RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 



Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. 



ANNO XL VI N. 3-4 LUGLIO -DICEMBRE 1994 


~��JE(GNA 


AWW(Q)CCAT1LJIRL&. 
lD)JEJLJL(Q) �TAT(Q) 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
ROMA 1994 



ABBONAMENTI ANNO 1995 

ANNO . . . � . � . . . . . . . . . . . . � � . � � . . � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 52.000 
UN NUMERO SEPARATO . . . � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � 13.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Marketing e Commerciale 


Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in ltal:; 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(7219077) Roma, 1994 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a 
/'avv. Franco Favara) 
cura de/pag. 
381 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
ZIONALE (a cura 
COMUNITARIA 
del/'avv. Oscar 
E INTERNA-
Fiumara} . . . , 426 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 
(a cura degli avvocati Giuseppe Stipo e 
Antonio Cingolo} , 458 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del� 
/'avv. Raffaele Tamiozzo} , 524 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
vocato Carlo Bafile} 
(a cura de/l'av
� 551 
Parte seconda: QUESTIONI � RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI 
QUESTIONI 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . 
CONSULTAZIONI . 
. pag. 
� 
� 
93 
105 
119 
Comitato di redazione: Avv. F. Basilica � Avv. G. Mangia 
Avv. P. Palmieri -Avv. F. Sclafanl � Avv. L. Ventrella 
� 
La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


F. BASILICA: Gli itinerari della giurisprudenza amministrativa in tema 
di ripetizione dell'indebito nei confronti dei pubblici dipendenti I, 525 
I.F. CARAMAZZA e M. Russo: Effettivit� della tutela: ottemperanza . . . II, 93 
O. FIUMARA: Imposta erariale di consumo su taluni prodotti audiovisivi 
importati da paesi terzi: valore imponibile . . . . . . . . . I, 429 
d. FIUMARA: Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunit� Europee 
pronunciate nel corso dell'anno 1994 in cause alle quali ha partecipato 
l'Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 426 
L. ORCALI: Questioni in materia di tasse automobilistiche . . . . . . . I, 491 
L. 0RCALI: Retroattivit� apparente delle norme attributive di privilegio� 
Il caso dell'art. 37, secondo. e terzo comma, della legge 5 ottobre 
1991, n, 317 . . . � . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �, 504 
U. PERRUCCI: I costi degli sdoganamenti fuori circuito doganale . . . . I, 512 

,,, 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO-ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


COMUNlTA' EUROPEE 

-Aiuti di Stato -Lett�ra di avvio del 
procedimento di cui all'art. 93, n. 2, 
primo comma, del Trattato CEE Sospensione 
degli aiuti -Qualificazione 
degli aiuti: aiuti nuovi, 449. 

,.,.-. 
Politica agricola comune -Aiuti alla 
produzione di olio� .di oliva -Pa.. 
gamento � ai beneficiari . tramite una 
unione di a_ssociazioni di produtti>
ri -InteresSi bancari maturati 
sulle� soxnnie stanziate -Titolare, 

442. 
-Tributi interni -Imposta nazionale 
di consumo sui prodotti audiovisivi 
e foto-ottici -Merci importate 
direttamente da paesi terzi Compatibilit� 
con il diritto comunitario, 
con npta di O. Fiumara, 428. 

- 
Tutela �dei cons1lmatori -Contratti 

. 
negoziati fuori dei locali commerciali 
-Possibilit� di far valere una direttiva 
.. nelle controversie fra privati, 
435. 

CONTRATTI (IN GENERE) 

-Pubblica . Amministrazione -Licitazione 
privata -Aggiudicazione, Vizi 
di legittimit� -Diniego di approvazione, 
542. 

DOGANA 

-Diritti doganali -Operazioni fuori 
orario e fuori dal circuito doganale 
-Natura dei relativi compensi 
-Traslazione dell'onere da parte 
dello spedizioniere a carico del proprietario 
della merce importata Irripetibilit�, 
con nota di U. Perrucci, 
512. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILITA' 

-Azione del privato a seguito di occupazione 
illegittima e di irrever


sibile trasformazione del fondo in 
opera P1lbblica -Natura dell'azione -
Presctizione -Termine, 488, � 

-Concessione .di opera pubblica Delega: 
di oneri concernenti la procedura 
ablatoria -Responsabilit� 
solidale ex art. 2055 e.e. tra amministrazione 
delegante e impresa delegata 
-Esclusione -Condizioni, 

471. 
- 
Efficacia dichiarazione di P.U. Conseguente 
efficacia decreto di 
esproprio emesso � medio tempore
�. -�Sino alla scadenza dell'ultimo 
dei termini ex art. 13 legge fondamentale 
� Conseguente efficacia 
decreto di proroga occupazione 
temporanea emesse:;> � medio tempore
�, 471. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Giurisdizione ordinaria o anummstrativa 
� Procedura concorsuale Posizioni 
soggettive azionabili dai 
candidati -Interesse legittimo -Giurisdizione 
amministrativa di legittimit� 
-Sussistenza, con nota di P. 
PALMIERI, 458. 

-Giurisdizione ordinaria o amnumstrativa 
-Ritardata� emanazione dell'atto 
di nomina -Domanda di risarcimento 
del danno -Giurisdizione 
ordinaria -Esclusione -Giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo 
-Sussistenza, con nota di P. 

-PALMIERI, 458. 

-Indennit� di trasferimento -Indebito 
(ripetizione) -Ammissibilit�, 
con nota di F. BASILICA, 525. 

-Stipendi, assegni e indennit� -Indebito 
(ripetizione) -Atti di recupero 
non vincolato -Annullamento atto 
di erogazione -Motivazione � Criterio 
di sufficienza -Procedimento 
e necessaria comunicazione al dipendente 
ex art. 7 legge n. 241/90 Elementi 
necessari all'atto di recupero, 
con nota di F. BASU.ICA, 524. 


VI 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

-Stipendi, assegni e indennit�� -Indebito 
(ripetizione) -Atto di recupero 
non vincolato -Ragioni, con 
nota di F. BASD..ICA, 524. 

OBBLIGAZIONI (IN GENERALE) 

-AIMA -Personalit� giuridica Disposizioni 
sulla contabilit� gene� 
rale dello Stato -Applicabilit�,� 483. 

-Cessione di crediti verso lo Stato 
ex art. 70 r.d. 2440/23 -Limiti, 483. 

-Contratto di deposito -Non configurabilit� 
-Condizioni, 483. 

-Contratto di fornitura ex art. 70 

r.d. 2440/23 -Identificazione, 483. 
-Privilegi -Irretroattivit� delle norme 
attributive, salva espressa di� 
sposizione -Non spettanza del privilegio 
di cui all'art. 37, terzo comma 
legge 317/91 per crediti del Ministero 
dell'Industria relativi a fi. 
nanziamenti erogati prima dell'en


trata in vigore di t:.!le norma. 
Inapplicabilit� a tali crediti dell'art. 
2756 e.e., con nota di L. 0RCALI, 503. 

PENA 

-Applicazione -Ordinamento penitenziario 
-Benefici carcerari -Climinalit� 
organizzata -Principio di 

� ragionevolezza, 394. 

PROCEI)IMENTO CIVILE 

-Consulenza tecnica -Accertamento 
di situazioni di fatto -Fonte oggettiva 
di prova, 467. 

-Impugnazioni -Parte rimasta contumace 
in appello � -Ricorso per 
cassazione -Notificazione presso il 
procuratore domiciliatario in primo 
grado -Conseguenze -Inesistenza 
della notificazione, con nota di P. 
PALMIERI, 468. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Misure di sicurezza -Misure antimafia 
-Soggiorno cautelare -Poteri 
del Procuratore Nazionale antimafia 
-Omessa previsione della 
provvisoriet� del soggiorno disposta 
dal Procuratore Nazionale Antimafia, 
418. 

-Parte offesa -Richiesta archiviazione 
-Diritto all'avviso, 409. 

-Permanente impedimento imputato 
a partecipare alla udienza per infermit� 
-Violazione diritto difesa della 
parte civile -Illegittimit� soluzio


ne alternativa, 387. 
-Reati ministeriali -Conflitto di attribuzione 
tra la Camera e Tribunale 
dei Ministri -Richiesta di 
autorizzazione a procedere -Restituzione 
degli atti su approfondimento 
delle indagini, 403. 

REGIONI 

-Legge regionale -Legge interpretativa 
-Tutela funzione giudiziaria Limiti, 
399. 

-Normativa regionale in materia di 
giurisdizione e di processo civile Riserva 
allo Stato, 386. 

SANITA' 

-Interventi per la lotta contro 
l'AIDS -Divieto accertamenti sanitari 
senza il consenso dell'interessato 
-Tutela del diritto alla salu� 
te degli utenti dei servizi sanitari, 

381. 
SANZIONI AMMINISTRATIVE 

-Efficacia del giudicato penale ex 
art. 28 cod. proc. pen. abrogato Limiti 
-Qualificazione giuridica del 
fatto data dal giudice penale -Efficacia 
vincolante in ordine alla configurabilit� 
dell'Illecito amministrativo 
-Esclusione -Condizioni, 463. 

-Successione di leggi -Applicabilit� 
del secondo e terzo comma del� 
l'art. 2 c.p. in relazione alla disciplina 
posteriore pi� favorevole Esclusione, 
463. 

TRASPORTI PUBBLICI 

-Concessione del Ministero dei Trasporti 
alla F.S. S.p.A. -Previsione 
di affidamento dei servizi sostitutivi 
e integrativi solo a societ� 
partecipate maggioritariamente 

Illegittimit�, 545. 
-Servizi integrativi di quello ferroviario 
-Nozione, 545. 



INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA VD 

- 
Trasformazione dell'Ente. F;S; in 

S.p.A. -Disciplina dei servizi sosti� 
tutivi e integrativi � Permane; 545. 
TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Imposta sul reddito delle persone 
fisiche � Societ� di persone � Subentro 
di socio in corso di esercizio � 
Imputazione del reddito al socio 
ta~e al momento della approvazione 
del rendiconto, 580. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di registro � Comunione legale 
fra coniugi � Assoggettamento 
a comunione di beni acquistati anteriormente 
al matrimonio � Agevolazione 
dell'art. 228 I. 19 maggio 1975 

n. 151 . Limiti, 559. 
-Imposta di successione -Aliquota � 
Grado di parentela � Rappresenta. 
zione � Irrilevanza, 567. 
.:.:.. Imposta di successione � Defunto 
non 
residente � Presunzione di m<>bili, 
denaro e gioielli � Non opera, 

567. 
-Imposta sul valore aggiunto � Assegnazioni 
fatte dalla societ� ai soci 
� Art. 2, comma secondo n. 6, 

d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 � Liquidazione 
di quota sociale agli eredi 
socio defunto � E' compresa, 577. 
-Imposta sul valore aggiunto � Dichiarazioni 
e opzioni � Forma � Necessit� 
� Comportamenti concludenti 
� Insufficienza, 587. 

- 
Imposta sul valore aggiunto e im


. 
posta di registro � Cooperativa edilizia 
� Natura di imprenditore commerciale 
-Accertamento in giudizio 
� Legittimit�, 575. 

.:.:.. 
Tassa di lotteria � Base imponibile � 
Prezzo di acquisto � E' al lordo degli 
oneri fiscali, 562. 

-Tasse Automobilistiche � Condizioni 
per l'ammissione al passivo del


le somme dovute dal fallito, anche 
in costanza di fallimento, a tale 
titolo, con nota di L. ORCALI, 491. 

-Tasse Automobilistiche � Sentenza 
dichiarativa di fallimento � Applicabilit� 
art. 5 comma 36 d.l. 953 del 

30 �dicembre 1982 convertito, con modifiche, 
in legge 28 febbraio 1983 

n. 53, con nota di L. ORCALI, 490. 
J'RIBUTI IN GENERE 

-Accertamento Notificazione 
Destinatario defunto -Omessa c<>municazione 
degli eredi � Notificazione 
nelle forme ordinarie al d<>micilio 
del destinatario defunto � 
Validit�, 578. 

-Contenzioso tributario � Competenza 
e giurisdizione � Plusvalenza sulle 
indennit� di espropriazione � 
Imposizione ex art. 11 comma 5, 
7, 8 e 10 legge 30 dicembre 1991 

n. 413 � Ritenuta di acconto � Decreto 
ministeriale che regola le modalit� 
per l'adempimento degli oneri 
� Ricorso al tribunale ammini� 
strativo regionale � Difetto di giurisdizione, 
583. 
-Contenzioso tributario � Giurisdizione 
delle commissioni � Controversia 
sugli interessi sui rimborsi . Vi rien� 

tra, 588.� 

-Contenzioso tributario � Notificazioni 
nel corso del processo � Luogo 
predeterminato � Dichiarazione di 
residenza o elezione di domicilio � 
Mancanza o inidoneit� originaria o 
successiva � Notifica presso la segreteria 
��Ricerca di residenza effettiva 
� Esclusione, 551. 

-Contenzioso tributario � PN"Vvedimento 
impugnabile � Elenco di sgra� 
vio ex art. 44 d.P.R. 29 settembre 
1973 n. 602 � Ricorribilit� alla commissione 
nel termine di sessanta 
giorni, 588. 

-Dichiarazione . Mancanza di sot� 
toscrizione � Nullit�, 566. 

- 
Viola2:ioni di leggi finanziarie Iscrizione 
di ipoteca ex art. 26 legge 
7 gennaio 1929 n. 4 � Responsa� 
bilit� dell'Amministrazione � Art. 
96 c.p.c. � Art. 2043 cod. civ. � Inapplicabilit�, 
572. 

VALUTA 

-Infrazioni valutarie � Istanza ex 
art. 8 r.d.l. 1928/38 � Conseguenze: 
riconoscimento infrazione � Possibilit� 
di contestazioni sulla sussistenza 
della violazione (doglianza relativa 
a prescrizione del diritto alla 
riscossione della pena pecuniaria) � 
Preclusione, 478. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 

2 giugno 1994, n. 218 

pag. 381 
15 luglio 1994, n. 303 


� 386 
22 luglio 1994, n. 330 


� 387 
27 luglio 1994, n. 357 � 


394 
23 novembre 1994, n. 397 � 


399 
23 novembre 1994, n. 403 � 


403 
7 dicembre 1994, n. 413 


� 409 
7 dicembre 1994, n .419 


� 418 

I 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE 

I 

~ 

6a sez., 13 lugli� 1994, neila causa C-130/92 pag. 428 
Plenum, 14 luglio 1994, nella causa C-91/92 435 ~ 


� is� sez., 14 luglio 1994, nella causa C-186/93 . � 442 
Plenum, 5 ottobre 1994, nella causa C-47/91 � 449 

0 

I ~i 

GIURISDIZIONI CIVILI � 

I 

CORTE DI CASSAZIONE 

I

Sez. Un., 10 giugno 1994, n. 5643 . . . . . . 

pag. 458

Sez. Un., 7 luglio 1994, n. 6375 

� 551 

Sez. I, 13 luglio � 1994, n. 6564 

� 559 

Sez. I, 14 luglio 1994, n. 6606 

� 562 

Sez. I, 20 luglio 1994, n. 6764 

� 566 

Sez. I, 26 luglio 1994, n. 6955 

� 567 

Sez. I, 27 luglio 1994, n. 7029 

� 572 

Sez. I, 28 luglio 1994, n. 7061 

� 575 
Sez. I, 28 luglio 1994, n. 7063 

� 577 

Sez. I, 5 agosto 1994, n .7305 

� 463 
Sez. I, 24 agosto 1994, n. 7494 

� 578 
Sez. III, 9 settembre 1994, n. 7711 . . . 

� 467 
Sez. I, 15 ottobre 1994, n. 8423 . . 

� 580 
Sez. I, 28 ottobre 1994, n. 8917 . . 

� 468 
Sez. Un., 4 novembre 1994, n. 9126 

� 583 



INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISFRUDENZA IX 

Sez. I, 8 novembre 1994, n. 9266 . � 471 
Sez. I, 8 novembre 1994, n. 9269 )) 478 
Sez. I, 18 novembre 1994, n .9789 )) 483 
Sez. I, 25 novembre 1994, n. 9998 )) 587 
Sez. I, 6 dicembre 1994, n. 10463 )) 588 
Sez. Un., 6 dicembre 1994, n. 10467 )) 488 

CORTE D'APPELLO DI BRESCIA 

Sez. I, 26 giugno 1991, n. 470 pag 490 

TRIBUNALE DI BERGAMO 

Sez. II, 10 marzo 1994, n. 417 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 491 

TRIBUNALE DI BRESCIA 

14 aprile 1994, n. 962 .......................... pag. 503 


TRIBUNALE DI MILANO 

Sez. 1a, 7 luglio 1994, n. 6802 ...................... pag. 512 


GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 30 settembre 1993, n. 11 pag. 524 
Sez. IV, 1� febbraio 1994, n. 90 )) 524 
Sez. IV, 30 luglio 1994, n. 643 )) 525 
Sez. VI, 28 aprile 1994, n. 605 )) 542 

TAR LAZIO 

Sez. III, 15 dicembre 1994, n. 2094 . )) 545 


PARTE SECONDA 
QUESTIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE: 
I -Norme dichiarate incostituzionali 
II -Questioni dichiarate non fondate 
pag. 
� 
)) 
93 
105 
111 
CONSULTAZIONI � 119 



PARTE PRIMA 


W..dillV..ifilffil-:"' 

--,_,___ W:-~difilffa_ ,,, ,, ,,, 
,,, 
' 


GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 giugno 1994, n. 218 � Pres. Casavola -Rel. 

Mirabelli -Presidente Consigli� dei Ministri (vice avv. gen Stato 

Onufrio). 

Sanit� -Interventi per la lotta contro l'AIDS -Divieto accertamenti sani� 
fari senza ii consenso dell'interessato � Tutela del diritto alla salute 
degli utenti dei servizi sanitari. 
(Cost; �art. 32; legge 5 giugno 1990, n. 135, artt. 5 e 6). 

La legge n .. 135 del 1990 concernente. il programma di interventi per la 
prevenzione e la lotta .contro l'AIDS, nella parte in cui non consente 
di sottoporre ad accertamenti sanitari senza il consenso dell'interessato, 
viola il diritto alla salute dei terzi nel caso di operatori sanitari addetti alla 
cura� di ricoverati non autosufficienti. 

Con ordinanza emessa il 15 maggio 1993 il Pretore di Padova ha 
sollevato, in riferimento all'art. 32, primo comma, della Costituzione, 
questione di legittimit� costituzionale degli artt. 5, terzo e quinto comma, 
e 6 della legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per 
la prevenzione e la lotta contro l'AIDS). La questione � .stata sollevata 
nel corso di tm procedimento civile promosso .dall'operatrice di assistenza 
Patrizia Marchioro nei confronti deU'Associazione Opera Immacolata 
Concezione (0.I.C.), diretto ad. ottenere un provvedimento d'urgenza, in 
base all'art. 700 cod. proc..civ., che le. consentisse di riprendere la normale 
attivit� lavorativa� dopo essere stata cautelarmente sospesa, dal servizio, 
ma non dalla retribuzione,. per essersi rifiutata . di sottoporsi ad esami 
sanitari, presso la Divisione malattie infettive dell'Ospedale di Padova, 
diretti ad accertare l'esistenza o meno di infezione da HIV. 

L'art.. 5 della legge n. 135 del 1990 stabilisce che nessuno pu� essere 
sottoposto, senza il proprio consenso, ad analisi tendenti ad accertare 
l'infezione da HIV; se non per motivi di necessit� clinica nel . suo interesse 
(terzo comma), e che l'accertata infezione da HIV non pu� costituire 
motivo di discriminazione in particolare, tra l'altro, per l'accesso 
a posti di lavoro o per il mantenimento di essi (quinto cornma). L'art. 6 
vieta ai datori di lavoro di svolgere indagini dirette ad accertare, nei 



382 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

dipendenti o per l'instaurazione di una rapporto di lavoro, l'esistenza 
di uno stato di sieropositivit�. 

Il Pretore rileva che, nel caso sottoposto al suo esame, la richiesta 
di accertamenti sanitari era stata motivata da parte del datore di lavoro 
escludendo ogni finalit� di discriminazione ma affermando la necessit�, 
collegata all'assunzione delle relative responsabilit�, di appurare se l'operatrice 
in questione fosse in possesso dell'integrit� fisica richiesta per le 
delicate mansioni di assistenza svolte sulle persone di ricoverati non autosufficienti. 
Lo stesso giudice ritiene che le disposizioni legislative in questione, 
escludendo comunque la possibilit� di analisi e di accertamenti 
sanitari su un eventuale stato di sieropositivit� senza il consenso dell'interessato, 
siano in contrasto con l'art. 32 della Costituzione, nella parte in 
cui non prevedono la possibilit� di prescinderne, limitatamente ai casi di 
specifiche attivit� lavorative che, per la loro particolare natura, presentino 
il serio rischio di trasmissione dell'infezione da HIV dall'operatore di 
assistenza all'assistito. 

Il Pretore considera la legge n. 135 del 1990 informata a principi di 
alto valore sociale ed all'apprezzabile esigenza di non discriminare o 
isolare, nemmeno sul lavoro, le persone sieropositive o affette da AIDS. 
Ma ritiene che la stessa legge presenti profili in contrasto con l'art. 32 
della Costituzione, non consentendo, per le attivit� che presentano rischio 
di trasmissione dell'infezione, di effettuare accertamenti sanitari, anche 
contro la volont� dell'interessato, con le dovute garanzie di riservatezza 
ed al fine di tutelare la salute come interesse della collettivit� e dei terzi. 

Il pretore motiva la rilevanza della questione affermando che, se le 
norme denunciate sono costituzionalmente illegittime, il ricorso proposto 
per ottenere la reintegrazione d'urgenza nell'attivit� lavorativa dovrebbe 
essere respinto. 

Nel giudizio dinanzi alla Corte � intervenuto il Presidente del Consiglio 
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, 
chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. 

L'Avvocatura ricorda che un'ingerenza nella sfera della salute dei 
singoli cittadini pu� essere consentita solo entro limiti circoscritti ed 
osserva che il legislatore, nel prevedere la neccesit� del consenso dell'interessato 
per l'accertamento dell'assenza di sieropositivit�, ha correttamente 
rispettato la libert� di autodeterminazione di costui. N� vi sarebbe 
motivo di ritenere che l'inserimento del malato di AIDS nel tessuto sociale, 
per l'espletamento di un rapporto di lavoro, possa di per s� rappresentare 
un fattore di pericolosit� tale da giustificare l'adozione di misure 
di prevenzione invasive della sfera di libert� del cittadino. 

La questione sottoposta all'esame della Corte concerne il programma 
di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS, dettato 
con la legge 5 giugno 1990, n. 135, che, nel disciplinare l'accertamento 
dell'infezione e le rilevazioni epidemiologiche, stabilisce che nessuno 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

pu� essere sottoposto senza il�suo consenso ad analisi tendenti ad accertare 
l'infezione da HIV, se non per motivi di necessit� clinica nel suo 
interesse (art. 5, terzo comma). La stessa disposizione esclude discriminazioni 
in caso di accertata infezione da HIV per l'accesso o il mantenimento 
di posti di lavoro (art. 5, quinto comma). Inoltre l'art. 6 vieta ai datori di 
lavoro di svolgere indagini dirette ad accertare l'esistenza di uno stato 
di� sieropositivit� nefdipendenti o in persone prese in considerazione per 
l'instaurazione �cli un rapporto di lavoro. 

Ad avviso� del Pretore �di Padova questa disciplina,� pur essendo informata 
a principi di alto valore sociale ed all'apprezzabile esigenza di non 
discriminare o isolare, neppure sul lavoro, le persone sieropositive o 
affette da AIDS, sarebbe in contrasto con l'art. 32 della Costituzione, che 
tutela la salute come diritto fondamentale dell�individuo ed interesse 
della collettivit�, nella parte in� cui non prevede, limitatamente alle attivit� 
che per la for� particolare natura presentano il serio rischio di trasmissione 
dell'infezione, Ia<possibilit� di accertamenti sanitari, con garanzie 
di riservatezza, anche contro la volont� degli interessati. 

Il giudice rimettente, indicando quale parametro del �giudizio di 
legittimit� costituzionale l'art. 32, primo comma, della Costituzione, invoca 
l'applicazione del principio di futela della salute come fondamentale 
diritto dell'individuo e interesse della collettivit�. 

In proposito la Corte ha pi� volte affermato che la salute � un bene 
primario, costituzionalmente protetto, il quale assurge a diritto fondamentale 
della persona, che impone piena ed esaustiva tutela (sentenze 

n. 307 e 455 del 1990), tale da operare sia in ambito pubblicistico che nei 
rapporti di diritto privato (sentenze n. 202 del 1991, n. 559 del 1987 e 
n. 184 del 1986). 
La tutela della salute comprende la generale e comune pretesa dell'individuo 
a condizioni di vita, di ambiente e di lavoro che non pongano 
a rischio questo suo bene essenziale. Sotto il profilo �dell'assistenza pubblica 
Ja futela della salute si specifica nel diritto, basato su norme 
costituzionali di carattere programmatico, all'erogazione, nel contesto 
delle compatibilit� generali non irragionevolmente valutate �dal legislatore, 
di adeguate prestazioni di prevenzione e cura, dirette al mantenimento 
o al recupero dello stato di benessere (sentenza n; 455 del 1990). 

La tutela della salute non si esaurisce tuttavia in queste situazioni 
attive di pretesa. Essa implica e comprende il dovere dell'individuo di 
non ledere n� porre a rischio con il proprio comportamento la salute 
altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno 
trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell'eguale protezione del 
coesistente diritto degli altri. Le simmetriche posizioni dei singoli si 
contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunit�, 
che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti sanitari 
obbligatori, posti in essere anche nell'interesse della persona stessa, 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

384 

o prevedere la soggezione di essa ad oneri particolari. Situazioni di 
questo tipo sono evidenti nel caso delle malattie infettive e contagiose, la 
cui diffusione sia. collegata a comportamenti della persona, che � tenuta 
in .questa evenienza ad adottare responsabilmente le condotte e le cautele 
necessarie per impedire la trasmissione del morbo. L'interesse comune 
alla salute collettiva e l'esigenza della preventiva protezione dei terzi 
consentono in questo caso, e talvolta rendono obbligatori, accertamenti 
sanitari legislativamente previsti, diretti a stabilire se chi � chiamato a 
svolgere determinate attivit�, nelle quali sussiste un serio rischio di 
contagio, sia� affetto da una malattia trasmissibile in occasione ed in 
ragione dell'esercizio delle attivit� stesse. 
Salvaguardata in ogni caso la dignit� della persona, che comprende 
anche il diritto alla� riservatezza sul proprio stato di salute ed al mantenimento 
della vita lavorativa e di relazione compatibile con tale stato, 
l'art. 32 della Costituzione prevede un contemperamento del coesistente 
diritto alla salute di ciascun individuo; implica inoltre il bilanciamento 
di tale diritto con il dovere di tutelare il diritto dei terzi che vengono in 
necessario contatto con la persona per attivita che comportino un serio 
rischio, non volontariamente assunto, di contagio. In tal caso le attivit� 
che, in ragione dello stato di salute di chi le svolge, rischiano di mettere 
in pericolo la salute dei terzi, possono essere espletate solo da chi si sottoponga 
agli accertamenti necessari per escludere la presenza di quelle 
malattie infettive o contagiose, che sia.po tali da porre in pericolo la 
salute dei destinatari delle attivit� stesse. Non si tratta quindi di controlli 
sanitari indiscriminati, di massa o per categorie di soggetti, ma di 
accertamenti circoscritti sia nella determinazione di. coloro che vi possono 
essere tenuti, costituendo un onere per poter svolgere una determinata 
attivit�, sia nel contenuto degli esami. Questi devono . essere funzionalmente 
collegati alla verifica dell'idoneit� all'espletamento di quelle specifiche 
attivit� e riservati a chi ad esse �, o intende essere, addetto. 

Gli accertamenti che, comprendendo prelievi ed analisi, costituiscono 
� trattamenti sanitari � nel senso indicato dall'art. 32 della Costituzione, 
possono essere legittimamente richiesti solo in necessitata correlazione 
con l'esigenza di tutelare la salute dei terzi (o della collettivit� generale). 
Essi si giustificano, quindi, nell'ambito delle misure indispensabili per 
assicurare questa tutela e trovano un li.mite non valicabile nel rispetto 
della dignit� della persona che vi pu� essere sottoposta. In quest'ambito 
il rispetto della persona esige l'efficace protezione della riservatezza, 
necessaria anche per contrastare il rischio di emarginazione nella vita lavorativa 
e di relazione. 

In rapporto a questi principi la questione � fondata, come di seguito 
precisato. 
Le disposizioni sottoposte al giudizio di legittimit� costituzionale 
sono contenute nella legge n. 135 del 1990, che ha inteso �dare una prima 



PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

risposta seria e non frammentaria all'eccezionale situazione di emergenza 
sociale determinata dalla allarmante diffusione dell'infezione da HIV, 
patologia nuova e gravissima in espansione a livello non solo nazionale, 
ma mondiale� (sentenza n. 37 del 1991). 

Le caratteristiche di diffusivit� di tale malattia erano state gi� 
riconosciute, ai fini degli interventi previsti dalla legislazione sanitaria, 
con il decreto ministeriale 28 novembre 1986, che ha inserito la sindrome 
da immunodeficienza acquisita nell'elenco delle malattie diffusive ed infettive, 
che comportano l'adozione di provvedimenti sanitari e misure di 
protezione. 

La stessa legge n. 135 del 1990 ha previsto, all'art. 7, norme di protezione 
dal contagio professionale nelle strutture sanitarie ed assistenziali 
pubbliche e private, dettate poi con il decreto ministeriale 28 settembre 
1990, che ha stabilito precauzioni per il personale nei confronti della generalit� 
delle persone assistite. 

Con evidente riferimento al principio di doverosa tutela della salute 
dei terzi, il legislatore, nel dettare una disciplina di settore, ha riconosciuto 
l'esistenza di rischi di diffusione della malattia connessi allo svolgimento 
di determinate attivit� e, considerando tale pericolo non diversamente 
fronteggiabile, ha stabilito per il personale appartenente alle forze di polizia 
che � per la verifica dell'idoneit� all'espletamento di servizi che comportano 
rischi per la sicurezza, l'incolumit� e la salute dei terzi possono 
essere disposti, con il consenso dell'interessato, accertamenti dell'assenza 
di sieropositivit� all'infezione da HIV�; ha poi previsto, senza che possa 
essere adottato altro provvedimento nei confronti dell'interessato, la 
esclusione di chi abbia rifiutato di sottoporsi agli accertamenti dai servizi 
che presentano rischio per i terzi; servizi la cui determinazione � stata 
rimessa ad un successivo decreto ministeriale (art. 15 del decreto-legge 
4 ottobre 1990, n. 276, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 
30 novembre 1990, n. 359). 

Riconosciuta legislativamente l'esistenza di attivit� e servizi che comportano 
rischi per la salute dei terzi, derivanti dall'essere gli operatori 
addetti portatori di una malattia diffusiva quale l'AIDS, ne segue la 
necessit�, a tutela del diritto alla salute, di accertare preventivamente 
l'assenza di sieropositivit� per verificare l'idoneit� all'espletamento dei 
servizi che comportano questo rischio e che non possono essere solo 
quelli inerenti alle attivit� degli addetti alle forze di polizia. Lo stesso 
legislatore, nel settore della sanit� e dell'assistenza, ha inteso disporre 
la protezione dal contagio professionale, avendo particolarmente di mira 
il rischio che gli addetti possono correre nell'esercizio dell'attivit� professionale; 
rischio per il quale operano in prevalenza le misure di protezione 
previste. L'ulteriore necessit� che si manifesta � di tutelare la salute 
dei terzi in ogni settore nel quale esista per essi un serio rischio 
di contagio, trasmissibile da chi svolga un'attivit� loro diretta. 


386 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

In particolare nell'assistenza e cura della persona, attivit� prese in 
considerazione nel giudizio che ha determinato l'insorgere della questione 
di legittimit� costituzionale, sono necessari, come condizione per espletare 
mansioni che comportano rischi per la salute dei terzi, accertamenti 
sanitari dell'assenza di sieropositivit� all'infezione da HIV del personale 
addetto, a tutela del diritto alla salute dei destinatari delle prestazioni. 
Nella parte in cui non prevede tale onere, l'art. 5, terzo e quinto comma, 
della legge n. 135 del 1990 � in contrasto con l'art. 32, primo comma, della 
Costituzione. 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1994, n. 303 -Pres. Casavola -Rel. 
Caianiello -Presidenza del Consiglio dei Ministri (n.c.). 

Regioni � Normativa regionale in materia di giurisdizione e di processo 

civile � Riserva allo Stato. 

(Cast. art. 108; I. reg. Lombardia 5 dicembre 1983 n. 91, artt. 21 e 22). 

� precluso alle regioni (e alle province autonome) non solo di ri� 
produrre, ma anche di richiamare nelle loro leggi norme statali che di" 
spongono in materia di giurisdizione e recano la disciplina processuale 
dei ricorsi alle autorit� giurisdizionali ordinaria ed. amministrativa, poich� 
ci� comporta un'inammissibile novazione �l.ella parte .che � riservata al 
legislatore nazionale. 

� stata sollevata questione di legittimit� costituzionale degli artt. 22, 
comma 2, e 21, comma 6, della legge della Regione Lombardia 5 dicembre 
1983, n. 91 in riferimento all'art. 108 della Costituzione. La violazione 
del parametro invocato viene ravvisata, relativamente alla prima norma, 
in quanto stabilisce che al provvedimento di decadenza dall'assegnazione 
di alloggio di edilizia residenziale pubblica si applica la seconda, anch'essa 
impugnata, in quanto prevede, per la diversa ipotesi �di ricorso contro 
il provvedimento di annullamento dell'assegnazione, che � si applicano il 
tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo comma dell'art. 11 del d.P.R. 
30 dicembre 1972, n. 1035 �, ovverosia le norme statali che disciplinano il 
rimedio giurisdizionale del ricorso innanzi al Pretore. (omissis) 

Nel merito la questione � fondata. 

� ormai giurisprudenza consolidata di questa Corte che � precluso 
alle regioni (e alle province autonome) non solo di riprodurre, ma anche 
di richiamare nelle loro leggi norme statali che dispongono in materia. di 
giurisdizione e recano la disciplina processuale dei ricorsi alle autorit� 
giurisdizionali ordinaria e amministrative, in primo luogo perch�, per 
la loro natura, tali materie esulano dalle competenze regionali, essendo 
appunto oggetto di riserva di legge statale a termini del parametro invoca




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

to In ogni caso qualunque intervento regionale in dette materie, anche 
se in ipotesi si limitasse, per mere finalit� sistematiche e di chiarezza, al 
richiamo di normativa statale gi� di per s� applicabile -il che, nella 
speci'e, non �~ avendo per di pi� le riorme regionali impugnate esteso 
il rimedio del ricorso gl Pretore ad un'ipotesi di decadenza (a causa 
della perdita dei� requisiti richiesti per l'ass�gnazione, per essere l'interes~ 
sata risultata proprietaria di altri immobili) diversa da quella disciplinata 
dalla norma statale r�chiamata (e riferita alla mancata occupazione dell'alloggio 
nel termine prescritto) -comporta un'inammissibile novazione 
della fonte che, si ripete, � riservata al legislatore nazionale (sentt. nn. SOS 
e S89 del 1991, S94 del 1990, 727 del 1988, 203 del 1987). 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1994, n. 330 -Pres. Pescatore -Rel. 
Vassalli~ Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia).. 

Procedimento penale � Permanente impedimento imputato ..a partecipare. 
alla ucUenza ..per infermit� � Violazione diritto difesa della parte 
Civile � Illegittimit� soluzione alternativa. 
(Cost. artt. 3 e Z4; qi.p. 1930, art. 88). 

L'art; 88 del vecchio codice di procedura penale viola il diritto di 
difesa ex art. 24 Cast. nella parte in cui non prevede, in caso di accerta� 
to impedimento fisico di durat� indeterminabile dell'imputato, ov� questi 
non consenta che il dibattimento si svolga in sua assenza, che il giudice 
possa autorizzare la parte civile a proporre l'azione civile davanti al 
giudice civiie. 

Il Tribunale di Milano dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della 
Costituzione, della legittimit� dell'art. 88 del codice di procedura penale 
del 1930 �nella parte ih cui non prevede la sospensione del procedimento� 
penale quando l'imputato venga a trovarsi in tale stato di malattia fisica 
da comportare �l'assoluto impedimento a comparire, laddove questo �non 
sia contingente o di durata determinabile, e� non prevede quindi la facolt� 
della parte civile, dopo l'ordinanza di sospensione, di esercitare 
l'azione civile davanti al giudice civile, indipendentemente dal processo 
penale�. 

Il giudice a quo, nel corso del dib�ttimento penale a carico di imputati 
relativamente ai quali, sulla base di accertamenti medici effettuati, 
era stata riscontrata l'esistenza di una malattia fisica che ne impediva 
in modo assoluto e permanente la possibilit� di comparire in giudizio, 
ritiene vulnerato il principio di eguaglianza nonch� il diritto di azione' 
e difesa della parte civile, in quanto l'impossibilit� di esercitare l'azione 
civile in sede propria darebbe vita ad una disparit� di trattamento rispetto 
all'omologa situazione dell'infermit� di mente sopravvenuta dell'imputato, 


RASSEGNA AVVOCATURA OBLI.O STATO

388 

situazione che abilita la parte civile, . dopo la sospensione del processo 
penale, ad esercitare, a norma dell'art. 88, quinto comma, dell'abrogato 
codice di rito, � l'azione davanti al giudice civile�. (omissis) 

Al fine di meglio puntualizzare l'effettivo petitum perseguito dal 
giudice a quo attraverso la denuncia di illegittimit� dell'art. 88 del codice 
di procedura penale del 1930, va osservato che, se pure viene richiesta 
a questa Corte una decisione che assimili il trattamento da riservare a chi 
si trovi in condizioni di permanente infermit� fisica tale da non consentirgli 
di partecipare al processo, al trattamento riservato a chi venga 
a trovarsi in stato di incapacit� di intendere e di volere per infermit� di 
mente sopravvenuta al fatto, la considerazione che le doglianze risultino 
incentrate sulla necessit� di tutelare il diritto di azione e difesa della 
parte civile, compresso per l'impossibilit� di esercitare l'azione civile 
in sede propria, fa emergere come -nonostante il richiamo, anche nel 
dispositivo dell'ordinanza di rimessione, �.ll'istituto della sospensione del 
processo -il giudice a quo tende ad un assetto conformato in modo tale 
da non precludere la possibilit� di esodo della parte civile dal processo 
penale. E che questo sia il fine davvero divisato risulta univocamente 
dal fatto che la sospensione del processo penale viene evocata solo quale 
tertium comparationis (per il profilo, cio�, concernente la violazione del 
principio di eguaglianza), mentre, con riferimento al diritto di azione, ci 
si attesta al rilievo che, derivando dalla stasi di durata non determinabile 
del processo l'impossibilit� per la parte civile di far valere la pretesa di 
danno davanti al giudice civile, viene a risultare compromesso l'art. 24 
della Costituzione. 

Cosicch�, in effetti, almeno sotto il profilo concernente il parametro 
costituzionale ora evocato, l'art 88 risulta correttamente coinvolto perch� 
richiamato sia (implicitamente) dall'art. 24, secondo comma, del codice 
di procedura penale del 1930 sia (espressamente) dall'art. 497, primo 
comma, dello stesso codice. 

Cos� chiariti gli esatti termini della questione sottoposta al vaglio 
della Corte, nel senso che l'interpretazione dell'ordinanza di rimessione in 
chiave di lesione del diritto di azione della parte civile chiama in causa 
l'art. 88 del codice di procedura penale del 1930 perch� ritenuto il precetto 
che pi� si presta ad essere assoggettato all'intervento � manipolativo � 
auspicato dal rimettente, la questione stessa � da ritenere, nei termini che 
seguono, fondata, con riferimento all'art. 24 della Costituzione. 

Ai fini di un pi� preciso inquadramento della questione proposta, 
appare opportuno premettere come l'assetto predisposto dal codice 
abrogato relativamente all'esercizio dell'azione di danno derivante da 
reato risulti informato ad una particolare valorizzazione del principio 
di accessoriet�. Una caratteristica evidenziata sia dalle norme del capo 
II del titolo I del libro primo nel quale � disciplinato l'esercizio dell'azione 
civile, pure a prescindere dalla sede ove questa venga fatta 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

valere, sia dalla sezione II del capo II del titolo III dello stesso libro 
primo, nel quale, essendo regolamentato l'istituto della parte civile, si 
ha specifico riferimento (v. art. 91, primo comma) all'azione civile esercitata 
nel processo penale. 

Con riguardo ai rapporti tra azione civile e processo penale, I'ac� 
cessoriet� della prima, nel codice del 1930, si manifesta non soltanto rela� 
tivamente alla necessit� di un adeguamento del suo esercizio alle vicende 
del processo penale, ma anche attraverso la predisposizione di un regime 
di preclusioni volte, per un verso, ad attuare l'economia dei giudizi e, 
per un altro vers.o, ad impedire la formazione di giudicati contraddittori. 

Tale funzione � appunto adempiuta dal pi� volte ricordato art. 24; 
secondo comma, in base al quale, ove l'azione di danno non sia esercitata 
in sede penale, il giudizio civile � sospeso fino a che sull'azione penale 
sia pronunciata la sentenza indicata nell'art. 3: vale a dire, fino a che 
non sia pronunciata nell'istruzione sentenza .di proscioglimento non pi� 
soggetta a impugna2:ione o nel giudizio la sentenza irrevocabile (ovvero 
non sia divenuto esecutivo il decreto di condanna). Dalla detta norma 
si ricava, a fortiori, la regola della impossibilit� di una translatio iudicii 
dal processo penale alla sede civile (prevista, invece, dal primo comma 
dello stesso. art. 24 per l'ipotesi di esercizio dell'azione civile in sede 
propria anteriormente al pr�cedimento penale davanti al giudice penale 
purch� non sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva in sede 
civile), da cui potrebbe scaturire neppure la revoca della costituzione 
di parte civile, risultando i � casi in cui la costituzione di parte civile 
si considera revocata � tassativamente indicati dall'art. 102. 

Dunque, manca nel codice del 1930 un'espressa previsione degli effetti 
del trasferimento dell'azione di danno della parte civile costituita dal processo 
penale alla sede civile, operando la clausola generale dell'art. 3, 
secondo comma, che, con il contemplare la sospensione del processo civile 
per ogni ipotesi in cui la cognizione del reato influisce sul processo 
civile, rende evidente che un'eventuale translatio iudicii resterebbe comunque 
paralizzata da una sorta di eccezione litis ingressus impediens, 
analoga a quella scaturente dalla mancata osservanza dell'art. 25 del codice 
di procedura penale del 1930, per il caso di proposizione, riproposizione o 
proseguimento dell'azione civile in sede propria dopo la pronuncia di 

Un sistema, del resto, puntualmente coordinato al regime dell'efficaproscioglimento 
con una delle formule in detto articolo enunciate. 
eia del giudicato penale di condanna o di proscioglimento quale delineato 
dalla originaria tessitura del codice del 1930 ed in particolare, oltre che 
dall'art. 25, dagli artt. 27 e 28. 


La perfetta sintonia tra la disciplina dell'esercizio dell'azione di 
danno derivante da reato nelle diverse sedi e la disciplina dell'efficacia 
del giudicato penale in sede civile, attuata attraverso una fitta rete di preclusioni 
e di vincoli realizzava cos� il principio dell'unit� della giurisdi



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

390 

zione, cui risultava informato il codice del 1930, principio definito dalla 
Relazione a1 progetto preliminare (pag. 14) �teoricamente esatto>>, anche 
se da non applicare �con pedantesca meticolosit��, per evitare �i gravi 
inconvenienti gi� lamentati nell'applicazione del codice in vigore>>. Riserve, 
peraltro, dettate esclusivamente in vista di determinare le tipologie 
di formule di proscioglimento preclusive dell'esercizio dell'azione civile 
in sede propria, operando il principio nella sua massima espansione 
nella previsione dell'efficacia ultra rem ed ultra partes del giudicato penale 
quanto all'accertamento dei fatti materiali. 

� peraltro da rilevarsi che l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana 
ha determinato, a s�guito di interventi di questa Corte, una 
progressiva erosione di tale principio ed un conseguente ridimensionamento 
della accessoriet� dell'azione civile. 

E ci� a partire dalla sentenza n. 132 del 1968, con la quale la Corte, 
assumendo a parametro di riferimento l'art. 24 della Costituzione nel suo 
integrale contesto, dichiar� l'illegittimit� dell'art. 422 del codice di procedura 
penale, nella parte in cui prevedeva la sanatoria delle nullit� conseguenti 
alla omessa citazione della persona offesa dal reato, della parte 
civile e del querelante se non dedotte immediatamente dopo le formalit� 
di apertura del dibattimento. Una linea destinata successivamente a consolidarsi, 
con il conseguente coinvolgimento del principio della unit� 
della giurisdizione, con la sentenza n. 1 del 1970, dichiarativa dell'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 195 nella parte in cui pone limiti a che la 
parte civile possa proporre ricorso per cassazione contro le disposizioni 
della sentenza che concernono i suoi interessi civili e, soprattutto, con 
le sentenze n. 55 del 1971, n. 99 del 1973 e n. 165 del 1975 con le quali venne 
dichiarata l'illegittimit�, di volta in volta, degli artt. 28, 27 e 25 del codice 
di procedura penale, cos� attribuendosi al danneggiato che, per qualsivoglia 
ragione non sia stato posto in grado di intervenire nel processo 
penale la possibilit� di far valere i propri diritti in un separato giudizio 
civile senza essere condizionato da preclusioni derivanti dallo svolgimento 

o dall'esito di quel processo; nonch� con la sentenza n. 29 del 1972, dichiarativa 
dell'illegittimit� dell'art. 23, nella parte in cui escludeva che 
il giudice penale potesse. decidere sull'azione civile anche quando, concluso 
il procedimento penale con sentenza di proscioglimento, l'azione 
della parte civile a tutela dei suoi interessi civili proseguisse in sede di 
cassazione ed eventuale giudizio di rinvio; in tal modo demolendo la 
clausola generale di accessoriet� attraverso la prevista elisione di ogni 
legame tra azione civile ed azione penale nel caso in cui il giudice penale, 
prosciogliendo l'imputato avesse, per ci� solo, consumato il suo potere 
decisorio inscindibilmente connesso alla definizione della pretesa punitiva. 
L'intervento, poi, dell'art. 12 della legge 3 agosto 1978, n. 405, con le 
sue prescrizioni relative alle pronunce del giudice penale in sede di 
gravame avverso sentenze di condanna in caso di sopravvenuta estinzione 



PARTE I, .SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

del reato per amnistia viene ulteriormente a restringere la portata del!'
ora ricordato art. 23 e con esso del principio di accessoriet� dell'azione 
.civile nel processo penale. 

Se � vero, quindi, che perdura la regola dell'accessoriet� cui ancora 
si richiamano recenti decisioni di questa Corte emesse nel vigore del 
codice abrogato (v; sentenze n. 222 del 1985, n; 171 del 1982, n. 39 del 1982), 
.Je quali ribadiscono il principio . ....-.gi� affermato nel corso degli anni 
settanta e passato indenne dagli interventi de:rnolitoriin sede di legittimit� 
costituzionale e dalle. � novazioni � normative -in base al quale � l'azione 
civile si� inserisce nel processo penale� collocandosi in esso in via accessoria 
,e; in qualche modo, subordinata, dato che � principio generale del nostro 
ordinamento la prevalenza nel processo penale dell'interesse pubblico 
all'accertamento dei reati rispetto all'interesse collegato alla risoluzione 
delle liti civili �, � anche vero che le vicende pi� sopra descritte ne abbiano 
decisivan~ente .ristretto l'area di operativit� in ambiti in cui alla 
scelta di esercitare la pretesa di danno da reato nel processo penale non 
.;:orrisponda un condizionamento deUa detta pretesa tale da precluderne 

o da limitarne� i'effettiva realizzazione in :forza delle esigenze teleologiche 
del processo penale. L'� accertamento della verit��, fine primario del 
.processo penale.(v. art. 299 del c()di�e di pr()cedura penale del 1930), cui 
fa da contrappunto la tutela del diritto di difesa dell'imputato nelle varie 
misure corrispondenti alle diverse fasi processuali e che comporta conseguentemente, 
per chi eserciti l'azione civile in sede penale, l'onere di 
adattare le modalit� �di esercizio della sua pretesa alle sequenze del processo 
penale trova, infatti, un ostacolo invalicabile nella tutela del� diritto 
di azione e difesa della parte civile, non� comprimibile oltre quei limiti da 
ritenere ragionevoli -derivanti dall'esigenza di attuazione della pretesa 
penale. 
Una linea che ha condotto questa Corte a ritenere non illegittime 
numerose disposizioni del� codice di procedura penale del 1930 pur limitative 
dei .poteri e delle facolt� della parte civile rispetto a quelli che le 
sarebbero stati riconosciuti ove l'azione civile fosse stata esercitata in 
sede propria (v. sentenze n. 108 del 1970, n. 190 del 1971, n. 206 del 1971, 
.n. 187 del 1972, n' 2 del 1973, n; 40 del 1974, n. 235 del 1974), pervenendo, 
�invece, ad affermare la non conformit� alla Costituzione delle norme le 
cui previsioni finissero per tradursi in. limiti e condizionamenti incompatibiH 
con il diritto d'azione e difesa (v. le gi� ricordate sentenze n. 132 
del 1968, n. 1 del 1970, n. 55 del 1971, n. 99 del 1973, n. 165 del 1975). 

D'altra parte, dal principio di accessoriet�, in quanto funzionale �l 

.fine primario della realizzazione della pretesa penale, non poteva non 
derivare una valorizzazione -ovviamente negli ambiti imposti dall'� accertamento 
della verit�� -della posizione dell'imputato, accentuata 
dalle �novelle� del 1955, aventi di mira quasi esclusivamente il ruolo 
di tale parte processuale, 'detenninando l'emergenza di un ulteriore po


~� ..~,.~,~,.,,.

-


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

392 

tenziale squilibrio, peraltro, ridimensionato dalla giurisprudenza di questa 
Corte, tutte le volte in cui venisse in discussione la mancata estensione 
alla parte civile di istituti di � garanzia � (significativo quello della contumacia) 
che non potessero riguardare se non l'imputato (v. sentenza 

n. 171 del 1982). 
L'insorgenza dello squilibrio adesso ricordato pur non potendo per 
i motivi su accennati -porsi in termini di eguaglianza, diviene 
peraltro fonte di perplessit� tutte le volte in cui il rispetto delle garanzie 
di difesa dell'imputato finisca per vanificare l'esercizio dell'azione civile 
in sede penale, nonostante che una simile vanificazione sia risultata talora 
ovviabile senza che quelle garanzie vengano meno. Principi, sia pure 
in parte, gi� applicati dallo stesso legislatore del 1930, proprio nell'introdurre 
la norma denunciata. 

Ed infatti, in deroga al principio di accessoriet�, il progetto preliminare 
contemplava, in caso di sospensione del processo per infermit� 
di mente sopravvenuta dell'imputato, la possibilit� di autorizzare � la 
parte civile, o il P.M. quando agisce a favore di incapaci, a proseguire 
la sua azione in sede civile, indipendentemente dal procedimento'>penale � 

(v. Relazione al progetto preliminare, pag. 15): una regola poi confluita 
nell'art. 88, quinto comma, del codice di procedura penale del 1930 che in 
parte correggendo le indicazioni sopra riportate -attribuisce ai detti 
soggetti il potere, � dopo l'ordinanza di sospensione �, di � esercitare 
l'azione davanti al giudice civile indipendentemente dal procedimento 
penale, senza pregiudizio della facolt� indicata nell'art. 24 nel caso in 
cui il procedimento penale riprenda il suo corso �. 
Poste tali premesse, appare chiaro come l'impugnativa avente ad 
oggetto l'art. 88 del codice di procedura penale del 1930 si fonda sul rilievo 
che, mentre nel caso di sospensione del processo per infermit� di mente 
sopravvenuta dell'imputato il quinto comma di tale articolo consente 
alla parte civile, dopo l'ordinanza di sospensione, di esercitare l'azione 
davanti al giudice civile indipendentemente dal procedimento penale, 
una tale facolt� non �, invece, attribuita alla parte civile nel caso in cui 
il processo non possa di fatto proseguire in conseguenza dell'accertato 
stato di infermit� fisica permanente dell'imputato il quale non consenta 
che il dibattimento venga celebrato in sua assenza. Si � visto per� come 
l'art. 88, quinto comma, e l'istituto della sospensione siano stati utilizzati 
dal giudice a quo come tertia comparationis per il profilo concernente la 
dedotta violazione del principio di eguaglianza, mentre, per quanto attiene 
all'affermato vulnus arrecato all'art. 24, primo e secondo comma, 
della Costituzione, il petitum effettivamente avuto di mira risulti incentrato 
sull'assenza, nel sistema del codice abrogato, di uno strumento che 
abiliti la parte civile ad esercitare l'azione in sede propria nonostante che 
il processo penale non possa di fatto proseguire. Ed � certo che una stasi 
del processo che si accerti di durata indefinita ed indeterminabile, non 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

possa non vulnerare il diritto di azione e di difesa della parte civile cui 
pure l'assetto del codice abrogato apprestava tutela, svincolandola dal 
processo penale nel caso di sospensione del processo per infermit� di 
mente sopravvenuta dell'imputato; Una tutela, questa, che � stata poi 
generalizzata dalla giurisprudenza di questa Corte, attraverso la dichiarazfone 
di illegittimit� costituzionale di quelle disposizioni dell'abrogato 
codice di rito che p.onevano in discussione il diritto del danneggiato da 
reato o della parte civile costituita di esercitare l'azione civile in sede 
propria in caso (per il danneggiato) o di impossibilit� di partecipazione 
al processo penale, ovvero (per la parte civile) di sentenza assolutoria. 

Non pu�, d'altra parte; dubitarsi che, compromessa la valenza di 
postulato dogmatico, a partire dalla ricordata sentenza n. 1 del 1970, del 
principio della unit� della giurisdizione, � venuto a cadere anche il suo 
valore di regola i:pterpretat!va .nei casi in cui, facendo appello all'osservanza 
di tale principio, risu}ti vulnerato il diritto di azione e difesa del 
titolare dell'azione di danno. 

Una volta accertata la violazione dell'art. 24 della Costituzione da 
parte di una norma che non consente alla parte civile, nei casi sopra indicati, 
l'esodo dal processo penale, resta da stabilire, in base al devolutum, 
se si profili una soluzione, da ritenere costituzionalmente obbligata, in 
grado di eliminare il vulnus arrecato al diritto di azione e difesa. 

Esclusa la percorribilit� di un itinerario normativo che conduca ad 
estendere alla fattispecie denunciata il regime di cui all'art. 88, quint6 
comma, del codice di procedura penale, sia per l'inadeguatezza del regime 
della sospensione del processo a costituire il presupposto per superare 
la preclusione sia per gli effetti in danno dell'imputato che ne potrebbero 
conseguire sul piano del diritto penale sostanziale (si pensi alla sospensione 
della prescrizione in conseguenza della sospensione del processo, 
un evento, peraltro, non ineluttabilmente collegato al fine 
perseguito dal giudice a quo), l'unica norma in grado di fronteggiare 
il denunciato vizio di illegittimit� � da individuare in un precetto che svincolato 
dalle vicende direttamente collegate alle sorti del processo 
penale e, quindi, al diritto dell'imputato di non presenziare al dibattimento 
senza che ci� debba comportare l'utilizzazione di un regime esorbitante 
rispetto alla tutela del suo diritto di difesa in sede penale -consenta 
alla parte civile di chiedere al giudice, ove l'imputato rifiuti che il processo 
si svolga in sua assenza, di esercitare l'azione civile in sede propria. 
Questa soluzione, gi� contemplata nel regime del codice di procedura 
penale del 1913, il cui art. 471 attribuiva al giudice, tra l'altro, nel caso in 
cui l'imputato � si trova nell'impossibilit� di comparire per legittimo 
e grave impedimento �, il potere di � autorizzare il danneggiato che ne 
faccia istanza, a promuovere o proseguire l'azione per i danni avanti al 
giudice civile indipendentemente dal procedimento penale, e nonostante 
che siavi stata costituzione di parte civile �, viene a profilarsi come la 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

394 

sola in grado di dare vita ad un regime che contemperi l'esigenza di 
tutelare il diritto di difesa dell'imputato senza esporlo alla sospensione 
del processo con la parallela esigenza di garantire alla parte civile -ove 
si verifichi l'impossibilit� di celebrare il processo per un periodo di tempo 
non determinato n� determinabile -il diritto di esercitare l'azione civile 
in sede propria. Il tutto, del resto, secondo una linea coerente ai decisa 
di questa Corte quanto al superamento del principio dell'unit� della giurisdizione 
allorch� sia in gioco il diritto di azione e difesa. 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1994, n. 357 -Pres. Casavola -Red. 
Spagnoli -Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Fiumara). 

Pena -Applicazione -Ordinamento penitenziario -Benefici carcerari Criminalit� 
organizzata -Principio di ragionevolezza. 
(Cast. art. 3; legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis). 

L'art. 4-bis, primo� comma, dell'ordinamento penitenziario � illegittimo 
nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo 
del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui la 
Hmitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza 
di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, 
sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera 
certa l'attualit� di collegamenti con la criminalit� organizzata. 

Il Tribunale di sorveglianza di Bari dubita della legittimit� costi� 
tuzionale dell'art. 4-bis, primo comma, secondo periodo, della legge 26 luglio 
1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione 
delle misure privative e limitative della libert�), come sostituito dall'art. 
15, primo comma, lettera a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 
(Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti 
di contrasto alla criminalit� mafiosa), convertito nella legge 7 agosto 1992, 

n. 356, che subordina la concedibilit� dei benefici carcerari ai condannati 
per taluno dei delitti � ostativi � indicati nel primo periodo del medesimo 
comma alla condizione che a tali soggetti, pur in presenza di una collaborazione 
oggettivamente irrilevante, sia stata applicata una delle circostanze 
attenuanti di cui agli artt. 62, n. 6, 114 o 116, secondo comma, 
del codice penale. Pi� precisamente, l'organo remittente rileva il contrasto 
di tale previsione con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 
3 Cost., per l'irragionevole discriminazione tra condannati che 
abbiano ugualmente avuto una partecipazione all'attivit� delittuosa del 
tutto secondaria, tale da non consentire una concreta possibilit� di utile 
collaborazione con la giustizia; e ci� sia perch� il riconoscimento delle 
specifiche attenuanti considerate dalla norma non esaurisce l'area delle 
situazioni di marginalit� della partecipazione a sodalizi criminosi sia 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

perch� una di esse -quella del risarcimento del danno -introduce una 
ulteriore discriminazione tra soggetti a seconda delle loro capacit� economiehe, 
senza peraltro rivestire alcun significato ai fini della valutazione 
del �grado di pericolosit� sociale del condannato e, quindi, della 
gitistificabilit� della irrilevanza del suo apporto collaborativo. 

Il Tribunale sottopone altres� a scrutinio di costitu.Zionalit� la previs�dne 
di� cui al primo periodo del medesimo art. 4-bis, primo comma, 
della legge n. 354 del 1975, che, relativamente ai condannati per taluno 
dei delitti ivi indicati, subordina la concedibilit� dei benefici carcerari 
alla collaborazione con la giustizia. :�: al riguardo dedotto il contrasto 
con l'art. 24 Cost., perch� la concedibilit� dei benefici ��solo ai soggetti 
collaboranti potrebbe indurre l'imputato, anche se innocente, a dichiarare 
falsamente la sua colpevolezza; con l'art. 3 Cost., sotto il profilo sia 
tiella disparit� di trattamento, perch� il condannato innocente impossibilitato 
a collaborare viene ad essere discriminato rispetto a chi, realmente 
criminale, � in grado di tenere questo atteggiamento, sia della 
irragionevolezza, perch� condiziona le scelte difensive, nella fase della 
cognizione;�al trattamento penitenziario; con l'art. 25 Cost., perch�, estende 
la sua portata applicativa al passato, dovendosi riconoscere alle norme 
dell'ordinamento penitenziario natura penale sostanziale; e, infine, con 
l'lirt. 27 Cost, perch� vanifica, in mancanza del presupposto della collaborazione, 
ogni prospettiva� di reinserimento del condannato nel tessuto 
sociale durante la espiazione della pena. 

La questione � relativa al secondo periodo del primo comma dell'art. 
4-bis dell'ordinamento penitenziario � fondata. 

Nell'illustrare per il Senato le finalit� � della disciplina sul divieto 
ti.i concessione dei benifici contenuta nel nuovo testo dell'art. 4-bis, modificato 
dal decreto-legge n. 306 del 1992, il Relatore (atto n. 328) osservava 
che non era � solo il contributo pi� o meno significativo alle indagini a 
costituire il fulcro dell'intervento governativo�; e che ci� �che le norme 
hanno inteso esprimere � che, attraverso la collaborazione, chi si � posto 
nel circuito della criminalit� organizzata pu� dimostrare per facta conoludentia 
di esserne uscito �. Cio doveva considerarsi in armonia con il 
principio costituzionale della funzione rieducativa della pena � perch� 
�� solo la scelta collaborativa ad esprimere con certezza quella volont� 
di emenda che l'intero ordinamento penale deve tendere a realizzare �. 
Si aveva d'altro canto cura di precisare che la � via del ravvedimento 
operoso ( ...) � aperta a tutti�, purch� si tratti di scelta inequivoca: �o 
continuare a percorrere le vie della criminalit� organizzata o scegliere 
la strada della societ� civile�. 

Quanto alla disposizione impugnata, essa trae origine da un emenda


mento, apportato al testo del decreto-legge n. 306 dalla Commissione Giu


stizia del Senato, avente la finalit�, sempre per usare le parole del rela


tore, �di contemperare l'esigenza di severit� cui si ispira il decreto-legge 


396 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

con quella di non dettare disposizioni criticabili sul piano della legittimit� 
costituzionale �. 

Con questa previsione sono stati normativamente definiti i casi in 
cui la rottura dei collegamenti con la criminalit� organizzata pu� essere 
accertata anche prescindendo dal requisito della collaborazione rilevante 
(come definita dall'art. 58-ter ord. pen.). Seppure non chiaramente esplicitato 
dai lavori preparatori, � lecito ritenere che la ratio della non 
preclusivit� della collaborazione irrilevante sia legata a due ordini cli 
particolari ed obiettive situazioni. Una parte di esse si collega alla marginalit� 
della partecipazione del soggetto nel contesto del sodalizio criminoso, 
tale da non rendere concretamente possibile una condotta collaborativa 
significativa. � questo il caso dell'avvenuta applicazione dell'art. 114 
cod. pen. (riconoscimento della minima importanza causale della condotta) 
ovvero, seppure con meno sicura pertinenza, dell'art. 116, secondo 
comma, del medesimo codice (diminuzione di pena per il concorrente 
che abbia voluto un reato meno grave rispetto a quello poi commesso). 
Sfugge invece alla dimensione del livello di partecipazione al fatto del 
soggetto agente il riferimento al requisito alternativo del risarcimento 
del danno ex art. 62, n. 6, cod. pen. (anche successivo alla condanna): 
verosimilmente in questo caso il legislatore ha ritenuto un simile comportamento 
post delictum presuntivamente incompatibile, per altra via, 
con la sussistenza cli collegamenti con la criminalit� organizzata. 

Il regime scaturito dalle modifiche apportate all'art. 4-bis ord. pen. 
dal decreto-legge n. 306 del 1992, come modificato dalla legge di conversione 
n. 356 del 1992, � quindi compendiabile, ai fini che qui interessano, 
nelle seguenti proposizioni: a) i condannati per determinati delitti 
ricollegabili all'area della delinquenza organizzata, individuati nel primo 
periodo del primo comma dell'art. 4-bis, non possono ottenere i benefici 
penitenziari se non � raggiunta la prova certa della rottura dei collegamenti 
tra essi e l'ambiente criminale di cui facevano parte; b) tale 
prova non pu� considerarsi raggiunta se l'interessato non collabori 
efficacemente con la giustizia a norma dell'art. 58-ter; e) proprio perch� 
la collaborazione, a prescindere dai risultati che essa pu� produrre nella 
lotta contro il crimine, � presa in considerazione dalla norma quale 
dimostrazione del distacco del condannato dal mondo della criminalit� 
organizzata, essa pu� valere ai fini della concessione dei benefici anche 
se oggettivamente irrilevante, qualora ci� trovi giustificazione o nella 
marginalit� della partecipazione criminosa (artt. 114 e 116, secondo 
comma, cod. pen.) o in altri indici legali (art. 62, n. 6, cod. pen.). 

A questo quadro va aggiunto che, in forza della sentenza di questa 
Corte n. 306 del 1993, alla collaborazione oggettivamente irrilevante � 
equiparata la collaborazione impossibile, perch� (ricorrendo sempre i 
requisiti legali di cui si � detto) �fatti e responsabilit� sono gi� stati 
completamente acclarati o perch� la posizione marginale nell'organiz



PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 397 

zazione non consente di conoscere fatti e compartecipi pertinenti al 
livello superiore �. 

Il giudice a quo deduce appunto che anche altre situazioni, diverse 
da quelle . nominativamente individuate dalla disposizione impugnata, 
avrebbero dovuto essere considerate dal legislatore, seguendo la medesima 
ratio, come meritevoli di considerazione in presenza di collaborazione 
oggettivamente irrilevante. 

Secondo l'apprezzamento dell'organo rimettente, l'istante, condannato 
alla pena complessiva di due anni e sei mesi di reclusione per il 
reato (ostativo, ex art. 4-bis primo comma, primo periodo) di associazione 
per delinquere di stampo mafioso e per quello di detenzione illecita 
di sostanza stupefacente, non manterrebbe pi� collegamenti con la 
criminalit� organizzata; e l'impossibilit� di collaborare con la giustizia 
deriverebbe dalla marginalit� della sua partecipazione all'associazione 
criminosa, come si ricaverebbe anche dalla mite pena irrogatagli. 

Ora,. nel giudizio di costituzionalit� definito con la citata sentenza 

n. 306 del 1993, questa Corte, nell'esaminare questioni riguardanti la 
medesima disposizione, pur dichiarandone l'inammissibilit� per difetto 
di motivazione sulla rilevanza, aveva osservato che quelle di cui agli 
artt. 62, n. 6, 114 e 116, cod. pen., erano �fattispecie normativamente 
assai ristrette�, e che potevano �darsi ipotesi ad esse cos� prossime sul 
piano fattuale, da poterne sostenere ragionevolmente l'assimilazione �. 
Questa valutazione non pu� qui che essere confermata. 

Tralasciando il riferimento normativo all'art. 116 cod. pen., che 
integra una fattispecie del tutto particolare, e quello all'art. 62, n. 6, 
del medesimo codice, che, come si � gi� sottolineato, � estraneo al profilo 
del livello di partecipazione criminosa del soggetto agente, va in 
primo luogo osservato che l'attenuante di cui all'art. 114 non pu� essere 
riconosciuta, a norma del secondo comma di tale articolo, � nei casi 
indicati nell'art. 112 �, tra cui � quello del numero dei concorrenti 
(cinque o pi�), elemento che, se pu� rilevare ai fini della non concedibilit� 
dell'attenuante (trattandosi in sostanza di una valutazione legale 
di plusvalenza di una aggravante), non esprime alcun particolare significato 
ai fini della individuazione del grado di coinvolgimento nel fatto 
criminoso di questo o quel concorrente. Inoltre, trattandosi di attenuante 
facoltativa, essa pu� non essere applicata, come afferma la 
giurisprudenza, per motivi del tutto diversi dal dato obiettivo della 
mimma partecipazione, ad esempio per la gravit� del reato ai sensi 
dell'art. 133 cod. pen. Secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente, 
poi, l'attenuante in questione non potrebbe essere applicata 
nell'ambito delle fattispecie plurisoggettive necessarie, quali sono buona 
parte di quelle considerate dall'art. 4-bis, primo comma, primo periodo. 

Se ne ricava innanzi tutto che, nell'economia della disposizione 
impugnata, l'art. 114 (non diversamente dagli artt. 116 e 62, n. 6) costi


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RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

398 

tuisce un termine di riferimento disomogeneo e comunque inappagante 
Infatti, partendo dal dato del minimo contributo causale rispetto al 
fatto-reato, altro � valutare, in sede di cognizione, se l'imputato sia 
meritevole, anche sotto il profilo soggettivo, di una diminuzione di pena, 
altro � stabilire, nel quadro delle finalit� della esecuzione penale, se; 
obiettivamente, al condannato non sia possibile offrire una collaborazione 
che superi la soglia della irrilevanza. 

Ma, pi� in generale, deve ritenersi che una collaborazione rilevante 
a termini dell'art. 58-ter ord. pen. possa essere resa impossibile da una 
partecipazione al fatto secondaria, o comunque limitata, ma non tale 
da corrispondere a quella (� minima importanza neila preparazione o 
nell'esecuzione del reato�) considerata dall'art. 114 cod. pen. Giova al 
riguardo sottolineare che, stando alla giurisprudenza (che ha fatto una 
applicazione molto restrittiva della fattispecie in esame), non basta ai 
fini del riconoscimento di tale attenuante la � minore � efficienza causale 
dell'attivit� di un concorrente rispetto a quella degli alti:i, occorrendo 
invece una � minima � efficienza causale, tale da configurare l'apporto 
del concorrente come sostanzialmente trascurabile nel quadro dell'economia 
generale del reato. 

Se, dunque, la ratio della non presclusivit� della collaborazione irrilevante 
si collega tra l'altro alla marginalit� della partecipazione del 
soggetto nel contesto del sodalizio criminoso, tale appunto da non rendere 
concretamente possibile una condotta collaborativa significativa, 
consegue che la norma impugnata irragionevolmente discrimina, ai fini 
dell'ammissione ai benefici penitenziari, il condannato che, per il suo 
limitato patrimonio di conoscenze di fatti o persone, al di l� dei ca.si 
di applicazione degli artt. 62, n. 6, 114 e 116, secondo comma, cod. pen., 
non sia in grado di prestare un'utile collaborazione con la giustizia ai 
sensi dell'art. 58-ter ord. pen. 

Resta fermo che, trattandosi di apprezzamento che attiene all'accertamento 
della responsabilit� definita con la sentenza di condanna, � 
solo a questa che occorre fare riferimento per valutare se ricorrano 
le condizioni sopra indicate, essendo inevitabilmente preclusa, per l'intangibilit� 
del giudicato, ogni diversa valutazione degli organi che presiedono 
alla fase esecutiva. 

Va pertanto dichiarata, per contrasto con l'art. 3 Cost., l'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 4-bis, primo comma, secondo periodo, della legge 
26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non prevede che i benefici di cui 
al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche 
nel caso in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata 
nella sentenza di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione 
con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere 
in maniera certa l'attualit� di collegamenti con la criminalit� organizzata. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 23 novembre 1994, n. 397 -Pres. Casavola -
Rel. Santosuosso -Reg. Toscana (avv. Mezzanotte). 

Regioni � Legge regionale � Legge interpretativa � Tutela funzione giudi� 

ziaria � Limiti. 

(Cost. artt. 101, 103, 108; 1. reg. Toscana 26 novembre 1990, n. 67). 

Poich� non � contestabile che al legislatore, anche regionale spetti il 
potere di dettare norme dalla cui applicazione possano derivare effetti 
sui procedimenti giudiziari in corso, non contrasta con i principi costituzionali 
la legge. interpretativa che, pur interferendo nella sfera del po 
tere giudiziario non incida sulla divisione dei poteri, a meno che non 
risulti l'intenzione della legge stessa di vincolare il giudice ad assumere 
una determinata decisione in specifiche ed individuate controversie. 

Il Consiglio di Stato, sez. IV, con ordinanza emessa il 30 marzo 1993, 
pervenuta a questa Corte il 7 marzo 1994, ha sollevato questione di legittimit� 
costituzionale dell'articolo unico della legge regionale della 
Toscana 26 novembre 1990, n. 67 (Interpretazione autentica dell'art. 32, 
terzo e quarto comma, della legge regionale 24 aprile 1984, n. 22), per 
contrasto con i principi di cui agli artt. 101, secondo comma, 103, primo 
comma, e 108, secondo comma, della Costituzione: secondo il giudice 
a quo, la norma avrebbe vulnerato le funzioni riservate al potere giudiziario, 
sia violando i giudicati gi� formatisi, �sia in quanto direttamente 
incidente sui giudizi in corso. 

La questione sollevata -certamente rilevante -� per una parte 
inammissibile e per altra non fondata. 

Va premesso che i principi costituzionali in tema di disposizioni 
interpretative, cos� come definiti dalla giurisprudenza di questa Corte 
in relazione alle leggi statali, sono estensibili di regola anche alle leggi 
con cui una regione interpreta autenticamente proprie normative precedenti 
(sentenze n. 389 del 1991; 19 del 1989; 113 del 1988). Questa stessa 
Corte ha inoltre costantemente ritenuto che il principio di irretroattivit� 
delle leggi ha ottenuto in sede costituzionale garanzia specifica soltanto 
con riguardo alla materia penale (art. 25 della Costituzione), sebbene 
esso mantenga per le altre materie valore di principio generale (ex 
art. 11, primo comma, delle disposizioni preliminari del codice civile) 
cui il legislatore deve in via preferenziale attenersi, pur non essendo ad 
esso vincolato in termini assoluti, salvi i limiti cui si far� cenno pi� 
avanti (sentenze n. 6 del 1994; 283 e 39 del 1993; 155 del 1990; 123 del 1988). 

In connessione col principio da ultimo ricordato, � costante insegnamento 
di questa Corte che il ricorso da parte del legislatore a leggi 
di interpretazione autentica non pu� essere utilizzato per mascherare 
norme effettivamente innovative dotate di efficacia retroattiva, in quanto 


400 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

cos� facendo la legge interpretativa tradirebbe la funzione che .Je � propria: 

quella di chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una 
delle possibili varianti di senso compatibili col tenore letterale, sia al fine 
di eliminare eventuali incertezze interpretative (sentenze n. 163 del 1991 
e 413 del 1988), sia per rimediare ad interpretazioni giurisprudenziali 

divergenti con la Jinea politica del diritto voluta dal legislatore (sentenze 

n. 6 del 1994; 424 e 402 del 1993; 455 e 454 del 1992; 205 del 1991; 380 e 155 
del 1990; 233 del 1988; 178 del 1987). 
Ta1e carattere interpretativo deve peraltro desumersi non gi� dalla 
qualificazione che tali leggi danno di se stesse, quanto invece dalla 
struttura della loro fattispecie normativa, in relazione cio� ad � un rapporto 
fra norme -e non fra disposizioni -tale che il sopravvenire della 
norma interpretante non fa venir meno la norma interpretata, ma l'una 
e l'altra si saldano fra loro dando luogo a un precetto normativo unitario � 
(sentenza n. 424 del 1993; analogamente n. 39 del 1993; 155 del 1990 
e 233 del 1988). 

Tuttavia, come questa Corte ha pi� volte affermato, la natura effettivamente 
interpretativa di una legge non � sufficiente ad escludere il contrasto 
con i principi costituzionali. La sovrana volonta del legislatore nell'emanare 
dette leggi -sia che queste abbiano effetti meramente retrospet


tivi sia che di vera e propria retroattivit� si tratti -incontra una serie di 
limiti che la Corte ha da tempo individuato, e che attengono alla salvaguardia, 
oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civilt� 
giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, 
tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di 
ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparit� 
di trattamento (sentenze n. 6 del 1994; 424 e 283 del 1993; 440 del 
1992 e 429 del 1991); la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei 
soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (sentenze n. 424 
e 39 del 1993; n. 349 del 1985); la coerenza e la certezza dell'ordinamento 
giuridico (sentenze n. 6 del 1994; 429 del 1993; 822 del 1988); il rispetto 
delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario. 

A tal riguardo, questa Corte ha in precedenti occasioni affermato che 
il legislatore vulnera le funzioni giurisdizionali: a) quando intervenga 
per annullare gli effetti del giudicato (sentenza n. 155 del 1990); b) quando 
la legge sia intenzionalmente diretta ad incidere su concrete fattispecie 
sub iudice (sentenze n. 6 del 1994; 480 del 1992; 91 del 1988; 123 del 1987; 
118 del 1957). 

Nel verificare se detti principi siano stati rispettati dalla legge regionale 
cui si riferisce la presente questione, questa Corte ritiene in primo 
luogo che in essa sono ravvisabili i caratteri propri della interpretazione 
autentica, e che quindi non si tratta di legge sostanzialmente innovativa 
con effetti retroattivi. 

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PARTE I, snz; I, GIURISPRWENZA COSTituZIONALE 

Va -al �riguardo preliminarmente considerato che la disposizione futerpretata 
(art. 32, terzo e quarto comma., della legge 24 aprile 1984 n. 22) non 
solo non conteneva alcun richiamo espresso alla precedente normativa 
regionale (art; 57 della �legge 6 settembre 1973, n. -54), ma, prevedendo un 
sistema: di valutazione delle attivit� e delle attitudini dei candidati fucenfrato 
sillfa preseritaziori� dfcurridula verificati� d)ufficio, secondo mooalit� 
pertanto cllverse da quelledi CUi �lla legge precedente (peraltro mai concretamente 
applicate, -e eonsistenti -in valutazi�n:i bienl1ali corredate -dalle osservaziOnF 
del coordinatore del dipartimento o dell'ufficio competente), 
poteva ritenersi� implicitamente abrogativa della disciplfua del 1973. Tuttavia, 
essendo sorti dtibbi in proposito, fa legge interpretativa � sopravvenuta, 
non gi� per i:nodificare-un preteso unfoo sistema normativo risultante dal 
combinato disposto degli aitt.-32, -terio e quarto comma, della legge n. � 22 
del 1984 e 5t della legge n. 54 del 1973, quanto invece per chiarire che i 
due sistemi di v�lutazione riSultavano mcomp�tibili fra loro, e che quindi 
ifprimo doveva ritenersi superato. dalla. volont� della nuov� legge; 

-Tale futenfo normativo risulta rafforzato dalla considerazione che al 
legisfati::>'r� regionale del 1984 era -ben noto ch� le valutazioni biennali 
di cui alla legge del1973 non erano mai state realftzate: legittimamente, 
quindi, sotto questo profilo, il legislatore del 1990 ha chiarito il significato 
della disposiziorie -della legge del 1984, privilegiando una tra le interpretazicirii 
possibili. 

Occorre a questo punto esaminare se la legge impugnata si sia mantenuta 
entro �i limiti imposti, secondo la giurisprudenza di questa Corte 
sopra richiamata, -alle leggi di � foterpretazione autentica. 

II giudice-� rimettente osserva -in� proposito: a) -che sul problema del 
sistema di valutazione delle attitudirii dei con�ottenti ai conoorsi per 
dirigenti nella regione Toscana l'orientamento del Consiglio di Stato 
era costante, e che il presunto contrasto� giurisprudenziale su cui il legislatore 
regionale ha fondato la necessit�-di un proprio intervento interpretativo, 
era in realt� inesistente, non potendosi esso ravvisare per il 
solo fatto di alcune pronunce �del TA.R. discordanti con l'orientamento 
dello stesso Consiglio -di Stato;� b) che l'applicazione della legge interpretativa 
si risolverebbe in una lesione dei -giudicati gi� formatisi su precedenti 
�decisioni dello stesso � Consiglio-di Stato emesse ne:i riguardi di 
altli concorrenti al medesimo concorso; e) che in ogni caso, dalla predetta 
legge interpretativa e dalla sua relazione risulterebbe l'intenzione del 
legislatore di incidere direttamente sui giudizi in corso. 

In ordine al primo profilo occorre ribadire quanto da tempo affermato 
da questa Corte, e cio� che il potere di interpretazione diuna legge non 
� riservato dalla Costituzione in via esclusiva al giudice, n� tantomeno � 
sottratto alla potest� normativa degli organi legislativi: le due attivit� 
operano infatti relativamente a piani diversi, in quanto mentre l'interpretazione 
del legislatore interviene sul piano generale ed astratto del 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

significato delle fonti normative, quella del giudice opera sul piano particolare 
come premessa per l'applicazione concreta della norma alla sinf~ 
gola fattispecie sottoposta al suo esame (sentenze n. 402 e 39 del 1993; 
155 del 1990; 754, 91 e 6 del 1988; 620 del 1987; 167 del 1986; n. 70 del 1983). 


In tal senso, sebbene non sia in linea di massima contestabile la 
legittimit� del ricorso all'interpretazione autentica anche in mancanza 
di un contrasto giurisprudenziale (sentenze n. 402 del 199~; 586 del 1990; 
123 del 1988; ord. n. 480 del 1992), deve osservarsi che nel caso in esame, 
come gi� chiarito, la legge impugnata non ha inciso su un orientamento 
giurisprudenziale a tal punto consolidato da far ritenere improbabili 
diverse soluzioni, bens� ha privilegiato un'interpretazione tra quelle possibili, 
come dimostrano alcuni orientamenti del T.A.R. divergenti dall'indirizzo 
del Consiglio di Stato. Cos� facendo, la norma in esame non pu� 
ritenersi lesiva n� della certezza dei rapporti giuridici (sentenza n. 402 
del 1993), n� deUa funzione giurisdizionale riservata al giudice. 

Quanto alla supposta violazione dei giudicati gi� formatisi sulla base 
della disposizione interpretata, la norma della regione Toscana sarebbe 
censurabile, secondo quanto si deduce dall'ordinanza di rimessione, in 
relazione alla garanzia costituzionale in tema di principi di riserva della 
giurisdizione e di separazione dei poteri. 

Tali profili sottopongono a questa Corte il delicato problema se 
l'esistenza di sentenze passate in giudicato costituisca di per s� un limite 
assoluto alle leggi interpretative che producano l'effetto di rescinderne 
l'efficacia, ancorch� tali leggi siano rivolte soltanto a chiarire la normativa 
sulla cui base quel giudicato si era formato: problema che peraltro fu 
affrontato anche in Assemblea costituente, dove una proposta in tal senso 
contenuta nel Progetto di Costituzione (e secondo la quale le sentenze non 
pi� soggette ad impugnazione non avrebbero potuto essere annullate 
neppure con legge, salvo casi particolari), era statarespinta dall'Assemblea. 

A tale delicato problema pu� essere offerta adeguata soluzione non in 
questa occasione ma soltanto nel caso in cui, in sede di esecuzione del 
giudicato, l'autorit� giudiziaria ritenga che la norma interpretativa prevalga 
sul giudicato formatosi in ordine alla legge interpretata. 

Nella specie i giudicati di cui si lamenta la lesione riguardano soggetti 
diversi da quelli del presente giudizio, nei cui confronti non si � ancora 
formato alcun giudicato. Pertanto, in ordine a tale profilo, la sollevata 
questione deve essere dichiarata inammissibile. 

Resta infine da valutare la ritenuta violazione da parte della legge 
impugnata degli artt. 101, secondo comma, 103, primo comma, e 108, 
secondo comma, della Costituzione, relativamente al profilo della sua 
incidenza sui giudizi in corso. 

Deve considerarsi in proposito che, secondo l'orientamento di questa 
Corte, � non � contestabile che il legislatore ordinario abbia il potere di 
dettare norme dall'applicazione delle quali possono derivare effetti nei 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

riguardi dei procedimenti giudiziari in corso �, specie allorch� tale intervento 
sia dettato al fine di � impedire una situazione di irrazionale dispa� 
rit� di trattamento� (sentenza n. 91 del 1988). In tali casi la legge interpretativa, 
� pur interferendo necessariamente nella sfera del potere giudiziario, 
non incide sul principio della divisione dei poteri� (sentenze 

n.118 del 1957 e n. 123 d�l 1988), dal momento che essa agisce sul piano 
astratto delle fonti normative,. e determina uria indiretta incidenza generale 
su tutti i giudizi, presentio futuri, senza far venire meno la potestas 
iudicandi, bens'I semplicemente ridefinendo il modell� di decisione cui 
l'esercizio di detta potest� deve attenersi (sentenze n. 240 del 1994; n. 402 
e 39 del 1993; 6 del 1988). 
Allorquando, invece, risUlti l'intenzione della legge interpretativa di 
vineolare il giudice ad assumere uria determinata decisione in specifiche 
ed invfduate controversie, la funzione legislativa perde la propria natura 
ed assume contenuto meramente provvedimentale, come nel caso in cui 
�il legislatore, usando della sua prerogativa di interprete d'autorit� del 
diritto, precluda aI giudice la decisione di merito imponendogli di dichiarare 
l'estinzione dei giudizi pendenti� (sentenza n. 123 del 1987). 

Nella specie, la It:gge della regione Toscana n. 67 del 1990, limitandosi 
a chiarire la volont� della legge n. 22 del 1984, si inquadra nella normale 
ipotesi di interpretazione autentica, facendo �sistema con la disposizione 
interpretata ed imponendosi come tale al giudice in forza del principio 
di cui all'art. 101, secondo comma, della Costituzione. 

Sotto questo profilo, la questione come prospettata dal Consiglio di 
Stato deve pertanto ritenersi rion fondata. 

CORTE COSTITUZIONALE, 23 novembre 1994, n. 403 -Pres. Casavola -
Red. Granata -Camera dei Deputati (avv. Sorrentino). 

Procedimento penale � Reati . ministeriali -Conflitto di attribuzione tra la 

Camera. e Tribunale dei Ministri -Richiesta di autorizzazione a proce


dere -Restituzione degli atti� su approfondimento delle indagini. 

. . . . . 

Cost. ari. 96 1. 16 gennaio 1989, n. 1 art. 7). 

In tema di reati ministeriali, ferma restando l'esclusiva competenza 
del Collegio inquirente a valutare la sussistenza dei presupposti per l'archiviazione 
ovvero per la richiesta di autorizzazione a procedere, nonch� a 
determinare i temi di indagine, qualora tra questi risultino temi annunciati 
ma successivamente non approfonditi dal Collegio a causa di un'errata 
interpretazione della norma attributiva del potere, � legittima la restituzione 
degli atti al Collegio inquirente senza alcuna decisione sul merito 
da parte della Camera dei deputati investita della richiesta di autorizzazione 
a procedere. Ci� in quanto l'omessa valutazione da parte del 
Collegio di elementi idonei a provare i fatti per cui si procede, impedisce 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

l'uso di un importante materiale probatorio indispensabile per la determinazione 
della Camera. 

Il Collegio inquirente per reati ministeriali, istituito presso il Tribunale 
di Napoli, sollevando conflitto di attribuzione tra poteri dello 
Stato ex art. 37 legge 11 marzo 1953, n. 87, ha investito la Corte della questione 
se la Camera dei deputati -esercitando il potere (di sua esclusiva 
ed � insindacabile � competenza) di valutare l'esistenza, o meno, delle circostanze 
di fatto pi;-eviste dall'art. 9, comma 3, legge costituzionale n. 1 
del 1989 al fine dell'eventuale concessione o diniego di autorizzazione a 
procedere ed in particolare nella specie restituendo al Collegio inquirente 
(con deliberazioni del 18 dicembre 1993 e del 23 febbraio 1994) la richiesta 
di autorizzazione a procedere affinch� quest'ultimo, rimeditata la interpretazione 
delle norme attributive dei suoi poteri di indagine, compisse, ove 
ne ravvisasse la opportunit�, tutti gli atti che la legge gli consentiva ed 
in particolare, quindi, quelli gi� inizialmente richiesti dal Procuratore della 
Repubblica (interrogatorio dei coindagati laici e confronto fra gli stessi) 
e non effettuati ancorch� dal Collegio ritenuti utili -abbia interferito 
nel potere di esclusiva competenza del Collegio stesso di compiere le indagini 
preliminari (art. 9 legge costituzionale n. 1 del 1989) ed in particolare 
nella specie di valutare autonomamente l'esistenza (ritenuta dal Collegio) 
di un impedimento giuridico al compimento degli atti richiesti dal Procuratore 
della Repubblica, e richiamati dalla Camera, impedimento rappresentato 
(secondo il Collegio) dall'impossibilit� di svolgere le attivit� 
processuali previste dall'art. 343, comma2, c.p.c. nei confronti dei coindagati 
laici senza la preventiva concessione, anche nei loro riguardi, della 
autorizzazione a procedere di cui al cit. art. 9. 

Sussistono i presupposti soggettivi ed oggettivi del conflitto, come gi� 
ritenuti con ordinanza n. 217 del 1994 dichiarativa dell'ammissibilit� del 
conflitto stesso; ammissibilit� che quindi va definitivamente affermata. 

Preliminarmente va esaminato il rilievo della Camera dei deputati la 
quale osserva che, dopo la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzioni 
da parte del Collegio inquirente, ma prima della ordinanza della 
Corte che ha dichiarato l'ammissibilit� del conflitto, l'on.le De Mita, non 
essendosi candidato alle elezioni del 27 e 28 marzo 1994, ha cessato di fare 
parte della Camera dei deputati con effetto dal 15 aprile 1994. E ne trae 
la conseguenza che la competenza a decidere sulla richiesta di autorizzazione 
a procedere avanzata nei suoi confronti (dopo la decisione di merito 
della Corte) non potr� che spettare al Senato della Repubblica alla 
stregua del criterio di riparto di competenza dettato dall'art. 5 legge 
costituzionale n. 1 del 1989. Donde, ad avviso della Camera, la necessit� 
di integrare il contraddittorio nei confronti del Senato della Repubblica. 

Premesso che spetta a questa Corte identificare gli � organi interessati � 
alla risoluzione del conflitto (quarto comma dell'art. 37 cit.) e non tacendo 


RASSEGNA .AVVOCATURA DELLO STATQ 

che improprio appare il riferimento all~istituto dell'integrazione del con. 
traddittorlo atteso che comunque . il potere di <negare l'autorizzazione a 
procedere .spetta ... alternativamente�� (e non gi� .congiuntamente) alla Ca� 
metapal Senato(art.Sleggecostituzionale n.1/89), neppure.pu�dubitarsi 

c.le.l;l p~r~~~teJ?~t:l leg.ittfrnit� della Cainera a resi.stere nel. conmtto. 

. J::;c,i.Wfa~:t}: �l~Jttd:>ati:va ointer:fex;i;ima, cJ1.e.il� C0Uegio inquirente�. assume 
essere.. d�� ostacolo aH'eset�iziE) 4el .s110 pott:ire ((,li. syolgei:;e .u;tagini pre~ 
li~a;rJ) �.~ fO~titui~}~ F9A~(tlguenteinente rag~9~e 4i .iina insuperabile si� 
tuazton.e �li >s~all0, � identificabile. nella. restituzione degli atti ad . opera 
<!ella Camera � (cori c.le�berazioni. del 1& d�cembre 1993 e . deL.22 .. febbraio 

~~f~.f~~~:~:a~ !~i~:~!:. in �.. or~e�. ai./c.ljniego.. o..� alla.concessione 

.�.Ci� compoita, �. da l,tna pa~te, che legittix~mta. a res.istere . era ed � la 
Camera perch� Ja.. s<;1pravyenuta. pt:Jrdlta .� delle:>.�.. stat.s di deputato del� 
l'~.le p~).\ifi~a (J;>l11'. .� all1We,ssq .... (Jbe .P9S�f) �� iAAi4el'e ~mua co~:Pete.za . ex 
ai;t. 5 .cit.) non :n.a certo l'.~ffetto (autom~tfoo) tli porre nel nulla .ie sud" 
dette deliberazioni del�a .c~rnera stessa e q\lindi di rimuovere l'ostacolo 
che ilCollegio inquirente assume sussistete; con la conseguenza che 
pe:rsiste I'inte:resse ajla soluzione del. conflitto sia della Camera (come 
c1el �. resto�� sostenuto � �lalla � medesima �nelle .sue �difese) �sfa . del Coliegio 
inquirent~ (che, i:nsiste:ncio pe~ raccoglii:llen1:o del ricorso, non ha neppure 
ipotizzatO il superairie#1:() ciella ragioii� del conflitto). . . � 

� Nel J.11eiifo il ricorso. non � fondato. � � 

.�. V.a. pr�limfoarmente... rilt:iYi:tto�.. cbe il q.adrci. normativo di :rjferiinento 
� sfato. p;r()fonc1arnente. innovato pr.i:rpa dall~ legge costituzion.ale 16 gennaio 
1989 n'.. tipofciaJla legt:!e ordinaria 5 ~uino 1989, n. 219, che ha 
cC>ni:Pieti�o n dis�gno � riformatore. superando il. precedente regime della 
messa i.:n stato � d'accusa da parte d.el Parlam�lnto e del giudizio innanzi 
alla Corte Costituzionale integrat�,Ia ~itata legge ~. 1/89 ha diversamente 
�ad(;lnzaiq l'iter proct:iclimentale, che muove qalla notitia criminis presentata 
84 ii;iviata aLErocuratore clella.. ~~p�bQlica p:resso il tribunale del 
capol�ogo del distretto di Corte d'appello competente per territorio 
(art. 6). Questi, senza compiere alcun atto di indagine, deve limitarsi ad 
iD.\Testire. il Collegio inq�irente . previst? dal. successivo . art.. 7 trasmet~e.ndogli 
[:!li atti con le . sue richieste entro il terinine d� qU�ridi�i giorni. g 
inve~e il� Collegfo elle� co.m.pfo �1e �indagini�� prel:b:ninari entro il� termine 
di novanta giorni, all'esito delle quali (salva la richiesta di ulteriori indagini 
da parte dello>stesso ProcU:fatore della Repubblica da effettuarsi nel 
termine; cos� prorogato, di sessanta giorni) adotta le sue det�rminazi<>ni 
disponendo l'archiviazione ovvero inviando gli atti con relazione moti� 
vata al Procuratore della Repubblica per la loro immed�ata trasmissione 
al Presidente della Camera competente. Quest'ultima, cosi investita, pu� 
negare Fautorizzazione. a procedere (prevista dall'art. 96 Cast., come novellato) 
ove reputi, con valutazione insindacabile, che l'inquisito abbia 


RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO 

agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante 
ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio 
della funzione di Governo (art. 9, comma 3), finalit� queste assunte 
quali condizioni di procedibilit� dell'azione penale secondo l'espresso 
disposto dell'art. 4, comma 1, legge n. 219/89. In tal caso l'Assemblea 
deve indicare a quale concorrente, anche se non Ministro, n� parlamentare, 
si riferisce il diniego (art. 4, comma 2, cit.). 


Ci� premesso, deve considerarsi che la turbativa o interferenza denunciata 
dal Collegio ricorrente � originata da una mancata concordanza 
(tra il medesimo e la Camera) nell'individuazione dell'esatta portata (e 
quindi dei confini) dei due poteri in conflitto, attribuiti rispettivamente 
dall'art. 8 legge n. 1/89 al Collegio inquirente (ossia il potere di compiere 
indagini preliminari e all'esito -ove non ritenuti sussistenti i presupposti 
per l'archiviazione -quello di chiedere l'autorizzazione a procedere) e 
dal successivo art. 9 all'Assemblea legislativa e quindi nella specie alla 
Camera (ossia il potere di negare l'autorizzazione a procedere ove ricorra 

una delle due speficiche finalit� indicate nel terzo comma del medesimo 
art. 9). 

In particolare � l'attribuzione del primo potere ad essere controversa 
nel senso che il Collegio inquirente ritiene di individuare una linea 
di confine pi� restrittiva di quella che viceversa � riconosciuta dalla 
Camera. La quale -pur non vertendosi in un vero e proprio conflitto 
negativo di attribuzioni, perch� ci� che il Collegio inquirente ritiene 
di non poter compiere non � in via complementare (nella prospettazione 
di quest'ultimo) attribuito alla Camera, n� da quest'ultima rivendicato ben 
pu� dolersi di un (assertivamente erroneo) atteggiamento abdicativo 
del Collegio; ci� perch� i due poteri sono funzionalmente coordinati 
di guisa che il mancato pieno dispiegarsi del primo comunque incide 
sull'altro, nel senso che -come risulter� pi� evidente in seguito quest'ultimo 
viene privato, in tutto o in parte, di elementi di valutazione 
che altrimenti avrebbe avuto disponibili come risultanze delle indagini 
preliminari. 

Ed allora � determinante, al fine della risoluzione del conflitto, operare 
la ricognizione del potere del Collegio inquirente per stabilire se 
comprenda, o meno, gli atti di interrogatorio e confronto dei coindagati 
laici concorrenti nel reato ministeriale. 

� ben chiaro cos� che il conflitto verte esclusivamente su tale ricognizione 
del potere e niente affatto sulla completezza delle indagini, di 
cui la Camera in realt� non si duole (n� potrebbe dolersi se non sotto il 
pi� radicale profilo della non leale cooperazione tra poteri) essendosi 
limitata a richiamare la valutazione operata dal Collegio stesso, il quale 
(nella richiesta di autorizzazione a procedere) ha ben evidenziato l'opportunit� 
(e l'intenzione) di compiere gli atti di interrogatorio e confronto 


PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

dei coindagati laici, se soltanto non fossero impediti dai (ritenuti) limiti 
del proprio potere. 

Orbene, il potere del Collegio inquirente ha ad oggetto il compimento 
delle indagini preliminari alle quali procede (dopo l'entrata in vigore del 
nuovo codice di procedura penale) con i poteri che spettano al pubblico 
ministero (art. l, comma 2, legge 219/89). A questi si aggiungono i poteri 
ciel giudice per le indagini preliminari; ed infatti il secondo comma dell'art. 
1 cit. prevede che il collegio pu� disporre anche d'ufficio incidente 
probatorio, provvedendo direttamente allo stesso che si considera ad 
ogni effetto come espletato dal g.i.p.; inoltre il Collegio pu� compiere 
anche d'ufficio tutti gli atti di competenza del g.i.p. 

Si tratta quindi di poteri eccezionalmente ampi, giustificati dalla specialit� 
di questa fase procedimentale che -inscritta in un sufficiente 
arco di tempo, discrezionalmente apprezzato dal legislatore in 90 giorni, 
prorogabili di ulteriori 60 giorni -� prodromica ad una doppia (ancorch� 
profondamente diversa) valutazione (di merito): quella dello stesso Collegio 
inquirente (di archiviare o di richiedere l'autorizzazione a procedere); 
quella della Camera di negare o concedere l'autorizzazione a 
procedere. 

Entrambe tali valutazioni (che rispettivamente concernono per il 
Collegio inquirente anche l'infondatezza della notitia criminis ovvero 
l'estraneit� dell'indiziato al fatto e per la Camera il riscontro delle finalit� 
di cui all'art. 9, comma 3) debbono necessariamente fondarsi sulle risultanze 
delle indagini preliminari compiute. 

