 26 agosto 1981, Il. 234. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, tabella ali. 5, voce n. 21 (artt. 38, secondo comma e 3 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 12 gennaio 1981, n. 189, G. U. 8 luglio 1981, Il. 186. legge 13 luglio 1966, n. 615, artt. 1 e 20 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Pretore di Chivasso, ordinanza 14 febbraio 1981, n. 346, G. U. 7 ottobre 1981, Il. 276. 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di La Spezia, ordinanza 12 novembre 1980, n. 483/81, G.U. 9 settembre 1981, n. 248. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, secondo, terzo e quinto comma (articoli 3, primo comma, e 24 della Costituzione). Pretore di Avellino, ordinanza 13 giugno 1980, n. 184/81, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, artt. 10 e 11 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Rovigo, ordinanza 6 aprile 1981, n. 393, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Nuoro, ordinanza 15 aprile 1981, n. 436, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85, terzo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 14 gennaio 1981, n. 443, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 134, secondo comma (art. 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 3 febbraio 1981, n. 202, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 135, secondo �omma (artt. 3, secondo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Monza, ordinanza 2 marzo 1981, n. 359, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145, primo comma, punto A (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Macerata, ordinanza 3 marzo 1981, n. 456, G. U. 26 agosto 1981, n. 234. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, tabella ali. 5, voce n. 21 (artt. 38, secondo comma e 3 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 12 gennaio 1981, n. 189, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. legge 13 luglio 1966, n. 615, artt. 1 e 20 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Pretore di Chivasso, ordinanza 14 febbraio 1981, n. 346, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. PARTE II, LEGISLAZIONE 65 legge 13 luglio 1966, n. 615, art. 25 (art. 32, primo comma, della Costituzione). Pretore di Chivasso, ordinanza 14 febbraio 1981, n. 346, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma (artt. 3, 4, primo comma, 35, primo comma, e 41, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 12 febbraio 1981, n. 340, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Chieti, ordinanza 25 giugno 1980, n. 325/81, G.U. 30 settembre 1981, n. 269. legge 22 luglio 1966, n. 614, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanza 14 ottobre '1980, n. 452/81, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. legge 13 luglio 1967, 11. 583, art. 22 (artt. 3, primo comma, e 53, primo comma, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 21 maggio 1981, n. 475, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. legge 2 ottobre 1967, n. 895, artt. 1 e 2 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 6 maggio 1981, n. 447, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. legge 9 ottobre 1967, 11. 973 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 8 gennaio 1981, n. 421, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. Tribunale dell'Aquila, ordinanze 6 marzo ,1981 nn. da 407 a 415/81, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 30 marzo 1981, n. 459, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. legge 20 marzo 1968, 11. 369 (artt. 3, primo comma, e 53, primo comma, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 21 maggio 1981, n. 475, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. legge 20 marzo 1968, n. 369, art. un., secondo comma (artt. 3, prima parte, e 53, prima parte, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 4 marzo 1981, n. 286, G. U. 26 agosto 1981, n. 234. 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (artt. 3, 4 e 38, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordirlanza 27 gennaio 1981, n. 201, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. legge 25 ottobre 1968, n. 1089, art. 18, nono comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 20 marzo 1981, n. 418, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Chieti, ordinanza 25 giugno 1980, n. 325/81, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 2 febbraio 1981, n. 264, G. U. 16 settembre 11981, n. 255. legge 30 aprile 1969, n. 153, artt. 26, terzo comma e n. 2, quinto comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Voghera, ordinanza 24 settembre 1980, n. 153/81, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22, primo comma [conv. in legge 11 marzo 1970, n. 83] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Potenza, ordinanza 3 febbraio 1981, n. 194, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, primo e secondo comma (artt. 3, 4, primo comma, 35, primo comma, e 41, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 