RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. ANNO XL VI N. 3-4 LUGLIO -DICEMBRE 1994 ~��JE(GNA AWW(Q)CCAT1LJIRL&. lD)JEJLJL(Q) �TAT(Q) PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1994 ABBONAMENTI ANNO 1995 ANNO . . . � . � . . . . . . . . . . . . � � . � � . . � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 52.000 UN NUMERO SEPARATO . . . � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � 13.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e Commerciale Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in ltal:; Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (7219077) Roma, 1994 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a /'avv. Franco Favara) cura de/pag. 381 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA del/'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara} . . . , 426 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI (a cura degli avvocati Giuseppe Stipo e Antonio Cingolo} , 458 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del� /'avv. Raffaele Tamiozzo} , 524 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Bafile} (a cura de/l'av � 551 Parte seconda: QUESTIONI � RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI QUESTIONI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . CONSULTAZIONI . . pag. � � 93 105 119 Comitato di redazione: Avv. F. Basilica � Avv. G. Mangia Avv. P. Palmieri -Avv. F. Sclafanl � Avv. L. Ventrella � La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI F. BASILICA: Gli itinerari della giurisprudenza amministrativa in tema di ripetizione dell'indebito nei confronti dei pubblici dipendenti I, 525 I.F. CARAMAZZA e M. Russo: Effettivit� della tutela: ottemperanza . . . II, 93 O. FIUMARA: Imposta erariale di consumo su taluni prodotti audiovisivi importati da paesi terzi: valore imponibile . . . . . . . . . I, 429 d. FIUMARA: Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunit� Europee pronunciate nel corso dell'anno 1994 in cause alle quali ha partecipato l'Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 426 L. ORCALI: Questioni in materia di tasse automobilistiche . . . . . . . I, 491 L. 0RCALI: Retroattivit� apparente delle norme attributive di privilegio� Il caso dell'art. 37, secondo. e terzo comma, della legge 5 ottobre 1991, n, 317 . . . � . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �, 504 U. PERRUCCI: I costi degli sdoganamenti fuori circuito doganale . . . . I, 512 ,,, PARTE PRIMA INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA COMUNlTA' EUROPEE -Aiuti di Stato -Lett�ra di avvio del procedimento di cui all'art. 93, n. 2, primo comma, del Trattato CEE Sospensione degli aiuti -Qualificazione degli aiuti: aiuti nuovi, 449. ,.,.-. Politica agricola comune -Aiuti alla produzione di olio� .di oliva -Pa.. gamento � ai beneficiari . tramite una unione di a_ssociazioni di produtti> ri -InteresSi bancari maturati sulle� soxnnie stanziate -Titolare, 442. -Tributi interni -Imposta nazionale di consumo sui prodotti audiovisivi e foto-ottici -Merci importate direttamente da paesi terzi Compatibilit� con il diritto comunitario, con npta di O. Fiumara, 428. - Tutela �dei cons1lmatori -Contratti . negoziati fuori dei locali commerciali -Possibilit� di far valere una direttiva .. nelle controversie fra privati, 435. CONTRATTI (IN GENERE) -Pubblica . Amministrazione -Licitazione privata -Aggiudicazione, Vizi di legittimit� -Diniego di approvazione, 542. DOGANA -Diritti doganali -Operazioni fuori orario e fuori dal circuito doganale -Natura dei relativi compensi -Traslazione dell'onere da parte dello spedizioniere a carico del proprietario della merce importata Irripetibilit�, con nota di U. Perrucci, 512. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' -Azione del privato a seguito di occupazione illegittima e di irrever sibile trasformazione del fondo in opera P1lbblica -Natura dell'azione - Presctizione -Termine, 488, � -Concessione .di opera pubblica Delega: di oneri concernenti la procedura ablatoria -Responsabilit� solidale ex art. 2055 e.e. tra amministrazione delegante e impresa delegata -Esclusione -Condizioni, 471. - Efficacia dichiarazione di P.U. Conseguente efficacia decreto di esproprio emesso � medio tempore �. -�Sino alla scadenza dell'ultimo dei termini ex art. 13 legge fondamentale � Conseguente efficacia decreto di proroga occupazione temporanea emesse:;> � medio tempore �, 471. IMPIEGO PUBBLICO -Giurisdizione ordinaria o anummstrativa � Procedura concorsuale Posizioni soggettive azionabili dai candidati -Interesse legittimo -Giurisdizione amministrativa di legittimit� -Sussistenza, con nota di P. PALMIERI, 458. -Giurisdizione ordinaria o amnumstrativa -Ritardata� emanazione dell'atto di nomina -Domanda di risarcimento del danno -Giurisdizione ordinaria -Esclusione -Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo -Sussistenza, con nota di P. -PALMIERI, 458. -Indennit� di trasferimento -Indebito (ripetizione) -Ammissibilit�, con nota di F. BASILICA, 525. -Stipendi, assegni e indennit� -Indebito (ripetizione) -Atti di recupero non vincolato -Annullamento atto di erogazione -Motivazione � Criterio di sufficienza -Procedimento e necessaria comunicazione al dipendente ex art. 7 legge n. 241/90 Elementi necessari all'atto di recupero, con nota di F. BASU.ICA, 524. VI RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO -Stipendi, assegni e indennit�� -Indebito (ripetizione) -Atto di recupero non vincolato -Ragioni, con nota di F. BASD..ICA, 524. OBBLIGAZIONI (IN GENERALE) -AIMA -Personalit� giuridica Disposizioni sulla contabilit� gene� rale dello Stato -Applicabilit�,� 483. -Cessione di crediti verso lo Stato ex art. 70 r.d. 2440/23 -Limiti, 483. -Contratto di deposito -Non configurabilit� -Condizioni, 483. -Contratto di fornitura ex art. 70 r.d. 2440/23 -Identificazione, 483. -Privilegi -Irretroattivit� delle norme attributive, salva espressa di� sposizione -Non spettanza del privilegio di cui all'art. 37, terzo comma legge 317/91 per crediti del Ministero dell'Industria relativi a fi. nanziamenti erogati prima dell'en trata in vigore di t:.!le norma. Inapplicabilit� a tali crediti dell'art. 2756 e.e., con nota di L. 0RCALI, 503. PENA -Applicazione -Ordinamento penitenziario -Benefici carcerari -Climinalit� organizzata -Principio di � ragionevolezza, 394. PROCEI)IMENTO CIVILE -Consulenza tecnica -Accertamento di situazioni di fatto -Fonte oggettiva di prova, 467. -Impugnazioni -Parte rimasta contumace in appello � -Ricorso per cassazione -Notificazione presso il procuratore domiciliatario in primo grado -Conseguenze -Inesistenza della notificazione, con nota di P. PALMIERI, 468. PROCEDIMENTO PENALE -Misure di sicurezza -Misure antimafia -Soggiorno cautelare -Poteri del Procuratore Nazionale antimafia -Omessa previsione della provvisoriet� del soggiorno disposta dal Procuratore Nazionale Antimafia, 418. -Parte offesa -Richiesta archiviazione -Diritto all'avviso, 409. -Permanente impedimento imputato a partecipare alla udienza per infermit� -Violazione diritto difesa della parte civile -Illegittimit� soluzio ne alternativa, 387. -Reati ministeriali -Conflitto di attribuzione tra la Camera e Tribunale dei Ministri -Richiesta di autorizzazione a procedere -Restituzione degli atti su approfondimento delle indagini, 403. REGIONI -Legge regionale -Legge interpretativa -Tutela funzione giudiziaria Limiti, 399. -Normativa regionale in materia di giurisdizione e di processo civile Riserva allo Stato, 386. SANITA' -Interventi per la lotta contro l'AIDS -Divieto accertamenti sanitari senza il consenso dell'interessato -Tutela del diritto alla salu� te degli utenti dei servizi sanitari, 381. SANZIONI AMMINISTRATIVE -Efficacia del giudicato penale ex art. 28 cod. proc. pen. abrogato Limiti -Qualificazione giuridica del fatto data dal giudice penale -Efficacia vincolante in ordine alla configurabilit� dell'Illecito amministrativo -Esclusione -Condizioni, 463. -Successione di leggi -Applicabilit� del secondo e terzo comma del� l'art. 2 c.p. in relazione alla disciplina posteriore pi� favorevole Esclusione, 463. TRASPORTI PUBBLICI -Concessione del Ministero dei Trasporti alla F.S. S.p.A. -Previsione di affidamento dei servizi sostitutivi e integrativi solo a societ� partecipate maggioritariamente Illegittimit�, 545. -Servizi integrativi di quello ferroviario -Nozione, 545. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA VD - Trasformazione dell'Ente. F;S; in S.p.A. -Disciplina dei servizi sosti� tutivi e integrativi � Permane; 545. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sul reddito delle persone fisiche � Societ� di persone � Subentro di socio in corso di esercizio � Imputazione del reddito al socio ta~e al momento della approvazione del rendiconto, 580. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro � Comunione legale fra coniugi � Assoggettamento a comunione di beni acquistati anteriormente al matrimonio � Agevolazione dell'art. 228 I. 19 maggio 1975 n. 151 . Limiti, 559. -Imposta di successione -Aliquota � Grado di parentela � Rappresenta. zione � Irrilevanza, 567. .:.:.. Imposta di successione � Defunto non residente � Presunzione di m<>bili, denaro e gioielli � Non opera, 567. -Imposta sul valore aggiunto � Assegnazioni fatte dalla societ� ai soci � Art. 2, comma secondo n. 6, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 � Liquidazione di quota sociale agli eredi socio defunto � E' compresa, 577. -Imposta sul valore aggiunto � Dichiarazioni e opzioni � Forma � Necessit� � Comportamenti concludenti � Insufficienza, 587. - Imposta sul valore aggiunto e im . posta di registro � Cooperativa edilizia � Natura di imprenditore commerciale -Accertamento in giudizio � Legittimit�, 575. .:.:.. Tassa di lotteria � Base imponibile � Prezzo di acquisto � E' al lordo degli oneri fiscali, 562. -Tasse Automobilistiche � Condizioni per l'ammissione al passivo del le somme dovute dal fallito, anche in costanza di fallimento, a tale titolo, con nota di L. ORCALI, 491. -Tasse Automobilistiche � Sentenza dichiarativa di fallimento � Applicabilit� art. 5 comma 36 d.l. 953 del 30 �dicembre 1982 convertito, con modifiche, in legge 28 febbraio 1983 n. 53, con nota di L. ORCALI, 490. J'RIBUTI IN GENERE -Accertamento Notificazione Destinatario defunto -Omessa c<>municazione degli eredi � Notificazione nelle forme ordinarie al d<>micilio del destinatario defunto � Validit�, 578. -Contenzioso tributario � Competenza e giurisdizione � Plusvalenza sulle indennit� di espropriazione � Imposizione ex art. 11 comma 5, 7, 8 e 10 legge 30 dicembre 1991 n. 413 � Ritenuta di acconto � Decreto ministeriale che regola le modalit� per l'adempimento degli oneri � Ricorso al tribunale ammini� strativo regionale � Difetto di giurisdizione, 583. -Contenzioso tributario � Giurisdizione delle commissioni � Controversia sugli interessi sui rimborsi . Vi rien� tra, 588.� -Contenzioso tributario � Notificazioni nel corso del processo � Luogo predeterminato � Dichiarazione di residenza o elezione di domicilio � Mancanza o inidoneit� originaria o successiva � Notifica presso la segreteria ��Ricerca di residenza effettiva � Esclusione, 551. -Contenzioso tributario � PN"Vvedimento impugnabile � Elenco di sgra� vio ex art. 44 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 � Ricorribilit� alla commissione nel termine di sessanta giorni, 588. -Dichiarazione . Mancanza di sot� toscrizione � Nullit�, 566. - Viola2:ioni di leggi finanziarie Iscrizione di ipoteca ex art. 26 legge 7 gennaio 1929 n. 4 � Responsa� bilit� dell'Amministrazione � Art. 96 c.p.c. � Art. 2043 cod. civ. � Inapplicabilit�, 572. VALUTA -Infrazioni valutarie � Istanza ex art. 8 r.d.l. 1928/38 � Conseguenze: riconoscimento infrazione � Possibilit� di contestazioni sulla sussistenza della violazione (doglianza relativa a prescrizione del diritto alla riscossione della pena pecuniaria) � Preclusione, 478. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 2 giugno 1994, n. 218 pag. 381 15 luglio 1994, n. 303 � 386 22 luglio 1994, n. 330 � 387 27 luglio 1994, n. 357 � 394 23 novembre 1994, n. 397 � 399 23 novembre 1994, n. 403 � 403 7 dicembre 1994, n. 413 � 409 7 dicembre 1994, n .419 � 418 I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE I ~ 6a sez., 13 lugli� 1994, neila causa C-130/92 pag. 428 Plenum, 14 luglio 1994, nella causa C-91/92 435 ~ � is� sez., 14 luglio 1994, nella causa C-186/93 . � 442 Plenum, 5 ottobre 1994, nella causa C-47/91 � 449 0 I ~i GIURISDIZIONI CIVILI � I CORTE DI CASSAZIONE I Sez. Un., 10 giugno 1994, n. 5643 . . . . . . pag. 458 Sez. Un., 7 luglio 1994, n. 6375 � 551 Sez. I, 13 luglio � 1994, n. 6564 � 559 Sez. I, 14 luglio 1994, n. 6606 � 562 Sez. I, 20 luglio 1994, n. 6764 � 566 Sez. I, 26 luglio 1994, n. 6955 � 567 Sez. I, 27 luglio 1994, n. 7029 � 572 Sez. I, 28 luglio 1994, n. 7061 � 575 Sez. I, 28 luglio 1994, n. 7063 � 577 Sez. I, 5 agosto 1994, n .7305 � 463 Sez. I, 24 agosto 1994, n. 7494 � 578 Sez. III, 9 settembre 1994, n. 7711 . . . � 467 Sez. I, 15 ottobre 1994, n. 8423 . . � 580 Sez. I, 28 ottobre 1994, n. 8917 . . � 468 Sez. Un., 4 novembre 1994, n. 9126 � 583 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISFRUDENZA IX Sez. I, 8 novembre 1994, n. 9266 . � 471 Sez. I, 8 novembre 1994, n. 9269 )) 478 Sez. I, 18 novembre 1994, n .9789 )) 483 Sez. I, 25 novembre 1994, n. 9998 )) 587 Sez. I, 6 dicembre 1994, n. 10463 )) 588 Sez. Un., 6 dicembre 1994, n. 10467 )) 488 CORTE D'APPELLO DI BRESCIA Sez. I, 26 giugno 1991, n. 470 pag 490 TRIBUNALE DI BERGAMO Sez. II, 10 marzo 1994, n. 417 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 491 TRIBUNALE DI BRESCIA 14 aprile 1994, n. 962 .......................... pag. 503 TRIBUNALE DI MILANO Sez. 1a, 7 luglio 1994, n. 6802 ...................... pag. 512 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 30 settembre 1993, n. 11 pag. 524 Sez. IV, 1� febbraio 1994, n. 90 )) 524 Sez. IV, 30 luglio 1994, n. 643 )) 525 Sez. VI, 28 aprile 1994, n. 605 )) 542 TAR LAZIO Sez. III, 15 dicembre 1994, n. 2094 . )) 545 PARTE SECONDA QUESTIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE: I -Norme dichiarate incostituzionali II -Questioni dichiarate non fondate pag. � )) 93 105 111 CONSULTAZIONI � 119 PARTE PRIMA W..dillV..ifilffil-:"' --,_,___ W:-~difilffa_ ,,, ,, ,,, ,,, ' GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 2 giugno 1994, n. 218 � Pres. Casavola -Rel. Mirabelli -Presidente Consigli� dei Ministri (vice avv. gen Stato Onufrio). Sanit� -Interventi per la lotta contro l'AIDS -Divieto accertamenti sani� fari senza ii consenso dell'interessato � Tutela del diritto alla salute degli utenti dei servizi sanitari. (Cost; �art. 32; legge 5 giugno 1990, n. 135, artt. 5 e 6). La legge n .. 135 del 1990 concernente. il programma di interventi per la prevenzione e la lotta .contro l'AIDS, nella parte in cui non consente di sottoporre ad accertamenti sanitari senza il consenso dell'interessato, viola il diritto alla salute dei terzi nel caso di operatori sanitari addetti alla cura� di ricoverati non autosufficienti. Con ordinanza emessa il 15 maggio 1993 il Pretore di Padova ha sollevato, in riferimento all'art. 32, primo comma, della Costituzione, questione di legittimit� costituzionale degli artt. 5, terzo e quinto comma, e 6 della legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS). La questione � .stata sollevata nel corso di tm procedimento civile promosso .dall'operatrice di assistenza Patrizia Marchioro nei confronti deU'Associazione Opera Immacolata Concezione (0.I.C.), diretto ad. ottenere un provvedimento d'urgenza, in base all'art. 700 cod. proc..civ., che le. consentisse di riprendere la normale attivit� lavorativa� dopo essere stata cautelarmente sospesa, dal servizio, ma non dalla retribuzione,. per essersi rifiutata . di sottoporsi ad esami sanitari, presso la Divisione malattie infettive dell'Ospedale di Padova, diretti ad accertare l'esistenza o meno di infezione da HIV. L'art.. 5 della legge n. 135 del 1990 stabilisce che nessuno pu� essere sottoposto, senza il proprio consenso, ad analisi tendenti ad accertare l'infezione da HIV; se non per motivi di necessit� clinica nel . suo interesse (terzo comma), e che l'accertata infezione da HIV non pu� costituire motivo di discriminazione in particolare, tra l'altro, per l'accesso a posti di lavoro o per il mantenimento di essi (quinto cornma). L'art. 6 vieta ai datori di lavoro di svolgere indagini dirette ad accertare, nei 382 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO dipendenti o per l'instaurazione di una rapporto di lavoro, l'esistenza di uno stato di sieropositivit�. Il Pretore rileva che, nel caso sottoposto al suo esame, la richiesta di accertamenti sanitari era stata motivata da parte del datore di lavoro escludendo ogni finalit� di discriminazione ma affermando la necessit�, collegata all'assunzione delle relative responsabilit�, di appurare se l'operatrice in questione fosse in possesso dell'integrit� fisica richiesta per le delicate mansioni di assistenza svolte sulle persone di ricoverati non autosufficienti. Lo stesso giudice ritiene che le disposizioni legislative in questione, escludendo comunque la possibilit� di analisi e di accertamenti sanitari su un eventuale stato di sieropositivit� senza il consenso dell'interessato, siano in contrasto con l'art. 32 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono la possibilit� di prescinderne, limitatamente ai casi di specifiche attivit� lavorative che, per la loro particolare natura, presentino il serio rischio di trasmissione dell'infezione da HIV dall'operatore di assistenza all'assistito. Il Pretore considera la legge n. 135 del 1990 informata a principi di alto valore sociale ed all'apprezzabile esigenza di non discriminare o isolare, nemmeno sul lavoro, le persone sieropositive o affette da AIDS. Ma ritiene che la stessa legge presenti profili in contrasto con l'art. 32 della Costituzione, non consentendo, per le attivit� che presentano rischio di trasmissione dell'infezione, di effettuare accertamenti sanitari, anche contro la volont� dell'interessato, con le dovute garanzie di riservatezza ed al fine di tutelare la salute come interesse della collettivit� e dei terzi. Il pretore motiva la rilevanza della questione affermando che, se le norme denunciate sono costituzionalmente illegittime, il ricorso proposto per ottenere la reintegrazione d'urgenza nell'attivit� lavorativa dovrebbe essere respinto. Nel giudizio dinanzi alla Corte � intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. L'Avvocatura ricorda che un'ingerenza nella sfera della salute dei singoli cittadini pu� essere consentita solo entro limiti circoscritti ed osserva che il legislatore, nel prevedere la neccesit� del consenso dell'interessato per l'accertamento dell'assenza di sieropositivit�, ha correttamente rispettato la libert� di autodeterminazione di costui. N� vi sarebbe motivo di ritenere che l'inserimento del malato di AIDS nel tessuto sociale, per l'espletamento di un rapporto di lavoro, possa di per s� rappresentare un fattore di pericolosit� tale da giustificare l'adozione di misure di prevenzione invasive della sfera di libert� del cittadino. La questione sottoposta all'esame della Corte concerne il programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS, dettato con la legge 5 giugno 1990, n. 135, che, nel disciplinare l'accertamento dell'infezione e le rilevazioni epidemiologiche, stabilisce che nessuno PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE pu� essere sottoposto senza il�suo consenso ad analisi tendenti ad accertare l'infezione da HIV, se non per motivi di necessit� clinica nel suo interesse (art. 5, terzo comma). La stessa disposizione esclude discriminazioni in caso di accertata infezione da HIV per l'accesso o il mantenimento di posti di lavoro (art. 5, quinto comma). Inoltre l'art. 6 vieta ai datori di lavoro di svolgere indagini dirette ad accertare l'esistenza di uno stato di� sieropositivit� nefdipendenti o in persone prese in considerazione per l'instaurazione �cli un rapporto di lavoro. Ad avviso� del Pretore �di Padova questa disciplina,� pur essendo informata a principi di alto valore sociale ed all'apprezzabile esigenza di non discriminare o isolare, neppure sul lavoro, le persone sieropositive o affette da AIDS, sarebbe in contrasto con l'art. 32 della Costituzione, che tutela la salute come diritto fondamentale dell�individuo ed interesse della collettivit�, nella parte in� cui non prevede, limitatamente alle attivit� che per la for� particolare natura presentano il serio rischio di trasmissione dell'infezione, Ia<possibilit� di accertamenti sanitari, con garanzie di riservatezza, anche contro la volont� degli interessati. Il giudice rimettente, indicando quale parametro del �giudizio di legittimit� costituzionale l'art. 32, primo comma, della Costituzione, invoca l'applicazione del principio di futela della salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivit�. In proposito la Corte ha pi� volte affermato che la salute � un bene primario, costituzionalmente protetto, il quale assurge a diritto fondamentale della persona, che impone piena ed esaustiva tutela (sentenze n. 307 e 455 del 1990), tale da operare sia in ambito pubblicistico che nei rapporti di diritto privato (sentenze n. 202 del 1991, n. 559 del 1987 e n. 184 del 1986). La tutela della salute comprende la generale e comune pretesa dell'individuo a condizioni di vita, di ambiente e di lavoro che non pongano a rischio questo suo bene essenziale. Sotto il profilo �dell'assistenza pubblica Ja futela della salute si specifica nel diritto, basato su norme costituzionali di carattere programmatico, all'erogazione, nel contesto delle compatibilit� generali non irragionevolmente valutate �dal legislatore, di adeguate prestazioni di prevenzione e cura, dirette al mantenimento o al recupero dello stato di benessere (sentenza n; 455 del 1990). La tutela della salute non si esaurisce tuttavia in queste situazioni attive di pretesa. Essa implica e comprende il dovere dell'individuo di non ledere n� porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell'eguale protezione del coesistente diritto degli altri. Le simmetriche posizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunit�, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti sanitari obbligatori, posti in essere anche nell'interesse della persona stessa, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 384 o prevedere la soggezione di essa ad oneri particolari. Situazioni di questo tipo sono evidenti nel caso delle malattie infettive e contagiose, la cui diffusione sia. collegata a comportamenti della persona, che � tenuta in .questa evenienza ad adottare responsabilmente le condotte e le cautele necessarie per impedire la trasmissione del morbo. L'interesse comune alla salute collettiva e l'esigenza della preventiva protezione dei terzi consentono in questo caso, e talvolta rendono obbligatori, accertamenti sanitari legislativamente previsti, diretti a stabilire se chi � chiamato a svolgere determinate attivit�, nelle quali sussiste un serio rischio di contagio, sia� affetto da una malattia trasmissibile in occasione ed in ragione dell'esercizio delle attivit� stesse. Salvaguardata in ogni caso la dignit� della persona, che comprende anche il diritto alla� riservatezza sul proprio stato di salute ed al mantenimento della vita lavorativa e di relazione compatibile con tale stato, l'art. 32 della Costituzione prevede un contemperamento del coesistente diritto alla salute di ciascun individuo; implica inoltre il bilanciamento di tale diritto con il dovere di tutelare il diritto dei terzi che vengono in necessario contatto con la persona per attivita che comportino un serio rischio, non volontariamente assunto, di contagio. In tal caso le attivit� che, in ragione dello stato di salute di chi le svolge, rischiano di mettere in pericolo la salute dei terzi, possono essere espletate solo da chi si sottoponga agli accertamenti necessari per escludere la presenza di quelle malattie infettive o contagiose, che sia.po tali da porre in pericolo la salute dei destinatari delle attivit� stesse. Non si tratta quindi di controlli sanitari indiscriminati, di massa o per categorie di soggetti, ma di accertamenti circoscritti sia nella determinazione di. coloro che vi possono essere tenuti, costituendo un onere per poter svolgere una determinata attivit�, sia nel contenuto degli esami. Questi devono . essere funzionalmente collegati alla verifica dell'idoneit� all'espletamento di quelle specifiche attivit� e riservati a chi ad esse �, o intende essere, addetto. Gli accertamenti che, comprendendo prelievi ed analisi, costituiscono � trattamenti sanitari � nel senso indicato dall'art. 32 della Costituzione, possono essere legittimamente richiesti solo in necessitata correlazione con l'esigenza di tutelare la salute dei terzi (o della collettivit� generale). Essi si giustificano, quindi, nell'ambito delle misure indispensabili per assicurare questa tutela e trovano un li.mite non valicabile nel rispetto della dignit� della persona che vi pu� essere sottoposta. In quest'ambito il rispetto della persona esige l'efficace protezione della riservatezza, necessaria anche per contrastare il rischio di emarginazione nella vita lavorativa e di relazione. In rapporto a questi principi la questione � fondata, come di seguito precisato. Le disposizioni sottoposte al giudizio di legittimit� costituzionale sono contenute nella legge n. 135 del 1990, che ha inteso �dare una prima PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE risposta seria e non frammentaria all'eccezionale situazione di emergenza sociale determinata dalla allarmante diffusione dell'infezione da HIV, patologia nuova e gravissima in espansione a livello non solo nazionale, ma mondiale� (sentenza n. 37 del 1991). Le caratteristiche di diffusivit� di tale malattia erano state gi� riconosciute, ai fini degli interventi previsti dalla legislazione sanitaria, con il decreto ministeriale 28 novembre 1986, che ha inserito la sindrome da immunodeficienza acquisita nell'elenco delle malattie diffusive ed infettive, che comportano l'adozione di provvedimenti sanitari e misure di protezione. La stessa legge n. 135 del 1990 ha previsto, all'art. 7, norme di protezione dal contagio professionale nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private, dettate poi con il decreto ministeriale 28 settembre 1990, che ha stabilito precauzioni per il personale nei confronti della generalit� delle persone assistite. Con evidente riferimento al principio di doverosa tutela della salute dei terzi, il legislatore, nel dettare una disciplina di settore, ha riconosciuto l'esistenza di rischi di diffusione della malattia connessi allo svolgimento di determinate attivit� e, considerando tale pericolo non diversamente fronteggiabile, ha stabilito per il personale appartenente alle forze di polizia che � per la verifica dell'idoneit� all'espletamento di servizi che comportano rischi per la sicurezza, l'incolumit� e la salute dei terzi possono essere disposti, con il consenso dell'interessato, accertamenti dell'assenza di sieropositivit� all'infezione da HIV�; ha poi previsto, senza che possa essere adottato altro provvedimento nei confronti dell'interessato, la esclusione di chi abbia rifiutato di sottoporsi agli accertamenti dai servizi che presentano rischio per i terzi; servizi la cui determinazione � stata rimessa ad un successivo decreto ministeriale (art. 15 del decreto-legge 4 ottobre 1990, n. 276, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 30 novembre 1990, n. 359). Riconosciuta legislativamente l'esistenza di attivit� e servizi che comportano rischi per la salute dei terzi, derivanti dall'essere gli operatori addetti portatori di una malattia diffusiva quale l'AIDS, ne segue la necessit�, a tutela del diritto alla salute, di accertare preventivamente l'assenza di sieropositivit� per verificare l'idoneit� all'espletamento dei servizi che comportano questo rischio e che non possono essere solo quelli inerenti alle attivit� degli addetti alle forze di polizia. Lo stesso legislatore, nel settore della sanit� e dell'assistenza, ha inteso disporre la protezione dal contagio professionale, avendo particolarmente di mira il rischio che gli addetti possono correre nell'esercizio dell'attivit� professionale; rischio per il quale operano in prevalenza le misure di protezione previste. L'ulteriore necessit� che si manifesta � di tutelare la salute dei terzi in ogni settore nel quale esista per essi un serio rischio di contagio, trasmissibile da chi svolga un'attivit� loro diretta. 386 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO In particolare nell'assistenza e cura della persona, attivit� prese in considerazione nel giudizio che ha determinato l'insorgere della questione di legittimit� costituzionale, sono necessari, come condizione per espletare mansioni che comportano rischi per la salute dei terzi, accertamenti sanitari dell'assenza di sieropositivit� all'infezione da HIV del personale addetto, a tutela del diritto alla salute dei destinatari delle prestazioni. Nella parte in cui non prevede tale onere, l'art. 5, terzo e quinto comma, della legge n. 135 del 1990 � in contrasto con l'art. 32, primo comma, della Costituzione. CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1994, n. 303 -Pres. Casavola -Rel. Caianiello -Presidenza del Consiglio dei Ministri (n.c.). Regioni � Normativa regionale in materia di giurisdizione e di processo civile � Riserva allo Stato. (Cast. art. 108; I. reg. Lombardia 5 dicembre 1983 n. 91, artt. 21 e 22). � precluso alle regioni (e alle province autonome) non solo di ri� produrre, ma anche di richiamare nelle loro leggi norme statali che di" spongono in materia di giurisdizione e recano la disciplina processuale dei ricorsi alle autorit� giurisdizionali ordinaria ed. amministrativa, poich� ci� comporta un'inammissibile novazione �l.ella parte .che � riservata al legislatore nazionale. � stata sollevata questione di legittimit� costituzionale degli artt. 22, comma 2, e 21, comma 6, della legge della Regione Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91 in riferimento all'art. 108 della Costituzione. La violazione del parametro invocato viene ravvisata, relativamente alla prima norma, in quanto stabilisce che al provvedimento di decadenza dall'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica si applica la seconda, anch'essa impugnata, in quanto prevede, per la diversa ipotesi �di ricorso contro il provvedimento di annullamento dell'assegnazione, che � si applicano il tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo comma dell'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 �, ovverosia le norme statali che disciplinano il rimedio giurisdizionale del ricorso innanzi al Pretore. (omissis) Nel merito la questione � fondata. � ormai giurisprudenza consolidata di questa Corte che � precluso alle regioni (e alle province autonome) non solo di riprodurre, ma anche di richiamare nelle loro leggi norme statali che dispongono in materia. di giurisdizione e recano la disciplina processuale dei ricorsi alle autorit� giurisdizionali ordinaria e amministrative, in primo luogo perch�, per la loro natura, tali materie esulano dalle competenze regionali, essendo appunto oggetto di riserva di legge statale a termini del parametro invoca PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE to In ogni caso qualunque intervento regionale in dette materie, anche se in ipotesi si limitasse, per mere finalit� sistematiche e di chiarezza, al richiamo di normativa statale gi� di per s� applicabile -il che, nella speci'e, non �~ avendo per di pi� le riorme regionali impugnate esteso il rimedio del ricorso gl Pretore ad un'ipotesi di decadenza (a causa della perdita dei� requisiti richiesti per l'ass�gnazione, per essere l'interes~ sata risultata proprietaria di altri immobili) diversa da quella disciplinata dalla norma statale r�chiamata (e riferita alla mancata occupazione dell'alloggio nel termine prescritto) -comporta un'inammissibile novazione della fonte che, si ripete, � riservata al legislatore nazionale (sentt. nn. SOS e S89 del 1991, S94 del 1990, 727 del 1988, 203 del 1987). CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1994, n. 330 -Pres. Pescatore -Rel. Vassalli~ Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia).. Procedimento penale � Permanente impedimento imputato ..a partecipare. alla ucUenza ..per infermit� � Violazione diritto difesa della parte Civile � Illegittimit� soluzione alternativa. (Cost. artt. 3 e Z4; qi.p. 1930, art. 88). L'art; 88 del vecchio codice di procedura penale viola il diritto di difesa ex art. 24 Cast. nella parte in cui non prevede, in caso di accerta� to impedimento fisico di durat� indeterminabile dell'imputato, ov� questi non consenta che il dibattimento si svolga in sua assenza, che il giudice possa autorizzare la parte civile a proporre l'azione civile davanti al giudice civiie. Il Tribunale di Milano dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimit� dell'art. 88 del codice di procedura penale del 1930 �nella parte ih cui non prevede la sospensione del procedimento� penale quando l'imputato venga a trovarsi in tale stato di malattia fisica da comportare �l'assoluto impedimento a comparire, laddove questo �non sia contingente o di durata determinabile, e� non prevede quindi la facolt� della parte civile, dopo l'ordinanza di sospensione, di esercitare l'azione civile davanti al giudice civile, indipendentemente dal processo penale�. Il giudice a quo, nel corso del dib�ttimento penale a carico di imputati relativamente ai quali, sulla base di accertamenti medici effettuati, era stata riscontrata l'esistenza di una malattia fisica che ne impediva in modo assoluto e permanente la possibilit� di comparire in giudizio, ritiene vulnerato il principio di eguaglianza nonch� il diritto di azione' e difesa della parte civile, in quanto l'impossibilit� di esercitare l'azione civile in sede propria darebbe vita ad una disparit� di trattamento rispetto all'omologa situazione dell'infermit� di mente sopravvenuta dell'imputato, RASSEGNA AVVOCATURA OBLI.O STATO 388 situazione che abilita la parte civile, . dopo la sospensione del processo penale, ad esercitare, a norma dell'art. 88, quinto comma, dell'abrogato codice di rito, � l'azione davanti al giudice civile�. (omissis) Al fine di meglio puntualizzare l'effettivo petitum perseguito dal giudice a quo attraverso la denuncia di illegittimit� dell'art. 88 del codice di procedura penale del 1930, va osservato che, se pure viene richiesta a questa Corte una decisione che assimili il trattamento da riservare a chi si trovi in condizioni di permanente infermit� fisica tale da non consentirgli di partecipare al processo, al trattamento riservato a chi venga a trovarsi in stato di incapacit� di intendere e di volere per infermit� di mente sopravvenuta al fatto, la considerazione che le doglianze risultino incentrate sulla necessit� di tutelare il diritto di azione e difesa della parte civile, compresso per l'impossibilit� di esercitare l'azione civile in sede propria, fa emergere come -nonostante il richiamo, anche nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione, �.ll'istituto della sospensione del processo -il giudice a quo tende ad un assetto conformato in modo tale da non precludere la possibilit� di esodo della parte civile dal processo penale. E che questo sia il fine davvero divisato risulta univocamente dal fatto che la sospensione del processo penale viene evocata solo quale tertium comparationis (per il profilo, cio�, concernente la violazione del principio di eguaglianza), mentre, con riferimento al diritto di azione, ci si attesta al rilievo che, derivando dalla stasi di durata non determinabile del processo l'impossibilit� per la parte civile di far valere la pretesa di danno davanti al giudice civile, viene a risultare compromesso l'art. 24 della Costituzione. Cosicch�, in effetti, almeno sotto il profilo concernente il parametro costituzionale ora evocato, l'art 88 risulta correttamente coinvolto perch� richiamato sia (implicitamente) dall'art. 24, secondo comma, del codice di procedura penale del 1930 sia (espressamente) dall'art. 497, primo comma, dello stesso codice. Cos� chiariti gli esatti termini della questione sottoposta al vaglio della Corte, nel senso che l'interpretazione dell'ordinanza di rimessione in chiave di lesione del diritto di azione della parte civile chiama in causa l'art. 88 del codice di procedura penale del 1930 perch� ritenuto il precetto che pi� si presta ad essere assoggettato all'intervento � manipolativo � auspicato dal rimettente, la questione stessa � da ritenere, nei termini che seguono, fondata, con riferimento all'art. 24 della Costituzione. Ai fini di un pi� preciso inquadramento della questione proposta, appare opportuno premettere come l'assetto predisposto dal codice abrogato relativamente all'esercizio dell'azione di danno derivante da reato risulti informato ad una particolare valorizzazione del principio di accessoriet�. Una caratteristica evidenziata sia dalle norme del capo II del titolo I del libro primo nel quale � disciplinato l'esercizio dell'azione civile, pure a prescindere dalla sede ove questa venga fatta PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE valere, sia dalla sezione II del capo II del titolo III dello stesso libro primo, nel quale, essendo regolamentato l'istituto della parte civile, si ha specifico riferimento (v. art. 91, primo comma) all'azione civile esercitata nel processo penale. Con riguardo ai rapporti tra azione civile e processo penale, I'ac� cessoriet� della prima, nel codice del 1930, si manifesta non soltanto rela� tivamente alla necessit� di un adeguamento del suo esercizio alle vicende del processo penale, ma anche attraverso la predisposizione di un regime di preclusioni volte, per un verso, ad attuare l'economia dei giudizi e, per un altro vers.o, ad impedire la formazione di giudicati contraddittori. Tale funzione � appunto adempiuta dal pi� volte ricordato art. 24; secondo comma, in base al quale, ove l'azione di danno non sia esercitata in sede penale, il giudizio civile � sospeso fino a che sull'azione penale sia pronunciata la sentenza indicata nell'art. 3: vale a dire, fino a che non sia pronunciata nell'istruzione sentenza .di proscioglimento non pi� soggetta a impugna2:ione o nel giudizio la sentenza irrevocabile (ovvero non sia divenuto esecutivo il decreto di condanna). Dalla detta norma si ricava, a fortiori, la regola della impossibilit� di una translatio iudicii dal processo penale alla sede civile (prevista, invece, dal primo comma dello stesso. art. 24 per l'ipotesi di esercizio dell'azione civile in sede propria anteriormente al pr�cedimento penale davanti al giudice penale purch� non sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva in sede civile), da cui potrebbe scaturire neppure la revoca della costituzione di parte civile, risultando i � casi in cui la costituzione di parte civile si considera revocata � tassativamente indicati dall'art. 102. Dunque, manca nel codice del 1930 un'espressa previsione degli effetti del trasferimento dell'azione di danno della parte civile costituita dal processo penale alla sede civile, operando la clausola generale dell'art. 3, secondo comma, che, con il contemplare la sospensione del processo civile per ogni ipotesi in cui la cognizione del reato influisce sul processo civile, rende evidente che un'eventuale translatio iudicii resterebbe comunque paralizzata da una sorta di eccezione litis ingressus impediens, analoga a quella scaturente dalla mancata osservanza dell'art. 25 del codice di procedura penale del 1930, per il caso di proposizione, riproposizione o proseguimento dell'azione civile in sede propria dopo la pronuncia di Un sistema, del resto, puntualmente coordinato al regime dell'efficaproscioglimento con una delle formule in detto articolo enunciate. eia del giudicato penale di condanna o di proscioglimento quale delineato dalla originaria tessitura del codice del 1930 ed in particolare, oltre che dall'art. 25, dagli artt. 27 e 28. La perfetta sintonia tra la disciplina dell'esercizio dell'azione di danno derivante da reato nelle diverse sedi e la disciplina dell'efficacia del giudicato penale in sede civile, attuata attraverso una fitta rete di preclusioni e di vincoli realizzava cos� il principio dell'unit� della giurisdi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 390 zione, cui risultava informato il codice del 1930, principio definito dalla Relazione a1 progetto preliminare (pag. 14) �teoricamente esatto>>, anche se da non applicare �con pedantesca meticolosit��, per evitare �i gravi inconvenienti gi� lamentati nell'applicazione del codice in vigore>>. Riserve, peraltro, dettate esclusivamente in vista di determinare le tipologie di formule di proscioglimento preclusive dell'esercizio dell'azione civile in sede propria, operando il principio nella sua massima espansione nella previsione dell'efficacia ultra rem ed ultra partes del giudicato penale quanto all'accertamento dei fatti materiali. � peraltro da rilevarsi che l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana ha determinato, a s�guito di interventi di questa Corte, una progressiva erosione di tale principio ed un conseguente ridimensionamento della accessoriet� dell'azione civile. E ci� a partire dalla sentenza n. 132 del 1968, con la quale la Corte, assumendo a parametro di riferimento l'art. 24 della Costituzione nel suo integrale contesto, dichiar� l'illegittimit� dell'art. 422 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevedeva la sanatoria delle nullit� conseguenti alla omessa citazione della persona offesa dal reato, della parte civile e del querelante se non dedotte immediatamente dopo le formalit� di apertura del dibattimento. Una linea destinata successivamente a consolidarsi, con il conseguente coinvolgimento del principio della unit� della giurisdizione, con la sentenza n. 1 del 1970, dichiarativa dell'illegittimit� costituzionale dell'art. 195 nella parte in cui pone limiti a che la parte civile possa proporre ricorso per cassazione contro le disposizioni della sentenza che concernono i suoi interessi civili e, soprattutto, con le sentenze n. 55 del 1971, n. 99 del 1973 e n. 165 del 1975 con le quali venne dichiarata l'illegittimit�, di volta in volta, degli artt. 28, 27 e 25 del codice di procedura penale, cos� attribuendosi al danneggiato che, per qualsivoglia ragione non sia stato posto in grado di intervenire nel processo penale la possibilit� di far valere i propri diritti in un separato giudizio civile senza essere condizionato da preclusioni derivanti dallo svolgimento o dall'esito di quel processo; nonch� con la sentenza n. 29 del 1972, dichiarativa dell'illegittimit� dell'art. 23, nella parte in cui escludeva che il giudice penale potesse. decidere sull'azione civile anche quando, concluso il procedimento penale con sentenza di proscioglimento, l'azione della parte civile a tutela dei suoi interessi civili proseguisse in sede di cassazione ed eventuale giudizio di rinvio; in tal modo demolendo la clausola generale di accessoriet� attraverso la prevista elisione di ogni legame tra azione civile ed azione penale nel caso in cui il giudice penale, prosciogliendo l'imputato avesse, per ci� solo, consumato il suo potere decisorio inscindibilmente connesso alla definizione della pretesa punitiva. L'intervento, poi, dell'art. 12 della legge 3 agosto 1978, n. 405, con le sue prescrizioni relative alle pronunce del giudice penale in sede di gravame avverso sentenze di condanna in caso di sopravvenuta estinzione PARTE I, .SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE del reato per amnistia viene ulteriormente a restringere la portata del!' ora ricordato art. 23 e con esso del principio di accessoriet� dell'azione .civile nel processo penale. Se � vero, quindi, che perdura la regola dell'accessoriet� cui ancora si richiamano recenti decisioni di questa Corte emesse nel vigore del codice abrogato (v; sentenze n. 222 del 1985, n; 171 del 1982, n. 39 del 1982), .Je quali ribadiscono il principio . ....-.gi� affermato nel corso degli anni settanta e passato indenne dagli interventi de:rnolitoriin sede di legittimit� costituzionale e dalle. � novazioni � normative -in base al quale � l'azione civile si� inserisce nel processo penale� collocandosi in esso in via accessoria ,e; in qualche modo, subordinata, dato che � principio generale del nostro ordinamento la prevalenza nel processo penale dell'interesse pubblico all'accertamento dei reati rispetto all'interesse collegato alla risoluzione delle liti civili �, � anche vero che le vicende pi� sopra descritte ne abbiano decisivan~ente .ristretto l'area di operativit� in ambiti in cui alla scelta di esercitare la pretesa di danno da reato nel processo penale non .;:orrisponda un condizionamento deUa detta pretesa tale da precluderne o da limitarne� i'effettiva realizzazione in :forza delle esigenze teleologiche del processo penale. L'� accertamento della verit��, fine primario del .processo penale.(v. art. 299 del c()di�e di pr()cedura penale del 1930), cui fa da contrappunto la tutela del diritto di difesa dell'imputato nelle varie misure corrispondenti alle diverse fasi processuali e che comporta conseguentemente, per chi eserciti l'azione civile in sede penale, l'onere di adattare le modalit� �di esercizio della sua pretesa alle sequenze del processo penale trova, infatti, un ostacolo invalicabile nella tutela del� diritto di azione e difesa della parte civile, non� comprimibile oltre quei limiti da ritenere ragionevoli -derivanti dall'esigenza di attuazione della pretesa penale. Una linea che ha condotto questa Corte a ritenere non illegittime numerose disposizioni del� codice di procedura penale del 1930 pur limitative dei .poteri e delle facolt� della parte civile rispetto a quelli che le sarebbero stati riconosciuti ove l'azione civile fosse stata esercitata in sede propria (v. sentenze n. 108 del 1970, n. 190 del 1971, n. 206 del 1971, .n. 187 del 1972, n' 2 del 1973, n; 40 del 1974, n. 235 del 1974), pervenendo, �invece, ad affermare la non conformit� alla Costituzione delle norme le cui previsioni finissero per tradursi in. limiti e condizionamenti incompatibiH con il diritto d'azione e difesa (v. le gi� ricordate sentenze n. 132 del 1968, n. 1 del 1970, n. 55 del 1971, n. 99 del 1973, n. 165 del 1975). D'altra parte, dal principio di accessoriet�, in quanto funzionale �l .fine primario della realizzazione della pretesa penale, non poteva non derivare una valorizzazione -ovviamente negli ambiti imposti dall'� accertamento della verit�� -della posizione dell'imputato, accentuata dalle �novelle� del 1955, aventi di mira quasi esclusivamente il ruolo di tale parte processuale, 'detenninando l'emergenza di un ulteriore po ~� ..~,.~,~,.,,. - RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 392 tenziale squilibrio, peraltro, ridimensionato dalla giurisprudenza di questa Corte, tutte le volte in cui venisse in discussione la mancata estensione alla parte civile di istituti di � garanzia � (significativo quello della contumacia) che non potessero riguardare se non l'imputato (v. sentenza n. 171 del 1982). L'insorgenza dello squilibrio adesso ricordato pur non potendo per i motivi su accennati -porsi in termini di eguaglianza, diviene peraltro fonte di perplessit� tutte le volte in cui il rispetto delle garanzie di difesa dell'imputato finisca per vanificare l'esercizio dell'azione civile in sede penale, nonostante che una simile vanificazione sia risultata talora ovviabile senza che quelle garanzie vengano meno. Principi, sia pure in parte, gi� applicati dallo stesso legislatore del 1930, proprio nell'introdurre la norma denunciata. Ed infatti, in deroga al principio di accessoriet�, il progetto preliminare contemplava, in caso di sospensione del processo per infermit� di mente sopravvenuta dell'imputato, la possibilit� di autorizzare � la parte civile, o il P.M. quando agisce a favore di incapaci, a proseguire la sua azione in sede civile, indipendentemente dal procedimento'>penale � (v. Relazione al progetto preliminare, pag. 15): una regola poi confluita nell'art. 88, quinto comma, del codice di procedura penale del 1930 che in parte correggendo le indicazioni sopra riportate -attribuisce ai detti soggetti il potere, � dopo l'ordinanza di sospensione �, di � esercitare l'azione davanti al giudice civile indipendentemente dal procedimento penale, senza pregiudizio della facolt� indicata nell'art. 24 nel caso in cui il procedimento penale riprenda il suo corso �. Poste tali premesse, appare chiaro come l'impugnativa avente ad oggetto l'art. 88 del codice di procedura penale del 1930 si fonda sul rilievo che, mentre nel caso di sospensione del processo per infermit� di mente sopravvenuta dell'imputato il quinto comma di tale articolo consente alla parte civile, dopo l'ordinanza di sospensione, di esercitare l'azione davanti al giudice civile indipendentemente dal procedimento penale, una tale facolt� non �, invece, attribuita alla parte civile nel caso in cui il processo non possa di fatto proseguire in conseguenza dell'accertato stato di infermit� fisica permanente dell'imputato il quale non consenta che il dibattimento venga celebrato in sua assenza. Si � visto per� come l'art. 88, quinto comma, e l'istituto della sospensione siano stati utilizzati dal giudice a quo come tertia comparationis per il profilo concernente la dedotta violazione del principio di eguaglianza, mentre, per quanto attiene all'affermato vulnus arrecato all'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione, il petitum effettivamente avuto di mira risulti incentrato sull'assenza, nel sistema del codice abrogato, di uno strumento che abiliti la parte civile ad esercitare l'azione in sede propria nonostante che il processo penale non possa di fatto proseguire. Ed � certo che una stasi del processo che si accerti di durata indefinita ed indeterminabile, non PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE possa non vulnerare il diritto di azione e di difesa della parte civile cui pure l'assetto del codice abrogato apprestava tutela, svincolandola dal processo penale nel caso di sospensione del processo per infermit� di mente sopravvenuta dell'imputato; Una tutela, questa, che � stata poi generalizzata dalla giurisprudenza di questa Corte, attraverso la dichiarazfone di illegittimit� costituzionale di quelle disposizioni dell'abrogato codice di rito che p.onevano in discussione il diritto del danneggiato da reato o della parte civile costituita di esercitare l'azione civile in sede propria in caso (per il danneggiato) o di impossibilit� di partecipazione al processo penale, ovvero (per la parte civile) di sentenza assolutoria. Non pu�, d'altra parte; dubitarsi che, compromessa la valenza di postulato dogmatico, a partire dalla ricordata sentenza n. 1 del 1970, del principio della unit� della giurisdizione, � venuto a cadere anche il suo valore di regola i:pterpretat!va .nei casi in cui, facendo appello all'osservanza di tale principio, risu}ti vulnerato il diritto di azione e difesa del titolare dell'azione di danno. Una volta accertata la violazione dell'art. 24 della Costituzione da parte di una norma che non consente alla parte civile, nei casi sopra indicati, l'esodo dal processo penale, resta da stabilire, in base al devolutum, se si profili una soluzione, da ritenere costituzionalmente obbligata, in grado di eliminare il vulnus arrecato al diritto di azione e difesa. Esclusa la percorribilit� di un itinerario normativo che conduca ad estendere alla fattispecie denunciata il regime di cui all'art. 88, quint6 comma, del codice di procedura penale, sia per l'inadeguatezza del regime della sospensione del processo a costituire il presupposto per superare la preclusione sia per gli effetti in danno dell'imputato che ne potrebbero conseguire sul piano del diritto penale sostanziale (si pensi alla sospensione della prescrizione in conseguenza della sospensione del processo, un evento, peraltro, non ineluttabilmente collegato al fine perseguito dal giudice a quo), l'unica norma in grado di fronteggiare il denunciato vizio di illegittimit� � da individuare in un precetto che svincolato dalle vicende direttamente collegate alle sorti del processo penale e, quindi, al diritto dell'imputato di non presenziare al dibattimento senza che ci� debba comportare l'utilizzazione di un regime esorbitante rispetto alla tutela del suo diritto di difesa in sede penale -consenta alla parte civile di chiedere al giudice, ove l'imputato rifiuti che il processo si svolga in sua assenza, di esercitare l'azione civile in sede propria. Questa soluzione, gi� contemplata nel regime del codice di procedura penale del 1913, il cui art. 471 attribuiva al giudice, tra l'altro, nel caso in cui l'imputato � si trova nell'impossibilit� di comparire per legittimo e grave impedimento �, il potere di � autorizzare il danneggiato che ne faccia istanza, a promuovere o proseguire l'azione per i danni avanti al giudice civile indipendentemente dal procedimento penale, e nonostante che siavi stata costituzione di parte civile �, viene a profilarsi come la RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 394 sola in grado di dare vita ad un regime che contemperi l'esigenza di tutelare il diritto di difesa dell'imputato senza esporlo alla sospensione del processo con la parallela esigenza di garantire alla parte civile -ove si verifichi l'impossibilit� di celebrare il processo per un periodo di tempo non determinato n� determinabile -il diritto di esercitare l'azione civile in sede propria. Il tutto, del resto, secondo una linea coerente ai decisa di questa Corte quanto al superamento del principio dell'unit� della giurisdizione allorch� sia in gioco il diritto di azione e difesa. CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1994, n. 357 -Pres. Casavola -Red. Spagnoli -Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Fiumara). Pena -Applicazione -Ordinamento penitenziario -Benefici carcerari Criminalit� organizzata -Principio di ragionevolezza. (Cast. art. 3; legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis). L'art. 4-bis, primo� comma, dell'ordinamento penitenziario � illegittimo nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui la Hmitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualit� di collegamenti con la criminalit� organizzata. Il Tribunale di sorveglianza di Bari dubita della legittimit� costi� tuzionale dell'art. 4-bis, primo comma, secondo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libert�), come sostituito dall'art. 15, primo comma, lettera a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalit� mafiosa), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, che subordina la concedibilit� dei benefici carcerari ai condannati per taluno dei delitti � ostativi � indicati nel primo periodo del medesimo comma alla condizione che a tali soggetti, pur in presenza di una collaborazione oggettivamente irrilevante, sia stata applicata una delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 62, n. 6, 114 o 116, secondo comma, del codice penale. Pi� precisamente, l'organo remittente rileva il contrasto di tale previsione con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., per l'irragionevole discriminazione tra condannati che abbiano ugualmente avuto una partecipazione all'attivit� delittuosa del tutto secondaria, tale da non consentire una concreta possibilit� di utile collaborazione con la giustizia; e ci� sia perch� il riconoscimento delle specifiche attenuanti considerate dalla norma non esaurisce l'area delle situazioni di marginalit� della partecipazione a sodalizi criminosi sia PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE perch� una di esse -quella del risarcimento del danno -introduce una ulteriore discriminazione tra soggetti a seconda delle loro capacit� economiehe, senza peraltro rivestire alcun significato ai fini della valutazione del �grado di pericolosit� sociale del condannato e, quindi, della gitistificabilit� della irrilevanza del suo apporto collaborativo. Il Tribunale sottopone altres� a scrutinio di costitu.Zionalit� la previs�dne di� cui al primo periodo del medesimo art. 4-bis, primo comma, della legge n. 354 del 1975, che, relativamente ai condannati per taluno dei delitti ivi indicati, subordina la concedibilit� dei benefici carcerari alla collaborazione con la giustizia. :�: al riguardo dedotto il contrasto con l'art. 24 Cost., perch� la concedibilit� dei benefici ��solo ai soggetti collaboranti potrebbe indurre l'imputato, anche se innocente, a dichiarare falsamente la sua colpevolezza; con l'art. 3 Cost., sotto il profilo sia tiella disparit� di trattamento, perch� il condannato innocente impossibilitato a collaborare viene ad essere discriminato rispetto a chi, realmente criminale, � in grado di tenere questo atteggiamento, sia della irragionevolezza, perch� condiziona le scelte difensive, nella fase della cognizione;�al trattamento penitenziario; con l'art. 25 Cost., perch�, estende la sua portata applicativa al passato, dovendosi riconoscere alle norme dell'ordinamento penitenziario natura penale sostanziale; e, infine, con l'lirt. 27 Cost, perch� vanifica, in mancanza del presupposto della collaborazione, ogni prospettiva� di reinserimento del condannato nel tessuto sociale durante la espiazione della pena. La questione � relativa al secondo periodo del primo comma dell'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario � fondata. Nell'illustrare per il Senato le finalit� � della disciplina sul divieto ti.i concessione dei benifici contenuta nel nuovo testo dell'art. 4-bis, modificato dal decreto-legge n. 306 del 1992, il Relatore (atto n. 328) osservava che non era � solo il contributo pi� o meno significativo alle indagini a costituire il fulcro dell'intervento governativo�; e che ci� �che le norme hanno inteso esprimere � che, attraverso la collaborazione, chi si � posto nel circuito della criminalit� organizzata pu� dimostrare per facta conoludentia di esserne uscito �. Cio doveva considerarsi in armonia con il principio costituzionale della funzione rieducativa della pena � perch� �� solo la scelta collaborativa ad esprimere con certezza quella volont� di emenda che l'intero ordinamento penale deve tendere a realizzare �. Si aveva d'altro canto cura di precisare che la � via del ravvedimento operoso ( ...) � aperta a tutti�, purch� si tratti di scelta inequivoca: �o continuare a percorrere le vie della criminalit� organizzata o scegliere la strada della societ� civile�. Quanto alla disposizione impugnata, essa trae origine da un emenda mento, apportato al testo del decreto-legge n. 306 dalla Commissione Giu stizia del Senato, avente la finalit�, sempre per usare le parole del rela tore, �di contemperare l'esigenza di severit� cui si ispira il decreto-legge 396 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO con quella di non dettare disposizioni criticabili sul piano della legittimit� costituzionale �. Con questa previsione sono stati normativamente definiti i casi in cui la rottura dei collegamenti con la criminalit� organizzata pu� essere accertata anche prescindendo dal requisito della collaborazione rilevante (come definita dall'art. 58-ter ord. pen.). Seppure non chiaramente esplicitato dai lavori preparatori, � lecito ritenere che la ratio della non preclusivit� della collaborazione irrilevante sia legata a due ordini cli particolari ed obiettive situazioni. Una parte di esse si collega alla marginalit� della partecipazione del soggetto nel contesto del sodalizio criminoso, tale da non rendere concretamente possibile una condotta collaborativa significativa. � questo il caso dell'avvenuta applicazione dell'art. 114 cod. pen. (riconoscimento della minima importanza causale della condotta) ovvero, seppure con meno sicura pertinenza, dell'art. 116, secondo comma, del medesimo codice (diminuzione di pena per il concorrente che abbia voluto un reato meno grave rispetto a quello poi commesso). Sfugge invece alla dimensione del livello di partecipazione al fatto del soggetto agente il riferimento al requisito alternativo del risarcimento del danno ex art. 62, n. 6, cod. pen. (anche successivo alla condanna): verosimilmente in questo caso il legislatore ha ritenuto un simile comportamento post delictum presuntivamente incompatibile, per altra via, con la sussistenza cli collegamenti con la criminalit� organizzata. Il regime scaturito dalle modifiche apportate all'art. 4-bis ord. pen. dal decreto-legge n. 306 del 1992, come modificato dalla legge di conversione n. 356 del 1992, � quindi compendiabile, ai fini che qui interessano, nelle seguenti proposizioni: a) i condannati per determinati delitti ricollegabili all'area della delinquenza organizzata, individuati nel primo periodo del primo comma dell'art. 4-bis, non possono ottenere i benefici penitenziari se non � raggiunta la prova certa della rottura dei collegamenti tra essi e l'ambiente criminale di cui facevano parte; b) tale prova non pu� considerarsi raggiunta se l'interessato non collabori efficacemente con la giustizia a norma dell'art. 58-ter; e) proprio perch� la collaborazione, a prescindere dai risultati che essa pu� produrre nella lotta contro il crimine, � presa in considerazione dalla norma quale dimostrazione del distacco del condannato dal mondo della criminalit� organizzata, essa pu� valere ai fini della concessione dei benefici anche se oggettivamente irrilevante, qualora ci� trovi giustificazione o nella marginalit� della partecipazione criminosa (artt. 114 e 116, secondo comma, cod. pen.) o in altri indici legali (art. 62, n. 6, cod. pen.). A questo quadro va aggiunto che, in forza della sentenza di questa Corte n. 306 del 1993, alla collaborazione oggettivamente irrilevante � equiparata la collaborazione impossibile, perch� (ricorrendo sempre i requisiti legali di cui si � detto) �fatti e responsabilit� sono gi� stati completamente acclarati o perch� la posizione marginale nell'organiz PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 397 zazione non consente di conoscere fatti e compartecipi pertinenti al livello superiore �. Il giudice a quo deduce appunto che anche altre situazioni, diverse da quelle . nominativamente individuate dalla disposizione impugnata, avrebbero dovuto essere considerate dal legislatore, seguendo la medesima ratio, come meritevoli di considerazione in presenza di collaborazione oggettivamente irrilevante. Secondo l'apprezzamento dell'organo rimettente, l'istante, condannato alla pena complessiva di due anni e sei mesi di reclusione per il reato (ostativo, ex art. 4-bis primo comma, primo periodo) di associazione per delinquere di stampo mafioso e per quello di detenzione illecita di sostanza stupefacente, non manterrebbe pi� collegamenti con la criminalit� organizzata; e l'impossibilit� di collaborare con la giustizia deriverebbe dalla marginalit� della sua partecipazione all'associazione criminosa, come si ricaverebbe anche dalla mite pena irrogatagli. Ora,. nel giudizio di costituzionalit� definito con la citata sentenza n. 306 del 1993, questa Corte, nell'esaminare questioni riguardanti la medesima disposizione, pur dichiarandone l'inammissibilit� per difetto di motivazione sulla rilevanza, aveva osservato che quelle di cui agli artt. 62, n. 6, 114 e 116, cod. pen., erano �fattispecie normativamente assai ristrette�, e che potevano �darsi ipotesi ad esse cos� prossime sul piano fattuale, da poterne sostenere ragionevolmente l'assimilazione �. Questa valutazione non pu� qui che essere confermata. Tralasciando il riferimento normativo all'art. 116 cod. pen., che integra una fattispecie del tutto particolare, e quello all'art. 62, n. 6, del medesimo codice, che, come si � gi� sottolineato, � estraneo al profilo del livello di partecipazione criminosa del soggetto agente, va in primo luogo osservato che l'attenuante di cui all'art. 114 non pu� essere riconosciuta, a norma del secondo comma di tale articolo, � nei casi indicati nell'art. 112 �, tra cui � quello del numero dei concorrenti (cinque o pi�), elemento che, se pu� rilevare ai fini della non concedibilit� dell'attenuante (trattandosi in sostanza di una valutazione legale di plusvalenza di una aggravante), non esprime alcun particolare significato ai fini della individuazione del grado di coinvolgimento nel fatto criminoso di questo o quel concorrente. Inoltre, trattandosi di attenuante facoltativa, essa pu� non essere applicata, come afferma la giurisprudenza, per motivi del tutto diversi dal dato obiettivo della mimma partecipazione, ad esempio per la gravit� del reato ai sensi dell'art. 133 cod. pen. Secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente, poi, l'attenuante in questione non potrebbe essere applicata nell'ambito delle fattispecie plurisoggettive necessarie, quali sono buona parte di quelle considerate dall'art. 4-bis, primo comma, primo periodo. Se ne ricava innanzi tutto che, nell'economia della disposizione impugnata, l'art. 114 (non diversamente dagli artt. 116 e 62, n. 6) costi "' ,, . s .. ,? ,...'.:,,;.?!? ,?LE:Si..20.L ; ,, . ,_._,,.:,,., J,J�.,_,..._,, -~-~ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 398 tuisce un termine di riferimento disomogeneo e comunque inappagante Infatti, partendo dal dato del minimo contributo causale rispetto al fatto-reato, altro � valutare, in sede di cognizione, se l'imputato sia meritevole, anche sotto il profilo soggettivo, di una diminuzione di pena, altro � stabilire, nel quadro delle finalit� della esecuzione penale, se; obiettivamente, al condannato non sia possibile offrire una collaborazione che superi la soglia della irrilevanza. Ma, pi� in generale, deve ritenersi che una collaborazione rilevante a termini dell'art. 58-ter ord. pen. possa essere resa impossibile da una partecipazione al fatto secondaria, o comunque limitata, ma non tale da corrispondere a quella (� minima importanza neila preparazione o nell'esecuzione del reato�) considerata dall'art. 114 cod. pen. Giova al riguardo sottolineare che, stando alla giurisprudenza (che ha fatto una applicazione molto restrittiva della fattispecie in esame), non basta ai fini del riconoscimento di tale attenuante la � minore � efficienza causale dell'attivit� di un concorrente rispetto a quella degli alti:i, occorrendo invece una � minima � efficienza causale, tale da configurare l'apporto del concorrente come sostanzialmente trascurabile nel quadro dell'economia generale del reato. Se, dunque, la ratio della non presclusivit� della collaborazione irrilevante si collega tra l'altro alla marginalit� della partecipazione del soggetto nel contesto del sodalizio criminoso, tale appunto da non rendere concretamente possibile una condotta collaborativa significativa, consegue che la norma impugnata irragionevolmente discrimina, ai fini dell'ammissione ai benefici penitenziari, il condannato che, per il suo limitato patrimonio di conoscenze di fatti o persone, al di l� dei ca.si di applicazione degli artt. 62, n. 6, 114 e 116, secondo comma, cod. pen., non sia in grado di prestare un'utile collaborazione con la giustizia ai sensi dell'art. 58-ter ord. pen. Resta fermo che, trattandosi di apprezzamento che attiene all'accertamento della responsabilit� definita con la sentenza di condanna, � solo a questa che occorre fare riferimento per valutare se ricorrano le condizioni sopra indicate, essendo inevitabilmente preclusa, per l'intangibilit� del giudicato, ogni diversa valutazione degli organi che presiedono alla fase esecutiva. Va pertanto dichiarata, per contrasto con l'art. 3 Cost., l'illegittimit� costituzionale dell'art. 4-bis, primo comma, secondo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualit� di collegamenti con la criminalit� organizzata. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 23 novembre 1994, n. 397 -Pres. Casavola - Rel. Santosuosso -Reg. Toscana (avv. Mezzanotte). Regioni � Legge regionale � Legge interpretativa � Tutela funzione giudi� ziaria � Limiti. (Cost. artt. 101, 103, 108; 1. reg. Toscana 26 novembre 1990, n. 67). Poich� non � contestabile che al legislatore, anche regionale spetti il potere di dettare norme dalla cui applicazione possano derivare effetti sui procedimenti giudiziari in corso, non contrasta con i principi costituzionali la legge. interpretativa che, pur interferendo nella sfera del po tere giudiziario non incida sulla divisione dei poteri, a meno che non risulti l'intenzione della legge stessa di vincolare il giudice ad assumere una determinata decisione in specifiche ed individuate controversie. Il Consiglio di Stato, sez. IV, con ordinanza emessa il 30 marzo 1993, pervenuta a questa Corte il 7 marzo 1994, ha sollevato questione di legittimit� costituzionale dell'articolo unico della legge regionale della Toscana 26 novembre 1990, n. 67 (Interpretazione autentica dell'art. 32, terzo e quarto comma, della legge regionale 24 aprile 1984, n. 22), per contrasto con i principi di cui agli artt. 101, secondo comma, 103, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione: secondo il giudice a quo, la norma avrebbe vulnerato le funzioni riservate al potere giudiziario, sia violando i giudicati gi� formatisi, �sia in quanto direttamente incidente sui giudizi in corso. La questione sollevata -certamente rilevante -� per una parte inammissibile e per altra non fondata. Va premesso che i principi costituzionali in tema di disposizioni interpretative, cos� come definiti dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione alle leggi statali, sono estensibili di regola anche alle leggi con cui una regione interpreta autenticamente proprie normative precedenti (sentenze n. 389 del 1991; 19 del 1989; 113 del 1988). Questa stessa Corte ha inoltre costantemente ritenuto che il principio di irretroattivit� delle leggi ha ottenuto in sede costituzionale garanzia specifica soltanto con riguardo alla materia penale (art. 25 della Costituzione), sebbene esso mantenga per le altre materie valore di principio generale (ex art. 11, primo comma, delle disposizioni preliminari del codice civile) cui il legislatore deve in via preferenziale attenersi, pur non essendo ad esso vincolato in termini assoluti, salvi i limiti cui si far� cenno pi� avanti (sentenze n. 6 del 1994; 283 e 39 del 1993; 155 del 1990; 123 del 1988). In connessione col principio da ultimo ricordato, � costante insegnamento di questa Corte che il ricorso da parte del legislatore a leggi di interpretazione autentica non pu� essere utilizzato per mascherare norme effettivamente innovative dotate di efficacia retroattiva, in quanto 400 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO cos� facendo la legge interpretativa tradirebbe la funzione che .Je � propria: quella di chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una delle possibili varianti di senso compatibili col tenore letterale, sia al fine di eliminare eventuali incertezze interpretative (sentenze n. 163 del 1991 e 413 del 1988), sia per rimediare ad interpretazioni giurisprudenziali divergenti con la Jinea politica del diritto voluta dal legislatore (sentenze n. 6 del 1994; 424 e 402 del 1993; 455 e 454 del 1992; 205 del 1991; 380 e 155 del 1990; 233 del 1988; 178 del 1987). Ta1e carattere interpretativo deve peraltro desumersi non gi� dalla qualificazione che tali leggi danno di se stesse, quanto invece dalla struttura della loro fattispecie normativa, in relazione cio� ad � un rapporto fra norme -e non fra disposizioni -tale che il sopravvenire della norma interpretante non fa venir meno la norma interpretata, ma l'una e l'altra si saldano fra loro dando luogo a un precetto normativo unitario � (sentenza n. 424 del 1993; analogamente n. 39 del 1993; 155 del 1990 e 233 del 1988). Tuttavia, come questa Corte ha pi� volte affermato, la natura effettivamente interpretativa di una legge non � sufficiente ad escludere il contrasto con i principi costituzionali. La sovrana volonta del legislatore nell'emanare dette leggi -sia che queste abbiano effetti meramente retrospet tivi sia che di vera e propria retroattivit� si tratti -incontra una serie di limiti che la Corte ha da tempo individuato, e che attengono alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civilt� giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparit� di trattamento (sentenze n. 6 del 1994; 424 e 283 del 1993; 440 del 1992 e 429 del 1991); la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (sentenze n. 424 e 39 del 1993; n. 349 del 1985); la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico (sentenze n. 6 del 1994; 429 del 1993; 822 del 1988); il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario. A tal riguardo, questa Corte ha in precedenti occasioni affermato che il legislatore vulnera le funzioni giurisdizionali: a) quando intervenga per annullare gli effetti del giudicato (sentenza n. 155 del 1990); b) quando la legge sia intenzionalmente diretta ad incidere su concrete fattispecie sub iudice (sentenze n. 6 del 1994; 480 del 1992; 91 del 1988; 123 del 1987; 118 del 1957). Nel verificare se detti principi siano stati rispettati dalla legge regionale cui si riferisce la presente questione, questa Corte ritiene in primo luogo che in essa sono ravvisabili i caratteri propri della interpretazione autentica, e che quindi non si tratta di legge sostanzialmente innovativa con effetti retroattivi. ' ~~d PARTE I, snz; I, GIURISPRWENZA COSTituZIONALE Va -al �riguardo preliminarmente considerato che la disposizione futerpretata (art. 32, terzo e quarto comma., della legge 24 aprile 1984 n. 22) non solo non conteneva alcun richiamo espresso alla precedente normativa regionale (art; 57 della �legge 6 settembre 1973, n. -54), ma, prevedendo un sistema: di valutazione delle attivit� e delle attitudini dei candidati fucenfrato sillfa preseritaziori� dfcurridula verificati� d)ufficio, secondo mooalit� pertanto cllverse da quelledi CUi �lla legge precedente (peraltro mai concretamente applicate, -e eonsistenti -in valutazi�n:i bienl1ali corredate -dalle osservaziOnF del coordinatore del dipartimento o dell'ufficio competente), poteva ritenersi� implicitamente abrogativa della disciplfua del 1973. Tuttavia, essendo sorti dtibbi in proposito, fa legge interpretativa � sopravvenuta, non gi� per i:nodificare-un preteso unfoo sistema normativo risultante dal combinato disposto degli aitt.-32, -terio e quarto comma, della legge n. � 22 del 1984 e 5t della legge n. 54 del 1973, quanto invece per chiarire che i due sistemi di v�lutazione riSultavano mcomp�tibili fra loro, e che quindi ifprimo doveva ritenersi superato. dalla. volont� della nuov� legge; -Tale futenfo normativo risulta rafforzato dalla considerazione che al legisfati::>'r� regionale del 1984 era -ben noto ch� le valutazioni biennali di cui alla legge del1973 non erano mai state realftzate: legittimamente, quindi, sotto questo profilo, il legislatore del 1990 ha chiarito il significato della disposiziorie -della legge del 1984, privilegiando una tra le interpretazicirii possibili. Occorre a questo punto esaminare se la legge impugnata si sia mantenuta entro �i limiti imposti, secondo la giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata, -alle leggi di � foterpretazione autentica. II giudice-� rimettente osserva -in� proposito: a) -che sul problema del sistema di valutazione delle attitudirii dei con�ottenti ai conoorsi per dirigenti nella regione Toscana l'orientamento del Consiglio di Stato era costante, e che il presunto contrasto� giurisprudenziale su cui il legislatore regionale ha fondato la necessit�-di un proprio intervento interpretativo, era in realt� inesistente, non potendosi esso ravvisare per il solo fatto di alcune pronunce �del TA.R. discordanti con l'orientamento dello stesso Consiglio -di Stato;� b) che l'applicazione della legge interpretativa si risolverebbe in una lesione dei -giudicati gi� formatisi su precedenti �decisioni dello stesso � Consiglio-di Stato emesse ne:i riguardi di altli concorrenti al medesimo concorso; e) che in ogni caso, dalla predetta legge interpretativa e dalla sua relazione risulterebbe l'intenzione del legislatore di incidere direttamente sui giudizi in corso. In ordine al primo profilo occorre ribadire quanto da tempo affermato da questa Corte, e cio� che il potere di interpretazione diuna legge non � riservato dalla Costituzione in via esclusiva al giudice, n� tantomeno � sottratto alla potest� normativa degli organi legislativi: le due attivit� operano infatti relativamente a piani diversi, in quanto mentre l'interpretazione del legislatore interviene sul piano generale ed astratto del RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO significato delle fonti normative, quella del giudice opera sul piano particolare come premessa per l'applicazione concreta della norma alla sinf~ gola fattispecie sottoposta al suo esame (sentenze n. 402 e 39 del 1993; 155 del 1990; 754, 91 e 6 del 1988; 620 del 1987; 167 del 1986; n. 70 del 1983). In tal senso, sebbene non sia in linea di massima contestabile la legittimit� del ricorso all'interpretazione autentica anche in mancanza di un contrasto giurisprudenziale (sentenze n. 402 del 199~; 586 del 1990; 123 del 1988; ord. n. 480 del 1992), deve osservarsi che nel caso in esame, come gi� chiarito, la legge impugnata non ha inciso su un orientamento giurisprudenziale a tal punto consolidato da far ritenere improbabili diverse soluzioni, bens� ha privilegiato un'interpretazione tra quelle possibili, come dimostrano alcuni orientamenti del T.A.R. divergenti dall'indirizzo del Consiglio di Stato. Cos� facendo, la norma in esame non pu� ritenersi lesiva n� della certezza dei rapporti giuridici (sentenza n. 402 del 1993), n� deUa funzione giurisdizionale riservata al giudice. Quanto alla supposta violazione dei giudicati gi� formatisi sulla base della disposizione interpretata, la norma della regione Toscana sarebbe censurabile, secondo quanto si deduce dall'ordinanza di rimessione, in relazione alla garanzia costituzionale in tema di principi di riserva della giurisdizione e di separazione dei poteri. Tali profili sottopongono a questa Corte il delicato problema se l'esistenza di sentenze passate in giudicato costituisca di per s� un limite assoluto alle leggi interpretative che producano l'effetto di rescinderne l'efficacia, ancorch� tali leggi siano rivolte soltanto a chiarire la normativa sulla cui base quel giudicato si era formato: problema che peraltro fu affrontato anche in Assemblea costituente, dove una proposta in tal senso contenuta nel Progetto di Costituzione (e secondo la quale le sentenze non pi� soggette ad impugnazione non avrebbero potuto essere annullate neppure con legge, salvo casi particolari), era statarespinta dall'Assemblea. A tale delicato problema pu� essere offerta adeguata soluzione non in questa occasione ma soltanto nel caso in cui, in sede di esecuzione del giudicato, l'autorit� giudiziaria ritenga che la norma interpretativa prevalga sul giudicato formatosi in ordine alla legge interpretata. Nella specie i giudicati di cui si lamenta la lesione riguardano soggetti diversi da quelli del presente giudizio, nei cui confronti non si � ancora formato alcun giudicato. Pertanto, in ordine a tale profilo, la sollevata questione deve essere dichiarata inammissibile. Resta infine da valutare la ritenuta violazione da parte della legge impugnata degli artt. 101, secondo comma, 103, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, relativamente al profilo della sua incidenza sui giudizi in corso. Deve considerarsi in proposito che, secondo l'orientamento di questa Corte, � non � contestabile che il legislatore ordinario abbia il potere di dettare norme dall'applicazione delle quali possono derivare effetti nei PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE riguardi dei procedimenti giudiziari in corso �, specie allorch� tale intervento sia dettato al fine di � impedire una situazione di irrazionale dispa� rit� di trattamento� (sentenza n. 91 del 1988). In tali casi la legge interpretativa, � pur interferendo necessariamente nella sfera del potere giudiziario, non incide sul principio della divisione dei poteri� (sentenze n.118 del 1957 e n. 123 d�l 1988), dal momento che essa agisce sul piano astratto delle fonti normative,. e determina uria indiretta incidenza generale su tutti i giudizi, presentio futuri, senza far venire meno la potestas iudicandi, bens'I semplicemente ridefinendo il modell� di decisione cui l'esercizio di detta potest� deve attenersi (sentenze n. 240 del 1994; n. 402 e 39 del 1993; 6 del 1988). Allorquando, invece, risUlti l'intenzione della legge interpretativa di vineolare il giudice ad assumere uria determinata decisione in specifiche ed invfduate controversie, la funzione legislativa perde la propria natura ed assume contenuto meramente provvedimentale, come nel caso in cui �il legislatore, usando della sua prerogativa di interprete d'autorit� del diritto, precluda aI giudice la decisione di merito imponendogli di dichiarare l'estinzione dei giudizi pendenti� (sentenza n. 123 del 1987). Nella specie, la It:gge della regione Toscana n. 67 del 1990, limitandosi a chiarire la volont� della legge n. 22 del 1984, si inquadra nella normale ipotesi di interpretazione autentica, facendo �sistema con la disposizione interpretata ed imponendosi come tale al giudice in forza del principio di cui all'art. 101, secondo comma, della Costituzione. Sotto questo profilo, la questione come prospettata dal Consiglio di Stato deve pertanto ritenersi rion fondata. CORTE COSTITUZIONALE, 23 novembre 1994, n. 403 -Pres. Casavola - Red. Granata -Camera dei Deputati (avv. Sorrentino). Procedimento penale � Reati . ministeriali -Conflitto di attribuzione tra la Camera. e Tribunale dei Ministri -Richiesta di autorizzazione a proce dere -Restituzione degli atti� su approfondimento delle indagini. . . . . . Cost. ari. 96 1. 16 gennaio 1989, n. 1 art. 7). In tema di reati ministeriali, ferma restando l'esclusiva competenza del Collegio inquirente a valutare la sussistenza dei presupposti per l'archiviazione ovvero per la richiesta di autorizzazione a procedere, nonch� a determinare i temi di indagine, qualora tra questi risultino temi annunciati ma successivamente non approfonditi dal Collegio a causa di un'errata interpretazione della norma attributiva del potere, � legittima la restituzione degli atti al Collegio inquirente senza alcuna decisione sul merito da parte della Camera dei deputati investita della richiesta di autorizzazione a procedere. Ci� in quanto l'omessa valutazione da parte del Collegio di elementi idonei a provare i fatti per cui si procede, impedisce RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO l'uso di un importante materiale probatorio indispensabile per la determinazione della Camera. Il Collegio inquirente per reati ministeriali, istituito presso il Tribunale di Napoli, sollevando conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato ex art. 37 legge 11 marzo 1953, n. 87, ha investito la Corte della questione se la Camera dei deputati -esercitando il potere (di sua esclusiva ed � insindacabile � competenza) di valutare l'esistenza, o meno, delle circostanze di fatto pi;-eviste dall'art. 9, comma 3, legge costituzionale n. 1 del 1989 al fine dell'eventuale concessione o diniego di autorizzazione a procedere ed in particolare nella specie restituendo al Collegio inquirente (con deliberazioni del 18 dicembre 1993 e del 23 febbraio 1994) la richiesta di autorizzazione a procedere affinch� quest'ultimo, rimeditata la interpretazione delle norme attributive dei suoi poteri di indagine, compisse, ove ne ravvisasse la opportunit�, tutti gli atti che la legge gli consentiva ed in particolare, quindi, quelli gi� inizialmente richiesti dal Procuratore della Repubblica (interrogatorio dei coindagati laici e confronto fra gli stessi) e non effettuati ancorch� dal Collegio ritenuti utili -abbia interferito nel potere di esclusiva competenza del Collegio stesso di compiere le indagini preliminari (art. 9 legge costituzionale n. 1 del 1989) ed in particolare nella specie di valutare autonomamente l'esistenza (ritenuta dal Collegio) di un impedimento giuridico al compimento degli atti richiesti dal Procuratore della Repubblica, e richiamati dalla Camera, impedimento rappresentato (secondo il Collegio) dall'impossibilit� di svolgere le attivit� processuali previste dall'art. 343, comma2, c.p.c. nei confronti dei coindagati laici senza la preventiva concessione, anche nei loro riguardi, della autorizzazione a procedere di cui al cit. art. 9. Sussistono i presupposti soggettivi ed oggettivi del conflitto, come gi� ritenuti con ordinanza n. 217 del 1994 dichiarativa dell'ammissibilit� del conflitto stesso; ammissibilit� che quindi va definitivamente affermata. Preliminarmente va esaminato il rilievo della Camera dei deputati la quale osserva che, dopo la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzioni da parte del Collegio inquirente, ma prima della ordinanza della Corte che ha dichiarato l'ammissibilit� del conflitto, l'on.le De Mita, non essendosi candidato alle elezioni del 27 e 28 marzo 1994, ha cessato di fare parte della Camera dei deputati con effetto dal 15 aprile 1994. E ne trae la conseguenza che la competenza a decidere sulla richiesta di autorizzazione a procedere avanzata nei suoi confronti (dopo la decisione di merito della Corte) non potr� che spettare al Senato della Repubblica alla stregua del criterio di riparto di competenza dettato dall'art. 5 legge costituzionale n. 1 del 1989. Donde, ad avviso della Camera, la necessit� di integrare il contraddittorio nei confronti del Senato della Repubblica. Premesso che spetta a questa Corte identificare gli � organi interessati � alla risoluzione del conflitto (quarto comma dell'art. 37 cit.) e non tacendo RASSEGNA .AVVOCATURA DELLO STATQ che improprio appare il riferimento all~istituto dell'integrazione del con. traddittorlo atteso che comunque . il potere di <negare l'autorizzazione a procedere .spetta ... alternativamente�� (e non gi� .congiuntamente) alla Ca� metapal Senato(art.Sleggecostituzionale n.1/89), neppure.pu�dubitarsi c.le.l;l p~r~~~teJ?~t:l leg.ittfrnit� della Cainera a resi.stere nel. conmtto. . J::;c,i.Wfa~:t}: �l~Jttd:>ati:va ointer:fex;i;ima, cJ1.e.il� C0Uegio inquirente�. assume essere.. d�� ostacolo aH'eset�iziE) 4el .s110 pott:ire ((,li. syolgei:;e .u;tagini pre~ li~a;rJ) �.~ fO~titui~}~ F9A~(tlguenteinente rag~9~e 4i .iina insuperabile si� tuazton.e �li >s~all0, � identificabile. nella. restituzione degli atti ad . opera <!ella Camera � (cori c.le�berazioni. del 1& d�cembre 1993 e . deL.22 .. febbraio ~~f~.f~~~:~:a~ !~i~:~!:. in �.. or~e�. ai./c.ljniego.. o..� alla.concessione .�.Ci� compoita, �. da l,tna pa~te, che legittix~mta. a res.istere . era ed � la Camera perch� Ja.. s<;1pravyenuta. pt:Jrdlta .� delle:>.�.. stat.s di deputato del� l'~.le p~).\ifi~a (J;>l11'. .� all1We,ssq .... (Jbe .P9S�f) �� iAAi4el'e ~mua co~:Pete.za . ex ai;t. 5 .cit.) non :n.a certo l'.~ffetto (autom~tfoo) tli porre nel nulla .ie sud" dette deliberazioni del�a .c~rnera stessa e q\lindi di rimuovere l'ostacolo che ilCollegio inquirente assume sussistete; con la conseguenza che pe:rsiste I'inte:resse ajla soluzione del. conflitto sia della Camera (come c1el �. resto�� sostenuto � �lalla � medesima �nelle .sue �difese) �sfa . del Coliegio inquirent~ (che, i:nsiste:ncio pe~ raccoglii:llen1:o del ricorso, non ha neppure ipotizzatO il superairie#1:() ciella ragioii� del conflitto). . . � � Nel J.11eiifo il ricorso. non � fondato. � � .�. V.a. pr�limfoarmente... rilt:iYi:tto�.. cbe il q.adrci. normativo di :rjferiinento � sfato. p;r()fonc1arnente. innovato pr.i:rpa dall~ legge costituzion.ale 16 gennaio 1989 n'.. tipofciaJla legt:!e ordinaria 5 ~uino 1989, n. 219, che ha cC>ni:Pieti�o n dis�gno � riformatore. superando il. precedente regime della messa i.:n stato � d'accusa da parte d.el Parlam�lnto e del giudizio innanzi alla Corte Costituzionale integrat�,Ia ~itata legge ~. 1/89 ha diversamente �ad(;lnzaiq l'iter proct:iclimentale, che muove qalla notitia criminis presentata 84 ii;iviata aLErocuratore clella.. ~~p�bQlica p:resso il tribunale del capol�ogo del distretto di Corte d'appello competente per territorio (art. 6). Questi, senza compiere alcun atto di indagine, deve limitarsi ad iD.