Il potere del Collegio inquirente -al cui esercizio � condizionata 
l'acquisizione di tali risultanze -finisce quindi per incidere indirettamente 
sul potere della Camera nel senso che l'eventuale abdicazione del 
Collegio ad esercitare il suo potere priva la Camera di elementi di fatto 
la cui rilevanza, o meno, al fine del riscontro delle finalit� di cui all'art. 9, 
comma 3, dt. essa sola pu� apprezzare. Ci� mostra come l'esercizio del 
potere del Collegio inquirente si atteggia anche come obbligo di leale 
collaborazione (sent. n. 379/92) non essendo nella discrezionalit� del 
Collegio procrastinare a dopo l'autorizzazione a procedere atti di indagini 
preliminari che protrebbero essere compiuti prima. 

La ragionevole ampiezza del termine (ancorch� non previsto a pena 
di decadenza) testimonia il bilanciamento operato dal legislatore che pur 
non richiedendo il completo esaurimento delle indagini preliminari neppure 
arresta il procedimento in attesa dell'autorizzazione a procedere 
come viceversa tendenzialmente fa l'art. 346 c.p.p. che in generale limita 
gli atti di indagini preliminari a quelli resi necessari per assicurare le 
fonti di prova o perch� vi � pericolo nel ritardo. 

La diversa ampiezza del termine (prevista dall'art. 344 c.p.p. in 
30 giorni e dall'art. 8 legge n. 1/89 in 90 giorni prorogabili fino a 150) e 
l'esistenza del passaggio obbligato della doppia valutazione del Collegio 


408 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

stesso (in ordine ai presupposti dell'archiviazione) e della Camera (in 
ordine ai presupposti dell'improcedibilit� dell'azione penale) concorrono 
a significare che la iniziale fase delle indagini preliminari, precedente la 
particolare autorizzazione a procedere per i reati ministeriali, � del 
tutto speciale e ben diversa da quella che precede in generale l'autorizzazione 
a procedere in altre fattispecie. 

Questa specialit� comporta anche una diversit� di limiti quanto al 
tipo di atti che possono essere compiuti, diversit� possibile perch� il 
quinto comma dell'art. 1 legge n. 219/89, se in generale prevede che si 
osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del vigente codice di 
procedura penale, fa per� salve le. eventuali diverse prescrizioni dettate 
dalla legge n. 1/89 che prevalgono quindi su quelle ordinarie. E nella 
fattispecie si ha che, mentre in generale l'art. 343, comma 2, c.p.p. prescrive 
che fino a quando non sia stata concessa l'autorizzazione a procedere 
� fatto divieto di disporre il fermo o misure cautelari personali 
UOilch� perquisizioni personali o domiciliari, ispezioni personali, ricognizioni, 
individuazioni, confronti, intercettazioni di conversazioni o di 
comunicazioni e che, inoltre, si pu� procedere all'interrogatorio soltanto 
se l'interessato lo richiede, invece nello speciale procedimento per i reati 
ministeriali l'art. 10, comma 1, prevede soltanto che il Presidente del 
Consiglio dei Ministri, i Ministri, e gli altri inquisiti parlamentari non 
possono essere sottoposti a misure limitative della libert� personale, a 
intercettazioni telefoniche o sequestro o violazione di corrispondenza 
ovvero a perquisizioni personali o domiciliari senza l'autorizzazione della 
Camera competente. 

Tra le due citate disposizioni sussiste quindi un rapporto di specialit� 
reso ancor pi� evidente (oltre che dalla simmetria del contenuto precettivo, 
anche) dal fatto che l'art. 343 c.p.p. pone limiti (ulteriori) in una 
fase in cui gi� di per s� le indagini preliminari sono limitate dal disposto 
dell'art. 346 c.p.p. (che infatti esordisce facendo salva la prescrizione dell'art. 
343 cit.), mentre l'art. 10 pone limiti in una fase in cui viceversa 
in generale ogni atto di indagine preliminare pu� essere compiuto ed 
anche per gli atti tipici dalla medesima disposizione elencati non vi � 
una preclusione assoluta essendo possibile l'autorizzazione ad acta 
(nient'affatto contemplata dall'art, 343 c.p.c.); diversit� queste che rendono 
peraltro anche ragione della disciplina differenziata senza che sia sospettabile 
alcuna disparit� di trattamento. 

In conclusione tale rimarcata specialit� fa s� che il potere del Collegio 
inquirente di compiere indagini preliminari � limitato (quanto alla tipologia 
degli atti) dall'art. 10 e non gi� dall'art. 343, non applicabile nella 
specie (al pari dell'art. 346). 

� quindi infondata la tesi del Collegio inquirente che vuole il suo 
potere limitato dall'art. 343 c.p.p., norma che esclude gli atti di interrogatorio 
e confronto di qualsiasi indagato per il quale occorra l'autorizza



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

zione a procedere. Viceversa trova applicazione l'art. 10 che si riferisce 
soltanto a Ministri e parlamentari nel prevedere alcune . limitazioni al 
compimento di atti di indagini preliminari senza Ja preventiva autorizzazione 
ad acta con la conseguenza che per i coindagati laici concorrenti 
nel reato ministeriale (anche ove si ritenga -come ritiene il Collegio che 
per essi occorra< l'autorizzazione a procedere al pari che per gli indagatLche 
siano Ministri o membri del Parlamento) il potere del Collegio 
non soffre (e non soffriva) limitazione alcuna; quest'ultimo aveva il potere 
di procedere a quegli interrogatori e atti di confronto ritenuti utili 

o necessari (d,al Collegio medesimo) al fine di chiarire l'oggetto e le circostanze 
dell'imputazione .. �. 
N� alcuna limitazione pu�� indirettamente dedursi dal secondo comma 
dell'art.. 6 legge n. 1/89 e dal terzo comma dell'art. 1 legge n. 219/89 
che ....,. nel prevedere (entrambi) che i �soggetti interessati� possono 
presentare memorie al collegio. o chiedere di essere ascoltati -introduce 
una facolt� per i medesimi (a prescindere dall'esatto. significato da attribuire 
alla locuzione �soggetti interessati�) e non gi� prescrive un divieto 
di interrogatorio. 

Una volta . identificata la linea. di confine del potere del Collegio inquirente 
di .compiere atti di indagine preliminare pu� conseguentemente 
ritenersi che l'autolimitazione di quest'ultimo. ha privato la Camera. per 
la gi� rilevata incidenza delresercizio del potere dell'uno su quello 
spettante all'altra -delle risultanze di. ulteriori atti di indagine preliminare 
che altrimenti avrebbe avuto disponibili ove il Collegio avesse 
rettamente operato la ricognizione del suo potere e quindi legittimamente 
la Camera ha deliberato la restituzione � degli atti al Collegio perch� 
esercitasse pienam�nte il suo potere erroneamente da quest'ultimo ri� 
tenuto .pi� limitato di quanto in realt� non fosse; restituzione questa 
che -operandosi una retrocessione del procedimento a seguito dell'esito 
.del presente conflitto ---comporta altres�. che il Collegio -compiUti 
��gli atti di indagare preliminare che assumeva essergli preclusi 
e sempre che persista nel ritenere di non disporre l'archiviazione -possa 
investire nuovamente l'Assemblea competente perch� conceda o neghi 
l'autorizzazione a. procedere. 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 ditembre 1994, n. 413 -Pres. Casavola lfed. 
Vassalli -Presidenza� Consiglio dei Ministri. (n.c.). 

Procedimento penale � Parte offesa � Richiesta archiviazione � Diritto 
all'avviso. 
(Cost. art. 24; d.leg. 28 luglio 1989, n. 271, art. 156 norme attuazione codice proc. pen.). 

l;l diritto della persona offesa di essere avvisata della richiesta di 
archiviazione, gi� affermato dalla Corte con la sentenza n. 353/91, sussiste 
anche nel procedimento pretorile. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

410 

Le ordinanze in epigrafe sollevano questioni identiche. I relativi giudizi 
vanno, quindi, riuniti per essere decisi con un'unica sentenza. 

Oggetto comune di censura � l'art. 156 del testo delle norme di attuazione 
del codice di procedura penale (approvato, insieme al testo delle 
norme di coordinamento e transitorie, con il decreto legislativo 28 luglio 
1989, n. 271), nella parte in cui (primo comma) non prevede la nullit� 
del decreto di archiviazione adottato senza la previa notificazione della 
richiesta del pubblico ministero alla persona offesa che ne abbia fatto 
domanda o, comunque, prima che sia decorso il termine per proporre 
l'opposizione e nella parte in cui (secondo comma) non prevede che tale 
nullit� sia denunciabile con ricorso per cassazione. 

Sarebbe vulnerato l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, restando 
preclusa all'offeso dal reato, che si sia tempestivamenete attivato 
al fine di venire a conoscenza dell'eventuale richiesta del pubblico ministero 
di non promuovere l'azione penale, la possibilit� di sottoporre le 
sue ragioni al giudice attraverso l'opposizione. 

Pure se due sono i precetti sospettati di illegittimit�, unica, in effetti, 
si presenta la questione sottoposta al vaglio della Corte. Da un lato, 
infatti, si censura il primo comma dell'art. 156 delle norme di attuazione 
perch� non fa derivare dall'inosservanza del dovere di avviso alla persona 
offesa dal reato la nullit� del decreto di archiviazione; dall'altro lato, 
si fa discendere, quasi a corollario, dalla detta omissione, la corrispondente 
illegittimit� del secondo comma dello stesso art. 156 perch� non 
prescrive che avverso un provvedimento in tal modo adottato venga 
attribuito alla stessa persona offesa il diritto di proporre ricorso per 
cassazione. Il petitum avuto di mira dal giudice a quo si rivela, quindi, 
decisamente incentrato sulla mancata previsione della ricorribilit� per 
cassazione del decreto di archiviazione, a presidio della persona offesa 
che sia stata privata del diritto di essere informata della richiesta avanzata 
dal pubblico ministero; ricorribilit� che, peraltro, dovrebbe scaturire 
dalla dichiarazione d'illegittimit� del primo comma dello stesso art. 156, 
nella parte in cui non prevede la nullit� del decreto di archiviazione 
adottato senza la notificazione del detto avviso. Il che risulta univocamente 
confermato dagli stessi casi di specie, relativi ad impugnative di 
decreti di archiviazione pronunciati omettendo di informare la persona 
offesa che ne aveva fatto richiesta. Di fronte a simili doglianze, la Corte 
di cassazione ha ritenuto pregiudiziale, ai fini della verifica quanto all'ammissibilit� 
dei ricorsi -che altrimenti avrebbe dovuto, nell'ottica interpretativa 
seguita, dichiarare inammissibili -porre in discussione la conformit� 
all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, del precetto collocato 
nel capo XII delle norme di attuazione, dedicato alle � Disposizioni 
relative al procedimento davanti al pretore � -che disciplina 
l'opposizione alla richiesta di archiviazione. E ci� sul presupposto che il 
sistema, cos� come strutturato, non � in grado di apprestare alcuna pro




PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

tezione all'offeso che sia stato privato dell'avviso della relativa richiesta, 
in presenza di un provvedimento di archiviazione pronunciato dal giudice 
per le indagini preliminari presso la pretura. 

L'articolato incedere argomentativo delle ordinanze di rimessione muove 
-con il costante �richiamo al ricorso per cassazione, tipico mezzo di 
tutela apprestato nel sistema dell'archiviazione davanti al tribunale -dalla 
constatazione che il sistema protettivo dell'offeso dal reato nel procedimento 
di archiviazione pretorile diverrebbe puramente teorico ove la 
norma censurata non venisse dichiarata illegittima nelle parti indicate, 
perch� la persona offesa, non potendo conoscere la richiesta del pubblico 
miniStero, non � posta in condizione di esercitare l'opposizione alla quale 
� espressamente legittimata proprio in forza dell'art. 156 delle norme 
di attuazione. 

Con la conseguenza che il giudice a quo, mentre, per un verso, censura 
la detta lesione del diritto di difesa, per un altro verso, non ritenendo 
assimilabile -almeno sotto questo profilo -l'archiviazione pretorile all'archiviazione 
nel rito di base, non individua nella disciplina di questa 
procedura un tertium comparationis, restando attestato all'invocazione, 
quale norma-parametro, del solo art. 24, secondo comma, della Costituzione. 
Anzi, come si vedr� dall'analisi del prosieguo della motivazione delle 
ordinanze, proprio la diversit� di struttura tra le due procedure renderebbe 
incompatibile, nella speficica materia, il regime di garanzia dettato 
a favore della persona offesa di fronte al decreto di archiviazione pronunciato 
dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale. Il che 
appare subito confermato dal fatto che le ordinanze di rimessione non 
hanno come diretto punto di riferimento le norme codicistiche, essendo 
chiamati in causa in via immediata soltanto due precetti delle norme di 
attuazione. Oltre, ovviamente, l'art. 156 -la norma oggetto del giudizio 
di legittimit� -l'art. 126 che, nel disciplinare le modalit� dell'avviso 
alla persona offesa della richiesta di archiviazione, prescrive che nel caso 
previsto dall'art. 408, secondo comma, del codice di procedura penale, il 
pubblico ministero trasmette gli atti al giudice per le indagini preliminari 
dopo la presentazione dell'opposizione della persona offesa ovvero 
dopo la scadenza del termine indicato nel terzo comma del medesimo articolo. 
Una norma che, dettata per il procedimento davanti al tribunale, 
viene ritenuta dal rimettente estensibile al procedimento pretorile. Cosicch� 
la questione resta, pi� esattamente, definita nel sospetto di illegittimit� 
dell'art. 156 delle norme di attuazione, nella parte in cui non prevede 
il diritto della persona offesa dal reato di ricorrere per cassazione avverso 
il decreto di archiviazione adottato dal giudice per le indagini preliminari 
presso la pretura senza che sia stato osservato il precetto dell'art. 408, 
secondo comma, del codice di procedura penale, appositamente richiamato 
dall'art. 126 delle norme di attuazione. Operando, in tal modo 
un'ulteriore, pi� generale, scelta interpretativa, nel senso, cio�, di consi



412 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 
derare, relativamente all'archiviazione nel procedimento davanti al pretore, 
inoperante -almeno relativamente al quesito sottoposto all'esame 
della Corte -l'art. 549 del codice di procedura penale che prescrive 
l'osservanza per il procedimento pretorile delle norme relative al procedimento 
davanti al tribunale � in quanto applicabili �. 
Pure se, dunque, ad essere direttamente chiamata in causa � la 
mancata legittimazione a proporre ricorso per cassazione cui la persona 
offesa dovrebbe accedere dopo la dichiarazione di illegittimit� della norma 
che non prevede come causa di nullit� la violazione dell'art. 408, secondo 
comma, del codice di procedura penale, il fatto stesso che venga denunciato 
come contrastante con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, 
l'art. 156 delle norme di attuazione sta a comprovare come attraverso la 
duplice dichiarazione d'illegittimit� richiesta il rimettente intenda perseguire 
il solo risultato di consentire l'accesso al giudice, attraverso l'opposizione, 
della persona offesa nei confronti della quale sia stato omesso 
l'avviso di cui all'art. 408, secondo comma, del codice di procedura penale. 

Le norme denunciate, quindi, pur riferendosi ad un momento successivo 
(ed eventuale) rispetto a quello formalmente indicato dal giudice 
a quo con la questione ora sottoposta al vaglio della Corte, vengono 
perci� a rappresentare, insieme al gi� ricordato art. 126 delle norme di 
attuazione, gli unici precetti posti a tutela della persona offesa nel 
procedimento davanti al pretore. Donde la strumentalit� del richiesto 
diritto di ricorrere per cassazione rispetto a quello che rappresenta il 
punto di arrivo della proposta questione, da identificare nella possibilit� 
di proporre opposizione anche nel caso in cui il decreto di archiviazione 
pretorile sia stato adottato omettendo l'avviso di cui all'art. 408, secondo 
comma, del codice di procedura penale. 

Decisiva appare, in proposito, l'argomentazione contenuta nelle ordinanze 
di rimessione che sembra implicitamente risolversi nell'enuncia


zione del requisito della rilevanza: non potendo l'archiviazione pronunciata 
in violazione dei diritti della persona offesa qualificarsi n� provvedimento 
nullo (e quindi annoverarsi tra i provvedimenti affetti da nullit� 
di ordine generale, l'unica tipologia di vizio in grado di presidiare adeguatamente 
l'offeso dal reato, salvaguardato dal regime delle nullit� di 
cui all'art. 178, lettera e, del codice di procedura penale, nel solo caso 
di inosservanza delle disposizioni concernenti la �citazione in giudizio�), 
n� provvedimento abnorme (tale essendo soltanto il provvedimento non 
identificabile con quello emesso in violazione dei diritti della persona 
offesa -� che, per la singolarit� e stranezza del suo contenuto, sta al di 
fuori delle norme legislative e dell'intero ordinamento processuale�), 
n� provvedimento inesistente, la sola via per pervenire a rimuovere la 
violazione del diritto di difesa dell'offeso dal reato in conseguenza della 
mancata osservanza dell'art. 408, secondo comma, del codice di procedura 
penale, sarebbe appunto quella di applicare la disciplina contemplata 


PARTE I, SBZ. t; GIURISPRUDENZA COSTtrUZlONALE �13 

per le ipotesi dLnullit�; cos� da consentire, attraverso il rimedio richiesto, 
la demolizione det .provvedimento e l'esercizio del diritto di proporre 
opp�sizione. Davvero significativa risulta, piuttosto, l'univocit� del pas� 
saggio dal tipo di .pat�logia,. individuato nella nullit� del decreto, al tipo 
di tutela, individuato nel ricorso per cassazione; e ci� nonostante che; 
proprio in forza della titenuta � d�ssociazione >) dell'archiviazione .pretori.
le .� 9.all'l;\fcbi-via?iPne ~l. pr()�ed:Unento � d,ava1lti .al. tribunale, . gli stru� 
ri:tentidiretti.~. atttaver.sola caducazione del .decret� emesso in violazione 
d~i diritti.. ~~na per~()~~otfes~�-�.-~cl apprestE!Xe.un rinledio�.in grado 
�lj .� c:onsent:tre l'c;isercizio .Q.e!la facolt� ~� proporre. opposizione,.� potre"bbero 
teoric;~e~te.prof~~arsi ~~pbe c:otne. piw;imi� D'ajtra . parte, non trattandosi.. 
di. sentenza Q <il provvediment() sulla libert� personale, non potrebbe 
utilmente farsi ricorse> al �ljsposto; Q.ell'art, 568, seconde> comma, del 
cp�li�e �� di .. pro�e<:f;uxa peqale, �quale .. n<m:na derogatoria �rispetto al principio 
�U tl'l-ssativi~~i g.~i l�:leziA di imp.g.l;_l~ione, 

�.� Sen<:>ncM-l'indiyi4ui:tzione <U.> un simile�� st'l'.Umento di tutela . sembra 
agevolmente .ri�111v1llbile nel richi~o alla i;entenza n. 353 del 1991 la 
quaje.~ dopo lllver ~ilevato che ~e la legge lascjasse. privo di tutela 
l'o:t':t'e$o dal relllto c.i non vep.isse comunicatoJ'avviso di cui all'art, 408, 
secondo comma, clel codice di prpcajura penale, �la denunciata omessa 
previsione si presenterebbe di dubbia compatibilit� con Tart. 24; secondo 
9QllU)la,, della Costituzione � -ebbe lll dichiarare non fondate, ..<< nei sensi 
cli cui. Wc rnotivazione �, le questioni di legittimit� dell'art. 178, lettera e, 
del codice di. procedura penale. e Aell'.art. 409 dello stesso codice, nella 
parte. in.� c.i � taji l1o:rme npn consentirebbero. alcuna tutela. alla persona 
offesa dal reato m::i confronti della quaje si11 stato omesso l'avviso _della 
richiesta di a;rchiviazione formulatll, ~l .pu"bblico ministero, nonostante 
l'espres1>11 domanda. avanzata .. a norma dell'art.. 408~. secondo comma, 
additando nel ricorso per cassazione la � disciplina che . co.nsente c;li 
esperire l1Jl ... rnezzQ� _di. gravame. avverso. il provvedimento conclusivo 
di tale pr99edura �, 

..� Il __ gi.dtcc;i a... q1f.(J� pur mostra.Ildo di __ cpndividere la. soluzione inter


pretativa a. suo�. tempo_ adottata dalla Corte,. l'ha. pe:r� rig�rosamente 

circoscritta al p:rocedimento davanti al tribunale dando una particolare 

valenza. ai�__ p:ri:ncip~o, .enU!lciatO (talla indicata .. sentellza, ... in base_ al quale 

l'art. 409, sesto cori:ima, d:�l. codice di procec{ura pepale, che ammette n 

ricorso p�r cassazfone��� r:l~i ca.si d� nullit� previsti dall'art. 127.�quinto 

comtna, deve ritenersi applicabile anche quando risulti colpita <i all'ori


gine la stessa insfaura:zione del contraddittorio proprio del procedimento 

in camer� dfcorisig1io �. :Pri:nc�pi, dunque, secondo ilgiudice a quo, non 

riferibili. al provvedimento . di archiviazione pretorile, adottato de plano 

anche in caso di. opposizione della. persona offesa, senza, dunque, poter 

fare alcun riferimento n� alle forme prescritte dall'art. 127 del codice 

di procedura penale ed al quinto comma di tale articolo, che prevede la 


RAS3EGNA AVVOCATURA DELLO STATO

414 

nullit� per la violazione delle regole riguardanti il contraddittorio cartolare 
consentito dall'art. 156 delle norme di attuazione, n� ad una norma 
analoga all'art. 409, sesto comma, del codice, che, appunto, consente il 
ricorso per cassazione ove le regole poste a tutela del contraddittorio 
vengano violate. 

La questione, nei termini che seguono, non � fondata. 

Il tema della tutela della persona offesa dal reato cui non venga 
data notizia della richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, 
nonostante l'espressa domanda formulata nella notizia di reato 

o successivamente alla sua presentazione, � stato -come si � pi� volte 
ricordato -gi� affrontato da questa Corte. Pi� in particolare, con la 
sentenza n. 353 del 1991, venne precisato come sussista il diritto della 
persona offesa di essere avvisata della detta richiesta, un diritto �particolarmente 
valorizzato proprio nello stadio delle indagini preliminari 
entro le quali si colloca il procedimento di archiviazione �. La Corte pervenne, 
perci�, alla conclusione che �l'offeso dal reato possa usufruire 
di una disciplina che consente di esperire un mezzo di gravame avverso 
il provvedimento conclusivo di tale procedura�: mezzo che venne individuato 
in quello previsto dall'art. 127, quinto comma, del codice di 
procedura penale, espressamente richiamato dall'art. 409, quinto comma, 
dello stesso codice. 
Alla persona offesa nei confronti della quale si sia mancato di notificare 
l'avviso della richiesta di archiviazione fu cos� riconosciuto il 
diritto di proporre ricorso per cassazione perch� il vizio derivante dalla 
detta omissione �con l'impedire all'offeso dal reato ogni possibilit� di 
contestare� la richiesta, �viene a colpire all'origine la stessa potenziale 
instaurazione del contraddittorio proprio dell'udienza in camera di consiglio 
�. Un vizio, dunque, da ritenere � ancor pi� grave di quello derivante 
dall'omesso avviso alla persona offesa, che abbia proposto opposizione, 
della data fissata per la stessa udienza, in ordine al quale, pure, l'art. 409, 
sesto comma, la legittima espressamente a ricorrere per cassazione�. 

Il giudice a quo ha contestato la riferibilit� di tale pronuncia al procedimento 
pretorile per il suo intrinseco collegamento con la procedura 
in camera di consiglio prevista esclusivamente con riguardo all'archiviazione 
pronunciata dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale. 
Ma si tratta di un'interpretazione in contrasto sia con la ratio 
decidendi della stessa sentenza n. 353 del 1991 sia con le successive 
statuizioni di questa Corte in tema di archiviazione anche relativamente 
al procedimento davanti al pretore. Senza contare che la giurisprudenza 
della Corte di cassazione aveva gi� seguito la linea interpretativa 
additata da questa Corte, anche nelle statuizioni immediatamente successive 
alla sentenza n. 353 del 1991, pure senza che ne venisse direttamente 
coinvolta l'archiviazione pretorile. 

~ i 

' 



PAATB I, .SEZ. I., GIURISPRUDENZA COST!TUZIONAL� 

ln Pdmo.luogo, il fatto che la sentenza.n.. 353d�l1991 possa apparire 
rigorosamente attestata al proceclimento cli: archiviazione �avanti al tribu.aje 
� no!l risulta di 9stacolo �'""."'."." �ove venga� in�ividuata l'effettiva . ratio 
4eUa statub:i.o!le ~ alla possibilit� dL una. estensione al pr()ceciimento 
4�vanti aJpret()re cl,el ritned�Q daessaᥥindividuato.�in via .interpretativa. 
blQ1l l?:M ~ssere' inf;l);tti tr~scuratl:"t. .�l'in.<::idel1Za caei limiti 4e}.. d�volutum, 
~coscritto akl'affw11t9Jr� .l'ipotesi del lAAnca~o avviso dell'udiel1Za ..in 
Ci~mera <ltconsimio �(presidiato dal c()mbinato4�sposto �dell'art. 409;i sesto 
comma, e dell'art. 127, quinto comma) ed il mancato avvfao �lla richiesta 
ciel p.bblic9 . l;Jli9Jst~9� '.l:auto �/:vel'o . cbe, �pu:r PU1Jtualizzan4osi . come 
<~ 4!itll'e~�me coll.$..ntc;v> 4eJle :rwrwe or:a dco;rdate ristilta cl:le esse .� fall1lo, 
i1l<tema cii �ai:chiyi~ione; espress9 }'#e:rimento, integr�lldosi . reciproca~ 
me)'.lte, alt;:i sola arcliiviazione prc:>nunciata con ordinanza a seguito 
c1el1a prQcecl:llr1;1;.in ca:rn~r:;i dic<;>:.siglto fiss;a.ta c!al giudice che no)'.laccolga 
la richiesta del pJ,tb.l?li<::o :rniJJ;istero >>t si Javv�s9 il c!ato� pi� saHep,te .del 
i.fiziO: allq:re.,denJ.W,�il:l.top:rQPJ?iq ne.l fattQ cl1e f:le la perscma gf~es;;i; ..on 
yiene avvisata: dell'ticUe!1Za,. potr~. propqrre :xicorso per cassia.;z.ione �invoc~
p�la<I11lllit~ del proV:Vedimel1to .a. t10l'ma. dell'IM"t�. 127, quip,tq s::oinn::gi>� 
mentre. pi ti:.e rimedi() non .ay17ebpe potuto fl;lrSi USO nell'ipotesi della 
stessa. pers()l1a qffesa � cl.1,e. ven~<l. privata c1eU1av:viso della. riclijesta di 
1:1;rchiviazione. fon:p,ulata dal Pll1'blic() ministero nonostap,te la sua esvressa; 
.doD3;1.1da di.. essere avvertita �. E. tpattavl;l.Si. di.. una soluzione. f()ngi;i.ta, 
oltre �l:l,e. s.ll'esigel)Za di tu.tela dell'offeso dal reato '"'"-:: quanto agli 
strttine.tj JlclOPe:ratj per r~.i.t,t()Ye:re il. vulnt,i~ '":"""' sulla. .ecessit~, per:segld,ta 
~l Jegislatqf~! 4i dis�iplll;lare l';a.i;c;hiviazione co:rne istituto unitario, . � a 
ppesci!ldere dalle. diversit� ... sia�.. delle . cade11ze �� procedirnentali si.a . della 
tipologfat de1 pi;ovvedin1ento conclusivo �. Prova ne sia .che, nonostante 
l� varie scelt� invalidanti allora prospettate dai giudici a quibus (alcune 
dirette a sindacare l'art. 178, lettera e, del codice di procedura penale; 
altre facenti leva sull'art. 409 delfo stesso codice), quest�t.>Corte ritenne 
conforme. a� Costituzione conseguire il medesimo. risultato attraverso l'individuazione 
e l'int�rpretazione delle norme effettivamente censurate pro� 
prio al fine di dettare un identico regime protettivo per la� persona offesa 
che; �rion informata della riehiesta di archiviazione, � stata privata della 
facolt�� di��� opposIZi<>ne ,,_.� � 

La t�tio d�Ciden.di della sentenza n. 353 del 1991/rion. si collega, 
dunque, se non per. l'ipotesi normativa allora sottoposta �l vaglio. della 
Corte, a quel procedimento in contraddittorio previsto per il rito di 
base. Il suo reai� valore prescrittivo �, in fatti, nella diretta tutela del 
d�ritto di� difesa� dell'offeso. dal reato, che � risulta nel sistema del nuovo 
codice di procedura penale, particolarmente valorizzato proprio nello 
stadio delle. indagini preliminari, entro il quale si colloca il decreto di 
archiviazione�. 


416 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

L'assenza di un immancabile collegamento con la procedura di cui 
all'art. 127 era, del resto, resa evidente sia dalla circostanza che, anche 
con riguardo all'archiviazione pronunciata dal giudice per le indagini 
preliminari presso il tribunale veniva in considerazione un decreto adottato 
de plano, sia soprattutto, dall'esigenza di consentire alla persona 
offesa di essere protetta attraverso uno strumento -il ricorso per 
cassazione -previsto dall'ordinamento per situazioni, non solo fondate 
su un'identica ratio, ma addirittura contrassegnate da un tasso maggiore 
di gravit�. 

Dunque � la sostanziale identit� dei provvedimenti, sebbene emessi 
a seguito di procedimenti di tipo diverso, che ha motivato la scelta 
interpretativa ricavabile dalla sentenza n. 353 del 1991. Perch� se scopo 
essenziale dell'impugnazione �, nella� specifica materia, quello di porre 
riparo alla lesione dell'interesse della persona offesa di sottoporre a 
controllo la scelta del pubblico ministero di non esercitare l'azione 
penale, il medesimo interesse dovr� essere tutelato anche quando l'archiviazione 
sia pronunciata de plano ed il controllo dovr� a maggior 
ragione essere garantito proprio quando, come nel procedimento pretorile, 
l'opposizione non provochi l'instaurazione del rito camerale. 

L'unitariet� del fenomeno in esame -quali che possano essere le 
divaricazioni normative provocate soprattutto dalla necessit� di dare 
attuazione, relativamente al procedimento pretorile, all'art. 2, n. 103, della 
legge-delega, che prescrive il principio di massima semplificazione, � 
stata successivamente ribadita dalla sentenza n. 94 del 1992 con la 
quale -anche in funzione del principio adesso ricordato -venne 
dichiarata non fondata la questione di legittimit�, in riferimento all'art. 
3 della Costituzione, dello stesso art. 156 delle norme di attuazione 
� nella parte in cui non prevede nel procedimento pretorile, in caso di 
opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, l'audizione 
delle parti in camera di consiglio �. 

Con tale decisione, dopo essersi puntualizzato che, a seguito della 
dichiarazione di illegittimit� costituzionale dell'art. 554, secondo comma, 
del codice di procedura penale -nella parte in cui non prevede che 
anche nel procedimento pretorile il giudice per le indagini preliminari, 
se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indichi con ordinanza al pubblico 
ministero fissando il termine per il loro compimento (sentenza n. 445 
del 1990) -ne � derivata � sul piano logico sistematico, un'espansione 
delle facolt� della persona offesa �, cosicch� � anche nel procedimento 
pretorile la sua opposizione non sia pi� finalizzata solo al rigetto della 
richiesta di archiviazione, ma possa anche consistere nella sollecitazione 
di un'investigazione suppletiva�, si � espressamente statuito, con una 
precisazione direttamente collegata proprio alla dichiarazione di non 
fondatezza, costituendo una delle rationes decidendi che hanno condotto 


PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

la Corte a non raVVisare alcuna illegittimit� nell'assenza della procedura 
in camera di consiglio nell'archiviazione pretorile,. che � anche nel procedimento 
pretorile, qualora l'avviso sia omesso, la persona offesa sia abilit~
ta a .Proporre ficorso per .cassazione�: .. 

Non. pu� essere, infine, trasc.rato. come la detta linea inteJ;Pretativa 
risulta accolta dalla giurisprudenza della Corte di �cassazione; la. quale 
ha particolarmente fusistito sulla violazione del contraddittorio cui d� 
vita il mancato avviso della richiesta (ii archiviazione alla persona offesa 
che ne abbia fatto domanda, non soltanto nel senso della possibilit� 
di instaurazione della procedura in camera di consiglio ma anche (e 
soprattutto) come lesione del diritto della persona offesa di proporre 
opposizione. Fino ad affermare da ultimo (Sez. I, 13 �prile 1994, n. 1695) 
che anche nel procedimento pretorile contro il decreto di archiviazione 
� proporiibile il ricorso per cassazfone per far valere l'omesso avviso 
della richiesta del pubblico miriistero, qualora la persona offesa abbia 
fatto istanza di essere preavvertita, trattandosi di una causa di nullit� 
che vanifica la stessa possibilit� di instaurazione del contraddittorio, in 
tal modo violando il diritto della persona offesa a proporre opposizione 
e ad esercitare le proprie ragiorii. 

Il fatto, poi, che il giudice a quo invochi l'azionabilit� del ricorso 
per cassazione pure nel procedimento pretorile rappresenta la. conferma 
delle premesse sopra riportate, sicl.tramente plurimi potendo profilarsi al 
di fuori di uno spazio che ecceda l'ambito interpretativo e, quindi, 
in un regime del procedimento di archiviazione non sorretto da regole 
uriitarie quanto ai sistemi di tutela .-gli strumenti volti a fornire alla 
persona offesa un trattamento protettivo: si pensi soltanto alla possibilit� 
di richiedere la revoca del de.creto direttamente al giudice che l'ha 
pronunciato. Ma; proprio il rischio di compromettere il principio di tassativit� 
dei mezzi di impugnazione (ora, di nuovo, paventato dal giudice 
a quo), risulta, ancora una volt�, decisivo, sempre facendo appello ali'
� esigenza, avvertita dal legislatore di disciplinare l'archiviazione come 
istituto unitario, a prescindere dalla diversit� sia delle cadenze proceclimentali 
sia della tipologia del provvedimento conclusivo:.� un'esigenza 
gi� altre volte avvertita da questa Corte proprio considerando � la finalit� 
che accomuna tutte le varie ipotesi di archiviazione � (' sentenza n. 409 
del 1990), risultando cos� non intaccato, pe;r l'assenza di ogni necessit� 
di ricorrere all'analogia, il limite segnato dall'art. 568 del codice di procedura 
penale. 

Cos� inteJ;Pretate, le norme sottoposte al vaglio di questa Corte si 
sottraggono ad ogni contrasto con il parametro costituzionale invocato. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

418 

CORTE COSTITUZIONALE, 7 dicembre 1994, n. 419 -Pres. Casavola -
Red. Ferri -Presidenza Consiglio dei Ministri (avv. Stato Fiumara). 

Procedimento penale -Misure di sicurezza -Misure antimafia -Soggiorno 

cautelare -Poteri del Procuratore Nazionale antimafia -Omessa pre


visione della provvisoriet� del soggiorno disposta dal Procuratore 

Nazionale Antimafia. 

(Cost. artt. 13, 24 e 25; d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in I. 7 agosto 1992, n. 356). 

Contrasta con i principi costituzionali la norma che consente al 
Procuratore Nazionale antimafia di disporre il soggiorno cautelare nei 
confronti di soggetti che ritenga stiano per compiere reati di stampo 
mafioso, in quanto tale misura non ha carattere provvisorio; sicch� essa 
va corretta nel senso che, nell'ambito della disciplina processuale dettata 
dall'art. 4 legge 27 dicembre 1956 n. 1243, il Procuratore debba contestualmente 
chiedere un provvedimento definitivo al Tribunale che dovr� decidere 
entro 30 giorni a pena di decadenza del provvedimento provvisorio. 

La Corte di cassazione, con quattro ordinanze di contenuto sostanzialmente 
identico, dubita, sotto vari profili, della legittimit� costituzionale 
dell'art. 25-quater del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con 
modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, con il quale � stato introdotto 
nell'ordinamento, nell'ambito di una serie di misure di contrasto 
alla criminalit� mafiosa, l'istituto denominato �soggiorno cautelare�. 

Data l'identit� delle questioni sollevate, i relativi giudizi vanno riuniti 
per essere decisi con unica sentenza. 

Le censure della Corte di cassazione si incentrano esclusivamente sul 
primo e sul quinto comma dell'articolo citato, i quali rispettivamente 
prevedono, per quanto qui interessa, che: il procuratore nazionale 
antimafia � pu� disporre il soggiorno cautelare di coloro nei cui confronti 
abbia motivo di ritenere che si accingano a compiere taluno dei delitti 
indicati nell'art. 275, comma 3, del codice di procedura penale avvalendosi 
delle condizioni previste nell'art. 416-bis del codice penale od al fine 
di ageyolare l'attivita delle associazioni indicate nel medesimo art. 416-bis � 
(primo comma); entro dieci giorni dalla notificazione del decreto motivato 
applicativo della misura, l'interessato � pu� proporre richiesta di 
riesame al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del luogo 
ove ha sede il procuratore nazionale antimafia�; il giudice provvede 
entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta sentito il procuratore nazionale 
antimafia il quale trasmette senza ritardo gli elementi su cui si 
fonda il decreto�; la richiesta di riesame e il successivo eventuale ricorso 
per cassazione �non sospendono l'esecuzione del decreto� (quinto 
comma). 

Avverso detta normativa la Corte remittente solleva tre distinte 
questioni di legittimit� costituzionale. 


PARTE I, SBZ�. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

In primo luogo, � prospettata, in riferimento agli artt. 13, primo e 
secondo comma, e 25, terzo comma, . della Costituzione, la violazione del 
principio di legalit� ad opera del primo comma. della disposizione impugnata, 
� nella parte in cui � detta i .pres.pposti . per�� l'applicazione della 
misura, La formula adoperata dal legislatore.(� abbia motivo di ritenere 
c:he si accingano a compiere ... �) non risponderebbe ai requisiti pi� volte 
indicati dalla giurisprudenza costit.~ionale,�in� quanto non individua una 
fattispecie sufficientemente determinata tale da escludere valutazioni 
puramente soggettive da parte dell'autorit� competente, fio.endo cos� 
con l'attribuj,r;e a questa.� uno spazio di incontrollabile . discrezionalit�. 

In secondo lttogo, viene denttnciata la violazione della garanzia 
giurisdizionale, prevista negli artt. 13, secondo comma e 24, secondo 
comma, della Costituzione -cui � subordinata la legittimit� del procedimento 
di applicazione delle misure di prevenzione -, che implica 
l'intervento di un gi.dice nel ;rispetto del principio . del contraddittorio 
tra le parti. La<censura in questo caso finisce con l'investire l'intera sequenza 
procedimentale delineata dal� legislatore nella normativa impugnata, 
la quale, ad avviso del giudice a quo, sarebbe ilhegittima poich�: 
a) il potere di disporre iLsoggjorno cautelare � attribuito ad un organo 
non giurisdizionale, in assenza di qualsiasi procedura; b) l'intervento 
del giudice � meramente eventuale, su� iniziativa dell'interessato, la quale 
peraltro non produce effetti sospensivi della. misura; e) la decisione del 
giudice � adottata senza contraddittorio e quindi senza possibilit� di 
esplicazione del diritto di difesa. 

Infine, � oggetto di censura anche quella parte del quinto comma della 
norma in esame in cui si individua il giudice competente per il riesame; 
l'aver accentrato tale giudizio esclusivamente in capo al giudice per le 
indagini preliminari presso il Tribunale di Roma (luogo ove ha sede il 
procuratore nazionale antimafia), viola, ad avviso della Corte remittente, 
il principio del giudice naturale (art. 25, primo comma, della Costituzione) 
e determina, anche in considerazione della brevit� dei termini per proporre 
ricorso, un'ulteriore limitazione del diritto .di difesa. 

Occorre premettere che, come esattamente ritiene il giudice a quo, 
l'istituto in esame (al di l� dei dubbi che pu� suscitare il nomen iuris 
adoperato: �soggiorno cautelare�) costituisce indubbiamente una vera 
e propria nuova misura . di . prevenzione, la.� quale viene ad aggiungersi, 
con presupposti e struttura procedimentale del tutto peculiari, al vigente 
sistema delle misure di prevenzione personali, che trova la sua regolamentazione 
essenziale nella legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive 
modificazioni, nonch� nelle leggi 31 maggio 1965, n. 575 e 22 maggio 
1975, n. 152. 

Va anche aggiunto che l'istituto ha successivamente perso, a seguito 
dell'abrogazione -disposta con l'art. 1 della legge 24 luglio 1993, n. 256 del 
sesto comma dell'articolo che ne prevedeva una durata triennale, 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

420 

l'originario carattere temporaneo ed eccezionale, entrando cosl in via 
permanente a far parte dell'ordinamento giuridico. 

L'esame delle questioni va pertanto inquadrato nella complessa 
tematica della legittimit� costituzionale delle misure di prevenzione, che 
ha costituito oggetto di numerose pronunce di questa Corte, sin dal 1956. 

Deve altres� preliminarmente osservarsi che l'istituto, cosl com'� concretamente 
disciplinato, integra senza dubbio -ad avviso di questa 
Corte -una restrizione della libert� personale e non una mera limitazione 
della libert� di circolazione e soggiorno, e cade, quindi, sotto il 
disposto dell'art. 13 della Costituzione (esattamente invocato dal remittente) 
e non gi� nell'ambito di operativit� dell'art. 16 della Carta. 

Partendo dalla considerazione che i due precetti costituzionali ora 
richiamati presentano una diversa sfera di operativit�, nel senso che 
la libert� di circolazione e soggiorno non costituisce un mero aspetto 
della libert� personale, ben potendo quindi configurarsi istituti che comportano 
un sacrificio della prima ma non per ci� solo anche della seconda 
(crf. sentt. nn. 2 del 1956, 45 del 1960, 68 del 1964, ord. 384 del 1987), questa 
Corte ha individuato nella �degradazione giuridica� dell'individuo l'elemento 
qualificante della restrizione della libert� personale, chiarendo 
che � per aversi degradazione giuridica ... occorre che il provvedimento 
provochi una menomazione o mortificazione della dignit� o del prestigio 
della persona, tale da poter essere equiparata a quell'assoggettamento 
all'altrui potere, in cui si concreta la violazione del principio dell'habeas 
corpus� (cit. sent. n. 68 del 1964). Sulla base di detti principi, che devono 
intendersi qui pienamente ribaditi, mentre si � ritenuto (con le citate 
sentenze) che non presentasse tali caratteri l'ordine di rimpatrio con 
foglio di via obbligatorio (sia in quanto non suscettibile di coercitiva 
esecuzione, sia poich� l'intimato, una volta raggiunta la nuova sede, 
� libero di trasferirsi altrove, tranne che nel luogo dal quale � 
stato allontanato), con la sentenza n. 11 del 1956 la Corte rilev�, invece, 
che l'istituto dell'ammonizione (disciplinato negli artt. da 164 a 176 del 
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931) concretava una 
restrizione della libert� personale, in quanto si risolveva appunto in 
una sorta di degradazione giuridica in cui taluni individui venivano a 
trovarsi per effetto della sorveglianza di polizia cui erano sottoposti, attraverso 
tutta una serie di obblighi di fare e di non fare, tra cui quello 
di non uscire prima e di non rincasare dopo di una certa ora. 

Ci� posto, non pu� negarsi che anche l'istituto ora in esame presenti, 
nel complesso delle sue prescrizioni (obbligo di soggiorno in una localit� 
determinata -peraltro normalmente, anche se non necessariamente, 
diversa da quella di residenza o di dimora abituale -; serie di prescrizioni 
che, in assenza di specifiche indicazioni, non possono che essere quelle 

tipiche delle ordinarie misure di prevenzione}, un contenuto afflittivo 
tale da integrare senz'altro una menomazione della dignit� della persona 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA� COSTITUZIONALE 

e che, quindi, . ricada pienamente sotto la sfera precettiva dell'art. 13 
della Costituzione. 

Passando .all'esame delle censure nell'ordine in cui sono prospettate 
dal giudice remittente, va per prima affrontata quella relativa alla presunta 
violazione del principio. di legalit�.ad opera del primo comma della 
.disp()s~ione ..inlpugnati:t, l��� d9ye delin.ea i presupposti applicativi della 

n:lisll:l'aL . ...�.. 
La questione non � fondata nei sensi di seguito esposti. 
Secondo la costante giurisprudenza di questa. Corte, la legittimit� 
costituzionale delle :tllisure di prevenzione -in quanto limitative, a di'\':
ersJ gradi, de1la libert� perso.ale -� necessariamente subordinata, 
innanzitutto, all'osservanza del principio di legalit�, individuato nell'art. 13, 
secondo comma, della Costituzione, nonch� nell'art. 25, terzo comma, della 
Carta medesima, nel quale, pur se riferito espressamente alle � misure 
di sicurezza�, ..~ l',ltata soUtamente rinvenuta .la conferI):la cl.i tale principio 
.i:tnche .per la categoria delle misure di prevenzione, data l'identit� del 
fine (prevenzione dei reati) perseguito da entrambe (ritenute due species 
di 'Un .unico genus), ayenti a presupposto la pericolosit� sociale del-
l'individuo. . 
Con la sentenza n. 23 del 1964, questa Corte ebbe modo di affermare 
-esplicitando principi . gi� insiti in precedenti pronunce -che dalla 
natura e dalle finalit� delle misure di prevenzione discende che � nella 
descrizione delle fattispecie. il legislatore debba normalmente procedere 
con criteri diversi da quelli con cui procede nella determinazione degli 
efementi costitutivi di una figura crimin9sa, e � possa far dferimento 
anche a elementi presuntivi,. corrispondenti per� sempre a comportamenti 
obiettivatnente identificabili. Il che. non vuol dire minor rigore, ma 
diverso dgore nella previsione e nella adozione delle misure di prevenzione, 
rispetto alla previsione dei reati e alla irrogazione delle pene �. 
Nella sentenza n. 177 del 1980 si sottoline� ulteriormente l'esigenza 
che � l'applicazione . della misura, ancorch� legata, nella� maggiori:tnza 
dei casi, ad un giudizio prognostico, trovi il presupposto necessario in 
"fattispecie di pericolosit�", previste -descritte -dalla legge�; per 
cui 1'.accento cade sul sufficiente o insufficiente grado di determinatezza 
della descrizione �legislativa di tali� �fattispecie�� (destinate a costituire il 
parametro dell'accertamento del giudiee), descrizione che � permetta di 
individuare la o le condotte dal cui accertamento nel caso concreto possa 
fondatamente dedursi un giudizio prognostico, per ci� stesso�� rivolto all'avvenire 
�. E si aggiunse che la descrizione di tali condotte non pu� 
non involgere il riferimento, esplicito o implicito, ai reati, o alle categoria 
di reati, della cui prevenzione si tratta, per cui essa acquista tanto maggiore 
determinatezza quanto pi� consenta di dedurre dal verificarsi delle 
condotte indicate la ragionevole previsione che quei reati potrebbero 
venir consumati. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

422 

Nel ribadire pienamente i principi richiamati, va osservato che la 
norma impugnata, pur potendo essere formulata pi� chiaramente, si 
presta, tuttavia, ad essere interpretata in modo aderente ai principi 
medesimi. 

In primo luogo, la formula adoperata soddisfa l'esigenza della tassativa 
indicazione dei reati che si intendono prevenire, mediante il rinvio 
a quelli, di particolare gravit�, indicati nell'art. 275, terzo comma, del 
codice di procedura penale. N� assume rilevanza, in senso contrario, il 
fatto che trattasi di una pluralit� di reati eterogenei. Va anzi sottolineato 
che la norma impugnata, l� dove richiede che i soggetti interessati si 
accingano a compiere tali delitti � avvalendosi delle condizioni previste 
nell'art. 416-bis del codice penale od al fine di agevolare l'attivit� delle 
associazioni indicate nel medesimo art. 416-bis >>, introduce un elemento 
unificante delle varie figure delittuose richiamate e nel contempo contiene 
il riferimento ad ulteriori modalit� o finalit� della condotta criminosa, 
che indubbiamente �contribuiscono ad una migliore ricostruzione 
della fattispecie di pericolosit�. 

In secondo luogo, costituisce ormai un dato da tempo acquisito nella 
materia de qua, sia, come si � visto, nella giurisprudenza di questa Corte, 
sia a livello normativo (cfr. l'art. 1 della legge n. 1423 del 1956, come 
sostituito dalla legge 3 agosto 1988, n. 327), quello secondo cui il giudizio 
prognostico deve fondarsi stilla sussistenza di elementi di fatto, in ossequio 
al principio del ripudio del mero sospetto come presupposto per 
l'applicazione delle misure in esame. Ne deriva che l'omesso riferimento, 
nella norma censurata, a tale requisito non impedisce che esso possa e 
debba -considerarsi implicito nella stessa. 

In conclusione, la formula adoperata dal legislatore consente di inter


pretare la norma nel senso che la valutazione del procuratore nazionale 

antimafia debba ancorarsi a fatti e comportamenti oggettivi, che egli 

ragionevolmente ritenga, stilla base di adeguata motivazione, strumen


talmente collegati alla commissione di una o pi� fattispecie criminose 

tassativamente indicate: ci� � sufficiente -analogamente a quanto 

ritenne questa Corte nella citata sentenza n. 177 del 1980 in relazione 

alla formula di cui all'art. 18, n. 1, della legge 22 maggio 1975, n. 152 


a far s� che la norma medesima sfugga ad una pronuncia di inco


stituzionalit�. 

La seconda censura prospettata dalla Corte di cassazione attiene, 

come s'� detto, alla violazione della garanzia giurisdizionale, che trova 

la sua radice nel disposto, intimamente collegato, degli artt. 13, secondo 

comma, e 24, secondo comma, della Costituzione; essa investe nel suo 

complesso la struttura procedimentale dettata nel primo e nel quinto 

comma della norma impugnata. 

La questione � fondata. 


PARTE I; 'SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Accanto all1osservanza del principio di .legalit�, la giurisprudenza 
di questa Corte nella materia .in esame ....., gi� in gran parte pi� volte 
richiamata -ha costantemente individuato anche nel rispetto della 
garanzia giurisdizionale l'altro indefettibile requisito, del resto connesso 
al primo, della. legittimit� delle misure di prevenzione. 

�Nella. sentenza n; 11� del 1956 si �. affermato che �in nessun caso 
l'uomo potr� essere privato o limitato nella sua libert� se questa privazione 
o restrizione non risulti astrattamente prevista dalla legge; se un 
regolare giudizio non sia a tal fine instaurato, se non vi sia provvedimento 
dell'autorit� giudiziaria che �ne dia le ragioni �; con le sentenze 
nn. 3 del 1974 e 113 del 1975 si � esclusa la illegittimit� costituzionale 
della reiterazione della misura .della sorveglianza speciale (art. 11 della 
legge n. 1423 del 1956), in quanto non automatica, ma subordinata ad 
un provvedimento del giudice emanato all'esito di un procedimento rispettoso 
dei principi del contraddittorio e del diritto di difesa; con le 
sentt; nn; 53 del 1968, 76 del 1970, 168 del 1972 e 69 del� 1975 si � confermata 
l'esigenza che, con riguardo a tutte le misure che incidono sulla 
libert� personale, sia garantito al soggetto il diritto allo svolgimento di 
una integrale difesa; infine, nella sentenza n. 177 del 1980 si � ancora 
una volta ribadita l'indefettibilit� dell'intervento del giudice nel procedimento 
per l'applicazione delle misure dL prevenzione, con le necessarie 
garanzie difensive. 

Dalle anzidette pronunce deve trarsi la conseguenza non solo che il 
pubblico ministero (organo non giurisprudenziale, ma pur sempre autorit� 
giudiziaria) possa -com'� ovvio -assumere la veste di semplice 
soggetto proponente la misura (come � del resto previsto nella rimanente 
normativa in materia), ma anche che deve altres� ritenersi compatibile 
con i richiamati principi una disciplina che attribuisca ad esso il potere 
di disporre la misura medesima; purch� per� con carattere di provvisoriet�, 
e quindi esclusivamente nell'ambito di un procedimento che, 
entro brevi termini, conduca necessariamente all'adozione del provvedimento 
definitivo da parte �di un giudice, con il rispetto delle garanzie 
della difesa. 

Ci� posto, appare evidente come la normativa impugnata non risponda 
assolutamente ai delineati requisiti, e si ponga, pertanto, in insanabile 
contrasto con gli artt. 13 e 24 della Costituzione. Basta osservare al 
riguardo che, in base ad essa (la quale costituisce, d'altronde, un 
unicum nel vigente sistema di prevenzione, che riserva all'organo giurisdizionale 
anche l'adozione del provvedimento in via provvisoria: v. 
art. 6 della legge n. 1423 del 1956 e succ. mod.), il procuratore nazionale 
antimafia dispone la misura del (<soggiorno cautelare� in via definitiva, 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

424 

come chiaramente discende dal fatto che il provvedimento � soggetto 
soltanto ad un riesame meramente eventuale da parte del giudice, su 
iniziativa del soggetto interessato; n� assume, ovviamente, alcuna rilevanza 
in contrario la temporaneit� della misura (che non pu� avere 
durata superiore ad un anno), essendo evidente che la durata della 
misura non ha nulla a che vedere con la natura, potenzialmente definitiva, 
del provvedimento che la dispone. 

L'accertato vizio di costituzionalit� inficia -com'� evidente -in 
radice l'iter procedimentale dell'istituto, cos� come delineato, nella sua 
sequenza essenziale (adozione del provvedimento-riesame su ricorso), 
negli impugnati commi primo e quinto dell'articolo in esame. 

Ma ci� non comporta che ne consegua inevitabilmente la pura e 
semplice caducazione dell'anzidetta disciplina -che finirebbe col travolgere 
integralmente l'istituto -, ove sia possibile rinvenire nell'ordinamento 
una soluzione che, riconducendo la disciplina stessa nell'alveo 
della legittimit�, assicuri nel contempo la perdurante operativit� di uno 
strumento di prevenzione della criminalit� mafiosa e, quindi, di tutela 
di interessi di primario rilievo costituzionale. 

Ritiene al riguardo questa Corte che tale soluzione vi sia, e consista 
nel ricondurre il procedimento in esame, con il necessario correttivo 
di cui si dir�, nell'ambito della disciplina processuale dettata dall'art. 4 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e successive modificazioni. Detta disciplina 
� quella ordinaria del vigente sistema di prevenzione, nel quale si inserisce 
l'istituto in esame, per cui il riferimento ad essa discende anche 
dall'applicazione del normale criterio ermeneutico della riespansione 
della norma generale in caso di venir meno di quella speciale. 

Ne consegue che alla emanazione del provvedimento motivato con 
cui il procuratore nazionale antimafia dispone il �soggiorno cautelare�, 
dato il suo necessario carattere di provvisoriet�, debba contestualmente 
associarsi la richiesta di adozione del provvedimento definitivo al tribunale 
indicato nel citato art. 4 della legge n. 1423 del 1956, cui seguir� 
la procedura di cui ai commi quinto e seguenti del medesimo art. 4. 
Poich�, tuttavia, occorre, in conseguenza della natura provvisoria del 
provvedimento, per di pi� incidente sulla libert� personale, che la decisione 
del giudice intervenga entro un termine perentorio, il termine 
di trenta giorni indicato nella norma summenzionata deve necessariamente 
operare, in questo caso, a pena di decadenza del provvedimento 
medesimo. 

In conclusione, ferma rimanendo la possibilit� di intervento del 
legislatore -beninteso nel rispetto dei richiamati principi costituzionali-, 
va dichiarata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 25-quater, primo 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

comma, del d.l. n. 306 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge 

n. 356 del 1992, nella parte in cui non prevede che il procuratore nazionale 
antimafia pu� disporre, con decreto motivato, il soggiorno cautelare 
soltanto in via provvisoria, con l'obbligo di chiedere contestualmente 
l'adozione del provvedimento definitivo al tribunale, ai sensi 
dell'art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e successive modificazioni, 
il quale decide, a pena di decadenza, nei termini e con le procedure 
previste dall'anzidetto art. 4 della legge medesima; a ci� consegue necessariamente 
la dichiarazione di illegittimit� costituzionale del quinto 
comma del medesimo art. 25-quater. 
Ogni altra censura prospettata dal remittente resta assorbita. 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


Le sentenze della Corte di Giustizia delle Comunit� europee pronunciate nel 
corso dell'anno 1994 in cause alle quali ha partecipato l'Italia. 

Ventuno sono state, nell'anno 1994, le sentenze della Corte di giustizia pronunciate 
in cause alle quali ha partecipato l'Italia (su un totale di 188 sentenze): 
otto su ri�orsi diretti della Commissione contro l'Italfa e viceversa, undici su 
domande di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE o 
dell'art. 41 del Trattato .CECA (di cui nove proposte da giudici italiani) e due 
su domande di pronuncia pregiudiziale ai sensi della convenzione di Bruxelles 
del 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni 
in materia civile e commerciale. 

Oltre a quelle pubblicate in questo numero della Rassegna e nei numeri 
precedenti di quest'anno, le sentenze della Corte sono state le seguenti: 

-12 gennaio 1994, nella causa C-296/94, Commissione c. Italia, con la quale 
la Corte ha dichiarato irricevibile il ricorso della Commissione diretto all'accertamento 
della violazione di un obbligo (relativo all'aggiudicazione a trattativa 
privata di un appalto comunale di opere pubbliche) diversa dall'addebito formulato 
nel parere motivato; 

-23 febbraio 1994, nella causa C-289/93, Commissione c. Italia, dove, in tema 
di ravvicinamento delle legislazioni nel trasporto su strada � stato statuito che 
� non avendo adottato entro il termine prescritto tutte le disposizioni legislative, 
regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del 
Consiglio 23 novembre 1988, 88/599/CEE, sulle procedure uniformi concernenti 
l'applicazione del regolamento (CEE) n. 3820/85, relativo all'armonizzazione di 
alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada, e 
del regolamento (CEE) n. 3821/85, relativo all'apparecchio di controllo nel 
settore dei trasporti su strada, la Repubblica italiana � venuta meno agli 
obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE�. 

-24 febbraio 1994, nella causa C-99/92, Terni e Italsider c. Cassa conguaglio 
per il settore elettrico, con la quale, in tema di aiuti di Stato alla siderurgia, 
� stato statuito che � l'art. 1 della decisione della Commissione 29 giugno 
1983, 83/396/CECA, concernente gli aiuti che il Governo italiano intende 
concedere a favore di taluni produttori siderurgici -in ordine alla cui validit� 
non sono emersi elementi contrari -non autorizza la concessione alle 
societ� Terni e ltalsider dell'aiuto consistente nel rimborso di aumenti di 
sovrapprezzo termico �. 

-24 febbraio 1994, nella causa C-100/92, Fonderia s.p.a. c. Cassa conguaglio 
per il settore elettrico, con la quale parallelamente, sempre in tema di aiuti 
di Stato alla siderurgia, la Corte ha dichiarato che �l'art. 1 della decisione della 
Commissione 29 giugno 1983, 83/396/CECA, concernente gli aiuti che il Governo 
italiano intende concedere a favore di taluni produttori siderurgici, non osta 
all'applicazione dell'art. 1 del decreto legge 4 settembre 1981, n. 495, recante 
pro; vedimenti urgenti in favore dell'industria siderurgica ed in materia di 
impianti disinquinanti, come modificato dalla legge di conversione 4 novembre 
1981, n. 617, nella parte in cui esso prevede il rimborso degli aumenti 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

427 

del sovrapprezzo termico gravanti sull'energia elettrica consumata dalle imprese 
siderurgiche tra il 1� gennaio e il 30 giugno 1983 �. 

-3 marzo 1994, nelle cause riunite 332, 333 e 335/92, Eurico Italia c. Ente 
nazionale Risi, con la quale, in tema di organizzazione comune del mercato 
del riso, la Corte ha dichiarato che � 1) l'art. 40, n. 3, secondo comma, del 
Trattato dev'essere interpretato nel senso che il mancato rimborso di un 
tributo interno, � che colpisce i soli prodotti nazionali in occasione del loro 
acquisto o della loro trasformazione ed � destinato ad alimentare un fondo di 
aiuto alla produzione� nazionale, non crea, in caso� di esportazione dei detti 
prodotti, discriminazioni a danno degli operatori che ne sopportano l'onere; 
2) l'art. 17, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 21 giugno 1976, n. 1418, 
relativo all'organizzazione comune del mercato del riso, che riguarda le restituzioni 
all'esportazione, dev'essere interpretato nel senso che non osta a che 
un tributo avente le� caratteristiche soprammenzionate non sia rimborsato all'esportatore 
del prodotto considerato, a meno che tale tributo non si riveli 
come un mezzo per diminuire l'importo delle restituzioni all'esportazione �. 

-9 marzo 1994, nella causa C-291/93, Commissione c. Italia, la quale ha 
dichiarato, in in�teria di ravvicinamento delle legislazioni sulla qualit� delle 
acque dolci; che �la Repubblica italiana, avendo omesso di adottare tutti i 
provvedimenti the l'esecuzione della sentenza della Corte 12 luglio 1988, 
causa 322/86, Commissione c. Itaiia, importa, � venuta meno agli obbligl� che 
le incombono in forza� dell'art. 171 del Trattato CEE�. 

-18 maggio 1994, nella causa C-303/93, Comillissione c. Italia, dove la 
Corte ha statuito che �la Repubblica italiana, non avendo messo in vigore 
entro il termine prescritto tutte le disposizioni legislative, regolamentari e 
amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 17 settembre 
1990, 90/486/CEE, che modifica la direttiva 84/529/CEE per il ravvicinamento 
delle legislazioni degli Stati membri relative agli ascensori elettrici, 

� venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi del Trattato CEE�. 

-29 giugno 1994, nella causa C-403/92, Claire Laforgue, dove � stato statuito 
che � 1. -l'art. 5, n. 1, clel regolamento (CEE) della Commissione 
26 marzo 1981, n. 997, recante modalit� di applicazione per la designazione e la 
presentazione dei vini e dei mosti di uve, cos� come l'art. 6 del regolamento 
(CEE) della Commissione 16 ottobre 1990, n. 3201, recante modalit� di applicazione 
per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve, 

non osta all'utilizzazione del termine "chateau" da parte di viticoltori i quali 
producono uve su fondi che .fanno parte dell'antica tenuta di un maniero, 
hanno . costituito una cooperativa ed effettuano la vinificazione nei locali di 
quest'ultimai �2. -il fatto che una societ� cooperativa comprenda fra i suoi 
soci alcuni viticoltori, i cui fondi provengono dal frazionamento dell'antica 
tenuta di un maniero, ed altri viticoltori, i quali.� ottengono uva all'esterno 
di detta tenuta, non � tale da escludere l'applicazione delle norme in oggetto, 
una volta che vengano fissati procedimenti affidabili affinch� le uve ottenute 
dai primi non vengano miscelate con quelle ottenute dai secondi �. 

-14 luglio 1994, nella causa C-379/92, Perolta, con la quale la Corte ha 
ritenuto che �gli artt. 3 letti f), 7, 30, 48, 52, 59, 62, 84 e 130 R del Trattato 
CEE ed il regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4055, che applica 
il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi 
tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi, non si oppongono a che la 
normativa di uno Stato membro vieti a tutte le navi, senza alcuna distinzione 
di bandiera, lo scarico di sostanze chimiche nocive nelle sue acque territoriali 

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428 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 
e nelle sue acque interne, a che essa imponga lo stesso divieto in alto mare 
alle sole navi battenti bandiera nazionale e, infine, a che, in caso di violazione, 
essa punisca, con la sospensione del titolo professionale, i capitani di navi, 
cittadini di tale Stato membro�. 
-20 settembre 1994, nella causa C.249/92, Commissione c. Italia, con la 
quale la Corte ha dichiarato che � imponendo una previa autorizzazione per 
qualsiasi importazione di vegetali sensibili al "colpo di fuoco" (Erwinia 
amylovora), la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti 
in forza: -dell'art. 11 della direttiva del Consiglo 21 dicembre 1976, 
77/93/CEE, concernente le misure di protezione contro l'introduzione negli 
Stati membri di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali, come 
modificata dalle direttive del Consiglio 14 novembre 1988, 88/572/CEE, e 26 giugno 
1989, 89/439/CEE; -e del combinato disposto dell'art. 30 del Trattato 
CEE e dell'art. 10, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 27 febbraio 1968, 

n. 234, relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel 
settore delle piante vive e dei prodotti della floricoltura�. 
-5 ottobre 1994, nelle cause riunite 133, 300 e 362/93, Crispoltoni, dove si 
� ritenuto che non � viziata da eccesso di potere n� viola i principi di proporzionalit�, 
di non discriminazione e del legittimo affidamento la normativa di 
cui al reg. CEE del Consiglio 25 aprile 1988, n. 1114, che modifica il reg. 727/70, 
sull'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore del tabacco 

greggio, e di cui ai regolamenti di attuazione del medesimo, nella parte in cui 
fissa, fino al raccolto 1992, ai fini dell'attribuzione di un premio ai trasformatori-
produttori di tabacco in foglia, quantitativi massimi garantiti (QMG) di 
produzione globale nazionale per variet� o gruppo di variet� di tabacco anzich� 
quote individuali per ciascuna impresa. 

OSCAR FIUMARA 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE. 68 sez., 13 luglio 
1994, nella causa C-130/92 � Pres. Mancini -Rel. Murray � Avv. 
Gen. Lenz � Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte 
di cassazione italiana nella causa OTO S.p.a. (avv. Monaco) c. Ministero 
Finanze -Interv.: Governo italiano (avv. Stato Fiumara) e 
Commissione delle C.E. (ag. Aresu). 

Comunit� europee � Tributi interni � Imposta nazionale di consumo sui 

prodotti audiovisivi e foto-ottici � Merci importate direttamente da 

paesi terzi � Compatibilit� con il diritto comunitario. 

(Trattato CEE, art. 12, 95 e 113; decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953, conv. con mod. 

nella legge 28 febbraio 1983, n. 53). 

Un tributo quale l'imposta erariale di consumo introdotta nel diritto 
italiano dall'art. 13 del decreto legge 30 dicembre 1982, n. 953, convertito 
nell'art. 4 della legge 28 febbraio 1983, n. 53, non costituisce una tassa 
di effetto equivalente a un dazio doganale all'importazione ai sensi dell'art. 
12 del Trattato CEE. Detto tributo, nella misura in cui si applica 
alle merci importate direttamente dai paesi terzi, non rientra nell'ambito 
di applicazione dell'art. 95 del Trattato. Nella misura in cui si applica alle 
merci importate direttamente dai paesi terzi, lo stesso tributo non � 


PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 429 

incompatibile con le norme del Trattato relative all'attuazione della politica 
commerciale comune, in particolare con l'art. 113, salva restando, 
tuttavia, l'applicazione: �.delle norme convenzionali eventualmente in vigore: 
fra. la Comunit� economica europea e i paesi terzi di provenienza 
delle merci di cui trattasi (1). 

(omissis)> L -Con ordfuanza 19 febbraio 1992, pervenuta in cancelleria 
il 22 aprile seguente; la Corte suprema di cassazione ha sottoposto 
a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione 
pregiudiziale vertente sull'interpretazione dell'art. 12 del Trattato 
allo scopo di valutare la compatibilit� con detto articolo di un'imposta 
erariale di consumo sui prodotti audiovisivi e foto-ottici, nella misura in 
cui questa imposta si applica ad importazioni di detti prodotti direttamente 
�provenienti dai paesi terzi. 

2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una lite tra la 
OTO S.p.A. (in prosieguo: la � OTO �) ed il ministero delle Finanze vertente 
sulla �base imponibile di un'imposta erariale di consumo dovuta 
in occasiOne delle importazioni di merci provenienti dal Giappone. 
(1) Imposta erariale di . consumo su taluni prodotti audiovisivi bnpottati da 
paesi terzi: valore bnponibile. 
Il Governo italiano nelle sue note scritte aveva osservato che non si 
poneva in realt� un problema di interpretazione di norme comunitarie, dovendo 
la controversia essere risolta in base alle sole norme nazionali, sia 
pure interpretate in armonia con i principi del diritto comunitario. Questa 
chiave �di lettura era stata usata anche dall'avvocato generale della Corte 
Lenz nelle sue conclusioni. La. Corte si � limitata invece ad una pronuncia 
di non incompatibilit� con le norme comunitarie della normativa nazionale 
applicabile alle merci di provenienza extracomunitaria, sensa spingersi oltre. La 
controversia torna dunque al giudice nazionale quale era in origine, e si attende 
ora la pronuncia della Corte dLcassazione nella causa. pilota (quella appunto 
nella quale era stato disposto il rinvio pregiudiziale al giudice comunitario). 

Ricordiamo che il �decreto legge 30 dicembre 1982, n. 953 ha istituito, all'art. 
13 � un'bnposta erariale di consumo sui prodotti elencati nella tabella 
annessa al presente decreto nella misura del 16 % del valore calcolato, per 
quelli di produzione nazionale, sul prezzo di vendita addebitato dal produttore 
in fattura, e, per quelli.� di provenienza estera, sullo stesso � valore imponibile 
sul quale si applica l'I.V .A. all'importazione �. 

Con la legge di conversione. 28 . febbraio 1983, n. 53, l'art. 13 � stato sostituito 
da un art. 4, il quale ha stabilito, fra l'altro, che l'imposta suddetta, 
istituita con decorrenza 1� gennaio 1983, � si applica nella misura del 16 % 
del valore franco fabbrica al netto delle spese di spedizione, distribuzione ed 
intermediazione e di ogni altra spesa inerente alla commercializzazione nel 
mercato nazionale, ovvero, per i prodotti� importati, del valore in dogana franco 
frontiera nazionale �. 

Con il decreto ministeriale 23 marzo 1983, di attuazione del predetto art. 4 

(cfr. il decimo comma del medesimo), si � chiarito, nell'art. 2, comma 7�, che il 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

430 

3. -A norma dell'art. 13 del decreto legge 30 dicembre 1982, n. 953 
(GURI 31 dicembre 1982, n. 359), successivamente sostituito dall'art. 4 
della legge 28 febbraio 1983, n. 53 (GURI, Supplemento ordinario al 
n. 58, del 1� marzo 1983, pubblicata in una versione coordinata nella 
GURI 8 marzo 1983, n. 65, pag. 1798, in prosieguo: la �legge n. 53 �), 
un'imposta di consumo sui prodotti audiovisivi e foto-ottici � stata 
istituita in Italia a partire dal 1� gennaio 1983. L'imposta viene riscossa sia 
sui prodotti fabbricati in Italia sia sui prodotti importati. Per quanto riguarda 
il primo gruppo di prodotti, l'imposta si basa sul valore franco 
fabbrica; per quanto attiene al secondo gruppo, il tributo si basa sul 
valore in dogana franco frontiera nazionale. 
4. -Il ministero delle Finanze, convenuto nella causa principale 
(in prosieguo: il �convenuto�), adottava il 23 marzo 1983 un decreto di 
attuazione della legge n. 53 (GURI 25 marzo 1983, n. 83, pag. 2326, in 
prosieguo: il �decreto di attuazione�). L'art. 2, settimo comma, di questo 
decreto stabilisce che per le merci importate in Italia il valore in dogana 
franco frontiera nazionale viene determinato in base al valore in dogana 
ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio 28 maggio 1980, n. 1224, 
relativo al valore in dogana delle merci (GU L 134, pag. 1), aumentato 
degli eventuali costi ed oneri per la resa alla frontiera italiana, ivi compresi 
i diritti dovuti per l'immissione in libera pratica nella Comunit� 
valore in dogana franco frontiera nazionale � costituito, per i prodotti importati, 
� dal valore alla frontiera italiana determinato sulla base del valore in dogana 
ai sensi del regolamento 1224/80/CEE, aumentato degli eventuali costi ed oneri 
per la resa alla frontiera italiana, ivi compresi i diritti dovuti per l'immissione 
in libera pratica nella Comunit� economica europea ... �. 

L'art. 4 della legge citata dispone che l'imposta va applicata sul valore 
franco fabbrica per i prodotti nazionali e sul valore in dogana franco frontiera 
nazionale per i prodotti importati (da qualsivoglia paese, sia esso uno Stato 
membro delle Comunit� europee o uno Stato terzo). In entrambi i casi, dunque, 
si fa riferimento ad un valore riferito al momento che precede l'immissione 
in consumo del prodotto sul mercato nazionale. In questo senso la norma si 
pone in parallelo con quella contenuta nell'art. 3 del reg. CEE del Consiglio 
28 maggio 1980 n. 1224/80 (in G.U.C.E. 31 maggio 1980 n. L. 134), secondo il quale 
il valore in dogana delle merci importate (da paesi terzi) da prendere in considerazione 
per l'applicazione della tariffa doganale comune, � � il valore di tran� 
sazione, cio� il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci allorch� 
sono vendute per l'esportazione a destinazione del territorio doganale della 
Comunit� ... � (che, a norma del successivo paragrafo 4, non comprende i 
dazi doganali e altre imposte da pagare nella Comunit� in ragione dell'importazione 
o della vendita delle merci, purch� essi siano distinti dal prezzo effettivamente 
pagato o da pagare). 

Per i prodotti nazionali non si � presentato alcun problema interpretativo. 
Per i prodotti importati, invece, si � resa necessaria una precisazione. E cos� 
con il decreto ministeriale 23 marzo 1983, sopra citato, emesso nell'ambito dei 
ooteri di attuazione conferiti dal decimo comma dell'art. 4 della legge, si � 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 431 

economica europea, e diminuito delle eventuali componenti del prezzo 
pagato o da pagare che concernono il trasporto e la commercializzazione 
all'interno del territorio doganale nazionale. 

5. -Diversamente da quanto disposto dalla legge n. 53, il decreto di 
attuazione . dispone che ai fini del calcolo del valore in dogana franco 
frontiera nazionale sono presi in considerazione anche i diritti dovuti per 
l'immissione dei beni in libera pratica nella Comunit�, il che determina 
l'aumento del valore imponibile per i prodotti importati direttamente da 
paesi terzi rispetto a quelli immessi in libera pratica. 
6. -Il 18 ottobre 1984 il Ricevitore capo della dogana di Roma notificava 
alla OTO un'ingiunzione di pagamento relativa all'imposta erariale 
di consumo per importazioni di merci provenienti dal Giappone, avvenute 
fra il 2 febbraio e il 4 settembre 1983. 
7. -La OTO citava il convenuto dinanzi al Tribunale di Roma, sostenendo 
che l'imposta erariale di consumo era stata calcolata in base al 
decreto di attuazione, il quale, discostandosi dalla legge n. 53, avrebbe 
dovuto essere considerato illegittimo. Il Tribunale di Roma accoglieva 
la sua domanda di rimborso delle somme indebitamente versate a seguito 
di detto calcolo, considerato errato. 
interpretata la legge nel senso che per i prodotti importati deve farsi riferimento, 
quale effettivo valore di transazione, al �valore in dogana ai sensi del 
reg. 1224/80/CEE, aumentato degli eventuali costi ed oneri per .la resa alla 
frontiera italiana, ivi compresi i diritti dovuti per l'immissione in libera pratica 
nella CEE �. In tal modo non solo si � interpretata correttamente la legge, 
chiarendo che il valore in dogana franco frontiera � il valore di transazione 
prima dell'immissione al consumo nel territorio nazionale, ma si � nello 
stesso tempo evitata la palese illogicit� di favorire i prodotti direttamente 
importati da paesi terzi rispetto agli stessi prodotti importati nel .territorio 
nazionale dopo essere stati immessi in libera pratica in altro Stato membro: 
infatti, quando viene presentata alla dogana italiana una merce assoggettata 
a dazio in altro Stato membro e rispedita in Italia in regime di libera pratica, 
il prezzo di transazione incorpora automaticamente il. dazio stabilito dalla 
tariffa doganale comune; applicare in tal caso l'imposta in questione sul prezzo 
di transazione, comprensivo appunto del dazio gi� assolto per l'immissione 
in libera pratica in altro Stato membro, e applicare l'imposta stessa, nel caso 
di provenienza diretta da un paese terzo, senza tener conto nella determinazione 
dell'imponibile del dazio non ancora assolto, comporterebbe un non giustificato 
vantaggio per il prodotto direttamente importato da un paese terzo. 

In questa situazione la Corte di cassazione aveva ritenuto opportuno chiedere 
alla Corte di giustizia di precisare se questo vantaggio per i prodotti direttamente 
importati da un paese terzo (conseguibile dagli stessi, evidentemente, 
solo se si neghi valore interpretativo della legge al decreto ministeriale) possa 
essere considerato alla stregua della imposizione di una tassa di effetto equivalente 
ad un dazio differenziale a carico degli stessi prodotti immessi in libera 



432 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

8. -Il convenuto interponeva appello contro detta sentenza, sostenendo 
che l'art. 4 della legge n. 53 violava il diritto comunitario, poich� 
esso portava a penalizzare le merci messe in libera pratica in altri Stati 
membri e quindi importate in Italia rispetto alle merci importate direttamente 
in Italia dai paesi terzi. La Corte d'appello di Roma accoglieva 
questa tesi e concludeva che l'art. 4 della legge n. 53 doveva essere disapplicato. 
Poich� quindi nulla pi� ostava all'applicazione del decreto di 
attuazione, essa, con sentenza 12 giugno 1989, respingeva la domanda 
della OTO. 
9. -La OTO proponeva ricorso in cassazione contro detta sentenza. 
10. -La Corte suprema di cassazione ha sospeso il procedimento 
fintantoch� la Corte non si sia pronunciata in via pregiudiziale sulla 
seguente questione: 
�Se, in base all'art. 12 del Trattato di Roma istitutivo della 
CEE -relativo al divieto d'introduzione, fra gli Stati membri, di tasse 
equivalenti ai dazi doganali -, per tassa equivalente a dazio doganale 
debba essere intesa soltanto quella che venga imposta da un paese membro 
della Comunit� sui prodotti importati da altro paese membro, 
oppure invece si debba intendere anche l'imposta che -pur non incidendo 
direttamente sulle importazioni -renda, di fatto, un prodotto 
proveniente da un paese terzo economicamente pi� conveniente rispetto 
allo stesso tipo di prodotto proveniente da un paese membro. E ci� con 

pratica in altro Stato membro. Ed esattamente la Corte di giustizia ha risposto 
negativamente. In effetti un problema di interpretazione di norma comunitaria 
in materia di libera circolazione delle merci non si poneva, in quanto 
nella causa pendente dinanzi al giudice nazionale non veniva in questione il 
regime di importazione intracomunitario, ma solo un'operazione di importazione 
di prodotti da paesi terzi non ricadente in un regime armonizzato. 

Il problema era e rimane di diritto interno dove v'� da stabilire se si debba 
riconoscere alla disposizione contenuta nel decreto ministeriale un valore meramente 
interpretativo della norma primaria nazionale: e qui, in caso di dubbio 
sull'esatto significato di una norma (quella primaria), la soluzione va trovata 
nel senso in cui la norma stessa risulti compatibile con il complesso della 
legislazione vigente in materia (non solo quella interna, ma anche quella 
comunitaria: cfr. in proposito, da ultimo, la sentenza della Corte 14 luglio 
1994, nella causa C-91/92, FACCINI DORI, pubblicata qui di seguito nella Rassegna, 
la quale, al punto n. 30, avverte che il giudice interno � quando applica disposizioni 
di diritto nazionale tanto precedenti quanto successive alla direttiva, 
ha l'obbligo di interpretarle quanto pi� � possibile alla luce della lettera e 
dello scopo della direttiva�): e, nel nostro caso, appare evidente che la soluzione 
pi� corretta � quella di interpretare la normativa nazionale nel senso 
che essa garantisca assoluta parit� di trattamento fiscale, evitando che siano 
maggiormente colpiti i prodotti importati provenienti da uno Stato membro 
nel quale siano stati preventivamente immessi in libera pratica. 

Questo profilo non era sfuggito all'avvocato generale Lenz. � Nella presente 
fattispecie -aveva egli rilevato nelle sue conclusioni (punti 24 e 25) -non � 

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particolare. riguardo an~ipotesi elle; questo trattamento sfavorevole per 
iLpaese .nter.ttbro della :Comunlt� derlvidal fatto che, in: applicazione della 
nu<>va itnpost~h il valPr.e 1tnponibile� del prodotto � hnmesso .: nel mercato 

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�� � lh .,,.... Ptima di/ rlso~y$'� .takli Q'!lestione.; occorre ricordare come la 
Corte� .abbia�. ~�< affermato . che un'imposta quale l'imposta erariale di 

/ J.2�.<J,.a Co~el1a Wfatti. ~?llesso che tl'i])uti q\laliitributi erariali 
di to.suih9 yjgenti ip .. l~a ,eran~. disclpifuatt .~.� �disposb:iom fiscalicomuni e.c011?ivanQ c4tegori~, <ti. pl'o4otti in. "Pal!e. �a.d..�un criter~o.obiettivo, 
inppen4entemente . ~l'oi-igjne .del .pr�dotto. in .. questione, .. vale a dire 

i�~tfJJiaiTS~ 


~f:1lteii~zn~1:e~~;:s:g~Jw~ffa~ri~a~bu~J6~friirli:f~?i~s~~:: 

L'incompatibilit��� con le norme di i;liritro comumtano tonsiste pjuttostoc iiella 
pardaJ~ :non dsco~one. d(ll ttibuto sui; prodotti . dei ~Jl.esi Jeru esportati. diret� 
t~nte iJl.� itaJia. $i .potr:ebbeclire che ~: discipl.la,it~ concede .~ffettiva� 
mente a qrii;:sti pr9aC>tti Utu.\ p~fere!lza (anelli se questa .()n PJ�> esser:" st�fa 
11futeiki�rte �. cfollegislatore. ifalfaito)., e con d� conit:forlii il periooio. dfuno svfumento 
o di una distorsione delle correnti commerciali. L'unico modo, cC>n cui 
p.P (ilSfil(lr~ rimoss.a q.esta . ini.:gmpatjpJ�t;)., .� co.~isllil ~(il�qnc\Q . me . nell'ipcl.dere 

:~~~!~�.:r9J:f:~g:~~:~:�r:o~=~;~~;~p:l1~tzi��.:;~~=rii~~~~���~:o't: 

tatt,�. (omiSsis);.;; Ci� significa .che c�l diritto �o:inunitario � compatibile s�ltanto 
il� procedim~nto, disposto col cllilCl'.eto 23 m~<>�l~S3,. avente. aj oggetto U �al�<>lo, 
4ell'imposta dl c.i:msw:no gravante s� Prodotti importati eta paesi .. terzi. Come 

ff �governo italiano � ha giustamente affermato; questo procedhnenfo re�lliza 
l'assoluta parit� di trattamento fiscale�. � � � � 

La Corte si�. per� .limitata a rilevare la non incompatibilit�� con il diritto 
comunitario .della . legislazione nazionale. applicabile alle importazioni dai paei;i 
terzi, senza scendere ad un esa:me . dettagliato della normativa. nazionale, la cui 
esatta mt�rpretazione� Sp�tta�al� giudice nazionale. . 

OSCAR FIUMARA 

Il 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

434 

ca e che esso costituiva un'entrata fiscale identica alle altre e concorreva 
come le altre a finanziare in modo generale le spese dello Stato 
in tutti i settori (v. precitata sentenza Simba e a., punto 8). 

13. -Si deve pertanto risolvere la questione sollevata nel senso che 
un tributo quale l'imposta erariale di consumo introdotta nel diritto ita� 
liano dall'art. 13 del decreto legge 30 dicembre 1982, n. 953, convertito 
nell'art. 4 della legge 28 febbraio 1983 n. 53, non costituisce una tassa di 
effetto equivalente a un dazio doganale all'importazione ai sensi del� 
l'art. 12 del Trattato. 
14. -Tuttavia, nell'ambito della cooperazione giudiziaria istituita 
dall'art. 177 del Trattato, la Corte ha in particolare il compito di interpretare 
tutte le disposizioni del diritto comunitario di cui i giudici nazionali 
necessitino per statuire sulle liti sottoposte al loro giudizio, anche 
se tali disposizioni non figurano espressamente nelle questioni sottopostele 
da detti giudici (v. sentenza 18 marzo 1993, causa C280/91, 
Viessmann, Racc. pag. I-971, punto 17). 
15. -La questione sollevata dal giudice a quo dev'essere quindi 
esaminata alla luce delle disposizioni del Trattato che possono applicarsi 
ai fatti della causa principale, in particolare gli artt. 95 e 113. 
16. -Secondo una giurisprudenza costante, l'art. 95 del Trattato 
mira a garantire la libera circolazione delle merci fra gli Stati membri 
in condizioni normali di concorrenza, tramite l'eliminazione di qualsiasi 
forma di protezione che possa risultare dall'applicazione di imposte 
interne discriminatorie nei confronti di prodotti di altri Stati membri. 
Orbene, la Corte ha precisato, per quanto riguarda la libera circolazione 
delle merci all'interno della Comunit�, che i prodotti che fruiscono della 
libera pratica sono totalmente e definitivamente equiparati ai prodotti 
originari degli Stati membri. Ne consegue che l'art. 95 riguarda tutti i 
prodotti provenienti dagli stati membri, ivi compresi i prodotti originari 
dei paesi terzi che si trovano i.n libera pratica negli Stati membri (v. sen� 
tenza 7 maggio 1987, causa 193/85, Co-Frutta, Racc. pag. 2085, punti 25, 
26 e 29). 
17. -Dagli atti risulta che, a norma dell'art. 4, n. 2, della legge n. 53, 
le merci provenienti da paesi terzi che si trovano in libera pratica in 
uno Stato membro diverso dall'Italia ricevono, ai fini della riscossione 
dell'imposta erariale di consumo di cui trattasi nella causa principale, lo 
stesso trattamento dei prodotti equivalenti fabbricati in uno di detti 
Stati membri. 
18. -Orbene, sempre secondo la costante giurisprudenza della Corte, 
l'art. 95 del Trattato si applica soltanto alle merci provenienti dagli Stati 
membri e, eventualmente, alle merci originarie di paesi terzi che si trovano 
in libera pratica negli Stati membri. Ne consegue che questo arti� 

PARTE I, SEZ. �II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 43S 

colo non si applica ai prodotti importati direttamente dai paesi terzi 

(v. precitata sentenza Simba e a., punto 14). 
� 19. -Un tributo quale quello oggetto della causa principale, nella� 
misura in cui si applica alle merciimportate direttamente dai paesi terzi,' 
non rientra quindi nell'ambito di applic~one dell'art. 95 del Trattato.: 

20; --Con riferimento ad una eventuale applicazione dell'art. 113 del 
Trattato, occorre osservare che il Trattato non contiene, per gli scambicon 
paesi terzi, una norma analoga all'art.� 95 per quanto attiene ai tributiinterni, 
salve restando, tuttavia, le norme convenzionali eventualmente 
in vigore fra la Comunit� e il paese di origine di una determinata merce 

(v. sentenza 10 ottobre 1978, causa 148/77, Hansen, Racc. pag. 1787, 
punto 24), e, inoltre, che l'art. 113, bench� attribuisca alla Comunit� 
poteri c:;he le consentono di adottare ogni adeguato provvedimento in 
materia di politica commerciale comune, non fornisce, di per s�, alcun 
criterio. giU:ridico sufficient�mente preciso che permetta di valutare i 
diritti nazionali contestati (v. sentenza 16 marzo 1983, causa 266/81, 
SlOT, Racc. pag. 731; punto 49). 
21. -Si deve pertanto risolvere la questione sollevata dal giudice 
nazionale nel senso che, nella misura in cui si applica alle merci importate 
direttamente dai � paesi terzi, un tributo quale quello esaminato nella 
causa principale non � incompatibile .con le norme del Trattato relative 
all'attuazione della . politica commerciale comune, in particolare con 
l'art. ll3, salva restando, tuttavia, l'applicazione delle nonne convenzionali 
eventualmente in vigore fra la Comunit� economica europea e i paesi 
terzi di provenienza delle merci di cui trattasi. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Plenum, 14 luglio 
1994, nella causa C-91/92 -Pres. Due -Rel. Joliet -Avv. Gen. Lenz Domanda 
di. pronuncia pregiudiziale proposta dal giudice conciliatore 
di Firenze nella causa p. Faccini Dori c. Recreb S.r.l. -Interv.: 
Governi tedesco (ag. Roder e Quassowski), ellenico (ag. Kontolaimos 
e Athanasoulis), francese (ag. Puissochet e de Salins), danese (ag. 
Molde), olandese (ag. Heukels), dei Regno unito (ag. Collins e 
Wyatt) e italiano (avv. Stato Conti e Braguglia) e Commissione delle 

C.E. (ag. Gussetti). 
Comunit� europea -Tutela dei consumatori � Contratti . negoziati fuori 
dei locali commerciali -Possibillt� di far valere una direttiva nelle 
controversie fra privati. 
(Direttiva CEE del Consiglio 20 dicembre 1985, n. 85/577; d.lgs. 15 gennaio 1992, n. 50).

-,

Gli artt. 1, n. 1, 2 e 5 della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 

n. 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

436 

fuori dei locali commerciali, sono incondizionati e sufficientemente precisi 
per quanto concerne la determinazione dei beneficiari e il termine 
minimo entro il quale va notificato il recesso. In assenza di provvedimenti 
di attuazione della direttiva 85/577 entro i termini prescritti, i 
consumatori non possono fondare sulla direttiva stessa un diritto di 
recesso nei confronti dei commercianti con i quali essi hanno stipulato 
un contratto, n� possono far valere tale diritto dinanzi a un giudice 
nazionale. Tuttavia quest'ultimo, quando applica disposizioni di diritto 
nazionale tanto precedenti quanto successive alla direttiva, ha l'obbligo 

di interpretarle quanto pi� � possibile alla luce della lettera e dello scopo 
della direttiva (1). 

(omissis) 1. -Con ordinanza 24 gennaio 1992, giunta alla Corte 
il 18 marzo successivo, il Giudice conciliatore di Firenze (Italia) ha 
posto, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, �na questione pregiudiziale 
vertente, in primo luogo, sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 
20 dicembre 1985, 87/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di 
contratti negoziati fuori dei locali commerciali (G.U. L 372, pag. 31, in 
prosieguo: la � direttiva sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali
�), e, in secondo luogo, sulla possibilit� di far valere tale direttiva 
in una controversia tra un commerciante e un consumatore. 

2. -La questione � sorta nell'ambito di una controversia tra la signorina 
Paola Faccini Dori, residente a Monza (Italia), e la Recreb S.r.l. 
(in prosieguo: la � Recreb �). 
3. -Dall'ordinanza di rinvio risulta che il 19 gennaio 1989, senza 
essere stata preventivamente sollecitata dalla signorina Faccini Dori, la 
(1) La Corte ha confermato la sua giurisprudenza, ampiamente citata in 
motivazione, sulla diretta applicabilit� delle disposizioni di una direttiva sufficientemente 
precise e incondizionate dopo la scadenza del termine per la sua 
attuazione nell'ordinamento nazionale, ribadendo che tale applicazione pu� 
avvenire solo in senso verticale (nei rapporti cio� fra il singolo e lo Stato) e 
non in senso orizzontale (nei rapporti fra singoli). Fondamento della verticalit�, 
ha precisato la Corte, � l'obbligo dello Stato di uniformarsi alla direttiva nel 
termine stabilito (art. 189 trattato CEE); limite all'orizzontalit� � l'incompetenza 
della Comunit� ad emanare norme che facciano sorgere con effetto immediato 
obblighi a carico dei singoli al di l� dei casi in cui il relativo potere le 
� attribuito in sede regolamentare. 
Fermo l'obbligo del Giudice nazionale di interpretare il diritto interno 
vivente nel senso pi� prossimo alla lettera e allo scopo della direttiva, la tutela 
del singolo potrebbe essere assicurata dall'azione risarcitoria esperibile nei 
confronti dello Stato inadempiente nei limiti gi� definiti nella fondamentale 
sentenza 19 novembre 1991, nelle cause riunite C-6 e 9/90, FRANCOVICH, citata in 
motivazione (pubbl. in questa Rassegna, 1991, I, 448). 

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PARTE I, SBZ; II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

societ� Interdiffusion S.r.l. stipulava con quest'ultima, presso la stazione 
centrale d.i Milano (Italia), cio� al di fuori dei propri locali commerciali, 
un contratto avente ad oggetto un corso d'inglese per corrispondenza. 

4. �~� Qualche giorno dopo; con lettera raccomandata 23 gennaio 1989, 
la signorina Faccini Dori comunicava a detta societ� di voler annullare 
il su9 ordine, Q.~s.t'ultirnl:!. rispc>ndeya . il 3. giug.,o 1989 facendo sapere di 
averced.to ilsuo. credito alla Recreb,.ll 24 giugno 1989, la signorina 
Faccini. Ppri confermava per iscritto alta Recreb di aver revocato la sua 
accettazione, facendo in particolare richiamo al diritto di recesso stabilito 
dalla ciir.eftiva .sui com~atti nego:dati fuori . dei locali commerciali. 
5. -1..a direttiva ha lo scopo, cos� come si ricava dai suoi 'considerando'.
�. di migliorare la tutela dei coilsumatori e di por fine alle disparit� 
~sistentftra le legislazfoni nazi9nali in I1l�rito a detta tutela, disparit� 
che possono aver� un'inciderizi;i sul furiziona;nlento del mercato comune. 
Nel suo quarto 'consi�erarido' essa JHustra c}le, nel caso di contratti 
conc�usifuorid�ilocal� commerciali del COI11I1lerciante, di regola � questo 
ultimo a prendere 11iniziatiy� delle t:rattatlve, mentre il consumatore � 
impreparato di fronte a queste e pertanto si trova spesso colto di sorpresa. 
n con.sumatore quasi sempre non ha la possibilit� di confrontare 
fa qt�~lit� e ff prezzo che gli vengono proposti con altre offerte. In base 
al niedesimo 'considerando', questo elemento ~i so:rpresa� generalmente 
presente rion soltanto nel caso di contraiticoriclusi a domicilio, ma anche 
in altre forme di c0ntratti conclusi dal commerciante fuori dei propri 
locali. Scopo della direttiva, collie discende. dal suo quinto 'considerando', 
� pertanto quello di accordare al consumatore il diritto di recesso, da 
esercitarsi entro un termine non inferiore a sette giorni, per �permettergli 
di valutare �gli obblighi che derivano dhl contratto. 
6; �..;;..... n 30 giugno 1989 la Recreb chiedeva �al Giudice conciliatore di 
Firenze di ingiungere alla signorina Facciri� Dori di<pagarle la somma 
convenuta; oltre �gli.� interessi e le spese. 

7 . .....:. Co:n..decreto. 20 novembre 1989. ��detto giudice . condannava la signorina 
Faccini Dori a pagare tali somwe. Quest'ultima prqponeva opposizione 
contro detta .�ingiunzione dinanzi. al .medesimo giudice .. Essa sosteneva 
nuovamente di aver esercitato il recesso dal contratt� nel rispetto 
delle� condizioni stabilite dalla direttiva. 
8 . .....:. ~.tuttavia.pacifipo che nessun provvedimento di attuazione della 
direttiva era stato adottato dall'Italia all'epoca dei fatti, mentre il termine 
previsto per detta attuazione era spirato il 23 dicembre 1987. 
Infatti � solo con il decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50 (GURI, 
Supplemento ordinario al n. 27 del 3 febbraio 1992, pag. 24), entrato in 
vigore il 3. marzo 1992, che l'Italia ha attuato la direttiva. 

'438 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

9. -Il giudice di rinvio si � interrogato sulla possibilit� di applicare 
le disposizioni della direttiva, nonostante all'epoca dei fatti essa non 
fosse stata attuata da parte dell'Italia. 
10. -Detto giudice ha pertanto sottoposto alla Corte una questione 
pregiudiziale cos� formulata: 
�Se la direttiva comunitaria del 20 dicembre 1985, n. 577, sia da 
considerarsi sufficientemente precisa e dettagliata e se essa, nel periodo 
fra la scadenza del termine di 24 mesi assegnato agli Stati membri per 
conformarsi ad essa ed il giorno in cui lo Stato italiano si � ad essa 
conformato, sia stata in grado di produrre effetti nei rapporti fra i singoli 
e lo Stato italiano e nei rapporti dei singoli fra loro �. 

11. -Occorre rilevare che la direttiva sui contratti negoziati fuori 
dei locali commerciali impone agli Stati membri di adottare talune norme 
volte a disciplinare i rapporti giuridici tra commercianti e consumatori. 
In considerazione della natura della controversia, la quale vede di fronte 
Un consumatore ed un commerciante, la questione sottoposta dal giudice 
nazionale solleva due problemi che occorre esaminare separatamente. 
Essa concerne in primo luogo il carattere sufficientemente preciso e incondizionato 
delle disposizioni della direttiva riguardanti il diritto di recesso. 
In secondo luogo essa verte sulla possibilit� di far valere nelle liti tra 
privati, in mancanza di provvedimenti di attuazione, una direttiva la 
quale imponga agli Stati membri l'adozione di talune norme volte a 
disciplinare proprio i rapporti tra tali persone. 
In merito al carattere sufficientemente preciso e incondizionato delle 
disposizioni della direttiva riguardanti il diritto di recesso. 

12. -Ai sensi dell'art. 1, n. 1, la direttiva si applica ai contratti 
stipulati tra un commerciante che fornisce beni e servizi e un consumatore 
o durante un'escursione organizzata dal commerciante al di fuori 
dei propri locali commerciali, o durante una visita del commerciante al 
domicilio del consumatore o sul suo posto di lavoro, qualora la visita 
non abbia luogo su espressa richiesta di quest'ultimo. 
13. -Per quanto concerne l'art. 2, esso precisa che occorre intendere 
per �consumatore� la persona fisica che, per le transazioni disciplinate 
dalla direttiva, agisce per un uso che pu� considerarsi estraneo alla propria 
attivit� professionale, e per � commerciante � la persona fisica o 
giuridica che, nel concludere la transazione in questione, agisce nell'ambito 
della propria attivit� commerciale o professionale. 
14. -Dette disposizioni hanno la precisione sufficiente per consentire 
al giudice nazionale di individuare i soggetti su cui gravano le 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALI! �439 

obbligazioni ed i beneficiari dell'adempimento di queste. Nessun provvedimento 
specifico di attuazione � necessario al riguardo. Il giudice nazionale 
pu� limitarsi ad accertare se il contratto sia stato stipulato nelle 
circostanze descritte dalla direttiva e se sia stato concluso tra un commerciante 
e un consumatore, nel significato attribuito a tali termini dalla 
medesima direttiva. 