12 febbraio 11981, n. 340, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. legge 24 maggio 1970, n. 336, artt. 3 e 4 (artt. 3, 52, primo comma, 53, primo comma, 81, quarto comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 14 maggio 1981, n. 450, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. regolamento della Camera dei Deputati 18 febbraio 1971, art. 12, n. 3 (artt. 24, 101, 108 e 113 della Costituzione). Corte di Cassazione -sezioni unite civili, ordinanza 10 luglio 1980, n. 315/81, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. Corte di Cassazione -sezioni unite civili, ordinanza 10 luglio 1980, n. 316/81, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6, primo e terzo comma (artt. 3, 52, primo comma, 53, primo comma, 81, quarto comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 14 maggio 1981, n. 450, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. l<!gge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 1, punto 1) (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 8 gennaio 1981, n. 421, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. legge 9 ottobre 1971, n. 825, punto 6, n. 4 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Firenz;e, ordinanza 20 novembre 1980, n. 433/81, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 11 (artt. 23 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanza 12 gennaio 1979, n. 289/81, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 9 ottobre 1971, n. 825, artt. 10, secondo comma, n. 14, e 15 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanze 30 giugno 1980, nn. da 365 a 381/81, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 10 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 21 novembre 1979, n. 440/81, G. U. 21 ottobre :1981, n. 290. legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 21, ultimo comma (art. 3 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo J'egionale del Lazio, ordinanza 10 marzo 1980, n. 285/81, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 37, secondo e terzo comma (artt. 3 e 125, secondo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 8 maggio 1980, n. 228/81, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. legge 6 dicembre 1971, n. 1083, artt. 1, 3 e 5 (artt. 3 e 32 della Costitutuzione). Pretore di Varallo, ordinanza 9 gennaio 1981, n. 198, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. legge della provincia di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo e terzo comma, e 13, primo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 21 ottobre 1980, n. 458/81, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. mm'' .~ . .. Wffe~: . :.;'-" ::::: . '-W. ._, .� .� . 1ill , � . .� .x .W.m , . ""' x W. . . .. ,. . 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge della provincia di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo comma secondo periodo, terzo comma, e 15, terzo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 16 dicembre 1980, n. 300/81, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge regione Emilia-Romagna 11 ottobre 1972, n. 9, art. 4, secondo comma (art. 25 dello statuto approvato con legge 22 maggio 1971, n. 342 e artt. 123 e 117 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quarta, ordinanza 9 dicembre 1980, n. 460/81, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 6, ultimo comma, ultima parte (artt. 3, 42, 47 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, ordinanze 18 maggio 1979, nn. 332, 333 e 334/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 8, 34 e 38 (artt. 3, 44 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bari, ordinanza 27 novembre 1979, n. 178/81, G. U. 12 agosto 1981, n. 221. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 37, sesto comma [integrato dal d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24] (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ascoli Piceno, ordinanza 16 ottobre 1980, n. 326/81, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 58, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Alessandria, ordinanza 23 ottobre 1980, n. 449/81, G. U. 21 ottobre '1981, n. 290. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60 (artt. 24 e 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado dell'Aquila, ordinanza 24 ottobre 1980, n. 472/81, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 80, secondo comma (artt. 3 e 47 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 29 dicembre 1980, n. 465/81, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 17, secondo comma, prima parte (artt. 3, primo comma, 24, primo comma e 113, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Paola, ordinanza 26 novembre 1979, n. 233/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. PARTE II, LEGISLAZIONE 69 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 35 e 39 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, ordinanza 2 ottobre 1980, n. 344/81, G. V. 9 settembre 1981, n. 248. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, ordinanza 14 aprile 1980, n. 199/1981, G.U. 1 luglio 1981, n. 179. d.P.R. 26 ottobre 1972, 11. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanze 30 giugno 1980, nn. da 365 a 381/81, G. V. 7 ottobre 1981, n. 276. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Siracusa, ordinanza 18 marzo 1980, n. 3H/81, G. V. 23 settembre 1981, n. 262. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Belluno, ordinanza 8 ottobre 1980, n. 424/81, G. V. 14 ottobre 1981, n. 283. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6, secondo comma, ultimo periodo (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 20 novembre 1980, n. 433/81, G. V. 14 ottobre 1981, n. 283. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Nuoro, ordinanza 19 giugno 1978, n. 467/81, G. V. 28 ottobre 1981, n. 297. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 18, sesto comma [come modificato dal d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 688, art. 1] (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 15 ottobre 1980, nn. 396, 397 e 398/81, G. V. 21 ottobre 1981, n. 290. legge della provincia di Trento 30 dicembre 1972, n. 31, art. 28, primo e quinto comma [come modificato dalla legge della provincia di Trento 23 ottobre 1974, n. 33 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 10 febbraio 1981, n. 457, G.U. 21 ottobre 1981, n. 290. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. !83, 195 e 334, primo comma, n. 2 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale di Livorno, ordinanza 11 marzo 1981, n. 358, G. V. 9 settembre 1981, n. 248. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 184 e 195 [modificato dalla legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 45] (artt. 3, 21 e 27 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 14 gennaio 1981, n. 291, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 17 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 16 maggio 1979, n. 298/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 8 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Potenza, ordinanza 3 febbraio '1981, n. 194, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. d.P.R. 28 settembre 1973, n. 60, art. 47 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, ordinanza 9 aprile 1980, n. 207, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 82 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 8 gennaio 1981, n. 421, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 1, lettera a) e 7, primo, secondo, terzo e quarto comma (art. 53, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Gorizia, ordinanze 3 dicembre 1980, n. 212, 213 e 214/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 46, primo comma (artt. 3, 76 e 77, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo. grado di Torino, ordinanza 24 novembre 1980, n. 455/81, G.U. 21 ottobre 1981, n. 290. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 46, primo comma, 47, primo �omma e 54, primo comma (art. 3, 76 e 77, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanze 13 ottobre e 10 novembre 1980, nn. 249, 250, 251, 252, 253 e 254/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 47 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Belluno, ordinanza 6 marzo 1981, n. 463, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 6011, art. 56, ultima parte (artt. 3 e 112 della della Costituzione). Giudice istruttore Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1981, n. 632, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 32, secondo comma, ultima parte (artt. 3 e 47 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 29 dicembre 1980, n. 465/81, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Modica, ordinanza 19 dicembre 1980, n. 485/81, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, ordinanza 28 novembre 1980, n. 343/81, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. Commissione tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 5 maggio 1980, n.. 357/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. Commissione tributaria di primo grado di Mantova, ordinanza 15 dicembre 1980, n. 486/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 52, primo comma (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 16 gennaio 1981, n. 303; G. U. 12 agosto 1981, n. 221. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (artt. 3, 76 e 77, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 26 mago gio 1980, n. 248/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. d.l. 1 ottobre 1973, n. 580, art. 3 [convertito in legge 30 .novembre 1973, n. 766] (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 3 dicembre 1980, n. 292/81, G. U. 26 agosto 11981, n. 234. legge 27 ottobre 1973, n. 629, art. 1, primo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 21 aprile 1980, n. 186/81 G. U. 29 luglio 1981, n. 207. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 12 maggio 1981, n. 451, G. U. 21 ottobre 198�1, n. 290. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 63 (art. 3 della Costituzione). Corte dei Conti, sezione quarta giurisdizionale, ordinanza 22 settembre 1980, n. 348/81, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. 72 RASSEG"IA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, sesto comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 18 aprile 1980, n. 318/81, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 93, sesto comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 21 aprile 1980, n. 186/11981, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. legge 2 febbraio 1974, n 64, art. 20 (artt. 2 e 32, primo comma, della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 15 gennaio 1981, n. 259, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 302, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. Pretore di Messina, ordinanza 3 marzo 1981, n. 404, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. d.l. 2 marzo 1974, n. 30, art. 3 [conv. in legge 6 aprile 1974, n. 114] (art. 3, primo comma della Costituzione). Pretore di Voghera, ordinanza 24 settembre 1980, n. 153/1981, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. d.l. 8 luglio 1974, n 264, art 7 (art. 39 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 18 dicembre 1979, n. 420/81, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. legge 14 agosto 1974, n. 391 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 16 maggio 1979, n. 298/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. Legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 6 maggio 1981, n. 447, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, terzo comma (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 19 gennaio 1981, n. 274, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 10, sesto, ottavo, nono e decimo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Ancona, ordinanza 18 febbraio 1981, n. 236, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. Tribunale di Ancona, ordinanza 18 febbraio 1981, n. 261, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 31 (artt. 3, prima parte, e 53, prima parte, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 4 marzo 1981, n. 286, G. U. 26 agosto 1981, n. 234. legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 31 (artt. 3, primo comma, e 53, primo comma della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 21 maggio 1981, n. 475, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. legge 29 luglio 1975, n. 426, art. 5 [modificativo dell'art. 2758 del codice civile] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Reggio Emilia, ordinanze 1 aprile 1981, nn. 385 e 386, G.V. 7 ottobre 1981, n. 276. legge regione Lazio, 2 dicembre 1975, n. 79, art. 1, prima parte (artt. 3, 39 e 117 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 6 aprile 198�1, n. 442, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 26, primo comma, e 28, primo comma (artt. 25, secondo comma, e 27, primo comma, della Costituzione). Giudice istruttore presso H Tribunale di Forl�, ordinanza 29 dicembre 1980, n. 246/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 98 (art. 25 della Costituzione). Giudice istruttore Tribunale di Rovigo, ordinanze 30 aprile 1981, nn. 461 c 462, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. d.I. 4 marzo 1976, n. 31, art. 3 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore Tribunale di Prato, ordinanza 10 marzo 1981, n. 306, G. U. 23 settembre il981, n. 262. d.l. 4 marzo 1976, n. 31, art. 4 (art. 3 della Costituzione). Giudice istruttore Tribunale di Prato, ordinanza 10 marzo 1981, n. 306, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 29 aprile 1976, n. 177, art. 3, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 2 giugno 1980, n. 187/1981, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. legge 10 maggio 1976, n. 319, artt. 6, primo comma, lettera a), 9, terzo comma, 15, sesto e settimo comma, e tabelle C e A allegate (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 30 gennaio 1981, n. 185, G. U. 12 agosto 1981, n. 221. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 9 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Codroipo, ordinanza 22 aprile 1981, n. 464, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. legge 10 maggio 1976, n. 319, artt. 13, 21, secondo comma, e 25 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 5 febbraio 1981, n. 416, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 25 (art. 27 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 30 giugno 1980, n. 299/81, G. U. 23 settembr� 1981, n. 262. Tribunale di Como, ordinanza 25 giugno 1980, n. 314/81, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. Tribunale di Como, ordinanze 24 novembre 1980, nn. 400, 401 e 402/81, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. legge regione Lombardia, 20 agosto 1976, n. 28, art. 13, ultimo comma (artt. 5, 108 e 117 della Costituzione). Pretore di Legnano, ordinanze 