\Testire. il Collegio inq�irente . previst? dal. successivo . art.. 7 trasmet~e.ndogli [:!li atti con le . sue richieste entro il terinine d� qU�ridi�i giorni. g inve~e il� Collegfo elle� co.m.pfo �1e �indagini�� prel:b:ninari entro il� termine di novanta giorni, all'esito delle quali (salva la richiesta di ulteriori indagini da parte dello>stesso ProcU:fatore della Repubblica da effettuarsi nel termine; cos� prorogato, di sessanta giorni) adotta le sue det�rminazi<>ni disponendo l'archiviazione ovvero inviando gli atti con relazione moti� vata al Procuratore della Repubblica per la loro immed�ata trasmissione al Presidente della Camera competente. Quest'ultima, cosi investita, pu� negare Fautorizzazione. a procedere (prevista dall'art. 96 Cast., come novellato) ove reputi, con valutazione insindacabile, che l'inquisito abbia RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo (art. 9, comma 3), finalit� queste assunte quali condizioni di procedibilit� dell'azione penale secondo l'espresso disposto dell'art. 4, comma 1, legge n. 219/89. In tal caso l'Assemblea deve indicare a quale concorrente, anche se non Ministro, n� parlamentare, si riferisce il diniego (art. 4, comma 2, cit.). Ci� premesso, deve considerarsi che la turbativa o interferenza denunciata dal Collegio ricorrente � originata da una mancata concordanza (tra il medesimo e la Camera) nell'individuazione dell'esatta portata (e quindi dei confini) dei due poteri in conflitto, attribuiti rispettivamente dall'art. 8 legge n. 1/89 al Collegio inquirente (ossia il potere di compiere indagini preliminari e all'esito -ove non ritenuti sussistenti i presupposti per l'archiviazione -quello di chiedere l'autorizzazione a procedere) e dal successivo art. 9 all'Assemblea legislativa e quindi nella specie alla Camera (ossia il potere di negare l'autorizzazione a procedere ove ricorra una delle due speficiche finalit� indicate nel terzo comma del medesimo art. 9). In particolare � l'attribuzione del primo potere ad essere controversa nel senso che il Collegio inquirente ritiene di individuare una linea di confine pi� restrittiva di quella che viceversa � riconosciuta dalla Camera. La quale -pur non vertendosi in un vero e proprio conflitto negativo di attribuzioni, perch� ci� che il Collegio inquirente ritiene di non poter compiere non � in via complementare (nella prospettazione di quest'ultimo) attribuito alla Camera, n� da quest'ultima rivendicato ben pu� dolersi di un (assertivamente erroneo) atteggiamento abdicativo del Collegio; ci� perch� i due poteri sono funzionalmente coordinati di guisa che il mancato pieno dispiegarsi del primo comunque incide sull'altro, nel senso che -come risulter� pi� evidente in seguito quest'ultimo viene privato, in tutto o in parte, di elementi di valutazione che altrimenti avrebbe avuto disponibili come risultanze delle indagini preliminari. Ed allora � determinante, al fine della risoluzione del conflitto, operare la ricognizione del potere del Collegio inquirente per stabilire se comprenda, o meno, gli atti di interrogatorio e confronto dei coindagati laici concorrenti nel reato ministeriale. � ben chiaro cos� che il conflitto verte esclusivamente su tale ricognizione del potere e niente affatto sulla completezza delle indagini, di cui la Camera in realt� non si duole (n� potrebbe dolersi se non sotto il pi� radicale profilo della non leale cooperazione tra poteri) essendosi limitata a richiamare la valutazione operata dal Collegio stesso, il quale (nella richiesta di autorizzazione a procedere) ha ben evidenziato l'opportunit� (e l'intenzione) di compiere gli atti di interrogatorio e confronto PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE dei coindagati laici, se soltanto non fossero impediti dai (ritenuti) limiti del proprio potere. Orbene, il potere del Collegio inquirente ha ad oggetto il compimento delle indagini preliminari alle quali procede (dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale) con i poteri che spettano al pubblico ministero (art. l, comma 2, legge 219/89). A questi si aggiungono i poteri ciel giudice per le indagini preliminari; ed infatti il secondo comma dell'art. 1 cit. prevede che il collegio pu� disporre anche d'ufficio incidente probatorio, provvedendo direttamente allo stesso che si considera ad ogni effetto come espletato dal g.i.p.; inoltre il Collegio pu� compiere anche d'ufficio tutti gli atti di competenza del g.i.p. Si tratta quindi di poteri eccezionalmente ampi, giustificati dalla specialit� di questa fase procedimentale che -inscritta in un sufficiente arco di tempo, discrezionalmente apprezzato dal legislatore in 90 giorni, prorogabili di ulteriori 60 giorni -� prodromica ad una doppia (ancorch� profondamente diversa) valutazione (di merito): quella dello stesso Collegio inquirente (di archiviare o di richiedere l'autorizzazione a procedere); quella della Camera di negare o concedere l'autorizzazione a procedere. Entrambe tali valutazioni (che rispettivamente concernono per il Collegio inquirente anche l'infondatezza della notitia criminis ovvero l'estraneit� dell'indiziato al fatto e per la Camera il riscontro delle finalit� di cui all'art. 9, comma 3) debbono necessariamente fondarsi sulle risultanze delle indagini preliminari compiute. Il potere del Collegio inquirente -al cui esercizio � condizionata l'acquisizione di tali risultanze -finisce quindi per incidere indirettamente sul potere della Camera nel senso che l'eventuale abdicazione del Collegio ad esercitare il suo potere priva la Camera di elementi di fatto la cui rilevanza, o meno, al fine del riscontro delle finalit� di cui all'art. 9, comma 3, dt. essa sola pu� apprezzare. Ci� mostra come l'esercizio del potere del Collegio inquirente si atteggia anche come obbligo di leale collaborazione (sent. n. 379/92) non essendo nella discrezionalit� del Collegio procrastinare a dopo l'autorizzazione a procedere atti di indagini preliminari che protrebbero essere compiuti prima. La ragionevole ampiezza del termine (ancorch� non previsto a pena di decadenza) testimonia il bilanciamento operato dal legislatore che pur non richiedendo il completo esaurimento delle indagini preliminari neppure arresta il procedimento in attesa dell'autorizzazione a procedere come viceversa tendenzialmente fa l'art. 346 c.p.p. che in generale limita gli atti di indagini preliminari a quelli resi necessari per assicurare le fonti di prova o perch� vi � pericolo nel ritardo. La diversa ampiezza del termine (prevista dall'art. 344 c.p.p. in 30 giorni e dall'art. 8 legge n. 1/89 in 90 giorni prorogabili fino a 150) e l'esistenza del passaggio obbligato della doppia valutazione del Collegio 408 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO stesso (in ordine ai presupposti dell'archiviazione) e della Camera (in ordine ai presupposti dell'improcedibilit� dell'azione penale) concorrono a significare che la iniziale fase delle indagini preliminari, precedente la particolare autorizzazione a procedere per i reati ministeriali, � del tutto speciale e ben diversa da quella che precede in generale l'autorizzazione a procedere in altre fattispecie. Questa specialit� comporta anche una diversit� di limiti quanto al tipo di atti che possono essere compiuti, diversit� possibile perch� il quinto comma dell'art. 1 legge n. 219/89, se in generale prevede che si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del vigente codice di procedura penale, fa per� salve le. eventuali diverse prescrizioni dettate dalla legge n. 1/89 che prevalgono quindi su quelle ordinarie. E nella fattispecie si ha che, mentre in generale l'art. 343, comma 2, c.p.p. prescrive che fino a quando non sia stata concessa l'autorizzazione a procedere � fatto divieto di disporre il fermo o misure cautelari personali UOilch� perquisizioni personali o domiciliari, ispezioni personali, ricognizioni, individuazioni, confronti, intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni e che, inoltre, si pu� procedere all'interrogatorio soltanto se l'interessato lo richiede, invece nello speciale procedimento per i reati ministeriali l'art. 10, comma 1, prevede soltanto che il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Ministri, e gli altri inquisiti parlamentari non possono essere sottoposti a misure limitative della libert� personale, a intercettazioni telefoniche o sequestro o violazione di corrispondenza ovvero a perquisizioni personali o domiciliari senza l'autorizzazione della Camera competente. Tra le due citate disposizioni sussiste quindi un rapporto di specialit� reso ancor pi� evidente (oltre che dalla simmetria del contenuto precettivo, anche) dal fatto che l'art. 343 c.p.p. pone limiti (ulteriori) in una fase in cui gi� di per s� le indagini preliminari sono limitate dal disposto dell'art. 346 c.p.p. (che infatti esordisce facendo salva la prescrizione dell'art. 343 cit.), mentre l'art. 10 pone limiti in una fase in cui viceversa in generale ogni atto di indagine preliminare pu� essere compiuto ed anche per gli atti tipici dalla medesima disposizione elencati non vi � una preclusione assoluta essendo possibile l'autorizzazione ad acta (nient'affatto contemplata dall'art, 343 c.p.c.); diversit� queste che rendono peraltro anche ragione della disciplina differenziata senza che sia sospettabile alcuna disparit� di trattamento. In conclusione tale rimarcata specialit� fa s� che il potere del Collegio inquirente di compiere indagini preliminari � limitato (quanto alla tipologia degli atti) dall'art. 10 e non gi� dall'art. 343, non applicabile nella specie (al pari dell'art. 346). � quindi infondata la tesi del Collegio inquirente che vuole il suo potere limitato dall'art. 343 c.p.p., norma che esclude gli atti di interrogatorio e confronto di qualsiasi indagato per il quale occorra l'autorizza PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE zione a procedere. Viceversa trova applicazione l'art. 10 che si riferisce soltanto a Ministri e parlamentari nel prevedere alcune . limitazioni al compimento di atti di indagini preliminari senza Ja preventiva autorizzazione ad acta con la conseguenza che per i coindagati laici concorrenti nel reato ministeriale (anche ove si ritenga -come ritiene il Collegio che per essi occorra< l'autorizzazione a procedere al pari che per gli indagatLche siano Ministri o membri del Parlamento) il potere del Collegio non soffre (e non soffriva) limitazione alcuna; quest'ultimo aveva il potere di procedere a quegli interrogatori e atti di confronto ritenuti utili o necessari (d,al Collegio medesimo) al fine di chiarire l'oggetto e le circostanze dell'imputazione .. �. N� alcuna limitazione pu�� indirettamente dedursi dal secondo comma dell'art.. 6 legge n. 1/89 e dal terzo comma dell'art. 1 legge n. 219/89 che ....,. nel prevedere (entrambi) che i �soggetti interessati� possono presentare memorie al collegio. o chiedere di essere ascoltati -introduce una facolt� per i medesimi (a prescindere dall'esatto. significato da attribuire alla locuzione �soggetti interessati�) e non gi� prescrive un divieto di interrogatorio. Una volta . identificata la linea. di confine del potere del Collegio inquirente di .compiere atti di indagine preliminare pu� conseguentemente ritenersi che l'autolimitazione di quest'ultimo. ha privato la Camera. per la gi� rilevata incidenza delresercizio del potere dell'uno su quello spettante all'altra -delle risultanze di. ulteriori atti di indagine preliminare che altrimenti avrebbe avuto disponibili ove il Collegio avesse rettamente operato la ricognizione del suo potere e quindi legittimamente la Camera ha deliberato la restituzione � degli atti al Collegio perch� esercitasse pienam�nte il suo potere erroneamente da quest'ultimo ri� tenuto .pi� limitato di quanto in realt� non fosse; restituzione questa che -operandosi una retrocessione del procedimento a seguito dell'esito .del presente conflitto ---comporta altres�. che il Collegio -compiUti ��gli atti di indagare preliminare che assumeva essergli preclusi e sempre che persista nel ritenere di non disporre l'archiviazione -possa investire nuovamente l'Assemblea competente perch� conceda o neghi l'autorizzazione a. procedere. CORTE COSTITUZIONALE, 7 ditembre 1994, n. 413 -Pres. Casavola lfed. Vassalli -Presidenza� Consiglio dei Ministri. (n.c.). Procedimento penale � Parte offesa � Richiesta archiviazione � Diritto all'avviso. (Cost. art. 24; d.leg. 28 luglio 1989, n. 271, art. 156 norme attuazione codice proc. pen.). l;l diritto della persona offesa di essere avvisata della richiesta di archiviazione, gi� affermato dalla Corte con la sentenza n. 353/91, sussiste anche nel procedimento pretorile. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 410 Le ordinanze in epigrafe sollevano questioni identiche. I relativi giudizi vanno, quindi, riuniti per essere decisi con un'unica sentenza. Oggetto comune di censura � l'art. 156 del testo delle norme di attuazione del codice di procedura penale (approvato, insieme al testo delle norme di coordinamento e transitorie, con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), nella parte in cui (primo comma) non prevede la nullit� del decreto di archiviazione adottato senza la previa notificazione della richiesta del pubblico ministero alla persona offesa che ne abbia fatto domanda o, comunque, prima che sia decorso il termine per proporre l'opposizione e nella parte in cui (secondo comma) non prevede che tale nullit� sia denunciabile con ricorso per cassazione. Sarebbe vulnerato l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, restando preclusa all'offeso dal reato, che si sia tempestivamenete attivato al fine di venire a conoscenza dell'eventuale richiesta del pubblico ministero di non promuovere l'azione penale, la possibilit� di sottoporre le sue ragioni al giudice attraverso l'opposizione. Pure se due sono i precetti sospettati di illegittimit�, unica, in effetti, si presenta la questione sottoposta al vaglio della Corte. Da un lato, infatti, si censura il primo comma dell'art. 156 delle norme di attuazione perch� non fa derivare dall'inosservanza del dovere di avviso alla persona offesa dal reato la nullit� del decreto di archiviazione; dall'altro lato, si fa discendere, quasi a corollario, dalla detta omissione, la corrispondente illegittimit� del secondo comma dello stesso art. 156 perch� non prescrive che avverso un provvedimento in tal modo adottato venga attribuito alla stessa persona offesa il diritto di proporre ricorso per cassazione. Il petitum avuto di mira dal giudice a quo si rivela, quindi, decisamente incentrato sulla mancata previsione della ricorribilit� per cassazione del decreto di archiviazione, a presidio della persona offesa che sia stata privata del diritto di essere informata della richiesta avanzata dal pubblico ministero; ricorribilit� che, peraltro, dovrebbe scaturire dalla dichiarazione d'illegittimit� del primo comma dello stesso art. 156, nella parte in cui non prevede la nullit� del decreto di archiviazione adottato senza la notificazione del detto avviso. Il che risulta univocamente confermato dagli stessi casi di specie, relativi ad impugnative di decreti di archiviazione pronunciati omettendo di informare la persona offesa che ne aveva fatto richiesta. Di fronte a simili doglianze, la Corte di cassazione ha ritenuto pregiudiziale, ai fini della verifica quanto all'ammissibilit� dei ricorsi -che altrimenti avrebbe dovuto, nell'ottica interpretativa seguita, dichiarare inammissibili -porre in discussione la conformit� all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, del precetto collocato nel capo XII delle norme di attuazione, dedicato alle � Disposizioni relative al procedimento davanti al pretore � -che disciplina l'opposizione alla richiesta di archiviazione. E ci� sul presupposto che il sistema, cos� come strutturato, non � in grado di apprestare alcuna pro PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE tezione all'offeso che sia stato privato dell'avviso della relativa richiesta, in presenza di un provvedimento di archiviazione pronunciato dal giudice per le indagini preliminari presso la pretura. L'articolato incedere argomentativo delle ordinanze di rimessione muove -con il costante �richiamo al ricorso per cassazione, tipico mezzo di tutela apprestato nel sistema dell'archiviazione davanti al tribunale -dalla constatazione che il sistema protettivo dell'offeso dal reato nel procedimento di archiviazione pretorile diverrebbe puramente teorico ove la norma censurata non venisse dichiarata illegittima nelle parti indicate, perch� la persona offesa, non potendo conoscere la richiesta del pubblico miniStero, non � posta in condizione di esercitare l'opposizione alla quale � espressamente legittimata proprio in forza dell'art. 156 delle norme di attuazione. Con la conseguenza che il giudice a quo, mentre, per un verso, censura la detta lesione del diritto di difesa, per un altro verso, non ritenendo assimilabile -almeno sotto questo profilo -l'archiviazione pretorile all'archiviazione nel rito di base, non individua nella disciplina di questa procedura un tertium comparationis, restando attestato all'invocazione, quale norma-parametro, del solo art. 24, secondo comma, della Costituzione. Anzi, come si vedr� dall'analisi del prosieguo della motivazione delle ordinanze, proprio la diversit� di struttura tra le due procedure renderebbe incompatibile, nella speficica materia, il regime di garanzia dettato a favore della persona offesa di fronte al decreto di archiviazione pronunciato dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale. Il che appare subito confermato dal fatto che le ordinanze di rimessione non hanno come diretto punto di riferimento le norme codicistiche, essendo chiamati in causa in via immediata soltanto due precetti delle norme di attuazione. Oltre, ovviamente, l'art. 156 -la norma oggetto del giudizio di legittimit� -l'art. 126 che, nel disciplinare le modalit� dell'avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione, prescrive che nel caso previsto dall'art. 408, secondo comma, del codice di procedura penale, il pubblico ministero trasmette gli atti al giudice per le indagini preliminari dopo la presentazione dell'opposizione della persona offesa ovvero dopo la scadenza del termine indicato nel terzo comma del medesimo articolo. Una norma che, dettata per il procedimento davanti al tribunale, viene ritenuta dal rimettente estensibile al procedimento pretorile. Cosicch� la questione resta, pi� esattamente, definita nel sospetto di illegittimit� dell'art. 156 delle norme di attuazione, nella parte in cui non prevede il diritto della persona offesa dal reato di ricorrere per cassazione avverso il decreto di archiviazione adottato dal giudice per le indagini preliminari presso la pretura senza che sia stato osservato il precetto dell'art. 408, secondo comma, del codice di procedura penale, appositamente richiamato dall'art. 126 delle norme di attuazione. Operando, in tal modo un'ulteriore, pi� generale, scelta interpretativa, nel senso, cio�, di consi 412 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO derare, relativamente all'archiviazione nel procedimento davanti al pretore, inoperante -almeno relativamente al quesito sottoposto all'esame della Corte -l'art. 549 del codice di procedura penale che prescrive l'osservanza per il procedimento pretorile delle norme relative al procedimento davanti al tribunale � in quanto applicabili �. Pure se, dunque, ad essere direttamente chiamata in causa � la mancata legittimazione a proporre ricorso per cassazione cui la persona offesa dovrebbe accedere dopo la dichiarazione di illegittimit� della norma che non prevede come causa di nullit� la violazione dell'art. 408, secondo comma, del codice di procedura penale, il fatto stesso che venga denunciato come contrastante con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, l'art. 156 delle norme di attuazione sta a comprovare come attraverso la duplice dichiarazione d'illegittimit� richiesta il rimettente intenda perseguire il solo risultato di consentire l'accesso al giudice, attraverso l'opposizione, della persona offesa nei confronti della quale sia stato omesso l'avviso di cui all'art. 408, secondo comma, del codice di procedura penale. Le norme denunciate, quindi, pur riferendosi ad un momento successivo (ed eventuale) rispetto a quello formalmente indicato dal giudice a quo con la questione ora sottoposta al vaglio della Corte, vengono perci� a rappresentare, insieme al gi� ricordato art. 126 delle norme di attuazione, gli unici precetti posti a tutela della persona offesa nel procedimento davanti al pretore. Donde la strumentalit� del richiesto diritto di ricorrere per cassazione rispetto a quello che rappresenta il punto di arrivo della proposta questione, da identificare nella possibilit� di proporre opposizione anche nel caso in cui il decreto di archiviazione pretorile sia stato adottato omettendo l'avviso di cui all'art. 408, secondo comma, del codice di procedura penale. Decisiva appare, in proposito, l'argomentazione contenuta nelle ordinanze di rimessione che sembra implicitamente risolversi nell'enuncia zione del requisito della rilevanza: non potendo l'archiviazione pronunciata in violazione dei diritti della persona offesa qualificarsi n� provvedimento nullo (e quindi annoverarsi tra i provvedimenti affetti da nullit� di ordine generale, l'unica tipologia di vizio in grado di presidiare adeguatamente l'offeso dal reato, salvaguardato dal regime delle nullit� di cui all'art. 178, lettera e, del codice di procedura penale, nel solo caso di inosservanza delle disposizioni concernenti la �citazione in giudizio�), n� provvedimento abnorme (tale essendo soltanto il provvedimento non identificabile con quello emesso in violazione dei diritti della persona offesa -� che, per la singolarit� e stranezza del suo contenuto, sta al di fuori delle norme legislative e dell'intero ordinamento processuale�), n� provvedimento inesistente, la sola via per pervenire a rimuovere la violazione del diritto di difesa dell'offeso dal reato in conseguenza della mancata osservanza dell'art. 408, secondo comma, del codice di procedura penale, sarebbe appunto quella di applicare la disciplina contemplata PARTE I, SBZ. t; GIURISPRUDENZA COSTtrUZlONALE �13 per le ipotesi dLnullit�; cos� da consentire, attraverso il rimedio richiesto, la demolizione det .provvedimento e l'esercizio del diritto di proporre opp�sizione. Davvero significativa risulta, piuttosto, l'univocit� del pas� saggio dal tipo di .pat�logia,. individuato nella nullit� del decreto, al tipo di tutela, individuato nel ricorso per cassazione; e ci� nonostante che; proprio in forza della titenuta � d�ssociazione >) dell'archiviazione .pretori. le .� 9.all'l;\fcbi-via?iPne ~l. pr()�ed:Unento � d,ava1lti .al. tribunale, . gli stru� ri:tentidiretti.~. atttaver.sola caducazione del .decret� emesso in violazione d~i diritti.. ~~na per~()~~otfes~�-�.-~cl apprestE!Xe.un rinledio�.in grado �lj .� c:onsent:tre l'c;isercizio .Q.e!la facolt� ~� proporre. opposizione,.� potre"bbero teoric;~e~te.prof~~arsi ~~pbe c:otne. piw;imi� D'ajtra . parte, non trattandosi.. di. sentenza Q <il provvediment() sulla libert� personale, non potrebbe utilmente farsi ricorse> al �ljsposto; Q.ell'art, 568, seconde> comma, del cp�li�e �� di .. pro�e<:f;uxa peqale, �quale .. n<m:na derogatoria �rispetto al principio �U tl'l-ssativi~~i g.~i l�:leziA di imp.g.l;_l~ione, �.� Sen<:>ncM-l'indiyi4ui:tzione <U.> un simile�� st'l'.Umento di tutela . sembra agevolmente .ri�111v1llbile nel richi~o alla i;entenza n. 353 del 1991 la quaje.~ dopo lllver ~ilevato che ~e la legge lascjasse. privo di tutela l'o:t':t'e$o dal relllto c.i non vep.isse comunicatoJ'avviso di cui all'art, 408, secondo comma, clel codice di prpcajura penale, �la denunciata omessa previsione si presenterebbe di dubbia compatibilit� con Tart. 24; secondo 9QllU)la,, della Costituzione � -ebbe lll dichiarare non fondate, ..<< nei sensi cli cui. Wc rnotivazione �, le questioni di legittimit� dell'art. 178, lettera e, del codice di. procedura penale. e Aell'.art. 409 dello stesso codice, nella parte. in.� c.i � taji l1o:rme npn consentirebbero. alcuna tutela. alla persona offesa dal reato m::i confronti della quaje si11 stato omesso l'avviso _della richiesta di a;rchiviazione formulatll, ~l .pu"bblico ministero, nonostante l'espres1>11 domanda. avanzata .. a norma dell'art.. 408~. secondo comma, additando nel ricorso per cassazione la � disciplina che . co.nsente c;li esperire l1Jl ... rnezzQ� _di. gravame. avverso. il provvedimento conclusivo di tale pr99edura �, ..� Il __ gi.dtcc;i a... q1f.(J� pur mostra.Ildo di __ cpndividere la. soluzione inter pretativa a. suo�. tempo_ adottata dalla Corte,. l'ha. pe:r� rig�rosamente circoscritta al p:rocedimento davanti al tribunale dando una particolare valenza. ai�__ p:ri:ncip~o, .enU!lciatO (talla indicata .. sentellza, ... in base_ al quale l'art. 409, sesto cori:ima, d:�l. codice di procec{ura pepale, che ammette n ricorso p�r cassazfone��� r:l~i ca.si d� nullit� previsti dall'art. 127.�quinto comtna, deve ritenersi applicabile anche quando risulti colpita <i all'ori gine la stessa insfaura:zione del contraddittorio proprio del procedimento in camer� dfcorisig1io �. :Pri:nc�pi, dunque, secondo ilgiudice a quo, non riferibili. al provvedimento . di archiviazione pretorile, adottato de plano anche in caso di. opposizione della. persona offesa, senza, dunque, poter fare alcun riferimento n� alle forme prescritte dall'art. 127 del codice di procedura penale ed al quinto comma di tale articolo, che prevede la RAS3EGNA AVVOCATURA DELLO STATO 414 nullit� per la violazione delle regole riguardanti il contraddittorio cartolare consentito dall'art. 156 delle norme di attuazione, n� ad una norma analoga all'art. 409, sesto comma, del codice, che, appunto, consente il ricorso per cassazione ove le regole poste a tutela del contraddittorio vengano violate. La questione, nei termini che seguono, non � fondata. Il tema della tutela della persona offesa dal reato cui non venga data notizia della richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, nonostante l'espressa domanda formulata nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, � stato -come si � pi� volte ricordato -gi� affrontato da questa Corte. Pi� in particolare, con la sentenza n. 353 del 1991, venne precisato come sussista il diritto della persona offesa di essere avvisata della detta richiesta, un diritto �particolarmente valorizzato proprio nello stadio delle indagini preliminari entro le quali si colloca il procedimento di archiviazione �. La Corte pervenne, perci�, alla conclusione che �l'offeso dal reato possa usufruire di una disciplina che consente di esperire un mezzo di gravame avverso il provvedimento conclusivo di tale procedura�: mezzo che venne individuato in quello previsto dall'art. 127, quinto comma, del codice di procedura penale, espressamente richiamato dall'art. 409, quinto comma, dello stesso codice. Alla persona offesa nei confronti della quale si sia mancato di notificare l'avviso della richiesta di archiviazione fu cos� riconosciuto il diritto di proporre ricorso per cassazione perch� il vizio derivante dalla detta omissione �con l'impedire all'offeso dal reato ogni possibilit� di contestare� la richiesta, �viene a colpire all'origine la stessa potenziale instaurazione del contraddittorio proprio dell'udienza in camera di consiglio �. Un vizio, dunque, da ritenere � ancor pi� grave di quello derivante dall'omesso avviso alla persona offesa, che abbia proposto opposizione, della data fissata per la stessa udienza, in ordine al quale, pure, l'art. 409, sesto comma, la legittima espressamente a ricorrere per cassazione�. Il giudice a quo ha contestato la riferibilit� di tale pronuncia al procedimento pretorile per il suo intrinseco collegamento con la procedura in camera di consiglio prevista esclusivamente con riguardo all'archiviazione pronunciata dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale. Ma si tratta di un'interpretazione in contrasto sia con la ratio decidendi della stessa sentenza n. 353 del 1991 sia con le successive statuizioni di questa Corte in tema di archiviazione anche relativamente al procedimento davanti al pretore. Senza contare che la giurisprudenza della Corte di cassazione aveva gi� seguito la linea interpretativa additata da questa Corte, anche nelle statuizioni immediatamente successive alla sentenza n. 353 del 1991, pure senza che ne venisse direttamente coinvolta l'archiviazione pretorile. ~ i ' PAATB I, .SEZ. I., GIURISPRUDENZA COST!TUZIONAL� ln Pdmo.luogo, il fatto che la sentenza.n.. 353d�l1991 possa apparire rigorosamente attestata al proceclimento cli: archiviazione �avanti al tribu.aje � no!l risulta di 9stacolo �'""."'."." �ove venga� in�ividuata l'effettiva . ratio 4eUa statub:i.o!le ~ alla possibilit� dL una. estensione al pr()ceciimento 4�vanti aJpret()re cl,el ritned�Q daessaᥥindividuato.�in via .interpretativa. blQ1l l?:M ~ssere' inf;l);tti tr~scuratl:"t. .�l'in.<::idel1Za caei limiti 4e}.. d�volutum, ~coscritto akl'affw11t9Jr� .l'ipotesi del lAAnca~o avviso dell'udiel1Za ..in Ci~mera <ltconsimio �(presidiato dal c()mbinato4�sposto �dell'art. 409;i sesto comma, e dell'art. 127, quinto comma) ed il mancato avvfao �lla richiesta ciel p.bblic9 . l;Jli9Jst~9� '.l:auto �/:vel'o . cbe, �pu:r PU1Jtualizzan4osi . come <~ 4!itll'e~�me coll.$..ntc;v> 4eJle :rwrwe or:a dco;rdate ristilta cl:le esse .� fall1lo, i1l<tema cii �ai:chiyi~ione; espress9 }'#e:rimento, integr�lldosi . reciproca~ me)'.lte, alt;:i sola arcliiviazione prc:>nunciata con ordinanza a seguito c1el1a prQcecl:llr1;1;.in ca:rn~r:;i dic<;>:.siglto fiss;a.ta c!al giudice che no)'.laccolga la richiesta del pJ,tb.l?li<::o :rniJJ;istero >>t si Javv�s9 il c!ato� pi� saHep,te .del i.fiziO: allq:re.,denJ.W,�il:l.top:rQPJ?iq ne.l fattQ cl1e f:le la perscma gf~es;;i; ..on yiene avvisata: dell'ticUe!1Za,. potr~. propqrre :xicorso per cassia.;z.ione �invoc~ p�la<I11lllit~ del proV:Vedimel1to .a. t10l'ma. dell'IM"t�. 127, quip,tq s::oinn::gi>� mentre. pi ti:.e rimedi() non .ay17ebpe potuto fl;lrSi USO nell'ipotesi della stessa. pers()l1a qffesa � cl.1,e. ven~<l. privata c1eU1av:viso della. riclijesta di 1:1;rchiviazione. fon:p,ulata dal Pll1'blic() ministero nonostap,te la sua esvressa; .doD3;1.1da di.. essere avvertita �. E. tpattavl;l.Si. di.. una soluzione. f()ngi;i.ta, oltre �l:l,e. s.ll'esigel)Za di tu.tela dell'offeso dal reato '"'"-:: quanto agli strttine.tj JlclOPe:ratj per r~.i.t,t()Ye:re il. vulnt,i~ '":"""' sulla. .ecessit~, per:segld,ta ~l Jegislatqf~! 4i dis�iplll;lare l';a.i;c;hiviazione co:rne istituto unitario, . � a ppesci!ldere dalle. diversit� ... sia�.. delle . cade11ze �� procedirnentali si.a . della tipologfat de1 pi;ovvedin1ento conclusivo �. Prova ne sia .che, nonostante l� varie scelt� invalidanti allora prospettate dai giudici a quibus (alcune dirette a sindacare l'art. 178, lettera e, del codice di procedura penale; altre facenti leva sull'art. 409 delfo stesso codice), quest�t.>Corte ritenne conforme. a� Costituzione conseguire il medesimo. risultato attraverso l'individuazione e l'int�rpretazione delle norme effettivamente censurate pro� prio al fine di dettare un identico regime protettivo per la� persona offesa che; �rion informata della riehiesta di archiviazione, � stata privata della facolt�� di��� opposIZi<>ne ,,_.� � La t�tio d�Ciden.di della sentenza n. 353 del 1991/rion. si collega, dunque, se non per. l'ipotesi normativa allora sottoposta �l vaglio. della Corte, a quel procedimento in contraddittorio previsto per il rito di base. Il suo reai� valore prescrittivo �, in fatti, nella diretta tutela del d�ritto di� difesa� dell'offeso. dal reato, che � risulta nel sistema del nuovo codice di procedura penale, particolarmente valorizzato proprio nello stadio delle. indagini preliminari, entro il quale si colloca il decreto di archiviazione�. 416 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L'assenza di un immancabile collegamento con la procedura di cui all'art. 127 era, del resto, resa evidente sia dalla circostanza che, anche con riguardo all'archiviazione pronunciata dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale veniva in considerazione un decreto adottato de plano, sia soprattutto, dall'esigenza di consentire alla persona offesa di essere protetta attraverso uno strumento -il ricorso per cassazione -previsto dall'ordinamento per situazioni, non solo fondate su un'identica ratio, ma addirittura contrassegnate da un tasso maggiore di gravit�. Dunque � la sostanziale identit� dei provvedimenti, sebbene emessi a seguito di procedimenti di tipo diverso, che ha motivato la scelta interpretativa ricavabile dalla sentenza n. 353 del 1991. Perch� se scopo essenziale dell'impugnazione �, nella� specifica materia, quello di porre riparo alla lesione dell'interesse della persona offesa di sottoporre a controllo la scelta del pubblico ministero di non esercitare l'azione penale, il medesimo interesse dovr� essere tutelato anche quando l'archiviazione sia pronunciata de plano ed il controllo dovr� a maggior ragione essere garantito proprio quando, come nel procedimento pretorile, l'opposizione non provochi l'instaurazione del rito camerale. L'unitariet� del fenomeno in esame -quali che possano essere le divaricazioni normative provocate soprattutto dalla necessit� di dare attuazione, relativamente al procedimento pretorile, all'art. 2, n. 103, della legge-delega, che prescrive il principio di massima semplificazione, � stata successivamente ribadita dalla sentenza n. 94 del 1992 con la quale -anche in funzione del principio adesso ricordato -venne dichiarata non fondata la questione di legittimit�, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dello stesso art. 156 delle norme di attuazione � nella parte in cui non prevede nel procedimento pretorile, in caso di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, l'audizione delle parti in camera di consiglio �. Con tale decisione, dopo essersi puntualizzato che, a seguito della dichiarazione di illegittimit� costituzionale dell'art. 554, secondo comma, del codice di procedura penale -nella parte in cui non prevede che anche nel procedimento pretorile il giudice per le indagini preliminari, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indichi con ordinanza al pubblico ministero fissando il termine per il loro compimento (sentenza n. 445 del 1990) -ne � derivata � sul piano logico sistematico, un'espansione delle facolt� della persona offesa �, cosicch� � anche nel procedimento pretorile la sua opposizione non sia pi� finalizzata solo al rigetto della richiesta di archiviazione, ma possa anche consistere nella sollecitazione di un'investigazione suppletiva�, si � espressamente statuito, con una precisazione direttamente collegata proprio alla dichiarazione di non fondatezza, costituendo una delle rationes decidendi che hanno condotto PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la Corte a non raVVisare alcuna illegittimit� nell'assenza della procedura in camera di consiglio nell'archiviazione pretorile,. che � anche nel procedimento pretorile, qualora l'avviso sia omesso, la persona offesa sia abilit~ ta a .Proporre ficorso per .cassazione�: .. Non. pu� essere, infine, trasc.rato. come la detta linea inteJ;Pretativa risulta accolta dalla giurisprudenza della Corte di �cassazione; la. quale ha particolarmente fusistito sulla violazione del contraddittorio cui d� vita il mancato avviso della richiesta (ii archiviazione alla persona offesa che ne abbia fatto domanda, non soltanto nel senso della possibilit� di instaurazione della procedura in camera di consiglio ma anche (e soprattutto) come lesione del diritto della persona offesa di proporre opposizione. Fino ad affermare da ultimo (Sez. I, 13 �prile 1994, n. 1695) che anche nel procedimento pretorile contro il decreto di archiviazione � proporiibile il ricorso per cassazfone per far valere l'omesso avviso della richiesta del pubblico miriistero, qualora la persona offesa abbia fatto istanza di essere preavvertita, trattandosi di una causa di nullit� che vanifica la stessa possibilit� di instaurazione del contraddittorio, in tal modo violando il diritto della persona offesa a proporre opposizione e ad esercitare le proprie ragiorii. Il fatto, poi, che il giudice a quo invochi l'azionabilit� del ricorso per cassazione pure nel procedimento pretorile rappresenta la. conferma delle premesse sopra riportate, sicl.tramente plurimi potendo profilarsi al di fuori di uno spazio che ecceda l'ambito interpretativo e, quindi, in un regime del procedimento di archiviazione non sorretto da regole uriitarie quanto ai sistemi di tutela .-gli strumenti volti a fornire alla persona offesa un trattamento protettivo: si pensi soltanto alla possibilit� di richiedere la revoca del de.creto direttamente al giudice che l'ha pronunciato. Ma; proprio il rischio di compromettere il principio di tassativit� dei mezzi di impugnazione (ora, di nuovo, paventato dal giudice a quo), risulta, ancora una volt�, decisivo, sempre facendo appello ali' � esigenza, avvertita dal legislatore di disciplinare l'archiviazione come istituto unitario, a prescindere dalla diversit� sia delle cadenze proceclimentali sia della tipologia del provvedimento conclusivo:.� un'esigenza gi� altre volte avvertita da questa Corte proprio considerando � la finalit� che accomuna tutte le varie ipotesi di archiviazione � (' sentenza n. 409 del 1990), risultando cos� non intaccato, pe;r l'assenza di ogni necessit� di ricorrere all'analogia, il limite segnato dall'art. 568 del codice di procedura penale. Cos� inteJ;Pretate, le norme sottoposte al vaglio di questa Corte si sottraggono ad ogni contrasto con il parametro costituzionale invocato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 418 CORTE COSTITUZIONALE, 7 dicembre 1994, n. 419 -Pres. Casavola - Red. Ferri -Presidenza Consiglio dei Ministri (avv. Stato Fiumara). Procedimento penale -Misure di sicurezza -Misure antimafia -Soggiorno cautelare -Poteri del Procuratore Nazionale antimafia -Omessa pre visione della provvisoriet� del soggiorno disposta dal Procuratore Nazionale Antimafia. (Cost. artt. 13, 24 e 25; d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in I. 7 agosto 1992, n. 356). Contrasta con i principi costituzionali la norma che consente al Procuratore Nazionale antimafia di disporre il soggiorno cautelare nei confronti di soggetti che ritenga stiano per compiere reati di stampo mafioso, in quanto tale misura non ha carattere provvisorio; sicch� essa va corretta nel senso che, nell'ambito della disciplina processuale dettata dall'art. 4 legge 27 dicembre 1956 n. 1243, il Procuratore debba contestualmente chiedere un provvedimento definitivo al Tribunale che dovr� decidere entro 30 giorni a pena di decadenza del provvedimento provvisorio. La Corte di cassazione, con quattro ordinanze di contenuto sostanzialmente identico, dubita, sotto vari profili, della legittimit� costituzionale dell'art. 25-quater del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, con il quale � stato introdotto nell'ordinamento, nell'ambito di una serie di misure di contrasto alla criminalit� mafiosa, l'istituto denominato �soggiorno cautelare�. Data l'identit� delle questioni sollevate, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza. Le censure della Corte di cassazione si incentrano esclusivamente sul primo e sul quinto comma dell'articolo citato, i quali rispettivamente prevedono, per quanto qui interessa, che: il procuratore nazionale antimafia � pu� disporre il soggiorno cautelare di coloro nei cui confronti abbia motivo di ritenere che si accingano a compiere taluno dei delitti indicati nell'art. 275, comma 3, del codice di procedura penale avvalendosi delle condizioni previste nell'art. 416-bis del codice penale od al fine di ageyolare l'attivita delle associazioni indicate nel medesimo art. 416-bis � (primo comma); entro dieci giorni dalla notificazione del decreto motivato applicativo della misura, l'interessato � pu� proporre richiesta di riesame al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del luogo ove ha sede il procuratore nazionale antimafia�; il giudice provvede entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta sentito il procuratore nazionale antimafia il quale trasmette senza ritardo gli elementi su cui si fonda il decreto�; la richiesta di riesame e il successivo eventuale ricorso per cassazione �non sospendono l'esecuzione del decreto� (quinto comma). Avverso detta normativa la Corte remittente solleva tre distinte questioni di legittimit� costituzionale. PARTE I, SBZ�. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE In primo luogo, � prospettata, in riferimento agli artt. 13, primo e secondo comma, e 25, terzo comma, . della Costituzione, la violazione del principio di legalit� ad opera del primo comma. della disposizione impugnata, � nella parte in cui � detta i .pres.pposti . per�� l'applicazione della misura, La formula adoperata dal legislatore.(� abbia motivo di ritenere c:he si accingano a compiere ... �) non risponderebbe ai requisiti pi� volte indicati dalla giurisprudenza costit.~ionale,�in� quanto non individua una fattispecie sufficientemente determinata tale da escludere valutazioni puramente soggettive da parte dell'autorit� competente, fio.endo cos� con l'attribuj,r;e a questa.� uno spazio di incontrollabile . discrezionalit�. In secondo lttogo, viene denttnciata la violazione della garanzia giurisdizionale, prevista negli artt. 13, secondo comma e 24, secondo comma, della Costituzione -cui � subordinata la legittimit� del procedimento di applicazione delle misure di prevenzione -, che implica l'intervento di un gi.dice nel ;rispetto del principio . del contraddittorio tra le parti. La<censura in questo caso finisce con l'investire l'intera sequenza procedimentale delineata dal� legislatore nella normativa impugnata, la quale, ad avviso del giudice a quo, sarebbe ilhegittima poich�: a) il potere di disporre iLsoggjorno cautelare � attribuito ad un organo non giurisdizionale, in assenza di qualsiasi procedura; b) l'intervento del giudice � meramente eventuale, su� iniziativa dell'interessato, la quale peraltro non produce effetti sospensivi della. misura; e) la decisione del giudice � adottata senza contraddittorio e quindi senza possibilit� di esplicazione del diritto di difesa. Infine, � oggetto di censura anche quella parte del quinto comma della norma in esame in cui si individua il giudice competente per il riesame; l'aver accentrato tale giudizio esclusivamente in capo al giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma (luogo ove ha sede il procuratore nazionale antimafia), viola, ad avviso della Corte remittente, il principio del giudice naturale (art. 25, primo comma, della Costituzione) e determina, anche in considerazione della brevit� dei termini per proporre ricorso, un'ulteriore limitazione del diritto .di difesa. Occorre premettere che, come esattamente ritiene il giudice a quo, l'istituto in esame (al di l� dei dubbi che pu� suscitare il nomen iuris adoperato: �soggiorno cautelare�) costituisce indubbiamente una vera e propria nuova misura . di . prevenzione, la.� quale viene ad aggiungersi, con presupposti e struttura procedimentale del tutto peculiari, al vigente sistema delle misure di prevenzione personali, che trova la sua regolamentazione essenziale nella legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, nonch� nelle leggi 31 maggio 1965, n. 575 e 22 maggio 1975, n. 152. Va anche aggiunto che l'istituto ha successivamente perso, a seguito dell'abrogazione -disposta con l'art. 1 della legge 24 luglio 1993, n. 256 del sesto comma dell'articolo che ne prevedeva una durata triennale, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 420 l'originario carattere temporaneo ed eccezionale, entrando cosl in via permanente a far parte dell'ordinamento giuridico. L'esame delle questioni va pertanto inquadrato nella complessa tematica della legittimit� costituzionale delle misure di prevenzione, che ha costituito oggetto di numerose pronunce di questa Corte, sin dal 1956. Deve altres� preliminarmente osservarsi che l'istituto, cosl com'� concretamente disciplinato, integra senza dubbio -ad avviso di questa Corte -una restrizione della libert� personale e non una mera limitazione della libert� di circolazione e soggiorno, e cade, quindi, sotto il disposto dell'art. 13 della Costituzione (esattamente invocato dal remittente) e non gi� nell'ambito di operativit� dell'art. 16 della Carta. Partendo dalla considerazione che i due precetti costituzionali ora richiamati presentano una diversa sfera di operativit�, nel senso che la libert� di circolazione e soggiorno non costituisce un mero aspetto della libert� personale, ben potendo quindi configurarsi istituti che comportano un sacrificio della prima ma non per ci� solo anche della seconda (crf. sentt. nn. 2 del 1956, 45 del 1960, 68 del 1964, ord. 384 del 1987), questa Corte ha individuato nella �degradazione giuridica� dell'individuo l'elemento qualificante della restrizione della libert� personale, chiarendo che � per aversi degradazione giuridica ... occorre che il provvedimento provochi una menomazione o mortificazione della dignit� o del prestigio della persona, tale da poter essere equiparata a quell'assoggettamento all'altrui potere, in cui si concreta la violazione del principio dell'habeas corpus� (cit. sent. n. 68 del 1964). Sulla base di detti principi, che devono intendersi qui pienamente ribaditi, mentre si � ritenuto (con le citate sentenze) che non presentasse tali caratteri l'ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio (sia in quanto non suscettibile di coercitiva esecuzione, sia poich� l'intimato, una volta raggiunta la nuova sede, � libero di trasferirsi altrove, tranne che nel luogo dal quale � stato allontanato), con la sentenza n. 11 del 1956 la Corte rilev�, invece, che l'istituto dell'ammonizione (disciplinato negli artt. da 164 a 176 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931) concretava una restrizione della libert� personale, in quanto si risolveva appunto in una sorta di degradazione giuridica in cui taluni individui venivano a trovarsi per effetto della sorveglianza di polizia cui erano sottoposti, attraverso tutta una serie di obblighi di fare e di non fare, tra cui quello di non uscire prima e di non rincasare dopo di una certa ora. Ci� posto, non pu� negarsi che anche l'istituto ora in esame presenti, nel complesso delle sue prescrizioni (obbligo di soggiorno in una localit� determinata -peraltro normalmente, anche se non necessariamente, diversa da quella di residenza o di dimora abituale -; serie di prescrizioni che, in assenza di specifiche indicazioni, non possono che essere quelle tipiche delle ordinarie misure di prevenzione}, un contenuto afflittivo tale da integrare senz'altro una menomazione della dignit� della persona PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA� COSTITUZIONALE e che, quindi, . ricada pienamente sotto la sfera precettiva dell'art. 13 della Costituzione. Passando .all'esame delle censure nell'ordine in cui sono prospettate dal giudice remittente, va per prima affrontata quella relativa alla presunta violazione del principio. di legalit�.ad opera del primo comma della .disp()s~ione ..inlpugnati:t, l��� d9ye delin.ea i presupposti applicativi della n:lisll:l'aL . ...�.. La questione non � fondata nei sensi di seguito esposti. Secondo la costante giurisprudenza di questa. Corte, la legittimit� costituzionale delle :tllisure di prevenzione -in quanto limitative, a di'\': ersJ gradi, de1la libert� perso.ale -� necessariamente subordinata, innanzitutto, all'osservanza del principio di legalit�, individuato nell'art. 13, secondo comma, della Costituzione, nonch� nell'art. 25, terzo comma, della Carta medesima, nel quale, pur se riferito espressamente alle � misure di sicurezza�, ..~ l',ltata soUtamente rinvenuta .la conferI):la cl.i tale principio .i:tnche .per la categoria delle misure di prevenzione, data l'identit� del fine (prevenzione dei reati) perseguito da entrambe (ritenute due species di 'Un .unico genus), ayenti a presupposto la pericolosit� sociale del- l'individuo. . Con la sentenza n. 23 del 1964, questa Corte ebbe modo di affermare -esplicitando principi . gi� insiti in precedenti pronunce -che dalla natura e dalle finalit� delle misure di prevenzione discende che � nella descrizione delle fattispecie. il legislatore debba normalmente procedere con criteri diversi da quelli con cui procede nella determinazione degli efementi costitutivi di una figura crimin9sa, e � possa far dferimento anche a elementi presuntivi,. corrispondenti per� sempre a comportamenti obiettivatnente identificabili. Il che. non vuol dire minor rigore, ma diverso dgore nella previsione e nella adozione delle misure di prevenzione, rispetto alla previsione dei reati e alla irrogazione delle pene �. Nella sentenza n. 177 del 1980 si sottoline� ulteriormente l'esigenza che � l'applicazione . della misura, ancorch� legata, nella� maggiori:tnza dei casi, ad un giudizio prognostico, trovi il presupposto necessario in "fattispecie di pericolosit�", previste -descritte -dalla legge�; per cui 1'.accento cade sul sufficiente o insufficiente grado di determinatezza della descrizione �legislativa di tali� �fattispecie�� (destinate a costituire il parametro dell'accertamento del giudiee), descrizione che � permetta di individuare la o le condotte dal cui accertamento nel caso concreto possa fondatamente dedursi un giudizio prognostico, per ci� stesso�� rivolto all'avvenire �. E si aggiunse che la descrizione di tali condotte non pu� non involgere il riferimento, esplicito o implicito, ai reati, o alle categoria di reati, della cui prevenzione si tratta, per cui essa acquista tanto maggiore determinatezza quanto pi� consenta di dedurre dal verificarsi delle condotte indicate la ragionevole previsione che quei reati potrebbero venir consumati. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 422 Nel ribadire pienamente i principi richiamati, va osservato che la norma impugnata, pur potendo essere formulata pi� chiaramente, si presta, tuttavia, ad essere interpretata in modo aderente ai principi medesimi. In primo luogo, la formula adoperata soddisfa l'esigenza della tassativa indicazione dei reati che si intendono prevenire, mediante il rinvio a quelli, di particolare gravit�, indicati nell'art. 275, terzo comma, del codice di procedura penale. N� assume rilevanza, in senso contrario, il fatto che trattasi di una pluralit� di reati eterogenei. Va anzi sottolineato che la norma impugnata, l� dove richiede che i soggetti interessati si accingano a compiere tali delitti � avvalendosi delle condizioni previste nell'art. 416-bis del codice penale od al fine di agevolare l'attivit� delle associazioni indicate nel medesimo art. 416-bis >>, introduce un elemento unificante delle varie figure delittuose richiamate e nel contempo contiene il riferimento ad ulteriori modalit� o finalit� della condotta criminosa, che indubbiamente �contribuiscono ad una migliore ricostruzione della fattispecie di pericolosit�. In secondo luogo, costituisce ormai un dato da tempo acquisito nella materia de qua, sia, come si � visto, nella giurisprudenza di questa Corte, sia a livello normativo (cfr. l'art. 1 della legge n. 1423 del 1956, come sostituito dalla legge 3 agosto 1988, n. 327), quello secondo cui il giudizio prognostico deve fondarsi stilla sussistenza di elementi di fatto, in ossequio al principio del ripudio del mero sospetto come presupposto per l'applicazione delle misure in esame. Ne deriva che l'omesso riferimento, nella norma censurata, a tale requisito non impedisce che esso possa e debba -considerarsi implicito nella stessa. In conclusione, la formula adoperata dal legislatore consente di inter pretare la norma nel senso che la valutazione del procuratore nazionale antimafia debba ancorarsi a fatti e comportamenti oggettivi, che egli ragionevolmente ritenga, stilla base di adeguata motivazione, strumen talmente collegati alla commissione di una o pi� fattispecie criminose tassativamente indicate: ci� � sufficiente -analogamente a quanto ritenne questa Corte nella citata sentenza n. 177 del 1980 in relazione alla formula di cui all'art. 18, n. 1, della legge 22 maggio 1975, n. 152 a far s� che la norma medesima sfugga ad una pronuncia di inco stituzionalit�. La seconda censura prospettata dalla Corte di cassazione attiene, come s'� detto, alla violazione della garanzia giurisdizionale, che trova la sua radice nel disposto, intimamente collegato, degli artt. 13, secondo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione; essa investe nel suo complesso la struttura procedimentale dettata nel primo e nel quinto comma della norma impugnata. La questione � fondata. PARTE I; 'SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Accanto all1osservanza del principio di .legalit�, la giurisprudenza di questa Corte nella materia .in esame ....., gi� in gran parte pi� volte richiamata -ha costantemente individuato anche nel rispetto della garanzia giurisdizionale l'altro indefettibile requisito, del resto connesso al primo, della. legittimit� delle misure di prevenzione. �Nella. sentenza n; 11� del 1956 si �. affermato che �in nessun caso l'uomo potr� essere privato o limitato nella sua libert� se questa privazione o restrizione non risulti astrattamente prevista dalla legge; se un regolare giudizio non sia a tal fine instaurato, se non vi sia provvedimento dell'autorit� giudiziaria che �ne dia le ragioni �; con le sentenze nn. 3 del 1974 e 113 del 1975 si � esclusa la illegittimit� costituzionale della reiterazione della misura .della sorveglianza speciale (art. 11 della legge n. 1423 del 1956), in quanto non automatica, ma subordinata ad un provvedimento del giudice emanato all'esito di un procedimento rispettoso dei principi del contraddittorio e del diritto di difesa; con le sentt; nn; 53 del 1968, 76 del 1970, 168 del 1972 e 69 del� 1975 si � confermata l'esigenza che, con riguardo a tutte le misure che incidono sulla libert� personale, sia garantito al soggetto il diritto allo svolgimento di una integrale difesa; infine, nella sentenza n. 177 del 1980 si � ancora una volta ribadita l'indefettibilit� dell'intervento del giudice nel procedimento per l'applicazione delle misure dL prevenzione, con le necessarie garanzie difensive. Dalle anzidette pronunce deve trarsi la conseguenza non solo che il pubblico ministero (organo non giurisprudenziale, ma pur sempre autorit� giudiziaria) possa -com'� ovvio -assumere la veste di semplice soggetto proponente la misura (come � del resto previsto nella rimanente normativa in materia), ma anche che deve altres� ritenersi compatibile con i richiamati principi una disciplina che attribuisca ad esso il potere di disporre la misura medesima; purch� per� con carattere di provvisoriet�, e quindi esclusivamente nell'ambito di un procedimento che, entro brevi termini, conduca necessariamente all'adozione del provvedimento definitivo da parte �di un giudice, con il rispetto delle garanzie della difesa. Ci� posto, appare evidente come la normativa impugnata non risponda assolutamente ai delineati requisiti, e si ponga, pertanto, in insanabile contrasto con gli artt. 13 e 24 della Costituzione. Basta osservare al riguardo che, in base ad essa (la quale costituisce, d'altronde, un unicum nel vigente sistema di prevenzione, che riserva all'organo giurisdizionale anche l'adozione del provvedimento in via provvisoria: v. art. 6 della legge n. 1423 del 1956 e succ. mod.), il procuratore nazionale antimafia dispone la misura del (<soggiorno cautelare� in via definitiva, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 424 come chiaramente discende dal fatto che il provvedimento � soggetto soltanto ad un riesame meramente eventuale da parte del giudice, su iniziativa del soggetto interessato; n� assume, ovviamente, alcuna rilevanza in contrario la temporaneit� della misura (che non pu� avere durata superiore ad un anno), essendo evidente che la durata della misura non ha nulla a che vedere con la natura, potenzialmente definitiva, del provvedimento che la dispone. L'accertato vizio di costituzionalit� inficia -com'� evidente -in radice l'iter procedimentale dell'istituto, cos� come delineato, nella sua sequenza essenziale (adozione del provvedimento-riesame su ricorso), negli impugnati commi primo e quinto dell'articolo in esame. Ma ci� non comporta che ne consegua inevitabilmente la pura e semplice caducazione dell'anzidetta disciplina -che finirebbe col travolgere integralmente l'istituto -, ove sia possibile rinvenire nell'ordinamento una soluzione che, riconducendo la disciplina stessa nell'alveo della legittimit�, assicuri nel contempo la perdurante operativit� di uno strumento di prevenzione della criminalit� mafiosa e, quindi, di tutela di interessi di primario rilievo costituzionale. Ritiene al riguardo questa Corte che tale soluzione vi sia, e consista nel ricondurre il procedimento in esame, con il necessario correttivo di cui si dir�, nell'ambito della disciplina processuale dettata dall'art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e successive modificazioni. Detta disciplina � quella ordinaria del vigente sistema di prevenzione, nel quale si inserisce l'istituto in esame, per cui il riferimento ad essa discende anche dall'applicazione del normale criterio ermeneutico della riespansione della norma generale in caso di venir meno di quella speciale. Ne consegue che alla emanazione del provvedimento motivato con cui il procuratore nazionale antimafia dispone il �soggiorno cautelare�, dato il suo necessario carattere di provvisoriet�, debba contestualmente associarsi la richiesta di adozione del provvedimento definitivo al tribunale indicato nel citato art. 4 della legge n. 1423 del 1956, cui seguir� la procedura di cui ai commi quinto e seguenti del medesimo art. 4. Poich�, tuttavia, occorre, in conseguenza della natura provvisoria del provvedimento, per di pi� incidente sulla libert� personale, che la decisione del giudice intervenga entro un termine perentorio, il termine di trenta giorni indicato nella norma summenzionata deve necessariamente operare, in questo caso, a pena di decadenza del provvedimento medesimo. In conclusione, ferma rimanendo la possibilit� di intervento del legislatore -beninteso nel rispetto dei richiamati principi costituzionali-, va dichiarata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 25-quater, primo PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE comma, del d.l. n. 306 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 356 del 1992, nella parte in cui non prevede che il procuratore nazionale antimafia pu� disporre, con decreto motivato, il soggiorno cautelare soltanto in via provvisoria, con l'obbligo di chiedere contestualmente l'adozione del provvedimento definitivo al tribunale, ai sensi dell'art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e successive modificazioni, il quale decide, a pena di decadenza, nei termini e con le procedure previste dall'anzidetto art. 4 della legge medesima; a ci� consegue necessariamente la dichiarazione di illegittimit� costituzionale del quinto comma del medesimo art. 25-quater. Ogni altra censura prospettata dal remittente resta assorbita. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Le sentenze della Corte di Giustizia delle Comunit� europee pronunciate nel corso dell'anno 1994 in cause alle quali ha partecipato l'Italia. Ventuno sono state, nell'anno 1994, le sentenze della Corte di giustizia pronunciate in cause alle quali ha partecipato l'Italia (su un totale di 188 sentenze): otto su ri�orsi diretti della Commissione contro l'Italfa e viceversa, undici su domande di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE o dell'art. 41 del Trattato .CECA (di cui nove proposte da giudici italiani) e due su domande di pronuncia pregiudiziale ai sensi della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Oltre a quelle pubblicate in questo numero della Rassegna e nei numeri precedenti di quest'anno, le sentenze della Corte sono state le seguenti: -12 gennaio 1994, nella causa C-296/94, Commissione c. Italia, con la quale la Corte ha dichiarato irricevibile il ricorso della Commissione diretto all'accertamento della violazione di un obbligo (relativo all'aggiudicazione a trattativa privata di un appalto comunale di opere pubbliche) diversa dall'addebito formulato nel parere motivato; -23 febbraio 1994, nella causa C-289/93, Commissione c. Italia, dove, in tema di ravvicinamento delle legislazioni nel trasporto su strada � stato statuito che � non avendo adottato entro il termine prescritto tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 23 novembre 1988, 88/599/CEE, sulle procedure uniformi concernenti l'applicazione del regolamento (CEE) n. 3820/85, relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada, e del regolamento (CEE) n. 3821/85, relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE�. -24 febbraio 1994, nella causa C-99/92, Terni e Italsider c. Cassa conguaglio per il settore elettrico, con la quale, in tema di aiuti di Stato alla siderurgia, � stato statuito che � l'art. 1 della decisione della Commissione 29 giugno 1983, 83/396/CECA, concernente gli aiuti che il Governo italiano intende concedere a favore di taluni produttori siderurgici -in ordine alla cui validit� non sono emersi elementi contrari -non autorizza la concessione alle societ� Terni e ltalsider dell'aiuto consistente nel rimborso di aumenti di sovrapprezzo termico �. -24 febbraio 1994, nella causa C-100/92, Fonderia s.p.a. c. Cassa conguaglio per il settore elettrico, con la quale parallelamente, sempre in tema di aiuti di Stato alla siderurgia, la Corte ha dichiarato che �l'art. 1 della decisione della Commissione 29 giugno 1983, 83/396/CECA, concernente gli aiuti che il Governo italiano intende concedere a favore di taluni produttori siderurgici, non osta all'applicazione dell'art. 1 del decreto legge 4 settembre 1981, n. 495, recante pro; vedimenti urgenti in favore dell'industria siderurgica ed in materia di impianti disinquinanti, come modificato dalla legge di conversione 4 novembre 1981, n. 617, nella parte in cui esso prevede il rimborso degli aumenti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 427 del sovrapprezzo termico gravanti sull'energia elettrica consumata dalle imprese siderurgiche tra il 1� gennaio e il 30 giugno 1983 �. -3 marzo 1994, nelle cause riunite 332, 333 e 335/92, Eurico Italia c. Ente nazionale Risi, con la quale, in tema di organizzazione comune del mercato del riso, la Corte ha dichiarato che � 1) l'art. 40, n. 3, secondo comma, del Trattato dev'essere interpretato nel senso che il mancato rimborso di un tributo interno, � che colpisce i soli prodotti nazionali in occasione del loro acquisto o della loro trasformazione ed � destinato ad alimentare un fondo di aiuto alla produzione� nazionale, non crea, in caso� di esportazione dei detti prodotti, discriminazioni a danno degli operatori che ne sopportano l'onere; 2) l'art. 17, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 21 giugno 1976, n. 1418, relativo all'organizzazione comune del mercato del riso, che riguarda le restituzioni all'esportazione, dev'essere interpretato nel senso che non osta a che un tributo avente le� caratteristiche soprammenzionate non sia rimborsato all'esportatore del prodotto considerato, a meno che tale tributo non si riveli come un mezzo per diminuire l'importo delle restituzioni all'esportazione �. -9 marzo 1994, nella causa C-291/93, Commissione c. Italia, la quale ha dichiarato, in in�teria di ravvicinamento delle legislazioni sulla qualit� delle acque dolci; che �la Repubblica italiana, avendo omesso di adottare tutti i provvedimenti the l'esecuzione della sentenza della Corte 12 luglio 1988, causa 322/86, Commissione c. Itaiia, importa, � venuta meno agli obbligl� che le incombono in forza� dell'art. 171 del Trattato CEE�. -18 maggio 1994, nella causa C-303/93, Comillissione c. Italia, dove la Corte ha statuito che �la Repubblica italiana, non avendo messo in vigore entro il termine prescritto tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 17 settembre 1990, 90/486/CEE, che modifica la direttiva 84/529/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli ascensori elettrici, � venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi del Trattato CEE�. -29 giugno 1994, nella causa C-403/92, Claire Laforgue, dove � stato statuito che � 1. -l'art. 5, n. 1, clel regolamento (CEE) della Commissione 26 marzo 1981, n. 997, recante modalit� di applicazione per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve, cos� come l'art. 6 del regolamento (CEE) della Commissione 16 ottobre 1990, n. 3201, recante modalit� di applicazione per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve, non osta all'utilizzazione del termine "chateau" da parte di viticoltori i quali producono uve su fondi che .fanno parte dell'antica tenuta di un maniero, hanno . costituito una cooperativa ed effettuano la vinificazione nei locali di quest'ultimai �2. -il fatto che una societ� cooperativa comprenda fra i suoi soci alcuni viticoltori, i cui fondi provengono dal frazionamento dell'antica tenuta di un maniero, ed altri viticoltori, i quali.� ottengono uva all'esterno di detta tenuta, non � tale da escludere l'applicazione delle norme in oggetto, una volta che vengano fissati procedimenti affidabili affinch� le uve ottenute dai primi non vengano miscelate con quelle ottenute dai secondi �. -14 luglio 1994, nella causa C-379/92, Perolta, con la quale la Corte ha ritenuto che �gli artt. 3 letti f), 7, 30, 48, 52, 59, 62, 84 e 130 R del Trattato CEE ed il regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4055, che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi, non si oppongono a che la normativa di uno Stato membro vieti a tutte le navi, senza alcuna distinzione di bandiera, lo scarico di sostanze chimiche nocive nelle sue acque territoriali . , . t??L 0?k:???-~ 428 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO e nelle sue acque interne, a che essa imponga lo stesso divieto in alto mare alle sole navi battenti bandiera nazionale e, infine, a che, in caso di violazione, essa punisca, con la sospensione del titolo professionale, i capitani di navi, cittadini di tale Stato membro�. -20 settembre 1994, nella causa C.249/92, Commissione c. Italia, con la quale la Corte ha dichiarato che � imponendo una previa autorizzazione per qualsiasi importazione di vegetali sensibili al "colpo di fuoco" (Erwinia amylovora), la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza: -dell'art. 11 della direttiva del Consiglo 21 dicembre 1976, 77/93/CEE, concernente le misure di protezione contro l'introduzione negli Stati membri di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali, come modificata dalle direttive del Consiglio 14 novembre 1988, 88/572/CEE, e 26 giugno 1989, 89/439/CEE; -e del combinato disposto dell'art. 30 del Trattato CEE e dell'art. 10, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 27 febbraio 1968, n. 234, relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore delle piante vive e dei prodotti della floricoltura�. -5 ottobre 1994, nelle cause riunite 133, 300 e 362/93, Crispoltoni, dove si � ritenuto che non � viziata da eccesso di potere n� viola i principi di proporzionalit�, di non discriminazione e del legittimo affidamento la normativa di cui al reg. CEE del Consiglio 25 aprile 1988, n. 1114, che modifica il reg. 727/70, sull'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore del tabacco greggio, e di cui ai regolamenti di attuazione del medesimo, nella parte in cui fissa, fino al raccolto 1992, ai fini dell'attribuzione di un premio ai trasformatori- produttori di tabacco in foglia, quantitativi massimi garantiti (QMG) di produzione globale nazionale per variet� o gruppo di variet� di tabacco anzich� quote individuali per ciascuna impresa. OSCAR FIUMARA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE. 68 sez., 13 luglio 1994, nella causa C-130/92 � Pres. Mancini -Rel. Murray � Avv. Gen. Lenz � Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di cassazione italiana nella causa OTO S.p.a. (avv. Monaco) c. Ministero Finanze -Interv.: Governo italiano (avv. Stato Fiumara) e Commissione delle C.E. (ag. Aresu). Comunit� europee � Tributi interni � Imposta nazionale di consumo sui prodotti audiovisivi e foto-ottici � Merci importate direttamente da paesi terzi � Compatibilit� con il diritto comunitario. (Trattato CEE, art. 12, 95 e 113; decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953, conv. con mod. nella legge 28 febbraio 1983, n. 53). Un tributo quale l'imposta erariale di consumo introdotta nel diritto italiano dall'art. 13 del decreto legge 30 dicembre 1982, n. 953, convertito nell'art. 4 della legge 28 febbraio 1983, n. 53, non costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale all'importazione ai sensi dell'art. 12 del Trattato CEE. Detto tributo, nella misura in cui si applica alle merci importate direttamente dai paesi terzi, non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 95 del Trattato. Nella misura in cui si applica alle merci importate direttamente dai paesi terzi, lo stesso tributo non � PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 429 incompatibile con le norme del Trattato relative all'attuazione della politica commerciale comune, in particolare con l'art. 113, salva restando, tuttavia, l'applicazione: �.delle norme convenzionali eventualmente in vigore: fra. la Comunit� economica europea e i paesi terzi di provenienza delle merci di cui trattasi (1). (omissis)> L -Con ordfuanza 19 febbraio 1992, pervenuta in cancelleria il 22 aprile seguente; la Corte suprema di cassazione ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione dell'art. 12 del Trattato allo scopo di valutare la compatibilit� con detto articolo di un'imposta erariale di consumo sui prodotti audiovisivi e foto-ottici, nella misura in cui questa imposta si applica ad importazioni di detti prodotti direttamente �provenienti dai paesi terzi. 2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una lite tra la OTO S.p.A. (in prosieguo: la � OTO �) ed il ministero delle Finanze vertente sulla �base imponibile di un'imposta erariale di consumo dovuta in occasiOne delle importazioni di merci provenienti dal Giappone. (1) Imposta erariale di . consumo su taluni prodotti audiovisivi bnpottati da paesi terzi: valore bnponibile. Il Governo italiano nelle sue note scritte aveva osservato che non si poneva in realt� un problema di interpretazione di norme comunitarie, dovendo la controversia essere risolta in base alle sole norme nazionali, sia pure interpretate in armonia con i principi del diritto comunitario. Questa chiave �di lettura era stata usata anche dall'avvocato generale della Corte Lenz nelle sue conclusioni. La. Corte si � limitata invece ad una pronuncia di non incompatibilit� con le norme comunitarie della normativa nazionale applicabile alle merci di provenienza extracomunitaria, sensa spingersi oltre. La controversia torna dunque al giudice nazionale quale era in origine, e si attende ora la pronuncia della Corte dLcassazione nella causa. pilota (quella appunto nella quale era stato disposto il rinvio pregiudiziale al giudice comunitario). Ricordiamo che il �decreto legge 30 dicembre 1982, n. 953 ha istituito, all'art. 13 � un'bnposta erariale di consumo sui prodotti elencati nella tabella annessa al presente decreto nella misura del 16 % del valore calcolato, per quelli di produzione nazionale, sul prezzo di vendita addebitato dal produttore in fattura, e, per quelli.� di provenienza estera, sullo stesso � valore imponibile sul quale si applica l'I.V .A. all'importazione �. Con la legge di conversione. 28 . febbraio 1983, n. 53, l'art. 13 � stato sostituito da un art. 4, il quale ha stabilito, fra l'altro, che l'imposta suddetta, istituita con decorrenza 1� gennaio 1983, � si applica nella misura del 16 % del valore franco fabbrica al netto delle spese di spedizione, distribuzione ed intermediazione e di ogni altra spesa inerente alla commercializzazione nel mercato nazionale, ovvero, per i prodotti� importati, del valore in dogana franco frontiera nazionale �. Con il decreto ministeriale 23 marzo 1983, di attuazione del predetto art. 4 (cfr. il decimo comma del medesimo), si � chiarito, nell'art. 2, comma 7�, che il RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 430 3. -A norma dell'art. 13 del decreto legge 30 dicembre 1982, n. 953 (GURI 31 dicembre 1982, n. 359), successivamente sostituito dall'art. 4 della legge 28 febbraio 1983, n. 53 (GURI, Supplemento ordinario al n. 58, del 1� marzo 1983, pubblicata in una versione coordinata nella GURI 8 marzo 1983, n. 65, pag. 1798, in prosieguo: la �legge n. 53 �), un'imposta di consumo sui prodotti audiovisivi e foto-ottici � stata istituita in Italia a partire dal 1� gennaio 1983. L'imposta viene riscossa sia sui prodotti fabbricati in Italia sia sui prodotti importati. Per quanto riguarda il primo gruppo di prodotti, l'imposta si basa sul valore franco fabbrica; per quanto attiene al secondo gruppo, il tributo si basa sul valore in dogana franco frontiera nazionale. 4. -Il ministero delle Finanze, convenuto nella causa principale (in prosieguo: il �convenuto�), adottava il 23 marzo 1983 un decreto di attuazione della legge n. 53 (GURI 25 marzo 1983, n. 83, pag. 2326, in prosieguo: il �decreto di attuazione�). L'art. 2, settimo comma, di questo decreto stabilisce che per le merci importate in Italia il valore in dogana franco frontiera nazionale viene determinato in base al valore in dogana ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio 28 maggio 1980, n. 1224, relativo al valore in dogana delle merci (GU L 134, pag. 1), aumentato degli eventuali costi ed oneri per la resa alla frontiera italiana, ivi compresi i diritti dovuti per l'immissione in libera pratica nella Comunit� valore in dogana franco frontiera nazionale � costituito, per i prodotti importati, � dal valore alla frontiera italiana determinato sulla base del valore in dogana ai sensi del regolamento 1224/80/CEE, aumentato degli eventuali costi ed oneri per la resa alla frontiera italiana, ivi compresi i diritti dovuti per l'immissione in libera pratica nella Comunit� economica europea ... �. L'art. 4 della legge citata dispone che l'imposta va applicata sul valore franco fabbrica per i prodotti nazionali e sul valore in dogana franco frontiera nazionale per i prodotti importati (da qualsivoglia paese, sia esso uno Stato membro delle Comunit� europee o uno Stato terzo). In entrambi i casi, dunque, si fa riferimento ad un valore riferito al momento che precede l'immissione in consumo del prodotto sul mercato nazionale. In questo senso la norma si pone in parallelo con quella contenuta nell'art. 3 del reg. CEE del Consiglio 28 maggio 1980 n. 1224/80 (in G.U.C.E. 31 maggio 1980 n. L. 134), secondo il quale il valore in dogana delle merci importate (da paesi terzi) da prendere in considerazione per l'applicazione della tariffa doganale comune, � � il valore di tran� sazione, cio� il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci allorch� sono vendute per l'esportazione a destinazione del territorio doganale della Comunit� ... � (che, a norma del successivo paragrafo 4, non comprende i dazi doganali e altre imposte da pagare nella Comunit� in ragione dell'importazione o della vendita delle merci, purch� essi siano distinti dal prezzo effettivamente pagato o da pagare). Per i prodotti nazionali non si � presentato alcun problema interpretativo. Per i prodotti importati, invece, si � resa necessaria una precisazione. E cos� con il decreto ministeriale 23 marzo 1983, sopra citato, emesso nell'ambito dei ooteri di attuazione conferiti dal decimo comma dell'art. 4 della legge, si � PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 431 economica europea, e diminuito delle eventuali componenti del prezzo pagato o da pagare che concernono il trasporto e la commercializzazione all'interno del territorio doganale nazionale. 5. -Diversamente da quanto disposto dalla legge n. 53, il decreto di attuazione . dispone che ai fini del calcolo del valore in dogana franco frontiera nazionale sono presi in considerazione anche i diritti dovuti per l'immissione dei beni in libera pratica nella Comunit�, il che determina l'aumento del valore imponibile per i prodotti importati direttamente da paesi terzi rispetto a quelli immessi in libera pratica. 6. -Il 18 ottobre 1984 il Ricevitore capo della dogana di Roma notificava alla OTO un'ingiunzione di pagamento relativa all'imposta erariale di consumo per importazioni di merci provenienti dal Giappone, avvenute fra il 2 febbraio e il 4 settembre 1983. 7. -La OTO citava il convenuto dinanzi al Tribunale di Roma, sostenendo che l'imposta erariale di consumo era stata calcolata in base al decreto di attuazione, il quale, discostandosi dalla legge n. 53, avrebbe dovuto essere considerato illegittimo. Il Tribunale di Roma accoglieva la sua domanda di rimborso delle somme indebitamente versate a seguito di detto calcolo, considerato errato. interpretata la legge nel senso che per i prodotti importati deve farsi riferimento, quale effettivo valore di transazione, al �valore in dogana ai sensi del reg. 1224/80/CEE, aumentato degli eventuali costi ed oneri per .la resa alla frontiera italiana, ivi compresi i diritti dovuti per l'immissione in libera pratica nella CEE �. In tal modo non solo si � interpretata correttamente la legge, chiarendo che il valore in dogana franco frontiera � il valore di transazione prima dell'immissione al consumo nel territorio nazionale, ma si � nello stesso tempo evitata la palese illogicit� di favorire i prodotti direttamente importati da paesi terzi rispetto agli stessi prodotti importati nel .territorio nazionale dopo essere stati immessi in libera pratica in altro Stato membro: infatti, quando viene presentata alla dogana italiana una merce assoggettata a dazio in altro Stato membro e rispedita in Italia in regime di libera pratica, il prezzo di transazione incorpora automaticamente il. dazio stabilito dalla tariffa doganale comune; applicare in tal caso l'imposta in questione sul prezzo di transazione, comprensivo appunto del dazio gi� assolto per l'immissione in libera pratica in altro Stato membro, e applicare l'imposta stessa, nel caso di provenienza diretta da un paese terzo, senza tener conto nella determinazione dell'imponibile del dazio non ancora assolto, comporterebbe un non giustificato vantaggio per il prodotto direttamente importato da un paese terzo. In questa situazione la Corte di cassazione aveva ritenuto opportuno chiedere alla Corte di giustizia di precisare se questo vantaggio per i prodotti direttamente importati da un paese terzo (conseguibile dagli stessi, evidentemente, solo se si neghi valore interpretativo della legge al decreto ministeriale) possa essere considerato alla stregua della imposizione di una tassa di effetto equivalente ad un dazio differenziale a carico degli stessi prodotti immessi in libera 432 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 8. -Il convenuto interponeva appello contro detta sentenza, sostenendo che l'art. 4 della legge n. 53 violava il diritto comunitario, poich� esso portava a penalizzare le merci messe in libera pratica in altri Stati membri e quindi importate in Italia rispetto alle merci importate direttamente in Italia dai paesi terzi. La Corte d'appello di Roma accoglieva questa tesi e concludeva che l'art. 4 della legge n. 53 doveva essere disapplicato. Poich� quindi nulla pi� ostava all'applicazione del decreto di attuazione, essa, con sentenza 12 giugno 1989, respingeva la domanda della OTO. 9. -La OTO proponeva ricorso in cassazione contro detta sentenza. 10. -La Corte suprema di cassazione ha sospeso il procedimento fintantoch� la Corte non si sia pronunciata in via pregiudiziale sulla seguente questione: �Se, in base all'art. 12 del Trattato di Roma istitutivo della CEE -relativo al divieto d'introduzione, fra gli Stati membri, di tasse equivalenti ai dazi doganali -, per tassa equivalente a dazio doganale debba essere intesa soltanto quella che venga imposta da un paese membro della Comunit� sui prodotti importati da altro paese membro, oppure invece si debba intendere anche l'imposta che -pur non incidendo direttamente sulle importazioni -renda, di fatto, un prodotto proveniente da un paese terzo economicamente pi� conveniente rispetto allo stesso tipo di prodotto proveniente da un paese membro. E ci� con pratica in altro Stato membro. Ed esattamente la Corte di giustizia ha risposto negativamente. In effetti un problema di interpretazione di norma comunitaria in materia di libera circolazione delle merci non si poneva, in quanto nella causa pendente dinanzi al giudice nazionale non veniva in questione il regime di importazione intracomunitario, ma solo un'operazione di importazione di prodotti da paesi terzi non ricadente in un regime armonizzato. Il problema era e rimane di diritto interno dove v'� da stabilire se si debba riconoscere alla disposizione contenuta nel decreto ministeriale un valore meramente interpretativo della norma primaria nazionale: e qui, in caso di dubbio sull'esatto significato di una norma (quella primaria), la soluzione va trovata nel senso in cui la norma stessa risulti compatibile con il complesso della legislazione vigente in materia (non solo quella interna, ma anche quella comunitaria: cfr. in proposito, da ultimo, la sentenza della Corte 14 luglio 1994, nella causa C-91/92, FACCINI DORI, pubblicata qui di seguito nella Rassegna, la quale, al punto n. 30, avverte che il giudice interno � quando applica disposizioni di diritto nazionale tanto precedenti quanto successive alla direttiva, ha l'obbligo di interpretarle quanto pi� � possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva�): e, nel nostro caso, appare evidente che la soluzione pi� corretta � quella di interpretare la normativa nazionale nel senso che essa garantisca assoluta parit� di trattamento fiscale, evitando che siano maggiormente colpiti i prodotti importati provenienti da uno Stato membro nel quale siano stati preventivamente immessi in libera pratica. Questo profilo non era sfuggito all'avvocato generale Lenz. � Nella presente fattispecie -aveva egli rilevato nelle sue conclusioni (punti 24 e 25) -non � I I @ r:� particolare. riguardo an~ipotesi elle; questo trattamento sfavorevole per iLpaese .nter.ttbro della :Comunlt� derlvidal fatto che, in: applicazione della nu<>va itnpost~h il valPr.e 1tnponibile� del prodotto � hnmesso .: nel mercato t1Wilrf.17ktS~E �� � lh .,,.... Ptima di/ rlso~y$'� .takli Q'!lestione.; occorre ricordare come la Corte� .abbia�. ~�< affermato . che un'imposta quale l'imposta erariale di / J.2�.<J,.a Co~el1a Wfatti. ~?llesso che tl'i])uti q\laliitributi erariali di to.suih9 yjgenti ip .. l~a ,eran~. disclpifuatt .~.� �disposb:iom fiscalicomuni e.c011?ivanQ c4tegori~, <ti. pl'o4otti in. "Pal!e. �a.d..�un criter~o.obiettivo, inppen4entemente . ~l'oi-igjne .del .pr�dotto. in .. questione, .. vale a dire i�~tfJJiaiTS~ ~f:1lteii~zn~1:e~~;:s:g~Jw~ffa~ri~a~bu~J6~friirli:f~?i~s~~:: L'incompatibilit��� con le norme di i;liritro comumtano tonsiste pjuttostoc iiella pardaJ~ :non dsco~one. d(ll ttibuto sui; prodotti . dei ~Jl.esi Jeru esportati. diret� t~nte iJl.� itaJia. $i .potr:ebbeclire che ~: discipl.la,it~ concede .~ffettiva� mente a qrii;:sti pr9aC>tti Utu.\ p~fere!lza (anelli se questa .()n PJ�> esser:" st�fa 11futeiki�rte �. cfollegislatore. ifalfaito)., e con d� conit:forlii il periooio. dfuno svfumento o di una distorsione delle correnti commerciali. L'unico modo, cC>n cui p.P (ilSfil(lr~ rimoss.a q.esta . ini.:gmpatjpJ�t;)., .� co.~isllil ~(il�qnc\Q . me . nell'ipcl.dere :~~~!~�.:r9J:f:~g:~~:~:�r:o~=~;~~;~p:l1~tzi��.:;~~=rii~~~~���~:o't: tatt,�. (omiSsis);.;; Ci� significa .che c�l diritto �o:inunitario � compatibile s�ltanto il� procedim~nto, disposto col cllilCl'.eto 23 m~<>�l~S3,. avente. aj oggetto U �al�<>lo, 4ell'imposta dl c.i:msw:no gravante s� Prodotti importati eta paesi .. terzi. Come ff �governo italiano � ha giustamente affermato; questo procedhnenfo re�lliza l'assoluta parit� di trattamento fiscale�. � � � � La Corte si�. per� .limitata a rilevare la non incompatibilit�� con il diritto comunitario .della . legislazione nazionale. applicabile alle importazioni dai paei;i terzi, senza scendere ad un esa:me . dettagliato della normativa. nazionale, la cui esatta mt�rpretazione� Sp�tta�al� giudice nazionale. . OSCAR FIUMARA Il RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 434 ca e che esso costituiva un'entrata fiscale identica alle altre e concorreva come le altre a finanziare in modo generale le spese dello Stato in tutti i settori (v. precitata sentenza Simba e a., punto 8). 13. -Si deve pertanto risolvere la questione sollevata nel senso che un tributo quale l'imposta erariale di consumo introdotta nel diritto ita� liano dall'art. 13 del decreto legge 30 dicembre 1982, n. 953, convertito nell'art. 4 della legge 28 febbraio 1983 n. 53, non costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale all'importazione ai sensi del� l'art. 12 del Trattato. 14. -Tuttavia, nell'ambito della cooperazione giudiziaria istituita dall'art. 177 del Trattato, la Corte ha in particolare il compito di interpretare tutte le disposizioni del diritto comunitario di cui i giudici nazionali necessitino per statuire sulle liti sottoposte al loro giudizio, anche se tali disposizioni non figurano espressamente nelle questioni sottopostele da detti giudici (v. sentenza 18 marzo 1993, causa C280/91, Viessmann, Racc. pag. I-971, punto 17). 15. -La questione sollevata dal giudice a quo dev'essere quindi esaminata alla luce delle disposizioni del Trattato che possono applicarsi ai fatti della causa principale, in particolare gli artt. 95 e 113. 16. -Secondo una giurisprudenza costante, l'art. 95 del Trattato mira a garantire la libera circolazione delle merci fra gli Stati membri in condizioni normali di concorrenza, tramite l'eliminazione di qualsiasi forma di protezione che possa risultare dall'applicazione di imposte interne discriminatorie nei confronti di prodotti di altri Stati membri. Orbene, la Corte ha precisato, per quanto riguarda la libera circolazione delle merci all'interno della Comunit�, che i prodotti che fruiscono della libera pratica sono totalmente e definitivamente equiparati ai prodotti originari degli Stati membri. Ne consegue che l'art. 95 riguarda tutti i prodotti provenienti dagli stati membri, ivi compresi i prodotti originari dei paesi terzi che si trovano i.n libera pratica negli Stati membri (v. sen� tenza 7 maggio 1987, causa 193/85, Co-Frutta, Racc. pag. 2085, punti 25, 26 e 29). 17. -Dagli atti risulta che, a norma dell'art. 4, n. 2, della legge n. 53, le merci provenienti da paesi terzi che si trovano in libera pratica in uno Stato membro diverso dall'Italia ricevono, ai fini della riscossione dell'imposta erariale di consumo di cui trattasi nella causa principale, lo stesso trattamento dei prodotti equivalenti fabbricati in uno di detti Stati membri. 18. -Orbene, sempre secondo la costante giurisprudenza della Corte, l'art. 95 del Trattato si applica soltanto alle merci provenienti dagli Stati membri e, eventualmente, alle merci originarie di paesi terzi che si trovano in libera pratica negli Stati membri. Ne consegue che questo arti� PARTE I, SEZ. �II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 43S colo non si applica ai prodotti importati direttamente dai paesi terzi (v. precitata sentenza Simba e a., punto 14). � 19. -Un tributo quale quello oggetto della causa principale, nella� misura in cui si applica alle merciimportate direttamente dai paesi terzi,' non rientra quindi nell'ambito di applic~one dell'art. 95 del Trattato.: 20; --Con riferimento ad una eventuale applicazione dell'art. 113 del Trattato, occorre osservare che il Trattato non contiene, per gli scambicon paesi terzi, una norma analoga all'art.� 95 per quanto attiene ai tributiinterni, salve restando, tuttavia, le norme convenzionali eventualmente in vigore fra la Comunit� e il paese di origine di una determinata merce (v. sentenza 10 ottobre 1978, causa 148/77, Hansen, Racc. pag. 1787, punto 24), e, inoltre, che l'art. 113, bench� attribuisca alla Comunit� poteri c:;he le consentono di adottare ogni adeguato provvedimento in materia di politica commerciale comune, non fornisce, di per s�, alcun criterio. giU:ridico sufficient�mente preciso che permetta di valutare i diritti nazionali contestati (v. sentenza 16 marzo 1983, causa 266/81, SlOT, Racc. pag. 731; punto 49). 21. -Si deve pertanto risolvere la questione sollevata dal giudice nazionale nel senso che, nella misura in cui si applica alle merci importate direttamente dai � paesi terzi, un tributo quale quello esaminato nella causa principale non � incompatibile .con le norme del Trattato relative all'attuazione della . politica commerciale comune, in particolare con l'art. ll3, salva restando, tuttavia, l'applicazione delle nonne convenzionali eventualmente in vigore fra la Comunit� economica europea e i paesi terzi di provenienza delle merci di cui trattasi. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Plenum, 14 luglio 1994, nella causa C-91/92 -Pres. Due -Rel. Joliet -Avv. Gen. Lenz Domanda di. pronuncia pregiudiziale proposta dal giudice conciliatore di Firenze nella causa p. Faccini Dori c. Recreb S.r.l. -Interv.: Governi tedesco (ag. Roder e Quassowski), ellenico (ag. Kontolaimos e Athanasoulis), francese (ag. Puissochet e de Salins), danese (ag. Molde), olandese (ag. Heukels), dei Regno unito (ag. Collins e Wyatt) e italiano (avv. Stato Conti e Braguglia) e Commissione delle C.E. (ag. Gussetti). Comunit� europea -Tutela dei consumatori � Contratti . negoziati fuori dei locali commerciali -Possibillt� di far valere una direttiva nelle controversie fra privati. (Direttiva CEE del Consiglio 20 dicembre 1985, n. 85/577; d.lgs. 15 gennaio 1992, n. 50). -, Gli artt. 1, n. 1, 2 e 5 della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, n. 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 436 fuori dei locali commerciali, sono incondizionati e sufficientemente precisi per quanto concerne la determinazione dei beneficiari e il termine minimo entro il quale va notificato il recesso. In assenza di provvedimenti di attuazione della direttiva 85/577 entro i termini prescritti, i consumatori non possono fondare sulla direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti con i quali essi hanno stipulato un contratto, n� possono far valere tale diritto dinanzi a un giudice nazionale. Tuttavia quest'ultimo, quando applica disposizioni di diritto nazionale tanto precedenti quanto successive alla direttiva, ha l'obbligo di interpretarle quanto pi� � possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva (1). (omissis) 1. -Con ordinanza 24 gennaio 1992, giunta alla Corte il 18 marzo successivo, il Giudice conciliatore di Firenze (Italia) ha posto, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, �na questione pregiudiziale vertente, in primo luogo, sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 87/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (G.U. L 372, pag. 31, in prosieguo: la � direttiva sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali �), e, in secondo luogo, sulla possibilit� di far valere tale direttiva in una controversia tra un commerciante e un consumatore. 2. -La questione � sorta nell'ambito di una controversia tra la signorina Paola Faccini Dori, residente a Monza (Italia), e la Recreb S.r.l. (in prosieguo: la � Recreb �). 