15. -Per tutelare il consumatore che ha stipulato un contratto in 
circostanze del genere, l'art. 4 della direttiva impone che il commerciante 
deve informarlo per iscritto del suo diritto di recedere dal contratto, 
nonch� del nome e indirizzo della persona nei cui riguardi pu� essere 
esercitato tale diritto. Esso aggiunge in particolare che, nel caso dell'art. 
1, n. l, detta informazione deve essere consegnata al consumatore 
al momento della stipulazione del contratto. Esso infine precisa che gli 
Stati membri devono far s� che la loro legislazione nazionale preveda 
misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora non venga 
fornita l'informazione di cui trattasi. 
16. -Peraltro, l'art. 5, n. l, della direttiva stabilisce in particolare 
che il consumatore ha il diritto di revocare il proprio impegno indirizzando 
una comunicazione entro un termine di almeno sette giorni dal momento 
in cui il commerciante, secondo le modalit� e condizioni prescritte dalla 
legislazione nazionale, lo ha informato in merito ai suoi diritti. Il n. 2 
puntualizza che con l'invio della comunicazione di cui trattasi il consumatore 
� liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto. 
17. -Gli artt. 4 e 5 concedono indubbiamente agli Stati membri 
un certo margine di discrezionalit� per quanto concerne la tutela del 
consumatore quando il commerciante non fornisce l'informazione e per 
quel che riguarda la fissazione del termine e delle modalit� del recesso. 
l'ale circostanza tuttavia non incide sul carattere preciso e incondizionato 
delle disposizioni della direttiva sulle quali � incentrata la causa principale. 
Tale margine di discrezionalit� non esclude infatti che sia possibile 
determinare alcuni diritti imprescindibili. Al riguardo, dalla lettera dell'art. 
5 discende che il recesso va notificato entro un termine minimo di 
sette giorni dal momento in cui il consumatore ha ricevuto l'informazione 
che il commerciante � tenuto a fornire. � pertanto possibile determinare 
il livello minimo di tutela che deve essere comunque realizzato. 
18. -Pertanto, occorre risolvere il primo problema sollevato dal 
giudice nazionale nel senso che gli artt. l, n. l, 2 e 5 della direttiva sono 
incondizionati e sufficientemente precisi per quanto concerne la determinazione 
dei benefici e il termine minimo entro il quale va notificato 
il recesso. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

440 

Sulla possibilit� di far valere le disposizioni della direttiva riguardanti 
il diritto di recesso in una controversia tra .un consumatore e un 
commerciante. 

19. -Il secondo problema sollevato dal giudice nazionale concerne in 
particolare la questione se, in mancanza di provvedimenti di attuazione 
della direttiva entro i termini prescritti, i consumatori possano fondare 
sulla direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti 
con i quali hanno stipulato un contratto e possano far valere tale diritto 
dinanzi a un giudice nazionale. 
20. -Come ha sottolineato la Corte, secondo una giurisprudenza 
costante successiva alla sentenza 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall 
(Racc. pag. 723, punto 48), una direttiva non pu� di per s� creare obblighi 
a carico di un singolo e non pu� quindi essere fatta valere in quanto tale 
nei suoi confronti. 
21. -Il giudice nazionale ha sottolineato che la limitazione degli 
effetti delle direttive incondizionate e sufficientemente precise, ma non 
attuate, ai rapporti tra enti statali e singoli farebbe s� che un atto normativo 
sia tale solo nei rapporti fra alcuni soggetti dell'ordinamento mentre, 
nell'ordinamento italiano come in quello di ogni altro ordinamento di 
qualsiasi paese moderno basato sul principio di legalit�, lo Stato � un 
soggetto di diritto al pari di qualsiasi altro. Se la direttiva potesse essere 
opponibile solo nei confronti dello Stato, ci� eqtiivarrebbe a una sanzione 
per l'inadempienza nell'adozione delle misure legislative di attuazione, 
come se si trattasse di un rapporto di natura meramente privatistica. 
22. -Basti rilevare al riguardo che, come discende dalla sentenza 
26 febbraio 1986, Marshall, gi� citata (punti 48 e 49), la giurisprudenza 
sulla possibilit� di far valere direttive nei confronti degli enti statali � 
fondata sulla natura cogente attribuita alla direttiva dall'art. 189, natura 
cogente che esiste solo nei confronti dello � Stato membro cui � rivolta �. 
Detta giurisprudenza mira ad evitare che uno �Stato possa trarre vantaggio 
dalla sua trasgressione del diritto comunitario�. 
23. -"'"-Sarebbe infatti inaccettabile che lo Stato al quale il legislatore 
comunitario prescrive l'adozione di talune norme volte a disciplinare i 
suoi rapporti -o quelli degli enti statali -con i privati e a riconoscere 
a questi ultimi il godimento di taluni diritti potesse far valere la mancata 
esecuzione dei suoi obblighi al fine di privare i singoli del godimento di 
detti diritti. Per tale ragione la Corte ha ammesso la possibilit� di far 
valere nei confronti dello Stato (o di enti statali) talune disposizioni delle 
direttive sulla conclusione degli appalti pubblici (v. sentenza 22 giugno 
1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo, Racc. pag. 1839) e delle direttive 

PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INmRNAZIONALE 

sull'armonizzazione delle imposte sulla cifra d'affari (v. sentenza 19 gennaio 
1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53). 

24. -Estendere detta giurisprudenza all'ambito dei rapporti tra singoli 
significherebbe riconoscere in capo alla Comunit� il potere di ema� 
nare norme che facciano sorgere con effetto immediato obblighi a carico 
Cl.i que$ti ultimi, mentre tale competenza le spetta solo laddove le sia 
attribuito il potere di adottare regolamenti. 
25. -Ne consegue che, in assenza di provvedimenti di attuazione 
della direttiva entro i termini prescritti, i consumatori non possono fondare 
sulla� direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti 
con i quali banno stipulato un contratto, n� possono far valere 
tale diritto dinanzi a un giudice nazionale. 
26. -Occorre inoltre ricordare che, secondo una giurisprudenza 
costante successiva alla sentenza 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson 
e Kaniann (Racc. pag. 1891, punto 26), l'obbligo degli Stati membri, 
derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato; 
come pure l'obbligo loro imposto dall'art. 5 del Trattato di adottare 
tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l'adempimento 
di tale obbligo, valgono per tutti gli organi degli Stati membri 
ivi compresi, nell'ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. Cos� 
come discende dalle sentenze della Corte 13 novembre 1990, causa C-106/89, 
Marleasing (Racc. pag. I-4135, punto 8), e 16 dicembre 1993, causa C-334/92, 
Wagner Miret (Racc. pag: I-6911, punto 20), nell'applicare il diritto nazionale, 
a prescindere dal fatto che si tratti di nonne precedenti o successive 
alla direttiva, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto 
nazionale quanto pi� � possibile alla luce della lettera e dello scopo 
della direttiva per conseguire il risultato perseguito da quest'ultima e 
conformarsi pertanto all'art. 189, terzo comma, del Trattato. 
27. -.N;el caso. in cui il , risultato prescritto dalla direttiva non 
possa . essere< �onseguito mediante interpretazione, occorre peraltro ri� 
�ordare che, secondo la sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 
e C-9/90, Francovich e a. (Racc. pag. I-5357, punto 39), il diritto comunitario 
impone agli Stati� membri di risarcire i danni da essi causati ai singoli 
a causa della mancata attuazione di una direttiva, purch� siano soddisfatte 
tre condizioni. Innanzi tutto la direttiva deve avere lo scopo 
di attribuire diritti a favore dei singoli. Deve essere poi possibile individuare 
il contenuto di tali diritti sulla base delle disposizioni della direttiva. 
Infine deve esistere un nesso di causalit� tra la violazione dell'obbligo a 
carico dello Stato e il danno subito. 
28. .:... La direttiva sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali 
ha incontestabilmente lo scopo di attribuire certi diritti ad alcune cate

442 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

gorie di singoli ed � altrettanto certo che il contenuto imprescindibile 
di tali diritti pu� essere individuato sulla base delle sole disposizioni della 

I 

direttiva (v. supra, punto 17). 

I 

29. -Posto che ci sia un danno e che tale danno sia dovuto alla vioI 
lazione da parte dello Stato dell'obbligo a lui incombente, spetter� al 
giudice nazionale garantire il diritto dei consumatori lesi al risarcimento, 
nell'ambito delle norme nazionali in tema di responsabilit�. 
30. -Per quanto concerne il secondo problema sollevato dal giudice 
nazionale e alla luce delle considerazioni svolte in questa sede, occorre 
rispondere che, in assenza di provvedimenti di attuazione della direttiva 
entro i termini prescritti, i consumatori non possono fondare sulla direttiva 
stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti con 
i quali essi ha:..mo stipulato un contratto, n� possono far valere tale diritto 
dinanzi a un giudice nazionale. Tuttavia quest'ultimo, quando applica disposizioni 
di diritto nazionale tanto precedenti quanto successive alla 
direttiva, ha l'obbligo di interpretarle quanto pi� � possibile alla luce 
della lettera e dello scopo della direttiva. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 5a sez., 14 luglia 
1994, nella causa C186/93 -Pres. Moitinho de Almeida -Rel. Rodriguez 
Iglesias -Avv. Gen Van Gerven -Domanda di pronuncia 
pregiudiziale proposta dalla Corte d'appello di Roma nella causa 
UNAPROL (avv.ti Mercuri, Castelli Avolio e Guarino) c. AIMA. 
Interv.: Governo italiano (avv. �Stato Fiumara) e Commissione delle 

C.E. (ag. de March e avv. Carnelutti). 
Comunit� europea -Politica agricola comune -Aiuti alla produzione di 
olio di oliva -Pagamento ai beneficiari tramite un'unione di associazioni 
di produttori -Interessi bancari maturati sulle somme stanziate 
-Titolare. 
(Reg. CEE del Consiglio 4 novembre 1982, n. 2959, e 17 luglio 1984, n. 2261; dd.mm. agri


coltura 29 dicembre 1983, art. 2, e 2 gennaio 1985, art. 17). 

Le disposizioni comunitarie relative al finanziamento della politica 
agricola comune e, in particolare, i regolamenti (CEE) del Consiglio 
4 novembre 1982, n. 2959, che stabilisce, per la campagna 1982/1983, le 
norme generali relative all'aiuto alla produzione di olio di oliva, e (CEE) 
del Consiglio 17 luglio 1984, n. 2261, che stabilisce le norme generali relative 
all'aiuto alla produzione e alle organizzazioni di produttori di olio 
d'oliva, non ostano a che una normativa nazionale disponga che gli inte



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 443 

ressi bancari eventualmente maturati sulle somme stanziate sino al 
loro versamento effettivo ai beneficiari appartengono all'organismo nazionale 
d'intervento (1). 

(omissis) 1. -Con ordinanza 27 ottobre 1992, pervenuta in cancelleria 
il 20 aprile 1993, la Corte d'appello di Roma (Prima Sezione civile) 
ha sottoposto alla Corte di giustizia delle Comunit� europee, a norma dell'art. 
177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione 
della normativa comunitaria che disciplina l'erogazione degli 
aiuti comunitari e, in particolare, del regolamento (CEE) del Consiglio 
4 novembre 1982, n. 2959, che stabilisce, per la campagna 1982/1983, le 
norme generali relative all'aiuto alla produzione di olio d'oliva (GU L 309, 
pag. 30) e del regolamento (CEE) del Consiglio 17 luglio 1984, n. 2261, che 
stabilisce le norme generali relative all'aiuto alla produzione e alle organizzazioni 
di produttori di olio d'oliva (GU L 208, pag. 3), al fine di 
stabilire a chi spettano gli interessi maturati sui conti delle unioni di organizzazioni 
di produttori, a seguito dello stanziamento di fondi da parte 
dell'AIMA e fino al loro effettivo versamento ai beneficiari degli aiuti. 

2. -Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia 
tra l'Unaprol (Unione nazionale tra le associazioni di produttori di 
olive), da un lato, l'AIMA (Azienda di Stato per gli interventi nel mercato 
agricolo) ed il ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, dall'altro. 
L'Unaprol, riconosciuta a norma del regolamento (CEE) del Consiglio 
19 giugno 1978, n. 1360, concernente le associazioni di produttori e le 
(1) Soluzione conforme a quella prospettata dal Governo italiano. 
In effetti la materia non � regolata dalla normativa comunitaria ma solo 
da quella nazionale e, quindi, solo in base a quest'ultima occorre verificare 
se gli interessi maturati sulle somme versate dall'AIMA ad un'organizzazione 
di produttori e giacenti fino al pagamento ai propri membri siano attribuibili 
all'AIMA o all'organizzazione stessa (UNAPROL). 

L'art. 2 del reg. CEE 2261/84 precisa che � l'aiuto � concesso agli olivicoltori 
stabiliti negli Stati membri �, � su domanda presentata dagli interessati �. L'aiuto 
� dunque degli olivicoltori e ad essi solo compete. Le organizzazioni di produttori 
sono un tramite di cui i produttori possono servirsi per facilitare i compiti 
di essi stessi e dell'organismo di intervento: in tale veste esse ricevono gli 
anticipi e i saldi dell'aiuto, provvedendo � senza indugio alla loro ripartizione 
ai produttori membri�. Resta pur sempre fermo che � gli Stati membri produttori 
stabiliscono le modalit� per l'assegnazione dell'aiuto e i termini per il 
pagamento agli olivicoltori� (cos� recita l'art. 11, quinto comma, del reg. CEE 
sopra citato). 

Ordunque la norma comunitaria vuole solo che sia assicurato agli olivicoltori 
il pagamento dell'aiuto loro spettante nel pi� breve tempo possibile. 
Perch� ci� avvenga, essa prevede che gli interessati possano servirsi di un 
tramite, cio� delle proprie organizzazioni, le quali provvedono a raccogliere 



RASSEGNA AVVOCATURA DEU.0 STATO 

relative unioni (GU L 166, pag. 1), � associata alla gestione degli aiuti 
comunitari alla produzione dell'olio di oliva. 

3. -Con atto di citazione notificato il 22 ottobre 1986, l'Unaprol 
conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, l'AIMA ed il ministero 
dell'Agricoltura e delle Foreste chiedendo che fosse dichiarata 
l'illegittimit� dei decreti ministeriali 29 dicembre 1983 (GURI n. 28 del 
28 gennaio 1984) e 2 gennaio 1985 (GURI n. 17 del 21 gennaio 1985), adottati 
in esecuzione dei citati regolamenti comunitari che disciplinano 
mercati dell'olio d'oliva. 

4. -L'Unaprol ha sostenuto che la normativa nazionale (art. 2, 
quarto comma, del decreto ministeriale 29 dicembre 1983 e art. 17, sesto 
comma, del decreto ministeriale 2 gennaio 1985) � in contrasto con 
la normativa comunitaria, in quanto prevede che spettano all'AIMA e 
non ai singoli produttori, che sono gli effettivi ed unici beneficiari degli 
aiuti comunitari, gli interessi bancari maturati per eventuali giacenze 
delle somme erogate sino all'effettiva erogazione ai beneficiari oppure, 
a causa del ritorno degli assegni per decesso o per mancato recapito 
all'indirizzo indicato in domanda dai beneficiari, in attesa dell'emissione 
dei nuovi titoli. 
5. -A termini dei primi sei commi dell'art. 17 del decreto mrmsteriale 
del ministro dell'Agricoltura 2 gennaio 1985, che ricalcano nella 
parte essenziale le disposizioni del decreto ministeriale 29 dicembre 1983 
le somme e a ripartirle agli interessati stessi senza indugio. � solo con la 
ripartizione, cio� con il versamento della somma da parte dell'organizzazione, 
che l'olivicoltore ottiene la soddisfazione delle sue spettanze. 

Fermo e indiscutibile, dunque, che la norma comunitaria nient'altro prescrive 
se non �che il pagamento avvenga senza indugio agli olivicoltori, prevedendo 
che ci� possa realizzarsi tramite organizzazioni che provvedano alla 
ripartizione dovuta, e fermo che spetta agli Stati stabilire le modalit� di pagamento, 
qualsiasi problematica in materia di modalit� di pagamento non pu� 
che essere risolta sulla base della sola normativa nazionale. E in sede nazionale 
si � stabilito che l'UNAPROL, una volta raccolte le somme, le ripartisca senza 
indugio agli olivicoltori, cos� come prescrive la norma comunitaria. E si � 
stabilito altres� che gli interessi maturati per la giacenza delle somme nel 
conto bancario dell'UNAPROL fra la data della provvista e la data dell'effettivo 
pagamento agli olivicoltori vengano attribuiti all'AIMA. Cio� esattamente l'organizzazione 
funziona da mero tramite e per ci� solo percepisce un certo compenso 
pattuito contrattualmente. Non v'� alcuna norma comunitaria o nazionale 
che imponga di attribuire all'UNAPROL, per s� e/o per gli olivicoltori, gli 
interessi sopraddetti; e risponde a piena logica che essi siano appunto rivendicati 
dall'AIMA, essendo essi relativi a giacenze non certo di appartenenza degli 
olivicoltori. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

sostituendo le � organizzazioni di produttori riconosciute � con � le 
unioni di associazioni di produttori riconosciute �: 

� Le unioni di associazioni di produttori riconosciute sono tenute 
ad effettuare, a favore dei propri associati, il pagamento dell'anticipo e 
del saldo dell'aiuto a mezzo di bonifici bancari oppure di assegni circolari 
non trasferibili emessi da un istituto di credito prescelto dalle organizzazioni 
stesse da inviarsi con lettera raccomandata al domicilio degli 
aventi diritto. 

Gli importi dell'anticipo e del saldo di cui al precedente comma sono 
pari ai corrispondenti importi accreditati dall'AIMA sulla base delle 
risultanze delle note riepilogative delle domande ritenute ammissibili 
all'aiuto in applicazione della normativa comunitaria e del presente decreto. 

I rapporti tra le unioni riconosciute e l'istituto di credito incaricato 
del servizio di pagamento dell'aiuto comunitario alla produzione devono 
essere regolati, a termini del decreto del presidente della Republica 
4 luglio 1973, n. 532, da apposita convenzione, con la quale sia previsto 
che ai pagamenti in favore degli aventi diritto deve farsi luogo entro e 
non oltre dieci giorni lavorativi decorrenti dalla data in cui gli accreditamenti 
delle relative somme disposti dall'AIMA sono resi effettivamente 
disponibili. Nel caso di soci di cooperative olivicole aderenti ad associazioni 
di produttori, la trasmissione degli assegni circolari non trasferibili 
a favore dei singoli produttori soci pu� essere effettuata per il tramite 
delle cooperative medesime, al fine di facilitare le relative operazioni 
di pagamento. 

Anche i rapporti tra l'AIMA e le suddette unioni vengono regolati 
con convenzione con la quale deve essere previsto che gli importi degli 
assegni restituiti, per decesso o per mancato recapito all'indirizzo del 
beneficiario indicato in domanda, vanno versati presso l'istituto di 
credito, incaricato del servizio di pagamento, su apposito conto corrente 
vincolato per l'emissione dei nuovi titoli debitamente aggiornati. 

Gli estratti conto, corredati dallo scalare degli interessi bancari maturati 
per effetto della giacenza delle somme, devono essere semestralmente 
comunicati all'AIMA a cura delle unioni interessate. 

Gli interessi bancari maturati sono di esclusiva pertinenza dell'AIMA 
alla quale devono essere accreditati dalle organizzazioni dei produttori, 
al netto delle sole ritenute erariali, mediante versamento con vaglia del 
Tesoro cui conto corrente infruttifero n. 416 intestato all'AIMA: gestione 
finanziaria �. 

(omissis) 

13. -La questione pregiudiziale va quindi (ri)formulata nel senso 
che essa � diretta a far precisare se le disposizioni comunitarie relative 
al finanziamento della politica agricola comune e, in particolare, i regolamenti 
nn. 2959/82 e 2261/84 ostano a che una normativa nazionale di

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

446 


sponga che gli interessi bancari eventualmente maturati sulle somme 
stanziate sino al loro versamento effettivo ai beneficiari appartengono 
all'organismo nazionale d'intervento. 

14. -Per rispondere a tale questione, vanno richiamate le disposizioni 
essenziali relative al finanziamento comunitario degli interventi sui 
mercati agricoli e, pi� particolarmente, sul mercato dell'olio d'oliva. 
15. -Il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG), 
sezione �garanzia�, finanzia le restituzioni all'esportazione e gli interventi 
destinati a regolarizzare i mercati agricoli a norma, soprattutto, del 
regolamento (CEE) del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al finanziamento 
della politica agricola comune (GU L. 94, pag. 13). 
16. -Ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, di tale regolamento: 
� 1. Gli Stati membri designano i servizi e gli organismi ch'essi 
abilitano a pagare, a decorrere dall'entrata in applicazione del presente 
regolamento, le spese previste agli artt. 2 e 3. Essi comunicano alla 
Commissione, al pi� presto possibile, dopo l'entrata in vigore del presente 
regolamento, le seguenti informazioni relative a tali servizi e organismi: 

-la denominazione e, se del caso, lo statuto, 

-le condizioni amministrative e contabili secondo cui sono effettuati 
i pagamenti relativi all'esecuzione delle norme comunitarie nel 
quadro dell'organizzazione comune dei mercati agricoli. 

Essi informano immediatamente la Commissione di qualsiasi modifica 
intervenuta. 

2. La Commissione mette a disposizione degli Stati membri i fondi 
necessari affinch� i servizi e gli organismi designati procedano, in conformit� 
delle norme comunitarie e delle legislazioni nazionali, ai pagamenti 
di cui al paragrafo 1. 
Gli Stati membri vigilano a che tali fondi siano utilizzati senza indugio 
ed esclusivamente per gli scopi previsti �. 

17. -Secondo il regolamento (CEE) della Commissione 30 gennaio 
1978, n. 380, relativo al funzionamento del regime degli anticipi per le 
spese a carico della sezione �garanzia� del FEAOG (GU L 56, pag. 1), 
ed il regolamento (CEE) della Commissione 31 ottobre 1983, n. 3184, relativo 
al regime degli anticipi per le spese a carico del FEAOG, sezione 
� garanzia� (GU L 320, pag. 1) -che ha sostituito il citato r.egolamento 
n. 380/78 -, la Commissione mette a disposizione degli Stati membri, 
in un conto aperto a tale scopo da ciascuno di essi presso il Tesoro od 
altro organismo finanziario, i mezzi finanziari necessari ai servizi o agli 
organismi designati all'uopo per effettuare i pagamenti delle spese finanziate 
dalla sezione � garanzia� del FEAOG (art. 1, n. 1, di ambedue 

PARTE I, SEZ/ 111 GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

i regolamenti). Gli Stati membri garantiscono la sana g�stione dei mezzi 
finanziari comunitari e: procedono allo loro ripartizione tra i vari servizi 
ed organismi all'uopo designati (art. l, n. 3, di ambedue i regolamenti). 

HL�---,. Le associazioni di produttori (definite �organizzazioni di prod.ttori 
� dai regolamenti nn.. 2959/82 e 2261/84) e le relative unioni so;no 
state riconosciute dal citato regolamento n.1360/78. Questo regolamento 
istituisce in determinate regioni comunitarie un regime d'incentivazione, 
volto a stimolare la costituzione di associazioni di produttori e delle 
relative unioni, al fine di ovviare aUe carenze strutturali a livello dell'offerta. 
e deila commercializzazione di prodotti agricoli, carenze caratterizzate 
dall'irisufficiente grado �di organizzazione dei produttori. 

19. -Il regime di aiuto alla produzione di olio d'oliva � stato istituito 
dal regolamento del Consiglio 22 settembre 1966 n. 136/66/CEE, relativo 
all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei 
grassi (GU L 172, pag. 3025). 
20. -L'associazione delle organizzazioni di prqduttori e delle relative 
unioni alla gestione dell'aiuto alla produzione di olio d'oliva � stata 
istituita dal citato regolamento n. 1360/78, dal regolamento (CEE) del 
Consiglio 15 luglio 1980, n. 1917, che modifica il regolamento n. 136/66/CEE 
relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore 
dei grassi e il regolamento (CEE) n. 1360/78 concernente le associazioni 
di �produttori e le relative unioni (GU L 186, pag. 1), dal regolamento 
(CEE) del Consiglio 18 maggio 1982, n. 1413, che modifica il regolamento 
n. 136/66/CEE relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei 
mercati nel settore dei grassi (GU L 162, pag. 6), e dal regolamento (CEE) 
del Consiglio 17 luglio 1984, n. 2260, che modifica il regolamento numero 
136/66/CEE relativo all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati 
nel settore dei grassi (GU L 208, pag. 1). 
21. -Da ultimo, i regolamenti nn. 2959/82 e 2261/84, gi� citati, la 
cui iriterpretazione � richiesta dal giudice a quo, definiscono i presupposti 
per la concessione dell'aiuto alla produzione di olio d'oliva ed organizzano 
le modalit� di erogazione dell'aiuto stesso agli olivicoltori, nonch� i controlli 
circa il diritto all'aiuto. I presupposti per la concessione e l'erogazione 
dell'aiuto variano a seconda che l'olivicoltore sia o no membro di 
un'organizzazione di produttori riconosciuta iri conformit� delle disposizioni 
comunitarie. 
22. -Pi� specialmente, il regolamento n. 2261/84, che precisa i diritti 
e gli obblighi di tutti i soggetti interessati dal regime, prende in considerazione 
le unioni di organizzazioni di produttori di olio d'oliva. Tali 
unioni, secondo il mandato ad esse conferito dall'art. 10 del regolamento, 

RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

coordinano le attivit� delle organizzazioni che le compongono, vigilano 
a che tali attivit� siano conformi alle disposizioni del regolamento, 
presentano alle autorit� competenti le dichiarazioni di coltura e le domande 
di aiuto loro trasmesse dalle organizzazioni che le compongono, 
ricevono dallo Stato membro interessato gli anticipi sull'aiuto alla 
produzione, nonch� il saldo degli aiuti, e procedono senza indugio alla 
loro ripartizione tra i produttori membri delle organizzazioni che le 
compongono. 

23. -L'art. 11, n. 5, del regolamento n. 2261/84 dispone che gli Stati 
membri produttori stabiliscono le modalit� per l'assegnazione dell'aiuto 
e i termini per il pagamento agli olivicoltori. Parimenti, l'art. 6, n. 2, 
del regolamento n. 2959/82 prevede che gli Stati membri interessati stabiliscono 
le modalit� dell'assegnazione dell'aiuto e dell'anticipo da parte 
delle organizzazioni di produttori ai loro aderenti. 
24. -Va constatato che la questione dell'attribuzione degli interessi 
eventualmente maturati, nel corso della procedura di concessione degli 
aiuti, sulle somme stanziate per l'erogazione degli stessi non � stata 
disciplinata espressamenete dalla citata normativa sul mercato dell'olio 
d'oliva. 
25. -Alla luce di quanto precede, spetta all'ordinamento interno di 
ogni Stato membro definire il regime giuridico applicabile agli eventuali 
interessi maturati sui conti delle unioni di associazioni di produttori, 
relativamente agli importi degli aiuti prima del loro effettivo pagamento 
ai beneficiari. 
26. -Infatti, in assenza di una disposizione comunitaria relativa agli 
interessi, questi ultimi rientrano nella competenza normativa attribuita 
agli Stati membri dagli artt. 11, n. 5, del regolamento n. 2261/84 e 6, n. 2, 
del regolamento n. 2959/82. 
27. -Siffatta interpretazione � conforme alle modalit� di finanziamento 
della politica agricola comune, secondo cui la Comunit� concede 
aiuti alla produzione nel contesto di una ripartizione delle competenze 
con gli Stati membri. Gli importi corrispondenti a tali aiuti sono messi 
a disposizione degli Stati membri che devono provvedere � alla loro 
gestione e, soprattutto, stabilire le condizioni di pagamento degli aiuti 
ai beneficiari via i rispettivi servizi o organismi d'intervento. 
28. -Va aggiunto, come la Commissione ha osservato a giusto titolo, 
che una normativa nazionale del tipo di quella controversa nella causa 
principale non appare tale da pregiudicare l'applicazione uniforme e 
l'efficacia del diritto comunitario. 

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di metLduffbi qut1:t11:0� allt:t.d�rri <;:fJhformit� :can {a sua decisione di. �ppf'.o� 
v~ioni!t;(lfl.��t.egim<t. gen#'fialeitaiian:Q (�.salva�. salo.la� sospensiane .deWaiuto 
per la fPrmazione di s�orte. dl prodotti agricoli)~ la CommisSione .�ha 
vi:Olato l'art� 93; n~ 2 e 3, det Tratt�to CEE (1). 

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(omissis) 1:2. ~�n fi�6rso '.Ptes~htato�' ;~u~ .earicellerla il 31 �geri�
nmo�� 11191;��ia. Rep�.bbHca :�italian��� a rt0Hfia��aell'a~t�:r73.. dei�Trattato���CEE,�� 
:fui ��� chRi$fo\ I'annuifafu~nt� della d~ciSione �denti �ommissfone, comWiic~
ta!e &c:>tit~ft~ra�� 23 hBiveitl&re���1990,��a1 a:wfate��iFprdced�mentb di esame 
di�� cui all'.�rtl 93, � ��l �� 2, pritri6 co:rhfua, del Trattato C:Slf contro l� coli~ 

// (lt�mtnfaratQ: i;t~$sibile ton �la sent~nza in~e'.t'locutotia? citata �.�i:nmoti� 
vazi()ue{3Q giugno .t~!)7: (irt <@esti( ~(lSStiB!�i, 1992{ I;�� 227) 11 ricorso italiano 
confr<><fa d~d$lone d1 avvio d�lla proc�duta di cm all'art. 93; .m. 2, del Trattati:� 
CEE). :titen4ta questa immediatarilerite in'lpugnabile dalid stesso Stato membro 
che . toittesti la novit� deJrmuto C()rttrodeduc�lldo th� sl tratti di aiuto gi� esi~ 
ste\>xte e autQrizzato/:Puntuale e conseguenziale �mt�rve:nuta la .pronU1lcia� nel 
merito/dellil: Corte 1stessa; �� �/� � �' � � � � � � 

Considerata la diversit� dei regimi� procedurali � stabiliti � dal Trattato per 
gli aiuti nuovi� e per quelli i esistenti, una volta. rilevato che l'aitito individuale 
� . stato concesso in, base ud uni regime generale gi� autorizzato, non pu� fa 
C�mmissione esamiil�rl� direttamente e sospenderne l'efficacia come� se si tratti 
tout court di un aiut� nuovo. Essa d�v'e limitarsi/mnafiZitutto;pri:ma. dell'inizio 

6 



450 RASSEGNA 'AVVOCATURA DELLO STATO 

cessione cli aiuti alla societ� Italgrani da parte delle autorit� italiane, 
decisione accompagnata dall'ingiunzione cli sospendere detti aiuti (in 
prosieguo: la �decisione di avvio del procedimento�). Questa decisione 
� stata publicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunit� europee, C 11 
del 17 gennaio 1991, n. 32. 

2. -Dagli atti di causa risulta che la legge italiana 1� marzo 1986, 
n. 64 (in prosieguo: la �legge di aiuti per il Mezzogiorno�), ha istituito 
un regime generale di aiuti a favore del Mezzogiorno. In conformit� 
all'art. 93, n. 3, del Trattato tale disciplina � stata notificata alla Commissione-
il 2 maggio 1986. 
3. -Con decisione 2 marzo 1988, 88/318/CEE (in prosieguo: la 
�decisione di approvazione del regime generale italiano�, GU L 143, 
pag. 37), la Commissione ha approvato il regime generale cli aiuti 
istituito a favore del Mezzogiorno. L'art. 9 della decisione ha fatto 
tuttavia obbligo alla Repubblica italiana di rispettare le disposizioni e i 
regolamenti comunitari, vigenti o da adottare successivamente, in materia 
di coordinamento dei vari tipi di aiuto nei settori dell'industria, dell'agricoltura 
e della pesca. 
4. -In seguito a tale decisione, il ministro italiano per gli interventi 
nel Mezzogiorno ha concesso aiuti alla societ� napoletana Italgrani sti-. 
pulando con essa un � contratto cli programma �, approvato il 12 aprile 
1990 dal Comitato interministeriale per il coordinamento della politica 
industriale (in prosieguo: il �CIP!�). 
5. -Il contratto di programma di cui trattasi si articolava su vari 
punti: la costruzione cli impianti industriali che utilizzano materie prime 
di origine agricola (cereali, barbabietole, soia, frutta), fra cui una fabbrica 
di amido e una di glucosio, la produzione di olio di semi, quella di 
semole e di farine, la formazione di scorte di prodotti agricoli, un programma 
di ricerca e la formazione del personale della societ�. 
di qualsiasi procedimento, a stabilire se l'aiuto individuale rientri nel regime 
generale e soddisfi le condizioni fissate dalla decisione di approvazione dello 
stesso. Se, a seguito dell'esame cos� limitato, la Commissione constati la conformit� 
dell'aiuto individuale al regime generale autorizzato, l'aiuto individuale 
potr� considerarsi autorizzato e quindi esistente. Se, invece, la Commissione 
constati che l'aiuto individuale non rientra nella sua decisione di approvazione 
del regime generale, allora e solo allora l'aiuto deve essere considerato un 
aiuto nuovo e potr� esserne sospesa l'efficacia. 

Nella specie la Commissione aveva considerato nuovi gli aiuti indicati nella 
decisione impugnata senza il previo accertamento che la gran parte degli stessi 
(salvo quello per la formazione di scorte di prodotti agricoli) non fossero auto� 
rizzati dalla decisione di approvazione del regime generale. 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

6. -Il 26 luglio 1990, in seguito ad un reclamo proposto dalla Casillo 
Grani, una societ� concorrente dell'Italgrani, la Commissione ha chiesto 
alle autorit� italiane di inviarle informazioni su detti aiuti. Il 7 settembre 
1990 le autorit� italiane hanno notificato la decisione del CIPI che 
approvava il contratto di programma stipulato con l'Italgrani. Esse hanno 
fornito informazioni aggiuntive su detti aiuti nel corso di una riunione 
tenutasi nel settembre 1990 e con lettere inviate durante il mese di 
ottobre dello stesso anno. 
7. -Con lettera 23 novembre 1990, la Commissione ha comunicato al 
governo italiano la propria decisione di avviare il procedimento di esame 
in contraddittorio di cui all'art. 93, n. 2, primo comma, del Trattato per 
quanto riguarda la maggior parte degli aiuti concessi all'Italgrani e 
intimava ad esso la loro sospensione. 
8. -Nella motivazione della sua decisione la Commissione ha espresso 
dubbi quanto al rispetto da parte delle autorit� italiane delle due 
condizioni alle quali essa avrebbe subordinato l'approvazione del regime 
generale. Dette autorit� avrebbero ignorato le disposizioni e i regolamenti 
comunitari in materia di coordinamento dei vari tipi di aiuti nel settore 
dell'agricoltura, contrariamente a quanto prescritto loro dall'art. 9 della 
decisione di approvazione del regime generale (punto D della decisione). 
La Commissione rilevava inoltre che le informazioni in suo possesso non 
le consentivano di stabilire se fossero stati rispettati � i massimali di 
intensit� � da essa, a suo avviso, menzionati nella decisione di approvazione 
del regime generale. 
9. -Dopo aver esaminato i vari aiuti, la Commissione ha ritenuto 
che gli aiuti concessi all'Italgrani non sembrino poter beneficiare di 
alcuna delle deroghe di cui all'art. 92, n. 3, lett. a) (aiuti in favore delle 
regioni sfavorite o in difficolt�) e lett. e) (aiuti settoriali o regionali), 
del Trattato (punto I. 1 della decisione). Essa ha aggiunto che �a norma 
dell'art. 93, n. 3, del Trattato CEE non pu� essere data esecuzione alle 
misure progettate prima che la procedura prevista dal n. 2 del medesimo 
articolo abbia condotto ad una decisione definitiva � (punto I. 3 della 
decisione). Essa ha ricordato del pari che gli aiuti versati in violazione 
di detto principio potevano costituire oggetto di ripetizione dai loro 
beneficiari e che le spese comunitarie che sarebbero state da essi riguardate 
non avrebbero potuto essere imputate al FEAOG (punto I. 4 della 
decisione). 
10. -Il presente ricorso � diretto contro detta decisione. 
11. -Il governo italiano addebita alla Commissione di aver considerato 
gli aiuti inizialmente previsti a favore dell'Italgrani aiuti nuovi, vale 

452 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

a dire aiuti non autorizzati, e di avere di conseglienza disposto la sospensione 
del loro versamento a norma dell'art. 93, n. 3, ultima frase, 
del Trattato. 

12. -Orbene, il � contratto di programma � stipulato con la societ� 
Italgrani e ratificato il 12 aprile 1990 dal CIJ>I costituirebbe soltanto 
un'applicazione. del� regime generale italiano di aiuti. Poich� la Commissione 
avrebbe approvato questo programma nella menzionata decisione 
88/318 senza riservarsi la possibilit� di un esame successivo delle misure 
individuali di esecuzione, il governo italiano sostiene che gli aiuti accordati 
all'Ita:lgrani non dovevano essere notificati, in quanto essi erano gi� 
stati autorizzati e dovevano quindi essere considerati aiuti esistenti ai 
sensi dell'art. 93, n. 1, del Trattato. Di consegeunza, la Commissione non 
avrebbe potuto disporne la sospensione, poich� questa � prevista dall'art. 
93, n. 3, ultima frase, del Trattato soltanto per gli aiuti nuovi. 
13. -Sempre secondo il governo italiano, la Commissione ha potuto 
disporre la sospensione degli aiuti soltanto in quanto, pur affermando 
nella decisione di avvio del procedimento che essa si � limitata ad 
accertare se gli aiuti concessi all'Italgrani rientrassero nella sua decisione 
di approvazione del regime generale, essa li ha in realt� valutati direttamente 
rispetto all'art. 92 del Trattato. In tal modo, avrebbe implicitamente 
modificato la sua decisione 2 marzo 1988, 88/318, con cui aveva considerato 
il rigime generale compatibile col Trattato. Essa avrebbe quindi 
violato -i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento. 
14. -Il 9 aprile 1991 la Commissione ha sollevato un'eccezione di 
irricevibilit� sostenendo che l'atto impugnato era soltanto un atto preparatorio. 
La Corte, con sentenza 30 giugno 1992 (Racc. pag. I-4145), ha 
respinto l'eccezione senza impegnare la discussione nel merito. 
15. -Nelle memorie presentate dopo detta sentenza, la Commissione 
formula inoltre tre osservazioni qualificate da essa preliminari. 
16. -In primo luogo, la Commissione rileva che il 16 agosto 1991 
essa ha infine autorizzato gli aiuti a favore dell'Italgrani in base ad 
alcune modifiche e modalit� proposte dalle autorit� italiane nel corso 
del procedimento di esame (decisione della Commissione 16 agosto 1991, 
91/474/CEE, concernente gli aiuti concessi dal governo italiano alla societ� 
Italgrani per la realizzazione di un complesso agro-alimentare nel 
Mezzogiorno, GU L 254 dell'll settembre 1991, pag. 14, in prosieguo: la 
�decisione finale di autorizzazione�). Essa sostiene che l'annullamento 
della decisione di avvio del procedimento priverebbe di fondamento giuridico 
la decisione finale di autorizzazione e di conseguenza la renderebbe 
illecita. 

PARm I, SEw�n, 'GIURIS. COMUNITARIA B� INTERNAZIONALB 

.17;. ,...... In secondo luogo, la Commissione sosti�ne che ihricorso di cui 
trattasi,. poich� non deferisce al sindacato della Corte le valutazioni econoi;
niche che �sono� alla� base della.� decisione di avvio del -procedimento 
e ne impugna soltanto aspetti marginali; non � idoneo >a 'detertnin&1l� 
Uannullamento, � 

. -l&�. . ~n..terzo ly,qgQ, la Co;rnmissione osserva che, poich� 1a cieci� 
~ione i;rnpugna~ nqn produce pi� un effetto sqspensiyo <!.opo la mqdifi�a 
da parte delle autorit� italiane degli aiuti inizialmente previsti a favore 
dell'Italgrani, il ricorso � divenuto privo di oggetto. 

l9............. $i deve -constatai:e��che le prime .due os$ervazioni _.della Cqm.missione 
non si basano su elementi di diritto o di fatto che siano emersi 
dopo la discussione sulla ricevibilit� del ricorso del governo italiano 
terminata con la summenzionata sentenza 30 giugno 1992. Queste osservazfon� 
devono essere quindi respinte. Quanto alla terza osservazione, � 
suffieient� const�t�re che fa decisione di sospensione ha avtito. effetti 
durante \l:n certo peri�do: 

�(. 

20�>~ Nel merito, occorre rilevare anzitutto che gli aiuti concessi 
all'Italgrani rientrano .nell'ambito del regime generale di aiuti istituito 
dalla legge. di aiuti pei;: iLMezzogiotno; come ha ammesso la stessa Com; 
missione (v. la decisione .di avvio del procedimento, punto A, quinto 
capoverso, e punto C; nonch� la decisione finale di auto:r:izzazione degl,i 
aiuti 16 agosto 1991, puntoJ,� terzo�capovers.o). 

21. ""."'.'. Si� deve sottolineru;e< inoltre come, ...a volta che sia stato 
approvato un regime gene.raie di aiuti, le misure individuali di esecuz:
ione non_ debbano essere. :notiflc.ate alla Commissione, salvo se alcune. 
riserve siano state formulate al riguardo dalla Commissione ;nella decisione 
di approvazione, come la stessa Commissione ha ammesso nella 
sua Quattordicesima Relazione sulla politica di concorrenza (punto 203) e 
nelle ca�se Irish Cement/Comm-issione (v. cause riunite 166/86 e 200/86, 
Racc. 1988, pag. 6482). Infatti;-poich� gli aiuti individuali costituiscono 
mere misure di �secuzione del regime generale di aiuti, gli elementi che 
la C�mmissiorie dovrebbe prendere in considerazione per valutar.li coinci. 
derebbero con quelli che essa ha applicato in occasione dell'esame del 
regime generale. � pertanto inutile sottoporre gli aiuti individuali all'esame 
della: Commissione. 
22. -Nella specie, la Commissione sostiene di aver formulato . una 
riserva quanto all'approvazione� del regime generale italiano. Nel com 
troricorso essa afferma che, in un telex da essa inviato al governo 
italiano il 14 novembre 1986, si sarebbe riservata il diritto di pronunciarsi 
successivamente sulle disposizioni .della legge di aiuti per. il Mezzogiorno 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

454 

relative ai prodotti agricoli. Essa avrebbe quindi avvertito detto governo 
che non si sarebbe pronunciata su dette disposizioni fintantoch� non 
le sarebbero state notificate � le modalit� di applicazione degli aiuti per 
i prodotti dei settori agricolo e agro-alimentare ( ...) che le varie regioni 
del Mezzogiorno (dovevano) stabilire nell'ambito delle loro competenze�. 
Non essendo state mai adottate dette misure di applicazione, gli aiuti 
concessi all'Italgrani, che riguardano prodotti agricoli, non fruirebbero 
della dispensa dalla notifica derivante dalla decisione di approvazione 
del regime generale italiano. 

23. -Questo argomento non pu� essere accolto. Quale che sia il 
significato da attribuire a detto telex, � sufficiente rilevare che la Commissione 
non ne ha riprodotto la sostanza nella sua decisione di approvazione 
del regime generale italiano. 
24. -Occorre rilevare inoltre che la Commissione, quando si occupa 
di un aiuto individuale che si sostiene essere stato concesso in base ad 
un regime gi� autorizzato, non pu� subito esaminarlo direttamente rispetto 
al Trattato. Essa deve limitarsi anzitutto, prima dell'inizio di 
qualsiasi procedimento, a stabilire se l'aiuto rientri nel regime generale 
e soddisfi le condizioni fissate dalla decisione di approvazione dello stesso. 
Se non procedesse in tal modo, la Commissione potrebbe, in occasione 
dell'esame di ciascun aiuto individuale, modificare la sua decisione di 
approvazione del regime di aiuti, la quale presupponeva gi� un esame 
alla luce dell'art. 92 del Trattato. I principi del legittimo affidamento e 
della certezza del diritto in tal caso sarebbero posti a repentaglio tanto 
per gli Stati membri quanto per gli operatori economici, poich� aiuti individuali 
rigorosamente conformi alla decisione di approvazione del regime 
di aiuti in qualsiasi momento potrebbero essere rimessi in discussione 
dalla Commissione. 

25. -Qualora, a seguito di un esame cos� limitato, la Commissione 
constati che l'aiuto individuale � conforme alla sua decisione di approvazione 
del regime di cui trattasi, detto aiuto dovr� essere considerato 
un aiuto autorizzato, e quindi un aiuto esistente. La Commissione non 
potr� pertanto disporne la sospensione poich� l'art. 93, n. 3, del Trattato 
le attribuisce tale potere soltanto per gli aiuti nuovi. 
26. -Al contrario, se la Commissione constata che l'aiuto individuale 
non rientra nella sua decisione di approvazione del regime, l'aiuto deve 
essere considerato un aiuto nuovo. Qualora detto aiuto non le fosse stato 
notificato, � la Commissione, dopo aver posto lo Stato membro interessato 
in condizioni di esprimersi al riguardo, pu� ingiungergli per mezzo di 
una decisione provvisoria, nelle more dell'esame dell'aiuto, di sospenderne 
immediatamente il versamento e di fornirle, nel termine da essa impartito, 

.PARTE I, SEZ; i:"�, GIURISi c�MUNlTJIRiA :5 tNTBRNAZIONALB 4ss 

rutti i docurll�nti, informazioni . e dati necessari per esaminare la compatibilit� 
dell'aiuto con il tnefoato �comune� (v. sentenza 14 febbraio 1990, 
causa C301/87, Boussac, Racc; pag~ I-307, punto 19). 

}7. ~Aqt,tel)tO prop9sito1 la Comlllissione sostiene che, per la parte 
it1 caj e~() l).~V~<.leY!:l ai't1Jkp(;l~< la produzio:ne di ~i4o, il contratto di 
programma stipulato co.n l'ltalgrani violava Ja sua decisione di approvazione 
del regime generale italiano degli aiuti di Stato. Nel 1987 essa 
avrebbe annunc�at0; in una pubblicazione intitolata La polit.ica di concorrenza 
nell'agricoltura, che gli Stati non potevano pi� accordare. aiuti 
heisettori �sclusi dai finanziamenti comunitari; Ci� valeva per il settore 
dell'amido: il regolamento>(CEE) del Consiglio 15 febbraio� 1977;��n,� 355, 
relativo ad un'azione comune per il miglioramento delle condizioni di 
trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli (GU L 51, 
pag; 1), avrebbe infatti posto fine ai finanziamenti comunitari per gli 
investiri:ientfiri tille settore. Poich�. rart.. 9� deli�cledsione�di'a)?J?rovazione 
imponeva alle . autorit� italiane. di risp�ttar�, iri sede di attuazione del 
regime generale, le disposizfoni e i regolamenti comunitari in materia 
di coord.inamento dei vari tipi di a�lltinel settore dell'agricoltura, gli aiuti 
concessi dall'Italia all'ltalgrani dovevano essere considerati vietati dalla 
normativa comunitaria e quirldi I10n riguardati dalla decisione di approvazione 
del regirne generale. Diconsegtienza, la Commissione sarebbe stata 
legittimata a considerarli aiuti nuovi e a disporne la sospensione. 

28. -Questo argomento deve essere disatteso. Dalla decisione di 
avvio del procedimento emerge che la Commissione ha direttamente valutato 
la compatibilit� dell'aiuto per la costruzione di una fabbrica di 
amido con l'art. 92 del Trattato. Essa ha infatti rilevato che, poich� gli 
investimenti riguardanti l'amido erano esclusi dal finanziamento comunitario, 
avrebbe potuto autorizzare aiuti di Stato in questa materia soltanto 
se essi soddisfacessero le condizioni di cui all'art. 92 del Trattato. Ha 
ritenuto che ci� non si verificasse nel caso di specie: da un lato, il settore 
dell'amido era caratterizzato da una sovraccapacit� produttiva notevole 
e, dall'altro, la creazione di una capacit� di produzione supplementare 
di circa 357.000 tonnellate -che non avrebbe trovato comprovatamente 
sbocchi nuovi -rischiava di perturbare il mercato dell'industria dell'amido 
(punto E.1). 
29. -Dalla decisione di avviare il procedimento risulta altres� che 
la Commissione ha esaminato altri aiuti previsti a favore dell'Italgrani 
alla luce del Trattato e non. con riferimento alla sua decisione di approvazione 
del regime generale. La Commissione era cos� disposta ad ammettere 
la compatibilit� con l'art. 92 del Trattato dell'aiuto per la 
produzione di olio di semi a condizione che la sua entit� non superasse 
il 50 % e/o al tempo stesso fossero abbandonate capacit� di produzione 

RASSEGNA AWOc,.\TURA DELLO STATO 

equiva~enti (punto E.3). Per quanto rig.arda gli aiuti per la produzione 
di semole e di farine, essa li.a rilevatp. che vi era sovraccapacit� produttiva 
strutturale della p;roduzfo;ne e eh~ la concessione di aiuti in 
questo settore rischiava di perturbare gli scambi fra gli Stati membri 
(punto E.4). Quanto agli aiuti per la ricerca, fa Corrtmissiorie ha considerato 
che non disponeva di informazioni sufficienti a viHut�re la "loro 
compatibilit� con l'art. 92 �del Trattato (punto F). 

"30. -Dalle suddette considerazioni risulta che, �disponendo la so,
spensione del loro versamento, l� Commissione ha considerato nuovi 
gli aiuti sopra elencati seriza accertare se .gli stessi non fossero autorizzati 
..dalla decisione di. approvazione del regime generale. � � 

31.-Per contro, ,dalla decisione di avviare iLprocedimento emerge 
che la Commissione ha debitamente constati;ito l'incompatibilit� dell'aiuto 
per la formazione di scorte di prodotti agricoli con la decisione di approv~
ione del regime generale. Essa ha, infatti rilevato che le autorit� 
italiane avevano accordato questo aiuto ill, yio}azione delle organizzazioni 
.comuni di mercato che l'art. 9 della decisione di approvazione del regime 
generale imponeva loro per� di rispettare (punto G). 

32. -La C~mmissione sostiene inoltre che, malgrado reiterate domande 
presentate fra il 26 luglio il 23 novembre 1990, il governo italiano 
non le ha fornito le informazioni necessarie per dissipare i suoi dubbi 
quanto alla conformit� degli aiuti concessi all'Italgrani alla sua decisione 
di approvazione del regime generale italiano. La mancanza di collaborazione 
delle autorit� italiane l'avrebbe quindi costretta ad iniziare il 
procedimento di esame in contraddittorio . degli aiuti e a disporre la loro 
sospensione. 
33. -Si deve rilevare che, siccome l'art. 93, n. 3, del Trattato autorizza 
la Commissione a disporre la sospensione del versamento soltanto 
per gli aiuti nuovi, non � sufficiente che essa nutra meri dubbi sulla 
conformit� di aiuti individua1i alla sua d�cisione di approvazione del 
regime di aiuti. 
34. -Se la Commissione ha dubbi sulla conformit� degli aiuti individuali 
alla sua decisione di approvazione del regime generale, � silo 
compito ingiungere allo Stato membro interessato di fornirle, nel termine 
da essa impartito, tutti i documenti, informazioni e dati necessari per 
pronunciarsi sulla conformit� dell'aiuto controverso alla sua decisione 
di approvazione del regime di aiuti. 
35. -Qualora lo Stato membro ometta, nonostante l'ingiunzione della 
Commissione, di fornire le informazioni richieste, questa pu�, per motivi 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 457 

analoghi a quelli indicati nella summenzionata sentenza 14 febbraio 1990, 
Boussac, disporne la sospensione e valutarne direttamente la conformit� 
al Trattato, come se si trattasse di un aiut� nuovo. 

36. -Nella 'specie, � ~ero c~: daila decisiOiie di avvio del procedimento 
emerge che la Commissione ha ritenuto che le informazioni fornite 
dalle autorit� italiane non le consentissero di pronunciarsi sulla compatibilit� 
degli aiuti per 1~ pr?duzione d'isoglucosio (punto E.2, secqndo 
capoverso) e degli aiuti. per la formazione (punto H) con la sua deci'
sfone di approvazione del regime generale. �Il governo italiano nega 
per� formalmente di aver mancato al suo dovere di collaborazione. 
Inoltre, la Commissione non ha prodotto alcun documento col quale, 
priri:ia di dispohe '1a sd~pensi~ne �d�gli � aiuti inizialmente� . previsti in 
~a:Vo~e .deU1Italgi;-ani, essa 1,1,vrebbe ingiunto alle autorit� italiane di 
fOrni~le, e~tro. un. determinato .termine, tutti i dati necessari per controll�re 
la conformit� di �detti� aiuti �alfa sua deciSfone � di �.approvazione 
del regime generale �italiano; 
37. -Dalle precedenti considerazioni discende che; disponendo la 
sospensione degli aiuti per _la costruzione di una fabbrica di amido e 
di isogluc?sfo, degli aiuti per la produzione di olio di semi, di semole 
e di farine, degli aiuti per la ricerca e per la formazione, a causa di meri 
dubbi quanto alla loro conformit� con �1a sua decisione di approvazione 
del regime �generale italiano, la� Commiss�one ha violato l'art. 93, nn. 2 
� 3, del Trattato; Tale considerazione non vale solo per l'ingiunzione di 
sospendere l'aiuto per la formazione di scorte di prodotti agricoli, 
come si � soffra sottolineato al punfo 31. 
38. -La censura del governo italiano ha ad oggetto soltanto le 
disposizioni � della decisione di avvio del procedimento che sospendono 
la concessione degli aiuti inizialmente previsti a favore dell'Italgrani. 
Essendo separabile questa parte dal resto della decisione, si devono 
annullare soltai;ito i punti I.3 e I.4 � della decisione stessa, salvo per la 
parte in cui essi riguardano l'aiuto per la formazione di scorte di 
�prodotti agricoli. Il pu11~0 I.3 dispone la sospensione del versamento 
degli aiuti e il punto I.4 ricorda che gli aiuti versati nonostante detta 
intimazione possono costituire oggetto di ripetizione dai loro beneficiari 
e che. le spese comunitarie che sarebbero riguardate da essi potrebbero 
non essere imputate al FE'.AOG. (omissis) 
.!'����


[filfill___

X' --'

:-: :-: ~ :::: ....� � :-: ..:.. fil .........�........ :--... 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE, 
GIURISDIZIONE E APPALTI 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 giugno 1994, n. 5643 -Pres. Montanari 
Visco -Rel. Genghini -P. M. Lanni -Pubblica Istruzione (avv. 
Stato Gentili) c. Biacca. 

Impiego pubblico -Giurisdizione ordinaria o amministrativa -Procedura 
concorsuale -Posizioni soggettive azionabili dai candidati -Interesse 
legittimo -Giurisdizione amministrativa di legittimit� -Sussistenza. 

Impiego pubblico -Giurisdizione ordinaria o amministrativa -Ritardata 
emanazione dell'atto di nomina -Domanda di risarcimento del danno Giurisdizione 
ordinaria -Esclusione -Giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo � Sussistenza. 

I

I pubblici concorsi sono disciplinati da tipiche norme di azione; 
pertanto durante l'intero procedimento concorsuale, fino alla nomina, i 
la posizione soggettiva dei candidati � quella di interesse legittimo, la I 
cui tutela spetta al giudice amministrativo, restando esclusa per tali ~ 
posizioni soggettive la possibilit� di una tutela risarcitoria innanzi 
all'AGO (1). 

Nel caso di ritardata nomina ad un pubblico impiego non sussiste 

II

un diritto al risarcimento del danno azionabile innanzi all'AGO bens� 
un diritto soggettivo che, inerendo ad un rapporto di pubblico impiego 
appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (2). 

I 

(1) La Corte di Cassazione conferma l'orientamento ormai � cristallizzato � 
della irrisarcibilit� di posizione soggettive riconducibili ad interessi legittimi 
I 

(tra le ultime decisioni si segnalano Cass. S.U. 5 marzo 1993 n. 2667; Cass. S.U. 
14 gennaio 1992 n. 364, in Giust. civ. 1993, I, 780; Cass. S.U. 3 luglio 1989 n. 3183). 


In dottrina, sempre tra le riflessioni pi� recenti: BILE, La responsabilit� per 
lesione di interessi legittimi, in Foro amm. 1982, I, 1683; FRANZONI, Risarcimento 
per lesione di interessi legittimi, in Contratto e impresa, 1993, 286; REGGIO 
D'Acr, Cose vecchie e nuove in tema di risarcibilit� di interessi legittimi, inJ 
Dir. proc. amm. 1993, 438). 


La contrapposizione fondamentale tra lesione del diritto soggettivo 
risarcimento del danno -giurisdizione dell'AGO e lesione di interesse legittimo 
-tutela di annullamento innanzi al giudice amministrativo, pur cos� netta 
nelle sue premesse teoriche non � stata tuttavia rigorosamente rispettata nella 
prassi giurisprudenziale della stessa S.C. che, in pi� occasioni, a fronte di 
situazioni soggettive per cos� dire � intermedie �, ha riconosciuto la possibilit� 
di una tutela risarcitoria -anche se -affinch� quelle premesse restassero 



PARTE I, SEZ. IIIf Gi'.tJRlSPRUIIBN!ZA�' CIVltE/GltmISDIZIONE E APPALTI 45:9 

Con il primo. mezzo di al1nUllamento, il Ministero censura la 
impugnata sentenza >per improponibilita della domanda per difetto 
assoluto di giurisdizione, per violazione dell'art. 2043 cod. civ., in quanto 
la posizione dell'insegnante andava qualificata come interesse legittimo; 
l'aziOne riguardava un interesse procedimentale e non un diritto soggettivo, 
poich� la nomina non era. automatica conseguenza della declaratoria 
di illegittimit�: se gli insegnanti che la precedevano in graduatoria. 
avessero proposto ricorso, egualmente la ricorrente non avrebbe 
ottenuto la nomina. 

Con il secondo motivo, il Ministero s� duole per la violazione e 
falsa appli�azfone dell'art. 2043 cod. civ. per essere stato accordato il 
risarcimento d�l danno da lesione di interesse legittimo, in luogo di 
rigettare la domanda nel merito secondo la pi� recente giurisprudenza 
delle SeziOni Uriite; 

H ricorso, l �ui moti\ii per connessione possono essere esaminati 
co:rigitintahlente; � fori:dafo. per quanto� di ragione, e deve essere affer� 
mata la giurisdi:l:i�ne esclusiva del giudice amministrativo. 

Gi� queste Seziolii Unite hanrio awto modo di ritenere (sent; 6 luglio 
1992 n. 8211; sono anche in termini: S.U. 23 aprile 1992 n. 4933, 
8 aprile 1983 n. �i491) che, anche in una fattispecie di richiesta di risarcimento 
dei danrii per ritardata nomina ad un pubblico impiego, danno 
commisurato agli stipendi non percepiti ed a.Ila anzianit� non maturata, 

immutate, ha dovuto ricorrere all'escamotage di promuovere quelle situazioni 
.incerte al rango di diritti soggettivi, sia pure definiti � affievoliti �. (La svolta 
nel senso della risarcibilit� dei c.d. diritti affievoliti si � avuta con Cass. S.U. 
2 ottobre 1982, in Giust. civ., 1982, I, 2930 nonch� in Foro amm. 1982, I, 1683, 
con nota di Bile). 

L'ampliamento dei confini dell'art. 2043 al di l� dei soli diritti soggettivi 
era peraltro sembrato inevitabile, all'indomani dell'entrata in vigore della 
legge n; 142/1992 (legge comunitaria del 1991) il cui art. 3, primo comma, riconosce 
il diritto al risarcimento. del danno ai soggetti lesi da atti compiuti dalla 

P.A. in violazione del diritto comunitario in materia di aggiudicazione di pub� 
blici appalti. 
Sulle novit� introdotte dalla legge 142/93 ed in particolare dalla disposizione 
in esame si veda MODESTINO AcoNE, Diritto e processo nelle .procedure di 
aggiudicazione degli appalti pubblici: dalla direttiva CEE 89/665 alla legge �CO� 
munitaria � per il 1991, in Foro it., 1992, V, 321 e ss. 

La vis espansiva invocata da pi� parti in relazione alla norma sopra 
richiamata ed alla potenziale estensione del principio dal settore degli appalti 
a tutti i pmisibili casi di violazione di posizioni riconducibili ad interessi legittimi, 
tuttavia, sembra essersi bruscamente interrotta di fronte agli ultimi 
pronunciati della Corte di Cassazione sull'argomento. La recentissima Cass. 

S.U. 20 aprile 1994 n. 3732 espressamente nega che l'art. 13, nell'accordare il 
risarcimento a quanti vengano lesi da atti compiuti dalla P .A. in violazione del 
diritto comunitario nella fase di aggiudicazione di un pubblico appalto, abbia 
introdotto in via generale e di principio una tutela risarcitoria generalizzata 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

460 

ancqrch� vi . sia stata la dichiarazione di illegittimit� della condotta 
amministrativa, la giurisdizione '--dovendo esercitarsi in materia di 
interessi legittimi -spetta al giudice amministrativo. 

Ed infatti, per costante orientamento di questa Corte Suprema, in 
seguito all'annullamento di un atto amministrativo, � ipotizzabile la 
tutela risarcitoria del giu�lice ordinario soltanto se il provvedimento 
annullato sja, oltrn. che illegittimo, ancl;le illecito, ossia .se abbia inciso, 
ledendola,. su una posizione avente natura e consistenza di diritto soggettivo 
(S.U. 21 gennaio 1988 n. 435, 6 dicembre 1991 n. 13171). 

I pubblici concorsi sono disciplinati da tipiche norme di azione, 
caratterizzate .dal.. perseguimento di un pubblico interesse in modo preminente, 
costituito dal fine di assegnare il posto alla persona che abbia 
i .requisiti richiesti per lo svolgimento delle mansioni previste: il 
procedimento, iniziato con il bando del concorso, si conclude con la 
nomina dei vincitori che ne costituisce 1'.atto terminale. E durante 
l'intero procedimento, anche rispetto alla nomina, la posizione. .soggettiva 
� costituita da interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice 
amministrativo (S.U. 8 aprile 1975 n. 1263, 16 febbraio 1976 n. 490, 
6 luglio 1992 n. 8211). 

Non diversamente cieve concludersi per quanto concerne gli incarichi 
annuali di supplenza, che, comunque danno ugualmente luogo 
ad una comparazione tra i richiedenti e ad una scelta sulla base della 
valutazione di titoli preferenziali. 

per la lesione di posizioni di interesse legittimo. Se infatti, sostiene correttamente 
la Corte, ricorrendo peraltro ad un semplice argumentum a contrario, 
il legislatore della legge 142/92 ha sentito la necessit� di �prevedere il risarcimento 
dei danni per lesioni 'di posizioni soggettive astrattamente riconducibili 
ad interessi legittimi solo nei casi contemplati da tale normativa, ci� significa 
che allo� stato non esiste, in linea di principio, una generale tutela risarcitoria 
degli interessi legittimi. Non per niente, occorre aggiungere a sostegno della 
tesi della S.C., per estendere il medesimo principio agli appalti di servizi, il 
legislatore � dovuto nuovamente intervenire con la legge 22 febbraio 1994 

n. 146 (legge comunitaria per il 1993) che prevede l'estensione espressa dell'art. 13 
a quel settore. 
Sulla configurazione del problema relativo alla non risarcibilit� del danno 
per lesione di interessi legittimi quale questione di merito e non di giurisdizione, 
che pertanto comporta non gi� la improponibilit� per difetto assoluto 
di giurisdizione ma la reiezione nel merito della domanda per difetto del 
diritto, si veda inoltre, Cass. S.U. 14 gennaio 1992 n. 367, in questa Rassegna 1992, 
I, 59, nonch� Cass. S.U. 2 giugno 1992 n. 6667. 

Nel medesimo senso ma in relazione alla inammissibilit� di un ricorso 

preventivo di giurisdizione v. Cass. S.U. 12 aprile 1990 n. 256 (ord.), in questa 

Rassegna 1991, I, 245. 

Una decisa battuta d'arresto del precedente orientamento � stata recente� 
mente segnata da Cass. S.U. 26 aprile 1994, n. 3963 che, nel ribadire ancora 
l'irrisarcibilit� degli interessi legittimi, presupposto costante della giurisprudenza 
di legittimit�, configura la questione nel senso della improponibilit� della 


PARTE I, SBZ. III, "GltJ'RISJ'RUDBNZA CiVlLB, GitiittSDIZIONB E APPALTI 461 

� N�; ai fini�� della-�� affermazione � della�� gil1risdizfone �del giudiee -� ordinario, 
basta assuft.ier� la illiceit� del comportamento della P.A., o chie: 
d:ere il risarcimento -dei danni; per farne derivare la am:tniss�bilit� 
della azione: invero, come noto, questo Supremo Collegio ha gi� rit�-' 
n�to (S.U. 4 ri�vcillbt� i993 n; < 11649) �che nell'ambito del pubblic� impieg� 
J.:fossone> sorgete ditettamente�-�<la.na.� legge-� o da regolariientbposi" 
ti�nidldfFitfo soggettivo peff�ttarnente correlate a posizioni di oh-bligo; 
in tali� ipotesi �l� giUrisdfai�rie escltisiva del �giudice� amministrativo si 
esercita stil� rapporto e non . ili�diante � fammllam�nto .. di atti; senipte .in 
tali ipotesi/ non e�st�tttiSconO questfoni patri:rri�mali conseguenziali, 
quelle poste i.:la .domande che, sul presupposto dell'inademj;>imertto della 
pubblica ammmistrazk>nei siano dirette a conseguire l'esatto adempimento 
oppure il< risarcimento dei danni, quale che possa essere l'entit� della 
liqtiidazi�ne richiesta �. 

Nel caso in eS'l:lm� la� iiCorrente agisce �per il ristoro dei danni conse� 
guiti aila man��fa �isserv'anza di Uria norrria amministtativa (D.M. 8 aprile 
1976 art. 20; secondo eofuma, secondo l'accertamento fattone dalla 
coniiri:J:ssiOn��defrlco:rSFdfcu1��a.1rart.� H della legge 13 giUgno 1969.n. 282) 
e richiede��� pertanto il� ristoro di un �diritto che tuttavia inerisce ad un 
rapporto di pubbl�cb impiego (S.U. 3 febbraio 1972 n. 263), sia pure di 
��rattere temporaneo e precario, talch� �fa �tutela richiesta rientra nella 
c�mpetei:iz� gill.risdizionale esdushr� deF giudic� amministrativo. 

ddtrtiirida. li revitement ptocessti�le non �. irriievante: iiorientamento che configi:
trava. la. qU:estfotle . come di merito .� anzich� cli giurisdizione, permetteva co:niirilque 
cli identificare nel giudiee ordinario il giudice del risarcimento nel 
caso di danni c;;ius11..ti da attivit� illegittime della P.A. anche .se la conclusione 
era poi quella di;:lla i.p;isarcibilit� (v. in . tal senso TASSONB, � Ris�rcibilit� deli'iftteresse 
legittimo e pf�bi�mi 4i giurisdiz1'<me, in Giust. civ. 1993, I, 1313). � 

(2) D�C:iSione conforme al c�tisolidato orientamento della giurisprudenza 
�irtministrativa sull'oggetto. della . giurisdizione �.esclusiva.. 
Nell'ambito della tradizionale ripartizione t~a azioni di impugnazione ed azioni 
.di accertamento, la. Cas$azione correttamente fa rientrare .tra queste ultime 
la_ domanda cli risarcimell.to._det .danno subito di_ill'insegnante p� il ritardo dell'Amministrazione 
nella propria nomina in ruolo, considerando tale fattispecie 
alfa stregua di una controversia r�lativa a. questioni patrimoniali inerenti ad un 
rapporto di pubblico impiego, ..Sulla. distinzione.� v, � SANDULLl, Manuale di diritto 
amministrativo, 1989, 1326. � � .� 

Nel medesimo senso, i;>er. cui la domanda con cui un. pubblico dipe11dente 
deduca l'inadempienza della Pubblica Amministrazione datrice di lavoro�. all'obbligo 
del pagamento di spettanze retributive (betii::h� sia � formU!ata come azione 
risarcitoria per .. fatto illecito e volta a conseguire il risarcimento del danno 
per mancata inclusione di quelle . spettanze nella base pensionabile) trova titolo 
genetico nel rapporto di pubblico impiego in via immediata e _diretta e 
quindi rientra nella giurisdizione del giudice amministrativp, si veda Cass. S.U. 
17 novembre 1918, n; 5326, in Mass. Giusi. Civ., fase. 11. . 

P. PALMIERI 

462 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Non � pertanto esatto, come assume il ricorrente, che la fattispecie, 
secondo una meno recente giurisprudenza, sia del tutto carente di giurisdizione, 
in quanto si chiederebbe il risarcimento del danno arrecato ad 
un interesse legittimo. 

Non � infatti revocabile in dubbio che il diritto soggettivo � configurabile 
dal momento in cui sia effettivamente intervenuta la nomina, e 
soltanto allora (S.U. 28 aprile 1964 n. 1019), cio� dall'accoglimento del 
ricorso e dalla attribuzione della titolarit� della supplenza � ai fini giuridici 
�. Si tratta pertanto di lesione di diritto soggettivo (la domanda di 
risarcimento dei danni, ha come necessario presupposto la violazione del 
diritto soggettivo: S.U. 21 novembre 1985 n. 5813), ma inerente al rapporto 
di supplenza, poich� al momento della decisione del ricorso la supplenza 
non era pi� espletabile e pertanto la ricorrente non aveva percepito i 
relativi compensi; in realt�, nel caso in esame, ci� che la ricorrente 
lamenta � il ritardo con il quale l'Amministrazione, accogliendo il suo 
ricorso amministrativo, �addiveniva alla doverosa attribuzione della supplenza, 
e ci� che chiede � il risarcimento del danno dovuto a tale ritardo, 
posto che al momento in cui effettivamente le era stata riconosciuta la 

Ititolarit� della supplenza (ma ai soli effetti giuridici), alla stessa non 
era pi� possibile dare corso, di guisa che l'insegnante aveva, proprio fil 
per il ritardo nella nomina, perduto il diritto ai corrispettivi conseguenti; 
la fattispecie, per le ragioni esposte, rientra nella giurisdizione 

I esclusiva del giudice amministrativo, quale giudice del rapporto, non 
richiedendosi l'annullamento degli atti amministrativi. 

I 

In particolare, poi, va osservato che non si versa in ipotesi di diritti 

I 

patrimoniali conseguenziali (S.U. 20 febbraio 1962 n. 346, 11 luglio 1962 

n. 1852, 5 agosto 1963 n. 2194, 14 aprile 1964 n. 898, 22 luglio 1966 n. 1985, 
19 settembre 1967 n. 2180, 23 luglio 1969 n. 2783, 18 gennaio 1971 n. 88, 
9 gennaio 1973 n. 6, 7 novembre 1973 n. 2899, 7 maggio 1974 n. 1265, 4 diIIcembre 
1975 n. 4009, 25 giugno 1977 n. 2712 esattamente in termini trattandosi 
di nomina ai soli fini giuridici, 6 giugno 1980 n. 3660, 6 ottobre 1981 

n. 5243, 10 febbraio 1982 n. 829, 9 dicembre 1985 n. 6199, 4 marzo 1987 
n. 2273, 5 settembre 1989 n. 3839, 8 febbraio 1990 n. 850, 6 aprile 1991 
n. 3611), e, pertanto, di riserva della giurisdizione ordinaria (art. 7, terzo 
comma, legge 6 dicembre 1971 n. 1034, e, prima della istituzione dei tribunali 
amministrativi regionali, art. 30, secondo comma del T.U. 26 giugno 
1924 n. 1054), poich� �se la tutela dei diritti nascenti dalla legge non 
si attua mediante l'annullamento di atti illegittimi, attesa la nessuna incidenza 
che gli atti eventualmente emessi hanno sulla posizione soggettiva 
dedotta, resta difficile comprendere come si possa far ricorso a disposizioni 
di legge, la cui applicabilit� ha come indefettibile presupposto l'illegittimit� 
di un atto, accertata in sede giurisdizionale o nell'esercizio 
di autotutela� (S.U. n. 11649 su richiamata). Nel caso in esame il ristoro 
dei danni richiesto, attiene, come si � visto, alla circostanza che la 

fn tema di illeciti amministrativi �~ con. riguardo all'tiutorit� competente, 
f;ld applicare la st:tnziqne amministrativa, l'efficacia del giudicato 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

464 

penale, a norma dell' art. 28 c.p.p. abrogato, � limitata all'accertamento 
dei fatti materiali e non si estende alla qualificazione giuridica degli 
stessi; ne deriva che la suddetta qualificazione, data dal giudice penale, 
non � vincolante in ordine alla configurabilit� dell'illecito amministrativo, 
qualora non si ponga in discussion� il fatto materiale e l'autorit� 
amministrativa sia stata posta in grado di partecipare al giudizio penale (1.) 

In tema di illecito amministrativo, vige il principio dell'assoggettamento 
alla disciplina giuridica vigente nel tempo del suo verificarsi, con 
conseguente inapplicabilit� dei principi previsti dall'art. 2, commi 2 e 3, 
c.p., relativamente alla disciplina posteriore pi� favorevole, anche se 
questa � entrata in vigore prima dell'emanazione del provvedimento irrogativo 
della sanzione (2). 

1. -Con il primo motivo i ricorrenti deducono l'insufficiente motivazione 
della sentenza impugnata su un punto di diritto (art. 360 n. 5 c.p.c.). 
La censura si indirizza contro la prima parte della sentenza, nella quale 
il pretore ha affermato che l'assoluzione in sede penale, con la formula 
perch� il fatto non costituisce reato, non vincola la amministrazione in 
sede di irrogazione di sanzione amministrativa. 
I ricorrenti sostengono che la mancata qualificazione del comportamento 
come illecito penale implica automaticamente che lo stesso non 
possa _essere perseguito come illecito amministrativo, tanto pi� se trattasi 
di fatto depenalizzato. 

(1) Del principio, che pare condivisibile, non risultano precedenti in termini 
nella giurisprudenza della Suprema Corte. 
(2) Nel senso che il principio dell'art. 2 c.p. non opera nell'ambito della 
disciplina delle violazioni amministrative Cass. 13 agosto 1992 n. 9557 in Giust. 
Civ. 1993, I, 995; Cass. 11 giugno 1992 n. 7177 id, Mass. 1992 nonch� Cass. 3 giu� 
gno 1988 n. 3782 in G.C. 1989, I, 145. 
In materia di sanzioni amministrative, deve trovare applicazione la legge 
successiva pi� favorevole al reo solo nei processi pendenti, stante l'art. 40 
della L. n. 689/81, il quale recita che le disposizioni relative al Capo delle �sanzioni 
amministrative � si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente 
all'entrata in vigore della presente legge, quando il relativo procedimento penale 
non sia stato definito. (Cass. 7 gennaio 1987 n. 7 in G.C. Rep. 1987 v. Sanzioni 
amministrative, 36 e Cass. 8 luglio 1986 n. 4458 ivi 1986 v. Regione, 139). 

Il principio del favor rei inoltre si applica esclusivamente rispetto alla 
consecuzione di norme penali o di norme depenalizzanti: ossia di norme che 
comunque siano omogenee nella loro natura. Pertanto la comparazione che si 
� voluta operare nel corso del procedimento in esame, risulta ingiustificata 

(v. in motivazione Cass. 3 giugno 1988 n. 3782 rif. cit.). 
In termini opposti rispetto alla pronuncia in rassegna cfr. T .A.R. Abruzzi 
21 settembre 1982 n. 445, T.A.R. 1982, I, 3135, ove il rilievo che il principio del 
favor rei, contenuto nell'art. 2 c.p., � applicabile anche alle sanzioni ammini� 
strative che, finalizzate come quelle penali alla tutela dell'interesse generale, 
presentano un'intensit� indubbiamente inferiore rispetto alle pene che sono 
previste per le infrazioni lesive di interessi fondamentali della comunit�. 

i 

I 

......::-~:...



� II motivo di riootiso � infob.dat& ��� �� � 

V� prem�ssQ; che �esso c�nstirit: fa iri.t�rpretaZione �ch�� fa �sentenza�� impugnata 
ha��dat0�.ai� ii�itiieat6 penile/il quale �����secondoil.pr�tore�:�;.;.;. 
h� �s�hls~ l't�sistenza de~: reato~ m.1:1 tion del fatto, il quale � perCi�:rimasto 

:~!:~~~~~sili'~~,~~w.rico�Jd 


.�.. J)all)artf.28 delVecchfo � .cott�� l)fuc. pen/ (applieabile;. m rel�Ziorie alla 

d�t� della sent�m� petlttle .df assol'iiZi�ne/ pronunziata;: S�cohdo l'affer


ma,Zf�rt'e dei Jfi(i6fterit�, il u aprit� 1985} si desume �he tiefficacia del giu� 

::t~~r::~::p:=~i~~:::~:r�:~:::a~;a:;:a~::!::~:~:iii::::; 


materiali �{ e ncili si �$tende filia 'ltfalifkaiion� giuddfoa degli st�sSi fatti, 
onde � es�tfa 1~aff�rmmohe del ~tore secd:ridcf�uffa qualifteaiiooe giuri� 

:;:::~i~!~~:~:~;2:n::~4~~t~i~1,,~J:!>!~:!~~t~~ii=~~:at~~~ 


alla configurabilit� dell'illecito amministrativo, qualora non si ponga in 
disd.ts$i9ne' il (l:�.ttd tiiat�rikl� com~� 'a.c�ert�fo : uf sed� periate �e setnpre 

:7Jdi~~Xt~:~~7n1fu1:s!~a~::����:!�..~:~~::;~~=~�a~<lJ!:r~~e�r~ 
quisito necessario per l'invocata efficacia del giudicato penale) � 

.� .�.� .� .. : ..�.:-:�'..��. �:�.�>:...:. . . . . . 

2. -Con il secondo �inQtivoi:rirorrentipd�ducend.c> violazione e falsa 
applicatione del R.D, 2 nov.embre 1933 ri. 174l/dellalegge 10 febl:traio 1981 
n .. 22, �della legge. 23 dic.embte 19.83�i. 7311 d�lla: legge .27 m;>ven.ibre 1982 
n�. 873 .(art.;: 360 n; '3. c.p.c;), censurano>la sentettza�d�l. prete>re nella� parte 
in cuiha riten.to .�he�:l'Qbblig� dimantenimento . delle scorte petrolifere 
fosse a carico anche dei soggetti �che,. come: la s.p�a. !\alck; avevano un 
deposito di tali prodotti.� per: �uao�proprio; Una conclusione� contraria si 
:rieava~: s:econdo �i ricorrenti, dalla normativa sopra> citata,� a . partire .dal 
RD� >m l74l/1933o: N�� asSUine rilievo il fatto� che la ooilcessione �rilasciata 
alla societ��� Falck �. }:ir�:vedeva l'obbligo delle scorte,. perch�> tale�� obbligo 
non pu� �discendere� da: un'etrone� int�rpretazione della legge.. 
II motivo di ricorso � infondato. 

Il R.DL2 novembre>l933 n. 367 (convertito.nella legge 8 febbraio 1934 
n/367) ll;a��assoggettafo al controllo delloStat�la�importazione;� la<lavorazione, 
il deposito e la distribitzibne degli. oli minerali e dei carburanti. 

Con riferimento specifico ai depositi l'art. U ha reso necessaria la 
concessione ministeriale per il loro impianto o gestione, esentando dalla 
�stessa.. s�ltafrl:o f .depositi per usi.� pf�.\hi.ti aventi . ciip�cr1:�: �rioh. superiore 
a mc. 25. La previsione della co�1cessi6Iie ammini:sfrat:iva sta a signifkare 
che un interesse pubblic� � sotteso� allo svolgimento della attivit�: di 
deposit� e rifdrnimentodi prodotti pefroliferi, anche quando ildeposito 
sia utilizzat� p�r us�p:i:i~atf (se sriperiot� ruta blclicata dimensione). 


466 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO. STATO 

Il successivo art. 12 prevede che il decreto di concessione dovr� particolarmente 
indicare l'obbligo del titolare di mantenere una scorta di 
prodotti petroliferi nella misura specjficata dallo stesso decreto (lettera e, 
ove non viene esclusa l'ipotesi in cui il deposito sia � destinato al consumo 
diretto del concessionario �, ipot.esi che � invece considerata ad 

I

altri fini, nella successiva lettera d). L'imposi:z:ione dell'obbligo di mantenere 
una scorta di prodotti petroliferi ha come destinatari tutti i titolari 
della concessione di deposito, C()me � confermato dall'art. 32, primo comma, 
del R.D. 20 luglia' 1934 n. 1303 (contenente il regolamento di esecuzione 
del R.D.L. n. 174lf33), ove si dispone che �la misura delle scorte di riserva 
sar� stabilita... nei decreti di concessione di cui... all'art. 11 della 
legge �, chiarendo inequivocamente che l'imposizione e la determinazione 
della misura delle scorte di riserva devono .essere contenute in ogni decreto 
di concessione di deposito, anche se. esso � destinato al consumo diretto 
del coD.Cessiouario (i depositi per usi privati non eccedenti una determinata 
dimensione sono� esclusi dall'obbligo della concessione, come si � 
gi� rilevato). 

Il decreto di concessione del deposito della Societ� Falck, che come 
risulta dalla sentenza impugnata -ha fissato la misura dell'obbligo 
della scorta petrolifera,. non �,, perci�, contrario alla disciplina del R.D.L. 

n. 
1741/33. 
N� taie obbligo � venuto meno per effetto della legislazione successiva 
invocata a fondamento del motivo di ricorso in esame. 
La legge 10 febbraio 1981 n. 22, nell'art. l, si � riferita ai titolari di 
concessione .per impianti di deposito di olii minerali, � cui le vigenti 
norme impongono di mantenere scorte di riserva � (primo comma), non 
modificando� pertanto la individuazione dei soggetti obbligati a tale mantenimento, 
secondo la disciplina del R.D.L. n. 1741/33. 

Tale individuazione non � stata modificata neanche dalla legge 23 dicembre 
1983 n. 731, che ha menzionato i depositi di olii minerali commerciali 
solo per fissare le scorte di riserva nella misura del 20 per cento 
(riducendo pertanto la misura del 30 per cento, stabilita dalla precedente 
legge n. 22/81), senza per� escludere l'obbligo di tali scorte per i depositi 
non commerciali. 

Del tutto estraneo alla presente causa �, infine, l'invocato art. 21 del 
decreto -legge 30 settembre 1982 n. 688 (convertito nella legge 27 novembre 
1982 n. 873), che concerne esclusivamente la posizione degli 
importatori dei prodotti petroliferi. 

I 

3. -Strettamente connessi sono il terzo e quarto motivo del ricorso, ! 
che vanno perci� esaminati contestualmente. I '' 
f 

Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicaf. 


I !

zione dell'art. 2 della legge 10 marzo 1986 n. 61, che ha abrogato le norme 
preesistenti, facendo venire meno qualsiasi obbligo di mantenere le scorte 

I 

! 

. 
II 

-



l'Aitnr J:, $Jg. lt�, ~WRISPR'tmaN:tA: c1V�lJ!, ~Sf)lZI()NJI .!? At!PALn .f6i1' 

�~~~b*~:~~~~ 

p~pede.Jtdisp()siz.i<>ni� Bssa � ap~~icablle neL cas<> -qi -speci�;3pert;:h� la 

-~�-1'�;Jii�

~arZ~~�~t~ ~ p?n�ipfo d~lla retroattivit� della 11orma pf�: fiMfrevole 

.�.�����tltllt~~i~ 


1&1?it!&i�f,&fvS

����-�:!~~~i;~:W&=.::a:~;a:11tn;!:~:.va~~~c~=~:!:::!::!0~~e~:~ 

non si�ppUc�h,d l ptiric!ji previsti nefsecondo� e t�rzo '��mma dell'art. 2 
--c~p;-��(�rt jhl���seri~<)��s1��so:n&ᥥtecentemerite prurtunziate��re Sez.-���Un~�dl questa 
Cortetcon fa sentenza 29 genrtafo 1994 n. 890, che ha, preso �ri esame tutt� 
le. ar~o:inentazi()ni ~p()st~ cfai ricorrenti a fondattl.ento della tesi:contraria}. 


'4. .r~;-~e~2tk~�*~; i~ _tj~gt$9 \,ff iJ~~tta!ti. --


::>i'>'.<���� 


cdii.TE D� CASSAZlCI�itB/se:i. H�,9seti�hit,:r� 1994 il. 7111< Pres. rati: 

fatto � }?b~te ogg'ettiva di :prova. 

4qtt;a;~;:J~j~p~t!~c7ii~v;~;j~a!~~~11t~1it~aW{~~1�i&fft~Sft~5e#r;J4 

quando �i risolva in. valt�a~iqni tecnichee4.in acceit�mento di situazioni 

notta;. Rel. Fiduccia; P.M. Carnevali (conf.); Ferrovie dello Stato 
(avy; ,.�~a1() ~t�J;'()). 8~ ),tp/?SO,(ayy, :.:@N;celJ.o~~)\� � 
Proc;~eftt~ ~l~t� . Con$ul~nza tecni~; � Acc~~~ento di situazioni di 
di fatto1 tali da essere �rilevabili��unicamente con<il-ricorso a date� cogni.;. 
zionf te�n�clu~ (1}~ __ 
(1) Sui rapporti tra consulenza tecni�a di �ufficio e � onere della -prova v: 
Cass. U marzo 199-3; n. 2963, .in questa Rassegnai 1993, I, 367; Cass. 13 ottobre 
1986 Ii. 5990; cass; 15 settembre 1986 ri. 5607; Cass: 26 marzo 1986 n. 2171; Cass~ 
22 genmdo. 1985 n~ -250; 




RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. l, 28 ottobre 1994 n. 8917 -Pres. Corda -
Rel. Luccioli -Turati 84 s.r.l. (avv. Pizzi) c. Anas (avv. Stato Salvatorelli). 


Procedimento civile � Impugnazioni � Parte rimasta contumace in appello 
� Ricorso per cassazione -Notificazione presso il procuratore 
domiciliatario in primo grado � Conseguenze � Inesistenza della notificazione. 


La notifica del ricorso per Cassazione alla parte rimasta contumace 
in secondo grado, presso il. procuratore nel domicilio eletto per il giudizio 
di primo grado, anzich� alla parte personalmente, non � nulla ma inesistente, 
in quanto eseguita presso persona ed in luogo non aventi pi� alcun 
riferimento con il destinatario dell'atto (1). 

Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione 
degli artt. 141 ult. comma, 159 comma 1�, 330 comma 3� c.p.c., 
47 e.e., in subordine violazione degli artt. 291 comma 1� e 354 comma 1� 
c.p.c., si deduce la nullit� del procedimento e della sentenza di appello, 
per essere stato l'atto di impugnazione notificato presso il procuratore 
domiciliatario nel procedimento di esecuzione dinanzi al Pretore, e non 
personalmente alla parte, rimasta contumace nel giudizio di opposizione 
dinanzi al Tribunale. 

Il motivo di ricorso � fondato. 

Ai fini della soluzione della questione proposta con la censura in 

esame � necessario tener conto della deduzione dell'Azienda controri


corrente secondo la quale la s.r.l. Turati 84 si sarebbe costituita nella 

fase del giudizio di opposizione dinanzi al Pretore, e tale costituzione 

(1) La Corte conferma il princ1p10 pi� volte affermato in tema di notifica 
del ricorso per Cassazione nei confronti di chi in secondo grado sia 
rimasto contumace. 
La contumacia dell'appellato nel secondo grado di giudizio -ritiene la 
Cassazione -varrebbe ad escludere qualsiasi possibilit� di riferimento tra la 
parte, destinataria del ricorso per Cassazione ed il proprio procuratore in 
primo grado, cosicch� la notifica del ricorso presso il domicilio eletto pu� 
essere in sostanza equiparata alla notifica effettuata ad un terzo o comunque 
a persona rimasta estranea al giudizio. Ne deriva, pertanto, non gi� la nullit� 
della notificazione, quanto la pi� grave conseguenza della sua inesistenza, con 
conseguente inammissibilit� dell'impugnazione ed esclusa ogni possibilit� di 
sanatoria mediante rinnovazione (in tal senso si veda Cass. S.U. 20 novembre 
1982 n. 6248, in Mass. Giur. it. 1982 col. 1480; Cass., sez. lav., 9 aprile 1990 

n. 2939, in Mass. giust. civ. 1990, fase. 4). 
Fa eccezione al principio -recante la conseguenza appena enunciata della 
impossibilit� di sanatoria -il caso in cui, vertendosi in ipotesi di causa inscindibile 
per esistenza di litisconsorzio necessario, la notificazione del ricorso 


~=::Jj~#imato1a notifiqa dell'-att4 �di�� appello< presso���n��pr�Gutato:re 
Ossecya �. al.J:1gu.atdo ... la Corte che sel>heri� n�� $ia�sta:Wacq\dsito� il 

1&111ilfi!i 



aful~nt&�;.tllo��;cl)pb��di'ric<>Stittiire��iI��co:ntraddittono.:�cne�si���era��i:nstaurato 

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:>N� pu� $osi~~rs���;;.;.. c&me sostiene-= la ricQrr�tl:te ~che la necessit� 
di una nU.�va costitt1zione sia desumibile dall'art; 125 n>S disp;� att c.p.c;, 
il� q.ale P:tev�de che la <::()fu.parsa di rfassunz�One � cl)�ltenga rinVito.� a costlttl.
iisi:nei terlri:U:JJ:� stahilitl dall'art.166 c.p.c;: va Mnsiderato at�:riguardo 

::n=~~!t1~!~:!:!~i:��ij~lc:d~:::::::,��~~:i:fo~=��~:~===: 


appo:rtat� al �di~ df rito;> che.�. tale drspbsiZl�ne � comunque diretta � 
teg()1are m g�nere ��ia riassunzi�ne>del �processo ~ satvo ��che dalla legge 
sia disposto �lttimet.rti�;= e> sO:prattutto �che Ia disciplma��dei� :requisiti 
fortn�lt della cotfiparsa di :riassunzione va necessariamente coordinata con 
il dispo~to: �del1!tdtbno cQmtria/il qtt�le distingue�l'ipotesi in cui nella �fase 
p:r�<teideinte �ta�pa:tte' cw��iacoitiparsa�di�riassrimion���d�ve��sset�� notificata 
si sia costituita; d�ll'ipotesi in ctii �� t�le. �t:>stituzione �. non sia avvenuta, e 
soltanto riel secondo caso dispone l� fa::ltifiria2:fdne personale, mentre nel 

~~lli;~�~'tiit~ ~&f?i~rel!it�ti1~~i~?~Jtend~e~r;t;aic?c~1'bI11ji~e~i1 iJ�~!~ 

l'futegrazione del ci>ntraddittorio neiconfronti� delle�� �ltre patti non. chiamate . a 
paJ:'tecip1:1re l!l gl.dizio di Cassazione, a norma dell'art� 331 c.p.c., nel termine 

cli. ciec:aQ.tmZa all'Uopo . assegnato. Xn tal senso, oitre la .. sent<;}J;IZl:I ct\li :rip()rtata, 
Cass; Ill, 3 marzo 1987 n~ 2233, in Mass. giust, �iv. t987,. fase:. 3, ..� ..��..�� � ..�...�� ��... 
Nel medesimo senso di limitare l'efficacia dell'elezforie di donik:ilio presso 
i1 proc'Uratore al sol� grado . di giudizio per il quale la: procura . � sfata.�� confo. 
rita, salvo espressa e contraria previsione, si veda; oltre. i precedenti sopra ri� 
chiamati, Cass, S~U. 20 novembre 1982 n. 6248,, in Mass. Giur. it. 1982 col. 1480. 

P; PAl.M!IiRI 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

470 


primo prescrive la notificazione ai sensi dell'art. 170 c.p.c., cos� riconoscendo 
e valorizzando l'originaria posizione processuale della parte 

{v. sul punto Cass. 1964 n. 1578). 
� pertanto evidente che solo in difetto di una precedente costituzione 
la mancata costituzione del convenuto in riassunzione pu� determinare 
la sua contumaci~.. 

� d'altro canto insito nel concetto stesso di contumacia, quale desumibile 
dalla disciplina generale degli artt. 290 e ss. c.p.c., che una parte 
contumace rimanga tale nel processo fino al momento in cui si costituisce, 
e. per converso che la parte inizialmente costituitasi non possa 
poi divenire contumace, pur se rimanga inattiva. 

Le osservazioni che precedono, se certamente valgono ad evidenziare 
l'erroneit� della dichiarazione di contumacia della s.r.l. Turati '84 effettuat~ 
dal Tribunale, non incidono tuttavia sulla rilevanza di detta dichiarazione 
ai fini della notifica dell'atto di appello. 

Va opportunamente considerato al riguardo che � certamente vero 
che la dichiarazione di contumacia non ha valore costitutivo, nel senso 
che essa non vale a determinare la contumacia, che deriva invece dalla 
mancata costituzione della parte in giudizio, ma ha natura di mero accertamento 
della situazione processuale della parte che non si � costituita o 
si � costituita irregolarmente. 

Ed in coerente applicazione di tale principio questa Suprema Corte 
� costante nel ritenere da un lato che l'omissione di una formale declaratoria 
di contumacia non invalida il procedimento e la successiva 
pronuncia, quando risultino rispettate le regole che disciplinano il proeesso 
contumaciale, dall'altro lato che l'erronea dichiarazione di contumacia 
della parte che si sia effettivamente costituita in giudizio si riflette 
sulla regolarit� del processo solo se alla stessa siano state inibite attivit� 
processuali che aveva diritto di compiere, con la conseguenza che non 
pu� essere invocata una inesistente e pur dichiarata contumacia per ottenere 
una remissione in termini che consenta di superare le conseguenze 
dell'inerzia mantenuta pur partecipando al processo (v. per tutte sul 
punto Cass. 1991 n. 8873, 1991 n. 8821, 1990 n. 6563, 1985 n. 6065, 1985 n. 4916, 
1983 n. 1903, 1982 n. 4609, 1982 n. 238). 

E tuttavia il criterio di prevalenza dell'effettiva situazione processuale 
rispetto al dato formale costituito dalla mancata od erronea dichiarazione 
di contumacia con riferimento alla posizione giuridica ed ai poteri della 
parte interressata non appare utilizzabile ai diversi e specifici fini della 
determinazione del destinatario e del luogo di notificazione dell'impugnazione, 
ai sensi dell'art. 330 c.p.c. 

Esiste invero in relazione alla fase del procedimento successiva alla 
pronuncia della sentenza, contrassegnata dalla pendenza del termine per 
impugnare e dall'impulso della parte soccombente, un'esigenza di certezza, 
anche con riferimento al rispetto dei termini di cui agli artt. 325 e 327 



c.p;c;~��d1e��imp�ne���di �ritenere�vfiicfolante�1a�quaiifieazfone� data dal ��giudice 

~~�Tlia?Jf~;;:; 


.�Q)llP9l'fal'e W~~.it AAche comp~e$Se e �ijJn�eyta yal.taziq:ne, in relazione 

fllr~~~~li~~~f1~~ ~~~i~~9i~~�b~~�i;~: Jiij~c.~~~b:a:~~~?~~~: 

.cfllitC> ~<>11..�appai�l1<J co��patibili �cq.. jl�ppnciJ?i().�di..tutela d.ella patte 

�~tj).~.$~~e.bma~iij�pi~JR~t9~.f/.�/ �>.���������� ../.��� .. 

< f~ c9nsidei;aziolli �he ptece4o:no ind.�9no �a .tenere che ove�� come 

ar~~~d?r~t~~;.=:~=t! 


CQR'I'EFDI CASSAZIONE, S�z/I, Snovembre 1994, n.;9266 ~.�Pres.Rossi� 
,Ref, Rovelli ~ P. M.� Morozzq della Rocca -Modfo� (avv'. Ponte) e;.Pre.
si4e~~ c;fe1ta �Jfeg�<;l.e .� siti1ial1;i, .��. DeJR~llio. della �regi~me �.� sicilia:na 
Cavv. $~~t9 Lett�~a) �~�Consorzio <;li:. bonffica di Caltagirone (avv. Al�). 

Esproprillzfone per pubijitca tfdlita >. C61lcesstone ��� dl. oper� . pubblica � 

.ti~~e!ta di oneri c()#�~entfI~ ptocedu~a ablatoria ��. ~�� 1tesponsabllit� 

�...�� s()li.<tate .e;w.: .� art. 2055 c~c. tta �llllt:ihdstraZio11t1 delegarit� �.. e impresa 

delegata -. tssclusiOne �. �()~(li.C>W� . . . 

W~BL'it~~~~ 


tale � Ce>nseguente efficacia. decreto . dl proroga. occupazione temporanea 
emesso �medio teinpore �. 

Qr,uilora l'Amministrazione espropriante trasf eris�a con delega dei 
relativi poteri ad impresa privata, quale concessionaria d�ll'opera publllica,. 
gli om;ri concernenti la. procedura ablatoria, all'impresa medesima 
spetta la qualit� di parte del rapporto espropriativo con esclusione della 
responsabilit� solidale ex art; 2055 e.e. tra amministrazione delegante 


472 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ed impresa delegata, salvo che il comportamento illecito possa essere 
imputabile ad altri (1). 

Ai sensi dell'art. 13 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, la potest� ablatoria 
della P.A. cessa con lo scadere dell'ultimo dei termini finali previsti 
nella dichiarazione di p.u. per il compimento dei lavori e per le procedure 
espropriative; pertanto il decreto di esproprio emesso successivamente 
allo scadere del termine finale dei lavori, ma entro il successivo termine 
fissato per l'espropriazione, si deve ritenere efficace, stante la persistenza 
dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera (2). 

Analogamente si deve ritenere efficace il decreto di proroga del periodo 
di occupazione temporanea, se intervenuto nel periodo di efficacia 
della dichiarazione di p.u., ossia prima della scadenza dell'ultimo dei 
termini di cui all'art. 13 della legge fondamentale (3). 

Con il primo motivo del ricorso principale, il Modica deduce violazione 
dell'art. 2055 e.e., assumendo che sussiste la legittimazione passiva 
di entrambi i convenuti in ordine alla richiesta risarcitoria dei danni 
conseguenti all'occupazione illegittima. 