17 e 20 marzo 1981, nn. 350 e 351, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. legge 29 settembre 1976, n. 751, art. 1 (artt. 3, 29 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 19 aprile 1978, n. 432/81, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. legge 8 ottobre 1976, n. 689, art. 2, ultimo comma (artt. 3 e 35 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 28 novembre 1980, n. 234/81, G. U. 12 agosto 1981, n. 221. Tribunale di Como, ordinanza 5 febbraio 1981, n. 403, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. legge 8 ottobre 1976, n. 689, art. 3 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Salerno, ordinanze 27 ottobre 1980, nn. 278, 279 e 280/81, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. legge 8 ottobre 1976, n. 690, art. 1-quater (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Mantova, ordinanza 6 dicembre 1980, n. 218/81, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. legge 8 ottobre 1976, n. 690, art. 1-quater (artt. 3 e 32 della Costituzione). Pretore di Bozzolo, ordinanza 18 dicembre 1980, n. 223/81, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. Tribunale di Mantova, ordinanza 4 marzo 1981, n. 331, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. i. I ~ PARTE II, LEGISLAZIONE legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 1, ultimo comma (artt. 3, 29 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 19 aprile 1978, n. 431/81, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 3 e 6 (artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanze 29 settembre 1980, nn. 229 e 230/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 4 e 5 (artt. 3, 24, 31 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Casale Monferrato, ordinanza 3 giugno 1980, n. 197/1981, G. U. 8 luglio 1981, n. 186. legge 23 dicembre 1976, n. 863, art. 2, penultimo comma (artt. 3 e 35 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 28 novembre 1980, n. 234/81, G. U. 12 agosto 1981, n. 221. legge 23 dicembre 1976, n. 863, art. 2, ultimo comma (art. 3 e 35 della Costi� tuzione). Tribunale di Como, ordinanza 5 febbraio 1981, n. 403, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, artt. 2, primo comma, e 4 [convertito in legge 31 marzo 1977, n. 91] (art. 39, ultimo comma, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 20 febbraio 1981, n. 297, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. legge 21 febbraio 1977, n. 28, articolo unico, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G.U. 7 ottobre 1981, n. 276. Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. legge 13 aprile 1977, n. 114, artt. 19 e 20 (artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanze 29 settembre 1980, nn. 229 e 230/81, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. legge della provincia di Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, art. 20 (art. 13 della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 6 febbraio 1981, n. 244, G. U. 5 agosto 1981, n. 214. 76 RASSEGll!A DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge della provincia di Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, art. 20 (art. 47 della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 6 febbraio 1981, n. 244, G. V. 5 agosto 1981, n. 214. legge 8 agosto 1977, n. 583, art. 4, terzo comma (artt. 3, 32 e 38 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 27 aprile 1981, n. 428, G. V. 28 ottobre 1981, n. 297. d.l. 28 ottobre 1977, n. 778, art. 1 [convertito in legge 23 dicembre 1978, n. 928] (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G. V. 7 ottobre 1981, n. 276. Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. V. 28 ottobre 1981, n. 297. legge regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 56 (artt. 25, secondo comma, e 117 della Costituzione). Pretore di Arona, ordinanza 25 novembre 1980, n. 437/81, G. V. 14 ottobre 1981, Il. 283. legge regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 71, primo comma (artt. 117, 118 e 128 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 17 febbraio 1981, n. 337, G. V. 30 settembre 1981, n. 269. d.P.R. 6 dicembre 1977, n. 914, art. 5 (artt. 3, 70 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Siracusa, ordinanza 2 giugno 1980, n. 155/1981, G. V. 1 luglio 1981, n. 179. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 12 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 2 maggio 1981, n. 478, G. V. 28 ottobre 1981, n. 297. dl. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito nella legge 27 febbraio 1978, n. 41] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 16 maggio 1981, n. 477, G. V. 28 ottobre 1981, n. 297. d.l. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito in legge 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, 35, 36 e 39 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 11 marzo 1981, n. 391, G. V. 7 ottobre 1981, n. 276. i i ~ f: i ~ t f ~ f 1111111r1r1mir11r111rill11:11:111:1:rifi::1~1::11111r11~i:rf;,:~ifr~:1frfli~rilfilflllaJ1111111F111111a1-1111" PARTE II, LEGISLAZIONE d.I. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito in legge 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, 38 e 42 della Costituzione). Pretore di Arezzo, ordinanza 9 marzo 1981, n. 345, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. d.l. �23 dicembre 1977, n. 942, artt. 1 e 2 [convertito in legge 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 35 e 38 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 2 marzo 1981, n. 383, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. legge 3 gennaio 1978, n. 1, art. 5, ultimo comma (artt. 3, 24, 100, primo comma, 103, primo comma, 113 e 125, secondo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quinta giurisdizionale, ordinanza 24 aprile 1981, n. 470, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. legge 21 febbraio 1978, 11. 843, art. 16, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 16 maggio 1981, n. 477, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. legge 27 febb1�aio 1978, n. 41, art. 7 (artt. 3 e 44, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 11 dicembre 1980, n. 163/1981, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. Tribunale di Palmi, ordinanza 12 marzo 1981, IL 394, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. d.l. 30 marzo 1978, n. 77, art. 1 [convertito in legge 24 maggio 1978, n. 220] (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. d.l. 24 giugno 1978, n. 298, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 4, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cant�, ordinanza 11 febbraio 1981, n. 406, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16 (artt. 3, 24, primo comma e 113, primo comma .della Costituzione). Giudice conciliatore di Firenze, ordinanza 13 aprile 1981, n. 395, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 78 legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 24 e 62, ultimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 24 dicembre 1980, n. 226/81, G. U. 12 agosto 1981, n. 221. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 27, 29 e 73 (artt. 3 della Costituzione). Giudice conciliatore di Pulsano, ordinanza 28 febbraio 1981, n. 349, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 27, terzo comma, e 69, sesto e settimo comma (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 364, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 marzo 1981, n. 468, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 29, n. 2 (artt. 3, 35 e 41 della Costituzione). Giudice conciliatore di Diano Marina, ordinanza 28 gennaio 1981, n. 262, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 57 (art. 3 della Costitwione). Giudice conciliatore di La Spezia, ordinanza 1 dicembre 1980, n. 362/81, G. U. 30 sett~mbre 1981, n. 269. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58, 59, nn. 3 e 6, e 65 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Rieti, ordinanza 30 gennaio 1981, n. 309, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 65, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pavia, ordinanza 13 febbraio 1981, n. 224, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 59, nn. 6 e 8, 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Giudice conciliatore di Milano, ordinanza 2 febbraio 1981, n. 211, G. U. 29 luglio 1981, n. 207. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Rovigo, ordinanza 12 febbraio 1981, n. 195, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. r: I: ---I ~= PARTE II, LEGISLAZIONE legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo comma (art. 42 della Costituzione). Pretore di Enna, ordinanza 19 gennaio 1981, n. 240, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. Pretore di Pescara, ordinanza 27 febbraio 1981, n. 288, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69 e 73 (artt. 3, 41, 42, 47 della Costituzione). Pretore di Patern�, ordinanza 29 gennaio 1981, n. 216, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69, 73 e 29 (artt. 3, 41, 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Patern�, ordinanza 21 febbraio 1981, n. 294, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69, settimo comma, e 73 [come modificato dalla legge 31 marzo 1979, n. 93] (artt. 3, 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Latina, ordinanza 21 febbraio 1981, n. 266, G. U. 23 settembre .1981, n. 262. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 (art. 3 della Costituzione). Giudice conciliatore di Arezzo, ordinanza 29 gennaio 1981, n. 231, G. U. 5 agosto 1981, n. 214. Tribunale di Lecce, ordinanza 24 febbraio 1981, n. 320, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 [nel testo modificato dall'art. 1-bis del d.l. 30 gennaio 1979, n. 21] (artt. 41 e 42 della Costituzione). Tribunale di Trani, ordinanza 28 aprile 1981, n. 425, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. legge 3 agosto 1978, n. 405, art. 2 (artt. 3 e 25 della Costituzione). Pretore di Partinico, ordinanza 28 novembre 1978, n. 225/81, G. U. 26 agosto 1981, n. 234. d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Voltri, ordinanza 5 febbraio 1981, n. 282, G. U. 9 settembre 1981, n. 248. legge 9 agosto 1978, n. 463, art. 13, settimo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 8 luglio 1980, n. 310/81, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 80 legge regione Sicilia 10 agosto 1978, n. 35, art. 2, primo comma (artt. 42, secondo comma e 97, primo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 19 aprile 1980, n. 435/81, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. legge regione Piemonte 22 novembre 1978, n. 69, art. 3, ultimo comma (art. 128 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 24 settembre 1980, n. 183/1981, G. U. 1 luglio 1981, n. 179. legge regione Sicilia 27 dicembre 1978, n. 71, art. 48 (artt. 3, 41, 101 della Costituzione e 14 dello Statuto regione Sicilia). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 10 dicembre 1979, n. 347/81, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. legge regione Abruzzo 28 dicembre 1978, n. 87, art. 15, quinto comma (artt. 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 30 aprile 1980, n. 227/81, G. U. 26 agosto 1981, n. 234. d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, art. 3, quarto comma [sostituito da d.P.R. 31 marzo 1979, n. 94, art. 7] (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ascoli Piceno, ordinanza 16 ottobre 1980, n. 326/81, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. legge 3 aprile 1979, n. 95, art. 5, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 11 novembre 1980, n. 268/81, G. U. 5 agosto 1981, n. 214. legge 29 febbraio 198q, n. 33, art. 14, 14-bis e 14-ter (artt. 35 e 38 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 2 marzo 1981, n. 383, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 4, ultimo comma, e 6, secondo comma (artt. 3, 24 e 38 della Costituzione). Tribunale di Cosenza, ordinanza 9 gennaio 1981, n. 222, G. U. 19 agosto 1981, n. 227. legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, primo e secondo comma (art. 3, primo comma, 24, primo comma, 25, primo comma e 102, primo comma, della Costituzione). Pretore di S. Maria Capua Vt!tere, ordinanze 17 marzo 1981, nn. 388, 389 e 390/81, G. U. 7 ottobre 1981, n. 276. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, secondo comma (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 9 marzo 1981, n. 287, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. Pretore di Genova, ordinanza 5 marzo 1981, n. 307, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 11 luglio 1980, n. 312, artt. 46, ultimo comma, e 51, primo, secondo e quinto comma (artt. 3, primo comma e 38, secondo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Molise, ordinanza 12 febbraio 1981, n. 471, G. U. 28 ottobre 1981, n. 297. legge 29 luglio 1980, n. 385, art. 1, primo e secondo comma (artt. 42, terzo comma, e 136, primo comma, della Costituzione). Corte d'app�llo di Firenze, ordinanze 3 aprile 1981, nn. 444 e 445, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290. legge 8 agosto 1980, n. 441, �art. 10-bis (artt. 3, 25, 28, 97, 101, 102, 103 e 104 della Costituzione). Corte dei Conti � sezione prima giurisdizionale, ordinanza 14 novembre 1980, n. 313/81, G. U. 30 settembre 1981, n. 269. legge 12 marzo 1981, n. 58, art. 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Casoria, ordinanze 26 giugno e 2 luglio 1981, nn. 595, 596, 597 e 598, G. U. 14 ottobre 1981, n. 283. d.l. 28 maggio 1981, n. 246 (artt. 5, 115, 117, 119 e 123 della Costituzione). Presidente giunta regionale Veneto, ricorso 2 luglio 1981, n. 31, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. d.l. 28 maggio 1981, n. 246 (artt. 77, secondo comma, 81, 5, 117 e 119 della Costituzione). Presidente giunta regionale Piemonte, ricorso 1 luglio 1981, n. 28, G.U. 15 luglio 1981, n. 193. Presidente giunta regionale Marche, ricorso luglio 1981, n. 30, G.U. 15 luglio 1981, n. 193. Presidente giunta regionale Toscana, ricorso 3 luglio 1981, n. 35, G.U. 15 luglio 1981, n. 193. d.I. 28 maggio 1981, n. 246, art. 8 (art. 3, 97 e 119 della Costituzione). Presidente giunta regionale Liguria, ricorso 2 luglio 1981, n. 34, G.U. 15 lu� glio 1981, n. 193. d.l. 28 maggio 1981, n. 246, artt. 8, 9, e 10 (artt. 115 e 119 della Costituzione). Presidente giunta regionale Lombardia, ricorso 3 luglio 1981, n. 41, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.l. 28 maggio 1981, n. 246, artt. 8, 9 e 12, parte prima (artt. 119, 117 e 118 della Costituzione). Presidente giunta regionale Emilia Romagna, ricorso 3 luglio 1981, n. 39, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. d.l. 28 maggio 1981, n. 246, art. 13 (artt. 7, 8, 54, quarto comma, dello Statuto speciale della Sardegna). Presidente della giunta regionale Sardegna, ricorso 7 luglio 1981, n. 45, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. d.I. 28 maggio 1981, n. 247 