3. -Dall'ordinanza di rinvio risulta che il 19 gennaio 1989, senza essere stata preventivamente sollecitata dalla signorina Faccini Dori, la (1) La Corte ha confermato la sua giurisprudenza, ampiamente citata in motivazione, sulla diretta applicabilit� delle disposizioni di una direttiva sufficientemente precise e incondizionate dopo la scadenza del termine per la sua attuazione nell'ordinamento nazionale, ribadendo che tale applicazione pu� avvenire solo in senso verticale (nei rapporti cio� fra il singolo e lo Stato) e non in senso orizzontale (nei rapporti fra singoli). Fondamento della verticalit�, ha precisato la Corte, � l'obbligo dello Stato di uniformarsi alla direttiva nel termine stabilito (art. 189 trattato CEE); limite all'orizzontalit� � l'incompetenza della Comunit� ad emanare norme che facciano sorgere con effetto immediato obblighi a carico dei singoli al di l� dei casi in cui il relativo potere le � attribuito in sede regolamentare. Fermo l'obbligo del Giudice nazionale di interpretare il diritto interno vivente nel senso pi� prossimo alla lettera e allo scopo della direttiva, la tutela del singolo potrebbe essere assicurata dall'azione risarcitoria esperibile nei confronti dello Stato inadempiente nei limiti gi� definiti nella fondamentale sentenza 19 novembre 1991, nelle cause riunite C-6 e 9/90, FRANCOVICH, citata in motivazione (pubbl. in questa Rassegna, 1991, I, 448). ,.,,,,,��,,,.,�����;;::;::::=::::::==��111�I PARTE I, SBZ; II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE societ� Interdiffusion S.r.l. stipulava con quest'ultima, presso la stazione centrale d.i Milano (Italia), cio� al di fuori dei propri locali commerciali, un contratto avente ad oggetto un corso d'inglese per corrispondenza. 4. �~� Qualche giorno dopo; con lettera raccomandata 23 gennaio 1989, la signorina Faccini Dori comunicava a detta societ� di voler annullare il su9 ordine, Q.~s.t'ultirnl:!. rispc>ndeya . il 3. giug.,o 1989 facendo sapere di averced.to ilsuo. credito alla Recreb,.ll 24 giugno 1989, la signorina Faccini. Ppri confermava per iscritto alta Recreb di aver revocato la sua accettazione, facendo in particolare richiamo al diritto di recesso stabilito dalla ciir.eftiva .sui com~atti nego:dati fuori . dei locali commerciali. 5. -1..a direttiva ha lo scopo, cos� come si ricava dai suoi 'considerando'. �. di migliorare la tutela dei coilsumatori e di por fine alle disparit� ~sistentftra le legislazfoni nazi9nali in I1l�rito a detta tutela, disparit� che possono aver� un'inciderizi;i sul furiziona;nlento del mercato comune. Nel suo quarto 'consi�erarido' essa JHustra c}le, nel caso di contratti conc�usifuorid�ilocal� commerciali del COI11I1lerciante, di regola � questo ultimo a prendere 11iniziatiy� delle t:rattatlve, mentre il consumatore � impreparato di fronte a queste e pertanto si trova spesso colto di sorpresa. n con.sumatore quasi sempre non ha la possibilit� di confrontare fa qt�~lit� e ff prezzo che gli vengono proposti con altre offerte. In base al niedesimo 'considerando', questo elemento ~i so:rpresa� generalmente presente rion soltanto nel caso di contraiticoriclusi a domicilio, ma anche in altre forme di c0ntratti conclusi dal commerciante fuori dei propri locali. Scopo della direttiva, collie discende. dal suo quinto 'considerando', � pertanto quello di accordare al consumatore il diritto di recesso, da esercitarsi entro un termine non inferiore a sette giorni, per �permettergli di valutare �gli obblighi che derivano dhl contratto. 6; �..;;..... n 30 giugno 1989 la Recreb chiedeva �al Giudice conciliatore di Firenze di ingiungere alla signorina Facciri� Dori di<pagarle la somma convenuta; oltre �gli.� interessi e le spese. 7 . .....:. Co:n..decreto. 20 novembre 1989. ��detto giudice . condannava la signorina Faccini Dori a pagare tali somwe. Quest'ultima prqponeva opposizione contro detta .�ingiunzione dinanzi. al .medesimo giudice .. Essa sosteneva nuovamente di aver esercitato il recesso dal contratt� nel rispetto delle� condizioni stabilite dalla direttiva. 8 . .....:. ~.tuttavia.pacifipo che nessun provvedimento di attuazione della direttiva era stato adottato dall'Italia all'epoca dei fatti, mentre il termine previsto per detta attuazione era spirato il 23 dicembre 1987. Infatti � solo con il decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50 (GURI, Supplemento ordinario al n. 27 del 3 febbraio 1992, pag. 24), entrato in vigore il 3. marzo 1992, che l'Italia ha attuato la direttiva. '438 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 9. -Il giudice di rinvio si � interrogato sulla possibilit� di applicare le disposizioni della direttiva, nonostante all'epoca dei fatti essa non fosse stata attuata da parte dell'Italia. 10. -Detto giudice ha pertanto sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale cos� formulata: �Se la direttiva comunitaria del 20 dicembre 1985, n. 577, sia da considerarsi sufficientemente precisa e dettagliata e se essa, nel periodo fra la scadenza del termine di 24 mesi assegnato agli Stati membri per conformarsi ad essa ed il giorno in cui lo Stato italiano si � ad essa conformato, sia stata in grado di produrre effetti nei rapporti fra i singoli e lo Stato italiano e nei rapporti dei singoli fra loro �. 11. -Occorre rilevare che la direttiva sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali impone agli Stati membri di adottare talune norme volte a disciplinare i rapporti giuridici tra commercianti e consumatori. In considerazione della natura della controversia, la quale vede di fronte Un consumatore ed un commerciante, la questione sottoposta dal giudice nazionale solleva due problemi che occorre esaminare separatamente. Essa concerne in primo luogo il carattere sufficientemente preciso e incondizionato delle disposizioni della direttiva riguardanti il diritto di recesso. In secondo luogo essa verte sulla possibilit� di far valere nelle liti tra privati, in mancanza di provvedimenti di attuazione, una direttiva la quale imponga agli Stati membri l'adozione di talune norme volte a disciplinare proprio i rapporti tra tali persone. In merito al carattere sufficientemente preciso e incondizionato delle disposizioni della direttiva riguardanti il diritto di recesso. 12. -Ai sensi dell'art. 1, n. 1, la direttiva si applica ai contratti stipulati tra un commerciante che fornisce beni e servizi e un consumatore o durante un'escursione organizzata dal commerciante al di fuori dei propri locali commerciali, o durante una visita del commerciante al domicilio del consumatore o sul suo posto di lavoro, qualora la visita non abbia luogo su espressa richiesta di quest'ultimo. 13. -Per quanto concerne l'art. 2, esso precisa che occorre intendere per �consumatore� la persona fisica che, per le transazioni disciplinate dalla direttiva, agisce per un uso che pu� considerarsi estraneo alla propria attivit� professionale, e per � commerciante � la persona fisica o giuridica che, nel concludere la transazione in questione, agisce nell'ambito della propria attivit� commerciale o professionale. 14. -Dette disposizioni hanno la precisione sufficiente per consentire al giudice nazionale di individuare i soggetti su cui gravano le PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALI! �439 obbligazioni ed i beneficiari dell'adempimento di queste. Nessun provvedimento specifico di attuazione � necessario al riguardo. Il giudice nazionale pu� limitarsi ad accertare se il contratto sia stato stipulato nelle circostanze descritte dalla direttiva e se sia stato concluso tra un commerciante e un consumatore, nel significato attribuito a tali termini dalla medesima direttiva. 15. -Per tutelare il consumatore che ha stipulato un contratto in circostanze del genere, l'art. 4 della direttiva impone che il commerciante deve informarlo per iscritto del suo diritto di recedere dal contratto, nonch� del nome e indirizzo della persona nei cui riguardi pu� essere esercitato tale diritto. Esso aggiunge in particolare che, nel caso dell'art. 1, n. l, detta informazione deve essere consegnata al consumatore al momento della stipulazione del contratto. Esso infine precisa che gli Stati membri devono far s� che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora non venga fornita l'informazione di cui trattasi. 16. -Peraltro, l'art. 5, n. l, della direttiva stabilisce in particolare che il consumatore ha il diritto di revocare il proprio impegno indirizzando una comunicazione entro un termine di almeno sette giorni dal momento in cui il commerciante, secondo le modalit� e condizioni prescritte dalla legislazione nazionale, lo ha informato in merito ai suoi diritti. Il n. 2 puntualizza che con l'invio della comunicazione di cui trattasi il consumatore � liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto. 17. -Gli artt. 4 e 5 concedono indubbiamente agli Stati membri un certo margine di discrezionalit� per quanto concerne la tutela del consumatore quando il commerciante non fornisce l'informazione e per quel che riguarda la fissazione del termine e delle modalit� del recesso. l'ale circostanza tuttavia non incide sul carattere preciso e incondizionato delle disposizioni della direttiva sulle quali � incentrata la causa principale. Tale margine di discrezionalit� non esclude infatti che sia possibile determinare alcuni diritti imprescindibili. Al riguardo, dalla lettera dell'art. 5 discende che il recesso va notificato entro un termine minimo di sette giorni dal momento in cui il consumatore ha ricevuto l'informazione che il commerciante � tenuto a fornire. � pertanto possibile determinare il livello minimo di tutela che deve essere comunque realizzato. 18. -Pertanto, occorre risolvere il primo problema sollevato dal giudice nazionale nel senso che gli artt. l, n. l, 2 e 5 della direttiva sono incondizionati e sufficientemente precisi per quanto concerne la determinazione dei benefici e il termine minimo entro il quale va notificato il recesso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 440 Sulla possibilit� di far valere le disposizioni della direttiva riguardanti il diritto di recesso in una controversia tra .un consumatore e un commerciante. 19. -Il secondo problema sollevato dal giudice nazionale concerne in particolare la questione se, in mancanza di provvedimenti di attuazione della direttiva entro i termini prescritti, i consumatori possano fondare sulla direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti con i quali hanno stipulato un contratto e possano far valere tale diritto dinanzi a un giudice nazionale. 20. -Come ha sottolineato la Corte, secondo una giurisprudenza costante successiva alla sentenza 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall (Racc. pag. 723, punto 48), una direttiva non pu� di per s� creare obblighi a carico di un singolo e non pu� quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti. 21. -Il giudice nazionale ha sottolineato che la limitazione degli effetti delle direttive incondizionate e sufficientemente precise, ma non attuate, ai rapporti tra enti statali e singoli farebbe s� che un atto normativo sia tale solo nei rapporti fra alcuni soggetti dell'ordinamento mentre, nell'ordinamento italiano come in quello di ogni altro ordinamento di qualsiasi paese moderno basato sul principio di legalit�, lo Stato � un soggetto di diritto al pari di qualsiasi altro. Se la direttiva potesse essere opponibile solo nei confronti dello Stato, ci� eqtiivarrebbe a una sanzione per l'inadempienza nell'adozione delle misure legislative di attuazione, come se si trattasse di un rapporto di natura meramente privatistica. 22. -Basti rilevare al riguardo che, come discende dalla sentenza 26 febbraio 1986, Marshall, gi� citata (punti 48 e 49), la giurisprudenza sulla possibilit� di far valere direttive nei confronti degli enti statali � fondata sulla natura cogente attribuita alla direttiva dall'art. 189, natura cogente che esiste solo nei confronti dello � Stato membro cui � rivolta �. Detta giurisprudenza mira ad evitare che uno �Stato possa trarre vantaggio dalla sua trasgressione del diritto comunitario�. 23. -"'"-Sarebbe infatti inaccettabile che lo Stato al quale il legislatore comunitario prescrive l'adozione di talune norme volte a disciplinare i suoi rapporti -o quelli degli enti statali -con i privati e a riconoscere a questi ultimi il godimento di taluni diritti potesse far valere la mancata esecuzione dei suoi obblighi al fine di privare i singoli del godimento di detti diritti. Per tale ragione la Corte ha ammesso la possibilit� di far valere nei confronti dello Stato (o di enti statali) talune disposizioni delle direttive sulla conclusione degli appalti pubblici (v. sentenza 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo, Racc. pag. 1839) e delle direttive PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INmRNAZIONALE sull'armonizzazione delle imposte sulla cifra d'affari (v. sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53). 24. -Estendere detta giurisprudenza all'ambito dei rapporti tra singoli significherebbe riconoscere in capo alla Comunit� il potere di ema� nare norme che facciano sorgere con effetto immediato obblighi a carico Cl.i que$ti ultimi, mentre tale competenza le spetta solo laddove le sia attribuito il potere di adottare regolamenti. 25. -Ne consegue che, in assenza di provvedimenti di attuazione della direttiva entro i termini prescritti, i consumatori non possono fondare sulla� direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti con i quali banno stipulato un contratto, n� possono far valere tale diritto dinanzi a un giudice nazionale. 26. -Occorre inoltre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante successiva alla sentenza 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson e Kaniann (Racc. pag. 1891, punto 26), l'obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato; come pure l'obbligo loro imposto dall'art. 5 del Trattato di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l'adempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi degli Stati membri ivi compresi, nell'ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. Cos� come discende dalle sentenze della Corte 13 novembre 1990, causa C-106/89, Marleasing (Racc. pag. I-4135, punto 8), e 16 dicembre 1993, causa C-334/92, Wagner Miret (Racc. pag: I-6911, punto 20), nell'applicare il diritto nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di nonne precedenti o successive alla direttiva, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale quanto pi� � possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva per conseguire il risultato perseguito da quest'ultima e conformarsi pertanto all'art. 189, terzo comma, del Trattato. 27. -.N;el caso. in cui il , risultato prescritto dalla direttiva non possa . essere< �onseguito mediante interpretazione, occorre peraltro ri� �ordare che, secondo la sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a. (Racc. pag. I-5357, punto 39), il diritto comunitario impone agli Stati� membri di risarcire i danni da essi causati ai singoli a causa della mancata attuazione di una direttiva, purch� siano soddisfatte tre condizioni. Innanzi tutto la direttiva deve avere lo scopo di attribuire diritti a favore dei singoli. Deve essere poi possibile individuare il contenuto di tali diritti sulla base delle disposizioni della direttiva. Infine deve esistere un nesso di causalit� tra la violazione dell'obbligo a carico dello Stato e il danno subito. 28. .:... La direttiva sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali ha incontestabilmente lo scopo di attribuire certi diritti ad alcune cate 442 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO gorie di singoli ed � altrettanto certo che il contenuto imprescindibile di tali diritti pu� essere individuato sulla base delle sole disposizioni della I direttiva (v. supra, punto 17). I 29. -Posto che ci sia un danno e che tale danno sia dovuto alla vioI lazione da parte dello Stato dell'obbligo a lui incombente, spetter� al giudice nazionale garantire il diritto dei consumatori lesi al risarcimento, nell'ambito delle norme nazionali in tema di responsabilit�. 30. -Per quanto concerne il secondo problema sollevato dal giudice nazionale e alla luce delle considerazioni svolte in questa sede, occorre rispondere che, in assenza di provvedimenti di attuazione della direttiva entro i termini prescritti, i consumatori non possono fondare sulla direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti con i quali essi ha:..mo stipulato un contratto, n� possono far valere tale diritto dinanzi a un giudice nazionale. Tuttavia quest'ultimo, quando applica disposizioni di diritto nazionale tanto precedenti quanto successive alla direttiva, ha l'obbligo di interpretarle quanto pi� � possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 5a sez., 14 luglia 1994, nella causa C186/93 -Pres. Moitinho de Almeida -Rel. Rodriguez Iglesias -Avv. Gen Van Gerven -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d'appello di Roma nella causa UNAPROL (avv.ti Mercuri, Castelli Avolio e Guarino) c. AIMA. Interv.: Governo italiano (avv. �Stato Fiumara) e Commissione delle C.E. (ag. de March e avv. Carnelutti). Comunit� europea -Politica agricola comune -Aiuti alla produzione di olio di oliva -Pagamento ai beneficiari tramite un'unione di associazioni di produttori -Interessi bancari maturati sulle somme stanziate -Titolare. (Reg. CEE del Consiglio 4 novembre 1982, n. 2959, e 17 luglio 1984, n. 2261; dd.mm. agri coltura 29 dicembre 1983, art. 2, e 2 gennaio 1985, art. 17). Le disposizioni comunitarie relative al finanziamento della politica agricola comune e, in particolare, i regolamenti (CEE) del Consiglio 4 novembre 1982, n. 2959, che stabilisce, per la campagna 1982/1983, le norme generali relative all'aiuto alla produzione di olio di oliva, e (CEE) del Consiglio 17 luglio 1984, n. 2261, che stabilisce le norme generali relative all'aiuto alla produzione e alle organizzazioni di produttori di olio d'oliva, non ostano a che una normativa nazionale disponga che gli inte PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 443 ressi bancari eventualmente maturati sulle somme stanziate sino al loro versamento effettivo ai beneficiari appartengono all'organismo nazionale d'intervento (1). (omissis) 1. -Con ordinanza 27 ottobre 1992, pervenuta in cancelleria il 20 aprile 1993, la Corte d'appello di Roma (Prima Sezione civile) ha sottoposto alla Corte di giustizia delle Comunit� europee, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione della normativa comunitaria che disciplina l'erogazione degli aiuti comunitari e, in particolare, del regolamento (CEE) del Consiglio 4 novembre 1982, n. 2959, che stabilisce, per la campagna 1982/1983, le norme generali relative all'aiuto alla produzione di olio d'oliva (GU L 309, pag. 30) e del regolamento (CEE) del Consiglio 17 luglio 1984, n. 2261, che stabilisce le norme generali relative all'aiuto alla produzione e alle organizzazioni di produttori di olio d'oliva (GU L 208, pag. 3), al fine di stabilire a chi spettano gli interessi maturati sui conti delle unioni di organizzazioni di produttori, a seguito dello stanziamento di fondi da parte dell'AIMA e fino al loro effettivo versamento ai beneficiari degli aiuti. 2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia tra l'Unaprol (Unione nazionale tra le associazioni di produttori di olive), da un lato, l'AIMA (Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo) ed il ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, dall'altro. L'Unaprol, riconosciuta a norma del regolamento (CEE) del Consiglio 19 giugno 1978, n. 1360, concernente le associazioni di produttori e le (1) Soluzione conforme a quella prospettata dal Governo italiano. In effetti la materia non � regolata dalla normativa comunitaria ma solo da quella nazionale e, quindi, solo in base a quest'ultima occorre verificare se gli interessi maturati sulle somme versate dall'AIMA ad un'organizzazione di produttori e giacenti fino al pagamento ai propri membri siano attribuibili all'AIMA o all'organizzazione stessa (UNAPROL). L'art. 2 del reg. CEE 2261/84 precisa che � l'aiuto � concesso agli olivicoltori stabiliti negli Stati membri �, � su domanda presentata dagli interessati �. L'aiuto � dunque degli olivicoltori e ad essi solo compete. Le organizzazioni di produttori sono un tramite di cui i produttori possono servirsi per facilitare i compiti di essi stessi e dell'organismo di intervento: in tale veste esse ricevono gli anticipi e i saldi dell'aiuto, provvedendo � senza indugio alla loro ripartizione ai produttori membri�. Resta pur sempre fermo che � gli Stati membri produttori stabiliscono le modalit� per l'assegnazione dell'aiuto e i termini per il pagamento agli olivicoltori� (cos� recita l'art. 11, quinto comma, del reg. CEE sopra citato). Ordunque la norma comunitaria vuole solo che sia assicurato agli olivicoltori il pagamento dell'aiuto loro spettante nel pi� breve tempo possibile. Perch� ci� avvenga, essa prevede che gli interessati possano servirsi di un tramite, cio� delle proprie organizzazioni, le quali provvedono a raccogliere RASSEGNA AVVOCATURA DEU.0 STATO relative unioni (GU L 166, pag. 1), � associata alla gestione degli aiuti comunitari alla produzione dell'olio di oliva. 3. -Con atto di citazione notificato il 22 ottobre 1986, l'Unaprol conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, l'AIMA ed il ministero dell'Agricoltura e delle Foreste chiedendo che fosse dichiarata l'illegittimit� dei decreti ministeriali 29 dicembre 1983 (GURI n. 28 del 28 gennaio 1984) e 2 gennaio 1985 (GURI n. 17 del 21 gennaio 1985), adottati in esecuzione dei citati regolamenti comunitari che disciplinano mercati dell'olio d'oliva. 4. -L'Unaprol ha sostenuto che la normativa nazionale (art. 2, quarto comma, del decreto ministeriale 29 dicembre 1983 e art. 17, sesto comma, del decreto ministeriale 2 gennaio 1985) � in contrasto con la normativa comunitaria, in quanto prevede che spettano all'AIMA e non ai singoli produttori, che sono gli effettivi ed unici beneficiari degli aiuti comunitari, gli interessi bancari maturati per eventuali giacenze delle somme erogate sino all'effettiva erogazione ai beneficiari oppure, a causa del ritorno degli assegni per decesso o per mancato recapito all'indirizzo indicato in domanda dai beneficiari, in attesa dell'emissione dei nuovi titoli. 5. -A termini dei primi sei commi dell'art. 17 del decreto mrmsteriale del ministro dell'Agricoltura 2 gennaio 1985, che ricalcano nella parte essenziale le disposizioni del decreto ministeriale 29 dicembre 1983 le somme e a ripartirle agli interessati stessi senza indugio. � solo con la ripartizione, cio� con il versamento della somma da parte dell'organizzazione, che l'olivicoltore ottiene la soddisfazione delle sue spettanze. Fermo e indiscutibile, dunque, che la norma comunitaria nient'altro prescrive se non �che il pagamento avvenga senza indugio agli olivicoltori, prevedendo che ci� possa realizzarsi tramite organizzazioni che provvedano alla ripartizione dovuta, e fermo che spetta agli Stati stabilire le modalit� di pagamento, qualsiasi problematica in materia di modalit� di pagamento non pu� che essere risolta sulla base della sola normativa nazionale. E in sede nazionale si � stabilito che l'UNAPROL, una volta raccolte le somme, le ripartisca senza indugio agli olivicoltori, cos� come prescrive la norma comunitaria. E si � stabilito altres� che gli interessi maturati per la giacenza delle somme nel conto bancario dell'UNAPROL fra la data della provvista e la data dell'effettivo pagamento agli olivicoltori vengano attribuiti all'AIMA. Cio� esattamente l'organizzazione funziona da mero tramite e per ci� solo percepisce un certo compenso pattuito contrattualmente. Non v'� alcuna norma comunitaria o nazionale che imponga di attribuire all'UNAPROL, per s� e/o per gli olivicoltori, gli interessi sopraddetti; e risponde a piena logica che essi siano appunto rivendicati dall'AIMA, essendo essi relativi a giacenze non certo di appartenenza degli olivicoltori. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE sostituendo le � organizzazioni di produttori riconosciute � con � le unioni di associazioni di produttori riconosciute �: � Le unioni di associazioni di produttori riconosciute sono tenute ad effettuare, a favore dei propri associati, il pagamento dell'anticipo e del saldo dell'aiuto a mezzo di bonifici bancari oppure di assegni circolari non trasferibili emessi da un istituto di credito prescelto dalle organizzazioni stesse da inviarsi con lettera raccomandata al domicilio degli aventi diritto. Gli importi dell'anticipo e del saldo di cui al precedente comma sono pari ai corrispondenti importi accreditati dall'AIMA sulla base delle risultanze delle note riepilogative delle domande ritenute ammissibili all'aiuto in applicazione della normativa comunitaria e del presente decreto. I rapporti tra le unioni riconosciute e l'istituto di credito incaricato del servizio di pagamento dell'aiuto comunitario alla produzione devono essere regolati, a termini del decreto del presidente della Republica 4 luglio 1973, n. 532, da apposita convenzione, con la quale sia previsto che ai pagamenti in favore degli aventi diritto deve farsi luogo entro e non oltre dieci giorni lavorativi decorrenti dalla data in cui gli accreditamenti delle relative somme disposti dall'AIMA sono resi effettivamente disponibili. Nel caso di soci di cooperative olivicole aderenti ad associazioni di produttori, la trasmissione degli assegni circolari non trasferibili a favore dei singoli produttori soci pu� essere effettuata per il tramite delle cooperative medesime, al fine di facilitare le relative operazioni di pagamento. Anche i rapporti tra l'AIMA e le suddette unioni vengono regolati con convenzione con la quale deve essere previsto che gli importi degli assegni restituiti, per decesso o per mancato recapito all'indirizzo del beneficiario indicato in domanda, vanno versati presso l'istituto di credito, incaricato del servizio di pagamento, su apposito conto corrente vincolato per l'emissione dei nuovi titoli debitamente aggiornati. Gli estratti conto, corredati dallo scalare degli interessi bancari maturati per effetto della giacenza delle somme, devono essere semestralmente comunicati all'AIMA a cura delle unioni interessate. Gli interessi bancari maturati sono di esclusiva pertinenza dell'AIMA alla quale devono essere accreditati dalle organizzazioni dei produttori, al netto delle sole ritenute erariali, mediante versamento con vaglia del Tesoro cui conto corrente infruttifero n. 416 intestato all'AIMA: gestione finanziaria �. (omissis) 13. -La questione pregiudiziale va quindi (ri)formulata nel senso che essa � diretta a far precisare se le disposizioni comunitarie relative al finanziamento della politica agricola comune e, in particolare, i regolamenti nn. 2959/82 e 2261/84 ostano a che una normativa nazionale di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 446 sponga che gli interessi bancari eventualmente maturati sulle somme stanziate sino al loro versamento effettivo ai beneficiari appartengono all'organismo nazionale d'intervento. 14. -Per rispondere a tale questione, vanno richiamate le disposizioni essenziali relative al finanziamento comunitario degli interventi sui mercati agricoli e, pi� particolarmente, sul mercato dell'olio d'oliva. 15. -Il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG), sezione �garanzia�, finanzia le restituzioni all'esportazione e gli interventi destinati a regolarizzare i mercati agricoli a norma, soprattutto, del regolamento (CEE) del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU L. 94, pag. 13). 16. -Ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, di tale regolamento: � 1. Gli Stati membri designano i servizi e gli organismi ch'essi abilitano a pagare, a decorrere dall'entrata in applicazione del presente regolamento, le spese previste agli artt. 2 e 3. Essi comunicano alla Commissione, al pi� presto possibile, dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, le seguenti informazioni relative a tali servizi e organismi: -la denominazione e, se del caso, lo statuto, -le condizioni amministrative e contabili secondo cui sono effettuati i pagamenti relativi all'esecuzione delle norme comunitarie nel quadro dell'organizzazione comune dei mercati agricoli. Essi informano immediatamente la Commissione di qualsiasi modifica intervenuta. 2. La Commissione mette a disposizione degli Stati membri i fondi necessari affinch� i servizi e gli organismi designati procedano, in conformit� delle norme comunitarie e delle legislazioni nazionali, ai pagamenti di cui al paragrafo 1. Gli Stati membri vigilano a che tali fondi siano utilizzati senza indugio ed esclusivamente per gli scopi previsti �. 17. -Secondo il regolamento (CEE) della Commissione 30 gennaio 1978, n. 380, relativo al funzionamento del regime degli anticipi per le spese a carico della sezione �garanzia� del FEAOG (GU L 56, pag. 1), ed il regolamento (CEE) della Commissione 31 ottobre 1983, n. 3184, relativo al regime degli anticipi per le spese a carico del FEAOG, sezione � garanzia� (GU L 320, pag. 1) -che ha sostituito il citato r.egolamento n. 380/78 -, la Commissione mette a disposizione degli Stati membri, in un conto aperto a tale scopo da ciascuno di essi presso il Tesoro od altro organismo finanziario, i mezzi finanziari necessari ai servizi o agli organismi designati all'uopo per effettuare i pagamenti delle spese finanziate dalla sezione � garanzia� del FEAOG (art. 1, n. 1, di ambedue PARTE I, SEZ/ 111 GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE i regolamenti). Gli Stati membri garantiscono la sana g�stione dei mezzi finanziari comunitari e: procedono allo loro ripartizione tra i vari servizi ed organismi all'uopo designati (art. l, n. 3, di ambedue i regolamenti). HL�---,. Le associazioni di produttori (definite �organizzazioni di prod.ttori � dai regolamenti nn.. 2959/82 e 2261/84) e le relative unioni so;no state riconosciute dal citato regolamento n.1360/78. Questo regolamento istituisce in determinate regioni comunitarie un regime d'incentivazione, volto a stimolare la costituzione di associazioni di produttori e delle relative unioni, al fine di ovviare aUe carenze strutturali a livello dell'offerta. e deila commercializzazione di prodotti agricoli, carenze caratterizzate dall'irisufficiente grado �di organizzazione dei produttori. 19. -Il regime di aiuto alla produzione di olio d'oliva � stato istituito dal regolamento del Consiglio 22 settembre 1966 n. 136/66/CEE, relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi (GU L 172, pag. 3025). 20. -L'associazione delle organizzazioni di prqduttori e delle relative unioni alla gestione dell'aiuto alla produzione di olio d'oliva � stata istituita dal citato regolamento n. 1360/78, dal regolamento (CEE) del Consiglio 15 luglio 1980, n. 1917, che modifica il regolamento n. 136/66/CEE relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi e il regolamento (CEE) n. 1360/78 concernente le associazioni di �produttori e le relative unioni (GU L 186, pag. 1), dal regolamento (CEE) del Consiglio 18 maggio 1982, n. 1413, che modifica il regolamento n. 136/66/CEE relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi (GU L 162, pag. 6), e dal regolamento (CEE) del Consiglio 17 luglio 1984, n. 2260, che modifica il regolamento numero 136/66/CEE relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi (GU L 208, pag. 1). 21. -Da ultimo, i regolamenti nn. 2959/82 e 2261/84, gi� citati, la cui iriterpretazione � richiesta dal giudice a quo, definiscono i presupposti per la concessione dell'aiuto alla produzione di olio d'oliva ed organizzano le modalit� di erogazione dell'aiuto stesso agli olivicoltori, nonch� i controlli circa il diritto all'aiuto. I presupposti per la concessione e l'erogazione dell'aiuto variano a seconda che l'olivicoltore sia o no membro di un'organizzazione di produttori riconosciuta iri conformit� delle disposizioni comunitarie. 22. -Pi� specialmente, il regolamento n. 2261/84, che precisa i diritti e gli obblighi di tutti i soggetti interessati dal regime, prende in considerazione le unioni di organizzazioni di produttori di olio d'oliva. Tali unioni, secondo il mandato ad esse conferito dall'art. 10 del regolamento, RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO coordinano le attivit� delle organizzazioni che le compongono, vigilano a che tali attivit� siano conformi alle disposizioni del regolamento, presentano alle autorit� competenti le dichiarazioni di coltura e le domande di aiuto loro trasmesse dalle organizzazioni che le compongono, ricevono dallo Stato membro interessato gli anticipi sull'aiuto alla produzione, nonch� il saldo degli aiuti, e procedono senza indugio alla loro ripartizione tra i produttori membri delle organizzazioni che le compongono. 23. -L'art. 11, n. 5, del regolamento n. 2261/84 dispone che gli Stati membri produttori stabiliscono le modalit� per l'assegnazione dell'aiuto e i termini per il pagamento agli olivicoltori. Parimenti, l'art. 6, n. 2, del regolamento n. 2959/82 prevede che gli Stati membri interessati stabiliscono le modalit� dell'assegnazione dell'aiuto e dell'anticipo da parte delle organizzazioni di produttori ai loro aderenti. 24. -Va constatato che la questione dell'attribuzione degli interessi eventualmente maturati, nel corso della procedura di concessione degli aiuti, sulle somme stanziate per l'erogazione degli stessi non � stata disciplinata espressamenete dalla citata normativa sul mercato dell'olio d'oliva. 25. -Alla luce di quanto precede, spetta all'ordinamento interno di ogni Stato membro definire il regime giuridico applicabile agli eventuali interessi maturati sui conti delle unioni di associazioni di produttori, relativamente agli importi degli aiuti prima del loro effettivo pagamento ai beneficiari. 26. -Infatti, in assenza di una disposizione comunitaria relativa agli interessi, questi ultimi rientrano nella competenza normativa attribuita agli Stati membri dagli artt. 11, n. 5, del regolamento n. 2261/84 e 6, n. 2, del regolamento n. 2959/82. 27. -Siffatta interpretazione � conforme alle modalit� di finanziamento della politica agricola comune, secondo cui la Comunit� concede aiuti alla produzione nel contesto di una ripartizione delle competenze con gli Stati membri. Gli importi corrispondenti a tali aiuti sono messi a disposizione degli Stati membri che devono provvedere � alla loro gestione e, soprattutto, stabilire le condizioni di pagamento degli aiuti ai beneficiari via i rispettivi servizi o organismi d'intervento. 28. -Va aggiunto, come la Commissione ha osservato a giusto titolo, che una normativa nazionale del tipo di quella controversa nella causa principale non appare tale da pregiudicare l'applicazione uniforme e l'efficacia del diritto comunitario. .. . . .. �..�... ... . . . . . . . . l?,\).l;rn .li ~z;: #F�ltda:t~.. 00.1\4~;\J�A ij �NmRNAZIONALB .�.�.� .�. �:��:::::: :->?~:::::::-�:<:: ::<::�::::: �:::>>:--:::.::..:::'.::::'.." .-:-�:_� :_. .:-::-::���_-: ..��::-� ::�-: ....� ... �. . . .::��.-:.::� :--::��.. �.":"�. .� .�. �.� ' �����ᥥA29~P��1Ua�iu~iicin~��$c>'ttopc:Mta���~}J~�e>X-t~��va�4uirtdi�.�risohi��ner�s~so� cli.e tei..�W$pd$~i(});ii�tofXi\tiji:t~Re ��:retitive���i�ᥥ�ftimnziamento���tena..:opolit�et~�� .� agriC:oii:1;-�~Q.m<tt~?et �m���p~rtfo(>1are,;i��t~8Pia�:fie:lld� nn;,� .29S.9/82 e;2.26lf841 non .� dID:~rto. ~"li�~~��~tt���ri:�rtitati't'-� nazii:MaMoispQtigiftli�'gn. mter�s~r.bi!tn�ar~�� �������~v~~~~~#ie1#~����#1~~'*'~#ᥥ��st.ijte. st>!xl~eᥥ ~t~iate�... 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Sospension��degli ...� ; �~~t�Qij~�~9*~+~e8Jli�~J:1~~; al(l;#i i;-uAvt� . <i~J1\�t${ijjijfa:!1li;t; p~j/{ . .. ,... . ... � ...... ��:.:::::_::::.:-::�:::--:_:::.:.:�:��.:::.. _::-::::::_� .. . : . :... . . . �.:. .. . . f?isponett/1-<i ia sospension;lf degli diuti indivtctddii pe~ �l~ ~~struzione di tJ:tu11;f(lb1itl~'i�f#i:�ifiicJ(> e;<dt. iStJgtu.�os�o, per laprodm.ione�di��Olio di setnij .di ieff!.61# e di fit/r�rier e� per( la 1� rcicerca e .la >formazione; a.> c�usa di metLduffbi qut1:t11:0� allt:t.d�rri <;:fJhformit� :can {a sua decisione di. �ppf'.o� v~ioni!t;(lfl.��t.egim<t. gen#'fialeitaiian:Q (�.salva�. salo.la� sospensiane .deWaiuto per la fPrmazione di s�orte. dl prodotti agricoli)~ la CommisSione .�ha vi:Olato l'art� 93; n~ 2 e 3, det Tratt�to CEE (1). -. . . ..�.� �.�.; �.� �. .-.;.; ..� .�: ��:-:�...;~.-.�-� �"�' ��::���� .�.� (omissis) 1:2. ~�n fi�6rso '.Ptes~htato�' ;~u~ .earicellerla il 31 �geri� nmo�� 11191;��ia. Rep�.bbHca :�italian��� a rt0Hfia��aell'a~t�:r73.. dei�Trattato���CEE,�� :fui ��� chRi$fo\ I'annuifafu~nt� della d~ciSione �denti �ommissfone, comWiic~ ta!e &c:>tit~ft~ra�� 23 hBiveitl&re���1990,��a1 a:wfate��iFprdced�mentb di esame di�� cui all'.�rtl 93, � ��l �� 2, pritri6 co:rhfua, del Trattato C:Slf contro l� coli~ // (lt�mtnfaratQ: i;t~$sibile ton �la sent~nza in~e'.t'locutotia? citata �.�i:nmoti� vazi()ue{3Q giugno .t~!)7: (irt <@esti( ~(lSStiB!�i, 1992{ I;�� 227) 11 ricorso italiano confr<><fa d~d$lone d1 avvio d�lla proc�duta di cm all'art. 93; .m. 2, del Trattati:� CEE). :titen4ta questa immediatarilerite in'lpugnabile dalid stesso Stato membro che . toittesti la novit� deJrmuto C()rttrodeduc�lldo th� sl tratti di aiuto gi� esi~ ste\>xte e autQrizzato/:Puntuale e conseguenziale �mt�rve:nuta la .pronU1lcia� nel merito/dellil: Corte 1stessa; �� �/� � �' � � � � � � Considerata la diversit� dei regimi� procedurali � stabiliti � dal Trattato per gli aiuti nuovi� e per quelli i esistenti, una volta. rilevato che l'aitito individuale � . stato concesso in, base ud uni regime generale gi� autorizzato, non pu� fa C�mmissione esamiil�rl� direttamente e sospenderne l'efficacia come� se si tratti tout court di un aiut� nuovo. Essa d�v'e limitarsi/mnafiZitutto;pri:ma. dell'inizio 6 450 RASSEGNA 'AVVOCATURA DELLO STATO cessione cli aiuti alla societ� Italgrani da parte delle autorit� italiane, decisione accompagnata dall'ingiunzione cli sospendere detti aiuti (in prosieguo: la �decisione di avvio del procedimento�). Questa decisione � stata publicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunit� europee, C 11 del 17 gennaio 1991, n. 32. 2. -Dagli atti di causa risulta che la legge italiana 1� marzo 1986, n. 64 (in prosieguo: la �legge di aiuti per il Mezzogiorno�), ha istituito un regime generale di aiuti a favore del Mezzogiorno. In conformit� all'art. 93, n. 3, del Trattato tale disciplina � stata notificata alla Commissione- il 2 maggio 1986. 3. -Con decisione 2 marzo 1988, 88/318/CEE (in prosieguo: la �decisione di approvazione del regime generale italiano�, GU L 143, pag. 37), la Commissione ha approvato il regime generale cli aiuti istituito a favore del Mezzogiorno. L'art. 9 della decisione ha fatto tuttavia obbligo alla Repubblica italiana di rispettare le disposizioni e i regolamenti comunitari, vigenti o da adottare successivamente, in materia di coordinamento dei vari tipi di aiuto nei settori dell'industria, dell'agricoltura e della pesca. 4. -In seguito a tale decisione, il ministro italiano per gli interventi nel Mezzogiorno ha concesso aiuti alla societ� napoletana Italgrani sti-. pulando con essa un � contratto cli programma �, approvato il 12 aprile 1990 dal Comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale (in prosieguo: il �CIP!�). 5. -Il contratto di programma di cui trattasi si articolava su vari punti: la costruzione cli impianti industriali che utilizzano materie prime di origine agricola (cereali, barbabietole, soia, frutta), fra cui una fabbrica di amido e una di glucosio, la produzione di olio di semi, quella di semole e di farine, la formazione di scorte di prodotti agricoli, un programma di ricerca e la formazione del personale della societ�. di qualsiasi procedimento, a stabilire se l'aiuto individuale rientri nel regime generale e soddisfi le condizioni fissate dalla decisione di approvazione dello stesso. Se, a seguito dell'esame cos� limitato, la Commissione constati la conformit� dell'aiuto individuale al regime generale autorizzato, l'aiuto individuale potr� considerarsi autorizzato e quindi esistente. Se, invece, la Commissione constati che l'aiuto individuale non rientra nella sua decisione di approvazione del regime generale, allora e solo allora l'aiuto deve essere considerato un aiuto nuovo e potr� esserne sospesa l'efficacia. Nella specie la Commissione aveva considerato nuovi gli aiuti indicati nella decisione impugnata senza il previo accertamento che la gran parte degli stessi (salvo quello per la formazione di scorte di prodotti agricoli) non fossero auto� rizzati dalla decisione di approvazione del regime generale. ! ! I I Plllal*1t�1a11����1�1���1��mlI PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 6. -Il 26 luglio 1990, in seguito ad un reclamo proposto dalla Casillo Grani, una societ� concorrente dell'Italgrani, la Commissione ha chiesto alle autorit� italiane di inviarle informazioni su detti aiuti. Il 7 settembre 1990 le autorit� italiane hanno notificato la decisione del CIPI che approvava il contratto di programma stipulato con l'Italgrani. Esse hanno fornito informazioni aggiuntive su detti aiuti nel corso di una riunione tenutasi nel settembre 1990 e con lettere inviate durante il mese di ottobre dello stesso anno. 7. -Con lettera 23 novembre 1990, la Commissione ha comunicato al governo italiano la propria decisione di avviare il procedimento di esame in contraddittorio di cui all'art. 93, n. 2, primo comma, del Trattato per quanto riguarda la maggior parte degli aiuti concessi all'Italgrani e intimava ad esso la loro sospensione. 8. -Nella motivazione della sua decisione la Commissione ha espresso dubbi quanto al rispetto da parte delle autorit� italiane delle due condizioni alle quali essa avrebbe subordinato l'approvazione del regime generale. Dette autorit� avrebbero ignorato le disposizioni e i regolamenti comunitari in materia di coordinamento dei vari tipi di aiuti nel settore dell'agricoltura, contrariamente a quanto prescritto loro dall'art. 9 della decisione di approvazione del regime generale (punto D della decisione). La Commissione rilevava inoltre che le informazioni in suo possesso non le consentivano di stabilire se fossero stati rispettati � i massimali di intensit� � da essa, a suo avviso, menzionati nella decisione di approvazione del regime generale. 9. -Dopo aver esaminato i vari aiuti, la Commissione ha ritenuto che gli aiuti concessi all'Italgrani non sembrino poter beneficiare di alcuna delle deroghe di cui all'art. 92, n. 3, lett. a) (aiuti in favore delle regioni sfavorite o in difficolt�) e lett. e) (aiuti settoriali o regionali), del Trattato (punto I. 1 della decisione). Essa ha aggiunto che �a norma dell'art. 93, n. 3, del Trattato CEE non pu� essere data esecuzione alle misure progettate prima che la procedura prevista dal n. 2 del medesimo articolo abbia condotto ad una decisione definitiva � (punto I. 3 della decisione). Essa ha ricordato del pari che gli aiuti versati in violazione di detto principio potevano costituire oggetto di ripetizione dai loro beneficiari e che le spese comunitarie che sarebbero state da essi riguardate non avrebbero potuto essere imputate al FEAOG (punto I. 4 della decisione). 10. -Il presente ricorso � diretto contro detta decisione. 11. -Il governo italiano addebita alla Commissione di aver considerato gli aiuti inizialmente previsti a favore dell'Italgrani aiuti nuovi, vale 452 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO a dire aiuti non autorizzati, e di avere di conseglienza disposto la sospensione del loro versamento a norma dell'art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato. 12. -Orbene, il � contratto di programma � stipulato con la societ� Italgrani e ratificato il 12 aprile 1990 dal CIJ>I costituirebbe soltanto un'applicazione. del� regime generale italiano di aiuti. Poich� la Commissione avrebbe approvato questo programma nella menzionata decisione 88/318 senza riservarsi la possibilit� di un esame successivo delle misure individuali di esecuzione, il governo italiano sostiene che gli aiuti accordati all'Ita:lgrani non dovevano essere notificati, in quanto essi erano gi� stati autorizzati e dovevano quindi essere considerati aiuti esistenti ai sensi dell'art. 93, n. 1, del Trattato. Di consegeunza, la Commissione non avrebbe potuto disporne la sospensione, poich� questa � prevista dall'art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato soltanto per gli aiuti nuovi. 13. -Sempre secondo il governo italiano, la Commissione ha potuto disporre la sospensione degli aiuti soltanto in quanto, pur affermando nella decisione di avvio del procedimento che essa si � limitata ad accertare se gli aiuti concessi all'Italgrani rientrassero nella sua decisione di approvazione del regime generale, essa li ha in realt� valutati direttamente rispetto all'art. 92 del Trattato. In tal modo, avrebbe implicitamente modificato la sua decisione 2 marzo 1988, 88/318, con cui aveva considerato il rigime generale compatibile col Trattato. Essa avrebbe quindi violato -i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento. 14. -Il 9 aprile 1991 la Commissione ha sollevato un'eccezione di irricevibilit� sostenendo che l'atto impugnato era soltanto un atto preparatorio. La Corte, con sentenza 30 giugno 1992 (Racc. pag. I-4145), ha respinto l'eccezione senza impegnare la discussione nel merito. 15. -Nelle memorie presentate dopo detta sentenza, la Commissione formula inoltre tre osservazioni qualificate da essa preliminari. 16. -In primo luogo, la Commissione rileva che il 16 agosto 1991 essa ha infine autorizzato gli aiuti a favore dell'Italgrani in base ad alcune modifiche e modalit� proposte dalle autorit� italiane nel corso del procedimento di esame (decisione della Commissione 16 agosto 1991, 91/474/CEE, concernente gli aiuti concessi dal governo italiano alla societ� Italgrani per la realizzazione di un complesso agro-alimentare nel Mezzogiorno, GU L 254 dell'll settembre 1991, pag. 14, in prosieguo: la �decisione finale di autorizzazione�). Essa sostiene che l'annullamento della decisione di avvio del procedimento priverebbe di fondamento giuridico la decisione finale di autorizzazione e di conseguenza la renderebbe illecita. PARm I, SEw�n, 'GIURIS. COMUNITARIA B� INTERNAZIONALB .17;. ,...... In secondo luogo, la Commissione sosti�ne che ihricorso di cui trattasi,. poich� non deferisce al sindacato della Corte le valutazioni econoi; niche che �sono� alla� base della.� decisione di avvio del -procedimento e ne impugna soltanto aspetti marginali; non � idoneo >a 'detertnin&1l� Uannullamento, � . -l&�. . ~n..terzo ly,qgQ, la Co;rnmissione osserva che, poich� 1a cieci� ~ione i;rnpugna~ nqn produce pi� un effetto sqspensiyo <!.opo la mqdifi�a da parte delle autorit� italiane degli aiuti inizialmente previsti a favore dell'Italgrani, il ricorso � divenuto privo di oggetto. l9............. $i deve -constatai:e��che le prime .due os$ervazioni _.della Cqm.missione non si basano su elementi di diritto o di fatto che siano emersi dopo la discussione sulla ricevibilit� del ricorso del governo italiano terminata con la summenzionata sentenza 30 giugno 1992. Queste osservazfon� devono essere quindi respinte. Quanto alla terza osservazione, � suffieient� const�t�re che fa decisione di sospensione ha avtito. effetti durante \l:n certo peri�do: �(. 20�>~ Nel merito, occorre rilevare anzitutto che gli aiuti concessi all'Italgrani rientrano .nell'ambito del regime generale di aiuti istituito dalla legge. di aiuti pei;: iLMezzogiotno; come ha ammesso la stessa Com; missione (v. la decisione .di avvio del procedimento, punto A, quinto capoverso, e punto C; nonch� la decisione finale di auto:r:izzazione degl,i aiuti 16 agosto 1991, puntoJ,� terzo�capovers.o). 21. ""."'.'. Si� deve sottolineru;e< inoltre come, ...a volta che sia stato approvato un regime gene.raie di aiuti, le misure individuali di esecuz: ione non_ debbano essere. :notiflc.ate alla Commissione, salvo se alcune. riserve siano state formulate al riguardo dalla Commissione ;nella decisione di approvazione, come la stessa Commissione ha ammesso nella sua Quattordicesima Relazione sulla politica di concorrenza (punto 203) e nelle ca�se Irish Cement/Comm-issione (v. cause riunite 166/86 e 200/86, Racc. 1988, pag. 6482). Infatti;-poich� gli aiuti individuali costituiscono mere misure di �secuzione del regime generale di aiuti, gli elementi che la C�mmissiorie dovrebbe prendere in considerazione per valutar.li coinci. derebbero con quelli che essa ha applicato in occasione dell'esame del regime generale. � pertanto inutile sottoporre gli aiuti individuali all'esame della: Commissione. 22. -Nella specie, la Commissione sostiene di aver formulato . una riserva quanto all'approvazione� del regime generale italiano. Nel com troricorso essa afferma che, in un telex da essa inviato al governo italiano il 14 novembre 1986, si sarebbe riservata il diritto di pronunciarsi successivamente sulle disposizioni .della legge di aiuti per. il Mezzogiorno RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 454 relative ai prodotti agricoli. Essa avrebbe quindi avvertito detto governo che non si sarebbe pronunciata su dette disposizioni fintantoch� non le sarebbero state notificate � le modalit� di applicazione degli aiuti per i prodotti dei settori agricolo e agro-alimentare ( ...) che le varie regioni del Mezzogiorno (dovevano) stabilire nell'ambito delle loro competenze�. Non essendo state mai adottate dette misure di applicazione, gli aiuti concessi all'Italgrani, che riguardano prodotti agricoli, non fruirebbero della dispensa dalla notifica derivante dalla decisione di approvazione del regime generale italiano. 23. -Questo argomento non pu� essere accolto. Quale che sia il significato da attribuire a detto telex, � sufficiente rilevare che la Commissione non ne ha riprodotto la sostanza nella sua decisione di approvazione del regime generale italiano. 24. -Occorre rilevare inoltre che la Commissione, quando si occupa di un aiuto individuale che si sostiene essere stato concesso in base ad un regime gi� autorizzato, non pu� subito esaminarlo direttamente rispetto al Trattato. Essa deve limitarsi anzitutto, prima dell'inizio di qualsiasi procedimento, a stabilire se l'aiuto rientri nel regime generale e soddisfi le condizioni fissate dalla decisione di approvazione dello stesso. Se non procedesse in tal modo, la Commissione potrebbe, in occasione dell'esame di ciascun aiuto individuale, modificare la sua decisione di approvazione del regime di aiuti, la quale presupponeva gi� un esame alla luce dell'art. 92 del Trattato. I principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto in tal caso sarebbero posti a repentaglio tanto per gli Stati membri quanto per gli operatori economici, poich� aiuti individuali rigorosamente conformi alla decisione di approvazione del regime di aiuti in qualsiasi momento potrebbero essere rimessi in discussione dalla Commissione. 25. -Qualora, a seguito di un esame cos� limitato, la Commissione constati che l'aiuto individuale � conforme alla sua decisione di approvazione del regime di cui trattasi, detto aiuto dovr� essere considerato un aiuto autorizzato, e quindi un aiuto esistente. La Commissione non potr� pertanto disporne la sospensione poich� l'art. 93, n. 3, del Trattato le attribuisce tale potere soltanto per gli aiuti nuovi. 26. -Al contrario, se la Commissione constata che l'aiuto individuale non rientra nella sua decisione di approvazione del regime, l'aiuto deve essere considerato un aiuto nuovo. Qualora detto aiuto non le fosse stato notificato, � la Commissione, dopo aver posto lo Stato membro interessato in condizioni di esprimersi al riguardo, pu� ingiungergli per mezzo di una decisione provvisoria, nelle more dell'esame dell'aiuto, di sospenderne immediatamente il versamento e di fornirle, nel termine da essa impartito, .PARTE I, SEZ; i:"�, GIURISi c�MUNlTJIRiA :5 tNTBRNAZIONALB 4ss rutti i docurll�nti, informazioni . e dati necessari per esaminare la compatibilit� dell'aiuto con il tnefoato �comune� (v. sentenza 14 febbraio 1990, causa C301/87, Boussac, Racc; pag~ I-307, punto 19). }7. ~Aqt,tel)tO prop9sito1 la Comlllissione sostiene che, per la parte it1 caj e~() l).~V~<.leY!:l ai't1Jkp(;l~< la produzio:ne di ~i4o, il contratto di programma stipulato co.n l'ltalgrani violava Ja sua decisione di approvazione del regime generale italiano degli aiuti di Stato. Nel 1987 essa avrebbe annunc�at0; in una pubblicazione intitolata La polit.ica di concorrenza nell'agricoltura, che gli Stati non potevano pi� accordare. aiuti heisettori �sclusi dai finanziamenti comunitari; Ci� valeva per il settore dell'amido: il regolamento>(CEE) del Consiglio 15 febbraio� 1977;��n,� 355, relativo ad un'azione comune per il miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli (GU L 51, pag; 1), avrebbe infatti posto fine ai finanziamenti comunitari per gli investiri:ientfiri tille settore. Poich�. rart.. 9� deli�cledsione�di'a)?J?rovazione imponeva alle . autorit� italiane. di risp�ttar�, iri sede di attuazione del regime generale, le disposizfoni e i regolamenti comunitari in materia di coord.inamento dei vari tipi di a�lltinel settore dell'agricoltura, gli aiuti concessi dall'Italia all'ltalgrani dovevano essere considerati vietati dalla normativa comunitaria e quirldi I10n riguardati dalla decisione di approvazione del regirne generale. Diconsegtienza, la Commissione sarebbe stata legittimata a considerarli aiuti nuovi e a disporne la sospensione. 28. -Questo argomento deve essere disatteso. Dalla decisione di avvio del procedimento emerge che la Commissione ha direttamente valutato la compatibilit� dell'aiuto per la costruzione di una fabbrica di amido con l'art. 92 del Trattato. Essa ha infatti rilevato che, poich� gli investimenti riguardanti l'amido erano esclusi dal finanziamento comunitario, avrebbe potuto autorizzare aiuti di Stato in questa materia soltanto se essi soddisfacessero le condizioni di cui all'art. 92 del Trattato. Ha ritenuto che ci� non si verificasse nel caso di specie: da un lato, il settore dell'amido era caratterizzato da una sovraccapacit� produttiva notevole e, dall'altro, la creazione di una capacit� di produzione supplementare di circa 357.000 tonnellate -che non avrebbe trovato comprovatamente sbocchi nuovi -rischiava di perturbare il mercato dell'industria dell'amido (punto E.1). 29. -Dalla decisione di avviare il procedimento risulta altres� che la Commissione ha esaminato altri aiuti previsti a favore dell'Italgrani alla luce del Trattato e non. con riferimento alla sua decisione di approvazione del regime generale. La Commissione era cos� disposta ad ammettere la compatibilit� con l'art. 92 del Trattato dell'aiuto per la produzione di olio di semi a condizione che la sua entit� non superasse il 50 % e/o al tempo stesso fossero abbandonate capacit� di produzione RASSEGNA AWOc,.\TURA DELLO STATO equiva~enti (punto E.3). Per quanto rig.arda gli aiuti per la produzione di semole e di farine, essa li.a rilevatp. che vi era sovraccapacit� produttiva strutturale della p;roduzfo;ne e eh~ la concessione di aiuti in questo settore rischiava di perturbare gli scambi fra gli Stati membri (punto E.4). Quanto agli aiuti per la ricerca, fa Corrtmissiorie ha considerato che non disponeva di informazioni sufficienti a viHut�re la "loro compatibilit� con l'art. 92 �del Trattato (punto F). "30. -Dalle suddette considerazioni risulta che, �disponendo la so, spensione del loro versamento, l� Commissione ha considerato nuovi gli aiuti sopra elencati seriza accertare se .gli stessi non fossero autorizzati ..dalla decisione di. approvazione del regime generale. � � 31.-Per contro, ,dalla decisione di avviare iLprocedimento emerge che la Commissione ha debitamente constati;ito l'incompatibilit� dell'aiuto per la formazione di scorte di prodotti agricoli con la decisione di approv~ ione del regime generale. Essa ha, infatti rilevato che le autorit� italiane avevano accordato questo aiuto ill, yio}azione delle organizzazioni .comuni di mercato che l'art. 9 della decisione di approvazione del regime generale imponeva loro per� di rispettare (punto G). 32. -La C~mmissione sostiene inoltre che, malgrado reiterate domande presentate fra il 26 luglio il 23 novembre 1990, il governo italiano non le ha fornito le informazioni necessarie per dissipare i suoi dubbi quanto alla conformit� degli aiuti concessi all'Italgrani alla sua decisione di approvazione del regime generale italiano. La mancanza di collaborazione delle autorit� italiane l'avrebbe quindi costretta ad iniziare il procedimento di esame in contraddittorio . degli aiuti e a disporre la loro sospensione. 33. -Si deve rilevare che, siccome l'art. 93, n. 3, del Trattato autorizza la Commissione a disporre la sospensione del versamento soltanto per gli aiuti nuovi, non � sufficiente che essa nutra meri dubbi sulla conformit� di aiuti individua1i alla sua d�cisione di approvazione del regime di aiuti. 34. -Se la Commissione ha dubbi sulla conformit� degli aiuti individuali alla sua decisione di approvazione del regime generale, � silo compito ingiungere allo Stato membro interessato di fornirle, nel termine da essa impartito, tutti i documenti, informazioni e dati necessari per pronunciarsi sulla conformit� dell'aiuto controverso alla sua decisione di approvazione del regime di aiuti. 35. -Qualora lo Stato membro ometta, nonostante l'ingiunzione della Commissione, di fornire le informazioni richieste, questa pu�, per motivi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 457 analoghi a quelli indicati nella summenzionata sentenza 14 febbraio 1990, Boussac, disporne la sospensione e valutarne direttamente la conformit� al Trattato, come se si trattasse di un aiut� nuovo. 36. -Nella 'specie, � ~ero c~: daila decisiOiie di avvio del procedimento emerge che la Commissione ha ritenuto che le informazioni fornite dalle autorit� italiane non le consentissero di pronunciarsi sulla compatibilit� degli aiuti per 1~ pr?duzione d'isoglucosio (punto E.2, secqndo capoverso) e degli aiuti. per la formazione (punto H) con la sua deci' sfone di approvazione del regime generale. �Il governo italiano nega per� formalmente di aver mancato al suo dovere di collaborazione. Inoltre, la Commissione non ha prodotto alcun documento col quale, priri:ia di dispohe '1a sd~pensi~ne �d�gli � aiuti inizialmente� . previsti in ~a:Vo~e .deU1Italgi;-ani, essa 1,1,vrebbe ingiunto alle autorit� italiane di fOrni~le, e~tro. un. determinato .termine, tutti i dati necessari per controll�re la conformit� di �detti� aiuti �alfa sua deciSfone � di �.approvazione del regime generale �italiano; 37. -Dalle precedenti considerazioni discende che; disponendo la sospensione degli aiuti per _la costruzione di una fabbrica di amido e di isogluc?sfo, degli aiuti per la produzione di olio di semi, di semole e di farine, degli aiuti per la ricerca e per la formazione, a causa di meri dubbi quanto alla loro conformit� con �1a sua decisione di approvazione del regime �generale italiano, la� Commiss�one ha violato l'art. 93, nn. 2 � 3, del Trattato; Tale considerazione non vale solo per l'ingiunzione di sospendere l'aiuto per la formazione di scorte di prodotti agricoli, come si � soffra sottolineato al punfo 31. 38. -La censura del governo italiano ha ad oggetto soltanto le disposizioni � della decisione di avvio del procedimento che sospendono la concessione degli aiuti inizialmente previsti a favore dell'Italgrani. Essendo separabile questa parte dal resto della decisione, si devono annullare soltai;ito i punti I.3 e I.4 � della decisione stessa, salvo per la parte in cui essi riguardano l'aiuto per la formazione di scorte di �prodotti agricoli. Il pu11~0 I.3 dispone la sospensione del versamento degli aiuti e il punto I.4 ricorda che gli aiuti versati nonostante detta intimazione possono costituire oggetto di ripetizione dai loro beneficiari e che. le spese comunitarie che sarebbero riguardate da essi potrebbero non essere imputate al FE'.AOG. (omissis) .!'���� [filfill___ X' --' :-: :-: ~ :::: ....� � :-: ..:.. fil .........�........ :--... SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 giugno 1994, n. 5643 -Pres. Montanari Visco -Rel. Genghini -P. M. Lanni -Pubblica Istruzione (avv. Stato Gentili) c. Biacca. Impiego pubblico -Giurisdizione ordinaria o amministrativa -Procedura concorsuale -Posizioni soggettive azionabili dai candidati -Interesse legittimo -Giurisdizione amministrativa di legittimit� -Sussistenza. Impiego pubblico -Giurisdizione ordinaria o amministrativa -Ritardata emanazione dell'atto di nomina -Domanda di risarcimento del danno Giurisdizione ordinaria -Esclusione -Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo � Sussistenza. I I pubblici concorsi sono disciplinati da tipiche norme di azione; pertanto durante l'intero procedimento concorsuale, fino alla nomina, i la posizione soggettiva dei candidati � quella di interesse legittimo, la I cui tutela spetta al giudice amministrativo, restando esclusa per tali ~ posizioni soggettive la possibilit� di una tutela risarcitoria innanzi all'AGO (1). Nel caso di ritardata nomina ad un pubblico impiego non sussiste II un diritto al risarcimento del danno azionabile innanzi all'AGO bens� un diritto soggettivo che, inerendo ad un rapporto di pubblico impiego appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (2). I (1) La Corte di Cassazione conferma l'orientamento ormai � cristallizzato � della irrisarcibilit� di posizione soggettive riconducibili ad interessi legittimi I (tra le ultime decisioni si segnalano Cass. S.U. 5 marzo 1993 n. 2667; Cass. S.U. 14 gennaio 1992 n. 364, in Giust. civ. 1993, I, 780; Cass. S.U. 3 luglio 1989 n. 3183). In dottrina, sempre tra le riflessioni pi� recenti: BILE, La responsabilit� per lesione di interessi legittimi, in Foro amm. 1982, I, 1683; FRANZONI, Risarcimento per lesione di interessi legittimi, in Contratto e impresa, 1993, 286; REGGIO D'Acr, Cose vecchie e nuove in tema di risarcibilit� di interessi legittimi, inJ Dir. proc. amm. 1993, 438). La contrapposizione fondamentale tra lesione del diritto soggettivo risarcimento del danno -giurisdizione dell'AGO e lesione di interesse legittimo -tutela di annullamento innanzi al giudice amministrativo, pur cos� netta nelle sue premesse teoriche non � stata tuttavia rigorosamente rispettata nella prassi giurisprudenziale della stessa S.C. che, in pi� occasioni, a fronte di situazioni soggettive per cos� dire � intermedie �, ha riconosciuto la possibilit� di una tutela risarcitoria -anche se -affinch� quelle premesse restassero PARTE I, SEZ. IIIf Gi'.tJRlSPRUIIBN!ZA�' CIVltE/GltmISDIZIONE E APPALTI 45:9 Con il primo. mezzo di al1nUllamento, il Ministero censura la impugnata sentenza >per improponibilita della domanda per difetto assoluto di giurisdizione, per violazione dell'art. 2043 cod. civ., in quanto la posizione dell'insegnante andava qualificata come interesse legittimo; l'aziOne riguardava un interesse procedimentale e non un diritto soggettivo, poich� la nomina non era. automatica conseguenza della declaratoria di illegittimit�: se gli insegnanti che la precedevano in graduatoria. avessero proposto ricorso, egualmente la ricorrente non avrebbe ottenuto la nomina. Con il secondo motivo, il Ministero s� duole per la violazione e falsa appli�azfone dell'art. 2043 cod. civ. per essere stato accordato il risarcimento d�l danno da lesione di interesse legittimo, in luogo di rigettare la domanda nel merito secondo la pi� recente giurisprudenza delle SeziOni Uriite; H ricorso, l �ui moti\ii per connessione possono essere esaminati co:rigitintahlente; � fori:dafo. per quanto� di ragione, e deve essere affer� mata la giurisdi:l:i�ne esclusiva del giudice amministrativo. Gi� queste Seziolii Unite hanrio awto modo di ritenere (sent; 6 luglio 1992 n. 8211; sono anche in termini: S.U. 23 aprile 1992 n. 4933, 8 aprile 1983 n. �i491) che, anche in una fattispecie di richiesta di risarcimento dei danrii per ritardata nomina ad un pubblico impiego, danno commisurato agli stipendi non percepiti ed a.Ila anzianit� non maturata, immutate, ha dovuto ricorrere all'escamotage di promuovere quelle situazioni .incerte al rango di diritti soggettivi, sia pure definiti � affievoliti �. (La svolta nel senso della risarcibilit� dei c.d. diritti affievoliti si � avuta con Cass. S.U. 2 ottobre 1982, in Giust. civ., 1982, I, 2930 nonch� in Foro amm. 1982, I, 1683, con nota di Bile). L'ampliamento dei confini dell'art. 2043 al di l� dei soli diritti soggettivi era peraltro sembrato inevitabile, all'indomani dell'entrata in vigore della legge n; 142/1992 (legge comunitaria del 1991) il cui art. 3, primo comma, riconosce il diritto al risarcimento. del danno ai soggetti lesi da atti compiuti dalla P.A. in violazione del diritto comunitario in materia di aggiudicazione di pub� blici appalti. Sulle novit� introdotte dalla legge 142/93 ed in particolare dalla disposizione in esame si veda MODESTINO AcoNE, Diritto e processo nelle .procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici: dalla direttiva CEE 89/665 alla legge �CO� munitaria � per il 1991, in Foro it., 1992, V, 321 e ss. La vis espansiva invocata da pi� parti in relazione alla norma sopra richiamata ed alla potenziale estensione del principio dal settore degli appalti a tutti i pmisibili casi di violazione di posizioni riconducibili ad interessi legittimi, tuttavia, sembra essersi bruscamente interrotta di fronte agli ultimi pronunciati della Corte di Cassazione sull'argomento. La recentissima Cass. S.U. 20 aprile 1994 n. 3732 espressamente nega che l'art. 13, nell'accordare il risarcimento a quanti vengano lesi da atti compiuti dalla P .A. in violazione del diritto comunitario nella fase di aggiudicazione di un pubblico appalto, abbia introdotto in via generale e di principio una tutela risarcitoria generalizzata RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 460 ancqrch� vi . sia stata la dichiarazione di illegittimit� della condotta amministrativa, la giurisdizione '--dovendo esercitarsi in materia di interessi legittimi -spetta al giudice amministrativo. Ed infatti, per costante orientamento di questa Corte Suprema, in seguito all'annullamento di un atto amministrativo, � ipotizzabile la tutela risarcitoria del giu�lice ordinario soltanto se il provvedimento annullato sja, oltrn. che illegittimo, ancl;le illecito, ossia .se abbia inciso, ledendola,. su una posizione avente natura e consistenza di diritto soggettivo (S.U. 21 gennaio 1988 n. 435, 6 dicembre 1991 n. 13171). I pubblici concorsi sono disciplinati da tipiche norme di azione, caratterizzate .dal.. perseguimento di un pubblico interesse in modo preminente, costituito dal fine di assegnare il posto alla persona che abbia i .requisiti richiesti per lo svolgimento delle mansioni previste: il procedimento, iniziato con il bando del concorso, si conclude con la nomina dei vincitori che ne costituisce 1'.atto terminale. E durante l'intero procedimento, anche rispetto alla nomina, la posizione. .soggettiva � costituita da interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo (S.U. 8 aprile 1975 n. 1263, 16 febbraio 1976 n. 490, 6 luglio 1992 n. 8211). Non diversamente cieve concludersi per quanto concerne gli incarichi annuali di supplenza, che, comunque danno ugualmente luogo ad una comparazione tra i richiedenti e ad una scelta sulla base della valutazione di titoli preferenziali. per la lesione di posizioni di interesse legittimo. Se infatti, sostiene correttamente la Corte, ricorrendo peraltro ad un semplice argumentum a contrario, il legislatore della legge 142/92 ha sentito la necessit� di �prevedere il risarcimento dei danni per lesioni 'di posizioni soggettive astrattamente riconducibili ad interessi legittimi solo nei casi contemplati da tale normativa, ci� significa che allo� stato non esiste, in linea di principio, una generale tutela risarcitoria degli interessi legittimi. Non per niente, occorre aggiungere a sostegno della tesi della S.C., per estendere il medesimo principio agli appalti di servizi, il legislatore � dovuto nuovamente intervenire con la legge 22 febbraio 1994 n. 146 (legge comunitaria per il 1993) che prevede l'estensione espressa dell'art. 13 a quel settore. Sulla configurazione del problema relativo alla non risarcibilit� del danno per lesione di interessi legittimi quale questione di merito e non di giurisdizione, che pertanto comporta non gi� la improponibilit� per difetto assoluto di giurisdizione ma la reiezione nel merito della domanda per difetto del diritto, si veda inoltre, Cass. S.U. 14 gennaio 1992 n. 367, in questa Rassegna 1992, I, 59, nonch� Cass. S.U. 2 giugno 1992 n. 6667. Nel medesimo senso ma in relazione alla inammissibilit� di un ricorso preventivo di giurisdizione v. Cass. S.U. 12 aprile 1990 n. 256 (ord.), in questa Rassegna 1991, I, 245. Una decisa battuta d'arresto del precedente orientamento � stata recente� mente segnata da Cass. S.U. 26 aprile 1994, n. 3963 che, nel ribadire ancora l'irrisarcibilit� degli interessi legittimi, presupposto costante della giurisprudenza di legittimit�, configura la questione nel senso della improponibilit� della PARTE I, SBZ. III, "GltJ'RISJ'RUDBNZA CiVlLB, GitiittSDIZIONB E APPALTI 461 � N�; ai fini�� della-�� affermazione � della�� gil1risdizfone �del giudiee -� ordinario, basta assuft.ier� la illiceit� del comportamento della P.A., o chie: d:ere il risarcimento -dei danni; per farne derivare la am:tniss�bilit� della azione: invero, come noto, questo Supremo Collegio ha gi� rit�-' n�to (S.U. 4 ri�vcillbt� i993 n; < 11649) �che nell'ambito del pubblic� impieg� J.:fossone> sorgete ditettamente�-�<la.na.� legge-� o da regolariientbposi" ti�nidldfFitfo soggettivo peff�ttarnente correlate a posizioni di oh-bligo; in tali� ipotesi �l� giUrisdfai�rie escltisiva del �giudice� amministrativo si esercita stil� rapporto e non . ili�diante � fammllam�nto .. di atti; senipte .in tali ipotesi/ non e�st�tttiSconO questfoni patri:rri�mali conseguenziali, quelle poste i.:la .domande che, sul presupposto dell'inademj;>imertto della pubblica ammmistrazk>nei siano dirette a conseguire l'esatto adempimento oppure il< risarcimento dei danni, quale che possa essere l'entit� della liqtiidazi�ne richiesta �. Nel caso in eS'l:lm� la� iiCorrente agisce �per il ristoro dei danni conse� guiti aila man��fa �isserv'anza di Uria norrria amministtativa (D.M. 8 aprile 1976 art. 20; secondo eofuma, secondo l'accertamento fattone dalla coniiri:J:ssiOn��defrlco:rSFdfcu1��a.1rart.� H della legge 13 giUgno 1969.n. 282) e richiede��� pertanto il� ristoro di un �diritto che tuttavia inerisce ad un rapporto di pubbl�cb impiego (S.U. 3 febbraio 1972 n. 263), sia pure di ��rattere temporaneo e precario, talch� �fa �tutela richiesta rientra nella c�mpetei:iz� gill.risdizionale esdushr� deF giudic� amministrativo. ddtrtiirida. li revitement ptocessti�le non �. irriievante: iiorientamento che configi: trava. la. qU:estfotle . come di merito .� anzich� cli giurisdizione, permetteva co:niirilque cli identificare nel giudiee ordinario il giudice del risarcimento nel caso di danni c;;ius11..ti da attivit� illegittime della P.A. anche .se la conclusione era poi quella di;:lla i.p;isarcibilit� (v. in . tal senso TASSONB, � Ris�rcibilit� deli'iftteresse legittimo e pf�bi�mi 4i giurisdiz1'<me, in Giust. civ. 1993, I, 1313). � (2) D�C:iSione conforme al c�tisolidato orientamento della giurisprudenza �irtministrativa sull'oggetto. della . giurisdizione �.esclusiva.. Nell'ambito della tradizionale ripartizione t~a azioni di impugnazione ed azioni .di accertamento, la. Cas$azione correttamente fa rientrare .tra queste ultime la_ domanda cli risarcimell.to._det .danno subito di_ill'insegnante p� il ritardo dell'Amministrazione nella propria nomina in ruolo, considerando tale fattispecie alfa stregua di una controversia r�lativa a. questioni patrimoniali inerenti ad un rapporto di pubblico impiego, ..Sulla. distinzione.� v, � SANDULLl, Manuale di diritto amministrativo, 1989, 1326. � � .� Nel medesimo senso, i;>er. cui la domanda con cui un. pubblico dipe11dente deduca l'inadempienza della Pubblica Amministrazione datrice di lavoro�. all'obbligo del pagamento di spettanze retributive (betii::h� sia � formU!ata come azione risarcitoria per .. fatto illecito e volta a conseguire il risarcimento del danno per mancata inclusione di quelle . spettanze nella base pensionabile) trova titolo genetico nel rapporto di pubblico impiego in via immediata e _diretta e quindi rientra nella giurisdizione del giudice amministrativp, si veda Cass. S.U. 17 novembre 1918, n; 5326, in Mass. Giusi. Civ., fase. 11. . P. PALMIERI 462 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Non � pertanto esatto, come assume il ricorrente, che la fattispecie, secondo una meno recente giurisprudenza, sia del tutto carente di giurisdizione, in quanto si chiederebbe il risarcimento del danno arrecato ad un interesse legittimo. Non � infatti revocabile in dubbio che il diritto soggettivo � configurabile dal momento in cui sia effettivamente intervenuta la nomina, e soltanto allora (S.U. 28 aprile 1964 n. 1019), cio� dall'accoglimento del ricorso e dalla attribuzione della titolarit� della supplenza � ai fini giuridici �. Si tratta pertanto di lesione di diritto soggettivo (la domanda di risarcimento dei danni, ha come necessario presupposto la violazione del diritto soggettivo: S.U. 21 novembre 1985 n. 5813), ma inerente al rapporto di supplenza, poich� al momento della decisione del ricorso la supplenza non era pi� espletabile e pertanto la ricorrente non aveva percepito i relativi compensi; in realt�, nel caso in esame, ci� che la ricorrente lamenta � il ritardo con il quale l'Amministrazione, accogliendo il suo ricorso amministrativo, �addiveniva alla doverosa attribuzione della supplenza, e ci� che chiede � il risarcimento del danno dovuto a tale ritardo, posto che al momento in cui effettivamente le era stata riconosciuta la Ititolarit� della supplenza (ma ai soli effetti giuridici), alla stessa non era pi� possibile dare corso, di guisa che l'insegnante aveva, proprio fil per il ritardo nella nomina, perduto il diritto ai corrispettivi conseguenti; la fattispecie, per le ragioni esposte, rientra nella giurisdizione I esclusiva del giudice amministrativo, quale giudice del rapporto, non richiedendosi l'annullamento degli atti amministrativi. I In particolare, poi, va osservato che non si versa in ipotesi di diritti I patrimoniali conseguenziali (S.U. 20 febbraio 1962 n. 346, 11 luglio 1962 n. 1852, 5 agosto 1963 n. 2194, 14 aprile 1964 n. 898, 22 luglio 1966 n. 1985, 19 settembre 1967 n. 2180, 23 luglio 1969 n. 2783, 18 gennaio 1971 n. 88, 9 gennaio 1973 n. 6, 7 novembre 1973 n. 2899, 7 maggio 1974 n. 1265, 4 diIIcembre 1975 n. 4009, 25 giugno 1977 n. 2712 esattamente in termini trattandosi di nomina ai soli fini giuridici, 6 giugno 1980 n. 3660, 6 ottobre 1981 n. 5243, 10 febbraio 1982 n. 829, 9 dicembre 1985 n. 6199, 4 marzo 1987 n. 2273, 5 settembre 1989 n. 3839, 8 febbraio 1990 n. 850, 6 aprile 1991 n. 3611), e, pertanto, di riserva della giurisdizione ordinaria (art. 7, terzo comma, legge 6 dicembre 1971 n. 1034, e, prima della istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 30, secondo comma del T.U. 26 giugno 1924 n. 1054), poich� �se la tutela dei diritti nascenti dalla legge non si attua mediante l'annullamento di atti illegittimi, attesa la nessuna incidenza che gli atti eventualmente emessi hanno sulla posizione soggettiva dedotta, resta difficile comprendere come si possa far ricorso a disposizioni di legge, la cui applicabilit� ha come indefettibile presupposto l'illegittimit� di un atto, accertata in sede giurisdizionale o nell'esercizio di autotutela� (S.U. n. 11649 su richiamata). Nel caso in esame il ristoro dei danni richiesto, attiene, come si � visto, alla circostanza che la fn tema di illeciti amministrativi �~ con. riguardo all'tiutorit� competente, f;ld applicare la st:tnziqne amministrativa, l'efficacia del giudicato RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 464 penale, a norma dell' art. 28 c.p.p. abrogato, � limitata all'accertamento dei fatti materiali e non si estende alla qualificazione giuridica degli stessi; ne deriva che la suddetta qualificazione, data dal giudice penale, non � vincolante in ordine alla configurabilit� dell'illecito amministrativo, qualora non si ponga in discussion� il fatto materiale e l'autorit� amministrativa sia stata posta in grado di partecipare al giudizio penale (1.) In tema di illecito amministrativo, vige il principio dell'assoggettamento alla disciplina giuridica vigente nel tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilit� dei principi previsti dall'art. 2, commi 2 e 3, c.p., relativamente alla disciplina posteriore pi� favorevole, anche se questa � entrata in vigore prima dell'emanazione del provvedimento irrogativo della sanzione (2). 1. -Con il primo motivo i ricorrenti deducono l'insufficiente motivazione della sentenza impugnata su un punto di diritto (art. 360 n. 5 c.p.c.). La censura si indirizza contro la prima parte della sentenza, nella quale il pretore ha affermato che l'assoluzione in sede penale, con la formula perch� il fatto non costituisce reato, non vincola la amministrazione in sede di irrogazione di sanzione amministrativa. I ricorrenti sostengono che la mancata qualificazione del comportamento come illecito penale implica automaticamente che lo stesso non possa _essere perseguito come illecito amministrativo, tanto pi� se trattasi di fatto depenalizzato. (1) Del principio, che pare condivisibile, non risultano precedenti in termini nella giurisprudenza della Suprema Corte. (2) Nel senso che il principio dell'art. 2 c.p. non opera nell'ambito della disciplina delle violazioni amministrative Cass. 13 agosto 1992 n. 9557 in Giust. Civ. 1993, I, 995; Cass. 11 giugno 1992 n. 7177 id, Mass. 1992 nonch� Cass. 3 giu� gno 1988 n. 3782 in G.C. 1989, I, 145. In materia di sanzioni amministrative, deve trovare applicazione la legge successiva pi� favorevole al reo solo nei processi pendenti, stante l'art. 40 della L. n. 689/81, il quale recita che le disposizioni relative al Capo delle �sanzioni amministrative � si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore della presente legge, quando il relativo procedimento penale non sia stato definito. (Cass. 7 gennaio 1987 n. 7 in G.C. Rep. 1987 v. Sanzioni amministrative, 36 e Cass. 8 luglio 1986 n. 4458 ivi 1986 v. Regione, 139). Il principio del favor rei inoltre si applica esclusivamente rispetto alla consecuzione di norme penali o di norme depenalizzanti: ossia di norme che comunque siano omogenee nella loro natura. Pertanto la comparazione che si � voluta operare nel corso del procedimento in esame, risulta ingiustificata (v. in motivazione Cass. 3 giugno 1988 n. 3782 rif. cit.). In termini opposti rispetto alla pronuncia in rassegna cfr. T .A.R. Abruzzi 21 settembre 1982 n. 445, T.A.R. 1982, I, 3135, ove il rilievo che il principio del favor rei, contenuto nell'art. 2 c.p., � applicabile anche alle sanzioni ammini� strative che, finalizzate come quelle penali alla tutela dell'interesse generale, presentano un'intensit� indubbiamente inferiore rispetto alle pene che sono previste per le infrazioni lesive di interessi fondamentali della comunit�. i I ......::-~:... � II motivo di riootiso � infob.dat& ��� �� � V� prem�ssQ; che �esso c�nstirit: fa iri.t�rpretaZione �ch�� fa �sentenza�� impugnata ha��dat0�.ai� ii�itiieat6 penile/il quale �����secondoil.pr�tore�:�;.;.;. h� �s�hls~ l't�sistenza de~: reato~ m.1:1 tion del fatto, il quale � perCi�:rimasto :~!:~~~~~sili'~~,~~w.rico�Jd .�.. J)all)artf.28 delVecchfo � .cott�� l)fuc. pen/ (applieabile;. m rel�Ziorie alla d�t� della sent�m� petlttle .df assol'iiZi�ne/ pronunziata;: S�cohdo l'affer ma,Zf�rt'e dei Jfi(i6fterit�, il u aprit� 1985} si desume �he tiefficacia del giu� ::t~~r::~::p:=~i~~:::~:r�:~:::a~;a:;:a~::!::~:~:iii::::; materiali �{ e ncili si �$tende filia 'ltfalifkaiion� giuddfoa degli st�sSi fatti, onde � es�tfa 1~aff�rmmohe del ~tore secd:ridcf�uffa qualifteaiiooe giuri� :;:::~i~!~~:~:~;2:n::~4~~t~i~1,,~J:!>!~:!~~t~~ii=~~:at~~~ alla configurabilit� dell'illecito amministrativo, qualora non si ponga in disd.ts$i9ne' il (l:�.ttd tiiat�rikl� com~� 'a.c�ert�fo : uf sed� periate �e setnpre :7Jdi~~Xt~:~~7n1fu1:s!~a~::����:!�..~:~~::;~~=~�a~<lJ!:r~~e�r~ quisito necessario per l'invocata efficacia del giudicato penale) � .� .�.� .� .. : ..�.:-:�'..��. �:�.�>:...:. . . . . . 2. -Con il secondo �inQtivoi:rirorrentipd�ducend.c> violazione e falsa applicatione del R.D, 2 nov.embre 1933 ri. 174l/dellalegge 10 febl:traio 1981 n .. 22, �della legge. 23 dic.embte 19.83�i. 7311 d�lla: legge .27 m;>ven.ibre 1982 n�. 873 .(art.;: 360 n; '3. c.p.c;), censurano>la sentettza�d�l. prete>re nella� parte in cuiha riten.to .�he�:l'Qbblig� dimantenimento . delle scorte petrolifere fosse a carico anche dei soggetti �che,. come: la s.p�a. !\alck; avevano un deposito di tali prodotti.� per: �uao�proprio; Una conclusione� contraria si :rieava~: s:econdo �i ricorrenti, dalla normativa sopra> citata,� a . partire .dal RD� >m l74l/1933o: N�� asSUine rilievo il fatto� che la ooilcessione �rilasciata alla societ��� Falck �. }:ir�:vedeva l'obbligo delle scorte,. perch�> tale�� obbligo non pu� �discendere� da: un'etrone� int�rpretazione della legge.. II motivo di ricorso � infondato. Il R.DL2 novembre>l933 n. 367 (convertito.nella legge 8 febbraio 1934 n/367) ll;a��assoggettafo al controllo delloStat�la�importazione;� la<lavorazione, il deposito e la distribitzibne degli. oli minerali e dei carburanti. Con riferimento specifico ai depositi l'art. U ha reso necessaria la concessione ministeriale per il loro impianto o gestione, esentando dalla �stessa.. s�ltafrl:o f .depositi per usi.� pf�.\hi.ti aventi . ciip�cr1:�: �rioh. superiore a mc. 25. La previsione della co�1cessi6Iie ammini:sfrat:iva sta a signifkare che un interesse pubblic� � sotteso� allo svolgimento della attivit�: di deposit� e rifdrnimentodi prodotti pefroliferi, anche quando ildeposito sia utilizzat� p�r us�p:i:i~atf (se sriperiot� ruta blclicata dimensione). 466 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO. STATO Il successivo art. 12 prevede che il decreto di concessione dovr� particolarmente indicare l'obbligo del titolare di mantenere una scorta di prodotti petroliferi nella misura specjficata dallo stesso decreto (lettera e, ove non viene esclusa l'ipotesi in cui il deposito sia � destinato al consumo diretto del concessionario �, ipot.esi che � invece considerata ad I altri fini, nella successiva lettera d). L'imposi:z:ione dell'obbligo di mantenere una scorta di prodotti petroliferi ha come destinatari tutti i titolari della concessione di deposito, C()me � confermato dall'art. 32, primo comma, del R.D. 20 luglia' 1934 n. 1303 (contenente il regolamento di esecuzione del R.D.L. n. 174lf33), ove si dispone che �la misura delle scorte di riserva sar� stabilita... nei decreti di concessione di cui... all'art. 11 della legge �, chiarendo inequivocamente che l'imposizione e la determinazione della misura delle scorte di riserva devono .essere contenute in ogni decreto di concessione di deposito, anche se. esso � destinato al consumo diretto del coD.Cessiouario (i depositi per usi privati non eccedenti una determinata dimensione sono� esclusi dall'obbligo della concessione, come si � gi� rilevato). Il decreto di concessione del deposito della Societ� Falck, che come risulta dalla sentenza impugnata -ha fissato la misura dell'obbligo della scorta petrolifera,. non �,, perci�, contrario alla disciplina del R.D.L. n. 1741/33. N� taie obbligo � venuto meno per effetto della legislazione successiva invocata a fondamento del motivo di ricorso in esame. La legge 10 febbraio 1981 n. 22, nell'art. l, si � riferita ai titolari di concessione .per impianti di deposito di olii minerali, � cui le vigenti norme impongono di mantenere scorte di riserva � (primo comma), non modificando� pertanto la individuazione dei soggetti obbligati a tale mantenimento, secondo la disciplina del R.D.L. n. 1741/33. Tale individuazione non � stata modificata neanche dalla legge 23 dicembre 1983 n. 731, che ha menzionato i depositi di olii minerali commerciali solo per fissare le scorte di riserva nella misura del 20 per cento (riducendo pertanto la misura del 30 per cento, stabilita dalla precedente legge n. 22/81), senza per� escludere l'obbligo di tali scorte per i depositi non commerciali. Del tutto estraneo alla presente causa �, infine, l'invocato art. 21 del decreto -legge 30 settembre 1982 n. 688 (convertito nella legge 27 novembre 1982 n. 873), che concerne esclusivamente la posizione degli importatori dei prodotti petroliferi. I 3. -Strettamente connessi sono il terzo e quarto motivo del ricorso, ! che vanno perci� esaminati contestualmente. I '' f Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicaf. I ! zione dell'art. 2 della legge 10 marzo 1986 n. 61, che ha abrogato le norme preesistenti, facendo venire meno qualsiasi obbligo di mantenere le scorte I ! . II - l'Aitnr J:, $Jg. lt�, ~WRISPR'tmaN:tA: c1V�lJ!, ~Sf)lZI()NJI .!? At!PALn .f6i1' �~~~b*~:~~~~ p~pede.Jtdisp()siz.i<>ni� Bssa � ap~~icablle neL cas<> -qi -speci�;3pert;:h� la -~�-1'�;Jii� ~arZ~~�~t~ ~ p?n�ipfo d~lla retroattivit� della 11orma pf�: fiMfrevole .�.�����tltllt~~i~ 1&1?it!&i�f,&fvS ����-�:!~~~i;~:W&=.::a:~;a:11tn;!:~:.va~~~c~=~:!:::!::!0~~e~:~ non si�ppUc�h,d l ptiric!ji previsti nefsecondo� e t�rzo '��mma dell'art. 2 --c~p;-��(�rt jhl���seri~<)��s1��so:n&ᥥtecentemerite prurtunziate��re Sez.-���Un~�dl questa Cortetcon fa sentenza 29 genrtafo 1994 n. 890, che ha, preso �ri esame tutt� le. ar~o:inentazi()ni ~p()st~ cfai ricorrenti a fondattl.ento della tesi:contraria}. '4. .r~;-~e~2tk~�*~; i~ _tj~gt$9 \,ff iJ~~tta!ti. -- ::>i'>'.<���� cdii.TE D� CASSAZlCI�itB/se:i. H�,9seti�hit,:r� 1994 il. 7111< Pres. rati: fatto � }?b~te ogg'ettiva di :prova. 4qtt;a;~;:J~j~p~t!~c7ii~v;~;j~a!~~~11t~1it~aW{~~1�i&fft~Sft~5e#r;J4 quando �i risolva in. valt�a~iqni tecnichee4.in acceit�mento di situazioni notta;. Rel. Fiduccia; P.M. Carnevali (conf.); Ferrovie dello Stato (avy; ,.�~a1() ~t�J;'()). 8~ ),tp/?SO,(ayy, :.:@N;celJ.o~~)\� � Proc;~eftt~ ~l~t� . Con$ul~nza tecni~; � Acc~~~ento di situazioni di di fatto1 tali da essere �rilevabili��unicamente con<il-ricorso a date� cogni.;. zionf te�n�clu~ (1}~ __ (1) Sui rapporti tra consulenza tecni�a di �ufficio e � onere della -prova v: Cass. U marzo 199-3; n. 2963, .in questa Rassegnai 1993, I, 367; Cass. 13 ottobre 1986 Ii. 5990; cass; 15 settembre 1986 ri. 5607; Cass: 26 marzo 1986 n. 2171; Cass~ 22 genmdo. 1985 n~ -250; RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. l, 28 ottobre 1994 n. 8917 -Pres. Corda - Rel. Luccioli -Turati 84 s.r.l. (avv. Pizzi) c. Anas (avv. Stato Salvatorelli). Procedimento civile � Impugnazioni � Parte rimasta contumace in appello � Ricorso per cassazione -Notificazione presso il procuratore domiciliatario in primo grado � Conseguenze � Inesistenza della notificazione. La notifica del ricorso per Cassazione alla parte rimasta contumace in secondo grado, presso il. procuratore nel domicilio eletto per il giudizio di primo grado, anzich� alla parte personalmente, non � nulla ma inesistente, in quanto eseguita presso persona ed in luogo non aventi pi� alcun riferimento con il destinatario dell'atto (1). Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 141 ult. comma, 159 comma 1�, 330 comma 3� c.p.c., 47 e.e., in subordine violazione degli artt. 291 comma 1� e 354 comma 1� c.p.c., si deduce la nullit� del procedimento e della sentenza di appello, per essere stato l'atto di impugnazione notificato presso il procuratore domiciliatario nel procedimento di esecuzione dinanzi al Pretore, e non personalmente alla parte, rimasta contumace nel giudizio di opposizione dinanzi al Tribunale. Il motivo di ricorso � fondato. Ai fini della soluzione della questione proposta con la censura in esame � necessario tener conto della deduzione dell'Azienda controri corrente secondo la quale la s.r.l. Turati 84 si sarebbe costituita nella fase del giudizio di opposizione dinanzi al Pretore, e tale costituzione (1) La Corte conferma il princ1p10 pi� volte affermato in tema di notifica del ricorso per Cassazione nei confronti di chi in secondo grado sia rimasto contumace. La contumacia dell'appellato nel secondo grado di giudizio -ritiene la Cassazione -varrebbe ad escludere qualsiasi possibilit� di riferimento tra la parte, destinataria del ricorso per Cassazione ed il proprio procuratore in primo grado, cosicch� la notifica del ricorso presso il domicilio eletto pu� essere in sostanza equiparata alla notifica effettuata ad un terzo o comunque a persona rimasta estranea al giudizio. Ne deriva, pertanto, non gi� la nullit� della notificazione, quanto la pi� grave conseguenza della sua inesistenza, con conseguente inammissibilit� dell'impugnazione ed esclusa ogni possibilit� di sanatoria mediante rinnovazione (in tal senso si veda Cass. S.U. 20 novembre 1982 n. 6248, in Mass. Giur. it. 1982 col. 1480; Cass., sez. lav., 9 aprile 1990 n. 2939, in Mass. giust. civ. 1990, fase. 4). Fa eccezione al principio -recante la conseguenza appena enunciata della impossibilit� di sanatoria -il caso in cui, vertendosi in ipotesi di causa inscindibile per esistenza di litisconsorzio necessario, la notificazione del ricorso ~=::Jj~#imato1a notifiqa dell'-att4 �di�� appello< presso���n��pr�Gutato:re Ossecya �. al.J:1gu.atdo ... la Corte che sel>heri� n�� $ia�sta:Wacq\dsito� il 1&111ilfi!i aful~nt&�;.tllo��;cl)pb��di'ric<>Stittiire��iI��co:ntraddittono.:�cne�si���era��i:nstaurato tn�/orfgine/� ��� ��� �/:..::������ >������ �.�.�.��� .� �.�..�.. ..........�..� � � � �� � ������ �� � �� �� �.......... :� :��: �� �� <��������. �: :>N� pu� $osi~~rs���;;.;.. c&me sostiene-= la ricQrr�tl:te ~che la necessit� di una nU.�va costitt1zione sia desumibile dall'art; 125 n>S disp;� att c.p.c;, il� q.ale P:tev�de che la <::()fu.parsa di rfassunz�One � cl)�ltenga rinVito.� a costlttl. iisi:nei terlri:U:JJ:� stahilitl dall'art.166 c.p.c;: va Mnsiderato at�:riguardo ::n=~~!t1~!~:!:!~i:��ij~lc:d~:::::::,��~~:i:fo~=��~:~===: appo:rtat� al �di~ df rito;> che.