Con il secondo motivo, deducendo violazione dell'art. 13 legge 25 giugno 
1865 n. 2359 nonch� il vizio di motivazione, il ricorrente censura la 
sentenza impugnata quando afferma che, nel caso in cui il decreto' 
di esproprio venga emesso successivamente allo scadere del termine 
finale dei lavori, ma entro il successivo termine fissato per l'espropria


(1) Orientamento giurisprudenziale costante, sorto agli inizi degli anni '60 
(cfr. Cass. 9 aprile 1962 n. 928 e 4 aprile 1962 n. 863; da ultimo cfr. Cass. 
S.U. n. 1529 del 29 marzo 1989). 
Sul rapporto di delega tra PA. e privato in ordine alla realizzazione di 
opere programmate nell'interesse pubblico, si veda Cass. 3 novembre 1983 

n. 6474 nella quale il suddetto rapporto non pu� definirsi di delegazione amministrativa, 
istituto di diritto pubblico che avvicina enti pubblici diversi 
(delegazione interorganica) ovvero organi appartenenti allo stesso ente pubblico 
(d. intersoggettiva), ma di appalto, ove l'affidamento sia strettamente 
limitato all'esecuzione del lavoro, ovvero di concessione traslativa di pubbliche 
funzioni. 
Sulla responsabilit� diretta del concessionario nei confronti dei terzi cfr. 
ult. sent. cit. dove si accentua il carattere personale della responsabilit� per 
fatto illecito e Cass. 14 aprile 1983 n. 2602 che evidenzia come per effetto della 
concessione si sia prodotta una surrogazione soggettiva tra P.A. e impresa 
concessionaria; quest'ultima risponde direttamente dei danni cagionati a terzi 
dall'opera pubblica sia per attivit� legittima che per illecito aquiliano, ed in 
questo secondo caso, anche se la colpa sia riferibile al concedente nella predisposizione 
del progetto e nella imposizione delle direttive. 

Sulla legittimazione attiva alla opposizione alla stima dell'indennit� si 
veda anche Cass. 7 aprile 1971 n. 1032. 
(2-3) Il decisum trova puntuale riscontro nei principi affermati da Cass, 

S.U. 4 maggio 1989 n. 2078 e pi� indietro da Cass. S.U. 3 giugno 1978 n. 2773, in 
Foro it. 1978, I, 1900. La questione relativa alla diversa incidenza sul potere ablatorio 
della P.A. dei quattro termini (rispettivamente di inizio e di compimento 

zjope;.. ~q. .�:tesso deliba�ritenersi���mtemt~.to durante U.��Ji!erlodo.�.di efficacia 
della dichi~~zi�p.e :di� p:ul;>blica utilit�,. l'il~vandosicosi che,.�.nel .caso:� in 
e1>a~e, non ~J\lseti,1#) stati co:mplet/11,ti Llavori entro .�il ter:milie prefissatoi 
era ven:uta meno la potest�. <ablatoria d�lla P.A, / �, � 

C9g il� te~o @o.dvo. a~s:utn.e.~9si vi9lazione dell'art, Il e degli attt. 11 

!�;i@i~f:m:~:~!-:E 


������ (;<)k� q.i;.;t9�� uiotiv();���lanientlll;nd9si :violazione..��dell'art��.. :zo .� legge n.�.� .865 
4ei�� i,g7l,!'���~�.cie,gli,�.~r:tt��.�72�.. e 39.l�gge.l1� � 23$~ delJ�~5;�. n9ncW�. U.. 4ifettQ ... Qi: 
motivazione, ��sj censura la sente.rizaimpug.1:1Ja rilevandosi elle. la dorm:
n:i,da qJ l~qi.J�d~~o:o,e�.�lel Cl:anno �dlil. occIJ;pa?;ione;. proposta . m.. ca11sa, non 
era c<�'Wt<:> d~eri4:i a q11eUa Jiq.idataJn UX!:< decretQ dl .c.itazione.del qqale 

:a:s~J=~~;Jri�J:~::ifZ;�e 9he comllll~u~~ erron~Ja,, dete:~one 

����� �.�� .�� CoA il :P.dmo�� mqMvq.. d~ primo Jijcorso. incicientale) la Regione Sicilia 

::~~:~~i~~!b!d~~!....=t!~!iti1~6~~~:��4~~i~~1:f;;!~~!0p~r �J:e:: 

ind�termmatezza. �.� .. 

>� Cpn il~e~oncl~ ~d~i;o;.l~ Regio:n,~ .�ss.m.e .. essersj. �. yerifi~at9 il vizio 
cli vjglazio:n,e 9:ell'att~ 2909 e.e. e qu~lo cl~ 9mesi;f;l; mo~ivazj9ne� :n,o:n, avendo 
la .Corte �pro..,nci~to s.ll'eccezion,e..... di iiwUca,to, �. pregi..dizil:lle � dspetto 

!:~p~i~lw:;~e1����;~~;~!e::��:cw'�::~:e~~;~ti.~3:~~�2!5%~~6s~t::i6ff~ 

gett�. di J;>rol;l.W'!.�e divergenti; sicch�� la �senteJ:lZa in .epigrafe � e. suoi richiami .�si 
collClc~nq, ~a pw:; .�o:n, gli aPProf9ndimentj e I~�Yerif~che Jmposte . da una visione 
org.anica def problexn.a, nell'alveo di un orientamento . giurisprudenziale che non 
deniWcia mor.e~ticll cohirasto e ili rattilra. �. . .�� .. �. . ...�. �.. 

Si.l.llii obbllgatpn�t� della prefissfone dei termini indicati dall'art. 13. anche 
irF C�so di dichiar�Zione implicita di p.i'�, nonch� sulla carenza del poter� di 
esprop:do 4ellaJlJ\,. b1;tsr;1to<sulladichial'.<1Zione di p.u. pdva>dellafissazi9:nedei.�� tetJ:lliJ:� di cqmpime.t!) �. i:tell'esproPdjlZiPne.�.e .. dei. lavori .. v�.. Cass. 18 otto. 
bre 1976 :ri. 3552 id, Rep. i976 voce Espropriazione per p.i. n. 103; � .� �� . . 

La decisione 9266/94 segue l'opera di superamento del contrasto delineatosi 
tra cdhsigifo di Stato e Cassazfone ili ordine all'individuazione degli . effetti del� 
l'inPsservanza dei termini previsti da}r!U:t. 13 �on .pal'ticolare riguardo. all'inutile 
d~oroso clelJ<:}tffiiiJ~ f~.i.e per l'~~~.zjone 4.ell'().1'1e;ra cll� segna il M:rn~te ..lii effica� 
cia.clel!a� dichi~razione� d~ );)..., e quindi .del pot~r~..ablatorlo della PA. �(Cons.. St. 
21settemb:i:e 1974 n. 626 id, Rep. 1974, voce dt. n. 55). La quaestio dell'effkada del 
pfo'(i\i�dimeiito espropriat:ivO eI11t}sso �a s�guifo �della� scadenza� dei termini� di� cui 
all'art; 13; ha assunto dimensioni cli mii:tote gravit�, stante l'ingegnosa creazione 
dell'istituto .4h9ccupazione appJ:opriativa,�v. Cass. S.U.. .26 {ebbraio .1983 

n. 1464 in Foro h, .1983, I; 626. . .. . . . .� 
.� � In dottrma, LANDI, Espropriazione per pubblica utilit� (principi) in Enci� 
clopedia del diritto, 1966 ;xv, 816 e MAIELLA, L'art. 13 della �legge generale sulle 
espropriazioni per pubblica utilit� e il permanere d{ un grave contrasto giuri� 
sprudenziale; in Giust. Civ. 1976, Il, 44, 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

414 

all'esame della questione di disapplicazione del decreto di esproprio, e 
pertanto essendo passata in giudicato la sentenza del giudice amministrativo 
che ha rigettato i ricorsi del Modica avverso il decreto di esproprio, 
sentenze prodotte nel giudizio di merito. 

Con il proprio ricorso incidentale, il Consorzio deduce violazione 
degli artt. 48 e 72 legge n. 2359 del 1865, osservandosi che, in conformit� 
al disposto dell'art. 48 secondo comma legge n. 2359 del 1865, il decreto 
prefettizio di esproprio attestava l'avvenuto deposito della indennit�. 

Il primo motivo del ricorso principale, con cui viene dedotta la violazione 
dell'art. 2055 e.e. in relazione alla ritenuta carenza di legittimazione 
passiva dell'amministrazione regionale, appare destituito di fondamento. 

Il giudice di merito ha accertato che, tanto per la realizzazione dell'opera 
pubblica che per l'espletamento delle procedure espropriative, 
la Regione ha fatto ricorso allo schema giuridico della concessione a 
favore del Consorzio di Bonifica di Caltagirone. Come � noto (v. Cass. 
sent. n. 1529 del 1989; n. 2602 del 1983; n. 1037 del 1971) qualora l'amministrazione 
espropriante trasferisca ad impresa privata, quale concessionaria 
dell'opera pubblica, gli oneri concernenti la procedura ablativa, 
con delega dei relativi poteri, all'impresa medesima spetta la qualit� di 
parte del rapporto espropriativo e, quindi la legittimazione nel giudizio 
di opposizione avverso la stima. Nella medesima situ�zione, come in quella 
di delegazione amministrativa intersoggettiva, il delegato assume diretta 
responsabilit� nei confronti del terzo espropriato, anche per il riconoscimento 
dei danni che derivassero -vuoi per l'illegittima protrazione 
del periodo di occupazione temporanea, vuoi per vizi inficianti il procedimento 
espropriativo e tali da determinare l'inesistenza del potere ablativo 
-a meno che tale illecit� non sia stata causata dall'espropriato o 
quest'ultimo vi abbia concorso, dovendosi tuttavia, in tal caso, individuare 
i fatti costitutivi della responsabilit� del concedente (v. Cass. 

n. 1834 del 1974; n. 1395 del 1972). Nella specie il ricorrente non individua 
circostanza alcuna che renda imputabile elementi della fattispecie 
da cui fa derivare il sorgere della responsabilit� da fatto illecito per 
cui � causa. 
Il rigetto di tale motivo, comporta l'assorbimento dei motivi del 
ricorso incidentale proposto dalla Regione. 

Il secondo motivo del ricorso principale, con cui si lamenta l'erroneit� 
della pronuncia impugnata per aver ritenuto, nel caso il decreto 
di esproprio venga emesso successivamente allo scadere del termine 
finale, ma entro il successivo termine fissato per la fine della procedura 
di esproprio, che lo stesso deve ritenersi intercorso durante il periodo di 
efficacia della dichiarazione di P.U., non appare fondato alla stregua dei 
rilievi che seguono. 

�Devesi premettere che, nel caso di specie, il decreto di esproprio � 
intervenuto anteriormente al decorso del termine fissato per il com



PARTB I, SBZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIUIUSDIZIONB E APPALTI 

plet~ento delle �procedure espropriative. sulla�� dichiarazione di pubblica 
nullit� (che li fissava in 36 mesi dalla consegna dei lavori); laddove 
(secondo quando risulta dalle sentenze emesse nell'~bito del giudizio 
di merito), alla data in cui fu pronunziata l'espropriazione, era decorso 
il�minhno termine (24 mest dalla consegna) concessa per l'ultimazione 
deilavori, che fu completata dopo l'emanazione del. decreto espropriativo. 

Ora, com'� noto; secondo. la costante giurisprudenza di ..questa Corte, 
la decadenza della dichiarazione di P.U., ex art 13 della legge n. 2359 del 
1865, comportando il venir meno del potere espropriativo, fa riacquistare 
alla posizione del titolare del bene oggetto dell'espropriazione la con� 
sistenza del diritto soggettivo perfetto; ne consegue che l'illegittimit� 
del decreto di esproprio, in. quanto nonostante� la sopravvenuta decadenza 
della dichiarazione di P.U., pu� essere fatta valere davanti al giudice 
ordinario, vertendosi in tema, non di scorretto esercizio, ma di carenza del 
potere esercitato,� con l'esercizio di azione risarcitoria (v. Cass. numero 
4816/198.4; n. 2774 del 1978; �n. 2US del 1974). Il problema consiste, cosl, 
nell'identificazione del momento in cui viene a cessare la situazione di 
soggezione al potere espropriativo della P.A. ed � problema che non pu� 
impostarsi sotto il. profilo degli effetti del provvedimento ablatorio, ma 
che deve procedere dall'esame dell'atto dichiarativo della pubblica 
utilit�, sotto il particolare oggetto dei termini che entrano a far parte 
del suo contenuto, per tentare di dare una �giustificazione alla circostanza 
che la legge impone di inscrivere quattro termini (quelli per l'inizio e la 
fine dalle espropriazioni, e quelli per l'inizio e la fine dei lavori). 

� � Dei quali, i termini iniziali vengono pacificamente. ritenuti ordinatori, 
quasi di natura esortativa (Cass. n. 6399 del 1990 legge n. 3838 del 1976). 
L'iridividuazione dei termfui alla cui scadenza si verifica l'inefficacia 
della dichiarazione di p.u. e la conseguente riespansione del diritto, gi� 
�ffievolito per effetto dell'esercizio del potere espropriativo, si appunta 
fra L due termini finali e viene precisata� nella scadenza dell'ultimo dei 
quattro termini, indicati per lo pi� in quello previsto per il compimento 
dei lavorF(anche per l'estrinseco nesso che lega la dichiarazione all'opera 
pubblica).. Sembrano tuttavia necessarie ulteriori puntualizzazioni. 

La necessit� che la dichiarazione di pubblica utilit� contenga i termini 
finali delle espropriazioni e dei lavori ha il suo fondamento. in due esigenze 
diverse. Quello relativo alle espropriazioni risponde all'esigenza � che vale 
il diritto del proprietario del bene da utilizzarsi per quell'opera sottratto 
ad una sottoposizione indefinita nel tempo al potere della P.A. �; quello 
relativo al compimento dei lavori corrisponde al � soddisfacimento dell'interesse 
della collettivit� alla realizzazione dell'opera dichiarata di P.U. � 
(cos� Cass. SS.UU. n. 2774 del 1978). Dalla individuazione del diverso 
fondamento dei due termini, appare conseguente che quello per il compimento 
dei lavori sia normalmente successivo a quello per le espropriazioni. 
Le conseguenze sono quelle stabilite dall'art. 63 della legge 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

fondamentale, per cui �fatta l'espropriazione, se le opere non siano 
eseguite e siano trascorsi i termini a tal uopo concessi o prorogati �, 
gli espropriati potranno adire il giudice ordinario per ottenere, previa 
declaratoria di decadenza � dell'attuale dichiarazione di pubblica utilit� � 
la retrocessione dei beni espropriati. E la disciplina normativa (artt. 60 
e 63 della legge fondamentale) esclude che alla fattispecie che d� vita 
alla retrocessione (esproprio non seguito dalla realizzazione dell'opera 
pubblica) si colleghino conseguenze risarcitorie. 

Anche se la successione temporale della scadenza dei termini sia'. 
diversa (per l'anteriorit� della scadenza del termine per l'esecuzione dei 
lavori rispetto a quello per l'espropriazione) appare conseguenziale ritenere 
che l'inefficacia di cui all'art. 13 terzo comma cit., derivi non gi� 
dalla sola scadenza del termine fissato per il compimento delle operazioni 
di esproprio. 

Ed invero, come ha rilevato questa Corte (Cass. SS.UU. sent. n. 5904 
del 1980), �la scadenza del termine per il compimento dei lavori (non 
prorogati), intanto pu� essere rilevante in quanto da essa derivi l'impossibilit� 
del compimento dell'opera, o pare desumersi la volont� dell'espropriante 
di rinunciare alla realizzazione della stessa, oppure venga 
meno lo scopo di pubblica utilit� per cui l'espropriazione sia stata 
pronunciata �. 

L'argomento testuale desumibile dall'espressione adoperata dall'art. 
13 u.c. della legge n. 2359 del 1865 (� trascorsi i termini, la 
dichiarazione di pubblica utilit� diventa inefficace�) suffraga la tesi 
che si sia inteso far discendere quella inefficacia (cui consegue il venir 
meno del presupposto del potere espropriativo, e non soltanto un illegittimo 
esercizio del potere attribuito alla P.A.) dalla scadenza dell'ultimo 
dei quattro termini, quale che sia la successione cronologica di essi. 

Valendo, indipendentemente dalla diversificazione cronologica dei 
termini, il principio (affermato da Cass. SS.UU. 4 maggio 1989 n. 2078), 
secondo cui � qualora la dichiarazione di pubblica utilit� preveda sca~ 
<lenze successive per l'espropriazione e per il compimento dei lavori, 
l'inefficacia della dichiarazione medesima, ai sensi dell'art. 13 ultimo 
comma della legge 25 giugno 1865 n. 2359, con il conseguenziale venir 
meno del potere ablatorio dell'amministrazione e dell'affievolimento della 
posizione soggettiva del privato, � determinata solo dal decorso del secondo 
degli indicati termini, la cui pendenza, nonostante l'eventuale 
scadenza del primo, esprime la persistenza dell'interesse pubblico alla 
realizzazione dell'opera �. 

Deve ancora osservarsi che, come rilevato da questa Corte (Cass. 6399 

del 1990) l'esigenza di limitare rigorosamente il periodo di incertezza del 

proprietario del bene assoggettato a procedure espropriative, � assume at


tualmente caratteristiche di minore gravit�� alla luce dell'introduzione nel


l'ordinamento dell'occupazione acquisitiva (Cass. S.U. n. 1464/1983 e 3940/ 


PARTB I, SBZ. III, GrtmlSPitJnBNZA ClVXLB, GiURISl>IZIONB B APPALTI 

1988Jn relazione alla legge. 27 ottobre1988 n. 458). La realizzazione dell'opera 
pubblica nel corso dell'occupazione .legittima o successivamente ad essa 
detennm.a restinzione del diritto dominicale del privato e racquist() a titolo 
originario in capo all'ente costruttore, su essa con l'irrilevanza: del decreto 
di espropri() successivamente emanato,� anche se sia� ancora �in corso il 
termine per � l'ulthnazione dei lavori stabilitkcon la�dicbi.arazione. :di pubblica 
utilit�. .�. :. : 

� In.� ogni caso, non .si potrebbe, dal �.mancato compimento . dell'opera 
pubblica nel tennine prefissato, far.. derivare.firrilevanz1:t .del sopravvenuto 
decreto di espropriazione, che, in tal .caso,. non potrebbe essere disapplicato 
n1 QU!iWt� �,mU:tiliter datum ~. in conseguema dell'anteriore verificarsi 
delli,:i. fattispecie acquisitiva, ma solo�in quanto� illegittimo per� inesistenza 
4e1 pot(:lre ablatorio�.�.� 

. Dovendosi tuttavia precisare che si afferma .. (Cass. 16 agosto 1988 

n. ~940); aL<:o:ritrari(}; che � al decreto di espropriazione pu� essere attribuita 
efficacia sanante ex-tunc della illegittindt� � � .. di un'occupazie>ne 
prcgressa1 soltanro se .. non� gi� verificata la irreversibile trasformazione 
dell'immobile w;;: �..�� 
Il terzo .motivo. idi. ricorsof con. cui� sideduce che �il .decreto� di proroga 
dl .occupazione temporanea doveva ritenersi inesistente per il periodo ec� 
cedente la scadenza. del termine dei lavori,. ripete la sua infondatezza dalle 
superiori argomentazioni. Infatti l'illegittimit� dell'occupazione temporanea 
si verifica quando essa sia protratta� oltre �il periodo. di efficacia 
della dicbiarazione di pubblica utilit�. Ma; alla stregua del principio sopra 
affermato, tale efficacia viene meno solo dopo la scadenza dell'ultimo dei 
termini di cui�all'�rt.13 dellalegge fondamentale, mentre,:come ha esattamente... 
ossertrato �il giudice� di merito, nella .specie, l'occupazione di.�urgenza 
non si � protratta oltre il termine sul quale perde efficacia la di� 
chiarazione �di pubblica utilit�, .. per non ess.ere de��tso. il tennine finale 
fissat() per la procedura espropriativa .. 

,Anche il quarto motivo del ricorso principale appare . destituito di 
fondamento. 

. . . . . . . . 

' . ��con esso �. as8um� in sosiru#a il ricorrente che sarebbe.$tato fr~lliteso 
il. s~mso.. Cl~ll sua clomiin~,direttaajl11 correspopsione .dell'indennit� di 
occupazione di urgenza. cbe .eyl:\ �.finalizzata al conseguimento :di quanto 
�doxuto per legge� e nc>i~ certp a1l'inciennit~ liquidata dall'f\lnmiajstra� 
zio~e in seno al decreto di esproprio. Senonch� .la .Corte .di merito ha dato 
atto che la domanda era diretta a!la corresponsione � dell'inciennit� di 
occup~zione legittima in favore di pro-te attrice per il biennio 1977 e 
1979 �; che meritava ogni contestazione della �determinazione di essa conte� 
nuta nel decreto di esproprio; che, pertanto, ((non esistendo.alcuna controversia 
sui criteri di determinazione e sulla misura dell'indennit�, esula la 
speciale competenza Jn unico grado della Corte d'Appello �, trattandosi di 
�tutelare il diritto soggettivo alla corresponsione dell'indennit��, come 


478 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

liquidata. Ha altres� dato atto di istanza istruttoria e di argomentazioni 
formulate nel corso del giudizio di appello, volte ad una diversa e maggiore 
liquidazione; ma ne ha correttamente ritenuto la inammissibilit�, 
stante il divieto posto dall'art. 345 I comma c.p.c. 

Tale interpretazione della domanda, non appare censurabile in sede 
di legittimit�, essendo stata compiutamente e logicamente motivata ed essendo 
piuttosto orientata alla salvaguardia del principio generale di conservazione 
degli atti, in quanto una diversa interpretazione, concretandosi 
in opposizione alla stima, sarebbe stata proposta davanti a giudice incompetente, 
e inammissibile per.tardivit�. 

Il ricorso incidentale del Consorzio di bonifica, con cui si lamenta 
che la Corte, dopo aver dato atto della determinazione dell'indennit� di 
occupazione sul corpo del decreto di esproprio e nonostante il disposto 
dell'art. 48 della legge fondamentale, ha ritenuto che mancasse ogni riscontro 
probatorio circa il pagamento (rectius, il deposito) della medesima, 
appare fondato sotto il profilo del vizio di motivazione. 

Ha infatti dato atto, la Corte, che l'indennit� in questione risulta determinata 
nel decreto di esproprio che, d'altra parte, a norma dell'art. 48, 
poteva essere pronunziato �in seguito alla presentazione dei certificati 
comprovanti il seguito deposito �. Non poteva, dunque, la Corte ritenere 
priva di riscontro probatorio la circostanza del deposito, senza enunciare 
le ragioni che portavano a contrastare la presunzione nascente dall'emanazione 
dell'atto amministrativo che tale deposito postulava. 

Appaiono sussistere giusti motivi per compensare le spese del presente 
grado. 
In risoluzione al motivo accolto, la sentenza dovr� essere cassata, e 
la causa rimessa ad altra Sezione della Corte d'Appello di Catania. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 novembre 1994, n. 9269 -Pres. Corda � 
Rel. Lupo -P. M. Di Salvo -Nardella (avv. Declich) c. Ministero del 
Tesoro (avv. Stato Zotta). 

Valuta� Infrazioni valutarie� Istanza ex art. 8 r.d.l. 1928/38 � Consesmenze: 
riconoscimento infrazione � Possibilit� di contestazioni sulla sussistenza 
della violazione (doglianza relativa a prescrizione del diritto alla ri� 
scossione della pena pecuniaria) � Preclusione. 

L'istanza promossa ai sensi dell'art. 8 R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928 in tema 
di infrazioni valutarie, implica il riconoscimento da parte dell'interessato 
dell'infrazione compiuta e dunque preclude ogni contestazione sulla sussistenza 
della violazione: in particolar-e � preclusa la doglianza relativa alla 
pretesa prescrizione quinquennale del diritto dello Stato alla riscossione 
della pena pecuniaria (1). 

(1) La Corte torna sull'argomento della definizione per via breve delle 
violazioni alle leggi finanziarie. In particolare conf. Cass. S.U. 20 febbraio 1985 

PARTE I, SBZ. III, G!"URISJ:>RUDl'!NZA Cl\11Ul,, GltI!US~IZIONB E APPALTI 479 

. Il pq.gawentor disposto dal medesimo articqlo, estingl'endo tutti gli 
effetti deriya:rzti dalla violazione, non consente che sia ordinata la devol~ziorie 
all'.erario. dell'oggetto della yfolazione, .. prevista dall'art. S dello stesse:}
esto nprwa,tivo. 

' 1. .�;;..;,.;.� Con ilprimo motivo delrlcorso si denuncia la violazione e falsa 
applicazione �del combinato disposto dell'art. 3 R.D.L. S dicembre 1938 
n; 1928 e art; 11 legge. 5 gennaio 1929 ni4, dell'art. 8 R.D.L. 5 dicembre 
1938 n; 1928 � de1rark2944 <:odice civile; in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, 
codice procedura civile .. 

Il>ricorrente sostiene ch� la domanda ex art. 8 R.D.L. n. 1928/38 non 
comporta akun �riconoscimento dell'infrazione, e, quindi, egli, con tale 
istanza rton ha ammesso l'addebito. Conseguentemente non � stato intef'� 
rotto il termine quinquennale di prescrizione; che era decorso quando � 
stato emanato ildecret� delMinistro del Tesoro. 

2,�;;..;;.. Il motivo� dl ricorso � infondato. 

.�.�Va premesso� che>� secondo �il disposto dell'art. 8 del. R.D.L. 5 � dicembre 
1938 n. 1928; il Ministro del Tesoro, �avuto riguardo alle circostanze 
in�cui .� stata commessa.la :violazione e ai� precedenti . del trasgressore,� anzi.
ch�: infligge.re .. la pena pecunia:ria pu� ammettere. il trasgressore stesso, 
che ne �faccia �domanda, al pagamento. di una somma che lo. stesso� Ministro 
determina in misura non eccedente il .25 per cento del va:lore delle 
,divise, dei titoli, delle merci, o delle altre cose che costituiscono l'oggetto 
della violazione� Ilc;l.etto pagamento estingue tutti gli effetti derivanti dalla 
violazione�. . 

Nell'interpretare la trascritta -disposizione normativa le Sezioni unit� 
di questa Corte, con la sentenza 20 febbraio 1985 n. 1500, hanno precisato 

n.>1500,.. in Riv. Leg. Fisc. 1985, III, 2120, la g_.ale specifica che la presentazione 
dell'istanza suddetta, volta ad ottenere l'ammissione al pagamento di una somma 
determinata dal Mlliistro �del Tesoro in misura n�n�tced�nte� il 25 % del valore 
delle divise, titoli ... equivale a rinuncia di ogni contestazione relativa alla 
legittimit� del decreto ministeriale determinativo dell'ammontare della pena 
pecuniaria. Il pagamento per � via breve � �avrebbe carattere definitiv� ed 
irretrattabile. 

'.Per ci� che concerne l'in,efficacia delle eventuali riserve di ripetizione 
espresse dal trasgressore all'atto del pagamento della somma richiestagli. cfr. 
Cass. 24 aprile 1979 n. 2319, in Foro lt., 1980, I, 1749, con nota di REsTELLO in 
Riv. dir. fin. 1979, Il, 207 e da FIORENZA in Giur. it. 1980, I; 1, 917. 

Sulla natur.a della pena pecuniaria, la Cassazione sembra ora discostarsi 
dal pre�edente orientamento che ne sottolineava le analogie con le obbligazic;
mi di diritto civile: cfr. Cass. 8 gennaio 1968 n: 34 in Foro lt., Rep. 1968, 
voce Tassa in genere n. 521. 

In dottrina per il precedente orientamento CARBONE, TOMASICCHIO, Le sanzioni 
fiscali, Torino 1959, 37. 



480 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

che la presentazione della domanda, da parte del trasgressore, (scil.: una 
volta accolta) comporta una rinuncia dello stesso a contestare la legit


I 

timit� del decreto ministeriale determinativo dell'ammontare della pena 
pecuniaria ed a porre ogni altra questione relativa alla sussistenza della 

I 

violazione, onde non � pi� prospettabile alcuna doglianza relativa alla legit


I fil 

timit� del provvedimento applicativo della sanzione o il merito della violazione 
incorsa. A tale conclusione le Sezioni unite sono pervenute .sulla 
base di una analogia, per l'aspetto qui considerato, tra l'istituto in esame 
(previsto dalla legislazione in tema di violazioni valutarie) e la definizione 
in via breve delle vioiazioni alle leggi finanziarie punite con pena pecuniaria 
(art. 15 della legge 7 gennaio 1929 n. 4), definizione che, secondo la 
giurisprudenza di questa Corte (v. ampiamente Sez. I, 24 aprile 1979 

n. 2319), preclude ogni contestazione sulla sussistenza della violazione, 
anche se il suo autore abbia eseguito il pagamento ingiunto con riserva 
di successive eccezioni, riserva che � priva di ogni valore ed effetto giuridico. 
Il ricorrente sostiene che il precedente delle Sezioni unite n. 1500 del 
1985 -correttamente richiamato nella sentenza impugnata -non concerne 
la presente fattispecie, perch� esso non riguardava un caso in cui 
si invocava la prescrizione quinquennale dell'illecito (art. 17, primo comma, 
della legge n. 4 del 1929, Tichiamato dall'art. 3 del R.D.L. n. 1928/1938). 

L'assunto non ha pregio. Il decorso del termine di prescrizione del 
diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria comporta la illegittimit� 
del decreto ministeriale che ha applicato la pena pecuniaria, 
e tale doglianza, non diversamente da tutte le altre questioni sulla legittimit� 
di detto decreto, � preclusa una volta che il trasgressore sia stato 
ammesso al pagamento in misura ridotta da lui chiesto ai sensi del citato 
art. 8 del R.D.L. n. 1928/1938. 

Pertanto, ogni problema relativo al punto se, nel caso di specie, si 
sia o meno verificata la prescrizione quinquennale della violazione -in 
relazione alla causa interruttiva affermata dalla Corte di appello e contestata 
con il motivo di ricorso -� reso privo di rilievo dalla preclusione 
dianzi affermata. � 

3. -Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa 
applicazione degli artt. 8 e 5 R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928, in relazione 
all'art. 360, nn. 3 e 5, codice procedura civile. 
Il ricorrente lamenta che sia stata riconosciuta la legittimit� della 
devoluzione a favore dell'erario dell'oro sequestrato. Osserva in proposito 
che, come stabilito dal secondo comma dell'art. 8 R.D.L. n. 1928/38, il 
pagamento della somma determinata con il decreto del Ministro -in conseguenza 
dell'istanza di ammissione alla definizione del contesto -estingue 
tutti gli effetti derivanti dalla violazione; onde, verificatasi tale estin


I 

zione, non si vede a quale titolo il Ministro del tesoro pu� conservare la i 

I 

I 

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~ 



PARTB I, SBZ. III, GiURISPRtinBNZA ClViiB, GIURISDIZIONE E APPALTI 

faooltllt di devoluzione allo stato delle� cose . sequestrate che costituiscono 
!;oggetto della viol�Zfone. 

�:. 

,�.�. 4,. :�Ji.~otii9.�tti tjcp~so � foA(:\ato. .. .� 

,, Xli\ pz.;enw~sO::che,. secqndq J.'art. 5 clel R.D.L.. 5 dicembre 1938 n. 1928, 
il Ministro d~l tesoro; � � indipendentement~ dall'applicazione delle pene 
PePtmi~Je sJa1;>ilite,dall'art.. 2, ��ha. la facoh���� di orciinare, la .devoluzione 
~)!~y~te 9eil'~ri.jo.�.� delio Sta~O ,delle cose�. sequestrate, che costituiscono 
l1oggettO clelia violazione �. J'.;a sentenza impugnata ha ritenuto . Che tale 
dfspds�iiorj,e siapplica anche quand() � avvenuto il pagamento in misura 

~tf3~!~~��.ft~ifr~~�.�!ta~!fi6s.sw~!s~atl~i!0.:Jhri::i:b,d~~!~~~~~~ ~h~,te:~:~ 

si dispone nefsecondo Cdmtni:l del�fo stessoart. 8 (qui trascritto nel patagrafo 
2), il pagamenfo � estingue tutti gli effetti derivanti dalla violaZidne-
i;; � 

��.�..� Tale coriditsiori� non�� pu� � ess�re ��condivisa; 

�La devoluzione all'erario ��dell'oggetto �della� violazfone. costituisce una 
coJ!lSeguenza dell'illecito valu:tario a carico del trasgressore, onde essa 
non pu�.�essete :Ordinata �quando l'ille�:ito non sia sussistente.: .si tratta, 
cii0�; di un'autonoma satl:zione amministrativa avente una funzione analoga 
alla confisca che, in linea generale per gli illeciti amministrativi, � 
stata successivamente prevista,, come sanzione amministrativa accessoria, 
daU';ui. 20 de1la legge ~ novembre 19$1 n. 689. 

lJ!l:a volti;!. che, a norma del citMo art. 8, si sia verificata l'estinzione 
di ~ ~.tti . gli effetti derivanti �l.alla viQlazione �, la devoluzione perde il 
suo unico fondamento, consistente nella sussistenza della violazione; n� 
sono previsti.casi. di. devoluzione obbligatoria, analoga ai casi di confisca 
obbligatoria dis�iplinati negli ultimi due commi dell'art. 20 della legge 
I1. 689/81. Al contrario l'art. 5 del R.:0.J'.;. n. 1928/1938 prevede sempre �la 
facolt�� (e non l'obbligo) del Ministr0 ,di ordinare la devoluzione, qualunque 
sia il tipo di �titoli, di merci o cli altre cose che sono oggetto della 

vfolazion~~ 

La Corte di appello ha fondato fa propria contraria tesi su due argomenti 
sinteticamente enunciati: 

a) il citatoart. 5 prevede che la devoluzione � ordinata � indipendentemente 
dall'applicazione delle pene pecuniarie�; 
b) �in ip~tesi analoghe� la legge (art. 334 d.P.R. 23 gennaio 1973 

n. 43) prevede che l'oblazione non impedisce la devoluzione allo Stato 
dell'oggetto della violazione. 
L'argomento sub a) � privo di valore decisivo, poich� l'espressione 
dell'art. 5 pu� anche essere intesa come previsione che la devoluzione � 
ordinata con procedimento diverso �ed � indipendente � da quello stabilito 
per l'applicazione della pena pecuniaria. 


482 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 334 del t.u. doganale, disciplinando l'estinzione per oblazione 
dei delitti di contrabbando punibili con la sola multa, prevede, nell'ultito 
comma, che l'estinzione del reato non impedisce l'applicazione della 
confisca. Ma tale disposizione, che concerne i delitti e non gli illeciti amministrativi, 
contiene comunque una regola espressa, di cui va provata 
l'applicabilit� nei casi non disciplinati. 

Molto pi� pertinente appare, invece, il richiamo del disposto dell'art. 
15 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, ove � disciplinato un istituto che la 
giurisprudenza di questa Corte ha gi� considerato, come si � detto in 
relazione al primo motivo del presente ricorso (v. retro, par. 2), analogo 
al pagamento con effetto estintivo previsto dall'art. 8 del R.D.L. n. 1928/ 
1938. Detto art. 15, nel secondo comma, dispone che il pagamento previsto 
per la definizione in via breve della violazione finanziaria amministrativa 
� estingue l'obbligazione relativa alla pena pecuniaria nascente 
dalla violazione �. Il legislatore del 1938, che aveva ben presente il testo 
della legge n. 4 del 1929, avendone richiamato molteplici disposizioni (elencate 
nell'art. 3) ha, nell'art. 8, secondo comma, adottato una formulazione 
nettamente diversa da quella del cpv dell'art. 15, facendo riferimento 
a � tutti gli effetti derivanti dalla violazione �, e non soltanto al1'
� obbligazione relativa alla pena pecuniaria �. 

Come possibile spiegazione della chiara diversit� di disciplina degli 
effetti del pagamento della sanzione ridotta nelle due disposizioni normative 
qui poste a raffronto, pu� osservarsi che, mentre l'art. 15 della legge 

n. 4 del 1929 consente in ogni caso al trasgressore di pagare la sanzione 
ridotta, l'art. 8 del R.D.L. n. 1928 del 1938 subordina lo stesso beneficio 
al potere del Ministro del tesoro, che � pu� ammettere � il trasgressore al 
pagamento della sanzione ridotta. Tale facolt� dell'autorit� amministrativa 
(non consentita per le violazioni alle leggi finanziarie) � idonea ad evitare 
che si ricorra alla definizione delle violazioni valutarie per le quali il Ministro 
voglia conservare il potere di devoluzione all'erario dell'oggetto della 
violazione prevista dal precedente art. 5. 
Nulla rileva, infine, che, nella presente fattispecie, si tratti di violazione 
alla disciplina sul commercio dell'oro, considerato che l'art. 1 del R.D.L. 

n. 1928 del 1938 parifica tale tipo di violazione a quelle valutarie, onde non 
pu� pervenirsi, per le violazioni in materia di oro, a interpretazione diversa 
da quella che va data in linea generale alle disposizioni degli artt. 5 
e 8 del R.D.L. n. 1928 del 1938. 
5. -In conclusione, il primo motivo del ricorso va rigettato ed il 
secondo motivo va accolto. La sentenza impugnata va cassata limitatamente 
al motivo accolto e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte 
di appello di Roma, che si conformer� al seguente principio di diritto: 

PARTE I, SBZ. III, GIURISPRUl)BNZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 483 

� ll pagai;nento previsto dall'art. 8. del R.D.L, 5 dicembre 1938 n. 1928, estin� 
guendo tutti gli effetti derivanti dalla violazione, non consente che sia 
ordinata la devoluzione alFerario dell'oggetto della violazione, prevista 
dall'art. 5 dello stesso testo normativo ȥ 

CORTE DI. CASSAZIONE, Sez. �� l, 18 novembre 1994, n. 9789 -Pres. Beneforti 
�Rel. Lupo -P. M. Maccarone (conci. conf.) -Mediofactoring spa 
(avv. Sigill� e Benatti) c. AIMA (avv. Stato Fiumara). 

ObbligazJ.olli (in �generale) � � AIMA � '.Personalit� giuridica � DiSposizioni 
sulla contabilit� generale dello Stato � Applicabilit�. 

Obblig~oni (in generale) � Contratto di deposito � Non configurabilit� Cc:>
ndizfolli. 

ObbUgMt~nJ (in generale) �Contratto di forllitura ex art .70 r.d. 2440/23� 

�lden~lcaziQne. 
Obbligaziolli (in generate) �Cessione di crediti verso la Stato ex art. 70 r.d. 
2440/23 � Lin;dtl. 

All'Af;ienda di Stato per gli interventi. sul.� mercato agricolo (A/MA), 
avente persotiatit� giuridica, si applicano le disposizioni sulla contabilit� 
generate dello Stato, dettate dal R.D. 18.11.23 n. 2440, cos� come implicitamente 
evidenziato dall'art. 3 della legge 14 agosto 1982 n. 610 (1). 

Non � oonfigurabile un contratto di deposito qualora dalla comune 
intenzione delle parti si desuma che queste~ oltre ad aver riichiamato nel 
contenuto del rapporto. fart. 1166 e.e., hanno previsto operazioni aggiun


(1) ..Gli unici precedenti che .constano con riguardo all'AIMA (ora EIMA) 
sono Cass. 30 ottobre 1984 n. 5544 in FI, 1985, I, 790 e. App. Bari 22 aprile 1972, 
id., 1972 I, 3576, ove si precisa che la suddetta azienda. ha natura di> amministrazione 
statale .. e pu� stare in giudizio mediante l'Avvocatura senza apposito 
mandato alle .liti; nella motivazione tale assunto viene giustificato interpretando 
l'art...43 R.D. 1611/33 nel senso che anche per il patrocinio facoltativo 
non � necessario�� l'apposito .��mandato cos� come nelle�. ipotesi���. di patrocinio 
ex lege delle amministrazioni dello Stato ai sensi dell'art.. 1 R.D. cit, -In 
argomento vedi anche PAVOli!B, Lo. Stato in giudizio; Milano 1982, 293, nel senso 
che il patrocinio dell'Avvocatura per le aziende autonome con personalit� 
giuridica rientra nella previsione dell'art .. 43 RD. 1611/33; contra BB.I, Avvocatura 
dello Stato, in Enciclopedia del diritto, IV, 675. 
Va tuttavia precisato che il problema affrontato con la prima massima; 
implicitamente risolto dalla legge 14 agosto 1982 n. 610 art. 3, non sembrerebbe 
venir riaperto dalla recente trasformazione dell'AIMA in Ente pubblico (EIMA) 
per effetto del D.L. n. 464 del 25 luglio 1994, recentissimamente reiterato nel 

D.L. n. 648 del 25 novembre 1994 che dichiara espressamente applicabile all'Ente. 
almeno in via transitoria (art. 15) la citata legge n. 610/82. 

'484 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

tive che nella specie non rivestono carattere accessorio e secondario rispetto 
al contratto tipico (2). 

Il contratto di fornitura, indicato nell'art. 70 R.D. 18 novembre 1923 

n. 2440, si identifica non solo nelle � cose �, ma anche nelle � opere >>, 
ossia nelle attivit� compiute dal fornitore; pertanto nel caso di specie, il 
rapporto intercorrente tra AIMA e Soc. Distilleria Fustella S.as. rientra 
direttamente nella previsione del suddetto art. 70 (3). 
La cessione di crediti verso lo Stato, disposta dall'art. 70 del medesin:io 
testo normativo, � limitata ai crediti che derivano da contratti � in corso �, 
ad indicare con questa espressione la permanenza del rapporto contrat� 
tuale non solo al momento della notifica della cessione, ma anche al momento 
della decisione (4). 

1. -Con il primo motivo la societ� ricorrente deduce la violazione e 
falsa applicazione di norme di diritto (artt. 14 e 15 preleggi, artt. 69 e 70 
R.D. n. 2440/1923, art. 3 della legge 14 agosto 1982 n. 610, art. 23 del d.P.R. 
14 febbraio 1985 n. 30), nonch� vizi di motivazione. La ricorrente sostiene 
che l'art 70 del R.D. n. 2440/1923, il quale contiene un jus singolare per i 
(2-3) Il problema � quello dell'interpretazione del negozio ed � in base 
ad una puntuale ricostruzione della relativa disciplina che la Corte Suprema 
perviene alla soluzione del caso. Si noti che pur non potendo giudicare nel 
merito, la Corte attraverso l'applicazione dei criteri di ermeneutica negoziale 

compie, in definitiva, un controllo relativo ai fatti (Cass. 11 giugno 1991 n. 6610 
in Dir. Fall. Soc. Comm. 1992, II, 75). 

Il carattere prioritario dell'elemento letterale non va inteso in senso assoluto, 
giacch� l'art. 1362 cc. richiamando la comune intenzione delle parti, impone, 
per individuarla, di estendere l'indagine anche all'elemento logico, disponendo 
che il giudice non deve limitarsi al senso letterale delle parole. 

La conseguenza � che il criterio letterale e quello logico devono essere 
coordinati ed armonizzati in vista dell'individuazione dell'effettiva volont� dei 
contraenti (Cass. 14 marzo 1990 n. 2058). 

Il contrasto insanabile sul piano testuale tra il � nomen juris � del contratto 
stesso e le singole clausole dimostra di per s� l'inadeguatezza dell'interpretazione 
letterale e la necessit� del ricorso a criteri sussidiari, progressivamente 
nell'ambito dell'interpretazione soggettiva e storica e quindi in quello 
dell'interpretazione oggettiva, cui deve aggiungersi il criterio residuale contenuto 
nell'art. 1371 e.e. 

(4) La cessione dei crediti vantati verso lo Stato deve riguardare contratti 
pendenti, non ancora eseguiti (Cass. n. 362/63). 
I casi previsti dall'art. 9 L. 2248/1865 AH. E, dall'art. 339 L. 20 marzo 1865 

n. 2248 AH. F e dall'art. 70 L. 18 novembre 1923 n. 2440 rappresentano casi di 
deroga esplicita all'art. 1260 e.e. sul requisito della non obbligatoriet� del con� 
senso del debitore ceduto; in senso conforme v. richiamata in motivazione 
Cass. 8 ottobre 1974 n. 2691 in Foto lt., 1975, I, 1186 per la quale, inoltre, il 
riconoscimento della cessione da parte della P A. ceduta � un requisito estrin� 
seco del negozio e pi� propriamente un'autorizzazione d'efficacia del negozio 
rispetto alla P A. 

486 RASSEGNA AVVOCAT�RA DEILO STATO 

alcoli (art. 4 del contratto); trasporto e consegna del prodotto, a spese 
della Distilleria, ai destinatari indicati dall'AIMA, nel rispetto delle condi� 
zioni e delle modalit� stabilite da quest'ultima (art. 5 del contratto). La 
Corte ha, poi, escluso che tale contenuto aggiuntivo del contratto possa 
considerarsi accessorio e secondario rispetto a quello tipico del deposito. 
Siffatta motivazione resiste alle critiche mosse dalla parte ricorrente. 
La comune intenzione delle parti si desume non solo dalle espressioni 
letterali usate, ma dall'intero contenuto del contratto, e l'elemento letterale 
� ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte esaustivo ed assorbente 
solo quando non sussista ragione di divergenza tra le espressioni.adoperate 
e lo spirito della convenzione (Cass. 18 agosto 1986 n. 5073; 14 marzo 1990 

n. 2058; 11 giugno 1991 n. 6610). Nel caso di specie la Corte di appello ha 
ravvisato un contratto complesso ed atipico, in cui, oltre ad una attivit� 
di custodia; � stata prevista la prestazione di diversi servizi continuativi 
a favore dell'AIMA che non ha proprie strutture operative (e la posizione 
di tale parte contrattuale non � stata trascurata nell'interpretazione del 
contratto). 
La Corte di appello, poi, non aveva bisogno di pervenire ad una precisa 
qualificazione di tali servizi continuativi,� aggiunti alla custodia, essendo 
~i� sufficiente per giustificare l'applicabilit� al contratto in corso del citato 
art. 70 (come si dir� nel successivo paragrafo). 

3. -Con il quarto motivo la societ� ricorrente deduce la violazione e 
i

falsa applicazione di norme di diritto (art. 1766 e.e., artt. 69 e 70 R.D. 

n. 2440/1923, art. 14 preleggi) e vizi di motivazione, sostenendo che l'art. 70 
citato non era applicabile nel caso di specie, in cui non � stato stipulato 
uno dei contratti previsti da detta norma (somministrazione, fornitura ed 
appalto), la quale non � suscettibile di applicazione analogica. 
I

Il motivo di ricorso � infondato. 

Il contratto di �fornitura� indicato nell'art. 70 non pu� essere inteso 
quale vendita, come sostiene la parte ricorrente. La nozione di fornitura, 
comprende anche i servizi, come si desume dall'art. 355 cod. pen., ove 
l'oggetto del contratto di pubblica fornitura � identificato non solo nelle 
� cose �, ma anche nelle � opere �, e quindi nelle attivit� compiute dal 
fornitore. La prestazione del servizio continuativo alla quale si � obbligata 
la Distilleria Fustella, pertanto, rientra direttamente nella previsione 
dell'art. 70, la quale non ha formato oggetto di applicazione analogica da 
parte della Corte di appello. 

4. -Con il quinto motivo la societ� ricorrente deduce la violazione e 
falsa applicazione di norme di diritto (art. 9 legge n. 2248/1865 ali. E e art. 70 
R.D. n. 2440/1923) e vizi di motivazione. La ricorrente osserva che i crediti 
ad essa ceduti riguardavano il periodo di magazzinaggio 1� luglio 198531 
dicembre 1985; dopo tale data l'adesione dell'AIMA alla cessione non 

-�--~�� 


488 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 


La sentenza impugnata ha ritenuto sufficient� acc�rtare che la notifica 
della cessione del credito verso l'AIMA � avvenuta. durante il rapporto 
contrattuale; ma, per il rigetto .della domanda proposta dalla Cassa 
cessionaria del credito, era necessario accertare altres� che il contratto 
fonte del credito era � in corso � anche al momento della decisione, 
poich� se, in tale momento, il rapporto contrattuale si era esaurito, non 
sussisteva pi� la causa di inefficacia-della cessione opposta dall'AIMA. 

Sussiste, in conclusione, l'insufficienza di motivazione lamentata dalla 
parte ricorrente,<onde la sentenza impugnata va cassata limitatamente al 
motivo a�colto. 

La causa va rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Roma, 
la quale accerter� se il contratto tra l'AIMA e la Distilleria Fustella sia 
an�ora � in corso �, pervenendo al rigetto della domanda della societ� 
Mediofactoring solo nel caso di risposta positiva al detto quesito. 

CORTE Dl CASSAZIONE, $ez. Un., 6 dicembre 1994, Ii. 10467 -Pres. Bile -
Rel. Cantillo -P. M. Morozzo Della Rocca -Ente Acquedotti siciliani 
(avv. Stato Linguit�) c. Barone (avv. Ricci). 

Espropriazione per pubblica utilit� � AiJone del privato a seguito di occu. 
pazione illegittima e di irreversibile ttasformazione .del fondo in opera 
pubblica � Natura dell'azione � Prescrizione � Termine. 

In tema di occupazione appropriativa, l'azi�me del privato diretta ad 
ottenere .il ristoro del danno corrispondente al valore del fondo perduto 
in conseguenza dell'illegittima occupazione e dell'irreversibile destinazione 
del bene ad opera pubblica, soggiace al termine quinquennale di prescrizione 
dettato dall'art. 2947, primo comma, e.e., configurandosi in capo al 
privato non un credito al controvalqre del bene, ma un vero e proprio 
credito risarcitorio da fatto illecito (1). 

(1) La sentenza in esame offre il destro per riepilogare brevemente le 
intense vicissitudini dell'istituto dell'occupazione appropriativa, cosi denominato 
dalla giurisprudenza. 
La massima costituisce espressione dell'ultimo orientamento della Corte 
di Cassazione, secondo il quale l'irreversibile trasformazione del bene concreterebbe 
un atto illecito della Pubblica Amministrazione, dal quale deriverebbe 
in capo al privato il diritto al risarcimento del danno con termine prescrizionale 
quinquennale (tale orientamento ha avuto la sua prima definizione con 
Cass. S.U. 26 febbraio 1983 n. 1464 in F.I. 1983, I, 626, Cass. 18 ottobre 1983 

n. 6106 e meglio puntualizzato da Cass. 10 giugno 1988 n. 3940, id. 1988, I, 2262). 
Da ultimo v. Cass. S.U. 25 novembre 1992 .n. 12546 in F.I. 1993, I, 87, Cass. 
2 ottobre 1993 n. 9826 in Riv. Ammin. 1994, III, 119 e Cass. 11 ottobre 1994 n. 8290. 
Tale prospettazione � stata criticata dalla stessa Corte in seno alla prima 

sezione: questa � approdata ad una diversa sistemazione dell'occupazione acqui

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

490 

e appunto con riferimento alla data suddetta ha ritenuto prescritta, per decorso 
quinquennio (l'atto introduttivo del giudizio � del 17 settembre 1980), 
la pretesa risarcitoria relativa all'occupazione illegittima (sulla quale 
statuizione, non impugnata da alcuno, si � formato il giudicato). 

Invece, muovendo dall'opinione, che qui si respinge, della natura 
stricto sensu indennitaria del diritto del privato ad ottenere il valore del 
bene perduto, il Tribunale ha erroneamente ritenuto applicabile in parte 
qua la prescrizione decennale ed ha per questa ragione disatteso l'eccezione 
di prescrizione. 

Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata 
limitatamente a tale statuizione e deve essere rinviata allo stesso 
Tribunale Superiore, il quale proceder� a nuovo esame della controversia 
sul punto attenendosi al principio di diritto innanzi richiamato. 

il diritto di propriet� del fondo e dell'opera pubblica spetterebbero alla P.A. in 
virt� del preminente interesse pubblico che la muove. 

In precedenza anche se si parlava di diritto per il privato al risarcimento 
del danno, lo si collegava sempre ad una occupazione sine titulo della P.A., 
ossia ad una occupazione ab origine illegittima (Cass. 5 aprile 1976 n. 1179 in 
Giust. civ. 1976, I, 1093), ovvero ad una distinzione tra illecito istantaneo, quello 

conseguente all'irreversibile trasformazione del bene, ed illecito permanente, 
derivante dal mancato godimento del bene per il periodo di occupazione illegittima 
(Cass. 15 dicembre 1980 n. 6485 in F.I. 1981, I, 2515). 

Sta di fatto, comunque, che la Suprema Corte ha polarizzato il momento 
acquisitivo del diritto dominicale a titolo originario nella irreversibile trasformazione 
del fondo privato e non nell'occupazione sine titulo, la quale funge solo 
da mezzo attraverso il quale poter operare la predetta trasformazione (Cass. 
19 ottobre 1994 n. 8515 determina il dies a quo della decorrenza della prescrizione 
dall'irreversibile destinazione del fondo). Quest'ultimo si considera �destinato 
� q1,1ando l'opera si delinea nei suoi connotati defi;nitivi, s� da rendere 
oggettivamente valutabile l'effettiva entit� dell'intervento ablatorio (Cass. 9 giu� 
gno 1993 n. 6433). 

I 

CORTE D'APPELLO DI BRESCIA, Sez. I, 26 giugno 1991, n. 470 � Pres. 
Falcone -Rel. Finocchiaro -Ministero Finanze (avv. Stato Montagnoli) 
e Fallimento Rodella Angelo. 

Tributi erariali indiretti � Tasse Automobilistiche � Sentenza dichiarativa 
di fallimento � Applicabilit� art. 5 comma 36 d.I. 953 del 30 dicembre 
1982 convertito, con modifiche, in legge 28 febbraio 1983 n. 53. 

La sentenza dichiarativa di fallimento rientra tra i provvedimenti 
dell'Autorit� Giudiziaria -da cui deriva la perdita della disponibilit� 


PARTB I, SEZ. III; GIURISPJ.tuDaNZA ClVILllr GIURISllIZIONE E APPALTI 491 

dell'autoveicol� .;,_ ch�, se annotati al P.R.A., comportano la non debenza 
del tributa previsto dall'art;. 5, commi 31 e segg. D.L. 953 del 30 dicembre 
1982 convertito, con modifiche, in legge 28 febbraio 1983 n; 53 (1). 

II 

!J.Rt~lr~ALE Dl BERGAMO, Sez. II, 10 marzo 1994, n. 417 -Pres. Brignoli 
� � Rel; Galizz;i. � AJ:nmimstr~zione. delle Finanze dello Stato .(avv. 
Stato Oi;cali) ~�Fallimento Magri Giuseppina (avv. Botti). 

Tributi erariali . indiretti.�� Tasse � Automobilisti�he � Condizioni per l'am� 
missione al passivo delle somme dovute dal fallito, lJllche in costanza 
di t~lt1Jlento, a. tale titolo. 

valina in u~~a .generale .ammesse al .passivo, con .privilegio ex. articolo 
2158. e.e., .le somme dovute per �tasse automobilistiche�,. qualora 
non s.ia iktervenuta 11annotazione. al p.R,A.. della sentenza dichiarativa

ili fatlim�ito. . . . . . . � 

Nel���ca$o di .. autoveicoli. iscritti. al P:R.A. senza alcuna annotazione, 
ma non appresi all'attivo fallimentare e concretamente irreperibili, it 
suddetto tributo non � dovuto, in quanto la tassa di possesso di cui alla 
legge 53/83 � applicabile qualora il veicolo sia posseduto ed esistente, o 
quafora siano� possibili� le annotazioni al P.R.A. -necessarie per rendere 
rilevante lo. sposst;tssainento .�~�.che nella fattispecie� non possono essere 
attuate (2):� � 

(1-2) Questioni in materla di t~s~e automobijistiche. 

.Il .� contenzioso in ..materia di tasse. automobilistiche pone una rilevante 
serie di problemi, che pare �opportuno trattare congiuntamente, per la loro 
connessione. 

l) Finalit� legislative. 
Anzitutto, va considerato che il DL. 30 dicembre 1982 n. 953, art. 5, comma 
31/32, nel prevedere che �l veicoli ... scino soggetti alle tasse ... per effetto 
della loro iscrizione �.. � e .che � ��; al pagamento ne sono tenuti tutti coloro 
che ... risultano essere propr�~tari lii P.R.A .... �, ha evidentemente inteso agevolare 
la riscossione dei tributi � automobilistici, ancorandola� ad un fatto non 
suscettibile di contestazione (l'isc:rizione al P.R.A.) e semplificando l'individuazione 
del soggetto tenuto al Pagamento (l'intestatario). 

2) La sentenza 164/93 della Corte Costituzionale. 
Recentemente, si � pronunciata, con sentenza interpretativa di rigetto, la 
Corte Costituzionale (sentenza n. 164/93), che ha ritenuto che il suddetto comma 
32 ponga una mera presunzione semplice, suscettibile di prova contraria 
mediante atto avente data certa, idoneo a dimostrare la non coincidenza tra 
propriet� e intestazione, nel qual caso andrebbe esclusa la debenza del tributo. 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 493 

2. -L'Amministrazione delle Finanze dello Stato censura la pronuncia 
sopra riassunta sotto due, concorrenti, profili: a) da un lato (Primo 
motivo di� gravame) in particolare; si eccepisce che non essendo st�to 
presentato, dal curatore del fallimento, ricorso gerarchico, all'iiitend�nte 
di Finanza, �avverso. l'ingiunzione.� fiscale che ordinava il p�gamento del 
tributo, � pre�lusa, � in sede �giurisdizionale, qualsiasi indagine, sulla debenza 
del tributo stesso, a norina�dell'art 3; ultiilio comma, legge 24 gen~ 
naio 1978, n. 27; b) dall'altro (secondo motivo di censura), si sottolinea 
che, comunque, l'art. 5, comma 36 del d.l. n. 953 del 1982 contempla unicamente 
(quale causa sopravvenuta che fa venir meno l'obbligo del pagamento 
della tassa in questione) l'eventuale perdita di�possesso materiale 
del veicolo, da parte del proprietario, e non anche ove si realizzi la mera 
indisponibilit� giuridica. 
3. -Il primo motivo di gravame � infondato. E da disattendere. 
:�. assolutamente pacifico, in dottrina come in giurisprudenza, che 
in base al combinato disposto di cui agli artt. 42 e 43 legge fall. successivamente 
alla pronuncia di fallimento unicamente il curatore � legittimato 
ad agire, in qualsiasi controversia, relativa a rapporti di diritto patri-

formalit� (dichiarazioni, annotazioni, rispetto di termini ecc.) costituisca, pi� 
che l'eccezione, un principio di carattere generale; 

-pertanto, a meno che non si voglia mettere in discussione tale principio 
(con effetti di facilmente immaginabile portata) la fattispecie di cui trat� 
tasi, interpretata come proposto, non pare possa essere considerata affetta 
da vizi di costituzionalit�, in quanto la possibile non coincidenza verrebbe pur 
sempre a dipendere dal mancato uso, da parte dell'intestatario, della necessaria 
diligenza, normalmente dichiesta dal legislatore quale condizione per il riconoscimento 
di situazioni favorevoli all'interessato, in materia tributaria. 

Pertanto, sembra che l'interpretazione adottata nella sentenza n. 164/93 della 
Corte Costituzionale (non vincolante, come noto, nel caso di sentenza interpretativa 
di rigetto) non possa� essere condivisa. 

3) Altri soggetti passivi dell'imposta. 
Si pone poi il problema se l'intestatario al P.R.A. �Sia l'unico soggetto tenuto 
al pagamento dell'imposta, o se, a tali fini, possa accettarsi il principio (negato 
al punto precedente ai fini dell'esclusione dall'imposta) della considerazione del 
criterio sostanziale (la propriet�), accanto a quello formale (la risultanza dei 
registri). 
Vi sono, al riguardo, degli elementi di carattere testuale da considerare: 
A) la formulazione dell'art. 5, commi 31-32 (D.L. 953/82) con la quale 
viene prevista, da un lato, la soggezione dei veicoli alla tassa; e, dall'altro, 
viene individuato il soggetto tenuto al pagamento; vi � quindi una duplicit� 
di previsioni che, unita alla mancanza di elementi idonei a far ipotizzare una 
soggezione esclusiva in capo all'intestatario, non sembra escludere la possibilit� 
di individuazione di altri soggetti passivi. 
B) La formulazione del comma 55 che prevede espressamente il caso di 
soggezione a tributo di un soggetto che pu� certamente essere diverso dall'inte




RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

494 

moniale del fallito, compresi nel fallimento (cfr., per tutte, C. cost. 12 
maggio 1982 n. 88, nonch� C. cost. 18 aprile 1983 n. 95): ne segue, per 
l'effetto, che in tanto l'Amministrazione pu� invocare l'omessa proposizione 
del ricorso gerarchico, da parte del curatore del fallimento Rodella, 
avverso l'ingiunzione in atti (con la quale � stato ordinato, al 
Rodella, il pagamento della somma per cui � causa di L. 1.879.705) in 
quanto risulti che detto curatore � stato posto in condizione di proporre 
il ricorso medesimo. 

Atteso quanto sopra e ritenuto che � pacifico (V., relata di notifica) 
che l'ingiunzione stessa � stata notificata non al curatore del fallimento 
del Rodella ma a quest'ultimo, nella sua abitazione, a mani del figlio, � 
di palmare evidenza che detta ingiunzione � inopponibile alla curatela 
che, per l'effetto, ben pu� contestare per la prima volta in sede giurisdizionale, 
la debenza del tributo (stante l'inapplicabilit� dell'art. 3, 
ultimo comma legge n. 27 del 1978). 

4. -Anche il secondo motivo di gravame � infondato. E da disattendere. 
Deve, in particolare, e tassativamente, escludersi che la disposizione 
invocata (secondo cui � la perdita del possesso del veicolo ... o la indisponibilit� 
conseguente a provvedimento dell'autorit� giudiziaria ... annotate 

statario; tale comma pare informato al princ1p10 che, laddove non vi sia 
soggetto tenuto sulla base della intestazione, � il soggetto che commette la 
� violazione � quello tenuto al pagamento dell'imposta ( � se i veicoli e gli autoscafi 
cancellati ai sensi del precedente comma sono comunque posti in circolazione, 
nei confronti del responsabile del ripristino della circolazione si applica 
la pena pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni, oltre il pagamento 
delle tasse dovute dall'l gennaio 1983 e delle altre penalit� previste dalle vigenti 
disposizioni �). 

C) La formulazione del comma 37, che prevede l'obbligo di pagamento 
dell'imposta e di una soprattassa a carico di soggetto che riacquisti il possesso 
della vettura (sequestrata o altro) senza far luogo all'annotazione prevista; 
ci� che significa che l'imposta resta a carico dell'interessato anche in situazioni 
nelle quali, dai registri, non risulti l'esistenza di un soggetto tenuto. 

D) Gli articoli 59 del precedente Codice della Strada e 94 di quello vigente, 
che, ponendo a carico di entrambe le parti l'obbligo di provvedere alla trascrizione 
della compravendita, contribuiscono ad evidenziare la sussistenza di altri 
soggetti gravati di obblighi in materia. 

Vanno quindi considerati la ratio della innovazione legislativa di cui trattasi 

(agevolazione dell'attivit� dell'Amministrazione nell'accertamento e nella riscos


sione del dovuto); vedasi in tal senso la gi� citata sentenza dell aC. Cost., (164/93) 

e il principio di capacit� contributiva di cui all'art. 53 Costituzione. 

Poste tali basi, non si ritiene che il legislatore abbia inteso escludere la 

soggezione ad imposta di soggetti non tenuti in base alle mere risultanze del 

P.R.A.; ma, piuttosto, che abbia inteso individuare un soggetto certamente 

tenuto (l'intestatario P.R.A.) senza che ci�, in assenza di un attuale intestatario 

o per altre ragioni, possa costituire ostacolo alla individuazione di altri soggetti 

PARTE I, SEZ. III, _GlURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 495 

.ei registri ... fanno .. venir tneno _l'obbligo_ d,el pagamento del tributo per 
i periodi p'imposta succ~sivi a quello in cui � stata effettuata l'annota� 
Z�O!le�)_._-J?ossa leggersi. nel_ senso invocato. dall'Amministrazione e, in 
pi:.-tic<>lilti;e cJ:i~. � qg.~do sl _Pl:ll"la di_ perdita del possesso per provvediment() 
d.ell[:l\.G.. --�.si.-dferisce escl.5ivamentli) alle ipotesi -di sequestro e 
cqnfis�a Pe~lk~ e clW �posto che--�il fallimento... si manifesta in_-. un 
pjg.9r~ent9 geil.~r:aj:e ~ l?eJ1i deL fallito, non si comprende perch� 
da ess9 cpn:s_egtlirebbe quella-cessazione -9.ell'obbligo tributario che, pacifipamente,.. 
npn consegue al pi~oramento (in quanto atto dell'ufficiale 
giuqiziario��e._ non clell'.A.G,) �_,


Come accennato n<5 Ja prima proposizione, n� la seconda meritano 
di essere seguite. 

Infatti! 

....._ giusta la piintuale prev1s1one di cui all'art. 12 preleggi, � nell'applicare 
la legge mm si pu� ad essa attribuire altro senso che quello 
fatto -P~ese> dal� significato proprio delle parole secondo la connessione 
di esse; e dalla intenzione del legislatore �. Nella specie, e il primo criterio 
interpretatiyo, voluto dal. legislatore, e il secondo, suppletivo, conducono 
ad intel"Pretare la dism>sizione oggetto di lite nel senso fatto proprio dal 

tenuti al pagamento, o nei casi espressamente previsti, o, comunque, leggendo 
il comma 55 gi� citato (che disciplina espressamente soltanto l'ipotesi del veicolo 
cancellato, e messo abusivamente in circolazione) come espressione di un prin� 
cipio generale, idoneo ad evitare elusioni di imposta in casi nei quali il dato 
formale non sia sufficiente, 

4) � Gli eredi dell'intestatario. In 
base a quanto esposto sinora, si pu� ritenere che il sistema dell'imposta 
di cui trattasi, tale da non dare adito a dubbi nella normalit� dei casi (coincidenza 
tra intestatario e proprietario), sia suscettibile di adeguata interpretazione 
estensivo-sistematica ove tale coincidenza non vi sia, e vi sia la possibilit� di 
individuazione di altro soggetto tenuto al pagamento. Tipico esempio di ci� 
pu� darsi nell'ipotesi di_ morte dell'intestatario, e di subentro dell'erede nella 
propriet� del bene. Ove non vi siano trascrizioni, si tratterebbe di tipico caso 
di non coincidenza tra intestatario e proprietario; ma sembra, da un lato, da 
escludere con certezza l'ipotesi che il legislatore abbia inteso consentire la 
formazione di una tale falla nel sistema della tassa in_ questione; dall'altro, che 
il generale principio del subentro dell'erede nella posizione del de cuius, sia 
tale da consentire senz'altro di concludere per la soggezione di questi all'imposta 
di cui trattasi (in tal senso, vedasi il parere 13 dicembre 1994 n. 120484 
dell'Avvocatura Generale � CS 513/94), ci� che sembra portare ulteriori elementi 
nel senso di quanto esposto al punto 3. 
Pu� peraltro darsi l'ipotesi di un soggetto; intestatario P.R.A., che venga 
meno, senza che alcuno vi subentri; ad esempio, nel caso di morte con eredit� 
non accettata, o, comunque, accettata dopo un lasso di tempo tale che nel 
frattempo ulteriori imposte maturino; oppure nel caso di eredit� contestata. 
In tali casi, ove, alla fine, vi sia comunque un erede, pare che, in presenza 
del principio della retroattivit� degli effetti della accettazione (art. 459 e.e.), e 



496 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 


tribunale. Quanto al primo dei detti criteri � indubbio che per effetto del 
fallimento il fallito � privato della 'disponibilit�' del proprio patrimonio 
(cfr., art. 42, legge fall.: �la sentenza che dichiara il fallimento priva, 
dalla sua data, il fallito dell'amministrazione e della disponibilit� dei 
suoi beni esistenti alla data della dichiarazione di fallimento�}: non si 
comprende, per l'effetto, per quale motivo il legislatore' del 1983, nel 
disporre la sospensione dell'obbligo al pagamento delle tasse automobilistiche, 
in presenza di � indisponibilit� � del veicolo conseguente a provvedimento 
dell'autorit� giudiziaria, avrebbe -per implicito e nel pi� 
ermetico silenzio -operato una distinzione nei termini suggeriti dalla 
difesa dell'appellante contrapponendo �indisponibilit�� derivanti da 
norme in senso ampio � civili�, che non esonerano dal pagamento del 
tributo, e � indisponibilit� � derivanti da norme, in senso ampio � penali � 
che avrebbero, per contro, l'effetto, di sospendere l'obbligo del pagamento 
del tributo; 

-se la ratio della disposizione � nel senso che il veicolo non � 
soggetto a tributo in tutte le circostanze nelle quali � certo, oltre ogni 
ragionevole dubbio, che lo stesso non � circola� (V., al riguardo, ad 
esempio, le disposizioni dettate per i veicoli ed autoscafi consegnati per 

considerato quanto detto sopra a proposito dell'erede, questi sia tenuto al 
pagamento dell'imposta maturata medio tempore e successivamente all'accettazione. 
, 

Qualora, invece, un �normale � erede non vi sia, erede in ultima istanza 
sar� lo Stato, e, in tal caso, la questione perder� evidentemente di rilevanza 
pratica, per la coincidenza tra creditore e debitore d'imposta. 

Nel caso poi di accettazione con beneficio di inventario, deve ritenersi che 
non vi siano differenze rispetto a quanto appena esposto, in quanto il beneficio 
di inventario vale a limitare la responsabilit� dell'erede in relazione ai debiti 
maturati sino al decesso del dante causa; non certo in relazione al periodo 
successivo. 

5) Fallimento dell'intestatario. 
Ricorrenti problemi si pongono poi nel caso di fallimento dell'intestatario 
del veicolo. 
Si pone, in particolare, il problema se sia applicabile al fallimento il disposto 
dell'art. 5 comma 36 che prevede, in particolare, che �l'indisponibilit� (del 
veicolo n.d.r.) conseguente a provvedimento dell'autorit� giudiziaria o della 
Pubblica Amministrazione, annotata nei registri ... fanno venir meno l'obbligo 
del pagamento del tributo per i periodi successivi a quello in cui � stata effettuata 
l'annotazione�. 
Al riguardo, va osservato quanto segue: 
A) Anzitutto, appare certo che l'imposta debba essere applicata, ove non 
vi sia l'annotazione sopra citata, non essendo previsto alcun altro modo per 
escludere la debenza del tributo. 
B) Ove l'annotazione vi sia stata, la formulazione del comma 36, per 
quanto faccia pensare principalmente ad ipotesi di sequestro, non sembra tale 
da portare ad escludere, ex se, la sua applicabilit� nel caso di dichiarazione di 
fallimento, considerato l'effetto di spossessamento (e quindi di perdita di dispo



PARTB I, SBZ. Ill, GIURISPRUDENZA CIVILB, GIURISDIZIONE B APPALTI 497 

la rivendita,� art. S, comma 43 ss., del pi� volte citato dJ. 30 dicembre 
1982, n. 953), non pu� non evidenziarsi che tale � la situazione dei 
veicoli acquisiti al fallimento, in custodia del curatore (e che non possono 
essere utilizzati n� dal fallito, che ne. � stato spossessato, n� dagli organi 
del fallimento, salvo, ma. la fattispecie esula dalla presente controversia, 
e doveva, se del caso, essere adeguatamente dedotta e provata, non vi 
sia stato un provvedimento ex art. �90 legge fallimentare); 

..,--di difficile lettura � l'argomento difensivo, invocato dall'Amministrazione, 
per dimostrare l'impossibilit�, giuridica, di comprendere, tra 
gli atti dell'autorit� gitidiziaria che importano lo � spossessamento � del 
veicolo anche il � pignoramento �, � in quanto atto demufficiale giudi� 
ziario e non dell'Autorit� Giudiziaria �. In realt� esula dalle attribuzioni 
dell'Autorit� Giudiziaria, a quel che risulti, procedere materialmente al 
sequestro e alla confisca di cose utilizzate per commettere reati, provveclendo, 
alla bisogna, le Autorit� di polizia giudiziaria: analogamente, 
ancorch� il � pignoramento � sia atto dell'Ufficiale Giudiziario, ci� non 
esclude che questo possa essere posto in essere in quanto esista, previa


nibilit�) tipico di tale provvedimento (in tal senso la Corte d'Appello di Brescia, 
con la sentenza n. 470/91, di cui sopra). 

C) Va peraltro considerato il disposto del successivo comina 37, che prevede 
che l'obbligo del pagamento ricominci a decorrere� dal riacquisto del 
possesso o della disponibilit�; prevede quindi l'obbligo di richiedere la cancellazione 
dell'annotazione in precedenza effettuata; e sanziona eventuali violazioni 
di tale obbligo. 

Tale disposizione, che fa evidentemente sistema con quella di cui al precedente 
comma, fa propendere per la non applicabilit� del comma 36 al caso 
di dichiarazione di fallimento. 

Ci�, in base alle seguenti considerazioni: 

-il comma 37 evidenzia come l'indisponibilit� o la perdita di possesso 
considerati nel precedente comma siano considerati dal legislatore come un 
fatto transitorio, una parentesi, nell'ambito di un possesso -disponibilit� che 
preesisteva al provvedimento dell'A.G. e che verr� tendenzialmente� riacquistato 
(la norma prevede espressamente la �perdita� e il �riacquisto�); 

-: esso pare quindi inapplicabile al fallimento, trattandosi, in tal caso, 
di procedura rivolta alla liquidazione dei beni, e quindi incompatibile con la 
restituzione (il � riacquisto � di possesso o disponibilit�) del veicolo al fallito, 
sia pure a seguito di chiusura del fallimento; 

-n� tale comma sembra applicabile (sia pure in via estensiva) al .caso 
di vendita fallimentare, sia in consideraiione del dato letterale (�riacquisto�, 
non �acquisto�) gi� evidenziato, sia per la diversa operazione che andrebbe 
effettuata in tal caso. Infatti, nel caso di vendita, anche se fallimentare, andrebbe 
effettuata una trascrizione, mentre invece, nei commi in questione, si parla 
chiaramente di � annotazione� e della relativa � cancellazione �. 

D) Ulteriori argomenti nel senso che si va sostenendo vanno tratti: 

-dalla possibilit� di esercizio provvisorio d'impresa ex art. 90 L.F.; si 
tratta di possibilit� che, per quanto eccezionale, dovrebbe evidentemente essere 
disciplinata attraverso un sistema di annotazioni-cancellazi�ni quale quello di 
cui sopra, in quanto, in caso contrario, la necessit� di sottOposizione a tributo 
(indubitabile nel caso di esercizio provvisorio) dovrebbe passare necessariamente 

9 



4'98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

mente, un provvedimento, formale, dell'Autorit� Giudiziaria. Nel caso 
concreto -ai sensi dell'art. 88, comma 2, legge fall. -il curatore del 
fallimento di Rodella Angelo ha notificato un estratto della sentenza 
dichiarativa del fallimento al P.R.A. per l'annotazione della sentenza 
stessa nei pubblici registri. Posto che per l'effetto di tale sentenza (atto 
certamente dell'autorit� giudiziaria, a quel che risulti, e non del curatore 

o dell'ufficiale giudiziario che ha proceduto, eventualmente, alla sua nQ-i 
tifica al P.R.A.) si � verificata l'indisponibilit� dell'autovettura nei sensi 
prima detti (l'impossibilit�, cio�, di sua utilizzazione concreta sia da parte 
del fallito, sia da parte degli organi della procedura) � palese che si � 
verificata la causa di sospensione dell'obbligo del pagamento del tributo 
di cui si discute. 
II 

1. -Va preliminarmente rilevato che la difesa della curatela, in comparsa 
conclusionale, ha dichiarato di rinunciare alla eccezione di prescrizione, 
limitatamente alla tassa richiesta per l'anno 1985 (per il veicolo 
per una verifica, da effettuare caso p~r caso, delle singole situazioni fallimentari; 
ci� che appare incompatibile con il collegamento intestazione-tributo che 
il legislatore ha inteso necessariamente costituire; 

-dalla possibilit� (verificatasi nella prassi) che il fallimento provveda 
alla vendita della vettura, senza che alcuno provveda alla relativa trascrizione. 
In tal caso, ove si ritenesse inapplicabile l'imposta nei confronti del fallimento, 
il mantenimento dell'intestazione in capo al fallito comporterebbe alternativamente, 
o una sicura elusione del tributo, qualora non si ritenesse condivisibile 
quanto esposto al punto 3; o una probabile elusione dello stesso (nel caso 
di applicazione di quanto esposta: in' tale -punto 3); in quanto, in tal caso, 
si passerebbe da un accertamento basato sul P.R.A., ad un accertamento �sul 
campo >>, da effettuare caso per caso, nei confronti di ogni fallimento intestatario 
di autovetture per verificare le eventuali vendite non trascritte, giungendo 
cos� a creare nel sistema una lacuna tale da portare -per tali fattispecie 
-ad una situazione analoga a quella ante riforma, con risultati esattamente 
contrari a quelli perseguiti dal legislatore, e ci� in via esclusivamente 
interpretativa e pur in assenza di alcuna consistente base testuale o sistematica 
che lo consenta. 

Sempre dal comma 37 va tratto un ulteriore rilevante argomento, basato 
sulla sanzione che tale norma prevede a carico di chi violi l'obbligo di provvedere 
alfa cancellazione dell'annotazione; tale sanzione, nel caso di mancata 
trascrizione della vendita da parte del fallimento a favore di un terzo, sarebbe 
all'evidenza inapplicabile, giusta la precisa formulazione letterale della norma, 
che sanziona la mancata richiesta di annotazione, e non la mancata richiesta 
di trascrizione. 

Ora, se tale interpretazione vale per l'individuazione della fattispecie assoggettabile 
a sanzione, essa vale necessariamente anche per l'individuazione della 
fattispecie disciplinata dalla norma-precetto, non potendosi dare il caso di una 
norma che indichi il precetto 'e di una che indichi la sanzione per la sua violazione, 
che siano interpretate difformemente l'una dall'altra, conseguendone 
qttindi che, in ogni caso, il comma di cui trattasi non pu� essere ritenuto I 

f 

I

I 

I 



PARTE I, SBZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, . Gi�RISDIZIONE E APPALTI 499 

BG 457302), a seguito della produzione in giudizio dell'avviso di liquidazione 
notificato prima della scadenza del termine prescrizionale;_ 

La difesa della curatela ha dichiarato di. in!listere: nella eccezione sol. 
levata; relativamente agli anni 1984, 1986, 1987, 1988 e 1989. L'Avvocatura 
dello Stato, in comparsa conclusional�, ha evidenziato l'infondatezza della, 
eccezione <ii prescrizione, relativamente agli 'Ultimi due amli1 ricl�ama.do 
il disposto dell'art. 57 secondo comma legge 30 dicem\)re .1991 n.. 413, 
che ha sospeso per due anni la decorrenza dei termini prescrizionali. 

Sul punto; l'obiezione dell'Avvocatura � fondata, in quanto il disposto 
4ella Jegge 4U/91 � entrato in vigore, quando i termini prescrizionali gel 
diritto-relativo agli anni 1988�1989 ;non erano a.cora decorsi, mentre nel 
termine di sospensione � stata notificata . la. don:ianda tardiva di credito. 

Per quanto riguarc\a gli anni 1984, 1986 e 1987,. l'Avvocatura dello 
~tato ha fatto rilevare che sono in corso accertamenti presso l'ufficio, al 
fine . di verificare se�.la. prescrizione era stata iJ:lterrotta. T\lttavia, poich� 
l'eccezione di prescrizione .�� stata ritualmente soilevata, anc:l:ie se iJ:l sede 

applicabile al caso di vendita fallimentare, sussistendo quindi un ulteriore 
decisivo argomento nel senso dell'inapplicabilit� della nonna in questione al 
fallimento. 

6) Applicabilit� dell'art. 111 l.f. 
� Chiarito quindi che anche il fallimento � tenuto al� pagamento dell'imposta, 
pur maturata dopo la sentenza dichiarativa, resta da esaminare; in questa sede, 
un ultim� proble:iria, e cio� quale sia la moneta -se fallimentare 'o ordinaria con 
cui. deve essere _effettuato tale pagamento. 
La S.C., con rlfetirnerito alla tassa di concessione governativa, si � recentemente 
pronunciata ($eriteiU:it n. 5931/93, in F. lt, 93, I, 2842, con nota di richiami) 
per �1a non prededucibilit�. di� tale �imposta, perch� � non consegueht� ad alcuna 
attivit� od interesse del fallimento, ma � una conseguenza inevitabile della pregressa 
iscrizione al registro delle imprese �. La decisione�.� non appare convin.;
ertte, per le ragioni che seguono. 
In generale, va osserv;.ito . cqme, _nel prevedere l'imposta di� cu� trattasi 
(cosl come altre imposte) il legislatore non preveda certo che esse possano 
essere pagate in moneta (allimentare; le imposte, in qu~nto maturate nei confronti 
di un soggetto, ariche atipico quale il fallito/procedura fallimentare, 
devono quindi essere integi:almente pagate . da tale soggetto, sai~ i casi di 
insufficienza dell'attivo; nel qu~l caso si porr� un problema di graduazione, 
tenendo conto, per l'imposta di cui trattasi, del privilegio speciale di cui all'art. 
2758 e.e. � 
Dall'altro lato, va osservato come la struttura della procedura fallimentare, 
rispetto al passivo cui essa deve fare fronte, sia stru~turat~ in modo tale da 
comprendere soltanto i debiti maturati sino alla $entenza � dichiarativa (vanno 
citati gli artt. 44, 89; 93 -94 -95 L.F. solo per indicare le principali norme), 
potendo, in seguito, maturare soltanto ~cces$ori di taluni di tali debiti. 

In tale quadro, l'art. 111 l.f. prevede che debbano essere pagati, prima di 
ogni altro debito, le � spese� e i � debiti contratti per l'amministrazione del 
fallimento ... "� 

Sembra che gi� la formulazione letterale dell'art. 111 possa essere ritenuta 
sufficiente a giustificare il pagamento in prededuzione dell'imposta di cui trat




500 RASSEGNA AVVOCATURA DE.LLO STATO 

di precisazione delle conclusioni; poich� lAmministrazione finanziaria 
non ha provato l'invio di atti interruttivi; e poich� il termine prescrizionale 
considerato dalla legge 53/83 era decorso all'atto della notifica della 
domanda tardiva; il Tribunale deve dichiarare la prescrizione del diritto 
dell'Amministrazione finanziaria al pagamento della tassa per l'anno 
1984 (relativamente al veicolo BG 457302), e per gli anni 1986 e 1987, per 
entrambi i veicoli. 

2. _....Va anche rilevato, in via preliminare che la eccezione della 
ctttatela di inammissibilit� della richiesta dell'Ammiiiistrazione finanziaria 
di .. ammissione del credito in prededuzione, � irrilevante nel presente 
giudizio, perch� tale richiesta non � stata in realt� mai formulata: sia in 
sede� di insinuazione tardiva, sia in sede di comparsa costitutiva dell'Av� 
vocatura' dello Stato, sia nel corso del giudizio e al momento della precisazione 
delle conclusioni, l'Amministrazione finanziaria ha sempre e 
soltanto chiesto l'ammi~sione del proprio credito in via privilegiata. 
i 

tasi, vista l'ampiezza del termine � spese � ivi contenuto; e senza comunque 
escludere la possibilit� di rifarsi ai � debiti contratti � per l'amministrazione del 

I 

fallimento. 
Sembra infatti che tale disposizione debba essere letta in negativo rispetto 

I

al sistema fallimentlU"e, che tende a blocCIU"e la situazione al momento della 
dichilU"azione di fallimento; e che, in tale quadro, l'art. 111 sia volto a discipli� 
nare le situazioni tipiche che si svolgono successivamente alla sentenza, laddove 

I alle � spese� va fatto fronte indipendentemente dal fatto che sia o meno � con� 
tratto� un debito (situazione tipica che si verifica proprio con riferimento 
all'imposta), mentre invece per le altre situazioni si fa riferimento all'attivit� 

I

(da intendersi in senso probabilmente ampio) del � contrarre � un debito. 
Elemento decisivo in tal senso va tratto dall'art. 91 L.F., che, nel prevedere, 
tra l'altro, la prenotazione a debito per tasse di bollo e imposta di registro, 

I

evidenzia come la soggezione del fallimento ad imposta (da pagare in predei 
duzione, salvo il caso della mancanza di attivo), sia elemento pacifico del sistema; 
come le tasse e le imposte siano considerate dal legislatore � spese�; 
e come, quindi, non sia possibile derogare a tali principi per l'imposta di cui 
trattasi. 


Va poi considerato che l'ordinario sistema fallimentare di accertamento 
dello stato passivo (pensato, all'evidenza, per i soli debiti preesistenti al fallimento), 
sembra inidoneo ad essere applicato rispetto a debito di imposta maturato 
in pendenza della procedura, visto che: 

-il fallimento potrebbe venire chiuso in momento di gran lunga antecedente 
a quello in cui la sua esistenza potrebbe venire a conoscenza dell'Amministrazione 
finanziaria; basti pensare ad un'imposta che venga a 
scadenza nel corso del mese di gennaio (come accade normalmente per le tasse 
automobilistiche), con chiusura del fallimento nel mese di febbraio; 

-ove anche vi fosse il tempo necessario ad accertare la sussistenza 
del credito, esso, qualora maturasse in corso di fallimento, non potrebbe essere 
fatto v.alere se non con lo strumento dato dall'art. 101, l'unico utilizzabile in 
astratto, ma che, all'evidenza, non d� adeguate garanzie, giusta la possibilit� 



PARTE I, SBZ. III, GIURISPR.tmENZA CIVD.J!,.GttlRISDlZlONB E APPALTI 

��. 3, �. Si devono ora esaminare le�. eccezioni di merito � della curatela; 
in ordine alla non debenz� del trlbuto1. sia fu relazione al�� fatto che l'tina 
delle dti.e autovetniref non e$sendo stata appresa .�alla massa. e inventa� 
:data, non potrebbe.� essere assoggettata alla tassa di possesso~ sia ili 
r�ppori<:> all.l;l consicl�razione p~� genet'ale, per cuLia sentem:a.di fallimento 
���.r.ten.tf�,;~hb~�:ft~ �qci~t��pr<>~dfrti�nti���dell'autorit�� gi�diZiariache���determi
��~<:>����19 spq~~~~saji~~~()ᥥdJll~ t~ic::o~o;��������������.�.� 

<�� tn proposito/fa difesa d�lla; curatela hainvocato 'una . s:entema della 

Corte��d!~ppello di Bresciayemessail 29: triaggfo 1991rtella� controversia 

fra� l'!\~1;,r:d.:�sf:l"aii()*~ Jlr,i�nz:iarii:t ed il .falliment() �� di � RodeUa �.�� Angelo 

4i ''.B:re$(iia. '.l!ale de�l.si<>tW >pone/ :U priricipio �della �� equipar!Uione.� della 

dichiarazione di fallimento ai provvedimenti indicati dall'art 5 legge 53/83; 

che cl~~rininano l'indispoI1ibi~it� del bene, sempre che sia adempiuta la 

formalit�. della :aj:m.6tazfo1ne' d�llif sentenza� di fallimento al� I';RA.�� �. � 

< ta: declsi9#~ �tiChiaJ.'1:$ta;:.clte appare esattaniente.� n:totivata;�᥏ ~t" 

tavi� �trilev!ttli� ria e:.aso di sped.e~ perch�; da unlato; per il veicolo 

BG 647944, l'annotazione della sentenza a1 P.RA. non era stata eseguita 

. . . .. . 

�~���� ~fil.s~~ '4~t����f;Jii~k~t~.�����<:> Afs~l'.!~~fo~���� J~ll'atti~q�.anche.....�il����~~a�. pendenza.

secondo fa t�sf netW:rl�rite t>teval�nte. �� � .� . . 

. La concreta inadeguat'�zza d�gli stl'Wrieriti proceSSuali tipici del fallixn�rito 

seml:lp;i ~.fu:gi,c:;;os~it.�i_t.i u1~erjq:i;c;i(!:'il~\'AA~eL;r~gi9ne,... tale .dl:l, .. P<:>rt11:re a con


<illl.c1~r� per . l'ai)pliiiabilJtff d�!l'art> Hl.11: (cori paga?nento d�ldeb~to e.i. officio 

~#\t<l il fasQ Ai ~#4 q';ilte$tf#~9#e> ~ !at~ f~�Msi:ie9#; .e. . � � � .� �..� � �. � . �. 

7) Fallimento e mancanza della vettura all'attivo fallimentare. 
> Da ulililio; va detto (lhe sL ��� postai nella prassi,. fa sit�azione di soggetti 
falliti, intestatati di vetture non acqUisite all'attivo< del. fallimento. 
Vi � stato chi, al riguardo, ha ritenuto che tale situazi�ne fosse tate da 
estludere la debei:WI. dell'imposta (Tribunale di Bergamo, sentenza 417/94); il 
Tribunale di Bergamo ritiene �che; in�� tale >situazione; il Curatore � non avrebbe 
potuto effettuare l'annotazione al P.R;A; della�sentema di� fallimento; ��cai�� fine 
di farne derivare gll�effetti di spossessamentogiuridfoo),per��mancata disponibilit� 
dei documenti di legittimazione del veicolO (carta �cli cifcolazione e� foglio 
complementare}.<Il ��ratoi:� noti �vrebbe potatO.rieppure�� ottenere l'a:im-Otazione 
d�lla .� petd:ita di possesso :per forza maggfore e� fatto .�del terzo, �� p�i: mancata 
cortosdm.Z� del fatfo sfuric� die aveva detertninato il non rinvenimento del 
mezzo; 
���� < � Per la stessa ragfone,< se� anche l'ipotesi�� fosse ��lla (che �appare�� pi�� proba� 
bile; dell'awenuta demoiizion� o rottal:\lazion� d~ 1ti4ttv 4el mezzo, �.il curatore 
sarebbe stato nella impossibilit� di f�r constare tale fatto . storico � di. procedere 
al perfezionamento dell'iter, con la radiazione dell'automezzo dal PRA.) �: ma 
si tratta di� tesi che, alla luce di quanto sopra esposto in relazione ai presupposti 
della imposta di cui trattasi, appare errata. � � � � � 
N� pu� ritenersi �h� manchi; bi tal caso'; la possibilit� di provvedere ad 
alcuna p�sithia attiVit� rispetto a tali veicoli, considerato che il curatore pu�, 
concretamente: 
-verificare i registri autoniobilistic�; 
-recuperare il bene non inventariato in precedenza, avvalendosi dei 
mezzi offertigli dall'ordinamento; 


502 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

(o quantomeno non � stato dimostrato che fosse stata eseguita), mentre, 
dall'altro, l'autovettura BG 457302 non era mai stata appresa e inventariata 
alla massa, cos� che, riguardo alla stessa non si sarebbe potuta effettuare 
la annotazione della sentenza. 

Ora, poich� il citato art. 5 dispone che la perdita di possesso, sia 
essa determinata da forza maggiore o fatto dal terzo, oppure da indisponibilit� 
conseguente a provvedimento dell'autorit� giudiziaria, fa venire 
meno l'obbligo del pagamento se essa � annotata al P.R.A., � evidente 
che, per l'autovettura BG 647944, e per gli anni 1988-89 (per i quali non 
� intervenuta la prescrizione), la domanda dell'Amministrazione finanziaria 
� fondata, ed il credito di L. 353.200, deve essere ammesso al passivo, 
in via privilegiata. 

A questo proposito, deve rilevarsi che, se anche il privilegio non 
� stato esplicitato, esso non pu� che riferirsi all'ipotesi considerata dall'art. 
2758 e.e.: privilegio speciale mobiliare per tributi indiretti, in quanto 
ad essi � assimilata, per costante dottrina e giurisprudenza, � la tassa 
di� possesso �. 

4. -Restano da esaminare le domande dell'Amministrazione finanziaria, 
relative agli anni 1985, 1988 e 1989, per l'autovettura BG 457302, 
che non � stata rinvenuta dal curatore n� inventariata. 
-in mancanza di tali possibilit�, qualora il bene sia stato rubato, disperso 
o distrutto, il curatore pu� chiedere, ai sensi del comma 36, la relativa 
annotazione; in sostanza pu� fare tutto ci� che avrebbe dovuto fare il fallito 
e non ha fatto. 

Ci� vale, tra l'altro, ad assicurare la corrispondenza tra situazione effettiva 
e risultanze della pubblicit� legale contenute nel P.R.A., che � uno degli 
obiettivi perseguiti dal legislatore in materia. 

Ove il curatore -venendo meno ai suoi doveri -non provveda in tal 
senso, non vi � ragione per applicare al fallimento metri diversi da quelli che 
sarebbero stati applicati nei confronti di un qualsiasi altro soggetto. 

Pi� realisticamente, il problema sembra dover essere ricondotto alla alternativa 
tra prededuzione e ordinario concorso. 

In tale ultimo senso, potrebbe essere valorizzato il riferimento, contenuto 
nell'art. 111 l.f., a � debiti contratti per l'amministrazione del fallimento ... �; 
formulazione tale da far ritenere dubbia la sua applicabilit� alla fattispecie; 
si � peraltro gi� osservato come l'art. 111 l.f. faccia riferimento non solo ai 
� debiti contratti � ma anche alle � spese �, termine che, si � gi� detto, sembra 
tale da consentire agevolmente di ricomprendervi anche l'imposta di cui trattasi; 
considerando poi il gi� citato disposto dell'art. 91 L.F., sembra trattarsi 
di interpretazione pressoch� obbligata. 

Sembra quindi si debba concludere, anche nel caso di inesistenza del bene 
all'attivo del fallimento, per l'indifferenza della situazione di fatto rispetto alle 
�risultanze� del P.R.A., ai fini dell'applicazione dell'imposta; e per la debenza 
della stessa ai sensi dell'art. 111 l.f., con eventuale rilievo dell'esistenza del 
bene soltanto ove l'attivo fallimentare non sia sufficiente neppure alla copertura 
delle spese, nel qual caso la possibile applicazione del privilegio speciale di cui 
all'art. 2758 e.e. potrebbe dare rilievo, in sede di riparto, alla mancata acquis�� 
zione del bene all'attivo. LIONELLO ORCALI 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

Poich� questo dato deve ritenersi incontroverso e risulta dall'altra 
parte, dal verbale di inventario del curatore, questi non avrebbe potuto 
effettuare l'annotazione al P.R.A. della sentenza di fallimento, (al fine 
di farne derivare gli effetti di spossessamento giuridico), per mancata disponibilit� 
dei documenti di legittimazione del veicolo (carta di circola~ 
zione e foglio complementare). Il Curatore non avrebbe potuto neppure 
ottenere l'annotazione della perdita di possesso per forza maggiore e 
fatto del terzo, per mancata conoscenza del fatto storico che aveva determinato 
il non rinvenimento del mezzo. 

Per la stessa ragione, se anche l'ipotesi fosse quella (che appare pi� 
probabile) dell'avvenuta demolizione o rottamazione de facto del mezzo, 
il curatore sarebbe stato nella impossibilit� di far constare tale fatto 
storico e di procedere al perfezionamento dell'iter, con la radiazione 
dell'automezzo dal P.R.A. 

Poich� l'Amministrazione finanziaria non ha neppure dedotto, in 
via di ipotesi o di allegazione, che il mezzo fosse esistente al momento 
del fallimento e successivamente e ancor meno che fosse circolante, 
ritiene il Tribunale che il caso in esame vada risolto nel senso che vi sia 
stata una perdita di possesso del veicolo in capo alla massa, fin dalla 
data del fallimento, non perfezionabile con la annotazione al P.R.A. 

Nel caso, il permanere della iscrizione del veicolo su tale registro, da 
valere quale semplice indizio di possesso, � contraddetto dal mancato 
rinvenimento del mezzo da parte del curatore e non pu� costituire l'elemento 
determinante per affermare l'obbligo di corrispondere il tributo, 
in assenza di elementi di segno contrario, che l'Amministrazione finanziaria 
avrebbe l'onere di fornire. Invero, la tassa di possesso di cui alla 
legge 53/83 presuppone che il veicolo sia posseduto ed esistente, mentre 
la norma richiamata prevede particolari formalit� per la pubblicit� dello 
spossessamento, che non possono nel caso essere attuate. 

TRIBUNALE DI BRESCIA, 14 aprile 1994, n. 962 -Pres. Cusimano -Rel. Del 
Porto -Ministero dell'Industria del Commercio e dell'artigianato (avv. 
Stato Piotti) e Fallimento S.p.A. Baribbi (avv. Valerio). 

Obbligazioni e contratti -Privilegi -Irretroattivit� delle nonne attributive, 
salva espressa disposizione -Non spettanza del privilegio di cui all'art. 
37, terzo comma legg~ 317/91 per crediti del Ministero dell'Industria 
relativi a finanziamenti erogati prima dell'entrata in vigore 
di tale norma. Inapplicabilit� a tali crediti dell'art. 2756 e.e. 

Le norme attribu~ive di privilegio non sono, in via generale, applicabili 
a crediti insorti precedentemente alla loro entrata in vigore, a meno che 
ne sia prevista la 11etroattivit�. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

504 

L'art. 37 terzo comma legge 5 ottobre 1991 n. 317, attributivo di privilegi 
a crediti per finanziamenti erogati dal Ministero dell'Industria, non � 
applicabile a crediti del Ministero dell'Industria insorti antecedentemente 
alla sua entrata in vigore, non essendone prevista la retroattivit�. L'art. 
2756 e.e. � .inapplicabile ai crediti del Ministero dell'Industria di cui 
sopra (1). 

1. -Difetto di sottoscrizione del ricorso ex art. 101 L.F. L'eccezione 
� infondata, atteso che l'esame del ricorso conferma che l'atto reca la sot� 
toscrizione, sia pure illeggibile, del ministro pro-tempore. 
2. -Quantum della pretesa. 
La curatela, in comparsa conclusionale, ha ribadito, ma solo in via 
subordinata, le contestazi�ni relative al quantum, domandando, � in via 
pregiudiziale �, il .rigetto della domanda proposta per difetto di sottoscri


(1). R,etroattivit� apparente delle norme attributive di privilegio. Il caso 
dell'art. 37 2� e 3� comma della I. 5 ottobre 1991 n. 317. 

1) In generale. 