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Presidente della giunta regionale Emilia Romagna, ricorso 3 luglio 1981, n. 37, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. I I d.l. 28 maggio 1981, n. 247, art. 1, terzo, quarto e quinto comma (artt. 4, n. 7, 8, n. 1, 9, n. 10, 16, primo comma e 78 dello statuto speciale del Trentino Alto-Adige). Presidente della giunta provinciale di Bolzano, ricorso 7 luglio 1981, n. 44, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. ~ d.l. 28 maggio 1981, n. 248 (artt. 5, 77, 81, 117 e 119 della Costituzione). i=~ Presidente giunta regionale Piemonte, ricorso 1 luglio 1981, n. 27 G. U. li[ " 15 luglio 1981, n. 193. r= Presidente giunta regionale Marche, ricorso luglio 1981, n. 29, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. 1-i Presidente giunta regionale Toscana, ricorso 3 luglio 1981, n. 36, G. U. i:: 15 luglio 1981, n. 193. ' . I '. d.I. 28 maggio 1981, 11. 248 (artt. 5, 115, 117, 118, 119, 123, 128 della Costi, tuzione). ' l Presidente giunta regionale Veneto, ricorso 2 luglio 1981, n. 32, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. D.-L. 28 maggio 1981, n. 248 (artt. 77, secondo comma, 81, 5, 117 e 119 della � Costituzione). ~ Presidente giunta regionale Lazio, ricorso 7 luglio 1981, .n. 47, G.l.i ~ 22 luglio 1981, n. 200. I D.L. 28 maggio 1981, n. 248 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). I <: Presidente della giunta regionale Emilia Romagna, ricorso 3 luglio 1981, f.' n. 38, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. fil d.l. 28 maggio 1981, n. 248, art. 1 (artt. 1, 48, 7, n. 1, dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia). I Presidente della giunta regionale Friuli-Venezia Giulia, ricorso 4 luglio 1981, ~. n. 42, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. ' I r-= I 1: r11111:111~r1111rm1:rr1r11rrrt1r~111ri111111r1111~11ir;:1:=1:=r111=11r1111111l11r~i111i111r~rr1:1~11rr1~rm1111r1ml PARTE II, LEGISLAZIONE D.-L. 28 maggio 1981, n. 248, art. 1 (artt. 3, 97, 115, 119 e 130 della Costituzione). Presidente giunta regionale Liguria, ricorso 2 luglio 1981, n. 33, G. U. 15 luglio 1981, n. 193. d.I. 28 maggio 1981, n. 248, art. 1, terzo e quinto comma (artt. 4, n. 7, 8, n. 1; 9, n. 10; 16, primo comma, e 78 dello statuto sepciale del Trentino-Alto Adige). Presidente giunta provinciale di Bolzano, ricorso 7 luglio 1981, n. 43, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. d.l. 28 maggio 1981, n. 248, art. 1, terzo e quinto comma (artt. 7, 8, 54, quarto comma, dello statuto speciale della Sardegna). Presidente della giunta regionale Sardegna, ricorso 7 luglio 1981, n. 46, G. U. 22 luglio 1981, n. 200. d.I. 28 maggio 1981, n. 248, art. 1, quarto comma (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Presidente della giunta regionale della Lombardia, ricorso 3 luglio 1981, n. 40, G.U. 15 luglio 1981, n. 193. legge regione Toscana 30 giugno 1981, n. 86/80 (artt. 117 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 27 luglio 1981, n. 48, G. U. 12 ago� sto 1981, n. 221. d~I. 29 luglio 1981, n. 400, artt. 1 e 3 (artt. 117, 118, 119 e 3 della Costi� tuzione). Presidente giunta regionale Emilia-Romagna, ricorso 24 agosto 1981, n. 49, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. d.l. 29 luglio 1981, n. 401, artt. 2, 4, 5 e 6 (artt. 119, 117 e 118 della Costituzione). Presidente giunta regionale Emilia Romagna, ricorso 24 agosto 1981, n. 50, G. U. 2 settembre 1981, n. 241. d.I. 29 luglio 1981, n. 401, artt. 2, primo comma, e 6 (artt. 119, 97, 117 e 123 della Costituzione). Presidente giunta regionale Liguria, ricorso 4 settembre 1981, n. 52, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. d.l. 29 luglio 1981, n. 401, art. 3 (artt. 7, 8 e 54, quarto comma, dello Statu� to speciale della regione Sardegna). Presidente giunta regionale Sardegna, ricorso 31 agosto 1981, n. 51, G. U. 16 settembre 1981, n. 255. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 84 legge 1 agosto 1981, n. 423 (artt. 8, n. 21, 9, n. 3, 16, primo comma, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670). Presidente provincia autonoma di Bolzano, ricorso 11 settembre 1981, n. 54, �G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 1 agosto 1981, n. 423, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 12, 14, 16, e 17 (artt. 8, n. 21, 9, n. 3 e 16, primo comma, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670). Presidente provincia autonoma di Trento, ricorso 11 settembre 1981, n. 53, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge 5 agosto 1981, n. 441 (art. 4 statuto di autonomia regione Friuli-Venezia Giulia). Presidente della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, ricorso 17 settembre 1981, n. 55, G. U. 23 settembre 1981, n. 262. legge approvata dal consiglio regionale della Liguria il 16 settembre 1981, artt. 4, quinto comma, e 14 (artt. 3, 36, 97 e 117 della Costituzione). Ricorso Presidente Consiglio dei Ministri 9 ottobre 1981, n. 56, G. U. 21 ottobre 1981, n. 290.