�. tale drspbsiZl�ne � comunque diretta � teg()1are m g�nere ��ia riassunzi�ne>del �processo ~ satvo ��che dalla legge sia disposto �lttimet.rti�;= e> sO:prattutto �che Ia disciplma��dei� :requisiti fortn�lt della cotfiparsa di :riassunzione va necessariamente coordinata con il dispo~to: �del1!tdtbno cQmtria/il qtt�le distingue�l'ipotesi in cui nella �fase p:r�<teideinte �ta�pa:tte' cw��iacoitiparsa�di�riassrimion���d�ve��sset�� notificata si sia costituita; d�ll'ipotesi in ctii �� t�le. �t:>stituzione �. non sia avvenuta, e soltanto riel secondo caso dispone l� fa::ltifiria2:fdne personale, mentre nel ~~lli;~�~'tiit~ ~&f?i~rel!it�ti1~~i~?~Jtend~e~r;t;aic?c~1'bI11ji~e~i1 iJ�~!~ l'futegrazione del ci>ntraddittorio neiconfronti� delle�� �ltre patti non. chiamate . a paJ:'tecip1:1re l!l gl.dizio di Cassazione, a norma dell'art� 331 c.p.c., nel termine cli. ciec:aQ.tmZa all'Uopo . assegnato. Xn tal senso, oitre la .. sent<;}J;IZl:I ct\li :rip()rtata, Cass; Ill, 3 marzo 1987 n~ 2233, in Mass. giust, �iv. t987,. fase:. 3, ..� ..��..�� � ..�...�� ��... Nel medesimo senso di limitare l'efficacia dell'elezforie di donik:ilio presso i1 proc'Uratore al sol� grado . di giudizio per il quale la: procura . � sfata.�� confo. rita, salvo espressa e contraria previsione, si veda; oltre. i precedenti sopra ri� chiamati, Cass, S~U. 20 novembre 1982 n. 6248,, in Mass. Giur. it. 1982 col. 1480. P; PAl.M!IiRI RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 470 primo prescrive la notificazione ai sensi dell'art. 170 c.p.c., cos� riconoscendo e valorizzando l'originaria posizione processuale della parte {v. sul punto Cass. 1964 n. 1578). � pertanto evidente che solo in difetto di una precedente costituzione la mancata costituzione del convenuto in riassunzione pu� determinare la sua contumaci~.. � d'altro canto insito nel concetto stesso di contumacia, quale desumibile dalla disciplina generale degli artt. 290 e ss. c.p.c., che una parte contumace rimanga tale nel processo fino al momento in cui si costituisce, e. per converso che la parte inizialmente costituitasi non possa poi divenire contumace, pur se rimanga inattiva. Le osservazioni che precedono, se certamente valgono ad evidenziare l'erroneit� della dichiarazione di contumacia della s.r.l. Turati '84 effettuat~ dal Tribunale, non incidono tuttavia sulla rilevanza di detta dichiarazione ai fini della notifica dell'atto di appello. Va opportunamente considerato al riguardo che � certamente vero che la dichiarazione di contumacia non ha valore costitutivo, nel senso che essa non vale a determinare la contumacia, che deriva invece dalla mancata costituzione della parte in giudizio, ma ha natura di mero accertamento della situazione processuale della parte che non si � costituita o si � costituita irregolarmente. Ed in coerente applicazione di tale principio questa Suprema Corte � costante nel ritenere da un lato che l'omissione di una formale declaratoria di contumacia non invalida il procedimento e la successiva pronuncia, quando risultino rispettate le regole che disciplinano il proeesso contumaciale, dall'altro lato che l'erronea dichiarazione di contumacia della parte che si sia effettivamente costituita in giudizio si riflette sulla regolarit� del processo solo se alla stessa siano state inibite attivit� processuali che aveva diritto di compiere, con la conseguenza che non pu� essere invocata una inesistente e pur dichiarata contumacia per ottenere una remissione in termini che consenta di superare le conseguenze dell'inerzia mantenuta pur partecipando al processo (v. per tutte sul punto Cass. 1991 n. 8873, 1991 n. 8821, 1990 n. 6563, 1985 n. 6065, 1985 n. 4916, 1983 n. 1903, 1982 n. 4609, 1982 n. 238). E tuttavia il criterio di prevalenza dell'effettiva situazione processuale rispetto al dato formale costituito dalla mancata od erronea dichiarazione di contumacia con riferimento alla posizione giuridica ed ai poteri della parte interressata non appare utilizzabile ai diversi e specifici fini della determinazione del destinatario e del luogo di notificazione dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 330 c.p.c. Esiste invero in relazione alla fase del procedimento successiva alla pronuncia della sentenza, contrassegnata dalla pendenza del termine per impugnare e dall'impulso della parte soccombente, un'esigenza di certezza, anche con riferimento al rispetto dei termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p;c;~��d1e��imp�ne���di �ritenere�vfiicfolante�1a�quaiifieazfone� data dal ��giudice ~~�Tlia?Jf~;;:; .�Q)llP9l'fal'e W~~.it AAche comp~e$Se e �ijJn�eyta yal.taziq:ne, in relazione fllr~~~~li~~~f1~~ ~~~i~~9i~~�b~~�i;~: Jiij~c.~~~b:a:~~~?~~~: .cfllitC> ~<>11..�appai�l1<J co��patibili �cq.. jl�ppnciJ?i().�di..tutela d.ella patte �~tj).~.$~~e.bma~iij�pi~JR~t9~.f/.�/ �>.���������� ../.��� .. < f~ c9nsidei;aziolli �he ptece4o:no ind.�9no �a .tenere che ove�� come ar~~~d?r~t~~;.=:~=t! CQR'I'EFDI CASSAZIONE, S�z/I, Snovembre 1994, n.;9266 ~.�Pres.Rossi� ,Ref, Rovelli ~ P. M.� Morozzq della Rocca -Modfo� (avv'. Ponte) e;.Pre. si4e~~ c;fe1ta �Jfeg�<;l.e .� siti1ial1;i, .��. DeJR~llio. della �regi~me �.� sicilia:na Cavv. $~~t9 Lett�~a) �~�Consorzio <;li:. bonffica di Caltagirone (avv. Al�). Esproprillzfone per pubijitca tfdlita >. C61lcesstone ��� dl. oper� . pubblica � .ti~~e!ta di oneri c()#�~entfI~ ptocedu~a ablatoria ��. ~�� 1tesponsabllit� �...�� s()li.<tate .e;w.: .� art. 2055 c~c. tta �llllt:ihdstraZio11t1 delegarit� �.. e impresa delegata -. tssclusiOne �. �()~(li.C>W� . . . W~BL'it~~~~ tale � Ce>nseguente efficacia. decreto . dl proroga. occupazione temporanea emesso �medio teinpore �. Qr,uilora l'Amministrazione espropriante trasf eris�a con delega dei relativi poteri ad impresa privata, quale concessionaria d�ll'opera publllica,. gli om;ri concernenti la. procedura ablatoria, all'impresa medesima spetta la qualit� di parte del rapporto espropriativo con esclusione della responsabilit� solidale ex art; 2055 e.e. tra amministrazione delegante 472 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ed impresa delegata, salvo che il comportamento illecito possa essere imputabile ad altri (1). Ai sensi dell'art. 13 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, la potest� ablatoria della P.A. cessa con lo scadere dell'ultimo dei termini finali previsti nella dichiarazione di p.u. per il compimento dei lavori e per le procedure espropriative; pertanto il decreto di esproprio emesso successivamente allo scadere del termine finale dei lavori, ma entro il successivo termine fissato per l'espropriazione, si deve ritenere efficace, stante la persistenza dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera (2). Analogamente si deve ritenere efficace il decreto di proroga del periodo di occupazione temporanea, se intervenuto nel periodo di efficacia della dichiarazione di p.u., ossia prima della scadenza dell'ultimo dei termini di cui all'art. 13 della legge fondamentale (3). Con il primo motivo del ricorso principale, il Modica deduce violazione dell'art. 2055 e.e., assumendo che sussiste la legittimazione passiva di entrambi i convenuti in ordine alla richiesta risarcitoria dei danni conseguenti all'occupazione illegittima. Con il secondo motivo, deducendo violazione dell'art. 13 legge 25 giugno 1865 n. 2359 nonch� il vizio di motivazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata quando afferma che, nel caso in cui il decreto' di esproprio venga emesso successivamente allo scadere del termine finale dei lavori, ma entro il successivo termine fissato per l'espropria (1) Orientamento giurisprudenziale costante, sorto agli inizi degli anni '60 (cfr. Cass. 9 aprile 1962 n. 928 e 4 aprile 1962 n. 863; da ultimo cfr. Cass. S.U. n. 1529 del 29 marzo 1989). Sul rapporto di delega tra PA. e privato in ordine alla realizzazione di opere programmate nell'interesse pubblico, si veda Cass. 3 novembre 1983 n. 6474 nella quale il suddetto rapporto non pu� definirsi di delegazione amministrativa, istituto di diritto pubblico che avvicina enti pubblici diversi (delegazione interorganica) ovvero organi appartenenti allo stesso ente pubblico (d. intersoggettiva), ma di appalto, ove l'affidamento sia strettamente limitato all'esecuzione del lavoro, ovvero di concessione traslativa di pubbliche funzioni. Sulla responsabilit� diretta del concessionario nei confronti dei terzi cfr. ult. sent. cit. dove si accentua il carattere personale della responsabilit� per fatto illecito e Cass. 14 aprile 1983 n. 2602 che evidenzia come per effetto della concessione si sia prodotta una surrogazione soggettiva tra P.A. e impresa concessionaria; quest'ultima risponde direttamente dei danni cagionati a terzi dall'opera pubblica sia per attivit� legittima che per illecito aquiliano, ed in questo secondo caso, anche se la colpa sia riferibile al concedente nella predisposizione del progetto e nella imposizione delle direttive. Sulla legittimazione attiva alla opposizione alla stima dell'indennit� si veda anche Cass. 7 aprile 1971 n. 1032. (2-3) Il decisum trova puntuale riscontro nei principi affermati da Cass, S.U. 4 maggio 1989 n. 2078 e pi� indietro da Cass. S.U. 3 giugno 1978 n. 2773, in Foro it. 1978, I, 1900. La questione relativa alla diversa incidenza sul potere ablatorio della P.A. dei quattro termini (rispettivamente di inizio e di compimento zjope;.. ~q. .�:tesso deliba�ritenersi���mtemt~.to durante U.��Ji!erlodo.�.di efficacia della dichi~~zi�p.e :di� p:ul;>blica utilit�,. l'il~vandosicosi che,.�.nel .caso:� in e1>a~e, non ~J\lseti,1#) stati co:mplet/11,ti Llavori entro .�il ter:milie prefissatoi era ven:uta meno la potest�. <ablatoria d�lla P.A, / �, � C9g il� te~o @o.dvo. a~s:utn.e.~9si vi9lazione dell'art, Il e degli attt. 11 !�;i@i~f:m:~:~!-:E ������ (;<)k� q.i;.;t9�� uiotiv();���lanientlll;nd9si :violazione..��dell'art��.. :zo .� legge n.�.� .865 4ei�� i,g7l,!'���~�.cie,gli,�.~r:tt��.�72�.. e 39.l�gge.l1� � 23$~ delJ�~5;�. n9ncW�. U.. 4ifettQ ... Qi: motivazione, ��sj censura la sente.rizaimpug.1:1Ja rilevandosi elle. la dorm: n:i,da qJ l~qi.J�d~~o:o,e�.�lel Cl:anno �dlil. occIJ;pa?;ione;. proposta . m.. ca11sa, non era c<�'Wt<:> d~eri4:i a q11eUa Jiq.idataJn UX!:< decretQ dl .c.itazione.del qqale :a:s~J=~~;Jri�J:~::ifZ;�e 9he comllll~u~~ erron~Ja,, dete:~one ����� �.�� .�� CoA il :P.dmo�� mqMvq.. d~ primo Jijcorso. incicientale) la Regione Sicilia ::~~:~~i~~!b!d~~!....=t!~!iti1~6~~~:��4~~i~~1:f;;!~~!0p~r �J:e:: ind�termmatezza. �.� .. >� Cpn il~e~oncl~ ~d~i;o;.l~ Regio:n,~ .�ss.m.e .. essersj. �. yerifi~at9 il vizio cli vjglazio:n,e 9:ell'att~ 2909 e.e. e qu~lo cl~ 9mesi;f;l; mo~ivazj9ne� :n,o:n, avendo la .Corte �pro..,nci~to s.ll'eccezion,e..... di iiwUca,to, �. pregi..dizil:lle � dspetto !:~p~i~lw:;~e1����;~~;~!e::��:cw'�::~:e~~;~ti.~3:~~�2!5%~~6s~t::i6ff~ gett�. di J;>rol;l.W'!.�e divergenti; sicch�� la �senteJ:lZa in .epigrafe � e. suoi richiami .�si collClc~nq, ~a pw:; .�o:n, gli aPProf9ndimentj e I~�Yerif~che Jmposte . da una visione org.anica def problexn.a, nell'alveo di un orientamento . giurisprudenziale che non deniWcia mor.e~ticll cohirasto e ili rattilra. �. . .�� .. �. . ...�. �.. Si.l.llii obbllgatpn�t� della prefissfone dei termini indicati dall'art. 13. anche irF C�so di dichiar�Zione implicita di p.i'�, nonch� sulla carenza del poter� di esprop:do 4ellaJlJ\,. b1;tsr;1to<sulladichial'.<1Zione di p.u. pdva>dellafissazi9:nedei.�� tetJ:lliJ:� di cqmpime.t!) �. i:tell'esproPdjlZiPne.�.e .. dei. lavori .. v�.. Cass. 18 otto. bre 1976 :ri. 3552 id, Rep. i976 voce Espropriazione per p.i. n. 103; � .� �� . . La decisione 9266/94 segue l'opera di superamento del contrasto delineatosi tra cdhsigifo di Stato e Cassazfone ili ordine all'individuazione degli . effetti del� l'inPsservanza dei termini previsti da}r!U:t. 13 �on .pal'ticolare riguardo. all'inutile d~oroso clelJ<:}tffiiiJ~ f~.i.e per l'~~~.zjone 4.ell'().1'1e;ra cll� segna il M:rn~te ..lii effica� cia.clel!a� dichi~razione� d~ );)..., e quindi .del pot~r~..ablatorlo della PA. �(Cons.. St. 21settemb:i:e 1974 n. 626 id, Rep. 1974, voce dt. n. 55). La quaestio dell'effkada del pfo'(i\i�dimeiito espropriat:ivO eI11t}sso �a s�guifo �della� scadenza� dei termini� di� cui all'art; 13; ha assunto dimensioni cli mii:tote gravit�, stante l'ingegnosa creazione dell'istituto .4h9ccupazione appJ:opriativa,�v. Cass. S.U.. .26 {ebbraio .1983 n. 1464 in Foro h, .1983, I; 626. . .. . . . .� .� � In dottrma, LANDI, Espropriazione per pubblica utilit� (principi) in Enci� clopedia del diritto, 1966 ;xv, 816 e MAIELLA, L'art. 13 della �legge generale sulle espropriazioni per pubblica utilit� e il permanere d{ un grave contrasto giuri� sprudenziale; in Giust. Civ. 1976, Il, 44, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 414 all'esame della questione di disapplicazione del decreto di esproprio, e pertanto essendo passata in giudicato la sentenza del giudice amministrativo che ha rigettato i ricorsi del Modica avverso il decreto di esproprio, sentenze prodotte nel giudizio di merito. Con il proprio ricorso incidentale, il Consorzio deduce violazione degli artt. 48 e 72 legge n. 2359 del 1865, osservandosi che, in conformit� al disposto dell'art. 48 secondo comma legge n. 2359 del 1865, il decreto prefettizio di esproprio attestava l'avvenuto deposito della indennit�. Il primo motivo del ricorso principale, con cui viene dedotta la violazione dell'art. 2055 e.e. in relazione alla ritenuta carenza di legittimazione passiva dell'amministrazione regionale, appare destituito di fondamento. Il giudice di merito ha accertato che, tanto per la realizzazione dell'opera pubblica che per l'espletamento delle procedure espropriative, la Regione ha fatto ricorso allo schema giuridico della concessione a favore del Consorzio di Bonifica di Caltagirone. Come � noto (v. Cass. sent. n. 1529 del 1989; n. 2602 del 1983; n. 1037 del 1971) qualora l'amministrazione espropriante trasferisca ad impresa privata, quale concessionaria dell'opera pubblica, gli oneri concernenti la procedura ablativa, con delega dei relativi poteri, all'impresa medesima spetta la qualit� di parte del rapporto espropriativo e, quindi la legittimazione nel giudizio di opposizione avverso la stima. Nella medesima situ�zione, come in quella di delegazione amministrativa intersoggettiva, il delegato assume diretta responsabilit� nei confronti del terzo espropriato, anche per il riconoscimento dei danni che derivassero -vuoi per l'illegittima protrazione del periodo di occupazione temporanea, vuoi per vizi inficianti il procedimento espropriativo e tali da determinare l'inesistenza del potere ablativo -a meno che tale illecit� non sia stata causata dall'espropriato o quest'ultimo vi abbia concorso, dovendosi tuttavia, in tal caso, individuare i fatti costitutivi della responsabilit� del concedente (v. Cass. n. 1834 del 1974; n. 1395 del 1972). Nella specie il ricorrente non individua circostanza alcuna che renda imputabile elementi della fattispecie da cui fa derivare il sorgere della responsabilit� da fatto illecito per cui � causa. Il rigetto di tale motivo, comporta l'assorbimento dei motivi del ricorso incidentale proposto dalla Regione. Il secondo motivo del ricorso principale, con cui si lamenta l'erroneit� della pronuncia impugnata per aver ritenuto, nel caso il decreto di esproprio venga emesso successivamente allo scadere del termine finale, ma entro il successivo termine fissato per la fine della procedura di esproprio, che lo stesso deve ritenersi intercorso durante il periodo di efficacia della dichiarazione di P.U., non appare fondato alla stregua dei rilievi che seguono. �Devesi premettere che, nel caso di specie, il decreto di esproprio � intervenuto anteriormente al decorso del termine fissato per il com PARTB I, SBZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIUIUSDIZIONB E APPALTI plet~ento delle �procedure espropriative. sulla�� dichiarazione di pubblica nullit� (che li fissava in 36 mesi dalla consegna dei lavori); laddove (secondo quando risulta dalle sentenze emesse nell'~bito del giudizio di merito), alla data in cui fu pronunziata l'espropriazione, era decorso il�minhno termine (24 mest dalla consegna) concessa per l'ultimazione deilavori, che fu completata dopo l'emanazione del. decreto espropriativo. Ora, com'� noto; secondo. la costante giurisprudenza di ..questa Corte, la decadenza della dichiarazione di P.U., ex art 13 della legge n. 2359 del 1865, comportando il venir meno del potere espropriativo, fa riacquistare alla posizione del titolare del bene oggetto dell'espropriazione la con� sistenza del diritto soggettivo perfetto; ne consegue che l'illegittimit� del decreto di esproprio, in. quanto nonostante� la sopravvenuta decadenza della dichiarazione di P.U., pu� essere fatta valere davanti al giudice ordinario, vertendosi in tema, non di scorretto esercizio, ma di carenza del potere esercitato,� con l'esercizio di azione risarcitoria (v. Cass. numero 4816/198.4; n. 2774 del 1978; �n. 2US del 1974). Il problema consiste, cosl, nell'identificazione del momento in cui viene a cessare la situazione di soggezione al potere espropriativo della P.A. ed � problema che non pu� impostarsi sotto il. profilo degli effetti del provvedimento ablatorio, ma che deve procedere dall'esame dell'atto dichiarativo della pubblica utilit�, sotto il particolare oggetto dei termini che entrano a far parte del suo contenuto, per tentare di dare una �giustificazione alla circostanza che la legge impone di inscrivere quattro termini (quelli per l'inizio e la fine dalle espropriazioni, e quelli per l'inizio e la fine dei lavori). � � Dei quali, i termini iniziali vengono pacificamente. ritenuti ordinatori, quasi di natura esortativa (Cass. n. 6399 del 1990 legge n. 3838 del 1976). L'iridividuazione dei termfui alla cui scadenza si verifica l'inefficacia della dichiarazione di p.u. e la conseguente riespansione del diritto, gi� �ffievolito per effetto dell'esercizio del potere espropriativo, si appunta fra L due termini finali e viene precisata� nella scadenza dell'ultimo dei quattro termini, indicati per lo pi� in quello previsto per il compimento dei lavorF(anche per l'estrinseco nesso che lega la dichiarazione all'opera pubblica).. Sembrano tuttavia necessarie ulteriori puntualizzazioni. La necessit� che la dichiarazione di pubblica utilit� contenga i termini finali delle espropriazioni e dei lavori ha il suo fondamento. in due esigenze diverse. Quello relativo alle espropriazioni risponde all'esigenza � che vale il diritto del proprietario del bene da utilizzarsi per quell'opera sottratto ad una sottoposizione indefinita nel tempo al potere della P.A. �; quello relativo al compimento dei lavori corrisponde al � soddisfacimento dell'interesse della collettivit� alla realizzazione dell'opera dichiarata di P.U. � (cos� Cass. SS.UU. n. 2774 del 1978). Dalla individuazione del diverso fondamento dei due termini, appare conseguente che quello per il compimento dei lavori sia normalmente successivo a quello per le espropriazioni. Le conseguenze sono quelle stabilite dall'art. 63 della legge RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO fondamentale, per cui �fatta l'espropriazione, se le opere non siano eseguite e siano trascorsi i termini a tal uopo concessi o prorogati �, gli espropriati potranno adire il giudice ordinario per ottenere, previa declaratoria di decadenza � dell'attuale dichiarazione di pubblica utilit� � la retrocessione dei beni espropriati. E la disciplina normativa (artt. 60 e 63 della legge fondamentale) esclude che alla fattispecie che d� vita alla retrocessione (esproprio non seguito dalla realizzazione dell'opera pubblica) si colleghino conseguenze risarcitorie. Anche se la successione temporale della scadenza dei termini sia'. diversa (per l'anteriorit� della scadenza del termine per l'esecuzione dei lavori rispetto a quello per l'espropriazione) appare conseguenziale ritenere che l'inefficacia di cui all'art. 13 terzo comma cit., derivi non gi� dalla sola scadenza del termine fissato per il compimento delle operazioni di esproprio. Ed invero, come ha rilevato questa Corte (Cass. SS.UU. sent. n. 5904 del 1980), �la scadenza del termine per il compimento dei lavori (non prorogati), intanto pu� essere rilevante in quanto da essa derivi l'impossibilit� del compimento dell'opera, o pare desumersi la volont� dell'espropriante di rinunciare alla realizzazione della stessa, oppure venga meno lo scopo di pubblica utilit� per cui l'espropriazione sia stata pronunciata �. L'argomento testuale desumibile dall'espressione adoperata dall'art. 13 u.c. della legge n. 2359 del 1865 (� trascorsi i termini, la dichiarazione di pubblica utilit� diventa inefficace�) suffraga la tesi che si sia inteso far discendere quella inefficacia (cui consegue il venir meno del presupposto del potere espropriativo, e non soltanto un illegittimo esercizio del potere attribuito alla P.A.) dalla scadenza dell'ultimo dei quattro termini, quale che sia la successione cronologica di essi. Valendo, indipendentemente dalla diversificazione cronologica dei termini, il principio (affermato da Cass. SS.UU. 4 maggio 1989 n. 2078), secondo cui � qualora la dichiarazione di pubblica utilit� preveda sca~ <lenze successive per l'espropriazione e per il compimento dei lavori, l'inefficacia della dichiarazione medesima, ai sensi dell'art. 13 ultimo comma della legge 25 giugno 1865 n. 2359, con il conseguenziale venir meno del potere ablatorio dell'amministrazione e dell'affievolimento della posizione soggettiva del privato, � determinata solo dal decorso del secondo degli indicati termini, la cui pendenza, nonostante l'eventuale scadenza del primo, esprime la persistenza dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera �. Deve ancora osservarsi che, come rilevato da questa Corte (Cass. 6399 del 1990) l'esigenza di limitare rigorosamente il periodo di incertezza del proprietario del bene assoggettato a procedure espropriative, � assume at tualmente caratteristiche di minore gravit�� alla luce dell'introduzione nel l'ordinamento dell'occupazione acquisitiva (Cass. S.U. n. 1464/1983 e 3940/ PARTB I, SBZ. III, GrtmlSPitJnBNZA ClVXLB, GiURISl>IZIONB B APPALTI 1988Jn relazione alla legge. 27 ottobre1988 n. 458). La realizzazione dell'opera pubblica nel corso dell'occupazione .legittima o successivamente ad essa detennm.a restinzione del diritto dominicale del privato e racquist() a titolo originario in capo all'ente costruttore, su essa con l'irrilevanza: del decreto di espropri() successivamente emanato,� anche se sia� ancora �in corso il termine per � l'ulthnazione dei lavori stabilitkcon la�dicbi.arazione. :di pubblica utilit�. .�. :. : � In.� ogni caso, non .si potrebbe, dal �.mancato compimento . dell'opera pubblica nel tennine prefissato, far.. derivare.firrilevanz1:t .del sopravvenuto decreto di espropriazione, che, in tal .caso,. non potrebbe essere disapplicato n1 QU!iWt� �,mU:tiliter datum ~. in conseguema dell'anteriore verificarsi delli,:i. fattispecie acquisitiva, ma solo�in quanto� illegittimo per� inesistenza 4e1 pot(:lre ablatorio�.�.� . Dovendosi tuttavia precisare che si afferma .. (Cass. 16 agosto 1988 n. ~940); aL<:o:ritrari(}; che � al decreto di espropriazione pu� essere attribuita efficacia sanante ex-tunc della illegittindt� � � .. di un'occupazie>ne prcgressa1 soltanro se .. non� gi� verificata la irreversibile trasformazione dell'immobile w;;: �..�� Il terzo .motivo. idi. ricorsof con. cui� sideduce che �il .decreto� di proroga dl .occupazione temporanea doveva ritenersi inesistente per il periodo ec� cedente la scadenza. del termine dei lavori,. ripete la sua infondatezza dalle superiori argomentazioni. Infatti l'illegittimit� dell'occupazione temporanea si verifica quando essa sia protratta� oltre �il periodo. di efficacia della dicbiarazione di pubblica utilit�. Ma; alla stregua del principio sopra affermato, tale efficacia viene meno solo dopo la scadenza dell'ultimo dei termini di cui�all'�rt.13 dellalegge fondamentale, mentre,:come ha esattamente... ossertrato �il giudice� di merito, nella .specie, l'occupazione di.�urgenza non si � protratta oltre il termine sul quale perde efficacia la di� chiarazione �di pubblica utilit�, .. per non ess.ere de��tso. il tennine finale fissat() per la procedura espropriativa .. ,Anche il quarto motivo del ricorso principale appare . destituito di fondamento. . . . . . . . . ' . ��con esso �. as8um� in sosiru#a il ricorrente che sarebbe.$tato fr~lliteso il. s~mso.. Cl~ll sua clomiin~,direttaajl11 correspopsione .dell'indennit� di occupazione di urgenza. cbe .eyl:\ �.finalizzata al conseguimento :di quanto �doxuto per legge� e nc>i~ certp a1l'inciennit~ liquidata dall'f\lnmiajstra� zio~e in seno al decreto di esproprio. Senonch� .la .Corte .di merito ha dato atto che la domanda era diretta a!la corresponsione � dell'inciennit� di occup~zione legittima in favore di pro-te attrice per il biennio 1977 e 1979 �; che meritava ogni contestazione della �determinazione di essa conte� nuta nel decreto di esproprio; che, pertanto, ((non esistendo.alcuna controversia sui criteri di determinazione e sulla misura dell'indennit�, esula la speciale competenza Jn unico grado della Corte d'Appello �, trattandosi di �tutelare il diritto soggettivo alla corresponsione dell'indennit��, come 478 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO liquidata. Ha altres� dato atto di istanza istruttoria e di argomentazioni formulate nel corso del giudizio di appello, volte ad una diversa e maggiore liquidazione; ma ne ha correttamente ritenuto la inammissibilit�, stante il divieto posto dall'art. 345 I comma c.p.c. Tale interpretazione della domanda, non appare censurabile in sede di legittimit�, essendo stata compiutamente e logicamente motivata ed essendo piuttosto orientata alla salvaguardia del principio generale di conservazione degli atti, in quanto una diversa interpretazione, concretandosi in opposizione alla stima, sarebbe stata proposta davanti a giudice incompetente, e inammissibile per.tardivit�. Il ricorso incidentale del Consorzio di bonifica, con cui si lamenta che la Corte, dopo aver dato atto della determinazione dell'indennit� di occupazione sul corpo del decreto di esproprio e nonostante il disposto dell'art. 48 della legge fondamentale, ha ritenuto che mancasse ogni riscontro probatorio circa il pagamento (rectius, il deposito) della medesima, appare fondato sotto il profilo del vizio di motivazione. Ha infatti dato atto, la Corte, che l'indennit� in questione risulta determinata nel decreto di esproprio che, d'altra parte, a norma dell'art. 48, poteva essere pronunziato �in seguito alla presentazione dei certificati comprovanti il seguito deposito �. Non poteva, dunque, la Corte ritenere priva di riscontro probatorio la circostanza del deposito, senza enunciare le ragioni che portavano a contrastare la presunzione nascente dall'emanazione dell'atto amministrativo che tale deposito postulava. Appaiono sussistere giusti motivi per compensare le spese del presente grado. In risoluzione al motivo accolto, la sentenza dovr� essere cassata, e la causa rimessa ad altra Sezione della Corte d'Appello di Catania. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 novembre 1994, n. 9269 -Pres. Corda � Rel. Lupo -P. M. Di Salvo -Nardella (avv. Declich) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Zotta). Valuta� Infrazioni valutarie� Istanza ex art. 8 r.d.l. 1928/38 � Consesmenze: riconoscimento infrazione � Possibilit� di contestazioni sulla sussistenza della violazione (doglianza relativa a prescrizione del diritto alla ri� scossione della pena pecuniaria) � Preclusione. L'istanza promossa ai sensi dell'art. 8 R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928 in tema di infrazioni valutarie, implica il riconoscimento da parte dell'interessato dell'infrazione compiuta e dunque preclude ogni contestazione sulla sussistenza della violazione: in particolar-e � preclusa la doglianza relativa alla pretesa prescrizione quinquennale del diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria (1). (1) La Corte torna sull'argomento della definizione per via breve delle violazioni alle leggi finanziarie. In particolare conf. Cass. S.U. 20 febbraio 1985 PARTE I, SBZ. III, G!"URISJ:>RUDl'!NZA Cl\11Ul,, GltI!US~IZIONB E APPALTI 479 . Il pq.gawentor disposto dal medesimo articqlo, estingl'endo tutti gli effetti deriya:rzti dalla violazione, non consente che sia ordinata la devol~ziorie all'.erario. dell'oggetto della yfolazione, .. prevista dall'art. S dello stesse:} esto nprwa,tivo. ' 1. .�;;..;,.;.� Con ilprimo motivo delrlcorso si denuncia la violazione e falsa applicazione �del combinato disposto dell'art. 3 R.D.L. S dicembre 1938 n; 1928 e art; 11 legge. 5 gennaio 1929 ni4, dell'art. 8 R.D.L. 5 dicembre 1938 n; 1928 � de1rark2944 <:odice civile; in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, codice procedura civile .. Il>ricorrente sostiene ch� la domanda ex art. 8 R.D.L. n. 1928/38 non comporta akun �riconoscimento dell'infrazione, e, quindi, egli, con tale istanza rton ha ammesso l'addebito. Conseguentemente non � stato intef'� rotto il termine quinquennale di prescrizione; che era decorso quando � stato emanato ildecret� delMinistro del Tesoro. 2,�;;..;;.. Il motivo� dl ricorso � infondato. .�.�Va premesso� che>� secondo �il disposto dell'art. 8 del. R.D.L. 5 � dicembre 1938 n. 1928; il Ministro del Tesoro, �avuto riguardo alle circostanze in�cui .� stata commessa.la :violazione e ai� precedenti . del trasgressore,� anzi. ch�: infligge.re .. la pena pecunia:ria pu� ammettere. il trasgressore stesso, che ne �faccia �domanda, al pagamento. di una somma che lo. stesso� Ministro determina in misura non eccedente il .25 per cento del va:lore delle ,divise, dei titoli, delle merci, o delle altre cose che costituiscono l'oggetto della violazione� Ilc;l.etto pagamento estingue tutti gli effetti derivanti dalla violazione�. . Nell'interpretare la trascritta -disposizione normativa le Sezioni unit� di questa Corte, con la sentenza 20 febbraio 1985 n. 1500, hanno precisato n.>1500,.. in Riv. Leg. Fisc. 1985, III, 2120, la g_.ale specifica che la presentazione dell'istanza suddetta, volta ad ottenere l'ammissione al pagamento di una somma determinata dal Mlliistro �del Tesoro in misura n�n�tced�nte� il 25 % del valore delle divise, titoli ... equivale a rinuncia di ogni contestazione relativa alla legittimit� del decreto ministeriale determinativo dell'ammontare della pena pecuniaria. Il pagamento per � via breve � �avrebbe carattere definitiv� ed irretrattabile. '.Per ci� che concerne l'in,efficacia delle eventuali riserve di ripetizione espresse dal trasgressore all'atto del pagamento della somma richiestagli. cfr. Cass. 24 aprile 1979 n. 2319, in Foro lt., 1980, I, 1749, con nota di REsTELLO in Riv. dir. fin. 1979, Il, 207 e da FIORENZA in Giur. it. 1980, I; 1, 917. Sulla natur.a della pena pecuniaria, la Cassazione sembra ora discostarsi dal pre�edente orientamento che ne sottolineava le analogie con le obbligazic; mi di diritto civile: cfr. Cass. 8 gennaio 1968 n: 34 in Foro lt., Rep. 1968, voce Tassa in genere n. 521. In dottrina per il precedente orientamento CARBONE, TOMASICCHIO, Le sanzioni fiscali, Torino 1959, 37. 480 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO che la presentazione della domanda, da parte del trasgressore, (scil.: una volta accolta) comporta una rinuncia dello stesso a contestare la legit I timit� del decreto ministeriale determinativo dell'ammontare della pena pecuniaria ed a porre ogni altra questione relativa alla sussistenza della I violazione, onde non � pi� prospettabile alcuna doglianza relativa alla legit I fil timit� del provvedimento applicativo della sanzione o il merito della violazione incorsa. A tale conclusione le Sezioni unite sono pervenute .sulla base di una analogia, per l'aspetto qui considerato, tra l'istituto in esame (previsto dalla legislazione in tema di violazioni valutarie) e la definizione in via breve delle vioiazioni alle leggi finanziarie punite con pena pecuniaria (art. 15 della legge 7 gennaio 1929 n. 4), definizione che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. ampiamente Sez. I, 24 aprile 1979 n. 2319), preclude ogni contestazione sulla sussistenza della violazione, anche se il suo autore abbia eseguito il pagamento ingiunto con riserva di successive eccezioni, riserva che � priva di ogni valore ed effetto giuridico. Il ricorrente sostiene che il precedente delle Sezioni unite n. 1500 del 1985 -correttamente richiamato nella sentenza impugnata -non concerne la presente fattispecie, perch� esso non riguardava un caso in cui si invocava la prescrizione quinquennale dell'illecito (art. 17, primo comma, della legge n. 4 del 1929, Tichiamato dall'art. 3 del R.D.L. n. 1928/1938). L'assunto non ha pregio. Il decorso del termine di prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria comporta la illegittimit� del decreto ministeriale che ha applicato la pena pecuniaria, e tale doglianza, non diversamente da tutte le altre questioni sulla legittimit� di detto decreto, � preclusa una volta che il trasgressore sia stato ammesso al pagamento in misura ridotta da lui chiesto ai sensi del citato art. 8 del R.D.L. n. 1928/1938. Pertanto, ogni problema relativo al punto se, nel caso di specie, si sia o meno verificata la prescrizione quinquennale della violazione -in relazione alla causa interruttiva affermata dalla Corte di appello e contestata con il motivo di ricorso -� reso privo di rilievo dalla preclusione dianzi affermata. � 3. -Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 5 R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, codice procedura civile. Il ricorrente lamenta che sia stata riconosciuta la legittimit� della devoluzione a favore dell'erario dell'oro sequestrato. Osserva in proposito che, come stabilito dal secondo comma dell'art. 8 R.D.L. n. 1928/38, il pagamento della somma determinata con il decreto del Ministro -in conseguenza dell'istanza di ammissione alla definizione del contesto -estingue tutti gli effetti derivanti dalla violazione; onde, verificatasi tale estin I zione, non si vede a quale titolo il Ministro del tesoro pu� conservare la i I I ! i i ~ PARTB I, SBZ. III, GiURISPRtinBNZA ClViiB, GIURISDIZIONE E APPALTI faooltllt di devoluzione allo stato delle� cose . sequestrate che costituiscono !;oggetto della viol�Zfone. �:. ,�.�. 4,. :�Ji.~otii9.�tti tjcp~so � foA(:\ato. .. .� ,, Xli\ pz.;enw~sO::che,. secqndq J.'art. 5 clel R.D.L.. 5 dicembre 1938 n. 1928, il Ministro d~l tesoro; � � indipendentement~ dall'applicazione delle pene PePtmi~Je sJa1;>ilite,dall'art.. 2, ��ha. la facoh���� di orciinare, la .devoluzione ~)!~y~te 9eil'~ri.jo.�.� delio Sta~O ,delle cose�. sequestrate, che costituiscono l1oggettO clelia violazione �. J'.;a sentenza impugnata ha ritenuto . Che tale dfspds�iiorj,e siapplica anche quand() � avvenuto il pagamento in misura ~tf3~!~~��.ft~ifr~~�.�!ta~!fi6s.sw~!s~atl~i!0.:Jhri::i:b,d~~!~~~~~~ ~h~,te:~:~ si dispone nefsecondo Cdmtni:l del�fo stessoart. 8 (qui trascritto nel patagrafo 2), il pagamenfo � estingue tutti gli effetti derivanti dalla violaZidne- i;; � ��.�..� Tale coriditsiori� non�� pu� � ess�re ��condivisa; �La devoluzione all'erario ��dell'oggetto �della� violazfone. costituisce una coJ!lSeguenza dell'illecito valu:tario a carico del trasgressore, onde essa non pu�.�essete :Ordinata �quando l'ille�:ito non sia sussistente.: .si tratta, cii0�; di un'autonoma satl:zione amministrativa avente una funzione analoga alla confisca che, in linea generale per gli illeciti amministrativi, � stata successivamente prevista,, come sanzione amministrativa accessoria, daU';ui. 20 de1la legge ~ novembre 19$1 n. 689. lJ!l:a volti;!. che, a norma del citMo art. 8, si sia verificata l'estinzione di ~ ~.tti . gli effetti derivanti �l.alla viQlazione �, la devoluzione perde il suo unico fondamento, consistente nella sussistenza della violazione; n� sono previsti.casi. di. devoluzione obbligatoria, analoga ai casi di confisca obbligatoria dis�iplinati negli ultimi due commi dell'art. 20 della legge I1. 689/81. Al contrario l'art. 5 del R.:0.J'.;. n. 1928/1938 prevede sempre �la facolt�� (e non l'obbligo) del Ministr0 ,di ordinare la devoluzione, qualunque sia il tipo di �titoli, di merci o cli altre cose che sono oggetto della vfolazion~~ La Corte di appello ha fondato fa propria contraria tesi su due argomenti sinteticamente enunciati: a) il citatoart. 5 prevede che la devoluzione � ordinata � indipendentemente dall'applicazione delle pene pecuniarie�; b) �in ip~tesi analoghe� la legge (art. 334 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43) prevede che l'oblazione non impedisce la devoluzione allo Stato dell'oggetto della violazione. L'argomento sub a) � privo di valore decisivo, poich� l'espressione dell'art. 5 pu� anche essere intesa come previsione che la devoluzione � ordinata con procedimento diverso �ed � indipendente � da quello stabilito per l'applicazione della pena pecuniaria. 482 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 334 del t.u. doganale, disciplinando l'estinzione per oblazione dei delitti di contrabbando punibili con la sola multa, prevede, nell'ultito comma, che l'estinzione del reato non impedisce l'applicazione della confisca. Ma tale disposizione, che concerne i delitti e non gli illeciti amministrativi, contiene comunque una regola espressa, di cui va provata l'applicabilit� nei casi non disciplinati. Molto pi� pertinente appare, invece, il richiamo del disposto dell'art. 15 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, ove � disciplinato un istituto che la giurisprudenza di questa Corte ha gi� considerato, come si � detto in relazione al primo motivo del presente ricorso (v. retro, par. 2), analogo al pagamento con effetto estintivo previsto dall'art. 8 del R.D.L. n. 1928/ 1938. Detto art. 15, nel secondo comma, dispone che il pagamento previsto per la definizione in via breve della violazione finanziaria amministrativa � estingue l'obbligazione relativa alla pena pecuniaria nascente dalla violazione �. Il legislatore del 1938, che aveva ben presente il testo della legge n. 4 del 1929, avendone richiamato molteplici disposizioni (elencate nell'art. 3) ha, nell'art. 8, secondo comma, adottato una formulazione nettamente diversa da quella del cpv dell'art. 15, facendo riferimento a � tutti gli effetti derivanti dalla violazione �, e non soltanto al1' � obbligazione relativa alla pena pecuniaria �. Come possibile spiegazione della chiara diversit� di disciplina degli effetti del pagamento della sanzione ridotta nelle due disposizioni normative qui poste a raffronto, pu� osservarsi che, mentre l'art. 15 della legge n. 4 del 1929 consente in ogni caso al trasgressore di pagare la sanzione ridotta, l'art. 8 del R.D.L. n. 1928 del 1938 subordina lo stesso beneficio al potere del Ministro del tesoro, che � pu� ammettere � il trasgressore al pagamento della sanzione ridotta. Tale facolt� dell'autorit� amministrativa (non consentita per le violazioni alle leggi finanziarie) � idonea ad evitare che si ricorra alla definizione delle violazioni valutarie per le quali il Ministro voglia conservare il potere di devoluzione all'erario dell'oggetto della violazione prevista dal precedente art. 5. Nulla rileva, infine, che, nella presente fattispecie, si tratti di violazione alla disciplina sul commercio dell'oro, considerato che l'art. 1 del R.D.L. n. 1928 del 1938 parifica tale tipo di violazione a quelle valutarie, onde non pu� pervenirsi, per le violazioni in materia di oro, a interpretazione diversa da quella che va data in linea generale alle disposizioni degli artt. 5 e 8 del R.D.L. n. 1928 del 1938. 5. -In conclusione, il primo motivo del ricorso va rigettato ed il secondo motivo va accolto. La sentenza impugnata va cassata limitatamente al motivo accolto e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che si conformer� al seguente principio di diritto: PARTE I, SBZ. III, GIURISPRUl)BNZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 483 � ll pagai;nento previsto dall'art. 8. del R.D.L, 5 dicembre 1938 n. 1928, estin� guendo tutti gli effetti derivanti dalla violazione, non consente che sia ordinata la devoluzione alFerario dell'oggetto della violazione, prevista dall'art. 5 dello stesso testo normativo ȥ CORTE DI. CASSAZIONE, Sez. �� l, 18 novembre 1994, n. 9789 -Pres. Beneforti �Rel. Lupo -P. M. Maccarone (conci. conf.) -Mediofactoring spa (avv. Sigill� e Benatti) c. AIMA (avv. Stato Fiumara). ObbligazJ.olli (in �generale) � � AIMA � '.Personalit� giuridica � DiSposizioni sulla contabilit� generale dello Stato � Applicabilit�. Obblig~oni (in generale) � Contratto di deposito � Non configurabilit� Cc:> ndizfolli. ObbUgMt~nJ (in generale) �Contratto di forllitura ex art .70 r.d. 2440/23� �lden~lcaziQne. Obbligaziolli (in generate) �Cessione di crediti verso la Stato ex art. 70 r.d. 2440/23 � Lin;dtl. All'Af;ienda di Stato per gli interventi. sul.� mercato agricolo (A/MA), avente persotiatit� giuridica, si applicano le disposizioni sulla contabilit� generate dello Stato, dettate dal R.D. 18.11.23 n. 2440, cos� come implicitamente evidenziato dall'art. 3 della legge 14 agosto 1982 n. 610 (1). Non � oonfigurabile un contratto di deposito qualora dalla comune intenzione delle parti si desuma che queste~ oltre ad aver riichiamato nel contenuto del rapporto. fart. 1166 e.e., hanno previsto operazioni aggiun (1) ..Gli unici precedenti che .constano con riguardo all'AIMA (ora EIMA) sono Cass. 30 ottobre 1984 n. 5544 in FI, 1985, I, 790 e. App. Bari 22 aprile 1972, id., 1972 I, 3576, ove si precisa che la suddetta azienda. ha natura di> amministrazione statale .. e pu� stare in giudizio mediante l'Avvocatura senza apposito mandato alle .liti; nella motivazione tale assunto viene giustificato interpretando l'art...43 R.D. 1611/33 nel senso che anche per il patrocinio facoltativo non � necessario�� l'apposito .��mandato cos� come nelle�. ipotesi���. di patrocinio ex lege delle amministrazioni dello Stato ai sensi dell'art.. 1 R.D. cit, -In argomento vedi anche PAVOli!B, Lo. Stato in giudizio; Milano 1982, 293, nel senso che il patrocinio dell'Avvocatura per le aziende autonome con personalit� giuridica rientra nella previsione dell'art .. 43 RD. 1611/33; contra BB.I, Avvocatura dello Stato, in Enciclopedia del diritto, IV, 675. Va tuttavia precisato che il problema affrontato con la prima massima; implicitamente risolto dalla legge 14 agosto 1982 n. 610 art. 3, non sembrerebbe venir riaperto dalla recente trasformazione dell'AIMA in Ente pubblico (EIMA) per effetto del D.L. n. 464 del 25 luglio 1994, recentissimamente reiterato nel D.L. n. 648 del 25 novembre 1994 che dichiara espressamente applicabile all'Ente. almeno in via transitoria (art. 15) la citata legge n. 610/82. '484 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tive che nella specie non rivestono carattere accessorio e secondario rispetto al contratto tipico (2). Il contratto di fornitura, indicato nell'art. 70 R.D. 18 novembre 1923 n. 2440, si identifica non solo nelle � cose �, ma anche nelle � opere >>, ossia nelle attivit� compiute dal fornitore; pertanto nel caso di specie, il rapporto intercorrente tra AIMA e Soc. Distilleria Fustella S.as. rientra direttamente nella previsione del suddetto art. 70 (3). La cessione di crediti verso lo Stato, disposta dall'art. 70 del medesin:io testo normativo, � limitata ai crediti che derivano da contratti � in corso �, ad indicare con questa espressione la permanenza del rapporto contrat� tuale non solo al momento della notifica della cessione, ma anche al momento della decisione (4). 1. -Con il primo motivo la societ� ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 14 e 15 preleggi, artt. 69 e 70 R.D. n. 2440/1923, art. 3 della legge 14 agosto 1982 n. 610, art. 23 del d.P.R. 14 febbraio 1985 n. 30), nonch� vizi di motivazione. La ricorrente sostiene che l'art 70 del R.D. n. 2440/1923, il quale contiene un jus singolare per i (2-3) Il problema � quello dell'interpretazione del negozio ed � in base ad una puntuale ricostruzione della relativa disciplina che la Corte Suprema perviene alla soluzione del caso. Si noti che pur non potendo giudicare nel merito, la Corte attraverso l'applicazione dei criteri di ermeneutica negoziale compie, in definitiva, un controllo relativo ai fatti (Cass. 11 giugno 1991 n. 6610 in Dir. Fall. Soc. Comm. 1992, II, 75). Il carattere prioritario dell'elemento letterale non va inteso in senso assoluto, giacch� l'art. 1362 cc. richiamando la comune intenzione delle parti, impone, per individuarla, di estendere l'indagine anche all'elemento logico, disponendo che il giudice non deve limitarsi al senso letterale delle parole. La conseguenza � che il criterio letterale e quello logico devono essere coordinati ed armonizzati in vista dell'individuazione dell'effettiva volont� dei contraenti (Cass. 14 marzo 1990 n. 2058). Il contrasto insanabile sul piano testuale tra il � nomen juris � del contratto stesso e le singole clausole dimostra di per s� l'inadeguatezza dell'interpretazione letterale e la necessit� del ricorso a criteri sussidiari, progressivamente nell'ambito dell'interpretazione soggettiva e storica e quindi in quello dell'interpretazione oggettiva, cui deve aggiungersi il criterio residuale contenuto nell'art. 1371 e.e. (4) La cessione dei crediti vantati verso lo Stato deve riguardare contratti pendenti, non ancora eseguiti (Cass. n. 362/63). I casi previsti dall'art. 9 L. 2248/1865 AH. E, dall'art. 339 L. 20 marzo 1865 n. 2248 AH. F e dall'art. 70 L. 18 novembre 1923 n. 2440 rappresentano casi di deroga esplicita all'art. 1260 e.e. sul requisito della non obbligatoriet� del con� senso del debitore ceduto; in senso conforme v. richiamata in motivazione Cass. 8 ottobre 1974 n. 2691 in Foto lt., 1975, I, 1186 per la quale, inoltre, il riconoscimento della cessione da parte della P A. ceduta � un requisito estrin� seco del negozio e pi� propriamente un'autorizzazione d'efficacia del negozio rispetto alla P A. 486 RASSEGNA AVVOCAT�RA DEILO STATO alcoli (art. 4 del contratto); trasporto e consegna del prodotto, a spese della Distilleria, ai destinatari indicati dall'AIMA, nel rispetto delle condi� zioni e delle modalit� stabilite da quest'ultima (art. 5 del contratto). La Corte ha, poi, escluso che tale contenuto aggiuntivo del contratto possa considerarsi accessorio e secondario rispetto a quello tipico del deposito. Siffatta motivazione resiste alle critiche mosse dalla parte ricorrente. La comune intenzione delle parti si desume non solo dalle espressioni letterali usate, ma dall'intero contenuto del contratto, e l'elemento letterale � ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte esaustivo ed assorbente solo quando non sussista ragione di divergenza tra le espressioni.adoperate e lo spirito della convenzione (Cass. 18 agosto 1986 n. 5073; 14 marzo 1990 n. 2058; 11 giugno 1991 n. 6610). Nel caso di specie la Corte di appello ha ravvisato un contratto complesso ed atipico, in cui, oltre ad una attivit� di custodia; � stata prevista la prestazione di diversi servizi continuativi a favore dell'AIMA che non ha proprie strutture operative (e la posizione di tale parte contrattuale non � stata trascurata nell'interpretazione del contratto). La Corte di appello, poi, non aveva bisogno di pervenire ad una precisa qualificazione di tali servizi continuativi,� aggiunti alla custodia, essendo ~i� sufficiente per giustificare l'applicabilit� al contratto in corso del citato art. 70 (come si dir� nel successivo paragrafo). 3. -Con il quarto motivo la societ� ricorrente deduce la violazione e i falsa applicazione di norme di diritto (art. 1766 e.e., artt. 69 e 70 R.D. n. 2440/1923, art. 14 preleggi) e vizi di motivazione, sostenendo che l'art. 70 citato non era applicabile nel caso di specie, in cui non � stato stipulato uno dei contratti previsti da detta norma (somministrazione, fornitura ed appalto), la quale non � suscettibile di applicazione analogica. I Il motivo di ricorso � infondato. Il contratto di �fornitura� indicato nell'art. 70 non pu� essere inteso quale vendita, come sostiene la parte ricorrente. La nozione di fornitura, comprende anche i servizi, come si desume dall'art. 355 cod. pen., ove l'oggetto del contratto di pubblica fornitura � identificato non solo nelle � cose �, ma anche nelle � opere �, e quindi nelle attivit� compiute dal fornitore. La prestazione del servizio continuativo alla quale si � obbligata la Distilleria Fustella, pertanto, rientra direttamente nella previsione dell'art. 70, la quale non ha formato oggetto di applicazione analogica da parte della Corte di appello. 4. -Con il quinto motivo la societ� ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 9 legge n. 2248/1865 ali. E e art. 70 R.D. n. 2440/1923) e vizi di motivazione. La ricorrente osserva che i crediti ad essa ceduti riguardavano il periodo di magazzinaggio 1� luglio 198531 dicembre 1985; dopo tale data l'adesione dell'AIMA alla cessione non -�--~�� 488 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La sentenza impugnata ha ritenuto sufficient� acc�rtare che la notifica della cessione del credito verso l'AIMA � avvenuta. durante il rapporto contrattuale; ma, per il rigetto .della domanda proposta dalla Cassa cessionaria del credito, era necessario accertare altres� che il contratto fonte del credito era � in corso � anche al momento della decisione, poich� se, in tale momento, il rapporto contrattuale si era esaurito, non sussisteva pi� la causa di inefficacia-della cessione opposta dall'AIMA. Sussiste, in conclusione, l'insufficienza di motivazione lamentata dalla parte ricorrente,<onde la sentenza impugnata va cassata limitatamente al motivo a�colto. La causa va rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Roma, la quale accerter� se il contratto tra l'AIMA e la Distilleria Fustella sia an�ora � in corso �, pervenendo al rigetto della domanda della societ� Mediofactoring solo nel caso di risposta positiva al detto quesito. CORTE Dl CASSAZIONE, $ez. Un., 6 dicembre 1994, Ii. 10467 -Pres. Bile - Rel. Cantillo -P. M. Morozzo Della Rocca -Ente Acquedotti siciliani (avv. Stato Linguit�) c. Barone (avv. Ricci). Espropriazione per pubblica utilit� � AiJone del privato a seguito di occu. pazione illegittima e di irreversibile ttasformazione .del fondo in opera pubblica � Natura dell'azione � Prescrizione � Termine. In tema di occupazione appropriativa, l'azi�me del privato diretta ad ottenere .il ristoro del danno corrispondente al valore del fondo perduto in conseguenza dell'illegittima occupazione e dell'irreversibile destinazione del bene ad opera pubblica, soggiace al termine quinquennale di prescrizione dettato dall'art. 2947, primo comma, e.e., configurandosi in capo al privato non un credito al controvalqre del bene, ma un vero e proprio credito risarcitorio da fatto illecito (1). (1) La sentenza in esame offre il destro per riepilogare brevemente le intense vicissitudini dell'istituto dell'occupazione appropriativa, cosi denominato dalla giurisprudenza. La massima costituisce espressione dell'ultimo orientamento della Corte di Cassazione, secondo il quale l'irreversibile trasformazione del bene concreterebbe un atto illecito della Pubblica Amministrazione, dal quale deriverebbe in capo al privato il diritto al risarcimento del danno con termine prescrizionale quinquennale (tale orientamento ha avuto la sua prima definizione con Cass. S.U. 26 febbraio 1983 n. 1464 in F.I. 1983, I, 626, Cass. 18 ottobre 1983 n. 6106 e meglio puntualizzato da Cass. 10 giugno 1988 n. 3940, id. 1988, I, 2262). Da ultimo v. Cass. S.U. 25 novembre 1992 .n. 12546 in F.I. 1993, I, 87, Cass. 2 ottobre 1993 n. 9826 in Riv. Ammin. 1994, III, 119 e Cass. 11 ottobre 1994 n. 8290. Tale prospettazione � stata criticata dalla stessa Corte in seno alla prima sezione: questa � approdata ad una diversa sistemazione dell'occupazione acqui RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 490 e appunto con riferimento alla data suddetta ha ritenuto prescritta, per decorso quinquennio (l'atto introduttivo del giudizio � del 17 settembre 1980), la pretesa risarcitoria relativa all'occupazione illegittima (sulla quale statuizione, non impugnata da alcuno, si � formato il giudicato). Invece, muovendo dall'opinione, che qui si respinge, della natura stricto sensu indennitaria del diritto del privato ad ottenere il valore del bene perduto, il Tribunale ha erroneamente ritenuto applicabile in parte qua la prescrizione decennale ed ha per questa ragione disatteso l'eccezione di prescrizione. Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata limitatamente a tale statuizione e deve essere rinviata allo stesso Tribunale Superiore, il quale proceder� a nuovo esame della controversia sul punto attenendosi al principio di diritto innanzi richiamato. il diritto di propriet� del fondo e dell'opera pubblica spetterebbero alla P.A. in virt� del preminente interesse pubblico che la muove. In precedenza anche se si parlava di diritto per il privato al risarcimento del danno, lo si collegava sempre ad una occupazione sine titulo della P.A., ossia ad una occupazione ab origine illegittima (Cass. 5 aprile 1976 n. 1179 in Giust. civ. 1976, I, 1093), ovvero ad una distinzione tra illecito istantaneo, quello conseguente all'irreversibile trasformazione del bene, ed illecito permanente, derivante dal mancato godimento del bene per il periodo di occupazione illegittima (Cass. 15 dicembre 1980 n. 6485 in F.I. 1981, I, 2515). Sta di fatto, comunque, che la Suprema Corte ha polarizzato il momento acquisitivo del diritto dominicale a titolo originario nella irreversibile trasformazione del fondo privato e non nell'occupazione sine titulo, la quale funge solo da mezzo attraverso il quale poter operare la predetta trasformazione (Cass. 19 ottobre 1994 n. 8515 determina il dies a quo della decorrenza della prescrizione dall'irreversibile destinazione del fondo). Quest'ultimo si considera �destinato � q1,1ando l'opera si delinea nei suoi connotati defi;nitivi, s� da rendere oggettivamente valutabile l'effettiva entit� dell'intervento ablatorio (Cass. 9 giu� gno 1993 n. 6433). I CORTE D'APPELLO DI BRESCIA, Sez. I, 26 giugno 1991, n. 470 � Pres. Falcone -Rel. Finocchiaro -Ministero Finanze (avv. Stato Montagnoli) e Fallimento Rodella Angelo. Tributi erariali indiretti � Tasse Automobilistiche � Sentenza dichiarativa di fallimento � Applicabilit� art. 5 comma 36 d.I. 953 del 30 dicembre 1982 convertito, con modifiche, in legge 28 febbraio 1983 n. 53. La sentenza dichiarativa di fallimento rientra tra i provvedimenti dell'Autorit� Giudiziaria -da cui deriva la perdita della disponibilit� PARTB I, SEZ. III; GIURISPJ.tuDaNZA ClVILllr GIURISllIZIONE E APPALTI 491 dell'autoveicol� .;,_ ch�, se annotati al P.R.A., comportano la non debenza del tributa previsto dall'art;. 5, commi 31 e segg. D.L. 953 del 30 dicembre 1982 convertito, con modifiche, in legge 28 febbraio 1983 n; 53 (1). II !J.Rt~lr~ALE Dl BERGAMO, Sez. II, 10 marzo 1994, n. 417 -Pres. Brignoli � � Rel; Galizz;i. � AJ:nmimstr~zione. delle Finanze dello Stato .(avv. Stato Oi;cali) ~�Fallimento Magri Giuseppina (avv. Botti). Tributi erariali . indiretti.�� Tasse � Automobilisti�he � Condizioni per l'am� missione al passivo delle somme dovute dal fallito, lJllche in costanza di t~lt1Jlento, a. tale titolo. valina in u~~a .generale .ammesse al .passivo, con .privilegio ex. articolo 2158. e.e., .le somme dovute per �tasse automobilistiche�,. qualora non s.ia iktervenuta 11annotazione. al p.R,A.. della sentenza dichiarativa ili fatlim�ito. . . . . . . � Nel���ca$o di .. autoveicoli. iscritti. al P:R.A. senza alcuna annotazione, ma non appresi all'attivo fallimentare e concretamente irreperibili, it suddetto tributo non � dovuto, in quanto la tassa di possesso di cui alla legge 53/83 � applicabile qualora il veicolo sia posseduto ed esistente, o quafora siano� possibili� le annotazioni al P.R.A. -necessarie per rendere rilevante lo. sposst;tssainento .�~�.che nella fattispecie� non possono essere attuate (2):� � (1-2) Questioni in materla di t~s~e automobijistiche. .Il .� contenzioso in ..materia di tasse. automobilistiche pone una rilevante serie di problemi, che pare �opportuno trattare congiuntamente, per la loro connessione. l) Finalit� legislative. Anzitutto, va considerato che il DL. 30 dicembre 1982 n. 953, art. 5, comma 31/32, nel prevedere che �l veicoli ... scino soggetti alle tasse ... per effetto della loro iscrizione �.. � e .che � ��; al pagamento ne sono tenuti tutti coloro che ... risultano essere propr�~tari lii P.R.A .... �, ha evidentemente inteso agevolare la riscossione dei tributi � automobilistici, ancorandola� ad un fatto non suscettibile di contestazione (l'isc:rizione al P.R.A.) e semplificando l'individuazione del soggetto tenuto al Pagamento (l'intestatario). 2) La sentenza 164/93 della Corte Costituzionale. Recentemente, si � pronunciata, con sentenza interpretativa di rigetto, la Corte Costituzionale (sentenza n. 164/93), che ha ritenuto che il suddetto comma 32 ponga una mera presunzione semplice, suscettibile di prova contraria mediante atto avente data certa, idoneo a dimostrare la non coincidenza tra propriet� e intestazione, nel qual caso andrebbe esclusa la debenza del tributo. � _,_ �= PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 493 2. -L'Amministrazione delle Finanze dello Stato censura la pronuncia sopra riassunta sotto due, concorrenti, profili: a) da un lato (Primo motivo di� gravame) in particolare; si eccepisce che non essendo st�to presentato, dal curatore del fallimento, ricorso gerarchico, all'iiitend�nte di Finanza, �avverso. l'ingiunzione.� fiscale che ordinava il p�gamento del tributo, � pre�lusa, � in sede �giurisdizionale, qualsiasi indagine, sulla debenza del tributo stesso, a norina�dell'art 3; ultiilio comma, legge 24 gen~ naio 1978, n. 27; b) dall'altro (secondo motivo di censura), si sottolinea che, comunque, l'art. 5, comma 36 del d.l. n. 953 del 1982 contempla unicamente (quale causa sopravvenuta che fa venir meno l'obbligo del pagamento della tassa in questione) l'eventuale perdita di�possesso materiale del veicolo, da parte del proprietario, e non anche ove si realizzi la mera indisponibilit� giuridica. 3. -Il primo motivo di gravame � infondato. E da disattendere. :�. assolutamente pacifico, in dottrina come in giurisprudenza, che in base al combinato disposto di cui agli artt. 42 e 43 legge fall. successivamente alla pronuncia di fallimento unicamente il curatore � legittimato ad agire, in qualsiasi controversia, relativa a rapporti di diritto patri- formalit� (dichiarazioni, annotazioni, rispetto di termini ecc.) costituisca, pi� che l'eccezione, un principio di carattere generale; -pertanto, a meno che non si voglia mettere in discussione tale principio (con effetti di facilmente immaginabile portata) la fattispecie di cui trat� tasi, interpretata come proposto, non pare possa essere considerata affetta da vizi di costituzionalit�, in quanto la possibile non coincidenza verrebbe pur sempre a dipendere dal mancato uso, da parte dell'intestatario, della necessaria diligenza, normalmente dichiesta dal legislatore quale condizione per il riconoscimento di situazioni favorevoli all'interessato, in materia tributaria. Pertanto, sembra che l'interpretazione adottata nella sentenza n. 164/93 della Corte Costituzionale (non vincolante, come noto, nel caso di sentenza interpretativa di rigetto) non possa� essere condivisa. 3) Altri soggetti passivi dell'imposta. Si pone poi il problema se l'intestatario al P.R.A. �Sia l'unico soggetto tenuto al pagamento dell'imposta, o se, a tali fini, possa accettarsi il principio (negato al punto precedente ai fini dell'esclusione dall'imposta) della considerazione del criterio sostanziale (la propriet�), accanto a quello formale (la risultanza dei registri). Vi sono, al riguardo, degli elementi di carattere testuale da considerare: A) la formulazione dell'art. 5, commi 31-32 (D.L. 953/82) con la quale viene prevista, da un lato, la soggezione dei veicoli alla tassa; e, dall'altro, viene individuato il soggetto tenuto al pagamento; vi � quindi una duplicit� di previsioni che, unita alla mancanza di elementi idonei a far ipotizzare una soggezione esclusiva in capo all'intestatario, non sembra escludere la possibilit� di individuazione di altri soggetti passivi. B) La formulazione del comma 55 che prevede espressamente il caso di soggezione a tributo di un soggetto che pu� certamente essere diverso dall'inte RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 494 moniale del fallito, compresi nel fallimento (cfr., per tutte, C. cost. 12 maggio 1982 n. 88, nonch� C. cost. 18 aprile 1983 n. 95): ne segue, per l'effetto, che in tanto l'Amministrazione pu� invocare l'omessa proposizione del ricorso gerarchico, da parte del curatore del fallimento Rodella, avverso l'ingiunzione in atti (con la quale � stato ordinato, al Rodella, il pagamento della somma per cui � causa di L. 1.879.705) in quanto risulti che detto curatore � stato posto in condizione di proporre il ricorso medesimo. Atteso quanto sopra e ritenuto che � pacifico (V., relata di notifica) che l'ingiunzione stessa � stata notificata non al curatore del fallimento del Rodella ma a quest'ultimo, nella sua abitazione, a mani del figlio, � di palmare evidenza che detta ingiunzione � inopponibile alla curatela che, per l'effetto, ben pu� contestare per la prima volta in sede giurisdizionale, la debenza del tributo (stante l'inapplicabilit� dell'art. 3, ultimo comma legge n. 27 del 1978). 4. -Anche il secondo motivo di gravame � infondato. E da disattendere. Deve, in particolare, e tassativamente, escludersi che la disposizione invocata (secondo cui � la perdita del possesso del veicolo ... o la indisponibilit� conseguente a provvedimento dell'autorit� giudiziaria ... annotate statario; tale comma pare informato al princ1p10 che, laddove non vi sia soggetto tenuto sulla base della intestazione, � il soggetto che commette la � violazione � quello tenuto al pagamento dell'imposta ( � se i veicoli e gli autoscafi cancellati ai sensi del precedente comma sono comunque posti in circolazione, nei confronti del responsabile del ripristino della circolazione si applica la pena pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni, oltre il pagamento delle tasse dovute dall'l gennaio 1983 e delle altre penalit� previste dalle vigenti disposizioni �). C) La formulazione del comma 37, che prevede l'obbligo di pagamento dell'imposta e di una soprattassa a carico di soggetto che riacquisti il possesso della vettura (sequestrata o altro) senza far luogo all'annotazione prevista; ci� che significa che l'imposta resta a carico dell'interessato anche in situazioni nelle quali, dai registri, non risulti l'esistenza di un soggetto tenuto. D) Gli articoli 59 del precedente Codice della Strada e 94 di quello vigente, che, ponendo a carico di entrambe le parti l'obbligo di provvedere alla trascrizione della compravendita, contribuiscono ad evidenziare la sussistenza di altri soggetti gravati di obblighi in materia. Vanno quindi considerati la ratio della innovazione legislativa di cui trattasi (agevolazione dell'attivit� dell'Amministrazione nell'accertamento e nella riscos sione del dovuto); vedasi in tal senso la gi� citata sentenza dell aC. Cost., (164/93) e il principio di capacit� contributiva di cui all'art. 53 Costituzione. Poste tali basi, non si ritiene che il legislatore abbia inteso escludere la soggezione ad imposta di soggetti non tenuti in base alle mere risultanze del P.R.A.; ma, piuttosto, che abbia inteso individuare un soggetto certamente tenuto (l'intestatario P.R.A.) senza che ci�, in assenza di un attuale intestatario o per altre ragioni, possa costituire ostacolo alla individuazione di altri soggetti PARTE I, SEZ. III, _GlURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 495 .ei registri ... fanno .. venir tneno _l'obbligo_ d,el pagamento del tributo per i periodi p'imposta succ~sivi a quello in cui � stata effettuata l'annota� Z�O!le�)_._-J?ossa leggersi. nel_ senso invocato. dall'Amministrazione e, in pi:.-tic<>lilti;e cJ:i~. � qg.~do sl _Pl:ll"la di_ perdita del possesso per provvediment() d.ell[:l\.G.. --�.si.-dferisce escl.5ivamentli) alle ipotesi -di sequestro e cqnfis�a Pe~lk~ e clW �posto che--�il fallimento... si manifesta in_-. un pjg.9r~ent9 geil.~r:aj:e ~ l?eJ1i deL fallito, non si comprende perch� da ess9 cpn:s_egtlirebbe quella-cessazione -9.ell'obbligo tributario che, pacifipamente,.. npn consegue al pi~oramento (in quanto atto dell'ufficiale giuqiziario��e._ non clell'.A.G,) �_, Come accennato n<5 Ja prima proposizione, n� la seconda meritano di essere seguite. Infatti! ....._ giusta la piintuale prev1s1one di cui all'art. 12 preleggi, � nell'applicare la legge mm si pu� ad essa attribuire altro senso che quello fatto -P~ese> dal� significato proprio delle parole secondo la connessione di esse; e dalla intenzione del legislatore �. Nella specie, e il primo criterio interpretatiyo, voluto dal. legislatore, e il secondo, suppletivo, conducono ad intel"Pretare la dism>sizione oggetto di lite nel senso fatto proprio dal tenuti al pagamento, o nei casi espressamente previsti, o, comunque, leggendo il comma 55 gi� citato (che disciplina espressamente soltanto l'ipotesi del veicolo cancellato, e messo abusivamente in circolazione) come espressione di un prin� cipio generale, idoneo ad evitare elusioni di imposta in casi nei quali il dato formale non sia sufficiente, 4) � Gli eredi dell'intestatario. In base a quanto esposto sinora, si pu� ritenere che il sistema dell'imposta di cui trattasi, tale da non dare adito a dubbi nella normalit� dei casi (coincidenza tra intestatario e proprietario), sia suscettibile di adeguata interpretazione estensivo-sistematica ove tale coincidenza non vi sia, e vi sia la possibilit� di individuazione di altro soggetto tenuto al pagamento. Tipico esempio di ci� pu� darsi nell'ipotesi di_ morte dell'intestatario, e di subentro dell'erede nella propriet� del bene. Ove non vi siano trascrizioni, si tratterebbe di tipico caso di non coincidenza tra intestatario e proprietario; ma sembra, da un lato, da escludere con certezza l'ipotesi che il legislatore abbia inteso consentire la formazione di una tale falla nel sistema della tassa in_ questione; dall'altro, che il generale principio del subentro dell'erede nella posizione del de cuius, sia tale da consentire senz'altro di concludere per la soggezione di questi all'imposta di cui trattasi (in tal senso, vedasi il parere 13 dicembre 1994 n. 120484 dell'Avvocatura Generale � CS 513/94), ci� che sembra portare ulteriori elementi nel senso di quanto esposto al punto 3. Pu� peraltro darsi l'ipotesi di un soggetto; intestatario P.R.A., che venga meno, senza che alcuno vi subentri; ad esempio, nel caso di morte con eredit� non accettata, o, comunque, accettata dopo un lasso di tempo tale che nel frattempo ulteriori imposte maturino; oppure nel caso di eredit� contestata. In tali casi, ove, alla fine, vi sia comunque un erede, pare che, in presenza del principio della retroattivit� degli effetti della accettazione (art. 459 e.e.), e 496 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tribunale. Quanto al primo dei detti criteri � indubbio che per effetto del fallimento il fallito � privato della 'disponibilit�' del proprio patrimonio (cfr., art. 42, legge fall.: �la sentenza che dichiara il fallimento priva, dalla sua data, il fallito dell'amministrazione e della disponibilit� dei suoi beni esistenti alla data della dichiarazione di fallimento�}: non si comprende, per l'effetto, per quale motivo il legislatore' del 1983, nel disporre la sospensione dell'obbligo al pagamento delle tasse automobilistiche, in presenza di � indisponibilit� � del veicolo conseguente a provvedimento dell'autorit� giudiziaria, avrebbe -per implicito e nel pi� ermetico silenzio -operato una distinzione nei termini suggeriti dalla difesa dell'appellante contrapponendo �indisponibilit�� derivanti da norme in senso ampio � civili�, che non esonerano dal pagamento del tributo, e � indisponibilit� � derivanti da norme, in senso ampio � penali � che avrebbero, per contro, l'effetto, di sospendere l'obbligo del pagamento del tributo; -se la ratio della disposizione � nel senso che il veicolo non � soggetto a tributo in tutte le circostanze nelle quali � certo, oltre ogni ragionevole dubbio, che lo stesso non � circola� (V., al riguardo, ad esempio, le disposizioni dettate per i veicoli ed autoscafi consegnati per considerato quanto detto sopra a proposito dell'erede, questi sia tenuto al pagamento dell'imposta maturata medio tempore e successivamente all'accettazione. , Qualora, invece, un �normale � erede non vi sia, erede in ultima istanza sar� lo Stato, e, in tal caso, la questione perder� evidentemente di rilevanza pratica, per la coincidenza tra creditore e debitore d'imposta. Nel caso poi di accettazione con beneficio di inventario, deve ritenersi che non vi siano differenze rispetto a quanto appena esposto, in quanto il beneficio di inventario vale a limitare la responsabilit� dell'erede in relazione ai debiti maturati sino al decesso del dante causa; non certo in relazione al periodo successivo. 5) Fallimento dell'intestatario. Ricorrenti problemi si pongono poi nel caso di fallimento dell'intestatario del veicolo. Si pone, in particolare, il problema se sia applicabile al fallimento il disposto dell'art. 5 comma 36 che prevede, in particolare, che �l'indisponibilit� (del veicolo n.d.r.) conseguente a provvedimento dell'autorit� giudiziaria o della Pubblica Amministrazione, annotata nei registri ... fanno venir meno l'obbligo del pagamento del tributo per i periodi successivi a quello in cui � stata effettuata l'annotazione�. Al riguardo, va osservato quanto segue: A) Anzitutto, appare certo che l'imposta debba essere applicata, ove non vi sia l'annotazione sopra citata, non essendo previsto alcun altro modo per escludere la debenza del tributo. B) Ove l'annotazione vi sia stata, la formulazione del comma 36, per quanto faccia pensare principalmente ad ipotesi di sequestro, non sembra tale da portare ad escludere, ex se, la sua applicabilit� nel caso di dichiarazione di fallimento, considerato l'effetto di spossessamento (e quindi di perdita di dispo PARTB I, SBZ. Ill, GIURISPRUDENZA CIVILB, GIURISDIZIONE B APPALTI 497 la rivendita,� art. S, comma 43 ss., del pi� volte citato dJ. 30 dicembre 1982, n. 953), non pu� non evidenziarsi che tale � la situazione dei veicoli acquisiti al fallimento, in custodia del curatore (e che non possono essere utilizzati n� dal fallito, che ne. � stato spossessato, n� dagli organi del fallimento, salvo, ma. la fattispecie esula dalla presente controversia, e doveva, se del caso, essere adeguatamente dedotta e provata, non vi sia stato un provvedimento ex art. �90 legge fallimentare); ..,--di difficile lettura � l'argomento difensivo, invocato dall'Amministrazione, per dimostrare l'impossibilit�, giuridica, di comprendere, tra gli atti dell'autorit� gitidiziaria che importano lo � spossessamento � del veicolo anche il � pignoramento �, � in quanto atto demufficiale giudi� ziario e non dell'Autorit� Giudiziaria �. In realt� esula dalle attribuzioni dell'Autorit� Giudiziaria, a quel che risulti, procedere materialmente al sequestro e alla confisca di cose utilizzate per commettere reati, provveclendo, alla bisogna, le Autorit� di polizia giudiziaria: analogamente, ancorch� il � pignoramento � sia atto dell'Ufficiale Giudiziario, ci� non esclude che questo possa essere posto in essere in quanto esista, previa nibilit�) tipico di tale provvedimento (in tal senso la Corte d'Appello di Brescia, con la sentenza n. 470/91, di cui sopra). C) Va peraltro considerato il disposto del successivo comina 37, che prevede che l'obbligo del pagamento ricominci a decorrere� dal riacquisto del possesso o della disponibilit�; prevede quindi l'obbligo di richiedere la cancellazione dell'annotazione in precedenza effettuata; e sanziona eventuali violazioni di tale obbligo. Tale disposizione, che fa evidentemente sistema con quella di cui al precedente comma, fa propendere per la non applicabilit� del comma 36 al caso di dichiarazione di fallimento. Ci�, in base alle seguenti considerazioni: -il comma 37 evidenzia come l'indisponibilit� o la perdita di possesso considerati nel precedente comma siano considerati dal legislatore come un fatto transitorio, una parentesi, nell'ambito di un possesso -disponibilit� che preesisteva al provvedimento dell'A.G. e che verr� tendenzialmente� riacquistato (la norma prevede espressamente la �perdita� e il �riacquisto�); -: esso pare quindi inapplicabile al fallimento, trattandosi, in tal caso, di procedura rivolta alla liquidazione dei beni, e quindi incompatibile con la restituzione (il � riacquisto � di possesso o disponibilit�) del veicolo al fallito, sia pure a seguito di chiusura del fallimento; -n� tale comma sembra applicabile (sia pure in via estensiva) al .caso di vendita fallimentare, sia in consideraiione del dato letterale (�riacquisto�, non �acquisto�) gi� evidenziato, sia per la diversa operazione che andrebbe effettuata in tal caso. Infatti, nel caso di vendita, anche se fallimentare, andrebbe effettuata una trascrizione, mentre invece, nei commi in questione, si parla chiaramente di � annotazione� e della relativa � cancellazione �. D) Ulteriori argomenti nel senso che si va sostenendo vanno tratti: -dalla possibilit� di esercizio provvisorio d'impresa ex art. 90 L.F.; si tratta di possibilit� che, per quanto eccezionale, dovrebbe evidentemente essere disciplinata attraverso un sistema di annotazioni-cancellazi�ni quale quello di cui sopra, in quanto, in caso contrario, la necessit� di sottOposizione a tributo (indubitabile nel caso di esercizio provvisorio) dovrebbe passare necessariamente 9 4'98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mente, un provvedimento, formale, dell'Autorit� Giudiziaria. Nel caso concreto -ai sensi dell'art. 88, comma 2, legge fall. -il curatore del fallimento di Rodella Angelo ha notificato un estratto della sentenza dichiarativa del fallimento al P.R.A. per l'annotazione della sentenza stessa nei pubblici registri. Posto che per l'effetto di tale sentenza (atto certamente dell'autorit� giudiziaria, a quel che risulti, e non del curatore o dell'ufficiale giudiziario che ha proceduto, eventualmente, alla sua nQ-i tifica al P.R.A.) si � verificata l'indisponibilit� dell'autovettura nei sensi prima detti (l'impossibilit�, cio�, di sua utilizzazione concreta sia da parte del fallito, sia da parte degli organi della procedura) � palese che si � verificata la causa di sospensione dell'obbligo del pagamento del tributo di cui si discute. II 1. -Va preliminarmente rilevato che la difesa della curatela, in comparsa conclusionale, ha dichiarato di rinunciare alla eccezione di prescrizione, limitatamente alla tassa richiesta per l'anno 1985 (per il veicolo per una verifica, da effettuare caso p~r caso, delle singole situazioni fallimentari; ci� che appare incompatibile con il collegamento intestazione-tributo che il legislatore ha inteso necessariamente costituire; -dalla possibilit� (verificatasi nella prassi) che il fallimento provveda alla vendita della vettura, senza che alcuno provveda alla relativa trascrizione. In tal caso, ove si ritenesse inapplicabile l'imposta nei confronti del fallimento, il mantenimento dell'intestazione in capo al fallito comporterebbe alternativamente, o una sicura elusione del tributo, qualora non si ritenesse condivisibile quanto esposto al punto 3; o una probabile elusione dello stesso (nel caso di applicazione di quanto esposta: in' tale -punto 3); in quanto, in tal caso, si passerebbe da un accertamento basato sul P.R.A., ad un accertamento �sul campo >>, da effettuare caso per caso, nei confronti di ogni fallimento intestatario di autovetture per verificare le eventuali vendite non trascritte, giungendo cos� a creare nel sistema una lacuna tale da portare -per tali fattispecie -ad una situazione analoga a quella ante riforma, con risultati esattamente contrari a quelli perseguiti dal legislatore, e ci� in via esclusivamente interpretativa e pur in assenza di alcuna consistente base testuale o sistematica che lo consenta. Sempre dal comma 37 va tratto un ulteriore rilevante argomento, basato sulla sanzione che tale norma prevede a carico di chi violi l'obbligo di provvedere alfa cancellazione dell'annotazione; tale sanzione, nel caso di mancata trascrizione della vendita da parte del fallimento a favore di un terzo, sarebbe all'evidenza inapplicabile, giusta la precisa formulazione letterale della norma, che sanziona la mancata richiesta di annotazione, e non la mancata richiesta di trascrizione. Ora, se tale interpretazione vale per l'individuazione della fattispecie assoggettabile a sanzione, essa vale necessariamente anche per l'individuazione della fattispecie disciplinata dalla norma-precetto, non potendosi dare il caso di una norma che indichi il precetto 'e di una che indichi la sanzione per la sua violazione, che siano interpretate difformemente l'una dall'altra, conseguendone qttindi che, in ogni caso, il comma di cui trattasi non pu� essere ritenuto I f I I I PARTE I, SBZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, . Gi�RISDIZIONE E APPALTI 499 BG 457302), a seguito della produzione in giudizio dell'avviso di liquidazione notificato prima della scadenza del termine prescrizionale;_ La difesa della curatela ha dichiarato di. in!listere: nella eccezione sol. levata; relativamente agli anni 1984, 1986, 1987, 1988 e 1989. L'Avvocatura dello Stato, in comparsa conclusional�, ha evidenziato l'infondatezza della, eccezione <ii prescrizione, relativamente agli 'Ultimi due amli1 ricl�ama.do il disposto dell'art. 57 secondo comma legge 30 dicem\)re .1991 n.. 413, che ha sospeso per due anni la decorrenza dei termini prescrizionali. Sul punto; l'obiezione dell'Avvocatura � fondata, in quanto il disposto 4ella Jegge 4U/91 � entrato in vigore, quando i termini prescrizionali gel diritto-relativo agli anni 1988�1989 ;non erano a.cora decorsi, mentre nel termine di sospensione � stata notificata . la. don:ianda tardiva di credito. Per quanto riguarc\a gli anni 1984, 1986 e 1987,. l'Avvocatura dello ~tato ha fatto rilevare che sono in corso accertamenti presso l'ufficio, al fine . di verificare se�.la. prescrizione era stata iJ:lterrotta. T\lttavia, poich� l'eccezione di prescrizione .�� stata ritualmente soilevata, anc:l:ie se iJ:l sede applicabile al caso di vendita fallimentare, sussistendo quindi un ulteriore decisivo argomento nel senso dell'inapplicabilit� della nonna in questione al fallimento. 6) Applicabilit� dell'art. 111 l.f. � Chiarito quindi che anche il fallimento � tenuto al� pagamento dell'imposta, pur maturata dopo la sentenza dichiarativa, resta da esaminare; in questa sede, un ultim� proble:iria, e cio� quale sia la moneta -se fallimentare 'o ordinaria con cui. deve essere _effettuato tale pagamento. La S.C., con rlfetirnerito alla tassa di concessione governativa, si � recentemente pronunciata ($eriteiU:it n. 5931/93, in F. lt, 93, I, 2842, con nota di richiami) per �1a non prededucibilit�. di� tale �imposta, perch� � non consegueht� ad alcuna attivit� od interesse del fallimento, ma � una conseguenza inevitabile della pregressa iscrizione al registro delle imprese �. La decisione�.� non appare convin.; ertte, per le ragioni che seguono. In generale, va osserv;.ito . cqme, _nel prevedere l'imposta di� cu� trattasi (cosl come altre imposte) il legislatore non preveda certo che esse possano essere pagate in moneta (allimentare; le imposte, in qu~nto maturate nei confronti di un soggetto, ariche atipico quale il fallito/procedura fallimentare, devono quindi essere integi:almente pagate . da tale soggetto, sai~ i casi di insufficienza dell'attivo; nel qu~l caso si porr� un problema di graduazione, tenendo conto, per l'imposta di cui trattasi, del privilegio speciale di cui all'art. 2758 e.e. � Dall'altro lato, va osservato come la struttura della procedura fallimentare, rispetto al passivo cui essa deve fare fronte, sia stru~turat~ in modo tale da comprendere soltanto i debiti maturati sino alla $entenza � dichiarativa (vanno citati gli artt. 44, 89; 93 -94 -95 L.F. solo per indicare le principali norme), potendo, in seguito, maturare soltanto ~cces$ori di taluni di tali debiti. In tale quadro, l'art. 111 l.f. prevede che debbano essere pagati, prima di ogni altro debito, le � spese� e i � debiti contratti per l'amministrazione del fallimento ... "� Sembra che gi� la formulazione letterale dell'art. 111 possa essere ritenuta sufficiente a giustificare il pagamento in prededuzione dell'imposta di cui trat 500 RASSEGNA AVVOCATURA DE.LLO STATO di precisazione delle conclusioni; poich� lAmministrazione finanziaria non ha provato l'invio di atti interruttivi; e poich� il termine prescrizionale considerato dalla legge 53/83 era decorso all'atto della notifica della domanda tardiva; il Tribunale deve dichiarare la prescrizione del diritto dell'Amministrazione finanziaria al pagamento della tassa per l'anno 1984 (relativamente al veicolo BG 457302), e per gli anni 1986 e 1987, per entrambi i veicoli. 2. _....Va anche rilevato, in via preliminare che la eccezione della ctttatela di inammissibilit� della richiesta dell'Ammiiiistrazione finanziaria di .. ammissione del credito in prededuzione, � irrilevante nel presente giudizio, perch� tale richiesta non � stata in realt� mai formulata: sia in sede� di insinuazione tardiva, sia in sede di comparsa costitutiva dell'Av� vocatura' dello Stato, sia nel corso del giudizio e al momento della precisazione delle conclusioni, l'Amministrazione finanziaria ha sempre e soltanto chiesto l'ammi~sione del proprio credito in via privilegiata. i tasi, vista l'ampiezza del termine � spese � ivi contenuto; e senza comunque escludere la possibilit� di rifarsi ai � debiti contratti � per l'amministrazione del I fallimento. Sembra infatti che tale disposizione debba essere letta in negativo rispetto I al sistema fallimentlU"e, che tende a blocCIU"e la situazione al momento della dichilU"azione di fallimento; e che, in tale quadro, l'art. 111 sia volto a discipli� nare le situazioni tipiche che si svolgono successivamente alla sentenza, laddove I alle � spese� va fatto fronte indipendentemente dal fatto che sia o meno � con� tratto� un debito (situazione tipica che si verifica proprio con riferimento all'imposta), mentre invece per le altre situazioni si fa riferimento all'attivit� I (da intendersi in senso probabilmente ampio) del � contrarre � un debito. Elemento decisivo in tal senso va tratto dall'art. 91 L.F., che, nel prevedere, tra l'altro, la prenotazione a debito per tasse di bollo e imposta di registro, I evidenzia come la soggezione del fallimento ad imposta (da pagare in predei duzione, salvo il caso della mancanza di attivo), sia elemento pacifico del sistema; come le tasse e le imposte siano considerate dal legislatore � spese�; e come, quindi, non sia possibile derogare a tali principi per l'imposta di cui trattasi. Va poi considerato che l'ordinario sistema fallimentare di accertamento dello stato passivo (pensato, all'evidenza, per i soli debiti preesistenti al fallimento), sembra inidoneo ad essere applicato rispetto a debito di imposta maturato in pendenza della procedura, visto che: -il fallimento potrebbe venire chiuso in momento di gran lunga antecedente a quello in cui la sua esistenza potrebbe venire a conoscenza dell'Amministrazione finanziaria; basti pensare ad un'imposta che venga a scadenza nel corso del mese di gennaio (come accade normalmente per le tasse automobilistiche), con chiusura del fallimento nel mese di febbraio; -ove anche vi fosse il tempo necessario ad accertare la sussistenza del credito, esso, qualora maturasse in corso di fallimento, non potrebbe essere fatto v.alere se non con lo strumento dato dall'art. 101, l'unico utilizzabile in astratto, ma che, all'evidenza, non d� adeguate garanzie, giusta la possibilit� PARTE I, SBZ. III, GIURISPR.tmENZA CIVD.J!,.GttlRISDlZlONB E APPALTI ��. 3, �. Si devono ora esaminare le�. eccezioni di merito � della curatela; in ordine alla non debenz� del trlbuto1. sia fu relazione al�� fatto che l'tina delle dti.e autovetniref non e$sendo stata appresa .�alla massa. e inventa� :data, non potrebbe.� essere assoggettata alla tassa di possesso~ sia ili r�ppori<:> all.l;l consicl�razione p~� genet'ale, per cuLia sentem:a.di fallimento ���.r.ten.tf�,;~hb~�:ft~ �qci~t��pr<>~dfrti�nti���dell'autorit�� gi�diZiariache���determi ��~<:>����19 spq~~~~saji~~~()ᥥdJll~ t~ic::o~o;��������������.�.� <�� tn proposito/fa difesa d�lla; curatela hainvocato 'una . s:entema della Corte��d!~ppello di Bresciayemessail 29: triaggfo 1991rtella� controversia fra� l'!\~1;,r:d.:�sf:l"aii()*~ Jlr,i�nz:iarii:t ed il .falliment() �� di � RodeUa �.�� Angelo 4i ''.B:re$(iia. '.l!ale de�l.si<>tW >pone/ :U priricipio �della �� equipar!Uione.� della dichiarazione di fallimento ai provvedimenti indicati dall'art 5 legge 53/83; che cl~~rininano l'indispoI1ibi~it� del bene, sempre che sia adempiuta la formalit�. della :aj:m.6tazfo1ne' d�llif sentenza� di fallimento al� I';RA.�� �. � < ta: declsi9#~ �tiChiaJ.'1:$ta;:.clte appare esattaniente.� n:totivata;�᥏ ~t" tavi� �trilev!ttli� ria e:.aso di sped.e~ perch�; da unlato; per il veicolo BG 647944, l'annotazione della sentenza a1 P.RA. non era stata eseguita . . . .. . �~���� ~fil.s~~ '4~t����f;Jii~k~t~.�����<:> Afs~l'.!~~fo~���� J~ll'atti~q�.anche.....�il����~~a�. pendenza. secondo fa t�sf netW:rl�rite t>teval�nte. �� � .� . . . La concreta inadeguat'�zza d�gli stl'Wrieriti proceSSuali tipici del fallixn�rito seml:lp;i ~.fu:gi,c:;;os~it.�i_t.i u1~erjq:i;c;i(!:'il~\'AA~eL;r~gi9ne,... tale .dl:l, .. P<:>rt11:re a con <illl.c1~r� per . l'ai)pliiiabilJtff d�!l'art> Hl.11: (cori paga?nento d�ldeb~to e.i. officio ~#\t<l il fasQ Ai ~#4 q';ilte$tf#~9#e> ~ !at~ f~�Msi:ie9#; .e. . � � � .� �..� � �. � . �. 7) Fallimento e mancanza della vettura all'attivo fallimentare. > Da ulililio; va detto (lhe sL ��� postai nella prassi,. fa sit�azione di soggetti falliti, intestatati di vetture non acqUisite all'attivo< del. fallimento. Vi � stato chi, al riguardo, ha ritenuto che tale situazi�ne fosse tate da estludere la debei:WI. dell'imposta (Tribunale di Bergamo, sentenza 417/94); il Tribunale di Bergamo ritiene �che; in�� tale >situazione; il Curatore � non avrebbe potuto effettuare l'annotazione al P.R;A; della�sentema di� fallimento; ��cai�� fine di farne derivare gll�effetti di spossessamentogiuridfoo),per��mancata disponibilit� dei documenti di legittimazione del veicolO (carta �cli cifcolazione e� foglio complementare}.<Il ��ratoi:� noti �vrebbe potatO.rieppure�� ottenere l'a:im-Otazione d�lla .� petd:ita di possesso :per forza maggfore e� fatto .�del terzo, �� p�i: mancata cortosdm.Z� del fatfo sfuric� die aveva detertninato il non rinvenimento del mezzo; ���� < � Per la stessa ragfone,< se� anche l'ipotesi�� fosse ��lla (che �appare�� pi�� proba� bile; dell'awenuta demoiizion� o rottal:\lazion� d~ 1ti4ttv 4el mezzo, �.il curatore sarebbe stato nella impossibilit� di f�r constare tale fatto . storico � di. procedere al perfezionamento dell'iter, con la radiazione dell'automezzo dal PRA.) �: ma si tratta di� tesi che, alla luce di quanto sopra esposto in relazione ai presupposti della imposta di cui trattasi, appare errata. � � � � � N� pu� ritenersi �h� manchi; bi tal caso'; la possibilit� di provvedere ad alcuna p�sithia attiVit� rispetto a tali veicoli, considerato che il curatore pu�, concretamente: -verificare i registri autoniobilistic�; -recuperare il bene non inventariato in precedenza, avvalendosi dei mezzi offertigli dall'ordinamento; 502 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO (o quantomeno non � stato dimostrato che fosse stata eseguita), mentre, dall'altro, l'autovettura BG 457302 non era mai stata appresa e inventariata alla massa, cos� che, riguardo alla stessa non si sarebbe potuta effettuare la annotazione della sentenza. Ora, poich� il citato art. 5 dispone che la perdita di possesso, sia essa determinata da forza maggiore o fatto dal terzo, oppure da indisponibilit� conseguente a provvedimento dell'autorit� giudiziaria, fa venire meno l'obbligo del pagamento se essa � annotata al P.R.A., � evidente che, per l'autovettura BG 647944, e per gli anni 1988-89 (per i quali non � intervenuta la prescrizione), la domanda dell'Amministrazione finanziaria � fondata, ed il credito di L. 353.200, deve essere ammesso al passivo, in via privilegiata. A questo proposito, deve rilevarsi che, se anche il privilegio non � stato esplicitato, esso non pu� che riferirsi all'ipotesi considerata dall'art. 2758 e.e.: privilegio speciale mobiliare per tributi indiretti, in quanto ad essi � assimilata, per costante dottrina e giurisprudenza, � la tassa di� possesso �. 