La sentenza di cui si tratta fornisce una buona occasione per una riflessione 
sulla natura giuridica dell'istituto del privilegio cos� come va ricavata dall'art. 
2745 e.e., che fissa, implicitamente o esplicitamente, i seguenti principi: 

-il privilegio � una causa di prelazione accordata dalla legge; 

-a tal fine, la legge considera �la causa del credito �; 

-esso acquista efficacia e rilevanza soltanto nei casi di concorso tra pi� 
creditori, e di insufficienza dei beni da ripartire. 
Poste tali (ovvie) premesse, gi� ne discendono le conseguenze cui si vuole 
giungere, e cio�: 

-se � la legge l'unica fonte del privilegio, risulta irrilevante (salvi 
i casi in cui vi sia espressa previsione della norma) ogni questione relativ� 
agli accordi tra le parti, e, in particolare, il momento in cui le parti fanno 
insorgere il credito; 

-se l'elemento considerato dalla legge � la causa del credito, tale 
elemento risulta sussistente in tutte le situazioni pendenti, ad eccezione di 
quelle esaurite, e deve quindi essere sempre considerato, salvo che si siano 
verificate delle preclusioni; 

-se il privilegio, una volta attribuito, diviene rilevante soltanto nel 
momento in cui viene fatto valere, non potr� parlarsi di retroattivit� se non 
nel caso in cui la legge disciplini, ex post, gli effetti di un privilegio gi� 
azionato, ed in relazione al quale si siano verificate delle preclusioni di ca� 
rattere processuale. 

Pare comunque opportuno un pi� approfondito svolgimento di tali quetioni, 
da effettuare tenendo conto di quanto esposto nella sentenza del Tribunale 
di Brescia di cui si tratta. 

2) Retroattivit� e privilegio. 
Il Tribunale ha affermato che, non potendosi riconoscere all'art. 37 
della legge n. 317/1991 efficacia retroattiva, al credito sorto per effetto di 
finanziamento erogato anteriormente alla stessa non poteva essere riconosciuto 
il rango di credito privilegiato. Va per contro osservato: 


PJ\RTB .I, saz. nr,.GIURISPRUDENZA CIVILI!!, GIURISDIZIONE E APPALTI 505 

zione del ricorso ed, << in via principale.� l'ammissione del credito al chirografo. 
Potendo, come .or� st Q.ir�, il� credito vantato dalla AmmiiiistraziQne 
ricoiq::ente esseri:i ammesso �al, passivoJ~limentare in via. meramente 
c~iro~fadli!i; .. le �<>:Q.teStli\Zic:>ni .relative 1al. q~antun:hdebbono ritenersi assorbite. 


'. �~:" ~~!t~' del -~riyi!e~~� ~fl~~e 317/1991:���. .. 

... Il �cr�d�fo' iiarifatci dal.la An�niri�sfrazione rfootrente, trova, secondo 
qtfat1td� deffu.tt� paeif1c6hl. dfo.s�, iI��pfopffo �foridl.�henfo nel ((contratto 
di flrianzfalll:enfo i:l: �vafore��sw. fondo speciale ��rotativo�� per l'innovazione 
tecnologia di cuiaJ.l'art'. 16, terzo comma, della fogge 17 febbraio 1982 n. 46 )) 
stipufafoin dat� 9:�tfobre:l985 (vedi �opia delcontratto ed.ulteriori documenti 
prodotti dall~istante)~���� 

<.� ~i��. tratta.perta.nto.,�on .evide:nza, .. di credito. sqrto in data anteriore 
a.lia ~HFfa.t~.�n.y~~~fr�A~ll~)egg~ n. ~17'/l?9h{ieg~~.che, li!ill'art,, J7 terzo com-

A) Tale interpretazione, anzitutto, appare priva di base . sostanziale. 

Invero, il :riferire necessariamente l'insorgenza del privilegio al momento 
dell'insorgenza del diritto, non corrisponderebbe a concrete esigenze di tutela 
degli interessi di alctlno dei soggetti del . rapporto obbligatorio; non a quelli 
dell'ipotetico debitore cui, omamerite, riUlla hnporta che ilcredito vantato 
ri�f suoi corifrontFsia privilegiat� � ft��ri�f e nemmeno �a �quelli dell'ipotetico 
creditore, alquale}il sapef~� se���n�suo eredito,���nell'ambito di. una eventuale 
procedura eseeutiva; �mdividua1e o concorsuale;�.� concorrer��cort �. quelli di altri 
cte�itorl in modo pfeferenziale. o. in:eno; �non� int�ress� in� astratto� nel momento 
in cui il ��credito sorge;>ma �� berisi; mmodo concreto;.� nel �momento in ciii la 
procedura. � in �. oor$o; ed, ~in �particolare; nel momento .di fortnazione del progetto 
di distribuzfone (nella procedura ea��Utiva �� iri.dividuale) e del piano di 
riparto (nella prcicedura esecutiva concorsuale); 

� B) Essa, poi/ appi:tre�.contraddlttoria rispetto ai principi� vigenti in� :materia 
di privilegio, per come si sono sopra evidenziati, in> q'Uantoi 
"'"" appare errato il. riferimento ad una pretesa retroattivit� della norma 
fondata sull'anteriore ins.orgenza del .credito; . a fronte� dell'irrilevanza dei rapporti 
tra .le .parti in. materia (che, solo se. rilevanti ai fini dell'insorgenza del 
privilegio; sarebbero tali da postulare fa .:necessaria coesistenza temporale tra 
credito .. e privilegie>; .c0sa che va esclusa.. ove. la fonte della prelazfone vada 
individuata esclusivamente nella legge); 

__.. non tiene .adeguato . conto del .rilievo dato dalla legge alla causa del 
credito, che, per sua natura; �: .dotata .di rilevanza a prescindere da questioni 
di carattere temporale; 

...... non tiene conto del principio dell'applicabilit� della legge a .tutti i 
rapporti non esauriti alla data della sua entrata in vigore, tale da escluderne 
l'applicabilit� solo alle .. situazioni in. cui il privilegio sia. gi� Stato. fatto definitivamente 
valere. � 

C) Va quindi valutato. che il principio di irretroattivit� affermato dal 
Tribunale deve. pur sempre �sussistere a tutela di . una clelle parti interessate. 

Escluso, per ovvie ragioni, il debitore, le necessit� di tutela dovrebbero 
sussistere per gli altri creditori, la cui posizione, se non si � intende male la 
posizione del Tribunale, non dovrebbe poter essere pregiudicata da situazioni 
verificatesi successivamente al loro credito. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

506 

ma, ha attribuito natura privilegiata ai crediti �nascenti dai finanziamenti 
erogati ai sensi dell'art. 15 della legge 17 febbraio 1982 n. 46 ... �) e 
ci� anche se si vuole avere riguardo alle date di effettiva erogazione dei 
finanziamenti (anni 1986-1987 come da documentazione prodotta dalla Amministrazione 
ricorrente). 

Ci� premesso, non potendosi riconoscere alla disposizione in esame 
effetto retroattivo (cfr. art. 11 delle �preleggi�), va, nella specie, esclusa 
la spettanza del privilegio invocato dalla Amministrazione ricorrente (trattandosi 
di privilegio introdotto nel nostro ordinamento in forza di legge 
successiva al sorgere del credito). 

In tema di efficacia nel tempo delle leggi regolanti la materia dei 
privilegi va, in particolare, ulteriormente evidenziato: 

a) che il legislatore, ogni qualvolta ha inteso attribuire efficacia 
retroattiva al!e norme sui privilegi, lo ha espressamente previsto (v. 
art. 234 disp. att. e.e.; art. 66, quarto comma legge n. 153/1969; art. 15 legge 
Il. 426/1975); 

A tale stregua, deve peraltro essere osservato: 
-che, seguendo tale impostazione, non dovrebbe essere applicata neppure 
la cosiddetta par condicio creditorum, in base alla quale a tutti i creditori 
(a prescindere dal momento di insorgenza del loro credito) va attribuito 
uguale trattamento, in quanto un qualsiasi credito insorto successivamente 
sarebbe tale da poter pregiudicare la posizione del creditore antecedente; 
-che tutte le norme attributive di privilegi dovrebbero essere consi� 
derate inefficaci nei confronti delle situazioni preesistenti, sembrando (tra 
l'altro) maggiormente lesiva l'attribuzione di privilegio a credito insorto successivamente 
(e quindi imprevisto) rispetto all'attribuzione a favore di credito 
preesistente (conoscibile, quindi). 
Tali osservazioni fanno ritenere erronea la posizione del Tribunale, e portano 
ad escludere l'applicazione del concetto di retroattivit� da esso effettuata, 
dovendosi invece, per accertare se vi sia o meno retroattivit�, verificare se la 
norma sopravvenuta operi attribuendo effetti ad un diritto gi� definitivamente 
fatto valere nella procedura: nel caso positivo potr� parlarsi di retroattivit�, 
diversamente, no. 
In tal senso la giurisprudenza della S.C., secondo la quale � il grado del 
privilegio, che assiste un credito va desunto dalla legge del tempo in cui si 
conclude la graduazione� (Cass. 2584/71 e successive: giurisprudenza costante); 
affermazione che, per quanto relativa a fattispecie diversa da quella di cui trattasi, 
chiarisce il principio applicabile anche in caso -come il presente -in 
cui non si tratti di modifica del grado, ma di attribuzione ex novo del privilegio. 
Ove non bastassero tali argomenti, va rilevato che uno spunto testuale, 
indirettamente nel senso della tesi qui sostenuta, si pu� trarre dalla lettura 
dell'art. 2916 e.e., che, nel prevedere l'inefficacia dei privilegi per crediti sorti 
dopo il pignoramento, evidenzia l'indifferenza dell'ordinamento rispetto a tutto 
ci� che � accaduto prima, ponendo (oltre a quelli derivanti da preclusioni di 
carattere processuale) l'unico limite di carattere generale ricavabile dall'ordinamento. 




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILB, GIURISDIZIONE E APPALTI 507 

b) che, nella specie, la legge n. 317/1991 non prevede in alcuna parte 
l'efficacia retroattiva della norma attributiva del privilegio (art. 37, terzo 
comma stessa legge) ed, anzi, all'art. 37, secondo comma prevede espressamente 
che � le disposizioni di cui al presente articolo... si applicano ai programmi 
presentati successivamente alla data di entrata in vigore della 
presente legge �, con ci� escludendo espressamente la possibilit� di riconoscere 
rango privilegiato a crediti, nascenti da finanziamenti ex legge 
46/1982, sorti in data anteriore. 

Del tutto in linea con la impossibilit� di riconoscere efficacia � naturalmente 
� retroattiva alle norme regolanti la materia dei privilegi appare 
d'altronde l'orientamento della giurisprudenza di legittimit�, che, in particolare, 
in sede di applicazione della norma di cui all'art. 234, disp. att. 
e.e., ha precisato che, secondo la disciplina intertemporale prevista dal 

3) Le norme transitorie. 
Il Tribunale di Brescia ha inoltre osservato come, nelle occasioru m cui 
il legislatore avrebbe inteso attribuire efficacia retroattiva alle norme sui privilegi, 
lo avrebbe fatto espressamente (cos� con l'art. 234 disp. att. e.e., con 
l'art. 66, quarto comma della legge n. 153/1969 e con l'art. 15 della legge n. 426/1975). 
In proposito si deve per� sottolineare che i richiami normativi effettuati 
dal Tribunale non appaiono decisivi al fine della soluzione da esso adottata. 
Infatti: 
-l'art. 234 delle disposizioni d'attuazione del codice civile in fase di tran� 
sizione dal codice civile del 1865 a quello attuale, si � limitato ad affermare 
che � le disposizioni del codice relative ai diritti dei creditori privilegiati, 
all'ordine dei privilegi ed all'efficacia di questi rispetto al pegno si applicano 
anche ai privilegi sorti anteriormente all'entrata in vigore del codice stesso 
se fatti valere posteriormente�; senza con ci� affrontare l'eventuale problema 
dell'operativit� di privilegi dallo stesso previsti con riferimento a crediti maturati 
prima della sua entrata in vigore, ma prevedendo semplicemente l'estensione 
di alcune nuove norme in materia di graduazione (tra privilegi: rispetto 
a pegno e ipoteca) rispetto a privilegi gi� previsti come tali dal precedente 
codice ma fatti valere in momento successivo all'entrata in vigore della nuova; 
-l'art. 66, quarto comma, della legge n. 153/1969 ha affermato l'operativit� 
delle nuove disposizioni in materia di privilegio (graduazione tra privilegi) anche 
per crediti sorti anteriormente all'entrata in vigore della disciplina, ma rispetto 
ai quali il relativo -gi� previsto -privilegio, sia fatto valere posteriormente; 
risultando quindi confermato l'orientamento del legislatore volto a dare rilevanza 
al momento in cui il privilegio viene fatto valere, a prescindere dal 
momento della insorgenza del credito assistito. 
Quanto all'art. 15 primo comma legge 426/75, esso contiene effettivamente 
la previsione che gli articoli di tale legge si applicano anche ai crediti insorti 
anteriormente all'entrata in vigore della legge; ma ci� non consente certo di 
affermare che il legislatore abbia inteso introdurre un'eccezione ad un pi� 
generale principio, specie ove si consideri la seconda parte del comma che, 
per contro, introduce una deroga ad un principio (quello affermato dalle precedenti 
disposizioni transitorie, secondo il quale � il momento in cui viene 
fatto valere il privilegio, quello rilevante ai fini dell'individuazione della nor� 



508 

RASSEGNA AVVOCATURA 'DELLO STATO 


codice civile, i nuovi privilegi creati dal medesimo codice non si estendono 
a crediti non privilegiati sorti sotto l'impero della legge precedente (cosi 
CASS. n. 457/1944), potendo la nuova disciplina trovare applicazione retroattiva 
solo con riguardo ai � privilegi sorti anteriormente all'entrata in 
vigore del codice stesso �. 

4. -Spettanza del privilegio ex art. 2756 e.e. 
L'art. 2756 e.e. riconosce il privilegio in esame ai � crediti per le prestazioni 
e le spese relative alla conservazione o al miglioramento dei beni 
mobili...�. 

Si tratta pertanto di crediti aventi natura del tutto diversa da quello 
vantato dal Ministero creditore, che, come detto trova origine in un contratto 
di finanziamento. Conseguentemente, deve essere esclusa la spettanza 
anche di tale diverso tipo di privilegio. 

mativa applicabile), consentendo di applicare la normativa anche a casi di 
privilegi gi� fatti valere in precedenza. 

Sembrerebbe quindi doversi ritenere che le disposizioni transitorie contenute 
nell'art. 234 disp. att. e.e. e nell'art. 66 quarto comma legge 153/69 abbiano 
soltanto esplicitato principi applicabili alla materia in questione; e che la disposizione 
contenuta nella I parte dell'art. 15, primo comma sia stata nulla pi� 
che l'introduzione (con l'affermazione del principio di carattere generale) all'affermazione 
effettuata nella seconda parte dello stesso comma (la deroga al 
principio). 

In tal senso, si veda Cass. 5113/78 (Dir. Fall. 1979 p. II pag. 56) che ha cos� 
chiarito le questioni di cui si tratta � la disposizione transitoria contenuta nel 
primo comma dell'art. 15, legge n. 426 del 1975 non comporta, in entrambe le 
parti di cui si compone, l'applicazione retroattiva della nuova disciplina in 
materia di privilegi -alla quale peraltro non sarebbe di ostacolo alcun prin� 
cipio non derogabile con una legge ordinaria, in quanto il principio dell'irretroattivit� 
della legge nel tempo ha valore, nel vigente ordinamento, di principio 
costituzionale soltanto rispetto alle norme penali incriminatrici (art. 25, secondo 
comma Cost.) -, ma costituisce una puntuale applicazione del principio generale 
in tema di successione delle leggi nel tempo secondo cui la legge nuova 
-mentre � inapplicabile ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata 
in vigore ed a quelli sorti anteriormente, ma ancora in vita, qualora la sua 
applicazione incida sugli effetti gi� verificatisi in passato o venga a togliere 
efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali di essi -trova immediata 
applicazione rispetto ai rapporti giuridici che, sebbene sorti nel vigore della 
legge abrogata, non abbiano ancora esaurito i loro effetti, sempre che essa 
non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto, ma gli 
effetti di esso�. 

A questo punto, pare opportuno trascrivere il disposto della specifica norma 
di cui trattasi (art. 37 terzo comma legge 5 ottobre 1991 n. 317). 

� I crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi dell'art. 15 della legge 
17 febbraio 1982, n. 46, modificato da ultimo dal primo comma, lett. a), del 
presente articolo sono preferiti ad ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi 
causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli 


�>.��.�.:-:-:�.� ..-:�<<:-":-:-.�.�:-� ..�-:-:�..�.� .. �.��.-:::-:-:-:.�.. . . ... . . . . .. . .. �. . ... 

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:Pt~~ti���cl!!tW~���-�Z1~~��tJ.i$:�-�-��det tQ~c:!'�. :cfyll~: e���-fattbsalv! ___ l: _<,Utittb.ptee&i$tenti 
4~ t�;li.'il,~.: �_._-_______ --------___ -__ ----�---�---�-�� -.�� _--._-.. �: --


.-.-� Sembra d.o~et$l o$&el'.Vare come it'tdbumtle abbi!): ~$$<;> 4.i rileWilre che; 
Jj~lJi:t. (lispJ;l~izlBJ;i~ iji. ~.1 tH1.#~~ llt:t~ J;i()~ df -ciU-~#~~ tri!�lsitorio -sussiste, 

. ���.� 

�-i ~$~~ ijl'lp~#t#i~:tj'.._~/'ti4~6J*~949t~~:M*~ l>W-e l11 yi1:1, transitoria) -nel 

��~fiJa&���1��~~l~4l?f~il~sflil,;:~t;!~~~~~~~:n::~-�:~:e:~

in ci.d. ~t �fe4~tc); t\ hisc)rto(i.. dfft�.ggi,~'.ii�t~~L~ c:uJ.~U'.art. 2916 e.e. 

���ᥥtll�Dt~ 


l~U e~~#ietJ,ti ~W.s#(lj�~-~ -�41 l>t~~e~~ !!~t s~t?baj~ def PiiVile~i, da renderlo 
4i ~~'*#~. ~ti~#4J.J?~.~ ..:. . . . -:I.:.. ? .. .. .--> ---. __ ---�-----�---���---
�����-i��-ᥥ��IJJ;_ Ci~ ~~9,�. �m<::li~ .;iliJ?Jl@#4~���~i.� m~~iPi~t;.iq.rie~-.non-si.. potrebbe cer


--.�~)ij_ijei.i#t~(.:�d'e#f. i#i'1JH~j1() ~w:~i#Ut9Jii�.� 4i,te5tlcil.le;;m, .<il,1allto-_ essa _varrebbe 
-eSC��si\iamerite a. );'~ji,4~t# f,l.�~~~9 ~-j;>i@,i;> j;J{ _pp~ifq>)l1.CW vengano in 
J?iij~yo* C:9m~ ~.t .~~��~ _;q~t@Ltl,9# ~9l~~9-Jf:i ~_a.�~ .� de}-~te.4lii, ma anche la 

--l\t1~lt~:&~~-t,i~l.rjl~ii":dt~l\~~~fi!l~~m~i~~~~~~: 


--Sicch�, per> <11.l.~nto mtratti di inera ipotesi, formulata sti di un'interpretazione 
non� ac�ogli'bUe. _ cteUa norma di cui trattasi, una tale interpretazione 
s~b1l� t�le da ijilid~~e eomt1llcfit� ite<:essarla ~I'atririfilsione deFeredito �hl passivo 

d#~-~ajl#iie*() i#)~~ ~~yl~~~i~ta. ��/ ( _ '._. ---�------�ᥥ--��-�-�-���-----� ____-_____ ... _-'� _

��-��-�����1,;l't-�se~onda�� test�at>pi.if~-�qUitJ.<l� pf�terlbne; �-sm��-per1a��sua:-�-_adet�:riia�a1 _sistema 
4~1 ~a#U~~f��~e� i# C�l'i~t(t~~~oi1~� ((ella -~()-fi��_-�.llli�.���essi-~�rgOl:io -�(vedasi 
t:t@�~q��~m(isti:f�~ l;)r~~4~~#,ᥥgi�� -:cl~do)~��rit�#ietj4os,i _-c::ne--aitr()_ .sfa_-:Parl8.re di 
!?i��,St#��iza �Qif >riterinl!ifutO aif �ri n�rmat~ dir1tfo; a1\fo con filerimertto � ad 

Uh l>HVile~o. -------------------------------�----------.-. 


....... 


-�-_-lW:::i:tti, .!�e p~rJ'a~<l:t�.!�iziolie Cli un, �:l_iritto �b;i!,sta, _ad.. ese:mpio, l'iriStatirazfone 
di .t1 rai?J>ori()-()'bl:;ligMorfo;-_. Pc:l� !'.� acq.isi;ion~~ i!~ pl'ivilegio ch� f�&se -accor#-
to <W~ Ie:IJ~ #i #:l�i9Ji~ ~� :;~~ (ljijtto, setnl.#:::i: ;\le~~sW~ che tale_ >privilegio 
al:il:>:~a acqui&itOi ~l)():i,'ela -riteYa;f�; Venendo ~onc-l'et�.tnente fa;tt<:> Yltlere, 
in sede >fallimentare o esecutiva, con -applicazione .. ad.eg.ataalla fatti.!�pecie. del 
principio .dell'applfoabilit� della legg�isucc-essiva .a tutti;. i. rapportLnun ancora 
esaurltir (o comunqu.e. --�quesiti�)�� COtt'.COllSeg�ente. (ragionevole) -irrilevanza; del 
momento-� di irisorgenza del cteditot � 


Il legf.&latore, nel citato art. 37; terzo comma; ha quindi considerato (come 
doveva) esclusivamente i diritti � preesistenti-~-dei terzi, per -disporne l� sal� 
vezza in relazione a sitliazionF-gi� � efaurite, a --fronte del privilegio.-attribuito 
al crediti dell'Amministrazione. {quale che ne sia &tato il :momento--dj insor



510 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO S'tATO 

genza); limitando, in via transitoria, l'efficacia del privilegio relativo a crediti 
insorti antecedentemente alla norma, con il fare s�llvi i diritti preesistenti, 
nel senso di cui sopra. 

Con altra ipotetiea interpretazion� si potrebbe riferire la norma esclusivamente 
al �asci di crediti dell'Amministrazione insorti successivamente alla 
legge, a fronte dei qUali il legislatore avrebbe fatte salve tutte le posizioni 
collegate a diritti insorti antecedentemente all'entrata in vigore della legge; 
nia ovvie ragioni cli carattere logico;sistemati�o escludono la possibilit� di 
�na tale interpretaiione, che comporterebbe: 

-la necessit�. di tener conto non soltanto dei creditori privilegiati anteriori, 
ma anche dei crediti chirografari anteriori, che, in tale ottica, sarebbero insuscettibili 
di subire l'efficacia di un privilegio attribuito successivamente; 

-la . necessit�, nella valutaziorte delle � cause di prelazione, di esaminare 
non soltanto la� causa del credito, ma anche la data della sua insorgenza (da 
escludere, se~ondo quanto sopra esposto); 

-la necessit�, alla stregua di quanto sopra, di elaborare piani di riparto 
di notevole complessit�, che dovrebbero essere in tali casi sostanzialmente 
duplicati, considerando �da Un lato i crediti �anteriori alla legge, nell'ambito 
dei quali i crediti del Ministero dell'Industria di cui trattasi dovrebbero essere 
considerati chirografari; e dall'altro �i credl.ti posteriori, nell'ambito dei quali 
il privilegio sarebbe operante; 

-l'introduzione, nel sistema, di una deroga al principio di cui all'art. 2916 
cod. civ., in quanto, a tale stregua, il momento cui riferirsi per valutare la 
suscettibilit� o meno del credito privilegiato� di essere fatto valere, sarebbe 
da individuare non nella data del pignoramento (come momento preclusivo) 
ma nella data di entrata in vigore della norma attributiva; 

-una ingiustificata � frattura� nel sistema dei privilegi, rispetto ai principi 
di cui .si � detto sopra, J:>ii,rticolarmente con riferimento all'applicabilit� 
-in linea generale -delle norine �attributive di tali cause. di prelazione alle 
situazioni preesistenti. � 

Si ritiene quindi, per concludere sul punto, che la locuzione � fatti salvi 
i diritti dei terzi�, vada letta come espressione di sintesi equivalente a quelle 
adottate nelle precedenti disposizioni transitorie; dovendosi intendere i � diritti � 
come diritti concretamente esercitati (e quindi esauriti o comunque �quesiti��); 
solo a fronte dei quali l'attribuzione di privilegio va fondatamente ritenuta 
insuscettibile di operare, salva l'esistenza di norme effettivamente retroattive e 
derogatorie, come quella di cui alla seconda parte del I comma dell'art. 15 
legge 426/75. 

4) L'art. 37 comma 2 legge 317/91. 
Passando all'interpretazione data dal Tribunale di Brescia all'art. 37 comma 
2 della legge 317/91, (secondo la quale esso sarebbe applicabile anche alla disposizione 
contenuta nel successivo comma 3 di cui si � detto in precedenza), 
essa potrebbe sembrare, a prima vista, fedele al disposto normativo, che prevede 
che � le disposizioni di cui al presente articolo ... si applicano ai programmi 
presentati successivamente alla data di entrata in vigore della legge �. 
Si ritiene peraltro che sussistano varie ragioni di ordine interpretativo 
tali da portare ad opposte conclusioni. 
Anzitutto, va considerata l'origine dell'art. 37, che ha accorpato varie norme 
dell'originario disegno di legge, tra. le quali anche la norma ora contenuta nel 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVlLE, GlURISDIZIONE E APPALTI 

511 

comma 3,. che aveva, all'origine, una sua autonomia. Tale autonomia sembra 
persistere pur; �.a seguito cl,ell'accorpamento, ove si consideri: 

A) l'evide.~~ jncongruit� di, una� norma di carli!.ttere in,ter.t;emporale quale 
quella in questione -, che sia posta in un comma centrale, anzich� 
finale, di un articolo di legge; da cip consegue la necessit� di dare un senso 
alla .singolare.�� collocazione�� effettuata� dal �legislatore; 

B) if signific�to deila nonna( iri questione, evidenziato dal riferimento 
ai. � programmi'>> (la cui presentazione�.s�gna Io��.� stacco tempotale considerato 
nel comma 2) che va collegato con le modifiche al precedente: sistema �previste 
dal comma 1, riguardante nuove misure del tasso di riferimento per gli interventi 
agevolati e nuovi aspetti proc:e<!hnenta1i tendenti alla. semplificazione 
dell'atto termilla1e�� p:iediante .sostituzione del contratto con decreto concessivo 
per interventi di miriore valeriza . economica, la cui efficacia limitata: ai programmi 
presentati successivamente all'entrata in vigore della legge appare del 
tutto�. giustificata. 

Ne � .provlil lo stesso comma 2, nena parte in cui esclude l'applicabilit� 
.del proprio disposw alla nuova norma riguardante la pronuncia di decadenza 
(comma 6 art. 16 I. 46/82), proprio in quanto non legata alla novit� dei programmi, 
ma ad esigenze sanzionatorie riferibili a tutte le procedure in corso. 

Tale riferibilft� a tutti i programmi in corso� sembra dover sussistere, a 
maggior ragione, per la norma attributiva del privilegio contenuta nel .successivo 
comma 3). 

C) Inoltre, il riferimento ai � programmi � si ritiene valga � differenziare 
il 2� comma dal 3�, nel quale ultimo si fa riferimento al ben differente concetto 
di �crediti �; tale da non poter essere ricompreso nel disposto del precedente 
comma 2. i 

D) Va infine ribadjto che la contraria interpretazione dell'art.. 37 comma 
2 avrebbe come conseguenz:;l. la necessit� .di interpretare la salvezza dei 
diritti � preesistenti � come � rivolta a in~rodurre una linea di demarcazione tra 
crediti dei terzi insorti antecedentemente e successivamente alla norma, dando 
rilievo al momento astratto �dell'insorgenza del credito (non vi sarebbe infatti 
pi� alcuna ragione per dare rilievo al momento concreto della distribuzione, irrilevante 
in quanto la distribuzione cui potrebbe partecipare un credito hisorto 
successivamente alla legge non potrebbe che avvenire successivamente . alla legge 
stessa), ed introducendo quindi �in� materia:� di�.� graduazione dei privilegi, il 
doppio criterfo della causa e dei momento dell'insorgenza �del credito, della 
cui incompatibilit� con il sistema def privilegi� si � gi� sUffic�entemente scritto 
in precedenza. 

Sembra, quindi, che si debba concludere, contrariamente a quanto previsto 
nella sentenza di cui si tratta del Tribunale di Brescia, per l'inapplicabilit� del 
comma 2 dell'art.� 37 a quanto disposto nel successivo comma 3, nonch�, pi� 
in generale, per la necessit� di attribuire il privilegio di cui alla I. 417/91 
a tutti i crediti del Ministero dell'Industria ivi indicati, ove non si siano verificate 
preclusioni di carattere processuale. 

Si ritiene invece condivisibile la s�ntenza, quanto all'inapplicabilit� dell'art. 
2756 e.e. a tali crediti, anche considerato che tale norma presuppone la 
detenzione, da parte del creditore, del bene oggetto di spese e miglioramenti. 

Avv. LIONELLO 0RCALI 


512 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE DI MILANO, Sez. 1a, 7 luglio 1994 n. 6802 � Pres. Roda Bogetti 
� Est. Rosa � Butti Dino e Agenzia Doganale s.a.s. (avv. Beretta e 

I 

Bozzi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Perrucci). I

I

Dogana -Diritti doganali � Operazioni fuori orario e fuori dal circuito 
doganale � Natura dei relativi compensi -Traslazione dell'onere da 
pa:i:te dello. spedizioniere a carico del proprietario della merce importata 
� Irripetibilit�. 

L'indennit� dovuta per le operazioni di sdoganamento fuori orario o 
fuori �ircuito ai sensi dell'art. 11 del T.U.L.D. 23 gennaio 1973 n. 43 si colloca 
bens� a front.e di un servizio pnestato dall'Amministrazione, ma nel 
quadro di un'attivit� della stessa inoppugnabilmente autoritativa, atteg, 
giandosi quale contributo satisf attorio dei maggiori oneri che il fisco incontra 
per lo svolgimento delle operazioni doganali in sito beneviso all'importato11e 
od allo spedizioniere. 

D'altra parte, solo in ragione di tale caratteristica pubblica, il � diritto 
� preteso dall'Amministrazione, assumendo natura di tassa equivalente 
a dazio, abilita il solvens a richiederne il rimborso alla luce della sentenza 
della Corte di Giustizia comunitaria 21 marzo 1991 in causa C-209/89. 

La prova posta a carico dell'Amministrazione dall'art. 29 della legge 
428/90 in ordine alla ttiaslazione, e quindi alla irripetibilit� di tale diritto 
dev.e ritenersi superata, alla stregua di una presunzione tanto forte da 
essere fondata sul regime giuridico ael rapporto fra spedizioniere e committente, 
dall'obbligo per il mandantie (proprietario della merce) di somministrare 
in viia anticipata i mezzi per l'e5ecuzione del mandato e di rimborsare 
le spese sost,enute dal mandatario (1). 

(1) Sul delicato tema, che a quanto .risulta viene affrontato e risolto per la 
prima volta dal Tribunale milanese, e .che forma oggetto di vertenze pendenti 
avanti numerosi Tribunali di tutta Italia, si riporta. uno stralcio delle difese 
svolte nell'interesse dell'Amministrazione: 
I costi degli sdoganamenti fuori circuito doganale. 

L'art. 29 della legge 428/90. 

In via ulteriormente subordinata l;Amministrazione ha eccepito che Io 
spedizioniere ha sicuramente trasferito sui suoi clienti l'onere derivante dalle 
operazioni fuori circuito e fuori orario, e quindi nei suoi confronti trova applicazione 
l'art. 29 comma 2 della legge 23 dicembre 1990 n. 428. 

Giova, in proposito, rilevare che l'enumerazione ivi prevista termina con 
l'espressione omnicomprensiva di �diritti erariali�; e� l'ampienzza dell'espressione 
� ulteriormente confermata ai commi 4 e 5, laddove si accomunano alle 
imposte di cui ai commi 2 e 3 i � diritti � di qualunque genere. 

D'altra parte la stessa espressione pu� essere rinvenuta nella nostra legislazione 
per descrivere pagamenti obbligatori a fronte di determinate presta




PARTE I, SBZ. III, G�l'.nUSPRi:Jl:lliNZA clviul, GI�RlSOIZIONE E APPALTI 513 

. . 

(omissis)� �viene, qunque~ �in� rilievo il tema. (da quella stessa difesa 
svolto ili Via pfincipale)�clell;appiicabilit� .;._nella.ipotesi che qui�cctipa ._ 
del piU vo1te citato art. 29 dell~ legge ccimunitatfa per il� 1990, in particolare 
(_M � � c�lthfu.a 2,� per�� il quale � � clfrltti dogah�lF all'import�Ziorie, le impgst� 
fil����fabbricazione, le imposte di. �conswrio, il sovrapprezzo dello 
ii.i2�h�fo ei d.iri1:tferarialifiscossi in �~pplicaziOne di.. disposizioni naziom:
V;i inc�inp�ilbili.�cori norme cofutlnitaiie s�tlcf H:triborsati a men� che il 
refacl\t() onere nbii sia staio trasferito su altri s�ggetti�. 

. �):.a di:fesa. attrfoe contesta foperai:ivit� �della riorr:ria nel cas� di specie, 
lli bas� adue atgoriientazfo�ii �~ t'una di natura f�rrtiale, raltra sostanziale 
~in parte ilo\I�'app�riehfrsf . .� . 

.. �� ..� $econdo. q.e1 patroch1~0 {memori~ 30 noveinbre �92, pagg. � 6 e. segg.) le 
irid�ririit!i inqtiestione (�fo� elargite in relijione ai serviZi doganali �fuori 
circ.ito �) non pqtrebbero fientr�re tra i� ctidttfd()ganali all'importazione� 
n� #a f~(1lii,erid �~h:itff ~rari�li ~; t�rmirii che n~l �ng.aggio dei fogisla� 
tor~ fributaH() evoca.rie>Istituti ben diV~rsi da� quello di'. �cui � causa; anche 
(e ~opriittutfo: qui � ilrilievo sostanziale) perch�. quef compensi si muovono 
sUJ. piano defdiritt<> pr�vafo. 1Yaitr� lafo, l� natura eecezforiaie -perch� 

zioni Od attivit� che l'Amniinistri'Wone esegue; solitamente, in base a specifica 
richiesta degli interessa.ti. � � 
, Tal� � il caso dei �:Uritti d� mag�zzinaggio di cui all'art. 45 d.P.R. 26 giugno 
1965 n. 723. . 

LO stesso dicasi dei clintti di statistica (art. 42 d;P.R. ri> 723/1965), dei d�ritti 
di visita sanitaria (art. 32 R.l>d265i1934 e succ. mod.) e dei diritti per i servfai 
amministrativi (L.��15 �giugrio 1950, n.�� 330). � 

Al che si potrebbe aggiilngere, sia �pure . in citin:Pi diversi, Ulteriori fatti� 
specie di diritti-corrispettivi (diritti catastali, dirittf di. visura, diritti di segreteria 
e di cancelleria ecc.). 

Tutte queste prestazioni, lungi dall'essere di natura privatistica, sono pretese 
dall;Amministraz�cine, in� virt�� del� suo pc)tere �autoritativo; come condiz�<>ne per 
esercitare Un'attivit� . od ottenete uri� prestazione da parte della stessa Am� 
ministrazione. 

E la mlglic>t riprova che nel concetto di " dirittierariali ,. vanno considerati 
anche i corrispettivi per cui �� causa iTa �ndividuata nella � ratio � delle disposizfoni 
Ccimunitarie sulla cui base fu emanato.il Citato art. 29i poich�, invero; essendo 
�sigeriza dell� CEE (iuelta di. evitare le cosiddette �tasse ad effetto equivalente,,, 
� ci>iisegU.erii�ale che riel�� C:�ncetto di diritti . erariali la legge Vi abbia fatto rien� 
ttare tutte le som:rit:e coniunqtl.e qualificate che siano state percepite dalla 
dogana, per effetto di determinazioni miriisteriali; in relazione ad operazioni 
inttacomunit�rie di esportazione o di h:nportazione di merci. 

Sarebbe stato, al contrazio, illogico che essa considerasse' tali soiilirte come 
oggetto di mere prestazioni civilistiche, poich� in tal caso sarebbero venuti 
meno gli scopi stessi della normativa comunitaria. 

In proposito giova ricordare che la Corte di Giustizia (cfr. sent. 61/79, 
punto 20) definisce, in maniera c;lel tutto indifferente, � tributi amministrati-vi � 
i pagamenti costituenti la � contropartita di una prestaZione particolare � della 
Alllministrazione, precisando che la nozione di tassa di effetto equivalente 

10 

-



514 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

derogatoria del diritto comune -dell'art. 29 cit. escluderebbe, secondo 
l'indicata difesa, la legittimit� di un'applicazione della disposizione 
per via analogica, fuori dall'.ambito individuato dalle ipotesi tipizzate. � 

Il carattere privatistico delle indennit� di cui � causa deriverebbe dalla 
corrispettivit� delle stesse rispetto al servizio prestato dall'Amministrazione, 
di tal che si tratterebbe di mere spese dell'importatore (o dello 
spedizioniere), ben distinte dai diritti doganali a natura tributaria. 

La difesa attrice richiama al riguardo l'art. 11, ultimo comma, del 

d.P.R. 43/73 (che parla di �pagamento del costo del servizio�), ma soprattutto 
una decisione della Suprema Corte (Cass. 23 settembre 1991 n. 9964) 
emessa in sede di regolamento di competenza; inconferenti -invece paiono 
i riferimenti al D.Leg.vo 374/90, non operativo al momento delle 
operazioni doganali per cui � causa ed il cui art. l, comma 8, comunque, 
riproduce la citata disposizione del T.U. doganale. 
All'esito di una complessa ed analitica ricognizione della disciplina del 
Testo Unico doganale, la citata Cass. 9964/91 conclude escludendo che le 
indennit� de quibus partecipino � della stessa natura tributaria dei diritti 
doganali �, ritenendole invece � assimilabili alle altre spese, le quali 
costituiscono il rimborso di uno specifico servizio�. 

I 

comprende qualsiasi onere pecuniario che colpisce, per il fatto di avere varcato 
la frontiera, le merci che circolano all'interno della Comunit�. 

Dello stesso avviso si mostra la Commissione, secondo la quale � ogni onere 
pecuniario, anche minimo, quale che sia la sua den�minazi�ne e 1a sua tecnica 
di riscossione, applicato unilateralmente da uno Stato membro su merci im


I

portate da un altro Stato membro ed avente per fatto generatore il passaggio 
della frontiera, costituisce una tassa di ettetto equtvaiente ... �. 
Come ben si vede, le distinzioni tenninolog1cne, o ancne per natura giuri


I dica, operate dall'avversaria difesa al fine di sfuggire gi� su a1 un piano generale 
ed astratto all'applicabilit� dell'art. 29, comma 2, L. 428/90, si rivelano 
assolutamente infondate. 

Esse sono gi� state respinte dal Tribunale di Trento, re1at1vameme ad un 
caso esattamente identico a quello di specie, con l'ordinanza 19 settembre 1992 
prodotta in atti. 

Per converso nessun rilievo pu� essere attribuito ad un �. obiter dictum " 
della Suprema Corte che, in una prospettiva del tutto diversa attinente al 
riparto di giurisdizione, e in sede di impugnazione di una sentenza del Conciliatore 
di Treviso (!), ebbe a valorizzare il solo dato formale tratto dall'art. 11 
comma 2 del d.P.R. 8 maggio. 1985, n� 254 che, con termine eventualmente 
improprio, verosimilmente usato dal nostro legislatore per sfuggire all'orientamento 
comunitario dianzi accennato, usava il termine di � costo � del servizio 
per indicare il compenso cui la Dogana subordinava il suo consenso alle operazioni 
fuori circuito. 

La traslazione dell'onere. 

In ogni caso il problema della natura tributaria o non tributaria dei compensi 
in questione � un falso problema, giacch�, quando pure fossero di natura 
civilistica, nondimeno l'Amministrazione avrebbe il diritto di dimostrare (come 
ha chiesto) che lo spedizioniere li ha trasferiti sui suoi clienti, e quindi una 


PARTE I, SBZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GltJRISDIZIONB E APPALTI Sl? 

La decisione -palesemente. sopravvalutata nella sua portata concettuale 
della parte (qui) attrice -si proponedi escludere la natura tributaria 
dei compensi per servizi � fuoricircuito � ai fini della questione di 
competenza concretamente sottoposta al.l'esame cl.ella Corte: in tale ottica 

a. quest'ult�;ma bastava -�come � .. stato in concreto� sufficiente -opporre 
talLJndennit� ai diritti di confine ed ai diritti doganali strictQ sensu al 
fjne ~i .~fer:rnareJ'inapplicabilit� della competenza per matei;ia_. del Tribunale 
(art. 9 c'.p.c.). 
Dal punto di vista .esegetico,. comunque, non sembra corretto assimilare 
le in4ennit� per se~i.� fuwi circ;uito � alle spese vere e prqprie, che 
lii Jrovan() in verit� ben distinte. dai @mpe:n,si di cui � causa nell'ambito 
dll'art. 35. pen. comma d.P.R. 43/1973. 

Non �, tuttavia, sul piano terminologico e formal�:".letterale che pu� 
esser convenientemente impostata� la soluzione� della questione ora all'esame 
edil rilievo vale sia per iLT.U. doganale c;be per l'esegesi dell'art. 29 
legge 428/90: della quale norma ~piuttosto ----va colta la intima ratio ai 
fini non gi� di una applicazione analogica ma di una interpretazione logicofunzlonale 
c;he valga a verificare l'operativit� della disposizione per fat


eventuale restituzione in suo favore non farebbe che arricchire indebitamente 
il medesimo a danno della collettivit�. .� 

Infatti l'art. 29 della legge 428/90 non � una norma eccezionale, ma � una 
norma che innovando si.tlla precedente disciplina di etli all'art. 19 della legge 
873/82, ripristina a carie<> dello Stato la regola generale sull'onere della prova 
posta dall'art. 2697 comtna 2 c,c.; secondo cui � chi eccepisce l'inefficatj_a di 
tali fatti (cio� dei fatti addotti come fondamento di un diritto), ovvero ecce,. 
pisce che il diritto i;i � modificato o . estinto, deve provare i fatti. su cui l'eccezione 
si fonda �. 

Se cosi �, come pare incontestabije, allora non vi � dubbio �be lo Stato 
italian(l possa, aneli.e indipendentemente dalla qualificazione dei compensi per 
cui � causa, .<'limostrare secondo le regole generali del diritto civile, che essi 
non sono.� rimasti a caric::o dello spedii;ioniere; corne ha chiesto di fare, del 
resto, . fin �dall'atto di . costituzione in giudizio, instando per l'esibizione delle 
fatture dello spedizioniere e, occorrendo, per l'ammissione di una. consulenza 
tecnica ad hoc. 

N� ha fondamento a1cuno la tesi avversaria secondo cui solo . il � solvens � 
avrebbe diritto al rimborso <'li quanto . pagato, indipendentemente dal fatto che 
il peso econo:inico sia stato sopport11cto da altri soggetti. 

Qui non siamo di fronte ad un qualsiasi operatore economico, il quale 
trasferisce il peso dei suoi aggravi, fiscali e no, sopra i prodotti che vende 
ad una massa indistinta di consumatori o di rivenditori, spesso neppure 
identificabili. 

Al contrario noi siamo di fr�nte ad un mandatario, cos� testualmente 
definito dall'art. 1737 e.e., il quale agisce per conto del proprietario della merce 
importata od esportata, e a carico del quale non pu� essere configurato un obbligo 
distinto da quello del proprietario (ved. App. Milano 29 marzo 1991 in Banca, 
borsa, ecc. 1992 II, 401). E ci� � tanto vero che, se lo spedizioniere per il 
pagamento differito dei tributi doganali stipula una polizza assicurativa con una 



.$16 RASSEGNA AVvOCATURA DELLO STATO 

tispecie non contemplate dal legislatore perch� non prefigurate dallo stesso 
al momento dell'emanazione del precetto (c.d. interpretazione estensiva). 

A\iuto, dunque, riguardo alla ratio legis, non � possibile revocare in 
dubbio che le stesse ragioni che presiedono alla non ripetibilit� dei diritti 
doganali (in senso proprio) comi.J.nitariamente illegittimi possono ritenersi 
alla base di un'analoga esclusione del rimborso di altre prestazioni pecuniarie 
c�munque percepite dalla Amministrazione Finanziaria in violazione 
dei principi di diritto comunitario. Ed invero, se il legislatore italiano 
ha ritenuto di individuare l'avvenuta traslazione � su altri soggetti � 
dell'onere. fiscale quale limite del diritto al rimborso a favore del solvens, 
non sussiste alcun valido motivo concettuale per ritenere inoperanti quelle 
stesse ragioni avuto riferimento a prestazioni non propriamente tributarie 
ma comunque imposte dalla Amministrazione all'operatore economico 
in relazione ed in diretta connessione con l'attivit� di visita doganale (o 
con le partico1ari modal�t� in concreto da questa assunte). In realt�, al 
di l� di ricostruzioni dogmatiche fondate pi� su dati (normativi) letterali 
che sulla sostanza degli istituti e dei fatti economico-giuridici, l'indennit� 
di cui � causa si coiloca -s� -a fronte di un servizio dell'All1


compagnia assicuratrice, dell'adempimento di tale polizza risponde direttamente 
il proprietario della merce (ved. Cass. ss,uu. 15 gennaio 1993 n. 500, in Foro It., 
1993, I, 760). 

Quindi lo spedizioniere, se ha pagato i compensi dello sdoganamento fuori 
circuito, lo ha fatto con denaro del suo cliente proprietario della merce, o 
quantomeno in condizioni tali da poter farsi anticipare le spese e rifondere i 
compensi erogati, ai sensi dell'art. 1740 e.e. 

D'altra parte, anche a volere (per denegata ipotesi) inquadrare la fattispecie 
nell'indebito oggettivo, e dunque ritenere che solo il � solvens � sarebbe legittimato 
ad ottenere il rimborso, nondimeno la tesi avversaria si scontrerebbe 
con l'applicazione del principio generale, pi� volte richiamato dalla deducente 
Amministrazione (e per quanto occorra qui opposto in compensazione), del 
divieto di arricchimento indebito a danno dello Stato, dato che a questo fatalmente 
si arriverebbe ove si riconoscesse un qualsiasi rimborso a favore dello 
spedizioniere.. 

Occorre, a questo proposito, ricordare che � stato lo stesso spedizioniere 
a riconoscere la non incidenza del carico su se stesso. 

Infatti egli, rendendosi ben conto dell'infondatezza della su� tesi principale, 
ha tentato di accreditare la tesi subordinata., secondo cui il suo pregiudizio consisterebbe 
nel ... rimanere esposto all'azione da parte del suo cliente proprietario 
della merce per tutte le somme dello sdoganamento fuori circuito pagate alla 
Dogana. 

Ci� evidentemente presuppone che il carico relativo sia gi� stato sostenuto 
dal proprietario delle merci (quod erat demonstrandum!); e d'altra parte non 
giova affatto alla tesi avversaria, sia perch� conferma ulteriormente, se pur 
ve ne fosse bisogno, la fondatezza della nostra eccezione di difetto di legittimazione 
attiva dello spedizioniere, sia perch� il presupposto di una siffatta 
domanda � quello (nel caso di specie inesistente o comunque non provato) 
che il proprietario della merce abbia preventivamente proposta tale azione di 



mi11istr11zio11e (~~:i;nent(), pen�,tro, et~ p~r s� eql.J.iyoco, caratter.:zandc:> }n 
astr~tto aneli.e fistitlit9 c;l,ella tassa, tipical_ll.ente tribl.J.tario) .� :i;na ):lel q.i:t.dro 
di un'attivit� della. stessa ��J1pppugnal::>iJmep,t~ aut()ritativll, i:t.tt~giandosi 
q.?.Je . contr~bqto sat~sfattorfo.. !lei . maggiori o{leri .. �l;le u ~isco. 4icontra 

.......... �.�.�.� .�....... � ...�. �.....�... � .�.. � . � ...� .� .��.��..� �. �. ���. �.� 


;:;~ii~ly~~~!~~~~~f:!~r4er~io11i.. gogllll<tl~..� iI>;. *().. beneyisq..� aU'.i.lJ'.'p()rti:t.� 

C~ren:te.mente,�il(;or.:dspettivo �llOI!; �:. Jn. alc.n . nwdo pattuito� dl:llle 
parti ma. unUatei:alniente prefissato . da!l'A:n:m:iiri.istr~iC>n.e in.� via regola� 
menta~. qt�:�i.cli .in via generale ecl astratta, L~mquac;\ramento dom.matico 
dell'i.nde:nnit� � .;,..;..;:. insomma ,....,.., puro eserob:io ac�adeniico,. mentre quello 
che interessa �, piuttosto, la .sl.la couftg.razione ai <:li.versi fini. �.e volta 
a volta occupl';\llP: in tal l>enso) .mentre con rigi:u:miq all'<;t cpmpetenza giu~ 
cUziale ben. puQ:. fonctatamente .esser. affermataJa natU:l'a� non. tJ:ibutaria �del. 
l'qnere (~che.in� ragione .della tas:s:ativit# dellejpotest . c'U cQmPetenza per 
mater~ di c:ut .all'art� 9 � c,p,�. ed aU'3rt.. 8 del .. R.:O�. 16U/~3); con rlguardo .".7" 
invece ;....... ai ��meccanismi.� previsti� ctal legislate>r:e. per la ripetizione d'in� 
debito comunitario, l'mde:nnit� per l s:ervb::Ldoganali � fuori cir~to � VliJ. 
assimilata ai diritti erariali, enumerati. dall'art. 29,. comma 2, legg<Lc<>mu� 

rimborso, e quindi ottenuta ed eseguita una pronuncia favorevole con valore 
di giudicato; �senza di. Cllt\ manca il �4ePaupe:rarneI).t() � dello� spedizj.oniere. che 
c9stitu,isce. il presuppost(). stesso della .. sua. domanda. nei conJ;r9n:ti.. c:tell'.Al;mni�

nistrazjone. � � � � �.� � � � � � � � � � � � � � � � � � � .....� , � 

[,'�sposizic:me .� qel{o��spe4it,foniete atl~ t:tzion( dt /ipe#i,~oJ?,e propotilbitl .�. dat �suo 
� c;lieiite~ � 

A non�diver.se conclusioni� si .c:iovrebbe pervenire, ove !li esaroinasse faccen" 
nata argomentazione avversaria, p1m1.ltro in a,perta c;ontraddizione cql suo assunto 
principale, secondo cui lo spedizioniere avrebbe diritto al rimborso, in quanto 
rimarrebbe � esposto � alle azioni di ripetizione da parte-del suo �liente (sul 
quale, gu,nque, all'.lmette �o rjconqsce <li aver. trasf<'lrito il.� relativo ..ca,:r,ico!). 

Anchl:) su� qu~sto .ar!JQmen~(), .alla .�. 4U:esa Cli part<'l. atirice ha !Pil. rispasto 
in modo esaurieti.te il Tribunale cli Trento, cqn or@'i~a qel 20 luglio 1993, 
depositata il 22 luglio 1993 (R.G. 1595/91) osservando testualme11te eh~: 

� Nessun elemento a comprova della gi~ avv<'lnuta restituzioni:} ~ parte 
dell'attrice ai suoi committenti degli oneri per cui � causa ��. stato. foi;nito, e 
ne:n:.neno v'� traccia . di un'iniziatiya pe;r. ia. ripetizione c:ta part~ .. dei terzi che 
abbiano. sopi;>qi'tato..�cJetU oneri;.��� si .. tratta qti:inQ�.. di una meta .ipote~i .a.~tratt11 
e .ll.on va sottac;iufo �)ie, :s� trasl�llio.e vi fosse $tata .eta partt;l ctella attrlce, � 
ragionevolill�nte � prob�bU�. che anche �f.�pmmitt~nti .(lbb.iano .�� riversato i costi 
su terzi (acqqirenti c:t�lle .merci importate-consti:l:natorl); � opportuno aggiun� 
gere che qualora fosiie.dimi>strato, ii:J. ipotesi, che gll on~doggetfo delladi>manda 
attorea siano stati effettivamente addebitati ai committenti in c�nforcilt� a 
quanto previsto. dall.'art. 1740, . comma. . 2 c:c~, non � si veile c:ome possa �ia: 
Dail.zas SA. essere esposta .. all'azione p�i-l� restituzione in favore. dei suoi 
mandanti in caso di . eventuale mancato rimporso da parte della . AmmJnistrazione 
finanziaria; non pare infatti � ascrivibile i;i9, essa attri�� WI �omporfamento 
negligente nell'espletamento dello incarico,' atteso che gli oneri. sono staU 

-



518 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

nitaria 1990, lo scopo della disposizione -costituito dall'evitare un ingiustificato 
arricchimento del solvens, che abbia trasferito su terzi l'esborso 
-attagliandosi perfettamente anche a quella fattispecie. 

Il Collegio osserva inoltre -su di un diverso piano di approfondi


mento concettuale -che la natura meramente privatistica dei compensi di 
cui � causa si pone in singolare contrasto con lo stesso fondamento logicogiuridico 
della domanda attrice, quale delineato nella prima parte della 
presente motivazione. Quel fondamento, invero, � costituito dalla sproporzione 
tra l'onere concretamente sostenuto dalla societ� attrice ed il costo 
effettivo del servizio doganale �fuori circuito� per l'Amministrazione, 
sproporzione ritenuta da parte istante -sulla base del giudizio della Corte 
di Giustizia formulato nella pi� volte richiamata sentenza del 21 marzo 
1991 -illegittima dal punto di vista comunitario. La mancanza di 
corrispettivit� tra onere (per il privato) ed il costo effettivo del servizio 
(per l'Amministrazione) -e proprio (soltanto) quella mancanza -ha fatto 
ritenete alla Corte comunitaria trattarsi di � onere pecuniario imposto 
unilateralmente � costituente.� una tassa di effetto equivalente ad un dazio 
doganale ai sensi degli artt. 9, 12, 13 e 16 del Trattato� (punto 7 decisione). 
Ne consegue -da un lato -che la Corte ha ravvisato l'irrilevanza della 

I 

imposti dagli Uffici preposti allo sdoganamento e tenuto conto del successivo 
promuovimento dell'azione giudiziale� per la ripetizione delle relative somme 

I nei confronti dell'Amministrazione; in definitiva, essendo pacifico che ad oggi 
l'attrice, ferma la ipotesi dell'avvenuto trasferimento dell'onere su terzi, non ha 
rimborsato a questi ultimi le somme relative. e non ravvisandosi fondate ragioni 
perch� la stessa attrive sia tenuta alla rifusione come sopra chiarito in forza 
del rapporto contrattuale intercorso con i suoi mandati, risulta rilevante l'ac


certamento della traslazione o meno dei costi su altri soggetti �. 

Le prove del.la traslazione. 

In ogni caso a prescindere dalle richieste istruttorie di esibizione delle 
fatture delio spedizioniere e di consulenza tecnica, proposte in via subordinata 
dalla deducente Amministrazione, occorre sottolineare sul piano delle presunzioni 
gravi precise e concordanti alcuni elementi che appaiono gi� determinanti 
per dimostrare l'avvenuta traslazione. 

~ pacifico, infatti: 
a) che lo spedizioniere ha la qualificazione di ditta industriale o commerciale, 
e come tale funzionalmente destinata al conseguimento di un utile; 
b) che tale ditta si trovava e si trova in situazione di normale gestione, 
e non in situazione di squilibrio gestionale o di insolvenza; 
e) che l'addebito in esame veniva effettuato da tutte le dogane nazionali, 
e non da una sola, o �da alcune soltanto, sicch� l'imposizione stessa aveva 
assunto un carattere di �normalit� �; 
d) che tale imposizione era stata effettuata per lungo tempo e pacificamente; 
e) che i normali criteri di fatturazione avrebbero dovuto esplicitare le 
spese dello spedizioniere (fra le quali il diritto in questione) separatamente 
dai suoi onorari. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILB, GIURISDIZIONE E APPALTI Sl9 

denominazione e struttura dell'onere unilateralmente imposto (in implicita 
!Da inequivoca coerenza alla propria giurisprudenfa)I attribuendo effet� 
tiva� importanza agli effetti economici dell'indennit�; dall'altro lato, che 
non sembra rivestire preciso significato il riferimento ad una astratta sit~
ione fisiologica dell'istituto (appunto, la corrispettivit� dell'indennit�, 
supposta adeguata al costo del servizio) al �fine di ricostruirne il carattere 
giUridiccr (ch� si argomenta di tipo privatisti�o-contrattuale), nel momento 
in cui la domanda concretamente articolata -invece -trova la propria 
ragione nella reale -e, comunque; dall'attrice allegata -situazione patologica 
di eccedenza dell'onere sti quel costo, situazione altres� rilevata 
dalla decisione dell'organo di giustizia comunitario invocata dalla difesa 
istante. 

In definitiva, tale sentenza della Corte ha senso -e l'azione attorea 
ha giuridico fondamento -in quanto la pi� volte accennata corrispettivit� 
sia concretamente non riscontrabile, di tal che ogni argomento che muova 
dal presupposto reciproco appare privo di logico rilievo. Proprio in ragione 
della sproporzione tra onere posto a carico del privato e costo effettivo ed 
in tali limiti ..:._ l'indennit� assume sostanziale natura di tassa equivalente 
a dazio e abilitia il solvens a chiederne il rimborso. Ne consegue la 
sicura applicabilit� -in via astratta, salvo verifica della effettiva trasla-

Aggiungasi ancora cl:le fa controparte non aveva alcuna ragione per tenere 
a proprio carico l'aggravio costituito. dalle operazioni fuori circuito, in quanto 
all'epoca cui si riferivano le importazioni per cui � causa non era ancora sicura 
l'automatica applicabilit� in Italia � delle disposizioni comunitarie e quindi nessuno 
spedizioniere, ancorch� fosse convinto della illegittimit� comunitaria del 
diritto erariale, poteva immaginare che sarebbe venuto il momento in cui 
avrebbe potuto chiedere il rimborso da parte dello Stato italiano. 

Di qui la inevitabile conclusione che la traslazione del relativo costo era 
sistematica; e di qui, soprattutto, la conclusione, alla quale si perviene per 
considerazioni di logica deduttiva, che l'onere di dimostrare la mancata traslaiione, 
dopo il .ricorso dell'Amministrazione alle suddette presunzioni, ritorna 
a carico dello spediZioniere, secondo� un. concetto dinamico dell'onere probatorio 
che vede questo � rimbalzare � dall'uno all'altro dei soggetti contendenti. 

Del resto l'unica parte in grado di provare di aver pagato il diritto e di 
non averlo . caricato sul prezio . delle . sue prestazioni risulta essere lo spedizioniere, 
in base alle fatture che� egli ~oteva ben conservare, anche al di l� dei 
termini di legge, come. presupposto per richiedere il rimborso stesso. 

L'incongruitlJ. del compenso in esame. 

Premesso quanto sopra, vale la pena di �sservare che gli importi pretesi 
dalla Dogana per le operazioni di sdoganamento � fuori circuito � erano di gran 
lunga inferiori al costo effettivo. 

A prescindere dal fatto che, nel caso �di specie, le indennit� per servizi 
straordinari venivano riscosse in misura fissa mensile, con riferimento alla 
meuia dei servizi resi nel corso del semestre precedente, risulta dagli stessi 
decreti ministeriali e dalle altre disposizioni cui essi fanno riferimento, che 
per l'impiego di funzionari doganali delle carriere direttiva di concetto ed 



RASSEGNA AVVOCATURA DEU,Q STATO

520 


zione -dell'art. 29 legge 428/90, trattandosi di �onere pecuniario ... � 
che colpisce � le merci a causa del fatto che esse varcano la frontiera ... � 
(punto 7 sentenza Corte CEE cit.) e, quindi, di diritto doganale ai sensi 
ed agli effetti della indicata disposizione. 

Quanto all'avvenuta traslazione dell'onere a carico di terzi, va anzitutto 
rilevato che la norma non richiede che gli �altri soggetti�, su cui il 
sacrificio economico � in ultima analisi riversato, costituiscano consumatori 
finali, ampia essendo la dizione utilizzata e, quindi, il ventaglio delle 
ipotesi sussumibili nella previsione legislativa. Tra queste pu� esser indubbiamente 
ricompresa quella qui all'esame, cio� il rapporto tra l'operatore 
doganale ed il proprio committente. Il primo, come mandatario dell'importatore 
(o di ulteriori soggetti da questo incaricati) ha il diritto di pretendere 
dal mandante il rimborso delle spese sostenute (art. 1720 cod. civ.) 
e nulla, nella specie, pu� far supporre che �di tale diritto la parte (ora) 
attrice non si si.a avvalsa. Dunque l'Amministrazione ha adempiuto l'onere 
probatorio sulla stessa. gravante, in ordine alla dimostrazione della traslazione 
del sacrificio economico, alla stregua di una presunzione tanto forte 
da esser fondata sul regime giuridico del rapporto tra spedizioniere e com


esecutiva, veniva richiesto un importo orario variante da L. 5.100 (ore diurne) 
e L. 7.400 (ore notturne) nel 1971, a L. 10.000 circa (ore diurne) e L. 18.000 circa 
(ore notturne) negli ultimi anni. 

Nello stesso periodo di tempo, come si � dimostrato producendo i listini 
ufficiali della Camera di Commercio di Milano, un q.alsiasi operaio qualificato 
percepiva compensi orari varianti da L. 30.900 a L. 40.300. 

� quindi evidente che l'Amministrazione finanziaria percepiva neppure un 
terzo dei normali costi in vigore sul mercato del lavoro. 

N� ci si venga a dire che avanti la Corte di Giustizia comunitaria lo Stato 
Italiano avrebbe �riconosciuto� di aver sostenuto costi medi di L. 16.600 all'ora 
per ogni funzionario doganale. 

Ci� rivela, anzitutto, l'ennesima contraddizione in cui incorre l'attrice, la 
quale, da un lato, si affanna per sostenere che si tratta di un'obbligazione 
civilistica e non tributaria, mentre, dall'altro, allorch� le fa comodo, non vuole 
parlare di prezzi di mercato bens� di prezzi politici pagati dall'Amministrazione 
ai suoi funzionari per lo svolgimento di funzioni pubblicistiche relative al settore 
dell'imposizione. 

Ma soprattutto la deduzione di parte avversa dimentica che lo Stato non 
pu� mai riconoscere alcunch�, e tantomeno con effetti al di fuori dello specifico 
procedimento, sia per la notoria indisponibilit� dei crediti tributari (affermata 
con rara chiarezza dall'art. 13 del R.D. 3265/23, cui fu sempre attribuito 
valore di principio generale), sia perch� lo stesso difensore istituzionale dello 
Stato � dotato del solo � jus postulandi �. 

Inesistenza di ulteriori questioni comunitarie. 

Come si � visto, sia che il problema della traslazione venga ricondotto sotto 
la disciplina di cui all'art. 29 comma 2, sia che venga riguardato sotto il 
profilo di cui al combinato disposto degli artt. 2697 comma 2, 2033 e 2041 C.C., 
non sussiste alcuna delle questioni comunitarie di cui la causa � stata 
artificiosamente gravata ad opera della controparte. 


.... . ........ . 


.��.� r'nm>r,. SEZ. m:, artm.r&Jfflm>BJS:Zi\ e~. <ir~l)1z10NE i;; APPALTI 521 

.:--: :� ..� �:-� <..:". :�.�:::::>:�:::�-:: �... ::::--: :.�� �::::::�:>::::::::�:�:�:��::�:. �.-:-:-:-:�.���:::�:.::::_::::�.-:�::::'.:-��-:::::: :-:::::::::-:�:.:-.�. :-: ..�. �.� . 

... ... . . . 
. . . .. . 
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m~tt~Ut~; J~plf�q~t~~ ij):�~j.);l,t~ 7Jp�f;!:t:nm~ ..,.. cl.~�CdY~.J'~sS~tto p(,!,turale 
~<li# x~~~~ ad. ~~~.~l'~ tt~~~�u#<>n~ di�. <;\ue1 rai)pqrto J?~r q_.~iit<> q1# int~ 
��~~~~i t�~~J:>1~i0��J:'~15fJ... ffi#iii~~.�4i��~2tlim~m~~r~lf9.~112r~t.i#r~Pat~.. 1�.m~zi 
P~9;~~.Elf~ P~ti�.~~~R~~()~~ ~~i.m~<i~t? ~~rhJ7~~ c9g�.9~Yfo).~ c:lLf~ffippp;~e 

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...........�....P~�.�~���1?�!9.-?i��ytst*���~~rn~r&-r~�.. yf!'..f!ley*~9��.� c~e... t'Wfr.:.2i.>slt~tH�....~�. stat<> 
in.tf()~<;>ttqᥥ���(l:,liql.tim!<:>�����~~rnffi'ff\m~i:iY~~: .... :n~i ..� pe~~r0 .�� er�W~!11~at<><ᥥw..�... ~e~i~<> ... ~m~.YiAAtj�1:.�gi\.Wi.~Prn4.~~@U��.. PA~ :~Vt}Y!,.IQ �~tl.t~t�s$~!9�.�J'~n�...l~�. <4~!�����D;L. 
aq -~~t~~r~"I~*~ �,:: ~~ <~9iiv~ ~ji�t?ss~ M~Z~~t ~ Mmtn*t9 ~ �a~u~t~~:n~ 
.~~i# 4~~~K�et~~A.i91#~~#i� �#~A~tg nov~w�l:~��t~~~.... �<ifi�~lf~~.. W~/s2) 
~\#$~R�.. l\t.. f~~~i.~� :~f:()~~t�ti8:���1?:?~~9Jt pari�9 9r!~'a~~~t.4#~.~��.w���t1ml.19~~9�� e 
�o~pf~i,,1llr:n~~�-�a~~'RR!ic~~P:�9!'W~.��giftrisgJ:'99~W:~� iIHrffi~.� ~~ffe~~~yain.ente 
~Rf9l~l!'!<~i~����q,.~. :nor~�... p9:ntr1*~~~.te�. �()tj, i;~wffi:nl;l.m~nFs.. cg;m.ajtl:).ri<:>~.. 

����������������l~���~;~~���~;~;1:::�1~... ;~~~~~atica..�t~l~tiY~.... autapplica9ittt�,����~u�~�ti~~a ~atti� 

~p~~. J;t,elr~h ~? l; rn.4f$f1~99 A91'+ invplge.ffi: ~~n.n;toc;to.. il ffiri..tto co:t..nj� 
.. ~~n9;......e~~~..�Jo9*� ....l;l(.�..�9P~.faji~�. ~iicN~iyajne.~���� j,j~@:>l~xn~..��.4i�.�.fi?.te1J?fet~~9tje.... di

taiun:e: nonne wdiritto fotem<i~ ���� �� � � � �� � �� � � 

. �fr p;fop�~itq Ia stessa 6o:ritf6p�rte cico-rd.iii; �he' la �orte �� dl Gitistizia. CBB 
ba gi� �viito. molfo di mftlrlni:.'i la Piena �Ie!lttimit� di quelle nonn'e interne 
dei singoli . Stati membri che subor�linino iI rinlborso del c.d. � indebito CQ:illUr


!:fJri~~Mi t~iw,riWt~~fil:�~~eletrt~~ufff\j ffi~4~~~3;~mg1fl:tif�~~~

t�l�up�et!liiohe>�� ��cs:r�ved~; ���iii� i>ro�'as1t<>;�.�t6rtfl�� GikHtzta:�� cEe���� 27��ma:rz:o�� 1'1811; ����in 

ca�s<t;>6l/79i��inᥥ�pi1ftiCofate�il� ;P\into��2$� norich~�.�it.�.�dispositivo;� puii.to ��li��Iett;��c)� 
/ .. dfilll<-H1 s'ltl PWlt<L.i.lOl'l �� v�~~ ai~e!lte,� alcun �bisolm�: d.~...lt~ti.ox:i, :Prol1;ln~ 
~.a~� ffisc!'.t~sf9W., ..e.... ii:m~91AeA8.�...di�.....~.�l�~r.e~tj,.~.. �. c1a... :Pw:te... delll).... ~~ess<>. W.v.dice 
cgffi.aj~�:r~(>. ........�..�.�.� .�.� .. .�.� .� �.�. �.� .. . . .��.� ...�..�..�.�.. . . . .... . � . � ..�. .� �. � � . . . ... �. . . 

. L a �ob:i:spOrictente 'ifori'n� interna> italiana/ ossia il citato art; 29, com� 
#itf2<��.t;; *'�.42s1~9~t.s� �si>nt:ae.��ad .(>g#i <:ll\Mitl'~.� q��� l!os:Pet~i���.<Uᥥ�Wco~pl:\,tiblllt� 
.�1;1mordfuahi~t6 csa, c�l#~<ha: l)enutr� Sia chW:a:nlente .� riconos*iuto,�..��con 
r#Yl!lrs~ ..� pri:wun~~��~�ᥥ�$il�?#~~>9~#~~����.4l���ᥥ~s~~tj9il~����(si����#4aji,~., �.w,���. P:roJ?psito,

c;;11ss. n�. 1~5.22/l~l, Ca$$� n.� ~69/t9~4, .PJ;i,ss� n, 372J/l994 .~. Cass. n, 36J2/1992). . . 

. . Iilf'attf stabilire se una d(lteriilll�ata fat#s:Pecie concreta, portata dmanZi al 
giudice nazfomt�e~ rlentrl Bmeno nena prev�sfone ciel� ricordato art 29 t, n/428/90 
(una volta dat!>: per accertato ed acquisito che quest'Ultimo� rt�n��e incQmpatibile 
coll'ordinamento eomimltarlQ} ~PP~r~. aptjm~;vls'f;I!\', .u~.. <l"1estio:iie .. di.,n.era 
appUc,azione,.. ed eventualmente di .interpretazione del dfritto interno (in. questo 

senso aiiche '.frlb, Trento. 22 Iu~:Iio 1993, sopracitata). . . . . � ... 

(omissis) 


522 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 29, eliminando il riferimento ad oneri di prova documentale 
nonch� all'inversione dell'onere probatorio sulla traslazione, delinea un 
regime -incentrato sull'obbligo per l'Amministrazione di dimostrare 
l'intervenuta traslazione del sacrificio economico sofferto dall'attore in 
ripetizione e sulla libert� di prova delle parti -sicuramente conforme a 
quell'ordinamento, in quanto corrispondente alle indicazioni contenute 
nella suddetta decisione della Corte comunitaria (confr. punto 11 e segg., 
in particolare). Si noti, al riguardo, che quest'ultima ha esplicitamente 
statuito la legittimit� -in s� -di �disposizioni legislative nazionali che 
escludono il rimborso di dazi, imposte e tasse riscossi in contrasto col 
diritto comunitario, qualora sia appurato che la persona tenuta al pagamento 
del tributo lo ha di fatto riversato su altri soggetti� (confr. punto 
13 sentenza). In tale quadro, nessuna questione comunitaria si profila 
come realmente esistente nel tema che qui occupa. 

La difesa attorea, 1iUttavia, delinea egualmente una problematica discendente 
dalla constatazione per la quale lo spedizioniere sarebbe comunque 
esposto all'azione di ripetizione del proprio committente (confr., 
comparsa conclusionale pagg. 11 segg.), (in tesi) interessato dal trasferimento 
del pregiudizio economico corrispondente all'indennit� di cui � 
causa. Secondo tale impostazione, il Collegio dovrebbe rimettere alla Corte 
di Giustizia la questione interpretativa (e, quindi, di legittimit� comunitaria) 
concernente l'art. 29 legge 428/90, in quanto operante anche nei casi 
in cui �il rimborso non comporti di per s� ed automaticamente un arricchimento 
senza causa dell'avente diritto al rimborso (come nel caso in 
cui l'avente diritto al rimborso � . . passibile di azione di ripetizione da 
parte dei terzi secondo la disciplina generale di diritto civile vigente nello 
Stato .... )�. 

La questione cos� prospettata -al di l� della sua indubbia eleganza 
logico-giuridica -� destituita di fondamento. Appare, infatti, di tutta evidenza 
che nel nostro ordinamento la mera potenzialit� di danno -e cos� 
la semplice prospettiva, neppure preannunciata dall'avente diritto, di una 
azione giudiziaria passiva -non pu� concretare un interesse ad agire o 
contraddire (art. 100 c.p.c.) giuridicamente rilevante. Nella specie, la semplice 
possibilit� di un'azione di rimborso del committente verso lo spedizioniere 
(giuridicamente del resto tutta da verificare alla stregua del rapporto 
di mandato intercorrente tra quei soggetti) non pu� valere a fondare 
un'eccezione dell'attore in ripetizione d'indebito comunitario di 
fronte alla prova -in tesi raggiunta -dell'intervenuta traslazione (dell'onere 
oggetto dell'indebito) dall'attore medesimo a terzi soggetti. 

La mera evenienza del giudizio a carico dello spedizioniere non esclude 
l'ingiustificato arricchimento che il legislatore -legittimamente dal punto 
di vista dell'ordinamento comunitario (confr. sopra) -ha inteso evitare 
ponendo in grado l'Amministrazione di dimostrare l'intervento della traslazione 
(nella specie) tra spedizioniere e committente: ed invero, in attesa 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 

di quel giudizio l'attore in ripetizione verso l'Erario lucrerebbe il rimborso 
delle somme a suo tempo versate ma gi� rifuse dal proprio cliente, 
con la concreta prospettiva di trattenere presso di s� l'arricchimento sino 
alla prescrizione della (pretesa) azione del cliente stesso. 

Deve essere, a questo punto, chiarito che -a parte la appartenenza 
dei principi ora formulati ad ogni ordinamento civile -l'azione di rimborso 
dell'indebito � pacificamente disciplinata dalle legislazioni nazionali in 
materia� anche quando findebito derivi dalla illegittimit� comunitaria delle 
norme impositive, come � stato pi� volte affermato sia dalla Corte di 
Giustizia (confr. punto 12 della sentenza 9 novembre 1983 cit.) che dalla 
Corte di 1egittimita italiana (conf., per tutte, Cass. 23 gennaio 1987 n. 634). 

Tale presupposto, del resto, � del tutto condiviso dalla stessa difesa 
attrice, che lo fa inequivocabilmente proprio nel discorso articolato in 
o:rdine alla assunta inapplicabilit� -al caso di specie -dell'art. 29 legge 
comunitaria '90, che muove da concetti (natura privatistica della indennit�, 
carattere eycezionale dell'art. 29, comma 2, operativit� del solo art. 2033 
cod. civ., che prescinde dall'intervenuta traslazione) puramente tratti dal 
diritto interno. 

Da tutto quanto precede !?egue il rigetto della domanda attorea, per 
essersi verificato il presupposto dell'intervenuta traslazione dell'onere di 
cui � causa dalla societ� attrice ai committenti. 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

I 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 30 settembre 1993, n. 11 -Pres. Crisci Est. 
Rizzi � Ministero del Tesoro (avv. Stato Nucaro) c. Pani (avv. Ro. 
mano e Merlino). 

Impiego pubblico � Stipendi, assegni e indennit� � Indebito (ripetizione) � 
Atto di recupero non vincolato � Annullamento atto di erogazione � 
Motivazione � Criterio di sufficienza � Procedin1ento e necessaria comunicazione 
al dipendente ex art. 7 legge n. 241/90 � Elementi necessari 
all'atto di recupero. 

La ripetizione di somme illegittimamente corrisposte al pubblico dipen� 
dente non costituisce un atto assolutamente vincolato, dovendo la P.A. 
verificare se il nuovo effettivo importo della retribuzione si riduca ad entit� 
non pi� idonea ad assicurare a lui ed alla sua famiglia un'esistenza 
libera e dignitosa, come imposto dall'art. 36 Cast. Tale atto autoritativo 
implica o presuppone necessariamente l'autoannullamento del pregresso 
provvedimento, in base al quale era stata corrisposta una somma maggiore 
di quella dovuta, ed ai fini della sua legittimit� � necessario: 1) che sia 
specificamente e congruamente motivato (ex art. 3 legge 241/90), con particolare 
attenzione agli effetti gi� prodotti dall'atto annullato ed all'affidamento 
ingenerato nel lavoratore circa la legittimit� delle somme ricevute; 
2) che l'atto del procedimento di recupero sia comunicato personalmente al 
�ipendente (ex art. 7 l. cit.) onde consentirgli la possibilit� di chiedere 
la restituzione del debito; 3) e, infine, che il provvedimento contenga l'analitico 
conteggio di quanto erogato in pi�, con indicazione puntuale a) 
degli atti che hanno cosUtuito concessione di credito da parte della P.A.; 
b) dell'epoca in cui � rinviato il pagamento non dovuto e di quella in cui 
si effettuer� il recupero; c) della eventuale rateizzazione; d) del numero 
e dell'importo delle rate. 

II 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1� febbraio 1994, n. 90 -Pres. Quartulli, 
Est. Tumbiolo -Ministero della Difesa (avv. Stato Palmieri G.) c. 
Donato ed altri (avv. Franceschinis e Paoletti). 

Impiego pubblico � Stipendi, assegni e indennit� � Indebito (ripetizione) � 
Atto di recupero non vincolato � Ragioni. 

La ripetizione di somme illegittimamente corrisposte al pubblico dipendente 
non costituisce un atto assolutamente vincolato, dovendo la P.A. 


PARTE I, SEZ. IV,� GIURISPR�JIJENZA AMMINISTRATIVA 525 

verificare se, per effetto lletrecupeto, il nuovo effettivo importo della retribuzione 
si riduca ad entit� non pi�. idonea ad assicurate a lui e alta sua 
famiglia un'esistenza libera e dignitosa, come imposto dall'art. 36 Cost. 
Nel contempo, l'Amniinisttazione��dovr� �valutare� l'affidamento ingenerato 
nel lavoratore circa la legittimit� delle somme ricevute, anche in 
i'<etdtiooe al t.enipd trascorso dall'originaria� liquidatione del tro.ttamento 
retributwo. .� �� 

III 

CONSIGLIO DI STATO; Sez. IV; 30 luglio 1994, n. 643 � Pres. Pezzana, 
Est. De Lipsis -Ministero della Difes� (avv. St�to Cocco) c. Mondrone 
ed altri (avv. Volli). 

Impiego p1lbbU:~o � Indennit���.�di trasferimento �~ Iii.debito (ripetizione) -
Amnlissibillt�. � 

�Jl �princijJio della irripetibilit� .delle somme indebitamente percepite 
in buonafede dal pubblico dipendente che, secorndo il noto orientamento 
giurisprudenziale in mat�eria, presuppone la sussistenza di un ragionevole 
pericolo che la restituzione arrecherebbe al soddisfacimento delle ordirtarie 
necessit� di sostentamento del dipendente, non si applica per ltl 
l:>enefici() �dell'indennit� di trasferimento d'ufficio, che. avendo natura indennitaria,. 
non presenta una tendenziale incidenza sui normali bisogni di 
vsttli del percipiente, al quale rimane sempre il trattamento economico! 
stipendiale. 
I 

n ri<:orso in esame involge questioni similari a quelle �rel�tive a ricorso 
di recente definito dalla Adunanza plenaria (ad es., 12 dicembre 1992, 

n. 20), onde la decisione da assumere non potr� non ispirarsi a quanto affermato 
in dette occasioni, con alcune puntualiz;zazioni m relazione al 
caso di specie. 
La verteilZa comporta la soluzione di questfoni connesse al recupero 
di crediti che la p.A; effettua per somme c�rr�sposte in favore di dipen


(1) 
Gli itinerari dell.a giurisprudenza amministrativa in tema di ripetWone 
dell'indebito nei conb"onti dei pubblici dipendenti. 
1) Con le decisioni che qui brevemente si commentano, il Consiglio di Stato 
prosegue nella sua opera�� di affinamento della ricostruzione cosiddetta � amministrativistica 
� (CANNADA BARTOLI, Procedimento ed ordine di recupero di somme 
indebitamente corrisposte a pubblici dipendenti, nota a C.d.S., A.P., 22 dicembre 
1992, n. 25, in Giur. it., 1993, III, 709 ss.) dell'istituto della ripetizione dell'in




526 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

denti, in eccedenza al dovuto. Essa � occasionata appunto da un recupero 
di tal genere, avverso il quale � insorto il dipendente, privato di una 
quota-parte della retribuzione. 

Sembra opportuno, al riguardo, ribadire alcune considerazioni di carattere 
generale, relative alla ,problematica in esame. 

E noto che alla retribuzione, di solito, � ancorato il � modus � della 
esistenza, dei comportamenti, delle previsioni dei lavoratori, rappresenc 
tando essa una reiterata fonte di introiti, dall'importo pressocch� costante, 
che � la base essenziale per dimensionare la quotidianit� dei bisogni 
da soddisfare. 

Pertanto, ogni variazione della retribuzione costituisce occasione per 
diversamente atteggiarsi: positivamente, nella ipotesi che una progressione 
di carriera o altro evento migliorativo del trattamento economico 
si siano verificati; negativamente, nel caso di riduzione della somma costantemente 
.e .�da non poco tempo introitata con possibile affidamento 
che tale somma permanga quanto meno stabile per il futuro. 

Quest'ultima evenienza peggiorativa costituisce, del resto, eccezione 
alla normalit� dei casi, integrando una ipotesi patologica del rapporto in� 
tercorrente tra la P.A. ed il dipendente. Si innescano cos� elementi di di-

debito da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti dei propri dipendenti. 


Con la prima decisione in rassegna (sent. 30 settembre 1993, n. 11), l'Adunanza 
Plenaria conferma l'orientamento giurisprudenziale consolidato, inaugurato con 
le note decisioni del 12 dicembre 1992 (Adunanza Plenaria, sent. n. 20, in Cons. 
Stato, 1992, I, 1765 ed in Foro Amm., 1992, I, 2493) e del 22 dicembre 1992 (Adunanza 
Plenaria, sentt. nn. 21, 22, 23 e 24, in Giur. It., 1993, III, 709), ribadendo le 
soluzioni, prospettate in quella sede, di una serie di questioni controverse, concernenti 
la natura paritetica o autoritativa dell'atto di recupero; il carattere 
vincolato o discrezionale del medesimo; la necessit� di motivazione, ex art. 3 
legge n. 241/90; la rilevanza dell'affidamento suscitato nel percipiente; la necessit� 
di dare comunicazione al dipendente dell'avvio del procedimento, ex art. 7 
legge cit.; gli elementi che il provvedimento di recupero deve necessariamente 
riferire. 

La decisione della IV Sezione (sent. 1� febbraio 1994, n. 90) si allinea pienamente 
all'orientamento dell'Adunanza Plenaria, in ordine alla natura dell'atto 
di recupero e alla rilevanza dell'affidamento ingenerato. nel lavoratore circa 
la legittimit� delle somme ricevute, anche in relazione al tempo trascorso dall'originaria 
liquidazione del trattamento retributivo. 

La terza decisione in rassegna (C.d.S., Sezione IV, sent. 30 luglio 1994, n. 643) 
introduce un'importante precisazione, escludendo l'operativit� del principio 
della irripetibilit� delle somme indebitan1ente percepite in buona fede dal 
dipendente pubblico, in relazione al beneficio dell'indennit� di trasferimento 
d'ufficio, che avendo natura indennitaria non presenta una tendenziale incidenza 
sui normali bisogni di vita del percepiente, al quale rimane sempre il 
trattamento economico stipendiale. 

2) Per commentare questo ormai consolidato orientamento sembra opportuno 
premettere qualche breve notazione sull'istituto la cui applicazione l'Am




PARTE I, SBZ. IV,.GIURISPRUDBNZA AMMINISTRATIVA 527 

sordine e di turbativa, a prescindere daHa interpretazione normativa che 
ha dato origine a tale situazione; ci� per il fatto stesso che il peggioramento 
intervenga tardivamente. 

1

� . peraltro indubbio che dall'ordinamento sono ricavabili principi 
generati relativi all'arricchimento senza causa e alla erogazione di una 
pr�lsti.ione pecwiia,ria. ~nza vaUda ragione giustificatrice; essi costituiscono 
.e�c> .del.. 1191;\'.) ~inci;pio formulato gi�. 11effart. 1237 e.e. del 1865, 
secondo Ci.,tl ogJ).fpaga:m(;)J:lto presuppone un debito, onde ci� che � pagato 
~enza essere dovuto � ripetibile'.. � stato parimenti ritenuto che l'ampia 
espressione usata dal Legislatore del 1942 per definire la azione di ripetizion~ 
di c.i �.. all'art. 20$3 .e.e.,.� trova applicazione anche al di fuori della 

sfera del diritto prlvato. .�.� . 
fav~~(), se per indebito deve ritenersi ogni pagamento effettuato � sine 
causa solvendi �,. indebita pu� considerarsi qualsiasi prestazione pecuIliaria, 
�J:lclipendell.~~ment~ c1alla natu.ra privatistica del rapporto obbligatgrfo 
cbe if�solyel),s � intendeva esting.er�), quando essa � effettuata senza 
un t:�tolo giuridico, per mancanza inizfa�e o sopravvenuta del motivo 
i.ustificativo. q~lla. attribuzione .Patrh11oniale. 
. Agglungasfche apposite norme nell'ambito del diritto pubblico prevedono 
la doverosit� di procedere. al recupero. Ne consegue che la P.A. � 

ministrazipne invoca, nei casi i11 questi()Ile, cos� come risulta attualmente discipliJ:
lato (sul P�unto si .vedano le am,vie monografie di REsCIGNO, Ripetizione 
dell'indebito,.Jn Nvss. Dig. It., XV,)968, 1223 ss. e di MOSCATI, Pagamento e ripetizione 
deli'indebito, in Enc. Dir., 1971, XXI, 83 ss.). 

. Come � noto�. la collocazione sistematica dell'indebito � mutata nel codice 
vigente. Infatti, il codice . abroga.to; influenzato dalla tradizione francese che lo 
considerava. un pagamento nUll<;> per difetto di causa, lo disciplinava, come 
pagamento non dovuto, nella sezione sul pagamento e sui q.asi-contratti: era 
considerato, anche stiUa scia della tradizione romanistica, un quasi-mutuo (v. 
ANDREOLI, La ripetizione dell'indebito, 1940, 6 ss.). 

La disciplina vigente, pi� analitica e tecnicamente pi� precisa, sembra ricomprendere 
la indebitlso.iutio tra le fonti dell'obbligazi�me, ed in particolare 
tra le cd. variae t;;ausarum figurae, escludendo pertanto che .possa essere ancora 
concepita C:ome ipotesi anomala di. pagamento, rilevando invece come � fatto � 
da cui nasce l'obbligo di. restituzione. Perci� giustamente la dottrina pi� attenta 
preferisce variare pi� che di <I paga,men,to dell'indebito � (come continua a fare 
anche il codice) di �restituzione dell'indebito.� (per una ricostruzione pi� approfondita 
si veda BRECCIA, Indebito (ripetiziOne dell'), in Enc. giur., 1989, voi. XVI). 

La dottrina analizza la fattispecie esaminandone separatamente i suoi due 
profili: a) il pagamento e b) l'indebito (e cio� il difetto dell'obbligo), ed in 
relazione a quest'ultimo profilo prospetta la� distinzione tra le varie ipotesi 
di indebito: .1) �indebito oggettivo (in �cui� chi nulla deve paga a chi non ha 
alcun credito); 2) indebito soggettivo ex latere solventis (dove chi nulla deve 
paga a chi � creditore di un terzo, per errore); 3) indebito soggettivo ex latere 
accipientis (in. cui chi pur essendo debitore paga ad un soggetto non legittimato, 
che si ricava dall'art. 1188 e pu� dare adito anche all'applicazione dell'art. 
1189); 4) indebito misto (la formula fu usata dal BARBERO, Sistema istitu




528 

RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO 


tenuta, in via di massima, alla ripetizione di somme pagate, ma non dovute 
(argomento, ex R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, art. 3; D.P.R. 30 giugno 
1955, n. 1544, art. 3). 

Come � noto, dal confronto tra questi due ordini contrastanti di posizioni, 
la giurisprudenza ha estratto alcuni principi atti a derogare alla 
rigorosit� del recupero, tenuto anche conto delle peculiarit� del rapporto 
di pubblico impiego, dell'autoresponsabilit� della Amministrazione che ha 
corrisposto al dipendente pi� della esatta retribuzione prevista dalla legge, 
ed ha omesso di ovviare tempestivamente a questa anomalia, della 
tutela del lavoratore, ecc. 

Di questa faticosa e delicata elaborazione, sono testimonianza anche 
alcuni dati normativi, dai quali risulta l'intenzione del Legislatore di 
salvaguardare determinate categorie, ritenute degne di sfuggire in ogni 
caso al rigore delle citate disposizioni di carattere generale. 

Ad esempio, la necessit� del recupero � stata espressamente esclusa 
dall'art. 206 del D.P .R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in materia di pensioni 
in favore di dipendenti statali, dall'art. 52 della L. 9 marzo 1989, n. 88, in 
materia di previdenza sociale, dall'art. 3 della L. 7 agosto 1985, n. 428, relativa 
ad interpretazione autentica ed integrazione del citato art. 206 del 

D.P.R. n. 1092 del 1973. 
zionale del diritto privato italiano, Il, 1965, 803, con riguardo al caso deciso dalla 
Cassazione nel 1949, in cui si era determinata un'interferenza tra due rapporti 
obbligatori tale da far prospettare un indebito sia a lat�re creditoris, che 
debitoris). 

3):1:> allora davvero singolare constatare che una disciplina cos� analitica e 
minuziosa non contenga alcuna norma che consenta.� di affermare la irripetibilit� 
dell'indebito da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti dei propri 
dipendenti. Sicch� appare veramente arduo giustificare la sussistenza di una 
simile eccezione alle regole codicistiche che non sia supportata da una specifica 
disposizione legislativa. 

Poich� nessuno dubita che il problema in esame vada ricondotto alla figura 
dell'indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ., dove � risaputo che non ha alcuna 
rilevanza la buona fede dell'accipiens, n� gioca alcun ruolo l'errore del solvens, 
risulta difficile giustificare l'orientamento dei giudici amministrativi, che esclude 
la ripetizione quando l'accipiens sia un pubblico dipendente, che abbia ricevuto 
le somme in buona fede, la cui presunzione porta al capovolgimento del principio 
secondo cui � il pagamento non dovuto va restituito '" facendo dell'eccezione 
la regola. 

Per tentare di comprendere l'attuale orientamento del Consiglio di Stato, 
� forse utile ripercorrerne l'evoluzione, richiamando sommariamente le precedenti 
decisioni, soprattutto (ma non solo) quelle rese dall'Adunanza Plenaria. 

Il leading case sembra essere costituito dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria, 
13 ottobre 1958, n. 20 (in Foro Amm., 1958, I, 4, 45) che pose con fermezza 
un'esigenza di giustizia sostanziale, affermando che, in sede di ripetizione dell'indebito, 
la P.A. non possa prescindere �dall'esaminare se il summus ius non 
si traduca in summa iniuria, quante volte la condotta amministrativa si sia 
svolta in tal modo da creare e consolidare nel privato una indiscussa certezza 



PARTE I, SEZ. J.V, .GJURISPIWDENZA AMl\IINISTRATJ.VA 529 

A .seguito della Orcl.inanza diremissione, l'Adunanza Plenaria ritiene 
di puntualizzare:. ancora �una. volta, in via generale, la complessa materia. 

Un primo elemento che deve essere tenuto presente dalla P.A. in occasione 
del recupero � rappresentatq. dalla necessit� che,. comunque, al 
dipendente sia garantita la. percezione, di una retribuzione idonea ad assicurare 
a lui ed alla farmi:glia .una esistenza libera e dignitosa, come im� 
posto dall'art. 36 della Costiru.zione. 

Da tanto conseguono soluzioni di segno negativo al recupero, nella 
ipotesi che a seguito di esso il nuovo effettivo �importo della retribuzione 
si �riduca< ad entit� tale da riservare al lavoratore ed alla famiglia una 
grania sopravvivenza; L'Amministrazione � quindi tenuta a verificare, .caso 
per caso,�la accennata�.circostanzai Tant-0 basta per escludere che il recupero 
sia atto assolutamente vincolato. 

L'atto di recupero � atto amministrativo autoritativo nel quale il pubbli�() 
potere agis�� quale soggetfo in. posii�oite preminente; anche se � 
vfutofato ��a. � deteririiriati � doveri.�. In partiCofare il recui)ero, pfev�sfo dalle 
norme dianzi cit�te, do?ltiene p�r irjlplicito o .� presuppone� .un atto di. annuNamento, 
.. assi.llifo in . via di a~tbt1J:tela, dei pregresso. provvedimento 
recante la .determinazione �e�~� t~tri~l.tzio'�l~: in misur~ !�:iii~iore di quella 

di quel diritto che si voglia . poi di.sconosce~e non soltanto per il aiiuro, ma 
anche per il passato, mediante l'azione di recupero �. 

Per fornire un supporto � tecmco� lll.We,sigenza cos�. genericamente. indicata. dal� 
l'Adunanza Plenaria, �a IV Sezio,n:e;:(sent.24 giugno 1960, in Foro Amm;, 1960, 
777) individu� nella fattispecie unto�bligazione naturale atipica della P .A., come 
pagamento cio� � di un debito che essa non aveva l'obbligo giuridico di adem� 
piere, ma che non ha ormai il potere _gi\lridico di.ripetere�,� in base al principio 
� quod quis ex culpa sua damnum senti non videtur.damnum sentire� (D;S0.17.203). 
La tesi elegantemente esposta dal Piga (estensore �della sentenza) fece registrare 
autorevoli adesioni� (REsCIGNO; Le � obbligazioni naturali� della Pubblica Animi� 
nistrazione, in Problemi della Pubblica Amministrazione, 1961; 21 ss.), ma Stl.Scit� 
anche notevoli perplessit� (vedi le puntuali. osservazioni critiche di CANNADA 
BARTOLI, Ripetizione d'indebito e obbligazione. naturale dello Stato, in Foro Amm., 
1960, 777 ss.). 

Tale soluzione e l'esigenza che mira:va/� �soddisfar.e furono, tuttavia, scon� 
fessate di li a paco dalla stessa Adunanza Plenaria; che con sentenza 7 marzo 
1962, n. 2 (in Foro Amm., 1962, 661, .con. nota. di CANNADA: BARTOLI, Nuove prospet


dive in tema di annullamento d'ufficio e di ripetizione di indebito da parte' 
della Pubblica Amministrazione) sostenne che la ripetizione delle somme indi> 
bitamente erogate costituisce un atto dovuto della Pubblica Amministrazione, 
che deve realizzare rinteresse pubblico all'esatta corresponsione di quanto effettivamente 
dovuto. 

Tale tesi, come mostrano le sentenze in rassegna, � stata definitivamente 
abbandonata. 

Fu la decisione dell'Adunanza Plenaria del 4 marzo 1986, n. 2 (in Giur. lt., 
1987, III, 1, 47) a porre le basi dell'orientamento oggi prevalente, escludendo, 
in linea generale, che la P.A. sia tenuta .a ripetere somme indebitamente erogate. 

11 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

530 

risultata dovuta. Esso tende, cio�, a rimuovere con effetto � ex tunc � un 
atto della Amministrazione che, anche se qualificato come provvisorio, 
ha gi� prodotto i suoi effetti all'esterno. 

Dall'originaria posizione dell'Amministrazione e dal suo eventuale 
ritardo nel provvedere in via definitiva, deriva, quindi, quanto meno, il 
dovere di va:lutare, al momento dell'annullamento, gli effetti gi� prodotti 
dall'atto originario e le situazioni sulle quali ha inciso. 

Non per nulla la giurisprndenza: del Giudice amministrativo ha ritenuto 
che l'annullamento di ufficio deve di massima contenere motivazione 
congrua, �specifica, idonea a trarre la propria giustificazione dalle componenti 
emergenti nel singolo �aso. Cio� a dire, la motivazione deve indicare 
un interesse attuale, specifico e concreto alla rimozione degli effetti dell'atto 
stesso, interesse che non coincide con quello generico al ripristino 
della legalit� e all'osservanza di alcune norme. 

Ci� presuppone l'effettuazione cli una comparazione tra la posizione 
dei dipendenti venuta a determinarsi per effetto . della gi� pagata retribuz).
one e quella derivante dal ridimensionamento deUa retribuzione stessa 
a seguito della esatta definizione del dovuto _cui si aggiunge l'ulteriore 
decurtazione relativa al recupero del pregresso. 

Conseguentemente, si deve ritenere la insufficienza della motivazione 
che si limiti ad affermare l'intento di arginare un onere finanziario per 
la P.A. o di osservare la norma che prevede il recupero. 

� legittimo il recupero di somme corrisposte in base a liquidazione provvisoria 
e con salvezza di eventuali conguagli, ma il relativo atto deve essere giustificato, 
poich� implica l'autoannullamento dell'atto in base al quale le somme non 
dovute furono erogate: si tratta cio� di un atto discrezionale, che coinvolge 
un interesse legittimo del percipiente, la cui posizione giuridica sar� garantita 
solo se il recupero avvenga ratealmente, in proporzione tale da non incidere 
sul minimo retributivo essenziale (cos�, Cons. Stato, sezione IV, 4 agosto 1986, 

n. 549, in Foro Amm., 1986, 1304 e 1003, con nota di MELE, Repetitio indebiti e 
certezza del diritto). 
Una diversa ricostruzione, per cos� dire �� civilistica� (CANNADA BARTOLI, 
Procedimento ..., cit.) si contrappose a tale indirizzo en:i:ieneutic�, affermando 
che il diritto della PA. alla ripetizione dell'indebito prescinde dall'annullamento 
dell'erroneo atto determinativo della somma da erogare, per la semplice 
ragione che quest'ultimo ha natura di atto paritetico e derivando, quindi, il 
diritto soggettivo alla ripetizione dal fatto che il pagamento non � giustificato 
da una norma, per cui l'ind�bito � 'tale p�r l'obiettivo contrasto con la �norma e 
non perch� siano stati posti in essere illegittimi atti di pag�mento (in tal senso; 
ex plurimis, Cons. Stato, IV sez., 9 novembre 1985, n. 505; e, pi� recentemente, 
IV sez., 17 maggio 1990, n. 390, in Cons. Stato, 1990, I, 697). 