4. -Restano da esaminare le domande dell'Amministrazione finanziaria, relative agli anni 1985, 1988 e 1989, per l'autovettura BG 457302, che non � stata rinvenuta dal curatore n� inventariata. -in mancanza di tali possibilit�, qualora il bene sia stato rubato, disperso o distrutto, il curatore pu� chiedere, ai sensi del comma 36, la relativa annotazione; in sostanza pu� fare tutto ci� che avrebbe dovuto fare il fallito e non ha fatto. Ci� vale, tra l'altro, ad assicurare la corrispondenza tra situazione effettiva e risultanze della pubblicit� legale contenute nel P.R.A., che � uno degli obiettivi perseguiti dal legislatore in materia. Ove il curatore -venendo meno ai suoi doveri -non provveda in tal senso, non vi � ragione per applicare al fallimento metri diversi da quelli che sarebbero stati applicati nei confronti di un qualsiasi altro soggetto. Pi� realisticamente, il problema sembra dover essere ricondotto alla alternativa tra prededuzione e ordinario concorso. In tale ultimo senso, potrebbe essere valorizzato il riferimento, contenuto nell'art. 111 l.f., a � debiti contratti per l'amministrazione del fallimento ... �; formulazione tale da far ritenere dubbia la sua applicabilit� alla fattispecie; si � peraltro gi� osservato come l'art. 111 l.f. faccia riferimento non solo ai � debiti contratti � ma anche alle � spese �, termine che, si � gi� detto, sembra tale da consentire agevolmente di ricomprendervi anche l'imposta di cui trattasi; considerando poi il gi� citato disposto dell'art. 91 L.F., sembra trattarsi di interpretazione pressoch� obbligata. Sembra quindi si debba concludere, anche nel caso di inesistenza del bene all'attivo del fallimento, per l'indifferenza della situazione di fatto rispetto alle �risultanze� del P.R.A., ai fini dell'applicazione dell'imposta; e per la debenza della stessa ai sensi dell'art. 111 l.f., con eventuale rilievo dell'esistenza del bene soltanto ove l'attivo fallimentare non sia sufficiente neppure alla copertura delle spese, nel qual caso la possibile applicazione del privilegio speciale di cui all'art. 2758 e.e. potrebbe dare rilievo, in sede di riparto, alla mancata acquis�� zione del bene all'attivo. LIONELLO ORCALI PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI Poich� questo dato deve ritenersi incontroverso e risulta dall'altra parte, dal verbale di inventario del curatore, questi non avrebbe potuto effettuare l'annotazione al P.R.A. della sentenza di fallimento, (al fine di farne derivare gli effetti di spossessamento giuridico), per mancata disponibilit� dei documenti di legittimazione del veicolo (carta di circola~ zione e foglio complementare). Il Curatore non avrebbe potuto neppure ottenere l'annotazione della perdita di possesso per forza maggiore e fatto del terzo, per mancata conoscenza del fatto storico che aveva determinato il non rinvenimento del mezzo. Per la stessa ragione, se anche l'ipotesi fosse quella (che appare pi� probabile) dell'avvenuta demolizione o rottamazione de facto del mezzo, il curatore sarebbe stato nella impossibilit� di far constare tale fatto storico e di procedere al perfezionamento dell'iter, con la radiazione dell'automezzo dal P.R.A. Poich� l'Amministrazione finanziaria non ha neppure dedotto, in via di ipotesi o di allegazione, che il mezzo fosse esistente al momento del fallimento e successivamente e ancor meno che fosse circolante, ritiene il Tribunale che il caso in esame vada risolto nel senso che vi sia stata una perdita di possesso del veicolo in capo alla massa, fin dalla data del fallimento, non perfezionabile con la annotazione al P.R.A. Nel caso, il permanere della iscrizione del veicolo su tale registro, da valere quale semplice indizio di possesso, � contraddetto dal mancato rinvenimento del mezzo da parte del curatore e non pu� costituire l'elemento determinante per affermare l'obbligo di corrispondere il tributo, in assenza di elementi di segno contrario, che l'Amministrazione finanziaria avrebbe l'onere di fornire. Invero, la tassa di possesso di cui alla legge 53/83 presuppone che il veicolo sia posseduto ed esistente, mentre la norma richiamata prevede particolari formalit� per la pubblicit� dello spossessamento, che non possono nel caso essere attuate. TRIBUNALE DI BRESCIA, 14 aprile 1994, n. 962 -Pres. Cusimano -Rel. Del Porto -Ministero dell'Industria del Commercio e dell'artigianato (avv. Stato Piotti) e Fallimento S.p.A. Baribbi (avv. Valerio). Obbligazioni e contratti -Privilegi -Irretroattivit� delle nonne attributive, salva espressa disposizione -Non spettanza del privilegio di cui all'art. 37, terzo comma legg~ 317/91 per crediti del Ministero dell'Industria relativi a finanziamenti erogati prima dell'entrata in vigore di tale norma. Inapplicabilit� a tali crediti dell'art. 2756 e.e. Le norme attribu~ive di privilegio non sono, in via generale, applicabili a crediti insorti precedentemente alla loro entrata in vigore, a meno che ne sia prevista la 11etroattivit�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 504 L'art. 37 terzo comma legge 5 ottobre 1991 n. 317, attributivo di privilegi a crediti per finanziamenti erogati dal Ministero dell'Industria, non � applicabile a crediti del Ministero dell'Industria insorti antecedentemente alla sua entrata in vigore, non essendone prevista la retroattivit�. L'art. 2756 e.e. � .inapplicabile ai crediti del Ministero dell'Industria di cui sopra (1). 1. -Difetto di sottoscrizione del ricorso ex art. 101 L.F. L'eccezione � infondata, atteso che l'esame del ricorso conferma che l'atto reca la sot� toscrizione, sia pure illeggibile, del ministro pro-tempore. 2. -Quantum della pretesa. La curatela, in comparsa conclusionale, ha ribadito, ma solo in via subordinata, le contestazi�ni relative al quantum, domandando, � in via pregiudiziale �, il .rigetto della domanda proposta per difetto di sottoscri (1). R,etroattivit� apparente delle norme attributive di privilegio. Il caso dell'art. 37 2� e 3� comma della I. 5 ottobre 1991 n. 317. 1) In generale. La sentenza di cui si tratta fornisce una buona occasione per una riflessione sulla natura giuridica dell'istituto del privilegio cos� come va ricavata dall'art. 2745 e.e., che fissa, implicitamente o esplicitamente, i seguenti principi: -il privilegio � una causa di prelazione accordata dalla legge; -a tal fine, la legge considera �la causa del credito �; -esso acquista efficacia e rilevanza soltanto nei casi di concorso tra pi� creditori, e di insufficienza dei beni da ripartire. Poste tali (ovvie) premesse, gi� ne discendono le conseguenze cui si vuole giungere, e cio�: -se � la legge l'unica fonte del privilegio, risulta irrilevante (salvi i casi in cui vi sia espressa previsione della norma) ogni questione relativ� agli accordi tra le parti, e, in particolare, il momento in cui le parti fanno insorgere il credito; -se l'elemento considerato dalla legge � la causa del credito, tale elemento risulta sussistente in tutte le situazioni pendenti, ad eccezione di quelle esaurite, e deve quindi essere sempre considerato, salvo che si siano verificate delle preclusioni; -se il privilegio, una volta attribuito, diviene rilevante soltanto nel momento in cui viene fatto valere, non potr� parlarsi di retroattivit� se non nel caso in cui la legge disciplini, ex post, gli effetti di un privilegio gi� azionato, ed in relazione al quale si siano verificate delle preclusioni di ca� rattere processuale. Pare comunque opportuno un pi� approfondito svolgimento di tali quetioni, da effettuare tenendo conto di quanto esposto nella sentenza del Tribunale di Brescia di cui si tratta. 2) Retroattivit� e privilegio. Il Tribunale ha affermato che, non potendosi riconoscere all'art. 37 della legge n. 317/1991 efficacia retroattiva, al credito sorto per effetto di finanziamento erogato anteriormente alla stessa non poteva essere riconosciuto il rango di credito privilegiato. Va per contro osservato: PJ\RTB .I, saz. nr,.GIURISPRUDENZA CIVILI!!, GIURISDIZIONE E APPALTI 505 zione del ricorso ed, << in via principale.� l'ammissione del credito al chirografo. Potendo, come .or� st Q.ir�, il� credito vantato dalla AmmiiiistraziQne ricoiq::ente esseri:i ammesso �al, passivoJ~limentare in via. meramente c~iro~fadli!i; .. le �<>:Q.teStli\Zic:>ni .relative 1al. q~antun:hdebbono ritenersi assorbite. '. �~:" ~~!t~' del -~riyi!e~~� ~fl~~e 317/1991:���. .. ... Il �cr�d�fo' iiarifatci dal.la An�niri�sfrazione rfootrente, trova, secondo qtfat1td� deffu.tt� paeif1c6hl. dfo.s�, iI��pfopffo �foridl.�henfo nel ((contratto di flrianzfalll:enfo i:l: �vafore��sw. fondo speciale ��rotativo�� per l'innovazione tecnologia di cuiaJ.l'art'. 16, terzo comma, della fogge 17 febbraio 1982 n. 46 )) stipufafoin dat� 9:�tfobre:l985 (vedi �opia delcontratto ed.ulteriori documenti prodotti dall~istante)~���� <.� ~i��. tratta.perta.nto.,�on .evide:nza, .. di credito. sqrto in data anteriore a.lia ~HFfa.t~.�n.y~~~fr�A~ll~)egg~ n. ~17'/l?9h{ieg~~.che, li!ill'art,, J7 terzo com- A) Tale interpretazione, anzitutto, appare priva di base . sostanziale. Invero, il :riferire necessariamente l'insorgenza del privilegio al momento dell'insorgenza del diritto, non corrisponderebbe a concrete esigenze di tutela degli interessi di alctlno dei soggetti del . rapporto obbligatorio; non a quelli dell'ipotetico debitore cui, omamerite, riUlla hnporta che ilcredito vantato ri�f suoi corifrontFsia privilegiat� � ft��ri�f e nemmeno �a �quelli dell'ipotetico creditore, alquale}il sapef~� se���n�suo eredito,���nell'ambito di. una eventuale procedura eseeutiva; �mdividua1e o concorsuale;�.� concorrer��cort �. quelli di altri cte�itorl in modo pfeferenziale. o. in:eno; �non� int�ress� in� astratto� nel momento in cui il ��credito sorge;>ma �� berisi; mmodo concreto;.� nel �momento in ciii la procedura. � in �. oor$o; ed, ~in �particolare; nel momento .di fortnazione del progetto di distribuzfone (nella procedura ea��Utiva �� iri.dividuale) e del piano di riparto (nella prcicedura esecutiva concorsuale); � B) Essa, poi/ appi:tre�.contraddlttoria rispetto ai principi� vigenti in� :materia di privilegio, per come si sono sopra evidenziati, in> q'Uantoi "'"" appare errato il. riferimento ad una pretesa retroattivit� della norma fondata sull'anteriore ins.orgenza del .credito; . a fronte� dell'irrilevanza dei rapporti tra .le .parti in. materia (che, solo se. rilevanti ai fini dell'insorgenza del privilegio; sarebbero tali da postulare fa .:necessaria coesistenza temporale tra credito .. e privilegie>; .c0sa che va esclusa.. ove. la fonte della prelazfone vada individuata esclusivamente nella legge); __.. non tiene .adeguato . conto del .rilievo dato dalla legge alla causa del credito, che, per sua natura; �: .dotata .di rilevanza a prescindere da questioni di carattere temporale; ...... non tiene conto del principio dell'applicabilit� della legge a .tutti i rapporti non esauriti alla data della sua entrata in vigore, tale da escluderne l'applicabilit� solo alle .. situazioni in. cui il privilegio sia. gi� Stato. fatto definitivamente valere. � C) Va quindi valutato. che il principio di irretroattivit� affermato dal Tribunale deve. pur sempre �sussistere a tutela di . una clelle parti interessate. Escluso, per ovvie ragioni, il debitore, le necessit� di tutela dovrebbero sussistere per gli altri creditori, la cui posizione, se non si � intende male la posizione del Tribunale, non dovrebbe poter essere pregiudicata da situazioni verificatesi successivamente al loro credito. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 506 ma, ha attribuito natura privilegiata ai crediti �nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi dell'art. 15 della legge 17 febbraio 1982 n. 46 ... �) e ci� anche se si vuole avere riguardo alle date di effettiva erogazione dei finanziamenti (anni 1986-1987 come da documentazione prodotta dalla Amministrazione ricorrente). Ci� premesso, non potendosi riconoscere alla disposizione in esame effetto retroattivo (cfr. art. 11 delle �preleggi�), va, nella specie, esclusa la spettanza del privilegio invocato dalla Amministrazione ricorrente (trattandosi di privilegio introdotto nel nostro ordinamento in forza di legge successiva al sorgere del credito). In tema di efficacia nel tempo delle leggi regolanti la materia dei privilegi va, in particolare, ulteriormente evidenziato: a) che il legislatore, ogni qualvolta ha inteso attribuire efficacia retroattiva al!e norme sui privilegi, lo ha espressamente previsto (v. art. 234 disp. att. e.e.; art. 66, quarto comma legge n. 153/1969; art. 15 legge Il. 426/1975); A tale stregua, deve peraltro essere osservato: -che, seguendo tale impostazione, non dovrebbe essere applicata neppure la cosiddetta par condicio creditorum, in base alla quale a tutti i creditori (a prescindere dal momento di insorgenza del loro credito) va attribuito uguale trattamento, in quanto un qualsiasi credito insorto successivamente sarebbe tale da poter pregiudicare la posizione del creditore antecedente; -che tutte le norme attributive di privilegi dovrebbero essere consi� derate inefficaci nei confronti delle situazioni preesistenti, sembrando (tra l'altro) maggiormente lesiva l'attribuzione di privilegio a credito insorto successivamente (e quindi imprevisto) rispetto all'attribuzione a favore di credito preesistente (conoscibile, quindi). Tali osservazioni fanno ritenere erronea la posizione del Tribunale, e portano ad escludere l'applicazione del concetto di retroattivit� da esso effettuata, dovendosi invece, per accertare se vi sia o meno retroattivit�, verificare se la norma sopravvenuta operi attribuendo effetti ad un diritto gi� definitivamente fatto valere nella procedura: nel caso positivo potr� parlarsi di retroattivit�, diversamente, no. In tal senso la giurisprudenza della S.C., secondo la quale � il grado del privilegio, che assiste un credito va desunto dalla legge del tempo in cui si conclude la graduazione� (Cass. 2584/71 e successive: giurisprudenza costante); affermazione che, per quanto relativa a fattispecie diversa da quella di cui trattasi, chiarisce il principio applicabile anche in caso -come il presente -in cui non si tratti di modifica del grado, ma di attribuzione ex novo del privilegio. Ove non bastassero tali argomenti, va rilevato che uno spunto testuale, indirettamente nel senso della tesi qui sostenuta, si pu� trarre dalla lettura dell'art. 2916 e.e., che, nel prevedere l'inefficacia dei privilegi per crediti sorti dopo il pignoramento, evidenzia l'indifferenza dell'ordinamento rispetto a tutto ci� che � accaduto prima, ponendo (oltre a quelli derivanti da preclusioni di carattere processuale) l'unico limite di carattere generale ricavabile dall'ordinamento. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILB, GIURISDIZIONE E APPALTI 507 b) che, nella specie, la legge n. 317/1991 non prevede in alcuna parte l'efficacia retroattiva della norma attributiva del privilegio (art. 37, terzo comma stessa legge) ed, anzi, all'art. 37, secondo comma prevede espressamente che � le disposizioni di cui al presente articolo... si applicano ai programmi presentati successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge �, con ci� escludendo espressamente la possibilit� di riconoscere rango privilegiato a crediti, nascenti da finanziamenti ex legge 46/1982, sorti in data anteriore. Del tutto in linea con la impossibilit� di riconoscere efficacia � naturalmente � retroattiva alle norme regolanti la materia dei privilegi appare d'altronde l'orientamento della giurisprudenza di legittimit�, che, in particolare, in sede di applicazione della norma di cui all'art. 234, disp. att. e.e., ha precisato che, secondo la disciplina intertemporale prevista dal 3) Le norme transitorie. Il Tribunale di Brescia ha inoltre osservato come, nelle occasioru m cui il legislatore avrebbe inteso attribuire efficacia retroattiva alle norme sui privilegi, lo avrebbe fatto espressamente (cos� con l'art. 234 disp. att. e.e., con l'art. 66, quarto comma della legge n. 153/1969 e con l'art. 15 della legge n. 426/1975). In proposito si deve per� sottolineare che i richiami normativi effettuati dal Tribunale non appaiono decisivi al fine della soluzione da esso adottata. Infatti: -l'art. 234 delle disposizioni d'attuazione del codice civile in fase di tran� sizione dal codice civile del 1865 a quello attuale, si � limitato ad affermare che � le disposizioni del codice relative ai diritti dei creditori privilegiati, all'ordine dei privilegi ed all'efficacia di questi rispetto al pegno si applicano anche ai privilegi sorti anteriormente all'entrata in vigore del codice stesso se fatti valere posteriormente�; senza con ci� affrontare l'eventuale problema dell'operativit� di privilegi dallo stesso previsti con riferimento a crediti maturati prima della sua entrata in vigore, ma prevedendo semplicemente l'estensione di alcune nuove norme in materia di graduazione (tra privilegi: rispetto a pegno e ipoteca) rispetto a privilegi gi� previsti come tali dal precedente codice ma fatti valere in momento successivo all'entrata in vigore della nuova; -l'art. 66, quarto comma, della legge n. 153/1969 ha affermato l'operativit� delle nuove disposizioni in materia di privilegio (graduazione tra privilegi) anche per crediti sorti anteriormente all'entrata in vigore della disciplina, ma rispetto ai quali il relativo -gi� previsto -privilegio, sia fatto valere posteriormente; risultando quindi confermato l'orientamento del legislatore volto a dare rilevanza al momento in cui il privilegio viene fatto valere, a prescindere dal momento della insorgenza del credito assistito. Quanto all'art. 15 primo comma legge 426/75, esso contiene effettivamente la previsione che gli articoli di tale legge si applicano anche ai crediti insorti anteriormente all'entrata in vigore della legge; ma ci� non consente certo di affermare che il legislatore abbia inteso introdurre un'eccezione ad un pi� generale principio, specie ove si consideri la seconda parte del comma che, per contro, introduce una deroga ad un principio (quello affermato dalle precedenti disposizioni transitorie, secondo il quale � il momento in cui viene fatto valere il privilegio, quello rilevante ai fini dell'individuazione della nor� 508 RASSEGNA AVVOCATURA 'DELLO STATO codice civile, i nuovi privilegi creati dal medesimo codice non si estendono a crediti non privilegiati sorti sotto l'impero della legge precedente (cosi CASS. n. 457/1944), potendo la nuova disciplina trovare applicazione retroattiva solo con riguardo ai � privilegi sorti anteriormente all'entrata in vigore del codice stesso �. 4. -Spettanza del privilegio ex art. 2756 e.e. L'art. 2756 e.e. riconosce il privilegio in esame ai � crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento dei beni mobili...�. Si tratta pertanto di crediti aventi natura del tutto diversa da quello vantato dal Ministero creditore, che, come detto trova origine in un contratto di finanziamento. Conseguentemente, deve essere esclusa la spettanza anche di tale diverso tipo di privilegio. mativa applicabile), consentendo di applicare la normativa anche a casi di privilegi gi� fatti valere in precedenza. Sembrerebbe quindi doversi ritenere che le disposizioni transitorie contenute nell'art. 234 disp. att. e.e. e nell'art. 66 quarto comma legge 153/69 abbiano soltanto esplicitato principi applicabili alla materia in questione; e che la disposizione contenuta nella I parte dell'art. 15, primo comma sia stata nulla pi� che l'introduzione (con l'affermazione del principio di carattere generale) all'affermazione effettuata nella seconda parte dello stesso comma (la deroga al principio). In tal senso, si veda Cass. 5113/78 (Dir. Fall. 1979 p. II pag. 56) che ha cos� chiarito le questioni di cui si tratta � la disposizione transitoria contenuta nel primo comma dell'art. 15, legge n. 426 del 1975 non comporta, in entrambe le parti di cui si compone, l'applicazione retroattiva della nuova disciplina in materia di privilegi -alla quale peraltro non sarebbe di ostacolo alcun prin� cipio non derogabile con una legge ordinaria, in quanto il principio dell'irretroattivit� della legge nel tempo ha valore, nel vigente ordinamento, di principio costituzionale soltanto rispetto alle norme penali incriminatrici (art. 25, secondo comma Cost.) -, ma costituisce una puntuale applicazione del principio generale in tema di successione delle leggi nel tempo secondo cui la legge nuova -mentre � inapplicabile ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore ed a quelli sorti anteriormente, ma ancora in vita, qualora la sua applicazione incida sugli effetti gi� verificatisi in passato o venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali di essi -trova immediata applicazione rispetto ai rapporti giuridici che, sebbene sorti nel vigore della legge abrogata, non abbiano ancora esaurito i loro effetti, sempre che essa non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto, ma gli effetti di esso�. A questo punto, pare opportuno trascrivere il disposto della specifica norma di cui trattasi (art. 37 terzo comma legge 5 ottobre 1991 n. 317). � I crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi dell'art. 15 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, modificato da ultimo dal primo comma, lett. a), del presente articolo sono preferiti ad ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli �>.��.�.:-:-:�.� ..-:�<<:-":-:-.�.�:-� ..�-:-:�..�.� .. �.��.-:::-:-:-:.�.. . . ... . . . . .. . .. �. . ... --f~J, ~##i, ~i~~~m,~ ~tr:J4tmms�1z11>t-tn Il ~ALTl so9 -: :--::.:�: -:: ::�:::::��:::::::::::::::::::::<.:<:::::.::�;:::>:::.::::::�:::::::::::�\}i\_:>._�:..:-�:�:::��� . . . : . : ..� . �: .. :�. �.� ::::.:::::: .. � :Pt~~ti���cl!!tW~���-�Z1~~��tJ.i$:�-�-��det tQ~c:!'�. :cfyll~: e���-fattbsalv! ___ l: _<,Utittb.ptee&i$tenti 4~ t�;li.'il,~.: �_._-_______ --------___ -__ ----�---�---�-�� -.�� _--._-.. �: -- .-.-� Sembra d.o~et$l o$&el'.Vare come it'tdbumtle abbi!): ~$$<;> 4.i rileWilre che; Jj~lJi:t. (lispJ;l~izlBJ;i~ iji. ~.1 tH1.#~~ llt:t~ J;i()~ df -ciU-~#~~ tri!�lsitorio -sussiste, . ���.� �-i ~$~~ ijl'lp~#t#i~:tj'.._~/'ti4~6J*~949t~~:M*~ l>W-e l11 yi1:1, transitoria) -nel ��~fiJa&���1��~~l~4l?f~il~sflil,;:~t;!~~~~~~~:n::~-�:~:e:~ in ci.d. ~t �fe4~tc); t\ hisc)rto(i.. dfft�.ggi,~'.ii�t~~L~ c:uJ.~U'.art. 2916 e.e. ���ᥥtll�Dt~ l~U e~~#ietJ,ti ~W.s#(lj�~-~ -�41 l>t~~e~~ !!~t s~t?baj~ def PiiVile~i, da renderlo 4i ~~'*#~. ~ti~#4J.J?~.~ ..:. . . . -:I.:.. ? .. .. .--> ---. __ ---�-----�---���--- �����-i��-ᥥ��IJJ;_ Ci~ ~~9,�. �m<::li~ .;iliJ?Jl@#4~���~i.� m~~iPi~t;.iq.rie~-.non-si.. potrebbe cer --.�~)ij_ijei.i#t~(.:�d'e#f. i#i'1JH~j1() ~w:~i#Ut9Jii�.� 4i,te5tlcil.le;;m, .<il,1allto-_ essa _varrebbe -eSC��si\iamerite a. );'~ji,4~t# f,l.�~~~9 ~-j;>i@,i;> j;J{ _pp~ifq>)l1.CW vengano in J?iij~yo* C:9m~ ~.t .~~��~ _;q~t@Ltl,9# ~9l~~9-Jf:i ~_a.�~ .� de}-~te.4lii, ma anche la --l\t1~lt~:&~~-t,i~l.rjl~ii":dt~l\~~~fi!l~~m~i~~~~~~: --Sicch�, per> <11.l.~nto mtratti di inera ipotesi, formulata sti di un'interpretazione non� ac�ogli'bUe. _ cteUa norma di cui trattasi, una tale interpretazione s~b1l� t�le da ijilid~~e eomt1llcfit� ite<:essarla ~I'atririfilsione deFeredito �hl passivo d#~-~ajl#iie*() i#)~~ ~~yl~~~i~ta. ��/ ( _ '._. ---�------�ᥥ--��-�-�-���-----� ____-_____ ... _-'� _ ��-��-�����1,;l't-�se~onda�� test�at>pi.if~-�qUitJ.<l� pf�terlbne; �-sm��-per1a��sua:-�-_adet�:riia�a1 _sistema 4~1 ~a#U~~f��~e� i# C�l'i~t(t~~~oi1~� ((ella -~()-fi��_-�.llli�.���essi-~�rgOl:io -�(vedasi t:t@�~q��~m(isti:f�~ l;)r~~4~~#,ᥥgi�� -:cl~do)~��rit�#ietj4os,i _-c::ne--aitr()_ .sfa_-:Parl8.re di !?i��,St#��iza �Qif >riterinl!ifutO aif �ri n�rmat~ dir1tfo; a1\fo con filerimertto � ad Uh l>HVile~o. -------------------------------�----------.-. ....... -�-_-lW:::i:tti, .!�e p~rJ'a~<l:t�.!�iziolie Cli un, �:l_iritto �b;i!,sta, _ad.. ese:mpio, l'iriStatirazfone di .t1 rai?J>ori()-()'bl:;ligMorfo;-_. Pc:l� !'.� acq.isi;ion~~ i!~ pl'ivilegio ch� f�&se -accor#- to <W~ Ie:IJ~ #i #:l�i9Ji~ ~� :;~~ (ljijtto, setnl.#:::i: ;\le~~sW~ che tale_ >privilegio al:il:>:~a acqui&itOi ~l)():i,'ela -riteYa;f�; Venendo ~onc-l'et�.tnente fa;tt<:> Yltlere, in sede >fallimentare o esecutiva, con -applicazione .. ad.eg.ataalla fatti.!�pecie. del principio .dell'applfoabilit� della legg�isucc-essiva .a tutti;. i. rapportLnun ancora esaurltir (o comunqu.e. --�quesiti�)�� COtt'.COllSeg�ente. (ragionevole) -irrilevanza; del momento-� di irisorgenza del cteditot � Il legf.&latore, nel citato art. 37; terzo comma; ha quindi considerato (come doveva) esclusivamente i diritti � preesistenti-~-dei terzi, per -disporne l� sal� vezza in relazione a sitliazionF-gi� � efaurite, a --fronte del privilegio.-attribuito al crediti dell'Amministrazione. {quale che ne sia &tato il :momento--dj insor 510 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO S'tATO genza); limitando, in via transitoria, l'efficacia del privilegio relativo a crediti insorti antecedentemente alla norma, con il fare s�llvi i diritti preesistenti, nel senso di cui sopra. Con altra ipotetiea interpretazion� si potrebbe riferire la norma esclusivamente al �asci di crediti dell'Amministrazione insorti successivamente alla legge, a fronte dei qUali il legislatore avrebbe fatte salve tutte le posizioni collegate a diritti insorti antecedentemente all'entrata in vigore della legge; nia ovvie ragioni cli carattere logico;sistemati�o escludono la possibilit� di �na tale interpretaiione, che comporterebbe: -la necessit�. di tener conto non soltanto dei creditori privilegiati anteriori, ma anche dei crediti chirografari anteriori, che, in tale ottica, sarebbero insuscettibili di subire l'efficacia di un privilegio attribuito successivamente; -la . necessit�, nella valutaziorte delle � cause di prelazione, di esaminare non soltanto la� causa del credito, ma anche la data della sua insorgenza (da escludere, se~ondo quanto sopra esposto); -la necessit�, alla stregua di quanto sopra, di elaborare piani di riparto di notevole complessit�, che dovrebbero essere in tali casi sostanzialmente duplicati, considerando �da Un lato i crediti �anteriori alla legge, nell'ambito dei quali i crediti del Ministero dell'Industria di cui trattasi dovrebbero essere considerati chirografari; e dall'altro �i credl.ti posteriori, nell'ambito dei quali il privilegio sarebbe operante; -l'introduzione, nel sistema, di una deroga al principio di cui all'art. 2916 cod. civ., in quanto, a tale stregua, il momento cui riferirsi per valutare la suscettibilit� o meno del credito privilegiato� di essere fatto valere, sarebbe da individuare non nella data del pignoramento (come momento preclusivo) ma nella data di entrata in vigore della norma attributiva; -una ingiustificata � frattura� nel sistema dei privilegi, rispetto ai principi di cui .si � detto sopra, J:>ii,rticolarmente con riferimento all'applicabilit� -in linea generale -delle norine �attributive di tali cause. di prelazione alle situazioni preesistenti. � Si ritiene quindi, per concludere sul punto, che la locuzione � fatti salvi i diritti dei terzi�, vada letta come espressione di sintesi equivalente a quelle adottate nelle precedenti disposizioni transitorie; dovendosi intendere i � diritti � come diritti concretamente esercitati (e quindi esauriti o comunque �quesiti��); solo a fronte dei quali l'attribuzione di privilegio va fondatamente ritenuta insuscettibile di operare, salva l'esistenza di norme effettivamente retroattive e derogatorie, come quella di cui alla seconda parte del I comma dell'art. 15 legge 426/75. 4) L'art. 37 comma 2 legge 317/91. Passando all'interpretazione data dal Tribunale di Brescia all'art. 37 comma 2 della legge 317/91, (secondo la quale esso sarebbe applicabile anche alla disposizione contenuta nel successivo comma 3 di cui si � detto in precedenza), essa potrebbe sembrare, a prima vista, fedele al disposto normativo, che prevede che � le disposizioni di cui al presente articolo ... si applicano ai programmi presentati successivamente alla data di entrata in vigore della legge �. Si ritiene peraltro che sussistano varie ragioni di ordine interpretativo tali da portare ad opposte conclusioni. Anzitutto, va considerata l'origine dell'art. 37, che ha accorpato varie norme dell'originario disegno di legge, tra. le quali anche la norma ora contenuta nel PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVlLE, GlURISDIZIONE E APPALTI 511 comma 3,. che aveva, all'origine, una sua autonomia. Tale autonomia sembra persistere pur; �.a seguito cl,ell'accorpamento, ove si consideri: A) l'evide.~~ jncongruit� di, una� norma di carli!.ttere in,ter.t;emporale quale quella in questione -, che sia posta in un comma centrale, anzich� finale, di un articolo di legge; da cip consegue la necessit� di dare un senso alla .singolare.�� collocazione�� effettuata� dal �legislatore; B) if signific�to deila nonna( iri questione, evidenziato dal riferimento ai. � programmi'>> (la cui presentazione�.s�gna Io��.� stacco tempotale considerato nel comma 2) che va collegato con le modifiche al precedente: sistema �previste dal comma 1, riguardante nuove misure del tasso di riferimento per gli interventi agevolati e nuovi aspetti proc:e<!hnenta1i tendenti alla. semplificazione dell'atto termilla1e�� p:iediante .sostituzione del contratto con decreto concessivo per interventi di miriore valeriza . economica, la cui efficacia limitata: ai programmi presentati successivamente all'entrata in vigore della legge appare del tutto�. giustificata. Ne � .provlil lo stesso comma 2, nena parte in cui esclude l'applicabilit� .del proprio disposw alla nuova norma riguardante la pronuncia di decadenza (comma 6 art. 16 I. 46/82), proprio in quanto non legata alla novit� dei programmi, ma ad esigenze sanzionatorie riferibili a tutte le procedure in corso. Tale riferibilft� a tutti i programmi in corso� sembra dover sussistere, a maggior ragione, per la norma attributiva del privilegio contenuta nel .successivo comma 3). C) Inoltre, il riferimento ai � programmi � si ritiene valga � differenziare il 2� comma dal 3�, nel quale ultimo si fa riferimento al ben differente concetto di �crediti �; tale da non poter essere ricompreso nel disposto del precedente comma 2. i D) Va infine ribadjto che la contraria interpretazione dell'art.. 37 comma 2 avrebbe come conseguenz:;l. la necessit� .di interpretare la salvezza dei diritti � preesistenti � come � rivolta a in~rodurre una linea di demarcazione tra crediti dei terzi insorti antecedentemente e successivamente alla norma, dando rilievo al momento astratto �dell'insorgenza del credito (non vi sarebbe infatti pi� alcuna ragione per dare rilievo al momento concreto della distribuzione, irrilevante in quanto la distribuzione cui potrebbe partecipare un credito hisorto successivamente alla legge non potrebbe che avvenire successivamente . alla legge stessa), ed introducendo quindi �in� materia:� di�.� graduazione dei privilegi, il doppio criterfo della causa e dei momento dell'insorgenza �del credito, della cui incompatibilit� con il sistema def privilegi� si � gi� sUffic�entemente scritto in precedenza. Sembra, quindi, che si debba concludere, contrariamente a quanto previsto nella sentenza di cui si tratta del Tribunale di Brescia, per l'inapplicabilit� del comma 2 dell'art.� 37 a quanto disposto nel successivo comma 3, nonch�, pi� in generale, per la necessit� di attribuire il privilegio di cui alla I. 417/91 a tutti i crediti del Ministero dell'Industria ivi indicati, ove non si siano verificate preclusioni di carattere processuale. Si ritiene invece condivisibile la s�ntenza, quanto all'inapplicabilit� dell'art. 2756 e.e. a tali crediti, anche considerato che tale norma presuppone la detenzione, da parte del creditore, del bene oggetto di spese e miglioramenti. Avv. LIONELLO 0RCALI 512 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE DI MILANO, Sez. 1a, 7 luglio 1994 n. 6802 � Pres. Roda Bogetti � Est. Rosa � Butti Dino e Agenzia Doganale s.a.s. (avv. Beretta e I Bozzi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Perrucci). I I Dogana -Diritti doganali � Operazioni fuori orario e fuori dal circuito doganale � Natura dei relativi compensi -Traslazione dell'onere da pa:i:te dello. spedizioniere a carico del proprietario della merce importata � Irripetibilit�. L'indennit� dovuta per le operazioni di sdoganamento fuori orario o fuori �ircuito ai sensi dell'art. 11 del T.U.L.D. 23 gennaio 1973 n. 43 si colloca bens� a front.e di un servizio pnestato dall'Amministrazione, ma nel quadro di un'attivit� della stessa inoppugnabilmente autoritativa, atteg, giandosi quale contributo satisf attorio dei maggiori oneri che il fisco incontra per lo svolgimento delle operazioni doganali in sito beneviso all'importato11e od allo spedizioniere. D'altra parte, solo in ragione di tale caratteristica pubblica, il � diritto � preteso dall'Amministrazione, assumendo natura di tassa equivalente a dazio, abilita il solvens a richiederne il rimborso alla luce della sentenza della Corte di Giustizia comunitaria 21 marzo 1991 in causa C-209/89. La prova posta a carico dell'Amministrazione dall'art. 29 della legge 428/90 in ordine alla ttiaslazione, e quindi alla irripetibilit� di tale diritto dev.e ritenersi superata, alla stregua di una presunzione tanto forte da essere fondata sul regime giuridico ael rapporto fra spedizioniere e committente, dall'obbligo per il mandantie (proprietario della merce) di somministrare in viia anticipata i mezzi per l'e5ecuzione del mandato e di rimborsare le spese sost,enute dal mandatario (1). (1) Sul delicato tema, che a quanto .risulta viene affrontato e risolto per la prima volta dal Tribunale milanese, e .che forma oggetto di vertenze pendenti avanti numerosi Tribunali di tutta Italia, si riporta. uno stralcio delle difese svolte nell'interesse dell'Amministrazione: I costi degli sdoganamenti fuori circuito doganale. L'art. 29 della legge 428/90. In via ulteriormente subordinata l;Amministrazione ha eccepito che Io spedizioniere ha sicuramente trasferito sui suoi clienti l'onere derivante dalle operazioni fuori circuito e fuori orario, e quindi nei suoi confronti trova applicazione l'art. 29 comma 2 della legge 23 dicembre 1990 n. 428. Giova, in proposito, rilevare che l'enumerazione ivi prevista termina con l'espressione omnicomprensiva di �diritti erariali�; e� l'ampienzza dell'espressione � ulteriormente confermata ai commi 4 e 5, laddove si accomunano alle imposte di cui ai commi 2 e 3 i � diritti � di qualunque genere. D'altra parte la stessa espressione pu� essere rinvenuta nella nostra legislazione per descrivere pagamenti obbligatori a fronte di determinate presta PARTE I, SBZ. III, G�l'.nUSPRi:Jl:lliNZA clviul, GI�RlSOIZIONE E APPALTI 513 . . (omissis)� �viene, qunque~ �in� rilievo il tema. (da quella stessa difesa svolto ili Via pfincipale)�clell;appiicabilit� .;._nella.ipotesi che qui�cctipa ._ del piU vo1te citato art. 29 dell~ legge ccimunitatfa per il� 1990, in particolare (_M � � c�lthfu.a 2,� per�� il quale � � clfrltti dogah�lF all'import�Ziorie, le impgst� fil����fabbricazione, le imposte di. �conswrio, il sovrapprezzo dello ii.i2�h�fo ei d.iri1:tferarialifiscossi in �~pplicaziOne di.. disposizioni naziom: V;i inc�inp�ilbili.�cori norme cofutlnitaiie s�tlcf H:triborsati a men� che il refacl\t() onere nbii sia staio trasferito su altri s�ggetti�. . �):.a di:fesa. attrfoe contesta foperai:ivit� �della riorr:ria nel cas� di specie, lli bas� adue atgoriientazfo�ii �~ t'una di natura f�rrtiale, raltra sostanziale ~in parte ilo\I�'app�riehfrsf . .� . .. �� ..� $econdo. q.e1 patroch1~0 {memori~ 30 noveinbre �92, pagg. � 6 e. segg.) le irid�ririit!i inqtiestione (�fo� elargite in relijione ai serviZi doganali �fuori circ.ito �) non pqtrebbero fientr�re tra i� ctidttfd()ganali all'importazione� n� #a f~(1lii,erid �~h:itff ~rari�li ~; t�rmirii che n~l �ng.aggio dei fogisla� tor~ fributaH() evoca.rie>Istituti ben diV~rsi da� quello di'. �cui � causa; anche (e ~opriittutfo: qui � ilrilievo sostanziale) perch�. quef compensi si muovono sUJ. piano defdiritt<> pr�vafo. 1Yaitr� lafo, l� natura eecezforiaie -perch� zioni Od attivit� che l'Amniinistri'Wone esegue; solitamente, in base a specifica richiesta degli interessa.ti. � � , Tal� � il caso dei �:Uritti d� mag�zzinaggio di cui all'art. 45 d.P.R. 26 giugno 1965 n. 723. . LO stesso dicasi dei clintti di statistica (art. 42 d;P.R. ri> 723/1965), dei d�ritti di visita sanitaria (art. 32 R.l>d265i1934 e succ. mod.) e dei diritti per i servfai amministrativi (L.��15 �giugrio 1950, n.�� 330). � Al che si potrebbe aggiilngere, sia �pure . in citin:Pi diversi, Ulteriori fatti� specie di diritti-corrispettivi (diritti catastali, dirittf di. visura, diritti di segreteria e di cancelleria ecc.). Tutte queste prestazioni, lungi dall'essere di natura privatistica, sono pretese dall;Amministraz�cine, in� virt�� del� suo pc)tere �autoritativo; come condiz�<>ne per esercitare Un'attivit� . od ottenete uri� prestazione da parte della stessa Am� ministrazione. E la mlglic>t riprova che nel concetto di " dirittierariali ,. vanno considerati anche i corrispettivi per cui �� causa iTa �ndividuata nella � ratio � delle disposizfoni Ccimunitarie sulla cui base fu emanato.il Citato art. 29i poich�, invero; essendo �sigeriza dell� CEE (iuelta di. evitare le cosiddette �tasse ad effetto equivalente,,, � ci>iisegU.erii�ale che riel�� C:�ncetto di diritti . erariali la legge Vi abbia fatto rien� ttare tutte le som:rit:e coniunqtl.e qualificate che siano state percepite dalla dogana, per effetto di determinazioni miriisteriali; in relazione ad operazioni inttacomunit�rie di esportazione o di h:nportazione di merci. Sarebbe stato, al contrazio, illogico che essa considerasse' tali soiilirte come oggetto di mere prestazioni civilistiche, poich� in tal caso sarebbero venuti meno gli scopi stessi della normativa comunitaria. In proposito giova ricordare che la Corte di Giustizia (cfr. sent. 61/79, punto 20) definisce, in maniera c;lel tutto indifferente, � tributi amministrati-vi � i pagamenti costituenti la � contropartita di una prestaZione particolare � della Alllministrazione, precisando che la nozione di tassa di effetto equivalente 10 - 514 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO derogatoria del diritto comune -dell'art. 29 cit. escluderebbe, secondo l'indicata difesa, la legittimit� di un'applicazione della disposizione per via analogica, fuori dall'.ambito individuato dalle ipotesi tipizzate. � Il carattere privatistico delle indennit� di cui � causa deriverebbe dalla corrispettivit� delle stesse rispetto al servizio prestato dall'Amministrazione, di tal che si tratterebbe di mere spese dell'importatore (o dello spedizioniere), ben distinte dai diritti doganali a natura tributaria. La difesa attrice richiama al riguardo l'art. 11, ultimo comma, del d.P.R. 43/73 (che parla di �pagamento del costo del servizio�), ma soprattutto una decisione della Suprema Corte (Cass. 23 settembre 1991 n. 9964) emessa in sede di regolamento di competenza; inconferenti -invece paiono i riferimenti al D.Leg.vo 374/90, non operativo al momento delle operazioni doganali per cui � causa ed il cui art. l, comma 8, comunque, riproduce la citata disposizione del T.U. doganale. All'esito di una complessa ed analitica ricognizione della disciplina del Testo Unico doganale, la citata Cass. 9964/91 conclude escludendo che le indennit� de quibus partecipino � della stessa natura tributaria dei diritti doganali �, ritenendole invece � assimilabili alle altre spese, le quali costituiscono il rimborso di uno specifico servizio�. I comprende qualsiasi onere pecuniario che colpisce, per il fatto di avere varcato la frontiera, le merci che circolano all'interno della Comunit�. Dello stesso avviso si mostra la Commissione, secondo la quale � ogni onere pecuniario, anche minimo, quale che sia la sua den�minazi�ne e 1a sua tecnica di riscossione, applicato unilateralmente da uno Stato membro su merci im I portate da un altro Stato membro ed avente per fatto generatore il passaggio della frontiera, costituisce una tassa di ettetto equtvaiente ... �. Come ben si vede, le distinzioni tenninolog1cne, o ancne per natura giuri I dica, operate dall'avversaria difesa al fine di sfuggire gi� su a1 un piano generale ed astratto all'applicabilit� dell'art. 29, comma 2, L. 428/90, si rivelano assolutamente infondate. Esse sono gi� state respinte dal Tribunale di Trento, re1at1vameme ad un caso esattamente identico a quello di specie, con l'ordinanza 19 settembre 1992 prodotta in atti. Per converso nessun rilievo pu� essere attribuito ad un �. obiter dictum " della Suprema Corte che, in una prospettiva del tutto diversa attinente al riparto di giurisdizione, e in sede di impugnazione di una sentenza del Conciliatore di Treviso (!), ebbe a valorizzare il solo dato formale tratto dall'art. 11 comma 2 del d.P.R. 8 maggio. 1985, n� 254 che, con termine eventualmente improprio, verosimilmente usato dal nostro legislatore per sfuggire all'orientamento comunitario dianzi accennato, usava il termine di � costo � del servizio per indicare il compenso cui la Dogana subordinava il suo consenso alle operazioni fuori circuito. La traslazione dell'onere. In ogni caso il problema della natura tributaria o non tributaria dei compensi in questione � un falso problema, giacch�, quando pure fossero di natura civilistica, nondimeno l'Amministrazione avrebbe il diritto di dimostrare (come ha chiesto) che lo spedizioniere li ha trasferiti sui suoi clienti, e quindi una PARTE I, SBZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GltJRISDIZIONB E APPALTI Sl? La decisione -palesemente. sopravvalutata nella sua portata concettuale della parte (qui) attrice -si proponedi escludere la natura tributaria dei compensi per servizi � fuoricircuito � ai fini della questione di competenza concretamente sottoposta al.l'esame cl.ella Corte: in tale ottica a. quest'ult�;ma bastava -�come � .. stato in concreto� sufficiente -opporre talLJndennit� ai diritti di confine ed ai diritti doganali strictQ sensu al fjne ~i .~fer:rnareJ'inapplicabilit� della competenza per matei;ia_. del Tribunale (art. 9 c'.p.c.). Dal punto di vista .esegetico,. comunque, non sembra corretto assimilare le in4ennit� per se~i.� fuwi circ;uito � alle spese vere e prqprie, che lii Jrovan() in verit� ben distinte. dai @mpe:n,si di cui � causa nell'ambito dll'art. 35. pen. comma d.P.R. 43/1973. Non �, tuttavia, sul piano terminologico e formal�:".letterale che pu� esser convenientemente impostata� la soluzione� della questione ora all'esame edil rilievo vale sia per iLT.U. doganale c;be per l'esegesi dell'art. 29 legge 428/90: della quale norma ~piuttosto ----va colta la intima ratio ai fini non gi� di una applicazione analogica ma di una interpretazione logicofunzlonale c;he valga a verificare l'operativit� della disposizione per fat eventuale restituzione in suo favore non farebbe che arricchire indebitamente il medesimo a danno della collettivit�. .� Infatti l'art. 29 della legge 428/90 non � una norma eccezionale, ma � una norma che innovando si.tlla precedente disciplina di etli all'art. 19 della legge 873/82, ripristina a carie<> dello Stato la regola generale sull'onere della prova posta dall'art. 2697 comtna 2 c,c.; secondo cui � chi eccepisce l'inefficatj_a di tali fatti (cio� dei fatti addotti come fondamento di un diritto), ovvero ecce,. pisce che il diritto i;i � modificato o . estinto, deve provare i fatti. su cui l'eccezione si fonda �. Se cosi �, come pare incontestabije, allora non vi � dubbio �be lo Stato italian(l possa, aneli.e indipendentemente dalla qualificazione dei compensi per cui � causa, .<'limostrare secondo le regole generali del diritto civile, che essi non sono.� rimasti a caric::o dello spedii;ioniere; corne ha chiesto di fare, del resto, . fin �dall'atto di . costituzione in giudizio, instando per l'esibizione delle fatture dello spedizioniere e, occorrendo, per l'ammissione di una. consulenza tecnica ad hoc. N� ha fondamento a1cuno la tesi avversaria secondo cui solo . il � solvens � avrebbe diritto al rimborso <'li quanto . pagato, indipendentemente dal fatto che il peso econo:inico sia stato sopport11cto da altri soggetti. Qui non siamo di fronte ad un qualsiasi operatore economico, il quale trasferisce il peso dei suoi aggravi, fiscali e no, sopra i prodotti che vende ad una massa indistinta di consumatori o di rivenditori, spesso neppure identificabili. Al contrario noi siamo di fr�nte ad un mandatario, cos� testualmente definito dall'art. 1737 e.e., il quale agisce per conto del proprietario della merce importata od esportata, e a carico del quale non pu� essere configurato un obbligo distinto da quello del proprietario (ved. App. Milano 29 marzo 1991 in Banca, borsa, ecc. 1992 II, 401). E ci� � tanto vero che, se lo spedizioniere per il pagamento differito dei tributi doganali stipula una polizza assicurativa con una .$16 RASSEGNA AVvOCATURA DELLO STATO tispecie non contemplate dal legislatore perch� non prefigurate dallo stesso al momento dell'emanazione del precetto (c.d. interpretazione estensiva). A\iuto, dunque, riguardo alla ratio legis, non � possibile revocare in dubbio che le stesse ragioni che presiedono alla non ripetibilit� dei diritti doganali (in senso proprio) comi.J.nitariamente illegittimi possono ritenersi alla base di un'analoga esclusione del rimborso di altre prestazioni pecuniarie c�munque percepite dalla Amministrazione Finanziaria in violazione dei principi di diritto comunitario. Ed invero, se il legislatore italiano ha ritenuto di individuare l'avvenuta traslazione � su altri soggetti � dell'onere. fiscale quale limite del diritto al rimborso a favore del solvens, non sussiste alcun valido motivo concettuale per ritenere inoperanti quelle stesse ragioni avuto riferimento a prestazioni non propriamente tributarie ma comunque imposte dalla Amministrazione all'operatore economico in relazione ed in diretta connessione con l'attivit� di visita doganale (o con le partico1ari modal�t� in concreto da questa assunte). In realt�, al di l� di ricostruzioni dogmatiche fondate pi� su dati (normativi) letterali che sulla sostanza degli istituti e dei fatti economico-giuridici, l'indennit� di cui � causa si coiloca -s� -a fronte di un servizio dell'All1 compagnia assicuratrice, dell'adempimento di tale polizza risponde direttamente il proprietario della merce (ved. Cass. ss,uu. 15 gennaio 1993 n. 500, in Foro It., 1993, I, 760). Quindi lo spedizioniere, se ha pagato i compensi dello sdoganamento fuori circuito, lo ha fatto con denaro del suo cliente proprietario della merce, o quantomeno in condizioni tali da poter farsi anticipare le spese e rifondere i compensi erogati, ai sensi dell'art. 1740 e.e. D'altra parte, anche a volere (per denegata ipotesi) inquadrare la fattispecie nell'indebito oggettivo, e dunque ritenere che solo il � solvens � sarebbe legittimato ad ottenere il rimborso, nondimeno la tesi avversaria si scontrerebbe con l'applicazione del principio generale, pi� volte richiamato dalla deducente Amministrazione (e per quanto occorra qui opposto in compensazione), del divieto di arricchimento indebito a danno dello Stato, dato che a questo fatalmente si arriverebbe ove si riconoscesse un qualsiasi rimborso a favore dello spedizioniere.. Occorre, a questo proposito, ricordare che � stato lo stesso spedizioniere a riconoscere la non incidenza del carico su se stesso. Infatti egli, rendendosi ben conto dell'infondatezza della su� tesi principale, ha tentato di accreditare la tesi subordinata., secondo cui il suo pregiudizio consisterebbe nel ... rimanere esposto all'azione da parte del suo cliente proprietario della merce per tutte le somme dello sdoganamento fuori circuito pagate alla Dogana. Ci� evidentemente presuppone che il carico relativo sia gi� stato sostenuto dal proprietario delle merci (quod erat demonstrandum!); e d'altra parte non giova affatto alla tesi avversaria, sia perch� conferma ulteriormente, se pur ve ne fosse bisogno, la fondatezza della nostra eccezione di difetto di legittimazione attiva dello spedizioniere, sia perch� il presupposto di una siffatta domanda � quello (nel caso di specie inesistente o comunque non provato) che il proprietario della merce abbia preventivamente proposta tale azione di mi11istr11zio11e (~~:i;nent(), pen�,tro, et~ p~r s� eql.J.iyoco, caratter.:zandc:> }n astr~tto aneli.e fistitlit9 c;l,ella tassa, tipical_ll.ente tribl.J.tario) .� :i;na ):lel q.i:t.dro di un'attivit� della. stessa ��J1pppugnal::>iJmep,t~ aut()ritativll, i:t.tt~giandosi q.?.Je . contr~bqto sat~sfattorfo.. !lei . maggiori o{leri .. �l;le u ~isco. 4icontra .......... �.�.�.� .�....... � ...�. �.....�... � .�.. � . � ...� .� .��.��..� �. �. ���. �.� ;:;~ii~ly~~~!~~~~~f:!~r4er~io11i.. gogllll<tl~..� iI>;. *().. beneyisq..� aU'.i.lJ'.'p()rti:t.� C~ren:te.mente,�il(;or.:dspettivo �llOI!; �:. Jn. alc.n . nwdo pattuito� dl:llle parti ma. unUatei:alniente prefissato . da!l'A:n:m:iiri.istr~iC>n.e in.� via regola� menta~. qt�:�i.cli .in via generale ecl astratta, L~mquac;\ramento dom.matico dell'i.nde:nnit� � .;,..;..;:. insomma ,....,.., puro eserob:io ac�adeniico,. mentre quello che interessa �, piuttosto, la .sl.la couftg.razione ai <:li.versi fini. �.e volta a volta occupl';\llP: in tal l>enso) .mentre con rigi:u:miq all'<;t cpmpetenza giu~ cUziale ben. puQ:. fonctatamente .esser. affermataJa natU:l'a� non. tJ:ibutaria �del. l'qnere (~che.in� ragione .della tas:s:ativit# dellejpotest . c'U cQmPetenza per mater~ di c:ut .all'art� 9 � c,p,�. ed aU'3rt.. 8 del .. R.:O�. 16U/~3); con rlguardo .".7" invece ;....... ai ��meccanismi.� previsti� ctal legislate>r:e. per la ripetizione d'in� debito comunitario, l'mde:nnit� per l s:ervb::Ldoganali � fuori cir~to � VliJ. assimilata ai diritti erariali, enumerati. dall'art. 29,. comma 2, legg<Lc<>mu� rimborso, e quindi ottenuta ed eseguita una pronuncia favorevole con valore di giudicato; �senza di. Cllt\ manca il �4ePaupe:rarneI).t() � dello� spedizj.oniere. che c9stitu,isce. il presuppost(). stesso della .. sua. domanda. nei conJ;r9n:ti.. c:tell'.Al;mni� nistrazjone. � � � � �.� � � � � � � � � � � � � � � � � � � .....� , � [,'�sposizic:me .� qel{o��spe4it,foniete atl~ t:tzion( dt /ipe#i,~oJ?,e propotilbitl .�. dat �suo � c;lieiite~ � A non�diver.se conclusioni� si .c:iovrebbe pervenire, ove !li esaroinasse faccen" nata argomentazione avversaria, p1m1.ltro in a,perta c;ontraddizione cql suo assunto principale, secondo cui lo spedizioniere avrebbe diritto al rimborso, in quanto rimarrebbe � esposto � alle azioni di ripetizione da parte-del suo �liente (sul quale, gu,nque, all'.lmette �o rjconqsce <li aver. trasf<'lrito il.� relativo ..ca,:r,ico!). Anchl:) su� qu~sto .ar!JQmen~(), .alla .�. 4U:esa Cli part<'l. atirice ha !Pil. rispasto in modo esaurieti.te il Tribunale cli Trento, cqn or@'i~a qel 20 luglio 1993, depositata il 22 luglio 1993 (R.G. 1595/91) osservando testualme11te eh~: � Nessun elemento a comprova della gi~ avv<'lnuta restituzioni:} ~ parte dell'attrice ai suoi committenti degli oneri per cui � causa ��. stato. foi;nito, e ne:n:.neno v'� traccia . di un'iniziatiya pe;r. ia. ripetizione c:ta part~ .. dei terzi che abbiano. sopi;>qi'tato..�cJetU oneri;.��� si .. tratta qti:inQ�.. di una meta .ipote~i .a.~tratt11 e .ll.on va sottac;iufo �)ie, :s� trasl�llio.e vi fosse $tata .eta partt;l ctella attrlce, � ragionevolill�nte � prob�bU�. che anche �f.�pmmitt~nti .(lbb.iano .�� riversato i costi su terzi (acqqirenti c:t�lle .merci importate-consti:l:natorl); � opportuno aggiun� gere che qualora fosiie.dimi>strato, ii:J. ipotesi, che gll on~doggetfo delladi>manda attorea siano stati effettivamente addebitati ai committenti in c�nforcilt� a quanto previsto. dall.'art. 1740, . comma. . 2 c:c~, non � si veile c:ome possa �ia: Dail.zas SA. essere esposta .. all'azione p�i-l� restituzione in favore. dei suoi mandanti in caso di . eventuale mancato rimporso da parte della . AmmJnistrazione finanziaria; non pare infatti � ascrivibile i;i9, essa attri�� WI �omporfamento negligente nell'espletamento dello incarico,' atteso che gli oneri. sono staU - 518 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nitaria 1990, lo scopo della disposizione -costituito dall'evitare un ingiustificato arricchimento del solvens, che abbia trasferito su terzi l'esborso -attagliandosi perfettamente anche a quella fattispecie. Il Collegio osserva inoltre -su di un diverso piano di approfondi mento concettuale -che la natura meramente privatistica dei compensi di cui � causa si pone in singolare contrasto con lo stesso fondamento logicogiuridico della domanda attrice, quale delineato nella prima parte della presente motivazione. Quel fondamento, invero, � costituito dalla sproporzione tra l'onere concretamente sostenuto dalla societ� attrice ed il costo effettivo del servizio doganale �fuori circuito� per l'Amministrazione, sproporzione ritenuta da parte istante -sulla base del giudizio della Corte di Giustizia formulato nella pi� volte richiamata sentenza del 21 marzo 1991 -illegittima dal punto di vista comunitario. La mancanza di corrispettivit� tra onere (per il privato) ed il costo effettivo del servizio (per l'Amministrazione) -e proprio (soltanto) quella mancanza -ha fatto ritenete alla Corte comunitaria trattarsi di � onere pecuniario imposto unilateralmente � costituente.� una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi degli artt. 9, 12, 13 e 16 del Trattato� (punto 7 decisione). Ne consegue -da un lato -che la Corte ha ravvisato l'irrilevanza della I imposti dagli Uffici preposti allo sdoganamento e tenuto conto del successivo promuovimento dell'azione giudiziale� per la ripetizione delle relative somme I nei confronti dell'Amministrazione; in definitiva, essendo pacifico che ad oggi l'attrice, ferma la ipotesi dell'avvenuto trasferimento dell'onere su terzi, non ha rimborsato a questi ultimi le somme relative. e non ravvisandosi fondate ragioni perch� la stessa attrive sia tenuta alla rifusione come sopra chiarito in forza del rapporto contrattuale intercorso con i suoi mandati, risulta rilevante l'ac certamento della traslazione o meno dei costi su altri soggetti �. Le prove del.la traslazione. In ogni caso a prescindere dalle richieste istruttorie di esibizione delle fatture delio spedizioniere e di consulenza tecnica, proposte in via subordinata dalla deducente Amministrazione, occorre sottolineare sul piano delle presunzioni gravi precise e concordanti alcuni elementi che appaiono gi� determinanti per dimostrare l'avvenuta traslazione. ~ pacifico, infatti: a) che lo spedizioniere ha la qualificazione di ditta industriale o commerciale, e come tale funzionalmente destinata al conseguimento di un utile; b) che tale ditta si trovava e si trova in situazione di normale gestione, e non in situazione di squilibrio gestionale o di insolvenza; e) che l'addebito in esame veniva effettuato da tutte le dogane nazionali, e non da una sola, o �da alcune soltanto, sicch� l'imposizione stessa aveva assunto un carattere di �normalit� �; d) che tale imposizione era stata effettuata per lungo tempo e pacificamente; e) che i normali criteri di fatturazione avrebbero dovuto esplicitare le spese dello spedizioniere (fra le quali il diritto in questione) separatamente dai suoi onorari. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILB, GIURISDIZIONE E APPALTI Sl9 denominazione e struttura dell'onere unilateralmente imposto (in implicita !Da inequivoca coerenza alla propria giurisprudenfa)I attribuendo effet� tiva� importanza agli effetti economici dell'indennit�; dall'altro lato, che non sembra rivestire preciso significato il riferimento ad una astratta sit~ ione fisiologica dell'istituto (appunto, la corrispettivit� dell'indennit�, supposta adeguata al costo del servizio) al �fine di ricostruirne il carattere giUridiccr (ch� si argomenta di tipo privatisti�o-contrattuale), nel momento in cui la domanda concretamente articolata -invece -trova la propria ragione nella reale -e, comunque; dall'attrice allegata -situazione patologica di eccedenza dell'onere sti quel costo, situazione altres� rilevata dalla decisione dell'organo di giustizia comunitario invocata dalla difesa istante. In definitiva, tale sentenza della Corte ha senso -e l'azione attorea ha giuridico fondamento -in quanto la pi� volte accennata corrispettivit� sia concretamente non riscontrabile, di tal che ogni argomento che muova dal presupposto reciproco appare privo di logico rilievo. Proprio in ragione della sproporzione tra onere posto a carico del privato e costo effettivo ed in tali limiti ..:._ l'indennit� assume sostanziale natura di tassa equivalente a dazio e abilitia il solvens a chiederne il rimborso. Ne consegue la sicura applicabilit� -in via astratta, salvo verifica della effettiva trasla- Aggiungasi ancora cl:le fa controparte non aveva alcuna ragione per tenere a proprio carico l'aggravio costituito. dalle operazioni fuori circuito, in quanto all'epoca cui si riferivano le importazioni per cui � causa non era ancora sicura l'automatica applicabilit� in Italia � delle disposizioni comunitarie e quindi nessuno spedizioniere, ancorch� fosse convinto della illegittimit� comunitaria del diritto erariale, poteva immaginare che sarebbe venuto il momento in cui avrebbe potuto chiedere il rimborso da parte dello Stato italiano. Di qui la inevitabile conclusione che la traslazione del relativo costo era sistematica; e di qui, soprattutto, la conclusione, alla quale si perviene per considerazioni di logica deduttiva, che l'onere di dimostrare la mancata traslaiione, dopo il .ricorso dell'Amministrazione alle suddette presunzioni, ritorna a carico dello spediZioniere, secondo� un. concetto dinamico dell'onere probatorio che vede questo � rimbalzare � dall'uno all'altro dei soggetti contendenti. Del resto l'unica parte in grado di provare di aver pagato il diritto e di non averlo . caricato sul prezio . delle . sue prestazioni risulta essere lo spedizioniere, in base alle fatture che� egli ~oteva ben conservare, anche al di l� dei termini di legge, come. presupposto per richiedere il rimborso stesso. L'incongruitlJ. del compenso in esame. Premesso quanto sopra, vale la pena di �sservare che gli importi pretesi dalla Dogana per le operazioni di sdoganamento � fuori circuito � erano di gran lunga inferiori al costo effettivo. A prescindere dal fatto che, nel caso �di specie, le indennit� per servizi straordinari venivano riscosse in misura fissa mensile, con riferimento alla meuia dei servizi resi nel corso del semestre precedente, risulta dagli stessi decreti ministeriali e dalle altre disposizioni cui essi fanno riferimento, che per l'impiego di funzionari doganali delle carriere direttiva di concetto ed RASSEGNA AVVOCATURA DEU,Q STATO 520 zione -dell'art. 29 legge 428/90, trattandosi di �onere pecuniario ... � che colpisce � le merci a causa del fatto che esse varcano la frontiera ... � (punto 7 sentenza Corte CEE cit.) e, quindi, di diritto doganale ai sensi ed agli effetti della indicata disposizione. Quanto all'avvenuta traslazione dell'onere a carico di terzi, va anzitutto rilevato che la norma non richiede che gli �altri soggetti�, su cui il sacrificio economico � in ultima analisi riversato, costituiscano consumatori finali, ampia essendo la dizione utilizzata e, quindi, il ventaglio delle ipotesi sussumibili nella previsione legislativa. Tra queste pu� esser indubbiamente ricompresa quella qui all'esame, cio� il rapporto tra l'operatore doganale ed il proprio committente. Il primo, come mandatario dell'importatore (o di ulteriori soggetti da questo incaricati) ha il diritto di pretendere dal mandante il rimborso delle spese sostenute (art. 1720 cod. civ.) e nulla, nella specie, pu� far supporre che �di tale diritto la parte (ora) attrice non si si.a avvalsa. Dunque l'Amministrazione ha adempiuto l'onere probatorio sulla stessa. gravante, in ordine alla dimostrazione della traslazione del sacrificio economico, alla stregua di una presunzione tanto forte da esser fondata sul regime giuridico del rapporto tra spedizioniere e com esecutiva, veniva richiesto un importo orario variante da L. 5.100 (ore diurne) e L. 7.400 (ore notturne) nel 1971, a L. 10.000 circa (ore diurne) e L. 18.000 circa (ore notturne) negli ultimi anni. Nello stesso periodo di tempo, come si � dimostrato producendo i listini ufficiali della Camera di Commercio di Milano, un q.alsiasi operaio qualificato percepiva compensi orari varianti da L. 30.900 a L. 40.300. � quindi evidente che l'Amministrazione finanziaria percepiva neppure un terzo dei normali costi in vigore sul mercato del lavoro. N� ci si venga a dire che avanti la Corte di Giustizia comunitaria lo Stato Italiano avrebbe �riconosciuto� di aver sostenuto costi medi di L. 16.600 all'ora per ogni funzionario doganale. Ci� rivela, anzitutto, l'ennesima contraddizione in cui incorre l'attrice, la quale, da un lato, si affanna per sostenere che si tratta di un'obbligazione civilistica e non tributaria, mentre, dall'altro, allorch� le fa comodo, non vuole parlare di prezzi di mercato bens� di prezzi politici pagati dall'Amministrazione ai suoi funzionari per lo svolgimento di funzioni pubblicistiche relative al settore dell'imposizione. Ma soprattutto la deduzione di parte avversa dimentica che lo Stato non pu� mai riconoscere alcunch�, e tantomeno con effetti al di fuori dello specifico procedimento, sia per la notoria indisponibilit� dei crediti tributari (affermata con rara chiarezza dall'art. 13 del R.D. 3265/23, cui fu sempre attribuito valore di principio generale), sia perch� lo stesso difensore istituzionale dello Stato � dotato del solo � jus postulandi �. Inesistenza di ulteriori questioni comunitarie. Come si � visto, sia che il problema della traslazione venga ricondotto sotto la disciplina di cui all'art. 29 comma 2, sia che venga riguardato sotto il profilo di cui al combinato disposto degli artt. 2697 comma 2, 2033 e 2041 C.C., non sussiste alcuna delle questioni comunitarie di cui la causa � stata artificiosamente gravata ad opera della controparte. .... . ........ . .��.� r'nm>r,. SEZ. m:, artm.r&Jfflm>BJS:Zi\ e~. <ir~l)1z10NE i;; APPALTI 521 .:--: :� ..� �:-� <..:". :�.�:::::>:�:::�-:: �... ::::--: :.�� �::::::�:>::::::::�:�:�:��::�:. �.-:-:-:-:�.���:::�:.::::_::::�.-:�::::'.:-��-:::::: :-:::::::::-:�:.:-.�. :-: ..�. �.� . ... ... . . . . . . .. . . � ..� .. � �.�.�.� ..� .�� .. � . m~tt~Ut~; J~plf�q~t~~ ij):�~j.);l,t~ 7Jp�f;!:t:nm~ ..,.. cl.~�CdY~.J'~sS~tto p(,!,turale ~<li# x~~~~ ad. ~~~.~l'~ tt~~~�u#<>n~ di�. <;\ue1 rai)pqrto J?~r q_.~iit<> q1# int~ ��~~~~i t�~~J:>1~i0��J:'~15fJ... ffi#iii~~.�4i��~2tlim~m~~r~lf9.~112r~t.i#r~Pat~.. 1�.m~zi P~9;~~.Elf~ P~ti�.~~~R~~()~~ ~~i.m~<i~t? ~~rhJ7~~ c9g�.9~Yfo).~ c:lLf~ffippp;~e .�..�� llilml&W!!ti~!.~~~~ ������~~ii!i~~i~$f~r~~1~��ifif~tlii~~~l~lf#il���~!~~;~:r2~a1~1~'�dihitxe ᥥ�����. ���ti#~!~'Q, d~4~49.?l:�.9:PM@a19.1~ _f9pp.lig~9.~4i.x~# 9#~��t~�iP.t@fp:i;et~ ������~f#�1~!i91!�~l:iif~fl..~.�~~s:~-.:'ij.;�.�c&:;~���c:l~���~~.st~zi�a����~~.~,��=~���stre~a ...........�....P~�.�~���1?�!9.-?i��ytst*���~~rn~r&-r~�.. yf!'..f!ley*~9��.� c~e... t'Wfr.:.2i.>slt~tH�....~�. stat<> in.tf()~<;>ttqᥥ���(l:,liql.tim!<:>�����~~rnffi'ff\m~i:iY~~: .... :n~i ..� pe~~r0 .�� er�W~!11~at<><ᥥw..�... ~e~i~<> ... ~m~.YiAAtj�1:.�gi\.Wi.~Prn4.~~@U��.. PA~ :~Vt}Y!,.IQ �~tl.t~t�s$~!9�.�J'~n�...l~�. <4~!�����D;L. aq -~~t~~r~"I~*~ �,:: ~~ <~9iiv~ ~ji�t?ss~ M~Z~~t ~ Mmtn*t9 ~ �a~u~t~~:n~ .~~i# 4~~~K�et~~A.i91#~~#i� �#~A~tg nov~w�l:~��t~~~.... �<ifi�~lf~~.. W~/s2) ~\#$~R�.. l\t.. f~~~i.~� :~f:()~~t�ti8:���1?:?~~9Jt pari�9 9r!~'a~~~t.4#~.~��.w���t1ml.19~~9�� e �o~pf~i,,1llr:n~~�-�a~~'RR!ic~~P:�9!'W~.��giftrisgJ:'99~W:~� iIHrffi~.� ~~ffe~~~yain.ente ~Rf9l~l!'!<~i~����q,.~. :nor~�... p9:ntr1*~~~.te�. �()tj, i;~wffi:nl;l.m~nFs.. cg;m.ajtl:).ri<:>~.. ����������������l~���~;~~���~;~;1:::�1~... ;~~~~~atica..�t~l~tiY~.... autapplica9ittt�,����~u�~�ti~~a ~atti� ~p~~. J;t,elr~h ~? l; rn.4f$f1~99 A91'+ invplge.ffi: ~~n.n;toc;to.. il ffiri..tto co:t..nj� .. ~~n9;......e~~~..�Jo9*� ....l;l(.�..�9P~.faji~�. ~iicN~iyajne.~���� j,j~@:>l~xn~..��.4i�.�.fi?.te1J?fet~~9tje.... di taiun:e: nonne wdiritto fotem<i~ ���� �� � � � �� � �� � � . �fr p;fop�~itq Ia stessa 6o:ritf6p�rte cico-rd.iii; �he' la �orte �� dl Gitistizia. CBB ba gi� �viito. molfo di mftlrlni:.'i la Piena �Ie!lttimit� di quelle nonn'e interne dei singoli . Stati membri che subor�linino iI rinlborso del c.d. � indebito CQ:illUr !:fJri~~Mi t~iw,riWt~~fil:�~~eletrt~~ufff\j ffi~4~~~3;~mg1fl:tif�~~~ t�l�up�et!liiohe>�� ��cs:r�ved~; ���iii� i>ro�'as1t<>;�.�t6rtfl�� GikHtzta:�� cEe���� 27��ma:rz:o�� 1'1811; ����in ca�s<t;>6l/79i��inᥥ�pi1ftiCofate�il� ;P\into��2$� norich~�.�it.�.�dispositivo;� puii.to ��li��Iett;��c)� / .. dfilll<-H1 s'ltl PWlt<L.i.lOl'l �� v�~~ ai~e!lte,� alcun �bisolm�: d.~...lt~ti.ox:i, :Prol1;ln~ ~.a~� ffisc!'.t~sf9W., ..e.... ii:m~91AeA8.�...di�.....~.�l�~r.e~tj,.~.. �. c1a... :Pw:te... delll).... ~~ess<>. W.v.dice cgffi.aj~�:r~(>. ........�..�.�.� .�.� .. .�.� .� �.�. �.� .. . . .��.� ...�..�..�.�.. . . . .... . � . � ..�. .� �. � � . . . ... �. . . . L a �ob:i:spOrictente 'ifori'n� interna> italiana/ ossia il citato art; 29, com� #itf2<��.t;; *'�.42s1~9~t.s� �si>nt:ae.��ad .(>g#i <:ll\Mitl'~.� q��� l!os:Pet~i���.<Uᥥ�Wco~pl:\,tiblllt� .�1;1mordfuahi~t6 csa, c�l#~<ha: l)enutr� Sia chW:a:nlente .� riconos*iuto,�..��con r#Yl!lrs~ ..� pri:wun~~��~�ᥥ�$il�?#~~>9~#~~����.4l���ᥥ~s~~tj9il~����(si����#4aji,~., �.w,���. P:roJ?psito, c;;11ss. n�. 1~5.22/l~l, Ca$$� n.� ~69/t9~4, .PJ;i,ss� n, 372J/l994 .~. Cass. n, 36J2/1992). . . . . Iilf'attf stabilire se una d(lteriilll�ata fat#s:Pecie concreta, portata dmanZi al giudice nazfomt�e~ rlentrl Bmeno nena prev�sfone ciel� ricordato art 29 t, n/428/90 (una volta dat!>: per accertato ed acquisito che quest'Ultimo� rt�n��e incQmpatibile coll'ordinamento eomimltarlQ} ~PP~r~. aptjm~;vls'f;I!\', .u~.. <l"1estio:iie .. di.,n.era appUc,azione,.. ed eventualmente di .interpretazione del dfritto interno (in. questo senso aiiche '.frlb, Trento. 22 Iu~:Iio 1993, sopracitata). . . . . � ... (omissis) 522 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 29, eliminando il riferimento ad oneri di prova documentale nonch� all'inversione dell'onere probatorio sulla traslazione, delinea un regime -incentrato sull'obbligo per l'Amministrazione di dimostrare l'intervenuta traslazione del sacrificio economico sofferto dall'attore in ripetizione e sulla libert� di prova delle parti -sicuramente conforme a quell'ordinamento, in quanto corrispondente alle indicazioni contenute nella suddetta decisione della Corte comunitaria (confr. punto 11 e segg., in particolare). Si noti, al riguardo, che quest'ultima ha esplicitamente statuito la legittimit� -in s� -di �disposizioni legislative nazionali che escludono il rimborso di dazi, imposte e tasse riscossi in contrasto col diritto comunitario, qualora sia appurato che la persona tenuta al pagamento del tributo lo ha di fatto riversato su altri soggetti� (confr. punto 13 sentenza). In tale quadro, nessuna questione comunitaria si profila come realmente esistente nel tema che qui occupa. La difesa attorea, 1iUttavia, delinea egualmente una problematica discendente dalla constatazione per la quale lo spedizioniere sarebbe comunque esposto all'azione di ripetizione del proprio committente (confr., comparsa conclusionale pagg. 11 segg.), (in tesi) interessato dal trasferimento del pregiudizio economico corrispondente all'indennit� di cui � causa. Secondo tale impostazione, il Collegio dovrebbe rimettere alla Corte di Giustizia la questione interpretativa (e, quindi, di legittimit� comunitaria) concernente l'art. 29 legge 428/90, in quanto operante anche nei casi in cui �il rimborso non comporti di per s� ed automaticamente un arricchimento senza causa dell'avente diritto al rimborso (come nel caso in cui l'avente diritto al rimborso � . . passibile di azione di ripetizione da parte dei terzi secondo la disciplina generale di diritto civile vigente nello Stato .... )�. La questione cos� prospettata -al di l� della sua indubbia eleganza logico-giuridica -� destituita di fondamento. Appare, infatti, di tutta evidenza che nel nostro ordinamento la mera potenzialit� di danno -e cos� la semplice prospettiva, neppure preannunciata dall'avente diritto, di una azione giudiziaria passiva -non pu� concretare un interesse ad agire o contraddire (art. 100 c.p.c.) giuridicamente rilevante. Nella specie, la semplice possibilit� di un'azione di rimborso del committente verso lo spedizioniere (giuridicamente del resto tutta da verificare alla stregua del rapporto di mandato intercorrente tra quei soggetti) non pu� valere a fondare un'eccezione dell'attore in ripetizione d'indebito comunitario di fronte alla prova -in tesi raggiunta -dell'intervenuta traslazione (dell'onere oggetto dell'indebito) dall'attore medesimo a terzi soggetti. La mera evenienza del giudizio a carico dello spedizioniere non esclude l'ingiustificato arricchimento che il legislatore -legittimamente dal punto di vista dell'ordinamento comunitario (confr. sopra) -ha inteso evitare ponendo in grado l'Amministrazione di dimostrare l'intervento della traslazione (nella specie) tra spedizioniere e committente: ed invero, in attesa PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI di quel giudizio l'attore in ripetizione verso l'Erario lucrerebbe il rimborso delle somme a suo tempo versate ma gi� rifuse dal proprio cliente, con la concreta prospettiva di trattenere presso di s� l'arricchimento sino alla prescrizione della (pretesa) azione del cliente stesso. Deve essere, a questo punto, chiarito che -a parte la appartenenza dei principi ora formulati ad ogni ordinamento civile -l'azione di rimborso dell'indebito � pacificamente disciplinata dalle legislazioni nazionali in materia� anche quando findebito derivi dalla illegittimit� comunitaria delle norme impositive, come � stato pi� volte affermato sia dalla Corte di Giustizia (confr. punto 12 della sentenza 9 novembre 1983 cit.) che dalla Corte di 1egittimita italiana (conf., per tutte, Cass. 23 gennaio 1987 n. 634). Tale presupposto, del resto, � del tutto condiviso dalla stessa difesa attrice, che lo fa inequivocabilmente proprio nel discorso articolato in o:rdine alla assunta inapplicabilit� -al caso di specie -dell'art. 29 legge comunitaria '90, che muove da concetti (natura privatistica della indennit�, carattere eycezionale dell'art. 29, comma 2, operativit� del solo art. 2033 cod. civ., che prescinde dall'intervenuta traslazione) puramente tratti dal diritto interno. Da tutto quanto precede !?egue il rigetto della domanda attorea, per essersi verificato il presupposto dell'intervenuta traslazione dell'onere di cui � causa dalla societ� attrice ai committenti. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA I CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 30 settembre 1993, n. 11 -Pres. Crisci Est. Rizzi � Ministero del Tesoro (avv. Stato Nucaro) c. Pani (avv. Ro. mano e Merlino). Impiego pubblico � Stipendi, assegni e indennit� � Indebito (ripetizione) � Atto di recupero non vincolato � Annullamento atto di erogazione � Motivazione � Criterio di sufficienza � Procedin1ento e necessaria comunicazione al dipendente ex art. 7 legge n. 241/90 � Elementi necessari all'atto di recupero. La ripetizione di somme illegittimamente corrisposte al pubblico dipen� dente non costituisce un atto assolutamente vincolato, dovendo la P.A. verificare se il nuovo effettivo importo della retribuzione si riduca ad entit� non pi� idonea ad assicurare a lui ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa, come imposto dall'art. 36 Cast. Tale atto autoritativo implica o presuppone necessariamente l'autoannullamento del pregresso provvedimento, in base al quale era stata corrisposta una somma maggiore di quella dovuta, ed ai fini della sua legittimit� � necessario: 1) che sia specificamente e congruamente motivato (ex art. 3 legge 241/90), con particolare attenzione agli effetti gi� prodotti dall'atto annullato ed all'affidamento ingenerato nel lavoratore circa la legittimit� delle somme ricevute; 2) che l'atto del procedimento di recupero sia comunicato personalmente al �ipendente (ex art. 7 l. cit.) onde consentirgli la possibilit� di chiedere la restituzione del debito; 3) e, infine, che il provvedimento contenga l'analitico conteggio di quanto erogato in pi�, con indicazione puntuale a) degli atti che hanno cosUtuito concessione di credito da parte della P.A.; b) dell'epoca in cui � rinviato il pagamento non dovuto e di quella in cui si effettuer� il recupero; c) della eventuale rateizzazione; d) del numero e dell'importo delle rate. II CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1� febbraio 1994, n. 90 -Pres. Quartulli, Est. Tumbiolo -Ministero della Difesa (avv. Stato Palmieri G.) c. Donato ed altri (avv. Franceschinis e Paoletti). Impiego pubblico � Stipendi, assegni e indennit� � Indebito (ripetizione) � Atto di recupero non vincolato � Ragioni. La ripetizione di somme illegittimamente corrisposte al pubblico dipendente non costituisce un atto assolutamente vincolato, dovendo la P.A. PARTE I, SEZ. IV,� GIURISPR�JIJENZA AMMINISTRATIVA 525 verificare se, per effetto lletrecupeto, il nuovo effettivo importo della retribuzione si riduca ad entit� non pi�. idonea ad assicurate a lui e alta sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa, come imposto dall'art. 36 Cost. Nel contempo, l'Amniinisttazione��dovr� �valutare� l'affidamento ingenerato nel lavoratore circa la legittimit� delle somme ricevute, anche in i'<etdtiooe al t.enipd trascorso dall'originaria� liquidatione del tro.ttamento retributwo. .� �� III CONSIGLIO DI STATO; Sez. IV; 30 luglio 1994, n. 643 � Pres. Pezzana, Est. De Lipsis -Ministero della Difes� (avv. St�to Cocco) c. Mondrone ed altri (avv. Volli). Impiego p1lbbU:~o � Indennit���.�di trasferimento �~ Iii.debito (ripetizione) - Amnlissibillt�. � �Jl �princijJio della irripetibilit� .delle somme indebitamente percepite in buonafede dal pubblico dipendente che, secorndo il noto orientamento giurisprudenziale in mat�eria, presuppone la sussistenza di un ragionevole pericolo che la restituzione arrecherebbe al soddisfacimento delle ordirtarie necessit� di sostentamento del dipendente, non si applica per ltl l:>enefici() �dell'indennit� di trasferimento d'ufficio, che. avendo natura indennitaria,. non presenta una tendenziale incidenza sui normali bisogni di vsttli del percipiente, al quale rimane sempre il trattamento economico! stipendiale. I n ri<:orso in esame involge questioni similari a quelle �rel�tive a ricorso di recente definito dalla Adunanza plenaria (ad es., 12 dicembre 1992, n. 20), onde la decisione da assumere non potr� non ispirarsi a quanto affermato in dette occasioni, con alcune puntualiz;zazioni m relazione al caso di specie. La verteilZa comporta la soluzione di questfoni connesse al recupero di crediti che la p.A; effettua per somme c�rr�sposte in favore di dipen (1) Gli itinerari dell.a giurisprudenza amministrativa in tema di ripetWone dell'indebito nei conb"onti dei pubblici dipendenti. 1) Con le decisioni che qui brevemente si commentano, il Consiglio di Stato prosegue nella sua opera�� di affinamento della ricostruzione cosiddetta � amministrativistica � (CANNADA BARTOLI, Procedimento ed ordine di recupero di somme indebitamente corrisposte a pubblici dipendenti, nota a C.d.S., A.P., 22 dicembre 1992, n. 25, in Giur. it., 1993, III, 709 ss.) dell'istituto della ripetizione dell'in 526 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO denti, in eccedenza al dovuto. Essa � occasionata appunto da un recupero di tal genere, avverso il quale � insorto il dipendente, privato di una quota-parte della retribuzione. Sembra opportuno, al riguardo, ribadire alcune considerazioni di carattere generale, relative alla ,problematica in esame. E noto che alla retribuzione, di solito, � ancorato il � modus � della esistenza, dei comportamenti, delle previsioni dei lavoratori, rappresenc tando essa una reiterata fonte di introiti, dall'importo pressocch� costante, che � la base essenziale per dimensionare la quotidianit� dei bisogni da soddisfare. Pertanto, ogni variazione della retribuzione costituisce occasione per diversamente atteggiarsi: positivamente, nella ipotesi che una progressione di carriera o altro evento migliorativo del trattamento economico si siano verificati; negativamente, nel caso di riduzione della somma costantemente .e .�da non poco tempo introitata con possibile affidamento che tale somma permanga quanto meno stabile per il futuro. Quest'ultima evenienza peggiorativa costituisce, del resto, eccezione alla normalit� dei casi, integrando una ipotesi patologica del rapporto in� tercorrente tra la P.A. ed il dipendente. Si innescano cos� elementi di di- debito da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti dei propri dipendenti. Con la prima decisione in rassegna (sent. 30 settembre 1993, n. 11), l'Adunanza Plenaria conferma l'orientamento giurisprudenziale consolidato, inaugurato con le note decisioni del 12 dicembre 1992 (Adunanza Plenaria, sent. n. 20, in Cons. Stato, 1992, I, 1765 ed in Foro Amm., 1992, I, 2493) e del 22 dicembre 1992 (Adunanza Plenaria, sentt. nn. 21, 22, 23 e 24, in Giur. It., 1993, III, 709), ribadendo le soluzioni, prospettate in quella sede, di una serie di questioni controverse, concernenti la natura paritetica o autoritativa dell'atto di recupero; il carattere vincolato o discrezionale del medesimo; la necessit� di motivazione, ex art. 3 legge n. 241/90; la rilevanza dell'affidamento suscitato nel percipiente; la necessit� di dare comunicazione al dipendente dell'avvio del procedimento, ex art. 7 legge cit.; gli elementi che il provvedimento di recupero deve necessariamente riferire. La decisione della IV Sezione (sent. 1� febbraio 1994, n. 90) si allinea pienamente all'orientamento dell'Adunanza Plenaria, in ordine alla natura dell'atto di recupero e alla rilevanza dell'affidamento ingenerato. nel lavoratore circa la legittimit� delle somme ricevute, anche in relazione al tempo trascorso dall'originaria liquidazione del trattamento retributivo. La terza decisione in rassegna (C.d.S., Sezione IV, sent. 30 luglio 1994, n. 643) introduce un'importante precisazione, escludendo l'operativit� del principio della irripetibilit� delle somme indebitan1ente percepite in buona fede dal dipendente pubblico, in relazione al beneficio dell'indennit� di trasferimento d'ufficio, che avendo natura indennitaria non presenta una tendenziale incidenza sui normali bisogni di vita del percepiente, al quale rimane sempre il trattamento economico stipendiale. 2) Per commentare questo ormai consolidato orientamento sembra opportuno premettere qualche breve notazione sull'istituto la cui applicazione l'Am PARTE I, SBZ. IV,.GIURISPRUDBNZA AMMINISTRATIVA 527 sordine e di turbativa, a prescindere daHa interpretazione normativa che ha dato origine a tale situazione; ci� per il fatto stesso che il peggioramento intervenga tardivamente. 1 � . peraltro indubbio che dall'ordinamento sono ricavabili principi generati relativi all'arricchimento senza causa e alla erogazione di una pr�lsti.ione pecwiia,ria. ~nza vaUda ragione giustificatrice; essi costituiscono .e�c> .del.. 1191;\'.) ~inci;pio formulato gi�. 11effart. 1237 e.e. del 1865, secondo Ci.,tl ogJ).fpaga:m(;)J:lto presuppone un debito, onde ci� che � pagato ~enza essere dovuto � ripetibile'.. � stato parimenti ritenuto che l'ampia espressione usata dal Legislatore del 1942 per definire la azione di ripetizion~ di c.i �.. all'art. 20$3 .e.e.,.� trova applicazione anche al di fuori della sfera del diritto prlvato. .�.� . fav~~(), se per indebito deve ritenersi ogni pagamento effettuato � sine causa solvendi �,. indebita pu� considerarsi qualsiasi prestazione pecuIliaria, �J:lclipendell.~~ment~ c1alla natu.ra privatistica del rapporto obbligatgrfo cbe if�solyel),s � intendeva esting.er�), quando essa � effettuata senza un t:�tolo giuridico, per mancanza inizfa�e o sopravvenuta del motivo i.ustificativo. q~lla. attribuzione .Patrh11oniale. . Agglungasfche apposite norme nell'ambito del diritto pubblico prevedono la doverosit� di procedere. al recupero. Ne consegue che la P.A. � ministrazipne invoca, nei casi i11 questi()Ile, cos� come risulta attualmente discipliJ: lato (sul P�unto si .vedano le am,vie monografie di REsCIGNO, Ripetizione dell'indebito,.Jn Nvss. Dig. It., XV,)968, 1223 ss. e di MOSCATI, Pagamento e ripetizione deli'indebito, in Enc. Dir., 1971, XXI, 83 ss.). . Come � noto�. la collocazione sistematica dell'indebito � mutata nel codice vigente. Infatti, il codice . abroga.to; influenzato dalla tradizione francese che lo considerava. un pagamento nUll<;> per difetto di causa, lo disciplinava, come pagamento non dovuto, nella sezione sul pagamento e sui q.asi-contratti: era considerato, anche stiUa scia della tradizione romanistica, un quasi-mutuo (v. ANDREOLI, La ripetizione dell'indebito, 1940, 6 ss.). La disciplina vigente, pi� analitica e tecnicamente pi� precisa, sembra ricomprendere la indebitlso.iutio tra le fonti dell'obbligazi�me, ed in particolare tra le cd. variae t;;ausarum figurae, escludendo pertanto che .possa essere ancora concepita C:ome ipotesi anomala di. pagamento, rilevando invece come � fatto � da cui nasce l'obbligo di. restituzione. Perci� giustamente la dottrina pi� attenta preferisce variare pi� che di <I paga,men,to dell'indebito � (come continua a fare anche il codice) di �restituzione dell'indebito.� (per una ricostruzione pi� approfondita si veda BRECCIA, Indebito (ripetiziOne dell'), in Enc. giur., 1989, voi. XVI). La dottrina analizza la fattispecie esaminandone separatamente i suoi due profili: a) il pagamento e b) l'indebito (e cio� il difetto dell'obbligo), ed in relazione a quest'ultimo profilo prospetta la� distinzione tra le varie ipotesi di indebito: .1) �indebito oggettivo (in �cui� chi nulla deve paga a chi non ha alcun credito); 2) indebito soggettivo ex latere solventis (dove chi nulla deve paga a chi � creditore di un terzo, per errore); 3) indebito soggettivo ex latere accipientis (in. cui chi pur essendo debitore paga ad un soggetto non legittimato, che si ricava dall'art. 1188 e pu� dare adito anche all'applicazione dell'art. 1189); 4) indebito misto (la formula fu usata dal BARBERO, Sistema istitu 528 RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO tenuta, in via di massima, alla ripetizione di somme pagate, ma non dovute (argomento, ex R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, art. 3; D.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, art. 3). Come � noto, dal confronto tra questi due ordini contrastanti di posizioni, la giurisprudenza ha estratto alcuni principi atti a derogare alla rigorosit� del recupero, tenuto anche conto delle peculiarit� del rapporto di pubblico impiego, dell'autoresponsabilit� della Amministrazione che ha corrisposto al dipendente pi� della esatta retribuzione prevista dalla legge, ed ha omesso di ovviare tempestivamente a questa anomalia, della tutela del lavoratore, ecc. Di questa faticosa e delicata elaborazione, sono testimonianza anche alcuni dati normativi, dai quali risulta l'intenzione del Legislatore di salvaguardare determinate categorie, ritenute degne di sfuggire in ogni caso al rigore delle citate disposizioni di carattere generale. Ad esempio, la necessit� del recupero � stata espressamente esclusa dall'art. 206 del D.P .R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in materia di pensioni in favore di dipendenti statali, dall'art. 52 della L. 9 marzo 1989, n. 88, in materia di previdenza sociale, dall'art. 3 della L. 7 agosto 1985, n. 428, relativa ad interpretazione autentica ed integrazione del citato art. 206 del D.P.R. n. 1092 del 1973. zionale del diritto privato italiano, Il, 1965, 803, con riguardo al caso deciso dalla Cassazione nel 1949, in cui si era determinata un'interferenza tra due rapporti obbligatori tale da far prospettare un indebito sia a lat�re creditoris, che debitoris). 3):1:> allora davvero singolare constatare che una disciplina cos� analitica e minuziosa non contenga alcuna norma che consenta.� di affermare la irripetibilit� dell'indebito da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti dei propri dipendenti. Sicch� appare veramente arduo giustificare la sussistenza di una simile eccezione alle regole codicistiche che non sia supportata da una specifica disposizione legislativa. Poich� nessuno dubita che il problema in esame vada ricondotto alla figura dell'indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ., dove � risaputo che non ha alcuna rilevanza la buona fede dell'accipiens, n� gioca alcun ruolo l'errore del solvens, risulta difficile giustificare l'orientamento dei giudici amministrativi, che esclude la ripetizione quando l'accipiens sia un pubblico dipendente, che abbia ricevuto le somme in buona fede, la cui presunzione porta al capovolgimento del principio secondo cui � il pagamento non dovuto va restituito '" facendo dell'eccezione la regola. Per tentare di comprendere l'attuale orientamento del Consiglio di Stato, � forse utile ripercorrerne l'evoluzione, richiamando sommariamente le precedenti decisioni, soprattutto (ma non solo) quelle rese dall'Adunanza Plenaria. Il leading case sembra essere costituito dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria, 13 ottobre 1958, n. 20 (in Foro Amm., 1958, I, 4, 45) che pose con fermezza un'esigenza di giustizia sostanziale, affermando che, in sede di ripetizione dell'indebito, la P.A. non possa prescindere �dall'esaminare se il summus ius non si traduca in summa iniuria, quante volte la condotta amministrativa si sia svolta in tal modo da creare e consolidare nel privato una indiscussa certezza PARTE I, SEZ. J.V, .GJURISPIWDENZA AMl\IINISTRATJ.VA 529 A .seguito della Orcl.inanza diremissione, l'Adunanza Plenaria ritiene di puntualizzare:. ancora �una. volta, in via generale, la complessa materia. Un primo elemento che deve essere tenuto presente dalla P.A. in occasione del recupero � rappresentatq. dalla necessit� che,. comunque, al dipendente sia garantita la. percezione, di una retribuzione idonea ad assicurare a lui ed alla farmi:glia .una esistenza libera e dignitosa, come im� posto dall'art. 36 della Costiru.zione. Da tanto conseguono soluzioni di segno negativo al recupero, nella ipotesi che a seguito di esso il nuovo effettivo �importo della retribuzione si �riduca< ad entit� tale da riservare al lavoratore ed alla famiglia una grania sopravvivenza; L'Amministrazione � quindi tenuta a verificare, .caso per caso,�la accennata�.circostanzai Tant-0 basta per escludere che il recupero sia atto assolutamente vincolato. L'atto di recupero � atto amministrativo autoritativo nel quale il pubbli�() potere agis�� quale soggetfo in. posii�oite preminente; anche se � vfutofato ��a. � deteririiriati � doveri.�. In partiCofare il recui)ero, pfev�sfo dalle norme dianzi cit�te, do?ltiene p�r irjlplicito o .� presuppone� .un atto di. annuNamento, .. assi.llifo in . via di a~tbt1J:tela, dei pregresso. provvedimento recante la .determinazione �e�~� t~tri~l.tzio'�l~: in misur~ !�:iii~iore di quella di quel diritto che si voglia . poi di.sconosce~e non soltanto per il aiiuro, ma anche per il passato, mediante l'azione di recupero �. Per fornire un supporto � tecmco� lll.We,sigenza cos�. genericamente. indicata. dal� l'Adunanza Plenaria, �a IV Sezio,n:e;:(sent.24 giugno 1960, in Foro Amm;, 1960, 777) individu� nella fattispecie unto�bligazione naturale atipica della P .A., come pagamento cio� � di un debito che essa non aveva l'obbligo giuridico di adem� piere, ma che non ha ormai il potere _gi\lridico di.ripetere�,� in base al principio � quod quis ex culpa sua damnum senti non videtur.damnum sentire� (D;S0.17.203). La tesi elegantemente esposta dal Piga (estensore �della sentenza) fece registrare autorevoli adesioni� (REsCIGNO; Le � obbligazioni naturali� della Pubblica Animi� nistrazione, in Problemi della Pubblica Amministrazione, 1961; 21 ss.), ma Stl.Scit� anche notevoli perplessit� (vedi le puntuali. osservazioni critiche di CANNADA BARTOLI, Ripetizione d'indebito e obbligazione. naturale dello Stato, in Foro Amm., 1960, 777 ss.). Tale soluzione e l'esigenza che mira:va/� �soddisfar.e furono, tuttavia, scon� fessate di li a paco dalla stessa Adunanza Plenaria; che con sentenza 7 marzo 1962, n. 2 (in Foro Amm., 1962, 661, .con. nota. di CANNADA: BARTOLI, Nuove prospet dive in tema di annullamento d'ufficio e di ripetizione di indebito da parte' della Pubblica Amministrazione) sostenne che la ripetizione delle somme indi> bitamente erogate costituisce un atto dovuto della Pubblica Amministrazione, che deve realizzare rinteresse pubblico all'esatta corresponsione di quanto effettivamente dovuto. Tale tesi, come mostrano le sentenze in rassegna, � stata definitivamente abbandonata. Fu la decisione dell'Adunanza Plenaria del 4 marzo 1986, n. 2 (in Giur. lt., 1987, III, 1, 47) a porre le basi dell'orientamento oggi prevalente, escludendo, in linea generale, che la P.A. sia tenuta .a ripetere somme indebitamente erogate. 11 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 530 risultata dovuta. Esso tende, cio�, a rimuovere con effetto � ex tunc � un atto della Amministrazione che, anche se qualificato come provvisorio, ha gi� prodotto i suoi effetti all'esterno. Dall'originaria posizione dell'Amministrazione e dal suo eventuale ritardo nel provvedere in via definitiva, deriva, quindi, quanto meno, il dovere di va:lutare, al momento dell'annullamento, gli effetti gi� prodotti dall'atto originario e le situazioni sulle quali ha inciso. Non per nulla la giurisprndenza: del Giudice amministrativo ha ritenuto che l'annullamento di ufficio deve di massima contenere motivazione congrua, �specifica, idonea a trarre la propria giustificazione dalle componenti emergenti nel singolo �aso. Cio� a dire, la motivazione deve indicare un interesse attuale, specifico e concreto alla rimozione degli effetti dell'atto stesso, interesse che non coincide con quello generico al ripristino della legalit� e all'osservanza di alcune norme. Ci� presuppone l'effettuazione cli una comparazione tra la posizione dei dipendenti venuta a determinarsi per effetto . della gi� pagata retribuz). one e quella derivante dal ridimensionamento deUa retribuzione stessa a seguito della esatta definizione del dovuto _cui si aggiunge l'ulteriore decurtazione relativa al recupero del pregresso. Conseguentemente, si deve ritenere la insufficienza della motivazione che si limiti ad affermare l'intento di arginare un onere finanziario per la P.A. o di osservare la norma che prevede il recupero. � legittimo il recupero di somme corrisposte in base a liquidazione provvisoria e con salvezza di eventuali conguagli, ma il relativo atto deve essere giustificato, poich� implica l'autoannullamento dell'atto in base al quale le somme non dovute furono erogate: si tratta cio� di un atto discrezionale, che coinvolge un interesse legittimo del percipiente, la cui posizione giuridica sar� garantita solo se il recupero avvenga ratealmente, in proporzione tale da non incidere sul minimo retributivo essenziale (cos�, Cons. Stato, sezione IV, 4 agosto 1986, n. 549, in Foro Amm., 1986, 1304 e 1003, con nota di MELE, Repetitio indebiti e certezza del diritto). Una diversa ricostruzione, per cos� dire �� civilistica� (CANNADA BARTOLI, Procedimento ..., cit.) si contrappose a tale indirizzo en:i:ieneutic�, affermando che il diritto della PA. alla ripetizione dell'indebito prescinde dall'annullamento dell'erroneo atto determinativo della somma da erogare, per la semplice ragione che quest'ultimo ha natura di atto paritetico e derivando, quindi, il diritto soggettivo alla ripetizione dal fatto che il pagamento non � giustificato da una norma, per cui l'ind�bito � 'tale p�r l'obiettivo contrasto con la �norma e non perch� siano stati posti in essere illegittimi atti di pag�mento (in tal senso; ex plurimis, Cons. Stato, IV sez., 9 novembre 1985, n. 505; e, pi� recentemente, IV sez., 17 maggio 1990, n. 390, in Cons. Stato, 1990, I, 697). L'Adunanza Plenaria, chiamata a risolvere i contrasti . giurisprudenziali, c�n le note decisioni del dicembre 1992, accolse la prima impostazione, ravvisando nell'atto di recupero un provvedimento autoritativo, � nel quale il pubblico potere agisce in posizione preminente, anche s� � vincolafo a determinati doveri. In particolare, il �recupero presuppone un atto di annullamento, assunto in via di autotutela, �del pregresso �provvedimento recante la determinazione PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 531 La necessit� della motivazione del provvedimnto di recupero derivante dalle argomentazioni che precedono, � confermata dall'art. 3 della L 7 agosto 1990, n. 241, il quale la impone per tutti i provvedimenti amministrativi, specificamente indicando quelli relativi al personale. La conseguenza � che la Amministrazione, dall'entrata in vigore della legge n. 241, deve superare 'la constatata �ritrosia nella applicazione di detta legge� .(come risulta dalla indagine conoscitiva della I Commissione permanente della Camera dei Deputati -X Legislatura) e, in occasione della adozione del provvedimento di recupero, deve indicare � i presupposti di fatto e. le �ragioni giuridiche che hanno determinato� la decisione dell'Amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria�. La applicazione .della legge n. 241, relativamente ai �recuperi successivi alla sua entrata in vigore, comporta che l'avvio del procedimento sia comunicato personalmente all'interessato, che questi possa intervenire preseht�ndo memorie e documenti e che si faccia luogo alla individuazione del responsabile del procedimento, cui imputare la esatta scansione dei momenti procedurali e, al limite, le conseguenze di eventuali ritardi od omissioni. La comunicazione dell'avvio del procedimento si r�nde doverosa in apPli�azione. dell'art 7 della citata legge n. 241 del 1990; essa, altres�, ri della retribuzione in misura maggiore di quella risultata dovuta� (Cons. Stato, A.P., dee. n. 21, cit.). Tra� i doveri alla cui osservanza � tenuta la P.A. vi � quello di verificare gli effetti prodotti dall'atto originario e di valutare se, per effetto del recupero, l'importo della retribuzione si riduca al punto tale da riservare al lavoratore ed alla sua famiglia una grama sopravvivenza. Non per nulla la giurisprudenza del giudice amministrativo (confermata dall'art. 3 legge n. 241 del 1990) �ha ritenuto che l'annullamento d'ufficio deve di massima contenere una motivazoine congrua (...), cio� deve indicare un interesse attuale, specifico e concreto (...) che non coincide con quello al ripristino della legalit� ( ...), n� con l'intento . di arginare un onere finanziario per la Pubblica Amministrazione � (ancora, A.P., dee. n. 21, cit.). Significativamente si afferma: �tanto basta per escludere che il recupero sia atto assolutamente vincolato �. Ed � importante il riferimento alla legge sul procedimento n. 241 del '90 (artt. 3 e 7), poich�. esso consente di inquadrare l'ordine di recupero nell'ambito di un procedimento, co�ne uno dei possibili sbocchi, come, .n esito possibile, ma non l'unico della comparazione di interessi operata dalla P.A. 4) Le soluzi�ni prospettate dall'Adunanza Plenaria non sono apparse del tutto soddisfacenti e sono state perci� sottoposte a critica da parte di quella dottrina, che considerando irril�vante l'eventuale buona fede soggettiva dell'accipiens, ritiene doveroso il recupero delle somme indebitamente corrisposte da parte� dell'Amministrazione (ART�SE, Pubblico impiego, pagamento e ripetizione di indebito, in Foro Amm., 1993, II, 899 ss.). Si sottolinea, giustamente, che � la fattispeeie non presenta alcun elemento di specialit�, rispetto all'ipotesi che parti del rapporto siano un imprenditore privato ed il proprio dipendente, n�, d'altro canto, rispetto alle ipotesi pi� ge- IJ .. .. _ .. .. . .. x... ..... .,.�::::: .. :--.-:--..-... .. .-X m .. :-: ....... .. 532 RASSEGNA AWOCATURA DEl.J..O STATO sulterebbe opportuna ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 3 del D.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, onde consentire all'interessato la possibilit� di prospettare la sua situazione e di chiedere la rateizzazione del debito entro un periodo di sua scelta, onde non aggravare ulteriormente il sacrificio imposto. Ovviamente la concessione, o meno, della rateaizzazione costituisce scelta della P .A., nella quale sono determinanti elementi di merito. Nella ipotesi di mancata richiesta di rateizzazione, questa potr� del resto essere applicata di ufficio, graduandola caso per caso. Ad avviso dell'Adunanza Plenaria anche questo � un modo di applicazione dell'art. 36 della Costituzione. Di regola il dipendente rimane estraneo al procedimento di quantificazione dello stipendio, degli assegni, della inde:rJ.nit�, limitandosi alla attivit� materiale della loro percezione. Pertanto, salvo il caso .eccezionale di produzione di documenti riconosciuti o dichiarati falsi (art. 204 del. dtato D.P.R. n. 1092 del 1973) o di condotta dolosa, o di altre prove oggettive e precise di preventiva conoscenza, il dipendente incamera in buona fede quanto la Amministrazione gli attribuisce. Tale comportamento del percipiente integra di norma affidamento sul punto che egli abbia ragionevolmente ritenuto che la I l~erogazione decisa dalla P .A. sia regolare ed esatta. ~ nerali in cui l'obbligazione di ripetere sia generata da un pagamento non riconducibile ad un rapporto di lavoro�. Sicch�, la prospettata soluzione giurisprudenziale appare censurabile, sotto il profilo dell'opportunit�, poich� � l'irripeti� bilit� delle somme riscosse in buona fede pu� apparire come l'ennesimo privilegio, di creazione giurisprudenziale questa volta, concesso ai pubblici dipen I denti �, ed in un certo senso lo �, se si considera la condizione del lavoratore privato, al quale il giudice ordinario non accorda analogo beneficio (ancora I ARTESE, op. ult. cit., 1000 e 1003). 1 Non solo. Ma l'indirizzo in parola � apparso criticabile anche sotto il profilo della legittimit�, poich� le soluzioni adottate sono in contrasto con il diritto positivo, che attribuisce rilevanza alla buona fede, in tema di indebito, solo al fine di escludere l'obbligazione accessoria del pagamento degli interessi maturati fino al giorno della domanda di ripetizione, lasciando fermo l'obbligo per gli interessi successivi. Si evidenzia, poi, il risultato paradossale, cui � pervenuta l'Adunanza Plenaria, di � assicurare al pubblico dipendente una tutela maggiore di quella che la legge appresta per l'incapace�. Infatti, secondo la previsione dell'art. 2039 e.e., � l'incapace che ha ricevuto l'indebito, anche in mala fede, non � tenuto che nei limiti in cui ci� che ha ricevuto � stato rivolto a suo vantaggio �. La stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, in alcune decisioni successive, si � discostata dall'indirizzo dell'Adunanza Plenaria. Alcune pronunce escludono che la ripetizione sia un atto dovuto, in quanto l'interesse al recupero va ponderato con l'affidamento suscitato nell'accipiens, che suppone la legittimit� degli atti della P .A. (Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 1993, n. 294, in Cons. Stato, 1993, I, 561; Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 1993, n. 569, in Sett. Giur., 1993, n. 22, I, 259; Cons. Stato, sez. VI, 25 maggio 1993, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 533 Nel caso in. cuLl'erogazione stessa sia stata qualificata come provvisoria~ salvo conguaglio, l'affidamento potr� sorgere ugualmente quando il.lungo tempo trascorso lasci ragionevolmente ritenere che non esistano scostamenti fta liquidazione provvisoria e liquidazione definitiva. L'affidamento, che � �uno stat() soggettivo, costituisce dunque un modo di �essere, susc�Uibil� di� stratificazione e di consolidamento . nel tempo; onde il provvedimento di recupero � motivo di impatto traumatico non faeilmerite�sup�rabile;� in quanto comporta. sconvolgimento� di precedente �status �, stabilizzato da una costante iterazione. Ulteriore � et�rii.ento �� sfavorevole al recupero � costituito dalla circostanza che il tempo/a v�lte plti.rieririhle, decorso sino al t�cupero stesso, comporti� 1~<rfohiesta, da��pa:rt� �deHil. Amministrazione, del pagamento di una somma di importo ragguatd�vole ed inusitato, tale da incidere notevolmente sull~ ~ffettiva r~tribt.ione. del dip~nd~l1te. . Qu~Ui. che p),'eced.C>rib s()llo ~fell1enti che debbollo essere tutti apprezzati. pumualrn.e:o,t~,.c:a.sc:> per caso e raffrontati con la legale esigenza di ~ettwn-e il, :�epUJ;>ero,. neU'a.tto .di. dis,po:�r~ .quest'.J.timC) ..con �ontestuale a~ullanient9 4elle. erogazioni in esu\)er<~. : � L'Adun!lllZa �Plenaria .ritiene che 1l'el~ento dell'affidamento, particolarmente allorch� sia decorso un periodo non breve, durante il quale la buona . ... . n. 378, in Sett. Giur., 1993, n. 22, I, 261; Cons. Stato, ~�� V,. 7 gi.gnc;> )993, n, 666, in. Set.t. Giui;., D.Ik 23-.29, �l.; .28~).. �.. � ;.=-.;��.�:o5) Il cbntrasto��. giur.�8prude:rizial0 ha�.>cr0s.o :.��necessaria la decisione dell'Adunamia Plenaria in rass�gna, che sLrichiama espress�mente alla prec::edente sentem;a del 12 dicembre 1992;. n. 20, riten�nd.� �copportuno, al riguardo, ribadire alcune considerazioni di .carattere. generale. relathre alla problematica in:esame�...���� Il T A.R. aveva annullato un provvedini�nto di recupero �df :un credito erariale ~r :rnaggioraiioni r�trlbutive�icoriisposte ad un usciere di Pretura, per pi� di otto anni, attuato con ritenute cautelari di Circa duecentomila lire mensili. L'Amministrazione app�llante�.faceva; correttamente, notare: >t)�.che il disposto. recupero era un atto � dovuto; giustificato . dalla provvisoriet�0 del trattamento economico, per il quale��. er�n:o stati fatti salvi eventuali congl! iagli; �Xl che/ pertanto;� non incontra limiti nell'affidamento �del� percettore, �la ci.� .buona . fede � . e$clusa . dalla . provvisoriet� dell'effettuato pagamento. L'Adunanza Plenaria �ritiene cli ptmtualizzare ancora una volta, in� via generale,� 1a complessa� materia�; �cori una: serie� di considerazioni che, ribadendo il precedente indirizzo, determinano la� reiezione dell'appello e la conferma della decisione� impugnata. � Il Consiglio di Stato spiega che, ai fini d�lfa legittimit� de� recupero deve trovare coinpiuta. applicazione l� legge n. 241� del��1990, relativamente ai recuperi successivi alla sua entrata i:i:t Vigore, con la conseguem:a che l'atto (ex art. 3) deve essere �specificamente motivato (affinch� emerga la comparazione degli interessi effettuata dall'Amministrazione)� e 'che l'a\Tvio del procedimento (ex art. 7) deve essere comunicato personalmente all'interessato (� onde consen RASSEGNA 'AVVOCATURA DELLO STATO 534 fede abbia avuto plurime e costanti occasioni di iterazione, debba ricevere la dovuta attenzione da parte dell'Amministrazione. In questi casi, nulla � imputabile al dipendente, e, come si � accennato, l'improvvisa decurtazione della sua retribuzion~, sia pur conforme a determinate norme, pu� risultare sostanzialmente iniqua anche in relazione alla sua entit�. La Amministrazione, la quale deve ispirarsi al principio costituzionale della giustizia e della imparzialit�, di tale situazione non pu� non darsi carico quando sia chiamata ad adottare un annullamento ed un recupero che sono s� voluti dalla legge ma, come si � sopra chiarito, a determinate condizioni e previa comparazione degli interessi in gioco. Ovviamente non � possibile fornire indicazioni di carattere generale, essendo compito esclusivo della Amministrazione la valutazione, caso per caso, della incidenza del tempo decorso e della valenza della buona fede, nonch� degli altri elementi sopra accennati, come la gravosit� o la tenuit� del recupero, �~a situazione di famiglia dell'impiegato, ecc. Come accennato, sembra ad ogni modo si possa escludere la insorgenza della buona fede del dipendente allorch� maggiorazioni retributive siano state erogate con la espressa avvertenza che trattavasi di acconti (per loro natura approssimativi) a valere su futuri miglioramenti; ci� purch� il previsto perfezionamento dell'atto formale consegua in tempi tee tirgli la possibilit� di prospettare la sua situazione e di chiedere la rateizzazione del debito entro un periodo di sua scelta, onde non aggravare ulteriormente il sacrificio imposto�). L'Adunanza Plenaria �ritiene che l'elemento dell'affidamento, particolarmente allorch� sia decorso un periodo non breve, durante il quale la buona fede abbia avuto plurime e costanti occasioni di iterazione, debba ricevere la dovuta attenzione da parte dell'Amministrazione. In questi casi, nulla � imputabile al dipendente, e l'improvvisa decurtazione della sua retribuzione; sia pure conforme a determinate norme, pu� risultare sostanzialmente iniqua anche in relazione alla sua entit� "� La decisione della IV Sezione (1� febbraio 1994, n. 90) si allinea pienamente all'orientamento dall'Adunanza Plenaria. Maggiore interesse riveste, pertanto, la decisione della IV Sezione, del 30 luglio 1994, n. 643. Il Consiglio di Stato, in accoglimento dell'appello proposto dal Ministero della Difesa, ha affermato che l'erogazione del trattamento economico collegato al trasferimento d'ufficio del personale delle Forze Ar� mate, concesso ai sensi dell'art. 1, primo comma, della legge 10 marzo 1987, n. 100, � condizionata alla sussistenza di una distanza minima tra la sede di provenienza e quella di destinazione; Il principjo della irripetibilit� delle somme indebitamente percepite dal pubblico dipendente, in buona fede, che secondo il riferito indirizzo presuppone la sussistenza di un ragionevole pericolo che la restituzione arrecherebbe al soddisfacimento delle ordinarie necessit� di sostentamento del dipendente, non si applica per il beneficio dell'indennit� di trasferimento d'ufficio, che, avendo natura indennitaria, non presenta una tendenziale incidenza sui normali bisogni di vita del percipiente, al quale rimane sempre il trattamento economico stipendiale. FEDERICO BASILICA PARTE I, SEZ; IV, G!lJRI$PRUDENZA AMMINISTRATIVA nici �,adeguati, in �modo da. evitare, . con�� il protrarsi continuativo della erogazione provvisoria, il convincimento che non vi saranno, infine, variazioni rilevanti sul tr~tt1;tmen~q st�P\'lngi,ale,. Allorch�, poi, maggioraziqni ;r\'ltribtitiye .siano .state .. erogate in base a titolo (delibera) immediatament�. esecutivo, posto in attuazione prima del suo esame . da parte dell'organo di �ontxollo; � da assumere: che il dipendente: ragionevolmente dovesse� rappresentarsi .�la .eventualit� .che .il controllo potesse estrinsecarsi anche sotto.forma di annullamento. UlteriOre �ipotesi, idonea ad escludere il� consolidamento dell'affidamento e d�Ua situazione economi'C�<retributiva; �� .quella in� cUi� la. P .A., in un ragionevole e.�non lung(} per-iodo��di�tempo.�annulli.�Vatto ��erogatore�. usando del: potere� d�. autotutela;�pokh����tempestivamente convinta /dell'errore commesso. In tutti i citati casi, ilpro'Vvedimenfo di <ripristmo �:pu� limitarsi a c-0nt�rtere motNlmone snella; ma idonea �'llo scopo, conprecipuo~ futt non escluSivo w rife:tllil�rtto alla necessit� d� � ptovvedere\al��ripristino della legalit�; �esseri.do �implicita.� fa: �assehia degli altri elem�nti idonei a giUStifidtre una deroga �al principfo del r�ctipei:'d. Iri oroin� . alla effettivit� del reeup�ro;... rfori si riti�ne �del .pari che possaho���videnzfarsf�motlvi� df ill~gittifuit� del felativo prO'Vvedimenfo, altorch� sf proceda .� mediante. corrip�ns�ifone .�.del�. debito .�dei.. d�pend�nte c�r:t d:editi a lui doviiti (ad' es';; p�r�atretfati ri:H:ii'Urati, ttrith�< a >seguito di non infrequenti ricostruzioni di carriera), purch� fa posta attiva sia baplent�. risp�tto diti posta. p�ssiva�; Jn tal caso a carieo del dipendente hon � jpotizzabile al~una dimi~uiion� rispetto ~lle pregr�sse e~trate e, quindi,.n~ssuna cleH~ rip~r~ussioni 'n�gatj\7~ crii si � accellilato. . ... ,�. ��. IIJfine�. � ..da val.t~e.� legittima ed .. ~. �pspqn4ente a criteri.. d� buoi;ia ~Il1~~~~~~?:,�...1t~~~:;~l1~�.�~;i��;;:~!>~t~~;:~~~er:icffJss!'~~~~ aggiornato, quando eventi ~:pravv~l'l;.t! :(m~~gi<>re entit~ deUa rettjpu~ zio.e prevista: dajl~ legge, p;i;pgi:es�iqne i. t;:amera, .ecc.) rendan<> possibile tale evenienza. Il recupero deve essere effettuato con ragguaglio all'importo del trattamento stipendiale e della indennit� integrativa speciale, componenti costanti della retribuzione, con astt�zione da ulteriori compensi ed indennit� che, pur avendo il carattere della continuit�, costituiscono accessori. VAciurianza ~leharia ritiene che il provvedimento di recupero debba corit�n�fe ana.I�t�cO . conteggio di quanto erogato in pi� rispetto al aovuto, con indica.zione puntua�e: a) degli atti che hanno costituito occasione d� credito da parte della P.A., in relazione a determinate norme di legge; S36 RASSEGNA AVVOCATURA DEU.O STATO b) dell'epoca in cui � iniziato il non dovuto pagamento e di quella r: in cui si dar� corso al recupero; e) della rateizzazione eventualmente accordata; I I ili d) del numero e dell'importo delle rate. I Questi elementi tendono ad instaurare quel necessario contatto in� formativo e chiarificatore fra Pubblica Amministrazione e cittadino, che ispira la pi� recente legislazione. Passando all'esame puntuale della fattispecie, si osserva che dagli atti di causa .risulta che nei confronti dell'appellato, dipendente del Mini� i;tero di Grazia e Giustizia, quale messo -usciere presso una Pretura, � stato deciso il recupero di lire 13.842.493, con ritenuta mensile di lire 208.835, conteggiata sullo stipedio di lire 1.058.038. L'insorgenza .del credito erariale nella sua entit�, � da attribuire alla mancata; tempestiva determinazione dei compensi definitivi spettanti al dipende11te; determinazione che, contrariamente ad evidenti esigenze inerenti al buon andamento dell'Amministrazione, � avvenuta dopo molti anni dall'attribuzione del trattamento � provvisorio �. Il dipendente ha dunque. incassato dal 1� luglio 1978 al 31 ottobre 1986, somme che, se pur originariamente dichiarate suscettibili di eventuale conguaglio, hanno finito per rappresentare, di fatto, un tr~ttamento economico, per cosi dire, consolidato, almeno nella visione determinata dal perpetuarsi del- l'erogazione. . I L'Ac:lunanza Plenaria ritiene che il disposto recupero sia viziato nella formazione della volo;it� discre2fonale per le considerazioni che precedono e, in particolare, perch� doveva considerarsi che la .entit� del tardivo recupero risultava gravemente lesiva della situazione causata dalla mancata rimozione della � provvisoriet� �, e intollerabilmente incidente sulla I modesta retribuzione del dipendente, fa1ch� egll appare impossibilitato a fil soddisfate le esigenze sti.e edella sua famiglia, a seguito della decurtazione retributiva connessa al recupero stesso. �Pertanto, in applicazione dei principi sopra� enunciati, si deve respingere l'appello e confermare la sentenza impugnata. II (omissis) 1. -L'art. i, primo comma, della legge 10 marzo 1987, n. 100, stabilisce che �a decorrere dal 1� gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, trasferito d'autorit� prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27. l�ARTB t, $Z:;lV,,�GIURXSPIWllllNZA AMMINISTRA'llVA 5l7 >Dispo.ne, a sua volta, q:ue.st~ulth:iloatticolo che Umdennit�. di .missione gi� p,r<;Wista, per. alcune categorie . di magistrati (di cassazione con .ftm. zfoni: dii:e.ttive � udj.tori�..g,iuqiz~~ri)/ viene conoes.sa. a�. tutti i magistrati trasferiti dluffwio.��(non .per�m�vi�<fii� inconipatibilit�... ari:i.bientale)i��in��tni� $ufaJnt~ per il primo aAf.(Ci e: fu miSura ridotta all��met�, perii� se . :: <: .. ��~.:J:d(:f=>~:~~.ft:�:� .<�": .. :.: . :::::::::::::::::::.::::::;::/.>.�../ ..��� .�:-.c ...�. :.;.~. ��~;<�:�.�� : /' .< �..�. / .�.�.�.��. �� �... >� .. �.�� ���ᥥ�fil~~tl~&1~:~=~i~~'~r~~~e~~!~:t~ri~:f;t~r!~:n:;; der� nehmedesimo. regim'e giurl'�ioo� � .� ,,~,$e<~t~~!~%854.'d6 &~t�19$!�.� ba �� ~.� ~~~~~~l�;~~=~ di missione stab�ita dal decreto legislativo � gennaio 1947, n. 7 e � successive mollifieazi:Qnl �,. . �.�.� �.�.�.. �G~� i~;rjgj~;,1~ 4e�retQ: legislatf,vQ: n.� 1 dell947 Pfevedeva, all'art;; .15, che � rincleMit�: non fosse dbvt.tta <(quando le ndssioni� (o Lservizi isolati :t~&i.~~J::~~ 11~1f@~~s ~�~s~ 4i ~~~l;J.9 I), �?.J.~:W). . �:. � . I.e stJ,c:c;:essiv� mqdi.ficazion~ hanno mii~ieat<t in 10 Km. Je :vade distanze minime stabilite nel 1947, disponendoi per ultimo .(art�. 27 D.M. n. 283<lell981}che la dista~a �si calcola �daUa residenz.a comunale, ovvero dall'uffieio .o�npianto dove il dipendente presta servizio se. questi Ultimi .. son,a ubicati in localit�..isolate �. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 538 La sentenza dell'Adunanza Plenaria (n. 8 del 20 marzo 1989) richiamata dai primi giudici, riguarda una fattispecie del tutto diversa, concernente i segretari generali e gli impiegati dei Tribunali amministrativi regionali, ai quali spetta, indipendentemente dalla distanza fra la sede di provenienza e quella di servizio, l'indennit� di missione intera, per i primi sei mesi, ai sensi dell'art. 53 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, indienn�t� che, come sottolineato dalla Sezione in precedenza (dee. n. 336 del 16 maggio 1986) si configura � come un emolumento � sui generis �, la cui giustificazione, piuttosto che nelle maggiori spese e nei disagi connessi fuori sede . . . � ravvisabile nella situazione di contemporanea appartenenza a due distinte amministrazioni poste in sedi diverse �, Nel caso di specie, invece, si applica la disciplina sopra descritta, la stessa disciplina, cio�, in vigore per i magistrati (alla quale si attiene scrupolosamente anche l'Amministrazione giudiziaria, come risulta dalla circolare n. 1698 del 3 ottobre 1980). 2. -Come risulta dalle dichiarazioni del Comune di Reana del Roiale del 16 novembre 1988, del Comune di Udine in data 16 febbraio 1989 e del Comando Sezione Carabinieri di Udine in data 30 novembre 1988, fra la residenza municipale di Udine e la localit� ove � posta la caserma �C. Nanino � intercorre una distanza alquanto inferiore ai 10 Km. �l percorso rerrov1arlo pu� essere rilevante soltanto per i viaggi compiuti in ferrovia (art. 6 L. n. 836 del 1973), in caso di missione ordinaria, e non certo m caso ai trasferimento d'autor�t�, per il quale non possono non valere le normali distanze stradali (pi� brevi). Va ricordato, a tal proposito che gi� l'art. 15 del decreto legislativo n. 7 del 1947 si riferiva alla distanza �per la via ferrata od ordinaria pi� breve�. 3. -L'appello � perci� fondato e va accolto, Ne consegue che va esaminato il secondo motivo del ricorso di primo grado, concernente il recupero delle somme �gi� corrisposte. 1� ormai pacifico in giurisprudenza (cfr. A.P. 30 settembre 1993, n. 11 e 12 dicembre 1992 n. 20) che il recupero di somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione ad un dipendente non costituisce un atto assolutamente vincolato, dovendo l'Amministrazione medesima verificare se, per effetto del recupero, il nuovo effettivo importo della retribuzione si riduca ad entit� tale da non assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa, come imposto dall'art. 36 della Costituzione. Nel contempo, � tenuta a valutare l'affidamento� ingenerato nel lavoratore anche in telazione al tempo trascorso dall'originaria liquidazione del trattamento retributivo. Tali valutazioni, da effettuare, ovviamente, caso per caso, non risultano neppure avviate dall'Amministrazione della Difesa. Non va sottaciuto che ora, in base all'art. 7 della sopravvenuta legge 7 agosto 1990, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA n. 241, l'avvio di un procedimento finalizzato all'emissione dell'atto di recupero di somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione ad un dipendente deve essere comunicato al medesimo (cfr. A.P. n. 20/92 e n. 11/93 citate). 4.. -.pertanto, unitamente all'appello dell'Amministrazione, va accolto anche il secondo motivo del ricorso proposto in primo grado dagli llppellati. Per l'effetto, in riforma della sentenza appellata e in accoglimento parziale di quest'ultimo ricorso, vanno annullati i provvedimenti di recupero impugnati in primo grado. (omissis) .. III 1. -La con�~roversia affidata alYesame del Collegio consiste nello stabilire se -come ritiene la ricorrente Amministrazione -l'erogazione del trattamento economico collegato al trasferimento d'ufficio del personale delle Forze Armate, concesso ai sensi dell'art. 1, primo comma della legge 10 marzo 1987, n. 100 sia condizionata alla sussistenza di una distanza minima (10 chiloriletri) tra sede di provenienza e quella di destinazione (al pari della indennit� di missione prevista dall'art 1, primo comma della legge 26 luglio 1978, n. 417), ovvero se -come hanno sostenuto i primi giudici e �gli originari ricorrenti odierni appellati -i due trattamenti economici, ancorch� determinati nel quantum in modo unitario, attengono a differenti situazioni. Con la c�nsegue1lZa che la indennit� di missione non pu� essere confusa con l'indennit� per il trasferimento d'ufficio, la quale dovrebbe spettare indipendentemente dal summenzionato limite chilometrico, purch� trattasi, ovviamente, di trasferimento riguardante localit� site in comuni diversi. L'Amministrazione della Difesa _. dopo avere inizialmente riconosciuto agli odierni resistenti (trasferiti di sede in momenti diversi) l'indennit� di trasferimento prevista dalla menzionata legge n. 100/1987, a seguito di diversa interpretazione della normativa in questione, aveva revocato il beneficio concesso, richiedendo, altres�, la restituzione di quanto indebitamente riscosso a tale titolo perch� i trasferimenti di sede si riferivano a localit� ubicate in co�nuni . distantf tra loro merio. di 10 Km. Di qui la presente controversia. 2. -Giova innanzi tutto evidenziare l'esatto quadro normativo in cui si colloca l'odierna vicenda giudiziaria, nonch� la ratio ispiratrice della normativa che ha esteso la indennit� di missione prevista per il personale di magistratura al personale militare. Con l'art. 1 della menzionata 1. n. 100 del 1987 � stato, in pratica, esteso, dal 1� gennaio 1987, anche al personale delle Forze armate, del 540 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO l'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza trasferito d'autorit�, I ~ il trattamento economico attribuito ai magistrati, trasferiti d'ufficio, dall'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27. Tale disposizione -nel concedere l'indennit� di missione cosiddetta continuativa (in misura intera per il primo anno I e ridotta alla met� per il secondo anno), si richiama, a sua volta, agli artt. 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, che fa riferimento alla indennit� a favore dei magistrati promossi al terzo grado e che, appunto, nel citato art. l, riconosce ai magistrati ordinari promossi nella qualifica allora inquadrata nel grado terzo, destinati a sede diversa da quella in cui esercitavano le precedenti funzioni, il diritto a percepire un'indennit� commisurata a quella di missione di cui al d.l. 13 gennaio 1947, n. 7 e successive modificazioni. La ratio ispiratrice della citata legge n. 100/87 non pu� che essere quella di salvaguardare il principio della mobilit� dei quadri imposta dalle speciali caratteristiche deli'organizzazione delle Forze Armate, alleviando disagi ed oneri derivanti dai frequenti cambiamenti di sede mediante l'attribuzione della pJ:'.edetta indennit� di missione continuativa per la durata di anni due, con le limitazioni previste dalla legge stessa. Come affermato da questa Sezione (30 aprile 1991, n. 327) -ancorch� nell'ambito dell'esame di una controversia afferente alla compatibilit�. della speciale indennit� in questione con la fruibilit� dell'alloggio di servizio -l'emolumento de quo, pur se non ha i medesimi presupposti dell'indennit� di missione ordinaria, la quale va corrisposta in ragione del temporane<:> spostamento dal luogo nel quale si presta servizio, mutua da esso lo scopo, che � proprio quello di sovvenire alle maggiori necessita derivanti da un trasferimento -questa volta permanente -in altro comune e, quindi, compensare le maggiori spese sostenute dall'interessato per trasferirsi. Con la conseguenza che l'indennit� . di trasferimento non pu� che essere sottoposta allo stesso regime giuridico dell'indennit� di missione, ivi compresa la sussistenza -aj fini della sua erogazione -della distanza chilometrica minima . di 10 Km tra la (nuova) sede di trasferimento e l'originaria sede di servizio. 3. -Non pu� condividersi l'abile prospettazione degli odierni appellati, che, dopo avere puntualizzato. la differenza tra � trasferimento d'ufficio� (o d'autorit�) ed �ogni altro caso di trasferimento�, secondo la dizione del terzo comma del citato art. 6 della legge 27/81, insistono sul fatto che ai casi di trasferimento d'ufficio non si applicherebbero le regole dettate per le missioni. Osserva al riguardo il Collegio che, nel caso di specie, non � in contestazione la spettanza o meno agli interessati dell'indennit� di missione (in quanto ci� � previsto dalla legge), n� viene in rilievo la �indennit� di PARTE I, saz. IV, Gll'.JR1$PlUJlJ6NZA AMMINISTRATIVA 541 prima sistemazione�, contemplata dall'art. 12 della legge 26 luglio 1978, n. 417, che � dovuta per i �trasferimenti .a domanda�, ai sensi dell'ultimo coinina dell'art; 6 della citata legge n. 27/1981. Neanche si porte il problema di �esaminare� l'art. l della menzfonata legge n. 100/87 onde a<;certare se trattasi di una previsione normativa relativa ad un �t'rasferime:rti:o ~economie� sostitutivo� owero �aggiuntivo � e, quirtdi; autonomo rispetto alle pre\Tislom delle leggi 836/73�e 417/78. Son6 tutt� profili�� dell� fattispecie, brillantemente trattati .dagli appellati ch�; tuttavia, riOrf rilevano affinFche ne O�cupa. . ..cui iii q�anfo l1ridenriita. in .qu�stione. --pur�.collegata a presupposti diversi da q'uellf afferenti alla indennit� dimission�. (trasferimento poteniihliriente definitivo, a fronte� di� missitine, istituzionalmente temporanea) "'.""" ricade nel m�desimd regim� giuridfoo, a causa del rinvio espresso .operato dfill.;art. t legge n.100/87.al.�� tratf:ament6�economico previsto dall'ah/ 13 delb(:legge 2 aprile 1979, .il. 97 �,.�cio� all'indennit�. di .missione, sp�ttal�t�... ai�� ffi.agisthitf trasf�nti .d'ufficio �da una sede aWahra, in virt� df rin idoheo p:fovvedirilerifo dei11Arrlministr�Ziorie, nell1eserdiio del suo legittimo potere di organizzazion� � .�. . �. ����.. 1ffaierfuvid� 2��cbntf~ri�nient� � questo .~astengono i �.. mil�tari resistenti ~ non pii� iii�ners� 1imitat� �soltanto �al �quantum, do� alla determinazione del trattamento economico loro spettante per la � tr�sferta �, secondo. i para1llt'.triJ>revisti .:p~r l'J,n<;lellllit�.. <;li�.. :tnissiop.e~ Invero, se il legislatore avess~ vpl.to. prescindere �"':""'. ai fini. <lella corresponsione del beneficio in questione -dalla necessit� della sussistenza di una distanza chilometrica superiore a 10 chilometri tra le due sedi, avrebbe dovuto espressamente i:ndicarla. Pert~to,. sul. punt(), .nessuna censura pu� essere mossi:\ al comportamento dell'Amministrazione che non ha riconosciuto .il diritto degll originari ricorrenti a percepire la speciale indennit� di trasferimento di cui all'art.J 4elJa ci~ta legge n� 100/1987. 4. -In via subordinata, gli odierni resistenti hanno chiesto, anche in questa sede, il riconoscimento della loro buona fede nel percepire l'indennit�, la .cui .restituzione � stata richiesta dall'Amministrazione a distanza di due anni cla1l'erogazione. La pretesa non appare fondata. Va ribadito, al riguardo, Che il noto orientamento giurisprudenziale concernente l'irripetibilit� delle somme percepite in buona fede, trova la sua giustificazione nella necessit� che sia garantita al dipendente ed alla propria famiglia una retribuzione idonea ad assicurarne, secondo i principi costituzionali, una esistenza libera e dignitosa. Di conseguenza l'Amministrazione � tenuta a verificare se, a seguito del recupero, il nuovo effettivo importo della retribuzione si riduca ad 542 RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ.O STATO entit� tale da riservare al lavoratore ed alla famiglia una grama sopravvivenza (Ad. Pl. 12 dicembre 1992, n. 20). Pertanto, in definitiva, il recupero delle maggiori somme erogate dalla P.A. in misura superiore al dovuto � illegittimo allorch� tale atto venga ad incidere sulle esigenze primarie del dipendente. Di converso, il presupposto, imprescindibile per l'applicazione del principio della irripetibilit� delle somme percepite in buona fede consiste nel ragionevole pericolo che la restituzione arrecherebbe al soddisfacimento delle ordinarie necessit� di sostentamento dei .dipendenti. Solo in tal caso si potrebbe giustificare la prevalenza .dell'interesse privato del lavoratore rispetto ai� principi di buon andamento e di imparzialit� dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 della Costituzione e, segnatamente, di corretta gestione del denaro pubblico. Ora, nel caso di specie, nessun pregiudizio economico pu� derivare agli intevessati dal disposto recupero. Ci� in quanto il beneficio di cui trattasi avendo natura indennitaria, non presenta una tendenziale incidenza sui normali bisogni di vita del percepiente, al quale rimane sem I pre il trattamento economico stipendiale. Inoltre, le. modalit� attuative del recupero appaiono contenute nei limiti di ritenute mensili accettabili in rapporto al complesso degli emolu~ I menti percepiti. ~ I ~ 5. -Alla luce delle su esposte considerazioni l'appello va accolto e, per l'effetto, va annullata l'impugnata sentenza. I CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 28 aprile 1994 n. 605 -Pres. Gessa -Est. Giaccardi � CEMAR srl (avv. Ricciardi) c. Ente Ferrovie dello Stato I (avv. Stato Stipo). I Contratti (in generale) � Pubblica Amministrazione � Licitazione privata � Aggiudicazione � Vizi di legittimit� � Diniego di approvazione. Il diniego di approvazione opera alla stregua di mera condizione ostativa dell'efficacia del contratto perfezionatosi a seguito dell'aggiu I dicazione conseguente alla licitazione privata, di guisa che la semplice I ~ sussistenza di vizi di legittimit� inficianti la procedura di gara, o singoli tlltti di essa, costituisce condizione suff.iciente ai fini dell'esercizio del. ! '11elativo potere. I 1 (omissis) Come esattamente osservato dal T.A.R., i primi due motivi ! del ricorso introduttivo d� primo grado, formulati in via cautelativa a f causa della mancata conoscenza originaria del contenuto integrale del provvedimento impugnato, risultano superati alla luce del. tenore della I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA pr-0dotta 11o:ta in data 22 dicembre 1983 deL Direttore del C,E.U., dalla quale si evinc� :che nella fattispecie. non siversa n� in ipotesi di mancata �pprovazion~.del contratto per gravi motivi di intere$se pubblico (e quindi :per ragioni di nwrito), ai sensi dell'art.113 delRD. 23 maggio 1924; n� 827; n�. tanto meno in ipotesi di .revoca della.�.� disposta aggiudic�zfone;. (pari� men,u1 pe~ mQtivi di .merito}.. ai; $ensi dell!art. 4> 3" comma�� del D.M. nu� m.e~tl U<19Q/197l1t'lifett~do ~qwp,&in i:adice i presupposti�su cui specificamente. si fo1ldaJa dt!!duzio:ne diambedueJe .censure;. In sede �di. rie.orso iw�appello;la �circostanz� � parzialm�nte ammessa d�~la st~ssa dcorreI1;te; che ba prestato infatti acquiescenza.� alla decisione reiettiva~:r.�$a daLp1.'imogiudic�.sul secondo motivo del ricorso :ihtrodut� tivo;.� JnsiSte, per contro, I'appellante���sul vizfo��di� omess�. prom.tiizia�in ordine.. al primo motivo del ricorso introduttivo;�. integralmente riproposto anche nella' presente fase di giudizio: ma tale censura � palesemente infondata:;. dal momento che, ai sensi delle <norme invobate nell'epigrafe ueL motivo> :fu sub<>rcimaZidne a<� gravi�� motivi di��interesse pubblico ��e dello Stato.>i':clgtUttda esclusiva�nente�l'ipotesi.� di diniego �di� approvazione del contratto per motivi di :meritoi � non an:cheᥥ qudla di diniego: di approva. zione per U:tt vizio di legittimit� inficianteda procedura. di gara; quale nella $pecie. � l'inci;n:npetenza ��del funzionario� (dirigente�. supetioi'e)> proce. dente all'indizione ~ allo svolgi:nwnto deH� gara, nonch� all'aggiudicazione 4ella stessa, ... in ragi<>ne dei limiti di �.. valore1 :. al.. riguardo.�� previsti �dagli a)'jt, 7 e segg. debD.P.R. mJ48.del 1912�e� successive modificazioni; .. �.����� Ne. deriva che correttamenteJ'.Amministrazione ha motivato il� proprio � diniego� dLapprovazione.deLcontratto con eselusivo� riguardo al vizio di legittimit� come sopra�riscontrato~�senza .alcuna necessit� di.enunciare autonomi ed ulteriori .profili di: interesse pubblico .. N�, evidentemente; pu� farsi richiamo nella specie ai principi generali che regolano l'eser� c;izio ciel potere 'H autotutela amministrativa,. pQsto .che . il provvedimento impugnato non ha la natura e iLcontenuto di un atto di annullamento <l'ufficio.. di altro provveQ.imento gi� p�)rfetto ed .efficace,�del .. quale. venga rimossa.l'operativit��� con efficacia ex tunc �(ci� �che . comporterebbe, ��giusta l'assllnto cii parte appellante~ un'adeguata valutazione comparativa delle ragioni di interesse. publicot concrete ed attuali, giustificanti l'esercizio del potere. di autotutela; in relazione a posizioni soggettive gi� consolidatesi); Il �diniego . dtapprcwaiione opera. invece� in gtiisa di .. mera condizi<:>ne ostativa dell'efficacia delcontratto perfezionatosi. a seguito dell'aggiudicazione conseguente alla licitazionei privata, di guisa che la semplice sussistenza di .vizi di legittimit� inficianti� la procedura di gara;. o.singoli �atti di essa, costituisce condizione sufficiente ai fini dell'esercizio del relativo potere;.� Trattandosi di atto a contenuto sostanzialmente vincolato, non sono poi configurabili profili di sviamento di potere nei termini (fra l'altr� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO parzialmente nuovi, rispetto al ricorso introduttivo di primo grado) dedotti con il secondo motivo d'appello, che va pertanto anch'esso rigettato. Con riguardo, infine, al terzo motivo di gravame, il Collegio reputa di dover egualmente confermare la statuizione reiettiva resa dal T.A.R., pur non condividendo del tutto i rilievi motivazionali su cui la stessa si sorregge. In particolare, al di l� dell'improprio riferimento all'inesistenza di posizioni di � diritto soggettivo �, sia ad ottenere la convalida dell'atto viziato, che ad ottenere l'aggiudicazione definitiva del contratto, dovendo se mai correttamente parlarsi di posizioni differenziate e qualificate di interesse legittimo, suscettibili di tutela nella presente sede giurisdizionale, ritiene la Sezione che l'opinione del T.A.R. meriti adesione soltanto con riguardo all'inesistenza di un interesse tutelabile all'esercizio del potere di convalida, ex art. 6 della legge 18 marzo 1968, n. 249, trattandosi di un tipico potere discrezionale ad iniziativa officiosa (per giunta, nella specie, neppure sollecitato in sede procedimentale dall'odierna appellante), in ordine al cui esercizio, o meno, non sono configurabili posizioni soggettive di interesse legittimo, azionabili dinanzi al giudice amministrativo. Non appare, al contrario, condivisibile l'opinione del T.A.R. in merito alla inconfigurabilit� di un interesse legittimo giuridicamente azionabile all'esercizio del potere di approvazione del contratto (sia per motivi di legittimit� che di merito) da parte della ditta risultata aggiudicataria in esito alla procedura di licitazione privata, posto che la clausola di salvezza dell'approvazione da parte dell'organo competente, contenuta sia nella lettera d'invito che nel verbale di aggiudicazione, incide esclusivamente sull'efficacia del contratto gi� concluso, e non gi� -come affermato dal primo giudice -su un procedimento ancora in itinere, rispetto al cui perfezionamento la ditta interessata versi in posizione di mera aspettativa, giuridicamente non tutelabile. Con la suindicata precisazione, la statuizione reiettiva del terzo motivo di gravame merita, peraltro, egualmente conferma, stante l'infondatezza nel merito della relativa doglianza, in ragione della incontestabile sussistenza del vizio di legittimit� posto a fondamento del provvedimento impugnato (incompetenza per valore del dirigente superiore procedente all'indizione e all'espletamento della gara), di per s� ostativo, come dianzi precisato, all'approvazione del contratto. N� la ricorrente, per le ragioni anzidette, � legittimata a dolersi in sede giurisdizionale del mancato esercizio del potere di convalida ex officio, o anche semplicemente della omessa esternazione delle ragioni di interesse pubblico giustificanti il mancato esercizio di detto potere (peraltro, come detto, neppure sollecitato). Attesa l'infondatezza dei dedotti motivi d'appello, il ricorso deve per tanto essere respinto, con conseguente conferma della impugnata decisione di primo grado. II I ~ I I:� fil ~ TAR��LAZIO, Sez~Ill ter;!S dicembre.1994 -.Pres; Botea����Rel .. CappUggi � .,ANAO.(avv. Zammit) o; Min; Trasporti (avv.; StatoStipo): e F~s. (avv. Sanino e� Siena).:.� 'itasporti'i;>ul:Jblict�Trilstorhimon� d�ll'Ente F.s;1n��s;p.a; � Disciplina �� dei s~�sostitutfVi �-e integratiVi -' Permane. Trasporti p�bbUcl � Conc�~sione del Ministero tlei .. Trasporti alla F. S. s.p.a. � Pre\iisione di affidamento dei s.ervizi sostitutivi e integratiVi ��solo�� a societ� parte�lpate maggiOritarianlente � �� 1uegittimlt�; � La istituzione di servizi automobilistieii s&stiiutivi di quello ferrowarid (tosiddetti >� servizi 'sostitutivi�) presupp�ne: �� .. a)> la �.preesistenza di un servii;io ferroviario per una. determiiiiata relazione: b)-la riduzione &iljlla capacit�. di offerta. del servizi4 sulla� rete f errovtarm �-vvero l'aumento della richiesta dell� st:ltSs� senza che �il callegamente:>� su binario possa f�rvi .frante {l); . . . La� Mtftuz'ion~ d~i�� � servizi �� ~ntegfadvh> ai�-dmbbilistfdt� �. firraltzza1a ad estendere .ta Fete fefro~iaria �ott il cbltigamerlt� aut�mabltisttco l� dov� non artivd: il m�zz��rotab�l� ed � .vincolata. �soltanto ad un �'capolinea setVti�tb�: �d;J�: stiiiioti� .f~f~arefii, (2).:::~::.:�� . �.�. �.'�:. . La t~a~f~rmazio~e dell'E~te Ferrovie detl�J Stato in $;p.a. n~n'ha influito StJ.lla, .differente disciplina .. normativq., che tuttora, peri;an�, tra s�rvilJi sostitutivi ~�� integrativi dii linee tranvtarii e ferrbVit:lfie cqneesse all'mdtistfrid .. privdta e� S�~rviil.soHitutivi �d integratiVtdi... tinee delle Fer~ rpvie deUo$(�tii (3). .. . . -� �. . . . . -. .� �-�~ :�.. ' .. L.a;trasJor:11J/1/t,iane 4ell~l3_nte.E'rS� in s.JM, .~on M mo<Jific.tojl g14a,dro normativo vigente, per cui �. qemanda,~<J:a,tle F.$. �la fp.coU� di s�eglier;e, se �.-_. �-(1-2-3-4f t~f s�nietlia: .in rassegna d�htieile .una dettagliat� i�i�posiZioni{ iiliii� :rioZioi:ii e stilla disciplina dei cosiddetti � serviZi sostitutivi>} e ; �<� smw bit& gfativh .di quelli ferr�\iiarl, i cui principi sono tuttora validi anch�:a s:egtrl.to della is#t-ll2;iOl1~ della F.S. s.p.a., cl).e, in quanto. ente privato,. (U'a ~ercit~ .U servizio ferroviart� hl base ad. un atto cli concession,e 4ello Stato; . quale atto di concessiOne e� stato esaminato��� riel. richiamato� parere. de�l'AdWianza Generale dePeonsiglio cli Stato 1� ottobre 1993 n. 95 (in Poro It., 1994, Hl, 67). �� ' Le >richiamate decisioni del� Consiglio di Stato possono leggersi: Cons; Stato, IV, 27 aiJOSto 1971 n. 787, in Cons. Stato 1971, I, 1414; 22. febbraio \972 n._ 94, ivi, 1972, I, 121; 13 giugno 1972 n. 530, in Foro lt., 1972, III, 285; 5 febbrafo 1974 � li. 154, ivi; 1974, �II, 341; 31 gennaio 1968 ri. 49, in Cons. Stato 1968, I, 43; Cons. Stato, VI 16 marzo 1954 n. 167, in Cons. Stato 1954,' I, 321. 12 546 RASSEGNA AVVOCATURA DHU.O STATO esercitare i servizi sostitutivi� �d integrativi direttamente o ftamite .im. I ~ prese pdrteoipate subconcessionarie ovvero �imprese terze scelte a mezzo di appalti; � pertanto illegittimo l'art. 5 dell'atto di concessione (D.M. 26 novembre 1993) alla F.S. s.p.a., nella parte in cui prevede che essa societ� concession.aria pu� svolgere le att-ivit� oggetto della concessione I (e quindi anche i servizi sostitutivi �ed integrativi) sia direttamente che per il tramite di sodet� partecipate maggioritariamente attraverso appo. site subconcessioni, non trovando alcuna g.iustificazione l'omessa previ� sione dell'affidamento, a mezzo dJi. appalto, dei servizi sostitutivi ed integrativi all'impresa privata (4). (omis:sis) Nel merito, prima di procedere all'esame delle censure dedotte, � opportuno definire il contesto normativo in cui si inserisce il contenzioso all'esame del Collegio. La principale fonte � costituita dal r.d.l. 21 dicembre 1931 n. 1575, convertito nella legge 24 marzo 1932 n. 386, secondo il quale (art. l, 2� comma) il Ministro dei trasporti pu� provvedere a sostituire parzialmente o totalmente � i servizi ferroviari con servizi automobilistici affidandone l'esercizio -sentito il Consiglio d'amministrazione delle ferrovie dello Stato alle F.S., ovvero all'industria privata (art. 2, 1� comma); la gestione dei servizi da parte delle F.S. pu� poi avvenire � direttamente o a mezzo delle imprese alle quali essa partecipa a sensi� di legge o mediante appalto a mezzo di altre imprese� (art. 3). Alle F.S. possono essere affidati (ai sensi dell'art. 2) anche � altri_ servizi �automobilistici integranti la rete ferroviaria�.� � -�� Il regolamento concernente l'esercizio degli autoservizi istituiti a norma del suddetto riel.I. n. 1575 del 1931, approvato con d.m. 12 maggio 1952, dispone poi (all'art. 1) che l'esercizio degli autoservizi sostitutivi ed integratiV'i pu� essere effettuato direttamente dalle F.S., oppure da queste affidato ad imprese alle quali le F.S. �medesime parte�ipino a norma di legge, od all'industria privata mediante appalto. A seguito del decentramento, con i decreti del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1972 n. 5 e 24 luglio 1972 n. 616 sono state assoggettate a co:i:npetenza regiqnale -fra. le altre fattispecie -le linee automobilistiche sostitutiye di linee tranviarie e ferroviarie in concessione all'industria privata (disciplinate dall'art. 2 del r;d.l. 14 ottobre 1932 n. 1496 e dell'art. 11 della legge 28 settembre .1939 n. -1822) e' di linee delle Ferrovie dello Stato I definitivamente soppresse a norma del r.d.l. n. 1575 del 1931. Per completezza, prima di passare all'esame delle vicende che hanno I portato alla trasformazione dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato in Ente pubblico e poi in s.p.a., � necessario individuare, ai fini che qui rilevano, i caratteri distintivi dei servizi sostitutivi e di quelli integrativi, ciascuno dei quali . ha una propria precisa fisionomia. I ii I PARTE I, SEZ. IV, .GlURl.Sl'RUDENZA AM:MINISTRATIVA L'istituzione dei servizi sostitutivi presuppone: a) la preesistenza di.un servizio ferroviario per� una . determinata . r�lazione; � .. b) la riduzione della capacit� cU offerta del�semzio�sulla� rete. ferroviaria ovvero l'aumento del� la rlchi.esta dello stesso senza�che il �collegamento �su binario' possa farvi fronte (cfr .. Cons. � St.; Sez. �IV, 22 febbraio 19!12 �i;94; 13 giugno � 1972 n; 530; s febhr�i� 1974 ri. ts4}; O~i; lil:ltm Jine, e particolarmente quello di�� modificare comunque�� le relazioni .dftraffico esistenti� lungo le strade.� ordinarie., �� �da considerarsi estraneo' Da ci� discel1de anche (cfr. la �itata decis�dne n.���154/1974)� che il percorsQ. della Unea automollilistica. sostitutiva deve.essere pi� possibile adiacente aJ.tracciatodel'la.st:mdafetrata e cbe,ove,ci� non.�sia.possibile, per la partein cui il .p�rcotsosi sviluppa in�tettitodo estraile.o all'esercizio ferroviario sostituito,�� la Jinea automobilistica non ha.� carattere sostitutivo ma nasce e vive sotto l'impero della necessit�;� il prin�ipio di necessit� garantb~ce .per� iltransito e ilon. I'eser�jzi-0, con la conseguenza. che nella zona estranea non esiste neanche, iti: H:ri�a di mass�na,. la �facolt� di esercitare servizio locale da parte delle linee automobilistiche �(non pi�) sostjtutive; ;fatfa salva l'esigenza �di soddisfare ]!interesse� dei� passeggeri e sempl;'e che non vengano� lesi gli interes.si�legittimi�delle.ditte. concessionarie delle autolinee normali (cfr. anche Cons. St.rSez, VI, 16 marzo 1954 ri:; 167 e Sez~ IV 31 �gennaio 1968 n; 49).. Per quanta' rigtiarda invece�� i servizi. integrativi; l� loro�.istituzione � finalizzata ad estendere la rete ferroviaria �on il <:allegamento automobilistico l� dove non arriva il mezzo rotabile: ed �� vincolata soltanto ad un capolinea s�rvito da. stazione .ferroviaria. (cfr; Cons. St, Sez. IV, 13 giugnfr 1972 n~ 530); deve peraltro essere giustificata, oltre �he da una migliore funzionalit� della� linea ferroviaria, dalla realizzazione di un. migliore rendimento economico della liriea stessa (Cons. St, IV, Sez. 27 agosto 1971 n.. 787)~ Sia dal punto>di vista nonnativo che da .quello dell'.elaborazione giuri� sprudenziale, la disciplina deiservizi. sostitutivi ed integrativi (fa�ente capo alcitato.r.d.t n~�1575 deL193l). �del.tutto distinta da�.quella dei .trasporti pubblici l�caU (regolati dalla legge 28 settembre 1939 n. 1S22); peraltro, � stato �affermato che ove�� si proceda alla trasformazione� di un. servizio su rotaia mediante la creazione di un servizio automobilistico (sostitutivo od integrativ�) . che � risulti in netta sovrapposi:tione ad una . autolinea gi� asSentita�ad altro concessionario. e �funzionante �,. esso � sfugge alla previsione della richiamata norma [r.d.t n. 1575 del 1931J .e configura invece istituzione dLuna nuova linea automobilistica�; soggetta alla disciplina degli autoservizi di linea (legge 28 .settembre 1939 n.1822) (cfr. Cons. St., Sez. IV, 9 marzo 1971 n. 224). Dal quadro sopra . delineato emerge che l'esercizio dei servizi di cui trattasi � tradizionalmente assoggettato . ad un regime autorizza torio che fa capo al Ministero dei trasporti per quanto riguarda i servizi sostitu 548 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tivi ed integrativi di linee delle ferrovie dello Stato e (dopo il decentramento) alle Regioni per quanto riguarda i servizi sostitutivi ed integrativi di linee tramviarie e ferroviarie concesse all'industria privata, ovvero sostitutivi di linee delle Ferrovie dello Stato definitivamente soppresse a norma dell'art. 1, 2� comma del r.d.l n. 1575 del 1931. Occorre ora stabilire se e in quale misura la riforma delle F.S. abbia modificato il quadro normativo in questione. Pu� escludersi che qualsivoglia modifica sia stata introdotta dalla legge 17 maggio 1985 n. 210, che ha trasformato l'Azienda autonoma delle F.S. nell'Ente. Ferrovie dello Stato con suo subentro �in tutti i rapporti attivi e passivi ... � gi� di pertinenza dell'Azienda medesima (art. 1). Tra le finalit� dell'Ente era espressamente previsto (art. 2, lett. g) � l'esercizio dei servizi sostitutivi o integrativi sia ferroviari, sia di traghetto, nonch� degli altri servizi gi� svolti dall'Azienda autonoma F.S. in base a disposizioni di legge�; l'esercizio dei suddetti servizi sostitutivi o integrativi poteva essere affidato dall'Ente a Societ� partecipate anche in posizione minoritaria, �ovvero ad altre imprese� (lett. i dello stesso art. 1). Inoltre, l'art. 7 n. 11 individuava nel Consiglio d'amministrazione dell'Ente l'organo competente ad approvare l'istitlizione e la soppressione dei servizi di trasporto integrativi e sostitutivi. La questione appare pi� delicata a seguito della trasformazione dell'Ente Ferrovie dello Stato in s.p.a. in attuazione dei dd.ll. 5 dicembre 1991 n. 386 (convertito nella 1. 29 gennaio 1992 n. 35) e 11 luglio 1992 n. 333 (convertito nella 1. 8 agosto 1992 n. 359). Invero potrebbe ritenersi, come sembrano adombrare le ricorrenti �on i primi tre motivi, che la trasformazione dell'Ente in s.p.a. abbia fatto venir meno qualsiasi differenziazione tra servizi sostitutivi ed integrativi di linee tramviarie e ferroviarie concesse all'industria privata e servizi sostitutivi ed integrativi di linee delle Ferrovie dello Stato, essendo ormai anche queste ultime concesse all'industria privata. Sul piano dei principi la tesi � suggestiva. Peraltro, deve osservarsi in .proposito ohe l'art. 14 del d.l. n. 333 del 1992 dispone che tutte le attivit� gi� riservate agli enti trasformati in s.p.a. � restano attribuite a titolo di concessione ai medesimi soggetti che ne sono attualmente titolari� (n. 1). L'Adunanza generale del Consiglio di Stato, (v. parere n. 95 del 1� ottobre 1993) ha poi ritenuto che -in applicazione del suddetto d.l. n. 333 (con particolare riguardo a quanto previsto dagli artt. 14 e 18) -con l'attribuzione alla s.p.a. di nuova istituzione dei compiti gi� spettanti all'Ente F.S. ai sensi della legge n. 210 del 1985, e con la conseguente riserva allo Stato (e non pi� all'ente pubblico estinto) del servizio ferroviario ex art. 43 cost., �la s.p.a. Ferrovie dello Stato � stata ex legge legittimata all'esercizio degli stessi compiti relativi ad un servizio pubblico essenziale �; l'ambito della concessione deve pertanto definirsi � per relationem ai PARTE I, S:BZ; .IV, GlURISPRUDJ'!NZA ~INISTRAllVA c�>mpi.ti deLquali l'ente i;>ubbli�o poUrasformato e:ra istituzionalmente titolare, tenuto a.che presente ..che alla s.p.a. Ferrovie dello Stato sono stati trasferiti PJ:tti i rapporti fa,centi capo prima all'azienda autonoma e poi all'Ente ferrovie dello Stato,)n una sequenza �ontinua che trova la s~ :ragione d!essere es�l.siv~nt� nella .gestio,n.e del sc;::ryizio pubblico � � ..'. .i.t�~J.'A:l,lt()f~t�,g~Elllte c.J#Ia.concqrreu,za. e.4el i:.ercato, nell!\,> de1. i.'l?e:r~~c.we ..;;i,ssunta neil'acJ,uuapza del. 20 diceinbre 1993, .ha ritenuto paC�flC() (v. pag. 9) �he lservi.zLsostitutivi e integrativi concessi ex. legge alla :F~S. s.p,a. r.estllll() regolati dal :r.d.l. n. 1575 del 1931 che demanda a questa .ltii:.a)11 fac~lt� di scegliere se pre~tarli di~tt~ente o tramite imprese Pa:rte:ciPate s11bconc;essionarie <>v:vero bnpresete:rze i;celte a mezzo di appaltl.. .... .... . . . D'altra parte, la normativa che disciplina i servizi sostitutivi ed integr;: ltividelle ferrovie concesse ajl'ind.stria privata (art. 2 del :r.d.l. 14 ottobre 1932 n. 1496, ,a,rt. g deUaJegge 28 settenibre)939 n.1822, art. 84 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, legge 10 aprile 1981 n. 151) � applicabile ai tasporti locali e non a quelli di interesse nazionale. Considerato dunque che, per le considerazioni sopra esposte, il quadro normativo di riferimento non � stato in alcun modo modificato dall'intervenuta riforma delle ferrovie dello Stato e che con il decreto impugnato sono stati concessi alla s.p.a. di nuova istituzione tutti i servizi di trasporto (e non altri) gi� concessi all'Ente ferrovie dello Stato, l'art. 2 dello stesso decreto non solo appare legittimo ma anche privo di effetti lesivi diretti. La previsione che �l'eventuale istituzione di ulteriori servizi integrativi e/o sostitutivi del serviz<io ferroviario dovr� essere preventivamente autorizzata dal Ministro dei trasporti, fatta eccezione per i casi di emergenza � non contrasta in alcun modo con quanto disposto dal r.d.l. n. 1575 del 1931 ed � anzi ad esso perfettamente conforme, dovendosi ritenere l' � emergenza � strettamente circoscritta ai casi in cui � indispensabile assicurare i collegamenti interrotti a causa di eventi improvvisi e straordinari e per il limitato periodo necessario a ripristinare il servizio ferroviario regolare. Devono essere conseguentemnte disattese le censure sollevate con il primo, il secondo ed il terzo motivo. Appaiono invece fondate le doglianze formulate con il quarto motivo. Se, come sopra accennato, deve ritenersi che la trasformazione dell'Ente ferrovie dello Stato in s.p.a. nulla ha innovato rispetto alla disciplina preesistente in materia di servizi sostitutivi ed integrativi, devono trovare piena applicazione le norme di cui agli artt. 1, 2� comma, 2 e 3 del r.d.l. n. 1575 del 1931, all'art. 1 del Regolamento di attuazione di cui al d.m. 12 maggio 1952, all'art. 2, lett. g) e i) della legge n. 210 del 1985 in base alle quali le F.S. provvedono all'esercizio dei servizi automobilistici ad esse affidati direttamente, o a mezzo delle imprese alle quali partecipano a norma di legge, o mediante appalto a mezzo di altre imprese. L'art. 5 dell'atto di concessione, invece, prevede che � La Societ� conces RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 550 sionaria pu� svolgere le attivit� oggetto della presente concessione [ivi compresi, ovviamente, anche i servizi sostitutivi ed integrativi] sia direttamente che per il tramite di Societ� partecipate maggioritariamente, alle quali pu� conferire apposite sub concessioni ... �. L'omessa previsione dell'affidamento, a mezzo di appalto, dei servizi di cui trattasi all'impresa privata non trova alcuna giustificazione. La disposizione in esame attribuisce, nella sostanza, alle F.S. una posizione dominante che la vigente normativa di settore non prevede e non consente, a detrimento dell'interesse delle imprese che fino ad oggi hanno operato sul mercato ed anche dell'interesse pubblico a che i servizi di trasporto sfano affidati alle imprese che -in relazione a ciascuna linea -offrono maggiori g!iranzie dal punto di vista organizzativo e da quello economico- finanziario. � II� ricorso merita dunque di essere accolto nei suesposti limiti, con conseguente annullamento dell'art. 5 del decreto impugnato. % ;; ~ �~ 1:mr�.m==~;r11=~'=F!=ram=:::::�''.ml9;'==�=mA1�~:~{:rr"lf.l''1lfl�...J ,.t;,,,r.JE,,llBL,.-,,,flr8,,,r.-Jl1,.,~~~.,,a?dl.,.,%llJ SEZIONE .QUINTA GIU~ISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE m: CASSAZIONE, Sez'. un., 7 Iuglio 1994 n. 6375 -Pt1es; Brancac~ � Ci�, -Esi. Cantillo -P. M. Di Renzo (conf.) -Mih�stero delle Finanze ' (aV\f. Stat6 PalatielM c. so�. Old Blue (aw. Paoletti).. trlbuti .. hl genere -Contenzioso' trlti\ltario � N:otificazford. nel.�� corso dei processo -Luogo predetetri:ih:tat6 ~ . Dfoi:tlarazione di 'restdenza o el�zione di domicllo � Mancanza o inidone\t� 9dgin.aria o successiva No: tifica presso la segreteria � Ricerca di residenza effettiva -:Esclusione. (d.P.R. 26 pttobre 1972, n. 636, artt. 1s; 32 � 3�1is; C;P�C� artt. 139, 142 e 143): ta notifica d�gli atti del pr'�cesso puo ��e deve essere eseguita presso� la Scegf~t�rza delta. cornmission�; .a norma d�Wart. 32 llis. del. d.P.It 636/1972; ~on.solo quando manchi �riginariam�nt� .ta dichiaratiorie di residenza o l'et�zidrt� di domic�tiO, ma anche quand� p�r' l'in{don�it� originaria, o sopravvenuta ;d�lZe ..tnditaii:oni non .sia possibile in .c&ncreto �za notifibdzi�ne nei luogh� dichiarati; la parte-istante; �ve nort Sia �pos'sibil� la notifica nel domidilio � el~tto �.o� nella �tes�denza dich�arata; non d�ve e� non pu� procedere 'alla no'ti:fiCa �n luogo diver$o rwercand� la resiiJenia effettiva o il domioit�o reale mediante indagini, anche se. f acilitil:te dalle' risultanze '<legt,i atti' o da sisteintai pubbZiCit� (1). � , � (dmiss~)2 . .:.::_ Con il prlmo motivo del ricorso principale, dertunzi�ndo la violazione dell'art. 32 bi$ del d.P.R. 26 ottobre 1972; n: 636, introdotto � dall'art. 20 del d.P.R. 3 novembre 1981, rt. 739; l'Ammillistrazione Finanziari11 criifoa la sentenza della Corte ai ~ppellodiRomaper avere rite" nuto .� iD:vaiida � 1a � notificazione della decisione della Coinmissione Tributaria di primogr�d() esegUitamediante deposito presso la segreteria della {l) Decisione di grande portata :che. scioglie molti nodi in una: materia nella quale la. giurisptude)lZa. �. sempre '. stata. molto incerta, Il �luogo. della notificazione . deve essere predet.erm1nato, anche nell'interesse dei.destinatario .che, con la dichiarazione contenuta nel ricorso ex art. 15, pu� designare un luogo diverso dalla residenza. effettiva, ma soprattutto nell'interesse della parte istante>che non p�� essere .tenuta a fare ricerche per l'individuazione di un luogo diverso: e non potrebbe comunque eseguire una valida notifica in. altro. luogo.� Quindi unica alternativa alla notifica nella residenza dichiarata. o nel. iiomicilio eletto; ove manehino o non siano . reali al momento (per difetto .. originario� o� �per .�mancanza di comunicazione di variazioni), � la notifica .presso . la �segreteria, .an�he. nel caso che un diverso luogo di reperibilit� risulti dagli atti o sia accertabile (come<:pe.r' lei :so,eiet�) da X .� �.�.. X .� �.�.. , 552 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO stessa commissione e per avere, di conseguenza, esaminato nel merito l'impugnazione della Old Blue S.pA. Sostiene che detta disposizione sia applicabile anche quando il contribuente non provveda a comunicare alla segreteria la variazione della residenza dichiarata o del domicilio eletto in ricorso e che pertanto la notificazione debba essere effettuata nel modo suddetto tutte le volte che il ricorrente non sia reperibile nei luoghi indicati. Nella specie, la Soc. Foro Romano Immobiliare non aveva comunicato alla segreteria l'incorporazione da parte della Old Blue e il conseguenziale cambiamento di sede, sicch� la notificazione di cui si discute era valida e correttamente la Commissione Tributaria di secondo grado aveva dichiarato inammissibile l'appello perch� tardivo. 3. -La censura � fondata. La questione che essa suscita attiene all'esegesi dell'art. 32 bis che, nel disciplinare il � luogo delle comunicazioni e delle notificazioni � in base al principio secondo cui queste vanno effettuate nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata in ricorso, al terzo comma testualmente dispone che �se mancano la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio o se per la loro assoluta incertezza la notificazione non � possibile, gli atti del procedimento sono comunicati o notificati presso la segreteria della commissione�; la quale regola vige anche �se la p~rte non .indica la residenza nel territorio dello Stato o non vi elegge domicilio �. La disposizione -che prima della novella del 1981 era contenuta nel terzo comma dell'art. 15 e, oltre ad essere diversamente formulata, appariva riferita solo ai residenti all'estero -in giurisprudenza ha ricevuto contrastanti interpretazioni: numerose decisioni hanno attribuito ad essa valenza gener~le, per cui opererebbe, oltre che nei casi di mancanza o di insufficienza della dichiarazione di residenza o dell'elezione di domicilio, tutte le volte che la notificazione non possa essere eseguita nei luoghi indicati in ricorso; secondo altre pronunce, invece, la norma varrebbe soltanto a sanzionare la violazione dell'obbligo di indicare nel primo atto la residenza o il domicilio, sicch� se dalla relazione di notifica risulti che riscontri in sistemi cli pubblicit�. Cade finalmente la credenza che siano sempre doverose ricerche anagrafiche. A tal riguardo � cli particolare interesse il passaggio della motivazione in cui, precisando il significato della incerta dizione cli domicilio fittizio, si afferma che la protrazione del termine cli deca. denza di trenta giorni � appropriata per adempimenti semplici e certi (come il deposito dell'atto) mentre sarebbe incongrua per svolgere ricerche dell'effettiva residenza che possono richiedere tempi molto lunghi. Proposizione questa estensibile a tutte le notifiche soggette a termine cli decadenza. Gran parte delle precisazioni che si leggono nella motivazione sono riferibili anche alla notifica degli atti cli accertamento in ordine alla quale la giurisprudenza � stata spesso incomprensibilmente rigorosa verso la parte istante (v. Cass. 8 aprile 1992 nn. 4302 e 4308, in questa Rassegna, 1992, I, 314 con numerosi richiami). I I I I I I I I I I RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 554 precettivo in relazione alla finalit� della disciplina e nel contesto delle altre previsioni della norma, che delineano un particolare sistema di rigo. rosa preordinazione del luogo delle notificazioni (e comunicazioni) in ogni grado e stato del processo innanzi alle commissioni. 5. -Sul piano sistematico, alla tesi che si respinge non giova far riferimento all'art. 15 della legge, il quale,� pur annoverando la dichiarazione �i residenza o l'elezione di domicilio tra. gli elementi che, ai sensi del primo comma, integrano il contenuto necessario del ricorso, per la mancanza o l'assoluta insufficienza di tale elemento non commina la sanzione � di inammissibilit� del ricorso medesimo (prevista quando gli stessi vizi riguardano uno degli altri requisiti), e fa salvo, invece, il disposto del terzo comma dell'art. 32 bis, cio� la norma di cui si discute. Questo richiamo vale ad escludere, infatti, che la carenza di dette indicazioni sia rilevante come vizio del ricorso, giacch� ad essa supplisce il criterio della localizzazione presso la segreteria; ma da ci� non pu� trarsi argomento� per limitare a .. tale ipotesi l'applicabilit� del criterio, il cui ambito. va verificato appunto alla stregua della disciplina del luogo delle notificazioni dettate dall'art. 32 bis. �Le fattispecie previste da questa norma si coordinano tutte al principio1 sancito nel primo comma, per cui nel corso del giudizio le notificazioni e le comunicazioni vanno sempre fatte nel luogo .che nel.modo suddetto deve .essere indicat� dal ricorrente; al quale � dato, in sostanza, di scegliere quella� che ritenga pi� conveniente, come risulta non solo . dalla istituzionale . prevalenza del domicilio eletto sulla residen:m dichiarata, essendo consentita la notificazione in questo luogo solo << in mancanza � di elezione di domicilio, ma anche dalla cons~derazione che, in assenza di una norma cogente volta ad assicurare l'effettivit� della residenza indicata, nulla impedisce al ricorrente di dichiarare un qualsiasi altro luogo che o per collegamento ordinario (ad es., domicilio) o per abituale frequenza (ad es., dimora secondaria) gli consenta di ricevere prontamente gli �atti.� L'esigenza di stabilire ab initio, ai fini del sollecito e corretto svolgimento del processo, un luogo certo e incontestabile per l'attivit� partecipativa degli atti processuali, tuttavia nel rispetto dell'interesse primario del ricorrente a11a sicura e tempestiva conoscenza degli stessi, viene soddisfatta, cio�, affidando la determinazione del luogo allo st�sso destinatario e vincolando l'ufficio all'osservanza di tale indicazione. Al particolare rilievo cos� ad essa attribuito fa riscontro, sotto il profilo" funzionale, una disciplina dell'efficacia dell'indicazione medesima che rende responsabile lo stesso ricorrente dell'idoneit� del collegamento dichiarato al concreto esito positivo del procedimento notificatorio. In proposito vengono in rilievo, e ;rivestono decisiva importanza per il problema in esame, la disposizione per cui il domicilio eletto e la resir PARTE� I, SEZ; V:, GIURISPRUDENZA� 'CRIBUTARIA denza dichiarata restano validi �per i successiVi �gradi del processo� (art. 32 bis, seconde> comma) e; tendenzialmente, anche in easo di morte della' parte. (arg. art; 31, secondo comma); .e l'altro precetto; che � corollario dell'efficacia panprocessu�le, secondo cuiilrieorrenteha il dovere di comunicare alla commissione le �variazionfdel � 1uogc> indicato; le quali, anzi~ Qiiventan� :Wn<:;oianti per l'ufficio sole> d0po . dieci giorni da quello ih c.ila relativa comutli�azi�ne sia pervenuta alla �segreteria�� della commissione {art/32 bis, primo comma). Quanto al contenuto�� dell'�ner(! imposto. ai��ricorrentej� questa disciplina comporta che esso non � limitato all'indicazione iniziale, ma implica il doveredi: assk:urare1�dutatite l'iritt�r� �giudiZio; laper&isferiza: e la concreta :fufizionalit� del collegamento spaziale dibhia:i:'a!to e� pefoi�,�in�caso di ir.�riazione, �di comunicare la sostituzione con altro ug0almente: idoneo al raggituigimento de]}d: sc�po dell'operazione. � � � >� C�:trisporid�ritementefqualito �g1� �Mem:Pimeriti ririlessi alla segret�ria della commissione; etti' eE>mpetettfiifZiativa d�lla; n�tificaiione;��fa normativa .suddetta ��selude ch�. �~����fuori> tlalfi:poteSi. della. notificazione nelle mmi pr6}5rie deli;l�stbia~iO (per la'qual� �'1rrilevartte l'elemento spaziale) --"" l'�ffiCfo'debba :o possa� disporre ehe le notiffoaziom avvengano in Iuog0 diverso da��quello di�hiar�to; r�cerc�ndo la residenzii � effettiva o� �l domiCilio reale del rlcorr�nte:s�cund� i criteti ordin�ri, �mediante �indagini anagrafiche � in base ai dati reiat�v4<aM'abitazione, all'Uffitio etc.; ancorch�'ristt: ltanti �x<ii.:ctis.. � � � � , > ' : ��Siffatto. potere .;;.;..;... testiialriiente esduso dal terzo comma dell'art. 32 bis quando nel rieorso � in ttll� succ�ssiva comtil:ii�azione :rriodifi�at�va manchi una valida elezi�ne di , domicilio � � dichiarazione di residenz�; appunto perch� da ci� scaturisce ipso iure il dovere�. d�ll'l.lfficio � di notificare gli atti presso. fa segreteria ...;.;.,.� non .� comigliiabile neppttre nelle ipotesi che qui specificamente interessano; fu clli �il.domicilio � fa residenza dichiarati in ricorso (o con atto successivo) vengono riscontrati inesistenti in seguito �ll'inutile tentativo di rtotific�; � � Infatti, TulteriOre attivit� per la: notifica in luogo �diverso, individuato ex officio, non � prevista dalla: nonn� ed � oggett�vamertte :incompatibile con l'obbligo della segreteria di attenersi �lrindicazione della parte fin quando< non ne venga comunicato il mutamento {e questo diventi operante}, non potendosi.� ammettere, � man�festamente, �che � l'tifficiO medesimo sia tenuto prima a disporre fa. n�tifica tassativamente nel luogo scelto dal ricorrente e poi a ripercorrere il procedimento notificatorio .nei modi ordinari; in contrasto con i princip� di speditezza ed���ecortorilia processuale che ispirano la disciplin�. E risulta altres� evidente che l'onere imposto al ricorrente sarebbe vanifica:to se nelle situazioni in esame "-nelle quali normalmente si riscontra la violazione dell'obbligo di comunicare all'�ffi�io� i mutamenti delle indicazioni date in ricorso ~!"unica conseguenza fosse il ripristino .degli ordinari metodi �riotific�toi:'i, per modo ch� 556 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO il precetto si ridurrebbe ad una mera raccomandazione, priva di qualsiasi effetto �lato sensu sanzionatorio; n� avrebbe senso stabilire la perpetuatio di dette indicazioni per l'intero giudizio se al ricorrente fosse dato di togliere unilateralmente valore ad esse. Pertanto, come questa Corte ha statuito in analoghe fattispecie (cui si accenner� pi� oltre), l'obbligo legale di eseguire la notificazione in un determinato luogo, designato dal destinatario; preclude in radice una diversa ricerca dello stesso (a maggior ragione quando la determinazione del luogo prescinde da collegamenti spaziali effettivi). 6. -Nella disciplina ora delineata, quindi, la regola che impone la uotifa,:azione presso la segreteria non pu� intendersi limitata alle ipotesi di carenza originaria delle indicazioni richieste, ma necessariamente si riferisce anche alle fattispecie che si considerano, nelle quali detta modalit� ugualmente adempie alla funzione di. consentire la partecipazione degli atti del processo quando ia notificazione risl.l.lti in concreto impossibile nei luoghi indicati dalla parte. Come risulta anche dal coordinamento con il secondo comma dell'art. 15, in pratica la norma realizza una domiciliazione suppletiva necessaria, che. � essenziale al sistema di predeterminazione del luogo delle notifiche perch� destinata ad operare in tutti I I ~ i casi in cui il criterio che demanda alla parte l'individuazione del luogo risulti inutilizzabile per carenza originaria o per inidoneit� sopravvenuta delle indicazioni. E in tal modo il mancato adempimento dell'onere tanto con riguardo all'obbligo iniziale ex art. 15 quanto a quello successivo di comunicare le variazioni -viene superato attraverso un criterio I ohe, da un lato, non pregiudica le esigenze processuali giustificative dell'istituto della predeterminazione e, dall'altro, � coerente con� il contenuto dell'onerd e con la responsabilit� della parte per la sua inosservanza, tut IItavia consentendole di prendere agevolmente cognizione degli atti ad essa indirizzati. Questa interpretazione -per cui la disposizione deve essere riferita, in conformit� della collocazione nell'ultimo comma dell'art. 32 bis, ad entrambe le fattispecie previste nei due commi precedenti (relativi alle indicazioni iniziali e, rispettivamente, ai mutamenti successivi) -trova I un ulteriore riscontro di indole testuale. nel primo comma, nella parte ~ in cui si prevede che l'elezione di domicilio o la dichiarazione di residenza risulti fittizia all'esito del procedimento notifica torio e . si stabilisce in tal caso, la proroga di un mese dell'eventuale termine perentorio entro il quale la notificazione debba essere eseguita. Dalla norma si trae� diretta conferma che la disciplina concerne anche gli aspetti funzionali dell'indicazione data dal ricorrente, regolando le conseguenze dell'inutile tentativo di notifica; inoltre, essa consente di osservare che se la regola della notificazione in segreteria non avesse portata generale e la conseguenza negativa della falsa dichiarazione consistesse, quindi, solo _nella proroga PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA del termine, il comportamento fraudolento del ricorrente sarebbe sanzionato in modo meno grave dell'omissione o incompletezza delle indicazioni richieste in ricorso, �he poss0no essere dovute ad un mero errore. La norma risulta razionale, invece, �lla stregua dell'esegesi che si accoglie, giacch� la proroga del termine � un effetto {sostanziale) che si aggiunge alla normate conseguenz� delrinutile attivita notificatoria, cio� alla domiciliazione iii. segreteria, come �si evin�e altres� dalla considerazione che la protrazione di trenta giorni � appropriata per un adempimento che richiede tempi brevi e certi, quale il deposito in segreteria, mentre sarebbe incongrua se �l'ufficio dovesse sobbarcarsi all'onere di svolgere ricerche in ordirle all'effettiva residenza del ricorrente, che possono richiedere tempi molto pi� lunghi. Quanto aHa ratiO dell'interpretazione estensiva, poi, � appena il caso di sottolineare che la mancanza di una valida indicazione in ricorso genera Uria sifitaziOne Ugtiale a quella che si determina allorquando l'indicazione ~isulti ex post non rispondente aI�vero. S�rebbe perci� ciel tutto�ii:'razionale ritenere che l'esonero della segreteria dall'attivit� di ricerca del destinatario sia previsto nel primo C:aso e non nel secondo, C:he pur presenta connotatidi maggiore gravit�. quanto �ll'alltingamento dei tempi del processo e alla possibilit� di espedienti dilatori del contribuente (volti �a depistare le notificazioni a lui indirizzate�, come � scritto nella Relazione ministeriale al d.P.R.. n. 739 del 1981). � 7. -.Le considerazioni svolte valgono anche a confutare il contrario argomento che fa leva sull'asserita eccezionalit� della disposizione: anzitutto, il carattere eccezionale di una norma ne preclude l'interpretazione analogica, ma non quella estensiva,. che ne evidenzia, come nella specie, l'effettivo contenuto precettivo; inoltre, nell'ambito. del sistema adottato dalla legge; la disposizione de qua non pu� dirsi� eccezionale, perch� come si � gi� rilevato -�la localizzazione in�.�segreteria �� iln momento essenziale � della predeterminaiione dei �luoghi di riotific�. Si � in 'precedenza accennato, poi, ad altre disposiziorii che, prevedendo per il processo civile ordinario 'la� domiciliazione con formula analoga a quella della norma in esame, sono state da questa Corte allo stesso modo ritenute applicabili non �solo nel11ipotesi che la domiciliazione si� dall'origine :mancante o insuffidente, ma anche quando risulti in concreto inefficace o inidonea: t�nto � stato affermato, .ad es., nell'esegesi dell'art. 375 c.p.c., con riferimerito al difensore del ricorrente o del controricorrente per cassazione che abbia trasferito la residenza o mutato U domicilio eletto senza �darne comunicazione alla cancelleria (v. ord. S.U. 1� dicembre 1988, n. 739); ed altres� nell'interpretazione dell'art. 82 r.d. n. 37 del 1934, riguardante il domicilio del procuratore nel luogo in cui ha sede fl giudice adito, essendosi ritenuto che la domiciliazione necessaria presso la cancelleria opera anche quando l'indicazione data dal pro 558 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO curatore risulti nulla o divenga successivamente inefficace (v. sent. n. 2714 del 1986). Infine, la soluzione accolta non vulnera il diritto di difesa, giacch� la notifica in segreteria � percepibile dalla parte� che vi ha dato causa, la quale con l'uso di normale diligenza pu� conseguire l'effetto conoscitivo cui la notifica medesima era preordinata. Del resto, tale sistema -che � stato integralmente riprodotto, con formula identica, dall'art. 17 del decreto legisl. 31 dicembre 1992, n. 546, di riforma del contenzioso tributario, destinato ad entrare in vigore il 1� ottobre 1994 -non � lontano da quello recepito per il processo penale dagli artt. 161 primo e secondo comma e 162 c.p;p., che ugualmente addossano a!l destinatario l'onere di dichiarare o di eleggere il domicilio e di comunicarne i mutamenti (prevedendo che le notifiche si facciano presso il difensore ove la notificazione nei luoghi indicati risulti impossibile). In conclusione, il terzo comma dell'art. 32 bis va interpretato con riguardo alla funzione che in concreto svolgono, per l'intera durata del processo, la dichiarazione di residenza e 'l'elezione di domicilio e perci� si applica non solo nelle ipotesi, testualmente previste, di mancanza e di assoluta incertezza di tali indicazioni nel ricorso, ai sensi del secondo comma dell'art. 15, ma anche nelle ipotesi in cui il ricorrente non adempia all'onere di comunicare le successive variazioni o, comunque, in base a tali indicazioni la notificazione risulti in concreto impossibile, con la conseguenza che la notificazione deve essere eseguita presso la segreteria in tutti i casi di mancanza, inidoneit� originaria o sopravvenuta inefficacia delle indicazioni suddette. 8. -Come si � osservato in precedenza (al n. 4), il procedimento di notificazione nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata dalla parte deve svolgersi, ai sensi del secondo comma dell'art. 32, osservando la disciplina di cui agli artt. 137 ss. c;p.c., che deve ritenersi inapplicabile limitatamente alle disposizioni non compatibili con il sistema di predeterminazione dei luoghi di notifica, cio�, in pratica, quando sia cessata o risulti per qualsiasi causa insussistente la relazione spaziale indicata dal ricorrente. Pertanto, la notificazione nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata va fatta ai sensi dell'art. 139, ricercando il destinatario nell'indirizzo indicato, secondo le modalit� stabilite dalla norma; e se in quel luogo la consegna del plico non � possibile per incapacit�, rifiuto o assenza delle l persone elencate nella stessa norma, la notificazione va fatta con le mo i dalit� di cui all'art. 140 c.p.c. (se la notificazione � fatta, secondo la I prassi, a mezzo del servizio pOstale, vanno osservate le modalit� di cui j all'art. 8 della legge n. 890 del 1982). ! I ! I Queste ultime fattispecie -in cui le relazioni dichiarate dal ricorrente risultano reali, ma per una ragione occasionale egli non si trova I l PARTB<I, Sl!Z. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA nei>luoghi indicati, n� vi si�ttovario altre persone legittimate a ricevete l'atto ;...;.;.;.��non= vanno . confuse con �le ipotesi, ontologicamente �diverse, di irreperibilit� (assoluta) del� destinatario, il quale non venga rinvenuto all'indirizzo del domicilio eletto o della residenza dichiarata� perch�� sconosciuto, sloggiato, trasferito, etc., risultando cos� inesistente, all'attualit�, la relazirin.e spaziale indicata. Appunti:> in ;questi casi opera il disposto dell'art; 321:ri$: e la notificazione va eseguita in segreteria, per modo .che risultano inapplicabili i tipi di notificazione previsti dagli artt. 142 e 143 c.p.C; La =stessa. �regola vige, ovviamente,� p.er le notificazioni da farsi n~i confronti di �societ�, sicch�; quando .queste �omettano di comunicare. il cambiamento della sede dichiarata e, a. maggior ragiOne, quando Omettano di dare notizia di vicende comportanti tale mutamento (come pu� accadere nelle fattispecie di fusione o incorporazione), .la notificazione deve essere fatta presi:10 la. segreteria, a nulla rilevando che l'individuazione deUa nuova sede da parte demuffic�o possa essere pi� agevole per il regime pubblicitario vigente per le societ�. 9. -:-:� Nel1a specie, poich� la decisione della Commissione di primo grado -oggetto della notificazione di cui si discute ~ fu pubblicata il lO maggio 1982; cio� nel vigore ,della disciplina innanzi esam�J1'ata, la Qld. Blue s.p.a., in�orporante ,della Soc. Fqro Romano Immobiliare (che aveva. proposto... il ricorso), avrel;>be doy.to comunicare. alla segreteria di detta. Commissione l'avvenuta incorporazione e la sede ,di essa incorpora! lte, .che.sostituiva quell~ indic~ta.. dalla. ricorrente..�n assenza di tale co:inunicazione, COI'rettamente la segreteria dispose che� la notificac zior:ie .(.\vvenisse nella sede dicl�arata in ricorso e, poich� ivi la destinataria risult� sconosciuta, del pari correttamente provvide ad eseguire la notificazione presso se stessa,. ai sensi dell'art. 34 bis. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez~ I, 13 liiglio 1994 n. 6564 � Pres. Corda -Est. Carbone -P. M' Morozzo della Rocca (corif.) ~ Ministero delle Fi� nanze (avv. Stato De Stefano) c. Tortol�. Tributi erariali indiretti � Iniposta di �registro � COmunione �legale fra coniugi �� Assoggettamento� a comunione di beni acquistati anteriormente al matrbttonio � Agevolazione dell'art. 228 I. 19 maggio 1975 n. 151 � Limiti. (Legge 19 maggio 197S, n. 151, art. 228; �e.e. art. 210). Poich� il regime transitorio della comunione legale non pu� essere difforme dal regime deNnitivo, l'agevolazione dell'art. 228 della legge 19 maggio 1975 n. 151 per la so:t;toposizione alla �comunione dei beni acqui 560 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO stati prima dell'entrata in vigore della legge pu� riguardare soltanto .i beni che sarebb.ero oggetto di com�nione secondo la legge sopravvenuta; restano pertant0��esclusi dall'agevolazion� i beni acquistati individualmente prima� del matrimonio (1). �(omissis). Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria censura la decisione della Commissione tributaria centrale per violazione dell'art. 228 legge 151/1975, in quanto il regime transitori� non pu� essere diverso dal regime ordinario. Con la conseguenza che se in base al regime �rdinario. la comunione legale concerne i soli beni acquistati durante il matrimonio, il regime transitorio non potrebbe consentire una. regolamentazione diversa, tale da far rientrare nella comunione legale anche i beni acquistati prima del matrimonio. La censura � fondata. La questione giuridica, su cui non si rinvengono precedenti specifici concetne l'interpretazione dell'art. 228 comma 2 e 3 della legge 151 del 1975. Secondo la disposizione transitoria� i coniugi possono convenire, beneficiando delle agevolazioni fiscali di cui all'ultimo comma, che i tJeni' acquistati anteriormente siano assoggettati al regime della comunione legale,� salvo i diritti dei terzi. L'imprecisione del'.la disposizione normativa ha fatto fiorire una vasta gartim� di interpretazioni che ruotano s�lle espressioni, � beni acquistati �, �anteriormente alla data�, �assoggettati �a1 regime della comunione �. Per quanto qui int~ressa, un'interpretazione sistematica dell'intera disposizione comporta l'adozione di una soluzione transitoria, che non�� sia difforme _.::. in mancanza di un'inequivoca volont� ordinamentale -dalla solUzione definitiva contenuta nel codice novellato da:lla riforma del 1975. Alla stregua della normativa esistente l'ordinamento, nonostante il favore nei confronti dell'istituto della comunione legale non avrebbe disciplinato, in via transitoria, e con modalit� pi� favorevoli di quelle previste in via definitiva, l'accesso alla comunione stessa. L'ordinamento, senza una specifica previsione, non pu� includere dalla comunione legale, con l'agevolazione dell'esenzione fiscale, i beni acquistati singolarmente prima del matrimonio che non possono entrare a far parte della comunione legale,. :ma solo cfr� quella convenzionale. In altri termini, i coniugi, giovandosi delle agevolazioni fiscali, possono mettere in comunione tutti i loro beni acquistati dopo il matrimonio e prima del 1975, beni che sarebbero stati soggetti alla comunione legale, salva diversa volont� delle parti1 se al momento dell'acquisto fosse stata in vigore la legge di riforma del diritto di famiglia. (1) Decisione da condividere. Non constan� precedenti. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ad ulteriore conferma pu� rilevarsi che il legislatore intende riferirsi in entrambe le ipotesi alla comunione legale, offrendo alle famiglie gi� costituite alla data di entrata in vigore della riforma, la possibilit� di unificare il regime patrimoniale facendolo retroagire al momento iniziale del matrimonio, sia se tratti di separazione per i beni che si prolunga dopo l'entrata in vigore della riforma, sia se si tratti di comunione legale che si estende agli acquisti fatti dai coniugi prima del 20 settembre 1975. La predetta unificazione del periodo antecedente e di quello successivo al 1975 dovrebbe comportare che se si ammettesse una comunione convenzionale, si dovrebbe riconoscere anche attualmente una comunione convenzionale, quasi una separazione parziale accanto alla comunione legale. Ma cos� non � perch� il legislatore consente ai coniugi, in un arco di tempo ben delimitato, la possibilit� di costituire una compropriet� sui beni individuali, acquistati durante il matrimonio, tramite il subingresso della comunione legale nella titolarit� degli stessi beni. In definitiva, l'agevolazione fiscale di cui al comma 3 dell'art. 228 legge 151/1975 compete a�chi voglia immettere in comunione, i beni che vi sarebbero automaticamente rientrati, secondo le regole del nuovo regime patrimoniale, voluto dall'ordinamento, se gi� fosse entrato in vigore. Una diversa soluzione non appare ipotizzabile perch� la disposizione dell'art. 228 legge 151/1975 non sancisce la possibilit� di assoggettare a comtinione, gli acquisti anteriori alla riforma, bens� quella di assoggettare tali acquisti al regime di comunione legale. N� vale opporre come fa il provvedimento impugnato le disposizioni degli artt. 210 e 211 e.e. Come si evince dall'art. 210 e.e. i coniugi possono mediante convenzione, stipulata a norma dell'art. 162 e.e. modificare il regime di comunione legale, nel senso di immettere, ovvero escludere categorie di beni considerate in astratto, tranne quelle indicate nel co. 2 della stessa norma. In altri termini, come pu� essere consentito ai coniu� gi di derogare al regime di comunione legale optando per quello della separazione, cos� l'ordinamento consente che i coniugi modifichino il regime di comunione legale, ampliando o restringendo le categorie che lo compongono nei limiti indicati dallo stesso ordinamento come a esempio tutti i beni personali di cui alle categorie a), b) ed f) dell'art. 179 e.e. In definitiva, non � che i coniugi non possano concludere contratti relativi a singoli beni determinati, sia creando comunioni convenzionali anche per quote diseguali, in deroga al co. 3 dell'art. 210 e.e. sia mediante l'acquisto singolare, purch� nell'atto sia stato parte anche l'altro coniuge, ma in tal caso non si tratta di una convenzione che modifica il regime legale della comunione, sibbene di una comunione ordinaria a quote dise guali che non modifica il regime legale .. Come ulteriore corollario la comu nione convenzionale come tale non sar� esente dal pagamento delle im poste. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 562 Sulla base delle esposte considerazioni non pu� godere delle agevola� zioni fiscali, in quanto non rientra nella comunione legale, il conferimento in comunione convenzionale dell'acquisto effettuato da uno dei coniugi prima dell'entrata in vigore della riforma. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1994 n. 6606 -Pres. Montanari Visco -Est. Vignale -P. M. Lupi (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano) c. Soc. Star. Tributi erariali indiretti -Tassa di lotteria -Base imponibile -Prezzo di acquisto -t: al lordo degli oneri fiscali. (r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, art. 52; r.d. 25 luglio 1940, n. 1077, art. 128; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 2 lett. m, 18, 19 e 21). .Ai. fini della tassa di lotteria sui concorsi a premio la base impo� nibile, costituita dal prezzo di acquisto degli oggetti offerti, va determi� nata al lordo d�~gli oneri fiscali, e in particolare dell'IVA grav.ante sul bene (1). (omissis) L'Amministrazione delle finanze denuncia la violazione dell'art. 52 del r.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933. Rileva che l'art. 21 d.P.R. n. 633 del 1972, nel richiedere che le componenti della fattura vengano chiaramente indicate, persegue soltanto lo scopo di consentire alle parti ed all'Amministrazione Finanziaria di tenere distinti gli elementi base per la commisurazione dell'imposta, dalla quantificazione di questa. Ma l'imponibile della tassa di lotteria � costituito dal prezzo di acquisto degli oggetti offerti come premio e cio� dall'importo che un consumatore finale dovrebbe sopportare per ottenere un identico oggetto. E poich� in base all'art. 2 lett. m) del suddetto d.P.R. n. 633 del 1972, nel successivo passaggio di quel bene a favore del vincitore del premio non vi � applicazione di IVA, ci� vuol dire che l'organizzatore della manifestazione si atteggia come consumatore finale di quel bene .che egli acquisisce per farne oggetto di premio a favore della clientela. Anche l'art. 128 del regolamento approvato con r.d. 25 luglio 1940 n. 1077, conclude l'Amministrazione delle finanze, fa riferimento, peraltro, al valore del premio, precisando che se questo � prodotto direttamente dal promotore (se industriale) o venduto da lui stesso (se commerciante) la base imponibile � costituita dal prezzo di vendita. Cos� lasciando intendere che gli oneri fiscali attinenti all'acquisto del bene oggetto del premio contribuiscono a determinarne il valore (1) In senso conforme la sent. 28 luglio 1994 n. 7067. � ormai consolidato l'orientamento iniziato con la sent. 23 gennaio 1993 n. 783, in questa Rassegna 1993, I, 132 con nota di u. PERRUCCI. PARTI> I, S!