L'Adunanza Plenaria, chiamata a risolvere i contrasti . giurisprudenziali, 
c�n le note decisioni del dicembre 1992, accolse la prima impostazione, ravvisando 
nell'atto di recupero un provvedimento autoritativo, � nel quale il pubblico 
potere agisce in posizione preminente, anche s� � vincolafo a determinati 
doveri. In particolare, il �recupero presuppone un atto di annullamento, assunto 
in via di autotutela, �del pregresso �provvedimento recante la determinazione 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 531 

La necessit� della motivazione del provvedimnto di recupero derivante 
dalle argomentazioni che precedono, � confermata dall'art. 3 della 
L 7 agosto 1990, n. 241, il quale la impone per tutti i provvedimenti amministrativi, 
specificamente indicando quelli relativi al personale. 

La conseguenza � che la Amministrazione, dall'entrata in vigore della 
legge n. 241, deve superare 'la constatata �ritrosia nella applicazione di 
detta legge� .(come risulta dalla indagine conoscitiva della I Commissione 
permanente della Camera dei Deputati -X Legislatura) e, in occasione 
della adozione del provvedimento di recupero, deve indicare � i presupposti 
di fatto e. le �ragioni giuridiche che hanno determinato� la decisione 
dell'Amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria�. 

La applicazione .della legge n. 241, relativamente ai �recuperi successivi 
alla sua entrata in vigore, comporta che l'avvio del procedimento sia 
comunicato personalmente all'interessato, che questi possa intervenire 
preseht�ndo memorie e documenti e che si faccia luogo alla individuazione 
del responsabile del procedimento, cui imputare la esatta scansione dei 
momenti procedurali e, al limite, le conseguenze di eventuali ritardi od 
omissioni. 

La comunicazione dell'avvio del procedimento si r�nde doverosa in 
apPli�azione. dell'art 7 della citata legge n. 241 del 1990; essa, altres�, ri


della retribuzione in misura maggiore di quella risultata dovuta� (Cons. Stato, 
A.P., dee. n. 21, cit.). 

Tra� i doveri alla cui osservanza � tenuta la P.A. vi � quello di verificare 
gli effetti prodotti dall'atto originario e di valutare se, per effetto del recupero, 
l'importo della retribuzione si riduca al punto tale da riservare al lavoratore 
ed alla sua famiglia una grama sopravvivenza. Non per nulla la giurisprudenza 
del giudice amministrativo (confermata dall'art. 3 legge n. 241 del 1990) �ha 
ritenuto che l'annullamento d'ufficio deve di massima contenere una motivazoine 
congrua (...), cio� deve indicare un interesse attuale, specifico e concreto 
(...) che non coincide con quello al ripristino della legalit� ( ...), n� con 
l'intento . di arginare un onere finanziario per la Pubblica Amministrazione � 
(ancora, A.P., dee. n. 21, cit.). 

Significativamente si afferma: �tanto basta per escludere che il recupero 
sia atto assolutamente vincolato �. Ed � importante il riferimento alla legge sul 
procedimento n. 241 del '90 (artt. 3 e 7), poich�. esso consente di inquadrare 
l'ordine di recupero nell'ambito di un procedimento, co�ne uno dei possibili 
sbocchi, come, .n esito possibile, ma non l'unico della comparazione di interessi 
operata dalla P.A. 

4) Le soluzi�ni prospettate dall'Adunanza Plenaria non sono apparse del 
tutto soddisfacenti e sono state perci� sottoposte a critica da parte di quella 
dottrina, che considerando irril�vante l'eventuale buona fede soggettiva dell'accipiens, 
ritiene doveroso il recupero delle somme indebitamente corrisposte 
da parte� dell'Amministrazione (ART�SE, Pubblico impiego, pagamento e ripetizione 
di indebito, in Foro Amm., 1993, II, 899 ss.). 

Si sottolinea, giustamente, che � la fattispeeie non presenta alcun elemento 
di specialit�, rispetto all'ipotesi che parti del rapporto siano un imprenditore 
privato ed il proprio dipendente, n�, d'altro canto, rispetto alle ipotesi pi� ge-

IJ .. .. _ .. .. . .. x... ..... .,.�::::: .. :--.-:--..-... .. .-X m .. :-: ....... .. 



532 RASSEGNA AWOCATURA DEl.J..O STATO 

sulterebbe opportuna ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 3 del D.P.R. 30 
giugno 1955, n. 1544, onde consentire all'interessato la possibilit� di prospettare 
la sua situazione e di chiedere la rateizzazione del debito entro 
un periodo di sua scelta, onde non aggravare ulteriormente il sacrificio 
imposto. 

Ovviamente la concessione, o meno, della rateaizzazione costituisce 
scelta della P .A., nella quale sono determinanti elementi di merito. 

Nella ipotesi di mancata richiesta di rateizzazione, questa potr� del 
resto essere applicata di ufficio, graduandola caso per caso. Ad avviso 
dell'Adunanza Plenaria anche questo � un modo di applicazione dell'art. 
36 della Costituzione. 

Di regola il dipendente rimane estraneo al procedimento di quantificazione 
dello stipendio, degli assegni, della inde:rJ.nit�, limitandosi alla 
attivit� materiale della loro percezione. 

Pertanto, salvo il caso .eccezionale di produzione di documenti riconosciuti 
o dichiarati falsi (art. 204 del. dtato D.P.R. n. 1092 del 1973) o di 
condotta dolosa, o di altre prove oggettive e precise di preventiva conoscenza, 
il dipendente incamera in buona fede quanto la Amministrazione 
gli attribuisce. Tale comportamento del percipiente integra di norma 
affidamento sul punto che egli abbia ragionevolmente ritenuto che la 

I 
l~erogazione decisa dalla P .A. sia regolare ed esatta. 

~ 

nerali in cui l'obbligazione di ripetere sia generata da un pagamento non riconducibile 
ad un rapporto di lavoro�. Sicch�, la prospettata soluzione giurisprudenziale 
appare censurabile, sotto il profilo dell'opportunit�, poich� � l'irripeti� 
bilit� delle somme riscosse in buona fede pu� apparire come l'ennesimo privilegio, 
di creazione giurisprudenziale questa volta, concesso ai pubblici dipen


I 

denti �, ed in un certo senso lo �, se si considera la condizione del lavoratore 
privato, al quale il giudice ordinario non accorda analogo beneficio (ancora 

I 

ARTESE, op. ult. cit., 1000 e 1003). 1 

Non solo. Ma l'indirizzo in parola � apparso criticabile anche sotto il 
profilo della legittimit�, poich� le soluzioni adottate sono in contrasto con il 
diritto positivo, che attribuisce rilevanza alla buona fede, in tema di indebito, 
solo al fine di escludere l'obbligazione accessoria del pagamento degli interessi 
maturati fino al giorno della domanda di ripetizione, lasciando fermo l'obbligo 
per gli interessi successivi. 

Si evidenzia, poi, il risultato paradossale, cui � pervenuta l'Adunanza 
Plenaria, di � assicurare al pubblico dipendente una tutela maggiore di quella 
che la legge appresta per l'incapace�. Infatti, secondo la previsione dell'art. 2039 
e.e., � l'incapace che ha ricevuto l'indebito, anche in mala fede, non � tenuto 
che nei limiti in cui ci� che ha ricevuto � stato rivolto a suo vantaggio �. 

La stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, in alcune decisioni successive, 
si � discostata dall'indirizzo dell'Adunanza Plenaria. 

Alcune pronunce escludono che la ripetizione sia un atto dovuto, in quanto 
l'interesse al recupero va ponderato con l'affidamento suscitato nell'accipiens, 
che suppone la legittimit� degli atti della P .A. (Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 
1993, n. 294, in Cons. Stato, 1993, I, 561; Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 1993, 

n. 569, in Sett. Giur., 1993, n. 22, I, 259; Cons. Stato, sez. VI, 25 maggio 1993, 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 533 

Nel caso in. cuLl'erogazione stessa sia stata qualificata come provvisoria~ 
salvo conguaglio, l'affidamento potr� sorgere ugualmente quando 
il.lungo tempo trascorso lasci ragionevolmente ritenere che non esistano 
scostamenti fta liquidazione provvisoria e liquidazione definitiva. 

L'affidamento, che � �uno stat() soggettivo, costituisce dunque un modo 
di �essere, susc�Uibil� di� stratificazione e di consolidamento . nel tempo; 
onde il provvedimento di recupero � motivo di impatto traumatico non 
faeilmerite�sup�rabile;� in quanto comporta. sconvolgimento� di precedente 
�status �, stabilizzato da una costante iterazione. 

Ulteriore � et�rii.ento �� sfavorevole al recupero � costituito dalla circostanza 
che il tempo/a v�lte plti.rieririhle, decorso sino al t�cupero stesso, 
comporti� 1~<rfohiesta, da��pa:rt� �deHil. Amministrazione, del pagamento di 
una somma di importo ragguatd�vole ed inusitato, tale da incidere notevolmente 
sull~ ~ffettiva r~tribt.ione. del dip~nd~l1te. . 

Qu~Ui. che p),'eced.C>rib s()llo ~fell1enti che debbollo essere tutti apprezzati. 
pumualrn.e:o,t~,.c:a.sc:> per caso e raffrontati con la legale esigenza di 
~ettwn-e il, :�epUJ;>ero,. neU'a.tto .di. dis,po:�r~ .quest'.J.timC) ..con �ontestuale 
a~ullanient9 4elle. erogazioni in esu\)er<~. : � 

L'Adun!lllZa �Plenaria .ritiene che 1l'el~ento dell'affidamento, particolarmente 
allorch� sia decorso un periodo non breve, durante il quale la buona 

. ... . 

n. 378, in Sett. Giur., 1993, n. 22, I, 261; Cons. Stato, ~�� V,. 7 gi.gnc;> )993, n, 666, 
in. Set.t. Giui;., D.Ik 23-.29, �l.; .28~).. �.. � 
;.=-.;��.�:o5) Il cbntrasto��. giur.�8prude:rizial0 ha�.>cr0s.o :.��necessaria la decisione dell'Adunamia 
Plenaria in rass�gna, che sLrichiama espress�mente alla prec::edente 
sentem;a del 12 dicembre 1992;. n. 20, riten�nd.� �copportuno, al riguardo, ribadire 
alcune considerazioni di .carattere. generale. relathre alla problematica 
in:esame�...���� 


Il T A.R. aveva annullato un provvedini�nto di recupero �df :un credito 
erariale ~r :rnaggioraiioni r�trlbutive�icoriisposte ad un usciere di Pretura, 
per pi� di otto anni, attuato con ritenute cautelari di Circa duecentomila lire 
mensili. L'Amministrazione app�llante�.faceva; correttamente, notare: >t)�.che il 
disposto. recupero era un atto � dovuto; giustificato . dalla provvisoriet�0 del 
trattamento economico, per il quale��. er�n:o stati fatti salvi eventuali congl!
iagli; �Xl che/ pertanto;� non incontra limiti nell'affidamento �del� percettore, �la 
ci.� .buona . fede � . e$clusa . dalla . provvisoriet� dell'effettuato pagamento. 

L'Adunanza Plenaria �ritiene cli ptmtualizzare ancora una volta, in� via 
generale,� 1a complessa� materia�; �cori una: serie� di considerazioni che, ribadendo 
il precedente indirizzo, determinano la� reiezione dell'appello e la conferma 
della decisione� impugnata. � 

Il Consiglio di Stato spiega che, ai fini d�lfa legittimit� de� recupero deve 
trovare coinpiuta. applicazione l� legge n. 241� del��1990, relativamente ai recuperi 
successivi alla sua entrata i:i:t Vigore, con la conseguem:a che l'atto (ex art. 3) 
deve essere �specificamente motivato (affinch� emerga la comparazione degli 
interessi effettuata dall'Amministrazione)� e 'che l'a\Tvio del procedimento (ex 
art. 7) deve essere comunicato personalmente all'interessato (� onde consen




RASSEGNA 'AVVOCATURA DELLO STATO

534 

fede abbia avuto plurime e costanti occasioni di iterazione, debba ricevere 
la dovuta attenzione da parte dell'Amministrazione. In questi casi, nulla 
� imputabile al dipendente, e, come si � accennato, l'improvvisa decurtazione 
della sua retribuzion~, sia pur conforme a determinate norme, pu� 
risultare sostanzialmente iniqua anche in relazione alla sua entit�. 

La Amministrazione, la quale deve ispirarsi al principio costituzionale 
della giustizia e della imparzialit�, di tale situazione non pu� non 
darsi carico quando sia chiamata ad adottare un annullamento ed un recupero 
che sono s� voluti dalla legge ma, come si � sopra chiarito, a 
determinate condizioni e previa comparazione degli interessi in gioco. 

Ovviamente non � possibile fornire indicazioni di carattere generale, 
essendo compito esclusivo della Amministrazione la valutazione, caso per 
caso, della incidenza del tempo decorso e della valenza della buona fede, 
nonch� degli altri elementi sopra accennati, come la gravosit� o la tenuit� 
del recupero, �~a situazione di famiglia dell'impiegato, ecc. 

Come accennato, sembra ad ogni modo si possa escludere la insorgenza 
della buona fede del dipendente allorch� maggiorazioni retributive 
siano state erogate con la espressa avvertenza che trattavasi di acconti 
(per loro natura approssimativi) a valere su futuri miglioramenti; ci� purch� 
il previsto perfezionamento dell'atto formale consegua in tempi tee


tirgli la possibilit� di prospettare la sua situazione e di chiedere la rateizzazione 
del debito entro un periodo di sua scelta, onde non aggravare ulteriormente 
il sacrificio imposto�). 

L'Adunanza Plenaria �ritiene che l'elemento dell'affidamento, particolarmente 
allorch� sia decorso un periodo non breve, durante il quale la buona 
fede abbia avuto plurime e costanti occasioni di iterazione, debba ricevere la 
dovuta attenzione da parte dell'Amministrazione. In questi casi, nulla � 
imputabile al dipendente, e l'improvvisa decurtazione della sua retribuzione; 
sia pure conforme a determinate norme, pu� risultare sostanzialmente iniqua 
anche in relazione alla sua entit� "� 

La decisione della IV Sezione (1� febbraio 1994, n. 90) si allinea pienamente 
all'orientamento dall'Adunanza Plenaria. 

Maggiore interesse riveste, pertanto, la decisione della IV Sezione, del 
30 luglio 1994, n. 643. Il Consiglio di Stato, in accoglimento dell'appello proposto 
dal Ministero della Difesa, ha affermato che l'erogazione del trattamento 
economico collegato al trasferimento d'ufficio del personale delle Forze Ar� 
mate, concesso ai sensi dell'art. 1, primo comma, della legge 10 marzo 1987, 

n. 100, � condizionata alla sussistenza di una distanza minima tra la sede 
di provenienza e quella di destinazione; Il principjo della irripetibilit� delle 
somme indebitamente percepite dal pubblico dipendente, in buona fede, che 
secondo il riferito indirizzo presuppone la sussistenza di un ragionevole pericolo 
che la restituzione arrecherebbe al soddisfacimento delle ordinarie necessit� 
di sostentamento del dipendente, non si applica per il beneficio dell'indennit� 
di trasferimento d'ufficio, che, avendo natura indennitaria, non presenta una 
tendenziale incidenza sui normali bisogni di vita del percipiente, al quale 
rimane sempre il trattamento economico stipendiale. 
FEDERICO BASILICA 



PARTE I, SEZ; IV, G!lJRI$PRUDENZA AMMINISTRATIVA 

nici �,adeguati, in �modo da. evitare, . con�� il protrarsi continuativo della 
erogazione provvisoria, il convincimento che non vi saranno, infine, variazioni 
rilevanti sul tr~tt1;tmen~q st�P\'lngi,ale,. 

Allorch�, poi, maggioraziqni ;r\'ltribtitiye .siano .state .. erogate in base 
a titolo (delibera) immediatament�. esecutivo, posto in attuazione prima 
del suo esame . da parte dell'organo di �ontxollo; � da assumere: che il 
dipendente: ragionevolmente dovesse� rappresentarsi .�la .eventualit� .che .il 
controllo potesse estrinsecarsi anche sotto.forma di annullamento. 

UlteriOre �ipotesi, idonea ad escludere il� consolidamento dell'affidamento 
e d�Ua situazione economi'C�<retributiva; �� .quella in� cUi� la. P .A., in un 
ragionevole e.�non lung(} per-iodo��di�tempo.�annulli.�Vatto ��erogatore�. usando 
del: potere� d�. autotutela;�pokh����tempestivamente convinta /dell'errore 
commesso. 

In tutti i citati casi, ilpro'Vvedimenfo di <ripristmo �:pu� limitarsi a 
c-0nt�rtere motNlmone snella; ma idonea �'llo scopo, conprecipuo~ futt 
non escluSivo w rife:tllil�rtto alla necessit� d� � ptovvedere\al��ripristino 
della legalit�; �esseri.do �implicita.� fa: �assehia degli altri elem�nti idonei a 
giUStifidtre una deroga �al principfo del r�ctipei:'d. 

Iri oroin� . alla effettivit� del reeup�ro;... rfori si riti�ne �del .pari che 
possaho���videnzfarsf�motlvi� df ill~gittifuit� del felativo prO'Vvedimenfo, 
altorch� sf proceda .� mediante. corrip�ns�ifone .�.del�. debito .�dei.. d�pend�nte 
c�r:t d:editi a lui doviiti (ad' es';; p�r�atretfati ri:H:ii'Urati, ttrith�< a >seguito 
di non infrequenti ricostruzioni di carriera), purch� fa posta attiva sia 
baplent�. risp�tto diti posta. p�ssiva�; Jn tal caso a carieo del dipendente 
hon � jpotizzabile al~una dimi~uiion� rispetto ~lle pregr�sse e~trate e, 
quindi,.n~ssuna cleH~ rip~r~ussioni 'n�gatj\7~ crii si � accellilato. . ... 
,�. ��. IIJfine�. � ..da val.t~e.� legittima ed .. ~. �pspqn4ente a criteri.. d� buoi;ia 

~Il1~~~~~~?:,�...1t~~~:;~l1~�.�~;i��;;:~!>~t~~;:~~~er:icffJss!'~~~~ 


aggiornato, quando eventi ~:pravv~l'l;.t! :(m~~gi<>re entit~ deUa rettjpu~ 
zio.e prevista: dajl~ legge, p;i;pgi:es�iqne i. t;:amera, .ecc.) rendan<> possibile 
tale evenienza. 

Il recupero deve essere effettuato con ragguaglio all'importo del trattamento 
stipendiale e della indennit� integrativa speciale, componenti 
costanti della retribuzione, con astt�zione da ulteriori compensi ed indennit� 
che, pur avendo il carattere della continuit�, costituiscono accessori. 


VAciurianza ~leharia ritiene che il provvedimento di recupero debba 
corit�n�fe ana.I�t�cO . conteggio di quanto erogato in pi� rispetto al 
aovuto, con indica.zione puntua�e: 

a) degli atti che hanno costituito occasione d� credito da parte 
della P.A., in relazione a determinate norme di legge; 


S36 RASSEGNA AVVOCATURA DEU.O STATO 

b) dell'epoca in cui � iniziato il non dovuto pagamento e di quella 

r:
in cui si dar� corso al recupero; 
e) della rateizzazione eventualmente accordata; 

I 
I
ili

d) del numero e dell'importo delle rate. 

I 

Questi elementi tendono ad instaurare quel necessario contatto in� 
formativo e chiarificatore fra Pubblica Amministrazione e cittadino, che 
ispira la pi� recente legislazione. 

Passando all'esame puntuale della fattispecie, si osserva che dagli atti 
di causa .risulta che nei confronti dell'appellato, dipendente del Mini� 
i;tero di Grazia e Giustizia, quale messo -usciere presso una Pretura, 
� stato deciso il recupero di lire 13.842.493, con ritenuta mensile di lire 
208.835, conteggiata sullo stipedio di lire 1.058.038. 

L'insorgenza .del credito erariale nella sua entit�, � da attribuire alla 
mancata; tempestiva determinazione dei compensi definitivi spettanti al 
dipende11te; determinazione che, contrariamente ad evidenti esigenze inerenti 
al buon andamento dell'Amministrazione, � avvenuta dopo molti 
anni dall'attribuzione del trattamento � provvisorio �. Il dipendente ha 
dunque. incassato dal 1� luglio 1978 al 31 ottobre 1986, somme che, se pur 
originariamente dichiarate suscettibili di eventuale conguaglio, hanno 
finito per rappresentare, di fatto, un tr~ttamento economico, per cosi 
dire, consolidato, almeno nella visione determinata dal perpetuarsi del-
l'erogazione. . 

I

L'Ac:lunanza Plenaria ritiene che il disposto recupero sia viziato nella 
formazione della volo;it� discre2fonale per le considerazioni che precedono 
e, in particolare, perch� doveva considerarsi che la .entit� del tardivo 
recupero risultava gravemente lesiva della situazione causata dalla mancata 
rimozione della � provvisoriet� �, e intollerabilmente incidente sulla 

I

modesta retribuzione del dipendente, fa1ch� egll appare impossibilitato a fil 
soddisfate le esigenze sti.e edella sua famiglia, a seguito della decurtazione 
retributiva connessa al recupero stesso. 

�Pertanto, in applicazione dei principi sopra� enunciati, si deve respingere 
l'appello e confermare la sentenza impugnata. 

II 

(omissis) 1. -L'art. i, primo comma, della legge 10 marzo 1987, 

n. 100, stabilisce che �a decorrere dal 1� gennaio 1987, al personale delle 
Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, trasferito 
d'autorit� prima di aver trascorso quattro anni di permanenza 
nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall'art. 13 della legge 
2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 
1981, n. 27. 

l�ARTB t, $Z:;lV,,�GIURXSPIWllllNZA AMMINISTRA'llVA 5l7 

>Dispo.ne, a sua volta, q:ue.st~ulth:iloatticolo che Umdennit�. di .missione 
gi� p,r<;Wista, per. alcune categorie . di magistrati (di cassazione con .ftm. 
zfoni: dii:e.ttive � udj.tori�..g,iuqiz~~ri)/ viene conoes.sa. a�. tutti i magistrati 
trasferiti dluffwio.��(non .per�m�vi�<fii� inconipatibilit�... ari:i.bientale)i��in��tni� 
$ufaJnt~ per il primo aAf.(Ci e: fu miSura ridotta all��met�, perii� se


. :: <: .. ��~.:J:d(:f=>~:~~.ft:�:� .<�": .. :.: . :::::::::::::::::::.::::::;::/.>.�../ ..��� .�:-.c 

...�. :.;.~. ��~;<�:�.�� : /' .< �..�. / .�.�.�.��. �� �... >� .. �.�� 

���ᥥ�fil~~tl~&1~:~=~i~~'~r~~~e~~!~:t~ri~:f;t~r!~:n:;; 


der� nehmedesimo. regim'e giurl'�ioo� � 

.� ,,~,$e<~t~~!~%854.'d6 &~t�19$!�.� ba �� ~.� 


~~~~~~l�;~~=~


di missione stab�ita dal decreto legislativo � gennaio 1947, n. 7 e � successive 
mollifieazi:Qnl �,. . �.�.� 
�.�.�.. �G~� i~;rjgj~;,1~ 4e�retQ: legislatf,vQ: n.� 1 dell947 Pfevedeva, all'art;; .15, 
che � rincleMit�: non fosse dbvt.tta <(quando le ndssioni� (o Lservizi isolati 


:t~&i.~~J::~~ 
11~1f@~~s 


~�~s~ 4i ~~~l;J.9 I), �?.J.~:W). . 
�:. � . I.e stJ,c:c;:essiv� mqdi.ficazion~ hanno mii~ieat<t in 10 Km. Je :vade distanze 
minime stabilite nel 1947, disponendoi per ultimo .(art�. 27 D.M. 

n. 283<lell981}che la dista~a �si calcola �daUa residenz.a comunale, ovvero 
dall'uffieio .o�npianto dove il dipendente presta servizio se. questi 
Ultimi .. son,a ubicati in localit�..isolate �. 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

538 

La sentenza dell'Adunanza Plenaria (n. 8 del 20 marzo 1989) richiamata 
dai primi giudici, riguarda una fattispecie del tutto diversa, concernente 
i segretari generali e gli impiegati dei Tribunali amministrativi 
regionali, ai quali spetta, indipendentemente dalla distanza fra la sede di 
provenienza e quella di servizio, l'indennit� di missione intera, per i primi 
sei mesi, ai sensi dell'art. 53 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, indienn�t� 
che, come sottolineato dalla Sezione in precedenza (dee. n. 336 del 
16 maggio 1986) si configura � come un emolumento � sui generis �, la cui 
giustificazione, piuttosto che nelle maggiori spese e nei disagi connessi 
fuori sede . . . � ravvisabile nella situazione di contemporanea appartenenza 
a due distinte amministrazioni poste in sedi diverse �, 

Nel caso di specie, invece, si applica la disciplina sopra descritta, la 
stessa disciplina, cio�, in vigore per i magistrati (alla quale si attiene scrupolosamente 
anche l'Amministrazione giudiziaria, come risulta dalla circolare 
n. 1698 del 3 ottobre 1980). 

2. -Come risulta dalle dichiarazioni del Comune di Reana del Roiale 
del 16 novembre 1988, del Comune di Udine in data 16 febbraio 1989 e del 
Comando Sezione Carabinieri di Udine in data 30 novembre 1988, fra la 
residenza municipale di Udine e la localit� ove � posta la caserma �C. 
Nanino � intercorre una distanza alquanto inferiore ai 10 Km. 
�l percorso rerrov1arlo pu� essere rilevante soltanto per i viaggi compiuti 
in ferrovia (art. 6 L. n. 836 del 1973), in caso di missione ordinaria, 
e non certo m caso ai trasferimento d'autor�t�, per il quale non possono 
non valere le normali distanze stradali (pi� brevi). Va ricordato, a 
tal proposito che gi� l'art. 15 del decreto legislativo n. 7 del 1947 si riferiva 
alla distanza �per la via ferrata od ordinaria pi� breve�. 

3. -L'appello � perci� fondato e va accolto, Ne consegue che va 
esaminato il secondo motivo del ricorso di primo grado, concernente il 
recupero delle somme �gi� corrisposte. 
1� ormai pacifico in giurisprudenza (cfr. A.P. 30 settembre 1993, n. 11 
e 12 dicembre 1992 n. 20) che il recupero di somme erroneamente corrisposte 
dall'Amministrazione ad un dipendente non costituisce un atto 
assolutamente vincolato, dovendo l'Amministrazione medesima verificare 
se, per effetto del recupero, il nuovo effettivo importo della retribuzione 
si riduca ad entit� tale da non assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia 
un'esistenza libera e dignitosa, come imposto dall'art. 36 della Costituzione. 
Nel contempo, � tenuta a valutare l'affidamento� ingenerato nel 
lavoratore anche in telazione al tempo trascorso dall'originaria liquidazione 
del trattamento retributivo. 

Tali valutazioni, da effettuare, ovviamente, caso per caso, non risultano 
neppure avviate dall'Amministrazione della Difesa. Non va sottaciuto 
che ora, in base all'art. 7 della sopravvenuta legge 7 agosto 1990, 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

n. 241, l'avvio di un procedimento finalizzato all'emissione dell'atto di 
recupero di somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione ad un 
dipendente deve essere comunicato al medesimo (cfr. A.P. n. 20/92 e 
n. 11/93 citate). 
4.. -.pertanto, unitamente all'appello dell'Amministrazione, va accolto 
anche il secondo motivo del ricorso proposto in primo grado dagli 
llppellati. 

Per l'effetto, in riforma della sentenza appellata e in accoglimento 
parziale di quest'ultimo ricorso, vanno annullati i provvedimenti di recupero 
impugnati in primo grado. (omissis) .. 

III 

1. -La con�~roversia affidata alYesame del Collegio consiste nello 
stabilire se -come ritiene la ricorrente Amministrazione -l'erogazione 
del trattamento economico collegato al trasferimento d'ufficio del personale 
delle Forze Armate, concesso ai sensi dell'art. 1, primo comma della 
legge 10 marzo 1987, n. 100 sia condizionata alla sussistenza di una 
distanza minima (10 chiloriletri) tra sede di provenienza e quella di destinazione 
(al pari della indennit� di missione prevista dall'art 1, primo 
comma della legge 26 luglio 1978, n. 417), ovvero se -come hanno sostenuto 
i primi giudici e �gli originari ricorrenti odierni appellati -i 
due trattamenti economici, ancorch� determinati nel quantum in modo 
unitario, attengono a differenti situazioni. Con la c�nsegue1lZa che la indennit� 
di missione non pu� essere confusa con l'indennit� per il trasferimento 
d'ufficio, la quale dovrebbe spettare indipendentemente dal 
summenzionato limite chilometrico, purch� trattasi, ovviamente, di trasferimento 
riguardante localit� site in comuni diversi. 
L'Amministrazione della Difesa _. dopo avere inizialmente riconosciuto 
agli odierni resistenti (trasferiti di sede in momenti diversi) 
l'indennit� di trasferimento prevista dalla menzionata legge n. 100/1987, 
a seguito di diversa interpretazione della normativa in questione, aveva 
revocato il beneficio concesso, richiedendo, altres�, la restituzione di 
quanto indebitamente riscosso a tale titolo perch� i trasferimenti di sede 
si riferivano a localit� ubicate in co�nuni . distantf tra loro merio. di 10 
Km. Di qui la presente controversia. 

2. -Giova innanzi tutto evidenziare l'esatto quadro normativo in 
cui si colloca l'odierna vicenda giudiziaria, nonch� la ratio ispiratrice 
della normativa che ha esteso la indennit� di missione prevista per il 
personale di magistratura al personale militare. 
Con l'art. 1 della menzionata 1. n. 100 del 1987 � stato, in pratica, 
esteso, dal 1� gennaio 1987, anche al personale delle Forze armate, del



540 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

l'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza trasferito d'autorit�, 

I ~ 

il trattamento economico attribuito ai magistrati, trasferiti d'ufficio, 
dall'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della 
legge 19 febbraio 1981, n. 27. Tale disposizione -nel concedere l'indennit� 
di missione cosiddetta continuativa (in misura intera per il primo anno 

I 

e ridotta alla met� per il secondo anno), si richiama, a sua volta, agli 
artt. 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, che fa riferimento alla indennit� 
a favore dei magistrati promossi al terzo grado e che, appunto, nel 
citato art. l, riconosce ai magistrati ordinari promossi nella qualifica 
allora inquadrata nel grado terzo, destinati a sede diversa da quella in 
cui esercitavano le precedenti funzioni, il diritto a percepire un'indennit� 
commisurata a quella di missione di cui al d.l. 13 gennaio 1947, n. 7 
e successive modificazioni. 

La ratio ispiratrice della citata legge n. 100/87 non pu� che essere quella 
di salvaguardare il principio della mobilit� dei quadri imposta dalle 
speciali caratteristiche deli'organizzazione delle Forze Armate, alleviando 
disagi ed oneri derivanti dai frequenti cambiamenti di sede mediante 
l'attribuzione della pJ:'.edetta indennit� di missione continuativa per la 
durata di anni due, con le limitazioni previste dalla legge stessa. 

Come affermato da questa Sezione (30 aprile 1991, n. 327) -ancorch� 
nell'ambito dell'esame di una controversia afferente alla compatibilit�. 
della speciale indennit� in questione con la fruibilit� dell'alloggio 
di servizio -l'emolumento de quo, pur se non ha i medesimi presupposti 
dell'indennit� di missione ordinaria, la quale va corrisposta in ragione 
del temporane<:> spostamento dal luogo nel quale si presta servizio, 
mutua da esso lo scopo, che � proprio quello di sovvenire alle maggiori 
necessita derivanti da un trasferimento -questa volta permanente -in 
altro comune e, quindi, compensare le maggiori spese sostenute dall'interessato 
per trasferirsi. 

Con la conseguenza che l'indennit� . di trasferimento non pu� che 
essere sottoposta allo stesso regime giuridico dell'indennit� di missione, 
ivi compresa la sussistenza -aj fini della sua erogazione -della distanza 
chilometrica minima . di 10 Km tra la (nuova) sede di trasferimento 
e l'originaria sede di servizio. 

3. -Non pu� condividersi l'abile prospettazione degli odierni appellati, 
che, dopo avere puntualizzato. la differenza tra � trasferimento 
d'ufficio� (o d'autorit�) ed �ogni altro caso di trasferimento�, secondo 
la dizione del terzo comma del citato art. 6 della legge 27/81, insistono sul 
fatto che ai casi di trasferimento d'ufficio non si applicherebbero le regole 
dettate per le missioni. 
Osserva al riguardo il Collegio che, nel caso di specie, non � in contestazione 
la spettanza o meno agli interessati dell'indennit� di missione (in 
quanto ci� � previsto dalla legge), n� viene in rilievo la �indennit� di 


PARTE I, saz. IV, Gll'.JR1$PlUJlJ6NZA AMMINISTRATIVA 

541 

prima sistemazione�, contemplata dall'art. 12 della legge 26 luglio 1978, 

n. 417, che � dovuta per i �trasferimenti .a domanda�, ai sensi dell'ultimo 
coinina dell'art; 6 della citata legge n. 27/1981. 
Neanche si porte il problema di �esaminare� l'art. l della menzfonata 
legge n. 100/87 onde a<;certare se trattasi di una previsione normativa relativa 
ad un �t'rasferime:rti:o ~economie� sostitutivo� owero �aggiuntivo � 
e, quirtdi; autonomo rispetto alle pre\Tislom delle leggi 836/73�e 417/78. 

Son6 tutt� profili�� dell� fattispecie, brillantemente trattati .dagli appellati 
ch�; tuttavia, riOrf rilevano affinFche ne O�cupa. 

. 
..cui iii q�anfo l1ridenriita. in .qu�stione. --pur�.collegata a presupposti 
diversi da q'uellf afferenti alla indennit� dimission�. (trasferimento poteniihliriente 
definitivo, a fronte� di� missitine, istituzionalmente temporanea) 
"'.""" ricade nel m�desimd regim� giuridfoo, a causa del rinvio espresso 
.operato dfill.;art. t legge n.100/87.al.�� tratf:ament6�economico previsto dall'ah/
13 delb(:legge 2 aprile 1979, .il. 97 �,.�cio� all'indennit�. di .missione, 
sp�ttal�t�... ai�� ffi.agisthitf trasf�nti .d'ufficio �da una sede aWahra, in virt� 
df rin idoheo p:fovvedirilerifo dei11Arrlministr�Ziorie, nell1eserdiio del suo 
legittimo potere di organizzazion� � .�. . 

�. ����.. 1ffaierfuvid� 2��cbntf~ri�nient� � questo .~astengono i �.. mil�tari resistenti 
~ non pii� iii�ners� 1imitat� �soltanto �al �quantum, do� alla determinazione 
del trattamento economico loro spettante per la � tr�sferta �, 
secondo. i para1llt'.triJ>revisti .:p~r l'J,n<;lellllit�.. <;li�.. :tnissiop.e~ 
Invero, se il legislatore avess~ vpl.to. prescindere �"':""'. ai fini. <lella corresponsione 
del beneficio in questione -dalla necessit� della sussistenza 
di una distanza chilometrica superiore a 10 chilometri tra le due sedi, 
avrebbe dovuto espressamente i:ndicarla. 
Pert~to,. sul. punt(), .nessuna censura pu� essere mossi:\ al comportamento 
dell'Amministrazione che non ha riconosciuto .il diritto degll originari 
ricorrenti a percepire la speciale indennit� di trasferimento di cui 
all'art.J 4elJa ci~ta legge n� 100/1987. 

4. -In via subordinata, gli odierni resistenti hanno chiesto, anche 
in questa sede, il riconoscimento della loro buona fede nel percepire l'indennit�, 
la .cui .restituzione � stata richiesta dall'Amministrazione a distanza 
di due anni cla1l'erogazione. 
La pretesa non appare fondata. 

Va ribadito, al riguardo, Che il noto orientamento giurisprudenziale 

concernente l'irripetibilit� delle somme percepite in buona fede, trova 

la sua giustificazione nella necessit� che sia garantita al dipendente ed 

alla propria famiglia una retribuzione idonea ad assicurarne, secondo i 

principi costituzionali, una esistenza libera e dignitosa. 

Di conseguenza l'Amministrazione � tenuta a verificare se, a seguito 
del recupero, il nuovo effettivo importo della retribuzione si riduca ad 


542 RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ.O STATO 

entit� tale da riservare al lavoratore ed alla famiglia una grama sopravvivenza 
(Ad. Pl. 12 dicembre 1992, n. 20). 
Pertanto, in definitiva, il recupero delle maggiori somme erogate dalla 

P.A. in misura superiore al dovuto � illegittimo allorch� tale atto venga ad 
incidere sulle esigenze primarie del dipendente. 
Di converso, il presupposto, imprescindibile per l'applicazione del 
principio della irripetibilit� delle somme percepite in buona fede consiste 
nel ragionevole pericolo che la restituzione arrecherebbe al soddisfacimento 
delle ordinarie necessit� di sostentamento dei .dipendenti. 

Solo in tal caso si potrebbe giustificare la prevalenza .dell'interesse 
privato del lavoratore rispetto ai� principi di buon andamento e di imparzialit� 
dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 della Costituzione e, 
segnatamente, di corretta gestione del denaro pubblico. 

Ora, nel caso di specie, nessun pregiudizio economico pu� derivare 
agli intevessati dal disposto recupero. Ci� in quanto il beneficio di cui 
trattasi avendo natura indennitaria, non presenta una tendenziale incidenza 
sui normali bisogni di vita del percepiente, al quale rimane sem


I 


pre il trattamento economico stipendiale. 
Inoltre, le. modalit� attuative del recupero appaiono contenute nei 
limiti di ritenute mensili accettabili in rapporto al complesso degli emolu~ 


I 

menti percepiti. 

~ 

I ~ 

5. -Alla luce delle su esposte considerazioni l'appello va accolto e, 
per l'effetto, va annullata l'impugnata sentenza. 
I

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 28 aprile 1994 n. 605 -Pres. Gessa -Est. 
Giaccardi � CEMAR srl (avv. Ricciardi) c. Ente Ferrovie dello Stato 

I

(avv. Stato Stipo). 

I

Contratti (in generale) � Pubblica Amministrazione � Licitazione privata � 
Aggiudicazione � Vizi di legittimit� � Diniego di approvazione. 

Il diniego di approvazione opera alla stregua di mera condizione 
ostativa dell'efficacia del contratto perfezionatosi a seguito dell'aggiu


I

dicazione conseguente alla licitazione privata, di guisa che la semplice 

I ~ 

sussistenza di vizi di legittimit� inficianti la procedura di gara, o singoli 

tlltti di essa, costituisce condizione suff.iciente ai fini dell'esercizio del. 

! 

'11elativo potere. 

I 

1

(omissis) Come esattamente osservato dal T.A.R., i primi due motivi 

! 

del ricorso introduttivo d� primo grado, formulati in via cautelativa a f 
causa della mancata conoscenza originaria del contenuto integrale del 
provvedimento impugnato, risultano superati alla luce del. tenore della 

I 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

pr-0dotta 11o:ta in data 22 dicembre 1983 deL Direttore del C,E.U., dalla 
quale si evinc� :che nella fattispecie. non siversa n� in ipotesi di mancata 
�pprovazion~.del contratto per gravi motivi di intere$se pubblico (e quindi 
:per ragioni di nwrito), ai sensi dell'art.113 delRD. 23 maggio 1924; n� 827; 
n�. tanto meno in ipotesi di .revoca della.�.� disposta aggiudic�zfone;. (pari� 
men,u1 pe~ mQtivi di .merito}.. ai; $ensi dell!art. 4> 3" comma�� del D.M. nu� 
m.e~tl U<19Q/197l1t'lifett~do ~qwp,&in i:adice i presupposti�su cui specificamente.
si fo1ldaJa dt!!duzio:ne diambedueJe .censure;. 

In sede �di. rie.orso iw�appello;la �circostanz� � parzialm�nte ammessa 
d�~la st~ssa dcorreI1;te; che ba prestato infatti acquiescenza.� alla decisione 
reiettiva~:r.�$a daLp1.'imogiudic�.sul secondo motivo del ricorso :ihtrodut� 
tivo;.� JnsiSte, per contro, I'appellante���sul vizfo��di� omess�. prom.tiizia�in 
ordine.. al primo motivo del ricorso introduttivo;�. integralmente riproposto 
anche nella' presente fase di giudizio: ma tale censura � palesemente 
infondata:;. dal momento che, ai sensi delle <norme invobate nell'epigrafe 
ueL motivo> :fu sub<>rcimaZidne a<� gravi�� motivi di��interesse pubblico ��e 
dello Stato.>i':clgtUttda esclusiva�nente�l'ipotesi.� di diniego �di� approvazione 
del contratto per motivi di :meritoi � non an:cheᥥ qudla di diniego: di approva.
zione per U:tt vizio di legittimit� inficianteda procedura. di gara; quale 
nella $pecie. � l'inci;n:npetenza ��del funzionario� (dirigente�. supetioi'e)> proce. 
dente all'indizione ~ allo svolgi:nwnto deH� gara, nonch� all'aggiudicazione 
4ella stessa, ... in ragi<>ne dei limiti di �.. valore1 :. al.. riguardo.�� previsti �dagli 
a)'jt, 7 e segg. debD.P.R. mJ48.del 1912�e� successive modificazioni; .. �.����� 

Ne. deriva che correttamenteJ'.Amministrazione ha motivato il� proprio
� diniego� dLapprovazione.deLcontratto con eselusivo� riguardo al vizio 
di legittimit� come sopra�riscontrato~�senza .alcuna necessit� di.enunciare 
autonomi ed ulteriori .profili di: interesse pubblico .. N�, evidentemente; 
pu� farsi richiamo nella specie ai principi generali che regolano l'eser� 
c;izio ciel potere 'H autotutela amministrativa,. pQsto .che . il provvedimento 
impugnato non ha la natura e iLcontenuto di un atto di annullamento 
<l'ufficio.. di altro provveQ.imento gi� p�)rfetto ed .efficace,�del .. quale. venga 
rimossa.l'operativit��� con efficacia ex tunc �(ci� �che . comporterebbe, ��giusta 
l'assllnto cii parte appellante~ un'adeguata valutazione comparativa delle 
ragioni di interesse. publicot concrete ed attuali, giustificanti l'esercizio 
del potere. di autotutela; in relazione a posizioni soggettive gi� consolidatesi); 
Il �diniego . dtapprcwaiione opera. invece� in gtiisa di .. mera condizi<:>ne 
ostativa dell'efficacia delcontratto perfezionatosi. a seguito dell'aggiudicazione 
conseguente alla licitazionei privata, di guisa che la semplice sussistenza 
di .vizi di legittimit� inficianti� la procedura di gara;. o.singoli �atti 
di essa, costituisce condizione sufficiente ai fini dell'esercizio del relativo 
potere;.� 

Trattandosi di atto a contenuto sostanzialmente vincolato, non sono 

poi configurabili profili di sviamento di potere nei termini (fra l'altr� 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

parzialmente nuovi, rispetto al ricorso introduttivo di primo grado) dedotti 
con il secondo motivo d'appello, che va pertanto anch'esso rigettato. 

Con riguardo, infine, al terzo motivo di gravame, il Collegio reputa di 
dover egualmente confermare la statuizione reiettiva resa dal T.A.R., pur 
non condividendo del tutto i rilievi motivazionali su cui la stessa si sorregge. 
In particolare, al di l� dell'improprio riferimento all'inesistenza di 
posizioni di � diritto soggettivo �, sia ad ottenere la convalida dell'atto 
viziato, che ad ottenere l'aggiudicazione definitiva del contratto, dovendo 
se mai correttamente parlarsi di posizioni differenziate e qualificate di interesse 
legittimo, suscettibili di tutela nella presente sede giurisdizionale, 
ritiene la Sezione che l'opinione del T.A.R. meriti adesione soltanto con 
riguardo all'inesistenza di un interesse tutelabile all'esercizio del potere 
di convalida, ex art. 6 della legge 18 marzo 1968, n. 249, trattandosi di un 
tipico potere discrezionale ad iniziativa officiosa (per giunta, nella specie, 
neppure sollecitato in sede procedimentale dall'odierna appellante), in ordine 
al cui esercizio, o meno, non sono configurabili posizioni soggettive di 
interesse legittimo, azionabili dinanzi al giudice amministrativo. 

Non appare, al contrario, condivisibile l'opinione del T.A.R. in merito 
alla inconfigurabilit� di un interesse legittimo giuridicamente azionabile 
all'esercizio del potere di approvazione del contratto (sia per motivi di legittimit� 
che di merito) da parte della ditta risultata aggiudicataria in esito 
alla procedura di licitazione privata, posto che la clausola di salvezza 
dell'approvazione da parte dell'organo competente, contenuta sia nella 
lettera d'invito che nel verbale di aggiudicazione, incide esclusivamente 
sull'efficacia del contratto gi� concluso, e non gi� -come affermato dal 
primo giudice -su un procedimento ancora in itinere, rispetto al cui 
perfezionamento la ditta interessata versi in posizione di mera aspettativa, 
giuridicamente non tutelabile. 

Con la suindicata precisazione, la statuizione reiettiva del terzo motivo 
di gravame merita, peraltro, egualmente conferma, stante l'infondatezza 
nel merito della relativa doglianza, in ragione della incontestabile 
sussistenza del vizio di legittimit� posto a fondamento del provvedimento 
impugnato (incompetenza per valore del dirigente superiore procedente 
all'indizione e all'espletamento della gara), di per s� ostativo, come dianzi 
precisato, all'approvazione del contratto. N� la ricorrente, per le 
ragioni anzidette, � legittimata a dolersi in sede giurisdizionale del mancato 
esercizio del potere di convalida ex officio, o anche semplicemente 
della omessa esternazione delle ragioni di interesse pubblico giustificanti 
il mancato esercizio di detto potere (peraltro, come detto, neppure 
sollecitato). 

Attesa l'infondatezza dei dedotti motivi d'appello, il ricorso deve per


tanto essere respinto, con conseguente conferma della impugnata decisione 

di primo grado. 

II 


I ~ 

I


I:� 

fil 

~ 


TAR��LAZIO, Sez~Ill ter;!S dicembre.1994 -.Pres; Botea����Rel .. CappUggi � 
.,ANAO.(avv. Zammit) o; Min; Trasporti (avv.; StatoStipo): e F~s. (avv. 
Sanino e� Siena).:.�



'itasporti'i;>ul:Jblict�Trilstorhimon� d�ll'Ente F.s;1n��s;p.a; � Disciplina 

�� dei s~�sostitutfVi �-e integratiVi -' Permane. Trasporti 
p�bbUcl � Conc�~sione del Ministero tlei .. Trasporti alla F. S. 

s.p.a. � Pre\iisione di affidamento dei s.ervizi sostitutivi e integratiVi 
��solo�� a societ� parte�lpate maggiOritarianlente � �� 1uegittimlt�; � 
La istituzione di servizi automobilistieii s&stiiutivi di quello ferrowarid 
(tosiddetti >� servizi 'sostitutivi�) presupp�ne: �� .. a)> la �.preesistenza 
di un servii;io ferroviario per una. determiiiiata relazione: b)-la riduzione 
&iljlla capacit�. di offerta. del servizi4 sulla� rete f errovtarm �-vvero l'aumento 
della richiesta dell� st:ltSs� senza che �il callegamente:>� su binario 
possa f�rvi .frante {l); . . . 

La� Mtftuz'ion~ d~i�� � servizi �� ~ntegfadvh> ai�-dmbbilistfdt� �. firraltzza1a 
ad estendere .ta Fete fefro~iaria �ott il cbltigamerlt� aut�mabltisttco l� 
dov� non artivd: il m�zz��rotab�l� ed � .vincolata. �soltanto ad un �'capolinea

setVti�tb�: �d;J�: stiiiioti� .f~f~arefii, (2).:::~::.:�� . �.�. �.'�:. . 

La t~a~f~rmazio~e dell'E~te Ferrovie detl�J Stato in $;p.a. n~n'ha influito 
StJ.lla, .differente disciplina .. normativq., che tuttora, peri;an�, tra 
s�rvilJi sostitutivi ~�� integrativi dii linee tranvtarii e ferrbVit:lfie cqneesse 
all'mdtistfrid .. privdta e� S�~rviil.soHitutivi �d integratiVtdi... tinee delle Fer~ 

rpvie deUo$(�tii (3). .. . . -� �. . . . . -. 

.� �-�~ :�.. ' .. 

L.a;trasJor:11J/1/t,iane 4ell~l3_nte.E'rS� in s.JM, .~on M mo<Jific.tojl g14a,dro 
normativo vigente, per cui �. qemanda,~<J:a,tle F.$. �la fp.coU� di s�eglier;e, se 

�.-_. �-(1-2-3-4f t~f s�nietlia: .in rassegna d�htieile .una dettagliat� i�i�posiZioni{ iiliii� 
:rioZioi:ii e stilla disciplina dei cosiddetti � serviZi sostitutivi>} e ; �<� smw bit& 
gfativh .di quelli ferr�\iiarl, i cui principi sono tuttora validi anch�:a s:egtrl.to 
della is#t-ll2;iOl1~ della F.S. s.p.a., cl).e, in quanto. ente privato,. (U'a ~ercit~ .U 
servizio ferroviart� hl base ad. un atto cli concession,e 4ello Stato; . quale 
atto di concessiOne e� stato esaminato��� riel. richiamato� parere. de�l'AdWianza 
Generale dePeonsiglio cli Stato 1� ottobre 1993 n. 95 (in Poro It., 1994, Hl, 67). 
�� ' Le >richiamate decisioni del� Consiglio di Stato possono leggersi: Cons; 
Stato, IV, 27 aiJOSto 1971 n. 787, in Cons. Stato 1971, I, 1414; 22. febbraio \972 
n._ 94, ivi, 1972, I, 121; 13 giugno 1972 n. 530, in Foro lt., 1972, III, 285; 5 febbrafo 
1974 � li. 154, ivi; 1974, �II, 341; 31 gennaio 1968 ri. 49, in Cons. Stato 
1968, I, 43; Cons. Stato, VI 16 marzo 1954 n. 167, in Cons. Stato 1954,' I, 321. 

12 



546 RASSEGNA AVVOCATURA DHU.O STATO 

esercitare i servizi sostitutivi� �d integrativi direttamente o ftamite .im. 

I ~ 

prese pdrteoipate subconcessionarie ovvero �imprese terze scelte a mezzo 
di appalti; � pertanto illegittimo l'art. 5 dell'atto di concessione (D.M. 
26 novembre 1993) alla F.S. s.p.a., nella parte in cui prevede che essa 
societ� concession.aria pu� svolgere le att-ivit� oggetto della concessione 

I 
(e quindi anche i servizi sostitutivi �ed integrativi) sia direttamente che 
per il tramite di sodet� partecipate maggioritariamente attraverso appo. 
site subconcessioni, non trovando alcuna g.iustificazione l'omessa previ� 
sione dell'affidamento, a mezzo dJi. appalto, dei servizi sostitutivi ed integrativi 
all'impresa privata (4). 

(omis:sis) Nel merito, prima di procedere all'esame delle censure dedotte, 
� opportuno definire il contesto normativo in cui si inserisce il contenzioso 
all'esame del Collegio. 

La principale fonte � costituita dal r.d.l. 21 dicembre 1931 n. 1575, convertito 
nella legge 24 marzo 1932 n. 386, secondo il quale (art. l, 2� comma) il 
Ministro dei trasporti pu� provvedere a sostituire parzialmente o totalmente
� i servizi ferroviari con servizi automobilistici affidandone l'esercizio 
-sentito il Consiglio d'amministrazione delle ferrovie dello Stato alle 
F.S., ovvero all'industria privata (art. 2, 1� comma); la gestione dei 
servizi da parte delle F.S. pu� poi avvenire � direttamente o a mezzo delle 
imprese alle quali essa partecipa a sensi� di legge o mediante appalto a 
mezzo di altre imprese� (art. 3). Alle F.S. possono essere affidati (ai 
sensi dell'art. 2) anche � altri_ servizi �automobilistici integranti la rete 

ferroviaria�.� � -�� 

Il regolamento concernente l'esercizio degli autoservizi istituiti a norma 
del suddetto riel.I. n. 1575 del 1931, approvato con d.m. 12 maggio 1952, 
dispone poi (all'art. 1) che l'esercizio degli autoservizi sostitutivi ed integratiV'i 
pu� essere effettuato direttamente dalle F.S., oppure da queste 
affidato ad imprese alle quali le F.S. �medesime parte�ipino a norma di 
legge, od all'industria privata mediante appalto. 

A seguito del decentramento, con i decreti del Presidente della Repubblica 
14 gennaio 1972 n. 5 e 24 luglio 1972 n. 616 sono state assoggettate a 
co:i:npetenza regiqnale -fra. le altre fattispecie -le linee automobilistiche 
sostitutiye di linee tranviarie e ferroviarie in concessione all'industria 
privata (disciplinate dall'art. 2 del r;d.l. 14 ottobre 1932 n. 1496 e dell'art. 11 
della legge 28 settembre .1939 n. -1822) e' di linee delle Ferrovie dello Stato 

I

definitivamente soppresse a norma del r.d.l. n. 1575 del 1931. 
Per completezza, prima di passare all'esame delle vicende che hanno 

I

portato alla trasformazione dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello 
Stato in Ente pubblico e poi in s.p.a., � necessario individuare, ai fini che 
qui rilevano, i caratteri distintivi dei servizi sostitutivi e di quelli integrativi, 
ciascuno dei quali . ha una propria precisa fisionomia. 

I 

ii 

I 



PARTE I, SEZ. IV, .GlURl.Sl'RUDENZA AM:MINISTRATIVA 

L'istituzione dei servizi sostitutivi presuppone: a) la preesistenza di.un 
servizio ferroviario per� una . determinata . r�lazione; � .. b) la riduzione della 
capacit� cU offerta del�semzio�sulla� rete. ferroviaria ovvero l'aumento del� 
la rlchi.esta dello stesso senza�che il �collegamento �su binario' possa farvi 
fronte (cfr .. Cons. � St.; Sez. �IV, 22 febbraio 19!12 �i;94; 13 giugno � 1972 n; 530; 
s febhr�i� 1974 ri. ts4}; 

O~i; lil:ltm Jine, e particolarmente quello di�� modificare comunque�� le 
relazioni .dftraffico esistenti� lungo le strade.� ordinarie., �� �da considerarsi 
estraneo' Da ci� discel1de anche (cfr. la �itata decis�dne n.���154/1974)� che 
il percorsQ. della Unea automollilistica. sostitutiva deve.essere pi� possibile 
adiacente aJ.tracciatodel'la.st:mdafetrata e cbe,ove,ci� non.�sia.possibile, 
per la partein cui il .p�rcotsosi sviluppa in�tettitodo estraile.o all'esercizio 
ferroviario sostituito,�� la Jinea automobilistica non ha.� carattere sostitutivo 
ma nasce e vive sotto l'impero della necessit�;� il prin�ipio di necessit� 
garantb~ce .per� iltransito e ilon. I'eser�jzi-0, con la conseguenza. che 
nella zona estranea non esiste neanche, iti: H:ri�a di mass�na,. la �facolt� di 
esercitare servizio locale da parte delle linee automobilistiche �(non pi�) 
sostjtutive; ;fatfa salva l'esigenza �di soddisfare ]!interesse� dei� passeggeri e 
sempl;'e che non vengano� lesi gli interes.si�legittimi�delle.ditte. concessionarie 
delle autolinee normali (cfr. anche Cons. St.rSez, VI, 16 marzo 1954 
ri:; 167 e Sez~ IV 31 �gennaio 1968 n; 49).. 

Per quanta' rigtiarda invece�� i servizi. integrativi; l� loro�.istituzione � 
finalizzata ad estendere la rete ferroviaria �on il <:allegamento automobilistico 
l� dove non arriva il mezzo rotabile: ed �� vincolata soltanto ad un 
capolinea s�rvito da. stazione .ferroviaria. (cfr; Cons. St, Sez. IV, 13 giugnfr 
1972 n~ 530); deve peraltro essere giustificata, oltre �he da una migliore 
funzionalit� della� linea ferroviaria, dalla realizzazione di un. migliore 
rendimento economico della liriea stessa (Cons. St, IV, Sez. 27 agosto 
1971 n.. 787)~ 

Sia dal punto>di vista nonnativo che da .quello dell'.elaborazione giuri� 
sprudenziale, la disciplina deiservizi. sostitutivi ed integrativi (fa�ente capo 
alcitato.r.d.t n~�1575 deL193l). �del.tutto distinta da�.quella dei .trasporti 
pubblici l�caU (regolati dalla legge 28 settembre 1939 n. 1S22); peraltro, � 
stato �affermato che ove�� si proceda alla trasformazione� di un. servizio su 
rotaia mediante la creazione di un servizio automobilistico (sostitutivo 
od integrativ�) . che � risulti in netta sovrapposi:tione ad una . autolinea gi� 
asSentita�ad altro concessionario. e �funzionante �,. esso � sfugge alla previsione 
della richiamata norma [r.d.t n. 1575 del 1931J .e configura invece 
istituzione dLuna nuova linea automobilistica�; soggetta alla disciplina 
degli autoservizi di linea (legge 28 .settembre 1939 n.1822) (cfr. Cons. St., Sez. 
IV, 9 marzo 1971 n. 224). 

Dal quadro sopra . delineato emerge che l'esercizio dei servizi di cui 

trattasi � tradizionalmente assoggettato . ad un regime autorizza torio che 

fa capo al Ministero dei trasporti per quanto riguarda i servizi sostitu



548 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

tivi ed integrativi di linee delle ferrovie dello Stato e (dopo il decentramento) 
alle Regioni per quanto riguarda i servizi sostitutivi ed integrativi 
di linee tramviarie e ferroviarie concesse all'industria privata, ovvero 
sostitutivi di linee delle Ferrovie dello Stato definitivamente soppresse a 
norma dell'art. 1, 2� comma del r.d.l n. 1575 del 1931. 

Occorre ora stabilire se e in quale misura la riforma delle F.S. abbia 
modificato il quadro normativo in questione. 

Pu� escludersi che qualsivoglia modifica sia stata introdotta dalla legge 
17 maggio 1985 n. 210, che ha trasformato l'Azienda autonoma delle F.S. 
nell'Ente. Ferrovie dello Stato con suo subentro �in tutti i rapporti attivi 
e passivi ... � gi� di pertinenza dell'Azienda medesima (art. 1). Tra le finalit� 
dell'Ente era espressamente previsto (art. 2, lett. g) � l'esercizio dei 
servizi sostitutivi o integrativi sia ferroviari, sia di traghetto, nonch� degli 
altri servizi gi� svolti dall'Azienda autonoma F.S. in base a disposizioni 
di legge�; l'esercizio dei suddetti servizi sostitutivi o integrativi poteva 
essere affidato dall'Ente a Societ� partecipate anche in posizione minoritaria, 
�ovvero ad altre imprese� (lett. i dello stesso art. 1). Inoltre, 
l'art. 7 n. 11 individuava nel Consiglio d'amministrazione dell'Ente l'organo 
competente ad approvare l'istitlizione e la soppressione dei servizi di trasporto 
integrativi e sostitutivi. 

La questione appare pi� delicata a seguito della trasformazione dell'Ente 
Ferrovie dello Stato in s.p.a. in attuazione dei dd.ll. 5 dicembre 1991 

n. 386 (convertito nella 1. 29 gennaio 1992 n. 35) e 11 luglio 1992 n. 333 
(convertito nella 1. 8 agosto 1992 n. 359). 
Invero potrebbe ritenersi, come sembrano adombrare le ricorrenti 
�on i primi tre motivi, che la trasformazione dell'Ente in s.p.a. abbia 
fatto venir meno qualsiasi differenziazione tra servizi sostitutivi ed integrativi 
di linee tramviarie e ferroviarie concesse all'industria privata e 
servizi sostitutivi ed integrativi di linee delle Ferrovie dello Stato, essendo 
ormai anche queste ultime concesse all'industria privata. 

Sul piano dei principi la tesi � suggestiva. 
Peraltro, deve osservarsi in .proposito ohe l'art. 14 del d.l. n. 333 del 
1992 dispone che tutte le attivit� gi� riservate agli enti trasformati in 

s.p.a. � restano attribuite a titolo di concessione ai medesimi soggetti che 
ne sono attualmente titolari� (n. 1). 
L'Adunanza generale del Consiglio di Stato, (v. parere n. 95 del 1� ottobre 
1993) ha poi ritenuto che -in applicazione del suddetto d.l. n. 333 
(con particolare riguardo a quanto previsto dagli artt. 14 e 18) -con l'attribuzione 
alla s.p.a. di nuova istituzione dei compiti gi� spettanti all'Ente 

F.S. ai sensi della legge n. 210 del 1985, e con la conseguente riserva allo 
Stato (e non pi� all'ente pubblico estinto) del servizio ferroviario ex art. 43 
cost., �la s.p.a. Ferrovie dello Stato � stata ex legge legittimata all'esercizio 
degli stessi compiti relativi ad un servizio pubblico essenziale �; 
l'ambito della concessione deve pertanto definirsi � per relationem ai 

PARTE I, S:BZ; .IV, GlURISPRUDJ'!NZA ~INISTRAllVA 

c�>mpi.ti deLquali l'ente i;>ubbli�o poUrasformato e:ra istituzionalmente titolare, 
tenuto a.che presente ..che alla s.p.a. Ferrovie dello Stato sono stati 
trasferiti PJ:tti i rapporti fa,centi capo prima all'azienda autonoma e poi 
all'Ente ferrovie dello Stato,)n una sequenza �ontinua che trova la s~ 
:ragione d!essere es�l.siv~nt� nella .gestio,n.e del sc;::ryizio pubblico � � 

..'. .i.t�~J.'A:l,lt()f~t�,g~Elllte c.J#Ia.concqrreu,za. e.4el i:.ercato, nell!\,> de1.
i.'l?e:r~~c.we ..;;i,ssunta neil'acJ,uuapza del. 20 diceinbre 1993, .ha ritenuto paC�flC() 
(v. pag. 9) �he lservi.zLsostitutivi e integrativi concessi ex. legge alla 
:F~S. s.p,a. r.estllll() regolati dal :r.d.l. n. 1575 del 1931 che demanda a questa 
.ltii:.a)11 fac~lt� di scegliere se pre~tarli di~tt~ente o tramite imprese 
Pa:rte:ciPate s11bconc;essionarie <>v:vero bnpresete:rze i;celte a mezzo di appaltl.. 
.... .... . . . 

D'altra parte, la normativa che disciplina i servizi sostitutivi ed integr;:
ltividelle ferrovie concesse ajl'ind.stria privata (art. 2 del :r.d.l. 14 ottobre 
1932 n. 1496, ,a,rt. g deUaJegge 28 settenibre)939 n.1822, art. 84 del 

d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, legge 10 aprile 1981 n. 151) � applicabile ai 
tasporti locali e non a quelli di interesse nazionale. 
Considerato dunque che, per le considerazioni sopra esposte, il quadro 
normativo di riferimento non � stato in alcun modo modificato dall'intervenuta 
riforma delle ferrovie dello Stato e che con il decreto impugnato 
sono stati concessi alla s.p.a. di nuova istituzione tutti i servizi di trasporto 
(e non altri) gi� concessi all'Ente ferrovie dello Stato, l'art. 2 dello 
stesso decreto non solo appare legittimo ma anche privo di effetti lesivi 
diretti. La previsione che �l'eventuale istituzione di ulteriori servizi integrativi 
e/o sostitutivi del serviz<io ferroviario dovr� essere preventivamente 
autorizzata dal Ministro dei trasporti, fatta eccezione per i casi 
di emergenza � non contrasta in alcun modo con quanto disposto dal 

r.d.l. n. 1575 del 1931 ed � anzi ad esso perfettamente conforme, dovendosi 
ritenere l' � emergenza � strettamente circoscritta ai casi in cui � indispensabile 
assicurare i collegamenti interrotti a causa di eventi improvvisi e 
straordinari e per il limitato periodo necessario a ripristinare il servizio 
ferroviario regolare. Devono essere conseguentemnte disattese le censure 
sollevate con il primo, il secondo ed il terzo motivo. 
Appaiono invece fondate le doglianze formulate con il quarto motivo. 

Se, come sopra accennato, deve ritenersi che la trasformazione dell'Ente 
ferrovie dello Stato in s.p.a. nulla ha innovato rispetto alla disciplina 
preesistente in materia di servizi sostitutivi ed integrativi, devono 
trovare piena applicazione le norme di cui agli artt. 1, 2� comma, 2 e 3 del 

r.d.l. n. 1575 del 1931, all'art. 1 del Regolamento di attuazione di cui al 
d.m. 12 maggio 1952, all'art. 2, lett. g) e i) della legge n. 210 del 1985 in 
base alle quali le F.S. provvedono all'esercizio dei servizi automobilistici 
ad esse affidati direttamente, o a mezzo delle imprese alle quali partecipano 
a norma di legge, o mediante appalto a mezzo di altre imprese. 
L'art. 5 dell'atto di concessione, invece, prevede che � La Societ� conces

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

550 

sionaria pu� svolgere le attivit� oggetto della presente concessione [ivi 
compresi, ovviamente, anche i servizi sostitutivi ed integrativi] sia direttamente 
che per il tramite di Societ� partecipate maggioritariamente, alle 
quali pu� conferire apposite sub concessioni ... �. 

L'omessa previsione dell'affidamento, a mezzo di appalto, dei servizi 
di cui trattasi all'impresa privata non trova alcuna giustificazione. La 
disposizione in esame attribuisce, nella sostanza, alle F.S. una posizione 
dominante che la vigente normativa di settore non prevede e non consente, 
a detrimento dell'interesse delle imprese che fino ad oggi hanno operato 
sul mercato ed anche dell'interesse pubblico a che i servizi di trasporto 
sfano affidati alle imprese che -in relazione a ciascuna linea -offrono 
maggiori g!iranzie dal punto di vista organizzativo e da quello economico-
finanziario. � 

II� ricorso merita dunque di essere accolto nei suesposti limiti, con 
conseguente annullamento dell'art. 5 del decreto impugnato. 

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SEZIONE .QUINTA 

GIU~ISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE m: CASSAZIONE, Sez'. un., 7 Iuglio 1994 n. 6375 -Pt1es; Brancac~ 
� Ci�, -Esi. Cantillo -P. M. Di Renzo (conf.) -Mih�stero delle Finanze 
' (aV\f. Stat6 PalatielM c. so�. Old Blue (aw. Paoletti).. 

trlbuti .. hl genere -Contenzioso' trlti\ltario � N:otificazford. nel.�� corso dei 
processo -Luogo predetetri:ih:tat6 ~ . Dfoi:tlarazione di 'restdenza o el�zione 
di domicllo � Mancanza o inidone\t� 9dgin.aria o successiva No:
tifica presso la segreteria � Ricerca di residenza effettiva -:Esclusione. 

(d.P.R. 26 pttobre 1972, n. 636, artt. 1s; 32 � 3�1is; C;P�C� artt. 139, 142 e 143): 
ta notifica d�gli atti del pr'�cesso puo ��e deve essere eseguita presso� la 
Scegf~t�rza delta. cornmission�; .a norma d�Wart. 32 llis. del. d.P.It 636/1972; 
~on.solo quando manchi �riginariam�nt� .ta dichiaratiorie di residenza o 
l'et�zidrt� di domic�tiO, ma anche quand� p�r' l'in{don�it� originaria, o sopravvenuta 
;d�lZe ..tnditaii:oni non .sia possibile in .c&ncreto �za notifibdzi�ne nei 
luogh� dichiarati; la parte-istante; �ve nort Sia �pos'sibil� la notifica nel 
domidilio � el~tto �.o� nella �tes�denza dich�arata; non d�ve e� non pu� procedere 
'alla no'ti:fiCa �n luogo diver$o rwercand� la resiiJenia effettiva o 
il domioit�o reale mediante indagini, anche se. f acilitil:te dalle' risultanze 
'<legt,i atti' o da sisteintai pubbZiCit� (1). � , � 

(dmiss~)2 . .:.::_ Con il prlmo motivo del ricorso principale, dertunzi�ndo 
la violazione dell'art. 32 bi$ del d.P.R. 26 ottobre 1972; n: 636, introdotto
� dall'art. 20 del d.P.R. 3 novembre 1981, rt. 739; l'Ammillistrazione Finanziari11 
criifoa la sentenza della Corte ai ~ppellodiRomaper avere rite" 
nuto .� iD:vaiida � 1a � notificazione della decisione della Coinmissione Tributaria 
di primogr�d() esegUitamediante deposito presso la segreteria della 

{l) Decisione di grande portata :che. scioglie molti nodi in una: materia 
nella quale la. giurisptude)lZa. �. sempre '. stata. molto incerta, 

Il �luogo. della notificazione . deve essere predet.erm1nato, anche nell'interesse 
dei.destinatario .che, con la dichiarazione contenuta nel ricorso ex art. 15, 
pu� designare un luogo diverso dalla residenza. effettiva, ma soprattutto nell'interesse 
della parte istante>che non p�� essere .tenuta a fare ricerche per 
l'individuazione di un luogo diverso: e non potrebbe comunque eseguire una 
valida notifica in. altro. luogo.� Quindi unica alternativa alla notifica nella 
residenza dichiarata. o nel. iiomicilio eletto; ove manehino o non siano . reali 
al momento (per difetto .. originario� o� �per .�mancanza di comunicazione di 
variazioni), � la notifica .presso . la �segreteria, .an�he. nel caso che un diverso 
luogo di reperibilit� risulti dagli atti o sia accertabile (come<:pe.r' lei :so,eiet�) da 



X .� �.�.. X .� �.�.. 
, 

552 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

stessa commissione e per avere, di conseguenza, esaminato nel merito 
l'impugnazione della Old Blue S.pA. Sostiene che detta disposizione sia 
applicabile anche quando il contribuente non provveda a comunicare alla 
segreteria la variazione della residenza dichiarata o del domicilio eletto 
in ricorso e che pertanto la notificazione debba essere effettuata nel modo 
suddetto tutte le volte che il ricorrente non sia reperibile nei luoghi indicati. 
Nella specie, la Soc. Foro Romano Immobiliare non aveva comunicato 
alla segreteria l'incorporazione da parte della Old Blue e il conseguenziale 
cambiamento di sede, sicch� la notificazione di cui si discute era valida e 
correttamente la Commissione Tributaria di secondo grado aveva dichiarato 
inammissibile l'appello perch� tardivo. 

3. -La censura � fondata. 
La questione che essa suscita attiene all'esegesi dell'art. 32 bis che, 
nel disciplinare il � luogo delle comunicazioni e delle notificazioni � in 
base al principio secondo cui queste vanno effettuate nel domicilio eletto 

o nella residenza dichiarata in ricorso, al terzo comma testualmente dispone 
che �se mancano la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio 
o se per la loro assoluta incertezza la notificazione non � possibile, 
gli atti del procedimento sono comunicati o notificati presso la segreteria 
della commissione�; la quale regola vige anche �se la p~rte non 
.indica la residenza nel territorio dello Stato o non vi elegge domicilio �. 
La disposizione -che prima della novella del 1981 era contenuta nel 
terzo comma dell'art. 15 e, oltre ad essere diversamente formulata, appariva 
riferita solo ai residenti all'estero -in giurisprudenza ha ricevuto 
contrastanti interpretazioni: numerose decisioni hanno attribuito ad essa 
valenza gener~le, per cui opererebbe, oltre che nei casi di mancanza o di 
insufficienza della dichiarazione di residenza o dell'elezione di domicilio, 
tutte le volte che la notificazione non possa essere eseguita nei luoghi 
indicati in ricorso; secondo altre pronunce, invece, la norma varrebbe 
soltanto a sanzionare la violazione dell'obbligo di indicare nel primo atto 
la residenza o il domicilio, sicch� se dalla relazione di notifica risulti che 

riscontri in sistemi cli pubblicit�. Cade finalmente la credenza che siano 
sempre doverose ricerche anagrafiche. A tal riguardo � cli particolare interesse 
il passaggio della motivazione in cui, precisando il significato della incerta 
dizione cli domicilio fittizio, si afferma che la protrazione del termine cli deca. 
denza di trenta giorni � appropriata per adempimenti semplici e certi (come 
il deposito dell'atto) mentre sarebbe incongrua per svolgere ricerche dell'effettiva 
residenza che possono richiedere tempi molto lunghi. Proposizione 
questa estensibile a tutte le notifiche soggette a termine cli decadenza. 

Gran parte delle precisazioni che si leggono nella motivazione sono riferibili 
anche alla notifica degli atti cli accertamento in ordine alla quale la giurisprudenza 
� stata spesso incomprensibilmente rigorosa verso la parte istante 

(v. Cass. 8 aprile 1992 nn. 4302 e 4308, in questa Rassegna, 1992, I, 314 con 
numerosi richiami). 
I


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I 

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RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

554 

precettivo in relazione alla finalit� della disciplina e nel contesto delle 
altre previsioni della norma, che delineano un particolare sistema di rigo. 
rosa preordinazione del luogo delle notificazioni (e comunicazioni) in 
ogni grado e stato del processo innanzi alle commissioni. 

5. -Sul piano sistematico, alla tesi che si respinge non giova far 
riferimento all'art. 15 della legge, il quale,� pur annoverando la dichiarazione 
�i residenza o l'elezione di domicilio tra. gli elementi che, ai sensi 
del primo comma, integrano il contenuto necessario del ricorso, per la 
mancanza o l'assoluta insufficienza di tale elemento non commina la 
sanzione � di inammissibilit� del ricorso medesimo (prevista quando gli 
stessi vizi riguardano uno degli altri requisiti), e fa salvo, invece, il disposto 
del terzo comma dell'art. 32 bis, cio� la norma di cui si discute. 
Questo richiamo vale ad escludere, infatti, che la carenza di dette indicazioni 
sia rilevante come vizio del ricorso, giacch� ad essa supplisce il criterio 
della localizzazione presso la segreteria; ma da ci� non pu� trarsi 
argomento� per limitare a .. tale ipotesi l'applicabilit� del criterio, il cui 
ambito. va verificato appunto alla stregua della disciplina del luogo delle 
notificazioni dettate dall'art. 32 bis. 
�Le fattispecie previste da questa norma si coordinano tutte al principio1 
sancito nel primo comma, per cui nel corso del giudizio le notificazioni 
e le comunicazioni vanno sempre fatte nel luogo .che nel.modo suddetto 
deve .essere indicat� dal ricorrente; al quale � dato, in sostanza, di 
scegliere quella� che ritenga pi� conveniente, come risulta non solo . dalla 
istituzionale . prevalenza del domicilio eletto sulla residen:m dichiarata, 
essendo consentita la notificazione in questo luogo solo << in mancanza � 
di elezione di domicilio, ma anche dalla cons~derazione che, in assenza 
di una norma cogente volta ad assicurare l'effettivit� della residenza indicata, 
nulla impedisce al ricorrente di dichiarare un qualsiasi altro luogo 
che o per collegamento ordinario (ad es., domicilio) o per abituale frequenza 
(ad es., dimora secondaria) gli consenta di ricevere prontamente 
gli �atti.� 

L'esigenza di stabilire ab initio, ai fini del sollecito e corretto svolgimento 
del processo, un luogo certo e incontestabile per l'attivit� partecipativa 
degli atti processuali, tuttavia nel rispetto dell'interesse primario del 
ricorrente a11a sicura e tempestiva conoscenza degli stessi, viene soddisfatta, 
cio�, affidando la determinazione del luogo allo st�sso destinatario 
e vincolando l'ufficio all'osservanza di tale indicazione. 

Al particolare rilievo cos� ad essa attribuito fa riscontro, sotto il profilo" 
funzionale, una disciplina dell'efficacia dell'indicazione medesima che 
rende responsabile lo stesso ricorrente dell'idoneit� del collegamento dichiarato 
al concreto esito positivo del procedimento notificatorio. 

In proposito vengono in rilievo, e ;rivestono decisiva importanza per 
il problema in esame, la disposizione per cui il domicilio eletto e la resir 


PARTE� I, SEZ; V:, GIURISPRUDENZA� 'CRIBUTARIA 

denza dichiarata restano validi �per i successiVi �gradi del processo� 
(art. 32 bis, seconde> comma) e; tendenzialmente, anche in easo di morte 
della' parte. (arg. art; 31, secondo comma); .e l'altro precetto; che � corollario 
dell'efficacia panprocessu�le, secondo cuiilrieorrenteha il dovere 
di comunicare alla commissione le �variazionfdel � 1uogc> indicato; le quali, 
anzi~ Qiiventan� :Wn<:;oianti per l'ufficio sole> d0po . dieci giorni da quello 
ih c.ila relativa comutli�azi�ne sia pervenuta alla �segreteria�� della commissione 
{art/32 bis, primo comma). 

Quanto al contenuto�� dell'�ner(! imposto. ai��ricorrentej� questa disciplina 
comporta che esso non � limitato all'indicazione iniziale, ma implica 
il doveredi: assk:urare1�dutatite l'iritt�r� �giudiZio; laper&isferiza: e la concreta 
:fufizionalit� del collegamento spaziale dibhia:i:'a!to e� pefoi�,�in�caso di 
ir.�riazione, �di comunicare la sostituzione con altro ug0almente: idoneo al 
raggituigimento de]}d: sc�po dell'operazione. � � � 

>� C�:trisporid�ritementefqualito �g1� �Mem:Pimeriti ririlessi alla segret�ria 
della commissione; etti' eE>mpetettfiifZiativa d�lla; n�tificaiione;��fa normativa 
.suddetta ��selude ch�. �~����fuori> tlalfi:poteSi. della. notificazione nelle 
mmi pr6}5rie deli;l�stbia~iO (per la'qual� �'1rrilevartte l'elemento spaziale) 
--"" l'�ffiCfo'debba :o possa� disporre ehe le notiffoaziom avvengano in 
Iuog0 diverso da��quello di�hiar�to; r�cerc�ndo la residenzii � effettiva o� �l 
domiCilio reale del rlcorr�nte:s�cund� i criteti ordin�ri, �mediante �indagini 
anagrafiche � in base ai dati reiat�v4<aM'abitazione, all'Uffitio etc.; ancorch�'ristt:
ltanti �x<ii.:ctis.. � � � � , 

> ' : ��Siffatto. potere .;;.;..;... testiialriiente esduso dal terzo comma dell'art. 32 bis 
quando nel rieorso � in ttll� succ�ssiva comtil:ii�azione :rriodifi�at�va manchi 
una valida elezi�ne di , domicilio � � dichiarazione di residenz�; appunto 
perch� da ci� scaturisce ipso iure il dovere�. d�ll'l.lfficio � di notificare gli 
atti presso. fa segreteria ...;.;.,.� non .� comigliiabile neppttre nelle ipotesi che 
qui specificamente interessano; fu clli �il.domicilio � fa residenza dichiarati 
in ricorso (o con atto successivo) vengono riscontrati inesistenti in seguito 
�ll'inutile tentativo di rtotific�; � � 

Infatti, TulteriOre attivit� per la: notifica in luogo �diverso, individuato 
ex officio, non � prevista dalla: nonn� ed � oggett�vamertte :incompatibile 
con l'obbligo della segreteria di attenersi �lrindicazione della parte fin 
quando< non ne venga comunicato il mutamento {e questo diventi operante}, 
non potendosi.� ammettere, � man�festamente, �che � l'tifficiO medesimo 
sia tenuto prima a disporre fa. n�tifica tassativamente nel luogo scelto 
dal ricorrente e poi a ripercorrere il procedimento notificatorio .nei modi 
ordinari; in contrasto con i princip� di speditezza ed���ecortorilia processuale 
che ispirano la disciplin�. E risulta altres� evidente che l'onere imposto 
al ricorrente sarebbe vanifica:to se nelle situazioni in esame "-nelle 
quali normalmente si riscontra la violazione dell'obbligo di comunicare 
all'�ffi�io� i mutamenti delle indicazioni date in ricorso ~!"unica conseguenza 
fosse il ripristino .degli ordinari metodi �riotific�toi:'i, per modo ch� 


556 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

il precetto si ridurrebbe ad una mera raccomandazione, priva di qualsiasi 
effetto �lato sensu sanzionatorio; n� avrebbe senso stabilire la perpetuatio 
di dette indicazioni per l'intero giudizio se al ricorrente fosse 
dato di togliere unilateralmente valore ad esse. 

Pertanto, come questa Corte ha statuito in analoghe fattispecie (cui 
si accenner� pi� oltre), l'obbligo legale di eseguire la notificazione in un 
determinato luogo, designato dal destinatario; preclude in radice una diversa 
ricerca dello stesso (a maggior ragione quando la determinazione 
del luogo prescinde da collegamenti spaziali effettivi). 

6. -Nella disciplina ora delineata, quindi, la regola che impone la 
uotifa,:azione presso la segreteria non pu� intendersi limitata alle ipotesi 
di carenza originaria delle indicazioni richieste, ma necessariamente si 
riferisce anche alle fattispecie che si considerano, nelle quali detta modalit� 
ugualmente adempie alla funzione di. consentire la partecipazione 
degli atti del processo quando ia notificazione risl.l.lti in concreto impossibile 
nei luoghi indicati dalla parte. Come risulta anche dal coordinamento 
con il secondo comma dell'art. 15, in pratica la norma realizza una 
domiciliazione suppletiva necessaria, che. � essenziale al sistema di predeterminazione 
del luogo delle notifiche perch� destinata ad operare in tutti 
I 

I ~

i casi in cui il criterio che demanda alla parte l'individuazione del luogo 
risulti inutilizzabile per carenza originaria o per inidoneit� sopravvenuta 
delle indicazioni. E in tal modo il mancato adempimento dell'onere tanto 
con riguardo all'obbligo iniziale ex art. 15 quanto a quello successivo 
di comunicare le variazioni -viene superato attraverso un criterio 

I ohe, da un lato, non pregiudica le esigenze processuali giustificative dell'istituto 
della predeterminazione e, dall'altro, � coerente con� il contenuto 
dell'onerd e con la responsabilit� della parte per la sua inosservanza, tut


IItavia consentendole di prendere agevolmente cognizione degli atti ad essa 
indirizzati. 

Questa interpretazione -per cui la disposizione deve essere riferita, 
in conformit� della collocazione nell'ultimo comma dell'art. 32 bis, ad 
entrambe le fattispecie previste nei due commi precedenti (relativi alle 
indicazioni iniziali e, rispettivamente, ai mutamenti successivi) -trova 

I un ulteriore riscontro di indole testuale. nel primo comma, nella parte ~ 
in cui si prevede che l'elezione di domicilio o la dichiarazione di residenza 
risulti fittizia all'esito del procedimento notifica torio e . si stabilisce in tal 
caso, la proroga di un mese dell'eventuale termine perentorio entro il 
quale la notificazione debba essere eseguita. Dalla norma si trae� diretta 
conferma che la disciplina concerne anche gli aspetti funzionali dell'indicazione 
data dal ricorrente, regolando le conseguenze dell'inutile tentativo 
di notifica; inoltre, essa consente di osservare che se la regola della 
notificazione in segreteria non avesse portata generale e la conseguenza 
negativa della falsa dichiarazione consistesse, quindi, solo _nella proroga 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

del termine, il comportamento fraudolento del ricorrente sarebbe sanzionato 
in modo meno grave dell'omissione o incompletezza delle indicazioni 
richieste in ricorso, �he poss0no essere dovute ad un mero errore. 
La norma risulta razionale, invece, �lla stregua dell'esegesi che si accoglie, 
giacch� la proroga del termine � un effetto {sostanziale) che si aggiunge 
alla normate conseguenz� delrinutile attivita notificatoria, cio� alla domiciliazione 
iii. segreteria, come �si evin�e altres� dalla considerazione che la 
protrazione di trenta giorni � appropriata per un adempimento che richiede 
tempi brevi e certi, quale il deposito in segreteria, mentre sarebbe 
incongrua se �l'ufficio dovesse sobbarcarsi all'onere di svolgere ricerche 
in ordirle all'effettiva residenza del ricorrente, che possono richiedere 
tempi molto pi� lunghi. 

Quanto aHa ratiO dell'interpretazione estensiva, poi, � appena il caso 
di sottolineare che la mancanza di una valida indicazione in ricorso genera 
Uria sifitaziOne Ugtiale a quella che si determina allorquando l'indicazione 
~isulti ex post non rispondente aI�vero. S�rebbe perci� ciel tutto�ii:'razionale 
ritenere che l'esonero della segreteria dall'attivit� di ricerca del destinatario 
sia previsto nel primo C:aso e non nel secondo, C:he pur presenta 
connotatidi maggiore gravit�. quanto �ll'alltingamento dei tempi del processo 
e alla possibilit� di espedienti dilatori del contribuente (volti �a 
depistare le notificazioni a lui indirizzate�, come � scritto nella Relazione 
ministeriale al d.P.R.. n. 739 del 1981). � 

7. -.Le considerazioni svolte valgono anche a confutare il contrario 
argomento che fa leva sull'asserita eccezionalit� della disposizione: anzitutto, 
il carattere eccezionale di una norma ne preclude l'interpretazione 
analogica, ma non quella estensiva,. che ne evidenzia, come nella specie, 
l'effettivo contenuto precettivo; inoltre, nell'ambito. del sistema adottato 
dalla legge; la disposizione de qua non pu� dirsi� eccezionale, perch� come 
si � gi� rilevato -�la localizzazione in�.�segreteria �� iln momento essenziale
� della predeterminaiione dei �luoghi di riotific�. 
Si � in 'precedenza accennato, poi, ad altre disposiziorii che, prevedendo 
per il processo civile ordinario 'la� domiciliazione con formula analoga 
a quella della norma in esame, sono state da questa Corte allo 
stesso modo ritenute applicabili non �solo nel11ipotesi che la domiciliazione 
si� dall'origine :mancante o insuffidente, ma anche quando risulti 
in concreto inefficace o inidonea: t�nto � stato affermato, .ad es., nell'esegesi 
dell'art. 375 c.p.c., con riferimerito al difensore del ricorrente o 
del controricorrente per cassazione che abbia trasferito la residenza o 
mutato U domicilio eletto senza �darne comunicazione alla cancelleria (v. 
ord. S.U. 1� dicembre 1988, n. 739); ed altres� nell'interpretazione dell'art. 82 

r.d. n. 37 del 1934, riguardante il domicilio del procuratore nel luogo in 
cui ha sede fl giudice adito, essendosi ritenuto che la domiciliazione necessaria 
presso la cancelleria opera anche quando l'indicazione data dal pro

558 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

curatore risulti nulla o divenga successivamente inefficace (v. sent. n. 2714 
del 1986). 

Infine, la soluzione accolta non vulnera il diritto di difesa, giacch� la 
notifica in segreteria � percepibile dalla parte� che vi ha dato causa, la 
quale con l'uso di normale diligenza pu� conseguire l'effetto conoscitivo 
cui la notifica medesima era preordinata. Del resto, tale sistema -che 
� stato integralmente riprodotto, con formula identica, dall'art. 17 del decreto 
legisl. 31 dicembre 1992, n. 546, di riforma del contenzioso tributario, 
destinato ad entrare in vigore il 1� ottobre 1994 -non � lontano da quello 
recepito per il processo penale dagli artt. 161 primo e secondo comma e 
162 c.p;p., che ugualmente addossano a!l destinatario l'onere di dichiarare 

o di eleggere il domicilio e di comunicarne i mutamenti (prevedendo che 
le notifiche si facciano presso il difensore ove la notificazione nei luoghi 
indicati risulti impossibile). 
In conclusione, il terzo comma dell'art. 32 bis va interpretato con 
riguardo alla funzione che in concreto svolgono, per l'intera durata del 
processo, la dichiarazione di residenza e 'l'elezione di domicilio e perci� 
si applica non solo nelle ipotesi, testualmente previste, di mancanza e di 
assoluta incertezza di tali indicazioni nel ricorso, ai sensi del secondo 
comma dell'art. 15, ma anche nelle ipotesi in cui il ricorrente non adempia 
all'onere di comunicare le successive variazioni o, comunque, in 
base a tali indicazioni la notificazione risulti in concreto impossibile, con 
la conseguenza che la notificazione deve essere eseguita presso la segreteria 
in tutti i casi di mancanza, inidoneit� originaria o sopravvenuta 
inefficacia delle indicazioni suddette. 

8. -Come si � osservato in precedenza (al n. 4), il procedimento di 
notificazione nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata dalla parte 
deve svolgersi, ai sensi del secondo comma dell'art. 32, osservando la 
disciplina di cui agli artt. 137 ss. c;p.c., che deve ritenersi inapplicabile 
limitatamente alle disposizioni non compatibili con il sistema di predeterminazione 
dei luoghi di notifica, cio�, in pratica, quando sia cessata o 
risulti per qualsiasi causa insussistente la relazione spaziale indicata dal 
ricorrente. 
Pertanto, la notificazione nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata 
va fatta ai sensi dell'art. 139, ricercando il destinatario nell'indirizzo 
indicato, secondo le modalit� stabilite dalla norma; e se in quel luogo la 
consegna del plico non � possibile per incapacit�, rifiuto o assenza delle l 
persone elencate nella stessa norma, la notificazione va fatta con le mo


i 

dalit� di cui all'art. 140 c.p.c. (se la notificazione � fatta, secondo la 

I 

prassi, a mezzo del servizio pOstale, vanno osservate le modalit� di cui j 
all'art. 8 della legge n. 890 del 1982). ! 

I ! 
I 

Queste ultime fattispecie -in cui le relazioni dichiarate dal ricorrente 
risultano reali, ma per una ragione occasionale egli non si trova 

I

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PARTB<I, Sl!Z. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

nei>luoghi indicati, n� vi si�ttovario altre persone legittimate a ricevete 
l'atto ;...;.;.;.��non= vanno . confuse con �le ipotesi, ontologicamente �diverse, di 
irreperibilit� (assoluta) del� destinatario, il quale non venga rinvenuto 
all'indirizzo del domicilio eletto o della residenza dichiarata� perch�� sconosciuto, 
sloggiato, trasferito, etc., risultando cos� inesistente, all'attualit�, 
la relazirin.e spaziale indicata. Appunti:> in ;questi casi opera il disposto 
dell'art; 321:ri$: e la notificazione va eseguita in segreteria, per modo .che 
risultano inapplicabili i tipi di notificazione previsti dagli artt. 142 e 
143 c.p.C; 

La =stessa. �regola vige, ovviamente,� p.er le notificazioni da farsi n~i 
confronti di �societ�, sicch�; quando .queste �omettano di comunicare. il 
cambiamento della sede dichiarata e, a. maggior ragiOne, quando Omettano 
di dare notizia di vicende comportanti tale mutamento (come pu� accadere 
nelle fattispecie di fusione o incorporazione), .la notificazione deve 
essere fatta presi:10 la. segreteria, a nulla rilevando che l'individuazione 
deUa nuova sede da parte demuffic�o possa essere pi� agevole per il 
regime pubblicitario vigente per le societ�. 

9. -:-:� Nel1a specie, poich� la decisione della Commissione di primo 
grado -oggetto della notificazione di cui si discute ~ fu pubblicata il 
lO maggio 1982; cio� nel vigore ,della disciplina innanzi esam�J1'ata, la 
Qld. Blue s.p.a., in�orporante ,della Soc. Fqro Romano Immobiliare (che 
aveva. proposto... il ricorso), avrel;>be doy.to comunicare. alla segreteria 
di detta. Commissione l'avvenuta incorporazione e la sede ,di essa incorpora!
lte, .che.sostituiva quell~ indic~ta.. dalla. ricorrente..�n assenza di 
tale co:inunicazione, COI'rettamente la segreteria dispose che� la notificac 
zior:ie .(.\vvenisse nella sede dicl�arata in ricorso e, poich� ivi la destinataria 
risult� sconosciuta, del pari correttamente provvide ad eseguire 
la notificazione presso se stessa,. ai sensi dell'art. 34 bis. (omissis) 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez~ I, 13 liiglio 1994 n. 6564 � Pres. Corda -Est. 
Carbone -P. M' Morozzo della Rocca (corif.) ~ Ministero delle Fi� 
nanze (avv. Stato De Stefano) c. Tortol�. 

Tributi erariali indiretti � Iniposta di �registro � COmunione �legale fra coniugi 
�� Assoggettamento� a comunione di beni acquistati anteriormente 
al matrbttonio � Agevolazione dell'art. 228 I. 19 maggio 1975 n. 151 � 
Limiti. 
(Legge 19 maggio 197S, n. 151, art. 228; �e.e. art. 210). 

Poich� il regime transitorio della comunione legale non pu� essere 
difforme dal regime deNnitivo, l'agevolazione dell'art. 228 della legge 
19 maggio 1975 n. 151 per la so:t;toposizione alla �comunione dei beni acqui



560 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

stati prima dell'entrata in vigore della legge pu� riguardare soltanto .i 
beni che sarebb.ero oggetto di com�nione secondo la legge sopravvenuta; 
restano pertant0��esclusi dall'agevolazion� i beni acquistati individualmente 
prima� del matrimonio (1). 

�(omissis). Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria 
censura la decisione della Commissione tributaria centrale per violazione 
dell'art. 228 legge 151/1975, in quanto il regime transitori� non pu� essere 
diverso dal regime ordinario. Con la conseguenza che se in base al regime 
�rdinario. la comunione legale concerne i soli beni acquistati durante il 
matrimonio, il regime transitorio non potrebbe consentire una. regolamentazione 
diversa, tale da far rientrare nella comunione legale anche i beni 
acquistati prima del matrimonio. 

La censura � fondata. 

La questione giuridica, su cui non si rinvengono precedenti specifici 
concetne l'interpretazione dell'art. 228 comma 2 e 3 della legge 151 del 
1975. Secondo la disposizione transitoria� i coniugi possono convenire, 
beneficiando delle agevolazioni fiscali di cui all'ultimo comma, che i 
tJeni' acquistati anteriormente siano assoggettati al regime della comunione 
legale,� salvo i diritti dei terzi. 

L'imprecisione del'.la disposizione normativa ha fatto fiorire una vasta 
gartim� di interpretazioni che ruotano s�lle espressioni, � beni acquistati
�, �anteriormente alla data�, �assoggettati �a1 regime della comunione 
�. Per quanto qui int~ressa, un'interpretazione sistematica dell'intera 
disposizione comporta l'adozione di una soluzione transitoria, che 
non�� sia difforme _.::. in mancanza di un'inequivoca volont� ordinamentale 
-dalla solUzione definitiva contenuta nel codice novellato da:lla riforma 
del 1975. 

Alla stregua della normativa esistente l'ordinamento, nonostante il 
favore nei confronti dell'istituto della comunione legale non avrebbe disciplinato, 
in via transitoria, e con modalit� pi� favorevoli di quelle previste 
in via definitiva, l'accesso alla comunione stessa. L'ordinamento, 
senza una specifica previsione, non pu� includere dalla comunione legale, 
con l'agevolazione dell'esenzione fiscale, i beni acquistati singolarmente 
prima del matrimonio che non possono entrare a far parte della comunione 
legale,. :ma solo cfr� quella convenzionale. 

In altri termini, i coniugi, giovandosi delle agevolazioni fiscali, possono 
mettere in comunione tutti i loro beni acquistati dopo il matrimonio 
e prima del 1975, beni che sarebbero stati soggetti alla comunione 
legale, salva diversa volont� delle parti1 se al momento dell'acquisto fosse 
stata in vigore la legge di riforma del diritto di famiglia. 

(1) Decisione da condividere. Non constan� precedenti. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Ad ulteriore conferma pu� rilevarsi che il legislatore intende riferirsi 
in entrambe le ipotesi alla comunione legale, offrendo alle famiglie 
gi� costituite alla data di entrata in vigore della riforma, la possibilit� 
di unificare il regime patrimoniale facendolo retroagire al momento iniziale 
del matrimonio, sia se tratti di separazione per i beni che si prolunga 
dopo l'entrata in vigore della riforma, sia se si tratti di comunione 
legale che si estende agli acquisti fatti dai coniugi prima del 20 settembre 
1975. 

La predetta unificazione del periodo antecedente e di quello successivo 
al 1975 dovrebbe comportare che se si ammettesse una comunione 
convenzionale, si dovrebbe riconoscere anche attualmente una comunione 
convenzionale, quasi una separazione parziale accanto alla comunione 
legale. Ma cos� non � perch� il legislatore consente ai coniugi, in 
un arco di tempo ben delimitato, la possibilit� di costituire una compropriet� 
sui beni individuali, acquistati durante il matrimonio, tramite 
il subingresso della comunione legale nella titolarit� degli stessi beni. 

In definitiva, l'agevolazione fiscale di cui al comma 3 dell'art. 228 
legge 151/1975 compete a�chi voglia immettere in comunione, i beni che 
vi sarebbero automaticamente rientrati, secondo le regole del nuovo regime 
patrimoniale, voluto dall'ordinamento, se gi� fosse entrato in vigore. 

Una diversa soluzione non appare ipotizzabile perch� la disposizione 
dell'art. 228 legge 151/1975 non sancisce la possibilit� di assoggettare a 
comtinione, gli acquisti anteriori alla riforma, bens� quella di assoggettare 
tali acquisti al regime di comunione legale. 

N� vale opporre come fa il provvedimento impugnato le disposizioni 
degli artt. 210 e 211 e.e. Come si evince dall'art. 210 e.e. i coniugi possono 
mediante convenzione, stipulata a norma dell'art. 162 e.e. modificare il 
regime di comunione legale, nel senso di immettere, ovvero escludere categorie 
di beni considerate in astratto, tranne quelle indicate nel co. 2 
della stessa norma. In altri termini, come pu� essere consentito ai coniu� 
gi di derogare al regime di comunione legale optando per quello della 
separazione, cos� l'ordinamento consente che i coniugi modifichino il regime 
di comunione legale, ampliando o restringendo le categorie che lo 
compongono nei limiti indicati dallo stesso ordinamento come a esempio 
tutti i beni personali di cui alle categorie a), b) ed f) dell'art. 179 e.e. 

In definitiva, non � che i coniugi non possano concludere contratti 

relativi a singoli beni determinati, sia creando comunioni convenzionali 

anche per quote diseguali, in deroga al co. 3 dell'art. 210 e.e. sia mediante 

l'acquisto singolare, purch� nell'atto sia stato parte anche l'altro coniuge, 

ma in tal caso non si tratta di una convenzione che modifica il regime 

legale della comunione, sibbene di una comunione ordinaria a quote dise


guali che non modifica il regime legale .. Come ulteriore corollario la comu


nione convenzionale come tale non sar� esente dal pagamento delle im


poste. 


RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

562 

Sulla base delle esposte considerazioni non pu� godere delle agevola� 
zioni fiscali, in quanto non rientra nella comunione legale, il conferimento 
in comunione convenzionale dell'acquisto effettuato da uno dei coniugi 
prima dell'entrata in vigore della riforma. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1994 n. 6606 -Pres. Montanari 
Visco -Est. Vignale -P. M. Lupi (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato De Stefano) c. Soc. Star. 

Tributi erariali indiretti -Tassa di lotteria -Base imponibile -Prezzo di 
acquisto -t: al lordo degli oneri fiscali. 

(r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, art. 52; r.d. 25 luglio 1940, n. 1077, art. 128; d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 633, artt. 2 lett. m, 18, 19 e 21). 

.Ai. fini della tassa di lotteria sui concorsi a premio la base impo� 
nibile, costituita dal prezzo di acquisto degli oggetti offerti, va determi� 
nata al lordo d�~gli oneri fiscali, e in particolare dell'IVA grav.ante sul 
bene (1). 

(omissis) L'Amministrazione delle finanze denuncia la violazione dell'art. 
52 del r.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933. Rileva che l'art. 21 d.P.R. n. 633 
del 1972, nel richiedere che le componenti della fattura vengano chiaramente 
indicate, persegue soltanto lo scopo di consentire alle parti ed all'Amministrazione 
Finanziaria di tenere distinti gli elementi base per la 
commisurazione dell'imposta, dalla quantificazione di questa. Ma l'imponibile 
della tassa di lotteria � costituito dal prezzo di acquisto degli oggetti 
offerti come premio e cio� dall'importo che un consumatore finale 
dovrebbe sopportare per ottenere un identico oggetto. E poich� in base 
all'art. 2 lett. m) del suddetto d.P.R. n. 633 del 1972, nel successivo passaggio 
di quel bene a favore del vincitore del premio non vi � applicazione 
di IVA, ci� vuol dire che l'organizzatore della manifestazione si atteggia 
come consumatore finale di quel bene .che egli acquisisce per farne oggetto 
di premio a favore della clientela. Anche l'art. 128 del regolamento approvato 
con r.d. 25 luglio 1940 n. 1077, conclude l'Amministrazione delle finanze, 
fa riferimento, peraltro, al valore del premio, precisando che se 
questo � prodotto direttamente dal promotore (se industriale) o venduto 
da lui stesso (se commerciante) la base imponibile � costituita dal prezzo 
di vendita. Cos� lasciando intendere che gli oneri fiscali attinenti all'acquisto 
del bene oggetto del premio contribuiscono a determinarne il valore 

(1) In senso conforme la sent. 28 luglio 1994 n. 7067. � ormai consolidato 
l'orientamento iniziato con la sent. 23 gennaio 1993 n. 783, in questa Rassegna 
1993, I, 132 con nota di u. PERRUCCI. 

PARTI> I, S!>Z' Y; �Gtt)RISPIWDENZA .TR!B'l!TARIA ?63 

aWatto del trasferimento. Per cUi, ad esempio, quando.� i. premi son(). ccr 

stituiti�� da prodotti. importati; dovr� essere preso in. considerazione � il 

prezio ripottato nella bolletta doganale .(comprensivo dei diritti doganali, 

tra cui sono annoverate l'IVA e le� iiripo$te dffabbricazione� o dLconsumo 

sp�eifi<;he) �. fa drc()stanza, poi,� chtft'otganizzatOte abbia. la �possibilit� . di 

scarkiare J1IVA; �p� g1ud�:i:io dell';i\;mministrazione1 dcl tutto :irrileV'ante, 

I'l<:i~to� cbe ben potrel;fbe ilpromittente .essere un soggetto esente .e; quindi; 

impossibii�tatti a pd:i:tafo in compensaiione,�fo�sede di dichiar�zionepe


riodica, l'IVA eorrisposta �l venditore�delberte;.� 

.��.�� � > La censura �>fondata~ :e certo che, a norma dell'art. 52 del r.d.l; 19 ottobre 
l938<:i;w1933,j la baseimponibile per la liquidazione dell'imposta .� data 
i< dal prezzo di� acquisto �< del� bene mobile regolarmente .��comprovato; In 
estrema sintesi, la tesi della Corte� d'appello, come pure della� soCiet� �controrkorrente, 
� che nel suddetto prezzo d'acquisto non possa :ricompren
�d�l'siancn�l'imposta sul valore aggiunto di cuiald;P;R;. n. 633 del .1972, 
giaoch� questa non rientra nel corrispettivo; versato al venditore e neppure 
va a comporre il C�$tO�del�. bene acquistato, atteso che all'organtz. 
z:a:tore � dato di �eseguirne la detfazi6:i:te a. norma�� dell'art. 19 .del citato 

d.P.R. 
Nessuna �delle due. argomentazioni � accettabile; � Ma �� l'infondatezza 
della prima proposizione � gi� motivo sufficiente per l'accoglimento del 
rkorso; ' 

�� Partendo dal concetto di prezzo; � certo che.. esso consiste nella somma 
che l'acquirente deve�versareakvenditcire a titolo di controprestazione 
per il trasferimento di un bene o di un diritto in suo favore (art. 1470 cod. 
civ.). Il prezzo, quindi, come prescinde;perilvenditore; dal costo di produzfone 
�o di acquisto del bene (comprendendovi anche l'utile e le spese d'im� 
presa), cos�, �. stretto rigore; 'va determinato indipendentemente dalla sua 
concreta incidenza sul patrimonio dell!acqu�rente, nel senso che non per 
tranno mai valere ad accrescerne o ridurne fimporto elementi estranei 
al.� rapporto. di� sinallagma:ticit� �tra la prestl;l:zione.�.di�� trasferimento della 
propriet� di� tm bene� e quella del� versamento di �una somma specifica 
(quella che l'acquirente, in conformit� dell'accordo; � tenuto a versare al 
venditore in relazione a quello specifico rapporto}. Tale somma, in altri 
termini, contrariamente a quanto affermato dal giudice del merito, � solo 
quella che l'acquirente>versaalvenditore� per liberarsi della sua obbligazione, 
senza che possano avere rilievo� fatti, non� coUegati immediatamente 
al suo .rapporto con il venditore, idonei a ridurre il costo d'impresa (es.: 
condoni fiscali, rivalse fiscali e no, successive remissioni). 

N� a diverso avviso pu� indurre il rilievo che, a norma dell'art. 21 del 

d.P.R. n. 633 del 1972, nella fattura di vendita, la somma che l'acquirente � 
tenuto a versare debba risultare frazion~ta in due distinte componenti, la 
prima delle quali costituita� dal prezzo in senso� stretto sul� quale va� commisura 
l'imposta sul valore aggiunto e, la seconda, . dall'ammontare del 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

564 


l'imposta stessa (II co. nn. 3 e 5). Invero, questa distinzione, nell'economia 
della legge istitutiva dell'imposta, ha la funzione particolare di rendere 
pi� agevole -nell'interesse sia delle parti contraenti che dell'Amministrazione 
finanziaria -la liquidazione dell'imposta e l'individuazione del suo 
importo, specie ai fini della-rivalsa.. Tant'�, che quando tale interesse non 
viene immediatamente in rilievo (v. l'art. 22, in relazione al commercio al 
minuto e ad attivit� assimilate), e non vi � espressa richiesta di fattura da 
parte dell'acquirente, la suddetta distinzione non ha luogo e � il prezzo ... 
s'intende comprensivo dell'imposta� (testualmente cos�, l'art. 18). L'acquirente, 
in tal caso, pu� anche restare all'oscuro della consistenza delle 
due componenti della somma versata al venditore, la quale assume senza 
dubbio l'unica portata di valore di scambio della.merce, ossia di prezzo di 
vendita (nella Relazione Ministeriale all'art. 18 del d.P.R. n. 633 del 1972 � 
scritto: �Nel commercio al dettaglio o attivit� assimilate � fatto divieto 
al cedente� o al prestatore, che non abbia emesso fattura, di esercitare 
la rivalsa nei confronti del cliente. Va, tuttavia, rilevato che, nonostante tale 
divieto, il cliente viene ugualmente inciso dall'imposta in quanto, per il 
noto principio della traslazione, il tributo per il quale non si effettua 

specifica rivalsa, va ad incorporarsi nel prezzo di vendita�). 

Pertanto, per prezzo di acquisto della merce regolarmente comprovato, 
cui fa riferimento l'art. 52 del r.d.I. n. 1933 del 1938 (cos� come per �prezzo 
di vendita� -termine adottato dall'art. 128 del regolamento 25 luglio 1940 

n. 1077, per stabilire che se si tratta di merce prodotta o venduta dallo 
stesso organizzatore del premio, la base imponibile dell'imposta � data 
dal prezzo di vendita ai rivenditori) -deve intendersi la somma che l'acquirente 
versa per ottenere la merce stessa. 
Va rilevato, inoltre, che per l'art. 2 lett. m) del d.P.R. n. 633 del 1972, 
le cessioni di beni soggette alla disciplina dei concorsi e delle operazioni 
a premio di cui al r.d.I. n. 1933 del 1938 non sono considerate cessioni 
di beni, tale che l'organizzatore del premio non pu� riversare sul vincitore 
l'imposta che ha dovuto pagare in occasione dell'acquisto. Conseguentemente, 
� solo l'imprenditore-organizzatore che, nell'immediato, resta soggetto 
passivo dell'imposta, sicch� anche sotto l'aspetto del �costo� della 
merce, questo non pu� che ritenersi comprensivo dell'imposta versata. 

A diverso avviso non possono indurre considerazioni sulle pretese diversit� 
delle regole poste da alcune normative abrogate (quelle sulla tassa 
di scambio e sull'IGE) circa la determinazione della relativa base imponibile, 
sia perch� a valutazioni in tal senso potrebbe essere riconosciuto 
esclusivamente. un rilievo di carattere storico; sia perch� il problema da 
risolvere nella specie � solo di stabilire la base imponibile dell'imposta 
sulle operazioni di concorso a premio: un problema che � indipendente 
da quello relativo alle modalit� di determinazione della base imponibile 
dell'IVA e del suo raffronto con il regime delle imposte abrogate. Ci� 
non senza considerare che, con riguardo alla determinazione della base 


PARTE I, _SBZ, V, GIUiqSPRUDBNZA ~UTARIA 

impQDibile, la reg<:>lamentazione tanto dell'IV,<\ quanto delle altre imposte 
innanzi ricorclate rist�tano sostanzialmente'comormi; ed, intatti!'1a'prima 
(cos� come le precedenti) esclude che dalla base i:m-ponibile dell'imposta 
possa computarsi quella dovuta a titolo di pagamento dell'imposta stessa. 

__ N�, pu� rilevare, ai fini che in q11esta sede in~er.essano, la circostanza 
�h� fiinposfa sui concorsi a ptemio;''~e la -sua'"bi:ts� hnportibile vien� -daicOl~
ta al lordo ciell'IV A sui_ b(:!ni _acq,uistati, v~ a colpire anche l'lllllmontare 
di tale linposta, creando Uria situazione df �tnJ?osta gravante su rufra imposfa. 
� tnvero, questo �tipo_ d'imposizione_ non � �stfaneo n� contrario �llb 
ordinamento tributario e, ari.che per quanto concerne inparticpl�.re l'IVA, 
l� cfrC:tistanfa ciie l� legge abbia sottratto, dal cornptifo della sua base iinponibile 
le somme dovute a titolo di rivalsa dell'iinposfa medesima, sta 
a dimostrare che, fuori di questa ipotesi, debbano invece esservi ricomprese 
altre �mp'oste; come quelle dffabbricaz�one, i dazi e i prelievi; 

-Ed, infine; non va sottaciuto che solo su specifiea preVisfone normativa;� 
cos� come� avvenuto' per l'iinp�sta sugli-spettaooli (art. 3-tEP1t-h. 640 
del 1972); sipotrebbe determinare; la base impo:hfBite dell'iinpbsta in esame 
al netto dell'IVA pagata dall'organiZzatore del' concorso p�i' l'acquisto 
dei premi. E tutt� ci� s�i'ebbe �suffic�ente; --come' gi� rilevato; per l'accc>
giimento -del ricorso: � , ----� --


Il giudice del merito e, sulla stessa linea argomentativa, la difesa della 
controricorrente, deducono, inoltre, che, invece, il prezzo dovrebbe essere 
considerato al netto dell'IVA, atteso che la sonima<�orrispond�nte all'imposta 
versata dall'�cquirente'�rgariiZzatore' del' premi.O al vend�idr� : ( dil-etta 
sost�:�zialme:rite a�rivalerequest'hltim� dell'imposta� da lui gi� versata), pur 
non pbtendo essere ulteriormenttf riVei'sata sul vincitore del premio (per 
l'�splicifo div�eto del predetto art. 2 Iett. m), non cosfftuisce comunque p�r 
fui un onere definitivo; mquanto ltimpr�nditore ha 1a possibilit� di portare 
in detrazione' l'importo dell'imposta: dovi.tra o a ltii addebitata in rivalsa, 
a norma dell'art. 19 dello stesso d.P;R. 

A taFtigtiardo, dev�, per�, :dlevarsfche nessuna connessibne pu� rinvenirsi 
�'t:ra la questione relativa alla'�determfuazfoh� della base imponibile 
dell'imposta di citi al r;d.1. n. 1933 del 1938 e quella inerente alla detraibilit� 
dell'IVA ai sensi dell'art; 19 del d.P;R. :ri~ 633 del 1972. La prima questione, 
invero, come si � visto, inerisce all'irtdividuazione del prezzo versato per 
1'acquisto��del bene mobile, coerentemente� con il suo valore commerciat�; 
la seconda riguarda, invece, il diverso problema del costo che, ne1l'ec�rtOmia 
generale dell'impresa, il bene' stesso pu� andare ad assumere quando, 
pur essendo stato� a�quistafo ad un dato pr�zzo, venga, per motivi indipendenti 
da tale prezzo, a gravare in misura diversa (superiore o infexiore) 
sul patrimonio dell'impres'a medesima. Il che vuol signifi�are ch�; ai 
fini in questione, deve aversi riguardo al primo elemento e non al secondo. 

In conformit� dell'indirizzo gi� manifestato con la sentenza 23 gen


naio 1993 n. 78:3, questa Cort� deve~ q~indi, 'accogliere!' il ricrirso. (omissis) 

;:;:::: ~,, ~,, 

-,

--mw���--���-, 



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

566 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 luglio 1994 n. 6764 -Pres. Salafia Est. 
Proto -P. M. Lupi (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Cingolo) c. Cimadamore. 

Tributi in genere -Dichiarazione � Mancanza di sottoscrizione -Nullit�. 

La dichiarazione (nella specie a fini IVA) priva di sottoscrizione, in 
quanto non riferibile ad un dichiarante, � improduttiva di effetti .indipendentemente 
da una espressa sanzione di nullit�; la nullit� non � esclusa 
dal fatto che a taluni limitati effetti norme particolari danno rilievo alla 
dichiarazione non sottoscritta (1). 

(omissis) 1. -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione denuncia 
violazione e falsa applicazione dell'art. 37 del d.P.R. 26 ottobre 1972 

n. 633. Deduce che la m~ncata sottoscrizione della dichiarazione da parte 
del contribuente renderebbe la dichiarazione stessa insuscettibile di una 
qualificazione formale e, trattandosi di un'ipotesi di invalidit� assoluta 
ed insanabile, anche la successiva dichiarazione integrativa di condono 
non potrebbe determinare il consolidamento di una dichiarazione inesistente. 
2. -Il ricorso � fondato. 
Sulla questione che la censura propone questa Corte si � gi� pronunciata, 
di recente (sent. 5 marzo 1992 n. 2662), statuendo che la dichiarazione 
IV A non sottoscritta � inidonea a produrre gli effetti che la legge 
ricollega ad una dichiarazione, in quanto, mancando un elemento essenziale, 
essa non � riferibile ad un dichiarante. In questa linea interpretativa, 
che il Collegio condivide, nessun rilievo � possibile attribuire alla mancata, 
espressa previsione, nella specifica disciplina della materia (d.P.R. 
26 ottobre 1972 n. 633), della sanzione di nullit� per le dichiarazioni no�l 
sottoscritte dal contribuente o dal suo rappresentante legale o negoziale 
(art. 37), in quanto, trattandosi in realt� di una non dichiarazione, perch� 
non attribuibile ad alcun soggetto (salve iniziative dell'ufficio, ai sensi 
dell'art. 51, secondo comma, n. 2, del d.P.R. cit.), la sua rilevanza deve 
essere verificata in base ai principi generali dell'ordinamento. N� sarebbe 
conferente il richiamo al decreto-legge n. 429 del 1982 sulla definizione 
delle pendenze in materia tributaria, in quanto tale provvedimento non 
ha comportato una remissione in termine, e, in mancanza di una espressa, 
specifica previsione normativa, esso � insuscettibile di incidere su una 
dichiarazione originaria, priva, di per s�, di effetti giuridici. 

(1) In senso conforme Cass. 5 marzo 1992, n. 2662, in questa Rassegna, 
1992, I, 139. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 567 

Infine, non sposta i termini del problema la questione di legittimit� 
costituzionale -prospettata nel controricorso con riferimento all'interpretazione 
qui accolta, in relazione all'art. 3 della Costituzione -dell'art. 3 
della legge 22 dicembre 1980 n. 882 (nonch� nell'art. 21 del decreto-legge 
2 marzo 1989 n. 69, convertito nella legge 27 aprile 1989 n. 154), per la 
mancata estensione della sanatoria (contemplata per le dichiarazioni dei 
redditi non sottoscritte, ex art. 8, terzo e quarto comma, del d.P.R. n. 600 
del 1973) alla dichiarazione IVA. non sottoscritta. Indipendentemente dalla 
rilevanza della questione, �, infatti, sufficiente osservare che la diversit� 
di disciplina � correlata alla diversit� di situazioni cui sono rapportabili i 
procedimenti. relativi alla determinazione della base imponibile rispetto 
alle imposte sui redditi .e all'imposta sul valore aggiunto. La legge ha cio� 
ritenuto di dover adottare normative differenziate in fattispecie del tutto 
diverse, secondo criteri che rientrano nella discrezionalit� del legislatore. 
(omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1994 n. 6955 -Pres. Cantillo Est. 
Morelli'-P.M. Nicita (diff.) -Gozi Mazzoleni (avv. Ziccardi) c. 
Ministero delle Finanz� (avv. Stato Olivo). 

Tributi erariali�indiretti -Imposta di successione � Defunto non residente Presunzione 
di mobili, denaro e gioielli -Non opera. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, artt. 2 e 8). 
Tributi erariali indiretti � Imposta di successione � Aliquota � Grado di 
parentela � Rappresentazione � Irrilevanza. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 6; e.e. art. 467). 
Nezia successione d�i persona defunta non residente la base .imponibile, 
costituita dai beni e diritti esistenti nello Stato, non deve essere 
integrata del valore presunto di mobili, denaro e gioielli (1). 

L'aliquota della imposta di successione va stabilita in base al rapporto 
di parentela esistente tra erede .e dante causa, prescindendo dalla causa 
e dal titolo della chiamata all'eredit�; � quindi irrilevante l'istituto civilistico 
della rappresentazione (2). 

(1-2) La prima massima non convince. La presunzione di mobili, denaro 
e gioielli opera sempre, anche quando 1'� asse� ereditario � costituito da un 
solo bene o da attivit� (azioni, obbligazioni, crediti ecc.) che non rendono probabile 
l'esistenza di mobili, denaro e gioielli; e non si vede perch� la casa di 
un residente debba presumersi mobiliata e quella di un non residente nuda; 
neppure si comprende perch� la presunzione assoluta sia nelle due ipotesi 
diversamente conciliabile con l'art. 53 Cost. 

La seconda massima � di evidente esattezza. 



:S68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

(omiss.is) 2. -Pu� quindi direttamente passarsi all'esame del terzo 
motivo del ricorso, incentrato sulla denuhciata violazione dell'art. 8 d.P .R. 
1973 n. 637, per errata applicazione della-presunzione fiscale (di� esistenza 
di denaro, gioielli e mobilia), ivi sancita, anche nel caso (nella specie ricorrente) 
di successione del non residente nello Stato. 

Questa censura � viceversa meritevole di accoglimento. 
La c�ttet'ta interpretazion� letterale, sistematica ed adeguatrice della 
norma citata non ne autorizza infatti l'applicazione 'estensiva postulata 
d�lfa Commissione centrale. � . 

2/a. ~ Gi� il dato testuale orienta nel senso della non applicabilit� 
della presunzione in questione alla successione in ordine a beni in Italia 
di non . residente; 

L'esistenza de praesumpto, nell'attivo, di � denaro-gioielli e mobilia � 
� quantificata infatti, ex art. 8 comma 2 d.P.R. 637/1972, in percentuale 
(10%) del �valore complessivo netto dell'asse ereditario�. 

E poich� il termine � asse � nel significato suo proprio e nella ricorrente 
adozione legislativa (anche in settore di materia _dj.versa da quella 
suc;ces�oria: v. le t,!Spressioni � ass_e patrimoniale�, �asse ecclesiastico�, 
�asse demaniale�) individua costantement~ una globalit� di beni e non 
gi� singoli, cespiti separati -ne risulta per ci� stesso obbligato il riferime.to 
della presunzione alla sola successione del residente. 

Ci� anche in quanto ..,-nel nuovo quad,:�o di disciplir.l,a di;:ll'imposta 
successoria, delineato nel medesimo: cl,]>.R.. 637/1972--proprio il_;profilo 
soggettivo della residenza del defunto, se nazionale, � valorizzato al massimo 
(diversamente che nella previgente normativa) ~I ~ine di statuire la 

c.d. tassazione mondiale dell'asse ereditario (relativa,.cio� a �tutti i beni 
e diritti trasferiti, ancorch� esistenti all'estero�); mentre nei riguardi di 
de cuius residenti all'estero la successione avviene limitatamente ai (( beni 
e diritti esistenti in Italia � che, anche complessivamente considerati, non 
possono tecnicamente configUrarsi come asse (o sub asse) ereditario. 
2/b. -Parallelamente, l'art. 2 comma 3 del d.P.R. 637/72 -che, co'n 
minuta e puntuale elencazione; indica appunto i criteri di collegamento 
che, ai fini indicati, valgono a qualificare l'esistenza o meno in Italia dei 
beni e diritti relitti -conferma ulteriormente, per parte sua, l'incompatibilit� 
della presunzione in parola con il meccanismo della successione 
nei confronti di non residente. 

La ratio della disposizione indicata � concordemente infatti ricondotta 
all'esigenza di evitare o limitare al massimo, con la prefissazione di precisi 
criteri 'di individuazione, l'insorgenza di future controversie sull'attrazione 
o meno della successione del-soggetto non residente nell'orbita 
dell'imposta nazionale. 


PARTE I;' SBz, V; GIWsPRUDBNZA: �TRIBUTARIA 

E :Con pari univocit� di lettura; in dottrina, .Ja disciplina< cosi apprestata 
� ritenuta �esa�sti\ra rispetto alla delimitazione del profilo territo.; 
riale della fattispecie ifup�bibile; 

Ora'�~� ti.elfo schekai"h'hiuso~def beni(del�' d�fiirtto n�ri residente, �che 
i1 Jegislator� '�bnsidefa agli�.� effetti'� ff$cali, � �esist�hti �nello ~tato (behi 
i~fdtH iri.ptibblid registff'a�ifo sfat� ~. azlom ci q\:i.dte di. societ� ital�ana; 
crediti garantHfsii benfiiifta1�iLfL iiori riertthfoo c�rtam.�nte �il ctenilr6,
gfoie111 tkia mobltfa ~ �clfcU� �afsuccessivo ~t�s; n� questi sono suscettibili 
�.di essere.irich.is1 riella pifi l�inpia. b�tegorl~ degli ~~ altri belli �he ; si 
tMvhliO rielterritorid�. dello �sfafo ~;� cli �tH an�riiti:tno riuiri�td � (8) della 
�I~iicaii�n� Jiib ~ri.'�2; �sseiid.d ~v'�dente� �:he q�est'illt�ina ��� pur .��s�inpre 
categoria di beni connotata (al pari degli altri precedentemente indicati) 
?a 'f.Ul ~t~tj,QJ;ttq <A r~a~Wt .,on tjsqlubiJ,e in una ti�tiQ iurl$. . 
���i�> E t;:i�. ~PpPf!'l;().. YaJ.~.. a. FiJ?~c;lii:~J'.!'!~�l~ione .d~lia .P.ossibilit~ .di fittiz~o 
aumento perce9tu,a11e del vaj~te ctei CflSpiti ta.ssapili ;o.ella. fattispecie, s.�. 
�es~()l'ia. �q.~ide,:i:!'l:ta~ .. 

Cl;!l1 la f\Qll,Se~ell.z;a. eh~.,_ ~ori.dagli. al.ltoml[lt\smi ,della riferita preS~
OJ:l,!'! 7 anche .~ioieUi .f:, JP,Obiiii:t possono l;>en~t rist!ltare impQnibili 
nella .su�ce~sion,e del no:q re~~4,~9te, .ma solo in quanto se ne dimostri, 
aisei;:i.si d,e~'ai::~~ f.,�qp:t.;tl;I. 3 :q. 8, q.J?,R. 637, l'e~ettiva ~:i~stenza .. (la condizione 
cio� di altri beni �esistenti�) nello Stato ... 

/�'�.�2;c,�--'Va poi anc�ti:��cons�derktto ehe .:.;;.ove diversamente interpreta.
ta, n�l senso estensivo cio�, presupposto dalla C.T.C. -la norma d�ll'art. 
8 d.P.R. 637 parrebbe porsi in rotta di collisione con il prinCipio: del-
l'art. 53 Cost. < 

Detto� . precetto, nella. consolidata�� esegesi �della Corte �costituzionale, 
pur t�llera��infatti una� ricostruzione presuntiva� del patrimonio tassabile, 
ma ;entro il.� �limite di .� ragfonev�l�zza � della presunzione che solo con; 
sente d� non vanificare il colleganient� ..;..; imprescindibile (ariche alla 
stregua di. superi�ri canoni di �civilt� giuridica) tra imposizione e �apac.it� 
contributiva���del. soggetto :inciso. 

E pfopri� una tale ragionevolezza, neila: specie, sarebbe difficilmente 
sostenibile ove la presunzione in� discorso dovesse ricollegarsi anche alla 
successione del non residente neUo Stato~ 

Quest'ultimo non ha qui infatti;. per definizione, l� .(( dimora abituale � 
alla quale possa presuntivamente essere riferita la detenzione. delle attivit� 
. mobiliari sopra indicate. 

N�, in base all'id quod plerumque accidit, la probabilit� che il non 
residente detenga nello Stato denaro, gioielli e mobilia potrebbe sul 
piano��1ogico trovare un fondato ancoraggio nelle singole situazioni di 


570 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

localizzazione di beni nel territorio nazionale descritte sub art. 2 (in particolare 
dal n. 2 al n. 7), Le quali (si pensi alla titolarit� di quote di societ� 
italiane, di crediti garantiti da beni esistenti in Italia, di crediti nei confronti 
di debitore italiano, di titoli rappresentativi di merci esistenti nello 
Stato...) non costituiscono certamente indice, neppure indiretto, di un 
insediamento della persona nel territorio nazionale, virtualmente condu� 
cente all'acquisto e detenzione in esso dei cespiti in questione. 

Per cui, nell'alternativa tra una esegesi conforme a Costituzione (come 
quella precedentemente illustrata) ed altra in sospetto contrasto con ca� 
noni costituzionali (quale. quella invece accolta dalla sentenza impugnata) 
l'opzione per la prima � imposta dal canone dell'interpretazione adeguatrice. 


3. -Non fondato � invece l'ultimo mezzo della impugnazione, con il 
quale si ripropone la questione individuativa della aliquota applicabile nella 
successione dei nipoti che succedono per rappresentazione. 
Al riguardo le ricorrenti continuano a sostenere che detta aliquota 
debba essere non gi� quella stabilita per gli �altri parenti�, ritenuta 
dell'ufficio, sibbene quella relativa alla categoria �fratelli e sorelle�, per 
essere esse subentrate nel luogo e nel grado � del loro ascendente -fratello 
appunto del de cuius -in virt� del meccanismo della rappresen


II

tazione ex art. 467 e.e. 
Ed il presupposto dell~esposta tesi �. evidentemente quello della ope


IIrativit� dell'istituto civilistico della rappresentazione anche in materia 
tributaria. 

Ma proprio tale presupposto non pu� essere condiviso. 

Va escluso che alla soluzione del sotteso quesito interpretativo possa 
arrec.are un qualsiasi contributo la circostanza (di per s� neutra) della 
mancata riproposizione di una disposizione identica ed analoga a quella 
del previgente art. 1 d.lgt. 1945 n. 90, il quale stabiliva che �l'erede che 
viene alla successione per diritto di rappresentazione deve l'imposta nella 
misura che risulta dall'applicazione delle aliquote corrispondenti al grado 
di parentela esistente fra l'erede e l'autore della successione�, risultando 
detta disposizione non consapevolmente, ex se, abrogata, ma solo coinvolta 
dalla generale abrogazione di �ogni altra legge integrativa o modificativa 
del r.d. 1923 n. 3270 �, disposta dall'art. 58 del d.P.R. 637/72. E va 
escluso, altres�, che alcun utile elemento possa trarsi dalla sentenza costi


I 

tuzionale invocata dalle ricorrenti, n. 13 del 1986, che si � limitata ad 
emendare il pi� sfavorevole trattamento riservato ai discendenti del figlio I 

I [:

adottivo, rispetto a quello dei discendenti del figlio legittimo .succedente 
in rappresentazione, senza per� incidere sul problema della collocazione, 



PARTE I; SEZ. V, GIURISPRUDENZA -TRIBUTARIA 571 

agli effetti della aliquota di imposta didette . (assimilate) categorie di eredi. 
� decisiva, invece, ai nostri fini, la considerazione del canone generale 
di applicabilit� di disciplina civilistica al campo tributario nei limiti in 
cui detto ultimo ordinamento non regoli autonomamente la materia, con 
proprie norme, rispondenti ad esigenze specifiche di settore. 

�lla hice di ta.l� priricipio � agevole rilevare che il d.P.R; 637/72, pi� 
volte richiamato, regol�tbre delfimposta di successione e applicabile 11ella 
fattispecie, nel disciplinare compiutamente i criteri per l'applicazione e 
la determinazione dell'imposta, ha chiaramente disposto, tra l'altro (art. 6), 
che l'imposta ti determinata mediante l'applicaz~one delle aliquote indicate 
nelle lettere a) e b) della tariffa allegata. 

Orbene, tralasciando la lettera a) che qui non interessa, in detta tariffa 
alla lettera b) viene stabilita per i �fratelli sorelle e affini in linea 
retta�, un'aliquota diversa da quella stabilita per gli �altri parenti fino 
�l 4� grado e gli affini fino� al 3� grado �, diversa ancora da quella stabilita 
per gli �altri soggetti�.


E, come chiaramente si evince dal combinato contesto della norma 
richiamata e della relativa tariffa, _tale diversificazione � direttamente 
ed unicamente ricollegata al r~pporto naturale esisi~nte tra l'erede ed 
il dante causa, pre.scindendo dalla causa e dal titolo 'della chiamata al-; 
l'eredit�. 

D'altra parte, una diversa interpretazione della norma, dando rilevanza, 
per quanto qui riguarda, agli effetti .della � rappresentazione � comporterebbe, 
ai fini tributari, un inammissibile � salto � nel cosiddetto � ordine 
naturale di successione �, con una conseguente ed ingiustificata attenuazione 
della � ratio � del tributo successorio graduato esclusivamente 
sulla progressivit� fondata, oltre che in ragione dell'ammontare dell'attivo 
ereditario, sul vincolo, pi� o meno stretto, di parentela esistente, tra 
il dante causa e colui che in effetti � chiamato a godere delle eredit�. 

Ci� � particolarmente evidente nel caso di rappresentazione conseguente 
a r,inunzia>del primo chi~mato (ma la soluzione del nostro problema 
non pu� ovviamente che , essere unitaria), nelquale il rinunziante, 
che intende a sua volta lasciare al proprio discendente. l'eredit� attribuitagli, 
ottiene, attraverso il meccanismo sub -art. 467 e.e., direttamente 
il risultato finale, �con il vantaggio, sul piano fiscale, di eliminare una 
seguenza imponibile. 

Il che appunto giustifica che>in relazione a detta unica occasione 
d'imposizione si recuperi in parte, con la maggior elevatezza dell'aliquota 
applicabile, la perdita economica dipendente dal salto del trasferimento 
intermedio. (omissis) 

-~~~-����z��m�������;.=~


,_, n N ,,,_, __.,_ Y.u,_�_ ,_._, ___ u, __._., Y. , , ,-_.,_, ~---Y., Y._ ,_ __ ,,_y;I 


. RASSEGNA AVVOCATURA DEil.O STATO

572 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1994 n. 7029 � Pres. Cantillo � 
Est. Sgroi � P.M. Lanni (conf.) � Soc. Italkali c. Ministero delle Finanze 
(avv; Stato Olivo). 

Tributi in genere � Violazioni di leggi finanziarie � Iscrizione di ipoteca 
ex art. 26 legge 7 gennaio 1929 n. 4 � Responsabilit� dell'Amministrazione 
-Art. 96 c.p.c. � Art. 2043 cod. civ. � Inapplicabilit�. 
(Legge. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 26; e.p.e. art. 96; e.e. art. 2043). 

Poich� la istanza al presidente del tribunale di autorizzazione alla 
isoriizione di ipoteoa ha valore di domanda giudi;;iale, la responsabilit� 
dell'Amministra<iione istante � regolata dall'art. 96 c.p.c. e non dall'art. 
2043 e.e.; conseguentemente l'Amministrazione potr� rispondere del danno 
ne~.� caso che la misura cautelarie venga revocata per insussistenza del 
diritto (art. 96 secondo comma) se ha agj,to senza normale prudenza, e 
nel caso .che la misura venga revocata per carenza del periculum in mora 
(art. 96, primo comma) solo se ha agito con mala fede o colpa grave (1). 

(omissis) Col Ptimo motivo, la societ� ricorrente denuncia la violazione 
e falsa appli~azione degli artt. 2043, 2817, 2828, 2897 primo comma 
Cost. e dell'art. 26 legge n. 4 de( 1929, nonch� contraddittoria ed 
insufficiente motivazione su un punto decisivo, osservando che l'ipoteca 
de qua � a garanzia cli un credito (presunto) dello Stato, sorto da violazione 
delle norme tributarie risultanti da verbale di� contestazione, che � 
analogo a quello che sorge nei confronti dell'imputato e del responsabile 
civile, garantito da ipoteca legale a norma dell'art. 2817 n. 3 codice civile. 

Il provvedimento autorizzativo del Presidente del Tribunale non attribuisq~ 
all'intendente di Finanza un potere che egli non aveva e cio� il 
potere di iscrivere ipoteca, ma vale soltanto ad autorizzarne l'esercizio, 
rimuovendo un ostacolo all'esercizio cli una potest� spettante ab origine 
all'Intendente, il quale, nel richiedere l'autorizzazione non sperimenta 
�un'azione giudiziale, ma si limita a sottoporre alla delibazione necessaria 
e vincolante del Presidente �del Tribtinale il suo giudizio positivo sulla 
sussistenza ed attualit� del pericolo di dispersione del patrimonio del presunto 
debitore, in quanto la valutazione della sussistenza del fumus boni 
juris e del periculum in mora -ancorch� soggetta al controllo del Presidente 
del Tribunale -spetta all'Intendente, il quale dovr� effettuarla 
con l'oggettivit� e l'imparzialit� che deve accompagnare qualsiasi atto e 
comportamento della P,A. -. Il magistrato non deve accertare se sussista 
il periculum in mora, ma solo verificare se l'Intendente l'abbia verificato 
e ne faccia menzione. 

(1) Un importante chiarimento. 
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. J:qfl:.e1,_ l~ s<,-..�iiet~ tjqgl(re.t#l �� 4ell1W.cia U:: v~lo 4l ol'.ll~ssa Q.�.col'.llU1lque 

irl,s~i:fi~te e cQntradQitt!'.>l'.ia .i.ptJiv~c>nfi! �ll: .()rtllne ~Ila natm-a .del. prov� 

~~~:ra!"n~lil~�/:.......����.��:.>��� ���...:����������> ��/��� ''"'' ...��� 


.� .........JlJ:notivo.. �..JnfondatQ;,,.. � ���/� 
~~e$,5{;;.ehe .� irtal1lmissibile Ja ceps.r~ .� fil�.�. clif~tto �~ m()tivaziQ.e, 

�II:a1:st~~::Sirt:::E 


.~ottolineare �;b.fil. jl. ].lr<>l)l~a di�a.sa cop,sjste :r;t(llllO $t~bAire .se. la respolk 

� La sussistenza del pericolo nel ritarclq � ...:.., dunq.e . ,..-un� presuppostQ 
necessario per chiedere (ed ottenere) anche l'ipoteca e non solo U seq.~ 
stro mobiUare;. in so.stai.~ la legge attri9uis~. all'A.mi.mJsq;a#one una 

&:$~-~fi~~


.� � �l pro~ed�m.ento�.� ctbl .� :Pt~siclente che..autorizza � l'ipoteca� � � ~once~so 

i:lif~D$1E~~~~~~t~~f= 


stenza del p�r:iculti:m in m�ra, :rna soltanto. di. ve:rifkare : se es'So sia staio 
accertato ed' esp6sto .:.;_ nell'istanza .;... dal11Intehdente(significa� trascurare 
�I dat� testuale per cui anche l'art. 671 c.p.c. detta: � il giudicei su istanza 
del creditore che ha fondato tim�re di perdere. fa ga:rantia del proprio 
credito pu�� autorizzare il�sequestro conservativo� e cio� atfribuisc� dapprima:: 
al creditore istante . la�� valutazione del� <i pe�'ictilum in� mora �, senza 
per questo togliere al giudice. il potere di val1;1tl;lrne l'esistenz~, .. 


574 
RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 26 della legge del 1929 � strutturato nella forma della relazione 
fra istanza o richiesta o domanda (giudiziale) e provvedimento del giudice, 
per cui il provvedimento che � ottenuto ed eseguito dall'istante, ai fini 
della responsabilit� per danni subiti dalla controparte, rientra pienamente 
nella regolamentazione dell'art. 96 c.p.c. 

�, infatti, pacifico in giurisprudenza (dopo l'abbandono di un pi� antico 
orientamento, peraltro non univoco, secondo cui si doveva distinguere 
fra procedure ingiuste, cio� non sorrette da un titolo legittimo e dagli 
altri requisiti previsti dalla legge -che trovano sanzione nell'art. 96 

c.p.c. -e procedure illegittime od irrituali, che trovano la loro sanzione 
nella responsabilit� ex art. 2043 e.e.: vedi, ad esempio, Cass. 
n. 2821/71; n. 2891/67; 3066/75) che l'art. 2043 e.e. e l'art. 96 C.P.C. si 
pongono in relazione di norma generale la prima e speciale la seconda, 
nel senso che quest'ultima contempla quella particolare ipotesi di responsabilit� 
da fatto illecito .che si verifica nel processo, per cui � escluso che 
possa farsi ricorso all'art. 2043 in tutte le ipotesi disciplinate dall'art. 96 
c.p.c. (Cass. n. 2690 del 1971; n. 2129 del 1975; n. 5892 del 1978; n. 477 del 
1983; n. 1891 del 1981; n. 874 del 1984). 
In particolare, per quanto attiene alle misure cautelari, rientra nella 
regolamentazione del secondo comma dell'art. 96 soltanto l'ipotesi in cui 

I

esse vengono revocate � per l'inesistenza del diritto �, mentre nell'ipotesi 
in cui venga accertata la carenza del requisito del periculum .in mora � 
applicabile la regolamentazione dell'art. 96 comma 1�, con la necessit� pertanto 
-di accertare la mala fede o colpa grave (in tal senso, v. Cass. 

II

529/67; n. 491 del 1972; n. 2543 del 1974; n. 1924 del 1978; n. 1545 del 1985; 

n. 3799 del 1983; n. 1219 del 1989; n. 6349 del 1990; n. 126 del 1992, fra le 
altre 
conformi). 
L'inquadramento della fattispecie di cui � causa nell'ambito delle mi


I sure cautelari rende sterile l'esame della questione se quella di cui si tratta 
� un'ipoteca legale o giudiziale. Comunque, a parte il fatto che si tratta 
(come ha notato la dottrina) di classificazione non tassativa, potendo profilarsi 
interferenze fra le due discipline, si osserva che il problema va esaminato 
nel contesto del rapporto fra l'art. 2043 e l'art. 96 c.p.c. 

Se l'ipoteca giudiziale � . quella che lo stesso creditore iscrive non in 
quanto autorizzato dal giudice, ma in quanto � munito dei titoli giudiziali 
indicati o richiamati dall'art. 2818 e.e., a maggiore ragione, deve definirsi 
� giudiziale� (oltre che legale, per le ragioni storiche gi� indicate in 
motivazione da Cass. n. 2447 del 1980, che peraltro devono essere aggiornate 
in base al nuovo testo del cod. proc. pen., artt. 316 e 218 disp. att., 
che ha abolito l'ipoteca legale sui beni dell'imputato e del civilmente responsabile) 
quella di cui all'art. 26 della legge n. 4 del 1929, che � autorizzata 
dal giudice e che cio� non pu� essere iscritta senza provvedimento 

I 

I ! 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRil{UTARIA 575 

del giudice. E poich� il principio generale � che la parte che chiede un 
provvedimento giudiziale risponde degli errori del giudice, se risalenti alla 
parte stessa, � .evidente . che non vi pu� essere luogo all'applicabilit� dell'art. 
2043 e.e., essendo la responsabilit� integralmente regolata dall'art. 96 

c.p.c. Non occorre neppure fare riferimento all'ipoteca giudiziale, indicata 
nel sec.ondo comma dell'art. 96, posta la natura cautelare del procedimento 
de quo, per cui vale il riferimento ad esso (art. 96 secondo comma) per 
l'ipotesi di accertamento dell'inesistenza del diritto; ovvero si applica 
il primo comma, per l'ipotesi di inesistenza del periculum in mora quale � 
quello di sp~ie (vedi, per la necessit� che, in sede di giudizio ex art. 27 
legge del 1929, si accerti l'esistenza del periculum in mora, Cass. 6 aprile 
1979 n. 1989). (omissis) 
CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1994 n. 7061 -Pres. Corda -Est. 
Vignale -P. M. Bonajuto (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Laporta) c. Soc. Europa I. 

Tributi erariali indiretti -lmposta sul valore aggiunto e imposta di regi


stro -Cooperativa edilizia -Natura di imprenditore commerciale 


Accertamento in giudizio -Legittimit�. 

(D:P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 2; e.e. art. 2540). 
Spetta aZZ.a commissione tributaria accertare in concreto se una cooperativa 
eserciti attivit� di lucro, per le quali va assoggettata al regime 
IVA, senza essere vincolata n� dalle risultanze dell'atto costitutivo n� dalla 
iscrizione nel registro prefettizio, essendo l'attivit� commerciale (e la 
conseguente soggezione al fallimento) compatibile con la finalit� mutualistica 
(1). 

(omissis! Con l'articolato motivo d'impugnazione, l'Amministrazione 
delle finanze deduce che: a) la sentenza impugnata ha errato quando afferma 
che non � possibile al giudice tributario accertare l'effettiva natura 
dell'attivit� svolta da una Cooperativa edilizia, poich� un siffatto accertamento 
sarebbe precluso dalla valutazione gi� espletata dagli organi della 
pubblica amministrazione. Infatti, il fine mutualistico perseguito dalla 
Cooperativa, presupposto per la sua iscrizione nell'albo prefettizio e nello 
schedario del Ministero del Lavoro non � inconciliabile con l'effettivo esercizio 
di un'attivit� commerciale, tanto che lo stesso art. 2540 cod. civ. prevede 
la possibiiit� di fallimento della Cooperativa; b) � errato affermare 

(1) Decisione ineccepibile. 

576 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 

che la dichiarazione di fallimento � irrilevante ai fini del regime IVA applicabile 
alle assegnazioni� di alloggi ai soci. Invero, il fallimento di una 

Ii 

cooperativa costituisce sicuro elemento di riscontro dell'esercizio di un'attivit� 
commerciale, sopr�ttutto se valutato alla luce di altre circostanze 
di fatto poste in rilievo dal verbale di constatazione della Guardia di 
Finanza; e) sussisteva la prova che gli assegnatari degli alloggi non erano 
soci della Cooperativa, posto che -secondo quanto risultava dal predetto 

I I verpale di constatazione -il libro soci della Cooperativa non risultava aggiornato 
dopo il 3 dicembre 1969, che gli agenti immobiliari si erano impegnati 
a rilevare gli appartamenti che fossero rimasti invenduti e che il 
sistema di vendite era inconciliabile con l'assegnazione di appartamenti 
ai soci. 

Il ricorso � fondato. Questa Corte ha gi� altre volte precisato che l'accertamento 
circa la finalit� di lucro dell'attivit� svolta da una cooperativa 

iI 

non � vincolato n� dall'oggetto sociale risultante formalmente dall'atto 
costitutivo della societ�, n� dal fatto che quest'ultima risulti iscritta nel 
registro prefettizio delle imprese cooperative. Invero, cos� come per ogni 
altra impresa, la natura commerciale dell'attivit� svolta da una societ� 

Icooperativa deriva esclusivamente dalla circostanza obiettiva che essa 
eserciti (o abbia esercitato) questo tipo di attivit� e dalla sussistenza del 
conseguente scopo di lucro; e l'indagine su tale aspetto non pu� ritenersi 
formalmente preclusa dal fine mutualistico della cooperativa, posto ch� 

I

l'attivit� commerciale non � incompatibile con la finalit� mutualistica, se 
� vero, come � vero, che il II co. dell'art. 2540 cod. civ., prevede espressamente 
la dichiarazione di fallimento delle cooperative, cos� implicita


I mente confermando che queste (cui � connaturale l'intento mutualistico) 
possano svolgere anche un'attivit� commerciale. Per cui, la dichiarazione 
di fallimento di una cooperativa implica che un accertamento positivo 
circa lo svolgimento di questo tipo di attivit� sia stato gi� eseguito dall'autorit� 
giudiziaria. Da cui la sostanziale irrilevanza, ai fini suddetti, 
anche dell'iscrizione della cooperativa nel registro prefettizio, rivestendo 
tale formalit� unicamente lo scopo di consentire alla societ� di partecipare 
ai pubblici appalti! e di usufruire di alcuni benefici fiscali (cfr., sotto i 
diversi profili, Cass. 16 maggio 1992 n. 5839; Cass. 24 febbraio 1986 n. 1104; 
Cass. 18 giugno 1980 n; 3856; Cass. 23 gennaio 1970 n. 144). 

In applicazione di� tali principi, nella specie sarebbe stato, quindi, 
necessario soltanto accertare se l'attivit� commerciale esercitata dalla cooperativa 
aveva riguardato proprio la cessione degli alloggi costruiti 
dalla cooperativa fallita oppure altre negoziazioni non aventi rilievo ai 
fini della controversia tributaria in questione~ (omissis) 



PARTB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 577 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1994 n .. 7063 -Pres .. Rossi -Est. 
De .Musis -P; M. Di Salvo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Laporta) c. Soc. Baldini. 

Tributi�et�rl�li indiretti � Imposta. sul valore aggiunto � Assegnazioni fatte 

dalla societ� ai soci � 4rt. 2, comma secondo n. 6, d.P .R. 26 ottobre 

1972 n. 633 � Liquidazione di quota sociale agli eredi di socio defunto � 

11: compresa. 
(D.l!.R. :26 ottol:)re 1972; n. 633, art. 2, comma secondo, n. 6; e.e. art. 2289). 
Nella p1"evisione dell'art. 2, oomma secondo, n. 6 det d.P.R. 26 otto'
6rt1972, n. 633 i(assegnazi<mi ais0ci fatte da societ� di ogni tipo) � ricompresa 
la liquidazione della quota sociale agli eredi del socio defunto (1). 

(o.missis) Con l'unico motivo si deduce che la Commissione tributaria 
cen1:riile, �ffermando che l'art. 2, secondo comma, n. 6, del d.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 633 �.~ che dispone che, al fine dell'.applicazione dell'IVA, costituiscono 
cessioni di beni � le assegnazioni fil Soci fatte a qualsiasi titolo 
da soci�ta di ogni tipo e ogg�tto ... � -� inapplicabile all'atto di liquidazione
� dellaquota del socio �efll,nto ai suoi .eredi perch� costoro non sono 
soci, � incorsa iri violazione di detta norma, nonch� dell'art. 2289 e.e., in 
quanto non sarebbe ragionevole considerare la liquidazione della quota 
sociale assoggettabile a tributi diversi a seconda che avvenga nei confronti 
del socio defunto (e cio� dei suoi eredi), oppure nei confronti del 
socio esduso o che abbia :receduto, tenuto conto, in particolare, che gli 
eredi subentrano nella stessa posizi�ne del defunto e che l'art. 2289 e.e. 
pone sullo stesso piano, in tutti i casi nei quali il rapporto sociale si 
scioglie limitatamente ad un socio, costui e i suoi eredi. 

Il motivo � fondato. 

L'art. 2 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (contenente l'istituzione e la 
disciplina dell'imposta stil valore aggiunto} dispone, al secondo comma, che 
costituiscono cessioni di behi (come tali assoggettabili a detta imposta): 
� : �� 6) le assegnaziohi ai soci fatte a qualsiasi titolo da societ� di ogni 
tipo e oggetto ... �. 

Come� si ricava dalla locuzione � a qualsiasi titolo � le assegnazioni 
alle quali la norma si riferisce sono non solamente quelle consistenti nella 
distribuzione di somme a soci che conservino tale qualit�, ma anche quelle 
consistenti nella erogazione di somme a soci che cessino di far parte 
della societ�. 

Ci� che � fondamentale, nella norma, � che l'assegnazione avvenga 
a causa della qualit� di socio, e cio� che il titolo dell'attribuzione sia tale 
qualit�. 

(1) Decisione . da condividere. Non constano precedenti. 
14 



578 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 
Consegue che la liquidazione, agli eredi, della quota del socio defunto, 
rientra nell'ipotesi legislativa, poich� essa (liquidazione) trova il suo titolo 
nella (pregressa) qualit� di socio del dante causa. 
Gli eredi, difatti, non sono legati da alcun rapporto con la societ� e 
pertanto la liquidazione, pur fatta direttamente nei loro confronti, attiene 
a somma che (viene a loro assegnata perch�) sarebbe spettata al 
loro dante causa. 

La decisione impugnata dev'essere pertanto cassata e la causa va 
rinviata alla Commissione tributaria centrale, la quale si atterr� al seguente 
principio: costituisce cessione di bene, ai sensi dell'art. 2 secondo comma 
n. 6) del d.P.R. 26 ottobre 1972, la liquidazione della quota del socio 
defunto ai suoi eredi. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 agosto 1994 n. 7494 -Pres. Beneforti Est. 
Catalano -P. M. Nicita (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato De Stefano) c. Falletti (avv. Berliri). 

Tributi in genere -Accertamento -Notificazione � Destinatario defunto Omessa 
comunicazione degli eredi -Notificazione nelle forme ordinarie 
al domicilio del destinatario defunto � Validit�. 

(D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 60 e 65). 
� regolare la noNfica nei modi normali nel domicilio fiscale risultante 
dalla dichiarazione del contribuente defunto qualora gli eredi non 
abbiano provveduto a comunicare all'ufficio le proprie generalit� e il 
proprio domicilio a norma dell'art. 65 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600. 
Solo quando sia stata data la comunicazione dovr� adottarsi la forma della 
notifica agli eredi impersonalmente e collettivamente (1). 

(omissis) Sono, invece, fondate le ulteriori deduzioni nelle quali si 
articola il ricorso dell'Amministrazione Finanziaria. 

A tal fine � necessario premettere che la disciplina delle notificazioni 
degli atti di accertamento � contenuta nel citato d.P.R. 600/1973, recante 
le disposizioni comuni in materia di. accertamento delle imposte sui redditi, 
il quale richiama le norme dettate al riguardo dagli artt. 137 e ss. 

c.p.c. con alcune modificazioni (art. 60). L'art. 65, la cui rubrica si riferisce 
esplicitamente agli eredi del contribuente, dopo la previsione di 
carattere generale per la quale essi rispondono in solido delle obbligazioni 
tributarie il cui presupposto si � verificato anteriormente alla morte 
(1) Decisione importante che offre rimedio ad una difficolt� spesso ricorrente. 
Ove manchi la comunicazione degli eredi la notifica pu� eseguirsi, senza 
limiti di tempo, come se la parte defunta fosse ancora in vita. Importante l'ac� 
costamento con l'omessa comunicazione della sede legale della persona giuridica. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

del dante causa (art. 65), fa carico. ai medesimi di comunicare all'Ufficio 
delle imposte del domicilio fiscale di quest'ultimo, le proprie generalit� 
ed il proprio domicilio fiscale disponendo, infine, che la .notifica degli 
atti intestati al dante causa pu� essere effettuata ad essi, impersonalmente 
e collettivamente, nell'ultimo domicilio del medesimo ed � efficace nei 
confronti di coloro che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato 
la comunicazione di cui innanzi. 

Nella specie gli avvisi di accertamento, intestati alla contribuente, 
sono stati notificati a distanza di trentuno giorni dal suo decesso mediante 
consegna 'a persona addetta alla ricezione. Da tale circostanza la Commissione 
Tributaria Centrale ha desunto la nullit�-inesistenza della notificazione 
per violazione della regola concernente la notifica collettiva ed impersonale 
agli eredi. Senonch�, argomentando in tal modo non si � tenuto 
conto che l'adozione di siffatto procedimento notificatorio presupponeva 
che l'Amministrazione avesse acquisito, sia la notizia della morte 
del contribuente, sia la conoscenza del nominativo degli eredi e ci� sarebbe 
stato possibile attraverso la comunicazione prevista dal secondo comma 
del citato art. 65 che nella specie non � stata eseguita. Da ci� consegue 
che nell'assoluta carenza di siffatte indicazioni, deve essere ritenuta valida 
la notificazione mediante consegna degli atti a colui che era legittimato 
a riceverli in ragione dei suoi rapporti con la destinataria effettiva e 
che non� avrebbe ifu1 alown modo palesato 1l'avvenuto decesso di quest'ultima, 
non sussistendo; in mancanza di tali adempimenti, la giuridica possibilit� 
di osservare la: formalit� della notifica impersonale prevista dalla legge. 

Il medesimo fondamento, del resto, sta alla base della previsione contenuta 
nell'art. 60 gi� citato, il quale nel fissare il termine a decorrere dal 
quale producono effetto le variazioni e le modificazioni dell'indirizzo non 
risultanti dalla dichiarazione annuale dei redditi, stabilisce che per le persone 
giuridiche, le societ� o gli enti privi di personalit� tale termine ha 
inizio dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte 
dell'ufficio della comunicazione prescritta dall'art. 36, precisando che in 
mancanza di ci� la notificazione � eseguita � validamente � nel comune 
di domicilio fiscale risultante dall'ultima dichiarazione annuale. 

Si tratta, in sostanza, di una situazione non dissimile a quella che si 
verifica nell'ipotesi di notificazione dell'impugnazione alla parte defunta 
dopo la pubblicazione della sentenza la cui validit� � stata da tempo 
affermata nel caso in cui l'atto venga indirizzato alla parte indicata nella 
sentenza se la parte su istanza della quale viene instaurato il giudizio di 
impugnazione, non abbia avtito conoscenza legale dell'evento (Cass. 22 aprile 
1974, n. 1156). Per quanto si � esposto, si impone l'accoglimento del 
ricorso ed il rinvio della causa alla Commissione Tributaria Centrale la 
quale si uniformer� ai principi innanzi esposti in tema di notificazione 
collettiva ed impersonale agli . eredi dell'atto di accertamento, ai sensi 
dell'art. 65 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600. (omissis). 


580 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 ottobre 1994 n. 8423 -Pres. Rossi �� 
Est. Olla -P. M. Amirante (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Pavone) c. Chlesura. 

Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Societ� 

di persone � Subentro di socio in corso di esercizio -Imputazione del 

reddito al socio tale al momento della approvazione del rendiconto. 

(D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5). 
A norma dell'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, nell'ipotesi che 
nel corso di un esercizio sociale di una societ� di persone si sia verificato 
un mutamento della compagine sociale, il reddito della societ� deve essere 
imputato interamente al socio subentrato, che sia tale al momento della 
approvazione del rendiconto, e non al socio uscente e al socio subentrante 
proporzionalmente alla durata del periodo di partecipazione (l). 

(omissis) Nel suo unico mezzo d'annullamento l'Amministrazione ricorrente 
denuncia che la Corte di Venezia ha violato gli artt. 5 d.P.R. 29 settembre 
1973 n. 597, 2262, 2261, 2293 e 2289 Cod. civ. 

In primo luogo, perch� il diritto agli utili sorge soltanto in capo al 
soggetto che � socio al momento dell'approvazione del rendiconto, sicch�, 
mentre nessun diritto in tal senso pu� vantare colui che in quel momento 
non sia pi� socio, il debito per tutti gli utili dell'esercizio sussiste nei soli 
confronti del soggetto che in quel momento ha la suddetta qualit�; salvi, 
comunque, i particolari rapporti interni tra il cedente ed il cessionario 
che, peraltro, sono irrilevanti nei confronti della societ� e, in ogni caso, 
in ordine alla controversia che ne occupa, dato che nella specie non risultano 
esservene stati. 

Indi, perch� nessun rilievo pu� avere, quanto meno nell'ambito tributario, 
la disposizione dell'art. 2289 Cod. civ., non fosse altro perch� la stessa 
attiene all'ipotesi della modifica della compagine sociale per il venir meno 
di uno dei soci, laddove nel caso che ne occupa si tratta della modifica 
della compagine sociale per il subentro di un socio ad un altro. 

La censura � fondata. 

Secondo il correlato disposto degli artt. 5, 6, 7 e 52 d.P.R. 29 settembre 
1973 n. 597 (sull'IRPEF) gli utili netti conseguiti, nel periodo di imposta, 
da una societ� semplice, o in nome collettivo, o in accomandita semplice 
sono imputati, come entit� non frazionabile e nella misura risultante dal 
conto profitti e perdite (idest dal rendiconto debitamente approvato), a 
reddito dei soci che hanrio diritto a percepirli in proporzione alla loro quota 

(1) La massima � da condividere. Sembra per� doversi precisare che il 
momento determinante al quale va riferita la qualit� di socio non � quello della 
approvazione del rendiconto ma quello della chiusura dell'esercizio. 

PARTE l� SBZ. V, GIURISPRUDENZA. TRIBUTARIA 58:1 

di partecipazione aglistessi1 mdipendentemente d:aHa loro effettiva percezione. 
Quin.di, vengono imputi;\ti nella loro interezza ai soli soggetti che 
abbilU1o. la qualit�.di sQci() . all'atto dell'approvazione ciel rendiconto. 

Pertanto, contrariamente a.qu1U1to.affermi;\to ...dalla �orte d'appello di 
Venezia, ove,. nel. co.rso dell'esercizio sociale� cli uria delle. suddette societ� 
di persone si veriffohiil trasferhnentc> d�lla posizione di. soci� medilU1te 
la cessiorie ad �tiri. iterzo della partecip~ione sociale, la quota di utili deve 
essere imputata periliterC> al cessioria:rfo(che sia ancora socio al momento 
dell'approvazione del� rendiconto) e non gi� ad entrambi i soci (il� eedente 
ed il <:essionario) in mi.sura proporzionale, 

La conclusione, fondata sul dettato normativo, � ribadita da . esigenze 
logiche, pratiche e sistematich.e cb,e giustificano .appieno. l'anzidetta di� 
$C�plina. 

�. . . � Ip:fa~ti, non si individ,ua un idoneo. c;ritetjq per la ripartizione degli utili 
t:raiLced,ente. ed,U .(;)essionario, !lo:Il .~sendo a .. tal fine S'llfficiente ed ap. 
pa.gan!~ il ric()rs() lilllli\ semplicistica ri$)artizione .'secondo .. la . durata . del 
periodo � di partecipazione. alla societ�:. tanfo �. reso. plasticain�nte palese, 
pfOpri� con riferiinento al caso in. esame, dalla constatazione che la Corte 
di. Venezia, applicando il� metodo qui� disatteso; �� pervenuta a riconoscere 
cortie imputabile al Chlesrir� una� quota di utiliaddirittura inferiore a quella 
che lo stesso contribtiente aveva amrtiesso come a 1tti imputabile. 
Inoltrei �ome � stato giustamente osservato; la produzione del reddito 
da parte della societ�i seppure progressiva, non .� continua ed uniforme 
nel tempo, e quindi, non � possibile procedere ad una� quantificazione frazi~
na!a g>rrispondente l:l}J'effettiva (P:roduzione del reddito. stesso. 

Nelcqntempo, l!a misura.della quota del socio uscente.ceduta nel corso 
dell;aI�no non � determinabile in relazione. alla parte di . redditi dell'esercizio 
annuafo maturata alla data del trasf'erlmento, sia perch� � possibile 
che m quel momento il reddito sia del tutto negativo per poi essere increnienfato 
dalla capacit� commerciale del nuovo socio; il che vale, con le 
necessarie � � variazioni, 1U1che �con riferimento alla posizione del nuovo 
socfo; e sia perch�� �� affattb verosimile che nelle c6iid'izioni della cessione 
sia contemplata e comp�tata l'mcidenza delfonere tributario grav1U1te 
per intero sul cessionario secondo la normativa tributaria qui accolta, 
.con.fa conseguenza, che nei rapporti jnternltra cedente e c.essionario la 
~t.essa .. dillciplina finisce coll'e$S:ere.. )leutra <li com.nque, ovviabile senza 
alcun pregiudizio per il cedente, 

D'altra parte, la normativa tributaria qui delineata appare coerente ai 
principi civilistici positivi in tema di attribuzione degli utili ai soci delle 
societ� di persone allorch� si consideri che, sulla loro base, il relativo diritto 
matura (nel senso che sorge e si perfeziona) solo coll'approvazione 
del rendiconto. Da t1U1to, infatti, consegue che ove nel corso dell'esercizio 
sociale un socio abbia trasferito ad altrHa sua quota di partecipazione alla 
societ�, costui non pu� aver alcun diritto agli� utili, proprio perch� nel 


582 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

momento in cui quel diritto sorge, non essendo pi� socio, non ha nemmeno 
il diritto di credito alla separazione dal patrimonio della societ� 
dell'entit� monetaria corrispondente ad una quota di utili, che costituisce 
estrinsecazione della qualit� di .socio; e che, correlativamente il diritto l'intera 
quota di utili compete soltanto al cessionario che sia socio nel detto 
momento, in capo al quale, per quanto si � detto, quel diritto matura. 

N� vale, in contrario, il richiamo al dettato dell'art. 2289 Cod. civ, 
posto che la sua disciplina, o quanto meno il principio ad esso sotteso, 
non possono trovare applicazione ai fini della soluzione della questione 
della quale si tratta, stante la netta diversit� della situazione considerata 
in detta norma rispetto a quella che qui rileva: l'art. 2289 Cod. civ. attiene 
all'ipotesi dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio 
senza il subentro di altro socio, ed ha per oggetto la disciplina della 
liquidaziop.e <leHa sua quota, e -proprio perch� non v'� una continuit� 
nella partecipazione sociale sia pure attrave~so la sostituzione di un socio 
con un altro -non pu� che essere risolta alla sola stregua della situazione 
patrimoniale della societ� nel giorno in cui si verifica lo scioglimento; 
di contro, il tema che ne occupa attiene alla semplice identificazione 
del soggetto che ha diritto agli utili nell'ipotesi del mutamento della 
composizione della compagine sociale per effetto del trasferilnento della 
posizione di socio durante il corso dell'esercizio sociale e prima dell'approvazione 
del rendiconto. 

Si deve ribadire, perci�, che, come � stato denunciato nel ricorso del!'
Amministrazione Finanziaria dello Stato, la statuizione della Corte di 
Venezia � fondata su un principio erroneo e non condivisibile. 

Ne discende che occorre accogliere il motivo ed il ricorso; cassare la 
sentenza impugnata e rinviare ad altro giudice di pari grado -.. che si 
determina in altra Sezione della stessa Corte d'appello di Venezia -per 
il nuovo giudizio sulla base. del principio che, ai sensi e per gli effetti 
di cui all'art. 5 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 contenente l'istituzione e 
1a disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, nell'ipotesi che 
nel corso di un esercizio sociale di una societ� in nome collettivo si sia 
verificato il mutamento della composizione della compagine sociale con 
il subentro di un socio nella posizione giuridica di altro, i redditi della 
detta societ� devono essere imputati esclusivamente al contribuente che 
'$la socio al momento della approvazione del rendiconto (e quindi, al socio 

subentrante) proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, 
e non gi� al socio uscente ed a quello subentrante attraverso una ripartizione 
in funzione della durata del periodo di partecipazione alla societ� 
nel corso dell'esercizio. (omissis) 


583

PARTE I1 SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 novembre 1994 n. 9126 -Pres. Zucconi 

Galli Fonseca -Est. Rocchi -P. M. Aloisi (conf.) -Ministero delle Fi


nanze l.avv. &tato Favara) c. Consorzio Porto Fluviale di Padova (avv . 

.!Yhmzi). 

Tributi .�in� g~el'.e ~.CQ.te�qi;o tributario ��.Competenza e gil!risdizione � 

.� J>l~yl#e~ s.p.e in\leMlt~. �<Il�� eSl?roeria,zio.e ~ Imposizione ex art.. 11 

.� cottillii 5; 7, S e10 iegge 30 dicembre 199l n. 413 � Ritenuta di f1CCOnto � 

Decreto ministeriale che regola le modalit� per l'adempim�nto ��degli 

oneri � Ricorso al tribunttle anuninistratlvo regionale� "' 'Difetto di giu


risdizione. � 

(Legg~ 30.<di!:tllllb1'1l 1991, n,413, at,t. 11; t,u, .22>dicembi:e 198(\ n. 917; art..81). 

. . . . � Il tribunale ammitz,istrativo regiona,te � carente di giurisdiz,ione su,lla 
il'J'lpUgl'/;(zyJione d�zp. M� 5 fll,bbraio 199~ che a norma dell'art.11 comma 10 
.delZa legge Jo' 4icembre �1991 .. n... 4ifregola le modalit�. dfadempimento' 
'd(~li oneri conftessi alla tassazione delte plusvalenze conseguenti all~ 
percezione di indennitd. di espropriazione ed altri compensi similari (1). 

(omissis) Il Consorzio Zona Industriale e Porto Fluviale di Padova 

(Consorzio Z.I.P.) ed il Consorzio Zona Agricola Industriale di Venezia 
. (Consorzio Z.A.I,) � ,sono enti �pubblici ai. quali specifiche leggi dello Stato 
(leggi 4 febbraio 1958 n. 158, 1~ ottobre 1969 n. 739 e 10 maggio 1988 n. 191; 
decreto legislativo 24 aprileJ948 n. 57~ e legge 26Juglio 1975 n. 378) hanno 
assegnato quale attivit�Js:ijtuzionale quella volta all'espropriazione, urba


(1) Decisi�ne di eviderite esattezza ed assai importante in quanto pone un 
argine al tentativo; che si va facendo frequente, di contestare in via preventiva 
e generalizzata l'operativit� di una nonna di imposizione. Nel caso, con la pretestuosa 
impugnazione di un D.M. che conteneva solt:.ito istruzioni sulle modalit� 
di versamento delle ritenute, si pretendeva di bloccare con un provvedimento 
del TAR l'operativit� della norma che stabilisce l'imposta sulle plusvalenze 
originate. dall'espropriazione, e �i� prima e indipendentemente dalla costituzione, 
a seguito di una effettuata ritenuta, di un rapporto di imposta. Evidentemente 
l'impugnazione non era rivolta contro il D.M. in quanto tale (che 
non aveva nemmeno natura di provvedimento), :tna mirava, attraverso l'incidente 
di legittimit� costituzionale, a contestare l'obbligazione tributaria, anzi 
la fonte normativa di essa. . . . 

Prima che un rapporto di imposta specifico e individuale sia concretamente 
sorto, nessuna impugnazione � proponibile perch� ogni possibile domanda provorrebbe 
ttna. questione in astratto ed in via preventiva. . Ma in ogni caso 

esulerebbe � dalla. giurisdizione amministrati~a qualunque . istanza che fa capo 
al >rapporto di �imposta di diritto soggettivo; la giurisdizfone appartiene al 
gi�dice tributario �anche se innanzi ad esso nessuna azione sar� proponibile 
prima che si instauri un rapporto specifico a seguito o dell'emanazione di un 
atto di accertamento o del versamento diretto a cui segua la domanda .di 
rimborso. 



RASSEGNA AWOCATURA � DELW STATO

584 


nizzazione e successiva assegnazione di aree ricomprese nelle zone loro 
affidate. 

Con legge del 30 dicembre 1991 n. 413 sono �State ricondotte al sistema 
delle imposte sul reddito anche le plusvalenze derivanti dalla percezione 
di indennit� di esproprio, di somme a seguito di cessioni volontarie nel 
corso di procedimenti espropriativi, di somme comunque dovute per ef� 
fetto di acquisizione conseguente ad occupazioni di urgenza divenute il


.� . . . . . . 

legittime. 
~ 

In particolare, come avvertito in narrativa, l'art. 11 deUa legge citata, 
modificando l'art. 81 del T.U.l.R. ( d.P.R. 22 dicembre 1986 n ..917) ha ricompreso 
le � plusvalenze da esproprio � nella categoria dei redditi diversi, 
al pari delle plusvalenze realizzate mediante ces,sione a titolo oneroso di 
terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria; e ha previsto che � le plusvalenze 
da esproprio � scontino, medi;:i,nte ritenuta operata dall'ente espropriante 
al momento del pagamento dell'indennit�, un'imposta sostitu� 

tiva al 20o/~ dell'indennizzo. 

Con il successivo decreto ministeriale 5 febbraio 1992, emanato ai sen� 
si del decimo comma dell'art. 11 citato, � stata poi data attuazione alla 
disciplina legislativa sopra cennata, mediante la fissazione del codice-tributo 
n. 1052, denominato � indennit� di .esproprio, occupazione, ecc. (art. 
11 legge 413/1991 �, gruppo 55, per :I.e ritenute operate dall'ente erogante 
a norma del settimo comma dell'art. 11; nonch� mediante la fissazione 
delle ulteriori modalit� necessarie per l'applicazione della legge. 

Il nuovo sistema di imposizione tributaria sulle � plusvalenze da esproprio 
� realizzato in concreto da D. M. 5 febbraio 1992 citato, appare signifi� 
cativamente incisivo nei riguardi dei ricorrenti, i quali, in quanto soggetti 
esproprianti, si vedono costretti a nuovi adempimenti nello svolgimento 
della loro attivit� istituzionale. 

In conseguenza di ci�, avverso U decreto ministeriale attuativo ed �vverso 
il testo di legge che ne costituisce il presupposto, il Consorzio Z.1.P. 
ed il Consorzio Z.A.1. hanno proposto ricorso avanti al T.A.R. del Lazio, 
facendo valere l'illegittimit� dell'atto ministeriale impugnato, nel riflesso 
della incostituzionalit�, sotto molteplici profili, della disciplina legislativa 
a cui U D. M. citato dava attuazione. 

In tale quadro, il ricorso per regolamento di giurisdizione proposto 
nega la giurisdizione del Tribunale amministrativo regionale investito della 
questione, sostenendo che, rispetto al D. M. 5 febbraio 1992 specificatamente 
impugnato, sussisterebbero situazioni non di interesse legittimo, 
ma di diritto soggettivo, tutelabili esclusivamente avanti alle Commissioni 
tributarie. 


PARTB l; SBZ. Vi GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Vale in propositd rilevare come non.�. sia revocabile in dubbio �che il 
disposto. dell'art< l1 della>legge n;413 del 1991, secondo. il quale sono tassabili 
anche le plus:valenze con&eguite. attraverso. le indennit� . di es.propriazione; 
>Costruisca la� posizione giutidic� del privato obbligato al� pagamento 
del td:b.to con tQnsist~a: di . diritto �soggettivo. Ci� posto, ,poich� l'obbligaz�on;
e; tributaria, nasce c(in ih:verificarsi �� del. presupposto � del tributo, 
ne eo�lsegite che ll relatht& rapporto� sLtostituisce: con.Ia.�percezione .dell'indennit�< 
e �che> >itif relazione:> :aH'imposirdone retroattiva> l'obbligazione 
tdbut�ria: sorge oon.Hentrat� in vigore della.legge istitutiva del tributo, 
volto a tendere> imponibile il presuppQ~to �verificatosi anteriormente. 

D~altto �antoi la posizione del sostituto d'ifupostll; ancM~gli soggetto 
passivo dell'obbligazfone � tributaria; ha.� ug'Ualmente consistenza: di diritto 
soggettivo. 

�tH fiafticofat�; l'�libUgaziO�le .del sBstifuto/ai sensi deW'art. Jl; comma 
settimo, sorge nel mom�frfo mcm egli corrisponde lifo.de:nriit� al. sostituto, 
equmdi, cilri tigitardo al caso in esame, i due Consotti, nel momento in 

d:d hann() �atllto iF ii.udi.Ce amministrativo erano� tifolan di :Posfaione di 
diritto soggettivo, mrelazione al pi:'elievd da effettuate come sostitUti d'imposta. 
� � 
�ri tale pfospettiva va ulterionriente osservato che con rlgtiardo alla 
tassazione delle plusvalenze in oggetto,. il decreto ministeriale . 5. febbraio 
1992, si l�i:nit� a stabilite altt.til� ii:iodalit�. de1la: ris6ossfohe med!ante. autota:
ssazfon�: ~iene indi~afo (:fo� ilcodiCe del tribttto (n. 1052) ai fihi dell'imputazione 
delle somme.versate;'sfpfedsa che il versamell.tO va fatfoh allo 
spOrtello del 6oncessi�nario d:elia ristossione (usando la distinfa mod. I, 
:tiio�lufario �F)�o a mezzo d��.bollett:iri�>'dfcont� corrente postate� ad esso 
destfoato (bo11. mod. li).; 11tattast du~que, di disposizioni meramente att�at:
ive fo �rdfue alle quali noli: sembra confignra:bile, in relazione al c�ntefiJtb 
cl�ifo preserizioili � s\lcldette/ una dis1:�rifa �posizione giuriclica dJi � destinatari, 
qualificabile come int�tesse Iegitti:rrio. i:ri ogni caso,� questo potrebbe 
rigtt�rdare 1e �modalit� della �riscossione, non certo l'obbligazione 

�t:rio1lfari�; 
...�Qrheri~; i Consorzi hanno impugnilfo dinanzi al T.A.R. il� decret� mini~
teri~le 5 f~bbraio 199i-,.corretta1llente qualificato �attuativo� -non gi� per vizj prqpri,. l?ensl l>er Yasserita incostituzionaUt� della �disciplina attuat~.
�, cio� dell'art. 11 della legge n. 413 d.el 199,1.. per contrasto con gli 
aFtt.. 3 e 5~ Cast.; ed h~nno chiesto che il T.A.R.,. dichiarata la rilevanza 
e la non manifesta infondatezza. della questione, la rimetta alla Corte costituzionale: 
l'unica. ragione di impugnativa del decreto ministeriale � 
cio�, l'incostituzionalit� della legge cui d� attuazione. 


586 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Ci� posto, � vero che un'azione giudiziaria pu� essere proposta sull'unico 
presupposto dell'illegittimit� costituzionale di una norma: cos� ad 
esempio si pu� adire il giudice ordinario per negare l'esistenza di un obbligo 
nascente da una disposizione di cui si deduce l'incostituzionalit�; ma 
� necessario che l'azione venga proposta innanzi al giudice provvisto di 
giurisdizione in ordine alla posizione giuridica fatta valere e rispetto alla 
quale si prospetta la questione di legittimit� costituzionale. 

Nella specie, invece, si impugna l'atto amministrativo non in s�, ma 
per contestare l'esistenza dell'obbligazione tributaria di cui quell'atto regola 
l'adempimento; e la posizione giuridica fatta valere non � di interesse 
legittimo (che dovrebbe configurarsi rispetto al decreto impugnato), ma 
di diritto soggettivo, del quale si deduce la lesione per effetto della norma 
asserita incostituzionale. 

E poich� la tutela di tale diritto appartiene al giudice tributario, v'� 
difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. 

Diversamente opinando, ritenendo, cio�, che tale posizione soggettiva 
possa atteggiarsi (anche) come interesse legittimo, si tornerebbe alla concezione. 
del diritto fatto valere come interesse, sovvertendo il principio del 
petitum sostanziale, per cui la giurisdizione si determina con riguardo 
non gi� al (solo) provvedimento richiesto, ma alla posizione giuridica fatta 
valere. 

Diverso problema � stabilire se il giudizio sia attualmente proponibile 
innanzi al giudice tributario; tale verifica va fatta allo stesso giudice, 
seconelo le regole proprie di quel processo. 

Al riguardo pu�, peraltro, porsi, in astratto, il problema -a fronte 
di una azione di mero accertamento negativo del debito tributario introdotta 
in via preventiva dinanzi alle Commissioni tributarie -della proponibilit� 
di detta azione, in termini di difetto assoluto (e/o temporaneo) 
di giurisdizione, nella mancanza di un atto impositivo della Amministrazione 
finanziaria (in tale senso, Cass. 10999/93). 

In realt�, il problema, con riferimento specifico al caso in esame, va 
affrontato e risolto nel senso che la questione della attuale proponibilit� 
del giudizio innanzi al giudice tributario non preclude l'affermazione nella 
specie della giurisdizione delle Commissioni tributarie, trattandosi di questione 
-come affermato, con riguardo a situazioni consimili, da Cass. 
nn. 7084/86, 3415/87, 2983/88, 162/91 -che non investe il potere giurisdizionale 
di quel giudice, ma eventuali limiti interni all'esercizio del potere 
medesimo, sotto il profilo della procedibilit� della domanda ovvero 
della sussistenza delle condizioni per il suo esame nel merio. 

In conclusione va affermata la giurisdizione delle Commissioni tributarie. 
(omissis) 



PARTB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 587 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1994 n. 9998 -Pres. Salafia Est. 
Grieco -P. M. Delli Priscoli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
De Stefano) c. Comune di Catania (avv. Mineo). 

Tributi erariali indiretti � Imposta sul valore aggiunto � Dichiarazioni e 
opzioni � Forma � Necessit� � Comportamenti concludenti � Insufficienza. 

Il. principia di libert� delle forme, se pure consente la affrancazione 
da qualsiasi formula obbligata, non giustifica lo stravolgimento di regole 
formali essenziali per il raggiungimento del fine; un preciso adempimento 
prescritto .non .pu� .essere sostituito da un comportamento concludente. 

(omissis) Con la censura principale, la ricorrente denunzia violazione 
e falsa applicaziorte dell'art. 74 uc. del d.P.R. 633/1972, introdotto dall'art. 30 

d.l. 18 marzo 1976':n.461 in relazione all'art. 360, primo comma n. 3 c.p.c. 
Sostiene che l'opzione deve essere presentata nel rispetto di regolarit� 
formali e, quindi, dal legale rappresenante della societ� al competente 
Ufficio IVA; non pu� essere sostituita da equipollenti e meno ancora, 
da comportamenti concludenti. 
Ih via subordinata, la ricorrente denunzia insufficienza di motivazione 
avendo 1a Corte territoriale palesemente confuso la dichiarazione 
di opzione con le dichiarazioni periodiche delle imposte dovute nelle quali 
non era dato rinvenire, in maniera chiara, la volont� di avvalersi del 
regime normale. Le censure -che per essere strettamente connesse vanno 
esaminate congiuntamente -sono fondate. 

� agevole cogliere nella esposizione logico-giuridica della Corte territoriale 
un equivoco di base laddove, con riferimento al principio della 
libert� delle forme, ha ritenuto sufficiente che la prescritta �dichiarazione 
di opzione� possa, per un verso, essere effettuata con qualsiasi modalit� 
e, per altro verso, individuata in qualsiasi manifestazione idonea a rivelare, 
in modo non equivoco, la volont� del contribuente di optare per 
l'applicazione dell'imposta nel modo normale. 

Ma il principio di libert� delle forme consente, nel quadro di un preciso 
schema, la utilizzazione dei modi espressivi pi� diversi e, quindi, 
l'affrancazione da qualsiasi formula obbligata ma, certamente, non lo 
stravolgimento di regole formali essenziali per il raggiungimento del fine 
che il legislatore si � prefisso; per la immediata, e diretta, individuabilit� 
della volont� della parte, al riparo da ogni possibile equivoco; per il 
rispetto delle competenze stabilite dal legislatore. 

E, dunque, la libert� delle forme non permette di sostituire ad un: 
preciso adempimento, attuabile nelle forme espressive pi� varie, le deduzioni, 
per quanto obbligate possano essere, ricavabili da altri atti o da 
altri adempimenti prescritti dalla normativa fiscale. 

-� 


x_ -~ 


588 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

In definitiva, l'affermazione che una determinata dichiarazione pu� 
essere fatta in totale libert� di forma non implica affatto che essa -nella 
specie, la opzione -sia legittimamente individuabile in comportamenti 
concludenti. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 dicembre 1994, n. 10463 -Pries. Cantillo 
-Est. Olla -P. M. Aloisi (conf.) -Soc. Marconi (avv. Mariani) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Provvedimento impugnabile 


Elenco di sgravio ex art. 44 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 -Ricorri


bilit� alla commissione nel termine di sessanta giorni. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 44). 
Tributi in ge1�ere -Contenzioso tributario -Giurisdizione delle commissioni 
-Controversia sugli interessi sui rimborsi -Vi rientra. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 1 e 16). 
L'elenco di sgravio di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 602/1973 che, anche 
implicitamente, nega parzialmente il diritto al rimborso o ai relativi interessi, 
� agli effetti dell'art. 16 del d.P.R. 636/1972, quale atto da assimilarie 
all'accertamento, un provvedimento che deve essere impugnato 
con rioorso alla commissione a pena di decadenza nel termine di 60 
giorni (1). 

Nella giurisdizione delle commissioni come definita nell'art. 1 del 

d.P.R. n. 636/1972 sono ricomprese Ze controversie sugli accessori delle 
imposte e fra questi gli interessi (2). 
(omissis) 1. -Il primo motivo del ricorso denuncia che nel dichiarare 
che la societ� Marconi Italiana era decaduta dall'azione diretta a 
far valere il proprio diritto agli interessi, la Corte di Roma ha violato 
ed applicato fa1samente l'art. 44 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, posto 
che questa norma non prevede alcun intervento del contribuente e, quindi, 
una sua attivit� il cui mancato esercizio possa determinare la decadenza 
dal diritto al rimborso. 

�Ai fini della valutazione va premesso che il giudice d'appello ha 
posto a fondamento della ragione della decisione sviluppata in via prin


(1-2) Decisione importante che sulla premessa della nozione estesa di accertamento, 
desumibile dall'art. 1 del d.P .R. n. 636, ricomprende nella giurisdizione 
speciale tributaria tutte le controversie sull'obbligazione di imposta originate 
da atti anche diversi da quelli elencati nell'art. 16 (Cass. 18 aprile 1994, n. 3684, 
in questa Rassegna 1984, I, 343; 7 settembre 1991, n. 9429, ivi, 1991, I, 577). 

Dell'esattezza della seconda massima non si � mai dubitato. 


i'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 589 

cipale, l'affermazione che la fattispecie per cui � controversia attiene ad 
un'ipotesi nella quale l'Amministrazione finanziaria, mentre ha riconosciuto 
il diritto della Maxconi Italiana al rimborso del tributo indebitamente 
versato, ha denegato il diritto della contribuente agli interessi 
sulla somma rimborsata: ci� in quanto, una volta che l'art. 44 u.c. d.P.R. 

n. 602/1973 prevede espressamente che detti interessi debbano essere calcolati 
direttamente dall'ufficio ed � indicati nello stesso elenco di sgravio
� (cio� nel provvedimento che dispone la restituzione del tributo), la 
mancata inc!icazione degli interessi negli elenchi con i quali l'Amministrazione 
a'Veva disposto i rimborsi in favore della contribuente non poteva 
assumere ,altro significato che quello di rifiuto del riconoscimento del 
diritto agli interessi stessi. 
Da siffatta affermazione -che si risolve in un apprezzamento di 
fatto insindacabile in sede di legittimit� e che, in effetti, non � stato 
censurato .,,__ discende che il tema della controversia tributaria verteva, 
e verte, nell'individuare S(i! ilprovvedilnento col quale l'Amministrazione 
abbia denegato la spettanza degli interessi sulle somme corrisposte a 
titolo di rimborso di imposte indebitamente percepite, debba essere impugnato 
in sede giurisdizionale, pena, in difetto, la sua definitivit� e l'estinzione 
del diritto del contribuente agli interessi stessi; e, in caso di risposta 
affermativa, quali siano il relativo mezzo di impugnazione ed il suo 
regime. 

Ebbene, di :lironte a questa tematica (risolta dalla Corte d'appello di 
Roma nel senso che� quel provvedimento deve essere impugnato davanti 
alle Commissioni tributarie, secondo le regole dettate dall'art. 16 d.P.R, 26 
ottobre 1972 n. 636, nel testo, per quanto attiene al caso di specie, previgente 
alla novella di cui all'art. 7 d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739) il disposto 
dell'art. 44 d.P.R. n. 602/1973 ed il dato che lo stesso non prescriva alcun 
intervento del contribuente, risultano del tutto inconferenti. Per vero, 
quegli elementi possono incidere soltanto sulla ricostruzione della disciplina 
del diritto del contribuente agli interessi avanti che l'Amministrazione 
si sia pronunciata su esso diritto, ma non anche sulla questione, 
che qui rileva, circa la ricostruzione� della disciplina. della situazione conseguente 
alla pronuncia di un provvedimento di denega del diritto stesso, 
che dev'essere risolta sulla base della normativa inerente all'impugnazione 
dei provvedimenti che disconoscono un diritto del contribuente. 

Il motivo, perci� � infondato e deve essere disatteso. 

2. -Nel secondo mot�vo, la ricorrente riconosce che il provvedimento 
di denega degli interessi deve essere impugnato in sede giurisdizionale 
davanti alle Commissioni tributarie; nega, per�, che tale impugnazione 
sia soggetta al regime dettato dall'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972 
n. 636 nel testo .vigente a.vanti la novella del 1981 e, in particolare, all'onere 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

590 

di proporre il ricorso davanti al giudice tributario entro sessanta giorni 
dalla comunicazione dell'elenco di sgravio. 

Infatti, spiega, quella disciplina non � applicabile una volta che la 
norma: a) attiene alle controversie sui tributi, laddove � gli interessi di 
che trattasi non acquistano natura di tributo ... n� sono ad esso assimilabili, 
giacch� costituiscono il risarcimento del danno subito dal contribuente 
per il ritardo con il quale l'Erario, nella specie debitore nei confronti 
di un soggetto per somme indebitamente percette, restituisce quelle 
somme�; b) riguarda le imposizioni tributarie o i rimborsi dei tributi 
indebitamente percetti e, dunque, situazioni ontologicamente diverse da 
quella per cui � conrtroversia, avente ad oggetto un � diritto ... che si estrinseca 
in un obbligo per l'Erario di pagare al contribuente qualcosa che 
non ha incassato � da lui. 

Quindi, conclude, ai fini della determinazione del termine peir il ricorso 
non pu� che applicarsi la disciplina xelativa al termine di prescrizione 
del diritto del contribuente agli interessi sulla somma 1rimborsata, con 
la conseguenza che il termine di decadenza per la proposizione del ricorso 
alle Commissioni tributarie � di dieci anni, e che la Corte di Roma, nell'affermare, 
invece, che � di sessanta giorni dalla notifica del provvedimento, 
ha applicato in modo errato e falso il combinato disposto degli 
artt. 16, comma terzo del d.P.R. 636/1972 e 44 del d.P.R. n. 602/1973. 

La censura � infondata. 

In via assorbente in quanto dal principio -saldamente affermato 
da questa Corte Suprema (v., Cass., S.U. 11 maggio 1992, n. 5389 e 20 
luglio 1987 n. 6360) e che di per se stesso non � contestato dalla ricorrente 
-che la tutela giurisdizionale dei diritti del contribuente relativi 
alla spettanza degli interessi dovuti dall'Amministrazione all'atto della 
restituzione di somme indebitamente percepite per tributi non dovuti � 
attribuita alle Commissioni tributarie, discende, necessariamente, che tal 
tutela si deve svolgere sulla base delle norme che fissano le regole del 
procedimento davanti a quel giudice tributario e, quindi, che i ricorsi 
sono assoggettati alla disciplina del d.P.R. n. 636/1972 sul contenzioso tri


butario ed in particolare, per quel che qui interessa, al regime di cui 
all'art. 16 di quel testo legislativo. 
In ogni caso, per la non condivisibilit� degli� argomenti specifici sviluppati 
in contrario dalla ricorrente. 

Infatti, la pretesa relativa agli interessi essendo accessoria al diritto 
al rimborso del tributo indebitamente corrisposto, non pu� che rimanere 
assoggettata alla disciplina processuale prevista per il debito capitale, 
senza che nessun rilievo possa avere in contrario la natura del diritto 
agli interessi. 

D'altra parte, dallo stesso art. 16 d.P.R. n. 636/1972, anche nel testo 

antecedente alla modifica del 1981, si evince che ai fini dell'applicazione 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

del regime ivi .prescritto, rimangono equiparati agli atti impositivi quelli 
che denegano il diritto del contribuente alla restituzione delle somme 
pagate e dei relativi interessi, che, ai sensi dell'art. 44 n. 602/1973 sono 
dovuti per.� legge. e devono essere liquidati d'ufficio da:Il'Amministrazione 
finanziaria; tanto, tra l'altro, � �del.tutto coerente al sistema, perch� anche 
con riferiment9 a quelle pretese v~ � un accertamento del rapporto di 
imposta~ sia p\lre nei su()i riflessi sulla spettanza, l'entit� e gli effetti 
acce~sQi�,. aut().latfoi� previsti dalla legge, del. rimborso del credito di 
imposta. 

Anche qtJ:e!Jt9 .wezz(), J?erci�, deve essere disatteso. 

3;� -.Il terzo. fuotiv� denund~rerronea e falsa applicazione del combinato 
disposto degli artt.. 16, comma primo del d.P.R. n. 636/1972 e 44 
del q.P.R. n. 602/1973sottC> c1ue distinti profili. 

Ne1. primq. si . sostiene . che. la Corte territoriale ha errato allorch� ha 
affei:mafo che in tanto n . COlltribuente pu� far valere davanti alla Commissione 
tributaria il diritto agli interessi, sol in quanto abbia dato corso, 
precedentemente, alla formazione del silenzio-rifiuto. 

. . . Net secondo� si . sostiene che la stessa Corte ha errato allorch� ha 
affermato che ��il termil1e per il ricorso decorre dalla comunicazione del1 
'eienco di sgn1.vio: innanzitutto, perch� quell'elenco non � considerato fra 
g� atti avverso i cil1ali il contribuente � legittimato a proporre ricorso; 
in ogni caso, perch� gli uffici possono liquidare i rimborsi e gli interessi 
con pi� elenchi anche successivi ed in date differenti, non essendo previsto 
un termine entro il quale debbano essere necessariamente eseguiti 
i rimborsi e gli accrediti degli interessi ove dovuti. 

Per ragioni d'ordine logico dev'essere esaminato prioritariamente il 
secondo profilo. 
La relativa censura � infondata . 

. . Nel corso dell'esame del primo motivo s'� acquisito che, nella specie, 
gli elenchi di sgravio emessi a favore� della Marconi contenevano una pronuncia 
implicita di denega del diritto della contribuente agli interessi 
sulle somme delle quali veniva disposto il rimborso. 

Ora, anche alila stregua del diis.posto dell'art. 16 d.P.R. n. 636/1972, nel 
testo originario (per il quale si � considera imposizione il rifiuto di restituzione 
della somma pagata� e, come s'� detto, della corresponsione 
degli interessi sulle somme restituite) un elenco di sgravio avente un 
siffatto contenuto deve essere sussunto nell'ambito della categoria degli 
�avvisi di accertamento� .di cui al primo comma del detto art. 16: pertanto, 
nella pai:te in cui denega il diritto agli interessi deve essere impugnato, 
a pena di decadenza, entro il termine di sessanta giorni dai1a sua 
notificazione, cos� come ha correttamente statuito la Corte di Ro!_Ila. Del 
resto, gi� altra volta questa Corte Suprema ha affermato che rientra nella 
categoria degli atti di accertamento suscettibili di autonoma impugnazio



RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO

592 

ne ai sensi dell'art. 16 d.P.R. n. 636/1972 (anche prima delle modificazioni 
introdotte dall'art. 7 d.P.R. n. 739/1981) l'atto col quale l'Amministrazione 
finanz�aria neghi la spettanza di un �diritto vantato da un contribuente in 
materia tributaria (Cass., 7 settembre 1991 n. 9429, con riferimento ad un 
atto col quale era stato negato il diritto ad un'esenzione fiscale). 

4. -Circa il primo profilo del motivo .,deve essere rilevato preliminarmente 
che lo stesso investe la ragione subordinata sulla quale la Corte di 
Roma ha fondato la sua decisione: cio�, che pur ad ammettere che gli 
elenchi di sgravio non contenessero un provvedimento implicito di denega 
del diritto della Marconi Italiana agli interessi, il ricorso alla Commissione 
tributaria sarebbe stato pur sempre inammissibile stante l'insussistenza 
di un provvedimento impugnabile: infatti, mentre non v'era stata 
una pronuncia dell'Amministrazione sul diritto della contribuente agli 
interessi, la Marconi Italiana non aveva espletato la procedura per addivenire 
al silenzio-rifiuto, e cos�, ad una situazione eguipollente a quella di 
una pronuncia negativa. 
Ad analoga conclusione preliminare si deve pervenire per quanto 
attiene al quarto motivo col quale la ricorrente denuncia l'omessa, insufficiente 
e inconsistente . motivazione della sentenza impugnata nel punto 
in cui ha � affermato apoditticamente, senza fornire alcuna motivazione, 
che anche nel caso in cui non si dovessero ravvisare negli elenchi di sgravio 
gli atti avverso i quali il contribuente era legittimato a proporre impugnazione, 
quest'ultimo avrebbe comunque dovuto attivarsi con una apposita 
istanza (e non si dice neppure a chi doveva essere indirizzata: all'Ufficio 
o all'Intendenza) da inoltrare a mezzo raccomandata con ricevuta 
di ritorno e, in caso di mancata risposta dopo novanta giorni (ma non � 
neppure chiaro se dalla data di inoltro o da quella della ricezione) propone 
ricorso alla competente commissione tributaria entro i successivi sessanta 
giorni�. 

Ora, col rigetto dei primi due motivi del ricorso e del secondo profilo 
del terzo mezzo risultano disattese tutte le censure che la societ� Marconi 
ha mosso nei confronti della ragione sulla quale la Corte d'appello ha 
fondato in via principale la sua pronuncia. 

Ne discende, per un verso, la definitivit� della statuizione fondata su 
quella ra~ic; per altro verso, che la ricorrente non ha interesse alle cen: 
sure svolte col primo profilo del terzo motivo e col quarto motivo posto 
che investendo le stesse solo la ratio decidendi subordinata, il loro eventuale 
accoglimento non potrebbe mai portare all'annullamento della sentenza 
impugnata che rimarrebbe pur sempre ancorata all'altra ragione della 
decisione ormai divenuta intangibile e di per se sola idonea a sorreggerla. 

Pertanto, le anzidette censure devono es.sere dichiarate inammissibili. 

1

5. ---" Il ricorso, di conseguenza, � infondato e deve essere respinto. 
(omissis) 



PARTE SECONDA 


15 

:::::-p���x-,�x'��� ,., ....~ ....,�---� �


~.diff'-Aj'";,""__ 

.,. :-: :-:�..... ::--..-:::mm -� :::: -� .. ,.;::::: :-: :-: .. M....:x.... ..... :-: 


QUESTIONI 


EFFETTIVIT� DELLA TUTELA: OTTEMPERANZA (*) 

1) Premessa. 

1l. stato �autorevolmente affermato che il giudizio di ottemperanza costituisce 
la chiave di volta della giustizia amministrativa (1) in quanto � funzione 
del suo oggetto e misura della sua effettivit� (2). 

Ta,le affermazione sembra pienamente da condividere in quanto l'ottemperanza 
� connotata, in tutte le ._tappe della sua evoluzione, dalle singolari 
caratteristiche della nostra giustizia amministrativa, �n particolare da quella pi� 
saliente e peculiarissima della sua matrice giurisprudenziale. 

U11a matrice giurisprudenziale che non si � certo limitata ad interpretare gli 
scarni precetti dettati da un legislatore che in materia � sempre stato di tacitiana 
brevit� ma che ha, invece, sempre costruito sistemi di giustizia amministrativa 
del tutto diversi da quelli disegnati nel testo normativo. 

2) L'origine storica dell'istituto. 

L'origine storica dell'istituto � ben nota, ma merita forse di essere brevemente 
ricordata, anche perch� pen pochi istituti della nostra giustizia amministrativa 
sarebbero comprensibili senza una anamnesi. 

Il legislatore del 1865 aveva devoluto al giudice ordinario tutte le materie 
nelle quali si facesse. questione di un diritto civile o politico, ancorch� la sua 
lesione� dipendesse da un atto amministrativo, conferendo al giudice stesso il potere 
di disapplicate l'atto e prescrivendo alla l'ubblica Amministrazione il dovere 
di conformarsi al caso deciso. 

� La riforma, come si sa, non dette buoni frutti: il self restraint della magistratura 
ordinaria ne ti:ac.ll lo spirito liberale e fece rimpiangere i vecchi Tribunali 
del contenzioso. Venne intrqdotta quindi nel sistema, un quarto di secolo dopo, 
nel 1889, la IV Sezione del Consiglio d� Stato come organo amministrativo depu� 
tato ad un controllo interno di legalit�, ma sempre nel quadro di una giurisdizione 
unica radicata in capo al giudice ordinarlo. 

Al Consiglio di Stato in quanto collegio amministrativo venne attribuito il 
potere -che mai allora sarebbe stato concepito in capo ad un giudice, ancorch� 
speciale -di annullare gli atti amministrativi a seguito di un sindacato cassatorio 
di mera legittimit�. 

Il sistema del 1889 .forniva quindi all'amministrato due tutele nettamente distinte: 
una giurisdizionale di diritto soggettivo sostanzialmente risarcitoria ed una 
amministrativa e formale di diritto obiettivo, risolventesi nell'annullamento degli 
atti illegittimi impugnati. 