>Z' Y; �Gtt)RISPIWDENZA .TR!B'l!TARIA ?63 aWatto del trasferimento. Per cUi, ad esempio, quando.� i. premi son(). ccr stituiti�� da prodotti. importati; dovr� essere preso in. considerazione � il prezio ripottato nella bolletta doganale .(comprensivo dei diritti doganali, tra cui sono annoverate l'IVA e le� iiripo$te dffabbricazione� o dLconsumo sp�eifi<;he) �. fa drc()stanza, poi,� chtft'otganizzatOte abbia. la �possibilit� . di scarkiare J1IVA; �p� g1ud�:i:io dell';i\;mministrazione1 dcl tutto :irrileV'ante, I'l<:i~to� cbe ben potrel;fbe ilpromittente .essere un soggetto esente .e; quindi; impossibii�tatti a pd:i:tafo in compensaiione,�fo�sede di dichiar�zionepe riodica, l'IVA eorrisposta �l venditore�delberte;.� .��.�� � > La censura �>fondata~ :e certo che, a norma dell'art. 52 del r.d.l; 19 ottobre l938<:i;w1933,j la baseimponibile per la liquidazione dell'imposta .� data i< dal prezzo di� acquisto �< del� bene mobile regolarmente .��comprovato; In estrema sintesi, la tesi della Corte� d'appello, come pure della� soCiet� �controrkorrente, � che nel suddetto prezzo d'acquisto non possa :ricompren �d�l'siancn�l'imposta sul valore aggiunto di cuiald;P;R;. n. 633 del .1972, giaoch� questa non rientra nel corrispettivo; versato al venditore e neppure va a comporre il C�$tO�del�. bene acquistato, atteso che all'organtz. z:a:tore � dato di �eseguirne la detfazi6:i:te a. norma�� dell'art. 19 .del citato d.P.R. Nessuna �delle due. argomentazioni � accettabile; � Ma �� l'infondatezza della prima proposizione � gi� motivo sufficiente per l'accoglimento del rkorso; ' �� Partendo dal concetto di prezzo; � certo che.. esso consiste nella somma che l'acquirente deve�versareakvenditcire a titolo di controprestazione per il trasferimento di un bene o di un diritto in suo favore (art. 1470 cod. civ.). Il prezzo, quindi, come prescinde;perilvenditore; dal costo di produzfone �o di acquisto del bene (comprendendovi anche l'utile e le spese d'im� presa), cos�, �. stretto rigore; 'va determinato indipendentemente dalla sua concreta incidenza sul patrimonio dell!acqu�rente, nel senso che non per tranno mai valere ad accrescerne o ridurne fimporto elementi estranei al.� rapporto. di� sinallagma:ticit� �tra la prestl;l:zione.�.di�� trasferimento della propriet� di� tm bene� e quella del� versamento di �una somma specifica (quella che l'acquirente, in conformit� dell'accordo; � tenuto a versare al venditore in relazione a quello specifico rapporto}. Tale somma, in altri termini, contrariamente a quanto affermato dal giudice del merito, � solo quella che l'acquirente>versaalvenditore� per liberarsi della sua obbligazione, senza che possano avere rilievo� fatti, non� coUegati immediatamente al suo .rapporto con il venditore, idonei a ridurre il costo d'impresa (es.: condoni fiscali, rivalse fiscali e no, successive remissioni). N� a diverso avviso pu� indurre il rilievo che, a norma dell'art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, nella fattura di vendita, la somma che l'acquirente � tenuto a versare debba risultare frazion~ta in due distinte componenti, la prima delle quali costituita� dal prezzo in senso� stretto sul� quale va� commisura l'imposta sul valore aggiunto e, la seconda, . dall'ammontare del RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 564 l'imposta stessa (II co. nn. 3 e 5). Invero, questa distinzione, nell'economia della legge istitutiva dell'imposta, ha la funzione particolare di rendere pi� agevole -nell'interesse sia delle parti contraenti che dell'Amministrazione finanziaria -la liquidazione dell'imposta e l'individuazione del suo importo, specie ai fini della-rivalsa.. Tant'�, che quando tale interesse non viene immediatamente in rilievo (v. l'art. 22, in relazione al commercio al minuto e ad attivit� assimilate), e non vi � espressa richiesta di fattura da parte dell'acquirente, la suddetta distinzione non ha luogo e � il prezzo ... s'intende comprensivo dell'imposta� (testualmente cos�, l'art. 18). L'acquirente, in tal caso, pu� anche restare all'oscuro della consistenza delle due componenti della somma versata al venditore, la quale assume senza dubbio l'unica portata di valore di scambio della.merce, ossia di prezzo di vendita (nella Relazione Ministeriale all'art. 18 del d.P.R. n. 633 del 1972 � scritto: �Nel commercio al dettaglio o attivit� assimilate � fatto divieto al cedente� o al prestatore, che non abbia emesso fattura, di esercitare la rivalsa nei confronti del cliente. Va, tuttavia, rilevato che, nonostante tale divieto, il cliente viene ugualmente inciso dall'imposta in quanto, per il noto principio della traslazione, il tributo per il quale non si effettua specifica rivalsa, va ad incorporarsi nel prezzo di vendita�). Pertanto, per prezzo di acquisto della merce regolarmente comprovato, cui fa riferimento l'art. 52 del r.d.I. n. 1933 del 1938 (cos� come per �prezzo di vendita� -termine adottato dall'art. 128 del regolamento 25 luglio 1940 n. 1077, per stabilire che se si tratta di merce prodotta o venduta dallo stesso organizzatore del premio, la base imponibile dell'imposta � data dal prezzo di vendita ai rivenditori) -deve intendersi la somma che l'acquirente versa per ottenere la merce stessa. Va rilevato, inoltre, che per l'art. 2 lett. m) del d.P.R. n. 633 del 1972, le cessioni di beni soggette alla disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio di cui al r.d.I. n. 1933 del 1938 non sono considerate cessioni di beni, tale che l'organizzatore del premio non pu� riversare sul vincitore l'imposta che ha dovuto pagare in occasione dell'acquisto. Conseguentemente, � solo l'imprenditore-organizzatore che, nell'immediato, resta soggetto passivo dell'imposta, sicch� anche sotto l'aspetto del �costo� della merce, questo non pu� che ritenersi comprensivo dell'imposta versata. A diverso avviso non possono indurre considerazioni sulle pretese diversit� delle regole poste da alcune normative abrogate (quelle sulla tassa di scambio e sull'IGE) circa la determinazione della relativa base imponibile, sia perch� a valutazioni in tal senso potrebbe essere riconosciuto esclusivamente. un rilievo di carattere storico; sia perch� il problema da risolvere nella specie � solo di stabilire la base imponibile dell'imposta sulle operazioni di concorso a premio: un problema che � indipendente da quello relativo alle modalit� di determinazione della base imponibile dell'IVA e del suo raffronto con il regime delle imposte abrogate. Ci� non senza considerare che, con riguardo alla determinazione della base PARTE I, _SBZ, V, GIUiqSPRUDBNZA ~UTARIA impQDibile, la reg<:>lamentazione tanto dell'IV,<\ quanto delle altre imposte innanzi ricorclate rist�tano sostanzialmente'comormi; ed, intatti!'1a'prima (cos� come le precedenti) esclude che dalla base i:m-ponibile dell'imposta possa computarsi quella dovuta a titolo di pagamento dell'imposta stessa. __ N�, pu� rilevare, ai fini che in q11esta sede in~er.essano, la circostanza �h� fiinposfa sui concorsi a ptemio;''~e la -sua'"bi:ts� hnportibile vien� -daicOl~ ta al lordo ciell'IV A sui_ b(:!ni _acq,uistati, v~ a colpire anche l'lllllmontare di tale linposta, creando Uria situazione df �tnJ?osta gravante su rufra imposfa. � tnvero, questo �tipo_ d'imposizione_ non � �stfaneo n� contrario �llb ordinamento tributario e, ari.che per quanto concerne inparticpl�.re l'IVA, l� cfrC:tistanfa ciie l� legge abbia sottratto, dal cornptifo della sua base iinponibile le somme dovute a titolo di rivalsa dell'iinposfa medesima, sta a dimostrare che, fuori di questa ipotesi, debbano invece esservi ricomprese altre �mp'oste; come quelle dffabbricaz�one, i dazi e i prelievi; -Ed, infine; non va sottaciuto che solo su specifiea preVisfone normativa;� cos� come� avvenuto' per l'iinp�sta sugli-spettaooli (art. 3-tEP1t-h. 640 del 1972); sipotrebbe determinare; la base impo:hfBite dell'iinpbsta in esame al netto dell'IVA pagata dall'organiZzatore del' concorso p�i' l'acquisto dei premi. E tutt� ci� s�i'ebbe �suffic�ente; --come' gi� rilevato; per l'accc> giimento -del ricorso: � , ----� -- Il giudice del merito e, sulla stessa linea argomentativa, la difesa della controricorrente, deducono, inoltre, che, invece, il prezzo dovrebbe essere considerato al netto dell'IVA, atteso che la sonima<�orrispond�nte all'imposta versata dall'�cquirente'�rgariiZzatore' del' premi.O al vend�idr� : ( dil-etta sost�:�zialme:rite a�rivalerequest'hltim� dell'imposta� da lui gi� versata), pur non pbtendo essere ulteriormenttf riVei'sata sul vincitore del premio (per l'�splicifo div�eto del predetto art. 2 Iett. m), non cosfftuisce comunque p�r fui un onere definitivo; mquanto ltimpr�nditore ha 1a possibilit� di portare in detrazione' l'importo dell'imposta: dovi.tra o a ltii addebitata in rivalsa, a norma dell'art. 19 dello stesso d.P;R. A taFtigtiardo, dev�, per�, :dlevarsfche nessuna connessibne pu� rinvenirsi �'t:ra la questione relativa alla'�determfuazfoh� della base imponibile dell'imposta di citi al r;d.1. n. 1933 del 1938 e quella inerente alla detraibilit� dell'IVA ai sensi dell'art; 19 del d.P;R. :ri~ 633 del 1972. La prima questione, invero, come si � visto, inerisce all'irtdividuazione del prezzo versato per 1'acquisto��del bene mobile, coerentemente� con il suo valore commerciat�; la seconda riguarda, invece, il diverso problema del costo che, ne1l'ec�rtOmia generale dell'impresa, il bene' stesso pu� andare ad assumere quando, pur essendo stato� a�quistafo ad un dato pr�zzo, venga, per motivi indipendenti da tale prezzo, a gravare in misura diversa (superiore o infexiore) sul patrimonio dell'impres'a medesima. Il che vuol signifi�are ch�; ai fini in questione, deve aversi riguardo al primo elemento e non al secondo. In conformit� dell'indirizzo gi� manifestato con la sentenza 23 gen naio 1993 n. 78:3, questa Cort� deve~ q~indi, 'accogliere!' il ricrirso. (omissis) ;:;:::: ~,, ~,, -, --mw���--���-, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 566 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 luglio 1994 n. 6764 -Pres. Salafia Est. Proto -P. M. Lupi (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cingolo) c. Cimadamore. Tributi in genere -Dichiarazione � Mancanza di sottoscrizione -Nullit�. La dichiarazione (nella specie a fini IVA) priva di sottoscrizione, in quanto non riferibile ad un dichiarante, � improduttiva di effetti .indipendentemente da una espressa sanzione di nullit�; la nullit� non � esclusa dal fatto che a taluni limitati effetti norme particolari danno rilievo alla dichiarazione non sottoscritta (1). (omissis) 1. -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 37 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633. Deduce che la m~ncata sottoscrizione della dichiarazione da parte del contribuente renderebbe la dichiarazione stessa insuscettibile di una qualificazione formale e, trattandosi di un'ipotesi di invalidit� assoluta ed insanabile, anche la successiva dichiarazione integrativa di condono non potrebbe determinare il consolidamento di una dichiarazione inesistente. 2. -Il ricorso � fondato. Sulla questione che la censura propone questa Corte si � gi� pronunciata, di recente (sent. 5 marzo 1992 n. 2662), statuendo che la dichiarazione IV A non sottoscritta � inidonea a produrre gli effetti che la legge ricollega ad una dichiarazione, in quanto, mancando un elemento essenziale, essa non � riferibile ad un dichiarante. In questa linea interpretativa, che il Collegio condivide, nessun rilievo � possibile attribuire alla mancata, espressa previsione, nella specifica disciplina della materia (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633), della sanzione di nullit� per le dichiarazioni no�l sottoscritte dal contribuente o dal suo rappresentante legale o negoziale (art. 37), in quanto, trattandosi in realt� di una non dichiarazione, perch� non attribuibile ad alcun soggetto (salve iniziative dell'ufficio, ai sensi dell'art. 51, secondo comma, n. 2, del d.P.R. cit.), la sua rilevanza deve essere verificata in base ai principi generali dell'ordinamento. N� sarebbe conferente il richiamo al decreto-legge n. 429 del 1982 sulla definizione delle pendenze in materia tributaria, in quanto tale provvedimento non ha comportato una remissione in termine, e, in mancanza di una espressa, specifica previsione normativa, esso � insuscettibile di incidere su una dichiarazione originaria, priva, di per s�, di effetti giuridici. (1) In senso conforme Cass. 5 marzo 1992, n. 2662, in questa Rassegna, 1992, I, 139. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 567 Infine, non sposta i termini del problema la questione di legittimit� costituzionale -prospettata nel controricorso con riferimento all'interpretazione qui accolta, in relazione all'art. 3 della Costituzione -dell'art. 3 della legge 22 dicembre 1980 n. 882 (nonch� nell'art. 21 del decreto-legge 2 marzo 1989 n. 69, convertito nella legge 27 aprile 1989 n. 154), per la mancata estensione della sanatoria (contemplata per le dichiarazioni dei redditi non sottoscritte, ex art. 8, terzo e quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973) alla dichiarazione IVA. non sottoscritta. Indipendentemente dalla rilevanza della questione, �, infatti, sufficiente osservare che la diversit� di disciplina � correlata alla diversit� di situazioni cui sono rapportabili i procedimenti. relativi alla determinazione della base imponibile rispetto alle imposte sui redditi .e all'imposta sul valore aggiunto. La legge ha cio� ritenuto di dover adottare normative differenziate in fattispecie del tutto diverse, secondo criteri che rientrano nella discrezionalit� del legislatore. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1994 n. 6955 -Pres. Cantillo Est. Morelli'-P.M. Nicita (diff.) -Gozi Mazzoleni (avv. Ziccardi) c. Ministero delle Finanz� (avv. Stato Olivo). Tributi erariali�indiretti -Imposta di successione � Defunto non residente Presunzione di mobili, denaro e gioielli -Non opera. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, artt. 2 e 8). Tributi erariali indiretti � Imposta di successione � Aliquota � Grado di parentela � Rappresentazione � Irrilevanza. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 6; e.e. art. 467). Nezia successione d�i persona defunta non residente la base .imponibile, costituita dai beni e diritti esistenti nello Stato, non deve essere integrata del valore presunto di mobili, denaro e gioielli (1). L'aliquota della imposta di successione va stabilita in base al rapporto di parentela esistente tra erede .e dante causa, prescindendo dalla causa e dal titolo della chiamata all'eredit�; � quindi irrilevante l'istituto civilistico della rappresentazione (2). (1-2) La prima massima non convince. La presunzione di mobili, denaro e gioielli opera sempre, anche quando 1'� asse� ereditario � costituito da un solo bene o da attivit� (azioni, obbligazioni, crediti ecc.) che non rendono probabile l'esistenza di mobili, denaro e gioielli; e non si vede perch� la casa di un residente debba presumersi mobiliata e quella di un non residente nuda; neppure si comprende perch� la presunzione assoluta sia nelle due ipotesi diversamente conciliabile con l'art. 53 Cost. La seconda massima � di evidente esattezza. :S68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO (omiss.is) 2. -Pu� quindi direttamente passarsi all'esame del terzo motivo del ricorso, incentrato sulla denuhciata violazione dell'art. 8 d.P .R. 1973 n. 637, per errata applicazione della-presunzione fiscale (di� esistenza di denaro, gioielli e mobilia), ivi sancita, anche nel caso (nella specie ricorrente) di successione del non residente nello Stato. Questa censura � viceversa meritevole di accoglimento. La c�ttet'ta interpretazion� letterale, sistematica ed adeguatrice della norma citata non ne autorizza infatti l'applicazione 'estensiva postulata d�lfa Commissione centrale. � . 2/a. ~ Gi� il dato testuale orienta nel senso della non applicabilit� della presunzione in questione alla successione in ordine a beni in Italia di non . residente; L'esistenza de praesumpto, nell'attivo, di � denaro-gioielli e mobilia � � quantificata infatti, ex art. 8 comma 2 d.P.R. 637/1972, in percentuale (10%) del �valore complessivo netto dell'asse ereditario�. E poich� il termine � asse � nel significato suo proprio e nella ricorrente adozione legislativa (anche in settore di materia _dj.versa da quella suc;ces�oria: v. le t,!Spressioni � ass_e patrimoniale�, �asse ecclesiastico�, �asse demaniale�) individua costantement~ una globalit� di beni e non gi� singoli, cespiti separati -ne risulta per ci� stesso obbligato il riferime.to della presunzione alla sola successione del residente. Ci� anche in quanto ..,-nel nuovo quad,:�o di disciplir.l,a di;:ll'imposta successoria, delineato nel medesimo: cl,]>.R.. 637/1972--proprio il_;profilo soggettivo della residenza del defunto, se nazionale, � valorizzato al massimo (diversamente che nella previgente normativa) ~I ~ine di statuire la c.d. tassazione mondiale dell'asse ereditario (relativa,.cio� a �tutti i beni e diritti trasferiti, ancorch� esistenti all'estero�); mentre nei riguardi di de cuius residenti all'estero la successione avviene limitatamente ai (( beni e diritti esistenti in Italia � che, anche complessivamente considerati, non possono tecnicamente configUrarsi come asse (o sub asse) ereditario. 2/b. -Parallelamente, l'art. 2 comma 3 del d.P.R. 637/72 -che, co'n minuta e puntuale elencazione; indica appunto i criteri di collegamento che, ai fini indicati, valgono a qualificare l'esistenza o meno in Italia dei beni e diritti relitti -conferma ulteriormente, per parte sua, l'incompatibilit� della presunzione in parola con il meccanismo della successione nei confronti di non residente. La ratio della disposizione indicata � concordemente infatti ricondotta all'esigenza di evitare o limitare al massimo, con la prefissazione di precisi criteri 'di individuazione, l'insorgenza di future controversie sull'attrazione o meno della successione del-soggetto non residente nell'orbita dell'imposta nazionale. PARTE I;' SBz, V; GIWsPRUDBNZA: �TRIBUTARIA E :Con pari univocit� di lettura; in dottrina, .Ja disciplina< cosi apprestata � ritenuta �esa�sti\ra rispetto alla delimitazione del profilo territo.; riale della fattispecie ifup�bibile; Ora'�~� ti.elfo schekai"h'hiuso~def beni(del�' d�fiirtto n�ri residente, �che i1 Jegislator� '�bnsidefa agli�.� effetti'� ff$cali, � �esist�hti �nello ~tato (behi i~fdtH iri.ptibblid registff'a�ifo sfat� ~. azlom ci q\:i.dte di. societ� ital�ana; crediti garantHfsii benfiiifta1�iLfL iiori riertthfoo c�rtam.�nte �il ctenilr6, gfoie111 tkia mobltfa ~ �clfcU� �afsuccessivo ~t�s; n� questi sono suscettibili �.di essere.irich.is1 riella pifi l�inpia. b�tegorl~ degli ~~ altri belli �he ; si tMvhliO rielterritorid�. dello �sfafo ~;� cli �tH an�riiti:tno riuiri�td � (8) della �I~iicaii�n� Jiib ~ri.'�2; �sseiid.d ~v'�dente� �:he q�est'illt�ina ��� pur .��s�inpre categoria di beni connotata (al pari degli altri precedentemente indicati) ?a 'f.Ul ~t~tj,QJ;ttq <A r~a~Wt .,on tjsqlubiJ,e in una ti�tiQ iurl$. . ���i�> E t;:i�. ~PpPf!'l;().. YaJ.~.. a. FiJ?~c;lii:~J'.!'!~�l~ione .d~lia .P.ossibilit~ .di fittiz~o aumento perce9tu,a11e del vaj~te ctei CflSpiti ta.ssapili ;o.ella. fattispecie, s.�. �es~()l'ia. �q.~ide,:i:!'l:ta~ .. Cl;!l1 la f\Qll,Se~ell.z;a. eh~.,_ ~ori.dagli. al.ltoml[lt\smi ,della riferita preS~ OJ:l,!'! 7 anche .~ioieUi .f:, JP,Obiiii:t possono l;>en~t rist!ltare impQnibili nella .su�ce~sion,e del no:q re~~4,~9te, .ma solo in quanto se ne dimostri, aisei;:i.si d,e~'ai::~~ f.,�qp:t.;tl;I. 3 :q. 8, q.J?,R. 637, l'e~ettiva ~:i~stenza .. (la condizione cio� di altri beni �esistenti�) nello Stato ... /�'�.�2;c,�--'Va poi anc�ti:��cons�derktto ehe .:.;;.ove diversamente interpreta. ta, n�l senso estensivo cio�, presupposto dalla C.T.C. -la norma d�ll'art. 8 d.P.R. 637 parrebbe porsi in rotta di collisione con il prinCipio: del- l'art. 53 Cost. < Detto� . precetto, nella. consolidata�� esegesi �della Corte �costituzionale, pur t�llera��infatti una� ricostruzione presuntiva� del patrimonio tassabile, ma ;entro il.� �limite di .� ragfonev�l�zza � della presunzione che solo con; sente d� non vanificare il colleganient� ..;..; imprescindibile (ariche alla stregua di. superi�ri canoni di �civilt� giuridica) tra imposizione e �apac.it� contributiva���del. soggetto :inciso. E pfopri� una tale ragionevolezza, neila: specie, sarebbe difficilmente sostenibile ove la presunzione in� discorso dovesse ricollegarsi anche alla successione del non residente neUo Stato~ Quest'ultimo non ha qui infatti;. per definizione, l� .(( dimora abituale � alla quale possa presuntivamente essere riferita la detenzione. delle attivit� . mobiliari sopra indicate. N�, in base all'id quod plerumque accidit, la probabilit� che il non residente detenga nello Stato denaro, gioielli e mobilia potrebbe sul piano��1ogico trovare un fondato ancoraggio nelle singole situazioni di 570 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO localizzazione di beni nel territorio nazionale descritte sub art. 2 (in particolare dal n. 2 al n. 7), Le quali (si pensi alla titolarit� di quote di societ� italiane, di crediti garantiti da beni esistenti in Italia, di crediti nei confronti di debitore italiano, di titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato...) non costituiscono certamente indice, neppure indiretto, di un insediamento della persona nel territorio nazionale, virtualmente condu� cente all'acquisto e detenzione in esso dei cespiti in questione. Per cui, nell'alternativa tra una esegesi conforme a Costituzione (come quella precedentemente illustrata) ed altra in sospetto contrasto con ca� noni costituzionali (quale. quella invece accolta dalla sentenza impugnata) l'opzione per la prima � imposta dal canone dell'interpretazione adeguatrice. 3. -Non fondato � invece l'ultimo mezzo della impugnazione, con il quale si ripropone la questione individuativa della aliquota applicabile nella successione dei nipoti che succedono per rappresentazione. Al riguardo le ricorrenti continuano a sostenere che detta aliquota debba essere non gi� quella stabilita per gli �altri parenti�, ritenuta dell'ufficio, sibbene quella relativa alla categoria �fratelli e sorelle�, per essere esse subentrate nel luogo e nel grado � del loro ascendente -fratello appunto del de cuius -in virt� del meccanismo della rappresen II tazione ex art. 467 e.e. Ed il presupposto dell~esposta tesi �. evidentemente quello della ope IIrativit� dell'istituto civilistico della rappresentazione anche in materia tributaria. Ma proprio tale presupposto non pu� essere condiviso. Va escluso che alla soluzione del sotteso quesito interpretativo possa arrec.are un qualsiasi contributo la circostanza (di per s� neutra) della mancata riproposizione di una disposizione identica ed analoga a quella del previgente art. 1 d.lgt. 1945 n. 90, il quale stabiliva che �l'erede che viene alla successione per diritto di rappresentazione deve l'imposta nella misura che risulta dall'applicazione delle aliquote corrispondenti al grado di parentela esistente fra l'erede e l'autore della successione�, risultando detta disposizione non consapevolmente, ex se, abrogata, ma solo coinvolta dalla generale abrogazione di �ogni altra legge integrativa o modificativa del r.d. 1923 n. 3270 �, disposta dall'art. 58 del d.P.R. 637/72. E va escluso, altres�, che alcun utile elemento possa trarsi dalla sentenza costi I tuzionale invocata dalle ricorrenti, n. 13 del 1986, che si � limitata ad emendare il pi� sfavorevole trattamento riservato ai discendenti del figlio I I [: adottivo, rispetto a quello dei discendenti del figlio legittimo .succedente in rappresentazione, senza per� incidere sul problema della collocazione, PARTE I; SEZ. V, GIURISPRUDENZA -TRIBUTARIA 571 agli effetti della aliquota di imposta didette . (assimilate) categorie di eredi. � decisiva, invece, ai nostri fini, la considerazione del canone generale di applicabilit� di disciplina civilistica al campo tributario nei limiti in cui detto ultimo ordinamento non regoli autonomamente la materia, con proprie norme, rispondenti ad esigenze specifiche di settore. �lla hice di ta.l� priricipio � agevole rilevare che il d.P.R; 637/72, pi� volte richiamato, regol�tbre delfimposta di successione e applicabile 11ella fattispecie, nel disciplinare compiutamente i criteri per l'applicazione e la determinazione dell'imposta, ha chiaramente disposto, tra l'altro (art. 6), che l'imposta ti determinata mediante l'applicaz~one delle aliquote indicate nelle lettere a) e b) della tariffa allegata. Orbene, tralasciando la lettera a) che qui non interessa, in detta tariffa alla lettera b) viene stabilita per i �fratelli sorelle e affini in linea retta�, un'aliquota diversa da quella stabilita per gli �altri parenti fino �l 4� grado e gli affini fino� al 3� grado �, diversa ancora da quella stabilita per gli �altri soggetti�. E, come chiaramente si evince dal combinato contesto della norma richiamata e della relativa tariffa, _tale diversificazione � direttamente ed unicamente ricollegata al r~pporto naturale esisi~nte tra l'erede ed il dante causa, pre.scindendo dalla causa e dal titolo 'della chiamata al-; l'eredit�. D'altra parte, una diversa interpretazione della norma, dando rilevanza, per quanto qui riguarda, agli effetti .della � rappresentazione � comporterebbe, ai fini tributari, un inammissibile � salto � nel cosiddetto � ordine naturale di successione �, con una conseguente ed ingiustificata attenuazione della � ratio � del tributo successorio graduato esclusivamente sulla progressivit� fondata, oltre che in ragione dell'ammontare dell'attivo ereditario, sul vincolo, pi� o meno stretto, di parentela esistente, tra il dante causa e colui che in effetti � chiamato a godere delle eredit�. Ci� � particolarmente evidente nel caso di rappresentazione conseguente a r,inunzia>del primo chi~mato (ma la soluzione del nostro problema non pu� ovviamente che , essere unitaria), nelquale il rinunziante, che intende a sua volta lasciare al proprio discendente. l'eredit� attribuitagli, ottiene, attraverso il meccanismo sub -art. 467 e.e., direttamente il risultato finale, �con il vantaggio, sul piano fiscale, di eliminare una seguenza imponibile. Il che appunto giustifica che>in relazione a detta unica occasione d'imposizione si recuperi in parte, con la maggior elevatezza dell'aliquota applicabile, la perdita economica dipendente dal salto del trasferimento intermedio. (omissis) -~~~-����z��m�������;.=~ ,_, n N ,,,_, __.,_ Y.u,_�_ ,_._, ___ u, __._., Y. , , ,-_.,_, ~---Y., Y._ ,_ __ ,,_y;I . RASSEGNA AVVOCATURA DEil.O STATO 572 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1994 n. 7029 � Pres. Cantillo � Est. Sgroi � P.M. Lanni (conf.) � Soc. Italkali c. Ministero delle Finanze (avv; Stato Olivo). Tributi in genere � Violazioni di leggi finanziarie � Iscrizione di ipoteca ex art. 26 legge 7 gennaio 1929 n. 4 � Responsabilit� dell'Amministrazione -Art. 96 c.p.c. � Art. 2043 cod. civ. � Inapplicabilit�. (Legge. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 26; e.p.e. art. 96; e.e. art. 2043). Poich� la istanza al presidente del tribunale di autorizzazione alla isoriizione di ipoteoa ha valore di domanda giudi;;iale, la responsabilit� dell'Amministra<iione istante � regolata dall'art. 96 c.p.c. e non dall'art. 2043 e.e.; conseguentemente l'Amministrazione potr� rispondere del danno ne~.� caso che la misura cautelarie venga revocata per insussistenza del diritto (art. 96 secondo comma) se ha agj,to senza normale prudenza, e nel caso .che la misura venga revocata per carenza del periculum in mora (art. 96, primo comma) solo se ha agito con mala fede o colpa grave (1). (omissis) Col Ptimo motivo, la societ� ricorrente denuncia la violazione e falsa appli~azione degli artt. 2043, 2817, 2828, 2897 primo comma Cost. e dell'art. 26 legge n. 4 de( 1929, nonch� contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo, osservando che l'ipoteca de qua � a garanzia cli un credito (presunto) dello Stato, sorto da violazione delle norme tributarie risultanti da verbale di� contestazione, che � analogo a quello che sorge nei confronti dell'imputato e del responsabile civile, garantito da ipoteca legale a norma dell'art. 2817 n. 3 codice civile. Il provvedimento autorizzativo del Presidente del Tribunale non attribuisq~ all'intendente di Finanza un potere che egli non aveva e cio� il potere di iscrivere ipoteca, ma vale soltanto ad autorizzarne l'esercizio, rimuovendo un ostacolo all'esercizio cli una potest� spettante ab origine all'Intendente, il quale, nel richiedere l'autorizzazione non sperimenta �un'azione giudiziale, ma si limita a sottoporre alla delibazione necessaria e vincolante del Presidente �del Tribtinale il suo giudizio positivo sulla sussistenza ed attualit� del pericolo di dispersione del patrimonio del presunto debitore, in quanto la valutazione della sussistenza del fumus boni juris e del periculum in mora -ancorch� soggetta al controllo del Presidente del Tribunale -spetta all'Intendente, il quale dovr� effettuarla con l'oggettivit� e l'imparzialit� che deve accompagnare qualsiasi atto e comportamento della P,A. -. Il magistrato non deve accertare se sussista il periculum in mora, ma solo verificare se l'Intendente l'abbia verificato e ne faccia menzione. (1) Un importante chiarimento. I I,. I I fl . J:qfl:.e1,_ l~ s<,-..�iiet~ tjqgl(re.t#l �� 4ell1W.cia U:: v~lo 4l ol'.ll~ssa Q.�.col'.llU1lque irl,s~i:fi~te e cQntradQitt!'.>l'.ia .i.ptJiv~c>nfi! �ll: .()rtllne ~Ila natm-a .del. prov� ~~~:ra!"n~lil~�/:.......����.��:.>��� ���...:����������> ��/��� ''"'' ...��� .� .........JlJ:notivo.. �..JnfondatQ;,,.. � ���/� ~~e$,5{;;.ehe .� irtal1lmissibile Ja ceps.r~ .� fil�.�. clif~tto �~ m()tivaziQ.e, �II:a1:st~~::Sirt:::E .~ottolineare �;b.fil. jl. ].lr<>l)l~a di�a.sa cop,sjste :r;t(llllO $t~bAire .se. la respolk � La sussistenza del pericolo nel ritarclq � ...:.., dunq.e . ,..-un� presuppostQ necessario per chiedere (ed ottenere) anche l'ipoteca e non solo U seq.~ stro mobiUare;. in so.stai.~ la legge attri9uis~. all'A.mi.mJsq;a#one una &:$~-~fi~~ .� � �l pro~ed�m.ento�.� ctbl .� :Pt~siclente che..autorizza � l'ipoteca� � � ~once~so i:lif~D$1E~~~~~~t~~f= stenza del p�r:iculti:m in m�ra, :rna soltanto. di. ve:rifkare : se es'So sia staio accertato ed' esp6sto .:.;_ nell'istanza .;... dal11Intehdente(significa� trascurare �I dat� testuale per cui anche l'art. 671 c.p.c. detta: � il giudicei su istanza del creditore che ha fondato tim�re di perdere. fa ga:rantia del proprio credito pu�� autorizzare il�sequestro conservativo� e cio� atfribuisc� dapprima:: al creditore istante . la�� valutazione del� <i pe�'ictilum in� mora �, senza per questo togliere al giudice. il potere di val1;1tl;lrne l'esistenz~, .. 574 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 26 della legge del 1929 � strutturato nella forma della relazione fra istanza o richiesta o domanda (giudiziale) e provvedimento del giudice, per cui il provvedimento che � ottenuto ed eseguito dall'istante, ai fini della responsabilit� per danni subiti dalla controparte, rientra pienamente nella regolamentazione dell'art. 96 c.p.c. �, infatti, pacifico in giurisprudenza (dopo l'abbandono di un pi� antico orientamento, peraltro non univoco, secondo cui si doveva distinguere fra procedure ingiuste, cio� non sorrette da un titolo legittimo e dagli altri requisiti previsti dalla legge -che trovano sanzione nell'art. 96 c.p.c. -e procedure illegittime od irrituali, che trovano la loro sanzione nella responsabilit� ex art. 2043 e.e.: vedi, ad esempio, Cass. n. 2821/71; n. 2891/67; 3066/75) che l'art. 2043 e.e. e l'art. 96 C.P.C. si pongono in relazione di norma generale la prima e speciale la seconda, nel senso che quest'ultima contempla quella particolare ipotesi di responsabilit� da fatto illecito .che si verifica nel processo, per cui � escluso che possa farsi ricorso all'art. 2043 in tutte le ipotesi disciplinate dall'art. 96 c.p.c. (Cass. n. 2690 del 1971; n. 2129 del 1975; n. 5892 del 1978; n. 477 del 1983; n. 1891 del 1981; n. 874 del 1984). In particolare, per quanto attiene alle misure cautelari, rientra nella regolamentazione del secondo comma dell'art. 96 soltanto l'ipotesi in cui I esse vengono revocate � per l'inesistenza del diritto �, mentre nell'ipotesi in cui venga accertata la carenza del requisito del periculum .in mora � applicabile la regolamentazione dell'art. 96 comma 1�, con la necessit� pertanto -di accertare la mala fede o colpa grave (in tal senso, v. Cass. II 529/67; n. 491 del 1972; n. 2543 del 1974; n. 1924 del 1978; n. 1545 del 1985; n. 3799 del 1983; n. 1219 del 1989; n. 6349 del 1990; n. 126 del 1992, fra le altre conformi). L'inquadramento della fattispecie di cui � causa nell'ambito delle mi I sure cautelari rende sterile l'esame della questione se quella di cui si tratta � un'ipoteca legale o giudiziale. Comunque, a parte il fatto che si tratta (come ha notato la dottrina) di classificazione non tassativa, potendo profilarsi interferenze fra le due discipline, si osserva che il problema va esaminato nel contesto del rapporto fra l'art. 2043 e l'art. 96 c.p.c. Se l'ipoteca giudiziale � . quella che lo stesso creditore iscrive non in quanto autorizzato dal giudice, ma in quanto � munito dei titoli giudiziali indicati o richiamati dall'art. 2818 e.e., a maggiore ragione, deve definirsi � giudiziale� (oltre che legale, per le ragioni storiche gi� indicate in motivazione da Cass. n. 2447 del 1980, che peraltro devono essere aggiornate in base al nuovo testo del cod. proc. pen., artt. 316 e 218 disp. att., che ha abolito l'ipoteca legale sui beni dell'imputato e del civilmente responsabile) quella di cui all'art. 26 della legge n. 4 del 1929, che � autorizzata dal giudice e che cio� non pu� essere iscritta senza provvedimento I I ! PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRil{UTARIA 575 del giudice. E poich� il principio generale � che la parte che chiede un provvedimento giudiziale risponde degli errori del giudice, se risalenti alla parte stessa, � .evidente . che non vi pu� essere luogo all'applicabilit� dell'art. 2043 e.e., essendo la responsabilit� integralmente regolata dall'art. 96 c.p.c. Non occorre neppure fare riferimento all'ipoteca giudiziale, indicata nel sec.ondo comma dell'art. 96, posta la natura cautelare del procedimento de quo, per cui vale il riferimento ad esso (art. 96 secondo comma) per l'ipotesi di accertamento dell'inesistenza del diritto; ovvero si applica il primo comma, per l'ipotesi di inesistenza del periculum in mora quale � quello di sp~ie (vedi, per la necessit� che, in sede di giudizio ex art. 27 legge del 1929, si accerti l'esistenza del periculum in mora, Cass. 6 aprile 1979 n. 1989). (omissis) CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1994 n. 7061 -Pres. Corda -Est. Vignale -P. M. Bonajuto (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. Soc. Europa I. Tributi erariali indiretti -lmposta sul valore aggiunto e imposta di regi stro -Cooperativa edilizia -Natura di imprenditore commerciale Accertamento in giudizio -Legittimit�. (D:P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 2; e.e. art. 2540). Spetta aZZ.a commissione tributaria accertare in concreto se una cooperativa eserciti attivit� di lucro, per le quali va assoggettata al regime IVA, senza essere vincolata n� dalle risultanze dell'atto costitutivo n� dalla iscrizione nel registro prefettizio, essendo l'attivit� commerciale (e la conseguente soggezione al fallimento) compatibile con la finalit� mutualistica (1). (omissis! Con l'articolato motivo d'impugnazione, l'Amministrazione delle finanze deduce che: a) la sentenza impugnata ha errato quando afferma che non � possibile al giudice tributario accertare l'effettiva natura dell'attivit� svolta da una Cooperativa edilizia, poich� un siffatto accertamento sarebbe precluso dalla valutazione gi� espletata dagli organi della pubblica amministrazione. Infatti, il fine mutualistico perseguito dalla Cooperativa, presupposto per la sua iscrizione nell'albo prefettizio e nello schedario del Ministero del Lavoro non � inconciliabile con l'effettivo esercizio di un'attivit� commerciale, tanto che lo stesso art. 2540 cod. civ. prevede la possibiiit� di fallimento della Cooperativa; b) � errato affermare (1) Decisione ineccepibile. 576 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO che la dichiarazione di fallimento � irrilevante ai fini del regime IVA applicabile alle assegnazioni� di alloggi ai soci. Invero, il fallimento di una Ii cooperativa costituisce sicuro elemento di riscontro dell'esercizio di un'attivit� commerciale, sopr�ttutto se valutato alla luce di altre circostanze di fatto poste in rilievo dal verbale di constatazione della Guardia di Finanza; e) sussisteva la prova che gli assegnatari degli alloggi non erano soci della Cooperativa, posto che -secondo quanto risultava dal predetto I I verpale di constatazione -il libro soci della Cooperativa non risultava aggiornato dopo il 3 dicembre 1969, che gli agenti immobiliari si erano impegnati a rilevare gli appartamenti che fossero rimasti invenduti e che il sistema di vendite era inconciliabile con l'assegnazione di appartamenti ai soci. Il ricorso � fondato. Questa Corte ha gi� altre volte precisato che l'accertamento circa la finalit� di lucro dell'attivit� svolta da una cooperativa iI non � vincolato n� dall'oggetto sociale risultante formalmente dall'atto costitutivo della societ�, n� dal fatto che quest'ultima risulti iscritta nel registro prefettizio delle imprese cooperative. Invero, cos� come per ogni altra impresa, la natura commerciale dell'attivit� svolta da una societ� Icooperativa deriva esclusivamente dalla circostanza obiettiva che essa eserciti (o abbia esercitato) questo tipo di attivit� e dalla sussistenza del conseguente scopo di lucro; e l'indagine su tale aspetto non pu� ritenersi formalmente preclusa dal fine mutualistico della cooperativa, posto ch� I l'attivit� commerciale non � incompatibile con la finalit� mutualistica, se � vero, come � vero, che il II co. dell'art. 2540 cod. civ., prevede espressamente la dichiarazione di fallimento delle cooperative, cos� implicita I mente confermando che queste (cui � connaturale l'intento mutualistico) possano svolgere anche un'attivit� commerciale. Per cui, la dichiarazione di fallimento di una cooperativa implica che un accertamento positivo circa lo svolgimento di questo tipo di attivit� sia stato gi� eseguito dall'autorit� giudiziaria. Da cui la sostanziale irrilevanza, ai fini suddetti, anche dell'iscrizione della cooperativa nel registro prefettizio, rivestendo tale formalit� unicamente lo scopo di consentire alla societ� di partecipare ai pubblici appalti! e di usufruire di alcuni benefici fiscali (cfr., sotto i diversi profili, Cass. 16 maggio 1992 n. 5839; Cass. 24 febbraio 1986 n. 1104; Cass. 18 giugno 1980 n; 3856; Cass. 23 gennaio 1970 n. 144). In applicazione di� tali principi, nella specie sarebbe stato, quindi, necessario soltanto accertare se l'attivit� commerciale esercitata dalla cooperativa aveva riguardato proprio la cessione degli alloggi costruiti dalla cooperativa fallita oppure altre negoziazioni non aventi rilievo ai fini della controversia tributaria in questione~ (omissis) PARTB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 577 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1994 n .. 7063 -Pres .. Rossi -Est. De .Musis -P; M. Di Salvo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. Soc. Baldini. Tributi�et�rl�li indiretti � Imposta. sul valore aggiunto � Assegnazioni fatte dalla societ� ai soci � 4rt. 2, comma secondo n. 6, d.P .R. 26 ottobre 1972 n. 633 � Liquidazione di quota sociale agli eredi di socio defunto � 11: compresa. (D.l!.R. :26 ottol:)re 1972; n. 633, art. 2, comma secondo, n. 6; e.e. art. 2289). Nella p1"evisione dell'art. 2, oomma secondo, n. 6 det d.P.R. 26 otto' 6rt1972, n. 633 i(assegnazi<mi ais0ci fatte da societ� di ogni tipo) � ricompresa la liquidazione della quota sociale agli eredi del socio defunto (1). (o.missis) Con l'unico motivo si deduce che la Commissione tributaria cen1:riile, �ffermando che l'art. 2, secondo comma, n. 6, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 �.~ che dispone che, al fine dell'.applicazione dell'IVA, costituiscono cessioni di beni � le assegnazioni fil Soci fatte a qualsiasi titolo da soci�ta di ogni tipo e ogg�tto ... � -� inapplicabile all'atto di liquidazione � dellaquota del socio �efll,nto ai suoi .eredi perch� costoro non sono soci, � incorsa iri violazione di detta norma, nonch� dell'art. 2289 e.e., in quanto non sarebbe ragionevole considerare la liquidazione della quota sociale assoggettabile a tributi diversi a seconda che avvenga nei confronti del socio defunto (e cio� dei suoi eredi), oppure nei confronti del socio esduso o che abbia :receduto, tenuto conto, in particolare, che gli eredi subentrano nella stessa posizi�ne del defunto e che l'art. 2289 e.e. pone sullo stesso piano, in tutti i casi nei quali il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, costui e i suoi eredi. Il motivo � fondato. L'art. 2 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (contenente l'istituzione e la disciplina dell'imposta stil valore aggiunto} dispone, al secondo comma, che costituiscono cessioni di behi (come tali assoggettabili a detta imposta): � : �� 6) le assegnaziohi ai soci fatte a qualsiasi titolo da societ� di ogni tipo e oggetto ... �. Come� si ricava dalla locuzione � a qualsiasi titolo � le assegnazioni alle quali la norma si riferisce sono non solamente quelle consistenti nella distribuzione di somme a soci che conservino tale qualit�, ma anche quelle consistenti nella erogazione di somme a soci che cessino di far parte della societ�. Ci� che � fondamentale, nella norma, � che l'assegnazione avvenga a causa della qualit� di socio, e cio� che il titolo dell'attribuzione sia tale qualit�. (1) Decisione . da condividere. Non constano precedenti. 14 578 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Consegue che la liquidazione, agli eredi, della quota del socio defunto, rientra nell'ipotesi legislativa, poich� essa (liquidazione) trova il suo titolo nella (pregressa) qualit� di socio del dante causa. Gli eredi, difatti, non sono legati da alcun rapporto con la societ� e pertanto la liquidazione, pur fatta direttamente nei loro confronti, attiene a somma che (viene a loro assegnata perch�) sarebbe spettata al loro dante causa. La decisione impugnata dev'essere pertanto cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria centrale, la quale si atterr� al seguente principio: costituisce cessione di bene, ai sensi dell'art. 2 secondo comma n. 6) del d.P.R. 26 ottobre 1972, la liquidazione della quota del socio defunto ai suoi eredi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 agosto 1994 n. 7494 -Pres. Beneforti Est. Catalano -P. M. Nicita (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano) c. Falletti (avv. Berliri). Tributi in genere -Accertamento -Notificazione � Destinatario defunto Omessa comunicazione degli eredi -Notificazione nelle forme ordinarie al domicilio del destinatario defunto � Validit�. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 60 e 65). � regolare la noNfica nei modi normali nel domicilio fiscale risultante dalla dichiarazione del contribuente defunto qualora gli eredi non abbiano provveduto a comunicare all'ufficio le proprie generalit� e il proprio domicilio a norma dell'art. 65 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600. Solo quando sia stata data la comunicazione dovr� adottarsi la forma della notifica agli eredi impersonalmente e collettivamente (1). (omissis) Sono, invece, fondate le ulteriori deduzioni nelle quali si articola il ricorso dell'Amministrazione Finanziaria. A tal fine � necessario premettere che la disciplina delle notificazioni degli atti di accertamento � contenuta nel citato d.P.R. 600/1973, recante le disposizioni comuni in materia di. accertamento delle imposte sui redditi, il quale richiama le norme dettate al riguardo dagli artt. 137 e ss. c.p.c. con alcune modificazioni (art. 60). L'art. 65, la cui rubrica si riferisce esplicitamente agli eredi del contribuente, dopo la previsione di carattere generale per la quale essi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si � verificato anteriormente alla morte (1) Decisione importante che offre rimedio ad una difficolt� spesso ricorrente. Ove manchi la comunicazione degli eredi la notifica pu� eseguirsi, senza limiti di tempo, come se la parte defunta fosse ancora in vita. Importante l'ac� costamento con l'omessa comunicazione della sede legale della persona giuridica. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA del dante causa (art. 65), fa carico. ai medesimi di comunicare all'Ufficio delle imposte del domicilio fiscale di quest'ultimo, le proprie generalit� ed il proprio domicilio fiscale disponendo, infine, che la .notifica degli atti intestati al dante causa pu� essere effettuata ad essi, impersonalmente e collettivamente, nell'ultimo domicilio del medesimo ed � efficace nei confronti di coloro che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui innanzi. Nella specie gli avvisi di accertamento, intestati alla contribuente, sono stati notificati a distanza di trentuno giorni dal suo decesso mediante consegna 'a persona addetta alla ricezione. Da tale circostanza la Commissione Tributaria Centrale ha desunto la nullit�-inesistenza della notificazione per violazione della regola concernente la notifica collettiva ed impersonale agli eredi. Senonch�, argomentando in tal modo non si � tenuto conto che l'adozione di siffatto procedimento notificatorio presupponeva che l'Amministrazione avesse acquisito, sia la notizia della morte del contribuente, sia la conoscenza del nominativo degli eredi e ci� sarebbe stato possibile attraverso la comunicazione prevista dal secondo comma del citato art. 65 che nella specie non � stata eseguita. Da ci� consegue che nell'assoluta carenza di siffatte indicazioni, deve essere ritenuta valida la notificazione mediante consegna degli atti a colui che era legittimato a riceverli in ragione dei suoi rapporti con la destinataria effettiva e che non� avrebbe ifu1 alown modo palesato 1l'avvenuto decesso di quest'ultima, non sussistendo; in mancanza di tali adempimenti, la giuridica possibilit� di osservare la: formalit� della notifica impersonale prevista dalla legge. Il medesimo fondamento, del resto, sta alla base della previsione contenuta nell'art. 60 gi� citato, il quale nel fissare il termine a decorrere dal quale producono effetto le variazioni e le modificazioni dell'indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale dei redditi, stabilisce che per le persone giuridiche, le societ� o gli enti privi di personalit� tale termine ha inizio dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell'ufficio della comunicazione prescritta dall'art. 36, precisando che in mancanza di ci� la notificazione � eseguita � validamente � nel comune di domicilio fiscale risultante dall'ultima dichiarazione annuale. Si tratta, in sostanza, di una situazione non dissimile a quella che si verifica nell'ipotesi di notificazione dell'impugnazione alla parte defunta dopo la pubblicazione della sentenza la cui validit� � stata da tempo affermata nel caso in cui l'atto venga indirizzato alla parte indicata nella sentenza se la parte su istanza della quale viene instaurato il giudizio di impugnazione, non abbia avtito conoscenza legale dell'evento (Cass. 22 aprile 1974, n. 1156). Per quanto si � esposto, si impone l'accoglimento del ricorso ed il rinvio della causa alla Commissione Tributaria Centrale la quale si uniformer� ai principi innanzi esposti in tema di notificazione collettiva ed impersonale agli . eredi dell'atto di accertamento, ai sensi dell'art. 65 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600. (omissis). 580 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 ottobre 1994 n. 8423 -Pres. Rossi �� Est. Olla -P. M. Amirante (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Pavone) c. Chlesura. Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Societ� di persone � Subentro di socio in corso di esercizio -Imputazione del reddito al socio tale al momento della approvazione del rendiconto. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5). A norma dell'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, nell'ipotesi che nel corso di un esercizio sociale di una societ� di persone si sia verificato un mutamento della compagine sociale, il reddito della societ� deve essere imputato interamente al socio subentrato, che sia tale al momento della approvazione del rendiconto, e non al socio uscente e al socio subentrante proporzionalmente alla durata del periodo di partecipazione (l). (omissis) Nel suo unico mezzo d'annullamento l'Amministrazione ricorrente denuncia che la Corte di Venezia ha violato gli artt. 5 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, 2262, 2261, 2293 e 2289 Cod. civ. In primo luogo, perch� il diritto agli utili sorge soltanto in capo al soggetto che � socio al momento dell'approvazione del rendiconto, sicch�, mentre nessun diritto in tal senso pu� vantare colui che in quel momento non sia pi� socio, il debito per tutti gli utili dell'esercizio sussiste nei soli confronti del soggetto che in quel momento ha la suddetta qualit�; salvi, comunque, i particolari rapporti interni tra il cedente ed il cessionario che, peraltro, sono irrilevanti nei confronti della societ� e, in ogni caso, in ordine alla controversia che ne occupa, dato che nella specie non risultano esservene stati. Indi, perch� nessun rilievo pu� avere, quanto meno nell'ambito tributario, la disposizione dell'art. 2289 Cod. civ., non fosse altro perch� la stessa attiene all'ipotesi della modifica della compagine sociale per il venir meno di uno dei soci, laddove nel caso che ne occupa si tratta della modifica della compagine sociale per il subentro di un socio ad un altro. La censura � fondata. Secondo il correlato disposto degli artt. 5, 6, 7 e 52 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 (sull'IRPEF) gli utili netti conseguiti, nel periodo di imposta, da una societ� semplice, o in nome collettivo, o in accomandita semplice sono imputati, come entit� non frazionabile e nella misura risultante dal conto profitti e perdite (idest dal rendiconto debitamente approvato), a reddito dei soci che hanrio diritto a percepirli in proporzione alla loro quota (1) La massima � da condividere. Sembra per� doversi precisare che il momento determinante al quale va riferita la qualit� di socio non � quello della approvazione del rendiconto ma quello della chiusura dell'esercizio. PARTE l� SBZ. V, GIURISPRUDENZA. TRIBUTARIA 58:1 di partecipazione aglistessi1 mdipendentemente d:aHa loro effettiva percezione. Quin.di, vengono imputi;\ti nella loro interezza ai soli soggetti che abbilU1o. la qualit�.di sQci() . all'atto dell'approvazione ciel rendiconto. Pertanto, contrariamente a.qu1U1to.affermi;\to ...dalla �orte d'appello di Venezia, ove,. nel. co.rso dell'esercizio sociale� cli uria delle. suddette societ� di persone si veriffohiil trasferhnentc> d�lla posizione di. soci� medilU1te la cessiorie ad �tiri. iterzo della partecip~ione sociale, la quota di utili deve essere imputata periliterC> al cessioria:rfo(che sia ancora socio al momento dell'approvazione del� rendiconto) e non gi� ad entrambi i soci (il� eedente ed il <:essionario) in mi.sura proporzionale, La conclusione, fondata sul dettato normativo, � ribadita da . esigenze logiche, pratiche e sistematich.e cb,e giustificano .appieno. l'anzidetta di� $C�plina. �. . . � Ip:fa~ti, non si individ,ua un idoneo. c;ritetjq per la ripartizione degli utili t:raiLced,ente. ed,U .(;)essionario, !lo:Il .~sendo a .. tal fine S'llfficiente ed ap. pa.gan!~ il ric()rs() lilllli\ semplicistica ri$)artizione .'secondo .. la . durata . del periodo � di partecipazione. alla societ�:. tanfo �. reso. plasticain�nte palese, pfOpri� con riferiinento al caso in. esame, dalla constatazione che la Corte di. Venezia, applicando il� metodo qui� disatteso; �� pervenuta a riconoscere cortie imputabile al Chlesrir� una� quota di utiliaddirittura inferiore a quella che lo stesso contribtiente aveva amrtiesso come a 1tti imputabile. Inoltrei �ome � stato giustamente osservato; la produzione del reddito da parte della societ�i seppure progressiva, non .� continua ed uniforme nel tempo, e quindi, non � possibile procedere ad una� quantificazione frazi~ na!a g>rrispondente l:l}J'effettiva (P:roduzione del reddito. stesso. Nelcqntempo, l!a misura.della quota del socio uscente.ceduta nel corso dell;aI�no non � determinabile in relazione. alla parte di . redditi dell'esercizio annuafo maturata alla data del trasf'erlmento, sia perch� � possibile che m quel momento il reddito sia del tutto negativo per poi essere increnienfato dalla capacit� commerciale del nuovo socio; il che vale, con le necessarie � � variazioni, 1U1che �con riferimento alla posizione del nuovo socfo; e sia perch�� �� affattb verosimile che nelle c6iid'izioni della cessione sia contemplata e comp�tata l'mcidenza delfonere tributario grav1U1te per intero sul cessionario secondo la normativa tributaria qui accolta, .con.fa conseguenza, che nei rapporti jnternltra cedente e c.essionario la ~t.essa .. dillciplina finisce coll'e$S:ere.. )leutra <li com.nque, ovviabile senza alcun pregiudizio per il cedente, D'altra parte, la normativa tributaria qui delineata appare coerente ai principi civilistici positivi in tema di attribuzione degli utili ai soci delle societ� di persone allorch� si consideri che, sulla loro base, il relativo diritto matura (nel senso che sorge e si perfeziona) solo coll'approvazione del rendiconto. Da t1U1to, infatti, consegue che ove nel corso dell'esercizio sociale un socio abbia trasferito ad altrHa sua quota di partecipazione alla societ�, costui non pu� aver alcun diritto agli� utili, proprio perch� nel 582 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO momento in cui quel diritto sorge, non essendo pi� socio, non ha nemmeno il diritto di credito alla separazione dal patrimonio della societ� dell'entit� monetaria corrispondente ad una quota di utili, che costituisce estrinsecazione della qualit� di .socio; e che, correlativamente il diritto l'intera quota di utili compete soltanto al cessionario che sia socio nel detto momento, in capo al quale, per quanto si � detto, quel diritto matura. N� vale, in contrario, il richiamo al dettato dell'art. 2289 Cod. civ, posto che la sua disciplina, o quanto meno il principio ad esso sotteso, non possono trovare applicazione ai fini della soluzione della questione della quale si tratta, stante la netta diversit� della situazione considerata in detta norma rispetto a quella che qui rileva: l'art. 2289 Cod. civ. attiene all'ipotesi dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio senza il subentro di altro socio, ed ha per oggetto la disciplina della liquidaziop.e <leHa sua quota, e -proprio perch� non v'� una continuit� nella partecipazione sociale sia pure attrave~so la sostituzione di un socio con un altro -non pu� che essere risolta alla sola stregua della situazione patrimoniale della societ� nel giorno in cui si verifica lo scioglimento; di contro, il tema che ne occupa attiene alla semplice identificazione del soggetto che ha diritto agli utili nell'ipotesi del mutamento della composizione della compagine sociale per effetto del trasferilnento della posizione di socio durante il corso dell'esercizio sociale e prima dell'approvazione del rendiconto. Si deve ribadire, perci�, che, come � stato denunciato nel ricorso del!' Amministrazione Finanziaria dello Stato, la statuizione della Corte di Venezia � fondata su un principio erroneo e non condivisibile. Ne discende che occorre accogliere il motivo ed il ricorso; cassare la sentenza impugnata e rinviare ad altro giudice di pari grado -.. che si determina in altra Sezione della stessa Corte d'appello di Venezia -per il nuovo giudizio sulla base. del principio che, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 5 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 contenente l'istituzione e 1a disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, nell'ipotesi che nel corso di un esercizio sociale di una societ� in nome collettivo si sia verificato il mutamento della composizione della compagine sociale con il subentro di un socio nella posizione giuridica di altro, i redditi della detta societ� devono essere imputati esclusivamente al contribuente che '$la socio al momento della approvazione del rendiconto (e quindi, al socio subentrante) proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non gi� al socio uscente ed a quello subentrante attraverso una ripartizione in funzione della durata del periodo di partecipazione alla societ� nel corso dell'esercizio. (omissis) 583 PARTE I1 SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 novembre 1994 n. 9126 -Pres. Zucconi Galli Fonseca -Est. Rocchi -P. M. Aloisi (conf.) -Ministero delle Fi nanze l.avv. &tato Favara) c. Consorzio Porto Fluviale di Padova (avv . .!Yhmzi). Tributi .�in� g~el'.e ~.CQ.te�qi;o tributario ��.Competenza e gil!risdizione � .� J>l~yl#e~ s.p.e in\leMlt~. �<Il�� eSl?roeria,zio.e ~ Imposizione ex art.. 11 .� cottillii 5; 7, S e10 iegge 30 dicembre 199l n. 413 � Ritenuta di f1CCOnto � Decreto ministeriale che regola le modalit� per l'adempim�nto ��degli oneri � Ricorso al tribunttle anuninistratlvo regionale� "' 'Difetto di giu risdizione. � (Legg~ 30.<di!:tllllb1'1l 1991, n,413, at,t. 11; t,u, .22>dicembi:e 198(\ n. 917; art..81). . . . . � Il tribunale ammitz,istrativo regiona,te � carente di giurisdiz,ione su,lla il'J'lpUgl'/;(zyJione d�zp. M� 5 fll,bbraio 199~ che a norma dell'art.11 comma 10 .delZa legge Jo' 4icembre �1991 .. n... 4ifregola le modalit�. dfadempimento' 'd(~li oneri conftessi alla tassazione delte plusvalenze conseguenti all~ percezione di indennitd. di espropriazione ed altri compensi similari (1). (omissis) Il Consorzio Zona Industriale e Porto Fluviale di Padova (Consorzio Z.I.P.) ed il Consorzio Zona Agricola Industriale di Venezia . (Consorzio Z.A.I,) � ,sono enti �pubblici ai. quali specifiche leggi dello Stato (leggi 4 febbraio 1958 n. 158, 1~ ottobre 1969 n. 739 e 10 maggio 1988 n. 191; decreto legislativo 24 aprileJ948 n. 57~ e legge 26Juglio 1975 n. 378) hanno assegnato quale attivit�Js:ijtuzionale quella volta all'espropriazione, urba (1) Decisi�ne di eviderite esattezza ed assai importante in quanto pone un argine al tentativo; che si va facendo frequente, di contestare in via preventiva e generalizzata l'operativit� di una nonna di imposizione. Nel caso, con la pretestuosa impugnazione di un D.M. che conteneva solt:.ito istruzioni sulle modalit� di versamento delle ritenute, si pretendeva di bloccare con un provvedimento del TAR l'operativit� della norma che stabilisce l'imposta sulle plusvalenze originate. dall'espropriazione, e �i� prima e indipendentemente dalla costituzione, a seguito di una effettuata ritenuta, di un rapporto di imposta. Evidentemente l'impugnazione non era rivolta contro il D.M. in quanto tale (che non aveva nemmeno natura di provvedimento), :tna mirava, attraverso l'incidente di legittimit� costituzionale, a contestare l'obbligazione tributaria, anzi la fonte normativa di essa. . . . Prima che un rapporto di imposta specifico e individuale sia concretamente sorto, nessuna impugnazione � proponibile perch� ogni possibile domanda provorrebbe ttna. questione in astratto ed in via preventiva. . Ma in ogni caso esulerebbe � dalla. giurisdizione amministrati~a qualunque . istanza che fa capo al >rapporto di �imposta di diritto soggettivo; la giurisdizfone appartiene al gi�dice tributario �anche se innanzi ad esso nessuna azione sar� proponibile prima che si instauri un rapporto specifico a seguito o dell'emanazione di un atto di accertamento o del versamento diretto a cui segua la domanda .di rimborso. RASSEGNA AWOCATURA � DELW STATO 584 nizzazione e successiva assegnazione di aree ricomprese nelle zone loro affidate. Con legge del 30 dicembre 1991 n. 413 sono �State ricondotte al sistema delle imposte sul reddito anche le plusvalenze derivanti dalla percezione di indennit� di esproprio, di somme a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi, di somme comunque dovute per ef� fetto di acquisizione conseguente ad occupazioni di urgenza divenute il .� . . . . . . legittime. ~ In particolare, come avvertito in narrativa, l'art. 11 deUa legge citata, modificando l'art. 81 del T.U.l.R. ( d.P.R. 22 dicembre 1986 n ..917) ha ricompreso le � plusvalenze da esproprio � nella categoria dei redditi diversi, al pari delle plusvalenze realizzate mediante ces,sione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria; e ha previsto che � le plusvalenze da esproprio � scontino, medi;:i,nte ritenuta operata dall'ente espropriante al momento del pagamento dell'indennit�, un'imposta sostitu� tiva al 20o/~ dell'indennizzo. Con il successivo decreto ministeriale 5 febbraio 1992, emanato ai sen� si del decimo comma dell'art. 11 citato, � stata poi data attuazione alla disciplina legislativa sopra cennata, mediante la fissazione del codice-tributo n. 1052, denominato � indennit� di .esproprio, occupazione, ecc. (art. 11 legge 413/1991 �, gruppo 55, per :I.e ritenute operate dall'ente erogante a norma del settimo comma dell'art. 11; nonch� mediante la fissazione delle ulteriori modalit� necessarie per l'applicazione della legge. Il nuovo sistema di imposizione tributaria sulle � plusvalenze da esproprio � realizzato in concreto da D. M. 5 febbraio 1992 citato, appare signifi� cativamente incisivo nei riguardi dei ricorrenti, i quali, in quanto soggetti esproprianti, si vedono costretti a nuovi adempimenti nello svolgimento della loro attivit� istituzionale. In conseguenza di ci�, avverso U decreto ministeriale attuativo ed �vverso il testo di legge che ne costituisce il presupposto, il Consorzio Z.1.P. ed il Consorzio Z.A.1. hanno proposto ricorso avanti al T.A.R. del Lazio, facendo valere l'illegittimit� dell'atto ministeriale impugnato, nel riflesso della incostituzionalit�, sotto molteplici profili, della disciplina legislativa a cui U D. M. citato dava attuazione. In tale quadro, il ricorso per regolamento di giurisdizione proposto nega la giurisdizione del Tribunale amministrativo regionale investito della questione, sostenendo che, rispetto al D. M. 5 febbraio 1992 specificatamente impugnato, sussisterebbero situazioni non di interesse legittimo, ma di diritto soggettivo, tutelabili esclusivamente avanti alle Commissioni tributarie. PARTB l; SBZ. Vi GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Vale in propositd rilevare come non.�. sia revocabile in dubbio �che il disposto. dell'art< l1 della>legge n;413 del 1991, secondo. il quale sono tassabili anche le plus:valenze con&eguite. attraverso. le indennit� . di es.propriazione; >Costruisca la� posizione giutidic� del privato obbligato al� pagamento del td:b.to con tQnsist~a: di . diritto �soggettivo. Ci� posto, ,poich� l'obbligaz�on; e; tributaria, nasce c(in ih:verificarsi �� del. presupposto � del tributo, ne eo�lsegite che ll relatht& rapporto� sLtostituisce: con.Ia.�percezione .dell'indennit�< e �che> >itif relazione:> :aH'imposirdone retroattiva> l'obbligazione tdbut�ria: sorge oon.Hentrat� in vigore della.legge istitutiva del tributo, volto a tendere> imponibile il presuppQ~to �verificatosi anteriormente. D~altto �antoi la posizione del sostituto d'ifupostll; ancM~gli soggetto passivo dell'obbligazfone � tributaria; ha.� ug'Ualmente consistenza: di diritto soggettivo. �tH fiafticofat�; l'�libUgaziO�le .del sBstifuto/ai sensi deW'art. Jl; comma settimo, sorge nel mom�frfo mcm egli corrisponde lifo.de:nriit� al. sostituto, equmdi, cilri tigitardo al caso in esame, i due Consotti, nel momento in d:d hann() �atllto iF ii.udi.Ce amministrativo erano� tifolan di :Posfaione di diritto soggettivo, mrelazione al pi:'elievd da effettuate come sostitUti d'imposta. � � �ri tale pfospettiva va ulterionriente osservato che con rlgtiardo alla tassazione delle plusvalenze in oggetto,. il decreto ministeriale . 5. febbraio 1992, si l�i:nit� a stabilite altt.til� ii:iodalit�. de1la: ris6ossfohe med!ante. autota: ssazfon�: ~iene indi~afo (:fo� ilcodiCe del tribttto (n. 1052) ai fihi dell'imputazione delle somme.versate;'sfpfedsa che il versamell.tO va fatfoh allo spOrtello del 6oncessi�nario d:elia ristossione (usando la distinfa mod. I, :tiio�lufario �F)�o a mezzo d��.bollett:iri�>'dfcont� corrente postate� ad esso destfoato (bo11. mod. li).; 11tattast du~que, di disposizioni meramente att�at: ive fo �rdfue alle quali noli: sembra confignra:bile, in relazione al c�ntefiJtb cl�ifo preserizioili � s\lcldette/ una dis1:�rifa �posizione giuriclica dJi � destinatari, qualificabile come int�tesse Iegitti:rrio. i:ri ogni caso,� questo potrebbe rigtt�rdare 1e �modalit� della �riscossione, non certo l'obbligazione �t:rio1lfari�; ...�Qrheri~; i Consorzi hanno impugnilfo dinanzi al T.A.R. il� decret� mini~ teri~le 5 f~bbraio 199i-,.corretta1llente qualificato �attuativo� -non gi� per vizj prqpri,. l?ensl l>er Yasserita incostituzionaUt� della �disciplina attuat~. �, cio� dell'art. 11 della legge n. 413 d.el 199,1.. per contrasto con gli aFtt.. 3 e 5~ Cast.; ed h~nno chiesto che il T.A.R.,. dichiarata la rilevanza e la non manifesta infondatezza. della questione, la rimetta alla Corte costituzionale: l'unica. ragione di impugnativa del decreto ministeriale � cio�, l'incostituzionalit� della legge cui d� attuazione. 586 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Ci� posto, � vero che un'azione giudiziaria pu� essere proposta sull'unico presupposto dell'illegittimit� costituzionale di una norma: cos� ad esempio si pu� adire il giudice ordinario per negare l'esistenza di un obbligo nascente da una disposizione di cui si deduce l'incostituzionalit�; ma � necessario che l'azione venga proposta innanzi al giudice provvisto di giurisdizione in ordine alla posizione giuridica fatta valere e rispetto alla quale si prospetta la questione di legittimit� costituzionale. Nella specie, invece, si impugna l'atto amministrativo non in s�, ma per contestare l'esistenza dell'obbligazione tributaria di cui quell'atto regola l'adempimento; e la posizione giuridica fatta valere non � di interesse legittimo (che dovrebbe configurarsi rispetto al decreto impugnato), ma di diritto soggettivo, del quale si deduce la lesione per effetto della norma asserita incostituzionale. E poich� la tutela di tale diritto appartiene al giudice tributario, v'� difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Diversamente opinando, ritenendo, cio�, che tale posizione soggettiva possa atteggiarsi (anche) come interesse legittimo, si tornerebbe alla concezione. del diritto fatto valere come interesse, sovvertendo il principio del petitum sostanziale, per cui la giurisdizione si determina con riguardo non gi� al (solo) provvedimento richiesto, ma alla posizione giuridica fatta valere. Diverso problema � stabilire se il giudizio sia attualmente proponibile innanzi al giudice tributario; tale verifica va fatta allo stesso giudice, seconelo le regole proprie di quel processo. Al riguardo pu�, peraltro, porsi, in astratto, il problema -a fronte di una azione di mero accertamento negativo del debito tributario introdotta in via preventiva dinanzi alle Commissioni tributarie -della proponibilit� di detta azione, in termini di difetto assoluto (e/o temporaneo) di giurisdizione, nella mancanza di un atto impositivo della Amministrazione finanziaria (in tale senso, Cass. 10999/93). In realt�, il problema, con riferimento specifico al caso in esame, va affrontato e risolto nel senso che la questione della attuale proponibilit� del giudizio innanzi al giudice tributario non preclude l'affermazione nella specie della giurisdizione delle Commissioni tributarie, trattandosi di questione -come affermato, con riguardo a situazioni consimili, da Cass. nn. 7084/86, 3415/87, 2983/88, 162/91 -che non investe il potere giurisdizionale di quel giudice, ma eventuali limiti interni all'esercizio del potere medesimo, sotto il profilo della procedibilit� della domanda ovvero della sussistenza delle condizioni per il suo esame nel merio. In conclusione va affermata la giurisdizione delle Commissioni tributarie. (omissis) PARTB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 587 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1994 n. 9998 -Pres. Salafia Est. Grieco -P. M. Delli Priscoli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. De Stefano) c. Comune di Catania (avv. Mineo). Tributi erariali indiretti � Imposta sul valore aggiunto � Dichiarazioni e opzioni � Forma � Necessit� � Comportamenti concludenti � Insufficienza. Il. principia di libert� delle forme, se pure consente la affrancazione da qualsiasi formula obbligata, non giustifica lo stravolgimento di regole formali essenziali per il raggiungimento del fine; un preciso adempimento prescritto .non .pu� .essere sostituito da un comportamento concludente. (omissis) Con la censura principale, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicaziorte dell'art. 74 uc. del d.P.R. 633/1972, introdotto dall'art. 30 d.l. 18 marzo 1976':n.461 in relazione all'art. 360, primo comma n. 3 c.p.c. Sostiene che l'opzione deve essere presentata nel rispetto di regolarit� formali e, quindi, dal legale rappresenante della societ� al competente Ufficio IVA; non pu� essere sostituita da equipollenti e meno ancora, da comportamenti concludenti. Ih via subordinata, la ricorrente denunzia insufficienza di motivazione avendo 1a Corte territoriale palesemente confuso la dichiarazione di opzione con le dichiarazioni periodiche delle imposte dovute nelle quali non era dato rinvenire, in maniera chiara, la volont� di avvalersi del regime normale. Le censure -che per essere strettamente connesse vanno esaminate congiuntamente -sono fondate. � agevole cogliere nella esposizione logico-giuridica della Corte territoriale un equivoco di base laddove, con riferimento al principio della libert� delle forme, ha ritenuto sufficiente che la prescritta �dichiarazione di opzione� possa, per un verso, essere effettuata con qualsiasi modalit� e, per altro verso, individuata in qualsiasi manifestazione idonea a rivelare, in modo non equivoco, la volont� del contribuente di optare per l'applicazione dell'imposta nel modo normale. Ma il principio di libert� delle forme consente, nel quadro di un preciso schema, la utilizzazione dei modi espressivi pi� diversi e, quindi, l'affrancazione da qualsiasi formula obbligata ma, certamente, non lo stravolgimento di regole formali essenziali per il raggiungimento del fine che il legislatore si � prefisso; per la immediata, e diretta, individuabilit� della volont� della parte, al riparo da ogni possibile equivoco; per il rispetto delle competenze stabilite dal legislatore. E, dunque, la libert� delle forme non permette di sostituire ad un: preciso adempimento, attuabile nelle forme espressive pi� varie, le deduzioni, per quanto obbligate possano essere, ricavabili da altri atti o da altri adempimenti prescritti dalla normativa fiscale. -� x_ -~ 588 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO In definitiva, l'affermazione che una determinata dichiarazione pu� essere fatta in totale libert� di forma non implica affatto che essa -nella specie, la opzione -sia legittimamente individuabile in comportamenti concludenti. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 dicembre 1994, n. 10463 -Pries. Cantillo -Est. Olla -P. M. Aloisi (conf.) -Soc. Marconi (avv. Mariani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Provvedimento impugnabile Elenco di sgravio ex art. 44 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 -Ricorri bilit� alla commissione nel termine di sessanta giorni. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 44). Tributi in ge1�ere -Contenzioso tributario -Giurisdizione delle commissioni -Controversia sugli interessi sui rimborsi -Vi rientra. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 1 e 16). L'elenco di sgravio di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 602/1973 che, anche implicitamente, nega parzialmente il diritto al rimborso o ai relativi interessi, � agli effetti dell'art. 16 del d.P.R. 636/1972, quale atto da assimilarie all'accertamento, un provvedimento che deve essere impugnato con rioorso alla commissione a pena di decadenza nel termine di 60 giorni (1). Nella giurisdizione delle commissioni come definita nell'art. 1 del d.P.R. n. 636/1972 sono ricomprese Ze controversie sugli accessori delle imposte e fra questi gli interessi (2). (omissis) 1. -Il primo motivo del ricorso denuncia che nel dichiarare che la societ� Marconi Italiana era decaduta dall'azione diretta a far valere il proprio diritto agli interessi, la Corte di Roma ha violato ed applicato fa1samente l'art. 44 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, posto che questa norma non prevede alcun intervento del contribuente e, quindi, una sua attivit� il cui mancato esercizio possa determinare la decadenza dal diritto al rimborso. �Ai fini della valutazione va premesso che il giudice d'appello ha posto a fondamento della ragione della decisione sviluppata in via prin (1-2) Decisione importante che sulla premessa della nozione estesa di accertamento, desumibile dall'art. 1 del d.P .R. n. 636, ricomprende nella giurisdizione speciale tributaria tutte le controversie sull'obbligazione di imposta originate da atti anche diversi da quelli elencati nell'art. 16 (Cass. 18 aprile 1994, n. 3684, in questa Rassegna 1984, I, 343; 7 settembre 1991, n. 9429, ivi, 1991, I, 577). Dell'esattezza della seconda massima non si � mai dubitato. i'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 589 cipale, l'affermazione che la fattispecie per cui � controversia attiene ad un'ipotesi nella quale l'Amministrazione finanziaria, mentre ha riconosciuto il diritto della Maxconi Italiana al rimborso del tributo indebitamente versato, ha denegato il diritto della contribuente agli interessi sulla somma rimborsata: ci� in quanto, una volta che l'art. 44 u.c. d.P.R. n. 602/1973 prevede espressamente che detti interessi debbano essere calcolati direttamente dall'ufficio ed � indicati nello stesso elenco di sgravio � (cio� nel provvedimento che dispone la restituzione del tributo), la mancata inc!icazione degli interessi negli elenchi con i quali l'Amministrazione a'Veva disposto i rimborsi in favore della contribuente non poteva assumere ,altro significato che quello di rifiuto del riconoscimento del diritto agli interessi stessi. Da siffatta affermazione -che si risolve in un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimit� e che, in effetti, non � stato censurato .,,__ discende che il tema della controversia tributaria verteva, e verte, nell'individuare S(i! ilprovvedilnento col quale l'Amministrazione abbia denegato la spettanza degli interessi sulle somme corrisposte a titolo di rimborso di imposte indebitamente percepite, debba essere impugnato in sede giurisdizionale, pena, in difetto, la sua definitivit� e l'estinzione del diritto del contribuente agli interessi stessi; e, in caso di risposta affermativa, quali siano il relativo mezzo di impugnazione ed il suo regime. Ebbene, di :lironte a questa tematica (risolta dalla Corte d'appello di Roma nel senso che� quel provvedimento deve essere impugnato davanti alle Commissioni tributarie, secondo le regole dettate dall'art. 16 d.P.R, 26 ottobre 1972 n. 636, nel testo, per quanto attiene al caso di specie, previgente alla novella di cui all'art. 7 d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739) il disposto dell'art. 44 d.P.R. n. 602/1973 ed il dato che lo stesso non prescriva alcun intervento del contribuente, risultano del tutto inconferenti. Per vero, quegli elementi possono incidere soltanto sulla ricostruzione della disciplina del diritto del contribuente agli interessi avanti che l'Amministrazione si sia pronunciata su esso diritto, ma non anche sulla questione, che qui rileva, circa la ricostruzione� della disciplina. della situazione conseguente alla pronuncia di un provvedimento di denega del diritto stesso, che dev'essere risolta sulla base della normativa inerente all'impugnazione dei provvedimenti che disconoscono un diritto del contribuente. Il motivo, perci� � infondato e deve essere disatteso. 2. -Nel secondo mot�vo, la ricorrente riconosce che il provvedimento di denega degli interessi deve essere impugnato in sede giurisdizionale davanti alle Commissioni tributarie; nega, per�, che tale impugnazione sia soggetta al regime dettato dall'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 nel testo .vigente a.vanti la novella del 1981 e, in particolare, all'onere RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 590 di proporre il ricorso davanti al giudice tributario entro sessanta giorni dalla comunicazione dell'elenco di sgravio. Infatti, spiega, quella disciplina non � applicabile una volta che la norma: a) attiene alle controversie sui tributi, laddove � gli interessi di che trattasi non acquistano natura di tributo ... n� sono ad esso assimilabili, giacch� costituiscono il risarcimento del danno subito dal contribuente per il ritardo con il quale l'Erario, nella specie debitore nei confronti di un soggetto per somme indebitamente percette, restituisce quelle somme�; b) riguarda le imposizioni tributarie o i rimborsi dei tributi indebitamente percetti e, dunque, situazioni ontologicamente diverse da quella per cui � conrtroversia, avente ad oggetto un � diritto ... che si estrinseca in un obbligo per l'Erario di pagare al contribuente qualcosa che non ha incassato � da lui. Quindi, conclude, ai fini della determinazione del termine peir il ricorso non pu� che applicarsi la disciplina xelativa al termine di prescrizione del diritto del contribuente agli interessi sulla somma 1rimborsata, con la conseguenza che il termine di decadenza per la proposizione del ricorso alle Commissioni tributarie � di dieci anni, e che la Corte di Roma, nell'affermare, invece, che � di sessanta giorni dalla notifica del provvedimento, ha applicato in modo errato e falso il combinato disposto degli artt. 16, comma terzo del d.P.R. 636/1972 e 44 del d.P.R. n. 602/1973. La censura � infondata. In via assorbente in quanto dal principio -saldamente affermato da questa Corte Suprema (v., Cass., S.U. 11 maggio 1992, n. 5389 e 20 luglio 1987 n. 6360) e che di per se stesso non � contestato dalla ricorrente -che la tutela giurisdizionale dei diritti del contribuente relativi alla spettanza degli interessi dovuti dall'Amministrazione all'atto della restituzione di somme indebitamente percepite per tributi non dovuti � attribuita alle Commissioni tributarie, discende, necessariamente, che tal tutela si deve svolgere sulla base delle norme che fissano le regole del procedimento davanti a quel giudice tributario e, quindi, che i ricorsi sono assoggettati alla disciplina del d.P.R. n. 636/1972 sul contenzioso tri butario ed in particolare, per quel che qui interessa, al regime di cui all'art. 16 di quel testo legislativo. In ogni caso, per la non condivisibilit� degli� argomenti specifici sviluppati in contrario dalla ricorrente. Infatti, la pretesa relativa agli interessi essendo accessoria al diritto al rimborso del tributo indebitamente corrisposto, non pu� che rimanere assoggettata alla disciplina processuale prevista per il debito capitale, senza che nessun rilievo possa avere in contrario la natura del diritto agli interessi. D'altra parte, dallo stesso art. 16 d.P.R. n. 636/1972, anche nel testo antecedente alla modifica del 1981, si evince che ai fini dell'applicazione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA del regime ivi .prescritto, rimangono equiparati agli atti impositivi quelli che denegano il diritto del contribuente alla restituzione delle somme pagate e dei relativi interessi, che, ai sensi dell'art. 44 n. 602/1973 sono dovuti per.� legge. e devono essere liquidati d'ufficio da:Il'Amministrazione finanziaria; tanto, tra l'altro, � �del.tutto coerente al sistema, perch� anche con riferiment9 a quelle pretese v~ � un accertamento del rapporto di imposta~ sia p\lre nei su()i riflessi sulla spettanza, l'entit� e gli effetti acce~sQi�,. aut().latfoi� previsti dalla legge, del. rimborso del credito di imposta. Anche qtJ:e!Jt9 .wezz(), J?erci�, deve essere disatteso. 3;� -.Il terzo. fuotiv� denund~rerronea e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.. 16, comma primo del d.P.R. n. 636/1972 e 44 del q.P.R. n. 602/1973sottC> c1ue distinti profili. Ne1. primq. si . sostiene . che. la Corte territoriale ha errato allorch� ha affei:mafo che in tanto n . COlltribuente pu� far valere davanti alla Commissione tributaria il diritto agli interessi, sol in quanto abbia dato corso, precedentemente, alla formazione del silenzio-rifiuto. . . . Net secondo� si . sostiene che la stessa Corte ha errato allorch� ha affermato che ��il termil1e per il ricorso decorre dalla comunicazione del1 'eienco di sgn1.vio: innanzitutto, perch� quell'elenco non � considerato fra g� atti avverso i cil1ali il contribuente � legittimato a proporre ricorso; in ogni caso, perch� gli uffici possono liquidare i rimborsi e gli interessi con pi� elenchi anche successivi ed in date differenti, non essendo previsto un termine entro il quale debbano essere necessariamente eseguiti i rimborsi e gli accrediti degli interessi ove dovuti. Per ragioni d'ordine logico dev'essere esaminato prioritariamente il secondo profilo. La relativa censura � infondata . . . Nel corso dell'esame del primo motivo s'� acquisito che, nella specie, gli elenchi di sgravio emessi a favore� della Marconi contenevano una pronuncia implicita di denega del diritto della contribuente agli interessi sulle somme delle quali veniva disposto il rimborso. Ora, anche alila stregua del diis.posto dell'art. 16 d.P.R. n. 636/1972, nel testo originario (per il quale si � considera imposizione il rifiuto di restituzione della somma pagata� e, come s'� detto, della corresponsione degli interessi sulle somme restituite) un elenco di sgravio avente un siffatto contenuto deve essere sussunto nell'ambito della categoria degli �avvisi di accertamento� .di cui al primo comma del detto art. 16: pertanto, nella pai:te in cui denega il diritto agli interessi deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro il termine di sessanta giorni dai1a sua notificazione, cos� come ha correttamente statuito la Corte di Ro!_Ila. Del resto, gi� altra volta questa Corte Suprema ha affermato che rientra nella categoria degli atti di accertamento suscettibili di autonoma impugnazio RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 592 ne ai sensi dell'art. 16 d.P.R. n. 636/1972 (anche prima delle modificazioni introdotte dall'art. 7 d.P.R. n. 739/1981) l'atto col quale l'Amministrazione finanz�aria neghi la spettanza di un �diritto vantato da un contribuente in materia tributaria (Cass., 7 settembre 1991 n. 9429, con riferimento ad un atto col quale era stato negato il diritto ad un'esenzione fiscale). 4. -Circa il primo profilo del motivo .,deve essere rilevato preliminarmente che lo stesso investe la ragione subordinata sulla quale la Corte di Roma ha fondato la sua decisione: cio�, che pur ad ammettere che gli elenchi di sgravio non contenessero un provvedimento implicito di denega del diritto della Marconi Italiana agli interessi, il ricorso alla Commissione tributaria sarebbe stato pur sempre inammissibile stante l'insussistenza di un provvedimento impugnabile: infatti, mentre non v'era stata una pronuncia dell'Amministrazione sul diritto della contribuente agli interessi, la Marconi Italiana non aveva espletato la procedura per addivenire al silenzio-rifiuto, e cos�, ad una situazione eguipollente a quella di una pronuncia negativa. Ad analoga conclusione preliminare si deve pervenire per quanto attiene al quarto motivo col quale la ricorrente denuncia l'omessa, insufficiente e inconsistente . motivazione della sentenza impugnata nel punto in cui ha � affermato apoditticamente, senza fornire alcuna motivazione, che anche nel caso in cui non si dovessero ravvisare negli elenchi di sgravio gli atti avverso i quali il contribuente era legittimato a proporre impugnazione, quest'ultimo avrebbe comunque dovuto attivarsi con una apposita istanza (e non si dice neppure a chi doveva essere indirizzata: all'Ufficio o all'Intendenza) da inoltrare a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno e, in caso di mancata risposta dopo novanta giorni (ma non � neppure chiaro se dalla data di inoltro o da quella della ricezione) propone ricorso alla competente commissione tributaria entro i successivi sessanta giorni�. Ora, col rigetto dei primi due motivi del ricorso e del secondo profilo del terzo mezzo risultano disattese tutte le censure che la societ� Marconi ha mosso nei confronti della ragione sulla quale la Corte d'appello ha fondato in via principale la sua pronuncia. Ne discende, per un verso, la definitivit� della statuizione fondata su quella ra~ic; per altro verso, che la ricorrente non ha interesse alle cen: sure svolte col primo profilo del terzo motivo e col quarto motivo posto che investendo le stesse solo la ratio decidendi subordinata, il loro eventuale accoglimento non potrebbe mai portare all'annullamento della sentenza impugnata che rimarrebbe pur sempre ancorata all'altra ragione della decisione ormai divenuta intangibile e di per se sola idonea a sorreggerla. Pertanto, le anzidette censure devono es.sere dichiarate inammissibili. 1 5. ---" Il ricorso, di conseguenza, � infondato e deve essere respinto. (omissis) PARTE SECONDA 15 :::::-p���x-,�x'��� ,., ....~ ....,�---� � ~.diff'-Aj'";,""__ .,. :-: :-:�..... ::--..-:::mm -� :::: -� .. ,.;::::: :-: :-: .. M....:x.... ..... :-: QUESTIONI EFFETTIVIT� DELLA TUTELA: OTTEMPERANZA (*) 1) Premessa. 1l. stato �autorevolmente affermato che il giudizio di ottemperanza costituisce la chiave di volta della giustizia amministrativa (1) in quanto � funzione del suo oggetto e misura della sua effettivit� (2). Ta,le affermazione sembra pienamente da condividere in quanto l'ottemperanza � connotata, in tutte le ._tappe della sua evoluzione, dalle singolari caratteristiche della nostra giustizia amministrativa, �n particolare da quella pi� saliente e peculiarissima della sua matrice giurisprudenziale. U11a matrice giurisprudenziale che non si � certo limitata ad interpretare gli scarni precetti dettati da un legislatore che in materia � sempre stato di tacitiana brevit� ma che ha, invece, sempre costruito sistemi di giustizia amministrativa del tutto diversi da quelli disegnati nel testo normativo. 2) L'origine storica dell'istituto. L'origine storica dell'istituto � ben nota, ma merita forse di essere brevemente ricordata, anche perch� pen pochi istituti della nostra giustizia amministrativa sarebbero comprensibili senza una anamnesi. Il legislatore del 1865 aveva devoluto al giudice ordinario tutte le materie nelle quali si facesse. questione di un diritto civile o politico, ancorch� la sua lesione� dipendesse da un atto amministrativo, conferendo al giudice stesso il potere di disapplicate l'atto e prescrivendo alla l'ubblica Amministrazione il dovere di conformarsi al caso deciso. � La riforma, come si sa, non dette buoni frutti: il self restraint della magistratura ordinaria ne ti:ac.ll lo spirito liberale e fece rimpiangere i vecchi Tribunali del contenzioso. Venne intrqdotta quindi nel sistema, un quarto di secolo dopo, nel 1889, la IV Sezione del Consiglio d� Stato come organo amministrativo depu� tato ad un controllo interno di legalit�, ma sempre nel quadro di una giurisdizione unica radicata in capo al giudice ordinarlo. Al Consiglio di Stato in quanto collegio amministrativo venne attribuito il potere -che mai allora sarebbe stato concepito in capo ad un giudice, ancorch� speciale -di annullare gli atti amministrativi a seguito di un sindacato cassatorio di mera legittimit�. Il sistema del 1889 .forniva quindi all'amministrato due tutele nettamente distinte: una giurisdizionale di diritto soggettivo sostanzialmente risarcitoria ed una amministrativa e formale di diritto obiettivo, risolventesi nell'annullamento degli atti illegittimi impugnati. (*) Il presente articolo � tratto dalla relazione tenuta dall'Avv. I.F. Caramazza al Convegno per il ventennale dei Tribunali Amministrativi Regionali (1974/1994}, tenutosi a Bolognain data 17-18 giugno 1994. (1) C. CALABR�, Il giudizio di ottemperanza, in Studi per il �entocinquantenario del Consiglio di Stato, Roma, 1981, III, 2007. (2) R. VIVENZIO. La sentenza amministrativa fra esecuzione e ottemperanza: ricostruzione e rivisitazione critica. degli itinerari giurisprudenziali e prospettiva di riforma, in Quadern~ regionali, 1990, 1111. 