(*) Il presente articolo � tratto dalla relazione tenuta dall'Avv. I.F. Caramazza al Convegno 
per il ventennale dei Tribunali Amministrativi Regionali (1974/1994}, tenutosi a Bolognain data 17-18 giugno 1994. 

(1) C. CALABR�, Il giudizio di ottemperanza, in Studi per il �entocinquantenario del Consiglio 
di Stato, Roma, 1981, III, 2007. 
(2) R. VIVENZIO. La sentenza amministrativa fra esecuzione e ottemperanza: ricostruzione 
e rivisitazione critica. degli itinerari giurisprudenziali e prospettiva di riforma, in Quadern~ 
regionali, 1990, 1111. 

94 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Il logico anello di chiusura di tale sistema fu il ricorso in ottemperanza, in� 
trodotto dall'art. 4 della legge del 1889, con una formula rimasta a tutt'oggi immutata, 
che conferiva alla parte che non si contentava degli effetti civili della 
decisione dell'autorit� giudiziaria ordinaria � il mezzo di far cadere interamente 
il provvedimento illegittimo che il giudice aveva disapplicato � (3) attraverso un 
� ricorso diretto ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorit� amministativa 
di conformarsi al giudicato dei Tribunali �. 

Il ricorso in ottemperanza fu ricompreso fra quelli per i quali il Consiglio 
di Stato aveva competenza estesa al merito: si usa in proposito tradizionalmente 
spiegare tale attribuzione attraverso la s�a coessenzialit� con il potere sostitutivo 
che �compete al giudice dell'ottemperanza. 

In .realt� sembra che il . riconoscimento di un potere sostitutivo al giudice 
dell'ottemperanza sia molto meno risalente nel tempo in quanto, nel 1889, alla 
locuzione � giudizio di merito � si att.ribuiva il significato proc�ssual~civilistico 
della cognizione del giudice estesa al. fatto e non quello amministrativistico che 
dpveva matl,lrare decenni dopo -di un potere di giudizio diyerso sulla base 
di. un .Parametro di valutazione altro dalla norma giuridica, cio� del parametro 
della �pportunit� e della convenienza (4): . ancora nel )907 si distingueva infatti 
fra competenza della IV e . della V Sezione a seconda che si ritenesse la cognizione 
estesa o meno al fatto (5). 

Il legislatore del 1889, in realt�, quando istitu� la IV Sezione del Consiglio di 
Stato, intese insediare un organo amministrativo di vertice .con poteri giustiziali 
di annullamento che si poneva, in un sistema di giustizia interno, rispetto a 
quelli sottordinati, nella .stessa posizione in cui si pone nel giudizio civile la Cassazione 
rispetto ai giudici di merito. Logica, quindi, la previsione di attribuire 
eccezionalmente la cognizione anche ,del .fatto a,]. Consiglio .di Stato in sede di 
giudizio di ottemperanza, attesa la carenza, in quel giudizio, di una preventiva 
fase di merito. � 

L'assunto sembra d'altronde anche� dimostrato dal timidissimo e stentato 
avvio della giurisprudenza in materia: le prime pronunce si faranno attendere 
per circa venti anni e saranno�di portata estremamente riduttiva, escludendo che 
la conformazione al giudicato della Pubblica Amminist;razione fosse un vero e 
proprio dovere giuridico (tanto vero che per gravi ragioni poteva essere mantenuta 
in vita la situazione illegittima corrispondendo al privato l'id quod interest 
(6)) e riducendosi il potere decisorio del Consiglio di Stato ad una �autorit� 
esclusiva di interpretare la volont� inclusa nel giudicato� (7). 

3) L'estensione del rimedio al giudicato amministrativo. 

La IV Sezione del Consiglio di Stato, nata come organo amministrativo, si 
trasform� ben presto in organo giurisdizionale. 

Per effetto di una singolare eterogenesi, da un corpus normativo che affermava 
l'unicit� della giurisdizione in capo al giudice. ordinario e istituendo un 
procedimento amministrativo contenzioso quasi giudiziale interno all'Aministrazione, 
negava la ipotizzabilit� stessa di un giudice amministrativo, nacque infatti 
un giudice amministrativo incardinato nell'Amministrazione sull'esempio del mo


(3) Relazione governativa alla legge 31 marzo 1889 n. 5992. 
(4) U. PoTOTSCHNIG, Origini e prospettive del sindacato di merito nella giurisdizione amministrativa, 
in La giurisdizione amministrativa di merito, Firenze, 1969, 29 ss. 
(5) L. MIGLIORINI, L'istruzi?ne ne. processo amministrativo di legittimit�, Cedam. Padova, 
1977, 14. 

(6) Consiglio di Stato, V, 30 dicembre 1910, in Giur. it., 1911, III, 87. 
(7) Cassazione, 18 gennaio 1909, in Foro it., 1909, I, 227. 

PARTE II, QUESTIONI. 9) 

dello francese.. Un modello la .clii evoluzio1te doveva essere imitata bruciando le 
tappe: quella trasformazione da organo amministrativo in organo giurisdizionale 
Che aveva Chiesto tre quarti di secolQ al Consiglio di Stato transalpino doveva 
cons1.ttt1�rsi1 infatti; per la IV Sezione di quello italiano, . nel breve volgere di 
pochianni; 

� .���.�:E?.� noto; infatti; che la Cassazione dLRoma a� Sezioni Unite, con sentenza 
2l mat.zo. 1893 n.J71;riconobbe natura .giU;tisdizionale alla IV�Sezione.�del Consiglio
���ctt��.statc>. 

��ᥥ �.� Uria delle co:liseguenze di tale trasfoonazione fu� la� estensione del ��giudizio 
di ottemperanza -. congruente p�r .?agionistoriclie; .lqgiche, letterali .solo oon 
il.�giudi�ato civile -al..giudicata amministrativo. 

La decisione della IV Sezione che afferm�� il principio viene genericamente 
tacciata di l:if)oditticit�/come .es�mpio di �bruta normazione giurisprudenziale (9). 
A�ben legger�a pare, .. invece;�chei :essa .. contenga�una niotivazionescarna ma 
di. singolare. modernit�, in . quanto � equipl!\ra nella esigenza di tutela l'interesse 
legittimo .fatto. <valere dimmzi . al Consiglio di Stato al diritto soggettivo fatto 
valere: dirlanzi al giudice. ordinario~ Si legge> .infatti;. nella decisione .richiamata: 
<1 sempre sta fermQ il principio c~. logico inscindibile contenuto . della pronuncla 
dii' annullamento di atto anu:trlnistliativo si � la pronuncia dichiarativa: della le� 
sione.� da�.� parte dell'Amministrazione ,di� un interesse�� giuridicamente protetto 
e pertanto dell'obbligo della Amministrazione: alla re!!taurazione .del. medesimo )>, 
Segue da talLpremesS� � , , � che s.e I'Amm�hlatrazfon�; �di fronte al giudicata: amministrativ<>; 
$�si ;mantenuta in.� atteggiamenro negative}; poich� Ja perd1mmte 
omissione dell'Amministrazione sempre importa lesi9ne di �un Jegj.ttiino interesse 
delprivatdi ..:rlcono$ciutoe .diohiara;t-0, dal giudicato,bene .. �. da: .ritenersi in tal 
easo a:m:missibile. il ricorso del privato. all'atitorit� giurisdizionale >?e (in sede di 
giudizio di ottemperanza). � � 

�li/equiparazione fra..diritto. soggettivo, e interesse legittimo in sec;le di .ottemperanza 
� evitlente .~. altrettant� evidente> � �C.ome la esmen.za sostanziale della 
effettivit�. della tutela: abbia fati.o. premia: sulle. esigenze. Iogiche e. sistematiche 
che �non tonsentirebbero di equiparare . le. duec ipotesi; �A fronte delle sentenze 
del gjudiee civile, infatti; Yannttllamento delFatto ed. eventuali .ulteriori prnvvedimenti 
anmtlni#rativi. sono. dati esterni ed. ulteriori, mentre a fronte della 
decisione del giudice amministrativo� l'annullamento � dell'atto corrisponde alla 
sua intrinseca essenza e gli .ulteriori. ptovvedhnenti,sono atttconseguenziali. 
Altra interessante affermazione contenuta nella d�cisione citata� � quella 
relativa al contenuto della. statuizione di ottemperanza; cbe i< riconfermando, col 
sigillo di nuova pronuncia, la perdurante violazione del legittimo interesse del 
privato e l'obbligo dell'Amministrazione di ripararlo, costituir�, ove permanga 
sine iuxta causa, l'inazione dell'autorit� amministratiVa, Iegiale titolo all'interessato 
per. l'istanza, dinanzi alla competente autorit�, di rifazio;ne del danno �.. 

Si co.nferma cosl la portata riduttiva e meramente dicltlarativa ch� tendenzialmente 
il giudice ;;unminiStrat.i'Vo �assegna alle � de�isioni' di �ttei:riperariia. Una 
portata rlduttlva .che con poche evdIUziOJitle avrebbe acicom:Pagri:ate.praticamente 
fino alll'istffuzione dei TT.AA,RR. (10) e c:lie trova un preciso crisma l�gislat�vo 
nell'art. 26del T.U. sugliJmpiegati dviij dello Stato che definisce fa decisione 
del Consiglio di Stato coriclp.siva di un g~p.i,ilzio di ottemperanza a giudicato am" 

(8) Consiglio di Stato, IV, 9 marzo 1928 n. 181 e n. 182, in Giur. it., 1928, III, 123. 
(9) M. NIGRO, Il giudicato amministrativo e il processo di ottemperanza, in Atti del XXVII 
congresso di studi di scienza dell'Amministrazione, il giudizio di ottemperanza, Milano, 
1983, 65. 

(10) S. GIACCHBm, Un abito nuovo per il� giudizio di ottemperanza, in Foro Amm., 1979,
I, 2611. � . � . � .�.. 


96 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ministrativo come quella che � dichiara l'obbligo dell'autorit� amministrativa 
di conformarsi al giudicato �. 

In effetti, e pur in presenza di alcune eccezioni, sino a vent'anni or sono 
il giudice dell'ottemperanza ha utilizzato poteri sostitutivi solo in presenza di 
attivit� vincolata dall'Amministrazione ed il commissario ad acta nominato per 
l'ipotesi di perdurante inerzia dell'Amministrazione, veniva qualificato come 
organo straordinario dell'Amministrazione inadempiente, con ogni naturale conseguenza 
sul regime di impugnazione dei suoi atti. D'altra parte il giudizio di 
ottemperanza veniva ritenuto ammissibile solo in presenza di assoluta inerzia 

o di rifiuto dell'Amministrazione: l'interposizione di un atto purchessia (e purch�, 
negli ultimi tempi, non macroscopicamente elusivo) escludeva l'azione di ottemperanza 
e postulava l'ordinario regime impugnatorio. 
In una parola, come incisivamente osserva Franco Scoca, � all'epoca della 
istituzione dei Tribunali Amministrativi la giurisprudenza prevalente del Consiglio 
di Stato riteneva che il ricorso per ottemperanza fosse inammissibile ove 
l'Amministrazione avesse comunque adottato nuovi provvedimenti o l'ottemperanza 
comportasse attivit� discrezionali �, sicch� il processo di ottemperanza �si 
presentava come un tronco improduttivo � (11). 

Il giudizio � severo e. certamente condivisibile � de futuro �. Per quanto 
riguarda la costruzione pretoria elaborata fino ad allora, sembra possa osservarsi 
come essa fosse coerente con la concezione del giudizio amministrativo 
come giudizio sull'atto, sufficiente a fornire garanzie estrinseche di legalit�, ma 
inidoneo a garantire all'amministrato l'effettivit� della tutela, il godimento sostanziale 
dell'utilit� perseguita. 

Il giudizio di ottemperanza riproduceva, in altri termini, i limiti di quello 
generale di legittimit�: un giudizio che era stato, tutto sommato, adeguato ad 
un ordinamento in cui il privato aveva da far valere nei confronti del potere 
pubblico soprattutto interessi oppositivi ed in cui la tradizione della Pubblica 
Amministrazione era ancora ispirata a criteri di competenza e correttezza. 

Un importante risultato era stato comunque raggiunto: il giudizio di ottemperanza 
era stato esteso al giudicato amministrativo e la sua qualificazione 
come giudizio esteso al merito attribuiva al giudice dell'ottemperanza quei poteri 
sostitutivi che comportava la nuova accezione della contrapposizione legittimit�merito 
che nel frattempo era venuta maturando. 

Tali poteri sostitutivi erano stati fino allora poco o punto esercitati, ma 
di essi il giudice amministrativo, nel ventennio successivo, pur a situazione 
normativa immutata, avrebbe dimostrato di saper fare buon uso. 

4) L'istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali. 

Il sistema di giustizia amministrativa italiano, cos� come costruito dalla giu� 
risprudenza del Consiglio di Stato, con tutte le sue peculiarit� (prime tra tutte la 
categoria dell'interesse legittimo ed il suo singolare �giudizio di ottemperanza�) 
fu costituzionalizzato dalla Carta repubblicana nel 1948 in modo quasi notarile, 
con tutte le sue originalit� e le sue contraddizioni: basti pensare a quella che 
vede contrapporre da un lato la qualificazione dell'interesse legittimo come 
posizione soggettiva sostanziale (art. 24); dall'altro la qualificazione del giudizio 
amministrativo come giudizio sull'atto e quindi come giudizio cassatorio, inidoneo 
a garantire il riconoscimento di un bene della vita (art. 113). Unico, mo


(11) F. ScocA, Modello tradizionale e trasformazione del processo amministrativo dopo il 
primo decennale di attivit� dei TT.AA.RR., in Dir. proc. am.vo, 1985, I, 270. 

PARTE II, QUESTIONI 

desto elemento innovativo, l'introduzione del principio del doppio grado, con la 
previsione (art. 25) dell'istituzione a livello regionale di organi di giustizia amministrativa 
di primo grado. Previsione cui doveva dare attuazione la legge istitutiva 
dei TT .AA.RR. (6 dicembre 1971 n. 1034) che, com'� noto, non contiene alcuna 
rivoluzionaria innovazione normativa ed appare anzi, in larga misura, rispettosa 
delle formule tradizionali. In particolare, per quanto riguarda il giudizio di ottemperanza, 
il comportamento del legislatore appare paradigmatico, in quanto, 
da un lato, riproduce la vecchia formula che testualmente si riferisce al solo 
giudicato del giudice ordinario, dall'altro d� per presupposta ed avallata l'innovazione 
giurisprudenziale dell'estensione dell'istituto al giudicato amministrativo, 
ripartendo la competenza fra TA.R. e Consiglio di Stato (art. 37 legge TA.R.). 

Normativa costituzionale e normativa ordinaria sembravano dunque segnare, 
a prima vista, il consolidamento del sistema tradizionale di giustizia amministrativa. 
L'evoluzione della giurisprudenza, mostra invece una rapida e progressiva 
evoluzione dovuta a tutta una serie di fattori che trascendono il dato 
normativo. 

Vi � innanzi tutto la creazione di una nuova classe di giudici amministrativi 
italiani, di estrazione diversa da quella tradizionale del Consiglio di Stato 
e sganciati da ogni funzione . di consulenza. Ci� ha fatto s� che, nei confronti 
dell'Amministrazione, la giurisdizione amministrativa abbia manifestato, per la 
prima volta nella sua storia, un netto distacco, cui si aggiunge una nota di diffidenza 
e di sospetto ogniqualvolta la questione sottoposta al giudizio abbia una 
particolare rilevanza politica o comunque incida su fatti politicamente rilevanti 
(12). 

La diffusione � sul territorio � dei giudici amministrativi, il diffondersi della 
cultura ed il miglioramento del tenore di vita, hanno reso, poi, di massa una 
domanda di giustizia che prima era solo elitaria. 

A ci� si aggiunga la comparsa sulla scena del giudizio di nuovi soggetti, di 
parte privata e pubblica. 

Da un lato comparvero, infatti, gli enti esponenziali di interessi diffusi, dall'altro 
le Amministrazioni locali nella nuova dimensione portata dalla riforma 
regionale e dal decentramento, che hanno spostato il livello decisionale amministrativo 
da organi burocratici periferici ad organi politici elettivi, con un sicuro 
aumento di democraticit� del sistema ed un correlativo minor grado di competenza 
e di tecnicismo. 

Tra i fattori che hanno concorso ad incrementare la domanda di giustizia 
innanzi ai giudici amministrativi, infine, non va tralasciato quello dell'eccessiva 
produzione normativa che -frequentemente accompagnata dalla oscurit� dei 
testi di legge -� spesso fonte di incertezza sia in ordine all'individuazione della 
normativa vigente, che all'interpretazione di essa. Questo fenomeno, all'origine 
di numerose controversie, ha -negli ultimi tempi -assunto una tale portata 
da costringere la stessa Corte Costituzionale a prenderlo in considerazione come 
ragione di superamento di uno dei pi� importanti principi del nostro ordinamento, 
vale a dire quello sintetizzato nel brocardo � ignorantia legis non excusat � 
e codificato nell'art. 5 del c.p.. Con la sentenza n. 364 del 24 marzo 1988, infatti, 
la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimit� dell'art. 5 c.p. nella parte in 
cui non esclude dall'inescusabilit� dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza 
inevitabile, specificando altres� che tra le cause di ignoranza inevitabile rientra 
senz'altro la ridondanza, l'equivocit� e nebulosit� della normativa vigente. La 
Corte, in definitiva, non ha potuto che prendere atto di una realt� in cui la 

(12) F. PIGA, 150 anni del Consiglio di Stato, in Atti del Convegno celebrativo del 150� 
anniversario, Milano, 1983, 391. 

98 

RASSEGNA AWOCATURA DEU.O STATO 

produzione legislativa � non solo estremamente copiosa, ma spesso anche di 
difficile comprensione, destinata, per dir cos�, ad un ristretto gruppo di � ad� 
detti ai lavori � e -pertanto -fonte di incertezze ed incomprensioni che fini� 
scono di frequente col produrre contenzioso. 

La forza delle cose ha imposto quindi al nuovo giudice amministrativo di 
soddisfare un'esigenza di tutela sostanziale. 

La richiesta, sempre crescente, montante nella societ�, era che egli si trasformasse 
da giudice dell'atto in giudice del rapporto e della pretesa per la 
conseguibilit� di quel � bene della vita� che dovrebbe pur sempre essere conseguibile 
se � vero che l'interesse legittimo � una situazione sostanziale. Orbene, 
bench� stretto nelle angustie di una giurisdizione generale di legittimit� che 
rimane pur sempre una giurisdizione di annullamento, il giudice amministrativo 
italiano � riuscito a rendere giustizia nel rapporto attraverso una serie di strumenti 
indiretti. Si tratta, in definitiva, di una serie di� invenzioni giurisprudenziali 
che -in un modo o nell'altro -hanno permesso al giudice amministrativo 
di dare concretezza ad una tutela che, diversamente, avrebbe rischiato di rimanere 
a volte puramente nominale. Le strategie di volta in volta utilizzate per 
realizzare sostanzialmente giustizia sono state varie, prima fra tutte il potenziamento 
dello strumento cautelare. A tal proposito, significativa appare la prassi 
secondo cui la sospensiva viene applicata non solo ai provvedimenti ablatori 
dalla cui esecuzione possa derivare un danno grave ed irreparabile al privato come 
dovrebbe essere secondo un'applicazione rigida dell'art. 21 L. T.A.R. -ma 
anche a provvedimenti di contenuto ampliativo in. senso lato, quali quelli di ammissione 
a concorsi pubblici, di dispensa dal servizio di leva e di rinnovo di concessioni. 


Si tratta di un utilizzo in chiave � anticipatoria � dello strumento cautelare, 
nel senso che esso viene utilizzato per assicurare immediatamente al privato lo 
stesso risultato di un provvedimento ampliativo dell'Annhinistrazione, senza attendere 
i normali tempi di pronuncia della stessa, grazie ad un intervento sostitu� 
tivo del giudice. 

La stessa lbgica, tendente ad assicurare tutela pregnante e reale al privato 
interesse anche in sede cautelare, ha trovato, come � noto, cittadinanza anche in 
sede di iniziativa legislativa nel corso della decima legislatura. 

Sempre pi� spesso poi -onde garantire maggior concretezza alla protezione 
accordata al cittadino in sede giurisdizionale -il giudice amministrativo ricor� 
re a statuizioni atte a produrre effetti ordinatori o conformativi nei riguardi del� 
l'Amministrazione, cos� da vincolarne direttamente l'azione. Ci� determina una 
sorta di progressiva confluenza della funzione giurisdizionale in quella amministrativa, 
integrando un fenomeno che -per quanto apprezzabile sotto il profilo 
dell'effettivit� della tutela giurisdizionale dell'interesse privato -desta comunque 
non poche perplessit�, essendo difficilmente conciliabile con il fondamentale 
principio della divisione dei poteri. Volendo illustrare pi� precisamente ci� che 
si � verificato nella prassi, pu� dirsi che alcune pronunce concernenti l'impugnativa 
del. silenzio-rifiuto hanno rappresentato per i giudici l'occasione di superare 
il tradizionale orientamento giurisprudenziale secondo cui l'accertamento 
dell'obbligo di provvedere avrebbe carattere meramente preliminare e dovrebbe 
prescindere da qualsivoglia apprezzamento di carattere sostanziale (13). Tale 
tradizionale impostazione del problema precludeva ai giudici amministrativi ogni 
opportunit� di � invadere � la sfera di valutazione riservata all'Amministrazione. 
In tempi relativamente recenti, invece, la giurisprudenza ha compiuto un vero 

(13) Consiglio di Stato, 9 marzo 1984, n. 230, in Consiglio di Stato, 1984, I, 264 ss. 
. I 



PARTE U, QUllSTIONI 

e proprio � revirement � su questo� punto �(14), giungendo a stabilire che il 
giudice innanzi al quale sia stato impugnato. il silenzo-rifiuto dell'Amministrazione 
non debba limitarsi ad una pronuncia sull'obbligo dell'Amministrazione di provvedere, 
ma debba anche e soprattutto dettare una regola per �il caso concreto, 
fornendo all'Amministrazione i criteri: per l'orientamento del comportamento che 
dovr� in futuro tenere per adegtiarsi al giudicato. Ci� ovviamente postula da 
parte del giudice una sommaria valutazione. in ordine alla fondatezza della pretesa, 
altrimenti la pronuncia sul silenzio rischia di non assicurare al ricorrente 
alcuna utilit� concreta� 

Pertanto, nonostante l'orientamento appena segnalato; tuttora i giudici mostra.
zio t�la certa cautela quando � 1a pretesa del ricorrente investa materie nelle 
quali l'Amministrazione � chiamata a. fare uso di poteri discrezionali (15). 

. . Nel quadrO della tendenza, che si � andata esponendo,ad utilizzare strumenti 
indiretti onde attuare una pi� significativa protezfone .� delt� posii16ni private, 
sicolloca i:tltresl Ia<rielaborazione del giudizio di �tten:iperanza. D� questo si tratter� 
pi� complutamente nel paragrafo seguente, ma si pub fin d'ora anticipare 
che esso, a venti anni dall'istituzfone dei TT.AA.RR., appare istituto totalmente 
diverso rispetto al passato; tl'asfortxfato com'� da rozza e poco efficiente procedura 
in processo affinato; artieolat� e satisfattivo.. . . 

OvVianiente ilfu:efito dell'evoltizfone illustrata fin qit� non pu� attribufrsf 
in via esclushra ai TT.AA.RR,. Il traguardo raggiunto � il risitltato corale e 
:P6H:fonic6 deIIa fantasia, �della� scienza gfo.ridiea �e dell'esperienza��dei TT.AA.R.R., 
del Consig!icYdfGiustizia Amrriinistl'ativaper la Regione Siciliana e del Consiglio 
di Stato nelie sue Sezioni e nella sua Adunanza� Plemiria. 

Certo � per� �he � fondattl.entatmente inerito dei TT.AA..RR., nonch� della 
nuova realt� c6nt�'.l'lziosa che essi ha.D.no dovuto affrontare in sede locale, la 
prima elaborazforie dfquei fernieriti che dovevano portare al ripensamento della 
ottemperanza nelle sue ntiove d�nensioni .. 

5) Il nuovo giudizio di ottemperanza. 

La tumultuosa elaborazione giurisprudenziale dell'istituto, soprattutto a partire 
dalla famosa decisione dell'Adunanza Plenaria n. 73 � del 14 luglio 1973, ha 
reso effettiva quella �esecuzione forzata amministrativa i> (15) nata sulla carta ma 
solo sulla< carta -sin dall'estensione al giudicato amministrativo del gitidiZio 
di ottemperanza (16)~ 

� La �giurisprudenza ha � innovato;� profondamente �sia nell'individuazione dei 
presupposti di esperibilit� del rimedio, sia �nell'individuazione dei poteri del 
giudice e del commissario ad acta eventualmente nominato, sia nella creazione 
di giudizi. di ottemperanza atipici; 

Tutte tali innovazioni sono accomunate da un dato finalistico di effettivit�: 
il preordinamento �del giudizio di ottemperanza � al totale soddisfacimento della 
pretesa sostanziale del ricorrente vittorioso, al di l� dei limiti oggettivi tipici 
del giudicato di annullamento (17). 

(14) Consiglio di Stato, 5 marzo 1986, n. 237, in Consiglio di Stato, 1986, 1359 ss.; Consiglio 
di Stato, 23 gennaio 1989, n. 21 in Consiglio di Stato, 1989, I, 13 ss.; Consiglio di Stato, 
14 ottobre 1992, n. 762, in Consiglio di Stato, 1992, I, 1390. 

(15) A. PAJNO, Il giudizio di ottemperanza come processo di esecuzione, in Foro Amm., 
1981, I, 1648. � 
(16) M. S. GIANNINI, Contenuto e limiti del giudizio di ottemperanza, Milano, 1962 (Estrattodegli atti del convegno sull'adempimento del giudicato amministrativo 141, nota 14).
(17) R. VIVllNZ!o, op. cit., 1153. 
-



100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

A tal proposito, � bene sottolineare che si tratta di un giudizio di natura 

I Imista, in parte di cognizione (in quanto sede dell'accertamento circa la situazione 
di inadempimento), in parte di esecuzione (in quanto sede della pratica attuazione 
del giudicato). Sotto quest'ultimo profilo occorre dire che quello del giudizio 
di ottemperanza rimane comunque il solo mezzo efficiente per indurre 
l'Amministrazione a dare attuazione al giudicato, avendo dimostrato scarsa 
utilit� i mezzi di coercizione indiretta messi a disposizione dall'ordinamento. 

:� 

Tra questi rientrano la responsabilit� solidale ex art. 28 Costituzione dell'Amministrazione 
e del suo dipendente nei confronti di chi, in possesso di un provvedimento 
favorevole del giudice amministrativo, lo veda ingiustificatamente disatteso 
dall'Amministrazione e dal funzionario preposto a darvi attuazione, 
nonch� la responsabilit� penale per inosservanza di provvedimenti della pubblica 
autorit� (art. 650 c.p.) o per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento 
del giudice (art. 388 c.p.). 

Tra le elaborazioni giurisprudenziali a proposito del giudizio di ottemperanza 
di cui si � detto poc'anzi, significative appaiono quelle in tema di 
presupposti: a seguito di una tormentata evoluzione che ha visto porre in 
discussione la necessit� o meno del previo passaggio in giudicato della decisione 
da eseguire, la proponibilit� o meno del ricorso in presenza di atti pi� o meno 
macroscopicamente elusivi del giudicato, di atti che rappresentano un'esecuzione 
solo parziale, di atti preparatori dell'esecuzione e cos� via enumerando, � emersa 
una linea di tendenza assai precisa volta ad individuare il motivo fondante 
tipico dell'azione di ottemperanza nella violazione della regula iuris espressa 
dalla pronuncia definitiva del giudice. 

Ci� che � fondamentalmente rimasto invariato � solo il presupposto della 
preventiva formazione del giudicato, in quanto non � sembrato corretto, nel 
nome di una pi� sollecita attuazione dell'interesse privato, sacrificare il valore 
della certezza, forzando l'Amministrazione a dare attuazione ad una pronuncia 
ancora suscettibile di variazioni. 

Questo orientamento, peraltro, non � stato sempre del tutto pacifico, almeno 
nel caso in cui la sentenza da eseguire promanasse dal Consiglio di Stato. 
In tale eventualit�, infatti, ove pendessero ancora i termini per la proposizione 
del ricorso per difetto di giurisdizione o per revocazione, il Consiglio di Stato (18) 
ha risolto il problema nel senso dell'esperibilit� immediata del giudizio di ottemperanza, 
specie in considerazione del fatto che i rapporti pubblici non tollerano 
di rimanere a luogo ineseguiti frustrando le pretese dei privati; la posizione 
dell'Adunanza Plenaria, peraltro, � stata poi contraddetta dalla Cassazione (19) 
che ha ribadito la necessit� del passaggio in giudicato quale presupposto indefettibile 
dell'attivazione del rimedio dell'ottemperanza. 

Per quanto concerne l'esecuzione delle sentenze del T.A.R., l'orientamento 
del Consiglio di Stato � invece rimasto costante nel senso di esigere comunque 
la preventiva formazione del giudicato (20). 

Venendo all'esame del secondo presupposto del giudizio di ottemperanza, 
cio� la violazione dell'obbligo di conformarsi al giudicato, la tendenza �, come 
gi� accennato sopra, nel senso di estendere l'esperibilit� dell'azione ex art. 27 
legge T .A.R. dai soli casi di assoluto inadempimento ai cosiddetti casi di adem� 
pimento elusivo. Tanto il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione 

.{18) Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 21 marzo 1969, n. 10. 

(19) Cass., Sezioni Unite, 18 ~ettembre 1970, n. 1563. 
(20) Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 23 marzo 1979, n. 12; Adunanza Plenaria. 
aprile 1980, n. 10. 

PARTE Il, QUESTIONI 

Siciliana (21), quanto, sucessivamente, il Consiglio di Stato (22), nel sostenere 
la configurabilit� del giudizio di ottemperanza in presenza di provvedimenti 
successivi al giudicato non realmente satisfattori delle pretese private, hanno 
individuato il criterio distintivo fra l'azione annullatoria di legittimit� e quella 
di ottemperanza nel petitum sostanziale. Quest'ultimo, cio�, per fondare un 
giudizio di ottemperanza deve comportare la denuncia di comportamenti omissivi 
o anche commissivi che abbiano sostanzialmente violato l'obbligo di attenersi 
alle prescrizioni contenute in sentenza e di darvi attuazione (23). 

In correlazione con tale statuizione, va ricordata la fungibilit� del ricorso 
in ottemperanza con quello generale di legittimit� sempre in ragione del 
petitum sostanziale (24). 

In special modo quest'ultimo aspetto incide in modo favorevole sulla 
effettiva prot�zione del cittadino rispetto a possibili abusi da parte dell'Amministrazione. 
Infatti, proprio grazie al nuovo orientamento giurisprudenziale, 
risulta preclusa all'Amministrazione la possibilit� di frustrare la legittima 
aspirazione del privato a conseguire la reale attuazione del giudicato. Invero, 
spesso l'Amministrazione ha sostanzialmente differito ad infinitum l'attivazione 
del giudizio di ottemperanza attraverso la reiterata adozione di provvedimenti 
elusivi del giudicato, avverso i quali -prima del nuovo orientamento dei 
giudici -non era possibile esperire altra azione se non quella di annullamento. 
Era, insomma, l'Amministrazione a disporre -tramite il proprio comportamento 
-della scelta del tipo di azione esperibile dal privato. Il riferimento 
al pi� obiettivo criterio del petitum sostanziale supera invece definitivamente 
questo problema. 

Da quanto si � venuto dicendo emerge che il mancato rispetto dei criteri 
fissati dal giudicato per l'esercizio della discrezionalit� si traduce nel vizio 
speciale dell'eccesso di potere; l'inosservanza dei criteri individuati dalla legge 
processuale ad ulteriore delimitazione della discrezionalit� amministrativa 
gi� esplicata nell'atto annullato si traduce invece in un vizio a s�, quale la 
violazione del giudicato, azionabile ex art. 27 L. T.A.R. 

Una volta riconosciuto come presupposto sufficiente per l'azione di ottemperanza 
anche la mera elusione del giudicato, e teorizzato -quindi -un 
vero e proprio vizio di inattuazione del giudicato, si spiega altres� la statuizione 
del Consiglio di Stato (25) che ha affermato l'applicabilit� -anzich� del termine 
decadenziale di 60 gg. -del termine di prescrizione ordinario ex 
art. 2953 e.e. all'azione di ottemperanza avverso comportamenti commissivi o 
omissivi contrastanti col giudicato, statuizione che si giustifica in quanto 
l'atto che viola il giudicato va considerato nullo, tamquam non esset, insuscettibile 
quindi di consolidamento. 

In tema di poteri del giudice, � stata rivendicata la pi� assoluta pienezza 

di poteri sostitutivi; pienezza tale da consentire al giudice -o al commissario 

(21) Consiglio giust. amm. reg. sic., 25 febbraio 1981, n. 1, in Consiglio di Stato, 1981, 
l, 188 ss. 
(22) Consiglio di Stato V, 15 ottobre 1986, n. 556; Giur. it., 1987, III, 1, 91 ss.; Consiglio di 
Stato, VI 
3 febbraio 1992, n. 59, Giur. it., 1992, III 1, 579 ss. 
!23) V. CAIANIELLO, Manuale di diritto f.rocessuale amministrativo, Torino, 1994, 866; cfr. 

anche: Consiglio cli Stato, V, 27 maggio 199 , n. 874, in Giurisprudenza italiana, fase. V, parteIII, Sezione I, pag. 392, nonch� Consiglio di Stato, Sezione IV, 9 febbraio 1992, n. 59, in 
Giurisprudenza italiana, 1992, parte III, Sezione I, pag. 580, con nota di A. VERRANDO. 

(24) Consiglio cli Stato, Adunanza Plenaria, 30 aprile 1982, n. 12, in Consiglio di Stato, 
1982, I, 413. 
S. GIACCHETTI, La crisi di effettivit� della giustizia amministrativa e il ruolo del giudizio 
di ottemperanza, in Foro Amm., 1988, Il, 1604. 
(25) Consiglio di Stato, IV, 3 febbraio 1992, n. 59, in Dir. proc. amm., 1993, 191 ss., con 
commento di R. VILLALTA. 

102 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

ad acta da lui, o su una indicazione, nominato -di inserirsi nel � circuito decisionale 
� e � nell'ambito operativo � della Pubblica Amministrazione per ripristinare 
il continuum dell'attivit� amministrativa, al fine di consentire all'interessato 
il vantaggio riconosciutogli dalle sentenze (26). Di pi�, il Commissario ad acta anch'esso 
pura -e relativamente recente -creazione giurisprudenziale (27) -le


gato al giudice amministrativo da un nesso di strumentalit� (28) quale suo 
delegato, ausiliario o collaboratore (29), opera sotto il suo immanente controllo, 
cos� da poter essere definito come un soggetto funzionalmente complesso, classificabile 
in parte come organo dell'Amministrazione ed in parte come ausiliario 
del giudice. 

Sotto questo profilo, � bene porre in evidenza che l'intima connessione 
fra giudice dell'ottemperanza e Commissario ad acta � andata crescendo nel 
corso del tempo. Infatti, la giurisprudenza mostra che vi sono state due fasi 
ben distinte nella genesi storica del commissario ad acta. In un primo momento, 
i giudici evitano di provvedere direttamente alla nomina del Commissario, 
limitandosi a demandarla all'Amministrazione (30), mentre, a partire 
dagli anni Settanta, la tendenza si inverte ed � inizia a profilarsi la nomina 
diretta (31). 

Dunque, il Commissario ad acta pu� essere definito organo dell'Amministrazione 
in quanto svolge attivit� comunque a questa im}:)utabile, ed ausiliario 
del giudice in quanto � sfornito di discrezionalit� in ordine all'an, al quomodo 
ed al �quando dell'azione stessa (32). � 

La natura composta del commissario ad acta apre un'interessante problematica 
relativa al regime degli atti che esso adotta nell'espletamento delle 
sue funzioni. 

La� tendenza della giurisprudenza � nel senso di accentuare l'aspetto giurisdizionale 
del commissario ad acta e -quindi -dei suoi atti, cos� che degli 
stessi si afferma la ricorribilit� � innanzi �allo stesso giudice che ha nominato 
il commissario (33); il processo di ottemperanza rimane dunque � aperto � 
finch� la pretesa sostanziale del ricorrente non possa considerarsi completamente 
soddisfatta, in modo conforme alla sentenza da eseguire, dando vita a 
quella che � stata definita una ipotesi di � giudicato a formazione progressiva 
� (34). 

Non mancano peraltro orientamenti differenti che distinguono a seconda 
che l'atto commissariale venga impugnato per contrasto col giudicato o per 
altri vizi, ammettendo in tale ultima ipotesi l'ordinario ricorso di legittimit� (35). 

Si � accennato -in apertura di paragrafo -ad un� altro rilevante fenomeno 
emerso nel quadro evolutivo del giudizio di ottemperanza, vale a dire 
la creazione di giudizi di ottemperanza atipici. A questo proposito, giova consi


(26) Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 1 luglio 1978, n. 23, in Foro it., 1978, III, 449. 
(27) Consiglio di Stato, V, 22 aprile 1960, n. 266, in Rep. Foro lt., 1960, V, 1121. 
(28) Corte Costituzionale, 12 maggio 1977, n. 75, in Foro lt., 1977, I, 1623. 
(29) Contra C.G.A., che propende per la tesi dell'organo � dimidiato �, cfr. S. GIACCHETTI, 
11 Commissario ad acta nel giudizio di ottemperanza: si apre un dibattito, in Foro Amm., 
1986, II, 1967. 

(30) Per tutte vedi Consiglio di Stato, V, 7 aprile 1962, n. 304, in Foro lt., III. 329, 
Consiglio di Stato, VI, 18 marzo 1964, n. 258, in Foro It., 1964, III, 350. 
(31) Consiglio di Stato, V, 18 dicembre 1975, n. 1838, in Foro lt., III, 1322; T.A.R. Lazio, 
II, 26 novembre 1977, n. 21, in Foro It., 1977, III, 432, con nota di A. ROMANO; T.A.R. Campania, 
4 aprile 1978, n. 536, in Foro lt., 1978, III, 631. 
(32) C. giust. amm. reg. sic., 21 dicembre 1982, n. 92, in Foro amfn., 1983, I, 372. 
(33) Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 14 luglio 1978, n. 23, in Giustizia Civile, 1979, 
II, 117. 
(34) Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 15 marzo 1989, n. 7, in Consiglio di Stato, 
1989, 1227. 
(35) Consiglio di Stato, 27 novembre 1989, n. 771, in Consiglio di Stato, 1989, 11, I, 1412. 
....~1�1���~ 



.PAR1'B �II, QUESTIONI 

dera.re. cmne �la �.giuri:;;prudenza.. amministrativa abbia costrwto un'azione di� ot� 
temperanza avente.ad-0ggett� l'ordinanza di sospensiva; �attribuendo �allo stesso 
giudice che .ha. adottatoil provvedimento cautelare, il potere.� di ordinarne l'ese,. 
cuzione all'Amministrazione, eventualmente anche mediante s�stituzione diretta 

o .o.mina di commjssario a4 <acta (36), argomentando dal principio della 
concentrazion!\l, dinanz,\�. al. giudic!\l, della cautela, della fase . cognitoria e di 
quel.J.a esec.~iva;����.� 
Ulteriore :J!iudizio atipico .. � ..,., infine _,. q\lello avente ad oggetto le sen. 
tenze. dei 'rTAAilU~.. ;mm passate in giudicato e non sospese dal Consiglio�di Stato. 
Alcuni :TT.AA;J!Ul, .hanno~esso un ricorso ordinario� allo�.stesso giudic!\l di 
primo grado al fine di ottenere misure esecutive nei limiti degli effetti . :ripri� 
stinatori .ed esecutiyj, diretti .e non � irreversibili�. della decisione � (37),. Altre sen� 
.wnze ..�p:reflilrisco:p.o invece �nfida;i;:e � -la tutela . dell'esecuzione . alJ!esercizio dei 
poteri cautelari da parte-dello stesso giudice decidente (38). 

6) Considerazioni conclusive. 

11 postt.tl�fo'd�;t:l qu~le si s6no prese le mosse era che gli istituti della nostra 
giustizia amm!rnsfrati~a. come una certa casa regnante che non usciva mai da 
una guerra dalla stessa parte da cui era entrata, non sono mai usciti da una 
riforma nella direzione voluta dal legislatore. 

Pare che la storia del giudizio di ottemperanza sia una ulteriore riprova 
dell'assioma. 

La sofferta riforma di fine ottocento, articolata in ben tre tappe, (18651877-
1890) era stata ispirata dal principio guida della unicit� della giurisdizione 
in capo al giudice ordina.rio, cUi veniva affiancato non un giudice ma un 
organo amministrativo deliberante a garanzia oggettiva di legalit�. A chiusura 
e chiave di volta del sistema, veniva istituita l'azione di ottemperanza che 
consentiva, dopo la sentenza del giudice ordinario, l'adeguamento in via amministrativa 
dell'Amministrazione al pronunciato per una piena giustizia nell'Amministrazione 
e nel rispetto del principio della separazione dei poteri. 

Da quella riforma che negava qualunque giudice amministrativo, nacque, 
come tutti sappiamo, un giudice amministrativo sull'esempio del modello 
francese, con un magistero cassatorio di annullamento e che per� estese ai 
ai suoi pronunciati -pur con tutte le cautele e le timidezze che abbiamo 
visto -il rimedio dell'ottemperanza con conseguenze teoriche immediate 
di imbricazione fra giudiziario ed esecutivo e con implicazioni pratiche future 
che sono diventate adesso attuali. 

La crisi di trasformazione che adesso la nostra giustizia amministrativa 
sta attraversando, sembra volgere verso un modello di tutela effettiva e tendente, 
per quanto possibile, a far conseguire all'amministrato nel processo 
l'utilit� sostanziale persegllita e non solo il mero valore formale della eliminazione 
dell'atto, cos� volgendo verso schemi tipici del sistema tedesco. Momento 
importante di questo processo di trasformazione �, come si � visto, la co


(36) Consiglio di Stato, IV, 20 agosto 1991, n. 660, in Giur. it., 1992, III, 1, 382. 
(37) R. VIVENZIO, op. cit., 1167 e Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 30 aprile 1982, 
n. 6 ivi cit. 
(38) T .A.R. Lazio, I, 27 febbraio 1986, n. 152, in Trbibunali Amministrativi Regionali, 1986, 
I. 991; T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, 20 gennaio 1990, in Tribunali Amministrativi Regionali, 
1990. T. 10~7 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

struzione pretoria di un giudizio di ottemperanza totalmente nuovo: paradossal< 
mente, per�, questa trasformazione avviene sotto l'impero di una legge costituzionale 
-e successiva -dichiaratamente ed effettivamente volta a potenziare 
il vecchio modello di ispirazione francese. 



Decisamente l'effetto paradosso caratterizza da sempre le leggi amministrative: 
la stessa nascita del diritto amministrativo, ebbe, secondo gli storici 
pi� accreditati, il compito di fornire alla borghesia emergente nuovi manici 
per meglio maneggiare antiche mannaie. La matrice autoritaria non imped� 
per� al nuovo diritto di esprimere l'effetto paradosso della creazione di valori 
di libert� e di giustizia attraverso l'opera coraggiosa del Consiglio di Stato 
francese. 

I

Qualcosa di simile � accaduto al nostro giudizio di ottemperanza: creato 
per garantire la piena conformit� dell'azione dell'Amministrazione al giudicato 
del giudice ordinario nell'assoluto rispetto delle rispettive competenze, ha 
finito per consentire al giudice amministrativo, in un singolare processo di 
eterogenesi, di sostituirsi all'Amministrazione al fine di far conseguire all'amministrato 
una effettivit� di tutela. 

IGNAZIO 
FRANCESCO CARAM:AZZA 
MARINA Russo 



RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

codice civile, art. 156, sesto comma, nella parte in cui non prevede che il 
giudice istruttore possa adottare nel corso . della causa di separazione il provvedimento 
di ordinare ai terzi debitori del coniuge obbligato al mantenimento di 
versare una parte delle somme direttamente agli aventi diritto. 

Sentenza 6 luglio 1994, n. 278, G. U. 13 luglio 1994, n. 29. 

codice penale, art..341, primo comma, nella parte in cui prevede come mi� 
nimo edittale la redusione per mesi sei. 

Sentenza 25 luglio 1994, n. 341, G; U. 3 agosto 1994, n. 32. 

codice di procedura penale del 1930, art. 88, quinto comma, nella parte in 
cui non prevede che, in caso di accertato impedimento fisico permanente 
di durata indeterminabile che non permetta all'imputato di comparire all'udienza, 
ove questi non consenta che il dibattimento prosegua . in sua assenza, 
il giudice possa autorizzare la parte civile a proporre l'azione civile davanti 
al giudice civile. 

Sentenza 22 luglio 1994, n. 330, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. 

codice di procedura penale, artt. 516 e 517, nella parte in cui non prevedono 
la facolt� dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione 
di pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, relativamente 
al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la 
nuova contestazione concerne un fatto che gi� risultava dagli atti di indagine 
al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha 
tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena 
in ordine alle originarie imputazioni. � 

Sentenza 30 giugno 1994, n. 265, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. 

codice di procedura penale, art. 600, terzo comma, nella parte in cui 
prevede che il giudice d'appello pu� disporre la sospensione dell'esecuzione 
della condanna al pagamento della provvisionale � quando possa derivarne grave 
e irreparabile danno �, anzich� � quando ricorrono gravi motivi �. 

Sentenza 27 luglio 1994, n. 353, G. U. 3� agosto 1994, n. 32. 

codice penale militare di pace, art. 365, primo e secondo comma. 

Sentenza 15 luglio 1994, n. 301, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. 

. -. -....... -..... ..... . .... -... . :::


--~.,...

~ 



106 

���RASSEGNA AVVOCA'fURA�DELLO STATO 

legge 3 febbraio 1964, n. 3, art. 8, secondo comma, nella parte in cui non 

prevede che si applichi la disciplina di cui all'art. 2, quinto comma, della legge 
23 aprile 1981, n. 154. 

Sentenza 23. dicembre 1994, n. 438, G. U. 28 dicembre .1994, n. 53. 

legge 3 febbraio 1964, n. 3, art. 8, secondo comma, nella parte in cui prevede 
che le cause di ineleggibilit� indicate nel comma precedente non hanno 
effetto se le funzioni esercitate siano cessate � almeno centottanta giorni prima 
della data di scadenza del quadriennio [ora quinquennio] di durata del Consiglio 
regionale>>, anzich� �non oltre il giorno fissato per la presentazione delle 
candidature �. 

Sentenza 23 dicembre 1994, n. 438, G. U. �28 dicembre �1994, n. 53. 

legge 3 febbraio 1964, n. 3, art. 8,. terzo e quarto comma. 

Sentenza 23 dicembre 1994, n. 438, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

legge 3 febbraio 1964, n. 3, art. 33, nella parte in cui prevede l'esperibilit�, 
contro le deliberazioni del Consiglio regionale in.� n:{~teria di eleggibilit�, 
del ricorso giurisdizionale alla Corte d'.appello. di Trieste secondo la procedura 
ivi indicata, anzich� dei mezzi di impugnazione disciplinati nell'art. 19 della 
legge 17 febbraio 1968, n. 108. 

Sentenza 23 dicembre 1994, n. 438, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 39, nella parte in cui� non prevede, nelle 
controversie di cui agli attt. 38 e 40 stesso d.P.R., l'esperimento dell'azione 
giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo. 
Sentenza 27 luglio 1994, n. 360, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 52, secondo comma, lettera b), nella 
parte in cui non prevede che il coniuge del debitore 'possa proporre opposizione 
di terzo per i beni mobili ad esso pervenuti. per atto pubblico di donazione 
di data anteriore �al matrimonio. 
Sentenza .27 luglio 1994, n. 358, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Lazio 15 febbraio 1974, n. 13, art. 4, primo comma, e 5, primo 
e secondo comma. 

Sentenza 23 dicembre 1994, n. 441, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

~egge 31 maggio 1975, n. 191, ~�t�.23, secondo comma, nella parte in cui 
non prevede il numero 6) dell'art. 22, primo comma, tra le ipotesi in cui non 
� applicabile il primo comma dell'art. 23 della st~ssa legge. 

Sentenza 25 luglio 1994, n. 340, G. U. 3 ag<,Jsto 1994, n. 32. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, primo comma, secondo periodo, come 
sostituito dall'art. 15, primo comma, lett. a), del d.I. 8 giugno 1992, n. 306 [con� 
vertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356], nella. parte in cui non prevede che i 



PARTE II, RASSEGNA l>I LEGISLAZIONE 

benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi 
anche nel caso in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata 
nella sentenza di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con 

la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in 
maniera certa l'attualit� di collegamenti con la criminalit� organizzata. 

Sentenza 27 luglio 1994, n. 357, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Sicilia 24 luglio 1978, n. 17, art. 4, nella parte in cui non prevede 
che, nei confronti del titolare di pi� pensioni o assegni vitalizi, ferma restando 
la spettanza ad un solo titolo dell'indennit� di contingenza e di ogni altra 
maggiorazione dipendente dall'adeguamento al costo della vita, debba comunque 
farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione 
previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, nonch� nella parte in cui, 
riguardo al pensionato che presta attivit� retribuita, non determina la misura 
della retribuzione complessiva oltre la quale diventi operante il divieto di 
cumulo dell'indennit� di contingenza relativa al trattamento pensionistico con 
le indennit� dirette all'adeguamento al costo della vita del trattamento di 
attivit�. 

Sentenza 7 novembre 1994, n. 376, G. U. 16 novembre 1994, n. 47. 

d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, tabella allegato 2, nella parte in cui, ai fini 
dell'inquadramento nella poslZlone funzionale di chimico-coadiutore dei 
chimici provenienti dagli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, che alla 
data del 20 dicembre 1979 prestavano attivit� nei suddetti enti con la prima 
qualifica del ruolo professionale, richiede che gli stessi fossero preposti alla 
direzione di struttura organizzativa da oltre un anno e avessero maturato 
una anzianit� di servizio di dieci anni alla data di entrata in vigore del d.P.R. 
20 dicembre 1979, n. 761. 
Sentenza 28 novembre 1994, n. 404, G. U. 7 dicembre 1994, n. 50. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 21, terzo comma, nella parte in cui 
prevede la confisca del veicolo privo della carta di circolazione, anche se gi� 
immatricolato. 

Sentenza 27 ottobre 1994, n. 371, G. U. 2 novembre 1994, n. 45. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 102, terzo comma, nella parte in cui 
stabilisce che, agli effetti della conversione delle pene pecuniarie non eseguite 
per insolvibilit� del condannato, il ragguaglio ha luogo calcolando venticinquemila 
lire, o frazione di venticinquemila lire, anzich� settantacinquemila lire, o 
frazione di settantacinquemila lire, di pena pecuniaria per un giorno di libert� 
controllata. 

Sentenza 23 dicembre 1994, n. 440, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, ottavo comma, nella parte in cui non 
prevede che, nel caso di esercizio durante l'ultimo quinquennio di contribuzione 
di attivit� lavorativa, meno retribuita da parte di un lavoratore che abbia 
gi� conseguito la prescritta anzianit� contributiva, la pensione liquidata non 
possa essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata, al raggiungi



1.08 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

mento dell'et� pensionabile, escludendo dal computo, ad ogni effetto, i periodi 
di minore retribuzione, in quanto non necessari ai fini del requisito dell'anzianit� 
contributiva minima. 

Sentenza 30 giugno 1994, n. 264, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. 

legge reg. Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91, artt. 22, secondo comma, e 
21, sesto comma. 

Sentenza 15 luglio 1994, n. 303, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. 

d.l. 21 .marzo 1988, n. 86, art. 7, quarto comma [convertito in legge 20 maggio 
1988, n. 160], nella parte in cui per i lavoratori agricoli aventi diritto al 
trattamento speciale di disoccupazione non prevede, a decorrere dalla data 
di entrata in vigore del decreto medesimo, un meccanismo di adeguamento 
monetario dell'indennit� ordinaria spettante, per le giornate eccedenti quelle 
di trattamento speciale, nella misura indicata dall'art. 13 del d.l. 2 marzo 1974, 
n. 30, convertito nella legge 16 aprile 1974, n. 114. 
Sentenza 13 luglio 1994, n. 288, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. 

legge 27 aprile 1989, n. 154, art. 2, comma sesto-bis, nella parte in cui 
mediante l'equiparazione tra i vitalizi di cui al secondo comma dell'art. 24 ed 
al penultimo comma dell'art. 29 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e le rendite 
vitalizie di cui al comma primo, lett. h) dell'art. 47 del testo unico approvato 
con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 -riconosce a favore degli stessi vitalizi, 
ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, un trattamento tributario 
privilegiato, con l'abbattimento della base imponibile al 60 per cento del 
reddito percepito. 

Sentenza 13 luglio 1994, n. 289, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. 

legge 6 agosto 1990, n. 223, art. 15, quarto comma, nella parte relativa alla 
radiodiffusione televisiva. 

Sentenza 7 dicembre 1994, n. 420, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 

d.I. 8 giugno 1992, n. 306, art. 25�quater, primo comma [convertito in legge 
7 agosto 1992, n. 356], nella parte in cui non prevede che il procuratore nazionale 
antimafia pu� disporre, con decreto motivato, il soggiorno cautelare 
soltanto in via provvisoria, con l'obbligo di chiedere contestualmente l'adozione 
del provvedimento definitivo al tribunale, ai sensi dell'art. 4 della legge 27 dicembre 
1956, n. 1423 e successive modificazioni, il quale decide, a pena di decadenza, 
nei termini e con le procedure previste dall'anzidetto art. 4 della legge 
medesima. 
Sentenza 7 dicembre 1994, n. 419, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 

d.I. 8 giugno 1992, n. 306, art. 25�quater, quinto comma [convertito dalla 
legge 7 agosto 1992, n. 356]. 
Sentenza 7 dicembre 1994, n. 419, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 


PARTE Il, RASSEGNA IJI LEGISLAZIONE 

d.l. 19 settembre 1992, n. 384, art. 1, commi 1 e 2-quinquies [convertito nella 
legge 14 novembre 1992, n. 438], nella parte in cui differisce, fino al 1� gennaio 
1994, la corresponsione della pensione per il personale della scuola collocato 
a riposo, per dimissioni, dal 1� settembre 1993. 
Sentenza 23 dicembre 1994, n. 439, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 19, secondo comma [come sostituito dall'art. 
20 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517], nella parte in cui 
qualifica come norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica 
le disposizioni ivi indicate, e non solo i principi da esse desumibili. 

Sentenza 27 luglio 1994, n. 354, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

d.l. 22 maggio 1993, n. 155, art. 5, comma I-bis [convertito in legge 19 luglio 
1993, n. 243]. 
Sentenza 23 dicembre 1994, n. 439, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

d.lgs. 30 giugno 1993, n. 269, art. 2, secondo comma, nella parte in cui non 
prevede che per il riconoscimento del carattere scientifico degli istituti e la 
relativa revoca � sentita la regione interessata. 

Sentenza 25 luglio 1994, n. 338, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

d.Igs. 30 giugno 1993, n. 269, artt. 3, secondo comma e 8, nella parte in cui 
non prevedono che del consiglio di amministrazione e del collegio dei revisori 
degli istituti di ricovero e cura con personalit� giuridica di diritto pubblico 
fanno parte, rispettivamente, due rappresentanti ed un rappresentante della 
regione. 

Sentenza 25 luglio 1994, n. 338, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Toscana riapprovata il 15 settembre 1993. 

Sentenza 13 luglio 1994, n. 287, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. 

legge reg. Lazio riapprovata il 23 settembre 1993, art. 1, punti 2 e 3. 

Sentenza 20 luglio 1994, n. 313, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. 

legge reg. Liguria riapprovata il 5 ottobre 1993. 

Sentenza 27 luglio 1994, n. 359, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Piemonte riapprovata il 12 ottobre 1993. 

Sentenza 25 luglio 1994, n. 339, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Sardegna riapprovata il 3 novembre 1993, artt. 23 e 24 e intero 
titolo IV. 

Sentenza 13 luglio 1994, n. 290, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. 


110 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 


legge reg. Lazio riapprovata il 10 novembre 1993, art. 8, ottavo comma. 

Sentenza 20 luglio 1994, n. 314, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. 

legge reg. Lazio riapprovata il 10 novembre 1993, art. 9, primo comma, nella 
parte in cui prevede l'ammissione ai concorsi speciali per la sesta qualifica 
anche degli appartenenti alla quarta qualifica. 

Sentenza 20 luglio 1994, n. 314, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. 

d.lgs. 10 novembre 1993, n. 470, art. 3, nella parte in cui ha sostituito il 
terzo comma dell'art. 13, del d.lgs 3 febbraio 1993, n. 29. 

Sentenza 7 novembre 1994, n. 383, G. U. 16 novembre 1994, n. 47. 

d.l. 4 dicembre 1993, n. 496, art. 3, primo comma, ultimo periodo [convertito 
in legge 21 gennaio 1994, n. 61], nella parte in cui stabilisce che le agenzie 
provinciali sono poste sotto la vigilanza � della presidenza della giunta provinciale
�, anzich� � della provincia autonoma�. 
Sentenza 27 luglio 1994, n. 356, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

dJ. 4 dicembre 1993, n. 496, art. 7 [convertito in legge 21 gennaio 1994, n. 61], 
nella parte in cui dispone che le norme in esso contenute si applicano direttamente 
nelle province autonome di Trento e di Bolzano fino alla adozione da 
parte delle stesse di apposita normativa. 

Sentenza 27 luglio 1994, n. 356, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, comma 23, primo periodo, in relazione 
al tempo successivo alla data di entrata in vigore della legge n. 160 
del 1988. 

Sentenza 13 luglio 1994, n. 288, G. U. 20 luglio 1994, n. 30. 

legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 12, quinto comma, nella parte in cui 
prevede che le anticipazioni annue possano essere erogate solo in relazione 
� ad impegni di accertata urgenza, sulla base di specifiche intese �, e non 
secondo la procedura di cui all'art. 10, comma 6, del decreto legislativo 16 marzo 
1992, n. 268. 

Sentenza 27 luglio 1994, n. 355, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 12, nono comma, secondo periodo, 
nella parte in cui qualifica come norme fondamentali di riforma economicosociale 
della Repubblica le disposizioni del decreto legislativo n. 502 del 1992 
ivi indicato, e non solo i principi da esse desumibili. 

Sentenza 27 luglio 1994, n. 355, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Calabria, riapprovata il 28 dicembre 1993, con deliberazione n. 323, 
Sentenza 6 luglio 1994, n. 279, G. U. 13 luglio 1994, n. 29. 

legge reg. Calabria, riapprovata il 28 dicembre 1993, con deliberazione n. 325. 
Sentenza 6 luglio 1994, n. 279, G. U. 13 luglio 1994, n. 29. 



PARTE II, RASSI!GNA ))I LBGISLJ\ZlONE :J.t1. 

Jegge'regi. Calabria;, l'iapprovata il 21:di�enibr� 199$, :emi deliber�zloJi�. JL 326. 

�/s�ntema 6Iugllo 1994; ri. 279;� a.&:'���13 luglio 1'994, h. '29: .�,,.... ' 
legge 4 gennafu 19941 n~ 10i art..4,: nella parte in cui non . prevede l'obbligo 
di intesa con la Regione autonom� Valle d'Aosta da parte del Ministro per 
l'-iet,t4 p~~ pr<;!'JN~4~re.�~Q~ Pl.'9.Prii;t qe~$i!W aUI~~~1ll!llntQ ge!la disciplina 
dei parchi )!lazi:ona;If di et.ii all'art. 35, primo e secondo c�:m.ma, della 
legge 6 dicembre 12?1, n, J?4. . 

Sentenza 15 lugllo �994. n. 302, G. U. 20 lt1glio 1994, ~. 30. 

�..........�1;gg;�� 4�g;i�iid~��19i14; ii;")d~ �~t'. 4; ';eila.��11ai7Uih�� c�d��1J~preve~1e;~~�atj;va� 


mente al Parco nazionale dello Stelvio, elle. per l'aciegi.iaille:�ifo della rusciplina 
dei parchi nazion�ii di ctii all'art; 35, prltn<) � seci6nd<.l oomma; della ::legge 
6 dicembre 1991, n. 394, si provveda in base a quanto stabilito dalle norme 
di .attuazione��.� d~Q�. statutQi spee.iale. pet:o. Ia : Regione Trentino-A).ta Adlg~ �.emanate 
con d.P .R. 22 marzo 1974, n. Zl9. . 

Sententa 15 luglio 199~:h-n+ 3Q2,. G.� u ... 20'��l.gli(.)'�1994;1l:,.30, ��.. 

._.,. ,l"~~e: ~. gel'.J!'a'oJ~1~,P�~~n~; J�:P.fim(k s~~"'1~~ ~~�... (J,~aft~,-~,.fl:.lnto 
conuna, nella parte in cui si eswt;1d.e �alle-:e.i;ovin~ .av.tqno!lle di. Tr~to e di 
B�lzano, e art. 30, _primo connl'la,. lett'�re -bf e c). nella .. parte ill cui p~evede 
l'intervento di orgamsriii sfatali senza rlc!ottet�. all'intesa 'Cori ie Pfovmce auto


nome e al di fuori del piano generale provinciale, anche quando non si trattidr�g.ra:nru�ae'riV�:lifoni a'ise6po idr&et�ttri2& . ' , �� ����'::-//.� ,.-��:> �'�>/�.:. 


Sentenza 1 dicembre 1994; 'tr:. 412; G; u. 14 dicehiore 1994; n~ 51; / 

�>��� legg� apptovata�� daftfl�sselt1blea'�� dgtoi\iile 'si�lliatta' u��' 4 �narz(f �� 1994, 
artt. 2, '-�~. 7. ... ... .:-.,.,�.,,,��, .:;.;'�.'. �......... , :.<;i.:...:�� 
Sentenza 23 dicembre 1994, n. 437, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

;.;:.: .:�...�:�. :-� ..:. : :-~ ": ::'.�:::� ~ ..:: ��:��� ,. ;: :::: :.:\.:'.;..~�~:: :::�:: :_ . -:� ��: ::;_:::���. 


legge teg. V.mbriii ~PPr:ovata: it 31 piarzo.. 1994��. ,�. 

Sentenza 10 novembre 1994, n. 384, G. U. 16 novembre 1994, n. 47. 

. :_::,;,.:--~ ._;. ~-:�-::� :: ::: ~: ::x: .:.v:�::�: -:~ ~ 

. : ���-d�D.bera � legtS�ativa appro'liltta d�l :ConStglio �regionale del LM.io il 13 :ott"bre 
1993 e riapprovata il 20 aprile '1994/atti '4, commi 1,, >2( 4;::-s-; 6, 'prim� 
periodo. ,; ./: ...,.. .�.� , �'' 

. Sentenza 23 dicembre 1994, n. 441,_ G. U. 2~,.~~:-m~re .,{~~4, n. 53. 

. :: .~, 

II -QUESTIONI DICHIARATE NO~ .FONDATE ; 

codice civile, art� 2043 {artt, 2, 3 e .32;. dell,a .Cost~tuzione). 

Sentenza Zl ottobre 1994, n. 372, G. U. 2 novembre 1994, n. 45. 

.� ""���� 

~�� ~� 

codice civile, art. 2059 (artt. 2, 3 e 32 della Costituzione); 

Sentenza 27 ottobre 1994, rt. 372, G. U~ 2 novembre 1994/ n. 45. 


112 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, testo delle norme di attuazione approvato con 

d. leg. 28 luglio 1989, n. 271, art. 156, primo e secondo comma (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 
Sentenza� 7 dicembre 1994, n. 413, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 

codice di procedura penale, art. 213 (artt. 3 e 24; secondo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 30 giugno 1994, n. 267, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. 

codice di procedura penale, artt. 468, primo comma, 567, secondo comma 
e 495, terio comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Sentenza 6 luglio 1994, n. 284, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

codice di procedura penale, art. 500, primo e quarto comma (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

S�ntenza 28 novembre 1994, n. 407, G. U. 7 dicembre 1994, n. 50. 

codice di procedura penale, artt. 549 e 21, terzo comma (artt. 3, 24, secondo 
comma, e 25, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 6 luglio 1994, n. 280, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

codice di procedura penale, art. 561, commi 1 e 2 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1994, n. 305, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

codice di procedura penale, art. 660, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 22 luglio 1994, n. 331, G. U. 10 agosto 1994, n. 33. 

codice penale militare di pace, art. 199 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 28 novembre 1994, n. 405, G. U. 7 dicembre 1994, n. 50. 


r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1, nella parte in cui non esonera dal fallimento 
le piccole societ� commerciali, a differenza delle societ� artigiane di cui alla 
legge 8 agosto 1985, n. 443 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 30 giugno 1994, n. 266, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 195, primo comma (artt. 3, primo comma, e 
24 della Costituzione). 
Sentenza 27 luglio 1994, n. 363, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. 

r.d. 16 marzo 1942, J:\. 267, art. 228 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 7 dicembre 1994, n. 414, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 
legge 26 ottobre 1957, n. 1047, art. 5, quinto comma (artt. 3, 38, secondo 
comma, e 52 della Costituzione). 

Sentenza 20 dicembre 1994, n. 434, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 



PARTE II, RASSEGNA. DI LEGISLAZIONE 

legge 15 febbraio 1958, n. 46, artt. 11 e .12 [come modificati dagli artt. 81 
e 82 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092] (artt 3, 29 e 31 � della� Costituzione). 

Sentenza 23 novembre 1994, n. 399, G. U. 30 novembre 1994, n. 49. 

d.P.R. 15 .giugno 1959, n. 393, art. 142 [come modificato dalla legge 24 mar� 
:z;o 1989, n. 122] (art. 24 della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1994, n. � 311, �G. U. �3 agosto 1994, � n; 32. 

d.PR. 15 giugno 1959, n. 393,. artt. 142, quinto com.nia; e 142-bls [come modificati 
dalla legge 24 mano 1989, n. 122] (art. 24 della Costituzione). 

Sentenza 15 luglio 1994, n. 311, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1994, n. 310, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 
legge 15 luglli> 1966, n. 6�4,. art. 8 (artt;3 e 44 ��della�.Costituzio:ne). 
Sentenza 23 novembre 1994, n. 49, G. U. 30 novembre 1994, n. 49. 


legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 15, tetto comma (artt 3, 36 e 38 della 
Costituzione). 

Sentenza 30 giugno 1994, n. 264, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 26, quarto comma (artt. 53 e 76 della 
Costituzione). 
Sentenza 30 giugno 1994, n. 272, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. 

legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, prbno comma, prbno periodo [come 
sostituito dall'art. 15, prbno comma, lett. a), del dJ. 8 giugno 1992, n. 306] 
(artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Sentema 27 luglio 1994, n. 361, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, teno comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 13 luglio 1994, n. 294, G. U. 3 agosto 1994, n. 32 

legge reg. Campania 27 ottobre 1978, n. 46, artt. 1, 2, 5 e 6, prbno colDlllll 
(artt. 2, 3 e 32 della CostituziqJ:le). 

Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Campania 27. ottobre 1978, n. 46, artt. 1, 2, 5 e 6, prbno comma 
(art. 117 della Costituzione). 

Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 16 (artt. 3 e 37 della Costituzione). 
Sentenza 13 luglio 1994, n. 296, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 


114 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

dJ. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 10, ultimo comma [come convertito nella 
legge 25 marzo 1983, n. 79 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Sentenza 20 dicembre 1994, n. 433, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

legge 18 febbraio 1983, n. 47, art. 3, primo e secondo comma (artt. 3, 35, 

36 e 38 della Costituzione). 
Sentenza 30 giugno 1994, n. 270, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. 

legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 6, primo comma (art. 2 della Costituzione). 
Sentenza 6 luglio 1994, n. 281, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Campania 15 marzo 1984, n. 11, art. 14 (artt. 2, 3 e 32 della 
Costituzione). 

Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Campania 15 marzo 1984, n. 11, art. 14 (art. 117 della Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Campania 8 .marzo 1985,.n. 12 (artt. 2, 3 e 32 ~:lella Costituzione). 
Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge reg. Campania 8 marzo 1985, n. 12 (art. 117 della Costituzione). 

Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

d.1. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1-sexies, secondo comma [introdotto dall'art. 
1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 20 luglio 1994, n. 318, G. U. 10 agosto 1994, n. 33. 

legge reg. Campania 27 giugno 1987, n. 35, art. 5 (artt. 117, primo comma, e 
42, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 7 novembre 1994, n. 379, G. U. 16 novembre 1994, n. 47. 

d.1. 4 agosto 1987, n. 325, art. 4, primo comma, lett. d.), e quinto comma 
[convertito in legge 30 ottobre 1987, n. 402] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 13 luglio 1994, n. 297, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, art. 17, sesto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione 
e 100 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). 
Sentenza 30 giugno 1994, n. 271, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. 

d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, art. 7, comma 12-bis [convertito dalla legge 
28 febbraio 1990, n. 39], nel testo introdotto dall'art. 8, primo comma, del d. l. 
14 giugno 1993, n. 187 [convertito dalla legge 12 agosto 1993, n. 296], (artt. 3 e 27, 
terzo comma, della Costituzione). 
Sentenza 6 luglio 1994, n. 283, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

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~. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ttJ 

legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, comma 4-quinquies [introdotto dall'art. 
1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16] (artt. 3, 24, secondo comma, e 51 della 
Costituzione). 

Sentenza 13 luglio 1994, n. 295, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge 8 giugno 1990, n. 142, art. 63, secondo comma (artt. 76 e 133 della 
Costituzione). 

Sentenza 25 luglio 1994, n. 347, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. 

legge 6 ag<:>sto 1990, n. 223, art. 3, undi.cesimo comma (artt. 3, 21, 41 e 97 
della Costitmione). 

Sentenza 7 dicembre 1994, n. 420, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 

legge reg. Toscana 26 novembre 1990, n. 67 (artt. 101, secondo comma, 103, 
primo comma, 108, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 23 novembre 1994, n. 397, G. U. 30 novembre 1994, n. 49. 

legge 23 luglio 1991,. n. 223, art. 5, primo comma, (artt. 3, 39 e 41, primo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 30 giugno 1994, n. 268, G. U. 6 luglio 1994, n. 28. 

legge 23 luglio 1991, n. 223, art. 27, primo comma (artt. 3 e 37 della 
Costituzione). 
Sentenza 25 luglio 1994, n. 345, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. 

legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 7, terzo comma, prima parte (artt. 24, 
25, 101, 102, 103, 104, primo comma, 108, secondo comma, e 113 della Costituzione). 

Sentenza 10 novembre 1994, n. 385, G. U. 16 novembre 1994, n. 47. 

legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11, nono comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 
Sentenza 20 luglio 1994, n. 315, G. U. 10 agosto 1994, n. 33. 

legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 34, quinto comma (art. 3 della Costituzi�me). 


Sentenza 27 luglio 1994, n. 364, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. 

legge S febbraio 1992, n. 104, art. 7 (artt. 2, 3 e 32 della Costituzione). 

Sentenza 15 lugli.o 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge S febbraio 1992, n. 104, art. 7 (�rtt. 3 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 15 luglio 1994, n. 304, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

d.lgs. 6 marzo 1992, n. 251 (art. 76 della Costituzione). 
Sentenza 25 luglio 1994, n. 347, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. 



116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

legge prov. di Bolzano 23 �aprile 1992, n. 10, allegato A, punto 17 (artt. 116 
della Costituzione e 19 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). 

Sentenza 23 dicembre 1994, n. 445, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

dJgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204, primo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Sentenza 27 luglio 1994, n. 366, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. 

d.I. 8 giugno 1992, n. 306, art. 25-quater, primo comma [convertito dalla 
legge 7 agosto 1992, n. 356], nella parte in cui definisce i presupposti per 
l'applicazi�ne dell'istituto (artt. 13, primo e secondo comma, e 25, terzo comma, 
della Costituzione). 
Sentenza 7 dicembre 1994, n. 419, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 

d.lgs. 30 gi�1gno 1993, n. 269, artt. 1 primo e terzo comma; 2, primo com� 
ma, lett. c.) e terzo comma, lett. d); 6, terzo e quinto comma; 7 primo e setti� 
mo comma; 8 (artt. 76, 117, 118 e 119 della Costituzione). 

Sentenza 25 luglio 1994, n. 338, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 


d.I. 27 agosto 1993, n. 323, art. 1, primo e terzo comma [convertito in 
legge 27 ottobre 1993, n. 422] nel combinato disposto con l'art. 15, quarto 
I 

comma, e art. 8, settimo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (artt. 3, 21, 
41 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 7 dicembre 1994, n. 420, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 

I

" 

legge reg. Lazio riapprovata il 23 settembre 1993, art. 2 (art. 81, quarto 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 20 luglio 1994, n. 313, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. 

legge reg. LaZio riapprovata il 10 novembre 1993, art. 8, secondo comma, 
punti uno, due, tre (artt. 97 e 117 della Costituzione). 

Sentenza 20 luglio 1994, n. 314, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. 

legge reg. Lazio riapprovata il 10 novembre 1993, art. 8, quinto e sesto 
comma (art. 97 della Costituzione). 

Sentenza 20 luglio 1994, n. 314, G. U. 27 luglio 1994, n. 31. 

d.lgs. 10 novembre 1993, n. 479 (art. 76 della Costituzione). 

Sentenza 25 luglio 1994, n. 343, G.U, 17 agosto 1994, n. 34. 

d.lgs. 10 novembre 1993, n. 479, art. 1, primo comma (artt. 125, 118, 115 e 76 
della Costituzione). 

Sentenza 25 luglio 1994, n. 343, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. 



PARTB II, RASSEGNA DI LBGISLAZIONB :J.:17 

dJgs; 10 novembre 19'3, tli' 479, art; 11 secondo eommlli leU~ b) .(art. 76 
della Costituzione). 

Sentema 25 luglio 1994, n. 343, G. U. 17 agosto 1994, n. 34. 

. . . 

d.lgs. 11) novembre 1993, n. 479, art. 2, primo e secondo comma (artt. 125, 118, 
HS e�76�.dtilla .C�$titnzione);� 

Sent�nzi 25 h1gu6�� 1994, 11. 343'/G;rfYf ago~i:� i\194, n. 34. 

dJgs. 10 novembre 1993, n. 479, art. 3, quarto, quinto, sesto e settimo 
comma (artt. 125; 118, 115 e 76 della Costifu.zfone); 

< s~h��l1~~ ':is lii~�i.d 1994, �f343, d.tt11 ageisto 1994;:0.. 34; 

d.t. 4 dicembre 1993, n; 496; artt. i, terzo coinnta; 3: 1, primo .comma, 
lett. a) e b), e terzo comma (artt. 8, primo comma; 9, primo comma; 14, terzo 
comma; 16.rPl'�lllO con.:na: 6Se W'L9:ello statutq spe~~Ti::entino-Alto A~e). 
Sentenza 27 luglio� 1994; ri~ �. 356, G. u. �3 �gosto 1994, n; 32. 

dJgs�. 23 .dicembre. 1993, n. 546, art� 4~ quintQ. CQmma (artt. 3, 76 e 97. della 
Costituzione). 

Sentenza 14 dicembre 1994; n; 422/G. U. 21 dicembre 1994, n. 52. 

legge 24 dicembre 19~3,. n. 537, art;. 12~ .nono.� comlDll, ppmo perlo(lo. (art. 3 
della Costituzione e artt. 9, 16 e titolo VI dello statuto spec. Trentino-Alto 
Adige). 

Sentema 27 luglio 1994, n. 355, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 16, diciassettesimo comma (art. 81 
della Costituzione e 75, 104 e 107 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). 

Sentema 27 luglio 1994, n. 355, G. U. 3 agosto 1994, n. 32. 

legge 24 dicembre 1993, n. 560, art. 1, secondo, terzo, quarto e sesto comma. 

Sentema 7 dicembre 1994, n. 417, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 

legge 5 gennaio 1994, n .36, artt. 9, terzo comma; 21, primo e quinto comma; 
22, primo, secondo e terzo comma; 23, terzo e quarto comma (artt. 8, nn. 5, 17, 
19 e 24; 9, primo comma, nn. 9 e 10; 12, 13, 14, secondo e terzo comma; 16, 
primo comma; 68 e 107 statuto spec. Trentino�Alto Adige). 

Sentema 7 dicembre 1994, n. 412, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 

legge 28 gennaio 1994, n. 84, artt. 4, quarto comma, e 5, undicesimo comma 
(artt. 117 e 118 della Costituzione). 

Sentema 20 luglio 1994, n. 317, G. U. 10 agosto 1994, n. 33. 

legge 28 gennaio 1994, n. 84, artt. 5, sesto e ottavo comma; 13, primo 
comma, lett; a) e d); 18 e 28 (artt. 117, 118, 119 e 81 della Costituzione). 

Sentema 20 luglio 1994, n. 317, G. U. 10 agosto 1994, n. 33. 


11.8 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

legge approvata dall'Assemblea regionale !ll�illana il 4 :mano 1994, art. 1 
(artt. 17 e 19 d.lgs. 546/93; art. 24, comma 3, egge 67/88 e art. 2, lett. t) e u) 
legge 421/92). 

Sentenza 23 dicembre 1994, n. 437, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

legge reg. Sardegna riapprovata il 26 aprile 1994, artt. 4; 5, quarto comma; 
6, quinto comma; 1 ~ 8, primo e seco:Q.(lo comma (art. 46 statuto reg. sardo). 

Sentenza 7 dicembre 1994, n. 415, G. U. 14 dicembre 1994, n. 51. 

legge reg. siciliana approvata il 26 maggio 1994, art. 1, nella parte in cui 
aggiunge il comma 3-sept:ies all'art. 28 della l111gge regionale 1 settembre 1993, 

n. 25 (art. 81, quarto comma, della Costituzione). 
Sentenza 23 dieembre 1994, n� 446, G, u. 28 dicembre 1994, n. 53. 

legge reg. siciliana approvata il 26 maggio 1994, art. 1, nella parte in cui 
aggiunge i commi 3-bis, 3-ter e 3-q"ater all'art. 28 della legge regionale 1� set


tembre 1993, n. 25 (artt. 3. e 97 della Costituzione). 
Sentenza 23 dicembre 1994, n. 446, G~ U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

legge reg. siciliana approvata il 26. maggio 1994, art. 2 (art. 41 
Costituzione). 

Sentenza 23 dic�mbre 1994, n. 446, G. U. 28 dicembre 1994, n. 53. 

della 

I 

I ~ 

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~ 
~ 



CONSULTAZIONI 


ANTICHIT� E BllLLll ARTI -Cose di interesse artistico o storico -C.d. vendita a 
.catena . -P.relazio:fie a .favore del .Ministero dei Beni Cuiturali -Rispetto 
a quale aitenaziOne sia .ip;erc,iiab�te. 

Se, ove una c9sa 4i i.teresi;;e storico-artistico venga alienata -a titolo 
oneroso -pi� volte, nell'arco di due mesi, l'obbligo di denunzia al Ministero 
dei Beni Culturali gravi esclusivamente sull'ultiJ;no alienante e se solo l'ultima 
alienazione sia sottoposta a condizione sospensiva del mancato esercizio della 
prelazione da parte del predetto Ministero (es. 3720/94). 

Cose di interesse storico o artistico -Diritto. di prelazione del Ministero dei 
Beni Cuiturali -Esercizio in caso: a) di conferimento (in propriet�) del bene 
in societ� di capitali; b) di trasferimento di azioni o quote di societ� 

di capitali proprietaria del bene -Possibilit�. 

Se il Ministero dei Beni Culturali possa esercitare il diritto di prelazione 
previsto dall'art. 31 legge-��89/39 (nel caso di alienazione di cose di interesse 
sto'rico~artistico): a) quando uno di s�ffatti beni venga conferito (in propriet�) 
in societ� di capitali; b) quando vengano frasferite a titolo oneroso azioni 
(o quote) di societ� di capitali proprietaria' di una delle cose di che trattasi 
(es. 3720/94). 

Immobile sottoposto a vincolo storico e artistico -Lavori di restauro -Progettazione 
e direzwne -Ingegnere -Se sia abilitato. 

Se l'ingegnere sia abilitato a progettare ed eseguire lavori di restauro di 
immobile sottoposto a vincolo storico-artistico (es. 7458/94). 

APPALTO (CONTRATTO DI) -Pubblica Amministrazione -Appalto di servizi pubblici 
-Direttiva 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 -Art. 27 Procedure 
ristrette di aggiudicazione -Invito a presentare offerte rivolto 
a meno di cinque prestatori di servizio -Possibilit�. 

Interpretazione delle disposizioni contenute nell'art. 27 punto 2 della Direttiva
� 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992: se sia possibile, per le 
amministrazioni che procedono. ad aggiudicazione di appalti di servizi pubblici 
mediante procedure ristrette, invitare meno di 5 imprese a presentare 
offerte, quando nel bando di gara non sia stato determinato il numero dei 
candidati (es. 6605/94). 

BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) -Vincoli -Poteri della P.A. -Ministero 
dell'Ambiente -Rilascio� autorizzazione paesistica in via surrogatoria -
AutorizzaziOne dtia prosecuzibne della coltivazione di cava -Accertamento 
dell'esistenza dell'autorizzazione all'apertura .e della conformit� a questa 
deila pregressa_ attivit� di sfruttamento -Necessit�. 

Se, in sede di rilascio in via surrogatoria, di autorizzazione paesistica 
alla prosecuzione dell'attivit� di coltivazione di cava; il Ministero dell'Ambiente 



120 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

debba verificare: a) l'esistenza del provvedimento di autorizzazione all'apertura 
della cava; b) se l'attivit� di sfruttamento sia stata espletata in modo conforme 
a detta autorizzazione (es. 9208/93). 

BENI -Immateriali -Diritti di autore (propriet� intellettuale) -Tutela civile e 
penale del software -Programmi didattici acquistati da scuole pubbliche Duplicazione 
per uso dei discenti -Possibilit�. 

Tutela civile e penale del software, con particolare riguardo alla possibilit� 
di duplicare, per l'uso da parte dei discenti, programmi didattici acqui� 
stati dalle istituzioni scolastiche pubbliche (es. 5489/94). 

CALAMIT� PUBBLICHE -Provvidenze economiche -In genere -Finanziamenti 
agevolati ex art. 1 d.l. 1334/51 (conv. legge 50/52) per la ricostruzione di 
impianti industriali distrutti da pubbliche calamit� -Ricostruzione in comune 
diverso da quello originario rimasto estraneo alla calamit� -Con� 
cessione -Possibilit�. 

Se le provvidenze finanziarie, previste dal d.1. 1334/51 conv. legge 50/52 
in favore di imprese industriali che riattivino o ricostruiscano i loro impianti 
danneggiati o distr.tti da pubbliche calamit�, possano spettare allorch� la ricostruzione 
avvenga in comune diverso da quello di insediamento originale, e 
non rientrante fra quelli colpiti dalla pubblica calamit� (es. 1725/93). 

COMUNE -Comuni in stato di dissesto finanziario -Commissione straordinaria 
di liquidazione o commissario straordinario liquidatore di cui all'art. 21 

d.l. 8/93 -Se siano organi dell'Amministrazione statale. 
Se possano usufruire del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato gli organi 
straordinari di liquidazione previsti per i Comuni in stato di dissesto finanziario 
dall'art. 21 d.1. 18 gennaio 1993 n. 8 (es. 3325/94). 

COMUNIT� EUROPEE -Indebita percezione di aiuti comunitari all'agricoltura 
integrante truffa aggravata (art. 640 c. 2 n. 1 c.p.) -Entrata in vigore della 
legge 898/86 -Conseguenze. 

Truffa (art. 640 c. 2 n. 1 c.p.) per indebita percezione di aiuti comunitari 
all'agricoltura, compiuta prima dell'entrata in vigore della legge 898/86; se 
all'autore del reato si applichino la sanzione penale di cui all'art. 2 e la sanzione 
amministrativa di cui all'art. 3 della legge citata (es. 8026/89). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Concessionario di autolinee -Rifiuto di trasportare 
effetti postali -Conseguenze -Questioni varie in tema di responsabilit�. 


Questioni relative alla responsabilit� delle imprese concessionarie di autolinee 
che rifiutino il servizio di trasporto di effetti postali loro imposto dall'art. 
1 terzo comma legge 28 settembre 1939, n. 1822 (sulle autolinee in concessione) 
e dall'art. 74 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (codice postale). In particolare: 
a) quale sia l'organo amministrativo (Ispettorato Motorizzazione Civile o 
Assessorato Regionale Trasporti) competente ad accertare se il rifiuto dipenda da 



PARTB II, CONSULTAZIONI 

forza maggiore. o da causa giustificata o sia ingiustificato, in caso di autolinee 
esercitate su .concessione regi�nale; .b) quale giudice abbia giurisdizione sulla 
controversia relativa all'applicazione. della sanzione pecuniaria. amministrativa, 
su quella avente ad oggetto l'esii;tenza dell'obbligo di trasporto degli effetti 
postali, su quella, di tjsarcim~~9 del <:!anno (oneri subiti dall'Amministrazione 
postale per Kfecapito �degli� eff<;:tt� postali) (es. 6666/91). 

DEMANIO � Demanio marittimo � Sporto di balconi e poggioli di edifici pri� 
vati � Concessione � Necessit�. 

Se debba . formare oggett� di. concessione lo sporto, di balcoi:ii e poggioli 
di edifici privati, su suolo demarifale marittimo (es. 761/94). 

ENTI PUBBLICI~ Etite autonomq La Triennale di Milano � Collegio dei revisori 
dei conti � Componenti designati in rappresentanza del comune di Milano Scelta 
fra i �dipendenti del comune -Necessit�. 

Se i componenti del collegio dei revisori dei conti dell'ente autonomo 
La Triennale di Milano debbario essere scelti fra i dipendenti del Comune 
(es. 5494/94). 

FORZE ARMATE � Corpi di polizia � Agente di pubblica sicurezza � Procedimento 

penale per fatto compiuto in servizio e relativo all'uso di mezzo di 

coazione fisica � Rimborso. spese di difesa ex art. 25 legge reale � lmputa


zione<per sequestro di persona � Spettanza del rimborso. 

Se il dipendente della Polizia di Stato, imputato del delitto di sequestro 
di persona, possa usufruire del rimborso delle spese� legali di difesa previsto 
dall'art. 32 legge 152/75 (giusta il quale � nel procedimento a carico di ufficiali 

o agenti di. pubblica � i;kurezza o �di polizia giudiziaria o dei militari in servizio 
di pubblica� sicurezza per fatt� compiuti in servizio e relativi all'uso delle armi 
o di altro mezzo di coazione fisica la difesa pu� essere assunta a richiesta 
dell'interessato dall'Avvocatura dello Stato o da libero professionista di fiducia 
dell'interessato medesimo. In questo secondo caso le spese di difesa sono a 
carico del Ministero dell'interno salva rivalsa se vi � responsabilit� dell'imputato 
per fatto doloso) (es. 5281/94). 
Militari -Ufficiali di complemento � Indebita ammissione al corso � Superamento 
di. quest� ~ Nomina � Possibilit�. 

Se sia possibile nominare sottotenente di complemento chi abbia superato 
il corso allievi ufficiali ma risulti essere stato ammesso a questo a seguito di 
alterazione della .sC:heda di selezione,. con conseguente attribuzione di un .punteggio 
maggiore di quello effettiVamente spettante (insufficiente per l'ammissione 
al corso) (es. 7224/94\ � 

IGIENE E SANIT� PUBBLICA � Servizio sanitario nazionale -Organizzazione territoriale 
-Croce Rossa Italiana � Dipendenti addetti al servizio di pronto 
soccorso e trasporto infermi � Durata massima dei turni di lavoro. 

Se sia legittimo che i dipendenti della Croce Rossa addetti al servizio di 
pronto soccorso e di trasporto infermi effettuino normalmente turni di lavoro 
di 12 ore (es. 5113/94). 


122 

RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

Servizio sanitario nazionale � Organizr.azione territoriale � Presidi universitari 
ospedalieri -Non costituiti in azienda � -Disciplina applicabile (interpretazione 
ex art. 4, IX comma, d.lgs. 502/92). 

Se i presidi ospedalieri universitari, non costituiti in aziende, siano sottoposti 
esclusivamente alla disciplina propria �degli altri presidi ospedalieri delle 
USL, con conseguente perdita dei poteri e delle guarentigie delle Universit� 
(es. 1190/94). 

IMPIEGO PUBBLICO � Amministrazioni dello Stato � Somme erogate al dipendente 
infortunato. � Azione di risarcimento ex art. 2043 e.e., nei confronti di colui 
che ha cagionato l'invalidit� � Esperibilit�. 

Se e quali somme erogate al proprio dipendente infortunato l'Amministrazione 
possa tj.petere nei confronti dell'autore dell'illecito che abbia provocato 
l'invalidit� del dipendente stesso . (con particolare riferimento a spese sani� 
tarie, retribuzione, equo indennizzo, pensione privilegiata, oneri contributivi) 

(v. altres� es. 8686/92) (es. 5476/94). 
Impiegato pubblico � Sospensione cautelare ex art. 91 t.u. imp. civ .. a seguito di 
provvedimento restrittivo della libert� personale � Definizione del procedimento 
penale per patteggiamento � Riammissione in servizio in attesa della 
conclusione del procedimento disciplinare � Possibilit� . . 

Se pubblici impiegati, sospesi dal servizio a causa del provvedimento 
restrittivo della libert� personale emesso nei loro confronti dall'Autorit� 
Giudiziaria penale e che abbiano poi patteggiato la pena ai sensi dell'art. 444 
c.p.p., possano essere riammessi in servizio in attesa del compimento del 
procedimento disciplinare (es. 5252/94). 

INDUSTRIA -Energia elettrica � Nazionalizzazione � Chiusura centrali nucleati . 
Indenizzo degli oneri subiti dall'ENEL -Delibere CIP 21 marzo 1991, n. 6 
e 26 febbraio 1992, n. 3 � Legittimit� di queste. 

Se siano legittimate le delibere 21 marzo 1991, n. 6 e 26 febbraio 1992, 

n. 3 del CIP che, nel determinare l'entit� degli oneri subiti dall'Enel per effetto 
dell'interruzione dei lavori di costruzione di centrali nucleari e le mqdalit� 
rateali del loro ristoro, ha anche disposto la corresponsione di interessi per 
il tempo della rateazione (es. 2730/94). 
!STRuzioNE E scuoLE -Istruzione artistica � Contributi degli Enti locali per il 
funzionamento degli istituti musicali pareggiati -Diritto dello Stato ai 
contributi � Prescrizione (durata e decorrenza). 

Recupero da parte dello Stato dei contributi dovuti dagli enti locali per 
il funzionamento degli istituti musicali pareggiati: decorrenza e durata della 
prescrizione del diritto (es. 7240/93). 

OBBLIGAZIONI IN GENERE � Obbligazioni pecuniarie � Interessi -Ente attuatore di 
intervento di competenza dell'Agensud � Ritardata percezione di rateo di 
finanziamento � Interessi ex art. 1282 e.e. -Diritto -Sussistenza. 

Se e in che misura, l'Agensud (ed ora la Cassa Depositi e Prestiti a 
questa subentrata) sia tenuta al pagamento di interessi per il ritardato versa� 
mento dei ratei di finanziamento agli enti attuatori degli interventi di competenza 
dell'Agensud (es. 4090/94). � 



PARTE II, CONSULTAZIONI 123 

OPERE PUBBLICHE (APPALTO DI) -Concessionari di costruzioni di alloggi in zone 
terremotate -Oneri ed obblighi -Fattispecie. 

Se il concessionario per la costruzione di alloggi nelle zone terremotate 
abbia l'obbligo di promuovere le azioni giudiziarie volte al recupero degli alloggi 
abusivamente occupati da terzi prima che gli alloggi stessi siano stati consegnati 
all'Amministrazione (es. 3744/92). 

PESCA -Registro delle imprese di pesca -Iscrizione -Condizioni -Esercizio in 
forma esclusiva della pesca marittima -Necessit�. 

Se l'esercizio in forma esclusiva della pesca marittima sia requisito per 
l'iscrizione nel registro delle imprese di pesca di cui agli artt. 11 legge 963/65 
e 63 d.P.R. 1639/68 (es. 379/94). 

POSTE E RADIOTELECOMUNICAZIONI PUBBLICHE -Concessioni amministrative in gerzere 
-Concessirmario del servizio postale -Trasporto di colli contenenti 
materiale infiammabile o radioattivo -Obbligo di corresponsione di diritti 
postali all'Amministrazione -Sussistenza. � 

Se siano dovuti i diritti postali per il trasporto, da parte di un concessionario 
del servizio postale, di colli c�ntenenti materiale infiammabile o radioattivo 
(es 2958/80). 

Emittenti televisive nazionali -Violazioni delle disposizioni della Convenzione 
Europea di Straslfurgo sulla tel�vfsione transfrontaliera -Sanzioni applicabili. 

Se il Garante per l'editoria abbia il potere di sanzionare anche le violazioni, 
compiute dalle emittenti televisive nazionali, delle disposizioni (nel caso di 
specie in materia� di pubblicit�) poste dalla Convenzione Europea di Strasburgo 
del 5 maggio 1989 (ratificata c�n legge 5 ottobre 1991 n. 327) e relativa alla televisione 
transfrontaliera (es. 8477/94). . 

PROPRIET� -Acquisto -Accessione -Alveo e terreno abbandonato -Assoggettamento 
degli alvei abbandonati al regime del demanio pubblico ex art. 3 
legge 37/94 -Se riguardi alvei abbandonati gi� facenti parte del patrimonio 
disponibile dello Stato. 

Se l'assoggettamento degli alvei abbandonati al regime proprio del demanio 
pubblico, sancito dall'art. 3 legge 37/94, riguardi anche quelli che essendo stati 
abbandonati prima della entrata in vigore della norma citata, vennero ad appartenere 
al patrimonio disponibile dello Stato (es. 5497/94). 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Contratti -Danni cagionati da autoveicoli dello 
Stato -Atti di transazione -Limite di valore (3 milioni) oltre il quale � necessario 
il parere dell'Avvocatura Generale dello Stato � Modalit� di calcolo. 

Se il limite di valore di tre milioni, oltre il quale per .Poter stipulare atti 
di transazione relativi al risarcimento del danno cagionato da autoveicoli di 
propriet� dello Stato, � necessario acquisire il parere dell'Avvocatura Generale 
dello Stato, vada calcolato con riguardo alla sola somma capitale o, al contrario, 
anche conteggiando gli interessi (es. 6013/94). 


124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 

REGIONI -Regioni di diritto comune (a statuto ordinario) -Potest� amministrativa 
-Ente Nazionale Tre Venezie -Trasferimento delle funzioni di sviluppo 
alla Regione Veneto -Successione di questa nei debiti dell'Ente. 

Se trasferite alla Regione Veneto le funzioni di sviluppo prima di competenza 
dell'Ente Nazionale Tre Venezie, la Regione stessa sia anche subentrata 
nei debiti dell'Ente, ed in particolare in quelli per quote di interessi sui finanziamenti 
accordati dal fondo della Cassa di Risparmio di Verona, denominato 
�Piccolo Credito Turistico Bellunese� (es. 3443/94). 

RiscossION.E DELLE IMPOSTE -Imposte sui redditi -Rimborsi -Emissione vaglia 
cambiario della Banca d'Italia -Momento di estinzione del debito erariale. 

Se l'Amministrazione delle Finanze sia tenuta ad emettere un nuovo ordi� 
nativo di pagamento nel caso in cui il vaglia cambiario della Banca d'Italia, 
con il quale era stata data esecuzione al rimborso delle somme versate in 
eccesso dal contribuente a titolo di imposte sui redditi, sia stato riscosso da un 
terzo appropriatosi indebitamente del titolo (es. 5818/92). 

I ~ 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Definizione di controversie e violazioni ex art. 53 
legge 413/91 -Imposta principale di registro (o di successione o Invim) Possibilit�. 
l 

~ 

f: 
Se il � condono� tributario di cui all'art. 53 legge 30 dicembre 1991 n. 413, 

Iili 

possa essere applicato anche all'imposta principale di registro (o di successione 

o INVIM) (es. 5852/94). 
Imposta di registro -Soggetti tenuti in solido al pagamento dell'imposta -& 
Sentenza favorevole ad uno di essi non ancora passata in giudicato -Oppo


I

nibilit� all'erario da parte di altro condebitore per il quale l'atto imposi


I ~ 

tivo � divenuto inoppugnabile. 

Se il contribuente nei cui confronti l'atto impositivo (nel caso di specie 
accertamento) sia divenuto definitivo possa giovarsi della sentenza, non ancora f: 
passata in giudicato, favorevole ad un coobligato solidale per chiedere la restituzione 
di quanto pagato o per paralizzare l'azione esecutiva dell'Amministrazione 
nei suoi confronti (es. 1913/94). [ 

Tasse automobilistiche -Autoveicolo intestato a defunto -Debitore del tributo. 

Autoveicolo che risulti, al PRA, di propriet� di persona defunta: chi sia 
il debitore della tassa automobilistica per il periodo successivo al decesso dell'intestatario 
(es. 513/94). I

I

Tasse automobilistiche -Autoveicolo intestato a fallito -Periodo successivo alla 

dichiarazione di fallimento -Credito erariale per il tributo -Ammissione al i 
passivo fallimentare in prededuzione -Possibilit�. l 

Se l'erario possa chiedere l'ammissione al passivo fallimentare, in prede


I

duzione, del credito per tassa automobilistica relativa ad autoveicolo intestato 
al fallito e a periodo successivo alla dichiarazione di fallimento (es. 991/94). ! 




PARTE II, CONSULTAZIONI 

Tasse automobilistiche -Ruolo -Opposizione -Giurisdizione (A.G.O. o Commissioni 
tributarie). 

Se l'opposizione avverso il ruolo o l'avviso di mora formato per la riscossione 
delle tasse automobilistiche vada proposta innanzi al giudice ordinario 

o davanti alla Commissione Tributaria (es. 7966/94). 
TRIBUTI (IN GENERALE) -Imposte -Somme corrisposte in eccesso dal contribuente � 
Interessi su di queste -Decorrenza -Prescrizione. 

Rimborso di somme corrisposte. indebitamente. dal contribuente, a titolo 
di imposta: a) se gli interessi su dette somme decorrano solamente dopo che 
il contribuente abbia presentato esplicita richiesta di questi; b) se gli interessi 
di cui sopra si prescrivano nel termine di cinque anni di cui all'art. 2948 e.e. 
(es. 2211/92).