94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il logico anello di chiusura di tale sistema fu il ricorso in ottemperanza, in� trodotto dall'art. 4 della legge del 1889, con una formula rimasta a tutt'oggi immutata, che conferiva alla parte che non si contentava degli effetti civili della decisione dell'autorit� giudiziaria ordinaria � il mezzo di far cadere interamente il provvedimento illegittimo che il giudice aveva disapplicato � (3) attraverso un � ricorso diretto ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorit� amministativa di conformarsi al giudicato dei Tribunali �. Il ricorso in ottemperanza fu ricompreso fra quelli per i quali il Consiglio di Stato aveva competenza estesa al merito: si usa in proposito tradizionalmente spiegare tale attribuzione attraverso la s�a coessenzialit� con il potere sostitutivo che �compete al giudice dell'ottemperanza. In .realt� sembra che il . riconoscimento di un potere sostitutivo al giudice dell'ottemperanza sia molto meno risalente nel tempo in quanto, nel 1889, alla locuzione � giudizio di merito � si att.ribuiva il significato proc�ssual~civilistico della cognizione del giudice estesa al. fatto e non quello amministrativistico che dpveva matl,lrare decenni dopo -di un potere di giudizio diyerso sulla base di. un .Parametro di valutazione altro dalla norma giuridica, cio� del parametro della �pportunit� e della convenienza (4): . ancora nel )907 si distingueva infatti fra competenza della IV e . della V Sezione a seconda che si ritenesse la cognizione estesa o meno al fatto (5). Il legislatore del 1889, in realt�, quando istitu� la IV Sezione del Consiglio di Stato, intese insediare un organo amministrativo di vertice .con poteri giustiziali di annullamento che si poneva, in un sistema di giustizia interno, rispetto a quelli sottordinati, nella .stessa posizione in cui si pone nel giudizio civile la Cassazione rispetto ai giudici di merito. Logica, quindi, la previsione di attribuire eccezionalmente la cognizione anche ,del .fatto a,]. Consiglio .di Stato in sede di giudizio di ottemperanza, attesa la carenza, in quel giudizio, di una preventiva fase di merito. � L'assunto sembra d'altronde anche� dimostrato dal timidissimo e stentato avvio della giurisprudenza in materia: le prime pronunce si faranno attendere per circa venti anni e saranno�di portata estremamente riduttiva, escludendo che la conformazione al giudicato della Pubblica Amminist;razione fosse un vero e proprio dovere giuridico (tanto vero che per gravi ragioni poteva essere mantenuta in vita la situazione illegittima corrispondendo al privato l'id quod interest (6)) e riducendosi il potere decisorio del Consiglio di Stato ad una �autorit� esclusiva di interpretare la volont� inclusa nel giudicato� (7). 3) L'estensione del rimedio al giudicato amministrativo. La IV Sezione del Consiglio di Stato, nata come organo amministrativo, si trasform� ben presto in organo giurisdizionale. Per effetto di una singolare eterogenesi, da un corpus normativo che affermava l'unicit� della giurisdizione in capo al giudice. ordinario e istituendo un procedimento amministrativo contenzioso quasi giudiziale interno all'Aministrazione, negava la ipotizzabilit� stessa di un giudice amministrativo, nacque infatti un giudice amministrativo incardinato nell'Amministrazione sull'esempio del mo (3) Relazione governativa alla legge 31 marzo 1889 n. 5992. (4) U. PoTOTSCHNIG, Origini e prospettive del sindacato di merito nella giurisdizione amministrativa, in La giurisdizione amministrativa di merito, Firenze, 1969, 29 ss. (5) L. MIGLIORINI, L'istruzi?ne ne. processo amministrativo di legittimit�, Cedam. Padova, 1977, 14. (6) Consiglio di Stato, V, 30 dicembre 1910, in Giur. it., 1911, III, 87. (7) Cassazione, 18 gennaio 1909, in Foro it., 1909, I, 227. PARTE II, QUESTIONI. 9) dello francese.. Un modello la .clii evoluzio1te doveva essere imitata bruciando le tappe: quella trasformazione da organo amministrativo in organo giurisdizionale Che aveva Chiesto tre quarti di secolQ al Consiglio di Stato transalpino doveva cons1.ttt1�rsi1 infatti; per la IV Sezione di quello italiano, . nel breve volgere di pochianni; � .���.�:E?.� noto; infatti; che la Cassazione dLRoma a� Sezioni Unite, con sentenza 2l mat.zo. 1893 n.J71;riconobbe natura .giU;tisdizionale alla IV�Sezione.�del Consiglio ���ctt��.statc>. ��ᥥ �.� Uria delle co:liseguenze di tale trasfoonazione fu� la� estensione del ��giudizio di ottemperanza -. congruente p�r .?agionistoriclie; .lqgiche, letterali .solo oon il.�giudi�ato civile -al..giudicata amministrativo. La decisione della IV Sezione che afferm�� il principio viene genericamente tacciata di l:if)oditticit�/come .es�mpio di �bruta normazione giurisprudenziale (9). A�ben legger�a pare, .. invece;�chei :essa .. contenga�una niotivazionescarna ma di. singolare. modernit�, in . quanto � equipl!\ra nella esigenza di tutela l'interesse legittimo .fatto. <valere dimmzi . al Consiglio di Stato al diritto soggettivo fatto valere: dirlanzi al giudice. ordinario~ Si legge> .infatti;. nella decisione .richiamata: <1 sempre sta fermQ il principio c~. logico inscindibile contenuto . della pronuncla dii' annullamento di atto anu:trlnistliativo si � la pronuncia dichiarativa: della le� sione.� da�.� parte dell'Amministrazione ,di� un interesse�� giuridicamente protetto e pertanto dell'obbligo della Amministrazione: alla re!!taurazione .del. medesimo )>, Segue da talLpremesS� � , , � che s.e I'Amm�hlatrazfon�; �di fronte al giudicata: amministrativ<>; $�si ;mantenuta in.� atteggiamenro negative}; poich� Ja perd1mmte omissione dell'Amministrazione sempre importa lesi9ne di �un Jegj.ttiino interesse delprivatdi ..:rlcono$ciutoe .diohiara;t-0, dal giudicato,bene .. �. da: .ritenersi in tal easo a:m:missibile. il ricorso del privato. all'atitorit� giurisdizionale >?e (in sede di giudizio di ottemperanza). � � �li/equiparazione fra..diritto. soggettivo, e interesse legittimo in sec;le di .ottemperanza � evitlente .~. altrettant� evidente> � �C.ome la esmen.za sostanziale della effettivit�. della tutela: abbia fati.o. premia: sulle. esigenze. Iogiche e. sistematiche che �non tonsentirebbero di equiparare . le. duec ipotesi; �A fronte delle sentenze del gjudiee civile, infatti; Yannttllamento delFatto ed. eventuali .ulteriori prnvvedimenti anmtlni#rativi. sono. dati esterni ed. ulteriori, mentre a fronte della decisione del giudice amministrativo� l'annullamento � dell'atto corrisponde alla sua intrinseca essenza e gli .ulteriori. ptovvedhnenti,sono atttconseguenziali. Altra interessante affermazione contenuta nella d�cisione citata� � quella relativa al contenuto della. statuizione di ottemperanza; cbe i< riconfermando, col sigillo di nuova pronuncia, la perdurante violazione del legittimo interesse del privato e l'obbligo dell'Amministrazione di ripararlo, costituir�, ove permanga sine iuxta causa, l'inazione dell'autorit� amministratiVa, Iegiale titolo all'interessato per. l'istanza, dinanzi alla competente autorit�, di rifazio;ne del danno �.. Si co.nferma cosl la portata riduttiva e meramente dicltlarativa ch� tendenzialmente il giudice ;;unminiStrat.i'Vo �assegna alle � de�isioni' di �ttei:riperariia. Una portata rlduttlva .che con poche evdIUziOJitle avrebbe acicom:Pagri:ate.praticamente fino alll'istffuzione dei TT.AA,RR. (10) e c:lie trova un preciso crisma l�gislat�vo nell'art. 26del T.U. sugliJmpiegati dviij dello Stato che definisce fa decisione del Consiglio di Stato coriclp.siva di un g~p.i,ilzio di ottemperanza a giudicato am" (8) Consiglio di Stato, IV, 9 marzo 1928 n. 181 e n. 182, in Giur. it., 1928, III, 123. (9) M. NIGRO, Il giudicato amministrativo e il processo di ottemperanza, in Atti del XXVII congresso di studi di scienza dell'Amministrazione, il giudizio di ottemperanza, Milano, 1983, 65. (10) S. GIACCHBm, Un abito nuovo per il� giudizio di ottemperanza, in Foro Amm., 1979, I, 2611. � . � . � .�.. 96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ministrativo come quella che � dichiara l'obbligo dell'autorit� amministrativa di conformarsi al giudicato �. In effetti, e pur in presenza di alcune eccezioni, sino a vent'anni or sono il giudice dell'ottemperanza ha utilizzato poteri sostitutivi solo in presenza di attivit� vincolata dall'Amministrazione ed il commissario ad acta nominato per l'ipotesi di perdurante inerzia dell'Amministrazione, veniva qualificato come organo straordinario dell'Amministrazione inadempiente, con ogni naturale conseguenza sul regime di impugnazione dei suoi atti. D'altra parte il giudizio di ottemperanza veniva ritenuto ammissibile solo in presenza di assoluta inerzia o di rifiuto dell'Amministrazione: l'interposizione di un atto purchessia (e purch�, negli ultimi tempi, non macroscopicamente elusivo) escludeva l'azione di ottemperanza e postulava l'ordinario regime impugnatorio. In una parola, come incisivamente osserva Franco Scoca, � all'epoca della istituzione dei Tribunali Amministrativi la giurisprudenza prevalente del Consiglio di Stato riteneva che il ricorso per ottemperanza fosse inammissibile ove l'Amministrazione avesse comunque adottato nuovi provvedimenti o l'ottemperanza comportasse attivit� discrezionali �, sicch� il processo di ottemperanza �si presentava come un tronco improduttivo � (11). Il giudizio � severo e. certamente condivisibile � de futuro �. Per quanto riguarda la costruzione pretoria elaborata fino ad allora, sembra possa osservarsi come essa fosse coerente con la concezione del giudizio amministrativo come giudizio sull'atto, sufficiente a fornire garanzie estrinseche di legalit�, ma inidoneo a garantire all'amministrato l'effettivit� della tutela, il godimento sostanziale dell'utilit� perseguita. Il giudizio di ottemperanza riproduceva, in altri termini, i limiti di quello generale di legittimit�: un giudizio che era stato, tutto sommato, adeguato ad un ordinamento in cui il privato aveva da far valere nei confronti del potere pubblico soprattutto interessi oppositivi ed in cui la tradizione della Pubblica Amministrazione era ancora ispirata a criteri di competenza e correttezza. Un importante risultato era stato comunque raggiunto: il giudizio di ottemperanza era stato esteso al giudicato amministrativo e la sua qualificazione come giudizio esteso al merito attribuiva al giudice dell'ottemperanza quei poteri sostitutivi che comportava la nuova accezione della contrapposizione legittimit�merito che nel frattempo era venuta maturando. Tali poteri sostitutivi erano stati fino allora poco o punto esercitati, ma di essi il giudice amministrativo, nel ventennio successivo, pur a situazione normativa immutata, avrebbe dimostrato di saper fare buon uso. 4) L'istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali. Il sistema di giustizia amministrativa italiano, cos� come costruito dalla giu� risprudenza del Consiglio di Stato, con tutte le sue peculiarit� (prime tra tutte la categoria dell'interesse legittimo ed il suo singolare �giudizio di ottemperanza�) fu costituzionalizzato dalla Carta repubblicana nel 1948 in modo quasi notarile, con tutte le sue originalit� e le sue contraddizioni: basti pensare a quella che vede contrapporre da un lato la qualificazione dell'interesse legittimo come posizione soggettiva sostanziale (art. 24); dall'altro la qualificazione del giudizio amministrativo come giudizio sull'atto e quindi come giudizio cassatorio, inidoneo a garantire il riconoscimento di un bene della vita (art. 113). Unico, mo (11) F. ScocA, Modello tradizionale e trasformazione del processo amministrativo dopo il primo decennale di attivit� dei TT.AA.RR., in Dir. proc. am.vo, 1985, I, 270. PARTE II, QUESTIONI desto elemento innovativo, l'introduzione del principio del doppio grado, con la previsione (art. 25) dell'istituzione a livello regionale di organi di giustizia amministrativa di primo grado. Previsione cui doveva dare attuazione la legge istitutiva dei TT .AA.RR. (6 dicembre 1971 n. 1034) che, com'� noto, non contiene alcuna rivoluzionaria innovazione normativa ed appare anzi, in larga misura, rispettosa delle formule tradizionali. In particolare, per quanto riguarda il giudizio di ottemperanza, il comportamento del legislatore appare paradigmatico, in quanto, da un lato, riproduce la vecchia formula che testualmente si riferisce al solo giudicato del giudice ordinario, dall'altro d� per presupposta ed avallata l'innovazione giurisprudenziale dell'estensione dell'istituto al giudicato amministrativo, ripartendo la competenza fra TA.R. e Consiglio di Stato (art. 37 legge TA.R.). Normativa costituzionale e normativa ordinaria sembravano dunque segnare, a prima vista, il consolidamento del sistema tradizionale di giustizia amministrativa. L'evoluzione della giurisprudenza, mostra invece una rapida e progressiva evoluzione dovuta a tutta una serie di fattori che trascendono il dato normativo. Vi � innanzi tutto la creazione di una nuova classe di giudici amministrativi italiani, di estrazione diversa da quella tradizionale del Consiglio di Stato e sganciati da ogni funzione . di consulenza. Ci� ha fatto s� che, nei confronti dell'Amministrazione, la giurisdizione amministrativa abbia manifestato, per la prima volta nella sua storia, un netto distacco, cui si aggiunge una nota di diffidenza e di sospetto ogniqualvolta la questione sottoposta al giudizio abbia una particolare rilevanza politica o comunque incida su fatti politicamente rilevanti (12). La diffusione � sul territorio � dei giudici amministrativi, il diffondersi della cultura ed il miglioramento del tenore di vita, hanno reso, poi, di massa una domanda di giustizia che prima era solo elitaria. A ci� si aggiunga la comparsa sulla scena del giudizio di nuovi soggetti, di parte privata e pubblica. Da un lato comparvero, infatti, gli enti esponenziali di interessi diffusi, dall'altro le Amministrazioni locali nella nuova dimensione portata dalla riforma regionale e dal decentramento, che hanno spostato il livello decisionale amministrativo da organi burocratici periferici ad organi politici elettivi, con un sicuro aumento di democraticit� del sistema ed un correlativo minor grado di competenza e di tecnicismo. Tra i fattori che hanno concorso ad incrementare la domanda di giustizia innanzi ai giudici amministrativi, infine, non va tralasciato quello dell'eccessiva produzione normativa che -frequentemente accompagnata dalla oscurit� dei testi di legge -� spesso fonte di incertezza sia in ordine all'individuazione della normativa vigente, che all'interpretazione di essa. Questo fenomeno, all'origine di numerose controversie, ha -negli ultimi tempi -assunto una tale portata da costringere la stessa Corte Costituzionale a prenderlo in considerazione come ragione di superamento di uno dei pi� importanti principi del nostro ordinamento, vale a dire quello sintetizzato nel brocardo � ignorantia legis non excusat � e codificato nell'art. 5 del c.p.. Con la sentenza n. 364 del 24 marzo 1988, infatti, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimit� dell'art. 5 c.p. nella parte in cui non esclude dall'inescusabilit� dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile, specificando altres� che tra le cause di ignoranza inevitabile rientra senz'altro la ridondanza, l'equivocit� e nebulosit� della normativa vigente. La Corte, in definitiva, non ha potuto che prendere atto di una realt� in cui la (12) F. PIGA, 150 anni del Consiglio di Stato, in Atti del Convegno celebrativo del 150� anniversario, Milano, 1983, 391. 98 RASSEGNA AWOCATURA DEU.O STATO produzione legislativa � non solo estremamente copiosa, ma spesso anche di difficile comprensione, destinata, per dir cos�, ad un ristretto gruppo di � ad� detti ai lavori � e -pertanto -fonte di incertezze ed incomprensioni che fini� scono di frequente col produrre contenzioso. La forza delle cose ha imposto quindi al nuovo giudice amministrativo di soddisfare un'esigenza di tutela sostanziale. La richiesta, sempre crescente, montante nella societ�, era che egli si trasformasse da giudice dell'atto in giudice del rapporto e della pretesa per la conseguibilit� di quel � bene della vita� che dovrebbe pur sempre essere conseguibile se � vero che l'interesse legittimo � una situazione sostanziale. Orbene, bench� stretto nelle angustie di una giurisdizione generale di legittimit� che rimane pur sempre una giurisdizione di annullamento, il giudice amministrativo italiano � riuscito a rendere giustizia nel rapporto attraverso una serie di strumenti indiretti. Si tratta, in definitiva, di una serie di� invenzioni giurisprudenziali che -in un modo o nell'altro -hanno permesso al giudice amministrativo di dare concretezza ad una tutela che, diversamente, avrebbe rischiato di rimanere a volte puramente nominale. Le strategie di volta in volta utilizzate per realizzare sostanzialmente giustizia sono state varie, prima fra tutte il potenziamento dello strumento cautelare. A tal proposito, significativa appare la prassi secondo cui la sospensiva viene applicata non solo ai provvedimenti ablatori dalla cui esecuzione possa derivare un danno grave ed irreparabile al privato come dovrebbe essere secondo un'applicazione rigida dell'art. 21 L. T.A.R. -ma anche a provvedimenti di contenuto ampliativo in. senso lato, quali quelli di ammissione a concorsi pubblici, di dispensa dal servizio di leva e di rinnovo di concessioni. Si tratta di un utilizzo in chiave � anticipatoria � dello strumento cautelare, nel senso che esso viene utilizzato per assicurare immediatamente al privato lo stesso risultato di un provvedimento ampliativo dell'Annhinistrazione, senza attendere i normali tempi di pronuncia della stessa, grazie ad un intervento sostitu� tivo del giudice. La stessa lbgica, tendente ad assicurare tutela pregnante e reale al privato interesse anche in sede cautelare, ha trovato, come � noto, cittadinanza anche in sede di iniziativa legislativa nel corso della decima legislatura. Sempre pi� spesso poi -onde garantire maggior concretezza alla protezione accordata al cittadino in sede giurisdizionale -il giudice amministrativo ricor� re a statuizioni atte a produrre effetti ordinatori o conformativi nei riguardi del� l'Amministrazione, cos� da vincolarne direttamente l'azione. Ci� determina una sorta di progressiva confluenza della funzione giurisdizionale in quella amministrativa, integrando un fenomeno che -per quanto apprezzabile sotto il profilo dell'effettivit� della tutela giurisdizionale dell'interesse privato -desta comunque non poche perplessit�, essendo difficilmente conciliabile con il fondamentale principio della divisione dei poteri. Volendo illustrare pi� precisamente ci� che si � verificato nella prassi, pu� dirsi che alcune pronunce concernenti l'impugnativa del. silenzio-rifiuto hanno rappresentato per i giudici l'occasione di superare il tradizionale orientamento giurisprudenziale secondo cui l'accertamento dell'obbligo di provvedere avrebbe carattere meramente preliminare e dovrebbe prescindere da qualsivoglia apprezzamento di carattere sostanziale (13). Tale tradizionale impostazione del problema precludeva ai giudici amministrativi ogni opportunit� di � invadere � la sfera di valutazione riservata all'Amministrazione. In tempi relativamente recenti, invece, la giurisprudenza ha compiuto un vero (13) Consiglio di Stato, 9 marzo 1984, n. 230, in Consiglio di Stato, 1984, I, 264 ss. . I PARTE U, QUllSTIONI e proprio � revirement � su questo� punto �(14), giungendo a stabilire che il giudice innanzi al quale sia stato impugnato. il silenzo-rifiuto dell'Amministrazione non debba limitarsi ad una pronuncia sull'obbligo dell'Amministrazione di provvedere, ma debba anche e soprattutto dettare una regola per �il caso concreto, fornendo all'Amministrazione i criteri: per l'orientamento del comportamento che dovr� in futuro tenere per adegtiarsi al giudicato. Ci� ovviamente postula da parte del giudice una sommaria valutazione. in ordine alla fondatezza della pretesa, altrimenti la pronuncia sul silenzio rischia di non assicurare al ricorrente alcuna utilit� concreta� Pertanto, nonostante l'orientamento appena segnalato; tuttora i giudici mostra. zio t�la certa cautela quando � 1a pretesa del ricorrente investa materie nelle quali l'Amministrazione � chiamata a. fare uso di poteri discrezionali (15). . . Nel quadrO della tendenza, che si � andata esponendo,ad utilizzare strumenti indiretti onde attuare una pi� significativa protezfone .� delt� posii16ni private, sicolloca i:tltresl Ia<rielaborazione del giudizio di �tten:iperanza. D� questo si tratter� pi� complutamente nel paragrafo seguente, ma si pub fin d'ora anticipare che esso, a venti anni dall'istituzfone dei TT.AA.RR., appare istituto totalmente diverso rispetto al passato; tl'asfortxfato com'� da rozza e poco efficiente procedura in processo affinato; artieolat� e satisfattivo.. . . OvVianiente ilfu:efito dell'evoltizfone illustrata fin qit� non pu� attribufrsf in via esclushra ai TT.AA.RR,. Il traguardo raggiunto � il risitltato corale e :P6H:fonic6 deIIa fantasia, �della� scienza gfo.ridiea �e dell'esperienza��dei TT.AA.R.R., del Consig!icYdfGiustizia Amrriinistl'ativaper la Regione Siciliana e del Consiglio di Stato nelie sue Sezioni e nella sua Adunanza� Plemiria. Certo � per� �he � fondattl.entatmente inerito dei TT.AA..RR., nonch� della nuova realt� c6nt�'.l'lziosa che essi ha.D.no dovuto affrontare in sede locale, la prima elaborazforie dfquei fernieriti che dovevano portare al ripensamento della ottemperanza nelle sue ntiove d�nensioni .. 5) Il nuovo giudizio di ottemperanza. La tumultuosa elaborazione giurisprudenziale dell'istituto, soprattutto a partire dalla famosa decisione dell'Adunanza Plenaria n. 73 � del 14 luglio 1973, ha reso effettiva quella �esecuzione forzata amministrativa i> (15) nata sulla carta ma solo sulla< carta -sin dall'estensione al giudicato amministrativo del gitidiZio di ottemperanza (16)~ � La �giurisprudenza ha � innovato;� profondamente �sia nell'individuazione dei presupposti di esperibilit� del rimedio, sia �nell'individuazione dei poteri del giudice e del commissario ad acta eventualmente nominato, sia nella creazione di giudizi. di ottemperanza atipici; Tutte tali innovazioni sono accomunate da un dato finalistico di effettivit�: il preordinamento �del giudizio di ottemperanza � al totale soddisfacimento della pretesa sostanziale del ricorrente vittorioso, al di l� dei limiti oggettivi tipici del giudicato di annullamento (17). (14) Consiglio di Stato, 5 marzo 1986, n. 237, in Consiglio di Stato, 1986, 1359 ss.; Consiglio di Stato, 23 gennaio 1989, n. 21 in Consiglio di Stato, 1989, I, 13 ss.; Consiglio di Stato, 14 ottobre 1992, n. 762, in Consiglio di Stato, 1992, I, 1390. (15) A. PAJNO, Il giudizio di ottemperanza come processo di esecuzione, in Foro Amm., 1981, I, 1648. � (16) M. S. GIANNINI, Contenuto e limiti del giudizio di ottemperanza, Milano, 1962 (Estrattodegli atti del convegno sull'adempimento del giudicato amministrativo 141, nota 14). (17) R. VIVllNZ!o, op. cit., 1153. - 100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO A tal proposito, � bene sottolineare che si tratta di un giudizio di natura I Imista, in parte di cognizione (in quanto sede dell'accertamento circa la situazione di inadempimento), in parte di esecuzione (in quanto sede della pratica attuazione del giudicato). Sotto quest'ultimo profilo occorre dire che quello del giudizio di ottemperanza rimane comunque il solo mezzo efficiente per indurre l'Amministrazione a dare attuazione al giudicato, avendo dimostrato scarsa utilit� i mezzi di coercizione indiretta messi a disposizione dall'ordinamento. :� Tra questi rientrano la responsabilit� solidale ex art. 28 Costituzione dell'Amministrazione e del suo dipendente nei confronti di chi, in possesso di un provvedimento favorevole del giudice amministrativo, lo veda ingiustificatamente disatteso dall'Amministrazione e dal funzionario preposto a darvi attuazione, nonch� la responsabilit� penale per inosservanza di provvedimenti della pubblica autorit� (art. 650 c.p.) o per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 c.p.). Tra le elaborazioni giurisprudenziali a proposito del giudizio di ottemperanza di cui si � detto poc'anzi, significative appaiono quelle in tema di presupposti: a seguito di una tormentata evoluzione che ha visto porre in discussione la necessit� o meno del previo passaggio in giudicato della decisione da eseguire, la proponibilit� o meno del ricorso in presenza di atti pi� o meno macroscopicamente elusivi del giudicato, di atti che rappresentano un'esecuzione solo parziale, di atti preparatori dell'esecuzione e cos� via enumerando, � emersa una linea di tendenza assai precisa volta ad individuare il motivo fondante tipico dell'azione di ottemperanza nella violazione della regula iuris espressa dalla pronuncia definitiva del giudice. Ci� che � fondamentalmente rimasto invariato � solo il presupposto della preventiva formazione del giudicato, in quanto non � sembrato corretto, nel nome di una pi� sollecita attuazione dell'interesse privato, sacrificare il valore della certezza, forzando l'Amministrazione a dare attuazione ad una pronuncia ancora suscettibile di variazioni. Questo orientamento, peraltro, non � stato sempre del tutto pacifico, almeno nel caso in cui la sentenza da eseguire promanasse dal Consiglio di Stato. In tale eventualit�, infatti, ove pendessero ancora i termini per la proposizione del ricorso per difetto di giurisdizione o per revocazione, il Consiglio di Stato (18) ha risolto il problema nel senso dell'esperibilit� immediata del giudizio di ottemperanza, specie in considerazione del fatto che i rapporti pubblici non tollerano di rimanere a luogo ineseguiti frustrando le pretese dei privati; la posizione dell'Adunanza Plenaria, peraltro, � stata poi contraddetta dalla Cassazione (19) che ha ribadito la necessit� del passaggio in giudicato quale presupposto indefettibile dell'attivazione del rimedio dell'ottemperanza. Per quanto concerne l'esecuzione delle sentenze del T.A.R., l'orientamento del Consiglio di Stato � invece rimasto costante nel senso di esigere comunque la preventiva formazione del giudicato (20). Venendo all'esame del secondo presupposto del giudizio di ottemperanza, cio� la violazione dell'obbligo di conformarsi al giudicato, la tendenza �, come gi� accennato sopra, nel senso di estendere l'esperibilit� dell'azione ex art. 27 legge T .A.R. dai soli casi di assoluto inadempimento ai cosiddetti casi di adem� pimento elusivo. Tanto il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione .{18) Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 21 marzo 1969, n. 10. (19) Cass., Sezioni Unite, 18 ~ettembre 1970, n. 1563. (20) Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 23 marzo 1979, n. 12; Adunanza Plenaria. aprile 1980, n. 10. PARTE Il, QUESTIONI Siciliana (21), quanto, sucessivamente, il Consiglio di Stato (22), nel sostenere la configurabilit� del giudizio di ottemperanza in presenza di provvedimenti successivi al giudicato non realmente satisfattori delle pretese private, hanno individuato il criterio distintivo fra l'azione annullatoria di legittimit� e quella di ottemperanza nel petitum sostanziale. Quest'ultimo, cio�, per fondare un giudizio di ottemperanza deve comportare la denuncia di comportamenti omissivi o anche commissivi che abbiano sostanzialmente violato l'obbligo di attenersi alle prescrizioni contenute in sentenza e di darvi attuazione (23). In correlazione con tale statuizione, va ricordata la fungibilit� del ricorso in ottemperanza con quello generale di legittimit� sempre in ragione del petitum sostanziale (24). In special modo quest'ultimo aspetto incide in modo favorevole sulla effettiva prot�zione del cittadino rispetto a possibili abusi da parte dell'Amministrazione. Infatti, proprio grazie al nuovo orientamento giurisprudenziale, risulta preclusa all'Amministrazione la possibilit� di frustrare la legittima aspirazione del privato a conseguire la reale attuazione del giudicato. Invero, spesso l'Amministrazione ha sostanzialmente differito ad infinitum l'attivazione del giudizio di ottemperanza attraverso la reiterata adozione di provvedimenti elusivi del giudicato, avverso i quali -prima del nuovo orientamento dei giudici -non era possibile esperire altra azione se non quella di annullamento. Era, insomma, l'Amministrazione a disporre -tramite il proprio comportamento -della scelta del tipo di azione esperibile dal privato. Il riferimento al pi� obiettivo criterio del petitum sostanziale supera invece definitivamente questo problema. Da quanto si � venuto dicendo emerge che il mancato rispetto dei criteri fissati dal giudicato per l'esercizio della discrezionalit� si traduce nel vizio speciale dell'eccesso di potere; l'inosservanza dei criteri individuati dalla legge processuale ad ulteriore delimitazione della discrezionalit� amministrativa gi� esplicata nell'atto annullato si traduce invece in un vizio a s�, quale la violazione del giudicato, azionabile ex art. 27 L. T.A.R. Una volta riconosciuto come presupposto sufficiente per l'azione di ottemperanza anche la mera elusione del giudicato, e teorizzato -quindi -un vero e proprio vizio di inattuazione del giudicato, si spiega altres� la statuizione del Consiglio di Stato (25) che ha affermato l'applicabilit� -anzich� del termine decadenziale di 60 gg. -del termine di prescrizione ordinario ex art. 2953 e.e. all'azione di ottemperanza avverso comportamenti commissivi o omissivi contrastanti col giudicato, statuizione che si giustifica in quanto l'atto che viola il giudicato va considerato nullo, tamquam non esset, insuscettibile quindi di consolidamento. In tema di poteri del giudice, � stata rivendicata la pi� assoluta pienezza di poteri sostitutivi; pienezza tale da consentire al giudice -o al commissario (21) Consiglio giust. amm. reg. sic., 25 febbraio 1981, n. 1, in Consiglio di Stato, 1981, l, 188 ss. (22) Consiglio di Stato V, 15 ottobre 1986, n. 556; Giur. it., 1987, III, 1, 91 ss.; Consiglio di Stato, VI 3 febbraio 1992, n. 59, Giur. it., 1992, III 1, 579 ss. !23) V. CAIANIELLO, Manuale di diritto f.rocessuale amministrativo, Torino, 1994, 866; cfr. anche: Consiglio cli Stato, V, 27 maggio 199 , n. 874, in Giurisprudenza italiana, fase. V, parteIII, Sezione I, pag. 392, nonch� Consiglio di Stato, Sezione IV, 9 febbraio 1992, n. 59, in Giurisprudenza italiana, 1992, parte III, Sezione I, pag. 580, con nota di A. VERRANDO. (24) Consiglio cli Stato, Adunanza Plenaria, 30 aprile 1982, n. 12, in Consiglio di Stato, 1982, I, 413. S. GIACCHETTI, La crisi di effettivit� della giustizia amministrativa e il ruolo del giudizio di ottemperanza, in Foro Amm., 1988, Il, 1604. (25) Consiglio di Stato, IV, 3 febbraio 1992, n. 59, in Dir. proc. amm., 1993, 191 ss., con commento di R. VILLALTA. 102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ad acta da lui, o su una indicazione, nominato -di inserirsi nel � circuito decisionale � e � nell'ambito operativo � della Pubblica Amministrazione per ripristinare il continuum dell'attivit� amministrativa, al fine di consentire all'interessato il vantaggio riconosciutogli dalle sentenze (26). Di pi�, il Commissario ad acta anch'esso pura -e relativamente recente -creazione giurisprudenziale (27) -le gato al giudice amministrativo da un nesso di strumentalit� (28) quale suo delegato, ausiliario o collaboratore (29), opera sotto il suo immanente controllo, cos� da poter essere definito come un soggetto funzionalmente complesso, classificabile in parte come organo dell'Amministrazione ed in parte come ausiliario del giudice. Sotto questo profilo, � bene porre in evidenza che l'intima connessione fra giudice dell'ottemperanza e Commissario ad acta � andata crescendo nel corso del tempo. Infatti, la giurisprudenza mostra che vi sono state due fasi ben distinte nella genesi storica del commissario ad acta. In un primo momento, i giudici evitano di provvedere direttamente alla nomina del Commissario, limitandosi a demandarla all'Amministrazione (30), mentre, a partire dagli anni Settanta, la tendenza si inverte ed � inizia a profilarsi la nomina diretta (31). Dunque, il Commissario ad acta pu� essere definito organo dell'Amministrazione in quanto svolge attivit� comunque a questa im}:)utabile, ed ausiliario del giudice in quanto � sfornito di discrezionalit� in ordine all'an, al quomodo ed al �quando dell'azione stessa (32). � La natura composta del commissario ad acta apre un'interessante problematica relativa al regime degli atti che esso adotta nell'espletamento delle sue funzioni. La� tendenza della giurisprudenza � nel senso di accentuare l'aspetto giurisdizionale del commissario ad acta e -quindi -dei suoi atti, cos� che degli stessi si afferma la ricorribilit� � innanzi �allo stesso giudice che ha nominato il commissario (33); il processo di ottemperanza rimane dunque � aperto � finch� la pretesa sostanziale del ricorrente non possa considerarsi completamente soddisfatta, in modo conforme alla sentenza da eseguire, dando vita a quella che � stata definita una ipotesi di � giudicato a formazione progressiva � (34). Non mancano peraltro orientamenti differenti che distinguono a seconda che l'atto commissariale venga impugnato per contrasto col giudicato o per altri vizi, ammettendo in tale ultima ipotesi l'ordinario ricorso di legittimit� (35). Si � accennato -in apertura di paragrafo -ad un� altro rilevante fenomeno emerso nel quadro evolutivo del giudizio di ottemperanza, vale a dire la creazione di giudizi di ottemperanza atipici. A questo proposito, giova consi (26) Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 1 luglio 1978, n. 23, in Foro it., 1978, III, 449. (27) Consiglio di Stato, V, 22 aprile 1960, n. 266, in Rep. Foro lt., 1960, V, 1121. (28) Corte Costituzionale, 12 maggio 1977, n. 75, in Foro lt., 1977, I, 1623. (29) Contra C.G.A., che propende per la tesi dell'organo � dimidiato �, cfr. S. GIACCHETTI, 11 Commissario ad acta nel giudizio di ottemperanza: si apre un dibattito, in Foro Amm., 1986, II, 1967. (30) Per tutte vedi Consiglio di Stato, V, 7 aprile 1962, n. 304, in Foro lt., III. 329, Consiglio di Stato, VI, 18 marzo 1964, n. 258, in Foro It., 1964, III, 350. (31) Consiglio di Stato, V, 18 dicembre 1975, n. 1838, in Foro lt., III, 1322; T.A.R. Lazio, II, 26 novembre 1977, n. 21, in Foro It., 1977, III, 432, con nota di A. ROMANO; T.A.R. Campania, 4 aprile 1978, n. 536, in Foro lt., 1978, III, 631. (32) C. giust. amm. reg. sic., 21 dicembre 1982, n. 92, in Foro amfn., 1983, I, 372. (33) Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 14 luglio 1978, n. 23, in Giustizia Civile, 1979, II, 117. (34) Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 15 marzo 1989, n. 7, in Consiglio di Stato, 1989, 1227. (35) Consiglio di Stato, 27 novembre 1989, n. 771, in Consiglio di Stato, 1989, 11, I, 1412. ....~1�1���~ .PAR1'B �II, QUESTIONI dera.re. cmne �la �.giuri:;;prudenza.. amministrativa abbia costrwto un'azione di� ot� temperanza avente.ad-0ggett� l'ordinanza di sospensiva; �attribuendo �allo stesso giudice che .ha. adottatoil provvedimento cautelare, il potere.� di ordinarne l'ese,. cuzione all'Amministrazione, eventualmente anche mediante s�stituzione diretta o .o.mina di commjssario a4 <acta (36), argomentando dal principio della concentrazion!\l, dinanz,\�. al. giudic!\l, della cautela, della fase . cognitoria e di quel.J.a esec.~iva;����.� Ulteriore :J!iudizio atipico .. � ..,., infine _,. q\lello avente ad oggetto le sen. tenze. dei 'rTAAilU~.. ;mm passate in giudicato e non sospese dal Consiglio�di Stato. Alcuni :TT.AA;J!Ul, .hanno~esso un ricorso ordinario� allo�.stesso giudic!\l di primo grado al fine di ottenere misure esecutive nei limiti degli effetti . :ripri� stinatori .ed esecutiyj, diretti .e non � irreversibili�. della decisione � (37),. Altre sen� .wnze ..�p:reflilrisco:p.o invece �nfida;i;:e � -la tutela . dell'esecuzione . alJ!esercizio dei poteri cautelari da parte-dello stesso giudice decidente (38). 6) Considerazioni conclusive. 11 postt.tl�fo'd�;t:l qu~le si s6no prese le mosse era che gli istituti della nostra giustizia amm!rnsfrati~a. come una certa casa regnante che non usciva mai da una guerra dalla stessa parte da cui era entrata, non sono mai usciti da una riforma nella direzione voluta dal legislatore. Pare che la storia del giudizio di ottemperanza sia una ulteriore riprova dell'assioma. La sofferta riforma di fine ottocento, articolata in ben tre tappe, (18651877- 1890) era stata ispirata dal principio guida della unicit� della giurisdizione in capo al giudice ordina.rio, cUi veniva affiancato non un giudice ma un organo amministrativo deliberante a garanzia oggettiva di legalit�. A chiusura e chiave di volta del sistema, veniva istituita l'azione di ottemperanza che consentiva, dopo la sentenza del giudice ordinario, l'adeguamento in via amministrativa dell'Amministrazione al pronunciato per una piena giustizia nell'Amministrazione e nel rispetto del principio della separazione dei poteri. Da quella riforma che negava qualunque giudice amministrativo, nacque, come tutti sappiamo, un giudice amministrativo sull'esempio del modello francese, con un magistero cassatorio di annullamento e che per� estese ai ai suoi pronunciati -pur con tutte le cautele e le timidezze che abbiamo visto -il rimedio dell'ottemperanza con conseguenze teoriche immediate di imbricazione fra giudiziario ed esecutivo e con implicazioni pratiche future che sono diventate adesso attuali. La crisi di trasformazione che adesso la nostra giustizia amministrativa sta attraversando, sembra volgere verso un modello di tutela effettiva e tendente, per quanto possibile, a far conseguire all'amministrato nel processo l'utilit� sostanziale persegllita e non solo il mero valore formale della eliminazione dell'atto, cos� volgendo verso schemi tipici del sistema tedesco. Momento importante di questo processo di trasformazione �, come si � visto, la co (36) Consiglio di Stato, IV, 20 agosto 1991, n. 660, in Giur. it., 1992, III, 1, 382. (37) R. VIVENZIO, op. cit., 1167 e Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 30 aprile 1982, n. 6 ivi cit. (38) T .A.R. Lazio, I, 27 febbraio 1986, n. 152, in Trbibunali Amministrativi Regionali, 1986, I. 991; T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, 20 gennaio 1990, in Tribunali Amministrativi Regionali, 1990. T. 10~7 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO struzione pretoria di un giudizio di ottemperanza totalmente nuovo: paradossal< mente, per�, questa trasformazione avviene sotto l'impero di una legge costituzionale -e successiva -dichiaratamente ed effettivamente volta a potenziare il vecchio modello di ispirazione francese. Decisamente l'effetto paradosso caratterizza da sempre le leggi amministrative: la stessa nascita del diritto amministrativo, ebbe, secondo gli storici pi� accreditati, il compito di fornire alla borghesia emergente nuovi manici per meglio maneggiare antiche mannaie. La matrice autoritaria non imped� per� al nuovo diritto di esprimere l'effetto paradosso della creazione di valori di libert� e di giustizia attraverso l'opera coraggiosa del Consiglio di Stato francese. I Qualcosa di simile � accaduto al nostro giudizio di ottemperanza: creato per garantire la piena conformit� dell'azione dell'Amministrazione al giudicato del giudice ordinario nell'assoluto rispetto delle rispettive competenze, ha finito per consentire al giudice amministrativo, in un singolare processo di eterogenesi, di sostituirsi all'Amministrazione al fine di far conseguire all'amministrato una effettivit� di tutela. IGNAZIO FRANCESCO CARAM:AZZA MARINA Russo RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI codice civile, art. 156, sesto comma, nella parte in cui non prevede che il giudice istruttore possa adottare nel corso . della causa di separazione il provvedimento di ordinare ai terzi debitori del coniuge obbligato al mantenimento di versare una parte delle somme direttamente agli aventi diritto. Sentenza 6 luglio 1994, n. 278, G. U. 13 luglio 1994, n. 29. codice penale, art..341, primo comma, nella parte in cui prevede come mi� nimo edittale la redusione per mesi sei. Sentenza 25 luglio 1994, n. 341, G; U. 3 agosto 1994, n. 32. codice di procedura penale del 1930, art. 88, quinto comma, nella parte in cui non prevede che, in caso di accertato impedimento fisico permanente di durata indeterminabile che non permetta all'imputato di comparire all'udienza, ove questi non consenta che il dibattimento prosegua . in sua assenza, il giudice possa autorizzare la parte civile a proporre l'azione civile davanti al giudice civile. Sentenza 22 luglio 1994, n. 330, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. codice di procedura penale, artt. 516 e 517, nella parte in cui non prevedono la facolt� dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che gi� risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni. � Sentenza 30 giugno 1994, n. 265, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. codice di procedura penale, art. 600, terzo comma, nella parte in cui prevede che il giudice d'appello pu� disporre la sospensione dell'esecuzione della condanna al pagamento della provvisionale � quando possa derivarne grave e irreparabile danno �, anzich� � quando ricorrono gravi motivi �. Sentenza 27 luglio 1994, n. 353, G. U. 3� agosto 1994, n. 32. codice penale militare di pace, art. 365, primo e secondo comma. Sentenza 15 luglio 1994, n. 301, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. . -. -....... -..... ..... . .... -... . ::: --~.,... ~ 106 ���RASSEGNA AVVOCA'fURA�DELLO STATO legge 3 febbraio 1964, n. 3, art. 8, secondo comma, nella parte in cui non prevede che si applichi la disciplina di cui all'art. 2, quinto comma, della legge 23 aprile 1981, n. 154. Sentenza 23. dicembre 1994, n. 438, G. U. 28 dicembre .1994, n. 53. legge 3 febbraio 1964, n. 3, art. 8, secondo comma, nella parte in cui prevede che le cause di ineleggibilit� indicate nel comma precedente non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate � almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del quadriennio [ora quinquennio] di durata del Consiglio regionale>>, anzich� �non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature �. Sentenza 23 dicembre 1994, n. 438, G. U. �28 dicembre �1994, n. 53. legge 3 febbraio 1964, n. 3, art. 8,. terzo e quarto comma. Sentenza 23 dicembre 1994, n. 438, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. legge 3 febbraio 1964, n. 3, art. 33, nella parte in cui prevede l'esperibilit�, contro le deliberazioni del Consiglio regionale in.� n:{~teria di eleggibilit�, del ricorso giurisdizionale alla Corte d'.appello. di Trieste secondo la procedura ivi indicata, anzich� dei mezzi di impugnazione disciplinati nell'art. 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108. Sentenza 23 dicembre 1994, n. 438, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 39, nella parte in cui� non prevede, nelle controversie di cui agli attt. 38 e 40 stesso d.P.R., l'esperimento dell'azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo. Sentenza 27 luglio 1994, n. 360, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 52, secondo comma, lettera b), nella parte in cui non prevede che il coniuge del debitore 'possa proporre opposizione di terzo per i beni mobili ad esso pervenuti. per atto pubblico di donazione di data anteriore �al matrimonio. Sentenza .27 luglio 1994, n. 358, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Lazio 15 febbraio 1974, n. 13, art. 4, primo comma, e 5, primo e secondo comma. Sentenza 23 dicembre 1994, n. 441, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. ~egge 31 maggio 1975, n. 191, ~�t�.23, secondo comma, nella parte in cui non prevede il numero 6) dell'art. 22, primo comma, tra le ipotesi in cui non � applicabile il primo comma dell'art. 23 della st~ssa legge. Sentenza 25 luglio 1994, n. 340, G. U. 3 ag<,Jsto 1994, n. 32. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, primo comma, secondo periodo, come sostituito dall'art. 15, primo comma, lett. a), del d.I. 8 giugno 1992, n. 306 [con� vertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356], nella. parte in cui non prevede che i PARTE II, RASSEGNA l>I LEGISLAZIONE benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualit� di collegamenti con la criminalit� organizzata. Sentenza 27 luglio 1994, n. 357, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Sicilia 24 luglio 1978, n. 17, art. 4, nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di pi� pensioni o assegni vitalizi, ferma restando la spettanza ad un solo titolo dell'indennit� di contingenza e di ogni altra maggiorazione dipendente dall'adeguamento al costo della vita, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, nonch� nella parte in cui, riguardo al pensionato che presta attivit� retribuita, non determina la misura della retribuzione complessiva oltre la quale diventi operante il divieto di cumulo dell'indennit� di contingenza relativa al trattamento pensionistico con le indennit� dirette all'adeguamento al costo della vita del trattamento di attivit�. Sentenza 7 novembre 1994, n. 376, G. U. 16 novembre 1994, n. 47. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, tabella allegato 2, nella parte in cui, ai fini dell'inquadramento nella poslZlone funzionale di chimico-coadiutore dei chimici provenienti dagli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, che alla data del 20 dicembre 1979 prestavano attivit� nei suddetti enti con la prima qualifica del ruolo professionale, richiede che gli stessi fossero preposti alla direzione di struttura organizzativa da oltre un anno e avessero maturato una anzianit� di servizio di dieci anni alla data di entrata in vigore del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761. Sentenza 28 novembre 1994, n. 404, G. U. 7 dicembre 1994, n. 50. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 21, terzo comma, nella parte in cui prevede la confisca del veicolo privo della carta di circolazione, anche se gi� immatricolato. Sentenza 27 ottobre 1994, n. 371, G. U. 2 novembre 1994, n. 45. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 102, terzo comma, nella parte in cui stabilisce che, agli effetti della conversione delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilit� del condannato, il ragguaglio ha luogo calcolando venticinquemila lire, o frazione di venticinquemila lire, anzich� settantacinquemila lire, o frazione di settantacinquemila lire, di pena pecuniaria per un giorno di libert� controllata. Sentenza 23 dicembre 1994, n. 440, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, ottavo comma, nella parte in cui non prevede che, nel caso di esercizio durante l'ultimo quinquennio di contribuzione di attivit� lavorativa, meno retribuita da parte di un lavoratore che abbia gi� conseguito la prescritta anzianit� contributiva, la pensione liquidata non possa essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata, al raggiungi 1.08 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mento dell'et� pensionabile, escludendo dal computo, ad ogni effetto, i periodi di minore retribuzione, in quanto non necessari ai fini del requisito dell'anzianit� contributiva minima. Sentenza 30 giugno 1994, n. 264, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. legge reg. Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91, artt. 22, secondo comma, e 21, sesto comma. Sentenza 15 luglio 1994, n. 303, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. d.l. 21 .marzo 1988, n. 86, art. 7, quarto comma [convertito in legge 20 maggio 1988, n. 160], nella parte in cui per i lavoratori agricoli aventi diritto al trattamento speciale di disoccupazione non prevede, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo, un meccanismo di adeguamento monetario dell'indennit� ordinaria spettante, per le giornate eccedenti quelle di trattamento speciale, nella misura indicata dall'art. 13 del d.l. 2 marzo 1974, n. 30, convertito nella legge 16 aprile 1974, n. 114. Sentenza 13 luglio 1994, n. 288, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. legge 27 aprile 1989, n. 154, art. 2, comma sesto-bis, nella parte in cui mediante l'equiparazione tra i vitalizi di cui al secondo comma dell'art. 24 ed al penultimo comma dell'art. 29 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e le rendite vitalizie di cui al comma primo, lett. h) dell'art. 47 del testo unico approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 -riconosce a favore degli stessi vitalizi, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, un trattamento tributario privilegiato, con l'abbattimento della base imponibile al 60 per cento del reddito percepito. Sentenza 13 luglio 1994, n. 289, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. legge 6 agosto 1990, n. 223, art. 15, quarto comma, nella parte relativa alla radiodiffusione televisiva. Sentenza 7 dicembre 1994, n. 420, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. d.I. 8 giugno 1992, n. 306, art. 25�quater, primo comma [convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356], nella parte in cui non prevede che il procuratore nazionale antimafia pu� disporre, con decreto motivato, il soggiorno cautelare soltanto in via provvisoria, con l'obbligo di chiedere contestualmente l'adozione del provvedimento definitivo al tribunale, ai sensi dell'art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e successive modificazioni, il quale decide, a pena di decadenza, nei termini e con le procedure previste dall'anzidetto art. 4 della legge medesima. Sentenza 7 dicembre 1994, n. 419, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. d.I. 8 giugno 1992, n. 306, art. 25�quater, quinto comma [convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356]. Sentenza 7 dicembre 1994, n. 419, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. PARTE Il, RASSEGNA IJI LEGISLAZIONE d.l. 19 settembre 1992, n. 384, art. 1, commi 1 e 2-quinquies [convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438], nella parte in cui differisce, fino al 1� gennaio 1994, la corresponsione della pensione per il personale della scuola collocato a riposo, per dimissioni, dal 1� settembre 1993. Sentenza 23 dicembre 1994, n. 439, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 19, secondo comma [come sostituito dall'art. 20 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517], nella parte in cui qualifica come norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica le disposizioni ivi indicate, e non solo i principi da esse desumibili. Sentenza 27 luglio 1994, n. 354, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. d.l. 22 maggio 1993, n. 155, art. 5, comma I-bis [convertito in legge 19 luglio 1993, n. 243]. Sentenza 23 dicembre 1994, n. 439, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. d.lgs. 30 giugno 1993, n. 269, art. 2, secondo comma, nella parte in cui non prevede che per il riconoscimento del carattere scientifico degli istituti e la relativa revoca � sentita la regione interessata. Sentenza 25 luglio 1994, n. 338, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. d.Igs. 30 giugno 1993, n. 269, artt. 3, secondo comma e 8, nella parte in cui non prevedono che del consiglio di amministrazione e del collegio dei revisori degli istituti di ricovero e cura con personalit� giuridica di diritto pubblico fanno parte, rispettivamente, due rappresentanti ed un rappresentante della regione. Sentenza 25 luglio 1994, n. 338, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Toscana riapprovata il 15 settembre 1993. Sentenza 13 luglio 1994, n. 287, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. legge reg. Lazio riapprovata il 23 settembre 1993, art. 1, punti 2 e 3. Sentenza 20 luglio 1994, n. 313, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. legge reg. Liguria riapprovata il 5 ottobre 1993. Sentenza 27 luglio 1994, n. 359, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Piemonte riapprovata il 12 ottobre 1993. Sentenza 25 luglio 1994, n. 339, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Sardegna riapprovata il 3 novembre 1993, artt. 23 e 24 e intero titolo IV. Sentenza 13 luglio 1994, n. 290, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. 110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Lazio riapprovata il 10 novembre 1993, art. 8, ottavo comma. Sentenza 20 luglio 1994, n. 314, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. legge reg. Lazio riapprovata il 10 novembre 1993, art. 9, primo comma, nella parte in cui prevede l'ammissione ai concorsi speciali per la sesta qualifica anche degli appartenenti alla quarta qualifica. Sentenza 20 luglio 1994, n. 314, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. d.lgs. 10 novembre 1993, n. 470, art. 3, nella parte in cui ha sostituito il terzo comma dell'art. 13, del d.lgs 3 febbraio 1993, n. 29. Sentenza 7 novembre 1994, n. 383, G. U. 16 novembre 1994, n. 47. d.l. 4 dicembre 1993, n. 496, art. 3, primo comma, ultimo periodo [convertito in legge 21 gennaio 1994, n. 61], nella parte in cui stabilisce che le agenzie provinciali sono poste sotto la vigilanza � della presidenza della giunta provinciale �, anzich� � della provincia autonoma�. Sentenza 27 luglio 1994, n. 356, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. dJ. 4 dicembre 1993, n. 496, art. 7 [convertito in legge 21 gennaio 1994, n. 61], nella parte in cui dispone che le norme in esso contenute si applicano direttamente nelle province autonome di Trento e di Bolzano fino alla adozione da parte delle stesse di apposita normativa. Sentenza 27 luglio 1994, n. 356, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, comma 23, primo periodo, in relazione al tempo successivo alla data di entrata in vigore della legge n. 160 del 1988. Sentenza 13 luglio 1994, n. 288, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 12, quinto comma, nella parte in cui prevede che le anticipazioni annue possano essere erogate solo in relazione � ad impegni di accertata urgenza, sulla base di specifiche intese �, e non secondo la procedura di cui all'art. 10, comma 6, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268. Sentenza 27 luglio 1994, n. 355, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 12, nono comma, secondo periodo, nella parte in cui qualifica come norme fondamentali di riforma economicosociale della Repubblica le disposizioni del decreto legislativo n. 502 del 1992 ivi indicato, e non solo i principi da esse desumibili. Sentenza 27 luglio 1994, n. 355, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Calabria, riapprovata il 28 dicembre 1993, con deliberazione n. 323, Sentenza 6 luglio 1994, n. 279, G. U. 13 luglio 1994, n. 29. legge reg. Calabria, riapprovata il 28 dicembre 1993, con deliberazione n. 325. Sentenza 6 luglio 1994, n. 279, G. U. 13 luglio 1994, n. 29. PARTE II, RASSI!GNA ))I LBGISLJ\ZlONE :J.t1. Jegge'regi. Calabria;, l'iapprovata il 21:di�enibr� 199$, :emi deliber�zloJi�. JL 326. �/s�ntema 6Iugllo 1994; ri. 279;� a.&:'���13 luglio 1'994, h. '29: .�,,.... ' legge 4 gennafu 19941 n~ 10i art..4,: nella parte in cui non . prevede l'obbligo di intesa con la Regione autonom� Valle d'Aosta da parte del Ministro per l'-iet,t4 p~~ pr<;!'JN~4~re.�~Q~ Pl.'9.Prii;t qe~$i!W aUI~~~1ll!llntQ ge!la disciplina dei parchi )!lazi:ona;If di et.ii all'art. 35, primo e secondo c�:m.ma, della legge 6 dicembre 12?1, n, J?4. . Sentenza 15 lugllo �994. n. 302, G. U. 20 lt1glio 1994, ~. 30. �..........�1;gg;�� 4�g;i�iid~��19i14; ii;")d~ �~t'. 4; ';eila.��11ai7Uih�� c�d��1J~preve~1e;~~�atj;va� mente al Parco nazionale dello Stelvio, elle. per l'aciegi.iaille:�ifo della rusciplina dei parchi nazion�ii di ctii all'art; 35, prltn<) � seci6nd<.l oomma; della ::legge 6 dicembre 1991, n. 394, si provveda in base a quanto stabilito dalle norme di .attuazione��.� d~Q�. statutQi spee.iale. pet:o. Ia : Regione Trentino-A).ta Adlg~ �.emanate con d.P .R. 22 marzo 1974, n. Zl9. . Sententa 15 luglio 199~:h-n+ 3Q2,. G.� u ... 20'��l.gli(.)'�1994;1l:,.30, ��.. ._.,. ,l"~~e: ~. gel'.J!'a'oJ~1~,P�~~n~; J�:P.fim(k s~~"'1~~ ~~�... (J,~aft~,-~,.fl:.lnto conuna, nella parte in cui si eswt;1d.e �alle-:e.i;ovin~ .av.tqno!lle di. Tr~to e di B�lzano, e art. 30, _primo connl'la,. lett'�re -bf e c). nella .. parte ill cui p~evede l'intervento di orgamsriii sfatali senza rlc!ottet�. all'intesa 'Cori ie Pfovmce auto nome e al di fuori del piano generale provinciale, anche quando non si trattidr�g.ra:nru�ae'riV�:lifoni a'ise6po idr&et�ttri2& . ' , �� ����'::-//.� ,.-��:> �'�>/�.:. Sentenza 1 dicembre 1994; 'tr:. 412; G; u. 14 dicehiore 1994; n~ 51; / �>��� legg� apptovata�� daftfl�sselt1blea'�� dgtoi\iile 'si�lliatta' u��' 4 �narz(f �� 1994, artt. 2, '-�~. 7. ... ... .:-.,.,�.,,,��, .:;.;'�.'. �......... , :.<;i.:...:�� Sentenza 23 dicembre 1994, n. 437, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. ;.;:.: .:�...�:�. :-� ..:. : :-~ ": ::'.�:::� ~ ..:: ��:��� ,. ;: :::: :.:\.:'.;..~�~:: :::�:: :_ . -:� ��: ::;_:::���. legge teg. V.mbriii ~PPr:ovata: it 31 piarzo.. 1994��. ,�. Sentenza 10 novembre 1994, n. 384, G. U. 16 novembre 1994, n. 47. . :_::,;,.:--~ ._;. ~-:�-::� :: ::: ~: ::x: .:.v:�::�: -:~ ~ . : ���-d�D.bera � legtS�ativa appro'liltta d�l :ConStglio �regionale del LM.io il 13 :ott"bre 1993 e riapprovata il 20 aprile '1994/atti '4, commi 1,, >2( 4;::-s-; 6, 'prim� periodo. ,; ./: ...,.. .�.� , �'' . Sentenza 23 dicembre 1994, n. 441,_ G. U. 2~,.~~:-m~re .,{~~4, n. 53. . :: .~, II -QUESTIONI DICHIARATE NO~ .FONDATE ; codice civile, art� 2043 {artt, 2, 3 e .32;. dell,a .Cost~tuzione). Sentenza Zl ottobre 1994, n. 372, G. U. 2 novembre 1994, n. 45. .� ""���� ~�� ~� codice civile, art. 2059 (artt. 2, 3 e 32 della Costituzione); Sentenza 27 ottobre 1994, rt. 372, G. U~ 2 novembre 1994/ n. 45. 112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, testo delle norme di attuazione approvato con d. leg. 28 luglio 1989, n. 271, art. 156, primo e secondo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza� 7 dicembre 1994, n. 413, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. codice di procedura penale, art. 213 (artt. 3 e 24; secondo comma, della Costituzione). Sentenza 30 giugno 1994, n. 267, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. codice di procedura penale, artt. 468, primo comma, 567, secondo comma e 495, terio comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1994, n. 284, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. codice di procedura penale, art. 500, primo e quarto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). S�ntenza 28 novembre 1994, n. 407, G. U. 7 dicembre 1994, n. 50. codice di procedura penale, artt. 549 e 21, terzo comma (artt. 3, 24, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1994, n. 280, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. codice di procedura penale, art. 561, commi 1 e 2 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1994, n. 305, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. codice di procedura penale, art. 660, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 luglio 1994, n. 331, G. U. 10 agosto 1994, n. 33. codice penale militare di pace, art. 199 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1994, n. 405, G. U. 7 dicembre 1994, n. 50. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1, nella parte in cui non esonera dal fallimento le piccole societ� commerciali, a differenza delle societ� artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 giugno 1994, n. 266, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 195, primo comma (artt. 3, primo comma, e 24 della Costituzione). Sentenza 27 luglio 1994, n. 363, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. r.d. 16 marzo 1942, J:\. 267, art. 228 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 7 dicembre 1994, n. 414, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. legge 26 ottobre 1957, n. 1047, art. 5, quinto comma (artt. 3, 38, secondo comma, e 52 della Costituzione). Sentenza 20 dicembre 1994, n. 434, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. PARTE II, RASSEGNA. DI LEGISLAZIONE legge 15 febbraio 1958, n. 46, artt. 11 e .12 [come modificati dagli artt. 81 e 82 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092] (artt 3, 29 e 31 � della� Costituzione). Sentenza 23 novembre 1994, n. 399, G. U. 30 novembre 1994, n. 49. d.P.R. 15 .giugno 1959, n. 393, art. 142 [come modificato dalla legge 24 mar� :z;o 1989, n. 122] (art. 24 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1994, n. � 311, �G. U. �3 agosto 1994, � n; 32. d.PR. 15 giugno 1959, n. 393,. artt. 142, quinto com.nia; e 142-bls [come modificati dalla legge 24 mano 1989, n. 122] (art. 24 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1994, n. 311, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1994, n. 310, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge 15 luglli> 1966, n. 6�4,. art. 8 (artt;3 e 44 ��della�.Costituzio:ne). Sentenza 23 novembre 1994, n. 49, G. U. 30 novembre 1994, n. 49. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 15, tetto comma (artt 3, 36 e 38 della Costituzione). Sentenza 30 giugno 1994, n. 264, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 26, quarto comma (artt. 53 e 76 della Costituzione). Sentenza 30 giugno 1994, n. 272, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, prbno comma, prbno periodo [come sostituito dall'art. 15, prbno comma, lett. a), del dJ. 8 giugno 1992, n. 306] (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentema 27 luglio 1994, n. 361, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, teno comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1994, n. 294, G. U. 3 agosto 1994, n. 32 legge reg. Campania 27 ottobre 1978, n. 46, artt. 1, 2, 5 e 6, prbno colDlllll (artt. 2, 3 e 32 della CostituziqJ:le). Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Campania 27. ottobre 1978, n. 46, artt. 1, 2, 5 e 6, prbno comma (art. 117 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 16 (artt. 3 e 37 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1994, n. 296, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dJ. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 10, ultimo comma [come convertito nella legge 25 marzo 1983, n. 79 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 20 dicembre 1994, n. 433, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. legge 18 febbraio 1983, n. 47, art. 3, primo e secondo comma (artt. 3, 35, 36 e 38 della Costituzione). Sentenza 30 giugno 1994, n. 270, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 6, primo comma (art. 2 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1994, n. 281, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Campania 15 marzo 1984, n. 11, art. 14 (artt. 2, 3 e 32 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Campania 15 marzo 1984, n. 11, art. 14 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Campania 8 .marzo 1985,.n. 12 (artt. 2, 3 e 32 ~:lella Costituzione). Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge reg. Campania 8 marzo 1985, n. 12 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. d.1. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1-sexies, secondo comma [introdotto dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 20 luglio 1994, n. 318, G. U. 10 agosto 1994, n. 33. legge reg. Campania 27 giugno 1987, n. 35, art. 5 (artt. 117, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 7 novembre 1994, n. 379, G. U. 16 novembre 1994, n. 47. d.1. 4 agosto 1987, n. 325, art. 4, primo comma, lett. d.), e quinto comma [convertito in legge 30 ottobre 1987, n. 402] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1994, n. 297, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, art. 17, sesto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione e 100 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 30 giugno 1994, n. 271, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, art. 7, comma 12-bis [convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39], nel testo introdotto dall'art. 8, primo comma, del d. l. 14 giugno 1993, n. 187 [convertito dalla legge 12 agosto 1993, n. 296], (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1994, n. 283, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. ,,��,.,�����,,���, ���� ~. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ttJ legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, comma 4-quinquies [introdotto dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16] (artt. 3, 24, secondo comma, e 51 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1994, n. 295, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge 8 giugno 1990, n. 142, art. 63, secondo comma (artt. 76 e 133 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1994, n. 347, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. legge 6 ag<:>sto 1990, n. 223, art. 3, undi.cesimo comma (artt. 3, 21, 41 e 97 della Costitmione). Sentenza 7 dicembre 1994, n. 420, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. legge reg. Toscana 26 novembre 1990, n. 67 (artt. 101, secondo comma, 103, primo comma, 108, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 23 novembre 1994, n. 397, G. U. 30 novembre 1994, n. 49. legge 23 luglio 1991,. n. 223, art. 5, primo comma, (artt. 3, 39 e 41, primo comma, della Costituzione). Sentenza 30 giugno 1994, n. 268, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. legge 23 luglio 1991, n. 223, art. 27, primo comma (artt. 3 e 37 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1994, n. 345, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 7, terzo comma, prima parte (artt. 24, 25, 101, 102, 103, 104, primo comma, 108, secondo comma, e 113 della Costituzione). Sentenza 10 novembre 1994, n. 385, G. U. 16 novembre 1994, n. 47. legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11, nono comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 20 luglio 1994, n. 315, G. U. 10 agosto 1994, n. 33. legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 34, quinto comma (art. 3 della Costituzi�me). Sentenza 27 luglio 1994, n. 364, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. legge S febbraio 1992, n. 104, art. 7 (artt. 2, 3 e 32 della Costituzione). Sentenza 15 lugli.o 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge S febbraio 1992, n. 104, art. 7 (�rtt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. d.lgs. 6 marzo 1992, n. 251 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1994, n. 347, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge prov. di Bolzano 23 �aprile 1992, n. 10, allegato A, punto 17 (artt. 116 della Costituzione e 19 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 23 dicembre 1994, n. 445, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. dJgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 27 luglio 1994, n. 366, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. d.I. 8 giugno 1992, n. 306, art. 25-quater, primo comma [convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356], nella parte in cui definisce i presupposti per l'applicazi�ne dell'istituto (artt. 13, primo e secondo comma, e 25, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 7 dicembre 1994, n. 419, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. d.lgs. 30 gi�1gno 1993, n. 269, artt. 1 primo e terzo comma; 2, primo com� ma, lett. c.) e terzo comma, lett. d); 6, terzo e quinto comma; 7 primo e setti� mo comma; 8 (artt. 76, 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1994, n. 338, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. d.I. 27 agosto 1993, n. 323, art. 1, primo e terzo comma [convertito in legge 27 ottobre 1993, n. 422] nel combinato disposto con l'art. 15, quarto I comma, e art. 8, settimo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (artt. 3, 21, 41 e 97 della Costituzione). Sentenza 7 dicembre 1994, n. 420, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. I " legge reg. Lazio riapprovata il 23 settembre 1993, art. 2 (art. 81, quarto comma, della Costituzione). Sentenza 20 luglio 1994, n. 313, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. legge reg. LaZio riapprovata il 10 novembre 1993, art. 8, secondo comma, punti uno, due, tre (artt. 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 20 luglio 1994, n. 314, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. legge reg. Lazio riapprovata il 10 novembre 1993, art. 8, quinto e sesto comma (art. 97 della Costituzione). Sentenza 20 luglio 1994, n. 314, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. d.lgs. 10 novembre 1993, n. 479 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1994, n. 343, G.U, 17 agosto 1994, n. 34. d.lgs. 10 novembre 1993, n. 479, art. 1, primo comma (artt. 125, 118, 115 e 76 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1994, n. 343, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. PARTB II, RASSEGNA DI LBGISLAZIONB :J.:17 dJgs; 10 novembre 19'3, tli' 479, art; 11 secondo eommlli leU~ b) .(art. 76 della Costituzione). Sentema 25 luglio 1994, n. 343, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. . . . d.lgs. 11) novembre 1993, n. 479, art. 2, primo e secondo comma (artt. 125, 118, HS e�76�.dtilla .C�$titnzione);� Sent�nzi 25 h1gu6�� 1994, 11. 343'/G;rfYf ago~i:� i\194, n. 34. dJgs. 10 novembre 1993, n. 479, art. 3, quarto, quinto, sesto e settimo comma (artt. 125; 118, 115 e 76 della Costifu.zfone); < s~h��l1~~ ':is lii~�i.d 1994, �f343, d.tt11 ageisto 1994;:0.. 34; d.t. 4 dicembre 1993, n; 496; artt. i, terzo coinnta; 3: 1, primo .comma, lett. a) e b), e terzo comma (artt. 8, primo comma; 9, primo comma; 14, terzo comma; 16.rPl'�lllO con.:na: 6Se W'L9:ello statutq spe~~Ti::entino-Alto A~e). Sentenza 27 luglio� 1994; ri~ �. 356, G. u. �3 �gosto 1994, n; 32. dJgs�. 23 .dicembre. 1993, n. 546, art� 4~ quintQ. CQmma (artt. 3, 76 e 97. della Costituzione). Sentenza 14 dicembre 1994; n; 422/G. U. 21 dicembre 1994, n. 52. legge 24 dicembre 19~3,. n. 537, art;. 12~ .nono.� comlDll, ppmo perlo(lo. (art. 3 della Costituzione e artt. 9, 16 e titolo VI dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentema 27 luglio 1994, n. 355, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 16, diciassettesimo comma (art. 81 della Costituzione e 75, 104 e 107 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). Sentema 27 luglio 1994, n. 355, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. legge 24 dicembre 1993, n. 560, art. 1, secondo, terzo, quarto e sesto comma. Sentema 7 dicembre 1994, n. 417, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. legge 5 gennaio 1994, n .36, artt. 9, terzo comma; 21, primo e quinto comma; 22, primo, secondo e terzo comma; 23, terzo e quarto comma (artt. 8, nn. 5, 17, 19 e 24; 9, primo comma, nn. 9 e 10; 12, 13, 14, secondo e terzo comma; 16, primo comma; 68 e 107 statuto spec. Trentino�Alto Adige). Sentema 7 dicembre 1994, n. 412, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. legge 28 gennaio 1994, n. 84, artt. 4, quarto comma, e 5, undicesimo comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentema 20 luglio 1994, n. 317, G. U. 10 agosto 1994, n. 33. legge 28 gennaio 1994, n. 84, artt. 5, sesto e ottavo comma; 13, primo comma, lett; a) e d); 18 e 28 (artt. 117, 118, 119 e 81 della Costituzione). Sentema 20 luglio 1994, n. 317, G. U. 10 agosto 1994, n. 33. 11.8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge approvata dall'Assemblea regionale !ll�illana il 4 :mano 1994, art. 1 (artt. 17 e 19 d.lgs. 546/93; art. 24, comma 3, egge 67/88 e art. 2, lett. t) e u) legge 421/92). Sentenza 23 dicembre 1994, n. 437, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. legge reg. Sardegna riapprovata il 26 aprile 1994, artt. 4; 5, quarto comma; 6, quinto comma; 1 ~ 8, primo e seco:Q.(lo comma (art. 46 statuto reg. sardo). Sentenza 7 dicembre 1994, n. 415, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. legge reg. siciliana approvata il 26 maggio 1994, art. 1, nella parte in cui aggiunge il comma 3-sept:ies all'art. 28 della l111gge regionale 1 settembre 1993, n. 25 (art. 81, quarto comma, della Costituzione). Sentenza 23 dieembre 1994, n� 446, G, u. 28 dicembre 1994, n. 53. legge reg. siciliana approvata il 26 maggio 1994, art. 1, nella parte in cui aggiunge i commi 3-bis, 3-ter e 3-q"ater all'art. 28 della legge regionale 1� set tembre 1993, n. 25 (artt. 3. e 97 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 1994, n. 446, G~ U. 28 dicembre 1994, n. 53. legge reg. siciliana approvata il 26. maggio 1994, art. 2 (art. 41 Costituzione). Sentenza 23 dic�mbre 1994, n. 446, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. della I I ~ I I ~ ~ CONSULTAZIONI ANTICHIT� E BllLLll ARTI -Cose di interesse artistico o storico -C.d. vendita a .catena . -P.relazio:fie a .favore del .Ministero dei Beni Cuiturali -Rispetto a quale aitenaziOne sia .ip;erc,iiab�te. Se, ove una c9sa 4i i.teresi;;e storico-artistico venga alienata -a titolo oneroso -pi� volte, nell'arco di due mesi, l'obbligo di denunzia al Ministero dei Beni Culturali gravi esclusivamente sull'ultiJ;no alienante e se solo l'ultima alienazione sia sottoposta a condizione sospensiva del mancato esercizio della prelazione da parte del predetto Ministero (es. 3720/94). Cose di interesse storico o artistico -Diritto. di prelazione del Ministero dei Beni Cuiturali -Esercizio in caso: a) di conferimento (in propriet�) del bene in societ� di capitali; b) di trasferimento di azioni o quote di societ� di capitali proprietaria del bene -Possibilit�. Se il Ministero dei Beni Culturali possa esercitare il diritto di prelazione previsto dall'art. 31 legge-��89/39 (nel caso di alienazione di cose di interesse sto'rico~artistico): a) quando uno di s�ffatti beni venga conferito (in propriet�) in societ� di capitali; b) quando vengano frasferite a titolo oneroso azioni (o quote) di societ� di capitali proprietaria' di una delle cose di che trattasi (es. 3720/94). Immobile sottoposto a vincolo storico e artistico -Lavori di restauro -Progettazione e direzwne -Ingegnere -Se sia abilitato. Se l'ingegnere sia abilitato a progettare ed eseguire lavori di restauro di immobile sottoposto a vincolo storico-artistico (es. 7458/94). APPALTO (CONTRATTO DI) -Pubblica Amministrazione -Appalto di servizi pubblici -Direttiva 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 -Art. 27 Procedure ristrette di aggiudicazione -Invito a presentare offerte rivolto a meno di cinque prestatori di servizio -Possibilit�. Interpretazione delle disposizioni contenute nell'art. 27 punto 2 della Direttiva � 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992: se sia possibile, per le amministrazioni che procedono. ad aggiudicazione di appalti di servizi pubblici mediante procedure ristrette, invitare meno di 5 imprese a presentare offerte, quando nel bando di gara non sia stato determinato il numero dei candidati (es. 6605/94). BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) -Vincoli -Poteri della P.A. -Ministero dell'Ambiente -Rilascio� autorizzazione paesistica in via surrogatoria - AutorizzaziOne dtia prosecuzibne della coltivazione di cava -Accertamento dell'esistenza dell'autorizzazione all'apertura .e della conformit� a questa deila pregressa_ attivit� di sfruttamento -Necessit�. Se, in sede di rilascio in via surrogatoria, di autorizzazione paesistica alla prosecuzione dell'attivit� di coltivazione di cava; il Ministero dell'Ambiente 120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO debba verificare: a) l'esistenza del provvedimento di autorizzazione all'apertura della cava; b) se l'attivit� di sfruttamento sia stata espletata in modo conforme a detta autorizzazione (es. 9208/93). BENI -Immateriali -Diritti di autore (propriet� intellettuale) -Tutela civile e penale del software -Programmi didattici acquistati da scuole pubbliche Duplicazione per uso dei discenti -Possibilit�. Tutela civile e penale del software, con particolare riguardo alla possibilit� di duplicare, per l'uso da parte dei discenti, programmi didattici acqui� stati dalle istituzioni scolastiche pubbliche (es. 5489/94). CALAMIT� PUBBLICHE -Provvidenze economiche -In genere -Finanziamenti agevolati ex art. 1 d.l. 1334/51 (conv. legge 50/52) per la ricostruzione di impianti industriali distrutti da pubbliche calamit� -Ricostruzione in comune diverso da quello originario rimasto estraneo alla calamit� -Con� cessione -Possibilit�. Se le provvidenze finanziarie, previste dal d.1. 1334/51 conv. legge 50/52 in favore di imprese industriali che riattivino o ricostruiscano i loro impianti danneggiati o distr.tti da pubbliche calamit�, possano spettare allorch� la ricostruzione avvenga in comune diverso da quello di insediamento originale, e non rientrante fra quelli colpiti dalla pubblica calamit� (es. 1725/93). COMUNE -Comuni in stato di dissesto finanziario -Commissione straordinaria di liquidazione o commissario straordinario liquidatore di cui all'art. 21 d.l. 8/93 -Se siano organi dell'Amministrazione statale. Se possano usufruire del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato gli organi straordinari di liquidazione previsti per i Comuni in stato di dissesto finanziario dall'art. 21 d.1. 18 gennaio 1993 n. 8 (es. 3325/94). COMUNIT� EUROPEE -Indebita percezione di aiuti comunitari all'agricoltura integrante truffa aggravata (art. 640 c. 2 n. 1 c.p.) -Entrata in vigore della legge 898/86 -Conseguenze. Truffa (art. 640 c. 2 n. 1 c.p.) per indebita percezione di aiuti comunitari all'agricoltura, compiuta prima dell'entrata in vigore della legge 898/86; se all'autore del reato si applichino la sanzione penale di cui all'art. 2 e la sanzione amministrativa di cui all'art. 3 della legge citata (es. 8026/89). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Concessionario di autolinee -Rifiuto di trasportare effetti postali -Conseguenze -Questioni varie in tema di responsabilit�. Questioni relative alla responsabilit� delle imprese concessionarie di autolinee che rifiutino il servizio di trasporto di effetti postali loro imposto dall'art. 1 terzo comma legge 28 settembre 1939, n. 1822 (sulle autolinee in concessione) e dall'art. 74 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (codice postale). In particolare: a) quale sia l'organo amministrativo (Ispettorato Motorizzazione Civile o Assessorato Regionale Trasporti) competente ad accertare se il rifiuto dipenda da PARTB II, CONSULTAZIONI forza maggiore. o da causa giustificata o sia ingiustificato, in caso di autolinee esercitate su .concessione regi�nale; .b) quale giudice abbia giurisdizione sulla controversia relativa all'applicazione. della sanzione pecuniaria. amministrativa, su quella avente ad oggetto l'esii;tenza dell'obbligo di trasporto degli effetti postali, su quella, di tjsarcim~~9 del <:!anno (oneri subiti dall'Amministrazione postale per Kfecapito �degli� eff<;:tt� postali) (es. 6666/91). DEMANIO � Demanio marittimo � Sporto di balconi e poggioli di edifici pri� vati � Concessione � Necessit�. Se debba . formare oggett� di. concessione lo sporto, di balcoi:ii e poggioli di edifici privati, su suolo demarifale marittimo (es. 761/94). ENTI PUBBLICI~ Etite autonomq La Triennale di Milano � Collegio dei revisori dei conti � Componenti designati in rappresentanza del comune di Milano Scelta fra i �dipendenti del comune -Necessit�. Se i componenti del collegio dei revisori dei conti dell'ente autonomo La Triennale di Milano debbario essere scelti fra i dipendenti del Comune (es. 5494/94). FORZE ARMATE � Corpi di polizia � Agente di pubblica sicurezza � Procedimento penale per fatto compiuto in servizio e relativo all'uso di mezzo di coazione fisica � Rimborso. spese di difesa ex art. 25 legge reale � lmputa zione<per sequestro di persona � Spettanza del rimborso. Se il dipendente della Polizia di Stato, imputato del delitto di sequestro di persona, possa usufruire del rimborso delle spese� legali di difesa previsto dall'art. 32 legge 152/75 (giusta il quale � nel procedimento a carico di ufficiali o agenti di. pubblica � i;kurezza o �di polizia giudiziaria o dei militari in servizio di pubblica� sicurezza per fatt� compiuti in servizio e relativi all'uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica la difesa pu� essere assunta a richiesta dell'interessato dall'Avvocatura dello Stato o da libero professionista di fiducia dell'interessato medesimo. In questo secondo caso le spese di difesa sono a carico del Ministero dell'interno salva rivalsa se vi � responsabilit� dell'imputato per fatto doloso) (es. 5281/94). Militari -Ufficiali di complemento � Indebita ammissione al corso � Superamento di. quest� ~ Nomina � Possibilit�. Se sia possibile nominare sottotenente di complemento chi abbia superato il corso allievi ufficiali ma risulti essere stato ammesso a questo a seguito di alterazione della .sC:heda di selezione,. con conseguente attribuzione di un .punteggio maggiore di quello effettiVamente spettante (insufficiente per l'ammissione al corso) (es. 7224/94\ � IGIENE E SANIT� PUBBLICA � Servizio sanitario nazionale -Organizzazione territoriale -Croce Rossa Italiana � Dipendenti addetti al servizio di pronto soccorso e trasporto infermi � Durata massima dei turni di lavoro. Se sia legittimo che i dipendenti della Croce Rossa addetti al servizio di pronto soccorso e di trasporto infermi effettuino normalmente turni di lavoro di 12 ore (es. 5113/94). 122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Servizio sanitario nazionale � Organizr.azione territoriale � Presidi universitari ospedalieri -Non costituiti in azienda � -Disciplina applicabile (interpretazione ex art. 4, IX comma, d.lgs. 502/92). Se i presidi ospedalieri universitari, non costituiti in aziende, siano sottoposti esclusivamente alla disciplina propria �degli altri presidi ospedalieri delle USL, con conseguente perdita dei poteri e delle guarentigie delle Universit� (es. 1190/94). IMPIEGO PUBBLICO � Amministrazioni dello Stato � Somme erogate al dipendente infortunato. � Azione di risarcimento ex art. 2043 e.e., nei confronti di colui che ha cagionato l'invalidit� � Esperibilit�. Se e quali somme erogate al proprio dipendente infortunato l'Amministrazione possa tj.petere nei confronti dell'autore dell'illecito che abbia provocato l'invalidit� del dipendente stesso . (con particolare riferimento a spese sani� tarie, retribuzione, equo indennizzo, pensione privilegiata, oneri contributivi) (v. altres� es. 8686/92) (es. 5476/94). Impiegato pubblico � Sospensione cautelare ex art. 91 t.u. imp. civ .. a seguito di provvedimento restrittivo della libert� personale � Definizione del procedimento penale per patteggiamento � Riammissione in servizio in attesa della conclusione del procedimento disciplinare � Possibilit� . . Se pubblici impiegati, sospesi dal servizio a causa del provvedimento restrittivo della libert� personale emesso nei loro confronti dall'Autorit� Giudiziaria penale e che abbiano poi patteggiato la pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p., possano essere riammessi in servizio in attesa del compimento del procedimento disciplinare (es. 5252/94). INDUSTRIA -Energia elettrica � Nazionalizzazione � Chiusura centrali nucleati . Indenizzo degli oneri subiti dall'ENEL -Delibere CIP 21 marzo 1991, n. 6 e 26 febbraio 1992, n. 3 � Legittimit� di queste. Se siano legittimate le delibere 21 marzo 1991, n. 6 e 26 febbraio 1992, n. 3 del CIP che, nel determinare l'entit� degli oneri subiti dall'Enel per effetto dell'interruzione dei lavori di costruzione di centrali nucleari e le mqdalit� rateali del loro ristoro, ha anche disposto la corresponsione di interessi per il tempo della rateazione (es. 2730/94). !STRuzioNE E scuoLE -Istruzione artistica � Contributi degli Enti locali per il funzionamento degli istituti musicali pareggiati -Diritto dello Stato ai contributi � Prescrizione (durata e decorrenza). Recupero da parte dello Stato dei contributi dovuti dagli enti locali per il funzionamento degli istituti musicali pareggiati: decorrenza e durata della prescrizione del diritto (es. 7240/93). OBBLIGAZIONI IN GENERE � Obbligazioni pecuniarie � Interessi -Ente attuatore di intervento di competenza dell'Agensud � Ritardata percezione di rateo di finanziamento � Interessi ex art. 1282 e.e. -Diritto -Sussistenza. Se e in che misura, l'Agensud (ed ora la Cassa Depositi e Prestiti a questa subentrata) sia tenuta al pagamento di interessi per il ritardato versa� mento dei ratei di finanziamento agli enti attuatori degli interventi di competenza dell'Agensud (es. 4090/94). � PARTE II, CONSULTAZIONI 123 OPERE PUBBLICHE (APPALTO DI) -Concessionari di costruzioni di alloggi in zone terremotate -Oneri ed obblighi -Fattispecie. Se il concessionario per la costruzione di alloggi nelle zone terremotate abbia l'obbligo di promuovere le azioni giudiziarie volte al recupero degli alloggi abusivamente occupati da terzi prima che gli alloggi stessi siano stati consegnati all'Amministrazione (es. 3744/92). PESCA -Registro delle imprese di pesca -Iscrizione -Condizioni -Esercizio in forma esclusiva della pesca marittima -Necessit�. Se l'esercizio in forma esclusiva della pesca marittima sia requisito per l'iscrizione nel registro delle imprese di pesca di cui agli artt. 11 legge 963/65 e 63 d.P.R. 1639/68 (es. 379/94). POSTE E RADIOTELECOMUNICAZIONI PUBBLICHE -Concessioni amministrative in gerzere -Concessirmario del servizio postale -Trasporto di colli contenenti materiale infiammabile o radioattivo -Obbligo di corresponsione di diritti postali all'Amministrazione -Sussistenza. � Se siano dovuti i diritti postali per il trasporto, da parte di un concessionario del servizio postale, di colli c�ntenenti materiale infiammabile o radioattivo (es 2958/80). Emittenti televisive nazionali -Violazioni delle disposizioni della Convenzione Europea di Straslfurgo sulla tel�vfsione transfrontaliera -Sanzioni applicabili. Se il Garante per l'editoria abbia il potere di sanzionare anche le violazioni, compiute dalle emittenti televisive nazionali, delle disposizioni (nel caso di specie in materia� di pubblicit�) poste dalla Convenzione Europea di Strasburgo del 5 maggio 1989 (ratificata c�n legge 5 ottobre 1991 n. 327) e relativa alla televisione transfrontaliera (es. 8477/94). . PROPRIET� -Acquisto -Accessione -Alveo e terreno abbandonato -Assoggettamento degli alvei abbandonati al regime del demanio pubblico ex art. 3 legge 37/94 -Se riguardi alvei abbandonati gi� facenti parte del patrimonio disponibile dello Stato. Se l'assoggettamento degli alvei abbandonati al regime proprio del demanio pubblico, sancito dall'art. 3 legge 37/94, riguardi anche quelli che essendo stati abbandonati prima della entrata in vigore della norma citata, vennero ad appartenere al patrimonio disponibile dello Stato (es. 5497/94). PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Contratti -Danni cagionati da autoveicoli dello Stato -Atti di transazione -Limite di valore (3 milioni) oltre il quale � necessario il parere dell'Avvocatura Generale dello Stato � Modalit� di calcolo. Se il limite di valore di tre milioni, oltre il quale per .Poter stipulare atti di transazione relativi al risarcimento del danno cagionato da autoveicoli di propriet� dello Stato, � necessario acquisire il parere dell'Avvocatura Generale dello Stato, vada calcolato con riguardo alla sola somma capitale o, al contrario, anche conteggiando gli interessi (es. 6013/94). 124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO REGIONI -Regioni di diritto comune (a statuto ordinario) -Potest� amministrativa -Ente Nazionale Tre Venezie -Trasferimento delle funzioni di sviluppo alla Regione Veneto -Successione di questa nei debiti dell'Ente. Se trasferite alla Regione Veneto le funzioni di sviluppo prima di competenza dell'Ente Nazionale Tre Venezie, la Regione stessa sia anche subentrata nei debiti dell'Ente, ed in particolare in quelli per quote di interessi sui finanziamenti accordati dal fondo della Cassa di Risparmio di Verona, denominato �Piccolo Credito Turistico Bellunese� (es. 3443/94). RiscossION.E DELLE IMPOSTE -Imposte sui redditi -Rimborsi -Emissione vaglia cambiario della Banca d'Italia -Momento di estinzione del debito erariale. Se l'Amministrazione delle Finanze sia tenuta ad emettere un nuovo ordi� nativo di pagamento nel caso in cui il vaglia cambiario della Banca d'Italia, con il quale era stata data esecuzione al rimborso delle somme versate in eccesso dal contribuente a titolo di imposte sui redditi, sia stato riscosso da un terzo appropriatosi indebitamente del titolo (es. 5818/92). I ~ TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Definizione di controversie e violazioni ex art. 53 legge 413/91 -Imposta principale di registro (o di successione o Invim) Possibilit�. l ~ f: Se il � condono� tributario di cui all'art. 53 legge 30 dicembre 1991 n. 413, Iili possa essere applicato anche all'imposta principale di registro (o di successione o INVIM) (es. 5852/94). Imposta di registro -Soggetti tenuti in solido al pagamento dell'imposta -& Sentenza favorevole ad uno di essi non ancora passata in giudicato -Oppo I nibilit� all'erario da parte di altro condebitore per il quale l'atto imposi I ~ tivo � divenuto inoppugnabile. Se il contribuente nei cui confronti l'atto impositivo (nel caso di specie accertamento) sia divenuto definitivo possa giovarsi della sentenza, non ancora f: passata in giudicato, favorevole ad un coobligato solidale per chiedere la restituzione di quanto pagato o per paralizzare l'azione esecutiva dell'Amministrazione nei suoi confronti (es. 1913/94). [ Tasse automobilistiche -Autoveicolo intestato a defunto -Debitore del tributo. Autoveicolo che risulti, al PRA, di propriet� di persona defunta: chi sia il debitore della tassa automobilistica per il periodo successivo al decesso dell'intestatario (es. 513/94). I I Tasse automobilistiche -Autoveicolo intestato a fallito -Periodo successivo alla dichiarazione di fallimento -Credito erariale per il tributo -Ammissione al i passivo fallimentare in prededuzione -Possibilit�. l Se l'erario possa chiedere l'ammissione al passivo fallimentare, in prede I duzione, del credito per tassa automobilistica relativa ad autoveicolo intestato al fallito e a periodo successivo alla dichiarazione di fallimento (es. 991/94). ! PARTE II, CONSULTAZIONI Tasse automobilistiche -Ruolo -Opposizione -Giurisdizione (A.G.O. o Commissioni tributarie). Se l'opposizione avverso il ruolo o l'avviso di mora formato per la riscossione delle tasse automobilistiche vada proposta innanzi al giudice ordinario o davanti alla Commissione Tributaria (es. 7966/94). TRIBUTI (IN GENERALE) -Imposte -Somme corrisposte in eccesso dal contribuente � Interessi su di queste -Decorrenza -Prescrizione. Rimborso di somme corrisposte. indebitamente. dal contribuente, a titolo di imposta: a) se gli interessi su dette somme decorrano solamente dopo che il contribuente abbia presentato esplicita richiesta di questi; b) se gli interessi di cui sopra si prescrivano nel termine di cinque anni di cui all'art. 2948 e.e. (es. 2211/92).